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1) RENDIMENTO VOLUMETRICO E DI STADIO

MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA


Il rendimento volumetrico, in un MCI, è costituito dal rapporto fra la quantità di miscela (aria
comb) aspirata ad ogni ciclo, e quella corrispondente al volume generato dal pistone (Cilindrata)
durante la corsa dal PMS al PMI
e(v) = 2*M(i)/N*V(d)*ro(i) dove V(d) è la cilindrata
da questo rapporto ne dipendono l’efficienza di un motore e la sua capacità di respirazione, a cui è
legata la potenza che il motore e in grado di erogare. Tale parametro risulta pertanto utile per
valutare la quantità di aria o miscela che può essere aspirata dal cilindro, visto come un
compressore alternativo in termini di capacità di pompaggio. Quindi e(v) esprime in sostanza le
prestazioni del pompaggio solo del cilindro e della valvola.

Pe un MCI, oltre al rend. volumetrico, è opportuno considerare il rendimento meccanico, definito


come il rapporto tra la potenza disponibile e prelevabile dell’albero a gomiti (Albero motore) e
quella disponibile all’interno del cilindro e il rendimento termico invece è il rapporto tra il calore
trasformato in energia meccanica ed il calore sviluppato dalla combustione, infatti migliore sarà il
rendimento termico di un motore, tanto maggiore sarà la sua efficienza, riuscendo ad sfruttare al
meglio l’energia disponibile. Il rendimento termico inoltre, in un motore ad accensione per
compressione, non resta costante per alfa costante (rapporto aria-comb) in quanto il processo di
combustione può essere influenzato sensibilmente da pressione e temperatura in ingresso e n. dei
giri.

TURBINE

Il rendimento VOLUMETRICO in una turbomacchina può essere definito come rapporto fra
l'energia effettivamente fornita alla palettatura e quella fornita in caso di lavorazione dell'intera
portata da parte della palettatura stessa. Bisogna infatti considerare che sulle palettature non agisce
l'intera portata del fluido in ingresso, a causa dei giochi tra palette e cassa esterna o tra palette e
rotore che provocano una parziale mancata trasformazione termofluidodinamica di parte del fluido
nell'attraversamento dello stadio.
Semplificando possiamo dire che rappresenta il rapporto fra la massa effettivamente elaborata dalla
palettatura e la portata.
Il rend. vol. è influenzato da alcuni fattori:
- rapporto tra altezza delle palette e dimensione del gioco radiale. All'aumentare di questo aumenta
r.v. Negli stadi ad alta pressione il r.v. è basso perchè, essendo costanti la portata M, la velocità
assiale c(a), essendo piccola la sezione di passaggio A=pigreco*d(av)*h*epsilon (epsilon=fattore di
ingombro palette), risulterà pure piccola h, e di conseguenza il rapporto h/dimensione gioco radiale.
– grado di reazione R. Al diminuire di R aumenta r.v., quindi massimi valori di r.v. per le
turbine ad azione

Il rendimento di STADIO invece è il prodotto tra r.v.,rendimento di palettaura, (quest'ultimo


definito come rapporto fra potenza ceduta dal fluido al rotore e potenza resa disponibile dal fluido)
e fattore di umidità "y". Il rendimento di stadio è riferito ovviamente ad ogni singolo stadio.
Qualora la macchina sia dotata di più stadi, assistiamo ai fenomeni termodinamici del recupero e
controrecupero rispettivamente nelle turbine e nei turbocompressori.
2) DIAGRAMMA DI FUNZIONAMENTO DEL MOTORE ALTERNATIVO
A VAPORE

In sistemi energetici come la turbina a vapore o il motore alternativo a vapore, il calore ottenuto
bruciando il combustibile, è utilizzato per portare l'acqua allo stato di
vapore ad alta pressione. • L'energia di pressione posseduta dal vapore viene trasformata in energia
di movimento utilizzata per far muovere i pistoni di un motore, oppure per mettere in rotazione una
turbina cedendo energia cinetica alle palette calettate sull’asse della turbina stessa.
Il motore alternativo a vapore (MVA), poco utilizzato nei settori della locomozione e della
propulsione marina rispetto al MCI alternativo, ha visto rinnovata attenzione

in rifermento all’impiego cogenerativo di piccola e media taglia.


• Il MVA è caratterizzato infatti da:

‒ possibilità di utilizzo di combustibili di scarso pregio;


‒ elevata affidabilità;
‒ minor prestigio termodinamico rispetto alla TAG;
‒ P e T (surriscaldamenti) più contenute;
‒ costi di installazione e manutenzione ridotti.

Il diagramma di funzionamento del MVA è la descrizione nel piano pV della sequenza operativa nel
cilindro espansore. Esso si aggancia al ciclo termodinamico di Rankine realizzato dal sistema
caldaia, espansore (motrice), condensatore, pompa.
Con riferimento ad un MVA monocilindrico il funzionamento ideale teorico ha come ipotesi di base
l’assenza di spazio morto (nocivo) e la coincidenza delle pressioni di ammissione ed espulsione del
vapore con quelle di produzione in caldaia (pv) e dell’ambiente di scarico (pc).
• Al termine della fase AB di ammissione a pv costante il vapore saturo o surriscaldato compie
l’espansione completa BC fino a pc in corrispondenza del PMI, infine
nella corsa di ritorno al PMS viene espulso dallo stantuffo con scarico completo CD a pc costante.

• La sequenza si chiude con il segmento DA che equivale alla sostituzione istantaneamente del
vapore esausto con
quello nuovo (differenza di P della pompa).
La realizzazione pratica del motore implica due modifiche del diagramma ideale teorico
per:
‒ Presenza di spazio morto.
‒ Troncamento dell’espansione.

• Lo spazio morto s.m. è imposto da ragioni costruttive e tecnologiche (alloggio organi di


distribuzione, assorbimento di dilatazioni differenziate e di modifiche dei giochi per usura e
interventi di rettifica) e serve ad evitare che eventuali condense abbiano conseguenze deleterie a
fine corsa.

Un effetto dello s.m. è la compressione EF del vapore rimastovi, effettuata dal vapore entrante, con
spesa di lavoro che può ridursi accorciando l’espulsione al tratto DE della
corsa di ritorno (anticipo di chiusura allo scarico).
• Il troncamento dell’espansione a ps>pc (~ 0,1 bar) è necessario allorchè, per l’ingente aumento del
V specifico a bassa P, le dimensioni diverrebbero improponibili e comunque non giustificate
dall’aumento di L ottenibile.
La perdita di L è comunque compensata da:

‒ innalzamento della pmi (pressione media indicata) con migliore utilizzazione della cilindrata;
‒ riduzione del lavoro di attrito nel funzionamento effettivo.

• Il troncamento dell’espansione a ps>pc induce anche uno scarico spontaneo CD a V costante


ottenuto con l’apertura delle luci di scarico, per cui la sequenza operativa (diagramma ideale pratico
del MVA) consta di:

‒ FA = ammissione a V costante
‒ AB = ammissione a P costante
‒ BC = espansione
‒ CD = scarico a V costante
‒ DE = scarico a P costante
‒ EF = compressione
Pertanto le fasi principali di un ciclo rappresentativo del
MVA sono:
‒ FAB = introduzione del vapore
‒ BC = espansione
‒ CDE = scarico
‒ EF = compressione

• Aprendo la valvola di ammissione il vapore entra nel cilindro ad una P leggermente inferiore a
quella della caldaia che, a valvola aperta, è costante perché lo stantuffo si sposta verso il PMI (fase
di ammissione AB isobara).

• A questo punto viene istantaneamente chiusa la valvola di ammissione, il vapore continua ad


espandersi e spinge lo stantuffo fino al PMI; la P del vapore diminuisce mentre il V aumenta per lo
spostamento del pistone (fase di espansione BC adiabatica).
L’espansione finisce al punto C quando viene aperta la valvola di scarico: la P scende di colpo al
valore dell’ambiente entro il quale il vapore verrà scaricato.

• Se lo scarico avviene nel condensatore il punto D è a P più bassa, l’area del ciclo aumenta e
maggiore è il L utile (fase di scarico CD isocora).

• In D il pistone inizia la sua corsa di ritorno; fino al punto E la P non aumenta perché la valvola di
scarico resta aperta (fase di scarico DE isobara).

• Prima che il pistone giunga al PMS in E viene chiusa la valvola di scarico: il pistone continua la
corsa verso il PMS, il V del vapore rimasto nel cilindro diminuisce e la
sua P aumenta (fase di compressione EF adiabatica).
Il pistone raggiunge il PMS, viene aperta la valvola di ammissione del vapore e la P sale di colpo al
valore pv (fase di ammissione tratto FA isocora).
• In pratica non è possibile aprire la valvola di scarico nell’istante preciso in cui il pistone giunge al
PMI, ma alcuni istanti prima (in corrispondenza della fase di
scarico il ciclo di trasformazione deve essere leggermente arrotondato).

• L'area racchiusa dal ciclo rappresenta il lavoro che la macchina compie ad ogni ciclo.

• Il diagramma di funzionamento effettivo (detto anche diagramma indicato) è la descrizione, nel

piano PV, della sequenza operativa nel cilindro espansore, esso riguarda il ciclo termodinamico di
Rankine realizzato dal sistema caldaia-espansore-condensatore-pompa.
L'area racchiusa nel diagramma indicato rappresenta il lavoro Wi che la macchina compie ad ogni
ciclo ed è proporzionale al lavoro raccolto dallo stantuffo.

3) LAVORO, RENDIMENTO E POTENZA NEL MOTORE ALTERNATIVO A VAPORE

L'area racchiusa nel diagramma di funzionamento effettivo (detto anche diagramma indicato)
rappresenta il lavoro Wi che la macchina compie ad ogni ciclo ed è proporzionale al lavoro raccolto
dallo stantuffo.
Il lavoro indicato teorico è
W(it) = Wa + We + Ws + Wc

somma dei lavori di ammissione, espansione, scarico, compressione presi con loro segno
(ammissione ed espansione>0, scarico e compressione<0).

