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INTRODUZIONE

Le ammalianti promesse della teoria costituzionale europea

Secondo una rappresentazione assai diffusa nella dottrina


politologica e nella dottrina costituzionalistica, l’Europa, pur
avendo abbandonato abbastanza presto le suggestioni rivolu-
zionarie del federalismo europeo e pur non avendo mai optato
per l’adozione di un’autentica costituzione normativa, si sarebbe
progressivamente dotata di un quadro istituzionale sovranazio-
nale che, per lo meno, in una certa misura attua in conformità
con i valori fondamentali della linea politica federalista e con i
valori fondamentali del costituzionalismo liberale1: attraverso il

1
È quanto sostiene J. H. H. WEILER, Federalismo e costituzionalismo: il
Sonderweg europeo, in J. H. H. WEILER, La Costituzione dell’Europa, Bolo-
gna, il Mulino, 2003, 511 – 535, a proposito del sistema dell’Unione europea.
Più precisamente, secondo quanto scrive l’illustre accademico, «Per quanto
superficialmente – e, secondo alcuni, in modo alquanto ottimistico – si possa
paragonare la Commissione ad un governo federale, il Consiglio ad una sorta
di Senato degli Stati e il Parlamento ad una Camera dei rappresentanti popolari,
la realtà di un’Europa essenzialmente intergovernativa è ancora saldamente in
piedi. Per usare un linguaggio ormai arcaico di descrizione delle tipologie di
Stati, da un punto di vista istituzionale, l’Europa è molto più simile ad una
confederazione che ad una federazione. Gli assetti costituzionali hanno invece
attirato molta attenzione comparativa a causa della loro apparente convergenza
con l’esperienza dello Stato federale. Tradizionalmente le federazioni assegna-
no certe potestà alle istituzioni federali e le norme che vengono emanate nell’e-
sercizio di tali poteri diventano legge suprema dello Stato, nel senso che sono
diritto applicabile senza alcuna intermediazione dei governi locali e che in caso
di contrasto con altre norme prevalgono su di esse. […] Come risultato della
combinazione di disposizioni esplicite del trattato […] con le interpretazioni
della Corte di giustizia europea, si è formato un insieme di norme costituzionali
che disciplinano il rapporto tra l’Unione e i suoi Stati membri (o l’inverso),
in maniera molto simile ad analoghi insiemi di norme in vigore nella maggior
parte degli Stati federali. […] Per esprimersi in termini diversi, la disciplina
costituzionale che l’Europa richiede ai suoi attori costituzionali […] è perlopiù
2 INTRODUZIONE

prezioso lavoro diplomatico di queste innovative istituzioni (in


primis quelle dell’Unione europea, ma, almeno a partire da un
certo momento storico, anche quelle del Consiglio d’Europa) il
vecchio continente sarebbe riuscito a trovare un «Sonderweg»
(letteralmente una “via speciale”) in cui trova piena realizzazio-
ne sia l’obiettivo (tipico della concezione costituzionale che si
sviluppa in seguito alle grandi rivoluzioni liberali) di controlla-
re il potere politico, sia l’obiettivo (tipicamente federalista e, in
pratica, mai compiutamente raggiunto dagli stati federali) di far
convivere la creazione di un centro decisionale “quasi – federa-
le” con la persistente autonomia degli stati nazionali2.
A giudizio dei sostenitori di questa lettura eurottimista, la
fortunatissima formula istituzionale europea, lungi dall’esaurire
i suoi vantaggi nella capacità di garantire le diversità nazionali,
avrebbe una serie di ulteriori importantissimi effetti benefici.
Innanzitutto, a questo proposito generalmente si rileva come
la scelta di sacrificare i rigidi schemi del federalismo spinelliano
in favore del pragmatismo funzionalistico monnetiano abbia cre-
ato una situazione per la quale si è finalmente riusciti nell’impresa
di neutralizzare il principio di sovranità3: preso atto delle difficol-
tà registrate nei primi tentativi di unificazione federale, l’Euro-
pa avrebbe realizzato un sistema di costituzione materiale (cioè
non scritta e non formalizzata, ma comunque ispirata dai principi
basilari del costituzionalismo liberale) in cui, diversamente da

indistinguibile da quella che è in vigore negli Stati federali maturi. Ma rimane


comunque un’enorme differenza: […] Detto in modo molto semplice, l’archi-
tettura costituzionale europea non è mai stata convalidata da un procedimento
di adozione costituzionale da parte di un demos europeo e, dunque, da un pun-
to di vista di principi politico-normativi e di osservazione empirica sociale, la
disciplina costituzionale europea non gode dello stesso tipo di autorità che si
può invece ritrovare negli Stati federali dove il federalismo è fondato su un
ordinamento costituzionale tipico. Si tratta di una costituzione senza alcuni dei
requisiti classici del costituzionalismo». È appena il caso di rilevare che molte
delle considerazioni in questione possono essere estese anche alle istituzioni
che compongono il Consiglio d’Europa e, in particolare, alla Corte europea dei
diritti dell’uomo.
2
L’idea di «Sonderweg» è prospettata da J. H. H. WEILER, op. cit., e sta ad in-
dicare l’ibridazione tra federalismo giuridico e confederalismo politico.
3
Per una rassegna delle posizioni politiche europee del secondo dopoguer-
ra che vada nella direzione riportata vedi C. MALANDRINO, Sovranità nazionale
e pensiero critico federalista. Dall’Europa degli Stati all’Unione Federale pos-
sibile, in Quad. fior., 2002, 31, 169 – 244.
LE AMMALIANTI PROMESSE DELLA TEORIA COSTITUZIONALE EUROPEA 3

quanto accade nei modelli teorici dello ius publicum europaeum,


nessuno può vantare un potere assoluto perché il potere deci-
sionale delle istituzioni sovranazionali e quello delle istituzioni
statali sarebbero vicendevolmente limitati e le soluzioni dei pos-
sibili conflitti interistituzionali non sarebbero aprioristicamente
predeterminate4. La principale virtù di un’organizzazione che de-
struttura la sovranità risiederebbe allora nel fatto che la necessità
di assicurare l’unità di un quadro intrinsecamente policentrico
ha spinto l’Europa ad adottare un codice comportamentale es-
senzialmente basato sul dialogo tra i vari attori istituzionali e su
un’affermazione forte del valore fondamentale della “tolleranza
costituzionale5”: sostanzialmente prive della forza per imporre il
loro punto di vista in maniera unilaterale6, le istituzioni coinvolte
avrebbero fatto leva sulla responsabilizzazione dei vari interpreti
e sulla moral suasion al fine di garantire il corretto andamento di
un sistema che, senza rinunciare (almeno ordinariamente7) a fun-
zionare in maniera unitaria, aspira a garantire la pluralità di livel-
li ordinamentali e la convivenza di entità tra loro non riducibili8.

4
A questo proposito vedi anche l’idea di multilevel constitution, formulata
in I. PERNICE, Multilevel constitutionalism and the Treaty of Amsterdam: euro-
pean Constitution-making revisited?, in Com. Mark. Law Rev., 1999, 4, 703 -
750 e sviluppata dapprima in ID., Multilevel constitutionalism in the European
Union, in Eur. law rev., 2002, 5, 511 - 529 e più recentemente in ID., The Treaty
of Lisbon: multilevel constitutionalism in action, in Col. Journ. Eur. Law., 2009,
3, 349 - 408.
5
È questa l’espressione che utilizza J. H. H. WEILER, op. cit. per esprimere
quello che a suo giudizio è l’autentico “metaprincipio” dell’integrazione euro-
pea.
6
L’espressione è ancora di J. H. H. WEILER, op. cit..
7
Per un’analisi dei casi in cui si sono verificate ipotesi di rottura dell’unità
dell’ordine giuridico europeo sia consentito il rinvio a F. VECCHIO, Primato del
diritto europeo e controlimiti come tecniche di relazione tra gli ordinamenti, in
Med. Journ. Hum. Rights, 2012, 16, 317 - 356.
8
Secondo i sostenitori dell’orientamento dogmatico in questione, l’aspirazione
ad un pluralismo che non mette in discussione l’unitarietà del sistema emergerebbe
già dai primissimi testi normativi. Alla stessa maniera si sottolinea come la dimen-
sione processuale del costituzionalismo europeo sia intrinseca. Infatti, sia l’idea di
un’Europa “unita nella diversità”, sia l’idea del cammino verso un’“unione sem-
pre più stretta tra i popoli europei” sono già presenti nel preambolo del Trattato di
Roma. Con una metafora assai efficace M. CARTABIA, “Unità nella diversità”: il
rapporto tra la costituzione europea e le costituzioni nazionali, in www.giustamm.
it, descrive questa aspirazione mutuando l’immagine della pluralità delle placche
tettoniche che non smentisce l’unità della crosta terreste.
4 INTRODUZIONE

A giudizio di quanti difendono le atipicità dei processi di in-


tegrazione, poi, da questa opera di decostruzione della sovranità
deriverebbero a caduta una serie di ulteriori conseguenze positive9.
In primo luogo, l’abbandono della concezione westfaliana del di-
ritto pubblico avrebbe creato le condizioni per un definitivo rove-
sciamento del paradigma organicista e, in piena linea con l’avanzata
dell’«età dei diritti10» e delle concezioni materiali della democra-
zia, avrebbe in vario modo facilitato l’affermazione di impostazioni
costituzionali più attente alle istanze soggettive: per un verso, scar-
dinando l’idea di sovranità, le dinamiche dell’integrazione europea
avrebbero dato un contributo determinante affinché, all’interno dei
singoli sistemi nazionali, l’esistenza di un potere pubblico non inter-
ferisse con la possibilità di una completa estrinsecazione della per-
sonalità dei consociati; per un altro verso, in sostanziale consonanza
con le costituzioni normative del secondo dopoguerra, esse hanno
aiutato l’affermazione concreta delle concezioni contrattualistiche
del diritto costituzionale e delle concezioni funzionali del potere
pubblico11.
In secondo luogo, oltre ad esprimere una più genuina estrinse-
cazione dell’idea di laicità delle istituzioni12, anche in ambito nazio-
nale la destrutturazione della sovranità produrrebbe il superamento
del monismo costituzionale, in favore di un’impostazione pluralista
considerata per definizione più tollerante: soltanto letture pluraliste
dei testi costituzionali nazionali possono permettere l’accettazione
di principi e regole che provengono da ordini giuridici differenti.

9
Per un giudizio critico sull’aspirazione al superamento della sovranità si
veda A. CANTARO, Europa sovrana: la Costituzione dell’Europa tra guerra e
diritti, Bari, Edizioni Dedalo, 2003.
10
N. BOBBIO, L’età dei diritti, Torino, Einaudi, 1990, sostiene l’idea per cui
a partire dalle rivoluzioni liberali della fine del settecento si sia sviluppata una
nuova fase della storia dei sistemi giuridici che, in linea con i valori del costi-
tuzionalismo liberale, è caratterizzata dalla centralità delle carte dei diritti a
discapito della centralità delle grandi codificazioni dei doveri, caratteristiche
dell’età antica.
11
Sul punto vedi I. PERNICE – F. MAYER, La costituzione integrata
dell’Europa, in G. ZAGREBELSKY, Diritti e Costituzione nell’Unione Europea,
Bari, Laterza, 2003, 43 – 68, che contrappongono teorie contrattualistiche e
teorie naturalistiche del potere pubblico.
12
L’idea di una relazione tra le categorie dello ius publicum europaeum e la
dottrina della Chiesa cattolica è stata in passato variamente sviluppata. Su tutti
vedi C. SCHMITT, Cattolicesimo romano e forma politica, Bologna, il Mulino,
2010.
LE AMMALIANTI PROMESSE DELLA TEORIA COSTITUZIONALE EUROPEA 5

Inoltre, la necessità di non irrigidire il sistema decisionale


avrebbe incentivato l’utilizzo di strumenti flessibili di regolazio-
ne della convivenza civile e avrebbe favorito il passaggio dalle
tradizionali forme di government politico alle forme (ritenute
qualitativamente superiori perché svincolate dalle contingenze
della politica) della governance tecnocratica che, in virtù del-
la conoscenza del linguaggio tecnico parlato dai vari funzionari
europei e in virtù di una maggiore vocazione alla mediazione,
sarebbero più idonee a “dialogare” con le istituzioni sovrana-
zionali. In questo contesto, meritano una specifica menzione i
poteri giurisdizionali: sempre secondo l’orientamento dottrinario
riportato, i giudici di tutta Europa, approfittando delle peculiarità
del sistema europeo, avrebbero inaugurato una serrata e proficua
dialettica con le corti sovranazionali e, forti della legittimazione
tecnica offerta dal diritto, avrebbero dato vita ad una forma di
integrazione giuridica caratterizzata dalla tendenza ad innalzare
il livello di tutela dei diritti fondamentali13.
A ben vedere, malgrado l’indiscutibile forza delle sue ar-
gomentazioni e malgrado l’indubbio fascino che esercita sulla
dottrina, l’orizzonte dogmatico in questione non sembra riuscire
a fornire una dimostrazione teoricamente inequivocabile delle
‘virtù’ del modello istituzionale che propugna. Peraltro, a com-
pletamento della ricostruzione teorica appena riferita, gli orien-
tamenti dottrinari che si ispirano all’idea di Sonderweg, coeren-
temente con l’ottica pragmatica che li caratterizza, aggiungono
argomenti empirici dalla valenza indiscutibilmente forte. Così,
senza insistere più di tanto sui profili teorici, si è soliti sostenere
che, da quando il nuovo quadro istituzionale europeo ha archivia-
to le categorie tradizionali del diritto pubblico e ha abbracciato
la dimensione del pluralismo costituzionale, l’Europa ha vissuto
un’inedita stagione di stabilità politica, pace e prosperità14: desi-

13
L’importanza della comunanza del linguaggio giuridico per l’affermazione
del principio del primato del diritto comunitario è sottolineata da J. H. H. WEI-
LER, L’Europa «fin de siècle»: i vestiti nuovi hanno un imperatore?, in J. H. H.
WEILER, op. cit., 475 - 510.
14
In questo senso J. H. H. WEILER, Federalismo e costituzionalismo, cit., 535,
per la paura di una sclerotizzazione delle virtuose peculiarità dell’integrazione
comunitaria, si pronuncia contro l’adozione di una Costituzione per l’Europa.
Per una critica a questa impostazione vedi F. BALAGUER CALLEJÓN, Derecho con-
stitucional europeo, in F. BALAGUER CALLEJÓN (coord.) - M. BALAGUER CALLEJÓN
6 INTRODUZIONE

derando superare le pagine scure di una storia non sempre glo-


riosa, il vecchio continente avrebbe finalmente messo al bando
ogni tentazione di autoritarismo e avrebbe realizzato un modello
istituzionale che pare perfettamente capace di adeguarsi anche
alle circostanze più avverse. In particolare, è stato evidenziato
come l’approccio dialogico seguito dal nuovo pluralismo costitu-
zionale abbia finito con il favorire una progressiva convergenza
dei sistemi europei che, per la prima volta nella storia del con-
tinente, ha a sua volta prodotto un’integrazione senza strappi e
un’europeizzazione ‘morbida’. Alla stessa maniera, si segnala
che le nuove istituzioni europee si sono rivelate funzionali ad
una progressiva convergenza degli stati europei verso gli schemi
dello stato costituzionale15: l’esistenza di forme più o meno strut-
turate di cooperazione continentale (in primo luogo di coopera-
zione economica) ha spinto i paesi europei che progressivamente
si sono affacciati alla democrazia (dalla Spagna e dal Portogallo
alle nuove repubbliche dell’Europa orientale16) ad adottare stru-
menti idonei a limitare il potere pubblico per via costituziona-
le17. Insomma, secondo la logica per cui “squadra che vince non

- G. CAMARA VILLAR – J. LOPEZ AGUILLAR – J. MONTILLA MARTOS, Manual de


derecho constitucional. Vol. I, Madrid, Editorial Tecnos, 2009, 210 – 219, il
quale, pur rifacendosi allo stesso orizzonte dogmatico che ispira Weiler, prende
una netta posizione in favore di una piena costituzionalizzazione dell’Europa
e in favore del compimento di un’autentica organizzazione federale europea.
15
Sulla nozione di stato costituzionale vedi M. FIORAVANTI, Lo stato moder-
no in Europa, Bari, Laterza, 2001.
16
Sullo specifico tema delle transizioni costituzionali nei paesi dell’Europa
centro-orientale, tra i tanti, si rinvia a S. GAMBINO, Costituzionalismo europeo e
transizioni democratiche, Milano, Giuffrè, 2003; L. MEZZETTI, Le democrazie
incerte. Transizioni costituzionali e consolidamento della democrazia in Eu-
ropa orientale, Africa, America Latina, Asia, Torino, Giappichelli, 2001; G. DE
VERGOTTINI, Le transizioni costituzionali. Sviluppi e crisi del costituzionalismo
del XX secolo, Bologna, il Mulino, 1998; S. BARTOLE, Riforme costituzionali
nell’Europa centro-orientale: da satelliti comunisti a democrazie sovrane,
Bologna, il Mulino, 1993 e L. MONTANARI, Le nuove democrazie dell’Europa
centro-orientale, in P. CARROZZA - A. DI GIOVINE - G.F. FERRARI, Diritto costi-
tuzionale comparato, Bari, Laterza, 2009, 514 – 553.
17
In questo senso vedi P. HABERLE, I diritti fondamentali nelle società plu-
raliste e la Costituzione del pluralismo, in M. LUCIANI, La democrazia alla
fine del secolo. Diritti, eguaglianza, nazione, Europa, Bari, Laterza, 1995, 93
– 173. Secondo quanto viene generalmente sostenuto, la storia costituzionale
recente mostra in maniera inequivocabile come la seconda parte del ventesimo
secolo sia stata caratterizzata da una graduale, ma inarrestabile diffusione del
LE AMMALIANTI PROMESSE DELLA TEORIA COSTITUZIONALE EUROPEA 7

si cambia”, sarebbe lo stesso successo della filosofia che anima


l’integrazione europea ad offrire una prova inoppugnabile della
intrinseca bontà (per lo meno in riferimento al lungo periodo) di
questo atipico federalismo europeo.
Proprio in ragione del suo fondamento (essenzialmente) em-
pirico, però, la lettura proposta richiede un costante monitoraggio
del quadro complessivo di riferimento. Infatti, non ci sono ragio-
ni per non ritenere che, tenendo in considerazione l’incessante
mutare del contesto europeo (reso vorticoso proprio dall’adozio-
ne del modello in questione), possano emergere delle contraddi-
zioni che empiricamente mostrino l’inadeguatezza del modello
scelto. Una simile analisi è resa ancora più urgente in riferimento
ad un contesto in cui la crisi sta stravolgendo equilibri consoli-
dati e dati per immodificabili. Pertanto, con l’intento di offrire
un contributo alla riflessione sull’opportunità di perpetuare (non
gli assetti istituzionali contingenti, ma) le logiche che attualmen-
te governano le relazioni tra gli stati europei, il presente lavo-
ro cercherà di valutare gli effetti del dialogo tra le istituzioni in
occasione dell’adozione della nuova Costituzione ungherese del

modello dello stato costituzionale: preso atto del fallimento dei modelli liberali
che avevano caratterizzato le esperienze dell’ottocento e preso atto del perico-
lo dei modelli autoritari che avevano caratterizzato le esperienze della prima
metà del novecento, a partire dal secondo dopoguerra, sono i paesi del blocco
dell’Europa occidentale che per primi abbandonano l’idea dell’onnipotenza dei
parlamenti nazionali e, in nome di una visione non meramente formale della
democrazia, sposano la concezione di un potere pubblico costituzionalmente
limitato. A questo proposito, è stato sostenuto che, a prescindere dal momento
storico in cui si è verificata la transizione verso la democrazia e a prescindere
dalle specificità interne, praticamente tutti i paesi europei coinvolti nei processi
di democratizzazione della seconda metà del ventesimo secolo hanno finito con
l’adeguarsi al modello dello stato costituzionale: dopo il Portogallo e la Spagna,
sono stati gli ex satelliti dell’Unione Sovietica che, superando l’organicismo
delle passate esperienze totalitarie, hanno abbracciato l’idea di un potere pub-
blico contenuto per via costituzionale. Peraltro, occorre osservare che si tratta
di un processo che non si è esaurito con la diffusione della democrazia sul ter-
ritorio europeo, ma che ancora oggi continua a produrre i suoi effetti: soltanto
recentemente paesi di consolidata tradizione democratica come il Regno Unito
e l’Olanda stanno lentamente superando la loro refrattaria ostilità al sindacato
di costituzionalità. Alla stessa maniera, degno di nota è il recente caso della
riforma costituzionale francese con cui, nel 2009, superando una tradizionale
ostilità ai sistemi di constitutional review, anche il sistema transalpino ha aperto
le porte al controllo a posteriori di costituzionalità.
8 INTRODUZIONE

201118. In particolare, una volta preso atto del fatto che paiono
clamorosamente smentite alcune delle ammalianti promesse del
neocostituzionalismo, l’obiettivo principale è quello di cercare
di mettere in evidenza le relazioni che esistono tra l’evoluzione
dell’ordine costituzionale magiaro e la scelta di marginalizzare
la partecipazione della cittadinanza che, in linea con gli auspici
della dottrina maggioritaria, caratterizza l’attuale quadro delle
istituzioni sovranazionali.

18
Secondo la formulazione letterale usata dal costituente ungherese la revi-
sione del 2011 ha introdotto una nuova Alaptörvény (legge fondamentale) e non
una nuova costituzione. Una parte della dottrina (vedi in particolare F. HORKAY
HÖRCHER, The National Avowal, in L. CSINK – B. SCHANDA – A. ZS. VARGA, The
Basic Law of Hungary. A First Commentary, Dublino, Clarus Press, 2012) ha
segnalato il fatto pretendendo di dedurne conseguenze interpretative. Nono-
stante questa considerazione, però, non si ritiene che dalla semplice denomi-
nazione di un documento costituzionale si possano dedurre conseguenze inter-
pretative e quindi nel prosieguo della trattazione i due termini saranno utilizzati
come sinonimi.
PARTE PRIMA

LA GENESI
1. DALLA COSTITUZIONE COMUNISTA DEL 1949
ALLE ‘STRANEZZE’ DEL NUOVO PROCESSO
COSTITUENTE UNGHERESE

SOMMARIO: 1.1. La Costituzione comunista del 1949 e le riforme dei


primi anni ottanta 1.2. Il processo ungherese di transizione demo-
cratica e la legge XXXI del 1989 1.3. I fallimenti dei vari progetti
costituenti e la prosecuzione nella strategia di emendamento co-
stituzionale 1.4. Il ruolo della «courtocracy» nella gestione della
transizione 1.5. Le tensioni istituzionali generate dall’attivismo
giudiziario della Corte e le reazioni della politica: dalle prime pro-
teste degli anni novanta al progetto di una nuova Costituzione di
Pasqua

1.1. La Costituzione comunista del 1949 e le riforme dei primi


anni ottanta

Con l’intento di mettersi alle spalle il regime autoritario di


Miklòs Horty, l’Ungheria uscita dalla seconda guerra mondiale af-
fida alla legge I del 1946 il delicato compito di ritornare alla sua
antica tradizione costituzionale e di ridefinire un quadro democra-
tico1. Attraverso quella che (a prescindere dalla natura formale di

1
Secondo quanto si è soliti sostenere, la tradizione costituzionale unghere-
se prende lo spunto a partire addirittura dal 1222, quando con l’adozione della
cosiddetta «Aranybulla» si procedette al riconoscimento di alcuni diritti basi-
lari. Per qualche spunto sulla storia antica del costituzionalismo ungherese si
rinvia a M. DEZSO, Hungary, Alphen aan den Rjin, Kluwer, 1999, 27 – 28 e a B.
SCHANDA, Hungary, in G. ROBBERS, Encyclopedia of World Constitutions, New
York, Facts on file, 2007, 386 – 387. Vedi anche L. TRÓCSÁNYI, The Creation of
the Basic Law of Hungary, in L. CSINK – B. SCHANDA – A. ZS. VARGA, op. cit.,
dove si enfatizza l’importanza giocata dalla cosiddetta “costituzione storica”
negli equilibri del costituzionalismo ungherese.
12 PARTE I

legge ordinaria) viene generalmente definita la “kisalkotmóny2”, il


sistema ungherese ha adottato un governo parlamentare e multi-
partitico e si è preoccupato di definire alcuni diritti fondamentali e
alcune essenziali garanzie in materia di diritto penale. Malgrado la
“kisalkotmóny” tentasse in una certa misura di convergere verso gli
schemi del costituzionalismo occidentale3, anche a causa di alcune
lacune strutturali del testo adottato4, l’esperimento del 1946 non è
riuscito a resistere all’enorme pressione internazionale dell’allora
nascente equilibrio bipolare. In questa maniera, nel giro di qualche
anno, il primo tentativo di adottare un documento scritto di natura
materialmente costituzionale è stato travolto dagli eventi5.
Già nel 1949, infatti, il ruolo egemonico esercitato dal Partito
comunista e il delinearsi dell’ordine bipolare imposto dalla guerra
fredda crearono le condizioni per l’adozione di una costituzione di
stampo sovietico. Nonostante il documento in questione rappresenti
per l’Ungheria la prima testimonianza di costituzione formale, non
ci sono dubbi sul fatto che essa si discosti significativamente dalla
tradizione occidentale e dal testo del 19466. Contro ogni idea di se-
parazione dei poteri, il fulcro del sistema è rappresentato dal Con-
siglio presidenziale della Repubblica popolare di Ungheria, organo
collegiale che svolge le funzioni di capo di stato e che, attraverso un
invasivo potere di decretazione, di fatto sostituisce un Parlamento
sostanzialmente svuotato di poteri reali (basti pensare che le riunioni
sono previste per soli quattro giorni all’anno). La distanza dell’Un-
gheria di quegli anni dal costituzionalismo liberale è inoltre resa
evidente anche dalla mancanza di contropoteri effettivi e dall’affer-
mazione solo fittizia dell’indipendenza giudiziaria e di molti diritti
fondamentali.

2
Letteralmente la “Piccola Costituzione”. L. TRÓCSÁNYI, op. cit. sottolinea
il carattere transitorio del documento.
3
M. DEZSO, op. cit., 29.
4
M. DEZSO, op. cit., 29.
5
Secondo quanto riporta L. TRÓCSÁNYI, op. cit., nell’età moderna il sistema
ungherese, forte delle convenzioni costituzionali consolidate nella sua “costitu-
zione storica”, non ha mai sentito il bisogno di dotarsi di un testo costituzionale
scritto. Per maggiori dettagli sulle logiche che regolano il funzionamento della
cosiddetta costituzione storica si rinvia a A. JACKAB, On the Legitimacy of a
New Constitution - Remarks on the Occasion of the New Hungarian Basic Law
of 2011, in papers.ssrn.com.
6
Sottolineano l’influenza della Costituzione stalinista del 1936 sia L. TRÓC-
SÁNYI, op. cit. che M. DEZSO, op. cit., 29.
LA GENESI 13

Il complessivo quadro costituzionale resta sostanzialmente


immutato anche dopo gli emendamenti del 1972: nonostante in
molti si fossero espressi in favore dell’introduzione di un nuovo
testo costituzionale, furono costituzionalizzate soltanto alcune
riforme in materia economica. Per di più, per quanto evocativi,
nemmeno gli emendamenti del 1983 possono essere sopravva-
lutati. Infatti, sebbene apparentemente in linea con l’evoluzione
dei sistemi dell’Europa dell’ovest, l’introduzione di una Com-
missione parlamentare per il diritto costituzionale, formalmente
incaricata di controllare la conformità costituzionale degli atti del
Parlamento, è sostanzialmente depotenziata dalla concorrenza di
più circostanze: l’assenza di previsioni costituzionali effettive in
materia di diritti fondamentali, l’impossibilità di giudicare sulla
conformità delle leggi alla Costituzione e soprattutto la debolez-
za dell’istituzione parlamentare rendono praticamente inutile il
controllo di costituzionalità7.

1.2. Il processo ungherese di transizione democratica e la legge


XXXI del 1989

Nella seconda metà degli anni ottanta il progressivo cambia-


mento della situazione politica internazionale favorisce un raffor-
zamento dei gruppi di opposizione e spinge la classe dirigente ad
avviare un percorso di riforme. Di particolare rilevanza è la legge XI
del 1987 con cui si provvede ad individuare una serie di competenze
esclusive del Parlamento e si indebolisce correlativamente il ruolo
legislativo del Consiglio presidenziale della Repubblica. Inoltre, è
importante segnalare che, accanto ad una serie di altri atti ricognitivi
di alcune basilari libertà politiche, tra la fine del 1988 e l’inizio del
1989 si introducono provvedimenti normativi in materia di libertà di
associazione e di riunione.
Questi primissimi riconoscimenti creano a loro volta le con-
dizioni perché si sviluppino le prime organizzazioni partitiche al-
ternative e perché queste, attraverso un crescente peso politico, ini-
zino ad incidere sugli equilibri istituzionali. Così, nel marzo 1989,
Miklòs Nemeth, Primo ministro di ispirazione riformista, propone
un progetto di nuova Costituzione che però viene considerato troppo

7
M. DEZSO, op. cit., 29.
14 PARTE I

conservatore dai gruppi di opposizione che piano piano iniziano ad


emergere8. Nel tentativo di superare lo stallo politico e nel tentativo
di rilanciare il percorso delle riforme, il 22 marzo 1989 si convoca
una Tavola rotonda per permettere ai gruppi partitici principali di
discutere delle questioni controverse9. Diversamente da quanto av-
viene in un primo momento nella vicina Polonia, dai lavori emerge
da subito e in maniera abbastanza netta la scelta di abbracciare la via
costituzionale10: piuttosto che puntare su una semplice ridefinizio-

8
Non sarà a questo proposito superfluo segnalare che A. ARATO – Z. MIKLÒ-
SI,Constitution making and transitional politics in Hungary, in L. AUCOIN – L.
MILLER, Framing the State in case of transition: case studies in constitution
making, Washington, United States Institute of peace, 2010, 351 – 390, riporta
come, secondo alcune dichiarazioni fatte dall’allora Primo ministro, il nuovo
modello istituzionale «should eventually lead to a Western-style parliamentary
regime».
9
È da notare come, diversamente da quanto accade nella transizione po-
lacca con il sindacato Solidarnosch, nel caso ungherese l’emersione sociale
di gruppi di opposizione non ha portato alla costituzione di un soggetto unita-
rio. Infatti, accanto ai tre gruppi semiclandestini che tradizionalmente hanno
operato nel contesto ungherese (il gruppo liberale SZDSZ, il gruppo nazio-
nal – populista MDF e la rete dei giovani democratici che poi darà vita a FI-
DESZ), una pluralità di altri soggetti si è sviluppata in seguito alla progressiva
liberalizzazione del sistema. Questa situazione sociale ha determinato difficoltà
nell’individuazione delle formazioni da coinvolgere nella concertazione. Inol-
tre, in assenza di repressioni brutali che catalizzino il dissenso, la divisione tra
opposizioni di ispirazione politica incompatibile ha imposto l’attribuzione a
ciascun gruppo di un potere di veto che ha condizionato il procedere dei lavori.
D’altronde, vista la generale frammentazione del contesto sociale e vista la non
piena rappresentatività dei gruppi partecipanti ai negoziati (in rappresentan-
za dell’opposizione furono ammesse solo le 3 sigle tradizionali più altre 5),
l’adozione a maggioranza avrebbe potuto creare problemi di legittimità delle
decisioni prese. Per maggiori riferimenti alle dinamiche politiche ed ai mecca-
nismi di funzionamento di questo modello concertativo si veda A. ARATO – Z.
MIKLÒSI, op. cit., 357 – 364.
10
In A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 362, si evidenzia come, per quanto ciò
possa sembrare paradossale, l’incertezza del quadro politico ungherese duran-
te la transizione abbia finito con il favorire una certa “radicalizzazione” delle
pretese dell’opposizione: diversamente da quanto avvenuto in Polonia (dove la
compattezza dell’opposizione ha da subito lasciato presagire il crollo di con-
sensi del regime e quindi ha indotto la classe dirigente a limitare le concessioni
e a varare una prudente frammentazione del potere esecutivo), in Ungheria,
la frammentazione del corpo elettorale, in abbinamento alla popolarità goduta
dall’allora candidato presidente comunista (Imre Pozsgray), ha alimentato la
speranza del regime di poter spuntare un risultato elettorale (almeno in parte)
favorevole e ha quindi indirettamente accelerato il processo di riforma. In par-
LA GENESI 15

ne delle regole del gioco elettorale e su un’idea di ripartizione dei


poteri, le prese di posizione che emergono dalle Tavole rotonde si
orientano verso una tendenziale definizione di un quadro di regole
condivise. Tuttavia, al di là delle apparenze, la posizione di compro-
messo che emerge è chiaramente interlocutoria e, pur affidando al
parlamento in carica (monopolizzato dai rappresentanti del Partito
comunista) la funzione di scrivere una Costituzione provvisoria e la
funzione di gestire la transizione, statuisce che solo un nuovo par-
lamento democraticamente eletto avrà la legittimazione necessaria
per svolgere in via definitiva la funzione costituente11. Sempre attra-

ticolare, secondo quanto viene segnalato, l’incerta situazione politica magiara


avrebbe favorito il processo di costituzionalizzazione perché ognuno dei gruppi
contendenti, pur essendo desideroso di misurarsi sul piano elettorale, ha acqui-
sito la consapevolezza della necessità di un quadro costituzionale che potesse
garantirlo in caso di un possibile insuccesso politico.
11
A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., segnala che la scelta fondamentale di non
entrare concretamente a disegnare l’assetto costituzionale è spiegabile con la
consapevolezza che, per quanto significativo, il livello di rappresentatività del-
le Tavole rotonde è in una certa misura limitato dalla complessità del sistema
sociale ungherese: la mancata partecipazione di gruppi sociali emergenti ha
indotto i partecipanti alla concertazione a definire solo regole generalissime e
propedeutiche per l’affermazione di un regime democratico, rinviando la defi-
nizione del complessivo quadro costituzionale al più rappresentativo Parlamen-
to (che nel frattempo, proprio grazie alla progressiva attuazione dei negoziati,
sarebbe stato, per la prima volta, democraticamente eletto). Come gli stessi
autori segnalano, inoltre, per una precisa volontà delle forze governative, la
stessa struttura decisionale delle Tavole rotonde è stata contraddistinta da una
certa opacità di fondo che mal si concilia con la volontà costituente e che inficia
in maniera certamente non secondaria la legittimazione dell’istituzione: dei tre
livelli su cui si struttura il meccanismo concertativo solo il primo (quello cosid-
detto politico in cui partecipano tutti i rappresentanti) prevede la partecipazione
dei media ai lavori; per contro, non sono pubblici né i lavori del livello cosid-
detto tecnico (in cui si traducono le indicazioni politiche), né tanto meno quelli
del cosiddetto livello politico generale (in cui i leader dei gruppi partecipanti
negoziano gli accordi di fondo).
Peraltro, sempre gli autori in questione, evidenziano come l’agenda politica
della vecchia oligarchia abbia determinato interferenze anche significative con
i propositi di non definire regole costituzionali troppo specifiche. In particolare
occorre evidenziare come, desiderosi di conservare almeno una parte del pote-
re politico assoluto precedentemente detenuto, i membri del Partito comunista
ungherese (specie dopo l’aggravamento delle loro prospettive elettorali) hanno
usato tutta la loro influenza affinché attraverso i negoziati si introducesse un
sistema di elezione diretta del Presidente della Repubblica che precedesse le
elezioni parlamentari, si evitasse lo scioglimento dell’organizzazione parami-
litare controllata dal Partito comunista, si evitasse lo scioglimento di alcune
16 PARTE I

verso il metodo concertativo delle tavole rotonde vengono proposte


importantissime riforme del sistema costituzionale che, fatti salvi
alcuni emendamenti su profili rilevanti ma comunque non centrali12,
sono quasi integralmente approvate dall’ultimo Parlamento comu-
nista: le modifiche al Codice di procedura penale e al codice penale,
le disposizioni sui partiti politici e quelle relative alle elezioni dei
membri del Parlamento testimoniano una certa disponibilità del re-
gime alle aperture liberali e alle concessioni democratiche.
Naturalmente, la via riformatrice scelta dal sistema ungherese
per mettere alle spalle l’esperienza comunista si rivela essenziale
per garantire un carattere pacifico al passaggio di regime e lascia
segni profondi negli sviluppi successivi dell’ordinamento costitu-
zionale13. Infatti, in linea con il compromesso fondamentale emerso
dalle Tavole rotonde, la natura della riforma costituzionale dell’ot-

organizzazioni vicine al gruppo dirigente e si ridefinisse in senso meno propor-


zionalistico la ripartizione dei seggi parlamentari. Malgrado ci fosse la consa-
pevolezza che la realizzazione di simili pretese avrebbe potuto concedere un
significativo vantaggio elettorale alle forze di governo, le forze di opposizione
non trovarono un accordo per bloccare questi propositi. Per evitare che queste
proposte potessero trovare spazio nel quadro dei nuovi equilibri costituzionali
FIDESZ e SZDSZ raccolsero le 100.000 firme necessarie per indire un refe-
rendum e nel novembre del 1989, attraverso la consultazione popolare, con-
seguirono (anche se con uno scarto minimo) il prezioso obiettivo di garantire
procedure elettorali meno favorevoli al governo.
12
Per un quadro generale degli ambiti (non solo costituzionali) in cui l’ulti-
mo Parlamento comunista si è discostato dalle indicazioni della Tavola rotonda
si rinvia a A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 364 – 365.
13
È quanto sottolineato da A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., secondo cui il
gradualismo che ha ispirato le riforme costituzionali ungheresi è stato uno dei
fattori che ha garantito la gestione pacifica della transizione e che ha inciso in
maniera profonda sugli sviluppi successivi del sistema. In particolare, è im-
portante segnalare come, secondo gli autori, il coinvolgimento di attori istitu-
zionali differenti (peraltro intervenuti a più riprese ed in momenti storici non
coincidenti) abbia in generale degli elementi positivi perché ha come effetto
principale quello di destrutturare il potere sovrano delle assemblee costituenti
e quindi produce l’effetto di non rompere il quadro della legalità, di consentire
transizioni pacifiche e di mettere lo stesso processo costituente sotto l’egida
dei valori del costituzionalismo. È il caso di notare, però, che con specifico
riferimento agli sviluppi del caso ungherese gli stessi autori parlano di risultati
ambigui. Anche A. ARATO, Post Sovereign Constitution making in Hungary: Af-
ter Success, Partial Failure, and Now What?, in South Afr. Journ. Hum. Rights,
2010, 1, 19 – 44, parla di un fallimento (per lo meno parziale) del processo
costituente ungherese.
LA GENESI 17

tobre del 1989 è espressamente concepita come transitoria14. A que-


sto proposito basti pensare che si sceglie di non varare un nuovo
testo e di scrivere le nuove regole fondamentali semplicemente
emendando il testo della Costituzione stalinista del 194915. Ai fini
del ragionamento che si intende sviluppare è anche utile segnala-
re che proprio in ragione della transitorietà che caratterizza il testo
emerso dagli emendamenti del 1989, il costituente ungherese, pur
optando per una costituzione rigida, ha previsto un procedimento
di emendamento costituzionale che, anche in ragione di norme che
alterano fortemente i risultati elettorali e che facilitano la costruzione
di maggioranze artificiali16, è relativamente semplice da portare a
compimento17: senza disporre procedimenti speciali di modifica o
limiti materiali alla revisione, viene disposto che per cambiare la
Costituzione occorre semplicemente una maggioranza dei due terzi
dei parlamentari e non viene prevista la necessità di convocare una
consultazione referendaria18.

1.3. I fallimenti dei vari progetti costituenti e la prosecuzione nella


strategia di emendamento costituzionale

Come abbiamo appena visto, secondo il compromesso


emerso durante i lavori delle Tavole rotonde spetta al primo Par-
lamento democraticamente eletto il compito di adottare in via de-

14
Inequivocabile in tal senso il brevissimo preambolo della legge XXXI del
1989 quando afferma che «In order to facilitate a peaceful political transition
to a state under the rule of law, realizing a multi-party system, a parliamentary
democracy and a social market economy, the Parliament hereby establishes the
text of the Constitution of our country -- until the adoption of the new Constitu-
tion of our country -- as follows […]».
15
Esprime dubbi sul fatto che si possa adottare una Costituzione per emen-
damento A. MANZELLA, Un Trattato necessitato, in F. BASSANINI - G. TIBERI, Le
nuove istituzioni europee. Commento al Trattato di Lisbona, Bologna, il Muli-
no, 2008, 431 – 450.
16
Per un’analisi dei meccanismi di funzionamento della legge elettorale si
veda A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 373 – 374.
17
Secondo quanto riporta A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 374, alle elezio-
ni del 1990, il discutibile meccanismo elettorale produce l’effetto di (quasi)
raddoppiare il consenso ottenuto da MDF perché a fronte del 24,73% dei voti
ottenuti il partito prende il 42,7% dei seggi.
18
Così l’art. 24 comma 3 del testo in vigore fino all’1 gennaio 2012.
18 PARTE I

finitiva un nuovo testo costituzionale. Tuttavia, malgrado il pro-


getto costituente godesse presso l’opinione pubblica di un largo
consenso, ben presto emergono una serie di difficoltà politiche di
non poco conto. Infatti, all’indomani delle elezioni del 1990, la
coalizione tra MDF e due partiti minori (KDNP e FKGP) si viene
a trovare senza la maggioranza dei due terzi necessaria per mo-
dificare la Costituzione e in aperta contrapposizione con alcuni
dei principali partiti di opposizione (in particolare con FIDESZ
e con MSZP che, nel frattempo, era succeduto al vecchio Partito
comunista)19. In un contesto del genere, l’unica via praticabile
per una riforma costituzionale è rappresentata da un accordo con
SZDSZ. Tale accordo, però, è a sua volta reso problematico dalla
esasperata contrapposizione che nei mesi precedenti ha caratte-
rizzato le relazioni tra MDF e SZDSZ: sebbene tra i due gruppi
dirigenti esistesse una certa convergenza di fondo sugli equilibri
istituzionali che per il futuro avrebbero dovuto reggere l’Unghe-
ria (in particolare sul rafforzamento dell’esecutivo e sulla ridu-
zione dei vincoli alla maggioranza), una certa incompatibilità
tra la base elettorale dei due gruppi parlamentari più numerosi
spiega il perché il patto consociativo tra SZDSZ e MDF finisce
contemporaneamente con l’allentare il vincolo tra i partiti della
maggioranza e con il costringere SZDSZ allo scomodo compi-
to di dover vestire nello stesso momento i panni dell’oppositore
(di governo) e quelli dell’alleato (in sede costituente)20. Come è
facile immaginare, simili anomalie finiscono con il riflettersi sia
sull’oggetto del compromesso che sullo stesso metodo di riforma
della Costituzione e non meraviglia dunque che si scelga di ab-

19
Le elezioni del 1990 attribuiscono il 42,7% di seggi (165) a MDF, il
23,8% (92) a SZDSZ, l’11,3% (44) a FKGP, l’8,8% (34) a MSZP, il 5,9% (23)
a FIDESZ e il 5,44% (21) a KDNP. È da notare che, oltre che dal numero di
parlamentari, la scelta del patto tra MDF e SZDSZ è imposta sia dalla risoluta
difesa da parte di FIDESZ degli schemi della “democrazia concertativa” che
erano emersi a partire dalle Tavole rotonde, sia dall’opzione presidenzialista del
MSZP.
20
Secondo quanto riportato in A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 366 – 367,
SZDSZ condivide con MDF un progetto di disegno istituzionale basato su
un sistema parlamentare con un forte ruolo dell’esecutivo e come il partito di
maggioranza auspica il superamento dei vincoli alla maggioranza parlamentare
introdotti dall’ultimo Parlamento comunista. In particolare, entrambi i partiti
auspicano un ridimensionamento del numero di ambiti riservati alla legislazio-
ne organica.
LA GENESI 19

bandonare l’ambizioso progetto di una nuova Costituzione. Più


precisamente, la complessità del contesto politico generale impo-
ne ai due partiti di proseguire attraverso negoziati non pubblici
(che per definizione mal si conciliano con l’esercizio della fun-
zione costituente) e spinge ad introdurre una serie di criticatissi-
mi emendamenti costituzionali praticamente non discussi per via
parlamentare21 ed essenzialmente orientati a modificare alcune
disposizioni relative alla forma di stato e alla forma di governo22.
Dopo il fallimento del primo Parlamento democraticamente
eletto, è la nuova maggioranza parlamentare uscita dalle elezioni
del 1994 che si confronta con il problema di dover introdurre
una nuova Costituzione. Diversamente da quanto accaduto po-
chi anni prima, in questo caso la nuova coalizione di governo
(composta da SZDSZ e da MSZP) avrebbe i due terzi di parla-
mentari previsti per la modifica del sistema costituzionale e po-
trebbe quindi legittimamente pensare all’introduzione di un testo

21
Secondo quanto sostiene A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 367 – 368, la scel-
ta di lavorare al progetto di modifica costituzionale senza il coinvolgimento dei
partiti di opposizione, senza il coinvolgimento della società civile e senza nessuna
funzione sostanziale del dibattito parlamentare è stata fortemente criticata sia da
FIDESZ che da MSZP e ha prodotto un certo malcontento anche tra le file dei due
partiti minori della coalizione di governo. Tuttavia, sembra difficile immaginare
che prendendo spunto dal patto tra MDF e SZDSZ si potesse giungere ad un
processo di tipo differente. Infatti, la necessità di garantire la tenuta del debole
patto politico impose ai due partiti protagonisti delicati compromessi politici sulla
nomina di alcune alte cariche istituzionali (soltanto a titolo di esempio si può ri-
ferire che comunemente si ritiene che la nomina a Presidente della Repubblica di
Arpàd Göncz, membro fondatore di SZDSZ, deve essere spiegata con il desiderio
di garantire al partito di opposizione che il rafforzamento dell’esecutivo previsto
dal patto non lo avrebbe indebolito; alla stessa maniera, è facile immaginare che
le nomine del Governatore della Banca centrale e del Presidente dell’autorità di
controllo del sistema mediatico siano state ispirate da logiche analoghe) e per
impedire che le polemiche che sarebbero certamente scaturite dalla pubblicità di
simili negoziati potessero compromettere il buon esito del processo, fu pratica-
mente inevitabile lavorare a porte chiuse.
22
Tra le principali novità introdotte in seguito all’adozione della Legge XL
del 1990 si segnala la ridefinizione di alcune norme relative ai poteri del Pre-
sidente della Repubblica (il mandato passa da quattro a cinque anni e si affida
alla Corte costituzionale il compito di giudicare sulla messa in stato di accu-
sa), l’introduzione dell’istituto della sfiducia costruttiva, la positivizzazione
dell’habeas corpus e l’abolizione di alcuni limiti alla tutela dei diritti fondamentali.
Per maggiori indicazioni su questa fase di riforme costituzionali vedi A. ARATO
– Z. MIKLÒSI, op. cit., 365 – 368 e M. DEZSO, op. cit., 30 – 31.
20 PARTE I

integralmente nuovo23. Inoltre, al di là della forza numerica, l’idea


che una coalizione abbia da sola i numeri necessari per modificare
le norme costituzionali è un forte incentivo alla collaborazione e
di fatto facilita il coinvolgimento dei gruppi di opposizione24. Per
di più, la volontà di lasciare definitivamente alle spalle l’esperien-
za passata e di intraprendere un cammino condiviso di riforme è
testimoniata dall’adozione di una specifica procedura di revisione
con cui si prevede che le regole per l’approvazione di una bozza di
costituzione abbiano il consenso dei quattro quinti del Parlamento
e che il progetto sia licenziato dal Comitato appositamente istituito
con una maggioranza pari almeno ai cinque sesti dei componenti
del drafting committee25. Malgrado le diverse (e più favorevoli)
condizioni politiche offerte dal nuovo quadro parlamentare, anche
in questo caso l’idea di varare una nuova Costituzione non giun-
ge a compimento. Stavolta la responsabilità politica del naufra-
gio della riforma deve essere attribuita all’azione di un gruppo di
parlamentari del MSZP che, dopo l’avvenuta approvazione di una
bozza di testo in seno al Comitato, al momento del voto parla-
mentare che avrebbe dato il via libero definitivo al testo, decidono
improvvisamente di votare contro26. Peraltro, la scelta originaria di
non coinvolgere in nessuna maniera l’opinione pubblica nazionale
facilita il definitivo abbandono del tentativo27.

23
La maggioranza raggiunta dalla coalizione di centrosinistra supera il 70%
dei seggi parlamentari disponibili.
24
È quanto riporta A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 370.
25
A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 370, segnala che in seno al Comitato Ad hoc
non è stato seguito il criterio della proporzionalità e ognuno dei sei partiti è stato
rappresentato da quattro delegati. La regola della maggioranza dei due terzi del
Parlamento viene ripresa per l’adozione finale del testo costituzionale.
26
A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 371, segnala anche che MDF, SZDSZ
e FIDESZ votarono a favore del progetto, mentre FKGP e KDNP votarono
contro. Tuttavia decisivo fu l’atteggiamento tenuto da molti parlamentari (e tra
questi anche alcuni ministri) di MSZP che inaspettatamente si opposero alla
bozza proposta.
27
Secondo A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 372, la scelta di non coinvolgere
adeguatamente il sistema mediatico, oltre ad essere stigmatizzabile perché di
fatto esclude l’opinione pubblica, indirettamente produce l’effetto di non cre-
are (o per lo meno di non alimentare) aspettative popolari che avrebbero reso
più difficile l’abbandono del processo costituente. Sempre per dare conto delle
ragioni di un cambiamento altrimenti difficile da comprendere, gli stessi autori
sottolineano che sulle scelte di MSZP ha avuto un peso anche l’atteggiamento
tenuto dal suo alleato di governo SZDSZ: a ben vedere l’area della sinistra li-
LA GENESI 21

Da questo momento in poi28, il sistema politico ungherese, pur


non abbandonando l’aspirazione ad una nuova Costituzione, ac-
quisisce consapevolezza delle difficoltà di adozione e in ragione di
un quadro politico sempre più frammentato preferisce optare per la
più prudente via degli emendamenti costituzionali29. Queste consi-
derazioni non devono però indurre ad una arbitraria riduzione del
significato delle modifiche progressivamente inserite nel corpo della
vecchia Costituzione del 194930. Da questo punto di vista nemme-
no la sostanziale opacità che contraddistingue i vari procedimenti di
revisione contribuisce a relativizzare il significato democratico del-
le innovazioni introdotte31. Al di là del fatto che praticamente tutte
le norme del vecchio testo vengono modificate32, non si può fare a

berale avrebbe potuto condizionare l’atteggiamento tenuto dai deputati ‘ribelli’


del MSZP minacciando la rottura della coalizione, ma deliberatamente scelse di
non avventurarsi in questa direzione.
28
Secondo quanto riporta L. TRÓCSÁNYI, op. cit., durante il primo governo di
FIDESZ (tra il 1998 e 2002) si prese realisticamente atto del fatto che sia i nu-
meri parlamentari, sia il mutato contesto politico generale non consentivano di
avventurarsi in un progetto costituente. In questa fase ci si limitò ad introdurre
(con la legge I del 2000) un atto di rilevanza costituzionale con cui si riconosce-
va il valore (non più solo simbolico, ma ormai anche) formale della cosiddetta
costituzione storica ungherese.
Tra il 2002 e il 2010, invece, i (timidi) tentativi di introdurre una nuova Co-
stituzione furono ostacolati dalla frammentazione partitica che rese vano ogni
sforzo di addivenire ad un consenso.
29
M. DEZSO, op. cit., 31, segnala che tra il 1989 e il 2009 gli interventi sul-
la Costituzione sono stati ben 25. Tra questi, oltre a quelli già segnalati nelle
pagine precedenti, merita di essere ricordata la legge LIX del 1997 con cui si
introducono alcune modifiche nel sistema di amministrazione della giustizia e
si configura un organo di autogoverno finalizzato ad assicurare l’indipendenza
della magistratura. Degna di menzione è anche la legge LXI del 2002 con cui si
“apre” il sistema costituzionale ungherese all’ordine giuridico europeo.
30
Cfr. L. TRÓCSÁNYI, op. cit., che invece, pur riconoscendo il carattere pro-
gressista delle nuove disposizioni, enfatizza i limiti strutturali del testo costitu-
zionale uscito dopo gli emendamenti.
31
Secondo A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 368, a proposito del caso un-
gherese occorre distinguere tra procedure costituzionali poco raccomandabili
perché poco trasparenti e conseguimento di risultati comunque positivi perché
in linea con i parametri imposti dalla teoria democratica.
32
Dopo tutte le varie procedure di emendamento, delle disposizioni sostan-
ziali della vecchia Costituzione stalinista resta in vigore soltanto la previsione
che stabilisce che la capitale dell’Ungheria è Budapest. A. ARATO, Post Sove-
reign Constitution, cit., segnala come, a dispetto di quanto sostenga general-
mente la dottrina che si occupa della transizione ungherese, anche le disposizio-
ni in materia di emendamento costituzionale avrebbero mantenuto la loro antica
22 PARTE I

meno di rilevare la differente ispirazione che nel complesso anima


le nuove disposizioni costituzionali33. In primo luogo, riprendendo
la tradizione costituzionale ungherese, esse si sono preoccupate di
istituire una forma di governo parlamentare basata sul principio del-
lo stato di diritto e sul principio della separazione dei poteri. In se-
condo luogo, a prescindere dalla inconsueta collocazione finale, le
modifiche costituzionali hanno introdotto un’articolata elencazione
di diritti fondamentali34 e, ribaltando la concezione economicista che
aveva animato la vecchia esperienza comunista, hanno aperto la via
al pieno riconoscimento del valore della dignità umana e ai diritti
politici e civili35. Inoltre, in linea con l’esperienza di paesi di conso-
lidata tradizione democratica, si sceglie di creare procedure ed isti-
tuzioni specificamente finalizzate a garantire l’applicazione concreta
delle previsioni costituzionali e dei diritti fondamentali.

