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LA POCO NOTA QUESTIONE EUROPEA NELLA PROPOSTA DI RIFORMA

COSTITUZIONALE
L’OSPITE INATTESO

Nella nuova costituzione1, art. 55, c’è scritto che il parlamento, in particolare il senato, ha tra gli scopi fondamentali:

“Partecipare alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione
Europea e […] verificare l’impatto delle politiche dell’Unione Europea sui territori.”

Segue più avanti l’Art. 70:

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per la legge che stabilisce le norme generali, le
forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche
dell’Unione europea”

ora, va considerato il peso di questi enunciati tenendo presente che si trovano nella parte della costituzione che
definisce LA STRUTTURA DEL PARLAMENTO. L’Art. 55, in particolare, è il primo articolo della prima sezione del primo
TITOLO della parte che definisce L’ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA.
Insomma, robetta.

A prima vista sembrerebbe che questo articolo spieghi semplicemente quali saranno le decisioni alle quali dovrà
partecipare anche il senato, al contrario di quelle per le quali avrà principale competenza la camera. Una ripartizione
di compiti.
Resta il fatto che, sia pure in via indiretta, la nostra costituzione prevedrà esplicitamente che tra le funzioni
principali del parlamento ci sia quella di stabilire forme e termini per attuare le politiche della U.E. senza, però,
lasciare spazio a eventuali correzioni di rotta o senza prevedere di poterne mettere in discussione l’opportunità e la
bontà.

IL RESTO E’ MANCIA

Certo le politiche della U.E. da attuare per costituzione sarebbero solo quelle relative ai trattati già precedentemente
in vigore, cioè in sostanza le decisioni più importanti in materia di bilancio e politiche economiche, con importanti
ricadute su fisco, spesa pubblica, occupazione, investimenti futuri su ricerca e istruzione, spesa sanitaria, sussidi e
sostegno ai redditi, pensioni, politica energetica, welfare, politiche sociali e familiari, regolamentazione del mercato
del lavoro, ecc.). I risvolti economici di queste decisioni o riforme passano sotto l’osservazione di Bruxelles, che
può bocciare l’operato del governo e intervenire a colpo sicuro. Su tutto il resto possiamo dormire sonni tranquilli.

In realtà questo “partecipare alla formazione…” che si legge è un puro anelito irrealizzabile considerando che il
parlamento italiano, come è noto, non può in alcun modo partecipare direttamente alle decisioni della commissione
europea, (che anzi è stata progettata per avere poteri autonomi2 addirittura rispetto al parlamento europeo). Un po’
come dire: sei libero di scegliere che tempo fa domani e, se piove, di prendere l’ombrello.
Ci sarebbe da chiedersi perché sia stato inserito questo passaggio quantomeno ”curioso”, in tempi in cui si parla di
populismo con estrema facilità… (ma questa è un’altra storia.)

I VINCOLI EUROPEI SONO GIA’ IN COSTITUZIONE! QUINDI NON CAMBIA NULLA?! 3

Saremmo degli ingenui se ignorassimo che le cose stanno già precisamente in questi termini rispetto all’attuazione
delle direttive che arrivano da Bruxelles, ed il dibattito quotidiano fatto di polemiche tra istituzioni europee e stati
nazionali lo testimonia. Infatti un elevatissimo numero di leggi (forse la maggioranza) che discute oggi il parlamento
sono recepimenti di decisioni già prese in sede europea.

1
Testo integrale della nuova costituzione confrontato con il previgente: https://goo.gl/DLcn2p
2
G. Guarino (giurista – La Sapienza, ex ministro delle finanze) https://goo.gl/qmuszD
3
Autorevoli esponenti della campagna per il SI’, liquidano il tema spiegando che l’unica modifica è un cambio lessicale di tipo
formale all’Art. 117. Evidentemente le cose non stanno esattamente così: https://goo.gl/YjGSDl
Altra cosa, però, è costituzionalizzare lo status quo, rendendo di fatto blindato il vincolo di piena adesione
dell’Italia alle politiche europee senza se e senza ma: parola di costituzione italiana.
Qualcuno potrà osservare che già la nostra costituzione prevede, sia pur in maniera più generica, il rispetto dei
vincoli relativamente a trattati europei ed internazionali, grazie alla modifica dell’art. 117 avvenuta nel 2001.