Il rendimento reale del ciclo η vale il prodotto del rendimento ideale ηid per il rendimento indicato
ηind (detto anche coefficiente di utilizzazione o diagram factor) espresso dal rapporto dei lavori
indicato e ideale, e cioè delle aree dei diagrammi indicati effettivo ed ideale ed anche delle pressioni
medie indicate dei funzionamenti effettivo e ideale pratico.

Nel valore di ηind è compreso anche l'effetto di spazio morto ≠ 0, preferendo di solito valutarne
implicitamente la presenza.
Si ha quindi η = ηind*ηid.

I valori più bassi di ηind si hanno in motori a condensazione per la maggiore ∆T tra ammissione e
scarico. Con vapore secco all'ammissione e scarico in condensatore può assumersi ηind =0.65-0.85.
Infine, se ηm=Pe/Pi è il rendimento meccanico, il rendimento totale del motore vale

ηtot = ηind*η(m). Si può ritenere η(m)=0.95-0.98 con valore minimo comprendente,


oltreché la potenza perduta per attrito (stantuffo-cilindro, cassetti-sedi, in perni e guarnizioni) e per
altre cause minori, anche la potenza per l'azionamento ausiliari (distribuzione).
Esso cresce in generale con le dimensioni (potenza) e decresce con la velocità media
v=2*s*n/60 dello stantuffo (n il numero di giri al minuto, s la corsa).
La potenza media effettiva Pe del motore è esprimibile per mezzo del lavoro all'albero per ciclo

Wu=C*p(me)=C*η(m)*p(mi) ------------ p(mi)= press. media indicata , e si ha:

P(e) = epsilon*p(mi)*η(m)*C*n / 60 in cui epsilon=1 o 2 per semplice o doppio effetto.

Per valutare Wu si può anche partire dalla variazione di Δh in espansione, dedotta dal ciclo di
Rankine tenendo conto della compressione nel cilindro e dell'espansione
troncata; con ρ la densità del vapore in ammissione e ei il grado di ammissione la potenza media
effettiva Pe del motore vale :

P(e) = epsilon*ro*η(m)*η(ind)*C*n*e(i) / 60
dove
e(i) = grado di ammissione (rapporto tra volume di vapore introdotto e Cilindrata C)
e(s) = grado di scarico (rapporto tra volume di vapore espulso e Cilindrata C)
ro = densità vapore
C = cilindrata

Il frazionamento dell'espansione in 2 o più stadi (motori polistadio) ha vari vantaggi, tra cui:
‒ la riduzione della perdita per scambi termici (minori rischi di condensazione, recupero di
rievaporazione in cilindri successivi);

‒ minori perdite di troncamento espansione;


‒ maggiori gradi di ammissione;
‒ possibilità di rissurricaldamento;
‒ regolarizzazione della coppia, equilibramento forze d'inerzia.

• Ne consegue in generale l'aumento del rendimento e quindi la diminuzione del consumo specifico
CS all'aumentare del numero di stadi. CS dipende da molti fattori e può subire notevoli variazioni
(l'esperienza mostra che in motori mal progettati e mal condotti, con alimentazione a vapore saturo,
l'escursione può superare 100%, mentre in motori di prestigio alimentati a vapore surriscaldato, ben
condotti, essa può risultare irrilevante).

• I suddetti vantaggi assorbono completamente i maggiori oneri di costo di costruzione ed esercizio.


4) DEFINIRE I PRINCIPALI PARAMETRI DESCRITTIVI DELLE SCHIERE DI PROFILI
NELLE TURBOMACCHINE

In accordo con le leggi della dinamica le deviazioni di fusso determinano gli scambi
energetici tra fuido e palettatura.
Dal punto di vista macroscopico tali deviazioni possono essere esaminate tra monte e
valle di una schiera di profli.

La presenza della schiera determina tra monte e valle della stessa una variazione dei
TRIANGOLI DI VELOCITA'e conseguentemente una deviazione del fusso. Tali triangoli sono
essenziali per lo studio monodimensionale delle turbomacchine e consentono di classifcare ed
individuare i diversi tipi delle stesse.
Sviluppando la schiera su di un piano si individuano ad esempio per un rotore assiale:

velocità assoluta C
componente relativa W
componente di trascinamento U
C = U+W dove i vettori velocita costituiscono il triangolo delle velocita.
STATORE, ROTORE, STADIO
Si dà il nome di STATORI ai condotti fssi delle turbomacchinee e di ROTORI (o giranti) ai condotti
mobili. Si parla schiere statoriche e rotoriche e all'insieme di una schiera statorica e di una rotorica
si dà il nome di STADIO.

- CORDA I: definita come la distanza rettilinea tra bordo di attacco e di uscita. Alla
componente di I in direzione assiale si dà il nome di corda assiale Ix.

- PASSO: definito come la distanza lineare tra due profili consecutivi. Per le macchine assiali il
passo può essere indifferentemente misurato in ingresso od in uscita dalla schiera mentre per
macchine miste o radiali i due valori differiscono. Anche in tal caso viene però conservato il passo
angolare e definito come sθ = 360/Z , con Z numero di pale della girante e tale che s = r*sθ

- CURVATURA θc del proflo ("camber"), pari all'angolo formato tra le tangenti alla linea di
scheletro ("camber line") rispettivamente ai bordi di ingresso (LE) e di uscita (TE).
La linea di scheletro è comunemente descritta come il luogo geometrico dei centri delle
circonferenze iscritte nel profilo.
- ANGOLO DI CALETTAMENTO γ ("stagger"): definito come l'angolo tra la corda del profilo e la
direzione assiale.

- SPESSORE t del profilo usualmente misurato in direzione normale alla linea di scheletro e
denominato t(n). E' a volte usato lo spessore tt in direzione tangenziale ove t(t)=t(n)/cosα.
– INCIDENZA i = α(1)-α'(1)
– DEVIAZIONE DEL FLUSSO ALLO SCARICO δ = α(2)-α'(2)

dove α'(1) e α'(2) sono gli ANGOLI COSTRUTTIVI di ingresso e uscita


dove α(1) e α(2) sono gli ANGOLI DI FLUSSO in ingresso e uscita
– VERSO DELLA CONCAVITA' DEL PROFILO:

Le palettature di compressore (macchina operatrice) sono contraddistinte dall’avere la concavità del


profilo rivolta in senso concorde con la direzione di propagazione del flusso.
Le palettature di turbina (macchina motrice) invece sono contraddistinte dall’avere
la concavità del profilo rivolta in senso opposto con la direzione di propagazione del flusso .

– VERSO DELLA VELOCITA' DI TRASCINAMENTO:

ascendente > se l'angolo di calettamento è negativo


discendente > se l'angolo di calettamento è positivo

5) FATTORE DI DIFFUSIONE

Importante parametro necessario per lo studio delle turbomacchine e per la fenomenologia del
flusso nelle schiere di profili strettamente correlato al carico palare e alla sua distribuzione lungo
l'ascissa relativa del profilo x'
COMPRESSORI: l'effetto complessivo (monte-valle della schiera) sul flusso è decelerante > si ha
diffusione del flusso, si realizza un innalzamento della pressione statica.
TURBINE: la schiera deve avere un effetto accelerante sul flusso e abbassamento della pressione
statica.

Il GRADO DI DIFFUSIONE di un profilo, e quindi il carico palare, sono fisicamente limitati.


In analogia a quanto avviene per i diffusori piani nei quali, oltre un determinato angolo di apertura
si manifestano fenomeni di separazione del flusso che impediscono l'ulteriore recupero di pressione,
anche nelle schiere piane e per i profili di compressore, nei quali si deve realizzare tra ingresso e
uscita un recupero di pressione, il gradiente di pressione nella direzione del flusso presenta un limite
superiore oltre il quale si manifestano appunto problemi legati alla separazione del flusso (stallo del
profilo).

Al termine del profilo si ha comunque una separazione a carattere turbolento chiamata SCIA.
6) GRADO DI REAZIONE: SPIEGARE L'IMPORTANZA CHE ASSUME NELLE
TURBINE A REAZIONE

R è un parametro adimensionale definito come il rapporto fra il salto di entalpia nella sola parte
rotorica e quello totale di un intero stadio della turbomacchina. (oppure rapporto tra "lavoro di
reazione" e "lavoro interno"). Fisicamente il grado di reazione sta a significare quanta parte del
lavoro interno viene ottenuta per reazione, cioè per aumento della velocità all'interno della girante.
Indica quindi la ripartizione di tale salto tra la parte fissa e quella mobile.

Il Parametro R è associato al concetto di coppia e potenza R=Δh(rot)/Δh(s) e può anche essere


definito in termini di velocità e triangoli di velocità (si parla in tal caso di grado di reazione
cinematico), variabile tra 0 e 1.

se R=1 siamo in presenza di una MACCHINA A REAZIONE PURA, in cui il salto entalpico
avviene nel solo rotore (espansione solo rotorica) ;
se R=0 siamo in presenza di una MACCHINA AD AZIONE PURA, in cui il salto entalpico
compete al solo statore. (il salto di pressione viene sviluppato esclusivamente nella parte statorica
(aumentando o diminuendo la velocità assoluta) e nella parte rotorica avviene solo una deviazione
del flusso.
R compreso tra 0 e 1 = MACCHINA A REAZIONE, il salto di pressione viene elaborato in parte
nello statore e in parte nel rotore; la velocità relativa in uscita dal rotore è quindi diversa da quella
in ingresso.

La sua importanza è legata alla scelta dei parametri progettuali ingegneristici di una macchina, oltre
che a motivi di mera classificazione delle stesse macchine (una turbina con R=0,5 per esempio sarà
caratterizzata da identica geometria della palettatura rotorica e statorica); in base al suo valore,
siamo in grado di distinguere il tipo di macchina: tra una macchina a reazione pura e una ad azione
pura esiste ovviamente un'infinità di situazioni intermedie

R = 0 - 0,5 > macchine motrici a gas o vapore


R = 0 - 0,8 > macchine motrici idrauliche
R > 0,8 macchine operatrici (compressori)

alcuni compressori hanno R>1 in quanto nello statore si effettua una piccola espansione, mentre nel
rotore una forte compressione, il salto entalpico del rotore è superiore al salto entalpico totale (cioè
dello stadio rotore + statore)
Un'altra definizione diffusa è la seguente: R = =Δh(rot)/W

Occorre tenere presente che R ha valore puramente indicativo ed inoltre varia lungo la stessa
palettatura. Tuttavia presenta una notevole influenza nella configurazione di una macchina.
7) GLI ORGANI STATORICI NELLE TURBINE E UGELLO DI DE LAVAL

L’elemento statorico più importante per una turbomacchina è l’ugello di espansione caratterizzati
dal presentare:
– portata costante (eq. di continuità),
– M=φ c A = cost - dove M=portata del gas,
– φ =densità del gas,
– c = velocità del gas A= area della sezione del condotto.