1.4 Il ruolo della «courtocracy» nella gestione della transizione

Dal quadro appena tracciato emerge un sistema costituzio-


nale caratterizzato dalla sua provvisorietà (e, almeno in una certa
misura, dalla sua disponibilità per maggioranze contingentemen-
te create), dalla sua incompletezza e dai suoi limiti in termini di
legittimazione democratica36. Se a questi elementi si aggiunge

formulazione. Secondo l’autore il dato non sarebbe da sottovalutare perché,


lungi dall’essere neutrale, esprimerebbe la volontà degli attori politici del tem-
po di mantenere una certa disponibilità del testo costituzionale.
33
A questo proposito sembra perfettamente condivisibile il passaggio della
sentenza 11 del 1992 con cui la Corte costituzionale magiara statuisce che «with
the amendment of the Constitution promulgated on 23 October 1989 a new Con-
stitution was practically put into force, introducing a new quality of the state, the
law and the political system, remarkably different from the previous structures».
34
Vedi gli art. 54 – 70K del testo costituzionale vigente fino all’1 gennaio
2012. Per una compiuta rassegna dei diritti tutelati dalla Costituzione ungherese
si rinvia a M. DEZSO, op. cit., 250 – 297.
35
C. DUPRÈ, Importing the law in post communist traditions: the hungarian
constitutional court and the right to human dignity, Oxford, Hart Publishing,
2003, segnala l’importanza del modello tedesco (e in particolare del concetto di
dignità umana) nell’evoluzione del sistema ungherese. A. ARATO – Z. MIKLÒSI,
op. cit., 373, oltre a ribadire l’influenza del modello tedesco, segnala anche un
certo ruolo giocato dal modello francese.
36
M. DEZSO, op. cit., 30 precisa che in seguito alla riforma del 1989 nel testo del-
la Costituzione mancano le discipline relative al potere esecutivo e al potere locale.
LA GENESI 23

che la continua “manutenzione costituzionale37” ha, nel corso


del tempo, determinato lo stratificarsi di disposizioni non sempre
omogenee, si capisce come si possa essere facilmente indotti a
ipotizzare che la neonata Corte costituzionale abbia giocato un
ruolo marginale negli equilibri istituzionali della transizione: sul-
la base delle sue difficoltà ad ancorarsi ad una chiara espressio-
ne della volontà popolare, sulla base della sua parzialità e sulla
base della sua contraddittorietà, sembra impossibile pensare che
la Costituzione abbia potuto fungere da presupposto per un ef-
fettivo controllo di costituzionalità e risulta molto più semplice
immaginare un atteggiamento sottomesso da parte dei giudici
costituzionali38.
Ad un’analisi più attenta, però, ci si rende conto di come
alcuni elementi strutturali del sistema politico ungherese abbiano
svolto una funzione determinante nel permettere l’affermazione
di un autentico sistema di judicial review. In primo luogo, il fatto
che durante la fase di transizione né le forze di opposizione, né
le forze legate al governo comunista avessero la certezza di un
risultato elettorale favorevole ha spinto i principali partiti politici
a rafforzare quella che ai loro occhi appare la migliore forma di
garanzia in caso di una eventuale sconfitta e ha portato all’istitu-
zione di una giurisdizione costituzionale che, anche a confronto
con i giudici costituzionali di più antica tradizione, appare dotata
di poteri significativamente penetranti39: al di là del ‘tradizionale’

37
Il concetto di «manutenzione della Costituzione» è espressa da A. D’A-
TENA, Sette tesi per il riavvio delle riforme costituzionali, in www.issirfa.cnr.it
e, sul piano teorico, si riferisce all’idea per cui in linea generale è preferibile
un continuo aggiustamento costituzionale che prevenga le rotture dell’ordine
legale. Secondo quanto riferisce, invece, F. DAU, L’esperienza costituzionale
ungherese e l’equilibrio tra democrazia diretta e principio rappresentativo.
Brevi note a margine dell’approvazione del nuovo testo costituzionale dell’a-
prile 2011, in www.federalismi.it, nel corso degli anni il sistema ungherese «era
diventato un caso paradigmatico di “manutenzione costituzionale” permanen-
te». Sulla “manutenzione costituzionale” ungherese vedi anche T. DRINÓCZI,
Revisione e manutenzione costituzionale nell’ordinamento ungherese, in F. PA-
LERMO, La “manutenzione costituzionale”, Padova, CEDAM, 2007, 437 – 477.
38
È quanto sostenuto da A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 368 – 369.
39
A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 375, a questo proposito segnala come il
progetto di istituire una Corte costituzionale risale alle prime fasi del negoziato
delle Tavole rotonde. Nella sua versione originaria esso era stato proposto dai
rappresentanti del Partito comunista e, nel tentativo semiautoritario di preser-
vare i privilegi della classe dirigente del tempo, prevedeva una Corte molto
24 PARTE I

sistema incidentale di costituzionalità, del ricorso individuale per


lesione dei diritti e delle libertà fondamentali40, l’ordinamento
ungherese ha infatti previsto sofisticate vie di accesso come il
controllo preventivo, il controllo astratto e soprattutto la caratte-
ristica actio popularis con cui qualsiasi cittadino che si fosse ri-
tenuto leso da un provvedimento della pubblica autorità avrebbe
potuto impugnarlo anche in carenza di un interesse specifico41. In
secondo luogo, lungi dal ridimensionare solo la legittimazione
del giudice costituzionale, la provvisorietà del testo costituzio-
nale emerso ha creato istituzioni politiche molto deboli e, anche
se indirettamente, ha quindi finito con il favorire un correlativo
rafforzamento dei meccanismi del controllo di costituzionalità42:
forte dell’essere forse l’unica istituzione costituzionalmente do-
tata di poteri inequivoci e consapevole che il deficit di legittimità
sopra descritto non è una sua caratteristica esclusiva, la Corte
costituzionale ha da subito elaborato una prassi ‘interventista’ e,

debole (per certi versi vicina al modello originario del Conseil Constitutionnel
francese) in cui i giudici avrebbero dovuto essere di nomina politica (il progetto
prevedeva la selezione da parte del Ministero della giustizia) e le cui decisioni
sospensive (attivabili solo da specifici soggetti politici quali il Presidente del-
la Repubblica, il Presidente del Parlamento e larghe minoranze parlamentari)
avrebbero potuto essere ribaltate da un voto parlamentare contrario. Questa
Corte di ispirazione così conservatrice avrebbe dovuto essere istituita prima
dell’elezione del nuovo Parlamento e avrebbe avuto il compito di ‘vigilare’
sull’esercizio del mandato parlamentare in modo da poter garantire le posi-
zioni della vecchia oligarchia. Nonostante l’idea di una Corte costituzionale
esercitasse un certo fascino sui rappresentanti dell’opposizione, nei termini ap-
pena esposti, il progetto era per loro chiaramente inaccettabile. Tuttavia, anche
i partiti di opposizione vedevano nell’istituzione di un giudice costituzionale
una formidabile garanzia dei loro interessi (soprattutto in caso di sconfitta elet-
torale) e quindi decisero di giungere ad un compromesso per cui, in cambio
dell’immediata attivazione della Corte, si sarebbe configurato un sistema di
judicial review caratterizzato dalla nomina parlamentare dei giudici, dall’am-
plissima modalità di accesso (in particolare dalla caratteristica actio popularis),
dal carattere definitivo delle pronunce e dalla possibilità di annullare (e non
semplicemente sospendere) i provvedimenti impugnati. L’idea di una giurisdi-
zione costituzionale dotata di poteri unici nel panorama europeo è condivisa
anche da L. TRÓCSÁNYI, op. cit..
40
Per maggiori indicazioni su questi punti vedi A. SAJO, Republic of Hunga-
ry, in J. FLEUREN – C. KORTMANN – W. VOERMANS, Constitutional law of 10 EU
member states, Alphen aan den Rjin, Kluwer, 2006, IV44.
41
È quanto dispone il terzo comma dell’art. 32A del testo della Costituzione
del 1949 dopo gli emendamenti del 1989.
42
È quanto sottolinea A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 368.
LA GENESI 25

approfittando della posizione riservatale dalla Costituzione, si è


presto imposta come protagonista indiscussa della fase di pas-
saggio tra il vecchio e il nuovo regime43. Infine, le lacune e le
contraddizioni della Costituzione non hanno limitato il margine
di intervento del sindacato di costituzionalità, ma anzi, ponendo
complesse questioni interpretative, hanno ampliato i margini per
l’intervento dei giudici costituzionali44. Almeno durante il primo
periodo di vita dell’istituzione45, questa circostanza ha favorito
l’affermazione di un orientamento ermeneutico secondo il quale
i giudici non si sono attenuti ad una lettura formale della costitu-
zione e hanno preferito ampliare il parametro per i giudizi di co-
stituzionalità attraverso il riferimento ad un concetto abbastanza
indefinito di «costituzione invisibile46». Si è per questa via deter-
minata una giurisprudenza costituzionale molto aggressiva che
non ha guardato il colore politico delle forze al governo e che,
secondo quanto emerge da alcuni studi empirici, nei primi anni
di attività della Corte è arrivata a censurare un terzo delle leggi
adottate dal Parlamento nazionale47: aborto, pena di morte, orga-
nizzazione dei media, riconoscimento dei matrimoni omosessua-
li, riforme sociali e conti pubblici sono soltanto alcuni dei temi

43
A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 369, segnala che in considerazione delle
peculiarità del sistema costituzionale ungherese «an opportunity was presented
for the court to act as the constitution’s maker as well as its guardian».
44
Così A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 369.
45
Secondo K. SCHEPPELE, The New Hungarian Constitutional Court, in East
Eur. Const. Rev., 1999, 4, 1 – 9, con l’uscita di scena del primo presidente
Solyom (già attivissimo protagonista dei negoziati delle Tavole rotonde e poi
destinato a diventare un “invadente” e criticato Presidente della Repubblica) e
dei primi giudici si registra una svolta della giurisprudenza costituzionale che
inizia ad essere più attenta al dato formale. A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 369,
distingue invece un periodo «specifically activist» (tra il 1990 e il 1993) in cui
la Corte interviene in maniera attiva praticamente in tutti gli ambiti e il periodo
immediatamente successivo in cui i giudici limitano il loro attivismo ad alcune
aree ben specificate (ad esempio l’area dei diritti sociali).
46
Nella sentenza 23 del 1990 il presidente Solyom scrive: «the Constitu-
tional Court must continue to […] articulate the theoretical bases of the Consti-
tution and the rights incorporated in it, and to formulate a coherent system that
will serve, as an invisible constitution, as a safe guideline of constitutionalism
above the existing constitution that is currently still being amended out of fleet-
ing daily purposes». Per maggiori riferimenti su questo controverso concetto
vedi G. BRUNNER – L. SOLYOM, Constitutional judiciary in a new democracy,
Ann Arbor, University of Michigan Press, 2000, 41 e 126.
47
Questo è quanto riporta K. SCHEPPELE, The new Hungarian, cit..
26 PARTE I

in cui il legislatore ha dovuto subire l’intervento ablativo o mo-


dificativo dei giudici costituzionali48. Sempre a questo proposito
non sarà superfluo segnalare che, per quanto ciò possa sembrare
assolutamente paradossale, in alcuni casi neppure le norme costi-
tuzionali sono andate esenti dalle censure di incostituzionalità49.
Nemmeno l’attività normativa delle istituzioni europee, inoltre,
è sfuggita all’invasivo controllo giudiziario: per un verso, infatti,
in un momento in cui l’adesione al progetto europeo era ancora
lontana da venire, i giudici si sono richiamati all’immagine di un
fantomatico modello di stato costituzionale europeo e ai principi
giuridici imposti dalla prospettiva dell’integrazione europea per
censurare l’attività del legislatore interno50; per contro, però, so-
prattutto a partire dalla fase successiva al periodo di transizione,
la Corte costituzionale non ha tenuto in conto l’avvenuta adesio-
ne alle istituzioni europee (e gli obblighi ad essa connessi) e ha
iniziato ad assumere un atteggiamento di crescente prudenza (se
non addirittura di chiusura), arrivando anche ad annullare alcuni
provvedimenti di attuazione di norme comunitarie e arrivando a
richiamare le istituzioni politiche per le modalità di ratifica del
Trattato di Lisbona51.

48
L’elenco sopra introdotto può essere completato da alcune importanti de-
cisioni in materia di libertà di espressione, di funzione del Presidente della Re-
pubblica e di limiti alla punibilità dei crimini perpetrati dal precedente regime.
49
È quanto avvenuto con la citata decisione 23 del 1990 con cui sono state
annullate le previsioni in materia di pena di morte.
50
È quanto segnala C. BOULANGER, Europeanization Through Judicial Ac-
tivism? The Hungarian Constitutional Court’s Legitimacy and the “Return to
Europe”, in A. CZARNOTA – M. KRYGIER - W. SADURSKI, Spreading Democracy
and the Rule of Law? The Impact of EU Enlargement for the Rule of Law, De-
mocracy and Constitutionalism in Post-Communist Legal Orders, Dordrecht,
Springer, 2006, 263 – 280, che a proposito dell’attivismo giudiziario ungherese
scrive anche «almost every major legislative project in connection with the re-
gime change ended up at the Constitutional Court».
51
Vedi la sentenza 17 del 2004 (per un commento A. SAJO, Learning Co-
operative Constitutionalism the Hard Way: the Hungarian Constitutional Court
Shying Away from EU Supremacy, in Zeitschrift, 2004, 3, 351 – 371, e R. UITZ,
Eu Law and the Hungarian Constitutional Court: Lessons of the First Post-
accession Encounter, in W. SADURSKI – J. ZILLER – K. ŻUREK, Après Enlarge-
ment: Legal and Political Responses in Central and Eastern Europe, Firenze,
Robert Schuman Centre for Advanced Studies, 2006, 41 - 63) con cui i giudici
costituzionali hanno dichiarato l’incostituzionalità di un provvedimento interno
adottato per il recepimento di un atto comunitario e la sentenza 143 del 2010
con cui i giudici, pur salvaguardando la costituzionalità del Trattato di Lisbona,
LA GENESI 27

A prescindere dai limiti del testo costituzionale, dunque,


la funzione esercitata dalla Corte (che ha fatto parlare i costitu-
zionalisti più attenti di un inedito regime di «courtocracy52») si
sviluppa in piena coerenza con l’ambigua linea di tendenza che
ha guidato il costituzionalismo ungherese nei difficili anni della
transizione postcomunista e contribuisce a determinare un siste-
ma nel quale la scarsa attenzione ai profili della partecipazione
popolare si accompagna ad un avvicinamento ai valori sostanzia-
li della tradizione liberale53.

1.5. Le tensioni istituzionali generate dall’attivismo giudizia-


rio della Corte e le reazioni della politica: dalle prime
proteste degli anni novanta al progetto di una nuova Co-
stituzione di Pasqua

Malgrado il generale consenso tributato dalla dottrina all’i-


dea di costituzione invisibile e all’interventismo giudiziario
ungherese, le frizioni generate dall’instaurazione del regime di
courtocracy non hanno tardato a manifestarsi54. Così, già nei pri-
mi anni di vita dell’istituzione, in seguito ad un conflitto istitu-

hanno richiamato le istituzioni politiche alla necessità di fare ricorso allo stru-
mento del controllo preventivo di conformità costituzionale in occasione della
ratifica dei Trattati comunitari.
52
K. SCHEPPELE, Democracy by judiciary (or why Courts can sometimes be
more democratic than parliaments), in http://law.wustl.edu/harris/conferences/
constitutionalconf/ScheppelePaper.pdf, utilizza questo termine attribuendogli
una accezione sostanzialmente positiva. Per una critica all’attivismo giudiziale
della Corte ungherese, invece, si veda S. HOLMES, Back to the drawing board,
in East Eur. Const. Rev., 1993, 1, 21 – 25.
53
Cfr. A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 357 dove si arriva a sostenere che
certi profili del processo costituente ungherese, almeno in alcune specifiche
situazioni, malcelano atteggiamenti di matrice autoritaria.
54
A questo proposito A. ARATO – Z. MIKLÒSI, op. cit., 370 riferendosi alla fase
di più acuto attivismo giudiziario riferisce che «In this period, the court had a deci-
sive, but ambiguous role in defining the function of various institutional agents as
well as in making different political agents realize the limits of their power in the
new constitutional arrangement. Unsurprisingly, in the same period, the charge of
usurping the constituent sovereignty vested in the legislature was most frequently
made against the court». In un senso non molto diverso L. TRÓCSÁNYI, op. cit.,
scrive che «Between 1990 and 1994, the decisions of the Constitutional Court quasi
complemented the Constitution, and the Court acted as a sort of constitution-mak-
ing power through its decisions abstractly interpreting the Constitution».
28 PARTE I

zionale innescato da una serie di pronunce sulla disciplina dei


mass media, vari partiti (ed in particolare il partito MDF) sono
arrivati ad organizzare manifestazioni di piazza per esprimere il
loro dissenso nei confronti delle decisioni55. Alla stessa manie-
ra, qualche anno dopo, il compito di sconfessare pubblicamen-
te l’operato dei giudici costituzionali è toccato alla compagine
progressista: in seguito all’annullamento del pacchetto di misu-
re finanziarie proposte dal Ministro Bokros per risanare i conti
pubblici, il governo ha visto venire meno un terzo delle risorse
stanziate per l’esercizio di bilancio successivo e ha indirizzato
vibranti proteste nei confronti dell’attività della Corte.
Nonostante questi precedenti abbiano il merito di evidenziare le
reazioni bipartisan a certi eccessi giudiziari, occorre però segnalare
che la risposta più violenta all’operato dei giudici costituzionali è
stata espressa dal Primo ministro Viktor Orbán (leader di una coali-
zione tra FIDESZ - KDNP) nella seconda parte del 201056. Infatti,
forte di una maggioranza da sola sufficiente a modificare il testo fon-
damentale57, la coalizione di governo, in aperta reazione ad alcune

55
In linea di principio la dottrina è a questo proposito solita parlare di una
vera e propria “guerra dei media”. La genesi del delicatissimo conflitto istitu-
zionale può essere fatta risalire alla rottura dell’accordo tra MDF e SDZSD e
nel tempo ha portato il giudice costituzionale a pronunciarsi sulla legittimità di
vari profili della disciplina. In particolare, oltre alla pronuncia 37 del 1992 (con
cui si limita il potere del Presidente della Repubblica di bloccare la sostituzione
del Presidente dell’Autorità di controllo dei media) e oltre alla decisione 31 del
1995 (con cui si dichiara l’incostituzionalità di un provvedimento governativo
che individua mille dipendenti del settore radiotelevisivo da licenziare), si se-
gnala la decisione 47 del 1994 con cui il giudice costituzionale impedisce che il
governo controlli il sistema radiotelevisivo attraverso il bilancio. Per maggiori
indicazioni su questa controversa vicenda si rinvia a P. BAJOMI - LÁZÁR, Free-
dom of the media in Hungary, tesi di dottorato.
56
Con la decisione del 25 aprile 2010 il Parlamento ha nominato un apposito
Comitato (composto da 45 membri) per la redazione di una bozza di costituzio-
ne e ha (ri)avviato il processo costituente.
57
La larghissima maggioranza ottenuta dalla coalizione di centrodestra è proba-
bilmente spiegata dalla concomitanza di almeno due distinte cause: in primo luogo,
le dimensioni della crisi economica che ha indotto l’allora governo di SZDSZ a
chiedere l’aiuto dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale ha cre-
ato nella società civile profondi disagi (secondo quanto riportato nel commento
editoriale, Hungary’s new constitutional order and “European unity”, in Comm.
Mark. Law Rev., 2012, 49, 871 – 884, le elezioni sono state precedute da una serie
di manifestazioni di protesta contro le politiche del governo in carica) che si sono
prontamente tradotti in un atteggiamento di opposizione politica; in secondo luogo
LA GENESI 29

decisioni sfavorevoli adottate dai giudici in materia fiscale, dappri-


ma ha introdotto una serie di emendamenti costituzionali limitativi
del controllo di costituzionalità e poi ha proposto l’accorpamento di
queste nuove disposizioni in un nuovo testo costituzionale58. Così,
con un percorso praticamente parallelo alle dichiarazioni polemiche
che hanno accompagnato le statuizioni con cui la Consulta ha di
volta in volta sanzionato l’aggressiva politica fiscale del governo59,
le istituzioni politiche ungheresi, senza il benché minimo coinvol-
gimento delle principali forze di opposizione e senza l’effettivo
coinvolgimento della società civile60, hanno varato un processo

i meccanismi di una legge elettorale che altera vistosamente i risultati della com-
petizione politica ha trasformato il 48% dei consensi ottenuti dalla coalizione di
FIDESZ e KDNP in una maggioranza parlamentare superiore ai due terzi.
58
Come riporta il documento redatto da tre ONG ungheresi (intitolato Com-
ments on the Process of Framing the New Constitution of Hungary e disponibile
alla pagina web http://tasz.hu/files/tasz/imce/2011/comments_on_the_process_
of_framing_the_new_constitution_of_hungary_eki_hclu_hhc.pdf), l’idea di in-
trodurre una nuova Costituzione è stata proposta dal Primo ministro ungherese
già all’indomani della schiacciante vittoria ottenuta nel maggio 2010. Resta
però difficile non osservare che, dopo alcune dichiarazioni politiche che hanno
fatto seguito alla pubblicazione di certe decisioni dei giudici costituzionali, il
processo costituente ha subito un’improvvisa quanto inaspettata accelerazione
che ha portato all’adozione di una bozza di testo in soli sei giorni di lavori.
59
Secondo quanto riporta E. SORDA, Ungheria. Approvato un emendamento
alla Costituzione per limitare i poteri della Corte costituzionale in materia di tas-
sazione e fondi pubblici, in www.dpce.it/online, il governo ungherese, con l’inten-
to di fronteggiare le difficoltà economiche vissute dal paese, ha introdotto ingenti
tasse finalizzate a colpire il settore bancario, il settore energetico e il settore delle
telecomunicazioni. Tali imposte hanno fatto ritenere ad alcuni osservatori critici
che si sia violato il principio europeo di non discriminazione. Inoltre, il governo
ha imposto regole svantaggiose per i sottoscrittori di fondi pensione privati e ha
disposto una serie di tasse con efficacia retroattiva. Su questo ultimo profilo vedi
la decisione 184 del 2010 adottata dalla Corte costituzionale.
60
L’opposizione di centrosinistra, dopo l’abolizione della regola che richie-
deva una maggioranza dei quattro quinti per la disciplina di alcuni profili pro-
cedimentali connessi all’adozione della nuova Costituzione e dopo aver preso
atto di non poter partecipare paritariamente all’interno del Comitato Ad hoc, ha
disertato sia la fase di preparazione che la fase di approvazione del nuovo testo
costituzionale. Per quanto riguarda la società civile, si può dire che si è cercata
una forma blanda di coinvolgimento attraverso l’istituzione di una Consulta
nazionale e attraverso la proposizione di un questionario in cui si chiedeva ai
cittadini di pronunciarsi su una dozzina di questioni. Non si è invece convocato
un referendum che consentisse all’opinione pubblica di far valere il suo peso e
i lavori preparatori sono stati caratterizzati da una forte opacità. Nel tentativo di
enfatizzare la (invero abbastanza debole) dimensione partecipativa del processo
30 PARTE I

costituente a dir poco originale e si sono premurate di “blindare”


la posizione della compagine di governo. In primo luogo, il Parla-
mento ungherese (su impulso di un parlamentare appartenente alla
maggioranza61) ha disposto una rapida accelerazione dei tempi ori-
ginariamente programmati per l’approvazione della nuova Costitu-
zione62: riducendo a pochi mesi l’anno originariamente previsto per
concludere i lavori preparatori del Comitato Ad hoc, una mozione
parlamentare ha disposto che la bozza costituzionale avrebbe dovuto
essere pronta entro il 31 dicembre 2010 (invece che per il 30 giugno
dell’anno successivo) e ha praticamente imposto tempi di dibattito
assolutamente inconsueti per la discussione della prima versione di
una bozza di Costituzione (solo sei giorni di discussione). In secon-
do luogo, lo stesso legislatore, dopo aver arbitrariamente disposto
che il documento approvato dal Comitato avrebbe dovuto essere
preso in considerazione solo come semplice fonte di ispirazione63,
ha a sua volta proceduto a tappe forzate e il 18 aprile 2011 (solo un
mese dopo che il progetto in discussione era diventato di pubblico
dominio64), in seguito ad un iter parlamentare rapidissimo che non
ha in alcun modo provato a coinvolgere l’opposizione di centrosini-
stra65, è arrivato all’approvazione di un testo costituzionale che, con
l’idea di entrare in vigore il primo gennaio 2012, è stato promulgato
il lunedì di Pasqua successivo66.

costituente, L. TRÓCSÁNYI, op. cit., segnala che Università, Chiese, Governi lo-
cali e organizzazioni della società civile hanno avuto modo di poter esprimere
il loro punto di vista attraverso il questionario.
61
È importante segnalare la genesi non governativa del processo di riforma
costituzionale perché, in seguito ad una modifica del Regolamento parlamenta-
re (sempre voluta e approvata da FIDESZ), i progetti formalmente provenienti
dai rappresentanti dei cittadini possono essere approvati senza dibattito in aula
e con un margine limitatissimo per la possibilità di proporre emendamenti.
62
Cfr. L. TRÓCSÁNYI, op. cit., che sostiene l’adeguatezza dei tempi di adozione
e si limita a censurare solo l’opacità che ha governato il processo costituente.
63
A questo proposito vedi quanto riportato nel documento redatto dalle
ONG.
64
Come segnala il documento di denuncia delle tre ONG, la bozza che ha por-
tato all’approvazione della nuova Costituzione è stata presentata solo il 14 di marzo.
65
Il parlamento ungherese, con 262 voti a favore, 44 voti contrari e un’asten-
sione, ha approvato il nuovo testo costituzionale. I 79 deputati che fanno parte della
coalizione di centrosinistra non si sono polemicamente presentati al voto del testo
costituzionale.
66
Secondo quanto riferisce A. VINCZE, The New Hungarian Constitution:
Redrafting, Rebranding or Revolution?, in Int. Const. Law, 2012, 1, 88 – 109,
LA GENESI 31

Ai fini del ragionamento che si intende sviluppare non


sarà superfluo segnalare come, secondo la dottrina più attenta,
già lo stesso percorso illiberale seguito da FIDESZ per sostituire
la Costituzione, pur essendo parzialmente in linea con la tradizio-
ne che ha caratterizzato il ventennale processo di riforme inau-
gurato dalle Tavole rotonde, si ponga certamente al di là della
tradizionale opacità che ha contraddistinto praticamente tutti gli
interventi di revisione costituzionale. Infatti, per un verso è stato
messo in evidenza come il procedimento seguito sia stato viziato
da un’aporia evidente che almeno astrattamente avrebbe potuto
(e, in caso di effettiva presentazione del ricorso, dovuto67) deter-
minare l’annullamento per via costituzionale e che comunque si
pone in contrasto con una consolidata tradizione costituzionale68:

il Lunedì di Pasqua è stato scelto per ragioni in parte connesse alla simbologia
cristiana (la vittoria di Cristo sulla morte) e in parte connesse alla storia co-
stituzionale ungherese (la legislazione di Pasqua del 1848 segna un momento
celebrato nella storia dello stato ungherese e non appare casuale che il motto
con cui si conclude la nuova Costituzione sia lo stesso scelto in occasione dei
moti rivoluzionari). Inoltre il 25 aprile 2011 è il giorno del primo anniversario
del successo elettorale riportato dalla coalizione di governo.
67
Secondo quanto riporta A. ARATO, On Constitution Making in Hungary and
the 4/5 rule, in www.comparativeconstitutions.org, l’opposizione, probabilmen-
te a causa di un atteggiamento (in questo caso) prudente della giurisprudenza
costituzionale, ha strategicamente scelto di non utilizzare il ricorso astratto di
legittimità. Si è preferito evitare che un eventuale rigetto della questione relati-
va alla legittimità della nuova procedura (introdotta con apposito emendamento
costituzionale) per l’approvazione di una nuova Costituzione potesse legittimare
gli sviluppi successivi del processo costituente. La scelta strategica si è rivelata
essere sbagliata perché ha di fatto impedito che il giudice costituzionale potesse
intervenire per bloccare un progetto di riforma unilaterale della Costituzione.
68
È questo il giudizio perentoriamente espresso da A. ARATO, On Constitution
Making, cit., sulla base della considerazione per cui si dovrebbe interpretare la
disposizione del quinto comma dell’art. 25 della Costituzione del 1989 – ed in
generale tutte le norme che in funzione di garanzia prevedano condizioni più
gravi (ad esempio, quelle che impongono la formazione del consenso attraverso
maggioranze parlamentari super aggravate) rispetto a quelle previste dalle “sem-
plici” procedure di emendamento costituzionale - in maniera tale da impedire
che essa possa essere modificata con l’attivazione del meccanismo di revisione
costituzionale. In effetti, sebbene non sempre sia semplice verificare l’esistenza
di condizioni più gravi, un’interpretazione differente non sembra possibile perché
finirebbe con lo svuotare di significato la funzione di garanzia disposta dalla nor-
ma: in astratto, il non richiedere una maggioranza dei quattro quinti per modifica-
re la disposizione in questione produce l’effetto per cui una semplice maggioran-
za dei due terzi potrebbe incidere in ambiti chiaramente riservati alla disciplina
32 PARTE I

sembra impossibile sostenere la legalità della scelta di emendare


con “semplice” maggioranza dei due terzi dei membri del Parla-
mento quella regola che affida ai quattro quinti dei componen-
ti della stessa istituzione parlamentare il compito di definire le
procedure per l’introduzione della nuova Costituzione. Inoltre, la
stessa dottrina costituzionalistica ha segnalato come per un altro
verso sul processo con cui si è giunti ad adottare la nuova Co-
stituzione gravino una serie di dubbi ulteriori relativi ai profili
di legittimità69: nel dichiarato intento di difendere il paradigma
del costituzionalismo pluralistico e di impedire distorsioni del
corretto funzionamento dei sistemi multipartitici, si è messa in
discussione l’idea per cui, per quanto conforme ai margini di
legalità, l’adozione unilaterale di una nuova Costituzione possa
essere considerata costituzionalmente legittima70.

di maggioranze più ampie. È anche da notare che, con specifico riferimento al


caso in questione, essendo semplicemente richiesta una ‘misurabile’ maggioranza
parlamentare, non si pongono difficoltà di misurabilità perché la maggioranza
dei quattro quinti (richiesta dalle norme costituzionali in vigore fino all’inizio
del 2012 per definire la procedura di adozione della nuova Costituzione) è indu-
bitabilmente più grave della maggioranza dei due terzi ordinariamente richiesta
per modificare il testo costituzionale. Nello stesso scritto l’autore, giustamente,
mette in rilievo come ci siano pochi dubbi sul fatto che l’art. 79 del Grundgesetz
(la cosiddetta clausola di eternità con cui il Costituente tedesco ha fissato limiti
materiali alla realizzabilità di modifiche costituzionali) non possa essere modifi-
cato seguendo la semplice procedura di emendamento costituzionale. La stessa
conclusione è anche riproposta da A. ARATO, Post Sovereign Constitution, cit..
69
A questo proposito vedi Z. MIKLOSI, Constitution-Making, Competition
and Cooperation. On Hungary’s 2011 Fundamental Law, in G. A. TOTH, Con-
stitution for a Disunited Nation, Budapest, CEU Press, 2012, 59 - 81.
70
In particolare Z. MIKLOSI, op. cit., ritiene che, pur essendoci parecchie ragioni
per sostenere l’opportunità che una nuova Costituzione sia supportata da un’ampia
base di consenso, è la necessità di garantire il corretto funzionamento dei sistemi
multipartitici che impone un’adozione concertata tra i principali gruppi politici: la
necessità di garantire una competizione leale tra gli attori politici rende necessaria
la cooperazione al momento della definizione delle regole del gioco. Contro questo
argomento, invece, sia A. VINCZE, op. cit., 90, che L. TRÓCSÁNYI, op. cit., sostengono
che la concorrenza di ragioni politiche (la necessità di un rinnovamento in un mo-
mento di crisi) e ragioni giuridiche (l’illeggibilità di un testo emendato più volte e
la necessità di mutare la struttura costituzionale) rendevano improrogabile (e quindi
legittima) l’adozione di un nuovo testo costituzionale.
2. I CONTENUTI MATERIALI DELLA NUOVA
COSTITUZIONE E LA DISTANZA
DAGLI STANDARD EUROPEI

SOMMARIO: 2.1. Questioni procedurali e questioni sostanziali nella va-


lutazione della nuova Costituzione ungherese 2.2. Il “credo nazio-
nale” 2.3. I principi fondamentali 2.4. Libertà e responsabilità 2.5.
L’organizzazione dello Stato 2.6. L’allontanamento dagli standard
europei: i limiti nella tutela dei diritti fondamentali, le lesioni del
principio della separazione dei poteri e l’indebolimento sostanzia-
le del sistema dei pesi e dei contrappesi

2.1. Questioni procedurali e questioni sostanziali nella valu-


tazione della nuova Costituzione ungherese

La storia del costituzionalismo moderno mostra come, al


di là dei problemi connessi alla genesi dei testi costituzionali,
è certamente ipotizzabile che costituzioni adottate con procedu-
re poco coerenti con l’impostazione liberale possano comunque
mostrarsi idonee a garantire il funzionamento democratico del si-
stema di riferimento. Come è stato opportunamente segnalato dai
(pochi) difensori della nuova Costituzione ungherese, malgrado
al momento dell’approvazione del Grundegesetz la Baviera ab-
bia espresso la sua volontà di non accettare la bozza proposta,
nessuno ha mai contestato la legittimità del sistema costituziona-
le tedesco1. Alla stessa maniera è stato messo in evidenza come,
malgrado l’attuale Costituzione francese sia stata ‘imposta’ da

1
A. JACKAB, op. cit., riporta che il rifiuto bavarese della bozza di Costituzio-
ne proposta dagli occupanti costrinse i generali statunitensi ad esercitare pressioni
poco democratiche sul governo del Lander. K. OSVÁT – S. OSVÁT, Hungary’s 2011
Constitution: Key Features and Political Background, in ANU Centre for European
Studies Briefing Paper Series, 2011, 2, 1 – 17, segnala, invece, che furono necessari
soltanto otto mesi per adottare il testo costituzionale tedesco del 1949.
34 PARTE I

De Gaulle con modalità e tempi non molto diversi da quelli se-


guiti in occasione dell’adozione della nuova Costituzione un-
gherese, nessuno oggi si sentirebbe di contestare il complessivo
funzionamento democratico del sistema francese2. Questi due
esempi (che potrebbero certamente essere integrati da tanti altri
casi simili3) mostrano insomma come sia perfettamente possibile
che procedure di adozione estranee agli schemi del pluralismo
costituzionale si traducano in previsioni comunque capaci di ga-
rantire la vita democratica.
Al fine di farsi un giudizio sulla Costituzione ungherese del
2011 diventa pertanto imprescindibile non limitarsi all’anali-
si delle vicende che hanno caratterizzato l’entrata in vigore del
nuovo testo ed entrare nel merito delle questioni. Avendo in men-
te un’intenzione del genere, in questo capitolo si cercherà quindi
di verificare se le disposizioni adottate nel 2011 siano in linea
con gli standard europei. A questo proposito i prossimi paragrafi
saranno dedicati ad un esame analitico delle quattro parti in cui
si struttura il nuovo testo costituzionale magiaro4.

2
L. TRÓCSÁNYI, op. cit., riferisce che ai tempi dell’adozione della Costitu-
zione della V Repubblica francese, De Gaulle impose unilateralmente un testo
costituzionale non voluto dalle principali forze di opposizione. Sempre a propo-
sito della Costituzione francese K. OSVÁT – S. OSVÁT, op. cit., invece sottolinea
che essa venne approvata in soli sei mesi.
3
A. JACKAB, op. cit., riferisce anche che gli americani scrissero e imposero
la Costituzione giapponese del 1947 (attualmente vigente). Sempre lo stesso
autore inoltre riporta che la procedura di adozione della Costituzione federale
americana del 1787 fu promossa da un organo poco rappresentativo e poco
trasparente e fu adottata in aperta violazione delle norme di revisione costitu-
zionale previste dalla previgente costituzione confederale. A. VINCZE, op. cit.,
92, pur ammettendo che praticamente non vi è stata discussione pubblica, ricor-
da che anche la Convenzione di Filadelfia preparò la bozza di Costituzione in
completo segreto.
4
Come meglio si vedrà nei paragrafi successivi, la nuova Costituzione
prevede un “credo nazionale” (vedi la prossima nota), tre distinte parti e una
previsione conclusiva che rinvia all’adozione di norme transitorie. Per evitare
confusioni, sarà opportuno segnalare che ciascuna delle tre parti in cui si arti-
cola il testo costituzionale segue un proprio criterio di numerazione: le norme
della prima vanno dalla lettera A alla lettera T; le norme della seconda, invece,
vanno dal numero I al numero XXXI; le norme della terza, infine, vanno dal
numero 1 al numero 54. A. VINCZE, op. cit., 93, si chiede se sia possibile dedurre
conseguenze interpretative (ad esempio eventuali gerarchie) dalla tecnica uti-
lizzata per enumerare le norme.
LA GENESI 35

2.2. Il “credo nazionale”

In conformità con la funzione che generalmente viene at-


tribuita ai preamboli costituzionali, il “credo nazionale” magia-
ro contiene una serie di dichiarazioni di natura essenzialmente
politica che dovrebbero fungere da riferimento identitario per
i destinatari del testo5.
È importante segnalare che in linea con l’esperienza euro-
pea si riconosce esplicitamente che, sebbene siano prive di va-
lore normativo, le statuizioni contenute nel “credo nazionale”,
in quanto ricognitive dei valori su cui si fonda la vita consocia-
ta, possono essere utilizzate a fini interpretativi6.
Al di là di questa prima e superficiale similitudine, però,
gli autori più attenti hanno prontamente rilevato che il “credo
nazionale” del 2011 contiene alcuni riferimenti che impedisco-
no l’identificazione dei cittadini (o almeno di alcuni rilevanti
gruppi di cittadini) con la Costituzione e che possono creare
una serie di problemi tecnici di non secondaria importanza.
Innanzitutto, è abbastanza evidente che il richiamo ad un
concetto indefinito e storicamente mutevole come quello di
“costituzione storica” riduce la chiarezza del testo normativo:
sebbene il riferimento a prassi costituzionali consolidate non
rappresenti di per se stesso un problema, nel caso ungherese è
facile prevedere che la possibilità di attribuire differenti signi-

5
Per essere precisi, il costituente ungherese ha utilizzato l’espressione
«Nemzeti hitvallás» che in inglese deve essere tradotta non come «Preamble»,
ma piuttosto come «National Avowal». Nel dibattito italiano (in tal senso si
veda M. DE SIMONE, Ungheria: La nuova costituzione. Verso una deriva au-
toritaria?, in www.forumcostituzionale.it), l’espressione è stata tradotta con la
formula “credo nazionale”. Sia F. HORKAY HÖRCHER, op. cit., che L. TRÓCSÁNYI,
op. cit., sottolineano il punto e deducono alcune conseguenze interpretative.
6
Più precisamente, ai sensi del terzo paragrafo dell’art. R «The provisions
of the Fundamental Law shall be interpreted in accordance with their purposes,
the National Avowal and the achievements of our historical constitution». Se-
condo L. TRÓCSÁNYI, op. cit., la scelta di definire il nuovo testo come legge fon-
damentale anziché come costituzione porterebbe con sé un implicito richiamo
alla costituzione storica. Della stessa idea pare anche F. HORKAY HÖRCHER, op.
cit.. A. VINCZE, op. cit., 96 - 97, invece, segnala che alcune previsioni del “credo
nazionale” sono troppo generiche e per questo motivo, in ragione della funzione
interpretativa loro riconosciuta dall’art. R possono essere fonte di confusioni,
possono causare problemi applicativi e possono estendere oltremisura il margi-
ne di discrezionalità dell’autorità giudiziaria.
36 PARTE I

ficati al concetto creerà questioni interpretative di non sempli-


ce risoluzione7.
In secondo luogo, si è messo in evidenza come, sul piano
delle credenze religiose, i numerosissimi riferimenti alla tradi-
zione cristiana, a Dio e alla mitica figura del Re fondatore (Santo
Stefano) siano stati sviluppati in una maniera assai difficile da
conciliare con l’idea di neutralità8.
Infatti, sebbene non sia inconsueto che le costituzioni con-
tengano riferimenti del genere, a destare perplessità è una certa
ridondanza del testo e soprattutto il fatto che, diversamente da
quanto avviene in altre esperienze europee9, questi richiami (pur
essendo temperati da un passaggio in cui si statuisce il rispet-
to alle tradizioni religiose degli altri10) non sono in alcun modo

7
Si veda ancora una volta il terzo paragrafo dell’art. R. Anche A. JACKAB,
op. cit., pur esprimendosi in favore del processo di revisione costituzionale,
ritiene che l’inserimento dei richiami alla costituzione storica debba essere con-
siderato inopportuno. A. VINCZE, op. cit., 97, invece, sembra difendere la scelta
perché per un verso ritiene che siano molto rare le fattispecie in cui il concetto
possa trovare applicazione e per un altro perché ricorda che nei casi 48 del
1991, 2 del 1994 e 47 del 2009 la Corte costituzionale ha già richiamato l’idea
di costituzione storica.
8
A questo proposito sarà opportuno segnalare che la nuova Costituzione
contiene la cosiddetta Invocatio Dei («God bless the Hungarians»). È da no-
tare anche che relativamente al Re Santo Stefano il “credo nazionale” afferma
«We are proud that our king Saint Stephen built the Hungarian State on solid
ground, and made our country a part of Christian Europe one thousand years
ago». A proposito del ruolo del Cristianesimo, invece, si statuisce che «We re-
cognize the role of Christianity in preserving our nation». Anche A. JACKAB,
op. cit., contesta queste scelte del costituente ungherese. A. VINCZE, op. cit.,
94, invece, critica la scelta del termine utilizzato come titolo della parte, per-
ché l’espressione “credo nazionale” per un verso richiama il cosiddetto “credo
ungherese” (legato alle dolorose vicende del Trattato di Trianon) e per un altro
verso sembra imporre ai cittadini un obbligo di identificazione.
9
Diversamente da quanto ha scelto il costituente ungherese del 2011, il
costituente polacco, di fronte ad una società civile divisa tra gruppi cattolici e
militanti ateisti, ha scelto di non riferirsi in via esclusiva alla tradizione cristia-
na. Così, nell’attuale preambolo della Costituzione polacca si può leggere: «We,
the Polish Nation - all citizens of the Republic, both those who believe in God as
the source of truth, justice, good and beauty, as well as those not sharing such
faith but respecting those universal values as arising from other sources, equal
in rights and obligations towards the common good». Anche A. JACKAB, op. cit.,
pare ritenere questa soluzione preferibile.
10
In un passaggio del “credo nazionale”, a questo proposito, si legge: «We
value the various religious traditions of our country».
LA GENESI 37

‘controbilanciati’ da riconoscimenti alle concezioni laiche e


umaniste11.
In terzo luogo, l’enfasi nazionalistica che connota l’intero
impianto del “credo nazionale” sembra ancora più preoccupan-
te. Per un verso occorre rilevare come la frattura che intercorre
tra i membri della nazione ungherese e “i membri delle altre na-
zioni presenti sul territorio” (cioè le minoranze nazionali12), alla
stessa maniera dei riferimenti religiosi, rende molto remota la
possibilità che alcuni gruppi sociali possano identificarsi con il
nuovo ordine costituzionale13: mentre i primi sono formalmente
definiti come gli unici promotori della riforma costituzionale, gli
appartenenti alle minoranze, pur essendo in qualche modo rico-
nosciuti, paiono destinatari passivi del processo costituente e, in
alcuni casi, sembrano addirittura predestinati a ‘subire’ il nuovo
quadro normativo14. Inoltre, malgrado alcuni passaggi testimoni-
no una certa volontà di trovare un equilibrio tra istanze nazionali

11
È da notare, però, che, nella parte del documento che si colloca tra la di-
sposizione finale e le firme del Presidente della Repubblica e del Presidente del
parlamento, si può a questo proposito leggere: «We, the Members of Parliament
elected on 25 April 2010, being aware of our responsibility before God and
man, and in exercise of our constitutional power hereby adopt this to be the first
unified Fundamental Law of Hungary».
12
È da rilevare come rispetto alla formulazione contenuta nelle versioni
emendate della vecchia Costituzione il riferimento al termine “minoranze na-
zionali” viene sostituito dall’idea di “altre nazionalità che vivono con noi”. Se
si tiene in considerazione che tutti i testi internazionali in materia fanno riferi-
mento a questi termini, questa stranezza potrebbe forse essere spiegata con la
volontà di non dare applicazione agli standard minimi riconosciuti dal diritto
internazionale (in quanto formalmente applicabili alle minoranze e non alle na-
zionalità). Occorre inoltre segnalare che il riferimento al termine minoranze
etniche sparisce del tutto dal nuovo testo costituzionale.
13
Il “credo nazionale”, nell’individuare gli ungheresi come unico soggetto
costituente, si apre con la seguente statuizione: «WE THE MEMBERS OF THE
HUNGARIAN NATION, at the beginning of a new millennium, with a sense of
responsibility for every Hungarian, declare the following». A proposito delle
minoranze nazionali presenti sul territorio il testo si limita invece soltanto a sta-
tuire che «The nationalities living with us form part of the Hungarian political
community and are constituent parts of the State». R. DE FELICE – F. ZAMBUCO,
Osservazioni in merito ai rilievi sollevati dalla Commissione e dal Parlamento
dell’Unione europea alla nuova Costituzione ungherese, in Rass. Avv., 2012, 1,
99 – 120, definisce «troppo generico» il passaggio appena riportato.
14
È questo quanto viene giustamente sottolineato da M. SALVETTI, L’Ungheria
e la nuova Costituzione che preoccupa l’Europa, in www.rivistaaic.it.
38 PARTE I

e istanze universalistiche15, gli stati confinanti hanno immedia-


tamente denunciato la retorica nazionalista che soggiace alla di-
chiarazione con cui, in nome dell’unità della nazione, l’Ungheria
si impegna a prendersi cura delle numerose minoranze ungheresi
all’estero16.
Infine, malgrado siano in una certa misura comprensibili le
ragioni che hanno portato a rinnegare le esperienze che vanno
dal 19 marzo 1949 al 2 maggio 199017, il richiamo alla nullità
della previgente Costituzione del 1949 sembra preordinato a pri-
vare di legittimazione tutta l’attività istituzionale (in primis tutta
l’elaborazione della giurisprudenza costituzionale) precedente il
2012 perché basata su un ordinamento da considerare “invali-
do” ex tunc18. Al di là dei paradossi che una simile ricostruzione

15
A questo proposito occorre segnalare che nel “credo nazionale” si legge:
«we believe that our national culture is a rich contribution to the diversity of
European unity and we respect the freedom and culture of other nations, and
shall strive to cooperate with every nation of the world».
16
Secondo il “credo nazionale” l’Ungheria si impegna «to preserve the in-
tellectual and spiritual unity of our nation torn apart in the storms of the last
century». Tale previsione, letta in combinato disposto all’art. D, è stata avverti-
ta come una minaccia dagli stati vicini che ospitano minoranze ungheresi. Non
sarà superfluo rilevare che la Slovacchia, certamente preoccupata dalle circo-
stanze politiche generali, ha rifiutato il visto di ingresso al Presidente Solyom
che avrebbe dovuto andare ad inaugurare una statua di Santo Stefano presso
una comunità ungherese che vive all’interno dei suoi confini. Il caso è stato og-
getto di una pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea (C - 364/10,
Ungheria contro Slovacchia, del 16 ottobre 2012) che ha statuito che, malgrado
la libertà di circolazione delle persone riconosciuta dai trattati istitutivi, il dinie-
go del visto da parte delle autorità slovacche è stato perfettamente legittimo dal
punto di vista dell’ordinamento sovranazionale.
17
A questo proposito nel “credo nazionale” è possibile leggere che «We do
not recognise the suspension of our historical constitution due to foreign occupa-
tions» e che «We date the restoration of our country’s self-determination, lost on
the nineteenth day of March 1944, from the second day of May 1990, when the
first freely elected body of popular representation was formed. We shall consider
this date to be the beginning of our country’s new democracy and constitutional
order». Si può già notare che il momento dell’adozione delle modifiche costitu-
zionali del 1989 è posto all’interno dell’arco cronologico da disconoscere.
18
Il problema nasce dal fatto che secondo il “credo nazionale” «We do not
recognise the communist constitution of 1949, since it was the basis for tyran-
nical rule; therefore we proclaim it to be invalid». Malgrado l’interpretazio-
ne letterale sembri legittimare una simile ricostruzione, L. TRÓCSÁNYI, op. cit.,
esclude in radice la possibilità di un’interpretazione del genere. Sul punto vedi
infra nei capitoli successivi.
LA GENESI 39

potrebbe determinare19, essa sembrerebbe a prima vista smentita


dalla previsione conclusiva in cui si esplicita l’idea per cui è la
vecchia Costituzione la base legale per l’adozione del nuovo te-
sto costituzionale20. Tuttavia, non si può tacere il fatto che alcune
previsioni contenute nel testo sembrano andare nella direzione
esattamente opposta. In questo senso, un primo e problematico
esempio di sovvertimento dell’ordine costituzionale previgente
sembra già essere rappresentato dal passaggio in cui, in aperta
contraddizione con la giurisprudenza costituzionale degli anni
della transizione21, si afferma la possibilità di riaprire i processi
per i crimini perpetrati negli anni del regime22.

