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Mauro Taddeo

PRINCIPI FONDAMENTALI

DELLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

INDICE

INTRODUZIONE

1.DISCUSSIONE . ASSEMBLEA COSTITUENTE .COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE .


SOTTOCOMMISSIONI
6

2.DISCUSSIONE . ASSEMBLEA COSTITUENTE .COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE .


ADUNANZA PLENARIA
96

3.PROGETTO DI COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

126

4.RELAZIONE AL PROGETTO DEL PRESIDENTE RUINI

128

5.DISCUSSIONE. ASSEMBLEA COSTITUENTE

131

6.COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA . PRINCIPI FONDAMENTALI

370

INTRODUZIONE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI
PRESIDENTE comunica che la Sottocommissione giuridica del Ministero della Costituente ha compiuto i suoi
lavori, ed in distribuzione, in bozze, un primo volume contenente relazioni interessanti. Entro il mese sar
comunicato interamente il materiale di questa Commissione. Invece la Commissione per il lavoro e quella
economica sono un po' in ritardo. La Commissione economica crede di non poter finire di stampare il suo
materiale se non fra due mesi; ma nel frattempo trasmetter i dattiloscritti.
Al pi presto sar mandato a ciascun membro della Commissione una copia del Bollettino del Ministero della
Costituente contenente materiale interessante.
Saranno poi distribuite ai membri della Commissione copie della raccolta delle Costituzioni curate dal Salemi,
che, se non perfetta, in poco spazio contiene materiale utile per le discussioni.
Il Ministero della Costituente, che funziona ora come ufficio-stralcio, ha a sua disposizione esperti funzionari i
quali avevano chiesto di essere assunti dalla Commissione come Giunta consultiva. Questo non possibile per
le tradizioni dei lavori delle Commissioni parlamentari, ma questa Commissione potr valersi di quegli esperti nei
modi che parranno opportuni.
Richiama quanto fu detto nella prima riunione circa una distribuzione della Commissione in Sottocommissioni e
l'assegnazione dei singoli commissari alle Sottocommisioni. un problema che potr risolversi dopo un
preliminare scambio generale di idee. Comunque, come semplice indicazione, osserva che, a suo avviso, la
Commissione si dovrebbe dividere in tre Sottocommissioni, salvo a decidere se per il tema delle autonomie
locali debba costituirsi una quarta Sottocommissione, ovvero questo tema debba essere assegnato ad una delle
tre Sottocommissioni.
La prima Sottocommissione potrebbe esser divisa in due Sezioni, di cui la prima esaminerebbe le disposizioni
generali e la seconda i diritti e doveri dei cittadini.
La seconda Commissione, cui sarebbe riservato l'esame della struttura dello Stato,
potrebbe essere divisa in quattro Sezioni: 1a) Parlamento; 2a) Capo dello Stato; 3a) Governo e Capo del
Governo; 4a) Garenzie, Alta Corte, ecc.
La terza Sottocommissione potrebbe essere divisa in due Sezioni: la) Direttive di organizzazione economica; 2a)
Direttive di organizzazione sociale del lavoro.
Dopo la discussione generale e la distribuzione delle materie fra le varie Sottocommissioni e Sezioni, si
dovrebbe procedere alla assegnazione dei membri della Commissione alle Sottocommissioni. Ciascuno
potrebbe far conoscere all'Ufficio di Presidenza le sue preferenze che, nei limiti del possibile, verranno accolte.
Aggiunge che l'onorevole Calamandrei ha suggerito che ognuno possa, chiedendolo al Presidente, partecipare
ai lavori di una Sottocommissione diversa da quella cui assegnato, per quei temi per cui crede sia utile il suo
intervento.
Si avrebbero cos un Ufficio di Presidenza di sette membri ed inoltre otto relatori per le varie sottosezioni.
Quando vi siano due tesi in contrasto potrebbero essere nominati non uno ma due relatori.
L'Ufficio di Presidenza, intregrato dai relatori e da qualche altro componente delle Sottocommissioni che venisse
indicato, costituirebbe il Comitato di coordinamento.
Spera che in qualche giorno, certamente prima della fine del mese, si possa esaurire il primo scambio di idee e
procedere alle costituzioni delle Sottocommissioni. Fa infine presente che la Commissione dovr concretare le
sue proposte per il 20 ottobre.

In via generale desidera dare qualche suggerimento e fare qualche raccomandazione.


Si deve esaminare se la Costituzione dovr avere un preambolo. Alcuni argomenti che non si prestano ad
essere formulati come norme giuridiche, potrebbero trovarvi posto.
Il testo della Costituzione dovrebbe essere piano, semplice, comprensibile anche dalla gente del popolo. Altra
questione da esaminare sar quella della lunghezza della Costituzione. Le Costituzioni moderne non possono
essere cos brevi, come, nel passato, anzi sono lunghe. Cos la Costituzione di Weimar ha 180 articoli; quella
austriaca ne ha 150 che sono per divisi in paragrafi lunghissimi. Quella russa ha pure essa 150 articoli; ma
questi sono scarni e sintetici.
Una raccomandazione che si faccia una Costituzione, per quanto possibile, italiana. Si dovranno tener
presenti le Costituzioni emanate nelle varie Nazioni, specialmente dell'interguerra; ma non copiarle
meccanicamente. Se, ad esempio, la Costituzione, nel primo articolo ripetesse la formula della Costituzione di
Roma del 1849 e cio: Il popolo romano una Repubblica democratica. Ogni potere emana dal popolo, essa
si riallaccerebbe ad un precedente italiano, confermato poi dalle altre nazioni.
ZUCCARINI ritiene che non sia opportuno nominare le tre Sottocommissioni che debbano iniziare e svolgere il
loro lavoro, prima che si sia presa una decisione circa la struttura dello Stato. Si dovrebbe, a suo avviso,
nominare subito la Sottocommissione incaricata appunto di affrontare il problema della struttura generale dello
Stato, e questa dovrebbe subito funzionare. Le altre Sottocommissioni verranno in un secondo tempo, ed anzi
quella cui competeranno le questioni sociali dovrebbe essere l'ultima a costituirsi.
Crede pure che nella costituzione delle varie Sottocommissioni non si possa partire dal criterio di una netta
ripartizione dei vari membri, perch trova giusta l'osservazione dell'onorevole Calamandrei secondo cui ai lavori
delle varie Sottocommissioni possano partecipare tutti coloro che vi si sentono preparati, e pu darsi che chi
partecipa alla prima Sottocommissione possa partecipare in maniera utilissima anche alla seconda.
Crede poi che nel preambolo si dovr stabilire quale lo Stato che si intende costituire. Aggiunge che non il
caso di fermarsi sui vecchi statuti: si deve, certo, tener conto di quello che in essi esiste, ma soprattutto di quello
che avrebbe dovuto esserci e non c' stato.
Osserva che taluni pensano ad uno Stato con funzioni molto complesse, come quello che abbiamo avuto,
mentre v' un'altra concezione dello Stato, perfettamente opposta, che vuole cio uno Stato semplice, in cui le
funzioni del centro siano poche, affinch possano essere bene esercitate, e i compiti del potere centrale limitati.
Qui si innesta il problema delle autonomie. A seconda che la Commissione si orienti in un senso o nell'altro,
essa far una piuttosto che un'altra Costituzione. Non sa se, allo stato delle cose, la Commissione riuscir a fare
un solo progetto per l'organizzazione dello Stato e non esclude l'ipotesi che invece di un progetto solo, debbano
uscirne due, elaborati da due diverse Sottocommissioni. Comunque, i lavori delle Sottocommissioni che
dovranno studiare i problemi particolari non possono prescindere da questa discussione generale sulla
impostazione di tutti i problemi; in mancanza di che le altre Sottocommissioni lavorerebbero senza alcun
risultato, come avvenuto alla Commissione costituita dal Ministero per la Costituente, la quale, prescindendo
dalla forma dello Stato, ha messo in discussione una infinit di questioni particolari, dalle quali sar difficile trarre
lumi.
Crede, anzi, che questa Commissione debba fare un lavoro completamente nuovo e prescindere da quello,
poich un grave errore mettersi su posizioni prestabilite.
d'accordo completamente col Presidente nel senso che la Costituzione debba essere molto semplice, di
pochissimi articoli. Direbbe quasi che si debbono fare due Costituzioni, in questo senso: una Costituzione
destinata a resistere in permanenza attraverso il tempo deve avere una formulazione breve; una per le
applicazioni, cio per i particolari, giacch bisogner preparare delle disposizioni modificabili e perfezionabili nel
tempo, secondo i suggerimenti della esperienza, senza che abbiano cio la stessa caratteristica di stabilit.
PRESIDENTE osserva che la proposta dell'onorevole Zuccarini, secondo cui prima di addivenire alla divisione
del lavoro fra le Sottocommissioni, occorre avere, in linea di massima, gi stabilito alcuni criteri sulla struttura

fondamentale dello Stato, implica una discussione preliminare su taluni temi, prima di costituire le
Sottocommissioni.
DOSSETTI, per mozione d'ordine, osserva come un elemento, accennato dal Presidente e dal collega Zuccarini,
mostra che sorgono varie questioni, circa il modo in cui debbono svolgersi i lavori. Onde la necessit di
formulare anzitutto un regolamento dei lavori della Commissione.
Presenta quindi, a nome anche di altri colleghi, il seguente progetto di regolamento:
Art. 1.
La Commissione per la costituzione, appena costituita, proceder alla determinazione dei gruppi di materie per
le quali ognuna delle tre sottocommissioni, in cui essa si ripartisce, dovr elaborare e predisporre uno schema di
progetto, e proceder all'assegnazione dei propri membri nelle sottocommissioni medesime, designando per
ciascuna il presidente ed il segretario.
Art. 2.
Ogni Sottocommissione potr deliberare, a maggioranza, di procedere al proprio lavoro suddividendosi in due o
pi sezioni.
Alle riunioni di queste si estendono, in quanto applicabili, le norme disposte per le Sottocommissioni.
Art. 3.
Le convocazioni della Commissione, Sottocommissioni e Sezioni avranno luogo con avviso individuale, nel
quale saranno indicati gli oggetti sottoposti a trattazione.
Art. 4.
Le sedute non sono valide se non siano presenti almeno i due terzi dei membri assegnati alla Commissione a
ciascuna sottocommissione o sezione.
I congedi possono essere concessi dal Presidente della Commissione solo per ragioni di pubblico ufficio, per
malattia, o per altri motivi analogamente gravi.
obbligatoria la presenza alle sedute.
In caso di due assenze consecutive non giustificate, o di assenze, ugualmente non giustificate, superiori ad un
terzo delle sedute mensili, il commissario, su richiesta del Presidente della Commissione, sar dichiarato
dimissionario d'ufficio dal Presidente dell'Assemblea e da questi sostituito con altro deputato dello stesso gruppo
politico.
I nomi degli assenti saranno a cura del presidente, comunicati, dopo ogni adunanza, al Presidente
dell'Assemblea, il quale ne dar notizia a questa.
Art. 5.
Copia dei processi verbali delle sedute delle Sottocommissioni e delle sezioni sar senza indugio distribuita a
tutti i membri della Commissione.
Art. 6.
L'Ufficio di Presidenza, formato dal presidente, dai vice presidenti e dai segretari cura il buon andamento dei
lavori.

Esso potr in ogni momento indire riunioni plenarie allo scopo di procedere alla determinazione dei criteri di
massima da seguire nei lavori di redazione del testo del progetto, alla trattazione in comune di singoli punti, alla
risoluzione di dubbi sulla competenza di singole Sottocommissioni, o di effettuare una diversa ripartizione della
medesima.
Adunanze plenarie dovranno essere disposte anche su richiesta delle singole Sottocommissioni.

Art. 7.
Le votazioni avvengono normalmente per alzata di mano. Per, su richiesta di un sesto dei componenti della
Commissione, o di ogni Sottocommissione o Sezione, si deve procedere ad appello nominale o a votazione
segreta.
Art. 8.
Gli schemi predisposti dalle singole Sottocommissioni, accompagnati dalle rispettive relazioni, vengono
trasmessi al presidente della Commissione, il quale, dopo avere fatto pervenire a tutti i membri le copie degli uni
e delle altre, convoca una adunanza plenaria, cui compete l'esame e l'approvazione definitiva delle proposte.
Art. 9.
A cura della presidenza della Commissione sar pubblicato quindicinalmente un bollettino, in cui sar data
notizia delle sedute tenute dalla Commissione e dagli organi minori, dei membri presenti e degli assenti, delle
sedute che non si siano potute tenere per mancanza del numero legale, delle votazioni avvenute e della
distribuzione dei votanti, nonch di ogni altro elemento che la presidenza riterr opportuno rendere noto.

1 . DISCUSSIONE .ASSEMBLEA COSTITUENTE.COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE.


SOTTOCOMMISSIONI.
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI


PRESIDENTE dichiara aperta la discussione sull'articolo seguente, ieri proposto dall'onorevole La Pira, e che
dovrebbe essere collocato in testa alla serie degli articoli riguardanti il tema dei principI dei rapporti sociali ed
economici:
Il lavoro il fondamento di tutta la struttura sociale e la sua partecipazione adeguata negli organismi
economici sociali e politici condizione del loro carattere democratico .
Fa presente che invece delle parole: del loro carattere democratico , sarebbe meglio dire: del carattere
democratico di questi .
LA PIRA, dichiara di essere stato animato da un principio che deve stare alla base della nuova Costituzione,
cio che in uno Stato di lavoratori, come stato definito dall'onorevole Lucifero, il lavoro, sia manuale che
spirituale, il fondamento della struttura sociale. Tutti gli istituti elaborati nella presente Costituzione si
riconnettono appunto a questo principio, da cui trae la sua legittimit la prima parte dell'articolo. Con la seconda
parte, ha voluto esprimere due concetti: il primo, che il lavoro il fondamento degli organismi economici sociali e
politici; il secondo, che il lavoratore compartecipe consapevole di tutto il congegno economico sociale e
politico, e quindi che la concezione che anima i suddetti organismi deve essere ispirata ai princip democratici.

In ultima analisi, l'articolo si connette al principio base posto in testa alla Costituzione, secondo il quale la
Costituzione stessa ha per fine il completo sviluppo della personalit umana.
TOGLIATTI, Relatore, premesso che egli era del parere che si dovesse porre al principio della Costituzione la
definizione: Lo Stato italiano una Repubblica di lavoratori , dichiara che, se a prima vista era rimasto
soddisfatto della formulazione dell'onorevole La Pira, in seguito ad una analisi pi attenta sorta nel suo animo
qualche perplessit, nel senso che gli sembra di trovarsi di fronte non ad una affermazione politica di volont del
legislatore, ma quasi ad una constatazione di fatto. In sostanza, il lavoro, come tale, in qualsiasi societ, anche
capitalistica, il fondamento di tutta la struttura sociale, in quanto il creatore dei beni economici e su di esso si
fonda tutta la vita economica.
In particolare, anche la dizione: partecipazione adeguata gli fa nascere dei dubbi. Forse l'onorevole La Pira
voleva intendere che il lavoro ha una posizione preminente; ma, non avendo osato manifestare, in una formula
legislativa, fino all'ultimo il suo pensiero, ha adottato il termine: adeguata . Questo termine invece pu essere
inteso in senso di minorit, parit o prevalenza, a seconda di come si intenda la funzione del lavoro. Propone,
pertanto, in sostituzione della formula dell'onorevole La Pira, il seguente articolo: Il lavoro e la sua
partecipazione prevalente o decisiva negli organismi economici, sociali e politici il fondamento della
democrazia italiana .
DOSSETTI, avendo concorso alla formulazione della proposta presentata dall'onorevole La Pira, precisa che
con l'espressione: Il lavoro il fondamento di tutta la struttura sociale , s'intende esprimere non
semplicemente una constatazione di fatto, ma un dato costitutivo dell'ordinamento, un'affermazione cio di
princip costruttivi, aventi conseguenze giuridiche nella struttura del nuovo Stato.
Per quanto riguarda la parola: adeguata , fa rilevare che non deve intendersi come un apprezzamento
variabile secondo l'intendimento di chi interpreta l'articolo, ma adeguata alla premessa, cio che: Il lavoro
il fondamento di tutta la struttura sociale . Riconosce che, tradotto in termini pi espliciti, il termine: adeguata,
potrebbe essere sostituito dall'altro: prevalente , secondo la proposta dell'onorevole Togliatti, che si dichiara
disposto ad accettare.
CEVOLOTTO ritiene che sia da preferire la formula pi chiara ed esplicita proposta dall'onorevole Togliatti.
Sostituirebbe, per, alle parole: della democrazia italiana , le altre: della Repubblica democratica italiana .
DOSSETTI si dichiara contrario alla proposta dell'onorevole Cevolotto, non perch la parola: Repubblica sia
da lui malvista, ma perch nella prima parte della Costituzione, che tratta dei rapporti tra il cittadino, lo Stato e le
altre comunit, , a suo avviso, di maggior portata l'affermazione relativa ad un dato concreto della struttura
sociale italiana, indipendentemente da una definizione istituzionale, che sar successivamente inserita.
CEVOLOTTO ritiene invece che il primo articolo della Costituzione dovrebbe affermare che: Lo Stato italiano
una Repubblica .
PRESIDENTE rileva che non vi contrasto tra i due punti di vista, ma che soltanto una questione di
sistematica che potr essere risolta in sede di coordinamento.
MASTROJANNI dichiara che sostanzialmente d'accordo sulle formulazioni La Pira e Togliatti. Attenuerebbe
per il loro contenuto, perch, se il lavoro deve avere una considerazione preminente, sarebbe per opportuno
non trascurare tutti gli altri fattori che pur contribuiscono nella complessa struttura sociale, economica e politica.
Propone, pertanto, la seguente dizione: Il lavoro, nelle sue diverse forme e manifestazioni, come fondamento
della struttura sociale e nella sua partecipazione adeguata negli organismi economici sociali e politici, costituisce
il carattere democratico di questi .
LUCIFERO, Relatore, non avrebbe difficolt ad accettare il concetto delle formulazioni proposte, ma si domanda
se questo debba formare oggetto di un articolo della Costituzione, o non sia, invece, materia attinente, se mai, al
preambolo della Costituzione, salvo a formulare in maniera pi appropriata il concetto della importanza che il
lavoro ha nella vita sociale e politica del Paese.

Nelle discussioni avvenute in seno alla Sottocommissione, ha notato che sul termine: lavoro , e soprattutto
sul termine: lavoratori non si tutti d'accordo. Sul termine: lavoro , stato possibile arrivare ad un punto
di intesa, mediante una casistica nella quale si chiarito che determinate attivit, anche contemplative,
dovevano essere considerate come socialmente utili. Tale punto di intesa per soltanto formale ed il
disaccordo, che sostanziale, ricomparir ancora quando si dovr interpretare la Costituzione. Ad ogni modo,
se si raggiunto l'accordo sul termine: lavoro , il disaccordo totale quando si parla di: lavoratori , quasi
che tale termine non venisse da lavoro . A suo parere, per esempio, non vi dubbio che un monaco, il quale,
pure svolgendo un'attivit puramente contemplativa, compie un lavoro utile per la societ, sia un autentico
lavoratore. Non crede per che l'onorevole Togliatti sia dello stesso avviso.
TOGLIATTI, Relatore, prega di non riaprire la discussione su di un articolo che stato gi approvato.
LUCIFERO, Relatore, non intende riaprire una discussione, ma terminandosi con l'articolo in esame la parte di
Costituzione che riguarda i problemi sociali ed economici sulla quale stato Relatore, ha tenuto a porre in
evidenza che non si raggiunto l'accordo sulla portata del termine: lavoratori . Tale fatto riveste una specifica
importanza, in quanto la partecipazione del lavoro negli organismi economici non avviene direttamente, ma per
rappresentanza attraverso il lavoratore. Ora, a suo giudizio, il dirigente di un'azienda, l'agrario o il consigliere di
una societ anonima, sono dei lavoratori, e, dato che attualmente la funzione capitalistica, sia pure
regolamentata e controllata, continuer a sussistere, pure la relativa attivit dovrebbe essere considerata come
lavorativa, nel senso che anche il capitalista un lavoratore. Dubita, per, che questo suo modo di vedere sia
condiviso da tutti e che si tenda piuttosto a stabilire una sperequazione tra i vari fattori della produzione. Ritiene
invece che tutti coloro che partecipano alla produzione siano lavoratori (meno l'azionista puro, gli inabili e i
malati), dal presidente del consiglio di amministrazione fino all'ultimo usciere della societ. Stabilito il principio
che tutti sono lavoratori, in quanto uomini, il lavoro, inteso come manuale, non deve considerarsi preminente
sugli altri fattori della produzione. Perci, se da qualche parte si vuole distinguere il lavoratore del capitale dal
puro prestatore d'opera, dichiara di non potere essere d'accordo circa la formulazione proposta, perch
approverebbe un principio contrario alla sua concezione ugualitaria, che la base di tutto il suo credo politico.
Concludendo, ritiene che un articolo di tal natura sarebbe pleonastico e pericoloso. Non ha nulla in contrario che
esso venga messo nel preambolo della Costituzione, ma non pu accettarlo come un articolo della Costituzione
stessa.
MANCINI osserva che, dopo aver ascoltato l'esposizione dell'onorevole La Pira, era contrario all'articolo ed ai
concetti che lo ispiravano, in quanto li riteneva una ripetizione di espressioni gi chiaramente enunciate negli
articoli votati. Ma, dopo le osservazioni dell'onorevole Lucifero, non pu che dichiararsi entusiasta del concetto
espresso dall'articolo. Come forma ne preferirebbe una pi semplice, se si vuole che il popolo possa intendere lo
spirito della Costituzione. Ritiene perci pi rispondente, anche agli intendimenti dei compilatori, la dizione
proposta dall'onorevole Togliatti. Desidererebbe, per, che alla parola: partecipazione , fosse sostituita l'altra:
intervento , che gli sembra pi precisa ed esplicativa e alla parola: fondamento , un'altra pi appropriata,
per esempio essenza , che meglio esprime il concetto: che tutta la struttura, il tessuto connettivo, per cos
dire, della democrazia italiana il lavoro.
LA PIRA ritiene pi appropriata la parola: fondamento . Come i muri maestri di una casa poggiano sulle
fondazioni, cos la struttura sociale della democrazia italiana poggia sul fondamento del lavoro.
PRESIDENTE concorda con l'onorevole La Pira.
Fa quindi rilevare all'onorevole Lucifero che l'articolo rappresenta un'affermazione di principio, che, come altre
simili affermazioni contenute in articoli gi approvati, non da escludere che in sede di coordinamento possa
esser trasferita nel preambolo della Carta costituzionale. Prega, infine, l'onorevole Togliatti di voler accettare un
emendamento alla sua formula, relativo al termine prevalente .
TOGLIATTI, Relatore, al posto del termine prevalente , proporrebbe: preminente .
PRESIDENTE risponde all'onorevole Togliatti che il termine preminente , era gi stato da lui considerato, ma
ha ritenuto che anch'esso non fosse il pi appropriato, perch, pur rappresentando il lavoro l'essenza della
Costituzione, tuttavia, essendo le Costituzioni fondate sul primato del lavoro, anche in considerazione delle
osservazioni dell'onorevole Lucifero, non vede la necessit di affermarne la preminenza. Riterrebbe pi adatto il
termine: concreta , in quanto risponde meglio a quello che forse il pensiero degli stessi relatori.

TOGLIATTI, Relatore, in considerazione del fatto che il concetto che si vorrebbe affermare nel termine
prevalente , gi contenuto nell'articolo con la parola fondamento , dichiara di accettare la modificazione
proposta dal Presidente.
MANCINI rileva che sostituendo il termine concreta , a quello prevalente , non si afferma pi la stessa
cosa, poich le due parole hanno un significato del tutto differente. Dichiara pertanto di far propria la formula
Togliatti nella sua primitiva dizione.
MASTROJANNI desidera porre in evidenza che l'articolo, nella formulazione da lui proposta, ovvierebbe anche
in parte alle preoccupazioni dell'onorevole Lucifero. Infatti, affermandosi che il lavoro deve essere inteso nelle
sue diverse forme e manifestazioni , si evita il pericolo di equivoci di interpretazione e si fa riferimento a
qualsiasi manifestazione dell'attivit umana.
LUCIFERO, Relatore, chiede che venga stabilito, mediante votazione, se l'articolo in discussione sia materia di
preambolo, ovvero debba essere inserito nella Costituzione vera e propria.
PRESIDENTE fa rilevare all'onorevole Lucifero di avergli gi fatto presente che l'approvazione dell'articolo non
pregiudica l'eventualit che il concetto in esso espresso possa essere successivamente trasferito nel preambolo
della Costituzione.
LUCIFERO, Relatore, non insiste nella sua proposta.
PRESIDENTE mette ai voti la formula proposta dall'onorevole Mastrojanni, come quella che pi si allontana
dalla formula primitiva.
CARISTIA dichiara che si asterr dalla votazione, perch ritiene che la dichiarazione di questo principio di
carattere generale e fondamentale debba trovare, sotto altra forma, posto pi adeguato nel preambolo della
Carta costituzionale.
LUCIFERO, Relatore, fa una dichiarazione di voto comprensiva della votazione in atto e di quella successiva.
Riconosce che, indubbiamente, la formula dell'onorevole Mastrojanni rappresenta un miglioramento della
formula originaria e quindi la voter favorevolmente per il solito criterio di attenersi al meno peggio. Se tale
emendamento sar respinto, dichiara altres che voter contro l'articolo, perch ha la preoccupazione, ogni
giorno pi grave, che si stiano concretando e deliberando una quantit di formule che invece di essere
costituzionali, sono solo affermazioni dottrinarie espresse molto spesso in forma confusa e involuta. Tale fatto gli
fa sorgere notevoli dubbi - senza offesa per nessuno - circa le singole formule, nel senso cio che ognuno spera
di dare, a suo tempo, a ciascuna di esse una interpretazione adeguata alle proprie ideologie e convinzioni
politiche. La Costituzione invece deve avere delle formule che consentano una sola interpretazione; prima di
tutto perch soltanto cos il futuro legislatore potr legiferare su di una sicura base, e in secondo luogo perch
una Costituzione democratica deve dare alle minoranze la garanzia e la sicurezza di poter liberamente vivere e
svilupparsi, proprio in quanto minoranze di uno Stato democratico.
La formula originariamente proposta tipica di questo genere di formule che ha sempre respinto, e pertanto
voter contro, perch la ritiene anticostituzionale, poco chiara, involuta e lesiva di quelli che possono essere
domani gli interessi della democrazia italiana.
Voter invece a favore della formula Mastrojanni.
(La proposta Mastrojanni respinta con 2 voti favorevoli, 12 contrari e 1 astenuto).
MANCINI chiede che sia ora messa in votazione la formula Togliatti col termine prevalente ,
al posto di concreta .
TOGLIATTI, Relatore, in relazione alla sua precedente dichiarazione, voter contro la proposta dell'onorevole
Mancini.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta Mancini.


( respinta, con 2 voti favorevoli e 13 contrari).
Pone in votazione l'articolo proposto dall'onorevole Togliatti con gli emendamenti suggeriti da lui e dall'onorevole
La Pira: Il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici sociali e politici il fondamento
della democrazia italiana .
( approvato con 19 voti favorevoli, 1 astenuto e 9 contrari),

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

PRESIDENTE apre la discussione sui primi quattro articoli formulati dal Relatore onorevole Cevolotto, che si
riferiscono alla definizione dello Stato italiano.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di aver formulato quattro succinti articoli, poich si riserva di rinviare al
preambolo alcune enunciazioni di carattere generale sulla materia.
In particolare, nel primo articolo ha espresso il concetto che lo Stato italiano una repubblica democratica;
mentre nel secondo ha posto l'altro concetto che tutti i poteri spettano al popolo, che li esercita o delega
secondo la Costituzione e le leggi.
Fa presente che la prima formulazione si trova in moltissime Costituzioni, e pertanto ritiene che debba essere
inclusa anche nella Costituzione italiana; della seconda, invece, si potrebbe anche fare a meno, in quanto non
viene specificato in che modo i poteri vengano esercitati dal popolo. Chiarisce ad ogni modo di avere messa la
forma dell'esercizio diretto della democrazia, che pu manifestarsi ad esempio mediante referendum, e la forma
della delega che quella normale della nomina dei rappresentanti.
PRESIDENTE pone in discussione il primo articolo proposto dall'onorevole Cevolotto, cos formulato: Lo Stato
italiano una repubblica democratica .
TOGLIATTI propone che, in coerenza con gli articoli approvati in tema di lavoro, alle parole: repubblica
democratica si aggiunga di lavoratori . Fa presente che, per evitare equivoci, l'aggiunta potr anche essere
ampliata in: lavoratori del braccio e della mente .
Avverte inoltre di aver presentato altri due emendamenti aggiuntivi all'articolo in esame. Il primo il seguente:
La forma repubblicana dello Stato non pu essere messa in discussione n davanti al popolo n davanti alle
Assemblee Legislative . Il secondo cos formulato: I beni della Casa Savoia sono confiscati a favore dello
Stato .
PRESIDENTE pone in discussione il primo emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Togliatti, in base al
quale il primo articolo risulterebbe cos formulato: Lo Stato italiano una repubblica democratica di lavoratori
.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di non opporsi alla proposta di emendamento dell'onorevole Togliatti.
PRESIDENTE, pur riconoscendo il primato che spetta al lavoro nello Stato italiano, primato riconosciuto negli
articoli cui ha fatto riferimento l'onorevole Togliatti, osserva che l'aggiunta proposta dice troppo e dice troppo

10

poco, prestandosi ad interpretazioni equivoche. Per dare alle parole: di lavoratori un significato preciso,
bisognerebbe farla seguire da altre parole riproducenti alla lettera gli articoli nei quali si gi affermato che la
Repubblica deve essere fondata sul lavoro, con le relative opportune specificazioni. Quanto all'altra aggiunta
del braccio e della mente , questa avrebbe per effetto una formulazione estremamente difettosa dell'articolo in
discussione. Ritiene perci preferibile la formula dell'onorevole Cevolotto.
MORO ritiene che tutti possano essere d'accordo sulla sostanza della proposta dell'onorevole Togliatti. Ad
eliminare le preoccupazioni suscitate dall'espressione repubblica democratica di lavoratori , propone che alla
formula dell'onorevole Cevolotto si aggiunga l'articolo gi approvato riguardante i rapporti economici: Il lavoro
e la sua partecipazione concreta nelle organizzazioni economiche, sociali e politiche il fondamento della
democrazia italiana .
LA PIRA si associa alla proposta dell'onorevole Moro.
BASSO ritiene che le due proposte dell'onorevole Togliatti e dell'onorevole Moro si integrino a vicenda, e che
pertanto l'articolo citato dall'onorevole Moro debba essere aggiunto alla formula dell'onorevole Cevolotto
emendata secondo la proposta dell'onorevole Togliatti. Fa presente che, attraverso quell'articolo, il termine
lavoratori rispecchia tutti coloro che esplicano un'attivit sociale, ed quindi escluso il timore di interpretazioni
arbitrarie.
GRASSI si dichiara favorevole alla formula dell'onorevole Cevolotto e contrario alla specifcazione proposta
dall'onorevole Togliatti. Ricorda che fin dai tempi di Aristotile si affermato che le forme di governo sono tre:
monarchia, aristocrazia, democrazia. Ritiene che aggiungere una specifcazione al termine democrazia non
sia compito della Commissione e non risponda alla realt della vita politica.
MASTROJANNI si associa alle considerazioni dell'onorevole Grassi, aggiungendo che il lavoro come
fondamento della democrazia gi stato oggetto di particolare Considerazione da parte della Sottocommissione
e che inserire, dopo la definizione dello Stato, un concetto particolaristico costituirebbe un errore anche dal
punto di vista dell'estetica della Costituzione.
MARCHESI fa osservare all'onorevole Grassi, il quale si riferito a una definizione aristotelica dei diversi tipi di
reggimenti politici, che anche gli antichi affermavano che le tre forme di governo citate recavano in s i germi
della degenerazione; e la storia ha dimostrato che esse si sono pervertite nel corso degli avvenimenti. D'altra
parte, la parola democrazia seriamente compromessa dalla documentazione storica dei significati che le
sono stati attribuiti, ed ormai una parola svuotata di contenuto. Se si ricorda che il movimento fascista fu
favorito in larga parte da correnti che si dicevano democratiche, si capisce quale differenza vi sia tra la
democrazia fittizia e la vera democrazia cui oggi aspira l'Italia. Tutti riconoscono inoltre che il lavoro, fattore
vecchio dello sfruttamento umano, invece nuovo e imponente nell'organizzazione politica e sociale della vita
pubblica, e la stessa Commissione lo ha affermato nella formulazione dei suoi articoli. Pertanto va approvata
l'aggiunta proposta dall'onorevole Togliatti, la quale non intende per lavoratori soltanto quelli del braccio, ma tutti
coloro che convertono la propria attivit individuale in un'attivit sociale. La parola lavoratori , che poteva
destare sospetti e avversioni mezzo secolo fa, oggi, dopo quanto avvenuto, non pu significare altro che il
cittadino nella pi alta espressione della propria attivit.
Conclude dichiarando di associarsi alla proposta dell'onorevole Basso.
CARISTIA ritiene che, contrariamente a quanto ha affermato l'onorevole Marchesi, la democrazia possa anche
oggi avere il suo significato, specialmente se incrementata e perfezionata in modo da poter veramente
significare governo del popolo e per il popolo. Democrazia significa lotta pacifica e civile tra i partiti, rispetto delle
minoranze, possibilit di controllo su tutte le manifestazioni delle amministrazioni dello Stato e del potere
esecutivo in genere: compiti fondamentali in qualsiasi tipo di democrazia. Che la democrazia degeneri un fatto
umano, questo non esclude che essa si possa riprendere; n va escluso che alla nuova democrazia debbano
concorrere le forze del lavoro.
Ritiene per che detti concetti vadano inseriti nel preambolo e che per l'articolo
in esame debba essere mantenuta la formulazione scheletrica proposta dal Relatore onorevole Cevolotto.

11

LA PIRA riconosce che oggi esistono effettivamente due tipi di democrazia: una limitata al campo politico,
derivata dai princip liberali del 1789, ed una estesa al campo dell'economia. Questo nuovo tipo di democrazia
deve essere specificato ed affermato, come del resto ha gi fatto la Sottocommissione approvando gli articoli in
tema di lavoro. Se sono giuste le osservazioni dell'onorevole Caristia, ha anche ragione l'onorevole Marchesi di
preoccuparsi che il concetto di democrazia venga specificato in rapporto alla situazione attuale. Ritiene pertanto
che si debba accogliere la proposta dell'onorevole Moro, che mira ad integrare il concetto di democrazia
contenuto nella formula dell'onorevole Cevolotto, estendendolo al campo economico, con l'aggiunta dell'articolo
gi approvato in sede di rapporti economici.
BASSO fa osservare che, n da parte comunista n da parte socialista, si negato il principio democratico, ma
si soltanto detto che esso deve essere specificato secondo le nuove esigenze. Che la forma di democrazia,
scaturita dalla Rivoluzione francese, fosse gi in crisi prima della guerra 1915-18, una constatazione fatta non
soltanto da scrittori socialisti, ma da studiosi appartenenti a tutte le correnti politiche.
Ora il dire che lo Stato italiano una Repubblica democratica non specifica nulla nei riguardi delle trasformazioni
che il concetto di democrazia ha subito nel corso degli ultimi 150 anni. Invece l'aggiunta proposta dall'onorevole
Togliatti afferma un nuovo tipo di democrazia che ha per fondamento il lavoro nelle sue diverse manifestazioni, e
sostituisce alla democrazia a base individualistica una democrazia di lavoratori, intendendo per lavoratore colui
che converte la sua attivit patrimoniale, intellettuale o manuale in un bene sociale. Tale esigenza talmente
sentita da essere non soltanto l'espressione del pensiero socialista, ma anche di altre correnti politiche italiane
quali, ad esempio, quelle rappresentate da un partito che ha sentito la necessit di denominarsi partito
democratico del lavoro. Conclude affermando che l'articolo, per essere costituito armonicamente in tutti i suoi
concetti, deve risultare dalla formula dell'onorevole Cevolotto, integrata dalla specificazione di lavoratori
proposta dall'onorevole Togliatti, nonch dall'aggiunta, proposta dall'onorevole Moro, dell'articolo approvato in
sede di rapporti economici.
GRASSI replica all'onorevole Basso che quello che cambia non tanto il concetto di democrazia quanto il
contenuto della democrazia stessa: le forme della democrazia mutano secondo le fasi storiche e secondo la
partecipazione del popolo alla vita politica; ma la democrazia rimane sempre.
Si dichiara favorevole a che la Costituzione stabilisca che il lavoro partecipa in pieno alla democrazia italiana;
contrario invece alla dizione repubblica di lavoratori , perch essa fa sorgere il sospetto che si parli di una
repubblica classista e non pi di una repubblica democratica per tutto il popolo.
CARISTIA fa osservare all'onorevole Basso che dagli studiosi cui egli ha accennato non sempre denunziata la
crisi profonda della democrazia, perch ve ne sono di quelli che validamente la difendono e l'apprezzano.
MASTROJANNI rileva che, per integrare il concetto di democrazia, bisogna tener conto di tutti gli elementi di cui
il concetto stesso si era venuto svuotando negli ultimi tempi. Uno solo di tali elementi stato identificato: il
lavoro. Ma ve ne sono altri di cui si dovrebbe tener conto nella formula perch il ripristino del concetto di
democrazia sia integrale: quelli che si riferiscono alla libert di tutti gli individui, al riconoscimento delle necessit
dell'esistenza. La Costituzione non pu dare la preferenza ad alcuni fattori soltanto, ma deve riconoscerli tutti.
Quando si identifica nella Costituzione la Repubblica italiana solo attraverso la concezione del lavoro, si viene a
trascurare quanto non pu essere compreso in questa vasta ed essenziale categoria. Ora egli non ritiene
opportuno ed equo che non si dia asilo nella Repubblica democratica italiana a coloro che, per ipotesi,
potessero essere considerati non appartenenti alla grande categoria dei lavoratori. Il vero concetto di
democrazia : asilo per tutti, tolleranza per tutti. Invece, completando il concetto di repubblica democratica con
la precisazione proposta dall'onorevole Togliatti, encomiabile di per se stessa, ma inopportuna per le sue
conseguenze, si verrebbe a fare una repubblica classista.
MORO osserva che tutti concordano sulla necessit della specificazione Repubblica democratica , ma non ci
si pu nascondere che l'indicazione proposta dall'onorevole Togliatti potrebbe apparire alla pubblica opinione
come una affermazione di una particolare ideologia, di uno speciale partito.
Domanda perci all'onorevole Togliatti se egli accetterebbe una definizione pi oggettiva della Repubblica,
aggiungendo alla formula dell'onorevole Cevolotto le parole: fondata sul lavoro e sulla solidariet sociale .

12

Potrebbe poi seguire - come ha gi proposto - un capoverso riproducente l'articolo gi approvato dalla
Sottocommissione in materia di rapporti economici.
TOGLIATTI fa presente che la formula da lui proposta risponde esattamente agli articoli sul lavoro approvati
dalla Commissione, il primo dei quali diceva che: Il lavoro... il fondamento della democrazia italiana . Con
questo il concetto di democrazia veniva collegato col concetto di lavoro; onde la formulazione gi approvata
dalla Sottocommissione troverebbe la sua espressione giuridica pi concisa nel termine Repubblica
democratica di lavoratori , che non restringe il concetto di democrazia, ma specifica quale il contenuto sociale
della democrazia stessa. N pu intendersi, come ha affermato l'onorevole Mastrojanni, che si vogliano
escludere dalla vita del Paese certe categorie di cittadini, perch negli articoli successivi viene specificato in che
senso inteso il dovere del lavoro.
Ricorda l'invito da parte della Commissione plenaria ad usare formule il pi possibilmente costituzionali e
giuridiche; ora la dizione che egli ha proposto risponde a questa esigenza, riassumendo in una formula
costituzionale la sostanza dei concetti espressi anche negli articoli successivi.
PRESIDENTE chiede all'onorevole Togliatti il suo parere in merito alle proposte dell'onorevole Moro.
TOGLIATTI dichiara di accettare soltanto la prima proposta, di inserire cio, subito dopo la formula che egli ha
presentato, il capoverso gi approvato in tema di rapporti economici.
MARCHESI fa osservare che, se la formula proposta dall'onorevole Togliatti dovesse essere limitata alle parole
una repubblica democratica di lavoratori si giustificherebbero le preoccupazioni che sono state
manifestate. Ma, poich a queste parole si propone di far seguire, come esplicazione, l'articolo sul lavoro gi
approvato dalla Sottocommissione, non ci sar pi dubbio per nessuno che non si tratta di una repubblica
socialista, ma di una repubblica fondata su quei princip che la Sottocommissione stessa ha gi approvati.
CEVOLOTTO, Relatore, rileva che, qualora si aggiunga all'articolo da lui proposto l'articolo gi approvato, si
rende pi che mai necessaria l'aggiunta proposta dall'onorevole Togliatti, altrimenti non si avrebbe ragione di
aggiungere il capoverso stesso, e si dovrebbe lasciarlo dove presentemente collocato.
Poich ritiene utile di specificare di che genere di repubblica si intenda parlare, ed accoglie l'emendamento
proposto dall'onorevole Togliatti, aggiuntivo delle parole di lavoratori , favorevole a che il testo dell'articolo
sul lavoro venga trasportato a questo punto come capoverso.
PRESIDENTE mette ai voti la formula originaria dell'onorevole Cevolotto: Lo Stato italiano una repubblica
democratica .
( approvata all'unanimit).
Mette ai voti la proposta dell'onorevole Togliatti di aggiungere le parole di lavoratori .
LUCIFERO dichiara che voter contro l'aggiunta, non perch ritenga che lo Stato italiano non sia uno Stato di
lavoratori, ma perch questa aggiunta potrebbe dare alla Costituzione stessa un carattere classista.
DE VITA dichiara che voter contro la proposta dell'onorevole Togliatti, in quanto ritiene che qualunque aggiunta
alle parole: una repubblica democratica , non possa essere se non una specificazione unilaterale.
CARISTIA dichiara che voter contro la proposta aggiuntiva dell'onorevole Togliatti, ritenendola inopportuna.
MORO dichiara che voter a favore della formula proposta dall'onorevole Togliatti, tenendo conto dei chiarimenti
dati alla proposta stessa dall'onorevole Marchesi e con la speranza che essa venga constantemente interpretata
in avvenire nel modo con cui l'ha interpretata l'onorevole Marchesi.
LA PIRA dichiara che voter contro la proposta dell'onorevole Togliatti per le ragioni gi espresse, e perch il
concetto gi consacrato negli articoli che seguono, e particolarmente in quello cui ha fatto cenno l'onorevole
Moro.

13

GRASSI dichiara che voter contro la proposta dell'onorevole Togliatti, poich ritiene che essa verrebbe a dare
alla Costituzione un carattere classista.
PRESIDENTE, confermando quanto ha gi precedentemente osservato in merito alla proposta dell'onorevole
Togliatti, dichiara che voter contro.
Mette ai voti la proposta.
( respinta con 8 voti contrari e 7 favorevoli).
LA PIRA dichiara di far sua la proposta dell'onorevole Moro, tendente ad aggiungere alle parole: Lo Stato
italiano una Repubblica democratica le altre fondata sul lavoro e sulla solidariet sociale .
BASSO dichiara che si asterr dal votare tale proposta.
GRASSI propone che sia espresso il voto che l'Ufficio di presidenza, in sede di coordinamento, tenga presente
la possibilit di coordinare l'articolo test approvato con l'altro approvato a suo tempo in materia di rapporti di
lavoro, e modificato dal Comitato di coordinamento.
LUCIFERO dichiara di non essere d'accordo con l'onorevole Grassi, poich ognuno deve assumere in questa
sede la sua responsabilit. Nel caso specifico tiene a dichiarare che voter contro qualunque aggiunta alle
parole Lo Stato italiano una repubblica democratica , poich ritiene che qualunque aggettivazione della
parola democratica significhi dare alla Costituzione un valore programmatico, e questo contro ai suoi
princip, in quanto la Costituzione deve essere aperta a tutte le tendenze, di qualunque tipo, purch oneste.
CARISTIA dichiara che voter contro la proposta La Pira per le stesse ragioni gi espresse prima.
PRESIDENTE dichiara che voter contro l'aggiunta proposta, perch lo stesso concetto pu meglio esprimersi e
trovare pi adatto collocamenlo in un capoverso.
MASTROJANNI dichiara che voter contro, associandosi pienamente alle considerazioni, gi espresse
dall'onorevole Lucifero.
MORO dichiara di ritenere opportuno trovare una formula intermedia, che possa essere accettata da tutti, e
prega l'onorevole La Pira di non insistere nel ripresentare come sua una proposta dall'oratore gi
precedentemente ritirata.
LA PIRA dichiara di non insistere.
MORO ritiene che non debba essere adottato come capoverso il testo dell'articolo nella formula coordinata, ma
quello originariamente votato dalla prima Sottocommissione.
LUCIFERO concorda.
PRESIDENTE ricorda che il testo dell'articolo approvato dalla Sottocommissione era cos formulato: Il lavoro e
la sua partecipazione concreta negli organismi economici, sociali e politici il fondamento della democrazia
italiana .
Questo articolo, in sede di coordinamento, fu tramutato nel seguente: La Repubblica democratica italiana ha
per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori alla organizzazione economica,
sociale e politica del Paese .
Comunica che l'onorevole Moro propone che come capoverso dell'articolo in discussione sia adottato il testo
dell'articolo originariamente approvato dalla Sottocommissione.

14

GRASSI fa osservare che sono stati deferiti al Comitato di coordinamento dei poteri, per cui questo Comitato ha
formulato un articolo in un determinato testo; quindi non si pu ora adottare un testo nuovo. Ritiene che la
Commissione possa soltanto esprimere il voto che l'articolo proposto come capoverso venga connesso con
l'altro gi formulato dal Comitato di coordinamento.
LUCIFERO dichiara di non essere d'accordo con quanto ha esposto l'onorevole Grassi circa la questione
pregiudiziale da lui posta. Fa osservare che il Comitato di coordinamento ha proceduto alla formulazione di un
articolo del tutto nuovo. D'altra parte non poteva procedere ad un cooidinamento, in quanto non esisteva un
articolo della terza Sottocommissione che corrispondesse a quello formulato dalla prima. Ritiene per che, cos
agendo, il Comitato stesso abbia esorbitato dalle sue attribuzioni, poich ha modificato un articolo gi approvato
da una Sottocommissione.
Non riconosce al Comitato di coordinamento, nominato con un compito specifico, il diritto di modificare una
deliberazione presa a maggioranza da una Sottocommissione, delibazione che potr essere eventualmente
modificata soltanto in sede di Commissione plenaria.
Per queste ragioni si dichiara favorevole alla proposta dell'onorevole Moro, cio che, come capoverso, si
mantenga l'articolo nel testo formulato dalla prima Sottocommissione.
CEVOLOTTO, Relatore, fa osservare all'onorevole Lucifero cho la terza Sottocommissione, pur non avendo
formulato un articolo corrispondente, aveva per trattato lo stesso tema dei diritti economici del lavoro, di
competenza comune delle due Sottocommissioni. Il Comitato di coordinamento non doveva soltanto discutere
sugli articoli che erano stati formulati dalla prima e dalla terza Sottocommissione, ma anche coordinare tutto il
lavoro ed occuparsi della formulazione definitiva di tutta la materia. Quindi se i Commissari della terza
Sottocommissione, ai quali bisogna riconoscere una competenza anche in questa materia, hanno richiesto delle
modificazioni agli articoli che erano stati formulati dalla prima Sottocommissione, avevano tutto il diritto di farlo e
il Comitato di coordinamento, nell'accedere a questo desiderio, non ha esorbitato dal compito assegnatogli.
Non ritiene che oggi la Sottocommissione possa ritornare al testo originario dell'articolo: essa deve servirsi del
testo coordinato per aggiungere un capoverso all'articolo in esame, ed egli non ha nulla in contrario ad accedere
a questa soluzione. Propone pertanto che all'articolo da lui formulato, il quale dice: Lo Stato italiano una
repubblica democratica , venga aggiunto un capoverso formulato nel modo seguente:
Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori all'organizzazione
economica, sociale e politica del Paese .
LUCIFERO replica all'onorevole Cevolotto che il Comitato di coordinamento ha profondamente modificato il
senso dell'articolo formulato dalla prima Sottocommissione, e con ci andato al di l delle funzioni ad esso
attribuite.
MORO fa rilevare che la Sottocommissione non sta facendo un coordinamento e neppure uno spostamento di
collocazione di una formula da una parte all'altra della Costituzione, nel quale caso si troverebbe impegnata da
quanto stato deciso in sede di coordinamento. Essa sta elaborando un nuovo articolo, nel quale ritiene
necessario definire la sostanza della democrazia italiana, e a questo scopo pu servirsi liberamente della
formula che le sembra pi conveniente. Pertanto insiste perch venga adottata la formula originaria da lui
proposta.
PRESIDENTE mette anzitutto ai voti il capoverso secondo la formula proposta dall'onorevole Moro, che del
seguente tenore:
Il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici, sociali e politici il fondamento della
democrazia italiana .
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara che voter contro questa aggiunta, perch favorevole alla formulazione
espressa dal Comitato di coordinamento.

15

DOSSETTI, Relatore, dichiara di votare a favore del capoverso aggiuntivo proposto dall'onorevole Moro.
Dichiara altres che se fosse stato presente alla votazione della prima parte dell'articolo, avrebbe votato a favore
della formula proposta dall'onorevole Togliatti, che cio la Repubblica italiana una repubblica di lavoratori.
LUCIFERO dichiara di votare a favore della formula aggiuntiva, che quella originariamente proposta dalla
prima Sottocommissione, perch, pur essendo contrario al suo contenuto, ritiene che si debba mantenere la
formula deliberata dalla maggioranza della prima Sottocommissione, e che il comitato di coordinamento non
abbia il diritto e la facolt di introdurre modifiche sostanziali a quanto la maggioranza della prima
Sottocommissione ha deliberato.
CARISTIA dichiara di votare contro, perch ritiene inopportuno il capoverso aggiuntivo.
MASTROJANNI dichiara di votare contro l'aggiunta, perch la ritiene inopportuna in questa sede.
(Il capoverso aggiuntivo proposto dall'onorevole Moro respinto con 8 voti contrari, 7 favorevoli e 1 astenuto).
PRESIDENTE mette ai voti il capoverso aggiuntivo nella formulazione approvata dal comitato di coordinamento,
che la seguente:
Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori alla organizzazione
economica, sociale e politica del Paese .
MORO dichiara di votare a favore di questa aggiunta, perch la ritiene indispensabile come un chiarimento alla
prima parte dell'articolo gi approvato.
LUCIFERO dichiara che voter contro il capoverso aggiuntivo, in quanto esso rappresenta una formulazione
nuova di cui egli non condivide il contenuto.
GRASSI dichiara che voter a favore della formula aggiuntiva in quanto, avendo fatto parte del comitato di
coordinamento, ha gi votato a favore di questa formula in quella sede.
MASTROJANNI dichiara di votare contro la formula, perch, pur concordando col suo contenuto, ritiene che
essa debba restare al posto assegnatole in un primo tempo.
AMADEI dichiara di votare a favore della formula, perch esprime lo stesso concetto contenuto nella proposta
dell'onorevole Togliatti.
(Il capoverso aggiuntivo approvato con 12 voti favorevoli e 4 contrari).
PRESIDENTE mette ai voti l'intero articolo cos formulato:
Lo Stato italiano una Repubblica democratica. Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione
concreta di tutti i lavoratori all'organizzazione economica, sociale e politica del Paese .
(L'intero articolo approvato con 12 voti favorevoli e 4 contrari).
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

PRESIDENTE
Apre la discussione sull'articolo 2 della relazione Cevolotto, cos formulato:
Tutti i poteri spettano al popolo che li esercita o li delega secondo la Costituzione e le leggi .

16

DOSSETTI, Relatore, osserva che tale articolo si connette strettamente con il suo articolo 2, formulato nel modo
seguente:
La sovranit dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico costituito dalla presente Costituzione e
dalle altre leggi ad essa conformi .
Con questo articolo ha inteso riferirsi principalmente a quello che il fondamento della sovranit dello Stato,
derivante dall'ordinamento giuridico e dalla configurazione che questo ordinamento fa dello Stato, mentre
nell'articolo 2 dell'onorevole Cevolotto si fa riferimento principalmente all'esercizio della sovranit, specificando
che tutti i poteri spettano al popolo , che pu esercitarli direttamente o indirettamente. Affrontando il problema
della sovranit dello Stato, riterrebbe necessario affermare congiuntamente i due concetti relativi sia al
fondamento che all'esercizio della sovranit. Per questo motivo, ha proposto all'onorevole Cevolotto una formula
risultante dalla fusione dei due articoli.
CEVOLOTTO, Relatore, d lettura della formula concordata:
La sovranit dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e
dalle altre leggi ad essa conformi.
Tutti i poteri sono esercitati dal popolo direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti .
Precisa che nella sua dizione aveva seguito la formula tradizionale mazziniana, ma poich in sostanza
l'espressione: Tutti i poteri sono esercitati dal popolo ha lo stesso significato, ha aderito alla proposta
dell'onorevole Dossetti.
DOSSETTI, Relatore, spiega che la prima parte dell'articolo ha precisamente lo scopo di specificare in termini
pi corretti quello che il concetto della sovranit dello Stato. Non sarebbe stato esatto, infatti, parlare, secondo
una dottrina politica che risale al secolo scorso, di sovranit del popolo, perch la sovranit dello Stato, e il
popolo il soggetto che l'esercita. Il concetto di sovranit popolare della formula mazziniana aveva senso in
quanto lo si contrapponeva alla sovranit del principe, che era il soggetto in cui si identificava lo Stato e che
esercitava tutti i poteri inerenti allo Stato stesso.
Ci premesso, gli sembrato pi corretto e pi conforme all'impostazione della Costituzione, di parlare di
sovranit dello Stato, che si fonda sull'ordinamento giuridico stabilito dalla Costituzione e dalle altre leggi da
essa derivanti, mentre i poteri, che sono in concreto il modo con cui si attua la sovranit dello Stato, emanano
dal popolo che li esercita o direttamente, o mediante i suoi rappresentanti.
CARISTIA non crede che sia necessario dichiarare nella Costituzione che la sovranit dello Stato si esplica nei
limiti dell'ordinamento giuridico, essendo questa una cosa naturale e da tutti pacificamente ammessa.
necessario, invece, stabilire chi esercita la sovranit ed i relativi poteri. Tale esigenza gi, a suo avviso, in
modo concreto e corretto, affermata nell'articolo dell'onorevole Cevolotto a cui si dichiara favorevole.
DE VITA si dichiara anch'egli favorevole alla formula dell'onorevole Cevolotto. Osserva che, secondo la dottrina
mazziniana, la sovranit risiede nel popolo e non nello Stato.
GRASSI prega l'onorevole Dossetti di non insistere nella sua proposta, in quanto con essa si entrerebbe in un
campo dottrinale che non quello delle norme costituzionali. Oltre il fatto che addentrandosi in una discussione
teorica, sarebbe molto difficile giungere ad una conclusione, la formula dell'onorevole Dossetti non molto
felice, perch la sovranit dello Stato non consiste nei limiti in cui si esplica, ma il potere di comando, che in
tanto si chiama sovranit, in quanto nega che vi sia un'altra autorit al di sopra di essa.
A suo giudizio, quello che la Costituzione deve fissare che la sovranit viene dal popolo. Lo Stato, che
depositario del potere di comando, lo esercita attraverso gli organi del suo ordinamento, ma questi organi sono
azionati e ricevono autorit e forma dal popolo che, direttamente o indirettamente, d ad essi tutta la capacit
della sua sovranit. Ritiene, pertanto, preferibile la formula dell'onorevole Cevolotto, che senza avere pretese
giuridiche, esplica un concetto fondamentale giuridico e politico di una Costituzione democratica.

17

MORO non entra nella disputa sottile e interessante se la sovranit spetti al popolo o allo Stato, ma non pu
essere d'accordo con l'onorevole Grassi quando ritiene non necessaria la specificazione dei limiti giuridici e
politici in cui si esplica la sovranit dello Stato. Dopo venti anni di arbitrio del potere esecutivo che avevano
portato alla creazione di una dottrina per la quale la sovranit dello Stato consisteva nell'assoluta potenza, o
prepotenza, si deve affermare nella Costituzione che il potere dello Stato un potere giuridico, e che lo Stato
comanda nei limiti della Costituzione e delle leggi ad essa conformi. Questa precisazione tanto pi necessaria
in relazione all'articolo 3 formulato dall'onorevole Dossetti, nel quale si precisa come al singolo, o alla collettivit,
spetti la resistenza contro lo Stato, se esso avvalendosi della sua veste di sovranit, tenta di menomare i diritti
sanciti dalla Costituzione e dalle leggi. Solo dopo aver dichiarato che la sovranit dello Stato nell'ambito
dell'ordinamento giuridico, si ha la possibilit di sancire nella Costituzione il diritto di resistenza contro gli atti di
arbitrio dello Stato.
Dopo una esperienza storica come quella vissuta, non crede si possa fare a meno di fissare con la massima
chiarezza i seguenti concetti: sovranit dello Stato nell'ambito della legge; organi del popolo o delegati dal
popolo all'esercizio della sovranit; diritto e dovere di resistenza del singolo e della collettivit agli atti arbitrari
dello Stato.
LA PIRA ricorda che tutta la pi recente letteratura di diritto pubblico si preoccupata di riaffermare il concetto di
stato di diritto, e d'altra parte, tutta la Costituzione stata imperniata sul fatto che lo Stato ha dei limiti di diritto
naturale e di diritto positivo.
Ritiene, pertanto, che l'articolo cos come stato proposto dall'onorevole Dossetti sia fondamentale e che debba
far parte della Costituzione.
CORSANEGO fa presente che l'onorevole Cevolotto ha aderito alla formula proposta dall'onorevole Dossetti,
sicch l'articolo si presenta come concordato fra i due Relatori.
LUCIFERO dichiara di non essere stato convinto dalle argomentazioni svolte dagli onorevoli La Pira, Moro e
Dossetti, che, anzi, lo hanno confermato nella decisione di votare a favore del testo proposto dall'onorevole
Cevolotto. Richiede, perci, che se si dovesse mettere, ai voti l'articolo concordato dai due Relatori, esso sia
messo ai voti per divisione.
TOGLIATTI dichiara di concordare sostanzialmente con le considerazioni svolte dall'onorevole Moro. In netta
opposizione a quella profonda deviazione verificatasi nella dottrina giuridica, in senso assolutistico e reazionario,
per opera del diritto tedesco attraverso una deformazione dell'hegelismo, ritiene che in una Costituzione fatta
dopo il fascismo, un'affermazione, quale quella proposta dall'onorevole Dossetti, non sia da respingere, a
condizione che si affermi anche che il depositario della sovranit il popolo.
DOSSETTI, Relatore, precisa che era sua intenzione far seguire all'articolo 2, da lui proposto, un ulteriore
articolo, o un secondo comma, nel quale si dicesse che tutti i poteri emanano dal popolo, che li esercita
direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti.
CARISTIA nota che qualunque paese retto liberamente da una Costituzione ha una sovranit che si esercita
entro i limiti imposti dalla legge e dalla Costituzione. Perci affermare il principio che la sovranit ha dei limiti
una cosa, a suo avviso, perfettamente inutile, perch lo Stato, in quanto democratico, ha di per s una
sovranit limitata, derivante anche dal fatto che la sovranit proviene dal popolo. Il fascismo aveva sorpassato
questo concetto, perch forma di Governo che non era n liberale n democratica.
Concludendo, ritiene assolutamente inopportuno l'articolo proposto dall'onorevole Dossetti. Non crede parimenti
giusto inserire il diritto alla resistenza in una Costituzione, nella quale vi sono molti mezzi per resistere
legalmente agli arbitri.
GRASSI riconosce che l'onorevole Dossetti si preoccupato che lo Stato, nella esplicazione della sua autorit
sovrana, non possa andare oltre i limiti dell'ordinamento giuridico; ma affermare che la sovranit dello Stato si
esplica nei limiti dell'ordinamento

18

giuridico , a suo avviso, una espressione priva di significato pratico perch lo Stato, concepito
democraticamente, non altro che l'ordinamento giuridico. A dimostrare meglio l'inutilit di tale affermazione,
ricorda che la dottrina tedesca dei tempi dell'impero, pur essendo interamente fondata sullo stato di diritto, non
imped che nel suo ambito si sviluppasse il massimo strapotere statale.
A suo parere, il concetto che deve essere affermato nella Costituzione quello dell'onorevole Cevolotto, cio
che il potere emana dal popolo, principio squisitamente democratico e comune a tutte le attuali tendenze
politiche del Paese.
PRESIDENTE non comprende l'opposizione alla formula concordata, dato che in essa non si sopprime il
concetto affermato nell'articolo dell'onorevole Cevolotto, ma vi si aggiunge un principio che mira a soddisfare
un'altra esigenza. Ritenendo inutile ogni ulteriore discussione, pone ai voti l'articolo concordato, di cui d
nuovamente lettura, avendo subto nella seconda parte qualche leggera modificazione:
La sovranit dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e
dalle altre leggi ad essa conformi.
Tutti i poteri emanano dal popolo che li esercita direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti .
LUCIFERO dichiara di votare contro, senza pi insistere nella votazione per divisione, perch nella seconda
parte non si afferma pi il principio, contenuto nella dizione dell'onorevole Cevolotto, che la sovranit risiede nel
popolo.
DE VITA dichiara di votare contro, perch nella prima parte si personifica lo Stato come un ente che sovrasta il
popolo.
AMADEI, pur dichiarando che voter in ogni caso a favore dell'articolo concordato, propone la seguente dizione:
La sovranit dello Stato emana dal popolo e si esercita nell'ambito dell'ordinamento giuridico, sia direttamente
che mediante rappresentanti da esso eletti . Ritiene che questa formula metta meglio in evidenza la sovranit
dello Stato come emanazione dal popolo.
LUCIFERO, dovendosi assentare, dichiara che vota contro anche alla formula dell'onorevole Amadei, se questa
sar posta ai voti, in quanto, a suo parere, la sovranit non emana n promana dal popolo, ma risiede nel
popolo stesso.
AMADEI, dato che la sua formula risponde ai medesimi concetti di quella concordata, se i Relatori insistono sul
loro articolo, dichiara di ritirare la sua proposta.
DOSSETTI e CEVOLOTTO, Relatori, insistono sul loro articolo.
PRESIDENTE mette ai voti l'articolo proposto dai Relatori.
( approvato con 12 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
PRESIDENTE ricorda che nella precedente riunione, a conclusione della lunga discussione avvenuta, fu dato
incarico ai colleghi La Pira e Basso di concretare in due articoli il risultato acquisito nella discussione.
I relatori hanno cos formulati i due articoli:
Art. 1. - La presente Costituzione, al fine di assicurare l'autonomia e la dignit della persona umana e di
promuovere ad un tempo la necessaria solidariet sociale, economica e spirituale, in cui le persone debbono
completarsi a vicenda, riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri all'uomo, sia come singolo sia come
appartenente alle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona.

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Art. 2. - Gli uomini, a prescindere dalla diversit di attitudini, di sesso, di razza, di classe, di opinione politica e
di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad uguale trattamento sociale.
compito della societ e dello stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libert e
l'uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignit della persona umana ed il
completo sviuppo fisico, economico e spirituale di essa.
Pone in discussione l'articolo 1, pregando i colleghi di non preoccuparsi troppo di questioni formali, e di limitare
le loro osservazioni alla sostanza.
MANCINI ritiene che il concetto espresso dalle parole: in cui le persone debbono completarsi a vicenda sia
gi contenuto nella seconda parte dell'articolo e che, pertanto, anche per ragioni di stile, sarebbe opportuno
togliere tale inciso.
MASTROJANNI, se la proposta del collega Mancini non venisse accolta e quindi l'inciso rimanesse, propone
che le parole: debbono completarsi vengano sostituite dalle altre: si completano .
DOSSETTI ritiene che con l'espressione proposta si voglia sottolineare in maniera energica l'obbligo della
solidariet sociale e il parallelismo, ai fini della Costituzione, tra il fine di garantire l'autonomia e la dignit della
persona umana e quello di promuovere la necessaria solidariet sociale. Sono questi due obbiettivi ai quali va
attribuita una pari importanza.
Quanto alle imperfezioni formali, del parere che intanto vadano fissati i concetti; poi, in un secondo tempo, si
provveder alle correzioni di forma.
LUCIFERO fa due pregiudiziali. La prima che senza avere sott'occhio il testo dell'articolo proposto non pu
essere in grado di affrontare la discussione; la seconda che in questo momento non si discute un ordine dei
giorno, ma un vero e proprio articolo, che cosa ben diversa. Non pertanto d'accordo col Presidente, quando
dice che non occorre preoccuparsi della forma, perch, nel fissare i concetti di un articolo, la forma integrante
della sostanza.
PRESIDENTE non nega l'importanza della forma, ma ritiene che quando le osservazioni sulla forma tendono
soltanto al perfezionamento dell'espressione possono essere rimandate ad un secondo tempo.
CEVOLOTTO favorevole alla soppressione dell'inciso per due ragioni: prima di tutto, perch dicendo che le
persone debbono completarsi a vicenda, non si esaurisce il concetto di solidariet, e poi perch quello che pi
interessa contenuto nella seconda parte dell'articolo quando si dice: riconosce e garantisce i diritti inalienabili
e sacri all'uomo, sia come singolo sia come appartenente alle forme sociali, nelle quali esso organicamente e
progressivamente si integra e si perfeziona .
GRASSI informa che il Presidente della Commissione, onorevole Ruini, ha manifestato il parere che l'articolo
dovrebbe trovar posto nel preambolo.
CEVOLOTTO pensa che per il momento sia pi opportuno approvare l'articolo indipendentemente dal suo
collocamento, cosa alla quale si provveder in un secondo tempo. Se si trattasse invece di votare l'articolo
mantenendo fermo l'attuale collocamento, dovrebbe fare delle riserve perch, a suo avviso, il primo articolo della
Costituzione dovr essere molto diverso.
Quindi, accogliendo il pensiero dell'onorevole Ruini, del parere che si debba votare l'articolo in questione,
riservando ad un secondo tempo la questione del suo collocamento.
MERLIN UMBERTO non trova molto appropriata la parola inalienabili , riferita ai diritti. A prescindere dal
sapore mercantile della parola, sarebbe opportuno usare l'aggettivo adoperato in altre Costituzioni e, se non
erra, in quella dell'89, cio dire diritti naturali e sacri dell'uomo . Quando si adopera la parola naturali si
dice di pi, e vi poi nel termine sacro il concetto della inalienabilit.

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MARCHESI fa una breve dichiarazione che potr considerarsi anche come dichiarazione di voto.
Ricorda che nella precedente seduta si parl dell'uomo come di qualche cosa di assoluto e di perfetto, cui si
deve conformare lo Stato. Quest'uomo cos concepito un mito, oppure il prodotto di una grazia divina. Ma
l'uomo, cio l'uomo politico, l'uomo civile, un essere sociale il quale va acquistando, di fronte all'instabilit delle
leggi scritte, una certa coscienza del diritto naturale, universale e nello stesso tempo, la idea di una suprema
giustizia primitiva, sacra ed eterna. Per lui tale coscienza si forma nell'ambito della stessa vita sociale, si forma
nella realt empirica degli organismi storici; per altri, l'uomo viene posto come una fonte originaria di autorit
dinanzi alla autorit subordinata dello Stato, onde per premunirsi contro lo Stato totalitario, si potrebbe finire per
menomare e danneggiare lo Stato democratico. Muovendo dal principio dell'autonomia della persona umana
(preferirebbe alla parola autonomia la parola libert ) si potrebbe passare all'autonomia della famiglia,
all'autonomia della regione e cos via via smobilitare o quasi menomare l'autorit dello Stato e trasferirla in altre
mani.
Considerata la delicatezza e la solennit di questa dichiarazione, d'avviso che la sua votazione dovrebbe
avvenire quando sar esaurito l'esame dei singoli articoli proposti alla Sottocommissione per la formulazione.
PRESIDENTE esprime l'avviso che questa proposta modifichi la decisione adottata nella precedente riunione e
nella quale pareva che tutti convenissero. Si disse allora che questo articolo doveva essere il superamento della
discussione di carattere generale e fondamentale che aveva impegnato la Sottocommissione,
indipendentemente da qualunque preoccupazione circa la precisa formulazione e la definitiva collocazione dello
articolo stesso. Occorre tenere sempre presente che il progetto della Sottocommissione dovr essere sottoposto
al vaglio della Commissione centrale e poscia alle decisioni della Assemblea Costituente. Pertanto egli ritiene
che la Sottocommissione potrebbe approvare questo articolo ed il successivo proposto che a suo avviso
dovrebbero essere collocati in testa alla generale dichiarazione dei diritti e dei doveri. Spetter ad altro organo di
provvedere alla stesura del progetto definitivo, tenuto conto delle proposte elaborate dalla Sottocommissione e
delle relative discussioni.
Conclude affermando che il rinvio proposto dall'onorevole Marchesi riporterebbe la questione al punto in cui si
trovava nella precedente seduta e contrasterebbe con le decisioni allora adottate.
LOMBARDI GIOVANNI non d'accordo n sulla sostanza n sulla forma del proposto articolo, perch gli
sembra che in esso si affermi cosa contraria alla storia. Non pu sottoscrivere l'affermazione che la legge debba
promuovere la solidariet sociale. Una simile locuzione non ammissibile, salvo che tutto il mondo non diventi
una classe sola; finch vi sono varie classi sociali la solidariet un nome vago.
vero che nel 1700, in un'epoca cio anteriore alla Rivoluzione francese, fu scritto da Federico Bastiat un libro
sulle armonie economiche, ma egli non pu sottoscrivere un errore storico o sociologico di tale importanza.
Rileva che se si dovessero fare affermazioni di princip sociali, dovrebbe consentirsi alla minoranza di
specificare quello che intende per solidariet sociale. Nella legge non possibile togliere i contrasti che sono
nella storia stessa e ne sono quasi il motore essenziale. Tutti ricordano che senza la lotta tra patrizi e plebei il
diritto romano non sarebbe mai nato. Quindi una lotta tra quelli che detengono, male o bene, la ricchezza e gli
altri che lavorano ci sar sempre finch il mondo esiste. Attenuare questa lotta, rendere possibile alle vittime di
vivere, sar grande conquista ed quello cui i socialisti tendono; ma parlare di solidariet sociale in un mondo
quale quello di oggi, gli sembra inopportuno.
Desidererebbe pertanto, per gli articoli in esame, una dizione che eliminasse tutte le insinuazioni cui potrebbe
dar esca la formula proposta.
Avrebbe preferito quindi che fosse formulato un articolo solo, fondendo il primo ed il secondo, con la seguente
dizione: La presente Costituzione dettata al fine di assicurare l'autonomia, la libert, e la dignit della
persona umana sia come singola, sia in tutte le sue manifestazioni sociali, morali e politiche, senza distinzione di
sesso, di razza, di classe, di opinione politica, di religione . In questa unica dizione si colgono - a suo avviso - i
vari concetti giuridici senza fare affermazioni di principio.
BASSO, Relatore, dichiara che i due articoli studiati non lo soddisfano completamente, ma sono frutto di sforzi
per realizzare un massimo possibile di intesa. Intende difendere la formulazione proposta avendo con essa

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superato anche le sue obiezioni. Ma se qualche modificazione dovesse esservi introdotta, riprenderebbe la
libert di tornare su altre proposte.
Per quanto riguarda la proposta dell'onorevole Mancini di togliere l'inciso: in cui le persone debbono
completarsi a vicenda non ha personalmente difficolt ad accettarla. d'accordo col collega Dossetti che, se
l'inciso deve restare, necessario conservare la parola debbono .
Circa la proposta dell'onorevole Cevolotto sul collocamento dell'articolo, confessa che era della sua stessa
opinione; ma va tenuto presente che si tratta di un articolo che la Sottocommissione non si impegna di
sostenere come primo articolo della Costituzione, ma come primo articolo delle sue proposte.
Per quel che riguarda la proposta dello onorevole Marchesi di sostituire la parola libert a quella
autonomia , si rimette a quanto vorranno decidere i colleghi. Se l'onorevole La Pira d'accordo, si dice
disposto ad accettare tale emendamento.
Dichiara di essere nettamente contrario alle proposte degli onorevoli Merlin e Lombardi. La proposta
dell'onorevole Merlin si riporta a discussioni gi fatte: essa richiama la dizione che fu inserita nella Costituzione
francese del 1789. Ma c' da osservare che, a distanza di un secolo e mezzo, dopo un cos grande progresso
culturale, giuridico e sociale, questi concetti debbono ormai considerarsi superati.
La parola inalienabili quella del progetto della Costituzione francese, concordato tra i rappresentanti
comunisti, socialisti e del movimento repubblicano popolare. Per lui la sola espressione accettabile. Si opporr
a che sia introdotta la parola naturali .
poi in posizione antitetica a quella del collega Lombardi, che vuol sopprimere il concetto di solidariet sociale
nel capoverso del secondo articolo. L'onorevole Lombardi ha fatto riferimento a Bastiat, ma err nel collocarlo
prima della Rivoluzione francese, essendo questo autore vissuto nei primi dell'ottocento. Le sue espressioni
sono di un liberismo che negava questo concetto, mentre poi Proudhon riaffermava il principio della solidariet.
Ritiene che parlando di solidariet sociale non si dice una ingenuit. Non intende affermare che in concreto
non ci saranno lotte di classe, ma il dovere della Costituzione quello di mirare ad un massimo sforzo di
solidariet sociale. Vi sono dei diritti che derivano dal principio della libert ed altri che derivano dal principio
della uguaglianza e della solidariet sociale. Si tratta di uno sforzo verso la solidariet sociale, in senso antiindividualista. Se si toglie questo, si rompe l'equilibrio che deve esservi tra l'esercizio degli antichi diritti della
persona e l'esercizio di questi diritti in senso sociale, accompagnati cio dallo sforzo di creare una solidariet
sociale.
Per la stessa ragione non rinuncia al capoverso del secondo articolo, il quale comprende la sola parte che
stata presa dalla sua relazione.
Per quanto riguarda le altre proposte degli onorevoli Mancini e Marchesi, si rimette alle decisioni del correlatore
La Pira.
LA PIRA, Relatore, del parere che debba essere conservata la parola autonomia . vero che questa
parola si identifica con quella libert , ma nel concetto di autonomia affiora anche un certo contenuto di
spiritualit che si ricollega alla posizione kantiana, che ha pure un riflesso spirituale.
Per quanto riguarda l'osservazione dell'onorevole Marchesi, circa il pericolo di esautorare lo Stato, risponde che
non davvero questo che si vuole. Lo Stato deve avere la funzione altissima di integrare l'autonomia delle
persone e dei gruppi sociali; tale funzione sua specifica. Quindi si deve rafforzare l'autorit statale, ma col
contemporaneo rispetto dell'autonomia dei singoli.
MARCHESI mantiene la sua proposta. Autonomia sta bene; l'uomo che d leggi a se stesso. Ma vi sono
due libert: la libert interiore che non ci pu essere data e tolta da nessun governo, massimo dono che l'uomo
possa fare a se stesso attraverso una lunga e spesso travagliata esperienza, approdo supremo del proprio
personale destino, che non pu essere regolata n minacciata dalla legge. C' poi una libert politica la quale va
distinta. Usando la parola autonomia si pone l'individuo, fonte originaria d'autorit, di fronte alla autorit

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subordinata dello Stato. Gli sviluppi di questo concetto non avverranno praticamente, ma possono essere
pericolosi. Occorre astenersi dallo stabilire ed accettare posizioni che possono portare a conseguenze di
inevitabile disaccordo.
TOGLIATTI appoggia la proposta dell'onorevole Marchesi di sostituire la parola libert all'altra autonomia
. E ci per una ragione molto semplice: che tutti capiscono la parola libert . La parola autonomia
invece un termine diffcile a spiegarsi. Cosa vuol dire autonomia ? Vuol dire facolt di darsi leggi da s. Ora
l'autonomia intesa in questo senso esiste sempre. Esiste anche sotto la dittatura. Nel concetto di autonomia
implicito il concetto dell'interiorit della coscienza che sempre libera in qualsiasi condizione, anche se l'uomo
in carcere. La libert invece un'altra cosa. Inserendo qui il termine e il concetto di autonomia ci si allontana da
quanto era stato deciso: di lasciare, cio, da parte affermazioni ideologiche e rimanere sul terreno della politica,
ossia dei rapporti fra gli uomini.
PRESIDENTE ricorda che questo concetto di autonomia fu acquisito nella discussione della precedente seduta.
TOGLIATTI osserva che sostanzialmente i due concetti si equivalgono, ma la formulazione viene a guadagnare
usando il termine libert .
DE VITA fa presente che il compito del legislatore quello di disciplinare e non quello di definire. Nell'articolo 1
si trova qualche definizione laddove, ad esempio, si dice: ...riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri
all'uomo, sia come singolo, sia nelle forme sociali, nelle quali esso organicamente e progressivamente si
perfeziona . Questa una vera e propria definizione. Propone pertanto d sopprimere l'articolo 1. L'articolo 2
diverrebbe cos articolo 1. Ricorda che le definizioni sono sempre pericolosissime e possono dar luogo a
preoccupazioni continue. Queste osservazioni valgono per l'insieme del progetto, nel quale, a suo avviso, tutte
le definizioni dovrebbero essere eliminate.
LUCIFERO dichiara di non aver partecipato alla discussione perch ha avuto l'impressione che questi articoli,
cos come sono compilati, non risolvano nessuno dei problemi posti, anzi trasportino nella coscienza di chi dovr
interpretare la Costituzione il dibattito che gi si svolto dinanzi alla Sottocommissione. Non crede che cos
come essi sono, mantenendoli o modificandoli in senso non sostanziale, possano risolvere i problemi dibattuti.
Quindi dichiara che si asterr dalla votazione.
LOMBARDI GIOVANNI parla per dichiarazione di voto. Ha proposto che i due articoli siano convertiti in uno solo;
ma poich il collega De Vita, partendo da un altro punto di vista, giunge sostanzialmente alla sua stessa
conclusione, dichiara di associarsi alle sue proposte.
PRESIDENTE, dopo aver riassunto la discussione, pone ai voti la proposta De Vita per la soppressione pura e
semplice dell'articolo 1.
(Non approvata).
Avverte che pertanto l'articolo rimane, salvo le modificazioni che saranno votate.
Fa a tale riguardo presente che l'onorevole Mancini ha proposto che venga tolto l'inciso in cui le persone
debbono completarsi a vicenda . I relatori hanno dichiarato di non insistere a che questo inciso sia mantenuto.
(La proposta di togliere l'inciso, messa ai voti, approvata).
Avverte che l'onorevole Merlin ha proposto di sostituire alla parola inalienabili l'altra naturali .
MERLIN UMBERTO dichiara di ritirare la sua proposta.
PRESIDENTE ricorda che gli onorevoli Marchesi e Togliatti hanno proposto di sostituire alla parola autonomia
l'altra libert .
(La proposta, messa ai voti, non approvata).

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TOGLIATTI propone in linea subordinata di aggiungere alla parola autonomia l'altra libert .
(La proposta, messa ai voti, approvata).
LOMBARDI GIOVANNI chiede perch non stata posta in votazione la sua proposta.
PRESIDENTE gli ricorda che egli aveva dichiarato di accedere alla proposta De Vita che, secondo la sua
dichiarazione, giungeva per diverse vie, alla stessa conclusione. Per questa ragione ha posto ai voti prima la
proposta De Vita perch pi radicale.
D lettura dell'articolo 1 come risulta con le modificazioni approvate: La presente Costituzione, al fine di
assicurare l'autonomia, la libert e la dignit della persona umana e di promuovere ad un tempo la necessaria
solidariet sociale, economica e spirituale, riconosce e garantisce i diritti inalienabili e sacri dell'uomo sia come
singolo, sia nelle forme sociali nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona .
Mette ai voti l'articolo nel suo complesso.
( approvato).
PRESIDENTE pone in discussione l'articolo 2 cos formulato:
Gli uomini, a prescindere dalla diversit di attitudini, di sesso, di razza, di classe, di opinione politica e di
religione, sono eguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale.
compito della societ e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libert
e l'uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignit della persona umana ed
il completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa .
TOGLIATTI domanda se la lettera e di cui al primo comma non debba essere piuttosto una o . Infatti le
virgole che precedono debbono intendersi come disgiuntive.
PRESIDENTE ritiene che anche rimanendo la lettera e il significato sia sufficientemente chiaro.
LUCIFERO suggerisce che alla espressione gli uomini , sia sostituita l'altra i cittadini che gli sembra assai
pi appropriata.
MASTROJANNI desidera qualche chiarimento nei riguardi del 1 comma circa le parole: hanno diritto ad
eguale trattamento sociale . Non comprende infatti quale sia l'esatto significato di tale dizione.
LUCIFERO si associa alla osservazione dell'onorevole Mastrojanni, aggiungendo che, in fondo, il trattamento
sociale deve intendersi gi compreso nella eguaglianza di fronte alla legge. Non capisce quindi perch si debba
usare una terminologia che deve intendersi per lo meno superflua. Se la legislazione ha anche un carattere
sociale, naturale che tutti i cittadini siano uguali di fronte a questa legislazione anche per quanto concerne il
trattamento sociale.
CEVOLOTTO vuole fare una questione di collocamento. Ricorda che i relatori dovevano formulare un articolo
sulle libert civili e cio libert, uguaglianza e solidariet., Ora si domanda se l'articolo relativo all'eguaglianza
debba essere collocato in questa sede, ovvero in altra. In alcune Costituzioni il principio relativo all'eguaglianza
collocato nei princip generali dello Stato. Infatti, nelle sue proposte di articoli, per la parte affidatagli, aveva
formulato un articolo relativo all'eguaglianza proprio nella struttura dello Stato, nei seguenti termini:
Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge ed hanno gli stessi diritti e doveri. La nascita, il sesso, la razza, le
condizioni sociali, le credenze religiose, il fatto di non avere alcuna credenza, non possono costituire la base di
privilegio o di inferiorit legale .

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Gli sembra che tale formulazione sia giuridicamente pi precisa e meglio adatta ad una Costituzione. Ad ogni
modo, a prescindere dalla preferenza per l'una o per l'altra formulazione, insiste sulla questione del
collocamento, e cio, se sia questa la sede pi adatta per l'affermazione del principio di eguaglianza.
TOGLIATTI ritiene che l'osservazione del collega Cevolotto sposti il terreno della discussione. D'altra parte non
escluso che l'articolo, dopo l'approvazione, possa trovare altra collocazione. L'essenziale di arrivare a un
punto di accordo sulla formulazione dei due articoli, salvo poi trovare la collocazione pi adatta. Personalmente
sostiene la dizione proposta dai relatori, respingendo la critica dell'onorevole Lucifero. Se ha ben compreso, non
si vuole qui alludere ad una legislazione sociale completa, perch in tal caso il concetto sarebbe gi compreso
nella prima parte del primo comma. Invece con le parole ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale si
vuole esprimere la tendenza della nuova Costituzione ad incanalare lo sviluppo della nostra societ verso una
maggiore eguaglianza. Ed proprio questo lo spirito che vorrebbe alitasse nella nuova Costituzione.
MASTROJANNI riterrebbe utile che i relatori chiarissero il concetto del comma in esame, e solo in seguito i
colleghi fossero ammessi a discuterne.
BASSO, Relatore, risponde subito, per quanto l'onorevole Togliatti abbia gi anticipato la sua risposta. Pensa
(ed ormai in regime democratico ritiene che tutti pensino) che non basta l'eguaglianza puramente formale, come
quella caratteristica della vecchia legislazione, per dire che si sta costruendo uno Stato democratico, ma che
invece l'essenza dello Stato democratico consista nella misura maggiore o minore del contenuto che sar dato a
questo concreto principio sociale. Naturalmente i primi articoli della Costituzione non possono essere delle
norme concrete di pratica applicazione, ma delle direttive indicate al legislatore come un solco in cui egli debba
camminare, come affermazione della finalit cui la democrazia tende e cio verso l'eguaglianza sociale.
PRESIDENTE domanda all'onorevole Lucifero se mantiene la sua opposizione al 1 comma dell'articolo.
LUCIFERO pur essendo perfettamente d'accordo nel concetto espresso dagli onorevoli Togliatti e Basso,
afferma che tale concetto non gli sembra adeguatamente espresso nella formulazione proposta. Ritiene che in
ci stia anche la ragione della perplessit manifestata dal collega Mastrojanni.
MANCINI si dichiara d'accordo con gli onorevoli Togliatti e Basso e in disaccordo con l'onorevole Lucifero.
Afferma che il concetto non solo chiaro, ma anzi espresso magnificamente dalla parola trattamento .
Per, per completare il concetto, propone dopo la parola sociale di aggiungere e politico per evitare il
caso di avere un trattamento politico diverso da quello sociale.
DOSSETTI osserva che per quanto riguarda la collocazione, c' una ragione per mantenere l'articolo 2
strettamente connesso con l'articolo 1. Nell'articolo 1 infatti si determinano i fini, mentre nell'articolo 2 si
stabiliscono le modalit, che sono duplici in relazione all'autonomia della persona ed alla solidariet sociale.
Circa poi la proposta dell'onorevole Cevolotto per una migliore formulazione ed una differente collocazione,
potrebbe essere anche d'accordo, ma fa osservare che in tutte le Costituzioni una cosa la dichiarazione
programmatica dell'eguaglianza dei cittadini ed un'altra la realizzazione di questa eguaglianza in varie forme,
una delle quali potrebbe essere l'eguaglianza nella politica a cui si richiamava l'onorevole Cevolotto.
Rivedendo l'articolo 2, nota che nella esclusione delle eventuali discriminanti, se ne dimenticata una e cio la
nazionalit. Propone, quindi, dopo la parola razza di aggiungere le altre di nazionalit . Fa presente che
anche il relatore, onorevole Basso, conviene in questa proposta.
MASTROJANNI, malgrado i chiarimenti forniti dal relatore Basso, sempre dell'avviso che l'ultima parte del 1
comma debba essere soppressa. In questa parte si afferma un principio verso il quale lo Stato rimane
impegnato solennemente e per la cui applicazione e realizzazione deve occuparsi. Si domanda perci in qual
modo il legislatore potr raggiungere questa finalit. Ritiene che non si possa affrontare una questione di cos
vasta importanza e portata, fin quando non si conoscano i metodi attraverso i quali si intende raggiungere lo
scopo che l'articolo si prefigge. Insiste pertanto per la soppressione dell'ultima parte del 1 comma inquantoch
lo Stato per il raggiungimento di quei fini, potrebbe sperimentare metodi contrastanti con le ideologie che egli
professa.

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CEVOLOTTO propone di sostituire all'espressione a prescindere , la parola indipendentemente che gli


sembra pi adatta.
Circa l'aggiunta della parola nazionalit , proposta dall'onorevole Dossetti, ritiene che sia necessaria una
matura ponderazione. Non vero che gli uomini rispetto ad un determinato Stato siano tutti eguali anche se
sono di nazionalit differente, in quanto la nazionalit per lo Stato pu essere ragione di discriminazione.
naturale che tutti gli uomini di cittadinanza italiana sono uguali di fronte allo Stato italiano, ma non pu
ammettersi a priori che la stessa condizione si verifichi in pieno per i cittadini di altra nazionalit. Accogliendo la
proposta dell'onorevole Dossetti, bisognerebbe anche accettare quanto stato proposto dall'onorevole Lucifero,
di sostituire cio alle parole gli uomini le altre i cittadini .
DOSSETTI osserva che se si distingue tra nazionalit e cittadinanza nessun dubbio ha pi ragion d'essere.
PRESIDENTE fa rilevare che la nazionalit presuppone sempre la cittadinanza.
CEVOLOTTO ribadisce che conservando le parole gli uomini ed aggiungendo la parola nazionalit il
significato rimane sempre ambiguo. Se invece alla parola gli uomini si sostituiscono le altre i cittadini
allora pu essere d'accordo nell'aggiungere la discriminazione relativa alla nazionalit.
CARISTIA esprime l'opinione che la espressione ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale si presti a
dubbi ed equivoci. La prima parte del comma tecnicamente e giuridicamente precisa, ma ognuno si
domander che cosa significhi assicurare ai cittadini il diritto ad un eguale trattamento sociale. Si da pi parti
affermato che questo trattamento sociale una aspirazione, una tendenza in base a cui lo Stato dovrebbe
soddisfare le esigenze che ormai si impongono, e cio quelle di far s che tutti i cittadini tendano ad una migliore
condizione sociale. Questo, per, non giustifica, a suo avviso, una affermazione di tal genere. Del resto non
comprende come mai lo Stato potrebbe assumere il compito di assicurare a tutti i cittadini non solo il diritto di
eguaglianza di fronte alla legge ma anche il diritto ad un eguale trattamento sociale, nello stesso modo e con le
stesse garanzie con cui assicura l'eguaglianza giuridica. Oltre il fatto che l'espressione trattamento sociale
molto elastica e difficile a definire, dichiara di non potersi assumere la responsabilit di votare un articolo che
contenga una simile espressione. Si tratta infatti di due cose assolutamente diverse: nella prima parte del primo
comma dell'articolo si assicura un diritto di eguaglianza giuridica, che va garantito e sar certamente attuato;
nella seconda parte si tratta di una aspirazione degna del massimo rispetto, ma che per espressa in un modo
e con una forma che si presta ad infiniti equivoci.
PRESIDENTE ritiene che, dopo l'esauriente discussione avvenuta, si possa procedere alla votazione.
Domanda innanzi tutto all'onorevole Caristia se condivida l'opinione dell'onorevole Mastrojanni, ovvero creda
suggerire una migliore e pi adatta formulazione.
CARISTIA dichiara che non facile trovare un'altra formulazione. Ad ogni modo si tratterebbe, da un punto di
vista giuridico, di un diritto privo di qualsiasi garanzia.
MASTROJANNI, in via del tutto subordinata, propone di sostituire alla parola trattamento l'altra
riconoscimento .
MORO ritiene che, in questa materia, voler definire il senso rigorosamente giuridico, non sia una cosa attuabile
senza rinunziare ad una dichiarazione di affermazione della tendenza progressiva che deve avere la democrazia
italiana nell'attuale momento. Parlando del diritto ad un eguale trattamento sociale, s'intende mettere in luce il
carattere dinamico che deve avere lo Stato democratico. Ci espresso nella seconda parte dell'articolo, in cui
si afferma che compito dello Stato e della societ, di eliminare gli ostacoli che impediscono il raggiungimento
della piena dignit della persona umana e del suo completo sviluppo.
CARISTIA ritiene che allora il secondo comma dovrebbe essere cos formulato: lo Stato deve tendere alla
attuazione della eliminazione degli ostacoli di ordine economico-sociale, ecc. .
PRESIDENTE di avviso che se si aggiungesse nel secondo comma dopo le parole: compito la parola
perci si verrebbe meglio ad esplicare, nel campo della pratica attuazione, il principio affermato nel primo

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comma e non avrebbero pi ragion d'essere le preoccupazioni dell'onorevole Caristia e di quanti non ritengono
troppo esatta la dizione del primo comma stesso.
MORO mette in evidenza che attualmente si in una fase fluida dei rapporti sociali per cui, pur sperando che si
possa arrivare al pi presto ad un loro concretamento, per il momento necessario limitarsi ad affermare lo
spirito che deve animare la Costituzione. Per questo motivo non pu accogliere la proposta formulata
dall'onorevole Mancini di aggiungere la parola e politico , dopo la parola sociale in quanto il diritto ad un
eguale trattamento politico rientra nella eguaglianza di fronte alla legge.
Circa l'aggiunta delle parole di nazionalit , dopo le parole di razza , gli sembra che anche lasciando
l'espressione gli uomini si potrebbe egualmente accettare la discriminante della nazionalit, perch anche
nel diritto privato riconosciuta una eguaglianza di trattamento anche per gli stranieri che sono nello Stato
italiano. Ritiene infatti che sia bene affermare nella Costituzione una eguaglianza di trattamento, almeno in sede
di diritto privato, a coloro che sono di altra nazionalit.
CEVOLOTTO rileva che in fondo i relatori non hanno ancora risposto a quello che era il dubbio esposto
dall'onorevole Caristia, e cio quale sia il significato della espressione hanno diritto ad uguale trattamento
sociale . Pur essendo pienamente favorevole al concetto che si intende esprimere, e pur non nascondendosi la
difficolt di trovare un termine perfettamente appropriato, ritiene che l'espressione adoperata non sia molto
chiara e felice: gli ricorda troppo l'offerta di cibi e bevande che un tempo si faceva all'ospite.
MANCINI, rispondendo all'onorevole Moro, fa rilevare che l'eguaglianza di cui si parla nella prima parte del
comma in discussione giuridica e non politica. Pertanto gli uomini devono avere diritto non solo ad un eguale
trattamento sociale ma anche politico. Afferma di nuovo l'esattezza della parola trattamento tanto vero che
coloro che sono contrari ad essa non sono riusciti a sostituirla con nessun'altra che abbia il medesimo valore.
CARISTIA dichiara che non ha nulla in contrario all'affermazione della tendenza della Repubblica ad assicurare
ai cittadini un eguale trattamento sociale, ma non si sente di assumere la responsabilit di votare una
espressione come quella che stata formulata.
PRESIDENTE riassume i vari emendamenti proposti per il primo comma dell'articolo 2.
L'onorevole Lucifero propone di sostituire le parole gli uomini con le altre i cittadini .
Mette ai voti tale emendamento.
(Non approvato.)
L'onorevole Cevolotto aveva proposto di sostituire alle parole a prescindere l'altra indipendentemente .
CEVOLOTTO dichiara di non insistere, trattandosi di un emendamento di forma.
PRESIDENTE pone ai voti l'emendamento dell'onorevole Dossetti diretto ad aggiungere le parole di
nazionalit a quelle di razza .
( approvato).
Vi infine la proposta di sopprimere le parole ed hanno diritto ad eguale trattamento sociale .
CEVOLOTTO conferma di essere favorevole al concetto, ma contrario alla forma. Ritiene che se si coordina la
prima parte con la seconda si potrebbe anche sopprimere l'inciso, in quanto la seconda parte non fa che
riprodurre la prima in termini pi esatti. Si asterr pertanto dal voto.
LUCIFERO d'accordo sul concetto, che del resto riaffiorer in tutte le varie disposizioni della Costituzione, ma
ritiene che in questa sede l'espressione manchi della necessaria chiarezza. Voter perci per la soppressione.
PRESIDENTE pone ai voti la soppressione dell'inciso.

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(Non approvata).
Ricorda infine che l'onorevole Mancini aveva proposto di aggiungere alla fine del comma le parole e politico .
MORO ritiene che aggiungendo all'inizio del secondo comma un perci sarebbe pi evidente il preciso
riferimento alla prima parte dell'articolo, mentre aggiungendo le parole e politico si verrebbero a confondere
le idee.
MASTROJANNI ricorda che aveva proposto di sostituire alla parola trattamento la parola riconoscimento .
Desidererebbe sapere dall'onorevole Mancini, se nell'ipotesi che venisse accolta la sua subordinata, egli
insisterebbe ancora nell'aggiungere la parola politico .
MANCINI insiste nella sua proposta.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta Mancini di aggiungere dopo la parola sociale la parola politico .
(Non approvata).
Avverte che la prima parte dell'articolo 2, dopo gli emendamenti approvati, rimane cos formulata:
Gli uomini, a prescindere dalla diversit di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalit, di classe, di opinione
politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge ed hanno diritto ad uguale trattamento sociale.
D lettura della seconda parte dell'articolo, nella formula proposta dai relatori:
compito della societ e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando la libert
e l'uguaglianza di fatto degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignit della persona umana e il
completo sviluppo fisico, economico e spirituale di essa .
DE VITA rileva che, nel comma dell'articolo 2 si parla dell'eguaglianza di diritto di fronte alla legge, e nel primo
capoverso dello stesso articolo si parla di ostacoli di indole economica e sociale, che dovrebbero essere
eliminati perch limitano la libert e l'uguaglianza di fatto degli individui. Al posto delle parole ...di fatto si
dovrebbe dire ...di diritto , perch cos si viene ad affermare l'eguaglianza giuridica dei cittadini.
TOGLIATTI fa presente che proprio il termine di fatto che d una nuova impronta alla legge.
BASSO, Relatore, osserva che dopo aver fatto una solenne affermazione dei princip di libert e di eguaglianza,
nella concreta realt sociale, questi princip possono trovare poi ostacoli di ordine economico e sociale che
impediscano il raggiungimento dell'affermata eguaglianza. Pertanto tutta l'opera della legislazione italiana deve
tendere ad eliminare questi ostacoli.
DE VITA pensa che gli ostacoli di ordine economico e sociale limitano la libert e l'eguaglianza di diritto che
affermata nel 1 comma.
TOGLIATTI propone che il termine di fatto venga posto dopo il gerundio limitando . In questo modo anche
il collega De Vita sarebbe soddisfatto.
MANCINI, premesso che quando si parla della persona umana e del suo completo sviluppo fisico, economico e
spirituale, non si deve trascurare la parte culturale, propone di aggiungere dopo la parola economico anche
l'altra culturale .
BASSO, Relatore, obietta che la parola spirituale comprende anche la parte culturale.

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MASTROJANNI propone di aggiungere prima dello parola eliminare le altre contribuire a , in quanto il
compito di eliminare gli ostacoli, oltre che dello Stato e della societ potrebbe essere anche dell'individuo.
LUCIFERO fa presente alla Commissione che, pure essendo tutti d'accordo sul concetto generale, con la
proposta formulazione pu sorgere il dubbio che si venga a dare allo Stato dei poteri illimitati. Pertanto ritiene
che si potrebbe affermare questi concetti nei vari articoli della Costituzione, ma non adottare una formulazione
che domani potrebbe fornire un appiglio per qualunque arbitrio. Propone quindi di sopprimere il proposto
capoverso.
PRESIDENTE mette ai voti la soppressione proposta dall'onorevole Lucifero.
(Non approvata).
Ricorda che vi una sua proposta di aggiungere dopo la parola compito , la parola perci . La mette in
votazione.
( approvata).
Segue la proposta dell'onorevole Mastrojanni di premettere alla parola eliminare le altre contribuire a . La
mette in votazione.
(Non approvata).
Dopo la parola limitando vi l'osservazione del collega De Vita, che ha dato luogo alla proposta concreta del
collega Togliatti nel senso che le parole di fatto che stavano dopo le altre la libert e l'eguaglianza , siano
spostate e poste dopo il gerundio limitando . La pone in votazione.
( approvata).
Vi infine la proposta del collega Mancini di aggiungere culturale , dopo la parola economico . La mette in
votazione.
( approvata).
Fa presente che l'articolo potrebbe ora essere messo in votazione nel suo complesso con le modifiche test
approvate.
LOMBARDI GIOVANNI, confermando la dichiarazione gi fatta, e cio che a suo avviso questo articolo
antistorico e antisociologico, dichiara che si asterr dalla votazione.
LUCIFERO, pur essendo d'accordo nella sostanza, come ha gi dichiarato, ritiene
questo articolo insidioso per la libert e quindi dar voto contrario.
MASTROJANNI, associandosi all'onorevole Lucifero, dichiara che egli pure voter contro.
PRESIDENTE mette in votazione l'intero articolo, cos formulato:
Gli uomini, a prescindere dalla diversit di attitudini, di sesso, di razza, di nazionalit, di classe, di opinione
politica e di religione, sono uguali di fronte alla legge e hanno diritto a uguale trattamento sociale.
compito perci della societ e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando di
fatto la libert e l'uguaglianza degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignit della persona
umana e il completo sviluppo fisico, economico, culturale e spirituale di essa .
( approvato).

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Ai termine della discussione si compiace con la Commissione per l'unanimit con la quale, essa ha partecipato a
tutte le riunioni: diciotto membri presenti su diciotto, nessuno assente. Questo un elemento che va tenuto nel
dovuto conto, come segno di seriet della Commissione. Si compiace anche dello sforzo che tutti hanno fatto
per arrivare alla formulazione ed all'approvazione di questi due articoli, che rappresentano veramente un
contributo assai notevole alla dichiarazione dei diritti fondamentali della persona umana.
Rinvia il seguito dei lavori a domani alle ore 10, pregando gli onorevoli La Pira e Basso di accordarsi sulla
formulazione degli articoli in ordine alle altre questioni che formano oggetto delle loro relazioni.

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE
(SECONDA SEZIONE)
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CONTI
PRESIDENTE ricorda che la Sezione aveva stabilito di procedere ad un esame degli articoli proposti, al fine
anche di precisare quale di essi si ritenesse opportuno rinviare ad altre Sottocommissioni per la loro migliore
collocazione nella Costituzione.
LEONE GIOVANNI, Relatore, propone di iniziare l'esame degli articoli 18, 24, 26, 23 e 25 della relazione
Patricolo, perch ritiene che potrebbero essere rinviati ad altra Sottocommissione.
PRESIDENTE d lettura dell'articolo 18:
Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla giustizia .
LEONE GIOVANNI, Relatore, fa rilevare che questo articolo corrisponde all'articolo 16 del suo progetto:
Nessun divieto o limite pu essere posto all'esercizio del diritto di agire in sede giudiziaria .
BOZZI obietta che questo articolo non tratta precisamente della stessa cosa, per quanto sia connesso con
l'ultimo comma dell'articolo 15 del progetto Calamandrci: Nessuna autorizzazione necessaria per agire in via
civile o in via penale contro i pubblici funzionari per responsabilit assunte nell'esercizio delle loro funzioni . A
suo avviso, l'articolo 16 dell'onorevole Leone potrebbe essere aggiunto come secondo comma dell'articolo 18 in
discussione.
Afferma che tutte le restrizioni attualmente vigenti devono cadere, come quella, ad esempio, che vieta di
procedere nei confronti degli agenti di pubblica sicurezza - secondo il Codice penale - senza una speciale
autorizzazione dell'autorit.
LEONE GIOVANNI, Relatore, pensa che il concetto ispiratore dell'articolo in discussione e del corrispondente
articolo dell'onorevole Calamandrei non sia precisamente quello al quale informato il suo articolo 16. Egli era
preoccupato dal timore che in sede processuale si potesse eludere questa eguaglianza di carattere sostanziale,
stabilendo nella legge processuale dei limiti all'esercizio di determinate azioni.
L'onorevole Bozzi indicava un altro concetto, pure apprezzabile: quello di impedire che vengano poste dello
condizioni alla procedibilit, nei riguardi di certe categorie di persone, come appunto il caso degli appartenenti
alla pubblica sicurezza, in quanto oggi lo Stato pu impedire che la giustizia abbia il suo corso nei confronti di
determinale persone.
Propone di fondere i due concetti nello stesso articolo, formandone due commi distinti.
L'articolo cos formulato dovrebbe trovar posto nella prima parte della Costituzione, dove si statuisce sui diritti
del cittadino. Nella parte invece che definisce il potere giudiziario occorre limitare le disposizioni a quanto

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concerne il complesso delle funzioni con le quali tale potere si esercita. Infatti nella sua relazione vi un
paragrafo in cui si fissano le garanzie giurisdizionali per il cittadino.
CALAMANDREI, Relatore, favorevole alla inserzione, fra i diritti del cittadino, di una norma corrispondente
all'articolo 18 del progetto Patricolo, quantunque ritenga che questa norma sia gi compresa in quella votata
dalla prima Sottocommissione e che afferma che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e quindi a
fortiori, di fronte alla giustizia, attraverso la quale la legge si applica.
Nulla in contrario, quindi, a che si menzioni questa eguaglianza anche nei confronti dei giudici; ma tiene a far
rilevare quale sia la portata pratica di questo principio: se si vuol dire che sono vietate le giurisdizioni speciali o
straordinarie, v', a questo proposito, la norma nella parte che si riferisce all'ordinamento giudiziario. Quanto ai
rapporti tra potere giudiziario e potere amministrativo, la relativa norma dovrebbe essere collocata dopo quelle
che si riferiscono alla formulazione generale attinente al potere giudiziario. Ma vi sono giurisdizioni che non
rientrano in quelle ricordate, e questo il caso delle giurisdizioni ecclesiastiche. In materia matrimoniale il fatto
che certi cittadini, per chiedere l'annullamento del matrimonio, debbano adire non i Tribunali dello Stato, ma
quelli della Chiesa, ed altri possano invece adire i Tribunali dello Stato, costituisce una norma che va contro il
principio della eguaglianza dei cittadini di fronte alla giustizia, in quanto pone due giustizie, quella ecclesiastica e
quella civile, aperte ai cittadini.
Pur dichiarandosi favorevole a tale principio, invita i colleghi a ben ponderare la portata di questi articoli.
TARGETTI ritiene opportuno, prima di iniziare la discussione di merito sui problemi indicati, che la Sezione si
metta d'accordo su un principio generale, cio sulla necessit che la Costituzione comprenda anche in questa
parte un numero di articoli molto minore di quelli presentati, limitandosi a quello che strettamente attinente
all'esercizio della finizione giurisdizionale. I progetti in discussione, invece, contengono molte norme che
troveranno la loro pi corretta collocazione, o nel Codice penale, o nella legge sull'ordinamento giudiziario.
PRESIDENTE fa rilevare che appunto questa discriminazione il fine da raggiungere con la delibazione dogli
articoli presentati.
BOZZI trova esatto quanto dice l'onorevole Targetti; le norme della Costituzione riguardanti il potere giudiziario
debbono essere limitate; ma la discussione ha lo scopo di giungere ad una discriminazione fra quello che va
inserito nella parte generale e quello che deve trovar posto nelle disposizioni che la Sezione chiamata a
preparare. Ma anche degli articoli che si intende rinviare al Comitato di redazione opportuno procedere ad una
formulazione concreta.
TARGETTI osserva che, per giungere ad una formulazione concreta, occorre discutere sul merito, mentre la
discussione dovrebbe essere riservata soltanto a quegli articoli che riflettono la materia assegnata alla Sezione.
PRESIDENTE conviene con l'onorevole Targetti, ma fa osservare che, per guadagnare tempo, opportuno
considerare il contenuto degli articoli per poterne definire la relativa collocazione.
LEONE GIOVANNI, Relatore, fa rilevare che l'onorevole Targetti ha sollevato due questioni: una di impostazione
generale delle norme sul potere giudiziario, delle quali vorrebbe ridurre il numero, e l'altra su quelle norme che
dovrebbero essere di pertinenza di altre Sottocommissioni. Poich si ha notizia di norme elaborate e approvate
da altre Sottocommissioni, di queste inutile ripetere l'esame; ma ove se ne manifesti un profilo nuovo,
doveroso segnalarlo a quelle Sotlocommissioni.
Alcuni degli articoli dei progetti riferentisi al potere giudiziario potranno cadere, ma non va dimenticato che a
questo tema va data la maggiore estensione, perch la Magistratura ne aspetta una formulazione completa. Se,
in definitiva, si elaborer una Costituzione alquanto diffusa, non sar un male, perch fissare un principio
lasciandone alla legge la disciplina, data la rigidit della Costituzione, pu diventare inutile, in quanto sar facile,
con la legge, eluderlo. Quindi preferirebbe che, norma per norma, fosse stabilito quali saranno lasciate fuori
della Costituzione e rinviate alla legge sull'ordinamento giudiziario.
CALAMANDREI, Relatore, riterrebbe opportuno cominciare l'esame degli articoli senza indugiarsi in una
discussione sui criteri da seguire.

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TARGETTI aggiunge che il dissenso pu nascere sulla sorte che si vuol riservare a questi articoli; di questo la
Sezione non dovrebbe occuparsi, perch il fatto di rinviarli ad una Sottocommissione non implica un giudizio
sulla materia.
UBERTI, per evitare che questa discussione si prolunghi, propone che, di tutti gli articoli proposti, si esaminino
quelli che riguardano l'organizzazione del potere giudiziario, e si trascurino gli altri che trattano materie non
sottoposte all'esame della Sezione.
RAVAGNAN si associa a quanto hanno detto il Presidente e il Relatore. Fa presente che forse la Costituzione,
nella sua parte riguardante il potere giudiziario, condurr alla riforma dei codici, e allora occorrer preoccuparsi
che il futuro legislatore trovi delle indicazioni precise sulla via da seguire.
MANNIRONI ritiene che molte delle norme fissate negli articoli progettati troverebbero il loro posto pi adatto nei
codici.
BOZZI, per riunire in un'unica disposizione i due princip, che tutti i cittadini sono eguali dinanzi alla legge, e che
i cittadini, per far valere i loro diritti, non hanno bisogno di eventuali autorizzazioni, propone di formulare con gli
articoli 16 della relazione Leone, 18 della relazione Patricolo e ultimo comma dell'articolo 15 della relazione
Calamandrei, un solo articolo cos concepito:
Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e possono far valere i loro diritti o interessi innanzi ai Tribunali
senza limitazioni o speciali autorizzazioni .
LEONE GIOVANNI, Relatore, accetta l'emendamento proposto dall'onorevole Bozzi.
Poich nell'articolo dell'onorevole Calamandrei si afferma un principio che risponde ad una esigenza di carattere
morale ed anche economico nei rapporti tra cittadino e giustizia, crede che lo si potrebbe riportare nell'articolo in
discussione.
CALAMANDREI, Relatore, favorevole all'emendamento proposto dall'onorevole Bozzi. Quanto alla proposta
relativa all'articolo 15 del suo progetto fatta dall'onorevole Leone, preferirebbe che se ne discutesse al momento
opportuno, perch ha dei riferimenti alla tutela giudiziaria e al potere amministrativo.
TARGETTI contrario all'emendamento Bozzi, perch pensa che l dove si tratta del potere giudiziario non
dovrebbero essere fissate norme ad esso estranee.
BOZZI fa osservare che l'articolo da lui proposto dovr essere rinviato ad altra Sottocommissione.
TARGETTI si dichiara contrario anche a questo.
CASTIGLIA, Relatore, favorevole all'emendamento proposto.
LEONE GIOVANNI, Relatore, propone che si voti l'articolo proposto e lo si trasmetta poi alla Presidenza, che
dovr decidere a quale Sottocommissione dovr essere rinviato.
TARGETTI si chiede come si possa approvare una norma che dovrebbe essere poi trasmessa ad altra
Sottocommissione affinch la introduca nella Costituzione.
PRESIDENTE ricorda all'onorevole Targetti che la Sezione una Commissione di studio.
Pone ai voti l'emendamento proposto dall'onorevole Bozzi.
UBERTI dichiara che voter contro, perch non ritiene che riguardi materia costituzionale.
( approvato).

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Apre la discussione sui primi due commi dell'articolo 15 della relazione Calamandrei:
Divieto di limitazioni della tutela giurisdizionale .
La tutela giurisdizionale, accordata in via generale dalla legge per tutti gli atti della pubblica amministrazione,
non pu neanche per legge essere soppressa o limitata per determinate categorie di atti.
Nelle controversie di diritto tributario abolita la limitazione per la quale gli atti di opposizione dei contribuenti
non sono ammissibili in giudizio, se non preceduti dal pagamento del tributo .
BOZZI ritiene che il primo comma potrebbe essere aggiunto all'articolo, precedentemente approvato,
sull'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
CALAMANDREI, Relatore, accetta questa proposta.
PRESIDENTE pone in votazione la proposta dell'onorevole Bozzi.
( approvata).
DI GIOVANNI ritiene che il secondo comma debba essere aggiunto all'articolo 11 della relazione Calamandrei,
gi approvato, riguardante la gratuit della giustizia.
LEONE GIOVANNI, Relatore, pensa che anche il secondo comma dovrebbe essere aggiunto all'articolo
riguardante l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, in quanto applicazione dello stesso principio. In tal
modo si avrebbe un articolo completo, che nella prima parte affermerebbe l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla
legge; nella seconda il divieto di limitazione della tutela giurisdizionale e nella terza il principio che nelle
controversie in materia tributaria non ammesso vincolo alcuno per gli atti di opposizione del contribuente.
Dichiara di essere favorevole al principio espresso nel comma in discussione, ritenendo che l'imposizione da
parte dello Stato del principio del solve et repete rappresenta una
ingiustizia, in quanto molto spesso i cittadini sono costretti a rinunciare al ricorso per l'impossibilit di pagare
determinati tributi.
DI GIOVANNI si associa alla proposta Leone, rinunciando alla propria.
PRESIDENTE pone in votazione la proposta dell'onorevole Leone di aggiungere il secondo comma in esame al
primo articolo, approvato e rinviato al Comitato di redazione.
( approvata).
TERZA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GHIDINI
PRESIDENTE avverte che si riprende la discussione sul dovere sociale del lavoro e diritto al lavoro.
COLITTO, Relatore, rileva che altro il diritto che ogni cittadino ha di lavorare senza che gli si frappongano
limitazioni o riducendosi queste all'indispensabile, altro il diritto del cittadino al lavoro. Nel primo caso il lavoro
gi trovato dai cittadini e solo si discute delle condizioni della sua esplicazione, mentre nel secondo il cittadino
va alla ricerca di un lavoro che non trova e che, pur ammettendosi il suo diritto, dovrebbe trovare. Ora, poich
assurdo parlare in una Costituzione, che un documento soprattutto di carattere giuridico, del diritto del
cittadino, senza che si possa insieme parlare di un corrispondente dovere dello Stato a garantirne la
soddisfazione, pensa che le formule proposte non siano da approvarsi, in entrambe proclamandosi il diritto al
lavoro del cittadino senza che insieme si proclami il corrispondente dovere dello Stato di assicurarlo. Costituisce

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per lui una vera irrisione all'enorme massa dei disoccupata che non diminuisce, ma putroppo aumenta, di
inserire nella Carta costituzionale che lo Stato ha il dovere di trovare lavoro ai disoccupati quando certo che,
per tradurre tale dovere in pratica, sono necessari provvidenze e istituzioni estremamente complesse e
soprattutto possibilit finanziarie che non l'Italia soltanto, ma la pi parte degli Stati, ben lungi dal possedere.
CANEVARI si dichiara, in linea di massima, d'accordo con la formula proposta ieri del Presidente, che
preciserebbe nel seguente modo:
Il lavoro un dovere e un diritto da parte di ogni cittadino, conforme alla propria scelta e alla propria idoneit.
Aggiungerebbe poi :
compito dello Stato, con le sue leggi, facilitare (il collocamento del lavoro, disciplinarne le forme, i limiti e le
condizioni affinch esso sia realizzato nel modo pi soddisfacente e pi vantaggioso per il singolo e per la
collettivit .
TOGNI adotterebbe una formula pi semplice e chiara.
TAVIANI non accetta la tesi sostenuta dall'onorevole Colitto e si domanda perch se questi si preoccupa di non
dichiarare il diritto al lavoro, in quanto ne deriverebbe un dovere per lo Stato di dare a tutti il lavoro, non si
preoccupa viceversa di dichiarare il dovere al lavoro per il quale, ragionando allo stesso modo, lo Stato potrebbe
obbligare tutti a lavorare.
Rileva che un'affermazione di principio vincola la Stato a una determinata politica, ma non a rispondere caso per
caso, sicch necessario trovare una formula la quale parli appunto di questo indirizzo che deve avere lo Stato
nella sua politica economica. A questo proposito si dichiara favorevole alla formula prospettata ieri dall'onorevole
Noce o ad altre simile che dicessero che primo fine della politica economica dello Stato deve essere il pieno
impiego, cio non garantire a tutti il dirito al lavoro , ma piuttosto creare condizioni tali perch possa
esplicarsi il diritto al lavoro .
DI VITTORIO concorda con le affermazioni dell'onorevole Taviani, aggiungendo tuttavia che sarebbe preferibile
precisare maggiormente l'enunciazione del diritto al lavoro. Una Costituzione non una legge che serve a
soddisfare soltanto esigenze immediate, ma segna invece una tappa che si proietta nell'avvenire e indica una
prospettiva politica e storica.
Bisogna, pertanto, affermare il diritto al lavoro : ci significa che lo Stato deve seguire un indirizzo politicosociale tale da assicurarne l'esercizio, quando le condizioni economico-sociali lo consentiranno.
Si limiterebbe, quindi, a fare la seguente affermazione pura e semplice : Lo Stato riconosce il diritto al lavoro
per tutti i cittadini italiani. Si potrebbe poi aggiungere: La legislazione deve tendere a realizzare condizioni tali
da poter assicurare concretamente questo diritto .
FANFANI in base ai rilievi fatti ieri sera e a quelli fatti nella riunione odierna, pensa di poter proporre una nuova
formula cos concepita: Ogni cittadino ha il dovere e il diritto di dedicare la sua opera manuale o intellettuale,
ad un'attivit produttiva conforme alle sue attitudini e nei limiti delle sue possibilit. La Repubblica riconosce al
cittadino il diritto ad una occupazione continua e proficua o almeno ad un'assistenza che la surroghi e con
norme apposite ne predisporr il godimento, incoraggiando e coordinando l'attivit ecnomica promossa dai
privati, svolgendo una politica di pieno impiego, stipulando accordi internazionali per l'emigrazione e
determinando le modalit dell'indennizzo ai disoccupati involontari .
DI VITTORIO dichiara di essere contrario a questa formula ritenendola eccessivamente lunga. Fa presente che
la Commissione deve fissare i principi generali e non sostituirsi al legislatore.
TOGNI dopo aver constatato che si di massima d'accordo che lo Stato deve riconoscere il linea di principio il
diritto al lavoro, cos come si d'accordo nel riconoscere che per realizzare questo diritto lo Stato deve fare
quanto possibile, propone di aggiungere alla formula proposta dal Presidente : Lo Stato, riconoscendo il

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diritto al lavoro da parte dei cittadini, interviene affinch l'ordinamento giuridico e le condizioni sociali ed
economiche ne assicurino la possibile realizzazione .
GIUA adotterebbe la seguente enunciazione sintetica : La Repubblica afferma il diritto al lavoro per ogni
cittadino ed all'uopo ne assicura l'attuazione pratica.
MARINARO presenta il seguente ordine del giorno :
La terza Sottocommissione, dopo l'ampia discussione svoltasi, ritiene che le disposizioni da includere nella
Costituzione debbano conciliare le giuste esigenze delle classi lavoratrici con la situazione economica generale
del Paese ed i compiti essenziali di uno Stato democratico.
E pertanto, fondendo e precisando gli articoli formulati dai vari oratori, delibera di predisporre la seguente
unica disposizione :
Il lavoro un diritto e nello stesso tempo un dovere di ogni cittadino, che li esercita in conformit della propria
idoneit e della propria scelta.
Lo Stato creer, con tutti i mezzi a sua disposizione, le pi vaste possibilit di lavoro e ne tuteler i rapporti in
modo da assicurare il maggior vantaggio ai singoli cittadini e alla collettivit .
DI VITTORIO contrario alla formula proposta che, nella sua genericit, non segnerebbe un progresso nel
campo sociale.
Ribadisce il concetto che la Costituzione, prendendo la situazione attuale come punto di partenza, deve
sforzarsi di indicare una prospettiva storica, e quindi deve tener aperta la via al progresso legislativo. Il valore
dell'affermazione risiede nel fatto che lo Stato e la societ nazionale italiana devono essere organizzati in modo
tale da determinare concretamente le condizioni che assicurino il diritto al lavoro a tutti i cittadini.
In base a questo concetto cade la preoccupazione che lo Stato non possa, nel momento attuale, assicurare il
lavoro a tutti i cittadini.
TOGNI d'accordo con l'onorevole Di Vittorio che lo Stato debba proiettare la sua azione nel futuro; di fronte
alle difficolt pratiche che l'affermazione di un principio impegnativo determina, bisogna graduarne la
realizzazione.
DI VITTORIO nota che la formulazione da lui proposta moralmente impegnativa e demanda al potere
legislativo il compito di realizzarne le condizioni.
TAVIANI vorrebbe tener distinti i due problemi. Circa l'enunciazione di carattere generale relativa al diritto e al
dovere del lavoro la Sottocommissione, tranne l'onorevole Colitto, d'accordo. Si potrebbe, in proposito,
adottare la formula proposta nella precedente riunione dal Presidente.
Quanto al secondo punto la dizione proposta dall'onorevole Fanfani completa, ma forse troppo scientifica,
mentre l'altra dell'onorevole Togni, con le parole: ne assicurino la possibile realizzazione , viene, a suo
parere, a limitare troppo il concetto del diritto al lavoro. Si potrebbe, in conclusione, dire: Lo Stato provvede a
porre le condizioni economiche e sociali per assicurare a tutti i cittadini il lavoro, aggiungendo, se del caso:
oppure, ove questo non sia possibile, una assistenza che lo surroghi .
FANFANI fa presente che nella formula da lui proposta ha riprodotto le esigenze manifestatesi nella discussione
di ieri. , peraltro, convinto che nelle Costituzioni non si fanno solo affermazioni di principi generici. Una
Costituzione aderisce alla realt in quanto scende a qualche individuazione di cose fattibili.
DI VITTORIO accetterebbe la formulazione dell'onorevole Fanfani in un progetto di legge, ma non nella
Costituzione, per quanto ritenga anch'egli che la Costituzione non debba consistere in una serie di enunciazioni
generiche.

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TOGNI modificherebbe la sua proposta in questi termini : Lo Stato, riconoscendo il diritto al lavoro da parte dei
cittadini, provvede affinch l'ordinamento giuridico e le condizioni sociali ed economiche ne consentano la
realizzazione .
Sarebbe contrario ad unire la questione previdenziale a quella del lavoro, trattandosi di affermazioni in campi
diversi.
MOL osserva che lo Stato non provvede, ma provvedono i governi. Richiama la Sottocommissione alle
considerazioni svolte nella relazione Pesenti.
PARATORE rileva l'enorme importanza dell'argomento in discussione. Oggi lo Stato interviene in questo campo
attraverso l'assistenza. Si tratta ora di trasformare l'intervento dello Stato da assistenziale in intervento attivo.
Una volta messo avanti il principio di questo diritto, il problema consiste nel vedere se ci si debba limitare a
questa affermazione o se si debba fare un passo pi avanti.
Poich ritiene che fare un passo pi avanti sia pericoloso, propone la seguente formula :
La Repubblica riconosce il diritto al lavoro di tutti i cittadini. La politica economica e finanziaria dello Stato
tender a creare le condizioni che permettano d'assicurare tale ritto .
MERLIN ANGELINA propone la seguente dizione :
Lo Stato riconosce il diritto ed il dovere dei cittadini al lavoro ed tenuto a promuovere i piani economici che
assicurino il minimo necessario alla vita e, se non possibile, l'assistenza .
PRESIDENTE avverte che l'onorevole Togni ha cos modificato la formula proposta:
Lo Stato riconosce il diritto al lavoro da parte dei cittadini ed interviene affinch l'ordinamento giuridico e le
condizioni sociali ed economiche ne consentano la realizzazione .
TAVIANI associerebbe il diritto al lavoro al dovere.
Propone, intanto, che si passi alla votazione delle proposte fatte.
CANEVARI anch'egli d'avviso che si adotti una formula in cui si parli del dovere e del diritto al lavoro.
DI VITTORIO osserva che l'affermazione del lavoro quale dovere sociale ha un valore esclusivamente etico,
mentre l'affermazione del diritto al lavoro rappresenta una conquista delle masse lavoratrici ed un progresso
della legislazione. Se si vuole porre l'accento su questa ultima affermazione bisogna precisare che la
Repubblica riconosce il diritto al
lavoro a tutti i cittadini italiani. Se poi vi fossero degli scrupoli sulla applicabilit di tale norma, si potr aggiungere
che la legislazione tender a creare condizioni economiche e sociali tali che permettano di assicurare questo
diritto.
A suo parere, bisognerebbe limitarsi alla prima affermazione.
MOL si associa osservando che sarebbe scorretto, dal punto di vista giuridico, anticipare in un testo
costituzionale la materia propria della legislazione e tanto meno di parlare di politica economica e finanziaria.
DI VITTORIO rileva tuttavia che molte Costituzioni moderne si soffermano su tali particolarit.
MOL nota che si tratta evidentemente delle Costituzioni di quei paesi in cui gi esiste un'economia statizzata.
COLITTO insiste perch si accetti la formulazione da lui gi proposta e cio: Ogni cittadino ha il dovere di
dedicare la sua opera, manuale o intellettuale, ad una attivit produttiva da lui liberamente scelta conforme alle
sue attitudini e nei limiti delle sue possibilit .

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TAVIANI propone la seguente formula: Ogni cittadino ha il diritto e il dovere di lavorare conformemente alle
proprie possibilit ed alla propria scelta .
PRESIDENTE ritiene che quest'ultima formulazione dell'onorevole Taviani possa raccogliere l'unanimit dei
consensi.
Si potrebbe porre ai voti, salvo poi ad integrarla con una delle enunciazioni proposte.
COLITTO ritiene che si debba tener presente tutto l'articolo, per fissare una buona coordinazione fra le diverse
parti.
PRESIDENTE osserva che vi un nesso logico fra le varie parti dell'articolo : si vota cio una prima
affermazione sul riconoscimento del diritto e del dovere di lavorare; seguir una seconda affermazione sul
riconoscimento del diritto al lavoro; sar in seguito posta ai voti una terza parte sulla quale vi sono gi quattro
formulazioni, che saranno lette a suo tempo.
Pone ai voti la formula proposta dall'onorevole Taviani : Ogni cittadino ha il dovere e il diritto di lavorare
conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta .
( approvata all'unanimit).
Pone ora ai voti la seconda parte dell'articolo :
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini italiani il diritto al lavoro .
MARINARO ritiene superflua questa enunciazione.
TAVIANI non dello stesso avviso, in quanto una cosa il diritto di lavorare e altra cosa il diritto al lavoro.
COLITTO dichiara di votare, nonostante quanto ha detto, favorevolmente, perch, in sostanza, il concetto
espresso in modo generico nella parte messa in votazione (si afferma un diritto naturale), precisato sotto forma
di tendenza nella parte che si dovr votare in una delle formulazioni che saranno lette.
MARINARO dichiara di votare favorevolmente, pur ritenendo tuttavia superflua una tale affermazione.
(La formula approvata all'unanimit).
Per la terza parte sono stati presentati diversi testi di cui d successivamente lettura.
Marinaro: Lo Stato creer, con tutti i mezzi a sua disposizione, le pi vaste possibilit di lavoro e ne tuteler i
rapporti in modo da assicurare il maggior vantaggio ai singoli cittadini ed alla collettivit .
Togni: ... e provvede affinch l'ordinamento giuridico e le condizioni sociali ed economiche ne consentano la
realizzazione .
Paratore: La politica economica e finanziaria dello Stato tender a creare le condizioni che permettano di
assicurare tale didiritto .
Merlin: ... ed tenuta a promuovere l'attuazione di piani economici e finanziari che ne consentano l'esercizio.
TAVIANI invita l'onorevole Paratore a sostituire all'espressione politica economica e finanziaria la parola
Stato .
PARATORE si tratta di un concetto del tutto differente.

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FANFANI propone che alla formula gi approvata : La Repubblica riconosce a tutti i cittadini italiani il diritto al
lavoro siano aggiunte le parole : e predispone tutti i mezzi necessari al suo godimento .
GIUA chiede che sia posta in votazione la formula proposta dall'onorevole Fanfani, in quanto pi semplice e
ampia.
TAVIANI chiede che in luogo di dire: tutti i mezzi necessari si dica : i mezzi necessari .
FANFANI accetta l'emendamento proposto dall'onorevole Taviani.
PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell'onorevole Fanfani di aggiungere alla formula gi approvata : La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini italiani il diritto al lavoro le parole : e predispone i mezzi necessari al
suo godimento .
PARATORE dichiara di votare contro la formula Fanfani perch ritiene, in base a personale esperienza, che sia
equivoca e soverchiamente impegnativa.
COLITTO dichiara di astenersi per le stesse ragioni dette dall'onorevole Paratore. Egli avrebbe preferito l'ordine
del giorno Marinaro.
MOL dichiara di astenersi perch desidera una formulazione generica, senza determinazioni, in maniera che
sia lasciata la pi ampia facolt di emanare provvedimenti legislativi ai governi repubblicani legittimi che si
succederanno.
Votano s: Di Vittorio, Fanfani, Federici Maria, Ghidini, Giua, Marinaro, Merlin Angelina, Noce Teresa, Rapelli,
Taviani, Togni.
Vota no: Paratore.
Si astengono: Colitto, Mol.
(La formula approvata).
PRESIDENTE. L'articolo approvato risulta cos formulato :
Ogni cittadino ha il dovere e il diritto di lavorare conformemente alle proprie possibilit ed alla propria scelta.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini italiani il diritto al lavoro e predispone i mezzi necessari al suo
godimento .
TERZA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GHIDINI
GIUA, Relatore, legge gli articoli da lui proposti.
Art.
Tutti i cittadini italiani, senza distinzione di sesso, sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorsi, senza
alcuna restrizione, tranne quella della capacit.
L'esercizio dell'insegnamento universitario aperto a tutti i capaci indipendentemente da distinzioni di razza,
religione, credo politico e nazionalit. L'accesso agli impieghi privati aperto a tutti i cittadini italiani, senza
distinzione di sesso.

38

Art.
Il cittadino italiano in possesso del titolo necessario ha diritto di esercitare una professione nel territorio della
Repubblica. Tale diritto tutelato dallo Stato e disciplinato
Inizio pagina: 59
dalle leggi e dai regolamenti degli ordini professionali.
Lo stesso diritto compete ai cittadini di altri paesi che stabiliscano il trattamento di reciprocit.
Fa osservare che, data la carenza dell'insegnamento universitario, dipendente dal fatto che durante il periodo
fascista la quasi totalit delle cattedre universitarie stata coperta da giovani insegnanti venuti su in clima
fascista, occorre provvedere urgentemente. Gi in altra epoca il De Sanctis ed il Sella avevano aperto le nostre
Universit ad insegnanti stranieri; anche ora necessario ricorrere a questa possibilit, se si vuol rinnovare lo
spirito dell'insegnamento universitario.
evidente che per le scienze giuridiche difficilmente verranno insegnanti stranieri, ma per le altre scienze di
carattere internazionale, e specialmente per quelle sperimentali, ovvia la necessit che all'insegnamento siano
ammesse anche persone che non abbiano la nazionalit italiana.
COLITTO propone di sopprimere l'inciso senza alcuna restrizione, tranne quella della capacit .
MOL espone alcuni dubbi: questa specificazione circa le modalit per i concorsi non crede sia materia di
costituzione, ma di legge. Da un punto di vista tecnico, non la Costituzione che deve stabilire che gli uffici sono
assegnati per concorso; per dichiara di non fare alcuna proposta in merito.
Quanto alla seconda affermazione: la parificazione assoluta dei sessi in tutti gli uffici, osserva che vi sono uffici
in cui tale parificazione non possibile, ad esempio in quelli che riguardano le funzioni giudiziarie e militari.
FEDERICI MARIA non trova ammissibili queste discriminazioni.
MOL risponde che gi nel diritto romano, e poi dai Santi Padri era stato riconosciuto che la donna, in
determinati periodi della sua vita, non ha la piena capacit di lavoro.
PRESIDENTE direbbe idoneit invece di capacit .
MOL infine osserva che se non si pu evitare, per ragioni contingenti, che si debba ricorrere alla
partecipazione di stranieri ad un alto ufficio quale quello dell'insegnamento superiore, non si dovrebbe stabilire
come norma statutaria tale partecipazione. Potrebbe avvenire che in un futuro pi o meno prossimo la direzione
spirituale della Nazione italiana venisse affidata ad uomini che non sono italiani e che non hanno alcun
attaccamento alla storia e alle esigenze della Nazione. Ci sarebbe molto pericoloso, specialmente dal punto di
vista politico.
TOGNI in luogo del secondo articolo del Relatore propone di premettere al primo un'affermazione di principio
alla garanzia del libero esercizio professionale cos concepita: La Repubblica garantisce a tutti i cittadini il
libero esercizio della propria attivit professionale, nel rispetto della legge .
Al primo comma proposto dal relatore toglierebbe l'inciso senza alcuna restrizione, tranne quella della capacit
e sostituirebbe e in relazione alla propria idoneit .
Dove si parla dell'insegnamento universitario, anzich dire aperto direbbe pu essere aperto .
Non ritiene poi necessario l'ultimo punto, ma non fa alcuna proposta in merito. Il testo dell'articolo cos
modificato sarebbe il seguente:

39

La Repubblica garantisce a tutti i cittadini il libero esercizio della propria attivit professionale nel rispetto delle
leggi. Tutti i cittadini italiani, senza distinzione di sesso, sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorsi
ed in relazione alla propria idoneit. Per l'insegnamento universitario, ai concorsi possono essere ammessi
anche cittadini stranieri. L'accesso agli impieghi privati aperto a tutti i cittadini italiani, senza distinzione di
sesso .
GIUA, Relatore, dichiara di accettare la formulazione Togni.
COLITTO d'accordo con l'onorevole Mol che la donna non abbia la capacit di svolgere le funzioni giudiziarie,
ma fa rilevare che sostituire idoneit a capacit non chiarisce il concetto.
FEDERICI MARIA trova inammissibile l'affermazione dell'incapacit della donna a ricoprire funzioni giudiziarie;
quanto poi ad impieghi di carattere militare fa notare che si vanno sviluppando i cos detti servizi ausiliari,
compiuti da donne, e che, anche nella polizia, preveduto l'impiego delle donne.
MOL consente che le donne possano ben corrispondere nei corpi ausiliari dell'esercito; ma si tratta di un caso
che non permette generalizzazioni. Non intende affermare una inferiorit nella donna; per da studi specifici
sulla funzione intellettuale in rapporto alle necessit fisiologiche dell'uomo e della donna risultano certe diversit,
specialmente in determinati periodi della vita femminile.
FEDERICI MARIA ritiene che basterebbe sostituire a capacit idoneit
COLITTO, poich nella Costituzione non si pu fare della casistica, direbbe: L'accesso ai pubblici impieghi
libero ai cittadini, salvo le limitazioni stabilite dalla legge. Agli impieghi si accede mediante concorsi.
PRESIDENTE propone di modificare la proposta Togni, riferendo l'idoneit al sesso e precisamente: Tutti i
cittadini italiani sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorso, senza restrizione di sesso, tranne quella
della idoneit .
FEDERICI MARIA ricorda che anche nella discussione sul lavoro furono sollevate eccezioni per le donne.
TOGNI del parere che non si debba scendere a dettagli sulle limitazioni. Queste verranno fatte all'atto del
concorso in riferimento alle qualit fisiche che l'ufficio rchiede. Se gi si dice che sono ammessi senza limitazioni
di sesso, tranne quella della idoneit, l'idoneit pu riferirsi tanto alla persona che al sesso. Nella Costituzione
non possono essere posti dei limiti all'accesso di un sesso agli impieghi.
COLITTO, poich non possibile scendere a dettagli, insiste nel proporre il seguente articolo:
L'accesso ai pubblici impieghi libero ai cittadini, salvo le limitazioni stabilite dalla legge. Agli impieghi si
accede mediante concorsi .
TOGNI obietta che la Costituzione non pu rimandare alle leggi: deve dare delle direttive. Del resto in America
ed in Inghilterra limitazioni del genere non vengono fatte; tutte le carriere, dalla militare alla professionale, sono
aperte alle donne.
FEDERICI MARIA, poich nessuna Costituzione fa restrizioni in materia, insiste perch non siano fatte nella
nostra.
MOL dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Colitto.
PRESIDENTE chiarisce che l'articolo sarebbe cos formulato:
La Repubblica garantisce a tutti i cittadini il libero esercizio della propria attivit professionale nel rispetto delle
leggi .
Pone ai voti questo comma.

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( approvato).
D poi lettura delle due proposte, quella degli onorevoli Colitto e Mol, e l'altra dell'on. Togni, per il comma
successivo.
La prima cos formulata:
L'accesso ai pubblici impieghi libero ai cittadini, salvo le limitazioni stabilite dalla regge. Agli impieghi si
accede mediante concorsi .
L'altra la seguente:
Tutti i cittadini italiani, senza distinzione di sesso, sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorsi ed in
relazione alla propria idoneit .
MARINARO favorevole alla prima formula, ma con la seguente modificazione alla seconda parte:
Agli impieghi nelle amministrazioni statali, parastatali o comunque soggette alla vigilanza dello Stato, si accede
mediante concorsi .
PRESIDENTE fa considerare che la distinzione tra uffici pubblici e non pubblici non facile.
MARINARO, appunto per eliminare tale difficolt, ritiene necessaria la distinzione proposta.
PRESIDENTE osserva che c' grande incertezza nei criteri di distinzione fra enti pubblici ed enti privati.
MARINARO potrebbe modificare la proposta e dire: Nelle amministrazioni statali o in enti di diritto pubblico e
ci perch in certe amministrazioni che hanno funzioni prevalentemente di interesse pubblico non mai stato
introdotto il concorso.
COLITTO chiede che sia fatto risultare dal verbale che, parlando di impieghi pubblici, si intende far riferimento a
quanto ha specificato l'onorevole Marinaro.
MARINARO fa considerare che la Cassazione ha ripetutamente affermato che quando si dice impiego pubblico
ci si riferisce a impieghi nelle amministrazioni dello Stato.
PRESIDENTE rileva che ci sono impieghi pubblici presso enti privati e ci sono impieghi privati presso enti
pubblici. Fa l'esempio del Consorzio agrario che indubbiamente un ente privato, ma che esplica anche funzioni
pubbliche, quale quella dell'ammasso del grano. L'impiegato addetto all'ammasso del grano esercita un
impiego pubblico presso un ente privato. Ritiene perci sufficiente dire impieghi pubblici .
MARINARO aggiunge che la Cassazione ha definito ente di diritto pubblico quello che assolve ad una funzione
pubblica. Ci sono istituti che hanno attivit mista, altri che hanno una figura giuridica sui generis, che
esercitano una pubblica attivit, che danno buone remunerazioni e assicurano una carriera vantaggiosa. Non
vede perch non si dovrebbe richiedere che le assunzioni del personale si facciano per concorso.
PRESIDENTE legge la proposta degli onorevoli Colitto, Mol, Marinaro:
L'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazione e negli enti di diritto pubblico libero ai cittadini, salvo
le limitazioni stabilite dalla legge. Agli impieghi si accede mediante concorsi ;
e quella dell'onorevole Togni:
Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorsi e in
relazione alla propria idoneit .

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COLITTO dichiara di essere disposto ad aggiungere nella sua formula l'inciso senza distinzione di sesso . La
formula risulterebbe cos espressa:
L'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto pubblico libero ai cittadini, senza
distinzione di sesso, salvo le limitazioni stabilite dalla legge. A tali impieghi si accede mediante concorsi .
FEDERICI MARIA insiste perch sia tolto l'inciso salvo le limitazioni stabilite dalla legge .
COLITTO non lo ritiene opportuno. Ad esempio, un concorso per soli maschi indetto dall'Accademia militare per
arruolamento di allievi ufficiali, risulterebbe anticostituzionale.
MARINARO afferma che. queste limitazioni esistono in quasi tutte le costituzioni.
FEDERICI MARIA ritiene che quell'inciso sia pericoloso, perch non si possono specificare i casi ai quali si
intende riferito. Con la proposta dell'onorevole Togni, dove prevista, la idoneit, queste preoccupazioni non
avrebbero ragione di essere.
MOL osserva che la idoneit serve a stabilire un criterio individuale che riguarda tanto il maschio che la
femmina.
PRESIDENTE pensa che mutando la collocazione dell'inciso, salvo le limitazioni stabilite dalla legge ,
potrebbe essere eliminato ogni disaccordo. Propone pertanto la seguente formula:
L'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto pubblico libero ai cittadini, salvo
le limitazioni stabilite dalla legge, senza distinzione di sesso, razza, religione e fede politica.
A tali impieghi si accede mediante concorso .
Mette ai voti questa proposta.
( approvata).
D poi lettura della nuova formulazione del punto successivo:
Per l'insegnamento universitario i concorsi possono essere aperti anche a cittadini stranieri .
Pone ai voti questa proposta.
( approvata).

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI


PRESIDENTE invita i Commissari a voler tenere presente il testo degli articoli gi approvati dalla terza
Sottocommissione che hanno interferenza col tema che attualmente oggetto dell'esame della Commissione.
Richiama particolarmente l'attenzione dei Commissari sul primo articolo gi approvato dalla terza
Sottocommissione:
Ogni cittadino ha il diritto e il dovere di lavorare conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta.

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La Repubblica riconosce a tutti i cittadini italiani il diritto al lavoro e predispone i mezzi necessari al suo
godimento .
Rileva che, per alcuni punti, tale articolo pu essere considerato come un testo molto vicino a quello proposto
dall'onorevole Togliatti e per altri punti al testo proposto dall'onorevole Lucifero.
LUCIFERO, Relatore, dichiara di accettare in linea di massima l'articolo della terza Sottocommissione. Fa
soltanto una riserva sul fatto dell'imperativo del lavoro, che lo preoccupa, perch non vede come possa
accordarsi con il concetto di libert, e sul termine lavoro che preferirebbe fosse sostituito dall'espressione
attivit economica . Ci possono essere determinati lavori che non sono tali se si ha riguardo al termine corrente
della parola, eppure si identificano con l'attivit dell'uomo. L'espressione attivit economica gli sembra pi
comprensiva.
PRESIDENTE domanda all'onorevole Togliatti se pu presentare alla Commissione il testo dell'articolo
concordato con l'onorevole Dossetti.
TOGLIATTI, Relatore, informa che l'onorevole Dossetti e lui si sono trovati d'accordo sulle prime quattro linee
dell'articolo. L'onorevole Dossetti si era incaricato di dare un'elaborazione diversa alla parte centrale, cio al
capoverso dell'articolo, precedentemente abbozzato insieme con l'oratore, e che dovrebbe formare un articolo a
s.
L'articolo successivo e anche quello che segue, sul lavoro nelle sue diverse forme, ha trovato concordi l'oratore
e l'onorevole Dossetti.
Questo ultimo articolo, del resto, quello che pi si avvicina alla formulazione dell'onorevole Lucifero. Anche
l'articolo riguardante il diritto per i lavoratori di associarsi li ha trovati d'accordo, eccetto che per la parte che
riguarda il diritto di sciopero anche degli impiegati dei pubblici servizi.
Cos pure non sorta alcuna discussione sull'articolo che riguarda il diritto al riposo. Discussione c' stata
invece sull'articolo riguardante la propriet e i mezzi di scambio. Sul fondamento dell'articolo l'intesa era
comune. L'onorevole Dossetti si era riservato di trovare una formulazione che fosse pi estensiva in determinate
direzioni sociali, e che forse si avvicina alla formulazione presentata dalla terza Sottocommissione.
Per quanto riguarda gli ultimi due articoli, non c' stato disaccordo.
PRESIDENTE ricorda all'onorevole Togliatti di aver osservato che la terza Sottocommissione ha gi trattato
l'argomento contenuto nell'articolo 1 da lui proposto, ed ha presentato in proposito un'altra formulazione, che
potrebbe rappresentare il punto di partenza per poter avvicinare le due distinte formulazioni presentate dei due
Relatori.
L'onorevole Lucifero ha gi risposto di poter accettare, salvo una riserva di carattere formale, la formulazione
proposta dalla terza Sottocommissione per quanto riguarda il primo articolo. Domanda all'onorevole Togliatti il
suo parere circa questo primo articolo della terza Sottocommissione.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara di considerare la formulazione della terza Sottocommissione stilisticamente non
troppo felice, in quanto afferma due volte lo stesso diritto al lavoro.
PRESIDENTE osserva per che nella prima proposizione di questo primo articolo della terza Sottocommissione
c' riferimento alla facolt di scelta e alle possibilit di lavoro, su cui egli ritiene che si possa essere d'accordo.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara di accettare il concetto contenuto in tale proposizione.
LUCIFERO, Relatore, dichiara che, pur non essendo contrario ad accettare il testo proposto dalla terza
Sottocommissione, non nemmeno contrario alla prima parte dell'articolo nella formula proposta dall'onorevole
Togliatti: Ogni cittadino ha diritto al lavoro ed ha il dovere di svolgere un'attivit socialmente utile . Infatti in
questa prima parte espresso quel tale concetto che l'oratore ha manifestato nella seduta di ieri, ma di cui non

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fatto cenno nel testo proposto dalla terza Sottocommissione. Perci, se l'onorevole Togliatti pu trovare il
modo di inserire nella sua formula che quella attivit socialmente utile pu essere liberamente scelta, ritiene di
poter accettare anche il testo proposto dall'onorevole Togliatti.
PRESIDENTE propone che, tenendo presente il testo presentato dall'onorevole Togliatti, si aggiunga alla
formula contenuta nella prima proposizione del primo articolo l'espressione: conformemente alle proprie
possibilit e alla propria scelta tolta dalla formula della terza Sottocommissione.
LUCIFERO, Relatore, dichiara di accettare questa nuova formula.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara anch'egli di accettarla.
PRESIDENTE pone in discussione la prima proposizione del primo articolo, nella seguente formula concordata:
Ogni cittadino ha diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere un'attivit socialmente utile conformemente alle
proprie possibilit e alla propria scelta .
MORO osserva che un continuo riferimento al lavoro della terza Sottocommissione, per ricollegarsi ad essa,
complicherebbe di pi il lavoro invece di facilitarlo.
Circa la struttura di questo articolo domanda se nell'espressione attivit socialmente utile restano compresi
anche i lavori familiari delle donne di casa. Questi lavori indubbiamente e sostanzialmente sono utili dal punto di
vista generale. La formula potrebbe indurre anche a ritenere che si tratti solo del lavoro che abbia carattere
immediato di evidente utilit sociale. Non c' dubbio che questa non l'intenzione del proponente. Ritiene quindi
necessario introdurre una specificazione su questo punto, a tutela della integrit della famiglia.
PRESIDENTE risponde all'onorevole Moro che egli non intende confondere il lavoro della prima
Sottocommissione con quello della terza, ma solo tenerlo presente al fine di una eventuale migliore
formulazione.
TOGLIATTI, Relatore, fa presente allo onorevole Moro che nella terminologia del lavoro socialmente utile
compreso senza dubbio il lavoro domestico.
MORO replica che sarebbe in ogni modo opportuno aggiungere qualche parola che tolga ogni dubbio in
proposito.
LUCIFERO, Relatore, dichiara di accettare la spiegazione dell'onorevole Togliatti, perch essa risolve un dubbio
espresso dallo oratore nella seduta precedente. Domanda per all'onorevole Togliatti chi giudicher della utilit
sociale del lavoro, dato che sulla utilit sociale di una determinata attivit vi possono essere notevoli differenze
di opinioni e di interpretazioni. Concorda sul principio che il lavoro debba essere socialmente utile, ma,
esaminando il caso di certe persone che svolgono una determinata attivit, si preoccupa che possa sorgere la
contestazione se il loro lavoro sia o no socialmente utile. Domanda, ad esempio, se il lavoro dello studioso, del
sacerdote, dell'archeologo, del bibliotecario, sia un lavoro socialmente utile. Ritiene che il problema esista e che
occorra risolverlo.
PRESIDENTE osserva che si pu cercare un termine pi chiaro e quindi idoneo ad eliminare ogni
preoccupazione.
LA PIRA ritiene utile chiarire il principio con una norma la quale dica, per esempio, che ci sono tante funzioni
sociali di natura manuale ed intellettuale che si possono identificare con il lavoro.
Fa presente che in alcune Costituzioni moderne o progetti di Costituzioni moderne, vi appunto una formula che
parla del lavoro nelle sue varie forme, intellettuali, manuali, ecc.
CARISTIA dichiara di essere molto perplesso nel giudicare se l'espressione attivit socialmente utile sia
adeguata o no.

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Certamente esistono dei lavori che sono evidentemente utili alla societ, specialmente quelli riguardanti l'attivit
economica; ma ci sono anche lavori che hanno un grado di finezza e di elevatezza notevole, per i quali egli non
sa fino a qual punto si possa dire che sono utili alla societ, e, se lo sono, lo sono in maniera molto indiretta.
Perci un'espressione come quella proposta, la quale coinvolge un giudizio sulla attivit sociale di un
determinato lavoro, lo lascia molto dubbioso.
PRESIDENTE insiste sulla necessit di trovare una formula sostitutiva di quella socialmente utile , che possa
riscuotere il consenso di tutti. Nel caso che questa formula non si trovi, propone di sopprimere senz'altro le
parole socialmente utile , e di tornare press'a poco a quello che diceva la prima parte dell'articolo 1
approvato dalla terza Sottocommissione: Ogni cittadino ha il dovere e il diritto di lavorare conformemente alle
proprie possibilit e alla propria scelta , poich dicendo scelta e possibilit si tengono presenti tutti gli
elementi che, almeno fino a questo momento, hanno formato oggetto delle preoccupazioni dei vari oratori.
MASTROJANNI fa presente che non vede come si possa temere che il cittadino non voglia lavorare. Il popolo
italiano un popolo lavoratore. In Italia si deve lamentare che non ci sia lavoro per tutti, non che vi siano
persone che si sottraggano al lavoro pure avendone la possibilit. Perci giudica esatto il principio che il lavoro
sia un dovere sociale; ma d'altra parte ritiene che non sia il caso di stabilire in sede costituzionale che il cittadino
ha l'obbligo al lavoro. In tal modo, da un punto di vista etico, si verrebbe ad ammettere che nella Repubblica
italiana l'obbligo del lavoro possa corrispondere a qualche cosa di coercitivo.
Propone invece la seguente formula: Il cittadino deve considerare come suo dovere sociale il lavoro .
A questa prima parte si potrebbe far seguire l'affermazione contenuta nell'articolo approvato dalla terza
Sottocommissione: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini italiani il diritto al lavoro e predispone i mezzi
necessari al suo godimento .
Fa presente che con tale formula egli mira a trasformare la prima parte dell'enunciazione in un'affermazione che
abbia un carattere etico, pi che un carattere imperativo, e lasciando che il cittadino consideri come suo dovere
sociale il lavoro, si garantisce a tutti il diritto al lavoro.
LUCIFERO, Relatore, propone la seguente formula intermedia tra quella dell'onorevole Togliatti e quella del
Presidente: Ogni cittadino ha il diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere un'attivit conforme alle proprie
possibilit e alla propria scelta .
TOGLIATTI, Relatore, dichiara che le preoccupazioni espresse da alcuni Commissari riguardo al pericolo che
l'espressione socialmente utile escluda determinate forme di attivit intellettuale o speculativa, non hanno
fondamento.
Ricorda che sono stati gi introdotti negli articoli approvati precedentemente, soprattutto nel primo, alcune
determinazioni qualificative di diritti con carattere finalistico, che poi non sono state specificate. Quando si
parlato dello sviluppo della persona umana, dal punto di vista fisico, economico, culturale e spirituale, non si
precisato attraverso quali forme si possa raggiungere questo sviluppo. Parimenti, non c' bisogno, in questa
sede, di introdurre tutte le specificazioni, circa la formula del lavoro socialmente utile , la quale non esclude
l'indagine scientifica e l'attivit speculativa.
PRESIDENTE rileva che tra le attivit socialmente utili vanno anche comprese quelle del sacerdote, del
religioso, del missionario.
Occorre considerare che ci sono dei cittadini i quali si sono dedicati a questa attivit religiosa, e preoccuparsi di
tutelare la loro personalit.
TOGLIATTI, Relatore, fa rilevare che in altra parte della Costituzione si parler anche di questo argomento.
CEVOLOTTO osserva che vi sono forme di vita contemplativa, praticate da certi ordini religiosi, che bisogna
ammettere, ma che non hanno certamente una funzione sociale, bens una funzione individuale, relativa alla
propria anima.

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PRESIDENTE replica che anche questi ordini religiosi hanno una funzione sociale, la quale, secondo il pensiero
cattolico, consiste nel ristabilimento dell'equilibrio tra chi prega e chi non prega, tra chi pecca e chi non pecca,
equilibrio che trova consistenza ed espressione in quella che la Chiesa chiama la Comunione dei Santi. Non si
pu perci dire che queste attivit non abbiano una funzione socialmente utile; anzi, ne hanno una altissima e di
particolare rilievo.
CEVOLOTTO osserva che tutto questo pu essere interessante, elevato, nobile e molto giusto, ma potrebbe
non esserlo da un altro punto di vista. Per questo, ritiene che sia necessario specificare o sopprimere.
CARISTIA osserva che l'onorevole Togliatti afferma di avere un concetto esatto di quello che utilmente sociale,
ma sta di fatto che quello di utilit sociale un concetto relativo. Un esempio si avuto proprio ora, in tema di
Ordini religiosi. Alcuni ritengono che siano socialmente utili soltanto le attivit meccaniche, atte a produrre la
ricchezza o gli strumenti necessari a tale scopo, e considerano socialmente inutili coloro che studiano o
meditano. Non vede come si potr stabilire un concetto esatto della utilit sociale. L'onorevole Togliatti dice di
averlo, ma bisogna vedere se chi deve applicare la Costituzione avr la stessa lucidit di idee e dar la stessa
interpretazione del concetto di socialmente utile .
LA PIRA osserva che si potrebbe raggiungere una maggiore chiarificazione sostituendo alla parole attivit la
parola funzione .
MANCINI osserva che non si pu dire svolgere una funzione . Le funzioni si esplicano e le attivit si
svolgono.
MASTROJANNI invita la Commissione a considerare dal punto di vista pratico la impossibilit di attuare il
principio dell'obbligo del lavoro, in considerazione anche del fatto che il cittadino ha il diritto alla scelta del lavoro.
Fa presente che in alcune provincie o regioni nelle quali le attivit lavorative sono orientate prevalentemente in
un determinato senso, le situazioni ambientali e contingenti non consentono a tutti di esplicare quel medesimo
lavoro; e che di conseguenza, non presentandosi la possibilit di un lavoro confacente alle proprie attitudini, il
cittadino, obbligato al lavoro, avrebbe diritto di rifiutarvisi. Si dovrebbe pervenire, in tali casi, alla conseguenza
illogica di obbligare il cittadino a trasferirsi da un luogo all'altro per soddisfare all'obbligo del lavoro e al diritto di
scelta del lavoro.
Fa presente inoltre il caso di ragazze di famiglia nell'et post-puberale e precedente al matrimonio, che obbligate
al lavoro e portate fuori del loro ambiente familiare, potrebbero rimanere turbate nel loro sviluppo psicofsico; di
coloro che, in possesso di rendita derivante da risparmi o da eredit, dato che non abolito dalla Costituzione il
diritto di ricevere per testamento, si accontentino di vivere modestamente senza lavorare, e che dovrebbero
invece essere obbligati al lavoro. una coercizione quella generica dell'obbligo del lavoro che l'oratore non
ritiene si possa affermare come imperativo categorico. Si potrebbe, invece, esaudire il concetto con
un'affermazione, per esempio, cos formulata: La Repubblica protegge il lavoro , statuendosi in tal modo che
si disinteressa di chi non esplica un'attivit socialmente utile.
CARISTIA fa osservare all'onorevole Mastrojanni che gi si sono fatte in questa Costituzione delle affermazioni
che non costituiscono un concetto di diritto o di obbligo vero e proprio, ma che sono affermazioni di principio, le
quali hanno un valore pi morale che giuridico e d'altra parte non dovrebbero mancare in una Costituzione.
MASTROJANNI replica prospettando la ipotesi che un partito prevalente abbia una sua concezione, in uno Stato
totalitario, in cui non ci sia posto se non per chi lavora effettivamente, e in cui per lavoro socialmente utile si
intenda solo quello che renda in modo tangibile ed attuale, astrazione fatta da ogni considerazioni di ordine
filosofico e spirituale. In uno stato siffatto il legislatore avrebbe la possibilit, prendendo argomento da quanto
sancito nella Costituzione, di formulare una legislazione nella quale i professori universitari, per esempio,
potrebbero essere adibiti a lavori manuali, in quel momento ritenuti pi utili dell'insegnamento di discipline
universitarie.
PRESIDENTE riassume la discussione e comunica che l'onorevole Moro propone la seguente formula: Ogni
cittadino ha diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere un'attivit capace di incrementare il patrimonio economico
e spirituale della societ umana, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta .

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MORO fa presente che l'intento che lo ha mosso nel presentare la sua formulazione stato di evitare i due
estremi tra i quali si dibatte la Commissione: l'estremo della indicazione un po' vaga socialmente utile , sulla
quale sono state fatte fin da principio delle riserve, e la proposta di soppressione totale dell'inciso. Dichiara di
non essere favorevole all'abolizione perch, parlando genericamente di lavoro, l'interpretazione della parola
lavoro potrebbe dar luogo a dispute; e in secondo luogo perch ritiene opportuno che la Costituzione contenga
un'affermazione di questo dovere sociale del lavoro, di questo contributo che ogni uomo deve dare alla societ
umana che per i cristiani una comunit di fratelli.
Si dichiara d'accordo con l'onorevole Togliatti, che, quando si parla di utilit sociale , si comprendono tutti i
valori umani; ma ritiene sia bene precisare che il lavoro pu avere una duplice direttiva, tanto verso i valori
spirituali quanto verso quelli economici.
MASTROJANNI ritiene che la formula dell'onorevole Moro, per quanto ispirata da una concezione spiritualistica
e conciliativa, cada in una gravissima contraddizione quando considera come dovere di lavoro quello di
incrementare spiritualmente la societ umana. Il fatto di incrementare spiritualmente la societ spontanea
manifestazione della psiche umana, che rifugge in modo assoluto da qualsiasi coercizione di dovere; lo stesso
fatto della coercizione impedisce che si possa spontaneamente esercitare questa azione. Cita l'esempio del
sacerdote, che spontaneamente assume i voti, fa opera di sacrificio e si prodiga per il bene dell'umanit. La sua
spiritualit non deriva da un imperativo categorico, ma da un imperativo della sua coscienza; e quindi non si pu
snaturare questo principio col far intervenire lo Stato a considerare questa attivit spirituale come un lavoro
comandato dalla Costituzione, n si possono considerare questi eroi dello spirito come esercenti, un lavoro
comandato dal consorzio umano.
Per tali ragioni si dichiara contrario alla formula proposta dall'onorevole Moro.
MERLIN UMBERTO dichiara di essere contrario alla formula presentata dall'onorevole Lucifero che, a suo
parere, specifica troppo. Ricorda a questo proposito gli ordini religiosi che hanno come fine esclusivo la
preghiera, e si domanda perch si voglia proibire a queste creature umane di pregare anche per coloro che non
pregano mai. favorevole alla formula indicata dal Presidente, che nella sua genericit, comprende tutti i casi e
non fa specificazioni pericolose.
PRESIDENTE dichiara di essere solidale con l'onorevole Moro, dato lo spirito che lo ha mosso a fare la sua
proposta. Si preoccupa soltanto del fatto che stabilire la capacit di incrementare o di accrescere il patrimonio
spirituale, oltre che economico, della societ umana, possa essere interpretato nel senso di accettare
preventivamente un controllo da parte di coloro che rappresentano la societ, i quali debbono giudicare se una
determinata attivit sia spiritualmente utile o meno, per cui potrebbe darsi il caso che l'attivit del predicatore o
dell'insegnante religioso sia ritenuta tale da arricchire il patrimonio spirituale, mentre non sia ugualmente
valutata l'opera degli Ordini contemplativi. Al fine di eliminare tale pericolo stata proposta la soppressione delle
parole socialmente utile .
DOSSETTI distingue due problemi: quello dell'affermazione di principio che il Relatore voleva fare con questo
articolo e sul quale sono d'accordo la maggior parte dei colleghi, e quello particolare di trovare una formula la
quale non escluda certe attivit per le quali in passato si sono riscontrate difficolt di interpretazione.
Dichiara anzitutto, a proposito del primo problema concernente l'affermazione fondamentale che ciascuno ha il
dovere di svolgere un'attivit socialmente utile, di non essere completamente d'accordo con le conclusioni a cui
pervenuto il Presidente. L'oratore, se fosse stato presente all'inizio della seduta, avrebbe fatto la proposta di
premettere all'articolo in esame un altro
articolo di carattere pi programmatico, il quale avrebbe dovuto sottolineare questo concetto dell'attivit
socialmente utile che deve essere il fondamento della nostra struttura economica, sociale e politica.
Osserva che la proposta del Presidente e dell'onorevole Lucifero, che afferma che si deve svolgere un'attivit,
dice ad un tempo troppo e troppo poco.
Dice troppo, perch a suo parere, la formula deve svolgere un'attivit conforme, ecc. pu essere suscettibile
di quella interpretazione non rettilinea che si vuole evitare. Anche di fronte ad un articolo come quello proposto

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dall'onorevole Lucifero, sempre possibile che si riapra il problema, per esempio, se gli ordini contemplativi
svolgano o meno un'attivit socialmente utile.
Dice poi troppo poco, perch non indica il tenore di questa attivit che invece, a suo parere, deve essere
indicato.
Quanto alla seconda questione, essa consiste nell'evitare che la formula, comunque escogitata, dia luogo ad
esitazioni o a dubbi di interpretazione; occorre, cio, che essa non lasci la possibilit di escludere da questa
attivit socialmente utile certe forme di attivit che potrebbero essere escluse, o certe funzioni, certi modi di vita
che possono rappresentare una utilit sociale di carattere superiore, morale o spirituale. Ricorda a tale proposito
le leggi eversive, che sciolsero gli ordini religiosi, esclusi quelli che esplicavano un'attivit educativa o di
assistenza agli infermi, in quanto si ritenne di individuare solo in questi due tipi di attivit un'attivit socialmente
utile.
Ritiene perci che debba essere ribadito il concetto di un'utilit sociale, e che debba introdursi un chiarimento
tale da consentire di superare ogni dubbio e di escludere qualsiasi possibilit di interpretazione arbitraria.
Dichiara di preferire, per le ragioni esposte, alla formula dell'onorevole Lucifero quella suggerita dall'onorevole
Moro, alla quale per proporrebbe di apportare alcuni emendamenti e completamenti, allo scopo di sottolineare
meglio la possibilit di esplicare funzioni socialmente utili che non siano interpretabili in misura restrittiva. Cos,
nella dizione Ogni cittadino ha diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere un'attivit o una funzione idonea
all'incremento del patrimonio , alle parole all'incremento del patrimonio sostituirebbe, d'accordo con
l'onorevole Togliatti, le altre allo sviluppo economico o culturale, o morale o spirituale della societ umana ,
perch tale specificazione dar la possibilit di interpretare la disposizione in modo estensivo, in quanto
l'aggiunta del concetto di sviluppo morale o spirituale d affidamento che nella disposizione rientreranno anche i
casi ai quali ha dianzi accennato.
MORO dichiara di accettare l'emendamento dell'onorevole Dossetti.
DOSSETTI aggiunge che, del resto, si potrebbe evitare ogni dubbio con un chiarimento esplicativo da farsi in
sede di discussione con una precisazione che potrebbe anche non emergere dal testo della Costituzione, ma
essere oggetto di una dichiarazione di opinione da parte dei Commissari; cio che gli Ordini religiosi che si
dedicano ad un'attivit spirituale o ad un'attivit contemplativa sono suscettibili di essere considerati come
esplicanti un'attivit socialmente utile. Dichiara che, ove rispetto a questi Ordini si dovesse assumere un
atteggiamento negativo, si riserverebbe di riconsiderare la formula generale.
DE VITA fa notare agli onorevoli Dossetti e Moro che non si tratta soltanto dell'attivit contemplativa; e ricorda
che nella scienza economica, ad esempio, si discute ancora se il lavoro degli impiegati dello Stato sia produttivo
o meno, naturalmente sotto il profilo economico. Prospetta quindi l'opportunit di attenersi soltanto al termine
lavoro senza alcuna specificazione, facendo presente che tale parola ha un significato economico e che
appunto sotto tale significato che questo termine dovrebbe essere considerato.
PRESIDENTE comunica che la formulazione proposta dall'onorevole Moro, dopo le osservazioni dell'onorevole
Dossetti, stata modificata nei seguenti termini: Ogni cittadino ha il diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere
un'attivit o esplicare una funzione idonee allo sviluppo economico, o culturale, o morale o spirituale della
societ umana conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta .
Comunica inoltre che l'onorevole Mastrojanni, oltre alla primitiva proposta Il cittadino deve considerare come
suo dovere sociale il lavoro , ne ha presentata un'altra in subordine: Il lavoro un dovere sociale . Domanda
all'onorevole Mastrojanni quale delle due formule desideri che sia posta in votazione.
MASTROJANNI indica la prima.
PRESIDENTE informa infine la Commissione che l'onorevole De Vita ha ritirato la sua proposta, perch ha
ritenuto che, dal

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momento che la questione del diritto rimaneva impregiudicata, era inutile che se ne parlasse fin da questo
momento.
Ritiene che debba essere votata per prima la proposta dell'onorevole Mastrojanni che ha, in confronto delle
altre, una posizione autonoma.
Per suo conto, dichiara di votare contro, non perch non consideri come dovere sociale il lavoro, ma soltanto
perch dubita della idoneit della formula in relazione alla discussione fatta.
LUCIFERO, Relatore, non ritiene di poter accettare la formula proposta dall'onorevole Mastrojanni, perch
mantiene tutta l'incertezza di imperativo che non qualificato, e che quindi non risolve il problema su cui si
discute.
DE VITA domanda all'onorevole Mastrojanni se sia favorevole alla fusione della sua formula con quella da lui
proposta.
MASTROJANNI accetta.
PRESIDENTE mette ai voti la seguente formulazione combinata De Vita - Mastrojanni: II lavoro nelle sue
diverse forme un dovere sociale .
Dichiara che voter contro tale proposta.
(La proposta respinta con 14 voti contrari e 2 favorevoli).
Fa presente che la formula primitiva Togliatti-Lucifero si deve intendere superata, in quanto l'onorevole Lucifero
ha presentato un'altra proposta e l'onorevole Togliatti ha aderito alla proposta Moro-Dossetti.
TOGLIATTI, Relatore, conferma che, per facilitare la votazione, si associa alla proposta dell'onorevole Moro.
PRESIDENTE constata che la proposta Tupini-Lucifero, che sopprime l'espressione socialmente utile dalla
formula primitiva Togliatti-Lucifero, e lascia l'articolo cos formulato: Ogni cittadino ha il diritto al lavoro e ha il
dovere di svolgere un'attivit conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta , rappresenta un
emendamento soppressivo rispetto alla formula primitiva; mentre invece la proposta Moro-Dossetti, che
sostituisce al socialmente utile la proposizione: o esplicare una funzione idonea allo sviluppo economico o
culturale, o morale o spirituale della societ umana , rappresenta un emendamento aggiuntivo.
BASSO chiede se l'aggettivo idonea si riferisce solo alla funzione o anche all'attivit.
MORO risponde che si riferisce a tutte e due.
PRESIDENTE pone ai voti l'emendamento soppressivo presentato dagli onorevoli Tupini e Lucifero, e cos
formulato: Ogni cittadino ha diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere un'attivit conformemente alle proprie
possibilit e alla propria scelta .
(L'emendamento soppressivo respinto con 11 voti contrari e 4 favorevoli).
Pone ai voti l'emendamento sostitutivo Moro-Dossetti:
Ogni cittadino ha diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere un'attivit o esplicare una funzione, idonee allo
sviluppo economico o culturale, o morale o spirituale della societ umana conformemente alle proprie possibilit
e alla propria scelta .
MERLIN UMBERTO dichiara di votare a favore, perch le spiegazioni fornite dall'onorevole Dossetti hanno
completamente soddisfatto tutte le sue preoccupazioni. La formula non felice, ma ad ogni modo l'accetta in
mancanza di una migliore.

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CARISTIA dichiara di votare a favore della formula, in mancanza di un'altra pi precisa.


DOSSETTI dichiara di votare a favore della formula con l'intendimento preciso che, senza voler discendere ad
analisi che sono inopportune in un testo costituzionale, siano comprese tra le attivit doverose del cittadino
anche quelle pi spirituali, cio le religiose e quelle di carattere contemplativo.
LUCIFERO, Relatore, dichiara di non potere accettare la formula Moro-Dossetti, perch, quando si entra nelle
casistiche, queste risultano sempre limitate, e perch ritiene che la formula non sia da testo costituzionale, in
quanto non ne vede la pratica realizzazione giuridica (per far sue le parole dell'onorevole Dossetti), oppure ne
vede troppa (per far suo il concetto dell'onorevole Caristia).
LA PIRA dichiara che voter a favore della formula per le ragioni esposte dall'onorevole Dossetti.
MASTROJANNI dichiara di votare contro, perch, pur riconoscendo il diritto al lavoro e pur considerando il
lavoro socialmente doveroso, non ritiene che tale dovere possa essere imposto al cittadino, in coerenza con
tutto quanto fin qui questa stessa Costituzione ha sancito.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara che voter a favore, in quanto considera la formula interpretativa ed esplicativa
della sua originale proposta.
PRESIDENTE dichiara che la ragione che lo portava ad insistere sull'emendamento soppressivo era che
l'emendamento esplicativo e aggiuntivo risolvesse meno dell'emendamento soppressivo le preoccupazioni di
carattere spirituale e religioso, che erano affiorate nella discussione. In mancanza di una formula migliore, voter
in favore della proposta Moro-Dossetti.
MANCINI e CEVOLOTTO dichiarano che voteranno a favore, ma non per le ragioni espresse dall'onorevole
Dossetti.
CORSANEGO dichiara che voter a favore.
DE VITA dichiara che voter contro, perch ritiene che si siano fatte delle specifcazioni eccessive.
(L'emendamento approvato con 11 voti favorevoli, 4 contrari e 1 astenuto).
TERZA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GHIDINI
Coordinamento degli articoli approvati.
PRESIDENTE comunica che, a conclusione dei lavori della Sottocommissione e dopo avere effettuato il
coordinamento degli articoli, ai quali sono stati apportate lievi modifiche formali, il testo degli articoli approvati
dalla terza Sottocommissione resta cos formulato :
Art. 1.
Diritto al lavoro.
La Repubblica riconosce ai cittadini il diritto al lavoro e predispone i mezzi necessari al suo godimento.
Ogni cittadino ha il dovere e il diritto di lavorare conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta.
Art. 2.