Questo è vero, ma in realtà le modifiche proposte avranno un effetto molto diverso e di maggior portata, su cui
invito a riflettere:

1) Il nuovo enunciato contenuto nell’Art. 55 e nell’Art. 70, sommato ad almeno altre due aggiunte dello stesso
tenore all’Art. 80 e 87, evidenziano l’intenzione di ribadire fortemente l’adesione dell’Italia alle politiche
U.E., scritta in ben quattro articoli a rimarcarne il valore.

2) Visto il numero ed il peso dei nuovi articoli, anche la corte costituzionale avrà molta difficoltà a mettere in
discussione la legittimità delle politiche economiche europee se dovessero risultare in conflitto con gli altri
diritti fondamentali previsti dalla costituzione (piena occupazione, dignità, salute4). L’ipotesi potrebbe anche
non essere poi così remota, se si pensa ai risvolti sociali che ha assunto negli anni la discutibile gestione
europea della crisi greca. Anche la corte costituzionale tedesca, ad esempio, è intervenuta più volte in
passato, per passare al vaglio dei principi costituzionali gli accordi presi in sede europea5.

3) L’art 117 pone in realtà il riferimento ai vincoli europei come contorno di un discorso sulla ripartizione dei
poteri fra lo Stato e gli enti territoriali, all’interno del “famoso” TITOLO V; con le modifiche proposte, invece,
l’attuazione delle politiche U.E. verrà inserita direttamente nella sezione che spiega le finalità principali del
parlamento, al quale potrebbe essere contestato di non adempiere alla sua “mission” costituzionale se
metterà in discussione l’attuazione di tali politiche.

4) L’attuale art. 117 fa sì riferimento ai vincoli comunitari, ma relativamente “all’ordinamento europeo e agli
obblighi (trattati)” che lo definiscono, quindi sarebbe in realtà vanificato da una semplice ridiscussione dei
trattati stessi, che infatti prevedono delle possibilità di recesso. Nella nuova costituzione, invece, l’adesione
alle politiche U.E. è prevista senza riferimento ai trattati.

5) E’ curioso osservare che in effetti l’Art. 50 del trattato di Lisbona (un testo molto discutibile ma purtroppo
poco conosciuto) prevede la possibilità di recesso dal trattato, ma a patto, si legge, che sia “in conformità
con le norme costituzionali”6 del paese membro. Ecco quindi che le modifiche apportante alla costituzione
potrebbero precludere tale possibilità. L’ipotesi di recesso è certamente lontana dall’orizzonte politico, ma
sarebbe comunque un possibile strumento di negoziazione, per quanto estremo, con i partner europei, di cui
ci potremmo privare distrattamente. Questo effetto assai poco considerato, potrebbe spiegare
effettivamente l’insistenza della governance europea nel consigliare agli stati di aggiornare la costituzione.
La Venice Commission, un’istituzione europea poco nota e non eletta che ha il delicato compito di guidare e
consigliare gli stati nei processi di riforma costituzionale, scrive nel 2009 nel suo REPORT ON COSTITUTIONAL
AMENDMENT7:

“Quando sostanziali modifiche informali alla costituzione si siano sviluppate, queste preferibilmente
dovrebbero essere confermate da successive modifiche formali…” (punto 246).