– Per l'equazione di Hugoniot si ha:

dA/A= (Nma²-1)*dc/c

da questa equazione si nota come nel caso di flusso subsonico (Nma<1) al crescere della sezione
(dA/A >0) la velocità diminuisce, mentre al suo diminuire (dA/A <0) la velocità aumenta.
variazione di sezione A legata alla variazione di velocità tramite il numero di Mach, in particolare la
sezione si restringe nel primo tratto, raggiunge un minimo (sez. critica) e poi aumenta,
- pressione critica p(c) dipendente dalla pressione a monte p(0), dal tipo di fluido (coeff. "k") e
dalla legge termodinamica che lega la trasformazione.
L'ugello di espansione può essere:

- subsonico > se la pressione di valle p(1)>p(c) - ugello solo convergente e molto corto per ridurre
le perdite per attrito
– supersonico > se p(1)<p(c) - ugello con un tratto convergente e uno divergente con angolo
di divergenza dolce di lunghezza non eccessiva (per evitare perdite per attrito)

L'ugello de Laval, o più comunemente ugello di espansione convergente-divergente, è un ugello di


scarico supersonico, a differenza dell'ugello convergente che invece è subsonico, utilizzato per
analizzare sia le condizioni di progetto sia le condizioni fuori progetto di un generico organo
statorico per la diffusione di un fluido. Tale analisi sugli orgni statorici è utilizzata sia per lo studio
sul dimensionamento degli ugelli stessi, sia per capirne l'incidenza sulle prestazioni della macchina.
Schematicamente è costituito da un tubo che presenta una strozzatura centrale, simile a una
clessidra asimmetrica. Il suo funzionamento a regime (velocità pari alla velocità del suono nella
sezione di gola, ovvero nella sezione più piccola) permette di accelerare un gas caldo fino a velocità
supersoniche, convogliando il flusso di scarico in modo da trasformare la sua energia termica e di
pressione in energia cinetica.

Il funzionamento si basa sul diverso comportamento di un flusso subsonico e di uno supersonico al


variare della sezione del condotto. In regime subsonico, un fluido che attraversi un condotto le cui
sezioni vanno restringendosi (convergente) deve aumentare la sua velocità in modo da mantenere
costante la portata in massa. L'ugello è disegnato in modo tale per cui, in corrispondenza della
sezione minore (gola), il fluido raggiunga condizioni di saturazione (ovvero raggiunga Mach = 1).
Passata la gola, il flusso sonico attraversa sezioni che vanno allargandosi (parte divergente
dell'ugello) e quindi comincia a espandersi e ad aumentare la velocità fino a raggiungere un regime
supersonico. A questo punto le onde sonore non possono più propagarsi all'indietro nel gas.
Scendendo più nel particolare, in presenza di condizioni DI PROGETTO, il fluido si espande
isoentropicamente da p0 a p1=pa e l'ugello si dice ADATTATO.
La condizione di saturazione (choking) nella gola dell'ugello si avrà solamente se la portata e la
pressione del fluido a monte sono sufficienti, altrimenti il fluido rimarrà subsonico e l'ugello si
comporterà come un tubo Venturi. (condizione FUORI PROGETTO)
Inoltre, la pressione del gas all'uscita dell'ugello non deve essere troppo bassa rispetto a quella
ambiente (ugello sovraespanso). Anche se l'informazione di pressione non può risalire il flusso
supersonico, una pressione esterna molto alta può "infiltrarsi" nello strato limite subsonico che
riveste le pareti dell'ugello e "scollare" il flusso supersonico provocando forti turbolenze anche
ingrado di distruggere l'ugello stesso.
Velocita di scarico : Il gas entra in un ugello viaggiando a velocità subsonica, quando poi passa nel
tratto convergente viene forzato ad accelerare fino all'imboccatura della sezione di gola, dove l'area
trasversale al moto del gas è la più piccola; qui, in condizioni normali di funzionamento (condizioni
di saturazione), il gas raggiunge una velocità sonica. Superata la sezione di gola si arriva al cono
divergente, il gas continua a espandersi mentre la sua velocità diventa supersonica. La velocità
lineare del gas di scarico in uscita può essere calcolata utilizzando la l’equazione di De Saint
Venant.

8) ESPANSIONE TURBINA R: 0,5 SU DIAGRAMMA H-S

slide 26 lez 9 turbine

R è un parametro adimensionale definito come il rapporto fra il salto di entalpia nella sola parte
rotorica e quello totale di un intero stadio della turbomacchina, cioè rapporto tra "lavoro di
reazione" e "lavoro interno", che fisicamente sta a significare quanta parte del lavoro interno viene
ottenuta per reazione, cioè per aumento della velocità all'interno della girante.
Partendo dall'equazione fondamentale delle turbine a reazione (nel caso ideale, ipotizzando assenza
di urti e attriti nei condotti fissi e mobili), sappiamo che:

L(i) = (c1^2-c2^2)/2 + (w1^2-w2^2)/2 + (u1^2-u2^2)/2


c = velox assoluta
w = velox relativa
u = velox di trascinamento

- il primo termine dell'equazione è LAVORO PER AZIONE L(a)


- il secondo termine LAVORO PER REAZIONE L(r)
- l'ultimo termine dell'equazione è pari a 0 perchè la velocità u1=u2 in quanto è uguale sia il
diametro che la velocità di rotazione della ruota (omega)
Nelle turbine ad azione il secondo termine è pari a 0 in quanto w1=w2
Se consideriamo un grado di reazione pari a 0,5 otteniamo:

L(r)/L(i) = 1/2 ---> sostituisci i rispettivi valori di L(r) e L(i) nell'eq.


(w1^2-w2^2)/2 = (c1^2-c2^2)/4 + (w1^2-w2^2)/4
(w1^2-w2^2)/2 - (w1^2-w2^2)/4 = (c1^2-c2^2)/4
(w1^2-w2^2)/4 = (c1^2-c2^2)/4
w1^2-w2^2 = c1^2-c2^2 equazione verificata quando c1=w2 (velocità assoluta in ingresso alla
girante = velox relativa all'uscita dalla girante) e quando c2=w1 (velox
assoluta in uscita dalla girante = velox relativa in ingresso alla girante).
Considerando l'espansione in turbina (dal punto 3 a pressione piu alta al punto 4 a pressione più
bassa) nel piano h-S in cui è raffigurato il ciclo Rankine
Con grado di reazione R=0,5 il salto entalpico è convertito in energia cinetica per metà nel
distributore e per metà nella girante.
Pertanto ∆h = ∆h(a) + ∆h(r)

calcoliamo la velocità in uscita dal distributore:


c1 = radice di (2*∆h(a)) = radice di (2*h3-h0), dove h0 è il punto intermedio tra 3 e 4.
Andando a costruire i triangoli di velocità che rispecchino tale situazione c1=w2 e c2=w1 notiamo
che il triangolo di velocità all'uscita sarà simmetrico a quello in entrata. Questo corrisponde
meccanicamente ad una geometria uguale fra palettatura rotorica e palettatura statorica.
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(((((Le turbine sono macchine dinamiche che elaborano l’energia potenziale e cinetica del fluido
trasferendola in forma meccanica su un albero rotante.

• Si tratta quindi di turbomacchine motrici.

• Sono costituite da vari stadi, ciascuno dei quali è a sua volta composto da una parte fissa (statore)
e da una parte mobile (rotore o girante).

• I possibili fluidi di lavoro sono acqua, vapore, gas, fluidi organici.


• Le turbine hanno comunque alcune caratteristiche comuni indipendenti dal fluido ed è quindi
possibile una trattazione generale.

• La presente analisi degli stadi di turbina assiale è applicabile in tutti i casi assimilabili a schiere
piane, quando risulta piccolo il rapporto: altezza della palettatura/diametro medio.
Se ciò non è soddisfatto nascono effetti tridimensionali (u varia lungo l’altezza della pala) e l’analisi
deve essere ripetuta a vari diametri.

• Facendo riferimento ai triangoli di velocità in un tipico stadio di turbina assiale, si può scrivere,
imponendo la continuità (componente assiale della velocità assoluta c(u)=cost):

ρ0*A0*c(a0) = ρ1*A1*c(a1) = ρ2*A2*c(a2) ---> ρ*A=cost

Il lavoro compiuto sul rotore dall'unità di massa del fluido - detto lavoro specifico – è uguale alla
caduta di entalpia totale del fluido tra monte e valle dello stadio;
Non essendoci lavoro nel tratto statorico risulta che: h0,0 = h0,1

• Quindi l’entalpia totale relativa h(0r) e' costante tra monte e valle del rotore in una
turbommacchina assiale:

• L’espansione (un efflusso reale) in uno stadio di turbina viene rappresentata nel piano h-s,
mettendo in evidenza le variazioni di pressione statica e le variazione dei contributi cinetici
In particolare è graficabile:

- l'effetto statorico (h00=h01): la differenza tra h0=h1 è compensata dalla differenza delle quote
cinetiche c1^2/2 - c0^2/2;
– h01r=h02r efflusso rotorico, stesso criterio con riferimento alle velocità relative w.
– Le perdite sono graficabili non solo in termini di s ma anche di pressione totale, risulta
infatti che p01<p02 e p02r<p01r
● Stadio isolato o ultimo di macchina multistadio: c2 più piccola possibile in quanto l’energia
cinetica non può essere recuperata.
Lo studio dell’espansione nel diagramma h-s è interessante in quanto consente di visualizzare il
grado di reazione della macchina.

