6. MACCHINE VOLUMETRICHE
6.1.1 INTRODUZIONE
Funzionamento ideale
Per lo studio del funzionamento di un compressore alternativo conviene fare
inizialmente riferimento al ciclo ideale di lavoro, che si presenta come in figura
6.3, dove sono evidenziate le seguenti fasi:
• A–B aspirazione del gas dall’ambiente a pressione p1,
• B–C compressione isentropica fino alla pressione p2,
• C–D mandata nell’ambiente a pressione p2 (utenza),
• D–A espansione isentropica del gas residuo contenuto nel
volume di spazio morto.
Nel ciclo di lavoro ideale gli scambi di calore con l’esterno e le fughe di gas
sono assunti trascurabili. Non si considerano inoltre le cadute di pressione
dovute alle laminazioni attraverso valvole (la pressione alla fine della fase di
compressione è assunta uguale a quella dell’ambiente di mandata, e si
mantiene costante durante l’intera fase di scarico; la pressione all’interno del
cilindro durante la fase di aspirazione è assunta costante ed uguale a quella
dell’ambiente di aspirazione). Ulteriore assunzione è rappresentata
dall’isentropicità delle evoluzioni di compressione (BC) ed espansione (DA).
Essendo
1
V B = (1 + µ ) ⋅ V , V A = µ ⋅V β k
,
si ottiene
1k
λVid = 1 − µ β − 1 .
Il lavoro Lc risulta quindi pari all’area racchiusa sul diagramma (p,V) dal ciclo di
lavoro della macchina.
Nel caso ideale:
k −1
k −1
k p k p
− 1 ,
k k
Lc ,id = p1VB 2
−1 − pV 2
k −1 p1 k − 1 1 A p1
ovvero
k k −1 k k −1
Lc ,id = p1 (VB − VA ) β k − 1 = p1λv ,idV β k − 1 . (1)
k −1 k − 1
Questa relazione consente di evidenziare come il lavoro al ciclo dipenda, oltre
che dalle caratteristiche geometriche della macchina (cilindrata V e grado di
spazio morto µ, contenuto in λv,id), dalle condizioni operative in cui il
compressore si trova a funzionare, ovvero dal rapporto manometrico di
compressione β (e quindi dalla pressione di mandata p2, supponendo fissa la
pressione nell’ambiente di aspirazione p1).
Noto il lavoro al ciclo, la potenza interna necessaria a comprimere il fluido vale
& Li ,id = Pass ,id ,
Pi ,id = Lc ,id ⋅ i ⋅ n = m (2)
dove Li,id è il lavoro interno di compressione per unità di massa [J/kg]. Si è
inoltre assunto, trattando un caso ideale, che le perdite meccaniche siano nulle
(ηm=1), il che comporta che la potenza interna (Pi,id) coincida in valore con la
potenza assorbita (Pass,id). Dalla (2), tenendo presente che la portata di fluido è
esprimibile come
m& = λv ,id ρ1iVn ,
k k −1 k k −1
λv ,id ρ1iVnLi ,id = λv ,id p1iV β k − 1n ⇒ Li ,id = RT1 β k − 1 . (3)
k −1 k −1
Si noti come la (3) è la stessa espressione cui si perverrebbe applicando il
primo principio della termodinamica in forma euleriana (trascurando gli scambi
di calore con l’esterno) tra l’ambiente di aspirazione e quello di mandata (ciò è
dovuto al fatto che a tale espressione si è pervenuti in seguito a numerose
ipotesi semplificative). Se si volesse applicare il primo principio nella forma
sopra descritta all’evoluzione di compressione in esame, si dovrebbero
considerare due sezioni (ingresso ed uscita del fluido) sufficientemente distanti
dalla valvola di aspirazione e da quella di scarico per poter assumere il moto
stazionario.
Funzionamento reale
Il ciclo reale del compressore differisce dal ciclo ideale a causa dei motivi di
seguito elencati.