Mentre i padri costituenti consideravano la carta fondamentale come l’insieme dei principi/obiettivi a cui
tendere per realizzare a pieno la democrazia, l’approccio europeo è quantomeno originale, dato che la
costituzione non sembra qui intesa tanto come un quadro giuridico fondante a garanzia dei cittadini, al di
sopra delle altre leggi, ma un qualcosa che può essere disatteso o modificato nella pratica per poi essere
adattato allo status quo a posteriori; e questo sembra valere perfino nel caso dei diritti fondamentali
garantiti dalla Repubblica. Aggiunge infatti la Venice Commission:

4
La divergenza politica tra l’orientamento dei padri costituenti e l’imprinting liberista dei trattati: https://goo.gl/xZPGT6
5
Sentenza corte costituzionale tedesca sulla ratifica del trattato di Lisbona: https://goo.gl/cviuxi
6
Clausola di recesso nel Trattato di Lisbona: https://goo.gl/OKXl5e
7
VENICE COMMISSION: Report on costitutional amendment: https://goo.gl/VX19y8
“Se non vi sono disposizioni speciali sulla inemendabilità, di solito può essere arguito che tutte le parti della
Costituzione sono soggetti a possibili modifiche. Dovrebbe essere possibile discutere e modificare non
soltanto le disposizioni costituzionali sul governo (cioè gli assetti istituzionali), ma anche disposizioni in
materia di diritti fondamentali e tutte le altre parti della Costituzione (punto 248). Principi e disposizioni di
inemendabilità dovrebbero essere interpretati e applicati in modo restrittivo (punto 250).

Insomma, che piaccia o no, la riforma rappresenta certamente un deciso passo verso l’inserimento in costituzione
dell’adesione piena e decisa dell’Italia alle politiche U.E. Si consigliano in nota, se si vuole approfondire il tema, dei
pareri piuttosto interessanti. 8

UN INCIDENTE DI PERCORSO?

Si potrebbe anche pensare che i promotori della riforma, dando al senato la competenza in materia di raccordo tra
Europa e territori, abbiano risolto la questione in maniera un po’ troppo sbrigativa, sottovalutando la serietà di
inserire il vincolo europeo nella costituzione, perlopiù in modo così significativo.

In verità fu lo stesso premier Renzi a spiegare chiaramente, in occasione della presentazione del provvedimento in
parlamento, che il primo motivo della riforma è9:

“lo spostamento del baricentro decisionale connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione
europeo ed, in particolare, l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance
economica europea [… ] e alle relative stringenti regole di bilancio ”

Difficile credere che l’effetto delle aggiunte di cui sopra sia solo un caso. Forse non tutti ricordano che furono
proprio le istituzioni europee a chiedere direttamente all’Italia delle modifiche costituzionali, (che portarono già, tra
l’altro, all’inserimento del FISCAL COMPACT all’Art. 81 della costituzione) al fine di rendere più “stringenti le regole
di bilancio”. Si trattava, in quel caso, della lettera segreta10 della BCE al governo italiano (poi resa pubblica) che,
curiosamente, utilizzava letteralmente le stesse parole del premier Renzi: una coincidenza che ha dell’incredibile!11

Del resto anche alcuni commentatori vicini alle posizioni del comitato per il sì al REFERENDUM riconoscono con
orgoglio che la riforma è un tentativo di “costituzionalizzare l’appartenenza dell’Italia alla U.E”.12
La questione, infatti, è ben nota al legislatore, tanto che la CAMERA ha predisposto una pagina apposita del proprio
sito istituzionale per monitorare il grado di avanzamento della progressiva “costituzionalizzazione” della U.E. e delle
sue politiche all’interno delle varie costituzioni degli stati membri.13
Insomma: niente di nuovo, niente di segreto, niente di sorprendente. Eccetto che quasi nessuno ne discuta.