• Noti i triangoli di velocità e la p a monte e a valle dello stadio è infatti possibile costruire il
diagramma dell’espansione con relativa rappresentazione della variazione del grado di reazione R
sul piano h-s.
h0-h1 = h1-h2;
(c1^2-c0^2)/2 = (w2^2-w1^2)/2
grado di reazione 0,5
se R = 0 > macchina ad azione pura
se R = 1 > macchina a reazione pura )))))
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9) RENDIMENTO DI PALETTATURA E PERDITE ALLO SCARICO

Nell'ambito della valutazione delle prestazioni di una macchina, per qualsiasi turbomacchina,
inserita o meno o meno in un impianto, un parametro di grande importanza è il rendimento che sarà
calcolato come il prodotto di vari rendimenti parziali ciascuno dei quali riferito a particolari aspetti
del funzionamento.
Rendimento di palettatura

• E’ definito come rapporto tra la potenza ceduta dal fluido al rotore (macchina motrice) e la
potenza messa a disposizione dal fluido.
• Se si tratta di macchina operatrice, è definito come rapporto tra la potenza ceduta al fluido dal
rotore e quella messa a disposizione all’albero.
• In riferimento a macchine motrici:

η(p) = (c1u1*sen alfa1 - c2u2 sen alfa2) / (c0^2/2 + Δh) = (c1^2-c2^2+w2^2-w1^2+u1^2-


u2^2) / (c0^2+ 2Δh)
dove (c0^2/2) = energia cinetica del fluido all'ingresso dello stadio
Δh = salto entalpico totale

Perdite allo scarico


il rendimento di palettatura dipenderà sempre da un rapporto di velocità e da un parametro angolare.
Nella maggior parte dei casi la consuetudine
tecnica - perlomeno per le macchine assiali - vuole chee nell'ambito della scelta dei parametri più
signifcativie si faccia riferimento a:
sen alfa1, u/c1
Quest'ultimo defnito rapporto cinetico fondamentale nelle turbomacchine:

– velocità assoluta c
– componente di trascinamento u
Matematicamente, dopo analisi dei triangoli di velocità, NEL CASO DI TURBINA ASSIALE CON
R=0, si verifica massimo rendimento di palettatura per u/c1=(sen alfa1)/2

Valori elevati di alfa1, rappresentativi di un ugello molto inclinato, provocano forti perdite di carico
con l'impossibilità di ottenere alti rendimenti. Valore ottimale di alf1 = 68°-75°.

Il valore del rapporto u/c1 inoltre, dipende dalle variazioni della velocità periferica (per es. in
condizioni di funzionamento a rotazione variabile), pertanto un allontanamento dal valore ottimale
del rapporto provoca rapide diminuzioni del rendimento.

Valori massimi del rendimento sono legati infine anche alla minimizzazione dell'energia cinetica c2
allo scarico che, ipotizzando assenza di attriti, risulterebbe l'unica perdita.

in caso di TURBINA A REAZIONE CON R=0,5 invece, dopo l'analisi dei triangoli di velocità, si
può notare che il rendimento max della turbina è maggiore di quello della turbina ad azione, con un
rendimento di palettatura meno sensibile alla vairazione del rapporto u/c1. Anche in questo caso si
ha minima energia cinetica allo scarico.

10) NUMERO DI GIRI SPECIFICO

Le turbine idrauliche sono macchine motrici. Sono essenzialmente costituite da una organo fsso
(distributore) e da un organo mobile(girante). Si classifcano sulla
base del parametro numero di giri specifico ns e del grado di reazione R.

Il numero di giri specifico ns è un parametro fondamentale nello studio delle turbine idrauliche:
n(s) = n*P^(1/2) / H^(5/4) --------- n* P alla un mezzo fratto H alla cinque quarti
P = potenza fornita dalla turbina (CV) H = salto geodetico disponibile (metri) n = numero di giri
(giri/minuto)
ns è una variabile dimensionale.
Interpretazione fsica: ns è la velocità di rotazione necessaria per ottenere con una turbina simile a
quella in esame la potenza unitaria con un dislivello (salto geodetico) pari a 1m.
ns risulta identico per macchine simili. A seconda di n(s) varia anche la conformazione fisica delle
giranti della turbina.

ns caratterizza la tipologia di turbina.


Pelton salto 1000-400 ns 5-25 - Francis lente salto 300-100 ns 60-120 –Francis
normali salto salto 100-50 ns 120-250
Francis veloci salto 50-20 ns 250-500 - Eliche Kaplan salto 50-5 ns 500-1000

11) CAVITAZIONE NELLE TURBINE

Nelle turbine come per le pompe si cerca di evitare il fenomeno della cavitazione che consiste nella
formazione di bolle gassose in una sezione in depressione che influiscono negativamente sulle
prestazioni della macchina con conseguente danneggiamento della stessa. Nelle turbine a reazione il
punto in cui si verifca la pressione più bassa si trova di solito sul dorso della pala in prossimità del
bordo di uscita dove si raggiunge la velocità maggiore e quindi per il teorema di Bernoulli la
pressione è minore. Il fattore più critico è rappresentato dall'ALTEZZA DI ASPIRAZIONE h [m]
quale dislivello tra sezione di entrata del diffusore e livello dell'acqua allo scarico.
Per evitare la cavitazione è necessario che la pressione assoluta p2 all'entrata nel diffusore NON sia
inferiore alla tensione di vapore dell'acqua alla temperatura ambiente.
Viene così definita l'altezza di aspirazione h [m] a cui può essere posta la girante sopra il pelo libero
del canale di scarico:
h = [ (p(atm) - p(vap)) / ρ*gn ] - σ*H

dove "σ" è il COEFFICIENTE DI CAVITAZIONE, funzione di n(s), p(vap)=tensione di vapore,


H=salto motore, ρ*g="gamma"
il valore di σ condiziona pesantemente l'altezza massima di scarico (e quindi l'installazione) della
turbina assiale mentre risulta meno critico per la turbina radiale.
Bisogna però tenere in considerazione che nel rotore si possono avere dei punti in cui la velocità
relativa è più elevata di quella di scarico, per cui la pressione sarebbe minore che allo scarico;
pertanto è opportuno considerare un margine maggiore per il calcolo dell'altezza di aspirazione.

12) COMPRESSIONE ASSIALE - FATTORE DI DIFFUSIONE

I compressori sono macchine operatrici che forniscono energia ad un fluido, comprimendolo e


producendo così un aumento di pressione rilevante.

Sono costituiti da schiere di pale rotanti (rotori) e fisse (statori) e possono essere di due tipi: assiali
(per grandi portate e ridotto salto di pressione) e centrifughi (per ottenere rapporti di compressione
più elevati in presenza di modeste portate).
Nella configurazione assiale sono attraversati assialmente dal flusso e si possono suddividere
ulteriormente in

1) subsonici, quando la velocità relativa del fluido all'ingresso è inferiore a quella del suono;
2) transonici, nelle soluzioni in cui, nella zona di apice della palettatura, la velocità relativa
all'ingresso è supersonica.

I compressori assiali possono avere configurazione:

1) monostadio > lo stadio è composto da rotore e statore; nel rotore avviene la diffusione del flusso
nel piano relativo: le velocità assolute aumentano; nello statore avviene la diffusione del flusso
assoluto per consentire il recupero di pressione;

2) multistadio > utilizzati per ottenere elevati rapporti ci compressione e in cui la conponente
assiale della velocità del fluido viene praticamente mantenuta costante fra stadio e stadio cosicchè,
dato che la densità aumenta, la sezione di passaggio (e quindi l'altezza delle palettature) deve
diminuire.

Possono essere dotati di:


1) vani direttori di ingresso IGV, che possono presentare anche calettamento variabile, hanno lo
scopo di conferire una pre-rotazione al flusso in ingresso al rotore aumentando la deviazione
realizzabile nello stadio e incrementando così l'energia di pressione conferita al fluido.
Le perdite per diffusione e carico palare sono legate all'entità della diffusione del flusso, cioè al
rallentamento della corrente relativa, valutata mediante l'introduzione del parametro FATTORE DI
DIFFUSIONE DF, definito matematicamente come:
DF = 1-c2/c1+Δc(u)/2*c1*σ =(c(max)-c2) / c1
c1= vel. ingresso rotore
c2= vel. uscita rotore
Δc(u)=differenza in velocità tangenziale
σ= SOLIDITA' DELLA SCHIERA > rapporto tra corda e passo della palettatura, paramentro che
ci permette di definire i limiti di velocità necessari per non incappare del distacco dello strato limite.
All'aumentare del DF aumentano le perdite e un valore di DF>0,6 è indicativo di stallo della
palettatura; il valore ottimale è circa 0,45 , mantenuto mediante deflessioni e variazioni di area
contenute.
All'aumentare di σ, come da formula, diminuisce DF ma aumenta l'area "bagnata" dal fluido,
pertanto σ è un importante parametro per l'analisi delle perdite e per le prestazioni in generale

13) STALLO ROTANTE NEI COMPRESSORI

Lo stallo è un fenomeno aerodinamico consistente in una riduzione critica del coefficiente di


portanza dovuto ad un aumento dell'angolo di incidenza di un profilo aerodinamico con il verificarsi
della separazione del flusso sul lato in depressione.
Nel caso della schiera del compressore assiale la condizione di aumento dell'incidenza è originata
dal diminuire della portata (ad esempio per intervento di una
valvola di laminazione nel circuito).

Attraverso lo stallo il compressore riesce ad adattarsi ad un flusso che risulta insufficiente per il
corretto funzionamento della macchina. Il flusso, anzichè presentarsi distribuito lungo tutta la
sezione circolare del compressore, si suddivide in maniera non uniforme, di modo che alcuni canali
sono interessati da un flusso relativamente grande, mentre altri da un flusso piuttosto piccolo.
Si ha così un aumento del rapporto di compressione al diminuire della portata massima, sino alla
situazione limite in cui il rapporto di compressione è massimo: ogni ulteriore riduzione di portata
conduce allo stallo.