2.3. I principi fondamentali

La retorica nazionalista che caratterizza il “credo naziona-


le” impregna pure la parte della Costituzione dedicata ai principi
fondamentali. Addirittura, in questo caso l’art. D va più in là di
quanto stabilito nell’apertura del testo costituzionale e, ribaden-
do l’idea di una responsabilità sulle minoranze viventi negli stati
confinanti, arriva a statuire che «Hungary shall bear responsibil-

19
È facile rendersi conto che se si dovesse prendere alla lettera la previsione
in questione, essendo l’unica base di legittimità della nuova Costituzione rap-
presentata proprio dal testo normativo in questione, si finirebbe per dare vita ad
un vero e proprio paradosso legale: disposizioni che dichiarano la nullità di un
testo hanno come unica base di fondamento il testo annullato. Il paradosso è
anche evidenziato da A. VINCZE, op. cit., 96.
20
A questo proposito, dopo aver fissato la data di entrata in vigore per l’1
gennaio 2012, il secondo comma della norma conclusiva della Costituzione
sembra esplicito nel dichiarare che «Parliament shall adopt the Fundamental
Law pursuant to Section 19(3)a) and Section 24(3) of Act XX of 1949». Il terzo
comma della disposizione invece preannuncia la prossima introduzione di dis-
posizioni transitorie.
21
La possibilità di riaprire i termini per punire i crimini commessi nel pre-
cedente regime era stata affrontata dalla Corte costituzionale con la sentenza 11
del 1992 con cui, in nome di superiori esigenze di certezza del diritto, si statuiva
l’impossibilità dell’operazione.
22
È questa l’interpretazione che giustamente M. DE SIMONE, op. cit., de-
duce dall’inciso in cui nel “credo nazionale” si afferma che: «We declare that
no statutory limitation applies to the inhuman crimes committed against the
Hungarian nation and its citizens under the national socialist and communist
dictatorships».
40 PARTE I

ity for the fate of Hungarians living beyond its borders, and shall
facilitate the survival and development of their communities, it
shall support their efforts to preserve their Hungarian identity,
the assertion of their individual and collective rights, the estab-
lishment of their community self-governments, and their prosper-
ity in their native lands, and shall promote their cooperation with
each other and with Hungary»23.
Esattamente come nel “credo nazionale”, inoltre, anche
l’art. H sembra ispirato da una volontà di distinguere i cittadini
di nazionalità magiara dagli altri: garantendo solo la protezione
della lingua ungherese e limitandosi a consentire alle “altre na-
zionalità” (soltanto) la possibilità di utilizzare la propria, il testo
costituzionale pare dare una conferma della volontà di operare
una distinzione tra i vari gruppi sociali che vivono sul territorio24.
In piena coerenza con l’impostazione nazionalistica che
la connota, in questa parte del testo costituzionale, emergono
poi una serie di norme che testimoniano una certa chiusura nei
confronti dell’Europa. Così, si può notare innanzitutto che,
mentre l’art. K ha l’effetto di allontanare un possibile ingres-
so nella moneta unica europea25, l’art. E, oltre a riproporre
le procedure di ratifica già previste dal vecchio art. 2A, si
richiama agli schemi (assai lontani dagli schemi adottati dalla
teoria costituzionale europea) della delega delle competenze,
del fondamento interno dell’ordine giuridico sovranazionale

23
A. VINCZE, op. cit., 98, sottolinea che una norma simile era contenuta nella
Costituzione precedente. A ben vedere però, la formulazione del vecchio art. 6
si limitava semplicemente a prevedere soltanto che «The Republic of Hungary
bears a sense of responsibility for the fate of Hungarians living outside its borders
and shall promote and foster their relations with Hungary» e non aveva alcun
riferimento né alla volontà di preservare il senso di identità, né alla volontà di
offrire aiuto per l’instaurazione di formule di autogoverno.
24
A questo proposito l’art. H, dopo aver statuito che «In Hungary the of-
ficial language shall be Hungarian», al secondo comma prevede che «Hungary
shall protect the Hungarian language». A fronte di queste previsioni, l’art.
XXIX, senza prevedere nessun obbligo di protezione, dispone che «Nationali-
ties living in Hungary shall have the right to use their native languages and to
the individual and collective use of names in their own language, to promote
their own culture and to be educated in their native languages». Critico con
queste scelte A. VINCZE, op. cit., 99.
25
Prevedendo che «The official currency of Hungary shall be the forint», la
disposizione in questione impone che un eventuale ingresso nella moneta unica
europea sia possibile solo dopo una modifica costituzionale.
LA GENESI 41

e della natura internazionalistica del processo di integrazione


europea26.
Al di là dell’euroscetticismo testimoniato da queste previ-
sioni, però, sono alcune disposizioni puntuali che possono creare
problemi con l’ordine giuridico europeo. Rinviando al paragrafo
successivo l’esposizione dei possibili contrasti ulteriori con il si-
stema costituzionale europeo, per adesso sarà sufficiente segna-
lare come, in contraddizione logica con lo spirito che ha portato
all’introduzione del principio di apertura contenuto nel nuovo art.
Q27, l’art. L definisce il matrimonio come l’unione tra un uomo e
una donna e pone quindi alcuni problemi di coordinamento con
le norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e con
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea28. Alla stes-

26
Il nuovo art. E, dopo aver precisato che il governo è autorizzato ad eser-
citare in sede europea le prerogative previste dal diritto dell’Unione, definisce
le procedure di ratifica e, riprendendo quanto già previsto dalla vecchia Costi-
tuzione, impone una maggioranza dei due terzi dei membri del Parlamento per
la ratifica dei trattati europei. Come opportunamente segnala M. DE SIMONE, op.
cit., sparisce il principio pacifista che, sul modello dell’art. 11 italiano, era stato
previsto dal primo comma dell’art. 6 del vecchio testo costituzionale.
27
Secondo l’art. Q «In order to create and maintain peace and security and
to achieve the sustainable development of humanity, Hungary shall strive for co-
operation with every nation and countries of the world. Hungary shall ensure
harmony between international law and Hungarian law, in order to fulfil its ob-
ligations under international law, Hungary shall accept the generally recognized
rules of international law. Other sources of international law shall become part
of the Hungarian legal system by publication in the form of legislation».
28
Secondo il primo comma dell’art. L «Hungary shall protect the institu-
tion of marriage, as the union of a man and a woman established by voluntary
decision, and the family as the basis of the nation’s survival». Se, in virtù del
tenore letterale della norma, si dovesse affermare l’interpretazione per cui la
disposizione intende escludere il riconoscimento di qualunque tipo di unione
omosessuale (ad esempio le unioni civili istituite in Ungheria a cominciare dal
2009), occorrerebbe prendere atto che il costituente si è posto in una situazione
di contrasto con le indicazioni provenienti dagli orientamenti più progressisti
espressi dalla precedente giurisprudenza costituzionale, dalla giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo (la decisione 30191/04, Schalk and
Kopf vs. Austria, pur riconoscendo che non esiste uno standard europeo in ma-
teria di riconoscimento delle unioni omosessuali, in un inciso si preoccupa di
puntualizzare che «the Court cannot but note there is an emerging European
consensus towards legal recognition of same-sex couples. Moreover, this ten-
dency has developed rapidly over the past decade») e dalle norme europee (a
questo proposito, pur con tutti i suoi limiti di applicazione, l’art. 23 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione non opera distinzioni tra coppie omoses-
42 PARTE I

sa maniera le previsioni contenute nell’art. P (lette in combinato


disposto con l’art. XX e con l’art. XXI) suonano come un’aperta
sfida alle istituzioni dell’Unione europea29: prevedendo il divie-
to di circolazione dei rifiuti e il divieto di realizzare produzioni
agricole geneticamente modificate, esse non tengono in consi-
derazione le norme sovranazionali che disciplinano le materie e,
se effettivamente applicate, possono portare a disconoscere gli
obblighi contratti dal paese in sede europea30.
Accanto alle disposizioni di stampo nazionalistico ed euro-
scettico, la prima parte della Costituzione contiene inoltre alcu-
ne previsioni che esprimono la distanza del nuovo ordinamento
ungherese dai modelli dello stato costituzionale di diritto. Da
questo punto di vista non si può fare a meno di segnalare che la
norma contenuta nell’art. N, specificando che nell’adempimento
dei suoi doveri la Corte costituzionale «shall enforce the prin-
ciple of balanced, transparent and sustainable budget manage-
ment», è chiaramente orientata a subordinare l’azione dei giudici

suali e coppie eterosessuali). L’atteggiamento di sfavore tenuto dal costituente


nei confronti degli omosessuali è confermato dal fatto che, diversamente da
quanto avveniva in passato, l’art. XV non esplicita più il principio di non discri-
minazione in base agli orientamenti sessuali. Fortemente critico nei confronti di
queste disposizioni R. DE FELICE – F. ZAMBUCO, op. cit., 109. A. VINCZE, op. cit.,
99, pur nel tentativo di ridimensionare le critiche al testo costituzionale, ammet-
te che «the Hungarian Constitution may seem to be tardy or homophobic». M.
SALVETTI, op. cit., invece segnala i problemi che potrebbero essere determinati
dall’enfasi retorica con cui si rende funzionale all’idea di nazione il ruolo della
famiglia.
29
A questo proposito sarà opportuno segnalare che l’art. P introduce, in via
generale, l’obbligo di protezione dell’ambiente. Specificando la disposizione,
l’art. XX statuisce che «Every person shall have the right to physical and men-
tal health. Hungary shall promote the exercise of the right set out in Paragraph
(1) by ensuring that its agriculture remains free from any genetically modified
organisms, by ensuring access to healthy food and drinking water, by manag-
ing industrial safety and healthcare, by supporting sports and regular physical
exercise, and by ensuring environmental protection». Sempre con funzione di
specificazione dell’art. P, invece, l’art. XXI statuisce che «Hungary shall rec-
ognize and enforce the right of every person to a healthy environment. A person
who causes any damage to the environment shall be obliged to restore it or
to bear all costs of restoration as defined by law. No pollutant waste shall be
brought into Hungary for the purpose of dumping».
30
È quanto correttamente segnala A. VINCZE, op. cit., 100, che però ritiene
che le norme in questione offrano margini di manovra adeguati per evitare di
entrare in conflitto con l’ordinamento europeo.
LA GENESI 43

al rispetto delle esigenze economiche e rappresenta una prima


testimonianza (vedi infra anche i rilievi contenuti nel paragrafo
sull’organizzazione dello Stato) della volontà del costituente di
restringere i margini di intervento di una giurisprudenza costitu-
zionale ritenuta troppo invasiva31. Altrettanto preoccupanti sono
poi le previsioni con cui, riproponendo gli schemi della tradizio-
ne ungherese della “democrazia concertativa” in un contesto ca-
ratterizzato dalla predominanza di una sola coalizione32, la nuova
Costituzione ha evidentemente abusato dei richiami alla legisla-
zione organica e ha sostanzialmente creato le condizioni affinché
il gruppo politico dell’attuale maggioranza possa pesantemente
condizionare gli sviluppi futuri del sistema giuridico33: se si tiene
in considerazione che gli articoli successivi della Costituzione
richiamano per oltre cinquanta volte la necessità di disciplinare

31
R. DE FELICE – F. ZAMBUCO, op. cit., 110, critica questa impostazione e seg-
nala come le preoccupazioni di bilancio possano facilmente spingere la Corte
ad un atteggiamento poco garantista. Perplessità esprime anche A. VINCZE, op.
cit., 100, che ricorda come la Corte possa essere indotta (peraltro, come meglio
vedremo infra, sotto la spinta delle altre previsioni costituzionali) a non inter-
venire per correggere provvedimenti in materia fiscale.
32
Per dovere di cronaca occorre ricordare come, sin dalle primissime fasi
della transizione degli anni novanta, FIDESZ si sia preoccupata di difendere
gli schemi della democrazia concertativa che era stata imposta dalla classe diri-
gente comunista per sfruttare la frammentazione delle opposizioni e provare a
ritagliarsi un ruolo nell’Ungheria post-comunista. I vecchi dirigenti ungheresi,
infatti, ritenevano che nel quadro politico degli anni novanta l’introduzione di
una serie di provvedimenti da adottare a maggioranza qualificata avrebbe fa-
cilitato un loro coinvolgimento nelle decisioni più importanti. Tuttavia, non
si può fare a meno di notare che, in un contesto caratterizzato da un quadro
parlamentare in cui una maggioranza dei due terzi dimostra quasi quotidiana-
mente di non voler prendere in considerazione il punto di vista di opposizioni
deboli e frammentate, l’introduzione della legislazione organica perde di ogni
valenza di garanzia del pluralismo e si trasforma in uno strumento per rafforza-
re la possibilità di sopravvivenza di norme unilateralmente imposte. Da questo
punto di vista è facile rendersi conto che le nuove norme organiche potrebbero
essere modificate senza il consenso di FIDESZ soltanto nel caso (invero abba-
stanza remoto) che dalle prossime elezioni dovesse uscire un Parlamento in cui
l’attuale maggioranza è rappresentata da meno di un terzo dei parlamentari. La
composizione politica delle attuali forze di opposizione (dagli eredi del vecchio
Partito comunista alla destra neonazista) rende assai difficile che un’ipotesi del
genere si possa realizzare nel breve periodo.
33
In questo senso, il quarto comma dell’art. T prevede che «Cardinal Acts
shall be Acts of Parliament, the adoption and amendment of which require a
two-thirds majority of the votes of Members of Parliament present».
44 PARTE I

specifiche materie con leggi organiche da approvare con maggio-


ranza dei due terzi dei parlamentari presenti in aula e se si tiene
in considerazione che gli ambiti riservati al legislatore organico
hanno (in molti casi) delle peculiarità che rendono inopportuno
l’intervento con maggioranza aggravata34, ci si rende facilmente
conto di come l’art. T aggravi le condizioni per cui una futura
maggioranza possa modificare le discipline introdotte dalla mag-
gioranza attuale e finisca quindi con l’inaugurare una prassi dai
risvolti fortemente antidemocratici35. Per di più, individuando in
maniera assolutamente generica le tipologie di fonti normative,
la stessa disposizione finisce per lasciare margini di ambiguità in
materia di gerarchia delle fonti e, indebolendo i corollari princi-
pali dell’idea di stato di diritto, può essere interpretata nel senso
che essa attribuisce lo stesso valore giuridico agli atti normativi
parlamentari, agli atti normativi governativi e agli altri atti nor-
mativi costituzionalmente riconosciuti36.

34
I difensori della nuova Costituzione ungherese, oltre a rilevare che in
molti ordinamenti europei si utilizza la legislazione organica, sostengono che
a fronte di oltre cinquanta richiami nel testo, in realtà, le materie riservate al
legislatore organico sono circa una trentina. Tuttavia, è il caso di rilevare che,
diversamente da quanto avviene negli altri ordinamenti e a prescindere dal nu-
mero concreto delle materie riservate, ciò che preoccupa di più è la previsione
della maggioranza aggravata (per non dire ‘quasi costituzionale’) per dettare
discipline dettagliate in ambiti sensibili alle evoluzioni sociali come il diritto di
famiglia o il sistema fiscale e pensionistico.
35
Cfr. L. CSINK, Sources of law, in L. CSINK – B. SCHANDA – A. ZS. VARGA, op.
cit., ritiene che la ragione per cui alcuni ambiti sono riservati al legislatore organico
sia da spiegare con la volontà di garantire stabilità giuridica di certi principi ritenuti
particolarmente importanti. Pertanto, egli ritiene che i richiami non sono di per se
stessi lesivi, ma essi possono creare problemi di democraticità soltanto nel caso in
cui il legislatore organico dovesse intervenire a determinare (non solo i principi,
ma) anche le normative di dettaglio. A. VINCZE, op. cit., 101, oltre a segnalare le
questioni già esposte, evidenzia che si potrebbero determinare problemi anche nel
caso in cui l’attuale maggioranza dovesse essere confermata senza l’appoggio dei
due terzi dei parlamentari. Anche A. JACKAB, op. cit., pur sdrammatizzando la que-
stione e pur sostenendo che i riferimenti alla legislazione organica sono diminuiti
rispetto a quanto previsto dalla vecchia Costituzione, riconosce che gli ambiti con-
cretamente riservati possono destare preoccupazioni. L. TRÓCSÁNYI, op. cit., sembra
sottintendere che anche da questo punto di vista l’intervento del costituente è stato
opportuno perché ha ridotto gli ambiti riservati alla legislazione ordinaria.
36
Ai sensi del secondo dell’art. T «Legislation shall include Acts of Parlia-
ment, government decrees, orders by the Prime Minister, ministerial decrees,
orders by autonomus regulatory bodies and local ordinances. Legislation shall
also include orders issued by the National Defence Council and the President
LA GENESI 45

Infine occorre segnalare che, in sfregio all’idea di pluralismo


e all’idea di alternanza delle forze di governo, la nuova Costitu-
zione non riprende la disposizione contenuta nel vecchio art. 3
con cui, in reazione alle tragiche esperienze della seconda metà
del novecento, si escludeva la possibilità che un unico partito
potesse esercitare il controllo esclusivo su un organo dello Stato
e si affermava un’idea plurale di democrazia37.

2.4. Libertà e responsabilità

Uno degli argomenti utilizzati per ribadire l’improrogabilità


dell’adozione del nuovo testo costituzionale è stato quello rela-
tivo al fatto che, per ragioni strutturali, la vecchia Costituzione
relegava la tutela dei diritti nella parte finale del testo. In ragione
di queste considerazioni, non desta alcuno stupore che la parte
immediatamente successiva a quella relativa ai principi fonda-
mentali sia oggi dedicata alle libertà.
Per quanto simbolicamente significativa, una simile circo-
stanza non deve però indurre a facili entusiasmi. Alla stessa ma-
niera, non può essere sopravvalutata nemmeno la previsione di
nuovi diritti non codificati dal vecchio testo costituzionale. In-
fatti, già sul piano generale, non è difficile osservare come, in
ossequio alla concezione nazionalistica che lo pervade, il testo
costituzionale sembri ispirato da un certo organicismo38 di fondo
che, in relazione alla tutela dei diritti fondamentali, può crea-

of the Republic during any state of national crisis». È da notare che, limitandosi
a disporre che «no legislation shall conflict with the Fundamental law» e non
prevedendo alcuna forma di ulteriore coordinamento tra le varie tipologie di atti
che richiama, la norma sembra equipararli tutti e pare voler lasciare aperta la
gerarchia delle fonti. L. CSINK, op. cit., nega la legittimità di un’interpretazione
del genere e propone una propria ricostruzione della gerarchia delle fonti.
37
È quanto sottolinea M. DE SIMONE, op. cit.. Lo stesso autore segnala pure
che, non curandosi dei fatti di cronaca che registrano un numero crescente di
episodi di violenza nei confronti delle comunità Rom, la nuova Costituzione non
si è preoccupata di escludere la legittimità delle organizzazioni paramilitari di
ispirazione politica (che in molti casi sono state protagoniste dei detti episodi).
38
In un’intervista recentemente rilasciata, proprio a proposito di questo titolo
del testo costituzionale, Orban ha confermato sia il carattere sostanzialmente illibe-
rale della Costituzione, sia il ritorno di una certa dimensione organicistica e ha giu-
stificato queste scelte sulla base di una presunta volontà espressa dagli ungheresi.
46 PARTE I

re più di un problema (specie in relazione alla tutela dei diritti


sociali)39. Da questo punto di vista, un primo indizio è rappresen-
tato dalla scelta di mettere insieme sotto lo stesso titolo libertà,
diritti e responsabilità.
Nella stessa direzione va anche l’art. I con cui prima si af-
ferma il principio per cui i diritti fondamentali sono riconosciu-
ti a non meglio definite entità collettive e poi, con una formula
che lascia aperta la possibilità che gli interessi dei corpi sociali
possano sistematicamente prevalere su quelli delle persone, si in-
troduce l’idea di un bilanciamento tra diritti confliggenti (senza
alcuna distinzione tra prerogative personali e interessi collettivi)
e tra istanze individuali e interesse generale40. Inoltre, l’impianto
organicista è confermato dalla modalità con cui, in attuazione
dei principi contenuti in varie disposizioni della prima parte ed
in particolare nell’art. O e nell’art. P41, si elencano i doveri dei
cittadini42: sia la previsione di un “obbligo di contribuzione al

39
Al di là delle affermazioni retoriche che hanno accompagnato l’entrata
in vigore del testo sul piano dei diritti sociali (e dei diritti connessi alla sfera
lavorativa in particolare) si registrano preoccupanti arretramenti. Come segnala
M. DE SIMONE, op. cit., con una formulazione ambigua (l’art. XVII parla ge-
nericamente di “diritto all’interruzione del lavoro”) il diritto di sciopero viene
equiparato al diritto di serrata, manca un riferimento al diritto al lavoro e spari-
sce il diritto ad un’equa retribuzione.
40
Dopo aver solennemente statuito che «Hungary shall recognize the fun-
damental individual and collective rights of Man», l’art. I, al terzo comma, pre-
cisa che «A fundamental right may be restricted to allow the exercise of another
fundamental right or to defend any constitutional value to the extent absolutely
necessary, in proportionate to the desidered goal, and in respect of the essential
content of such fundamental right». Anche R. DE FELICE – F. ZAMBUCO, op. cit.,
110 critica la scelta del costituente.
41
Potrà essere utile ricordare che l’art. O statuisce che «Every person shall be
responsible for his or herself, and shall be obliged to contribute to the performance
of state and community tasks to the best of his or her abilities and potential» e che
l’art. P prevede che «All natural resources, especially agricultural land, forests and
drinking water supplies, biodiversity – in particular native plant and animal species
– and cultural assets shall form part of the nation’s common heritage, and the State
and every person shall be obliged to protect, sustain and preserve them for future
generations». Secondo N. CHRONOWSKI – T. DRINÓCZI – M. KOCSIS, What question of
interpretation may be raises by the new Hungarian constitution?, in Int. Const. Law,
2012, 1, 41 – 64, possono essere fatte rientrare tra le norme della prima parte in cui si
manifesta la retorica organicista anche l’art. C (relativo al diritto/dovere di resistenza
contro il potere arbitrario) e l’art. R. (relativo all’obbligo di rispettare la Costituzione).
42
Si può a questo proposito indicare che N. CHRONOWSKI – T. DRINÓCZI – M.
KOCSIS, op. cit., 50 sostiene che nel passaggio dal vecchio al nuovo testo costi-
LA GENESI 47

soddisfacimento dei bisogni sociali”43, sia la previsione di un


“obbligo di contribuire, al meglio delle proprie capacità, al sod-
disfacimento dei bisogni della comunità”44 sono accomunate da
una preoccupante genericità e, specie se lette assieme ad altre di-
sposizioni dello stesso tenore45, sembrano esprimere una filosofia
che prevede un asservimento quasi sistematico dell’individuo ai
bisogni della collettività46.
Mantenendosi sempre sul piano dell’impostazione generale,
al di là dell’olismo, la scarsa attenzione che le norme in questio-
ne manifestano verso il tema è poi testimoniata dalle formula-
zioni vaghe che accomunano molte delle previsioni in materia
di diritti fondamentali e lasciano al legislatore un margine di di-
screzionalità eccessivamente ampio: limitandosi a prevedere che
«the rules for fundamental rights and obligations shall be deter-
mined by special Acts» il terzo comma dell’art. I non fornisce
linee guida per l’attività legislativa e sostanzialmente finisce con
il rimettere le valutazioni in materia di diritti all’attività norma-
tiva ordinaria47.
Lasciando da parte i problemi connessi all’impianto gene-
rale, pure l’analisi delle formule concretamente utilizzate per
il riconoscimento dei singoli diritti mostra problemi evidenti.

tuzionale i doveri sono passati da sei a dodici.


43
Più precisamente, ai sensi dell’art. XII, «Every person shall be obliged to
contribute to the community’s enrichment with his or her work to the best of his
or her abilities and potential».
44
Ai sensi dell’art. XXX «Every person shall contribute to satisfies com-
munity needs to the best of his or her capacity and in proportion to his or her
participation in the economy».
45
Secondo N. CHRONOWSKI – T. DRINÓCZI – M. KOCSIS, op. cit., 50, oltre
alle norme già citate in questo paragrafo, possono essere fatte rientrare tra le
norme della seconda parte in cui si manifesta la retorica organicista anche il
terzo comma dell’art. XVI (relativo agli obblighi dei genitori verso i figli) e
il comma successivo della stessa disposizione (relativo agli obblighi dei figli
verso i genitori), l’art. XVII (relativo all’obbligo di cooperazione tra imprendi-
tore e lavoratori dipendenti) e l’art. XXXI (relativo all’obbligo di difendere la
patria).
46
Si potrebbe dire che, ribaltando quella aspirazione ai diritti che secondo
N. BOBBIO, op. cit., è stata la cifra identificativa del costituzionalismo liberale
moderno, il costituente ungherese abbia inteso riprendere le codificazioni dei
doveri che hanno contraddistinto i sistemi giuridici arcaici.
47
A questo proposito si vedano ad esempio i riferimenti contenuti nel terzo
comma dell’art. VII (a proposito dell’organizzazione delle associazioni di culto) e
nel terzo comma dell’art. IX (a proposito della regolazione della libertà di stampa).
48 PARTE I

A questo proposito si può innanzitutto osservare che, contrad-


dicendo un’ambigua apertura all’Europa che in questo campo
pareva potersi desumere dalla dichiarata volontà di riprendere
testualmente le previsioni della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea48, molte disposizioni sono in aperto con-
trasto con le prescrizioni del diritto europeo e con quelle del
diritto convenzionale (oltreché con quelle del diritto interna-
zionale generale): per la sua possibilità di essere interpretata
in un senso che riduce l’indipendenza dell’Autorità di control-
lo sui dati personali, la previsione in materia di privacy pone
seri problemi in relazione alla Direttiva europea che disciplina
la materia49; sia la previsione con cui si riconosce la protezione

48
Il 21 febbraio 2011, Tibor Navracsics, Ministro ungherese della Giustizia
e della Pubblica amministrazione, ha richiesto alla Commissione di Venezia di
preparare un’opinione su tre specifici quesiti legati al processo costituente un-
gherese. Con il primo di questi quesiti si chiedeva di accertare se un’eventuale
incorporazione di alcune previsioni della Carta dei diritti fondamentali dell’U-
nione europea all’interno del nuovo testo costituzionale potesse essere utile ai
fini di un rafforzamento della protezione dei diritti fondamentali in Ungheria e
ai fini di un rafforzamento dei comuni valori europei. Di fronte a questa que-
stione, la Commissione, con il parere 614 del 2011, CDL – AD (2011) 001 (On
three legal questions arising in the process of drafting the new Constitution on
Hungary), rispondeva che, malgrado i lodevoli intenti, la scelta dell’incorpora-
zione poteva comportare insidie tecniche di non facile soluzione. In particolare,
si mettevano in evidenza i rischi di conflitti interpretativi che si potrebbero
determinare in seguito ad una simile scelta: Corte di giustizia europea e corti
interne, partendo dallo stesso testo, potrebbero fornire interpretazioni differenti
e finire con il delegittimarsi reciprocamente. Inoltre, nell’ipotesi in questione,
si assisterebbe ad un proliferare delle cosiddette situazioni di «doppia pregiudi-
zialità» (per maggiori indicazioni sui problemi teorici della doppia pregiudizia-
lità si veda M. CARTABIA, Considerazioni sulla posizione del giudice comune di
fronte a casi di «doppia pregiudizialità», comunitaria e costituzionale, in Foro
it., 1997, 5, 222 – 225) perché ogni contrasto con il diritto europeo sarebbe per
definizione anche un contrasto con il diritto interno che lo richiama e ciò, met-
tendo i giudici ordinari nelle condizioni di dover concretamente scegliere quale
ricorso esperire, potrebbe creare le condizioni per una vera e propria “fuga”
dalla Corte di giustizia.
Al di là della questione specifica, ai fini del nostro discorso il documento è
interessante anche perché, avendo l’Ungheria scelto di discostarsi dal parere
della Commissione, mette in evidenza i limiti del dialogo tra i vari sistemi giu-
ridici e quindi offre una prima conferma dell’idea portata avanti in questo libro.
49
Come giustamente segnala A. VINCZE, op. cit., 103, il terzo comma dell’art.
VI prevede che «The exercise of the right to the protection of personal data and the
access to data of public interest shall be supervised by an indipendent authority»
e sembra finalizzato ad aprire la possibilità di una rimozione strumentale del Com-
LA GENESI 49

dell’embrione umano dal momento del concepimento50, sia quel-


la con cui (escludendo ogni possibilità di sospensione della pena)
si riconosce la possibilità di condannare all’ergastolo segnano in-
vece un inaspettato scostamento dalla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo51.
Infine, anche a voler tacere degli ulteriori problemi che ca-
ratterizzano le altre disposizioni contenute in questa seconda par-
te52, non si può fare a meno di segnalare come, in sfregio a qualsi-

missario ungherese per la protezione dei dati personali (vedi anche le considerazio-
ni svolte infra nelle prossime pagine). Una simile evenienza si porrebbe in aperto
contrasto con le indicazioni provenienti dall’art. 28 della Direttiva 95/46/CE che
invece impongono la piena indipendenza dell’Autorità nazionale che provvede al
controllo dei dati personali. È appena il caso di notare che, secondo quanto statuito
dalla sentenza C - 518/07, Commissione contro Germania, della Corte di giustizia
europea, l’indipendenza da riconoscere delle autorità di controllo deve essere intesa
nel senso che essa esclude qualunque influenza diretta o indiretta.
50
Prevedendo che «Every human being shall have the right to life and human
dignity; embrionic and foetal life shall be subject to protection from the moment of
conception», la previsione contenuta all’art. II pare ricollegarsi ad una concezione
assoluta della vita dell’embrione e (pur non essendo l’unica norma costituzionale
in Europa che contiene una disposizione del genere) sembra legittimare un bilan-
ciamento tra interessi contrapposti che in qualsiasi caso privilegia l’interesse alla
vita del nascituro su quello contrastante della madre. Una simile possibilità è stata
esplicitamente esclusa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso 25579/05,
A, B e C contro Irlanda dove i giudici hanno precisato che è necessario un equo
bilanciamento tra gli interessi contrapposti. Sul piano extragiuridico, la norma in
questione è stata criticata anche perché, nel momento in cui afferma la dignità uma-
na, non si preoccupa di escludere (esplicitamente) la legittimità della pena di morte.
Critico sul punto R. DE FELICE – F. ZAMBUCO, op. cit., 111.
51
A questo proposito si può segnalare come prevedendo che «life impri-
sonment without parole shall only be imposed in relation to the commission of
wilful and violent offence», il secondo comma dell’art. IV si pone in contrasto
con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ed in particolare
con la sentenza 21906/04, Kafkaris contro Cipro, con cui i giudici di Strasburgo
hanno puntualizzato che una condanna all’ergastolo è conforme ai parametri
imposti dalla Convenzione soltanto nei casi in cui al prigioniero sia lasciata una
possibilità, seppur minima, di essere rilasciato. Condivide le perplessità anche
R. DE FELICE – F. ZAMBUCO, op. cit., 111. M. SALVETTI, op. cit., invece, giusta-
mente sottolinea come la costituzionalizzazione di una norma che generalmente
è prevista nei codici (o comunque nella legislazione ordinaria) sia anomala. M.
DE SIMONE, op. cit., segnala che, con una scelta anomala per un testo costitu-
zionale, il costituente sceglie di riconoscere la legittima difesa, ma in maniera
assai discutibile non si preoccupa di vincolarla al criterio della proporzionalità
tra offesa e reazione.
52
Si potrebbe a questo proposito mettere in evidenza come, prevedendo
50 PARTE I

asi elementare concezione di democrazia, la libertà di stampa sia


stata degradata da diritto individuale a semplice obiettivo dello
Stato53.

2.5. L’organizzazione dello Stato

Alla luce delle norme relative all’organizzazione dello Stato,


le questioni sollevate dall’analisi del “credo nazionale” e delle
prime due parti del testo costituzionale sembrano destinate a su-
scitare preoccupazioni ancora più gravi. Infatti, dando sviluppo
all’impostazione antidemocratica abbozzata nella parte sui prin-
cipi fondamentali e in quella sui diritti, la terza parte della Costi-
tuzione contiene una pluralità di norme finalizzate ad accentrare
il potere decisionale nelle mani del governo.
A questo proposito, sul piano generale, si può immediata-
mente segnalare come la genericità che caratterizza anche queste
disposizioni, oltre a potersi tradurre in una serie di “dramma-
tiche” questioni interpretative, finisce con il lasciare alla legi-
slazione (ordinaria o organica a seconda dei casi) successiva la
possibilità di apportare cambiamenti radicali e potenzialmente

genericamente che «a person disenfranchised by a court for committing an of-


fence shall have no suffrage», il sesto comma dell’art. XXIII può porre una
serie di problemi in relazione alle modalità di riconoscimento dei diritti politici.
M. DE SIMONE, op. cit., invece, giustamente segnala che, limitando automati-
camente il suffragio delle persone con limitate capacità mentali e non distin-
guendo tra interdizione e inibizione, la stessa norma si pone in contrasto con
la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (vedi la sentenza
38832/06, Kiss contro Ungheria).
53
A questo proposito il secondo comma dell’art. IX, dopo aver espresso la
libertà di opinione e la libertà di espressione (M. DE SIMONE, op. cit., invece
segnala che nella nuova formulazione del principio sparisce il diritto a ricevere
informazioni di interesse pubblico), si limita a statuire che «Hungary shall re-
cognise and defend the freedom and diversity of the press, and shall ensure the
conditions for the free dissemination of information necessary for the formation
of democratic public opinion». È appena il caso di notare che, malgrado la sua
enfasi retorica sull’idea di pluralismo e democrazia, almeno sulla base della
formulazione letterale, la disposizione non autorizza un’interpretazione della
libertà di stampa come prerogativa individuale ed immediatamente esigibile
davanti ad un giudice. Pure M. SALVETTI, op. cit., sottolinea la formulazione
letterale della norma. La scelta del costituente è stata criticata anche da R. DE
FELICE – F. ZAMBUCO, op. cit., 111 – 112.
LA GENESI 51

lesivi del principio della separazione dei poteri e del principio


dell’alternanza delle forze di governo54.
La realizzazione di questa già di per se stessa pericolosa cir-
costanza è resa assai più verosimile (e dunque più inquietante) da
quelle disposizioni con cui la stessa Costituzione inizia ad alterare
il normale funzionamento delle istituzioni ordinariamente respon-
sabili del controllo sulle azioni del potere esecutivo55. Innanzitut-
to, lungi dall’essere meramente simbolica, la scelta di rivedere le
norme relative ad alcuni soggetti istituzionali di garanzia pare fi-
nalizzata ad aprire la via ad un percorso di rimozioni di quelle per-
sonalità considerate non organiche all’organizzazione di FIDESZ:
sia la scelta di rinominare il Tribunale supremo56, sia la scelta di
sostituire i vari Ombudsman con un unico Commissario per i diritti
fondamentali57 sono immediatamente apparse strumentali alla rea-
lizzazione di un progetto assai poco ortodosso di “colonizzazione”
delle istituzioni58. Alla stessa maniera, per quanto vaghe, le norme
dedicate alla futura organizzazione della Banca centrale paiono
destinate a ridurre i margini di indipendenza dell’istituzione e del
suo Governatore59. Inoltre, anche l’alterazione della composizione
numerica della Corte costituzionale e la non indicazione del divie-
to di rieleggibilità dei giudici paiono preordinate a riorientare il
comportamento di un’istituzione considerata nemica o per lo meno
riottosa60: elevando il numero dei componenti da undici a quindi-

54
Condivide il giudizio sia R. DE FELICE – F. ZAMBUCO, op. cit., 113, che M.
DE SIMONE, op. cit..
55
In tal senso può essere emblematico il fatto che, sebbene l’art. 26 si
premuri di puntualizzare che i singoli giudici «shall be independent and only
subordinated to law», la nuova Costituzione in nessun punto si preoccupa di
statuire che la magistratura rappresenta un potere indipendente.
56
Il primo comma dell’art. 25 cambia il nome della massima autorità giudi-
ziaria ungherese: abbandonato il nome Corte suprema (Legfelsőbb Bíróság in
ungherese) si riprende il nome storico Curia (Kúria).
57
La disciplina del nuovo Commissario per i diritti fondamentali è conte-
nuta nell’art. 30.
58
In F. VECCHIO, Lo strano caso della nuova Costituzione ungherese e la necessità
di ripensare l’architettura istituzionale europea, in B. ANDÒ – F. VECCHIO, Costituzio-
ne, globalizzazione e tradizione giuridica europea, Padova, CEDAM, 2012, 161 –
181, mi è sembrato opportuno parlare di un tentativo di “colonizzazione” istituzionale.
59
In questo senso si veda l’art. 41 del testo costituzionale.
60
Condivide questa idea anche M. BÁNKUTI – G. HALMAI – K. SCHEPPELE, op.
cit., 138 – 140.
52 PARTE I

ci61 (anche grazie alla concomitante necessità di sostituire un altro


componente del collegio62) e affidando al Parlamento il compito di
eleggere il Presidente della Consulta63, la nuova Costituzione crea
le condizioni per le quali il governo, forte della sua solida maggio-
ranza parlamentare, possa alterare gli equilibri del controllo costi-
tuzionale e addomesticare l’organo. Accanto a queste disposizioni,
si segnala anche la previsione di cariche che, pur essendo nominate
dall’attuale Parlamento, sono caratterizzate da durate che superano
(in molti casi abbondantemente) la vita dell’attuale maggioranza:
quasi in parallelo ai vincoli imposti all’azione parlamentare futura
dall’abuso della legislazione organica, le norme con cui si esten-
dono i mandati del Presidente della Repubblica, del Procuratore
generale, dei giudici (e del Presidente) della Corte costituzionale
e del (prossimo) Presidente della Corte suprema64, esprimono la
volontà di limitare il raggio di azione delle prossime (ed eventual-
mente alternative) maggioranze parlamentari.
Al di là dei legittimi sospetti (peraltro, come meglio si vedrà
infra, progressivamente confermati dalla prassi politica successi-
va) che tutte queste norme certamente alimentano, il proposito di

61
Vedi a questo proposito il quarto comma dell’art. 24 che, per i giudici
costituzionali, prevede un’elezione a maggioranza dei due terzi dei membri del
Parlamento e una durata in carica di dodici anni. M. BÁNKUTI – G. HALMAI – K.
SCHEPPELE, Hungary’s Illiberal Turn. Disabling the Constitution, in Journ. of
Dem., 2012, 3, 128 – 146, sottolinea che l’abbandono della vecchia regola di
nomina dei giudici che (oltre alla maggioranza dei due terzi dei membri del
Parlamento) richiedeva anche il consenso della maggioranza dei partiti è fina-
lizzato a permettere alla coalizione di governo di scegliere i nuovi giudici senza
la necessità di accordi con gli altri gruppi parlamentari.
62
Uno dei componenti della Corte costituzionale ha dovuto rinunciare
all’incarico perché nominato Ambasciatore negli Stati Uniti.
63
Dopo aver disciplinato le modalità di elezione dei giudici, il quarto com-
ma dell’art. 24 dispone che «Parliament shall elect, with a two-thirds majority
of the votes, a member of the Constitutional Court to serve as its President until
the expiry of his or her mandate».
64
Ai sensi dell’art. 10, il Presidente della Repubblica sarà eletto dal Parlamento
per cinque anni. Ai sensi del terzo comma dell’art. 26, della Costituzione il Presi-
dente del supremo organo giurisdizionale sarà eletto (con maggioranza dei due terzi)
per nove anni. Ai sensi del quarto comma dell’art. 29, il Procuratore generale è eletto
(sempre con maggioranza dei due terzi) per nove anni. Il quadro può essere ulterior-
mente arricchito facendo riferimento anche all’art. 43. A queste figure istituzionali
occorre poi aggiungere tutte quelle altre che, pur non essendo elette per via parla-
mentare, comunque occupano ruoli chiave con cariche superiori alla durata ordinaria
della legislatura (ad esempio il Consiglio per il bilancio di cui si parla infra).
LA GENESI 53

consolidare il potere dell’esecutivo (ed in particolare dell’attua-


le esecutivo) trova una seconda conferma nel generale ridimen-
sionamento dell’istituzione parlamentare. Per un verso, anche a
voler tacere dei problemi che potrebbero determinarsi in seguito
all’estensiva regolazione degli stati di eccezione65, le norme con
cui si esprime la volontà di istituire un sistema di autonomus
regulatory bodies dotato di non meglio definiti poteri normativi
possono finire con l’incidere sull’ordinario svolgimento dell’at-
tività parlamentare66: tenendo in considerazione l’indetermina-
tezza che caratterizza la Costituzione sul punto, c’è il rischio che
l’abuso di strumenti istituzionali consolidati nella prassi europea
possa determinare la situazione per la quale il sistema di autho-
rity si converta in una delega in bianco del potere legislativo.
Per l’altro, l’istituzione di uno speciale Consiglio per il bilancio,
composto da personalità in qualche modo collegate all’esecutivo
e dotato di un potere di veto sull’adozione degli strumenti di bi-
lancio, rende ineffettivo lo strumento di controllo più importante
attualmente a disposizione dell’istituzione parlamentare67.

65
Sotto il titolo «special legal orders» si trovano l’art. 48 (dedicato alle re-
gole generali che governano gli stati di eccezione), l’art. 49 (dedicato allo stato
di crisi nazionale), l’art. 50 (dedicato allo stato di emergenza), l’art. 51 (dedi-
cato allo stato di difesa preventiva), l’art. 52 (dedicato agli attacchi inaspettati),
l’art. 53 (dedicato allo stato di estremo pericolo) e l’art. 54 (che contiene altre
regole generali per gli stati di eccezione).
66
Pur avendo il governo ungherese giustificato la previsione attraverso il ri-
ferimento alle istituzioni della governance imposte dal diritto europeo, il primo
comma dell’art. 23, prevedendo che «Parliament may establish autonomous
and regulatory bodies to perform and exercise particular responsibilities and
competences of the executive branches by virtue of a cardinal Act», non fa
alcun riferimento ai vincoli sovranazionali e non individua limiti costituzionali
alla potestà che il Parlamento ha di creare autorità.
67
L’art. 44 prevede l’istituzione di un Consiglio per il bilancio in funzione di
supporto dell’attività del Parlamento. Nel disciplinarne le funzioni, il secondo e il
terzo comma della disposizione in questione prevedono che «The Budget Council
shall make a statutory contribution to the preparation of the State Budget Act. The
adoption of the State Budget Act shall be subject to the prior consent of the Budget
Council in order to meet the requirement set out in Article 36(4) – (5)». La parte finale
dell’articolo (quarto e quinto comma), pur rinviando per i dettagli dell’organizzazione
ad una legge organica, prevede invece che tra i membri del Consiglio siano obbliga-
toriamente inseriti «the President of the Budget Council, the Governor of the National
Bank of Hungary and the President of the State Audit Office» e che «The President of
the Budget Council shall be appointed for six years by the President of the Republic».
Sottolinea l’anomalia di questa istituzione M. DE SIMONE, op. cit..
54 PARTE I

Infine, l’intento di indebolire la separazione dei poteri è reso


manifesto dalle numerose (ma comunque lacunose e ambigue)
disposizioni che disciplinano l’organizzazione giudiziaria68. In
primo luogo, specie se lette in abbinamento, sia la scomparsa di
ogni riferimento costituzionale ad un organo di autogoverno della
magistratura (precedentemente previsto nel vecchio testo69), sia
l’inconsueta previsione costituzionale che arbitrariamente abbas-
sa l’età della pensione obbligatoria dei giudici avvalorano l’idea
di una volontà governativa di invadere il campo d’azione della
giustizia ordinaria70. In secondo luogo, le norme che regolano il
funzionamento concreto della giustizia costituzionale conferma-
no l’impressione che la nuova Costituzione voglia alterare i mec-
canismi di funzionamento dello stato costituzionale e facilitare
l’esercizio illimitato delle funzioni di governo: sia la nuova con-
figurazione dell’accesso al sindacato di costituzionalità71, sia la

68
Si può ad esempio segnalare come, nel disciplinare le regole per l’orga-
nizzazione giudiziaria, il quarto comma dell’art. 25 si limiti misteriosamente
a prevedere che «the judiciary shall have a multi-level organization», senza
spiegare in alcun modo cosa sia una struttura giudiziaria multilivello.
69
A questo proposito si veda il primo comma dell’art. 50 e si noti che nel
testo costituzionale non è definita la procedura per la nomina dei magistrati.
70
A questo proposito vedi il secondo comma dell’art. 26, dove si stabilisce
che l’età di pensionamento dei giudici passa dagli attuali settanta anni a sessan-
tadue anni. M. DE SIMONE, op. cit., segnala che per effetto dell’entrata in vigore
di questa previsione circa trecento giudici (pari all’11% del totale) dovranno
essere immediatamente sostituiti. È appena il caso di segnalare che, letta in
abbinamento con l’assenza di un organo di autogoverno della magistratura, la
disposizione in questione non può che confermare i sospetti.
71
Le modalità di accesso alla Corte costituzionale previste dalla nuova Co-
stituzione sembrano disegnate su misura per le esigenze dell’attuale maggio-
ranza. Se si tiene in considerazione il quadro politico dell’Ungheria di oggi si
capisce come il secondo comma lett. e dell’art. 24, prevedendo che la nuova
tipologia di controllo astratto di costituzionalità sia riservata ad un quarto dei
membri del Parlamento, al Governo e al Commissario per i diritti fondamen-
tali, abbia concepito il giudizio costituzionale come una forma di ulteriore ga-
ranzia dell’attuale maggioranza: avendo il Governo scelto di nominare come
Commissario per i diritti fondamentali una persona vicina (che, come si vedrà
meglio nei prossimi capitoli, si è però rivelata inaspettatamente attiva) e stante
la frammentazione delle opposizioni (soltanto nel caso altamente improbabile
di un’alleanza tra i socialdemocratici e la destra estrema sarebbe possibile rag-
giungere la soglia per investire la Consulta), il nuovo controllo astratto di costi-
tuzionalità travisa le indicazioni del parere della Commissione di Venezia (che,
in proposito, parlava solo del Commissario per i diritti fondamentali) e di fatto
disegna un sistema che, nell’ipotesi (improbabile) in cui l’attuale maggioranza
LA GENESI 55

previsione che riprende integralmente un contestatissimo emen-


damento del 201072 ed esclude la possibilità che i giudici possano
censurare i provvedimenti finanziari e di bilancio73 sono contro
ogni logica di controllo antimaggioritario e, oltre ad esprimere
una filosofia che sacrifica le istanze della persona alle esigenze

sia battuta in aula, attribuisce all’esecutivo un ulteriore strumento di controllo


e, nell’ipotesi in cui in futuro FIDESZ vada in minoranza, attribuisce al partito
una garanzia supplementare. Alla stessa maniera, affidando la responsabilità di
attivare la procedura per il sindacato a priori al Presidente della Repubblica, al
Presidente del Parlamento, al Governo e al parlamentare proponente, il secondo
comma dell’art. 6 ha disatteso le indicazioni provenienti dalla Commissione
di Venezia (che esplicitamente sollecitata a pronunciarsi sul punto, afferma
chiaramente che, per evitare una politicizzazione e un conseguente discredi-
to dell’attività giurisdizionale della Corte, «Hungary’s constitutional choice to
grant only the President, who is expected to stand above party political game,
the right to initiate such a review, should be retained») e ha creato un altro
sistema di controllo politico. Per quanto sia da valutare positivamente anche
l’estensione della possibilità di presentare ricorso diretto di costituzionalità per
violazione dei diritti fondamentali può essere letta come il tentativo di mettere
il sistema giudiziario sotto il controllo di una Corte costituzionale riformata e
finalmente amica. Segnala queste contraddizioni M. BÁNKUTI – G. HALMAI – K.
SCHEPPELE, op. cit., 142 – 143.
72
Nel già citato parere che la Commissione di Venezia ha fornito prima
dell’approvazione della nuova Costituzione la circostanza è stata evidenziata
quasi a voler segnalare l’inopportunità del mantenimento di una previsione for-
temente limitativa delle prerogative della Corte costituzionale e dei diritti dei
cittadini. Se così fosse, risulterebbe ancora una volta confermata l’idea che la
Costituzione ha disatteso le indicazioni provenienti dalla Commissione.
73
Per evitare che la Corte costituzionale possa ‘intralciare’ la politica eco-
nomica del governo, il quarto comma dell’art. 37 ha ripreso un emendamen-
to costituzionale del novembre 2010 e, dando sostanza normativa al principio
affermato all’art. N, ha statuito che «As long as state debt exceeds half of the
Gross Domestic Product, the Constitutional Court may, within its competence
set out in Article 24 (2)b-e), only review the Acts on the State Budget and its
implementation, the central taxes type, duties, pension and healthcare contri-
butions, customs and the central conditions for local taxes for conformity with
the Fundamental Law or annul the preceding Acts due to violation of the rights
to life and human dignity, the right to the protection of personal data, freedom
of thought, conscience and religion, and with the rights related to Hungarian
citizenship. The Constitutional Court shall have the right to annul the related
Acts for non-compliance with the Fundamental Law’s procedural requirements
for the drafting and publication of such legislation». Ai fini del ragionamento
che si intende sviluppare è il caso di notare che la disposizione in questione
sembra perfettamente in linea con l’impostazione di rigore economico (si pensi
al cosiddetto Fiscal compact) seguita e suggerita dalle istituzioni europee. Cri-
tica la disposizione M. BÁNKUTI – G. HALMAI – K. SCHEPPELE, op. cit., 139 – 140.
56 PARTE I

dell’economia e della politica, sono evidentemente preordinati a


disegnare un modello di giustizia costituzionale funzionale alle
contingenti esigenze dell’attuale formazione di governo.

2.6. L’allontanamento dagli standard europei: i limiti nella


tutela dei diritti fondamentali, le lesioni del principio
della separazione dei poteri e l’indebolimento sostanziale
del sistema dei pesi e dei contrappesi

Al di là dei limiti connessi alla procedura di redazione, l’a-


nalisi del testo costituzionale dovrebbe essere valsa a dimostrare
la lontananza delle disposizioni approvate dagli standard europei
di costituzionalità e già dovrebbe, di per se stessa, essere stimolo
per la riflessione e causa di profonda inquietudine. Malgrado una
certa parte della scienza giuridica ungherese non abbia lesinato
tentativi (a volte maldestri) di minimizzare i fatti accaduti in Un-
gheria nel corso di questi ultimi anni e malgrado questa stessa
dottrina abbia fatto (strumentalmente) ricorso al diritto compa-
rato per cercare di giustificare la drammaticità della situazione
attuale74, i contenuti materiali della nuova Costituzione (specie se

74
In difesa della nuova Costituzione molti autori (in questo senso oltre ai
già citati A. JACKAB, op. cit., L. CSINK – B. SCHANDA – A. ZS. VARGA, op. cit. e
K. OSVÁT – S. OSVÁT, op. cit., si veda A. PECORARIO – G. PUPPINCK, Memoran-
dum on the Hungarian new Constitution of 25 April 2011, Washington, Ama-
zon, 2012) hanno segnalato che norme analoghe a quelle contenute nel testo
ungherese sono riscontrabili in tutte le Costituzioni europee. Così ad esempio
si è sostenuto che altri sistemi (ad esempio quello irlandese) vietano l’aborto
o (ad esempio il sistema inglese) ammettono l’ergastolo senza possibilità di
revisione della pena. A ben vedere simili argomenti non paiono accettabili per
vari ordini di ragioni. Innanzitutto, perché essi non tengono in considerazione
che, diversamente da quanto accade oggi in Ungheria, le norme in questione
sono in molti casi cronologicamente precedenti alle adesioni alla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e all’Unione europea e si sono adeguate soltanto
per via interpretativa perché non potevano tenere in considerazione l’esistenza
del diritto convenzionale e del diritto europeo. In secondo luogo, anche nel
caso in cui questi sistemi non si siano adeguati per via interpretativa (come
generalmente avviene in casi di questo genere), l’eventuale esistenza di norme
nazionali che producono effetti contrari alla Convenzione europea o ai Trattati
istitutivi dell’Unione non è un valido argomento per legittimare norme che ap-
LA GENESI 57

letti in abbinamento all’inconsueto percorso costituente seguito


nel 2011) evidenziano chiaramente lo spirito antidemocratico e
illiberale che ha animato il costituente ungherese e che è stato
prontamente denunciato da varie organizzazioni non governa-
tive, dalla restante parte della dottrina magiara e dalla dottrina
internazionale75: un testo che allo stesso tempo indebolisce il si-
stema di pesi e contrappesi, che mortifica il principio della sepa-
razione dei poteri e che ridimensiona lo spazio dei diritti fonda-
mentali non può che confermare l’idea che ci si trovi di fronte ad
una gravissima involuzione normativa.
Peraltro, per quanto indicativa, questa constatazione non
può certamente essere considerata conclusiva: per quanto gravi,
gli strappi al funzionamento ordinario delle istituzioni statali non
sono sufficienti per dimostrare la necessità di pensare ad un mo-
dello alternativo di integrazione europea. A ben vedere, infatti,
prima di poter sostenere che le vicende descritte rendono ingiu-
stificato l’ottimismo con cui le teorie costituzionali più accredi-
tate sono solite descrivere l’ordine giuridico europeo e prima di
poter argomentare che occorre urgentemente andare al di là della
mera apologia dell’esistente, occorre fare alcuni passi preventi-
vi. Un primo passaggio obbligato è sicuramente rappresentato
dalla necessità di dimostrare che, a fronte di una legittimazione
sostanziale fondata sulla necessità di impedire il ritorno dell’au-
toritarismo, le attuali istituzioni europee non sono in grado di
fare fronte a situazioni di crisi che mettano in discussione i va-
lori su cui si fonda l’ordine giuridico continentale. Detto in altre

paiono chiaramente lesive delle previsioni sovranazionali. Infine, - ed è ciò che


suscita più sgomento – diversamente da quanto avviene nelle costituzioni degli
altri stati europei (dove ci si può imbattere in alcune norme che creano contrasto
con le norme europee), le disposizioni preoccupanti della nuova Costituzione
ungherese sono disseminate un po’ ovunque nel testo e investono questioni cen-
trali della dimensione costituzionale.
75
In questo senso, per la dottrina, si può vedere innanzitutto M. BÁNKUTI
– G. HALMAI – K. SCHEPPELE, op. cit., Z. MIKLÒSI, op. cit. e R. DE FELICE – F.
ZAMBUCO, op. cit. che apertamente denunciano l’azione del costituente unghe-
rese. Più prudente, invece, A. VINCZE, op. cit., che, pur criticando molti passaggi
della nuova Costituzione sembra voler minimizzare l’impatto dell’entrata in
vigore sostenendo che ci si trova di fronte ad un mero restyling dell’ordine
costituzionale preesistente. Occorre anche osservare che tre organizzazioni non
governative hanno aspramente contestato l’entrata in vigore del nuovo testo
costituzionale.
58 PARTE I

parole, occorre insomma dimostrare che, nonostante i molteplici


tentativi di intervento correttivo delle istituzioni sovranazionali,
i problemi normativi dell’ordinamento costituzionale ungherese
sono rimasti praticamente immodificati.
A questo proposito, adottando una prospettiva dinamica, la
prossima parte di questo lavoro sarà quindi dedicata a mettere in
evidenza come, malgrado il quadro istituzionale sovranazionale
abbia utilizzato gli otto mesi di vacatio legis previsti dalla nuova
Costituzione per intessere un primissimo dialogo con le autorità
ungheresi e per provare a prevenire l’effettiva entrata in vigore
di norme non democratiche, il contesto normativo magiaro si sia
conservato praticamente inalterato.
PARTE SECONDA

IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE
DI UN DIALOGO PREVENTIVO
3. LE PRIME REAZIONI EUROPEE
E IL TENTATIVO DI INSTAURARE UN DIALOGO
CON LE AUTORITÀ UNGHERESI

SOMMARIO: 3.1. La sostanziale assenza dell’Unione europea: le prime


prese di posizione della Banca centrale, del Parlamento e della
Commissione europea 3.2. L’intervento del Consiglio d’Europa
e il parere 621 del 2011 della Commissione di Venezia 3.3. Le
ambigue promesse del governo ungherese come prima risposta al
tentativo di dialogo inaugurato dalla Commissione di Venezia

3.1. La sostanziale assenza dell’Unione europea: le prime


prese di posizione della Banca centrale, del Parlamento e
della Commissione europea

Di fronte a quello che pare un violento attacco normativo


ai suoi valori fondativi, per lo meno con riferimento al periodo
compreso tra il momento dell’approvazione della nuova Costitu-
zione e quello della sua entrata in vigore, il quadro istituzionale
europeo ha fatto registrare poche reazioni eclatanti e, trascuran-
do le implicazioni europee della vicenda, ha piuttosto preferito
lasciare alle varie cancellerie nazionali il compito di prendere
posizione sulla questione1.