PER STARE IN EUROPA NON C’E’ ALTRO DA FARE…

Qualcuno può pensare che la riforma si muova nell’unica direzione possibile: per aderire in maniera organica e
strutturata ad un organismo sovranazionale è necessario scriverlo in costituzione, giacché dato che l’Europa si trova
per definizione ad un livello decisionale superiore è ovvio che aderendo ai trattati va prevista l’attuazione delle
politiche europee senza batter ciglio.
Tuttavia questa è una semplificazione errata. Intanto va detto che molti stati membri si sono limitati a considerare
in costituzione la sola possibilità generale di aderire ad organizzazioni internazionali o all’Unione Europea, lasciando
poi ogni valenza cogente ai soli trattati, e ciò è bastato per aderire all’unione (Belgio, Svezia, Rep.Ceca, Slovenia e
altri).
Dando uno sguardo poi ai paesi più significativi13, la Germania ha fatto propria una cultura di vaglio costituzionale
preliminare a molte decisioni Europee, subordinando infatti l’adesione all’Unione al rispetto dei “principi di

8
P. Savona (ex direttore Banca d’Italia e Ministro dell’Industria): https://goo.gl/07vzQE; M. D’Antoni (università di Siena) e L.
Barra (magistrato ex presid. Consiglio di Stato): https://goo.gl/Rwu48n; V. Giacché (PdCI, Comitato NO): https://goo.gl/pivT9i
9
Intervento del premier Renzi in occasione della presentazione della riforma al senato: https://goo.gl/B474dE
10
La BCE chiarì che la lettera sulle riforme chieste in cambio del rifinanziamento del debito doveva restare segreta:
https://goo.gl/IVcGg6
11
Il testo della lettera della BCE e la richiesta di adeguamento della costituzione: https://goo.gl/sAjHR5
12
Vedi D’Alfonso (Direz. PD Bologna): https://goo.gl/7emWXV. Secondo Fabbrini (SOLE24ORE) non sono tanto i trattati a dover
essere compatibili con la costituzione, ma quest’ultima va adattata per permetterci di restare nei trattati: https://goo.gl/iQttXE
13
L’inserimento dell’adesione ai vincoli europei nelle costituzioni dal sito della Camera dei Deputati: https://goo.gl/5vT99F
democrazia e di [..] tutela dei diritti fondamentali paragonabile a quella della Costituzione”14. Una clausola analoga
è presente anche nella costituzione svedese.
Per quanto riguarda la Francia, esiste una “limitazione procedurale al prevalere dei Trattati comunitari allo scopo di
non privare una volta per tutte il Parlamento francese del controllo delle diverse tappe dell'integrazione
comunitaria”, che obbliga a operare di volta in volta modifiche costituzionali che “si riferiscono unicamente ai
trasferimenti di competenze in esse puntualmente indicati”.

La costituzione spagnola prevede la possibilità di verificare se un trattato contenga disposizioni contrastanti con la
costituzione stessa, specificando che in tal caso occorre, ovviamente, una modifica costituzionale.

Insomma: non è indispensabile (ma pur comprensibile) che la costituzione preveda una generale clausola di
prevalenza del diritto comunitario. I paesi che hanno inserito in costituzione delle disposizioni paragonabili a quelle
che adotteremmo con la riforma, senza esplicitare altre limitazioni, sono una netta minoranza, tra i quali nessuno dei
paesi fondatori. Si veda la in nota l’apposito progetto della Camera dei deputati per approfondire13.

MESSI COME SIAMO MESSI, MEGLIO CHE CI GOVERNI “L’EUROPA”

Esiste anche una diffusa convinzione che ogni cessione di sovranità verso l’Europa non possa che farci bene, perché
servirebbe a superare le difficoltà dell’Italia, poco capace di autogovernarsi per via di problemi noti, quali il
provincialismo, il populismo, la corruzione, il clientelarismo, la criminalità, gli interessi di parte, ecc…15
A questo proposito, invito a riflettere sul fatto che qualsiasi potere può essere portatore di interessi, più o meno
evidenti, che solo una chiara ed efficiente cultura democratica può permettere di circoscrivere e dirottare verso il
bene comune. I costituenti lo avevano ben in mente, e per questo hanno studiato diversi sistemi per ancorare le
istituzioni politiche ai cittadini ed evitare derive elitarie ed autoreferenziali.