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Diritto alla retribuzione.


Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantit ed alla qualit del lavoro e adeguata alle
necessit personali e familiari.
Alla donna sono riconosciuti, nei rapporti di lavoro, gli stessi diritti che spettano all'uomo.
Art. 3.
Diritto all'assistenza.
Dal lavoro consegue il diritto a mezzi adeguati per vivere in caso di malattia, di infortunio, di diminuzione o
perdita della capacit lavorativa, di disoccupazione involontaria.
Ogni cittadino che, a motivo dell'et, dello stato fisico o mentale o di contingenze di carattere generale, si trovi
nell'impossibilit di lavorare, ha diritto di ottenere dalla collettivit mezzi adeguati di assistenza.
La Repubblica provveder con speciali norme alla protezione del lavoratore e favorir ogni regolamentazione
internazionale diretta a tal fine.
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Art. 4.
Protezione della maternit e dell'infanzia.
La Repubblica riconosce che interesse sociale la protezione della maternit e dell'infanzia. In particolare le
condizioni di lavoro devono consentire il completo adempimento delle funzioni e dei doveri della maternit.
Istituzioni previdenziali, assistenziali e scolastiche, predisposte o integrate dallo Stato, devono tutelare ogni
madre e la vita e lo sviluppo di ogni fanciullo.
Art. 5.
Protezione della famiglia.
La Repubblica assicura alla famiglia condizioni economiche necessarie alla sua difesa e al suo sviluppo.
Qualora la famiglia si trovi nell'impossibilit di educare i figli, compito dello Stato di provvedervi.
Tale educazione si deve compiere nel rispetto della libert del cittadino.
Art. 6.
Diritto all'istruzione.
L'istruzione un bene sociale. dovere dello Stato di organizzare l'istruzione di qualsiasi grado, in modo che
tutti gli idonei possano usufruire di essa. L'insegnamento primario gratuito ed obbligatorio per tutti. Le scuole di
gradi superiori sono accessibili a coloro che dimostrino le necessarie attitudini. All'istruzione dei poveri, che
siano meritevoli di frequentare le scuole di gradi superiori, lo Stato provvede con aiuti materiali.
Art. 7.
Attivit professionale.
La Repubblica garantisce a tutti i cittadini il libero esercizio della propria attivit professionale.

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L'accesso agli impieghi nelle pubbliche Amministrazioni e negli Enti di diritto pubblico libera ai cittadini, salvo le
limitazioni stabilite dalla legge, senza distinzione di sesso, razza, religione e fede politica.
A tali impieghi si accede mediante concorso.
Per l'insegnamento universitario i concorsi possono essere aperti anche a cittadini stranieri.
Art. 8.
Domicilio ed emigrazione.
Il cittadino pu circolare e fissare il domicilio, la residenza e la dimora in ogni parte del territorio dello Stato, salvo
i limiti imposti dalla legge.
Il diritto di emigrare garantito nei limiti stabiliti dagli accordi internazionali e dalle leggi sul lavoro.
Il cittadino emigrato ha diritto alla protezione dello Stato.
Art. 9.
Diritto di propriet.
I beni economici possono essere oggetto di propriet privata, cooperativistica e collettiva.
La propriet privata riconosciuta e garantita dallo Stato. La legge ne determina i modi di acquisto e di
godimento e i limiti allo scopo di garantire la sua funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
Per coordinare l'attivit economica e per esigenze di utilit collettiva, la legge pu attribuire agli enti pubblici e
alle comunit di lavoratori e di utenti la propriet di singoli beni o di complessi produttivi, sia a titolo originario, sia
mediante esproprio contro indennizzo.
Art. 10.
Diritto ereditario.
Il diritto di trasmissione ereditaria garantito. Spetta alla legge stabilire le norme e i limiti della successione
legittima, di quella testamentaria e i diritti della collettivit.
Art. 11.
Impresa.
Le imprese economiche possono essere private, cooperativistiche, collettive.
L'iniziativa privata libera. L'impresa privata non pu essere esercitata in contrasto con l'utilit sociale o in modo
da recar danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana.
L'impresa cooperativa deve rispondere alla funzione della mutualit ed sottoposta alla vigilanza stabilita per
legge. Lo Stato ne favorisce l'incremento con i mezzi pi idonei.
Allo scopo del bene comune, quando l'impresa per riferirsi a servizi pubblici essenziali, o a situazioni di privilegio
o di monopolio, o a fonti di energia, assume carattere di preminente interesse generale, la legge pu autorizzare
l'espropriazione mediante indennizzo, devolvendone propriet ed esercizio, diretto o indiretto, allo Stato o ad
altri enti pubblici o a comunit di lavoratori e di utenti.
Art. 12.

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Propriet terriera.
La Repubblica persegue la razionale valorizzazione del territorio nazionale nell'interesse di tutto il popolo ed allo
scopo di promuovere l'elevazione materiale e morale dei lavoratori. In vista di tali finalit e per stabilire pi equi
rapporti sociali, essa, con precise disposizioni di legge, potr imporre obblighi e vincoli alla propriet terriera e
impedir la esistenza e la formazione delle grandi propriet terriere private.
Art. 13.
Partecipazione dei lavoratori all'impresa.
Lo Stato assicura il diritto dei lavoratori di partecipare alla gestione delle aziende ove prestano la loro opera. La
legge stabilisce i modi e i limiti di applicazione del diritto.
Art. 14.
Controllo sociale dell'attivit economica.
L'attivit economica privata e pubblica deve tendere a provvedere i cittadini dei beni necessari al benessere e la
societ di quelli utili al bene comune.
A tale scopo l'attivit privata armonizzata a fini sociali da forme diverse di controllo periferico e centrale
determinate dalla legge.
Art. 15.
Controllo del risparmio.
Lo Stato stimola, coordina e controlla il risparmio.
L'esercizio del creditore parimenti sottoposto al controllo dello Stato al fine di disciplinarne la distribuzione con
criteri funzionali e territoriali.
Art. 16.
Consiglio economico.
Un Consiglio economico nazionale, con corrispondenti organi periferici, attende al controllo sociale dell'attivit
economica pubblica e privata e partecipa alla preparazione della legislazione relativa.
Art. 17.
Sindacati.
L'organizzazione sindacale libera.
Ai sindacati dei lavoratori, quali organi di difesa e di tutela dei loro diritti ed interessi economici, professionali e
morali riconosciuta la personalit giuridica. La personalit giuridica ugualmente riconosciuta ai sindacati dei
datori di lavoro.
Non pu essere imposto ai sindacati altro obbligo che quello della registrazione press organi del lavoro locali e
centrali.
Le rappresentanze sindacali unitarie, costituite dai sindacati registrati in proporzione dei loro iscritti, stipulano
contratti di lavoro aventi efficacia obbligatoria verso tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si
riferisce.

53

Sul diritto di sciopero la terza Sottocommissione ha inoltre approvato il seguente ordine del giorno:
La terza Sottocommissione, ritenuto urgente ed indispensabile che una legge riconosca il diritto di sciopero dei
lavoratori, abrogando i divieti fascisti in materia, non ritiene necessario che la materia sia regolata dalla Carta
costituzionale .
PRESIDENTE comunica che per il lavoro di coordinamento degli articoli approvati dalla terza e dalla prima
Sottocommissione, coordinamento che sar effettuato in successive sedute, sono stati nominati i seguenti
Commissari :
Presidente: Ghidini.
Segretario: Marinaro.
Membri: Canevari (sostituto Giua), Di Vittorio, Fanfani (sostituto Domined), Togni (sostituto Federici Maria),
Colitto.
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI INDI DEL DEPUTATO CORSANEGO
Dichiarazioni di voto.
MARCHESI dichiara che, se un incidente non gli avesse impedito di essere presente nella passata adunanza,
avrebbe votato a favore della mozione dell'onorevole Togliatti, secondo la quale non si riteneva opportuno di
parlare nel testo costituzionale della questione riguardante l'indissolubilit del matrimonio.
DE VITA dichiara che anch'egli, se fosse stato presente, avrebbe votato a favore della mozione dell'onorevole
Togliatti.
Seguito della discussione sui princip dei rapporti politici.
PRESIDENTE legge il secondo articolo proposto dai Relatori: Il voto deve essere uguale, libero, segreto e
personale; esso un dovere pubblico, quindi obbligatorio e di regola deve essere esercitato col sistema della
rappresentanza proporzionale .
Apre la discussione sulla prima parte di questo articolo: II voto deve essere uguale, libero, segreto e
personale; esso un dovere pubblico , invitando i Relatori ad illustrarlo.
MERLIN UMBERTO, Relatore, chiarisce che tra lui e il correlatore onorevole Mancini, era sorto dissenso a
proposito del voto obbligatorio; che secondo lui deve costituire un preciso dovere del cittadino, mentre secondo
l'onorevole Mancini costituisce solo un dovere morale. Si cerc allora di conciliare le due tesi dicendo che
l'esercizio del voto un dovere pubblico.
Fa presente che l'onorevole Moro ha suggerito di sostituire le parole dovere pubblico con quelle dovere
civico proposta alla quale egli aderisce.

MANCINI, Relatore, si associa alla proposta dell'onorevole Moro, purch si dica dovere civico e morale del
cittadino .
MARCHESI aderisce alla formula proposta dall'onorevole Mancini.
PRESIDENTE comunica che i Relatori hanno cos modificato la dizione dell'articolo.
Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale e rappresenta un dovere civico e morale del cittadino .

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MASTROJANNI ritiene opportuno aggiungere alle parole uguale, libero, segreto e personale il termine
diretto , per evitare ad esempio che, pur rimanendo il voto personale, le associazioni le quali rappresentino i
singoli, restino investite del diritto di esprimere l'opinione di quella data categoria che rappresentano.
PRESIDENTE ritiene che la preoccupazione dell'onorevole Mastrojanni resti soddisfatta dal termine personale
in quanto, se il voto personale anche diretto.
LA PIRA dichiara che l'osservazione fatta dall'onorevole Mastrojanni ha una importanza rilevante, poich investe
tutto il problema della seconda Camera. Se, ad esempio, la seconda Camera dovesse essere formata secondo
la rappresentanza organica degli interessi, cio, essere l'espressione delle associazioni sindacali, culturali,
morali, religiose, si presenterebbe il caso specifico del voto personale, indiretto. Pertanto si dichiara favorevole
al termine personale , ma non pu aderire alla proposta dell'onorevole Mastrojanni di aggiungere il termine
diretto , perch si precluderebbe la possibilit di formare una rappresentanza organica degli interessi di tutta la
nazione.
MERLIN UMBERTO, Relatore, chiarisce che il termine personale vuol dire che non ammesso il mandatario
per l'esercizio del voto, ma che ciascuno deve esercitare tale diritto di persona. Del resto anche la legge attuale
ammette il mandato nell'esercizio per il caso dei ciechi o delle persone gravemente mutilate negli arti superiori.
Ritiene pertanto che il termine personale sia pi che sufficiente, ed insiste perch esso sia mantenuto.
MASTROJANNI precisa che egli non sostiene la soppressione del termine personale , ma l'aggiunta del
termine diretto .
LUCIFERO dichiara che la questione sollevata dall'onorevole Mastrojanni di particolare delicatezza e ritiene
che non possa essere affrontata nell'attuale seduta, essendo giunta improvvisa. Dichiara altres che, in teoria,
non alieno dall'elezione indiretta, e del resto la seconda Sottocommissione ha affermato il principio
dell'elezione indiretta del Capo dello Stato, il quale dovrebbe essere nominato dalle due Assemblee legislative.
Occorre quindi tener presenta che, se si stabilisce ora che il voto sia diretto, l'elezione del Capo dello Stato non
potrebbe pi avvenire col sistema approvato dalla seconda Sottocommissione.
Propone perci che tale questione venga risolta alla fine dei lavori della Sottocommissione.
PRESIDENTE ritiene che, accettando la proposta dell'onorevole Mastrojanni, si creerebbero delle difficolt in
ordine ai lavori della seconda Sottocommissione, difficolt che non opportuno sollevare.
D'altra parte, per quanto riguarda la proposta dell'onorevole Lucifero di rinviare una decisione alla fine dei lavori
della Sottocommissione, non crede che con ci si potranno eliminare le preoccupazioni dei commissari che
esitano nell'accettare il termine diretto .
LUCIFERO dichiara di non essere in grado di prendere una decisione in merito alla questione sollevata
dall'onorevole Mastrojanni, poich si tratta di un problema che richiede un esame approfondito. Ritiene per
giustificata la preoccupazione dell'onorevole Mastrojanni di fronte alla tendenza di dare a determinati enti od
organizzazioni pubbliche, di natura privata, una capacit politica che va al di l della loro natura.
CARISTIA si dichiara convinto che le obiezioni fatte dall'onorevole La Pira rispondano alla realt. Inoltre osserva
che la materia che oggi viene trattata collegata a quella della seconda Sottocommissione per quanto si
riferisce alla composizione della seconda Camera.
Ritiene che sia compito della prima Sottocommissione insistere sul concetto personale, senza precisare se
questo debba essere diretto o indiretto.
PRESIDENTE chiede all'onorevole Mastrojanni se insiste nella sua proposta.
MASTROJANNI dichiara di insistervi.

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PRESIDENTE pone ai voti l'emendamento dell'onorevole Mastrojanni, tendente ad aggiungere, dopo le parole
uguale, libero, segreto e personale il termine diretto .
LUCIFERO dichiara di astenersi dal voto, in quanto si riserva di studiare a fondo il problema e, nel caso, di
risollevarlo in altra sede.
CEVOLOTTO dichiara che voter contro, perch l'aggiunta proposta dall'onorevole
Mastrojanni potrebbe dar luogo ad interpretazioni ambigue.
(L'emendamento proposto respinto con 8 voti contrari, 5 favorevoli e 1 astenuto).
PRESIDENTE mette ai voli la formula proposta dai Relatori:
Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale e rappresenta un dovere civico e morale del cittadino .
LUCIFERO chiede che la votazione avvenga per divisione e precisamente che si voti a parte il termine morale
. Ritiene infatti he non si debba fare un trattato di etica, ma una Costituzione che deve dare un orientamento
giuridico al legislatore.
BASSO propone che si voti per proposizioni.
(La Sottocommissione concorda).
PRESIDENTE mette ai voti la prima proposizione dell'articolo: Il voto deve essere uguale, libero, segreto e
personale .
(La proposizione approvata all'unanimit, meno 1 voto contrario).
Mette ai voti la proposizione: e rappresenta un dovere civico .
BASSO dichiara di votare contro, perch con questa frase si verrebbe ad affermare il principio del voto
obbligatorio da un punto di vista giuridico, principio che non pu assolutamente ammettere.
(La proposizione approvata con 12 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).
PRESIDENTE mette ai voti l'ultima parte della formula e morale del cittadino .
LUCIFERO dichiara di votare contro questa dizione in quanto essa non ha alcun significato in un testo
costituzionale.
CEVOLOTTO dichiara di votare a favore, avendo prima votato contro, perch la formula, cos come era intesa
senza l'aggiunta di morale , avrebbe significato l'adozione del voto obbligatorio alla quale contrario.
L'aggiunta del termine morale , anche se all'onorevole Lucifero pu sembrare superflua, toglie questo
carattere di obbligatoriet giuridica al voto.
MERLIN UMBERTO, Relatore, dichiara che questa formula rispecchia il principio contenuto nella legge del 10
marzo 1946 in materia di elezioni. E pertanto dichiara di accettare l'emendamento Mancini.
(L'aggiunta proposta dall'onorevole Mancini approvata con 13 voti favorevoli e 2 contrari).
TOGLIATTI propone che nell'articolo si sostituisca il termine rappresenta con quello di .
MANCINI e MERLIN UMBERTO, Relatori, accettano.
PRESIDENTE mette ai voti la prima parte dell'articolo nel seguente testo definitivo:

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Il voto deve essere uguale, libero, segreto e personale ed un dovere civico e morale del cittadino .
( approvata con 11 voti favorevoli e 4 contrari).
PRESIDENTE sottopone alla Sottocommissione la successiva proposizione dell'articolo proposto dai Relatori:
Di regola deve essere esercitato col sistema della rappresentanza proporzionale .
Apre la discussione su questo articolo e osserva che, pur essendo favorevole al sistema proporzionale, ritiene
che mettere questo principio nella Costituzione non sia opportuno, perch non si deve vincolare il legislatore:
questo deve essere lasciato libero di adottare un sistema piuttosto che un altro, secondo la situazione politica
del momento in cui si dovr fare la legge elettorale.
LUCIFERO dichiara che le osservazioni del Presidente sono in gran parte anche le sue. Afferma di essere
anch'egli un fautore del sistema proporzionale, tanto vero che alla Consulta present un controprogetto di
sistema proporzionale in contrapposto a quello dello scrutinio di lista. Aggiunge per che non si pu, in una
materia cos opinabile come quella della legge elettorale, fissare un determinato sistema vincolando cos le
generazioni future. Le elezioni dovranno essere fatte in quella forma che la maggioranza del Parlamento riterr
pi opportuno di adottare, purch naturalmente siano elezioni democratiche.
CARISTIA ritiene che, proprio per le ragioni accennate dal Presidente e dall'onorevole Lucifero, si debba fare
nella Costituzione un accenno esplicito al sistema proporzionale, che il presupposto di uno Stato democratico,
poich in uno Stato veramente democratico si deve supporre l'esistenza dei partiti.
CEVOLOTTO ritiene che la proporzionale in questo momento pu rappresentare una necessit, ma osserva che
nelle recenti elezioni amministrative si ritenuto opportuno adottare un sistema diverso per quanto riguarda i
comuni minori. Fa presente inoltre che varie considerazioni potrebbero far ritenere opportuna l'adozione d'un
sistema diverso anche nelle elezioni nei comuni maggiori, data la difficolt che presenta la costituzione di
un'amministrazione comunale eletta col sistema della proporzionale.
Ricorda che, nel corso della storia parlamentare italiana, il sistema stato cambiato quattro volte. Ora potr
darsi che durante il periodo in cui la presente Costituzione dovr aver vigore, si trovino dei sistemi anche migliori
della proporzionale, ed allora non vede perch si dovrebbe modificare la Costituzione per variare il sistema
elettorale. Ritiene quindi che l'accenno al sistema proporzionale non debba essere fatto nella Costituzione.
TOGLIATTI pone la questione pregiudiziale che l'affermazione del sistema proporzionale non sia di competenza
della prima Sottocommissione. La prima Sottocommissione deve affermare i diritti dei cittadini, ma non entrare
nel tema dell'esercizio di tali diritti, che sono di particolare competenza della seconda Sottocommissione.
PRESIDENTE apre la discussione sulla questione pregiudiziale sollevata dall'onorevole Togliatti.
DE VITA dichiara di essere favorevole all'inclusione nella Costituzione di un'affermazione relativa al sistema
proporzionale, perch ritiene che questo sistema offra una garanzia ai partiti di minoranza.
MORO e LA PIRA dichiarano di essere favorevoli alla mozione dell'onorevole Togliatti.
LUCIFERO dichiara che voter a favore della mozione dell'onorevole Togliatti, non perch ritenga che
l'affermazione riguardante il sistema elettorale sia di competenza di un'altra Sottocommissione, ma perch la
mozione esclude l'affermazione in un articolo di un principio che egli, pur accettandolo, ritiene non debba essere
sancito nella Costituzione.
MANCINI, Relatore, aderisce alla mozione dell'onorevole Togliatti.
MERLIN UMBERTO, Relatore, aderisce anch'egli dichiarando per che si riserva, qualora la seconda
Sottocommissione non affermi il principio, del sistema proporzionale, di ripresentare una proposta in tal senso,
perch ritiene che questo principio debba essere affermato.

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CARISTIA dichiara di aderire alla mozione dell'onorevole Togliatti, pur non rinunciando alla sua opinione in
proposito.
PRESIDENTE mette ai voti la mozione dell'onorevole Togliatti di escludere in questa sede il sistema del voto e
di rinviarlo all'esame della seconda Sottocommissione, senza per pregiudicare il merito della questione.
(La mozione dell'onorevole Togliatti approvata all'unanimit, meno 1).
Fa presente che l'on. Basso - il quale ha proposto anch'egli una serie di articoli sui princip dei rapporti politici ha cos formulato la seconda proposizione del suo primo articolo: Tutti i cittadini concorrono all'esercizio di
questo diritto, tranne coloro che ne sono legalmente privati (e, fino a questo punto della formula, i concetti in
essa contenuti sono stati gi approvati nella seduta precedente) o che volontariamente non esercitino
un'attivit produttiva In quest'ultima proposizione contenuto un concetto nuovo sul quale necessario
discutere.
BASSO chiarisce che la sua proposta va inquadrata negli articoli che sono stati gi approvati, e particolarmente
nel primo articolo, in cui si dice che il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici, sociali e
politici il fondamento della democrazia italiana. Afferma che, se questo articolo ha un contenuto serio, si deve
pure ammettere la conseguenza che ne deriva, cio che chi non lavora non partecipa concretamente alla vita
politica della Nazione. Ritiene che la sua proposta sia la prima e pi diretta conseguenza di quella affermazione,
e che pertanto debba essere approvata.
MERLIN UMBERTO, Relatore, fa presenti le difficolt pratiche che questa norma potrebbe portare. Dichiara in
ogni modo di essere favorevole alla proposta dell'onorevole Basso.
MANCINI, Relatore, dichiara di essere anch'egli favorevole alla proposta dell'onorevole Basso.
MORO si dichiara contrario alla esplicita indicazione contenuta nella formula dell'onorevole Basso, appunto
perch sono state gi sancite alcune norme nella Costituzione, in base alle quali non assolutamente
concepibile che vi siano in Italia persone che non si dedichino volontariamente ad un'attivit produttiva. Ritiene
che introdurre una disposizione del genere di quella proposta dall'onorevole Basso, oltre che rappresentare una
ripetizione, significherebbe andare incontro al pericolo che la disposizione sia usata come un'arma per escludere
dal voto cittadini che si presume o si vuol presumere non esercitino un'attivit produttiva, mentre in realt
la esercitano. Si cade in sostanza nell'equivoco del significato che pu avere il termine: attivit produttiva .
Ricorda che stato gi chiarito che cosa si debba intendere per lavoro utile socialmente, e non ritiene che in
questa sede si debba ritornare sulla discussione.
LUCIFERO dichiara che l'onorevole Moro ha anticipato in gran parte le sue osservazioni. Esprime la sua netta
opposizione alla proposta dell'onorevole Basso, facendo presente che ci si gi trovati un'altra volta di fronte
alla difficoll di stabilire che cosa sia il lavoro produttivo. Conclude affermando che una formula del genere non
sarebbe altro che la negazione di una sana democrazia, e permetterebbe qualunque speculazione e forma di
ricatto morale e politico.
MERLIN UMBERTO, Relatore, fa presente che stato gi approvato un articolo in cui si dice che Ogni
cittadino ha diritto al lavoro ed ha il dovere di svolgere un'attivit o esplicare una funzione, idonee allo sviluppo
economico, o culturale o morale o spirituale della societ umana conformemente alle proprie possibilit ed alla
propria scelta . Dal momento che un articolo della Costituzione non pu essere interpretato distaccato da altri,
dichiara di approvare la proposta dell'onorevole Basso in relazione a quell'articolo che stato gi approvato.
MORO ribadisce il concetto che la norma cui ha accennato l'onorevole Merlin sarebbe, svalutata, se si potesse
pensare che esistano ancora persone che non lavorano, dopo che si sancito il diritto e il dovere al lavoro. La
norma dell'onorevole Basso puntualizzerebbe l'attenzione sopra un lato negativo della societ italiana, che
invece si vuole eliminare.
MASTROJANNI, richiamandosi a quanto ebbe gi occasione di dire in ordine al dovere al lavoro, come dovere
morale e non come imposizione costituzionale, dichiara di votare contro la formula dell'onorevole Basso e si
associa alle considerazioni dell'onorevole Lucifero.

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MANCINI, Relatore, dichiara di accettare la proposta dell'onorevole Basso, perch in precedenti discussioni ha
sostenuto e dimostrato che prima si deve essere produttori e poi cittadini. Afferma che soltanto chi produce e
con la sua attivit incrementa la societ nella quale vive, ha il diritto di scegliersi i suoi rappresentanti.
PRESIDENTE dichiara di concordare nell'interpretazione data dall'onorevole Merlin alla formulazione
dell'onorevole Basso, ma di non poter dare voto favorevole alla sua proposizione, perch non la ritiene capace
di riferirsi all'articolo cui stato accennato. Ricorda che quell'articolo diede luogo ad un'ampia discussione
conclusasi con l'accettazione della formula socialmente utile che aveva destato le preoccupazioni di una
parte dei Commissari. Fa osservare che, in ordine al diritto di voto, il legislatore potrebbe essere indotto a dare
alla formula dell'onorevole Basso un'interpretazione univoca nel senso di ritenere soltanto produttivi lavori
tecnici, manuali, e non anche un'attivit spirituale la cui utilit sociale da alcuni accettata, mentre da altri
rifiutata.
Per queste ragioni dichiara che voter contro la proposta dell'onorevole Basso.
MORO propone che la formula dell'onorevole Basso venga inserita nell'articolo riguardante il lavoro, dicendosi,
ad esempio, che: L'adempimento di questo dovere al lavoro presupposto per l'esercizio dei diritti politici . In
tal modo si rafforzerebbe il contenuto dell'articolo con una specie di sanzione, e nello stesso tempo si
eliminerebbe il pericolo di erronee interpretazioni.
LA PIRA si associa all'emendamento sostitutivo dell'onorevole Moro.
BASSO rileva che questa proposta non fa che collimare con le osservazioni gi fatte dall'onorevole Moro, che
cio non si deve supporre che ci siano in Italia delle persone che non svolgano un'attivit produttiva.
Ad ogni modo dichiara di non avere difficolt ad accettare la proposta dell'onorevole Moro.
PRESIDENTE comunica che l'emendamento sostitutivo proposto dall'onorevole Moro e accettato dall'onorevole
Basso, il seguente: L'adempimento di questo dovere presupposto per l'esercizio dei diritti politici . Tale
proposizione dovrebbe essere inserita alla fine dell'articolo gi approvato, in cui si dice: Ogni cittadino ha diritto
al lavoro ed ha il dovere di svolgere un'attivit o esplicare una funzione, idonee allo sviluppo economico o
culturale o morale o spirituale della societ umana conformemente alle proprie possibilit ed alla propria scelta
.
LUCIFERO dichiara che voter contro questa formula. Osserva che non si possono fare continuamente delle
affermazioni di principio che poi non hanno nessun valore, e finiscono per svalutare princip nobili e seri da tutti
accettati.
Ritiene che l'articolo che si vuole introdurre abbia un carattere demagogico e privo di un contenuto giuridico.

BASSO dichiara di respingere l'appellativo di demagogico usato dall'onorevole Lucifero, appellativo che, se
mai, si dovrebbe riferire non alla formula in discussione ma all'articolo gi approvato. Si tratta ora di dare un
contenuto concreto a questo articolo; si tratta di stabilire che chi non adempie all'obbligo in esso stabilito incorre
nella privazione dei diritti politici. O si viene a riconoscere che quando stato formulato quell'articolo non si
intendeva fare sul serio, o si deve ammettere che l'articolo stato creato perch avesse un valore concreto, e in
tal caso si devono tradurre in conseguenze giuridiche le norme fissate.
Ritiene che la formula da lui proposta costituisca una prova della seriet delle intenzioni di chi partecipa ai lavori
per la Costituzione.
MERLIN UMBERTO, Relatore, dichiara di accettare l'emendamento proposto dall'onorevole Moro. Invita gli
onorevoli Commissari a considerare che vi sono individui, anche se pochi, i quali passano la loro vita senza
attendere ad alcuna occupazione. Anche se si tratta di poche persone, egli ritiene che escluderli dai diritti politici
sia cosa meritoria.

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LUCIFERO dichiara di votare contro questa proposizione che, mentre in se stessa non ha alcun significato
effettivo, pu essere il mezzo attraverso il quale l'autorit che dovr determinare se una data attivit produttiva
o no, potr eliminare intere categorie di cittadini dai diritti civili, servendosi di un articolo formulato in maniera
molto vaga e che pu essere interpretato in modo arbitrario.
MANCINI, Relatore, dichiara di accettare l'emendamento proposto dall'onorevole Moro.
MASTROJANNI dichiara che voter contro per le stesse ragioni esposte dall'onorevole Lucifero.
PRESIDENTE mette ai voti l'emendamento proposto dall'onorevole Moro, da inserirsi quale comma aggiuntivo
nel secondo articolo sui princip dei rapporti sociali (economici) gi approvato.
(L'emendamento approvato con 12 voti favorevoli, 2 astenuti e 2 contrari).
SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI


PRESIDENTE comunica che l'onorevole Ambrosini ha chiesto che sia stralciata dalla sua relazione la parte
speciale. Poich convinto, che anche la parte anzidetta della relazione sull'ordinamento regionale costituisce
un prezioso apporto di idee alla risoluzione del problema in esame, sicuro di interpretare il pensiero di tutti i
componenti la Sottocommissione, invita l'onorevole Ambrosini a recedere dalla sua richiesta.
FUSCHINI assicura che la richiesta di spiegazioni da lui rivolta all'onorevole Ambrosini, nella riunione
precedente, a proposito dell'articolo 17 del progetto sull'autonomia regionale non era ispirata ad alcun motivo di
critica dell'opera veramente egregia prestata dal Relatore. Si associa pertanto al voto espresso dal Presidente.
AMBROSINI, Relatore, ringrazia ed afferma che la sua opera, per quanto modesta, e sar sempre a completa
disposizione della So t tocommissione.
PRESIDENTE avverte che la discussione verte ancora sull'articolo 2 del progetto sull'autonomia locale.
PICCIONI dubita che lo spirito dell'ordine del giorno, approvato dalla Sottocommissione all'inizio dei suoi lavori,
sia stato tenuto presente nella formulazione del secondo comma dell'articolo 2. In quell'ordine del giorno si
faceva richiamo alle situazioni particolari esistenti in alcune Regioni, relativamente, per, alla necessit di una
formulazione di progetto di ordinamento regionale avente carattere generale. Ci poteva significare, o la
necessit di coordinare in un solo testo gli Statuti regionali gi esistenti e il provvedimento di carattere generale
sull'ordinamento regionale, o l'altra di considerare gli Statuti regionali gi esistenti come guide per la
formulazione del progetto generale dell'ordinamento regionale. Si trattava, cio,
di inquadrare gli statuti gi esistenti nel nuovo ordinamento regionale, nel senso che, riconoscendosi l'esistenza
di particolari condizioni in talune Regioni, tali condizioni avrebbero dovuto essere precisate obiettivamente nel
testo generale dell'ordinamento regionale, in modo che unica rimanesse pur sempre la fonte costituzionale. Ci
non stato fatto dal Comitato, e con l'articolo 2 si creano due tipi ben distinti di Regioni: quelle per cui ha valore
il testo generale dell'ordinamento regionale e quelle, in tutto quattro, a cui invece si lascia un'assoluta autonomia
di ordinamento nei confronti della legge fondamentale. Ci non gli sembra opportuno, onde non crede che il
secondo comma dell'articolo 2 possa essere approvato.
Avrebbe poi gradito che si fosse compiuto un esame comparativo fra il progetto di carattere generale
sull'ordinamento regionale e i due Statuti speciali gi esistenti, allo scopo di individuare le condizioni particolari
delle Regioni a cui tali Statuti si riferiscono. Cos, se da questo esame comparativo fosse risultata l'opportunit di
tener presenti tali condizioni particolari, esse avrebbero potuto essere specificate nel testo fondamentale
dell'ordinamento regionale, e ci non solo per consacrare i motivi che possono giustificare un diverso
trattamento fatto a quelle Regioni, ma anche per evitare che ad esse possa essere dato un ordinamento

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eccessivamente e ingiustificatamente diverso da quello comune. Ancor meno pu essere favorevole alla formula
proposta dall'onorevole Laconi, con la quale, assai pi chiaramente, si prevedono due distinte categorie di
Regioni; argomento che non ha mai formato oggetto di discussione e tanto meno di convergenza di opinioni.
LACONI si richiama, circa le affermazioni dell'onorevole Piccioni sull'opportunit di specificare alcune particolari
situazioni regionali nel testo della Costituzione, al progetto dello Statuto regionale sardo, preparato dal Partito
della democrazia cristiana, in cui si fanno rivendicazioni di tale natura, che indubbiamente non potrebbero trovar
posto in una Carta costituzionale.
PERASSI riconosce che esistono determinati problemi per alcune Regioni, ma non ha mai pensato che
l'ordinamento regionale in Italia debba essere attuato soltanto per far fronte alle particolari esigenze di talune
Regioni. Qualcuno ha voluto ricordare Mazzini; ma lo stesso Mazzini, che nel 1861 propose l'istituzione della
Regione come organo intermedio fra il Comune e lo Stato, voleva un ordinamento regionale, non gi in vista di
un maggiore o minore coordinamento delle varie nostre Regioni provenienti da Stati diversi, bens da un punto di
vista generale, come un nuovo modo, cio, di organizzazione dello Stato italiano. Si tratta quindi, con
l'ordinamento regionale, di realizzare in Italia una democrazia effettiva e di dare allo Stato una struttura pi
rispondente alla variet delle Regioni. Avuto riguardo, per, ad alcune particolari condizioni geografiche, storiche
ed economiche, da considerare la possibilit di dare a talune Regioni un ordinamento in qualche punto diverso
da quello fissato per tutte le altre. A tale proposito resta da risolvere il problema, giuridico-formale,
dell'inquadramento di tali particolari ordinamenti nell'ordinamento regionale dello Stato. Si pu quindi esaminare
la possibilit di apportare qualche modifica al secondo comma dell'articolo 2, nel senso di affermare che gli
ordinamenti regionali speciali non debbano essere nettamente distinti dall'ordinamento generale regionale. A
suo avviso, anzich parlare di Statuti speciali, si potrebbe parlare di ordinamenti autonomi stabiliti con legge
costituzionale.
LUSSU ritiene che, per giungere ad una soluzione univoca del problema in esame, sarebbe opportuno che gli
onorevoli Nobile e Laconi ritirassero le loro proposte di emendamenti all'articolo 2, e ci per dissipare alcune
preoccupazioni che possono essere anche giustificabili. Da qualcuno, infatti, si teme che con l'adozione di
Statuti speciali per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d'Aosta e il Trentino-Alto Adige, possano essere adottati
princip in contrasto con quelli fondamentali della Carta costituzionale. Ora, questo timore infondato, tanto pi
che nell'articolo 3 detto assai chiaramente che l'autonomia di ogni Regione deve essere in armonia con la
Costituzione e con i princip fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Solo se ci non fosse, le
preoccupazioni manifestate da qualche collega avrebbero una ragion d'essere, perch si avrebbe, non pi uno
Stato unitario democratico, ma uno Stato anarchico, ed allora veramente sarebbe il caso di parlare di
separatismo. Ma chiaro che nessuno in Italia, tranne forse l'onorevole Finocchiaro Aprile, pu pensare,
nemmeno lontanamente, a una simile impostazione dell'ordinamento regionale.
Aderisce, quindi, alle giuste osservazioni dell'onorevole Perassi sull'autonomia regionale intesa da un punto di
vista generale, come un nuovo modo di organizzazione dello Stato italiano. Non il caso di nutrire alcun timore
circa il disposto del secondo comma dell'articolo 2, tanto pi che gli Statuti speciali ivi previsti, dovranno essere
sottoposti innanzi tutto all'esame della Sottocommissione e poi a quello della Commissione, per essere infine
discussi in seno all'Assemblea Costituente, alla quale soltanto spetta il compito di dire su di essi l'ultima parola.
Si hanno cos tutte le garanzie per premunirsi da ogni eventuale sorpresa.
D'altra parte giova riconoscere che esistono condizioni particolari nelle quattro Regioni menzionate nella
seconda parte dell'articolo 2, ed necessario tenerle presenti, anche e soprattutto per necessit politiche. Si
potr discutere in seguito su alcune norme contenute, ad esempio, nello Statuto per la Sicilia, o su alcuni
particolari problemi riguardanti l'economia regionale sarda, od anche sulla gi avvenuta concessione di una
zona franca alla Val d'Aosta; ma quando ci dovr farsi, si dovr tener presente che per la Sicilia e la Val
d'Aosta non si potr ritornare su talune disposizioni gi prese, che rappresentano ormai un diritto acquisito,
come anche non potranno essere ostacolate alcune aspirazioni della popolazione sarda, perch sono legittime e
profondamente sentite. Ci non sarebbe assolutamente opportuno per ragioni politiche, come anche sarebbe un
grave errore, per lo stesso motivo, modificare la formulazione del secondo comma dell'articolo 2, non
menzionando espressamente la Sicilia, la Sardegna, la Valle d'Aosta e il Trentino-Alto Adige secondo quanto,
ad esempio, ha proposto anche l'onorevole Rossi. Si tratta in fondo di un problema di forma, ma che ha grande
importanza nel momento attuale.

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Per queste considerazioni ritiene che la formulazione dell'articolo 2, cos come stata proposta dal Comitato
possa senz'altro essere approvata.
MANNIRONI del parere che innanzi tutto occorra risolvere il problema da un punto di vista generale;
necessario, cio delineare un tipo di ordinamento regionale che possa servire per tutte le Regioni d'Italia, e
quindi anche per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d'Aosta e il Trentino-Alto Adige. Con ci non intende negare i
diritti quesiti della Sicilia e della Val d'Aosta, che hanno ormai uno Statuto speciale, o le condizioni particolari
delle quattro Regioni menzionate. Ci che importa, una volta che sia stato fissato l'ordinamento regionale per
tutte le Regioni italiane, di adattare in sede costituzionale a tale ordinamento gli statuti speciali gi concessi
per legge, e le esigenze particolari delle quattro Regioni. Si tratta, in altri termini, di creare prima la regola e poi,
se sar necessario, l'eccezione e non gi questa prima di quella.
Il concetto da lui esposto non dettato dalla preoccupazione, come alcuno potrebbe credere, che con il futuro
ordinamento regionale dello Stato possa essere indebolita l'unit dello Stato stesso, bens dal timore che si
voglia attuare una riforma regionale soltanto per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d'Aosta e il Trentino-Alto Adige,
e non gi per tutta l'Italia. E proprio a ci, secondo il suo avviso, sembra tendere il disposto dell'articolo 2, che in
sostanza riproduce la proposta fatta, in sede di Comitato di redazione per l'autonomia regionale, dall'onorevole
Grieco, con la quale proposta si creavano due distinte categorie di Regioni, quelle aventi soltanto uno status di
enti autarchici, senza un potere normativo primario, quindi senza una vera e propria autonomia, e quelle aventi
effettivamente una tale autonomia, ossia le quattro Regioni gi ricordate. Se tale criterio dovesse essere posto a
base dell'ordinamento regionale, verrebbe meno in realt ogni ordinamento regionale nel senso di una nuova
organizzazione dello Stato, adottata per giungere ad una pi schietta e radicale democrazia. proprio ci che
egli, regionalista convinto, vuole assolutamente evitare.
Per tali considerazioni del parere che dovrebbe essere adottata la originaria formulazione dell'articolo 2
proposta dall'onorevole Ambrosini.
MORTATI, per mozione d'ordine, osserva che inutile procedere nell'esame del secondo comma dell'articolo 2,
se prima non sia deciso l'ordinamento delle varie Regioni. Occorre prima risolvere il problema della creazione
dell'Ente Regione da un punto di vista generale, e poi preoccuparsi del trattamento speciale da riservare a
determinate Regioni. Propone pertanto di rinviare la discussione sull'ultimo comma dello articolo 2.
PRESIDENTE nota che, con l'approvazione della proposta di rinvio fatta dall'onorevole Mortati, si verrebbe in
realt a pregiudicare, o quanto meno ad affrettare la soluzione dell'importante problema in discussione. chiaro,
infatti, che coloro che sono favorevoli a due distinte categorie di Regioni, voteranno contro la proposta di rinvio
dell'onorevole Mortati, mentre voteranno a favore di essa coloro che vogliono un ordinamento di carattere
generale per tutte le Regioni, che consenta soltanto la regolamentazione di alcune determinate situazioni
particolari, se ci risulter necessario. Comunque, se l'onorevole Mortati insiste nella sua proposta, la metter in
votazione.
MORTATI insiste nella sua proposta, osservando che con l'eventuale accoglimento di essa non si verrebbe
affatto a pregiudicare la possibilit di riprendere in esame, al momento opportuno, il disposto del secondo
comma dell'articolo 2 e di inserirlo definitivamente nel progetto sulle autonomie locali. Si tratta soltanto di una
semplice proposta di sospensiva.
BORDON non ritiene opportuno sospendere la discussione sul secondo comma dell'articolo 2. Se si dovesse
arrivare ad una simile decisione, sarebbe anche necessario rinviare l'esame della prima parte dell'articolo
suddetto, perch non possono essere fissate norme generali per l'ordinamento di tutte le Regioni, quando
esistono gi Statuti speciali per alcune Regioni o determinati territori, come ad esempio la Valle d'Aosta. Ci
potrebbe essere inteso nel senso che si vogliano pregiudicare i diritti gi acquisiti dalle quattro Regioni
menzionate; ed egli, come rappresentante della Valle d'Aosta, che ha gi uno Statuto speciale, dichiara di
essere decisamente contrario alla proposta fatta dall'onorevole Mortati.
PICCIONI non trova esatto ci che ha affermato il Presidente a proposito della proposta dell'onorevole Mortati. Il
rinvio della discussione sul secondo comma dell'articolo 2 non pu avere altro significato che quello di
consentire, al momento opportuno, un pi approfondito esame di quanto dispone il comma anzidetto. Se il voto
dato, in un senso o nell'altro, a una proposta di rinvio della discussione di un dato problema dovesse avere il

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significato di voler pregiudicare la decisione sul merito, non sarebbe pi possibile fare alcuna proposta di
sospensiva.
Per tali considerazioni dichiara di essere favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati.
CONTI fa presente che, con il mantenimento della formulazione dell'articolo 2, si pu pregiudicare il futuro
ordinamento regionale dello Stato, perch evidentemente, quanto dispone il secondo comma dell'articolo
anzidetto tende a ridurre la portata di ci che si stabilisce nel primo. Sar bene quindi rinviare la discussione sul
secondo comma al momento in cui tale discussione potr sembrare pi opportuna. A suo avviso, la proposta
dell'onorevole Mortati ha appunto tale significato e non pu essere presa in altro senso.
AMBROSINI, Relatore, non ritiene che il disposto del secondo comma indebolisca quello del primo, visto che
con esso si mira soltanto a regolare alcune situazioni particolari rispetto alle disposizioni di massima riguardanti
le regioni in generale.
NOBILE del parere che innanzi tutto occorrerebbe decidere se si voglia o pur no uno Stato unitario, perch,
mentre nel primo comma dell'articolo 2 si parla di unit e indivisibilit dello Stato, nel secondo tale principio viene
ad essere inficiato, attribuendosi a determinate Regioni forme e condizioni particolari di autonomia. Nonostante
che per mentalit ed educazione sia contrario ad ogni forma di regionalismo, pu benissimo ammettere che si
voglia un ordinamento regionale, specialmente se ha lo scopo di decentrare l'amministrazione statale. Ci, per
non dovrebbe in nessun caso implicare la creazione di uno speciale ordinamento autonomo per alcune
determinate regioni.
LACONI perfettamente d'accordo con quanto ha affermato il Presidente. Chi, infatti, interpreta il disposto del
secondo comma dell'articolo 2 come un'eccezione al principio di un ordinamento regionale attuabile per tutte le
regioni, pu essere favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati; invece contrario ad essa chi considera la
situazione delle quattro Regioni menzionate in quel comma come parte integrante di tutta la concezione del
riordinamento, su base regionale, dello Stato italiano. Per tale motivo, se l'esame del secondo comma dovesse
essere rinviato, si risolverebbe automaticamente la questione di merito in ordine al problema in discussione. Non
ritiene quindi opportuno accogliere la proposta dell'onorevole Mortati; al pi potrebbe essere presa in
considerazione quella dell'onorevole Ambrosini, di rinviare, cio, la discussione di tutto l'articolo 2.
MORTATI si associa alla proposta dell'onorevole Ambrosini, di rinviare l'esame dell'intero articolo 2.
LUSSU non crede opportuno nemmeno il rinvio della discussione su tutto l'articolo 2, perch ci costituirebbe un
errore da un punto di vista politico. Suggerisce piuttosto di mettere in votazione l'articolo anzidetto con riserva di
sottoporlo a revisione al momento opportuno.
PRESIDENTE, poich la proposta dell'onorevole Mortati stata modificata nel senso di sospendere, come
stato poi suggerito dall'onorevole Ambrosini, la discussione di tutto l'articolo 2, dichiara che personalmente vi
contrario, perch dietro di essa si nasconde una ragione politica; il che, del resto, naturale che avvenga in
un'assemblea formata di rappresentanti politici.
PICCIONI favorevole alla proposta di sospendere l'esame di tutto l'articolo 2, e dichiara di respingere
decisamente il significato politico che ad un voto in tal senso stato dato dal Presidente. Nessun significato
politico particolare rivestono la proposta dell'onorevole Mortati ed il voto favorevole che ad essa viene dato. I
rappresentanti del suo partito hanno apertamente e recisamente affermato di essere favorevoli all'instaurazione
di un ordinamento regionale, come hanno sempre ammesso la necessit di tenere presente la particolare
situazione delle quattro Regioni menzionate nel secondo comma dell'articolo 2. proprio per un pi
approfondito esame della situazione particolare delle Regioni anzidette che stato proposto il rinvio della
discussione sull'articolo in questione. Quell'esame non possibile, se prima non sia risolto il problema
dell'ordinamento regionale da un punto di vista generale. Questo e non altro il significato del voto favorevole
che egli dar alla proposta di sospensiva.
FABBRI contrario alla proposta di sospensiva, perch crede opportuno che si proceda subito all'esame
dell'articolo 2, a cui per altro dovrebbe essere apportata qualche modificazione di forma. Tiene a dichiarare, in
ogni modo, che favorevole ad un ordinamento regionale di carattere uniforme per tutte le Regioni, pur

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riconoscendo che debbano essere tenute presenti le particolari condizioni della Sicilia e della Sardegna, della
Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige.
PRESIDENTE mette ai voti la proposta di sospendere la discussione dell'articolo 2.
(Con 12 voti favorevoli e 14 contrari non approvata).
FINOCCHIARO APRILE osserva che l'onorevole Nobile stato nel giusto quando ha dichiarato che, con
l'instaurazione di un ordinamento regionale, si viene a disintegrare l'organizzazione unitaria creata al tempo del
Risorgimento. Ci, in fondo, corrisponde al pensiero degli onorevoli Einaudi, Nitti ed altri, i quali hanno sempre
affermato che, tutt'al pi, si potrebbe concedere alle Regioni un certo decentramento burocratico; non mai
l'autonomia, in quanto questa avrebbe l'effetto, appunto, di scardinare l'unit dello Stato italiano. Ora, dal suo
punto di vista, non ha che a confermare ci che gi ebbe occasione di proclamare in seno all'Assemblea
Costituente e nella stessa Sottocommissione, vale a dire che il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia ,
che ha l'onore di rappresentare, non pu considerare l'autonomia come fine a se stessa, ma come mezzo al fine
di raggiungere la tanto auspicata indipendenza della patria siciliana.
Non crede che, ammettendo forme speciali di autonomia per la Sicilia, per la Sardegna, per la Valle di Aosta e
per il Trentino-Alto Adige, si venga a stabilire una qualche cosa di anormale, una situazione che contrasti
eccessivamente con l'ordinamento generale dello Stato, una posizione di privilegio di alcuni paesi in confronto di
altri, perch la realt la seguente: in Italia si cominciato a parlare della possibilit di attuare un ordinamento
autonomistico soltanto dopo la grandiosa agitazione indipendentista siciliana e come antidoto contro di essa.
Prima, dopo il fallimento del progetto Minghetti e dei successivi tentativi, se n'era parlato come di un esigenza
dottrinale de jure condendo. All'agitazione siciliana seguirono le richieste della Sardegna, della Valle d'Aosta e
del Trentino-Alto Adige, sia pure in forme alquanto diverse tra loro. Nessun'altra regione espresse mai il
desiderio dell'autonomia. Quella che si vuole dare alle altre Regioni, e ne molto discutibile la necessit,
un'autonomia che si vuol far piovere dall'alto, non un ordinamento germinato, sia anche a titolo di transazione,
dalla viva espressione della volont popolare. Da ci dipende quella pretesa contraddizione che si vuole
rimproverare all'oratore per essersi regolato in conseguenza, di essere cio indipendentista in Sicilia e
centralista a Roma. Tale contraddizione solo apparente, in quanto l'autonomia bisogna darla a quelle Regioni
che la desiderino, non imporla a quelle che non sanno che farsene, specie poi nella forma che in gestazione.
Per questo non pu essere soppressa la menzione delle speciali forme di autonomia da attribuirsi alle quattro
Regioni, perch, se ci venisse fatto, verrebbe meno la vera ragione della discussione in ordine al problema
autonomistico.
Nel progetto presentato dal Comitato, frutto evidentemente di molti compromessi, non previsto un completo,
vero e proprio ordinamento autonomo per tutte le altre Regioni, diverse dalle quattro specificate.
Si hanno, cos, due distinte categorie di Regioni: quelle a tipo decentrativo e quelle autonomiste. Qui non si
vogliono considerare che le prime, in quanto, per le seconde, le cui popolazioni hanno gi fatto valere le loro
aspirazioni in senso autonomista, esistono gi o saranno presto stabiliti ordinamenti speciali.
Per ci che riguarda la Sicilia stato promulgato, com' noto, uno Statuto che insufficiente ai bisogni delle
popolazioni siciliane, ma che dovr, ci che peggio, essere coordinato con la Costituzione, secondo una
norma contenuta nello Statuto medesimo. Ora c' da osservare che il termine coordinamento si presenta gi
in modo assai equivoco. Che cosa si vuole intendere con esso? Forse la revoca di alcune facolt considerate
eccessive, come ad esempio - cos si detto - l'autonomia tributaria? Ma queste facolt sono giudicate invece
insufficienti alle esigenze delle popolazioni siciliane. Comunque sono state gi concesse dal legislatore. Si
potrebbero aumentare, non diminuire o modificare. Se si volesse fare ci, si commetterebbe un grave errore non
solo da un punto di vista giuridico, ma anche da un punto di vista politico; sarebbe assai pericoloso, infatti,
togliere alla Sicilia ci che ormai le stato attribuito. poi necessario che si sappia presto e con sicurezza se lo
Statuto siciliano dovr far parte integrante della nuova Costituzione o rester una legge a s, coordinata alla
Costituzione dal solo punto di vista formale: ed pure necessario sapere quando infine debba entrare in
esecuzione. Un chiarimento in questo senso sarebbe opportuno che fosse dato dall'onorevole Ambrosini e dal
Comitato, se hanno chiesto notizie al Governo e sono stati informati.

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Anche la Valle di Aosta, come la Sicilia, ha ormai un suo Statuto speciale. Ora, per quanto lo Statuto della Valle
di Aosta, a differenza di quello siciliano, sia gi entrato in attuazione, esso non ha soddisfatto punto le
popolazioni valdostane, come del resto quello per la Sicilia, approvato ma non attuato, ha scontentato le genti
siciliane. Nella riunione precedente l'onorevole Bordon, che un nobile rappresentante ed un innamorato della
sua terra, ha detto che le popolazioni della Valle di Aosta non hanno alcuna intenzione di richiedere una
garanzia internazionale. Ci non esatto. La verit che la Valle di Aosta aspira a qualcosa di assai diverso
dall'autonomia e di pi sostanziale. A tale proposito basta considerare il programma dell'Unione Valdostana,
movimento antifascista di resistenza al nazionalismo centralizzatore di Roma, che si basa sui seguenti quattro
punti: 1) un regime cantonale di tipo svizzero; 2) una zona franca totale e permanente; 3) l'istituzione di un
demanio regionale valdostano comprendente le acque, le miniere e il sottosuolo; 4) la garanzia internazionale
dei diritti del popolo valdostano, cio a dire la garanzia della Carta delle libert valdostane, che deve sanzionare
in un modo indissolubile i tre punti precedenti. Le suddette aspirazioni delle popolazioni valdostane gli sono
state manifestate espressamente da autorevoli rappresentanti di quella Regione quali il presidente del Consiglio
Caveri, il professore Deffeyes e l'avvocato Page, venuti a lui per dirgli fra l'altro che sono costretti
settimanalmente a recarsi a Roma perch, anche per le questioni ormai rientranti nell'ambito dell'autonomia,
l'amministrazione centrale oppone un deplorevole ostruzionismo. Ora ci deve cessare. La Valle di Aosta una
terra benedetta da Dio che ha incomparabili bellezze naturali, che ha possibilit eccezionali di sviluppo
industriale, che ricca di boschi, di sorgenti e di miniere, che ha, soprattutto una magnifica popolazione
intelligente, piena d'iniziative ed operosa. La Valle di Aosta ha, dunque, diritto che le sue aspirazioni siano
riconosciute. Non farlo sarebbe atto di suprema ingiustizia.
Quanto alla garanzia internazionale, giova ricordare che essa form oggetto di un'esplicita richiesta anche da
parte del Movimento per l'Indipendenza della Sicilia al tempo della occupazione anglo-americana. Fu allora
dichiarato dagli Alleati che i siciliani avevano perfettamente il diritto di richiederla.
Occorre anche tener presente la situazione dell'Alto Adige. Come noto vi col il Sdtiroler Volkspartei
che aveva Io scopo principale di ottenere, in virt di autodecisione, la riunione con il Tirolo del nord dal quale gli
altoatesini furono staccati nel 1920 dal trattato di pace di San Germano, mentre l'unione era durata quasi 15
secoli. Ma, negato dai Quattro Grandi l'accoglimento di tale richiesta, gli altoatesini aderirono alla
convenzione tra l'Italia e l'Austria onde avere almeno una larga autonomia, garantita internazionalmente, in
modo, in caso di diniego, di potere ricorrere all'O.N.U. oppure alla Corte internazionale dell'Aja.
Gli altoatesini sono ora decisi a tenersi strettamente alle clausole di questa convenzione, nonch alle lettere
interpretative scambiate fra i ministri De Gasperi e Grber e chiedono l'immediata riunione di tutte le zone
facenti anteriormente parti integranti del Sudtirolo, ma staccate nel 1926 dalla provincia di Bolzano, come il
territorio mistilingue che va da Bronzolo a Salorno, il territorio ladino di Livinallongo e l'Ampezzano.
La riunione di queste sparse membra di un unico corpo non pu essere negata, come giusto sia accolta la
domanda degli altoatesini di immediata partecipazione all'amministrazione pubblica in tutti gli uffici statali,
parastatali, provinciali e comunali in relazione almeno alla popolazione.
Nello stesso tempo gli altoatesini ricusano decisamente il progetto di uno Statuto di autonomia regionale per le
provincie di Bolzano e di Trento, redatto, d'ordine del Governo, dal consigliere di Stato Innocenti. Essi hanno
preparato un disegno di organizzazione cantonale, pubblicato nel giornale Volksbote , meritevole della
maggiore attenzione e considerazione; disegno nel quale la vera e piena autonomia dovr essere garantita
internazionalmente. Anche, dunque, dalle popolazioni altoatesine si avanzano le stesse richieste che vengono
da altre parti.
Occorre assolutamente tener presente tale situazione di fatto.
da augurarsi che i voti delle popolazioni suddette trovino comprensione e soddisfazione nell'Assemblea
Costituente. Sar atto di saggezza politica, specie in un periodo in cui l'Austria avverte, ancor pi dell'Italia, le
funeste conseguenze della guerra e si accentuano le simpatie di quelle popolazioni verso di noi.
Ma il problema fondamentale dell'autonomia della Sicilia, della Sardegna, della Valle di Aosta e del Trentino-Alto
Adige non si risolve con la formulazione di norme pi o meno generiche, sibbene creando le condizioni
necessarie perch veramente l'amministrazione centrale si persuada di attuare sul serio l'ordinamento

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autonomistico. chiaro che il Governo non affatto animato da tale proposito, come dimostra il suo contegno in
rapporto alla Sicilia, e ci offende le popolazioni che oggi esigono di reggersi autonomamente ed invocano una
garanzia internazionale.
(La riunione, sospesa alle 18,30 ripresa alle 18,45).
PRESIDENTE avverte che al secondo comma dell'articolo 2 sono state presentate due proposte di
emendamento: una dell'onorevole Bozzi, del seguente tenore: Con legge costituzionale possono essere
attribuiti alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d'Aosta e al Trentino-Alto Adige e alle altre Regioni che ne facciano
richiesta, condizioni diverse di autonomia ; l'altra degli onorevoli Tosato, Piccioni, Cappi e Fuschini, cos
concepita: In relazione alle loro particolari esigenze, alle Regioni mistilingui della Valle d'Aosta e del TrentinoAlto Adige, come a quelle insulari della Sicilia e della Sardegna, sono riconosciute forme e condizioni speciali di
autonomia, che in quanto divergano dalle norme seguenti, sono stabilite con legge costituzionale ..
LUSSU crede che i colleghi rappresentanti i vari partiti sentiranno l'opportunit di non procedere nella
discussione dell'articolo 2, come se essi fossero per la prima volta chiamati a prenderne conoscenza. Il Comitato
di redazione per l'autonomia regionale, infatti, era composto di rappresentanti di tutti i partiti e quindi nella
formulazione ha tenuto conto delle varie opinioni in contrasto, ed un certo grado d'intesa dovrebbe sussistere
nella riunione odierna.
PRESIDENTE d'accordo completamente con l'onorevole Lussu, e fa presente quindi ai colleghi la necessit di
terminare nella seduta odierna la discussione sull'articolo 2.
AMBROSINI, Relatore, risponder brevemente all'onorevole Finocchiaro Aprile, che gli ha domandato se lo
Statuto siciliano dovr o pur no essere inserito nella Costituzione, e quali sono le ragioni per cui esso non
ancora entrato in esecuzione. Circa quest'ultima domanda, osserva che andrebbe rivolta al governo.
Comunque nota che lo Statuto siciliano ha gi avuto un principio di esecuzione, con la nomina della
Commissione paritetica che prevista dall'articolo 43 di esso Statuto e che chiamata a determinare le norme
transitorie relative al passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, nonch le norme per
l'attuazione dello Statuto .
Circa la prima domanda, rispondendo a titolo semplicemente personale, rileva che l'attuale Statuto siciliano
potr esser preso in esame - e soltanto per quanto riguarda il suo coordinamento con le norme della
Costituzione - dopo che queste norme saranno deliberate dall'Assemblea Costituente, e non prima, giacch fino
a quando tali norme non sono deliberate manca il presupposto stesso a cui riferirsi per il coordinamento. Il che
naturalmente non deve impedire che lo Statuto siciliano abbia per intanto attuazione, specialmente con
l'apprestamento della legge elettorale e la successiva immediata convocazione dei comizi per l'elezione della
Assemblea regionale. Se poi, dopo il coordinamento suddetto, lo Statuto dovr essere aggiunto alla
Costituzione come un allegato o essere lasciato a parte come un testo autonomo, a s stante, questione di
forma, che potr risolversi in un senso o nell'altro. Quello che conta la sostanza, e la sostanza questa: che in
ogni caso lo Statuto ha carattere e valore di legge costituzionale.
Quanto alle altre considerazioni dell'onorevole Finocchiaro-Aprile, manifesta il suo netto dissenso, rilevando che
l'autonomia regionale va considerata ed attuata non solo e non tanto nell'interesse particolaristico delle Regioni,
quanto nell'interesse generale dello Stato, a cui le Regioni potenziate daranno un apporto pi volonteroso ed
efficace nel difficilissimo compito della ricostruzione. Proprio come siciliano, dichiara inoltre recisamente che non
sarebbe mai e poi mai da chiedere o da accettare qualsiasi, anche minima, garanzia internazionale, la quale
ripugna e contrasta non solo col sentimento, ma anche con la ferma convinzione che, per risorgere, il Paese non
pu fare appello che alle sue proprie forze.
VANONI dichiara che le poche osservazioni che intende svolgere saranno fatte da lui a titolo puramente
personale e in un campo strettamente tecnico, ossia quello economico.
Al riguardo l'onorevole Piccioni ha insistito pi volte sulla necessit di esaminare in concreto le esigenze
particolari di quelle Regioni, per le quali alcuni colleghi vogliono che siano formulati statuti speciali. Ci non
stato fatto, per quanto la richiesta dell'onorevole Piccioni fosse perfettamente logica, perch non pu essere
dubbia la necessit di stabilire quali siano le esigenze locali che possono consigliare particolari soluzioni dei

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problemi economici di determinate Regioni. Soltanto l'onorevole Lussu ha rapidamente accennato, a titolo
esemplificativo, ad alcuni problemi che, secondo lui, dovrebbero essere risolti in un modo particolare per le
quattro Regioni menzionate nel secondo comma dell'articolo 2. Ad esempio, egli ha affermato che i beni
demaniali in Sardegna dovrebbero essere di propriet della Regione. Ma se ci fosse opportuno per la
Sardegna, non si comprende perch non si dovrebbe adottare un'eguale misura per le altre Regioni. Lo stesso
si pu dire per le miniere: una materia che dev'essere regolata uniformemente, tanto vero che la formazione di
un diritto minerario stata imposta proprio dal fatto che in questa materia oggi non pi possibile fare una
politica regionalistica.
Un altro problema da risolvere quello del regime delle acque; ma in questo campo o si adotta una
regolamentazione di tipo svizzero, secondo cui la propriet delle acque spetta agli enti autarchici rivieraschi, o si
deve fare ricorso alla norma per cui le acque sono di propriet dello Stato. Anche qui, dunque, bisogna sapere a
che cosa si vuol giungere, ed egli crede che si possa trovare il modo di contemperare le esigenze locali con
quelle di carattere nazionale, senza creare situazioni profondamente diverse nelle varie Regioni.
Il progetto in esame stabilisce che compete alla Regione la potest legislativa in materia di strade, e trova giusto
che la soluzione dei problemi della viabilit sia affidata alle Regioni, perch l dove esiste un godimento deve
anche essere un concorso alla spesa. sperabile che sar cos contrastata la tendenza a centralizzare le
spese, per cui i Comuni hanno sempre cercato di far classificare le loro strade fra quelle provinciali, e le
Provincie di far classificare le loro fra quelle nazionali.
Altri due problemi assai importanti sono quelli della zona franca concessa alla Valle d'Aosta e dell'autonomia
tributaria riconosciuta alla Sicilia. Circa il primo, osserva che potrebbe essere risolto senza includere una
specifica norma al riguardo nella Costituzione, in analogia a quanto avvenuto in casi consimili. Ad esempio, il
comune Livigno gode ormai da lungo tempo di una forma speciale di zona franca, creata con apposita legge.
Egualmente importante, ma assai pi grave, la disposizione contenuta nello Statuto siciliano, con la quale si
riconosce alla Sicilia l'autonomia tributaria, nei confronti della quale reciso il suo dissenso, perch la misura
dell'autonomia di un ente data sempre dalla sua autonomia in materia finanziaria; e appunto perch si deve
cercar di creare un sistema di autonomia che non distrugga ma integri l'unit dello Stato, doveroso adottare un
ordinamento tributario regionale che non indebolisca, ma rafforzi l'ordinamento tributario del Paese. Una
Regione autonoma che continui a far parte di tutto il complesso nazionale non pu mai porsi in una situazione
tale da diminuire le possibilit di percezione delle imposte da parte dello Stato. L'attivit tributaria di ogni
Regione dev'essere contemperata con l'attivit tributaria generale dello Stato. La forma di autonomia finanziaria
prevista dall'articolo 8 del progetto, cio di un'autonomia finanziaria coordinata con la finanza dello Stato,
l'unica che possa essere concessa; l'altra, quella stabilita nello Statuto siciliano, per cui lo Stato subordinato,
nell'esercizio della sua attivit tributaria, all'attivit tributaria della Regione, un elemento di anarchia nel
sistema dell'organizzazione statale. Si tratta di un grave problema, che dev'essere senz'altro riesaminato,
perch altrimenti si arriverebbe alla deprecabile conseguenza che lo Stato non potrebbe, in caso di necessit,
integrare le spese della Sicilia, verso cui ha il dovere di intervenire per riparare alle gravi ingiustizie che da
decenni sono state commesse ai danni della sua popolazione, proprio per la posizione di quasi completa
indipendenza, che sarebbe assunta dalla Sicilia nei confronti del sistema tributario generale del Paese. Bisogna
rendersi conto di queste esigenze di carattere tecnico senza suscettibilit politiche, perch tali suscettibilit
passano e la Costituzione resta, se veramente si vuole che lo Stato autonomistico si affermi e prosperi.
Ritiene perci opportuno esaminare, prima di ogni altra questione relativa alla determinazione di un ordinamento
regionale dello Stato, le situazioni particolari di alcune determinate Regioni, allo scopo di rendersi conto se esse
veramente siano tali da imporre nella Costituzione una regolamentazione speciale, o se esse non possano
rientrare nel quadro di quell'autonomia generale che si ha in animo di concedere a tutte le Regioni d'Italia.
NOBILE riconferma la sua avversit per qualsiasi soluzione del problema dell'autonomia regionale, che possa,
anche per una minima partoe compromettere non solo l'unit politica, ma anche quella economica dello Stato.
assurdo nel mondo moderno parlare di un'economia regionalistica. In Francia, sebbene vi siano fautori
dell'autonomia regionale, non si fatta parola nella nuova Costituzione di un ordinamento regionale autonomo.
L'onorevole Finocchiaro-Aprile ha apertamente dichiarato che l'autonomia siciliana da lui considerata come un
primo passo verso l'indipendenza della Sicilia. Ci una riprova che il problema regionalistico in Italia non pu
non destare, quale che sia la soluzione che ad esso si intenda dare, serie preoccupazioni. Non riesce a

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simpatizzare col movimento regionalistico, forse perch non attaccato ad alcuna particolare Regione d'Italia e
si sente soltanto italiano; o forse anche perch convinto che come conseguenza della rivoluzione meccanica
tutte le comunit umane debbono tendere verso l'unificazione. Comunque non pu capire come si voglia da
taluno disunire la stessa nostra Patria, la cui unit costata tanti sacrifici.
La sola esigenza che pu ammettere quella di provvedere a concedere una conveniente autonomia alle zone
mistilingui di confine, per le quali l'autonomia pu anche essere imposta da accordi internazionali, come sta
avvenendo per l'Alto Adice, o da considerazioni di opportunit internazionale. Si tratta, infatti, in tal caso di
concedere statuti speciali per la protezione delle minoranze etniche. Ma non pu assolutamente comprendere le
esigenze prospettate dagli onorevoli Finocchiaro Aprile e Lussu relativamente all'autonomia della Sicilia e della
Sardegna, terre italianissime. Non certo la difficolt delle comunicazioni con la Sardegna che pu consigliare,
come ha affermato l'onorevole Lussu, l'autonomia di questa Regione. Si tratta di difficolt di carattere
contingente, destinate rapidamente a sparire, sicch probabilmente fra qualche anno si impiegher, per recarsi
da Roma a Cagliari, molto minor tempo di quello che oggi sia necessario per spostarsi da un punto all'altro di
Roma.
CASTIGLIA favorevole all'emendamento dell'onorevole Bozzi, con la riserva per che la formulazione
dell'articolo 2 proposta dal Comitato abbi valore di riconoscimento dei diritti acquisiti dalla Sicilia, dalla
Sardegna, dalla Valle d'Aosta e dal Trentino-Alto Adige. In ogni modo, quale che possa essere la formulazione
definitiva dell'articolo 2, occorre che in esso si faccia menzione delle particolari condizioni delle quattro Regioni
suddette, a cui necessario riconoscere un'autonomia pi ampia per la loro speciale situazione geografica ed
economica.
Non crede di poter controbattere con altrettanta perizia le eccezioni di carattere economico e finanziario
sollevate dall'onorevole Vanoni: pu soltanto rilevare che bene rinviare la soluzione del problema
dell'autonomia finanziaria al momento in cui si dovr affrontare l'esame dei singoli statuti speciali, per
un'evidente esigenza di coordinamento con il testo della Costituzione. In ogni modo non crede che le
osservazioni fatte dall'onorevole Vanoni possano costituire una ragione valida perch debba essere soppresso il
secondo comma dell'articolo 2.
L'onorevole Nobile si mostrato seriamente preoccupato che, con l'adozione di particolari Statuti per la Sicilia e
la Sardegna, possa essere disintegrata l'unit dello Stato e a riprova dei suoi timori ha fatto riferimento ad
alcune affermazioni dell'onorevole Finocchiaro Aprile. Pu dichiarare, nella maniera pi esplicita, che egli
decisamente contrario allo opinioni espresse dall'onorevole Finocchiaro Aprile. Non solo, ma pu affermare
categoricamente, come rappresentante del popolo siciliano, che la maggioranza dei siciliani non aspira affatto a
quella indipendenza di cui ha fatto parola l'onorevole Finocchiaro Aprile. Ci, del resto, stato ampiamente
dimostrato dall'esito delle elezioni del 2 giugno, con le quali il popolo siciliano ha inviato all'Assemblea
Costituente deputati che in maggioranza, pure appartenendo a diversi partiti, sono di sentimenti unitari. La Sicilia
unitaria; lo sempre stata e lo sar, anche se ha dovuto subire ingiustizie ed incomprensioni da parte delle
altre Regioni d'Italia e dei vari Governi che si sono succeduti al potere. Non teme di essere monotono ripetendo
l'abusato motivo che la Sicilia vanta un diritto di priorit nel grande movimento rivoluzionario che condusse, nel
secolo scorso, il popolo italiano all'unit della Patria.
PRESIDENTE ricorda che al primo comma dell'articolo sono stati presentati due emendamenti nella riunione
precedente dall'onorevole Laconi e dall'onorevole Mortati.
Quello dell'onorevole Laconi dice:
Nel quadro dell'unit ed indivisibilit dello Stato, le Regioni sono costituite in enti autarchici secondo i princip
fssati negli articoli seguenti.
Alle Regioni sono delegati tutti quei servizi statali che possono utilmente essere decentrati secondo la legge
sulla riorganizzazione dei servizi dello Stato .
Quello dell'onorevole Mortati cos formulato:

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Nel quadro dell'unit ed indissolubilit nazionale, le Regioni sono costituite in enti autonomi con poteri e
funzioni propri, secondo i princip generali e speciali, fssati nei seguenti articoli .
Poich l'emendamento dell'onorevole Laconi quello che pi si discosta dal testo proposto dal Comitato, lo
mette in votazione, con l'intesa che, ove sia respinto, prima di passare alla votazione sull'emendamento
dell'onorevole Mortati, questi dovrebbe chiarire il suo pensiero, dato che l'emendamento in questione mira a
sostituire non solo il primo, ma anche il secondo comma dello articolo 2.
Mette in votazione l'emendamento dell'onorevole Laconi.
LUSSU dichiara di votare contro, perch ritiene che il testo proposto dal Comitato risponda maggiormente a
criteri d'ordine generale, dato che alla redazione dell'articolo 2 hanno collaborato i rappresentanti di tutti i partiti.
(Non approvato).
MORTATI dichiara di ritirare la sua proposta di emendamento.
PRESIDENTE mette in votazione il primo comma dell'articolo 2 nel testo proposto dal Comitato:
Nel quadro dell'unit e indivisibilil dello Stato le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e
funzioni secondo i princip fssati negli articoli seguenti .
( approvato).
Ricorda che al secondo comma sono stati presentati vari emendamenti, nella riunione precedente, dagli
onorevoli Rossi, Nobile, Fabbri, Laconi e Bordon; nella riunione odierna dagli onorevoli Bozzi e Tosato
unitamente agli onorevoli Piccioni, Cappi e Fuschini.
L'onorevole Rossi ha proposto la seguente dizione:
Alle Regioni insulari ed a quelle di confine mistilingui possono venire attribuite, ecc. .
L'emendamento dell'onorevole Nobile il seguente:
Per le Regioni mistilingui potranno concedersi particolari condizioni di autonomia, con statuti speciali di valore
costituzionale .
L'onorevole Bordon ha proposto:
Alla Val d'Aosta e alla Regione Tridentina, date le loro condizioni geografiche, economiche e linguistiche,
nonch alle Regioni insulari verranno attribuite forme e condizioni particolari di autonomia con statuti speciali di
valore costituzionale .
L'onorevole Fabbri:
Alle Regioni mistilingui di confine, quali la Val d'Aosta ed il Trentino-Alto Adige, ed a quelle insulari, quali la
Sicilia e la Sardegna, sono attribuite, in relazione a queste circostanze, forme ecc. .

L'onorevole Laconi:
Alla Sicilia, alla Sardegna e alle Regioni mistilingui di confine sono attribuite forme e condizioni particolari di
autonomia con statuti speciali di valore costituzionale .
Rid infine lettura delle due proposte odierne:

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Bozzi: Con legge costituzionale possono essere attribuiti alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d'Aosta e al
Trentino-Alto Adige e alle altre Regioni che ne facciano richiesta, condizioni diverse di autonomia .
Tosato, Piccioni, Cappi e Fuschini: In relazione alle loro particolari esigenze, alle Regioni mistilingui della Valle
d'Aosta e del Trentino-Alto Adige, come a quelle insulari della Sicilia e della Sardegna, sono riconosciute forme
e condizioni speciali di autonomia, che in quanto divergano dalle norme seguenti, sono stabilite con legge
costituzionale .
FABBRI dichiara di voler sopprimere nel testo dell'emendamento da lui proposto la parola quali , riferita alle
Regioni mistilingui della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige e alle Regioni insulari della Sicilia e della
Sardegna, perch potrebbe far pensare a una menzione fatta soltanto a titolo esemplificativo.
CONTI domanda se con l'espressione di Regioni insulari , contenuta nell'emendamento proposto
dall'onorevole Rossi, si debbano intendere soltanto la Sicilia e la Sardegna.
ROSSI PAOLO risponde che egli intendeva riferirsi soltanto alla Sicilia e alla Sardegna., In ogni modo, affinch
non possano sorgere equivoci in proposito, dichiara di mutare la forma del suo emendamento facendo espressa
menzione delle isole anzidette.
PRESIDENTE mette in votazione l'emendamento dell'onorevole Nobile, come quello che pi si differenzia dal
testo del secondo comma proposto dal Comitato.
(Non approvato).
Fa presente che, fra i vari emendamenti proposti al secondo comma, occorre distinguere quelli che prevedono
soltanto la possibilit di un'attribuzione di particolari forme di autonomia a determinate Regioni e quelli che
stabiliscono categoricamente di concedere a date Regioni tali particolari forme di autonomia. Nel primo gruppo
rientrano gli emendamenti degli onorevoli Rossi e Bozzi, nel secondo, quelli degli onorevoli Fabbri, Laconi,
Bordon e Tosato.
LACONI osserva che occorrerebbe adottare anche un altro criterio di distinzione a proposito dei vari
emendamenti proposti, vale a dire quello per cui si ammette, oppur no, la concessione di forme particolari di
autonomia con Statuti speciali. Di ci, ad esempio, non si fa menzione nell'emendamento proposto
dall'onorevole Tosato. La questione assai importante, perch esiste evidentemente una notevole differenza fra
l'attribuire condizioni particolari di autonomia per mezzo di una legge, sia pure costituzionale, e il concedere tale
forma di autonomia per mezzo di uno Statuto speciale. Una legge, infatti, sempre emanata dal potere centrale,
mentre uno Statuto formulato dagli organi della Regione, anche se poi dovr essere riconosciuto dallo Stato.
BOZZI vuol chiarire la ragione per cui egli ha usato la parola possono nel suo emendamento. Tale termine
sta ad indicare la possibilit che siano attribuite forme particolari di autonomia non solo alla Sicilia, alla
Sardegna, alla Valle d'Aosta e al Trentino-Alto Adige, ma anche a tutte le altre Regioni che ne facciano richiesta.
Inoltre l'adozione del termine suddetto dovuta anche ad un'altra ragione: pi volte stato affermato, in seno
alla Sottocommissione, che potr aversi una legge costituzionale che stabilisca in materia di autonomia una
disciplina diversa da quella generale. Si potr quindi avere una legge costituzionale diversa dalla Costituzione,
salvo che non si vogliano allegare alla Costituzione stessa gli Statuti speciali per le quattro Regioni anzidette,
nel qual caso ogni questione sarebbe risolta e, invece di usare il termine possono , potrebbe essere adottato
quello di sono . In ogni modo si dichiara pronto a sostituire la parola sono all'altra possono , purch sia
fatta salva la possibilit per altre Regioni di chiedere una diversa forma di autonomia.
PRESIDENTE invita la Sottocommissione a pronunciarsi sulla questione, se l'indicazione delle Regioni a cui si
dovr concedere uno Statuto speciale debba formare oggetto di un'elencazione tassativa o di un'elencazione
che lasci la possibilit a tutte le altre Regioni di fare richiesta di condizioni particolari di autonomia, attribuibili
sempre con statuti speciali.
CODACCI PISANELLI fa presente che il Comitato ha preferito adottare nell'articolo 2 l'indicazione delle Regioni,
a cui si dovr concedere una forma speciale di autonomia, per mezzo di un'elencazione tassativa, allo scopo di
evitare che richieste del genere possano essere fatte da altre Regioni. Se la concessione di una speciale forma

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di autonomia si dovuta fare alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d'Aosta e al Trentino-Alto Adige in un
momento critico della nostra storia nazionale, bene per l'avvenire garantirsi da altre simili concessioni. Per tale
ragione favorevole al mantenimento del secondo comma dell'articolo 2.
ZUCCARINI stato l'unico, in seno al Comitato, a non approvare la formulazione del secondo comma in esame.
Bench egli fosse il rappresentante, in seno al Comitato stesso, della tendenza favorevole alla forma pi larga di
autonomia, si rifiuta di ammettere che possano esservi due tipi di autonomia. pericoloso, a suo avviso, stabilire
due forme di autonomia, una eguale per la grande maggioranza delle Regioni, l'altra, differenziata e pi larga
con speciali Statuti, per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d'Aosta e il Trentino-Alto Adige, perch le altre Regioni
potrebbero essere incoraggiate a richiedere quelle forme particolari di autonomia che venissero concesse alle
quattro Regioni suddette. Si cadrebbe cos in quel particolarismo che si voleva evitare e non si otterrebbe quel
coordinamento delle autonomie gi concesse e riconosciute nell'ordinamento generale dello Stato.
Poich convinto che non si debba dare motivo alle altre Regioni di dolersi che ad esse non sia concessa
un'autonomia eguale a quella che verrebbe ad essere attribuita soltanto a quattro Regioni, voter contro il
mantenimento del secondo comma, pur non intendendo con tale voto esprimersi contro le autonomie gi
riconosciute. A suo avviso tali diritti di autonomia dovrebbero essere estesi a tutte le Regioni d'Italia.
LAMI STARNUTI favorevole al mantenimento del secondo comma; si riserva tuttavia di sollevare il problema
del Trentino-Alto Adige quando sar posto in discussione l'articolo 22, sulla costituzione delle Regioni secondo
la tradizionale ripartizione geografiche dell'Italia.
MANNIRONI pure favorevole al mantenimento del testo del secondo comma proposto dal Comitato, poich
l'onorevole Ambrosini non ha creduto opportuno insistere sulla formulazione originaria dell'articolo 2.
PRESIDENTE mette ai voti il principio che si debba fare un'elencazione tassativa delle Regioni a cui si dovranno
concedere con Statuti speciali condizioni particolari di autonomia.
( approvato).
TOSATO fa presente che sarebbe bene risolvere, prima di procedere alla votazione dell'intero secondo comma,
una questione puramente tecnica, relativa all'espressione Statuti speciali di valore costituzionale . Non
comprende, infatti, perch soltanto gli Statuti delle quattro Regioni indicate nel comma suddetto debbano avere
valore costituzionale. Appunto per questo ha presentato l'emendamento di cui il Presidente ha dato lettura.
PRESIDENTE fa osservare all'onorevole Tosato, che la diversit fra gli Statuti delle varie Regioni data proprio
dal fatto che si avranno Statuti speciali per le Regioni elencate nell'articolo 2. Non vede poi perch anche le altre
Regioni debbano avere ciascuna un proprio Statuto, quando esse dovranno tutte essere assoggettate alla
stessa disciplina stabilita dalla Costituzione in materia di ordinamento regionale. vero che l'articolo 21 del
progetto accenna al fatto che ogni Regione avr un proprio Statuto, deliberato in armonia ai princip informatori
della legge sull'ordinamento regionale; ma evidentemente tali Statuti non dovranno contenere disposizioni che
possano far pensare ad una diversit di diritti fra una Regione e un'altra. Anche ai Comuni verr attribuita
l'autonomia; ma sarebbe assurdo consentire che ogni Comune deliberasse un proprio Statuto. Tanto
l'ordinamento comunale come quello regionale non potranno discendere che da una sola fonte: dalla
Costituzione dello Stato. Una eccezione a tale principio quella costituita dagli Statuti speciali per le quattro
Regioni menzionate nel secondo comma.
TOSATO osserva che, non detto che gli Statuti delle singole Regioni debbano essere eguali per tutte. Difatti,
l'articolo 6 del progetto stabilisce che spetta alla Regione l'amministrazione nelle materie di propria competenza
legislativa, e in quelle altre materie che sono di competenza dello Stato, ma che lo Stato intenda affidare ad
essa. Nulla quindi impedisce che lo Stato trasferisca a una Regione l'amministrazione di alcune determinate
materie e non la trasferisca ad un'altra; onde ogni Regione dovr avere un proprio Statuto, deliberato dalla
Regione stessa e sottoposto per la ratifica al Parlamento.
PERASSI ritiene che l'accenno fatto agii Statuti, nel secondo comma dell'articolo 2, possa dar luogo ad equivoci,
perch nell'articolo 21 si ha un altro accenno agli Statuti regionali. del parere tuttavia che l'articolo 21 non
debba essere modificato, perch gli Statuti ivi menzionati non hanno altro scopo che quello di disciplinare, per

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ciascuna Regione, l'attuazione dei princip costituzionali concernenti la Regione stessa, soprattutto nell'ipotesi,
accennata dall'onorevole Tosato, che ad una data Regione venga attribuita dallo Stato una competenza non
ammessa per un'altra. L'idea, quindi, di uno Statuto che sia sottoposto, ai fini di una certa garanzia,
all'approvazione del Parlamento perfettamente logica, e non deve turbare gli scrupoli dei pi ferventi fautori di
un ordinamento regionale autonomo. Nella stessa Svizzera, che uno Stato federale, la Costituzione stabilisce
che le Costituzioni cantonali debbono essere sottoposte alla approvazione dell'Assemblea. Dove non conviene
parlare di Statuti, visto che se ne parla nell'articolo 21, nell'articolo 2, e ci perch, fra l'altro, con tale articolo si
mira a stabilire che occorre una legge costituzionale per attribuire a certe Regioni un ordinamento regionale
diverso da quello comune. Non si tratta qui di statuti deliberati da appositi organi costituiti e poi sottoposti
all'approvazione del Parlamento, bens di norme speciali, poste in essere dalla stessa deliberazione del
Parlamento.
Per tali considerazioni sarebbe bene parlare nell'articolo 2 soltanto di condizioni particolari di autonomia stabilite
con legge costituzionale.
LUSSU non favorevole all'emendamento dell'onorevole Tosato, perch a suo avviso le parole Statuti speciali
devono restare nel testo della Costituzione. Ritiene inoltre, che le dichiarazioni fatte dallo stesso onorevole
Tosato a proposito dell'espressione Statuti speciali con valore costituzionale , non abbiano reale consistenza,
perch chiaro che anche gli Statuti speciali delle quattro Regioni indicate nell'articolo 2 non potranno non
avere un valore costituzionale, visto che saranno sottoposti all'approvazione dell'Assemblea Costituente.
LA ROCCA del parere che non si possa assolutamente accettare l'idea di una diversit di Statuti fra Regione e
Regione, fatto salvo naturalmente il principio che, in vista di situazioni particolari, dovranno essere riconosciute
forme speciali di autonomia alle quattro Regioni indicate nel secondo comma dell'articolo 2.
AMBROSINI, Relatore, si rende conto delle varie obiezioni mosse relativamente alla questione in esame, tanto
pi che esse furono fatte da alcuni colleghi anche in seno al Comitato. Si pens di eliminarle col sistema di
allegare alla Costituzione gli Statuti speciali per le quattro Regioni, elencate nel secondo comma. Ci
considerato, ritiene che possa senz'altro essere messo in votazione il testo del secondo comma proposto dal
Comitato.
PRESIDENTE crede che la formulazione proposta dall'onorevole Tosato esprima pi chiaramente la possibilit a
cui ha accennato l'onorevole Ambrosini.
LACONI osserva che, per quanto riguarda gli Statuti speciali, non si tratta di leggi che siano emanate dallo Stato
ed estese alle Regioni, ma di norme formulate dalle Regioni e che hanno riconoscimento da parte dello Stato. In
altri termini, si tratta di dare alle Regioni la facolt di riorganizzarsi dall'interno, secondo le loro particolari
esigenze. Altro invece il significato della parola Statuto nell'articolo 21, ossia di norma regolamentare
interna. Sarebbe bene pertanto uscire dall'equivoco: coloro che non vogliono riconoscere alle quattro Regioni
menzionate nel secondo comma una speciale forma di autonomia, dovrebbero dirlo chiaramente. Adottare una
formula che riduce a nulla la disciplina speciale prevista per le quattro Regioni suddette, pur mantenendola
apparentemente, non gli sembra cosa opportuna.
VANONI rileva, con preoccupazione, che nel corso della discussione si accentuata la distinzione fra due tipi di
autonomia; per il primo si hanno quattro Regioni con un vero e proprio ordinamento autonomo; per il secondo,
tutte le altre Regioni dovrebbero avere soltanto un ordinamento decentrato.
Viceversa, gli sembra che il concetto politico, da cui la maggioranza almeno dei componenti la
Sottocommissione partita, fosse quello di ammettere un'effettiva autonomia per tutte le Regioni. Ed per
questo che l'articolo 21 del progetto prevede uno Statuto per ciascuna Regione, che non gi un regolamento
interno, secondo quanto ha affermato l'onorevole Laconi, bens il vero e proprio atto costitutivo della Regione;
l'atto che, attraverso la parola dei cittadini viventi nella Regione, determina il sorgere della Regione stessa. Le
norme che a tal proposito debbono essere fissate nella Costituzione sono semplicemente quelle che
riconoscono la capacit dei cittadini a costituire la Regione. Se cos non dovesse essere, si avrebbe soltanto un
decentramento amministrativo.

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Ora, se si tratta di riconoscere, a causa di motivi particolari, una forma diversa d autonomia per alcune
determinate Regioni, una volta che si sia convinti dell'obiettivit di tali motivi, si pu accedere al concetto di
ammettere speciali Statuti che divergano dalla media degli altri. Ma se si dovesse arrivare alla conclusione che
soltanto quattro Regioni abbiano diritto di formularsi uno Statuto per propria iniziativa, che lo Stato poi riconosce,
mentre le altre dovrebbero soltanto accettare lo Statuto dato ad esse dallo Stato, crede che tale conclusione non
risponderebbe al concetto di autonomia che si ha in animo di realizzare.
LUSSU pensa che le preoccupazioni dell'onorevole Vanoni non abbiano ragione d'essere, visto che il Comitato
non ha adottato la formulazione proposta dall'onorevole Grieco, secondo cui veramente si faceva una
distinzione fra Regioni autonome e Regioni non autonome. I colleghi poi possono testimoniare che egli in seno
al Comitato ha sempre sostenuto il principio dell'autonomia per tutte le Regioni d'Italia.
PRESIDENTE mette in votazione l'emendamento dell'onorevole Tosato.
(Non . approvato).
AMBROSINI, Relatore, propone di mettere in votazione il testo del secondo comma dell'articolo 2 presentato dal
Comitato, con la seguente modifica: sostituire alle parole Statuti speciali di valore costituzionale le seguenti:
Statuti speciali approvati con legge costituzionale .
PRESIDENTE mette in votazione, il secondo comma dell'articolo 2 che, emendato secondo la proposta
dell'onorevole Ambrosini, risulta cos definitivamente formulato:
Alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d'Aosta e al Trentino-Alto Adige sono attribuite forme e condizioni
particolari di autonomia con Statuti speciali approvati con legge costituzionale .
( approvato).
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI


Seguito della discussione dello Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.
PRESIDENTE ricorda che nella precedente seduta era stata iniziata la discussione sui rapporti tra lo Stato e la
Chiesa cattolica, sulla base di tre diverse formule rispettivamente presentate dall'onorevole Dossetti,
dall'onorevole Togliatti e da lui. Nell'intento di facilitare un accordo tra i diversi punti di vista manifestatisi nel
corso della discussione, ha formulato un nuovo articolo composto di due parti. La prima parte: Lo Stato e la
Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti, e sovrani , riassume il pensiero espresso
nella sua formula primitiva e nella prima parte di quella dell'onorevole Togliatti. La seconda parte: I loro
rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi , differisce dalla formula dell'onorevole Togliatti, in quanto questa
stabiliva che i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati in termini concordatari.
Pone in discussione la prima parte della sua nuova formula:
Lo Stato e la Chiesa Cattolica, sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani .
DE VITA dichiara di non poter accettare n la formulazione dell'onorevole Togliatti n quella proposta dal
Presidente, osservando che il problema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, chiaramente impostato in un primo
tempo su un terreno politico, andato a poco a poco scivolando sul terreno giuridico, che assai insidioso. Fa
presente che l'ordinamento giuridico della Chiesa, ad esempio in materia di matrimonio, sottrae allo Stato il
potere di legiferare sulla sostanza del matrimonio stesso e sugli effetti intimamente connessi con esso, lasciando
alla sua competenza gli effetti separabili, cio puramente civili. Riconoscendo, quindi, la sovranit della Chiesa,

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si vengono a porre gravi limiti alla sovranit e ai poteri dello Stato; le formule proposte riproporrebbero, perci,
una delle questioni politiche pi complesse ed oscure della nostra storia.
Dichiara di non esitare a rivendicare la sovranit dello Stato in tutte quelle materie di privato e pubblico interesse
che da qualcuno ancora sono riconosciute di competenza della Chiesa.
MARCHESI dichiara di non essere alieno dall'accettare la prima parte della formula proposta dal Presidente;
ma, per quanto riguarda la seconda parte, fa presente che l'ultimo comma dell'articolo proposto dall'onorevole
Togliatti, cos formulato: I rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari ,
rappresenta il limite estremo di ogni concessione che pu essere fatta in materia dai Commissari di parte
comunista. Essi non hanno chiesto e non chiederano una denuncia del Concordato, ed hanno accettato che in
sede costituzionale i rapporti tra Stato e Chiesa siano regolati in termini concordatari. Esiste un Concordato
stabilito tra la Santa Sede e il Governo fascista: dunque esso mantiene la sua validit fino a che le parti - come
sarebbe augurabile - non decidano di emendarlo in quei luoghi che lo spirito democratico dei tempi non pi
comporterebbe. I colleghi democristiani vorrebbero che quel Concordato - pattuito tra Santa Sede e Governo
fascista - entrasse nel tessuto vitale ed organico della Repubblica italiana.
Fa osservare per all'onorevole Dossetti - il quale ha detto che la garanzia costituzionale del Concordato vigente
richiesta dalla coscienza cattolica italiana - che ci sono moltissimi cattolici italiani che appartengono a partiti
diversi dalla Democrazia Cristiana; ed il caso di domandarsi se la coscienza di questi cattolici, appartenenti a
tutte le tendenze politiche, esiga veramente il solenne riconoscimento costituzionale del Concordato vigente, o
piuttosto non chieda soltanto che la Chiesa cattolica sia libera e rispettata, ma non le si attribuiscano poteri che
spettano allo Stato italiano.
Fa presente infine all'onorevole Dossetti, preoccupato per le persecuzioni subite dalla Chiesa in passato, che un
articolo della Costituzione non varrebbe certo ad arrestare una eventuale ondata di anticlericalismo, che i
comunisti sono i primi a deprecare, e che a scongiurare siffatto pericolo nulla potr meglio giovare di una
riduzione delle pretese avanzate dalla Democrazia Cristiana.
Conclude ripetendo di poter accettare solo la formula dell'onorevole Togliatti, sia pure con qualche modificazione
di forma.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di poter accettare la formula proposta dal Presidente, solo nel caso che per
ordine proprio della Chiesa si intenda l'ordine spirituale. Non pu invece accettarla, se il riconoscimento della
sovranit riguarda l'ordinamento giuridico della Chiesa, il quale molto vasto e comprende anche materie che
interferiscono nell'ordinamento giuridico dello Stato.
Pur essendo convinto che la Chiesa troppo sapiente per approfittare di una simile formula oltre certi limiti, la
ritiene ambigua, e perci voter contro di essa.
GRASSI osserva che con la formula dell'onorevole Togliatti in termini concordatari non si dice tutto, perch
oltre il Concordato c' il Trattato del Laterano che regola i rapporti tra Stato e Chiesa nella parte pi essenziale,
e quindi non si pu non menzionare questo Trattato. Per quanto riguarda la parte concordataria, fa presente che
tutti sono d'accordo nel ritenere che il Concordato possa essere rivedibile, trattando materia mista. Propone
pertanto che la formula del Presidente sia modificata in questo senso: I rapporti sono regolati in base ai Patti
Lateranensi .
DE VITA ripete che con l'articolo proposto si apre la strada alla invadenza della legge canonica nel terreno della
legge civile. Dichiara di poter accettare la formula dell'onorevole Togliatti, purch vi si aggiunga: Allo Stato
spetta il potere legislativo, integrale ed esclusivo in tutte le materie di privato e pubblico interesse.
CEVOLOTTO, Relatore, fa presente che stata posta in discussione solo la prima parte dell'articolo proposto
dal Presidente e propone che essa sia votata separatamente.
PRESIDENTE, poich non si fanno obiezioni alla mozione d'ordine dell'onorevole Cevolotto, mette ai voti la
prima parte dell'articolo da lui proposto e cos formulato:

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Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani .
DE VITA dichiara che voter contro.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara anch'egli che dar voto contrario.
(La prima parte dell'articolo proposto dal Presidente approvata con 12 voti favorevoli e 3 contrari).
PRESIDENTE pone in discussione la seconda parte dell'articolo: I loro rapporti sono regolati dai Patti
Lateranensi , avvertendo che l'onorevole Grassi ha proposto un emendamento nel senso che si dica dai Patti
Lateranensi , invece che in base ai Patti Lateranensi .
CEVOLOTTO, Relatore, si dichiara contrario tanto alla formula dell'onorevole Grassi, quanto a quella del
Presidente, osservando che i Patti Lateranensi sono ormai una realt indistruttibile, e nessuno pensa a
distruggere lo Stato della Citt del Vaticano; ma perch esso continui ad esistere, non c' bisogno di menzionare
i Patti Lateranensi nella Costituzione, come non c' nessun bisogno di enunciare ed includere nella Costituzione
nessun altro trattato.
Fa presente inoltre che nei Patti Lateranensi vi sono parti caduche che potranno essere modificate in avvenire;
non vi quindi ragione di cristallizzare il Trattato con la Santa Sede inserendolo nella Costituzione.
Osserva che anche dicendo - come ha proposto l'onorevole Grassi - in base ai Patti Lateranensi non si fa
che consacrare nella Costituzione la piena validit di questi Patti. Ritiene che n il Governo italiano attuale, n i
Governi futuri vogliano denunciare il Trattato Lateranense, n in tutto n in parte; ma fa presente che, anche
senza denuncia, i trattati internazionali si modificano in vari modi e non conviene, quindi, impedire il processo di
evoluzione che potranno subire anche i Patti Lateranensi, con l'inserirli nella Costituzione.
Riconosce che il Concordato costituisce una materia pi strettamente costituzionale, ma ritiene che ne debba
essere fatta menzione solo nella forma proposta dall'onorevole Togliatti, perch non pu essere tolta allo Stato
la facolt di risolvere in un determinato modo la questione della modifica di certe statuizioni del Concordato per
accordo bilaterale, ed anche di considerare la convenienza di modificarle, ove l'accordo non intervenga. Questa
libert di scelta deve essere lasciata allo Stato. Ricorda ad esempio la questione dall'articolo 5 che diede origine
al caso Bonaiuti, sollevando una vera indignazione in tutte le coscienze libere.
MERLIN UMBERTO osserva che l'articolo 5 fu applicato solo in quel caso.
CEVOLOTTO, Relatore, replica che, quando la libert ferita in una persona, tutta la libert ferita. Ritiene che,
prima o poi, il Vaticano dovr pensare a modificare questo articolo; ma, se il Vaticano non provvede alla
modifica, lo Stato deve essere libero di modificarlo per proprio conto.
Rileva che vi sono anche altri punti del Concordato che dovranno formare oggetto di revisione, possibilmente
concordata, come, per esempio, la questione della giurisdizione delle cause matrimoniali, che una vera e
propria rinuncia da parte dello Stato alla sovranit nella pi gelosa delle sue funzioni.
Per queste ragioni, ripete di essere contrario a menzionare il Trattalo Lateranense e il Concordato nella
Costitituzione. Non si oppone invece alla formula dell'onorevole Togliatti.
GRASSI, pur riconoscendo giuste le osservazioni dell'onorevole Cevolotto, ricorda che i Patti Lateranensi hanno
regolato una questione concernente il territorio italiano, cio una questione interna dello Stato italiano, e insiste
perci sulla convenienza che essi siano menzionati nella Costituzione. Osserva che tale menzione non
impedisce che le porti caduche possano essere modificate, quando si adotti la formula da lui proposta: in base
ai Patti Lateranensi .
MERLIN UMBERTO, dichiara di essere sinceramente soddisfatto delle dichiarazioni fatte dagli onorevoli Togliatti
e Marchesi, e di prendere atto della formula proposta dall'onorevole Togliatti come di una volont seria e precisa
di non turbare in Italia la pace religiosa. Rileva che gli onorevoli Togliatti e Marchesi, avendo ammesso che il

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regolamento dei rapporti tra Stato e Chiesa debba avvenire in termini concordatari, ed avendo poi dichiarato di
non intendere di toccare sostanzialmente il Trattato e il Concordato con il Vaticano, sono giunti praticamente alle
stesse conclusioni dei Commissari di parte democristiana. Infatti, anche essi sono contrari a quel famoso articolo
5, che per, ripete, ha avuto una sola applicazione nel caso Buonaiuti.
TOGLIATTI ricorda che quell'articolo stato applicato anche in un altro caso, riguardante un prefetto.
MERLIN UMBERTO ritiene che la Santa Sede non sarebbe forse aliena dal consentire ad una modifica di
quell'articolo, quando le si facesse presente che esso non corrisponde pi al nuovo clima del Paese, dopo aver
preso la solenne deliberazione di inserire i Patti Lateranensi nella Costituzione. Quando invece si votasse una
formula come quella proposta dall'onorevole Togliatti, la Santa Sede potrebbe dubitare che da parte comunista
si manifesti il proposito di discutere un nuovo Concordato. Di fronte ad una simile possibilit i Commissari
democristiani dovrebbero prendere una posizione nettamente contraria, perch si tratterebbe di rimettere in
discussione una materia delle pi difficili, che ha importato anni di lavoro e di discussione, tra giuristi di gran
valore. Invita perci i Commissari comunisti ad aderire alla formula proposta dal Presidente, mettendo a verbale
che i Commissari di parte democristiana si dichiarano disposti ad adoperarsi affinch quegli articoli che non si
ritenessero pi confacenti al nuovo clima del Paese, siano modificati col consenso delle due parti contraenti.
TOGLIATTI rileva che l'onorevole Merlin ha fatto dichiarazioni interessanti circa il desiderio dei comunisti di
mantenere e difendere la pace religiosa nel nostro Paese.
Afferma che i comunisti dal giorno in cui hanno ripreso un'attivit aperta in Italia, anzi anche prima, si sono
adoperati in questo senso. Non esiste alcun atto della loro politica che tenda in qualsiasi modo a ledere la pace
religiosa del popolo italiano. Essi comprendono che si apre per il popolo italiano un periodo difficile, periodo di
ricostruzione e di rinnovamento politico ed economico, e che questo processo non deve essere complicato da
conflitti religiosi. I compiti che si pongono in questo periodo per le masse lavoratrici, a cui il partito comunista
legato in modo particolare e a cui sono legati anche altri partiti, saranno risolti in Italia attraverso una
collaborazione tra gli elementi lavoratori di diverse correnti, e la pace religiosa dovr conservarsi nel nostro
Paese per un lungo periodo di tempo.
Non crede, dunque, che si possa dubitare delle intenzioni dei comunisti, i quali hanno presentato una formula
nella quale hanno tenuto conto della richiesta democristiana di un riconoscimento della sovranit della Chiesa.
Ma, mentre i comunisti facevano questo sforzo di avvicinamento, i democristiani facevano un movimento
opposto, presentando formule sempre pi tassative sull'altra questione dei Patti Lateranensi.
Ora, venendo al fondo della questione, dichiara, in risposta ai dubbi avanzati dall'onorevole Merlin, che i
comunisti non intendono affatto porre il problema di una revisione del complesso degli accordi tra Stato e
Chiesa, come essi sono sanciti dal Trattato e dal Concordato del Laterano. Ma d'altra parte, non ritengono
giustificate le ragioni che sono state portate in favore di un inserimento di quei Patti nella Costituzione. Non vale
l'argomento che il Trattato Lateranense regola la materia del territorio dello Stato, perch non c' nulla di strano
che un trattato che regola una materia territoriale non venga richiamato espressamente nella Costituzione.
Invece, contro l'inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione, vi l'argomento dei possibili ritocchi che
verrebbero ad essere esclusi, e potrebbero essere fatti soltanto attraverso un procedimento di revisione
costituzionale, almeno come ratifica. E ad esso si aggiungono altri due argomenti: uno di valore psicologicopolitico e l'altro di natura dottrinaria.
L'argomento psicologico che i trattati hanno la firma del fascismo; vale a dire che sono stati conclusi dal
Governo fascista. Vorranno i democristiani ignorare questo fatto, chiedendo di inserire nella Costituzione dei
Patti che vennero considerati come una delle pi grandi opere del regime fascista?
L'argomento dottrinario consiste nel fatto che i comunisti intendono respingere l'affermazione che lo Stato possa
avere una religione. Lo Stato non pu avere una religione; lo Stato garantisce la religione, ma non ha una
religione sua; la religione l'hanno gli individui. Ora nella vecchia Costituzione italiana, cio nello Statuto
Albertino, c'era un articolo che affermava che lo Stato aveva una religione e che questa era la religione cattolica
apostolica romana. Questo articolo, che i comunisti respingono per una questione di principio, viene riportato dal
Trattato Lateranense e, attraverso questo, verrebbe ad essere inserito nella Costituzione.

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I democristiani possono domandare come mai i comunisti intendono di mantenere in piedi il Concordato e il
Trattato Lateranense, se poi respingono l'articolo citato. I comunisti rispondono che quell'articolo nella
Costituzione Albertina ha un valore storico, ed essi non sollevano la questione, ma si oppongono a che venga
inserito nella nuova Costituzione, perch esso potrebbe costituire domani un istrumento internazionale col quale
si richiami lo Stato a condizioni giuridiche e a concezioni preesistenti.
Conclude dichiarando di ritenere che il dissidio tra i punti di vista comunista e democristiano non sia insolubile in
linea politica, e che esso potrebbe essere risolto facilmente con un atto dell'Assemblea, la quale, nel momento
in cui voter la Costituzione, potr votare anche un ordine del giorno in cui, nella forma pi solenne, dichiari di
ammettere che il Concordato e il Trattato del Laterano sono in vigore.
CORSANEGO rileva che la seconda osservazione dell'onorevole Togliatti si presenta molto grave nella sua
formulazione. Ma tale gravit conferita piuttosto da una abilit politica che non da una consistenza sostanziale.
Quando poi l'onorevole Togliatti dice: Non vogliamo consacrare nella Costituzione i Trattati Lateranensi perch
furono fatti dal fascismo, egli fa un'affermazione pericolosa, perch bisogna prima domandarsi se i Trattati
Lateranensi corrispondevano alla volont della maggioranza del popolo italiano. Se questo era, il fatto che li
abbia stipulati il fascismo ha poca importanza. Se si insistesse su questo argomento, si dovrebbe spiegare
anche perch l'Italia democratica ha istituito la Repubblica, quando il primo a fondarla fu proprio il fascismo.
Come anche ci si dovrebbe domandare perch si parli di socializzazione, quando la prima socializzazione fu
fatta proprio dal fascismo repubblicano.
DOSSETTI, Relatore, dichiara che l'affermazione dell'onorevole Togliatti circa una certa accentuazione delle
pretese democristiane non corrisponde alla realt. Osserva anzi, a questo proposito che l'onorevole Togliatti
stato il primo a pronunciarsi sulla materia in discussione, facendo affermazioni che, sotto certi aspetti formali,
erano pi decise di quante ne siano state mai fatte da parte democristiana.
La richiesta di un'affermazione pi esplicita nei riguardi dei Patti Lateranensi giustificata dal fatto che
l'onorevole Togliatti, nelle sue nuove proposte, venuto a restringere la portata del riconoscimento di quei Patti,
che egli aveva mostrato di voler effettuare nelle sue precedenti dichiarazioni del 21 novembre.
Per quanto riguarda l'argomento avanzato dall'onorevole Togliatti della firma fascista dei Patti Lateranensi, si
richiama alle osservazioni gi fatte dall'onorevole Corsanego. Aggiunge che vi sono molti esempi di patti che
hanno assunto un aspetto diverso quando sono apparsi contrastanti con una determinata linea politica, e che
non vi bisogno di richiamare i precedenti storici dei Patti Lateranensi per mostrare come essi gi fossero
maturi nella coscienza del popolo italiano, attraverso i numerosi tentativi falliti, per vari motivi, prima del
fascismo.
Circa la ragione di principio riguardante. l'articolo 1 dello Statuto Albertino, osserva che il significato di questo
articolo va valutato non per quello che esso dice formalmente, ma per il suo contenuto specifico assunto in
relazione all'organizzazione giuridica concreta nella quale si inserisce. D'altra parte, che questo non sia un
argomento valido contro la tesi dell'inserzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione, dimostrato anche dalla
proposta fatta in fine dall'onorevole Togliatti che l'Assemblea, attraverso un atto, sia pure fuori della Carta
costituzionale, riconosca il Trattato e il Concordato. La distinzione che egli fa di carattere estrinseco e riguarda
esclusivamente il pezzo di carta in cui questa norma verr scritta. Se invece l'onorevole Togliatti ritiene che
questa enunciazione non abbia valore di norma costituzionale, allora non sar che un voto, un auspicio di cui si
pu apprezzare il significato al fine di tranquillizzare la vigile coscienza cattolica, ma che non pu accontentare
chi rappresenta questa coscienza in seno all'Assemblea Costituente.
PRESIDENTE comunica che alla formula da lui presentata l'onorevole Lucifero propone di aggiungere un
capoverso cosi formulato:
Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richieder un procedimento di revisione
costituzionale, ma sar sottoposta a normale procedura di ratifica .
BASSO dichiara di non comprendere la ragione per cui si chieda di inserire il concordato ed il Trattato del
Laterano nella nuova Costituzione. Osserva che da 17 anni il Trattato e il Concordato con la Santa Sede vivono

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in Italia, e mai in passato si chiesto che essi fossero inseriti nello Statuto Albertino. Non vede, pertanto, la
necessit di inserirli oggi nella Carta costituzionale; anzi, a suo parere, vi sono ragioni per non farlo.
Osserva a questo proposito che, al fine di assicurare la pace religiosa, utile all'Italia un Concordato approvato
da un Governo il quale sia la legittima espressione della volont popolare.
All'onorevole Corsanego, fa presente che il concetto degli accordi con la Santa Sede risponde alla volont del
popolo italiano, ma non le singole statuizioni di essi, alcune delle quali debbono essere modificate o aggiornate.
Nessuno oggi intende turbare la pace religiosa, e tanto meno i socialisti; essi per ritengono che questa pace
deve riposare su una base solida, e non su un Concordato il quale contiene statuizioni contrarie alla loro
coscienza giuridica e civile. necessario modificare alcuni articoli del Concordato, e d'altra parte non possibile
affermare questa necessit nello stesso momento in cui si chiede che il Concordato venga inserito con tutti i suoi
articoli nella Carta costituzionale, precludendo la via ad ogni revisione.
Va inoltre considerato il fatto che alcuni articoli del Concordato contrastano con lo spirito della Carta
costituzionale. Ad esempio, l'articolo 5 offende due esigenze della Costituzione: l'indipendenza dello Stato e
l'eguaglianza fra i cittadini. Inoltre l'articolo 36, in cui si parla dell'insegnamento religioso come culmine
dell'educazione secondo i princip della Chiesa Cattolica, offende il principio dell'eguaglianza tra cittadini
appartenenti a fedi diverse. Egualmente deve essere modificalo l'articolo 20 del Concordato, relativo al
giuramento dei vescovi nelle mani del re.
Conclude dichiarando che si pu affermare nella Costituzione l'indipendenza della Chiesa ed altri princip che
meritano un'affermazione di carattere costituzionale; ma non si pu arrivare ad inserire nella Costituzione il
Concordato in toto. Il Concordato un avvenimento importante poich ha rappresentato l'avvento in Italia delia
pace religiosa, fatto storico che nessuno disconosce. Ma lecito non riconoscere che la specifica forma data
allora al Concordato possa ancora rispondere alla situazione attuale.
Quanto all'emendamento proposto dall'onorevole Lucifero, ritiene che esso possa fornire un.mezzo pi spedito
per modificare il Concordato, ma che non soddisfi a quelle esigenze pi importanti che non gli consentono di
votare a favore della formula proposta dal Presidente.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di non poter accettare l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Lucifero che
aggrava la situazione, perch viene a consacrare nella maniera pi rigida l'inserimento del Concordato nella
Costituzione, confermando l'impossibilit di modificare il Concordato stesso con atti che non siano bilaterali.
PRESIDENTE osserva che questo non lo spirito con il quale l'onorevole Lucifero ha presentalo il suo
emendamento.
CEVOLOTTO, Relatore, obietta che questa, per, ne la conseguenza, rilevando che, invece l'emendamento
proposto dall'onorevole Grassi costituiva un'attenuazione della formula del Presidente.
Si dichiara favorevole alla formula proposta dall'onorevole Togliatti per le ragioni che il proponente ed egli stesso
hanno esposto.
LUCIFERO fa osservare all'onorevole Cevolotto che il problema cui ci si trova di fronte quello della possibilit
di modifche del Concordato accettate bilateralmente dalla Santa Sede e dallo Stato italiano. Qualora non si dica
niente in proposito, per una modificazione del genere bisogner seguire la procedura della revisione
costituzionale.
A questo inconveniente ovvia la dichiarazione che la revisione del Concordato avviene col normale sistema di
ratifica. In questo modo, se mai, si attenua, non si aggrava, il peso dell'inserimento del Concordato nella
Costituzione.
PRESIDENTE dichiara di insistere nella sua proposta aggiuntiva, e domanda all'onorevole Grassi se mantiene
la sua proposta di emendamento.

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GRASSI dichiara di insistervi, perch ritiene che la dizione I rapporti sono regolati in base ai Patti Lateranensi
possa risolvere sia la questione di sostanza, sia quella di forma accennata dall'onorevole Lucifero. Se si
dicesse soltanto sono regolati dai Patti Lateranensi , potrebbe darsi che per la modifica dei Patti Lateranensi
si dovesse ricorrere a strumenti complessi, dato che quella italiana non una Costituzione flessibile ma rigida;
invece con la formula da lui proposta si potrebbe ratificare qualunque nuove accordo, senza bisogno di ricorrere
ad una procedura extra-parlamentare.
LUCIFERO chiede che il suo emendamento venga messo ai voti prima della formula proposta dal Presidente,
perch ci potrebbe indurre qualcuno a votare quella parte della proposta che sarebbe per lui inaccettabile
senza l'emendamento.
PRESIDENTE fa osservare all'onorevole Lucifero che la sua richiesta non pu essere accolta, perch il suo un
emendamento aggiuntivo e come tale presuppone una formula precedente.
Mette ai voti in primo luogo la formula proposta dall'onorevole Togliatti: I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica
sono regolati in termini concordatari .
LUCIFERO dichiara di votare contro, perch ritiene che la formula, richiamandosi solo alla parte concordataria,
non contempli quegli altri rapporti che sono previsti dal Trattato. Inoltre, dicendo in termini concordatari , si
lascia adito al dubbio che non ci si riferisca al Concordato vigente.
(La formula Togliatti respinta con 10 voti contrari e 7 favorevoli).
PRESIDENTE avverte che rimane da porre in votazione la formula da lui proposta, sulla quale l'onorevole
Grassi ha presentato un emendamento.
GRASSI dichiara di ritirarlo.
PRESIDENTE pone ai voti la formula da lui proposta: I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi .
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di votare contro per le ragioni che ha gi ampiamente esposto, riservandosi di
risollevare la questione, sia nella Commissione plenaria che davanti all'Assemblea Costituente.
DE VITA dichiara di votare contro.
GRASSI dichiara di votare a favore, con l'intesa che egli ritiene che il Trattato e il Concordato debbano essere la
base delle relazioni tra Stato e Chiesa, ma che essi vanno modificati in alcune parti. Con questo spirito, voter
anche a favore dell'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Lucifero.
MORO dichiara di votare a favore, sicuro di interpretare in questo modo la coscienza cattolica del popolo
italiano, e anche di quella parte cattolica del popolo italiano che milita in altri partiti. Dichiara altres, che con
questo voto i Commissari di parte democristiana non intendono imporre l'affermazione di una maggioranza
transitoria, ma vogliono avviare tutta la vita politica italiana verso la pace religiosa, nella certezza che, anche per
mezzo del loro contributo, saranno operati nel Concordato quei ritocchi che valgano a rendere i termini della
pace religiosa perfettamente aderenti allo spirito liberale e democratico della nostra Costituzione.
(La formula proposta dal Presidente approvata con 10 voti favorevoli e 7 contrari).
PRESIDENTE mette ai voti l'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Lucifero: Qualunque modifica di
essi, bilateralmente accettata, non richieder un procedimento di revisione costituzionale, ma sar sottoposta a
normale procedura di ratifica .
DOSSETTI, Relatore, riservandosi, quanto al merito della proposizione proposta, di esprimere il suo avviso in
sede pi opportuna, dichiara di votare contro perch l'adozione di questa norma, quando ancora non si conosce
la procedura che verr adottata per la revisione della Costituzine, gli sembra inopportuna.

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GRASSI dichiara di votare a favore per le ragioni gi esposte.


TOGLIATTI dichiara di votare a favore.
(L'emendamento aggiuntivo approvato con 8 voti favorevoli e 7 contrari).
PRESIDENTE rileva che la dizione dell'articolo, nel suo testo definitivo, rimane la seguente: Lo Stato e la
Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti
Lateranensi. Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richieder un procedimento di revisione
costituzionale, ma sar sottoposta a normale procedura di ratifica .
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
PRESIDENTE
Fa presente che nel testo proposto dai due relatori viene a questo punto un articolo che proposto dal solo
onorevole Marchesi, ed al quale l'onorevole Moro non ha aderito. L'articolo cos formulato:
Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilir e svolger, con l'assistenza
di enti locali e per mezzo delle autorit centrali e periferiche, un piano di struttura scolastica diretto ad integrare
e ad estendere l'istruzione popolare .
MORO, Relatore, chiarisce i motivi che lo hanno indotto a non sottoscrivere l'articolo proposto dall'onorevole
Marchesi, osservando che in esso da una parte si ripete il concetto gi espresso nell'ultimo comma dell'articolo
precedentemente approvato, nel quale si afferma che le borse di studio sono assegnate mediante pubblici
concorsi, e dall'altra si fa un accenno all'attivit scolastica per permettere che questa attivit educativa e di
istruzione giunga fino a tutti i ceti popolari.
Dichiara che l'idea che l'istruzione debba essere estesa a tutto il popolo lo trova consenziente, come pure quella
che lo Stato debba porre in essere ogni attivit allo scopo di dare una cultura, nei limiti del possibile, a tutti i
cittadini, ma per quanto riguarda le parole svolger con l'assistenza di enti locali e per mezzo delle autorit
centrali e periferiche un piano di struttura scolastica... ebbe a fare a suo tempo delle riserve che intende
mantenere.
Ritiene che si potrebbe dall'articolo proposto enucleare una parte suscettibile di incontrare il consenso di tutti i
Commissari, la quale ribadisca il principio di una estensione della cultura e della istruzione tale da permettere a
tutti i cittadini, anche a coloro che si avviino al lavoro manuale, di attendere a questo lavoro con una pi
completa preparazione, in un senso largo, umanistico.
Se si vuole quindi confermare in questa sede che tutti i cittadini, anche se non possono giungere ai pi alti gradi
di istruzione, devono avere una formazione adeguata nel piano tecnico ed umano, egli non potr che essere
d'accordo, a patto che non vi sia un richiamo ad una pianificazione strutturale della attivit scolastica.
MARCHESI, Relatore, dichiara di aver previsto che questa parola piano avrebbe suscitato diffidenze.
Osserva che si tratta di un termine ormai entrato nell'uso e che bisogna accettare, quando si voglia tendere
verso un rinnovamento dei fattori della vita sociale. Non vi nessuno, tra tutti i deputati dell'Assemblea
Costituente, che non sia d'accordo nel riconoscere la necessit di elevare, anche al di l della scuola, l'istruzione
popolare. un riconoscimento che si rinnova e si ripete da secoli, ma l'esperienza - una lunga esperienza insegna quale differenza ci sia tra quelli che dicono di volere la estensione della cultura popolare e quelli che la
vogliono veramente. Gli uomini del suo partito sono certamente tra coloro che la vogliono.
Ci premesso, bisogna che la Costituzione parli chiaro su questo punto ed indichi ci che il legislatore dovr
stabilire e il Governo dovr, o potr, eseguire. A questo scopo nell'articolo da lui proposto si dice: Lo Stato,
favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilir e svolger con l'assistenza di enti locali

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- e si potrebbe aggiungere politici e sindacali , in quanto non c' ragione che i partiti politici e le
organizzazioni sindacali siano tenuti lontani da questa opera di elevazione popolare - per mezzo delle autorit
centrali e periferiche, un piano di struttura scolastica diretto ad integrare e ad estendere l'istruzione popolare .
Fa presente che si tratta di un piano , non di un progetto condannato a restare inattuato, di un piano che
deve essere garantito dallo Stato, per mezzo degli organi statali.
Al risultato desiderato potr giungersi con la moltiplicazione delle scuole, soprattutto primarie, con l'istituzione di
scuole di arte e di lavoro, con la creazione di biblioteche circolanti in tutti i villaggi. Bisogna diffondere il libro
sotto qualunque forma, non importa se catechismo o libro di novelle. Bisogna educare il popolo, e l'alfabeto lo
strumento fondamentale non solo agli effetti della elevazione spirituale e politica della gente, ma anche nei
riguardi della produzione economica del Paese. Con biblioteche circolanti in tutti i villaggi, con insegnanti volanti
nelle campagne, si potr ottenere l'invocata diffusione della cultura popolare. Ci sono luoghi nelle campagne,
tagliati fuori dal resto del mondo, che rimarranno per parecchio tempo esclusi da ogni possibilit di
insegnamento.
Tutto questo non si pu fare fidando nella iniziativa di alcuni organismi od enti privati o comunali o regionali; ci
vuole un diretto intervento del Governo, un piano stabilito e perseguito dal Governo attraverso i suoi organi
centrali e periferici.
Fa presente che, proponendo questo articolo, ha inteso indurre la Sottocommissione a considerare l'importanza
grande che un'organizzazione governativa, con la collaborazione degli enti locali e regionali, dei partiti politici e
delle organizzazioni operaie e sindacali, pu avere per l'istruzione del popolo, oltre i confini della scuola.
PRESIDENTE manifesta l'impressione che la proposta dell'onorevole Marchesi riguardi una materia propria di
legge speciale, che lo Stato potr elaborare allorquando si tratter di avvisare ai mezzi per un migliore
incremento dell'istruzione popolare.
Ritiene comunque che il primitivo articolo dell'onorevole Marchesi sia pi accettabile di quello presentato oggi,
perch non vi si parla di pianificazione.
Dichiara che, qualora si decidesse di porre ai voti l'articolo proposto dall'onorevole Marchesi, egli si riserva di
proporre un emendamento cos formulato:
Le iniziative private dirette ad integrare e diffondere l'istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo
Stato con premi e sovvenzioni adeguate .
Osserva che bene che la questione della diffusione dell'istruzione popolare sia stata in questa sede esaminata
e prospettata; e quanto stato detto potr essere convenientemente inserito nel verbale come pensiero della
Sottocommissione per essere poi presentato in sede competente. Ma dichiara che se l'articolo fosse messo in
votazione, egli voter contro perch ritiene non costituzionale la materia in esso trattata, e che quindi tale
materia esuli dalla competenza specifica della Sottocommissione.
MASTROJANNI esprime il dubbio che la preoccupazione di estendere l'insegnamento nelle zone dove esso pu
arrivare pi diffcilmente possa avere come conseguenza il grave inconveniente che in quelle zone l'attitudine
dei singoli fino al quattordicesimo anno di et venga convogliata a determinati orientamenti e finalit politiche
con vantaggio di quel partito che, essendo al potere, avr i mezzi di attuare questo piano straordinario.
Osserva inoltre che le dichiarazioni dell'onorevole Marchesi hanno rafforzato le sue preoccupazioni nei riguardi
dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente, l dove si dice che l'insegnamento primario e post-elementare da
impartire in otto anni obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di et . Pur non avendo
nulla da obiettare, perch l'articolo stato gi approvato, si preoccupa del fatto che un giovane possa essere
obbligato fino al quattordicesimo anno di et a seguire un indirizzo scolastico che contrasti, ad esempio, con le
sue attitudini umanistiche, se la scuola post-elementare dovesse avere un orientamento professionale specifico.
Desidera che di questa sua preoccupazione si faccia cenno nel verbale.

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CEVOLOTTO fa presente che l'insegnamento post-elementare fino al quattordicesimo anno di et sar


obbligatorio per chi non intenda seguire altri corsi. L'alunno che, come dice l'onorevole Mastrojanni, abbia
spiccate tendenze agli studi umanistici, andr al ginnasio.
Per quanto riguarda il nuovo articolo proposto dall'onorevole Marchesi, dichiara che, se esso sar messo in
votazione, voter contro, poich nutre dei dubbi circa le finalit politiche dell'insegnamento previsto, nelle zone
in cui non vi sono possibilit di controllo.
MASTROJANNI dichiara che, nel caso che l'articolo sia messo ai voti, egli voter contro, inquantoch le finalit
da esso perseguite potrebbero prestarsi alle ingerenze dei fattori politici.
MORO, Relatore, risponde all'onorevole Mastrojanni, richiamandosi alle dichiarazioni dell'onorevole Marchesi,
alle quali si anche egli associato, rilevando che la scuola post-elementare non dovrebbe essere una
continuazione della scuola elementare, ma che, appena sar possibile, si creer una scuola con una particolare
fisionomia.
Per quanto riguarda il nuovo articolo proposto dall'onorevole Marchesi, dichiara di non essere d'accordo col
Presidente, poich ritiene che la materia dell'articolo in esame debba rientrare nell'argomento della scuola. Ci
si preoccupati dell'alta cultura in un senso molto largo, e non si rivolge ancora tutta l'attenzione alla esigenza di
diffondere in mezzo al popolo l'istruzione. L'obiezione da lui sollevata riguardava soltanto la pianificazione come
tale. Si dichiara invece d'accordo con l'onorevole Marchesi circa l'opportunit che vi sia una norma che impegni
lo Stato a favorire l'iniziativa della istruzione popolare.
Poich quello che si fonda uno Stato sociale, come stato dichiarato fin da principio, opportuno inserire
nella Costituzione una dichiarazione sul favore che lo Stato deve accordare a queste iniziative. Ritiene che una
formula in proposito possa essere concordata.
DE VITA domanda la chiusura della discussione generale.
PRESIDENTE mette ai voti la proposta di chiusura della discussione generale sull'articolo.
( approvata all'unanimit).
Fa presente che ci sono due votazioni da fare. La prima di ordine pregiudiziale e riguarda la convenienza o
meno che una materia come quella proposta dall'onorevole Marchesi formi oggetto di una statuizione di
carattere costituzionale. Personalmente si dichiara contrario all'inclusione dell'articolo dell'onorevole Marchesi
nella Costituzione.
Ricorda poi di aver presentato in linea subordinata una formula la quale dice:
Le iniziative private dirette a integrare e diffondere l'istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo
Stato con premi e sovvenzioni adeguate .
MERLIN UMBERTO fa presente che nell'assemblea plenaria della Commissione tenuta venerd scorso stata
presa una deliberazione nella quale si raccomandava che la Costituzione fosse breve e chiara. Dichiara, in base
a quella raccomandazione, di associarsi alla proposta del Presidente tendente ad escludere dalla Costituzione
un articolo come quello proposto dall'onorevole Marchesi. Questa dichiarazione non involge il suo giudizio nel
merito, concordando nei concetti espressi dall'onorevole Marchesi.
DOSSETTI fa presente che la questione deve essere discussa senza tener presente quanto stato concordato
nell'Assemblea plenaria dei settantacinque.
Osserva che l'articolo proposto dall'onorevole Marchesi nella seconda stesura contiene due princip, uno relativo
all'affermazione dell'obbligo dello Stato di provvedere in maniera vasta ed intensa alla diffusione della cultura
popolare, e un secondo principio relativo al modo attraverso cui lo Stato deve pervenire a questo risultato, cio
una pianificazione dello sviluppo di questa cultura che si concreta poi in iniziative dello Stato e in aiuti e favori
alle iniziative di altri enti.

82

Osserva anche che difficile poter votare contro i due concetti. Si dichiara d'accordo sul primo principio ed
anche sul secondo, nel senso che lo Stato deve porsi il problema di sviluppare la cultura popolare in modo
organico in tutte le regioni d'Italia.
Fa presente, per, che pur essendo favorevole al contenuto dell'articolo, ritiene che la duplice affermazione non
debba essere fatta in questa sede, perch, per quel che riguarda la prima parte dell'articolo, l'obbligo cio dello
Stato di favorire la cultura popolare, il concetto gi contenuto negli articoli approvati precedentemente.
BASSO, pur ritenendo che tutta la materia scolastica non sia di competenza della Costituzione, dal momento
che altri articoli del genere sono stati approvati, dichiara che voter favorevolmente per l'introduzione nella
Costituzione anche di questo articolo.
DE VITA si dichiara contrario alla pregiudiziale sollevata contro l'articolo, facendo presente che tale
dichiarazione non pregiudica il suo giudizio sull'articolo stesso.
MARCHESI, Relatore, osserva che nel proporre il suo articolo ha voluto distinguere nettamente il problema della
scuola dal problema della cultura. Poich il problema della scuola stato ritenuto di competenza della
Costituzione, non vede le ragioni per cui debba negarsi la competenza costituzionale per un articolo che
riguarda la cultura del popolo, la quale si pu e si deve svolgere ampiamente oltre i confini della scuola.
PRESIDENTE mette ai voti la pregiudiziale se l'articolo proposto dal Relatore onorevole Marchesi debba o meno
essere considerato materia di Costituzione, e quindi essere messo in discussione ed in votazione.
Ricorda che la decisione che la Commissione prender non implica, naturalmente, il giudizio del merito, il cui
esame resta riservato.
LA PIRA fa presente che in un primo momento aveva acceduto alla tesi esposta dall'onorevole Presidente, ma
che l'ultimo chiarimento dato dall'onorevole Marchesi lo ha convinto.
(La Sottocommissione si dichiara favorevole alla discussione dell'articolo proposto dall'onorevole Marchesi con
10 voti contro 3).
PRESIDENTE dichiara aperta la discussione sul merito dell'articolo proposto dall'onorevole Marchesi.
BASSO e TOGLIATTI osservano che la discussione sul merito dell'articolo era stata chiusa.
PRESIDENTE ricorda che si era fatta la riserva; qualora cadesse la pregiudiziale, di presentare una
formulazione diversa.
MARCHESI, Relatore, propone la seguente formula lievemente modificata:
Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilir e svolger con l'assistenza di
enti locali e per mezzo delle autorit centrali e periferiche, un piano di cultura diretto ad integrare e ad estendere
l'istruzione popolare .
PRESIDENTE dichiara di insistere sulla sua proposta sostitutiva di quella presentata dall'onorevole Marchesi,
cos formulata:
Le iniziative private dirette ad integrare e diffondere l'istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo
Stato con premi e sovvenzioni adeguate .
MARCHESI, Relatore, si dichiara contrario alla formula proposta dal Presidente, poich ritiene che lo Stato
debba essere il promotore della diffusione dell'istruzione popolare.

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Osserva che l'articolo proposto dal Presidente rovescia quello da lui presentato, poich mette a base l'iniziativa
privata, in luogo di quella statale.
PRESIDENTE comunica che stata proposta dall'onorevole Moro una terza formula conciliativa, a cui dichiara
in linea di massima di aderire, del seguente tenore: Lo Stato stimolando, coordinando e favorendo con premi e
sovvenzioni le migliori iniziative di enti locali, di istituzioni e di privati, svilupper in modo organico la cultura
popolare e l'istruzione professionale .
MARCHESI, Relatore, osserva che secondo questa nuova formula lo Stato dovr aspettare che si manifestino
iniziative di enti locali, di privati, ecc., per coordinarle e favorirle, e per sviluppare su questa base, in modo
organico, la cultura popolare. Pertanto sarebbe lasciato all'iniziativa dello Stato soltanto uno stimolo; ci che, a
suo avviso, sarebbe troppo debole e troppo vago.
Dopo aver dichiarato che non comprende per quale fatalit ogni formula proposta dalla sua parte debba essere
soggetta a sospetti e a modifiche, rileva che nel suo articolo, con la formula: Lo Stato, favorendo con premi e
sovvenzioni le migliori iniziative private... si ammettono appunto le iniziative private; e con l'altra: enti locali ,
ci si riferisce in maniera particolare ai municipi, alle regioni e ad altri enti del genere. Lo Stato non esiste se non
attraverso le autorit che lo rappresentano: quella centrale e quelle periferiche; dunque lo Stato stesso che
predispone, attraverso gli organi esecutivi, un piano di cultura diretto ad integrare e ad estendere l'istruzione
popolare.
PRESIDENTE domanda all'onorevole Marchesi se respinge la proposta formulata dall'onorevole Moro.
MARCHESI, Relatore, dichiara che, con l'articolo proposto, ha mirato ad impegnare lo Stato nell'opera di
diffusione e di organizzazione della cultura attraverso gli enti privati, che sono stati messi in prima linea,
attraverso gli enti locali e con l'intervento di quelle autorit centrali e periferiche, senza di che non esisterebbe
intervento statale.
Fa presente che, piuttosto che accettare alterazioni profonde e sostanziali all'articolo da lui proposto, preferisce
ritirarlo.
MASTROJANNI propone la seguente formulazione: interesse dello Stato diffondere con ogni mezzo la
cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative .
PRESIDENTE osserva che la proposta dell'onorevole Mastrojanni potrebbe essere resa pi accettabile, qualora
fosse formulata nel modo seguente: Lo Stato deve diffondere con ogni mezzo a sua disposizione la cultura
popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative .
MORO, Relatore, propone che si tolgano le parole a sua disposizione e si dica semplicemente: Lo Stato
deve diffondere con ogni mezzo la cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative .
MARCHESI, Relatore, dichiara di accettare la formula cos modificata.
PRESIDENTE mette ai voti la formula proposta dall'onorevole Mastrojanni e da lui, con la modificazione
dell'onorevole Moro.
( approvata all'unanimit).

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

84

PRESIDENTE pone in discussione l'ultimo articolo proposto dai Relatori Moro e Marchesi, cosi formulato: I
monumenti artistici, storici e naturali del Paese costituiscono patrimonio nazionale ed in qualsiasi parte del
territorio della Repubblica sono sotto la protezione dello Stato .
Prega il Relatore Marchesi di volerlo illustrare.
MARCHESI, Relatore, ritiene che le ragioni del suddetto articolo siano cos evidenti e di tanta imponenza da
dispensarlo da particolari illustrazioni. Proporrebbe piuttosto una nuova formula pi sintetica:
I monumenti artistici, storici e naturali, in qualsiasi parte del territorio della Repubblica, sono sotto la protezione
dello Stato .
MORO, Relatore, accetta la nuova formula.
MASTROJANNI non contrario alla nuova formula proposta, ma desidererebbe sostituire il termine vigilanza
alla parola protezione , la quale, in ultima analisi, potrebbe determinare l'assurda interpretazione di dare
diritto ai privati di pretendere dallo Stato la manutenzione dei monumenti artistici e storici di loro propriet, dando
cos luogo anche ad eventuali speculazioni.
LUCIFERO, si dichiara favorevole al termine protezione , che d maggiormente l'idea dei compiti dello Stato
in questo campo. Richiama l'attenzione sul fatto che per incuria dello Stato o mancanza della necessaria
manutenzione da parte dei proprietari che non ne hanno la possibilit, stanno andando in rovina monumenti
meravigliosi e opere d'arte di interesse nazionale di inestimabile valore. Ritiene perci che sia anche nelle
intenzioni dell'onorevole Marchesi che questo patrimonio comune della Nazione sia tutelato, chiunque ne sia il
possessore.
Per questo motivo, anzi, non sarebbe contrario a stabilire, in sede di legge speciale, che le opere d'arte di
interesse nazionale che sono in godimento di privati che non hanno la possibilit di mantenerle, possano essere
espropriate.
MARCHESI, Relatore, anch'egli dell'avviso che sia preferibile il termine protezione, perch lo Stato in tanto
protettore dei monumenti artistici e storici, in quanto pu imporre a coloro che ne hanno la propriet e la
possibilit di provvedere alla manutenzione e in caso contrario intervenire direttamente.
TOGLIATTI d'accordo con l'onorevole Marchesi che lo Stato debba prendere le misure necessarie, perch o
un quadro famoso di una collezione, o un palazzo storico, o qualsiasi altro monumento che appartenga a un
privato, non vada distrutto per mancanza di mezzi o per trascuratezza. Con questo non si vuole per intendere
che lo Stato debba assumersi il carico della manutenzione di tutti i tesori artistici e storici del Paese, anche se
appartenenti a privati, ma che debba intervenire decisamente quando tale manutenzione non si attui in modo
effettivo.
MASTROJANNI non ha nulla in contrario ad un intervento dello Stato, purch si dica esplicitamente che
qualsiasi esproprio debba essere motivato specificatamente. La parola vigilanza gli sembrava il termine pi
sostanzialmente adatto, nel senso anche di proteggere oltre che vigilare.
DE VITA non ritiene opportuno usare la parola vigilanza che esprime il concetto di vigilare su di una attivit
che in effetti non esercitata dai privati. Crede perci preferibile la parola protezione .
MORO, Relatore, per maggior precisione proporrebbe la seguente dizione: I monumenti storici, artistici e
naturali, a chiunque appartengano ed in qualsiasi parte del territorio della Repubblica, sono sotto la protezione
dello Stato .
MARCHESI, Relatore, d'accordo.
PRESIDENTE mette ai voti la dizione proposta dall'onorevole Moro.
( approvata all'unanimit).

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PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
Revisione degli articoli da deferire al Comitato di coordinamento.
PRESIDENTE ricorda che nella seduta precedente la Sottocommissione ha proceduto alla revisione dei primi tre
articoli concernenti i princip dei rapporti culturali.
Sottopone all'esame, per la revisione, i rimanenti articoli approvati sullo stesso tema.
MARCHESI, sull'articolo 6, osserva che nel testo concordato dalla prima e dalla terza Sottocommissione
l'articolo - concernente la protezione dei monumenti da parte dello Stato - stato soppresso, e fa presente la
necessit che invece esso sia mantenuto.
PRESIDENTE chiarisce che l'articolo stato considerato superfluo dal Comitato che ha coordinato gli articoli
approvati dalla prima e dalla terza Sottocommissione.
MARCHESI fa osservare al Presidente che l'articolo in esame oggi pi che mai necessario, poich la seconda
Sottocommissione, che si occupa delle autonomie regionali, ha attribuito alla competenza delle Regioni la
protezione e la manutenzione dei monumenti che costituiscono patrimonio nazionale. Dichiara di non poter
accettare questo principio, e di ritenere pertanto opportuno introdurre nella Costituzione un articolo che metta
sotto la protezione dello Stato i monumenti artistici, storici e naturali, a chiunque appartengano e in qualsiasi
parte del territorio della Repubblica.
PRESIDENTE assicura l'onorevole Marchesi che si render interprete del suo desiderio in sede di Comitato
misto, e propone che la forma dell'articolo in esame sia modificata nel modo seguente: I monumenti artistici,
storici e naturali, in qualsiasi parte del territorio della Repubblica ed a chiunque appartengano, sono sotto la
protezione dello Stato .
CEVOLOTTO dichiara di ritenere imprecisa l'espressione monumenti naturali , poich il monumento
sempre qualche cosa che sorge per opera dell'uomo.
MARCHESI fa osservare all'onorevole Cevolotto che il monumento una testimonianza di qualche cosa, un
ricordo, una memoria, e che d'altra parte la parola monumento ha assunto un significato cos esteso e
generico che pu essere accettata.
CEVOLOTTO non insiste sulla sua osservazione riguardante l'espressione monumenti naturali ma fa
osservare che l'altra espressione sotto la protezione dello Stato alquanto generica e pu avere un
significato troppo lato permettendo al privato, che non abbia i mezzi per curare e mantenere questi monumenti,
di rivolgersi allo Stato per pretendere che vi provveda lo Stato stesso.
MARCHESI chiarisce che lo Stato deve appunto intervenire quando non ci siano i mezzi da parte del privato, ma
pu anche imporre al proprietario, che abbia i mezzi, la custodia e la manutenzione di questi monumenti.
CEVOLOTTO dichiara di non insistere nella sua osservazione.
(L'articolo viene approvato nella formulazione proposta dal Presidente).
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

PRESIDENTE pone in discussione il successivo articolo nel seguente testo proposto dai Relatori:
La condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge in conformit delle norme e dei trattati
internazionali .
Lo straniero cui vengono negati nel proprio Paese i diritti e le libert sancite dalla presente Costituzione, ha
diritto di asilo nel territorio dello Stato .
Pone ai voti il primo comma dell'articolo:
La condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge in conformit delle norme e dei trattati
internazionali .
( approvato all'unanimit).
PRESIDENTE pone in discussione il secondo comma:
Lo straniero cui vengono negati nel proprio paese i diritti e le libert sanciti dalla presente Costituzione, ha
diritto di asilo sul territorio dello Stato .
MASTROJANNI propone la seguente aggiunta alla fine del capoverso: purch si conformi ai suoi ordinamenti
.
CEVOLOTTO dichiara di non ritenere felice l'espressione diritto di asilo che si riferisce ai luoghi nei quali la
polizia non poteva perseguitare un determinato individuo anche se colpevole.
PRESIDENTE fa osservare all'onorevole Mastrojanni che il suo emendamento aggiuntivo superfluo.
MASTROJANNI dichiara di insistervi.
LUCIFERO dichiara che voter a favore dell'aggiunta proposta dall'onorevole Mastrojanni, perch essa
effettivamente chiarisce la posizione dello straniero che riceve asilo. L'asilo non pu servire allo straniero per
compier opera contraria allo Stato.
TOGLIATTI dichiara di non approvare il concetto, perch in esso si potrebbero nascondere dei limiti al diritto di
asilo che egli non accetta.
PRESIDENTE mette ai voti l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Mastrojanni.
( respinto con 12 voti contrari e 3 favorevoli).
Dichiara approvato l'articolo nel testo proposto dai Relatori:
La condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge in conformit delle norme e dei trattati
internazionali.
Lo straniero cui vengono negati nel proprio paese e diritti e le libert sanciti dalla presente Costituzione, ha
diritto di asilo nel territorio dello Stato .

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PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
Revisione degli articoli da deferire al Comitato di coordinamento.
PRESIDENTE riapre la discussione sugli articoli riguardanti lo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti
con gli altri ordinamenti, ricordando che in una precedente seduta egli e l'onorevole Togliatti avevano presentato
due formulazioni diverse sullo stesso argomento.
Gli articoli presentati dall'onorevole Togliatti erano i seguenti:
Art. 1. - Lo Stato indipendente e sovrano nei confronti di ogni organizzazione religiosa o ecclesiastica .
Art. 2. - Lo Stato riconosce la sovranit della Chiesa cattolica nei limiti dell'ordinamento giuridico della Chiesa
stessa .
Art. 3. - I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari .
Gli articoli da lui proposti erano cos formulati:
Art. 1. - Le norme di diritto internazionale fanno parte dell'ordinamento della Repubblica. Le leggi della
Repubblica non possono contraddirvi .
Art. 2. - La Repubblica riconosce la sovranit della Chiesa cattolica nella sfera dell'ordinamento giuridico di
essa .
Art. 3. - I Patti lateranensi - Trattato e Concordato - attualmente in vigore sono riconosciuti come base dei
rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato .
TOGLIATTI dichiara di essere disposto a riunire in uno solo i tre articoli da lui proposti.
PRESIDENTE fa presente che, tra gli articoli che egli ha proposto, ce ne uno che non riguarda i rapporti tra lo
Stato e la Chiesa, ma le norme di diritto internazionale che dovrebbero far parte dell'ordinamento della
Repubblica.
Domanda alla Commissione se essa ritiene che questo articolo debba essere discusso prima di passare
all'esame degli articoli riguardanti i rapporti tra Stato e Chiesa.
DOSSETTI, Relatore, in merito ai tre articoli presentati dall'onorevole Togliatti, rileva che - a parte le differenze
formali - il secondo pu rappresentare una base utile di discussione essendo formulato precisamente nello
spirito del principio che egli ha affermato.
Ritiene invece insufficiente il terzo degli articoli in cui l'onorevole Togliatti ha affermato in modo pi esplicito e in
termini pi comprensibili ci che l'oratore aveva cercato di stabilire negli articoli 5 e 6 proposti nella relazione. Fa
osservare a questo proposito che esiste accordo tra lui e l'onorevole Togliatti circa l'affermazione del
riconoscimento dell'indipendenza reciproca sia dello Stato che della Chiesa; ma rileva altres che, oltre alla
affermazione che i rapporti intercorrenti tra di essi devono in linea di principio essere regolati in termini
concordatari e quindi con atto di diritto esterno, non si pu non introdurre nella Costituzione anche un richiamo a

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quegli atti di diritto esterno sussistenti storicamente come disciplina concreta delle relazioni tra Stato e Chiesa,
quali sono i Patti Lateranensi.
Fa presente che il principio del riconoscimento dei Patti Lateranensi era stato accettato esplicitamente anche
dall'onorevole Togliatti nelle dichiarazioni da lui fatte nella seduta della Sottocommissione del 21 novembre dalla
quale risulta chiaro che l'onorevole Togliatti era disposto a riconoscere nella Costituzione ci che chiamava uno
stato di fatto attuale e giuridico; non essendo intervenute da allora ad oggi ragioni cos gravi da giustificare un
mutamento della situazione, ritiene che ne consegua che l'onorevole Togliatti dovrebbe essere tuttora disposto
ad accettare un richiamo ai Patti Lateranensi come necessario complemento dell'architettura degli articoli
riguardanti i rapporti tra Stato e Chiesa.
Rileva che al riconoscimento costituzionale dei Patti Lateranensi oggi in vigore possono essere opposte una
serie di obiezioni tecniche, quale ad esempio la opportunit di alcune modificazioni ai Patti in vigore; ma osserva
che tali obiezioni hanno uno scarso rilievo, e che invece necessario vedere realisticamente ci che vi al
fondo della questione.
Dichiara a tale proposito che, perch si possa vedere nella nuova Costituzione un rispetto effettivo e non
soltanto formale della coscienza cattolica del popolo italiano, necessario che non si contraddica a quella
fondamentale realt storica con cui si composto un dissidio secolare sistemando i rapporti fra Stato e Chiesa;
non si pu quindi fare a meno del riconoscimento dei patti esistenti. Quando, sia pure sotto il velame di esplicite
dichiarazioni di rispetto, ci si rifiuta a questo riconoscimento costituzionale in nome di pretese difficolt tecniche, i
democristiani hanno ragione di sospettare che sotto tale atteggiamento si nasconda qualcosa di pi che una
semplice ragione tecnica: che vi sia cio una ragione politica, e non si voglia dare agli italiani quella garanzia
che i democristiani considerano fondamentale e che essi chiedono venga affermata nella Costituzione.
Aggiunge che alcune manifestazioni di un certo valore giustificano il sospetto che, negando in modo imprevisto
ed imprevedibile il riconoscimento costituzionale dei Patti Lateranensi, e opponendo d'altra parte delle pretese
ragioni tecniche, si voglia di fatto mantenere una linea politica di equilibrio che da un lato consenta di sfruttare i
vantaggi derivanti da una dichiarazione di rispetto per la coscienza cattolica, e dall'altro di minare
profondamente la coscienza stessa. Cita a tale riguardo un articolo pubblicato dal nuovo settimanale di lotta
politica Vie nuove, diretto dal vicesegretario del Partito Comunista e di cui autorevole collaboratore lo stesso
onorevole Togliatti, articolo nel quale, sotto il titolo Roma Vaticana , vengono riferiti alcuni giudizi del
giornalista inglese Wickham Steed contenenti affermazioni false e denigratorie nei riguardi della religione.
Dichiara di non voler attribuire all'articolo citato un significato pi grave di quello che si pot attribuire al manuale
di religione presentato in una delle sedute precedenti dall'onorevole Togliatti, ma riconferma che, se le
dichiarazioni fatte dai Commissari di altra parte nei riguardi dei patti esistenti sono veramente sincere, la sola
conseguenza logica che se ne pu trarre che si deve arrivare ad introdurre nella Costituzione quell'unica
effettiva garanzia che oggi pu tranquillizzare la coscienza dei cattolici, senza recar pregiudizio alle coscienze
non cattoliche.
CEVOLOTTO, Relatore, osserva che l'onorevole Dossetti gi entrato nel merito della discussione prendendo
come base la proposta dell'onorevole Togliatti, mentre ancora si deve decidere se debba o no avere la
precedenza la discussione sull'articolo relativo all'adozione delle norme di diritto internazionale.
Ricorda di aver proposto un articolo che corrispondeva alla prima parte dell'articolo successivamente presentato
dal Presidente, il che dimostra che anche per il Presidente questo era il primo punto da risolvere. Fa presente
che, se la Sottocommissione disposta a prendere come base della discussione la proposta presentata
dall'onorevole Togliatti, egli non si opporr, ma non vede la ragione per cui non si debba prima discutere e
votare l'articolo proposto dal Presidente, il quale tratta una materia non compresa negli articoli dell'onorevole
Togliatti.
TOGLIATTI dichiara che gli indifferente discutere prima o dopo sull'articolo riguardante le norme del diritto
internazionale. Osserva per che questo articolo non persuasivo, poich esso riconosce norme del diritto
internazionale che non esistono. Esistono princip di diritto internazionale elaborati da una scienza molto
complicata, ma per i quali non esiste una codificazione, poich vi sono soltanto delle norme che entrano nei
trattati internazionali, e questi trattati costituiscono l'unica codificazione del diritto internazionale. Nei Codici civili

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dei singoli Stati vi sono alcune norme di diritto internazionale relative, soprattutto, allo stato giuridico dei cittadini,
norme di diritto privato in generale; mentre per quel che riguarda il diritto pubblico internazionale tutto rimane
nell'ambito dei princip generali e fa parte del costume o della consuetudine.
Per queste considerazioni, affermare che le norme del diritto internazionale fanno parte dell'ordinamento dello
Stato vuol dire inserire nella Costituzione un articolo che si pu prestare ad equivoci.
PRESIDENTE mette ai voti la proposta dell'onorevole Cevolotto di discutere in primo luogo la questione del
diritto internazionale in genere, per passare poi ad esaminare la questione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa
cattolica.
CARISTIA dichiara che si asterr dalla votazione in quanto ritiene che essa sia perfettamente inutile.
(La proposta Cevolotto approvata con 15 voti favorevoli, 1 contrario e 1 astenuto).
CEVOLOTTO, Relatore, riconosce giuste le osservazioni dell'onorevole Togliatti circa il riconoscimento delle
norme di diritto internazionale, e ricorda di aver presentato nella sua relazione una formula alquanto diversa da
quella del Presidente, e cos concepita: Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono
considerate come parte integrante del diritto della Repubblica italiana . Questa formula, che corrisponde, salvo
varianti formali, alla formula della Costituzione di Weimar adottata anche da altre Costituzioni, va incontro alle
obiezioni dell'onorevole Togliatti, e risponde all'aspirazione per un allargamento della base dei rapporti
internazionali in cui intervenga un riconoscimento di norme comuni tra tutti gli Stati.
Per queste ragioni propone che sia adottato l'articolo contenuto nella sua relazione, invece di quello proposto dal
Presidente.
CARISTIA ritiene che la formula proposta dall'onorevole Cevolotto sia pi adeguata, anche tenuto conto delle
osservazioni svolte dall'onorevole Togliatti, che per non sono del tutto esatte. Osserva a tale proposito che se
vero che il diritto internazionale non codificato come il diritto interno, non si pu dire in maniera assoluta che
esso consti soltanto di quei princip che si trovano nell'uno o nell'altro manuale di diritto internazionale pi o
meno autorevole, perch vi anche una parte di questa materia che, bene o male, codificata in atti bilaterali.
Rileva inoltre che occorre fare una distinzione tra le convenzioni che gli Stati stipulano tra di loro, e le
convenzioni che derivano da conferenze di molti Stati che emanano delle norme le quali si attuano poi negli
ordinamenti interni dei singoli Stati. Le norme sulla condotta della guerra, sulla protezione dei lavoratori,
sull'abolizione di certi sistemi, sono norme codificate in varie conferenze ed hanno una loro attuazione
dipendente dalla loro natura di norme di diritto internazionale.
MANCINI riconosce che vi sono princip generali dinanzi ai quali ognuno deve inchinarsi; osserva per che oggi,
in un momento di continuo contrasto tra popoli e popoli, dopo che una guerra ha devastato il diritto e il rispetto
alle norme dei rapporti tra le genti, il caso di domandarsi quali norme generali di diritto internazionale si
debbano tener presenti nella Costituzione, essendo esse state superate dal diritto del vincitore sul vinto, come
dimostrato chiaramente dalle decisioni prese dalla Conferenza dei Quattro Grandi contro l'Italia.
Per queste considerazioni, ritiene inutile mettere nella Costituzione un'affermazione circa l'accettazione delle
norme del diritto internazionale, e si dichiara contrario sia alla formula proposta dal Presidente che a quella
dell'onorevole Cevolotto.
DOSSETTI, Relatore, dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Cevolotto, la quale in sostanza ha
un valore identico a quella proposta dal Presidente.
PRESIDENTE dichiara che, quando egli formul il suo articolo, fu guidato dal pensiero di differenziare le figure
dei due rapporti: rapporti internazionali in generale e rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Aggiunge di accettare
comunque la formula dell'onorevole Cevolotto.

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DOSSETTI, Relatore, dichiara di ritenere che i due concetti debbano essere affermati congiuntamente. Si
riserva, pertanto, quando si riproporr la discussione sui rapporti tra Stato e Chiesa, di proporre che al testo che
ora si approver se ne aggiunga un altro relativo ai rapporti tra Stato e Chiesa.
PRESIDENTE rilevato che l'onorevole Dossetti ha dichiarato di aderire, per ora, alla formula proposta
dall'onorevole Cevolotto, intende da parte sua fare analoga dichiarazione.
TOGLIATTI dichiara di accettare la formula dell'onorevole Cevolotto togliendo la parola come . Non pu
accettare il principio contenuto nella formula del Presidente, che cio le leggi dello Stato non possono
contraddire alle norme di diritto internazionale, poich ritiene che per scopo di rappresaglia si possa violare una
norma di diritto internazionale.
PRESIDENTE rileva che anche non adottando la formula da lui proposta, il concetto sar sempre implicito.
LA PIRA dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Cevolotto.
DE VITA, pur ripetendo di essere contrario alla tecnica della Costituzione, dichiara di accettare la formula
proposta dall'onorevole Cevolotto, poich si tratta di una norma di diritto internazionale generale, per la quale
possibile una specie di adattamento automatico.
CEVOLOTTO, Relatore, fa osservare all'onorevole Mancini che, nonostante la guerra, sono sopravvissute
alcune norme generalmente adottate nelle varie conferenze internazionali, come ad esempio quella relativa
all'abolizione della schiavit.
Fa presente inoltre che la Costituzione intorno a cui si sta lavorando deve valere per l'avvenire e che quindi la
formula in discussione ha valore in quanto afferma che l'Italia accetter, come facenti parte del suo diritto
interno, quelle norme di diritto internazionale che sorgeranno dalle varie conferenze e che saranno accettate da
tutti.
MANCINI osserva che questo pu essere un programma buono per l'onorevole Cevolotto. La Chiesa ha fondato
l'unit politica dei popoli attraverso il Cristianesimo. I socialisti cercano di fondare l'unit politica attraverso i
lavoratori. Come socialista, egli crede a questo avvenire e non pu quindi votare la proposta dell'onorevole
Cevolotto.
MERLIN UMBERTO fa presente che la Carta Costituzionale francese dice nel preambolo: La Repubblique
francaise, fidle a ses traditions, se conforme aux rgles du droit publique international . Questa formula
contiene un'affermazione che vale non solo per il futuro ma anche per il passato e giova sperare che le norme
cui si riferisce diventino efficaci e capaci di ulteriore sviluppo.
MORO domanda se l'articolo in discussione abbia riferimento anche ai trattati internazionali, oppure si riferisca
alle norme internazionali generali. Deve essere chiarito cio se i trattati, una volta stipulati, facciano parte di
diritto, senza bisogno di una legge applicativa, dell'ordinamento dello Stato italiano.
CEVOLOTTO, Relatore, prega l'onorevole Moro di non insistere sulla sua richiesta perch la questione da lui
proposta richiederebbe una lunga discussione la quale darebbe luogo a una eccessiva casistica. Dichiara di non
ritenere opportuno inserire una tale specificazione nella Costituzione. Sar lo svolgimento del diritto
internazionale che stabilir in seguito quando e come vi sia l'acquisizione automatica nel diritto interno delle
convenzioni e dei trattati internazionali, il che non sempre avviene, neanche ora.
Per quanto riguarda qualche caso particolare, la questione potr essere sollevata in un secondo tempo.
DOSSETTI, Relatore, risponde all'onorevolevole Moro che si riservava di sollevare la questione cui l'onorevole
Moro ha fatto cenno.
PRESIDENTE domanda all'onorevole Dossetti se crede di dover rispondere alla domanda dell'onorevole Moro,
dopo aver aderito alla formula dell'onorevole Cevolotto.

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DOSSETTI, Relatore, risponde che bisogna distinguere: norme di diritto internazionale generale; norme di diritto
internazionale positivo (i trattati); accordi tra Stato e Chiesa. Dichiara che nell'esprimere il suo assenso alla
formula Cevolotto in merito al primo problema, non ha inteso pregiudicare n la seconda n la terza questione.
MORO si associa alle dichiarazioni dell'onorevole Dossetti riservandosi di intervenire quando saranno sollevate
tali questioni.
MANCINI dichiara che potrebbe accettare la formula dell'onorevole Cevolotto solo nel caso che l'espressione:
Le norme del diritto delle genti fosse sostituita dall'espressione: Le norme dei rapporti internazionali .
CEVOLOTTO, Relatore, osserva che ci sono altri rapporti non giuridici come, ad esempio, le convenzioni postali.
MORO domanda all'onorevole Mancini che differenza egli fa tra diritto delle genti e norme dei rapporti
internazionali.
MANCINI risponde che il diritto delle genti non esiste pi, mentre i rapporti internazionali saranno stabiliti dalle
convenzioni future.
MORO dichiara di non ritenere che il diritto delle genti sia stato annullato; esso pu essere stato violato, e
proprio il fatto che i criminali di guerra sono stati giudicati e condannati, dimostra che vi un diritto in base al
quale si proceduto alla loro condanna. Il diritto delle genti va ricostituendosi, e l'Italia contribuir a questa
ricostituzione dichiarando la sua fedelt alle norme elementari del vivere internazionale.
MANCINI dichiara di essersi ispirato a questo principio, proponendo di sostituire con le parole rapporti
internazionali le parole diritto delle genti .
DE VITA propone di sostituire alla dizione diritto delle genti quella di diritto internazionale generale .
PRESIDENTE osserva che in tal caso si parla di diritto pubblico.
MORO propone che si dica diritto internazionale pubblico .
PRESIDENTE osserva che questa sarebbe la dizione migliore, e domanda all'onorevole Cevolotto se l'accetta.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara di accettarla.
PRESIDENTE domanda all'onorevole Mancini se accetta l'emendamento sostitutivo diritto pubblico
internazionale .
MANCINI ripete che il diritto internazionale oggi non esiste.
TOGLIATTI dichiara di non accettare questa ultima formula proposta perch con essa si viene a invadere un
altro campo. Accetta soltanto la primitiva formula dell'onorevole Cevolotto.
PRESIDENTE pone in votazione l'articolo proposto dall'onorevole Cevolotto, che ritiene raccolga la maggioranza
delle adesioni ed cos formulato:
Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono considerate come parte integrante del diritto
della Repubblica italiana .
CEVOLOTTO, Relatore, propone di togliere il termine italiana perch si sempre parlato nei precedenti
articoli soltanto di Repubblica.
MORO ricorda che l'onorevole Togliatti ha proposto di togliere anche il termine come .

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MANCINI propone la seguente formula: Le norme dei rapporti tra i popoli generalmente riconosciute sono
considerate come parte integrante del diritto della Repubblica .
PRESIDENTE mette ai voti la formula proposta dall'onorevole Mancini.
( respinta con 15 voti contrari e 1 voto favorevole).
Mette ai voti la formula dell'onorevole Cevolotto modificata secondo gli emendamenti accettati dal proponente:
Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono considerate parte integrante del diritto della
Repubblica .

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
Seguito della discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.
PRESIDENTE fa presente che, secondo l'ordine dei lavori precedentemente stabilito, dovrebbero essere messi
in discussione gli articoli 2 e 5 della relazione dell'onorevole Cevolotto.
Quanto all'articolo 3: Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge ed hanno gli stessi diritti e doveri. La
nascita, il sesso, la razza, la condizione sociale, le credenze religiose, o il fatto di non avere alcuna credenza,
non possono costituire la base di privilegio o di inferiorit legale , pu intendersi soppresso, in quanto il suo
concetto contenuto nell'articolo 2 dei princip generali, gi approvato.
Per l'articolo 4, che tratta del riconoscimento delle norme del diritto delle genti da parte della Repubblica italiana,
poich l'argomento stato trattato anche dall'onorevole Dossetti, dovr cercarsi di arrivare ad una fusione.
Per semplificare, pone in discussione l'articolo 5, sul quale non crede vi sar luogo a dissensi:
La bandiera della Repubblica italiana verde, bianca e rossa .
Domanda innanzi tutto se sia necessario o meno mettere un simile articolo nella Costituzione.
CEVOLOTTO, Relatore, osserva che un articolo sulla bandiera vi in tutte le Costituzioni.
TOGLIATTI riconosce l'opportunit dell'articolo, ma, cos come formulato, gli sembra insufficiente, in quanto
non dice se i colori della bandiera sono disposti nella direzione orizzontale o in quella verticale. Rimane, inoltre,
aperto il problema dell'emblema della Repubblica italiana che, se venisse approvato dalla Costituente, dovrebbe
occupare il centro della bandiera.
CEVOLOTTO, Relatore, propone che, in analogia a quanto stabilito nel corrispondente articolo della
Costituzione francese, si dica:
La bandiera della Repubblica italiana verde, bianca e rossa, a tre bande verticali di eguali dimensioni .
DE VITA osserva che se non si stabilisce l'emblema, la bandiera italiana potrebbe confondersi con quella
messicana.
PRESIDENTE ritiene opportuno lasciare per il momento impregiudicata la questione dell'emblema.
Mette ai voti l'articolo nel testo proposto dall'onorevole Cevolotto.

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( approvato all'unanimit).

PRESIDENTE fa presente che dovrebbe essere discusso l'articolo 4, che nella relazione dell'onorevole
Cevolotto cos formulato: Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono considerate come
parte integrante del diritto della Repubblica italiana . Tale articolo nella relazione dell'onorevole Dossetti del
seguente tenore: Lo Stato si riconosce membro della comunit internazionale e riconosce perci come
originari l'ordinamento giuridico internazionale, gli ordinamenti degli altri Stati e l'ordinamento della Chiesa .
Considerando che gli articoli 4 e 6 della relazione Dossetti coinvolgono, tra l'altro, il problema dei rapporti tra
Stato e Chiesa, pone la questione se non sarebbe il caso di affrontare prima la trattazione dei diritti relativi alla
libert di opinione, di coscienza e di culto, in quanto diritti che dovrebbero integrare quelli fondamentali dell'uomo
e del cittadino, che sono stati approvati nel primo tema dei lavori della Sottocommissione.
CEVOLOTTO, Relatore, fa rilevare che il suo articolo 4 afferma soltanto che le norme del diritto delle genti,
generalmente riconosciute, sono considerate come parte integrante del diritto della Repubblica italiana, mentre
l'articolo 4 dell'onorevole Dossetti imposta un altro problema, perch viene a trattare del riconoscimento
dell'ordinamento giuridico della Chiesa cattolica, entrando cos nel vivo di una questione che potr dare luogo a
notevoli discussioni, date le conseguenze che ne possono derivare.
, quindi, dell'avviso di rinviare l'argomento alla prossima seduta, esaminando, invece, l'articolo 5 dell'onorevole
Dossetti, sul quale pi facilmente si potr arrivare ad una deliberazione.
DOSSETTI, Relatore, d'accordo. Per quanto riguarda la questione posta dal Presidente, richiama il principio,
espresso da pi parti nella Sottocommissione, che gli articoli relativi alla libert di coscienza e di culto, e quelli
relativi ai rapporti tra Stato e Chiesa, naturalmente sotto punti di vista diversi e forse contrastanti, sono da
considerare come direttamente collegati. La loro trattazione e votazione perci dovrebbe essere connessa e
reciprocamente condizionata. Non ritiene, quindi, opportuno spostare l'ordine del giorno.
PRESIDENTE ritiene che la Sottocommissione sia d'accordo nel rinviare alla loro rispettiva sede sia l'argomento
che riguarda i diritti di libert, di coscienza e di culto, sia quello relativo ai rapporti tra Stato e Chiesa, in quanto
l'uno condizionato dall'altro. Sottopone, pertanto, all'esame della Sottocommissione l'articolo 5 dell'onorevole
Dossetti:
Lo Stato rinuncia alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libert degli altri popoli.
Lo Stato consente, a condizioni di reciprocit, le limitazioni di sovranit necessarie all'organizzazione e alla
difesa della Patria .
CEVOLOTTO, Relatore, non ha niente in contrario alla prima parte dell'articolo, il cui concetto stato gi
adottato in altre Costituzioni. Nutre invece forti dubbi sulla seconda parte perch, pur essendo convinto che in
relazione all'Organizzazione delle Nazioni Unite potranno stabilirsi delle norme per cui tutti gli Stati debbano
consentire a limitazioni della loro sovranit, non vede il motivo di introdurre nella Costituzione un principio di
questo genere, che, a suo avviso, piuttosto materia di trattative e di rapporti internazionali. Data la variabilit
dei rapporti internazionali, pensa che farne cenno nella Costituzione vorrebbe dire cristallizzare una materia che
di per se stessa mutevole.
Per queste ragioni, propone di limitare l'esame e l'eventuale approvazione alla sola prima parte dell'articolo.
CORSANEGO prega l'onorevole Cevolotto di recedere dalla sua opposizione alla seconda parte dell'articolo. Gli
sembra infatti opportuno affermare nella Costituzione questo principio dell'autolimitazione della sovranit, in
considerazione che quasi tutte le rovine che si sono verificate in questi ultimi tempi, sono dovute alla protervia
con cui ogni Stato ha voluto sostenere in modo assoluto, senza limitazioni, la propria sovranit. Se si vuole
veramente arrivare ad un lungo periodo di pace tra i popoli, bisogna invece che le Nazioni si assoggettino a
norme internazionali che rappresentino veramente una sanzione. Fare una Costituzione moderna che

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finalmente rompa l'attuale cerchio di superbia e di nazionalismo, e sia una mano tesa verso gli altri popoli, nel
senso di accettare da un lato delle limitazioni nell'interesse della pace internazionale e col riconoscere dall'altro
un'autorit superiore che dirima tutte le controversie, gli sembra che sarebbe mettere la Repubblica italiana tra i
pionieri del diritto internazionale.
DOSSETTI, Relatore, rileva che forse l'onorevole Cevolotto non ha tenuto nel debito conto una espressione del
suo articolo e cio l'inciso: a condizioni di reciprocit . Mediante questo inciso, mentre da un lato si afferma il
principio internazionale cos bene illustrato dall'onorevole Corsanego, dall'altro si vuole precostituire nella
Costituzione quasi un alibi di fronte alle altre nazioni con le quali l'Italia si trova in fase di trattative, per non
accettare eventuali limitazioni di sovranit, se non a condizione di reciprocit. Quindi, sotto tutti i punti di vista,
l'articolo si rivela non solo opportuno, ma addirittura necessario.
CEVOLOTTO, Relatore, richiama l'attenzione della Sottocommissione sulla possibilit che l'Organizzazione
delle Nazioni Unite, per una qualsiasi ragione, non sia pi in grado di funzionare. In tal caso, rimarrebbe in
sospeso nella Costituzione una formula senza pi alcuna giustificazione.
Circa l'inciso: a condizioni di reciprocit , fa rilevare che se da parte delle Nazioni Unite si ritenesse
opportuno, nell'interesse della pace, di chiedere solo ad una determinata nazione delle limitazioni al suo diritto di
sovranit, come l'uso di certi porti e campi di aviazione, in questo caso non si verificherebbe la condizione di
reciprocit nei riguardi di altre nazioni. Ad ogni modo non contrario alla norma e finir anche per accettarla, se
per ragioni di principio si ritiene opportuno inserirla nella Costituzione. Ripete per che, a suo avviso, trattasi di
una norma da discutere quando l'Italia entrer a far parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Attraverso
questa societ di Stati si formeranno anche i diritti superiori che spetteranno a questa organizzazione
internazionale, a cui, nell'interesse della pace generale, ogni Stato dovr sottostare.
CARISTIA non dissente dal contenuto dell'articolo, che esprime anzi un concetto diffusissimo nell'ambito degli
studiosi e nella coscienza di ogni popolo civile, ma ritiene che esprimerlo nella Costituzione sia perfettamente
superfluo.
TOGLIATTI dissente dalla opinione dello onorevole Caristia, perch, a suo avviso, si tratta di un principio che
deve essere affermato nella Costituzione, per chiarire la posizione della Repubblica italiana di fronte a quel
grande movimento del mondo intiero, che, per cercare di mettere la guerra fuori legge, tende a creare una
organizzazione internazionale nella quale si cominci a vedere affiorare forme di sovranit differenti da quelle
vigenti.
In particolare, il principio della rinuncia alla guerra come strumento di politica offensiva e di conquista, oltre il
fatto che compreso in tutte le Costituzioni, deve essere sancito nella Costituzione italiana per un motivo
speciale interno, quale opposizione cio alla guerra che ha rovinato la Nazione.
CEVOLOTTO, Relatore, dichiara che, dopo le spiegazioni avute, non insiste nella sua opposizione, tanto pi
che, data la condizione di reciprocit, l'Italia rinuncer ad una parte della sua sovranit quando anche altre
nazioni come l'U. R. S. S. avranno fatto la stessa rinuncia.
DE VITA accetta la dizione proposta dall'onorevole Dossetti. Propone, per, che alla parola Stato sia
sostituita l'altra Repubblica .
DOSSETTI, Relatore, dichiara di accettare l'emendamento.