1
Inizialmente, la Germania ha espresso preoccupazione per l’evoluzione
della situazione ungherese e ha segnalato come la metodologia e i contenuti del
nuovo testo costituzionale, oltre ad essere estranei dalla tradizione costituzio-
nale europea, sono contrari ai principi dell’Unione. L’intervento tedesco ha a
sua volta determinato una reazione del governo ungherese che ha ammonito la
Germania a non intromettersi negli affari interni di uno stato sovrano. A partire
da quel momento si è assistito ad un progressivo deterioramento dei rapporti di-
plomatici tra i due paesi e l’Ungheria, avviando un progressivo allontanamento
del paese dal blocco occidentale, è stata oggetto di altre censure da parte di altri
paesi europei ed extraeuropei (in primis gli Stati Uniti).
62 PARTE II

In particolare, per quanto riguarda le istituzioni dell’Unione


europea, la paura che un intervento sovranazionale possa mettere
in questione il pluralismo che connota il processo di integrazione
si è al principio tradotta in un atteggiamento di prudenza che,
in alcuni casi, si è a sua volta addirittura avvicinato a discutibili
forme di acquiescenza.
Infatti, la prima reazione in ordine di tempo (addirittura
qualche giorno prima dell’approvazione della Costituzione) è
quella della Banca centrale europea. Chiamata dai Trattati isti-
tutivi a pronunciarsi su tutti i progetti di modifica relativi alle
Banche centrali del sistema europeo, in relazione alla proposta di
modificare le norme costituzionali sul sistema bancario unghe-
rese, l’istituzione ha espresso un parere strettamente tecnico e,
limitandosi a proporre alcune interpretazioni correttive, non ha
sostanzialmente rivolto nessuna critica al progetto complessivo
del costituente ungherese2.
Inoltre, anche sul piano più strettamente politico, nessuna
delle istituzioni competenti (Consiglio, Parlamento o Commis-
sione), spinte dalla paura di mettere in discussione l’idea di plu-
ralismo e il principio della piena autonomia degli stati membri
nella loro organizzazione costituzionale, si è sentita di attivare le
sanzioni ex art. 7 del Trattato sull’Unione europea.
A ciò si aggiunga anche che, in ragione di precisi calcoli di
opportunità politica3, almeno fino alla fine del 2011 la reazione
del Parlamento europeo è stata tutto sommato blanda e si è sem-
plicemente limitata a qualche sporadica iniziativa individuale dei
singoli europarlamentari e all’approvazione di una mozione di
censura con cui il costituente ungherese è stato invitato a ritorna-
re indietro sui suoi passi4.
Altrettanto insoddisfacente, poi, la posizione assunta dalla
Commissione europea a cavallo tra la fine del 2011 e l’inizio del
2012. Per un verso, attraverso l’iniziativa di singoli commissari,
essa ha (con poca convinzione) cercato di allacciare rapporti con
le autorità ungheresi al fine di avviare un percorso di riforme che

2
Ci si riferisce al parere CON/2011/33 del 12 aprile 2011.
3
Non è certo un mistero che, grazie al numero di seggi conquistati alle
elezioni del 2009, FIDESZ abbia un peso politico importante all’interno degli
equilibri del Parlamento europeo e del Partito popolare europeo.
4
A questo proposito si veda la risoluzione del 5 luglio 2011.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 63

mettesse in discussione l’intero impianto costituzionale. Per un


altro, la stessa Commissione, attraverso alcune sconcertanti di-
chiarazioni rilasciate dal Presidente Barroso, ha sostenuto l’idea
per cui l’azione del costituente magiaro non rientrasse nelle com-
petenze europee e, pronunciandosi sulla natura comunque costi-
tuzionale dell’ordine giuridico ungherese, è addirittura arrivata
ad affermare la piena legittimità dell’azione di riforma5.

3.2. L’intervento del Consiglio d’Europa e il parere 621 del


2011 della Commissione di Venezia

A fronte dell’ambiguo e acquiescente atteggiamento, inizial-


mente tenuto dall’Unione europea, ben più nette e tempestive,
invece, sono state le primissime reazioni con cui il Consiglio
d’Europa ha reagito all’approvazione della Costituzione di Pa-
squa e ha cercato di instaurare un dibattito preventivo all’entrata
in vigore del nuovo ordine costituzionale.
In particolare, una volta promosso il tanto discusso testo costi-
tuzionale ungherese (ma prima della sua entrata in vigore), è stata
la Commissione di Venezia a formulare un intervento di censura.
In piena coerenza con una opinione espressa prima dell’approva-
zione della Costituzione di Pasqua6, l’istituzione consultiva pren-
de atto della definitiva approvazione del testo e, su sollecitazione
dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa7, durante la
riunione estiva del 2011 ritorna sulle questioni lasciate aperte al
momento in cui il processo costituente era ancora in corso8.

5
È quanto riporta l’articolo di L. PHILLIPS, Germany to Hungary: New
constitution breaches EU values, in www.euobserver.com.
6
Il contenuto concreto del parere 614 del 2011, CDL – AD (2011) 001 (On
three legal questions arising in the process of drafting the new Constitution on
Hungary) era stato già preso in considerazione nella nota 48, 71 e 72 del secon-
do capitolo.
7
Il provvedimento dell’Assemblea parlamentare porta la data del 26 marzo
2011.
8
Parere 621 del 2011, CDL – AD (2011) 016 (Opinion on the new Constitu-
tion of Hungary).
64 PARTE II

Essenzialmente, prendendo atto che le indicazioni precedente-


mente offerte sono state in massima parte disattese9, il nuovo pare-
re segnala tutti quelli che a suo giudizio sono i problemi prodotti
dalla nuova Costituzione. Così, analizzando con estrema precisione
i possibili effetti legati all’entrata in vigore delle nuove norme, la
Commissione rileva praticamente tutti i limiti che sono stati segna-
lati dalla scienza giuridica e, seppur con l’approccio diplomatico che
è richiesto ad un’istituzione sovranazionale, denuncia lo spirito di
sopraffazione che ha guidato le forze di maggioranza: l’abuso del-
le discipline affidate al legislatore organico10; l’anomalo richiamo
all’idea di “costituzione storica”11, le discriminazioni sulla base de-

9
Si rinvia ancora una volta a quanto rilevato nella nota 48, 71 e 72 del
secondo capitolo e si osservi che il costituente ha adempiuto soltanto all’indi-
cazione di non incorporare nella Costituzione ungherese i diritti contenuti nella
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
10
A questo proposito al paragrafo 24 del parere della Commissione si legge
«the Venice Commission finds that a too wide use of cardinal laws is problem-
atic with regard to both the Constitution and ordinary laws. In its view, there
are issues on which the Constitution should arguably be more specific. These
include for example the judiciary. On the other hand, there are issues which
should/could have been left to ordinary legislation and majoritarian politics,
such as family legislation or social and taxation policy. The Venice Commis-
sion considers that parliaments should be able to act in a flexible manner in
order to adapt to new framework conditions and face new challenges within
society. Functionality of a democratic system is rooted in its permanent ability
to change. The more policy issues are transferred beyond the powers of simple
majority, the less significance will future elections have and the more possibili-
ties does a two-third majority have of cementing its political preferences and
the country’s legal order. Elections, which, according to Article 3 of the First
Protocol to the ECHR, should guarantee the “expression of the opinion of the
people in the choice of the legislator”, would become meaningless if the leg-
islator would not be able to change important aspects of the legislation that
should have been enacted with a simple majority. When not only the fundamen-
tal principles but also very specific and “detailed rules” on certain issues will
be enacted in cardinal laws, the principle of democracy itself is at risk. This
also increases the risk, for the future adoption of eventually necessary reforms,
of long lasting political conflicts and undue pressure and costs for society».
11
A questo proposito al paragrafo 34 si legge: «there are a number of state-
ments and terms in the Preamble that might raise concern. These statements,
terms and the underlying approach are all the more problematic as, according
to Article R § 313 of the Constitution, the Preamble shall have a substantial
influence on the interpretation of the entire Constitution and appears to be pro-
vided legal significance. Although preambles are usually seen as one of several
means of interpretation of the Constitution, the reference to the Preamble in
Article R § 3 may lead to problems in the Hungarian case since the Preamble’s
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 65

gli orientamenti sessuali12, le discriminazioni sulla base dell’appar-


tenenza nazionale13, il trattamento punitivo nei confronti della Corte
costituzionale14, l’opera di rimozione del sistema di contropoteri15,
l’indebolimento del ruolo del Parlamento16, il prepensionamento

text lacks precision, which is essential for a legal text, and contains a number of
potentially controversial statements. The reference to the “historical constitu-
tion” is quite unclear, since there have been different stages in the development
of different historical situations in Hungary and therefore there is no clear and
no consensual understanding of the term “historical constitution”».
12
Nel paragrafo 79, richiamandosi al nuovo art. XV, la Commissione di
Venezia scrive che: «the Hungarian Constitution might create the impression
that discrimination on this ground is not considered to be reprehensible».
13
Nel paragrafo 82 si censura l’art. XXIX sostenendo che «The Commis-
sion notes that, while the present Constitution asserts the State’s obligation
to ensure the fostering of the cultures of national and ethnic minorities, the
use of their native languages, education in their native languages and the use
of names in their native languages, the basic provisions of the new Constitu-
tion dealing with the protection of Hungary’s “nationalities” only make refer-
ence to the “respect” of the rights of citizens belonging to national minorities,
without establishing any positive obligation on behalf of the State. The term
“protect” is not used in relation to minority rights and the term “promote” is
only mentioned in the Preamble in reference to “the cultures and languages of
nationalities living in Hungary”. It is true however that the Preamble includes
a broader commitment of the State for the protection of its nationalities. The
Venice Commission expects that the Hungarian authorities to make sure that
such an approach will not result, in practice, in a diminution of the level of
minority protection previously guaranteed in Hungary».
14
In questo senso, al paragrafo 97, il parere afferma che «in the light of the
2010 curtailment of the Court’s powers, confirmed by the new Constitution and
of the recent developments mentioned in the previous paragraphs, the Com-
mission is concerned that a number of provisions of the new Constitution may
undermine further the authority of the Constitutional Court as a guarantor of
constitutionality of the Hungarian legal order».
15
Al paragrafo 89 la Commissione scrive che «The weakening of the parlia-
mentary majority’s powers and of the position of the Constitutional Court in the
Hungarian system of checks and balances, as it results from the new Constitu-
tion, is for the Venice Commission a reason of concern».
16
Al paragrafo 128 la Commissione scrive che «The establishment and the
competences of the Budget Council, as well as its composition and the way it
is established (Article 44(4))45, has a significant impact on the adoption of the
State Budget and the Parliament’s related power. This is of key importance for
Parliament as, in addition to legislation, the Budget is the main instrument for
parliamentary majority to express and implement its political programme. Ar-
ticle 44(3), interpreted in conjunction with Article 36(4)-(5), seems to grant the
non-parliamentary Budget Council a “veto” power over Parliament’s decision
for the foreseeable future».
66 PARTE II

obbligato dei giudici17, la limitazione dei diritti fondamentali18, il


possibile abuso della norma che anticipa l’adozione di norme tran-
sitorie19 e l’irritualità del procedimento di adozione del nuovo testo

17
Nel paragrafo 108 del documento si legge che «As stipulated by Arti-
cle 26 (2), the general retirement age will also be applied to judges. While it
understands that the lowering of the judge’s retirement age (from 70 to 62) is
part of the envisaged reform of the judicial system, the Commission finds this
measure questionable in the light of the core principles and rules pertaining to
the independence, the status and immovability of judges. According to different
sources, this provision entails that around 300 of the most experienced judges
will be obliged to retire within a year. Correspondingly, around 300 vacancies
will need to be filled. This may undermine the operational capacity of the courts
and affect continuity and legal security and might also open the way for undue
influence on the composition of the judiciary. In the absence of sufficiently clear
information on the reasons having led to this decision, the Commission trusts
that adequate solutions will be found, in the context of the reform, to address,
in line with the requirements of the rule of law, the difficulties and challenges
engendered by this measure».
18
Nel paragrafo 58, riferendosi in generale al II Titolo della Costituzione
(libertà e responsabilità), la Commissione di Venezia scrive che: «Fundamental
rights are not restricted to individuals but also extended to communities and
“subjects of law established by an act”. In the Commission’s view, constitu-
tions should provide a clear differentiation between principles, legal guaran-
tees, freedoms and responsibilities and present them in a systematic order». A
proposito, invece della mancata inclusione della libertà di stampa tra i diritti
fondamentali, al paragrafo 74, si legge che «The Venice Commission finds it
problematic that freedom of the press is not formulated as an individual’s right,
but as an obligation of the state. This freedom appears to be dependent on the
will of the state and its willingness to deal with its obligation in the spirit of
freedom. This construction has consequences for the substance, direction and
quality of the protection, as well as for the chances for successful judicial re-
view in cases of infringements of constitutional rights. Article IX is even more
problematic since its paragraph 3 leaves the detailed rules for this freedom and
its supervision to a cardinal Act - even without outlining the purposes, contents
and restrictions of such a law. Once enacted, there will be no practical way
for any further (simple) majority to change the act. The Commission suggests
amending Article IX (and other norms on freedoms) in a way that explicitly
makes clear that the constitutional guarantees contain individual rights».
19
A proposito della previsione finale la Commissione di Venezia scrive: «As
previously indicated, the reference in second paragraph of the Closing Provi-
sions to the 1949 Constitution seems to be in contradiction with the statement,
in the Preamble, by which the Hungarian 1949 Constitution is declared as inva-
lid. The Venice Commission tends to interpret this apparent inconsistency as a
confirmation of the fact that the said statement does not have legal significance.
Nevertheless, it is recommended that this is specifically clarified by the Hungar-
ian authorities. The adoption of transitional provisions (as required by the third
paragraph of the Closing Provisions), of particular importance in the light of
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 67

costituzionale20 sono altrettanti esempi delle analitiche contestazioni


con cui il documento conferma praticamente tutte le preoccupazioni
espresse dalla scienza giuridica e analizzate nelle pagine precedenti.
Peraltro, ai fini del ragionamento che si intende sviluppare in
questa sede, è opportuno segnalare come in un generoso sforzo il
documento in questione non si è limitato solo alla censura, ma al
contrario è caratterizzato dalla sua volontà di intervenire per via in-
terpretativa e di limitare gli effetti di molte delle disposizioni con-
testate. Soltanto a titolo di esempio è possibile riferire di come si
utilizzi il nuovo secondo comma dell’art. Q per stemperare il ca-
rattere nazionalistico della Costituzione e per dedurre un (non
esplicitato) obbligo di interpretare i diritti e le libertà previsti dalla
Costituzione in senso conforme al diritto internazionale21. Alla stes-
sa maniera, si può riportare come, sempre per via interpretativa, si
cerchi di mitigare la previsione che affida al governo di Budapest la
responsabilità per gli ungheresi che vivono fuori dai confini nazio-
nali e si cerchi di sovvertire la norma con cui si dichiara la nullità
ex tunc della vecchia disciplina costituzionale (e dei connessi pre-
cedenti giurisprudenziali)22. A questo proposito, senza la pretesa di
dar conto di tutto lo sforzo fatto, gli esempi si possono certamente
moltiplicare23. Relativamente al mancato inserimento della clauso-
la sulla discriminazione sulla base degli orientamenti sessuali, la

the existence, for certain provisions of the new Constitution, of possibly diverg-
ing interpretations, could be used as an excellent opportunity for providing the
necessary clarifications. This should not be used as a means to put an end to the
term of office of persons elected or appointed under the previous Constitution».
20
A questo proposito, richiamandosi al parere 614 del 2011, il parere 621 del
2011 afferma che «in the light of the numerous concerns raised within the civil
society over the lack of transparency of the process of the adoption of the new
Constitution and the inadequate consultation of the Hungarian society, the Ven-
ice Commission has also formulated a number of general comments with regard
to this process. It criticised the procedure of drafting, deliberating and adopting
the new Constitution for its tight time-limits and restricted possibilities of debate
of the draft by the political forces, within the media and civil society. It took note
with regret that no consensus had been possible - among political forces and
within society - either over the process or the content of the future constitution. In
the light of the information received with regard to the final stage of debate and
adoption of the new Constitution, the above-mentioned comments are still valid».
21
Si veda il paragrafo 30 del parere.
22
Si vedano i paragrafi 34 – 35 del parere.
23
Si può fare l’esempio del tentativo di recuperare per via interpretativa le
previsioni in materia di vita dell’embrione (paragrafo 61).
68 PARTE II

Commissione suggerisce alla Corte costituzionale ungherese di in-


tervenire interpretativamente per adeguare l’art. XV ai dettami della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo24. Analoga-
mente, per ovviare alle numerose mancanze della disciplina costi-
tuzionale sulla Corte costituzionale (ad esempio a proposito della
mancata indicazione del divieto di rinnovare i giudici), la Commis-
sione di Venezia invita il legislatore organico ad introdurre una serie
di correzioni al momento della redazione della legge cardinale sulla
Corte costituzionale25.
Con uno sforzo generoso, insomma, la Commissione, pur man-
tenendo un piglio complessivamente rigoroso nel giudicare il nuovo
testo costituzionale, si sforza di inaugurare un dialogo con le istitu-
zioni ungheresi. Tuttavia, nonostante l’ingegno e l’apertura che certa-
mente contraddistinguono l’approccio seguito in questo caso, non si
può fare a meno di segnalare che esso, pur avendo avuto il merito di
portare il problema all’attenzione generale dell’opinione pubblica in-
ternazionale, non è di per se stesso risolutivo sia perché in alcuni casi
non esiste possibilità di soluzioni interpretative, sia perché in ultima
istanza rimette alla buona volontà delle autorità ungheresi il compito
di adeguare l’ordine giudico nazionale agli standard europei.

3.3. Le ambigue promesse del governo ungherese come pri-


ma risposta al tentativo di dialogo inaugurato dalla
Commissione di Venezia

Di fronte a questa primissima reazione internazionale suscita-


ta dal suo operato, almeno in un primissimo momento, il governo
ungherese sceglie di tenere un basso profilo e, seppur con un atteg-
giamento a dir poco ambiguo, mostra una qualche disponibilità al
confronto con le istituzioni sovranazionali.
Così, in risposta alla sostanziale stroncatura subita dalla Com-
missione di Venezia, il Ministero ungherese per gli affari esteri pre-
senta un proprio memorandum con cui esprime la posizione ufficiale
del paese sul parere 621 del 201126.

24
Si veda il paragrafo 79 del parere.
25
Si veda il paragrafo 95 del parere.
26
Ci si riferisce al documento intitolato Position of the Government of Hun-
gary CDL(2011) 58.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 69

La maggior parte delle pagine del documento sono ispirate


dal desiderio di rassicurare gli osservatori esterni sulle intenzio-
ni della coalizione governativa27. In particolare, si cerca di di-
mostrare una diligente volontà di attenersi alle indicazioni della
Commissione e di interpretare restrittivamente tutte le previsioni
che permettono una correzione interpretativa. In questo senso,
può innanzitutto essere utile segnalare che l’esecutivo, rimetten-
dosi alle indicazioni del parere 621 del 2011, precisa che il rife-
rimento alla Costituzione storica non deve essere letto come una
via d’ingresso per previsioni contrarie al testo scritto della Co-
stituzione e deve essere integrato dal riferimento agli strumenti
internazionali di tutela dei diritti umani28.
Alla stessa maniera, si garantisce che la Corte costituziona-
le sfrutterà i margini antidiscriminatori lasciati aperti dalle nuo-
ve disposizioni in materia di minoranze etniche e nazionali e di
orientamenti sessuali29 e si assicura che la mancata inclusione
della libertà di stampa tra i diritti fondamentali non produrrà al-
cuna conseguenza concreta per via della copertura garantita dalla
libertà di manifestazione del pensiero30.
Inoltre occorre segnalare che, a fronte dei richiami sul man-
cato coinvolgimento delle forze di opposizione nel procedimento
di revisione costituzionale, nel memorandum si registra anche
una dichiarazione relativa all’impegno di aprire il dialogo con le
altre forze politiche31.

27
A questo proposito, al di là degli esempi riportati nel prosieguo, si può
anche citare la posizione assunta relativamente all’art. N. A questo proposito
nel memorandum si cerca di spegnere le preoccupazioni della scienza giuridica
affermando che «The provision of the new Constitution stating that “in the
course of performing their duties, the Constitutional Court, courts, local gov-
ernments shall be obliged to respect the principle of balanced, transparent and
sustainable budget management” is strictly applicable to their administrative
management as public institutions, and it cannot be understood as an inter-
pretation principle to be applied in the context of carrying out their genuine
tasks (in the case of the Constitutional Court: in the context of its constitutional
review task)».
28
È questo l’impegno preso nel momento in cui si cerca di rispondere alle
obiezioni generali sollevate dal parere 621 del 2011.
29
In questo senso la risposta fornita per difendere l’art. XV.
30
In questo senso la risposta relativa all’art. IX.
31
Prendendo atto che «The Commission notes that the dialogue between
the majority and the opposition was inadequate and that it hopes there will be
adequate co-operation between the parliamentary majority coalition and the
70 PARTE II

A questi impegni deve poi aggiungersi anche che, al di là


della completa adesione alle interpretazioni adeguatrici già indi-
cate al paragrafo precedente, il governo garantisce che la preoc-
cupante clausola sulla nullità ex tunc dell’ordine costituzionale
precedente deve essere intesa come una mera locuzione politica
priva di reale significato giuridico32. Degna di menzione è anche
la promessa conclusiva con cui, in seguito ad un preciso stimolo
della Commissione, i dirigenti ungheresi dichiarano di non vo-
lere abusare dell’opportunità offerta dalla necessità di adottare
previsioni transitorie e di non avere intenzione di porre anticipa-
tamente fine al mandato delle cariche istituzionali elette sotto la
vigenza del precedente regime33.
Malgrado quella che (almeno in apparenza) sembra una
manifestazione di buona volontà e di apertura alle indicazioni
provenienti dall’ordinamento sovranazionale, già dal documento
in questione si hanno una serie di segnali importanti che testimo-
niano come, dietro l’atteggiamento collaborativo, si nasconda la
volontà di utilizzare il dialogo (non per la ricerca della miglior
soluzione possibile, ma) per legittimare il proprio punto di vista
e per rallentare le possibili contromosse. A questo proposito, non
si può fare a meno di mettere in evidenza che una delle caratteri-
stiche principali del documento è quella di cercare ogni appiglio
per forzare il senso delle statuizioni della Commissione34: con il

opposition during the preparation of the implementing legislation of the Consti-


tution, notably during the drafting of the cardinal laws», il governo ungherese
risponde «That is a recommendation by the Venice Commission to which we can
fully subscribe».
32
In questo senso è orientata la risposta fornita per difendere una delle lo-
cuzioni più problematiche del Preambolo.
33
A questo proposito non sarà superfluo segnalare che il memorandum af-
ferma esplicitamente che «Hungary fully subscribes to this suggestion and as-
sures the Commission that the drafting of transitional provisions will not be
used to unduly put an end to the terms of office of persons elected under the
previous legal regime».
34
In maniera quasi spudorata, in apertura, il memorandum raccoglie tutti i pos-
sibili appigli lasciati dal parere 621 del 2011 e, utilizzando un collage basato sulle
parole di stile utilizzate dalla Commissione per ‘addolcire’ la sostanziale bocciatura
del testo, arriva ad affermare che «Hungary welcomes the acknowledgment by the
Venice Commission of the fact that:
• The new Constitution establishes a constitutional order based on democracy, the
rule of law and the protection of fundamental rights as underlying principles.
(para 18)
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 71

probabile intento di fornire una falsa rappresentazione della re-


altà all’opinione pubblica internazionale e (soprattutto) naziona-
le, i rappresentanti del governo ungherese approfittano del tono
diplomatico e sfumato con cui sono state formulate certe accuse
e, manipolando il significato del documento, trasformano alcune
aperture presenti nel testo in entusiastici riconoscimenti dei me-
riti della legge fondamentale. Esempio tipico di un’operazione
di questo genere è il passaggio in cui si rileggono le indicazioni
del parere in materia di organizzazione del sistema di repressione
penale35.

• The new Constitution aims to consolidate Hungary as democratic state based on


the principles of separation of powers, protection of fundamental rights and the
rule of law. (para 141)
• Hungary’s new Constitution aims to meet the general features of a modern Con-
stitution within the framework of the Council of Europe. (para 18)
• Constitutions of other European States, such as Poland, Finland, Switzerland or
Austria, have been used as a source of inspiration. (para 18)
• An effort has been made to follow closely the technique and the contents of the
ECHR and to some extent the EU Charter. (para 18)
• The Chapter “Freedom and Responsibility” (Articles I to XXXI) has been partly
built drawing on the structure of the EU Charter of Fundamental Rights and
Freedoms. (para 56)
• The individual constitutional complaint has been introduced into the constitu-
tional review system. (para 97, para 142)
• Article 29 reflects an evolution in the approach of the role of the prosecutor’s
office: it focuses on the contribution of the Supreme Prosecutor and prosecution
services to the administration of justice which is in line with the findings of the
Venice Commission in its Report on European Standards as regards the Inde-
pendence of the Judicial System. (paras 111, 112)
• Efforts have been made to establish a constitutional order in line with the com-
mon European democratic values and standards and to regulate fundamental
rights and freedoms in compliance with the international instruments which are
binding for Hungary, including the ECHR and the recent EU Charter. (para 142)
• The current parliamentary system and the country’s form of government – the
republic – have been maintained. (para 142)
• The Commission’s previous recommendations have been partly taken into ac-
count in the course of the drafting of the new Constitution. (para 143)».
35
L’affermazione secondo cui «The Constitution is very laconic as regards
the legal status of prosecutors. It only regulates the prosecutors’ appointment
and the election of the Supreme Prosecutor, and refers to a future cardinal law
for the detailed rules of the organisation and operation of prosecution services,
the legal status and remuneration of the Supreme Prosecutor and prosecutors
(Article 29 (7)). There is no indication, in the constitutional provisions, of any
particular changes that would affect the legal status of the prosecutors» viene
‘interpretata’ come un chiaro segnale dell’approvazione della Commissione di
72 PARTE II

A ciò va anche aggiunto che, anche senza riferire sulla man-


cata risposta di fronte ad accuse molto gravi come quelle relati-
ve alle ‘particolarità’ del procedimento di adozione della nuova
Costituzione, su alcuni profili cruciali come l’organizzazione del
potere giudiziario e le funzioni della Corte costituzionale, i chia-
rimenti forniti sono a dir poco sfuggenti e, senza confrontarsi con
i problemi concreti sollevati dalla scienza giuridica e dal parere
della Commissione di Venezia, si limitano a ripetere alcuni ge-
neralissimi principi richiamati dal nuovo testo fondamentale e a
formulare alcune vaghe promesse36.

Venezia, quando invece è la semplice espressione della prudenza di chi vuole


conoscere la (parecchio problematica) normativa di attuazione prima di giu-
dicare. A questo proposito, travisando la reale intenzione della Commissione,
nel memorandum si legge che «Hungary welcomes the acknowledgment by the
Venice Commission of the fact that the Supreme Prosecutor’s and prosecution
services’ responsibilities and competences are in line with the findings of the
Venice Commission in its Report on European Standards as regards the Inde-
pendence of the Judicial System».
36
Senza nemmeno prendere in considerazione le più gravi accuse che sono
rivolte alla nuova Costituzione (ad esempio la conferma del taglio delle compe-
tenze del giudice costituzionale), il memorandum cerca di difendere alcune (evi-
dentemente indifendibili) scelte scrivendo che «The new Constitution defines the
Constitutional Court as the main institution responsible for the protection of the
Fundamental law and constitutionality. The competences attributed to the CC by
the Constitution allow the Court (i) to prevent the entry into force of any uncon-
stitutional legislative act and (ii) to remedy any legal harm arising from the ap-
plication of an unconstitutional legislative act. In defining the scope of those who
may initiate proceedings before the Constitutional Court, the consideration of the
Court’s efficient functioning was taken into account as well. Moreover, it should
be pointed out that the competence of the previous Constitutional Court was by
far the widest in Europe. The competences, procedures, organisation and opera-
tion of the Constitutional Court will be regulated in detail by cardinal law, giving
further clarification to the matters raised by the Venice Commission. Introducing
a two-third majority requirement for the adoption of laws regulating issues, such
as social and taxation policy, and the establishment of the Budget Council reflect
a firm ambition to stabilize public finances. Stable public finances and a predict-
able tax and social security system are the cornerstones of a modern sustainable
national economy. Members of the Constitutional Court receive their mandate
directly from the Parliament which elects the Court members on the basis of a
broad consensus, i.e. by a two-third majority of the votes cast. The 12-year long
mandate and the prohibition of any party affiliation or political activity constitute
important constitutional guarantees for the independence of the members of the
CC. The election of the President of the CC by the Parliament should strengthen
the independence of the President from any eventual play of interests within the
body itself». Alla stessa maniera è possibile notare che evitando accuratamente di
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 73

Infine, nonostante gli sforzi fatti dalla Commissione per ve-


nire incontro alle pretese magiare e nonostante il tentativo un-
gherese di minimizzare i problemi, su numerose questioni per-
mangono serissime divergenze. Ad ulteriore conferma dell’idea
di un utilizzo strumentale del dialogo interistituzionale, in tutte
queste situazioni la volontà di cooperare sparisce e, in nome della
volontà sovrana degli ungheresi, non si rinuncia mai a rivendica-
re la sostanziale legittimità delle scelte operate37.

rispondere alle precise domande poste dal parere 621 del 2011, il memorandum
cerca di difendere l’organizzazione del potere giudiziario statuendo che «The inde-
pendence of the judiciary directly results from the general principle of separation
of powers enshrined in Article C of the “Foundation” Chapter. In addition, the new
Constitution fixes the basic constitutional guarantees of judiciary independence:
judges are only subject to the law; judges may not be instructed in their judicial
activity; they may be removed from office only for statutory reasons and in a pro-
cedure set out by law; judges may not be members of a political party and may not
pursue any political activity. Their independence is further assured by the fact that
they are nominated by the President of the Republic. In order to increase stability
and independence in the case of the President of the Curia, he or she will be elected
– upon the proposal of the President of the Republic – by a two-third majority vote
of the members of the Parliament for nine years».
37
A questo proposito si può fare riferimento alla risposta data per spiegare le ra-
gioni che hanno portato alla redazione dell’art. O. Infatti, nel memorandum, in rispo-
sta all’accusa di ambiguità della norma in questione, si legge: «The Inclusion of an
unambiguous statement in the Constitution that Hungarian citizens have both rights
and obligations has been a clear preference of the Hungarian electorate expressed
during the national consultation on the new Constitution. These obligations are in no
way in contradiction with international human rights treaties binding for Hungary.
The detailed rules of citizens‘ obligations will be defined by the respective cardinal
laws». Allo stesso modo in riferimento all’art. IV, si afferma che «As regards life
imprisonment without parole, it was introduced in the Constitution upon the clear
wish of the Hungarian electorate, as expressed during the national consultation on
the new Constitution. The Constitution merely contains a strict restriction of its us-
age: such a grave punishment may only be imposed for committing wilful and vio-
lent offences. The President may grant pardon to any condemned person. Such a
system could be regulated on the level of legislative acts, taking into consideration
the samples of the systems that are already in place in the United Kingdom and the
Netherlands». Pur non facendo riferimento alla necessità di ottemperare un preciso
mandato popolare, le spiegazioni connesse all’abuso dello strumento della legisla-
zione organica fanno riferimento alla specificità della tradizione legale ungherese.
4. LA RILUTTANZA DEL GOVERNO UNGHERESE
AL DIALOGO E I PROBLEMI INTRODOTTI
DALLA NUOVA LEGISLAZIONE ORGANICA

SOMMARIO: 4.1. I problemi connessi alla nuova legge organica sulla pro-
tezione dei dati personali e sulla libertà di informazione 4.2. I pro-
blemi connessi alla nuova legge organica sull’organizzazione della
Corte costituzionale 4.3. I problemi connessi alla nuova legislazione
organica sull’organizzazione del sistema giudiziario 4.4. I problemi
connessi alla nuova legislazione organica sull’organizzazione del
sistema di persecuzione dei crimini 4.5. I problemi connessi alla
nuova legge organica sulle elezioni parlamentari 4.6. I problemi
connessi alla nuova legge organica sull’organizzazione della Banca
nazionale ungherese 4.7. I problemi connessi alla nuova legge or-
ganica sulla protezione della famiglia 4.8. I problemi connessi alla
nuova legge organica sulla libertà di religione e sulle relazioni dello
Stato con le organizzazioni religiose 4.9. I problemi connessi alle
nuove norme sul regime transitorio 4.10. Il fallimento del dialogo
preventivo e i ‘costi’ delle nuove possibilità di intervento

4.1. I problemi connessi alla nuova legge organica sulla pro-


tezione dei dati personali e sulla libertà di informazione

Gli elementi che inducono a pensare che i rappresentanti un-


gheresi non hanno una reale intenzione di dialogare con le isti-
tuzioni sovranazionali trovano, sul finire del 2011, una conferma
inoppugnabile. Infatti, l’occasione dell’entrata in vigore ufficiale
della nuova Costituzione (prevista per il gennaio 2012) spinge la
maggioranza parlamentare filogovernativa ad accelerare i tempi
per l’approvazione dei provvedimenti normativi di attuazione e,
qualora fosse necessario, offre ulteriori prove dell’assenza di pre-
disposizione al confronto che connota la compagine governativa.
Seguendo l’ordine con cui sono stati approvati gli atti nor-
mativi a cui si fa riferimento, i primi sospetti della mancanza
di predisposizione al dialogo dell’alleanza tra FIDESZ e KDNP
76 PARTE II

sono introdotti dalla nuova legge organica sulla protezione dei


dati personali e sulla libertà di informazione1.
Infatti, pur proseguendo lungo la scia della tradizione magiara
di disciplinare congiuntamente la protezione dei dati personali e la
libertà di informazione, la nuova legge conferma molte delle paure
dei primi commentatori della Costituzione e, distaccandosi dal ga-
rantismo che ha caratterizzato il quadro precedente, istituisce una
nuova autorità di controllo assai debole sul piano delle garanzie di
indipendenza. Sotto questo profilo pesa innanzitutto il coinvolgi-
mento del governo nella procedura di nomina del Garante e la sua
attrazione dentro l’orbita della pubblica amministrazione2: ai sensi
del primo comma dell’art. 40, esso viene nominato dal Presidente
della Repubblica, su proposta del Primo ministro3. Ancor più grave,
poi, è l’espressa previsione secondo cui lo stesso Presidente della
Repubblica, sempre su mozione del Primo ministro, può «dischar-
ge» o «disqualify4» il Garante se quest’ultimo «fails to perform his
duties arising from his assignment for over 90 days5». Infine occorre
osservare che la nuova legge organica non sembra prevedere l’auto-
nomia organizzativa dell’organo di controllo.

4.2. I problemi connessi alla nuova legge organica sull’orga-


nizzazione della Corte costituzionale

A distanza di pochi mesi, anche la disciplina con cui si re-


gola il funzionamento della Corte costituzionale interviene ad
alimentare i sospetti6.

1
Si fa riferimento alla legge organica CXII dell’11 luglio 2011 sulla libertà
di informazione e sul diritto alla privacy.
2
Ai sensi del primo comma dell’art. 38 della legge organica CXII del 2011,
«The Authority shall be an autonomous state administration body».
3
È il caso di segnalare che nella vecchia disciplina disposta dalla legge
LXIII del 17 novembre 1992, il Commissario per la protezione della privacy era
eletto per cinque anni dal Parlamento.
4
La differenza tra i due termini utilizzati dal legislatore sembra da ricercare
nel fatto che il fallimento nell’adempimento delle funzioni sia da attribuire o
meno alla responsabilità del Garante.
5
Così, il quarto e il quinto comma dell’art. 45 della legge organica CXII
del 2011.
6
Si fa riferimento alla legge CLI del 14 novembre 2011.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 77

Già le modalità di approvazione della nuova disciplina rendono


palese la distanza tra le promesse fatte alla Commissione di Venezia e
la pratica politica reale: venendo meno all’impegno di cooperare con i
gruppi di opposizione, le forze di maggioranza, con un procedimento
contrario alle stesse previsioni costituzionali, hanno approvato, senza
alcuna discussione parlamentare e in maniera unilaterale, un atto di
importanza strategica per lo svolgimento democratico della vita politi-
ca e per l’effettivo godimento dei diritti fondamentali7. Per di più, se si
tiene in considerazione che la Commissione di Venezia ha espresso le
sue perplessità sulla scelta di regolare questioni secondarie con la (dif-
ficilmente modificabile) legislazione organica, ci si rende immediata-
mente conto che è censurabile la stessa scelta di cristallizzare alcuni
dettagli organizzativi nella forma della legge organica.
Se poi si volge lo sguardo ai contenuti sostanziali dell’atto è
facile osservare che, malgrado l’inclusione di nuove competenze
decisionali del giudice costituzionale8, nel complesso anche que-
sti si pongono in aperta contraddizione con gli impegni assunti in
sede internazionale. A questo proposito si può immediatamente
riferire di come, dimenticando gli inviti fatti dalla Commissione
di Venezia (e formalmente accolti dall’esecutivo) a sfruttare le
opportunità future per appianare le divergenze, la maggioranza
parlamentare ripropone in maniera quasi testuale molte delle più
contestate norme introdotte dalla Costituzione di Pasqua9.

7
Secondo la disposizione finale della Costituzione di Pasqua, le norme di
attuazione della Costituzione avrebbero dovuto essere proposte dall’esecutivo.
Tuttavia, nel caso della legge organica sul funzionamento della Corte costitu-
zionale, il disegno di legge è stato sottoposto dalla Commissione parlamentare
per le questioni costituzionali, procedurali e di giustizia. La scelta di questa
(illegittima) via procedurale ha determinato come conseguenza che l’esecutivo
non si è assunto la responsabilità politica del procedimento e che, in assenza
di adeguata pubblicità della bozza di provvedimento, l’atto è stato approvato
senza dibattito parlamentare. È da notare che, non essendo possibile individuare
con certezza la paternità dell’atto, da parte di alcune organizzazioni non gover-
native si è sostenuto che l’atto sia stato predisposto da alcuni giudici costituzio-
nali vicini alla maggioranza parlamentare.
8
La nuova legge organica introduce: il controllo sulle decisioni del Parlamento
con cui si convoca una consultazione popolare (art. 33); l’opinione sullo sciogli-
mento di un consiglio locale (art. 34); il giudizio di impeachment (art. 35) e il
conflitto di attribuzione (art. 36). Come è facile osservare, si tratta di nuove compe-
tenze che, pur avendo un peso assai importante, sono raramente esercitabili.
9
È questo il caso della previsione con cui, malgrado le reiterate critiche della
Commissione di Venezia, il primo comma dell’art. 23 conferma una via ampia per
78 PARTE II

Peraltro, come se ciò non bastasse, a fronte di alcune preci-


sazioni normative di non secondaria importanza10, la nuova legge
organica contiene parecchie previsioni che, in sfregio a qualsiasi
proclamata garanzia di voler mantenere il corretto funzionamen-
to delle istituzioni democratiche e un’equilibrata separazione
dei poteri, sono destinate a tradursi in un ulteriore ridimensio-
namento della funzione contromaggioritaria della giustizia co-
stituzionale. In particolare, vengono innanzitutto in rilievo le
disposizioni relative alla garanzia dell’indipendenza dei giudici
costituzionali: sia le norme sul conflitto di interesse dei membri
della Corte11, sia le norme sul regime di prorogatio12, sia anco-

l’accesso al giudizio ex ante di costituzionalità. Ancora più grave, poi, è il richiamo


che il secondo comma dell’art. 41 fa alla contestatissima regola costituzionale (si
veda il quarto comma dell’art. 37 della Costituzione e i commenti fatti nella prima
parte di questo lavoro) con cui si esclude il giudizio di costituzionalità in relazione
alle disposizioni che hanno rilievo economico e fiscale.
10
È da valutare positivamente il terzo comma dell’art. 6 della legge in que-
stione, laddove, supplendo ad una lacuna del testo costituzionale, raccoglie l’in-
vito fatto dalla Commissione di Venezia e prevede che i giudici non possano
essere rieletti. Tuttavia, questa previsione da sola non pare riuscire a garantire
l’indipendenza dei giudici perché la legge organica non contiene nessuna altra
disposizione che restringa le possibilità che un giudice costituzionale a fine
mandato rivesta (magari a titolo di ‘ricompensa’) incarichi di natura esecutiva.
11
In questo senso, prevedendo che «The mandate of Constitutional Court
members is incompatible with any other state or local government, social, politi-
cal, economical office or mandate, except offices related directly to scientific or
higher education activities, if it does not hamper the fulfilment of the tasks of the
Constitutional Court judge. Members of the Constitutional Court must not have
any gainful occupation other than that of scientific, teaching, artistic, copy editor
and editorial activities and intellectual activities falling under legal protection»,
il primo comma dell’art. 10 lascia aperta la possibilità che, in campi come l’inse-
gnamento e la ricerca, i giudici continuino a svolgere attività (anche di un certo
rilievo) come dipendenti del settore pubblico.
12
Prevedendo che «If the mandate of the Constitutional Court’s member termi-
nates on the basis of Paragraph (1), the new member of the Constitutional Court shall
be elected according to Article 8 (1)–(3). Should the Parliament not elect the new mem-
ber of the Constitutional Court until the deadline set out by Article 8 (3), the mandate
of the member of the Constitutional Court shall be prolonged until its successor takes
up its duties. In cases where multiple judges simultaneously face the termination of
their mandate and the number of these judges is higher than the number of new judges
elected by the Parliament by the deadline, the mandate of younger members will be
prolonged», il terzo comma dell’art. 15 della legge organica in questione permette ad
una forza parlamentare che detenga un terzo dei seggi di perpetuare indefinitamente un
giudice ideologicamente affine in scadenza di mandato. È pertanto facile da immagi-
nare che ciò finirà in maniera quasi inevitabile a condizionare l’attività dei giudici.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 79

ra le norme sulla revoca del mandato dei magistrati13 sembrano


appositamente disegnate per assicurare al potere esecutivo una
possibilità di influire sulla vita dell’istituzione di controllo.
In secondo luogo, la scelta di restringere le tradizionali mo-
dalità di accesso al sindacato di costituzionalità conferma l’idea
che la giustizia costituzionale è considerata un intralcio all’azio-
ne politica. In questo senso rilevano sia la previsione con cui si
riduce la possibilità che, nel giudizio di costituzionalità previsto
dal secondo comma lett. e dell’art. 24 della nuova Costituzione,
il Commissario per i diritti fondamentali impugni gli atti del go-
verno14, sia le previsioni con cui si tenta di circoscrivere l’acces-
so al ricorso diretto15.

13
Parlando della possibilità di porre anticipatamente fine al mandato di uno
dei componenti della Corte, il quarto comma dell’art. 16 è generico e, senza
dare alcuna indicazione sulle procedure da seguire, si limita a parlare di situa-
zioni in cui il giudice si sia dimostrato «unworthy».
14
La formulazione della nuova Costituzione si limita ad includere, senza
ulteriori specificazioni, il Commissario per i diritti fondamentali tra i soggetti
legittimati al ricorso astratto ed ex post. Invece, prevedendo che «The Consti-
tutional Court shall review the conformity of legal regulations with the Fun-
damental Law on the petition of the Commissioner for Fundamental Rights
containing an explicit request if, in the opinion of the Commissioner for Funda-
mental Rights, the legal regulation is contrary to the Fundamental Law», il se-
condo comma dell’art. 24 della legge organica pare legittimare l’interpretazio-
ne secondo cui il Commissario per i diritti fondamentali può sollevare questioni
di costituzionalità riguardanti soltanto le violazioni che rientrano nel suo campo
di competenza (cioè i diritti) e non può invece interessarsi di altre possibili
lesioni della Costituzione. Condivide questa interpretazione anche G. HALMAI
- K. L. SCHEPPELE, Amicus Brief for the Venice Commission on the Transitional
Provisions of the Fundamental Law and the Key Cardinal Laws, in http://lapa.
princeton.edu.
15
A questo proposito almeno due previsioni sembrano rilevanti. Per un ver-
so, nel delineare le condizioni per l’ammissibilità del ricorso individuale, l’art.
29 richiedendo che «conflict with the Fundamental Law significantly affects the
judicial decision, or the case raises constitutional law issues of fundamental
importance», affida un grande potere discrezionale ai giudici e pare orientato
ad escludere la possibilità (pure espressamente prevista dal secondo comma
dell’art. 26 della stessa legge) di ricorrere contro gli atti legali che non ab-
biano trovato applicazione giudiziaria. In secondo luogo, prevedendo che «If
the Constitutional Court has already ruled on the conformity of an applied
legal regulation or a provision thereof with the Fundamental Law based on a
constitutional complaint or judicial initiative, no constitutional complaint or
judicial initiative aimed to declare a conflict with the Fundamental Law may be
admitted regarding the same legal regulation or provision thereof and the same
right guaranteed by the Fundamental Law, with reference to the same consti-
80 PARTE II

In terzo luogo, pure le norme procedurali confermano una


serie di vistose anomalie16. Ad esempio, pare abbastanza equi-
voca la previsione con cui, nel definire i soggetti che compon-
gono la sessione plenaria, il terzo comma dell’art. 48 statuisce
che «other persons invited by the President may also attend»17.
La stessa preoccupante stranezza caratterizza anche quelle pre-
visioni che, con il dichiarato intento di ridurre il sovraccarico di
lavoro dei giudici costituzionali, intervengono per istituire una
sanzione contro i ricorsi presentati in una «abusive manner18».
Infine, l’ultima conferma dell’atteggiamento di sfavore con
cui si guarda alla funzione contromaggioritaria del giudizio di
costituzionalità è offerta dalla disciplina transitoria contenuta
nelle previsioni conclusive della legge organica. Segnatamente,
prevedendo l’automatica estinzione di tutte le actiones populares
pendenti che non siano convertibili (e concretamente converti-

tutional law context – unless the circumstances have changed fundamentally


in the meantime», l’art. 31 introduce una anomala forma di giudicato che ha
come effetto quello di precludere la possibilità che, pur in presenza di norme
contrarie alla Costituzione, si presti tutela ad altri ricorrenti. Detto in altre pa-
role, soltanto il primo dei molteplici soggetti potenzialmente lesi da una nor-
ma incostituzionale, può trovare tutela giudiziaria. Addirittura, la gravità delle
condizioni richieste per l’accesso spinge G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit.,
a sostenere che «The success of constitutional complaints also depends on an
element of ‘luck’» e a chiedersi se il ricorso individuale di costituzionalità può
ancora diventare «an effective tool for the protection of the fundamental rights
of the individual».
16
Al di là delle previsioni riportate nel testo, seppur per certi versi com-
prensibile (in quanto almeno apparentemente ispirata dal desiderio di evitare
la presentazione di ricorsi capziosi e palesemente infondati), criticabile pare
anche il secondo comma dell’art. 52 quando dichiara che l’assistenza legale è
obbligatoria per affrontare il giudizio. In assenza di disposizioni che prevedano
forme di assistenza legale per i meno abbienti, una simile disposizione rischia
di essere discriminatoria e può restringere le possibilità di accesso alla giustizia
costituzionale. Problematico pare pure il secondo comma dell’art. 62.
17
La previsione pare ancora più inquietante se si tiene presente che il Presi-
dente della Corte è espresso dal Parlamento.
18
Ai sensi del secondo comma dell’art. 54 «The panel of the Constitutional
Court or the single judge – acting in accordance with Section 55 (5) – may
impose a procedural fine on the petitioner and may order him or her to pay the
extra costs if the petitioner exercises the right to petition in an abusive man-
ner; similar measures may be taken against those petitioner or other persons
participating in the proceedings whose wilful conduct delays or hinders the
termination of the Constitutional Court proceedings». L’importo di questa vera
e propria multa arriva ad una cifra equivalente ai millesettecento euro.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 81

te) in ricorsi individuali ai sensi della nuova Costituzione, l’art.


71, pur di circoscrivere la possibilità che il giudice costituzionale
possa pronunciarsi, arriva addirittura a comprimere il diritto dei
cittadini (acquisito sotto il precedente regime costituzionale) a
appellarsi ad un’istanza giurisdizionale19.

4.3. I problemi connessi alla nuova legislazione organica


sull’organizzazione del sistema giudiziario

L’atteggiamento di chiusura al dialogo con le istituzioni so-


vranazionali20 trova un’ulteriore e importantissima conferma an-
che nei provvedimenti normativi organici con cui le forze della
maggioranza parlamentare organizzano il sistema giudiziario21.
Esattamente come accaduto per l’atto sull’organizzazione
della Corte costituzionale, anche con riferimento a queste dispo-
sizioni è possibile individuare una serie di pecche già sul piano
formale. Anche in questo caso, tanto le modalità di approvazione
delle leggi organiche, quanto la scelta di introdurvi contenuti di
dettaglio vale ad allontanare i provvedimenti dalle indicazioni
provenienti dalla Commissione di Venezia.
Peraltro, le analogie con la legge sull’organizzazione della
Corte costituzionale non si esauriscono al solo profilo formale,
ma riguardano anche i contenuti degli atti normativi in questio-
ne. Infatti, per un verso si introducono una serie di norme che
danno attuazione ad alcune delle più contestate previsioni costi-

19
Secondo il regime disposto dalle norme finali, le actiones populares pen-
denti devono, a pena di decadenza e alle condizioni prescritte dalle relative
disposizioni, essere convertite entro certi termini (da tre a sei mesi a seconda
della data di presentazione del ricorso) in ricorsi individuali di costituzionalità.
Ciò comporta che le actiones populares che non siano convertite entro i termini
temporali imposti e le actiones populares in cui il ricorrente non possa dimo-
strare di aver subito un pregiudizio concreto (ad esempio quelle presentate dalle
organizzazioni non governative) decadono automaticamente.
20
Cfr. con quanto riportato infra nelle pagine successive di questo lavoro
a proposito degli emendamenti introdotti in seguito alle nuove pressioni della
Commissione di Venezia.
21
Si fa riferimento alla legge organica CLXI (relativa all’organizzazione
e all’amministrazione delle corti) del 28 novembre 2011 e alla legge organica
CLXII (relativa allo status e alla remunerazione dei giudici) del 28 novembre
2011.
82 PARTE II

tuzionali: sia la previsione del prepensionamento (ulteriormente


anticipato) dei giudici22, sia le norme che riguardano la specifica
posizione del Presidente del Tribunale supremo23 smentiscono la
volontà collaborativa manifestata dinnanzi alle istituzioni sovra-
nazionali. Per un altro, manifestando una scarsissima attenzione
ai diritti dei cittadini, si disegna un sistema di amministrazione
della giustizia fortemente problematico e, nell’evidente intento
di indebolire ogni forma di controllo sull’azione politica della
maggioranza, caratterizzato dalla assoluta mancanza di traspa-
renza e da un’inedita concentrazione del potere decisionale.
Senza addentrarsi troppo nei dettagli tecnici, è comunque
possibile riferire delle polemiche che ha suscitato la sostitu-
zione del vecchio organo di autogoverno della magistratura. In
particolare, la scelta di concentrare praticamente tutto il pote-
re decisionale dell’Ufficio giudiziario nazionale (nuovo organo
di autogoverno) nelle mani di un Presidente nominato per via
parlamentare24, in abbinamento alla scarsità dei requisiti di legit-

22
Anticipando di fatto il prepensionamento dei giudici vengono introdotte
alcune norme (ad esempio si veda la lett. h dell’art. 90 della legge organica
CLXII del 2011) con cui, nei sei mesi che anticipano il pensionamento, i giudici
vengono “esentati” dal normale svolgimento dell’attività giudiziaria. Inoltre,
sempre a proposito del prepensionamento dei giudici, è anche opportuno rife-
rire di come, confermando i peggiori sospetti connessi alla volontà di ingerire
nella vita del potere giudiziario, le previsioni transitorie della legge CLXII del
2011 posticipino l’assunzione dei nuovi giudici al momento dell’entrata in vi-
gore della nuova Costituzione e delle nuove e tutt’altro che neutrali modalità di
reclutamento dei giudici.
23
Dimenticando la promessa di non utilizzare le norme di attuazione della
Costituzione come strumento per rimuovere figure istituzionali non gradite al
governo, il primo comma dell’art. 114 della legge CLXI del 2011, richiedendo
almeno cinque anni di anzianità, introduce una norma che pare orientata soltan-
to ad escludere il vecchio Presidente del Tribunale supremo (che avendo svolto
per diciassette anni la funzione di giudice della Corte europea dei diritti dell’uo-
mo non ha i cinque anni di anzianità richiesti per l’esercizio della funzione).
24
Se comparate con quelle degli organi che negli altri paesi svolgono (col-
legialmente) le stesse funzioni, le prerogative del Presidente dell’Ufficio giu-
diziario nazionale sono enormi. Infatti, l’elenco di poteri previsto dall’art. 76
legge organica CLXI del 2011 è praticamente sterminato. Inoltre, accanto a
questo enorme elenco, altre penetranti competenze sono previste dal quarto
comma dell’art. 27 della legge organica CLXI del 2011, dal secondo comma
dell’art. 6 della legge organica CLXII del 2011, dal terzo comma dell’art. 18
della legge organica CLXII del 2011, dal primo comma dell’art. 14 della leg-
ge organica CLXII del 2011, dal terzo comma dell’art. 9 della legge organica
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 83

timazione tecnica della figura istituzionale monocratica25, pare


particolarmente infausta e conferma tutte le perplessità sollevate
al momento dell’approvazione della nuova Costituzione. Que-
sta situazione è resa ancor più grave dalla debolezza strutturale
che caratterizza l’unica istituzione a cui, almeno in teoria, sareb-
be affidato il controllo dell’operato del Presidente dell’Ufficio
giudiziario nazionale26: sia per la natura non vincolante dei suoi
provvedimenti27, sia per la sua posizione di dipendenza dall’or-
gano che dovrebbe controllare28, il nuovo Consiglio giudiziario
nazionale non pare essere in grado di esercitare alcun controllo
effettivo sul Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale29.

