Motivazione – Ho scelto di approfondire il tema dell'alienazione perché mi sembra una problematica senza tempo
e di cui ancora oggi si ha necessità di discutere. Ho affrontato l'argomento anche nel tema della maturità, in cui ho
focalizzato l'attenzione sull'alienazione ai tempi del web. Lo stato di scollamento dal reale sociale è un processo di
cui le derive causate da internet sono solo il punto di arrivo di un processo che in maniera sempre più cosciente ha
preso avvio con la rivoluzione industriale, quando l'uomo ha cominciato a vivere in maniera sempre più stretta in
collegamento alle macchine.
Il termine alienazione deriva dall'aggettivo latino alienus e questo a sua volta, dal pronome indefiniti alius: altro.
Il termine fa riferimento a colui o a ciò che è altro, straniero, non appartenente alla nostra comunità, in pratica che
"non è dei nostri" e che, quindi, ci è estraneo. Alienazione, nel suo verbo "alienare", fa parimenti riferimento
all'atto dell'allontanare o dell'estraniare da sé e, quindi, all'atto di prendere distanza da qualcuno o da qualcosa. La
terminologia legata a questa parola viene spesso usata per indicare i folli, gli alienati mentali per l'appunto, o chi
vive ai margini della società e della comunità umana, e tutti coloro che esprimono comportamenti "borderline".
Altre volte, infine, il termine viene utilizzato per indicare genericamente il disagio dell'uomo nella moderna civiltà
industriale, nella quale l'artificio che gli è proprio lo fa sentire lontano dalle proprie radici naturali.
L'alienazione, in generale, è quello stato di disagio tipico della società contemporanea derivante dalla perdita di
contatto dell'individuo con la realtà che lo circonda. L'uomo a contatto con il progresso è ridotto ad oggetto. La
perdita di coscienza e di personalità investe tutta la collettività, diviene consuetudine in un mondo inautentico
perché obbediente alle ferree leggi del mercato, alle quali l'individuo deve in qualche modo adeguarsi.
Lo sfondo storico su cui si fa strada il concetto di alienazione è quella della seconda rivoluzione industriale che ha
sconvolto la vita dell'uomo trasformandolo da libero artigiano a operaio macchina.
Alienazione in Marx
Marx dopo aver scritto le opere giovanili, muove le sue prime critiche nei confronti dei neo-hegeliani. In
particolare, esamina l'alienazione religiosa studiata da Feuerbach, la quale secondo Marx, è solo la superficie del
problema. Bisogna portare la critica “dal cielo sulla terra”.
L'alienazione viene fatta credere come un qualcosa di naturale ed inevitabile dalla classe borghese, i quali
mistificano la realtà. Marx reputa l'alienazione come il prodotto di un particolare processo storico. L’analisi
dialettica che egli conduce lo porta ad affermare che la proprietà privata è risultato dell’alienazione, così come il
capitale non è altro che lavoro alienato appropriato dal capitalista. Quest'ultimo è il proprietario dei mezzi di
produzione, ma anche il proprietario del lavoro e dei prodotti altrui. Sia il lavoratore sia il lavoro sono ridotti a
merce. Il lavoratore cede al capitalista la forza delle sue braccia, il tempo del suo lavoro e il prodotto del suo
lavoro. Tutto ciò non gli appartiene più, dunque egli ne è espropriato, alienato. Il prodotto, ridotto a merce, si
separa dal produttore, divenendo così un feticcio, cioè idoli, entità apparentemente oggettive. Il lavoratore è così
estraniato, alienato da ciò che ha prodotto e dalla propria attività, dunque da se stesso. L'alienazione così diventa
autoalienazione. La spersonalizzazione del lavoro aggravata dal ruolo sempre più importante svolto dalle
macchine, provoca la divisione del lavoro sempre più fra le macchine e non fra i lavoratori Il lavoratore rimane
legato a un unico pezzo del prodotto, impoverendo così la creatività umana e il lavoratore diventa un addetto
sostituibile ed intercambiabile. Il lavoro mentale viene separato da quello fisico e il lavoratore diventa una “mera
macchina, rotta nel corpo e brutalizzata nello spirito”. Le macchine sostituiscono gli operai. L'unica alternativa
ipotizzata da Marx per uscire da questa situazione disastrosa è il comunismo, che si realizzerà attraverso
l'abolizione della proprietà privata e della classe borghese. In termini hegeliani, se l'alienazione è negazione
dell'essenza, il comunismo sarà negazione della negazione.