Purtroppo “l’Europa” non garantisce affatto molti di questi pesi e contrappesi. Non esiste alcuna costituzione
europea, che, al pari di quella italiana, possa difendere le parti deboli della cittadinanza. Il trattato di Lisbona, ciò che
più ci si potrebbe avvicinare, è di difficile comprensione, scritto per correzioni successive di altri documenti
previgenti e, soprattutto, mette al centro dei valori tutelati la stabilità dei mercati finanziari e la concorrenza.16 La
Venice Commission, istituzione europea designata a lavorare sui valori delle leggi costituzionali, sembra averne una
concezione piuttosto preoccupante, come già accennato7.

“L’Europa” non prevede una efficace separazione dei poteri, dando di fatto alla Commissione Europea sia poteri
esecutivi che legislativi17. La Commissione, che non viene eletta, gestisce quindi un potere molto maggiore dei
governi nazionali e risponde, ad un controllo democratico scarsamente efficace, attraverso il parlamento europeo,
che è un organo che nasce prevalentemente consultivo e non può togliere la fiducia alla Commissione con la
maggioranza semplice ma deve ottenere una maggioranza dei 2/318. Ciononostante la Commissione gestisce
centinaia di sottocommissioni e migliaia di funzionari.

In “Europa” c’è un controllo ancor più difficile delle azioni delle lobby, un aspetto che infatti spesso ha suscitato
perplessità (in nota per approfondire)19. A tal proposito non è rassicurante sapere che l’attuale presidente Junker, a
capo del governo in Lussemburgo durante il più grande scandalo di facilitazioni fiscali segrete da parte di un
importante stato europeo alle aziende multinazionali20, presentò nel 1999 il tipico metodo di decisione europeo con
queste parole:

14
La corte costituzionale tedesca mise delle riserve al fondo salvastati evidenziando che gli organi dell’Unione non “non
raggiungono il livello di legittimazione democratica necessario”: https://goo.gl/dHTLa0
15
Curzio Maltese festeggia sull’Espresso per la tecnocrazia che subentra alla politica democratica: https://goo.gl/nsMNTF
16
Vedi S. George, presidente del Transnational Institute di Amsterdam: https://goo.gl/1K2bDb
17
I poteri della commissione sul sito istituzionale: https://goo.gl/WZ6EKm
18
V. regolamento parlamento europeo: https://goo.gl/1ouGYn
19
Vedi due inchieste datate ma interessanti, di REPORT-RAI3: https://goo.gl/y0rKVM; e del periodico VALORI:
https://goo.gl/gq62no
20
Scandalo Junker: https://goo.gl/rDZodu
"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca
proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti
passo dopo passo fino al punto di non ritorno" 21

Le perplessità riguardanti la Commissione sono state molteplici: dallo scandalo del 1999, che costrinse alle dimissioni
in blocco dell’intera commissione europea per episodi di malaffare22, al recentissimo scandalo dell’olandese Neelie
Kroes, che fu commissaria incaricata di vigilare che le imprese non violassero le regole fiscali mentre dirigeva
segretamente una società offshore in un paradiso fiscale.23

A margine si rifletta infine sul ruolo determinante che ha assunto la BCE, che nel decidere in autonomia se e quando
finanziare i debiti pubblici attaccati dalla speculazione finanziaria, detiene di fatto un potere di ricatto sui governi che
non ha pari fuori dall’Eurozona, come si è visto attraverso la lettera riservata del 2011; la quale lettera è poi
effettivamente stata un riferimento evidente per la strategia politica italiana dei mesi ed anni a seguire, dal Job Act
alla riforma pensioni, al fiscal compact alle modifiche costituzionali. In questo senso si intende la dichiarazione di
Draghi del 2013, che non vede nessuna possibilità di cambiare l’agenda politica pur cambiando il governo:

“L’Italia prosegue con le riforme, c’è il pilota automatico” 24.