• Perdite per attriti meccanici (ηm<1)
• Perdite per trafilamento attraverso le valvole (laminazioni)
Il gas, attraversando le valvole di aspirazione e di mandata subisce una
laminazione a temperatura circa costante, per cui la pressione all’interno del
cilindro durante l’aspirazione (p1’)sarà minore della pressione p1 e, per lo
stesso motivo, la pressione all’interno del cilindro durante la mandata (p2’)
sarà maggiore della pressione p2. Le cadute di pressione all’aspirazione e
alla mandata sono tanto più elevate quanto maggiore è la velocità del flusso
nei meati delle valvole e quindi quanto più è elevata la velocità media dello
stantuffo. Esse possono essere quantificate mediante i seguenti coefficienti:
p1 - p1 i p2 i - p2
δ1 = ,δ 2 = .
p1 p2
Il rapporto di compressione interno sarà pertanto maggiore rispetto a
quello esterno β:
p2 ' p2 1 + δ 2 1 + δ 2
= βi = ⋅ =β ⋅ .
p1 ' p1 1 − δ 1 1 − δ1
• Perdite per fughe
Parte del gas aspirato e compresso, invece di essere inviato nell’ambiente di
mandata, sfugge attraverso le imperfette tenute dello stantuffo o rifluisce
attraverso la valvola di aspirazione. Per tenere conto di tale perdita viene
definito un coefficiente:
m
ηϕ = m .
ma
• Perdite per scambio termico con le pareti
Nel funzionamento a regime del compressore le pareti tendono ad assumere
una temperatura media superiore a quella dell’ambiente. La differenza fra la
temperatura delle pareti e quella del fluido di lavoro rende gli scambi di
calore non nulli e dunque le fasi di compressione ed espansione non
isentropiche.
rpm
β=2
Figura 6.5: Cicli di lavoro rilevati sperimentalmente su una data macchina a n = 1000
rpm al variare del rapporto di compressione (figura in alto) ed a β=2 al variare del
numero di giri (figure in basso).
Nella figura 6.5 sono presentati cicli di lavoro rilevati sperimentalmente su una
data macchina per diversi valori di β e per diversi regimi di rotazione. Nella
prima figura sono rappresentati i cicli di lavoro compiuti a n = 1000 rpm al
variare del rapporto di compressione (da 2 a 7, con passo unitario); nella
seconda sono invece presentati i cicli compiuti al variare del numero di giri (da
500 a 3000 rpm, con un passo di 500 rpm), fissato il rapporto di compressione
(pari a 2).
Le evidenti fluttuazioni di pressione praticamente in tutte le fasi del ciclo
possono essere determinate con esattezza solo sperimentalmente (non è
possibile definirle “matematicamente” in modo semplice). Per semplificare la
rappresentazione del ciclo di lavoro e, soprattutto, per renderla fruibile dal
punto di vista ingegneristico, si è soliti considerare il ciclo di lavoro
convenzionale, rappresentato in figura 6.6.
sua linea media (p2’ superiore alla pressione p2 a causa delle perdite per
laminazione subite dal fluido nell’attraversamento della valvola).
4) Fase di espansione del gas contenuto nello spazio morto (DA): nel ciclo
convenzionale questa fase viene approssimata tramite una relazione
analitica del tipo pVm’ = costante. Se le fughe sono trascurabili, la massa di
gas contenuta all’interno del cilindro è costante e quindi l’equazione
precedente si può anche scrivere, in termini di volumi massici, come pvm’ =
costante: l’espansione può essere schematizzata come una politropica di
esponente m’.
L'espressione generale del lavoro al ciclo è ancora valida. Si ha dunque:
C D
m m −1 m' m' −1
Lc = ∫Vdp − ∫Vdp = p'1 VB βi m − 1 − p'1 VA βi m' − 1 .
B A
m −1 m' −1
La potenza interna è espressa dalla relazione
Lc ⋅ i ⋅ n
Pi = Lc ⋅ i ⋅ n ⇒ Pass = .
ηm
Rappresentando l’evoluzione del gas in un diagramma termodinamico T – S, si
ottiene qualitativamente il diagramma riportato in figura 6.7. Si noti che tale
diagramma è riferito all’unità di massa di gas, e dunque è rappresentativo
dell’evoluzione di un’unità di massa che percorre l’intero ciclo; l’unica porzione
di massa che percorre interamente il ciclo di lavoro è quella del gas contenuto
nel volume di spazio morto al termine della fase di scarico. Per tale motivo, al
diagramma di figura 6.7 si dà anche il nome di ciclo del gas dello spazio morto.