CLXII del 2011, dal primo e dal terzo comma dell’art. 31 della legge organica
CLXII del 2011, dal terzo comma dell’art. 58 della legge organica CLXII del
2011, dall’art. 67 della legge organica CLXII del 2011, dal secondo comma
dell’art. 72 e dall’art. 73 della legge organica CLXII del 2011, dall’art. 96 della
legge organica CLXII del 2011, dall’art. 119 della legge organica CLXI del
2011.
25
Secondo l’art. 66 della legge organica CLXI del 2011 «The President of
the NJO shall be elected by Parliament from among judges appointed for an
indefinite period of time and having at least 5 years of judicial service. The
President shall be elected for 9 years with two-thirds of the votes».
26
Ai sensi del primo comma dell’art. 88 della legge organica CLXI del
2011, la principale funzione del Consiglio giudiziario nazionale è quella di «su-
pervisory body of the central administration of courts».
27
Pur avendo un certo rilievo numerico, le competenze del Consiglio giu-
diziario nazionale elencate dall’art. 103 della legge organica CLXI del 2011
sono tutte accomunate dalla loro natura di opinioni o, al limite, di impulso per
la decisione di altri organi.
28
In primo luogo occorre rilevare che, essendo tutti i membri del Consiglio
giudiziario nazionale giudici, essi sono sottoposti ai penetranti poteri discipli-
nari del Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale (si veda ad esempio il po-
tere di trasferimento disciplinato dal secondo comma dell’art. 34 della legge
organica CLXII del 2011). La mancanza di indipendenza determinata da que-
sta situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che il Consiglio è funzional-
mente dipendente dall’Ufficio giudiziario nazionale (ai sensi del primo comma
dell’art. 104 della legge organica CLXI del 2011) e dal fatto che il Presidente
può partecipare alle riunioni del Consiglio giudiziario nazionale (ai sensi del
primo comma dell’art. 106 della legge organica CLXI del 2011).
29
A ridurre le possibilità che il Consiglio giudiziario nazionale possa eserci-
tare un controllo intervengono anche il secondo comma dell’art. 89 e il secondo
comma dell’art. 90 della legge organica CLXI del 2011. Infatti, la prima con-
figura per l’organo una debole presidenza (da non confondere con la Presiden-
za dell’Ufficio giudiziario nazionale) semestrale e a rotazione e, così facendo,
impedisce che si possa prefigurare un reale contraltare al potere del Presidente
dell’Ufficio giudiziario nazionale. Inoltre, producendo lo stesso effetto di in-
84 PARTE II

Al di là dei profili strettamente istituzionali, è pure la disci-


plina con cui si regola la posizione dei singoli giudici a suscitare
più di una questione di conformità con l’ordine internazionale.
Sotto questo profilo, oltre una regolamentazione probabilmente
troppo restrittiva sull’incompatibilità dei magistrati30, vengono
innanzitutto in considerazione le problematiche norme con cui,
senza prevedere la possibilità di un ricorso, si attribuisce al Presi-
dente dell’Ufficio giudiziario nazionale un’arbitraria competenza
ad alterare l’ordine di graduatoria dei concorsi di magistratura31.
Alla stessa maniera, se confrontato con l’esperienza degli altri
stati europei, troppo grande per un organo monocratico pare an-
che il potere discrezionale di nominare (fatto salvo un semplice
parere eventualmente espresso dal Consiglio giudiziario nazio-
nale) i presidenti di tutti i tribunali e di tutte le corti d’appello
presenti sul territorio32. Potenzialmente lesive degli standard in-

debolimento dell’organo, la seconda disposizione, facendo salvo il Presidente


della Corte suprema che è membro di diritto per tutto la durata del suo incarico,
prevede il limite di un mandato per ciascuno degli altri quattrodici membri
eletti ai sensi del quarto comma dell’art. 88 della stessa legge.
30
Prevedendo che «Judges may not be Members of Parliament, members
of the European Parliament, local authority representatives, mayors or state
leaders under the Act on central administrative bodies and on the legal status
of Government members and state secretaries», il secondo comma dell’art. 39
della legge organica CLXII del 2011 pare più orientato a punire i magistrati che
non a garantirne l’indipendenza.
31
Per essere più precisi, la procedura per la selezione dei magistrati prevede
una rigorosa valutazione concorsuale presso il tribunale in cui occorre reclutare
il magistrato, un controllo da parte del Tribunale supremo e, prima che il Pre-
sidente della Repubblica possa procedere alla nomina definitiva, un ‘intervento
correttivo’ del Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale che, ai sensi del
terzo comma dell’art. 18 della legge organica CLXII del 2011, può decidere
di discostarsi dalla graduatoria che gli viene presentata e (in assenza di definiti
criteri sostanziali) può liberamente scegliere o il secondo o il terzo classificato
tra i candidati.
32
La procedura prevede che, dopo la presentazione delle candidature, i giu-
dici della Corte in cui occorre nominare il Presidente si esprimano con un bal-
lottaggio segreto sui candidati (in questo senso l’art. 131 della legge organica
CLXI del 2011) e il Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale ascolta gli
aspiranti. Soltanto nel caso in cui il Presidente dell’Ufficio giudiziario naziona-
le intenda affidare l’incarico ad un candidato che non ha ottenuto un parere po-
sitivo dagli altri giudici è previsto l’intervento del Consiglio giudiziario nazio-
nale (così il secondo comma dell’art. 132 della legge organica CLXI del 2011).
Tuttavia, è espressamente disposto che, a prescindere dal parere espresso, il
Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale può comunque nominare il candi-
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 85

ternazionali sembrano anche le regole sul “periodo di prova” dei


giudici33 e quelle sui procedimenti disciplinari34.
Infine, l’ultima grande questione posta dalle norme orga-
niche sul sistema giudiziario ungherese riguarda le modalità di
assegnazione dei casi. Contrariamente a qualsiasi parametro in-
ternazionale e in aperto contrasto con le stesse disposizioni co-
stituzionali35, la nuova legge organica sull’amministrazione e
sull’organizzazione delle corti prevede la possibilità che il Presi-
dente dell’Ufficio giudiziario nazionale intervenga nell’assegna-
zione dei casi e, con un potere chiaramente discrezionale, alteri
le regole sul giudice naturale predefinito dalla legge e sulla com-
petenza territoriale delle corti36.

dato che preferisce (si veda il sesto comma dell’art. 132 della legge organica
CLXI del 2011).
33
Al quinto comma dell’art. 3 e al primo comma dell’art. 23 della legge
organica CLXII del 2011 si fa riferimento ad un periodo di prova della durata
di tre anni prima della definitiva assunzione dei giudici. È facile prevedere che
la situazione di incertezza in cui si vengono a trovare i giudici in prova può
interferire negativamente con la loro indipendenza.
34
Le regole sui procedimenti disciplinari presentano più di un problema.
In primo luogo è rimarchevole che il secondo comma dell’art. 84 della legge
organica CLXII preveda che il giudice sottoposto a procedimento possa (ma
non debba necessariamente) essere sentito. In secondo luogo, in violazione del
principio del giudice naturale, non sembra che la composizione dei collegi giu-
dicanti sia affidata a regole obiettive. In terzo luogo, l’irrogazione della san-
zione della riduzione del 50% del salario non pare regolata da criteri obiettivi
e può facilmente trasformarsi in uno strumento di pressione nei confronti del
magistrato sottoposto a procedimento.
35
Sebbene il primo comma dell’art. 8 della legge organica CLXI del 2011
si richiami al principio del giudice naturale predeterminato per legge, la dispo-
sizione sulla possibilità che il Presidente intervenga nell’assegnazione dei casi
sembra porsi in contrasto con l’art. XXVIII che, per lo meno con riferimento
alla materia penale, a questo proposito parla di «legally established indepen-
dent and impartial court».
36
In questo senso si veda il quarto comma lett. b dell’art. 76 della legge
organica CLXI del 2011 (riportato alla nota 285 del presente lavoro) e si noti
l’assoluta assenza di un criterio che possa valere a dare un minimo di obiettività
al potere del Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale.
86 PARTE II

4.4. I problemi connessi alla nuova legislazione organica sull’or-


ganizzazione del sistema di persecuzione dei crimini

Il quadro dell’allontanamento della giustizia ungherese da-


gli standard sovranazionali deve essere completato facendo rife-
rimento alla legislazione organica con cui si dà attuazione alle
previsioni costituzionali in materia di repressione dei crimini37.
Così come è accaduto a proposito dell’approvazione delle altre
leggi organiche, anche in questo caso si può innanzitutto iniziare a
contestare le leggi organiche in relazione ai profili procedimentali
che hanno portato alla loro approvazione. Ancora una volta, la pro-
cedura seguita per l’adozione di due atti di cruciale importanza per
la vita del paese è stata caratterizzata dalla mancata partecipazione
delle opposizioni parlamentari e dal mancato coinvolgimento dei
gruppi della società civile. Inoltre, la miscela di norme di principio
e norme di dettaglio che contraddistingue tutti e due i provvedi-
menti normativi conferma che le autorità ungheresi hanno abusato
nell’utilizzare lo strumento della legislazione organica.
Anche in relazione ai profili sostanziali delle leggi organiche in
questione non mancano certo i problemi di compatibilità con l’ordi-
ne giuridico sovranazionale e con l’ordine giuridico internazionale.
In primo luogo, è possibile riscontrare molti dei difetti che conno-
tano l’amministrazione della giustizia: sia le norme sul “periodo di
prova” dei nuovi procuratori38, sia le norme sull’incompatibilità dei
procuratori39, sia le norme sui procedimenti disciplinari40 ripropon-

37
Si fa riferimento alla legge organica CLXIII (relativa al sistema della re-
pressione dei crimini) del 28 novembre 2011 e alla legge organica CLIV (re-
lativa allo status del Procuratore generale e alla carriera di procuratore) del 28
novembre 2011.
38
Ai sensi del secondo comma dell’art. 14 della legge CLXIV del 2011
è prevista una prima assunzione per tre anni. In riferimento a questa norma
valgono gli stessi rilievi relativi all’indipendenza nell’esercizio della funzione
svolti a proposito della norma che prevede per i giudici un periodo di prova per
tre anni.
39
In questo senso si veda il primo comma dell’art. 44 della legge CLXIII
del 2011 e si noti che esso riprende la disciplina già presa in considerazione al
paragrafo precedente.
40
Ai sensi del terzo comma dell’art. 87 della legge CLXIV del 2011 i pro-
curatori possono essere sottoposti a sanzioni del 50% del salario. Esattamente
come avviene a proposito delle omologhe sanzioni previste per i giudici, la
norma in questione non contiene riferimenti normativi obiettivi per la sommi-
nistrazione delle riduzioni salariali.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 87

gono le stesse questioni sollevate dalla legge analizzata nel paragra-


fo precedente.
Pur essendo inquadrabile tra le norme che proiettano i difetti
del sistema giudiziario sull’organizzazione delle procure, un di-
scorso a parte meritano poi le norme che regolano la figura del
Procuratore generale. Infatti, in nome di una fittizia volontà di
garantire l’indipendenza delle procure dal potere esecutivo41, si
finisce con il riprendere gli opachi schemi dell’esperienza stali-
nista (si vedano anche infra le regole organizzative reintrodotte
dalle norme organiche sul regime transitorio) e con il sottrarre
ad ogni possibile controllo gli enormi poteri di un Procuratore
generale che ha un controllo gerarchico sull’intero apparato di
repressione penale e penetranti poteri in altri campi del diritto42.
Senza addentrarsi in dettagli troppo tecnici, si può a questo pro-
posito riferire della sostanziale irrilevanza degli organi collegiali
della Procura generale43, della possibilità che attraverso l’istituto

41
Secondo il giudizio formulato da G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit., «The
prosecutorial system in Hungary in fact had never abandoned its Stalinist structure.
Formally, it is independent from the government because the Chief Prosecutor is
elected by the Parliament, but there is no accountability of this office to any other,
or any possibility of the review of its activities by anyone. It is completely nontrans-
parent and therefore vulnerable to covert political influence».
42
Al di là delle altre norme riferite nel testo, un primo indizio sulla posizione
di centralità del Procuratore generale è dato dalla previsione secondo cui egli par-
tecipa alle sessioni plenarie del Tribunale supremo (così il secondo comma lett.
a dell’art. 11 della legge CLXIII del 2011). Inoltre, sia la norma con cui (senza
fissare degli standard normativi) si prevede la possibilità di avocazione (così l’art.
13 della legge CLXIII del 2011), sia le norme che (senza fissare degli standard
normativi e senza obbligo di motivazione) prevedono la possibilità di rimozio-
ne dei membri del consiglio segnalati dal Procuratore (così il secondo comma
dell’art. 9 della legge CLIV del 2011) testimoniano la rigidità della gerarchia che
viene istituita all’interno del sistema di persecuzione dei crimini. A ciò si aggiun-
ga anche che la lett. f dell’art. 148 della legge CLXIV del 2011 caratterizza in
senso inquisitorio il sistema delle sanzioni disciplinari (l’autorità superiore è allo
stesso tempo giudice e accusatore) e che ai sensi dell’art. 92 CLXIV del 2011 le
obiezioni contro le accuse formulate (sempre in sede disciplinare) dal Procuratore
generale vengono decise dallo stesso Procuratore generale.
43
La legge organica CLXIV del 2011 prevede diversi organi consiliari (si
veda il terzo comma dell’art. 4 ed il terzo comma dell’art. 7) in cui i procu-
ratori sono rappresentati. Tuttavia è espressamente escluso (dall’art. 7 della
stessa legge) che essi si possano pronunciare su questioni che riguardino il Pro-
curatore generale o i suoi sostituti. Peraltro, stante la natura meramente con-
sultiva degli organi in questione, il Procuratore generale può tranquillamente
non tenere in conto i pareri ricevuti. Inoltre, la previsione contenuta al secondo
88 PARTE II

della prorogatio si possa estendere il già troppo lungo mandato


di nove anni44, dei paradossi connessi alle (troppo ampie) rego-
le sull’immunità del Procuratore generale45 e della possibilità di
quest’ultimo di modificare l’organizzazione nazionale delle pro-
cure previste dalla legge organica CLXIII del 201146.
Per di più, come è facile da immaginare, al di là del piano delle
relazioni tra gli organi, i problemi connessi all’eccessiva concentra-
zione di potere finiscono con il ripercuotersi negativamente su quel-
lo dei rapporti tra i cittadini e l’autorità e finiscono con il mettere a
repentaglio la possibilità di offrire un’adeguata protezione dei diritti
fondamentali. In questo senso, oltre alle larghe previsioni sulla possi-
bilità di sciogliere le persone giuridiche47, fuori dagli standard europei

comma dell’art. 9, prevedendo che «The pan-prosecution meeting shall decide


on exemption from membership by secret ballot» e che «More than one half of
the valid votes cast shall be required for exemption from membership», evita
di specificare i casi in cui sia possibile l’esclusione e finisce con l’indebolire la
posizione individuale dei componenti dell’organo consiliare.
44
Conformemente al quarto comma dell’art. 29 il Procuratore generale è eletto,
con maggioranza dei due terzi, per nove anni. Tuttavia, tenendo in considerazione
che il secondo comma lett. a dell’art. 22 della legge organica CLIV del 2011 pre-
vede che il Procuratore generale uscente svolga le sue funzioni fino alla nomina di
quello nuovo, si determina una situazione (certamente vantaggiosa per FIDESZ)
per cui, di fatto, alla scadenza del mandato basterà soltanto un terzo dei parlamen-
tari per mantenere sine die il Procuratore scelto dall’attuale maggioranza.
45
Invece di riconoscere la semplice immunità funzionale, il quinto comma
dell’art. 3 della legge organica CLXIII del 2011 riconosce al Procuratore ge-
nerale (e ai procuratori) l’immunità parlamentare. Il sesto comma, poi, dispone
che si applichino al Procuratore generale le stesse regole di procedura previste
per i deputati. Ora, se si tiene presente che in relazione alla sospensione dell’im-
munità per i deputati le regole di procedura richiedono il parere obbligatorio del
Procuratore generale, si viene a determinare la paradossale situazione per cui
lo stesso soggetto che è oggetto del procedimento di sospensione è per legge
tenuto a pronunciarsi (in veste istituzionale) sulla vicenda che lo riguarda per-
sonalmente.
46
Nell’organizzare l’articolazione delle Procure sul territorio nazionale, il
quarto comma dell’art. 12 della legge organica CLXIII del 2011 prevede che il
quadro da essa descritto vale «Unless provided otherwise by law or by the order
of the Chief Public Prosecutor».
47
In assenza di precisi criteri legali, il quarto comma dell’art. 28 della legge
organica CLXIII del 2011, afferma che «Prosecutors shall file a lawsuit to dis-
solve or wind up a legal entity or to restore compliant operations, if based on
data or other circumstances revealed to the prosecutor it is reasonable to as-
sume that the legal entity has wound up its operations or is pursuing activities
in contravention of the Fundamental Law or any other legal regulation. Un-
less explicitly prohibited by law, prosecutors shall file a lawsuit whenever non-
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 89

sono senza dubbio sia le previsioni sull’utilizzo dei dati personali rac-
colti nel corso delle indagini48, sia le previsioni che sembrano consen-
tire perquisizioni e accessi alla proprietà privata anche in assenza di
un apposito mandato giudiziario49. Per la loro capacità di interferire
nell’ordinario funzionamento della società civile e nell’ordinato fun-
zionamento dell’amministrazione pubblica, preoccupanti sono pure le
norme che attribuiscono ai procuratori inusitati poteri di supervisione
generale dell’attività amministrativa50 e invadenti poteri all’interno di
procedimenti di natura essenzialmente civile51.

4.5. I problemi connessi alla nuova legge organica sulle ele-


zioni parlamentari

Non diversamente da quanto visto a proposito delle disposi-


zioni analizzate nei paragrafi precedenti, anche la legge organica

compliance jeopardises the lawful operation of a legal entity». Questo quadro


normativo può, a seconda delle circostanze, fungere da fondamento per lesioni
del diritto di associazione tutelato dalle norme europee.
48
In relazione ai problemi della gestione dei dati si tenga in considerazione
che il primo comma dell’art. 31 della legge organica CLXIII del 2011 prevede
che «To perform its duties relating to penal law, the protection of public inter-
est, administration, statistics and scientific research objectives, the Prosecu-
tion Service may operate central, regional and local data management bodies
within its organisation to manage». Per l’eccessiva ampiezza dei fini e degli
strumenti a disposizione per la raccolta dei dati, una simile norma pare in con-
trasto con gli standard europei.
49
Ai sensi del quarto comma dell’art. 4 della legge organica CLXIII del
2011, «Unless otherwise provided for by law or other legal provisions man-
dated by law, prosecutors proceeding in a case may enter the premises or rooms
at the disposal of the organ or person affected by the procedure by presenting
their identity cards».
50
Il primo comma dell’art. 29 della legge organica CLXIII del 2011 introdu-
ce la possibilità che i procuratori interferiscano (pesantemente) sulle procedure
amministrative. Infatti, esso prevede che «Prosecutors shall verify the legality
of individual decisions made and administrative measures taken by administra-
tive authorities and other bodies applying the law other than courts, whether
binding or final, provided the courts have not overridden such decisions».
51
Secondo il primo comma lett. b dell’art. 27 della legge organica CLXIII
del 2011, i procuratori «may use their powers to take action in lawsuits between
other parties». Inoltre, ai sensi del quarto comma dello stesso articolo, «pros-
ecutors shall have the right to seek redress even if they were not party to the
proceedings or in case communicating the decision to the prosecutor was not
required».
90 PARTE II

sulle elezioni dei membri del Parlamento nazionale si discosta


dagli impegni assunti dal governo in sede internazionale, in me-
rito al coinvolgimento delle forze di opposizione52.
Sul piano sostanziale, la nuova disciplina affianca la legge
sulle procedure elettorali del 1997 (così come modificata nel
2007 e nel 2009) e introduce una serie di rilevanti novità. Innan-
zitutto, pur senza alterare la natura mista del sistema elettorale
ungherese, la legge organica in questione modifica la formula
per la ripartizione dei seggi e disegna un sistema a turno unico53.
Inoltre, si è provveduto a realizzare una significativa riduzione
del numero di seggi parlamentari54.
Al di là di una serie di previsioni che fuori da ogni dub-
bio rientrano nelle normali dinamiche dei sistemi politici, oc-
corre mettere in evidenza che si registrano alcune innovazioni
che, stemperando alcune contestate disposizioni previgenti, ti-
midamente aprono alle regole basiche della vita democratica e
all’ordine giuridico internazionale e sovranazionale. È questo,
ad esempio, il caso delle nuove norme finalizzate a rafforzare la
partecipazione delle minoranze nazionali alla vita parlamentare55
oppure delle norme con cui si cerca di semplificare la possibilità
di presentare le candidature individuali56.
Tuttavia, queste affermazioni non devono condurre a facili
entusiasmi perché, accanto a questo genere di previsioni, ve ne
sono altre che, sotto un’apparente neutralità, celano un eviden-
te progetto di rafforzamento del potere dell’attuale esecutivo.

52
Si fa riferimento alla legge organica CIII del 23 dicembre 2011.
53
È quanto riporta G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit..
54
Dando attuazione alla norma costituzionale che prevede un numero in-
feriore ai duecento deputati, il numero dei rappresentanti viene ridotto dagli
attuali trecentottantasei a centonovantanove.
55
G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit., riferisce che si introduce un compli-
cato meccanismo elettorale che permette agli elettori preventivamente iscritti
nel gruppo delle minoranze nazionali di scegliere se votare i candidati dei par-
titi tradizionali o i rappresentanti nelle speciali liste riservate alle minoranze.
Il provvedimento è interessante perché, pur non garantendo che ciascuna delle
minoranze esprima un proprio rappresentante parlamentare, garantisce un por-
tavoce a tutte le minoranze riconosciute.
56
Come viene giustamente fatto notare da G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op.
cit., mantenendo lo stesso numero minimo di sottoscrizioni a sostegno di ogni
candidatura, ma riducendo il numero delle circoscrizioni (e quindi ampliando
il numero degli elettori che vi rientrano) si rende relativamente più facile la
possibilità di presentare una candidatura.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 91

Un primo problema in questo senso è certamente rappresentato


da quelle previsioni che rafforzano la natura maggioritaria del
sistema politico ungherese57. Sebbene il sistema maggioritario
sia comunemente utilizzato in molti paesi europei, con specifi-
co riferimento al contesto magiaro è facile prevedere che la sua
implementazione finirà con il realizzare (rectius: il perpetuare)
una sovrarappresentanza che non gioverà certo al quadro demo-
cratico del paese e che con ogni probabilità sarà utile soltanto a
garantire l’interesse politico dell’attuale forza di maggioranza58.
Sempre a questo proposito occorre, poi, riferire dell’intro-
duzione di un sistema di voto per i cittadini ungheresi non resi-
denti in Ungheria. Sebbene anche in questo caso si tratti di una
previsione comune a molti paesi europei, applicata al contesto
ungherese, essa muta completamente di significato59: se nei paesi
che prevedono il diritto di voto per i cittadini non residenti il voto
dall’estero è generalmente ininfluente, il riconoscimento dello
stesso diritto a cinque milioni di cittadini non residenti, in un
sistema che ha otto milioni di elettori, rischia di alterare il voto
a favore di quelle forze politiche che lo hanno introdotto e che
continuamente si appellano ad una retorica di unità nazionale.
Inoltre, la volontà di dare un’apparenza neutrale a disposi-
zioni antidemocratiche è confermata dalle disposizioni con cui,
facendo strumentalmente leva sull’invito della Corte costituzio-
nale ad una più proporzionata riorganizzazione dei distretti elet-
torali60, si sono introdotti i criteri che regolano la determinazione
delle circoscrizioni61 e, essendosi concretamente proceduto alla

57
Secondo quanto prevedono G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit., «The
new electoral law makes what is the already third most disproportionate elec-
toral system in Europe even more disproportionate. In the 2010 elections, the
current governing parties gained 68% of the mandates with only 53% of the
popular vote. With the “winner compensation” feature and the corresponding
increase in the share of mandates from individual districts, future elections will
likely result in far more disproportionate outcomes than in 2010».
58
Si tenga in considerazione come, secondo le più attendibili proiezioni
elettorali, FIDESZ pur perdendo un’ampia fetta di consenso dovrebbe co-
munque conseguire un risultato elettorale compreso tra il 25% e il 30% e,
nella complessiva frammentazione politica che caratterizza il sistema un-
gherese, dovrebbe quindi confermarsi come partito di maggioranza relativa.
59
Condivide questa preoccupazione anche G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit..
60
Si veda la sentenza 22 del 2005 della Corte costituzionale ungherese.
61
Secondo quanto viene affermato nella legge organica, lo scostamento
92 PARTE II

determinazione dei collegi, si è unilateralmente disegnato un


quadro ad esclusivo uso e consumo delle forze di maggioranza62.
È il caso di segnalare che se si fosse votato con la nuova orga-
nizzazione delle circoscrizioni, nel 2006 FIDESZ avrebbe vinto
le elezioni perdute e che nel 2010 avrebbe ottenuto una vittoria
ancora più dilagante63.

4.6. I problemi connessi alla nuova legge organica sull’orga-


nizzazione della Banca nazionale ungherese

Con la speranza di offrire una panoramica quanto più pos-


sibile dettagliata del tentativo di politicizzazione delle istituzioni
di garanzia e di controllo, occorre riferire della legge organica
che interviene per sostituire la (già precedentemente modificata)
legge LVIII del 2001 sulla Banca nazionale ungherese64.
Innanzitutto, essendo stata presentata (nella sua versione de-
finitiva) in Parlamento il 13 dicembre ed essendo entrata in vigo-
re il 31 dello stesso mese, l’atto normativo pone tutte le questioni
già viste in materia di coinvolgimento delle opposizioni e della
società civile. Peraltro, anche se in questo specifico caso i temi
oggetto della normativa fanno ritenere che la scelta della forma
di legge organica non costituisca un abuso, i rapidissimi tempi di
adozione non hanno di fatto dato la possibilità di tenere in ade-
guata considerazione l’obbligatorio parere della Banca centrale
europea65.

massimo consentito tra il numero di elettori che compongono la circoscrizione


più ampia e il numero di elettori che compongono la circoscrizione più ristretta
non può superare il 15%.
62
È il caso di notare che se la determinazione per legge organica dei criteri
per la definizione dei collegi non comporta alcun problema, discorso diverso
vale per la concreta determinazione dei confini dei collegi. Infatti, la loro de-
terminazione per legge organica comporta che essi non saranno modificabili se
non con la maggioranza specificamente richiesta e che, quindi, resteranno di
fatto immodificati per un lunghissimo tempo.
63
Queste valutazioni sono basate proiettando i dati elettorali reali e sono
riportate da G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit..
64
Si fa riferimento alla legge organica CCVIII del 30 dicembre 2011.
65
Dopo che il 2 novembre ha ricevuto una richiesta di valutazione, la Banca
centrale europea ha dato il suo primo parere (CON/2011/104) il 14 dicembre.
Tuttavia, essendo la legge in questione stata sottoposta ad una serie di emenda-
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 93

Se ciò non bastasse a testimoniare l’atteggiamento di chiu-


sura nei confronti delle istituzioni europee (e dell’Unione eu-
ropea in particolare), si può poi fare riferimento ai contenuti
dell’atto. Segnatamente, in aperta violazione delle norme so-
vranazionali che sono previste a garanzia dell’indipendenza
delle banche centrali europee e smentendo la promessa di non
utilizzare le norme di attuazione come strumento per eliminare
figure istituzionali scomode, si stravolge il quadro decisionale
della Banca centrale ungherese e si incide in maniera fortemen-
te negativa sull’indipendenza dell’istituzione66: sia quando si
amplia il numero dei membri del Consiglio monetario naziona-
le67 e dei vicegovernatori68, sia quando si introduce una nuova
procedura di nomina del Governatore69, di fatto, si finisce con
il prevedere forme di ingerenza dell’esecutivo nella vita dell’i-
stituzione e ci si discosta dai suggerimenti interpretativi offerti
dalla Banca centrale europea.
Inoltre, anche se non è questa la sede per avventurarsi nella
ricostruzione dei dettagli di una disciplina caratterizzata da un
elevato livello di tecnicismo, non si può fare a meno di osservare
che, seppur indirettamente, una serie di altre disposizioni minac-
ciano l’autonomia decisionale della Banca. Da questo punto di
vista, tanto l’intervento modificativo delle indennità dei soggetti
che (seppur a diverso titolo) partecipano al governo della Banca
centrale70, quanto le dettagliate previsioni sugli obblighi di infor-

menti non secondari, il Ministro dell’Economia ha ritenuto di dover presentare


una nuova richiesta di parere. Trovandosi di fronte a questa nuova richiesta
pervenuta solo il 21 dicembre, la Banca centrale europea ha avuto soltanto un
giorno per pronunciarsi con il parere CON/2011/106.
66
A proposito di stravolgimenti organizzativi è possibile riferire di come
l’art. 45 della legge organica CCVIII del 2011 reintroduca tra gli organi il Di-
rettivo della Banca centrale.
67
Ai sensi del terzo comma dell’art. 46 è prevista la possibilità che il Parla-
mento porti a nove il numero dei membri del Consiglio monetario nazionale.
68
Ai sensi del primo comma dell’art. 48 è prevista la possibilità che il Primo
ministro segnali un terzo vicegovernatore.
69
Il secondo comma dell’art. 47, relativo alla nuova procedura di nomina
del Governatore della Banca centrale ungherese prevede che «The Prime Min-
ister shall recommend a person for Governor of the MNB to the President of the
Republic. The mandate of the Governor of the MNB shall be six years».
70
Ledendo l’autonomia della Banca centrale, l’art. 51 della legge organica
del 2011 introduce una serie di tetti salariali.
94 PARTE II

mazione all’esecutivo nazionale71 hanno un’incidenza certamen-


te non positiva sul livello di indipendenza dell’istituzione.

4.7. I problemi connessi alla nuova legge organica sulla pro-


tezione della famiglia

Pur producendo evidenti effetti sulla possibilità di godere


dei diritti fondamentali (basti soltanto pensare alla mortificazio-
ne del diritto alla tutela giudiziaria effettiva o allo svuotamento
di significato del diritto di voto), la legislazione organica presa in
considerazione nelle pagine precedenti dimostra la distanza che,
in materia di organizzazione delle istituzioni statali e in materia
di separazione dei poteri, intercorre tra il governo ungherese e gli
standard europei. Peraltro, senza pretendere di esaurire il quadro
dei punti in cui la legislazione ungherese si allontana dai parame-
tri internazionali e sovranazionali, la riferita distanza caratterizza
anche le leggi organiche più specificamente connesse alla mate-
ria dei diritti fondamentali72.
Un primo esempio è certamente rappresentato dalla legi-
slazione organica sulla protezione della famiglia73. Esattamente
come avvenuto a proposito dei provvedimenti normativi prece-
dentemente esaminati, anche in questo caso è possibile riferire
di abusi procedurali che, facendo leva su discutibili previsioni
del Regolamento parlamentare74, hanno finito con l’impedire il
coinvolgimento della società civile e dei principali gruppi di op-
posizione75.

71
Si noti che, pur non essendo di per se stessi scandalosi, i vari obblighi di
riferire al Parlamento che l’art. 31 pone in capo al Governatore sono previsti
senza le cautele che la Banca centrale europea (si veda il Convergence Report
di maggio 2010) prescrive come garanzia di indipendenza.
72
In questo senso si rinvia alle riflessioni con cui G. HALMAI - K. L. SCHEP-
PELE, op. cit., analizza criticamente la legge organica (CLXXIX del 19 dicembre
2011) sulle minoranze nazionali e la legge organica (CLXXXV del 21 dicembre
2011) sull’autorità di garanzia per i sistemi mediatici.
73
Si fa riferimento alla legge organica CCXI del 23 dicembre 2011.
74
In questo senso si vedano le modifiche volute al Regolamento parlamen-
tare da FIDESZ e riportate alla nota 61 del primo capitolo.
75
Da questo punto di vista, i tempi dei lavori per l’adozione dell’atto normativo
non lasciano spazio per nessun dubbio. Infatti, il disegno di legge presentato il 4
dicembre 2011 da quattro parlamentari di KDNP è stato approvato il 23 dicembre.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 95

Se poi, al di là dei profili formali connessi alla modalità di


entrata in vigore, lo sguardo viene ancora una volta rivolto al
contenuto delle norme introdotte, ci si rende immediatamen-
te conto di quanto siano lontane le promesse di prudenza fatte
nei mesi immediatamente precedenti. Difatti, dimenticando che
in sede internazionale ha garantito di voler sfruttare i (risicati)
margini di interpretazione per evitare contrasti con le istituzioni
europee, il governo ribadisce con forza il suo atteggiamento e in-
troduce una disciplina fortemente peggiorativa della condizione
giuridica di centinaia e centinaia di migliaia di cittadini. Andan-
do ben al di là delle tanto criticate previsioni della Costituzione
di Pasqua, il Preambolo della legge non si preoccupa di creare
una gerarchia tra diversi tipi di organizzazioni familiari e, in con-
trasto con le più recenti tendenze degli ordinamenti giuridici eu-
ropei e del diritto delle principali organizzazioni internazionali,
prevede che «The solid ground for the establishment of the family
is marriage, which is a union for life based on mutual love and
respect, therefore it must always be held in the highest esteem»
e che «being raised in marriage - based families is more secure
than any other form of upbringing»76. Sempre avendo in mente
l’idea di salvaguardare l’idea tradizionale di famiglia, lo stesso
Preambolo continua affermando che «families fulfill their role if
the stable and firm relationship of a mother and a father is con-
summated by taking responsibility for a child».
Anche la parte propriamente normativa della legge confer-
ma l’impressione che, sotto la spinta di una visione reaziona-
ria, il legislatore organico è andato al di là le stesse previsio-
ni costituzionali e si è quindi posto oltre i limiti definiti dalla
giurisprudenza di Strasburgo77. Infatti, per un verso, statuendo

76
L’idea di una gerarchia tra diversi tipi di organizzazione familiare è
espressa da G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit..
77
Mentre, distinguendo tra matrimonio (inteso come unione tra un uomo e
una donna) e famiglia (protetta solo in funzione della sua capacità di garantire
il futuro della nazione), la Costituzione sembra mettere in discussione soltanto
lo statuto giuridico delle coppie eterosessuali che non hanno figli e quello delle
coppie omosessuali, la nuova legge organica, stabilendo una sostanziale equi-
valenza tra matrimonio e famiglia, conferma le restrizioni del testo costituzio-
nale (emblematico appare il silenzio che il legislatore organico ha riservato al
tema delle coppie dello stesso sesso) e sembra orientata ad escludere dai bene-
fici che spettano alle famiglie tutte le tipologie di convivenza di fatto. È appena
il caso di osservare che, per consolidata giurisprudenza della Corte europea dei
96 PARTE II

che «Family is the relationship between natural persons in an


economic and emotional community that is based on a marriage
between a woman and a man, or lineal descent, or family-based
guardianship», il primo comma dell’art. 7 della legge stabili-
sce una connessione univoca tra famiglia e matrimonio e di fatto
esclude dalla nozione di famiglia (e dalla correlativa possibilità
di godere dei benefici connessi) tutte le forme di convivenza non
consacrate dal vincolo matrimoniale78. Per un altro, affermando
che «(1) In the event of legal succession, primarily persons rela-
ted through lineal and collateral kinship to the statutory degree
or adoption, and spouses shall be entitled to succession. (2) The
State and other persons shall be entitled to legal succession only
in the absence of the persons mentioned in paragraph (1)», il
primo e il secondo comma dell’art. 8 della legge sono intervenuti
per limitare i diritti di successione garantiti, sotto il precedente
regime giuridico, ai partner dello stesso sesso79.

4.8. I problemi connessi alla nuova legge organica sulla li-


bertà di religione e sulle relazioni dello Stato con le or-
ganizzazioni religiose

Esattamente come è accaduto in riferimento alla legge orga-


nica sulla protezione della famiglia, la legge organica sulla liber-
tà di religione è stata adottata all’interno del pacchetto di misure
finalizzate all’attuazione del nuovo testo costituzionale80. Peral-
tro, confermando la poca serietà con cui il governo ungherese

diritti dell’uomo, il matrimonio non è l’unica maniera di formare una famiglia


e per decidere quali situazioni giuridiche sono meritevoli della protezione rico-
nosciuta alla “vita familiare” si tengono in considerazione una serie di fattori
quali l’esistenza di figli in comune o la durata della relazione.
78
Per maggiori indicazioni su questo profilo si rinvia a G. HALMAI - K. L.
SCHEPPELE, op. cit..
79
Il quarto comma dell’art. 604 del Codice civile ungherese prevede che, in
caso di decesso di un soggetto iscritto nel registro delle unioni civili, il partner, in
assenza di discendenza diretta del defunto, può ereditare. Ora, come la dottrina
più attenta non ha mancato di rilevare, il riferimento esclusivo agli sposi e ai di-
scendenti diretti contenuto nell’art. 8 della legge in commento produce l’effetto
di impedire la successione dei soggetti componenti una coppia omosessuale. Per
maggiori riferimenti sul punto si veda G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit..
80
Si fa riferimento alla legge organica CCVI del 30 dicembre 2011.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 97

si è impegnato a rispettare i suggerimenti della Commissione di


Venezia, il provvedimento in questione, al di là della rapidità del
procedimento di adozione e al di là della mancata partecipazione
dell’opposizione ai lavori81, suscita parecchie perplessità perché
riprende la discutibile prassi di reintrodurre atti preventivamente
dichiarati incostituzionali dalla Corte costituzionale82.
Sul piano sostanziale, la nuova legge organica è chiaramen-
te ispirata dal desiderio di ridurre il numero di organizzazioni
religiose che godono dei benefici riconosciuti dall’ordinamento
giuridico. Per realizzare questo fine, il provvedimento normati-
vo riconosce ex lege la natura ecclesiastica di quattordici gruppi
religiosi e, per le organizzazioni precedentemente riconosciute
dall’atto VI del 1990, prevede la necessità di una nuova registra-
zione regolata da una più stringente procedura di riconoscimen-
to83. Più precisamente, sulla base di una petizione sostenuta da
almeno mille sottoscrittori84, per i gruppi religiosi che possano
vantare una certa tradizione (cento anni di operatività internazio-
nale o, in alternativa, venti anni di operatività in Ungheria85) e

81
Anche in questo caso i tempi dei lavori parlamentari non lasciano alcuno
spazio per i dubbi: sempre utilizzando la procedura accelerata del Regolamento
parlamentare, la prima lettura parlamentare del provvedimento è stata effettuata
il 23 dicembre 2011, la legge organica è stata approvata in via definitiva il 30
dicembre ed è entrata in vigore l’1 gennaio 2012.
82
Originariamente introdotta con la legge organica C dell’11 luglio 2011, a
seguito di una fuga di notizie, la regolazione sulla libertà di religione e sul rico-
noscimento delle chiese è stata ritirata per via parlamentare appena prima che,
con la decisione 164 del 2011, la Corte costituzionale la dichiarasse incostitu-
zionale per ragioni procedurali. Come segnala R. UITZ, Hungary’s New Consti-
tution and Its New Law on Freedom of Religion and Churches: The Return of
the Sovereign, in Brigham, 2012, 3, 931 – 967, è stata prontamente reintrodotta
come legge CCVI del 2011 e, fatte salve alcune piccole differenze, ha pratica-
mente mantenuto lo stesso contenuto.
83
La procedura precedentemente prevista dall’atto VI del 1990 disponeva
che, sulla base di una petizione sostenuta da almeno cento sottoscrittori e con
una semplice dichiarazione di voler perseguire finalità religiose, i gruppi reli-
giosi potessero chiedere all’istituzione giudiziaria competente la registrazione
di una Chiesa. Il provvedimento con cui l’autorità giudiziaria prendeva atto
dell’esistenza dei (semplici) requisiti richiesti apriva la via all’immediato godi-
mento di tutti i privilegi riconosciuti alle chiese.
84
In questo senso si veda l’art. 14 della legge in questione. È il caso di
segnalare che, in questo caso, la legge non pare assumere un atteggiamento
discriminatorio e consente la sottoscrizione anche ai non cittadini.
85
In questo senso il secondo comma dell’art. 14.
98 PARTE II

che non creino problemi in relazione alla Costituzione, allo stato


di diritto, ai diritti e alle libertà dei terzi, alla sicurezza nazionale,
al benessere psico-fisico delle persone, alla protezione della vita
e alla protezione della dignità umana86, è prevista la possibilità di
chiedere il riconoscimento della natura ecclesiastica87. Secondo
la procedura prevista, la richiesta in questione dovrebbe essere
sottoposta alla Commissione parlamentare per gli affari religio-
si e, dopo il parere dell’Accademia ungherese per le scienze88,
può portare a due risultati opposti: o, previo conseguimento del-
la maggioranza organica richiesta per modificare la legge CCVI
del 2011, si aggiunge l’organizzazione richiedente ai gruppi già
riconosciuti come chiese, oppure, attraverso una risoluzione del
Parlamento, si rigetta la richiesta e il gruppo religioso può pro-
seguire la sua attività come semplice associazione religiosa non
riconosciuta89. In caso di rigetto, la procedura descritta non pre-
vede esplicitamente la possibilità di ricorrere ad un giudice e si
limita a statuire la possibilità di un’azione popolare che, in via
suppletiva, possa intervenire per riconoscere lo status di chiesa a
quei gruppi che in prima battuta non lo hanno ottenuto attraverso
la via parlamentare90.
Sulla base di queste innovazioni normative il panorama dei
gruppi ungheresi si è quindi iniziato ad articolare su di un triplice
livello. Al primo piano della piramide stanno le quattordici orga-
nizzazioni religiose che, essendo state riconosciute direttamente

86
In questo senso il secondo comma dell’art. 14.
87
È appena il caso di osservare che, con l’eccezione delle prime due con-
dizioni che venivano già menzionate nella legge organica C del 2011, le altre
condizioni sopra riferite sono state introdotte dalla legge organica CCVI del
2011 che è quindi intervenuta ad aggravare i requisiti per il riconoscimento e a
peggiorare la (già di per se stessa grave) situazione.
88
L’intervento dell’Accademia ungherese per le scienze è espressamente
previsto dal 4 comma dell’art. 14 della legge in questione al fine di verificare se
sussistono le condizioni storiche per il riconoscimento.
89
È quanto espressamente prevede il quarto comma dell’art. 14 della legge
CCVI del 2011.
90
L’intervento popolare è previsto dal quinto comma dell’art 14 della legge
in questione ed è stato introdotto nel passaggio dalla legge organica C alla legge
organica CCVI come forma di garanzia per le organizzazioni religiose escluse
dal riconoscimento. Sta di fatto che, introducendo un limite temporale all’eser-
cizio del potere popolare, la stessa norma prevede: «A popular initiative aimed
at recognising the association as a church cannot be initiated within a period
of one year following the publication of this resolution».
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 99

dalla legge CCVI, non hanno mai perduto lo status di chiesa.


Al secondo gradino si trovano le organizzazioni che, possedendo
almeno in teoria i nuovi requisiti richiesti dovrebbero essere ri-
conosciute (e quindi salire al primo livello), ma che, anche grazie
ad alcune infelici norme transitorie91, almeno fino al momento
dell’effettivo riconoscimento non possono godere dei benefici
attribuiti alle chiese. Al fondo invece residuano quelle organizza-
zioni religiose che, per non possedere i nuovi requisiti necessari
per poter essere riconosciute come chiese, possono solo acquisi-
re lo status giuridico di associazioni non riconosciute e di fatto
sono precluse dal godimento dei (o, a seconda dei casi, addirit-
tura perdono i) privilegi previsti per le organizzazioni del primo
gruppo92. Sebbene questa situazione sia già di per se stessa pro-
blematica perché va al di là delle stesse lacunose previsioni che
la Costituzione riserva alla questione e perché introduce delle
evidenti discriminazioni in una materia che attiene direttamente
all’esercizio dei diritti fondamentali, essa è resa assai più grave
dalle dimensioni degli effetti che produrrà: si stima che delle ol-
tre trecento organizzazioni religiose precedentemente accreditate
soltanto poco più di una trentina sono state iscritte nell’elenco
delle chiese e che, almeno in alcune fasi, anche gruppi consoli-
dati a livello mondiale come i seguaci di Krishna o i membri di
Scientology abbiano rischiato di non essere inclusi93.
Peraltro, pur senza volersi avventurare in analisi troppo cap-
ziose94, non è solo la discriminatorietà del quadro appena trat-
teggiato che pare allontanare la disciplina in questione dai para-
metri europei95. Infatti, per un verso è stato giustamente rilevato

91
Per maggiori riferimenti sul punto si veda R. UITZ, Hungary’s, cit., 944.
92
Secondo quanto viene riportato da R. UITZ, Hungary’s, cit., 958, l’unica
particolarità che distingue le associazioni religiose dalle comuni associazioni
non riconosciute consiste nel fatto che le deliberazioni adottate dalle prime non
sono sottoponibili a controllo giudiziario.
93
È ciò che viene riportato da R. UITZ, Freedom of Religion and Churches:
Archeology in a Constitution-making Assembly, in A. TOTH, op. cit., 197 – 234.
94
In un caso del genere si potrebbe obiettare che l’art. I si limita ad esplici-
tare l’intenzione di garantire la libertà di coscienza e la libertà di religione senza
fare riferimento alla libertà di pensiero. Alla stessa maniera si potrebbe rilevare
che una formulazione infelice del primo comma dell’art. 7 pare legittimare
l’idea per cui la possibilità di istituire chiese e di esercitare attività religiose sia
subordinata ad un previo riconoscimento del Parlamento.
95
Condivide questo giudizio critico anche R. UITZ, Freedom, cit., 199, che
100 PARTE II

che il panorama internazionale mostra una prudenza ben diversa


nell’introdurre requisiti per la registrazione: sia il requisito del-
le mille firme96, sia il requisito del periodo minimo97, specie se
combinati tra loro, infrangono quelle previsioni internazionali
e sovranazionali che vietano di subordinare il riconoscimento a
condizioni troppo gravose. Per un altro, è assai discutibile anche
la scelta di affidare la regolamentazione di questioni così delica-
te alla potestà di un soggetto politico (il Parlamento) che, senza
l’espressa previsione di adeguati rimedi giurisdizionali98, decide
sulla base di procedure non trasparenti99 e di criteri talmente va-
ghi da apparire arbitrari100.

nello stesso senso parla di «faded commitment to fundamental rights, non dis-
crimination and the rule of law».
96
R. UITZ, Hungary’s, cit., 942, segnala come la richiesta di 1000 sottoscrit-
tori, pur non sembrando di per se stessa esagerata, vale comunque a mettere
l’Ungheria al secondo posto (dopo la Slovacchia) tra i paesi più esigenti in
questo specifico campo.
97
R. UITZ, Hungary’s, cit., 931, sottolinea come dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo emerga con chiarezza l’illegittimità di una
disposizione che sottopone il riconoscimento alla condizione che il gruppo reli-
gioso richiedente possa vantare almeno un periodo di venti anni di presenza sul
territorio nazionale. Infatti, tanto la Russia (per aver sottoposto il riconoscimen-
to ad un periodo minimo di quindici anni), quanto l’Austria (per aver sottoposto
il riconoscimento ad un periodo minimo di dieci anni) sono in passato state
condannate dal tribunale di Strasburgo.
98
La legge CCVI non prevede alcun possibile rimedio giurisdizionale. A
questo proposito, vista la possibilità di accesso diretto al giudice costituzio-
nale, si potrebbe immaginare un ricorso diretto ad impugnare la risoluzione
parlamentare di rigetto. Per quanto auspicabile, una situazione del genere con-
travviene comunque agli standard internazionali che in generale, oltre alla pos-
sibilità di ricorrere, prevedono anche la possibilità di un appello che in un caso
del genere sarebbe precluso.
99
È il caso di segnalare che nel febbraio 2012, chiamata a svolgere la fun-
zione prevista dalla procedura appena descritta, l’Accademia ha rifiutato la sua
collaborazione argomentando l’impossibilità di svolgere gli accertamenti che
le erano stati richiesti. Il diniego dell’Accademia non ha bloccato la procedu-
ra che è proseguita comunque e che, senza alcuna motivazione, ha portato al
riconoscimento di nuove chiese e al mancato riconoscimento di alcuni gruppi
religiosi.
100
Preso alla lettera il secondo comma dell’art. 14 mette nelle mani del Par-
lamento un potere discrezionale enorme: di fronte al rispetto della Costituzione,
dello stato di diritto, dei diritti e delle libertà dei terzi, della sicurezza nazionale,
del benessere psico-fisico delle persone, della protezione della vita e della pro-
tezione della dignità umana, praticamente tutte le attività svolte da una qualsiasi
organizzazione (anche non religiosa) possono essere contestabili.
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 101

4.9. I problemi connessi alle nuove norme organiche sul regi-


me transitorio

Il panorama dei provvedimenti di attuazione adottati in attesa


dell’entrata in vigore della nuova Costituzione deve essere com-
pletato prendendo in considerazione le norme che regolano il re-
gime transitorio tra il vecchio ed il nuovo ordine costituzionale101.
A questo proposito vale la pena di prendere lo spunto dal se-
condo comma dell’art. 31 che, trascurando le procedure previste
dalla Costituzione per l’emendamento delle sue norme102, autore-
ferenzialmente afferma la natura costituzionale delle disposizio-
ni in esso contenute103.
Per quanto possa sembrare bizzarro e paradossale, la princi-
pale funzione di una disposizione che da sola dovrebbe rendere
incostituzionale l’intero impianto delle norme transitorie è quel-
la di mettere al riparo dagli interventi della Corte costituzionale
quelle leggi (ed in particolare quelle leggi organiche di attua-
zione) che abbiano travalicato i pur vaghi limiti imposti dalla
Costituzione di Pasqua all’attività legislativa. Così, prendendo
atto che (prima dell’entrata in vigore della nuova legge fonda-
mentale) i giudici della Consulta hanno già provveduto a dichia-
rare l’incostituzionalità di una legge che attribuiva al Procuratore
generale la possibilità di scegliere la Corte davanti a cui istruire
i giudizi104, la maggioranza parlamentare ha optato per una rein-
troduzione della facoltà censurata dai giudici105 e, evidentemente

101
In virtù dello speciale valore legale che si è inteso dare alle disposizioni
in questione, le norme sono state pubblicate nella parte della Gazzetta uffi-
ciale dedicata alla Costituzione e agli emendamenti costituzionali, senza altro
riferimento che la data e sotto il titolo di “Disposizioni transitorie della Legge
fondamentale ungherese del 31 dicembre 2011”.
102
G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit., segnala contrasti tra la procedura
disposta dall’art. S della Costituzione per l’emendamento costituzionale e la
procedura seguita per l’approvazione dell’atto contenente le norme transitorie.
103
Ai sensi del secondo comma dell’art. 31 delle norme transitorie «The
Transitory Provision form a part of the Fundamental law».
104
Si fa riferimento alla decisione della Corte costituzionale ungherese 166
del 2011.
105
Il quarto comma dell’art. 11 delle norme transitorie recita: «In the inter-
est of the enforcement of the fundamental right to a court decision within a
reasonable time guaranteed by Article XXVIII(1) of the Fundamental Law, and
until a balanced distribution of caseload between the courts has been realised,
the Supreme Prosecutor, as the head and director of the prosecution service
102 PARTE II

consapevole della possibilità di un ulteriore intervento sanzio-


natorio, si è preoccupata di trovare una più solida copertura co-
stituzionale a quella norma organica che attribuisce un analogo
potere al Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale106. Alla
stessa maniera, per evitare che (dopo il primo intervento di cen-
sura sulla legge organica sulla libertà di religione e sulle relazio-
ni dello Stato con le organizzazioni religiose) i giudici possano
nuovamente tornare a dichiarare l’incostituzionalità di una disci-
plina con cui si subordina l’esercizio di un diritto fondamentale
al riconoscimento discrezionale (rectius: arbitrario) di un organo
politico107, si introduce un’apposita norma che dovrebbe valere
ad elevare il procedimento descritto al rango di norma costitu-
zionale108.
Peraltro, accanto a quelle previsioni che provvedono a co-
prire dal punto di vista costituzionale le discipline più distanti
dalla legge fondamentale, ve ne sono altre che hanno l’effetto di
allontanare ulteriormente l’ordine giuridico magiaro dagli stan-
dard internazionali o che comunque testimoniano l’insofferenza
verso il quadro delle istituzioni sovranazionali. In primo luogo,
anche a non voler attribuire peso a quelle norme con cui si riba-

which operates as a contributor to the administration of justice under Article


29 of the Fundamental Law, may instruct that charges be brought before a court
other than the court of general competence but with the same jurisdiction. This
provision shall not affect the right of the President of the National Office for
the Judiciary guaranteed by paragraph (3), or the right of certain prosecution
services to bring charges before any court which operates within their area of
competence».
106
Il terzo comma dell’art. 11 delle norme transitorie recita: «In the interest of
the enforcement of the fundamental right to a court decision within a reasonable
time guaranteed by Article XXVIII(1) of the Fundamental Law, and until a bal-
anced distribution of caseload between the courts has been realised, the President
of the National Office for the Judiciary may designate a court other than the court
of general competence but with the same jurisdiction to adjudicate any case».
107
È quanto rileva G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit., che segnala anche
come l’assenza di una previsione che apra la via alla tutela da parte dell’autorità
giudiziaria determini un contrasto con l’art. XXVIII della Costituzione.
108
Secondo quanto statuisce il primo comma dell’art. 21 delle norme tran-
sitorie, «In the cardinal Act which sets detailed rules for the churches, Parlia-
ment shall identify the recognised churches and shall determine the criteria for
recognition of additional recognised churches. A cardinal Act may stipulate
that in order to be recognised as a church the following shall be taken into con-
sideration: operation for a certain length of time, a certain number of members,
historical traditions and social support».
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 103

disce la criminalizzazione del principale partito di opposizione e


(in contrasto con la giurisprudenza precedente della Corte costi-
tuzionale) si cerca di introdurre fattispecie penali con efficacia
retroattiva109 e anche a non voler considerare l’accettazione della
proposta del gruppo neonazista JOBBIK con cui si incide su di-
ritti pensionistici acquisiti110, si può a questo proposito riferire di
come, senza tenere in considerazione le critiche del parere 621
del 2011, le norme transitorie intervengano per peggiorare una
delle più preoccupanti preclusioni imposte alla Corte costituzio-
nale: prevedendo che, anche nelle ipotesi in cui il rapporto de-
bito/PIL scenda al di sotto del 50%, comunque rimane in vigore
il divieto per la Corte costituzionale di dichiarare l’incostituzio-
nalità dei provvedimenti normativi in materia fiscale e finanzia-
ria111, si determina una paradossale situazione per cui una norma
transitoria finisce con il determinare effetti definitivi112. In secon-
do luogo occorre poi riferire di come, nel tentativo di rendere
impopolare le istituzioni sovranazionali, si cerchi di scaricare le
conseguenze economiche delle bocciature ricevute in sede inter-
nazionale, prevedendo la possibilità di introdurre nuove tasse in
caso di eventuali sanzioni o condanne da parte degli organi giu-
diziari preposti a vigilare sul rispetto delle regole europee (Corte
di giustizia dell’Unione e Corte europea dei diritti dell’uomo)113.