Di fatto, secondo Marx, la società industriale progredisce in ricchezza in misura proporzionale all'impoverimento
della gran massa della popolazione. L'economia politica, trascurando il rapporto tra l'operaio e il suo lavoro e la
produzione, occulta l'alienazione che caratterizza il lavoro nella società industriale moderna. Alienazione era un
termine messo in circolo dalla filosofia di Hegel, che letteralmente vuol dire il “diventare altro” e quindi anche il
cedere ad altri ciò che é proprio. Nella produzione capitalistica essa assume, stando a Marx, vari aspetti, connessi
tra loro. In primis, essa riguarda il rapporto dell'operaio con il prodotto del suo lavoro: tale prodotto é per lui un
ente estraneo, che non gli appartiene, ma é esclusivo possesso del capitalista, per il quale egli lavora. In secondo
luogo, nell'attività produttiva l'operaio si estrania da sè, ovvero non considera il proprio lavoro come parte della
sua vita reale. Questa si svolge altrove, a casa, fuori e indipendentemente dal lavoro, che si trova sotto il comando
di un potere estraneo. Infine, nella produzione capitalistica l'operaio perde la sua essenza generica, ovvero ciò che
propriamente contrassegna l'essenza dell'uomo. Marx intende l'essere che si realizza storicamente nella sua
appartenenza al genere di cui fa parte, ossia il genere umano: contrassegno decisivo di esso é il lavoro, che
distingue l'uomo dall'animale e stabilisce un rapporto costitutivo con la natura; attraverso il lavoro in cui, sotto la
spinta dei bisogni, oggettiva le sue capacità, l'uomo si appropria della natura stessa. Nella moderna produzione
capitalistica, al contrario, il lavoro diventa solo un mezzo di sopravvivenza individuale, non l'espressione positiva
della natura umana; il lavoro viene dunque visto da Marx come un qualcosa di altamente positivo, connesso alla
natura stessa dell'uomo; esso diventa però negativo quando diventa lavoro alienato, sfruttamento. Ma in tal modo
l'uomo si trova anche estraniato dall'altro uomo, perchè attraverso l'attività lavorativa l'uomo é legato da un
rapporto sostanziale con gli altri uomini, costituisce con essi una comunità. Con l'alienazione l'uomo é pertanto
privato anche della sua essenza sociale. Questa unità organica dell'umanità, che si realizza oggettivamente nelle
attività e nei rapporti sociali, é frantumata dalla proprietà privata, che separa l'uomo dalle sue attività e dai suoi
prodotti, contrapponendoli ad esso come qualcosa di estraneo, che non gli appartiene più.
Alienazione in Pirandello
I romanzi di Pirandello e Svevo mettono in scena con accenti paradossali e umoristici (umorismo-ironia) il
dramma dell’individuo relegato in una condizione di inettitudine dalla propria incapacità di riconoscersi nei valori
e nei modelli imposti dalla società borghese.
In Pirandello il senso di alienazione dei personaggi, che scaturisce dalla insofferenza verso i ruoli familiari e
sociali, conduce a una grottesca perdita di identità. Mattia Pascal il protagonista del primo importante romanzo di
Pirandello ( Il fu Mattia Pascal, 1904) , con il quale inizia la rivelazione della sua poetica, si illude di poter
cambiare vita e rinascere sotto una nuova identità fittizia, ma finisce per essere emarginato e privato anche del
proprio nome.