Figura 6.7: Evoluzione del fluido nel piano T-S durante il ciclo di lavoro.
Figura 6.8: Istante iniziale (a destra) e finale (a sinistra) della fase di aspirazione.
Risulta:
∆U = m a c v (TBad − T1 ) + m A c v (TBad − T A ) = m B c v TBad − m a c v T1 − m A c v T A . (4)
Le è il lavoro compiuto dall’esterno sul sistema gassoso attraverso le azioni di
superficie:
B
Le = − ∫ pdV − p1 (Vfin − V in ) ,
A
dove p è la pressione all’interno del cilindro durante l’aspirazione, Vfin e Vin sono
i volumi finali e iniziali dell’ambiente di aspirazione (Vfin = 0 e Vin = V1).
Considerando che la pressione all’interno del cilindro è costante durante la fase
di aspirazione, si ottiene
Le = − p1' (VB − VA ) + p1V1 = −mB RTBad + mARTA + maRT1 . (5)
Pertanto, uguagliando la (4) e la (5), si ha:
pBVB pAVA λv p ' η V − VA
mBητ TB = mATA + maT1 ⇒ ητ = + Vρ1T1 ⇒ λv = ηϕ 1 τ B ⇒
R R ηϕ p1 V
V 1
⇒ λv = ητηϕ (1 − δ 1 )VB − A ,
ητ V
e quindi
m1'
λv = ητ ηϕ (1 − δ 1 ) 1 − µ i − 1
β
ητ
Pressione limite
L’uso di valvole automatiche fa sì che il compressore si adatti ad eventuali
variazioni delle condizioni operative. Così, se la pressione richiesta dall’utenza
aumenta passando da p2 a p2* > p2, la fase di compressione si prolungherà fino
al raggiungimento del livello p2*, e la fase di mandata avrà inizio soltanto dopo il
superamento di tale livello. Questo adeguamento automatico del compressore
è in grado di far fronte ad eventuali aumenti di p2 finché non si raggiungono le
condizioni in cui, per ottenere il valore della pressione di mandata richiesta p2lim,
è necessario utilizzare l’intera corsa dello stantuffo dal PMI al PMS per la fase
di compressione, annullando la frazione di corsa riservata alla fase di mandata.
In tal caso, facendo riferimento ad un ciclo convenzionale di lavoro e
trascurando per semplicità le cadute di pressione nelle valvole, si ha:
m m m
p V (1 + µ )VO 1+ µ
β lim = 2 lim = B = ρ m = = .
p1 VD µVO µ
Il massimo valore di pressione di mandata p2lim raggiungibile dipende quindi
dall’esponente m della linea di compressione e dal grado di spazio morto µ.
Assumendo per semplicità m = k (pari a 1.4 nel caso dell’aria), si può notare
come p2lim cresca al diminuire del grado di spazio morto, e come i compressori
alternativi consentano di raggiungere agevolmente rapporti manometrici di
compressione β elevati (ad esempio, con µ = 0.2 si ottiene βlim ≈ 12 per l’aria).
Per valori di maggiori del valore limite si ricorre a compressori pluristadio in
serie interrefrigerati. Si rammenti, comunque, che l’innalzamento della
temperatura di fine compressione al crescere di β limita il valore di quest’ultimo
a prescindere dalle considerazioni appena svolte.
(si veda il ciclo raffigurato in figura 6.10): l’espansione prosegue fino al punto
A’, il che porta ad avere un maggiore rapporto manometrico di compressione
(β’=p2/p1’).
Nel caso ideale, quindi, la portata varia nel rapporto:
1
1 − µ ⋅ β ' k −1
m& ' p' 1 .
= ⋅
m& p1 1
1 − µ ⋅ β k − 1
Per quanto riguarda la potenza assorbita, non è possibile dire in assoluto se
essa diminuisca o aumenti: è possibile infatti notare (figura 6.10) come, in
seguito alla regolazione, un’area venga sottratta al ciclo (area BCC’E),
mentre un’altra venga aggiunta (area AA’B’E). Pertanto, a parità di numero di
giri, la potenza assorbita aumenterà se l’area aggiunta è maggiore di quella
sottratta (e viceversa). Per valutare il segno della variazione della potenza, è
utile rappresentare graficamente il lavoro al ciclo ideale in funzione del
rapporto di compressione (figura 6.11):
k −1
kk−1 kk−1
k p k
k β − 1 1
β − 1 .