109
Dopo l’elencazione di una serie di accuse contro il partito comunista, il
Preambolo che accompagna le previsioni transitorie definisce “criminale” la
vecchia organizzazione (punto n. 3) e, lasciando spazi per la possibilità di ria-
prire ex post la possibilità di criminalizzare i vecchi dirigenti, addirittura arriva
a designare l’attuale partito socialista (cioè il principale partito di opposizione)
come “successore legale” (punto n. 4).
110
Ai sensi del primo comma dell’art. 1 delle norme transitorie si prevede
che «The pensions or other benefits provided by the State on the basis of a
legislation to leaders of the communist dictatorship defined by an Act may be
reduced to the extent specified in an Act».
111
L’art. 27 prevede che «Article 37(4) of the Fundamental Law shall be ap-
plicable to Acts of Parliament published in the period when state debt exceeded
half of the Gross Domestic Product even when the state debt no longer exceeds
half of the Gross Domestic Product».
112
Secondo G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit., questo è un ulteriore pro-
filo di incostituzionalità.
113
Ai sensi del primo comma dell’art. 29 delle norme transitorie «As long
as the state debt exceeds half of the Gross Domestic Product, whenever the
State incurs a payment obligation deriving from a decision of the Constitutional
Court, the Court of Justice of the European Union or any other court or an or-
104 PARTE II

Inoltre, aggravando la posizione di fronte alle istituzioni dell’U-


nione europea, il nuovo art. 30 delle previsioni transitorie (sen-
za aver preventivamente sollecitato il parere obbligatorio della
Banca centrale europea114) stabilisce la possibilità di realizzare
una fusione tra la Banca centrale ungherese e l’Autorità di su-
pervisione finanziaria115 e di fatto mette la coalizione di maggio-
ranza nella condizione di poter nominare una figura istituzionale
gerarchicamente sovraordinata a quella del Governatore116. Infi-
ne, smentendo l’impegno a non approfittare delle previsioni di
attuazione per rimuovere dalle loro funzioni i soggetti a cui sono
state affidate funzioni di garanzia e di controllo, attraverso l’art.
17 si mette anticipatamente fine al mandato del Commissario per
la protezione dei dati personali117 e attraverso l’art. 11 si mette
anticipatamente fine al mandato del Presidente della Corte supre-

gan which applies the law, and the amount previously earmarked by the Act on
the Central Budget for performing such obligation is insufficient and the miss-
ing amount cannot even be supplied out of another amount earmarked by the
Act on the Central Budget for other purposes without violating the requirement
of balanced budget management, a special contribution to covering common
needs shall be established, exclusively and expressly related to the performance
of such obligation in terms of scope and designation».
114
In questo senso si noti che la Banca centrale, pur senza essere interpellata,
ha sfruttato l’intempestiva richiesta di intervento a proposito degli emendamen-
ti della legge sulla Banca centrale ungherese e si è comunque pronunciata.
115
Il primo comma dell’art. 30 delle norme transitorie prevede che «A Cardi-
nal Act, as defined in Articles 41 And 42 of the Fundamental Law, may specify
that a new organization assume the tasks and jurisdiction of the organization
charged with Financial Supervisory Authority and the Hungarian National
Bank. The President of the Republic appoints the head of this organization ac-
cording to Article 41(2) of the Fundamental Law».
116
Il secondo comma dell’art. 30 delle norme transitorie prevede che «In the
case defined in Paragraph (1), the vice-president of the new organization, with
respect to the tasks on monetary policy and central banking, is the President of
the Hungarian National Bank, in office at the time the Act on the new organi-
zation comes into effect, and the vice-president of the new organization, with
respect to tasks on supervising the financial sector, is the President of the Fi-
nancial Supervisory Authority, in office at the time the Act on the new organiza-
tion comes into effect. The vice-presidents will remain in office until their terms
as President expire. Once the mandate of the vice-president ends, the President
of the Republic appoints new vice-president according to Article 41(2) of the
Fundamental Law».
117
Lapidario in questo senso l’art. 16 delle norme provvisorie quando af-
ferma che «The mandate of the serving Commissioner for Data Protection ends
when the Fundamental Law comes into effect».
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 105

ma e a quello dei componenti del vecchio Consiglio giudiziario


nazionale118.

4.10. Il fallimento del dialogo preventivo e i ‘costi’ delle nuove


possibilità di intervento

Le considerazioni svolte nei paragrafi precedenti, pur non


descrivendo in maniera esaustiva il quadro dei problemi della le-
gislazione organica di attuazione della Costituzione, dovrebbero
essere comunque sufficienti a dimostrare come la degenerazio-
ne normativa del sistema ungherese si possa dire effettivamente
compiuta e come, nonostante le buone intenzioni, sia fallito il
tentativo delle istituzioni europee di prevenire l’entrata in vigore
di norme assai distanti dagli standard normativi sovranazionali.
Infatti, a prescindere dai suggerimenti offerti dall’Europa, il si-
stema giuridico ungherese continua a suscitare tutte le obiezioni
viste in ordine ai limiti che introduce nella tutela dei diritti fon-
damentali, in ordine alle lesioni che realizza del principio della
separazione dei poteri e in ordine all’indebolimento che produce
del sistema dei pesi e dei contrappesi. Da quanto descritto anzi,
dovrebbe essere emerso come, lungi dall’essere state ‘soltanto’
ignorate, le indicazioni delle istituzioni europee sono state stru-
mentalizzate e sono state addirittura prese a pretesto per allargare
il solco che separa l’ordine giuridico ungherese dagli standard
internazionali.
Questa semplice circostanza ha evidentemente una serie di
costi non trascurabili. In primo luogo, sul fronte interno, il riaf-
facciarsi dei fantasmi dell’autoritarismo si traduce in una situa-
zione in cui la certezza del diritto è messa in discussione dalle

118
In questo senso il secondo comma dell’art. 11 delle norme transitorie pre-
vede che «The mandate of the President of the Supreme Court, the President
and members of the National Justice Council end when the Fundamental Law
comes into effect». Come giustamente segnala G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE,
op. cit., è appena il caso di notare che, tanto nel caso preso in considerazione
in questa nota quanto nel caso analizzato nella nota precedente, l’introduzione
del nuovo ordine costituzionale non rappresenta di per se stesso un valido mo-
tivo per l’anticipata fine dei mandati, perché è possibile riferire di casi in cui,
pur essendo state completamente stravolte le funzioni e le competenze affidate
all’istituzione, si è comunque deciso di mantenere in carica i responsabili.
106 PARTE II

bizze di una volubile maggioranza parlamentare: come è stato


messo in evidenza, la scelta di sottrarsi alle regole sovranazionali
si è tradotta in un utilizzo arbitrario della forma giuridica che ha
trasposto qualunque capriccio politico in regole cogenti.
In secondo luogo, per la gravità dello strappo che si è rea-
lizzato, sul piano delle relazioni internazionali il caso ungherese
crea un inquietante precedente nel panorama politico europeo e,
oltre a potere indurre altri paesi ad emulare le soluzioni magia-
re, indebolisce la legittimità sostanziale delle stesse istituzioni
europee: per un verso, una volta dimostrato che al suo interno il
quadro istituzionale sovranazionale non è in grado di prevenire
pericolose ricadute autoritarie, è lecito iniziare a dubitare dei me-
riti di un processo di integrazione che ha come sua prima fonte
di legittimazione la volontà di impedire gli errori dell’inglorioso
passato europeo; per un altro verso, la semplice partecipazione
dei rappresentanti di un governo che adotta misure antidemocra-
tiche si riflette in maniera negativa sulla legittimità delle decisio-
ni adottate dalle istituzioni sovranazionali. Queste affermazioni
sembrano ancora più vere con specifico riferimento all’Unione
europea, dove una serie di decisioni strategiche vengono adottate
con la partecipazione dell’esecutivo magiaro e trovano applica-
zione diretta all’interno di sistemi nazionali in cui, al di là dei
problemi specifici, la complessiva tenuta democratica non pare
per il momento in discussione.
Malgrado queste considerazioni, però, gli elementi riferiti
da soli non sembrano ancora sufficienti a dimostrare la distanza
che separa l’ottimismo della teoria costituzionale europea dalla
durezza dell’attuale realtà materiale. Difatti, avendo questa pro-
spettiva adottato come riferimento temporale il lungo periodo, re-
sta sempre teoricamente aperta la possibilità che, dopo un primo
momento di impasse, con il passare del tempo si possa comunque
assistere ad un riavvicinamento ai canoni del costituzionalismo
liberale e democratico. Detto in altre parole, una volta dimostrata
l’incapacità di prevenire le ‘rotture’ della civile convivenza de-
mocratica ungherese, è ben possibile che, anche dopo l’entrata
in vigore della nuova Costituzione e delle nuove leggi organi-
che, l’attuale configurazione del processo di integrazione euro-
pea mostri di avere gli anticorpi giusti per reagire all’infezione
antidemocratica e si dimostri per lo meno funzionale al recupero
della situazione. Inoltre, avendo questa prospettiva scelto come
proprio campo di verifica la dimensione empirica e non la mera
IL TENTATIVO DI INSTAURAZIONE DI UN DIALOGO PREVENTIVO 107

astrazione normativa, oltre a dimostrare la prolungata incapacità


di reazione del sistema europeo, occorrerà dimostrare che all’in-
voluzione delle norme corrisponde un effettivo deterioramento
delle ordinarie condizioni di vita.
Pertanto, con l’intento di smentire la possibilità che nell’at-
tuale quadro di riferimento si possa assistere ad un recupero e
con la volontà di argomentare la disfunzionalità dell’indefinita
perpetuazione degli schemi dell’integrazione funzionalista, il
prossimo passaggio di questo lavoro prevede la presentazione
delle soluzioni elaborate dalla dottrina nell’alveo del funziona-
lismo costituzionale. L’obiettivo è quello di dimostrare che, no-
nostante lo sforzo dottrinario, gli scarsi risultati conseguiti dalle
istituzioni europee nel darvi applicazione pratica, non legittima-
no alcun ottimismo e lasciano il desolante panorama normativo
ungherese sostanzialmente immodificato.
PARTE TERZA

LA REAZIONE DELLA DOTTRINA


5. LE SOLUZIONI TECNICHE PROPOSTE
DALLA DOTTRINA EUROPEA

SOMMARIO: 5.1. La soluzione giudiziaria: l’inversione della giurispru-


denza Solange per sostenere i giudici ungheresi 5.2. Le critiche alla
soluzione giudiziaria 5.3. I rimedi classici: procedure di infrazione
e attivazione della procedura di sospensione prevista dall’art. 7
del Trattato sull’Unione europea 5.4. La soluzione comitologica:
l’istituzione di una Commissione di Copenaghen.

5.1. La soluzione giudiziaria: l’inversione della giurispru-


denza Solange per sostenere i giudici ungheresi

Non appena è diventato evidente che il progressivo deterio-


ramento della situazione ungherese è il frutto di una crisi struttu-
rale e non contingente e non appena si sono evidenziate le riferite
difficoltà delle istituzioni sovranazionali, un gruppo di studiosi
di questioni costituzionali europee ha iniziato a confrontarsi con
alcune lesioni concretamente prodotte dal nuovo ordine giuridico
magiaro (in particolare con le lesioni della libertà di informazio-
ne) e, inaugurando un dibattito ricco e stimolante sulla natura del
processo di integrazione europea, ha formulato una proposta per
cercare di arginare i problemi1.
Sebbene la loro cogenza sia indubitabile, un’efficace im-
plementazione dei valori europei è garantita soltanto in maniera
parziale: se, per un verso, il sistema dei trattati li impone come
conditio sine qua non per l’adesione degli aspiranti membri, per
un altro, sulla base della presunzione secondo cui la semplice
partecipazione al processo di integrazione è garanzia contro le

1
A. VON BOGDANDY - M. KOTTMANN - C. ANTPÖHLER - J. DICKSCHEN - S. HEN-
TREL - M. SMRKOLJ, Reverse Solange – Protect the Essence of Fundamental Rights
Against EU Member States, in Comm. Mark. Law Rev., 2012, 49, 489 – 520.
112 PARTE III

tentazioni autoritarie, l’Unione è di fatto disarmata perché l’u-


nico strumento di sanzione a sua disposizione è il farraginoso (e
mai concretamente applicato2) meccanismo previsto dall’art. 7
del Trattato sull’Unione europea3.
Con il dichiarato intento di impedire che questo quadro nor-
mativo possa tradursi nella sistematica incapacità di fronteggiare
situazioni patologiche, gli studiosi in questione hanno proposto
di affiancare un controllo delle istituzioni giudiziarie europee e,
rivisitando la recente giurisprudenza in materia di cittadinanza
europea, hanno suggerito di ripensare l’organizzazione delle re-
lazioni tra gli ordinamenti. Più precisamente, sfruttando il fatto
che (a partire dalle decisioni Rottmann, Zambrano, McCarthy e
Dereçi4) la Corte di giustizia ha utilizzato l’istituto della cittadi-
nanza per legittimare l’applicazione della Carta dei diritti fonda-
mentali dell’Unione anche in casi di rilevanza “puramente inter-
na”, si invoca l’opportunità di garantire gli standard minimi del
diritto europeo e si sostiene apertamente che, anche in fattispecie
a rigore non rientranti nell’ambito in cui è confinata la protezione
europea delle prerogative individuali, è possibile (e necessario)
un intervento di garanzia da parte della Corte di giustizia5.

2
Come segnala W. SADURSKI, Adding bite to a bark: The story of Article 7,
EU Enlargement, and Jörg Haider, in Col. Journ. Eur. Law, 2010, 16, 385 –
426, nel caso Haider del 2000 le misure adottate contro l’Austria sono state il
frutto di misure unilateralmente adottate dagli Stati membri.
3
Può essere il caso di ricordare che, secondo l’art. 7 del Trattato sull’U-
nione europea, nell’ipotesi di persistente violazione dei diritti fondamentali da
parte di uno stato membro, le istituzioni europee (dopo un voto unanime del
Consiglio) possono attivare un meccanismo sanzionatorio che come ultima
conseguenza può portare alla sospensione dei diritti di voto dei rappresentanti
del governo in questione.
4
Nel corso degli ultimi tre anni, con alcune decisioni di importanza storica,
la Corte di giustizia ha affermato la possibilità di dare applicazione alla Car-
ta anche nei casi in cui, pur mancando il presupposto della circolazione tran-
sfrontaliera, le misure nazionali possono mettere in discussione l’essenza della
cittadinanza europea. L’orientamento intrapreso con la decisione C - 135/08,
Rottmann, del 2 marzo 2010 è stato rafforzato con la decisione C – 34/09,
Zambrano, dell’8 marzo 2011 e con la decisione C – 434/09, McCharty, del
5 maggio 2011per essere confermato dalla decisione C – 256/11, Dereçi del
15 novembre 2011. Per un commento alla decisione Zambrano sia consentito
il rinvio a F. VECCHIO, Il caso Ruiz Zambrano tra cittadinanza europea, discri-
minazioni a rovescio e nuove possibilità di applicazione della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione, in Dir. pubbl. comp. eur., 2011, 3, 1249 – 1254.
5
Per un quadro delle condizioni a cui è ordinariamente sottoposto l’in-
LA REAZIONE DELLA DOTTRINA 113

Peraltro, tenendo in mente che una simile opzione ermeneu-


tica può realizzare un’indebita centralizzazione e un vero e pro-
prio snaturamento del processo di integrazione6, gli autori della
proposta di Heidelberg si preoccupano di individuare dei limiti
che impediscano un’incontrollata espansione dell’ordinamento
europeo e che possano valere a configurare eventuali interventi
correttivi come ipotesi eccezionali. Così, oltre a dedurre ex art. 7
del Trattato sull’Unione europea che l’intervento sovranazionale
è legittimo solo in fattispecie di violazioni gravi e persistenti7,
si propone di “invertire” le argomentazioni della giurisprudenza
Solange del Tribunale costituzionale tedesco per salvaguardare
la logica sussidiaria e identitaria che ha da sempre ispirato l’or-
dine giuridico europeo8: interpretando le norme che in materia

tervento umanitario della Corte di giustizia si vedano le cosiddette clausole


orizzontali della Carta dei diritti fondamentali. Si tenga però anche presente
che dopo la proposta riferita la Corte di giustizia è nuovamente intervenuta
sulla questione e, con la decisione C - 617/10, Akerberg e con la decisione
C – 399/11, Melloni del 26 febbraio 2013, ha notevolmente ampliato i margini
per l’applicabilità della Carta. Per un commento alle due sentenze si rinvia a
F. VECCHIO, I casi Melloni e Akerberg: il sistema multilivello di protezione dei
diritti fondamentali, in Quad. cost., 2013, 2, 454 – 456.
6
In questo senso, ritenendo non auspicabile il ripetersi dell’esperienza sto-
rica degli Stati Uniti e della Germania, A. VON BOGDANDY - M. KOTTMANN - C.
ANTPÖHLER - J. DICKSCHEN - S. HENTREL - M. SMRKOLJ, op. cit., 496, manifestano
la preoccupazione che una indebita espansione degli spazi di applicazione pos-
sa mettere a repentaglio il pluralismo istituzionale europeo.
7
Secondo A. VON BOGDANDY - M. KOTTMANN - C. ANTPÖHLER - J. DICKSCHEN -
S. HENTREL - M. SMRKOLJ, op. cit., 513, occorre rispettare la prudenza che ha ispirato
i redattori dei trattati a configurare come eccezionali le misure disposte dall’art. 7
del Trattato sull’Unione europea. Pertanto, soltanto nel caso di violazioni strutturali
è possibile invocare la protezione europea. Viceversa, nei casi di violazioni occa-
sionali resta fermo il principio per cui l’ordine giuridico europeo è competente solo
in caso di fattispecie che coinvolgano profili connessi al diritto europeo.
8
Come è noto, con la giurisprudenza Solange (si vedano in particolare la
decisione del Bundesverfassungsgericht tedesco, BVerfGE, 37, 271, Solange,
del 29 maggio 1974 e la decisione del Bundesverfassungsgericht tedesco,
BVerfGE, 73, 339, Solange II), il Tribunale costituzionale tedesco ha affer-
mato il principio per cui si sarebbe continuata a garantire la prevalenza del
diritto europeo sul diritto tedesco soltanto fin quando (Solange) l’ordinamento
comunitario avesse garantito il rispetto dei diritti fondamentali. Per maggiori
riferimenti alle logiche sottese alla giurisprudenza Solange e agli effetti che
essa ha prodotto (e almeno in una certa misura continua a produrre ancora oggi)
sul processo di integrazione europea si rinvia a F. VECCHIO, Primato del diritto
europeo e identità costituzionali, Torino, Giappichelli, 2013.
114 PARTE III

di diritti fondamentali escludono la competenza del sistema eu-


ropeo (ed in modo particolare del giudice del Lussemburgo) nel
senso che esse precludono l’intervento sovranazionale soltanto a
condizione che i sistemi nazionali riescano a garantire gli stan-
dard minimi previsti dal sistema dei trattati9, si apre alla possi-
bilità di dare applicazione alla Carta europea e di consentire alla
Corte di giustizia (con l’ausilio dei giudici nazionali coinvolti) la
realizzazione di mirati interventi di supporto delle forze demo-
cratiche interne10.
Dunque, conseguenza diretta di questa singolarissima inver-
sione interpretativa della giurisprudenza Solange è che, anche in
casi che a rigore non rientrerebbero nelle competenze conosciti-
ve della Corte di giustizia, i giudici ungheresi potrebbero legitti-
mamente sollecitare l’intervento dei loro colleghi lussemburghe-
si ex art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
e che questi, contrariamente a quanto espressamente statuito dal
Trattato di Lisbona, potrebbero dare applicazione alle norme eu-
ropee in materia di diritti fondamentali. Principale vantaggio di
quella che costituirebbe una nuova fuga in avanti della Corte di
giustizia sarebbe quello di dare ai giudici ungheresi una coper-
tura giuridica per sostituire di fatto le previsioni di un testo co-
stituzionale illiberale con le più ortodosse previsioni del diritto
europeo.

5.2. Le critiche alla soluzione giudiziaria

Come è facile immaginare, la soluzione di invertire la giu-


risprudenza Solange in favore dell’ordinamento europeo (e so-
prattutto in favore della Corte di giustizia) non ha certo lasciato
indifferente la scienza giuridica. Pur non mancando autori che
hanno apertamente dichiarato la loro approvazione11, l’importan-

9
Così A. VON BOGDANDY - M. KOTTMANN - C. ANTPÖHLER - J. DICKSCHEN - S.
HENTREL - M. SMRKOLJ, op. cit., 514.
10
In questo senso si veda ancora una volta A. VON BOGDANDY - M. KOTT-
MANN - C. ANTPÖHLER - J. DICKSCHEN - S. HENTREL - M. SMRKOLJ, op. cit., 514.
11
In questo senso si veda D. HALBERSTAM, Rescue Package for Fundamental
Rights: Comments by Daniel Halberstam, in www.verfassungsblog.de che ad-
dirittura sostiene che già qualche anno prima di Zambrano aveva proposto una
soluzione dello stesso tipo. R. UITZ, Rescue Package for Fundamental Rights:
LA REAZIONE DELLA DOTTRINA 115

za delle implicazioni pratiche connesse alla proposta di Heidel-


berg ha spinto molti autori a formulare una serie di critiche sul
piano giuridico e sul piano politico12.
Con specifico riferimento ai profili giuridici della soluzione
suggerita si è subito messa in discussione l’interpretazione of-
ferta dell’art. 2 del Trattato sull’Unione europea. Diversamente
da quanto sostengono gli studiosi di Heidelberg, a giudizio dei
critici, lo stile declaratorio con cui è scritto l’art. 2 impone di
leggerlo come una clausola ricognitiva dall’elevato valore sim-
bolico, ma che non offre alcuna legittimazione all’applicazione
sussidiaria dei diritti tutelati dal livello europeo13. Inoltre, met-
tendo sotto accusa l’interpretazione fornita in merito alle relazio-
ni tra sistema dei diritti dell’Unione europea e sistemi nazionali,
la stessa corrente dottrinaria ha sostenuto che l’art. 51 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea preclude gli spazi
per applicazioni rivoluzionarie semplicemente perché prevede
che le disposizioni in questa contenute vincolino gli stati membri
soltanto quando questi ultimi danno esecuzione al diritto dell’U-
nione14. Sempre sul piano della critica legale alla ricostruzione
proposta, si è poi affermato che l’istituto della cittadinanza eu-
ropea è inadatto a svolgere la funzione che gli viene attribuita
perché, a prescindere da quanto statuito dalla giurisprudenza del

Comments by Renata Uitz, in www.verfassungsblog.de ritiene che la proposta di


Heidelberg possa essere utile per ampliare il quadro degli strumenti finalizzati
alla garanzia dei principi fondamentali dell’ordine europeo e per impedire le
contraddizioni di una situazione per la quale gli stati membri possono impun-
emente violare certi valori che sono condizione per il loro ingresso nell’Unione.
M. KUMM, Rescue Package for Fundamental Rights: Comments by Mattias
Kumm, in www.verfassungsblog.de, nel difendere la proposta, pare addirittura
orientato a sostenerne un’espansione ai non cittadini europei.
12
Cfr. con quanto sostiene D. KOCHENOV, Von Bogdandy’s ‘Reverse Solan-
ge’: Some Criticism of an Important Proposal, in www. http://papers.ssrn.com/
secondo cui, per quanto importante, la proposta di invertire la giurisprudenza
Solange sarebbe meno rivoluzionaria di quanto potrebbe apparire a prima vista.
13
Pur dichiarandosi simpatetico con gli obiettivi generali perseguiti dal
gruppo di Heidelberg, P. SONNEVEND, Rescue Package for Fundamental Rights:
Comments by Pàl Sonnevend, in www.verfassungsblog.de ritiene che, pur es-
sendo poco funzionale, l’art. 7 del Trattato sull’Unione europea è l’unico stru-
mento per sanzionare le violazioni dei valori europei compiute da uno stato
membro.
14
P. SONNEVEND, op. cit., mostra perplessità di questo tipo sull’interpretazio-
ne offerta delle clausole orizzontali.
116 PARTE III

Lussemburgo, essa sarebbe manifestamente in contraddizione


con lo spirito con cui l’istituto della cittadinanza europea è stato
inserito all’interno del sistema dei trattati15.
In relazione al piano della critica politica, invece, più di
uno studioso, pur dichiarandosi apertamente simpatetico con le
intenzioni del gruppo di ricerca tedesco, ha denunciato i rischi
connessi ad una strategia che prescinde da uno sguardo realistico
agli equilibri complessivi e, in nome di un semplice richiamo
alla necessità di tutelare i diritti fondamentali, punta sulla via
giudiziaria per risolvere questioni dall’elevatissimo impatto po-
litico16. Segnatamente, la preoccupazione per le conseguenze di
un’eventuale affermazione giurisprudenziale di una dottrina di-
rompente ha portato gli autori in questione ad asserire che, per il
suo essere troppo generoso nei confronti dell’istituzione giudi-
ziaria europea, l’approccio di Heidelberg rischia di snaturare il
processo di integrazione e di mettere a repentaglio la dimensio-
ne pluralista del quadro istituzionale sovranazionale17. Sempre
in nome di un’impostazione realista, poi, la soluzione giuridica
delle questioni ungheresi è stata criticata perché ritenuta poco
efficace18. In questo caso si è messo in evidenza come, al di là
delle più o meno prevedibili resistenze che potrebbero essere op-
poste da alcuni stati (si pensi alla Polonia e al Regno unito che
hanno ratificato il Trattato di Lisbona soltanto a condizione che
si adottasse un Protocollo in cui veniva specificato che la Carta
non estende le competenze giudiziarie della Corte di giustizia) e
al di là delle resistenze che potrebbero essere opposte dalle corti
nazionali (in particolare dalle corti costituzionali), il mero ricor-
so alla via giudiziaria ingolferebbe la Corte e, senza avere reali

15
Così A. K. MANGOLD, Rescue Package for Fundamental Rights: Com-
ments by Anna Katharina Mangold, in www.verfassungsblog.de.
16
Sembra essere questa la critica principale fatta da A. K. MANGOLD, op. cit..
Della stessa idea anche P. LINDSETH, Rescue Package for Fundamental Rights:
Comments by Peter Lindseth, in www.verfassungsblog.de.
17
Secondo P. LINDSETH, op. cit., l’accettazione della proposta di Heidelberg
porterebbe ad un profondo cambio nella natura dell’ordine giuridico europeo.
18
È questa la critica fatta da M. HAILBRONNER, Rescue Package for Funda-
mental Rights: Comments by Michaela Hailbronner, in www.verfassungsblog.de,
che sostiene che nella migliore delle ipotesi l’unico possibile effetto dell’ac-
coglimento della proposta di Heidelberg può essere quello di creare pressione
affinché gli stati membri risolvano (magari con un ricorso all’art. 7 del Trattato
sull’Unione europea) la questione per via politica.
LA REAZIONE DELLA DOTTRINA 117

possibilità di cambiare il quadro complessivo della situazione,


addirittura finirebbe con lo screditare l’intero operato dell’istitu-
zione giudiziaria19.

5.3. I rimedi classici: procedure di infrazione e attivazione


della procedura di sospensione prevista dall’art. 7 del
Trattato sull’Unione europea

La fase delle critiche alla proposta di Heidelberg, peraltro,


non si è esaurita alla sola pars destruens, ma è stata invece ac-
compagnata da una serie di proposte alternative che hanno come
elemento comune il loro riferirsi ai rimedi tradizionali del diritto
dell’Unione europea. Con l’idea di utilizzare efficacemente gli
strumenti già messi a disposizione dal quadro europeo, in questo
caso si provvede a mettere in discussione la loro supposta inef-
ficacia.
Innanzitutto, secondo un primo orientamento, le difficoltà
politiche connesse all’attivazione del meccanismo sanzionatorio
previsto dall’art. 7 del Trattato sull’Unione europea non dovreb-
bero essere giudicate negativamente e, fermo restando la possi-
bilità che una futura revisione dei trattati istitutivi possa allegge-
rire la procedura prevista, esse non dovrebbero essere comunque
considerate un intralcio reale ai fini di una risoluzione della que-
stione ungherese20. Nello specifico, si ritiene che la supermaggio-

19
M. HAILBRONNER, op. cit., giustamente sottolinea il rischio che, di fronte a
due lesioni dello stesso tipo che coinvolgano paesi dal peso politico differente,
la Corte di giustizia, in ragione della natura essenzialmente politica della valu-
tazione, finirebbe inevitabilmente (o per lo meno potrebbe finire) con il trovarsi
nella situazione di essere chiamata ad applicare “due pesi e due misure”. Una
situazione del genere, lungi dall’esaurire i suoi effetti all’interno della specifica
vicenda processuale, si ripercuoterebbe in senso evidentemente negativo sulla
credibilità generale dei giudici.
20
In questo senso W. SADURSKI, Rescue Package for Fundamental Rights:
Comments by Wojchiech Sadurski, in www.verfassungsblog.de ritiene che, al
di là delle difficoltà politiche che una simile proposta potrebbe incontrare nelle
fasi iniziali, esisterebbero gli spazi per una simile azione e che essa sarebbe
assai opportuna. Altrimenti, stante l’impraticabilità concreta della proposta di
Heidelberg secondo l’autore in questione l’Unione europea correrebbe il rischio
di mostrarsi “senza denti” di fronte alla violazione dei suoi valori compiuta da
uno stato membro.
118 PARTE III

ranza richiesta perché il procedimento si concluda positivamente


è funzionale alla garanzia dell’imparzialità politica, dell’efficacia
dei provvedimenti adottati e di un coinvolgimento attivo della
cittadinanza europea21. In qualsiasi caso, sempre a giudizio di chi
sostiene questo tipo di progetto, tutte le difficoltà connesse alla
mancanza di una volontà politica reattiva alle lesioni realizzata
dal governo ungherese potrebbero certamente essere superate at-
traverso un’iniziativa del Parlamento europeo o in alternativa da
un’iniziativa dei cittadini europei che richieda alla Commissione
di attivare la procedura22.
Inoltre, secondo un altro orientamento verrebbe in rilievo la
possibilità di fare ricorso allo strumento della procedura di infra-
zione. Così, per alcuni autori, ci sarebbe certamente la possibilità
di configurare alcune problematiche previsioni del nuovo diritto
ungherese come altrettante lesioni puntuali del diritto europeo23:
sebbene si riconosca che un simile approccio corra il rischio di far
perdere la visione di insieme e possa trasformare una grande que-
stione politica in una pluralità di questioni amministrative ‘mino-
ri’, si afferma che, al fine di risolvere i rischi di una eversione del
quadro costituzionale europeo non siano necessari grandi stravol-
gimenti perché l’ordine giuridico europeo è dotato degli strumenti
per riuscire comunque a garantire il suo corretto funzionamento24.

21
M. DANI, Opening the enforcement of EU fundamental values to Euro-
pean citizen, in www.verfassungsblog.de, ritiene che la supermaggioranza serva
a prevenire comportamenti arbitrari che puniscano come violazioni di valori
europei comportamenti legittimi adottati da parte di governi non allineati alla
maggioranza dei governi europei. Lo stesso autore ritiene che la supermaggio-
ranza, coinvolgendo (praticamente tutti) i governi europei serva a garantire la
forza necessaria per assicurare l’osservanza reale dei provvedimenti adottati.
Infine, la supermaggioranza, stante l’eccezionalità delle ipotesi in cui potrebbe
essere concretamente raggiunta, rappresenterebbe una condizione essenziale
per assicurare un coinvolgimento effettivo della cittadinanza europea.
22
W. SADURSKI, op. cit., sottolinea che se gli stati membri e la Commissione
europea non volessero attivare il procedimento previsto dall’art. 7 del Trattato
sull’Unione europea per dichiarare il rischio di una violazione grave dei valori
europei. M. DANI, op. cit., propone, invece, di raccogliere un milione di firme
in un terzo (anziché in un quarto come invece sarebbe previsto dalla discipli-
na sull’iniziativa dei cittadini europei) dei paesi membri, per chiedere ad una
Commissione eventualmente contraria l’attivazione della procedura ex art. 7
del Trattato.
23
In questo senso M. DANI, op. cit..
24
Così M. DANI, op. cit..
LA REAZIONE DELLA DOTTRINA 119

Peraltro, per evitare i danni di un’improvvida ‘amministrativizza-


zione’ dei problemi politici ungheresi, altri autori hanno proposto
di interpretare il mancato rispetto dei valori contenuti all’art. 2 del
Trattato sull’Unione europea come una fattispecie di violazione
degli obblighi europei25.

5.4. La soluzione comitologica: l’istituzione di una Commis-


sione di Copenaghen

Condividendo le critiche alla proposta di Heidelberg, ma


temendo che i rimedi di tipo tradizionale possano rivelarsi non
sufficienti, un altro gruppo di autori ha presentato una proposta
alternativa centrata sulla necessità di arricchire il quadro istitu-
zionale europeo con un nuovo organo tecnico.
Spunto iniziale del ragionamento proposto è la convinzione
che i rimedi proposti dalla scienza siano inadatti a risolvere il
delicatissimo problema sollevato dagli sviluppi della situazio-
ne ungherese: secondo gli autori in questione, per la sua natura
esclusivamente giuridica, una soluzione tipo quella dell’inver-
sione della giurisprudenza Solange è inevitabilmente destinata
all’insuccesso; alla stessa maniera, il ricorso allo strumento del-
le procedure di infrazione avrebbe il limite di trasformare una
grande questione politica in una pluralità di secondarie contro-
versie tecnico-amministrative; i meccanismi previsti dall’art. 7
del Trattato sull’Unione europea, invece, pur avendo il vantaggio
di essere intrinsecamente politici, avrebbero il grosso limite di
essere sostanzialmente impraticabili26. Conseguenza nefasta di

25
Questo è quanto sostiene J. KOMÀREK, The EU Is More Than A Constraint
On Populist Democracy, in www.verfassungsblog.de, che ritiene che un com-
promesso del genere si collochi a metà cammino tra la troppo dura proposta di
ricorrere all’art. 7 del Trattato sull’Unione europea e l’“irrealistica” proposta
di invertire la giurisprudenza Solange. Oltre a proporre un’interpretazione del
genere, l’autore ritiene che essa possa rivelarsi efficace perché, pur senza il (dif-
ficilmente raggiungibile) supporto degli altri stati membri, le sanzioni avreb-
bero la capacità di indurre il governo ungherese a ritornare sui suoi passi.
26
È questa l’idea da cui prende il via il ragionamento di J. W. MÜLLER, Pro-
tecting Democracy and the Rule of Law inside the EU, or: Why Europe Needs a
Copenaghen Commission, in www.verfassungsblog.de. In particolare, la possi-
bilità di dare applicazione alle sanzioni di cui all’art. 7 del Trattato sull’Unione
europea è considerata come un’opzione “nucleare”.
120 PARTE III

questo quadro normativo sarebbe quella che, rebus sic stantibus,


la costruzione europea si troverebbe nella pericolosa situazione
di non riuscire ad arginare la periodica riemersione dei populismi
e di non riuscire ad impedire l’endemica instabilità politica che
ha caratterizzato l’esperienza dello stato nazionale27.
Per riuscire ad evitare questi pericoli occorrerebbe per pri-
ma cosa ampliare la tipologia di sanzioni applicabili, in modo da
rendere più elastici e più efficaci gli strumenti in possesso delle
istituzioni europee28. Inoltre, occorrerebbe superare la situazione
per cui le sanzioni possono essere somministrate soltanto dopo la
conclusione dei lunghi e faticosi negoziati che oggi sono di fatto
imposti dalla supermaggioranza ex art. 729. Con specifico riferi-
mento a questo ultimo punto, si ritiene che, almeno in astratto,
si potrebbe pensare all’attribuzione di un potere sanzionatorio
alla Commissione europea30. Tuttavia, in ragione dei propositi di
politicizzazione dell’istituzione, si reputa preferibile la creazio-
ne di un organo ad hoc, politicamente neutrale e tecnicamente
competente31.
Una simile istituzione (che, in omaggio alla città in cui si è
deciso che il rispetto degli attuali valori dell’Unione è condizio-
ne per l’adesione dei nuovi paesi membri, si dovrebbe chiamare

27
Può essere il caso di precisare che secondo il ragionamento sviluppato da J.
W. MÜLLER, op. cit., la funzione principale delle istituzioni europee, in linea con
l’affermazione delle costituzioni normative dell’Europa del secondo dopoguerra,
è quella di impedire le degenerazioni delle concezioni populiste e autarchiche.
28
J. W. MÜLLER, op. cit., ritiene che l’art. 7 del Trattato sull’Unione europea
dovrebbe essere modificato e dovrebbe consentire la possibilità di espellere uno
stato membro. Sebbene sia condivisibile l’idea di una flessibilizzazione degli
strumenti con cui l’Unione sanziona le violazioni dei diritti fondamentali, non
si può fare a meno di rilevare come la possibilità di espellere uno stato membro
si ponga in contrasto con la rilevazione per cui la ‘semplice’ sanzione attual-
mente prevista sia un’opzione “nucleare”.
29
In questo senso, J. W. MÜLLER, op. cit..
30
Rileva giustamente J. W. MÜLLER, op. cit., che, anche se in via tempora-
nea, la Commissione gode già di certi poteri di vigilanza nei confronti di alcuni
stati di recente adesione (Romania, Bulgaria).
31
In particolare, J. W. MÜLLER, op. cit., ritiene che i progetti di trasformare la
Commissione in una sorta di governo europeo politicamente responsabile pos-
sano rendere l’istituzione parziale e partigiana e quindi possano rendere scon-
sigliabile l’attribuzione di una competenza di garanzia. È il caso di segnalare
che, come possibile alternativa all’istituzionalizzazione di un nuovo organo, lo
stesso autore propone anche la possibilità di attribuire simili poteri di vigilanza
anche all’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea.
LA REAZIONE DELLA DOTTRINA 121

Commissione di Copenaghen) potrebbe, sul modello di quanto fa


la Commissione di Venezia per il Consiglio d’Europa, indagare
sui casi più problematici e (a seconda dei casi) invitare la Com-
missione europea ad adottare sanzioni mirate32.

32
J. W. MÜLLER, op. cit., insiste sul fatto che il quadro delle sanzioni
meriterebbe una riflessione ulteriore che consenta di renderlo più intelligente
(«smart») di quanto non sia attualmente. In particolare, viene portato l’esempio
dei danni alla popolazione che potrebbero essere realizzati da un taglio dei fon-
di strutturali europei.
PARTE QUARTA

LA REAZIONE SUCCESSIVA
DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
6. IL RITORNO DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
E IL SOSTANZIALE FALLIMENTO DEI RIMEDI
CLASSICI: LE MODIFICHE ALLE LEGGI ORGANICHE
SOTTOPOSTE A PROCEDURA DI INFRAZIONE
E I PRIMI DUE EMENDAMENTI COSTITUZIONALI

SOMMARIO: 6.1. Il nuovo atteggiamento delle istituzioni dell’Unione eu-


ropea 6.2. Il nuovo intervento del Consiglio d’Europa e i pareri
della Commissione di Venezia sulle disposizioni attuative della
Costituzione di Pasqua 6.3. I primissimi risultati: gli emendamenti
alle leggi organiche sottoposte a procedura di infrazione 6.4. Una
Costituzione a “rigidità variabile”: l’emendamento sulla costitu-
zionalizzazione delle norme provvisorie e l’emendamento sull’in-
troduzione della registrazione elettorale 6.5. L’insufficienza degli
interventi correttivi e il sostanziale fallimento dei rimedi classici
del diritto europeo

6.1. Il nuovo atteggiamento delle istituzioni dell’Unione


europea

Prendendo spunto dalla ricchezza delle proposte suggerite dalla


dottrina, in seguito all’entrata in vigore della Costituzione di Pasqua
e della relativa legislazione di attuazione, le istituzioni dell’Unione
europea prendono finalmente atto della gravità della situazione ma-
giara e optano per un deciso cambio di atteggiamento.
A due settimane dall’entrata in vigore del nuovo quadro giu-
ridico, quando ormai è chiaro che l’avvento delle regole della
Costituzione di Pasqua è un evento ineluttabile e occorre quindi
prendere atto del mutato contesto, è la Banca centrale europea
che con una serie di pareri inizia ad assumere una posizione più
definita1. Nello specifico, oltre alla generica violazione degli

1
Oltre al parere CON/2011/106 e al parere CON/2011/104, si può fare rife-
126 PARTE IV

obblighi di sottoporre a valutazione preventiva i progetti di atti


normativi che incidono sul funzionamento delle banche centrali
nazionali, si contestano le norme che riscrivono le regole sulla
composizione degli organi della Banca centrale magiara, le nor-
me che permettono alcune indebite ingerenze del potere esecuti-
vo e le norme sulla proposta di fusione tra la Banca e l’Autorità
di supervisione finanziaria.
Una volta che il nuovo ordinamento costituzionale è diven-
tato perfettamente vigente, la prima istituzione a reagire è stata
la Commissione europea. Nel lodevole tentativo di arginare la
deriva antidemocratica organizzata dalle attuali forze di maggio-
ranza, essa ha attivato tre procedure accelerate di infrazione con
cui si è contestata al governo magiaro la violazione di altrettanti
profili del diritto europeo. In primo luogo, seguendo le indicazio-
ni di quella dottrina che ha suggerito la pronta attivazione delle
procedure ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea, sono state messe in discussione le normative nazionali
con cui si è modificata la posizione del governatore della Banca
centrale. In particolare, secondo il ragionamento seguito dall’i-
stituzione europea, sia la Costituzione, sia le norme attuative,
prevedendo le già esaminate ingerenze del governo e riducendo
il ruolo del Governatore, sarebbero lesive del principio dell’in-
dipendenza delle banche centrali nazionali previsto dall’art. 130
del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea2. In secondo

rimento al parere CON/2012/26 del 5 aprile 2012, al parere CON/2012/43 del


31 maggio 2012 e al parere CON/2012/49 del 28 giugno 2012.
2
Più precisamente, in questo caso la Commissione, oltre a rimarcare che
non è stato rispettato il quarto comma dell’art. 127 del Trattato sul funzion-
amento dell’Unione europea (ai sensi del quale «La Banca centrale europea
viene consultata […] in merito a qualsiasi proposta di atto dell’Unione che
rientri nelle sue competenze»), contesta che, in contrasto con l’art 130 del Trat-
tato sul funzionamento dell’Unione europea (ai sensi del quale «né la Banca
centrale europea né una Banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi
organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni,
dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri né
da qualsiasi altro organismo»), sono state disposte numerose previsioni contra-
rie al principio di indipendenza. In questo senso la Commissione richiama le
norme sulla nomina e sulla rimozione del Governatore e dei membri del Con-
siglio monetario nazionale, le norme sulla possibilità di ampliare il numero dei
membri del Consiglio, le norme sulla partecipazione del governo alle riunioni
del Consiglio e le norme sul trattamento economico del Governatore. Vengono
infine contestate anche alcune norme che impongono un giuramento di fedeltà
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 127

luogo, ad essere oggetto delle censure della Commissione è stata


la normativa sulla protezione dei dati personali. In questo caso si
ritiene che la configurazione della nuova autorità di controllo sui
dati personali e la scelta di anticipare la scadenza del mandato
del vecchio responsabile siano in contrasto con il principio di
indipendenza sancito dall’art. 16 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea e dalle regole sancite dalla direttiva 95/46/
CE3. In terzo luogo, ad attirare le attenzioni della Commissione è
stata la scelta di anticipare il pensionamento dei giudici. A questo
proposito, la Commissione ha rilevato che l’opzione del costi-
tuente magiaro sarebbe lesiva della direttiva 2000/78/CE e delle
statuizioni della Corte di giustizia sulla non discriminazione in
ragione dell’età4.
Infine, constatando l’incancrenirsi della questione, anche il
Parlamento europeo mette da parte le sue reticenze politiche sul-
la vicenda e in seguito al momento della entrata in vigore delle

al Governatore.
3
In questo caso la Commissione contesta che la nuova disciplina introdotta
in Ungheria sarebbe contraria al secondo comma dell’art. 16 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (che prevede che «Il Parlamento europeo
e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabilis-
cono le norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trat-
tamento dei dati di carattere personale da parte delle istituzioni, degli organi e
degli organismi dell’Unione, nonché da parte degli Stati membri nell’esercizio
di attività che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, e
le norme relative alla libera circolazione di tali dati. Il rispetto di tali norme è
soggetto al controllo di autorità indipendenti»), al terzo comma dell’art. 8 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (che garantendo le regole
sulla tutela della privacy prevede che «Il rispetto di tali regole è soggetto al con-
trollo di un’autorità indipendente») e alla giurisprudenza della Corte di giustizia
che (con la decisione, C - 518/07, Commissione contro Germania, del 9 marzo
2010) ha statuito che la presenza di un rischio di influenza politica esercitata
attraverso la vigilanza dello Stato è sufficiente ad ostacolare l’esercizio indip-
endente dei compiti delle autorità di vigilanza.
4
In particolare, secondo la Commissione le norme che regolano l’ordina-
mento giudiziario ungherese si porrebbero in contrasto con la giurispruden-
za europea perché mentre queste sono ingiustificate e ingiustificabili, la Corte
di giustizia (con la decisione C - 447/09, Reinhard Prigge, Michael Fromm
e Volker Lambach / Deutsche Lufthansa, del 13 settembre 2011) ha statuito
che per introdurre un abbassamento non generalizzato dell’età pensionabile sia
necessaria una giustificazione oggettiva e un intervento proporzionato. Inoltre,
oltre ad essere richieste spiegazioni sull’indipendenza dei giudici, si mette in di-
scussione anche la scelta di aver anzitempo interrotto il mandato del Presidente
della Corte suprema.
128 PARTE IV

nuove previsioni inaugura una più decisa linea di azione. Segna-


tamente, oltre ad invitare la Commissione europea a prosegui-
re la sua attività di monitoraggio sulle questioni sollevate dalle
disposizioni di attuazione della Costituzione5, la risoluzione del
16 febbraio 2012 incarica la Commissione parlamentare per le li-
bertà civili, la giustizia e gli affari interni (in cooperazione con la
Commissione europea, il Consiglio d’Europa e la Commissione
di Venezia) a presentare una relazione sugli sviluppi della situa-
zione e, sulla base dei risultati di questa attività di monitoraggio,
affida alla Conferenza dei presidenti il compito di valutare l’op-
portunità di attivare i meccanismi sanzionatori previsti dall’art.
7 del Trattato sull’Unione europea e dall’art. 74 sexies del Rego-
lamento del Parlamento europeo6.

5
Più precisamente, secondo quanto riporta il punto 4 della risoluzione, il
Parlamento europeo «invita la Commissione europea, in qualità di custode dei
trattati, a monitorare attentamente le possibili modifiche e l’attuazione di dette
leggi e la loro conformità alla lettera e allo spirito dei trattati europei, nonché a
effettuare uno studio approfondito per assicurare:
a) la totale indipendenza della magistratura, in particolare garantendo che l’au-
torità giudiziaria nazionale, il pubblico ministero e i tribunali in genere siano
amministrati senza interferenze politiche e che il mandato dei giudici indi-
pendenti non possa essere abbreviato in maniera arbitraria;
b) che il regolamento della banca nazionale ungherese rispetti la legislazione
europea;
c) che l’indipendenza istituzionale della protezione dei dati e della libertà d’in-
formazione sia ripristinata e garantita dalla lettera e dall’attuazione della
legge pertinente;
d) che il diritto della Corte costituzionale di riesaminare ogni atto legislativo
sia pienamente ristabilito, incluso il diritto di rivedere le leggi fiscali e in
materia di bilancio;
e) che la libertà e il pluralismo dei mezzi d’informazione siano garantiti dal-
la lettera e dall’attuazione della legge ungherese sui mezzi d’informazione,
in particolare per quanto riguarda la partecipazione dei rappresentanti della
società civile e dell’opposizione in seno al consiglio dei mezzi d’informa-
zione;
f) che la nuova legge elettorale sia conforme alle norme democratiche europee
e rispetti il principio dell’alternanza politica;
g) che il diritto di esercitare l’opposizione politica in maniera democratica sia
garantito tanto all’interno quanto all’esterno delle istituzioni;
h) che la legge sulle chiese e sulle confessioni religiose rispetti il principio fon-
damentale della libertà di coscienza ed eviti di subordinare la registrazione
delle chiese all’approvazione della maggioranza di due terzi nel Parlamento
ungherese».
6
Sarà il caso di segnalare che ai sensi dell’art. 74 sexies del regolamento
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 129

6.2. Il nuovo intervento del Consiglio d’Europa e i pareri del-


la Commissione di Venezia sulle disposizioni attuative
della Costituzione di Pasqua

In parallelo alle azioni intraprese dall’Unione europea anche


le istituzioni del Consiglio di Europa si sono attivate. Così, dopo
aver espresso le sue preoccupazioni per la regolazione ungherese
del sistema mediatico7 e dopo aver criticato l’approvazione della
legge sulla libertà di coscienza e di religione8, in primo luogo
è stato il Commissario per i diritti umani che, rispondendo alle

del Parlamento europeo «1. Il Parlamento, sulla base di una relazione specifica
della commissione competente elaborata a norma degli articoli 41 e 48, può:
a) porre in votazione una proposta motivata in cui invita il Consiglio ad agire
ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea;
b) porre in votazione una proposta in cui invita la Commissione o gli Stati
membri a presentare una proposta ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del
trattato sull’Unione europea;
c) porre in votazione una proposta in cui invita il Consiglio ad agire ai sensi
dell’articolo 7, paragrafo 3 o, in seguito, dell’articolo 7, paragrafo 4, del
trattato sull’Unione europea.
2. Le richieste di approvazione provenienti dal Consiglio relative a una propo-
sta presentata a norma dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del trattato sull’Unione
europea, corredate delle osservazioni formulate dallo Stato membro interes-
sato, sono comunicate al Parlamento e deferite alla commissione compe-
tente in conformità dell’articolo 81. Tranne in casi urgenti e giustificati, il
Parlamento delibera su proposta della commissione competente.
3. Le decisioni di cui ai paragrafi 1 e 2 richiedono la maggioranza dei due terzi
dei voti espressi, che costituisce la maggioranza dei deputati che compongo-
no il Parlamento.
4. Previa autorizzazione della Conferenza dei presidenti, la commissione com-
petente può presentare una proposta di risoluzione di accompagnamento.
Tale proposta di risoluzione illustra la posizione del Parlamento su una grave
violazione da parte di uno Stato membro, sulle opportune sanzioni e sui
criteri applicabili per la loro modifica o revoca.
5. La commissione competente provvede affinché il Parlamento sia tenu-
to pienamente informato e, se necessario, consultato su tutte le misure di
accompagnamento adottate sulla base della sua approvazione, a norma del
paragrafo 3. Il Consiglio è invitato ad illustrare gli eventuali sviluppi. Su
proposta della commissione competente, elaborata con l’autorizzazione del-
la Conferenza dei presidenti, il Parlamento può approvare raccomandazioni
destinate al Consiglio».
7
Si veda l’opinione del 25 febbraio 2011 (CommDH(2011)10) del Com-
missario per i diritti umani.
8
Si veda la lettera del 16 dicembre 2011 (CommHR/GC/sf 112 – 2011) del
Commissario per i diritti umani.
130 PARTE IV

obiezioni del Ministro degli esteri magiaro, ha sollevato una se-


rie di questioni relative alla necessità di mantenere un sistema
democratico di pesi e contrappesi e ha invitato le autorità compe-
tenti a ritornare sui propri passi9.
Vista la gravità della situazione, anche la Corte europea dei
diritti dell’uomo ha, per bocca del suo Cancelliere, mandato un
segnale difficilmente equivocabile10: affermando che, di fronte
agli ottomila ricorsi presentati contro il provvedimento unghere-
se che retroattivamente modifica il regime pensionistico, verran-
no seguite regole procedurali speciali (semplificate e accelerate)
e invitando le organizzazioni sindacali ad attivare apposite class
action, i funzionari della Corte hanno manifestato la loro inten-
zione di volere andare fino al fondo della questione.
Seguendo l’esempio del Commissario per i diritti umani, poi,
è stato il Segretario generale ad esprimere le sue preoccupazioni.
In questo caso, la lettera rivolta al Ministro degli esteri, garan-
tendo la piena disponibilità degli esperti del Consiglio d’Europa,
ha formalmente invitato l’Ungheria a sottoporre alla valutazione
della Commissione di Venezia la legge organica sulle elezioni
del Parlamento, la legge organica sulla libertà religiosa e le leggi
organiche sull’organizzazione del potere giudiziario11.