PRESIDENTE osserva che in sede di coordinamento si potr decidere sulla collocazione pi idonea da dare
all'articolo che, a suo avviso, dovrebbe essere collegato alla parte relativa alle questioni di diritto internazionale.
Al concetto, gi contenuto nell'articolo, di una autolimitazione della sovranit per l'organizzazione e la difesa
della pace, aggiungerebbe quello di una eventuale autolimitazione ai fini della collaborazione tra le nazioni.
Premesso che egli favorevole all'idea degli Stati Uniti d'Europa, ritiene opportuno esprimere fin d'ora il
concetto della collaborazione tra le nazioni, affermando cos un principio originale che non compreso in
nessuna delle Costituzioni moderne.

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MORO ritiene che quanto propone l'onorevole Presidente sia gi implicito nell'articolo dell'onorevole Dossetti.
DOSSETTI, Relatore, dichiara che, in linea di principio, non contrario alla proposta del Presidente, la quale
rispecchia anche il suo pensiero. Osserva per che invertendo la costruzione della frase, vale a dire dicendo:
necessarie alla difesa e alla organizzazione della pace , apparirebbe meglio il principio della collaborazione tra
le nazioni, giacch quando si parla di organizzazione si intende non semplicemente il fatto negativo
dell'evitare le guerre, ma anche quello positivo di una collaborazione internazionale per il bene comune.
PRESIDENTE ritiene che, effettivamente, mettendo in primo luogo la difesa della pace, la formula sarebbe pi
rispondente al concetto da lui espresso. Ricorda che l'onorevole De Vita ha proposto di sostituire alla parola
Stato , la parola Repubblica .
CARISTIA propone di fondere i due commi dell'articolo.
DOSSETTI, Relatore, d'accordo.
PRESIDENTE mette ai voti l'articolo nella seguente formulazione:
La Repubblica rinunzia alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libert degli altri popoli e
consente, a condizioni di reciprocit, le limitazioni di sovranit necessarie alla difesa e alla organizzazione della
pace .
( approvato all'unanimit).

2.DISCUSSIONE

. ASSEMBLEA COSTITUENTE .COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE.

ADUNANZA PLENARIA
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TUPINI

Esame degli articoli delle disposizioni generali del progetto di Costituzione.


PRESIDENTE apre la discussione sugli emendamenti proposti agli articoli delle disposizioni generali.
MORO, per mozione d'ordine, fa notare che, oltre agli emendamenti stampati e distribuiti a cura della
Presidenza della Commissione, sono indicati, nella colonna delle osservazioni del progetto di Costituzione altri
emendamenti, presentati in sede di Comitato di coordinamento e non ancora discussi, in quanto non investivano
questioni di principio.
Ritiene che tali emendamenti debbano essere anch'essi presi in esame.
PRESIDENTE, rileva che si tratta di osservazioni, pi che di veri e propri emendamenti i quali debbono essere
presentati e firmati dai proponenti.
MORO osserva che la Commissione ha cominciato col prendere in esame alcune parti del progetto
particolarmente controverse e di speciale importanza; lasciando impregiudicata ogni decisione circa gli articoli
per i quali vi erano proposte di emendamenti, che non erano per considerati di tale importanza, da dovere
essere sottoposti immediatamente all'esame della Commissione plenaria.

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PRESIDENTE fa presente che la procedura finora seguita stata quella di portare l'esame sui punti che il
Presidente della Commissione aveva sottoposti a speciale considerazione.
Si tratta ora di procedere all'esame dei singoli articoli, tenendo conto delle osservazioni formulate in merito a
ciascuno di essi.
Pone in discussione l'articolo 1, nel testo approvato dal Comitato di redazione :
L'Italia Repubblica democratica. La sua sovranit emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione e delle leggi.
Il lavoro l'essenziale fondamento dell'organizzazione politica economica e sociale della Repubblica italiana .
Avverte che su quest'ultimo comma sono state proposte formulazioni diverse e precisamente le due seguenti :
La sua organizzazione politica economica e sociale fondata sul lavoro e sull'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori .
Il lavoro il titolo di partecipazione all'organizzazione politica economica e sociale della Repubblica italiana .
Comunica che l'onorevole Togliatti ha inoltre presentato un emendamento, tendente a sostituire il primo comma
con il seguente:
L'Italia una Repubblica democratica di lavoratori .
Ricorda che nell'ultima seduta si era raggiunto l'accordo su questo punto: che sulle formulazioni approvate dal
Comitato di redazione, in base alle proposte pervenute dalle varie Sottocommissioni, la Commissione non si
sarebbe dovuta fermare (rimandando naturalmente l'articolazione all'esame definitivo dell'Assemblea
Costituente), salvo il caso in cui le formulazioni avessero dato luogo a discussioni o controversie in seno al
Comitato stesso.
In base a tale accordo, si era rimasti intesi che l'esame dell'Assemblea plenaria della Commissione avrebbe
dovuto limitarsi a quelle parti degli articoli che avevano dato luogo ad osservazioni accennate nel progetto
distribuito, o a proposte di emendamenti presentati secondo la prescritta procedura.
Dato per che nella odierna seduta si procede all'esame degli articoli senza che ci fosse all'ordine del giorno, si
pu, in via eccezionale, consentire la presentazione immediata di emendamenti.
(La Commissione concorda).
Apre la discussione sull'emendamento al primo comma presentato dall'onorevole Togliatti.
TOGLIATTI precisa che il suo emendamento tende a specificare giuridicamente e politicamente nella
Costituzione, in termini concreti, la parte che si intende riservare al lavoro nella organizzazione della Repubblica
democratica italiana.
GRASSI ricorda che nella prima Sottocommissione, in seno alla quale si svolta la discussione, furono
ascoltate tutte le ragioni addotte dall'onorevole Togliatti per portare ad una specificazone del carattere della
Repubblica democratica. La maggioranza, per, ritenne che questa specificazione fosse superflua o troppo
specifica e togliesse il carattere, effettivamente fondamentale, che si doveva dare alla Repubblica, ossia il
carattere democratico.
TOGLIATTI osserva che, sulla questione, non ci fu maggioranza, ma parit di voti.
GRASSI rileva che l'onorevole Togliatti si riserv di presentare nuovamente la questione in sede di
Commissione e di Assemblea Costituente. Osserva che la questione pu dirsi fondamentale, in quanto stabilisce

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il tipo di Repubblica. Sembr sufficiente alla prima Sottocommissione stabilire che l'Italia una Repubblica
democratica, nel senso che nel passato e nel presente ha la parola democrazia. Con la specificazione di
lavoratori si verrebbe a dare la sensazione di voler formare una Repubblica democratica specializzata ,
cio di una sola categoria, di una sola classe.
Richiamando l'attenzione della Commissione sulla gravit della questione, mantiene la sua posizione contraria
all'emendamento proposto.
CAPPI si associa alle considerazioni svolte dall'onorevole Grassi, rilevando che pur essendo tutti d'accordo che
il lavoro l'attivit preminente, che d diritto a partecipare alla vita pubblica, bisogna tener presente che la
parola lavoratore, correntemente, ha un significato diverso da quello etimologico, significa cio lavoratore
materiale, tanto vero che della Confederazione del lavoro fanno parte prevalentemente i lavoratori manuali.
TERRACINI osserva che vi sono anche i maestri.
CAPPI risponde che non tutti i cittadini, comunque, fanno parte della Confederazione del lavoro, mentre della
Repubblica democratica debbono poter far parte tutti i cittadini.
Parlare di Repubblica dei lavoratori significherebbe, a suo avviso, dare a questa Repubblica un carattere
classista, contrario, cio, alla sua concezione.
Pertanto si oppone all'emendamento Togliatti.
LUSSU dichiara che aderirebbe alla proposta Togliatti, se essa avesse un riscontro nella realt. L'accetta come
aspirazione ideale di democrazia, non come realt d'oggi. La Repubblica dei lavoratori oggi non esiste. Oggi la
Repubblica democratica dei lavoratori o del lavoro, in ogni senso, dell'intelligenza e della mano, insidiata in
molteplici forme, tanto che i democratici pi onesti ne sono vivamente preoccupati e allarmati. Non pu, in
coscienza, votare a favore dell'emendamento Togliatti. Se accettasse la formula da lui proposta, avrebbe
l'impressione di riportare nella Costituzione italiana la menzogna dell'articolo 1 della Costituzione spagnola del
1931. Quella Repubblica dei lavoratori, non esisteva; era insidiata molto pi gravemente che non la nostra; e
cadde, appunto perch non esisteva.
Ritiene che la dizione proposta dalla prima Sottocommissione, in cui pure fatta menzione dei lavoratori,
rispecchi meglio le aspirazioni di democrazia sociale, e che sarebbe un errore trasformarla.
LA ROCCA osserva che dal punto di vista storico, parlare di Repubblica democratica non significa nulla. Anche
le Repubbliche greche e la Repubblica romana si dicevano democratiche. Se si tutti d'accordo sulla esigenza
di dare una determinata impronta alla Costituzione, la quale, non potendo rispecchiare delle grandi
trasformazioni avvenute alla base, deve essere un orientamento per l'avvenire, necessario dare
assolutamente ad essa questo carattere distintivo del nuovo indirizzo politico italiano.
Occorre affermare che questa la Repubblica degli uomini che lavorano.
Non ritiene che questa affermazione abbia un carattere classista. Nella Confederazione del lavoro non
concentrato solo il lavoro materiale.
Si domanda che cosa significhi il voler escludere che la Repubblica democratica italiana Repubblica di
lavoratori. Si vuol forse accettare il principio che anche di coloro che non lavorano e vivono del lavoro altrui ?
Conclude esprimendo l'avviso che la specificazione proposta dall'onorevole Togliatti dia una schietta impronta
alla Costituzione, rivendicando il concetto che il lavoro fondamento e titolo di nobilt per la vita avvenire del
Paese.
TERRACINI ricorda all'onorevole Lussu, il quale ha obiettato che la formulazione proposta dall'onorevole
Togliatti contradirebbe con la realt, che, in sede di Comitato di coordinamento un collega di parte democristiana
aveva formulato una proposta che non fu accettata proprio perch essa tendeva a specificare troppo questa

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caratteristica di Repubblica di lavoratori e creava una impossibilit tecnica di pratica attuazione; e fu quando si
propose che il diritto di voto era riservato soltanto a coloro che lavoravano. In quel caso si obiett che una tale
decisione avrebbe portato ad una ricerca di assoluta impossibilit materiale, quella di distinguere tra gli italiani
che non lavorano e coloro che lavorano. Riconosce che quella proposta fu giustamente respinta. La proposta
dell'onorevole Togliatti, invece, ha tutt'altro carattere: essa non ha necessit di tradursi in una norma di carattere
concreto, ma semplicemente una indicazione di certe direttive sulle quali dovrebbero poi orientarsi le
disposizioni legislative normali.
FANFANI d'avviso che la proposta dell'onorevole Togliatti ed i chiarimenti dati dagli onorevoli La Rocca e
Terracini dimostrino come ci sia il proposito di fare risaltare fin dal primo articolo una preoccupazione che
investe ormai tutta la nostra Costituzione, la preoccupazione cio di tendere a realizzare un ordinamento in cui il
lavoro sia il titolo essenziale, fondamentale per la partecipazione alla vita politica.
Ora si domanda se questa aspirazione sia meglio espressa dalla dizione proposta dall'onorevole Togliatti
quando dice Repubblica democratica di lavoratori o non piuttosto dal terzo capoverso, in cui si specifica a
quale titolo si vuole che il lavoro sia il fondamento essenziale per la partecipazione alla vita pubblica.
All'onorevole Togliatti osserva che la parola lavoratore , posta nel primo capoverso, dovrebbe essere
immediatamente seguita da una definizione per impedire, per lo meno, malintesi o necessit di interpretazioni
esplicative.
Ritiene che per sottolineare l'aspirazione manifestata dall'onorevole Togliatti, sia pi conveniente insistere nel
perfezionare il terzo capoverso, che specifica l'importanza del lavoro nella organizzazione politica, economica e
sociale della Repubblica.
NOBILE invece d'avviso che il comma dell'articolo sia pleonastico, in quanto impossibile pensare ad una
societ moderna che non sia basata sul lavoro. La formula dell'onorevole Togliatti, invece, dice qualche cosa di
nuovo, e perci si dichiara favorevole alla modificazione del comma da lui proposta.
TOGLIATTI nega anzitutto che l'espressione lavoratori abbia un carattere limitativo; se cos fosse, eguale
carattere limitativo avrebbe l'espressione lavoro. Difatti, la Confederazione del lavoro si chiama cos e non
Confederazione dei lavoratori. Comunque, se vi questo timore, si pu usare la formula lavoratori di tutte le
categorie , oppure lavoratori del braccio e della mente .
All'onorevole Lussu, il quale afferma trattarsi della formulazione di una aspirazione, risponde che si gi fatto
presente che nella Costituzione alcune formulazioni avrebbero avuto questo speciale carattere di dare una
impronta particolare alla futura organizzazione della societ italiana.
L'onorevole Fanfani pensa che il concetto possa essere meglio espresso nel terzo comma
dell'articolo; come spiega allora che l'onorevole Grassi, il quale contrario al concetto, accetti invece il
capoverso e non accetti l'emendamento proposto? Non si tratta di una contradizione dell'onorevole Grassi, ma si
tratta del fatto che la formulazione un po' confusa e facilmente pu essere intesa in un modo o nell'altro, ossia
non impegnativa. necessaria, invece, una formulazione incisiva con cui si apra la Costituzione, come una
affermazione di principio da imprimersi nella mente di tutti i cittadini: questo ci che conta, questo ha un valore
non soltanto politico, ma anche storico. Ritiene che coloro i quali sono d'accordo sulla sostanza di tale principio,
dovrebbero accettare anche che venisse chiaramente formulato.
GRASSI risponde all'onorevole Togliatti che la formula proposta, potrebbe dare l'impressione di una direttiva che
non voglia comprendere nella Repubblica tutti gli italiani. Egli pensa invece che tutto il popolo debba partecipare
alla vita politica del Paese.
Evidentemente la democrazia ha oggi questo significato; e quando si detta la parola democrazia nel senso
storico attuale, non si pu andare oltre. Specificare significherebbe dividere il popolo in diverse classi, ed egli si
oppone a questo classismo, poich ritiene che il lavoro debba essere la base fondamentale della democrazia, e
quindi non vi possano essere classi particolari capaci di arrogarsi un titolo al lavoro.

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PRESIDENTE pone in votazione l'emendamento dell'onorevole Togliatti, sostitutivo del primo comma
dell'articolo 1.
(Non approvato).
Avverte che si intende allora approvato il primo comma nel testo proposto dal Comitato di redazione : L'Italia
Repubblica democratica .
Comunica che al primo capoverso : La sua sovranit emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti
della Costituzione e delle leggi , l'onorevole Lucifero propone di sostituire alle parole emana dal popolo , le
parole risiede nel popolo .
LUCIFERO ripropone in questa sede - come ne aveva fatto esplicita riserva - quella che fu la sua tesi in sede di
Sottocommissione. Afferma che sovrano il popolo, che tale resta permanentemente; la sovranit risiede nel
popolo e in esso sempre rimane. Vi possono essere degli organi delegati che per elezione popolare esercitano
la sovranit in nome del popolo; ma la sovranit del popolo e resta del popolo. Dire pertanto che la sovranit
emana o promona dal popolo d - a suo avviso - la sensazione, che pu essere domani interpretazione
giuridica, che il popolo, con l'atto con cui ha eletto coloro che eserciteranno la sovranit in suo nome, si spoglia
di questa sovranit, investendone i suoi delegati. Ci gli sembra antidemocratico e - sia concesso dirlo a lui
monarchico - soprattutto antirepubblicano; poich proprio il far risiedere la sovranit nel popolo, dovrebbe
costituire la distinzione fondamentale fra repubblica e monarchia.
TOSATO non ritiene esatto il concetto della sovranit che risiede nel popolo, secondo la spiegazione data
dall'onorevole Lucifero. Osserva che l'applicazione della formula potrebbe essere giustificata qualora tutti gli atti
emanati dagli organi dello Stato dovessero essere sottoposti all'approvazione popolare. In questo caso essa
avrebbe un valore, quando cio qualsiasi decisione politica derivasse direttamente dal popolo. Ma poich questo
non avviene nella Costituzione, a base parlamentare-rappresentativa, con solo qualche caso di referendum, la
formula : la sovranit emana dal popolo - a suo avviso - molto pi esatta.
MERLIN UMBERTO, fa presente che la Costituzione della Repubblica francese usa l'espressione : la
sovranit nazionale appartiene al popolo francese. Domanda se questa formula non sia pi precisa dal punto di
vista storico e giuridico, e non risponda meglio ad esprimere il concetto.
PRESIDENTE rileva che in sede di Comitato di redazione fu anche esaminata questa formula e si ritenne che il
concetto fosse espresso nel modo migliore, con la formula: La sua sovranit emana dal popolo .
Avverte che l'onorevole Bulloni propone che al posto di emana dal popolo si dica promana dal popolo .
DE VITA favorevole alla formula : La sua sovranit risiede nel popolo . Ricorda che in seno alla prima
Sottocommissione, quando fu proposta la dizione : La sovranit dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento
giuridico, ecc. , osserv che con questa formula si veniva a personificare lo Stato e a porlo al di sopra del
popolo. Anche la nuova formula: La sua sovranit emana dal popolo , non lo soddisfa. Si associa pertanto
alla proposta dell'onorevole Lucifero.
NOBILE si associa anch'egli alla proposta dell'onorevole Lucifero. Osserva inoltre che l'obiezione mossa
dall'onorevole Tosato cade, allorquando si tenga presente che la parola risiede precisata dalle successive
parole;
e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
TOSATO risponde che la formulazione contradittoria, in quanto che dicendo risiede si esprime un concetto
di permanenza, per cui la sovranit non potrebbe essere delegata.
LUSSU d'avviso che la formula del Comitato di redazione sia preferibile.

100

CEVOLOTTO anch'egli favorevole alla formula adottata dal Comitato di redazione. Osserva che comunque,
per andare incontro all'obiezione dell'onorevole Tosato bisognerebbe modificare la formula dicendo : emana
dal popolo che la esercita (anzich e si esercita ) nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
TERRACINI domanda la chiusura della discussione generale.
( approvata).
PRESIDENTE mette ai voti l'emendamento Lucifero, secondo il quale dovrebbe dirsi : La sua sovranit risiede
nel popolo e si esercita , ecc.
(Non approvato).
MERLIN UMBERTO propone si dica: La sua sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei
limiti , ecc.
FABBRI si dichiara contrario alla formula dell'onorevole Merlin, e favorevole al testo del Comitato di redazione,
che gli pare assolutamente il pi preciso.
Osserva che quella parte che favorevole alle dizioni risiede o appartiene , anche la parte la quale
desidera che questa Costituzione non venga sottoposta all'approvazione del popolo, ritenendo sufficiente
l'elaborazione che se ne fa nell'Assemblea, cosicch la Costituzione risulterebbe una notizia che si invia ai
sovrani per informarli che la loro sovranit stata regolata.
MERLIN UMBERTO non insiste nel suo emendamento.
BULLONI dichiara anch'egli di non insistere nell'emendamento presentato.
PRESIDENTE avverte che allora rimane approvato il secondo comma dell'articolo nel testo proposto dal
Comitato di redazione.
LUSSU d'avviso che il testo originariamente approvato dalla prima Sottocommissione sia preferibile, e
propone di tornare a tale testo.
CEVOLOTTO, per mozione d'ordine, ricorda che la Commissione aveva stabilito un sistema di lavoro
consistente nel non prendere in esame punto per punto i singoli articoli ma di discutere soltanto gli emendamenti
scritti.
LUSSU precisa il suo emendamento nei seguenti termini : Ritornare all'articolo 1 proposto dalla prima
Sottocommissione, cio: Lo Stato italiano una Repubblica democratica. Essa ha per fondamento il lavoro e
la partecipazione concreta di tutti i lavoratori alla organizzazione economica, sociale e politica del Paese .
Aggiungere successivamente, il secondo comma dell'articolo proposto dal Comitato di redazione:
La sua sovranit emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
LA PIRA aderisce alla proposta dell'onorevole Lussu, in quanto l'articolo 1, elaborato dalla prima
Sottocommissione, fu il frutto della diversit di opinioni che si erano manifestate a proposito della formula
Togliatti : Repubblica democratica di lavoratori .
Ritornare a tale formulazione, significherebbe riaffermare concetti sui quali tutta la Sottocommissione si trov
d'accordo, dare cio alla vita del Paese il volto del lavoro.
FABBRI, nell'ipotesi in cui si tornasse al testo della prima Sottocommissione, propone di sostituire la parola
cittadini alla parola lavoratori . Ritiene infatti che qualunque cittadino deve poter partecipare alla
organizzazione economica, sociale e politica del Paese senza avere bisogno di appartenere alla categoria dei

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lavoratori, in quanto oggi, nel concetto comune, la parola lavoratori , dal punto di vista politico, ha un
significato di organizzazione di classe e di categoria.
TOSATO propone che, oltre a lasciare l'articolo 1 nel testo approvato dalla prima Sottocommissione, si conservi
l'articolo 2, sempre nel testo proposto dalla stessa Sottocommissione. Infatti, l'articolo proposto dal Comitato di
redazione rappresenta - a suo avviso - una deviazione da quella linea logica di concetti che era stata espressa
molto precisamente nei due articoli della prima Sottocommissione.
TOGLIATTI si associa alla proposta dell'onorevole Tosato.
DE VITA si dichiara, invece, contrario a tale proposta, poich parlare di sovranit dello Stato - a suo avviso
- una enormit. Una cosa l'esercizio dei poteri, ed un'altra la sovranit.
LUSSU fa presente che nel secondo articolo proposto dalla Prima Sottocommissione,
vi sono parole superflue che giustamente il Comitato di redazione ha soppresse. Mentre d'accordo per
ripristinare il primo articolo, non lo per quanto riguarda il secondo.
TERRACINI, parlando per una mozione d'ordine, fa presente ai colleghi che l'onorevole Ruini, che ha presieduto
il lavoro del Comitato di redazione, non presente, e pensa che sarebbe opportuno attendere il ritorno del
Presidente prima di procedere ad una votazione sull'articolo.
TOGLIATTI si dichiara contrario alla proposta di rinvio.
PRESIDENTE pone ai voti la proposta di rinvio presentata dall'onorevole Terracini, al quale si associa.
( approvata).
Rinvia la seduta alle ore 10 di domani.
Avverte che sar all'ordine del giorno la questione dei rapporti fra Chiesa e Stato.
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
ADUNANZA PLENARIA
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TUPINI
Rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica.
PRESIDENTE ritiene opportuno, in assenza del Presidente onorevole Ruini, tuttora indisposto, prendere in
esame la questione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, sospesa ieri.
Tali rapporti sono disciplinati dall'articolo 5 delle disposizioni generali, approvato dal Comitato di redazione.
L'articolo dice:
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualunque modificazione di essi, bilateralmente accettata
non richieder un procedimento di revisione costituzionale .
Si proposto da alcuni componenti del Comitato di redazione di sostituire al primo comma il seguente: Lo
Stato riconosce l'indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi ordinamenti interni ; e al secondo comma: I

102

rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati da patti concordatari; oppure: I rapporti fra Stato e Chiesa
cattolica continuano ad essere regolati dai patti concordati .
Pone in discussione il primo comma dell'articolo.
CEVOLOTTO, quale relatore, insieme all'onorevole Dossetti, su questa materia, fu contrario alla formula
adottata dalla prima Sottocommissione e poi dal Comitato di redazione: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono
ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani. Fu, quindi, uno dei proponenti dell'emendamento che
stato portato nel Comitato di redazione: Lo Stato riconosce l'indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi
ordinamenti interni .
Pur ritenendo che, nell'opinione e nella volont dei proponenti del testo adottato dalla Sottocommissione, la
sovranit della
Chiesa si riferiva all'ordinamento interno, osserva che si tratta di una distinzione sottile che non si rileva
facilmente. Questa parificazione dello Stato e della Chiesa, come enti sovrani entrambi ed indipendenti, non
risponde alla concezione liberale e democratica che ha della funzione liberissima, alla quale si vuole garantire
tutta l'indipendenza, della Chiesa nello Stato.
A suo parere lo Stato che riconosce e garantisce l'indipendenza delle Chiese; e dice non della Chiesa ma
delle Chiese , perch in questa materia il principio di libert di religione porta alla conseguenza che, per
quanto enormemente differenti possano essere nella loro struttura e nella loro importanza le varie Chiese,
nell'ordinamento positivo e amministrativo - e di ci si deve tener conto - per quello che si riferisce alla sfera
individuale, il diritto di libert religiosa di un fedele di una Chiesa che abbia scarsi seguaci uguale al diritto di
libert religiosa della grande massa di fedeli raggruppati in una enorme e soverchiante Chiesa. Lo Stato nella
stessa posizione rispetto a queste diverse Chiese, e ne riconosce l'indipendenza e la libert.
Si tratta, in sostanza, di una questione di principio che si riallaccia ad una vecchia formula. Sono ricordi
sorpassati, di posizioni sorpassate che noi stessi abbiamo superato, ma che ritornano; la formula di Luzzatti
che diceva: Libera Chiesa nello Stato sovrano .
Su tale questione - che non intende illustrare pi a lungo - deve pronunziarsi la Commissione plenaria.
MORO ricorda che, fin dalla prima redazione di questa parte della Costituzione, fu contrario alla tesi sostenuta
dall'onorevole Cevolotto e con piacere ebbe a constatare che l'onorevole Togliatti ed altri colleghi si associarono
a lui nella formulazione di questo articolo, che una formulazione di compromesso.
La prima richiesta non era per il riconoscimento della sovranit della Chiesa, bens della originariet del suo
ordinamento. Questa espressione fu scartata, perch si ritenne che avesse un valore scientifico e fosse meno
chiara e indicativa che non la parola sovranit . Ora, se la difficolt fosse per la parola, si potrebbe ritornare
sulla vecchia proposta la quale importava che lo Stato riconoscesse l'indipendenza e l'originariet
dell'ordinamento della Chiesa; se invece la richiesta andasse al di l della parola, non esprimesse soltanto un
disagio di fronte ad una espressione che pu sembrare meno adatta ad indicare la realt delle cose, se si
tendesse ad infirmare cio, il principio di una effettiva indipendenza della Chiesa nei confronti dello Stato, allora
non si potrebbe che tener ferma la propria posizione.
Ha detto l'onorevole Cevolotto che l'indipendenza della Chiesa deve essere riconosciuta e garantita dallo Stato
sovrano. Ritiene che l'indipendenza della Chiesa sia realmente garantita per quella che la sua natura, solo
quando si riconosca il carattere originario del suo ordinamento. stato gi chiarito, e ripete ora, che questo
riconoscimento che lo Stato fa dell'ordinamento della Chiesa non un richiamo alle singole norme
dell'ordinamento canonico, le quali non sono, quindi, ricevute tutte quante nell'ambito dell'ordinamento dello
Stato; semplicemente il riconoscimento che lo Stato d alla particolare natura di questo organismo che la
Chiesa, la quale ha effettivamente una sua competenza per regolare le materie che sono corrispondenti alle
finalit che essa persegue nell'ambito della vita sociale, e per regolarle in perfetta indipendenza quando si tratti
di materie di puro interesse ecclesiastico, ed invece attraverso pattuizioni bilaterali, quando si tratti di materie di
interesse comune per lo Stato e la Chiesa.

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Non c' bisogno di dire che il carattere originario, ed in questo senso sovrano dell'ordinamento della Chiesa, non
una innovazione dell'ultima ora che si prospetta, ma un costante riconoscimento della dottrina e della
filosofa del diritto, le quali unanimemente ormai riconoscono che il diritto non soltanto il diritto dello Stato, ma
il diritto di tutti gli organismi che entro o fuori lo Stato hanno una effettiva competenza per regolare in modo
autonomo le materie di loro spettanza.
Ora, a questa posizione scientifica, alla quale si possono richiamare in modo non sospetto persone che sono
lontane e dalla Chiesa cattolica e dallo stesso pensiero cristiano, si aggiunge una considerazione, che di
carattere sociale e politico: volere in questo momento disconoscere il carattere originario e sovrano in questo
senso della Chiesa, significa contrastare alla diffusa coscienza sociale del popolo, il quale ritiene davvero che
alla Chiesa non si possa fare il trattamento che si fa ad una qualsiasi associazione privata. La Chiesa ha tale
una maest, tale una larga competenza per quanto riguarda essenziali rapporti umani, ed ha una
tale sfera di influenza che va al di fuori e al di l dello Stato singolo, che parificarla ad una qualsiasi associazione
privata significherebbe forzare indebitamente la realt delle cose.
a questo sicuro prodotto della scienza, a questa voce della coscienza popolare che si richiama per chiedere
ai colleghi di riconoscere questa realt, che la Chiesa indipendente, con una potest originaria di regolare le
materie di propria competenza, con la conseguenza unica che le materie di interesse comune per lo Stato e per
la Chiesa debbano essere regolate attraverso forme concordatarie e non attraverso un'arbitraria
regolamentazione unilaterale da parte dello Stato.
Come espressione di buona volont, e di spirito liberale e come omaggio a questa realt di organizzazione sulla
quale lo Stato non pu incidere trattando la Chiesa come organismo puramente privato, dichiara, e crede di
rendersi interprete di alcuni almeno dei suoi colleghi, che in linea di massima disposto ad accettare un
emendamento proposto dall'onorevole Terracini, il quale vorrebbe estendere una regolamentazione in largo
senso concordataria per quanto riguarda i rapporti fra lo Stato e le altre confessioni religiose.
Per queste ragioni, invita i colleghi a dare il loro sereno giudizio su questo punto che di straordinaria
importanza per la coscienza cristiana del popolo italiano.
LA PIRA osserva che per i cattolici, e quindi per un gran numero di creature di tutto il mondo, la Chiesa il corpo
mistico visibilmente strutturato attraverso la sua gerarchia. un ordinamento giuridico originario ed
indipendente. In virt di quel principio cui alludeva il collega Moro, non soltanto lo Stato un ordinamento
giuridico, ma vi sono anche ordinamenti anteriori, fra i quali la Chiesa ha il primo posto. Dato che per i cattolici la
Chiesa rappresenta questo immenso organismo che aduna le creature umane e le avvia non soltanto verso una
via di santit, ma verso obiettivi di pace, chiede a tutta l'Assemblea che voglia essere unanime nell'approvare
questa prima parte dell'articolo, poich si tratta non di un'affermazione arbitraria, ma del riconoscimento di una
situazione giuridica concreta, che ha un immenso peso nelle coscienze individuali e nella vita collettiva.
LUSSU, in coscienza, non pu dichiararsi convinto degli argomenti portati dall'onorevole Moro a sostegno della
indipendenza della Chiesa e della originariet del suo ordinamento. Basterebbe pensare alla posizione della
Chiesa ebraica, la quale dovrebbe essere ugualmente sovrana, anzi pi sovrana perch primieramente
originaria. Non , pertanto, favorevole al testo del Comitato di redazione.
PRESIDENTE, circa il riferimento ad altre chiese, prega l'onorevole Lussu di tener presente un emendamento
presentato dall'onorevole Terracini, che l'onorevole Moro, interpretando il pensiero anche dei suoi colleghi, ha
dichiarato di essere disposto ad approvare. L'esigenza dell'onorevole Lussu potrebbe, quindi, essere soddisfatta
quando si discuter l'emendamento Terracini.
LUSSU conferma le conclusioni alle quali giunto dopo aver ascoltato le parole pronunciate dall'onorevole
Moro. peraltro ben lontano dal misconoscere l'importanza che ha la Chiesa cattolica in Italia; sarebbe un cieco
se non vedesse questa realt.
CALAMANDREI, convinto che una questione cos grave, che non coinvolge soltanto la formulazione di un
articolo, ma si riferisce ad una serie di articoli sparsi in diverse parti della Costituzione, possa essere discussa in

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maniera degna e seria soltanto davanti l'Assemblea Costituente, non avrebbe parlato - come non ha mai parlato
in questa sede, che ritiene inadeguata a discussioni di problemi gravi, come quello che ora si affronta - se non
sentisse il bisogno di dire all'onorevole La Pira, il quale ha fatto una specie di mozione degli affetti, che per il
grande affetto che lo lega a lui non rimarrebbe sordo, qualora si trattasse soltanto di farsi guidare da motivi
sentimentali. La ragione per la quale voter l'emendamento Cevolotto non di sostanza, ma di forma. Infatti
l'articolo formulato dalla prima Sottocommissione un articolo, non di una Costituzione, ma di un trattato, nel
quale due enti si riconoscono vicendevolmente sovrani, ciascuno dei quali stabilisce in qual modo modificare gli
accordi gi stipulati tra essi. Ora che in una Costituzione, nella quale l'unica sovranit che si esprime quella
dello Stato italiano, si possa ammettere l'ingresso di un altro ente, sia pure augusto come la Chiesa, che faccia
delle dichiarazioni di reciprocit, un metodo giuridico talmente nuovo e inusitato che lo induce a votare una
formula diversa, nella quale l'unica persona ammessa a parlare in prima persona nella Costituzione - e cio lo
Stato italiano - riconosca eventualmente la sovranit della Chiesa. Non nega che la Chiesa sia un ordinamento
giuridico autonomo con una propria sovranit, ma gli ordinamenti giuridici sono tanti: ad esempio, gli Stati
stranieri. Ora si domanda che cosa si penserebbe di un articolo in cui fosse detto che lo Stato italiano e, per
ipotesi, la Repubblica degli Stati Uniti d'America sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani. Per le
stesse ragioni per cui nella Costituzione italiana non si ammette questo riconoscimento giuridico, ritiene che non
si possa approvare il comma in esame.
TOGLIATTI, desidera spiegare perch dar voto favorevole al comma in discussione. Gli argomenti
dell'onorevole Calamandrei non lo hanno persuaso e soprattutto l'ultimo esempio ne dimostra, a suo parere,
l'erroneit, in quanto evidente che lo Stato italiano e la Repubblica degli Stati Uniti d'America appartengono
allo stesso ordine: quindi, se noi diciamo che questi Stati sono ciascuno, nel proprio ordine, indipendenti e
sovrani, facciamo una tautologia. Sono due Stati, due organizzazioni terrene le quali si muovono nello stesso
ambito e sono differenziati territorialmente; mentre lo Stato e la Chiesa cattolica sono due organizzazioni, le
quali appartengono a due ordini diversi, pur avendo la stessa giurisdizione territoriale. La norma quindi, a suo
avviso, per questo rispetto non giuridicamente difettosa.
Politicamente bisogna porsi la questione nei suoi termini esatti. Se noi respingiamo questa norma, qual' la sua
alternativa ? Pensa che sia l'ammissione della possibilit che lo Stato italiano detti norme per l'organizzazione
della Chiesa. L'alternativa, cio, quella che in Francia fu la legge Combes, la quale, sotto il termine di
associazioni culturali , indicava quale doveva essere l'organizzazione ecclesiastica perch potesse essere
riconosciuta dallo Stato.
Possiamo noi oggi in Italia fare ci ? No, perch significherebbe aprire in Italia una lacerazione religiosa, con
una conseguente lotta che potrebbe sconvolgere tutta la societ italiana e mettere in serio pericolo la
democrazia. Per questo ritiene che la formulazione che viene proposta debba essere accettata. Giuridicamente
essa corrisponde ad altre formule famose adottale in passato e che potrebbero essere rievocate anche da
uomini di parte liberale; politicamente corrisponde agli obiettivi che ci si propone quando si voglia muoversi per
una strada che consolidi la democrazia in Italia.
CEVOLOTTO dichiara che voter a favore dell'emendamento al primo comma, anche dopo le parole
dell'onorevole Togliatti, proprio perch tale emendamento risolve i dubbi e i pericoli ai quali prima ha alluso. In
base ad esso lo Stato rinuncia ad intervenire nell'ordinamento interno della Chiesa e quindi garantisce proprio
quelle condizioni che l'onorevole Togliatti desidera.
EINAUDI dichiara di votare a favore del comma cos come proposto, perch, come ha rilevato l'onorevole
Togliatti, la Chiesa e lo Stato si muovono in ordini che sono completamente diversi. Vorrebbe sperare che si
votasse un articolo del genere in riconoscimento anche dell'indipendenza della scienza.
PRESIDENTE avverte che un articolo del genere esiste nel progetto.
BASSO voter l'emendamento anche per le ragioni dette dall'onorevole Cevolotto. Quando si dice che lo Stato
riconosce l'indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi ordinamenti interni, si fa un'affermazione che d una
piena garanzia.
Una formula invece in cui lo Stato e la Chiesa cattolica sono riconosciuti ciascuno indipendenti e sovrani non
trova una base logica nella Costituzione. L'indipendenza e la sovranit dello Stato sono un presupposto che non

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v' ragione di introdurre nella Costituzione. invece giusto riconoscere l'indipendenza della Chiesa nell'ambito
dello Stato.
Le preoccupazioni dell'onorevole Togliatti, che condivide, sono meglio garantite dall'emendamento.
FABBRI dichiara di non poter votare il primo comma come stato proposto. Non ha difficolt a riconoscere
l'ordinamento originario della Chiesa e la sua indipendenza, ma non d'accordo che a tale ordinamento
originario si possa riconoscere un carattere di sovranit. Una volta ammesso il concetto di sovranit della Chiesa
cattolica, la quale, appunto in quanto cattolica, pretende di regolare la vita dei cittadini, si verrebbe ad una
contradizione in termini con la sovranit dello Stato, in quanto si potrebbe determinare una invadenza della
Chiesa nella sfera di libert di coloro che non siano cattolici.
PERASSI d'accordo con l'onorevole Togliatti che non si debba menomamente pensare all'eventualit di lotte
religiose; ma da questo atteggiamento netto e preciso non discende affatto la necessit di votare l'articolo cos
come stato proposto.
Condivide alcune delle osservazioni fatte dall'onorevole Calamandrei, ma particolarmente osserva che il primo
comma in tanto avrebbe un senso giuridico, in quanto esistesse una norma superiore allo Stato ed alla
Chiesa, la quale delimitasse la sfera dell'ordinamento dell'uno e dell'altra. Una tale norma non esiste, come, del
resto, non esiste neppure fra gli Stati.
Aggiunge, che, in ogni caso, una formula come quella del primo comma non si comprenderebbe se non come
dichiarazione reciproca fra i due enti, e perci non pu trovar posto nella costituzione dello Stato.
Per queste ragioni voter l'emendamento proposto.
TERRACINI nota che, attraverso tutte le dichiarazioni di voto, non stata bene rilevata la differenza sostanziale
dei due testi in esame, nonostante l'illustrazione fattane dall'onorevole Togliatti.
Nel primo testo si parla di ordine ; nel secondo testo si parla di ordinamento . Sono due cose diverse.
L'ordine di cui si parla nel testo proposto dal Comitato di redazione non la struttura interna della Chiesa. Si
tratta di sottolineare il fatto che esiste un piano di spiritualit che quello caratteristico nel quale la Chiesa si
muove ed esiste. Vi poi il piano della vita ordinaria dei cittadini italiani.
Da questo discende ci che messo in rilievo nell'emendamento, perch, in quanto la Chiesa ha una propria
indipendente sovranit nel piano che le compete, essa si d un libero ordinamento interno. Pensa che, in
definitiva, non si tratti di due concetti che si elidano a vicenda, ma che, al contrario si integrino.
La prima affermazione sta a cuore alla Democrazia cristiana, e l'emendamento non serve che a metterla in
rilievo.
Non ritiene, dunque, che vi sia contrapittoriet fra le due affermazioni, ma la seconda una deduzione naturale
della prima, e quindi, insieme con l'onorevole Togliatti, voter contro l'emendamento.
PRESIDENTE pone ai voti l'emendamento al primo comma:
Lo Stato riconosce l'indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi ordinamenti interni .
Su di esso stata chiesta la votazione per appello nominale.
(Segue la votazione nominale).
Rispondono s: Amadei, Basso, Bocconi, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Conti, De Vita, Fabbri, Finocchiaro
Aprile, Giua, Lombardo, Lussu, Perassi, Targetti, Zuccarini.

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Rispondono no: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Di Vittorio,
Domined, Einaudi, Fanfani, Farini, Federici Maria, Fuschini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Pira, La Rocca,
Leone Giovanni, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Pesenti,
Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Taviani, Terracini, Togliatti , Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.
Si astiene: Noce Teresa.
Comunica il risultato della votazione:
Presenti e votanti .... 57
Voti favorevoli .... 16
Voti contrari .... 40
Astenuti....... 1
(La Commissione non approva).
PRESIDENTE pone ai voti il primo comma dell'articolo 5:
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani .
stata chiesta la votazione per appello nominale.
(Segue la votazione nominale).
Rispondono s: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Di Vittorio,
Domined, Einaudi, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Pira, La Rocca, Leone
Giovanni, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Pesenti, Piccioni,
Rapelli, Ravagnan, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.
Rispondono no: Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Fabbri, Lussu.
Si astengono: Amadei, Bocconi, Finocchiaro Aprile, Giua, Lombardo, Noce Teresa, Targetti, Zuccarini.
Comunica il risultato della votazione:
Presenti e votanti .... 52
Voti favorevoli .... 39
Voti contrari .... 5
Si astengono..... 8
(La Commissione approva).
PRESIDENTE pone in discussione il secondo comma dell'articolo 5: I loro rapporti sono regolati dai Patti
Lateranensi. Qualunque modificazione di essi bilateralmente accettata non richieder un procedimento di
revisione costituzionale . A tale comma sono stati proposti da alcuni in seno al Comitato di redazione due
emendamenti:
1) I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati da patti concordatari.
2) I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica continuano ad essere regolati dai patti concordati.

107

CEVOLOTTO, ricorda che, come uno dei due relatori nella prima Sottocommissione, fu contrario all'introduzione
dei Patti Lateranensi. nella Costituzione. E dice, a ragion veduta introduzione dei Patti Lateranensi nella
Costituzione perch in verit, con tale articolo, i Patti Lateranensi - Trattato e Concordato - verrebbero a far
parte della Costituzione italiana. Intende pertanto, sia pure brevemente, di esporre alla Commissione le ragioni
per le quali fu contrario.
Vi innanzi tutto una questione assolutamente di sostanza. L'articolo primo del Trattato Lateranense reca che la
religione cattolica la sola religione dello Stato. Approvando ora il comma in esame, introduciamo nella
Costituzione questo principio, del quale non star a rilevare l'importanza e la portata, dati i ristretti limiti di tempo
della discussione.
Afferma soltanto che se, per una serie di disposizioni legislative e per un fenomeno di desuetudine, si poteva
ritenere che all'epoca del Trattato Lateranense, l'articolo primo dello Statuto albertino fosse ormai da
considerarsi svuotato del suo contenuto - e c' stato anzi chi ha sostenuto che esso doveva considerarsi come
abrogato - dopo l'affermazione del primo articolo del Trattato Lateranense, la conseguenza inevitabile fu che lo
Stato italiano divenne uno Stato confessionale. Importa poco lo sceverare quale sia la portata del fatto, ma
certo che le altre religioni si trovarono in una condizione di inferiorit, anche se esiste per esse una garanzia
rappresentata dalla legge sui culti ammessi. Ora le conseguenze si sono viste subito perch, ad esempio, il
codice penale ha previsto per i reati commessi contro l'esercizio del culto cattolico pene maggiori che per quelli
commessi contro gli altri culti. Altre conseguenze si sono avute per la legge, del resto liberalissima, che
concerne gli altri culti ammessi. Cita, ad esempio, una risposta dell'ufficio del Genio civile di Livorno del luglio
1946, relativa alla riparazione dei danni di guerra alla chiesa del culto valdese, in cui si dice che l'ufficio,
interrogato se nelle chiese da riparare debbano comprendersi anche quelle di culto valdese, precisa che debba
farsi riferimento soltanto a quelle di culto cattolico. Ma, indipendentemente da tale questione, prettamente
politica, un'altra ne prospetta, inerente alla struttura della Costituzione. Perch, infatti, in una costituzione si
debbono includere trattati di diritto internazionale, quali il trattato e il concordato con la Santa Sede ? La duplice
conseguenza di tale inclusione che, anzitutto, si viene a cristallizzare ci che deve invece essere
essenzialmente mutevole, sia pure con la denunzia reciproca; in secondo luogo questa cristallizzazione conduce
anche a far s che ogni possibilit di modificazione della Costituzione su questo punto limitata dall'accordo con
un altro Stato.
Oltre a ci, si viene ad incidere sul contenuto stesso del Concordato, che subisce la medesima cristallizzazione,
e importa poco se, per modificazioni bilateralmente accettate, non si chieder il procedimento di revisione
costituzionale, perch bisogna appunto che siano bilateralmente accettate, ossia occorre l'accordo della Chiesa.
Ora, a questo proposito, ritiene che sia opportuno, e pi ancora necessario, regolare i rapporti fra Stato e Chiesa
con accordi bilaterali, data l'importanza politica e morale della Chiesa cattolica in Italia. Ma che non si possa
modificare il Concordato Lateranense, che fu stipulato in circostanze particolarissime, da un Governo che aveva,
in quel momento, particolari ragioni per stipularlo in quel determinato modo - e non si tratta certo di un governo
cui vadano le nostre simpatie - una cosa veramente grave. certo che, prima o poi, si dovr pure addivenire
alla modificazione dell'articolo 5, al quale dobbiamo il caso Buonaiuti, poich non ammissibile che debba esser
messo al bando come un paria un ministro del culto cattolico solo perch sia colpito da scomunica. , peraltro,
convinto che la Chiesa cattolica ha troppo una vecchia sapienza per non accedere a proposte di modificazioni
su questo punto. Essa lo far; ma poich potrebbe anche non farlo, non dobbiamo rinunciare al nostro diritto di
provvedere in estrema ratio unilateralmente.
Altra questione che, prima o poi, dovr pure venire sul tappeto quella della giurisdizione sulle cause
matrimoniali, in cui lo Stato ha rinunciato all'espressione massima della sua sovranit, che quella di
amministrare la giustizia, ed ha devoluto a tribunali non suoi la giustizia su questo punto. evidente che anche
qui si dovr pur raggiungere un accordo; ma, posto che l'accordo non si raggiunga, perch lo Stato si deve
spogliare del suo diritto ?
da osservare poi che anche i trattati, quando pure non intervengano delle modifiche esplicite, molte volte si
attenuano, perch vi sono nelle relazioni internazionali degli accordi taciti per cui essi si modificano con leggi
interne che dall'altra parte si lasciano passare, senza arrivare a delle denunzie, cos da favorir meglio i rapporti
reciproci. Non ricorda, d'altra parte, che vi siano Costituzioni le quali immettano trattati nei loro testi, a meno che

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ci non sia avvenuto in qualche caso particolarissimo per imposizione, come dopo l'altra guerra a Weimar, ove
fu imposto dal vincitore al vinto di assumere determinati impegni internazionali nella Costituzione.
Concludendo, non avrebbe nulla in contrario ad adottare l'emendamento proposto che I rapporti fra lo Stato e
la Chiesa sono regolati da patti concordatari , trattandosi di una formula di compromesso e di adattamento che
manifesta la decisa volont di tutti di andare, finch possibile, d'accordo.
TOGLIATTI dichiara di essere, nel complesso, d'accordo con le considerazioni esposte dall'onorevole Cevolotto,
le quali sono, su per gi lo stesse che avevano spinto l'oratore a presentare, in sede di Sottocommissione, un
emendamento leggermente diverso e che non comprende per quale ragione sia stato modificato.
L'emendamento, infatti, era del seguente tenore: I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati in termini
concordatari .
MORO intende chiarire brevemente le ragioni che hanno indotto lui ed i suoi amici a presentare e sostenere la
norma approvata dalla prima Sottocommissione. Ha affermato l'onorevole Cevolotto che, accettando che siano
inclusi i Patti Lateranensi nella Costituzione dello Stato, richiamiamo in vita il principio della religione Cattolica
come sola religione dello Stato. Baster osservare che la portata della norma da considerare in relazione al
complesso delle norme, le quali regolano la posizione delle varie confessioni religiose nell'ambito
dell'ordinamento italiano. Richiama, in proposito, l'estrema larghezza con la quale stato regolato il principio
della libert di ogni culto, con riferimento alle altre Chiese, nel progetto di Costituzione, con l'esplicito
riconoscimento di quel diritto di propaganda sul quale poteva cadere prima il dubbio. stato, d'altra parte,
espresso il nostro consenso all'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Terracini, riguardante il
regolamento concordatario dei rapporti dello Stato con le altre confessioni religiose. Ed allora, il senso della
norma in esame che la religione cattolica la religione della stragrande maggioranza del popolo italiano.
Chiedeva l'onorevole Cevolotto perch vogliamo cristallizzare, in ordine ai rapporti fra Stato e Chiesa, la
situazione quale stata definita attraverso i Patti Lateranensi, e citava alcuni casi che, a suo parere, dovrebbero
costituire un motivo di disagio per noi nell'accogliere questa cristallizzazione. Egli aggiungeva che questi patti
furono sanciti in un'epoca oscura della nostra storia da un Governo al quale non vanno le nostre simpatie.
Certamente, non vanno le nostre simpatie al Governo che stipul il Trattato ed il Concordato con la Chiesa
cattolica, ma certo che, sia pure per finalit oscure, esso in quel momento non faceva che condurre a termine
un lungo processo che si era gi svolto ed era gi in maturazione nella coscienza degli italiani. Quindi non
possiamo, per una ragione formale, pur dando debito peso al motivo politico, del quale si fece espressione
l'onorevole Togliatti nell'ambito della prima Sottocommissione, ripudiare dei patti che hanno una straordinaria
importanza per avere realizzato la pace religiosa nell'ambito del popolo italiano.
Richiamava l'onorevole Cevolotto l'articolo relativo al caso della giurisdizione sulle cause matrimoniali; ma egli
ha aggiunto, e possiamo ripetere che, nella sua saggezza, la Chiesa rivedr alcune disposizioni concordatarie
per adeguarle alle esigenze mutate dei tempi.
Non possiamo per, per alcuni punti di dettaglio, sui quali non stabilito evidentemente nulla di definitivo,
rifiutare questi patti, cio non possiamo per ragioni formali, trascurare la questione di principio alla quale tutti
quanti dobbiamo essere estremamente sensibili.
Evidentemente, se noi oggi rifiutassimo di accogliere i Patti Lateranensi nella nostra Costituzione, il nostro gesto
sarebbe dalla coscienza popolare italiana interpretato al di l della portata che a questo gesto l'onorevole
Cevolotto ed altri vorrebbero attribuire. Non intenderebbe il popolo italiano che con ci si voglia riformare
l'articolo 5 del Concordato, ma riterrebbe che la nuova democrazia italiana voglia allontanarsi da un
orientamento in virt del quale lo stesso popolo italiano, attraverso i Patti Lateranensi, ha trovato veramente la
sua pace religiosa nella quale intende restare, come garanzia di costruttivit nello sviluppo democratico della
vita italiana.
Non voter pertanto l'emendamento dell'onorevole Togliatti, emendamento vago per sua natura, il quale
certamente non permette nella lettera e nello spirito che esso esprime, di richiamarsi a quella disciplina
concordataria che stata confermata da alcuni anni di applicazione con soddisfazione dalla stragrande
maggioranza del popolo italiano. Afferma, concludendo, che necessario su questo tema di straordinaria

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importanza, essere veramente chiari e non eludere, con ragioni di forma e con argomenti di carattere
accessorio, il problema grave e serio che proposto oggi alla Commissione.
LUCIFERO osserva che la ragione delle grandi difficolt nelle quali ci si trova per questo articolo contenuta
nella osservazione che l'onorevole Togliatti, fece dopo due giorni di discussione in sede di prima
Sottocommissione, cio che si tratta di una materia che stricto jure non costituzionale.
A suo avviso, il problema fondamentale sarebbe di stabilire se si debba fare una menzione particolare nella
Costituzione dei rapporti fra Stato e Chiesa. Esso ormai superato, tanto vero che stato approvato il primo
comma dell'articolo, ma pu spiegare le divergenze e difficolt sorte. Nelle altre Costituzioni, un articolo del
genere non si trova. Quindi, noi torniamo ad esaminare la situazione da un punto di vista di politica contingente,
cio in ordine alla particolare situazione della Chiesa cattolica ed alla esistenza dello Stato della Citt del
Vaticano in Italia.
Crede che la formula suggerita dalla prima Sottocommissione, dopo lunghe discussioni nelle quali si cercato di
tener conto delle varie esigenze, sia accettabile nella Costituzione italiana; perch ricordare i Patti Lateranensi
significa stabilire una base definitiva per dei rapporti che rispondono ad un'esigenza morale, sociale e politica:
ad un'esigenza morale perch il popolo italiano prevalentemente cattolico; ad un'esigenza sociale in quanto si
d effettivamente un indirizzo di umanit a tutta la vita del nostro Paese, poich nessuno, anche non cattolico,
potr affermare che non sia profondamente umano il cattolicesimo; ad un'esigenza politica perch un atto di
pacificazione nazionale di un Paese, gi diviso in tanti campi, e che bisogna cercare di unire.
Fu proprio l'oratore a cercare di attenuare la formula che poteva sembrare troppo drastica proponendo - e la
Sottocommissione fu d'accordo - che qualunque modificazione dei rapporti fra Stato e Chiesa, bilateralmente
accettata, non richieder un procedimento di revisione costituzionale. Si consacra cos la stabilit dei rapporti
che le due parti potranno modificare, ma resta fermo che l'Italia Paese cattolico e non pu e non deve essere
vittima di contrasti fra lo spirito degli italiani e lo Stato, che deve essere l'interprete di questo spirito e, quindi,
anche espressione di questo senso cattolico e cristiano del popolo.
, quindi, del parere che l'articolo debba essere approvato cos come stato proposto dalla prima
Sottocommissione.
CANEVARI ricorda che l'onorevole Cevolotto aveva proposto di sopprimere il secondo e terzo comma
dell'articolo proposto dalla prima Sottocommissione, e che il Comitato di redazione ha unificato. Qualora egli non
insistesse nella proposta, la farebbe sua e nel caso che questa fosse respinta, voterebbe il primo emendamento
proposto in sede di Comitato di redazione.
EINAUDI prende atto della fiducia manifestata dall'onorevole Moro che la disposizione dei Patti Lateranensi che
aveva condotto al caso Buonaiuti in avvenire possa essere modificata, perch considera veramente che il caso
Buonaiuti sia stato uno di quelli che hanno offeso di pi la coscienza degli studiosi italiani. La scienza nel suo
campo per lo meno altrettanto indipendente e sovrana come la Chiesa e la religione e, quindi,
quell'interferenza che vi stata in quel caso dovr, a suo parere, essere eliminata, attraverso una revisione
bilaterale dei Patti Lateranensi.
Rileva poi che le considerazioni dell'onorevole Cevolotto, per quanto riguarda l'inserzione di disposizioni relative
a trattati internazionali in una Costituzione, non lo hanno convinto, perch pensa che l'idea della sovranit dello
Stato sia un'idea falsa, anacronistica, che deve essere abbandonata. Ritiene, quindi, che la disposizione in
esame, caso mai, precorre i tempi e sar un esempio che dovr essere seguito. Si dovr in avvenire nelle
Costituzioni dei singoli paesi introdurre delle norme riguardanti trattati internazionali. L'esistenza degli Stati
sovrani non pi tollerabile nel mondo moderno. Quindi considera questa disposizione singolarmente felice, tale
da aprire la via ad altre disposizioni del genere, per cui le Costituzioni vengano ad essere legate in forme
durature a trattati internazionali.
LUSSU chiede all'onorevole Einaudi se riconoscendo ormai antiquata la formula della sovranit dello Stato, e
poich ogni Stato ha la sua sovranit limitata in rapporto ad altri Stati egualmente sovrani e indipendenti, egli
applichi questo concetto anche alla sovranit della Chiesa.

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EINAUDI. La Chiesa sovrana nel suo ordine spirituale.


PRESIDENTE osserva che l'onorevole Einaudi, in sede di votazione del primo comma, ha rilevato che la Chiesa
e lo Stato si muovono in ordini diversi e che la Chiesa nel suo ordine indipendente e sovrana.
LUSSU. Allora vi contradizione.
CEVOLOTTO avverte che il progetto di Costituzione non cos insensibile a quelle alte ragioni che l'onorevole
Einaudi ha esposto, se nell'articolo 4 dice che l'Italia consente, a condizione di reciprocit e di eguaglianza, le
limitazioni di sovranit necessarie ad un'organizzazione internazionale che assicuri la pace e la giustizia per i
popoli .
CAPPI osserva che, negandosi che oggi i rapporti fra Stato e Chiesa siano regolati dai Patti Lateranensi, si
viene praticamente ad ammettere che il Concordato deve ritenersi abrogato. N vale stabilire nell'emendamento
che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati da patti concordatari, in quanto se si vuole mantenere il
Concordato, quale bisogno vi di questa affermazione ?
Non nega che la formula in discussione aveva destato in lui una certa perplessit, in rapporto all'articolo 1 del
Trattato Lateranense, che l'onorevole Cevolotto ha ricordato, articolo il quale ribadisce che la religione cattolica
la sola religione dello Stato, perch personalmente non sa concepire che uno Stato possa avere una sola
religione. Ma la sua perplessit per scomparsa non solo per quello che ha detto l'onorevole Moro, ma perch
la formula: I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi - per quanto non felicissima - esclude che
possano derivare conseguenze lesive della libert delle altre chiese. Personalmente crede che la Chiesa
cattolica abbia in s tanta virt e vitalit da non aver bisogno di nessuna situazione di privilegio che si traduca in
situazioni di inferiorit delle altre chiese.
Per queste ragioni, salvo qualche modifica di forma, voter l'emendamento.
MORTATI non si rende ragione del contrasto suscitato dal comma in esame, che una logica e necessaria
conseguenza del primo gi approvato. Infatti, se vero che lo Stato e la Chiesa cattolica, ciascuno nel proprio
ordine, sono indipendenti e sovrani, la conseguenza che ne discende dal punto di vista giuridico e politico
questa: che i loro rapporti non possono essere regolati se non da convenzioni bilaterali. Se lo Stato, infatti,
potesse intervenire unilateralmente in questi rapporti, se cio potesse regolare unilateralmente le cosiddette
res mixtae , potrebbe disconoscere le esigenze della Chiesa stessa: quindi, necessario che siano regolati
dal Concordato.
Posta questa premessa, quale Concordato potr attuarsi ? Evidentemente quello in vigore. Non possibile
infatti che, mentre si ammette il principio che lo Stato e la Chiesa regolano i loro rapporti con patti concordatari,
non si riconoscano quelli in atto. L'emendamento potrebbe avere proprio questo significato: di non riconoscere i
Patti Lateranensi e di rimandare all'avvenire la regolazione dei rapporti fra Stato e Chiesa. Ma questo assurdo
ed in contradizione con le premesse. Se invece si ammette che siano i Patti Lateranensi in atto a regolare
questi rapporti, pensa che la ragione dell'emendamento venga meno. Se, d'altra parte, per un'ipotesi assurda, si
dovesse pensare ad un irrigidimento della Chiesa in materie che riguardano la sovranit dello Stato, vi sarebbe
sempre la possibilit di revisione del Concordato.
GIUA non intende entrare nello spirito dei Patti Lateranensi, n discuterne gli articoli; n si preoccupa del caso
Buonaiuti, il quale del resto, nel terzo volume della sua Storia, lo ha gi chiarito; ma si pone da un punto di
vista storico: i Patti Lateranensi sono stati stipulati fra un governo fascista - che non era emanazione del popolo
italiano - e i rappresentanti del Vaticano. Ora i colleghi della Democrazia cristiana, accettando in pieno questi
Patti, vengono a stabilire, anche senza volerlo, dei legami con l'opera del fascismo. Ma in essi anche la
preoccupazione, che in avvenire il popolo italiano possa modificare i Patti Lateranensi. Ora se ritengono che i
Patti Lateranensi sono diretta manifestazione della volont del popolo italiano, perch non accettano la formula,
che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati in termini concordatari ? Evidentemente, se il popolo ha gi
manifestato la sua volont, indietro non si torna. Ma allora, perch si vuol chiudere la porta a nuovi patti che
potranno sorgere fra il Vaticano e lo Stato

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italiano e che potranno anche migliorare quelli esistenti ?


In realt ritiene che la posizione dei colleghi democristiani sia diretta ad affermare che i Patti Lateranensi non si
dovranno pi discutere. Personalmente dichiara di non poter accettare questo principio. I Patti Lateranensi
significano politica fascista, e quando il popolo italiano discuter pi seriamente quella politica, avr diritto anche
di rivedere quei Patti
PERASSI dichiara che voter il primo emendamento proposto, prescindendo in maniera assoluta da qualsiasi
apprezzamento di merito relativo al Concordato e al Trattato Lateranense, nel loro insieme e nelle loro singole
parti: sono questioni che in questo momento non si pongono. Intende restare sul terreno strettamente giuridico e
costituzionale, e non intende neppure rilevare quanto stato detto dall'onorevole Moro per cercare di attenuare
la portata che, secondo lui, avrebbe oggi quell'articolo 1 del Trattato del Laterano, in base al quale l'Italia si
sarebbe obbligata a riconoscere ed a riaffermare il principio consacrato nell'articolo 1 dello Statuto del 1848. Per
quanto l'onorevole Moro sia persona di molta autorit, questo indubbiamente un problema che supera la sua
competenza.
Ad ogni modo prescinde da tutti questi problemi estremamente delicati per rimanere sul terreno strettamente
giuridico. Non ritiene che sia il caso di inserire nella Costituzione un richiamo concreto ai patti attualmente
esistenti, perch pensa che non vi siano ragioni per fare agli accordi Lateranensi un trattamento giuridico
costituzionale diverso da quello che si fa ad altri trattati internazionali.
d'accordo in parte con quanto esprimeva l'onorevole Einaudi, per egli consentir di dire che non c' ragione
di applicare il principio, da lui accennato, in maniera particolare, ma se mai bisognerebbe affermarlo in maniera
generale.
D'altra parte, qual' la portata dell'emendamento che voter? evidente che il non richiamare nella Costituzione
i Patti attualmente esistenti, e adottare la frase pi generale che i rapporti fra Stato e Chiesa sono regolati in
termini concordatari, non significa affatto toccare tali Patti. principio di diritto internazionale consacrato da
dichiarazioni solenni che neppure una Costituzione pu toccare le norme convenzionali esistenti, le quali
restano in vigore fino a quando non siano modificate o si estinguano, secondo i principi da cui regolata la loro
vita.
La ragione essenziale, di non includere questo richiamo esplicito, sta nel fatto che si verrebbe a usare verso
questo gruppo storico di accordi e di trattati un trattamento giuridico che, sotto diversi aspetti, diversifica da
quello che si usa verso altri trattati.
Per questa ragione voter a favore dell'emendamento proposto, formula che tra l'altro gi costituisce una
notevole concessione sotto altri punti di vista e che, del resto, consacrata anche nella Costituzione di un
piccolo Stato eminentemente cattolico: il Cantone di Friburgo.
TERRACINI attendeva dalla prima affermazione dell'onorevole Mortati che egli giungesse alla logica
conseguenza di chiedere la soppressione di tutto il secondo comma dell'articolo. L'affermazione iniziale, che la
Chiesa e lo Stato sono indipendenti e sovrani, implica che si stabiliscano bilateralmente degli accordi volontari
sui loro rapporti, e poich tra lo Stato e la Chiesa questi patti si chiamano concordati, non vi sarebbe bisogno di
dire altro.
L'onorevole Mortati ha invece tratto la conseguenza che adottare la formula: I rapporti fra lo Stato e la Chiesa
sono regolati in termini concordatari non significa dichiarare la caducit dei Patti Lateranensi, ma che questi
Patti non sono pi in vigore oggi.
Ora noi non vogliamo dire che i termini concordatari esistenti, in quanto regolano oggi i rapporti tra Stato e
Chiesa, non esistono pi; anzi, diamo una maggiore sostanza al modo con cui oggi essi si esplicano.
Riconosce che per ragioni politiche, nonostante la superfluit del secondo comma, sia necessario parlare
appunto dei rapporti concordatari, ma non, come dice l'onorevole Moro, perch oggi il popolo italiano vuole
avere la certezza che questi rapporti concordatari sono quelli in vigore. Al popolo italiano ci che importa sapere

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che fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica i rapporti saranno sempre regolati sulla base dell'armonia e del
consenso reciproco; il popolo vuole essere sicuro che non si ritorni pi alla situazione precedente.
Occorre, quindi, parlare dei Patti concordatari e non di quelli Lateranensi, che sono caduchi, come tutti i Patti
che si basano su trattative adeguate a determinate situazioni. La Costituzione contiene delle norme e non fissa
una situazione di fatto, come si fa invece nella formula del primo comma. Ad
ogni modo, se anche si venisse a questo criterio assurdo, che la Costituzione possa limitarsi a registrare una
situazione di fatto, bisogna cercare di registrare quella situazione che ha in s una garanzia di durata.
A questo proposito ricorda che i Patti Lateranensi non sono un tutto unitario, per quanto un interprete molto
augusto ed autorizzato abbia affermato, all'epoca in cui sono stati redatti, che costituivano un insieme unitario.
Ora, che cosa che ha un carattere di continuit nei Patti Lateranensi ? il riconoscimento del sorgere di
questo nuovo Stato, nei confronti del quale l'Italia democratica avr lo stesso atteggiamento, che nei confronti di
tutti gli Stati che esso riconosce e rispetta, e sulla cui esistenza non sollever mai il pi piccolo dubbio.
Evidentemente non si pu richiamare il patto territoriale nella Costituzione e tacere del Concordato, ma non
bisogna parlare dello Stato del Vaticano e nemmeno del Concordato fra Chiesa cattolica e Stato italiano.
Perci, poich questa rescissione delle due parti non possibile, bisogna che esse seguano lo stesso destino,
che quello di non avere un carattere di stabilit. Di fronte alla continuit che deve avere la Costituzione
italiana, ogni altro dato contrattuale ha un carattere caduco ed a questa stregua bisogna considerare i Patti
Lateranensi.
L'onorevole Moro, del resto, ha riconosciuto che alcuni articoli del Concordato, i pi preoccupanti, in fondo sono
gi da considerarsi come inficiati. E allora da chiedersi se sia possibile immettere nella Costituzione un patto
che gi a priori riconosciuto che non esiste pi nella sua interezza e continuit. Per queste ragioni dichiara di
accettare l'emendamento proposto.
LUSSU avrebbe preferito, nella sua coscienza democratica, che dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa si facesse
cenno brevemente in un preambolo, nel senso che la religione cattolica la religione della maggioranza degli
italiani e che lo Stato ispira a questa realt la sua azione politica.
Pensa, in ogni caso, che non si possano introdurre nella Costituzione i Patti Lateranensi, che furono stipulati dal
regime fascista, ma che non stati discussi e approvati dal popolo italiano.
A proposito dell'articolo 5 del Concordato, oltre al caso Buonaiuti, citato dall'onorevole Cevolotto, ricorda il caso
di un prefetto designato dal Comitato di liberazione, perch fu capo eroico di una divisione partigiana e che si
voleva allontanare, in quanto sacerdote che aveva abbandonato la Chiesa.
Dichiara, in conclusione, che qualora la proposta di soppressione dell'onorevole Canevari non fosse approvata,
voter a favore dell'emendamento proposto.
MORO, parlando per fatto personale, in risposta all'onorevole Terracini, il quale ha ricordato a scopi polemici la
sua precedente esposizione, non ha bisogno di chiarire che non ha inteso inficiare alcuna norma del
Concordato, n affermare che si debba includere nella Costituzione un Patto ormai superato. Ha detto soltanto
che per alcune ragioni di dettaglio non possiamo rifiutare di riconoscere i motivi che impongono di includere il
Concordato nella Costituzione.
AMBROSINI osserva che, poich la questione posta, bisogna risolverla; ed essa non pu per coerenza,
essere risolta se non nel modo proposto dalla prima Sottocommissione e dal Comitato di redazione. Non c'
alcun contrasto fra il secondo ed il primo comma, essendo ambedue strettamente connessi, giacch il secondo
comma non che l'applicazione e la precisazione del primo. Non si pu prescindere dal richiamo tassativo dei
Patti Lateranensi. Il riferimento generico ad un regolamento dei rapporti tra Stato e Chiesa in termini
concordatari sarebbe assolutamente insufficiente. Occorre proclamare esplicitamente che tali rapporti sono
regolati dai Patti Lateranensi. Essi costituiscono una realt alla quale legato il mantenimento della pace

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religiosa dell'Italia: quando parliamo di Patti Lateranensi, intendiamo richiamarci sia al Trattato che al
Concordato.
Si dice che il Trattato e il Concordato, richiamati nella Costituzione, verrebbero quasi a cristallizzare una
situazione. Ma ci non nella natura delle cose, e non neppure nello stesso sistema proposto dalla prima
Sottocommissione e dal Comitato di redazione, giacch l'ultima parte del secondo comma prevede
tassativamente la possibilit, quando intervenga il consenso delle due Alte Parti contraenti, che le disposizioni di
questi Patti siano modificati; non solo, ma facilita l'accettazione delle eventuali modifiche nel sistema del diritto
positivo italiano, stabilendo che non occorrer, a tale scopo, una revisione costituzionale, ma baster il
procedimento legislativo ordinario.
Per questi motivi voter a favore del secondo comma dell'articolo, cos come stato proposto dal Comitato di
redazione.
GRASSI ricorda che, dopo una lunga discussione in seno alla prima Sottocommissione,
si arriv alla formula in esame, che ha il dovere di difendere per averla votata. Dal punto di vista giuridico, pensa
che non costituisca incrinatura il fatto che per questi casi particolari si faccia un'applicazione di princip generali:
che sono ormai comuni a tutti, e stabiliti anche in un articolo della nostra Costituzione.
Per quanto riguarda i rilievi dell'onorevole Perassi, osserva che il Trattato Lateranense non pu essere
considerato alla stregua dei normali trattati che si stipulano con altri Stati. Dobbiamo riconoscere, come italiani,
che con esso stata superata una fase storica che i nostri predecessori trovarono insoluta e senza possibilit di
soluzione. E non esatto che a tale conclusione si sia giunti come conseguenza di una situazione soltanto
fascista: l'avvenimento pot realizzarsi in quel periodo, ma il desiderio degli uomini politici italiani precedeva di
molto il periodo fascista, e tentativi furono fatti da parte di tutti per cercare una soluzione, che trovava resistenze
specialmente nell'ordinamento della Chiesa, che aveva le sue ipoteche su Roma e sul vecchio Stato pontificio.
Quindi, per gl'italiani questi Patti rappresentavano non soltanto la pace religiosa riacquistata, ma anche la
soluzione storica definitiva in rapporto al territorio, che uno degli elementi costitutivi dello Stato italiano.
Vi sono poi altre considerazioni di ordine politico: lo Stato e la Chiesa in Italia rappresentano due comunit
interferenti fra di loro, in quanto agiscono sugli stessi individui, che nella grandissima maggioranza
appartengono alla Chiesa cattolica. Quindi sono due sfere di sovranit che si incontrano in tutta una materia
mista che deve essere necessariamente regolata. Ora, i sistemi per regolare questi rapporti sono: o quello
giurisdizionale, o quello concordatario. Si ha il sistema giurisdizionale, quando lo Stato con sue leggi regola
questa materia mista; quello concordatario, quando tale materia regolata in forme bilaterali.
In sostanza, la formula sostenuta dall'ononorevole Togliatti nella prima Sottocommissione che i rapporti sono
regolati in termini concordatari , riguarda soltanto il Concordato. Pi logica appare, da questo punto di vista,
la proposta di non parlare di questa materia nella Costituzione: ma dal momento in cui - e l'onorevole Togliatti,
con spirito che fu ammirato, dichiar che le discussioni della prima Sottocommissione dovessero essere liberate
da preoccupazioni anticlericali, in quanto riconosceva questa esigenza del popolo italiano (e su questa linea fu
possibile trovare l'accordo) - si stabilisce il principio costituzionale che gli accordi fra lo Stato e la Chiesa
debbono essere regolati in forma concordataria, non capisce perch non si debba parlare dei Patti Lateranensi
che attualmente regolano i rapporti tra lo Stato e la Chiesa.
stato chiarito poi che eventuali modifiche, stabilite con nuovi accordi fra la Santa Sede e l'Italia, non dovranno
esser fatte in forma di revisione costituzionale, ma con l'ordinario procedimento legislativo e, quindi, ogni
preoccupazione dovrebbe scomparire.
MASTROJANNI. Le stesse ragioni che hanno determinato l'onorevole Grassi a difendere l'articolo cos come
stato formulato ed approvato dalla prima Sottocommissione lo inducono a sostenere con identico calore la
stessa tesi.
un fatto indiscutibile che il fenomeno storico che maggiormente e meglio identifica e caratterizza la spiritualit
del popolo italiano quello che si riferisce al Concordato. Che questo grandioso evento storico si sia maturato

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durante un'epoca, la quale giustamente avversata dalle nostre coscienze, non inficia n diminuisce
l'importanza che esso ha.
Le osservazioni fatte da diverse parti non hanno, a suo parere, fondamento, perch si riferiscono pi a situazioni
formali che sostanziali. Quello che a noi interessa di ribadire che, ad un certo momento della vita del Paese, la
spiritualit del popolo italiano ha trovato soddisfazione tangibile nella realizzazione dei famosi Patti. Noi, che
siamo i depositari di questa spiritualit, la quale si proietta nel futuro, abbiamo il dovere, nel momento in cui
redigiamo la Carta fondamentale della nostra Costituzione, di non disconoscere quello che il nostro popolo ha
unanimemente approvato e che in nessuna occasione ha dimostrato di non voler osservare.
Se dovessimo accedere alle opinioni dell'onorevole Lussu, per le stesse ragioni dovremmo aggredire tutta la
legislazione precorsa e dire che essa, essendo nata in un periodo che stato avversato dalle nostre coscienze,
non ha nessuna consistenza giuridica n morale. Al contrario, rivediamo ed abroghiamo tutte quelle leggi che
non rispondono pi ai nostri ordinamenti; ma le stesse ragioni ci consentono di affermare che anche per quanto
si riferisce al Concordato e al Trattato Lateranense abbiamo la possibilit di rivederli, nelle forme previste
dall'articolo in esame, lasciando integra quella che ormai conquista immutabile del popolo.
N le ragioni addotte dall'onorevole Perassi hanno consistenza dal punto di vista dell'opportunit politica e della
coscienza collettiva del nostro popolo; perch, se vero che i Trattati, al di sopra e al di fuori di ogni
Costituzione, continuano a mantenere il loro valore e la loro efficacia, e devono essere regolati dagli accordi in
essi previsti, d'altra parte vero che non possiamo considerare lo Stato della Citt del Vaticano e la Chiesa
cattolica alla stregua di qualsiasi altro Stato.
da aversi per fermo - e su questo punto gli sembra che non vi siano ragioni che possano contrastare la sua
opinione - che i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa hanno una natura squisitamente spirituale, che sovrasta
qualsiasi nostra concezione, giuridica. Il contenuto di tali rapporti non pu essere coercito da alcuna artificiosa
costruzione giuridica. Se facciamo astrazione da questa concezione, ci poniamo su un terreno che snatura
l'essenza stessa del contenuto del Trattato e del Concordato. Ed per questo che, nei confronti della Chiesa,
dobbiamo avere un orientamento che prescinda da sofistiche considerazioni giuridiche, ed per questo che
dobbiamo solennemente dire che quanto fu finalmente acquistato dalla coscienza collettiva, in un periodo storico
caratterizzato da questo grandioso evento, deve trovare il suo posto nella Costituzione italiana, e deve ritenersi
immutabile, perch immutabile nel tempo lo spirito cattolico del popolo italiano.
BASSO non ha sentito nessun argomento che incida sul significato dell'emendamento, perch tutti gli argomenti
portati a sostegno dell'articolo della prima Sottocommissione in realt trovano piena soddisfazione anche
nell'emendamento.
La sola preoccupazione che, a suo parere stata legittimamente espressa, che si debba nella Costituzione
affermare il principio che lo Stato non ritorni al vecchio giusnaturalismo, cio che alla Chiesa vietato di
legiferare in una materia di sua stretta competenza ed anche nelle materie miste. Pensa che il primo comma
approvato e l'emendamento in esame diano alla Chiesa l'assoluta garanzia. La materia spirituale riservata alla
sola Chiesa; con l'emendamento che egli sostiene, si afferma che i rapporti fra Stato e Chiesa sono regolati per
via di concordato. Non vi nessun argomento serio che possa condurre ad andare al di l di questa
affermazione, che d la massima garanzia alla Chiesa cattolica.
Non vi dubbio che in linea giuridica gli argomenti addotti dimostrano che questa non materia da inserire nella
Costituzione; ma pensa che vi possono essere preoccupazioni politiche. Ritiene per che la proposta della
prima Sottocommissione sia inaccettabile per la nostra coscienza giuridica. Vi sono nel Trattato e nel
Concordato alcuni articoli che contradicono a norme della Costituzione gi approvate. Vi nel Concordato
l'articolo 5 che ferisce l'indipendenza dello Stato, in quanto lo Stato obbligato ad allontanare da determinati
uffici quelle persone che la Chiesa intende colpire con suoi provvedimenti. Quando si dice che determinate
persone, per motivi religiosi, non possono concorrere a dederminati impieghi dello Stato, si ferisce il principio
della eguaglianza dei cittadini.
Vi l'articolo sull'insegnamento religioso che viola il principio dell'eguaglianza, in quanto stabilisce, a favore dei
cittadini cattolici, il diritto di avere dallo Stato l'insegnamento cattolico nelle scuole, diritto che non riconosciuto

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alle altre religioni: cos nelle scuole valdesi vi l'insegnamento cattolico, mentre non vi l'insegnamento delle
religioni che veramente si professano in quella zona.
Voter pertanto l'emendamento che d le pi ampie garanzie di tutela per la religione.
PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell'onorevole Canevari di sopprimere il secondo comma.
(La Commissione non approva).
Pone ai voti l'emendamento: I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati in termini concordatari . Su di
esso stata chiesta la votazione per appello nominale.
(Segue la votazione nominale).
Rispondono s: Amadei, Basso, Bocconi, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Conti, De Vita, Di Vittorio, Farini,
Giua, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Rocca, Lombardo, Lussu, Marchesi, Noce Teresa, Perassi, Pesenti,
Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Togliatti, Zuccarini.
Rispondono no: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Domined,
Dossetti, Einaudi, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Grassi, La Pira, Leone Giovanni, Lucifero, Mannironi,
Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Piccioni, Rapelli, Taviani, Togni, Tosato, Tupini,
Uberti, Vanoni.
Comunica il risultato della votazione:
Presenti e votanti .... 59
Voti favorevoli ... 27
Voti contrari .... 32
(La Commissione non approva).
Il secondo emendamento, sostanzialmente uguale al primo non approvato, s'intende abbandonato.
Pone in votazione il secondo comma dell'articolo 5:
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualunque modificazione di essi bilateralmente accettata
non richieder un procedimento di revisione costituzionale .
stata chiesta la votazione per appello nominale.
(Segue la votazione nominale).
Rispondono si: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Domined, Dossetti,
Einaudi, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Grassi, La Pira, Leone Giovanni, Lucifero, Mannironi, Marinaro,
Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Piccioni, Rapelli, Taviani, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.
Rispondono no: Amadei, Basso, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, De Vita, Farini, Giua, Grieco, Iotti Leonilde,
Laconi, La Rocca, Lombardo, Lussu, Perassi, Pesenti, Ravagnan, Rossi Paolo, Terracini, Zuccarini.
Comunica il risultato della votazione:
Presenti e votanti .... 51
Voti favorevoli ... 31

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Voti contrari .... 20


(La Commissione approva. cos approvato l'articolo 5).
Avverte che rimane da esaminare il seguente comma aggiuntivo proposto dall'onorevole Terracini: Le altre
Chiese sono regolate dalle proprie norme, che lo Stato riconosce in quanto non contengano disposizioni
contrarie alla legge. I rapporti fra lo Stato e le altre Chiese sono regolati per via legislativa, d'intesa con le loro
rappresentanze legittime .
LUCIFERO d'accordo sul contenuto della formula; ma osserva che l'articolo test approvato regola i rapporti
tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, che anch'essa Stato, mentre le altre Chiese non sono Stati. La sede
opportuna del comma proposto sarebbe, a suo parere, l'articolo 13 che disciplina la libert religiosa.
TERRACINI osserva che necessario includere una statuizione del genere nel testo costituzionale. Non ha
pertanto difficolt ad accettare la proposta dell'onorevole Lucifero.
CAPPI, circa la frase: in quanto non contengano disposizioni contrarie alla legge , rileva che vi sono materie
che non rientrano nelle positive disposizioni giuridiche dello Stato; per esempio, il concetto di ordine pubblico e
di buon costume.
TERRACINI nota che, per quanto si riferisca alla morale e al buon costume, v' gi una norma di carattere
generale che vale per ogni Chiesa e per ogni culto.
LUSSU sopprimerebbe l'espressione: in quanto non contengano disposizioni contrarie alla legge , poich
ritiene ci implicito nei concetti che sono a fondamento delle altre Chiese.
TERRACINI osserva che, siccome l'articolo che propone si riferisce essenzialmente alla struttura interna delle
Chiese e non alle forme del culto, necessario affermare che non devono avere disposizioni contrarie alla
legge. vero che nella situazione attuale non vi sono Chiese che abbiano disposizioni di questo genere. Ma qui
si tratta di formare una norma costituzionale, e, quindi, di lasciar aperta la via alla regolamentazione di
eventualit avvenire.
DOSSETTI nota che l'espressione che lo Stato riconosce le norme che regolano le altre Chiese, suppone
una realt strutturale di vita interna che soltanto alcune Chiese e non la maggior parte di esse posseggono. Si
suppone cio un ordinamento giuridico interno, l'esistenza di organi legislativi e di funzioni, che non si trovano in
moltissime Chiese, le quali hanno pi che altro una struttura di fatto, che non costituisce un proprio e vero
ordinamento giuridico.
Quindi, se l'onorevole Terracini ha l'intenzione di avvalorare una parificazione fra la Chiesa cattolica e le altre
Chiese per quel che riguarda i rapporti fra l'ordinamento interno delle Chiese e quello dello Stato, possiamo
anche condividerla; ma indubbiamente v' una diversa situazione di fatto strutturale interna delle singole Chiese:
per esempio, la Chiesa ebraica, la protestante e certe Chiese evangeliche non hanno concretizzazioni strutturali.
Quando si dice che le Chiese sono riconosciute, in quanto non siano regolate da norme
contrarie alla legge, bisogna vagliare il complesso di queste norme: per esempio, quelle riguardanti la disciplina
familiare.
Non crede pertanto che l'articolo cos formulato possa essere accolto, pur accettando il principio che lo ha
ispirato e che richiede una formulazione pi precisa e specifica.
FUSCHINI ritiene che sia opportuno rimandare l'ulteriore esame della proposta dell'onorevole Terracini,
affidando a lui e all'onorevole Dossetti il compito di predisporre la formula pi opportuna da portare all'esame
della Commissione.

117

PRESIDENTE. Resta allora inteso che gli onorevoli Terracini e Dossetti concorderanno il testo da sottoporre
all'esame della Commissione, testo che sar opportunamente collocato secondo le osservazioni dell'onorevole
Lucifero.
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
ADUNANZA PLENARIA
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RUINI
Esame degli articoli delle disposizioni generali del progetto di Costituzione.
PRESIDENTE avverte la Commissione che essendo stata rinviata la discussione sulla questione generale
concernente la composizione della seconda Camera, ed essendo in corso di elaborazione l'articolo riguardante i
rapporti dello Stato con le altre Chiese, affidato agli onorevoli Terracini e Dossetti, si prosegue nell'esame
dell'articolazione, iniziato nella seduta di mercoled.
Ricorda che con un ordine del giorno Conti, Togliatti e Cevolotto, approvato dalla Commissione, si stabil che il
Comitato di redazione dovesse provvedere soltanto ad un coordinamento formale, lasciando le questioni di
sostanza all'Assemblea, mentre la Commissione plenaria avrebbe cercato di non entrare troppo in dettagli per
non ritardare il lavoro.
Si stabil altres che gli emendamenti dovessero essere presentati per iscritto. Dove non vi fossero stati
emendamenti, gli articoli si sarebbero ritenuti senz'altro approvati.
Proseguendo nella discussione sul primo articolo, riepiloga le ragioni che hanno indotto il Comitato di redazione
a stabilire la formulazione proposta.
Il Comitato di redazione ha riscontrato che il testo approvato dalla prima Sottocommissione presentava notevoli
pregi. Sono stati per sollevati alcuni dubbi, soprattutto di forma, poi riconosciuti fondati dalle varie parti. Si ,
per esempio, riconosciuto opportuno dire nel primo comma, L'Italia invece di Lo Stato italiano adottando
perci la formula: L'Italia Repubblica democratica , in quanto dicendo Stato italiano l'idea della
Repubblica era gi compresa. Avverte in proposito che il Comitato di redazione ha ritenuto opportuno che si
parli sempre di Repubblica, in modo che questa parola rimanga come espressione generale in sostituzione di
Stato italiano .
TARGETTI direbbe meglio, nel primo comma, L'Italia una Repubblica .
PRESIDENTE fa presente che le questioni puramente letterarie potranno essere rinviate ad una successiva
definizione.
Il secondo comma era stato proposto dalla prima Sottocommissione nei seguenti termini:
Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori all'organizzazione
economica, sociale e politica del Paese .
Nel Comitato di redazione, per, si ritenuto opportuno dire che il lavoro il fondamento dell'organizzazione
politica, economica e sociale della Repubblica e non che lo Stato italiano ha per fondamento il lavoro. una
questione di forma, che per ha un certo valore.
Nel secondo articolo, poi, il testo della prima Sottocommissione diceva:
La sovranit dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e
dalle altre leggi ad essa conformi .

118

sembrato al Comitato di redazione che il richiamo alla sovranit dello Stato potesse dar luogo ad equivoci ed
essere interpretata nel senso fascista, per cui tutto deriva dallo Stato. stata quindi adottata l'espressione La
sovranit emana dal popolo , esprimente un concetto che alla base di tutte le Costituzioni.
Riguardo all'ultima parte del secondo articolo della Sottocommissione: Tutti i poteri emanano dal popolo che li
esercita direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti , sembrato che questo concetto fosse
compreso gi nell'altro: La sovranit emana dal popolo .
D'altra parte, si ritenuto necessario fare anche riferimento alle leggi, cosicch l'articolo adottato dal Comitato di
redazione, ha avuto la seguente formulazione comprensiva dei concetti accennati, espressi nei due articoli della
prima sottocommissione:
L'Italia Repubblica democratica.
La sua sovranit emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi.
Il lavoro l'essenziale fondamento dell'organizzazione politica, economica e sociale della Repubblica italiana
.
Personalmente, non avrebbe difficolt ad adottare anche la formula Repubblica dei lavoratori ; osserva per
che essa, essendo usata nelle Costituzioni russa e jugoslava, si riferisce ad una forma particolare, che non
propria dell'Italia. Comunque, la Commissione ha gi deciso in merito.
FABBRI ricorda che nella seduta di mercoled, dopo l'approvazione del primo comma, si era passati a discutere
sul secondo. Qualche Commissario aveva proposto di tornare al testo originario della prima Sottocommissione.
In questa ipotesi, egli aveva proposto di sostituire la parola cittadini alla parola lavoratori .
Non essendo stato deciso se debba rimanere il testo del Comitato di redazione o quello della prima
Sottocommissione, la questione ancora impregiudicata.
PRESIDENTE fa presente la necessit di non soffermarsi troppo sulle questioni formali, aggiungendo che nel
Comitato di redazione si era rimasti d'accordo di trovare una formula, che esprimesse in breve i concetti della
sovranit popolare e del lavoro come base della organizzazione dello Stato, fondendo i due articoli proposti dalla
prima Sottocommissione.
LUSSU precisa che la sua proposta era di adottare come secondo comma il testo proposto dalla prima
Sottocommissione: Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori alla
organizzazione economica, sociale e politica del Paese , e come terzo comma il secondo proposto dal
Comitato di redazione e cio:
La sua sovranit emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
Aveva proposto infine la soppressione dell'ultimo comma del testo del Comitato e dell'articolo 2 proposto dalla
Sottocommissione.
L'onorevole Tosato, a sua volta, proponeva dopo il comma: L'Italia Repubblica democratica di ripristinare
gli articoli 1 e 2 proposti dalla Sottocommissione.
A questo punto la discussione stata sospesa.
PRESIDENTE sottopone alla Commissione la proposta dell'onorevole Lussu, salvo la formulazione del comma,
che potrebbe essere: L'organizzazione economica, politica e sociale della Repubblica ha per fondamento il
lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori .

119

TOGLIATTI sottolinea la necessit di tener conto della sostanza, evitando che, con il pretesto della forma, la
Commissione sia messa continuamente di fronte a nuove formulazioni, ognuna differente dalle altre.
Vi sar poi un Comitato che curer la forma.
PRESIDENTE osserva che la questione si riduce a decidere se deve essere prima espresso il riferimento al
lavoro o quello alla sovranit popolare.
Ricorda che al Comitato di redazione parso che storicamente, poich la sovranit popolare base
dell'ordinamento di tutte le Repubbliche democratiche, questo concetto dovesse andar prima; e dovesse
accentuarsi dopo, il concetto del lavoro.
TOGLIATTI ricorda che nella prima Sottocommissione, dopo lungo dibattito, essendo stata respinta la formula
Repubblica di lavoratori venne considerato opportuno aggiungere, immediatamente dopo la definizione di
Repubblica democratica, la formula riferentesi al lavoro come fondamento dello Stato, ed in questo tutti si
trovarono d'accordo dal momento che era stata respinta la formula precedente.
In ci sta il motivo della connessione fra il primo ed il secondo comma.
PRESIDENTE risponde all'onorevole Togliatti che il Comitato di redazione si inspir invece al concetto che la
sovranit popolare la base fondamentale della Repubblica, e che la qualificazione del lavoro dovesse essere
aggiunta dopo, per dare un tono particolare alla Repubblica italiana.
FANFANI d'avviso che la novit nella Costituzione non sia tanto il concetto della sovranit che risiede nel
popolo, quanto la caratterizzazione della Repubblica con il suo fondamento sul lavoro. Insiste quindi perch si
torni al testo della prima Sottocommissione, con qualche eventuale modifica.
PRESIDENTE, riassumendo le varie proposte presentate, rileva che il testo dell'articol potrebbe essere il
seguente:
L'Italia Repubblica democratica. Essa ha per fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i
lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La sovranit emana dal popolo e si
esercita nella forma e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
CONTI osserva che l'aggettivo concreta inutile.
PRESIDENTE fa presente che esso potrebbe essere sostituito con effettiva .
Rimane in sospeso l'emendamento Fabbri il quale propone di sostituire la parola cittadini alla parola
lavoratori .
FABBRI non ha nessuna difficolt ad ammettere che il fondamento dello Stato il lavoro, e la necessit del suo
emendamento non sarebbe sorta se fosse rimasto il testo proposto dal Comitato di redazione, secondo il quale il
lavoro l'essenziale fondamento dell'organizzazione dello Stato. Quando invece si viene a parlare dei soggetti
dell'organizzazione economica, sociale e politica, questi non possono essere soltanto i lavoratori, ma sono tutti i
citadini. Quando si tratta di andare sotto le armi, o di pagare le imposte, il manifesto si rivolge ai cittadini; quando
il lavoratore va a riposo o l'impiegato in pensione, non perde la qualit e non deve perdere i diritti del cittadino.
La Repubblica democratica deve - a suo avviso - comprendere l'universalit dei cittadini; l'emendamento
proposto risponde appunto alla necessit di affermare questo principio.
DOMINEDO' preferisce l'espressione cittadini a quella lavoratori , perch meglio rispondente all'esigenza
di affermare una concezione solidarista in luogo di quella classista.
PRESIDENTE pone ai voti per alzata di mano l'emendamento dell'onorevole Fabbri.
(Segue la votazione per alzata di mano).

120

FABBRI domanda la votazione per appello nominale.


PRESIDENTE osserva all'onorevole Fabbri che poich si gi in votazione, la sua richiesta non pu essere
accolta.
Constata che l'emendamento Fabbri respinto avendo avuto parit di voti favorevoli e contrari.
Pone ai voti l'articolo 1 nel seguente testo definitivo:
L'Italia Repubblica democratica. Essa ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i
lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La sovranit emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
( approvato),
PERASSI si riserva di proporre, in altra sede, la dizione nei limiti della Costituzione e delle altre leggi ad essa
conformi come era nel testo della prima Sottocommissione.
PRESIDENTE avverte che, non essendovi proposte di emendamenti od osservazioni sull'articolo 2, questo si
intende approvato nel testo proposto dal Comitato di redazione.
Segue l'articolo 3:
Le norme del diritto delle genti, generalmente riconosciute, sono considerate parte integrante del diritto italiano
.
Avverte che su questo articolo, gli onorevoli Perassi, Ambrosini, Cevolotto, Tosato, Mortati, Targetti, Terracini,
Grassi e Bozzi hanno presentato un emendamento tendente a sostituire l'articolo con il seguente:
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute .
PERASSI d ragione dell'emendamento facendo presente anzitutto come da esso esuli qualsiasi significato
politico. L'articolo 3, comunque formulato, tende ad istituire quello che si pu chiamare un dispositivo di
adattamento automatico del diritto interno al diritto internazionale generale. Questo concetto - sul quale ritiene
che tutti siano d'accordo - stato espresso nell'articolo 3, proposto dalla Sottocommissione e dal Comitato di
redazione adottato, riprendendo testualmente la formulazione dell'articolo 4 della Costituzione di Weimar.
L'emendamento sostitutivo presentato da lui e da altri colleghi non ha se non una portata formale. Osserva al
riguardo che la stessa dottrina tedesca rilev che l'articolo 4 della Costituzione di Weimar ha una formulazione
impropria, in quanto non esatto che una norma di diritto internazionale passi cos come nel diritto interno di
uno Stato. Porta il tipico esempio di una di quelle poche norme internazionali generalmente riconosciute, quella
cio che obbliga gli Stati ad esentare gli agenti diplomatici dalla giurisdizione civile e penale. Ora, qual' la
norma che in corrispondenza con quella norma del diritto internazionale si inserisce automaticamente
nell'ordinamento giuridico interno per effetto dell'articolo della Costituzione, del quale si discute ? una norma
processuale che si indirizza agli organi giurisdizionali dello Stato ed ai privati. Non si tratta, quindi, di un
passaggio della stessa norma da un ordinamento all'altro. Si ha, invece, la creazione nel diritto interno di una
norma che bens correlativa a quella internazionale, ma non identica. Infatti, l'articolo 4 della Costituzione di
Weimar, nonostante la sua formulazione, stato definito un trasformatore permanente .
Ci posto, ferma restando l'idea fondamentale, cio che si vuole fare in modo che l'ordinamento giuridico italiano
si adatti automaticamente, ossia senza bisogno di un atto legislativo al diritto internazionale generale,
opportuno che questo concetto sia espresso con una norma formulata in maniera tecnicamente appropriata. A
ci i proponenti dell'emendamento hanno ritenuto provvedere con la formulazione proposta: l'ordinamento
giuridico italiano si conforma ( sottinteso automaticamente) alle norme del diritto internazionale generalmente

121

riconosciute . Rileva che stata adottata la dizione diritto internazionale , anzich quella di diritto delle
genti , perch quest'ultima non corrisponde alla nostra terminologia usuale. Anche la Francia, in cui pi
generalmente usata questa espressione, nella sua Costituzione usa invece la dizione di diritto internazionale.
La formula proposta si trova anche nel Preambolo della nuova Costituzione francese.
Ritiene che la Commissione, tenute presenti le spiegazioni date, vorr accogliere l'emendamento che, per
ragioni di pura tecnica giuridica, egli ed i suoi colleghi hanno creduto opportuno presentare.
DOSSETTI premette che egli non ha alcuno speciale attaccamento alla formula proposta dalla prima
Sottocommissione, facendo presente che, come correlatore su questo argomento, aveva presentato una
formula diversa che avrebbe evitate le giuste osservazioni fatte dall'onorevole Perassi alla formula
definitivamente adottata. Tale formula era modellata sullo schema di quella proposta dai professori Ago e Morelli
nella relazione su questo argomento della Commissione del Ministero della Costituente.
Esprime peraltro il dubbio che la formula proposta con l'emendamento affermi s l'adattamento necessario del
diritto interno al diritto internazionale, ma non serva invece all'adattamento automatico, se per adattamento
automatico, si intenda un adattamento del diritto interno al diritto internazionale che operi senza bisogno di una
norma specifica che trasporti la norma del diritto internazionale nel diritto interno. Gli sembra che la formula che
viene ora proposta affermi la necessit di una conformazione del diritto interno al diritto internazionale, senza
operare necessariamente un adattamento automatico s da far ritenere necessaria una norma la quale operi il
trapasso per la singola disposizione.
Se l'onorevole Perassi esclude questo dubbio, si rimette al suo giudizio; purch sia ben chiaro che si vota per un
adattamento automatico che operi all'infuori di una norma specifica che travasi la norma del diritto internazionale
nel diritto interno.
EINAUDI osserva che nelle parole si conforma non v' niente di automatico; e gli sembra che con la dizione
proposta nell'emendamento si richieda sempre una legge interna che di volta in volta operi questo
travasamento.
L'espressione potrebbe dunque, a suo avviso, dar luogo in avvenire a dei dubbi.
DOSSETTI ricorda che la formula accennata, da lui ripresa nella relazione, era approssimativamente la
seguente:
Le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute fanno parte dell'ordinamento interno dello Stato,
senza che occorra emanarle con apposito atto .
Gli sembra questa una formula forse anche un po' contorta, ma che riproduce il principio non solo
dell'adattamento necessario ma anche quello dell'adattamento automatico.
TOGLIATTI ricorda che la questione fu discussa lungamente nella prima Sottocomsione, e ne sottolinea
l'importanza per l'avvenire dello Stato italiano, in quanto si tratta di adottare una formula che, automaticamente,
porta alcune norme di diritto internazionale ad entrare a far parte del nostro diritto.
A suo avviso, la formula dell'onorevole Perassi che si riferisce al diritto internazionale, pi elastica, e - in
sostanza - lascia aperta la possibilit di un atto interno di volont sovrana; mentre adottando la formula Dossetti,
riferentesi al diritto delle genti in generale, e non a norme concrete di diritto internazionale quali possono
risultare da strumenti internazionali di altre Potenze o anche di una associazione di altre Potenze, occorrer un
atto della nostra volont per l'adesione.
PERASSI osserva che sostanzialmente non vi differenza tra le due espressioni: con esse si intende alludere
esclusivamente alle norme del diritto internazionale generale, non alle norme che siano poste da accordi
internazionali bilaterali o collettivi. L'adattamento del diritto interno italiano a norme derivanti da trattati bilaterali o
collettivi non regolato da questo articolo; sar attuato secondo altri procedimenti.

122

Ci che si vuole qui stabilire - e su questo punto non comprende perch sia sorto equivoco - precisamente
l'adattamento automatico del diritto interno a quello internazionale generale. Questo era il significato dell'articolo
4 della Costituzione di Weimar. Ed egli crede che nel suo emendamento sia espressa in maniera
sufficientemente chiaro il carattere automatico dell'adattamento, nel senso che questo si compie per effetto
diretto della norma della Costituzione, senza, cio, che occorra di volta in volta un atto interno di legislazione.
L'articolo, che si inserisce nella Costituzione, un dispositivo tale che, funzionando automaticamente, tiene
l'ordinamento giuridico in un equilibrio continuo e perfetto col diritto internazionale generale. Per modo che, il
giorno in cui per ipotesi si avesse una modificazione della norma citata come esempio, cio dell'obbligo
internazionale di concedere le esenzioni dalla giurisdizione civile e penale agli agenti diplomatici,
automaticamente l'ordinamento interno italiano si conformerebbe alla nuova disposizione.
TOSATO d'accordo con l'onorevole Perassi.
Ritiene che il termine diritto internazionale sia pi esatto che non quello diritto delle genti e che vi sia il
concetto di adattamento automatico nelle parole si conforma . Soltanto per maggiore chiarezza, domanda se
non sarebbe opportuno modificare le parole si conforma nelle altre conforme .
GRASSI crede che il termine si conforma dia maggiormente l'idea della continuit del dispositivo.
LEONE GIOVANNI d'avviso che per affermare il concetto dell'ingresso automatico delle norme di diritto
internazionale riconosciute nel nostro ordinamento giuridico, la formula pi idonea sia quella adottata nel testo
della prima Sottocommissione, sostituendo peraltro l'espressione diritto delle genti con quella diritto
internazionale .
PRESIDENTE chiede all'onorevole Perassi se accetta la modifica proposta dall'onorevole Tosato: conforme,
anzich si conforma .
PERASSI non accetta la modifica in quanto ritiene pi rispondente l'espressione si conforma , facendo
rilevare che essa si riferisce all'ordinamento giuridico interno, non allo Stato, onde esprime in maniera indubbia il
carattere automatico dell'adattamento.
LUSSU favorevole alla proposta di tornare al testo proposto dalla Sottocommissione che ritiene esprima
meglio il pensiero dell'onorevole Perassi che non l'emendamento dallo stesso presentato. Il diritto internazionale
non infatti una creazione estranea alla volont, nella fattispecie, dello Stato italiano, perch, quand'anche ci
fosse, lo Stato italiano avrebbe un dovere interno di farlo suo. Osserva che i trattati internazionali possono
influire sul diritto internazionale senza che siano la stessa cosa: cos, nel 1815, il Congresso di Vienna; cos, nel
1919-20, il trattato di Versailles hanno influito sul diritto internazionale, pur essendo distinti da esso. Il diritto
internazionale una creazione alla quale prendono parte tutti gli Stati civili; ma se anche uno Stato civile non vi
intervenisse esso ha l'obbligo verso la civilt di un adattamento interno, e non gi di una applicazione
automatica. chiaro allora che l'emendamento dell'onorevole Perassi risponde s al pensiero che ha espresso,
ma ci chiarito gi nell'articolo 3 proposto. Dichiara pertanto che voter a favore dell'emendamento
dell'onorevole Perassi, interpretandolo per nel senso che esso non abbia valore di automatismo.
PERASSI fa presente che pu essere strano che il presentatore di un emendamento debba essere costretto a
fare una dichiarazione di voto. Ma, dopo la dichiarazione dell'onorevole Lussu, dichiara a sua volta di votare
l'emendamento presentato da lui e da altri colleghi, precisando che con esso si precisamente inteso creare un
dispositivo di adattamento automatico del diritto italiano al diritto internazionale generalmente riconosciuto.
PRESIDENTE pone ai voti l'emendamento dell'onorevole Perassi, tendente a sostituire l'articolo 3 proposto con
il seguente:
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute .
( approvato).
Segue l'articolo 4:

123

L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libert degli altri popoli e consente, a
condizione di reciprocit e di eguaglianza, le limitazioni di sovranit necessarie ad un'organizzazione
internazionale che assicuri la pace e la giustizia per i popoli .
Avverte che su questo articolo, l'onorevole Lussu ha presentato un emendamento, consistente nel sostituire
all'espressione organizzazione internazionale l'altra organizzazione europea ed internazionale .
LUSSU chiarisce lo spirito del suo emendamento, che l'espressione del desiderio manifestato da alcune
correnti politiche esistenti in Italia ed anche da parecchi colleghi dell'Assemblea Costituente. Il desiderio quello
di non escludere la possibilit che, in un futuro prossimo o lontano, sia possibile dare un'organizzazione
federalistica all'Europa. Per questa esigenza, appunto, sarebbe opportuno introdurre nella Costituzione questo
riferimento ad una concezione federalistica limitata eventualmente anche all'ambito europeo.
MORO mentre d'accordo sulla sostanza della proposta Lussu, in quanto tutti desiderano un'organizzazione
internazionale, limitata magari all'Europa, non crede che fare nell'articolo un richiamo espresso a questa
concezione sia conveniente. Dicendo infatti internazionale , sono gi comprese tutte le ipotesi, e quindi
anche quella prospettata dall'onorevole Lussu.
LUSSU osserva che il testo dell'articolo trova rispondenza in quanto eletto, sia pure con formula differente, nel
Preambolo della Costituzione francese, ove si stabilisce che la Francia consente a tutte le limitazioni della sua
sovranit che sono necessarie all'organizzazione della difesa della pace. Si sa per che in Francia le correnti
federalistiche non esistono, mentre sono esistite e tuttora esistono in Italia. spiegabile quindi che in Francia
questo concetto non sia stato fissato nella Carta costituzionale, mentre in Italia, se non vi si facesse espresso
riferimento, si darebbe l'impressione che tali aspirazioni non trovino alcun consenso.
PRESIDENTE pone ai voti l'emendamento presentato dall'onorevole Lussu.
(Non approvato).
Ricorda che, per quanto riguarda il successivo articolo 5 - approvato in una delle ultime sedute - era rimasta
sospesa l'aggiunta di un ultimo comma relativo ai rapporti tra lo Stato e le Chiese diverse dalla cattolica. Era
stato presentato in proposito un comma aggiuntivo dall'onorevole Terracini, la cui definitiva formulazione era
stata deferita ad un piccolo Comitato.
D lettura del testo:
Le altre confessioni religiose hanno il diritto di organizzarsi secondo propri statuti, in quanto non contrastino
con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese, ove lo
richieggano, con le loro rappresentanze .
Pone ai voti l'ultimo comma dell'articolo 5 cos formulato.
( approvato).
MORO solleva una eccezione circa la collocazione del comma. Se esso viene posto alla fine dell'articolo 5, sta
bene; altrimenti occorrer dire le confessioni , anzich le altre confessioni .
CEVOLOTTO d'opinione che il comma approvato debba essere collocato al termine dell'articolo 5 altrimenti
perderebbe tutto il suo significato.
TERRACINI dichiara anch'egli di essere convinto che il posto idoneo del comma sia alla fine dell'articolo 5.
MORO dopo la dichiarazione dell'onorevole Terracini, ritira la sua eccezione.
DOSSETTI propone si faccia riserva del definitivo collocamento dell'articolo.

124

CEVOLOTTO d'accordo. Propone di mantenere per ora l'attuale collocamento dell'articolo, salvo a spostarlo
nel caso dovesse sorgere una questione di carattere generale.
(Cos rimane stabilito).
PRESIDENTE sottopone all'esame della Commissione l'articolo 6 cos formulato:
Per tutelare i princip sacri ed inviolabili di autonomia e dignit della persona, e di umanit e giustizia fra gli
uomini, la Repubblica italiana garantisce ai singoli ed alle formazioni sociali ove si svolge la loro personalit i
diritti di libert e richiede l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica e sociale .
Avverte che l'onorevole Cevolotto ha presentato un emendamento tendente a sopprimere il presente articolo,
nonch il successivo articolo 7, rinviando al Preambolo le dichiarazioni in essi contenute.
CEVOLOTTO senza rinunciare alla sua proposta, si propone di riprenderla, se del caso, quando sar stata
adottata una decisione sulla questione di premettere o meno un Preambolo alla Costituzione.
PRESIDENTE comunica che, all'articolo 6, vi un emendamento dell'onorevole Nobile che vorrebbe la
soppressione delle parole autonomia e .
Ricorda all'onorevole Nobile che su questo articolo intervenuto un accordo in sede di Comitato di redazione fra
le varie correnti ivi rappresentate e che il significato dato alla parola autonomia quello letterale, nel senso
cio, che l'uomo pu agire secondo coscienza; il che non toglie per che lo Stato possa imporre dei limiti.
NOBILE fa presente che nel proporre il suo emendamento stato mosso dalla considerazione che la
Costituzione deve essere intelligibile per tutti i cittadini di qualsiasi classe sociale e grado di cultura. Invece il
testo dell'articolo in discussione lascia perplessi anche persone di cultura. Con l'occasione, richiama l'attenzione
sull'ultima parte dell'articolo dove detto: e richiede l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica
e sociale rilevando come anche questa dizione sia poco chiara.
Comunque, non insiste nel suo emendamento.
DOSSETTI desidera avanzare una riserva circa quelle limitazioni che nel nuovo articolo sono state poste dal
Comitato di redazione rispetto al testo originario formulato dalla Sottocommissione. Si dichiara d'accordo su tutte
le modificazioni ad eccezione di quella finale l dove detto: ove si svolge la loro personalit i diritti di libert
in quanto la ritiene una modificazione pi di sostanza che di forma. Le garanzie previste dal testo della
Sottocommissione investivano tutti i diritti e non soltanto quelli strettamente qualificati secondo la classificazione
tradizionale diritti di libert cos come risulterebbe dal nuovo testo.
Pur accettando la formulazione proposta dal Comitato di redazione - alla quale riconosce una maggiore
giuridicit - d'avviso che sarebbe opportuno tentare di trovare una formula che tenesse conto delle sue
osservazioni.
PRESIDENTE esprime l'opinione che il Comitato di redazione abbia voluto maggiormente specificare e non
limitare.
DOSSETTI osserva che se si d'accordo sulla sostanza, la questione potrebbe senz'altro essere risolta in sede
di ulteriore revisione degli articoli.
NOBILE dovendosi procedere ad una revisione sia pure formale, prega di tener presenti anche le sue
osservazioni.
PRESIDENTE dichiara che l'articolo 6 si intende approvato, salvo a procedere successivamente ad una
revisione formale tenendo conto delle osservazioni degli onorevoli Dossetti e Nobile.
(Cos rimane stabilito).

125

Avverte che l'articolo 7, sul quale non sono stati proposti emendamenti si intende approvato.
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
ADUNANZA PLENARIA

Avverte che all'articolo 31 la onorevole Federici Maria ha proposto un emendamento tendente a sostituire
l'articolo con il seguente:
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. In
particolare le condizioni di lavoro devono garantire l'adempimento della sua essenziale missione familiare e il
sano svolgimento della maternit .
Rileva che il testo adottato dal Comitato di redazione; che ha tenuto conto delle formulazioni approvate dalla
prima e dalla terza Sottocommissione, provvede gi a tutelare ampiamente la maternit. Per quanto riguarda il
lavoro delle donne, stato seguito il criterio di stabilire parit con gli uomini, lasciando cos possibilit alle donne
di adempiere alla loro essenziale funzione familiare. Il concetto affermato dalla onorevole proponente gi - a
suo avviso - espresso nel testo del Comitato di redazione, cos concepito:
La donna lavoratrice ha tutti i diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.
Le sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere nello svolgimento del
lavoro la sua essenziale funzione familiare .
MORO, d ragione dell'emendamento a nome della onorevole Federici. Osserva in primo luogo che
nell'emendamento viene proposto di sostituire la dizione ha gli stessi diritti all'altra ha tutti i diritti .
Vi poi il richiamo aggiuntivo al sano svolgimento della maternit, che permetterebbe, con una frase meno
generica, di assicurare il funzionamento di tutta la legislazione riferentesi alla maternit come fenomeno fisico.
PRESIDENTE crede che l'emendamento Federici possa essere accettato senz'altro nella sua prima parte,
concernente la sostituzione delle parole gli stessi diritti alle altre tutti i diritti. Pone a partito tale
sostituzione.
( approvato).
Quanto alla seconda parte, la ritiene non necessaria. La pone in votazione.
(Non approvata.

3. PROGETTO DI COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA


DISPOSIZIONI GENERALI
ART. 1.
L'Italia una Repubblica democratica.
La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

126

La sovranit emana dal popolo ed eser-citata nelle forme e nei limiti della Costitu-zione e delle leggi.
ART. 2.
La bandiera d'Italia il tricolore: verde, bianco e rosso, a bande verlicali di uguali dimensioni.
ART. 3.
L'ordinamento giuridico italiano si con-forma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
ART. 4.
L'Italia rinunzia alla guerra come stru-mento di conquista e di offesa alla libert degli ali ri popoli e consente, a
condizione di reciprocit e di eguaglianza, le limitazioni di sovranit necessarie ad una organizzazione
internazionale che assicuri la pace e la giusti-zia tra i popoli.
ART. 5.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e so-vrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualsiasi modificazione dei Patti, bilateralmente accettata, non
richiede procedimento di revisione costituzionale.
Le altre confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con
l'ordinamento giuridico italiano. I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese, ove siano
richieste, con le rispettive rappresentanze.
ART. 6.
Per tutelare i principi inviolabili e sacri di autonomia e'dignit della persona e di umanit e giustizia fra gli uomini,
la Repubblica italiana garantisce i dirilli essenziali agli individui ed alle formazioni sociali ove si svolge la loro
personalit e richiede l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica e sociale.
ART. 7.
I cittadini, senza distinzione di sesso, di razza e lingua, di condizioni sociali, di opinioni religiose e politiche, sono
eguali di fronte alla legge.
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d'ordine economico e sociale che limitano la libert e
l'eguaglianza degli individui e impediscono il completo sviluppo della persona umana.

ART. 29.
I monumenti artistici e storici, a chiunque appartengano ed in ogni parte del territorio nazionale, sono sotto la
protezione dello Stato. Compete allo Stato anche la tutela del paesaggio.

ART. 31.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo questo
diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta.
L'adempimento di questo dovere condizione per l'esercizio dei diritti politici.
ART. 106.
La Repubblica italiana, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali.
Attua, nei servizi che dipendono dallo Stato, un ampio decentramento amministrativo.
Adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

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4. RELAZIONE AL PROGETTO
ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
RELAZIONE
AL
PROGETTO DI COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
ONOREVOLI COLLEGHI ! Liberata da un regime funesto di servit, ritemprata dalle forze vive della
resistenza e del nuovo ordine democratico, l'Italia ha ripreso il suo cammino di civilt e si costituita a
Repubblica, sulle basi inscindibili della democrazia e del lavoro.
La prima esigenza della Repubblica italiana di darsi una costituzione. La Commissione che la Costituente ha
incaricato di preparare un progetto ha lavorato intensamente. Ha tenuto trecentosessantadue sedute plenarie,
o di sottocommissioni, sezioni o comitati. Un osservatore straniero ha constatato che nessun'altra costituzione
ebbe pi largo materiale di preparazione: per gli studi predi-sposti dal Ministero della costituente, e per quelli che
la nostra Commissione ha condotti con raccolte e comparazioni sistematiche, tema per tema, delle norme
costituzionali vigenti negli altri paesi. Se la nostra deve essere una costituzione propriamente italiana, bisogna
pur conoscere ci che vi altrove.
Vi sono state nella Commissione molte relazioni e moltissime discussioni. Qualcuno trova che sono state troppe;
ma dopo una eclissi durata per tutta una generazione la coscienza democratica deve riaprirsi la strada e fare la
propria esperienza con l'appassionamento ai problemi politici e costituzionali. Il tempo impiegato dalla nostra
Commiss ione non stato comunque maggiore di quello richiesto per tante altre costituzioni. Si sono affrontati
temi - come l'istituzione della Regione - che in altri tempi avrebbero occupato intere legislature.
La composizione numerosa della Commissione ha dato modo di manifestarsi a tutte le correnti. Si dapprima
lavorato in vastit ed in estensione; e si sono poi avute la concentrazione e la sintesi. Non pochi lementi ed
articoli preparati hanno servito come di fondamento invisibile all'edifcio della costituzione, per l'esame di
problemi che dovevano essere considerati, anche senza dar luogo ad espressa formulazione; o po-tranno far
parte di leggi-base, ad integrazione della carta costituzionale.
Formulare oggi una Costituzione com-pito assai grave. Dopo le meteore di quelle improvvisate nella scia della
rivoluzione francese e delle altre del Risorgimento, concesse dai sovrani - tranne una sola luminosa eccezione,
la costituzione romana di Mazzini, alla quale noi ci vogliamo idealmente ricongiungere - la prima volta, nella
sua storia, che tutto il popolo italiano, riunito a Stato nazionale, si d direttamente e democraticamente la
propria costituzione.
Il compito pi difficile che cento anni fa, quando si fece lo statuto albertino e si adottarono senz'altro istituzioni
tipiche di altre costituzioni dell'ottocento, nella tentata conciliazione dell'istituto monarchico col regime
parlamentare attraverso il governo di gabinetto. Un mio predecessore al Consiglio di Stato, il Des Ambrois,
pot in pochi giorni fabbricare un progetto. Oggi noi non vogliamo copiare, e ad ogni modo le cose non sono
cos semplici. Come osserv un altissimo uomo politico, che anche il maggior maestro italiano di diritto
pubblico, Vittorio Emanuele Orlando, i sistemi carat-teristici dell'ottocento sono in crisi. Si affac-ciano nuove
forme democratiche. Le forze del lavoro ed i grandi partiti di massa muovono e foggiano in modo diverso
parlamenti e governi. Non si sa quanto rester del vecchio; e non sono ancora chiari i lineamenti del nuovo.
Vi in questo momento per la Repubblica italiana un'urgente esigenza: uscire dal prov-visorio. Bisogna che
siano costruite nell'ordinamento repubblicano alcune mura solide, non sul vuoto o sull'incerto, ma tali che
possano servire, se occorre, alla continua-zione dell'edificio, senza sbarrare la strada alle conquiste
dell'avvenire.
La costituzione deve ssere, prunelle g possibile, breve, semplice e chiara; tale che tutto il popolo la possa
comprendere. Sono le parole con le quali la Commissione si tracci la via. Vero che non si pu tornare al
profilo semplice e scarno dello Stato d'un secolo fa; lo sviluppo delle sue nuovelunzioni ha portato con s la
dilatazione dei testi costituzionali, che Bryce ha da tempo rilevata. La tendenza ha avuto particolare
accentuazione, dopo l'altra guerra mondiale, col tipo sociologizzante di Weimar. Si cerca oggi di evitare gli
eccessi. Una costituzione, lo ha detto anche Stalin, non pu essere un programma per il futuro . Non pu
ridursi ad una tavola di affermazioni e di valri astratti. Non pu diventare, con la diffusione particolareggiata che

128

tipica di alcune costituzioni sud-americane, un codice di norme che vanno invece in gran parte rinviate alla
legislazione ordinaria.
Sarebbe desiderabile distinguere, come si fece a fine del settecento, fra le dichiarazioni dei diritti o
dichiarazioni di principi , quali le impost Mazzini e le disposizioni costituzionali vere e proprie. Ma non
possibile una netta distinzione. In momenti come l'attuale, dopo l'oscuramento e la compressione violenta delle
pi elementari libert, inevitabile che, nel grande soffio di liberazione che anima il popolo e trascende il mero
tecnicismo delle norme, si senta il bisogno di far risaltare nella costituzione le rivendicazioni della personalit
umana e della giustizia sociale. Ed nello stesso tempo inevitabile che.si cerchi di sottrarre le disposizioni pi
rilevanti per la vita del paese all'arbitrio di improvvise modificazioni, collocandole nella rocca della costituzione e
sottoponendo la loro revisione a pi caute procedure.
Il progetto- di costituzione italiana, che per il numero dei suoi articoli inferiore a
quasi tutte le costituzioni in vigore, rappresenta, in certo senso, un tipo nuovo ed intermedio, che, mentre si
informa storicamente
alle realt concrete ed attuali, si vuol ricongiungere ai principi ideali in base ai quali
risorge e si avvia a forme nuove la democrazia italiana.
Se pi d'una disposizione del presente progetto fu votata a maggioranza lieve, nel contrasto fra le parti politiche,
vi stata una larga e sostanziale convergenza nel riconoscere che esistono istanze ed. esigenze
supreme di libert e di giustizia, che neppure una costituzione pu violare; e - come in una gerarchia di norme altre ne esistono, nell'edifcio dela costituzione, che non debbono essere violate dalle leggi, ma possono essere
modificate soltanto da una espressione particolare di volont mediante un processo costituzionale di revisione.
Nello sforzo di conquistare stabilmente la libert e di ancorarla ad una sfera di valori pi alti, convergono correnti
profonde: dalle democratiche fedeli agli immortali principi e dalle liberali che invocano la religione della
libert , alla grande ispirazione cristiana che rivendica a s la fonte eterna di quei principi ed all'impulso di
rinnovamento che muove dal Manifesto dei comunisti e che, per combattere lo sfruttamento di una classe da
parte di un'altra, risale alla liberazione dell'uomo dal giogo dell'uomo; e cio ai suoi inalienabili diritti.
Uno spirito lucido, Stendhal, diceva che nell'avvicinarsi ad una costituzione si prova quasi un senso religioso.

DISPOSIZIONI GENERALI
Le due parti del progetto di costituzione: Diritti e Doveri dei cittadini e Ordinamento della Repubblica, sono
precedute da alcune disposizioni generali.
Era necessario che la Carta della nuova Italia si aprisse con l'affermazione della sua, ormai definitiva, forma
repubblicana. Il primo articolo determina alcuni punti essenziali. Non si comprende una costituzione
democratica, se non si richiama alla fonte della sovranit, che risiede nel popolo: tutti i poteri emanano dal
popolose sono esercitati nelle forme e nei limiti della costituzione e delle leggi; nel che sta l'altra esigenza dello
Stato di diritto. Bisogna poi essere ciechi per non vedere che oggi in corso un processo storico secondo il
quale, per lo stesso sviluppo della sovranit popolare, il lavoro si pone quale forza propulsiva e dirigente m una
societ che tende ad essere di liberi ed eguali. Molti della Commissione avrebbero consentito a chiamare l'Italia
repubblica di lavoratori se queste parole non servissero in altre costituzioni a designare forme di economia
che non corrispondono alla realt italiana. Si. quindi affermato, che l'organizzazione politica, economica e
sociale della Repubblica ha per fondamento essenziale - con la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori - il
lavoro: il lavoro di tutti, non solo manuale ma in I ogni sua forma di espressione umana.
Bandiera della Repubblica il tricolore , che altre nazioni possono avere adottato dopo di noi italiani, ma la
nostra bandiera storica; e ne abbiamo quest'anno celebrato il centocinquantesimo anniversario.
La costituzione, dopo aver affermato il concetto della sovranit nazionale, intende inquadrare nel campo
internazionale la posi-zione dell'Italia: che dispone il proprio ordinamento giuridico in modo da adattarsi
automaticamente alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Rinnegando recisamente la
sciagurata parentesi fascista. l'Italia rinuncia alla guerra come.strumento di conquista e di offesa alla libert degli
altri popoli. Stato indipendente e libero, l'Italia non consente, in linea di principio, altre limitazioni alla sua
sovranit, ma si dichiara pronta, in condizioni di reciprocit e di eguaglianza, a quelle necessarie per
organizzare la solidariet e la giusta pace fra i popoli. Contro ogni minaccia di rinascente nazionalismo, la nostra
costituzione si riallaccia a ci che rappresenta non soltanto le pi pure tradizioni ma anche lo storico e concreto
interesse dell'Italia: il rispetto dei valori internazionali.

129

Nella definizione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, se tutti i membri della Commissione hanno
convenuto che si deve riconoscere il diritto della Chiesa alla piena indipendenza nei suoi ordinamenti interni,
alcuni hanno fatto riserve sulla formula di riconoscimento della sovranit. E se tutte le correnti politiche hanno
dichiarato che non pensano a denunciare i patti del Laterano, alcune si sono opposte ad inserire il loro
riconoscimento nella costituzione, quasi fossero parti dell'ordinamento della Repubblica. prevalsa la tesi che
considera il cattolicesimo, per le tradizioni storiche di nostra civilt, e per l'appartenenza delia gran-dissima
maggioranza, come la religione degli italiani e ritiene che i patti intercedenti fra Stato e Chiesa debbano avere
una speciale posizione di natura costituzionale, tale tut-tavia che una loro modificazione bilateralmente accettata
non importi processo di revisione costituzionale.
Alle altre confessioni religiose il progetto di costituzione garantisce autonomia, libert di ordinamenti e
l'intervento dei loro rappresentanti nel definire i rapporti con lo Stato. Gli ultimi articoli delle disposizioni generali,
che sono un ponte di passaggio alla parte prima della costituzione, sui diritti e doveri dei cittadini, fissano principi
generali ispiratori di tutta la costituzione. Alcuni della Commissione ritenevano sede pi adatta, per tali
principi, un preambolo. Ci che soprattutto ha valore l'unanimit che vi stata nel porre a base
dell'ordinamento e della stessa esistenza della Repubblica prin-cipi che regimi tirannici hanno invano cercato di
calpestare e di cancellare. Rivivono, ed una vera democrazia deve vivificarsi nel loro spirito.
Preliminare ad ogni altra esigenza il rispetto della personalit umana; qui la radice delle libert, anzi della
libert, cui fanno capo tutti i diritti che ne prendono il nome. Libert vuol dire responsabilit. N i diritti di libert si
possono scompagnare dai doveri di solidariet di cui sono l'altro ed inscindibile aspetto. Dopo che si scatenata
nel mondo tanta efferatezza e bestialit, si sente veramente il bisogno di riaffermare che i rapporti fra gli uomini
devono essere umani.
Il principio dell'eguaglianza di fronte alla legge, conquista delle antiche carte costituzionali, riaffermato con pi
concreta espressione, dopo le recenti violazioni per motivi politici e razziali. E trova oggi nuovo ed ampio
sviluppo con l'eguaglianza piena, anche nel campo politico, dei cittadini indipendentemente dal loro sesso.
Col giusto risalto dato alla personalit dell'uomo non vengono meno i compiti dello Stato. Se le prime
enunciazioni dei diritti dell'uomo erano avvolte da un'aureola d'individualismo, si poi sviluppato, attraverso le
stesse lotte sociali, il senso della solidariet umana. Le dichiarazioni dei doveri si accompagnano
mazzinianamente a quelle dei diritti. Contro la concezione tedesca che riduceva a semplici riflessi i diritti
individuali, diritti e doveri avvincono reciprocamente la Repubblica ed i cittadini. Caduta la deformazione
totalitaria del tutto dallo Stato, tutto allo Stato, tutto per lo Stato , rimane pur sempre allo Stato, nel rispetto
delle libert individuali, la suprema potest regolatrice della vita in comune. Lo Stato - diceva Mazzini - non
arbitrio di tutti, ma libert operante per tutti, in un mondo il quale, checch da altri si dica, ha se"te di au torit .
Spetta ai cittadini di partecipare attivamente alla gestione della cosa pubblica, rendendo effettiva e piena la
sovranit popolare. Spetta alla Repubblica di stabilire e difendere, con l'autorit e con la forza che costituzionalmente le sono riconosciute, le condizioni di ordine e di sicurezza necessarie perch gli uomini siano liberati dal
timore e le libert di tutti coesistano nel comune progresso.

Onorevoli colleghi, ho cercato di riferire obbiettivamente, come era mio dovere, sulle grandi linee dei dibattiti
avvenuti e delle soluzioni prevalse nel testo costituzionale. Sulle sue parti riferiranno pi ampiamente, e meglio
di me, i presidenti delle sottocommissioni e sezioni, che ne hanno con tanta competenza diretto i lavori: Tupini,
Ghidini, Conti; mentre Terracini continuer, dalla Presidenza della Costituente, l'opera feconda che ha dato alla
preparazione di questa carta costituzionale. Interverranno sui singoli temi, a chiarirne le posizioni, i segretari
delle Sottocommissioniged i componenti di essi che ne furono relatori,gnon sempre in senso concorde.
inevitabile che nell'Assemblea si riaprano le divergenze e le discussioni; e vi parteciperanno gli altri deputati.
Un'identit di pensiero, su ogni questione, non concepibile n desiderabile. Occorre bens che alla fine, sul
complesso della costituzione, si realizzi non un'esile maggioranza ma un consenso largo e sicuro. Ho
l'impressione che noi italiani, pel nostro temperamento vivace, siamo portati ad esagerare nei nostri contrasti, e
diamo talvolta ad essi troppa importanza; ma nei momenti decisivi - nella resistenza e nella liberazione, ed
oggi nell'accorata protesta per l'ingiusta pace - ritroviamo un senso sostanziale di concordia. Lo ritroveremo
anche per la costituzione, nella comune devozione alla Patria ed agli ideali di libert e di giustizia che ci devono
ispirare.
RUINI, Presidente della Commissione.

130

5 .DISCUSSIONE. ASSEMBLEA COSTITUENTE


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI INDI DEL VICEPRESIDENTE PECORARI

PRESIDENTE.
Chiusa la discussione generale sopra le Disposizioni generali del progetto, si tratta ora di passare all'esame e
alla votazione dei singoli emendamenti per addivenire finalmente all'approvazione definitiva degli articoli.
Le Disposizioni generali comprendono sette articoli.
Dopo la lunga discussione generale sperabile che potremo in pochissimi giorni acquisire al nostro testo
costituzionale questi sette articoli delle Disposizioni generali, a proposito dei quali sono stati presentati molti
emendamenti, che sono stati stampati e distribuiti. Di questi emendamenti alcuni, per la loro formulazione,
debbono considerarsi come sostitutivi.
Cominciamo intanto l'esame dell'articolo 1:
L'Italia una Repubblica democratica.
La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La sovranit emana dal popolo ed esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
A questo articolo sono stati presentati vari emendamenti, dei quali credo necessario fare una breve analisi per
vedere se in realt, si tratti di veri emendamenti o non piuttosto di formulazioni che riprendono, sia pure con
diverse parole, gli stessi concetti degli articoli redatti e presentati dalla Commissione, sicch non possono
essere considerati veri emendamenti.
Credo che ognuno comprenda la ragione che mi spinge a questa analisi pregiudiziale. Infatti, se noi
accettassimo come formulazioni sostitutive quelle che, cos presentate e riportate nel fascicolo che ognuno ha
sotto gli occhi, non sono che rielaborazioni formali, potremmo giungere a questo risultato, non corretto, che,
votato per ipotesi uno di questi cosiddetti emendamenti sostitutivi, perch in esso sono in realt compresi
numerosi concetti gi contenuti nella redazione proposta dalla Commissione, la sua accettazione farebbe
cadere automaticamente tutti gli altri emendamenti sostanziali presentati sul testo della Commissione. Col che
sarebbe troppo facile eludere la presa in considerazione delle altre proposte di emendamento pi giustificate
presentate da altri colleghi.
Credo che siano in realt due soli gli emendamenti veramente sostitutivi dell'intero articolo che sono stati
presentati. Uno quello dell'onorevole Crispo, cos formulato:
Sostituirlo col seguente: L'Italia una Repubblica parlamentare, ordinata democraticamente, secondo il
principio della sovranit popolare, nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi.
Il lavoro, nelle sue varie manifestazioni, concorre alla organizzazione politica, economica e sociale della
Repubblica .
Il secondo quello presentato dagli onorevoli Coppa e Rodin Mario:

131

Sostituirlo col seguente:


Lo Stato italiano ha ordinamento repubblicano, democratico, parlamentare, antitotalitario.
Suo fondamento l'unit nazionale.
Sua mta la giustizia sociale.
Sua norma la libert nella solidariet umana .
Questi due emendamenti si staccano completamente, o quasi completamente, dal testo presentato dalla
Commissione, perch hanno una loro struttura particolare e possono, nel loro insieme, essere contrapposti al
testo proposto dalla Commissione.
Di questi due emendamenti, il primo, quello dell'onorevole Crispo, gi stato svolto nel corso della discussione
generale.
Resta invece ancora da svolgere quello dell'onorevole Coppa. Credo opportuno, pertanto, concedergli la parola
per i dieci minuti, non dir regolamentari, ma convenuti.
Dopo potremo senz'altro passare ai voti; e, se uno di questi due emendamenti sar approvato, tutti gli altri
verranno automaticamente a cadere; mentre, in caso contrario, dovremo passare ad esaminare gli altri
emendamenti.
Sottolineo ancora una volta agli oratori l'esigenza di attenersi strettamente al limite di tempo convenuto, che di
dieci minuti. Prego insistentemente gli onorevoli colleghi di non derogare a questo limite.
Nei giorni scorsi, ricercando negli archivi dell'Assemblea, ho trovato alcuni strumenti misuratori del tempo, i quali
facevano parte integrante dell'armamentario adoperato per le sedute dell'Assemblea legislativa; e penso che i
nostri anziani, l'onorevole Orlando, l'onorevole Bonomi e l'onorevole Nitti, se ne ricordino.
I deputati di allora, si attenevano alle limitazioni regolamentari. Essi avevano, una clessidra che misurava i
cinque minuti, quando ogni intervento non doveva superare i cinque minuti; ed avevano una clessidra che
misurava i dieci minuti, quando gli intervento non dovevano superare il termine di dieci minuti.
Penso che, se queste clessidre sono state abbandonate, ci si deve al fatto che i limiti di tempo imposti, erano
spontaneamente osservati. Mi auguro che per noi esse risorgano solo come simbolo e che nessuno mi costringa
a valermene per richiamarlo all'osservanza del termine convenuto.
TUPINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TUPINI. Onorevole Presidente, fra gli emendamenti che precedono quelli che riguardano i singoli articoli, vi
quello dell'onorevole Nobili Oro, il quale ha proposto di sostituire il titolo: Disposizioni generali, con l'altro: Lo
Stato. Non so se l'onorevole Presidente ritenga opportuno di interpellare l'onorevole Nobili Oro per sapere se
intenda mantenere tale suo emendamento o se intenda invece rimandarlo alla fine.
PRESIDENTE. Onorevole Tupini, l'onorevole Nobili Oro ha gi fatto sapere che egli pensa che possa essere
esaminato il suo emendamento dopo che sia stata esaurita la votazione sui 7 articoli, perch soltanto in
relazione a quello che sar il contenuto reale dei 7 articoli che si potr decidere sul titolo che ad essi si potr
premettere.
Ha facolt di parlare l'onorevole Coppa per svolgere il suo emendamento.

132

COPPA. Terr presente la raccomandazione dell'onorevole Presidente di essere il pi breve possibile. Del resto
la mia proposta chiara:
Lo Stato italiano ha ordinamento repubblicano, democratico, parlamentare, antitotalitario .
Questo comma sostituisce il primo Comma dell'articolo 1: L'Italia Repubblica democratica . La ragione per
cui propongo di dire democratico, parlamentare, antitotalitario la seguente: qui non siamo tutti d'accordo
sul significato da dare alla parola democrazia , perch se fossimo tuttti d'accordo, sarebbe superfluo non solo
aggiungere parlamentare , ma anche antitotalitario ; e io direi che sarebbe anche superfluo il terzo comma
dell'articolo presentato nel progetto di Costituzione, perch, se democrazia governo di popolo, logico che la
sovranit risieda nel popolo.
Abbiamo voluto precisare che questa democrazia si estrinseca attraverso il reggimento parlamentare, ed anche
con una precisazione nella precisazione, che questo ordinamento antitotalitario, volendo cos andare incontro
alle giuste preoccupazioni, non di una sola parte di questa Assemblea, ma di tutta l'Assemblea di veder tornare
in Italia un regime a tipo dittatoriale o totalitario.
Ai successivi comma, cio: La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese , noi abbiamo sostituito - l'onorevole
Mario Rodin ed io - questa formulazione: Suo fondamento l'unit nazionale. Sua meta la giustizia sociale
, non perch ci sia un partito preso contro il lavoro. Io, che ho l'onore di parlarvi, posso dirmi un autentico
lavoratore, perch penso che l'unica mia ricchezza non voglia essere condivisa da nessuno dei presenti:
posseggo due metri quadrati di terra in un certo luogo dove, credo, nessuno dei presenti vorr farmi compagnia
e dove spero di andare il pi tardi possibile! Dunque, non c' partito preso contro il lavoro; per, siccome ritengo
che il lavoro sia un mezzo e non un fine, non so spiegarmi come qualche cosa che sia un mezzo e uno
strumento possa essere la base dell'ordinamento giuridico di uno Stato; mentre oggi che si parla tanto di
autonomie - e naturalmente da qualche banco partita anche una voce non bene accolta, e non poteva essere
bene accolta - logico affermare, in un momento in cui alcune parti vive della nostra Patria, della nostra
Nazione, sono state o stanno per essere distaccate dallo Stato italiano, che il fondamento di questo Stato non
possa essere che la unit nazionale.
Un'altra considerazione ancora mi ha fatto escludere il concetto del lavoro. Qui si parla di lavoro e di lavoratori, e
si detto che tutti siamo lavoratori; ma come si pu conciliare questa affermazione con un recente progetto di
legge presentato dall'illustre amico Ministro Romita circa l'amministrazione degli istituti di assistenza ai
lavoratori, nel quale egli auspica una maggiore partecipazione dei lavoratori all'amministrazione degli istituti
stessi? Con questa affermazione, evidentemente, il Ministro Romita fa una distinzione fra lavoratori e lavoratori
e, naturalmente, in una Costituzione non ci devono essere parole che si prestino ad equiocivi.
Non solo; abbiamo sentito parlare dell'avvento al Governo delle classi lavoratrici. Dunque, questa affermazione
comprende un progetto che intende affidare la cosa pubblica soltanto ai lavoratori. E allora c' anche da
domandarsi, siccome si parla di lavoratori e di funzioni, se nel campo complesso del lavoro si voglia creare un'antitesi fra datori di lavoro e prestatori d'opera. Perci appunto riteniamo
che nella Costituzione debbano essere bandite le frasi che possono dar luogo ad equivoci.
Invece, il concetto di giustizia sociale, il concetto della libert nella solidariet - l'una come mta da raggiungere
e l'altra come mezzo, come strumento, per raggiungere quella giustizia sociale che senza la libert e senza la
solidariet umana non pu essere realizzata - io ritengo che possano essere veramente fini degni dello Stato
italiano repubblicano. Ed per questo che ci siamo permessi di presentare il nostro emendamento al giudizio
dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Non essendo presente l'onorevole Crispo, il suo emendamento si intende ritirato.
Chiedo all'onorevole Presidente della Commissione di esprimere il suo parere sull'emendamento.

133

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non per la lettera e lo spirito dell'emendamento, come
scritto qui, ma appunto perch - come ha detto il nostro Presidente - si stacca dalla proposta della
Commissione e devia da quella che stata l'impostazione fondamentale che la Commissione ha dato a questo
articolo 1, la Commissione non accetta l'emendamento.
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione dell'emendamento degli onorevoli Coppa e Rodin Mario, non
accettato dalla Commissione, di cui do nuovamente lettura:
Lo Stato italiano ha ordinamento repubblicano, democratico, parlamentare, antitotalitario.
Suo fondamento l'unit nazionale.
Sua mta la giustizia sociale.
Sua norma la libert nella solidariet umana .
COPPA. Chiedo che l'emendamento sia votato per divisione: in precedenza il primo comma; successivamente
gli altri tre insieme.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, la votazione avverr per divisione.
GRONCHI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRONCHI. Il nostro voto sar contrario all'emendamento proposto dall'onorevole Coppa. Non spiego le ragioni
di merito a sostegno del nostro atteggiamento, limitandomi a precisare che il nostro Gruppo, attraverso tre
emendamenti, rispettivamente agli articoli 1, 6 e 7, per i quali anche si propone un diverso ordine, ha espresso il
suo pensiero intorno al contenuto che dovrebbero avere questi tre articoli, concepiti come un tutto organico.
PRESIDENTE. Pongo ai voti il primo comma della proposta dell'onorevole Coppa:
Lo Stato italiano ha ordinamento repubblicano, democratico, parlamentare, antitotalitario .
(Non approvato).
Pongo ai voti gli altri tre commi dell'emendamento:
Suo fondamento l'unit nazionale. Sua mta la giustizia sociale. Sua norma la libert nella solidariet
umana .
(Non sono approvati):
Passiamo ora agli altri emendamenti, fra i quali i seguenti sono gi stati svolti:
Sostituirlo col seguente:
L'Italia una Repubblica democratica. La Repubblica italiana ha per fondamento essenziale il lavoro e la
partecipazione effettiva di tutti i lavoratori del braccio e della mente all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese.
La sovranit risiede nel popolo ed esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi.
Russo Perez .
Sostituirlo col seguente:

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L'Italia si regge a Repubblica democratica.


La Repubblica italiana ha per fondamento la sovranit popolare e la partecipazione effettiva di tutti i cittadini
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Il potere spetta al popolo ed esercitato nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi.
Condorelli .
Sostituirlo col seguente:
L'Italia una Repubblica democratica di lavoratori.
La sovranit appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Amendola, Laconi, Iotti Leonilde, Grieco .
Al primo comma, alla parola: democratica, aggiungere le parole: di lavoratori. Basso, Targetti, Nenni, De
Michelis, Gullo Fausto. Togliatti .
Ove l'aggiunta non sia approvata, sostituire il comma col seguente:
L'Italia una Repubblica democratica, che ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i
lavoratori all'organizzazione. politica, economica e sociale.
Basso, Bernini, Targetti, Tonettti, Malagugini, Morandi, Sansone, Amadei, Dugoni, Romita, Fogagnolo, Merlin
Angelina, Cacciatore, Lupis .
Al primo comma, alla parola: democratica aggiungere le parole: una e indivisibile.
Ruggiero Carlo, Carboni, Preti, Cartia, Paris .
Sostituire il terzo comma col seguente: La sovranit si appartiene al popolo.
Vinciguerra .
Sostituire il terzo comma con il seguente: La sovranit risiede nel popolo, che la
esercita nei limiti della Costituzione e nelle
forme delle leggi.
Targetti, Merlin Angelina, Basso, Dugoni, Vigna, Fedeli, Barbareschi, Tega, Giua, Tomba, Fogagnolo,
Costantini, De Michelis, Malagugini .
Il primo degli emendamenti non ancora svolti quello dell'onorevole Cortese:
Sostituirlo col seguente:
L'Italia una Repubblica democratica.
La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e garantisce la partecipazione effettiva di tutti i cittadini
all'organizzazione economica, politica e sociale del Paese.
La sovranit appartiene al popolo; nessuna parte del popolo e nessun individuo pu attribuirsene l'esercizio.

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La sovranit si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi .
L'onorevole Cortese ha facolt di svolgerlo.
CORTESE. L'emendamento da me proposto porta tre innovazioni al testo dell'articolo 1 del progetto: due
sostitutive e una aggiuntiva.
Sulla sostituzione della frase appartiene al posto di emana , credo che non sia il caso di soffermarsi,
essendosi manifestata da pi parti l'opinione della inesattezza del termine adottato dal progetto. Si
opportunamente rilevato che i poteri emanano dal popolo; la sovranit appartiene al popolo.
Col secondo emendamento sostitutivo, lasciandosi intatta la dizione: La Repubblica ha per fondamento il
lavoro , si soggiunge: e garantisce la partecipazione effettiva di tutti i cittadini alla organizzazione politica,
economica e sociale del Paese .
Io non credo che possa questo emendamento legittimare alcun timore circa una possibile lesione dei diritti dei
lavoratori, i quali come cittadini hanno tutti i diritti politici, nonch quegli ampi diritti sociali che la Costituzione
contempla, e la cui posizione, nello stesso articolo 1, resa preminente per il riconoscimento che l'articolo 1 fa
del lavoro, quale fattore fondamentale della vita e dello sviluppo della Repubblica.
A proporre questo emendamento io sono stato indotto non solo dal rilievo che ogni Costituzione, com' naturale,
si rivolge al cittadino, ma dall'indicativo discorso dell'onorevole Togliatti e dalle parole pronunciate l'altro ieri
dall'onorevole Amendola.
L'onorevole Togliatti ha dichiarato che egli ritiene che la classe politica dirigente italiana pre-fascista sia
responsabile dell'avvento del fascismo e della conseguente catastrofe, e che ad essa, fallita e colpevole, da
sostituirsi una nuova classe dirigente: tale giudizio e la congiunta sanzione dovrebbero trasferirsi dal piano
politico al piano costituzionale ed in tali sensi dovrebbe interpretarsi l'articolo 1. Poich da escludersi che la
precedente classe dirigente fosse fatta da oziosi, per modo da doversi sostituire ora con quella dei lavoratori, e
poich del pari da escludersi che l'onorevole Togliatti abbia ripudiato gli elementi fondamentali della dottrina
marxista, io sono preso dal grave timore che con la espressione classe dirigente precedente si debba
intendere una determinata classe sociale e parimenti la espressione nuova classe dirigente dei lavoratori si
debba intendere nel senso rigorosamente classista, e cio con esclusione dalla direzione della cosa pubblica di
tutte le altre classi destinate a scomparire, secondo una formula che tipica del marxismo. E mi sovviene a
questo punto il ricordo di uno di quegli slogan fatali e squillanti che l'onorevole Nenni predilige: delenda est
borghesia! Traduco: da distruggere la borghesia! Lo slogan, che ricordo in questo momento; mi induce a
pensare che in questo punto s'incontrino l'onorevole Nenni e l'onorevole Togliatti e che quella classe, fallita
e responsabile, da estromettere dalla direzione pubblica del Paese, sia proprio la borghesia.
Io, qui, inseguito dalle lancette dell'orologio nel limite di 10 minuti, non intendo fare il processo del passato e
dimostrare come la sentenza dell'onorevole Togliatti sia, per lo meno, unilaterale, perch non tiene conto della
responsabilit di quei partiti che, agitando per primi miti insurrezionali, disavvezzarono dal rispetto alle istituzioni
liberali e dalla legalit, e facendo ricorso alla violenza (Rumori) determinarono le condizioni per quali sorse ed
avanz l'infausto fascismo.
Io mi preoccupo soltanto che l'articolo 1 della nostra Costituzione possa assumere una colorazione classista
attraverso la formula contenuta nel primo comma e sancisca il diritto esclusivo d'una classe a dirigere la vita del
Paese. E mi piace ricordare qui quanto perspicuamente ha scritto il collega comunista onorevole Marchesi in
una sua relazione: Lo Stato non costituito dalla maggioranza dei cittadini, ma da tutti i cittadini e non deve
essere rappresentante dei pi e tollerante dei meno . La classe dirigente politica del Paese non pu essere
espressa con esclusivit da una classe sociale, sia pure essa nobile e numerosa, ma la classe dirigente quella
che si forma attraverso la libera scelta del corpo elettorale.
Ma, onorevoli colleghi, - e vengo al mio ultimo emendamento - io ritengo che un Paese che esce da una
dittatura e non vuole cadere in un'altra, mentre ancora tutto grida contro la dittatura subita, senta il bisogno e

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avverta il dovere di esprimere chiaramente e con fermezza nel primo articolo della Costituzione che
democraticamente si d, di non volere pi dittature di destra o di sinistra, di uomini, di gruppi, di classi, di partiti.
E non mi si dica che l'emendamento da me proposto sia pleonastico. Forse pu essere anche ritenuto tale, ma
certo in questa Costituzione vi saranno delle enunciazioni pleonastiche ed enfatiche, e non sar il caso di
respingere proprio quella enunciazione con la quale il popolo italiano esprime solennemente e fermamente la
sua volont avversa ad ogni forma di totalitarismo e di dittatura. Del resto io non propongo nulla di originale:
propongo quanto scritto nel testo approvato della Costituzione della Repubblica francese. Nulla forse pi
utile dell'esame comparativo fra i due testi costituzionali francesi: quello respinto dal popolo francese con il
referendum e quello approvato dal popolo francese col referendum. Nel testo approvato, a differenza che
nell'altro respinto, a proposito della sovranit detto chiaramente: Nessuna parte del popolo e nessun
individuo pu attribuirsene l'esercizio .
Io non credo che in questa Assemblea ci sia qualcuno che possa avere ragioni per opporsi all'inclusione di
queste parole nella Costituzione democratica del popolo italiano. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. Segue l'emendamento degli onorevoli Fanfani, Grassi, Moro, Tosato, Bulloni, Ponti, Clerici, di cui
do lettura:
L'Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
La sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione .
L'onorevole Fanfani ha facolt di svolgerlo.
FANFANI. L'articolo 1 del progetto stato sottoposto a parecchie critiche, rivelate, del resto, dai vari
emendamenti finora proposti. Sul primo comma i colleghi hanno rilevato l'ambiguit, nel momento storico
attuale, della parola democratica , donde i tentativi fatti per conto dei liberali dall'onorevole Crispo, per conto
del fronte liberale dell'Uomo Qualunque dagli onorevoli Coppa e Rodin, per conto dei vari partiti di sinistra dagli
onorevoli Basso, Gullo e Togliatti, di accrescere la qualifica democratica o in senso parlamentare con
qualche aggiunta specificata o, diciamo cos, in senso lato laburista, con la qualifica di Repubblica democratica
dei lavoratori.
In definitiva si rimprovera alla semplice dizione dell'articolo 1 del progetto di Costituzione di fermarsi ad
un'accezione generica e primitiva della democrazia, e si tenta di accrescerla con gli aggiornamenti di recenti
conquiste democratiche. Al secondo comma dell'articolo 1 si rimprovera il senso puramente esplicativo che
sembra renderlo un po' fuori posto in quel luogo. Ci tanto vero che il demo-cristiano Clerici, in un
emendamento poi ritirato, e il liberale Crispo lo posponevano alla materia trattata nel terzo comma, relativo alla
sovranit.
Infine, al terzo comma, si rimprovera di essere posposto alla materia del secondo, come risulta dai ricordati
emendamenti degli onorevoli Clerici e Crispo:
Sempre al terzo comma, si muove qualche appunto a proposito della dizione, specie in materia di
determinazione dei rapporti fra popolo e sovranit.
In conclusione, i colleghi che hanno presentato gli emendamenti e anche gli altri colleghi che in circostanze
diverse hanno toccato la materia di questo articolo del progetto, sostengono che l'articolo 1 non omogeneo,
non proprio, non sufficientemente sintetico. Tale sarebbe potuto divenire ove il primo comma avesse
esaurito in una breve definizione della Repubblica l'enunciato di tutti i caratteri acquisiti dallo Stato dopo le
rivoluzioni susseguitesi dal 1789 in poi, aggiungendo anche quei caratteri che nelle pi recenti rivoluzioni e nelle
aspirazioni attuali dei popoli una Repubblica veramente democratica deve acquistare.
In pi si chiedeva e si chiede che la sintetica definizione della Repubblica, contenuta nelle proposte per il primo
comma, fosse seguita immediatamente dalla precisazione del detentore della sovranit.

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Per raggiungere la perfezione occorrerebbe trovare una formula capace di immettere la sostanza del secondo
comma gi nel primo comma del primo articolo del progetto.
Queste considerazioni hanno spinto il collega Tosato e me ad una duplice operazione: contrarre i primi due
comma in un unico comma e avvicinare, rendendo omogeneo tutto l'articolo, la materia del primo a quella
dell'attuale terzo comma.
Cos nato il nostro testo, accettato anche da altri colleghi di gruppi differenti dal nostro, testo, che dice:
L'Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro .
In questa formulazione l'espressione democratica vuole indicare i caratteri tradizionali, i fondamenti di libert e di
eguaglianza, senza dei quali non v' democrazia. Ma in questa stessa espressione la dizione fondata sul
lavoro vuol indicare il nuovo carattere che lo Stato italiano, quale noi lo abbiamo immaginato, dovrebbe
assumere.
Dicendo che la Repubblica fondata sul lavoro, si esclude che essa possa fondarsi sul. privilegio, sulla nobilt
ereditaria, sulla fatica altrui e si afferma invece che essa si fonda sul dovere, che anche diritto ad un tempo per
ogni uomo, di trovare nel suo sforzo libero la sua capacit di essere e di contribuire al bene della comunit
nazionale. Quindi, niente pura esaltazione della fatica muscolare, come superficialmente si potrebbe
immaginare, del puro sforzo fisico; ma affermazione del dovere d'ogni uomo di essere quello che ciascuno pu,
in proporzione dei talenti naturali, sicch la massima espansione di questa comunit popolare potr essere
raggiunta solo quando ogni uomo avr realizzato, nella pienezza del suo essere, il massimo contributo alla
prosperit comune. L'espressione fondata sul lavoro segna quindi l'impegno, il tema di tutta la nostra
Costituzione, come si pu facilmente provare rifacendosi anche all'attuale formulazione della materia degli
articoli 6 e 7 e pi ancora degli articoli 30-44, cio di quegli articoli che costituiscono il Titolo terzo della parte
prima del nostro progetto.
Ottenuta quindi una sintetica definizione della Repubblica fondata sulla libert e sulla giustizia, si apre la strada
al concetto della sovranit, concetto svolto nel secondo comma: La sovranit appartiene al popolo, che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione . La sostanza del progetto salva, si sostituito alla forma
emana la forma appartiene , forma sufficiente ad indicare ad un tempo la fonte, il fondamento e il delegante
della sovranit, cio il popolo.
Nella seconda parte dell'emendamento al comma, si afferma che il popolo esercita la sovranit nella forma e nei
limiti della Costituzione, sembrando superfluo aggiungere, come nel progetto, e delle leggi , dal momento che
il riferimento alla Costituzione lascia bene intendere in qual modo l'ulteriore manifestazione di sovranit potrebbe
prodursi nel nostro ordinamento costituzionale.
Non sarebbe completa l'espressione dell'emendamento sostitutivo, ove non si avvertisse che la contrazione da
noi operata del secondo comma dell'articolo primo del progetto nella semplice espressione fondata sul lavoro
, poteva lasciare scontenti quanti avevano votato - ed io sono tra quelli - nella Commissione dei Settantacinque
anche la dizione del progetto circa la partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale dello Stato.
Uno Stato si definisce nei suoi caratteri costitutivi e nella sua missione storica. La definizione della nostra
Repubblica avviene nel primo comma dell'articolo primo, e se nello stesso articolo fosse compiuto un tentativo di
definizione della missione storica della Repubblica, questa definizione in due o tre parole riuscirebbe monca e
per ragioni di spazio e di collocazione forse si troverebbe fuori posto e perderebbe forza. Occorre quindi che la
definizione della missione storica della nostra Repubblica abbia uno sviluppo adeguato e non si concluda
sommariamente in poche parole dell'articolo primo. per questo motivo che abbiamo pensato di far seguire a
quell'articolo primo, cos come da noi suggerito, la materia contenuta negli articoli 6 e 7 del progetto,
trasportandola, con opportuni emendamenti rafforzativi e sveltitori, negli articoli due e tre.
In questa maniera riteniamo di poter rafforzare l'indicazione della novit e della missione storica della nostra
Repubblica, quale risulta evidentissimamente dal dettato attuale, e ci sembra, ancora pi, da quello da noi
proposto, degli articoli 6 e 7.

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Non leggo questi testi, perch a suo tempo saranno letti e commentati. Basti per il momento averli ricordati, a
chiarimento della mia asserzione che, nel complesso, il nuovo testo non indebolir, ma rafforzer, l'affermazione
sociale e solidaristica dell'attuale articolo 1.
Coll'articolo da noi proposto conserviamo la novit della Repubblica fondata sul lavoro, evitando una dizione,
come quella proposta dall'onorevole Basso, la quale, per precedenti storici, per formulazioni teoriche, che non si
possono sopprimere, pu apparire, a parte della popolazione italiana, classistica e, perci, pu allontanare
qualche consenso, che certamente non superfluo, alla nostra Repubblica, in mezzo alle popolazioni italiane.
E per questo, pur sapendo quale sacrificio possa costare ai nostri colleghi dei partiti, che si ispirano alle
definizioni e precisazioni marxiste, possiamo ad essi domandare se, in questa alternativa o di ottenere una
immediata precisazione dottrinaria del loro pensiero o rinunziare ad essa ed acquisire nuovi consensi alla forma
di questa Repubblica democratica fondata sul lavoro, che noi vogliamo realizzare, non ritengano di rimandare,
come essi dicono, ad altra epoca un'ulteriore precisazione in questa materia.
Per questo raccomandiamo l'approvazione del nostro emendamento, rinviando ulteriori precisazioni in sede di
dichiarazioni di voto, allorch saranno presentati emendamenti concorrenti a questo. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Segue l'emendamento dell'onorevole Fabbri, cos formulato:
Al secondo comma sostituire alle parole: il lavoro, le parole: la giustizia sociale, e alla parola, lavoratori, la
parola: cittadini .
L'onorevole Fabbri ha facolt di svolgerlo.
FABBRI. Il mio emendamento si propone semplicemente di eliminare quelli che a me appaiono errori di fatto.
In sostanza, l'affermazione che lo Stato si fonda sul lavoro non ha niente di nuovo e di peregrino; ed in quelle
dimensioni in cui questa verit deve essere riconosciuta, essa sempre stata vera anche in periodi storici
completamente diversi da quello attuale.
Anche nel periodo del lavoro schiavista e dello sfruttamento pi completo del lavoro, gli Stati, in gran parte, ma
non totalmente, si sono sempre basati sul lavoro, il quale una delle forze pi decisive, concorrenti alla
organizzazione sociale.
Non si tratta, quindi, di dire una parola nuova n di fare una scoperta. Se noi dobbiamo caratterizzare in qualche
modo la nostra Carta costituzionale con una enunciazione, la quale ne richiami le aspirazioni veramente nuove e
sulle quali ci si pu trovare tutti d'accordo, essa pu essere quella della giustizia sociale, che effettivamente,
come fondamento dell'organizzazione politica, non si verificata in tutti i tempi; e noi desideriamo, credo
unanimamente, che si realizzi e si introduca con la nuova Costituzione. La mia dicitura quindi, che si riferisce
alla sostituzione di una parola, semplicemente per dire una cosa vera e per sostituire un'aspirazione reale ad
una affermazione del tutto banale e per se stessa inconcludente, ove la si privi di questa aspirazione e di questo
desiderio di ordine politico, sul quale mi soffermo anche a proposito dell'altro emendamento con cui chiedo che
all'espressione i lavoratori venga sostituita l'espressione i cittadini .
Qui non si tratta pi, secondo me, di introdurre un'aspirazione, ma si tratta di eliminare una restrizione, perch
indiscutibilmente il concetto di lavoratori preso in considerazione rispetto a quelli che sono i veri soggetti
dell'organizzazione politica dello Stato.
Non giusto, non corrisponde alla verit, implica un errore giuridico e politico, il pretendere di designare la
generalit delle persone con l'epiteto di lavoratori, invece che con quello veramente universale ed assoluto e di
tutti comprensivo di cittadini .
Qualunque sia l'organizzazione dello Stato, anche la pi socialista, la pi comunista che si possa immaginare,
gli appartenenti al complesso sociale saranno sempre contemporaneamente e dei lavoratori e delle persone che
non lavorano; saranno delle persone che hanno gi lavorato e che quindi hanno tutto il diritto di riposarsi, di
andare in pensione (Ilarit a sinistra), senza con ci decadere dai diritti politici; saranno dei fanciulli, i quali

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hanno pieno diritto di cittadinanza fino dalla nascita; e, se non sembrasse una espressione troppo cerebrale,
direi ancora prima della nascita, perch
anche i nascituri, quando sono nell'utero materno, sono virtualmente gi dei cittadini, a condizione di nascere.
Quindi questa esclusione di vaste categorie di cittadini che non sono lavoratori in atto, la quale non pu essere
rettificata che dalla dichiarazione dell'onorevole Togliatti il quale ci diceva: Con l'espressione di lavoratori, noi
non intendiamo di escludere nessuno , non giusta ed io dico che non ci deve essere la necessit di avere un
articolo sbagliato nella sua dicitura, il quale poi debba correggersi con la dichiarazione integrativa dell'onorevole
Togliatti. Dal momento che una parola ha un contenuto giuridico e politico preciso, qual' quella di cittadini,
essa che veramente corretta, mentre la parola lavoratori una parola che implica un concetto di categoria, un
concetto di classe, un concetto che si riconnette ad un'interpretazione materialistica della storia alla quale buona
parte di questa Camera non accede.
Io ritengo pertanto che debba essere corretto il testo formulato nel progetto e che quindi alla parola lavoro e
a quella lavoratori debbano essere sostituite, come fondamento, la giustizia sociale , e come titolari dei
diritti, i cittadini e non soltanto i lavoratori. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. L'onorevole Caroleo ha presentato due emendamenti di cui do lettura:
Al secondo comma, alle parole: il lavoro, sostituire: la solidariet del lavoro umano.
Al terzo comma, alle parole: la sovranit emana dal popolo ed esercitata, sostituire le altre: la sovranit del
popolo e si esercita .
L'onorevole Caroleo ha facolt di svolgerli.
CAROLEO. Onorevoli colleghi, il mio primo emendamento stato suggerito da alcuni rilievi fatti nel corso della
discussione generale da molti oratori, e che, per la verit, mi sono sembrati esatti. Il primo rilievo questo: il
lavoro, espresso cos nudamente, non potrebbe avere significato concreto, pratico, come fondamento della
Repubblica, perch il lavoro la base necessaria, insopprimibile di ogni convivenza non soltanto umana, ma
anche di razze inferiori. Da altra parte si detto - e a mio avviso anche esattamente - che la dizione lavoro
non elimina quello che vi di egoistico, di individualistico nella prestazione dell'opera umana, comunque essa si
svolga o si attui. Infne, si domandato ancora:
ma di quale lavoro si intende parlare? Soltanto del lavoro dei contadini? Soltanto del lavoro degli operai? O di
tutti i lavoratori? O di tutte le specie di lavoro, e specialmente di quel lavoro intellettuale, che la pi alta
prerogativa dell'uomo, e a cui anche i proletari aspirano nel loro intenso, diuturno sforzo di sproletarizzazione?
Ecco perch io ho pensato di completare il concetto, sostituendo alla nuda parola lavoro l'altra espressione,
che mi sembra pi completa, di solidariet del lavoro umano . Col concetto di solidariet si superano tutti gli
interrogativi e le dubbiezze di coloro che vedono nella sola parola lavoro delle lacune; e con la qualifica di
umano si supera anche l'interrogativo riferentesi alla particolare natura del lavoro, che dovrebbe essere il
fondamento della Repubblica.
A me pare, onorevoli colleghi, che, espressa in questi termini la dizione del fondamento della Repubblica, il
concetto si integri e pi compiutamente si spieghi quella che veramente deve essere la base della nuova societ
politica italiana. Solidariet significa cooperazione, mutualit, assistenza, significa prestazione dell'opera propria,
non soltanto per sodisfare delle esigenze egoistiche, ma soprattutto per rispondere a quel dovere di solidariet
sociale che di proposito e giustamente richiede al cittadino l'articolo 6 del nostro progetto di Costituzione.
Solidariet attraverso la quale si pu evitare qualunque concetto di sfruttamento dell'uomo sull'uomo; e anche,
onorevoli colleghi, quel lavoro domestico, quell'umile lavoro che sembra un avanzo di barbarie, un avanzo di
schiavit, si nobilita attraverso la indicata proposizione, in quanto colui, il quale entra nella famiglia altrui a
prestare il proprio lavoro manuale, non si assoggetta servilmente di fronte al suo simile, ma collabora e
concentra i suoi sforzi in quel nucleo familiare, che l'elemento vivo e vitale della nostra Nazione.

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PRESIDENTE. Onorevole Caroleo, lei ha presentato anche un secondo emendamento.


CAROLEO. S, ma assorbito dai successivi emendamenti che accolgono il concetto di appartenenza. Io alla
parola appartiene , ho sostituito l'altra .
PRESIDENTE. Apprezzo la sua remissione di fronte alla facolt di parola.
L'onorevole Lucifero ha proposto il seguente emendamento:
Al terzo comma, alle parole: La sovranit emana dal popolo, sostituire: La sovranit risiede nel popolo .
L'onorevole Lucifero ha facolt di svolgerlo.
LUCIFERO. Avrei potuto anche rinunciare alla parola e risparmiarmi l'incubo della clessidra del Presidente, che
per me non si vuoter certamente. Ormai non siamo pi abituati a vederla che su certe immagini infernali; tanto
pi volevo rinunciare alla parola in quanto io gi accennai a questo emendamento, e trovai un riscontro nelle
affermazioni dell'onorevole Togliatti, che in un primo momento a questo mio emendamento non si era dimostrato
favorevole, e tanto pi poi che nelle successive formule che sono state gi presentate, vi stato un passo verso
il concetto che io sostengo trasformando quell' emana (che secondo l'onorevole Conti sapeva di profumo) nel
termine appartiene , che pi esatto.
Pu sembrare la questione sottile, ma una questione concettuale; e diventa una questione sostanziale quando
si pensa alla esperienza dalla quale siamo usciti, cio quando si pensa che ad un certo punto ci siamo trovati di
fronte a gente che si sentita delegare dei poteri popolari, li ha assunti e non li ha restituiti pi se non attraverso
quella tragedia che abbiamo tutti vissuto. Quindi credo che la Costituzione democratica debba chiaramente
sancire il concetto che la sovranit, cio il potere, non solo appartiene al popolo, ma nel popolo costantemente
risiede. Ed allora bisogna impedire qualunque interpretazione che un giorno possa far pensare a sovranit
trasferite o comunque delegate. Ecco perch al termine appartiene , come pure al termine emana ,
preferisco il termine risiede .
Gli organi attraverso i quali la sovranit o i poteri si esercitano nella vita di un popolo, sono organi i quali
agiscono in nome del popolo, ma che non hanno la sovranit, perch questa deve restare al popolo. Ecco
perch preferibile il termine risiede in confronto a quello di appartiene .
Quell' emana , originario, d il senso di una sovranit che si pu trasferire agli organi i quali la esercitano;
quell' appartiene d un senso di propriet; mentre il termine risiede consolida il possesso, non la
propriet. Il popolo, cio, rimane possessore di questa che la suprema potest democratica.
Pu sembrare una sottigliezza, ma sottigliezza non . La verit un altra. Esistono fra gli uomini due categorie
di persone di fronte ai problemi costituzionali: quelli che credono nelle Costituzioni e quelli che non credono nelle
Costituzioni. Per quelli che non credono nelle Costituzioni, cio che pensano Che il giorno che avessero la
maggioranza farebbero quello che vogliono, un'affermazione di principio pu sembrare una sfumatura, e non ha
importanza; ma per coloro che, come me, credono profondamente nelle Costituzioni e nelle leggi, ogni parola ha
il suo peso e la sua importanza per il legislatore di domani.
Noi ci dobbiamo preoccupare del documento che facciamo, guardando verso l'avvenire, cio dando norme
sicure ai legislatori di domani, in modo che la volont di oggi non possa essere violata per impropriet di
linguaggio, voluta o non voluta che sia. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. Segue l'emendamento proposto dagli onorevoli Carboni, Villani, D'Aragona, Persico, Preti, Binni.
Al terzo comma, alle parole: emana dal popolo, sostituire: appartiene al popolo .
L'onorevole Carboni ha facolt di svolgerlo.

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CARBONI. Non ho bisogno di spiegare le ragioni dell'emendamento presentato da me e dai miei amici, perch il
concetto in esso affermato sembra ormai condiviso dall'Assemblea, in quanto che parecchi altri emendamenti
presentati da varie parti dell'Assemblea coincidono nella proposta di sostituire le parole appartiene al popolo
alle parole emana dal popolo . Alcuni emendamenti esprimono lo stesso concetto con parole diverse, come
ad esempio quello che dice: La sovranit del popolo .
Non ho bisogno di attardarmi ad esporre le ragioni del nostro emendamento, perch esse son gi state
spiegate da oratori che mi hanno preceduto.
Voglio fare soltanto una breve osservazione in merito a quanto diceva poco fa l'onorevole Lucifero, il quale,
mentre aderisce al nostro concetto informatore, che quello di fissare nella nuova Costituzione il principio della
sovranit popolare, come reazione alle degenerazioni assolutistiche che si ebbero nel periodo fascista,
preferisce la dizione risiede nel popolo . E l'onorevole Lucifero spiegava questa sua preferenza, trasferendo,
adattando alla materia costituzionale un principio, direi, di diritto privato, cio facendo la differenza tra il diritto di
propriet e il diritto di possesso.
Dice l'onorevole Lucifero: interessa fissare nella Costituzione il possesso, anzich la propriet, perch il
possesso, qualche cosa di pi vivace, qualche cosa di pi importante della propriet.
A noi sembra, invece, che interessi scolpire esattamente il principio dell'appartenenza della sovranit al popolo,
di cui il possesso nel popolo l'aspetto esteriore (Interruzione dell'onorevole Lucifero), e conseguenziale. La
formula la sovranit appartiene al popolo, che la esercita, ecc. contiene in s anche il concetto che essa
risiede nel popolo. Quando avremo fissato nella Costituzione il principio dell'appartenenza, avremo stabilito non
solo che la sovranit del popolo, ma anche - implicitamente ma necessariamente - che nel popolo essa
risiede. Perci sollecitiamo dall'Assemblea l'approvazione della nostra proposta.
PRESIDENTE. L'onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:
Al terzo comma, alle parole: nei limiti della Costituzione e delle leggi, aggiungere: ad essa conformi .
PERASSI. Non insisto.
PRESIDENTE. E stato presentato dagli onorevoli La Malfa. Macrelli, Sardiello, De Vita, Martino Gaetano,
Codignola, Mol, Magrini, Natoli, Azzi, Chiostergi, Silone, Conti e Bernabei il seguente emendamento:
Sostituire al primo comma il seguente: L'Italia una Repubblica democratica fondata sui diritti di libert e sui
diritti del lavoro; sopprimere, in conseguenza, il secondo comma .
L'onorevole La Malfa ha facolt di svolgerlo.
LA MALFA. Onorevoli colleghi, io e gli altri firmatari dell'emendamento ci troviamo di fronte a due manifestazioni
circa il primo comma dell'articolo 1, le quali, a nostro giudizio, hanno un diverso, se non contrastante, significato.
Vi un emendamento a firma degli onorevoli Basso ed altri che suggerisce l'aggiunta delle parole di lavoratori
a Repubblica democratica . Credo che il Gruppo repubblicano non avr nessuna difficolta ad accettre
questo emendamento se venisse in votazione, il gruppo interpretando l'aggiunta di lavoratori in un senso,
direi, democratico e aclassista. Tuttavia l'inconveniente che presenta questo emendamento che potrebbe dare
un carattere un po' troppo soggettivo alla Repubblica, e potrebbe in certo senso richiamare esperienze storiche
di grandissimo valore, ma che non sono esattamente la nostra esperienza politica democratica attuale.
D'altra parte, qualche minuto fa il collega Fanfani illustrava un suo importante emendamento che suona cos:
L'Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro . Anche questo emendamento a noi pare non
pertinente. Fondata sul lavoro una frase di assai scarso contenuto. Da un punto di vista costituzionale vuol
dire assai poco: introduce questo concetto del lavoro, ma l'introduce con una genericit che si presta a molti
equivoci. Il giorno in cui votassimo questa dizione, e potremmo votarla tutti quanti, non avremmo detto molto.
Ciascuno, votandola potrebbe riempirla del contenuto ideologico e politico che gli pi proprio.