Il flusso presenta una distribuzione circonferenziale non uniforme ruotante lungo la sezione anulare
di passaggio, in una condizione denominata stallo rotante, che inizialmente non interessa tutta la
schiera, ma in genere 2-3 vani palari, che non sono sempre gli stessi ma ruotano creando in tal
modo una perturbazione che si sposta lungo la schiera stessa dando luogo a rumori o vibrazioni.
Il fluido compreso nelle celle di stallo si trova in condizioni di turbolenza e in alcuni casi da luogo a
vere e proprie inversioni di flusso.

Lo stallo rotante è pertanto un fenomeno non stazionario e tridimensionale, caratterizzato da una


propagazione della cella di stallo e quindi della perturbazione ad una frequenza compresa tra 0,3-0,7
volte la velocità di rotazione e verso concorde.
Imperfezioni superficiali nella regione del bordo di attacco di una pala oppure profili il cui
calettamento è caratterizzato da angoli inferiori, costituiscono un fattore peggiorativo nel provocare
il fenomeno stallatorio.

14) POMPAGGIO NEI COMPRESSORI CENTRIFUGHI

È un fenomeno periodico, che può assumere intensità distruttiva, e che si innesca quando la portata
viene ridotta oltre un certo limite. L’innesco del pompaggio
avviene a causa del raggiungimento di condizioni di instabilità nell’accoppiamento tra il
compressore e l’ambiente a valle che riceve il fluido compresso (cassa spirale).
Anche questo fenomeno., come lo stallo, è negativo per il buon funzionamento dei compressori sia
centrifughi che assiali. Esso compare spesso insieme al fenomeno dello stallo ed è talvolta
difficilmente distinguibile da questo.
Poiché il fenomeno del pompaggio si presenta in corrispondenza delle basse portate, esso pone un
limite inferiore alla portata. Il campo di applicazione delle pompe e dei compressori sarà perciò
quello compreso tra tale limite e la portata massima.

Come mostrato nella figura (disegno: > ascisse = portata Q, ordinate = rapporto di compr. beta)
(prima tratto crescente di beta e poi decrescente brusco, lastrina 47), la curva caratteristica di una
macchina operatrice cresce generalmente da portate maggiori a portate minori. In alcune
caratteristiche esiste un punto di massimo oltre il quale, per portate sempre minori, comincia a
decrescere la curva caratteristica. Il tratto di curva a sinistra del punto di massimo è zona di
instabilità della macchina. Il pompaggio è un fenomeno per cui la corrente fluida, spinta nella
tubazione di mandata, può invertire periodicamente il suo flusso, rifluendo momentaneamente verso
la girante.

La frequenza di queste oscillazioni (che creano forte rumorisità) è abitualmente bassa (da frazioni a
qualche Hz); in dipendenza di esse la pressione varia alternativamente da valori superiori al Δp
massimo fino a valori prossimi allo zero.
Spiegazione fisica del fenomeno:

supponendo che il compressore stia funzionando nelle condizioni D (zona di instabilità), una
riduzione di portata è accompagnata da una riduzione del rapporto di compr.
Se la pressione all'utilizzatore (es. cassa spirale) non si riduce con sufficiente rapidità, il fluido
compresso tende a fluire all'indietro. In tali condizioni il rapporto di compr. si riduce rapidamente.
Nel frattempo la pressione a valle del compressore ha avuto il tempo di abbassarsi, pertanto il flusso
può riprendere il verso consueto e il ciclo ricomincia.
Per proteggere la macchina dall’insorgere del fenomeno in parola, che in caso di grossa costruzione
può essere distruttivo, vengono applicati dei sistemi antipompaggio. Alcuni di questi interventi sono
applicati a parti del circuito tramite l’inserimento in linea di valvola di non ritorno antipompaggio
regolata da apposito servomeccanismo.

15) CICLO IDEALE NELLE TURBINE A GAS

Il ciclo turbogas termodinamico ideale o ciclo di Brayton-Joule è un ciclo termodinamico che


costituisce il riferimento ideale per il funzionamento delle turbine a gas.
Prendendo in considerazione la rappresentazione su piano T-S (sul piano h-S lo schema è
sostanzialmente uguale in quanto, trovandosi in presenza di un GAS PERFETTO, si ha: dh =
c(p)*dT; la rappresentazione nel piano h-S inoltre differisce solo per il fattore di scala c(p) ) il ciclo
si compone di quattro fasi:

1) compressione isoentropica del gas in un compressore, con scambio del lavoro negativo di ciclo;
2) riscaldamento isobaro (il fluido riceve calore Q1);
3) espansione isoentropica del gas in una turbina, con scambio di lavoro positivo di ciclo;
4) raffreddamento isobaro (il fluido cede calore Q2).
- Il RENDIMENTO IDEALE del ciclo, indipendente dalle temperature estreme del ciclo ma solo
dal loro rapporto, è pari a:

η(id) = 1 – Q2/Q1

che, con opportuni passaggi matematici dopo aver definito i due fattori adimensionali
τ = Tmax/Tmin = T3/T1 > rapporto tra Tmax e Tmin
β = p2/p1 = pmax/pmin > rapporto di compressione
può essere espresso nella forma:
η = 1-1/β^ε con ε = (k-1)/k che risulta noto per un gas perfetto.
- Scomponendo il ciclo in una somma di cicli infinitesimi ideali si introduce il RENDIMENTO
INFINITESIMO IDEALE, definito come:
η(id, inf) = 1 - Tu/Te
dove
Te = temp. a cui si ha ricezione di calore sull'isobara superiore
Tu = temp. a cui si ha cessione di calore sull'isobara inferiore
e dove il rapporto Tu/Te è pari al rapporto 1/β^ε ed ha lo stesso valore per tutti i cicli infinitesimi
- Il LAVORO SCAMBIATO UTILE del ciclo è definito come:
Wu = Wt-Wc
dove
Wc = lavoro assorbito dal compressore, pari al salto entalpico h2-h1
Wt = lavoro compiuto sulla turbina, pari al salto entalpico h3-h4
da cui, con opportuni passaggi matematici, si giunge all'espressione:
Wu = τ*(β^ε-1)/β^ε - (β^ε-1)
- Il LAVORO MASSIMO è calcolabile derivando la precedente rispetto a β, ottenendo l'annullarsi
della derivata in parola per i valori di
β = τ^(1/2ε).
Il lavoro si annulla per i valori
β = 1 (T2=T1) in quanto il fluido ripercorre in entrambi i sensi la stessa isobara
β = τ^(1/ε) (T2=T3) in quanto risulterebbe impossibile una cessione di calore senza innalzamento
di temperatura.
Il ciclo ideale differisce dal ciclo limite in quanto in quest'ultimo il fluido in gioco è reale.
Il ciclo reale invece tiene in considerazione le perdite dovute a vari fattori compresi attriti.

16) CICLO TURBINA A GAS CON INTERREFRIGERAZIONE

L'interrefrigerazione è una delle tre opzioni esistenti per migliorare le prestazioni di un ciclo a gas,
consistente nella suddivisione della compressione in due fasi, intercalate da uno scambiatore di
calore (intercooler) che riduce la temperatura intermedia.
L’interrefrigerazione è pratica comune nei compressori industriali: lo scopo è quello di diminuire il
LAVORO DI COMPRESSIONE necessario per portare il gas da p1 a p2, operazione resa possibile
dalla diminuzione del volume specifico del gas per effetto dell’abbassamento di temperatura
ottenuto nell’interrefrigeratore, ottenendo pertanto un aumento di potenza.
Nel particolare la diminuzione del lavoro in parola la si può notare graficamente nel relativo
diagramma h-S, osservando che la somma dei salti entalpici Δh21+Δh43<Δh71 per effetto della
divergenza delle isobare e della loro pendenza che cresce con la temperatura.
Per quanto concerne il RENDIMENTO invece, bisogna distinguere due casi:
1) ciclo ideale e limite
Analizzando il diagramma T-S si nota che il ciclo con intercooler è costituito da due cicli Joule
affiancati, il primo evolvente tra pA e pC (1756) con rendimento ideale
η(id) = 1-1/(pC/pA)^ε ; il secondo evolvente tra pB e pC con rendimento ideale η(id) = 1-1/
(pC/pB)^ε.
Risulta immediato constatare una perdita in termini di rendimento.

2) ciclo reale
In questo caso il primo ciclo Joule è affiancato da un secondo ciclo anomalo (2347) in cui
l'espansione 7-2 avviene con sottrazione di calore e quindi con diminuzione di entropia. Il ciclo
"anomalo" potrebbe però avere un rendimento più elevato del primo ciclo Joule, pertanto non si ha
la certezza di una perdita di rendimento rispetto ad un ciclo reale senza interrefrigerazione. Questo
dipende dalle condizioni in cui avviene l'interrefrigerazione, in particolare risulta che se il rapporto
di compressione pB/pA non è molto grande rispetto a pC/pA, si può verificare un miglioramento del
rendimento.
PROBLEMATICHE DELL'INTERREFRIGERAZIONE: ingombri e pesi; necessità di acqua
refrigerante o fluido con elevato c(p)

17) CICLO TURBINA A GAS CON POST-COMBUSTIONE RIPORTANDO SUL PIANO


TERMODINAMICO I VARI PASSAGGI

La post-combustione (o ricombustione) è una delle tre opzioni esistenti per migliorare le prestazioni
di un ciclo a gas, che consiste in una espansione in turbina frazionata e intercalata da un secondo
processo di combustione.
Come l’interrefrigerazione ha lo scopo di diminuire il lavoro del compressore, così la ricombustione
permette di aumentare il lavoro della turbina, presentando alla turbina di bassa pressione un fluido a
volume specifico incrementato dal riscaldamento conseguente alla seconda combustione.
E’ bene ricordare che l’eccesso d’aria presente nella combustione primaria delle turbine a gas è tale
da offrire ampia disponibilità di ossigeno per la seconda combustione.

Il LAVORO risulta incrementato sia nel ciclo limite che nel ciclo reale; per quanto concerne il
RENDIMENTO invece, nel ciclo limite si ha una sua diminuzione, nel ciclo reale non è possibile
definire a priori un aumento o riduzione di rendimento. Tuttavia complessivamente, a seguito di
analisi termodinamiche, un aumento di rendimento risulta improbabile.