Lc ,id =
2
p1λv ,idV − 1 = p 2Vλv ,id
∝ 1 − µ β − 1
k
k −1 p1 k −1 β β
Figura 6.11: Andamento del lavoro al ciclo nel caso ideale in funzione del rapporto di
compressione (caso in cui venga compressa aria, con µ≅0.1).
1
1 − µ ′ ⋅ β k − 1
& ' λ' v , id
m ,
= =
m& λv , id 1
1 − µ ⋅ β k − 1
dove
Vadd
µ ′=µ+ .
V
Nel caso ideale la potenza assorbita varia in proporzione al lavoro al ciclo:
k k −1 1
Lc ,id = ⋅ p1 ⋅ λv ,idV β k − 1 ∝ λv ,id ∝ 1 − µ β k − 1 .
k −1
Pertanto, la potenza varia anch’essa in proporzione al coefficiente di
riempimento, e dunque in proporzione alla portata.
La capacità addizionale può essere costituita da un volume aggiuntivo
messo in comunicazione con il volume della camera mediante, ad
esempio, una valvola.
Si tratta, in generale, di una regolazione di tipo discontinuo (a differenza
degli altri metodi di regolazione fin qui presentati). Si può però pensare di
rendere il volume Vadd variabile con continuità, ad esempio mediante una
parete mobile o uno stantuffo (soluzione che rappresenta comunque una
fonte di complicazioni costruttive).
E’ semplice dimostrare, infine, che al punto C’ corrisponde un volume
inferiore rispetto al punto C (figura 6.12), mentre il punto A’ si trova ad un
volume maggiore rispetto al punto A.
5) Variazione della corsa utile di aspirazione
E’ una regolazione possibile solo mediante l’utilizzo di valvole comandate: se
la chiusura della valvola di aspirazione viene anticipata o ritardata varia il
volume utile di aspirazione, come descritto a seguire.
Anticipo di chiusura (figura 6.13) – Si chiude la valvola di aspirazione in B’
(e non più in B), cioè quando lo stantuffo sta ancora procedendo verso il
PMI. In questo modo la massa di fluido contenuta nel cilindro si espanderà
fino a B’’ per poi essere compressa fino a C’’ (nel caso ideale la curva B’B”
percorsa in compressione si sovrappone esattamente alla curva
corrispondente in espansione). Si ha così una diminuzione della portata
mandata, in quanto il volume utile è ora ridotto a (VB’-VA), ed una
conseguente proporzionale riduzione della potenza assorbita (il lavoro
massico di compressione non varia in prima approssimazione); si riduce
anche il lavoro al ciclo Lc, in seguito alla diminuzione dell’area racchiusa dal
ciclo.
Esercizio svolto
Soluzione
Figura 6.15: Ciclo convenzionale di lavoro prima e dopo la regolazione per variazione
del volume di spazio morto.
1
TB = TC m −1
= 306 K .
βi m
pC p p
mm = mC − mD = VC − D VD = C (VC − VD ) =
RTC RTD RTC
pC
= (V + Vm ) 11 − Vm = 1.2 g/ciclo.
RTC βi m
Si può quindi ricavare la portata mandata:
& = mm ⋅ n = 0.020 kg/s .
m
Il lavoro al ciclo vale:
m 1 m′ 1
Lc = pCVC 1 − m −1 − pDVD 1 − m′−1 = 257.4 J/ciclo .
m −1 β m m′ − 1 β m′
i i
Ipotizzando rendimento meccanico unitario, risulta che la potenza assorbita
vale:
P L ⋅n
Pa = i = c = 4.289 kW .
ηm ηm
Nel caso in cui si voglia dimezzare la portata mandata per mezzo di una
capacità addizionale al volume di spazio morto, a parità di numero di giri, dovrà
essere anche dimezzata la massa mandata al ciclo:
mm p p 1
mm′ = = C (VC′ − VD′ ) = C (V + Vm + Vadd ) 1 − (Vm + Vadd ) =
2 RTC RTC βi m
pC 1 pC 1
= (V + Vm ) 1 − Vm + Vadd 1 − Vadd =
RTC βi m RT βi m
C
pC 1
= mm + Vadd 1 − Vadd ,
RTC βi m
mm RTC
2 pC
Vadd = = 180 cm 3 .