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Ecco in brevi parole la ragione del nostro emendamento. Si detto: l'Italia una Repubblica democratica. Ora
questa dizione ha dato luogo a molte discussioni in seno all'Assemblea. Come osservava un collega,
l'espressione Repubblica democratica, se dovesse rimanere tale e quale, non sarebbe qualificata da nessun
punto di vista. Si pu pensare che si dice democratica per ragioni di carattere generale.
Il nostro sforzo consistito nel dare a questa espressione L'Italia una Repubblica democratica due
fondamenti istituzionali ben certi e sicuri. Abbiamo detto: l'Italia una Repubblica democratica fondata sui diritti
di libert - e credo che nessuno in questa Assemblea voglia negare questo fondamento - e sui diritti del lavoro.
Questa la parte costituzionalmente nuova del nostro progetto.
Si potr obbiettare che viene dato valore costituzionale non solo ai diritti di libert, ma anche ai diritti del lavoro.
Ma appunto questo scopo che abbiamo voluto raggiungere. Questa la parte viva, nuova, fresca, socialmente
avanzata, della Costituzione.
Noi abbiamo oggettivato il significato del lavoro nella vita politica, economica e sociale dell'Italia democratica.
Parlando di diritti del lavoro diamo a questo concetto un valore istituzionale, che non dato per esempio quando
parlassimo di una Repubblica democratica di lavoratori .
All'articolo 1, cio, con questa specificazione noi, in un certo senso, anticipiamo e riassumiamo tutti i diritti
fondamentali che si trovano sparsi in altri titoli del progetto.
Abbiamo rapporti civili, etico-sociali, economici, ecc., ma quando noi parliamo di diritti di libert e del lavoro,
fissiamo la Costituzione su due termini estremamente precisi. Definendo come noi vogliamo definire la
Repubblica democratica, riassumiamo

nella definizione i tratti pi caratteristici della Costituzione. Del resto, una definizione dire in brevissime parole
quella che la sostanza di una trattazione, in questo caso quella che la struttura stessa della Costituzione.
Noi diciamo diritti di libert e del lavoro ed anticipiamo istituti e diritti che sono specificati in molti articoli e parti
della Costituzione. Definiamo la Repubblica, fissando istituzionalmente e costituzionalmente i due concetti
fondamentali che ne sono a base.
Ritornando su un concetto che ho enunciato nella discussione sulle elezioni in Sicilia, osservo che la
Costituzione una costruzione architettonica che deve prescindere, in certo senso, dall'equilibrio contingente
delle forze politiche e proiettarsi nel futuro. Ora, il fatto che diciamo che la Repubblica democratica italiana
fondata sui diritti di libert e di lavoro ha lo scopo di fissare questa costruzione non solo rispetto all'equilibrio
politico attuale, ma rispetto allo svolgimento futuro e ci allo scopo di dare un senso di stabilit e di continuit, di
sicurezza e di obiettivit alla nostra Costituzione. Sono questi i motivi che ci hanno indotto alla presentazione
dell'emendamento e che ci suggeriscono di richiamare su esso l'attenzione dei colleghi. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Tutti gli emendamenti all'articolo 1 sono stati cos svolti.
AMENDOLA. Dovrei svolgere il mio.
PRESIDENTE. Ella ha parlato, in sede di discussione generale, sulla Repubblica dei lavoratori , e quindi ha
svolto l'emendamento presentato, e non posso concederle di parlare una seconda volta. Io parto dal
presupposto che chi parla nella discussione generale, svolge gi gli emendamenti che presenta.
Non essendo presente l'onorevole Russo Perez, s'intende che abbia ritirato il suo emendamento.
Prima di passare alla votazione degli altri emendamenti, chiedo al Presidente della Commissione di esprimere
su di essi il suo avviso.

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RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io rispetter la regola della clessidra: parler meno di
dieci minuti, per quanto debba pronunciarmi su molti emendamenti, perch credo che ormai sia l'ora della
concretezza e occorra abbandonare le considerazioni generali.
Di tutte le proposte fatte ve n' una che ha un valore pregiudiziale, ed quella di trasferire la materia degli
articoli 6 e 7 immediatamente dopo l'articolo 1, cosicch diventino articoli 2 e 3. La Commissione non ha nulla da
opporre a questa proposta che tende a fissare subito, nei suoi lineamenti costitutivi ed essenziali, il volto della
Repubblica.
Veniamo ora ai vari emendamenti. L'onorevole Cortese, in sostanza, nel suo emendamento propone due cose
nuove. La prima si riferisce alla sostituzione dell'espressione che era usata nel progetto di la sovranit emana
dal popolo con l'espressione appartiene al popolo . La seconda proposta riguarda l'aggiunta: Nessuna
parte del popolo, nessun individuo pu esercitare da solo la sovranit . Questi sono i due punti nuovi della
proposta Cortese.
Sul primo punto io risponder insieme agli altri colleghi che domandano di sostituire la parola emana . Devo
dichiarare che la Commissione si era trovata pressoch unanime nello scegliere questa espressione emana
dal popolo , e ci non per criteri di natura politica, ma perch riteneva che la formula adottata fosse sufficiente
ad indicare l'esigenza da me, da noi insistentemente reclamata di affermare il principio della sovranit popolare,
senza di cui non vi pu essere ordinamento democratico. Ogni silenzio al riguardo sarebbe apparso un regresso
di fronte alle stesse Costituzioni ottocentesche. La Commissione pensava che l'esigenza fosse pienamente
rispettata dalla dizione che la sovranit emana dal popolo. D'altra parte sembrava che tale dizione potesse
armonizzare con la concezione giuridica per cui lo Stato sovrano, in quanto la sua sovranit emana dal
popolo. Non abbiate nessuna paura che io insista sopra posizioni e finezze teoriche. Quando stato espresso
da qualche parte il dubbio che fosse pi opportuno adottare un'espressione pi larga perch emana poteva
lasciar supporre che della sovranit potesse venir investito un gruppo od un uomo, che la captasse e staccasse
dal popolo, allora, anche se il dubbio appariva non ben fondato, la Commissione non si opposta ad adottare
un'altra espressione. Vi sono molti verbi; potete scegliere voi! Non credo che vorrete fare una discussione
letteraria o dar ragione ai critici che ci accusano di bizantineggiare. Di verbi potrei fare un elenco: appartiene,
risiede, spetta, , e cos via. Sono meno dinamici di emana , ma hanno il vantaggio, se tale vi sembra,
d'indicare che la sovranit resta nel popolo. Sceglietene uno. Negli emendamenti proposti ne sfilano
specialmente due: appartiene e spetta . Lasciamo stare le analogie e le questioni di appartenenza, di
propriet, di possesso, che sono state fatte. Alla Commissione non dispiace nessuno dei due verbi. Poich
appartiene ha avuto una adesione pi larga, negli emendamenti, ed termine usato in altre Costituzioni, la
Commissione non ha difficolt di accettarlo.
La seconda proposta dell'onorevole Cortese di aggiungere che nessuna parte del popolo e nessun individuo
pu esercitare i diritti di sovranit che spettano al popolo tutio insieme . Egli stesso ha confessato che questa
proposizione pu apparire pleonastica. Essa implicita nello stesso concetto di democrazia, che comprende per
una necessit logica tutto il popolo e non una parte di esso, od un uomo solo; con che, come elementare, vi
sarebbero altre forme classiche di governo. vero che la Costituzione francese ha nel suo articolo 3 una frase
analoga a quella proposta dall'onorevole Cortese; ma tale articolo entra in altri dettagli: come si esercita la
sovranit, per mezzo di referendum o di rappresentanti; come pu essere modificata e cos via; un articolo
piuttosto lungo. La Commissione ha ritenuto opportuno dare nel suo primo articolo un'espressione pi semplice
e drastica, non specificando particolari che risultano da tutto l'insieme della Costituzione. Ecco perch non
saremmo favorevoli ad accogliere l'emendamento Cortese nella sua seconda parte.
Veniamo alle questioni pi diffuse e pi importanti, che vertono con una gamma di variazioni sul concetto di
lavoro.
Onorevoli colleghi, coloro che hanno trovato che tutto il nostro progetto un compromesso debbono constatare
che qui il compromesso non c'. Qui si tratta di tendenze che si sono delineate; io ne riferir fedelmente come
un notaio e voi potrete e dovrete scegliere. Mi caro affermare che, prima delle divergenze, vi stata un'idea ed
una volont comune: necessario in una Carta costituzionale stabilire fin da principio che, oltre alla democrazia
puramente politica, base di un nostro periodo glorioso di civilt costituzionale, si deve oggi realizzare una
democrazia sociale ed economica. Questo il dato caratteristico che colorisce una nuova fase di storia. Nel
testo della Commissione sul primo articolo sono ribaditi due concetti: della sovranit popolare, che l'eredit del

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principio democratico come giunto a noi; e la nuova aggiunta dell'elemento lavoro . Si dice che concetto
indefinito. Ma vi sono altre nozioni fondamentali nelle Costituzioni che possono essere tacciate di indefinitezza.
Pensate che cosa si soleva dire nel 1789 degli immortali princip ; eppure hanno avuto una portata effettiva e
concreta.
La Commissione stata quasi unanimemente concorde nella necessit di accentuare questo aspetto nuovo
della democrazia, che tiene conto dell'avanzarsi delle forze del lavoro. Vi stato un dissenso, un nobile
dissenso, manifestato con molta lealt dall'onorevole collega Fabbri, nostro prezioso collaboratore in altre
questioni. Egli non accoglie la nuova orientazione democratica; e vuol parlare di cittadini invece che di lavoratori.
chiaro il contrasto col senso della Commissione, che quindi non pu accogliere il suo emendamento.
Altro delle proposte che sono state avanzate da varie parti, che sono, direi quasi, coloriture e sfumature di un
concetto comune.
Quanto alla proposta dell'onorevole Caroleo che parla di solidariet del lavoro, a noi sembra che, mentre la
solidariet rientra nella stessa affermazione del lavoro, d'altro lato diminuisce il carattere e il significato che
vogliamo darle.
Si presentano a voi, onorevoli colleghi, tre formule, fra le quali dovrete scegliere: prima, Repubblica di
lavoratori ; seconda, fondata sul lavoro ; terza - presentata ora dall'onorevole La Malfa - fondata sui diritti
di libert e del lavoro .
Io, ripeto, far il notaio. Repubblica di lavoratori : chi ha sostenuto tale espressione, le ha dato un significato
larghissimo ed umano, comprendendovi ogni sorta di lavoro, non soltanto manuale, salariato, ma anche
intellettuale, di professionisti; e taluno ha aggiunto, perfino, lavoro dell'imprenditore, in quanto lavoratore
qualificato che organizza la produzione, senza privilegi e senza parassitismi. La parola lavoratore perde cos
- riferisco il pensiero di chi sostiene la prima tesi - il carattere classista; come del resto risulta dalla definizione
del lavoro che d l'articolo 3, parlando del dovere del lavoro; e dalle modifiche che la Commissione proporr agli
articoli 36 e 43, in modo che la stessa parola non sia adoperata in un senso pi ristretto. Si detto: lasciate che
il significato di lavoratore si slarghi ed acquisti un valore aclassista che potr raccogliere molte correnti.
Anche l'onorevole Russo Perez propone che si dica lavoratori del braccio e della mente . Non si comprende
come gli imprenditori ed i lavoratori della mente abbiamo interesse a ricusare il nome di lavoratori.
Questa prima formula, di cui vi ho riassunto le origini e la portata. La seconda formula - dell'emendamento
Fanfani - si preoccupa che, malgrado ogni diversa intenzione, la dizione lavoratori possa far sorgere qualche
equivoco, qualche impressione ristretta ed essere interpretata anche fuori d'Italia come un accostamento del
nostro regime economico a forme che sorsero, come gestione di operai e di contadini, a base classista e
collettivista. Il fondamento del lavoro, nel pensiero dell'onorevole Fanfani e degli altri firmatari della proposta,
sufficiente a caratterizzare il nuovo aspetto della democrazia, non soltanto politico, ma anche economico e
sociale a cui, anche in questa seconda formula, si vuol rendere l'omaggio pi sincero.
Ultima proposta, presentata ora, quella dell'onorevole La Malfa. Egli ha detto: noi accogliamo in pieno il
significato che si deve dare nella nuova Costituzione ad una democrazia basata sul lavoro; desideriamo
aggiungere l'elemento libert , non perch contradica, ma perch completi ed equilibri; riunisca il passato e
l'avvenire; e stabilisca i due piloni, sui quali si deve edificare la nuova civilt.
Ho finito il mio compito di notaio. Avete davanti a voi queste tre espressioni; potete scegliere.
Dir da ultimo che, nella proposta di trasposizione degli articoli 6 e 7 ad articoli 2 e 3, implicita anche una
trasposizione d'una parte dell'articolo 1, che riguarda la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori alla
organizzazione politica, economica e sociale del Paese . L'onorevole Fanfani ed i suoi colleghi ritengono che
mettendo questo tratto alla fine del quadro che traccia la fisionomia della Repubblica, si acquista maggior
efficacia; l'espressione di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla partecipazione integrale dei
lavoratori pi forte, essi dicono, che un'espressione generica, usata in principio. Nel quale rilievo altri non
consentono: gli onorevoli Basso e Targetti temono che, togliendola dal frontone del primo articolo, che

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resterebbe mutilato, la proposizione non acquisti, ma perda di vigore. Sono due punti di vista, fra cui dato
scegliere.
Concludo: la Commissione, mentre non crede opportuno accettare gli altri emendamenti, non si oppone a che si
dica: La sovranit appartiene al popolo, che la esercita... ; ma si rimette all'Assemblea, perch si tratta di
varie tendenze, per le tre proposte: Repubblica di lavoratori , Repubblica fondata sul lavoro ; Repubblica
fondata sui diritti della libert e del lavoro .
PRESIDENTE. Vari emendamenti riguardano il primo comma dell'articolo 1:
L'Italia una Repubblica democratica .
Penso che siano da porre in votazione quegli emendamenti che considerano questo comma a s stante e lo
modificano.
Pongo, pertanto, in votazione il primo comma dell'emendamento Condorelli, del seguente tenore:
L'Italia si regge a Repubblica democratica .
(Non approvato).
Pongo in votazione il primo comma dell'emendamento presentato dagli onorevoli Amendola, Laconi, Iotti
Leonilde, Grieco:
L'Italia una repubblica democratica di lavoratori .
Identico emendamento stato presentato dagli onorevoli Basso, Targetti, Nenni, De Mchelis, Gullo Fausto,
Togliatti.
stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Grieco, Corbi, Longo, Ricci, Scoccimarro,
Ravagnan, Musolino, Bardini, Li Causi, Pajetta Gian Carlo, Mattei Teresa, Assennato, Negro, Pratolongo,
Pellegrini.
PACCIARDI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PACCIARDI. Onorevoli colleghi, la proposta di emendamento dell'amico e collega La Malfa...
PRESIDENTE. Onorevole Pacciardi, noi stiamo trattando dell'emendamento posto in votazione.
PACCIARDI. Appunto, onorevole Presidente. Dicevo dunque che, nel caso in cui l'Assemblea non accettasse
l'emendamento proposto dagli onorevoli Amendola ed altri e dall'onorevole Basso e altri, emendamento
consistente nell'espressione Repubblica democratica di lavoratori , noi proporremmo all'Assemblea di votare
l'emendamento dell'onorevole La Malfa.
Ma il gruppo repubblicano concorde aderisce a votare la formula proposta dagli onorevoli colleghi che ho test
nominati: L'Italia una Repubblica democratica di lavoratori . (Applausi a sinistra).
Debbo dire che sono stato pregato dai segretari dei Gruppi del Partito socialista dei lavoratori italiani, del Partito
democratico del lavoro e del Partito d'azione, di parlare anche a loro nome, perch anch'essi intendono
associarsi a questa formula proposta dagli onorevoli colleghi dell'estrema sinistra.
mia opinione, e non da oggi, che se qualcuno di noi potesse sempre rappresentare l'opinione comune di
quesli settori, la situazione politica italiana si evolverebbe notevolmente. (Vivi applausi a sinistra).

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Io spero di riuscirvi e vi dir subito, con il collega La Malfa, che se i colleghi presentatori di questo emendamento
avessero voluto dare alla loro formula un significato classista, nel senso stretto di questa parola, nel senso che
si d dottrinalmente a quesla parola, noi non l'avremmo approvata. I colleghi presentatori dell'emendamento ne
hanno sottolineato il significato. Il fatto che l'espressione Repubblica democratica precede l'attributo di
lavoratori toglie ogni dubbio al significato di questa dizione: non si tratta di una Repubblica classista, si tratta di
una Repubblica democratica.
Per noi, onorevoli colleghi, la Repubblica non , e nella nostra concezione non mai stata, un mero
cambiamento di forma, un mero cambiamento di insegne o di francobolli; per noi la Repubblica una profonda
trasformazione della vita collettiva, della vita associata della Nazione, nel senso politico, nel senso economico e
sociale, nel senso morale. Come noi vogliamo la Repubblica libera nei suoi ordinamenti politici, libera, cio
snodata, cio decentrata, cio autonomistica; libera, cio che tenda ad avvicinare lo Stato al popolo, anzi che
metta lo Stato al servizio del popolo, anzich il popolo al servizio dello Stato, cos noi vogliamo una Repubblica
giusta nei suoi ordinamenti economici e sociali. Repubblica di lavoratori nella nostra concezione vuol dire
che la legislazione futura della Repubblica non sar una legislazione per gli oziosi e per i parassiti: sar una
legislazione per i lavoratori, per tutti i lavoratori; i lavoratori del braccio, i lavoratori del pensiero, i lavoratori di
ogni categoria: i contadini come gli operai, gli artigiani come i piccoli proprietari, gli impiegati, gli artisti, i
professionisti, tutti coloro insomma che vivono del proprio lavoro e che non sfruttano il lavoro altrui. La
Repubblica, cio, deve essere fondata sul lavoro, deve onorare il lavoro, deve essere presidiata e difesa dalle
classi pi numerose e pi benemerite della popolazione, che sono le classi lavoratrici, e deve portare i lavoratori
alla ribalta della nostra storia.
Votando cos, onorevoli colleghi, noi siamo certi di interpretare il pensiero della Scuola repubblicana italiana e
del suo pi degno e conosciuto alfiere: Giuseppe Mazzini. Certo che non il Mazzini di maniera, deformato dalle
classi reazionarie, e qualche volta non compreso e financo deriso dai partiti operai: il Mazzini autentico, il
quale, non in frammenti ricercati faticosamente nei suoi scritti, ma nell'opera sua classica: I doveri dell'uomo, da
tutti conosciuta cos si esprime: La rivoluzione che si avvicina dovr fare per il proletario, cio per le classi
popolari, per gli uomini del lavoro, ci che le rivoluzioni passate fecero per i borghesi, per le classi medie, per gli
uomini del capitale: lavoro per tutti, ricompensa proporzionata per tutti; ozio e fame per nessuno. Il grande
pensiero sociale che fermenta oggi in Europa, allora, pu cos definirsi: abolizione del proletariato;
emancipazione dei lavoratori dalla tirannide del capitale concentrato in un piccolo numero di individui;
all'emancipazione dello schiavo tenne dietro quella del servo, e quella del proletario deve seguirle .
Forse insegno qualche cosa anche ai miei colleghi di sinistra, che sono cos abituati a spregiare talvolta la
Scuola sociologica dei repubblicani. (Commenti - Rumori a sinistra).
Il progresso della mente umana rovesciava per mezzo del patriziato il privilegio dispotico della monarchia; per
mezzo della borghesia, il privilegio della nobilt del sangue; e rovescer, per mezzo del popolo, della gente del
lavoro, i privilegi della borghesia proprietaria e capitalista, nel giorno in cui la societ, fondata sul lavoro, non
riconoscer privilegi se non quelli dell'intelletto virtuoso, intelligente, ecc. . (Commenti).
Noi siamo certi, votando gli emendamenti dei colleghi dell'estrema sinistra, di interpretare il pensiero della nostra
Scuola. L'annunziatore e profeta dell'Italia moderna vive pi che mai nella nostra coscienza. (Applausi a
sinistra).
PRESIDENTE. Io desidero ricordare che la dichiarazione di voto non significa ripresa della discussione.
BRUNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BRUNI. Io giudico la formula di questo emendamento del tutto serena e concreta, in quanto si riallaccia
espressamente ai soggetti del lavoro. Per questa ragione la preferisco alla formula proposta dall'onorevole
Fanfani. Mi sia lecito chiarire che al termine lavoratori noi non intendiamo dare un

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significato esclusivamente economico, ma principalmente spirituale. Lavoratore per noi colui che, attraverso la
sua opera, esercita anche i suoi pi alti doveri verso se stesso e verso i suoi simili. Naturalmente io, come
cristiano sociale, non do un significoto discriminativo classista o materialista all'emedamento proposto. (Applausi
a sinistra).
GRONCHI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRONCHI. Sarebbe superflua una nostra dichiarazione di voto; ma poich essa venuta da altre varie parti
dell'Assemblea, utile che anche noi chiariamo brevissimamente il nostro pensiero. Le parole, egregi collegi,
sono quelle che sono, ed hanno una accezione comune, la quale inutile ed illogico negare, come illogico
negare che la parola lavoratori ha, anche contro la volont dei proponenti, un significato classista, tanto
vero che sia l'onorevole Pacciardi, come l'onorevole Bruni, hanno dovuto dare una loro interpretazione.
(Commenti).
L'onorevole Fanfani ha spiegato le ragioni per cui noi preferiamo la nostra dizione fondata sul lavoro , la
quale traduce quello che il punto fondamentale del nostro programma: la preminenza del lavoro senza
equivoci, e chiarisce anche in questa particolare discussione la nostra posizione politica. (Applausi al centro).
Presidenza del Vice Presidente PECORARI
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione nominale. Estraggo a sorte il nome del Deputato dal quale comincer
la chiama.
(Esegue il sorteggio)
Comincer dall'onorevole La Pira.
Invito l'onorevole Segretario a fare la chiama.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.
Rispondono s:
Allegato - Amadei - Amendola - Assennato - Azzi.
Baldassari - Barbareschi - Bardini - Bargagna - Barontini Anelito - Barontini Ilio - Basile - Bassano - Basso - Bei
Adele - Bellusci - Bennani - Bernabei - Bernamonti - Bernini Ferdinando - Bianchi Bianca - Bianchi Bruno Bianchi Costantino - Bibolotti - Binni - Bitossi - Bocconi - Boldrini - Bolognesi - Bonomelli - Bordon - Bosi - Bruni Bucci - Buffoni Francesco.
Cacciatore - Cairo - Caldera - Calosso - Camangi - Canepa - Canevari - Caporali - Caprani - Carboni - Carpano
Maglioli - Carta - Cavallotti - Cerreti - Cevolotto - Chiostergi - Cianca - Codignola - Colombi Arturo - Conti - Corbi
- Cosattini - Costa - Costantini - Cremaschi Olindo.
D'Amico Michele - D'Aragona - De Filpo - Della Seta - De Mercurio - De Michelis Paolo - De Vita - Di Gloria - Di
Vittorio - D'Onofrio - Dozza - Dugoni.
Faccio - Fantuzzi - Faralli - Farina Giovanni - Farini Carlo - Fedeli Aldo - Fedeli Armando - Ferrari Giacomo Fietta - Filippini - Fiorentino - Fioritto - Flecchia - Foa - Fogagnolo - Fornara.
Gallico Spano Nadia - Gavina - Gervasi - Ghidetti - Ghidini - Giacometti - Giua - Gorreri - Grazi Enrico - Grazia
Verenin - Grieco - Grilli - Gullo Fausto - Gullo Rocco.

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Iotti Leonilde.
Jacometti.
Laconi - La Malfa - Lami Starnuti - Landi - La Rocca - Leone Francesco - Li Causi - Lizzadri - Lombardi Riccardo
- Lombardo Ivan Matteo - Longhena - Longo - Lopardi - Lozza - Lupis - Lussu. Macrelli - Maffi - Magnani Magrini - Malagugini - Maltagliati - Mancini - Marchesi - Mariani Enrico - Martino Enrico - Massini - Massola Mastino Pietro - Mattei Teresa - Matteotti Matteo - Mazzei - Merighi - Merlin Angelina - Mezzadra - Minella
Angiola - Minio - Modigliani - Mol - Molinelli - Momigliano - Montagnana Mario - Montagnana Rita - Montalbano
- Montemartini - Morandi - Moranino - Morini - Moscatelli - Musolino - Musotto.
Nasi - Natoli Lamantea - Negarville - Negro - Nobile Umberto - Nobili Oro - Noce Teresa - Novella.
Pacciardi - Pajetta Gian Carlo - Pajetta Giuliano - Paolucci - Parri - Pellegrini - Pera - Perassi - Persico - Pertini
Sandro - Pesenti - Piemonte - Pieri Gino - Pistoia - Platone - Pollastrini Elettra - Pratolongo - Preti - Preziosi Priolo - Pucci. Ravagnan - Reale Eugenio - Ricci Giuseppe - Romita - Rossi Giuseppe - Rossi Maria Maddalena
- Ruggeri Luigi - Ruggiero Carlo - Ruini.
Saccenti - Sansone - Sardiello - Scarpa - Schiavetti - Scoccimarro - Scotti Francesco - Secchia - Sereni Sicignano - Silipo - Silone - Stampacchia.
Taddia - Targetti - Tega - Togliatti - Tomba - Tonello - Tonetti - Tremelloni.
Valiani - Varvaro - Vernocchi - Veroni - Vigna - Vigorelli - Villani - Vinciguerra - Vischioni.
Zanardi - Zannerini - Zappelli - Zuccarini.
Rispondono no :
Abozzi - Adonnino - Alberti - Aldisio - Ambrosini - Andreotti - Angelini - Angelucci - Arcaini - Arcangeli - Avanzini.
Bacciconi - Balduzzi - Baracco - Bastianetto - Bazoli - Beliate - Belotti - Bencivenga - Benedettini - Benvenuti Bergamini - Bertini Giovanni - Bertela - Bertone - Bettiol - Biagioni - Bianchini Laura - Bonino - Bonomi Paolo Bosco Lucarelli - Bovetti - Braschi - Brusasca - Bubbio - Bulloni Pietro - Burato.
Caccuri - Caiati - Campilli- Camposarcuno - Candela - Cappa Paolo - Cappelletti - Cappi Giuseppe - Capua Carbonari - Carignani - Caroleo - Caronia - Carratelli - Caso - Cassiani - Castelli Edgardo - Castelli Avolio Cavalli - Chatrian - Chieffi - Ciampitti - Ciccolungo - Cicerone - Cimenti - Cingolani Mario - Clerici - Codacci
Pisanelli - Colitto - Colombo Emilio - Colonnetti - Conci Elisabetta - Condorelli - Coppa Ezio - Coppi Alessandro Corbino - Corsanego - Cortese - Cotellessa - Cremaschi Carlo.
De Caro Gerardo - De Gasperi - Del Curio - Delli Castelli Filomena - De Maria - De Michele Luigi - De Palma De Unter- richter Maria - Di Fausto - Domined - Dossetti.
Ermini.
Fabbri - Fabriani - Falchi - Fanfani - Fantoni - Federici Maria - Ferrarese - Ferrano Celestino - Ferreri - Firrao Foresi - Franceschi - Fresa - Froggio - Fuschini - Fusco.
Gabrieli - Galioto - Garlato - Germano - Geuna - Giacchero - Giordani - Go- nella - Gortani - Gotelli Angela Grassi - Gronchi - Guariento - Guerrieri Emanuele - Guerrieri Filippo - Gui - Guidi Cingolani Angela.
Jacini - Jervolino.
La Pira - Lazzati - Leone Giovanni - Lettieri - Lizier - Lucifero.

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Malvestiti - Mannironi - Manzini - Marazza - Marconi - Marina Mario - Marinaro - Martinelli - Martino Gaetano Marzarotto - Mastino Gesumino - Mastrojanni - Mattarella - Mazza - Meda Luigi - Medi Enrico - Mentasti - Merlin
Umberto - Miccolis - Micheli - Monterisi - Monticelli - Montini - Moro - Mortati - Mrdaca - Murgia.
Nicotra Maria - Notarianni - Numeroso.
Orlando Camillo.
Pallastrelli - Pastore Giulio - Pat - Patricolo - Patrissi - Pecorari - Pella - Pellizzari - Penna Ottavia - Perrone
Capano - Petrilli - Piccioni - Pignedoli - Ponti - Proia - Puoti.
Quarello - Quintieri Adolfo - Quintieri Quinto.
Raimondi - Rapelli - Reale Vito - Recca - Rescigno - Restagno - Riccio Stefano - Rivera - Rodin Mario Rognoni - Romano - Roselli - Rubilli - Rumor.
Salizzoni - Salvatore - Sampietro - Sartor - Scalfaro - Sceiba - Schiratti - Scoca - Scotti Alessandro - Segni Selvaggi - Siles - Spataro - Stella - Storchi - Sullo Fiorentino - Tambroni Armaroli - Taviani - Terranova - Tessitori
- Tieri Vincenzo - Titomanlio Vittoria - Togni - Tosato - Tosi - Tozzi Condivi - Trimarchi - Tripepi - Tupini - Turco.
Uberti.
Valenti - Vallone - Valmarana - Vanoni - Venditti - Viale - Vicentini - Vigo - Vilardi - Villabruna - Volpe. Zaccagnini
- Zerbi - Zotta.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale e invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei
voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Presidenza del Presidente TERRACINI
Risultato della votazione nominale.
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale sull'emendamento presentato dagli onorevoli
Amendola e altri:
Presenti e votanti. . . . 466
Maggioranza......234
Hanno risposto s . . 227
Hanno risposto no . . 239
(L'Assemblea non approva).
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Gli emendamenti che seguono sono intonati al criterio di collegare fra loro il primo ed il secondo
comma dell'articolo, precisamente ponendo in relazione alla definizione della Repubblica italiana il suo
fondamento.
Nel secondo comma si dice che la Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro ed ecco una affermazione
staccata dalla definizione iniziale.

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Prima di passare, per, alla votazione degli altri emendamenti, pongo in votazione il seguente emendamento
sostitutivo degli onorevoli Coppa e Rodin Mario, che tende a dare all'articolo tutta una nuova struttura:
Sostituirlo col seguente:
Lo Stato italiano ha ordinamento repubblicano, democratico, parlamentare, antitotalitario.
Suo fondamento l'unit nazionale.
Sua mta la giustizia sociale.
Sua norma la libert nella solidariet umana.
(Non approvato).
Sono stati proposti due emendamenti, uno presentato e svolto dall'onorevole La Malfa: L'Italia una
Repubblica democratica fondata sui diritti di libert e sui diritti del lavoro .
Vi poi l'emendamento presentato dagli onorevoli Fanfani, Grassi, Moro, Tosato, Bulloni, Ponti, Clerici: L'Italia
una Repubblica democratica fondata sul lavoro .
Ritengo che si debba votare per primo l'emendamento La Malfa, il quale si allontana maggiormente dal testo
proposto dalla Commissione, e suona cos: La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro .
L'emendamento Fanfani conserva la dizione fondata sul lavoro .
Pongo dunque in votazione l'emendamento La Malfa.
Gli onorevoli Persico, Cevolotto ed altri, hanno presentato richiesta di votazione per appello nominale, e poich
contiene le 15 firme regolamentari, io sono tenuto a darvi corso. Tuttavia devo far presente agli onorevoli
colleghi che forse un nuovo appello nominale - di cui del resto non voglio anticipare i risultati - immediatamente
successivo a quello gi fatto - e gli appelli nominali ha.nno sempre un determinato scopo per l'indicazione di
certe posizioni - mi sembra che non possa non seguire le tracce del primo.
TOGLIATTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TOGLIATTI. Qui si tratta di scegliere tra due formule: Repubblica democratica fondata sul lavoro oppure:
Repubblica democratica fondata sui diritti di libert e sui diritti del lavoro .
Queste due formule vengono presentate dopo che stata respinta la formula da noi presentata, alla quale
avevano aderito alcuni Gruppi e che diceva: Repubblica democratica di lavoratori .
Di fronte all'alternativa che adesso si presenta, devo dichiarare, a nome del Gruppo al quale appartengo, che noi
preferiamo la formula proposta dall'onorevole Fanfani: Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Il motivo mi sembra evidente: prima di tutto la formula del collega Fanfani quella che pi si avvicina a quella
che noi avevamo presentato. Per questo semplice motivo, noi avremmo il dovere di votarla.
Per la sostanza, la formula Repubblica fondata sul lavoro , si riferisce a un fatto di ordine sociale, e quindi
la pi profonda; mentre la formula che viene presentata dall'onorevole La Malfa ed altri colleghi, trasferendo la
questione sul campo strettamente giuridico e introducendo anche una terminologia poco chiara e poco popolare
sui diritti di libert e di lavoro , ci sembra sia da respingere. Da ultimo, essa se mai non appropriata a
questa parte della Costituzione, ma appartiene alla seconda parte, alla parte successiva.

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Per questi motivi, il nostro Gruppo voter contro la formula dell'onorevole La Malfa e in favore della formula
dell'onorevole Fanfani. (Commenti).
PERSICO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PERSICO. Di fronte alle dichiarazioni che sono state fatte dall'onorevole Togliatti, dichiaro, anche a nome dei
miei amici, di ritirare la domanda di appello nominale, pur non essendo convinto che la formula fondata sul
lavoro sia pi ampia e pi comprensiva di quella proposta dall'onorevole La Malfa, la quale riafferma i due
pilastri della moderna democrazia, fondata sui diritti di libert e sui diritti del lavoro. Mi dispiace che l'onorevole
Togliatti non abbia voluto comprendere il maggior valore giuridico e sociale della formula proposta dall'onorevole
La Malfa, fatta propria da quattro Gruppi di sinistra. Comunque, dichiaro, a nome del Gruppo socialista dei
lavoratori italiani, che voteremo a favore dell'ordine del giorno La Malfa.
TOSATO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TOSATO. Noi voteremo contro l'emendamento proposto dall'onorevole La Malfa, non tanto per ragioni
sostanziali, quanto, soprattutto, per ragioni di ordine formale, di stile, di accento politico. La Costituzione infatti
non soltanto un documento giuridico, ma soprattuto un documento storico-politico. Che la democrazia sia
fondata sui diritti di libert e del lavoro un fatto acquisito. L'elemento, il fatto nuovo, il momento nuovo da
mettere in particolare rilievo nella definizione dello Stato repubblicano democratico italiano, l'elemento del
lavoro, ed per questo che noi parliamo soltanto del lavoro.
MOL. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MOL. A nome del gruppo democratico del lavoro, dichiaro che voteremo l'emendamento La Malfa, perch se
noi potevamo votare la formula la quale parlava di una Repubblica democratica di lavoratori, non possiamo
votare l'emendamento Fanfani, per i motivi espressi da molti oratori circa la equivocit della formula fondata
sul lavoro , poich pochi momenti fa abbiamo sentito anche affermare che ogni Stato, anche schiavista,
fondato sul lavoro. (Commenti). Con la formula sui diritti del lavoro si pongono, invece, in primo piano i diritti
del lavoro.
Noi votiamo anche l'altra formula, sui diritti di libert , perch intendiamo che lo Stato sia una democrazia
della libert e del lavoro e congiunga la doppia istanza della giustizia sociale e della imprescrittibilit dei diritti di
libert umana. la formula che ci lasci Giovanni Amendola morendo, per esprimere la necessit di questa
composizione fra le due supreme esigenze della vita sociale, democrazia economica e democrazia politica. Per
questi motivi noi voteremo l'emendamento La Malfa.
LA MALFA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, ella ha gi svolto l'emendamento e quindi ha gi fatto la sua dichiarazione
di voto.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Chiedo di parlare per una brevissima dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Nel mio recente discorso manifestai il mio pensiero direttivo, cio a dire che
le definizioni non trovano posto nei documenti legislativi, il che significa che io sono indifferente. Sar una mia
deficienza, ma non le sento. Quindi, in generale, mi asterr sempre.

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PRESIDENTE. L'onorevole Persico ha. ritirato la richiesta di votazione per appello nominale. Pongo, quindi, in
votazione, per alzata e seduta, l'emendamento presentato dall'onorevole La Malfa: L'Italia una Repubblica
democratica fondata sui diritti di libert e sui diritti del lavoro .
(Non approvato).
La prima parte del secondo comma di un emendamento presentato dall'onorevole Condorelli cos formulata:
La Repubblica italiana ha per fondamento la sovranit popolare .
Credo che occorra procedere alla sua votazione, perch se fosse accettata la formulazione dell'onorevole
Fanfani non si potrebbe pi procedere alla votazione dell'emendamento Condorelli. Pongo pertanto in votazione
il secondo comma - prima parte - dell'emendamento dell'onorevole Condorelli.
(Non approvato).
Pongo in votazione il primo comma dell'emendamento Fanfani, Grassi, Moro e altri:
L'Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro .
( approvato).
Con la votazione test avvenuta s'intendono decaduti il primo comma dell'emendamento Cortese,
l'emendamento Basso, Targetti, Nenni ed altri e l'emendamento Caroleo.
Segue l'emendamento a firma degli onorevoli Basso, Bernini, Targetti, Tonetti, Malagugini, Morandi, Sansone,
Amadei, Dugoni, Romita, Fogagnolo, Merlin Angelina, Cacciatore, Lupis, il quale, mentre nella sua prima parte
fa propria sostanzialmente la formula che abbiamo test approvata, e pu quindi considerarsi limitatamente da
questa assorbito, nella seconda parte pu essere considerato come emendamento aggiuntivo alla formula
stessa.
L'emendamento dice: L'Italia una Repubblica democratica che ha per fondamento il lavoro e la
partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale .
Ha chiesto di parlare l'onorevole Condorelli. Ne ha facolt.
CONDORELLI. Osservo che tanto nel mio emendamento, quanto in quello presentato dall'onorevole Fabbri alla
parola lavoratori si sostituiva la parola cittadini . Sarebbe quindi necessario procedere prima alla
votazione di questo emendamento.
PRESIDENTE. Pongo allora in votazione la seconda parte del comma secondo dell'emendamento presentato
dall'onorevole Condorelli: ...e la partecipazione effettiva di tutti i cittadini all'organizzazione politica, economica
e sociale del Paese .
(Non approvata).
Con la votazione test avvenuta s'intendono decaduti anche l'emendamento dell'onorevole Fabbri e il secondo
comma dell'emendamento Cortese. Dobbiamo ora passare alla votazione della seconda parte
dell'emendamento Basso, Bernini, Targetti e altri.
FANFANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
FANFANI. Noi voteremo contro l'emendamento dell'onorevole Basso, non perch non lo approviamo, ma perch
ci pare, che, per la sua prima parte sia stato gi approvato nell'aggiunta da noi proposta e, per la seconda parte,
stato da noi immesso, per ragioni di organicit, nell'articolo 7 - futuro articolo 3 - secondo l'emendamento da

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noi presentato; alla quale trasposizione si sono associati, del resto, anche i presentatori di analogo
emendamento, onorevoli Amendola, Laconi, Iotti Leonilde, Grieco.
GRIECO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRIECO. Effettivamente, in un emendamento all'articolo 7 abbiamo introdotto i concetti contenuti
nell'emendamento Basso e abbiamo proposto di spostare l'articolo 7 e portarlo all'articolo 3. A suo tempo
saranno dette le ragioni di questa trasposizione; e pertanto, per motivi che concordano con quelli esposti
dall'onorevole Fanfani, dovremo astenerci dalla votazione dell'emendamento Basso, perch in contradizione con
la nostra proposta di emendamento.
VALIANI, Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
VALIANI. Noi voteremo l'emendamento Basso, perch esprime princip politici e sociali, che sono suscettibili di
conseguenze giuridiche, come si vedr quando si discuter dei consigli di gestione; ma non intendiamo con ci
associarci alla prima parte contenuta nell'emendamento Fanfani, perch espressione d'una filosofia
corporativista. (Commenti).
GRASSI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRASSI. Devo dichiarare che in un primo momento io avevo presentato un emendamento o, per dir meglio, una
modifica al testo della Commissione, che suonava cos:
Tutti i lavoratori partecipano alla organizzazione politica, economica e sociale della Repubblica .
Avevo presentato questo emendamento appunto per correggere una dizione imprecisa, dal punto di vista logico,
ossia che la Repubblica, che di per se stessa un ordinamento giuridico, potesse trovare il suo fondamento su
altra organizzazione giuridica o politica del Paese.
Ora si riproduce da parte dell'onorevole Basso la stessa dizione, alla quale io dovr votare contro, anche
perch, in seguito ad una riunione di diversi componenti della Commissione di coordinamento, si trov giusto di
unificare il testo nella proposta Fanfani-Grassi, che fu accettata anche dagli onorevoli Laconi, Grieco ed altri.
Quindi, sia perch non sarebbe giuridicamente esatto dire che la Repubblica ha fondamento su altra
organizzazione giuridica e politica del Paese, sia perch, il concetto della partecipazione dei lavoratori si
spostato all'articolo 3, non possiamo votare per l'emendamento Basso. La maggioranza della Commissione di
coordinamento ritenne opportuno fare detto spostamento, in quanto preferibile affermare che compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli, perch la partecipazione effettiva dei lavoratori nel campo economico e
sociale potesse trovare la sua attuazione. Per queste considerazioni voteremo contro la proposta Basso.
BASSO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BASSO. Credo che la trasposizione dall'articolo 1 all'articolo 7, anche se questo dovesse diventare
successivamente 3, sia una diminuzione del significato di questo concetto di partecipazione effettiva dei
lavoratori, in cui noi ravvisiamo veramente il solo concetto nuovo che sia affermato come il fondamento della
Repubblica democratica italiana.
Ci che contradistingue una nuova democrazia, che non sia semplicemente formale,

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ma che intenda realmente fare appello a tutte le forze del lavoro, pensiamo che sia appunto questa
affermazione d'una partecipazione effettiva e non soltanto nominale, di fatto e non soltanto di diritto, alla
organizzazione politica, sociale ed economica del Paese.
Pensiamo che inserire questa dichiarazione nell'articolo 1 abbia veramente un significato fondamentale, nel
senso che si afferma che, se questa partecipazione non si realizza e nella misura in cui non si realizza, non si
realizza neppure la democrazia; ossia l'articolo 1 resta un puro flatus vocis.
Questo il significato del nostro emendamento all'articolo 1.
Trasferito all'articolo 3, riteniamo che questo concetto perda la sua efficacia; epperci insistiamo nel votarlo in
sede di articolo 1.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la seconda parte dell'emendamento Basso ed altri:
... e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale .
(Non approvata).
Si deve, ora, passare alla votazione degli emendamenti presentati al terzo comma del testo della Commissione,
che diventer il secondo comma del testo definitivo.
CARBONI. Chiedo di parlare per mozione d'ordine. PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CARBONI. Io ed i colleghi Ruggiero, Preti, Carta e Paris abbiamo proposto un emendamento. Con esso
chiedevamo che alla parola democratica fossero aggiunte le altre: una e indivisibile . Insisto perch
questo emendamento sia posto in votazione.
PRESIDENTE. Invito l'onorevole Presidente della Commissione ad esprimere al riguardo il parere della
Commissione stessa.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione aveva ritenuto che l'affermazione
della Repubblica una e indivisibile trovasse il suo posto nella Costituzione, ove questo parla degli ordinamenti
regionali. Il metterla in principio, mentre altererebbe la linea e la struttura della prima definizione di Repubblica,
potrebbe far sorgere il dubbio che l'unit ed indivisibilit italiana siano in pericolo; mentre pi naturale parlarne
in tema di autonomie regionali. Ad ogni modo potremo riesaminare la questione, quando arriveremo al punto
dove l'affermazione posta attualmente e potremo decidere al riguardo.
PRESIDENTE. Onorevole Carboni, ella mantiene il suo emendamento?
CARBONI. Mantengo il mio emendamento, perch non lo ritengo una formulazione secondaria da potersi
rimandare alla sede proposta dall'onorevole Presidente della Commissione.
PRESIDENTE. Dovremmo, allora, passare alla votazione dell'emendamento presentato dall'onorevole Carboni.
MACRELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MACRELLI. Il Gruppo repubblicano, a mezzo mio, esprime il suo dissenso dal proposto emendamento. Siamo
d'accordo su quello che ha dichiarato in questo momento l'onorevole Presidente della Commissione: al
momento opportuno, si discuter in pieno ed ognuno esprimer il proprio pensiero a proposito della struttura
organica dello Stato.

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Fissare adesso questo principio, soprattutto dopo le spiegazioni che hanno voluto dare in precedenza gli
onorevoli proponenti, significherebbe anche anticipare, risolvendola oggi, una discussione che dovr invece
essere fatta a suo tempo.
Chi vi parla appartiene a un partito che ha sempre difeso l'unit d'Italia, che ha combattuto per l'unit e per
l'indipendenza della Patria. Noi pensiamo che l'organizzazione strutturale dello Stato a base regionale sia
sempre, e debba essere sempre, inquadrata nell'unit d'Italia, nell'unit della Patria. Oggi sarebbe
pregiudicevole affrontare la discussione e noi pensiamo che giustamente la Commissione proponga a voi,
colleghi dell'Assemblea Costituente, di rinviare l'esame dell'emendamento a quando si dovr discutere l'articolo
106 del progetto di Costituzione.
RUGGIERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Faccio presente che non si tratta di discutere l'emendamento. L'emendamento stato svolto dal
presentatore. Se mai, si tratta di fare brevi dichiarazioni di voto.
Onorevole Ruggiero, lei ha svolto largamente i concetti del suo emendamento e lo ha richiamato nel suo
discorso.
RUGGIERO. Veramente non ebbi in quel discorso la ventura di svolgere quell'emendamento. Vorrei parlare
soltanto per una dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Non voglio contestare a nessuno questa facolt; ma l'onorevole Carboni ha richiamato
espressamente il suo nome, facendo le sue dichiarazioni.
Comunque, faccia la sua dichiarazione di voto.
RUGGIERO. Onorevoli colleghi, da parte del Presidente della Commissione coordinatrice si dice che sarebbe un fuor d'opera adesso stabilire il concetto della indivisibilit della Repubblica italiana,
perch questo concetto sarebbe stato gi espresso nell'articolo 106.
PRESIDENTE. La prego onorevole Ruggiero, non riapriamo questa discussione. Si limiti alla dichiarazione di
voto.
RUGGIERO. Signor Presidente, il mio Gruppo intende che venga sancito questo principio, per le seguenti
ragioni, che si riassumono nella mia dichiarazione di voto. Siccome l'indivisibilit della Repubblica un attributo
fondamentale dello Stato, necessario che sia fatto valere quando lo Stato viene definito nella sua
configurazione; quindi nell'articolo 1. Questo mi pare sia un principio sancito e consacrato in tutte le Costituzioni.
In secondo luogo, quando si riguardi questo concetto attraverso l'articolo 106, non si pu non avere
l'impressione che il concetto dell'indivisibilit non riguardato come fatto centrale, essenziale, a s stante,
indipendente, ma come fatto supplementare, accessorio, estrinseco, subordinato. (Rumori - Interruzioni). Viene
considerato in funzione dell'autonomia regionale... (Interruzioni).
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma no!
RUGGIERO. ...viene considerato come limitazione del principio dell'autonomia regionale.
Ecco perch sarebbe necessario metterlo nell'articolo 1.
Ma vi un'altra questione di ordine pratico, oltre che giuridico: nessuno sa quale sorte potr avere l'articolo 106:
potr essere accettato, potr essere profondamente modificato. In questa evenienza - cio nel caso che sia
modificato o respinto - noi non troveremmo pi il modo, la possibilit di inserire il concetto dell'indivisibilit nella
Carta costituzionale. Perch dovremmo andare col lumicino lupgo i muri della Costituzione a cercare un
cantuccio dove inserirlo? Questo concetto dell'indivisibilit, onorevoli colleghi, se voi avete la pazienza di
ascoltarmi un solo momento... (Interruzioni).

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PRESIDENTE. Non un problema di pazienza; un problema di ordine della discussione.


RUGGIERO. Io credevo che potesse fare una certa impressione agli italiani sapere che in Italia contro la
indivisibilit della Patria esistono degli impulsi profondi e delle velleit indipendentistiche le quali intaccano la
compagine della Patria. (Rumori). E credevo che tutti quanti dovessimo tenere a consacrare nel testo della
Costituzione questo principio fondamentale che si richiama al nostro profondo sentimento di italiani. Mi pare che
quando gi esiste una specifica manifestazione di quella che sar l'autonomia regionale, quando si pensi che
oggi in Sicilia si fanno i comizi elettorali e si indicono le elezioni, non ci possiamo pi riportare all'articolo 106,
che potr essere discusso nel mese di maggio e di giugno, ma che dobbiamo consacrare il concetto dell'unit
della Patria nell'articolo 1.
GRASSI. Chiedo di parlare per mozione d'ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRASSI. Desidero richiamare l'attenzione dei colleghi sul fatto che la frase una e indivisibile gi compresa
nell'articolo 106, e quindi non potremmo votare n contro questo principio, n pregiudicarlo oggi. Ma voglio
ancora far presente che c', negli emendamenti, un articolo aggiuntivo dell'onorevole Perassi, che cos
concepito: Trasferire tra le disposizioni generali (e quindi subito) dopo l'articolo 6, l'articolo 106, enunciante i
princip di autonomia locale e di decentramento .
Quindi la questione verr subito, e non dopo molto tempo, mentre potrebbe oggi essere pregiudicata, in quanto
nessuno di noi si troverebbe in condizione di votare contro una disposizione che sia compresa, in una forma
organica, in quello che deve essere il volto generale della Repubblica italiana.
Quindi pregherei i colleghi di non affrettare una discussione che deve avvenire in questi giorni e che in questi
giorni deve trovare il suo punto giusto ed esatto.
PRESIDENTE. Vi quindi una proposta dell'onorevole Grassi: di rinviare la decisione a questo proposito al
momento nel quale esamineremo l'articolo 106 ed in cui si esaminer anche la proposta dell'onorevole Perassi.
Chiedo all'onorevole Carboni se insiste.
CARBONI. Dichiaro di aderire alla proposta dell'onorevole Grassi, purch resti fermo che non pregiudicata la
questione della indivisibilit della Repubblica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Presidente della Commissione. Ne ha facolt.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Desidero chiarire il pensiero che ho gi espresso di
accettare in pieno l'affermazione della unit e della indivisibilit; e di rinviarne la questione di collocamento. Il
rinvio perfettamente logico, onorevole Ruggiero, e credo che si possa, anche in sede di discussione
dell'articolo 106, decidere al riguardo; tanto pi che allora avremo tutti gli elementi della questione.
PRESIDENTE. Dopo le dichiarazioni dell'onorevole Carboni, non ci soffermiamo sopra questa proposta di
emendamento, che, se non vi sono osservazioni in contrario, sar esaminata insieme alla proposta
dell'onorevole Perassi in sede di discussione dell'articolo 106.
(Cos resta stabilito).
Torniamo, quindi, al secondo comma. Il testo proposto dall'onorevole Pantani del seguente tenore:
La sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione .

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A questo proposito stato presentato dall'onorevole Lucifero un emendamento, secondo il quale alla formula
la sovranit emana dal popolo si dovrebbe sostituire l'altra la sovranit risiede nel popolo .
Ha chiesto di parlare l'onorevole Lucifero. Ne ha facolt.
LUCIFERO. Vorrei domandare all'onorevole Fanfani se egli sia disposto a sostituire nel suo emendamento alla
parola appartiene la parola risiede , nel qual caso mi associerei alla sua formula, che forse
tecnicamente pi esatta.
PRESIDENTE. L'onorevole Fanfani ha facolt di rispondere.
FANFANI. Confermo la parola appartiene .
PRESIDENTE. Pongo ai voti l'emendamento Lucifero: Al terzo comma, alle parole la sovranit emana dal
popolo, sostituire la sovranit risiede nel popolo .
(Non approvato).
Pongo ai voti la prima proposizione del secondo comma dell'emendamento Fanfani: La sovranit appartiene al
popolo .
( approvata).
Si intendono, cos, assorbiti l'emendamento Vinciguerra; la prima proposizione degli emendamenti Targetti e altri
e Amendola, Laconi ed altri, e l'emendamento Carboni, Villani e altri.
L'onorevole Targetti, Basso ed altri hanno proposto di sostituire la seconda proposizione del comma secondo
dell'emendamento Fanfani con la seguente:
che la esercita nei limiti della Costituzione e nelle forme delle leggi .
Chiedo all'onorevole Dugoni, che uno dei firmatari dell'emendamento, se lo mantiene.
DUGONI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la formula sostitutiva proposta dagli onorevoli Targetti, Basso e altri.
(Non approvata).
Pongo ai voti la seconda proposizione del comma secondo, nel testo proposto dall'onorevole Fanfani:
che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione .
( approvata).
Si intendono cos assorbiti il terzo comma dell'emendamento Condorelli, il quarto comma dell'emendamento
Cortese e la seconda proposizione dell'emendamento Amendola, Laconi ed altri.
Pongo ai voti, nel suo complesso, il primo articolo della Costituzione della Repubblica italiana, nel seguente
testo definitivo:
L'Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
La sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione .
( approvato).

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(Tutta l'Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi - Vivissimi, prolungati, generali applausi
Grida di: Viva la Repubblica!).

ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica
italiana. L'altro giorno, stato approvato l'articolo primo; occorre adesso esaminare la richiesta presentata dagli
onorevoli Fanfani, Tosato, Meda, Gronchi, Angelini, Balduzzi, Avanzini, Ponti, Carratelli, Taviani, Quintieri Adolfo
di collocare gli articoli 6 e 7 del Progetto - salvi gli emendamenti di sostanza proposti - subito dopo l'articolo 1.
La Commissione, gi interpellata, ha dichiarato di accettare la proposta. Se non vi sono opposizioni,
procederemo in tal senso.
(Cos rimane stabilito).
Passiamo quindi all'esame dell'articolo 6 del progetto di Costituzione:
Per tutelare i princip inviolabili e sacri di autonomia e dignit della persona e di umanit e giustizia fra gli
uomini, la Repubblica italiana garantisce i diritti essenziali agli individui ed alle formazioni sociali ove si svolge la
loro personalit e richiede l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica e sociale .
Sono stati presentati a questo articolo numerosi emendamenti, alcuni dei quali sono gi stati svolti nel corso
della discussione generale.
Cos, gi stato svolto quello dell'onorevole Condorelli:
Sopprimerlo e riaffermare nel preambolo i princip, che in esso articolo sono formulati e che peraltro animano
tutte le Disposizioni generali, e particolarmente gli articoli 1 e 7 .
stato pure svolto l'emendamento presentato dagli onorevoli Basso, Targetti e Malagugini:
Sostituirlo col seguente:
La Repubblica garantisce i diritti essenziali dell'uomo nella sua vita individuale ed associata e richiede
l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica e sociale .
Il primo emendamento non ancora svolto quello dell'onorevole Benvenuti:
Sostituirlo col seguente:
La Repubblica riconosce e garantisce la autonomia, la libert e la dignit della persona umana come diritti
naturali e inalienabili.
Essa riconosce e garantisce altres i diritti essenziali delle formazioni sociali in cui si svolge la personalit di
ciascun uomo .
L'onorevole Benvenuti ha facolt di svolgerlo.
BENVENUTI. Onorevole Presidente, il contenuto del mio emendamento stato trasfuso nell'emendamento
Fanfani, dal quale viene pertanto assorbito e al quale mi associo.

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PRESIDENTE. Segue l'emendamento dell'onorevole Fanfani, firmato anche dagli onorevoli Grassi, Moro,
Tosato, Bulloni, Ponti, Clerici:
Sostituirlo col seguente, da collocarsi come articolo 2:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalit; e richiede l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica e sociale
.
Un emendamento identico stato presentato dagli onorevoli Amendola, Laconi, Iotti Leonilde, Grieco.
MORO. Quale firmatario dell'emendamento chiedo di svolgerlo.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MORO. Basteranno, credo, poche considerazioni per dar ragione dell'emendamento
proposto da noi e dai colleghi comunisti, in quanto l'emendamento di cui ora discutiamo non di sostanza, ma
essenzialmente di forma: obbedisce, cio, a ragioni di opportunit. Non ho pertanto da svolgere considerazioni
di carattere politico, ma soltanto da far presente ai colleghi quali sono le ragioni di opportunit che ci hanno
indotti a presentare questo emendamento.
Nel corso della discussione generale, e gi prima, nel corso della discussione in sede di Commissione, al
progetto primitivo di questo articolo erano state fatte delle critiche, le quali sostanzialmente vertevano su questo
punto: che si tratti di un articolo il quale contiene una finalizzazione della libert individuale, della dignit della
persona. Sembrava perci che fosse piuttosto un'indicazione di carattere politico, umanistico, da trasferire in un
preambolo, anzich un preciso articolo di Costituzione a contenuto giuridico. Da un altro punto di vista si era
osservato che le formazioni sociali di cui si parla in questo articolo come titolari di diritti che la Repubblica
italiana riconosce e garantisce non sono facilmente individuabili. Si chiedeva perci che vi fosse una
precisazione su questo punto.
Mossi da queste preoccupazioni, abbiamo cercato di sfrondare e semplificare l'articolo, eliminando anzitutto
quella indicazione finalistica che al principio della formula del progetto di Costituzione, l dove detto: Per
tutelare i princip inviolabili e sacri di autonomia e dignit della persona e di umanit e giustizia fra gli uomini .
Abbiamo riconosciuto che effettivamente queste espressioni possono apparire ridondanti e non confacenti alla
natura stringata di un articolo di legge costituzionale.
D'altra parte la finalizzazione contro la quale si sono rivolte, entro certi limiti, giustamente, le critiche
dell'onorevole Lucifero da una parte, e dall'onorevole Basso dall'altra, non veramente essenziale, e pu
considerarsi implicita in una retta interpretazione dell'articolo cos come esso viene formulato.
Un po' pi importante l'altro emendamento da noi proposto: invece di parlare, come nella primitiva
formulazione, di diritti essenziali e degli individui e delle formazioni sociali, noi diciamo attualmente che la
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove
si svolge la sua personalit.
Abbiamo obbedito a due diverse esigenze: da un lato, come si notava, si trattava di dare una migliore
specificazione ed individuazione di queste formazioni sociali, alle quali vogliamo vedere riconosciuti i diritti
essenziali di libert. E le individuiamo e specifichiamo in questo modo, presentandole come quelle nelle quali si
esprime e si svolge la dignit e la libert dell'uomo. Facendo riferimento all'uomo come titolare di un diritto che
trova una sua espressione nella formazione sociale, noi possiamo chiarire nettamente il carattere umanistico,
che essenzialmente spetta alle formazioni sociali che noi vogliamo vedere garantite in questo articolo della
Costituzione.
E da un altro punto di vista, il parlare in questo caso di diritti dell'uomo, sia come singolo, e sia nelle formazioni
sociali, mette in chiaro che la tutela accordata a queste formazioni niente altro che una ulteriore esplicazione,

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uno svolgimento dei diritti di autonomia, di dignit e di libert che sono stati riconosciuti e garantiti in questo
articolo costituzionale all'uomo come tale. Si mette in rilievo cio la fonte della dignit, dell'autonomia e della
libert di queste formazioni sociali, le quali sono espressioni della libert umana, espressione dei diritti essenziali
dell'uomo, e come tali debbono essere valutate e riconosciute.
In questo modo noi poniamo un coerente svolgimento democratico, poich lo Stato assicura veramente la sua
democraticit, ponendo a base del suo ordinamento il rispetto dell'uomo guardato nella molteplicit delle sue
espressioni, l'uomo che non soltanto singolo, che non soltanto individuo, ma che societ nelle sue varie
forme, societ che non si esaurisce nello Stato. La libert dell'uomo pienamente garantita, se l'uomo libero di
formare degli aggregati sociali e di svilupparsi in essi. Lo Stato veramente democratico riconosce e garantisce
non soltanto i diritti dell'uomo isolato, che sarebbe in realt una astrazione, ma i diritti dell'uomo associato
secondo una libera vocazione sociale.
Con questi chiarimenti e con queste correzioni di forma, che potranno non essere perfette (neppure noi siamo
assolutamente soddisfatti della formulazione), ma che sono le migliori che noi abbiamo saputo trovare per
esprimere questo concetto essenziale, mi pare che questo articolo della Costituzione assuma una forma
stringata e pi propria, una forma pi giuridica e che in conseguenza debbano ritenersi meno fondate le
obiezioni che da vari colleghi sono state sollevate, e tendenti ad escludere questo articolo, nel suo complesso,
dalla Carta costituzionale. Cos posto, esso ha un netto significato giuridico e contribuisce a definire un aspetto
essenziale dei fini caratteristici, del volto storico dello Stato italiano.
Ed io mi auguro che verso la formula che noi abbiamo elaborato si rivolgano le simpatie della maggior parte dei
colleghi, tanto che questo articolo - il quale esprime una posizione fondamentale nella costruzione del nuovo
Stato italiano - possa raccogliere la quasi unanimit dei consensi, perch esso, anche attraverso questa larga
votazione, si manifesti come una pietra fondamentale del nuovo edificio politico costituzionale che noi stiamo
elevando. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. All'articolo 6 stato presentato un emendamento da parte dell'onorevole Russo Perez:
Sopprimere le parole: umanit e .
Poich l'onorevole Russo Perez non presente, si intende che l'emendamento decaduto.
Segue l'emendamento dell'onorevole Nobili Oro:
Trasferire gli articoli 6 e 7 alla Parte Prima, sotto un Titolo I da dedicare ai Diritti della personalit umana ,
salvo ad assegnarli, poi, definitivamente al ventilato Preambolo .
Poich l'onorevole Nobili Oro non presente, s'intende che l'emendamento decaduto.
Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Condorelli all'articolo 6:
Sopprimerlo e riaffermare nel preambolo i princip, che in esso articolo sono formulati e che peraltro animano
tutte le Disposizioni generali, e particolarmente gli articoli 1 e 7 .
(Non approvato).
stato presentato dagli onorevoli Rodin Mario, Selvaggi ed altri, il seguente emendamento:
Sostituire l'articolo 6 con il seguente:
Lo Stato riconosce e garantisce l'autonomia, la libert e la dignit della persona umana come diritti inviolabili
ed inalienabili .
L'onorevole Rodin Mario ha facolt di svolgerlo.

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RODINO' MARIO. Noi aderiamo all'emendamento presentato dall'onorevole Fanfani e da altri colleghi, svolto
dall'onorevole Moro.
Vorremmo semplicemente chiedere, se possibile sostituire alla parola uomo , la parola cittadino . In tal
modo la dizione sarebbe la seguente:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili del cittadino, sia come uomo, sia come componente
delle formazioni sociali ecc. .
PRESIDENTE. L'onorevole, Moro ha facolt di rispondere.
MORO. Ringrazio l'onorevole Rodin della sua adesione al nostro emendamento. Ma non credo che si potrebbe
- senza svisare in larga parte il significato dell'articolo - sostituire alla parola uomo la parola cittadino .
vero che consideriamo l'uomo anche nelle sue manifestazioni di appartenenza alla societ politica, ma l'intento
specifico quello di mettere in luce la complessa natura dell'uomo, la quale trova espressione nobilissima nelle
manifestazioni politiche del cittadino, ma non si esaurisce in esse.
Quindi pregherei l'onorevole Rodin, in considerazione di quanto esposto, di voler aderire all'emendamento cos
come stato formulato.
RODINO' MARIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt,
RODINO' MARIO. Desidero chiarire che noi non vogliamo sopprimere n il concetto, n la parola uomo . La
nostra proposta di dire: garantisce i diritti inviolabili del cittadino, sia come uomo, sia come componente delle
formazioni sociali . (Commenti).
PRESIDENTE. Ha facolt di parlare l'onorevole Presidente della Commissione per la Costituzione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il compito mio, come presidente e relatore della
Commissione, semplice, perch ormai si realizzata una unanimit che non un compromesso.
generalmente riconosciuta l'opportunit di convogliare nel testo di questo articolo i due emendamenti, anzi lo
stesso emendamento Fanfani ed Amendola.
Le ragioni sono chiare; e le ha esposte l'onorevole Moro: si ottiene uno snellimento e la liberazione da una certa
finalizzazione che poteva apparire ridondante. Tutto ci a vantaggio della semplicit dell'articolo.
Debbo pure convenire con la tesi dell'onorevole Moro che per la dichiarazione dei diritti individuali uomo
termine pi ampio che cittadino . Ed l'espressione specifica e primigenia in questa materia; molto meglio
aderisce all'idea fondamentale che la persona umana ha diritti i quali trascendono la stessa Costituzione.
Alla formulazione diritti dell'uomo e delle forme sociali poi preferibile l'altra dell'uomo sia come singolo,
sia nelle formazioni sociali , perch mette in luce che il fondamento sempre la personalit umana, anche se si
traduce in diritti delle formazioni sociali.
Vorrei aggiungere un rilievo che era certamente nel pensiero stesso dei proponenti, i quali hanno aderito alla
mia tenace insistenza perch in questo articolo si mettano insieme come lati inscindibili, come due aspetti dei
quali uno non si pu sceverare dall'altro, i diritti e i doveri. Concetto tipicamente mazziniano, che si era gi
affacciato nella Rivoluzione francese, ed ormai accolto da tutti, ormai assiomatico. Il segreto dell'articolo
qui. Nello stesso tempo che si riconoscono i diritti inviolabili della personalit umana, si ricorda che vi sono dei
doveri altrettanto imprescindibili dei quali lo Stato richiede l'adempimento. Non credo che questo saldo
abbinamento trover difficolt fra voi.
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Rodin Mario se, dopo le dichiarazioni dell'onorevole Moro e dell'onorevole
Presidente della Commissione, insiste ancora nel suo emendamento.

162

RODINO' MARIO. Non insistiamo e aderiamo senz'altro all'emendamento Moro.


PRESIDENTE. Gli onorevoli Basso, Targetti e Malagugini hanno proposto di sostituire l'articolo 6 col seguente:
La Repubblica garantisce i diritti essenziali dell'uomo nella sua vita individuale ed associata e richiede
l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica e sociale .
Ha chiesto di parlare l'onorevole Malagugini. Ne ha facolt.
MALAGUGINI. Noi constatiamo, con soddisfazione, come i concetti fondamentali esposti nel nostro
emendamento siano stati fatti propr dai colleghi Fanfani ed altri della Democrazia cristiana, da Amendola ed altri
del Partito comunista. Infatti tra le due formule divergenze sostanziali non ve ne sono.
Alla nostra dizione la Repubblica garantisce , Fanfani e Amendola aggiungono - e non abbiamo difficolt ad
accettare, bench l'aggiunta ci sembri superflua - un riconosce per cui la frase diventa la Repubblica
riconosce e garantisce .
Noi diciamo i diritti essenziali ; gli altri dicono inviolabili . Si potrebbe discutere sulla maggiore o minore
opportunit dell'una o dell'altra formula, ma non il caso.
Noi usiamo l'espressione dell'uomo nella sua vita individuale ed associata ; gli altri dicono pi verbosamente
sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalit .
Tutto il resto dell'articolo, e precisamente la seconda parte: e richiede l'adempimento dei doveri di solidariet
politica, economica e sociale , contenuto in tutti e tre gli emendamenti.
Per queste ragioni, cio per non sottilizzare nelle parole, a nome del Gruppo socialista, non ho difficolt di
ritirare l'emendamento presentato. (Rumori - Commenti a sinistra). Ho gi detto in precedenza che, per la sua
maggiore concisione e specialmente per quell'aggettivo inviolabili , anzich essenziali , mi parrebbe
preferibile la nostra formulazione...
Una voce. E allora?
MALAGUGINI. E allora, poich vedo l'accoglienza che alcuni colleghi di questo settore hanno riservato alla mia
proposta di ritiro, dettata dal proposito di guardare alla sostanza pi che alla forma e dal desiderio di non perder
tempo, io sarei ben lieto se la votazione potr avvenire sull'emendamento da noi presentato, anzich su quello
proposto dagli altri colleghi. (Commenti).
PRESIDENTE. Ella, dunque, insiste nel suo emendamento?
MALAGUGINI. Non insisto.
CRISPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE, Ne ha facolt.
CRISPO. Desidero dichiarare che se fosse ritirato questo emendamento, lo farei mio.
PRESIDENTE. L'emendamento a firma Basso, Targetti, Malagugini stato ritirato. L'onorevole Crispo dichiara di
farlo suo; esso resta quindi valido.
CRISPO. Vorrei dire la ragione per la quale a me sembra preferibile l'ordine del giorno Basso-Targetti a quello
Fanfani.
PRESIDENTE. Sta bene, ma brevemente, poich l'emendamento gi stato svolto.

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CRISPO. Vorrei innanzi tutto rilevare che mi sembra inutile il verbo riconoscere quando si adopera, come nel
caso in esame, il verbo garantire . Garantire suppone un riconoscimento, ed , dunque, pi di un
riconoscimento.
Vorrei inoltre rilevare che l'aggettivo essenziali risponde meglio al concetto che si voleva esprimere, perch
resterebbe a domandarsi quali siano i diritti inviolabili. Tutti i diritti possono essere inviolabili. Qui si vuole
precisare la natura fondamentale dei diritti che sono garantiti dalla Costituzione, ma non
sono costituiti dalla Costituzione, che sono, cio, precedenti alla Costituzione; quindi essenziali l'aggettivo
che, meglio rispondendo al concetto che si vuole esprimere, dovrebbe essere sostituito dall'altro inviolabili .
Terza osservazione: quando si dice nella sua vita individuale ed associata si adopera un'espressione che
risponde esattamente al concetto espresso dall'onorevole Fanfani, senza adoperarsi l'espressione individui e
formazioni sociali . Non solo nella forma, ma anche nel concetto, l'emendamento Basso-Targetti-Malagugini
risponde meglio a quello che si voleva esprimere con l'emendamento Fanfani.
PRESIDENTE. Debbo ora porre in votazione l'emendamento Basso-Targetti-Malagugini fatto proprio
dall'onorevole Crispo.
CARBONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CARBONI. Sostanzialmente i due emendamenti esprimono lo stesso concetto. La differenza , pi che altro,
una differenza di forma, di stile. L'emendamento Basso pi conciso, pi aderente a quella che deve essere la
forma delle disposizioni di una Costituzione; e quindi dichiaro che il gruppo che rappresento voter a favore di
esso. LACONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LACONI. Devo dichiarare a nome del mio gruppo che noi, per quanto ci rendiamo perfettamente conto delle
ragioni che hanno motivato la presentazione dell'emendamento, prima Basso-Targetti-Malagugini ed ora Crispo,
non possiamo aderirvi per le seguenti ragioni: perch riteniamo che l'articolo 6, come attualmente concepito,
costituisca una sorte di introduzione a quei diritti civili, politici, etici e sociali che vengono subito dopo enunciati
nella prima parte del progetto di Costituzione; e riteniamo che nella forma che ha l'emendamento FanfaniAmendola, siano meglio espressi quei princip di solidariet politica, sociale ed economica i quali hanno nella
Parte Prima della Costituzione un loro appropriato svolgimento. Per queste ragioni noi voteremo per
l'emendamento Fanfani-Amendola.
CAROLEO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CAROLEO. Trovo esatte le spiegazioni date dall'onorevole Crispo e quindi voter il suo emendamento.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento Basso-Targetti-Malagugini fatto proprio dall'onorevole
Crispo.
(Non approvato).
Vi ora una proposta dell'onorevole Mazzei per modificare l'emendamento Fanfani nel senso che alla
espressione: sia nelle formazioni sociali si sostituisce l'altra: sia come appartenente alle formazioni sociali
.
Domando all'onorevole Mazzei se intende svolgere questo suo emendamento.

164

MAZZEI. Il gruppo repubblicano aderisce all'emendamento proposto dagli onorevoli Fanfani ed altri. Aderisce
per le considerazioni fatte dal Presidente della Commissione per la Costituzione, quando ha detto che, in fondo,
un concetto mazziniano che si afferma. Ed aderisce anche per un altro motivo e cio che nel principio
affermato nell'articolo 6 implicita una concezione dello Stato che poggia sui diritti individuali, essenziali
dell'uomo, che vengono poi riconosciuti dallo Stato; vale a dire i diritti di libert sono anteposti alla stessa
formazione statale, come esigenza inderogabile di qualsiasi stato civile. Aderiamo, dunque, ma ci limitiamo a
raccomandare che sia evitato quello... svarione (Interruzioni al centro), correggendo l'espressione secondo la
formula da me proposta.
PRESIDENTE. Chiedo ai proponenti dell'emendamento, che ora dobbiamo porre in votazione, se accettano la
proposta di mutazione di forma dell'onorevole Mazzei e di altri numerosi colleghi.
CALDERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CALDERA. L'emendamento Basso ormai caduto e, perci, probabilmente rimarr emendamento Fanfani.
Qualora fosse approvato questo emendamento, proporrei che, per rispetto alla lingua ed al linguaggio legale,
fosse tolta la parola riconosce e alla parola formazioni si sostituisse: associazioni . La parola
formazioni non risponde alle esigenze concettuali della vita sociale e nel linguaggio moderno ha un significato
anche militare. Meglio, dunque, risponde la parola associazioni .
PRESIDENTE. Mi pare che queste non siano modificazioni di forma, ma di sostanza. Ad ogni modo chiedo
all'onorevole Moro ed agli altri proponenti se accettano queste modificazioni, nonch quella presentata
dall'onorevole Mazzei.
MORO. Ringrazio i colleghi della loro collaborazione. Mi pare difficile in questo momento introdurre le
modificazioni proposte,
innanzitutto perch non sono convinto che esse incidano soltanto sulla forma. Mi pare che resti compromessa
qualche sfumatura che noi proponenti abbiamo attentamente meditato, non solo in questa sede; ma nel corso di
lunghi mesi di discussione in sede di Commissione.
Non posso accettare quindi le proposte, perch penso che non siano soltanto formali. Nelle intenzioni dei
proponenti sono certo soltanto formali, ma a me pare che tocchino in qualche modo, sia pure in sfumature, il
senso dell'articolo. Se si tratta, del resto, soltanto di questione di forma - e pu darsi che io mi sbagli ora in
questa valutazione affrettata - credo che si possano accettare queste proposte come raccomandazione per la
stesura che ne far successivamente il Comitato di redazione. Quindi accettiamo soltanto a titolo di
raccomandazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Mazzei insiste nella sua proposta?
MAZZEI. Non capisco come l'onorevole Moro, mio carissimo amico e valente giurista (Commenti), non si
accorga che non c' alcuna variazione di contenuto nella mia proposta.
Raccomando, in ogni caso, che ne sia tenuto conto, perch noi dobbiamo votare formule precise che non diano
adito alla stampa quotidiana di affermare che ignoriamo la sintassi.
PRESIDENTE. L'onorevole Caldera insiste nella sua proposta?
CALDERA. Insisto.
PRESIDENTE. Essendo stata la proposta Mazzei trasformata in semplice raccomandazione, pongo ai voti le
variazioni all'emendamento Fanfani-Amendola e altri, proposte dall'onorevole Caldera.
(Non sono approvate).

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Devo ora porre in votazione la formulazione dell'articolo 6 proposta dagli onorevoli Fanfani-Amendola e altri, che
dovr diventare articolo 2 del testo definitivo:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalit; e richiede l'adempimento dei doveri di solidariet politica, economica e sociale
.
LUCIFERO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUCIFERO. Ho chiesto di parlare soltanto per chiarire il mio pensiero. Io voter a favore dell'articolo cos come
viene proposto.
Ma ho sentito fare delle raccomandazioni, e concordo con l'onorevole Moro nel vedere nelle variazioni di forma
proposte anche delle variazioni di sostanza. Tengo a chiarire che io penso che, quale che possa essere la
elaborazione formale che il progetto definitivo dovr subire, sostanzialmente quelle che sono le sue affermazioni
non devono comunque poter essere mutate.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo sostitutivo test letto.
( approvato - Vivi applausi).
L'onorevole Perassi ha presentato la seguente proposta, che bisognerebbe ora esaminare:
Trasferire fra le Disposizioni generali, dopo l'articolo 6, l'articolo 106, che, enunciando i princip di autonomia
locale e di decentramento, concorre a delineare la struttura della Repubblica .
L'onorevole Perassi ha facolt di illustrare la sua proposta.
PERASSI. Il senso e la portata della mia proposta sono gi stati sostanzialmente indicati dall'onorevole Grassi in
una precedente seduta.
In queste disposizioni generali, secondo un'espressione molto felice del Presidente della Commissione, si vuole
definire il volto della Repubblica in tutti i suoi aspetti.
Alcuni di questi aspetti sono indicati negli articoli 1, 2 e 3 che stiamo esaminando. Ma vi un altro aspetto ed
quello concernente il modo di essere della Repubblica, per quanto riguarda la sua articolazione.
La mia proposta, in questo momento, ha semplicemente il senso, vorrei dire, di una prenotazione di posto; cio,
quando noi avremo esaminato l'articolo 106, che enuncia i princip di autonomia e di decentramento, converr, a
mio avviso, che quell'articolo, come risulter approvato, in quanto definisce uno degli aspetti della Repubblica,
sia passato alle Disposizioni generali .
PRESIDENTE. Do atto all'onorevole Perassi della riserva di ripresentare la sua proposta, dopo che sar stato
discusso l'articolo 106. Si passa ora all'esame dell'articolo 7, che diverr articolo 3:
I cittadini, senza distinzione di sesso, di razza e lingua, di condizioni sociali, di opinioni religiose e politiche,
sono eguali di fronte alla legge.
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d'ordine economico e sociale che
limitano la libert e l'eguaglianza degli individui e impediscono il completo sviluppo della persona umana .

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Su questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti. Gli onorevoli Fanfani, Grassi, Moro, Tosato,
Bulloni, Ponti, Clerici, hanno proposto di sostituirlo col seguente, da collocarsi come articolo 3:
I cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di condizioni sociali, di religione e di opinioni politiche,
hanno pari dignit sociale e sono eguali di fronte alla legge.
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libert
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il completo sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale dell'Italia .
Una formula identica hanno proposto gli onorevoli Amendola, Laconi, Iotti Leonilde, Grieco.
Ha chiesto di illustrare il testo proposto l'onorevole Laconi. Ne ha facolt.
LACONI. Come l'onorevole Moro ha rilevato poco fa per l'emendamento proposto all'articolo 6, cos io rilevo che
l'emendamento da noi proposto all'articolo 7 non incide in questioni di sostanza.
La prima modificazione che proponiamo la sostituzione della parola religione alle parole opinioni religiose
; ritengo che, trattandosi d'una questione puramente formale, ogni motivazione sarebbe superflua.
Le modificazioni pi importanti che noi proponiamo sono tre: la prima consiste nell'aggiunta del principio di una
pari dignit sociale , che andrebbe unito all' eguaglianza di fronte alla legge . Noi pensiamo, infatti, che sia
conveniente che non vada perduto nella formulazione ultima di questo articolo quel concetto che era stato
introdotto dalla prima Sottocommissione, allorch l'aveva per la prima volta formulato, nella sua preliminare
stesura.
Si era allora proposto che, oltre all' eguaglianza di fronte alla legge si stabilisse doversi a tutti i cittadini
uguale trattamento sociale.
Noi riteniamo che questo concetto debba essere mantenuto e, se anche la dizione trattamento sociale pu o
potrebbe prestarsi ad equivoci o risultare poco chiara, pensiamo che debba risaltare almeno il suo contenuto
essenziale: il fatto, cio, che ad ogni cittadino compete nell'ordinamento sociale italiano una pari dignit sociale,
qualunque sia la sua condizione e l'attivit che svolge.
Si potrebbe osservare che questa parit di dignit sociale pu essere in qualche modo compresa nella
eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge .
In realt non cos e lo dimostra il fatto che, anche in altri punti del progetto di Costituzione, la Commissione dei
75 ha ravvisato la necessit di prevedere il trattamento dovuto ai cittadini, come dove si parla del trattamento ai
detenuti, stabilendo che sia a tutti dovuto un trattamento inspirato a criteri di umanit. Evidentemente non si
ritiene che il principio di pura e semplice eguaglianza di fronte alla legge valga anche ad eliminare tutte le
differenze di trattamento che corrispondono alla condizione del cittadino e al posto che egli occupa nella scala
sociale.
Per tutte queste ragioni, noi riteniamo che la pari dignit sociale debba essere introdotta accanto all'eguaglianza
di fronte alla legge.
Altra modificazione quella che riguarda l'introduzione delle parole di fatto , subito prima di libert ed
uguaglianza . Ma in realt non si tratta di una vera e propria modificazione perch, per espresso
riconoscimento del Presidente della Commissione dei 75, tale omissione non stata che un errore manuale. Noi
pertanto desideriamo correggere questo errore, ristabilendo la formulazione precisa gi proposta dalla
Sottocommissione ed approvata dalla Commissione dei 75.
Teniamo comunque a precisare che l'introduzione di queste parole conferisce a tutto l'articolo un pi particolare
e pi pregnante significato, in quanto i limiti che sono posti oggi alla libert e all'eguaglianza dei cittadini non
sono limiti di ordine formale - e ci risulta da tutto il testo della Costituzione che noi andiamo in questo momento
elaborando - ma sono appunto limiti di fatto che la Repubblica si impegna a superare, attraverso lo svolgimento

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di una particolare politica sociale e attraverso l'attuazione di quegli stessi princip che noi avremo introdotto nella
Costituzione.
Ultima modificazione di qualche rilievo che noi proponiamo quella che comporta lo spostamento del principio
di un'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, sociale ed economica dell'Italia,
dall'articolo primo, dov'era inserito, a questo terzo articolo. Noi abbiamo gi motivato questo spostamento
allorch si trattava di omettere questa particolare formulazione
nell'articolo primo; ma non forse inutile precisare qui il valore che ha per noi tale spostamento. Invece che
ammettere questa effettiva partecipazione come una realt di fatto, come una conquista gi raggiunta, noi
riteniamo che essa debba risultare qui attraverso un'argomentazione e che debba essere posta tra quei compiti
della Repubblica che, pur non corrispondendo a situazioni attuali o immediatamente realizzabili, sono per nelle
prospettive della sua azione politica, di tutto un rinnovamento istituzionale e politico della vita sociale ed
economica del nostro Paese.
Per tutte queste ragioni noi presentiamo questo emendamento cos formulato. La sua collocazione nell'articolo 3
tende a porlo in un particolare rilievo e ad affermare, tra i princip fondamentali della democrazia italiana, quello
che la Repubblica indirizza tutta la sua azione politica verso l'attuazione di quei diritti di libert e di eguaglianza
che furono affermati nel secolo scorso, ma non poterono, per le perduranti disuguaglianze sociali trovare una
piena ed effettiva attuazione.
PRESIDENTE. Ha facolt di parlare l'onorevole Cingolani, per svolgere il seguente emendamento:
Al primo comma, sostituire alla parola: razza, la parola: stirpe .
CINGOLANI. Mantengo il mio emendamento, onorevoli colleghi, unicamente per un atto di doverosa cortesia
verso le comunit israelitiche italiane, che hanno fatto conoscere a parecchi di noi - avrete quasi tutti ricevuto le
circolari - che sarebbe loro desiderio che alla parola razza sia sostituita la parola stirpe . Essendo gli
israeliti italiani stati vittime della campagna razzista fatta dal nazi-fascismo, a me sembra che accogliere il loro
desiderio corrisponda anche ad un riconoscimento della loro ripresa di una perfetta posizione di uguaglianza fra
tutti i cittadini italiani. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Ha facolt di parlare l'onorevole Benvenuti, per svolgere il seguente emendamento:
Dopo il primo comma, aggiungere:
Essi devono adempiere al dovere della solidariet politica, economica e sociale .
BENVENUTI. Non ho nulla da aggiungere, perch il concetto gi stato espresso nell'articolo 6. Ritiro pertanto
l'emendamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Russo Perez ha proposto di sopprimere il secondo comma dell'articolo 6.
Non essendo presente, l'emendamento si intende decaduto.
L'onorevole Condorelli ha gi svolto il seguente emendamento:
Sostituire il secondo comma col seguente:
compito della Repubblica integrare l'attivit degli individui, diretta a superare gli ostacoli d'ordine economico
e sociale che limitano la libert e l'eguaglianza e impediscono il completo sviluppo della persona umana .
Ha facolt di parlare l'onorevole Malagugini, per svolgere il seguente emendamento, firmato anche dagli
onorevoli Dugoni, Targetti, De Michelis:
Al secondo comma, dopo la parola: limitano, aggiungere le parole: di fatto .

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MALAGUGINI. Il mio emendamento si limitava semplicemente ad aggiungere al testo della Commissione le


parole di fatto che, come abbiamo appreso dal collega Laconi - con riferimento a precedenti dichiarazioni del
Presidente Ruini - erano state omesse solo per una svista nella redazione del testo definitivo. Ritiro pertanto
l'emendamento.
Debbo per aggiungere che noi accettiamo anche l'ultima parte della formulazione dell'articolo 7 proposta dagli
onorevoli Fanfani, ecc.; e precisamente le parole: ...e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale dell'Italia .
Quest'ultima parte, riferendosi all'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori, ecc., un inciso che, se ben ricordo,
il compagno e collega Basso avrebbe voluto fosse incluso nel primo articolo, e che ha poi accettato dovesse
trovar posto nell'attuale articolo 7.
Con questi chiarimenti noi voteremo l'articolo cos emendato e completato.
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Laconi se accetta la modifica proposta dall'onorevole Cingolani.
LACONI. Noi non possiamo accettare questa proposta, che gi stata presa in esame da tutti coloro che hanno
presentato l'emendamento, sia da parte democristiana che da parte nostra. Non possiamo accettarla, perch in
questa parte dell'articolo vi un preciso riferimento a qualche cosa che realmente accaduto in Italia, al fatto
cio che determinati princip razziali sono stati impiegati come strumento di politica ed hanno fornito un criterio di
discriminazione degli italiani, in differenti categorie di reprobi e di eletti.
Per questa ragione, e cio per il fatto che questo richiamo alla razza costituisce un richiamo ad un fatto storico
realmente avvenuto e che noi vogliamo condannare, oggi in Italia, riteniamo che la parola razza debba
essere mantenuta. Ci non significa che essa debba avere alcun significato spregiativo per coloro che fanno
parte di razze differenti da quella italiana. Basta aprire un qualsiasi testo di geografia per trovare che gli uomini
si dividono in quattro o cinque razze: e questa suddivisione non ha mai comportato, per se stessa, alcun
significato spregiativo. Il fatto che si mantenga questo termine per negare il concetto che vi legato, e affermare
l'eguaglianza assoluta di tutti i cittadini, mi pare sia positivo e non negativo.
PRESIDENTE. L'onorevole Selvaggi ha presentato il seguente emendamento:
Sostituire al secondo comma il seguente.
Lo Stato favorisce le provvidenze atte ad assicurare lo sviluppo della persona umana .
L'onorevole Corbino ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dall'onorevole Lucifero ed altri:
Sostituire il secondo comma col seguente.
compito dello Stato rendere possibile il completo sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i
cittadini all'organizzazione economica e sociale della Nazione .
Chiedo all'onorevole Selvaggi se mantiene il suo emendamento.
SELVAGGI. Ritiro il mio emendamento ed accolgo l'emendamento presentato dall'onorevole Corbino.
PRESIDENTE. L'onorevole Corbino ha facolt di svolgere il suo emendamento.
CORBINO. Ho presentato un emendamento al secondo comma di questo articolo, perch questa Repubblica
che rimuove gli ostacoli una cosa che non riesco a vedere. Io penso che sia dovere dello Stato quello di
facilitare lo sviluppo della persona umana, e questo noi dobbiamo ora affermare nella Costituzione; ma,
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che cosa significa? Potrebbe significare eventualmente
togliere qualsiasi garanzia di ordine giuridico, economico e sociale, togliere allo Stato la sua natura di Stato. Se

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l'obiettivo che noi vogliamo raggiungere quello dello sviluppo della personalit umana, affermiamolo dicendo
che lo Stato assume il compito di fare sviluppare al massimo la personalit umana.
Nella seconda parte del mio emendamento parlo di partecipazione effettiva dei cittadini, non pi riferita
all'organizzazione politica, perch la partecipazione dei cittadini alla organizzazione politica garantita dal primo
comma dell'articolo 7, che assicura l'eguaglianza di tutti di fronte alla legge.
Siccome su questo punto, in sede di discussione generale, tutti gli oratori hanno avuto occasione di esprimere il
loro pensiero, credo che anche il mio, espresso in cos breve spazio e con cos limitato numero di parole, possa
essere capito per quello che , e cio non come desiderio di non volere, sia come gruppo, sia come
organizzazione politica, accettare a che si diano i mezzi che lo Stato dovr approntare per lo sviluppo della
personalit umana, ma soltanto identificare questo fine dell'attivit dello Stato con qualche cosa che sia meno
materializzato di questo rimuovere gli ostacoli che potrebbe dare l'idea di una squadra di operai intenti a
levare dei massi, a togliere dalla strada qualche cosa per far passare l'uomo, quell'uomo al quale noi, con il
primo comma dell'articolo, garantiamo tutti i diritti di fronte alla legge.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Arata. Ne ha facolt.
ARATA. Vorrei pregare i presentatori dell'emendamento a firma Laconi se, almeno a titolo di raccomandazione,
possono accettare che alla espressione compito della Repubblica sia sostituita l'altra compito dello
Stato , e ci perch la Repubblica non che una forma dello Stato. (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Laconi, accetta questa modifica?
LACONI. Anche a nome degli altri proponenti, dichiaro di non poter accogliere la raccomandazione
dell'onorevole Arata, perch la Repubblica la forma in cui si estrinseca, giuridicamente, lo Stato.
PRESIDENTE. L'onorevole Presidente della Commissione ha facolt di esprimere il suo avviso sugli
emendamenti mantenuti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione non ha nulla da opporre agli
emendamenti qui presentati, identici, dell'onorevole Fanfani e dell'onorevole Amendola.
Sugli elementi nuovi che questi emendamenti apportano, osserva soltanto: il Comitato di redazione non aveva
accolto la tesi di stabilire l'eguaglianza di trattamento sociale perch era espressione non definita, che si
poteva prestare ad equivoci. Di fronte alla nuova proposta di dignit sociale vengono meno, se non tutte,
molte dubbiezze, e non
vi ragione di opporsi. Quando si toccano certe note, come questa della dignit umana, bisogna inchinarsi.
Il Comitato aveva omesso le parole di fatto perch, come era stato rilevato anche da qualche comunista, non
vi era dubbio che, essendosi prima sancito l'eguaglianza di diritto, qui si trattava di eguaglianza di fatto. Per
anche qui, di fronte ad un dubbio espresso, si accetta la proposta di modificazione.
Vengo ora alla trasposizione al nuovo articolo 6 della disposizione sulla rimozione degli ostacoli . Questa
proposta stata virtualmente decisa a proposito dell'articolo primo, quando abbiamo stabilito di non collocare l
questa affermazione, ma di collocarla in fondo alla delineazione dei caratteri fondamentali della Repubblica.
Mentre l'onorevole Russo Perez vorrebbe eliminare la disposizione, l'onorevole Condorelli preferisce limitare il
compito della Repubblica ad integrare le attivit individuali dirette ad attuare, ecc. . Con ci si negherebbe
ogni attivit diretta dello Stato; il che non sembra ammissibile.
N vi concorda l'onorevole Corbino che propone di togliere l'espressione rimuovere gli ostacoli per mettere
invece rendere possibile ; dove si pu vedere una estensione pi che una limitazione, di eventuali attivit
dello Stato. L'onorevole Corbino non ama, e trova quasi inconcepibile, l'espressione rimuovere gli ostacoli .
Ma la sua antipatia forse esagerata: anche un liberista, quale egli , dice e sostiene che si debbono rimuovere

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gli ostacoli alla libera concorrenza. La frase dunque non senz'altro eretica. Io riconosco lo spirito che anima la
proposta dell'onorevole Corbino; e l'espressione forse pi lata di ci che egli intenda. Ma osservo che nella
proposta Fanfani-Amendola il testo forma ormai un tutto organico, ed ha un valore che verrebbe alterato con altri
ritocchi.
Per quanto riguarda l'osservazione dell'onorevole Arata di sostituire Stato a Repubblica la Commissione
unanime ha ritenuto di designare con l'espressione Repubblica l'insieme di tutte le attivit e funzioni sia dello
Stato come tale, sia delle Regioni e degli altri enti pubblici. Non vi stata soltanto l'opportunit di accentuare il
nuovo carattere repubblicano dello Stato, ma vi stata altres una esigenza di precisione tecnica che l'onorevole
Arata vorr riconoscere.
Un'ultima risposta io debbo all'onorevole Cingolani. Si potrebbe apprezzare la parola stirpe e preferirla a
quella di razza , per quanto anche razza abbia un significato ed un uso scientifico, oltrech di linguaggio
comune. Comprendo che vi sia chi desideri liberarsi da questa parola maledetta, da questo razzismo che
sembra una postuma persecuzione verbale; ma proprio per reagire a quanto avvenuto nei regimi
nazifascisti, per negare nettamente ogni diseguaglianza che si leghi in qualche modo alla razza ed alle funeste
teoriche fabbricate al riguardo, per questo che - anche con significato di contingenza storica - vogliamo
affermare la parit umana e civile delle razze. (Approvazioni).
CINGOLANI. Dichiaro di ritirare il mio emendamento.
PRESIDENTE. Metto in votazione il primo comma dell'articolo 7 destinato a divenire il primo comma dell'articolo
3, nella formulazione proposta dagli onorevoli Laconi, Moro ed altri:
I cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di condizioni sociali, di religione e di opinioni politiche,
hanno pari dignit sociale e sono uguali di fronte alla legge .
( approvato).
Passando al secondo comma, porr prima in votazione la formula proposta dagli onorevoli Corbino, Lucifero ed
altri, che quella che si allontana di pi dal testo originario. Essa dice:
compito dello Stato rendere possibile il completo sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i
cittadini all'organizzazione economica e sociale della Nazione .
FANFANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
FANFANI. Noi voteremo contro la proposta di emendamento fatta dagli onorevoli Corbino e Lucifero,
dichiarando di apprezzare il tentativo da essi compiuto di richiamare l'attenzione sul fatto che non si tratta
soltanto di rimuovere gli ostacoli preesistenti, ma di svolgere anche un'azione positiva.
Tuttavia partiamo dalla constatazione della realt, perch mentre con la rivoluzione dell' '89 stata affermata
l'eguaglianza giuridica dei cittadini membri di uno stesso Stato, lo studio della vita sociale in quest'ultimo secolo
ci dimostra che questa semplice dichiarazione non stata sufficiente a realizzare tale eguaglianza, e fa parte
della nostra dottrina sociale una serie di rilievi e di constatazioni | circa gli ostacoli che hanno impedito di fatto

la realizzazione dei princip proclamati nell' '89.


In vista di queste considerazioni, noi, pur apprezzando l'intendimento dei nostri colleghi, manteniamo fermi il
nostro voto e il nostro apprezzamento. (Commenti a destra).
PRESIDENTE. Pongo ai voti l'emendamento Corbino test letto.
(Non approvato).

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Pongo ai voti l'emendamento dell'onorevole Condorelli:


Sostituire il secondo comma col seguente:
compito della Repubblica integrare l'attivit degli individui, diretta a superare gli ostacoli d'ordine economico
e sociale che limitano la libert e l'eguaglianza e impediscono il completo sviluppo della persona umana .
(Non approvato).
Pongo ai voti l'emendamento nella formulazione degli onorevoli Laconi, Moro ed altri:
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libert
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il completo sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale dell'Italia .
( approvato - Applausi a sinistra).
Pongo ai voti nel suo complesso l'articolo 7, che diventer articolo 3 della Costituzione:
I cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di condizioni sociali, di religione e di opinioni politiche,
hanno pari dignit sociale e sono eguali di fronte alla legge.
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
libert e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il completo sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale dell'Italia .
( approvato - Vivi applausi).
Passiamo all'articolo 2, che diverr, nel testo definitivo, l'articolo 4:
La bandiera d'Italia il tricolore: verde bianco e rosso, a bande verticali di eguali dimensioni .
L'onorevole Clerici ha proposto di sostituire l'articolo col seguente :
La bandiera della Repubblica il tricolore italiano .
L'onorevole Clerici ha facolt di svolgere l'emendamento.
CLERICI. Onorevoli colleghi, la questione minima, ma l'emendamento da me proposto parmi si raccomandi
per la sua brevit (sono otto parole, anzich 18 (Commenti); ed un bel precedente se potessimo per altri
articoli raggiungere simile risultato), per la incisivit (perch sembra pi perentorio, anche per il popolo, che
dovr apprendere la nostra Costituzione) ed anche per la seriet (perch mi pare che l'articolo proposto dalla
Commissione sappia un po' di modello di sartoria). So che esso la traduzione letterale di analoga disposizione
della Costituzione francese. Qui per vero la Commissione dei 75 non ha fatto un grande sforzo cerebrale,
perch essa ha sostituito in tutto il verde al bleu del testo francese. Ma credo che egualmente la dizione
proposta sia non solo superflua, ma anche brutta, perch nessuno in Italia ignora che il nostro tricolore verde,
bianco e rosso; e non lo ignora il mondo. Non lo si ignora soprattutto perch, da quando il tricolore fu
consacrato, or sono 150 anni, a Reggio Emilia, restato sempre il simbolo della libert, dell'unit e
dell'indipendenza della Patria; la bandiera della Cispadana e della Cisalpina come della gloriosissima
Partenopea. Ed a Napoli risventola nel 1821, come ovunque nei moti del 1830 e del 1831, come nel 1848, allora
quando i delegati di Milano lo imposero a Carlo Alberto, sempre esitante e sempre ambiguo. cos fu che il
tricolore divenne nello Stato Sardo la bandiera nazionale in luogo della bandiera azzurra: quel tricolore che venti
giorni prima, nel concedere, o meglio nel farsi strappare lo Statuto, Carlo Alberto aveva ancora bandito, ancora
proscritto. Ma nel suo stesso decreto, emanato l'indomani, Carlo Alberto si limitava a dire che il tricolore italiano
era assunto come bandiera dello Stato senza fermarsi ad altre specificazioni. Specificazioni circa le bande e
persino l'asta e gli altri ammenicoli si trovano in numerose leggi e decreti, da quelli sardi del 1848 alla legge del

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25 marzo 1860, dal decreto fascista 25 novembre 1925, n. 2264, il quale specifica le varie bandiere per
l'esercito, la marina e simili, sino al decreto reso all'indomani del referendum del 2 giugno. Altre cose saranno da
stabilirsi o mutarsi in leggi particolari; ad esempio il colore azzurro, l'azzurro dei
Inizio pagina: 2426
Savoia, dell'asta; ma questo rientrer nelle cure specifiche dei repubblicani storici. Sono queste le ragioni per le
quali ritengo accoglibile il mio emendamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Condorelli ha facolt di svolgere il seguente emendamento:
Dopo la parola: dimensioni, aggiungere: recante nella banda centrale scudo con croce bianca in campo rosso
sormontato da corona civica turrita .
CONDORELLI. Onorevoli colleghi, vi prego di volermi ascoltare un istante senza preconcetti. Prevengo che le
mie parole sono animate non da una fede di parte che pu dividerci, ma dal sentimento di italianit che tutti ci
accomuna.
La nostra bandiera era identificata dallo stemma dello Stato che recava nel medio lo scudo crociato, giacch il
tricolore, come detto nella stessa relazione, stato adottato da altri popoli. Adesso si pensato di togliere lo
stemma dello Stato supponendo che questo fosse non l'emblema dello Stato italiano, ma di un regime. un
errore. (Rumori). Ed un errore storico, come io ho potuto apprendere e come ognuno potrebbe apprendere
leggendo una dotta relazione presentata all'Accademia dei Lincei da Cerutti il 16 dicembre 1886. Quello che
comunemente si chiama lo scudo di Savoia non invece che lo stemma del Piemonte. (Rumori - Commenti).
storicamente noto che lo stemma dei Savoia l'aquila nera su sfondo azzurro. Solamente Pietro II, nel 1265,
volendo affermare le sue pretese sui territori del Piemonte aggiunse, lui soltanto, sul petto dell'acquila lo scudo
del Piemonte. Venti anni dopo lo imit il suo successore Amedeo V allo stesso scopo. Da allora in poi lo scudo
del Piemonte ha continuato ad essere lo stemma del Piemonte; l'aquila nera su sfondo azzurro ha continuato ad
essere lo stemma dei Savoia. Sul petto di quest'aquila si andarono aggiungendo, variando nel tempo, gli stemmi
dei territori che i Savoia pretendevano facessero parte del loro dominio o che effettivamente ne facevano parte.
Lo stemma del Piemonte viene posto nel centro della nostra bandiera il 23 marzo 1848, in una data gravida di
fati nazionali. proprio nel proclama con cui il condottiero della prima guerra di indipendenza italiana chiama
tutti i popoli d'Italia alla loro crociata, che questo stemma appare per la prima volta in un documento ufficiale con
queste parole: Per meglio dimostrare con segno esteriore il sentimento dell'unione italiana vogliamo che le
nostre truppe, entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo scudo di Savoia sovrapposto
alla bandiera tricolore . (Commenti a sinistra). Vi prego di notare che non si dice lo scudo del nostro casato o
della nostra dinastia, o lo scudo dei Savoia; si dice lo scudo di Savoia, perch quel tale emblema era anche lo
stemma della Savoia (Commenti a sinistra), stemma che la Savoia conserva ancora oggi, pur essendo passata
sotto la sovranit francese, ed in regime repubblicano: prova evidente che quello lo stemma del territorio di
Savoia. (Commenti - Interruzioni a sinistra).
Posso dimostrare in modo perentorio che quello che si ritiene emblema di una dinastia invece emblema dello
Stato. Da principio, dal 23 marzo 1848 in poi, fu lo stemma dello Stato piemontese; poi, con la incorporazione
dei vari Stati italiani nello Stato piemontese, divenne lo stemma dello Stato italiano. Il mutamento della forma
istituzionale dello Stato importava che si togliessero dallo stemma l'attributo dell'istituzione monarchica, i segni
della dinastia, cio la corona, il collare dell'Annunziata, il nastro azzurro che lo circonda, ma non che noi
rinunciassimo a quello che lo stemma dello Stato italiano.
Io penso, o colleghi, che non ci sar immaginazione squisita di artista che potr trovare, andando alla ricerca
dello stemma, un emblema che esprima pi nobilmente il senso della nostra storia civile, morale e religiosa.
Io penso, o amici, che non possiamo rinunciare, per un errore, a questo stemma che per una coincidenza, non
certo casuale, ma ideale e voluta, insieme l'emblema della redenzione umana e del rispetto nazionale.
(Commenti - Interruzione dell'onorevole De Michelis).

173

PRESIDENTE. L'onorevole Condorelli ha diritto a dieci minuti per illustrare il suo emendamento, diritto che lei,
onorevole De Michelis, non gli pu contestare. Prego, quindi, gli onorevoli colleghi di tacere.
CONDORELLI. Io comprendo perfettamente che cosa significhi questa vostra opposizione: errore vero o errore
voluto. Ho presentato questa proposta di emendamento perch non volevo che in questa Assemblea, nel
momento in cui si affermano i caratteri del vessillo nazionale, quello che ho detto non venisse ricordato. Ma, per
non darvi la responsabilit di un voto che priva l'Italia del suo storico simbolo, per non darvi la responsabilit di
un voto che potrebbe impedire pi meditate decisioni, io rinuncio all'emendamento. (Commenti).
PRESIDENTE. L'onorevole Selvaggi ha presentato il seguente emendamento:
Dopo la parola: dimensioni, aggiungere: recante nella banda centrale la lupa romana sormontata dalla corona
civica turrita . (Commenti a sinistra).
Ha facolt di svolgerlo.
SELVAGGI. La proposta da me presentata non ha nessun carattere sentimentale, poich effettivamente tutti
sappiamo, fin dalla nostra pi tenera infanzia, che il tricolore la bandiera italiana. Per ci sono delle ragioni
pratiche che riguardano dove la bandiera nazionale sar portata; sui mari per esempio, la bandiera italiana potr
facilmente essere scambiata con la bandiera di un altro Stato che ha gli identici colori, la bandiera messisana,
per esempio. Quindi diamo a questa bandiera una qualche caratteristica che la possa distinguere da altri simboli
nazionali. Non sar la proposta da me presentata, che ha fatto sorridere molti, perch chiss cosa pensavano;
potr essere un'altra proposta, ma un carattere distintivo a questo vessillo nazionale ritengo che sia necessario
dare.
PRESIDENTE. Prego la Commissione di voler dire il suo parere.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione ha esaminato la proposta
dell'onorevole Clerici e gli grata per l'espressione di tricolore italiano . Dire che la bandiera della Repubblica
il tricolore italiano squilla bene, e si riallaccia storicamente al nostro passato, al vessillo che propriamente
nostro, al di sopra delle forme di governo. Ma, oltrech questa felice accentuazione, l'onorevole Clerici vuole un
taglio; ricusa ogni indicazione che abbia, egli dice, aria di sartoria: perch indicare quali sono i colori e le forme
della bandiera? Voi copiate, ci dice, la Costituzione francese, mettendo verde al posto di bleu. Qui non siamo
d'accordo. Non per gusto di sarto, o per pigrizia, o per copiare la Costituzione francese che abbiamo indicato
quale il tricolore italiano. L'abbiamo fatto per uniformarci ad una esigenza che vi in tutte le Costituzioni, di
precisare, anche per ragioni internazionali, i caratteri del vessillo della propria Nazione. La Commissione ha
davanti agli occhi il nostro vessillo e si richiama al tricolore che 150 anni fa venne proclamato a Reggio Emilia,
mia citt nativa: ed esaltato dal popolo nelle sue canzoni: il tricolore puro, schietto, verde, bianco e rosso ,
come dir la Costituzione.
L'eccezione fatta dall'onorevole Selvaggi ha un certo valore, in quanto gioverebbe distinguere e qualificare la
nostra bandiera da altre, che, venute dopo, hanno adottato gli stessi colori. Ma non possibile che la
Costituente diventi una Commissione di araldica e stabilisca, improvvisando, un emblema da introdurre nella
nostra bandiera. V' gi una Commissione nominata dal Governo che deve proporre un emblema o stemma pel
Paese. Altro che il segno approvato per altri scopi debba essere messo o no sul tricolore italiano.
La Commissione si pronuncia intanto pel tricolore puro e schietto, semplice e nudo, quale fu alle origini, e tale lo
evoc e baci, cinquant'anni fa, il Carducci; e cos deve essere la bandiera dell'Italia repubblicana.
PRESIDENTE. Degli emendamenti presentati, restano quello dell'onorevole Selvaggi e quello dell'onorevole
Clerici.
L'emendamento Selvaggi quello che pi differisce dalla proposta della Commissione. Devo quindi porlo ai voti
per primo.
BELLAVISTA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

174

PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BELLAVISTA. Voter contro e l'emendamento Selvaggi e l'emendamento Clerici, accettando l'articolo 2 cos
come nella formulazione proposta dalla Commissione.
Io penso che la questione di sartoria, cui alludeva l'onorevole Clerici, sia ben posta, ad evitare future, postume
manipolazioni di quelli che costituiscono gli essentialia del tricolore italiano: il verde, il bianco ed il rosso.
Niente sovrapposizioni distintive, dunque.
Do al mio voto appunto questo valore limitativo. Io non ho la competenza araldica, che mostrava poc'anzi di
avere l'onorevole Silipo, n sono chirurgo della fama dell'onorevole Pieri per fare la laparatomia della storia
come egli ha fatto, mentre parlava l'onorevole Condorelli a proposito del contributo di Casa Savoia all'unit
d'Italia. Ma insisto nel dire che il tricolore della Repubblica, che ha perduto quegli attributi distintivi che
accompagnarono l'epopea del Risorgimento, si mantenga almeno per quelli che sono i suoi colori - verde,
bianco e rosso - e senza nessun altro fregio, di altra origine o natura.
Ho inteso dire dall'onorevole Ruini: i fregi sono aboliti. Ebbene, che siano aboliti e definitivamente per tutti e per
qualsiasi parte.
PRESIDENTE. Pongo ai voti l'emendamento Selvaggi.
(Non approvato).
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei confermare che il testo proposto dalla
Commissione questo: La bandiera della Repubblica il tricolore italiano verde, bianco, rosso, a bande
verticali di eguali dimensioni .
La Commissione accetta l'emendamento Clerici, conservando per la specificazione dei colori.
CLERICI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CLERICI. Mi associo alla proposta della Commissione.
PERSICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PERSICO. Desidero una spiegazione: siccome una Commissione di studio deve stabilire l'emblema della
Repubblica, che dovr essere poi approvato dall'Assemblea Costituente, quando l'emblema sar definitivamente
stabilito, esso andr al centro del bianco della bandiera?
BELLAVISTA. No, no!
PRESIDENTE. Onorevole Persico, la sua proposta coincide con altre sulle quali il Presidente della Commissione
ha esercitato la sua critica.
Se comunque desidera fare una proposta formale, la faccia: la spiegazione che lei desidera non pu infatti
considerarsi implicita nella votazione che faremo.

175

PERSICO. Non intendo presentare alcuna proposta formale.


PRESIDENTE. Pongo ai voti la nuova formula proposta dalla Commissione:
La bandiera della Repubblica il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali di eguali dimensioni
.
( approvata - L'Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi - Vivissimi, generali, prolungati applausi).
(La seduta, sospesa alle 18, ripresa alle 18,30).
PRESIDENTE. Si passa all'esame dell'articolo 3, destinato a divenire l'articolo 5 del testo definitivo:
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute .
A questo articolo sono stati presentati due emendamenti, dei quali uno gi svolto, quello dell'onorevole
Condorelli:
Sopprimere le parole: generalmente riconosciute .
Identico emendamento hanno presentato gli onorevoli Carboni, Villani, D'Aragona, Persico, Preti, Binni.
L'onorevole Carboni mantiene l'emendamento?
CARBONI. Non insisto.
PRESIDENTE. Invito il Presidente della Commissione ad esprimere il suo parere.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione ritiene che non sia necessario
togliere l'espressione generalmente riconosciute , perch l'espressione tecnica, di stile, che vuole indicare
questo: il diritto internazionale generale, indipendentemente da quei segmenti di diritto internazionale che sono
costituiti dai trattati fra i vari Stati.
PRESIDENTE. Onorevole Condorelli, ella mantiene il suo emendamento?
CONDORELLI. Lo mantengo; comunque esso stato fatto proprio da altri colleghi.
PRESIDENTE. Gli altri colleghi hanno dichiarato di rinunziarvi. Devo, dunque, porlo in votazione.
COLITTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
COLITTO. Dichiaro che voter a favore dell'emendamento Condorelli.
Le parole, che si intendono sopprimere, anche a me sembrano del tutto superflue, perch - che io sappia - non
esistono norme di diritto internazionale, che possano dirsi non generalmente riconosciute . In tanto una
norma pu qualificarsi di diritto internazionale, in quanto sia generalmente accettata. Se vero, come si disse
nelle discussioni tenute in seno alla prima Sottocommissione, che esiste una comunit internazionale capace di
emanare norme giuridiche a s stanti, o, meglio, se vero che esiste un ordinamento giuridico internazionale
indipendente dalla legislazione dei singoli Stati, non si comprende perch quelle due parole dovrebbero essere
aggiunte.
evidente che le norme giuridiche internazionali sono le norme emanate da quella comunit, o, meglio, le
norme che fanno parte di quell'ordinamento giuridico. Ecco perch a me pare che ulteriori specificazioni non
siano necessarie.

176

PERASSI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PERASSI. Onorevoli colleghi, il Presidente della Commissione ha gi indicato le ragioni per le quali non
riteniamo che sia conveniente di sopprimere le parole generalmente riconosciute .
Le osservazioni fatte dall'onorevole Colitto non portano a modificare questo punto di vista. L'onorevole Colitto
sostanzialmente ha espresso l'avviso che quella espressione sia superflua. A questo riguardo bene precisare
la portata giuridica dell'articolo, di cui si discute. Esso inteso ad inserire nella Costitutuzione una norma che si
pu definire un dispositivo di adattamento automatico dell'ordinamento interno italiano al diritto internazionale.
Ma per quale parte del diritto internazionale si dispone tale adattamento automatico?
L'espressione diritto internazionale , senza la precisazione che l'onorevole Colitto vorrebbe sopprimere,
comprenderebbe tutte le norme internazionali, e cio non solo quelle del diritto internazionale in generale, ma
anche quelle che, essendo create da accordi fra due o pi Stati, hanno carattere di norme particolari.
Ora, nel pensiero della Commissione, l'articolo, come stato formulato, istituisce il meccanismo di adattamento
automatico del diritto interno italiano solo per quanto concerne le norme del diritto internazionale generale,
essendosi ritenuto che convenga lasciare ad altri procedimenti l'adattamento del diritto italiano alle norme del
diritto internazionale poste da convenzioni particolari.
L'onorevole Condorelli, nel suo precedente discorso, aveva egli pure proposto di sopprimere le parole
generalmente riconosciute , ma per un motivo del tutto diverso. Secondo l'onorevole Condorelli, l'espressione
norme generalmente riconosciute sembrerebbe accogliere nella Costituzione un concetto dottrinale, e cio
quello che il riconoscimento sia il fondamento della obbligatoriet delle consuetudini internazionali.
Ora, non con questo significato che quell'espressione usata nell'articolo. Quando si parla di norme
generalmente riconosciute si vuole semplicemente indicare le norme la cui sistenza generalmente ammessa.
Si lascia assolutamente al di fuori della Costituzione ogni richiamo a questioni di ordine teorico sul fondamento
dell'obbligatoriet delle norme internazionali.
Come ha gi detto il Presidente della Commissione, la frase norme generalmente riconosciute si trova in
molte altre Costituzioni. In particolare, era contenuta nell'articolo 4 della Costituzione di Weimar, a cui l'articolo in
discussione si ispirato, ma adottando una formulazione tecnicamente pi appropriata. E cos quella
espressione si trova largamente usata nella corrispondenza diplomatica.
Per queste ragioni riteniamo che, cos precisata la portata dell'articolo, sia necessario mantenere nel testo le
parole generalmente riconosciute .
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento Condorelli.
(Non approvato).
PRESIDENTE. Devesi ora votare l'articolo nel testo della Commissione.
COLITTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
COLITTO. Voto a favore dell'articolo; ma desidero esprimere il dubbio che l'articolo, cos come formulato, non
esprima affatto il concetto dell'ingresso automatico delle norme di diritto internazionale nel nostro ordinamento
giuridico, che pure era nel pensiero dei presentatori.
A mio modesto avviso, occorrer sempre una norma specifica, la quale trasporti la norma di diritto internazionale
nel nostro diritto interno.

177

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo 3, che dovr diventare 5, nel testo della Commissione:
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute .
( approvato - Vivi applausi).
Passiamo all'esame dell'articolo 4, che dovr diventare articolo 6 nel testo definitivo:
L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libert degli altri popoli e consente, a
condizione di reciprocit e di eguaglianza, le limitazioni di sovranit necessarie ad una organizzazione
internazionale che assicuri la pace e la giustizia tra i popoli .
La Commissione, tenendo conto dei vari emendamenti presentati, ha elaborato il seguente nuovo testo:
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert degli altri popoli
e di risoluzione delle controversie internazionali; e consente, in condizioni di parit con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranit necessarie ad un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giutizia fra i popoli
.
Sull'articolo sono stati presentati vari emendamenti.
L'onorevole Russo Perez ha presentato il seguente, gi svolto:
Sopprimerlo.
Ove non sia approvata la soppressione, sostituirlo col seguente:
L'Italia condanna il ricorso alle armi nelle controversie fra le Nazioni e consente, a condizione di reciprocit e di
eguaglianza, le limitazioni di sovranit necessarie ad una organizzazione internazionale che assicuri la pace e la
giustizia fra i popoli .
Non essendo l'onorevole Russo Perez presente, si intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Valiani ha presentato il seguente emendamento, gi svolto:
Sostituirlo col seguente:
L'Italia rinuncia alla guerra come strumento di politica nazionale e respinge ogni imperialismo e ogni adesione
a blocchi imperialistici. Accetta e propugna, a condizione di reciprocit e di eguaglianza, qualsiasi limitazione di
sovranit, che sia necessaria ad un ordinamento internazionale di pace, di giustizia e di unione fra i popoli .
Onorevole Valiani, lo mantiene?
VALIANI. Rinuncio e aderisco a quello dell'onorevole Zagari.
PRESIDENTE. L'onorevole Zagari ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Binni,
Bennani, Zanardi, Carboni, Piemonte, Lami Starnuti, Persico, Fietta, Gullo:
Sostituirlo col seguente:
L'Italia ripudia la guerra come strumento di politica nazionale e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali. Favorisce la creazione e lo sviluppo di organizzazioni internazionali e consente, a condizione di
parit con gli altri Stati, le relative limitazioni di sovranit .

178

L'onorevole Zagari ha facolt di svolgerlo.


ZAGARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Il testo proposto dal Presidente della Commissione non
soddisfacente. il risultato di una fusione fra il primo testo ed il testo dell'emendamento da noi presentato e
come tutti i compromessi ha in s un elemento di equivoco, che prima o dopo finisce con il rompere l'unit
morale, direi, dell'articolo.
La differenza fra l'articolo 4 del progetto e l'emendamento da noi presentato sta in un diverso tono che li
caratterizza. Chi legge l'articolo 4 ha immediatamente la sensazione di una posizione di passivit della nostra
Costituzione nei confronti di un ordinamento che la trascende.
Si dice: l'Italia rinunzia , l'Italia consente . La prima e la seconda parte hanno questo in comune: che
concedono qualche cosa che imposto, ponendo immediatamente dopo una serie di condizioni per cui si
rinuncia alla guerra, ma condizionando la guerra; cio si rinuncia a quella determinata guerra, soltanto alla
guerra di aggressione e si consente poi quella limitazione di sovranit. Manca cio quello che noi riteniamo lo
spirito nuovo che deve animare la Carta costituzionale nei confronti del mondo internazionale.
Circa la nuova dizione, noi saremmo certamente disposti ad accettare la parte relativa alla modificazione della
nostra frase politica nazionale con politica diretta contro la libert degli altri popoli , per quanto riteniamo
che non vi sia una chiarificazione neppure per l'opinione pubblica, perch la guerra come strumento di politica
nazionale ormai una dizione pienamente acquisita dall'opinione pubblica. la dizione del patto Briand-Kellog
che entrata nella Costituzione ed fortemente affermata e quindi rimane pi chiara e meno equivoca dell'altra
forma.
Sul secondo punto ci sembra difficile cedere, perch non solo l'Italia consente alle limitazioni di sovranit, l'Italia
vuole queste limitazioni di sovranit. l'Italia cosciente di un nuovo ordine pacifico, l'Italia che alla base
dell'organizzazione della pace, ed ha interesse a questa organizzazione. Qualcuno pu ritenere che noi si possa
entrare in una sfera in cui noi soli si consente; ma il problema sempre lo stesso, perch sono impegni che noi
prendiamo di fronte alla nostra coscienza nazionale, sono impegni che l'Italia prende di fronte al popolo italiano.
Per tutte queste ragioni noi troviamo che l'unit dell'emendamento debba essere conservata, ed accanto alla
dizione l'Italia ripudia la guerra si debba anche accettare la frase l'Italia favorisce queste limitazioni di
sovranit che sono necessarie per la costituzione di un ordine internazionale che salvaguardi la pace e la
giustizia fra i popoli.
PRESIDENTE. L'onorevole Crispo ha presentato il seguente emendamento, gi svolto:
Alle parole: L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libert degli altri popoli e
consente, sostituire le altre: L'Italia non intraprender alcuna guerra di conquista, n user mai violenza alla
libert d'alcun popolo, e consente .
Onorevole Crispo, ella lo mantiene?
CRISPO. Mantengo la seconda parte del mio emendamento, quella nella quale accenno alla violenza alla
libert, diversa dalla guerra, integrandosi il concetto precedente, nel senso, cio, che non si pu comprimere la
libert di un popolo soltanto attraverso una guerra di conquista, ma si pu usare violenza alla libert di un
popolo anche altrimenti, onde il mio emendamento era redatto cos: L'Italia non intraprender alcuna guerra di
conquista n user mai violenza alla libert di alcun popolo . Mantengo la seconda parte n user mai
violenza alla libert di alcun popolo .
SELVAGGI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
SELVAGGI. In linea di massima sono d'accordo con la nuova dizione dell'articolo proposta dalla Commissione.
Solo prego la Commissione di tener presente la possibilit di sostituire alcune parole.

179

Il testo della Commissione dice: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert degli altri popoli
e di risoluzione delle controversie internazionali . Io proporrei la seguente dizione: L'Italia ripudia la guerra
come strumento di offesa alla libert degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali . Per la seconda parte sono perfettamente d'accordo.
PRESIDENTE. L'onorevole Bastianetto ha presentato il seguente emendamento:
Dopo le parole: limitazioni di sovranit necessarie, aggiungere le altre: alla unit dell'Europa o .
Ha facolt di svolgerlo.
BASTIANETTO. Onorevoli colleghi, se noi vediamo le due dizioni di quest'articolo 4, troviamo nella prima la
rinuncia alla guerra, nella seconda il ripudio della guerra. Ma sia l'una dizione che l'altra vanno benissimo
per me, cio per quello che l'emendamento da me presentato; perch il mio emendamento si inserisce in
quella che la seconda parte dell'articolo 4 che, presso a poco, eguale sia nell'una che nell'altra dizione.
L'articolo 4 veramente da dividersi in due parti. In una parte vi quella che si pu dire la sintesi di tutto il
recente diritto internazionale in materia di guerra. Vorrei dire che nella prima parte noi troviamo quella che
stata la grande speranza di tutti gli uomini politici, speranza che si sintetizza nel patto Kellogg. Ora, per me, la
dizione rinuncia assai pi estesa ed assai pi concreta di quello che possa essere la parola ripudio . Ma
io non debbo soffermarmi in questa prima parte, perch a me interessa la seconda parte, nella quale trovo che
l'Italia consente, in condizioni di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit necessarie ad un
ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra i popoli. Ora, proprio in questo consente
alle limitazioni di sovranit che ci troviamo di fronte a quella che la sintesi della odierna politica
internazionale. Noi abbiamo assistito negli ultimi due o tre anni all'impostazione del problema della rinunzia della
sovranit; e questo problema si concretizzato nella Carta di San Francisco: le Nazioni Unite hanno rinunciato a
parte della loro sovranit.
Ora, noi non sappiamo quello che ci dar l'avvenire in materia di organizzazioni internazionali. Noi al presente
vediamo una sola grande organizzazione internazionale, l'O.N.U., che mondiale, e non consideriamo i
problemi a noi pi vicini che sono quelli europei. Per questo propongo di inserire in quest'articolo 4, dopo la
parola necessarie quelle mie modestissime parole alla unit dell'Europa o .
Perch questo, onorevoli colleghi? Perch questo emendamento? Lasciamo stare l'abbondante letteratura sui
problemi dell'unit europea, lasciamo stare tutti i discorsi che sono stati fatti in quest'ultimo secolo dagli uomini
politici pi eminenti in tutti i paesi d'Europa, lasciamo stare quelli che sono stati i tentativi di Kovenhoe Kalergi e
di Briand, lasciamo stare i pi recenti discorsi di Smuts e di Churchill, e fermiamoci a considerare il sogno,
l'aspirazione di Mazzini, che aveva visto la salvezza dell'Europa nella sua unit. Ora, onorevoli colleghi, noi non
sappiamo quale sar l'avvenire dell'Europa; quello che sentiamo profondamente in noi che alla unit si dovr
arrivare.
Noi qui siamo uniti per dare alla nostra Patria una grande Carta costituzionale; questa la nostra speranza; e,
se in questa Carta costituzionale potremo inserire la parola Europa , noi incastoneremo in essa un gioiello,
perch inseriremo quanto vi di pi bello per la civilt e per la pace dell'Europa. Perch, badate, onorevoli
colleghi, dal punto di vista economico questa Europa non si scinde pi; dal punto di vista politico-militare
nemmeno si scinde pi; dal punto di vista ideologico noi vediamo gi che i partiti politici hanno un grande
funzione in questa unit europea. Quando l'altro giorno il Presidente onorevole Terracini, dopo la lettura del
telegramma di Herriot, disse che quella era stata la prima manifestazione in cui si vista stendere una mano al
di sopra delle frontiere, io ho pensato che questa mano possono stenderla tutti i partiti politici per proprio conto.
L'altra settimana abbiamo visto i laburisti inglesi che la stendevano col loro ordine del giorno. Qualche giorno fa
in Francia il M.R.P. votava un ordine del giorno auspicante gli Stati Uniti d'Europa. In tutti i Paesi del centro
d'Europa c' questa aspirazione. Ora, se tutti i partiti politici - perch non c' dubbio che i partiti politici hanno
questa altissima e grandissima funzione di moralizzare la vita, la politica, l'avvenire dell'Europa - se tutti i partiti
hanno questa funzione e la sentono profondamente, non c' dubbio, o colleghi, che noi potrebo anche veder
realizzata l'unit europea; ed con questo augurio e con questa speranza che io auspico che l'emendamento
sia accolto.

180

Non sappiamo quello che sar l'avvenire dell'Europa ed forse prematuro pensare - non per per mio conto agli Stati Uniti d'Europa o ad una Federazione di Repubbliche europee; a me basta inserire il concetto che,
come nella Costituzione consideriamo l'uomo, e sopra l'uomo la famiglia, e poi la Regione e lo Stato, cos, sopra
lo Stato e prima dell'organizzazione mondiale internazionale, vi sia l'Europa, la nostra grande Patria, perch,
prima di tutto, noi siamo cittadini europei. Per questo chiedo che l'emendamento venga accolto e vi insisto.
(Applausi) .
PRESIDENTE. Credo che la Commissione abbia gi espresso nettamente il suo avviso tenendo conto di tutti gli
emendamenti e proponendo un testo nuovo. Comunque l'onorevole Presidente della Commissione ha facolt di
esprimere il suo avviso.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Debbo far notare come anche qui aleggia nell'Aula su
tutti noi un'ispirazione comune, un'esigenza da tutti sentita di condannare la guerra e di tendere ad una
organizzazione internazionale.
Questo il punto comune. Le altre diventano piuttosto questioni di formulazione tecnica. Ho discusso
amichevolmente con l'onorevole Zagari, alla ricerca non di un compromesso, ma di un'espressione migliore e
pi completa. Speravo di esservi riuscito; ma se difficile mettersi d'accordo, per esprimere un sentimento
comune, a 75 membri della Commissione, immaginate come pi difficile mettere d'accordo 550 persone.
quasi impossibile improvvisare definizioni tecniche precise, ed esatte, in un dibattito che pur rivela tanta
competenza e tanto appassionamento.
Dir le ragioni per cui la Commissione stamani ha ritenuto di accogliere alcuni degli emendamenti presentati e di
fonderli nel suo testo; che era in origine: L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa
alla libert degli altri popoli e consente... . Risuonava qui come un grido di rivolta e di condanna del modo in cui
si era intesa la guerra nel fosco periodo dal quale siamo usciti: come guerra sciagurata di conquista e di offesa
alla libert degli altri popoli. Ecco il sentimento che ci ha animati. Ma giusta l'osservazione fatta anche
dall'onorevole Nitti che per sembra esagerato e grottesco parlare, nelle nostre condizioni, di guerra di
conquista. meglio trovare un'altra espressione.
Si tratta anzitutto di scegliere fra alcuni verbi: rinunzia, ripudia, condanna, che si affacciano nei vari
emendamenti. La Commissione, ha ritenuto che, mentre condanna ha un valore etico pi che politicogiuridico, e rinunzia presuppone, in certo modo, la rinunzia ad un bene, ad un diritto, il diritto della guerra
(che vogliamo appunto contestare), la parola ripudia , se pu apparire per alcuni richiami non pienamente
felice, ha un significato intermedio, ha un accento energico ed implica cos la condanna come la rinuncia alla
guerra.
Dopo i verbi, veniamo ai sostantivi. Si , in alcuni emendamenti, negata la guerra, come strumento di politica
nazionale e di risoluzione delle controversie internazionali. Sono formule corrette, a cui ricorrono documenti ed
atti internazionali, come il patto Kellogg, che, ahim, dovrebbe essere ancora in vigore! Non ci dobbiamo
comunque dimenticare che la Costituzione si rivolge direttamente al popolo: e deve essere capita. Parlare di
politica nazionale non avrebbe un senso chiaro e determinato. Da accettare invece, perch definitiva, la
negazione della guerra come risoluzione delle controversie internazionali . Potrebbe bastare; ma si posto
uno scrupolo: se non sia opportuno richiamare anche quel termine di negazione della guerra come strumento
di offesa alla libert altrui che ha una ragion d'essere, una accentuazione speciale che pu restare a s di
fronte agli altri mezzi di risoluzione delle controversie internazionali. Ecco perch la Commissione propone:
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert degli altri popoli e di risoluzione delle controversie
internazionali .
Veniamo alla seconda parte.
Accettiamo, invece di reciprocit e uguaglianza , l'espressione in condizione di parit con gli altri Stati .
Non avremmo nessuna difficolt ad accogliere la proposta Zagari: favorisce la creazione e lo sviluppo di
organizzazioni internazionali . Ma qualcuno ha chiesto: di quali organizzazioni internazionali si tratta? Non si
pu prescindere dalla indicazione dello scopo. Vi possono essere organizzazioni internazionali contrarie alla
giustizia ed alla pace. L'onorevole Zagari ha ragione nel sottolineare che non basta limitare la sovranit

181

nazionale; occorre promuovere, favorire l'ordinamento comune a cui aspira la nuova internazionale dei popoli.
Ma l'attivit positiva diretta a tale scopo certamente implicita anche nella nostra formulazione: che dovrebbe
essere (e non facile qui su due piedi) tutta rimaneggiata, col rischio di perdere l'equilibrio faticosamente
raggiunto di un bell'articolo.
La questione sollevata dall'onorevole Bastianetto, perch si accenni all'unit europea, non stata esaminata
dalla Commissione. Per, raccogliendo alcune impressioni, ho compreso che non potrebbe avere l'unanimit dei
voti. L'aspirazione alla unit europea un principio italianissimo; pensatori italiani hanno messo in luce che
l'Europa per noi una seconda Patria. parso per che, anche in questo momento storico, un ordinamento
internazionale pu e deve andare anche oltre i confini d'Europa. Limitarsi a tali confini non opportuno di fronte
ad altri continenti, come l'America, che desiderano di partecipare all'organizzazione internazionale.
Credo che, se noi vogliamo raggiungere la concordia, possiamo fermarci al testo della Commissione, che,
mentre non esclude la formazione di pi stretti rapporti nell'ambito europeo, non ne fa un limite ed apre tutte le
vie ad organizzare la pace e la giustizia fra tutti i popoli.
PRESIDENTE. Comunico che l'onorevole Leone Giovanni ha presentato il seguente emendamento firmato
anche dagli onorevoli Bettiol, Monticelli, Numeroso, Borsellino, Medi, Jervolino, De Michele, Gortani e altri:
Sostituire alle ultime parole della formulazione della Commissione: tra i popoli, le altre: tra le Nazioni .
L'onorevole Leone Giovanni ha facolt di svolgerlo.
LEONE GIOVANNI. Il nostro emendamento mira, pi che altro, ad un perfezionamento formale.
PRESIDENTE. L'onorevole Presidente della Commissione per la Costituzione ha facolt di esprimere il suo
avviso.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione non ha nessuna difficolt ad
accettare l'emendamento.
PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere alla votazione dei quattro emendamenti mantenuti.
Il primo quello sostitutivo dell'onorevole Zagari, per il quale comunico di aver ricevuto una richiesta di
votazione per appello nominale, firmata dagli onorevoli Zagari, Bocconi, Matteotti Matteo, Bennani, Pieris,
Ruggiero, Lami Starnuti, Momigliano, Gullo Rocco, Vigorelli, Di Gloria, Carboni, Canevari, Fietta, Fedeli, Nasi,
Taddia, D'Aragona.
Chiedo ai colleghi che hanno chiesto l'appello nominale se insistono nella loro richiesta. (Commenti - Rumori).
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non un problema politico.
PRESIDENTE. Onorevole Zagari, ella mantiene la richiesta di votazione per appello nominale?
ZAGARI. Signor Presidente, noi rinunciamo alla richiesta di appello nominale, e ritiriamo anche l'emendamento,
dopo i chiarimenti dati dal Presidente della Commissione, limitandoci ad una dichiarazione di voto.
Noi dichiariamo che, accettando la formula proposta dalla Commissione, diamo a questa formula un contenuto
leggermente diverso da quello dato dal Presidente nelle sue recenti dichiarazioni. Noi riteniamo che, col ripudio
della guerra, si intenda anche sotterrare un passato di aggressione che stato il prodotto di una classe dirigente
superata. (Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Presidente della Commissione. Ne ha facolt.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione.. Ripeto all'onorevole Zagari che la proposta primitiva
della Commissione non era l'eco, ma la pi netta antitesi del passato di aggressione e di conquista. Se nella
nuova dizione non abbiamo creduto di limitarci a questo, e di estendere l'orizzonte comprendendovi il ripudio

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della guerra come risoluzione delle controversie internazionali, perch abbiamo voluto superare quel primo
senso pi ristretto, che per - intendiamoci bene - era proprio la condanna pi esplicita, pi sdegnosa, pi netta
dei sistemi del passato. (Applausi).
PRESIDENTE. Credo che si possa intanto porre ai voti la prima parte dell'articolo cos come formulata dalla
Commissione, salvo poi votare la formula aggiuntiva proposta dall'onorevole Crispo.
Chiedo alla Commissione se accetta le parziali modificazioni proposte dall'onorevole Selvaggi.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Accettiamo.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte dell'articolo nel seguente testo:
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali .
( approvata).
Pongo ai voti l'aggiunta proposta dall'onorevole Crispo: n user mai violenza alla libert di alcun popolo .
(Non approvata).
Passiamo ora alla seconda parte dell'articolo, nel testo della Commissione:
e consente, in condizioni di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit necessarie ad un ordinamento
internazionale, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni .
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bastianetto. Ne ha facolt.
BASTIANETTO. A seguito delle dichiarazioni del Presidente, seppure a malincuore, ritiro il mio emendamento.
Pensavo che, nel quadro delle organizzazioni internazionali, e nel quadro soprattutto dei regionalismi
internazionali, previsti dalla stessa O.N.U., fosse stata possibile questa affermazione di fede europea. Il
Presidente mi ha persuaso. Per faccio voto, colleghi, che si avveri questo sogno della unit, e lo faccio non
soltanto come deputato ma come mutilato di guerra, a nome dei mutilati di guerra, facendo presente che il
Presidente dell'Associazione nazionale fra mutilati e invalidi di guerra mi ha inviato in questo senso un ordine del
giorno. La mia affermazione sia quindi affermazione di fede per ci che sar il domani: non sappiamo se gli Stati
Uniti d'Europa o una Federazione di Stati europei; comunque, voto per la unit di questa Europa di cui siamo
cittadini. (Applausi).
CORBINO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CORBINO. Dichiaro che noi approveremo il testo proposto dalla Commissione; ma desideravo fare una
constatazione, che dovrebbe andare un po' al di l della nostra Aula. Desideravo far constatare che per l'Italia,
noi dell'Assemblea Costituente della Repubblica italiana, accettiamo volontariamente in questo istante l'impegno
di consentire - in parit con gli altri Stati - a tutte quelle limitazioni di sovranit necessarie ad un ordinamento
internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.
Ora, non pu essere senza significato il voto che noi daremo a questo articolo, quando si pensi che alla
Assemblea Costituente dovr venire fra poco per la ratifica un Trattato che, per le sue condizioni, costituisce una
vera menomazione della nostra sovranit e della nostra indipendenza effettive. (Approvazioni) .
Ecco perch io vorrei che si prendesse atto di questa nostra concezione della solidariet internazionale: il
popolo italiano, dopo aver ripudiato le recenti guerre di un passato che non nostro, intende chiedere agli altri

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popoli la stessa solidariet, per assicurare la pace e la giustizia per tutti e, soprattutto, per garantire la nostra
indipendenza e la nostra sovranit. (Vivi applausi).
CIANCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CIANCA. Noi voteremo l'articolo cos come stato redatto nell'ultima edizione.
Dobbiamo dire che votiamo questo articolo con la coscienza di compiere un dovere di italiani e di europei. Ed
per questo che esprimiamo il nostro rincrescimento per il fatto che l'onorevole Bastianetto abbia ritirato il suo
emendamento aggiuntivo: egli ha detto che usava delle piccole parole: si espresso molto modestamente; in
realt, queste piccole parole esprimevano una grande aspirazione e una grande speranza.
Aveva ragione l'onorevole Ruini di dire che noi dobbiamo guardare al futuro e comprendere in questo futuro
l'aspirazione ad una unit che varchi i confini dell'Europa.
Ma evidente che, in queste previsioni, dobbiamo attenerci alle probabilit, alle possibilit pi vicine: ecco
perch noi votiamo l'articolo includendo idealmente in esso l'emendamento a cui l'onorevole Bastianetto ha
rinunciato.
(La seconda parte dell'articolo approvata).
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo 4, che diventer l'articolo 6 della Costituzione, nel suo complesso:
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali, e consente, in condizioni di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit
necessarie ad un ordinamento internazionale, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni .
( approvato - Vivi applausi).
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica
italiana.
Dobbiamo esaminare l'articolo 5 del progetto, che diventer l'articolo 7 del Testo definitivo.
Lo Stato e la Chiesa cattolica, sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi. Qualsiasi modificazione dei Patti, bilateralmente accettata,
non richiede procedimento di revisione costituzionale.
Le altre confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino
con l'ordinamento giuridico italiano. I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese, ove siano
richieste, con le rispettive rappresentanze .
A questo articolo sono stati presentati numerosi emendamenti, dei quali i seguenti sono stati gi svolti:
Sostituirlo col seguente:
Tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge.

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I rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari in armonia con la presente
Costituzione.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti. I rapporti
con lo Stato, ove queste confessioni lo richiedano, sono regolati per legge sulla base di intese con le rispettive
rappresentanze.
Calamandrei, Cianca, Lussu, Schiavetti, Foa, Codignola, Mastino Pietro, Lombardi Riccardo, Valiani .
Far precedere al primo comma il seguente:
La religione cattolica la religione professata dalla enorme maggioranza del popolo italiano.
Rodin Mario, Coppa Ezio .
Prima delle parole: Lo Stato e la Chiesa cattolica, aggiungere le parole: Tutte le confessioni religiose sono
uguali di fronte alla legge.
Ruggiero .
Sostituire i primi due commi col seguente:
Lo Stato riconosce l'indipendenza della Chiesa cattolica, con la quale continuer a regolare i suoi rapporti per
mezzo di patti concordatari.
Qualora il secondo comma sia mantenuto nel testo attuale, dopo le parole: Patti lateranensi, aggiungere le
seguenti: in quanto non sono contrari alla Costituzione.
Crispo .
Sostituire il primo e il secondo comma con i seguenti:
L'Italia riconosce la sovranit della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua
natura, in conformit alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione nel mondo.
I rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica continueranno ad essere regolati da patti concordatari.
Bassano .
Trasferire il terzo comma, opportunamente coordinato, all'articolo 14, in funzione di garanzia della libert
religiosa.
Nobili Tito Oro .
L'onorevole Della Seta ha presentato il seguente emendamento:
Sostituirlo col seguente:
Lo Stato e le singole Chiese sono, ciascuno nel proprio ordine interno, indipendenti e sovrani.
I rapporti tra lo Stato e ogni singola Chiesa sono disciplinati per legge.
Per i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica potranno essere mantenute, in termini di concordato, quelle norme
dei Patti lateranensi che, nello spirito e nella lettera, non contrastino con le norme fondamentali della
Costituzione repubblicana .

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Ha facolt di svolgerlo.
DELLA SETA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento a quello che fu l'articolo 5 e che oggi
divenuto l'articolo 7, l'emendamento, che, pi che a nome del mio Gruppo, mi onoro di presentare a nome della
scuola repubblicana italiana, non certo un emendamento che, lasciando immutato il concetto, si limiti a
sostituire una qualche parola ad un'altra, una qualche locuzione ad altra locuzione; ma un emendamento - per
chi voglia e sappia leggerlo senza prevenzioni - che, in fondo, non tende ad annullare radicalmente quanto
consacrato nell'articolo 5 del progetto di Costituzione.
superfluo che io faccia una personale dichiarazione. Non parlo n come apologeta di questa o di quella
confessione religiosa, n come difensore di questa o di quella Chiesa; parlo per rivendicare la bellezza morale di
un principio, che io, per il primo, rivendicherei in difesa degli stessi cattolici, se ai cattolici, qualora fossero in
minoranza, venisse fatto quel trattamento che ancora oggi, in Italia, fatto alle minoranze religiose. Conforme
ai princip della pura democrazia, conforme a quelli che sono i pronunciati ultimi della scienza giuridica e politica,
conforme soprattutto al dettato della coscienza morale, di quella coscienza, che moralmente, giuridicamente e
politicamente, rivendica, come sua conquista immarcescibile, il risultato di tutto il processo storico, io intendo
solamente riportare sopra un piano spirituale pi alto, sopra un piano pi squisitamente etico - pi alto che non
sia quello unilateralmente ed egoisticamente confessionale - il fondamento della soluzione del formidabile e
secolare problema dei rapporti fra la Chiesa e lo Stato.
In verit, un popolo che, nel pieno esercizio della sua sovranit, si accinge a dare a se stesso la propria
Costituzione repubblicana, non dovrebbe sentire alcun bisogno di consacrare nella Costituzione la sovranit
dello Stato; al modo stesso che una pi alta educazione morale e civile e un pi alto grado di maturit politica
dovrebbero non far sentire alcuna necessit di consacrare nella Costituzione la indipendenza e la sovranit della
Chiesa.
Verr un tempo nel quale i tardi nepoti - salvo l'interessamento che potranno avere come documento storico - si
meraviglieranno di queste nostre discussioni, come noi oggi ci meravigliamo che vi sia stato un tempo nel quale
spiriti illuminati abbiano potuto seriamente discutere se l'uomo per natura nasca libero o schiavo.
Ma una Costituzione una Costituzione. Non pu non riflettere il momento storico nel quale viene elaborata; e
troppe, in Europa, in ogni paese civile, e, per ragioni particolari, in questa nostra Italia, troppe sono state e sono
le preoccupazioni da parte dello Stato di una possibile invadenza della Chiesa e da parte della Chiesa di una
possibile invadenza dello Stato, perch non siasi potuto ritenere naturale e legittima la necessit di consacrare
nella Costituzione l'indipendenza e la sovranit dello Stato, nonch l'indipendenza e la sovranit della Chiesa.
Ora, poich il problema specifico, che con l'articolo 5 del progetto si posto, non quello generico della libert
religiosa, ma bens il problema dei rapporti tra lo Stato e la. Chiesa, mi sia permesso di fare talune dichiarazioni
che non rispondono ad espedienti tattici suggeriti dalla contingenza del momento, ma si riferiscono a princip
fondamentali che fanno parte della dottrina di tutta la scuola repubblicana.
La critica religiosa, in sede teologica e filosofica, pu discutere tutti i dogmi; ma la Chiesa - ogni Chiesa -
libera, liberissima di considerare quei dogmi di cui essa si ritiene depositaria come l'assoluta verit religiosa; col
conseguente diritto - un diritto per pericoloso perch radice di tutte le intolleranze - di condannare quelle
opinioni, quelle dottrine che, a suo insindacabile giudizio, essa ritiene eterodosse, ereticali.
In sede morale e giuridica si pu discutere l'ordinamento istituzionale di una data Chiesa; si pu valutare se, con
spirito pi o meno democratico o aristocratico, un dato ordinamento ecclesiastico sia pi o meno conforme al
codice religioso di cui essa, la Chiesa, si dichiara depositaria. Ma la Chiesa - ogni Chiesa - libera, liberissima
di dare a s stessa quell'ordinamento istituzionale che ritiene il migliore.
Si potr, al modo stesso, valutare quanto una data liturgia abbia, pi o meno, di materialismo o di spiritualismo;
ma la Chiesa - ogni Chiesa - libera, liberissima di disciplinare, come crede, l'esercizio del culto. Dico di pi. La
Chiesa, ogni Chiesa, dovrebbe essere spiritualmente cos gelosa della propria indipendenza da non volere
essere sussidiata dallo Stato, da dovere essere solo sorretta dal contributo spontaneo, generoso e davvero
religioso, dei suoi fedeli. In tutto questo campo, piena indipendenza dunque della Chiesa, di ogni Chiesa. Lo
Stato non ha qui nessun titolo per nessuna ingerenza. Esso non ha che il dovere di vigilare onde, sotto la

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maschera della religione, non si professino princip e non si celebrino riti contrari all'ordine pubblico e al buon
costume.
Tutto questo, salvo errore, sancisce l'articolo 5 del progetto nei riguardi della Chiesa cattolica. E noi ce ne
compiacciamo; noi teniamo che sia riconosciuta per la Chiesa cattolica questa indipendenza, questa sovranit;
se fosse disconosciuta saremmo noi i primi a rivendicarla.
Quale la differenza allora tra l'articolo 5 ed il primo comma del nostro emendamento?
Noi affermiamo che quella indipendenza e quella sovranit che sono riconosciute per la Chiesa cattolica,
debbono del pari essere riconosciute per tutte le altre Chiese, per le Chiese cui appartengono le minoranze
religiose. Questo il punto.
Anche le altre Chiese, cui appartengono le minoranze religiose, noi consideriamo istituti originari e non derivati.
Il loro essere non deriva dal riconoscimento dello Stato; sono in quanto anche esse sentono il loro
fondamento mistico in Dio; sono per la stessa libera volont dei credenti di associarsi.
La Chiesa valdese, ad esempio, ha un suo statuto, che non pu non essere riconosciuto e rispettato.
Anche le comunit israelitiche hanno norme istituzionali e disciplinari che hanno sfidato i secoli attraverso tutte
le persecuzioni; anche queste debbono essere riconosciute e rispettate.
Se poi, sottilizzando, si vuol fare la distinzione tra una questione di fatto ed una questione di principio, rispondo
che questi statuti, quando nel fatto esistono, debbono essere riconosciuti come gi consacranti la indipendenza
e la sovranit di queste Chiese; quando non esistono, rimane il principio, che non pu non essere consacrato
nella Costituzione, come diritto potenziale per ogni comunit religiosa costituita o costituenda.
Questo, dunque, e non altro, il significato del primo comma del mio emendamento: Lo Stato e le singole
Chiese sono, ciascuno nel proprio ordine interno, indipendenti e sovrani .
Nessun disconoscimento, teniamo a ripeterlo, della indipendenza e della sovranit della Chiesa cattolica; ma
come attuazione, anche in questo campo, del principio democratico della eguaglianza, riconoscimento della
indipendenza e della sovranit delle altre Chiese, delle Chiese cui appartengono le minoranze religiose.
Il secondo comma si ispira ad una constatazione di fatto di ordine etico e sociologico; ad una constatazione per
cui, a meno di non peccare di astrazione, non possono i due attributi della indipendenza e della sovranit essere
considerati come un qualcosa di assoluto.
Voi, democristiani, avete, nella discussione, troppo accentuato la esigenza della separazione e della distinzione.
Voi dovreste essere con me nel riconoscere che la nota seducente formula cavouriana: libera Chiesa in libero
Stato , con la successiva immagine delle due parallele che si prolungano senza incontrarsi mai, sono formule e
immagini contingenti, esprimenti un periodo di transizione e di transazione, per cui la separazione poteva
presentarsi come la soluzione pi prudente e pi pratica, nel momento nel quale i due istituti, la Chiesa e lo
Stato, erano in aperto e forte contrasto.
Ma ben altra la realt etica e sociologica. V' una interdipendenza insopprimibile tra i due istituti, non solo
esplicabile col fatto che la loro attivit si esplica, simultaneamente, sullo stesso territorio. La interdipendenza
spirituale. Al modo stesso che non dato all'individuo, se ha una fede, di operare in s uno sdoppiamento della
personalit, onde se si conforta in una visione religiosa della vita non pu non trasfondere questa sua religiosit
in ogni campo della sua attivit, onde non riuscirete mai a disgiungere, ad esempio, il credente dal legislatore e
dall'educatore, cos, quando una Chiesa sia una vera Chiesa, cio una Chiesa docente e non politicante, cos lo
Stato non pu non avvantaggiarsi del magistero spirituale della Chiesa, la di cui funzione pedagogica si risolve,
dovrebbe risolversi, in un maggiore potenziamento del senso etico, al modo stesso che una Chiesa si
avvantaggia nel compimento del suo magistero spirituale, se questo pu svolgersi in uno Stato rettamente
ordinato, in una societ non turbata da continui mutamenti e sconvolgimenti.

187

Tra i due istituti, lo Stato e la Chiesa, non possono quindi non stabilirsi continui contatti e rapporti. E se rapporti
vi sono, non possono non essere disciplinati. E poich una tale disciplina non pu trovare la sua particolare
formulazione nella Costituzione, essa non pu non essere disciplinata per legge.
Legge, teniamo a ripeterlo, che non il titolo legittimante la ragion d'essere delle diverse Chiese, delle diverse
comunit religiose. Ma legge che esprime la necessit di precisare e di garantire, in termini giuridici, in norme di
diritto pubblico interno, quei rapporti tra i due istituti che ritrovano il loro fondamento in pi alte esigenze di
ordine etico e spirituale.
Non in contrasto col principio democratico il ritenere che questa disciplina dei rapporti per mezzo della legge
non una facolt lasciata all'arbitrio delle parti, ma un necessit di ordine morale, giuridico e politico, nella
quale i due istituti ritrovano, ciascuno, una maggiore garanzia di vita e di un pi sereno e sano svolgimento.
Tutto questo, e nulla pi, vuol significare il secondo comma del mio emendamento: i rapporti tra lo Stato e ogni
singola Chiesa sono disciplinati per legge.
Ma questo principio di eguaglianza che, di fronte allo Stato, recisamente rivendichiamo per tutte le Chiese, non
ci porta, come politici e come legislatori, a chiudere gli occhi alla realt.
Non possiamo disconoscere che in Italia v' una Chiesa che vanta una tradizione secolare; una Chiesa che,
come tante altre Chiese, se ha avuto pagine oscure, altre ne possiede, luminosissime, esprimenti tutta una
civilt; una Chiesa che, nella patria nostra, accoglie nel suo grembo la maggioranza dei credenti.
per questo che, nel terzo comma del mio emendamento, si afferma che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa
cattolica siano disciplinati in termini concordatari.
Ma al termine concordato noi diamo un significato non solo giuridico e politico, ma anche psicologico e
morale. Un concordato non si riduce all'incontro di due volont; queste volont debbono essere animate da
verace spirito di concordia.
Sulle stesse labbra di coloro che, come l'onorevole Tupini e l'onorevole Riccio, hanno difeso, con recisa
intransigenza, i Patti lateranensi, pi volte abbiamo colta l'affermazione che la Chiesa cattolica cristiana ed
umana, che essa non intende irrigidirsi nelle sue posizioni, che essa disposta a rivedere, a integrare, a
correggere.
Coraggio, dunque! Che uomini di buona volont, nella reciproca comprensione e nel rispetto reciproco, si
pongano attorno ad un tavolo per stipulare il nuovo Concordato!
E si cominci a non pi parlare di Patti lateranensi. Questi Patti, per calcolo machiavellico, sono stati firmati dal
dittatore e non dal popolo nel pieno esercizio della sua sovranit. Questi Patti portano, esplicito, il
riconoscimento dell'istituto monarchico e la loro inserzione nella Costituzione repubblicana non una garanzia
sufficiente per l'atteggiamento della Chiesa. Questi Patti sono indissolubilmente legati al periodo pi tragico e
ignominioso dalla nostra storia. Non interesse della Chiesa che un tale ricordo rimanga.
Si stipuli, dunque, il nuovo accordo. Ma sia un accordo, leale che, nei rapporti tra Chiesa e Stato, sancisca
princip ispirati ad un alto senso di giustizia.
E noi, repubblicani storici che, sui pi alti princip ideali e morali, non conosciamo atteggiamenti ambigui, non
ammettiamo mercanteggiamenti politici, non siamo turbati da preoccupazioni elettorali, noi, con piena lealt,
dichiariamo categoricamente: noi non accettiamo lo Stato confessionale. Esso ci riporta allo Stato paternalistico
o dittatoriale. Esso, su questo punto, ci riporta alla Costituzione napoletana di borbonica memoria; alla
Costituzione austriaca, ancor di memoria pi esecrabile; ci riporta allo Statuto albertino, nonch ad un patto che
porta il marchio del fascismo. per questo suo retrocedere a posizioni dalla coscienza moderna ormai superate,
che io, nel mio antecedente discorso, dichiarai che questa del progetto una Costituzione anacronistica, una
Costituzione bifronte.

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Noi siamo contro la confessionalit dello Stato. Siamo per la libert di coscienza sancita, nella Costituzione,
come la prima, la fondamentale tra le pubbliche libert. La libert di coscienza pi ampia della semplice libert
religiosa. Questa ci fa pensare pi ai credenti di date religioni storiche, tradizionali, pi agli appartenenti ad una
data Chiesa; la libert di coscienza, nello stesso campo religioso, rivendica un diritto che non pu non essere
riconosciuto anche a favore dei liberi credenti, cio di quelli che, al di fuori di ogni Chiesa costituita, celebrano la
loro religiosit nel mistico immediato rapporto della loro anima con Dio.
Noi siamo contro la confessionalit dello Stato. Ed esserlo non rivelare sentimenti ostili alla religione, tanto
meno mostrarsi ostili alla Chiesa cattolica. Stato laico, quello che noi rivendichiamo, non significa affatto, come
una certa interpretazione tendenziosa vorrebbe far credere, non significa Stato ateo, irreligioso, o antireligioso.
Noi, per un alto sentimento di educazione civile, non ci siamo mai macchiati di certe forme volgari di
anticlericalismo. Pi di una volta, con la parola e con la penna, nella stessa Voce repubblicana, abbiamo
richiamato al rispetto verso i sacerdoti. Stato laico, per noi quello nel quale, in piena libert e nel rispetto
reciproco, tutti i credenti, senza mortificanti discriminazioni. confessionali, possono, individualmente e
collettivamente, privatamente e pubblicamente, testimoniare la loro fede.
Supponiamo che, per un sentimento generoso, per un omggio alla religione della maggioranza, noi
consentissimo a che tale religione venisse riconosciuta come religione di Stato. Non potremmo, nostro
malgrado, consentire perch non possiamo non temere le illazioni che, per logica istituzionale, dal
confessionalismo dello Stato ineluttabilmente derivano.
questo confessionalismo che fa della contradittoriet una delle note pi salienti, deprecabilissima, di questo
progetto di Costituzione.
questo confessionalismo che risolve in un'amara ironia, se non in una beffa, il principio della eguaglianza cos
solennemente sancito nel progetto di Costituzione.
Che vale il principio della eguaglianza sancito nell'articolo 7 e il diritto riconosciuto, per ogni cittadino, nell'articolo
48, di accedere ai pubblici impieghi e aver proclamato, nell'articolo 27, la libert dell'insegnamento, se poi, per
l'articolo 5 del Concordato, la Chiesa, non paga della condanna ecclesiastica, chiede dallo Stato, dal braccio
secolare, la condanna civile per un cittadino ex-sacerdote, peccatore per esser venuto, nella indagine scientifica,
nella indagine storica e filosofica, a conclusioni diverse da quelle che la Chiesa dogmaticamente sostiene, la
condanna, dico, vietandogli il pubblico insegnamento, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, cio ad una
pena che il Codice penale aggiunge ad una pena pi grave, alla pena dell'ergastolo, per i reati pi infamanti?
C' di pi. Si ha un bell'affermare, con l'articolo 28 del progetto, il diritto dei cittadini all'istruzione, il diritto a
frequentare la scuola pubblica. Come conciliare questo diritto con l'articolo 36 del Concordato, per cui la Chiesa,
non paga di avere, come suo legittimo diritto, le proprie scuole private confessionali; non paga di avere inserito
nella scuola pubblica l'insegnamento religioso, esige anche che tutto, tutto l'insegnamento, nella scuola
elementare e nella scuola media, abbia come fondamento e come coronamento l'insegnamento della dottrina
cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica? Gli accattolici, sia come insegnanti, sia come
discepoli, dovranno astenersi dal frequentare la scuola pubblica, a meno di non dover subire una violenza alla
propria coscienza religiosa?
C' di pi ancora. Noi abbiamo un Codice penale - dedico queste mie parole a lei, onorevole Ministro della
giustizia - noi abbiamo un Codice penale, che costituisce questa mostruosit morale: un Codice che si fa
istigatore del reato che si prefigge di reprimere; un Codice che, pel reato di offesa al sentimento religioso,
commina una pena diversa, secondo la confessione religiosa dell'offeso. Pena pi grave, se l'offesa ferisce il
sentimento religioso della maggioranza, meno grave se ferisce il sentimento religioso delle minoranze. Anzi vi
un'azione, il pubblico vilipendio, che viene punita, solo se va ad offendere la religione dello Stato, cio il
sentimento religioso della maggioranza.
Tutto questo - come gi si fatto per la pena di morte - tutto questo, non solo a rispetto delle minoranze, ma a
difesa del buon nome della patria, deve essere dalla legge abolito.
Noi non conosciamo che una norma. Lo Stato, quale istituto giuridico e politico, rappresenta tutti i cittadini. I
cittadini riconoscono se stessi nello Stato; lo Stato riconosce se stesso nei cittadini. Se volete ricercare un

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motivo etico-religioso nello Stato, questo lo ritroverete nel principio della giustizia. Giustizia che, come sua prima
attuazione, reclama il rispetto del principio della eguaglianza. Eguaglianza intesa non come utopistico
egalitarismo livellatore, ma come negazione di ogni privilegio. In vera democrazia, come non si ammettono
privilegi di casta, di classe, di partito o di censo, cos non si possono ammettere privilegi confessionali.
A parit di doveri, parit di diritti. Quando lo Stato, senza discriminazioni confessionali, chiama ogni cittadino ad
alimentare con le proprie ricchezze il pubblico erario; quando, per testimonianza inoppugnabile, vi sono stati
appartenenti alle minoranze religiose che, col loro nome, nelle arti, nelle scienze, nelle lettere, hanno tenuto alto
il nome della patria all'estero; quando lo Stato, senza discriminazioni confessionali, chiama ogni cittadino a
difendere la patria, a versare il suo sangue per essa - e quanti e quanti, nella prima guerra mondiale; accorsero
volontari e caddero sul campo dell'onore e si distinsero in fulgidi episodi di eroismo! - quando tanti e tanti degli
appartenenti alle minoranze religiose caddero in quelle Fosse Ardeatine, che Ella, ieri, onorevole Presidente,
con s nobili parole ha rievocate, in quelle fosse ove, nella comunanza del martirio, fu celebrata la comunione
della fede in un sacro ideale di giustizia e di libert, quando tutto questo avviene, allora, lasciatemelo dire, non
umana, non cristiana, non giusta una legge la quale basa il privilegio e il prestigio di una Chiesa sulla
mortificazione morale e sulle menomazioni giuridiche delle minoranze religiose.
Se voi cattolici mi obiettate che giusto il privilegio della vostra Chiesa, perch la vostra fede rappresenta la
verit religiosa e quella degli altri l'errore, allora non risponder che l'argomento si potrebbe facilmente
ritorcere, ma dir che in voi, senza condividerlo, rispetto il dogma come un punto della vostra fede, ma che non
v'invidio questo atto di presunzione spirituale.
Se poi mi obiettate che democrazia rispetto della maggioranza, che voi nel paese siete la maggioranza e che
perci, rivendicando il privilegio della Chiesa, siete dei perfetti democratici, vi risponder che certi problemi dello
spirito non si risolvono a colpi di maggioranza o di minoranza; e che c' una logica pi logica della logica ed
quella che, come premessa maggiore del sillogismo, ha il principio supremo del giusto e dell'onesto.
Questi i princip che hanno indotto a formulare il terzo comma del mio emendamento, nel quale si afferma che,
nel nuovo Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica potranno essere conservate dei Patti lateranensi
quelle norme che non contrastino con le norme fondamentali della Costituzione repubblicana.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Della Seta.
DELLA SETA. Concludo rilevando che la pace religiosa, che in quest'aula dai var settori stata tante volte
invocata e in nome della quale si son volute legittimare le prese di posizione le pi antitetiche, non quella che,
incuneando un elemento disgregatore, divide la nazione in reprobi ed in eletti, ma quella che trova la sua
garanzia in quel sentimento cos mirabilmente espresso nel Nathan il Savio, nel capolavoro di Ephraim Lessing.
Esso dice ai credenti: ricordatevi che siete tutti figli dello stesso Dio e che primo articolo di ogni fede
sinceramente e onestamente professata il rispetto della fede altrui. Esso dice ai cittadini: ricordatevi - e quanto
alla educazione di questo sentimento deve contribuire la scuola! - ricordatevi che, al di sopra di tutte le
divergenze confessionali, siete tutti figli della stessa Madre, della Patria comune, cui avete il dovere, con spirito
di dedizione, di offrire il contributo della vostra opera.
Onorevoli colleghi, questa discussione non si svolge esclusivamente entro il recinto di quest'aula e neppure
entro la cerchia tra le nostre Alpi e il nostro mare. Il mondo ci guarda. Esso attende dal risultato della nostra
votazione un criterio per giudicare se la nostra sia o non sia una vera democrazia, e quale il grado della nostra
educazione civile, della nostra maturit politica.
Cancellando dalle leggi una qualsiasi discriminazione giuridica tra le varie confessioni religiose, consacrando
nella Costituzione il grande principio della libert di coscienza, non solo contribuiremo ancor pi a cementare la
unit spirituale e morale della patria, ma saremo ancor pi stimati e rispettati nel consesso delle nazioni.
(Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. L'onorevole Lami Starnuti ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli
Carboni, Preti, Binni, Bennani, Piemonte, Persico, Fietta, Villani, Vigorelli:
Sostituirlo col seguente:

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La Repubblica riconosce la Chiesa cattolica, nel suo ordine, indipendente e sovrana.