9
Attraverso un comunicato stampa del 12 gennaio 2012 (CommDH003(2012)),
il Commissario per i diritti umani ha dichiarato «Major legislative changes have
been adopted in Hungary after minimal public consultation and without suffi-
cient consideration of crucial human rights principles. Recent decisions affecting
the independence of the judiciary, freedom of expression and freedom of reli-
gion raise serious concerns». A proposito della legge organica sulla libertà di
religione, nello stesso comunicato si legge «The Parliament will in future decide
on the recognition of an applicant denomination. Such a procedure, which tasks
a political body to assess the legitimacy of religious beliefs, is not compatible
with the State’s duty of neutrality and impartiality». A proposito invece dell’in-
dipendenza del sistema giudiziario, il Commissario ha dichiarato «The approach
whereby judges are appointed by the President of the National Judicial Office,
who is nominated by the government for nine years, gives rise to serious reserva-
tions. The judiciary must be protected from undue political interference». Infine,
a proposito delle restrizioni ai poteri della Corte costituzionale e alla sostituzione
del Commisario per la protezione dei dati personali si legge: «Every democracy
needs a system of checks and balances and institutions which provide effective
control on executive powers».
10
Si fa riferimento alla nota dell’11 gennaio 2012, divulgata come comuni-
cato stampa e classificata con il codice ECHR 009 (2011).
11
Con la lettera dell’11 gennaio 2012, il Segretario generale ha anche invi-
tato le autorità ungheresi a sottoporre al parere della Commissione di Venezia
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 131

Inoltre, esattamente come avvenuto nel corso del 2011,


l’Assemblea parlamentare è intervenuta e, nel quadro di una
procedura finalizzata all’instaurazione di un eventuale regime
di monitoraggio dell’Ungheria, ha per suo conto nuovamente
chiesto l’intervento della Commissione di Venezia. In un primo
momento si è chiesto di verificare le leggi organiche sulla libertà
di informazione e sulla privacy, la legge organica sull’organizza-
zione della Corte costituzionale, la legge organica sui diritti delle
nazionalità, la legge organica sulla protezione della famiglia e
le leggi organiche sull’organizzazione del sistema di repressione
dei crimini12. In un secondo momento, la stessa Assemblea ha,
poi, richiesto un controllo sull’atto normativo contenente le di-
sposizioni transitorie13.
Investita per queste vie delle nuove questioni, la Commis-
sione di Venezia, per ragioni di competenza, ha innanzitutto
scartato la possibilità di potersi pronunciare sui profili privati-
stici connessi all’atto legislativo sulla protezione della famiglia
e, prendendo atto che nel frattempo si sta iniziando ad istruire
un giudizio in merito alla costituzionalità delle norme transito-
rie, ha deciso di rinviare il suo parere in attesa della definizione
della questione. Fatta questa preliminare azione di regolamento
delle sue competenze decisionali, essa ha poi avviato un’impo-
nente attività di indagine e di approfondimento che ha attestato
il mancato rispetto delle promesse fatte dall’esecutivo ungherese
e, anche in relazione all’attività del legislatore organico, ha dato
autorevole conferma a molti dei dubbi già esaminati in preceden-
za: ancora una volta, la scelta di limitare in maniera definitiva le
competenze del giudice costituzionale14, gli inauditi poteri del

anche la legge sui media. Secondo quanto riporta G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE,


op. cit., il Ministro degli esteri ungherese ha annunziato l’intenzione di emen-
dare la legge e ha chiesto di poter interpellare la Commissione di Venezia al
momento dell’approvazione delle modifiche. Non risulta che il progetto sia mai
stato presentato.
12
Il provvedimento porta la data del 26 gennaio del 2012.
13
Il provvedimento porta la data del 13 marzo del 2012.
14
Si veda in proposito il paragrafo 38 del parere 665 del 2012, CDL – AD
(2012) 009 (Opinion on Act CLI of 2011 on the Constitutional Court of Hungary)
del 19 giugno 2012 dove si statuisce espressamente che «According to Section
41.1 ACC, the Constitutional Court may annul legal regulations and provisions
in part or in whole. Section 41.2 ACC states that this power is subject to the ex-
ceptions and conditions provided for in Article 37.4 Fundamental Law. The Com-
132 PARTE IV

Procuratore generale e del Presidente dell’Ufficio giudiziario na-


zionale15, i sistematici abusi dello strumento della legislazione

mission recalls its critique of this infringement of the powers of the Constitutional
Court. It regrets and notes with serious concern, that the scope of Article 37.4
Fundamental Law has even been extended further under Article 27 Transitory
Provisions, stating that the exemption of certain acts from constitutional review is
not only valid until the state debt falls below 50% of the Gross Domestic Product,
but that these acts will not be subject to full and comprehensive supervision by the
Constitutional Court, even when the budget situation has improved beyond that
target. This “transitory provision” in fact turns a materially transitory provision
of the Fundamental Law into a permanent provision, which seems to run counter
the Fundamental Law itself». Per un altro commento sul parere della Commis-
sione di Venezia, si veda anche K. KELEMEN, The Venice Commission on the new
Hungarian Constitutional Court Act, in www.diritticomparati.it.
15
Il paragrafo 84 del parere 668 del 2012, CDL – AD (2012) 008 (Opinion on
Act CLXIII of 2011 on the prosecution service and Act CLXIV on the status of Prose-
cutor general, Prosecutors, other prosecution employees and the prosecution career
of Hungary) del 19 giugno 2012 puntualizza che «The fact that, in this context, it is
the Prosecutor General and not the President of the NJO who allocates the cases
does not diminish the problem, on the contrary. In addition to the arguments raised
in the opinion on the judiciary acts, as a party to proceedings, the prosecution can
have an interest in choosing a court, which might be known for a tough stance
on certain types of crime. Leaving the choice of the court to the accusing party is
a serious violation of the adversarial principle and gives an unfair advantage to
the prosecution. The possibility to select the court should be withdrawn from the
Prosecutor General». Il paragrafo 90 del parere 663 del 2012, CDL – AD (2012)
001 (Opinion on Act CLXII on the legal status and remuneration of judges and Act
CLXI of 2011 on the organization and amministration of courts of Hungary) del 19
marzo 2012 prevede che «Furthermore, Section 76.4.b AOAC enables the President
of the NJO to designate another court based on the vague criterion of “adjudicating
cases within a reasonable period of time”. This relates to Articles 11.3 and 11.4 of
the Act on Transitional Provisions of 30 December 2011, which were adopted on
the constitutional level in order to overcome the annulment of a similar provision on
the legislative level by Constitutional Court judgment no. 166/2011 of 20 December
2011. The Constitutional Court had found that provision contrary to the European
Convention on Human Rights. The fact, that some courts in Hungary are so small
that the designation of such a court would effectively amount to the designation of a
single judge or a special chamber, further adds to this. Even though the reasonable
time requirement is part of both Article XXVIII Fundamental Law and Article 6.1
ECHR, it is not absolute, but forms a field of tension with the often conflicting right
to a fair trial with respect to the fact that having and exercising more procedural
rights necessarily goes hand in hand with a longer duration of the proceedings. Tak-
ing into account the importance of the right to a lawful judge for a fair trial, the state
has to resort to other less intrusive means, in particular to provide for a sufficient
number of judges and court staff. Solutions by means of arbitrary designation of
another court cannot be justified at all». Per un altro commento sul parere 663 del
2012 si veda K. KELEMEN, The Venice Commission opinion’s on the independence of
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 133

organica16, l’arbitraria definizione delle regole della competizio-


ne elettorale17, l’anticipata fine del mandato di alcune importan-
ti figure istituzionali di garanzia18, le anomalie procedurali per
la concessione dello status giuridico di chiesa19 e l’assenza di
garanzie di indipendenza della nuova Autorità per la protezione
dei dati personali20 sono puntualmente condannate dai vari pareri
progressivamente adottati.

the Hungarian judiciary, in www.diritticomparati.it.


16
Si vedano ad esempio i paragrafi 47 e 48 del parere 665 del 2012, i paragrafi
18 e 19 del parere 668 del 2012 e i paragrafi 18 e 19 del parere 663 del 2012.
17
Al paragrafo 18, il parere 662 del 2012, CDL – AD (2012) 012 (Joint
opinion on the Act on the elections of members of Parliament of Hungary) del
18 giugno 2012 si legge: «Therefore, the Venice Commission and the OSCE/
ODIHR recommend to review the existing provisions for determining constitu-
ency boundaries through cardinal laws by adding the mathematical formula
and establishing an independent commission to draw the boundaries in the new
Elections Act, as well as by removing the actual list of constituencies from the
annex to the new Elections Act».
18
Obiezioni di questo tipo sono state sollevate dal paragrafo 114 del parere
663 del 2012 a proposito dell’anticipazione della fine del mandato del Presi-
dente della Corte suprema e dei magistrati del vecchio Consiglio nazionale dei
giudici.
19
Il paragrafo 76 del parere 664 del 2012, CDL – AD (2012) 004 (Opinion
on Act CCVI of 2011 on the right to freedom of conscience and religion and
the legal status of Churches, denominations and religious community of Hun-
gary) del 19 marzo 2012 afferma che «The foregoing leads to the conclusion
that the recognition or de-recognition of a religious community (organisation)
remains fully in the hands of Parliament, which inevitably tends to be more or
less based on political considerations. Not only because Parliament as such is
hardly able to perform detailed studies related to the interpretation of the defi-
nitions contained in the Act, but also because this procedure does not offer suffi-
cient guarantees for a neutral and impartial application of the Act. Moreover, it
can reasonably be expected that the composition of Parliament would vary, i.e.
change after each election, which may result in new churches being recognised,
and old ones de-recognised at will, with potentially pernicious effects on legal
security and the self-confidence of religious communities».
20
Nel paragrafo 36 del parere 672 del 2012, CDL – AD (2012) 023 (Opinion
on Act CXII of 2011 on informational self-determination and freedom of infor-
mation of Hungary) del 18 ottobre 2012 è a questo proposito possibile leggere
che « due to the designation mechanism set out by the Act, which is the preroga-
tive of the President of Hungary, the new Authority seems less independent than
the old Ombudsman. In particular, this is due to the fact that, as stipulated by
article 40.1 of the Act, the President designates the Head of the Authority upon
a proposal of the Prime Minister; thus, there is a strong involvement of the
executive in the designation process. More precisely, there is criticism that the
Parliament is now entirely excluded from the procedure».
134 PARTE IV

Peraltro, esattamente come è accaduto al momento del pa-


rere 621 del 2011, l’attività della Commissione non si è limi-
tata solo alla censura (o forse vista la persistenza dei problemi
sarebbe meglio dire la ricensura), ma, nel tentativo di porgere
una mano alle forze che sorreggono l’esecutivo magiaro, ha co-
struttivamente proposto una serie di originali soluzioni interpre-
tative per alcuni dei problemi più scottanti lasciati aperti dalle
nuove disposizioni. Così, ad esempio, pur precisando che sareb-
be certamente preferibile un emendamento ad hoc della legge
organica, si è comunque suggerito di aggirare i problemi creati
dall’assenza di una specifica previsione sulla autonomia organiz-
zativa della nuova Autorità per la protezione dei dati personali
facendo riferimento a quelle previsioni che in via di principio af-
fermano l’indipendenza dell’istituzione21. Oppure, per cercare di
ridimensionare le conseguenze negative che con ogni probabilità
si produrranno in ragione della norma transitoria che determi-
na l’automatica decadenza delle actiones populares pendenti, si
propone di interpretare estensivamente le norme sulle condizioni
e sui termini entro cui ripresentare, sotto forma di ricorsi indivi-
duali, le questioni di costituzionalità22.

6.3. I primissimi risultati: gli emendamenti alle leggi organiche


sottoposte a procedura di infrazione

Riproponendo il copione visto al momento dell’approvazio-


ne del parere 621 del 2011 della Commissione di Venezia, anche
in questo caso la via diplomatica è la prima risposta ungherese
alle precise accuse che provengono dall’esterno. In questo caso,
al momento della discussione dei pareri, vengono presentati una
serie di memorandum con cui, in chiave difensiva, per un verso si
minimizzano (o si evita di confrontarsi con) i problemi segnalati
e per un altro si cerca di recuperare la credibilità internazionale
attraverso il richiamo a (almeno per il momento) poco credibili so-
luzioni interpretative23. Allo stesso modo, l’intento di giustificarsi

21
Cosi il paragrafo 40 del parere 672 del 2012.
22
A questo proposito si vedano i paragrafi 49 – 52 del parere 665 del 2012.
23
A questo proposito si fa riferimento al documento 667 del 2012, CDL
(2012) 044, Remarks of the Hungarian Government on the Draft Opinion on
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 135

davanti alle istituzioni dell’Unione europea induce i rappresentanti


ungheresi ad avviare un dialogo con la Commissione europea.
Peraltro, diversamente da quanto accaduto al momento dell’ap-
provazione della nuova Costituzione, in questo caso il nuovo atteg-
giamento assunto dalle istituzioni dell’Unione europea e la conse-
guente minaccia di sanzioni effettive spingono l’esecutivo magiaro
a non fermarsi ad una semplice reazione diplomatica e lo inducono
a cercare soluzioni legislative ad alcune delle questioni segnalate.
La non casuale scelta degli ambiti di intervento è la migliore
testimonianza del fatto che la molla che spinge alle correzioni
è la paura delle possibili ritorsioni dell’Europa. Innanzitutto, in
materia di organizzazione della Banca centrale ungherese, si in-
troducono alcuni emendamenti e si cerca di ovviare ad alcune
delle lagnanze della Banca centrale europea e della Commissione
europea. Così, attraverso il primo emendamento alla Costituzio-
ne (per maggiori indicazioni sulla riforma si vedano i riferimenti
contenuti nel prossimo paragrafo), si accantona il contestatissi-
mo progetto di fondere la Banca con l’Autorità di supervisione
finanziaria24 e, attraverso la modifica della legge organica CCVIII
del 2011, si eliminano alcune delle più evidenti ingerenze gover-
native e si cambiano le norme sulla procedura di rimozione del
Governatore e dei membri del Consiglio monetario25.

Act CLXIII of 2011 on the Prosecution Service and Act CLXIV of 2011 on the
Status of the Prosecutor General, Prosecutors and other Prosecution Employ-
ees and the Prosecution Career of Hungary del 19 giugno 2012, al documento
662 del 2012, CDL (2012) 046, Remarks of the Hungarian Government on the
Draft Joint Opinion on the Act on the Elections of Members of Parliament of
Hungary del 19 giugno 2012, al documento 671 del 2012, CDL (2012) 047,
Remarks of the Hungarian Government on the Draft Opinion on the Act on the
Rights of Nationalities of Hungary del 19 giugno 2012, al documento 672 del
2012, CDL (2012) 074, Comments by the Government of Hungary on the Draft
Opinion of the Venice Commission on Act CXII of 2011 on Informational Self-
determination and Freedom of Information of Hungary del 16 ottobre 2012.
24
In tal senso l’art. 2 dell’emendamento costituzionale del 18 giugno 2012
è inequivoco nello stabilire che «Article 30 of the Transitional Provision of
Fundamental law shall be repealed».
25
Secondo quanto riferito dal parere CON/2012/26 del 5 aprile 2012, dal
parere CON/2012/43 e dal parere CON/2012/49 della Banca centrale europea
si sono succedute varie proposte di riforma che (tra le altre cose) alla fine hanno
portato all’eliminazione delle norme sulla partecipazione dei rappresentanti go-
vernativi alle riunioni del Consiglio monetario nazionale e delle norme sull’ob-
bligo di sottoporre all’esecutivo l’ordine del giorno (art. 34 della legge organica
136 PARTE IV

In secondo luogo, si rivedono le previsioni relative all’Autorità


di controllo dei dati personali e, nel tentativo di accorciare le distan-
ze con il punto di vista della Commissione europea, si introducono
alcune nuove garanzie e attraverso una revisione del procedimento
di rimozione del Presidente si riducono i margini di influenza che il
potere esecutivo aveva con il precedente regime normativo26.
Infine, sotto la pressione congiunta della Commissione euro-
pea e della Commissione di Venezia (che in proposito viene pure
appositamente riconsultata27), le autorità ungheresi ritornano
sulle leggi in materia di organizzazione della giustizia. Rispetto
all’assetto precedente si registra un (limitato28) rafforzamento del
ruolo del Consiglio giudiziario nazionale29, un correlativo ridi-

CCVIII del 2011). In secondo luogo, assecondando le richieste della Banca


centrale europea, si è ridefinita la procedura per la rimozione del Governatore
e si è previsto che essa può giungere a compimento solo dopo l’intervento con
cui l’autorità giudiziaria riconosce si siano verificate le condizioni richieste dal
secondo comma dell’art. 14 dello Statuto del Sistema europeo delle banche
centrali (art. 47, comma 6 della legge organica CCVIII del 2011). Inoltre, si
rivedono anche le norme sulla rimozione dei membri del Consiglio monetario
nazionale (art. 46, comma 13 della legge organica CCVIII del 2011).
26
Nel riscrivere la legge organica CXII del 2011 sono state specificamente
elencate le condizioni che legittimano la rimozione del Presidente dell’Autorità di
controllo dei dati personali (art. 40, art. 41 e art. 42) e, ad ulteriore salvaguardia,
si è previsto che il mancato rispetto delle condizioni per la rimozione possa essere
portato alla conoscenza del giudice del lavoro di Budapest (art. 45, comma 6, lett. b).
27
Si veda il parere 683 del 2012, CDL – AD (2012) 020 (Opinion on the
Cardinal Acts on the Judiciary that were amended following the adoption of
Opinion CDL-AD(2012)001 on Hungary) del 15 ottobre 2012.
28
A questo proposito, nel paragrafo 35 del parere 683 del 2012, la Com-
missione di Venezia dopo aver rilevato il rafforzamento dell’organo (vedi la
nota successiva) appunta che «The Hungarian legislator maintained the sys-
tem of continuing rotation of the presidency every six months (Section 89.2
AOAC) and the membership in the NJC for only one term. During discussions
on whether the NJC could play a role in exercising the interim presidency of the
NJO, the Commission’s delegation was told that the presidents of the NJC exer-
cise this function in addition to their ordinary judicial tasks and that at a given
moment a first instance judge from the countryside could be the President of
the NJC who could not effectively exercise any nationwide executive functions.
Under such circumstances, it is difficult to see how the NJC could effectively
control the President of the NJO. The Venice Commission remains critical of
this system, which weakens the NJC and, as a consequence, its capacity to con-
trol the activities of the President of the NJO».
29
A questo proposito, il paragrafo 31 del parere 683 del 2012 segnala che
«The amended Section 103 AOAC transfers important powers to the NJC. With-
out aiming to be exhaustive, these powers are notably:
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 137

mensionamento del ruolo del Presidente dell’Ufficio giudiziario


nazionale30, un parziale restringimento della possibilità di trasfe-
rire i processi pendenti da un tribunale all’altro31 e l’apposizione

1. to propose to the President of the NJO to exercise the power to make propos-
als for legislation concerning courts;
2. to approve the rules of procedure of the service court and publish it on the
central website;
3. to order, as a matter urgency, the adjudication of cases concerning a broad
spectrum of society or cases of outstanding importance with a view to public
interest;
4. to determine the principles to be applied by the President of the NJO when
appointing a proceeding court in the interest of adjudicating cases within a
reasonable period of time;
5. to express a preliminary opinion on persons nominated as President of the
NJO and as President of the Curia on the basis of a personal interview;
6. to determine the principles to be applied by the President of the NJO and
the President of the Curia when awarding a position to the applicant in the
second or third position in the ranking;
7. to exercise the right of consent when the President of the NJO or the Presi-
dent of the Curia wishes to award a position to the applicant in the second
or third position in the ranking;
8. to exercise the right of consent regarding the appointment of court leaders
who did not receive the approval of the reviewing board;
9. to decide on the approval to the renewal of the appointments of Presidents
and VicePresidents of the regional courts of appeal, tribunals, administra-
tive and labour courts and district courts if the President or the Vice Presi-
dent has already served two terms of office in the same position;
10. to publish an opinion annually on the practice of the President of the NJO
and the President of the Curia with respect to evaluating the applications of
judges and court leaders;
11. to appoint the President and members of the Service Court;
12. to approve, in the case of resignation of a judge, a notice period shorter than
3 months, and to relieve the judge from his/her work related duties for the
notice period in full or in part; and
13. in the case of a judge retiring or reaching the upper-age limit, to make a
decision concerning the relief of the judge of his/her duties during the notice
period in line with the Act on the Legal Status and Remuneration of Judges».
30
Dopo aver rilevato (al paragrafo 17) che «The amendments respond to a
large extent to this criticism, though not fully», nei paragrafi successivi il parere
683 del 2012 rileva che la nuova legge, oltre a ridurre l’ingerenza del Presidente
nella procedura di nomina dei magistrati e nel procedimento di selezione dei
vertici dell’amministrazione giudiziaria, rimuove la norma sulla prorogatio e
introduce degli strumenti per responsabilizzare il Presidente davanti al Consi-
glio giudiziario nazionale.
31
In proposito si veda il paragrafo 61 del parere 683 del 2012, dove la Com-
missione di Venezia riconosce che «The amended Section 62.1 AOAC provides
that the transfer of cases will be “an exception”». Inoltre, si tenga in con-
138 PARTE IV

di alcuni limiti al potere di alterare le graduatorie del concorso


per la magistratura32 e al potere di nominare i vertici dell’ammi-
nistrazione della giustizia33.

siderazione che, pur segnalando l’ambiguità della previsione, il paragrafo 64


del parere 683 del 2012 segnala anche che «The amended Section 103.2a.b
AOAC provides that the NJC “shall determine the principles to be applied by
the President of the NJO when appointing a proceeding court». Si noti però che
al paragrafo 74 il parere 683 del 2012 puntualizza che «As the transitional cha-
racter of the system is not guaranteed by providing a precise time-limit when
the transferring of cases will finally end and as it seems impossible to elaborate
objective criteria for the selection of cases, the Venice Commission strongly
disagrees with the system of transferring cases because it is not in compliance
with the principle of the lawful judge, which is an essential component of the
rule of law».
32
Secondo quanto segnala il paragrafo 39 del parere 683 del 2012 «To a
large extent, this criticism seems to have been answered in the amendments.
The power of the President will no longer be discretionary. He or she will still
be able to deviate from the ranking, but on two conditions. The President of
the NJO can only change the ranking if he or she applies the general princi-
ples established by the NJC (Sections 103.3.b; 132.4-6 AOAC and Section 15.2
ALSRJ) and if, in the specific case, the NJC consents to this change (Section
103.3.c AOAC). “The candidate may only be appointed if the NJC has agreed
to his/her appointment” (Section 132.6 AOAC). The system described in the
amended Act implies that the President of the NJO cannot propose an applicant
for nomination without either the consent of the reviewing board (the panel
of judges) or the NJC». Al paragrafo 41, invece, si segnala che «Finally, the
amendments provide for a possibility for judicial review of the decision on the
appointment of a judge. The unsuccessful applicants can submit an objection
against the appointment of the successful candidate, “if the successful candi-
date does not meet the requirements for becoming a judge laid down in law, or
if the successful candidate does not meet the conditions listed in the call for
applications” (Section 21 ALSRJ)».
Tuttavia, in senso critico, i paragrafi 42, 44 e 45 precisano che «Some aspects
of the new regulation however are still prone to criticism. The principles to be
applied by the President of the NJO when deviating from the shortlist will be
determined by the NJC», che «The system however also implies that the Presi-
dent of the NJO can declare unsuccessful an application procedure when he
or she changed the ranking but this change is not approved by the NJC. This
means that the President can block the career of a candidate, even if he or she
has been ranked first by the reviewing board and if the NJC disagrees with the
change in ranking» e che «The judicial review of the decisions on the appoint-
ments of judges seems to be rather limited, as it only pertains to the compliance
of the successful candidate with “the requirements for becoming a judge laid
down in law” or “with the conditions listed in the call for applications”».
33
A questo proposito, dopo aver ricordato (al paragrafo 46) che «In its previ-
ous Opinion, the Venice Commission found that the AOAC gave the President
of the NJO “excessive weight in the appointment of court presidents”, as he or
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 139

Per quanto non trascurabile, la portata di questi provvedi-


menti di modifica non deve però essere sopravvalutata. Infatti,
è il caso di osservare che, pur lasciando una serie di questioni
irrisolte, soltanto gli interventi correttivi alla legge sulla Banca
centrale ungherese sono stati ritenuti sufficienti a chiudere la pro-
cedura di infrazione attivata dalla Commissione europea. Invece,
pur avendo il Governo ungherese incassato i parziali riconosci-
menti della Commissione di Venezia34, le modifiche ai provvedi-
menti normativi sull’ordinamento giudiziario non hanno portato
alla chiusura del contenzioso con l’Unione europea: le norme
sul pensionamento anticipato dei giudici sono state comunque
ritenute lesive e hanno indotto la Commissione europea ad inter-
pellare la Corte del Lussemburgo. Alla stessa maniera, pur aven-
do un parziale riconoscimento dalla Commissione di Venezia35,
le modifiche introdotte alla regolamentazione sulla privacy non
sono state ritenute sufficienti per bloccare la procedura perché
esse non hanno impedito l’anticipata rimozione del vecchio re-
sponsabile per la protezione dei dati personali.

she “can go ahead with such appointments, even if the NJC disagrees” (para-
graph 63)» e che «The Commission recommended that the AOAC “should be
amended to provide for better checks of the power of the President of the NJO”
(paragraph 65)», al paragrafo 47 il parere 683 del 2012 riconosce che «The
amendments adequately meet this criticism, as henceforth the appointment of
the candidate who did not receive the approval of the reviewing board, may
only take place if the NJC gives its consent (Section 103.3.d AOAC). Moreover,
the NJC shall decide on the approval of the renewal of the appointments of
court leaders (Section 103.3.e AOAC). Finally, the NJC appoints the President
and members of the Service Court».
34
Pur segnalando la persistenza di ulteriori problemi, il paragrafo 85 del
parere 683 del 2012 riconosce che «The amendments constitute a commend-
able step in the right direction. Focussing on the issues raised by the Secretary
General of the Council of Europe, they take into account many of the major
criticisms that were expressed in the previous Opinion».
35
In questo senso si veda il paragrafo 30 del parere 672 del 2012 quando,
pur sempre all’interno di un quadro complessivamente critico, afferma «Fol-
lowing infringement proceedings launched by the European Commission in
January 2012, Hungary amended the Act and the amendments have restored
the independence of the Authority to a considerable extent. The current version
of the Act includes particularly detailed provisions aiming at guaranteeing - di-
rectly and, in most cases, indirectly – the Authority’s independence. It is worth
saying that some of these guarantees may not always be found in corresponding
legislation of other European countries».
140 PARTE IV

6.4. Una Costituzione a “rigidità variabile”: l’emendamento sul-


la costituzionalizzazione delle norme provvisorie e l’emenda-
mento sull’introduzione della registrazione elettorale

Per quanto soltanto parzialmente attuative delle indicazioni


ricevute, le modifiche introdotte non sono certamente trascurabili.
Tuttavia, al di là della loro parzialità, questi primi successi raggiunti
dalle istituzioni europee devono essere interpretati nel quadro della
tattica dilatoria adottata dall’esecutivo magiaro e non possono in-
durre a pensare ad un progressivo riallineamento ai valori europei.
Infatti, con lo stesso emendamento costituzionale con cui,
abbandonando il progetto di fusione tra l’Autorità di super-
visione finanziaria e la Banca centrale ungherese, si ottiene la
chiusura della prima procedura di infrazione, la maggioranza
parlamentare ungherese è tornata ai vecchi metodi decisionali e
ha fatto registrare un passo indietro assai più significativo dei
passi compiuti in direzione dell’Europa36. Anticipando la possi-
bilità che la Corte costituzionale possa sfruttare il mancato ri-
spetto dei requisiti procedurali per modificare la Costituzione e
possa per questa via dichiarare l’incostituzionalità delle norme
transitorie37, il primo emendamento costituzionale interviene e,
nel rispetto formale del procedimento di revisione della legge
fondamentale, ribadisce la natura costituzionale della disciplina
contenuta nel provvedimento attuativo38. Lungi dal voler met-
tere in discussione la preesistente attività legislativa, il primo
emendamento introduce una vera e propria sanatoria e ribadisce
con grande forza una serie di norme che – come si è visto nelle
pagine precedenti - sono in aperta contraddizione con le regole
delle organizzazioni sovranazionali europee: oltre a confermare

36
Secondo quanto riferisce A. TOTH, op. cit., 449, n. 1, il disegno di emen-
damento della Costituzione è stato presentato il 4 giugno del 2012, è stato ap-
provato il 18 giugno 2012 ed è entrato in vigore il 19 giugno 2012.
37
La tesi dell’incostituzionalità delle norme transitorie è stata portata avan-
ti da G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, op. cit.. Invece, T. BOROS, Constitutional
Amendments in Hungary: The Government’s Struggle against the Constitu-
tional Court, in www.fesbp.hu, segnala che il vero motivo per l’intervento del
costituente ungherese è la volontà di prevenire le possibili censure della Corte
costituzionale.
38
In questo senso il primo comma dell’art. 1 dell’emendamento costitu-
zionale modifica l’art. 31 delle previsioni transitorie e introduce la locuzione
secondo cui «The transitional provisions form a part of the Fundamental law».
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 141

alcune delle norme più problematiche (dalla perpetuazione della


restrizione delle competenze del giudice costituzionale alla le-
gittimazione della procedura parlamentare per il riconoscimento
delle organizzazioni ecclesiastiche), reintroduce a livello costitu-
zionale alcune delle discipline (ad esempio quella sulla possibi-
lità del Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale di spostare
i casi pendenti in violazione delle regole sulla competenza) che
si è cercato di ‘addolcire’ attraverso l’emendamento delle norme
organiche. Per di più, con lo stesso provvedimento si provvede a
cristallizzare a livello di norme fondamentali una previsione ad
personam con cui si garantiscono i privilegi del dimissionario
Presidente della Repubblica39.
Lo stesso spirito antieuropeo e antidemocratico anima an-
che il secondo emendamento costituzionale con cui, invece di
adeguarsi alle indicazioni provenienti dalla Commissione di Ve-
nezia, si restringono i margini per l’esercizio di un diritto fonda-
mentale. Più specificamente, in questo caso, si modifica l’ormai
costituzionalizzato art. 23 delle previsioni transitorie e, per pre-
parare le basi per una riforma della legge che regola le elezioni
dei membri del Parlamento, si prevede che l’esercizio del diritto
di voto venga subordinato ad una registrazione che deve avvenire
entro quindici giorni dalla data fissata per le elezioni40. È appena
il caso di segnalare che, oltre ad interferire con il libero svolgi-
mento della competizione elettorale, questa prescrizione penaliz-
za oltremodo le fasce socialmente svantaggiate. Inoltre, se la sola
compressione del diritto di voto non fosse abbastanza preoccu-
pante, occorre segnalare anche che con lo stesso emendamento
costituzionale si introduce una discriminatoria distinzione tra gli
elettori con domicilio non ungherese e gli elettori con domicilio

39
Il secondo comma dell’art. 1 dell’emendamento costituzionale modifica
il quinto comma dell’art. 12 puntualizzando che anche il trattamento economi-
co degli ex Presidenti della Repubblica deve essere disciplinato da una legge
organica. In concreto, questa operazione di emendamento è mirata a garantire i
privilegi economici del dimissionario Presidente Schmitt. Il fatto è segnalato da
A. TOTH, op. cit., 449, n. 1.
40
Ai sensi del nuovo terzo comma dell’art. 23 delle disposizioni transitorie
«In the interest of enforcing the rights contained in Article XXIII of the Funda-
mental Law, all electors specified in Article XXIII paras (1)-(3) and para (7)
shall be registered in the registry of names, the right to vote can be exercised
after registration». Il termine di quindici giorni è stato invece introdotto dalla
nuova versione del quarto comma dell’art. 23 delle previsioni transitorie.
142 PARTE IV

ungherese perché, in assenza di una giustificazione obiettiva, la


possibilità di registrazione via mail riconosciuta ai primi non è
ammessa per i secondi41.

6.5. L’insufficienza degli interventi correttivi e il sostanziale


fallimento dei rimedi classici del diritto europeo

Il doppio atteggiamento con cui in questa fase le istituzioni


ungheresi, per un verso, hanno modificato alcuni provvedimenti
normativi e, per l’altro, si sono premurate di confermare sia alcune
delle previsioni più contestate sia gli assi portanti del nuovo ordine
giuridico, lascia pochi dubbi sul fallimento dell’approccio seguito
dalle istituzioni europee: con la rilevante (ma certamente non de-
cisiva) eccezione della legge sulla Banca nazionale e con l’ecce-
zione di qualche altro aggiustamento, nel complesso in Ungheria
tutto è rimasto praticamente come prima degli interventi europei.
Esattamente come paventato da quella parte della dottrina
che ha invocato la necessità di misure speciali per fronteggiare il
caso ungherese, di fronte ad una situazione in cui la contropar-
te nazionale si è ostinatamente rifiutata di dialogare, i risultati
raggiunti sono stati del tutto insoddisfacenti. Da un lato, i pareri
della Commissione di Venezia e i vari richiami degli altri organi
del Consiglio d’Europa, pur mostrando la capacità di individuare
con esattezza i problemi che affliggono l’ordinamento magiaro,
hanno manifestato tutti i limiti connessi alla loro impossibilità
di irrogare direttamente sanzioni. Dall’altro, pur essendo dotate
di poteri sanzionatori, nemmeno le istituzioni dell’Unione euro-
pea sono riuscite nel difficile compito di riportare la situazione
ungherese dentro un quadro di normalità: mentre l’attivazione
delle sanzioni di cui all’art. 7 del Trattato sull’Unione europea
è apparsa irrealistica, la concreta attivazione della procedura di
infrazione non è stata presa sul serio per la sua settorialità.

41
Secondo la nuova formulazione della seconda parte del terzo comma
dell’art. 23 delle disposizioni transitorie «The registration can be requested
a) personally or in electronic way allowing the identification of the applicant,
by an elector having a Hungarian domicile,
b) in mail or in electronic way allowing the identification of the applicant, by
an elector not having a Hungarian domicile».
LA REAZIONE SUCCESSIVA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE 143

Per quanto evidente, il fallimento di una delle strategie


individuate dalla dottrina per reagire allo strappo realizzato
dall’esecutivo magiaro non basta per affermare l’insufficienza
dell’attuale quadro istituzionale europeo. A ben vedere, infatti,
è certamente possibile che le altre strategie ispirino le istituzioni
europee e riescano a conseguire risultati migliori. Il prossimo ca-
pitolo di questo lavoro sarà dunque dedicato a valutare gli effetti
prodotti dall’intervento delle istituzioni giudiziarie.
7. LA MANCATA ALLEANZA TRA I GIUDICI
NAZIONALI E I GIUDICI SOVRANAZIONALI
E IL FALLIMENTO DELLA SOLUZIONE
GIURISPRUDENZIALE: LE TRANSITORIE RISPOSTE
DELLA GIURISPRUDENZA E IL QUARTO
EMENDAMENTO ALLA COSTITUZIONE DI PASQUA

SOMMARIO: 7.1. I primi segnali di risveglio della giustizia costituzionale


ungherese: l’affermazione della funzione interpretativa dei prece-
denti della giurisprudenza costituzionale e l’annullamento del de-
creto sull’organizzazione del sistema universitario 7.2. Le norme
sul prepensionamento dei giudici tra la dichiarazione di incostitu-
zionalità e la condanna della Corte di giustizia 7.3. Gli ultimi in-
terventi della Corte costituzionale ungherese: dalla dichiarazione
di incostituzionalità delle norme sui reati minori alla dichirazione
di incostituzionalità delle norme sulla registrazione degli elettori
7.4. Il quarto emendamento e la reintroduzione delle disposizioni
dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale 7.5. L’indi-
sponibilità della maggioranza parlamentare e il fallimento della
soluzione giurisprudenziale

7.1. I primi segnali di risveglio della giustizia costituzionale


ungherese: l’affermazione della funzione interpretati-
va dei precedenti della giurisprudenza costituzionale e
l’annullamento del decreto sull’organizzazione del siste-
ma universitario

Dopo una lunga fase in cui hanno lasciato ad altri attori la


responsabilità di risolvere i problemi lasciati aperti dalla rivolu-
zione costituzionale ungherese, sono i giudici nazionali e sovra-
nazionali che, nello svolgimento delle funzioni di garanzia che la
teoria costituzionale europea generalmente gli affida, interven-
gono per provare a porre rimedio alle numerose questioni.
146 PARTE IV

Più precisamente, negli stessi mesi in cui le istituzioni so-


vranazionali esercitano le loro pressioni per cercare di riportare
l’ordinamento magiaro entro i canoni del costituzionalismo eu-
ropeo, si inizia ad assistere ad un primo tentativo di risposta da
parte della Corte costituzionale ungherese: malgrado le difficoltà
del nuovo contesto giuridico in cui sono chiamati a muoversi, i
giudici di Budapest sfruttano i ristretti margini lasciati loro dalla
Costituzione di Pasqua e, facendo leva sul fatto che molte delle
nuove disposizioni vanno al di là dei limiti definiti dal nuovo
testo fondamentale, intervengono per dichiarare l’incostituziona-
lità di alcune delle più discusse disposizioni normative.
Il primo segnale di una certa volontà di reazione del giudi-
ce costituzionale viene offerto quando, in seguito ad un’apposita
richiesta di interpretazione della Costituzione (ai sensi del primo
comma dell’art. 38 della legge organica sull’organizzazione del-
la Corte costituzionale) fatta dal Ministro della pubblica ammini-
strazione e della giustizia1, si ha la possibilità di pronunciarsi sul-
la procedura da seguire per ratificare il Trattato sulla stabilità, sul
coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e mo-
netaria2. Infatti, trovandosi di fronte ad una nuova previsione del-
la Costituzione che ricalca la vecchia disciplina costituzionale e
che richiede una maggioranza aggravata per la ratifica dei trattati
che impongono limitazioni della sovranità, la Corte costituziona-
le (malgrado il terzo comma lett. a dell’art. 31 delle disposizioni
transitorie3) risolve il caso sulla base di precedenti giurispruden-
ziali antecedenti al 20124. Ciò che suscita un interesse particola-

1
Il Ministro è interessato a conoscere le implicazioni procedurali connesse
al secondo comma e al quarto comma dell’art. E della Costituzione. In par-
ticolare al giudice costituzionale si chiede di accertare se le prescrizioni im-
pongono l’obbligo di ratificare con maggioranza dei due terzi anche il Trattato
sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e
monetaria.
2
Si fa riferimento alla sentenza 22 del 2012 della Corte costituzionale un-
gherese. Per un commento alla decisione si veda A. MOHAY, Hungarian Consti-
tutional Court: The Ratification of the Fiscal Compact, in Vienna ICL, 2013, 2,
261 – 266.
3
Ai sensi della norma in questione, «The following legal regulations shall
lose force: a) Act XX of 1949 on the Constitution of the Republic of Hungary
[…]».
4
In particolare si fa riferimento alla sentenza 143 del 2010. In quella deci-
sione il giudice costituzionale ungherese aveva statuito che, ai sensi del vecchio
LA REAZIONE SUCCESSIVA 147

re è che, in via di principio, la decisione afferma che, qualora nel


passaggio dal vecchio al nuovo ordine costituzionale non si siano
verificate alterazioni significative, non esistono ragioni per pre-
cludere la possibilità di applicare la giurisprudenza del ventennio
precedente5. Ai fini del ragionamento che si intende sviluppare,
può essere il caso di segnalare che questa nuova interpretazione
‘continuistica’, pur mostrandosi strategica per ridurre l’‘impatto’
del nuovo ordine costituzionale e per aprire la via ad un rinnova-
to ruolo forte del giudizio costituzionale, di fatto ha una scarsa
rilevanza pratica perché (anche in ragione delle specificità del
procedimento) non interviene con una soluzione concreta.
Il risveglio dei giudici trova poi un’altra e più concreta testi-
monianza con la decisione con cui, su richiesta del Commissa-
rio per i diritti fondamentali, la Corte costituzionale si pronuncia
sull’incostituzionalità delle previsioni sulla riorganizzazione del
sistema universitario6. In questo caso però occorre segnalare che,
pur dando un segnale all’esecutivo e pur pronunciandosi in fa-
vore dell’annullamento totale delle norme impugnate7, i giudici

art. 2 A, la procedura aggravata dovrebbe essere applicata per la ratifica di quei


trattati che, pur non essendo né trattati istitutivi, né strumenti giuridici dell’U-
nione europea, (a) sono stipulati tra paesi membri dell’Unione, (b) regolano
questioni trattate dal diritto dell’Unione europea, (c) sono animati dall’obiettivo
di portare avanti l’integrazione europea e (d) prevedono un qualche ruolo di
controllo o di supervisione da parte delle istituzioni dell’Unione europea.
5
Secondo il paragrafo 41 della decisione, «The Constitutional Court’s
statements made on the fundamental values, human rights and freedoms and
on the constitutional institutions that have not been changed fundamentally
by the Fundamental Law remain valid. The principal statements expressed in
the Constitutional Court’s decisions based on the previous Constitution shall
remain applicable as appropriate also in the decisions interpreting the Funda-
mental Law. However, the statements made in the decisions based on the previ-
ous Constitution cannot be taken over automatically without any examination;
the provisions of the previous Constitution and of the Fundamental Law have
to be compared and carefully weighed. If the comparison results in establish-
ing that the constitutional regulation has not been changed or it is essentially
similar to the previous one, then the interpretation can be transposed. On the
other hand, when the contents of the provisions of the previous Constitution
and of the Fundamental Law are the same, the reasoning is required for not
taking into account the legal principles presented in the former decisions of the
Constitutional Court, and not in the case of applying them».
6
Si fa riferimento alla legge CCIV del 23 dicembre 2011 e al decreto 2 del
20 gennaio 2012.
7
Si veda a questo proposito la sentenza 32 del 2012.
148 PARTE IV

scelgono di aggrapparsi all’argomento formale dell’eccesso di


delega del decreto di attuazione8 e, rifiutandosi di adire i loro
colleghi lussemburghesi, preferiscono non contestare invece le
violazioni sostanziali di un atto che (attraverso la stipula dei co-
siddetti «student contracts»9) impone obblighi lesivi del diritto
fondamentale alla libertà di circolazione (tutelato dall’ordina-
mento europeo) e del diritto fondamentale a scegliere liberamen-
te la propria professione10.

7.2. Le norme sul prepensionamento dei giudici tra la dichia-


razione di incostituzionalità e la condanna della Corte di
giustizia

I primissimi segnali appena riferiti sono l’avvisaglia dell’at-


teggiamento di ambiguo rigore che in questa fase viene tenuto
dalle istituzioni giudiziarie nazionali e sovranazionali. Questa
rigida ambiguità si manifesta con ancora più chiarezza nel caso
delle decisioni con cui il giudice costituzionale magiaro prima
e la Corte di giustizia poi sanzionano le norme sul prepensiona-
mento dei giudici.
In riferimento alla prima delle due sentenze, oltre al cammi-
no accidentato che la ha caratterizzata (messa ai voti, la decisione
ha fatto registrare sette voti contrari, un’astensione e sei opinioni
dissenzienti11), è anche possibile riferire di come, a fronte di un

8
Si noti che, come meglio si vedrà infra, che la conseguenza di questa scel-
ta è che la maggioranza parlamentare è libera di riproporre una norma viziata da
evidenti profili di contrasto con il diritto europeo e con alcuni importanti diritti
fondamentali.
9
L’obiettivo della normativa è quello di impedire la dispersione del pa-
trimonio di conoscenze rappresentato dai laureati ungheresi. Per conseguirlo,
attraverso questa disciplina si è imposto, a pena di una sanzione pari all’importo
dell’intero ammontare delle borse di studio ricevute, agli studenti beneficiari di
sussidi statali di non lasciare il paese per un periodo commisurato alla durata
degli aiuti ricevuti.
10
Nel suo ricorso, il Commissario per i diritti fondamentali, oltre a sostenere
la tesi dei limiti formali del decreto e oltre a sostenere la tesi per cui i contratti
per studenti sono lesivi del diritto a scegliersi il lavoro e del diritto a circolare
liberamente, ha sostenuto che le norme in questione non sono conformi al prin-
cipio di proporzionalità, in quanto non necessarie e non adeguate al raggiungi-
mento degli obiettivi dichiarati.
11
Vista la mancata partecipazione del giudice Bihari, si è arrivati ad una situa-
LA REAZIONE SUCCESSIVA 149

ricorso individuale con cui alcuni giudici forzatamente prepen-


sionati contestano la violazione della Direttiva 2000/78/CE (re-
lativa alla non discriminazione) e la violazione delle norme co-
stituzionali sulla dignità umana e sull’indipendenza dei giudici,
i membri del tribunale costituzionale si rifiutino di rinviare pre-
giudizialmente la questione ai loro colleghi del Lussemburgo e
optino per una definizione meramente nazionale del problema12.
In particolare, senza pronunciarsi sulle altre sollecitazioni dei
ricorrenti, la decisione si richiama alla “costituzione storica”13
e preso atto dell’impossibilità di individuare una copertura co-
stituzionale alle norme impugnate statuisce che, per la rapidità
dell’intervento correttivo, la concreta configurazione delle regole
sull’organizzazione del sistema giudiziario è formalmente e ma-
terialmente lesiva del principio costituzionale dell’indipendenza
dei giudici14. Sulla base di questa considerazione si arriva quindi
ad una peculiare dichiarazione di incostituzionalità che per un

zione per cui, in considerazione la parità di opinioni favorevoli e di opinioni contra-


rie (sette a sette), è stato decisivo il voto del Presidente della Corte costituzionale,
Péter Paczolay. Per una analisi del contenuto delle opinioni dissenzienti si rinvia
alle prossime note.
12
Si fa riferimento alla sentenza 33 del 2012 della Corte costituzionale un-
gherese. Per un commento alla decisione si veda K. SCHEPPELE, How to Evade
the Constitution: The Case of the Hungarian Constitutional Court’s Decision
on the Judicial Retirement Age, in www.verfassungsblog.de.
13
A questo proposito si può segnalare che al paragrafo 78 si prende in consi-
derazione la legge IV del 1869 (che espressamente garantisce che «upon reach-
ing the age of 70, the judge shall retire, except when called upon by the minister
of justice to remain in office and it is the will of the judge to continue the service.
[…] otherwise he can only be sent to retirement if he is not able to perform his
official duties any more due to a physical or mental deficiency. The pension
system of judges is regulated in a specific Act of the Parliament») e al paragrafo
79 si prende in considerazione la legge IX del 1871 (che ribadisce gli stessi
principi richiamandosi testualmente alla legge del 1869).
14
I giudici costituzionali, dopo che al paragrafo 106 hanno affermato che «The
level of the upper age limit of judicial service can be established relatively broadly
by the Fundamental Law or – in the lack of such a provision – by a cardinal Act. No
concrete age is deductible from the Fundamental Law. However, it follows from the
Fundamental Law that introducing a new age limit –provided that it means a decrease
of the upper age limit and not an increase of the earlier limit – can only be implemented
gradually, offering adequate transition period, without violating the principle of the
irremovability of judges», al paragrafo 107 statuiscono che «Taking all the above into
account, the Constitutional Court established that Section 90 item ha) and Section 230
of ASJ are contrary to the Fundamental Law, and therefore annulled these provisions».
150 PARTE IV

verso annulla ex tunc il provvedimento legislativo alla base del


prepensionamento e per l’altro, non provvedendo a reinserire di-
rettamente i giudici che hanno proposto ricorso, crea una sorta di
limbo giuridico15.
A fronte di questa ambigua decisione che pur denunciando il
sistema non si attiva per risolverne le contraddizioni concrete, il
quadro dirigente ungherese si mostra risoluto a portare a compi-
mento il proprio assalto all’indipendenza del potere giudiziario.
Così, dopo la decisione del Presidente della Repubblica di non
intervenire per adeguarsi e dopo alcune inquietanti dichiarazioni
con cui lo stesso Orban afferma che il piano di prepensionamen-
to continuerà comunque, è il Presidente dell’Ufficio giudiziario
nazionale a statuire che l’attuazione della decisione della Corte
costituzionale deve passare per un percorso tutt’altro che agevole
e sicuro16: prima che i giudici possano essere effettivamente rein-
sediati occorrono delle apposite decisioni dei tribunali del lavoro
che singolarmente annullino i provvedimenti presidenziali con
cui i giudici sono stati prepensionati.
L’idea per cui, per vedere riconosciuti i loro diritti, i vari
ricorrenti dovranno nuovamente sottoporsi ai rischi (e comun-
que ai costi) di un procedimento giudiziario è il punto di parten-
za da cui prende lo spunto la successiva pronuncia di condanna

15
L’ambiguità della decisione è segnalata da K. SCHEPPELE, How to, cit., che
mette in evidenza come, se per un verso è vero che la composizione della Corte
rendeva non scontata la decisione, per un altro verso occorre prendere atto che,
essendo trascorso troppo tempo, la sentenza mette a repentaglio l’effettivo con-
seguimento del reintegro dei giudici. A questo proposito l’autrice, richiaman-
dosi all’idea sviluppata in K. SCHEPPELE, The new judicial deference, in Boston
LR, 2012, 92, 89 – 170, non esita a parlare di «new judicial deference».
16
Secondo quanto riporta K. SCHEPPELE, How to, cit., «On 18 July, the head
of the National Judicial Office, Tünde Handó, responded to the Constitutional
Court decision by telling the fired judges that they could appeal their individual
dismissals through the labor courts. One would think that, since the law on
the retirement age was the only reason for the judges’ dismissals, labor courts
would be able to reinstate them. But labor law experts are divided on the ques-
tion of whether the labor courts have jurisdiction to rule on presidential orders.
The law does not explicitly say that they can. Therefore, conservative judges
may rule that they cannot, especially now that Handó has the unilateral power
to reassign all of the labor court judges to worse jobs without having to give
any reasons for doing so. If the labor court judges claim that they do not have
the power to rule on presidential orders, then the fired judges will get nothing
even though they won at the Constitutional Court».
LA REAZIONE SUCCESSIVA 151

da parte della Corte di giustizia europea17. Più esattamente, una


volta respinta l’istanza con cui l’esecutivo magiaro obietta che
la normativa oggetto del procedimento di infrazione è già stata
dichiarata incostituzionale18, la Corte di giustizia inizia a con-
frontarsi con il ricorso con cui la Commissione, richiamandosi
nuovamente alla Direttiva 2000/78/CE, ha lamentato la discrimi-
natorietà per ragioni di età. Diversamente da quanto ha fatto la
Corte costituzionale, però, il giudice del Lussemburgo, probabil-
mente consapevole dei limiti della sua giurisdizione, preferisce
non avventurarsi su un terreno scivoloso come può essere quello
della valutazione dell’indipendenza giudiziaria e preferisce in-
vece concentrare le sue attenzioni sul più rassicurante versante
tecnico della discriminazione19. Così, seguendo il suo classico

17
Si fa riferimento alla sentenza della Corte di giustizia europea, C – 268/12,
Commissione contro Ungheria, del 6 novembre 2012. Per un commento alla
decisione si veda A. VINCZE, The ECJ as the Guardian of the Hungarian Con-
stitution: Case C – 286/12 Commission v. Hungary, in Eur. Publ. Law, 2013,
3, 489 – 500 e U. BELAVUSAU, On age discrimination and beating dead dogs:
Commission v. Hungary, in Comm. Mark. Law Rev., 2013, 50, 1145 – 1160.
18
Al paragrafo 45 della decisione, a questo proposito si legge che «è giocofor-
za constatare a tale proposito che, conformemente alla giurisprudenza ricordata
al punto 41 della presente sentenza, la data che la Corte deve tenere in considera-
zione per valutare l’esistenza dell’inadempimento contestato all’Ungheria è il 7
aprile 2012. La retroattività della sentenza dell’Alkotmánybíróság non può dun-
que far scomparire l’oggetto del presente ricorso dato che l’annullamento degli
articoli 90, lettera ha), e 230 della legge del 2011 relativa ai giudici deriva da un
evento sopravvenuto successivamente a tale data e che, per tale ragione, non può
essere preso in considerazione». Inoltre, al paragrafo 46 si rileva che «Occorre
constatare, in ogni caso, che, da una parte, la suddetta sentenza non ha alcun effet-
to per quanto riguarda le disposizioni transitorie che prevedono regole analoghe
a quelle contenute agli articoli 90, lettera ha), e 230 della legge del 2011 relativa
ai giudici. Dall’altra, poiché l’annullamento di queste ultime disposizioni non ha
inciso direttamente sulla validità degli atti individuali con cui è stato posto fine
ai rapporti di lavoro delle persone interessate, queste ultime non sono automati-
camente reintegrate nel servizio. Al contrario, per essere reintegrate, tali persone
sono obbligate a proporre ricorsi di annullamento di detti atti, ricorsi il cui esito,
come è stato confermato in udienza dalla stessa Ungheria, non è certo».
19
È quanto sottolinea A. VINCZE, The ECJ, cit., 497, che ritiene che, pur es-
sendo vincolata dal ricorso della Commissione, la Corte avrebbe potuto interve-
nire per censurare la violazione dell’indipendenza del potere giudiziario facendo
riferimento alle argomentazioni addotte dall’Avvocato generale, ma, temendo di
offrire il fianco ad una reazione con cui l’esecutivo magiaro avrebbe potuto de-
nunciare un’interferenza con la sua autonomia e con la sua identità costituzionale,
ha prudentemente preferito pronunciarsi sul profilo della non discriminazione.
152 PARTE IV

schema decisionale, la Corte afferma la natura discriminatoria


diretta del sistema ungherese di prepensionamento20 e, confer-
mando le argomentazioni addotte dalla Commissione (ribadite
pure dalla presa di posizione dell’Avvocato generale), statuisce
che la violazione del principio di proporzionalità rende vane le
giustificazioni addotte dall’esecutivo magiaro21. Rinviando alla
fine di questo capitolo ulteriori considerazioni, per il momento
è opportuno limitarsi a segnalare che, malgrado siano parec-
chi gli elementi (in primis la scelta di concedere la procedura
rapida22) che spingono a ritenere che la decisione di condanna

20
In proposito si veda il paragrafo 70 della decisione, dove si afferma che
«Occorre, di conseguenza, constatare che le disposizioni di cui trattasi introduco-
no una disparità di trattamento direttamente fondata sull’età ai sensi del combina-
to disposto degli articoli 1 e 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78».
21
Secondo la decisione, nel corso del procedimento di infrazione, l’Ungheria
ha obiettato che i provvedimenti contestati sarebbero legittimi perché sono stati
pensati per uniformare l’età di pensionamento, facilitare l’accesso dei giovani alla
professione di giudice e garantire l’equilibrio generazionale. Con riferimento alla
prima giustificazione, la Corte, dopo aver puntualizzato (al paragrafo 61) che in ef-
fetti l’obiettivo dell’uniformizzazione può in teoria legittimare misure che diversi-
ficano la posizione di certi gruppi di soggetti, al paragrafo 75 conclude che, per non
aver cercato misure alternative più rispettose per gli interessi dei giudici coinvolti e
comunque capaci di garantire l’interesse dichiarato, «le disposizioni di cui trattasi
non sono necessarie per raggiungere la finalità di uniformazione invocata dall’Un-
gheria». Con riferimento alla seconda giustificazione, invece, dopo aver statuito
la legittimità astratta dell’obiettivo di politica generale dichiarato dalle norme (al
paragrafo 62), la Corte di giustizia puntualizza (al paragrafo 78) che «se, nel corso
del 2012, il rinnovo del personale delle professioni interessate sarà oggetto di un
acceleramento molto significativo a motivo della circostanza che otto classi di età
saranno sostituite da una sola, vale a dire quella del 2012, tale ritmo di rotazione su-
birà un rallentamento del pari radicale nel 2013 quando solo una classe d’età dovrà
essere sostituita. Per di più, tale ritmo di rotazione sarà sempre più lento man mano
che il limite di età per la cessazione obbligatoria dell’attività aumenterà progressi-
vamente da 62 a 65 anni, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, della legge
Tny, comportando anche un peggioramento delle possibilità di accesso dei giovani
giuristi alle professioni della giustizia» e quindi al paragrafo 79 non può fare a meno
di concludere che «le disposizioni di cui trattasi non sono appropriate per perseguire
la finalità della introduzione di una “ripartizione delle fasce di età” più equilibrata».
22
Come giustamente segnala A. VINCZE, The ECJ, cit., 496, la scelta inso-
lita di concedere il procedimento accelerato non sembra casuale. Infatti, come
viene segnalato dall’autore, in un caso riguardante l’anticipato pensionamento
di alcuni procuratori tedeschi (il riferimento è ai casi C – 159/10 e C – 160/10,
Fuchs and Köhler), la Corte ha giudicato sulla base del procedimento ordinario.
Secondo l’autore la scelta sarebbe da giustificare con la volontà della Corte di
intervenire nella maniera più efficace in un caso ritenuto particolarmente grave.
LA REAZIONE SUCCESSIVA 153

del Lussemburgo sia caratterizzata da una maggiore determi-


nazione23, l’esito a cui perviene la sentenza non pare comunque
meno interlocutorio di quello a cui sono pervenuti i giudici di
Budapest. Infatti, esattamente come la declaratoria di incosti-
tuzionalità, la semplice irrogazione di una sanzione, per quanto
simbolicamente significativa, non vale certamente a porre la pa-
rola fine sulla vicenda.