1
1− 1
βi m
p2
pi
p1
valore pi, si segue rispettivamente la linea (C’ – D’), la linea spezzata (C’ – C –
D) o la linea (C’ – C’’ – D’’). In questi due ultimi casi si ha un adeguamento
(teoricamente) istantaneo della pressione interna del fluido alla pressione che
regna nell’ambiente di mandata. Nel caso in cui pi sia inferiore a p2,
l’adeguamento avviene mediante compressione per riflusso: si ha un riflusso
all’interno della capacità dall’ambiente di mandata.
Si capisce come la posizione del bordo superiore della luce di mandata debba
essere opportunamente scelta, al fine di evitare la compressione per riflusso
(comunque svantaggiosa rispetto alla compressione graduale) o espansione
del gas nell’ambiente di mandata (parte del lavoro speso per comprimere il
fluido è in tal caso perso).
Per il compressore rotativo a palette il coefficiente di riempimento λv è circa
unitario (il volume di spazio morto è nullo, non ci sono valvole a lamelle, e le
fughe sono in generale trascurabili - ηϕ = 1). La portata alaborata può quindi
essere calcolata per mezzo della seguente relazione:
& = ρ1 ⋅ i ⋅ V ⋅ n ,
m
dove i è il numero di vani (o di palette).
La potenza assorbita da queste macchine può essere facilmente valutata
tramite il lavoro al ciclo Lc relativo ad ogni singolo vano:
i ⋅ Lc ⋅ n
Pa = .
ηm
Il lavoro al ciclo può essere calcolato nel modo seguente:
i
V m V
Lc = ∫ Vdp +
ρ
(p 2 − pi ) =
m −1
[ ] ( )
p1V ρ m −1 − 1 + ⋅ p1 ⋅ β − ρ m .
ρ
B
Regolazione
La regolazione viene effettuata solitamente con i metodi elencati a seguire.
2) Riflusso
Parte della portata in uscita è inviata ad una valvola di sfiato. Qualora sia
invece fatta riaspirare dal compressore, è bene che venga refrigerata.
In questo caso il lavoro al ciclo e la potenza assorbita rimangono pressochè
costanti.
3) Laminazione all’aspirazione
Se si riduce la pressione in ingresso per mezzo di una valvola, il ciclo si
trasforma come in figura 6.21.
da cui:
1
ρ > m m −1 .
1
m −1
Per m=k e per l’aria, si ha m =2.3. Pertanto:
- se ρ > 2.3, prevale il lavoro risparmiato e quindi questo tipo di regolazione è
conveniente;
- se ρ < 2.3 prevale il lavoro speso in più e quindi questo tipo di regolazione
non è conveniente; risulta più conveniente una regolazione per riflusso, che
mantiene la potenza assorbita costante.
Le camere rotanti sono delimitate dalle superfici della cassa statorica, del
profilo di ogni rotore e delle due testate di chiusura statoriche. Ogni rotore è
dotato di due o tre lobi, a sviluppo assiale cilindrico o elicoidale. Essendo la
camera a disposizione del gas a volume costante, la compressione è affidata
esclusivamente al riflusso. Poiché il rendimento della compressione per riflusso
risulta minore di quello corrispondente ad una compressione graduale, il
compressore Roots è impiegato solo fino a rapporti di compressione dell’ordine
di 1.7-1.8 in versione monostadio, e fino a rapporti di compressione poco
superiori a 2.5 in versione bistadio.
I giochi esistenti tra i due profili coniugati e tra la carcassa statorica e i due
profili non possono essere ridotti oltre un certo limite: non si vuole che si
verifichi strisciamento tra le diverse superifici, ed inoltre, in assenza di gioco, i
profili si incastrerebbero subito tra loro in seguito alle dilatazioni termiche. La
presenza di tali giochi causa purtroppo elevate perdite dovute alle fughe del
fluido compresso. Tuttavia, ciò rende anche non necessaria la lubrificazione dei
contatti (si ottiene così il vantaggio di non inquinare il gas compresso).