La condizione giuridica della religione cattolica disciplinata mediante concordati con la Chiesa.
La condizione giuridica delle altre confessioni religiose disciplinata per legge, previe intese, ove richieste,
con le rispettive rappresentanze .
L'onorevole Lami Starnuti ha facolt di svolgerlo.
LAMI STARNUTI. Onorevoli colleghi, l'emendamnto che il Gruppo socialista dei lavoratori italiani ha
presentato, a modifica dell'articolo 5 del progetto di Costituzione, non avrebbe bisogno di illustrazione o di
commento. Esso semplice e chiaro: determina la posizione, l'atteggiamento del Gruppo socialista rispetto
all'inserzione, nella legge fondamentale della Repubblica, dei Patti lateranensi.
Non molto diverso dagli emendamenti proposti dai gruppi parlamentari vicini e amici, dai quali diversifica
soltanto per parole e accenti estrinseci, tanto che io mi auguro, iniziando questa mia breve illustrazione, che gli
emendamenti, a discussione conclusa, trovino una sola formulazione ed un accento solo per attestare la
solidariet dell'unit di pensiero e di sentimenti di questa parte dell'Assemblea, in difesa della libert di pensiero
e della libert di coscienza.
L'articolo 5 del progetto di Costituzione stato proposto e redatto nella onesta e lodevole intenzione di non
riaprire - si detto - in Italia quelli che furono i contrasti in materia religiosa.
Dubito, e ho ragione di dubitare, che l'altissimo scopo possa essere raggiunto. Penso che quell'articolo 5,
anzich concludere una situazione politica, che di fatto inesistente, riaprir dissensi che parevano, e
credevamo, superati, ed invece di chiudere, dar inizio ad una serie di agitazioni per modifcare la Costituzione
repubblicana e rivendicare la libert di pensiero e di coscienza del popolo italiano. (Applausi a sinistra).
L'emendamento proposto dal Gruppo socialista dei lavoratori italiani, nella sua prima parte non si discosta, direi,
dall'articolo 5 del progetto; la modificazione non sostanziale. Quello che nel progetto affermazione di duplice
indipendenza e di duplice sovranit noi lo abbiamo ridotto, ed esattamente a me pare, ad un'affermazione
unica. Nella Carta costituzionale lo Stato che parla, ed esprime le linee fondamentali delle sue leggi.
Dichiarare in essa che lo Stato indipendente e sovrano a noi parso un non senso. Lo Stato non ha bisogno
di una dichiarazione formale propria per dar vita a quello che l'attributo fondamentale suo dell'indipendenza e
della sovranit. Il capoverso del nostro emendamento invece sostanziale: modifica profondamente l'articolo 5
del progetto di Costituzione. Dico profondamente, perch dovere di onest e di lealt non infngere quelli che
sono i nostri sentimenti, i nostri pensieri. Noi avevamo pensato e avevamo sperato che su questa materia
ardente vi fosse stata la possibilit di una intesa che garantisse tutte le fedi, tutti i pensieri, tutti i sentimenti
religiosi.
L'onorevole Nitti e l'onorevole Orlando, i quali pure avevano censurato il progetto di Costituzione ritenendolo un
compromesso fra i partiti che dominano questa Assemblea Costituente, avevano inteso la necessit, la lodevole
opportunit di un onesto compromesso in questa materia.
La Democrazia cristiana rimasta intransigente nelle sue posizioni: o tutto l'articolo 5 nella sua forma intera e
con tutto il suo contenuto, o la battaglia per la vittoria dell'uno o dell'altro principio.
La prima parte del nostro emendamento risponde in certo senso a quella che la sfida della Democrazia
cristiana al pensiero laico e libero della democrazia italiana. (Applausi). Nella discussione generale del progetto
di Costituzione, l'onorevole Togliatti, dichiarando che sarebbe ritornato sulla materia in sede particolare, tenne
quel giorno a dichiarare che i Patti del Laterano offendevano la coscienza civile degli italiani.
Noi siamo ancora di questo stesso pensiero e di questo stesso sentimento, e poich crediamo che i Patti
lateranensi offendano la coscienza civile degli italiani, contro la formulazione dell'articolo 5 del progetto abbiamo
redatto la nostra formulazione, la quale dice anticipatamente, che l'articolo 5 noi non lo voteremo, dice
anticipatamente che l'articolo 5 noi lo combatteremo, dice anticipatamente che se con una occasionale

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maggioranza voi riuscirete (Si rivolge al centro) ad includere l'articolo 5 nella legge fondamentale, voi aprirete fra
qualche mese la battaglia politica per la revisione della Carta costituzionale. (Applausi a sinistra - Proteste al
centro - Commenti prolungati).
Onorevoli colleghi, perch noi rifiutiamo il nostro voto all'articolo 5 del progetto? Perch diciamo che i Patti
lateranensi non possono essere inclusi nella nostra Carta costituzionale? Per due ragioni: per una ragione
formale, cui accenner appena, e per una ragione sostanziale.
La ragione formale quella gi detta da altri oratori in questa Assemblea, che cio nella Carta costituzionale
non si richiamano i trattati internazionali stipulati dallo Stato italiano con altre persone giuridiche di diritto
internazionale.
La ragione sostanziale per il Trattato che esso sta a s e vivr senza bisogno di questo richiamo. Sta a s e
vivr, nel senso che nella sua essenza non pi discusso o minacciato da alcuno. Il Trattato, in quella parte che
risolve la questione romana, lo consideriamo anche noi definitivo.
Una voce. Perch questo vi fa comodo.
LAMI STARNUTI. Non vero che a noi faccia comodo, o se pi vi piace, ci non fa comodo soltanto a noi, ma fa
comodo anche agli amici della Democrazia cristiana, (Proteste al centro - Interruzione dell'onorevole Cingolani).
Gli amici della Democrazia cristiana non rinuncerebbero mai a quella che la sostanza di quel Trattato. Ma del
Trattato noi non possiamo accettare n l'articolo 1 n l'articolo 5, perch in contrasto con i nostri sentimenti e i
nostri pensieri.
Per il Concordato dir che tutte le domande rivolte agli amici della Democrazia cristiana, perch ne
legittimassero in qualche modo l'inclusione nella Carta costituzionale, sono rimaste, in verit, lettera morta.
Una spiegazione e una giustificazione convincenti non ci sono mai venute da quei banchi. Si detto, da parte di
oratori della Democrazia cristiana, che il Concordato veniva richiamato perch le relazioni tra lo Stato e la
Chiesa cattolica trovano in quel Concordato la loro disciplina. Ma il Concordato sopravvive anche alla non
inclusione nella Carta costituzionale e soprvviver finch le parti non lo modificheranno, o una parte sola non
creder di denunciarlo considerando mutata la situazione di fatto e la situazione politica dalle quali era sorta nel
1929 la necessit del Concordato.
Ma noi aggiungiamo che il richiamo al Concordato nella Costituzione avrebbe come conseguenza che nessuna
modifica sarebbe possibile portare al Concordato medesimo senza la revisione della Carta costituzionale e che
questa necessit costituirebbe una intollerabile limitazione della libert e della sovranit dello Stato italiano.
A superare questa obiezione ha dato opera, in seno alla prima Commissione, il collega onorevole Lucifero, con
la proposta di dichiarare che le modificazioni al Concordato, bilateralmente accettate, non importano necessit
del procedimento di revisione costituzionale. Ma la proposta da un lato costituisce la conferma della nostra
obiezione, e la prova che l'articolo del progetto limita veramente la libert e la sovranit dello Stato italiano,
perch, senza accordi bilaterali, nessuna modificazione al Concordato sarebbe possibile, e da un altro lato toglie
al popolo italiano quelle che sono le garanzie offerte dalla Carta costituzionale per la revisione della
Costituzione, demandando la revisione di una legge dichiarata costituzionale all'attivit del solo Governo italiano
e della Santa Sede. Per gli amici della Democrazia cristiana aggiunger che se noi rifiutiamo e respingiamo gli
accordi cos come furono firmati nel 1929, perch lesivi dei diritti dello Stato e della libert di coscienza e di
pensiero di tanti italiani, non respingiamo per l'idea e il fatto che le relazioni tra lo Stato e la Chiesa siano
regolate da Concordato. Noi non vogliamo ritornare al sistema della separazione tra la Chiesa e lo Stato, non
vogliamo ritornare ad un sistema giurisdizionalistico.
Noi accettiamo la collaborazione e gli accordi, ma questa collaborazione e questi accordi debbono avvenire a
parit di diritti ed a parit di autorit e di libert. Non vogliamo che la Repubblica sia vincolata e imprigionata ,
dagli accordi precedenti e dalla legge costituzionale.
Questo, onorevoli colleghi, , in sostanza, lo scopo dell'emendamento che noi sottoponiamo alla vostra
attenzione ed al vostro voto, animati soltanto, come siamo, dal desiderio di difendere l'autorit della Repubblica

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e la libert di coscienza e di religione in Italia e dal desiderio di non mantenere privilegi strappati allo Stato
italiano (Interruzioni - Commenti al centro), quando lo Stato italiano era dominio d'un pugno di avventurieri. (Vivi
applausi a sinistra).
PRESIDENTE. L'onorevole Gabrieli ha presentato il seguente emendamento, che ha facolt di svolgere.
Sostituire il primo comma col seguente:
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono due ordinamenti indipendenti e sovrani .
GABRIELI. Non insisto nel mio emendamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Basso ha proposto il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Dugoni,
Vigna, Malagugini, De Michelis, Giua, Targetti, Merlin Angelina, Costantini, Fedeli:
Sostituire i commi primo e secondo con i seguenti:
La Chiesa cattolica , nell'ambito suo proprio, libera ed indipendente.
I rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari .
L'onorevole Basso ha facolt di svolgerlo.
BASSO. Onorevoli colleghi, su questo argomento io credo non ci siano pi molte cose da dire, essendo stato gi
sviscerato sul piano giuridico, sul piano ideologico e dottrinario; non vorrei ripetere cose gi dette.
Mi limiter, quindi, a svolgere, sovratutto da un punto di vista politico, l'emendamento, che ho presentato a nome
del Gruppo parlamentare socialista.
Il Gruppo parlamentare socialista ha avuto sempre in questa discussione una grande preoccupazione, che ho
gi fatta presente in sede di discussione generale. La preoccupazione fondamentale nostra era quella che non
si facesse una Costituzione di parte; che nessun gruppo approfittasse d'una esigua e passeggiera maggioranza
per imporre le proprie vedute particolari, per imprimere un suggello di parte alla nostra Costituzione.
Ora, in questa specifica materia, pare a noi che quello che veramente esprime la coscienza popolare, quello che
interessa l'immensa maggioranza degli italiani, sia che non venga turbata in nessun modo la pace religiosa.
Non desiderano certamente turbarla i partiti di sinistra, preoccupati di fondare una Repubblica che risponda a
quello che abbiamo scritto nei nostri primi articoli costituzionali, cio una Repubblica che sia veramente
democratica, che sia veramente aperta alla partecipazione dei lavoratori; non desiderano turbarla, ripeto, i partiti
di sinistra che sono essenzialmente preoccupati di indirizzare in questo senso lo sforzo degli italiani.
Per quanto riguarda poi l'opinione dei colleghi democratici cristiani, l'onorevole Dossetti l'altro giorno diceva nel
suo discorso che essi hanno una preoccupazione fondamentale, quella di fare in modo che lo Stato italiano non
solo riconosca che la Chiesa ha un proprio ordinamento che non pu essere manomesso dallo Stato, ma
desiderano altres la garanzia che questa situazione sancita nei Patti lateranensi non possa essere mutata, se
non attraverso una modifica della Costituzione.
Noi non vogliamo inserire nella Carta costituzionale - diceva l'onorevole Dossetti - i Patti lateranensi, per noi
questo articolo 5 ha soltanto un valore strumentale, quello cio d'impedire che domani, con una semplice legge,
possa lo Stato italiano interferire nell'indipendenza interna della Chiesa.
Ora, io penso che il nostro emendamento risponda appunto a questa esigenza. Esso dice infatti nel suo primo
comma che la Chiesa cattolica nel proprio ambito libera e indipendente; quindi ripete l'enunciazione formulata
nell'articolo proposto dalla Commissione, sopprimendo solo la parte che riguarda la sovranit dello Stato, in
quanto la ritiene superflua, essendo essa gi implicita nella Costituzione che proprio, di per se stessa, il primo
atto di sovranit dello Stato.

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Questo primo comma dunque, cos come noi l'abbiamo formulato, risponde in pieno alla richiesta dei
democratici cristiani.
Per quello che riguarda poi il secondo comma, l'emendamento da noi presentato risponde pure a quelle che
sono le richieste avanzate dalla Democrazia cristiana perch, quando noi affermiamo che i rapporti fra la Chiesa
e lo Stato sono regolati in termini concordatari, diamo ai cattolici italiani precisamente la garanzia che lo Stato
italiano non possa ritornare, senza una modifica costituzionale, ad un atto di intervento unilaterale nella
disciplina dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato.
Non v' dunque nulla, nel nostro emendamento, che non possa essere accettato dalla Democrazia cristiana, se
quanto essa ha dichiarato per bocca dell'onorevole Dossetti risponde veramente alla sua posizione al riguardo.
Se infatti qui si ricerca soltanto uno strumento per questi fini, evidente che il nostro emendamento offra questo
strumento e che la menzione specifica dei Patti nulla aggiungerebbe.
Ma stato detto ed stato scritto dall'onorevole Romano che il non accettare l'articolo 7, cos come stato
proposto, potrebbe turbare la pace religiosa, riaprendo in Italia una controversia in tal senso: ebbene, io credo
che ci non risponda a verit. L'onorevole Nenni vi dir per quali ragioni non possiamo votare l'articolo 7 cos
com'; ma per quello che attiene all'emendamento da noi presentato, io debbo insistere nel dire che la pace
religiosa non pu essere turbata in Italia, per questo fatto, perch io dico che la pace religiosa raggiunta non la
conseguenza degli Accordi lateranensi.
La pace religiosa in Italia si raggiunta perch la democrazia italiana si fatta pi moderna, si fatta pi
cosciente di quelle che sono oggi le preoccupazioni fondamentali della nuova democrazia; la pace religiosa
italiana si conseguita attraverso un lungo processo di decenni, via via che ci si allontanava dall'epoca in cui la
controversia era aperta, soprattutto sul tema del potere temporale soppresso nel 1870. E che la pace religiosa
fosse gi maturata nel clima spirituale d'Italia stato confermato dagli onorevoli Nitti e Orlando, quando hanno
dichiarato che nel 1917 e nel 1919 sarebbe stato possibile raggiungere un'intesa con la Chiesa cattolica. Non
vero quindi che la pace religiosa, che noi oggi dobbiamo difendere, nasca dai Patti lateranensi: essa nasce e si
fonda sulla coscienza democratica italiana, ed in questa coscienza democratica che noi dobbiamo trovarne il
presidio. Ecco perch abbiamo preferito, e preferiamo ancora, anzich un voto di parte, che riaprir una
polemica religiosa, che per noi era chiusa, e di cui la responsabilit non sar nostra, un voto unanime che come nel nostro ricordo il nome di Don Minzoni si associa a quelli di Amendola, di Gramsci, di Matteotti, e il
sangue versato dai partigiani socialisti e comunisti si confonde con quello versato dai partigiani democratici
cristiani - rappresenti la volont di tutti gli italiani per significare che veramente la democrazia italiana ha
superato da un lato i vecchi schemi dell'anticlericalismo e si aperta ad orizzonti pi vasti, e per significare
d'altra parte che la Chiesa cattolica ha appreso dalla propria esperienza che le religioni non si difendono e non si
fortificano con articoli di legge, con delle concessione strappate a regimi dittatoriali, ma si difendono e fortificano
in un regime di libert e di rispetto della persona umana. (Vivi applausi a sinistra).
Abbiamo offerto all'Assemblea questa possibilit: sta ai colleghi della Democrazia cristiana dirci se anch'essi
hanno, come noi, a cuore l'unit morale del popolo italiano, o se preferiscono una Costituzione di parte che
rappresenta un pericolo per questa unit.
Quanto a noi, faremo il nostro dovere. Al di l di quest'aula, al di l degli articoli che noi stiamo per votare, al di
l del risultato dei voti, vi sono dei valori morali profondi, difendere i quali come gettare un seme al popolo
italiano, che frutter nelle coscienze italiane. Noi difenderemo questi valori morali. (Vivi applausi a sinistra).
PRESIDENTE. L'onorevole Patricolo ha presentato il seguente emendamento, che ha facolt di svolgere:
Sostituire il primo e il secondo comma con i seguenti:
La Religione cattolica la religione ufficiale della Repubblica italiana.
I rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato sono regolati dal Concordato lateranense .

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PATRICOLO. Onorevoli colleghi, l'esperienza della mia partecipazione alla Commissione dei 75 potrebbe
indurmi a tacere di fronte all'evidente determinazione di una evidente maggioranza ad accettare la formulazione
dell'articolo 5 - oggi articolo 7 - della nostra Costituzione.
cos difficile ad un deputato della minoranza far valere oggi una sua opinione, una sua idea, la. formulazione
di un suo concetto; le maggioranze penso che si ritengano infallibili in questo campo, e probabilmente questa
infallibilit oggi ancora pi sostanziata dalla partecipazione di una Democrazia cristiana a questa stessa
maggioranza. Per io sento in coscienza di prendere la parola per dire quello che penso e ci che il Gruppo
dell'Uomo Qualunque pensa a proposito di questo articolo 5.
Comunque possa sembrare dalla prima lettura del mio emendamento, questo non ha che un valore puramente
giuridico ed frutto di lunga meditazione scientifica.
L'articolo 5, quale stato a noi presentato, secondo la nostra convinzione non pu essere accettato n per la
forma n per la sostanza. L'articolo 5 il risultato di un compromesso.
Altra volta, in seno alla Commissione, io espressi il mio parere circa l'affrettata soluzione di problemi
importantissimi della nostra Costituzione, e mi opposi a questa affrettata soluzione che dava alla Costituzione
che noi stavamo facendo un contenuto spesso antigiuridico e non rispondente alla realt della vita politica
italiana, e nello stesso tempo alla realt e alla necessit giuridica di una Costituzione. La norma che noi
inseriamo nell'articolo 5 esprime il nostro pensiero e la nostra volont con lealt, senza infingimenti e senza
ricorrere a vie tortuose.
Tutti i deputati di questa Assemblea, in ogni settore, hanno pi volte manifestato il loro sentimento religioso. Da
ogni parte di questa Assemblea si levata l'affermazione che il popolo italiano un popolo di credenti, di
cattolici, ed io non vedo perch questo sentimento che noi professiamo e che professa il popolo che noi
rappresentiamo, non si debba, nella realt della nostra Costituzione, tradurre con una norma precisa, netta ed
inequivocabile.
Questo principio che noi desideriamo introdurre nell'articolo 5 e che afferma esattamente il pensiero del popolo
italiano, deve portare al riconoscimento della religione cattolica come religione degli italiani.
L'importanza dei Patti lateranensi, onorevoli colleghi, secondo me, perde di valore di fronte all'importanza di una
tale affermazione. Passer ad illustrare brevemente l'articolo 5 per chiarire il nostro pensiero su quelli che noi
consideriamo i caratteri della sua inaccettabilit. Per maggiore comprensione, per, di quanto dir mi sia
permesso soffermarmi brevemente sul concetto prettamente giuridico che regola la doppia personalit della
Santa Sede e del Vaticano. Ritengo che questo Sia necessario, non solo per la comprensione delle ragioni che
noi addurremo, ma anche per trovare una via pi adeguata a risolvere il problema che oggi ci prospettiamo.
Dall'esame della storia della Chiesa cattolica nei rapporti internazionali, noi rileviamo un doppio ordine di
rapporti, che nasce dalla storia del periodo, medievale, dopo di che la Chiesa Cattolica ha avuto le prime
concessioni di Stato temporale da un imperatore francese nel 750. Fino all'epoca della prima concessione
territoriale l'ordinamento giuridico della Chiesa cattolica, per quanto originario, e divino nella sua origine, non
aveva ancora manifestato la sua volont di affermazione nel campo internazionale, tanto che i concordati
vennero alla luce dopo i primi trattati, nella storia della Chiesa.
Il primo Concordato di cui si parla, onorevoli colleghi, il Concordato di Worms del 1122, dopo quattro secoli
che la Chiesa aveva ottenuto un potere temporale. Il Concordato di Worms e tutti i concordati che ad esso
seguirono, indicano un fatto essenziale per la nostra discussione: che la Chiesa cattolica ha una personalit
giuridica internazionale assolutamente distinta dalla personalit politica dello Stato Vaticano oggi, dello Stato
Pontifcio ieri; e i rapporti tra Santa Sede e i vari Stati del mondo si svolgono attraverso due organi, attraverso
due strumenti di accordi internazionali: il concordato e il trattato; concordato e trattato che riguardano
due domin assolutamente indipendenti, due sovranit assolutamente indipendenti.
Detto questo, possiamo senz'altro passare all'esame dell'articolo 5 e vedremo come quanto ho detto pu avere
ripercussioni nella critica che intendo fare a questo articolo.

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L'articolo 5 afferma nel suo primo comma: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine,
indipendenti e sovrani . A prescindere da una osservazione fatta da vari deputati in questa Assemblea, per cui
tale formula implica un riconoscimento bilaterale che troverebbe benissimo inserimento in un trattato ma non in
una Costituzione, osservo che questa definizione data dal primo comma riguarda la Chiesa cattolica in quanto
potere spirituale, e non lo Stato Vaticano. Ed e evidente anche dal fatto che, diversamente, non si potrebbe fare
l'affermazione della coesistenza di due sovranit sullo stesso territorio dello Stato italiano.
Ma, a parte questa osservazione, ce n' un'altra che ritengo inaccettabile nella Costituzione. Gli amici della
Democrazia cristiana mi facciano credito della mia profonda fede e soggezione alla Chiesa e al Sommo
Pontefice; ma io ritengo che, in una Costituzione, uno Stato non possa riconoscere per vera una affermazione
che ancora non ha fondamento giuridico, ma che ha soltanto fondamento teologico e dogmatico: l'affermazione
della indipendenza e della sovranit della Chiesa cattolica una affermazione, oggi, di carattere teologico e
dogmatico. Questa affermazione la troviamo in tutti i trattati di teologia; ma questa affermazione non stata
ancora consacrata sia dai giuristi, sia nel diritto pubblico, n interno n internazionale. Questa affermazione
deriva da una certa Enciclica di Leone XIII, che ho qui davanti e che vi risparmio di leggervi, in quanto
un'affermazione di carattere spirituale, che viene ancora oggi elaborata dai giuristi del Vaticano e dalla Chiesa,
ma che ancora non stata accettata universalmente.
A conferma di questo posso leggervi quanto un eminente giurista della Chiesa scrive oggi in Civilt Cattolica;
consentitemi di leggerlo, perch una affermazione interessante per la nostra discussione:
Come spiegare la coesistenza di quelle due sovranit, non subordinate ma veramente, totalmente,
indipendenti l'una dall'altra? Questo , in fondo, il problema che la presenza della Chiesa ha posto allo Stato fin
dal suo ingresso nella storia. Da un lato quel diritto inalienabile; dall'altro, la situazione, che ne risulta, sembra
superare le attuali possibilit della scienza .
Quindi noi abbiamo un giudizio, di un giurista cristiano e cattolico, il quale ci dice che ancora oggi non nella
possibilit della scienza di provare la ragione della coesistenza di queste due sovranit n di giustificarle.
importante che questa dichiarazione venga dal padre Lener di Civilt Cattolica.
Ed ancora un'altra osservazione.
Questo primo comma si riferisce al potere spirituale della Chiesa, potere spirituale che deriva dall'indipendenza
e sovranit della Chiesa cattolica, che non ha niente a che vedere con lo Stato del Vaticano; indipendenza e
sovranit che, noi cattolici, riconosciamo in pieno, ma dobbiamo ammettere che possano in qualunque momento
venire in contrasto con la sovranit dello Stato. La loro coesistenza quindi ammissibile, non in forza di un
riconoscimento che la Costituzione pu farne in questo articolo, ma in forza di un Concordato perch, per
quanto noi possiamo ammettere che esista un campo diverso di attivit dell'ordinamento giuridico della Chiesa e
dello Stato, ci sono materie di diritto canonico e di diritto civile per cui, ad un dato momento, se non vi un
Concordato, se non vi un accordo fra lo Stato e il potere ecclesiastico, il conflitto inevitabile, ed in questo
caso, lasciatemelo dire, per quanto ci troviamo in uno Stato cattolico come l'Italia, deve essere la sovranit dello
Stato ad avere la prevalenza.
Ma noi dobbiamo evitare questo conflitto, perch buoni cattolici e buoni italiani; e per evitarlo non credo che si
adatti la dizione dell'articolo 5.
Se passiamo al secondo comma dell'articolo 5, il quale afferma che i loro rapporti sono regolati dai Patti
lateranensi , devo ancora richiamare la mia distinzione fra i due soggetti di diritto internazionale.
Come si pu parlare di rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica fondati sui Patti lateranensi?
I Patti lateranensi constano di un Trattato e di un Concordato. Il Trattato riguarda i rapporti fra lo Stato italiano e
lo Stato del Vaticano; il Concordato riguarda i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.
Se noi al primo comma affermiamo che la Chiesa cattolica, nel suo ordine, indipendente e sovrana, non vero
che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati anche dal Trattato; lo sono in quanto,

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per una erronea - lasciatemelo dire - compilazione del Trattato, nell'articolo primo di esso si fa riferimento a
materia concordataria.
Ma questo che pu essere un errore di dizione, un errore di compilazione, non deve portarci a fare confusione
fra quello che il Trattato e quello che il Concordato.
Quindi, primo errore nel secondo comma quello di affermare che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica
siano regolati insieme e dal Trattato e dal Concordato.
Ma andiamo avanti: il Concordato riguarda i rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Il Trattato riguarda i rapporti fra lo
Stato e la Citt del Vaticano.
La Commissione, che ha inserito questo comma, si preoccupava evidentemente di fare entrare nella
Costituzione insieme il Trattato ed il Concordato.
Perch? Potremmo fare delle illazioni. Una delle ragioni potrebbe essere data dal fatto che nel primo articolo del
Trattato si afferma, richiamandosi allo Statuto albertino, che la religione cattolica sia la sola religione dello Stato.
Ora io non penso che oggi, dopo la caduta dello Statuto albertino, una disposizione del genere possa rientrare
nella Costituzione italiana per vie traverse. Se questa affermazione noi dobbiamo fare, dobbiamo farla
apertamente, lealmente, chiaramente nella Costituzione; ma ammettere che questa affermazione possa entrare
implicitamente nella Costituzione trovo che sia un errore, sia di carattere giuridico, sia di carattere politico.
Quanto alle sorti del Trattato, devo dirvi che non mi pare che esso possa prendere posto in questo articolo 5, ma
piuttosto nell'articolo 76 della Costituzione, dove si parla dei trattati che lo Stato italiano pu stipulare con gli altri
Stati stranieri. In questo articolo 5, in cui ci preoccupiamo esclusivamente di stabilire i rapporti tra lo Stato e la
Chiesa cattolica, non pu esser fatta menzione di trattati, ma solamente di concordati.
E a quei deputati o alla Commissione che si preoccupava dell'inserimento, attraverso i Patti lateranensi,
dell'articolo 1 del Trattato, noi diciamo che a questa preoccupazione si pu rispondere inserendo nella
Costituzione l'articolo 1 del Trattato in una forma pi realistica, pi moderna, meno assoluta di quella che non
fosse stata fatta nel 1848.
Andiamo avanti nell'esame di questo secondo comma. Troviamo un'altra affermazione: Qualsiasi
modificazione dei Patti, bilateralmente accettata, non richiede procedimento di revisione costituzionale .
Io chiedo ai giuristi qui presenti, alla Commissione, se esiste in un patto bilaterale, in un contratto bilaterale, la
possibilit di modifiche senza il consenso delle parti. Io ritengo che questo non sia possibile, ed insisto su questo
perch so chiaramente, conosco esattamente quale ragione abbia potuto indurre la Commissione, ed i giuristi
che ne fanno parte, a quello che potrebbe essere considerato un errore di diritto: la preoccupazione cio di
inserire, attraverso queste espressioni, un concetto che fa capolino attraverso l'articolo, ma che non
chiaramente espresso: il concetto della denuncia o della violazione del patto.
Non pu esserci altra modifica nei Patti lateranensi, non bilateralmente accettata, che o la denuncia o la
violazione.
Ma allora, in questo caso, il trattamento deve essere diverso per la denuncia e per la violazione, perch mentre
la denuncia del Patto pu essere veramente fatta secondo le esigenze della riforma costituzionale, il caso della
violazione del Patto non pu entrare in quest'ordine di idee, ma deve essere considerato come violazione
espressa alla Costituzione. Quindi, di fronte a queste diffcolt, diverso doveva essere l'accorgimento della
Commissione per la Costituzione.
E d'altra parte io chiedo se derivi di diritto che una modificazione non apportata col consenso bilaterale possa
essere fatta secondo le norme costituzionali, se esplicitamente non si inserisce il concordato nella nostra
Costituzione; poich dalla dizione del secondo comma, soprattutto per il carattere negativo dell'ultima frase, noi
non vediamo che ne derivi per forza che la revisione dei Patti lateranensi debba esser fatta secondo le norme di
revisione costituzionale. Nel caso positivo si dice: se bilateralmente accettate, non occorre il riesame

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costituzionale; nel caso negativo, s. E qui devo rilevare un'osservazione, fatta dall'onorevole Lami Starnuti, che
mi sembra veramente obiettiva. Noi ci preoccupiamo di inserire questo comma, nell'idea che un Governo possa,
contrariamente alla volont del popolo, portare la decadenza dei Patti lateranensi; ossia, ci preoccupiamo di
tutelare la volont e le esigenze del popolo italiano; ma queste esigenze del popolo italiano dobbiamo tutelarle
anche nell'altro senso, nel senso cio che un Governo, nel portare modifiche ai Patti lateranensi, debba
veramente interpretare la volont del popolo italiano. Io non arrivo a dire che un Governo potrebbe fare delle
munifiche elargizioni alla Chiesa che il popolo italiano sarebbe poi costretto ad accettare. No. Ma io dico: se la
sostanza di un Concordato talmente importante per il nostro Stato da consigliare la sua inserzione nella
Costituzione, bene che qualsiasi modifica si faccia al Concordato - sia che si tratti di modifiche bilateralmente
accettate, sia che si tratti di modifiche originate da violazione - avvenga con tutte le garanzie di ordine
costituzionale.
Non voglio dilungarmi. Giungo alle conclusioni, ed insisto col dire che il primo comma non accettabile perch,
in se stesso, non pu impedire i conflitti che noi dovremmo evitare fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica. I
conflitti si possono evitare soltanto in quanto esiste un Concordato. Ma, poich noi ammettiamo che il
Concordato possa essere denunciato, dobbiamo ammettere, in linea di diritto, che il primo comma non
garantisce affatto la pace religiosa in Italia, poich, domani, se non avessimo un Concordato, nel conflitto fra la
sovranit territoriale dello Stato italiano e una sovranit di ordine spirituale come quella della Chiesa cattolica,
dovrebbe essere la sovranit dello Stato italiano a prevalere, e, quindi, il conflitto sarebbe inevitabile.
Non accettabile il secondo comma, perch non serve a garantire vita al Concordato, n serve a riconoscere
quella che la volont degli italiani di proclamare che la religione cattolica la religione dello Stato, poich
quando noi inseriamo un Trattato ed un Concordato nella Costituzione, dimostriamo di preoccuparci di quello
che uno strumento e non di quella che una idea che vogliamo affermare e proclamare di fronte agli italiani e
di fronte al mondo.
Il mio emendamento, sul quale insisto, ha, invece, secondo me ed il mio Gruppo, dei grandi vantaggi. Il primo
quello di dare valore giuridico e politico al riconoscimento della potest ecclesiastica e implicitamente viene a
riconoscere quella indipendenza e sovranit che, se non di ordine giuridico, di ordine morale e che noi tutti
cattolici accettiamo. In secondo luogo afferma costituzionalmente una aspirazione, un diritto spirituale del popolo
italiano. In terzo luogo evita l'equivoco e l'inesattezza dell'articolo 5 quale noi abbiamo veduto ed esaminato.
Afferma, ancora, il valore costituzionale del Concordato e lo pone alla pari di ogni altra norma costituzionale.
Se poi gli onorevoli colleghi, preoccupati di questo mio emendamento, volessero inserire nella Costituzione un
nuovo comma per il quale si affermi che il Concordato fa parte integrante dell'ordinamento giuridico italiano, io
non ho niente di meglio da chiedere. Sarebbe un rafforzare le affermazioni fatte dal mio emendamento.
Ed ancora io faccio una formale proposta perch le modalit di modifica dei Patti lateranensi, sia del Concordato
che del Trattato, vengano inserite nell'articolo 76 della Costituzione, articolo sul quale richiamo l'attenzione degli
onorevoli colleghi, perch un articolo che dal punto di vista giuridico inadatto a tutelare la materia che
dovrebbe disciplinare. Si pensi soltanto a questo, che nell'articolo 76...
PRESIDENTE.. Onorevole Patricolo, dell'articolo 76 parleremo il prossimo mese.
PATRICOLO. Onorevole Presidente, cos collegata la questione che non posso non parlarne.
PRESIDENTE. L'accenni soltanto.
PATRICOLO. Due parole. Si pensi soltanto a questo, che nell'articolo 76 sono date le norme per la ratifica dei
trattati e non quelle per la loro denuncia; cosicch nella Costituzione non sappiamo in quali forme debbono
avvenire le denunce.
Nell'articolo 76 si parla di trattati di commercio, di trattati politici, non si parla di Concordato, mentre necessario
che vi prenda posto anche la regolamentazione del Concordato ai fini delle modifiche eventuali che ad esso si
possano portare.

198

Onorevoli colleghi, noi abbiamo fatto nella Costituzione affermazioni sui diritti sociali, politici ed umani del
cittadino italiano. Io mi richiamo alla vostra coscienza di cattolici per chiedervi che nella Costituzione si faccia
anche posto per un'affermazione dei diritti sacri del cittadino italiano, di veder riconosciuta nella Costituzione la
religione cattolica come religione dello Stato, come religione di questo Paese che ha avuto tanti martiri e tanti
santi e che accoglie la Cattedra di Pietro, il Vicario di Cristo in terra. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. L'onorevole Badini Confalonieri ha presentato i seguenti emendamenti:
Sostituire il secondo comma col seguente: I loro rapporti continueranno ad essere regolati da patti
concordatari .
Sostituire il terzo comma col seguente:
Le altre confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino
con l'ordine pubblico o con il buon costume. I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese,
ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze .
Non essendo presente l'onorevole Badini Confalonieri, s'intende che vi abbia rinundiato.
L'onorevole Pajetta Giancarlo ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Laconi e
Mattei Teresa:
Al terzo comma, nella prima parte, sopprimere le parole: in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico
italiano .
Sostituire la seconda parte con la seguente:
I rapporti con lo Stato sono regolati, ove sia richiesto, per legge, sulla base di intese con le rispettive
rappresentanze . L'onorevole Pajetta Giancarlo ha facolt di svolgerlo.
PAJETTA GIANCARLO. Abbiamo presentato un emendamento al terzo comma dell'articolo 7, perch sia chiara
non soltanto la necessit del rispetto assoluto della coscienza dei fedeli a qualsiasi Chiesa appartengano, ma
sia esplicitamente dichiarata l'eguaglianza e la libert di tutte le Chiese di fronte allo Stato. Per quello che
riguarda la prima parte del nostro emendamento noi chiediamo che sia tolta la dichiarazione: In quanto non
contrastino con l'ordinamento giuridico italiano , facendosi riferimento alla organizzazione delle confessioni
religiose non cattoliche. Pensiamo che, quanto poteva essere richiesto dallo Stato onde cautelarsi, per quello
che si riferisce all'ordine pubblico e al buon costume, previsto a sufficienza dall'articolo 14. Mantenere la
dizione proposta nel progetto di Costituzione, vorrebbe dire porre in una condizione particolare le altre
confessioni religiose, sarebbe creare per le altre Chiese una sorta di discriminazione che apparirebbe come un
ingiusto sospetto o almeno come una minorazione che non pu essere certo opportuna. Poich qui da tutte le
parti si dichiarato di non voler fare riferimento all'articolo primo del vecchio Statuto albertino, e poich non si
voluto parlare di culti tollerati od ammessi ma enunciare un'esplicita eguaglianza, pensiamo che questo nostro
emendamento possa essere accettato.
Per quello che riguarda la seconda parte, nel progetto detto che i rapporti con lo Stato sono regolati per
legge, sulla base di intese, ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze .
Ora, pare a noi che la necessit della richiesta non si debba riferire alle intese, ma debba riferirsi invece alla
stessa legge che, per essere di tipo concordatario, deve essere richiesta e accettata dalle parti. Diciamo questo
non soltanto perch non intendiamo che lo Stato possa ingerirsi e intervenire con la legge anche contro la
volont dei fedeli, ma perch ci sono comunit religiose che non intendono che sia fatta una legge nei loro
confronti, mentre altre non soltanto accettano, ma desiderano avere statuti giuridici riconosciuti dallo Stato.
Proponiamo quindi che si dichiari che ci sar la legge qualora sar richiesta e che sempre - la conseguenza
naturale - quando ci sar la legge, essa debba essere preceduta da un'intesa con la comunit religiosa alla
quale si riferisce.

199

Permettetemi di rivolgere qui, mentre si tratta di questo argomento, un pensiero alle minoranze religiose italiane.
In quest'aula si fatto pi di una volta riferimento alla unit della nazione e alla necessit della pace religiosa.
Ebbene, io credo che nessuno abbia voluto che quel riferimento all'unit della Nazione e alla pace religiosa
fosse dettato dal calcolo di quanti sono i cittadini di questa o di quella fede, che possono essere chiamati
domani a dare il loro voto a quelli che sono oggi i deputati, che stabiliscono la nuova Costituzione italiana.
certo che noi non intendiamo fare un calcolo di quantit, ed per questo che vogliamo siano riconosciuti i
diritti delle confessioni religiose che rappresentano piccole minoranze, ma che hanno legato la loro vita e la loro
storia alla vita e alla storia del nostro Paese, anche nei momenti pi difficili.
Ricordiamo i Valdesi, una piccola minoranza. Ma non pu il nostro pensiero riconoscente non andare agli
abitanti di quelle valli del Piemonte, che, quando i tedeschi scesero nel nostro Paese, accesero per quelle valli la
guerriglia partigiana, rifacendosi non soltanto al sentimento nazionale di tutti gli italiani, ma riallacciandosi alla
loro tradizione religiosa di ribelli, di ribelli in nome della giustizia e della libert, e alle loro lotte gloriose contro i
duchi di Savoia.
E vogliamo ricordare qui la sofferenza ed il martirio degli israeliti italiani i quali,
nella persecuzione prima e nella tragedia poi, non sono stati soltanto testimoni, al modo antico, della loro fede,
ma hanno dato una pi alta testimonianza. Gli israeliti italiani sono stati primi ad essere colpiti quando alla
tirannia nostrana si aggiunse la tirannia straniera. Essi, con la sofferenza, col martirio, hanno ammonito, hanno
messo in guardia, hanno fatto aprire gli occhi anche a coloro che prima non vedevano ancora che cosa il
fascismo rappresentasse, anche a coloro che non avevano inteso appieno cosa avrebbe significato per un
Paese perdere la sua indipendenza nazionale.
Perci appunto - per questo ricordo di lotte, di resistenza e di martirio - noi chiediamo che sia dato il
riconoscimento dovuto a queste minoranze.
Quanto si tratta di fede, di libert e di coscienza non il numero, ma la qualit che conta.
Per questo ci rivolgiamo a tutti gli italiani, perch sentano italiani, come gli altri, questi nostri fratelli. (Applausi a
sinistra).
PRESIDENTE. L'onorevole Lucifero ha presentato il seguente emendamento:
Trasferire l'ultimo comma all'articolo 14, sostituendo le parole: Le altre confessioni, con le seguenti: Tutte le
confessioni.
L'onorevole Lucifero ha facolt di svolgerlo.
LUCIFERO. Onorevoli colleghi, dopo una discussione cos profonda e cos elevata, come quella sentita finora, il
mio emendamento pu apparire, ed effettivamente, cosa molto modesta.
Ma io ripropongo in questa sede un emendamento gi proposto in sede di Commissione per la Costituzione.
Questo ultimo capoverso dell'articolo 5 trae origine da un emendamento aggiuntivo presentato dal nostro
Presidente, onorevole Terracini.
In quella sede io proposi - per le ragioni che esporr - che l'emendamento fosse spostato, come secondo
comma, all'articolo 14.
La Commissione all'unanimit quella sera approv e l'emendamento e la mia proposta, che l'onorevole Terracini
aveva accettato.
Per una evidente omissione, io devo pensare, ritrovo il capoverso in questa sede. Ora, io penso, dopo la
discussione che abbiamo sentita, dopo tutto quello che si letto sulla stampa e le polemiche fatte anche fuori di
quest'aula, che il collocamento di questo capoverso debba andare all'articolo 14; dove si parla di libert
religiosa.

200

Quale che possa essere il giudizio sul contenuto dell'articolo, non vi dubbio che i rapporti tra Santa Sede e
Stato italiano non sono soltanto di natura confessionale, ma sono anche rapporti di natura politica. L'articolo 7
quindi, a parer mio, regolarizza, chiarisce i rapporti politici fra la Chiesa cattolica, la Santa Sede e lo Stato
italiano.
La libert che hanno le altre confessioni di organizzarsi e di svolgere la loro attivit entra indubbiamente nelle
libert religiose e non un rapporto politico che esse costituiscono con lo Stato italiano, anche allorquando le
loro rappresentanze con lo Stato italiano prendono degli accordi.
evidente allora che l'articolo 14, il quale stabilisce la libert di professione e di associazione religiosa per il
singolo, debba contenere, nella sua seconda parte, la libert anche delle organizzazioni e le modalit per cui
queste organizzazioni possano vivere e svolgersi. Prego quindi, per la chiarezza della Costituzione, di voler
spostare nuovamente al secondo comma dell'articolo 14 quanto erroneamente oggi vediamo al terzo comma
dell'articolo 7.
PRESIDENTE. L'onorevole Grilli ha proposto un emendamento inteso a sopprimere tutto l'articolo 7. (Commenti
al centro). Ha facolt di svolgerlo.
GRILLI. Rinunzio all'emendamento e aderisco a quello svolto dall'onorevole Lami Starnuti. Nel caso che questo
emendamento non abbia fortuna, mi riservo di fare una dichiarazione in sede di votazione dell'articolo 7.
PRESIDENTE. Onorevole Grilli, mi permetto per di farle presente che per manifestare la volont di sopprimere
un articolo basta votare contro l'articolo stesso. Desidero fare questa precisazione in ordine alla riserva da lei
fatta.
GRILLI. Onorevole Presidente, forse non mi sono bene espresso. Ho detto soltanto che mi riserbo di fare una
dichiarazione di voto, quando si porr in votazione l'articolo 7.
PRESIDENTE. cos esaurito lo svolgimento degli emendamenti.
Si tratta ora di raggrupparli per facilitare le successive votazioni.
Fra gli emendamenti ve ne sonotre, quelli degli onorevoli Della Seta, Calamandrei e Lami Starnuti, che sono
sostitutivi dell'intero articolo.
Quelli proposti dagli onorevoli Crispo, Basso, Bassano e Patricolo sono sostitutivi dei primi due commi.
L'onorevole Lucifero e l'onorevole Nobili Tito Oro hanno invece proposto di trasferire all'articolo 14 il terzo
comma dell'articolo, salvo alcune piccole modificazioni del testo.
Vi sono poi le proposte degli onorevoli Ruggiero e Rodin Mario, le quali hanno un carattere esclusivamente
aggiuntivo, trattandosi di premettere ai tre commi, dell'articolo 7, un altro comma.
Infine i due emendamenti dell'onorevole Pajetta Giancarlo contengono proposte soppressive e sostitutive di una
parte del terzo comma.
Io credo che dovremo anzitutto votare sulle proposte aggiuntive, quelle cio degli onorevoli Rodin Mario e
dell'onorevole Ruggiero. Esse, se accettate, modificherebbero l'impostazione generale del testo proposto dalla
Commissione.
A proposito degli emendamenti sostitutivi di tutto il comma, vi tuttavia qualche cosa in comune fra le proposte
stesse ed il testo della Commissione, ed che questi stessi emendamenti sostitutivi si dividono ciascuno in tre
commi in correlazione col testo della Commissione; sicch sar opportuno votarli comma per comma,
contrapponendo i testi sostitutivi a quelli della Commissione, per valutare meglio le diversit sostanziali delle
proposte.

201

Comunque, prima di passare alle votazioni, dar la parola a coloro che la richiedono per fare delle dichiarazioni
di voto le quali, onorevoli colleghi, per facilitare il nostro lavoro e per la sua maggiore chiarezza e dato che le
proposte sono numerosissime e si intrecciano fra loro, potrebbero essere opportunamente raggruppate, mano
mano che i singoli emendamenti e le diverse formulazioni saranno poste in votazione.
D'altra parte, dai discorsi che abbiamo udito nei giorni passati e dallo svolgimento degli emendamenti, abbiamo
tutti compreso che il centro di equilibrio di questo articolo costituito da una o due questioni fondamentali e
ritengo (pu essere una supposizione errata) che i colleghi che chiederanno di parlare, per dichiarazione di voto,
intenderanno essenzialmente riferirsi a questi problemi centrali.
iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole De Gasperi. Ne ha facolt.
DE GASPERI (Segni di attenzione). Onorevoli colleghi, parlando per la prima volta in questa Assemblea, al di
fuori dei limiti posti dalla solidariet ministeriale con uomini di diverso pensiero, sento che questo, su cui
votiamo, un argomento intimamente legato alla nostra personale concezione della vita.
Diceva, a ragione, Dostojewski che la questione principale, la questione cruciale per il mondo moderno di
sapere se quella lontana, remota figura di profeta, ignorato dai grandi uomini politici e storici di Roma antica, sia
stato veramente, sia il Cristo che ha fondato una comunit religiosa universale, che nutre ancora oggi della sua
linfa vitale, eterna. Se per effetto della nostra educazione familiare o per le conquiste fatte attraverso il pensiero
e la critica giungiamo ad una risposta affermativa su questa questione cruciale, nessuna diffidenza, nessun
sospetto possibile in confronto di una collaborazione con la Chiesa.
Per, anche coloro che si arrestano sulla soglia dei misteri della fede e si preoccupano sostanzialmente della
morale sociale, sentono (e qui una questione di esperienza di tutti gli uomini che sono al Governo), che lo
Stato non ha la forza, l'autorit di afferrare e dirigere la coscienza della singola persona e sentono il bisogno
dell'apporto dell'insegnamento della morale evangelica che viene dalla Chiesa, che sul Vangelo si fonda.
(Commenti a sinistra).
Innegabilmente opinione comune, ormai, che questa morale evangelica sia necessaria per la fermentazione
sociale della giustizia nelle masse popolari.
Ma, supponiamo pure che in alcuni o molti di noi non esista nessun vincolo interiore n con la fede della Chiesa,
n con la sua morale; sta per il fatto storico: primo, delle proporzioni; secondo, di una millenaria tradizione.
Si parla spesso di maggioranza di cattolici in Italia; forse non si pensa alla statistica. Se applichiamo ai dati del
1942 le proporzioni del 1931 (per il 1942 non si hanno delle statistiche) troviamo che su 45.526.770 abitanti,
45.349.221 si sono dichiarati cattolici. (Commenti a sinistra).
I protestanti sono il due per mille; gli israeliti sono il mezzo per mille, o meglio, erano, perch, per le
persecuzioni, si sono ridotti da 54.000 a circa 30.000. I senza religione, che si sono dichiarati tali, sono il 0,4 per
mille; 18.000. Questo un fatto di cui, comunque si possa pensare delle origini e del pensiero che lo motivano,
non si pu non tener conto quando si decide, o si amministra, o si governa.
Il secondo fatto che siamo dinanzi non ad una improvvisazione della storia, ad una
passione popolare, ad una superstizione nata
in un momento di suggestione particolare nei secoli; ma dinanzi ad un istituto millenario, che ha resistito a tanti
colpi, a tante discussioni, a tante scissioni, istituto plurisecolare che ha sempre seguito un metodo nei rapporti
con gli Stati: quello degli accordi e dei concordati. (Commenti a sinistra).
Dal 1080 al 1914 si calcolano in numero di 74 i concordati, e dal 1914 in poi in numero di altri 25, per non tener
conto delle numerosissime convenzioni che non passano sotto il titolo solenne di concordato, e che sono da
contarsi nell'ordine di migliaia.

202

Ora voi in questi concordati notate una evoluzione caratteristica: essi subiscono un progresso verso il distacco
da tutto ci che contingente, temporale. Alcuni punti rimangono sostanzialmente eguali, ma tutto ci che
contingente a mano a mano viene abbandonato nei secoli. Ed innegabile che vi in questa evoluzione un
progresso verso una pi chiara distinzione della sfera d'influenza della Chiesa nei confronti dello Stato, verso il
riconoscimento di una diarchia che garantisca la volont delle due parti.
innegabile, non detto che questa evoluzione sia chiusa: la storia a questo riguardo non mai definitiva per
tutto quello che riguarda il contingente, il temporale.
E, d'altro canto, forse che noi, in questo momento vogliamo arrestare la storia? Forse che noi vogliamo
inchiodare, attraverso l'articolo 5, i nostri rapporti, in tutte le forme, a quelli che erano ieri o diventarono nel
1929?
La Costituzione mette per base i Patti lateranensi, ma nel contempo dichiara che sono modificabili, e dice che
sono modificabili con la semplice maggioranza parlamentare, non attraverso quelle garanzie maggiori e pi
solenni che la Costituzione stabilisce per molte cose anche meno importanti (Commenti).
Io credo, dunque, che anche da un punto d vista semplicemente storicista il voto nostro si possa accettare e
dimostrare plausibile e nell'interesse del popolo italiano.
Vi aggiungo - ed l'unico riferimento che faccio alla mia carica di Governo - che io mi sento portato e deciso a
votare anche per l'impegno che ho dato, che ho preso, di consolidare, di universalizzare, di vivificare il regime
repubblicano. (Commenti).
Non potete negare, amici, che mentre in gran parte del clero c'era la preoccupazione che si avessero anche in
Italia esperimenti anticlericali, come in qualche altra Repubblica, e mentre si esercitarono su larga scala delle
pressioni, la Chiesa di Roma, il Pontificato rimase neutrale (Commenti), seguendo una linea di saggezza che
non sempre in altri paesi fu mantenuta dai rappresentanti ecclesiastici locali.
Oggi nella Costituzione, secondo il Concordato, i vescovi vengono chiamati a giurare e giurano con questa
formula: Davanti a Dio e sui Santi Evangeli io giuro e prometto, siccome si conviene ad un Vescovo, lealt allo
Stato italiano. Io giuro e prometto di rispettare e di far rispettare dal mio Clero il capo della Repubblica italiana e
il Governo stabilito secondo la legge costituzionale dello Stato . (Commenti).
Amici, non siamo in Italia cos solidificati, cos cristallizzati nella forma del regime da poter rinunziare con troppa
generosit a simili impegni cos solennemente presi.
Alla lealt della Chiesa, io credo che la Repubblica debba rispondere con lealt. Devo osservare, poi, che non
vero quello che apparso da certi discorsi, che il Trattato sia semplicemente una manomissione della Chiesa
sullo Stato.
Leggete gli articoli 19 e 21, dove si stabilisce la procedura per la scelta dei Vescovi e per la nomina ai benefic
ecclesiastici, e voi vedrete che anche la Chiesa ha fatto la parte sua per riconoscere una influenza politica nel
settore politico dello Stato, anche in riguardo al clero.
E non dico che molti cattolici possano essere del pensiero che sia preferibile il sistema di Weimar, dove la
Chiesa, completamente autonoma nella sua amministrazione, pensa al suo clero e lo Stato non si intromette. n
nelle nomine, n nelle miserabili integrazioni che diamo oggi noi.
Certo, la Costituzione di Weimar stata inattuabile per la situazione finanziaria della Germania, perch essa
presupponeva la restituzione dei beni sequestrati alle Chiese perch potessero vivere autonomamente. E lo
stesso sarebbe oggi in Italia. Quindi, sogni lontani, su cui non possiamo assolutamente contare! Che volete, che
noi potessimo prendere un simile impegno quando non siamo nemmeno in grado di applicare l'articolo 19 del
Concordato, il quale stabilisce che lo Stato debba corrispondere al clero quelle integrazioni cui ho accennato, in
misura non inferiore al valore reale di quello stabilito dalla legge attualmente in vigore? Hanno diritto nella forma,
senza dubbio! Ma invano si pu richiamare a questo, quando lo Stato non in grado di farlo. Ed infatti dobbiamo
riconoscere che oggi la maggioranza del clero fa la fame. Oggi non si insite sul Trattato per

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l'applicazione letterale di questa formula: esempio chiaro e caratteristico della comprensione, della moderazione
con cui si supera la lettera del Trattato per tener conto delle sue finalit.
Del pari, non vero, amico Nenni, che si tratti di una specie di armatura di ferro imposta dalla Chiesa - questo
non lo hai detto, ma si poteva pensare - a soffocazione dello spirito nel corpo italiano. Credo che tu e io saremo
d'accordo nel desiderare che, nei futuri Trattati, vi siano delle formule consimili, elastiche, di revisione, come vi
sono in questo Trattato. All'articolo 21 prevista una Commissione paritetica per tutte le questioni riguardanti le
nomine di vescovi e le nomine del clero che non fossero solubili fra i primi fattori diretti. E poi all'articolo 44, c'
questa clausola revisionista, che io mi auguro possiamo riuscire ad immettere anche nel Trattato, nel duro
Trattato che ci viene imposto: Se in avvenire sorgesse qualche difficolt, la Santa Sede e l'Italia procederanno
di comune intelligenza ad una amichevole soluzione .
Mi pare con ci di aver risposto anche a parecchie obiezioni fatte durante il dibattito. La questione non ,
onorevole Lami, di una o dell'altra delle disposizioni non essenziali del Concordato legate a contingenze
storiche, che sono modificabili senza affrontare la revisione costituzionale, anzi, ome taluno ha detto, addirittura
con lo scambio di lettere, tanto elastica la materia. Non si tratta, dunque, n di questo n di quell'articolo che
avete criticato o che potete sottoporre alla vostra censura. Si tratta della questione fondamentale: se la
Repubblica, cio, accetta l'apporto della pace religiosa che questo Concordato offre; badate bene, Concordato
che nella premessa dichiarato necessario complemento del Trattato che chiude la Questione romana .
Politicamente, comunque la pensiate sul contenuto, questa la questione che dovete decidere e che di fatto si
decide votando s, non per un emendamento o per l'altro. Votando favorevolmente all'articolo 7, a questa
questione rispondiamo s; votando contro - non so chi l'abbia detto, mi pare l'onorevole Lami Starnuti - votando
contro, non siamo noi, egregi colleghi, che apriamo una battaglia politica, ma la aprite voi, o meglio, aprite in
questo corpo dilaniato d'Italia una nuova ferita che io non so quando rimarginer. (Applausi al centro). Auguro
presto, ma non so. Evidentemente, aggiungiamo ai nostri guai un ulteriore guaio, il quale non pu rafforzare il
regime repubblicano.
Prima di passare alle minoranze, devo dire che l'emendamento Basso, nella sua sostanza, naturalmente
accettabile per noi, ma non basta (Commenti): forse sarebbe stato accettabile se fosse stato votato in
Commissione, se non fosse avvenuta questa discussione, se ci fossimo fermati alla discussione formale.
(Rumori). Ma qui disgraziatamente si entrati nel merito della questione, si sono espressi dei giudizi sul
Concordato, sulle relazioni fra Stato e Chiesa, ed impossibile ormai evitare la questione attraverso una
formula.
TONELLO. Siete voi che lo volete. (Rumori - Commenti - Interruzioni).
DE GASPERI. E veniamo alla questione delle minoranze. stato parlato di menomazione morale di minoranze
religiose. Noi, se necessario, al momento opportuno siamo disposti a votare con voi per togliere dal Codice
penale qualsiasi umiliazione alle minoranze. (Applausi al centro).
Riguardo ai cosiddetti culti minoritari, aggiungo che non solo aderisco al pensiero di devozione e di ammirazione
per le vittime delle minoranze, sia israeliti, sia valdesi, pensiero espresso dall'onorevole Pajetta Giancarlo, ma
dico che questo non un pensiero di tolleranza, di collaborazione con le minoranze, che mi viene in questo
momento per ragioni di opportunit, ma mia profonda convinzione.
L'onorevole Calamandrei si riferito al mio viaggio in America e alle dichiarazioni che ho fatto, o che avrei fatto,
al Direttorio delle Chiese protestanti o delle Chiese non cattoliche. Difatti, in una riunione importante, questi
venerandi signori mi espressero la loro preoccupazione, chiedendo se noi intendevamo di inserire nella
Costituzione la garanzia della libert religiosa per il culto delle minoranze. E, poi, mi aggiungevano, con molta
cortesia, alcune obiezioni riguardo al Trattato, dicendo: ma, come fate a garantirci questa libert? Ed io ho detto,
e mi pareva in quel momento essere interprete, pi di quello che non sono, del Paese: badate, in Italia vi sono
molti che criticano sia il contenuto sia l'origine del Trattato; per esso ha rappresentato la chiusura di un periodo
che costato all'Italia tante umiliazioni e tante rovine, e anche coloro che non sono d'accordo voteranno e
accetteranno.

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Una voce a sinistra. No, no. (Commenti).


DE GASPERI. Mi sono sbagliato se ho abbondato; per credo di averlo fatto con
senno politico, ed aggiungo che oggi ai protestanti d'America deve giungere la nostra nuova assicurazione che
in quest'articolo e nell'articolo 16 garantita piena libert, piena eguaglianza, e che non vi da temere, da parte
nostra, nessuna persecuzione, nessun ritorno ai tempi superati.
I Patti lateranensi tengono conto della realt storica, ma non limitano la libert per i non cattolici.
Alla fine della discussione, un venerando pastore, rettore di una Chiesa vicina, che si vedeva dal grattacielo, mi
disse: Ho sentito il suo discorso. Quando passa dinanzi a quella Chiesa ricordi che l dentro c' un'anima che
prega per lei e per l'Italia . Ho sentito profonda commozione da questa promessa di preghiera che veniva al
Padre comune da uno che non legato dal vincolo di religione con la Chiesa cattolica. E mi sono detto, perch
la verit, che tollerante e deve essere chi crede. Lo scettico non d nulla, non sacrifica nulla del suo per la
convivenza sociale e per la carit cristiana. (Applausi al centro - Commenti a sinistra - Interruzione
dell'onorevole Tonello). Credo solo di poter pronunciare con la stessa forza le convinzioni mie che sono venute
non soltanto dalla educazione familiare, ma attraverso una lotta per riconquistare la fede, e venute soprattutto
dall'esperienza di uomo politico e di uomo di Stato. Su questa esperienza fatta qui e in altri paesi mi sono fatta la
convinzione che senza la fede e senza la morale evangelica le nazioni non si salvano, siano o non siano
socialiste. (Vivissimi applausi al centro e a destra - Commenti a sinistra).
TONELLO. Cosa c'entra questo col Vangelo? (Commenti - Rumori).
DE GASPERI. Amici, siamo in un momento di grande solennit e di grande responsabilit, che non pu venire
menomato da qualche benevola interruzione dell'amico Tonello; siamo in un momento in cui noi costituenti della
Repubblica italiana dobbiamo votare nell'interesse della Nazione e nell'interesse della Repubblica. Dobbiamo
votare in modo che sia fatto appello al mondo libero degli Stati, al mondo che anche io so e dico che ci guarda. Il
mondo che ci guarda si preoccupa che qui si crei una Costituzione di uomini liberi; il grande mondo cattolico si
preoccupa che qui la Repubblica nasca in pace e in amicizia col Pontefice romano, il quale durante la guerra
rivendic la dignit umana contro la tirannia e stese le mani protettrici sui perseguitati di tutte le nazioni e di tutte
le fedi e in modo particolare su coloro a cui si riferito l'amico Lami Starnuti. (Vivissimi applausi al centro Interruzioni a sinistra).
Amici, si accennato qui alla comunanza che ci ha uniti nel momento del combattimento tra uomini, di diversi
partiti e qui ci sono parecchi che con me hanno trascorso un periodo insieme nel sottosuolo, come si usava dire.
Ma c' un fatto ancora pi grandioso, ed che nei momenti pi difficili, nei momenti delle persecuzioni,
soprattutto il Capo della Religione cattolica ci ha aiutato a salvare protestanti e israeliti. Ma c' ancora di pi: in
certi conventi erano ammassati e nascosti cattolici, protestanti ed ebrei insieme. Si trovavano uniti la sera, nei
momenti tragici e nei momenti delle minacce, da una preghiera suprema che quella del Padre nostro comune.
Questa la nostra forza: se in Italia creeremo una norma di tolleranza per tutti, ma soprattutto una norma in cui
si riconosca questa paternit comune che ci protegge e che protegga soprattutto la Nazione italiana. (Vivissimi,
prolungati applausi al centro e a destra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Nenni. Ne ha facolt.
NENNI. Onorevoli colleghi, l'appello che l'onorevole De Gasperi ha rivolto a tutti i repubblicani, perch meditino
sulle conseguenze che un voto negativo all'articolo che stiamo discutendo potrebbe avere sulla pace, non
soltanto religiosa, ma politica del Paese, non modifica la decisione che il Partito socialista italiano ha preso fin
dal primo momento nei confronti di quello che fu l'articolo 5, ed oggi l'articolo 7 del progetto di Costituzione.
Con la coscienza di fare il nostro dovere verso la Nazione e verso la Repubblica, noi voteremo contro l'articolo 7,
per ragioni, ad un tempo, di principio e di coscienza.
Le ragioni di principio si richiamano alla nostra concezione dello Stato laico.

205

Siamo profondamente convinti che la pace religiosa un bene altamente apprezzabile, ma per noi, la garanzia
della pace religiosa nello Stato laico, nella separazione delle responsabilit e dei poteri, per cui lo Stato
esercita la sua funzione sovrana nel campo che gli proprio, e garantisce alla Chiesa la sovranit della sua
funzione nel campo che le proprio.
Fuori di questo principio c' la lotta, la lotta che noi non cerchiamo, non accettiamo, anche se convinti che,
nell'intransigenza di cui ha dato prova la Democrazia cristiana nel
corso di questa discussione, vi un invito esplicito alla lotta. (Applausi a sinistra - Rumori al centro).
Il nostro caso di coscienza si pone in rapporto alle origini, al contenuto e all'interpretazione del Concordato. Per
quanto si riferisce alle origini dei Patti lateranensi, sono convinto che non vi nessun Deputato cattolico
disposto a trovare un motivo di soddisfazione, nel fatto che sotto il Trattato del Laterano, vicino alla firma del
Sommo Pontefice, vi quella di Benito Mussolini, che non fu mai una cauzione di libert e di democrazia.
(Applausi a sinistra - Rumori al centro).
Sempre per quanto si riferisce alle origini dei Patti, nessuno ha in quest'aula approfondito l'analisi storica delle
cause per cui il Trattato, che non si pot concludere nel 1917, nel 1919, nel 1920, lo fu nel 1929,
accompagnandosi al sospetto di una collusione che pesa ancora sulla coscienza di molti italiani, come una
macchia ed una vergogna. (Commenti al centro e a destra).
Circa il contenuto dei patti, noi avevamo preso l'impegno al nostro Congresso di Firenze del 1946 di non farci
promotori di una denunzia globale o parziale del Concordato, almeno finch, nella coscienza del Paese non si
sia formata la convinzione che, nel Trattato e nel Concordato, qualche cosa vi che deve essere aggiornato e
modificato.
Per, onorevoli colleghi della Democrazia cristiana, quando voi ci chiedete di consacrare la validit dei Patti
lateranensi nel testo stesso della Costituzione, allora ci costringete ad aprire Trattato e Concordato, per vedere
se in essi siano stipulate convenzioni che offendano la nostra coscienza di uomini, decisi s a rispettare la vostra
libert di coscienza, ma anche a chiedervi di rispettare la nostra libert di pensiero. (Applausi a sinistra).
E allora ci imbattiamo subito nell'articolo 1 del Trattato che noi non possiamo approvare, e al quale, forse, voi
stessi oggi neghereste il vostro consenso. Dice l'articolo 1: L'Italia riconosce e riafferma il principio consacrato
nell'articolo 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana la
sola religione dello Stato . Con ci lo Stato itjaliano abbassato al livello di Stato confessionale e chiesastico.
Se d'altro canto apriamo il Concordato, ci imbattiamo nell'articolo 36 che dice: L'Italia considera fondamento e
coronamento dell'istruzione pubblica l'insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla
tradizione cattolica . Noi non vogliamo aprire in sede di Costituzione la discussione su questo articolo assurdo.
Nella vita saggio e prudente sforzarsi di risolvere soltanto i problemi di maggiore urgenza; ed ho gi detto da
questo banco, nella discussione generale, come in questo momento la nostra maggiore sollecitudine sia
indirizzata verso le questioni sociali della riforma agraria e della riforma industriale, senza perci negare
l'importanza dei problemi in discussione, sui quali a suo tempo ritorneremo. (Commenti al centro).
Pu darsi, onorevoli colleghi, che sia proprio in considerazione delle discussioni future che voi cerchiate oggi di
introdurre di soppiatto i Patti nella Costituzione. Ma allora, signori, voi elevereste contro la storia una barriera di
carta pesta. La storia, se deve passare, passa anche al di sopra delle disposizioni scritte in una Carta
costituzionale per sua natura contingente e non eterna. (Approvazioni a sinistra - Rumori al centro).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi pare che se c' una discussione in cui la tolleranza d'obbligo, proprio
questa.
NENNI. Permettetemi di constatare, onorevoli colleghi del centro, che nessun argomento di carattere irrefutabile
stato addotto a sostegno della vostra tesi. L'argomento pi debole, caro De Gasperi, fornito delle tue
statistiche. Appunto perch le statistiche sono quello che sono, appunto perch la religione cattolica abbraccia la
quasi totalit del nostro popolo, voi non avete bisogno di particolari garanzie giuridiche a sostegno della
garanzia di libert per la Chiesa rappresentata dal vostro numero e dalla forza morale delle vostre conclusioni.

206

Del resto, anche su un altro punto l'argomentazione dell'amico De Gasperi venuta incontro alle nostre
preoccupazioni, ed quando egli ha riconosciuto che l'emendamento Basso poteva essere accettato. Io dico
che poteva e doveva essere accettato, e bench non abbia pi speranza che alla fine di questo lungo dibattito si
possa ritornare sulle decisioni prese, aggiungo che chi vuole sinceramente chiudere la questione religiosa, chi
vuole assidere su basi incrollabili la pace religiosa, dovrebbe votare con noi l'emendamento Basso, il quale fu a
suo tempo presentato alla Commissione e respinto dalla stessa maggioranza che si prepara stasera a votare
l'articolo 7.
Come non ci ha convinto De Gasperi, cos non ci avevano convinto le argomentazioni giuridicamente assai sottili
dell'onorevole Dossetti. Anzi il tentativo di ridurre al minimo il settore d'attrito, senza la volont positiva e
concreta di cercare una formula di conciliazione, ci rende pensosi e perplessi. Noi siamo allora costretti a
chiederci da dove viene, che cosa alimenta l'intransigenza cattolica.
Abituato a dire le cose come le penso, anche se ci ha qualche volta degli inconvenienti, esprimo molto
lealmente la convinzione che l'origine dell'intransigenza che ha reso impossibile fra di noi un onesto
compromesso, che non fosse la rinuncia n da parte degli uni n da parte degli altri alle proprie convinzioni di
principio, si deve ricercare nella pressione esercitata dall'Azione Cattolica e dall'Osservatore Romano. Nel corso
delle polemiche di questi giorni l'Osservatore Romano ha sospeso sul nostro capo la minaccia che un voto
contrario all'articolo 7 possa non soltanto turbare la pace religiosa, ma addirittura riaprire la questione romana.
l'Osservatore Romano che, ricollegandosi all'interpretazione data da Pio XI al nesso fra Trattato e Concordato
(considerati in funzione l'uno dell'altro) e all'interpretazione fanaticamente confessionale che del contenuto del
Concordato fu data nelle discussioni del 1929, ha smisuratamente allargato il campo del dibattito e riproposto il
problema della questione romana che l'immensa maggioranza degli italiani considera chiuso e che rester
chiuso qualunque sia il voto che stiamo per dare.
Onorevoli colleghi, per queste ragioni noi voteremo contro l'articolo 7. Ma teniamo a riaffermare che la nostra
concezione dello Stato laico e della scuola laica non costituisce una minaccia, una offesa, una menomazione
per la libert di coscienza e per i princip morali del cristianesimo.
Lo Stato laico considera la religione come un problema individuale di coscienza; esso non vuole n distruggere
la religione n puntellarla, ma si mantiene nella sfera della sua sovranit senza invadere il campo delle filosofe
e delle religioni.
In questo senso, noi abbiamo coscienza di contribuire - votando contro l'articolo 7 - alla pace religiosa del
Paese.
Vi poi, onorevoli colleghi, un elemento del dibattito che trascende il tema dei rapporti giuridici dei quali stiamo
parlando da tanti giorni ed investe il principio stesso della vitalit dello Stato. L'onorevole De Gasperi ha detto
che, sollecitandoci a votare l'articolo 7, aveva in animo il consolidamento della Repubblica. Non metto in dubbio
la sincerit delle sue parole, ma penso che, per consolidare la Repubblica bisogna fondare lo Stato e lo Stato
non si fonda sul principio di una diarchia di poteri e di sovranit.
La Repubblica che abbiamo fondato avr un senso ed un significato se continuer, superandolo, il
Risorgimento, non se torner indietro su quello che stato acquisito dal Risorgimento.
Noi stiamo tornando indietro, cosa di cui siamo preoccupati come socialisti, ma soprattutto come italiani. Signori,
umiliando lo Stato, voi umiliate la Repubblica e la Nazione, che noi vogliamo forti perch possano assolvere alla
loro missione sociale e politica. (Vivi applausi a sinistra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Bonomi Ivanoe. Ne ha facolt.
BONOMI IVANOE. La mia dichiarazione di voto sar brevissima, ma necessario che sia fatta anche a
conclusione dei tentativi di conciliazione fra le parti politiche, fatti da me insieme agli amici Nitti ed Orlando.
Si sono pronunziati molti discorsi di critica alla formulazione dell'articolo in votazione, e si anche rilevata la
incompatibilit di talune disposizioni dei Patti lateranensi con talune proposte della nuova Costituzione.

207

Io dichiaro subito che non entro in questo vasto dibattito pur non disconoscendone l'importanza. Ma qui,
lasciatemi dire, per l'ampiezza della discussione, per la sua impostazione, e per le stesse parole che si sono
dette oggi nell'aula, non si tratta di tecnica costituzionale e di questioni meramente giuridiche: si tratta di un voto
politico sui Patti del Laterano.
Ora nessuno pu mettere in dubbio che quei Patti, che prima ancora che il fascismo li concludesse per i suoi fini
particolari erano gi in germe nel pensiero del liberalismo italiano - e le rivelazioni fatte dagli onorevoli Nitti ed
Orlando ne sono prova inconfutabile - hanno portato a due risultati di rilevanza eccezionale.
Anzitutto essi hanno chiuso per sempre la questione romana che, sorta e agitata durante il nostro Risorgimento,
s'era trascinata per mezzo secolo, dalle cannonate di Porta Pia alle sempre reiterate proteste della Santa Sede.
In secondo luogo quei Patti hanno posto i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica,
Chiesa che raccoglie la grande maggioranza degli italiani, sulla base salda di accordi bilateralmente concordati.
Questo , o signori, il significato storico dei Patti lateranensi, significato che tutti i partiti hanno riconosciuto,
giacch rilevo, e la constatazione ha per me una importanza decisiva, che nessuna delle parti politiche che sono
in quest'aula ha chiesto la revoca di quei Patti, i quali, eliminando un motivo storico di dissidio, hanno assicurato
all'Italia la pace religiosa.
per questa considerazione politica che, superando le critiche che sono state mosse all'articolo in votazione,
dichiaro, anche a nome dei miei amici, di votare l'articolo stesso cos come ci viene proposto dopo i faticosi
dibattiti della nostra Commissione.
Per, nel dare il mio voto favorevole, desidero mettere in rilievo, anche a nome di molti colleghi che hanno il mio
medesimo pensiero, che l'articolo 7, nella sua lettera e nel suo spirito, come del resto ha detto l'onorevole De
Gasperi, non ostacola quelle eventuali modificazioni delle norme concordatarie che le Alte Parti contraenti
ritenessero di comune accordo necessarie al fine di mantenere ai patti stessi una vitalit, conforme al nuovo
spirito della Repubblica italiana.
Onorevoli colleghi, riconosciamo e confermiamo ci che la storia ha creato, ma lavoriamo concordi perch nel
solco tracciato dal passato sorga e si svolga l'avvenire. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Togliatti. Ne. ha facolt.
TOGLIATTI. (Segni di attenzione). Signor Presidente, signore, onorevoli colleghi. Siamo giunti al termine, non di
una lotta, ma di un dibattito, di una discussione elevata, ardente, appassionata, la quale ha profondamente
interessato non soltanto questa Assemblea, ma tutto il Paese.
Arrivati a questo punto, una dichiarazione, non direi di voto, ma tale che precisi la posizione politica dei differenti
partiti, doverosa, e noi ringraziamo il nostro Presidente di averci permesso di fare questa dichiarazione in
questo modo, affinch essa possa essere abbastanza ampia e motivata, tale da non lasciare nessun dubbio in
nessuno.
Doverosa la dichiarazione di voto, da parte nostra, di fronte all'Assemblea, doverosa di fronte al nostro partito,
doverosa di fronte alle masse di lavoratori e cittadini che ci seguono, che ci hanno dato la loro fiducia,
mandandoci qui come rappresentanti della Nazione.
L'articolo che sta davanti a noi consta di tre parti. A proposito della terza, il nostro Gruppo ha presentato degli
emendamenti, anzi un emendamento, il quale potr essere concordato e posto ai voti insieme con
l'emendamento presentato da altri autorevoli colleghi.
Non abbiamo avuto nessuna difficolt, sin dall'inizio, ad approvare la prima parte dell'articolo, quella nella quale
si dice che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

208

Non solo non abbiamo avuto difficolt, ma i colleghi della prima Sottocommissione ricordano senza dubbio che
questa formulazione stata data da me stesso.
E qui permettetemi un ricordo.
L'onorevole Dossetti, riferendosi a questa prima parte dell'articolo che stiamo discutendo, cercando di darne una
giustificazione dottrinaria, diceva che questa si pu trovare in un corso di diritto ecclesiastico, tenuto
precisamente nel 1912, all'Universit di Torino, dal senatore Francesco Ruffini.
Voi mi consentirete di ricordare all'onorevole Dossetti che sono stato allievo di quel corso, che l'ho frequentato
quel corso, che ho dato l'esame di diritto ecclesiastico su quelle dispense che egli ha citato e lodato. E', forse,
per questo che non ho trovato difficolt a dare quella formulazione. Ricordo per anche che quelle lezioni non
erano frequentate soltanto da me. Veniva alle volte e si sedeva in quell'aula, un uomo, un grande scomparso,
amico e maestro mio, Antonio Gramsci, e uscendo dalle lezioni e passeggiando in quel cortile dell'Universit di
Torino, oggi semidistrutto dalla guerra, egli parlava con me anche del problema che ci occupa in questo
momento, del problema dei rapporti fra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Eravamo allora entrambi
giovanissimi, entrambi all'inizio della nostra vita politica e ci sforzavamo di invididuare quali erano le origini e
quali avrebbero potuto essere le sorti future di quel contrasto tra lo Stato e la Chiesa che allora era ancora per
gran parte in atto in Italia, ma che in parte era superato o si stava superando, e ricordo che Gramsci mi diceva
che il giorno in cui si fosse formato in Italia un governo socialista, in cui fosse sorto un regime socialista, uno dei
principali compiti di questo governo, di questo regime, sarebbe stato di liquidare completamente la questione
romana garantendo piena libert alla Chiesa cattolica.
Ripeto che la prima parte di questo articolo non offre per noi nessuna difficolt.
E vengo alla seconda parte, che quella a proposito della quale hanno avuto luogo i pi ampi dibattiti ed avr
luogo lo schieramento pi importante in quest'aula. Qui si tocca il fondo del problema dei rapporti fra lo Stato
italiano e la Chiesa cattolica. Ora, di questo problema noi non ci siamo interessati soltanto oggi n soltanto nel
corso delle discussioni della prima Sottocommissione e della Commissione dei 75. Fin dall'inizio del 1946,
quando si tenne in Roma il V Congresso del nostro Partito, dedicammo una parte non trascurabile dei nostri
dibattiti all'esame di questo problema, e la nostra posizione venne allora definita cos nel rapporto che io tenni al
Congresso. Permettetemi di citare.
Poich l'organizzazione della Chiesa, dicevo io allora, continuer ad avere il proprio centro nel nostro Paese e
poich un conflitto con essa turberebbe la coscienza di molti cittadini, dobbiamo regolare con attenzione la
nostra posizione nei confronti della Chiesa cattolica e del problema religioso. La nostra posizione anche a
questo proposito conseguentemente democratica. Rivendichiamo e vogliamo che nella Costituzione italiana
vengano sancite le libert di coscienza, di fede, di culto, di propaganda religiosa e di organizzazione religiosa.
Consideriamo queste libert come le libert democratiche fondamentali, che devono essere restaurate e difese
contro qualunque attentato da qualunque parte venga. Oltre a questo per esistono altre questioni che
interessano la Chiesa e sono state regolate coi Patti del Laterano. Per noi la soluzione data alla questione
romana qualcosa di definitivo, che ha chiuso e liquidato per sempre un problema. Al Trattato del Laterano
per indissolubilmente legato il Concordato. Questo per noi uno strumento di carattere internazionale, oltre
che nazionale, e comprendiamo benissimo che non potrebbe essere riveduto se non per intesa bilaterale, salvo
violazioni che portino l'una parte o l'altra a denunciarlo. Questa nostra posizione chiara e netta. Essa toglie
ogni possibilit di equivoco e impedisce che fondandosi sopra un equivoco si possano avvelenare o intorbidare i
rapporti fra le forze pi avanzate della democrazia, che seguono il nostro partito, e la Chiesa cattolica .
Come vedete, vi sono qui alcune affermazioni fondamentali, alle quali abbiamo il dovere di rimanere coerenti,
alle quali ci siamo sforzati di rimanere coerenti, alle quali credo che siamo rimasti coerenti fino ad ora.
Prima affermazione fondamentale: la rivendicazione delle libert di coscienza, di fede, di culto, di propaganda
religiosa e di organizzazione religiosa. Il progetto di Costituzione, per questa parte, ci sodisfa. Noi appoggeremo
tutte quelle proposte le quali tenderanno a rendere sempre pi tranquille le coscienze di tutti i credenti di tutte le
fedi, garantendo loro tutte le libert di cui hanno bisogno per esplicare il loro culto e svolgere la loro propaganda.

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Seconda affermazione: consideriamo definitiva la soluzione della questione romana, e non vogliamo in nessun
modo riaprirla.
Terza affermazione: riteniamo che il Concordato sia uno strumento bilaterale e che solo bilateralmente potr
essere riveduto.
Nel corso dei dibattiti della prima Sottocommissione e della Commissione dei Settantacinque, ci siamo
costantemente attenuti a questi princip, ed anche nel mio intervento, e negli interventi degli altri colleghi del mio
Gruppo, nel dibattito generale sulla Costituzione e nel dibattito su questa parte della Costituzione stessa, queste
sono le posizioni che noi abbiamo affermate.
Abbiamo, per, sollevato, in pari tempo, alcune questioni che ci preoccupavano e che ci hanno incominciato a
preoccupare particolarmente - ed in questo concordo col giudizio dato dal collega Nenni - quando ci si chiese di
inserire come tali, e il Trattato e il Concordato, nella nostra nuova Costituzione attraverso un esplicito richiamo.
Precisamente, le questioni che ci preoccupavano erano quella della firma e quella di alcune determinate norme,
sia del Trattato sia del Concordato, in cui trovavamo un contrasto con altre norme della Costituzione, da tutti noi
insieme volute e approvate preliminarmente nelle Commissioni. Questa contradizione apriva un problema;
poneva un interrogativo. Mai abbiamo parlato di una denuncia o dell'uno o dell'altro dei due strumenti diplomatici
che sono legati insieme in quel complesso che viene chiamato Patti del Laterano . Le stesse preoccupazioni
nostre, del resto, in maggiore o minore misura, abbiamo sentito esprimere da tutti, anche dai colleghi di parte
democristiana, quando sono intervenuti nel dibattito. Tutti hanno riconosciuto, credo senza eccezioni, per quanto
con maggiore o minor vigore, la fondatezza almeno di una parte delle esigenze presentate sia da noi che da altri
colleghi di questa parte. In pari tempo abbiamo affermato sin dall'inizio, raccogliendo un appello venuto dal
Presidente Orlando, il nostro desiderio che si
trovasse di tutta questa questione una soluzione attorno alla quale potesse venire realizzata, se non l'unanimit,
per lo meno la grande maggioranza di questa Assemblea. Questo infatti ritenevamo fosse necessario, anzi
quasi indispensabile, per consolidare la pace religiosa del nostro Paese. In questo senso ci siamo mossi nelle
conversazioni e trattative che hanno avuto luogo negli scorsi giorni tra noi e i rappresentanti di altri Gruppi
dell'Assemblea. Diverse formule sono state presentate e vagliate nel corso di queste conversazioni. Una di
esse, la quale aveva l'autorevole appoggio dell'onorevole Orlando, passava dall'affermazione: i rapporti ecc.
ecc. sono regolati all'affermazione: la Repubblica riconosce e conferma i Patti lateranensi . Questa formula,
pur essendo per determinati aspetti pi tassativa, direi anche pi impegnativa dell'altra, pure sodisfaceva una
delle nostre esigenze, quella del cambio della firma. Al posto di quella del fascismo, subentrava la firma della
Repubblica. Non siamo per riusciti a venire all'accordo su questa formula, cos come non eravamo riusciti
precedentemente a trovare un accordo sopra altre formule le quali tenevano conto di esigenze affacciate, come
ho detto, da tutte le parti, anche dalla parte democristiana.
Ho sentito test l'onorevole De Gasperi affermare che per lo meno una di queste formule, quella sostenuta
dall'onorevole Basso, avrebbe potuto essere accettata, se non si fosse impegnata su di essa una discussione
impegnativa prima che la cosa venisse davanti all'Assemblea. Mi permetta, onorevole De Gasperi, ma ci che
ella ha detto una svalutazione diretta dell'Assemblea. I dibattiti che precedono preparano i dibattiti
nell'Assemblea; ma qui si decide ogni questione, qui ogni formula deve essere pesata, valutata, accettata o
respinta. In questo sta la sovranit della nostra Assemblea. (Applausi).
Da ultimo, quando vedemmo che nessuna delle formule presentate era tale che, essendo accettata dalla parte
democristiana, ci consentisse di avere quella larga maggioranza o di raggiungere anche quell'unanimit che
avremmo voluto si raggiungesse nell'interesse del Paese, si discusse della possibilit di presentazione di un
ordine del giorno il quale, a conclusione del dibattito, mettesse in valore l'importanza, il peso di esso nella vita
nazionale, pur non dicendo in sostanza nulla di pi e nulla di meno di quanto diceva l'articolo 7 e di quanto nel
corso del dibattito quasi concordemente era stato detto da tutti.
L'ordine del giorno venne formulato da un autorevole parlamentare e sodisfaceva molti di noi. Anche esso, per,
alla fine venne respinto. Nemmeno in quella direzione trovammo quella via di uscita che stavamo cercando, e
ci non ostante avessimo affermato - e tutti lo riconoscevano insieme con noi - che l'approvazione di un simile
ordine del giorno, pur non aggiungendo e non togliendo nulla all'articolo, sarebbe stata un atto politico

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importante, che avrebbe facilitato l'opera necessaria a raggiungere i pi larghi consensi possibili e forse
l'unanimit.
In nessun modo, dunque, siamo riusciti a metterci d'accordo. Perch? Perch ci siamo trovati, ad un certo
momento e ci troviamo ora in una specie di vicolo cieco? Perch il nostro dibattito arrivato a questo punto di
evidente drammaticit?
Onorevoli colleghi, qui si pone un problema profondo, che io formulerei a questo modo: in sostanza con chi il
dibattito? Fra noi e i colleghi di parte democristiana? Non credo.
I colleghi di parte democristiana alle volte parlano presentandosi come unici difensori della libert della
coscienza religiosa delle masse cattoliche. Non credo che alcuno dei partiti di sinistra voglia lasciare loro la
esclusivit di questa funzione.
Anche nel nostro partito esistono, e credo per la maggioranza degli iscritti, i cittadini cattolici e noi siamo
assertori e difensori della libert della loro coscienza religiosa. vero, noi difendiamo questa libert come partito
democratico, moderno, progressivo, comunista, se volete; ma, ad ogni modo, la difendiamo. Non lasciamo a voi
la esclusivit di questa funzione.
Anzi, mi pare che il dibattito sia stato un po' viziato dal fatto di esser diventato un dibattito con voi, colleghi
democristiani, mentre non lo . In fondo, il dibattito tra l'Assemblea Costituente italiana e un'altra parte, l'altra
parte contraente e firmataria dei Patti del Laterano. Questa la realt, che dobbiamo guardare in faccia se
vogliamo comprendere bene di che si tratta e quello che dobbiamo fare.
Qui avvenuto per un fatto spiacevole. avvenuto che da tutti i settori dell'Assemblea, compreso il vostro, si
detto che un determinato ritocco di alcune norme dei Patti, in un momento determinato, con le forme opportune,
sarebbe desiderabile e dovrebbe potersi fare. Ecco una voce unanime, o quasi, che esce dal luogo dove
siedono i rappresentanti della Nazione. Questa voce, per, non andata pi in l.
Onorevole De Gasperi, qui mancato qualcosa, mancato, pi che l'intermediario, il rappresentante autorizzato
di questa voce, che la voce della Nazione, che si sia presentato all'altra parte, le abbia significato quello che
qui si pensa e sia in grado ora di significare a noi quello che da noi quest'altra parte richiede. Non siamo infatti
autorizzati a credere che la vostra opinione di partito sia opinione autorizzata dall'altra parte.
In questo dibattito, insomma, abbiamo sentito l'assenza, quell'assenza che lamentava anche l'onorevole
Orlando, del governo. La democrazia italiana in questa occasione non stata guidata da un governo, il quale si
sentisse legittimo rappresentante di quella opinione democratica e repubblicana, che qui in modo unanime
espresse una stessa esigenza, pure con sfumature diverse riguardo all'intensit. E forse questo il male che
succede in tutti i Paesi, quando si agitano questioni di questa natura e il partito dirigente il Partito
democristiano. (Commenti).
L'onorevole De Gasperi ha parlato, ed io mi aspettavo parlasse come Capo del governo. Se avesse parlato
come Capo del governo dicendoci: Cos si pone il problema; questo da farsi nell'interesse nazionale , lo
avrei applaudito. Egli ha avuto invece, come uomo di governo, un unico accenno alla necessit di consolidare il
regime repubblicano.
Onorevole De Gasperi, questo accenno l'abbiamo compreso; l'avevamo anzi gi compreso prima.
Ripeto: avremmo voluto che l'onorevole De Gasperi non parlasse qui, come ha parlato, quale esponente del
Partito democristiano o, ancora di meno, come esponente della coscienza cattolica, la quale non si estrinseca
n si pu estrinsecare in un solo partito; ma che, per tramite suo, tutto il nostro dibattito fosse guidato da un
rappresentante autorizzato di tutta la Nazione, cio dal nostro governo, democratico e repubblicano.
Questo non avvenuto; e dobbiamo dolercene. Siamo dunque costretti, per conoscere la posizione dell'altra
parte, a leggere il suo organo autorizzato ufficiale l'Osservatore Romano.

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L'onorevole Nenni ne ha parlato come d'un giornale tra gli altri. No, questo non esatto e questo non basta.
Permettetemi di parlare dell'Osservatore Romano come dell'esponente autorizzato dell'altra parte. Esso l'unica
voce, l'unico mezzo che abbiamo per conoscere che cosa pensa la Sata Sede, la quale firmataria, insieme con
i rappresentanti di allora dello Stato italiano, degli atti di cui stiamo discutendo.
Orbene, le affermazioni a questo proposito dell'organo ufficiale autorizzato della Santa Sede non sono
equivoche. Prendo soltanto quattro degli articoli consacrati, in date diverse, alla trattazione di questo problema
dall'Osservatore Romano e vi trovo le stesse affermazioni.
Il 13 di marzo: Simile omissione (l'omissione del richiamo al Trattato e al Concordato nella Costituzione)
significherebbe nella realt... non un silenzio, non una lacuna, ma una minaccia, un pericolo. La minaccia alla
pace religiosa, il pericolo di vederla turbata per la possibilit che lo sia .
Il 19 dello stesso mese: Questo eventuale diniego (si tratta sempre del diniego del richiamo esplicito ai Patti), il
sostenerlo necessario, il presagirlo possibile, turba gi la pace e l'unit spirituale del popolo, il quale pu ben
pensare fin d'ora che tale pace, tale unit minacciata per l'avvenire, se al suo unico fondamento si vuol...
togliere la sicurt costituzionale .
Il 20 e il 21 dello stesso mese: Per quanto si protesti fin d'ora di non voler cadere nell'anticlericalismo di
maniera, n in una lotta contro la religione, tuttavia (se si esclude dall'articolo 5 il richiam costituzionale ai Patti
lateraiiensi), pace religiosa.... certissimamente non sar, purtroppo .
Il 22 di marzo: Se realmente si vuole che nessuna lotta a carattere religioso turbi il faticoso rinnovamento della
Patria, perch mai cos manifesto timore di riaffermare, in un momento e in un documento solenne, l'efficacia di
Patti sottoscritti non soltanto tra un governo ed altro governo, tra uno Stato ed altro Stato, bens tra il popolo
italiano e la sua fede e la sua Chiesa? .
Non vi dubbio che ci troviamo di fronte a un'esplicita manifestazione di volont dell'altra parte, della Chiesa
cattolica, della Santa Sede. Ed questo il punto da cui dobbiamo partire, onorevoli colleghi, nel determinare la
nostra posizione. Questo il punto da cui dobbiamo partire, dal momento che tutte le questioni da noi
precedentemente sollevate sono state sempre subordinate a una esigenza fondamentale, quella di non turbare
la pace religiosa del nostro Paese.
Esisteva o no la pace religiosa prima di oggi, prima del crollo del fascismo, prima della disfatta? Si pu
discutere, si pu vedere come sono andate le cose storicamente.
Nel 1929, quando i Patti lateranensi furono firmati, non c' dubbio che, nonostante tutto il precedente lavorio
preparatorio compiuto da uomini politici di marca democratica e di fede liberate, non c' dubbio che
quell'accordo, concluso in quel momento, fece veramente pesare sul nostro Paese - permettetemi l'espressione
romantica - l'ombra funesta del triste amplesso di Pietro e Cesare. Lo sentimmo chiaramente noi, che
dirigevamo la lotta antifascista della parte avanzata del popolo italiano. Sentimmo che, nonostante che oggi si
interpreti l'espressione uomo della Provvidenza dicendo che si trattava di riferirsi a quella virt che la
Provvidenza ha di mandare uomini buoni e uomini cattivi, allora uomo della Provvidenza fu inteso come
uomo provvidenziale .
Poi le cose cambiarono, senza dubbio. Questa prima impressione si attut; qualche posizione fu conquistata e
consolidata da noi; qualche posizione fu perduta dal fascismo; la nostra lotta per la democrazia, per la libert
contro la tirannide si svilupp; gli uomini si svincolarono da quella primitiva impressione. Arrivammo cos alla
guerra di liberazione, nella quale avemmo profonda l'impressione che la pace religiosa veramente ci fosse.
Vedemmo infatti nelle nostre unit partigiane operai cattolici affratellati con militanti comunisti e socialisti;
vedemmo nelle unit comandate dai migliori tra i nostri capi partigiani, i cappellani militari, sacerdoti, frati,
accettare la stessa nostra disciplina di lotta. Tutto questo ci permetteva di ritenere che la pace religiosa fosse
stata raggiunta. Per questo chiudemmo quella pagina; n avevamo alcuna intenzione di riaprirla. Non solo, ma
arrivammo a quel grande successo, a quella grande vittoria che stata l'unit sindacale, giungemmo alla
conclusione di un patto di unit sindacale fra le grandi correnti tradizionali del movimento operaio italiano: la
corrente comunista, la corrente socialista e la corrente cattolica. Poi ci fu il 2 giugno, che segn senza dubbio un

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passo addietro, per gli episodi di cui tutti fummo testimoni; per i motivi che tutti sappiamo. E ora siamo di fronte
all'avvenire e a difficolt nuove per il nostro Paese: siamo di fronte a problemi economici e politici che si stanno
accumulando e intrecciando, l'uno con l'altro. In questa situazione, abbiamo bisogno della pace religiosa, n
possiamo in nessun modo consentire a che essa venga turbata.
Ora, il contrario del termine pace guerra. vero che per fare la guerra bisogna essere in due e che
una delle parti pu sempre dichiarare - come fai tu, compagno Nenni - noi la guerra non la vogliamo ; ma per
dichiararla, la guerra, basta uno solo. Di questo bisogna tener conto.
Questa la situazione reale, di fatto, che oggi esiste, e noi, Partito comunista, che dal momento in cui abbiamo
incominciato ad agire legalmente nel Paese, sempre abbiamo avuto tra i nostri principali obiettivi quello di
mantenere la pace religiosa, non possiamo trascurare questa situazione, anzi dobbiamo tenerne conto e
adeguare ad essa la nostra posizione e, di conseguenza, il nostro voto.
E qui la mia dichiarazione di voto potrebbe trasformarsi in un appello: potrei rivolgermi ai colleghi socialisti, ai
colleghi di altre parti, invitandoli a votare con noi, a votare come noi voteremo. (Interruzioni - Commenti).
Essenzialmente per noi votiamo tenendo conto della nostra responsabilit; e comprendiamo benissimo che la
responsabilit nostra pi grave forse di quella di qualsiasi altro membro di questa Assemblea: certamente
pi grave di quelli che posso considerare come degli isolati, dell'onorevole Lussu, dell'onorevole Crispo, o
dell'onorevole Condorelli, che non sono a capo di grandi partiti; anche, vorrei dire, dell'onorevole Benedetto
Croce, che passato in quest'aula come un'ombra, l'ombra di un passato molto lontano! La nostra
responsabilit pi grande, in sostanza, anche di quella dei colleghi socialisti, perch non siamo soltanto partito
della classe operaia, ma siamo considerati come il partito pi avanzato dei lavoratori, e in sostanza la
maggioranza della classe operaia orienta la sua azione a seconda del modo come il nostro partito si muove.
Per questo non soltanto alla nostra coscienza e convinzione personale, individuale che noi ci richiamiamo,
come si richiamano altri colleghi, nel decidere il nostro voto. Essenzialmente facciamo appello a questa nostra
responsabilit politica, e al modo come noi realizziamo la linea politica che ci siamo tracciata nella attuale
situazione del nostro Paese.
La classe operaia non vuole una scissione per motivi religiosi, cos come non vuole la scissione fra noi e i
socialisti. Noi siamo dunque lieti, anche se voteremo differentemente dal partito socialista, che questo fatto non
apra un contrasto fra di noi. In pari tempo per sentiamo che nostro dovere fare il necessario perch una
scissione e un contrasto non si aprano tra la massa comunista e socialista da una parte e i lavoratori cattolici
dall'altra.
Abbiamo avuto stamane i risultati della votazione svoltasi in preparazione del congresso confederale alla
Camera del lavoro di Milano. Si sono avuti 327.000 voti per i comunisti, 152.000 per i socialisti e 106.000 per i
democristiani. Orbene, vogliamo noi che tra questa massa di 106.000 operai che segue la democrazia cristiana
e la rimanente massa di tre o quattrocento mila operai che non seguono la Democrazia cristiana, ma di cui molti
sono cattolici, si apra un contrasto proprio oggi, in un momento in cui questioni cos gravi sono poste davanti a
noi, in cui soprattutto necessario che le forze del lavoro siano unite? (Commenti). Non solo, ma io ritengo che
la classe operaia, che noi qui rappresentiamo, o almeno quella parte di lavoratori che rappresentata da noi, sia
interessata a che sia mantenuta e rafforzata la unit morale e politica della Nazione, sulla base di una esigenza
di rinnovamento sociale e politico profondo. Anche di questo interesse e di questa esigenza noi teniamo conto.
E qui avrei finito, onorevoli colleghi; avrei finito se la posizione assunta dal nostro Partito in questa discussione,
e soprattutto nelle conversazioni che hanno avuto luogo nei giorni scorsi, non fosse stata al centro di una
particolare attenzione e nella stampa e nell'Assemblea.
Forse mi permetterete di dedicare qualche minuto ancora all'esame delle critiche e delle obiezioni che ci sono
state fatte, tanto pi in quanto ci mi permetter di chiarire ancora meglio la nostra posizione e trarne tutto il
succo.
Lascer da parte le volgarit, gli articoli come quelli che scriveva l'altro giorno un illustre camaleonte, il signor
Mario Missiroli, domandandosi che cosa c' sotto all'atteggiamento dei comunisti, eventualmente favorevole al
voto dell'articolo 5 o dell'articolo 7, nella forma in cui questo articolo viene presentato. L'autore di questo scritto

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argomenta lungamente e argomenta, naturalmente, in termini di hegelismo. Ma l'hegelismo l'abbiamo studiato


anche noi, anche noi ce la sappiamo cavare con queste formulette, e soprattutto sappiamo come molte volte
esse vengano adoperate esclusivamente per coprire una specie di cinismo, come quello di cui d prova questo
signore che accusa noi di non avere una coscienza etica dello Stato, perch saremmo disposti anche ad
accettare la formula dell'articolo 5 cos come ci stata presentata: proprio lui che, per esaltare i Patti del
Laterano, scrisse un intiero volume che, si dice, ebbe il personale plauso di Mussolini!
evidente che lezioni di etica da un camaleonte non le prendiamo.
Ma, eleviamoci in un'atmosfera superiore: paullo majora canamus.
Anche in quest'aula, la questione del nostro atteggiamento stata posta, e prima di tutto dall'onorevole Orlando,
il quale ha detto: Non vorrei collocarmi pi a sinistra dei comunisti . Che cosa destra e che cosa sinistra
non sempre facile dirlo in politica, onorevole Orlando. Ad ogni modo, non ho ben capito se, quando ella usava
quella espressione, intendeva esprimere una perplessit sua circa la posizione che ella doveva prendere,
oppure se avesse voluto che noi ci collocassimo un po' pi a sinistra per far posto a lei. (Si ride). Insomma, vi
qualcuno che avrebbe voluto ad ogni costo che fossimo noi a condurre questa battaglia. No, signori: noi
conduciamo le battaglie che sembra a noi debbano essere combattute e, quando riteniamo che per consolidare
l'unit politica e morale della Nazione debba essere presa una determinata posizione, la prendiamo, lo diciamo
chiaramente e ci assumiamo tutte le responsabilit che ne derivano.
Ma anche l'onorevole Nitti ci ha fatto oggetto della sua critica e delle sue benevole osservazioni. L'onorevole Nitti
si lusingato di darci una piccola lezione di interpretazione del marxismo. Onorevole Nitti, siamo sempre
disposti ad accogliere tutte le lezioni. Per, quando si tratta di una interpretazione del marxismo, diretta allo
scopo di determinare la nostra politica, questa lezione ce la diamo fra noi. La sede di essa il nostro Comitato
centrale, sono gli organi dirigenti del nostro Partito. Se ella crede di entrare nel nostro Partito (Ilarit), forse potr
anche collaborare alla elaborazione della dottrina marxista nei riflessi e nelle applicazioni che questa comporta
nella vita politica di oggi. La porta non chiusa per nessuno, e non detto che ella non possa rapidamente
superare i gradini che portano anche alle pi alte cariche del Partito, in modo che ella possa dare il suo
contributo alle direttive di azione di un Partito che si sforza di applicare alla situazione attuale precisamente i
princip del marxismo. (Si ride).
Ma lasciamo gli scherzi, onorevoli Nitti, ella ha detto una cosa che io non accetto: ella ha detto che i regimi
socialisti non si conciliano con l'esistenza della religione.
Non vero: e questo il punto che desidero chiarire meglio, perch illumina nel modo migliore la nostra
posizione di oggi.
Vi una sola esperienza in proposito, l'esperienza dell'Unione Sovietica. evidente che nel corso della sua
esistenza, l'Unione Sovietica ha dovuto attraversare differenti periodi, anche per questo riguardo. Ma che cosa
avvenne in quel paese? Avvenne che la Chiesa cristiana ortodossa, l'unica Chiesa ivi esistente, per il suo
orientamento politico e per il tipo stesso della organizzazione, era strettamente vincolata al vecchio regime
zarista, a quel regime di oppressione economica, politica e sociale, a quel regime di tirannide che era uno dei
pi arretrati, inumani e barbari di quei tempi.
Gli esponenti della Chiesa ortodossa ritennero di dover prendere la difesa del regime zarista e delle forze sociali
che esso esprimeva, contro le masse di operai, di contadini, di intellettuali avanzati, che volevano rinnovare
profondamente, su una base socialista, il loro Paese, e adempivano questo compito edificando un nuovo Stato,
uno Stato socialista. Ebbene, il nuovo Stato accett la lotta e vinse. Vinse, e non poteva non vincere, come non
possono non vincere tutti i regimi che attuano profonde trasformazioni politiche e sociali, quando queste sono
mature nella coscienza popolare e nello sviluppo stesso delle cose. Vinse, e la Chiesa ortodossa ne sub, per un
periodo di tempo abbastanza lungo, le conseguenze.
Per noi vedemmo, gi prima dell'ultima guerra, che la situazione era cambiata; e nel corso della guerra non
soltanto funzionarono regolarmente, liberamente le istituzioni religiose, ma il sentimento religioso ag come
stimolo alla lotta eroica delle grandi masse della popolazione di tutte le parti della Russia per la difesa della

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patria socialista minacciata nella sua esistenza dalle orde dell'invasione tedesca e fascista. Oggi esiste in
Russia un regime di piena libert religiosa (Commenti), e il regime socialista si rivela perfettamente conciliabile
con questa libert.
Questo, colleghi democristiani, il punto al quale io volevo arrivare, perch da esso traggo due insegnamenti: il
primo che non vi contrasto fra un regime socialista e la coscienza religiosa di un popolo; il secondo che
non vi nemmeno contrasto fra un regime socialista e la libert religiosa della Chiesa, e in particolare di quella
cattolica.
Questa la posizione di principio pi profonda, che non solo giustifica, ma spiega la posizione che noi
prendiamo in questo voto. Vogliamo rendere sempre pi evidente al popolo italiano questa verit. Quindi
inutile che vi poniate delle domande superflue: inutile vi domandiate cosa c' sotto. Non c' sotto nient'altro
che questo: il nostro voto sar dato secondo convinzione e per disciplina: per disciplina a una linea politica,
secondo la convinzione che questa politica quella che meglio corrisponde agli interessi della Nazione italiana.
Si dice che verr chiesto un voto segreto, oppure che voteremo pubblicamente per appello nominale. Il nostro
voto non cambier, sia che si voti in segreto, sia che si voti apertamente. Non vi sono in noi preoccupazioni
elettorali se non nel senso di tener fede alle assicurazioni che abbiamo dato agli elettori che hanno votato per
noi... (Commenti animati - Interruzioni).
Una voce. Non ci crediamo!
TOGLIATTI. Onorevoli colleghi della Democrazia cristiana, la vostra intolleranza utile. (Commenti). Essa serve
a dimostrare la validit delle argomentazioni dei vostri contradittori. Ho cercato di dimostrare prima che stato
un inconveniente per noi aver dovuto trattare con voi e non direttamente con altre parti. Voi mi state dando la
prova che ho ragione. Sono convinto che in un consesso di prelati romani sarei stato ascoltato sino alla fine con
pi sopportazione di quanto voi non mi abbiate ascoltato. (Commenti prolungati al centro).
PRESIDENTE. Mi sembra che i commenti siano gi stati troppo lunghi. Permettano che l'onorevole Togliatti
riprenda il suo discorso.
TOGLIATTI. Si anche parlato di una eventuale minaccia di un appello al Paese, attraverso un referendum, o
un plebiscito, minaccia che determinerebbe il nostro atteggiamento. Anche questo non vero. Qualora noi
ritenessimo che vi una questione o un dissenso che bisogna portare dinanzi al popolo, noi stessi chiederemmo
il referendum. E del resto, colleghi di parte monarchica, abbiamo vinto gi una volta un referendum: siamo
disposti a vincerne un altro. (Commenti).
Una voce a destra. Bene, si faccia il referendum!
CONDORELLI. Ne prendiamo atto.
TOGLIATTI. I motivi per i quali, visti fallire i nostri tentativi per arrivare attraverso una modificazione delle formule
presentate o attraverso la presentazione di un ordine del giorno successivo al voto dell'articolo, i motivi per i
quali, visti fallire questi tentativi, il Gruppo parlamentare comunista
ha deciso di votare per la formula che viene presentata, sono dunque motivi profondi, che investono tutto
l'orientamento politico del nostro Partito.
La nostra lotta lotta per la rinascita del nostro Paese, per il suo rinnovamento politico, economico e sociale. In
questa lotta noi vogliamo l'unit dei lavoratori, prima di tutto, e attorno ad essa, vogliamo si realizzi l'unit politica
e morale di tutta la Nazione. Disperdiamo le ombre le quali impediscono la realizzazione di questa unit! Dando
il voto che diamo, noi non sacrifichiamo, dunque, nulla di noi stessi; anzi, siamo coerenti con noi stessi sino
all'ultimo. Siamo oggi quello che siamo stati in tutta la lotta di liberazione e in tutto il periodo di profonda crisi e di
ricostruzione, apertosi dopo la fine della guerra. Siamo oggi quel che saremo domani, nella lotta che
condurremo insieme a voi, accanto a voi - se volete - o in contrasto con voi, per la ricostruzione, il rinnovamento,
la rinascita d'Italia.

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Siamo convinti, dando il nostro voto all'articolo che ci viene presentato, di compiere il nostro dovere verso la
classe operaia e le classi lavoratrici, verso il popolo italiano, verso la democrazia e la Repubblica, verso la
nostra Patria! (Vivi applausi all'estrema sinistra - Commenti animati).
PRESIDENTE. Desidero far presente all'Assemblea alcune brevi considerazioni.
Questa discussione finale ha assunto un carattere ampio e credo che nessuno mi possa far colpa di aver ci
consentito. La discussione, ad ogni modo, egregi colleghi, deve finire questa sera (Applausi). Ritengo che i
nostri lavori, per concludersi, richiederanno ancora almeno quattro ore. (Commenti).
Non si tratta di una opinione avventata e credo che tutti i colleghi che hanno assistito a questa prima parte della
discussione ed hanno compreso la necessit di una certa larghezza di dichiarazioni, converranno che occorrono
forse pi di quattro ore se io dir loro che vi sono ancora undici iscritti per dichiarazione di voto e non chiusa
l'iscrizione. Aggiungo che ho gi sul tavolo tre domande di votazione per appello nominale su tre diverse
proposte. Ed allora io credo che sia opportuno sospendere la seduta per un'ora e mezzo e poi riprenderla alle
21.30 e continuarla finch l'articolo 7 non sar approvato. (Approvazioni).
(Cos rimane stabilito).
(La seduta, sospesa alle 20, ripresa alle 21.40).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Corbino. Ne ha facolt.
CORBINO. Onorevoli colleghi, dopo i discorsi degli onorevoli De Gasperi, Nenni e Togliatti che rappresentano, il
primo ed il terzo i due gruppi pi importanti dell'Assemblea, il secondo uno dei gruppi pi importanti, si potrebbe
quasi considerare come nettamente delineato quello che sar il risultato della nostra discussione, dal punto di
vista della votazione. E, quindi, le nostre dichiarazioni di voto non possono avere, n del resto credo che
l'avrebbero avuto anche senza le precedenti dichiarazioni, lo scopo che ogni oratore si propone, quando parla,
cio di convincere l'avversario; esse non possono avere altro significato che quello di stabilire la propria
responsabilit personale e politica di fronte alla deliberazione che noi andremo a prendere.
Io parlo a nome del gruppo liberale, gruppo cos poco numeroso nei confronti di quelli rappresentati dagli oratori
che mi hanno preceduto, che sarebbe una eccessiva pretesa, da parte mia, pensare che il nostro intervento
nella votazione, in un senso o nell'altro, potrebbe spostarne il risultato. E la pretesa sarebbe tanto meno logica in
quantoch di fronte a questo problema il Gruppo liberale ha deciso di lasciare a ciascuno dei suoi componenti la
facolt di votare secondo quanto gli detti la sua coscienza. un problema di estrema gravit che importa
valutazioni di ordine politico immediato, valutazioni del peso di considerazioni di ordine politico nel futuro,
influenza della tradizione. Ed allora, per quella indisciplina che caratteristica del nostro Gruppo, abbiamo finito
col dire: ciascuno si regoli come crede. Ed io parlo per quel gruppo di liberali che, per varie ragioni, o di carattere
giuridico, o di carattere filosofico, o per problemi di coscienza, o per circostanze di carattere politico in senso
stretto, che ora rapidissimamente enumerer, hanno deciso di votare a favore dell'articolo 5 del progetto, che
diventer l'articolo 7 del testo definitivo.
Io ho la convinzione, onorevoli colleghi, che rispetto a questo problema abbiamo fatto una discussione che, per il
contenuto e per la forma, quanto di pi elevato si poteva attendere da un'Assemblea Costituente, nata in un
Paese che ha avuto tanti anni di oscuramento delle libert; ma non ho l'impressione che il Paese abbia sentito il
problema come lo abbiamo sentito noi; ed in questo dissento dall'onorevole De Gasperi e un po' anche
dall'onorevole Togliatti. La mia impressione che il Paese questo problema non lo ha avvertito con la stessa
nostra sensibilit politica, perch nel Paese c' il travaglio di varie crisi che colpiscono pi direttamente gli
individui, le famiglie, le stesse organizzazioni o formazioni sociali. C' un travaglio cos profondo, c' un
turbamento cos forte che non so se molti di coloro che sapevano delle nostre discussioni ci hanno considerato
dei bizantineggianti di fronte alle realt concrete di tanti altri problemi sui quali noi per ragioni complesse, che qui
non il caso di accennare, non abbiamo ancora portato l'attenzione che essi meriterebbero.
C' in fondo, nel nostro atteggiamento, un complesso di elementi che lo hanno determinato, e primi fra tutti gli
elementi di carattere giuridico. Abbiamo sentito tutte le tesi pro e contro; abbiamo sentito giuristi che ci hanno
detto che succederanno guai se includeremo i Patti lateranensi nella Costituzione o che succederanno guai se

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non li includeremo; abbiamo sentito giuristi che ci hanno detto che non succeder niente sia che li includiamo,
sia che non li includiamo. Conclusivamente, se dovessi applicare un linguaggio matematico all'aspetto giuridico
del problema, io direi che si ha la somma algebrica di pi uno e meno uno che, come voi sapete, uguale a
zero. E allora prendo l'aspetto giuridico del problema e lo metto da parte e dico: perch stiamo discutendo tanto
a lungo? Perch non abbiamo ancora trovato una formula risolutiva?
Entriamo allora nel secondo ordine di fatti, cio a dire l'ordine, chiamiamolo cos, filosofico. Io non sono filosofo,
ma credo di poter constatare un fatto, e cio che noi discutiamo ancora, nel 1947, dei rapporti tra lo Stato e la
Chiesa con una mentalit che risente dell'esperienza passata, come se la situazione del 1947 fosse la stessa di
quella di un secolo fa, di due o tre secoli fa; ed abbiamo paura di un eventuale predominio spirituale della
Chiesa perch presentiamo chiss quali pericoli nel complesso delle altre libert. Certo, storicamente ci sono
degli esempi che giustificano le nostre apprensioni; ma io mi domando: potete concepire oggi una Chiesa
cattolica o di altra natura che faccia un processo a Galileo perch afferma che la terra gira? Potreste indicarmi
oggi una Chiesa che arresti la mano di un fisico, per esempio di Enrico Fermi, nel momento in cui col
bombardamento mediante la particella alfa arriva a scomporre il nucleo e a determinare una rivoluzione nel
campo della ricerca scientifica, di cui non possiamo prevedere gli sviluppi futuri?
Voi potrete vedere, invece, domani un Sommo Pontefice levare la sua voce in nome dell'umanit per invocare
che la bomba atomica non sia usata contro le popolazioni civili. Un intervento di questo genere sar possibile.
Ma un intervento che vincoli le nostre coscienze, che possa creare un ambiente contrario allo sviluppo di tutte le
altre libert inviolabili, che noi abbiamo assicurato nella Costituzione, questo no, non riesco a vederlo.
Ed allora; anche il terreno filosofico deve essere sgomberato per esaminare la portata della disposizione, sulla
quale noi dobbiamo votare. La quale disposizione ha un carattere nettamente e spiccatamente politico.
Il primo giorno in cui noi abbiamo affrontato la vera discussione dell'articolo 5 o 7 stato oggi, quando per la
prima volta ci siamo guardati in faccia, gli uni cogli altri, senza reminiscenze o conoscenze giuridiche, senza
apprezzamenti di carattere filosofico, ma soltanto con una valutazione netta di carattere politico; valutazione
che, una volta impostato il problema, non poteva farci arrivare a conclusioni diverse di quelle alle quali noi
arriveremo. Perch certe questioni si possono in un'Assemblea politica non sollevare; e se restano nei
retroscena, se fanno materia soltanto di pourparlers, di chiacchiere nel Transatlantico o in seno ai singoli
Gruppi, purch non vengano all'Assemblea, qualunque sia la loro sorte, l'aspetto politico non appare. Ma,
quando entrano qui, in quest'aula, i problemi non diventano che problemi politici.
Ed alla stregua delle esigenze politiche di questo momento, contemperate, nei limiti in cui la nostra facolt di
previsione si pu spingere nell'avvenire, colle esigenze politiche del futuro, che noi dobbiamo prendere le nostre
deliberazioni.
Perch noi siamo per approvare l'articolo 7? Che i Patti lateranensi siano inseriti nella Costituzione risponde
probabilmente ad un desiderio di quella parte mancante, alla quale alludeva l'onorevole Togliatti e di cui egli ci
ha letto alcune manifestazioni, non, diciamo cos, ufficiali, ma ufficiose, attraverso brani dell'organo della Santa
Sede. Si pu anche ammettere nell'altra parte il desiderio di vedere confermato dalla nuova Assemblea politica
italiana un complesso di accordi, che avrebbe potuto
essere inficiato, o per ragioni collegate alle loro origini o per ragioni di altra natura.
Ma siamo veramente convinti che questo, dal punto di vista politico, rappresenti un serio pericolo per il nostro
Paese, dal punto di vista immediato? Io mi sento, in tutta coscienza, di rispondere negativamente e per darvi
l'elemento fondamentale della mia convinzione, non ho bisogno di fare altro che invitarvi ad esaminare quello
che successo negli ultimi anni. Signori, da cinque anni per lo meno che noi viviamo in clima rivoluzionario.
Noi abbiamo abbattuto il fascismo. (Rumori a sinistra). Vi ho contribuito anch'io! (Rumori a sinistra - Interruzioni).
Noi abbiamo abbattuto il fascismo; noi abbiamo affrontato e risolto il problema istituzionale in un momento
estremamente delicato, senza, gravi complicazioni nell'assetto politico; noi siamo arrivati, attraverso una
votazione liberamente fatta, alla proclamazione della Repubblica. Noi stiamo creando il nuovo ordinamento dello
Stato: io vi domando se, in questo periodo, ciascuno di voi, nella sua azione contro il fascismo, nella sua opera
per mantenere quell'organo istituzionale di transizione che furono i Comitati di liberazione nazionale ed anche
dopo, abbia sentito intorno a s qualche legame o impaccio che provenisse dai Patti lateranensi.

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E se non l'abbiamo sentito in questo periodo, pensate se potremo sentirlo negli anni prossimi! Io mi auguro che
noi usciremo, o prima o poi, da questa fase di carattere rivoluzionario politico, sia pure per entrare in quella tale
fase rivoluzionaria economico-sociale, alla quale faceva allusione l'amico Nenni, quando ci spiegava il significato
della sua espressione dal Governo al potere . Di maniera che, se dobbiamo rientrare in una normalit
politica, sia pure una normalit alquanto turbata dai postumi dei movimenti rivoluzionari precedenti, non vedo
perch i Patti lateranensi ci debbano essere di maggior fastidio nel futuro di quanto non ci siano stati nel periodo
in cui stata fatta veramente la rivoluzione.
Aggiungete poi che, per quanto concerne le eventuali differenze formali, e talvolta anche sostanziali, fra il
contenuto dei Patti concordatari e le formule che noi andremo ad approvare, a Costituzione completamente
approvata, potranno esservi delle eventuali contradizioni che il tempo e la stessa situazione politica del Paese
elimineranno.
La stessa saggezza dell'altra parte, alla quale ha fatto esplicita allusione, in uno dei suoi discorsi, un autorevole
esponente della Democrazia cristiana, l'onorevole Tupini se non ricordo male, e quel senso di elasticit che
hanno tutti i patti internazionali quando, da una parte e dall'altra, non si voglia arrivare ad una rottura,
consentiranno di sperare che eventuali difficolt potranno essere superate. Ed allora, se non ci sono necessit
immediate di rinunciare all'articolo 7, se non vi sono pericoli futuri nel proposto inserimento dei Patti nell'articolo
7 della Costituzione, perche noi dovremmo rinunciare oggi ad una affermazione che, a giudizio di una delle due
parti, riafferma la pace religiosa nel nostro Paese? Ecco perch, a parte quella che pu essere la visione politica
della Democrazia cristiana, io trovo perfettamente logica la presa di posizione dell'onorevole Togliatti e del suo
partito; e la trovo tanto pi logica (Commenti a sinistra - Rumori) in quanto che, come egli bene ha spiegato, fra
tutti i partiti di sinistra quello che pi degli altri aveva in un certo senso il dovere di prendere un'iniziativa in
questo senso, era proprio il partito comunista. (Commenti a sinistra). Io vorrei soltanto che questo atto di
concordia, del quale come italiano e come cristiano do pubblico ringraziamento all'onorevole, Togliatti e ai suoi
amici... (Commenti a sinistra).
Una voce a sinistra. E come liberale?
CORBINO. E anche come liberale; perch no?
Una voce a sinistra. Non va d'accordo.
CORBINO. No, guardi, che le concezioni del liberalismo vanno molto al di l di quello che ella non pensi,
onorevole collega. Vedete, io ho una grande stima per i musicisti; sapete perch? Perch uno dei pi grandi
capolavori della musica dovuto a Schubert, che ha scritto la celebre Sinfonia Incompiuta, che nessun
musicista dopo di lui ha mai osato completare.
Una voce a sinistra. Lei ha completato il liberalismo.
CORBINO. Noi abbiamo spesso l'abitudine di dire: Cavour avrebbe fatto cos; Mazzini avrebbe fatto cos. E non
sappiamo come si sarebbero regolati Cavour e Mazzini in condizioni come quelle nelle quali oggi ci troviamo.
(Rumori a sinistra - Applausi al centro e a destra).
Ecco perch io affermo a noi liberali il diritto di votare l'articolo 5 in perfetta concordanza con lo spirito liberale.
Non ci trovo nulla di strano; non ci trovo nulla di
inconciliabile con la dottrina della libert. E, del resto, io mi auguro, come liberale (Rumori a sinistra) che nella
Costituzione, in fatto di limitazioni eventuali della libert, non vi sia altro che quella che pu nascere dall'articolo
7; perch io sono sicuro che purtroppo ne metteremo delle altre, e di assai pi gravi e tangibili. Ieri voi, votando
l'articolo 3, avete aperto la porta, non alle sopraffazioni teoriche di una Chiesa che non ha nessuna voglia di
farle, ma alle sopraffazioni possibili di una classe, se questa classe - qualunque essa sia - domani si dovesse
impadronire del potere con qualuque mezzo.
TONELLO. La classe lavoratrice si impadronir dell'Italia! (Rumori a destra).

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CORBINO. Io non devo fare che una dichiarazione di voto; anzi, credo che ho superato i limiti che alla
dichiarazione di voto sono abitualmente consentiti. (Rumori - Interruzioni).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, io richiamo il senso di compostezza che questa discussione richiede.
Abbiamo fatto questa seduta appunto perch abbiamo avvertito la grande importanza dell'argomento. La seduta
non pu assumere l'aspetto di una serata allegra. Vi prego di continuare con la seriet con cui la seduta si
iniziata.
CORBINO. Non credo che nelle nostre deliberazioni (nostre nel senso non del mio partito, ma nel senso
generale) siano del tutto estranee le preoccupazioni di ordine elettorale. Ma io non trovo niente di strano che noi
ci si preoccupi anche dell'esame che dovremo fare di fronte ai nostri elettori, che in fondo sono i nostri giudici. E,
se noi pensiamo di poterci per conto nostro allontanare da quelle che sono le direttive che i nostri elettori
vorrebbero che noi seguissimo, noi mancheremmo al nostro dovere di rappresentanti.
Quindi, quando ciascun partito dice di non avere preoccupazioni di carattere elettorale, o dice una ipocrisia
(scusate se sono molto esplicito nei termini che adopero) o dice una cosa che non corrisponde al dovere
politico.
Ora, considerata la questione anche dal punto di vista elettorale, lo schieramento che si viene a determinare ha
una importanza notevole; perch noi veniamo a determinare uno schieramento in cui, a fianco del gruppo. della
Democrazia cristiana (che il pi forte), si schiera oggi il gruppo comunista, che il secondo in ordine di
grandezza.
RUGGIERO. Non importa.
CORBINO. Non importa, lo so, e non importa soprattutto per me, dato che noi siamo quasi l'ultimo gruppo in
ordine di grandezza, e non credo che potremo farci delle illusioni di poter migliorare un gran che la nostra
posizione. Io faccio questa osservazione dal punto di vista generale, e non dal punto di vista dei singoli gruppi.
Noi determiniamo quasi uno schieramento di forze che corrisponde ad una combinazione dei due pi forti partiti
dell'Assemblea Costituente, e probabilmente ad una combinazione dei due pi forti partiti del Parlamento di
domani, anche se per avventura la cifra delle forze relative dovesse domani subire qualche piccolo mutamento
in pi o in meno.
Evidentemente, badate bene, la responsabilit di questa situazione pu in parte risalire (come ha fatto rilevare
l'onorevole. Togliatti) agli amici della Democrazia cristiana, ad una loro assoluta rigidit su certe posizioni.
Ma se la realt delle cose quella che io mi sono sforzato di lumeggiare, badate che la responsabilit di questa
situazione potr in parte risalire anche all'atteggiamento dei gruppi intermedi, i quali non hanno mostrato di
avere quel senso di adattabilit alla situazione politica generale che molto opportunamente ha mostrato di
possedere il partito di estrema sinistra.
Ora, noi che siamo forza di conservazione - s, lo dico apertamente, non ho nessuna paura di dire che siamo
forza di conservazione, perch crediamo che nessuna rivoluzione possa avere probabilit di successo se non
consolidi bene quello che dei vecchi sistemi merita di essere conservato; ed per questo che siamo
conservatori - noi che siamo conservatori, ed abbiamo il coraggio di dirlo, vogliamo partecipare a questo
aggruppamento di forze. Vogliamo partecipare con gli amici della Democrazia cristiana ed anche con i colleghi
del partito comunista. Vi partecipiamo con due fini: primo, quello di dare alla Democrazia cristiana la solidariet
di un altro partito rispetto ad un problema che, come osservava benissimo all'onorevole Nenni l'onorevole
Togliatti, pu non avere in questo momento l'importanza reale che noi vorremmo adesso attribuirgli, ma
potrebbe averla domani; e, quindi, per superare possibilit di attriti, mantenendo fin dove sar possibile l'unit
spirituale di tutti gli italiani.
Ma una seconda considerazione ci spinge a questo; e questa volta la considerazione si rivolge agli amici del
partito comunista: che il problema della futura sistemazione del nostro Paese - badate bene - non un
problema che si possa risolvere a colpi di maggioranza, perch un Paese che soffre, un Paese che ha tante
ferite quante il nostro, non pu essere curato solamente da una parte e con un metodo soltanto. L'Italia si potr
salvare solo quando tutte le forze, politiche. che questa salvezza fortemente desiderano, riusciranno a trovare

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un qualche cosa che le faccia amalgamare, che le induca a mettersi sul serio a tavolino e a dire: adesso
lavoriamo per risollevare questo Paese.
Se noi dalla votazione di oggi potessimo trarre l'auspicio di una futura realizzazione in questo senso, la lunga
discussione dell'articolo 5 potrebbe trovare un largo compenso nel beneficio infinito che al Paese deriverebbe
dalla, concordia degli intenti, per la soluzione di tutti gli altri problemi che oggi incombono sulla vita nazionale.
(Vivi applausi al centro e a destra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Sforza. Ne ha facolt.
SFORZA. Onorevoli colleghi, sar brevissimo perch parlo a titolo esclusivamente personale, bench sicuro
della liberale tolleranza dei miei amici politici. E sar brevissimo perch credo - nel caso mio - che pi si brevi,
pi si chiari!
Ci che occorre al Paese il quale, come tutti i Partiti hanno lealmente riconosciuto, aspira unanime alla pace
religiosa, la certezza che le forme dall'apparenza pi solide non celino nel loro seno causa o pretesti di lotta
futura che tutti deprechiamo. Questa certezza la mia coscienza l'ha trovata nelle dichiarazioni del relatore della
maggioranza della Commissione per la Costituzione, che per di pi un autorevole rappresentante non solo
della Democrazia cristiana, ma della tendenza che in quel partito si rivelata per sostenere la formulazione
dell'articolo 7.
Nel discorso, che ho ascoltato con grande attenzione, l'onorevole Dossetti ha dichiarato, con quella autorit che
gli viene dalla sua posizione di relatore e dalla sua rara dottrina in materia, che, col riferimento esplicito ai Patti
lateranensi, non si voluto costituzionalizzare l'enorme contenuto del Trattato e del Concordato, ma stabilire.
solo, per la pace morale degli italiani, la cui grande maggioranza cattolica, qual' il regime scelto dalla
Costituzione per quanto riguarda il regolamento dei rapporti fra Stato e Chiesa.
Ho citato fin qui l'onorevole Dossetti. chiaro, dunque, che un giorno potr serenamente venire in cui lo Stato
la Chiesa si accordino per eliminare o migliorare certe clausole, quali, per esempio, da parte della
Chiesa talune che conservano dei resti, a mio giudizio superflui, di giurisdizionalismo dinastico. Ai discendenti di
repubblica e ai mazziniani dr oggi non dispiacer quel giorno di scoprire che un altro ardente repubblicano e
mazziniano vot questo articolo perch sent nel profondo della sua coscienza che i vantaggi di votarlo, vantaggi
nazionali e anche, assicuro, internazionali, saranno di gran lunga superiori ai pericoli che, ne sono certo,
l'avvenire mostrer quanto sono vani. (Vivi applausi al centro).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Bergamini. Ne ha facolt.
BERGAMINI. Semplice e brevissima dichiarazione di voto, perch io non rappresento nessun partito. Il mio
partito, del resto, esile, almeno qui, nel quasi deserto mio settore, come vedete: ad ogni modo non posso
arrogarmi l'onore di rappresentarlo. Io sono un isolato, un solitario nella mia fede, che coltivo da tanti anni e non
muta. Chiedo alla cortesia del Presidente e dell'Assemblea di ricordare che quando i Patti lateranensi vennero
dinanzi al Senato io votai contro. (Approvazioni a sinistra). Aspettate! Non sapete ancora come finir. (Si ride).
Fummo sei a votare contro: sei su 323 senatori. (Commenti).
Io fui molto urlato, in quell'aula severa e, per solito, composta: urlato pi del grande maestro Benedetto Croce,
che aveva pronunciato un discorso alto di dottrina e acuto di pensiero, pi di Albertini, pi di Ruffni e pi degli
altri due, Patern e Sinibaldi. Non ho mai saputo il motivo di questo speciale riguardo, che mi usarono i miei
colleghi.
Ora io desidero dire qui che votai contro per due motivi: il primo, che io avevo il proposito fermo, irriducibile,
inflessibile di non votare mai per Mussolini, che aveva calpestato la libert, e per venti anni ho seguito questo
deliberato principio di massima.
una teorica discutibile e fu discussa ed ebbi anche osservazioni e rampogne da amici e colleghi.

220

Nonostante ci, ho persistito nella mia linea.


Il secondo motivo per il quale votai contro gli accordi del Laterano fu questo: io vedevo bens la bellezza e il
benefcio della pace religiosa data all'Italia dopo un lungo travaglio della sua coscienza, ma pensavo che un
grande prestigio sarebbe derivato a Mussolini, come un'aureola, dal vanto di aver fatto finalmente l
Conciliazione fra lo Stato italiano e la Chiesa, e questo prestigio maggiore risonante
in Italia, in Europa, nel mondo, avrebbe cresciuto il potere di Mussolini: e ne sarebbe derivato un male che
avrebbe forse annullato il benefcio della pace religiosa. Pur troppo il male c' stato, superiore ad ogni
previsione.
Onorevoli colleghi, nei discorsi di questa lunga ed appassionata e nobile discussione, la quale onora
l'Assemblea, io ho sentito una nota viva uguale insistente, cio il desiderio che la pace religiosa non sia turbata,
sia anzi consolidata. Questa nota vibrata specialmente nei discorsi degli oratori dei grandi partiti di massa, ha
dominato dal settore dell'onorevole De Gasperi, e si spiega, al settore per esempio dell'onorevole Togliatti, e si
spiega meno, specialmente per gli spiriti semplici, non adusati a penetrare nei misteri eleusini della politica.
Comunque la nota, che ha vibrato come un desiderio, come una speranza, come una necessit, stata la pace
religiosa. Orbene, perch essa sia meglio assicurata, perch sia elemento e auspicio di unit, di concordia
nazionale, d'unione di forze tese alla rinascita dell'Italia, cos dilaniata e infelice, per questo io voter l'articolo 5
diventato 7 della Costituzione. E per un'altra ragione personale. In un'ora diffcile, in cui io ero riuscito a fuggire
da un luogo non piacevole, domandai asilo al Vaticano. Questo ben sapeva che io avevo votato contro i Patti dei
Laterano; ma non esit ad accogliermi in un primo asilo, poi in un secondo, a mano a mano che si palesava
qualche pericolo, poi in un terzo dove trovai uomini politici di opposta tendenza, anche anticlericale. Per tutti fu
uguale la protezione della Chiesa. Voter dunque l'articolo 7, anche perch noblesse oblige. (Applausi).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Mol. Ne ha facolt.
MOL. Non avrei voluto parlare! Non ne avevo sentito prima il bisogno, perch, attraverso le fasi del fervido ma
sereno dibattito, ascoltando gli oratori dell'una e dell'altra parte, in qualche momento in cui sembrava che si
accorciassero le distanze, avevo sperato che si potesse giungere a una formula dei rapporti fra la Chiesa e lo
Stato, capace di soddisfare le esigenze dell'Assemblea e di raccoglierne il voto unanime.
E tanto meno avrei preso ora la parola, dopo l'intervento dei grossi calibri, dopo aver inteso proclamare, nelle
orgogliose dichiarazioni di coloro che conducono le grandi masse e si vantano - e hanno ragione - di poter
determinare o risolvere le situazioni, la inutilit della partecipazione di coloro che hanno dietro di s i piccoli
partiti o che sono addirittura isolati e pare che ripetano qui dentro la frasetta melodrammatica: io canto per me
solo .
Ma tacere non pi possibile.
Dovessi parlare per me solo, sarebbe ora doveroso e necessario. Ma io non parlo per me solo, parlo per me e
per gli amici che, dopo le dichiarazioni dell'onorevole De Gasperi, completate e ribadite dalle dichiarazioni
dell'onorevole Togliatti, sentono il bisogno di una precisazione indispensabile.
L'onorevole De Gasperi ha posto un problema di coscienza: e quando si pongono problemi di coscienza, non ci
sono n masse n partiti, n maggioranze n minoranze: ognuno ha la sua coscienza e ha il dovere di ubbidire
al comando della sua coscienza e il diritto di rifiutare quel che la sua coscienza rifiuta.
L'onorevole De Gasperi, che tante volte ho ammirato per la serenit dello spirito e il senso di equilibrio ch'egli
suole portare nelle discussioni, mi pare che oggi abbia sforzato il tono delle sue dichiarazioni, che hanno
assunto un carattere veramente grave, quando ha spostato il dibattito, che si era mantenuto finora sul terreno
giuridico, e l'ha portato sul terreno arroventato della impostazione religiosa. L'onorevole De Gasperi ha, in fondo,
diviso l'Assemblea fra quelli che votano a favore e quelli che votano contro l'articolo 7, facendone due schiere: i
reprobi e gli eletti. Ha posto alla base del voto non una concezione giuridica o un criterio politico, ma la
esistenza o la inesistenza del sentimento religioso: un proposito di lotta fra cristiani e anticristiani. L'onorevole
De Gasperi, rivolgendosi a questi settori, ha posto il problema in questi termini: ma insomma che cosa volete?
Siete religiosi o atei? Riconoscete o disconoscete la validit del messaggio cristiano? Intendete o non intendete

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la importanza del problema religioso? Vi ponete o non vi ponete in opposizione col Pontefice? Ricordate o
dimenticate che in Italia quaranta milioni di cittadini sono cattolici? No. Voi disconoscete questi valori che sono
essenziali per la coscienza del popolo italiano. E allora che cosa volete? Volete riaprire la questione romana?
Volete iniziare di nuovo la lotta religiosa? Votando contro l'articolo 7, voi accendete le fiamme malefiche di una
guerra di religione.
Pi grave stato l'intervento dell'onorevole Togliatti, perch ha dato riconoscimento a questa impostazione
pericolosa.
Rispondendo all'onorevole De Gasperi l'onorevole Nenni aveva detto: Che cosa questa dichiarazione? Una
dichiarazione di lotta? Io non l'accetto . Il duello infatti come il matrimonio. Si fa in due. Non consente il
monologo. Ma l'onorevole Togliatti, dopo aver ammesso che il duello ha bisogno di due contendenti, ha ricordato
che la guerra si pu proclamare da uno solo e l'altro finisce con l'accettare. E appunto per evitare questa
dichiarazione di guerra e perch pensa che questa guerra sarebbe perniciosa per il riostro Paese, mentre tanti
problemi urgono e affaticano gli uomini responsabili, l'onorevole Togliatti ha dichiarato che voter a favore
dell'articolo 7 (mentre egli contrario all'articolo 7) proprio come l'onorevole Nitti, cui aveva poco prima rivolto la
punta di un'ironica critica, e che come lui aveva affermato, sia pure con una frase meno felice, di votare contro
coscienza.
Ebbene, onorevole De Gasperi, noi ci rifiutiamo di accettare questa impostazione del dibattito, anche se essa
viene indirettamente ribadita dall'onorevole Togliatti. E tanto meno possiamo accettare il significato che voi
attribuite al nostro voto contrario.
Io non intendo - di questo voto - ripetere i motivi assolutamente estranei a ogni contrasto religioso. Sarebbe
inutile e ozioso, dopo che tanto si discusso. Abbiamo ascoltato eloquenti discorsi giuridici, appassionati
discorsi politici: questo argomento stato sviscerato in ogni sua parte dalle due correnti in contrasto. Io mi limito,
onorevoli colieghi della Democrazia cristiana, a dirvi, con assoluta convinzione e onest di coscienza, che alcuni
emendamenti, come quello dell'onorevole Basso, avrebbero potuto essere votati da tutti: da voi e da noi, perch
soddisfacevano le vostre e le nostre esigenze.
L'emendamento Basso dice: La Chiesa cattolica , nell'ambito suo proprio, libera e indipendente. I rapporti fra
lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari . Approvandolo, avremmo, con particolare
solennit, proclamato la situazione di assoluta autonomia e libert della Chiesa cattolica. E senza inserire
unilateralmente nella Costituzione i Patti lateranensi, avremmo riaffermato il principio del regime concordatario
che non pi la separazione della Chiesa dallo Stato - secondo la classica dottrina liberale delle parallele che
s'incontrano all'infinito - ma la conciliazione della Chiesa con lo Stato: , cio, in armonia con la storia, lo
sviluppo ulteriore dei rapporti fra le due potest, autonome e collaboranti, ma senza sovrapposizioni pericolose
per l'una e per l'altra.
Perch non l'avete accettato? Nessuna questione, come questa, esigeva, da parte di tutti, la ricerca e
l'approvazione unanime di una formula che impedisse, a quelli che sono dentro o fuori di quest'aula, la
speculazione ai benefic di una o di un'altra corrente politica. avvenuto quello che non doveva avvenire, ed io
ne sono particolarmente dolente, avendo fatto invano opera di mediazione e di persuasione.
Ma, poich siamo arrivati a questo punto, dichiaro che non possiamo accettare la interpretazione che voi date al
nostro sentimento e il valore che volete dare al nostro voto contrario. L'interpretazione del nostro voto la
facciamo noi, autenticamente, non l'accettiamo dagli altri.
Parlo per me e non solo per me. Io non sono democratico cristiano, ma sono cristiano e democratico, come
cristiani e cattolici sono molti socialisti, repubblicani, azionisti, laburisti in questi settori di sinistra, i quali
intendono l'importanza del fattore religioso,. l'universalit del messaggio cristiano e non pensano di riaprire la
sepolta questione romana o di disconoscere la maggioranza dei cattolici che sono in Italia.
Appunto per questo con la Chiesa cattolica abbiamo accettato l'affermazione del regime concordatario. Sarebbe
ridicolo porre sullo stesso piano quaranta milioni di italiani - siamo d'accordo, onorevole De Gasperi - con una
setta di mormoni. Ma se intendiamo tutto il valore di questo problema, non intendiamo - votando contro l'articolo

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7 - di offendere il sentimento cattolico. E ricordo a voi che, se noi votiamo in questa maniera, muoviamo nel
solco di uomini politici che erano cattolici come voi. Un nome: Emanuele Gianturco. Egli era una fervida
coscienza di cattolico osservante e fu insieme uno dei pi alti esemplari del liberalismo italiano. Egli disse:
nessuna abdicazione dei diritti dello Stato, ma nessuna persecuzione, nessuna provocazione, nessuna
menomazione della fede nel cuore degli italiani. Il nostro Stato laico, non ateo. Ed io vi dico che fra tante cose
che facciamo qua dentro e che il Paese non capisce, quello che il Paese capirebbe meno sarebbe appunto la
lotta religiosa .
Noi procediamo in questo solco. E col nostro voto contrario non vogliamo iniziare nessuna guerra religiosa,
esiziale pel nostro Paese; n voi avreste, pel nostro voto contrario, il diritto di dichiararcela.
Vi auguro, onorevole De Gasperi, che tutti i persecutori, tutti quelli che intendono di perseguitare la religione
cattolica, siano come noi. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Cianca. Ne ha facolt.
CIANCA. L'onorevole Calamandrei ha spiegato, attraverso i suoi interventi, nelle discussioni che hanno
preceduto questo voto, le ragioni per cui il gruppo autonomista negher la sua approvazione all'articolo 7.
Dobbiamo aggiungere che alcuni dei discorsi pronunciati oggi nella seduta pomeridiana ci hanno ancor pi
convinti che questo nostro atteggiamento risponde non solo alla necessit di rispettare veramente il principio
della libert di coscienza, che implica l'uguaglianza di tutte le fedi, ma al dovere di difendere la sovranit
integrale dello Stato nel quadro della situazione creata dalla liquidazione definitiva della questione romana e la
stessa pace religiosa.
L'onorevole De Gasperi, come l'onorevole Mol ha test rilevato, ci ha posto dinanzi ad una alternativa che
giudichiamo, se ci permette, artificiosa. Respingere l'inserzione dei Patti lateranensi nella Costituzione
equivarrebbe per lui a compiere un atto di ostilit contro la fede cattolica. facile replicare che qui la fede e la
morale evangelica non sono in giuoco. Un buon cattolico rimane tale anche se postula l'esigenza che i Patti
concordatari siano messi in armonia con la Costituzione, legge fondamentale dello Stato repubblicano. Se mai,
l'atto di guerra venuto, come l'onorevole Togliatti ha documentato con i suoi ricordi e con le sue citazioni,
dall'altra parte; della quale l'onorevole Togliatti dichiara di accettare, o meglio di subire, la volont per motivi di
cui francamente noi non siamo persuasi.
Ma l'onorevole De Gasperi ha anche fatto accenno all'esistenza di un rapporto che, secondo lui, legherebbe
l'approvazione dell'articolo 7 al consolidamento delle istituzioni repubblicane. Ci consentir di dirgli che il tono di
queste sue dichiarazioni ci pare alquanto diverso da quello che animava altre dichiarazioni da lui fatte quando
dal banco del Governo esaltava giustamente la Repubblica come conquista di popolo. Comunque noi abbiamo
compreso, allo stesso modo con cui ha compreso l'onorevole Togliatti, e diciamo che questa conquista popolare
irrevocabile e non sottoposta a limitazioni estranee e a condizioni. (Interruzioni al centro).
Una voce al centro. Ha compreso male.
CIANCA. Ho ascoltato con molta attenzione e credo di avere una facolt di capire per lo meno uguale alla sua.
Potremmo ricordare, senza meschino spirito polemico, che nei Patti lateranensi almeno acquisito che la
capitale dello Stato italiano Roma e non la Citt del Vaticano. Ed precisamente in rapporto alla sovranit e
alla responsabilit dello Stato che noi, tenendo conto della realt storica per cui la fede cattolica professata
dalla grande maggioranza dei cittadini, nel nostro emendamento abbiamo riconosciuto l'opportunit di regolare,
anche in avvenire, i rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato in termini concordatari, i quali per siano in armonia
con le disposizioni della Costituzione che noi, rappresentanti del popolo, stiamo deliberando.
L'onorevole Togliatti e altri oratori hanno rimproverato alla Democrazia cristiana di essersi irrigidita su una linea
di intransigenza. Il rimprovero giova a precisare le rispettive responsabilit rispetto all'atto che oggi si compie e
alle conseguenze che se ne temono. Ma noi pensiamo, in verit, che l'ostinazione democristiana, ponendo e
affrontando il problema nei suoi termini duri, serva a stabilire in modo netto le posizioni reciproche, evitando
reticenze ed equivoci.

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La. nostra posizione risulta chiaramente dall'emendamento, sul quale insistiamo.


L'onorevole Togliatti ci ha detto oggi, come l'onorevole Nitti ci aveva detto in una precedente seduta, che
l'inserzione dei Patti lateranensi nella Coslituzione, pur da essi negativamente giudicata, deve essere accettata
per non assumersi la corresponsabilit di compromettere la pace religiosa.
L'onorevole Calamandrei ed altri oratori hanno spiegato come la pace religiosa, la quale preesisteva ai Patti
lateranensi, sia piuttosto minacciata da quella inserzione.
Comunque, noi pensiamo che la difesa della pace religiosa non presuma n richieda la unanimit dei consensi.
Noi crediamo nella funzione della democrazia ed proprio della democrazia fondare la stabilit degli
ordinamenti politici sul gioco fecondo delle maggioranze e delle minoranze; giuoco nel quale si compongono i
dissensi; che in ogni regime democratico derivano dal pieno esercizio della libert di opinione.
Chi mira a soluzioni unitarie delle grandi contese politiche ha un concetto della democrazia diverso dal nostro.
Di fronte al voto, che raggrupper intorno all'articolo 7 forze politiche di origine
e di finalit assolutamente diverse, le formazioni parlamentari della democrazia aconfessionale si schierano in
atteggiamento compatto ed omogeneo per la difesa di fondamentali valori morali e politici, di cui nessuna tattica
potrebbe giustificare la rinunzia. (Applausi a sinistra).
Esse - e qui mi rivolgo ad alcuni colleghi liberali - sentono di assumersi legittimamente anche la eredit del
pensiero pi prezioso di Cavour e di Spaventa.
cos, onorevole De Gasperi, che noi ci proponiamo di compiere il nostro dovere per il consolidamento della
Repubblica, al di sopra d'ogni spirito di parte e d'ogni calcolo contingente.
Voteremo contro l'articolo 7, proposto dalla Commissione; manterremo il nostro emendamento, e, se questo
sar, come facile prevedere, respinto, daremo il nostro consenso a quelli che si avvicinano, in forma e in
misura diverse, al nostro emendamento, e che saranno anch'essi naturalmente respinti.
Di l dai risultati di questo voto, noi rivendichiamo per il fronte democratico, che si costituito in questa
occasione, il compito di creare, come forze di riserva, le basi per una pace religiosa, che non sia fondata sul
compromesso politico, ma sulla matura coscienza democratica del popolo italiano. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Calosso. Ne ha facolt.
CALOSSO. Vi prego di scusarmi; sarei lieto di essere interrotto amichevolmente, se il Regolamento lo
permettesse.
Credo che il nostro voto di opposizione sia in armonia con le regole organiche di una sana opposizione, perch
anche e sostanzialmente vuole essere un aiuto alle maggioranze, per quei valori cristiani che la maggioranza
sostiene. Ora, noi sinceramente crediamo in quei valori di libert di coscienza che hanno la loro radice nel
Cristianesimo.
A questo nostro proposito, parlamentarmente sano, non crediamo veramente che la maggioranza abbia risposto
venendoci incontro con eguale atteggiamento. Guardate: l'articolo 7 non ha, in fondo, alcuno dei requisiti di una
buona Costituzione. Quale , infatti, il principio di una buona Costituzione? Quello di trattare soltanto dei
problemi che la realt pone; porre cio delle pezze, dei rammendi a ci che la realt storica, in pratica il
fascismo, ha rivelato. Fuori di l siamo nell'utopia, cio nella reazione. Ora, questo articolo 7 nasce dal nulla; i
Patti lateranensi stipulati da Mussolini chiudevano un secolo di lotta contro l'unit d'Italia, contro i clericali.
Ora, non erano una cosa elegante, io credo, questi Patti; nessuno di voi affermerebbe, io credo, che fossero una
cosa elegante. Ebbene, quando venuta la liberazione, noi socialisti, e la sinistra in genere, non mettemmo
alcun accento su questo fatto. Il Trattato era fuori discussione per tutti e anche sul Concordato si chiudeva un

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occhio, lasciandolo dormire, poich si sperava che arrivasse un giorno in cui la questione si potesse manifestare
in modo pi profondo.
Ora, cos, dal niente, la Democrazia cristiana ha tirato fuori il problema; non bastato risuscitarlo, che non
esisteva; essa ha voluto, una legge; non bastata una legge, essa ha voluto includerlo nella Costituzione. Io
vorrei che anche coloro i quali lo votano ammettessero che c' una punta di eccesso in questo, una punta di
fanatismo, una oscura coscienza che ci non ha radici; io non so se vi sia uno qui dentro che possa non darmi
ragione.
Di che cosa avete paura? Del laicismo? Parola quasi abbandonata: laico, che cosa vuol dire? Uomo comune.
Eppure il cristiano non ha mai abbandonato questo odio verso tale parola. Quando una legge non risponde ad
una necessit immediata, anche grossolana, ma evidente, notate sempre - c' l'esempio di mille Costituzioni non manca mai di creare i problemi che si illude di poter risolvere; una regola assoluta questa.
Ora, la nostra paura quale ? Che questo articolo, 5 o 7 che dir si voglia, sia una bandiera, in fondo, per il
risorgere dell'anticlericalismo. Non c' bisogno, infatti, di essere figli di profeti per dire che l'avete fatto rinascere
voi l'anticlericalismo. Vi valga di testimonianza quella del compagno Nenni il quale, nel giornale che dirigeva e
che anche oggi dirige, prevedeva questo fatto e vi disse appunto come voi facciate rinascere l'anticlericalismo e
come dobbiate assumervene la responsabilit.
Che cosa vogliamo noi? Togliere la religione dal campo polemico, politico. un desiderio autentico, perch
siamo interessati a vincere una grande battaglia: quella di togliere il popolo italiano dalla miseria; e noi pensiamo
che solo il socialismo potr veramente risolvere questa questione, come diceva Gramsci, che fu anche mio
compagno in quell'universit di cui parlava Togliatti. Egli appunto diceva: questa una verit; perch?
Perch il problema religioso in Italia non pu essere messo pi nei limiti delle parole di quelli che l'onorevole
Corbino chiama conservatori, non pu essere messo dai cavouriani.
In America, per esempio, dove la Chiesa trattata liberalmente - e benissimo trattata - si presuppone la
ricchezza, il liberalismo, cio che la Chiesa sia mantenuta dai fedeli. Ci non potr essere in una societ
ordinata, dove la Chiesa in futuro non potr reggersi su questa forma liberale e capitalistica, ma dovr entrare in
una forma di socializzazione. Come il socialismo ha socializzato la medicina, perch non dovrebbe essere
possibile socializzare economicamente anche il servizio religioso? (Commenti al centro). Non c' dubbi, il
socialismo garantir la libert di tutte le opinioni, e smentir quella che in fondo una leggenda assai diffusa:
che la Chiesa sia ricca. La Chiesa povera. Il parroco di campagna, e pi ancora, quello di citt, di solito un
uomo povero. E questo genere di problemi mi pare possa essere trattato in quest'aula. Perch? Perch sono
problemi unicamente economici e politici che non toccano la coscienza. Il prete cattolico, il pastore valdese, il
rabbino, l'apostolo del libero pensiero rendono anche essi un servizio: diminuiscono le spese di polizia.
(Commenti al centro).
Ora, questo articolo 7 fondamentalmente corrotto. Perch? Perch non nasce da un accordo sostanziale.
Esso implica la divisione della Nazione. Voi avete fatto un atto di forza. L'onorevole De Gasperi ha contato dei
numeri, che noi non ignoriamo. Per in questo genere di cose, dove la coscienza implicata - ho letto una volta
una lettera di un certo Pietro, che sepolto qui a Roma, in cui si dice: Dinanzi a Dio, uno come mille - in
questo genere di cose non possiamo contare i numeri. Possiamo contarli quando trattiamo di problemi
economici; non possiamo contarli in questa materia. Voi riducete lo spirito a materia; siete in fondo materialisti.
(Applausi a sinistra - Commenti al centro).
Quale sicurezza avr il vostro articolo 7? Vediamo la questione in spiccioli: la sicurezza in fondo ve la d
Togliatti. Io auguro a Togliatti di essere immortale; ma anche se egli sar immortale, potrebbe forse morire
l'idea; e un accordo basato su queste radici mi pare assolutamente non pratico. Da che cosa nasce questo
accordo della maggioranza? Nasce dall'interesse comune che in fondo la religione va lasciata a dei corpi tecnici.
L'ho letto su un giornale democristiano; me l'ha detto pi volte l'onorevole Quarello. Voi ci tenete a che noi
facciamo soltanto della politica; e non sentite in quest'aula una parola dall'accento autenticamente religioso, che
la preghiera della Costituente, anche se dice il Pater noster e impone il Veni Creator. Questo vostro accordo e

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questa vostra azione nasce dal sottinteso, scettico, in fondo, o bigotto, che lo stesso, che la religione non
conta un gran che. Voi ci domandate di tener poco conto del Cristianesimo...
FUSCHINI. Questo non serio!
CALOSSO. Volete che vi diamo il voto all'articolo 7 su questa base di disprezzo del Cristianesimo? Eppure la
base sulla quale voi avete una maggioranza! Noi non crediamo di essere autorizzati dalla nostra coscienza a
darvi questo voto.
Uscendo dall'aula alle 20, ho avuto l'impressione - posso sbagliarmi, ma ditela la verit - che eravamo tutti un
po' scandalizzati, ed ho sentito dire: qui c' un'atmosfera di gesuitismo in giro (Commenti - Proteste al centro);
perch quello che abbiamo dato, in fondo, uno spettacolo di gesuitismo ed uso questa parola nel senso che ha
comunemente per noi italiani. (Interruzioni dell'onorevole Micheli).
Il gesuitismo ha sempre vinto le sue battaglie da trecento anni a questa parte, ma ha perduto tutte le guerre. Se
la Chiesa potesse tornare indietro di cento anni muterebbe certamente il suo atteggiamento, perch noi oggi
facciamo un'altra politica.
Noi diciamo: fate un'altra politica, non date scandalo al Paese. Noi sentiamo che da questa maggioranza il
Paese scandalizzato. (Approvazioni a sinistra - Proteste al centro).
Noi abbiamo il dovere di educare il popolo, di educare il Paese, e nessuno pu dire che lo stiamo educando con
questo spettacolo. Perch voi avete commesso questo errore? (Commenti). Io credo che sia per un eccesso di
senso legale, perch voi avete un eccesso del senso della legge. Voi credete che la legge sia qualche cosa di
essenziale.. Questo concetto legale della religione, questo atteggiamento per cui voi avete voluto, con affanno
ed ingordigia, mettere questa legge addirittura nella Costituente, potr chiamarsi un atteggiamento musulmano,
che un atteggiamento pure religioso, ma non cristiano, perch il popolo italiano ancora cristiano, e non
musulmano fino a questo punto!
Il vostro compito storico di cattolici...
FUSCHINI. Non ce lo faremo insegnare da lei! Non aspettiamo che lei ci faccia scuola!
CALOSSO. Voi uscite da venti anni di dittatura e da una guerra. Anche in un altro dopo guerra, nel dopoguerra
napoleonico, vi fu un'ondata di religiosit, in Francia. Anche questo sorgere degli stessi partiti democristiani,
anche se non troppo cristiani, una prova di questo fatto.
Noi avevamo visto anche in Ispagna cos' questo anticlericalismo, o questo clericalismo, che sono poi la stessa
cosa rovesciata.
Noi non siamo tattici, diciamo le cose alla buona. Voi non avete saputo cogliere questa occasione, come non
avete saputo coglierla nel dopo-guerra napoleonico, nel quale, pure, era sorto un uomo: il Manzoni. La
maggioranza dei cattolici segu allora l'altra strada, per cento anni: avete quindi fallito, in fondo, il vostro scopo
storico, avete creato, state creando un anticlericalismo. Noi faremo di tutto per impedirlo. (Rumori - Proteste al
centro). Non credo che lo faremmo dandovi un voto: voi credete che vi aiutiamo di pi, noi, o l'onorevole
Togliatti? Ditelo voi, chi aiuta di pi il Paese in questo momento! Io disapprovo l'atteggiamento dei comunisti in
questo caso; lo sento estraneo al mio spirito, perch ritengo che un'opposizione del nostro tipo sia
profondamente migliore di un voto puramente tattico che vi disprezza, in fondo. (Approvazioni a sinistra - Vivaci
proteste al centro).
Il discorso di Togliatti un'umiliazione per tutti i cattolici italiani! (Applausi a sinistra - Vivaci proteste al centro).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Gasparotto.
Ne ha facolt.

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GASPAROTTO. Per debito di sincerit, che comune a tutti, e per quanto particolarmente mi riguarda, per
dovere di coerenza alle idee costantemente professate nella ormai lunga mia vita, dichiaro che, ove fosse
mantenuto e posto in votazione l'articolo 7 come formulato dalla Commissione, mio malgrado dovrei votare
contro.
Sarei invece lieto di dare il mio voto favorevole ad un emendamento chiarificatore, come quello presentato, ad
esempio, dall'onorevole Bassano, inquantoch con esso si fissa irrevocabilmente nella Costituzione della
Repubblica il riconoscimento giuridico e politico della sovranit della Santa Sede nell'ordine internazionale, a
suggello della pace religiosa gi lealmente accettata dal Paese, mentre si ammette la eventuale rivedibilit dei
patti concordatari.
Secondo questa interpretazione e seguendo questi intendimenti, io ritengo che si chiuderebbe in piena
concordia di spiriti e per libero voto di Parlamento la cosiddetta questione romana che ha travagliato la
nostra giovinezza - per lo meno la mia giovinezza - ed ha ritardato di tanti anni l'affermazione dell'unit morale
degli italiani.
E l'anticlericalismo, nel quale molti di noi abbiamo militato, si riconosce, indipendentemente dai Patti del
Laterano, superato di fronte alla Chiesa di Roma che nei giorni pi difficili per le libert europee ha difeso tutte le
libert, anche e sovratutto di quelli che militavano fuori della Chiesa, conquistando di fronte alla storia una
benemerenza che superiore a qualsiasi vittoria militare.
Onorevole De Gasperi, malgrado la mia personale deferenza; onorevole Togliatti, malgrado la mia personale
simpatia, credo che un voto in questo senso non attenterebbe alla pace religiosa, ma le darebbe il prestigio di
pi largo consenso. (Applausi).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Pacciardi.
Ne ha facolt.
PACCIARDI. Onorevoli colleghi, non era previsto dal mio gruppo che io prendessi la parola in questo dibattito,
un dibattito elevato, altissimo, che purtroppo, dopo l'abbraccio ideale fra l'onorevole Togliatti e l'onorevole
Corbino, per l'occasione disceso dalla forca, per l'educazione politica del Paese che ne ha tanto bisogno, per i
princip di cui il Paese nella sua ricostruzione morale ha ugualmente tanto bisogno, finito in un modo strano,
per non dire mortificante.
Avremmo preferito, noi del gruppo repubblicano, e l'avevamo gi designato, come l'onorevole Presidente sa, che
parlasse non un repubblicano tradizionale, sospetto quindi quale io sono, ma un cattolico professante che fa
parte, col vostro permesso, come altri cattolici professanti fanno parte, del nostro gruppo, per dire le ragioni per
le quali noi voteremo contro l'articolo 7.
Ma i riflessi politici che questo dibattito ha avuto, forse imponeva che anche il rappresentante del gruppo
repubblicano dicesse la sua parola ed esprimesse il suo pensiero.
Noi ci domandiamo ancora perch - ce lo domandiamo sinceramente, quasi ansiosamente - si provocato
questo dibattito. Chi ha attentato, chi voleva attentare, chi aveva messo in discussione i Patti del Laterano?
Nessuno. Anche noi che siamo i discendenti di quella scuola, di quella milizia che, me lo concederete, ha un
poco contribuito a fare l'Italia cos com', gelosa della libert di coscienza, anche noi non avevamo mai espresso
il desiderio di discutere in questo momento i Patti Lateranensi.
L'onorevole Cingolani sa perfettamente che, salutandolo con grande affetto in una grande manifestazione cui
prese parte due anni fa, al Gianicolo, in commemorazione della Repubblica romana del 1849, io dichiarai a
nome del Partito repubblicano solennemente - solennemente per la circostanza, per la data - che nel nostro
Paese l'anticlericalismo era morto, e non sarebbe risorto, se la Chiesa non avesse voluto che fosse risorto.
Questa dichiarazione noi abbiamo ripetuto spesso e vi abbiamo uniformato la nostra condotta.

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Ci pareva che un Paese, uscito da questa disfatta e che brancola ancora fra i suoi cimiteri, fra le sue rovine, un
Paese che ha ancora 7.000.000 di vani distrutti, oltre 1300 miliardi di debito pubblico, un Paese che ha
2.000.000 di disoccupati, avesse altri problemi da risolvere, anzich questi problemi che potevano essere
rimandati senza danno. Perch dunque voi avete provocato questo dibattito? Perch avete insistito che i Patti
del Laterano venissero inclusi nella Costituzione dello Stato italiano?
Questa pretesa non l'aveste nemmeno col fascismo che era disposto a concedere tutto. La Chiesa non ha
preteso che i Patti del Laterano fossero inclusi nello Statuto del regno di allora. (Commenti). Non c' stata mai
questa pretesa, per nessuno Stato del mondo, nemmeno per la cattolicissima Irlanda. Perch con la forza del
numero avete imposto questa pretesa alla nascente Repubblica italiana? Perch, dite, avete sollevato questo
dibattito?
Io spero che la risposta non sia sottintesa nelle dichiarazioni che abbiamo test .ascoltato dall'onorevole De
Gasperi, che in forma molto velata e molto serena, almeno apparentemente, come egli sa fare, associava
stranamente questo voto con la sicurezza e la stabilit della Repubblica.
Noi voteremo contro l'articolo 7, e diamo a questo voto un significato che elude da preconcette avversioni o
adesioni ai Patti del Laterano ed al Concordato, che non vogliamo discutere in questo momento, e tanto meno
vuol suonare offesa alla pace religiosa del nostro Paese. Noi vogliamo semplicemente per ora che i Patti del
Laterano e il Concordato non vengano inclusi nella nostra Costituzione, ed in fondo, se vi devo dire tutto il mio
pensiero, non ci dispiace questo accostamento, questa collusione, tra la estrema destra e l'estrema sinistra
(Commenti).
Gi vi annunziavo nel discorso di risposta alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio che si sarebbe
determinato nel Paese e anche nell'Assemblea un vasto schieramento democratico, sociale, sanamente
repubblicano, e voi lo avete visto in atto, in molte votazioni, in questa Assemblea.
Io credo che la stabilit e la sicurezza della Repubblica siano pi garantite da questo schieramento che si va
sviluppando nel Paese, piuttosto che dai Patti del Laterano che vi accingete a votare senza il nostro consenso.
(Applausi).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Selvaggi. Ne ha facolt.
SELVAGGI. La mia dichiarazione di voto sar breve, perch non ritengo che occorra un lungo discorso per
tentare di dimostrare, se pure con molta abilit, che non vi contradizione fra un voto e la linea di condotta
politica di un partito.
Non nascondo che provo un senso di emozione, e credo che molti colleghi qui dentro provino, di fronte a questo
atto al quale ci apprestiamo, una emozione, che credo naturale, perch il problema soprattutto un problema di
coscienza che investe la nostra coscienza religiosa.
L'articolo 5, oggi articolo 7, ha infatti per noi questo particolare carattere, carattere di coscienza che va al di fuori
di questa stessa Assemblea ed investe la coscienza religiosa di tutto il Paese: al di fuori e al di sopra del giuoco
politico dei partiti. Si invece cercato, si tentato di trasformare questo problema in problema politico, si
cercato cio di insinuare nella nostra coscienza quella passione naturale alla politica, alle ideologie e ai
programmi politici. Dopo l'elevato dibattito che si svolto su questo articolo fino a ieri, oggi per primo l'onorevole
De Gasperi ha portato il problema nel campo politico. Egli ha parlato a nome del suo partito ed egli stesso ha
detto di non parlare come Presidente del Consiglio. Se cos avesse fatto avrebbe dato al problema un altro
carattere, che avrebbe dovuto chiarire molti rapporti ed avrebbe posto le nostre persone di fronte ad un
problema squisitamente politico.
Forse, me lo consenta l'onorevole De Gasperi, anche parlando a nome del suo Partito avrebbe fatto meglio a
non usare delle parole poco generose non solo per i monarchici, ma anche per gli stessi repubblicani; perch le
sue parole, con argomenti che non lasciano alternative, suonano un po' come una legge eccezionale per un
rafforzamento della Repubblica ed al tempo stesso dimenticano i dodici milioni di monarchici che ci sono in
Italia.

228

Abbiamo dovuto cos sentire qui dentro richiamare la Chiesa cattolica come parte in causa, mentre si tratta di un
problema che investe la nostra coscienza e la coscienza religiosa degli italiani. Abbiamo dovuto sentire parlare
di schiaffo e di disprezzo ai cattolici per il voto tattico dei comunisti.
Noi del Gruppo liberale democratico dell'Uomo qualunque guardiamo questo problema soprattutto dal punto di
vista della coscienza religiosa, constatando lo stato dei fatti e la realt spirituale del popolo italiano. Ecco il
significato degli emendamenti da noi proposti al comma 1 e al comma 2 dell'articolo 5, oggi articolo 7: un
significato molto chiaro, lineare, anche dal punto di vista giuridico, perfettamente coerente a quella tolleranza di
cui la Santa Madre Chiesa ha dato sempre, e soprattutto negli ultimi tempi, ampia prova. Se questo
emendamento non dovesse essere approvato, noi voteremmo l'articolo 7 dando ad esso questo preciso duplice
significato: che la religione cattolica professata dalla maggioranza del popolo italiano la religione dello Stato
italiano e che per Patti lateranensi si intende soprattutto il Concordato lateranense. Ora, io ritengo che questo
articolo sarebbe stato approvato, indipendentemente e al di fuori di quel trasformistico adattamento che l'abilit
polemica e dialettica dell'onorevole Togliatti d al Partito comunista, per il voto dei cattolici, veramente coerenti a
loro stessi e alla loro coscienza al di fuori di ogni e qualsiasi speculazione politica.
Una voce all'estrema sinistra. Le dispiace se saranno in molti?
SELVAGGI. No, mi fa anzi piacere, perch questo fornisce il carattere politico che noi diamo all'articolo 7. Cio,
noi ci auguriamo che questa consacrazione della pace religiosa, conquista del popolo italiano, nella Costituzione
del nuovo Stato italiano, attraverso un voto di molti, significhi una maggiore, una pi ampia pacificazione, un
accordo fra tutti gli italiani di buona volont per la ricostruzione della nostra Patria e voglia anche significare un
monito ed un insegnamento al mondo intero al di sopra di ogni fede religiosa. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. inscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Crispo. Ne ha facolt.
CRISPO. Onorevoli colleghi, anche a nome dei colleghi liberali onorevoli Villabruna, Fusco e Bellavista,
riassumo in una breve dichiarazione le ragioni per le quali noi, anche in disaccordo con gli altri colleghi del
Gruppo liberale, respingeremo l'articolo 7. Premesso che il nostro voto non vuole avere alcun significato
antireligioso, e non informato a spirito di avversione alla Chiesa cattolica; considerato:
a) che i Patti lateranensi non sono materia costituzionale;
b) che la inserzione di essi nella Costituzione in funzione di immutabilit, sia per la impossibilit di revisione
costituzionale di Patti bilaterali, sia per la impossibilit di revisione concordata, non consentita, ove l'accordo si
raggiungesse, dal carattere rigido della Costituzione;
c) che non poche delle disposizioni contenute nei Patti sono in contrasto con lo spirito e con alcune norme della
Costituzione;
d) che la concezione di uno Stato confessionale cattolico, pone gli acattolici, e, in genere, gli agnostici in una
condizione di evidente inferiorit;
e) che l'articolo 7 riconduce i rapporti tra il nuovo Stato italiano e le Chiese entro lo spirito superato dell'articolo 1
dello Statuto albertino, del quale, sin dal 10 marzo 1848, Cavour auspicava la revisione, o una evoluzione che lo
informasse al principio della libert e della eguaglianza religiosa;
f) che l'articolo 7 imprime un carattere retrivo all'atto di costituzione della Repubblica italiana, ed incide sulla
sovranit dello Stato, menomandola;
g) che del tutto immaginario il pericolo della disgregazione morale del popolo italiano, e meno ancora sussiste
quello di un conflitto religioso, gi da tempo felicemente superato e composto;
per questi motivi dichiariamo di votare contro l'articolo. (Applausi).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Grilli. Ne ha facolt.

229

GRILLI. Il Gruppo al quale io appartengo voter contro l'articolo 7. Questa notizia non destinata a fare colpo,
come quella data dall'onorevole Togliatti. Noi non siamo degli uomini che guardano profondo; siamo meno
complicati, pi semplici, e ci piace la coerenza, anche se questo sentimento oggi incomincia a passare di moda.
Noi voteremo contro l'articolo 7 per diversi motivi, che non sto a spiegare specificatamente, perch sono stati gi
spiegati da molti altri oratori; mi limiter quindi a riassumerli. Motivi di carattere giuridico: i Patti lateranensi non
hanno carattere di legge costituzionale. La Carta costituzionale regola i rapporti interni dello Stato e non i
rapporti tra Stato e Stato. Si tratta di princip di carattere elementare che non so come si possano trascurare. Vi
sono poi motivi di ordine politico: la laicit dello Stato, prima del fascismo, costituiva una conquista definitiva del
progresso civile e politico del popolo italiano. Il fascismo, che voleva stroncare soprattutto ogni possibilit di
risveglio e di emancipazione della classe lavoratrice, ben sapendo che il socialismo ha bisogno soprattutto di un
clima di libert, soppresse tutte le libert, rinnegando i princip della Rivoluzione francese e del Risorgimento
italiano.
E per completare questo programma di reazione volle distruggere anche la libert e l'uguaglianza dei culti,
riesumando, coi Patti lateranensi, il privilegio dell'articolo primo dello Statuto albertino. Raggiunse cos due
obiettivi: complet lo sfacelo di tutte le libert e si conquist, non dico la solidariet, ma un'indulgenza plenaria
per le sue malefatte politiche. Ora che l'Italia uscita, col sacrificio dei suoi figli migliori, dalla tirannia fascista,
ha il dovere di cancellare ogni ricordo di quella politica che la condusse al disastro e di riconquistare tutte le
libert antiche per aprire la strada alle libert nuove. Perch, io domando, come sar possibile conquistare le
libert nuove, quelle che debbono favorire la realizzazione delle aspirazioni di giustizia sociale delle classi
lavoratrici, se non riusciamo prima a riconquistare le vecchie libert che costituiscono il fondamento della nostra
vita civile? Sicch necessario che lo Stato ritorni libero di correggere o modificare, quando sia necessario, i
Patti che oggi lo legano alla Chiesa, il che sarebbe impossibile se i Patti lateranensi rimanessero inseriti nella
Carta costituzionale. Ecco perch sentiamo l'imperativo categorico di votare contro l'articolo 7.
Ci si preoccupa della pace religiosa; ma perch la pace religiosa sia rotta, occorre che ci sia chi dichiara la
guerra. Ora, io vorrei sapere chi dichiarer la guerra religiosa nel caso, per esempio, in cui, invece dell'articolo 7
proposto dalla Commissione, venisse votato l'emendamento dell'onorevole Lami Starnuti o l'emendamento
dell'onorevole Basso. Il popolo no, perch nessuno gli toglierebbe la sua libert religiosa. Dovrebbe dunque
essere la Chiesa; ma io sono troppo rispettoso della Chiesa per pensare che la dichiarazione di guerra dovesse
venire di l. A mio parere stata imprudente la parola che venuta da quella parte dell'Assemblea, che cio tra
il s e il no di questa votazione sta il s e il no di una guerra religiosa; parola imprudente, a meno che non sia
sorta per conquistare Togliatti. Se non c' questo pericolo di una guerra religiosa, non c' nessuna ragione
perch noi dobbiamo sacrificare il nostro pensiero laico e la nostra passione per il trionfo di tutte le libert. Ma
questa ormai discussione accademica, perch sappiamo tutti come andr a finire questa votazione.
Indubbiamente l'articolo 7 proposto dalla Commissione passer e con esso i Patti lateranensi - frutto, nessuno si
abbia a male delle mie parole, d'una specie di circonvenzione di incapace - passeranno trionfalmente nella legge
fondamentale della Repubblica italiana.
Auguriamoci che questa notizia giunga pi tardi possibile laddove riposano i numi tutelari della Patria, Garibaldi
e Mazzini. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Caroleo. Ne ha facolt.
CAROLEO. La mia una voce isolata di indipendente; rappresento soltanto me stesso ed i cittadini cattolici, che
hanno creduto di mandarmi in questa Assemblea, e dei quali in questo momento sento il dovere di interpretare
gli intimi sentimenti,votando a favore dell'articolo 7 nella dizione del progetto di Costituzione.
In questa Assemblea si fatto appello, in un certo momento, alla sensibilit, alla coerenza degli uomini di legge.
Ed io sono uno dei tanti, indubbiamente il pi modesto, a cui si pure presentato quest'aspetto giuridico del
problema, al quale forse non stata data quella importanza, che avrebbe in concreto. Perch le gravi ragioni
politiche, che militavano a favore dell'articolo 7, si sono, in certo qual modo, superate, a mio parere, con una
superflua disamina dell'aspetto giuridico.