Pirandello parla di una nuova divinità, la macchina, a cui sacrifica l'onestà, la dignità, la sincerità, l'amore ed
infine la vita stessa, ne deriva un appiattimento dell'individualità ed un ottundimento delle capacità critiche,
un'alienazione della persona negli oggetti e nelle merci. Questi motivi sono ripresi e sviluppati nei “Quaderni di
Serafino Gubbio operatore”, in cui la macchina, strumento di lavoro del protagonista narratore, si pone al centro
della vicenda. Serafino che si riduce ad una mano che gira la manovella della cinepresa, esemplifica la
subordinazione dell'uomo alla macchina, la sua totale spersonalizzazione e alienazione. Questi mostri, le macchine
appunto, che dovevano essere puri strumenti al nostro servizio, sono divenuti nostri padroni. Per questo
ironicamente Serafino inneggia alla “macchina che meccanizza la vita” togliendole ogni spontaneità. La macchina
su cui Serafino esercita la sua critica è la cinepresa, posta al servizio dell'industria cinematografica, che proprio
dagli anni '10 del ventesimo secolo aveva cominciato a svilupparsi, cioè della nuova cultura di massa che assorbe
la vita in sciocchi stereotipi seriali film destinati al consumo e all'evasione del pubblico di massa. Pirandello si
dimostra subito consapevole del vero volto della nascente industria culturale, che già esercitava tanto fascino.
Alienazione in Orwell
- Orwell wrote 1984 in 1948 to alert society of the possibility that this vision of the future could soon become reality.
The book is a bitter attack against totalitarian oppression. It describes an imaginary future world dominated by the state
and shows the destructive consequences for individuals. The Party controls every word and action thanks to a kind of
television that can watch people even when they are in theri homes. The Party keeps people ignorant of history and of
current affairs and maintains its power by destroying all human feelings, with the exception of hate and fear.
Individuality must be abolished: everybody looks identical because of the Party uniforms and differences of opinion are
made impossible by the restrictions of Newspeak, the simplified new language, that eliminates words from the language
that express independent or politically challenging ideas.
Alienazione in Gericault
Per quanto riguarda storia dell’arte Gericault rappresenta bene l’alienazione dell’uomo intesa come malattia psichica.
Quando lui si trasferì a Londra per alcuni mesi,fu attratto soprattutto dai bassifondi, dall’emarginazione, dal lato meno
esaltante della metropoli moderna, quello che nessuno, nell’euforia per il progresso industriale, voleva ancora vedere e
rappresentare. Tra i dipinti degli ultimi anni una serie di tele rappresenta bene il carattere oscuro di Gericault, ma anche
il suo interesse per la realtà contemporanea e la sua adesione alle idee liberali e innovative. Stimolato dalle ricerche di
un amico psichiatra, impegnato a dimostrare che la follia è una malattia, non una colpa da punire in quei luoghi di orrore
che erano i manicomi dell’epoca, Gericault dipinse alcuni ritratti di uomini e donne affetti da alterazioni psichiche, da
monomanie, cioè ossessioni che coinvolgono un unico aspetto del comportamento: il furto, il gioco d’azzardo, la
pedofilia, l’invidia.Sono una denuncia contro l’emarginazione:i volti hanno l’espressione così reale e precisa da poter
fare la diagnosi.
Era come mettere in crisi l’antitesi tradizionale tra ragione e follia, perchè questi personaggi sono folli solo per un
aspetto, e ragionevoli per tutto ciò che esula da quell’aspetto. L’artista esplora gli abissi della malattia senza morbosità.
Coglie i sintomi del delirio negli sguardi, nell’abbigliamento, ma il suo pennello rivela simpatia e partecipazione: non
abbiamo di fronte mostri, ma esseri umani la cui ragione è vigile solo in parte. Il confine tra verità ed errore, tra salute
mentale e follia è molto labile, sembra dirci l’artista, preannunciando un tema fondamentale della cultura moderna.