Il ciclo di lavoro si presenta come in figura 6.23.
Il lavoro al ciclo può essere calcolato tramite la relazione seguente:
Lc = V ⋅ (p 2 − p1 ) .
Se il numero di lobi complessivo tra tutti i rotori è i, la portata mandata si può
ricavare dalla seguente espressione:
& = λv ρ1iVn ,
m
dove λv è minore dell’unità principalmente a causa delle fughe.
In ogni caso, se VII < VI, il lavoro necessario diminuisce rispetto al caso di un
solo compressore Roots utilizzato per l’intero salto di pressione.
Figura 6.25: Ciclo di lavoro di due compressori di tipo Roots in serie con
interrefrigerazione.
Esercizio svolto
3
1) Un compressore Roots adiabatico con cilindrata complessiva V = 3 dm
aspira aria (k = 1.4; R = 287 J / (kg*K)) dall'ambiente (p1 = 100 kPa e t1 = 15 °C)
inviandola in una grande capacità. Questo serbatoio alimenta in condizioni
stazionarie un ugello semplicemente convergente, la cui sezione ristretta è Ar =
4.3 cm2. La pressione di valle dell'ugello è pari a quella di monte del
compressore. Assumendo il coefficiente di riempimento del compressore λv =
0.8, trascurabili le cadute di pressione a monte e a valle del compressore,
isentropico il funzionamento dell'ugello, calcolare la minima velocità di rotazione
del compressore che rende critico l'ugello.
Soluzione
Il flusso attraverso l'ugello diventa critico quando il rapporto fra pressione di
valle e di monte vale esattamente il rapporto di criticità:
k
p3 2 k −1
0
= = 0.5283 .
p2 k +1
Pertanto la pressione nella capacità intermedia ed il rapporto di compressione
del compressore Roots valgono rispettivamente:
p3
p2 = = 189.286 kPa ,
0.5283
1
β= = 1.89 .
0.5283
Il lavoro interno massico del compressore si può scrivere per mezzo delle due
relazioni seguenti:
Li = c p (T 2 − T1 ) ,
Lc iV ⋅ p1 (β − 1) RT1 (β − 1)
Li = = = ,
mc p1 η
λv iV v
RT1
che, uguagliate, permettono il calcolo delle T2:
k − 1 (β − 1)
T2 = T1 1 + = 380 K .
k ηv
La portata critica che passa attraverso l'ugello con le condizioni di monte T2, p2
calcolate vale:
k +1
p2 2 k −1
& e = Ar
m k = 0.169 kg/s .
RT2 k + 1
In condizioni di regime, la portata che transita attraverso l'ugello deve essere
uguale a quella mandata dal compressore:
&c = m
m & e = λv ρ1iVn .
Pertanto il numero di giri minimo del compressore che rende critico l'ugello
risulta essere:
m&c
n= = 3488 giri/min .
p1
ηv iV
RT1
Esercizi proposti
1) Un compressore a stantuffo monostadio aspira aria (k = 1.4; cp = 0.24
Kcal/(kg*K)) a 1 ata e 15 °C. E’ nota la cilindrata, 3 litri, il grado di spazio morto
µ = 0.08, la velocità angolare, n = 2000 giri/min, e si sa che l’apertura della
valvola automatica di mandata avviene dopo che lo stantuffo ha percorso il
70% della sua corsa a partire dal PMI. Trascurando le fughe, le perdite per
trafilamento attraverso le valvole, gli scambi termici tra fluido e pareti,
determinare la portata mandata e la potenza assorbita (ηm = 0.9). Determinare
inoltre (in fase di regolazione a velocità costante) la nuova posizione di apertura
della valvola di mandata, la nuova portata, la nuova potenza allorché:
3
a) si inserisce nello spazio morto una capacità addizionale di 600 cm .
b) si effettua una laminazione all’aspirazione fino a 0.9 ata.
. .
[Risultati: m = 101g / s ; Pass = 16.8 kW] [83% corsa; m = 57.2g / s ; P’ass =
.
9.5 kW] [73% corsa; m = 88.3g / s ; P’’ass = 16 kW]