230

Mi sembra, colleghi, che, facendo ricorso ai fondamentali canoni che presiedono la prassi legislativa e la cui
imperativit si accentua nella materia costituzionale, sia facile avvertire che il richiamo dei Patti lateranensi nella
Costituzione non possa significare contrasto, incoerenza, discordia con quei precetti di libert, che sono sanciti
nella nuova carta, non soltanto di fronte ai cittadini d'Italia, ma dinanzi ai cittadini di tutto il mondo e di qualsiasi
confessione religiosa.
Quel richiamo, come stato largamente esposto e spiegato da parte democristiana, significa soprattutto
riconferma solenne d'un principio di fedelt ai patti, che, se doveroso nelle relazioni giuridiche comuni,
maggiormente si impone in quei superiori rapporti, che attengono la parte migliore e pi nobile della personalit
umana, al disopra e al difuori, mi si permetta, di qualsiasi riforma industriale o agraria. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Scotti Alessandro. Ne ha facolt.
SCOTTI ALESSANDRO. Vi parlo, onorevoli colleghi, quale rappresentante del partito dei contadini, certo di
interpretare il sentimento di questa grande classe, la quale desidera di unire la fede alla Chiesa cattolica, alla
quale crede, l'amore della patria che vive, l'amore del lavoro, votando per i Patti lateranensi inclusi nella
Costituzione, Patti lateranensi che hanno dato la pace religiosa all'Italia, augurando che questa pace religiosa
sia auspicio della pace sociale della nuova Repubblica, la quale deve trovare in questa pace sociale la
prosperit e il benessere. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Bruni. Ne ha facolt.
BRUNI. Far una brevissima dichiarazione, a nome del Partito cristiano sociale. Su di me non ha fatto nessuna
presa n il discorso dell'onorevole Dossetti, di alcuni giorni fa, n quello dell'onorevole Togliatti di questa sera.
Dichiaro perci di votare contro l'articolo 7, per le ragioni gi da me largamente esposte il 14 corrente, e pi
precisamente contro il secondo comma, in quanto la menzione dei Patti lateranensi quivi fatta senza
discriminazioni e senza sufficienti chiarimenti e precisazioni, non costituisce affatto una dizione talmente chiara
da assicurare tutti i cittadini che non saranno turbati nel godimento dei loro inalienabili diritti di uguaglianza; n la
giudico sufficiente a saldare l'unit spirituale di tutti gli italiani.
Ho ritirato l'emendamento gi da tempo proposto al secondo comma dell'articolo 7, perch lo giudico in parte
riassorbito nell'articolo sostitutivo proposto dall'onorevole Calamandrei. Ma, fedele alla sostanza del mio
emendamento, debbo d'altronde dichiarare che non accetterei neanche l'articolo sostitutivo dell'onorevole
Calamandrei, se non con un'aggiunta alla fine del secondo comma, la quale dicesse: sulla base dei Patti
lateranensi , in modo che tutto il comma venisse a suonare cos: I rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica
sono regolati mediante concordati, in conformit con i princip della presente Costituzione, sulla base dei Patti
lateranensi .
Bench d'accordo, in linea teorica e giuridica, con tutto l'articolo sostitutivo dell'onorevole Calamandrei, ritengo
tuttavia che una menzione dei Patti sia, oggi, politicamente una necessit, un atto di saggezza politica. Senza
questa menzione, sarei costretto ad astenermi quando si voter questo articolo sostitutivo e tutti gli altri che gli
assomigliano.
I cristiano-sociali, fedeli alle loro convinzioni pi profonde, non vogliono nessuna legislazione, neppure l'ombra di
una legislazione, che possa impedire o intralciare, o semplicemente turbare, sia pur minimamente in una sola
anima, la sua continua ricerca della verit e il suo diritto a liberamente propagandarla.
Ci costituisce il loro pi profondo e caratteristico impegno d'onore.
Una volta salva questa loro esigenza (e l'articolo sostitutivo dell'onorevole Calamandrei la salva egregiamente),
penso che sia mio preciso dovere di dichiarare che con l'escludere ogni e qualsiasi menzione dei Patti
lateranensi dal testo costituzionale, dopo che essi furono accolti nel progetto, potrebbe servire ad incolparci di
voler riaprire perfino la Questione romana e di voler tutto sovvertire, unilateralmente, nell'attuale sistema dei
rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano; il che lontano dalle intenzioni di tutti in Italia. Potrebbe servire a
rimproverarci di non aver fatto tutto ci che era onesto fare per non turbare la pace religiosa.

231

Io non intendo illustrare ulteriormente la mia posizione che, purtroppo, resta solo di mediazione intellettuale, tra
le parti avverse, che ormai non sono pi in grado di conciliarsi.
Democristiani e comunisti si sono ormai decisi per la via pi facile, per la via che comporta meno rischi.
Ma dubito assai ch'essi abbiano saputo scegliere la via pi educativa per il popolo italiano.
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Tonello. Ne ha facolt.
TONELLO. Onorevoli colleghi, ho preso la parola per dichiarare che voter contro l'articolo 7, tanto pi che sui
giornali mi si fatto l'onore di dipingermi come la bestia nera dei preti. Hanno detto anche che sono di religione
protestante; no, sono di famiglia cattolicissima. Se tutti quelli che attraverso i secoli hanno detto male dei preti
fossero dei peccatori, immaginatevi come dovrebbe esser popolato l'inferno, cominciando da padre Dante fino
agli ultimi poeti del Risorgimento italiano; perch, questa di criticare il clero, la funzione del clero, fu la
manifestazione letteraria e anche poetica di tutti gli scrittori italiani. Leggete...
Una voce al centro. Il Manzoni!
TONELLO. S, anche il Manzoni, che nel 1848 diceva: Pio IX ha benedetto l'Italia, e poi l'ha mandata a farsi
benedire . Tutti; e del Manzoni si possono citare pagine realmente anticlericali, non anticattoliche o
anticristiane. Perch io faccio una grande distinzione fra cattolico e cristiano. Il cattolico appartiene ad una
confessione religiosa organizzata, che si esprime attraverso una gerarchia, alla quale obbedisce. Cristiano
un termine pi comprensivo; vuol dire l'uomo che ha assorbito da Cristo e dalla tradizione cristiana quelle che
sono le verit dello spirito. Orbene, io non sono un anticattolico: in cinquantadue anni di battaglie e di
propaganda non ho mai detto una parola che offendesse la religione di mia madre; fui sempre rispettoso di
questo sentimento santo e nobile che nel cuore e nella mente dei veri credenti; ma fui contro gli intolleranti,
specialmente quando portavano la veste nera. Perch si pu pensare che in una data religione, in una data
professione filosofica o altro, predomini talvolta la forma dell'intransigenza; non si pu pensare che nella
religione cristiana vi siano ancora tanti uomini intolleranti. E guardate che il gesto vostro sar dannoso
soprattutto per il popolo italiano, perch voi, qui dentro, avete espresso il vostro pensiero, ma domani, in ogni
paese dove suona una campana, si far credere al popolo che si voleva sopprimere la religione, abbattere il
papato; mentre noi non ci siamo mai sognato tutto questo.
Bisogna che il proletariato sappia che noi, se ci siamo opposti all'articolo 7 della Costituzione, l'abbiamo fatto
perch sognavamo e sogniamo ancora una Repubblica di libert, che porti tutti i cittadini allo stesso livello, e che
non ci sia nella Repubblica nuova una classe privilegiata per il fatto che dei cittadini sono cattolici, anzich
appartenere ad un'altra confessione religiosa o politica. Ecco perch diciamo che non avete combattuto una
battaglia religiosa voi, ma avete fatto una battaglia puramente politica ed elettorale. Avete voluto prepararvi alle
elezioni, e si capisce; ma badate che questa volta avete molti concorrenti, avete anche concorrenti dalla parte di
Togliatti, dei compagni comunisti; ma credete che il proletariato sentisse la impellente necessit dei Patti
lateranensi nella Costituzione?
Sono altri i bisogni e le aspirazioni del proletariato italiano. Noi, socialisti della vecchia guardia, pensiamo che il
proletariato italiano debba risorgere attraverso una evoluzione politica, economica e morale, e pensiamo che il
problema della terra che bisogna risolvere per la classe lavoratrice, lasciando agli uomini di tutte le fedi e di tutte
le religioni che possano liberamente campare nei loro mondi del pensiero.
Ho sentito l'onorevole De Gasperi, per il quale pare che tutti quelli che non la pensano come lui e che non
sentono questo palpito religioso nell'animo, siano quasi delle anime dannate; ma noi non siamo delle anime
dannate, perch se ci fosse un Dio, questo Dio riconoscerebbe che noi siamo galantuomini perch combattiamo
per le nostre idee. L'Italia si fatta attraverso una lotta costante contro il clericalismo e contro l'azione clericale.
Voi vedrete, sfogliando i libri della storia, che qualunque movimento politico e miglioramento economico,
qualunque innovazione nel campo sociale, non che il risultato di quelle minoranze che si chiamavano una
volta liberali, e che adesso si chiamano con altri nomi, perch ci sono anche qui dentro dei liberali, che non
hanno pi spina dorsale, dei liberali che all'ultimo momento si sono accorti di venire con voi per seguire la stessa
causa, e non la stessa fede, alla quale si convertito l'onorevole Togliatti. (Si ride).

232

Bisogna dunque dare al proletariato l'esempio di una vita dignitosa. Il proletariato, anche quello che crede
effettivamente, ammira pi gli uomini sinceri, che non nascondono il proprio pensiero, mentre ha schifo di quegli
uomini che l'ingannano e che dimostrano di avere una fede e ne hanno un'altra, che hanno un programma di
chiacchiere e ne hanno un altro ben differente di fatti. (Commenti - Rumori).
tempo che la Camera italiana abbia ancora degli uomini di carattere perch, se noi abbiamo avuto durante il
Risorgimento pagine gloriose che hanno segnato una marcia in avanti per il proletariato, le abbiamo avute
perch questi uomini dettero l'esempio della fierezza, della coerenza, della dignit anche intellettuale.
Siamo passati per 20 anni attraverso la diseducazione della dignit intellettuale; abbiamo visto una borghesia
italiana piegarsi al fascismo, uomini che erano puri di pensiero e di fede che si sono piegati alla tirannide del
fascismo. Ebbene, ora il fascismo cessato, signori! Bisogna che l'Italia vera, l'Italia del proletariato, riprenda in
pieno il suo cammino.
Pochi o molti, compagni socialisti della vecchia guardia, noi sventoleremo ancora la nostra bandiera di fede
nell'avvenire del proletariato, contro tutti i sofismi e tutti gli imbrogli degli ultimi venuti! (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Bordon. Ne ha facolt.
BORDON. Onorevoli colleghi, la mia dichiarazione di voto sar brevissima, poich gi stata lunga la
discussione, cui abbiamo assistito. Ho sentito in questa aula parlare di Stato laico o non laico, di pace religiosa,
di concordia e altre cose. Ma permettetemi, onorevoli colleghi, che io ricordi che i termini della questione non
sono questi.
Noi non siamo chiamati qui per emettere un giudizio di merito sulla fondatezza o opportunit degli atti, di cui si
chiede l'inclusione nella Costituzione, ma siamo chiamati qui a pronunciarci sull'inclusione, o meno, dei
medesimi nella Carta costituzionale. Questo il problema di cui esclusivamente dobbiamo occuparci.
Ora, per ragioni morali e per ragioni giuridiche evidenti, ritengo che questa inclusione non sia possibile. Per
questi motivi voter contro l'articolo 7, mentre mi associo all'emendamento proposto, a detto articolo,
dall'onorevole Calamandrei.
PRESIDENTE. Prima di passare alle votazioni chieder ai presentatori dei singoli emendamenti se essi, dopo
udite le dichiarazioni di voto, intendano di mantenere integralmente o in parte i loro emendamenti.
Onorevole Della Seta, ella mantiene il suo emendamento?
DELLA SETA. Ho voluto, col mio emendamento, porre una questione di principio; ma, dopo il carattere che ha
assunto questa discussione, ritiro il mio emendamento (Approvazioni), associandomi al mio Gruppo e votando
contro l'articolo 7; dando a questa parola contro il significalo della necessit inderogabile e improrogabile di
assicurare alle minoranze religiose quella disciplina giuridica che risponda ad un alto principio di giustizia.
PRESIDENTE. Onorevole Lami Starnuti, ella mantiene il suo emendamento?
LAMI STARNUTI. Onorevole Presidente, in conformit agli accordi intervenuti fra i vari gruppi noi ritiriamo il
nostro emendamento; ma, coerentemente alla sostanza di esso, voteremo contro l'articolo 7 del progetto.
PRESIDENTE. Onorevole Calamandrei, ella mantiene il suo emendamento?
CALAMANDREI. Ritiriamo l'emendamento e votiamo contro l'articolo 7.
PRESIDENTE. Onorevole Basso, ella mantiene il suo emendamento?
BASSO. Anche noi ritiriamo l'emendamento e votiamo contro.
PRESIDENTE. Onorevole Crispo, ella mantiene i suoi emendamenti?

233

CRISPO. Ritiro il primo e mantengo il secondo.


PRESIDENTE. Onorevole Ruggiero, ella mantiene il suo emendamento?
RUGGIERO. Ritiro l'emendamento, dichiarando di votare contro.
PRESIDENTE. Onorevole Rodin Mario, ella mantiene il suo emendamento?
RODIN MARIO. Dichiaro di ritirare l'emendamento, in quanto l'affermazione storica che esso enuncia la base
della dichiarazione che costituisce il primo comma dell'emendamento Patricolo, emendamento a favore del
quale il nostro gruppo voter.
PRESIDENTE. Onorevole Bassano, ella mantiene il suo emendamento.
BASSANO. Ritiro l'emendamento; voter contro l'articolo 7.
PRESIDENTE. Onorevole Patricolo, ella insiste nel suo emendamento?
PATRICOLO. Insisto.
PRESIDENTE. Onorevole Nobili Tito Oro, ella mantiene il suo emendamento?
NOBILI TITO ORO. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Onorevole Pajetta Giancarlo, ella mantiene il suo emendamento?
PAJETTA GIANCARLO. Mantengo il mio emendamento e, se non sar accolto, far mia la terza parte
dell'emendamento dell'onorevole Calamandrei che, simile nella sostanza, mi pare migliore per la forma.
PRESIDENTE. Onorevole Lucifero, ella mantiene il suo emendamento?
LUCIFERO. Mantengo il mio emendamento e chiedo che l'articolo 7 sia votato per divisione, separando l'ultimo
comma dai due precedenti.
PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere alla votazione dell'emendamento Patricolo, sul quale stata chiesta la
votazione per appello nominale degli onorevoli Selvaggi, Cicerone, Puoti, Coppa, Perugi, Penna Ottavia, Colitto,
Rodin Mario, Marina, Maffioli, De Falco, Miccolis, Corsini, Mazza, Vilardi.
Onorevole Selvaggi, mantiene tale richiesta?
SELVAGGI. La ritiriamo.
GRONCHI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Eravamo restati d'intesa che le dichiarazioni amplissime gi fatte dovevano valere come
dichiarazione di voto per tutti gli emendamenti.
Comunque, se lei insiste, ha facolt di parlare.
GRONCHI. Una brevissima dichiarazione, per osservare che l'emendamento dell'onorevole Patricolo, ove non
abbia un intento politico, che potrei dire di concorrenza, il che non voglio supporre, da collocare sulla stessa
linea di quello dell'onorevole Rodin, il quale aveva un puro e semplice valore di constatazione statistica. Esso
per noi irrilevante, dato lo sprito e la lettera dell'articolo 7, quale proposto dalla Commissione. Pertanto, noi
ci asterremo nella votazione di questo emendamento.
SELVAGGI. Chiedo di parlare per fatto personale.

234

PRESIDENTE. Non vedo assolutamente un fatto personale.


SELVAGGI. Come Vicepresidente del Gruppo parlamentare dell' Uomo Qualunque credo di avere il diritto di
parlare per una frase detta dall'onorevole Gronchi.
PRESIDENTE. L'onorevole Gronchi ha dichiarato perch il suo Gruppo si asterr dalla votazione.
SELVAGGI. L'onorevole Gronchi ha parlato di concorrenza politica.
PRESIDENTE. I fatti personali si riferiscono alla persona e non ai Gruppi. Se lei fosse stato nominato, avrebbe
avuto diritto di parlare per fatto personale.
SELVAGGI. Tutti hanno compreso il riferimento dell'onorevole Gronchi.
PRESIDENTE. stata una dichiarazione di voto senza richiamo a persona; altrimenti, tutti i componenti del suo
Gruppo dovrebbero prendere la parola per fatto personale. Ad ogni modo, mi mostro arrendevole e le consento
una breve dichiarazione.
SELVAGGI. Desidero chiarire che la posizione del Gruppo parlamentare del Fronte liberale democratico
dell'Uomo Qualunque nei confronti di questo emendamento esclusivamente rispondente ad un problema di
coscienza di cattolici e di italiani. Non vi nessun problema politico o di concorrenza politica o elettoralistica.
(Applausi a destra).
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell'emendamento Patricolo:
La Religione cattolica la religione ufficiale della Repubblica italiana .
(Non approvato).
Pongo in votazione il secondo comma dell'emendamento Patricolo:
I rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato sono regolati dal Concordato lateranense .
(Non approvato).
Vorrei chiedere ora alla Commissione il suo avviso a proposito dei due emendamenti presentati dall'onorevole
Pajetta Giancarlo ed altri, relativi al terzo comma del testo proposto dalla Commissione, poich dalle
dichiarazioni degli onorevoli Deputati, che hanno parlato anche favorevolmente al testo dell'articolo, mi parso
comprendere che non sarebbero forse contrari a che tali emendamenti possano essere presi in considerazione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Le proposte presentate divergono dal testo della
Commissione in questo: mentre conservano l'affermazione fondamentale che le altre confessioni religiose
diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, sopprimono con l'emendamento
Pajetta l'espressione in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano . La Commissione aveva
ritenuta necessaria questa espressione, che non intacca il rispetto agli ordinamenti giuridici interni delle singole
confessioni, e si limita a richiedere che non vi sia contradizione con l'ordinamento giuridico dell'Italia. Non da
dimenticare che oltre alle confessioni - venerate, rispettabilissime, che tutti conosciamo - potrebbero sorgere
culti strani, bizzarri (l'America insegna) che non corrispondessero all'ordinamento giuridico italiano. Mi pare che
la frase non ferisca la dignit ed il rispetto per i culti tradizionali. La seconda variante sposta una frase. La
Commissione aveva ritenuto di stabilire che i rapporti fra queste confessioni e lo Stato sono regolate con legge
, sulla base di intese, ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze . Le richieste riguardano le intese,
non la regolazione per legge. Si propone ora, spostando al principio ove siano richieste , di subordinare
appunto la emanazione della legge alla richiesta delle rappresentanze.
La variante desta fondati dubbi. Bisogna bens andare incontro ai desideri delle minori confessioni, ed
assicurarne la libert. La Commissione non ritiene che debbano sempre, nei loro rapporti con lo Stato, essere

235

regolate da legge. In molti casi non occorrer che intervenga una legge: le confessioni saranno lasciate
interamente libere. Ma il giudizio e la decisione se si debba o no provvedere con legge, non pu essere rimesso
alla rappresentanza della confessione: spetta logicamente e necessariamente allo Stato; che ha tuttavia il
dovere di procedere, ove sia richiesto, a trattative con tali rappresentanze. Questo sembra il sistema,
indubbiamente migliore fra tutti, che risponde al pensiero della Commissione. La sua applicazione potr aver
luogo con piena soddisfazione delle Chiese interessate.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo emendamento dell'onorevole Pajetta Giancarlo:
Al terzo comma, nella prima parte, sopprimere le parole: in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico
italiano .
(Dopo prova e controprova, l'emendamento non approvato).
Pongo in votazione ora il secondo emendamento dell'onorevole Pajetta Giancarlo.
Il testo della Commissione cos concepito:
I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese, ove siano richieste, con le rispettive
rappresentanze .
L'onorevole Pajetta propone la seguente formula:
I rapporti con lo Stato sono regolati, ove sia richiesto, per legge, sulla base di intese con le rispettive
rappresentanze .
Si tratta di una piccolissima differenza. Praticamente l'emendamento mira a che queste intese fra lo Stato e le
confessioni religiose, che non siano la Chiesa cattolica, debbano essere regolate con legge solo se le
confessioni ne fanno richiesta, mentre, a tenore dell'articolo proposto dalla Commissione, lo Stato deve sempre
regolare per legge i rapporti.
FABBRI. La differenza non risulta dalle due formule. L'interpretazione del testo della Commissione data
dall'onorevole Presidente sar stata nelle intenzioni di chi l'ha redatta.
PRESIDENTE. Ho partecipato anch'io alle discussioni sia della prima Sottocommissione come della
Commissione plenaria ed ho inteso bene il significato del comma. D'altra parte, confesso che il testo stato
redatto anche da me in concorso coll'onorevole Dossetti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Presidente della Commissione. Ne. ha facolt.
RUINI, Presidente della Commissione perla Costituzione. Desidero chiarire che il testo della Commissione
sono regolati , diverso da possono come da devono essere regolati. Se si fosse voluto stabilire
l'obbligo che fossero sempre regolati, si sarebbe detto devono .
Sono significa che, quando occorre, i rapporti vengono regolati per legge, ma non prescritto in modo
tassativo.
Questa l'interpretazione che io do, e che conforme allo stile della tecnica giuridica e1 legislativa. Si possono
dare interpretazioni diverse. Ma la Commissione col suo testo intendeva ed intende che non obbligo tassativo
di regolare per legge le confessioni religiose.
LEONE GIOVANNI: Chiedo di parlare per mozione d'ordine.
PRESIDENTE: Ne ha facolt.

236

LEONE GIOVANNI. A me sembra che, prima di votare una legge, se ne debba chiarire l'interpretazione, ove
questa risulti equivoca. Chiederei pertanto alla Commissione che, prima della votazione, chiarisca se il sono
significhi debbono o possono .
PRESIDENTE. Invito l'onorevole Ruini a manifestare se la Commissione ritenga di poter risolvere subito la
questione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione, per decidere, dovrebbe raccogliersi
non lo pu fare improvvisamente. Ripeto, onorevole Leone, che a mio avviso sono si possa interpretare
correttamente e tecnicamente nel senso che ho spiegato poc'anzi. Se l'Assemblea vorr dire invece possono
io e, credo, la Commissione non ne faremo questione. La sostanza insomma nel fatto che il giudizio se le
confessioni debbano essere regolate per legge spetti allo Stato o alle confessioni stesse.
PELLIZZARI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PELLIZZARI. Se lei, onorevole Presidente, lo permette, vorrei osservare che, cos in questo caso come in tutti i
consimili, il verbo sono costituisce una affermazione perentoria. (Rumori). Quindi se noi voteremo il verbo
sono , vorremo intendere che debbono .
LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Non necessario, onorevole Leone che lei sostenga quanto ha gi chiaramente espresso, con
nuovi argomenti. Mi permetto inoltre di osservarle che, per tutte le leggi che si votano, possono sempre
sussistere delle diversit di interpretazione; ma tutti i lavori preparatori - e lei sa quanti volumi abbiano riempito i
lavori delle Sottocommissioni - servono appunto a spiegare il significato che si voluto conferire alle formule
adottate. Se comunque ella desidera di presentare una proposta formale, ha facolt di farlo.
LEONE GIOVANNI. Io non desidero, onorevole Presidente, di presentare una proposta formale; desidererei solo
che si concedesse qualche minuto di tempo per potere addivenire ad una soluzione di questa questione.
PRESIDENTE.. Onorevole Leone, lei ha troppa esperienza di queste cose per poter ritenere che in pochi minuti
si possa risolvere una questione di questo genere.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. bene distinguere sostanza e forma. Di comune, fra
la interpretazione che la Commissione d al suo testo, e la nuova formula Pajetta, il punto che le confessioni
possano anche non essere regolate per legge. La differenza sta se a decidere che occorre la legge sia lo Stato
o la confessione.
Come forma, non si tratta, onorevole Pellizzari, di questione grammaticale, ma di tecnica e consuetudine
giuridica.
A me pare che il possono non sia necessario e forse sia meno corretto; ma se lo preferite per togliere ogni
dubbio, potete adoperare questa o altra dizione diversa dalla nostra, purch ne convalidi il concetto.
PRESIDENTE. A me pare che, anche accettando quanto ha detto ora l'onorevole Ruini - e certamente, se la
Commissione di questo avviso, credo che si debba senz'altro modificare in tal senso il testo - non sia risolto il
problema della diversit del concetto espresso dalla Commissione rispetto a quello che costituisce
l'emendamento dell'onorevole Pajetta.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Certamente.

237

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Pajetta Giancarlo.


(Non approvato).
PAJETTA GIANCARLO. Non insisto nella proposta di far mio il terzo comma dell'emendamento Calamandrei.
PRESIDENTE. C' ora da risolvere la questione relativa alla proposta dell'onorevole Lucifero, il quale ha
proposto di trasferire l'ultimo comma all'articolo 14, sostituendo le parole: Le altre confessioni con le
seguenti: Tutte le confessioni .
Ma per ora si potrebbe restare al problema dell'emendamento dell'articolo.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUCIFERO. Ho fatto quella variazione del testo, perch necessaria se il capoverso trasportato alla fine
dell'articolo 14.
Qui invece si crea una voluta distinzione fra la religione cattolica e le altre confessioni, che io col mio
emendamento tendevo ad eliminare.
PRESIDENTE. Allora bisognerebbe mettere in votazione la proposta dell'onorevole Lucifero di trasferire il terzo
comma dell'articolo 7 all'articolo 14. Qual' il parere della Commissione?
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Credo che si possa prendere nota di questo desiderio
dell'onorevole Lucifero, ma non sia inopportuno, per decidere, definitivamente al riguardo, attendere che sia
esaminato ed approvato l'articolo 14.
PRESIDENTE. Secondo le dichiarazioni dell'onorevole Lucifero, in tanto il trasferimento giustificato, in quanto
sia accettato l'emendamento; perch appunto con l'emendamento e con il trasferimento si mira ad impostare in
maniera diversa il problema del terzo comma dell'articolo 7. Pertanto la questione del trasferimento deve essere
risolta immediatamente.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUCIFERO. Mi permetto di ricordare all'onorevole Ruini che gi la Commissione dei Settantacinque alla
unanimit deliber questo spostamento; e poi in sede di coordinamento la deliberazione non ebbe seguito.
Dato che io credo si tratti di una questione sostanziale, perch si tratta di distinguere
determinati rapporti da altri rapporti, devo insistere nel mio emendamento.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell'onorevole Lucifero di trasferire l'ultimo comma dell'articolo 7
all'articolo 14.
(Dopo prova e controprova, approvata).
L'emendamento proposto dall'onorevole Lucifero al testo del terzo comma trasferito sar discusso e votato
quando esamineremo l'articolo 14.
Pertanto anche il seguente emendamento presentato dagli onorevoli Dugoni, Basso, Vigna e De Micheli, si
intende rinviato:
Al terzo comma, sopprimere l'ultimo periodo:

238

I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese, ove siano richieste, con le rispettive
rappresentanze .
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Passiamo ora alla votazione dei primi due commi dell'articolo:
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi. Qualsiasi modificazione dei Patti, bilateralmente accettata,
non richiede procedimento di revisione costituzionale .
Comunico che stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Pertini, Lopardi, Pistoia, Foa,
Mastino Pietro, Binni, Bernini, Calamandrei, Cianca, Bruni, Codignola, Lombardi Riccardo, Veroni, Valiani,
Cevolotto.
Estraggo a sorte il nome del Deputato dal quale comincer la chiama. Comincer dall'onorevole Longo.
Invito l'onorevole Segretario a fare la
chiama.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.
Rispondono s:
Abozzi - Adonnino - Alberganti - Alberti - Aldisio - Allegato - Ambrosini - Andreotti - Angelini - Angelucci - Arcaini
- Arcangeli - Assennato - Avanzini - Ayroldi.
Bacciconi - Baldassari - Balduzzi - Baracco - Bardini - Bargagna - Barontini Anelito - Barontini Ilio - Bastianetto Bazoli - Bei Adele - Bellato - Belotti - Bencivenga - Benedetti - Benvenuti - Bergamini - Bernamonti - Bertini
Giovanni - Bertola - Bertone - Bettiol - Biagioni - Bianchi Bruno - Bianchini Laura - Bibolotti - Bitossi - Boldrini Bolognesi - Bonino - Bonomi Paolo - Borsellino - Bosco Lucarelli - Bosi - Bovetti - Braschi - Brusasca - Bubbio Bulloni Pietro - Burato.
Caccuri - Caiati - Campilli - Camposarcuno - Cappa Paolo - Cappelletti - Cappi Giuseppe - Caprani - Capua Carbonari - Carignani - Caristia - Caroleo - Caronia - Carratelli - Caso - Cassiani - Castelli Edgardo - Castelli
Avolio - Castiglia - Cavallari - Cavalli - Cavallotti - Cerreti - Chatrian - Chieffi - Ciampitti - Ciccolungo - Cicerone Cifaldi - Cimenti - Cingolani Mario - Clerici - Coccia - Codacci Pisanelli - Colitto - Colombi Arturo - Colombo
Emilio - Colonna di Paliano - Colonnetti - Conci Elisabetta - Condorelli - Coppa Ezio - Coppi Alessandro - Corbi Corbino - Corsanego - Corsini - Cortese - Cotellessa - Cremaschi Carlo - Cremaschi Olindo.
D'Amico Michele - De Caro Gerardo - De Falco - De Filpo - De Gasperi - Del Curto - Delli Castelli Filomena - De
Maria - De Martino - De Michele Luigi - De Palma - De Unterrichter Maria - Di Fausto - Di Vittorio - Domined D'Onofrio - Dossetti - Dozza.
Ermini.
Fabriani - Falchi - Fanfani - Fantoni - Fantuzzi - Farina Giovanni - Farini Carlo - Fedeli Armando - Federici Maria
- Ferrarese - Ferrari Giacomo - Ferrario Celestino - Ferreri - Firrao - Flecchia - Foresi - Franceschini - Froggio Fuschini.
Gabrieli - Galati - Gallico Spano Nadia - Garlato - Gatta - Gavina - Germano - Gervasi - Geuna - Ghidetti Giacchero - Giolitti - Giordani - Gonella - Gorreri - Gortani - Gotelli Angela - Grassi - Grieco - Gronchi - Guariento
- Guerrieri Emanuele - Guerrieri Filippo - Gui - Guidi Cingolani Angela - Gullo Fausto.

239

Iotti Leonilde.
Jacini - Jervolino.
Laconi - La Gravinese Nicola - Lagravinese Pasquale - Landi - La Pira - La Rocca - Lazzati - Leone Francesco Leone Giovanni - Lettieri - Li Causi - Lizier - Longo - Lozza - Lucifero.
Maffi - Mattioli - Magnani - Maltagliati - Malvestiti - Mannironi - Manzini - Marazza - Marconi - Marina Mario MariInizio pagina: 2487
naro - Martinelli - Marzarotto - Massini - Massola - Mastino Gesumino - Mastrojanni - Mattarella - Mattei Teresa Mazza - Meda Luigi - Medi Enrico - Mentasti - Merlin Umberto - Mezzadra - Miccolis - Micheli - Minella Angiola Minio - Molinelli - Montagnana Mario - Montagnana Rita - Montalbano - Monterisi - Monticelli - Montini Moranino - Morelli Luigi - Moro - Mortati - Moscatelli - Mrdaca - Murgia - Musolino.
Negarville - Negro - Nicotra Maria - Nitti - Nobile Umberto - Notarianni - Novella - Numeroso - Orlando Camillo Orlando Vittorio Emanuele.
Pajetta Gian Carlo - Pajetta Giuliano - Pallastrelli - Pastore Giulio - Pastore Raffaele - Pat - Patricolo - Pecorari Pella - Pellegrini - Pellizzari - Penna Ottavia - Perlingieri - Perrone Capano - Perugi - Pesenti - Petrilli - Piccioni Pignedoli - Platone - Pollastrini Elettra - Ponti - Pratolongo - Preziosi - Proia - Pucci - Puoti.
Quarello - Quintieri Adolfo - Quintieri Quinto.
Raimondi - Rapelli - Ravagnan - Reale Eugenio - Reale Vito - Recca - Rescigno - Restagno - Ricci Giuseppe Riccio Stefano - Rivera - Rodin Mario - Romano - Roselli - Rossi Giuseppe - Rossi Maria Maddalena - Roveda
- Rubilli - Ruggeri Luigi - Ruini - Rumor.
Saccenti - Saggin - Salizzoni - Salvatore - Sampietro - Sartor - Scalfaro - Scarpa - Scelba - Schiratti - Scoca Scoccimarro - Scotti Alessandro - Scotti Francesco - Secchia - Segni - Selvaggi - Sereni - Sforza - Sicignano Siles - Silipo - Spataro - Stella - Storchi - Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli - Taviani - Terranova - Tessitori - Tieri Vincenzo - Titomanlio Vittoria - Togliatti - Togni Tosato - Tosi - Tozzi Condivi - Trimarchi - Tripepi - Tumminelli - Tupini - Turco.
Uberti.
Valenti - Vallone - Valmarana - Vanoni - Venditti - Viale - Vicentini - Vigo - Vilardi - Volpe. Zaccagnini - Zerbi Zotta.
Rispondono no:
Amadei - Arata - Azzi.
Barbareschi - Bassano - Basso - Bellavista - Bellusci - Bennani - Bernabei - Bernini Ferdinando - Bianchi Bianca
- Binni - Bocconi - Bonomelli - Bordon - Bruni - Buffoni Francesco.
Cacciatore - Cairo - Calamandrei - Caldera - Calosso - Camangi - Candela - Canepa - Canevari - Caporali Carboni - Carpano Maglioli - Carta - Cevolotto - Chiaramello - Chiostergi - Cianca - Codignola - Conti - Corsi Cosattini - Costa - Costantini - Crispo.
Damiani - D'Aragona - Della Seta - De Mercurio - De Michelis Paolo - Di Giovanni - Di Gloria - Dugoni.
Fabbri - Facchinetti - Faccio - Fedeli Aldo - Fietta - Filippini - Fiorentino - Fioritto - Foa - Fornara - Fusco.

240

Gasparotto - Ghidini - Ghislandi - Giacometti - Giua - Grazi Enrico - Grazia Verenin - Grilli - Gullo Rocco.
Jacometti.
Lami Starnuti - Lizzadri - Lombardi Riccardo - Lombardo Ivan Matteo - Longhena - Lopardi - Luisetti - Lupis.
Macrelli - Magrini - Malagugini - Mancini - Mariani Enrico - Martino Enrico - Mastino Pietro - Matteotti Carlo Matteotti Matteo - Mazzei - Merighi - Merlin Angelina - Mol - Momigliano - Montemartini - Morandi - Morini Musotto.
Nasi - Natoli Lamantea - Nenni - Nobili Oro.
Pacciardi - Paolucci - Paris - Parri - Pera - Perassi - Persico - Pertini Sandro - Piemonte - Pignatari - Pistoia Pressinotti - Preti - Priolo.
Romita - Rossi Paolo - Ruggiero Carlo.
Salerno - Sansone - Santi - Saragat - Sardiello - Schiavetti - Silone - Spallicci - Stampacchia.
Taddia - Targetti - Tega - Tomba - Tonello - Tonetti - Tremelloni.
Valiani - Varvaro - Vernocchi - Veroni - Vigna - Vigorelli - Villabruna.- Villani - Vinciguerra - Vischioni.
Zagari - Zanardi - Zannerini - Zappelli - Zuccarini.
Sono in congedo:
Cappugi.
D'Amico Diego.
Martino Gaetano.
Rodin Ugo.
Spano Velio.
Treves.
Inizio pagina: 2488
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale e invito gli onorevoli Segretari a fare il computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Risultato della votazione nominale.
PRESIDENTE. Annuncio il risultato della votazione nominale:
Presenti e votanti. . . . 499
Maggioranza......250
Hanno risposto s . 350
Hanno risposto no . 149

241

(L'Assemblea approva).
Avverto che l'onorevole Crispo mi ha comunicato di rinunciare al suo emendamento.
Non essendo presente l'onorevole Nobili Tito Oro, il suo emendamento, tendente a modificare il titolo delle
Disposizioni generali, si intende ritirato.
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della
Repubblica italiana .
La discussione e lo svolgimento degli emendamenti all'articolo 11, si sono conclusi nella seduta antimeridiana.
Dobbiamo ora procedere alle votazioni.
Al primo comma dell'articolo, l'onorevole Patricolo ha proposto di sopprimere la seconda parte, ed ha chiesto
che si proceda alla votazione per divisione di questo primo comma.
Pertanto, pongo in votazione la prima parte del primo comma:
La condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge .
( approvata).
Il testo della Commissione aggiunge:
in conformit delle norme e dei trattati internazionali .
L'onorevole Patricolo ha gi proposto la soppressione di questa seconda parte del comma.
Pongo ai voti questa proposta di soppressione.
(Non approvata).
Pongo ai voti la seconda parte del primo comma:
in conformit delle norme e dei trattati internazionali .
( approvata).
Al secondo comma sono stati presentati emendamenti dall'onorevole Ravagnan ed altri; dall'onorevole Basso ed
altre dall'onorevole Patricolo. Avverte, poi, che gli onorevoli Trevs, Bulloni e Cappi, che avevano presentato
emendamenti per loro conto, li hanno sostituiti con il seguente, accettato dalla Commissione:
Lo straniero, al quale sia impedito l'effettivo esercizio dei diritti derivanti dalle libert democratiche garantite
dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica italiana .
Chiedo intanto all'onorevole Nobile se insiste ancora nel suo emendamento.
NOBILE. Non insisto.

242

PRESIDENTE. Di questi emendamenti si allontana di pi dal testo della Commissione quello presentato dagli
onorevoli Ravagnan, Laconi e Grieco. Esso ha, d'altra parte, un carattere pi ampio degli altri emendamenti.
Mentre, infatti, negli altri si fa richiamo espresso ai diritti di libert garantiti dalla Costituzione, nell'emendamento
Ravagnan soppresso ogni richiamo alla Costituzione italiana.
Esso del seguente tenore:
Lo straniero perseguitato per avere difeso i diritti della libert e del lavoro ha diritto di asilo nel territorio italiano
.
MAFFI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MAFFI. Tengo a dichiarare che voter per l'emendamento Ravagnan, perch sono d'avviso che esso significhi e
riproduca nella forma pi completa il testo stesso della Commissione, poich la Costituzione della Repubblica
italiana la Costituzione di una Repubblica fondata sulla libert e sul lavoro , (come detto nella formula
ormai adottata per la nostra Costituzione). Il diritto di asilo che ha ogni straniero perseguitato per aver difeso i
diritti della libert e del lavoro, equivale all'espressione usata dalla Commissione; ma si espone in una forma
immensamente pi esatta, pi conforme al concetto fondamentale espresso nel testo della Commissione stessa.
Non solo; la formula dell'emendamento proposto dal compagno Ravagnan ha, per conto mio, un grande
vantaggio, quello di liberare il nostro Paese dalle immigrazioni indesiderabili.
Badate che la perorazione e la contro-orazione Ravagnan da una parte e Tonello dall'altra hanno forse peccato
per una eccessiva asprezza di tono.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. sempre dolce l'onorevole Tonello! (Si ride).
MAFFI. Ci sono sostanze dolci che allo stomaco possono sembrare irritanti: sentiremo cosa pensa delle
dichiarazioni Tonello lo stomaco svizzero. Ma questo un particolare. Dicevo che l'onorevole Ravagnan e
l'onorevole Tonello hanno posto in evidenza i gravi pericoli costituiti per lo Stato dall'avere ospiti indesiderati, che
rappresentano elementi di conflitto nella vita della Nazione, e che dobbiamo cercare di eliminare.
Per queste ragioni, allo scopo di eliminare l'arrivo in Italia di elementi che siano contrari ai concetti della libert e
dei diritti del lavoro, voter per l'emendamento Ravagnan.
CHIOSTERGI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CHIOSTERGI. Durante lunghissimi anni sono stato ospite della libera Elvezia, e non ho personalmente che da
lodare l'atteggiamento tenuto verso di me dalle autorit e dalla popolazione. Per ho potuto constatare, a pi
riprese, quando ho dovuto occuparmi di espulsioni di miei connazionali, che c'era in Svizzera, come in altri
Paesi, una tendenza ad interpretare il diritto di asilo non come un diritto dello straniero, ma come un diritto dello
Stato verso gli altri Stati, il che permetteva, in realt, di sopprimere nel fatto il diritto di asilo.
Per questa ragione, e solo per questa ragione, voter l'emendamento Ravagnan, perch mi pare sia quello che
giustifica meglio di ogni altro il diritto del singolo al diritto di asilo, senza trasferirne il riconoscimento ad uno
Stato nei confronti di altri Stati.
TONELLO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TONELLO. bene che io precisi il mio concetto, forse non chiaramente espresso stamane.

243

Io dissi che quasi tutti gli Stati che hanno nelle loro Costituzioni il diritto di asilo, in pratica non lo realizzano,
sicch il diritto di asilo diviene una menzogna.
Fortunato il collega che ha parlato, il quale, da buon figliuolo, non ha avuto noie, ma vicino a lui c' l'onorevole
Rodolfo Pacciardi. Ora, se noi abbiamo combattuto contro il fascismo nella Svizzera, se abbiamo dato dei fastidi
alla Svizzera, ci dovuto al fatto che Motta era un noto fascista. (Interruzioni - Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Tonello, la prego di considerare che siamo in tema di discussione sulla nostra
Costituzione, e che non questa la sede per esprimere giudizi sopra Paesi che hanno sempre dimostrato la loro
amicizia verso la nostra Nazione. (Vivi applausi).
TONELLO. Anch'io posso gridare Viva la Svizzera! , perch se vado in Svizzera ho molti amici, anche tra
quelli che sono nelle vostre file. Io combattevo il fascismo in Svizzera, perch dovevamo difenderci contro tutte
le spie che il fascismo aveva sparse anche in quel Paese.
Ora, non voglio che si creda che in Svizzera io sia stato un rompicollo ed abbia voluto dare fastidio ad un Paese
che mi dava ospitalit. Ho semplicemente scritto una poesia contro Dolfuss e il Papa che avevano fatto perire la
Repubblica austriaca. (Proteste - Rumori al centro).
TUPINI. Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. Dichiaro che la Commissione, alla quasi unanimit,
contraria all'emendamento Ravagnan.
ANDREOTTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
ANDREOTTI. Questa mattina ho presentato una richiesta di votazione per appello nominale sull'emendamento
dell'onorevole Treves. Analoga richiesta presento ora per la votazione nell'emendamento Ravagnan. Essa porta
le firme anche degli onorevoli Orlando Camillo, Cremaschi, Quintieri Adolfo. Tambroni, Leone Giovanni, Valenti,
Domined, Maffioli, Tosi, De Palma, Zerbi, Bubbio, Marazza e Castelli Avolio.
PRESIDENTE. Mi consentano i colleghi di far presente una considerazione che pu valere per valutare
pienamente le conseguenze eventuali della richiesta di votazione nominale. Nella ipotesi che l'Assemblea non
risulti in numero legale quando si proceder all'appello nominale, si verrebbe ad immobilizzare per 24 ore il
nostro lavoro, a termini del Regolamento.
Se l'Assemblea non in numero, il Regolamento prescrive, infatti, che il Presidente possa rinviare la seduta ad
altra ora dello stesso giorno, con un intervallo di tempo non minore di un'ora, oppure scioglierla. In quest'ultimo
caso l'Assemblea s'intende convocata per il prossimo giorno non festivo all'ora medesima del giorno prima, il
che significherebbe domani a.lle ore 17,30.
Se i presentatori della richiesta di appello nominale ritengono che abbiamo molto tempo a disposizione per i
nostri lavori, oppure ritengono che la votazione abbia una tale importanza da giustificare la loro richiesta, io dar
ad essa senz'altro corso.
ANDREOTTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
ANDREOTTI. Io insisterei nella richiesta di votazione per appello nominale, anche perch mi pare che sia
veramente deplorevole il fatto che numerosi nostri colleghi non sono presenti alle sedute dell'Assemblea. D'altra

244

parte, non mi sembra serio votare articoli della Costituzione, che sono tutti importanti, con la presenza nell'Aula
di non pi di un quinto dei membri dell'Assemblea Costituente.
PRESIDENTE. Desidero far presente all'onorevole Andreotti che nessuno pi di me gi intervenuto, e pi
d'una volta, per lamentare questo spiacevole assenteismo dei membri della nostra Assemblea. Mi sembra, per,
che vi siano due fatti da tener separati: l'assenza di molti dei membri di questa Assemblea e la necessit che
l'Assemblea svolga i suoi lavori. Ed io ritengo che sarebbe una doppia responsabilit quella che ci
assumeremmo, se, oltre a dover constatare l'assenza di tanti colleghi dalle sedute, non giungessimo a terminare
il nostro lavoro entro il tempo che la legge ha stabilito. (Commenti).
Io sono contento di constatare che nessuno pensa alla possibilit di non tener fede al termine stabilito. D'altra
parte, non ritengo che facilitiamo il nostro lavoro se ci obbligheremo per 24 ore a restare inattivi.
Comunque, poich la domanda mantenuta, passer senz'altro alla votazione per appello nominale.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. L'Assemblea ha gi sottolineato in modo abbastanza
eloquente la proposta dell'onorevole Andreotti, con la quale egli ha inteso di deplorare l'assenteismo dei nostri
colleghi, che il 2 giugno furono eletti essenzialmente, se non esclusivamente, per fare la Costituzione dello
Stato. Poich siamo tutti consenzienti con lo spirito della proposta e con il fine cui essa tende, mi associo
all'onorevole Presidente nell'invito all'onorevole Andreotti a voler recedere dalla richiesta di appello nominale.
Valga questa presa di posizione dell'Assemblea a deplorare l'assenteismo dei colleghi che non sono presenti, e
ad invocare il loro intervento; e, soprattutto, a richiamare l'Ufficio di Presidenza alla constatazione di quelle
assenze che, come tutti sanno, sono produttive di qualche conseguenza.
PRESIDENTE. L'onorevole Tupini sa che l'Ufficio di Presidenza si gi posto il problema, ed io credo che
l'appello dell'onorevole Tupini voglia significare che egli ritiene giunto il tempo - e tutti noi lo riteniamo, con lui - di
passare a delle forme di controllo le quali significhino che la fiducia che si poteva in precedenza porre sullo
spirito di diligenza dei nostri colleghi pu forse cominciare ad attenuarsi.
Di questo parleremo nella prossima seduta dell'Ufficio di Presidenza.
Per ora, prego l'onorevole Andreotti di rispondere all'appello rivoltogli dall'onorevole Tupini.
ANDREOTTI. Mi dispiace di non poter aderire (Rumori - Interruzioni) all'appello che viene sia dal Presidente
dell'Assemblea, sia dall'onorevole Tupini, ma ritengo che per le ragioni sostanziali che ho detto prima, forse ai
colleghi che non sono intervenuti, pur potendo intervenire, sia alla seduta di stamane che a questa, pu
giungere come un richiamo efficace quello di una constatazione fatta attraverso un appello nominale della loro
assenza formale da questa seduta. L'onorevole Presidente pu, avvalendosi del Regolamento, stabilire che la
seduta possa riprendersi fra un'ora. Noi faremo il possibile affinch un certo numero di Deputati, che sono in
Roma e che potrebbero venire alla seduta, siano presenti fra un'ora. Se ci non avvenisse, l'onorevole
Presidente potrebbe rinviare la seduta a domani. In questa maniera noi potremmo avere forse una
partecipazione che renda, mi pare, degna l'adesione ad una formula o all'altra degli articoli che stiamo votando.
CONTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CONTI. Ho chiesto la parola per rilevare che la proposta dell'onorevole Andreotti non pu essere accolta. Se egli
si fosse limitato a chiedere la votazione per appello nominale per stabilire una maggioranza e una minoranza sul
testo dell'emendamento del collega Ravagnan, egli avrebbe perfettamente ragione e non gli si potrebbe opporre
nessun diniego. Ma l'onorevole Andreotti ha spiegato qual' lo scopo: egli ha richiesto l'appello nominale per

245

constatare l'assenteismo dei nostri colleghi. Ora, evidente che per questo scopo non pu essere indetta la
votazione per appello nominale. Io chiedo al Presidente di respingere la domanda.
PRESIDENTE. Onorevole Conti, le faccio presente, per spiegarle le ragioni per le quali, nonostante le sue
osservazioni, nel merito comprensibili, dispongo di passare all'appello nominale, che ogni membro
dell'Assemblea, quando riesca a trovare nove colleghi che concordino con lui, pu chiedere la constatazione del
numero legale, in occasione di ogni votazione che si debba eseguire; e, ci pu giovare a sottolineare il numero
degli assenti. Dato ci, la richiesta dell'onorevole Andreotti avr seguito. (Interruzione dell'onorevole Conti).
Si d inizio all'appello nominale sull'emendamento proposto dagli onorevoli Ravagnan, Laconi e Grieco cosi
formulato:
Sostituire il secondo comma col seguente: Lo straniero perseguitato per aver difeso i diritti della libert e del
lavoro ha diritto di asilo nel territorio italiano .
Estraggo a sorte il nome del Deputato dal quale comincer la chiama. (Esegue il sorteggio).
Comincer dall'onorevole Cappa.
Si faccia la chiama.
RICCIO, Segretario, fa la chiama.
Rispondono s:
Alberganti - Allegato - Amadei - Amendola - Assennato.
Baldassari - Barbareschi - Bardini - Barontini Anelito - Barontini Ilio - Bellusci - Bianchi Bruno - Bibolotti - Bitossi Bonomelli - Buffoni Francesco.
Caldera - Camangi - Carmagnola - Cavallari - Cerretti - Cevolotto - Chiostergi - Cianca - Conti - Corbi - Costa Costantini - Cremaschi Olindo.
Della Seta - De Michelis Paolo - Di Vittorio - D'Onofrio.
Facchinetti - Fantuzzi - Farina Giovanni - Farini Carlo - Ferrari Giacomo - Flecchia - Fogagnolo - Fornara.
Gervasi - Ghidetti - Giua - Grazi Enrico - Grieco - Gullo Fausto.
Imperiale - Iotti Nilde.
Jacometti.
Laconi - La Malfa - Landi - La Rocca - Lizzadri - Lombardi Carlo - Longo - Lopardi - Lozza.
Macrelli - Maffi - Magnani - Magrini - Malagugini - Maltagliati - Mancini - Marchesi - Mariani Francesco - Massini Massola - Mattei Teresa - Merighi - Merlin Angelina - Modigliani - Moranino - Moscatelli - Musolino.
Negro - Nobile Umberto - Nobili Oro - Noce Teresa.
Pacciardi - Paolucci - Paris - Pastore Raffaele - Pertini Sandro - Pieri Gino - Platone - Pressinotti - Preziosi Priolo.
Ravagnan - Reale Eugenio - Ricci Giuseppe - Romita - Roveda - Ruggieri Luigi.
Schiavetti - Scoccimarro - Scotti Francesco - Secchia - Sereni - Silipo - Spallicci - Stampacchia - Targetti - Tega
- Tonello - Tonetti.

246

Vernocchi - Vischioni.
Zuccarini.
Rispondono no:
Andreotti - Angelucci - Arcaini.
Badini Confalonieri - Balduzzi - Bassano - Bastianetto - Belotti - Bencivenga - Benedetti - Bergamini - Bertini
Giovanni - Bertola - Bertone - Bettiol - Biagioni - Bianchini Laura - Bocconi - Bonomi Ivanoe - Bosco Lucarelli Bovetti - Bozzi - Braschi - Bubbio - Bulloni Pietro - Buonocore - Burato.
Cairo - Calosso - Campilli - Canevari - Cappa Paolo - Cappi Giuseppe - Cappugi - Capua - Carbonari - Carignani
- Caroleo - Carratelli - Castelli Edgardo - Castelli Avolio - Chatrian - Chiaramello - Chieffi - Cifaldi - Coccia Colitto - Colonna di Paliano - Conci Elisabetta - Condorelli - Coppa Ezio - Coppi Alessandro - Corbino Corsanego - Corsini - Cremaschi Carlo.
De Caro Gerardo - De Falco - Del Curto - De Martino - De Michele Luigi - De Palma - De Unterrichter Maria - Di
Fausto - Di Gloria - Domined.
Ermini.
Fabbri - Fabriani - Fanfani - Federici Maria - Ferrano Celestino - Firrao - Foresi - Franceschini - Fresa - Fusco.
Gabrieli - Garlato - Geuna - Ghidini - Giacchro - Giannini - Giordani - Gotelli Angela - Grassi - Grilli - Gronchi Guariento - Guerrieri Filippo.
Jervolino.
Lazzati - Leone Giovanni - Lettieri - Lucifero.
Maffioli - Mannironi - Marazza - Marconi - Marina Mario - Marinaro - Marzarotto - Mastrojanni - Mazza - Merlin
Umberto - Miccolis - Micheli - Montini - Morelli Luigi - Morelli Renato - Morini - Moro - Mortati - Murgia.
Nitti - Notarianni.
Orlando Camillo.
Paratore - Pastore Giulio - Patricolo - Pecorari - Pella - Perugi - Piccioni - Piemonte - Ponti - Proia.
Quintieri Adolfo - Quintieri Quinto.
Recca - Restagno - Riccio Stefano - Rivera - Rodi - Rognoni - Rossi Paolo - Rubilli - Ruggiero Carlo - Ruini.
Salizzoni - Sampietro - Sartor - Scalfaro - Scelba - Schiratti - Spataro - Stella - Storchi - Sullo Fiorentino Tambroni Armaroli - Taviani - Titomanlio Vittoria - Togni - Tosato - Tosi - Tozzi Condivi - Tremelloni - Treves Tumminelli - Tupini - Turco.
Uberti.
Valenti - Valmarana - Venditti - Veroni - Vicentini - Vilardi.
Zerbi.
Si sono astenuti:

247

Binni - Bruni.
D'Aragona.
Lombardo Ivan Matteo.
Martino Enrico.
Perassi - Preti.
Zanardi.
Deputati in congedo:
Bucci, Cacciatore, Carpano Maglioli, D'Amico Michele, Fiore, Fuschini, Gavina, Li Causi, Mastino Pietro,
Montalbano, Nenni, Orlando Vittorio Emanuele, Pallastrelli, Parri, Penna Ottavia, Selvaggi, Simonini, Saccenti,
Togliatti.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla
numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Comunico il risultato della votazione nominale:
Presenti e votanti. . . . 289
Maggioranza ...... 145
Hanno risposto s. .112
Hanno risposto no. . 169
Astenuti...... 8
(L'Assemblea non approva l'emendamento Ravagnan).
Dobbiamo ora procedere all'emendamento sostitutivo del secondo comma proposto dall'onorevole Basso ed
altri.
ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
ROSSI PAOLO. Dichiaro che voteremo contro, per la stessa ragione che ci ha indotti a votare contro
l'emendamento Ravagnan: intendiamo votare l'emendamento Treves.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento proposto dall'onorevole Basso ed altri:
Sostituire il secondo comma col seguente: Lo straniero, che sia perseguitato nel proprio paese per aver
difeso i diritti della libert e del lavoro garantiti dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della
Repubblica .
(Non approvato).

248

Pongo ora in votazione l'emendamento sostitutivo del secondo comma presentato dall'onorevole Patricolo ed
altri:
Lo straniero perseguitato nel proprio paese per azioni commesse in difesa delle libert garantite dalla
Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio italiano .
(Non approvato).
Pongo ora in votazione l'emendamento presentato dagli onorevoli Treves, Bulloni, e Cappi, che la Commissione
ha dichiarato di accettare:
Lo straniero, al quale sia impedito l'effettivo esercizio dei diritti derivanti dalle libert democratiche garantite
dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica italiana .
( approvato).
Pongo in votazione l'emendamento proposto dall'onorevole Perassi, fatto proprio dall'onorevole Conti e
accettato dalla Commissione:
Al secondo comma, aggiungere le parole: nelle condizioni stabilite dalla legge .
( approvato).
Dobbiamo ora procedere alla votazione dell'emendamento presentato dall'onorevole Corsanego:
Dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
Non ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita da convenzioni
internazionali .
La Commissione ha accettato l'emendamento ed ha proposto di sostituire alla parola: convenzioni l'altra:
trattati , e di trasferire il comma, se approvato, all'articolo 10.
L'onorevole Corsanego ha accettato la modificazione e la nuova collocazione.
Pongo in votazione l'emendamento cos modificato.
( approvato).
Si passa ora al terzo comma:
Non ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.
A questo comma sono stati presentati alcuni emendamenti. L'onorevole Corsanego ha proposto che dopo la
parola: estradizione si aggiunga: del cittadino e . Dopo l'approvazione della precedente proposta dello
stesso onorevole Corsanego, questo emendamento si intende assorbito.
Vi poi un emendamento proposto dagli onorevoli Bettiol, Leone Giovanni, Benvenuti:
All'ultimo comma, aggiungere le parole: e in nessun caso quella del cittadino .
Poich, in seguito alla votazione precedente, sono state trasferite all'articolo 10 tutte le disposizioni relative al
cittadino, anche questo emendamento dovrebbe considerarsi assorbito.
BETTIOL. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.

249

BETTIOL. Mi pare vi sia un equivoco, perch il mio emendamento ha una sua logica ed un suo spirito ben
precisi, e non consente in nessun caso l'estradizione del cittadino, mentre, con l'emendamento dell'onorevole
Corsanego, questa estradizione possibile.
PERASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.

PERASSI. Mi pare che qui vi siano due questioni nettamente diverse. Vi , cio, la questione se si debba
ammettere l'estradizione del cittadino o no: su questo punto l'Assemblea ha gi votato l'emendamento
dell'onorevole Corsanego, nel senso che essa non ammessa, salvo che sia espressamente consentita nelle
convenzioni internazionali. La seconda questione riguarda l'affermazione nella Costituzione del principio che in
nessun caso ammessa l'estradizione del cittadino per reati politici. Ora, siccome ci stato affermato per lo
straniero nell'articolo 11, e siccome, in seguito all'emendamento votato, si parlato dell'estradizione del cittadino
nell'articolo 10, evidentemente necessario che nell'articolo 10 si aggiunga che l'estradizione del cittadino in
nessun caso ammessa per reati politici.
PRESIDENTE. Lei ha parlato, onorevole Perassi, a nome proprio o della Commissione?
PERASSI. A nome mio.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. Questa mattina la Commissione che ha esaminato la
proposta, ha deciso, come ho risposto tanto all'onorevole Corsanego che all'onorevole Bettiol, di non accettare
la proposta di emendamento dell'onorevole Bettiol.
PRESIDENTE. L'onorevole Perassi ha sottolineato che si tratta di due questioni diverse, per modo che la
votazione avvenuta poco fa dell'emendamento Corsanego non esclude la possibilit della votazione
dell'emendamento Bettiol.
Vi poi la dichiarazione dell'onorevole Tupini, a tenore della quale, la Commissione, nel merito
dell'emendamento Bettiol, si dichiarata contraria, cio la Commissione ritiene che non si possa affermare, in
maniera assoluta, che non pu concedersi la estradizione al cittadino in relazione ai reati di carattere politico.
PERASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PERASSI. Se non mi inganno, la proposta dell'onorevole Bettiol era nel senso di escludere in via assoluta
l'estradizione del cittadino. Era la riaffermazione del principio del Codice penale del 1889. L'Assemblea ha gi
votato, a maggioranza, a questo riguardo un emendamento nel senso di riprodurre nella Costituzione la
disposizione dell'articolo 13 del Codice penale vigente, secondo la quale non ammessa l'estradizione del
cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali . Ma questa formula non
dice nulla circa i reati politici. Conseguentemente, resterebbe aperta la possibilit che in una Convenzione
internazionale venisse prevista anche la estradizione del cittadino per reato politico. Ora, a me pare che la
Costituzione debba in maniera espressa escludere questa possibilit, ristabilendo un principio nettamente
affermato nel Codice del 1889. Il Codice fascista lo aveva soppresso. Per fortuna, per, tutte le convenzioni
internazionali che sono state stipulate, anche durante il regime fascista, hanno escluso l'estradizione per reato
politico. Ora, essendosi stabilito nell'articolo 11 che lo straniero che si trova in Italia non potr mai essere
estradato per reato politico, mi pare che sia una necessit logica e politica che questo principio si affermi, anche
e soprattutto, per il cittadino.

250

Siccome nell'articolo 10 stata aggiunta quella disposizione, che stata gi votata, al fine di coordinare i due
articoli, mi sembra necessario che nell'articolo 10, ossia nel comma votato si dica: Non ammessa
l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali, ma in
nessun caso per reato politico .
CORSANEGO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CORSANEGO. Io mi associo alle osservazioni fatte dall'onorevole Perassi, perch coincidono con la proposta
del mio secondo emendamento; cio si tratta in realt di dichiarare nettamente nella nostra Costituzione, dopo di
avere negata l'estradizione allo straniero per reati politici, che a maggior ragione questa estradizione debba
essere negata al cittadino, ed per questo motivo che io avevo proposto un emendamento apposito.
PRESIDENTE. Vi dunque un emendamento all'emendamento.
Abbiamo votato l'emendamento dell'onorevole Corsanego, da trasferire all'articolo 10, che suona cos: Non
ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita da trattati internazionali . Si tratta
ora di aggiungere le parole: ma in nessun caso per reati politici .
Pongo in votazione questa formulazione aggiuntiva.
( approvata).
Rimane, pertanto, assorbito il terzo comma dell'emendamento Patricolo ed altri.
L'articolo 11 resta pertanto cos formulato:
La condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge in conformit delle norme e dei trattati
internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito l'effettivo esercizio dei diritti derivanti da libert democratiche garantite dalla
Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica nelle condizioni stabilite dalla legge .
Abbiamo poi approvato il seguente comma da inserirsi all'articolo 10:
Non ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita da trattati internazionali
ma in nessun caso per reati politici .
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica
italiana.
Compiuto l'esame degli emendamenti all'articolo 14, spetta ora alla Commissione di esprimere su di essi il
proprio parere.
DOSSETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.

251

DOSSETTI. Ho chiesto di parlare soprattutto per un chiarimento procedurale, relativo all'ordine dei nostri lavori.
Nella seduta del 25 marzo, dopo l'approvazione dei primi due comma dell'articolo 5 del progetto, poi diventato
articolo 7 del testo costituzionale, noi abbiamo anche posto in votazione una serie di emendamenti relativi al
terzo comma, che, secondo un'ultima deliberazione si sarebbe poi dovuto trasferire nell'attuale articolo 14. Ora,
gli emendamenti respinti contenevano una parte, che viene oggi riproposta in alcuni, anzi in quasi tutti gli
emendamenti che sono stati presentati, particolarmente in quelli degli onorevoli Binni, Pajetta-La Rocca, Laconi
e Cianca. La parte che ha formato oggetto di votazione riguarda precisamente due punti:
1) la eliminazione della formula in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano ;
2) la inversione della formula sono regolati per legge sulla base di intese, ove siano richieste , con
alterazione profonda del significato della formula stessa.
Quindi, volevo sottoporle, onorevole Presidente, questo problema e sapere da lei se, come sommessamente mi
pare, su questi due punti, gi decisi dalle votazioni del 25 marzo, non si abbia pi la possibilit di presentare
nuovi emendamenti che ritornerebbero a proporre, come oggetto di votazione, modificazioni che sono gi state
respinte. Resta invece aperta la questione sollevata dall'ultimo emendamento proposto nella seduta del 25
marzo, dall'onorevole Lucifero, relativo alla sostituzione della parola tutte alla formula che era nell'originario
ultimo comma dell'articolo 5 del progetto, cio le altre confessioni religiose .
Cos stando le cose, mi pare che la discussione di oggi sui singoli emendamenti e le relative votazioni dovranno
sostanzialmente assumere, dal punto di vista procedurale, questo aspetto: quello di una discussione e di
votazioni relative a un solo emendamento, come emendamento aggiuntivo, cio quello che dovrebbe avere
come contenuto la proposizione tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge , salvo poi,
s'intende, il coordinamento del testo gi approvato in sede di votazione dell'articolo 7, con le nuove deliberazioni
che oggi prenderemo.
PRESIDENTE. Circa il quesito posto dall'onorevole Dossetti, dal resoconto stenografico della seduta del 25
marzo scorso, risulta che, a proposito del terzo comma dell'articolo 5 - divenuto poi articolo 7 - comma che fu
deciso di trasferire all'articolo 14, furono fatte votazioni sulla base di due emendamenti presentati dagli onorevoli
Pajetta Giancarlo, Laconi e Mattei Teresa. Il primo di questi emendamenti mirava a far sopprimere nella prima
parte del terzo comma dell'articolo 7, la frase in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano e
non fu approvato.
Il secondo emendamento, presentato dagli stessi Deputati, tendeva a sostituire la seconda parte del terzo
comma dell'articolo 7 con la seguente formulazione:
I rapporti con lo Stato sono regolati, ove sia richiesto, per legge sulla base di intese, con le rispettive
rappresentanze .
Il testo della Commissione diceva invece: I rapporti con lo Stato sono regolati per legge, sulla base di intese,
ove siano richieste, con le rispettive rappresentanze . Anche questo emendamento fu respinto.
pertanto evidente che, nelle votazioni che dobbiamo fare sugli emendamenti dell'articolo 14, questi due punti
non possono essere modificati senza annullare il risultato delle votazioni gi fatte. Tutto il resto dell'articolo pu,
invece, subire modificazioni.
CAROLEO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CAROLEO. A proposito del rilievo fatto dall'onorevole Dossetti, credo che vi sia ancora da osservare qualche
cosa relativamente alla parola: tutte che si legge nei vari emendamenti proposti per la formulazione
dell'articolo 14, in quanto, avendo l'Assemblea regolato all'articolo 7 i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica,
non pu in un altro articolo comprendersi con aggettivazione totalitaria la stessa Chiesa cattolica, la cui
condizione giuridica, ripeto, ha gi formato oggetto di esame e di approvazione, da parte dell'Assemblea
Costituente.

252

PRESIDENTE. Mi permetta, onorevole Caroleo, lei entra nel merito della questione, mentre in questo momento
si sta esaminando una questione procedurale relativa alla votazione degli emendamenti.
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CEVOLOTTO. Osservo che nell'emendamento proposto in questo momento dall'onorevole Laconi,
dall'onorevole Cianca, e da altri, che riassume, e coordina i due diversi emendamenti che erano stati presentati
dagli onorevoli Laconi e Cianca separatamente, si usata per l'ultimo capoverso dell'articolo 14 l'espressione:
Le confessioni religiose diverse dalla Chiesa cattolica, o dalla confessione cattolica . Ora, questo non altro
che un coordinamento rispetto al testo dell'articolo 7 che stato votato: le altre confessioni religiose .
Naturalmente, poich non si parla della confessione cattolica nella prima parte dell'articolo 14, evidente che
bisogner usare un'altra dizione da quella del progetto - e precisamente quella che stata ora proposta - per
coordinare col testo dell'articolo il capoverso. Del resto, anche per le altre questioni che si potranno fare relative
a diversit di dizione fra ci che stato proposto nel nuovo emendamento e ci che stato votato nell'articolo 7,
salvo le questioni che, come ha osservato il Presidente, sono state deliberate, potremo vedere se in linea di
coordinamento non ci potremo intendere su tutti i punti.
PRESIDENTE. Mi pare, onorevole Cevolotto, che la sua osservazione sia interessante e valida; ma devo farle
notare che, come ho ricordato, nella seduta del 25 marzo non si affatto votato a questo proposito; e quindi si
possono fare proposte di modificazioni.
Cos chiarite le posizioni, chiedo alla Commissione di esprimere il proprio parere sugli emendamenti proposti
all'articolo 14.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Questa mattina ai lavori del Comitato di redazione
non ha potuto partecipare l'onorevole Tupini, perch era occupato nell'ufficio di Presidenza dell'Assemblea.
Quindi riferir io.
Questa mattina, come mai, si vista la difficolt dei compiti del Comitato di redazione, che rappresenta tutta la
Commissione; difficolt che vanno aumentando ora per ora. Quella che era stata gestazione di nove mesi,
tenace e paziente - e di tutto ci avete rimproverati, tranne del non aver lavorato - diventa ora necessit di
emendare, mutare, sostituire, in un'ora, in meno di un'ora, con proposte presentate all'ultimo momento, e talvolta
su questioni sostanzialmente nuove, di grande gravit. Ho il dovere di richiamare su di ci l'attenzione
dell'Assemblea Costituente, prima di entrare in argomento; ma sar brevissimo.
In realt che cosa avviene ? Quanto era difficile fare con Settantacinque membri - metterli d'accordo, trovare la
formula esatta e risolutiva - diventa ora molto pi difficile con 550. Uomini di valore e di cultura; ma anche se
ciascuno fosse un redivivo Solone, non potrebbero pel loro stesso numero formare un Comitato tecnico di
redazione. L'onorevole Croce avrebbe voluto che vi fosse un solo estensore, un solo costituente, un solo artefice
della Costituzione. Anche se fosse stato, e non era possibile, che il testo fosse redatto, da uno solo, si
sarebbero avute, alla sua presentazione all'Assemblea, 550 che avrebbero messo le mani in pasta con facolt,
spesso improvvisata, di spostare quanto di ordine e di coerenza logica, anche prescindendo da questioni
particolari di contenuti, era stato raggiunto. Che cosa fare? Io mi inchino naturalmente alle decisioni
dell'Assemblea; nell'Assemblea tutti siamo costituenti; od abbiamo diritto di esercitare pienamente le funzioni
delegate dalla sovranit popolare. necessario che la Costituzione passi attraverso il vaglio di tutti. Non tutti
possono avere la stessa esperienza tecnica nel faticoso lavoro di legislatori; ma tutti sono competenti, in quanto
esprimono la volont del popolo. Si constato, di fatto, in tutti i Paesi, che le Assemblee che pur si chiamano
legislative non possono adempiere a tutte le esigenze della legislazione. I Codici non possono essere discussi
ed approvati da pi centinaia di Deputati. Dopo una discussione generale, ne approvata la redazione a
Commissione. Il che non possibile per una Costituzione; tutta l'Assemblea deve approvarlo. Ma, esclusa ogni
limitazione formale, vi la necessit di un'autolimitazione, e di metodi di discussione che gli stessi Deputati
pongono, con senso di responsabilit a se stessi.

253

Io faccio una viva raccomandazione: di tener presenti alcuni criteri, almeno per le modifiche che non toccano la
sostanza delle cose:
1) Gli emendamenti di pura forma e quelli di spostamento della collocazione dovrebbero essere rinviati alla
revisione definitiva che sar fatta, nel modo che l'Assemblea riterr opportuno, quando tutto il testo sar stato
discusso ed approvato, articolo per articolo. Le modifiche proposte sono spesso minime: un verbo al
soggiuntivo, invece che all'indicativo, soppresso un che . Oppure due comma, invece, di uno. E cos via.
Vedremo tutto questo a suo tempo: quando si dovr coordinare e cercare lo stile della Costituzione.
2) Dovrebbe essere rispettata la deliberazione gi presa; che gli emendamenti siano presentati quarantotto ore
prima della discussione. Il Regolamento consente di poter presentare emendamenti con dieci firme durante la
discussione, ma di ci logicamente dovrebbe farsi limitato uso per sole questioni di una certa importanza. Il
Comitato di redazione dei Settantacinque, impegnato in due e forse in tre sedute quotidiane dell'Assemblea, ha
pur necessit di raccogliersi, di esaminare meditatamente gli emendamenti, di non improvvisare sulle
improvvisazioni.
Se continueranno a piovere gli emendamenti, anche non stampati, anche non dattilografati, inviate mentre si
discute alla Presidenza o alla Commissione, saremo costretti ad avvalerci del diritto che ci d il Regolamento di
chiedere un rinvio di ventiquattr'ore, per potere avere la possibilit dell'esame.
3) Dichiaro e mi impegno che, quando siano presentati a tempo gli emendamenti, il Comitato pregher i
presentatori di prendere parte ai suoi lavori, per mettersi d'accordo.
Aggiungo una raccomandazione. Una Commissione come questa, che non Governo, sebbene sieda al banco
dei Sottosegretari, non pu evidentemente sollevare una questione di fiducia; ma abbiate presente che siete voi
che ci avete designati, pel tramite della Presidenza dell'Assemblea, che i membri della Commissione sono
rimasti in contatto continuo coi loro gruppi, che abbiamo fatto un immane lavoro, che di questo lavoro giusto
tener conto; e prima di gettarlo a mare, di modificarlo in un attimo, bene pensarvi un po' su. Ho ancora
nell'animo l'invocazione con cui ho finito la mia relazione verbale ed espresso il voto che la Costituente migliori
la Costituzione. Ci che gi in alcuni punti avvenuto. Ma bisogna evitare che i repentini e subitanei dibattiti la
peggiorino, se non altro spezzando e rendendo informe nelle sue linee l'edificio costruito. Mi sia concesso
chiedere ancora all'Assemblea, nel suo senso di responsabilit, l'autodisciplina indispensabile per giungere alla
buona Costituzione che tutti desideriamo.
Passo ora al merito della questione.
CRISPO. L'Assemblea dovrebbe essere dunque spossessata del diritto di fare la Costituzione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. No, prego: io non voglio spossessare nessuno. Ho
riconosciuto il pieno diritto dell'Assemblea e di ogni suo componente.
Ho pregato di presentare gli emendamenti quarantott'ore prima, come era stato deciso; ho pregato di cercare
che gli emendamenti di pura forma fossero rimandati; e cos quelli di mera collocazione; ho ricordato che
nostro diritto, e finora non l'abbiamo esercitato, di chiedere un rinvio di ventiquattr'ore per esaminare gli
emendamenti fioriti nella discussione; mi sono impegnato, se gli emendamenti son presentati a tempo, di
esaminarli in Comitato insieme coi loro autori. Che cosa vi poteva essere di pi riguardoso ? Ho fatto bens un
richiamo al senso di responsabilit, e sono abituato a farlo a me stesso prima che non agli altri. Ho
raccomandato all'Assemblea, col pieno rispetto per i suoi poteri, che la Costituzione venga fatta nel modo
migliore, possibile, secondo i nostri desideri.
Ed eccoci all'articolo 14. Il fascicolo degli emendamenti ne figlia, ogni giorno, dei nuovi. Li abbiamo esaminati
tutti; ed abbiamo anche preso conoscenza dei memoriali che ci sono giunti e delle proposte che ci hanno fatte
alcune confessioni religiose, come, l'Evangelica e l'Israelitica. La Commissione decisa a fare di tutto per venire
incontro ai loro desideri.
Gli emendamenti, spesso analoghi fra loro - e credo che si siano concordati testi comuni - riguardano quelle che
saranno le due parti del futuro articolo 14. La prima costituita dall'articolo 14, quale era nel progetto della

254

Commissione, la seconda da ci che era una volta l'ultimo comma dell'articolo 7, ed stato invece trasferito qui,
in fine all'articolo 14, come ha deliberato l'Assemblea, e la Presidenza vi ha ricordato e precisate le sue
decisioni.
Parliamo anzitutto di quanto stato votato, e poi di quanto ancora allo stadio di progetto. Il comma approvato
dall'articolo 7 questo:
Le altre confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino
con l'ordinamento giuridico italiano. I rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese, ove siano
richieste dalle rispettive rappresentanze .
Nell'approvare tale formulazione, l'Assemblea ha respinto due emendamenti allora proposti: uno dei quali voleva
togliere il richiamo all'ordinamento giuridico italiano, e l'altro subordinare la regolazione con legge dei rapporti
con lo Stato alla richiesta delle confessioni interessate. Dalle decisioni gi prese noi dobbiamo tener conto,
secondo i criteri test accennati dall'onorevole Dossetti e dal Presidente dell'Assemblea, ma chiaro che,
quando sorgono esigenze di coordinamento col nuovo articolo in cui il comma gi approvato viene inserito,
siamo autorizzati a provvedere a tali esigenze.
Alcuni degli attuali emendamenti propongono di sopprimere la frase in quanto non contrastino con
l'ordinamento giuridico italiano , di cui fu altra volta respinta la soppressione. Ci costituisce un evidente
ostacolo. La questione potrebbe essere considerata soltanto dal punto di vista del coordinamento, per il fatto
che l'altro comma, dell'articolo 14 parla di contrasto col buon costume e con l'ordine pubblico . Possiamo
certamente togliere quest'ultima espressione. Altro se possiamo, per evitare duplicati e per ragioni di
miglioramento formale, cancellare invece la frase gi confermata.
Possiamo modificare l'ultimo periodo: I rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulle base di intese, ove
siano richieste, con le rispettive rappresentanze . L'onorevole Pajetta Giancarlo proponeva di rimettere alle
rappresentanze della confessione religiosa la decisione se i rapporti con lo Stato dovessero venire o no regolati
con legge. Ma l'Assemblea nella sua maggioranza non ha accolto questo criterio; e, come risulta dall'avvenuta
discussione, ha ritenuto che, pur non essendo obbligatorio regolare con legge i rapporti con le varie Chiese, a
ci sia da addivenire a richiesta della Chiesa o anche senza sua richiesta, quando lo Stato lo giudicasse
necessario. Insistevo, nel senso che occorresse sempre la richiesta della Chiesa, sovrattutto quella Israelita; e
per essa sarebbe, a mio avviso giusto, perch non ravviso motivi di intervento regolatore dello Stato. Ma la
disposizione generale, e vi possono essere confessioni religiose per le quali la regolazione occorra, anche
senza loro richiesta; come potrebbe essere, ad esempio, per l'islamismo (facciamo un'ipotesi teorica) che
diventasse una Chiesa italiana. Dovremmo evidentemente regolarla per quei suoi ordinamenti interni, quale la
poligamia, che contrastano con l'ordinamento giuridico italiano.
Un nuovo emendamento Pajetta ed altri riproducono la questione. A mio avviso, quanto fu deliberato deve
rimaner fermo nella sua sostanza. Altro se non siano ammissibili ritocchi di forma che consentano una migliore
espressione del concetto accolto; ci, anche in relazione al fatto che, nell'allora avvenuta discussione,
l'onorevole Leone aveva proposto di mettere possono essere regolati invece che sono regolati ; ma, se
ben ricordo, una vera votazione non vi fu, essendosi intanto preceduto all'approvazione della proposta Lucifero
di spostamento dell'intero comma. Voglio ricordare che, in un memorandum delle chiese evangeliche si adotta
una formula consona al testo del progetto gi approvato, quindi non conforme all'emendamento Pajetta, salvo
modifiche secondarie di forma sui modi d'intesa con lo Stato. Ritengo che su questo punto, ormai, non possa
sorgere grande battaglia...
Veniamo ora a ci che era nel disegno della Commissione l'articolo 14 tutto intero, ed ora divenuto il primo
comma del nuovo articolo 14. Qui siamo perfettamente liberi, perch l'Assemblea non si pronunciata.
Il testo dice: Tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato ed in pubblico atti di culto, purch non si
tratti di principi o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume. Devo constatare che gli emendamenti
riguardano solo le ultime parole: e del rimanente non toccano lo spirito e neppure la forma della disposizione,
che veramente larga e sodisfacente. Me lo hanno dichiarato anche rappresentanti esteri di confessioni

255

religiose. una affermazione vigorosa di libert di coscienza e di fede, che doverosa, ma far onore alla
nostra Costituzione.
Il solo punto controverso : purch non si tratti di principi, o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume .
L'onorevole Binni propone di cancellare tutta la frase, ispirandosi ad un apprezzabile riguardo verso le attuali
chiese minori, che non sono in contrasto con il buon costume e l'ordine pubblico; ma vi sono proposte di tali
chiese, ad esempio delle evangeliche, che fanno proprio, almeno in parte, il testo della Commissione, e dicono:
purch non si tratti di principi o riti contrari al buon costume .
L'Assemblea Costituente decider in questa questione. Si potrebbe, andando pi in l di quanto chiedono gli
evangelici, togliere la parola principi , che potrebbe prestarsi a discussioni pi teoriche; e lasciar soltanto
rito : un limite occorre. Vi possono essere riti contrari al buon costume ( stravaganti dice in un suo
emendamento l'onorevole Nobile); si accennato ai nudisti, ai tremolanti, alla setta russa degli eviratori, che
predica il sacrificio di Origene. Vi saranno o no in Italia, e comunque decider volta per volta lo Stato, se il buon
costume sia o no offeso; ma non pu dar senz'altro via libera.
Le questioni pi vive ed ardenti sorgono per aggiunte che si inseriscono, per cos dire, fra il vecchio ed il nuovo;
ed hanno diritto di essere prese in esame. Si tratta di aggiungere che: tutte le confessioni religiose sono uguali
di fronte alla legge . L'espressione tutte era stata fin dalla prima discussione avanzata dall'onorevole
Lucifero, in luogo alle altre che aveva un senso, quando era collegata alle altre disposizioni dell'articolo 7
sulla Chiesa cattolica; ma ora che avvenuto il distacco, deve essere senza dubbio sostituita; alcuni
propongono tutte ; altri le confessioni diverse dalla cattolica . Con quest'ultima dizione si elimina il punto
vero del dibattito; che vede, invece, con la formula Lucifero tutte , implicarvi la questione dell'eguaglianza fra
la religione cattolica e le minori confessioni.
Riferisco obiettivamente gli argomenti pro e contro. La tesi che propone l'eguaglianza di tutte le confessioni
religiose di-fronte alla legge , svolta in seno alla Commissione dall'onorevole Lucifero, e ripresa stamani dagli
onorevoli Laconi ed altri, questa: quando si stabilito che i rapporti tra Chiesa cattolica e Stato siano regolati
dal Concordato - e precisamente dai Patti lateranensi - si sono regolati i rapporti colla Chiesa cattolica, non colla
religione cattolica, si sono regolati rapporti dell'ordinamento dello Stato con un altro ordinamento che ha profilo
politico ed internazionale; non con la religione in s stessa, possiamo quindi (cos sostengono) mettere
l'affermazione della eguaglianza di tutte le confessioni religiose ; che, se fosse tolto, sottolineerebbe il
carattere confessionale, che gli stessi cattolici negano allo Stato italiano.
Obiezioni fatte dall'altra parte: dopo che si parlato ad un certo momento della Chiesa cattolica, dandole una
speciale posizione, non si pu dichiarare una formale eguaglianza; del resto un alto spirito laico, il Ruffini, diceva
che non pu considerarsi alla stessa stregua il cattolicesimo e esercito della salute.
La corrente che si oppone alla proclamazione dell'eguaglianza intende chiarire il suo pensiero: Noi rispettiamo
la libert religiosa degli appartenenti a qualunque confessione, nel senso che sono eguali di fronte alla legge.
Ma questo gi detto nell'articolo 3: I cittadini, a qualunque religione appartengano, sono eguali di fronte alla
legge . Quando si tratta di eguaglianza delle Chiese - e questo stato l'argomento svolto, sovrattutto
dall'onorevole Dossetti - vi sono differenze tecniche. Non pu un ordinamento religioso dirsi perfettamente
eguale all'altro, poich fra di loro ci sono differenze, dipendenti dalla loro struttura e da ragioni storiche. Quindi
- dice Dossetti - quell'affermazione non avrebbe nessun valore tecnico o avrebbe valore politico, che
respingiamo .
Ecco il dissenso: la Commissione ne prende atto e vi riferisce.
Spetta ora a voi decidere. Mi auguro - vorrei dire, sono sicuro - che, se non la formula dell'eguaglianza delle
confessioni, trovi posto nella nostra Costituzione il principio della eguale libert, cos che sia tranquillizzata e
sodisfatta l'opinione pubblica degli altri Paesi, che attende un giusto riconoscimento anche delle religioni minori.
PRESIDENTE. Sono stati presentati altri emendamenti che, data la delicatezza della materia, ritengo opportuno
porre in discussione.

256

Gli onorevoli Cappi e Gronchi hanno proposto di modificare il comma che. si viene ad aggiungere all'articolo 14,
dopo la trasposizione dall'articolo 7, come segue:
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge.
L'onorevole Cappi ha facolt di svolgerlo.
CAPPI. Vorrei che mi si credesse quando affermo che dir una parola schietta a tutti i colleghi dell'Assemblea:
mi sembra che sia una mala sorte della politica italiana degli ultimi decenni (che spiegabile con le note
situazioni passate, storiche e politiche, che furono superate di fatto il 20 settembre 1870 e furono superate
anche di diritto l'11 febbraio 1929), mala sorte che in Italia (la quale, o per indifferentismo religioso o per una
superiore civile tolleranza religiosa non ebbe guerre di religione) la materia ecclesiastica, la materia dei rapporti
fra Stato e Chiesa, sia delicata, e qualche volta addirittura esplosiva.
Voi potete credere che chi vi parla, come pure la totalit degli amici democristiani di quest'Aula, decisamente
fautore della pi ampia libert religiosa.
Chi vi parla frequent dall'asilo in poi le scuole pubbliche e fu educato in questo clima di libert. Per essere,
per, sincero, devo dire che ho talora incontrato negli insegnanti della scuola pubblica qualche cosa che si pu
definire un dogmatismo, se non un settarismo, laico.
Sarebbe desiderabile, nell'interesse di quella pace religiosa da tutti invocata, che non vi fossero dogmatismi o
settarismi, n laici n religiosi.
Ora, veniamo al punto. L'onorevole Laconi ha proposto questo emendamento:
Tutte le confessioni religiose sono uguali davanti alla legge. un emendamento, una formula che da noi
non pu essere accettata. Non pu essere accettata perch pu implicare, nella sua formulazione, una specie di
giudizio nel merito, sul contenuto delle singole confessioni religiose: giudizio di parit che - voi lo comprendete non solo i cattolici, ma neanche gli appartenenti ad altre confessioni religiose non possono ammettere, perch
impossibile che un credente di una data fede ammetta una parit con le altre fedi. (Commenti a sinistra). N lo
Stato ha competenza in ci.
Voi mi dite: davanti alla legge . Siamo schietti ! Quello che preme e che dovrebbe premere principalmente a
voi, se non avete secondi pensieri, questo: che sia libero l'esercizio della confessione religiosa e sia libero con
parit, tanto per quella religione che raccoglie nel suo seno la quasi totalit dei cittadini, quanto per quelle
confessioni religiose che raccolgono una infima minoranza.
Questa l'esigenza della libert religiosa: che, cio, qualunque confessione abbia la possibilit di esercitare
liberamente su un piede di uguaglianza con le altre la propria religione.
Cosa si pu pretendere di pi per rispondere ad una esigenza di libert e di tolleranza religiosa ?
Questo desidererei che gli avversari mi spiegassero.
Quando noi diciamo all'articolo 15 che: Il carattere ecclesiastico ed il fine di religione o di culto di una
associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative; quando, in un altro
articolo, sancita la piena libert del culto e della propaganda religiosa, pare proprio, a noi, che evocare
fantasmi di intolleranza e di oppressione religiosa sia assolutamente fuori luogo.
Se volessi aggiungere qualche considerazione di opportunit a queste considerazioni di ordine teorico, non
dovrei che ripetere quanto, con parola alata e commossa, disse in quest'Aula pochi giorni fa l'onorevole
Calamandrei, quando ricord le benemerenze della Chiesa cattolica nel periodo dell'oppressione nazi-fascista;
benemerenze, badate, onorevoli colleghi, non ispirate soltanto ad un principio di umanit, non benemerenze del
povero parroco di campagna o del guardiano di un convento che diede asilo ai perseguitati, ma benemerenze
della Chiesa cattolica in consapevole difesa di un principio di libert civile e religiosa.

257

Io vi potrei citare anche una testimonianza dell'Einstein, il grande scienziato israelita, il quale disse che
nell'ultimo ventennio grandi forze dello spirito, come le universit, come la stampa, fallirono, piegarono di fronte
all'oppressione nazi-fascista: la sola istituzione che non pieg fu quella della Chiesa cattolica. (Commenti a
sinistra).
Una voce a sinistra. Siamo fuori di strada.
CAPPI. Queste vostre interruzioni non vorrei, onorevoli colleghi, dessero ragione a me quando parlavo di un
certo dogmatismo laico.
Ad ogni modo, noi su questo emendamento ci batteremo; che, cio, le confessioni religiose sono ugualmente
libere di fronte alla legge, perch questo - e il giudizio di qualsiasi uomo sereno non pu essere diverso garantisce in pieno la libert di tutte le confessioni religiose. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. L'onorevole Caroleo ha proposto di sostituire le parole: Tutte le confessioni religiose con le
altre: Anche le confessioni religiose non cattoliche .
CAROLEO. Dopo quello che ha detto l'onorevole Cappi, ritiro il mio emendamento e aderisco all'emendamento
Cappi-Gronchi. (Approvazioni al centro).
PRESIDENTE. Sta bene. Gli onorevoli Binni, Pajetta Giancarlo, La Rocca, Basso, Nobili Tito Oro, Cianca,
Laconi, De Michelis, Giua, Pieri, Tonello e altri, hanno presentato un testo unitario dei loro emendamenti, cos
formulato:
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata,
di farne propaganda e di esercitare in privato ed in pubblico atti di culto, purch non si tratti di riti contrari
all'ordinamento giuridico dello Stato. Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, ed i loro
rapporti con lo Stato sono regolati, per legge, mediante intese con le rispettive rappresentanze .
LACONI. Chiedo di poter illustrare l'emendamento.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LACONI. Non ho che da richiamarmi a quanto ho esposto questa mattina. In sostanza, il contenuto essenziale
del mio emendamento, come di quelli dell'onorevole Cianca, dell'onorevole Basso ed altri, si ritrova
nell'emendamento che abbiamo ora, di comune accordo e con un maggiore apporto di adesione, presentato.
Il Presidente Ruini ha, poco fa, esposto il movente che ha portato a quest'ultima formulazione, ed io non mi
soffermer su questo punto. Voglio soltanto accennare ad un argomento che stato, sia pure di sfuggita,
avanzato dall'onorevole Caroleo, il quale diceva che quando noi abbiamo, nell'articolo 7, stabilito una posizione
particolare per la Chiesa cattolica, abbiamo con ci stesso esclusa l'eguaglianza delle diverse confessioni
religiose. All'onorevole Caroleo, io ripeto quello che ho detto stamani in quest'aula, che in
questa particolare sede e con questa particolare formulazione non si intende pi ritornare sulla questione dei
rapporti tra lo Stato e la Chiesa, come entit giuridica, come un'organizzazione particolare. Qui si vuole, invece,
stabilire la condizione delle diverse confessioni religiose nel loro momento pre-giuridico, preorganizzativo,
rispetto allo Stato. Questo soltanto. Ed quindi una questione del tutto diversa ed in sede appropriata.
Vero che altra obiezione stata avanzata, in questo momento, dall'onorevole Cappi. Io non so per quale
ragione, l'onorevole Cappi voglia vedere una intenzione cos sottile e malevola dove non c', voglia richiamarsi a
tendenze e preoccupazioni che non vi sono da parte nostra. Io parlo in nome di un Gruppo che ha votato per
l'articolo 7. Evidentemente, le preoccupazioni da cui moviamo in questo momento sono forse le stesse da cui
movevamo allora, ma non sono certo preoccupazioni che si indirizzano contro la Chiesa cattolica. Non ve ne
sarebbe ragione. Noi qui non ci troviamo a regolare i rapporti fra Stato e Chiesa, ma ci troviamo a regolare i
rapporti fra Stato e confessioni religiose nella loro generalit, e anzi mi sorprende un atteggiamento come quello

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dell'onorevole Cappi.. Non so perch egli abbia voluto fare quella strana affermazione che, escludendo
l'eguaglianza delle diverse confessioni, si verrebbe ad introdurre una sorta di valutazione di merito sul contenuto
di esse. Ci significherebbe che, affermando l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, si viene anche a
stabilire ed introdurre una determinata valutazione circa la capacit intellettuale dei diversi cittadini. Non credo
che si possa supporre una intenzione di questo genere. Faccio, del resto, notare all'onorevole Cappi che qui non
di religione si parla. Comprenderei la sua eccezione se qui si dicesse che tutte le religioni sono eguali di fronte
allo Stato italiano. Potrebbe trovarsi in una formula di questo genere una illegittima intromissione dello Stato
italiano nella valutazione di questioni che sono al di fuori dei suoi interessi e della sua competenza. Ma qui non
di religioni si parla, non di fedi religiose, si parla di confessioni religiose e ci si riferisce a quegli atti di adesione e
di riconoscimento per cui cittadini dello Stato italiano aderiscono ad una determinata religione; e questa
un'altra cosa. soltanto in questo momento che lo Stato interviene per regolare i suoi rapporti e, constatando
che esistono queste confessioni religiose che variamente raggruppano i suoi cittadini, ne riconosce l'eguaglianza
in se stesse.
D'altra parte, non credo che a questo punto sarebbe necessaria ed utile una riaffermazione della libert. La
libert delle confessioni religiose in altra parte e l'abbiamo gi approvata. Io direi che qui si tratta di altro, di
stabilire non la libert delle confessioni religiose nei confronti dello Stato, ma l'indipendenza dello Stato nei
confronti delle confessioni religiose, e cio la aconfessionalit dello Stato. In questo senso questa affermazione
ha un valore. Mutando la formulazione in quella particolare forma che l'onorevole Cappi propone, mi pare che
l'affermazione sarebbe completamente svuotata di significato e inaccettabile per tutti coloro che qui intendono
fare un'affermazione della aconfessionalit dello Stato.
Altra questione quella sollevata dall'onorevole Dossetti, cio l'eccezione che egli ha fatto circa il diritto da parte
nostra di presentare determinate modificazioni. Io voglio far notare che per quanto riguarda l' ove sia richiesto
soppresso nell'emendamento che noi abbiamo presentato con l'onorevole Cianca. Figurava nell'emendamento
che io presentai, ma stato di comune accordo eliminato, e l'eccezione dell'onorevole Dossetti, a questo
proposito, cade.
Cade anche per la seconda questione, cio per quanto riguarda il richiamo all'ordinamento giuridico dello Stato,
in quanto, in realt, noi non abbiamo soppresso il richiamo all'ordinamento giuridico dello Stato, ma lo abbiamo
trasferito nel primo comma dello stesso articolo, e penso che in sede di coordinamento siamo pienamente nel
diritto di far questo.
Vorrei, come ultima questione, accennare al fatto che da qualche parte si sollevata un'eccezione per quanto
riguarda la formula: i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge . Qualcuno mi faceva notare che
questo verrebbe a stabilire un obbligo da parte dello Stato a regolare per legge i suoi rapporti con le diverse
confessioni religiose. Credo di interpretare il pensiero degli altri proponenti dicendo che noi non avremo nessuna
difficolt ad aggiungere sono regolati se del caso, o sostituire un possono al sono, in modo che sia
lasciata la facolt allo Stato di intervenire in questa materia senza fargliene un obbligo.

PRESIDENTE. L'onorevole Labriola ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo:


Sono pienamente libere le opinioni e le organizzazioni dirette a dichiarare il pensiero laico od estranee a
credenze religiose .
L'onorevole Labriola ha facolt di svolgerlo.
LABRIOLA. Nell'articolo 16 del progetto in esame si parla di credenze religiose, di fede religiosa e di Chiese di
vario genere, ma non vi nessun cenno dell'esistenza di organizzazioni dette del libero pensiero , o che
prendono un nome analogo. Dette organizzazioni non hanno a che vedere con le Chiese, sia pure del pi vario
tipo.
Si potrebbe sostenere che con l'articolo 16 dello stesso progetto di Costituzione, il caso di queste libere
organizzazioni sia stato riconosciuto, poich si parla del fatto che i cittadini hanno piena libert di esprimere il

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loro pensiero. Si potrebbe anche aggiungere che, essendo stato riconosciuto coll'articolo 13 il diritto di libera
associazione di tutti i cittadini, si implicitamente ammessa la legalit delle organizzazioni le quali possono
diffondere un pensiero come quello definito libero.
Tuttavia, poich cos a lungo si discusso intorno alle singole confessioni e si parlato delle varie Chiese
cristiane, io trovo naturale e giusto che proprio in questa sede di discussione il discorso cada su quelle
organizzazioni le quali non possono considerarsi come professanti opinioni mistiche o trascendenti. Aggiungo
che, quando io propongo si tenga conto dell'esistenza di queste organizzazioni, di questi aggruppamenti, e delle
opinioni relative, non faccio opera, di opposizione alle confessioni e alle dottrine religiose dichiarate. Potrei
essere un cattolico, e proporre questo articolo; potrei essere un evangelico o un israelita, e proporre appunto
l'articolo medesimo. Mi preoccupo del fatto che, tacendo degli aggruppamenti laicistici e del libero pensiero, voi
lasciate aperto il campo alla possibilit che domani un Governo, quale esso sia, possa interdire il diffondersi di
un'opinione non confessionale. Vi sono uomini, vi sono nuclei, vi sono organizzazioni, che non sanno collocarsi
in una dottrina religiosa determinata, e io chiedo per essi il diritto di organizzarsi e far propaganda. Del resto e di
passaggio, alcuni hanno assunto che anche l'ateismo pu essere una religione; Hebbel era un ateo e si
proclamava un credente, Spengler diceva appunto che anche l'ateismo possa essere una religione. Ma
smettiamo di teologizzare.
Tuttavia, non di ci che io parlo; constato il fatto dell'esistenza di uomini per i quali il pensiero laico od estraneo
ai culti ha un valore assoluto, e dell'esistenza nel nostro Paese di organizzazioni le quali si propongono una
critica del pensiero religioso in quanto sia concretato nelle forme di una fede, di un catechismo, di una dottrina.,
Il negare l'esistenza di queste correnti sarebbe negare la pura verit.
Constato che noi non abbiamo una statistica delle opinioni religiose del nostro Paese; l'ultima statistica a tale
proposito mi pare sia quella che risulta dal censimento del 1912. Gi io dissi che nel 1922, allorch si tratt di
compilare il formulario del nuovo censimento, ogni cosa fu messa in opera perch il quesito relativo alle religioni
non venisse considerato nella formula stessa. Quando ci riferiamo al censimento del 1912, troviamo indicato un
gruppo di persone - senza confessioni, direbbero i tedeschi - rilevantissimo. Se non ricordo male, superava il
milione.
Non so che cosa sia accaduto dal 1922 ai nostri giorni. Suppongo che le persone estranee ai culti siano
diventate un tantino pi numerose. Si parla molto degli israeliti, e per il rispetto che si deve al loro culto se ne
parli finch si vuole; ma, in realt, secondo la statistica del 1912, non si tratterebbe che di 60 mila persone; ora il
preoccuparsi di 60 mila persone cosa certamente egregia; ma l'occuparsi di opinioni che riguardano pi di un
milione di persone cosa assai pi importante e che non si pu assolutamente trascurare.
Io vi ripeto ancora una volta che, a furia di voler sottilizzare, si potrebbe anche trovare che la propaganda di un
pensiero puramente laico, di un pensiero estraneo a credenze positive, sia ammesso nell'articolo 16 del progetto
di Costituzione e che nell'articolo 13 sia ammessa la loro libert di organizzazione; ma io penso che sia meglio
dichiarare esplicitamente - come si fa per i cattolici, i protestanti e gli israeliti - che i liberi pensatori non sono
proscritti dalla nostra Costituzione. una buona misura di precauzione.
Se infatti il Governo interdicesse domani la professione di un pensiero estraneo ad ogni culto positivo ed a
qualsiasi credenza religiosa, potrebbe farlo - esagerando un poco, questo vero - perch con l'articolo 7 o 5 del
nostro progetto di Costituzione noi siamo legati ai Patti lateranensi. Questa mi parve allora, ed io lo dissi, cosa
pericolosissima per tutti. Ci saremmo potuti trovare, come oggi ci troviamo, dinanzi al fatto che in detenni nati
casi, quei Patti rappresentano un inutile ostacolo. Il resto lo vedremo quando si parler del divorzio... E quarte
difficolt essi non potrebbero crearci per cose di minor conto !
Ricorder ancora una volta che, per effetto dei Patti lateranensi, all'articolo 5 del concordato col Vaticano, l'Italia
tenuta ad escludere dall'insegnamento gli apostati, le persone che siano state colpite da una censura
ecclesiastica. Il Buonaiuti non potrebbe mai pi insegnare in Italia; eppure un ministro monarchico italiano, il
Baccelli, volle in piena monarchia nominare l'Ardig professore di filosofia nelle nostre universit, e l'Ardig, oltre
ad essere l'unico grande filosofo italiano moderno che io conosca, era appunto un ecclesiastico apostata , e
anche il Renan, se per caso fosse venuto in Italia, non avrebbe potuto insegnare.

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Perci appunto pu avere la sua importanza pratica che per coloro i quali non appartengono a culti
generalmente riconosciuti, sia non solo ammessa la parit dei diritti con tutti gli altri italiani, ma la possibilit di
far piena propaganda delle loro idee.
Domani un Governo, il quale lo volesse, potrebbe interdire le associazioni del libero pensiero, e bisogna
impedire questa possibilit, per la democrazia e per la civilt italiana.
Io non sono qui a fare l'apologista di nessuna fede che sia in contrasto con l'opinione degli altri: faccio una
riserva a favore della libert per tutti. Questa parola libert ripetuta sovente in quest'Assemblea; eppure
accade che non sempre siamo disposti a trarne tutte le conseguenze. C' sempre una riserva mentale a
detrimento di qualcheduno.
Richiamo l'attenzione dei colleghi sul fatto che nell'articolo 16 non si parla che di una generica libert di
opinione, ma si potrebbe sostenere per il fatto che i Patti lateranensi sono inclusi nella nostra Costituzione, che
alle organizzazioni che siano espressione del libero pensiero non sia lasciata la stessa libert che agli altri
cittadini. Per riservare a questi cittadini, ai quali appartengo io stesso, la libert di fare la propaganda del loro
pensiero, estranea ai culti positivi, ho proposto il mio emendamento o la mia aggiunta e potremmo consigliare a
questi miei colleghi di destra dell'Assemblea Costituente, proprio socialisti e comunisti, di non rigettare la mia
aggiunta e fare in modo che un gruppo notevole di cittadini possa affermare il diritto della propria opinione, ad
ottenere il loro riconoscimento.
Noi abbiamo un'esperienza tale del passato che non ci permette di pensare che il passato non possa ritornare.
Non dobbiamo dimenticare le lezioni del passato. La libert di coscienza cosa gravissima ed importantissima
anche per coloro che non professano nessun culto riconosciuto.(Applausi).
PRESIDENTE. Invito l'onorevole Ruini ad esprimere il suo avviso sopra questi ultimi emendamenti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Pregherei di consentire una interruzione di pochi
minuti perch, raccogliendo insieme i presentatori degli ordini del giorno, si veda fino a che punto possibile
mettersi d'accordo. La Commissione ha per regolamento il diritto di chiedere 24 ore di sospensione per
esaminare gli emendamenti; chiediamo dieci minuti.
PRESIDENTE. Accedo alla richiesta del Presidente della Commissione.
(La seduta sospesa alle 17.20, ripresa alle 17.40.
Ha facolt di parlare l'onorevole Presidente della Commissione per la Costituzione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo comunicare all'Assemblea che, in seguito ad
uno scambio di vedute con i presentatori degli emendamenti, si realizzato un accordo parziale, un accordo
cio sulle altre parti dell'ordine del giorno, tranne per un contrasto che non stato possibile superare: la
questione dell'eguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge.
Accantonando tale questione, legger il testo sul quale si verificata l'unanimit dei presentatori di
emendamenti sul primo comma: Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in
qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto ;
e fin qui si era gi tutti d'accordo; l'accordo si estende ora anche all'ultima frase: purch non si tratti di riti
contrari al buon costume .
I colleghi che avevano poi proposto di mettere qui ordinamento giuridico togliendolo dall'ultimo comma,
hanno riconosciuto che potrebbe essere pericoloso, perch lo Stato, emanando norme legislative di volta in
volta, limiterebbe la libert dei culti, pi che rimettendosi al criterio obbiettivo del buon costume.
Unanimit vi pure stata su ci che sar il terzo comma:
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica (testo Cianca) hanno diritto di organizzarsi secondo i propri
statuti in quanto non contrastino con l'ordinamento

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giuridico italiano . Qui necessario parlare di ordinamento giuridico, perch si tratta di intese fra due
ordinamenti; e del resto vi gi una decisione dell'Assemblea. Come pure vi sul successivo ed ultimo periodo,
che viene ritoccato solo formalmente, nel senso richiesto dalle Chiese evangeliche; e con la espressa
dichiarazione (che a nome della Commissione ripeto) che non necessario avvenga la regolazione per legge; e
che nei riguardi degli israeliti potr essere accolto il loro desiderio di non far luogo a legge regolatrice.
Proporrei che tutti i presentatori, ritirando i loro emendamenti, si associassero a questo testo, di cui poi si
votassero le due parti.
In quanto al secondo comma, non essendo stata possibile una intesa, decider la maggioranza sulle proposte
presentate. La Commissione non poteva far altro: agevolare i consensi, semplificare e precisare i dissensi.
LABRIOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LABRIOLA. La mia aggiunta ha valore di per s. Chieder che sia messa in votazione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Poich il testo di cui ha gi dato lettura l'onorevole Ruini un testo concordato, devo ritenere che i presentatori
dei vari emendamenti abbiano acceduto a tale formulazione. Passiamo pertanto alla votazione del primo comma
che rileggo:
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata,
di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto, purch non si tratti di riti contrari al buon
costume .
DELLA SETA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
DELLA SETA. Sull'articolo 14 ebbi gi occasione di esprimere il mio modesto giudizio, in sede di discussione
generale del titolo primo.
In sede di votazione, non posso ancora una volta non rilevare che la libert religiosa, per quanto esplicitamente
riconosciuta e sancita nell'articolo 14, non armonizza coll'articolo 7, cio con i Patti lateranensi, inseriti nella
Costituzione stessa.
Non posso non rilevare che. l'ultimo inciso, sul quale tanto e tanto ormai abbiamo discusso, se venisse
mantenuto, sarebbe, da un lato, poco rispettoso verso le minoranze religiose, e, dall'altro, si presterebbe ad un
possibile arbitrio dell'autorit amministrativa o di polizia, per limitare quella libert religiosa, che nell'articolo
stesso vuole essere affermata.
Sono stato in tutta la mia vita troppo difensore della libert religiosa, perch io possa oggi votare contro, sia
contro l'articolo 14, come stato formulato nel testo, sia contro tutti gli emendamenti presentati.
Quindi, non voter contro; ma mi asterr, dando alla mia astensione il significato di una constatazione storica.
Constato che, nella prima Costituzione dello Stato repubblicano - una volta conferito a questo il carattere della
confessionalit - non ha potuto essere sancito quel principio della libert di coscienza che, nel rispetto di tutte le
fedi, il dettato della coscienza moderna, il portato della moderna scienza giuridica.
Esprimo l'augurio che, nella evoluzione, lenta, ma ineluttabile, delle istituzioni repubblicane, questo principio
della libert di coscienza, nel rispetto di tutte le fedi, possa una volta per sempre essere solennemente,
esplicitamente ed integralmente riconosciuto.

262

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 14 nel testo gi letto.


( approvato).
Passiamo alla votazione del terzo comma:
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti in quanto
non contrastino coll'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base
di intese con le rispettive rappresentanze .
( approvato).
Dobbiamo ora passare alla votazione del secondo comma, sui quale non si raggiunta un'intesa:
Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge .
Su di esso sono state presentate due richieste di votazione per appello nominale. La prima firmata dagli
onorevoli Cevolotto, Lombardi, Filippini, Foa, Zanardi, Binni, Di Gloria, Cianca, Canevari, Preti, Labriola,
Schiavetti, Bassano, Carboni, Rossi Paolo, Carmagnola, Luisetti, Chiaramello; la seconda firmata dagli
onorevoli Andreotti, Tozzi Condivi, Recca, Cremaschi, Domined, Turco, Castelli Avolio, Valenti, Ferrarese,
Leone Giovanni, De Caro, Castelli, Coppi, Salizzoni, Bianchini Laura, Fabriani, Taviani, Fanfani, Ferrario
Celestino, Sampietro, Marzarotto.
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRASSI. Non a nome della Commissione, ma a nome di uno che ha seguito i lavori della prima
Sottocommissione, vorrei ricordare all'Assemblea, in questo momento in cui ci accingiamo a votare questo
secondo comma dell'articolo, se non sia il caso di conservare quella unanimit che ci ha spinto ad approvare i
due primi comma e a sopprimere questa parte. Vi sembrer strana questa mia proposta, ma io voglio soltanto
farvi considerare questo: noi abbiamo approvato due parti dell'articolo; con la prima abbiamo affermato la libert
di coscienza e di culto: manifestazione solenne di questa libert, che una delle pi grandi conquiste dello
spirito umano.
Con la seconda parte, che viene qui per trasferimento, abbiamo regolati i rapporti fra Stato e Chiese. Questi
rapporti erano compresi, secondo la Commissione, nell'articolo 5, divenuto poi articolo 7.
La proposta dell'onorevole Lucifero di trasferire questa parte dall'articolo 7 all'articolo che noi abbiamo votato,
non pu modificare l'economia che dal punto di vista costituzionale la Commissione aveva concepito, ossia,
stabilendo che i rapporti tra Stato e Chiesa, cattolica venivano regolati non in forma giurisdizionale, ossia per
legge dello Stato, ma in forma concordataria, regolava per legge i rapporti tra lo Stato e le altre Chiese sulla
base di preventive intese.
Il problema, quindi, trasferito in questo articolo, non di libert; gi questo stato assodato nel primo comma
test approvato, nel senso che ciascuno libero della propria coscienza religiosa, non solo internamente, ma
anche esteriormente, in tutte le manifestazioni del culto esterno, in cui si concretizza la libert religiosa. Qui si
tratta soltanto di regolare i rapporti tra l'ordinamento giuridico dello Stato e le singole Chiese. Ora, se
ammettiamo che tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge, diciamo cosa diversa dell'articolo
7, con il quale si sono regolati i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa. Quindi se questo comma si deve
approvare dobbiamo parlare delle altre Chiese, e non della Chiesa cattolica. Questa l'esigenza tecnica
dell'articolo.
D'altra parte, siccome votando l'ultimo comma abbiamo detto che le confessioni religiose hanno diritto di
costituirsi secondo i propri statuti, che non possono essere identici, ma saranno diversi secondo l'organizzazione
interiore delle Chiese stesse; e siccome abbiamo detto che i rapporti sono regolati per legge, secondo intese

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singole, non pi possibile concepire che sono tutte eguali, perch le leggi potranno essere diverse regolando
questi diversi rapporti. Mi pare che qui usciamo fuori dalla direttiva giuridica tenuta; e finiamo per creare un
precetto oscuro che o non significa niente o modifica le disposizioni gi votate.
Io, quindi, voglio domandare a voi, alla vostra coscienza, se non ritenete che questa sia una votazione equivoca
che non corrisponde allo spirito di chiarezza che deve avere ogni norma costituzionale.
Quindi, io proporrei la soppressione di questo comma.
PRESIDENTE. Dovrei porre in votazione la proposta formale dell'onorevole Grassi di soppressione del secondo
comma.
CEVOLOTTO. Domando che la richiesta di votazione per appello nominale, gi fatta per il secondo comma, sia
estesa alla proposta dell'onorevole Grassi. (Commenti).
GRASSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRASSI. Avevo fatto questa proposta di soppressione con lo scopo di raggiungere la finalit di una votazione
unanime da parte dell'Assemblea. Ma, dal momento che su questa questione si domanda l'appello nominale, io,
per non complicare la soluzione, ritiro la mia proposta.
PRESIDENTE. Dobbiamo, quindi, passare alla votazione del secondo comma proposto.
DOSSETTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
DOSSETTI. Dichiaro di votare contro - come, del resto, era prevedibile - alla proposta del secondo comma, con
questo intendimento: che n io n i miei amici vogliamo rinnegare l'esigenza che ha indotto alcuni colleghi a
presentare questo emendamento.
Se ho bene inteso, l'esigenza si pu sostanzialmente esprimere cos: si vuole assicurare che la libert e
l'uguaglianza di tutti i cittadini, a qualunque confessione appartengano, sia garantita non soltanto per essi in
quanto cittadini singoli, professanti una determinata fede religiosa, ma in quanto anche membri di una
determinata forma sociale, in cui si concreta e si esprime quella fede religiosa.
Ora, questa esigenza - a nostro giudizio - era espressa con tutta schiettezza, categoricit e lealt non solo dalla
norma dell'articolo 14, nella quale si parla di uguaglianza e libert religiosa in qualsiasi forma sia individuale sia
associata, ma ancor pi dalla norma dell'articolo 15 successivo, sulla quale da lamentare che molti colleghi
non abbiano portato la loro attenzione.
Questa norma, in tutta la sua estensione, ha una portata categorica che vuole esprimere in termini pi corretti e
pi precisi tecnicamente la suddetta esigenza specifica, che, io voglio ancora sperare, sia l'unico motivo che
induce i colleghi a presentare l'emendamento.
Infatti, nell'articolo 15 si dice: Il carattere ecclesiastico ed il fine di religione e di culto d'una associazione od
istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, ecc., per ogni sua forma di attivit . Un
principio che ha una portata cos ampia, non mi pare possa essere espresso che attraverso queste precise
determinazioni tecniche. Invece, la formulazione che ora ci viene proposta, oltre che avere la portata tecnica gi
compresa nelle attuali espressioni dell'articolo 14 e 15, sembrerebbe, specialmente nell'interpretazione data da
alcuni colleghi durante questa discussione, assumere in pi un significato politico che estraneo alla portata
tecnica della dichiarazione stessa. Sembra cos atteggiarsi quasi ad un tentativo di svuotamento e di riduzione
del consenso da alcuni dato alla norma dell'articolo 7, od essere, invece, per altri, la manifestazione della
coerenza della loro opposizione alla norma posta nell'articolo 7.

264

E questa supposizione di una interpretazione politica, che altera il significato tecnico della portata
dell'emendamento proposto, che lo snatura e lo rende quindi incompatibile col sistema gi deliberato, questa
supposizione trae fondamento e si avvalora per quella singolarissima insinuazione di nuove dottrine
ecclesiasticistiche, che stamani abbiamo sentito farci dall'onorevole Laconi. Questi, con qualcosa che
certamente molto originale, ma per questo anche disorientante, venuto ad insegnarci che si pu distinguere
fra Chiese e confessioni religiose, e si pu quindi dire che la norma in questione, la norma cio che viene
proposta con questo emendamento, perfettamente compatibile con la norma dell'articolo 7, e, quindi, col
consenso dato all'articolo 7, in quanto nell'articolo 7 si veda la Chiesa cattolica, mentre questa norma non
sarebbe perfettamente compatibile, in quanto nell'articolo 7 si veda non pi la Chiesa cattolica, ma la
confessione cattolica.
Per queste ragioni, dunque, e perch riteniamo che l'esatta portata tecnica dell'emendamento proposto sia gi
sodisfatta, e dall'articolo 14, e, ancor pi, dall'articolo 15; e perch riteniamo che un'eventuale aberrante
interpretazione, cui l'emendamento facilmente si presta in sede politica, snaturerebbe il sistema che si gi da
alcuni tanto formalmente approvato, dichiariamo di votare contro l'emendamento proposto. (Applausi al centro).
CEVOLOTTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CEVOLOTTO. Io, naturalmente, voter a favore del capoverso che stato proposto, e non soltanto per le
ragioni che ha detto stamattina, cos bene, l'onorevole Laconi, ma anche per un'altra ragione che viene incontro
proprio a quello che diceva ora l'onorevole Dossetti. Questi diceva: Noi abbiamo gi espresso il concetto che
voi volete affermare pi fortemente. Perch volete questa accentuazione ? . Il perch lo dicemmo gi quando
discutemmo in seno alla Sottocommissione. Anche allora io osservai: badate, che se la formula, che poi stata
adottata nell'articolo 7, passa, allora sar necessario rinforzare il concetto dell'uguaglianza di tutte le Chiese,
della libert assoluta di tutte le religioni, libert che non vi , se non vi l'uguaglianza.
DOSSETTI. Perch non l'ha proposto in Sottocommissione ?
CEVOLOTTO. Io avevo anzi proposto una formula molto pi ampia, che del resto stampata nei verbali della
Sottocommissione.
DOSSETTI. La sua formula non ha niente, a che vedere con questo problema.
CEVOLOTTO. Nella mia relazione, lo avevo detto in tutti i modi. Allora avevo osservato anche questo: che
l'esperienza storica dimostra la necessit dell'affermazione che noi proponiamo, perch l'Assemblea ha
richiamato i Patti lateranensi nella Costituzione (e va bene o, secondo me, va male; ma insomma, va bene
perch l'ha voluto la maggioranza), ma quando vigevano i Patti lateranensi, nel brutto tempo del fascismo,
vigeva anche una legge che, in sostanza, dava formalmente la libert ai culti ammessi, cio ai culti diversi del
culto cattolico. Eppure, questa libert non c' stata.
DOSSETTI. Con provvedimenti di polizia non c' libert che vada.
CEVOLOTTO. C' stata una forma di persecuzione, specialmente contro i Valdesi.
Badate che io non l'attribuisco affatto, come i Valdesi credono, alla Chiesa cattolica; l'attribuisco all'esecutivo: la
polizia, data l'affermazione di superiorit della Chiesa cattolica nel Trattato e nel Concordato lateranense,
riteneva di dover considerare in fatto e in diritto deteriori tutte le altre religioni. Ora voi dite sinceramente che,
inserendo i Patti lateranensi nella Costituzione, non avete voluto creare uno stato confessionale, n dare una
supremazia di azione alla Chiesa cattolica a danno delle altre Chiese, e che volete affermare la libert di tutti
nella forma pi ampia e pi concreta. Allora, per evitare quelle deformazioni da parte dell'esecutivo che ci sono
state in questi anni, necessaria un'affermazione la quale tolga ogni dubbio ed l'affermazione che noi
intendiamo di fare votando il capoverso che abbiamo proposto.

265

Noi non ci proponiamo con questo di voler dire - e sarebbe una stupidaggine - che tutte le religioni devono
essere regolate nello stesso modo. Sono fenomeni di estensione differente, di contenuto differente, che hanno
una storia e un'organizzazzione diverse; e infatti noi diciamo che saranno regolate diversamente. Ma, appunto
perch non si abbia, in queste diverse organizzazioni legislative e nella esecuzione, una violazione della libert,
indispensabile una netta dichiarazione di principio che metta concettualmente tutte le religioni alla pari, come
tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge, anche se lo stato personale dei singoli uomini regolato
diversamente, a seconda della loro professione, della loro attivit, della loro posizione.
Questo vogliamo affermare e vogliamo cos affermare una necessit storica che stata dimostrata
dall'esperienza di questi anni. Poich voi desiderate che vi sia un'ampia libert religiosa per tutti, poich voi,
democratici cristiani, domandate che questa libert sia riconosciuta, come noi, non dovreste opporvi alla nostra
formula; perch non penso neanche lontanamente che le vostre parole non siano sincere e che sotto alla vostra
adesione alla parit religiosa e alla libert di culto per tutti si celi un pensiero reticente che vagheggi
l'attribuzione di una superiorit alla Chiesa cattolica a detrimento delle altre religioni. Questo vogliamo evitare e
riteniamo necessario, per evitarlo, che la formula da noi proposta venga votata. (Applausi a sinistra).
CIANCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CIANCA. L'onorevole Grassi, quando ha accennato alla sua proposta, la quale tendeva in realt a sopprimere il
comma che stiamo discutendo, ha detto che bisognava evitare equivoci. A mio giudizio, l'equivoco sarebbe
consistito in una unanimit la quale non poteva essere assolutamente sincera. Noi stiamo assumendo in questo
momento una precisa responsabilit e dobbiamo dire le ragioni per le quali manteniamo un atteggiamento che
non risponde affatto - caro collega Cappi - a una preoccupazione di dogmatismo laico. Noi potremmo anche
consentire nella impostazione che il collega Dossetti ha fatto quando ha spiegato i motivi per i quali egli
contrario al nostro ordine del giorno. Egli ha detto: ma le vostre esigenze sono garantite dalle disposizioni
contenute nell'articolo successivo, e da quelle contenute in altri articoli. Uscendo anche qui dall'equivoco, caro
collega Dossetti, io mi domando, perch voi vogliate ripudiare una affermazione di principio, dalla quale
discendono logicamente proprio quelle disposizioni che sono contenute negli articoli a cui ella si riferito. Quali
sono le ragioni per cui voi respingete il principio che, viceversa, affermate di voler consacrare in disposizioni
concrete ?
Noi per questo vogliamo che venga messo ai voti per appello nominale il nostro emendamento.
Il collega Cappi ha accennato a motivi di opportunit. Io penso che questi motivi appartengono ad uno stile
politico che deve essere estraneo al nostro spirito, di fronte a problemi di tanta importanza. Alle ragioni di
opportunit che l'onorevole Cappi ha accennato, io potrei opporre altre ragioni di opportunit; ma me ne
dispenso. E non neppure il caso di ricordare, come l'onorevole Cappi ha fatto, le benemerenze della Chiesa
cattolica. Questo non un motivo che possa determinare il nostro atteggiamento di fronte alla responsabilit che
ci spettano. Noi rispondiamo di fronte alla nostra coscienza, di fronte a quello che per noi il principio della
libert e dell'eguaglianza. Siamo fedeli all'osservanza di questo principio, e soltanto ad essa, quando, ripudiando
la concezione dello Stato confessionale, vogliamo che l'Assemblea Costituente della Repubblica italiana affermi
l'eguaglianza di tutte le fedi religiose davanti alla legge. (Applausi).
CRISPO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CRISPO. Vorrei fare qualche osservazione di carattere rigorosamente giuridico, per rendere ragione del mio
voto.
PRESIDENTE. Onorevole Crispo, le faccio presente che siamo in sede di dichiarazione di voto; non si tratta,
quindi, di considerazioni di carattere giuridico.
CRISPO. S, di carattere giuridico per giustificare il voto favorevole che io dar all'emendamento Cianca.

266

PRESIDENTE. Rammento solo, per tutti coloro che faranno dichiarazioni di voto, che la dichiarazione di voto
una succinta spiegazione del proprio voto. La faccia, onorevole Crispo.
CRISPO. A me sembra, contrariamente all'opinione espressa dall'onorevole Dossetti, che il contenuto
dell'emendamento Cianca non sia compreso nell'articolo 14, n nell'articolo 15. Ond' che l'onorevole Dossetti
potrebbe essere d'accordo con me, se quel che io assumo risponde esattamente all'interpretazione e
dell'articolo 14 e dell'articolo 15.
L'articolo 14 contempla il diritto dei singoli come tali, a dei singoli in quanto pensino di riunirsi in pi persone per
professare un determinato culto, una determinata fede religiosa. Difatti, l'articolo 14 stabilisce: Tutti hanno
diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma individuale o associata , forma
associata in rapporto alla forma individuale; individuo, cio, e pluralit di persone che si riuniscono per
professare il loro culto, e farne propaganda. Il concetto non si identifica, adunque, con quello di chiesa o di
organizzazione religiosa, o di confessione religiosa, che, per me, assolutamente diverso e distinto.
N mi pare - ed ho finito - che sia contenuto l'emendamento nell'articolo 15, in quanto l'articolo 15 stabilisce che
il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di un'associazione o di una istituzione non possono essere
causa di speciali limitazioni o di speciali gravami fiscali in rapporto alla sua costituzione, alla sua capacit
giuridica e ad ogni forma di attivit che sia in relazione con la detta capacit giuridica.
Noi diciamo, invece, che tutte le confessioni religiose sono eguali di fronte alla legge, nel senso che la legge non
pu porre, comunque, restrizioni alle esplicazioni del contenuto religioso dell'associazione; onde, sotto questo
aspetto e per questa interpretazione, io dichiaro di votare a favore.
BINNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BINNI. Dichiaro di associarmi alle osservazioni fatte dagli onorevoli colleghi che hanno parlato dichiarando di
votare a favore. Il nostro voto la logica conseguenza del nostro atteggiamento generale, ed anche la logica
conseguenza delle dichiarazioni fatte da me questa mattina, e del nostro atteggiamento tenuto nel corso della
discussione sull'articolo 7, quando dicemmo di preoccuparci del principio dell'eguaglianza delle fedi religiose.
naturale, quindi, che anche oggi noi votiamo sinceramente e lealmente per questo principio fondamentale.
RUBILLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
RUBILLI. Parlo per dichiarazione di voto, a nome mio ed a nome anche di parecchi amici e colleghi. Ho seguito
con grande attenzione tutto quanto il dibattito che si svolto intorno alla questione di cui ci siamo occupati nella
seduta antimeridiana e poi in quella pomeridiana; si arrivati ad una quasi completa intesa, con votazione
pressoch unanime su quelli che sono i punti fondamentali della disposizione di legge di cui trattiamo.
C' una divergenza soltanto su questo comma, divergenza che io e coloro, a nome dei quali parlo, non
riusciamo in alcun modo a comprendere nella portata e nel significato vero che ad essa si vuol dare. Pare,
infatti, che le due formule proposte dall'una e dall'altra parte siano completamente uguali.
E se si volesse, in certo modo, dal punto di vista grammaticale, sofisticare sulle due formule, si troverebbe, a
parer mio, migliore per la libert religiosa, ed anche dal punto di vista giuridico, quella proposta dalla parte
democristiana che non l'altra. Le parole sono queste; la prima dice: Tutte le professioni religiose sono
egualmente libere di fronte alla legge. La seconda dice invece: Tutte le professioni religiose sono uguali di
fronte alla legge . Ora, ugualmente libere dice qualche cosa di pi e di meglio che non dica la parola
uguali . (Applausi al centro - Commenti a sinistra).

267

Non si pu d'altronde stabilire un'eguaglianza completa in ci che nel fatto e nella realt non uguale, poich
innegabile che una delle religioni, la cattolica, in Italia di gran lunga preminente sulle altre.
Allora, appunto per questo, non comprendiamo il grande dibattito che si svolto al riguardo tra due formule in
sostanza accettabili questa mattina e nell'attuale seduta; vi deve essere, e vi senza dubbio, dall'una all'altra
parte, una divergenza ed un antagonismo di partito. Ma, noi siamo e vogliamo essere estranei a simili
competizioni ed a simili manovre; quindi ci asteniamo dalla votazione. (Commenti).
LUCIFERO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUCIFERO. Le mie parole possono essere una risposta a quanto ha detto or ora l'onorevole Rubilli. Io avrei
anche potuto fare a meno di una dichiarazione di voto; prima di tutto, perch sono un poco il responsabile di
questo dibattito, e non me ne pento, perch penso che in democrazia i dibattiti sono pi utili dell'unanimit; e poi
perch in quella sede ed in questa avevo gi espresso chiaramente il mio pensiero.
Ma forse c' qualche parola da dire, che forse nessuno ha voluto dire, ed bene che sia detta.
Qui non si tratta soltanto di una questione di tecnica costituzionale. Abbiamo sentito interpretazioni varie di
tecnica costituzionale, le une favorevoli ad una tesi, le altre favorevoli all'altra.
Mi riallaccio a quanto ebbe a dire l'onorevole Corbino in occasione della votazione sull'articolo 7.
Qui vi una questione politica complementare alla votazione dell'articolo 7. Quando si vot l'articolo 7, ad un
certo momento, non si votava pi un articolo di Costituzione; per la procedura, per la quale si era arrivati a quel
voto, per le. discussioni che vi erano state, si era giunti al punto di votare non un articolo di Costituzione, ma di
votare a favore o contro i Patti lateranensi. (Approvazioni).
Quindi ci siamo trovati, moltissimi di noi, a mettere la nostra riconferma a quella pace religiosa che i Patti
lateranensi avevano consacrata in Italia.
Ed il nostro voto - sia stata errata o non errata la nostra interpretazione - il nostro voto stato squisitamente e
responsabilmente politico. Oggi la questione si pone di nuovo in termini politici. Qui non si vota una proposizione
della Costituzione, qui si vota - sia giusta o errata la proposizione - sulla confessionalit dello Stato; perch
questa l'interpretazione, giusta o sbagliata, che dalla massa degli italiani, e forse non solo degli italiani, sar
data a questo voto; ripeto, giusta o sbagliata, sar una interpretazione sul fatto se lo Stato italiano sarebbe ( non
dico sar) uno Stato confessionale o meno.
Io credo che nessuno possa mettere in dubbio che fra i cattolici che sono in quest'aula vi saranno altri cattolici
come me, ma non credo che ve ne possa essere uno pi profondamente cattolico e cristiano di me (Commenti Interruzioni al centro).
Signori, (Accenna al centro) la fede, se l'avete, non si discute ! Se non credete alla fede degli altri, vuol dire che
manca a voi ! (Rumori al centro - Applausi a sinistra).
Ma appunto perch sono cattolico e sono gelosissimo della preminenza della mia religione in Italia, non credo
che una dichiarazione di confessionalit possa convenire n alla Chiesa, n all'Italia; non voglio che l'Italia possa
anche soltanto sembrare uno Stato confessionale, perch questo contrario agli interessi del Paese ed
contrario agli interessi della religione che professo.
Vi una preminenza della Chiesa cattolica in Italia, una preminenza di cui, noi cattolici,. siamo fieri e convinti, e
di cui gli altri non potranno che essere lieti, come gi hanno avuto occasione di esserne lieti e beneficati, e
questa preminenza non data dall'articolo 7. Questa preminenza data dal numero dei cattolici che sono in
Italia e che costituiscono una maggioranza che al di l e al di sopra di tutte le altre maggioranze, pi o meno
passeggere, pi o meno fittizie, perch una maggioranza che ha le sue radici nei secoli e nei cuori.

268

Ed soprattutto la preminenza della sua verit che non ha bisogno dei nostri voti per essere confermata ed
affermata.
Ecco la ragione per la quale voter a favore dell'emendamento proposto. (Applausi).
BRUNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BRUNI. Voter a favore della formulazione Cianca perch presenta maggior garanzia dei diritti di libert per le
minoranze religiose, ed esprime in modo chiaro, senza possibilit di equivoci, le esigenze di eguaglianza civica
che costituiscono l'anima - se una ce ne deve essere - della nostra Costituzione.
Anche in questo emendamento, come vorrebbe l'onorevole Cappi, non esistono valutazioni della verit
religiosa, e perci io in piena coscienza lo voter. N si tratta, come temono alcuni, di identificare l'ordinamento
giuridico della Chiesa cattolica con quello delle altre Chiese. Gli eventuali accordi delle altre Chiese con lo Stato
italiano, se avverranno, avverranno sulla base del rispetto dell'ordinamento giuridico di queste Chiese, senza
che ci implichi un giudizio di merito di questo ordinamento di fronte a quello della Chiesa cattolica. Questi
eventuali accordi dovranno rimanere semplici problemi di libert e di autonomia. (Applausi).
CAROLEO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CAROLEO. All'autorevole voce degli altri mi permetto di unire la mia debole parola. Voto contro l'emendamento
proposto, perch ho votato, a suo tempo, a favore dell'articolo 7.
per me (con questo non intendo di recare alcuna ombra alla libert di opinione altrui) nient'altro che una
questione di coerenza e di lealt. Perci nulla da rilevare nei confronti di coloro, che a suo tempo hanno
lealmente votato contro l'articolo 7. Il rilievo per coloro che, come me, a suo tempo hanno votato a favore di
quell'articolo; e la votazione fu fatta senza prevenzione alcuna che dubbio potesse sorgere sulla parit di
trattamento per tutte le confessioni religiose in Italia. La votazione fu fatta per il richiamo a quei Patti lateranensi
che avevano definitivamente posto in quiete la pace religiosa italiana e che non dovevano (questo mi permisi di
dire nella precedente dichiarazione di voto) in nessun caso intendersi come contrastanti con i diritti di libert che
la Costituzione italiana riconosce a tutti i cittadini del mondo. (Rumori a sinistra).
Quando si dice, come si diceva poco fa da parte dell'onorevole Lucifero, che con l'articolo 7 si votarono...
PRESIDENTE. Onorevole Caroleo, l'articolo 7 passato. Si attenga all'argomento.
CAROLEO. ...si votarono i Patti lateranensi, questo conferma di quel dovere di coerenza a cui poco fa mi
riferivo. D'altra parte, l'onorevole Presidente mi fa fede che io avevo presentato un emendamento
all'emendamento dell'onorevole Laconi, che poi ho ritirato in seguito all'emendamento, che mi sembrava pi
comprensivo, dell'onorevole Cappi, come l'onorevole Rubilli ha poi anche riconosciuto.
E questo emendamento tendeva a confermare la parit di trattamento per tutte le confessioni religiose, tenendo
per presente che l'Assemblea Costituente aveva gi votato nel senso di non costituire un privilegio per la
Chiesa cattolica, ma solo un regolamento di fronte alla legge italiana. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione per appello nominale. Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale
comincer la chiama.
(Esegue il sorteggio).
Comincer dall'onorevole Franceschini.
Si faccia la chiama.

269

SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.


Rispondono s :
Allegato - Amadei - Amendola - Assennato - Azzi.
Badini Confalonieri - Baldassari - Barbareschi - Bardini - Barontini Anelito - Barontini Ilio - Bassano - Bei Adele Bellusci - Bernini Ferdinando - Bianchi Bruno - Bibolotti - Binni - Bitossi - Bocconi - Bonomelli - Bruni - Buffoni
Francesco
Cairo - Calosso - Canevari - Carboni - Carmagnola - Cavallari - Cerretti - Cevolotto - Cianca - Cifaldi - Conti Costa - Costantini - Cremaschi Olindo - Crispo Damiani - D'Aragona - De Mercurio - De Michelis Paolo - Di
Gloria - Di Vittorio - D'Onofrio - Dozza - Dugoni.
Fabbri - Faccio - Fantuzzi - Farina Giovanni - Ferrari Giacomo - Filippini - Flecchia - Foa - Fornara - Fusco.
Gallico Spano Nadia - Gervasi - Ghidetti - Ghidini - Giua - Grazi Enrico - Grieco - Grilli - Gullo Fausto.
Imperiale - Iotti Nilde.
Jacometti.
Labriola - Laconi - Landi - Lizzadri - Lombardi Carlo - Lombardi Riccardo - Lombardo Ivan Matteo - Longo Lozza - Lucifero - Luisetti.
Maffi - Magrini - Malagugini - Maltagliati - Mancini - Marchesi - Mariani Enrico - Mariani Francesco - Martino
Enrico - Massini - Massola - Mattei Teresa - Merighi - Minio - Modigliani - Morandi - Moranino - Morini Moscatelli - Musolino.
Natoli Lamantea - Nobili Oro - Noce Teresa.
Paris - Pastore Raffaele- Perassi - Pertini Sandro - Piemonte - Pieri Gino - Platone - Preti - Priolo.
Ravagnan - Reale Eugenio - Ricci Giuseppe - Rodi - Romita - Rossi Paolo - Ruggiero Carlo.
Schiavetti - Scotti Francesco - Secchia - Silipo - Stampacchia.
Taddia - Targetti - Tonello - Tonetti - Tremelloni - Treves.
Vernocchi - Veroni - Villabruna - Vischioni.
Zanardi.
Rispondono no:
Alberti - Andreotti - Angelini - Angelucci - Arcaini - Arcangeli - Avanzini.
Balduzzi - Baracco - Bastianetto - Belotti - Bencivenga - Bergamini - Bertini Giovanni - Bertola - Bertone - Bettiol
- Biagioni - Bianchini Laura - Bosco Lucarelli - Bovetti - Bubbio- Bulloni Pietro - Burato.
Campilli - Camposarcuno - Cappa Paolo - Cappi Giuseppe - Cappugi - Capua - Carbonari - Carignani - Caroleo Carratelli - Castelli Edgardo - Castelli Avolio - Cavalli - Chieffi - Ciccolungo - Cicerone - Coccia - Colitto Colombo Emilio - Colonna di Paliano - Condorelli - Coppi Alessandro - Corbino - Corsanego - Cremaschi Carlo.
De Caro Gerardo - De Falco - De Gasperi - Del Curto - De Michele Luigi - De Unterrichter Maria - Di Fausto Domined - Dossetti.

270

Ermini.
Fabriani - Fanfani - Ferrarese - Ferrano Celestino - Ferreri - Firrao - Foresi - Franceschini.
Gabrieli - Galati - Garlato - Gatta - Germano - Giacchro - Giannini - Gonella - Gortani - Grassi - Gronchi Guariento - Guerrieri Filippo.
Jervolino.
Lazzati - Leone Giovanni - Lettieri.
Maffioli - Malvestiti - Mannironi - Marazza - Marina Mario - Marinaro - Marzarotto - Mastino Gesumino Mastrojanni - Mazza - Meda Luigi - Miccolis - Micheli - Monticelli - Montini - Moro - Mortati.
Notarianni.
Orlando Camillo.
Pat - Pecorari - Petrilli - Ponti - Proia - Puoti.
Quintieri Adolfo.
Recca - Restagno - Rivera - Roselli.
Salizzoni - Sampietro - Scalfaro - Schiratti - Spataro - Stella - Storchi.
Tambroni Armaroli - Taviani - Tieri Vincenzo - Togni - Tosato - Tozzi Condivi - Tumminelli - Tupini - Turco.
Uberti.
Valenti - Valmarana - Vanoni - Venditti - Viale - Vicentini - Vilardi.
Zerbi - Zotta.
Si sono astenuti:
Bonomi Ivanoe - Bozzi.
Della Seta.
Nitti.
Paratore - Preziosi.
Rubilli - Ruini.
Deputati in congedo:
A Bozzi.
Bucci.
Cacciatore - Carpano - Cingolani - Chiostergi - Corsini.
D'Amico Michele.

271

Fiore - Fuschini.
Gavina.
La Malfa - Li Causi.
Macrelli - Mastino Pietro - Montalbano.
Nenni.
Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi - Pallastrelli - Parri - Penna Ottavia.
Rapelli.
Saccenti - Selvaggi - Simonini - Spallicci.
Tega - Tosi.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale.
Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Comunico il risultato della votazione per appello nominale:
Presenti........283
Votanti........275
Astenuti........ 8
Maggioranza . . . ... . 138
Hanno risposto s . . 135
Hanno risposto no . . 140
(Il secondo comma dell'emendamento non approvato).
Pongo ora ai voti la formulazione del secondo comma in base all'emendamento presentato dagli onorevoli Cappi
e Gronchi:
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge.
In questo emendamento la formulazione stessa fa parte integrante del secondo comma. Pertanto l'articolo risulta
formato di due soli commi e non di tre. Votando questo emendamento resta quindi esplicito che tale
formulazione dovr essere poi coordinata col testo gi approvato, in maniera che nel suo risultato finale l'articolo
14 rester formato di due soli commi.
( approvata).
Passiamo ora alla votazione dell'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Labriola:

272

Sono pienamente libere le opinioni e le organizzazioni dirette a dichiarare il pensiero laico od estranee a
credenze religiose .
LACONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LACONI. Premetto che il mio gruppo perfettamente d'accordo sul contenuto dell'emendamento dell'onorevole
Labriola, e noi riteniamo anzi che questo contenuto sia esaurito da una serie di articoli, di cui alcuni sono stati
votati ed altri ancora no. Richiamer a questo riguardo l'articolo 13, nel quale stato stabilito il diritto di
organizzazione senza alcuna limitazione; e cos l'articolo 16, nel quale stabilito il diritto di esprimere
liberamente il proprio pensiero e di diffonderlo attraverso la stampa, ecc.; richiamer anche l'articolo 27, nel
quale stabilito che l'arte e la scienza sono libere come pure libero il loro insegnamento.
Evidentemente tutto lo spirito della Costituzione che noi stiamo elaborando afferma il principio della libert
assoluta del pensiero e della professione e diffusione delle idee, che attengano a determinate ideologie
indipendenti o differenziate da quelle religiose.
Sarebbe indubbiamente cosa di gravit incommensurabile se la democrazia italiana non si trovasse in grado
oggi di fare una affermazione solenne di questi principi, perch ci significherebbe che la democrazia italiana
diventata non soltanto uno Stato confessionale, ma diventata anche uno Stato orientato ideologicamente.
Penso che tutti i deputati e tutto il Paese siano unanimi nel respingere una tesi di questo genere.
Ma la domanda che mi faccio, e che discende da queste premesse, la seguente: riteniamo noi che sia
necessaria una nuova affermazione di questo genere ?
Se guardiamo al contenuto di questi articoli che ho test elencato, dobbiamo forse ritenere che il loro contenuto
esaurisca l'argomento, rispondendo completamente a tutte le esigenze e che probabilmente sia superflua
un'aggiunta di questo genere. Comunque, la questione che appare a noi sostanziale che questa affermazione
non al suo luogo.
Qui, in questo articolo trasformato, come stato trasformato con l'aggiunta di una parte dell'articolo 5, si
regolano i rapporti fra lo Stato e determinate confessioni religiose. Ed inutile che io chiarisca che, quando si
parla di confessioni, si parla di riti, di culti, e di determinate forme di organizzazione, che sono completamente
diverse da quelle alle quali si riferisce l'emendamento dell'onorevole Labriola, organizzazioni che hanno come
scopo la diffusione di concezioni laiche, o il progresso della cultura in generale, sia pure orientata in un
determinato senso laico e non religioso.
Questa la riserva fondamentale che noi facciamo.
Se dovessimo entrare nel merito dell'articolo, noi chiederemmo all'onorevole Labriola di recedere dalla sua
richiesta, in questo momento, e di preparare, invece, la formula di un altro articolo - se lo ritiene - che abbia per
un contenuto pi vasto di questo emendamento e che riassuma tutti i principi che sono sparsi nel testo della
Costituzione in una solenne affermazione, con cui la democrazia italiana riconosca la libert di pensiero e la
libert di diffusione del pensiero laico senza limite alcuno, indipendentemente da quanto detto per le
confessioni religiose.
Noi chiederemmo questo all'onorevole Labriola.
LABRIOLA. Allora, fatelo voi.
LACONI. Dato che l'onorevole Labriola ha gi risposto, col proporre a me o al nostro Gruppo di presentare un
articolo di questo genere, se questo il suo pensiero, la nostra posizione pu essere precisata in questo modo:
se l'onorevole Labriola ritiene di rinunciare al suo emendamento, noi proporremo in altro momento - in quanto
non possibile materialmente farlo adesso - un articolo che riassuma l'esigenza manifestata dall'onorevole
Labriola in una formulazione che ci paia pi comprensiva.

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CALOSSO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CALOSSO. A proposito di questo emendamento, il meglio per tutti sarebbe che fosse proposto dai
democristiani. (Commenti). Questo non uno scherzo: la realt di tutta questa discussione da cui non
sappiamo uscire, data l'antitesi tra clericali ed anticlericali.
Voi sareste pi adatti di tutti ad afferrare il momento che sfugge e fare questa pacificazione religiosa che nel
pensiero delle sinistre. In quanto poi alla propaganda del libero pensiero - questa una parola generica, qualche
volta, banale - sarebbe pi chiaro parlare dell'ateismo. Penso che anche in questo voi che vi chiamate cristiani,
potreste essere i pi interessati, perch il cristianesimo, durante tutto il primo secolo fu
confuso con l'ateismo, mai con l'idolatria, mai col pio paganesimo. (Rumori - Commenti al centro).
Tutto il primo secolo della storia della Chiesa cristiana rileva questo; e perch ? Eravate confusi con gli atei e
con gli epicurei, mai con gli stoici o con i pii pagani. Ed era ben naturale. Il cristianesimo una rivoluzione, nel
futuro - non quasi ancora cominciato, a meno che voi non crediate che sia finita - e, quindi, tutto ci che
incomincia facilmente scambiato per ateismo; quindi, a voi converrebbe di aprire la libert in questo senso e
trovare una formula per il libero pensiero. Si potr, forse, limitare la formula; per esempio, credo che sarete tutti
d'accordo, se si pu trovare una certa limitazione a quell'ateismo e a quell'idolatria, che qualche volta sono le
manifestazioni follaiole intorno a San Gennaro (questo lo potrete anche proporre, e lo accetterei), quando
insultano il Santo e lo chiamano faccia gialluta e porco (Si ride - Commenti).
Ora, io vorrei votare questo emendamento proposto dai democratici cristiani e, se l'onorevole Laconi si
accordasse e lasciasse ai democratici cristiani la formulazione dell'emendamento, io ne sarei lieto, e questa
sarebbe una bella manifestazione, specialmente per voi (Accenna al centro) di fronte al Paese. Sarebbe,
effettivamente, un inizio di quella pacificazione religiosa che voi avete avuto al balzo e che non avete saputo
cogliere, come tante altre volte, come nell'altro dopo-guerra di cent'anni fa, quando un'ondata di cattolicesimo
attravers la Europa. Allora, avevate dei veri cattolici, come il Manzoni, ma disgraziatamente ci furono altri
cattolici, che erano la maggioranza (Interruzioni dell'onorevole Micheli). il quinto vangelo italiano, credo che lo
avr letto. Invece, prevalse quell'altra corrente che per cent'anni si opposta criminosamente all'unit d'Italia,
finch nel 1929 Mussolini fece quest'accordo, cosa inelegante, cosa anticristiana. Sarebbe stato meglio che
avesse prevalso nei cattolici questa filone. (Interruzione al centro).
Mi auguro che ci sia un democratico cristiano, democratico e soprattutto cristiano - perch questa la critica che
facciamo ai democratici cristiani, ed una critica molto leale, che cio non sono abbastanza cristiani (Si ride) che si metta sul terreno di un altro partito. Io non mi professo maestro di cristianesimo, ma, mi pare molto
organico per un partito di mettersi gentilmente sul terreno di un altro. Noi siamo pronti a metterci su un terreno di
cattolicesimo manzoniano, ma, ogni volta che abbiamo provato, abbiamo visto delle reazioni.
Non il caso di tirarla alla lunga; mi auguro che ci avvenga.
LABRIOLA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LABRIOLA. Constato che sono tutti d'accordo sul mio emendamento. L'onorevole Laconi ha dichiarato che nella
sostanza e persino nella forma, consente con me, salvo che egli avrebbe voluto che questo emendamento fosse
proposto in altra sede.
Dell'onorevole Calosso non ho compreso le conclusioni, cio se vota o no a favore di esso. Lo voterebbe se
proposto dai democratici cristiani. Ma, intende votarlo adesso, proposto da me ?
CALOSSO. Lo voto, disgraziatamente, in questo caso.
LABRIOLA. Sarebbe odioso, da parte dei comunisti, veder affacciare una tesi cristiana e cattolica, anzi del
cattolicesimo deteriore cio quella espressa con la formula in odium auctoris. Se non ho mal compreso quello

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che il collega Laconi ha detto poco fa, egli d'accordo con il mio emendamento, ma vorrebbe che fosse
proposto da altra persona. Ignoro se vi siano motivi personali che lo inducano a ci.
LACONI. In altra parte della Costituzione.
LABRIOLA. In ogni modo, dato l'emendamento, date le opinioni che ho esposto dianzi, dichiarate pure se vi
conviene dir no.
Mi duole che voi abbiate votato i Patti lateranensi, ma non vorrete affermare che quelli non vi obbligano a
rifiutare la libert di espressione della loro opinione ai liberi pensatori. Che questa sia la sede per la discussione
e soprattutto per la votazione del mio emendamento cosa evidente. Qui si parla di tutti i culti, ed il libero
pensiero potrebbe anche prendere le forme di una Chiesa, ci che in certi paesi. Per me, ripeto, non vi
dubbio che il posto del mio emendamento aggiuntivo sia proprio questo. Debbo perci insistere nella votazione
di esso; se rimarremo in pochi, sar questa la prova che rancori personali, risentimenti, motivi inferiori della
medesima natura avranno impedito la prevalenza di un principio riconosciuto da tutte le opinioni democratiche.
Io domando per i liberi pensatori lo stesso rispetto che abbiamo dichiarato per tutte le confessioni religiose.
(Approvazioni).
PRESIDENTE. Metto in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Labriola.
(Non approvato).
Resta cos approvato l'articolo 14 nella seguente formulazione, salvo il necessario coordinamento:
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata,
di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato atti di culto, purch non si tratti di riti contrari al buon
costume.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto
non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base
di intese con le rispettive rappresentanze .
Il seguito della discussione rinviato alla prossima seduta.
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI INDI DEL VICEPRESIDENTE PECORARI
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 29:
I monumenti artistici e storici, a chiunque appartengano ed in ogni parte del territorio nazionale, sono sotto la
protezione dello Stato. Compete allo Stato anche la tutela del paesaggio .
L'onorevole Clerici ed altri hanno proposto di sopprimere l'articolo. L'onorevole Clerici ha facolt di svolgere il
suo emendamento.
CLERICI. Parlo a titolo personale, personalissimo, il pi personale possibile. Non si tratta di una questione
politica o ideologica: una questione soltanto di buon senso, con la b minuscola. Mi pare che l'articolo sia
superfluo, inutile ed alquanto ridicolo, tale da essere annoverato fra quelli che non danno prestigio alla
Costituente ed a questa nostra fatica. incompleto anzitutto, perch vi si trascurano tutte le cose artistiche che
non sono immobili, come le statue, i quadri, i mobili, le oreficerie, i libri, cose che costituiscono una ingentissima
massa artistica; sembra che la Repubblica tuteli soltanto i monumenti. anche infelice nella dizione, perch non
comprendo come vi possano essere dei monumenti che non siano n artistici n storici. inutile, perch

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vivaddio la Costituzione afferma cose che possono essere controverse, ma che necessario politicamente
affermare come una novit, come una conquista; non cose che sono pacifiche. Altrimenti, se dovessimo mettere
nella Costituzione tutto ci che evidente e pacifico, per quale ragione non dovremmo dire che la lingua che
usiamo la lingua italiana, e che usiamo le lettere latine e le cifre arabe ?
Io ritengo che sia inutile questa disposizione, perch vi sono delle leggi speciali assai specifiche e concrete che
tutelano tanto il patrimonio artistico quanto il paesaggio. Vi una legge persino sul parco nazionale degli
Abruzzi. Mi paro inutile questa disposizione, perch inutile dare disposizioni su quello che il patrimonio
artistico e storico gi acquisito a tutte le legislazioni moderne. Gi nella legislazione pontifcia l'editto Pacca era
diretto alla tutela delle opere d'arte, di tutte le opere d'arte, e segn quasi 150 anni or sono l'esempio a tutta la
legislazione moderna.
Ritengo le disposizioni in questione superflue ed inutili e che comunque la loro ubicazione sia completamente
errata. Mi chiedo: siamo nei rapporti etico-sociali, nella parte che riguarda i doveri e i diritti dei cittadini; ed allora,
che cosa c'entra con tutto ci la tutela dei monumenti artistici e del paesaggio ?
Forse si voleva dire, innanzi tutto, che la libera propriet dei privati ha dei limiti in quelli che sono gli interessi
dello Stato per l'arte. Ma questo si dovr eventualmente dire nell'articolo 38, dove si stabilisce un limite alla
propriet privata; e siccome questa limitazione, come ho detto or ora, fu introdotta da noi con l'editto Pacca ed
ora un principio legislativo pacifico, inutile farne oggetto, come di una grande novit, nella Carta
costituzionale.
Se, poi, si voleva dire un'altra cosa - ho cercato invano nei verbali della Commissione dei settantacinque le
ragioni di questa disposizione - se si voleva dire che il potere in questione dovr restare allo Stato nei confronti
dell'ente regione; se dei limiti devono esser posti ai poteri che daremo alle regioni, allora questa materia
riguardante gli articoli 109, 110 e 111, nei quali si parla delle funzioni della regione. Ed allora in quegli articoli
potremo riparlarne sobriamente.
Ma in questa sede questo articolo deve essere abolito, per la seriet stessa dei nostri lavori. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Gli onorevoli Codignola, Malagugini, Marchesi, Nobile hanno proposto il seguente
emendamento:
All'articolo 29, sostituire la prima parte con la seguente:
Il patrimonio artistico e storico della Nazione sotto la tutela dello Stato .
L'onorevole Codignola ha facolt di svolgerlo.
CODIGNOLA. L'onorevole Clerici ha detto che questo articolo ridicolo. Invero, io non credo che si tratti di una
questione ridicola. Si tratta di garantire allo Stato che il patrimonio artistico del Paese sia sotto la sua tutela, resti
cio vincolato allo Stato. E patrimonio artistico non significa soltanto, onorevole Clerici, i monumenti artistici e
storici, poich comprende anche i beni mobili, i quadri, gli archivi ecc. cio, nei suoi vari aspetti, l'insieme degli
oggetti e dei beni di valore artistico e storico.
Ora, per queste ragioni, io ritengo che sia necessario mantenere l'articolo 29, che rappresenta una garanzia
anche rispetto al previsto ordinamento regionale. Tutti noi sappiamo che questo ordinamento regionale, se
esteso a certe materie, tra cui anche quella delle belle arti, pu diventare un esperimento molto pericoloso; e
perci ritengo necessario che, proprio prima di votare la questione delle autonomie regionali, stabiliamo in via di
massima il principio che l'intero patrimonio artistico culturale e storico
del nostro Paese - che cos importante - sia sottoposto alla tutela , e non alla protezione dello Stato: lo
Stato non protegge, ma tutela.
Quindi, insisto sull'emendamento sostitutivo che, ripeto, suona cos:
Il patrimonio artistico e storico della Nazione sotto la tutela dello Stato .

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Mi stato proposto da alcuni colleghi di mantenere anche l'inciso: a chiunque appartenga e in ogni parte del
territorio nazionale .
Per mio conto, accetto questa aggiunta.
PRESIDENTE. stata presentata la seguente proposta dall'onorevole Mannironi e altri:
Si propone che la discussione relativa all'articolo 29 sia rimandata a quando si discuter sulla competenza
legislativa della regione .
L'onorevole Mannironi ha facolt di svolgere la proposta.
MANNIRONI. In sostanza, la mia proposta subordinata a quella formulata dall'onorevole Clerici; per il caso,
cio, che l'Assemblea non accetti l'emendamento Clerici per la soppressione totale dell'articolo 29. In tale caso,
proporrei che la discussione sia rimandata a quando ci occuperemo del problema legislativo della regione.
Come il signor Presidente ricorder, quando si discusse nella seconda Sottocommissione relativamente alla
competenza legislativa della regione, fu da noi proposto che tutta la materia riguardante le antichit, belle arti e
paesaggio fosse passata alla competenza, almeno concorrente, della regione stessa. Vero che il Comitato di
coordinamento, in sede definitiva, non ratific quella nostra proposta. Comunque, io penso che vari colleghi in
questa Assemblea intendano insistere perch quella materia - contrariamente a quanto proposto dall'onorevole
Codignola - sia passata alla competenza, per lo meno concorrente, della regione.
Ora se noi, sostenitori di questa tesi, dovessimo oggi discutere il problema per sostenere che la competenza
debba essere affidata alla regione, ci troveremmo in condizioni di inferiorit, perch non potremmo ampiamente
sostenere la nostra tesi, senza inquadrarla nella discussione generale sulla struttura, competenza e fisionomia
che si vogliono dare all'ente regione.
Quindi, propongo che la discussione sia rimandata.
Rilevo che questo rinvio non porterebbe alcun nocumento perch, se mai, se la maggioranza dell'Assemblea
dovesse approvare l'articolo cos come proposto, nulla vieterebbe che il suo collocamento potesse effettuarsi
in altra sede.
In ultimo, vorrei ancora rilevare che noi dobbiamo pure preoccuparci di un'altra situazione obiettiva che ci
offerta da alcuni articoli contenuti sia nello Statuto siciliano, sia nello Statuto della Valle d'Aosta: in entrambi tutta
la materia che riguarda il paesaggio e la difesa del patrimonio artistico e storico affidata alla competenza
esclusiva della regione.
Una voce a sinistra. Questo il guaio !
MANNIRONI. Io non so cosa vorr fare l'Assemblea quando si dovr discutere lo Statuto siciliano lo Statuto
della Valle d'Aosta. Non so se si limiter a fare un semplice coordinamento o se vorr entrare nel merito.
Comunque, penso che tutta questa materia potr trovare pi adeguato posto di discussione in quella sede. Ecco
perch insisto.
PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione non ha ragioni speciali per insistere
sull'articolo 29, e quindi si disinteressa anche degli emendamenti, rimettendosi tanto per l'uno che per gli altri a
quella che sar la volont dell'Assemblea. (Applausi).
PRESIDENTE. Abbiamo dunque da esaminare: 1) una proposta soppressiva dell'articolo; 2) la proposta
dell'onorevole Mannironi che chiede il rinvio e la decisione al momento in cui si parler della regione; 3) alcune
proposte di emendamenti.
In primo luogo, si fratta di votare sulla proposta Clerici.

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MARCHESI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MARCHESI. Quale autore di quel ridicolissimo articolo 29, non mi riferir alle fonti di decoro stilistico e di seriet
cui attinge l'onorevole Clerici. Mi pare che tra queste fonti debbano essere alcuni giornali umoristici della
capitale. Io ho proposto quell'articolo, accettato con voto unanime dalla Commissione, nella previsione che la
raffica regionalistica avrebbe investito anche questo campo delicato del nostro patrimonio nazionale. vano che
io ricordi ai colleghi che l'eccezionale patrimonio artistico italiano costituisce un tesoro nazionale, e come tale
va affidato alla tutela ed al controllo di un organo centrale. Al Governo non spetta soltanto la tutela delle opere
d'arte, ma spetta anche il restauro monumentale, che non si fa pi coi vecchi criteri empirici e fantastici, ma con
criteri che riguardano, volta per volta, le singole opere d'arte e che non si possono raccogliere in quei principi
generali, ai quali dovrebbe conformarsi la regione nell'esercizio della sua potest legislativa di integrazione e di
attuazione.
Ricordo, d'altra parte, che il Governo, gi da un pezzo, ha aperto la via al decentramento con l'istituzione delle
Sovraintendenze generali alle Belle Arti, le quali hanno dato e danno ottimo frutto e devono, giornalmente quasi,
lottare contro le esigenze locali che reclamano restauri irrazionali o demolizioni non necessarie.
Io sono incaricato di comunicare ai colleghi un voto che l'Accademia dei Lincei ha espresso nell'adunanza dell'8
febbraio, e dedicato appunto agli onorevoli Deputati dell'Assemblea Costituente:
L'Accademia Nazionale dei Lincei, rilevando che il passaggio delle Belle Arti all'Ente Regione renderebbe
inefficiente tutta l'organizzazione delle Belle Arti che risale ai primi del secolo, organizzazione che ha elevato la
qualit della conservazione dei monumenti e delle opere d'arte e ha giovato a diffondere nel popolo italiano la
coscienza dell'arte, fa voti perch l'Assemblea Costituente voglia modificare la proposta della Commissione dei
Settantacinque che si riferisce all'Ente Regione, affinch siano conservati alla Nazione i massimi musei e
gallerie d'Italia e non siano sottratti al controllo nazionale i grandi centri di scavo e di restauro ai monumenti .
Io non voglio dubitare che questo voto della pi antica e gloriosa Accademia italiana, voto che corrisponde a
quello gi espresso unanimemente dalla prima Sottocommissione e mantenuto dal Comitato di redazione, non
debba essere anche il voto vostro, onorevoli colleghi. Nel 1945 la Francia sottopose al controllo nazionale quei
grandi musei provinciali che erano stati fino ad allora autonomi; e noi adesso dovremmo sottoporre all'Ente
Regione i grandi musei nazionali che sono nelle varie regioni ? (Commenti).
Una voce. Ne parleremo a suo tempo.
MARCHESI. Va bene, parleremo di questo quando si parler della regione, ma anche altri articoli, da noi
discussi ed approvati, riguardavano la regione. La regione rivendica a s anche l'attuazione e l'integrazione di
alcune scuole, la regione rivendica a s anche la potest legislativa assoluta su alcuni istituti di istruzione
professionale: eppure delle scuole abbiamo parlato.
In ogni modo non sar male che l'Assemblea si pronunci su un argomento cos importante, in via pregiudiziale.
stato citato or ora lo Statuto siciliano. Io vengo recentemente dalla Sicilia e ho sentito quale turbamento ci sia
tra gli uomini di cultura di fronte a questo pericolo. La Sicilia tutta quanta uh grandioso e glorioso museo,
onorevoli colleghi, e noi non dovremo permettere che interessi locali, che irresponsabilit locali abbiano a
minacciare un cos prezioso patrimonio nazionale. (Vivi applausi).
Lo Statuto siciliano non definitivo; esso dovr essere coordinato dall'Assemblea Costituente in conformit dei
principi costituzionali. (Commenti).
Una voce. Ma questa una dichiarazione di voto. (Commenti).
PRESIDENTE. Gli onorevoli colleghi forse hanno dimenticato che v' una proposta formale che richiama il
problema della regione, per cui se nelle dichiarazioni di voto i colleghi vi si richiamano, essi non fanno nulla
contrario al loro diritto.

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Continui, onorevole Marchesi.


MARCHESI. Ho finito. Ricordo soltanto ai colleghi maestri di stile e di seriet che nessuna regione potr sentirsi
menomata se sar conservato sotto il controllo dello Stato, al riparo di sconsigliati e irreparabili interventi locali,
quel tesoro che costituisce uno dei nostri vanti maggiori. (Applausi).
DI FAUSTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
DI FAUSTO. Mi associo alle parole dell'onorevole Marchesi e al voto dell'Accademia dei Lincei. Aggiungo il voto
della insigne Accademia di San Luca di Roma, il cui testo non ho sottomano. Comunque approvo che
l'affermazione preliminare dell'articolo 29 sia mantenuta. La nuova Costituzione entrata in lunghissimi
particolari per materie anche secondarie. Parrebbe stranissimo che in essa non si facesse cenno del pi grande
patrimonio della nostra Nazione. I monumenti d'Italia sono d'importanza non solamente nazionale, ma mondiale.
Occorre quindi che la tutela di queste opere sia fatta dal centro e con criteri unitari.
Quindi voter per l'articolo 29, come proposto dalla Commissione.
MICHELI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto. (Commenti).
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MICHELI. (Segni di attenzione). Ho ragione di essere particolarmente grato a questa parte dell'Assemblea che
ha voluto salutare con cos festosa accoglienza il fatto che io abbia rotto il silenzio dal giorno in cui cominciata
questa discussione. Io ho sempre ascoltato con molta attenzione tutti i discorsi che sono stati pronunciati qui, e
mi sarei riservato - salvo altra occasione - di parlare a suo tempo di un argomento che particolarmente mi
interessa: quello delle autonomie regionali. Non credevo che oggi si dovesse per combinazione giungere ad
esso, perch l'argomento di tale e cos notevole importanza che deve essere esaminato e discusso a fondo,
non incidentalmente attraverso un articolo aggiuntivo arrivato in discussione all'ultima ora. (Commenti a sinistra).
Ed in questo punto posso concordare coll'avviso dell'onorevole Presidente, in quanto abbia ritenuto che
l'accenno fatto da un collega al solo scopo di ottenere il rinvio della proposta possa aver determinato
nell'Assemblea l'opportunit di venire ora a discutere di questo importante argomento. Ho chiesto quindi di
parlare solamente per domandare a lui se sia il caso che noi discutiamo ora, al termine di questa stanca seduta,
un argomento di tanto appassionante rilievo. Ritengo infatti che questo non sia il momento opportuno, giacch il
collega che ha incidentalmente accennato alla regione, lo ha fatto solo per trarne argomento che avvalorasse il
chiesto rinvio, ed in appoggio quindi alla sua sospensiva. Ci non poteva certamente determinare questo
improvviso allargamento della discussione, che faremo a suo tempo.
Ho ascoltato, ci non ostante, con la reverenza che egli merita le parole del professor Marchesi a questo
riguardo, e non voglio ora contrastare n l'Accademia dei Lincei, n quella di San Luca, per la preoccupazione
non giustificata, che comprendo, per, come possa essere nata in molte Accademie e Deputazioni d'Italia, a
parecchie delle quali mi onoro di appartenere. (Commenti a sinistra)...
Quindi non credo che per esse vi sia ragione di turbamento per quanto ora potr l'Assemblea deliberare per la
tutela degli interessi artistici e per la conservazione dei nostri insigni e meravigliosi monumenti, che tutti
conosciamo. Abbiamo imparato dai primi anni ad apprezzare ed ammirare non solamente quelli che sono in
Roma, ma anche quelli che sono sparsi in tutte quante le regioni d'Italia. E possiamo assicurare il professor
Marchesi che l'affettuosa custodia di essi non sar efficace - come egli ritiene in base al voto degli insigni
componenti di queste valorose Accademie - solo se emaner dal centro; creda pure che essi saranno tutelati
tanto di pi, in quanto affidati localmente al nostro popolo, che ne ha sempre tratto tante artistiche ispirazioni.
Essi sono sparsi in tutte le parti d'Italia, ed invero cospicui sono quelli della Sicilia, ma nella Emilia e nelle altre
parti d'Italia ve ne sono in quantit innumerevole. Noi ne avremo da vicino il governo ed andremo orgogliosi di
poterne seguire le vicende, stabilirne la manutenzione con mezzi che spesso lo Stato non ha, con maggiore

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facilit di controllo, da parte di tutti gli studiosi, dei criteri che emanano ora dagli uffici centrali. (Commenti a
sinistra).
Una voce a sinistra. Mancher l'unit di indirizz.
MICHELI. No; io ritengo che l'unit di indirizzo non mancher; certo che, se dobbiamo tener presente quello che
sinora successo, che le direttive che venivano dal centro non presentavano spesso alcuna unit vera, si potr
ragionevolmente temerne.
ispirata sopra questa sapiente e coordinata variet, che noi auspichiamo l'autonomia delle regioni; esse
saranno le piccole pietre che tutte unite formeranno il mosaico meraviglioso della vita artistica e spirituale della
nostra Patria. (Vivi applausi).
LUSSU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUSSU. Debbo con un certo piacere dichiarare che almeno con alcune espressioni fondamentali del collega
onorevole Micheli mi trovo d'accordo. (Commenti). Cos come pure ci troviamo d'accordo, secondo parecchi
giornali, umoristici o non, per una certa nostra unit o affinit enologica. (Si ride).
MICHELI. Se continua cos, dovr parlare per fatto personale. (Si ride).
LUSSU. Non pongo la questione regionale; non questo il momento. Ma, se ne avessi l'autorit letteraria,
moverei un cordiale e fine addebito al collega onorevole Marchesi per averla qui sollevata intempestivamente.
N vale qui a modificare questo mio giudizio l'autorit certo storica dell'Accademia dei Lincei, la quale , rispetto
alle questioni artistiche del nostro Paese, presso a poco quello che la burocrazia centrale rispetto
all'organizzazione statale periferica.
Comunque, la questione regionale non implicata. Ecco perch io che credo di essere, o di poter essere
annoverato, se non fra i pi autorevoli, certo fra i pi tenaci assertori della riforma autonomistica dello Stato,
aderisco totalmente all'emendamento presentato dal collega onorevole Codignola, il quale dice: Il patrimonio
artistico e storico della nazione sotto la tutela dello Stato .
Solo par evitare confusioni ed equivoci, pregherei l'onorevole Codignola di voler sostituire a Stato,
Repubblica . (Commenti). Ci lascerebbe impregiudicata la questione dell'autonomia regionale, la quale,
onorevole collega Mannironi, in questo momento non attuale e non manomessa se viene approvato questo
emendamento.
La questione delle autonomie, onorevole Mannironi, tocca direttamente noi tutti e non solo lei; e starei per dire senza offendere alcuno - che tocca pi noi che lei.
Si assolutamente garantiti : qui si parla di tutela, e non gi di invadenza a carattere assorbente. Ora non c'
qui dentro nessun autonomista il quale concepisca l'autonomia come sovranit assoluta, e pertanto possiamo
votare a cuor tranquillo questo emendamento. (Applausi).
BENEDETTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BENEDETTINI. Mi associo in pieno alle dichiarazioni dagli onorevoli Marchesi e Di Fausto, riconoscendo che, al
di sopra di qualunque questione, queste dichiarazioni hanno basi giustissime.
Mi permetto dissentire dalla proposta fatta dall'onorevole Lussu circa la sostituzione della parola: Stato con
la parola: Repubblica , perch non ne vedrei la ragione. (Commenti).
GRONCHI. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRONCHI. Noi intendiamo spogliare la questione da qualsiasi indirizzo politico o meno e la consideriamo per
quella che . Pertanto al testo della Commissione noi vediamo pi volentieri sostituito il testo, che a noi sembra
pi preciso e significativo in questo caso, dell'onorevole Codignola.
PRESIDENTE. Pongo prima in votazione, perch mi pare che debba avere la precedenza, la proposta
dell'onorevole Mannironi che lascia impregiudicata la questione, di rinviare la discussione dell'articolo 29 a
quando si discuter sulla competenza legislativa della regione.
(Non approvata).
Pongo in votazione la proposta degli onorevoli Clerici, Sullo e Codacci Pisanelli, soppressiva dell'articolo.
(Non approvata).
Pongo in votazione la formula Codignola, sostitutiva della prima parte dell'articolo 29 nel testo definitivamente
fissato dal proponente:
Il patrimonio artistico e storico della Nazione sotto la tutela della Repubblica .
( approvato).
Pongo ai voti la seconda parte dell'articolo nel testo della Commissione:
Compete allo Stato anche la tutela del paesaggio .
(Segue la votazione per alzata e seduta).
Dato l'esito incerto, indico la votazione per divisione sulla seconda parte dell'articolo 29.
( approvata).
L'articolo 29 resta, nel suo complesso, cos formulato:
Il patrimonio artistico e storico della Nazione sotto la tutela della Repubblica. Compete allo Stato anche la
tutela del paesaggio .
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI INDI DEL VICEPRESIDENTE TUPINI
PRESIDENTE.

Passiamo ora all'articolo 31:


La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo
questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta.

281

L'adempimento di questo dovere condizione per l'esercizio dei diritti politici .