Una combinazione della postcombustione con una rigenerazione consentirebbe un forte aumento di
POTENZA SPECIFICA, senza pregiudicare il rendimento; tuttavia questa soluzione ingegneristica
non viene quasi mai applicata a causa delle perdite di carico subite nella 2^ camera di combustione
e in fase di espansione, in aggiunta al fatto che il grado di rigenerazione R risulta <<1 a causa del
rendimento dello scambiatore di calore.

PROBLEMATICHE DELLA RICOMBUSTIONE: perdite meccaniche dovute alla minore


densità del fluido e alle alte palettature nella parte a pressione più bassa.
Per tali motivi tale soluzione viene impiegata solo se le possibilità di regolazione del sistema siano
da prendere in considerazione per una particolare destinazione d'uso.
18) CARATTERISTICHE SPECIFICHE DEGLI IMPIANTI CON TURBINA A VAPORE

Gli impianti motori a vapore rappresentano i sistemi di conversione energetica più importanti nel
campo della alte potenze, nei circuiti dei quali evolve acqua (sia quale fluido impiegato sia quale
fonte di raffreddamento) che passa dalla fase liquida a quella di vapore surriscaldato in una
evoluzione termodinamica ciclica a ciclo chiuso.

La portata in massa di acqua è variabile nel circuito, pertanto si parla di portata variabile.
Il circuito di funzionamento elementare è formato dai seguenti componenti:

1) SERBATOIO EQUIVALENTE che rappresenta un polmone d'acqua per il circuito, in realtà


tale serbatoio rappresenta un'astrazione, in condizioni reali parte della portata di acqua va
reintegrata.

2) POMPA DI ALIMENTO che preleva il liquido e lo porta al GENERATORE DI VAPORE

3) GENERATORE DI VAPORE: è uno scambiatore in cui il fluido viene riscaldato ad opera di un


processo di combustione esterno al circuito del fluido (circuito aria-fumi) ed è a sua volta suddiviso
in tre sottocomponenti:

- ECONOMIZZATORE, ha il compito di riscaldare l’acqua di alimento per mezzo dei cascami di


calore dei fumi fino alla condizione di liquido saturo, alla quale l’acqua esce per entrare
successivamente nell’evaporatore.
- VAPORIZZATORE
- SURRISCALDATORE nel quali il vapore, nelle condizioni di vapore saturo secco, o
surriscaldato, riceve calore dai fumi della fornace, incrementando la propria temperatura, a
pressione costante. Costituiti da un insieme di tubi in acciaio inseriti nella struttura nella quale
circolano i fumi incandescenti, può essere dotato anche di più stadi.

4) VALVOLA DI REGOLAZIONE
5) TURBINA in cui il liquido viene convogliato all'uscita dal GV e subisce il processo di
espansione con produzione di lavoro meccanico (fase utile)
Durante l'espansione il fluido subisce diminuzione di T, p e densità.
All'uscita dalla turbina la pressione del fluido è decisamente inferiore a quella atmosferica tuttavia
con un valore in titolo [X = m(v)/(m(v)+m(l)] molto elevato

6) CONDENSATORE, scambiatore in cui avviene la condensazione del fluido ad opera di grandi


quantità di acqua refrigerante
7) POMPA DI ESTRAZIONE a valle del condensatore che riporta il fluido al serbatoio.
19) CICLO HIRN

Il ciclo Hirn è il ciclo di riferimento per gli impianti motore con turbina a vapore.
La sua rappresentazione sul piano p-V risulta difficile in quanto è necessario l'utilizzo di una scala
logaritmica per la rilevante escursione dei valori del volume specifico, e poco indicativo in quanto
dà risalto alle fasi meno importanti del ciclo.
Più utile risulta la rappresentazione sul piano T-S e sul piano di Mollier (h-S).
In particolare nel piano T-S si hanno le seguenti fasi:

1) 0-1' > compressione del fluido nella pompa di alimento


2) 1'-1 > riscaldamento in fase liquida
3) 1-2-> compressione
4) 2-3 > surriscaldamento

nota: il punto 3' del ciclo reale (ingresso in turbina) si trova a pressione un po' inferiore a quella del
punto 3 nel ciclo limite a causa delle perdite di carico nei condotti
5) 3-4' > espansione reale (il punto 4 = espansione ideale)
nota: 4' si trova ad entropia più alta a causa degli effetti dissipativi in turbina
6) 4'-5 > condensazione
Le trasformazioni risultano praticamente coincidenti tra ciclo limite e ciclo reale.
Nel piano T-S le aree sottese dalle diverse trasformazioni rappresentano il calore scambiato lungo le
singole fasi
Nel piano h-S gli scambi energetici con l'esterno (calore e lavoro) sono rappresentati da segmenti
paralleli all'asse entalpico. (3-4' = lavoro compiuto in turbina)

20) RIGENERAZIONE TERMICA

La rigenerazione termica è un processo di scambio interno ad un ciclo a vapore che ha l'obiettivo di


migliorare l'efficienza del ciclo termodinamico.
Il processo consiste nel prelievo di calore in fase di espansione per preriscaldare il fluido di
alimentazione (spillamento).

Sul pianto T-S tale processo è rappresentato dal punto 5 al punto 6 e comporta sicuramente un
aumento di rendimento, tuttavia si ha una diminuzione di potenza dovuta ad una conseguente
minore portata di vapore in turbina.
Considerata l'irrealizzabilità pratica della sottrazione di calore in turbina a causa delle limitate
superfici di scambio termico e delle alte velocità, si può ottenere un parallelo effetto rigenerativo
sottraendo in espansione anzichè calore, una parte di vapore che, raffreddandosi e condensando, può
cedere il proprio calore al fluido prima dell'ingresso nel generatore di vapore.
Questo metodo, che prevede almeno in fase limite una successione di spillamenti multipli
infinitesimi di vapore (situazione non realizzabile ma che può costituire un valido riferimento),
provoca una conseguente riduzione di potenza legata alla diminuzione di portata di fluido.
Il processo di rigenerazione è quantificabile per mezzo del parametro GRADO DI
RIGENERAZIONE
R = (Ha - H0) / (H1 - H0)
definito quale rapporto tra incremento entalpico del liquido dovuto a rigenerazione e incremento
entalpico necessario per raggiungere il punto 1.
R=0 no rigenerazione
R=1 rigenerazione completa
R=0-1 rigenerazione parziale

In un processo di RIGENERAZIONE CONTINUA, caratterizzato da infiniti spillamenti di portata


infinitesima, una portata di vapore dm spillata ad entalpia HX permette di incrementare il valore di
entalpia dell'acqua di alimento Hx di una quantità dH. Analizzando il bilancio entalpico dello
scambiatore rigeneratore, con opportuni passaggi matematici otteniamo una funzione che ci
permette di calcolare la portata del vapore da spillare "m" in funzione di R:
m = exp INTEGRALE(da 0 a R) [ [H1-H0]/[HX-Hx] ] - 1
Il RENDIMENTO dell'impianto rigenerato è superiore al rendimento del medesimo impianto non
rigenerato
η(r) = 1-Q2/Q1 = (H4-H0)/[(1+m)*[(H3-H1)+(1-R)*(H1-H0)]]
η(0) = 1-Q2/Q1 = (H4-H0)/[(H3-H1)+(H1-H0)]
Infatti Q1 (calore che, per unità di portata al condensatore, il fluido riceve dall'esterno, è sempre
crescente con R.
Poichè una rigenerazione con infiniti spillamenti non è realizzabile nella pratica, il rendimento può
essere espresso nella seguente maniera, per unità di portata al condensatre:
η(r) = 1-Q2/Q1 = (H4-H0)/[(1+Σ(n,1)m(i))*[(H3-H1)+(1-R)*(H1-H0)]]
Se sono presenti spillamenti, vanno determinate le condizioni ottimali per il rendimento, in funzione
di m(i) e R.
Nel caso di rigenerazione parziale con uno spillamento si dimostra sempre che Q1 si modifica al
variare di R, Q1 risulta aumentato e in particolare le condizioni ottimali si hanno con un R=1/2.
La rigenerazione completa non apporta alcun beneficio in termini di rendimento, a causa
dell'irreversibilità relativa agli scambi di calore tra fluidi a diverse pressioni e temp., e tale
irreversibilità aumenta al crescere di R

21) SURRISCALDAMENTI MULTIPLI TURBINA A VAPORE

Il processo del surriscaldamento attuato in un ciclo turbina a vapore consiste nel riportare il vapore,
dopo una prima espansione in turbina, ad un nuovo surriscaldamento, a pressione inferiore a quella
massima del ciclo fino alla stessa temperatura massima del circuito.
Tale pratica viene realizzata al fine di ottenere, al termine della seconda espansione, un TITOLO IN
VAPORE decisamente più elevato, che permette a sua volta di evitare un'indesiderata presenza di
acqua negli ultimi stadi della turbina dovuta a titoli in vapore relativamente bassi al termine
dell'espansione, a parità di pressione massima. L'acqua infatti può innescare fenomeni degenerativi
sulle palettature (pitting, corrosione, riduz. di lavoro utile) con notevole decadimento delle
prestazioni della macchina.
Di solito non si prosegue oltre i due surriscaldamenti in quanto si ottengono dei titoli in vapore
molto elevati già dopo questi due cicli.
L'aumento del rendimento termodinamico è immediatamente notevole, poichè viene aumentata la
quota parte di calore ceduto al fluido a temperatura più elevata.
Per quanto concerne la pressione ottimale a cui effettuare il risurriscaldamento, le problematiche
sono a tuttoggi ancora irrisolte, si può pertanto quantificare il processo in parola con il
PARAMETRO DI SURRISCALDAMENTO, definito come rapporto dei salti entalpici relativi alle
due espansioni in turbina
SIGMA = h34/h56
che varia da 0 a infinito e che rappresenta rispettivamente l'assenza del primo e del secondo
surriscaldamento.
Il processo presenta comunque variabili e problematiche come: pressione di vaporizz., press di
condensaz., T di primo e secondo surriscaldam., titolo a fine espansione.