Le riforme chieste allora da Draghi non ebbero però l’effetto voluto sui mercati, i quali si tranquillizzarono solo dopo
la rassicurazione della stessa BCE sull’emissione monetaria a difesa dei titoli di stato, come chiarì poi D’Attore,
membro della maggioranza di governo fino al 201525. Perché la BCE aspettò il varo delle riforme per calmare la crisi
degli spread? Questi dubbi portarono dei commentatori a definire l’EURO, un “metodo di governo”26. Ma questa è
un’altra storia ancora (o forse no?).

RIASSUMENDO

La riforma della costituzione che voteremo con il referendum porterà ad un deciso passo avanti nella
costituzionalizzazione dell’adesione dell’Italia alla U.E.; un passo annunciato dal Governo, chiesto dalle istituzioni
europee, riconosciuto con entusiasmo da qualche sostenitore del SI’. Ma poco discusso.

Gli estensori della riforma, nell’immaginare il Senato come una “camera europea” sul modello di altre nazioni, non si
sono limitati a prevedere un coinvolgimento generale di entrambe le camere sulle questioni europee e sulle leggi
comunitarie, ma hanno voluto esplicitare il vincolo del parlamento all’attuazione delle “politiche dell’Unione”,
(sottolineando l’impegno già discendente dai trattati) e nel farlo, a differenza di altri importanti paesi dell’U.E.,
hanno deciso di non specificare controlimiti né precisare le finalità e le condizioni affinché tale cessione di sovranità
sia coerente con i valori costituzionali.

La leadership Europea, per contro, non sembra offrire oggi sufficienti garanzie democratiche, per sua stessa struttura
e natura, atte a garantire i principi base garantiti oggi dalla nostra costituzione, e sembra, purtroppo o per fortuna in
base ai punti di vista, ancora ben lontana dal giungere alla fondazione di uno stato europeo democratico e realmente
rappresentativo27. Anzi, spesso le istituzioni dell’Unione hanno dato l’impressione di rispondere a lobby e potentati
economici da un lato, e alla pressione degli Stati più forti dall’altro.
Questa ambigua linea di politica europea ha portato, tra le altre cose, all’austerità ed alla catastrofica gestione della
crisi economica nei paesi periferici dell’Eurozona.

Con la nuova costituzione, ci troveremmo in grande difficoltà nel caso in cui l’Italia volesse intervenire con
determinazione nello spingere l’Europa a cambiare rotta attraverso la definizione di una politica economica
radicalmente diversa. Il tema è di grande attualità se si pensa ai recenti scontri fra il Governo e la Commissione per
definire un DEFICIT di bilancio in minimo disavanzo (ancora molto lontano da una politica espansiva decisiva e di
crescita). Si potrebbe addirittura portare sul terreno dello “scontro” la stessa Corte Costituzionale italiana!

21
Dall’intervista sullo Spiegel, purtroppo solo in tedesco: https://goo.gl/ovGBIu
22
La commissione Santer fu costretta alle dimissioni per uno scandalo di corruzione: https://goo.gl/zPedqU
23
Per approfondire: https://goo.gl/2BNYU9
24
Draghi pensa che le riforme siano dettate dal bisogno di abbassare lo spread: https://goo.gl/P1mtEK
25
D’Attorre fa un mea culpa per le riforme volute “dall’Europa”: https://goo.gl/oxM2hM
26
Bagnai (università LUISS, uiversità d’Annunzio - Pescara): https://goo.gl/Qs6Hy7
27
Perché non faremo mai gli Stati Uniti d’Europa, J. Sapir (direttore Centro Studi Scienze Sociali – Parigi): https://goo.gl/H6bpBB
IN CONLUSIONE

Spero che con questo breve intervento, che non ha scopi elettorali ma solo divulgativi, si possa aver aiutato i lettori e
gli elettori a riflettere sulle possibili implicazioni future del voto referendario, e valutare con occhio critico e attento,
insieme alle ragioni valide del sì e del no, anche il peso della questione europea e del suo inserimento nella
costituzione italiana. Invito caldamente chi ha seguito fino qui a non basarsi tanto sulle mie opinioni ma ad
approfondire le fonti citate. Buon Referendum!

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