A questo articolo 31 sono stati proposti numerosi emendamenti. L'onorevole Cortese ha gi svolto il suo
emendamento soppressivo dell'articolo. Anche l'onorevole Colitto ha svolto il seguente emendamento:
Sostituirlo col seguente:
Lo Stato promuove lo sviluppo economico del Paese e predispone le condizioni generali per assicurare pi
che possibile ai cittadini l'esercizio del loro diritto al lavoro .
Segue l'emendamento dell'onorevole Zuccarini:
Sostituire il primo comma col seguente: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto alla propriet come
condizione essenziale di libert, e promuove i modi e le forme per renderlo possibile ed effettivo .
L'onorevole Zuccarini ha facolt di svolgerlo.
ZUCCARINI. Questo emendamento da me presentato era in relazione all'intervento che mi proponevo e non ho
potuto effettuare sulla discussione del Titolo, e si riallacciava a tutta un'impostazione generale del Titolo stesso.
L'illustrazione dell'emendamento, fatta ora in dieci o anche in pi minuti, non permette l'ampiezza e la
illustrazione necessarie per l'impostazione che io intendevo dare all'argomento.
Il Titolo terzo ha lo scopo di assicurare quelle libert di carattere sociale senza le quali la libert politica verrebbe
a mancare o per lo meno subirebbe certe menomazioni. Ora, in relazione a ci che mi proponevo di discutere
e di fare la proposta del mio emendamento. Ci non essendo possibile per la limitazione di tempo imposta in
sede di emendamento, mi limiter ad osservare che la mia modifica all'articolo 31 si riferiva ad una
constatazione: o il diritto che si riconosce a tutti i lavoratori un diritto formale, destinato a restare senza seguito
nella nostra Costituzione, ed allora pu capitare quello che capitato in Germania, con la Costituzione di
Weimar, ove, nonostante che lo stesso diritto fosse costituzionalmente affermato, sei milioni e pi di lavoratori si
sono trovati disoccupati; o vuole invece essere un diritto effettivo, ed allora impone allo Stato un investimento
tale di capitali ed anche un tale sviluppo del proprio personale burocratico, destinato allo scopo, per cui c' da
domandarsi se l'esercizio di questo diritto non possa meglio effettuarsi attraverso una assegnazione a ciascun
individuo di un minimo di disponibilit che permetta di crearsi una propria attivit economica e sociale. Noi
assistiamo oggi ad un'infinit di progetti sul pieno impiego. Anche questa nostra Costituzione ispirata
all'occupazione totale dell'individuo ed all'assicurazione di essa durante tutta la vita. L'impiego di un capitale per
tale assicurazione diverr quindi imponente. E non da domandare: perch questo capitale, invece di
assicurare il cittadino per il secondo periodo della vita, non potrebbe assicurare il cittadino fin dall'inizio della
propria vita? Allora solamente si assicurerebbe al cittadino non solo l'esistenza, e cio la possibilit di vivere, ma
gli si darebbe anche la possibilit di svolgere l'attivit che vuole, nel campo che vuole, in piena indipendenza, si
otterrebbe cio un risultato che dal punto di vista sociale e produttivo, mentre corrisponde alle esigenze di libert
che tutti sentiamo, corrisponde anche alle esigenze della societ che sono quelle di una pi attiva e intensa
produzione.
dunque una impostazione tutta diversa che io mi proponevo di sottoporre, non dico all'approvazione
dell'Assemblea, ma almeno alla sua meditazione per gli ulteriori sviluppi, e cio per considerare se
quell'assicurazione del lavoro che noi vogliamo dare all'uomo al fine di tutelarlo nel secondo periodo della sua
vita non debba invece diventare effettiva e operante fin dall'inizio della sua vita. Dal momento che in questi
stessi rapporti economici noi, in alcune parti, ci preoccupiamo del diritto di propriet non solo per il suo
mantenimento ma anche per l'estensione dei diritti di propriet, della diffusione cio della propriet, da
domandare se nella nostra Costituzione piuttosto di garantire la propriet esistente, e cio quella che proviene
dalle disuguaglianze sociali e dai rapporti economici del passato, non dobbiamo invece assicurare un diritto di
propriet a ciascun individuo affinch ciascuno, nell'impiego della propria attivit, manuale, intellettuale, ecc.,
possa operare liberamente, in posizioni di partenza uguali con tutti gli altri individui, in modo che il suo avvenire
e l'impiego della sua attivit debbano dipendere esclusivamente da lui.

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Si tratta quindi di un principio di libert. un po' diffcile - ripeto - illustrare tutto questo in dieci minuti e mettere
la questione in relazione agli altri problemi, che interessano particolarmente le classi lavoratrici. Abbiamo in Italia
istituti di previdenza e di assicurazioni sociali i quali costituiscono gi di per se stessi, o almeno costituivano
prima del fascismo, dei capitali abbastanza imponenti destinati ad assicurare agli operai determinati periodi di
pensione. Ricordo che fra i tanti progetti pi o meno fantasiosi che si vedono molto spesso fare in questo
momento sulle riforme sociali (naturalmente progetti discutibili sotto tanti rapporti e condannabili anche per certi
tentativi di realizzazioni poco pratiche) ne vidi uno nel quale si prevedeva di istituire sull'assicurazione sociale
dei lavoratori un sistema destinato a mettere a disposizione del lavoratore un capitale capace di assicurargli
addirittura la propriet non gi di un'appartamento ma di una casa intera, e con tutti gli annessi. Ora, se queste
possibilit sono oggi concepibili, data la estensione che si pensa di dare all'assicurazione sociale in genere, io
mi domando se non sia anche possibile estendere un po' la nostra visione e vedere se addirittura l'assicurazione
non possa essere data in partenza. Allora s, quando a ci si arrivasse, noi avremmo assicurato al cittadino
quella piena disponibilit di se stesso che piena garanzia di libert! Ci che mancato sempre e che abbiamo
rimproverato alle vecchie Costituzioni proprio questo: che i cittadini, in partenza, non si trovano nelle stesse
posizioni e che, di fronte all'esercizio della libert, il salariato, chiunque non disponga di altro che della propria
capacit di lavoro, non veramente libero, e non veramente libero appunto per la sua dipendenza economica,
per lo stato d'inferiorit in cui si trova fin dalla nascita. Ricordo che in un voluminoso scritto sulla Filosofia della
Rivoluzione , Giuseppe Ferrari rimproverava appunto alla rivoluzione francese di avere, s, assicurato i diritti del
cittadino, ma di non aver assicurato il diritto alla propriet che il primo mezzo per cui quei diritti potevano
essere esercitati. - ripeto - in questo senso che si pu risolvere un problema e giungere ad una realizzazione
di libert assai pi efficace del diritto al lavoro; perci ho presentato il mio emendamento. Naturalmente non vi
insisto, perch la discussione su questo punto non sarebbe ora possibile e la votazione non sarebbe conclusiva
e non rappresenterebbe un meditato pensiero. Ho voluto tuttavia farne un accenno in questa sede; ma certo
che, se avessi potuto farlo riallacciando la questione a tutti gli articoli di questo Titolo e a quella impostazione
generale - che secondo me avrebbe dovuto darsi al problema della libert nei rapporti economici - la mia
proposta avrebbe forse ottenuto maggior numero di consensi e maggiore comprensione. Per ci - e solamente
per ci - ritiro il mio emendamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Foa ha presentato il seguente emendamento:
Sostituire il primo comma col seguente: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuove
le condizioni per rendere effettivo questo diritto ed assicura l'apprestamento dei piani economici per la difesa dei
consumatori e per garantire a tutti i cittadini il soddisfacimento dei minimi bisogni vitali .
L'onorevole Foa ha facolt di svolgerlo. FOA. Mi limiter a trattare brevemente gli aspetti economici che hanno
ispirato la proposta di questo emendamento, lasciando da parte tutte le critiche al testo proposto
dalla Commissione. Vorrei sottolineare l'assoluta insufficienza della formulazione adottata nel testo del progetto:
promuove le condizioni per rendere effettivo il diritto al lavoro . Questa espressione (se noi vogliamo che le
espressioni abbiano un significato tecnico e non siano parole che possano essere interpretate mutevolmente),
questa espressione ha un significato nella valutazione economica odierna e cio: la Repubblica promuove una
politica di occupazione. Ora, all'infuori dell'ipotesi di una societ socialista - ipotesi non attuale - e all'infuori di
altre ipotesi, scomparse fortunatamente, di una mostruosa irreggimentazione del lavoro con la quale si pensava
di poter risolvere il problema della disoccupazione, chiaro che la politica di occupazione ha un significato
tecnico nel mondo occidentale e particolarmente anglo-sassone. Questo significa: manovra del credito allo
scopo di facilitare, attraverso una politica di lavori pubblici, l'assorbimento del risparmio disponibile e in
conseguenza, di mettere in movimento la macchina produttiva. Credo sia noto a tutti i colleghi che conoscono il
problema che quelle posizioni programmatiche che potevano avere la loro validit in America od in Inghilterra
durante l'anteguerra, non possono avere validit oggi nell'Europa continentale e neppure in Inghilterra.
Il problema, per noi, non un problema di mobilitazione del risparmio disponibile; un problema di moltiplicare
la produzione, gli strumenti di produzione ed i mezzi ai quali associato il lavoro per aumentarne la produttivit.
In sede di esame del Progetto, la. discussione si polarizzata fra la concezione dell'intervento economico e
quella della libert: discussione che non aveva ragion d'essere perch effettivamente vi sono alcuni dati obbligati
della realt odierna che sono dati di intervento, ed altri che sono dati di iniziativa. Ma il problema che comune
oggi a tutte le forze democratiche ed comune alla coscienza di larghissimi strati di quest'Assemblea ed a tutti
quei grandi partiti che si fondano sulle masse lavoratrici un altro: dove il Governo non pu rinunziare

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all'intervento, bisogna fare in modo che questa manovra del potere economico non sia esposta all'arbitrio di
gruppi privilegiati, ma sia condotta nell'interesse delle masse popolari.
Questo il punto centrale, per cui non si mette in discussione l'intervento o il non intervento, ma si parte dal dato
di fatto preciso che certi interventi sono ineliminabili e si studia il modo di farli funzionare. Ritengo che il
democristiano ministro Gronchi non si sia posto il problema in forma diversa dal ministro socialista Morandi:
entrambi sapevano che alcuni vincoli dovevano essere aboliti, altri mantenuti, ma sottratti a quelle forze che,
non soltanto nel campo agricolo, ma anche in quello industriale, e sopratutto finanziario, oggi dominano nel
nostro Paese.
Quando si parla d'un problema di pianificazione, non si intende fare la scelta fra piano e libert, ma si intende
controllare democraticamente quel tanto di potere economico dello Stato che necessario e farlo operare a
vantaggio della collettivit.
Questo il significato moderno della pianificazione.
Credo che sotto questo punto di vista, potr servire per la Costituzione solo un criterio obiettivo, per dare una
traccia positiva all'opera dell'amministrazione economica pubblica: il criterio del lavoro sotto l'aspetto del
consumo, cio del benessere dei cittadini.
Per queste ragioni credo che un impegno politico, come quello contenuto nella prima parte dell'articolo 31 - La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo questo
diritto - se non vuole risolversi (volendo dare un significato tecnico alle parole) in un aumento dei segni
monetari in circolazione, abbia il significato preciso di aumentare i mezzi di produzione nelle regioni con scarse
risorse disponibili, in modo da assicurare un miglior tenore di vita alle classi popolari, intese non in senso
strettamente marxista, ma nel senso comune a tutti i grandi partiti di questa Assemblea.
Questo il senso dell'emendamento proposto: un richiamo alla realt di oggi, in cui non vi pi l'alternativa
drammatica: intervento o non intervento? Vi cio un problema pi urgente e drammatico: sapere come si
interviene, posto che nessuno pi oggi, quando abbia senso di responsabilit, pu rinunziare ad intervenire.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Villani e Cairo hanno presentato il seguente emendamento:
Sostituire il primo comma col seguente:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro. Promuove e disciplina le condizioni per rendere
effettivo questo diritto .
L'onorevole Villani ha facolt di svolgerlo.
VILLANI. Noi troviamo nel primo comma dell'articolo 31 un'affermazione precisa ed impegnativa:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo
questo diritto . Io ritengo che sia il caso di dover rilevare l'importanza di questa affermazione nel suo duplice
aspetto.
Credo che lo Stato, in sostanza, venga ad assumere due impegni altrettanto importanti, altrettanto rilevanti nei
confronti di tutti coloro che hanno diritto al lavoro, cio di tutti i cittadini in condizione di esercitare il lavoro.
In primo luogo lo Stato viene ad assumere l'impegno di creare delle nuove possibilit di lavoro, delle nuove
occasioni di lavoro, per coloro i quali non ha.nno possibilit di crearsele da s.
In secondo luogo, ritengo che lo Stato venga anche ad assumere altro impegno: distribuire equamente il lavoro,
che esso, come conseguenza del primo impegno, dovr cercare di produrre.

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Da questa constatazione credo si debba trarre qualche conclusione. Se lo Stato assume questo duplice
impegno, evidente che esso deve porsi in condizione di sodisfarlo; ed evidente anche che deve disporre
degli organi che possano sodisfarlo. In altri termini, bisogna che, ponendosi lo Stato in condizione di studiare un
piano di lavoro, come brillantemente ha detto test l'onorevole Foa, crei degli organi che comunque siano in
condizioni di controllare e intervenire nella gestione degli enti distributori di lavoro. Se facesse soltanto una di
queste due cose ritengo che lo Stato farebbe solo in parte il suo dovere e quindi verrebbe a sodisfare soltanto
una parte del duplice impegno che ha assunto.
D'a'tra parte, questo mio modo di vedere il problema, mi pare che si imponga anche se consideriamo non
soltanto quello che il primo comma dell'articolo 31, ma anche quello che altrettanto esplicitamente affermato
nel primo comma dell'articolo 35.
L'articolo 35 dice: L'organizzazione sindacale libera . Se l'organizzazione sindacale libera anche
evidente allora che noi possiamo, sia pure in modo deprecabile, ipotizzare una molteplicit di sindacati, e se per
dannatissima ipotesi (contro la quale noi lotteremo sino in fondo se sar necessario) ci si trovasse in queste
condizioni, sarebbe anche evidente che il collocamento dovrebbe avvenire all'infuori di questa o di quella
organizzazione. Non ritengo necessario sviluppare pi a lungo il problema della creazione di nuove possibilit
ed occasioni di lavoro e della necessit, per me conseguente, che lo Stato in certa guisa direttamente o
indirettamente si ponga in condizioni di provvedere a quello che un suo preciso impegno. Conseguentemente
a questo mio modo di vedere, mi parso di ritenere che l'articolo 31, cos come formulato, rispondesse solo in
parte a questa duplice esigenza. Ho creduto col mio emendamento, non certo di risolvere il problema qui
accennato, ma in una certa guisa di porlo in modo tale che il futuro legislatore ordinario, quando eventualmente
si dovesse trovare nella necessit di affrontare il problema stesso, trovi affermato nella Carta costituzionale il
principio da me chiarito, principio che consentir di risolvere in modo definitivo questo importante e delicato
problema.
PRESIDENTE. L'onorevole Romano ha presentato il seguente emendamento:
Sostituire il primo comma col seguente:
La Repubblica promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione e garentisce l'assistenza a quei cittadini
che devono emigrare per trovare lavoro .
L'onorevole Romano ha facolt di svolgerlo.
ROMANO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, lo scopo del mio emendamento unicamente quello di
avvicinare di pi alla realt lo spirito dell'articolo 31. Chi legge l'articolo 31 istintivamente portato a pensare ad
uno Stato - provvidenza, e si cade sotto l'incubo dello Stato totalitario con la sua vasta e profonda giurisdizione
in tutta la vita dell'uomo.
Infatti, l'articolo 31 nel suo primo comma dice:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo
questo diritto .
Viene quindi da domandare: che cosa deve fare lo Stato per rendere effettivo questo diritto? Indubbiamente, per
attuare questo principio, per poter rendere effettivo il diritto, bisognerebbe mutare le condizioni di oggi, passare
dall'economia odierna ad una societ completamente collettivista.
Questo problema stato oggetto di studi da parte di Lord William Beveridge, il quale, pur essendo un liberale,
parlando dell'occupazione integrale in una societ libera, afferma che l'elemento fondamentale di una
produzione nazionale sana sta nell'occupazione integrale di tutta la massa di lavoro esistente nel paese. In altri
termini, stando al concetto di Lord Beveridge, bisognerebbe avere sottomano tutto il panorama della produzione
nazionale, coordinare il bilancio dello Stato e degli enti pubblici e degli enti privati, il che significherebbe attuare
in pieno una economia collettivista.

285

Agli stessi princip si informato l'ex Ministro del commercio statunitense Wallace quando ha detto che, per
poter assicurare la stabilizzazione del reddito globale del paese in duecento miliardi annui, bisogna assicurare
l'occupazione di sessanta milioni di uomini nel lavoro. Ci pu valere per uno Stato di grandi risorse, ma lo
stesso non pu dirsi pel nostro Paese; e per persuadersi del come ci per noi sia ben diverso basta dare uno
sguardo a quello che il settore principale della nostra economia, cio l'agricoltura. Nel nostro Paese, nel 1871
avevamo appena 7 milioni 800 mila uomini occupati nell'agricoltura, su una popolazione di 26 milioni allora; nel
1936, su 42 milioni di uomini, l'occupazione nel settore dell'agricoltura era salita ad appena 8 milioni 700 mila. In
proporzione l'aumento non stato sensibile, perch mancano le possibilit per dar lavoro a tutta una
popolazione tanto densa. La dura realt che l'agricoltura, che il settore principale dell'economia italiana, non
pu assorbire di pi, e non vi rimedio ove si pensi che negli Stati Uniti d'America, su 114 milioni di ettari
lavorano appena 10 milioni di uomini, mentre in Italia su 14 milioni di ettari lavorano quasi 9 milioni di uomini di
et superiore ai dieci anni.
Ora, per poter dare attuazione pratica alla norma, bisognerebbe avere ben altre possibilit nei vari settori,
dell'agricoltura, del l'industria e del commercio.
Il settore principale, quello dell'agricoltura, risponde negativamente: quindi non vi altra possibilit per poter
dare consistenza concreta all'articolo 31; onde si impone di modificare la struttura dell'articolo stesso in quanto
inutile promettere quello che non si pu mantenere. L'Italia ha una sola valvola di sicurezza, che l'emigrazione;
questa valvola di sicurezza assicurava all'Italia prima del fascismo l'entrata di 600 milioni oro, che sono venuti a
mancare appunto per l'arresto dell'emigrazione. L'Italia pu disporre di una notevole energia di lavoro in un
mondo che ne difetta. Per poter lasciare l'articolo 31 cos come redatto bisognerebbe che esso non limitasse
la sua efficacia entro la frontiera della nazioni, ma divenisse un elemento fondamentale di una politica
economica internazionale. Solo cos ci avvicineremmo alla realt. Infatti l'Italia oggi ha due milioni di disoccupati,
per i quali spende giornalmente 300 lire per unit, quindi 600 milioni al giorno. Ora, anche se questo articolo che
discutiamo sar approvato, il popolo italiano, i disoccupati diranno: s, lo Stato ci riconosce questo diritto, ma
che vale se questo diritto non pu realizzarsi, se manca il soggetto passivo contro il quale farlo valere? Un diritto
sfornito di azione vuoto di contenuto. Per avvicinare alla realt lo spirito di questa disposizione, non si deve
parlare di diritto, ma si deve dire soltanto che lo Stato promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione e
si impegna a proteggere tutti gli uomini che, per ristrettezza di territorio, sono costretti a varcare le frontiere
nazionali. Sotto questo punto di vista, l'articolo acquisterebbe rilievo e per questo insisto nell'emendamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Nobile ha presentato il seguente emendamento:
Al primo comma aggiungere: Essi potranno esercitare la loro professione, arte o mestiere in qualsiasi parte del
territorio nazionale .
Ha facolt di svolgerlo.
NOBILE. Avevo gi presentato questo emendamento quando si discusse l'articolo 10. Ricordo ai colleghi che
questo articolo stabilisce che ogni cittadino pu circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del
territorio italiano... Mi sembr allora e mi sembra anche adesso che, se nella Costituzione si afferma un diritto
cos elementare che certo nessuno oserebbe discutere, a maggior ragione bisogna affermare il diritto che ogni
cittadino ha di esercitare la propria professione, arte o mestiere in qualsiasi punto del territorio nazionale. Mi fu
suggerito allora dal Presidente della prima Sottocommissione di trasferire questo emendamento all'articolo 31,
ci che per l'appunto ho fatto. Non ho bisogno di aggiungere altre parole a titolo di giustificazione. Mi basta dire
che esso serve a premunirci contro possibili aberrazioni dell'ordinamento regionale. Per metterci al riparo da
esse bisogna che nella Costituzione sia detto qualcosa in proposito. Mi riferisco soprattutto al fatto che, gi oggi,
nell'Alto Adige, si comincia a rendere diffcile il soggiorno e l'esercizio della propria professione a medici di altre
parti d'Italia. Ad evitare che fatti di questo genere si possano ripetere su larga scala, quando avremo, se avremo,
un ordinamento regionale, occorre inserire l'aggiunta da me proposta al primo comma dell'articolo 31. Mi faccio
forte, per insistere che l'emendamento sia messo in votazione, anche della competenza, che nessuno mette in
discussione, dell'onorevole Di Vittorio, il quale mi ha esortato a mantenere l'emendamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Cortese ha gi svolto il suo emendamento, tendente a sopprimere il secondo
comma.

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L'onorevole Foa ha presentato il seguente emendamento:


Sostituire il secondo comma col seguente: La Repubblica pu richiedere ai cittadini la prestazione di un
servizio del lavoro.
Ha inoltre proposto di sopprimere il terzo comma. L'onorevole Foa ha facolt di svolgere i due emendamenti.
FOA. Si ritenuto nel Progetto di stabilire una simmetria tra diritto al lavoro e dovere del lavoro. Credo che si
debba rispettare questa esigenza di simmetria.
Ma, leggendo e rileggendo con attenzione il secondo comma dell'articolo 31, debbo confessare che non sono
riuscito a trovare un accenno qualsiasi che concordi con questa affermazione. L'unico significato che mi dato
di trarne, almeno secondo le mie facolt interpretative, questo: che ogni cittadino ha il dovere di operare in
conformit e secondo la propria scelta, cio ha il dovere di fare i suoi comodi. l'unica norma che si pu trarre,
a mio giudizio, dal secondo comma dell'articolo 31, ed il terzo comma dello stesso articolo collegato a questo
strano dovere che non mi sembra debba essere formulato esplicitamente nella Costituzione. Mi sembra che
questa formulazione sia difettosa nel significato. Pu essere che l'interpretazione difettosa sia la mia, ma mi
pare che la formulazione che ogni cittadino ha il dovere di fare un lavoro in conformit della propria scelta ,
oltre tutto, una amara ironia perch noi sappiamo molto bene che nonostante tutta la retorica che si possa fare
sul lavoro, la quasi totalit del lavoro manuale non si svolge in conformit della propria scelta, ma che i dati che
si pongono al lavoratore sono dati obbligati. Ora, mi pare che questa formulazione abbia un significato ironico
che non dovrebbe trovare posto nella Costituzione.
Penso che se si deve stabilire un dovere al. lavoro, corrispondente al diritto al lavoro, questo dovere deve
riflettere l'atteggiamento del singolo nei confronti della societ organizzata politicamente, cio dello Stato, e che
quindi il dovere al lavoro si traduca, come sua sola formulazione plausibile, in un diritto, da parte dello Stato, di
richiedere la prestazione del lavoro dei singoli. Questo mi pare che sia, nell'articolo 31, esplicitamente escluso,
perch quando si dice che ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit che concorra allo sviluppo, materiale
o spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta, esclusa qualunque
possibilit da parte della Repubblica di richiedere al cittadino un determinato lavoro.
Ora, noi sappiamo benissimo che lo Stato richiede ai cittadini un'aliquota del loro lavoro, in forma monetaria,
attraverso tributi; noi sappiamo che in certe circostanze lo Stato richiede un'aliquota di lavoro in prodotti,
attraverso i conferimenti obbligatori. Non credo che dobbiamo, per un indefinito avvenire, limitare ed escludere il
diritto dello Stato di richiedere ai cittadini una prestazione di lavoro quando questa possa servire al benessere
della collettivit. Allo stesso modo come noi sappiamo che lo Stato ha il diritto di richiedere la prestazione al
cittadino per la difesa del territorio della Repubblica, senza che sia fissata nessuna limitazione, perch le
limitazioni saranno fissate dal grado di civilt dei cittadini, cos, per quello che sar un eventuale diritto futuro, lo
Stato italiano deve poter richiedere una prestazione di lavoro al cittadino, che sar limitata dal grado di
coscienza democratica e di evoluzione civile dello Stato democratico.
Con l'occasione, svolgo anche l'altro emendamento, di soppressione del terzo comma, che collegato con
quello che ho test svolto. Rilevo che, se venisse accettato il mio emendamento al secondo comma, l'ultimo
comma non avrebbe pi ragion d'essere. Nel caso invece che il mio emendamento al secondo comma sia
respinto; io intendo rinunciare all'emendamento soppressivo del terzo comma, perch evidente che la
sanzione della privazione dell'esercizio dei diritti politici, data la genericit con la quale stato formulato il
dovere del lavoro, una sanzione di carattere morale, mancando qualunque possibilit di valore giuridico.
Qualora invece si concretasse il dovere del lavoro, non vi sarebbe pi bisogno di una sanzione di questo tipo,
cio di una sanzione morale. Io non
faccio la questione del collegamento fra l'articolo 31 e l'articolo 45. Questa una questione che, non essendo
ancora stato votato l'articolo 45, non pone nessuna limitazione per la votazione dell'ultimo comma dell'articolo
31. Quindi, mantengo la mia proposta di soppressione del terzo comma, nel solo caso che venga approvato il
mio emendamento al secondo comma.
PRESIDENTE. Segue l'emendamento degli onorevoli Morini, Taddia, Persico, Gullo Rocco, Bennani, Di
Giovanni, Lami Starnuti.

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Sostituire il secondo comma col seguente: Ogni cittadino ha il dovere di lavorare, conformemente alle
proprie possibilit .
L'onorevole Morini ha facolt di svolgerlo.
MORINI. Siamo stati indotti a presentare l'emendamento al secondo comma dell'articolo 31 perch ci sembra
che la dizione del Progetto sia troppo lata. E ci anche in rapporto a quella che un po' la caratteristica del
nostro progetto di Costituzione, caratteristica che comporta allo Stato una quantit di aggravi i quali, se non vi si
pone un freno, potrebbero diventare una soma eccessiva. Il secondo comma dell'articolo 31 deve essere
considerato in rapporto alla prima parte dell'articolo 32.
Dice il secondo comma dell'articolo 31:
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta .
Dice l'articolo 32:
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantit e qualit del lavoro ed in ogni caso
adeguata alle necessit di un'esistenza libera e dignitosa per s e per la famiglia
Immediatamente la domanda che viene spontanea questa: chi paga queste retribuzioni? In genere paga il
beneficiario di quell'attivit o di quella funzione. Ma nella formula dell'articolo 31 rientrano attivit che non si
risolvono a favore di una determinata persona o ente, ma si svolgono a vantaggio della societ, presa nella sua
essenza religiosa, come direbbero i colleghi democristiani.
inutile fare dei sottintesi: pacifico che rientra in questo caso l'ordine religioso contemplativo, rientra in esso
chi fa della propria vita una dura rinuncia, ad esempio, in una continua preghiera, a favore dell'umanit per i
peccati degli uomini. Ed allora pacifico che domani si potr dire che questa retribuzione dovr essere pagata
dallo Stato, cio dalla societ organizzata.
Ed qui il nostro dissenso: nessuna obbiezione a quella che caratteristica gelosa dell'organizzazione della
Chiesa, ma anche nessun addentellato per nuovi aggravi.
Sopprimere allora il secondo comma dell'articolo 31? No! perch esso il completamento del primo comma. Nel
primo comma si parla del diritto al lavoro, nel secondo comma si parla del dovere al lavoro. Inoltre esso avvio
e premessa al terzo comma, che contiene la sanzione politica per chi si sottrae al dovere del lavoro, circoscritto
nei limiti delle sole possibilit di ciascuno. Manteniamo quindi il secondo comma nella nuova formulazione da noi
proposta per impedire nuovi aggravi allo Stato, perch questo non continui ad essere il Cireneo moderno di tutte
le situazioni in cui vi sia carenza o insufficenza di soggetto passivo.
PRESIDENTE. Segue l'emendamento della onorevole Federici Maria:
Al secondo comma, sostituire la parola: attitudini alla parola: possibilit .
Ha facolt di svolgerlo.
FEDERICI MARIA. Onorevole Presidente, questo emendamento stato proposto da me in connessione con altri
due emendamenti che si riferiscono rispettivamente agli articoli 48 e 98 del progetto e che appartengono ai Titoli
relativi ai diritti politici e alla Magistratura. Mi riservo, in sede di discussione di quegli articoli, di chiarire questo
concetto della possibilit , perch tale parola in questo articolo costituisce una limitazione per la donna nel
campo del lavoro.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Zotta e Cassiani hanno presentato il seguente emendamento:
Al secondo comma sopprimere le parole: conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta, e
sostituirle col seguente comma:

288

Ogni cittadino libero di scegliere la propria occupazione .


L'onorevole Zotta ha facolt di svolgerlo.
ZOTTA. L'articolo 31 parla nel primo comma del diritto al lavoro, nel secondo comma del dovere del lavoro e
della libert di scelta della professione; nel terzo, infine, commina una sanzione contro chi non lavora, la quale
consiste nella perdita dell'esercizio dei diritti politici.
Questo articolo, come d'altronde il complesso delle norme che riguardano la disciplina del lavoro, fissa uno
status professionale. Indubbiamente ogni cittadino, in quanto lavoratore, si trova di fronte agli altri lavoratori in
una specifica situazione di fatto e di diritto che qualifica, distingue la sua persona nella societ. E ugualmente la
categoria dei lavoratori del medesimo tipo assume di fronte alle altre categorie di lavoratori, nell'odierno assetto
economico e giuridico, una particolare personalit ed autonomia e cos si inserisce nell'organizzazione dello
Stato. Dunque vi uno status professionale.
Ora la questione che sorge questa: se questo status abbia effetti nell'ordinamento costituzionale, nel senso
cio che esso costituisca un motivo di privilegio, di differenziazione tra i cittadini, una condizione per la
partecipazione stessa alla vita politica della societ. E allora mi viene da pensare alla strana situazione in cui in
un tempo si trovavano i cittadini. Dante costretto ad iscriversi alla Corporazione degli speziali per esercitare i
diritti politici; la Costituzione russa prescrive che chi non lavora non mangia; e il medesimo concetto ripetuto
nella Costituzione jugoslava chi non d nulla alla comunit non ha diritto di ricevere nulla dalla stessa .
E la nostra Costituzione? Il progetto esclude chi non lavora dall'esercizio dei diritti politici. Al di fuori delle
cennate costituzioni russa e jugoslava, le quali peraltro non si concretano in particolari disposizioni coercitive o
in una sanzione particolare, l'Italia il primo paese che introduca una limitazione nella capacit civile a carico
dell'individuo che non lavora. Dunque lo status professionale incide sulla capacit giuridica del cittadino.
Finora si insegnava che per la persona fisica, unica condizione per essere subietto di diritto fosse quella di
essere uomo, che la capacit giuridica, cio quel complesso di poteri e di facolt che definisce l'individuo
nell'organizzazione sociale, appartenesse all'individuo fin dalla nascita, e che essa potesse essere limitata
relativamente soltanto ad alcuni diritti, per ragione di sesso, di et, d'infermit o di condanna penale. Una
innovazione fu introdotta tanto infelice e fu quella che metteva al bando della vita civile gli appartenenti alla
razza ebraica. Vogliamo noi continuare nel sistema e dividere, senza un criterio sicuro ed obbiettivo di
valutazione e di discriminazione, i cittadini in probi e reprobi?
Non tanto, onorevoli colleghi, mi preoccupa l'introduzione del principio, del quale a temere soltanto la
pericolosit, la tendenziosit dell'applicazione e non gi la rispondenza ad uno stato di fatto sussistente nella
realt - io non ho mai trovato finora alcuna persona sana la quale non lavorasse perch non volesse lavorare,
ma centinaia di migliaia di uomini che non lavorano perch non trovano da lavorare - non tanto, dicevo, mi
preoccupa l'introduzione del principio in Italia, proprio in Italia dove tutti gli uomini, siano ricchi, siano poveri,
vivendo in un'atmosfera di miseria che minaccia di giorno in giorno di soffocare il popolo tra gli artigli della fame,
sono naturalmente stimolati da una spinta individuale e da una spinta collettiva ad acuire il proprio ingegno, a
raffinare la propria intelligenza fino all'esasperazione, ad intensificare la propria attivit sino a moltiplicarla per
cercare di far fronte ai mille bisogni, cui le desolate condizioni di natura non provvedono: mi preoccupa invece
che si perpetui il sistema di introdurre, ora per una ragione ora per un'altra, in una ininterrotta vicenda di azioni e
di reazioni, di avvisaglie e di rappresaglie, limitazioni di capacit che costituiscono violazione dei diritti primordiali
della personalit umana.Ci essenzialmente antidemocratico.
Chi non sente tutta la bellezza di questo principio etico del dovere sociale del lavoro? Ricordo i versetti della
Scrittura: Siamo fatti per lavorare, come gli uccelli per volare. un principio di natura e, appunto perch un
principio di natura, non era stato mai fissato precedentemente nelle Cos'tituzioni.
Soltanto adesso alcune Costituzioni ne parlano; ma come di un dovere morale e sociale; usano termini elevati,
termini non giuridici. La Costituzione estone parla di onore del lavoro. La Costituzione germanica dice in
proposito: Ogni tedesco, pur conservando la sua libert personale, ha il dovere morale di impiegare le sue

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energie spirituali e corporali in modo da riuscire utile alla collettivit . Quale obbligo sociale e con speciale
riferimento alla protezione, della legge il lavoro viene definito nelle costituzioni di Costarica, Nicaragua, Panama,
Uruguay.
Perch vogliamo offendere il popolo italiano, che lavoratore al massimo, mostrando di non voler fidare nella
sua sensibilit morale? I concetti morali hanno una forza, una vitalit che supera la contingenza politica del
momento. Il lavoro la legge immutabile della nostra vita, ed condizione non solo del progresso economico,
ma anche di elevazione intellettuale e morale, per cui gi si pone male il problema quando si pensa che al
lavoro abbiano la spinta soltanto coloro che siano stretti da necessit economiche. Ma, svuotato il termine lavoro
del suo contenuto etico, cio della condizione della sua obiettivit ed universalit, e ristretto ad una nozione
giuridica, cio ad un obbligo di fare con minaccia di sanzione, ecco allora la grande questione: che cosa il
lavoro? E la risposta la dar la forza politica predominante nel momento. Si profila cos, nel delineare il concetto,
una pericolosa incertezza, una nebulosit di linee e di confini, che fa temere che domani saranno soltanto
elementi contingenti e, forse, anche ciechi istinti a determinare chi bisogna proteggere e chi bisogna
perseguitare, chi lavoratore e chi non lavoratore. per questa ragione che chiedo la soppressione dell'ultimo
capoverso dell'articolo.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Caso, Coppa e De Maria, hanno presentato il seguente emendamento:
Al secondo comma sopprimere le parole: e alla propria scelta, e aggiungere, dopo la parola: possibilit, le
parole: fisiopsichiche e tenuto conto delle preferenze individuali .
L'onorevole De Maria ha facolt di svolgerlo.
DE MARIA. All'articolo 31 si afferma che il cittadino ha il dovere di svolgere una attivit o uria funzione
conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta.
Siccome le possibilit sono un'affermazione tanto generica quanto l'altra della propria scelta, proponiamo di
specificare meglio al futuro legislatore cosa possa significare la frase nel suo insieme conformemente alle
proprie possibilit e alla propria scelta e questo sopratutto allo scopo di richiamare l'attenzione sopra i postulati
di una scienza moderna, cio la psicotecnica, la quale studia appunto le possibilit dell'organismo umano in
rapporto all'orientamento e alla selezione professionale.
Se si vuole limitare l'affermazione al dovere di svolgere una attivit oppure una funzione qualsiasi che concorra
allo sviluppo materiale o spirituale della societ, allora varr la pena di sopprimere il resto del secondo comma;
ma se nella Costituzione si vuole fare accenno alle possibilit del cittadino (specificando di quali possibilit si
tratti) e alla propria scelta (accennando alle condizioni e modalit della scelta di una determinata professione o
di un determinato mestiere), allora converr aggiungere alla parola possibilit le parole fisiopsichiche e
tenuto conto delle preferenze individuali (se fisiopsichiche troppo tecnico: organiche). Con questa dicitura si
entra nel campo della razionalit scientifica: senza peraltro imporre preventivamente alcun obbligo al legislatore,
gli si d l'indicazione per una possibile attuazione, nelle future leggi di tutela del lavoro, di tutte quelle norme che
servano a proporzionare sempre meglio le attivit fsiche e psichiche di ogni individuo, non padrone assoluto di
una scelta pi o meno empirica della sua professione, ma disponendo delle proprie energie in rapporto con
quelle preferenze individuali, che, insieme con lo studio delle attitudini individuali, concorrono alla scelta del
mestiere ma non lo determinano da sole. Di qui pu arguirsi tutta la importanza di questa precisazione, a prima
vista superflua o eccessivamente unilaterale dal punto di vista medico, sol che si tenga presente quanta
dispersione di energie lavorative e quanta mancata selezione nei vari mestieri siano dovute, per lo pi, alla
scelta empirica della propria attivit di lavoro, senza cio il concorso di un accertamento, sia pure con una
componente volontaria, delle attitudini individuali.
E si tenga conto inoltre che lo Stato, interpretando, disciplinando e razionalizzando anche questa componente
volontaria nello studio e nella determinazione delle attitudini, alla luce delle ultime conquiste della psicotecnica,
verrebbe ad immettere nella societ un patrimonio intellettivo finora inesplorato fra i lavoratori, quanto mai
suscettibili di sviluppi geniali o almeno educativi, a favore della intera Nazione.
Il secondo comma resterebbe dunque per noi cos formulato:

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Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit o una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ conformemente alle proprie possibilit fisiopsichiche e tenuto conto delle preferenze
individuali .
Allo stesso articolo 31 proponiamo poi l'abolizione del terzo comma ove detto che, in caso di inadempimento
del dovere del lavoro, possono essere sancite delle limitazioni o abolizioni dei diritti politici. Questo comma in
contrasto con l'articolo 45 del Titolo quarto ove detto: Non pu essere stabilita nessuna eccezione al diritto di
voto se non per incapacit civile o in conseguenza di sentenza penale .
Il legislatore di domani, se fosse approvato il terzo comma dell'articolo 31, potrebbe trovarsi nella condizione di
dover sancire la privazione del voto per un cittadino che non adempisse al suo dovere di lavoro; mentre
all'articolo 45 stabilito il contrario.
Per queste ragioni proponiamo l'abolizione del terzo comma dell'articolo 31.
Concludo insistendo sopratutto sulla opportunit del primo emendamento poich, utilizzando i risultati conseguiti
dalla scienza medica nel campo dello studio delle attitudini e attivit professionali, contribuiremo efficacemente
al migliore avvenire sociale e politico della Patria.
Presidenza del Vicepresidente TUPINI
PRESIDENTE. L'onorevole Gabrieli ha proposto di sopprimere il terzo comma.
Ha facolt di svolgere l'emendamento.
GABRIELI. L'ultimo comma dell'articolo 31 si propone di condizionare l'esercizio dei diritti politici
all'adempimento dell'obbligo stabilito nel secondo comma dell'articolo 30.
Mi permetto di far rilevare che questo comma contrasta in maniera assoluta con l'articolo 3 della Costituzione,
dalla Costituente gi approvato, nel quale si fa dipendere l'esercizio di tutti i diritti civili e politici dalla semplice
qualit di cittadino. Esso contrasta inoltre con l'articolo 45 che dovremo approvare, in cui si dice che il diritto
elettorale attivo non dipende se non dalla qualit di cittadino. Mi permetto di ricordare che la sospensione o la
perdita totale dei diritti politici dipende da sentenza penale di condanna che supera determinati limiti di pena.
Solamente in quel caso il cittadino entra in condizioni di inferiorit morale e giuridica e perde definitivamente o in
maniera temporanea, a seconda della gravit della condanna, l'esercizio dei suoi diritti.
PRESIDENTE. Anche gli onorevoli Bosco Lucarelli, Cappi e Cappugi hanno proposto di sopprimere il terzo
comma.
L'onorevole Bosco Lucarelli ha facolt di svolgere l'emendamento.
BOSCO LUCARELLI. Rinunzio allo svolgimento associandomi a quanto ha detto l'onorevole Gabrieli.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Benvenuti e Domined hanno anch'essi proposto di sopprimere il terzo comma.
L'onorevole Benvenuti ha facolt di svolgere l'emendamento.
BENVENUTI. Onorevoli colleghi, evidente che sono in gioco in quest'ultimo capoverso dell'articolo 31 i diritti
fondamentali del cittadino: in particolare verrebbe da tale disposizione ad essere minato uno dei diritti, senza dei
quali non vi democrazia, e cio il diritto di partecipazione di tutti i cittadini alla formazione della legge.
Ora si pu discutere se il potere costituente abbia, o non abbia, fra le sue facolt quella di limitare o di togliere
ad alcune categorie di cittadini questo particolare diritto. Quello che, a mio avviso, non pu essere ammesso,
che un tale diritto venga messo in balia degli arbitr del potere legislativo, come praticamente avverrebbe se si
approvasse questo capoverso.

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Mi permetto di rilevare che la Corte costituzionale in nessun caso sarebbe in condizione di cassare una legge
elettorale, la quale togliesse i diritti fondamentali politici ai cittadini sulla base del capoverso 2 dell'articolo: in
quanto o la Corte costituzionale per non invadere l'orbita del potere legislativo dovrebbe dichiararsi
incompetente, ovvero dovrebbe entrare in questioni sottili di apprezzamento di natura sociale e politica che, a
mio avviso, esorbitano completamente dai poteri di un organo giurisdizionale. Quindi praticamente, nessuna
legge elettorale, che limitasse i diritti dei cittadini in base al capoverso dell'articolo 31 potrebbe andare soggetta
a censura da parte della Corte costituzionale: donde possibilit di ripetuti arbitrii da parte di tutte le maggioranze
parlamentari, che di volta in volta potrebbero, in certo modo, rifare il loro corpo elettorale appoggiandosi al terzo
capoverso.
Quindi fondamentale che il terzo comma sia soppresso.
PRESIDENTE. L'onorevole Cortese ha gi svolto il suo emendamento tendente a sopprimere il terzo comma.
L'onorevole Mortati ha presentato un emendamento che propone di rinviare la discussione dell'ultimo comma
al momento dell'esame dell'articolo 45, col terzo comma del quale in netta contradizione .
Ha facolt di svolgere l'emendamento.
MORTATI. indubbia l'opportunit del rinvio dell'ultimo comma al momento dell'esame dell'articolo 45 relativo ai
diritti politici, in quanto che, quando si discuter l'articolo 45, si dovranno esaminare alcuni casi di esclusione dal
diritto elettorale che hanno dei punti di collegamento e sono in riferimento con l'adempimento delle attivit
lavorative. Ed allora sarebbe opportuno che queste ipotesi siano considerate nella stessa sede e pertanto
propongo il rinvio.
PRESIDENTE. Occorre che lei chiarisca, onorevole Mortati, la portata del suo emendamento, se cio si tratta di
rimandare la discussione nel merito o di fare una questione di collocamento, poich in quest'ultimo caso
potremmo studiare il problema dopo aver approvato il primo ed il secondo comma. Se fa una discussione di
merito, le faccio osservare che la questione gi stata sufficientemente esaminata.
MORTATI. La mia proposta - come risulta dalla sua stessa formulazione - era quella di rinviare la discussione,
poich vi sono altri casi ed altre ipotesi di limitazione del diritto del voto che potrebbero porsi in relazione con il
dovere del lavoro (come quello dei ricoverati negli ospizi di mendicit), quindi opportuno esaminarli
globalmente. Propongo pertanto il rinvio della discussione all'articolo 45.
PRESIDENTE. L'onorevole Nitti ha proposto di sopprimere il secondo e il terzo comma.
Ha facolt di svolgere l'emendamento.
NITTI. Ieri avrei voluto parlare su questo Titolo terzo: Rapporti economici , ma una noiosa raucedine ed anche
la febbre mi impedirono di attenermi al mio proposito. Mi permetter oggi di dire solo poche parole. Io ritengo
che questo Titolo terzo sia di estrema gravit; e molte di quelle cose che oggi ci proponiamo di votare,
facilmente potranno costituire per l'avvenire un grave peso su tutta l'economia nazionale. La massa enorme di
promesse che vi sono contenute non potremo mantenerle.
Mi limito oggi a spiegare per quali ragioni io vorrei che gli articoli 31 e 32 fossero in parte modificati o soppressi.
Noi affermiamo nell'articolo 31 che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni per rendere effettivo questo diritto . Ci non manca di gravit, perch costituisce peso enorme e
indefinito. naturale che il lavoro abbia le sue esigenze, e per quanto possibile noi dobbiamo cercare di dare
al lavoro il posto che merita nella nostra societ. Si afferma che ogni cittadino ha il diritto di svolgere una
attivit o una funzione che concorra allo sviluppo materiale o spirituale della societ conformemente alle proprie
possibilit ed alla propria scelta ; e si aggiunge (e non proprio necessario) che l'adempimento di questo
dovere condizione per l'esercizio dei diritti politici . Si afferma poi che il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantit e qualit del lavoro adeguata alle necessit di una esistenza libera e
dignitosa per s e per la famiglia. Il lavoratore ha diritto non rinunciabile al riposo settimanale ed a ferie annuali
retribuite . Buoni propositi! Chi ha scritto questo articolo vorrei che me lo spiegasse. Esso costituisce un fatto

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nuovo. Che questo articolo possa essere scritto come una aspirazione, poetica e sentimentale, io mi spiego.
Questo articolo sembra inspirato da una concezione russa. N meno in Russia ora realizzabile, ma potrebbe
essere in lontano avvenire. Un paese che ha estensione immensa, abbondanza di materie prime - seppure
attualmente manchi di tutto - pu esprimere questo come un proposito, come una volont avvenire. L'Italia pu
veramente fare queste cose come promesse? L'Italia non pu vivere da s sul suo territorio. Chi fa queste
promesse non solo per l'avvenire ma per il presente vaneggia. L'Italia ha un piccolo territorio dove su 310 mila
chilometri quadrati deve vivere una massa enorme di uomini. Sopra un ettaro di terreno coltivabile devono vivere
due uomini e mezzo. L'Italia non ha materie prime. il solo paese d'Europa che si trovi in queste . gravi
condizioni. Non vi sono che due grandi paesi continentali in Europa che hanno un territorio limitatissimo, la
Germania e l'Italia.
L'Italia ha press'a poco la stessa densit di popolazione della Germania, presso a poco 140 abitanti per
chilometro quadrato. Ma la Germania ha infinite risorse: oltre ad avere un territorio quasi tutto in pianura, molto
pi fertile di quello dell'Italia, con una rete di canali, ha una pi grande quantit di materie prime, sovratutto
carbone e altri combustibili fossili. Quindi, essa ha tutte le condizioni per una grande industria. La sola Ruhr, che
ha un territorio piccolo come quello di un circondario italiano, ha produzione tale che pu comperare all'estero
tutte le materie prime per tutta la Germania con i soli prodotti della Ruhr.
Noi facciamo promesse sulla carta: garantiamo condizioni di vita, che poi non potremo dare mai, per gran tempo
al popolo italiano. Noi non possiamo garantire nulla di ci che promettiamo. Il popolo italiano dovr vivere di
sforzi. Esso non mai vissuto delle risorse del proprio territorio. L'Italia, per formarsi, ha dovuto mandare
all'estero fino ad un milione di uomini all'anno, in via temporanea o in via definitiva. L'Italia ha dovuto utilizzare
tutte le sue risorse, per poter vivere. E noi ci mettiamo a garantire qui, seriamente, che alle famiglie italiane noi daremo ora un alto tenore di vita. Non potremo dare mai ci che l'Italia non
ha mai avuto.
Avendo adottata la formula politica che abbiamo adottato, non dobbiamo discreditarla, promettendo cose che
l'Italia non pu ora e non potr dare n meno in avvenire prossimo.
Io devo dire che noi dobbiamo dare al popolo italiano, con ogni sforzo, una sensazione di vita, non false illusioni.
Il popolo italiano non pu vivere nelle difficolt attuali che penosamente e dovr incontrare terribili difficolt per
molti anni. Mentiscono coloro che adesso affermano che in pochi anni la situazione italiana diventer non solo
normale, ma facile e che di nulla mancheremo. Costoro dicono cose non vere. L'economia italiana si potr
riprendere solo lentamente, penosamente e con grande sforzo e fatica.
Ora, come possiamo promettere a cuor leggero che daremo al lavoratore, in ogni caso, un'esistenza libera e
dignitosa per s e per la famiglia? Non l'ha mai avuta. Potremo garantirla solo perch abbiamo la Repubblica e
diciamo di essere una democrazia?
Noi possiamo proporci tutte le buone ed oneste cose che vogliamo, ma non potremo dare ci che non
possibile.
Noi possiamo assumere degli obblighi di ordine morale, ma non di ordine materiale. Noi dobbiamo rimanere
nella realt.
Quando da una parte e dall'altra di questi settori si raggiunge, per sentimenti diversi, un accordo
nell'espressione di tendenze ottimiste, io so che gli uni e gli altri non manterranno, non potranno mantenere,
perch la realt pi forte delle illusioni.
Io non vorrei far diffondere queste illusioni nell'animo popolare.
Parler dopo, se mi riuscir, su quanto riguarda il lavoro, i diritti al lavoro, lo sciopero e i conflitti del lavoro.
In sede di discussione degli articoli mi permetter di fare solo qualche osservazione.

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Voglio ora limitarmi a dire che non intendo, da parte mia, garantire alcune promesse che so non potere essere
mantenute. Quindi ho proposto di sopprimere le parole che esprimono impegni non realizzabili. Si parla
facilmente di rendere dignitose e prospere le condizioni della famiglia! La famiglia in Italia pi numerosa che,
quasi, in qualunque altro paese civile. E vi sono persone inconscie che sperano in famiglie che diventino pi
numerose. Mussolini premiava le famiglie numerose, quasi non bastasse che la famiglia italiana sia, fra i grandi
Stati di Europa dell'occidente, la pi numerosa. Mussolini la voleva numerosa solo perch aveva l'illusione che
cos avrebbe fatto esplosione, avrebbe portato la guerra nel mondo. Ora la famiglia italiana non pu darsi
nemmeno questo lusso. La famiglia italiana deve essere elemento di ordine e di pace e deve prima di tutto
conquistare la vita, il diritto di esistenza, non pensare a niente di quello che turba il mondo. E per, dunque, io
spero che il tempo delle follie ideologiche in un senso o nell'altro sia definitivamente finito.
Nella unione attuale fra democristiani e comunisti non si pu procedere troppo avanti senza danno. Unioni
provvisorie d'azione politica per scopi temporanei e temporanee esigenze sono possibili qualche volta forse
senza danno. Ma unione permanente di programmi non verosimile senza danno di tutti o senza infingimenti.
La falce e il martello e la croce e l'aspersorio non possono avere n gli stessi ideali, n la stessa azione. In
avvenire ognuno deve seguire la sua via. La libert deve essere difesa contro tutte le insidie. Se la concordia in
tempi calamitosi utile, non sempre utile, spesse volte dannosa. Io non ho da dire che poche parole per
mettervi in guardia, e cio che gli articoli 31 e 32, cos come sono stati concepiti, non sono possibili, perch
promettono delle realt non reali, promettono cose che non possono essere mantenute, stabiliscono impegni
dello Stato che lo Stato non potr mantenere n meno in avvenire anche in paesi ben pi ricchi.
Mi riservo, in seguito, di dimostrare come qualche altra illusione sia non meno pericolosa. Mi limito oggi a questa
semplice osservazione o piuttosto a qualche semplice richiamo.
PRESIDENTE. L'onorevole Ruggiero Carlo ha presentato il seguente emendamento:
Al terzo comma, tra, la parola: dovere, e le parole: condizione, inserire: salvo i casi di provata impossibilit .
Ha facolt di svolgerlo.
RUGGIERO CARLO. Onorevoli colleghi, l'ultimo comma dell'articolo 31 ha gettato un po' di confusione in molti
spiriti, tanto vero che con molta insistenza, da parte di parecchi settori della Camera, sono pervenuti
emendamenti, i quali chiedono concordemente la soppressione del comma stesso.
Io debbo osservare che, se noi consideriamo il comma come fatto a s stante, indipendentemente dal contesto
della Costituzine e come avulso da questa, il comma ultimo dell'articolo 31 potrebbe apparire come eccessivo,
perch potrebbe creare una specie di menomazione a quella che la dignit o la libert del cittadino. Ma, se voi
considerate questo comma in rapporto al complesso delle norme costituzionali approvate fino a questo
momento, voi vedrete che questo comma appare come il corollario, come la conseguenza logica di quello che
stato da noi stabilito nelle norme costituzionali precedenti. Vedete, noi abbiamo assunto il lavoro nella
Costituzione come fondamento della Repubblica, tanto vero che nell'articolo 1 scritto che l'Italia una
Repubblica che trova il suo fondamento nel lavoro. Questo significa che il lavoro viene considerato da noi come
elemento sostanziale e come fatto fondamentale. Insomma, noi diciamo nella Costituzione che il lavoro che d
un contenuto etico alla nostra vita di cittadini italiani.
Affermato questo principio, che oramai irrevocabile, perch stato sancito nella Costituzione, ci troviamo di
fronte a questo dilemma: questa affermazione deve rimanere un'affermazione astratta, metafisica, rinviata e
relegata nel campo ideologico delle astrazioni, oppure questa affermazione deve trovare riscontro nella realt
pratica? Perch, se si di questo secondo avviso, io penso che in un solo modo noi possiamo tradurre in realt
pratica il principio fondamentale che abbiamo assunto, cio il lavoro: dando al principio la sanzione, e
propriamente la sanzione che contenuta nell'ultima parte dell'articolo 31. Perch io vedo l'ultimo comma
dell'articolo 31 come una sanzione. Colui il quale non lavora, colui il quale non osserva il principio che deve
essere considerato come lo spirito informatore della Carta costituzionale, andr incontro a questa misura, cio
alla privazione dell'esercizio dei diritti del cittadino, inteso come elettore.
Quindi, o riteniamo che l'articolo 1 debba avere attuazione pratica; e allora, necessariamente dobbiamo
addivenire all'accettazione dell'ultima parte dell'articolo 31; se no l'articolo 31 - ripeto - rester un'affermazione

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vuota di ogni vero contenuto giuridico, assolutamente improduttiva di effetti, assolutamente inefficace e
inoperante.
Ora, quando si parla di sanzione, onorevoli colleghi, si pensa a qualche cosa che possa mortificare un po' la
dignit e la libert del cittadino. Nella specie mi sembra di no. C' stato il collega onorevole Zotta, il quale diceva
che in una Costituzione moderna era sancito il principio - che poi il principio di San Paolo - per cui chi non
lavora non mangia. In quella Costituzione, esiste la sanzione, ma intesa in senso direi materialistico o, diciamo
la parola pi esatta, in senso corporale. Qui invece esiste una sanzione, la quale - secondo il mio modesto
parere - non vale a mortificare la dignit e la libert del cittadino, ma vale invece a conferire prestigio al principio
del lavoro, cio a quel principio che abbiamo assunto come fondamentale elemento della Carta costituzionale.
Perch? Perch, quando si dice che l'elemento essenziale del cittadino la sua attivit, il suo lavoro, e si
assume il lavoro a tale elevazione di concezione, giusto che la sanzione abbia lo stesso valore cio
corrisponda ad una privazione che incide sul diritto e sulla funzione del cittadino. L'esercizio dei diritti politici
costituisce una funzione e un diritto squisitamente propri del cittadino. La sanzione che consiste nella privazione
di questo diritto assume un valore direi quasi etico, che corrispondente al valore dato al principio del lavoro.
Non quindi sanzione di ordine materiale e corporale, che angustia e mortifica, ma sanzione che - secondo me
- dona prestigio al lavoratore in quanto ne aumenta la sensibilit morale e corrisponde ad una funzione
squisitamente personale. Quindi non dovrebbe sgomentare ed impaurire, secondo me, questa forma di sanzione
contenuta nell'articolo 31.
Io vorrei fare osservare ai colleghi democratici cristiani che furono proprio i rappresentanti del loro partito, in
seno alla Sottocommissione, che proposero l'ultimo comma dell'articolo 31. Infatti il collega Basso inizialmente
volle che si stabilisse un principio cos formulato: Tutti i cittadini concorrono all'esercizio di questo diritto,
tranne quelli che ne sono legalmente privati, o che volontariamente non esercitino attivit produttive .
L'onorevole Merlin aderiva senz'altro alla proposta, ma l'onorevole Moro, che pur era d'accordo sul principio,
propose questa formula: L'adempimento di questo dovere al lavoro presupposto per l'esercizio dei diritti
politici . La formula, come vedete, dell'onorevole Moro. E l'onorevole La Pira, che faceva parte della stessa
Sottocommissione, si associ all'emendamento di Moro. Non capisco questa levata di scudi all'ultimo momento
contro questo articolo da parte della Democrazia Cristiana. Debbo fare notare per che non pu essere
accettato il comma dell'articolo 31, cos come formulato, perch in effetti ha una enunciazione troppo generica
e non comporta n distinzioni n discriminazioni. La dizione troppo cruda perch l'articolo non prevede i casi di
chi non pu adempiere, per ragioni indipendenti dalla sua volont, a questo dovere. Ho proposto perci un
emendamento che tiene conto di questi casi particolari: L'adempimento di questo dovere, salvi i casi di provata
impossibilit, condizione per l'esercizio dei diritti politici . L'emendamento verrebbe a rientrare in un ambito
pi ristretto e forse pi aderente alla realt pratica perch prevederebbe cos i casi di deficienza fsica e psichica
come l'involontaria impossibilit in cui uno pu trovarsi a causa della disoccupazione. Per tutti questi casi io
ritengo che si possa far luogo all'accoglimento di questo emendamento.
C' poi una questione di carattere, diciamo cos, procedurale, perch si dice che il comma ultimo dell'articolo 31
sarebbe in contrasto con l'articolo 45. Mi permettano, onorevoli colleghi, di fare osservare, che se vero che
l'ultimo comma dell'articolo 31 va inteso come una sanzione, mi pare che la sanzione debba accompagnare il
principio, e prevedere i casi di inosservanza di quel principio, mentre l'articolo 45 parla della facolt di un diritto e
quindi noi, se omettessimo qui l'ultimo comma dell'articolo 31, non statuiremmo la necessaria sanzione e
compiremmo un piccolo errore di carattere tecnico.
Per le ragioni da me modestamente espresse, penso che debba essere accettato l'emendamento. una piccola
battaglia che la Costituzione ingaggia contro ogni parassitismo. Questo il contenuto etico, politico, e, diciamo
anche pratico, dell'articolo in questione. Ed io mi sono permesso di formulare l'emendamento perch esso
allarga un po' il concetto contenuto nella formulazione originaria.
PRESIDENTE. L'onorevole Bubbio ha presentato il seguente emendamento:
Aggiungere all'ultimo comma:
Tale condizione non applicabile agli uomini che hanno compiuto il cinquantesimo anno di et, a quelli che
godono di pensione, n alle donne qualunque sia la loro et .

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Ha facolt di svolgerlo.
BUBBIO. Il mio emendamento ha carattere necessariamente subordinato agli emendamenti di soppressione del
terzo comma, perch devo dichiarare subito, in linea pregiudiziale, la perfetta mia adesione ai concetti espressi
dagli onorevoli Zotta, Gabrieli, Bosco Lucarelli, Domined e Foa per la soppressione del terzo comma
dell'articolo 31. Ho sentito l'onorevole Ruggiero, pochi minuti fa, accennare al fatto che in seno alla
Commissione, che ha trattato la suddetta materia, ci sono stati colleghi di questo Gruppo i quali sono stati un po'
quasi gli innovatori in materia ed i promotori di questa disposizione. Possiamo prenderne atto, ma ci non
impedisce a me, come singolo, quale investito di una rappresentanza politica, di manifestare la mia fiera
avversione a questo comma, e quindi di dissentire completamente dalle finalit propugnate dai proponenti. In
sostanza, quando parliamo di libert e di diritti politici intendiamo che essi siano tutelati e che spettino al
cittadino, indipendentemente dalla loro particolare condizione in rapporto al lavoro. Il diritto politico connaturato
all'uomo, e qualunque sia la condizione sua, non ammissibile che possa essere assoggettata a restrizioni,
salvi casi di condizioni particolari di indegnit, che la legge attuale gi contempla.
Ci premesso, dichiaro di svolgere il mio emendamento in tesi unicamente subordinata, nell'eventualit cio che
non sia accettata la soppressione del predetto capoverso. Se eventualmente, come non ci auguriamo, la
Camera fosse di tale avviso e quindi si dovesse lasciare nella Costituzione che i diritti politici del cittadino sono
subordinati all'esplicazione di un'attivit, bisogner necessariamente attenuare la portata di questa norma, come
gi il collega Ruggiero ha accennato col suo emendamento, nel senso che venga contemplato un certo numero
di esenzioni o di eccezioni, non potendosi a tutti applicare un principio cos rigoroso. un concetto d'altronde
che sarebbe di assai diffcile pratica attuazione. Se gi difficile accertare le condizioni per essere elettori, a
quali complicazioni si perverrebbe se si dovesse anche introdurre un altro requisito, per poter essere, elettori?
Basta questa considerazione per dimostrare la necessit assoluta, in cui ci troviamo, anche per ragioni pratiche,
di abolire il comma, o in subordine, di accogliere emendamento aggiuntivo da me proposto.
Il fondamento su cui questo si basa mi pare sia abbastanza chiaro, senza bisogno di speciali chiose. Se
l'esercizio dei diritti politici, secondo l'articolo in esame, subordinato all'adempimento del dovere di svolgere
un'attivit o una funzione che concorra allo sviluppo materiale o spirituale della societ, ovvio che tale
condizione non si possa opporre quando si tratta di persone pervenute ad una tale et per cli si debbano
considerare come raggiunte ed esaurite l'attivit o la funzione sopraindicate.
Gli perci che si stabilito nell'emendamento l'et del 50 anno per gli uomini. A tale et si pu dire che ogni
uomo abbia, in linea generale, gi esplicato buona parte della sua missione civile e familiare, e quindi non risulta
pi inderogabile pretendere un ulteriore periodo di attivit ovvero il mantenimento della condizione di attivit per
poter continuare a godere dei diritti politici. Sarebbe invero ingiusto e strano che giunto a tale et, dopo venti,
trenta anni di duro lavoro, l'uomo si vedesse defraudato del diritto di voto, che fino allora ha esercitato, solo
perch non continua ad esplicare la sua attivit, sino all'esaurimento delle sue forze. Basta porre questo dubbio,
per persuadersi della necessita dell'apposizione di un termine, che non pu essere che quello indicato o quello
di una et a tale limite vicina.
L'orientamento della legislazione sociale, in corrispondenza all'estendersi della disoccupazione, all'intensificarsi
del lavoro meccanico, all'aumento della natalit, lascia del resto prevedere non lontano il giorno in cui l'uomo a
50 anni potr godere del giusto assegno di pensione il che naturalmente non gli impedir di dedicarsi ancora ad
una qualsivoglia attivit lavorativa della mente o del braccio. Ad ogni modo, pensionato o meno, l'uomo
cinquantenne non deve vedersi estromesso dall'esercizio dei suoi diritti politici. All'uomo cinquantenne dovr,
per lo stesso ordine di ragioni, essere parificato chi abbia conseguito un diritto a pensione od assegno, che si
presuppone sia appunto maturato in virt e per effetto dell'opera anteriormente prestata.
Per la donna, invece, si voluto nell'emendamento proporre che la condizione stabilita nel capoverso anteriore
sia inoperante ed inapplicabile. Ci non dettato soltanto da un dovere di riguardosa cavalleria verso il cos
detto sesso debole, che pure da tempo d luminoso esempio di laboriosit e di iniziativa in questo campo, ma
anche soprattutto dalla concezione cristiana della figura sociale della donna, la quale deve essere riguardata
essenzialmente quale custode del santuario della famiglia, che un interesse della societ di conservare e di
custodire ed irrobustire. vero che le necessit economiche ognor pi gravi hanno spesso distratta la donna da
questa altissima missione; nessuno intende qui ostacolare questo incessante movimento di emancipazione, il
quale per altro non pu essere in antitesi, ma in armonica connessione con l'essenziale funzione della donna in

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seno alla famiglia, nucleo essenziale della societ. Tutti sentiamo tuttavia la potenza della poesia che fa della
donna la regina del focolare quale sposa, madre, sorella. Essa, quindi, qualunque sia la sua funzione nell'attivit
economica e spirituale, solo perch donna ed in quanto tale, ha diritto di godere dei diritti politici senza la
limitazione di cui al terzo comma dell'articolo in esame. La proposta trova d'altronde la sua giustificazione nelle
gravi difficolt che bisognerebbe superare per catalogare le donne in rapporto alla loro attivit, non potendosi
pensare che si debba escludere dai diritti politici chi, in ipotesi, si limitasse ad essere la compagna del marito,
senza l'esplicazione di una specifica attivit familiare.
La donna, in quanto tale e per sua stessa natura, imprescindibilmente portata ai lavori domestici e alle cure
farniliari e si deve considerare come esplicante in ogni et ed in ogni momento un'attivit utile alla societ. Il
lavoro vero e proprio , invece, appannaggio dell'uomo, perch non dobbiamo dimenticare il motto divino che,
se la donna partorir con dolore, spetta all'uomo di guadagnarsi il suo pane con il sudore della fronte. Quindi
confido che l'emendamento proposto sar approvato, sempre nella ipotesi subordinata che non sia accettata la
soppressione dell'intero capoverso che da ogni parte invocata e sulla quale ancora una volta anch'io insisto.
PRESIDENTE. Segue l'emendamento degli onorevoli Nobili Tito Oro e Condorelli:
Trasferire l'ultimo comma dell'articolo 10 al primo comma dell'articolo 31 che avr in tal modo la formulazione
seguente:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuove le condizioni per renderne effettivo
l'esercizio e tutela il lavoro italiano all'estero .
Chiedo al proponente se non ritiene che questo emendamento sia gi assorbito dalla deliberazione
dell'Assemblea, che, accettando l'emendamento Domined, ha anche accolto questo concetto.
NOBILI TITO ORO. L'emendamento che si propone non consta solo dell'elemento aggiuntivo ma anche di un
altro elemento, quello modificativo dell'espressione promuove le condizioni per rendere effettivo questo diritto
. Questa espressione si chiede di sostituire con l'altra, indiscutibilmente pi propria, promuove le condizioni
per renderne effettivo l'esercizio . IL diritto diritto: o non . Non si pu parlare di un diritto in attesa di
divenire effettivo. Quindi, nel concetto dell'emendamento proposto, l'espressione per renderne effettivo
l'esercizio quella che rispettando l'essenza del diritto, corrisponde in pari tempo allo spirito del progetto.
Quanto all'altra parte dell'emendamento, onorevole Presidente e onorevoli colleghi, sono d'accordo che il voto
test emesso dall'Assemblea sull'emendamento dell'onorevole Tremelloni l'abbia assorbita; ma assorbita fino ad
un certo punto, nella sostanza; e per questa parte mi compiaccio che il principio della tutela del lavoro italiano
all'estero sia stato assunto qui, nel titolo dei rapporti economici. Ma c' l'altra questione, quella insita nella
proposta di inserire questo principio nell'articolo 31 anzich altrove.
A tale riguardo ha gi osservato l'onorevole Presidente che questa pu essere materia di riesame da parte
dell'onorevole Commissione in sede di coordinamento e di definitiva redazione del testo.
Io ne prendo atto volentieri, ma non posso trattenermi dal raccomandare fin da ora alla Commissione di
considerare che il punto sul quale l'inserzione deve aver luogo proprio questo in cui, dalla linea concettuale del
riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro si sviluppa prima il conseguente obbligo, da parte dello Stato,
di promuovere le condizioni per rendere effettivo l'esercizio di questo diritto e poi, conseguenza a sua volta di
questo obbligo, il dovere di tutelare il lavoratore, nell'esecuzione del suo lavoro, dovunque esso sia compiuto.
Siccome non sempre sar possibile procurare al cittadino lavoro in patria, sar compito del Governo favorirne
l'emigrazione. Onde si rende necessario che lo Stato tuteli il lavoro del cittadino anche all'estero: perch, se lo
accompagnasse con la propria assistenza soltanto fino al piroscafo o al treno che deve condurlo oltre frontiera,
esso renderebbe inoperante e annullerebbe tutta la tutela prestatagli fino a quel momento.
La Repubblica, che fondata sul lavoro, che chiama i lavoratori alla partecipazione effettiva al Governo dello
Stato e delle pubbliche amministrazioni, che protegge il lavoro in tutte le sue manifestazioni, che per tutti i
cittadini ne fa un dovere e, corrispondentemente, un diritto; la Repubblica, che promuove le condizioni per
l'effettivo esercizio di questo diritto, deve proprio per effetto dell'assunzione di tali obblighi, tutelare i cittadini

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costretti ad emigrare per necessit di lavoro dovunque si rechino; e tutelarli non soltanto nelle persone, ma
anche nei diritti che dal lavoro ad essi derivano e nel prestigio della Patria, che condizione preliminare del
rispetto ad essi dovuto.
Se tale lo sviluppo logico e necessario del riconoscimento del diritto dei cittadini al lavoro e del dovere dello
Stato di promuovere le condizioni per il suo esercizio, la tutela del lavoro italiano all'estero, come conseguenza
indispensabile di tali premesse, deve trovare proprio nell'articolo 31 il logico collocamento.
E pertanto, mentre ritiro con questa raccomandazione la parte aggiuntiva dell'emendamento, senza pregiudizio beninteso - delle determinazioni riservate all'onorevole Condorelli. Per quanto riflette la parte sostitutiva vi
insisto.
PRESIDENTE. Prego l'onorevole Relatore di esprimere l'avviso della Commissione sugli emendamenti
presentati.
GHIDINI, Presidente della terza Sottocommissione. La Commissione non accetta l'emendamento soppressivo
dell'intero articolo, proposto dall'onorevole Cortese. Quanto alla prima parte dell'emendamento dell'onorevole
Colitto, essa enunzia un fine dello Stato: procurare lo sviluppo economico del Paese. Sembra inutile la
indicazione di questo fine, fra i tanti che lo Stato si propone, a meno che l'onorevole Colitto non abbia inteso di
condizionare l'attuazione del diritto al lavoro a quest'unico evento (di un maggiore sviluppo economico del
Paese), nel quale caso non ci pu trovare consenzienti perch noi riteniamo che anche altre provvidenze
possano e debbano essere prese al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro.
L'emendamento continua: Predispone le condizioni generali per assicurare pi che possibile ai cittadini
l'esercizio del loro diritto al lavoro : Predispone le condizioni , detto invece nel testo; mentre qui si
specifica generali . Questa specificazione indubbiamente una limitazione, che la Commissione non pu
accettare perch vi possono essere anche condizioni particolari, oltre a quelle generali; condizioni cio riferentisi
a determinati settori dell'economia o a determinate categorie.
Il voler escludere tali condizioni particolari ci sembra non provvido divisamento, quando, in ispecie, si tratta del
lavoro e di uri diritto al lavoro per il quale si dice che la sua assicurazione talmente problematica da dar luogo
ai dubbi di cui particolarmente hanno parlato l'onorevole Nitti e l'onorevole Calamandrei.
L'emendamento dell'onorevole Colitto conclude quindi: per assicurare pi che possibile ai cittadini l'esercizio
del loro diritto al lavoro : e qui la forma attenua il concetto che vuol essere di vivo incitamento al legislatore per
conseguire il massimo impiego.
La Commissione non pu quindi accettare l'emendamento.
L'emendamento dell'onorevole Zuccarini stato abbandonato e, quindi, mi astengo dal farne parola.
Passo ora all'emendamento presentato dall'onorevole Foa: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al
lavoro, promuove le condizioni per rendere effettivo questo diritto : fino a questo punto, non abbiamo che la
riproduzione testuale del primo comma del nostro articolo 31; ma aggiunge l'onorevole Foa: ...ed assicura
l'apprestamento dei piani economici per la difesa dei consumatori e per garantire a tutti i cittadini il
soddisfacimento dei minimi bisogni vitali .
Egli pensa, dunque, in sostanza, che la formulazione breve e sobria del primo comma del testo non contenga
nulla di concreto e di preciso, che sia un'enunciazione troppo vaga e indeterminata e che, come tale, non dia
garanzia di sodisfacimento del diritto. A noi pare, invece, che le formulazioni ampie e indeterminate (per le quali
anche ieri ci stato mosso rimprovero da un onorevole collega) abbiano la loro giustificazione e la loro
spiegazione; precisamente la stessa che ho dato ieri in risposta all'onorevole Cortese. Non , quindi, necessario
che mi ripeta.
Dice l'emendamento: assicura l'apprestamento dei piani economici per la difesa dei consumatori e per
garantire a tutti i cittadini il sodisfacimento dei minimi bisogni vitali : senonch bisogna tener presente che dei
piani economici si parla nello stesso Titolo III; se ne parla all'articolo 37, secondo comma, del testo. E se ne

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parla ancora all'articolo 40. A noi pare che sia preferibile ci che stato fatto dalla Commissione perch, mentre
l'emendamento dell'onorevole Foa limita la difesa ai consumatori e accenna a un piano che dovrebbe avere per
destinatari i consumatori, noi invece parliamo in genere di piani di produzione e di distribuzione. Per questo
motivo non ci sembra opportuna l'aggiunta fatta dall'onorevole Foa e riteniamo preferibile il testo da noi proposto
come quello che pi ampio e concreto.
Per quanto riguarda l'emendamento Villani-Cairo: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro.
Promuove e disciplina le condizioni per rendere effettivo questo diritto , anche in questo caso la Commissione
apprezza quelle che sono le intenzioni che ha esposto oggi l'onorevole Villani; per pensa che le finalit che si
propone coll'aggiunta della parola disciplina siano egualmente conseguite con la formula da noi proposta.
Nel promuove le condizioni , si capisce, implicito anche il concretto espresso colla parola disciplina e,
quindi, non occorre aggiungere altro.
L'onorevole Romano ha proposto un emendamento che consta di due parti. La prima questa: La Repubblica
promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione , e qui, in forma negativa, non si fa in sostanza che
esprimere quanto in forma positiva gi detto nell'articolo 31. Poi c' la seconda parte: e garantisce
l'assistenza a quei cittadini che devono emigrare per trovare lavoro . Anche questa seconda parte gi inclusa
nella disposizione che abbiamo approvato poco fa: tutela il lavoro all'estero . Ecco perch la Commissione
non ritiene necessario l'emendamento.
L'onorevole Nobile propone di aggiungere al primo comma: Essi potranno esercitare la loro professione, arte o
mestiere in qualsiasi parte del territorio nazionale . Che sia ragionevole, non lo neghiamo affatto, ma
osserviamo: si tratta di un diritto di libert. Quando un diritto di libert non negato, implicitamente concesso
e, quindi, non c' bisogno che venga enunciato.
L'onorevole Nobile si preoccupa di ovviare a inconvenienti o ad errori che si possano commettere nell'avvenire.
Ci sembra una previdenza eccessiva e, quindi, non crediamo opportuna l'aggiunta.
L'onorevole Cortese propone di sopprimere il secondo comma. La Commissione non di questa opinione. Si
parla del lavoro come dovere che dovrebbe avere anche la sanzione dell'ultimo capoverso. Ma,
indipendentemente da ogni sanzione, deve restare come affermazione di un principio etico di indubbio valore.
A sua volta l'onorevole Foa propone:
La Repubblica pu richiedere ai cittadini la prestazione di un servizio del lavoro .
In sostanza, l'emendamento, ha un sapore di lavoro coatto. Questa la nostra impressione. Abbiamo gi una
disposizione (approvata all'articolo 18) che dice:
Nessuna prestazione personale o patrimoniale pu essere imposta se non in base alla legge .
In essa implicito che la legge pu imporre al cittadino un determinato lavoro. Ma soltanto la legge. In questo
appunto sta la garanzia di libert.
Ogni cittadino ha il dovere di lavorare, conformemente alle proprie possibilit . l'emendamento proposto
dagli onorevoli Morini, Taddia, Persico ed altri.
Il testo parla anche di scelta , e la Commissione, in maggioranza, non ha ritenuto di dover permettere
l'esclusione di questa parola come quella che ispirata a un fine di libert.
L'onorevole Federici Maria propone, in relazione al secondo comma, che si sostituisca la. parola attitudini
alla parola possibilit . Ma ha rimandato il suo emendamento e quindi non ne parliamo per adesso.
L'emendamento degli onorevoli Zotta e Cassiani propone, al secondo comma, di sopprimere le parole:
conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta e di sostituirle colle seguenti: Ogni cittadino
libero di scegliere la propria occupazione .

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Rispondo come ho risposto all'onorevole Nobile: un diritto di libert che non viene negato. Non vi quindi
necessit di affermarlo.
Gli onorevoli Caso, Coppa e De Maria propongono, al secondo comma, di sopprimere le parole e alla propria
scelta e di aggiungere, dopo la parola possibilit le parole fisiopsichiche e tenuto conto delle preferenze
individuali .
Ripeto a questo proposito che non occorrono tante specificazioni. L'espressione adoperata nel capoverso primo
dell'articolo 31 : conformemente alle proprie possibilit ; e ci sembra che esprima un concetto molto pi
ampio di quello che si racchiude nelle determinazioni e specificazioni che si vorrebbero includere dagli onorevoli
proponenti. Sarebbe una limitazione e, come limitazione, non aggiunge ma diminuisce.
Vi sono poi parecchi emendamenti, tutti dello stesso tenore e tutti intesi alla soppressione del terzo comma.
Vi pure un emendamento dell'onorevole Mortati nonch degli onorevoli Caso, Coppa e De Maria perch sia
rinviata la discussione del terzo comma al momento dell'esame dell'articolo 45. La Commissione si fermata su
quest'ultimo emendamento e ritiene che non sia il caso di discutere il tema in questa sede, essendo pi
appropriato il Titolo IV Dei diritti politici . Ad ogni modo la Commissione, qualora si dovesse addivenire al
voto, non contraria alla sua soppressione.
Implicitamente ho risposto anche agli onorevoli Ruggiero e Bubbio e quindi non ho bisogno di insistere
ulteriormente.
Sull'emendamento proposto dall'onorevole Nobili Tito Oro osservo che la dizione tutela il lavoro italiano
all'estero gi stata inclusa nell'articolo 30 e sulla questione del suo collocamento, si gi stabilito che ne
parleremo quando verremo alla redazione del testo.
Avrei cos finito se non dovessi una breve risposta all'onorevole Nitti. Gli osservo anzi tutto che la sua critica di
assoluta inattuabilit delle disposizioni concernenti il lavoro non pu avere logico riferimento all'articolo 32.
Anche nel caso che il suo scetticismo avesse pieno fondamento e fosse vero che il Progetto contiene
disposizioni illusorie, non attuabili n oggi n domani n mai, anche in questo caso la sua censura reale si
appunterebbe contro l'articolo 32. Baster la sua lettura: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione
proporzionata alla quantit e qualit del lavoro ed in ogni caso adeguata alle necessit di una esistenza libera e
dignitosa per s e per la famiglia . Nessuno al mondo pu contestare che la disposizione sia profondamente
giusta ed umana. Nessuno pu negare che il salario debba essere adeguato, non solo alle necessit del
lavoratore singolo, ma che debba comprendere anche un di pi, qualunque ne sia la forma, di assegno familiare
o d'altro. Il lavoratore non vive solamente per s ma deve impiegare la sua fatica anche perch la sua famiglia
viva. Su questo concetto non v' dubbio e non lo contesta, nella sua umanit, l'onorevole Nitti. Egli invece
contesta che sia attuabile tale diritto. Ci sembra un errore. Lo Stato deve curare il rispetto del diritto, ma la sua
attuazione spetta al datore di lavoro: lui che deve corrispondere al lavoratore una retribuzione la quale sia nei
termini di giustizia che sono indicati all'articolo 32. Ecco perch, in linea logica, l'appunto destituito, a nostro
parere, di fondamento.
Invece, per quanto riguarda l'altra parte del testo La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e
promuove le condizioni per rendere effettivo questo diritto , io ieri sera ho parlato lungamente e non mi ripeto:
l'Assemblea non lo tollererebbe ed avrebbe ragione. Mi limito a confermare il concetto, aggiungendo una sola
osservazione: appunto al fine di non promettere oltre ci che si possa attuare in un avvenire non troppo lontano,
la Commissione ha sostituito alla dizione originaria della terza Sottocommissione: Lo Stato... predispone i
mezzi, per il suo godimento (del diritto al lavoro) , la dizione pi temperata attuale: promuove le condizioni per
rendere effettivo questo diritto . Ci premesso, non ci sembra audace affermare che questo compito pi limitato
incombe allo Stato e che non vi possa essere dubbio nella sua attuabilit anche immediata.
Ho cos risposto ancora una volta a quanti ci accusano di avere lusingato il popolo italiano con vane promesse.
L'accusa potrebbe forse avere una parvenza di verit quando la legge costituzionale fosse una legge
temporanea, di vita breve. Non mai se si pensi che una legge destinata a vivere una lunga vita e che deve

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considerare non solo il presente ma anche l'avvenire: un avvenire che sia - com' nell'augurio comune - meno
misero e meno fosco dell'oggi.
(La seduta, sospesa alle 18,10, ripresa alle 18,20).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli emendamenti.
L'onorevole Cortese ha presentato la proposta, non accettata dalla Commissione, di soppressione dell'articolo
31. Vi insiste?
CORTESE. Insisto.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta di sopprimere l'articolo 31.
(Non approvata).
L'onorevole Colitto ha presentato la proposta, non accettata dalla Commissione, di sostituire l'articolo 31 col
seguente:
Lo Stato promuove lo sviluppo economico del Paese e predispone le condizioni generali per assicurare pi
che possibile ai cittadini l'esercizio del loro diritto al lavoro .
Poich l'onorevole Colitto non presente, si intende che abbia rinunciato al suo emendamento.
L'onorevole Zuccarini ha ritirato il suo emendamento sostitutivo del primo comma.
L'onorevole Foa ha presentato il seguente emendamento non accettato dalla Commissione:
Sostituire il primo comma col seguente:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuove le condizioni per rendere effettivo questo
diritto ed assicura l'apprestamento dei piani economici per la difesa dei consumatori e per garantire a tutti i
cittadini il soddisfacimento dei minimi bisogni vitali .
FANFANI. Chedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
FANFANI. Noi voteremo contro la proposta di emendamento presentata dall'onorevole Foa per la ragione che,
mentre la prima parte si trova gi contemplata nell'articolo 31, quale appare nel progetto della Commissione, la
seconda parte ci sembra costituire materia, se mai, di discussione a proposito dell'articolo 37.
E poich ho la parola, se il Presidente permette, vorrei dire qualcosa per definire la nostra posizione anche per i
due emendamenti presentati rispettivamente dagli onorevoli Villani e Romano.
PRESIDENTE. Prosegua pure.
FANFANI. L'onorevole Villani propone la variante, rispetto al testo della Commissione della parola disciplina .
Ora, a noi sembra che le condizioni si promuovano, ma non possano essere disciplinate.
Per quanto riguarda l'emendamento Romano esso parla di preoccupazioni di eliminare la disoccupazione.
Questo solo un aspetto del concetto che ha preoccupato i formulatori dell'articolo 31. E per quanto riguarda la
garanzia dell'assistenza a quei cittadini che devono emigrare per trovare lavoro, mi sembra che tale garanzia sia
stata gi fissata dall'articolo 30, approvato.

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Poco fa stato, a proposito dell'articolo 31, accennato a qualche dubbio circa i motivi per i quali noi del gruppo
democristiano avremmo appoggiato il testo della Commissione. Ora, non un incontro avvenuto in questi giorni
o in questo mese con colleghi di altre parti, che ci ha portato ad appoggiare il testo della Commissione. V' tutta
una complessa dottrina, alla quale noi risaliamo come alla fonte del nostro programma, che ci ha portato ad
accettare la dizione del riconoscimento del diritto al lavoro.
E anche per quanto riguarda la seconda parte, cio l'instaurazione delle condizioni atte a rendere effettivo
questo diritto, non facciamo altro che risalire ad alcuni testi che costituiscono il fondamento della nostra dottrina.
E mi rifaccio semplicemente e per brevit ad un solo passo di una celebre enciclica, la Libertas del 1888, in
cui si affermava il dovere dello Stato di promuovere le condizioni esterne atte a consentire a tutti gli uomini di
usufruire delle occasioni favorevoli per vivere onoratamente, col proprio lavoro.
D'altra parte si obiettato: ma voi fate una magnifica promessa, promessa che non
potrete mantenere. Mi consenta l'onorevole Nitti di citare un passo di un'opera che proprio in questi giorni un
autorevole maestro di vita politica e di studi economici come egli , ha dato alla luce e precisamente quelle
Meditazioni dell'esilio nelle quali a pagina 277 si dice: Chi ricorda come la maggior parte degli economisti si
opposta dapprincipio alla legislazione sociale, alla limitazione delle ore di lavoro, alla protezione di salari, deve
anche ammettere che le loro obiezioni spesso non avevano fondamento . Ora proprio la meditazione di questo
passo ci invita ad andare incontro alle attuali perplessit dell'onorevole Nitti con grande cautela.
per questi motivi che il Gruppo democristiano voter a favore del primo comma dell'articolo 31, quale appare
nel testo della Commissione dei settantacinque.
FOA. Chiedo di parlare per spiegare le ragioni per le quali ritiro il mio emendamento.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
FOA. Non avrei ritirato questo emendamento nonostante le dichiarazioni della Commissione, perch mi pare che
la Commissione col richiamarsi ad un supposto contenuto pi ampio negli articoli 40 e 37, sia incorsa in un
equivoco.
L'articolo 40 tratta della nazionalizzazione, cio di un argomento del tutto estraneo alla materia da me trattata.
L'articolo 37 parla dello Stato nei suoi rapporti di controllo o di armonizzazione nei confronti dell'attivit privata,
mentre la materia da me proposta riguarda lo Stato come soggetto economico.
Ritiro l'emendamento perch ho avuto notizia che poco fa stato presentato un emendamento analogo
dall'onorevole Montagnana e da altri, con una formulazione, a mio giudizio, pi precisa e sostanzialmente
altrettanto congrua di quella da me proposta.
Per queste ragioni, associandomi all'emendamento dell'onorevole Montagnana, ritiro il mio.
PRESIDENTE. Segue l'emendamento degli onorevoli Villani e Cairo non accettato dalla Commissione:
Sostituire il primo comma col seguente: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro. Promuove e
disciplina le condizioni per rendere effettivo questo diritto .
Onorevole Villani, lo mantiene?
VILLANI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
TAVIANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.

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TAVIANI. Il Gruppo democristiano voter contro l'emendamento, attenendosi al testo accettato dalla
Commissione.
(L'emendamento non approvato).
Segue l'emendamento sostitutivo dell'onorevole Romano:
Sostituire il primo comma col seguente: La Repubblica promuove le condizioni per eliminare la disoccupazione
e garentisce l'assistenza a quei cittadini che devono emigrare per trovare lavoro .
Onorevole Romano, lo mantiene?
ROMANO. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Sta bene. Non essendovi altri emendamenti sostitutivi del primo comma dell'articolo 31,
possiamo metterlo in votazione.
GIANNINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GIANNINI. Noi voteremo contro questo primo comma; come voteremo anche contro gli altri commi, perch
siamo convinti che tutta questa materia non pertinente alla Costituzione, ma ad una legge sul lavoro che non
va discussa da questa Assemblea, bens dalla regolare Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 31:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo
questo diritto .
( approvato).
L'onorevole Nobile ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo, non accettato dalla Commissione:
Al prima comma aggiungere: Essi potranno esercitare la loro professione, arte o mestiere in qualsiasi parte del
territorio nazionale .
Chiedo all'onorevole Nobile se lo mantiene.
MUSOLINO. Non essendo presente l'onorevole Nobile, dichiaro che faccio mio l'emendamento da lui presentato
e lo mantengo.
PRESIDENTE. Procediamo, allora, alla votazione dell'emendamento dell'onorevole Nobile che l'onorevole
Musolino fa suo.
TAVIANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TAVIANI. Il Gruppo democristiano vota contro l'emendamento, ritenendolo superfluo nel testo costituzionale e
implicito in altre norme.
EINAUDI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.

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EINAUDI. Voter a favore di questo emendamento, perch mi pare sia la sola cosa che abbia un significato in
tutto questo articolo. Per il resto si tratta di dichiarazioni astratte, che non hanno nessun contenuto
comprensibile. L'emendamento Nobile invece ha per scopo di evitare un danno gravissimo che si manifesta gi
nelle regioni alle quali stato dato o si sta per dare uno statuto particolare. Nelle regioni, a cui stato gi
concesso lo Statuto regionale, si manifesta la preoccupante tendenza a mettere vincoli ai cittadini non nativi
quanto al libero esercizio da parte loro di una libera professione o di un'arte. Per ci l'emendamento Nobile mi
pare quanto mai necessario ad impedire che si stabiliscano pericolose differenze di trattamento e nuove barriere
tra regione e regione che aggiungerebbero altri danni a quelli che sono la conseguenza degli impedimenti posti
dagli Stati esteri alla nostra emigrazione. (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole. Ghidini, quale il parere della Commissione in merito alla dichiarazione di voto
dell'onorevole Einaudi?
GHIDINI, Presidente della terza Sottocommissione. Se come dice l'onorevole Einaudi, mi sembra opportuno
che si debba parlare di questo argomento quando si discuter delle regioni.
PRESIDENTE. Onorevole Musolino, mantiene l'emendamento nonostante il parere della Commissione?
MUSOLINO. Mi rimetto al parere della Commissione.
EINAUDI. Faccio mio l'emendamento Nobile.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento Nobile, fatto proprio dall'onorevole Einaudi:
Al primo comma aggiungere:
Essi potranno esercitare la loro professione, arte o mestiere in qualsiasi parte del territorio nazionale .
(Dopo votazione per divisione, l'emendamento non approvato).
Passiamo al secondo comma dell'articolo 31:
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta .
Gli onorevoli Cortese e Nitti, hanno proposto di sopprimerlo.
Pongo in votazione l'emendamento soppressivo.
DOMINEDO'. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
DOMINEDO'. A nome dei colleghi del mio Gruppo dichiaro che noi voteremo contro la proposta soppressiva.
(L'emendamento non approvato).
L'onorevole Foa ha presentato il seguente emendamento, non accettato dalla Commissione:
Sostituire il secondo comma col seguente:
La Repubblica pu richiedere ai cittadini la prestazione di un servizio del lavoro .
Chiedo all'onorevole Foa se lo mantiene.
FOA. Lo mantengo.

304

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento sostitutivo.


BUBBIO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BUBBIO. In considerazione delle menomazioni subite dal popolo italiano durante la guerra sotto la forma di
prestazioni di lavoro e per evitare che con il prevalere di eventuali totalitarismi, eguali menomazioni abbiano a
ripetersi, mutando il cittadino in uno schiavo di Stato, voter contro l'emendamento Foa.
(L'emendamento non approvato).
PRESIDENTE. Dobbiamo ora porre in votazione il seguente emendamento degli onorevoli Morini, Taddia,
Persico, Gullo Rocco, Bennani, Di Giovanni, Lami Starnuti, non accettato dalla Commissione:
Sostituire il secondo comma con il seguente:
Ogni cittadino ha il dovere di lavorare, conformemente alle proprie possibilit .
PRESIDENTE. Onorevole Morini, lo mantiene?
MORINI. Lo mantengo.
DOMINEDO'. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
DOMINEDO'. A nome del mio Gruppo, dichiaro che il riconoscimento del dovere del lavoro, il quale costituisce
uno dei due cardini dell'articolo in votazione e precisamente la seconda faccia della medaglia rispetto al diritto al
lavoro contemplato nel primo comma dell'articolo, deve essere, a nostra avviso, considerato in tutta la pienezza
della sua espressione.
Di conseguenza appare opportuno snodare l'idea del lavoro, contemplando cos le attivit come le funzioni
; appare opportuno considerare tutta la gamma della possibile espansione del concetto di lavoro, da quello
manuale a quello intellettuale; appare opportuno sottolineare che l'idea del lavoro si ricollega cos allo sviluppo
materiale come a quello spirituale della societ, nella interdipendenza e nella inscindibilit di questi due aspetti
fondamentali.
In vista di queste considerazioni, voteremo contro l'emendamento e per la formulazione del testo originale del
progetto di Costituzione.
FOA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE, Ne ha facolt.
FOA. Essendo stato respinto l'emendamento da me proposto, voter a favore dell'emendamento Morini, perch
mi pare che prospetti con assai maggiore nettezza, in confronto al testo della Commissione, il contenuto del
dovere del lavoro, in quanto toglie quell'equivoco, contenuto nel testo della Commissione, per cui il dovere del
lavoro sarebbe subordinato a quella incerta facolt di scelta.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento sostitutivo test letto.
(Non approvato).
Segue l'emendamento della onorevole Federici Maria:
Al secondo comma, sostituire la parola: attitudini, alla parola: possibilit.

305

Onorevole Federici, conferma di rinviarlo ad altra sede?


FEDERICI MARIA. Confermo quanto ho gi dichiarato.
PRESIDENTE. Segue l'emendamento degli onorevoli Zotta e Cassiani:
Al secondo comma, sopprimere le parole: conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta, e
sostituirle col seguente comma:
Ogni cittadino libero di scegliere la propria occupazione .
Onorevole Zotta, lo mantiene?
ZOTTA. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Segue l'emendamento degli onorevoli De Maria, Caso e Coppa.
Al secondo comma sopprimere le parole: e alla propria scelta, e aggiungere, dopo la parola: possibilit, le
parole: fisiopsichiche e tenuto conto delle preferenze individuali . (Commenti).
Onorevole De Maria, lo mantiene?
DE MARIA. La parola fisiopsichiche avrebbe potuto essere sostituita con organiche . Comunque, lo ritiro.
PRESIDENTE. Poich anche gli emendamenti parzialmente sostitutivi del secondo comma sono stati respinti e
ritirati, dobbiamo procedere alla votazione del secondo comma nel testo della Commissione:
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta .
CANEVARI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CANEVARI. Chiedo che la votazione avvenga per divisione: si dovrebbe, cio, votare per prima la seguente
parte del comma:
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit o una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit .
Le restanti parole: ...e alla propria scelta dovrebbero essere votate in un secondo tempo.
Dichiaro che voter a favore della prima parte e contro la seconda.
PRESIDENTE. La richiesta fatta ora dall'onorevole Canevari costituisce un suo diritto e pertanto noi dobbiamo
accedere ad essa.
GIANNINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GIANNINI. Dichiaro che voter contro tutto il comma.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del secondo comma:

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Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ conformemente alle proprie possibilit .
( approvata).
Passiamo alla votazione della seconda parte del comma: e alla propria scelta .
LUCIFERO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUCIFERO. Dichiaro che voter contro la soppressione della seconda parte del comma propugnata dal collega
onorevole Canevari; voter cio a favore del testo della Commissione.
Confesso che sono sommamente preoccupato, perch ho visto affacciarsi l'ipotesi che, in uno Stato libero, degli
uomini liberi possano essere costretti ad esercitare un lavoro diverso da quello da essi liberamente prescelto: io
non credo che un giorno in Italia, culla del diritto, si possa dire a un cittadino qualunque: ad metalla, abbandona
la professione che hai liberamente scelto! Sono convinto pertanto che questa Camera non voter per una simile
vessazione. (Applausi a destra).
VILLANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
VILLANI. Poich l'onorevole Canevari non ha creduto di spiegare le ragioni per le quali egli ha dichiarato di
votare contro la seconda parte di questo comma, ritengo che sia opportuno che tenti di chiarirlo io.
Noi, votando tutto l'articolo, dobbiamo riconoscere - stato gi detto e ripetuto qui dentro - che lo Stato
assumerebbe un cumulo enorme di impegni verso i cittadini, per quello che riguarda il lavoro, e che davvero
nessuno di noi pu sapere in quale misura tali impegni potranno venir sodisfatti. Ora, se bene che sia stato
fatto tutto quello che stato fatto, se noi abbiamo riconosciuto che lo Stato ha questi diritti e questi doveri nei
confronti del cittadino, a me pare che lo Stato non possa assumersi nei suoi confronti l'obbligo non solo di
procurare il lavoro, ma di procurarlo nelle condizioni che ogni singolo cittadino pretenda. Io mi riferisco anche a
quello che ha detto l'onorevole Foa. impossibile pensare che si possano sodisfare interamente queste
esigenze, soprattutto se si respinge ogni criterio di pianificazione.
GIANNINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GIANNINI. Fermo restando il nostro atteggiamento verso tutto l'articolo e verso i singoli commi, noi dovremmo
per votare a favore di questa dicitura perch votando contro, dopo che stata approvata la prima parte, noi ci
associeremmo ad una violazione della libert. Quindi voteremo a favore, pur mantenendo la nostra
pregiudiziale.
CAPPA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CAPPA. Noi voteremo per il mantenimento delle parole alla propria scelta e faccio osservare che la
soppressione di queste parole sviserebbe in realt il concetto completo ed integrale di tutto l'articolo.
CANEVARI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.

307

CANEVARI. Voter per la soppressione delle parole alla propria scelta , e chiarisco il mio pensiero. Noi
abbiamo riconosciuto che ogni cittadino ha il dovere di svolgere una attivit conformemente alle proprie
possibilit. Aggiungendo alla propria scelta mettiamo lo Stato nelle condizioni di assicurare il lavoro, a
compimento di questo dovere, indipendentemente dalle possibilit del cittadino. Potrebbe darsi che diversi
cittadini chiedessero di occupare dei posti nei quali non hanno nessuna possibilit di esplicare un'attivit utile
per la collettivit. Ecco perch sono preoccupato di questa parte dell'articolo. Potremmo avere una richiesta
numerosa, pi di quella che si verifica oggi, di occupare dei posti nell'Amministrazione dello Stato, di diventare
funzionari dello Stato. (Rumori - Commenti).
Queste sono le ragioni per cui ho chiesto che la votazione avvenga per divisione.
LACONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LACONI. Non senza stupore che abbiamo assistito a questa incredibile discussione e abbiamo udito la
singolare proposta che si limiti la libera scelta dei cittadini laddove riaffermato il dovere al lavoro. Io credo che
nessuno possa ingannarsi sul significato di questa votazione. Escludendo poco fa il servizio obbligatorio ed
affermando in questo punto il dovere del lavoro, chiaro che l'Assemblea vuol fare soltanto un'affermazione
morale e politica che non comporta dei vincoli e delle coazioni per il cittadino. Pu darsi che domani vi siano
norme di legge che potranno orientare tutto lo sviluppo dell'economia e tutto l'ordinamento sociale del nostro
Paese in un determinato senso; ma nessuno pu pensare oggi ad una coazione nei confronti del cittadino che
vincoli la sua libert, soprattutto nel campo in cui questa libert gli pi peculiare come persona umana, e cio
nella scelta del lavoro.
Si dice: ma lo Stato dovr necessariamente fornire ad ogni cittadino per l'adempimento di questo suo particolare
dovere il posto che il cittadino pretender. Questo un assurdo.
Qui si vuole affermare che, nella scelta dell'occupazione in cui il cittadino adempir il suo dovere, il cittadino
completamente libero di dirigersi secondo le proprie capacit e le proprie preferenze. Non si intende affatto
stabilire degli obblighi per lo Stato. Per questa ragione noi voteremo per l'accoglimento integrale dell'articolo.
D'ARAGONA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
D'ARAGONA. Dichiaro, anche a nome di alcuni amici del mio Gruppo, che voteremo in favore di tutto il comma,
cos come proposto dalla Commissione perch alla votazione di quest'ultima parte di questo comma diamo
questo significato: noi riconosciamo a tutti i cittadini italiani la libert di scegliersi il proprio mestiere, la, propria
professione, la propria occupazione. Con questo significato noi voteremo a favore.
CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare per mozione d'ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CODACCI PISANELLI. Il Regolamento prevede quattro specie di votazioni. Chiedo che non si voti per alzata di
mano, onde evitare che i legulei abbiano possibilit di inficiare i risultati delle nostre votazioni. (Commenti).
PRESIDENTE. I legulei in questo caso stanno al suo banco.
EINAUDI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
EINAUDI. Voter in favore del mantenimento delle parole: alla propria scelta , non solo per le ragioni esposte
dagli onorevoli Laconi e D'Aragona, ma anche perch (questa una mia motivazione personale) siccome

308

queste parole negano il primo comma ed io l'ho negato, sono ben contento che nell'ultimo articolo sia espresso
un concetto il quale renda logicamente impossibile l'applicazione del primo comma.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l'ultima parte del secondo comma: e alla propria scelta .
( approvata).
Avverto che gli onorevoli Montagnana Mario, Pajetta Gian Carlo, Pesenti, hanno presentato il seguente
emendamento aggiuntivo, al quale si associato l'onorevole Foa:
Dopo il secondo comma aggiungere il seguente:
Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini lo Stato interverr per coordinare e dirigere l'attivit
produttiva dei singoli e di tutta la Nazione, secondo un piano che dia il massimo rendimento per la collettivit .
Chiedo all'onorevole Presidente della terza Sottocommissione di esprimere il suo parere.
GHIDINI, Presidente della terza Sottocomsione. La Commissione viene soltanto ora a conoscenza
dell'emendamento. Perch possa pronunciarsi su di esso chiede che le sia concesso il termine regolamentare di
24 ore.
PRESIDENTE. Penso che la Commissione abbia il diritto di chiedere il tempo necessario per essere in
condizione di esprimere il suo pensiero; senonch, per non rinviare i lavori dell'Assemblea, potremmo procedere
alla votazione dell'ultimo comma dell'articolo 31 immediatamente, salvo domani, quando conosceremo il
pensiero della Commissione, esaminare il comma aggiuntivo proposto ora.
TAVIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TAVIANI. Si detto che gli emendamenti avrebbero dovuto essere presentati con un certo anticipo perch la
Commissione li potesse esaminare; ma rilevo che sono stati esaminati degli emendamenti presentati stamani.
Invece di rinviare a domani, si potrebbe ora sospendere per dieci minuti la seduta, dopo di che la Commissione
potrebbe pronunziarsi.
PRESIDENTE. Onorevole Taviani; questo invito pi che a me deve rivolgerlo alla Commissione. Se la
Commissione crede di essere in grado di dare il suo parere nel termine di dieci minuti, io ne sar lietissimo, e
credo che lo sar anche l'Assemblea. Chiedo, in proposito, il parere del Presidente della Commissione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi sembra che non si possa contestare al Relatore il
diritto di chiedere l'applicazione del termine regolamentare.
PRESIDENTE. L'onorevole Ghidini insiste?
GHIDINI, Presidente della terza Sottocomsione. Insisto, perch in questo momento non potrei che esprimere
un'opinione personale.
MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MARTINO GAETANO. Desidero ricordare che all'inizio dell'esame del progetto di Costituzione si concordarono
per i nostri lavori alcune norme, fra le quali quella che gli emendamenti dovessero presentarsi almeno 48 ore
prima della discussione. Ora, poich la Commissione non intende accedere al desiderio manifestato che oggi
stesso ci dia il suo parere, devo credere che il Presidente abbia il dovere di non accettare questo emendamento
prsentato all'ultimo momento, perch ci costituirebbe un pericoloso precedente. (Interruzioni - Commenti).

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PRESIDENTE. Il precedente a cui si richiama l'onorevole Martino formalmente esatto. Senonch egli sa bene
che durante il corso di questa discussione si sono fatte numerose eccezioni, per cui credo che l'Assemblea non
possa agire diversamente nei confronti dell'emendamento test presentato. Non so se l'onorevole Martino voglia
fare una proposta formale, da porre in votazione.
RUINI. Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi pare che la questione regolamentare sia
chiarissima. Il regolamento dice che durante la discussione possono essere proposti emendamenti purch
firmati da dieci deputati. Quando ci si verifica gli emendamenti devono essere ammessi allo svolgimento ed alla
votazione. Ma v' un'altra disposizione del regolamento, e stabilisce che la discussione di un articolo aggiuntivo
o di un emendamento proposto nella stessa seduta sar rinviata all'indomani quando lo chiedano il Governo o la
Commissione competente o dieci deputati. Poich il Relatore ha fatto questa proposta, non c' che da applicare
il regolamento. La proposta dell'onorevole Martino non ha quindi ragione di essere.
MAFFI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MAFFI. Vorrei richiamarmi al buon senso elementare e proporre che, superando la discussione sul regolamento,
si sospenda per dieci minuti la seduta, in modo che la Commissione possa fare un esame preliminare del
comma proposto. Se, dopo la breve sospensione, la Commissione non sar in grado di esprimere il proprio
parere, potr decidersi il rinvio.
MALAGUGINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MALAGUGINI. Nessuno contesta l'esattezza del richiamo al regolamento fatta dall'onorevole Presidente della
Commissione; ma l'onorevole Ruini non ha contestato quanto ha detto il nostro Presidente, che cio, sarebbe la
prima volta che la Commissione non accetta un emendamento presentato fuori termine.
CINGOLANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CINGOLANI. Vorrei pregare la Camera di lasciare la questione nei termini molto semplici e niente drammatici in
cui l'ha posta l'onorevole Ghidini. Noi ci troviamo di fronte ad un emendamento abbastanza complesso. Il
Relatore ci chiede il tempo necessario per poterlo studiare: non c' una ragione al mondo perch ci si possa
opporre alla sua richiesta. N possiamo riferirci a quanto accaduto per la presentazione di altri emendamenti
che sono stati immediatamente accettati e discussi, perch erano pi facilmente percepibili nel loro valore
politico. Quindi a me pare che, una volta che la Commissione, nella quale tutti abbiamo fiducia, ci chiede, di
fronte all'emendamento presentato da un gruppo di deputati, la cortesia di rimandare la discussione di 24 ore
perch possa esprimere il suo pensiero, questo desiderio debba essere accolto. D'altra parte non sono del
parere di andare avanti saltando dall'uno all'altro articolo, perch la complessit dell'emendamento presentato
tale che potrebbe modificare il seguito dell'articolazione del Titolo. Ritengo quindi che si debba rimandare il
seguito della discussione di 24 ore. Siamo a disposizione della Commissione.
PRESIDENTE. Onorevole Ruini, ella insiste nella richiesta di rinvio?
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione insiste per il rinvio. Si tratta di un
emendamento aggiuntivo che merita riflessione ed esame, perch tocca il tema del piano, e va messo anche in
relazione con l'articolo 37. Una decisione non meditata sopra un emendamento che tocca un solo aspetto del
piano, e si presta a divergenze e possibili riserve anche in chi favorevole ad una ampia applicazione di piani,
potrebbe compromettere le linee di una opportuna soluzione nei riguardi dell'articolo 37. La questione dunque va

310

meditata ed impostata bene. Il rinvio deve essere accolto, a termini di regolamento. Veda l'Assemblea se non
possibile procedere intanto alla discussione di altri commi ed articoli che non sono connessi con l'emendamento,
e che possono essere subito affrontati.
Noi siamo di fronte ad un emendamento che inserisce il concetto di piano nel primo e nel secondo comma.
L'onorevole Ghidini, interpretando le difficolt in cui si trova la Commissione, ha detto che non possiamo vedere
su due piedi ci che pu ripercuotersi su tutto il tema dei piani. Il terzo comma, che riguarda i diritti politici, pu
essere esaminato, indipendentemente dall'emendamento.
Se si vuole, si pu procedere.
Presidenza del Presidente TERRACINI
TOGLIATTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TOGLIATTI. Mi pare che la richiesta di rinvio di 24 ore fatta dalla Commissione sia del tutto giustificata e non
saprei oppormi.
GRONCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GRONCHI. Questa discussione, pur cos complicata, a volte si impiglia stranamente in questioni puramente
formali e procedurali come quella che ora ci si presenta.
Credo che gli onorevoli presentatori del comma aggiuntivo potrebbero agevolare la risoluzione della questione
se consentissero a riproporre il loro emendamento in sede di discussione dell'articolo 37.
Il secondo comma dell'articolo 37 dice:
La legge determina le norme e i controlli necessari perch le attivit economiche possano essere armonizzate
e coordinate ai fini sociali .
Ritengo che questa forse sarebbe la sede logicamente pi adatta alla presentazione dell'emendamento.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUCIFERO. Evidentemente, l'onorevole Gronchi prospetta l'ipotesi che i presentatori ritirino l'emendamento,
salvo a ripresentarlo in altra sede; ma, qualora essi lo mantengano in questa sede, io penso che non solo la
Commissione, ma tutti noi abbiamo bisogno di meditare su un emendamento di questa importanza, che nella
Costituzione, in certo senso, rivoluzionario, perch introduce un concetto nuovo in una forma definitiva.
Quindi sarei non solo d'accordo con la Commissione, ma certamente uno di quei dieci deputati - sarebbe facile
trovare gli altri nove - che chiederebbero 24 ore per aver tempo di pensarci, perch l'argomento grave.
Mi pare, poi, impossibile proseguire la discussione sugli altri articoli, mentre rimane in sospeso una questione di
tanta gravit.
Se vogliamo rinviare di 24 ore, dobbiamo interrompere al punto in cui cade questo emendamento e riprendere il
filo quando questa questione sar risolta.
FOA. Chiedo di parlare.

311

PRESIDENTE. Ne ha facolt.
FOA. Penso - come ho gi sostenuto, nel ritirare il mio emendamento - che il comma aggiuntivo in esame abbia
attinenza con l'articolo 31 e non con l'articolo 37. Si potrebbe, pertanto, accettare la richiesta del rinvio di 24 ore.
PRESIDENTE. Ove l'invito rivolto dall'onorevole Gronchi ai firmatari fosse accolto, il problema sarebbe superato;
se no, resta la richiesta del rinvio di 24 ore fatta dalla Commissione. Ove fosse accettata questa richiesta,
sorgerebbe la questione se si possa procedere o no nella discussione: cio, se l'emendamento presentato, per il
suo valore e la sua importanza, condizioni senz'altro qualunque altra norma contenuta in questo articolo.
Vediamo di sciogliere successivamente i tre quesiti.
L'onorevole Foa si gi espresso in risposta alla richiesta dell'onorevole Gronchi, riconfermando la necessit
che l'emendamento venga inserito nel testo dell'articolo in esame.
Se gli altri firmatari dell'emendamento sono dello stesso avviso - ed il loro silenzio lo conferma - non possiamo
che passare alla seconda possibilit.
La Commissione ha richiesto il rinvio di 24 ore per potere esprimere il proprio parere sull'emendamento
proposto.
Ritengo che la Commissione abbia pienamente diritto di fare questa richiesta, che non ha bisogno di votazione
per essere attuata. Pertanto credo che possiamo senz'altro stabilire che ogni decisione in relazione
all'emendamento presentato rinviata e cio alla seduta pomeridiana di domani.
E allora c' da risolvere il terzo punto per potere proseguire i nostri lavori questa sera, se cio il rinvio di 24 ore
nell'esame dell'emendamento in causa debba portare con s la sospensione di tutti i lavori se, cio non sia
possibile decidere per intanto sul terzo comma dell'articolo 31, che cos formulato:
L'adempimento di questo dovere condizione per l'esercizio dei diritti politici .
Ora, salvo l'avviso della Assemblea, mi pare che il problema posto da questo comma sia del tutto indipendente
dai precedenti.
Esso stabilisce infatti una norma che non si riporta al processo produttivo o alle forme nelle quali esso si deve
realizzare, ma alla posizione dei cittadini nell'esercizio dei loro diritti politici, in quanto lavoratori o meno.
Ritengo quindi che si possa senz'altro decidere in relazione a questo terzo comma, per il quale stata
presentata una proposta soppressiva, che pu votarsi indipendentemente dalla decisione sull'emendamento al
comma precedente. Chiedo all'Assemblea di esprimersi a questo proposito.
CINGOLANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CINGOLANI. Il nostro Gruppo, onorevole Presidente, non favorevole a considerare un comma qualsiasi di un
articolo separato talmente dal resto dell'articolo, da potere essere, oltre che discusso, votato a parte. Ogni
articolo un tutto per s stante, anche se la formulazione giuridicamente esatta di ogni comma sia tale da
poterlo fare vivere come elemento proprio nell'articolo stesso.
Quindi noi ci manifestiamo, con nostro dispiacere, perch si allunga certamente domani di mezz'ora la
discussione, contro il passaggio alla discussione dell'ultimo comma dell'articolo e facciamo nostro il pensiero gi
manifestato da altri di rinviare senz'altro a domani la prosecuzione della discussione di questo articolo.
GIANNINI, Chiedo di parlare.

312

PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GIANNINI. Io ritengo che si possa benissimo continuare la discussione se i presentatori di questo emendamento
invece di chiedere che esso sia inserito fra il secondo ed il terzo comma dell'articolo lo propongano come un
articolo a parte, che potrebbe benissimo seguire l'articolo 31.
Non vedo la ragione per cui debba inserirsi fra il secondo e il terzo comma.
Pu benissimo formare un articolo a s l'articolo 31-bis. (Commenti).
ZOTTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
ZOTTA. Penso che questo emendamento possa costituire l'ultimo comma dell'articolo in esame; il terzo in verit
non che un complemento del secondo comma, in quanto nel secondo si stabilisce un precetto e nel terzo la
sanzione per l'inadempimento di questo precetto. L'inserimento dell'emendamento tra l'uno e l'altro sta
addirittura fuori luogo, per cui chiederei - in appoggio a quello che chiedeva l'onorevole Giannini - che costituisca
un comma a s, a completamentto dell'articolo.
PRESIDENTE. Ma pare che, comunque, debbano essere i presentatori dell'emendamento ad esprimere a
questo proposito il loro pensiero.
Onorevole Foa, vuole parlare lei a nome dei presentatori?
FOA. Ho gi spiegato il mio dispiacere di non poter accedere a questa richiesta di una cos larga parte
dell'Assemblea. Effettivamente ho gi cercato oggi, nell'illustrare il mio emendamento, di spiegare la stretta
connessione che esiste fra l'emendamento da noi proposto e il problema del diritto al lavoro. Se noi
accettassimo la diversa collocazione di questo emendamento, evidentemente verremmo meno ai motivi per cui
stato proposto questo emendamento. Mi rincresce veramente, ma credo che molti colleghi avranno
perfettamente inteso questo legame. (Commenti).
PRESIDENTE. Mi pare che di fronte alle dichiarazioni dell'onorevole Foa, non vi che prenderne atto e trarne le
conseguenze in ordine ai nostri lavori.
Mi limiter ad osservare ai presentatori dell'emendamento che, da un punto di vista di successione logica,
questo emendamento avrebbe dovuto essere inserito dopo il primo comma che parla del diritto al lavoro. E per
l'appunto tutte le motivazioni dell'onorevole Foa in relazione agli emendamenti che egli aveva anche presentato
in precedenza, stavano ad indicare che soggetto di questo emendamento il diritto al lavoro; mentre il secondo
comma si riferisce al dovere del lavoro. Ed per questo che vi poi il terzo comma, il quale stabilisce la
sanzione per chi questo dovere non osservasse.
Ad ogni modo, a parte il problema dell'inserimento definitivo, poich i presentatori dell'emendamento non
accedono all'invito che stato loro fatto, mi pare che dobbiamo restare a questi punti:
1) l'emendamento deve essere discusso come parte conclusiva del secondo comma;
2) poich da alcuni onorevoli colleghi stato fatto presente come questa decisione abbia comunque
un'influenza anche sul terzo comma e sulla economia generale dell'articolo, occorre rinviare a domani l'esame
non solo dell'emendamento, ma anche della parte successiva dell'articolo.
(Cos rimane stabilito).
ASSEMBLEA COSTITUENTE

313

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI INDI DEL VICEPRESIDENTE PECORARI


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica
italiana.
Ricordo che nella seduta di ieri furono approvati i primi due commi dell'articolo 31 e che la Commissione si
riserv di esprimere il suo giudizio sul seguente comma aggiuntivo, da introdurre dopo il secondo comma,
proposto dagli onorevoli Montagnana Mario,
Foa, Pajetta Giancarlo, Pesenti, Grieco, Laconi:
Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini, lo Stato interverr per coordinare e dirigere l'attivit
produttiva, secondo un piano che dia il massimo rendimento per la collettivit .
PAJETTA GIAN CARLO. Desidero illustrare alcune modificazioni da apportare all'emendamento e chiedo
pertanto di poter fare alcune precisazioni.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PAJETTA GIAN CARLO. Non senza un senso di stupore che questa mattina ho percorso la stampa
quotidiana, e credo che la stessa meraviglia abbiano provato molti colleghi. In alcuni giornali, si parlato di colpi
di mano e persino di atmosfera di sbigottimento.
Un certo Erasmo che su un giornale di Roma preferisce tessere l'elogio del liberalismo, considerando forse che
oggi sarebbe assai meno originale tessere quello della pazzia, ci racconta come quattro deputati comunisti
hanno tentato, alla vigilia della chiusura della discussione, un colpo di mano, intendendo introdurre in Italia i
princip dell'economia totalitaria. E un altro giornale ci invita a giocare finalmente a carte scoperte. Persino
Buonsenso dell'onorevole Giannini si domanda che cosa si nasconda dietro questa sorpresa dell'ultim'ora,
aggiungendo che lo stesso senso di sorpresa avrebbe invaso una parte dei colleghi della democrazia cristiana.
La sorpresa ci pare fu6ri luogo, come fuori 3uogo ogni allarmismo.
Un altro colpo di scena dei comunisti? Credo che forse qualche giornalista possa pensare questo, ma i nostri
egregi colleghi che hanno seguito i dibattiti della Commissione dei settantacinque, che hanno certamente letto la
relazione, sanno che gi in quella sede era stato presentato un articolo che, con le stesse parole, proponeva lo
stesso problema. Difatti, alla relazione dell'onorevole Togliatti erano allegate proposte per parecchi articoli, una
delle quali era cos formulata: Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini, lo Stato interverr per
coordinare e dirigere l'attivit produttiva dei singoli e di tutta la Nazione, secondo un piano di massimo
rendimento per la collettivit . Sono le stesse parole che hanno destato tanta sorpresa e che hanno indotto la
Commissione a chiedere una riflessione di ventiquattro ore. Ed era proprio l'onorevole Togliatti, che, nella
discussione su questo articolo e su altri, dichiarava che si stava scrivendo una Costituzione, che non una
Costituzione socialista, ma una Costituzione corrispondente ad un periodo transitorio di lotta per un regime
economico di coesistenza di differenti forze economiche che tendono a soverchiarsi a vicenda.
Colpo di scena non direi: abbiamo ripresentato la proposta che avevamo presentato in Commissione. La nostra
linea in materia costituzionale chiarissima. L'abbiamo esposta nel nostro Comitato centrale, nel nostro
Congresso, ogni volta pubblicamente, come forse nessun partito ha fatto. Pensiamo di dover riproporre quelli
che sono gli elementi fondamentali della nostra linea, salvo a concordare la nostra azione con gli altri Gruppi,
nella misura in cui pu essere trovata una soluzione che abbia l'appoggio non solo del nostro, ma anche degli
altri partiti dell'Assemblea.
Sorpresa no, e, tanto meno, motivo di allarmismo. Crediamo di aver dato pi di una prova che consideriamo la
Costituzione come una cosa seria. Crediamo che nessuno dubiti, qua dentro, che consideriamo come una cosa
seria anche il socialismo. E nessuno dei comunisti crede che il socialismo si possa istituire o introdurre di
soppiatto attraverso un emendamento nella Costituzione italiana. La questione molto pi semplice.

314

Noi abbiamo ieri insieme deciso che questa nuova Repubblica deve garantire il diritto al lavoro. Ebbene,
abbiamo voluto che si precisasse, che si dicesse che c'era soltanto l'intenzione, ma che ci fosse una indicazione
sul modo come pu essere garantito il diritto al lavoro. C' il problema dell'intervento dello Stato, che ha
spaventato tanta parte della nostra stampa e che pare abbia spaventato qualche collega. Ma non una cosa
nuova: se ne parla anche in altri articoli. E a questo proposito non vale certo dire che la Costituzione non un
programma perch l'intervento dello Stato nella vita economica la prassi di ogni giorno. la prassi italiana e di
altri Paesi, dove l'intervento pi efficace, pi coordinato, pi diretto. E questo non solo dei paesi socialisti, ma
di tutti i Paesi democratici che hanno sentito e sentono il bisogno di realizzare una politica economica con gli
strumenti che sono a disposizione dello Stato, e di non farla giorno per giorno, ma di farla secondo un
programma, secondo un piano. Forse questa parola pu spaventare, ma quando un liberale inglese ha proposto
un piano perch fosse data ai lavoratori una assistenza sociale, c' stato chi si opposto ed ha votato contro;
ma nessuno si scandalizzato del fatto che nel Parlamento inglese un liberale presentasse un piano, e lo
chiamasse piano. In quasi tutti i Paesi ci sono piani di ricostruzione, piani periodici di coordinamento, di attivit.
Noi dovremmo augurarci di seguire i paesi che hanno questi piani e che coordinano le loro azioni economiche,
piuttosto che spaventarcene.
La posizione dell'onorevole Corbino spiegabile: quella di un romantico del liberismo, l'ultimo dei moihani
(Interruzione dell'onorevole Corbino). Ma non vedrei, per altri banchi dove questi princip di intervento e
regolamentazione sono accettati, che cosa possa esserci, che faccia paura ai colleghi, in questa nostra richiesta
che non nasconde nessuna intenzione socialista.
Perch vogliamo allora questo emendamento? Vogliamo specificare e sottolineare che su un problema
essenziale come questo noi intendiamo andare pi in l di una semplice affermazione e vogliamo dimostrare
almeno la nostra decisa volont che sia realizzato ci che proponiamo. Non un emendamento socialista o
comunista il nostro, non un emendamento di partito, e perci preghiamo l'Assemblea di accettare e
comprendere lo spirito con il quale lo abbiamo formulato. Poich la dizione stessa dell'emendamento ha
sollevato qualche obiezione, dichiaro che l dove si parla di coordinare e dirigere l'attivit produttiva, noi
proponiamo che alla parola dirigere si sostituisca la parola orientare ; e dove nella conclusione si parla di
un piano che dia il massimo rendimento per la collettivit, proponiamo che si dica: un piano che assicuri il
massimo di utilit sociale .
Con queste modificazioni noi presentiamo il nostro emendamento e ci auguriamo che i colleghi lo accettino.
PRESIDENTE. Ha facolt di parlare l'onorevole Ghidini.
GHIDINI, Presidente della terza Sottocommissione. Prima di esporre sistematicamente il pensiero della
maggioranza, debbo dare atto all'onorevole Pajetta che effettivamente questo suo emendamento non pu avere
il carattere della sorpresa. Non lo ha in linea generica (perch effettivamente tutte le disposizioni del Titolo III
sono impostate sul principio dell'intervento dello Stato sotto la forma del controllo e del coordinamento per
quanto riguarda le private iniziative) e non l'ha in modo specifico perch effettivamente, come egli ha detto,
l'onorevole Togliatti, davanti alla prima Sottocommissione, ha presentato un articolo il quale, in sostanza
corrisponde esattamente, persino nelle parole, all'emendamento proposto ieri.
La ragione per la quale la Commissione, per bocca mia ha chiesto di prorogare, ad oggi la sua risposta, non
deriva dal fatto che si sia trovata di fronte ad una sorpresa. La ragione che, siccome questo emendamento
molto importante, doveva essere preso in esame e studiato dalla Commissione. Non potevo io infatti esprimere
una mia opinione personale, che se mai pu essere effettivamente questa: che io sono favorevole ai piani,
perch il piano rientra nel programma stesso del mio partito. Ma io qui, come persona, scompaio e sono soltanto
la voce della Commissione. questa la ragione per la quale ieri sera ho ritenuto doveroso di chiedere
all'Assemblea che venisse sospesa la discussione per dare modo alla Commissione di studiare, di esaminare, e
di decidere intorno a tale emendamento. stata una richiesta provvida e onesta, perch una decisione di questo
genere non pu essere presa se non meditatamente.
Do cos atto all'onorevole Pajetta che non v' stata sorpresa in modo assoluto. Vengo ora alla opinione espressa
dalla maggioranza della Commissione.

315

Essa ha ritenuto che la proposta di emendamento consista in una specificazione. Si specifica cio il modo
attraverso il quale si possa conseguire la certezza del lavoro per tutti i cittadini: voto che nell'animo di tutta
l'Assemblea. Ma si obietta: noi abbiamo votato la prima parte dell'articolo 31 che resta nei termini seguenti:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo
questo diritto .
In questa espressione promuove le condizioni, ecc. la Commissione pensa che sia gi inclusa la speciale
provvidenza in cui si sostanzia l'emendamento proposto dall'onorevole Paietta, onde non sia necessario
discendere ad una qualsiasi maggiore specificazione. Tanto pi che il tema del piano fu gi considerato dalla
Commissione dei settantacinque, come lo era stato in precedenza dalla prima e dalla terza Sottocommissione,
le quali ebbero presenti i piani economici come mezzi opportuni per assicurare non solo il maggiore impiego
della mano d'opera, ma anche e specialmente la ricostruzione economica del Paese.
appunto per questa ragione che fu scritto il capoverso dell'articolo 37 del progetto di Costituzione: tanto che,
se fosse approvato, l'emendamento troverebbe sede pi opportuna nell'articolo 37, dove il piano ha
un'applicazione pi ampia di quella del testo Pajetta.
Ad ogni modo, ripeto, il concetto del piano economico gi compreso nell'articolo 37.
Dopo tale constatazione, ( questa la domanda che si posto la Commissione) giova ripeterlo espressamente,
o invece meglio lasciare le cose come sono, nel senso e pel riflesso che tutte le determinazioni possono
diventare un limite, un vincolo, un legame, un impegno che potrebbe domani trovare resistenza nelle condizioni
obiettive del Paese? Non meglio attendere, per adattare il provvedimento alle contingenze del domani? La
Carta costituzionale lo consente, mentre l'emendamento ne impone senz'altro l'applicazione. Gli articoli 31 e 37
aprono ugualmente le porte all'attuazione di queste misure. Meglio quindi lasciare al legislatore futuro di
deliberare secondo le necessit e le possibilit del tempo.
Sono queste le ragioni per le quali la maggioranza della Commissione non accetta l'emendamento.
PRESIDENTE. Sull'emendamento in esame stata chiesta la votazione per appello nominale.
Prima di provvedere alla votazione, consentir agli onorevoli deputati che chiederanno di parlare di fare una
dichiarazione di voto, con quella larghezza che l'importanza del tema consente.
EINAUDI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
EINAUDI. Nel dare un giudizio sull'emendamento proposto dall'onorevole Montagnana, mi sono trovato di fronte
a due difficolt. La prima quella che non sono riuscito e non potevo riuscire a formarmi un'idea precisa di
quello che potesse essere il significato delle parole un piano il quale dia il massimo rendimento per la
collettivit . Suppongo che gli onorevoli proponenti, si siano trovati di fronte alla medesima difficolt, in quanto
ho udito ora che essi l'hanno mutato nel senso di proporre un piano che dia la massima utilit sociale.
Essi hanno definito cos quale sia lo scopo di un piano che dia il massimo rendimento per la collettivit: il piano
deve dare il massimo di utilit sociale.
C' una difficolt per intendere il significato da dare al fine che il piano dovrebbe proporsi: ed una difficolt non
nuova. Intorno ad essa si discute da almeno centocinquant'anni, dal giorno in cui, per primo, il filosofo inglese
Bentham ha esposto i concetti di utilit individuale e di utilit sociale ed ha fondato tutto il suo sistema
economico sui princip medesimi.
La difficolt intorno a cui invano si sono finora travagliate generazioni intere di studiosi costituita da quello che,
in linguaggio abbreviato, si dice essere il ponte fra l'utilit di un individuo e quella di ogni altro individuo.

316

Ebbene, questo ponte non si ancora trovato. Noi possiamo apprezzare quale sia l'utilit che ogni singolo
individuo conferisce al fine che vuole conseguire, ad ogni cosa di cui si vuole appropriare, ma nessuno di noi
riuscito a sapere quale sia il significato che una collettivit, anche di sole due persone, pu dare all'utilit non dei
singoli, ma dell'insieme dei due. Non possibile fare la somma, n aritmetica, n algebrica, n organica, n di
qualsiasi altra maniera, delle utilit di due individui realmente diversi. questa una difficolt intorno alla quale si
sono travagliate generazioni di studiosi, di uomini di prim'ordine. Ma ancora essa persiste. una delle tante
difficolt che esistono nello studio della scienza dell'economia politica.
Tale difficolt esistendo, io non riesco a comprendere quale possa essere il significato di un piano il quale sia
indirizzato a dare il massimo di utilit sociale.
Saranno i legislatori i quali diranno a noi quale sia questo piano che dia il massimo di utilit sociale. Ma io credo
che sia pericoloso, ed anche un po' senza contenuto preciso, scrivere nella legislazione una massima della
quale nessuno finora, ripeto, in 150 anni di ricerche, sia mai riuscito a trovare il significato preciso.
Una norma la quale non ha significato una norma per definizione anticostituzionale ad arbitraria. Qualunque
interpretazione dar il legislatore futuro alla norma, essa sar valida. Nessuna Corte giudiziaria potr negarle
validit, perch tutte le leggi di interpretazione saranno conformi a ci che non esiste.
Ma passo oltre a questa difficolt, la quale potrebbe non sembrare conclusiva a uomini politici. I politici
potrebbero dire: affermiamo un principio, anche se questo senza senso, in quanto penseranno i legislatori del
futuro a dare quel senso che ad essi piacer meglio.
Ma ci dicendo, noi lasciamo questo principio, come dicevo prima, all'arbitrio del legislatore futuro.
C' per un'altra difficolt alla quale io mi sono trovato di fronte nell'esaminare il principio stabilito
nell'emendamento: ed che esso soffre della medesima interpretazione limitatamente benevola che si deve
dare a tutti gli sforzi di coloro che vogliono conciliare l'inconciliabile.
Se i colleghi mi permettono, vorrei ricordare quella che l'esperienza quasi semisecolare di insegnante di una
facolt giuridica.
La maggior parte degli scolari diligenti, quando apprestano le tesi di laurea, si trovano di fronte alla difficolt
delle opinioni diverse delle fonti studiate. C' l'illustre autore A il quale ha un'opinione (tutti i professori sono
illustri o sono chiarissimi, a seconda di una certa gerarchia che si forma fra di essi, e comunque non sono mai
meno di egregi) mentre ci sono altri egregi uomini i quali sostengono una opinione B. Ed allora lo scolaro
diligente cerca di trovare una conciliazione, quella cio che si chiama la via di mezzo fra le diverse opinioni
divergenti. Ed allora, per lo pi, le commissioni di laurea, le quali apprezzano la diligenza e non vogliono far s
che essa non sia compensata, si spingono fino agli estremi a cui possono arrivare, ossia fino al 98 che il
gradino inferiore ai pieni voti legali, ma non arrivano ai pieni voti legali, in quanto questi ultimi suppongono una
sintesi, vale a dire un'opinione personale.
Orbene, questo emendamento, unito con con i primi due commi dell'articolo 31, che noi abbiamo gi approvato,
mi ha l'aria di integrare un componimento diligente da parte di uomini egregi e studiosi i quali cercano di trovare
una conciliazione fra princip che sono fra loro fondamentalmente contraddittori. Noi abbiamo, nel comma
secondo, gi approvato, stabilito alcune parole le quali contraddicono ad una parte del medesimo comma, ma
contraddicono ancora pi apertamente all'emendamento che ci presentato.
Abbiamo dichiarato infatti che ogni cittadino ha il dovere di svolgere una attivit od una funzione ecc. ecc.
conformemente alla propria scelta .
Queste parole alla propria scelta , gi da noi approvate, rendono logicamente impossibile di approvare altre
parole le quali dicono che la scelta deve esser fatta da qualcun altro, che lo Stato. C' una contradizione
insanabile fra un piano che procede dall'alto, come quello insito nell'emendamento presentato al nostro esame,
e le parole gi da noi approvate, alla propria scelta .

317

Lo Stato fa un piano: questo stabilisce che quella data industria in quella data localit dovrebbe impiegare
50.000 operai, ma gli operai per propria scelta non sarebbero 50.000 ma solo 10, 15, 20 mila. Quindi il piano
che formulato dall'alto di impossibile applicazione. Non pu essere applicato poich, se noi lasciamo alla
libera scelta dell'individuo - come abbiamo gi stabilito - la scelta della professione o del mestiere o comunque
dell'attivit di questo individuo, non possiamo poi affidarci al puro caso allorch abbiamo bisogno di impiegare in
una industria 50.000 operai e di investirvi per esempio i 50 od i 100 milioni od il miliardo di lire di capitale che
sarebbero necessari per realizzare il piano stabilito. Nella maggior parte dei casi tali elementi non coincideranno
affatto e il piano sar di impossibile applicazione.
Il che vuol dire che se un determinato piano deve essere imposto dall'alto, se questo piano imposto dallo Stato
ed investe l'intera economia del paese, il piano non pu logicamente e di fatto consentire la libera scelta della
professione, del mestiere o dell'arte da parte dell'individuo.
Quindi, adottando l'emendamento, noi verremmo implicitamente a negare il principio, che noi stessi abbiamo gi
ieri affermato della libera scelta .
Dovremmo ritornare su quel principio e stabilire invece il principio opposto: quello del lavoro coatto, degli eserciti
del lavoro, che ho sentito ieri che era stato proposto da qualche collega. Fra il principio, da noi respinto, del
lavoro coatto, degli eserciti del lavoro, e l'emendamento che stato a noi presentato c' logica connessione, ma
la stessa logica connessione non esiste fra il principio della libera scelta, da noi gi approvato, e il principio del
piano deliberato dall'alto per raggiungere - come ho detto prima - un fine che di impossibile ed illogica
definizione e che, se sar definito, lo sar dall'arbitrio del legislatore.
Io mi chiedo poi se valga la pena di stabilire un principio di piano generale quando il principio dei piani
antico quanto il mondo ed stato sempre usato: sempre, in tutte le epoche storiche e in tutte le forme di
economia, si sono fatti dei piani. Il piano lo fa il padre di famiglia quando deve coordinare l'insieme delle sue
entrate e delle sue spese e deve distribuire le sue spese a seconda delle esigenze familiari. Anche questo un
piano. Un piano lo presenteranno da qui a pochi giorni gli uomini del governo col bilancio preventivo per il 194748. Anche questo un piano. Nessuno si mai meravigliato che lo Stato facesse per le cose sue dei piani. In
tutte le forme dell'economia si son fatti dei piani e sempre coloro che li hanno fatti hanno avuto maggiore o minor
successo a seconda della abilit con cui essi questi piani avevano congegnato.
Sono contrario al principio generale dei piani complessivi da formularsi dallo Stato. Non vediamo noi forse, non
abbiamo forse sotto i nostri occhi i risultati, tutt'altro che piccoli, degli innumerevoli piani i quali sono stati attuati
in concorrenza ed in collaborazione da individui privati e dallo Stato attraverso i secoli e anche negli ultimi
tempi?
Io non so se molti di voi ricordano, come ricordo io, le condizioni agricole in cui si trovava l'Italia nel tratito da
Pisa a Roma. Nel 1891 feci il primo viaggio da Torino a Roma traversando la Maremma e poi la campagna
romana. Lo spettacolo che si apriva dinanzi agli occhi era allora davvero desolante. Adesso chi compie il
medesimo viaggio si trova di fronte ad una situazione ben diversa, frutto di innumerevoli piani di lavoro che sono
stati compiuti, da individui, da enti pubblici, dallo Stato, e che hanno trasformato completamente la faccia
esteriore di quel territorio. Invece delle lande deserte che si stendevano sino alle porte di Roma noi possiamo
oggi contemplare aziende rurali private e pubbliche, che io credo siano non solo tra le prime, ma le prime del
mondo. Non esiste infatti in nessun paese del mondo un complesso di aziende cos grandemente perfezionato
che dia altrettanta produttivit economica: in nessuna parte del mondo si ritrova un complesso di aziende che
possa sostenere il paragone con quello che vediamo alle porte di Roma.
Tutta l'Italia, del resto, cosparsa di aziende rurali che sono il frutto di piani sapienti condotti fin dall'antichit;
non piani ordinati dall'alto, ma adattati caso per caso alle esigenze delle localit.
Esiste in qualche paese del mondo una zona che possa stare al paragone della Lombardia per perfezione di
agricoltura, per ricchezza di prodotti, per ricchezza di strumenti tecnici? Esiste al mondo una regione nella quale
gli investimenti di capitali siano stati nei secoli cos intensi e trasformatori da eccedere persino il valore presente
della terra? Eppure la Lombardia per ben due volte nella sua storia fu tratta dal nulla economico alla floridezza.
La prima volta quando Annibale si affacci dalla cerchia delle Alpi; e la seconda volta verso il 1000 quando la
barbarie medioevale stese il suo velo funereo su tutta l'Europa. La Lombardia era diventata tutta una palude,

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cosparsa qua e l di foreste. E. se una prima e di nuovo una seconda volta la Lombardia tornata ad essere
quella che oggi , ossia il giardino d'Europa e forse il giardino del mondo, ci si deve all'iniziativa individuale
entro la cornice di una appropriata legislazione. Quale fu la legislazione che consent agli agricoltori di
trasformare la faccia della terra da un complesso di paludi miasmatiche all'intenso rigoglio di terre
stupendamente coltivate? Il risultato, per quanto ha tratto all'intervento statale, si deve a due leggi, a due piccole
leggi. Una si chiama la legge dell'acquedotto che esisteva gi nel diritto romano e fu ripresa negli statuti dei liberi
comuni lombardi. Per essa il proprietario di una sorgente d'acqua che si trovi lontana dai suoi terreni ha il diritto
di portare l'acqua passando attraverso il terreno altrui, purch paghi l'indennizzo per il terreno che occupa per
portare l'acqua, e ci anche senza il consenso dei proprietari dei terreni che sono attraversati.
In virt di questa semplice norma legislativa, che costitu la cornice entro la quale si pot sviluppare l'opera del
proprietario, la irrigazione in Lombardia ebbe uno stupendo sviluppo; e quei terreni non furono pi campi
inquinati di acque nelle quali si seminava di quando in quando il riso con scarsissimi prodotti, ma terreni
pianeggianti, cos profondamente diversi da quelli che precedenti da non avere con essi alcun rapporto.
Un'altra legge cornice, entro la quale si svilupp l'attivit privata che trasform la Lombardia, fu dovuta ad alcuni
economisti italiani del 18 secolo; essa sanciva che coloro i quali avessero migliorato i loro terreni potevano
godere il frutto dell'incremento di reddito senza pagare un sovrappi d'imposta. questa la legge che Carlo
Cattaneo defin legge civile in confronto alle barbare leggi che in altri paesi colpivano il reddito appena colto, e fu
quella che incoraggi la trasformazione e il miglioramento dei terreni.
Noi non abbiamo bisogno di piani complicati imposti dall'alto e di assurda applicazione, in quanto almeno uno
dei fattori produttivi si comporter sempre in modo diverso dal previsto; senza contare che, finch sancita la
libert di scelta delle professioni, almeno uno dei fattori sar disponibile in quantit diversa da quella decretata
dai piani. Le leggi di cornice che stabiliscono limiti all'iniziativa privata favoriscono sempre l'iniziativa individuale
e fanno s che questa possa svolgersi completamente; i piani generali dall'alto la mortificano.
Debbo chiedere venia ai colleghi di diverse opinioni politiche se forse non rendo eccessivo omaggio alla novit
del sistema dei piani che vengono dall'alto, che essi auspicano. I piani dall'alto non sono una novit ma una
cosa antica quanto il mondo e in tutte le carte di tutti i princip (non dell'epoca illuministica, perch allora
incominciava la critica) dell'epoca di decadenza, che venne dopo quella la quale spinse l'economia italiana nel
1200 e 1300 a fastigi mai prima raggiunti, essi diventarono comuni: e furono allora e saranno di nuovo in
avvenire - se essi saranno nuovamente applicati - non uno strumento di elevazione sociale ed economica, ma
uno strumento di oppressione politica.
Fu durante i secoli dalla fine del '500 alla met del '700 che quei piani di riorganizzazione economica provenienti
dall'alto si fecero pi frequenti, e non un editto si pu leggere di quell'epoca nel quale non sia detto che i princip
volevano recare benefci ai sudditi e volevano promuovere l'economia restringendola entro vincoli che allora si
chiamavano corporazioni d'arti e mestieri: illegittime eredi, queste, delle vere corporazioni libere che esistevano
nel 1200 e nel 1300.
PRESIDENTE. Onorevole Einaudi, ascoltiamo volentieri queste sue considerazioni; ma la sua, come
dichiarazione di voto, mi sembra troppo ampia.
EINAUDI. Concludo: i piani imposti dall'alto sono sempre stati, nei secoli scorsi, antesignani di servit politica e
di schiavit economica.
Ho sentito ricordare con accento di critica la legge Chapelier, che meglio si dovrebbe far risalire a Turgot, la
quale aboliva le corporazioni di arti e mestieri.
Tengo a dichiarare che quella legge, sopprimeva piani che avevano arrecato il maggior danno all'economia
pubblica ed avevano tenuto basso il tenore di vita delle classi lavoratrici. La legge abolitrice delle corporazioni
dopo del piano generale non era diretta contro le classi lavoratrici; anzi era antesignana della libert di
coalizione, della libert di sindacato, della libert di sciopero.
Io che sono favorevole alla libert di scelta ed alla libert di sindacato, non da oggi, ma da quando ho
cominciato a scrivere in questa materia, dal 1898, dico che dobbiamo continuare a salutare storicamente con

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plauso quella legge abolitrice delle corporazioni d arti e mestieri, perch essa sopprimeva la schiavit ed
iniziava un nuovo periodo di libert nel mondo e di elevazione delle classi lavoratrici.
Noi, che vogliamo l'elevazione delle classi lavoratrici, vogliamo conservare il principio della libert di scelta e
siamo contrari all'emendamento, che questa libert di scelta logicamente e necessariamente nega. (Applausi).
FOA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
FOA. A nome dei miei colleghi di gruppo dichiaro che noi voteremo a favore dell'emendamento in discussione.
Colgo l'occasione di questa dichiarazione di voto per dichiarare all'Assemblea, come firmatario
dell'emendamento in discussione ed essendo, in certo senso, responsabile di aver dato inizio a questo dibattito
col mio emendamento di ieri, di essere grato all'onorevole Einaudi e all'onorevole Pajetta, per avere essi
contribuito a spostare questa discussione da quell'atmosfera di drammaticit, che sembrava dovesse assumere
all'inizio della seduta, a giudicare dai commenti della stampa di stamane, e per avere elevato il dibattito in una
sfera serena.
Effettivamente non vi stata, da parte mia, nessuna intenzione di insinuare nella Costituzione un elemento che
risolvesse a pr dell'una o dell'altra parte un dibattito ideologico o programmatico essenziale, che pensasse,
cio, di risolvere il problema fondamentale che angustia molti di noi, quello della libera iniziativa e dell' intervento
statale.
Mi richiamo a quanto dissi ieri e che suppongo possa avere trovato risonanza nel fondo dell'animo vostro. Vi
oggi un problema centrale: vi sono delle necessit di intervento, che qualunque persona responsabile, a
qualunque partito appartenga, non pu disconoscere.
Ma noi sappiamo quanto questi interventi siano caotici ed empirici ed esposti alla pressione di interessi
particolari ed oligarchici.
Noi pensiamo che si debba dare ordine a quel tanto di intervento pubblico che necessario nell'economia
moderna.
Sono grato all'onorevole Einaudi di aver chiarito un punto importante. Egli ha detto: il bilancio un piano
finanziario. Esatto. Io ricordo che lo Statuto Albertino ed in genere gli statuti e i patti costituzionali moderni
prevedevano l'impegno statale di fare il piano finanziario, perch la materia dell'intervento statale in campo
finanziario era talmente delicata, che si richiedeva la sua pianificazione, come una garanzia democratica.
Questa stata una conquista dello Stato democratico moderno: la formazione del bilancio prevista dalla
Costituzione.
A distanza di cent'anni da allora, le necessit dell'intervento pubblico dello Stato, in materia economica, si sono
talmente accresciute - e tutti noi sentiamo l'acuto disagio del disordine, del caos che presiede alla condotta
economica degli enti pubblici - che l'esigenza di piani in questa materia non una questione ideologica ma
una esigenza di ordine e, direi anche, di giustizia. Bisogna legare questo intervento ad una destinazione sociale
affinch esso non sia pi manovrato da interessi particolari.
Questo lo scopo principale dell'emendamento presentato e per cui abbiamo, successivamente, aderito
all'emendamento del collega Montagnana e degli altri firmatari, connettendo la richiesta di questa pianificazione,
cio di questo ordine nell'intervento, al diritto al lavoro.
Io sono anche grato all'onorevole Einaudi per aver ricordato alcuni princip di scienza economica e per avermi
dato modo di constatare, in questo caso, che la scienza non in contrasto con la mia coscienza. Devo dire che
quando l'onorevole Einaudi ci ha ricordato la formula del massimo rendimento, i suoi dubbi erano da me
condivisi. Ma sul punto della massima utilit sociale, circa la incomparabilit delle sensazioni dei vari soggetti

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economici, il senatore Einaudi stesso ci ha insegnato che quella formula, che gli economisti inglesi esprimevano
sinteticamente colla frase no bridge , ha un valore puramente teorico. Queste disquisizioni teoriche, gli stessi
economisti che le facevano, ammonivano di non farle sul piano pratico, perch qualunque legislatore, qualunque
amministratore avesse voluto portare sul terreno pratico la formula del no bridge sarebbe rimasto paralizzato
nella sua azione economica.
E quando vediamo la necessit anche nel campo internazionale di distribuire le scarse risorse che abbiamo
secondo una graduatoria, di importanza e di urgenza che cosa sono queste graduatorie se non graduatorie
obiettive di bisogni?
E in un paese talmente arretrato in fatto di consumi, come l'Italia, io mi domando se la coscienza pubblica non
riconosce che esistono dei bisogni che si possono valutare obiettivamente e che nessuna scala di valutazioni
soggettive sul libero mercato potrebbe esprimere, perch vi sono delle categorie di consumatori che non
possono, per mancanza di mezzi e per mancanza di possibilit di consumo, esprimere i loro bisogni particolari
sul mercato. Per cui l'esigenza di questi bisogni non pu essere che oggettiva, cio sottoposta a un piano di
graduatoria, sottoposta ad una valutazione sociale.
Questa deve essere la coscienza del Paese quando si tratta di sollevare delle zone depresse o delle categorie
depresse. In questo caso non c'entra pi il problema della non comunicabilit fra la psiche di un soggetto e
quella di un altro. Noi sappiamo che quei bisogni ci sono e la coscienza pubblica riconosce che devono essere
soddisfatti. Questo il problema del piano come noi lo poniamo. Non un contrasto fra il piano e l'iniziativa,
una necessit per mettere ordine e giustizia in queste materie vitali. Questo bisogno veramente diffuso
dappertutto.
Non so se l'emendamento sar approvato, ma ho speranza che nel fondo delle preoccupazioni da me espresse
vi sia qualcosa che pu essere comune a tutti i partiti, sopratutto a quei grandi partiti maggiormente responsabili
perch esponenti delle grandi masse popolari. Se questo fondo comune esiste, io mi auguro sinceramente che
un punto d'accordo possa essere trovato in prosieguo: la Costituzione italiana deve portare traccia di questa
esigenza, che di tecnica moderna e di giustizia sociale. (Applausi a sinistra).
BELOTTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
BELOTTI. Sar brevissimo, in quanto intendo limitarmi a completare quello che ha detto l'onorevole Pajetta nel
suo intervento chiarificatore. Egli non stato completo. Forse ha letto solo la relazione dell'onorevole Togliatti,
ma non ha letto un'altra relazione apparsa negli Atti della Commissione per la Costituzione.
A pagina 109 del volume secondo si legge, nella relazione presentata alla terza Sottocommissione dallo stesso
suo compagno di partito, onorevole Antonio Pesenti:
Da un punto di vista di fatto chiaro che soltanto un'organizzazione sociale basata sulla propriet collettiva dei
mezzi di produzione e su di un piano economico dell'investimento e della produzione pu assicurare la
realizzazione del diritto al lavoro, intese appunto non come affermazione morale, ma come obbligo giuridico
dello Stato a procurare lavoro .
Da questo deriva, forse, che tale principio non debba essere sancito in una Carta costituzionale moderna di uno
Stato basato sulla propriet privata? Mi pare di no. Io penso che tale principio debba essere sancito anche nella
Carta costituzionale nostra. Il principio del diritto al lavoro in una societ in cui sia ammessa la libert di
investimento dei mezzi di produzione diventa un obbligo generico, una indicazione in favore di una politica di
piena occupazione e di spesa pubblica, cio di intervento dello Stato nella vita economica, con varie forme
tendenti, nel loro complesso, al raggiungimento di tale meta, per quanto essa sia possibile nel sistema
capitalistico di produzione e ci in netto contrasto con i criteri informatori della politica economica della societ
capitalistica di concorrenza che hanno ovunque prevalso nel passato. Questo principio, qualora venisse sancito
nella Costituzione, oltre a costituire una precisa indicazione di politica economica e affermare una esigenza della
coscienza popolare moderna, avrebbe inoltre conseguenze giuridiche importanti. Da esso, e non da altri, pu
derivare il principio del diritto al riposo retribuito ed alla protezione sociale, intesa non come organizzazione

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assicurativa mutualistica di carattere privato - sia pure con riconoscimento e controllo statale - ma come preciso
obbligo della societ di garantire un minimo di vita e di difesa sociale a chi, per colpa non sua o per inabilit, non
ha il lavoro a cui avrebbe diritto. Ecco perch anche nella nostra societ bene affermare il diritto al lavoro. Se
esso, nella sua forma principale, non immediatamente attuabile, sta tuttavia alla base di diritti sussidiari,
sostitutivi, che possono essere immediatamente realizzati .
Questa tesi, e non quella dell'onorevole Togliatti (evidentemente ispirata al paradigma sovietico), era prevalsa in
seno alla Commissione plenaria. L'articolo 37 (secondo comma) del progetto di Costituzione detta appunto: La
legge determina le norme e i controlli necessari perch le attivit economiche possano essere armonizzate e
coordinate a fini sociali .
Condivido le eccezioni che sono state mosse all'emendamento aggiuntivo proposto dagli onorevoli Montagnana
ed altri, sopratutto per quanto riguarda la sua conciliabilit col secondo comma (gi approvato) dello stesso
articolo 31, il quale sancisce il dovere per ogni cittadino di svolgere un'attivit o una funzione conformemente
alle proprie possibilit e alla propria scelta . Indubbiamente, il governo di uno Stato totalitario pu garantire
lavoro ai proletari disoccupati, imponendo, ad essi l'esecuzione di opere utili alla collettivit, ma che, dal
momento che esse implicherebbero troppo gravi sacrifici per i singoli, nessuno accetterebbe di compiere in
regime di libert. Un Governo pu far costruire ferrovie e canali in tundre desolate e flagellate da tempeste di
neve, o in terreni paludosi, valorizzando s regioni ricche di materie prime, ma con enorme spreco di vite umane.
Una pianificazione integrale imposta dall'alto postula una elefantiasi burocratica che pu essere spinta fino al
soffocamento della libera scelta del lavoro e della libera iniziativa, molle del progresso sociale. Nella Russia
Sovietica, ad esempio, com' noto e documentato dal Codice Sovietico del lavoro, la distribuzione del lavoro non
riservata alla spontanea scelta individuale: una funzione sociale, una prerogativa esclusiva dello Stato
imprenditore. Noi non abbiamo paura delle parole, ma siamo avversi a una pianificazione integrale ispirata a
quel produtti vismo che nettamente in contrasto con la nostra concezione umana e cristiana dei diritti
naturali e fondamentali della persona.
Come guarentigia del diritto di tutti i cittadini al lavoro, oltre al gi citato secondo comma dell'articolo 37 del
progetto di Costituzione, pare a me come all'onorevole Pesenti che possa bastare il primo comma (gi
approvato) dello stesso articolo 31, il quale detta:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo
questo diritto .
Per queste ragioni dichiaro che voter contro l'emendamento Montagnana. (Approvazioni al centro - Commenti
a sinistra).
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
CORBINO. Io credo che mai come oggi noi abbiamo motivo di rallegrarci di far parte di un'Assemblea di uomini
liberi, in cui una questione, che avrebbe potuto presentarsi con caratteri di una notevole gravit stata, si pu
dire, immediatamente e lealmente svelenita della sua portata preoccupante dalle dichiarazioni che, all'inizio di
questa discussione, ha fatto uno dei presentatori dell'emendamento sul quale discutiamo. Perch l'onorevole
Pajetta dovr convenire con me che, nella forma e nel contenuto, le modificazioni che egli propone sono
veramente rilevanti rispetto all'emendamento proposto ieri, emendamento che ripete una proposta fatta
dall'onorevole Togliatti in sede di Sottocommissione.
La preoccupazione sorta in taluni, che si fosse voluto tentare, diciamo cos di straforo, di introdurre il socialismo
e il collettivismo nella nostra Costituzione, nasceva un po' dal contenuto dell'emendamento inizialmente
presentata, ma soprattutto dal fatto che essa era stato presentato, dir quasi, non all'ultimo momento, ma
all'ultimo giorno della discussione. Io penso che appunto perch questa proposta aveva avuto l'autorevole
battesimo da parte dell'onorevole Togliatti, in seno alla seconda Sottocommissione, avrebbe dovuto, dai colleghi
di quei banchi, essere presentata prima. Certamente essa non avrebbe destato la sorpresa e l'imbarazzo che
sono derivati esclusivamente dall'ora relativamente tarda di presentazione. Questo desidero dire perch ci si
renda conto che, quando noi dichiariamo di essere contrari all'emendamento in parola, non vogliamo escludere

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le ragioni umane che questo emendamento possono aver suggerito, e vogliamo soltanto collegarci
all'interpretazione della Commissione che cio, nel contenuto degli articoli 31, nella parte gi approvata, e 37,
nel testo proposto dalla Commissione, la parte sostanziale dell'emendamento si deve considerare come gi
implicitamente affermata. Non , badate bene, una questione di liberismo o di intervento integrale dello Stato.
Non c' una differenza cos grave tra liberismo e non liberismo od interventismo che non possa, sul terreno della
libert politica, trovare volta per volta la sua soluzione di compromesso, perch voi non potete concepire una
societ organizzata a Stato, in cui lo Stato sia interamente liberista perch alrimenti esso cesserebbe di essere
Stato.
Non si pu concepire un'organizzazione sociale in cui lo Stato voglia fare tutto, anche nell'ipotesi illimitata,
perch non si potr mai togliere ai cittadini il diritto di uccidersi (Commenti), il che manderebbe a monte il diritto
dello Stato di mantenere dei vincoli ad ogni costo. Ecco perch il problema dell'intervento e della libert sul
terreno economico, quando se ne parla in quest'aula, non problema di economia politica ma problema di
politica in senso stretto e pu benissimo accadere, onorevole Pajetta, che l'onorevole Corbino, liberista, in
determinate circostanze, possa andare anche al di l di quanto non possa andare l'onorevole Pajetta che ha
l'intervento puro come principio, come prassi.
Quel che ci aveva un po' preoccupati era la forma originaria: lo Stato interviene per coordinare e dirigere
secondo un piano . Coordinare e dirigere secondo un piano significava sottoporre allo Stato il controllo
completo della vita economica e politica, collettivamente e singolarmente intesa, della Nazione. Nella forma
attenuata con cui l'emendamento presentato oggi, esso fa sorgere un solo problema, quello della definizione
del massimo di utilit sociale, problema che, come l'onorevole Einaudi ha luminosamente dimostrato,
teoricamente irresolubile, e praticamente si risolve col trionfo di una parte politica sull'altra. Infatti volete voi che
qualcuno chieda l'intervento dello Stato per dire: Vogliamo che lo Stato intervenga perch questo il nostro
interesse ? Ma non troverete nessuno che far questo, nessuno che domander dei milioni o dei miliardi
perch apertamente vadano a beneficio di portafogli privati. No. Tutte le richieste allo Stato sono sempre
poggiate sul presupposto che, accedendo a esse, si fa l'interesse collettivo. Se voi leggete tutti gli atti
parlamentari, tutti i documenti che pervengono per richieste di dazi doganali, o di intervento di qualsiasi genere,
troverete sempre la frase: nell'interesse della Nazione che questo si faccia . E cos che i cotonieri nel 1887
chiesero e ottennero protezioni doganali superiori a quelle che sarebbero state logicamente necessarie in quel
momento, e che la siderurgia pesa da 60 anni sull'economia italiana, nel nome dell'interesse generale, e tante e
tante altre forme di parassitismo, o di parassitismo non solo...
DI VITTORIO. Tutto ci si fatto in Italia senza piani.
CORBINO. Onorevole Di Vittorio, le, posso dire che non cos, perch se lei vede tutti gli atti delle Commissioni
parlamentari che hanno portato alla concessione dei dazi doganali nel 1883, nel 1887, nel 1892, nel 1903, non
trover la parola piano adoperata nel significato moderno della parola, ma ci trover il contenuto di un piano,
perch l si parla di sviluppi di industrie collaterali e coordinate a necessit di carattere militare, di industrie da
fare sviluppare perch vi sono delle maestranze da impiegare, di intervento che lo Stato deve assicurare per
garantire determinate situazioni locali, e non gi di piano nella forma organica con cui se ne parla oggi (il piano
quinquennale, il piano quadriennale). Ma, come ha detto l'onorevole Einaudi, questi piani non sono mai
realizzabili al punto in cui sarebbe desiderabile che lo fossero, anche rispetto a coloro che li propongono, perch
il mutare dei tempi in politica ed in economia, cos rapido che le ipotesi inizialmente poste, perch il
piano si svolga in tutta la sua interezza, si mutano strada facendo. Quella dello Stato quando vuol fare i piani,
un po' la posizione di quel cacciatore di cui si dice che, essendo distratto, andava a caccia dimenticando sempre
qualcosa; un giorno le cartucce, un giorno la borraccia, un giorno la colazione, un giorno il fucile, ma tornava
sempre con la cacciagione. Una volta sola aveva portato con s tutto, ma rientr senza caccia per il solo fatto
che avendo dimenticato il portafoglio, non pot comprare la cacciagione che abitualmente portava come risultato
delle sue avventure.
Ed allora io richiamo la vostra attenzione sugli effetti politici ed economici che derivano dall'impiego della parola
piano nella nostra Costituzione, rispetto al significato che a questa parola si d in altri paesi. Voi sapete
meglio di me quale la situazione economica italiana di carattere transitorio e quale quella di carattere
permanente; cio sapete meglio di me che l'economia italiana stata sempre strettamente collegata
all'economia internazionale. Questo collegamento, nel periodo anteriore alla prima guerra mondiale, si
manifestava, nei nostri riguardi, nei due aspetti differenti del collegamento fra l'Italia e l'estero, per gli stranieri

323

che venivano in Italia, e per gli italiani che andavano all'estero. Si trattava di un movimento di nazionali e di
stranieri, che aveva questo solo effetto: ne derivava a nostro vantaggio una somma di ben 1200 milioni di lire del
1913, cio a dire un qualche cosa che corrisponde a circa 350 milioni di dollari attuali, cio 240 milioni di dollari
del 1914. Ora, con questi 1200 milioni l'Italia pagava quello che non riusciva a comperare con le esportazioni
delle sue merci. Fino a quando noi non riusciremo a riattivare queste due correnti di mezzi di pagamento, fino a
quando noi non riusciremo a equilibrare meglio le nostre necessit di importazione con le possibilit di
esportazione, noi dovremo sostituire queste fonti con le possibilit determinate dal mercato finanziario
internazionale. Ora io non mi preoccupo di sapere da quale parte possano venire questi mezzi, non guardo n
alla provenienza, n al tipo o alle caratteristiche dei prestiti che si potranno avere; parlo soltanto della struttura
economica che noi vorremmo preparare, dato che, fino al giorno in cui non potremo essere autonomi sul
problema dei rapporti internazionali, avremo bisogno di questi aiuti. Credete pure che oggi la parola piano
intesa nel senso con cui era stata considerata nella prima ipotesi, una parola che spaventa.
LOMBARDI RICCARDO. l'America che chiede dei piani.
CORBINO. Siamo d'accordo, onorevole Lombardi, ma i piani che chiede l'America - me lo consenta l'amico
Lombardi - non sono quelli che chiedeva l'amico Pajetta con il suo emendamento (Si ride - Applausi al centro e a
destra).
C' una notevole differenza; io dico e affermo sostanzialmente con voi che assurdo pretendere che lo Stato,
nelle condizioni attuali, si possa disinteressare dello svolgimento della vita economica; sarebbe illogico, perch
allora lo Stato non sarebbe pi lo Stato. Questo stato con la s minuscola che se ne vuole andare noi lo facciamo
andare, e gli sostituiremo un altro Stato con la S maiuscola, che si deve occupare della vita economica e sociale
del Paese. E io sar il primo a sostenere questa tesi con voi.
Ma, se sostanzialmente siamo d'accordo, cio se tutti ammettiamo che l'attivit dello Stato debba essere diretta
al fine di ottenere, non dir il massimo di utilit sociale in senso assoluto - che non esiste - ma quel massimo di
utilit sociale che dalla classe dominante volta per volta riconosciuto corrispondente alla definizione che
dovremmo dare nella Costituzione, perch dobbiamo mettere nella Costituzione delle cose che ci potrebbero, in
un certo senso, danneggiare e non ci gioverebbero proprio a nulla? Questa la preoccupazione che ho
nell'animo mio; perch, credete pure, noi liberali non vogliamo ostacolare la marcia del socialismo.
Non questo un problema soltanto italiano; un problema che travaglia tutti i popoli. un problema in cui noi
camminiamo come cammina una delle stelle della costellazione dell'Orsa Maggiore, insieme alle altre sei. Siamo
in un'epoca nella quale noi abbiamo distrutto il fondo delle teorie liberali in materia economica - lo riconoscete
anche voi questo - il liberalismo economico stato distrutto, non esiste pi. Sono contento che si faccia questa
constatazione, perch vuol dire che il fallimento al quale assistiamo in questi giorni non il fallimento
dell'economia liberale, il fallimento di un'altra economia. (Rumori e commenti a sinistra. Applausi a destra).
Comunque, noi non abbiamo ancora sostituito alla vecchia economia liberale un'altra economia a basi salde;
stiamo cercando, stiamo brancolando nel buio; speriamo che o il sole dell'avvenire, o la luna piena del presente
ci consentano di uscir presto da questa situazione.
Ma se partiamo dal presupposto che l'interesse che tutti vogliamo tutelare, anche se non apparteniamo a
determinati banchi dell'Assemlea, l'interesse delle classi lavoratrici che, credete, pure stanno a cuore a noi
come a voi; (Commenti a sinistra) credetelo pure, posso dirlo perch sono uno dei vostri, perch per
provenienza appartengo a quelle classi lavoratrici che voi affermate di voler difendere e, se volessi passare
all'altra classe, rinunziando allo scanno di deputato, lo potrei fare da domattina in avanti: se sono qui, ci sono per
difendere con voi, sia pure da un altro punto di vista, l'interesse delle classi lavoratrici, con identit di buona
fede, e sono convinto che nel vostro intimo, anche se apparentemente rumoreggiate un po' alle mie
affermazioni, voi che tutti mi conoscete dovete ammettere che io ho ragione. Dunque, dicevo, se questo
l'intendimento di tutti - noi cerchiamo di fare una Costituzione che valga non per l'eternit, ma per lungo tempo non vincoliamo l'azione dei governi futuri alla necessit di piani, nel significato odierno della parola: atteniamoci
a quello che la Commissione, con l'articolo 31 e con l'articolo 37, propone ed eventualmente concordiamo pure
un'integrazione dell'articolo 37 nel senso che compatibile e conciliabile con tutti i punti di vista.

324

E facciamo che su un argomento che sta a cuore di tutti non si proceda a una votazione che ci divida: noi non
dobbiamo dividerci sul terreno dell'amore alle classi lavoratrici, perch qui tutti abbiamo il diritto di pretendere
che l'interesse di queste classi sia da tutti difeso in purit di fede. (Vivi applausi).
Risultato della votazione segreta.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione segreta sul disegno di legge: Ordinamento dell'industria
cinematografica nazionale e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti. (Gli onorevoli
Segretari numerano i voti).
Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:
Presenti e votanti . . . 395
Maggioranza......198
Voti favorevoli . . . 265
Voti contrari .... 130
(L'Assemblea approva il disegno di legge).
Hanno preso parte alla votazione:
A Bozzi - Adonnino - Allegato - Amedei - Ambrosini - Andreotti - Angelini - Arata - Arcaini - Arcangeli - Assennato
- Avanzini - Ayroldi - Azzi.
Baldassari - Balduzzi - Baracco - Barbareschi - Bardini - Barontirii Anelito - Barontini Ilio - Basile - Bassano Basso - Bastianello - Bei Adele - Bellato - Belotti - Bencivenga - Benedettini - Benvenuti - Bernamoriti - Bertini
Giovanni - Bertola - Bertone - Bianchi Bruno - Bianchi Costantino - Bianchini Laura - Bibolotti - Binni - Bitossi Bocconi - Boldrini - Bolognesi - Bonino - Bonomi Ivanor - Bonomi Paolo - Bordon - Bosco Lucarelli - Dovetti Bozzi - Braschi - Bruni - Brusasca - Bubbio - Bucci - Buffoni Francesco - Burato.
Caccuri - Caiati - Cairo - Calamandrei - Caldera - Calosso - Camangi - Campilli - Camposarcuno - Canepa Canevari - Cannizzo - Caporali - Cappa Paolo - Cappelletti - Cappi Giuseppe - Caprani - Capua - Carbonari Carboni - Caristia - Carmagnola - Caroleo - Carpano Maglioli - Carratelli - Cassiani - Castelli Edgardo - Castelli
Avolio - Cavalli - Cavallotti - Cerreti - Cevolotto - Chatrian - Chieffi - Ciampitti - Cianca - Ciccolungo - Cicerone Cimenti - Cingolani Mario - Clerici - Coccia - Colitto - Colombi Arturo - Colombo Emilio - Colonna di Paliano Colonnetti - Conci Elisabetta - Condorelli - Conti - Coppi Alessandro - Corbi - Corbino - Corsi - Cortese - Costa Costantini - Cotellessa - Crispo.
Damiani - D'Amico Diego - D'Amico Michele - D'Aragona - De Caro Gerardo - De Caro Raffaele - De Falco - Del
Curto - Della Seta - Delli Castelli Filomena - De Maria - De Martino - De Mercurio - De Michele Luigi - De
Michelis Paolo - De Palma - De Unterrichter Maria - De Vita - Di Fausto - Di Gloria - Di Vittorio - Domined D'Onofrio - Dossetti.
Einaudi - Ermini.
Fabbri - Fabriani - Fantoni - Fantuzzi - Farina Giovanni - Farini Carlo - Fedeli Aldo - Fedeli Armando - Federici
Maria - Ferrarese - Ferrario Celestino - Ferreri - Fietta - Filippini - Fiorentino - Fioritto - Firrao - Flecchia - Foa Fogagnolo - Foresi - Fornara - Franceschini - Froggio - Fuschini.
Gabrieli - Galati - Gallico Spano Nadia - Garlato - Gatta - Gavina - Gervasi -

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Geuria - Ghidini - Ghislandi - Giacchero - Giannini - Giolitti - Giordani - Giua - Gonela - Gorreri - Gortani - Gotelli
Angela - Grassi - Grazi Enrico - Grazia Verenin - Grieco - Grilli - Gronchi - Guariento - Guerrieri Emanuele Guerrieri Filippo - Gui - Guidi Cingolani Angela - Gullo Fausto.
Imperiale - Iotti Leonilde.
Jacini - Jacometti - Jervolino.
Labriola - Laconi - Lagravinese Pasquale - Lami Starnuti - Landi - Leone Francesco - Lettieri - Li Causi - Lizier Lombardi Riccardo - Longhena - Longo - Lozza - Lucifero - Luisetti.
Macrelli - Maffi - Maffloli .- Magnani - Magrini - Malagugini - Maltagliati - Malvestiti - Mancini - Marazza - Marconi
- Mariani Enrico - Mariani Francesco - Marinaro - Martinelli - Marzarotto - Massini - Massola - Mastino Gesumino
- Mastrojanni - Mattarella - Mattei'' Teresa - Mazzei - Meda Luigi - Medi Enrico - Mentasti - Merighi - Merlin
Angelina - Merlin Umberto - Mezzadra - Miccolis - Micheli - Minella Angiola - Minio - Molinelli - Momigliano Montagnana Rita - Moltalbano - Montemartini. - Monterisi - Monticelli - Montini - Morelli Renato - Morini - Moro Mortati - Moscatelli - Motolese - Mrdaca - Murgia - Musolino - Musotto.
Nasi - Natoli Lamantea - Nicotra Maria - Nitti - Nobile Umberto - Nobili Tito Oro - Noce Teresa - Notarianni Numeroso.
Orlando Camillo.
Pacciardi - Pajetta Gian Carlo - Pallastrelli - Paolucci - Paratore - Parri - Pastore Raffaele - Pat - Patrissi Pecorari - Pella - Pellegrini - Pera - Perassi - Perlingieri - Perrone Capano - Persico - Pertini Sandro - Perugi Pesenti - Petrilli - Piccioni - Piemonte - Pignatari - Pistoia - Platone - Pollastrni Elettra - Ponti - Porzio Pratolongo - Preti - Prziosi - Priolo - Proia - Pucci - Puoti.
Quarello - Quintieri Adolfo - Quintieri Quinto.
Raimondi - Ravagnan - Reale Vito Rescigno - Restagno - Ricci Giuseppe - Riccio Stefano - Rivera - Rodi Rodin Mario - Romano - Rossi Maria Maddalena - Rossi Paolo - Roveda - Rubilli - Ruggeri Luigi - Ruggiero
Carlo - Ruini - Rumor - Russo Perez.
Saccenti - Salizzoni - Salvatore - Sampietro - Sansone - Saragat - Scalfaro - Schiavetti - Schiratti - Scoca Scoccimarro - Scotti Alessandro - Scotti Francesco - Secchia - Segni - Siles - Silipo - Silone - Spallicci - Spataro
- Stella - Storchi - Sullo Fiorentino.
Targetti - Taviani - Tega - Titomanlio Vittoria - Togni - Tonello - Tonetti - Tosato - Tosi - Tozzi Condivi - Trimarchi
- Trulli - Tupini.
Uberti.
Valenti - Valiani - Vallone - Valmarana - Varvaro - Vernocchi - Veroni - Viale - Vicentini - Vigo - Vilardi - Villani Volpe.
Zaccagnini - Zagari - Zanardi - Zerbi - Zotta - Zuccarini.
Sono in congedo:
Bargagna - Bernardi - Bettiol - Bulloni.
Cartia - Caso - Chiostergi - Cifaldi.
Falchi - Fanfani.
La Pira - Lazzati - Lombardo Ivan Matteo - Lussu.