22)DESCRIVERE IL CIRCUITO ARIA-FUMI E ACQUA-VAPORE IN UN


GENERATORE DI VAPORE

In un generatore di vapore si possono distinguere due diversi circuiti: acqua-vapore ed aria-fumi.


Il CIRCUITO ACQUA-VAPORE è composto da 3 elementi principali:
1) ECONOMIZZATORE , costituito da uno o più fasci tubieri, in cui il fluido viene riscaldato a
spese dei cascami di calore dei fumi e in cui l'acqua passa da un'entalpia iniziale ad un'entalpia
prossima a quella di saturazione;
2) EVAPORATORE, costituito di solito dalle schermature delle pareti della camera di combustione
e in cui avviene il passaggio da fase liquida a vapore saturo. Può presentarsi in forma di circuito
autonomo oppure in serie al circuito principale;
3) SURRISCALDATORE, costituito da più fasci tubieri, in cui il fluido viene surriscaldato prima
dell'ingresso in turbina;
4) RISURRISCALDATORE (EVENTUALE), costituito da un ulteriore fascio tubiero e che ha lo
scopo di riportare il vapore parzialmente espanso in turbina a valori più alti di entalpia.

E' opportuno ricorda che i generatori di vapore possono presentarsi:

1) A CORPO CILINDRICO CON CIRCOLAZIONE NATURALE, costituiti da un corpo


cilindrico da cui dipartono i tubi di caduta che convogliano l'acqua satura ai collettori inferiori e
che, data la circolazione naturale del fluido, non comportano oneri aggiuntivi in termini di potenza
per il pompaggio,

2) A CORPO CILINDRICO A CIRCOLAZIONE ASSISTITA, utilizzati per pressioni > 13MPa


e <20Mpa in cui sono presenti delle pompe che permettono la circolazione meccanica del fluido di
portata pari a 5-6 volte la portata massima di vapore richiesta al carico nominale;

3) A CIRCOLAZIONE FORZATA in cui è assente il corpo cilindrico e in cui l'acqua di alimento,


ad opera delle sole pompe di alimento, attraversa in un solo passaggio economizzatore, evaporatore,
surriscaldatore, costituiti da fasci tubieri paralleli.
Il CIRCUITO ARIA-FUMI è costituito da un complesso di ventilatori in parallelo che fornisce la
quantità di aria comburente, che attraversando un RISCALDATORE, recupera parte della quantità
di calore che rimane nei fumi dopo il loro attraversamento delle superfici di scambio termico con
l'acqua e il vapore.
Il riscaldatore può essere:

1) DI TIPO RECUPERATIVO,
2) DI TIPO RIGENERATIVO.

Attraverso una serie di condotti nei quali di solito è disposto un sistema di misura della portatae
l'aria giunge ai bruciatori e attraverso questi in camera di combustione. Bruciando il combustibile
si fornisce calore al fuido e i gas combusti cedono calore per irraggiamento alle schermature che
costituiscono l'evaporatore. I fumi attraverso poi il il risurriscaldatore e l’economizzatore ed infine
dopo aver riscaldato l'aria attraverso una serie di condotti passano ad un captatore di ceneri e da
questo al camino.
Il circuito aria-fumi può essere realizzato in due modi:

1) A TIRAGGIO BILANCIATO, in cui, ad opera di ven


tilatori prementi, viene fornita pressione necessaria a far giungere l'aria comburente in camera di
conbustione e, ad opera di ventilatori aspiranti, di aspirare i fumi attraverso la caldaia, il
riscaldatore, il captatore e i condotti. Questa soluzione viene usata in caso di utilizzo di combustibili
solidi, considerati i complessi problemi di tenuta dovuti alle infiltrazioni di aria che provocano un
eccesso di aria del 4-5% nei fumi tra camera di comb. e ingresso nei riscaldatori.

2) A CALDAIA PRESSURIZZATA, in cui si fornisce la prevalenza necessaria per far defluire


l'aria ed i fumi fino al camino solo tramite ventilatori prementi, con evidenti vantaggi in termini di
ingombri e costi di installazione, minore consumo di potenza, maggiore sicurezza di esercizio.
Questa soluzione viene utilizzata per combustibili liquidi o gassosi e presenta problematiche legate
alle fughe di gas caldi dalle componenti, costringendo all'iniezione di aria in pressione per garantire
la tenuta e che a sua volta provoca un eccesso d'aria del circa 3%.

23) FUNZIONAMENTO E CARATTERISTICHE DI UN DEGASATORE IN


UN IMPIANTO A VAPORE.
Il degasatore termico è un tipo di scambiatore di calore a miscela nel quale si ottiene la degasazione
termica o degasaggio dei gas incondensabili dell'acqua utilizzata come fluido termovettore negli
impianti industriali di produzione di energia (ad esempio nelle centrali termoelettriche).
Il funzionamento è basato sul cambiamento di fase vapore-liquido fino al raggiungimento delle
condizioni di saturazione dell'acqua, alle quali la quantità di gas disciolti in essa è praticamente
nulla; i gas incondensabili vengono infatti liberati con successiva fuoriuscita dalla parte alta del
componente (torretta o colonna a piatti). Il processo segue la legge di Henry.
In un impianto a vapore il degasatore ha la funzione di polmone per l'acqua di alimento e separa gli
scambiatori-rigeneratori a bassa pressione situati a monte del componente
stesso, da quelli ad alta pressione situati a valle.
Il degasatore è costituito da una TORRETTA dalla parte più alta della quale viene nebulizzata
l'acqua da trattare a mezzo di ugelli spruzzatori, in questo modo l'acqua viene preriscaldata,
condensando il vapore proveniente dalla base della torretta trascinato dai gas che sono già stati
liberati in precedenza.
l'acqua che era stata nebulizzata, scende per gravità nella torretta e viene liberata dei gas in essa
contenuti. La superficie di scambio termico e di massa viene estesa mediante il frazionamento
dell'acqua ottenuto in piatti forati durante la sua fase di caduta.
L'acqua degasata viene successivamente raccolta alla base del serbatoio CILINDRO INFERIORE,
dove si ripristinano le condizioni di equilibrio liquido-vapore, e prelevata da pompe di estrazione
con lo scopo di alimentare il circuito, che dovranno avere un opportuno battente per evitare la
cavitazione.

24) ILLUSTRARE E DESCRIVERE IL CICLO ORC

Col termine Organic Rankine Cycle si individuano impianti che convertono calore in energia
elettrica mediante un ciclo Rankine che utilizza una sostanza organica ad alto peso molecolare come
fluido di lavoro, che riesce ad effettuare il passaggio liquido-vapore a temperature più basse.
Tali fluidi organici sono chiamati anche bassobollenti, ovvero fluidi in cui la temperatura di
ebollizione normale è inferiore a quella dell’acqua, permettendo così lo sfruttamento di fonti con
basse temperature di calore.
Le caratteristiche del fluido di lavoro consentono di sfruttare piccoli salti entalpici a temperature
medio-basse dove il ciclo Rankine a vapor d'acqua avrebbe limiti nel disegno della turbina o nei
costi di impianto e di esercizio.
I fluidi di lavoro possono essere classificati in 3 categorie: secchi, isoentropici e umidi; nei cicli
ORC i fluidi secchi e isoentropici sono i più appropriati in quanto permangono nello stato
surriscaldato dopo l'espansione isoentropica in turbina, permettendo così di evitare l'impiego di
dispositivi di surriscaldamento e problematiche connesse alla corrosione dovuta alle goccioline
liquide.
Anche per il ciclo ORC è possibile la rigenerazione: un turbogeneratore ORC con annesso
rigeneratore utilizza l’olio diatermico ad alta temperatura per preriscaldare e vaporizzare un fluido
organico di lavoro nell’evaporatore (8→3→4).
Il vapore organico espande nella turbina (4→5), che è direttamente collegata al generatore elettrico.
Il vapore passa attraverso il rigeneratore (5→9) e in questo modo preriscalda il fluido organico
(2→8).
Il vapore viene poi condensato nel condensatore (raffreddato dall’ acqua di raffreddamento)
(9→6→1).
Il liquido organico viene infine pompato (1→2) nel rigeneratore e da qui nell’evaporatore,
completando così la sequenza di operazioni
nel circuito chiuso.
Anche se penalizzato dalle basse potenze, il ciclo ORC apporta notevoli vantaggi, sia di tipo tecnico
che di tipo operativo e ambientale:
VANTAGGI TECNICI
-Alta efficienza del ciclo termodinamico
-Elevata efficienza della turbina (fino 90 %)
-Bassa sollecitazione meccanica della turbina, dovuta alla bassa velocità periferica
-Basso numero di giri della turbina, tale da consentire il collegamento diretto al generatore elettrico
senza interposizione di riduttore di giri e basse sollecitazioni meccaniche
-Mancanza di erosione delle palette della turbina, dovuta all’assenza di umidità negli ugelli
VANTAGGI OPERATIVI
-Semplicità nelle procedure di avviamento
-Silenziosità
-Funzionamento automatico e continuo
-Minima richiesta di manutenzione
-Lunga vita della macchina
-NO sistemi di trattamento acqua
-possibile funzionamento a carico parziale
VANTAGGI AMBIENTALI
-NO tossicità
-NO CFC con conseguente danneggiamento della fascia di ozono
-possibilità di impiego di diversi tipi di materiale organico:
Biomassa legnosa: segatura, cippato, corteccia, legno trattato;
Altra biomassa (fanghi biologici, paglia, scarti di
potature, bucce di cereali, etc.);
Rifiuti