326

Mannironi - Marina - Mastino Pietro.


Paris - Penna Ottavia.
Rapelli.
Sardiello - Simonini.
Tambroni Armaroli - Tremelloni - Treves - Turco.
Vigna.
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica Italiana.
TAVIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TAVIANI. Il gruppo democristiano voter contro l'emendamento proposto dall'onorevole Montagnana.
(Commenti a sinistra). Il nostro voto sarebbe sufficientemente motivato ove noi ci limitassimo a dire che
l'emendamento stesso avrebbe dovuto essere presentato come sostitutivo della seconda parte del primo comma
dell'articolo 31.
Infatti, dopo aver riconosciuto il diritto al lavoro a tutti i cittadini, il testo dice: La Repubblica promuove le
condizioni per rendere effettivo questo diritto. Ora, in luogo di questa dizione, si sarebbe potuto adottare quella
proposta dall'onorevole Montagnana. Qui sta l sorpresa della procedura adottata nella presentazione
dell'emendamento. Devo infatti rendere atto all'onorevole Laconi che egli mi aveva privatamente avvertito che i
comunisti avevano gi. predisposto un emendamento a questo articolo. Ma l'emendamento avrebbe dovuto
essere sostitutivo del primo comma dell'articolo. Accettarlo ora, che il primo comma gi stato votato,
significherebbe adottare due formule diverse per affrontare, risolvere, inquadrare costituzionalmente un identico
problema.
Peraltro, noi non vogliamo trincerarci dietro ad una questione di forma e di procedura; e dichiariamo
apertamente che la questione sollevata dall'emendamento presentato dagli onorevoli Montagnana e Pajetta
coinvolge una sostanziale divergenza fra la concezione comunista dell'economia e la nostra concezione.
per questa ragione che la mia dichiarazione sar lunga, assai pi lunga delle mie precedenti, che sono state
tutte brevissime.
L'effettiva realizzazione del pieno impiego pu implicare la necessit di un'integrale pianificazione
dell'economia? Deve implicare l'accentramento di tutte le iniziative economiche sotto un'unica direzione che
organizzi la produzione, ordini la distribuzione, determini ed imponga i bisogni anche individuali, elimini qualsiasi
propriet privata, qualsiasi libert di iniziativa, tutto riducendo alla burocrazia di un complesso congegno
collettivo?
Una voce a sinistra. Chi dice questo?
TAVIANI. Lo dico io. Effettivamente, l'attuazione, in senso assoluto, della politica del pieno impiego pu
implicare anche questo. Per una garanzia assoluta del pieno impiego, una politica economica di questo genere
pu essere necessaria. Necessaria, ma non sufficiente. Infatti, quand'anche una politica di questo genere
dovesse ritenersi necessaria, non sarebbe sufficiente in un paese povero e sovrapopolato come il nostro, per il
quale sarebbe pi che giustificato dubitare che non sia possibile assicurare un pieno impiego se non si ricorra
anche ad una forte e ordinata emigrazione. Tuttavia, anche quando un'integrale pianificazione dell'economia
risultasse sufficiente, noi non riteniamo che in alcun caso ad essa si debba ricorrere e ci per due motivi

327

fondamentali: 1) perch un'economia integralmente pianificata, e quindi collettivizzata, per quanto la si voglia e
possa idealmente proiettare allo scopo del benessere collettivo e quindi anche del pieno impiego, lascia troppo
facilmente la possibilit di cedere alla tentazione di indirizzarla ad altri scopi, come egemonie imperialistiche o
privilegio di ristrette cerchie classistiche o ideologiche; 2) perch un'economia integralmente pianificata sacrifica
di necessit altri diritti della persona, altrettanto naturali ed originari quanto il diritto al lavoro, e, per esempio, il
diritto all'appropriazione personale, al quale, con calorose parole, si richiamava ieri l'onorevole Zuccarini.
Ed stato proprio nel discorso dell'onorevole Zuccarini di ieri che stato citato Giuseppe Ferrari. Orbene,
questo scrittore, pensatore, filosofo, economista del secolo scorso, perch attuale ancora oggi? Non certo per
il suo radicale anticattolicesimo; ancora oggi attuale perch nella sua Filosofia della rivoluzione , egli ha
dimostrato l'impossibilit di conciliare l'assoluto principio della libert con l'assoluto principio dell'eguaglianza.
Il principio della libert, applicato in senso assolutistico, porta fatalmente a distruggere l'eguaglianza, come
viceversa il principio dell'eguaglianza applicato in senso assolutistico porta a distruggere la libert.
Questo ha dimostrato Giuseppe Ferrari, ed effettivamente cos.
Qualche cosa di simile si pu dire di una politica economica che sia esclusivamente, e insisto su questo
esclusivamente, orientata allo scopo di far lavorare tutti i cittadini.
Come si potrebbe realizzare tale scopo, se non attuando alcuni dei princip citati dall'onorevole Einaudi e per
esempio: deportare masse di lavoratori da un luogo all'altro dello Stato?
Si dir allora: perch avete votato il diritto al lavoro? Avete fatto un'affermazione platonica?
No, il riconoscimento di un diritto naturale dell'uomo al lavoro implica innanzi tutto per noi il diritto di lavorare
(quel diritto che il regime hitleriano ha negato agli ebrei) ed implica l'impegno dello Stato a promuovere tutte
quelle condizioni (si intende compatibilmente ed in armonia col rispetto degli altri diritti naturali dei cittadini)
affinch sia assicurato ad essi il lavoro e quindi l'esistenza. Questo uno degli scopi, se si vuole anche il primo
scopo, ma non l'unico scopo, non l'unico fra i fini sociali, di cui parla l'articolo 37.
Si parlato qui di piani che sono graditi all'onorevole Corbino e di piani che riuscirebbero graditi all'onorevole
Pajetta. Noi non siamo contrari a ritenere che siano necessari anche dei piani economici formulati dagli organi
pubblici, qualche cosa di pi e di diverso dal piano economico individuale,
a cui ha fatto riferimento esplicito l'onorevole Einaudi.
Noi non siamo affatto contrari, anzi desideriamo dei piani del tipo di quello Beveridge, ricordato stamattina dal
collega Grieco; ma saremmo, per esempio, contrari a piani del tipo di quello quadriennale nazista, che
cominciava proprio con questa affermazione: il cittadino tedesco ha il diritto di pretendere che l'organizzazione
statale del popolo trovi i mezzi e le vie per procurare lavoro al popolo .
Anche questo stato un piano teso, almeno teoricamente, a soddisfare il diritto al lavoro, ed a questo non siamo
favorevoli.
L'onorevole Nitti ha detto ieri che spesso falce e martello e aspersorio si son trovati d'accordo, alludendo ancora
una volta a pretesi compromessi che sarebbero stati alla base del Titolo III.
Ora bene ribadire che, se nella strada che intendiamo seguire c'incontriamo con altri che partono da punti
diversi e che in un domani, forse non immediato, hanno mete diverse dalle nostre, noi non ci preoccupiamo e
tanto meno ci dogliamo se possiamo insieme compiere qualche cosa di concreto o votare insieme una norma di
legge. Ma, quando sulla nostra strada l'incontro non avviene, serenamente cerchiamo con azione democratica di
far prevalere il nostro punto di vista. Ed per questo che, dopo aver votato ieri, anzi dopo aver promosso
assieme ai comunisti e ai socialisti l'affermazione del diritto al lavoro e l'impegno della Repubblica a renderlo
effettivo, votiamo oggi contro l'emendamento Montagnana che, pur non affermandolo esplicitamente, apre la
strada alla pianificazione integrale dell'economia. (Applausi al centro).
GIANNINI. Chiedo di parlare.

328

PRESIDENTE. Ne ha facolt.
GIANNINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi dobbiamo essere e siamo molto grati sia ai presentatori
dell'emendamento, sia agli altri onorevoli colleghi che hanno parlato, perch essi hanno aiutato e rafforzato la
nostra tesi, cio che in sede costituzionale non si pu discutere una legge sul lavoro, e confermata la giustezza
della nostra idea che di questo passo noi non arriveremo mai a finire i nostri lavori di costituenti entro il 24
giugno.
Ci premesso, desidero rassicurare l'onorevole Pajetta: noi non siamo affatto sorpresi dell'emendamento che
stato presentato dal partito comunista. Se siamo sorpresi di qualche cosa che solamente adesso venuto il
primo di quella serie di emendamenti che aspettavamo; e cos pensiamo che i colleghi dell'estrema sinistra non
saranno affatto sorpresi apprendendo che noi voteremo contro. (Commenti a sinistra),.
I problemi concreti sono una cosa e qui si tratta di problemi di principio. Ma, colpo di scena o no, sta di fatto,
onorevoli colleghi dell'estrema sinistra, che una rivoluzione sociale dell'imponenza di quella che non solamente
voi volete fare, non si pu fare per emendamento. Il vostro emendamento discende da una concezione
dell'economia diametralmente opposta a quella nostra. Non ce ne possiamo sbrigare con la disinvoltura con cui
si sbrigano quasi tutti gli emendamenti. perci che forse l'onorevole Pajetta ha dato all'onorevole Corbino un
titolo ingiusto quando l'ha chiamato l'ultimo dei moihani (se mai sar il penultimo, perch l'ultimo sar io!).
(Commenti).
Noi pensiamo che i piani ci sono sempre, come ha detto l'onorevole Einaudi e come ci ha precisato l'onorevole
Corbino. Noi non siamo contro i piani; siamo contro lo Stato pianificatore, non abbiamo fiducia nello Stato
commerciante, nello Stato industriale, nello Stato direttore. una crisi di fiducia, miei cari colleghi! Noi vorremmo
che lo Stato non ci vendesse nemmeno le sigarette e il tabacco, perch li troviamo a miglior prezzo e a migliori
condizioni nella borsa nera che almeno, per quanto riguarda i tabacchi, una cosa pi seria del monopolio di
stato. (Commenti).
In queste condizioni di sfiducia, come potremmo affidare a questo povero Stato nientemeno che tutta la
direzione della vita pubblica italiana? Sarebbe un assurdo. Noi siamo contro lo Stato pianificatore e
riconfermiamo ancora una volta il nostro dissenso dottrinale, anche se su un terreno pratico e tecnico,
nell'interesse dei lavoratori - perch siamo tutti lavoratori, pur negando noi l'esistenza di una classe lavoratrice qualche volta abbiamo il piacere di trovarci d'accordo coi colleghi del partito comunista. (Applausi a destra).
D'ARAGONA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
D'ARAGONA. Ho ascoltato con molta attenzione quanto stato detto.
Tutti hanno affermato l'opportunit, la convenienza dei piani, ma quasi tutti hanno concluso col dichiarare che
non voteranno questo emendamento.
Io penso che gli oratori che mi hanno preceduto e che si sono dichiarati contrari suppongano che questo
emendamento nasconda delle cose molto gravi pericolose.
Io questi pericoli non li vedo affatto.
L'onorevole Giannini dice: io non credo alla capacit dello Stato pianificatore. Ma l'onorevole Giannini deve per
constatare che l'economia moderna va gradatamente diventando economia statale. lo Stato che giorno per
giorno acquisisce a s nuove attribuzioni che sono di carattere economico. Noi in Italia siamo gi proprietari,
come Stato, di parecchie delle attivit economiche del nostro Paese. Non pu dunque negarsi che l'economia
vada verso lo Stato, e coloro che si vogliono opporre a questa nuova forma di economia saranno travolti, perch
l'economia si evolve nel senso di andare verso forme collettive e non verso forme individualistiche.

329

Tutta l'economia moderna va verso la pianificazione: tutti i Paesi del mondo sentono il bisogno di una
pianificazione. Io ho la convinzione che se il nostro Paese, invece di aver perso due anni, avesse cominciato
due anni fa ad avere il suo piano economico, probabilmente non sarebbe oggi nella condizione di dolore in cui si
trova. (Applausi).
Cosa vuol dire questa pianificazione? Si devono fare delle ferrovie o delle strade? Si deve sviluppare l'industria
cinematografica o l'industria turistica? L'industria della siderurgia o della tessitura? Quale di queste industrie, di
queste attivit economiche deve avere la precedenza? Questa la pianificazione che deve fare lo Stato: lo
Stato che ha la visione generale del Paese, non la pu avere il singolo individuo, perch ognuno vede il proprio
egoismo e non vede l'interesse della collettivit. Se voi domandate agli industriali tessili, essi vi diranno che
l'indstria pi importante quella tessile; ma se vi rivolgete ai siderurgici, vi diranno che la siderurgia. Ma lo
Stato che deve avere la nozione esatta di quello che conviene alla collettivit, cio allo Stato; e deve quindi
chiarificare quella che la sua attivit, il suo concorso ed il suo incoraggiamento per sviluppare una industria
piuttosto che un'altra. Dovremo sviluppare per esempio le industrie dei beni di produzione o le industrie dei beni
di consumo? un problema che deve essere esaminato dallo Stato, non dai singoli individui. Ecco perch
l'economia liberale individualistica va verso la morte. Ha ragione l'onorevole Corbino quando dice che
l'economia liberale non c'. Non c' pi perch fallita, ed fallita perch ha provocato una serie di guerre che
hanno ridotto l'economia mondiale nelle condizioni in cui si trova (Applausi a sinistra). Ora vogliamo lasciare
queste forme di pianificazione al capitalista monopolista? Il capitalista ha la sua pianificazione. Se domandate
alla Montecatini, essa ha la sua pianificazione. Ma dobbiamo lasciare nelle mani dei privati, di elementi
incontrollati, al capitalista monopolista la pianificazione in modo che essa sia diretta verso soluzioni di difesa dei
loro particolari interessi, o deve invece intervenire lo Stato per chiarificare, per indirizzare questa pianificazione
verso un risultato rivolto all'interesse dello Stato? Questa la domanda che ci dobbiamo fare. Ripeto, noi non
vediamo in questo emendamento quell'enorme pericolo che vi si vuol vedere. Tutti affermano la necessit della
pianificazione; per, quando si arriva alla conclusione, si dice: noi voteremo contro; necessario non
includerla nella Costituzione . Ma ci sono tante altre proposte che sono state incluse nella costituzione e che
sono di carattere generale. Qui si afferma un principio: lo Stato ha il dovere, nell'interesse della collettivit, di
tendere a garantire ai lavoratori il diritto e la sicurezza di lavorare facendo la pianificazione. Questo mi pare di
vedere nell'emendamento. Perch dobbiamo essere contrari? Ho sentito una obiezione fatta dall'onorevole
Einaudi: Ma noi abbiamo votato l'altro giorno la libera scelta: come possibile conciliare la libera scelta,
lasciata al lavoratore, con la pianificazione? Io sinceramente non vedo il conflitto esistente fra la libera scelta e
la pianificazione. Lo Stato (e noi abbiamo votato la libera scelta per questo) deve rispettare il diritto di libera
scelta del lavoratore. Per lo Stato pu indicare al lavoratore dove egli pu trovare il lavoro e dove ha la
possibilit di avere la garanzia del lavoro. nella libert e nella libera scelta del lavoratore di rinunziare a quelle
garanzie; ma quando avr rinunziato di sua iniziativa la colpa sar sua.
EINAUDI. Non un piano, ma una statistica.
D'ARAGONA. Anche la statistica un piano, perch senza la statistica non si fanno i piani. Quindi la statistica
un presupposto del piano. Ecco perch non riesco a comprendere questa enorme opposizione. La pianificazione
economica in clima di democrazia parlamentare quanto di meglio si possa desiderare. Dando
all'emendamento questo significato e questa portata, il mio gruppo voter favorevolmente all'emendamento in
discussione. (Applausi).
MAZZEI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MAZZEI. Il gruppo repubblicano voter contro l'emendamento Moritagnana.
C' una precisa tradizione dottrinaria nel nostro partito, alla quale noi cerchiamo sempre, per quanto possibile, di
attenerci scrupolosamente.
Le parole che si usano in un testo costituzionale devono essere usate in quella che l'accezioe corrente. Ora,
il problema di questo emendamento proprio nel senso che si d alla parola piano .

330

Noi repubblicani non siamo pregiudizialmente contrari all'intervento statale (Interruzioni - Commenti), anche
perch gli stessi teorici liberali hanno dimostrato ad usura che lo stesso liberalismo non esclude l'intervento
statale: questione di grado e di misura.
Si tratta, dunque, di vedere di quali piani si tratta: se si tratta d'una pianificazione generale e totale, la quale
fa s che lo Stato investa con la sua azione tutto il movimento economico-sociale; a questo, evidentemente, noi
siamo contrari, perch non solo il pensiero repubblicano italiano, ma il pensiero repubblicano di tutta Europa
contrario a questa tesi.
Giustamente, Ortga, il grande repubblicano spagnuolo, dice che uno dei maggiori pericoli, cui va incontro l'et
contemporanea, quello della statizzazione della vita .
Noi non vogliamo statizzare la vita.
Ci non significa che noi non sentiamo le preoccupazioni e le esigenze sociali che mirano a rendere il diritto al
lavoro effettivo per tutti. Che anzi, questo tradizionale della scuola repubblicana italiana, di quella scuola che
ha iniziato il movimento operaio in Italia e alla quale, quindi, nessuno pu in buona fede rimproverare di non
curare l'interesse degli operai, nemmeno i colleghi comunisti, i quali si associano alle tesi che loro fanno pi
comodo, in tante circostanze, e non vogliono permettere che noi appoggiamo una tesi perfettamente coerente
con la nostra tradizione dottrinale. (Commenti a sinistra).
In particolare, io devo precisare: l'emendamento parla di garantire il diritto al lavoro.
Nei dibattiti svoltisi in seno alla Commissione dei settantacinque il diritto al lavoro stato unanimemente
concepito e voluto come un diritto potenziale, vale a dire come una esigenza etico-giuridica, che lo Stato
riconosce valida, e che noi repubblicani siamo ben lungi dal non ritenere tale. Ragione per cui abbiamo votato
con tutta tranquillit per il diritto al lavoro e per tutte le misure che lo Stato dovr adottare, per renderlo pi che
possibile concreto e reale. Questa una posizione. Quella, cio, del diritto al lavoro come diritto potenziale. Altra
posizione quella del diritto al lavoro inteso come diritto positivo al quale si attribuisce una immediata e
concreta garanzia, quale quella d'un piano economico, che, in questo caso, non pu non essere inteso nel
senso di quella pianificazione totale, che non possiamo accettare perch non siamo marxisti.
Ma c' di pi. C' il fatto, per esempio, che l'articolo 37 ha un capoverso in cui, dopo l'affermazione: Ogni
attivit economica privata o pubblica deve tendere alla utilit sociale , si aggiunge: La legge determina le
norme ed i controlli necessari perch le attivit economiche possano essere armonizzate e coordinate ai fini
sociali .
Con questa norma dell'articolo 37 (che noi esamineremo e che noi repubblicani voteremo senz'altro)
assicurata la possibilit che lo Stato adotti tutti quei provvedimenti e quelle forme di programmazione economica
che possono avere carattere sostanziale di piani, per fini determinati e contingenti. E che ci sia effettivainente
implicito nella predetta disposizione sta a testimoniarlo la esplicita dichiarazione dell'onorevole Ghidini, quale
esponente della Commissione, il quale ha categoricamente affermato che il secondo comma dell'articolo 37
contiene un accenno chiaro alla possibilit di piani. Questo lo accettiamo di buon grado. Ma non si vede perch
noi dovremmo inserire nella Costituzione un'ulteriore disposizione, che, fra l'altro, contraddice il comma
immediatamente precedente dello stesso articolo 31, non solo per la possibilit di scelta del lavoro da parte dei
cittadini, che potrebbe risultare pregiudicata, ma anche per la generale impostazione data al diritto al lavoro,
come diritto potenziale , e non gi come diritto positivo perfetto , come ottimamente chiarito nella
relazione dell'onorevole Pesenti, di cui l'onorevole Bellotti ha letto il passo principale.
Debbo dire, infine - e con questo chiudo - che gli argomenti svolti dal collega ed amico onorevole Foa, che pure
uno dei firmatari dell'emendamento, rispondono ad esigenze che sono anche le nostre.
L'onorevole Foa, se non vado errato, ha detto: badate, quando ho aperto questa discussione, quando ho dato
adito a questa interessantissima e brillante discussione, non ho voluto risolvere il problema del rapporto tra
iniziativa economica privata ed iniziativa

331

economica dello Stato. Non ho voluto risolvere questo problema; ho voluto semplicemente affermare l'esigenza
che certi interventi statali che oggi sono disordinati ed episodici possano essere coordinati in un piano organico
in modo tale che l'intervento statale, anzich essere rimedio a dei mali, non si traduca in un ulteriore
aggravamento di questi mali.
Ebbene, questa esigenza perfettamente assolta dal capoverso dell'articolo 37 che noi voteremo. Viceversa, se
noi votassimo questo articolo, cos come vorrebbero altri, daremmo la possibilit di un equivoco per via della
parola piano , di cui nota l'accezione corrente. Sarebbe un equivoco del genere di quello che si sarebbe
avuto se fosse passato senza emendamento quel primo capoverso dell'articolo 28 ( La scuola aperta al
popolo ), in cui la parola popolo aveva un palese significato classista, del tutto differente dall'accezione in cui la
parola popolo presa nell'articolo 1 della Costituzione ( La sovranit risiede nel popolo ).
Noi non vogliamo equivoci, perch vogliamo che i vari articoli della Costituzione siano ben chiari e fra loro
coerenti e che i termini siano interpretati cos come sono interpretati secondo il senso che ad essi d la
coscienza comune.
Per queste ragioni noi voteremo contro l'emendamento Montagnana. (Commenti).
MALAGUGINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MALAGUGINI. Il collega onorevole Foa si detto lieto che gli interventi dell'onorevole Pajetta e dell'onorevole
Einaudi siano valsi a sottrarre il dibattito a quella atmosfera di drammaticit dalla quale, a dar retta a certa
stampa, avrebbe dovuto essere avvolto. Io preciserei che le parole del collega Pajetta sono state indirizzate a
questo scopo, e l'hanno raggiunto, mentre - e sia detto con tutto rispetto e con tutta la venerazione dovuta
all'insigne maestro - il discorso dell'onorevole Einaudi non ha certo contribuito a sdrammatizzare, mi si passi la
locuzione, il problema; in quanto, pur essendo, come. sempre, denso di citazioni, di esempi, di fatti, non ha
sempre serbato quella serenit di giudizio e quella esattezza di riferimento che sono le doti pi preclare
dell'illustre economista.
Rileggiamo un po', se i colleghi lo permettono, l'emendamento proposto:
Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini, lo Stato interverr per coordinare ed orientare l'attivit
produttiva, secondo un piano che assicuri il massimo di utilit sociale .
Mi pare sia questo l'emendamento nella sua ultima redazione.
Ora l'onorevole Einaudi, partendo dal presupposto - dal quale del resto partito anche l'onorevole Corbino - che
determinare il massimo di utilit sociale sia impossibile, arrivato a questa conclusione: che noi lasciamo ripeto le sue parole, e se ho annotato inesattamente lo prego di correggermi - che noi lasciamo all'arbitrio del
legislatore futuro di dare un senso alla frase . Ma perch, onorevole Einaudi, dobbiamo parlare di arbitrio del
legislatore futuro? Mi scusi, il legislatore futuro chi sar? Sar il Parlamento, sar l'Assemblea nominata dal
popolo italiano in libere elezioni. Non sar quindi un arbitrio il suo, ma bens l'interpretazione della volont del
popolo italiano in quel determinato momento.
Non mi induger su quanto ha osservato l'onorevole Einaudi circa una presente contraddizione insanabile tra
l'emendamento proposto e le parole del secondo comma a propria scelta . A questo proposito ha gi risposto
il collega onorevole D'Aragona e io non ho l'abitudine di ripetere quello che altri hanno detto e che mi trova
consenziente. Anche il collega onorevole Foa, del resto, mi pare abbia eliminato ogni dubbio al riguardo.
Voglio piuttosto soffermarmi su un punto, sul quale l'onorevole Einaudi ha insistito senza preoccuparsi se per
amor di tesi usava violenza alla storia. Dopo aver proclamato che non c' bisogno di piani e che basta favorire
l'iniziativa individuale, ha soggiunto: Piani provenienti dall'alto sono venuti in tempi di decadenza, antesignani
di servit politica e di schiavit economica . Mi pare, se non ho capito male, che accennando a questi periodi
storici, egli si sia riferito al cinquecento, al secolo XVI, che fu secolo di servit politica, perch gran parte

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dell'Italia era dominata dalla Spagna e fu secolo di schiavit economica perch la Spagna considerava l'Italia
come una terra di sfruttamento.
EINAUDI. Dal cinquecento alla met del settecento.
MALAGUGINI. Precisamente. Siamo sempre nel periodo storico del predominio spagnolo. Ma non mi risulta
affatto, perdoni l'onorevole Einaudi, che durante il periodo del predominio spagnolo in Italia vi siano Stati dei
piani da parte dello Stato, a meno che non vogliamo considerare un piano il proposito della Spagna di
sfruttare in tutti i modi l'Italia come terra di conquista. Non mi sembra possibile appellarsi a un precedente di
questo genere per svalutare la politica dei piani.
EINAUDI. Tutti i domini sono piani.
MALAGUGINI. Onorevole Einaudi, se vogliamo torcere il significato delle parole, possiamo far dire loro tutto
quello che crediamo...
Noi socialisti abbiamo preso atto con piacere di alcune affermazioni dell'onorevole Corbino. Anzitutto che uno
Stato interamente liberista cessa di essere uno Stato . Onorevole Corbino, badi che la sua affermazione stata
sottolineata e sar consegnata, se non alla storia, almeno alla cronaca delle nostra vita politica: pu darsi che
venga il momento in cui debba esserle ricordata.
CORBINO. L'ho detto da 25 anni e lo ripeto!
MALAGUGINI. Lo ripeta ad alcuni, a molti forse, dei suoi amici e vedr che non saranno della sua opinione: con
tutto il rispetto che le debbo, non credo che lei solo costituisca e rappresenti tutto il liberalismo italiano.
L'onorevole Corbino nel suo discorso ha fatto un'altra affermazione di carattere generale, che va rilevata, perch
queste nostre discussioni possono avere un valore trascendente anche lo scopo immediato di dettare articoli di
Costituzione...
PRESIDENTE. La prego per di non dimenticare lo scopo immediato!
MALAGUGINI. Onorevole Presidente, a me diffcilmente potr fare rimprovero di superare il tempo fissato dal
regolamento. E d'altra parte non mi pare di uscire dal tema. Dicevo dunque che c' stata un'altra affermazione
dell'onorevole Corbino, strana, ermetica quasi: non si pu parlare di fallimento dell'economia liberale, ma caso
mai di fallimento del liberismo o liberalismo economico . (Interruzione dell'onorevole Corbino). Ho segnato
queste parole mentre lei le pronunciava, onorevole Corbino, e le dichiaro che non sono riuscito ad interpretarle,
a capire, cio la differenza tra economia liberale e liberismo economico. Sarei proprio lieto di avere un
chiarimento in proposito.
E vengo all'intervento dell'onorevole Giannini. L'onorevole Giannini si dichiarato contro tutti i piani, perch
sempre e in tutto contro lo Stato. Orbene, se volessimo fare dello spirito e compiacerci di coglierlo in
contradizione, potremmo ricordargli che egli non contro lo Stato finanziatore di determinate categorie. Lo Stato
non bisogna considerarlo solo per il contributo che pu dare a favore di determinati interessi, per quanto
legittimi; soprattutto non si pu continuare a proclamare, come egli fa ogniqualvolta gliene capita l'occasione,
una assoluta sfiducia nello Stato come regolatore e coordinatore della vita nazionale. Battute di questo genere,
se potrebbero essere tollerabili durante la discussione di. progetti di legge di importanza relativa, come quello
sulla cinematografa, non mi pare siano ammissibili quando si tratta di cose serie come il problema di cui stiamo
discutendo. Che dire poi dell'altra sua dichiarazione con cui ha negato l'esistenza di una classe lavoratrice?
Sono motti di spirito, d gusto molto discutibile, che possono trovar posto in un giornale umoristico ma che non
dovrebbero essere pronunciati in una Assemblea Costituente.
Concludendo, il gruppo socialista, a nome del quale io parlo, d la sua completa e cosciente adesione e dar
quindi il suo voto all'emendamento Montagnana, Foa ed altri. In sostanza nessuno o quasi nessuno degli oratori
precedenti ha contestato l'utilit dei piani nella economia nazionale, anche se taluno, spaventato della parola, ha
tentato di giustificare il suo voto negativo con l'affermare che il concetto gi espresso nel primo comma
dell'articolo in discussione e sar ripreso nel secondo comma dell'articolo 37. Con l'aggiunta proposta noi

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vorremmo che il principio fosse pi chiaramente, direi quasi solennemente, affermato nella Carta costituzionale;
non per ipotecare l'avvenire, ma per lasciare aperta la via alle pi ardite innovazioni che in questa materia il
legislatore futuro intendesse introdurre. (Applausi).
PARRI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PARRI. Io sento il bisogno di aggiungere qualche parola, soprattutto indirizzandomi ai colleghi del settore di
sinistra, per spiegare le ragioni della contrariet nostra all'emendamento presentato dagli onorevoli Pajetta e
Foa; contrariet, direi anzi piuttosto disagio, fra la diffidenza antistatalista che forte non solo nella nostra
corrente, ma in tutto il Paese, ed ben giustificata in uno Stato che ha forti tradizioni solo in senso burocratico,
in cui i partiti si presentano ancora come provvisori, le classi politiche quasi ancora improvvisate, e mancano il
freno ed il contrappeso fondamentale all'oppressione statalista, cio tradizione, esperienza e capacit di
autogoverno: disagio, dicevo, fra questa tendenza e la coscienza dei compiti sociali che allo Stato spettano.
Fortissima coscienza, tanto che anche per noi sono i fini sociali che comandano, e ad essi la politica economica
dello Stato deve essere subordinata. Ci evidentemente, se questa subordinazione si deve tradurre in una
politica concreta, implica dei piani economici.
Noi stessi ci proponiamo, appena sia superata questa fase acuta di crisi economica, di presentare qualcosa che
per l'Italia abbia il carattere e la portata che il piano Beveridge ebbe per l'Inghilterra.
Questa nostra posizione, se vogliamo andare pi a fondo, trova la sua radice nella nostra concezione generale
della societ italiana per la quale, nella fase storica che essa attraversa, capace di assicurare l'optimum
sociale ed storicamente congrua una politica che. riesca a contemperare la convivenza dell'impresa
capitalistica privata, caratterizzata dalla libert della scelta e dal rischio, con un'azione ed un intervento dello
stato necessari e sufficienti a realizzare i suoi fini sociali.
Ora, noi avevamo ritenuto che questa esigenza fosse gi sodisfatta dalla dizione del primo capoverso
dell'articolo 31, che io avevo trovato ardito e sodisfacente. In esso si dice che si riconosce il diritto al lavoro e
che questo diritto al lavoro implica che lo Stato promuova le condizioni per renderlo effettivo. Che cosa pu
significare questo in un Paese di 46 milioni di abitanti, con il ridotto territorio agrario e la scarsit di materie prime
che esso ha? Significa evidentemente una politica capace di sviluppare quelle attivit industriali che abbiano
maggiori capacit di assorbimento di mano d'opera, d'incorporamento di lavoro nel prodotto, e che l'economia
agraria sia la pi adatta allo stesso fine. Questa politica implica di per s un piano, e per questo, amico Foa,
ritengo superfluo il vostro emendamento.
Lo ritengo anche pericoloso per l'impressione che esso pu dare all'opinione pubblica giustamente diffidente: lo
statalismo implicito nella parola piano . Aggiungo che la stessa formulazione del vostro emendamento
impropria ed equivoca. Voi parlate di attivit produttiva : quale ragione vi di trascurare l'attivit di scambio, e
soprattutto la politica del credito? Voi sapete bene che in un paese come il nostro, in fondo, il solo controllo degli
investimenti necessario e sufficiente ad orientare la politica economica secondo il massimo di convenienza.
Voi parlate di utilit sociale , e questo - stato gi detto - introduce un criterio soggettivo di scelta,
pericolosamente esposto all'arbitrio di variabili maggioranze politiche. Voi avete parlato prima di massimo
rendimento che, collegato all'attivit produttiva che voi volete pianificare, introduce un criterio grezzamente
produttivistico che pu essere contradditorio con il criterio dell'utilit sociale.
Se, per esempio, nell'agricoltura doveste adottare il criterio produttivistico, evidentemente otterreste un aumento
della disoccupazione con conseguenze sociali evidenti.
Ci sono evidentemente possibilit di contraddizione ed incertezza nel criterio che voi volete assumere, mentre
un semplice criterio generico non pu essere definito. Ci ci mette seriamente in imbarazzo di fronte al vostro
emendamento, e siccome d'altra parte dispiace a gente come noi, nella nostra posizione, di sembrar contrari
all'affermazine di un indirizzo dell'attivit pubblica diretto ad accrescere il benessere del popolo, vi
domandiamo: non potreste rinunciare all'emendamento, cos come stato formulato?

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E poich ormai impossibile modificare il capoverso primo dell'articolo 31, vi domando se non vi contentereste
di rinunciare all'emendamento attuale - ci che vi consentirebbe di avere il grande vantaggio politico di ottenere
la unanimit dell'Assemblea nella affermazione di questa moderna necessit dell'attivit dello Stato modificando la dizione dell'articolo 37, nel quale tra il primo ed il secondo comma, si potrebbe inserire un comma
che dicesse: A raggiungere questo fine pubblico, spetta alla Repubblica di indirizzare e coordinare le attivit
economiche del Paese .
Con questo direi che la nostra coscienza e questa nostra preoccupazione particolare potrebbero essere
soddisfatte, e credo che potrebbe essere soddisfatta anche la vostra esigenza di affermare nella Carta
costituzionale questa preminenza del fine sociale nell'attivit dello Stato. (Applausi).
LABRIOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LABRIOLA. Io mi trovo nella ben strana situazione, per la prima volta da che faccio parte di una Assemblea
elettiva, di dovermi astenere dal voto.
Se interpretassi i miei sentimenti di economista, voterei con i colleghi che stanno alla mia destra, cio con
l'Estrema Sinistra. Ma il professore Einaudi, insegnante di economia e mio maestro come di molti altri, ha detto
cose per le quali dovrei votare con lui e con i suoi amici.
Non sapendo come uscire da questa incertezza, mi asterr dal voto (Applausi a sinistra) e, aggiungo, mi
astengo dal voto sopratutto per il modo come formulato l'emendamento che ci stato proposto.
Questo emendamento dice testualmente cos:
Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini, lo Stato interverr per coordinare e orientare l'attivit
produttiva, secondo un piano che assicuri il massimo di utilit sociale .
Cosicch, se per caso noi non avessimo riconosciuto il diritto al lavoro, noi non stabiliremmo il principio della
pianificazione. E questo mi sembra bizzarro. Delle due, l'una: o il principio della pianificazione giusto, da noi
riconosciuto, si ammette che risponda ad una ideologia determinata di una parte, almeno, di questa Assemblea,
ed allora non bisogna parlare di diritto al lavoro che un'altra faccenda; oppure si pensa che soltanto in quanto
viene inserito il diritto al lavoro nella Costituzione dobbiamo ammettere la necessit della pianificazione, ed
allora entriamo in un altro ordine di idee.
Se non volessi scandalizzare l'Assemblea, direi che si sarebbe dovuto fare la stessa cosa quando si parlato
del diritto al lavoro. Io avevo appreso che i socialisti non reclamano il diritto al lavoro, ma il diritto all'ozio. Il
Lafargue, proprio il genero di Marx, aveva insegnato ai socialisti suoi contemporanei che non di assicurare il
lavoro agli operai bisognava occuparsi, ma piuttosto della maniera di assicurare ad essi la maggiore libert
possibile dall'officina. Lo stesso Marx, nel terzo volume del Capitale aveva detto - mi si perdonino queste
curiose citazioni - che la libert del lavoratore non comincia se non quando egli lascia la fabbrica. Ecco perch il
Lafargue opinava che la tesi socialista non il diritto al lavoro, ma il diritto all'ozio dei lavoratori.
Ad ogni modo, parlando di diritto al lavoro, occorreva, forse, aggiungere diritto al lavoro compensato perch,
se si tratta di puro e semplice lavoro, chiaro che esso si pu soddisfare anche con lo sport, o con i lavori
forzati. Volendosi reclamare un lavoro che sia compensato, evidentemente bisogna introdurre quelle
trasformazioni strutturali e tecniche dell'ordinamento sociale che rendano possibile l'attuazione del principio. E
ci non ha a che vedere con la pianificazione.
Socializzazione non pianificazione: la messa in comune di mezzi di produzione e produzione gestita
direttamente dagli interessati. Il socialismo, col concetto di pianificazione universale non ha nulla a che vedere.
La pianificazione pu essere tanto socialista quanto capitalistica. Quella socialista suppone un rapporto diretto
fra lavoratori e prodotto.

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Volendosi introdurre la pianificazione economica, bisognerebbe introdurre il concetto di servizio pubblico, da


applicare ad ogni specie di economia.
Il servizio pubblico, di sua natura, cosa la quale reclama l'intervento dello Stato; e perci tutto quello che
servizio pubblico impone una pianificazione, nei limiti in cui, appunto, si parla di servizio pubblico. Il servizio
pubblico implica un consumo generalizzato nel tempo e nello spazio, un consumo che riguarda anche le
generazioni future, e quindi l'azione dello Stato che pu prendere in considerazione anche i bisogni futuri.
Perci, perfettamente naturale, allorch si tratta di servizio pubblico, che si parli di pianificazione e di
standardizzazione.
La conseguenza a cui si giunge che non si pu invocare a nome del socialismo la pianificazione, come anche
non si pu, in nome del socialismo, respingere il concetto di pianificazione e si piuttosto indotti a considerare la
pianificazione come un equivalente di burocratizzazione. Si tratta di questioni tecniche risolubili col criterio del
maggior rendimento.
Un'impresa pianificata non solo infatti un'industria che si trova sotto il controllo dello Stato, ma un'industria
che si esplica per mezzo dei funzionari dello Stato. Ora, sul conto dei funzionari di Stato, non mi faccio in
materia economica grandi illusioni e divido i sospetti che in questa materia si sono manifestati da varie parti.
Per conto mio, sono talmente sicuro che almeno in Italia una generalizzata pianificazione vorrebbe dire la
sottomissione dell'industria, n pi n meno, ai funzionari, che, contro questa idea, mi iscrivo senza difficolt.
Non abbiate paura di rimaner senza piani. Un'industria senza piani inconcepibile. Se fortunatamente non c'
quello dei funzionari, ci sar quello del privato imprenditore, che, del resto, ci stato sempre.
Il piano dell'imprenditore la interpretazione del desiderio dei consumatori. L'abilit dell'imprenditore consiste
appunto nel comprendere che cosa i consumatori vogliono ed in quale misura. Egli riuscir o non riuscir nella
sua impresa nello stesso rapporto in cui avr saputo interpretare e comprendere i loro desideri. Un'impresa
socialista, da questo punto di vista, si trover nelle medesime condizioni di una impresa capitalistica.
Si esposto il dubbio che la pianificazione sia una tesi socialista. Altri, invece, ha mosso obiezioni in nome di un
principio individualistico, in nome di un principio liberale. Orbene, io credo che errino gli uni e gli altri e perci son
condotto ad astenermi. Mi dicono che l'onorevole Parri - il cui discorso mi duole non aver potuto ascoltare per
ragioni di acustica - abbia suggerito di riportare questo emendamento in sede di discussione dell'articolo 37 del
progetto di Costituzione che stiamo studiando.
Mi parrebbe una proposta giusta e ragionevole. Io non so se questa sia, nei suoi termini concreti, la proposta
dell'onorevole Parri: ma se questa , io voter per essa; altrimenti esprimer un voto di astensione.
PRESIDENTE. L'onorevole Parri ha proposto il seguente emendamento:
All'articolo 37, inserire tra il primo e il secondo, il seguente comma:
Spetta alla Repubblica, per raggiungere questo fine pubblico, indirizzare e coordinare le attivit economiche
del Paese .
Questo emendamento dovr essere esaminato in sede di articolo 37.
(Cos rimane stabilito).
Pongo ora in votazione l'emendamento presentato dagli onorevoli: Montagnana Mario, Foa, Pajetta Giancarlo,
Laconi, Grieco, Minio, Ravagnan, Barontini Ilio, Leone Francesco, D'Onofrio, Colombi Arturo:
Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini, lo Stato interverr per coordinare e orientare l'attivit
produttiva dei singoli e di tutta la Nazione secondo un piano che assicuri il massimo di utilit sociale .

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stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Andreotti, Jervolino, Restagno, Cappa, Delli
Castelli Filomena, Taviani, Cotellessa, Domined, Federici Maria, Cimenti, Medi, Uberti, Tosi, Volpe, Ambrosini,
Balduzzi, Zaccagnini, Numeroso, Camposarcuno, De Caro Gerardo, Gronchi, Moro, Bubbio.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quaIe comincer. l'appello.
(Segue il sorteggio).
Comincer dal deputato Grieco.
Presidenza del Vice Presidente PECORARI
PRESIDENTE. Si faccia la chiama.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.
Hanno risposto s:
Allegato - Amadei - Amendola - Arata - Assennato.
Baldassari - Barbareschi - Bardini - Barontini Anelito - Barontini Ilio - Bei Adele - Bennani - Bernamonti - Bernini
Ferdinando - Bianchi Bianca - Bianchi Bruno - Bianchi Costantino - Bibolotti - Binni - Bitossi - Bocconi Bolognesi - Bonomelli - Bordon - Bucci - Buffoni Francesco.
Cacciatore - Cairo - Calamandrei - Caldera - Calosso - Canepa - Canevari - Caporali - Caprani - Carboni Carmagnola - Caroleo - Carpano Maglioli - Cavallotti - Cerretti - Cevolotto - Cianca - Colombi Arturo - Corbi Corsi - Costa - Costantini - Crernaschi Olindo.
D'Amico Michele - D'Aragona - De Filpo - De Michelis Paolo - Di Vittorio - D'Onofrio.
Faccio - Fantuzz - Farina Giovanni - Farini Carlo - Fedeli Aldo - Fedeli Armando - Ferrari Giacomo - Fietta Filippini - Finocchiaro Aprile - Fiore - Fiorentino - Fioritto - Flecchia - Foa - Fogagnolo - Fornara.
Gallico Spano Nadia - Gavina - Gervasi - Ghidetti - Ghidini - Ghislandi - Giolitti - Gorreri - Grazi Enrico.- Grazia
Verenin - Grieco - Grilli - Gullo Fausto. Imperiale - Iotti Nilde.
Jacometti.
Lami Starnuti - Landi - Leone Francesco - Li Causi - Lombardi Riccardo - Longhena - Longo - Lozza - Luisetti.
Maffi - Maffioli - Magnani - Malagugini - Maltagliati - Mancini - Mariani Enrico - Mariani Francesco - Massini Massola - Mattei Teresa - Merighi - Merlin Angelina - Mezzadra - Minella Angiola - Minio - Molinelli - Momigliano
- Montagnana Rita - Montalbano - Montemartini - Morandi - Morini - Moscatelli - Musolino - Musotto.
Nasi - Nobili Tito Oro - Noce Teresa.
Pajetta Gian Carlo - Pastore Raffaele - Pellegrini - Pera - Persico - Pertini Sandro - Pesenti - Piemonte Pignatari - Platone - Pollastrini Elettra - Pratolongo - Preti - Preziosi - Priolo - Pucci.
Ravagnan - Reale Eugenio - Ricci Giuseppe - Romita - Rossi Maria Maddalena - Rossi Paolo - Roveda Ruggeri Luigi - Ruggiero Carlo.
Saccenti - Sansone - Saragat - Scarpa - Schiavetti - Scoccimarro - Scotti Francesco - Secchia - Sereni - Silipo Silone - Stampacchia - Targetti - Tega - Tonello - Tonetti.
Valiani - Varvaro - Vernocchi - Veroni - Villani - Vinciguerra.

337

Zagari - Zanardi.
Hanno risposto no:
A Bozzi - Adonnino - Alberti - Ambrosin - Andreotti - Angelini - Angelucci - Arcaini - Arcangeli - Avanzini - Ayroldi
- Azzi.
Balduzzi - Baracco - Bastianetto - Bellato - Bellusci - Belotti - Bencivenga - Benedetti - Benedettini - Benvenuti Bertini Giovanni - Bertola - Bianchini Laura - Bonino - Bonomi Paolo - Bosco Lucarelli - Bovetti - Bozzi - Braschi Brusasca - Bubbio - Burato.
Caccuri - Caiati - Camangi - Campilli - Camposarcuno - Cannizzo - Cappa Paolo - Cappelletti - Cappi Giuseppe Capua - Carbonari - Caristia - Caronia - Carratelli - Cassiani - Castelli Edgardo - Castelli Avolio - Castiglia Cavalli - Chatrian - Chieffi - Ciampitti - Ciccolungo - Cicerone - Cimenti - Cingolani Mario - Clerici - Coccia Colitto - Colombo Emilio - Colonna di Paliano - Colonnetti - Conci Elisabetta - Condorelli - Conti - Coppi
Alessandro - Corbino - Corsanego - Corsini - Cortese - Cotellessa - Crispo.
Damiani - D'Amico Diego - De Caro Gerardo - De Caro Raffaele - De Falco - De Gasperi - Del Curto - Della Seta
- Delli Castelli Filonema - De Maria - De Martino - De Mercurio - De Michele Luigi - De Palma - De Unterrichter
Maria - De Vita - Di Fausto - Domined - Dossetti.
Einaudi - Ermini.
Fabbri - Fabriani - Facchinetti - Fantoni - Federici Maria - Ferrarese - Ferrario Celestino - Ferreri - Firrao - Foresi
- Franceschini - Fresa - Froggio - Fuschini.
Gabrieli - Galati - Garlato - Gatta - Germano - Geuna - Giacchero - Giannini - Giordani - Gonella - Gortani Gotelli Angela - Grassi - Gronchi - Guariento - Guerrieri Emanuele - Guerrieri Filippo - Gui - Guidi Cingolani
Angela.
Jacini - Jervolino.
Lagravinese Pasquale - Lettieri - Lizier - Lucifero.
Macrelli - Maffioli - Malvestiti - Marazza - Marconi - Marinaro - Martinelli - Martino Enrico - Marzarotto - Mastino
Gesumino - Mastrojanni - Mattarella - Mazza - Mazzei - Meda Luigi - Medi Enrico - Mentasti - Merlin Umberto Miccolis - Micheli - Monterisi - Monticelli - Montini - Morelli Luigi - Morelli Renato - Moro - Murdaca - Murgia.
Nicotra Maria - Nitti - Notarianni - Numeroso.
Orlando Camillo - Orlando Vittorio Emanuele.
Pallastrelli - Paolucci - Paratore - Parri - Pastore Giulio - Pat - Pecorari - Pella - Perassi - Perlingieri - Perrone
Capano - Perugi - Petrilli - Piccioni - Pignedoli - Ponti - Proia - Puoti.
Quarello - Quintieri Adolfo - Quintieri Quinto.
Raimondi - Reale Vito - Recca - Rescigno - Restagno - Riccio Stefano - Rivera - Rodi - Rodin Mario - Rubilli Ruini - Rumor - Russo Perez.
Salizzoni - Salvatore - Sampietro - Scalfaro - Scelba - Schiratti - Scoca - Segni - Selvaggi - Siles - Spallicci Spataro - Stella - Storchi - Sullo Fiorentino.
Taviani - Terranova - Tieri Vincenzo - Titomanlio Vittoria - Togni - Tosato - Tosi - Tozzi Condivi - Trimarchi Trulli - Tupini.

338

Uberti.
Valenti - Vallone - Valmarana - Vanoni - Viale - Vicentini - Vigo - Vilardi - Volpe.
Zaccagnini - Zerbi - Zotta - Zuccarini.
Sono in congedo:
Bargagna - Bernardi - Bettiol - Bulloni.
Cartia - Caso - Chiostergi - Cifaldi.
Falchi - Fanfani.
La Pira - Lazzati - Lombardo Ivan Matteo - Lussu.
Mannironi - Marina - Mastino Pietro.
Paris - Penna Ottavia.
Rapelli.
Sardiello - Simonini.
Tambroni Armaroli - Tremelloni - Treves - Turco.
Vigna.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari computano i voti).
Presidenza del Presidente TERRACINI
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:
Presenti e votanti ..... 418
Maggioranza......210
Manno risposto s . . 174
Hanno risposto no . . 244
(L'Assemblea non approva l'emendamento).
Passiamo ora all'ultimo comma dell'articolo 31.
L'adempimento di questo dovere condizione per l'esercizio dei diritti politici .
Gli onorevoli Gabrieli; Bosco Lucarelli Cappi; Cappugi; Zotta Cassiani; Benvenuti Domined; Foa; Cortese; Caso
Coppa, De Maria; Nitti; hanno proposto, in emendamenti separati, la soppressione del terzo comma dell'articolo
31.
Su questa proposta stata chiesta la votazione per scrutinio segreto dall'onorevole Cortese e altri.

339

Si proceda alla votazione segreta.


(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Comunico il risultato della votazione segreta.
Presenti e votanti .... 355
Maggioranza . .....178
Voti favorevoli . . . 235
Voti contrari . . . .120
(L'emendamento soppressivo del terzo comma approvato).
Hanno preso parte alla votazione:
Adonnino - Allegato - Amadei - Ambrosini - Amendola - Andreotti - Angelini - Angelucci - Arata - Arcaini Arcangeli - Avanzini - Ayroldi - Azzi.
Bastianetto - Bei Adele - Bellato - Bellusci - Belotti - Bencivenga - Bennani - Benvenuti - Bernamonti - Bernini
FerdiBaldassari - Balduzzi - Baracco - Barbareschi - Bardini - Barontini Anelito nando - Bertini Giovanni - Bertola - Bianchi Bianca - Bianchi Bruno - Bianchini Laura - Bibolotti - Bitossi Bocconi - Bolognesi - Bonino - Bonorni Paolo - Bordon - Bosco Lucarelli - Bovetti - Bozzi - Brusasca - Bucci Buffoni Francesco - Burato.
Caccuri - Cairo - Caldera - Camangi - Campilli - Camposarcuno - Canevari - Cannizzo - Caporali - Cappa Paolo
- Cappelletti - Cappi Giuseppe - Caprani - Capua - Carbonari - Carboni - Caristia - Carmagnola - Caroleo Caronia - Carpano Maglioli - Carratelli - Cassiani - Castelli Edgardo - Castelli Avolio - Castiglia - Cavalli Cavallotti - Cerreti - Chatrian - Chieffi - Ciampitti - Cianca - Ciccolungo - Cimenti - Cingolani Mario - Clerici Coccia - Colitto - Colombi Arturo - Colombo Emilio - Colonna di Paliano - Colonnetti - Conci Elisabetta Condorelli - Conti - Coppi Alessandro - Corbi - Corbino - Corsanego - Corsini - Cortese - Costa - Cremaschi
Olindo.
Damiani - D'Amico Diego - D'Amico Michele - D'Aragona - De Caro Gerardo - De Caro Raffaele - De Falco - Del
Curto - Della Seta - Delli Castelli Filomena - De Maria - De Martino - De Mercurio - De Michele Luigi - De
Michelis Paolo - De Palma - De Unterrichter Maria - De Vita - Di Fausto - Domined - D'Onofrio - Dossetti.
Einaudi - Ermini.
Fabbri - Fabriani - Facchinetti - Faccio - Fantoni - Fantuzzi - Farina Giovanni - Farini Carlo - Fedeli Aldo - Fedeli
Armando - Federici Maria - Ferrarese - Ferrario Celestino - Fietta - Filippini - Fiore - Fiorentino - Fioritto - Firrao Flecchia - Foa - Fogagnolo - Foresi - Fornara - Franceschini - Froggio - Fuschini.
Gabrieli - Galati - Gallico Spano Nadia - Garlato - Gasparotto - Gatta - Gavina - Gervasi - Geuna - Ghidetti Ghidini - Giacchero - Giannini - Giolitti - Giordani - Gonella - Gorreri - Gortani - Gotelli Angela - Grassi - Grazi
Enrico - Grazia Verenin - Grieco - Gronchi - Guariento - Guerrieri Emanuele - Guerrieri Filippo - Gui - Guidi
Cingolani Angela.

340

Imperiale - Iotti Leonilde. Jacini - Jacometti - Jervolino.


Lami Starnuti - Landi - Lettieri - Li Causi - Lizier - Lombardi Riccardo - Longhena - Longo - Lozza - Lucifero Luisetti.
Maffi - Maffloli - Magnani - Malagugini - Maltagliati - Malvestiti - Mancini - Marazza - Mariani Francesco Marinaro - Martinelli - Marzarotto - Massini - Massola - Mastino Gesumino - Mattarella - Mattei Teresa - Mazza Meda Luigi - Medi Enrico - Mentasti - Merighi - Merlin Umberto - Mezzadra - Miccolis - Micheli - Minella Angiola Minio - Molinelli - Momigliano - Montalbano - Montemartini - Monterisi - Monticelli - Montini - Morandi - Morelli
Luigi - Morelli Renato - Merini - Moro - Mrdaca - Murgia - Musolino - Musotto.
Nasi - Nicotra Maria - Nitti - Nobili Oro - Noce Teresa - Notarianni - Numeroso.
Orlando Camillo - Orlando Vittorio Emanuele.
Pajetta Gian Carlo - Pallastrelli - Paolucci - Parri - Pastore Giulio - Pastore Raffaele - Pat - Pecorari - Pella Pellegrini - Pera - Perassi - Perlingieri - Perrone Capano - Pertini Sandro - Perugi - Petrilli - Piccioni - Piemonte Pignedoli - Platone - Pollastrini Elettra - Ponti - Porzio - Pratolongo - Preziosi - Priolo - Proia - Pucci - Puoti.
Quarello - Quintieri Adolfo - Quintieri Quinto.
Raimondi - Ravagnan - Reale Eugenio - Reale Vito - Recca - Rescigno - Restagno - Ricci Giuseppe - Riccio
Stefano - Rivera - Rodi - Rodin Mario - Romita - Rossi Maria Maddalena - Rossi Paolo - Roveda - Rubilli Ruggeri Luigi - Ruini - Rumor - Russo Perez.
Salizzoni - Salvatore - Sampietro - Sansone - Scalfaro - Scarpa - Scelba - Schiavetti - Schiratti - Scoccimarro Scotti Francesco - Segni - Sereni - Silipo - Spallicci - Spataro - Stella - Storchi - Sullo Fiorentino.
Targetti - Taviani - Tega - Terranova - Titomanlio Vittoria - Togni - Tonello - Tonetti - Tosato - Tosi - Tozzi
Condivi - Trimarchi - Trulli - Tupini.
Uberti.
Valenti - Valiani - Vallone - Valmarana - Vanoni - Viale - Vicentini - Vigo - Villani - Volpe.
Zaccagnini - Zanardi - Zerbi - Zotta - Zuccarini.
Sono in congedo:
Bargagna - Bernardi - Bettiol - Bulloni.
Cartia - Caso - Chiostergi - Cifaldi.
Falchi - Fanfani.
La Pira - Lazzati - Lombardo Ivan Matteo - Lussu.
Mannironi - Marina - Mastino Pietro.
Paris - Penna Ottavia.
Rapelli.
Sardiello - Simonini.
Tambroni Armaroli - Tremelloni - Treves - Turco.

341

Vigna.
In conseguenza dell'esito della votazione sono decaduti i seguenti emendamenti:
Rinviare la discussione dell'ultimo comma al. momento dell'esame dell'articolo 45, col terzo comma del quale
in netta contraddizione.
Mortati .
Al terzo comma, tra la parola: dovere. e le parole: condizione, inserire: salvo i casi di provata impossibilit.
Ruggiero Carlo .
Aggiungere all'ultimo comma:
Tale condizione non applicabile agli uomini che hanno compiuto il cinquantesimo anno di et, a quelli che
godono di pensione, n alle donne qualunque sia la loro et.
Bubbio .
L'articolo 31 risulta pertanto, nel suo complesso, cos approvato:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo
questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attivit od una funzione che concorra allo sviluppo materiale o
spirituale della societ, conformemente alle proprie possibilit e alla propria scelta .
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
Messaggio del Capo provvisorio dello Stato.
PRESIDENTE. Comunico il seguente messaggio inviatomi dal Capo provvisorio dello Stato :
Onorevole avvocato Umberto Terracini Presidente Assemblea Costituente
Roma
Desidero rinnovare ancora una volta all'Assemblea Costituente le espressioni della mia gratitudine, che gi ho
manifestato oggi all'Ufficio di Presidenza, per la nuova testimonianza di benevolenza di cui ha voluto onorarmi e
l'assicurazione che compir ogni sforzo per condurre a termine la mia missione.
Voglia gradire, illustre Presidente, i miei pi vivi ringraziamenti per la forma cordiale e commossa con cui Ella
si reso interprete della volont dell'Assemblea da Lei cos degnamente presieduta.
Deferenti saluti.
Enrico De Nicola .
(Vivissimi, generali applausi).
Passiamo dunque all'esame dell'articolo 106:
La Repubblica italiana, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali.

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Attua, nei servizi che dipendono dallo Stato, un ampio decentramento amministrativo.
Adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento .
L'onorevole Perassi ha proposto di inserire l'articolo 106 dopo l'articolo 2. Egli svolse questa proposta in sede di
esame dell'articolo 2.
Penso, comunque, che tale proposta possa essere rinviata alla Commissione di coordinamento.
(Cos rimane stabilito).
L'onorevole Codignola ha proposto il seguente emendamento:
Sostituirlo col seguente:
La Repubblica italiana riconosce le autonomie locali nel quadro della propria inscindibile unit. Mediante un
largo decentramento di funzioni e di servizi essa avvicina l'amministrazione ai cittadini, promuovendone la
responsabilit democratica .
Poich l'onorevole Codignola non presente, si intende che abbia rinunciato a svolgerlo.
L'onorevole Spallicci ha gi svolto il seguente emendamento :
Sostituire al primo comma il seguente:
La Repubblica italiana, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, stimolandone lo spirito di
emulazione a vantaggio della Patria comune .
Gli onorevoli Ruggiero Carlo, Carboni, Preti, Cartia, Paris, hanno presentato il seguente emendamento.
Trasferire le parole del primo comma) una ed indivisibile, al primo comma dell'articolo 1, dopo la parola:
democratica .
Poich l'onorevole Ruggiero Carlo non presente, ha facolt di svolgere l'emendamento l'onorevole Carboni.
CARBONI. A nome anche degli altri firmatari, non insisto.
PRESIDENTE. L'onorevole Caroleo ha presentato il seguente emendamento :
Al secondo comma aggiungere controllato anche dagli enti locali .
L'onorevole Caroleo ha facolt di svolgegerlo.
CAROLEO. L'emendamento tende a stabilire, in via di principio, se anche nei servizi che dipendono dallo Stato,
debbano avere una qualche ingerenza gli enti autonomi, che ci prepariamo ad istituire per la struttura del nostro
Paese.
A me pare che al decentramento, qualunque esso sia, si colleghi una funzione prevalentemente di controllo.
Questa esigenza, da tutti avvertita, di snellire il corpo dello Stato, di disarticolarlo, determinata, soprattutto,
dalla necessit, che mai come in questo momento viva, di far s che nella vita periferica, nella vita provinciale o
regionale (come vorr denominarsi questa nuova costruzione del nostro Stato), gli organi elettivi dei diversi enti
autonomi, possano esplicare in pieno le funzioni loro attribuite, beninteso non in contrasto, perch non si pu
ammettere che nella Nazione vivano degli enti che perseguano il bene pubblico in contrasto e in contradizione
tra le rispettive attivit, ma in stretto concorso. Purtroppo oggi noi sappiamo che nella periferia non tutto procede
regolarmente, che il centro non ha la possibilit di sorvegliare di disciplinare quello che accade nella vita delle

343

lontane citt, staccate da questo centralismo burocratico; e quindi, ai colleghi che vivono nelle citt, vorrei
chiedere se, data la loro esperienza, non avvertono la necessit che anche nei servizi dello Stato gli organi
decentrati possano avere una certa vigilanza ed un certo controllo. Guardiamo anche ai servizi di polizia, ai
servizi di sicurezza pubblica. bene che il Capo della provincia, dell'amministrazione regionale, il sindaco del
comune, tutti gli enti che operano in quel determinato centro, in quella determinata comunit nazionale, possano
seguire, nell'interesse collettivo, anche tali servizi. , ripeto, un suggerimento. L'argomento deve essere ben
ponderato, ma a me pare che questa autonomia sia dettata da una esigenza di controllo, specialmente in questo
momento in cui la vita nazionale presenta tante deficienze.
Posso suffragare quanto ho detto con un esempio recentissimo. Gravi irregolarit si sono verificate
all'Intendenza di finanza di Catanzaro, ed il Ministro delle finanze dovrebbe saperne qualche cosa, nella
riscossione dell'imposta di fabbricazione.
Vi erano dei vaglia di commercianti, che andavano nelle tasche dei funzionari invece che nelle casse dello Stato,
e la cosa si saputa da un usciere che era stato licenziato. Da notare che questo usciere, indirizzava al Ministro
delle finanze, onorevole Scoccimarro, dei reclami e gli veniva restituita la raccomandata con l'annotazione:
sconosciuto. Vedete, dunque, come difficile, anche per un cittadino, poter raggiungere il centro, l'alta
autorit che deve intervenire per vedere le cose che si svolgono nella provincia. Ora, se per avventura il capo
dell'Amministrazione provinciale, il capo dell'Amministrazione comunale, potessero mettere gli occhi in ci che si
svolge nell'Amministrazione dello Stato, forse molti inconvenienti si potrebbero evitare.
E questa volta si potuto riparare per opera di un usciere che ha rivelato un insieme di frodi che venivano
compiute. Insomma, troppo poco il controllo di un cittadino al quale si risponde con un licenziamento
improvviso. A me pare quindi che l'inserire che anche i servizi dello Stato debbano avere un controllo locale sia
molto opportuno per il bene pubblico, e questa formula potrebbe trovare posto in aggiunta al capoverso
dell'articolo 106.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Nobili Tito Oro, Tonello, Musotto, Merighi e Tega hanno , presentato il seguente
emendamento :
Al secondo e al terzo comma sostituire:
determina con legge gli enti locali destinati ad attuare un razionale decentramento;
e adegua a questa esigenza i principi e : metodi di tutto l'ordinamento amministrativo.
Poich l'onorevole, Nobili Tito Oro non presente, il secondo firmatario, onorevole Tonello, ha facolt di
svolgere l'emendamento.
TONELLO. L'emendamento che noi presentiamo non di adesione o di avversione all'istituzione dell'organismo
regionale, ma dettato da una preoccupazione evidente.
Noi pensiamo che, nell'attuale Assemblea, non possibile, mancando il tempo necessario, determinare
esattamente le attribuzioni del nuovo ente, perch questa deve essere opera paziente di studiosi, spettante alla
futura Camera dei Deputati, in quanto i nostri compiti sono ormai ben definiti, e noi perderemmo una quantit di
tempo di cui non possiamo assolutamente disporre, se volessimo sodisfare alle altre esigenze del nostro lavoro.
Con questo emendamento noi stabiliremmo il principio delle Regioni, ma lasceremmo, in certo qual modo, alla
futura Camera di determinare le forme e l'ordinamento amministrativo delle Regioni. un problema importante,
onorevoli colleghi, in quanto da questo nuovo ordinamento dipende molta parte del domani del nostro Paese.
Una disposizione, anche secondaria, non studiata, n ben ponderata, potrebbe portare ad una serie di
disgregamenti nella compagine unitaria del nostro Paese.
Chi conosce l'anima italiana sa come essa sia varia da Regione a Regione; sa come noi italiani siamo ancora
disposti a ripetere le antiche discordie. Non si formato, secondo me, uno spirito nazionale tanto profondo da
poterci, con tranquilla coscienza, determinare a creare quest'organismo della Regione. Il pericolo maggiore che
vedo, onorevoli colleghi, questo : che la Regione, anzich cementare i vincoli della famiglia italiana, li rallenti e

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crei una quantit di contrasti tra Regione e Regione o tra varie localit della stessa Regione, per cui, anzich
fare opera di unione e di pacificazione nazionale, noi compiremmo un'opera di disgregazione e di traviamento,
anche nei partiti.
Per questo credo che l'emendamento da noi presentato possa essere approvato, per il bene del Paese,
indipendentemente dall'essere favorevoli o contrari all'ente regionale.
Possiamo anche affermare l'istituzione dell'ente regionale nella Carta costituzionale, ma lasciamo che la
struttura e la forma di questo nuovo ente siano determinate, col tempo e con lo studio, dalla nuova Camera
legislativa. (Applausi a sinistra).
LUSSU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUSSU. Potrei chiedere all'onorevole Tonello di ritirare il suo emendamento, dimostrandogliene la inutilit ?
PRESIDENTE. Onorevole Lussu, non posso darle la parola a questo proposito. Lei pu rivolgere, in via
amichevole e riservata, tale invito all'onorevole Tonello.
Chiedo all'onorevole Ruini di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Far una rapida dichiarazione sull'articolo 106,
spiegando le ragioni che hanno indotto la Commissione a formularlo cos, e spero che l'onorevole Tonello,
accetter la preghiera che gli stata rivolta dall'onorevole Lussu.
TONELLO. Io ho presentato l'emendamento e lo sostengo.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Lei vorr in ogni modo tener conto delle
considerazioni che io svolger. Sar padronissimo di respingerle, ma vorr prima sentirle.
La Commissione ha formulato quest'articolo 106 indipendentemente dalla questione della maggiore o minore
autonomia che si deve dare all'ente Regione. Si inspirata al concetto, non tanto dell'autonomia particolare del
nuovo ente, quanto del decentramento, nel senso pi largo, a cominciare da quello burocratico dello Stato, che
appunto nell'ordine di idee dell'onorevole Tonello.
Quale il testo, dell'articolo 106 ? In un primo comma vi il principio generale : La Repubblica riconosce e
promuove le autonomie locali . Non si parla di Regione. Siamo d'accordo, anche coloro che non sono
favorevoli alla Regione, nel ritenere che si debba salvaguardare il pi possibile l'autonomia degli altri enti locali.
Il secondo comma prevede un ampio decentramento amministrativo dei servizi dello Stato. Ed anche qui siamo
tutti d'accordo. Il terzo comma dice che lo Stato: adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle
esigenze dell'autonomia e del decentramento . Ho esposto pi volte tale concetto all'Assemblea, e non v' chi
non veda che ormai il Parlamento non pu pi fare le leggi di vecchio tipo, minute e particolareggiate. Ripeto, il
numero delle leggi va irresistibilmente aumentando, per l'inevitabile sviluppo dello Stato. Non ormai possibile
fare delle leggi lunghe e dettagliate, di vecchio stampo. Ed allora, seguendo l'esempio di altri Paesi, si faranno
delle leggi che stabiliscano i principi, leggi cornici , e poi il Governo
od altri organi ed enti, delegati dallo Stato determineranno le norme di integrazione ed attuazione dei principi
base. A questa tendenza si riallaccia l'ultimo comma dell'articolo. Neppure qui si parla di ente Regione, ed io
credo che tutti noi potremo votare tranquillamente per l'ultimo comma.
L'articolo , nel suo complesso, un'introduzione ed una epigrafe a tutto il Titolo, che riguarda non solo la
Regione, ma la Provincia ed il Comune; ossia le autonomie locali in genere, e, ricollegandosi anche al
decentramento degli organi veri e propri dello Stato, una sintesi larghissima dell'esigenza decentratrice in
generale.
Il Comitato, che si occupato degli emendamenti presentati, mantiene immutato il suo testo dell'articolo 106.

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L'emendamento dell'onorevole Caroleo, non infondato, in quanto bisogna procedere al coordinamento delle
funzioni e della vita degli enti locali, ma piuttosto che qui, nell'atrio che apre il Titolo e si conclude logicamente
nei punti stabiliti nel nostro testo, l'onorevole Caroleo potr sollevare la questione in luogo pi opportuno.
PRESIDENTE. Invito i presentatori di emendamenti a dichiarare se vi insistono.
Poich l'onorevole Codignola non presente, il suo emendamento si intende decaduto.
Onorevole Spallicci, mantiene l'emendamento ?
SPALLICCI. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Onorevole Caroleo, mantiene l'emendamento ?
CAROLEO. Dopo le dichiarazioni dell'onorevole Ruini, lo trasformo in raccomandazione.
PRESIDENTE. Onorevole Tonello, mantiene l'emendamento ?
TONELLO. Lo mantengo anche a nome degli altri firmatari.
PRESIDENTE. Avverto che sull'emendamento dell'onorevole Tonello stata chiesta la votazione a scrutinio
segreto.
LUSSU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LUSSU. Poich si chiede la votazione a scrutinio segreto su questo emendamento, io desidererei richiamare
l'attenzione dell'Assemblea sulla eccezionalit che deve avere questo metodo di votazione, il quale dovrebbe
essere raramente adoperato; altrimenti arriveremmo ad un sistema di votazione parlamentare che, senza
offendere il Paese che ora cito, si avvicinerebbe molto a certi sistemi balcanici di anteguerra. Bisognerebbe
quindi adottare questo metodo di votazione per scrutinio segreto soltanto in casi eccezionali.
D'altra parte, desidero rilevare che non si pu mettere ai voti l'emendamento dell'onorevole Tonello ed altri,
perch esso presenta il carattere di quegli ordini del giorno che sono stati gi accettati o respinti prima che
l'Assemblea entrasse nel merito della discussione dei vari articoli. L'onorevole Tonello, quindi, stato un
ritardatario, estremamente lento a questo riguardo, poich egli avrebbe potuto discutere la sua questione
qualche giorno fa. Ora essa superata, e noi dobbiamo entrare nel merito degli articoli. Tutte le ragioni esposte
dall'onorevole Tonello sono rispettabilissime, ma non rientrano in questa sede, poich sono inerenti alla
discussione generale. Ritengo, pertanto, che non si possa mettere ai voti l'emendamento dell'onorevole Tonello.
DOMINEDO'. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
DOMINEDO'. Sono stato in parte gi superato da quanto ha detto l'onorevle Lussu. A prescindere dal metodo di
votazione, a me pare evidente che, se con un ordine del giorno votato dall'Assemblea si gi deliberato il
passaggio all'esame dei singoli articoli, l'emendamento a firma dell'onorevole Tonello ed altri, finirebbe per
precludere tale passaggio in quanto, logicamente, se esso fosse accolto, porterebbe alla sostanziale
conseguenza di far depennare tutti gli altri articoli del Progetto. Ci che significherebbe ritornare su una materia
ormai resa cosa giudicata attraverso una deliberazione dell'Assemblea, la quale importa un'evidente ragione di
preclusione.
PRESIDENTE. Sopra la prima parte delle considerazioni fatte dall'onorevole Lussu io sono pienamente
d'accordo, ma bisognerebbe che fossero anche d'accordo i colleghi di tutti i settori dell'Assemblea, perch il
ricorso ai vari metodi di votazione dovrebbe essere subordinato ad alcuni criteri di valutazione, che forse non

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sempre sono stati tenuti presenti dai numerosi richiedenti di appello nominale e di scrutinio segreto, che, in
forma del tutto imparziale, si distribuiscono fra tutti i settori.
Per quanto poi concerne la seconda parte del discorso dell'onorevole Lussu, credo che egli abbia ragione.
L'onorevole Domined ha forse esteso troppo la questione, perch l'onorevole Tonello potrebbe opporre
appunto che il passaggio agli articoli c' stato e che conseguentemente non si viene meno alla decisione che si
era presa di passare all'esame degli articoli. Lei, onorevole Domined, ha voluto
portare quindi un argomento forse eccessivo a una tesi che aveva gi avuto la sua giustificazione contenuta in
ci che, mentre l'Assemblea ha accettato il principio di un ente regionale, salvo a definirne poi tutte le
caratteristiche, nell'emendamento dell'onorevole Tonello non si parla pi della Regione ed anzi, vorrei dire, si
esclude la decisione gi presa, in quanto si rinvia alla legge il compito di determinare quali siano gli enti locali
destinati ad attuare il decentramento.
Penso pertanto che il principio sollevato dall'onorevole Lussu e appoggiato dall'onorevole Domined sia valido,
perch l'Assemblea ha in realt gi deciso nel merito della questione che l'emendamento ripropone.
TONELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TONELLO. Io credo che il Regolamento della Camera sia superiore a qualunque argomentazione, non sempre
chiara, non sempre serena. Il mio emendamento non mirava ad escludere la Regione, intendiamoci; mettetela
pure nella vostra Costituzione questa parola Regione .
MAZZA. Nostra nostra !
Voci al centro: Nostra, nostra !
TONELLO. Pi vostra che nostra. (Ilarit - Commenti). Lo so che voi, attraverso la Regione, volete mettere un
altro caposaldo nelle vostre dottrine. (Proteste al centro).
Onorevole Presidente, io miravo, in fondo, a dire che le facolt di questo ente Regione che voi volete istituire
non si possono stabilire alla leggera. (Commenti). Ma abbiamo bisogno di vedere molto in fondo nelle cose per
sceverare quali esse veramente siano. Non quindi una questione di regolamento.
Mantengo quindi l'emendamento per affermare che la definizione della natura della Regione e delle sue
attribuzioni deve essere deferita alla nuova Camera, in quanto essa potr accingersi a questa definizione con
maggior tempo e maggior pazienza. Non vorrei che ora si pregiudicasse un lavoro in modo da renderlo esiziale
per il Paese. (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Tonello, col suo emendamento lei rimanda alla legge di determinare gli enti locali
destinati ad attuare il decentramento; e la legge potrebbe, eventualmente, anche non accogliere la Regione.
TONELLO. Non sono contro la deliberazione precedente.
PRESIDENTE. Lei si pone contro la deliberazione precedente, onorevole Tonello. Se lei dicesse che la legge
determiner in qual modo le Regioni, le Provincie, i Comuni attueranno praticamente il decentramento,
accoglierebbe la decisione gi presa dall'Assemblea; ma col suo emendamento evidente che lei vuole
riproporre ancora una volta la questione della Regione, e la ripropone, in fondo, tacendone.
TONELLO. Onorevole Presidente, accetto i suoi rilievi e vorrei modificare cos la mia formulazione : determina
con legge gli enti locali, Comune, Provincia, Regione, destinati ad attuare un razionale decentramento, ecc. . In
tal modo non si esclude la Regione, ma si rinvia la determinazione delle sue attribuzioni.
PRESIDENTE. Onorevole Tonello, in questo caso, per, il suo emendamento deve essere proposto all'articolo
107 e non all'articolo 106, perch all'articolo 107 che si specificano gli enti locali coi quali si deve realizzare il
decentramento. Se mai, ripresenti questa sua proposta all'articolo 107.

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TONELLO. Acconsento.
PRESIDENTE. Allora mantenuto soltanto l'emendamento dell'onorevole Spallicci, tendente ad aggiungere al
primo comma dell'articolo 106 le parole: stimolandone lo spirito di emulazione a vantaggio della Patria comune
.
Pongo pertanto in votazione il primo comma dell'articolo 106, nel testo del progetto:
La Repubblica italiana, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali .
( approvato).
Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Spallicci:
stimolandone lo spirito di emulazione a vantaggio della Patria comune .
(Non approvato).
Pongo in votazione il secondo comma dell'articolo 106:
Attua, nei servizi che dipendono dallo Stato, un ampio decentramento amministrativo .
( approvato).
Pongo in votazione il terzo comma dello stesso articolo :
Adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento .
(E approvato).
L'articolo 106 risulta pertanto approvato nel testo proposto dalla Commissione.
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI INDI DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI
Presidenza del Vicepresidente TARGETTI
PRESIDENTE. L'onorevole Codignola aveva proposto il seguente articolo aggiuntivo :
La Repubblica garantisce il pieno e libero sviluppo, nell'ambito della Costituzione, delle minoranze etniche e
linguistiche esistenti sul territorio dello Stato .
Egli l'ha successivamente sostituito col seguente :
La Repubblica detta norme per la protezione delle minoranze linguistiche .
L'onorevole Codignola ha gi svolto il suo emendamento.
Ha facolt di parlare l'onorevole Ruini per manifestare il parere della Commissione in merito al suddetto
emendamento.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il Comitato ha ritenuto che si possa accogliere questa
proposta dell'onorevole Codignola, ma del parere che non debba essere collocata qui nel Titolo delle Regioni,

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perch non il luogo adatto. Si tratta, infatti, di leggi generali dello Stato che debbono tutelare le minoranze
linguistiche. La disposizione dovr essere messa in altro luogo, che decideremo a suo tempo.
PRESIDENTE. Porr allora ai voti l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Codignola, accettato dalla
Commissione, restando inteso che la norma - ove fosse approvata - sar collocata al posto debito in occasione
della redazione definitiva del testo della Costituzione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io proporrei di sostituire alla parola protezione la
parola tutela .
PRESIDENTE. L'onorevole Codignola accetta la sostituzione della parola tutela alla parola protezione ?
CODIGNOLA. S.
PARIS. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
PARIS. Bisognerebbe distinguere fra le Regioni che non hanno uno statuto speciale e le Regioni che lo hanno,
perch la Repubblica non dovrebbe intervenire quando l'Assemblea Costituente ha sanzionato col suo voto uno
Statuto particolare ad una Regione. Quindi, accetto l'emendamento se non va inserito in sede di Regione.
PRESIDENTE. Come si detto, questo articolo si approva con l'intesa che in sede di coordinamento sia
collocato nella sede pi adatta, allorch si proceder alla redazione definitiva.
Pongo allora in votazione l'emendamento dell'onorevole 1 cos modificato :
La Repubblica detta norme per la tutela delle minoranze linguistiche .
( approvato).
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
Coordinamento degli articoli approvati del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Coordinamento degli articoli approvati del progetto di Costituzione della
Repubblica italiana.
Dobbiamo esaminare le questioni che, in sede di riunione della Commissione delegata ieri dai rappresentanti dei
Gruppi, non stato possibile risolvere.
L'onorevole Presidente della Commissione per la Costituzione ha facolt di riferire in proposito.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Far come dice il nostro Presidente. E sar, dopo
altre centinaia di mie relazioni, quella conclusiva e finale. Mi duole soltanto di essere obbligato a parlare di cose
minute e tecniche, in un'ora cos solenne per la storia del nostro Paese. Ma necessario; bisogna essere precisi
ed esatti; vi prego di tenere sott'occhio il fascicoletto del testo coordinato che stato distribuito in questi giorni, e
di seguire le variazioni di cui render conto, che si sono concordate nella adunanza di stamane del Comitato e
dei capigruppo, in seguito ai rilievi ed alle proposte di rinvio al testo originario, presentati all'ultima ora da
colleghi dell'Assemblea.

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Annuncio subito che si realizzato un quasi universale consenso, in quanto una parte delle proposte stata
accolta, e per le altre i presentatori vi hanno rinunciato, cos che, tranne per pochissimi punti, non si dovr
addivenire a votazione.
Voi ricordate quale era il compito di revisione e di coordinamento che l'Assemblea aveva affidato al Comitato di
redazione. Per alcuni articoli, pi di una decina, l'Assemblea ha conferito un espresso mandato di rifare
interamente il testo. Si detto: badate, noi votiamo questa norma, perch dobbiamo votare qualcosa; ma voi
avete le mani libere per il rifacimento, avendo riguardo alla discussione avvenuta; l'Assemblea giudicher poi sul
testo che avrete riveduto e coordinato. Vi sono state inoltre le raccomandazioni; fin da principio, quando riferiva
il vicepresidente Tupini, e poi sempre in seguito con gli altri relatori, non pochi presentatori di emendamenti li
trasformarono in raccomandazioni, che l'Assemblea segnal al Comitato; ed il Comitato si impegn a prenderle
in esame. Vi infine il mandato generale di rivedere e di coordinare tutto l'insieme del testo, venuto fuori, in
notevole parte, da una pioggia di emendamenti votati a distanza di mesi. Appena si avuto davanti tutto il
materiale, si imposta la necessit di una sua sistemazione, per adeguarlo sempre meglio agli intenti
manifestati dall'Assemblea.
Il faticoso e non facile compito che ci avete affidato compiuto. Gli ultimi articoli li avete votati due o tre giorni fa;
ma gi di mano in mano io avevo predisposto il lavoro, e comunicato ai colleghi; ci siamo gi da tempo dedicati
nelle nostre riunioni ad un riesame che stato da ultimo ripreso e rapidamente, ma meditatamente, ultimato.
Quali sono stati i criteri della revisione e del coordinamento ? La revisione stilistica si ispirata ad intenti di
correttezza linguistica, di semplificazione - desiderabilissima in un testo costituzionale - e di chiarificazione dei
concetti che hanno determinata l'adozione delle formule della Costituzione. Abbiamo sentito il parere di alcuni
eminenti scrittori e letterati; poi abbiamo cercato di avvicinarci, per quanto era possibile, ad una certa
omogeneit di espressione e di stile. Vi ho atteso personalmente e ne assumo la responsabilit. I colleghi del
Comitato han riesaminato pazientemente, parola per parola, il testo. Un miglioramento senza dubbio vi ; sono
lieto che ci sia generalmente riconosciuto, come mi han detto deputati di ogni parte dell'Assemblea. Ma non
possibile raggiungere - nonch la perfezione - una sodisfazione piena. Vi una inevitabile incontentabilit;
ciascuno ha una forma, un modo di esprimersi proprio, e non pu rinunciarvi. Ed capitato ad un grandissimo, il
Manzoni, che avendo svolto un tema per un suo nipote, ebbe dal professore una votazione meschina. Una
Costituzione non deve essere un capolavoro letterario; ci basta che il testo che vi presentiamo sia pi chiaro, pi
fluido, e migliore di prima.
Ritoccando ove era indispensabile la forma; abbiamo rispettato la sostanza delle disposizioni votate
dall'Assemblea. Soltanto dove vi contrasto e contradizione fra due disposizioni, si deve - secondo la prassi
parlamentare e le norme del nostro regolamento - armonizzare il testo della Costituzione. Cos abbiamo fatto in
pochissimi casi, di scarso rilievo, sui quali si richiamata la vostra attenzione nelle osservazioni allegate al
testo coordinato; e vi stata al riguardo la unanimit del Comitato; n venne presentata da voi una sola
proposta di rinvio al vecchio testo; cos che non occorre alcuna ulteriore spiegazione.
Altro di casi - pi importanti - nei quali non si pu ravvisare un vero e proprio contrasto di norme; ma qualcosa
che stata chiamata incongruit logico-giuridica; disarmonia piuttosto che contradizione. Se non vi fosse
neppure questa incongruit o disarmonia, non si potrebbe affatto tornare sulle deliberazioni dell'Assemblea.
Quando vi sia, sembrato - almeno ad una parte del Comitato, e le posizioni sono mutate a seconda dei vari
temi - che si possa proporre la questione all'Assemblea, e chiederle se crede di procedere ad una decisione.
Naturalmente, perch una modificazione potesse avvenire, occorrerebbe sempre che vi fosse l'unanimit, o
quasi, dell'Assemblea, e l'assenso delle varie correnti, che vi sono rappresentate. I punti su cui alcuni del
Comitato, or da un lato or dall'altro, hanno sostenuto esservi questione d'incongruit, sono cinque: il sequestro di
polizia dei periodici (che si sostenuto non in armonia con lo spirito delle altre norme sulla stampa), la diversa
durata delle due Camere (mentre in altri articoli si parla di legislatura e sembra presupporsi una durata eguale),
l'elezione dei Consigli regionali (che, a differenza di quanto si stabilito pel Parlamento, non si prescrive che
avvenga a suffragio universale e diretto), la composizione del Consiglio superiore della magistratura (il cui
vicepresidente deve essere eletto fra le categorie in minoranza al Consiglio), la mancata indicazione di criteri per
i ricorsi alla Corte costituzionale (e qui per verit si fatta questione non solo di incongruit, o di lacuna, ma di
inammissibilit del rinvio alla legge, giacch si era prima respinta la proposta di togliere dalla Costituzione la
norma).

350

Fatto sta che, nell'adunanza di questa mattina, non si raggiunto il consenso dei rappresentanti dei Gruppi; ed
parso impossibile portar le questioni all'Assemblea, perch non si sarebbe realizzata una sua ampia adesione.
Un altro ordine di questioni stato sottoposto alla riunione di stamane; in relazione ad alcuni articoli o parti di
articoli che contengono mere indicazioni di materie a cui deve rivolgersi la cura della Repubblica e delle sue
leggi (tali sono i temi del paesaggio, della ricerca scientifica e della sperimentazione tecnica, delle provvidenze
per le zone montane e per l'artigianato, di alcuni particolari impieghi del risparmio popolare). L'Assemblea, ad un
dato punto dei suoi lavori, entrata nell'idea che simili indicazioni, non aventi carattere costituzionale, hanno
miglior sede in ordini del giorno, coi quali si impegna la Repubblica a provvedere per date materie.
Cos si fatto per i mutilati ed invalidi di guerra, per i danni da calamit pubbliche e per altri casi. L'Assemblea si
riserv di applicare eguale criterio, per ragioni di uniformit ed in sede di revisione e di coordinamento, ad altre
materie gi inserite nel testo costituzionale. Senonch, portata la questione all'adunanza dei capigruppo, non si
neppure qui realizzato un sufficiente consenso; ed risultato inutile portare siffatto problema davanti
all'Assemblea.
Il che pu non piacere ad alcuni, tra cui chi vi parla, che ha sempre vagheggiato una deflazione del testo
costituzionale; ma sgombra il terreno da questioni e riduce il lavoro di questa seduta di Assemblea. Lo stesso
risultato si ottenuto per l'opposta via, e cio pel consenso anzich pel dissenso, in altri campi ai quali
dobbiamo ora accennare.
La Commissione dei settantacinque aveva, con voto di massima, riconosciuto l'opportunit di collocare in un
preambolo le disposizioni che non hanno una portata strettamente giuridica e concretamente normativa, ma
sono piuttosto affermazioni di principi e direttive generali, che hanno altissimo valore etico-politico pi ancora
che giuridico, e si svolgono, stato detto, nella zona dove il diritto si incontra con la morale nella vita politica e
sociale. L'Assemblea ha rinviato la decisione, e bisogna definire ora la questione in sede di revisione e di
coordinamento. Per rinviare le obiezioni sollevate che il rinviare ad un preambolo criteri fondamentali, che sono
sempre norme, sia pure generalissime ed anche metagiuridiche, faccia perdere di efficacia e di forza
nell'attuazione, il Comitato ha ritenuto che non si debba fare un preambolo a s, ma collocare all'inizio della
Costituzione, in un gruppo di articoli che appartiene alla Costituzione, ma precede le sue due parti , alcune
altre disposizioni che erano prima comprese nelle due parti , e che, nella nuova collocazione, andandosi
incontro a proposte avanzate in Assemblea e rinviate al coordinamento, servono a meglio delineare con
principii fondamentali i caratteri e, come stato detto, il volto della Republica. Questa soluzione ha avuto
l'unanime consenso, non solo del Comitato, ma dei capigruppo, e non stata presentata alcuna proposta in
senso contrario.
Vengo ora a passare in rassegna, ad una ad una, le proposte che sono state presentate in tempo utile, ossia,
come aveva fissato l'Assemblea, prima delle ore 10 di oggi.
Articolo 3: il testo votato dall'Assemblea parlava di pari dignit sociale di tutti i cittadini. Il Comitato aveva
all'unanimit ritenuto di mettere soltanto pari dignit ; per due ragioni: perch nell'articolo vi era quattro volte
la parola sociale; e perch sembrava che dignit senz'altro avesse maggior ampiezza e solennit. Se oggi
da taluno si insistito per ritornare ad un'espressione che avrebbe un valore specifico, che si intende
sottolineare, il Comitato, desideroso di rispettare il testo originario, quando non vi sono ragioni essenziali per
staccarsene, aderisce a questa prima proposta. Resta dunque pari dignit sociale.
Articolo 4: circa l'obbligo di svolgere un'attivit che concorra al progresso della societ; vi la proposta di tornare
a progresso materiale o spirituale invece che a progresso materiale e spirituale. Non che un errore, che
era gi state corretto, di stampa. Molto diligenti sono stati i colleghi nel riscontro del testo stampato dal
coordinamento; ma, per fortuna, i loro rilievi vanno spesso non al Comitato, ma alla stamperia, dei resto
diligentissima nel suo febbrile lavoro.
Articoli dal 7 all'11; il Comitato ed i capi gruppo riuniti stamane hanno, nel testo gi stampato, introdotto
spostamenti di ordine e di numerazione, che rispondono ad un criterio logico di coordinamento. Gli articoli 7 e 8
del testo che avete sottocchio diventano rispettivamente 9 e 10; e gli articoli attuali 9 e 10 diventano 7 ed 8, Non
vi bisogno di maggiori spiegazioni. Vi poi una lievissima modifica, di mera forma, per tornare nell'articolo 8
(gi 10) a in quanto invece di sempre che. Nell'articolo 11 si creduto opportuno riassumere in una

351

espressione pi breve e sintetica le indicazioni per la tutela del paesaggio e per la ricerca tecnica e scientifica,
che, come ho detto, non sono state rinviate ad ordini del giorno; e che, insieme con la tutela del patrimonio
storico ed artistico e col concetto aggiunto dello sviluppo culturale in genere, si possono prestare a giustificare
(io dico fino ad un certo punto) il richiamo, che ha speciale valore per l'Italia, ad uno stato di cultura e di tutela
dell'eredit di storia e di bellezza del nostro Paese.

.. .
Onorevoli colleghi, ho finalmente finito. Sono stato noiosissimo, minuto, pedante forse, ma mi darete atto che
sono riuscito ad evitare molte difficolt. (Vivissimi applausi).
Ho assunto come mio dovere che la promessa di votare entro oggi la Costituzione fosse mantenuta. Vi sono
riuscito. (Vivissimi, reiterati, generali applausi).
Onorevoli colleghi, l'Assemblea ormai in grado di adempiere il suo compito e di dare all'Italia la sua Carta
costituzionale. necessaria ed urgente. L'approvazione della Costituzione assume oggi un altissimo significato.
Noi viviamo ora un momento decisivo per la vita dell'Italia e per la coesistenza internazionale. In questo
momento nel quale si agitano all'orizzonte fantasmi di guerra, che certamente saranno deprecati, ma tengono
tutta la vita e tutti gli animi sospesi; in questo momento in cui le difficolt economiche sono sempre gravi, e, per
quanto l'Italia abbia fatto passi notevoli, si trova in una preoccupante congiuntura in cui la deflazione creditizia e
produttiva coesisto con l'inflazione monetaria, e non si tende risolutamente ad una stabilizzazione generale; in
questo momento nel quale vi sono ardenti lotte di parte (badate: sempre minori e cos voglia il cielo che siano
sempre minori che in altri paesi); in questo momento in cui tutto in sussulto e tutto anela alla sicurezza, alla
pace, alla ricostruzione; in questo momento la Repubblica sente il bisogno di una Costituzione, che rappresenta
per lei qualche cosa di pi saldo, qualche cosa che esce dal provvisorio, qualche cosa che auspicio e fiducia
che anche tutto l'altro sar vittoriosamente consolidato. (Vivissini applausi).
Finora, qui dentro, ci siamo divisi, urtati, lacerati nella stessa discussione del testo costituzionale. Ma vi era uno
sforzo per raggiungere l'accordo e l'unit. Ed ora io sono sicuro che nell'approvazione finale il consenso sar
comune ed unanime, e dir che al di sotto di una superficie di contrasto vi una sola anima italiana. L'Italia avr
una Carta costituzionale, che sar sacra per tutti gli italiani, uniti nell'evviva alla Repubblica ed alla sua
Costituzione. (Il Presidente e i deputati sorgono in piedi - Vivissimi, prolungati applausi).
. . .
Abbiamo cos esaurito l'esame di tutte le questioni da sottoporre all'Assemblea per la soluzione definitiva.
LA PIRA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LA PIRA. Come i colleghi sanno, ieri sera ho presentato alla Presidenza una proposta, che il testo costituzionale
sia preceduto da una brevissima formula di natura spirituale, una formula che dicesse: In nome di Dio il popolo
italiano si d la presente Costituzione . (Commenti a sinistra).
Devo dire, per sincerit, che, prima di presentare questa formula, io ne ho parlato a quasi tutti voi, perch non
fosse la mia proposta una novit assoluta. E fra l'altro ho avuto questa preoccupazione, che si trattasse, cio, di
una formula sulla quale tutti potessero concordare, cio non di una espressione politica, ma di una frase sulla
quale ci fosse il consenso interiore e totale dell'Assemblea. Con questa intesa, la formula fu presentata ieri sera,
e spero che con questa stessa intesa si possa pervenire alla sua approvazione, perch mi pare che in Dio tutti
possiamo convenire. Non una professione di fede specifica, quindi possono tutti convenire: i mazziniani, per la
loro formula Dio e Popolo : infatti si direbbe in nome di Dio il popolo si d la costituzione ; i liberali, perch
c' anche un neoliberalismo che accetta questo punto, e c' anche nel marxismo una corrente notevole, la quale

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disancora il materialismo dialettico da quello storico. Voglio dire, in sostanza, che c' un punto di convergenza
per ogni creatura, c' sempre una realt superiore, e quindi, per questa ragione, se noi potessimo
concordemente, al di sopra di ogni questione politica, ancorarci a questa formula, sarebbe veramente uno
spettacolo di fede.
Il popolo il soggetto, non ci sarebbero quindi questioni da sollevare, ed io pregherei pertanto tutta l'Assemblea,
se fosse possibile, di votare per acclamazione, o unanimemente, la formula da me proposta. Non , ripeto, una
iniziativa di partito, anzi, siccome la questione era sorta fra vari amici, si detto: la presenter io, in modo che
non possa dar luogo e non possa rappresentare una discussione di carattere politico. Per queste ragioni, mi son
permesso fare questa proposta, sperando che possa essere accettata. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. La proposta dell'onorevole La Pira mi era gi stata presentata dall'onorevole La Pira stesso ieri
sera, non ancora formalmente, ma per conoscere il mio avviso in proposito.
Ho fatto all'onorevole La Pira una prima osservazione: che la sua proposta poneva una questione di principio,
quella del preambolo della Costituzione.
La questione stata, non dir conclusa in modo preciso dall'Assemblea, ma stata dibattuta frequentemente
nel corso dei nostri lavori; e non soltanto in sede di discussione generale, ma anche successivamente, man
mano che sono venuti presentandosi temi o argomenti che a qualche collega parevano pi adatti ad essere
inseriti in un preambolo che formulati in un articolo.
Si era poi rimessa la questione, in definitiva, al Comitato di redazione, il quale, dopo lunga ed ampia
discussione, ha respinto il concetto della inserzione di un preambolo nella Costituzione. Si poteva riaprire questa
discussione gi conoscendosi la profonda diversit di pareri ?
Ho fatto poi presente all'onorevole La Pira che sarebbe stato opportuno presentare la sua proposta uh po' prima
dell'ultimo termine dei lavori, e ci proprio per la sua importanza e per la delicatezza dei temi che avrebbe
proposto ai singoli e all'Assemblea nel suo complesso. Infine, ho detto all'onorevole La Pira, che se vi fosse
stato il consenso di una grande maggioranza - se non dell'unanimit dell'Assemblea - ci avrebbe potuto
probabilmente far superare le prime due difficolt, ma che mi sarebbe occorso saperlo in precedenza.
Questa mattina ho fatto presente all'onorevole La Pira che, da notizie mie, risultava che questa grande
maggioranza non vi sarebbe stata: non solo, ma che se il problema si fosse posto, altre formulazioni diverse e
non concilianti sarebbero state presentate per il preambolo.
L'onorevole La Pira, obbedendo ad un impulso della sua coscienza, ha ritenuto ugualmente suo dovere di porre
il problema. Io tuttavia non posso dimenticare le obiezioni che gi gli avevo significate.
Alcuni colleghi hanno chiesto di parlare sull'argomento. La questione ha una delicatezza di contenuto in s, e pi
delicata per le ripercussioni che essa certamente avr, nell'animo di tutti coloro che la conosceranno (e la
conosceranno tutti gli italiani). Le parole siano dunque adeguate. Il che significa in primo luogo, onorevoli
colleghi, parlare brevemente. Si evitino le parole inopportune, e si tratti per ora la questione pregiudiziale, senza
contrapporre argomenti di merito ad argomenti di procedura.
TOGLIATTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
TOGLIATTI. Onorevole Presidente, un fatto che stamani, quando ci siamo alzati, faceva freddo, ma non
ostante questo, quando abbiamo visto brillare il sole nel cielo di dicembre, abbiamo sperato che almeno per noi,
membri dell'Assemblea Costituente della Repubblica italiana, esso avrebbe brillato su una giornata di unit e di
concordia. Siamo venuti qui con la convinzione di compiere un atto di unit, anzi con il deliberato proposito di
scartare in questo giorno tutte le questioni, che potessero dividerci, aprire o riaprire solchi, elevare barriere.
Anche quelle divisioni, che esistettero nei precedenti nostri dibattiti, volevamo che scomparissero davanti alla
Nazione, perch tutti sentissero che l'atto solenne, che oggi compiamo, un atto nel quale ci sentiamo tutti uniti.

353

Ognuno di noi vede chiaramente nella Costituzione, che stiamo per approvare con voto solenne, l'apporto che
egli ha dato e l'apporto che hanno dato gli altri. Ognuno di noi libero di intendere l'atto che oggi si compie, a
seconda della sua particolare ideologia e della sua posizione politica, in confronto e col passato e col futuro, che
ognuno condanna o esalta, auspica o depreca a seconda dell'animo suo, delle sue speranze, dei suoi
orientamenti. Non ostante questo, per, vi qualcosa oggi, che ci unisce tutti, ed il voto comune che stiamo
per dare all'atto che sar obbligatorio per tutti noi.
Io vorrei pregare tutti i colleghi di non staccarsi da questa atmosfera elevata. Vorrei pregare tutti i colleghi di non
risollevare discussioni, le quali hanno gi avuto luogo in sede di Commissione davanti all'Assemblea e davanti
alla pubblica opinione, e che oggi non devono essere pi qui riprese.
Se dovessimo aprire il dibattito sulla proposta dell'onorevole La Pira, non ci troveremmo uniti. Questo un fatto
certo. Anzi: scaveremmo tra di noi quel solco ideologico, che a proposito di altre questioni abbiamo voluto e
saputo evitare. L'onorevole La Pira, del resto, ne ha convenuto, quando ha parlato con noi. La sua formula si
richiama a determinate ideologie, ne respinge altre. Non so nemmeno se in campo cattolico una posizione, la
quale faccia della fede qualcosa di collettivo e non soltanto personale, possa essere accolta da tutti. Comprendo
come l'onorevole La Pira arriv a questa posizione, partendo da determinate dottrine, ma non posso dimenticare
che anche recentemente e da altissima sede queste dottrine sono state oggetto di attento esame e hanno dato
luogo a critiche alquanto preoccupate. Anche nel suo campo, quindi, l'onorevole La Pira potrebbe non trovare
tutti i consensi che vorrebbe. Certo che egli non potrebbe trovare tutti i consensi dell'Assemblea, se si aprisse
un dibattito sulla sua proposta e dovessimo schierarci a favore, o contro di essa. In questo caso saremmo di
fronte alla necessit di discutere e, quindi, di dividerci. Compiremmo una manifestazione, che sarebbe in
contrasto con lo spirito unitario, col quale abbiamo voluto venire qui oggi e col quale vorremmo che il lavoro
nostro di questa giornata venisse condotto fino alla fine.
Per questi motivi, prego l'onorevole La Pira di volere desistere dalla sua proposta.
MARCHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
MARCHESI. Onorevoli colleghi, come ho detto poc'anzi ai colleghi di quel settore (democristiano), nessuno, dico
nessuno che mi conosca, potr accusarmi di irriverenza verso le fedi religiose o di professione di ateismo.
Ho sempre respinto nella mia coscienza la ipotesi atea, che Dio sia una ideologia di classe. Dio nel mistero del
mondo e delle anime umane. nella luce della rivelazione per chi crede; nell'inconoscibile e nell'ignoto per chi
non stato toccato da questo lume di grazia. Ho detto test al collega La Pira che questo mistero, questo
supremo mistero dell'universo non pu essere risoluto in un articolo della Costituzione, in un articolo di
Costituzione, che riguarda tutti i cittadini, quelli che credono, quelli che non credono, quelli che crederanno.
Fate, colleghi, che non ci siano dissensi e divisioni tra noi, in questo ultimo giorno, cos solenne per la nostra
Carta costituzionale.
Fate che oggi su questi banchi non sia mo noi soli i fedeli servitori del Signore; fate che non soltanto noi siamo
oggi gli osservatori del secondo comandamento. Io mi associo alla proposta ed alla preghiera che l'onorevole
Togliatti rivolgeva ai colleghi: qui nessuno pu dire di essere contro Dio, perch non sarebbe un bestemmiatore,
sarebbe uno stolto. Questa nostra Carta costituzionale ha certamente grande importanza per la storia del nostro
Paese, per gli sviluppi che successivamente avr nella futura legislazione, ma facciamo in modo che non
cominci con una parola grande che susciti il dissidio dei piccoli mortali.
Invito perci il collega La Pira a ritirare la sua proposta.
CALAMANDREI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.

354

CALAMANDREI. Ho chiesto la parola, onorevoli colleghi, come uno di coloro che avevano intenzione di
presentare la proposta di alcune parole introduttive da premettere come epigrafe alla nostra Costituzione; ma,
avendone parlato al Presidente della nostra Assemblea, mi sono sentito addurre, per non insistere in questo
proposito, ragioni, di fronte alle quali mi sono inchinato. Quindi io sono d'accordo col nostro Presidente nel
ritenere che ragioni procedurali impediscano ormai di prendere in considerazione questo punto.
Ma sono d'accordo anche con quanto hanno detto i colleghi Togliatti e Marchesi; sulla necessit, cio, di non
immiserire in una discussione, in cui potrebbe darsi che sui particolari non tutti fossimo d'accordo, questa grande
idea di Dio. Non sono per in dissidio neanche col collega ed amico La Pira; perch, se il punto al quale siamo
arrivati nei nostri lavori non ce lo avesse vietato, avrei anch'io desiderato che all'inizio della nostra Costituzione
si trovasse qualche parola che volesse significare un richiamo allo Spirito. Perch, colleghi, alla fine dei nostri
lavori, talvolta difficili e perfino incresciosi, talvolta immiseriti, diciamo, in questioni grettamente politiche, alla fine
dei nostri lavori vi per nella nostra coscienza la sensazione di aver partecipato in questa nos'tra opera a una
ispirazione solenne e sacra. E sarebbe stato opportuno e confortante esprimere anche in una sola frase questa
nostra coscienza, che nella nostra Costituzione c' qualcosa che va al di l delle nostre persone, un'idea che ci
ricollega al passato e all'avvenire, un'idea religiosa, perch tutto religione quello che dimostra la transitoriet
dell'uomo ma la perpetuit dei suoi ideali.
Io avevo pensato - e ve lo dico unicamente perch desidero che questo rimanga agli atti della nostra Assemblea
- proporvi che questa invocazione allo Spirito e all'eternit fosse consacrato in un richiamo sul quale credo che
tutti noi ci saremmo trovati concordi; in un richiamo cio ai nostri Morti, a coloro che si sono sacrificati, affinch
la grande idea per la quale hanno dato la vita si potesse praticamente trasfondere in questa nostra Costituzione
che assicura la libert e la Repubblica. Forse, questa nostra Costituzione in pratica, per taluni aspetti, inferiore
alla grandezza della loro idea; ma tuttavia ad essa ha voluto ispirarsi. Per questo io avevo in animo di proporre
che la nostra Costituzione incominciasse con queste parole: Il popolo italiano consacra alla memoria dei fratelli
caduti per restituire all'Italia libert e onore la presente Costituzione . Questo non si pu pi fare, ha detto il
Presidente, per ragioni di procedura. Ma tuttavia la nostra intenzione e il nostro proposito, e il fatto che nel
chiudere i nostri lavori noi abbiamo pensato a coloro senza il sacrifcio dei quali noi non saremmo qui, questo io
spero che rimarr scritto negli atti della nostra Assemblea. (Applausi a sinistra).
COPPA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
COPPA. strano che in un'Assemblea del popolo italiano abbiamo sentito tre voci contrarie alla proposta La
Pira. Qui c' della gente... (Interruzioni a sinistra).
La parola gente latina e ha il suo significato.
PRESIDENTE. Onorevole Coppa, le sarei grato, ed ella lo far certamente, se il suo intervento restasse sullo
stesso piano di quello dei colleghi che l'hanno preceduto.
COPPA. Scendo dalla stratosfera della filosofia alla pratica, perch intanto rilevo che un atto di unit limitato
soltanto alla superfcie non giova a nulla. Noi vogliamo dare la vernice che deve nascondere le crepe, che si
trovano, che hanno il substrato nella profonda differenzia delle idee che si professano. Se efficace questa
vernice, sia data pure.
Rilevo intanto la contradizione che esiste fra le affermazioni fatte dall'onorevole Calamandrei e la dichiarazione
di atto sacro quale la Costituzione.
Una Costituzione nella vita civile di un popolo quanto di pi alto si possa immaginare, e nessuna espressione
pi degna di quella proposta dall'onorevole La Pira potrebbe precedere come preambolo la Costituzione di un
popolo che nella stragrande maggioranza professa una religione, e che avrebbe il diritto di vedere la sua
Costituzione con la stessa introduzione che si data il popolo irlandese; perch, se non erro, il popolo irlandese
non ha avuto n la ipocrisia, n la vergogna di mascherare i suoi sentimenti, ed ha invocato la Santissima
Trinit.

355

Ora si parla di maggioranza dell'Assemblea e si dimentica la maggioranza che nel Paese. (Applausi
all'estrema destra). E voialtri (Accenna all'estrema sinistra) il giorno in cui avete sostenuto la necessit di votare
l'articolo 7, avete portato argomenti diversi da quelli che avete portato oggi. (Commenti - Interruzioni).
Io vi richiamo alla coerenza di quel voto e faccio mia la proposta dell'onorevole La Pira, qualora egli la dovesse
ritirare. (Interruzioni all'estrema sinistra - Commenti).
PRESIDENTE. Era facile prevedere che porre la questione significava creare il contrasto. Si pu esprimerne
rammarico, ma evidentemente, onorevoli colleghi, di fronte alle affermazioni di libert di coscienza contenute
nella Carta costituzionale, che oggi voteremo, penso che da nessuna parte si possano sollevare recriminazioni
nei confronti del pensiero che altri nutre ed altri vuole servire. Ed era questa la ragione per la quale, con
argomenti procedurali - perch io non debbo adoperarne altri - avevo cercato di convincere l'onorevole La Pira a
non porre la questiono.
L'onorevole La Pira ha preferito porla, ma evidente, onorevoli colleghi, che le ragioni procedurali che
l'onorevole La Pira non ha accolte, non perdono per questo di efficacia. (Interruzione del deputato Fuschini).
Onorevole Fuschini, lei che ha seguito cos attentamente i nostri lavori, sa che l'Assemblea non ha accettato
preamboli. N vale usare oggi altro termine, come intitolazione, dedica, epigrafe. Quando l'onorevole La Pira, in
un suo non dimenticabile discorso in sede di discussione generale, aveva auspicato che la Costituzione avesse
un preambolo, si era gi valso promiscuamente di questa parola come delle altre, dedica o intitolazione. Ma la
sua proposta non era ugualmente stata accolta, e non perch non vi fossero molti in quest'Aula che
condividessero la sua opione, ma proprio per le ragioni che poco fa qualche membro dell'Assemblea ha voluto
ricordare.
Se la procedura talvolta serve a qualche cosa, questo il caso, onorevoli colleghi; essa ci aiuta oggi, infatti ad
evitare una discussione pericolosa, perch nulla di peggio vi sarebbe se su questa proposta in questo momento,
l'Assemblea si dividesse. Ed ognuno di noi sa gi in precedenza che si dividerebbe.
questa la ragione per la quale, escludendo assolutamente ogni valutazione di merito e di sostanza, che non mi
competono, e dalle quali tuttavia in questa sede rifuggirei, proprio per evitare che quella divergenza, che
purtroppo si ritenuta di dover stimolare, maggiormente si affermi, prego l'onorevole La Pira di accedere al
criterio della inammissibilit della sua proposta.
Noi, onorevoli colleghi, abbiamo accettato un Regolamento per i nostri lavori: si potrebbe dire che l'estrema
delicatezza della questione ora posta travalica lo stesso Regolamento; ma, superando il Regolamento, si
creerebbe una profonda divergenza nella nostra Assemblea. Perci ora pi che mai il Regolamento non pu
essere ignorato.
Per questo, dico all'onorevole La Pira, e all'onorevole Calamandrei che, pur con vivo rammarico, dal momento
che il Comitato di redazione, ha gi reso conto di tutto il suo lavoro dall'Assemblea e questa ha votato sulla
materia che era all'ordine del giorno, non ritengo pi proponibile nessuna richiesta o istanza.
GUERRIERI FILIPPO. Senza Dio non si costruisce !
LA PIRA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LA PIRA. Onorevoli colleghi, vorrei dire che la mia proposta ha voluto essere - per le ragioni che ora spiegher una proposta di unione e non di divisione. Siccome prevedevo che la questione sarebbe sorta in Assemblea,
allora, per evitare ogni dissenso politico e per trovare un punto di identit, mi sono permesso di parlarne in
ultimo. Proprio per questa ragione unitaria e non per uno scopo di scissione: questo, del resto, anche il mio
temperamento, che cerca sempre di fare ponti e suture.

356

Quindi, le parole nobili dell'onorevole Togliatti e quelle calde, interiori degli amici Marchesi e Calamandrei, non
sono in contrasto con quanto ho detto, perch, siccome prevedevo e sapevo che la questione sarebbe sorta in
Assemblea, per evitare una scissione e per evitare che la questione avesse assunto un carattere politico - cio
di aderenza a questo o a quel partito - mi sono permesso di assumere la responsabilit di presentare quella
proposta. V'era gi un'altra proposta, infatti, e proprio per trovare un punto di unione, ho fatto la mia, non per
scindere, ma per unire. Ora, come si fa, dico io, ad eliminare la questione, se la questione c' ed sorta, ed
sorta gi all'epoca delle dichiarazioni dell'onorevole Lucifero, il quale disse: accantoniamo il problema; lo
riprenderemo al termine dei nostri lavori ?
Quindi, pregherei vivamente di riflettere su questo punto, per evitare quella divisione alla quale nessuno di noi
vuole andare incontro. Pregherei vivamente gli onorevoli Togliatti, Basso, Nenni, Marchesi e tutti gli altri amici di
vedere di trovare questo punto d'incontro.
In fondo, se ben consideriamo, con la formula Il popolo in nome di Dio si d la Costituzione facciamo una
constatazione di fatto. (Commenti a sinistra).
Io pregherei vivamente di considerare la questione.
Se potessimo unificare le due formule, quella dell'onorevole Calamandrei e quella presentata da me, non
sarebbe cosa veramente opportuna ? Le pi grandi, le pi importanti tappe hanno sempre questa affermazione:
tutte le Costituzioni americane, quella svizzera, tutte le Costituzioni che derivano dalla Rivoluzione francese,
quella del Venezuela del 4 luglio 1897: tutte recano all'inizio questa affermazione.
L'importante di non fare una specifica affermazione di fede, come nella Costituzione irlandese: In nome
della Santissima Trinit ; ma perch rifiutarci di dire: In nome di Dio ? Prego quindi vivamente i colleghi di
tutti i settori di voler riflettere su ci; perch, se la questione sorta, come si pu eliminarla ?
NITTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
NITTI. In Inghilterra abitudine, nelle grandi occasioni, alla fine dei lavori legislativi, e al principio di essi, che
tutti i deputati vadano nella Cappella di Westminster a pregare. E vi si recano deputati di ogni parte. che sono
anglicani, cio terribilmente antipapisti, cattolici e rappresentanti di religioni non ariane ed anche rappresentanti
di religioni semitiche dell'Asia.
Io non trovo dunque strana questa proposta, n che tutti secondo la propria fede vadano a pregare per la patria
comune. E sopra tutto dove i Parlamenti esistono per antica tradizione. Anche in monarchie antiche e
tradizionali si pregava o non si pregava secondo situazioni particolari.
Manifestazioni comuni avvenivano. Avvenivano sopra tutto in paesi protestanti. Da noi, nei vecchi parlamenti,
per quanto io sappia, non vi erano preghiere in comune. Non so se nel Parlamento subalpino per lo Statuto
durato dal 1848 a ora si facevano preghiere in comune.
Non credo, comunque, che questa consuetudine profondamente cristiana possa diventare in Parlamento
ragione di divergenze politiche: questa materia su cui vi possono essere ragioni di divergenza spirituale, non
politica. Iddio troppo grande, Iddio al disopra di tutte le cose, e tutte le anime credenti debbono impiegarsi a
servirlo nel comune desiderio del bene dell'umanit.
Dunque non la proposta che trovo strana, ma trovo strano che essa venga sottoposta in questo momento a
voto, quando reca qui dentro - e noi sapevamo che dovesse recare - una divisione profonda. Perch ci
dovremmo dividere sul nome di Dio ? Il nome di Dio troppo grande e le nostre contese sono troppo piccole.
Io ho sofferto molto che questa proposta sia stata avanzata: io soffrir anche di pi se questa proposta verr
respinta.

357

L'idea di Dio talmente grande e universale che non pu essere materia di controversie politiche. Par
discendere Dio in controversie di un'aula parlamentare umiliare la dignit dello spirito. Il nome di Dio non deve
essere nominato in contrasti politici, che non hanno niente di grande.
Tutte le anime credenti, sia pure in forma diversa, servono Dio nel desiderio del bene dell'umanit.
Nel Parlamento subalpino, in occasione della Costituzione del 1848, che vissuta fino ad ora, non avvennero
speciali funzioni, bench vi fosse una monarchia molto religiosa e il Parlamento fosse composto di uomini
educati e vissuti nella religione: ma non vi furono solennit religiose speciali.
Si farebbe equivoco di cosa che non esiste, la divisione fra credenti e non credenti, e si potrebbe speculare su di
essa.
Insediando questa Assemblea Costituente non vi stata alcuna invocazione religiosa n alcuna preghiera in
comune. Perch ora, alla fine dei suoi lavori, l'Assemblea deve mutare ? Che cosa mutato in essa ?
Per molti anni dopo il 1870 la Chiesa Cattolica stata in Italia in dissidio politico con lo Stato, ma anche dopo gli
Accordi Lateranensi le funzioni parlamentari non hanno dato luogo a funzioni religiose.
Mancava la tradizione e non ve ne stata la necessit.
La proposta che ora si fa da persona rispettabilissima e che anche e sopra tutto un'anima credente, non
discutibile per le intenzioni, ma per la opportunit.
Data la divisione degli spiriti e non essendovi la tradizione, la discussione inevitabile finirebbe con avere
carattere politico e sarebbe materia di divisione.
Dividerci e non essere concordi nel nome di Dio, cio nella espressione pi alta dello spirito umano,
umiliazione. Le nostre contese sono troppo piccole e il nome di Dio troppo grande, perch vadano assieme.
Io ho sofferto quando questa proposta stata, fatta, ma soffrirei ancor pi se non fosse accolta da unanime
consenso e avesse anzi non pochi dissensi.
Io ho potuto anche questa volta ammirare la saggezza del nostro Presidente. Egli si studiato di evitare una
discussione e forse una contesa deplorevole al momento della chiusura dei nostri lavori. La discussione
turberebbe l'Assemblea inutilmente, e creerebbe forse un dissidio che non deve esistere.
Le ragioni dette dal Presidente non entrano nel merito della idea religiosa, che non deve essere discussa. Sono
per tali dal punto di vista parlamentare, che provano non solo la opportunit, ma il danno di una inevitabile e
irritante discussione. (Vivi applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Onorevole La Pira, l'impulso, che l'ha mossa, tutti lo sappiamo, e l'onorevole Nitti nelle sue
ultime parole lo ha rilevato in modo mirabile, stato di unit e di concordia.
Ma a volte possiamo sbagliare sulle conseguenze delle nostre azioni e sui fini che si intendono raggiungere.
Prendendo la sua iniziativa ella non aveva forse valutato tutte le conseguenze che avrebbe determinato.
Dopo questa breve, composta e degna discussione, io credo che lei si sia reso conto che in realt non con un
atto di unit si concluderebbe la nostra seduta, se insistesse nella sua proposta, indipendentemente
dall'inammissibilit. Per non incrinare, sia pure soltanto la superficie (onorevole Coppa, certe volte anche la
conservazione di un ultimo velo di unit pu costituire una grande garanzia), occorrerebbe che ella, con quello
stesso impulso di bont che l'ha mossa a fare la proposta, ci dicesse (perch dispiacerebbe giungere alla stessa
conclusione per altra via) che comprendendo, accetta di ritirarla. (Approvazioni).
MEDA. Chiedo di parlare.

358

PRESIDENTE. Ho pregato l'onorevole La Pira di ritirare la sua proposta; prego quindi i colleghi di non allargare
la discussione.
MEDA. Chiedevo di parlare solo per dire una parola di concordia.
PRESIDENTE. Credo di potere interpretare il silenzio dell'onorevole La Pira come adesione al mio invito
deferente e cortese. (Vivi applausi a sinistra).
LA PIRA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
LA PIRA. A me non resta che partire dal presupposto e dal punto di vista dal quale mi ero mosso, e cio che vi
fosse una unit, un consenso in tutta l'Assemblea. Ma evidentemente se questo consenso non vi fosse, e vi
dovessero essere motivi di screzio profondo, di disunione fra gli animi, non so veramente cosa dire, perch ci
va contro il punto di vista dal quale ero partito. Ripeto: perch ho presentato quella proposta ? Perch sapevo
che sarebbe stata presentata in altro modo e avrebbe allora provocato un profondo
dissenso in seno all'Assemblea Costituente. E allora mi sono fatto portatore di pace e di unit. Ma se la pace e
l'unit non si possono raggiungere, che cosa devo dire ?
COPPA. La procedura sbarra il passo a Dio ! (Commenti animati a sinistra).
PRESIDENTE. Facciano silenzio, prego ! Onorevole La Pira, prosegua.
LA PIRA. Francamente, se tutto questo dovesse produrre la scissione nell'Assemblea, io per conto mio non
posso dire che questo: che ho compiuto secondo la mia coscienza il gesto che dovevo compiere. (Vivissimi,
generali, prolungati applausi - Molte congratulazioni).
ASSEMBLEA COSTITUENTE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
Votazione finale a scrutinio segreto della Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Votazione finale a scrutinio segreto della Costituzione della Repubblica
italiana.
Ha facolt di parlare l'onorevole Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevoli colleghi, con la seduta di poche ore fa il
compito dell'Assemblea Costituente pu dirsi adempiuto. Ecco il testo definitivo della Costituzione, che mi
appresto a consegnare al Presidente dell'Assemblea.
Era un compito difficile e faticoso. Il Comitato di redazione apparso molte volte quasi una mitica unit; i suoi
membri si sono divisi ed hanno combattuto fra loro; ma dopo tutto vi stato, e si rivela oggi, uno spirito comune,
uno sforzo di unit sostanziale; ed oggi il Comitato compatto sente la responsabilit e la solidariet del suo
lavoro, ed orgoglioso di averlo portato a termine. Questo io devo dichiarare, a suo nome, all'Assemblea e
ringraziarla di aver sanzionato l'opera nostra.
Questa un'ora nella quale chi adusato alle prove parlamentari, chi stato in trincea, chi ha conosciuto il
carcere politico, preso da una nuova e profonda emozione. la prima volta, nel corso millenario della storia
d'Italia, che l'Italia unita si d una libera Costituzione. Un bagliore soltanto vi fu, cento anni fa, nella Roma
repubblicana di Mazzini. Mai tanta ala di storia passata sopra di noi.
E ci avviene in una congiuntura non ancora definita, in un processo di trasformazione ancora in cammino, in
cui alcuni istituti vecchi non sono ancor morti, ed altri nuovi non sono ancora interamente vivi. Esistono due

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crepuscoli tra il giorno e la notte: questo che ora scorgiamo sar per la nostra Italia crepuscolo di aurora e non di
tramonto.
Dobbiamo darci la nostra Costituzione in una situazione tragica; dopo la disfatta; dopo l'onta di un regime
funesto. Dobbiamo cercare di costruire qualche cosa di saldo e di durevole, mentre viviamo in piena crisi
politica, economica, sociale. Ebbene, vi siamo riusciti. L'Italia dar un'altra prova di ci che stato il segno della
sua storia e la rende inconfondibile con le altre nazioni: l'Italia la sola che abbia saputo e sapr, risorgendo,
rinnovare e vivere fasi successive ed altissime di nuove civilt.
Questa Carta che stiamo per darci , essa stessa, un inno di speranza e di fede. Infondato ogni timore che
sar facilmente divelta, sommersa, e che sparir presto. No, abbiamo la certezza che durer a lungo, e forse
non finir mai, ma si verr completando ed adattando alle esigenze dell'esperienza storica. Pur dando alla
nostra Costituzione un carattere rigido, come richiede la tutela delle libert democratiche, abbiamo consentito un
processo di revisione, che richiede meditata riflessione, ma che non la cristallizza in una statica immobilit. Vi
modo di modificare e di correggere con sufficiente libert di movimento. E cos avverr; la Costituzione sar
gradualmente perfezionata; e rester la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi - ed i nostri
figli - rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili.
Critiche sono venute anche da questo banco; ma non ci dobbiamo abbandonare ad un abito di autodenigrazione, che sembra talvolta un tristo retaggio italiano. Nessuna Costituzione perfetta. Tutte le volte che
se n' fatta una, sono risuonati lamenti e deprecazioni fra i costituenti. Ci avvenuto, anche subito dopo che a
Filadelfia fu votata, un secolo e mezzo fa, la Costituzione nord-americana; che ora giudicata la migliore di
tutte!
Un giudizio pacato sui pregi e sui difetti della nostra Carta non pu essere dato oggi, con esauriente
completezza. Difetti ve ne sono; vi sono lacune e pi ancora esuberanze; vi sono incertezze in dati punti; ma mi
giungono ormai voci di grandi competenti dall'estero, e riconoscono che questa Carta merita di essere
favorevolmente apprezzata, ed ha un buon posto, forse il primo, fra le Costituzioni dell'attuale dopoguerra. Noi,
prima di tutti, ne riconosciamo le imperfezioni; ma dobbiamo anche rilevare alcuni risultati acquisiti.
I principi fondamentali che sono sanciti nell'introduzione, e che possono sembrare vaghi e nebulosi,
corrispondono a realt ed esigenze di questo momento storico, che sono nello stesso tempo posizioni eterne
dello spirito, e manifestano un anelito che unisce insieme le correnti democratiche degli immortali principi ,
quelle anteriori e cristiane del sermone della montagna, e le pi recenti del manifesto dei comunisti,
nell'affermazione di qualcosa di comune e di superiore alle loro particolari aspirazioni e fedi.
. . .
Perdonatemi se ho creduto necessario rivendicare non solo le ombre, ma le luci della Costituzione. Si fatto il
possibile: nessuna altra Carta ebbe una pi minuta preparazione; nessuna fu pi a lungo discussa; per nessuna
si fatto con maggior completezza il punto, e si condotto quasi un esame di coscienza di tutti i problemi pi
gravi del momento. un eccesso ? S; ma non senza significato che un popolo, nell'accingersi ad un
rinnovamento, abbia voluto compiere quest'esame di coscienza.
La formulazione della nostra Costituzione non poteva che svolgersi con metodi democratici. Noi abbiamo
assistito - foggiandolo noi stessi- a ci che un processo di formazione democratica e cio collettiva. Una
Costituzione non pu pi essere l'opera di uno solo, o di pochissimi. Deve risultare dalla volont di tutti i
rappresentanti del popolo; e i rappresentanti del popolo non si conducono con la violenza; l'unico modo, in
democrazia, di vincere di convincere gli altri. Che cinquecentocinquanta individui prendano parte (e tutti
credono di aver eguale competenza) nella formulazione degli articoli di una Costituzione, ha fortissimi
inconvenienti; non si fa cos per i codici; ma come si fa a delegare la stesura della Costituzione? Con molta
pazienza la tecnica riesce a farsi comunque strada; ed a rimediare, se non a tutti, a molti inconvenienti. Ci
avverr sempre pi, con l'autolimitazione volontaria e la maggior educazione politica di domani. Intanto vi
anche un vantaggio: che tutti i rappresentanti del popolo, tutte le correnti del popolo da essi rappresentate
possono dire: questa Costituzione mia, perch l'ho discussa e vi ho messo qualcosa.

360

Onorevoli colleghi, l'esigenza dell'opera collettiva, della collaborazione di tutti, in democrazia l'inevitabile, ed
la forza stessa della democrazia. E vi un'altra cosa inevitabile, una conseguenza di questa stessa esigenza: la
Costituzione, come ogni opera collettiva, non pu che essere, come si dice in senso deteriore, un
compromesso . Preferisco dire con il purissimo Cattaneo che non pu essere se non una transazione ,
come tutta la storia. Ed equilibrio ; questa la caratteristica della nostra Costituzione; un equilibrio
realizzato, come era possibile, fra le idee e le correnti diverse. Mi si dica in quale altro modo - forse con una
prevalenza forzata, forse con un totalitarismo costituzionale - si sarebbe potuto fare una Costituzione
democratica. Anche le altre Costituzioni storiche, che oggi ci sembrano monolitiche, furono sempre il risultato di
transazioni e di equilibri.
Quando oggi voteremo, il largo suffragio che daremo alla nostra Costituzione attester che, malgrado i dissensi
e le lacerazioni, scaturita dalle viscere profonde della nostra storia, la convergenza di tutti in una comune
certezza; il sicuro avvenire della Repubblica italiana. (Vivissimi, generali applausi).
Con queste dichiarazioni mi onoro consegnare al Presidente dell'Assemblea Costituente il testo definitivo della
Carta costituzionale. (L'Assemblea sorge in piedi - Vivissimi, generali, prolungati applausi - Da una tribuna un
gruppo di garibaldini intona l'Inno di Mameli, ripreso dall'Assemblea e dal pubblico delle tribune - Rinnovati,
vivissimi applausi).
PRESIDENTE. Do atto all'onorevole Ruini della consegna del testo definitivo della Costituzione, al cui
perfezionamento di forma e di sostanza egli ha dato opera diuturna ed appassionata fino, possiamo ben dirlo, a
poche ore fa. Ancora stamane noi lo abbiamo udito mentre forniva a noi tutti gli ultimi chiarimenti che ci erano
necessari per metterci in condizioni di procedere ora al voto definitivo.
Credo che non ci fossimo resi conto tutti, in un primo momento, della gravit e dell'importanza del compito che
avevamo affidato al Presidente della Commissione dei Settantancinque. certo che molti di noi forse ancora
non conoscono la somma di fatiche che il suo assolvimento ha imposto all'onorevole Ruini.
Voglio esprimere la mia riconoscenza personale all'onorevole Ruini, senza la cui valida collaborazione io stesso
non avrei potuto rispondere alla fiducia riposta in me dall'Assemblea. E credo che se esprimo all'onorevole Ruini
anche il ringraziamento dell'intera Assemblea, questa dar alle mie parole plauso e consenso. (Vivissimi
generali applausi).
Indico la votazione a scrutinio segreto sulla Costituzione della Repubblica italiana.
Si proceder alla votazione a scrutinio segreto con appello nominale. Pertanto ogni singolo deputato, il cui nome
sar chiamato, verr a deporre nell'urna il suo voto.
Si faccia la chiama per ordine alfabetico, cominciando dalla lettera A.
MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.
(Segue la votazione - Quando il Presidente Terracini si reca a votare l'Assemblea sorge in piedi - Vivissimi,
prolungati, generali applausi cui si associano i giornalisti delle tribune della stampa).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione a scrutinio segreto. Invito gli onorevoli Segretari a numerare i voti.
(Gli onorevoli segretari numerano i voti).
Proclamo il risultato della votazione a scrutinio segreto:
Presenti e votanti .... 515
Maggioranza .....258
Voti favorevoli . . . 453

361

Voti contrari .... 62


(L'Assemblea approva - L'Assemblea si leva in piedi - Vivissimi, generali, prolungali applausi cui si associano i
giornalisti delle tribune della stampa - Si grida: Viva la Repubblica! - Nuovi, prolungati applausi).
Hanno preso parte alla votazione:
Adonnino - Alberti - Aldisio - Allegato - Amadei - Ambrosini - Amendola - Andreotti - Angelini - Angelucci - Arata Arcaini - Arcangeli - Assennato - Avanzini - Ayroldi - Azzi.
Bacciconi - Badini Confalonieri - Baldassari - Balduzzi - Baracco - Barbareschi
- Bardini - Bargagna - Barontini Anelito - Barontini Ilio - Bartalini - Basile - Basso - Bastianetto - Bazoli - Bei
Adele - Beliate - Bellavista - Bellusci - Belotti - Bencivenga - Benedetti - Benedettini - Bennani - Benvenuti Bernabei - Bernamonti - Bernini Ferdinando - Bertini Giovanni - Bertela - Bertone - Bettiol - Biagioni - Bianchi
Bianca - Bianchi Bruno - Bianchini Laura - Bibolotti - Binni - Bitossi - Bocconi - Boldrini - Bolognesi - Bonino Bonomelli - Bonomi Ivanoe - Bonomi Paolo - Bordon - Borsellino - Bosco Lucarelli - Bosi - Bovetti - Bozzi Braschi - Bruni - Brusasca - Bubbio - Bucci - Buffoni Francesco - Bulloni Pietro - Buonocore - Burato.
Cacciatore - Caccuri - Caiati - Cairo - Calamandrei - Caldera - Calosso - Camangi - Campilli - Camposarcuno Candela - Canevari - Cannizzo - Caporali - Cappa Paolo - Cappelletti - Cappi Giuseppe - Cappugi - Capua Carbonari - Carboni Angelo - Carboni Enrico - Carignani - Caroleo - Carpano Maglioli - Carratelli - Cartia - Caso
- Cassiani - Castelli Edgardo - Castelli Avolio - Castiglia - Cavalli - Cavallotti - Cerreti - Cevolotto - Chatrian Chiaramello - Chieffi - Chiostergi - Ciampitti - Cianca - Ciccolungo - Cicerone - Cifaldi - Cimenti - Cingolati Mario
- Clerici - Coccia - Codacci Pisanelli - Codignola - Colitto - Colombi Arturo - Colombo Emilio - Colonna di Paliano
- Colonnetti - Conci Elisabetta - Condorelli - Conti - Coppa Ezio - Coppi Alessandro - Corbi - Corbino Corsanego - Corsi - Corsini - Cortese Guido - Cortese Pasquale - Costa - Costantini - Cotellessa - Cremaschi
Carlo - Cremaschi Olindo - Crispo.
Damiani - D'Amico - D'Aragona - De Caro Gerardo - De Falco - De Gasperi - Del Curto - Della Seta - Delli
Castelli Filomena - De Maria - De Martino - De Mercurio - De Michele Luigi - De Michelis Paolo - De Palma - De
Unterrichter Maria - De Vita - Di Fausto - Di Giovanni - Di Gloria - Di Vittorio - Domined - Donati - D'Onofrio Dossetti - Dozza - Dugoni.
Einaudi - Ermini.
Fabbri - Fabriani - Facchinetti - Faccio - Fanfani - Fantoni - Fantuzzi - Faralli - Farina Giovanni - Farini Carlo Fedeli Aldo - Fedeli Armando - Federici Maria - Ferrarese - Ferrari Giacomo - Ferrano Celestino - Ferreri - Fietta
- Filippini - Finocchiaro Aprile - Fiore Fiorentino - Fioritto - Firrao - Flecchia - Foa - Fogagnolo - Foresi - Fornara - Franceschini - Fresa - Froggio Fuschini - Fusco.
Gabrieli - Galati - Galioto - Gallico Spano Nadia - Garlato - Gasparotto - Gatta - Gavina - Germano - Gervasi Geuna - Ghidetti - Ghidini - Ghislandi - Giacchero - Giacometti - Giannini - Giolitti - Giordani - Giua - Gonella Gorreri - Gortani - Gotelli Angela - Grassi - Grazi Enrico - Grieco - Grilli - Gronchi - Guariento - Guerrieri
Emanuele - Guerrieri Filippo - Gui - Guidi Cingolani Angela - Gullo Fausto - Gullo Rocco.
Imperiale - Iotti Leonilde.
Jacometti - Jervolino.
Labriola - Laconi - La Gravinese Nicola - La Malfa - Lami Starnuti - Landi - La Pira - La Rocca - Lazzati - Leone
Francesco - Leone Giovanni - Lettieri - Li Causi - Lizier - Lizzadri - Lombardi Carlo - Lombardi Riccardo Lombardo Ivan Matteo - Longhena - Longo - Lopardi - Lozza - Lucifero - Luisetti - Lussu.

362

Macrelli - Maffi - Magnani - Magrassi - Magrini - Malagugini - Maltagliati - Malvestiti - Mancini - Mannironi Manzini - Marazza - Marchesi - Marconi - Mariani Enrico - Marina Mario - Marinaro - Marinelli - Martinelli Martino Gaetano - Marzarotto - Massini - Massola - Mastino Gesumino - Mastino Pietro - Mastrojanni - Mattarella
- Mattei Teresa - Matteotti Carlo - Matteotti Matteo - Mazza - Mazzei - Mazzoni - Meda Luigi - Medi Enrico Mentasti - Merighi - Merlin Angelina - Mezzadra - Miccolis - Micheli - Minella Angiola - Minio - Mol - Molinelli Momigliano - Montagnana Mario - Montagnana Rita - Montalbano - Montemartini - Monterisi - Monticelli - Montini
- Morandi - Moranino - Morelli Luigi - Morelli Renato - Morini - Moro - Mortati - Moscatelli - Motalese - Murdaca Murgia - Musolino - Musotto.
Nasi - Negarville - Negro - Nenni - Nicotra Maria - Nitti - Nobile Umberto - Nobili Tito Oro - Noce Teresa Notarianni - Novella - Numeroso.
Orlando Camillo - Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi - Pajetta Gian Carlo - Pajetta Giuliano - Pallastrelli - Paolucci - Paratore - Paris - Parri - Pastore Giulio
- Pastore Raffaele - Pat - Patricolo - Patrissi - Pecorari - Pella - Pellegrini - Pera - Perassi - Perlingieri - Perrone
Capano - Persico - Pertini Sandro - Perugi - Pesenti - Petrilli - Piccioni - Piemonte - Pieri Gino - Pignatari Pignedoli - Pistoia - Platone - Pollastrini Elettra - Ponti - Porzio - Pratolongo - Pressinotti - Preti - Priolo - Proia Pucci - Puoti.
Quarello - Quintieri Adolfo.
Raimondi - Rapelli - Reale Eugenio - Reale Vito - Recca - Rescigno - Restagno - Ricci Giuseppe - Riccio
Stefano - Rivera - Rodi - Rodin Mario - Rodin Ugo - Rognoni - Romano - Romita - Roselli - Rossi Giuseppe Rossi Maria Maddalena - Rossi Paolo - Roveda - Rubilli - Ruggieri Luigi - Ruini - Rumor - Russo Perez.
Saccenti - Saggin - Salerno - Salizzoni - Salvatore - Sampietro - Sansone - Santi - Sapienza - Saragat -Sardiello
- Sartor - Scalfaro - Scarpa - Scelba - Schiavetti - Schiratti - Scoca - Scoccimarro - Scotti Alessandro - Scotti
Francesco - Secchia - Segala - Segni - Selvaggi - Sereni - Sforza - Sicignano - Siles - Silipo - Silone - Simonini Spallicci - Spataro - Stampacchia - Stella - Storchi - Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli - Targetti - Taviani - Tega - Terracini - Terranova - Tieri Vincenzo - Titomanlio Vittoria Togliatti - Togni - Tomba - Tonello - Tonetti - Tosato - Tosi - Tozzi Condivi - Tremelloni - Treves - Trimarchi Tripepi - Tupini - Turco.
Uberti.
Valenti - Valiani - Vallone - Valmarana - Varvaro - Venditti - Veroni - Viale - Vicentini - Vigna - Vigo - Vigorelli Vilardi - Villabruna - Villani - Vinciguerra - Vischioni - Volpe.
Zaccagnini - Zanardi - Zannerini - Zappelli - Zerbi - Zotta - Zuccarini.
Sono in congedo:
Arata.
Canepa - Carmagnola - Cavallari.
Jacini.
Merlin Umberto.
Preziosi.
Ravagnan.
Trulli.

363

Vanoni - Vernocchi.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi! con un senso di nuova profonda commozione che ho pronunciato or ora la
formula abituale con la quale, da questo seggio, nei mesi passati ho, cento e cento volte, annunciato
all'Assemblea il risultato delle sue votazioni. Di tutte queste, delle pi combattute e delle pi tranquille, di quelle
che videro riuniti in un solo consenso tutti i settori e delle altre in cui il margine di maggioranza oscill sull'unit;
di tutti questi atti di volont che, giorno per giorno, vennero svolgendosi, con un legame non sempre
immediatamente conseguente - in riflesso di situazioni mutevoli non solo nell'Aula, ma anche nel Paese quest'ultimo ha riassunto il significato e gli intenti, affermandoli definitivamente e senza eccezione come legge
fondamentale di tutto il popolo italiano.
Ed io credo di potere avvertire attorno a noi, oggi, di questo popolo l'interesse fervido ed il plauso consapevole e
sodisfatto. Si pu ora dirlo; vi stato un momento, dopo i primi accesi entusiasmi, nutriti forse di attese non
commisurate alle condizioni storicamente maturate ed in loro reazione, vi stato un momento nel quale come
una parete di indifferenza minacciava di levarsi fra questo consesso e le masse popolari. E uomini e gruppi, gi
ricacciati al margine della nostra societ nazionale dalla prorompente libert - detriti del regime crollato o torbidi
avventurieri di ogni congiuntura (Applausi) - alacremente, e forse godendo troppa impunit, si erano dati ad
approfondire il distacco, ricoprendo di contumelie, di calunnie, di accuse e di sospetti questo istituto, emblema e
cuore della restaurata democrazia. (Vivi applausi).
Onorevoli deputati, col nostro lavoro, intenso e ordinato, con lo spettacolo ad ogni giorno da noi offertogli
della nostra metodica, instancabile applicazione al compito affidatoci, che noi ci siamo in fine conquistati la
simpatia e la fiducia del popolo italiano. Il quale, nelle sue distrette come nelle sue gioie, sempre pi venuto
volgendosi all'Assemblea Costituente come a naturale delegata ed interprete e realizzatrice del suo pensiero e
delle sue aspirazioni. E le centinaia, le migliaia di messaggi di protesta, di approvazione, di denuncia, di richieste
giunti alla Presidenza nel corso dei diciotto mesi di vita della Costituente, testimoniano del crescente spontaneo
affermarsi della sua autorit, come Assemblea rappresentativa. questo un prezioso retaggio morale che noi
lasciamo alle future Camere legislative della Repubblica.
Ho parlato di lavoro instancabile. Ne fanno fede le 347 sedute a cui ci convocammo, delle quali 170
esclusivamente costituzionali; i 1663 emendamenti che furono presentati sui 140 articoli del progetto di
Costituzione, dei quali 292 approvati, 314 respinti, 1057 ritirati od assorbiti; i 1090 interventi in discussione da
parte di 275 oratori; i 44 appelli nominali ed i 109 scrutini segreti; i 40 ordini del giorno votati; gli 828 schemi di
provvedimenti legislativi trasmessi dal Governo all'esame delle Commissioni permanenti ed i 61 disegni di legge
deferiti all'Assemblea; le 23 mozioni presentate, delle quali 7 svolte; le 166 interpellanze di cui 22 discusse; le
1409 interrogazioni, 492 delle quali trattate in seduta, pi le 2161 con domanda di risposta scritta, che furono
sodisfatte per oltre tre quarti dai rispettivi Dicasteri.
Lavoro instancabile; sta bene. Ma anche lavoro completo ? Alla stregua del mandato conferitoci dalla nostra
legge istitutiva, s. Noi consegniamo oggi, a chi ci elesse il 2 giugno, la Costituzione; noi abbiamo assolto il
compito amarissimo di dare avallo ai patti di pace che hanno chiuso ufficialmente l'ultimo tragico e rovinoso
capitolo del ventennio di umiliazioni e di colpe (Applausi); e, con le leggi elettorali, stiamo apprestando il ponte di
passaggio, da questo periodo ancora anormale, ad una normalit di reggimento politico del Paese nel quale
competa ad ogni organo costituzionale il compito che gli proprio ed esclusivo: di fare le leggi, al Parlamento; al
Governo di applicarle; ed alla Magistratura di controllarne la retta osservanza.
Ma, con la Costituzione, questa Assemblea ha inserito nella struttura dello Stato repubblicano altri organi, ignoti
al passato sistema, suggeriti a noi dall'esperienza dolorosa o dettati dalla evoluzione della vita sociale ed
economica del Paese. Tale la Corte delle garanzie costituzionali, sancita a difesa dei diritti e delle libert
fondamentali, ma non a preclusione di progressi ulteriori del popolo italiano verso una sempre maggiore dignit
dell'uomo, del cittadino, del lavoratore. Tale il Consiglio nazionale della economia e del lavoro, che - rimuovendo
gli ostacoli dovuti a incomprensione o ad ignoranza delle altrui esigenze - eviter le battaglie non giustificate,
diisperditrici di preziose energie, dando alle altre necessarie invece ed irreprimibili in ogni corpo sociale che
abbia vita fervida e sana, consapevolezza di intenti e idoneit di mezzi.

364

Ma forse, s, non taciamolo, onorevoli colleghi, molta parte del popolo italiano avrebbe voluto dall'Assemblea
Costituente qualcos'altro ancora. I pi miseri, coloro che conoscono la vana attesa estenuante di un lavoro in cui
prodigare le proprie forze creatrici e da cui trarre i mezzi di vita; coloro che, avendo lavorato per un'intera vita,
fatti inabili dall'et, dalla fatica, dalle privazioni ancora inutilmente aspettano dalla solidariet nazionale una
modesta garanzia contro il bisogno; coloro che frustano i loro giorni in una fatica senza prospettiva, chiudendo
ad ogni sera un bilancio senza residui, utensili pensanti e dotati d'anima di un qualche gelido mostruoso
apparato meccanico, o forze brute di lavoro su terre estranee e perci stesso ostili: essi si attendevano tutti, che
l'Assemblea esaudisse le loro ardenti aspirazioni, memori come erano di parole proclamate e riecheggiate.
(Approvazioni).
Noi lo sappiamo, oggi, che ci avrebbe superato le nostre possibilit. Ma noi sappiamo di avere posto, nella
Costituzione, altre parole che impegnano inderogabilmente la Repubblica a non ignorare pi quelle attese, ad
applicarsi risolutamente all'apprestamento degli strumenti giuridici atti a sodisfarle. La Costituzione postula,
senza equivoci, le riforme che il popolo italiano, in composta fiducia, rivendica. Mancare all'impegno sarebbe
nello stesso tempo violare la Costituzione e compromettere, forse definitivamente, l'avvenire della Nazione
italiana. (Vivissimi, generali applausi).
Onorevoli colleghi, ieri sera, quasi a suggello simbolico apposto alla Carta costituzionale, voi avete votato un
ordine del giorno col quale raccomandate e sollecitate dal Presidente della Repubblica un atto generoso di
clemenza e di perdono.
Gi al suo primo sorgere, la Repubblica volle stendere le sue mani indulgenti e volgere il suo sguardo benigno e
sereno verso tanti, che pure non avevano esitato a straziare la Patria italiana, ad allearsi con i suoi nemici, a
colpirne i figli pi eroici. Il rinnovate gesto di amist, del quale vi siete fatti promotori, vuole oggi esprimere lo
spirito che ha informato i nostri lavori, in ognuno di noi, su qualunque banco si sedesse, a qualunque ideologia ci
si richiami. L'Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione come un solenne patto di amicizia e fraternit di
tutto il popolo italiano, cui essa lo affida perch se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore.
(Approvazioni). E noi stessi, onorevoli deputati, colleghi cari e fedeli di lunghe e degne fatiche, conclusa la
nostra maggiore opera, dopo avere fatta la legge, diveniamone i pi fedeli e rigidi servitori. (Approvazioni).
Cittadini fra i cittadini, sia pure per breve tempo, traduciamo nelle nostre azioni, le maggiori e le pi modeste,
quegli ideali che, interpretando il voto delle larghe masse popolari e lavoratrici, abbiamo voluto incidere nella
legge fondamentale della Repubblica.
Con voi m'inchino reverente alla memoria di quelli che, cadendo nella lotta contro il fascismo e contro i tedeschi,
pagarono per tutto il popolo italiano il tragico e generoso prezzo di sangue per la nostra libert e per la nostra
indipendenza (Vivissimi, generali applausi); con voi inneggio ai tempi nuovi cui, col nostro voto, abbiamo aperto
la strada per un loro legittimo affermarsi.
Viva la Repubblica democratica italiana, libera, pacifica ed indipendente ! (Vivissimi, generali, prolungati
applausi - Si grida: Viva la Repubblica ! - Viva il Presidente Terracini ! - Nuovi vivissimi, generali applausi).
In quest'ora cos solenne della nostra storia non poteva mancare a noi ed al popolo italiano la parola alta,
serena, saggia del Presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, il quale ha seguito ed illuminato la nostra
fatica, vigile ad ogni passo lungo la strada che condurr la Repubblica dall'abisso in cui sorse fino alla posizione
che le compete di Stato libero, e rispettato nel mondo.
Do lettura del messaggio di Enrico De Nicola:
Roma, 22 dicembre 1947 - ore 18,30.
La ringrazio vivamente, illustre Presidente, di avermi comunicato con cortese sollecitudine l'approvazione della
Costituzione della Repubblica italiana.
Il mio pensiero, reverente e devoto, si rivolge, in questo momento di sincera commozione, all'Assemblea
Costituente, che - sotto la Sua incomparabile e indimenticabile Presidenza - ha compiuto un lavoro di cui gli
storici daranno certamente un giudizio sereno, che onorer il nostro Paese, per la profondit delle indagini
compiute, per l'altezza dei dibattiti svoltisi, per lo zelo coscienzioso costantemente osservato nella ricerca delle

365

soluzioni pi democratiche e nella formulazione rigorosamente tecnica dei principi fondamentali e delle
specifiche norme costituzionali - e all'Italia nostra, amata e martoriata, che dalle sventure sofferte e dai sacrifizii
affrontati, sapr trarre ancora una volta, nella concordia degli intenti e delle opere dei suoi figli, le energie
necessarie per il suo sicuro avvenire", offrendo al mondo un nuovo esempio di eroiche virt civili e un nuovo
incitamento al progresso sociale .
(Vivissimi, generali, prolungati applausi, cui si associa il pubblico delle tribune).
Giunga il nostro riverente affettuoso pensiero ad Enrico De Nicola, che oggi acclamiamo primo Presidente della
Repubblica Italiana. (Nuovi, vivissimi, generali applausi).
Si dia lettura di un telegramma giunto in questo momento dal Sindaco della citt di Venezia.
MATTEI TERESA, Segretaria, legge:
Alla odierna solenne seduta della Assemblea Costituente convocata per l'approvazione della nuova Carta
costituzionale che sancisce i diritti del popolo e la Repubblica, sogno di tanti martiri del primo Risorgimento
italiano, meta raggiunta a prezzo di tanti sacrifci e di sangue in questo secondo Risorgimento, dopo che la
monarchia, con la sua guerra antinazionale e col suo tradimento delle libert popolari, ha dimostrato anche ai
pi increduli la legittimit di quel sogno di veggenti, l'amministrazione comunale di Venezia, che si prepara a
ricordare con cerimonie che resteranno memorabili la seconda Repubblica di San Marco, vuole far pervenire la
sua voce di plauso per la Repubblica italiana e per la nuova Carta costituzionale, augurando che da essa
procedano leggi innovatrici del diritto e del costume, affinch il popolo italiano prostrato da tanti lutti, risorga
davvero arbitro del proprio destino. - Il Sindaco Gianquinto
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. (Vivi applausi al centro).
Iniziando questa mia brevissima dichiarazione, sento il dovere di associarmi al ringraziamento espresso dal
Presidente dell'Assemblea e alle parole di ammirazione da lui usate per Enrico De Nicola, per l'opera sua di
vigile tutela e d collaborazione, che con la sua saggezza giuridica e l'esperienza parlamentare, ha dato non solo
all'elaborazione della Costituzione, e, in genere, ai lavori legislativi, ma anche al Governo, con i suoi illuminati
consigli.
Il Governo si associa all'augurio che il primo Presidente della Repubblica italiana possa continuare la sua opera
per un lungo periodo ancora, e a lui noi tutti del Governo tributiamo sempre quell'ossequio e quell'obbedienza
che sono la base fondamentale dell'autorit repubblicana.
Aggiungo il mio ringraziamento all'Assemblea, e in modo particolare alla Presidenza, per la collaborazione, che
non era espressamente riservata alla sua attribuzione dalle leggi, ma con la quale pure ha recato un contributo
prezioso alle iniziative del Governo, attuandole o modificandole con opportuni emendamenti.
Non fu senza un certo senso di invidia che noi vedemmo i nostri colleghi delle Commissioni legislative occuparsi
dei grandi problemi della Costituzione, direi, gettando le grandi arcate della Costituzione, mentre noi, dalle
esigenze di tutti i giorni, eravamo costretti ad occuparci dei piccoli particolari.
Io vi rinnovo l'espressione di ringraziamento profondo per questa vostra collaborazione. Questi nostri
ringraziamenti vanno soprattutto ai membri della Commissione per la Costituzione e in modo particolare al suo
Presidente, onorevole Ruini, che con tanto zelo ha diretto i lavori della Commissione stessa.
Il Governo ora, fatta la Costituzione, ha l'obbligo di attuarla e di farla applicare: ne prendiamo solenne impegno.
Noi tutti per sappiamo, egregi colleghi, che le leggi non sono applicabili se, accanto alla forza strumentale che

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in mano al Governo, non vi la coscienza morale praticata nel costume. A distanza di cento anni, mi giunge
all'orecchio come l'eco del programma mazziniano, che suonava:
La Costituente nazionale, raccolta a Roma, metropoli e citt sacra della Nazione, dir all'Italia e all'Europa il
pensiero del popolo e Dio benedir il suo lavoro .
Valga tale auspicio anche per questa Assemblea del nuovo Risorgimento; il soffio dello spirito animatore della
nostra storia e della nostra civilt cristiana passi su questa nostra faticosa opera, debole perch umana, ma
grande nelle sue aspirazioni ideali, e consacri nel cuore del popolo questa legge fondamentale di fraternit e di
giustizia, sicch l'Europa e il mondo riconoscano nell'Italia nuova, nella nuova Repubblica, assisa sulla libert e
sulla democrazia, la degna erede e continuatrice della sua civilt millenaria e universale. (Vivissimi, prolungati
applausi).
PRESIDENTE. Ha facolt di parlare l'onorevole Orlando Vittorio Emanuele. (L'assemblea in piedi applaude
lungamente).
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Onorevoli colleghi, non so a che cosa io debba questo onore e questa
responsabilit di essere chiamato a parlare, quasi direi di ufficio; d'ufficio, perch non l'ho chiesto, e non l'ho
chiesto per una duplice ragione: l'una, contingente, della persistente deficienza dei mezzi miei di comunicazione
verbale; l'altra, sostanziale, della immensa gravit, della solennit eccezionale dell'ora. Perdonatemi, quindi, in anticipo, se, per l'una e
per l'altra ragione, io sar (e non artifizio retorico od oratorio) inferiore a quello che dovrebbe essere il mio
compito ed alla vostra aspettazione.
Mi correggo. Ho detto di non sapere a che cosa debba questo onore: indubbiamente lo debbo al titolo della mia
maggior vecchiezza. Ma, forse, nel caso presente pi che il computo numerico degli anni, pu valere a
conferirmi questo titolo l'essere io rappresentante estremo delle tre generazioni, che hanno fatto l'Italia. Qui,
dunque, vi parlo meno come un collega che come un antenato. E quando, a questo medesimo titolo, inaugurai i
lavori dell'Assemblea Costituente, credetti di poter riassumere tutto il mio animo solidale con voi in un augurio,
che era anche una benedizione del vecchio. Ora, parlo per concludere, come allora parlai per cominciare. Oggi,
noi siamo al vertice dell'opera raggiunta; onde possiamo, guardando sotto di noi, considerare la strada che
abbiamo percorsa, e in un certo senso quest'Assemblea pu esser fiera del lavoro compiuto, pur attraverso
contrasti, pur rasentando precipizi - e l'avvenire dir se li abbiamo sempre felicemente evitati -, pur trovandoci di
fronte a bivii e l'avvenire dir se sempre abbiamo saputo scegliere la buona strada, ed io auguro che si possa
dire che si scelta la buona.
Per merito di chi ? Di tutti: attraverso i dissensi, malgrado i contrasti, ognuno di noi ha contribuito a quest'opera.
E vi solidariet, unit, anche fra coloro che hanno sostenuto le tesi pi diverse e pi opposte, perch in ci sta
la bellezza della libert parlamentare (Approvazioni): nella discussione, che il mezzo pi razionale e pi
elevato per raggiungere quella verit relativa, che agli uomini pu essere consentita. Un po' di merito l'abbiamo,
dunque, tutti. Ma io non posso insistere su questo punto, perch sarebbe come lodarci da noi stessi. vero che
cosa che gli uomini politici fanno ed tollerata; ma, in un'occasione cos eccezionale, meglio prescinderne.
Non posso insistere sui meriti nostri come Assemblea; ma forse bene, parlando in nome dell'Assemblea,
ricordare e additare alla gratitudine nostra coloro che sono stati - direi - il simbolo di questo lavoro, e due al di
sopra di tutti.
In primo luogo, quell'uomo a cui ben spetta - e non l'ha chiesto - di trasformare il titolo che gli ricordava la
provvisoriet (come, in certi ordini monastici, v' chi ricorda che si deve morire) il titolo - dico - della provvisoriet
in quello effettivo e definitivo di Presidente, il primo Presidente della Repubblica italiana (Vivissimi, generali
applausi); ed egli tal uomo da augurare con la pi profonda sincerit, con il pi sereno ottimismo patriottico
che coloro che gli succederanno siano sempre degni di succedergli. (Applausi).
Enrico De Nicola appartiene a quella categoria di uomini politici, che ha per s la vera grandezza, cio servire
per dovere. Alieno (e dalla mentalit parlamentare leggermente degenerata gliene si faceva rimprovero come di

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un difetto !), alieno dall'aspirare ai poteri, desideroso di mettersi a disposizione se ricercato, modesto sempre, di
giusto giudizio, la cooperazione di lui nella formazione di questo atto costituzionale non nota, ma credo che
tutti noi, pi che saperla, la sentiamo essere stata assidua, alacre, feconda.
Ad Enrico De Nicola, dunque, innanzi tutto esprimer i nostri ringraziamenti; e poi a questo nostro Presidente
(L'Assemblea si leva in piedi - Vivissimi, prolungati applausi) a questo nostro Presidente, che mi ha dato la
grande consolazione di infliggermi una solenne smentita. Per sopravalutare questa classe parlamentare cui
appartengo - naturale: io sono l'homo parlamentaris per eccellenza ! (Si ride) - per sopravalutare, dunque,
questa classe cui appartengo (e me ne vanto !) io pensavo ed affermavo: badate, se Cicerone dice che poeta
nascitur, orator ft, per il parlamentare occorrono entrambe queste condizioni: bisogna nascerci, avere la
vocazione; ma bisogna poi aver vissuto la vita, avere acquistato l'esperienza. Orbene, questo nostri Presidente
mi ha mortificato nel dimostrare che una delle due condizioni non necessaria: in lui v' una vocazione
formidabile, la quale ha sostituito l'esperienza, perch negli ultimi anni della fortunosa e mirabile sua vita egli
non ha potuto pi frequentare aule universitarie, non ha pi potuto studiare precisamente quei regolamenti e
quelle fonti di diritto, da cui si formano poi gli atti costituzionali. (Applausi generali).
Egli si dimostrato veramente straordinario ! E quando un momento fa sfilavano le diecine e le centinaia di
emendamenti (altro che la selva selvaggia ed aspra e forte ! ), egli ci si muoveva con una padronanza
assoluta, aveva presente tutto, sapeva conciliare la fermezza di un'autorit che s'impone con la bonariet di un
collega che trova l'arguzia per comporre un dissenso, un contrasto, che ad altri sarebbe, forse, apparso
addirittura insormontabile ! Egli stato veramente
un gran Presidente e - direi - un Presidente nato perfetto ! ( Vivissimi, generali applausi).
E cos dunque, sotto questi auspici, si compiuta quest'opera.
Che cosa vale ?
Io, tutte le volte che ho parlato, ho dichiarato cos frequentemente e cos manifestamente una mia diversit di
pensare e di sentire a proposito di una legge costituzionale che sarebbe ipocrisia, se ora ad un tratto volessi
usare della spugna di Leibnitz e cancellare quelle che erano e sono le mie idee. La verit che qui sono venute
di fronte due diverse maniere di concepire l'intervento del legislatore nel fissare l'ordinamento giuridico di un
popolo. Io potrei, per deferenza a voi, dire che il mio punto di vista era quello antico e che il vostro era quello
moderno. No, la verit che cos l'uno come l'altro sono antichi quanto l'uomo, antichi quanto il legislatore. Da
un lato, si ha l'imposizione di una regola attraverso una volont consapevole: io comando - dice il legislatore,
soprattutto se dell'ordine costituzionale -, questa mia volont io la esamino, la concreto diligentemente, me ne
rendo conto, metto dalla mia parte tutte le ragioni per cui si possa presumere che si legifera bene; ma, dopo
tutto, questa la mia volont. Una tale tendenza antica quanto l'uomo, ed i primi legislatori l loro volont la
fecero passare addirittura per quella di Dio. Dall'altro lato, invece, il diritto viene concepito non come una
imposizione dall'esterno, ma come una qualche cosa di organico, che si sviluppa da s: pianta, che mette nella
terra le sue profonde radici, che alimenta il suo tronco, i suoi rami, le sue foglie, anche le pi alte, raccogliendo
dall'aria, dalla luce, dalla profondit dell'humus le ragioni della sua esistenza.
Ecco i due punti di vista in contrasto: concezioni, che non restano nell'astrattezza della teoria, ma si scontrano,
si urtano, si contendono nella viva e ardente realt. Io ho sempre seguito la seconda di queste concezioni,
donde il dissenso abbastanza profondo con l'altra parte. Ma, badate, in questo momento, io ben posso di tutto
cuore accompagnare quest'atto, che deve reggere la vita collettiva del popolo italiano, con un augurio fiducioso,
con un augurio pieno: e ci, appunto perch quella scuola giuridica, cui appartengo, riconosce che alle leggi si
applica larghissimamente il motto che dice che la soma si accomoda per via. E, difatti, quella stessa forza
spontanea, quella forza organica, direi, in certo senso naturale, da cui dipende lo sviluppo delle istituzioni, che
opera, se occorre, anche indipendentemente da un testo scritto e lo viene adattando a quelli che sono i veri
bisogni storici. Quindi, non mi metto in contraddizione con me stesso, se esprimo questo augurio, pur restando
fermo al mio punto di vista. Dopo di che ? Ebbene, dopo di che, se gi l'ho lodato, torno a lodare il dissenso, il
contrasto come il mezzo pi idoneo per scoprire la verit o per avvicinarci ad essa il pi che sia possibile: verit,
come ho detto poc'anzi, naturalmente di un valore del tutto relativo.

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Ma da questo momento tutto ci finito. Ora, la Costituzione ha avuto la sua consacrazione laica. Essa al di
sopra delle sue discussioni. Noi dobbiamo ad essa obbedienza assoluta, perch io non so concepire nessuna
democrazia e nessuna libert se non sotto forma di obbedienza alle leggi, che un popolo libero si date.
(Applausi).
E un auspicio si pu trarre, oggi, dalla coincidenza, per cui la Costituzione entra in vigore il primo dell'anno, che
compie il centenario del 1848. Vedete se era retorica la mia quando vi dicevo, or ora di sentirmi di tanto inferiore
al compito, perch in questo momento occorrerebbe - come si dice che avvenga agli asfittici, i quali, nell'attimo
che passa fra la preagonia e la morte, vedrebbero sfilare rapidamente tutta la loro vita - occorrerebbe vedere
sfilare qui, in una visione complessiva, totale, sintetica, un secolo intero. Il sorgere di questo secolo vide l'Italia
divisa ed il tramonto di esso sembrato che dovesse ancora vederla divisa; ma il popolo italiano ha resistito alla
immane bufera, ed abbiamo superato questo punto. Vedete, questo nuovo centenario comincia con
un'affermazione superba. L'Italia ha ormai passato la sua prova. L'Italia, a cui si poteva rimproverare, e non per
colpa sua, la brevit della sua vita nazionale, ora ha attraversato le pi tremende vicende; e se le ha superate,
stato perch da s sola, con le proprie intime forze, ha rimediato a tutti i guai ed a tutte le ingiustizie sofferte.
(Applausi).
Un nuovo centenario comincia. Voi comprendete il fervore dell'augurio di questo vecchio. Che cosa ci riserba
l'avvenire ? Che cosa ci riserba il mondo ? Io sono convinto - nel campo scientifico, non politico - (e non lo dico
ora; l'ho gi detto in scritti precedenti) che questa rivoluzione non - mi si permetta la espressione - una
rivoluzione di ordinaria amministrazione; non una semplice rivoluzione, per cui una Repubblica succeda ad
una monarchia od una monarchia succeda ad una Repubblica; non la formazione di uno Stato o la
separazione di uno Stato da un altro o il dissolvimento di uno Stato in una pluralit di Stati: insomma, non una
delle tante rivoluzioni, attraverso cui l'umanit progredita. No, qui un'era che succede ad un'altra; un tipo di
Stato che si sovrappone ad un altro. Fino ad oggi abbiamo innanzi agli occhi lo Stato nazionale, originato nel
secolo XVI, subito dopo il medio evo, sulla base della sovranit esclusiva, dei rapporti interni, dei rapporti
internazionali: abbiamo, dunque, una comunit di Stati senza che fra essi esista un vero e proprio
coordinamento giuridico. Ora, per effetto di questa tremenda rivoluzione che stiamo attraversando, questo tipo di
Stato va a tramontare; e vi si sostituir una forma di superstrato. Quale ? Non si fa l'indovino nella storia. Tante
incognite pendono: a crearlo sar la forza o sar l'accordo o sar qualche cosa tra l'uno e l'altra ? E sar esso in
un senso continentale o sar in un senso razziale ? Chi potrebbe dirlo ? Misteri della storia futura !
Di fronte a questo nuovo tipo di Stato che sorge l'Italia preparata a tutti i sacrifici, anche a quello della
orgogliosa affermazione della sovranit assoluta; ma - sia detto ben alto ! - ad una sola condizione: alla
condizione, cio, che questi limiti debbano valere pure per gli altri, per tutti gli altri. Ed allora, che sar di questo
nostro attaccamento a questo Paese nostro ? A me ha potuto bastare di amare l'Italia; forse a voi occorrer
un'altra forma di attaccamento. V' gi chi dice: Io mi sento europeo ; un altro: mi sento africano ; un altro:
mi sento asiatico ; un altro: mi sento slavo, anglosassone, germanico . Qualcuno arriva perfino a dire: mi
sento cittadino del mondo . Ma tutto ci prematuro.
Orbene, anche quando questi destini che oggi si annunciano si compiranno, il nuovo sentimento, che potr
nascere, non sopprimer l'antico; ed questo il lato, direi, mistico di questa evoluzione creatrice dell'umanit.
Della umanit la prima cellula fu la famiglia; ma lo sviluppo dell'evoluzione, che ha ridotto la famiglia ad una
cellula contenuta in una forma associativa, quale lo Stato, tanto pi diffusa, tanto pi complessa,
incomparabilmente pi estesa, ha forse soppresso l'attaccamento alla famiglia ? Si pu dire che il sentimento,
l'affetto come padre o come fratello sia oggi minore di quello che sentivano gli antichi romani, che mandavano a
morte i loro figli e ne traevano anche vanto ? Allorch la famiglia si estese e si complic in forma di comunione,
di villaggio, l'attaccamento ad essa forse venne meno ? E quando si arriv alla citt, si attenu questo
sentimento? E quando lo sviluppo dello Stato feudale, riunendo in un tutto campagne e citt, cre la terra che
ora si chiama regione, forse quell'attaccamento nostro si spense ? Ed, oggi, il mio attaccamento per la Sicilia si
frappone, forse, a quello per l'Italia, o non piuttosto lo ingigantisce ? Questo ho voluto dire, perch, quali che
siano gli eventi futuri, l'amore e la devozione verso la Madre di ogni vita, questa antica, gloriosa, veneranda
Italia, questi sentimenti non verranno mai meno; e dagli stessi contrasti potranno, anzi, esser resi pi intensi.
Onde, se io, vecchio, posso morire col nome di Italia sulle labbra, voi, giovani, - ce ne siete qui tanti - potrete, un
giorno, avvertire altri sentimenti di adesione, di attaccamento, di amore per una qualche assai pi ampia forma
di vita statale; ma anche allora, voi vi sentirete italiani, come questo vecchio, anche allora amerete questa Madre
comune, e sarete appassionatamente, fieramente italiani. Ed in questo pensiero che io concludo, rivolgendo

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un appello, che, al di sopra dei dissensi e dei conflitti quotidiani, tutti ci congiunga in un sentimento ed in un
nome: Viva l'Italia! Dio salvi l'Italia! (Vivissimi, generali, prolungati applausi).
Approvazione del processo verbale della seduta.
PRESIDENTE. A conclusione di questa seduta, che ha avuto contenuto e significato del tutto particolari, diamo
immediatamente lettura, per la sua approvazione, del relativo processo verbale.
MATTEI TERESA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta.
ZAGARI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolt.
ZAGARI. Poich, per ragioni indipendenti dalla mia volont, non ho potuto partecipare alla votazione finale della
Costituzione, dichiaro che, se fossi stato presente, avrei votato a favore.
(Il processo verbale approvato - Vivissimi, prolungati applausi).

6. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO


VISTA la deliberazione dell'Assemblea Costituente, che nella seduta del 22 dicembre 1947 ha approvato la
Costituzione della Repubblica Italiana ;
VISTA la XVIII disposizione finale della Costituzione;
PROMULGA la Costituzione della Repubblica Italiana nel seguente testo:
PRINCIPI FONDAMENTALI
ART. 1.
L'Italia una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranit appartiene al popolo, che a esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
ART. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalit, e richiede l'adempmento dei doveri inderogabili di solidariet politica,
economica e sociale.
ART. 3.
i i cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libert
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti
i lavoratori all'orga-nizzazione politica, economica e sociale del Paese.
ART. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto.

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Ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilit e la propria scelta, un'attivit o una funzione
che concorra al progresso materiale o spirituale della societ.
ART. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono
dallo Stato il pi ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle
esigenze dell'autonomia e del decentramento.
ART. 6.
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.
ART. 7.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non
richiedono procedimento di revisione costituzionale.
ART. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non
contrastino' con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
ART. 9.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica o tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
ART. 10.
L'ordinamento giuridico italiano si con-forma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge in conformit delle norme e dei trattati
internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle liberta democratiche garantite dalla
Costituzione italiana, ha diritto d'asilo noi territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalia legge.
Non ammessa l'estradizione dello stra-niero per reali politici.
ART. 11.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert degli altri popoli e come mezzo di risoluzione dello
controversie in-ternazionali; consento, in condizioni di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
ART. 12.
La bandiera della Repubblica il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali
dimensioni.

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