25) FUNZIONAMENTO DELLA CALDAIA A RECUPERO NEI CICLI


COMBINATI
La caldaia a recupero HRSG Heat Recovery Steam Generator all'interno dei cicli combinati
permette lo sfruttamento dei gas di scarico della turbina di un ciclo "topping" a gas per alimentare
un ciclo "bottoming" costituito da un impianto a vapore. L'alimentazione della caldaia a vapore
avviene senza ulteriore aggiunta di combustibile.
Nella caldaia a recupero i fumi si raffreddano cedendo calore all’acqua/vapore circolante
nell’impianto “bottoming”, per poi venire scaricati in atmosfera a temperature dell’ordine dei 100-
130°C.
Lo scambio termico è suddiviso in tre fasi:
1) il riscaldamento dell’acqua liquida proveniente dalla pompa di alimento;
2) l’evaporazione dell’acqua con generazione di vapore saturo;
3) il surriscaldamento del vapore.
Ognuna di queste fasi avviene in banchi di tubi fisicamente separati fra loro che prendono il nome
rispettivamente di economizzatore, evaporatore e surriscaldatore.
La caldaia a recupero è sostanzialmente diversa da un generatore di vapore convenzionale; ciò è da
imputare alle temperature nettamente inferiori che si hanno in essa. La temperatura dei fumi
all’uscita della turbina a gas è infatti dell’ordine dei 550 – 600 °C, contro gli oltre 2000°C che
caratterizzano i prodotti della combustione nei generatori di vapore. Ciò implica che lo scambio
termico nel HSGR avvenga per convezione, mentre nel generatore di vapore classico avviene
prevalentemente per irraggiamento.
La disposizione dei banchi di scambio termico sarà allora dettata unicamente da considerazioni
riguardanti l’ottimizzazione dello scambio termico tra i due fluidi, pertanto viene adottata la
configurazione in controcorrente, disponendo direttamente il surriscaldatore a contatto con i gas a
temperatura più alta.
Nel diagramma dello scambio termico nella caldaia a recupero, che rappresenta l'andamento della
curva di raffreddamento gas e la curva spezzata preriscaldamento+evaporazione+surriscaldamento,
al variare della Temperatura in funzione del calore scambiato, si evidenziano tre differenze di
temperatura particolarmente significative:
∆T al pinch-point (∆Tpp): minima differenza di temperatura tra i gas e il vapore all’uscita
dell’evaporatore (7 – 15°C);
ƒ∆T all’approach-point (∆Tap): minima differenza di temperatura fra gas e vapore nella fase di
surriscaldamento ( > 35°C);
ƒ∆T di sub-cooling (∆Tsc): differenza fra la temperatura di evaporazione e quella dell’acqua
uscente dall’economizzatore (tipicamente intorno ai 5°C).
I primi due dipendono dal progetto termico della caldaia mentre il ∆T di sub-cooling è necessario al
fine di evitare il rischio che l’evaporazione abbia inizio nei tubi dell’economizzatore, causando
perturbazioni nel valore della portata.
Tutti i ∆T menzionati influenzano le prestazioni del ciclo a vapore, in particolare:
- l’aumento di ∆Tsc causa la diminuzione del calore sottratto dai gas nell’economizzatore;
- l’aumento di ∆Tap causa la diminuzione della temperatura massima del ciclo a vapore e del
relativo rendimento;
- l’aumento di ∆Tpp, a pari pressione di evaporazione, riduce il recupero termico dai gas, che
vengono scaricati ad una temperatura superiore, e di conseguenza la portata di vapore prodotta.

26)CICLO COMBINATO ACQUA-VAPORE AD UN LIVELLO DI


PRESSIONE
Per migliorare il rendimento dei cicli combinati, i cicli a vapore sono organizzati su più livelli di
pressione.
Il caso specifico di ciclo combinato ad un livello di pressione non si applica mai nella realtà, ma si
prende in considerazione quale base per l'analisi dei parametri progettuali.
L'acqua proveniente dal condensatore viene inviata in caldaia a recupero dopo averla portata a
pressione desiderata all'ingresso turbina.
In questo caso le pressioni in gioco si aggirano sui 40-70 bar e il rendimento sui 46-48%.
Per quanto riguarda il RAPPORTO DI COMPRESSIONE della turbina a gas il valore ottimale in
corrispondenza del quale si ottengono valori massimi del rendimento si aggira su 10-18.
Per valori molto bassi del rapporto di compress. si ha alta temperatura dei gas di scarico, quindi
elevato contenuto entalpico, ma bassa efficienza della turbina a gas.
Per valori molto alti si realizza il contrario.
Per quanto concerne la PRESSIONE DEL VAPORE, all'aumentare della pressione di produz. di
vapore, aumenta il rendimento del ciclo a vapore mentre diminuisce quello della caldaia a recupero.
Aumentando la pressione, aumenta la T di evaporazione e diminuisce la quantità di calore che può
essere recuperata dai gas di scarico.
Per quanto riguarda infine la TEMPERATURA DEL VAPORE SURRISCALDATO, all'aumentare
della T max raggiunta, aumenta l'efficienza del ciclo Rankine sottoposto senza influenza sulla
caldaia a recupero.
In fase progettuale si cerca di elevare quanto più possibile tale T considerando opportunamente le
resistenze dei materiali alla corrosione e il conseguente aumento delle superfici di scambio del
surriscaldatore. Valori ottimali della temperatura del surriscaldato si aggirano sui 20-30°C in meno
rispetto alla T dei gas di scarico.
Il rendimento di tale configurazione non è molto elevato perchè la caldaia monopressione non
garantisce un efficiente recupero del calore, ciò è testimoniato dall'elevata temperatura al camino
superiore ai 170°C.
E' consigliata tale soluzione solo in caso di utilizzo di combustibili non pregiati o ricchi di zolfo per
problematiche corrosive al camino
Con le configurazioni multilivello di pressione si produce vapore ad alta pressione dove i gas sono
più caldi e, man mano che si raffreddano, si riduce la qualità termodinamica del vapore prodotto, e
cioè la sua pressione. Si limitano così le perdite termodinamiche dovute alle differenze di
temperatura in corrispondenza delle quali avviene lo scambio termico. Un ulteriore vantaggio dei
cicli multilivello è che si riesce a ridurre la temperatura dei fumi al camino fino a valori dell’ordine
dei 100°C, consentendo di minimizzare le perdite di energia termica dissipata allo scarico.
27) ILLUSTRARE IL METODO DELLA COGENERAZIONE NEGLI
IMPIANTI GAS-VAPORE

La cogenerazione è definita come l'insieme delle operazioni volte alla produzione combinata di
energia meccanica (o elettrica) e di calore quali EFFETTI UTILI (l'energia termica è una forma di
energia richiesta in ambito sia civile che industriale), partendo da una qualsiasi sorgente energetica,
in virtù del fatto che un generico ciclo termodinamico che converte calore in lavoro deve
necessariamente scaricare una parte del calore introdotto nel ciclo stesso e che la quantità di calore
scartato è quasi sempre maggiore della quantità convertita in lavoro meccanico.
L'obiettivo del processo è ottenere la limitazione dei consumi energetici, incrementare le sinergie
dei processi produttivi e razionalizzare l'utilizzo di risorse primarie.

1) Negli impianti dotati di TURBINA A GAS, una possibile configurazione in cogenerazione è


possibile ad esempio prevedendo l'impiego di un POST COMBUSTORE, che utilizza i fumi dei gas
di scarico della TAG quale comburente che vengono diretti verso un RECUPERATORE DI
CALORE, con l'obiettivo di alimentare un'utenza termica che richieda temperature maggiori di
quelle in uscita dalla stessa TAG.

Il processo cogenerativo TAG è infatti leader nelle applicazioni industriali che richiedono calore ad
alta temperatura (agroalimentare, cartiere, ecc..), con i noti vantaggi quali pesi e ingombri ridotti,
rapidità di avviamento, assenza di raffreddamento, calore totalmente recuperabile dai gas di scarico;
per contro offre bassi rendimenti ai carichi parziali, prestazioni dipendenti dalle caratteristiche
ambientali e necessità di impiego di combustibili pregiati.

2) Negli impianti dotati di TURBINA A VAPORE, si hanno invece due configurazioni possibili in
cogenerazione:
TAV A SPILLAMENTO, in cui si procede a prelevare vapore dalla TAV necessario per ottenere il
calore desiderato per l'utenza termica; in tal caso il calore recuperato non è considerato calore di
scarto, pertanto influisce sul rendimento del circuito. Tale configurazione è utilizzata in grandi
installazioni il cui scopo principale è la produzione di energia elettrica rispetto alla produz. termica.
TAV IN CONTROPRESSIONE, in cui NON è presente il CONDENSATORE, il quale viene
sostituito dall'utenza termica.

In tal caso il sistema è fortemente legato alla situazione di condensazione, nel senso che,
considerato che il circuito possiede una T e p di condensazione fissata, l'utenza termica deve
richiedere il calore necessario alla condensazione sotto determinate condizioni del fluido, in modo
da consentire al fluido stesso il ritorno in alimento nelle condizioni prefissate dal ciclo. Pertanto
l'utenza non può essere considerata un carico variabile ma deve essere costante.
Questa configurazione viene utilizzata per medie installazioni in cui l'importanza di produzione di
en. el. e calore sono dello stesso ordine di grandezza.
Tra i vantaggi del sistema cogenerativo TAV ricordiamo la possibilità di impiego di combustibili
poco pregiati, oneri di manutenzione contenuti, per contro abbiamo il rendimento relativamente
modesto e problemi ambientali nelle vicinanze dei centri urbani in caso di impiego di combustibili
non pregiati.

3) Cogenerazione ciclo CHENG


E' un'applicazione cogenerativa del ciclo STIG, rappresentata da un impianto TURBOGAS ad
elevata flessibilità in cui si ha iniezione diretta in camera di combustione prodotto da una caldaia a
recupero. Questo implica un aumento della portata evolvente in turbina con relativo incremento
entalpico per la presenza di vapore immesso che, al di sotto di una certa quantità limite, non implica
problematiche alle pale della turbina. La particolarità di questa configurazione è la possibilità di
poter variare ampiamente il carico elettrico o termico. Nel momento in cui si verifica una massima
richiesta da parte dell'utenza termica, tutto il calore prodotto dalla caldaia a recupero può essere
utilizzato per l'utenza, rappresentata per esempio da un impianto di teleriscaldamento, e poi
ritornare in circolo nella medesima HRSG. Se invece l'utenza termica non richiede calore, il vapore
prodotto finisce completamente in camera di combustione per massimizzare la produzione di
energia elettrica. In caso di pieno carico elettrico ed elevato carico termico l'esigenza è soddisfatta
dalla post combustione.

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