7.3. Gli ultimi interventi della Corte costituzionale unghere-


se: dalla dichiarazione di incostituzionalità delle norme
sui reati minori alla dichiarazione di incostituzionalità
delle norme sulla registrazione degli elettori

I limitati risultati raggiunti dall’azione giudiziaria non hanno


scoraggiato la Corte costituzionale che, poco dopo la sua decisio-
ne sul prepensionamento dei giudici, ha sfruttato l’occasione of-
ferta dalla norma con cui, in nome di una supposta difesa contro
gli utilizzi impropri degli spazi pubblici, sono state previste multe
e carcere per i senzatetto sorpresi nelle zone delle città loro pre-
cluse24. Più specificamente, richiamandosi a precedenti anteriori
al 2012, i giudici hanno statuito che la criminalizzazione di com-
portamenti dettati dallo stato di povertà in cui versa chi li com-
pie è contraria al rispetto della dignità umana tutelato dall’art. II
della Costituzione25. Inoltre, intervenendo su sollecitazione del

23
Giustamente U. BELAVUSAU, op. cit., 1154 – 1155, segnala che, diversamen-
te dalla Corte costituzionale che si è tecnicamente limitata a dichiarare l’inco-
stituzionalità parziale della legge organica, la decisione della Corte di giustizia
contesta tutta la normativa (incluse le previsioni transitorie e le stesse norme della
legge fondamentale) in cui è possibile incontrare i riferimenti al prepensiona-
mento. Inoltre, si mette in evidenza anche che, diversamente dalla censura della
Corte costituzionale che in ragione dei ricorrenti è finalizzata alla sola tutela dei
giudici, l’intervento della Corte di giustizia è orientato a tutelare anche i notai e i
procuratori che sono stati colpiti da provvedimenti legislativi dello stesso tipo.
24
Si fa riferimento alla sentenza 38 del 2012 della Corte costituzionale ungherese.
25
Più precisamente, nella decisione si afferma che «Nor the removal of
homeless persons from public premises, nor urging them to draw on social
maintenance may not be considered such a legitimate, constitutional aim which
would substantiate that the living of homeless persons on public premises is
declared a petty offence. Homelessness is a social problem, which shall be dealt
with by the state with the means of social administration and social mainte-
nance instead of punishment. It is incompatible with the protection of human
154 PARTE IV

Commissario per i diritti fondamentali, la stessa Corte, dopo aver


temporaneamente sospeso l’applicazione di alcune norme sulla
protezione della famiglia26, prende atto della distanza che separa
la normativa in questione dall’ordine giuridico sovranazionale
(in particolare dalle norme della Convenzione europea per i di-
ritti dell’uomo) e dallo stesso ordine costituzionale e provvede a
dichiarare la definitiva incostituzionalità dell’art. 7 e dell’art. 8
della legge organica CCXI27.
Accanto a questi provvedimenti occorre poi ricordare anche
la decisione intervenuta sul finire del 2012 come risposta al pri-
mo emendamento della Costituzione di Pasqua28. In questo caso,
sulla base di un articolato ricorso del Commissario per i diritti
fondamentali, la Corte arriva ad avventurarsi in un’ardita opera-
zione ermeneutica che comporta la dichiarazione di incostituzio-
nalità di alcune delle oramai costituzionalizzate norme transito-
rie. In particolare, il giudice costituzionale, dopo aver specificato
che un intervento tanto delicato è conforme ai precedenti ed è
comunque reso legittimo dalle circostanze eccezionali che carat-
terizzano l’attuale contesto ungherese29, statuisce che, per il suo
porsi in contrasto con la volontà di riordino costituzionale che ha
animato la nuova Costituzione, il primo emendamento crea una
gravissima situazione di confusione legale e mette in discussione
la coerenza e la stessa unità del testo costituzionale e quindi non
può essere utilizzato per fornire la necessaria copertura alle nor-
me provvisorie30. Una volta negata l’essenza costituzionale delle

dignity as enshrined in Article II of the Fundamental Law to declare homeless


persons dangerous to the society and punish them».
26
In questo senso si veda la sentenza 31 del 2012.
27
Si fa riferimento alla sentenza 43 del 2012 della Corte costituzionale un-
gherese.
28
Si fa riferimento alla sentenza 45 del 2012 della Corte costituzionale un-
gherese. Per un commento si veda R. UITZ, The Return of the Hungarian Con-
stitutional Court, in www.verfassungsblog.de.
29
A questo proposito si veda il paragrafo 2.2. della decisione.
30
Secondo quanto statuito nel paragrafo 3.3.1.2., «The Constitutional Court
then examined whether TPFL can be regarded to form part of the Fundamental
Law on the basis of Section 31 para. (2) of TPFL and item 5 of the Closing
Provisions of the Fundamental Law, as a result of taking effect of AFL1. In the
opinion of the Constitutional Court, the fact that after AFL1 has taken force not
only TPFL but also the Fundamental Law states that TPFL is part of the Fun-
damental Law, does not change in itself the fact that TPFL is a legal regulation
of “mixed subject”, and as such it has provisions that –regarding their subject
LA REAZIONE SUCCESSIVA 155

previsioni in questione, la Corte osserva poi che, in ragione del-


la natura miscellanea del documento che incorpora la disciplina
temporanea e in ragione della natura permanente di alcune delle
norme in esso contenute31, tutte le disposizioni formalmente tran-
sitorie, ma sostanzialmente permanenti si pongono al di là della
delega contenuta nel testo costituzionale32. Così, seppur dichia-
rando soltanto i limiti formali delle relative discipline, la Corte
costituzionale, in attesa di intervenire per controllare la confor-

and substance, and taking into account their temporal force – extend beyond the
authorization contained in item 3 of the Closing Provisions of the Fundamental
Law. Although the adoption of AFL1 by the Parliament complied with the formal
and material requirements related to the amendment of the Fundamental Law
as contained in Article S) of the Fundamental Law, but it declared ex post facto
that TPFL was part of the Fundamental Law. The provisions of TPFL remained
outside (not incorporated into) the Fundamental Law. The situation has not been
changed in the respect of the fact that TPFL as a separate legal regulation breaks
up the unity of the Fundamental Law (the existence/quality of a single and uni-
fied legal document). Consequently, TPFL can’t be regarded as part of the Fun-
damental Law, its position as a formal source of law is ambiguous, and it is in
conflict with the unified legal document character of the Fundamental Law».
31
A questo proposito al paragrafo 3.4. della decisione si precisa che «TPFL
is a legal regulation adopted according to the procedure under item 2 of the
Closing Provisions by the two-thirds majority of the votes of the members of
Parliament, passed on the basis of the authorization granted in item 3 of the
Closing Provisions of the Fundamental Law, but extending».
32
A questo proposito al paragrafo 3.4. della decisione si legge che «some
provisions of TPFL are also contrary to item 3 of the Closing Provisions of the
Fundamental Law, as it is an authorizing provision narrowing down, both in
substance and in time, the subjective regulatory scope of TPFL. The authori-
zation only allows the adoption of transitional rules connected to the Funda-
mental Law replacing the Constitution. The authorization does not refer to an
amendment under Article S) of the Fundamental Law; it is about adopting con-
necting – and not modifying (amending) – rules that are of transitional – and
not of permanent – character. The authorization does not allow TPFL to make
(non-transitional) provisions beyond the subject of the authorization to become
part of the Fundamental Law some provisions of TPFL are also contrary to
item 3 of the Closing Provisions of the Fundamental Law, as it is an authorizing
provision narrowing down, both in substance and in time, the subjective regula-
tory scope of TPFL. The authorization only allows the adoption of transitional
rules connected to the Fundamental Law replacing the Constitution. The au-
thorization does not refer to an amendment under Article S) of the Fundamental
Law; it is about adopting connecting – and not modifying (amending) – rules
that are of transitional – and not of permanent – character. The authorization
does not allow TPFL to make (non-transitional) provisions beyond the subject
of the authorization to become part of the Fundamental Law».
156 PARTE IV

mità costituzionale delle singole leggi organiche di attuazione,


con un’unica decisione annulla (tra le altre33) le norme transitorie
che disciplinano la fase di passaggio dal comunismo alla demo-
crazia, le norme transitorie sui poteri del Presidente dell’Ufficio
giudiziario, le norme transitorie sul prepensionamento dei giudi-
ci e dei procuratori, le norme transitorie sulla registrazione delle
chiese, le norme transitorie sulla registrazione degli elettori, le
norme transitorie che hanno reso permanente la restrizione dei
poteri del giudice costituzionale e le norme transitorie che auto-
rizzano il governo ad introdurre nuove tasse per fronteggiare le
multe imposte dalle istituzioni europee.
Pertanto, non desta alcuna meraviglia che sulla base di
questo spunto le sentenze successive abbiano preso atto che le
disposizioni transitorie non offrono più la copertura costituzio-
nale precedentemente offerta e, dando concreto significato alla
censura delle norme transitorie, abbiano iniziato a dichiarare la
non conformità costituzionale delle singole discipline organiche
connesse alle norme cassate. In questo senso, a distanza di pochi
giorni sia la regolamentazione sulla registrazione degli elettori,
sia la regolamentazione con cui si restringono gli spazi per la
propaganda elettorale vengono dichiarate incostituzionali perché
costituiscono un immotivato intralcio all’esercizio del diritto di
voto34. Alla stessa maniera, si può anche riferire di come, cadu-
ta la copertura offerta dalle norme transitorie, la Corte sfrutta
un’altra iniziativa del Commissario per i diritti fondamentali per
scrivere un nuovo capitolo della saga sulla registrazione delle
chiese e dichiara nuovamente l’incostituzionalità della procedura
parlamentare di riconoscimento35.

33
Meno rilevante ai fini del nostro discorso è l’annullamento delle norme
relative alla festa della Costituzione (art. 32 delle disposizioni transitorie), delle
norme che conferiscono all’esecutivo il potere di sostituirsi ai governi locali
(art. 28 delle disposizioni transitorie) e delle norme sulla procedura di nomina
del Presidente del Consiglio nazionale per il bilancio (art. 18 delle disposizioni
transitorie).
34
Si fa riferimento alla sentenza 1 del 2013 della Corte costituzionale un-
gherese. Per un commento alla decisione vedi R. UITZ, The Return, cit..
35
Si fa riferimento alla sentenza 6 del 2013 della Corte costituzionale un-
gherese.
LA REAZIONE SUCCESSIVA 157

7.4. Il quarto emendamento e la reintroduzione delle disposi-


zioni dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale

Nelle pagine precedenti si è osservato come, non appena si


inizia ad intravedere qualche tentativo di mettere in discussione
la volontà espressa dall’esecutivo, si assiste ad una reazione im-
mediata. Non stupisce dunque che anche in questo caso si segua
lo schema consolidato e, a fronte di una giurisprudenza costitu-
zionale che progressivamente incomincia a minacciare l’ordine
giuridico disegnato dalla maggioranza parlamentare di FIDESZ,
si introducano una serie di regole confermative o addirittura peg-
giorative.
Così, facendo seguito alle dichiarazioni con cui vari espo-
nenti del governo hanno segnalato l’intenzione di reintrodurre
le norme progressivamente dichiarate incostituzionali dalla Cor-
te costituzionale, nelle settimane immediatamente successive
all’annullamento delle disposizioni provvisorie si assiste alla ri-
proposizione dello schema già noto e, con l’ormai tradizionale
mancanza di partecipazione e di dibattito, si registra la presen-
tazione e la pronta approvazione di un nuovo emendamento alla
Costituzione36. In questo caso addirittura, giocando sul fatto che
la Corte ha annullato molte delle disposizioni solo per ragioni
formali, si è addotto che l’intervento sarebbe stato reso necessa-
rio per dare attuazione a delle supposte richieste che il giudice
costituzionale avrebbe avanzato con le decisioni esaminate (in
primis quella sulle disposizioni transitorie)37.

36
Presentato l’8 febbraio 2013, l’emendamento costituzionale è stato adot-
tato, con i soli voti della coalizione di maggioranza, l’11 marzo del 2013 ed è
entrato in vigore l’1 aprile 2013. Non sarà inutile precisare che la proposta è
stata approvata soltanto con i voti della maggioranza parlamentare che sostiene
l’esecutivo Orban.
37
Secondo quanto riporta G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, Amicus Brief for
the Venice Commission on the Fourth Amendment to the Fundamental Law
of Hungary, in http://halmaigabor.hu/dok/437_Amicus_Brief_on_the_Fourth_
Amendment4.pdf, in una lettera indirizzata al Segretario generale del Consiglio
d’Europa, il Ministro della pubblica amministrazione e della giustizia avrebbe
definito la modifica come un emendamento meramente tecnico. Inoltre viene
riferito che un altro rappresentante del governo avrebbe dichiarato che «the
amendment was “basically a copy-paste exercise of a purely technical nature”
done at the request of the Court itself».
158 PARTE IV

Come le modifiche che lo hanno anteceduto38, il quarto


emendamento contiene una riproposizione di quasi tutte le prece-
denti disposizioni transitorie e, al di là della mancata riproposi-
zione dei provvedimenti relativi alla registrazione degli elettori,
si differenzia da queste soltanto perché, per evitare una nuova
declaratoria di incostituzionalità basata sull’argomento formale
della mancata incorporazione nel testo costituzionale, non si li-
mita ad aggiungere le nuove previsioni, ma provvede ad includer-
le all’interno della stessa Costituzione. In questa maniera, con il
finto intento di conformarsi ai dettami della Corte costituzionale,
si emendano le norme della legge fondamentale, ma si ripropone
lo stesso identico contenuto: invece di aggiungere alla Costitu-
zione un documento esterno che contiene la disciplina cosiddetta
transitoria, si modificano gli articoli del testo costituzionale per
reintrodurre le previsioni cassate.
Attraverso questo banale escamotage giuridico, le norme
sulla famiglia39, le norme sulla criminalizzazione dell’opposi-

38
Sulla natura antidemocratica dei primi due emendamenti si è già detto
in precedenza. Per quanto riguarda, invece, il terzo emendamento alla Costi-
tuzione è possibile dire che esso, contravvenendo alle indicazioni con cui la
Commissione di Venezia ha segnalato la necessità di non abusare della legisla-
zione organica, ha introdotto una nuova fattispecie di legge cardinale relativa
alla disciplina dei campi agricoli e delle foreste. Ancora una volta è evidente
l’intento di restringere gli spazi perché le future maggioranze possano mettere
in discussione gli equilibri contingentemente disposti dall’attuale maggioranza
parlamentare.
39
Modificando l’art. L della Costituzione, l’art. 1 del quarto emendamen-
to supera la decisione 43 del 2012 e, dimenticando le raccomandazioni della
Commissione di Venezia, introduce la locuzione secondo cui «family ties shall
be based on marriage and the relationship between parents and children». È il
caso di osservare che secondo G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, Amicus Brief for
the Venice Commission on the Fourth Amendment, cit., «This definition further
narrowed the already-narrow definition in the Family Protection Act; while it
acknowledges family relationship between parents and children even outside
marriage, it does not recognize non-married parents’ relationship to each other
as a family tie. Unlike the Family Protection Act, the text of the Fundamental
Law does not provide a definition of parent-child relationship, but its explana-
tory memorandum contains reference to the same relationships as mentioned in
the Family Protection Act even though the obvious reference of the new provi-
sion is different. Further uncertainty arises from the fact that the Hungarian
text uses a term (“illetve”) that leaves the interpretation of the two conditions’
relationship open to doubt».
LA REAZIONE SUCCESSIVA 159

zione socialista40, le norme sul riconoscimento parlamentare

40
Dopo la modifica introdotta dall’art. 3 del quarto emendamento, l’art.
U della Costituzione prevede che: «(1) The form of government based on the
rule of law, established in accordance with the will of the nation through the
first free elections held in 1990, and the previous communist dictatorship are
incompatible. The Hungarian Socialist Workers’ Party and its legal predeces-
sors and other political organisations established to serve them in the spirit
of communist ideology were criminal organisations, whose leaders have re-
sponsibility without statute of limitations for: a) maintaining and directing an
oppressive regime, violating the laws and betraying the nation; b) eliminating
with Soviet military assistance the democratic attempt built on a multi-party
system in the years after World War II; c) establishing a legal order based on
the exclusive exercise of power and unlawfulness; d) eliminating an economy
based on the freedom of property and driving the country into debt; e) submit-
ting the economy, national defence, diplomacy and human resources of Hun-
gary to foreign interests; f) systematically devastating the traditional values of
European civilisation; g) depriving citizens and certain groups of citizens of,
or seriously restricting their fundamental human rights, especially for murder-
ing people, extraditing them to foreign power, unlawfully incarcerating them,
carrying them off to forced labour camps, torturing them and submitting them
to inhuman treatment; arbitrarily depriving citizens of their assets, restricting
their rights to property; fully depriving citizens of their liberties, submitting the
expression of political opinion and will to the state’s constraint; discriminating
people on the grounds of origin, world view or political conviction, impeding
their advancement and success based on knowledge, diligence and talent; es-
tablishing and operating a secret police to unlawfully watch and influence the
private lives of people’s; h) suppressing with bloodshed, in cooperation with
Soviet occupying forces, the revolution and war of independence, which broke
out on 23 October 1956, the ensuing reign of terror and retaliation, and for
the forced flight of two hundred thousand Hungarian people from their native
land; i) all politically motivated ordinary offences which were not prosecuted
by the administration of justice due to political reasons. Political organisa-
tions recognised legally during the democratic transition as legal successors of
the Hungarian Socialist Workers’ Party continue to share the liability of their
predecessors as beneficiaries of their unlawfully accumulated assets.(2) In con-
sideration of Paragraph (1), the operation of the communist dictatorship shall
be truthfully revealed and public sense of justice shall be ensured as laid down
in Paragraphs (3)–(10).(3) In order for the State to preserve the memory of the
communist dictatorship, the Committee of National Memory shall operate. The
Committee of National Memory shall explore the operation of the communist
dictatorship in terms of power, the role of individuals and organisations holding
communist power, and shall publish the results of its activity in a comprehen-
sive report and other documents. (4) The holders of power of the communist
dictatorship shall tolerate factual statements, except for any wilful and essen-
tially false allegations, about their roles and actions related to the operation of
the dictatorship and their personal data related to such roles and actions may
be disclosed to the public. (5) Statutory pensions or any other benefits provided
160 PARTE IV

delle chiese41, le norme sulla propaganda elettorale42, le norme

by the State to leaders of the communist dictatorship as defined by law may be


reduced to a statutory extent; the arising revenues shall be used to mitigate the
affronts caused by the communist dictatorship and to preserve the memory of
victims as prescribed by law. (6) There shall be no statute of limitations for the
serious statutory crimes which were committed against Hungary or persons in
the communist dictatorship in the name and interest of, or in agreement with,
the party-state and which were left unprosecuted for political reasons by ignor-
ing the criminal law in force at the time of perpetration. (7) The crimes laid
down in Paragraph (6) shall become statute-barred on the expiry of the period
defined by the criminal law in force at the time of perpetration, to be calculated
from the day when the Fundamental Law came into force, provided that they
would have become statute-barred by 1 May 1990 under the criminal law in
force at the time of perpetration. (8) The crimes laid down in Paragraph (6)
shall become statute-barred on the expiry of the period between the date of per-
petration and 1 May 1990, to be calculated from the day when the Fundamental
Law came into force, provided that they would have become statute-barred be-
tween 2 May 1990 and 31 December 2011 under the criminal law in force at the
time of perpetration and that the perpetrator was not prosecuted for the crime.
(9) No law may establish any new legal grounds for compensation providing
financial or any other pecuniary benefits to individuals who were unlawfully
deprived of their lives or freedom for political reasons and who suffered undue
property damage from the state before 2 May 1990. (10) The documents of the
communist state party, the non-governmental and youth organisations estab-
lished with its contribution and/or existing under its direct influence and of
trade unions created during the communist dictatorship shall be the property of
the State and shall be deposited in public archives in the same way as the files
of bodies in charge of public duties».
41
Facendo salvo il primo comma del vecchio art. VII della Costituzione
di Pasqua, l’art. 4 del quarto emendamento ha aggirato le indicazioni della
sentenza 6 del 2013 e ha riscritto integralmente la norma che adesso prevede
che «(2) Parliament may pass cardinal Acts to recognise certain organisations
engaged in religious activities as Churches, with which the State shall cooper-
ate to promote community goals. The provisions of cardinal Acts concerning the
recognition of Churches may be the subject of a constitutional complaint. (3)
The State and Churches and other organisations engaged in religious activities
shall be separated. Churches and other organisations engaged in religious ac-
tivities shall be autonomous. (4) The detailed rules for Churches shall be deter-
mined by cardinal Act. As a requirement for the recognition of any organisation
engaged in religious activities as a Church, the cardinal Act may prescribe an
extended period of operation, social support and suitability for cooperation to
promote community goals».
42
Il nuovo terzo comma dell’art. IX della Costituzione di Pasqua, dopo le mo-
difiche introdotte dall’art. 5 del quarto emendamento, in questo momento prevede
che «For the dissemination of appropriate information required for the formation
of democratic public opinion and to ensure the equality of opportunity, political ad-
vertisements shall be published in media services, exclusively free of charge. In the
LA REAZIONE SUCCESSIVA 161

sui poteri del Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale43 (che


addirittura reintroducono alcune delle previsioni che erano state
eliminate per cercare di venire incontro alla Commissione di Ve-
nezia44), le norme sulle limitazioni del giudice costituzionale45 e
le norme che introducono tasse speciali46 riacquisiscono il rango
costituzionale perduto e ritornano ad offrire copertura alla legi-
slazione organica contraria alla prima formulazione della legge
fondamentale.
Inoltre, anche altre problematiche disposizioni che prima
degli interventi del giudice costituzionale godevano solo di ran-

campaign period prior to the election of Members of Parliament and of Members of


the European Parliament, political advertisements published by and in the interest
of nominating organisations setting up countrywide candidacy lists for the general
election of Members of Parliament or candidacy lists for the election of Members
of the European Parliament shall exclusively be published by way of public media
services and under equal conditions, as determined by cardinal Act».
43
In seguito alle modifiche introdotte dall’art. 13 e dall’art. 14 del quarto
emendamento, l’art. 25 oggi al quinto comma prevede «the central responsi-
bilities of the administration of the courts shall be performed by the President
of the National Office for the Judiciary. The bodies of judicial self-government
shall participate in the administration of the courts» e al sesto comma prevede
che «Upon a proposal of the President of the Republic, Parliament shall elect
a judge to serve as the President of the National Office for the Judiciary for
a term of nine years. The election of the President of the National Office for
the Judiciary shall require a two-third majority of the votes of the Members of
Parliament». Inoltre lo stesso intervento ha introdotto un nuovo quarto comma
dell’art. 27 secondo cui «To give effect to the fundamental right to a court deci-
sion taken within a reasonable time and to balance the workload across courts,
the President of the National Office for the Judiciary may appoint, in the way
defined by cardinal Act, a court other than a court of general competence but
with the same powers to hear particular cases defined by cardinal Act».
44
È quanto rileva G. HALMAI - K. L. SCHEPPELE, Amicus Brief for the Venice
Commission on the Fourth Amendment, cit..
45
A questo proposito occorre innanzitutto segnalare che riprendendo quanto af-
fermato dalla legge organica sulla Corte costituzionale, l’art. 17 del quarto emenda-
mento rende perpetuo il limite (una volta previsto solo in relazione alle situazioni in
cui il rapporto debito/PIL superasse il 50%) previsto dal quarto comma dell’art. 37.
46
In seguito alle modifiche introdotte dall’art. 17 del quarto emendamento, il
nuovo sesto comma dell’art. 37 oggi prevede che «As long as state debt exceeds
half of the Gross Domestic Product, if the State incurs a payment obligation by
virtue of a decision of the Constitutional Court, the Court of Justice of the Euro-
pean Union or any other court or executive body for which the available amount
under the State Budget Act is insufficient, a contribution to the satisfaction of
common needs shall be established which shall be exclusively and explicitly relat-
ed to the fulfilment of such obligation in terms of both content and designation».
162 PARTE IV

go infracostituzionale entrano ora a far parte della Costituzione.


Per questa via, sia la norma sulla criminalizzazione dei barboni47,
sia la norma sull’organizzazione del sistema universitario48, in
sfregio alle pronunce costituzionali, rafforzano la loro posizione
all’interno del sistema legale ungherese. Un discorso del genere
vale anche per le norme sul divieto di esporre simboli connessi
alle esperienze totalitarie: dopo l’intervento del giudice costitu-
zionale49, esse passano dall’essere soltanto previste all’interno
del codice penale all’essere pienamente costituzionalizzate50.
Peraltro, lungi dal limitarsi ad una mera riproposizione dei
contenuti cassati, la modifica costituzionale cerca di prevenire
nuovi interventi della consulta. Da questo punto di vista, in primo
luogo ci si preoccupa di smentire l’interpretazione continuista
della sentenza 22 del 2012 e espressamente si vieta la possibilità
di utilizzare i precedenti giurisprudenziali antecedenti l’entrata
in vigore della Costituzione di Pasqua51. In secondo luogo, per

47
Il nuovo terzo comma dell’art. XXII (introdotto dal terzo comma dell’art.
8 del quarto emendamento) prevede che «In order to protect public order, pub-
lic security, public health and cultural values, an Act of Parliament or a local
government decree may declare illegal staying in a public area as a permanent
abode with respect to a specific part of such public area».
48
Elevando al rango di norma costituzionale la disciplina dichiarata incosti-
tuzionale dalla sentenza 32 del 2012, il nuovo terzo comma dell’art. 11, dopo la
modifica introdotta dall’art. 7 del quarto emendamento, prevede che «By virtue
of an Act of Parliament, financial support of higher education studies may be
bound to participation for a definite period in employment or to exercising for
a definite period of entrepreneurial activities, regulated by Hungarian law».
49
Si fa riferimento alla sentenza 4 del 2013 della Corte costituzionale un-
gherese. Per un commento alla decisione si rinvia a R. UITZ, Hungarian Ban
Of Totalitarian Symbols: The Constitutional Court Speaks Up Again, in www.
verfassungsblog.de.
50
L’art. 5 del quarto emendamento, aggiunge all’art. IX un nuovo quinto
comma che prevede che «The right to freedom of speech may not be exercised
with the aim of violating the dignity of the Hungarian nation or of any national,
ethnic, racial or religious community. Members of such communities shall be
entitled to enforce their claims in court against the expression of an opinion
which violates their community, invoking the violation of their human dignity
as determined by law». Questa previsione sembra funzionale a ribaltare l’orien-
tamento con cui la Corte costituzionale (in linea con la giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo) ha negato la possibilità di configurare una
“dignità della comunità” come limite alla libertà di espressione.
51
In seguito alle modifiche introdotte dall’art. 19 del quarto emendamento,
il quinto punto delle previsioni conclusive della Costituzione è oggi esplicito
nel prevedere che «Constitutional Court rulings given prior to the entry into
LA REAZIONE SUCCESSIVA 163

impedire che una nuova applicazione dello schema decisionale


sotteso alla sentenza 45 del 2012 possa in futuro mettere in di-
scussione un altro emendamento alla Costituzione, si esplicita
che per i casi di questo tipo la Corte costituzionale potrà veri-
ficare soltanto la conformità delle procedure di modifica della
Costituzione e non potrà procedere ad ulteriori controlli52. Infine,
sempre con lo stesso intento, si introduce un arbitrario termine di
trenta giorni per portare a compimento il controllo incidentale di
costituzionalità53.

7.5. L’indisponibilità della maggioranza parlamentare e il


fallimento della soluzione giurisprudenziale

In attesa che la Corte di giustizia europea si pronunci sulla


questione della protezione dei dati personali e in attesa che i tem-
pi della Corte europea dei diritti dell’uomo permettano all’istitu-
zione convenzionale di esprimere il suo punto di vista54, il quadro
delle reazioni giudiziarie all’azione dell’esecutivo magiaro non
può certamente dirsi completo. Tuttavia, si ritiene che sulla base

force of the Fundamental Law are hereby repealed. This provision is without
prejudice to the legal effect produced by those rulings».
52
L’art. 12 del quarto emendamento modifica il quinto comma dell’art. 24.
La disposizione oggi prevede che «The Constitutional Court may only review
the Fundamental Law and the amendment thereof for conformity with the pro-
cedural requirements laid down in the Fundamental Law with respect to its
adoption and promulgation».
53
Limitando ogni possibilità concreta di giudizio incidentale di costituzio-
nalità, il nuovo secondo comma lett. b dell’art. 24 della Costituzione prevede
che la Corte costituzionale può «review immediately but no later than thirty
days any piece of legislation applied in a particular case for conformity with
the Fundamental Law at the proposal of any judge».
54
A questo proposito sarà utile segnalare che, pur facendo riferimento ad
un momento antecedente all’approvazione della Costituzione di Pasqua (cioè
facendo riferimento a fatti che, per quanto significativi, sono accaduti fuori dal
nuovo ordine costituzionale), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già ini-
ziato ad esaminare gli ottomila ricorsi presentati dai dipendenti pubblici e, a
partire dalla decisione 66529/11, N. K. M. contro Ungheria, è già intervenuta
per condannare la pratica del governo Orban di tassare retroattivamente le li-
quidazioni. Per il momento, invece, pur avendosi notizia di una serie di ricorsi
presentati (ad esempio quelli relativi alla vicenda del prepensionamento dei
giudici), non risultano decisioni relative alle altre questioni sollevate dalla nuo-
va Costituzione.
164 PARTE IV

delle decisioni prese in considerazione nelle pagine precedenti ci


siano elementi sufficienti per esprimere un giudizio critico sugli
esiti della strategia giudiziaria.
A questo proposito, anche a voler tacere della (comprensi-
bile) timidezza che caratterizza la maggior parte delle decisioni
analizzate e che è stata una delle premesse che ha portato al quar-
to emendamento55, un primo segnale inequivocabile è offerto
dalla scarsezza dei risultati pratici conseguiti dall’azione giudi-
ziaria. Pur senza rimarcare che sono poche le decisioni in cui si
consegue l’annullamento concreto di una disciplina, non si può
fare a meno di segnalare che, con l’unica eccezione delle rego-
le sulla registrazione degli elettori, attraverso il quarto emenda-
mento si è ripristinata (o addirittura rafforzata) la situazione pre-
cedente e si sono pure introdotte norme che vanno in direzione
opposta a quella auspicata dalle istituzioni giudiziarie nazionali e
sovranazionali. Lungi dall’essere il preludio per l’instaurazione
di un proficuo dialogo interistituzionale, i provvedimenti giudi-
ziari hanno offerto lo spunto per un inasprimento delle discipline
contestate.
In secondo luogo, è necessario segnalare che, anche in casi
in cui sarebbe stato facile richiedere l’aiuto dell’istituzione giu-
diziaria lussemburghese, l’interazione tra la giurisprudenza co-
stituzionale e la giurisprudenza europea è stata soltanto indiretta.
Dimostrando che alla realizzazione concreta della proposta di
Heidelberg si frappongono ostacoli culturali di non poco conto,
la Corte di Budapest ha scelto di non utilizzare lo strumento del
rinvio pregiudiziale e, rifiutando di approfittare di una comoda
possibilità strategica, ha tentato di assumersi integralmente le
responsabilità delle decisioni che ha assunto56. Malgrado questa

55
Come si è visto, le pronunce prese in considerazione sono contraddistinte per un
certo grado di ambiguità o per lo meno di timidezza che ne inficiano non poco la ca-
pacità di reagire agli strappi realizzati dalla maggioranza. Se si guarda alla vicenda del
prepensionamento dei giudici o all’annullamento delle previsioni transitorie, ci si ren-
de conto che, per la comprensibile paura di possibili ritorsioni, i giudici costituzionali
affermano grandi principi teorici seguiti da applicazioni pratiche a dir poco relative.
56
A. VINCZE, The ECJ, cit., 498 – 500, critica la scelta della Corte costituzio-
nale ungherese sottolineando il fatto che essa ha perso una comoda opportunità
per andare più in fondo alla vicenda. In effetti, essa avrebbe potuto sfruttare il
riferimento al principio di non discriminazione contenuto nel ricorso per inter-
pellare la Corte di giustizia. Una volta ricevuta una risposta avrebbe potuto più
comodamente dare applicazione alla sentenza.
LA REAZIONE SUCCESSIVA 165

imprevista chiusura agli aiuti esterni, la Corte di giustizia ha co-


munque cercato di sfruttare le opportunità che le si sono presen-
tate, ma stante i limitati effetti delle sue pronunce di condanna
non pare essere comunque riuscita ad incidere sulla situazione di
difficoltà attualmente vissuta dall’Ungheria. Detto in altre paro-
le, insomma, è assai difficile ipotizzare che in un contesto in cui i
giudici manifestano ritrosie a sollevare le questioni pregiudiziali
e l’esecutivo non è per nulla spaventato dal rilevamento di una
infrazione, la scelta di invertire la giurisprudenza Solange possa
rivelarsi realmente fruttuosa.
Si tenga inoltre in considerazione che, come dimostra il gran
numero di opinioni dissenzienti che hanno accompagnato le de-
cisioni più importanti, la possibilità che si attivi una collabora-
zione tra le giurisdizioni nazionali e sovranazionali è resa assai
più difficile dalla profonda spaccatura che all’interno della Corte
costituzionale separa i vecchi magistrati costituzionali da quelli
di nuova nomina57. Avendo FIDESZ approfittato della situazio-
ne per nominare unilateralmente sette giudici costituzionali non
indipendenti e che esercitano il loro mandato secondo le linee
dettate dal partito ed avendo già provveduto a sostituire i giudici
prepensionati con magistrati di nuova nomina, si restringono di
molto i margini per realizzare la possibilità che si crei una sponda
giudiziaria interna che collabori con la giurisprudenza sovrana-
zionale e c’è addirittura il rischio che, sotto il peso delle infil-
trazioni politiche, le stesse istituzioni di garanzia finiscano con
l’allinearsi alle forze di maggioranza58.
Anche nella poco realistica ipotesi in cui si dovessero attivare
collaborazioni dirette tra i giudici nazionali e i loro colleghi euro-
pei non pare comunque legittimo aspettarsi risultati molto diversi
da quelli fin qui ottenuti. Infatti, senza nulla togliere alla fonda-

57
Cfr. con quanto riporta G. HALMAI, The End of Liberal Constitutionalism
in Hungary?, in www.iconnectblog.com, che sostiene che la scelta con cui il
quarto emendamento restringe ulteriormente i poteri del giudice costituzionale
è da spiegare con la poca fiducia in alcuni dei giudici di recente nomina.
58
È quanto riporta K. SCHEPPELE, How to, cit., che segnala anche che nel
caso del prepensionamento dei giudici le opinioni dissenzienti hanno utilizzato
argomenti assai poco ortodossi per un giudizio di costituzionalità. In particola-
re, l’argomentazione utilizzata dal giudice Stumpf è basata sulla considerazione
(a dir poco inaudita) per cui essendosi già prodotto il danno la Corte costituzio-
nale non sarebbe competente ad intervenire.
166 PARTE IV

mentale funzione di garanzia esercitata dagli organi giurisdizio-


nali europei, il meccanismo del rinvio incidentale non pare di per
se stesso idoneo a risolvere le gravissime questioni istituzionali
ungheresi perché, per la sua focalizzazione sui casi concreti, può
certamente essere funzionale per assicurare diritti individuali, ma
rischia di perdere di vista la situazione complessiva: un’eventuale
decisione pregiudiziale con cui si statuisca che le norme sul pre-
pensionamento non sono conformi al diritto comunitario (perché
ad esempio discriminatorie) può certamente soddisfare gli interes-
si individuali coinvolti nella vicenda, ma può non essere sufficien-
te a ristabilire l’ordine democratico violato perché, ad esempio,
l’acquisizione di un diritto da parte di altri soggetti può rendere
impossibile il reintegro (perché magari i posti vacanti sono già stati
riassegnati a soggetti terzi) o perché i singoli giudici possono pre-
ferire la tutela risarcitoria del danno ricevuto e rifiutarsi di ritornare
nei ranghi dell’ordine giudiziario59.
Alla luce di questa analisi pare dunque doversi concludere
che, non diversamente da quanto accaduto con i rimedi tradizio-
nali del diritto europeo, anche la soluzione giudiziaria proposta
dal gruppo di Heidelberg si è rivelata per un verso irrealistica e
per un altro inefficace e quindi non sembra in grado di garanti-
re soluzioni al problema ungherese. Pertanto, sempre avendo in
mente l’idea di dimostrare che l’attuale assetto europeo non è si
è mostrato in grado di mantenere le sue promesse e che occorre
dunque ripensare le logiche complessive che ispirano il processo
di integrazione, nel prossimo capitolo si prenderanno in conside-
razione le reazioni del sistema europeo al quarto emendamento
e si cercherà di mettere in luce come malgrado (alcune di) esse
siano ispirate dall’evidente desiderio di realizzare la soluzione
che qui è stata definita comitologica, esse abbiano fallito nei loro
intenti.

59
Condivide l’idea dei limiti della procedura di infrazione anche U. BELAVUSAU,
op. cit., 1160.
8. IL TENTATIVO COMITOLOGICO
E LE PROSPETTIVE FUTURE

SOMMARIO: 8.1. Il parere 720 del 2013 della Commissione di Venezia


e la decisione di non aprire una procedura per il monitoraggio del
sistema democratico ungherese 8.2. Le azioni della Commissione
europea, il rapporto Tavares e la proposta di istituire una Com-
missione di Copenaghen 8.3. Le nuove promesse del governo un-
gherese e l’attesa per un quinto emendamento costituzionale 8.4.
I limiti del quinto emendamento e il fallimento sostanziale della
soluzione comitologica 8.5. Il momento dei bilanci

8.1. Il parere 720 del 2013 della Commissione di Venezia e la


decisione di non aprire una procedura per il monitoraggio
del sistema democratico ungherese

Di fronte ad una nuova e brutale conferma della volontà di


non adeguarsi agli standard del costituzionalismo sovranazionale
si assiste all’ennesimo tentativo di reazione da parte delle istitu-
zioni europee.
Ancora una volta è il Consiglio d’Europa ad intervenire per
primo. In particolare, in risposta alla sollecitazione del Segretario
generale1, viene nuovamente attivata la Commissione di Venezia
che secondo uno schema ormai consolidato analizza minuziosa-
mente il provvedimento e, attraverso un parere, mette in mostra
le distanze che lo separano dalle prassi del costituzionalismo de-
mocratico europeo2.

1
Con una lettera dell’11 marzo 2013, il Segretario generale ha chiesto alla
Commissione di Venezia di pronunciarsi sulla compatibilità tra gli standard eu-
ropei e il quarto emendamento alla Costituzione ungherese.
2
Si fa riferimento al parere 720 del 2013, CDL - AD (2013) 012 (Opinion
on the fourth amendment to the Fundamental law of Hungary) del 17 giugno
2013.
168 PARTE IV

In questo caso, dopo le consuete considerazioni prelimi-


nari, il documento è diviso in quattro sezioni principali. Con la
prima sezione dedicata agli emendamenti costituzionali relativi
alla parte sui principi fondamentali e alla parte sui diritti e sulle
responsabilità, la Commissione condanna la scelta di riprendere
molte delle previsioni ritenute incompatibili con l’ordine euro-
peo e con le stesse norme della nuova Costituzione. Inoltre, a
fronte della costituzionalizzazione di norme non prese in consi-
derazione dai pareri precedenti, si denunciano alcuni nuovi punti
di attrito con l’ordine giuridico sovranazionale e a posteriori si
dà autorevole conferma alle pecche riscontrate dalla giurispru-
denza della Corte costituzionale: sia le norme sulla cosiddetta
gestione degli spazi pubblici3, sia le norme sull’organizzazione
dell’università e sui contratti per gli studenti4 vengono ritenute
problematiche. Alla stessa maniera, si può riferire della critica
alla riproposizione della norme con cui si restringono gli spazi
per la propaganda elettorale5.
La seconda sezione, invece, è specificamente dedicata a
rilevare come l’ostinata persistenza con cui si ripropongono le

3
Al paragrafo 65 del parere si legge: «From the point of view of the Venice
Commission in the framework of this Opinion, important issues are the vague-
ness of the criteria as well as the level of regulation. Article XXII.3 of the Fun-
damental Law is one of the provisions of the Fourth Amendment that contains
detailed rules which are usually regulated by law and should not be part of a
Constitution. Raising such provisions to the level of the Constitution has the
effect of preventing review by the Constitutional Court».
4
A proposito della nuova norma che disciplina le regole sul finanziamento
delle Università, nel paragrafo 57 si legge che «Financial regulations for uni-
versities are an issue usually regulated by ordinary law. Raising this provision
to the constitutional level has the effect of preventing review by the Constitu-
tional Court». A proposito dei cosiddetti contratti per gli studenti, invece, al
paragrafo 61 si legge che «From the point of view of the Venice Commission in
the framework of this Opinion, the most important issue is the level of regula-
tion. Article XI.3 of the Fundamental Law is one of the provisions of the Fourth
Amendment that contains detailed rules which are usually regulated by law and
should not be part of a Constitution. Raising such provisions to the level of the
Constitution has the effect of preventing review by the Constitutional Court».
5
A questo proposito al paragrafo 47 si legge che «Finally, as concerns the
level of regulation, Article IX.3 of the Fundamental Law is one of the provisions
introduced by the Fourth Amendment containing rather detailed rules which
might require amending from time to time and are therefore usually regulated
by ordinary laws. Raising such provisions to the level of the Constitution with-
draws them from constitutional review».
LA REAZIONE SUCCESSIVA 169

norme relative alla figura del Presidente dell’Ufficio giudiziario


nazionale intralci l’indipendenza della legge e l’affermazione dei
principi dello stato di diritto6.
Proseguendo sulla stessa via, la terza parte si concentra sulle
numerose disposizioni con cui l’emendamento costituzionale ha
inteso ‘punire’ la Corte costituzionale per essersi opposta all’e-
secutivo. Così, le previsioni che impongono termini asfissianti
per il giudizio incidentale di costituzionalità7, le norme che ripri-
stinano i limiti delle disposizioni transitorie sul giudizio relativo
alle leggi di bilancio8, le norme con cui si esclude l’utilizzo della
precedente giurisprudenza costituzionale9, le norme con cui si

6
Dopo che al paragrafo 69 ha criticato la scelta di affidare «the central
responsibilities of the administration of the courts» al Presidente dell’Ufficio
giudiziario nazionale, al paragrafo 71 la Commisione conclude che «The pro-
gress achieved through the dialogue with the Secretary General is jeopardised
by the Fourth Amendment. The Fourth Amendment represents a step back and
provides the PNJO with additional legitimacy without providing for additional
accountability. Even the Bill no. T/10593 does not contain any provisions which
would provide for increased accountability for the PNJO or for strengthening
the National Judicial Council as called for by the Venice Commission». Nei pa-
ragrafi immediatamente successivi si contesta anche la costituzionalizzazione
del potere di attribuire arbitrariamente i casi giudiziari pendenti.
7
A questo proposito, dopo aver rilevato (al paragrafo 116) che in appli-
cazione di alcune regole procedurali il termine può essere ridotto di fatto a
quindici giorni effettivi, al paragrafo 117 si osserva che «Even without such a
further complication, a 30-day period for the examination of the constitutional-
ity of a legal provision appears to be extremely difficult to meet, especially in
the context of the introduction of individual appeals to the Constitutional Court,
which results in a substantial additional work-load. While it is understandable
that the Hungarian authorities wish to provide for speedy proceedings before
the ordinary courts, this should not be done in a way that renders ineffective
constitutional review as an essential element of checks and balances».
8
Al paragrafo 113 si legge che «The Venice Commission again repeats its se-
rious concern about the limitation of the competence of the Constitutional Court
to review legislation. Shielding potentially unconstitutional laws from review is
a direct attack on the supremacy of the Fundamental Law of Hungary. The Com-
mission is particularly worried that the Fourth Amendment has given up the link
of that provision to continued budgetary difficulties and thus has institutionalised
this exception. This provision reinforces the assessment that the Fourth Amend-
ment results in reducing the position of the Constitutional Court as guarantor of
the Fundamental Law and its principles, which include European standards of
democracy, the protection of human rights and the rule of law».
9
Al paragrafo 96, rispondendo alle autorità ungheresi che avevano giusti-
ficato la previsione contestata sulla base della volontà di espandere le compe-
tenze del giudice costituzionale, la Commissione di Venezia statuisce che «The
170 PARTE IV

limita la possibilità di giudicare sulla costituzionalità degli emen-


damenti alla Costituzione10 e le norme sull’imposizione di tasse
speciali11 vengono ritenute incompatibili con l’ordine europeo.
Infine, la quarta sezione, oltre a reiterare la contestazione
sull’abuso della legislazione organica12, critica la stessa filosofia
che ha ispirato il progetto di riforma e condanna la volontà di
utilizzare strumentalmente i testi costituzionali13.
Nonostante il tono della Commissione di Venezia sembri
significativamente più duro di quello usato in altre circostanze,
occorre però segnalare anche che, con un atteggiamento apparen-

Venice Commission therefore cannot support the Hungarian authorities’ argu-


ment that the Constitutional Court should be more free to decide. As shown,
there was no justification to repleal the Constitutional Court’s former case-law
in order to enable the Constitutional Court to renew its jurisdiction in cases
where it is necessary. It is inherent in a Constitutional Court’s approach to in-
terpret a constitution on the basis of its provisions and the principles contained
in it. These principles transcend the constitution itself and directly relate to the
basic principles of the Council of Europe: democracy, the protection of human
rights and the rule of law. It is these principles which are reflected in the case-
law of the Constitutional Court since its establishment».
10
A questo proposito occorre segnalare che la Commissione pare aver cri-
ticato solo in maniera indiretta l’azione dell’esecutivo magiaro. Infatti, pur ri-
conoscendo che in materia non esistono standard europei consolidati, nel pa-
ragrafo 108 si afferma che gli argomenti addotti dal governo per giustificare
l’emendamento non sono accettabili perché il vero fine ultimo delle modifiche
sembra quello di contrastare l’azione della giurisprudenza costituzionale.
11
A proposito delle tasse speciali, la Commissione di Venezia scrive che «A
special tax may lead to an aversion against the courts as a whole or against
the national Constitutional Court or European courts. Article 37.6 of the Fun-
damental Law creates the risk of a loss of acceptance of the court system while
the aim should be for people to accept court decisions as indispensable for the
functioning of the rule of law. A court that tries to remedy a violation of the
Constitution or of European Law or standards contributes to the functioning of
the legal order».
12
Al paragrafo 134 si legge che «The tendency of ensuring that following
elections future majorities cannot legislate in many areas because they will be
bound by cardinal laws is even reinforced by the Fourth Amendment. A number
of provisions, which are now included in the Fundamental Law, have no consti-
tutional character and should not be part of the Constitution (e.g. homelessness,
criminal provisions on the communist past, financial support to students, finan-
cial control of universities). In addition to shielding these provisions from control
by the Constitutional Court, this ensures that future governmental majorities in
Parliament without a two-thirds majority cannot change these policies».
13
Si vedano le critiche contenute nei paragrafi 135 – 137.
LA REAZIONE SUCCESSIVA 171

temente inspiegabile14, l’Assemblea parlamentare del Consiglio


d’Europa, pur prendendo atto dei problemi connessi agli ultimi
sviluppi della situazione ungherese, ha deciso di respingere la
richiesta di attivare una procedura di monitoraggio (sarebbe stata
la prima volta per un paese membro dell’Unione europea) e ha
di fatto impedito che le condanne della Commissione di Venezia
potessero produrre effetti concreti15.

8.2. Le azioni della Commissione europea, il rapporto Tavares


e la proposta di istituire una Commissione di Copenaghen

L’ambiguità tenuta in questa specifica circostanza dal Consi-


glio d’Europa è stata in una qualche misura controbilanciata dal-
la durezza della reazione delle istituzioni dell’Unione europea.
In particolare, la Commissione europea ha studiato la pos-
sibilità di aprire una nuova procedura di infrazione16 e con una
lettera indirizzata al governo ha individuato tre problemi con-
nessi al quarto emendamento17: ancora una volta, la posizione
del Presidente dell’Ufficio giudiziario nazionale, la possibilità di
introdurre nuove tasse speciali per far fronte alle condanne delle
istituzioni giudiziarie e le regole sulla propaganda elettorale sono
state oggetto di contestazione.
Accanto a questa presa di posizione occorre poi segnalare l’ini-
ziativa con cui il Parlamento europeo, con una maggioranza amplia
e trasversale (370 favorevoli contro 248 contrari e 82 astenuti)18, ha

14
Secondo quanto viene riportato, pare che in sede di Assemblea parlamen-
tare l’Ungheria abbia trovato il sostegno delle delegazioni parlamentari dei pa-
esi sottoposti a procedura di monitoraggio che, più che in favore dell’esecutivo
magiaro, hanno votato contro il procedimento aperto nei loro confronti.
15
Si veda la risoluzione 1941 del 2013 dell’Assemblea parlamentare del
Consiglio d’Europa del 25 giugno 2013.
16
La Commissione aveva preso in considerazione la possibilità di attivare
una procedura di infrazione relativa all’introduzione di una tassa speciale sulle
telecomunicazioni. Tuttavia, in seguito alla pronuncia C - 485/11, Commissione
contro Francia con cui la Corte di giustizia europea ha ritenuto che l’analogo
sistema francese fosse compatibile con il diritto dell’Unione europea, la Com-
missione ha strategicamente ritenuto di non portare avanti il procedimento.
17
Questo è quanto riporta T. BOROS, Another Hungarian Constitutional
Amendment: Smoke and Mirrors for the World, in www.fesbp.hu.
18
Come giustamente osserva K. L. SCHEPPELE, In praise of the Tavares Re-
port, in www.hungarianspectrum.wordpress.com, pur essendo stata votata a
172 PARTE IV

approvato una durissima risoluzione (il cosiddetto rapporto Tava-


res) di condanna dell’esecutivo magiaro e ha proposto una serie di
misure per reagire alle violazioni dell’art. 2 del Trattato sull’Unione
europea19. Così, dopo aver preso atto che attraverso il quarto emen-
damento si reiterano le trasgressioni già contestate all’Ungheria e
dopo aver indirizzato delle critiche all’inerzia del Consiglio e ai li-
miti dell’azione seguita dalla Commissione europea, la risoluzione
cerca di introdurre dei meccanismi capaci di rimediare e disegna un
contesto in cui quattro strumenti principali sanzionano il mancato
rispetto dei valori sui quali si fonda l’identità europea. Innanzitutto,
si propone alla Commissione di organizzare i suoi lavori in funzione
del rispetto dell’art. 2 e si raccomanda di subordinare la conclusione
di qualsiasi futura intesa con l’esecutivo magiaro al ripristino di una
situazione di normalità20. In secondo luogo, sulla base dei meccani-
smi del trialogo21, si chiede di istituire un comitato attraverso il quale
i rappresentanti della Commissione, i rappresentanti del Consiglio
e i rappresentanti del Parlamento possano supervisionare l’azione
dell’esecutivo magiaro e l’implementazione delle raccomandazioni
del rapporto Tavares22. Inoltre, per evitare ogni accusa di voler po-
liticizzare valori come i diritti umani e la democrazia23, si individua

scrutinio segreto, è facile dedurre la natura trasversale della risoluzione da due


fattori. In primo luogo, i voti sugli emendamenti sono stati palesi e in questa
fase si è potuto osservare che ogni emendamento volto ad alleggerire la pres-
sione sull’esecutivo magiaro è stato respinto da almeno diciotto membri del
gruppo popolare e da almeno otto membri del gruppo conservatore. In secondo
luogo, anche con cinquanta membri assenti, il voto dei parlamentari a favore
supera il numero dei membri di tutti i gruppi parlamentari di sinistra.
19
Si fa riferimento alla risoluzione del Parlamento europeo del 3 luglio 2013
con cui si è data applicazione alla risoluzione del 16 febbraio 2012.
20
Tra le altre cose, al paragrafo 69 si chiede alla Commissione «to hold
meetings at technical level with the services of the Member State concerned
but not to conclude any negotiations in policy fields other than Article 2 TEU
related ones until full compliance with Article 2 TEU has been ensured».
21
Per maggiori chiarimenti sull’idea di trialogo e sui problemi che le sono
connessi si rinvia a F. VECCHIO, Codecisione e principio di sussidiarietà: un
‘cortocircuito’ democratico?, in Giust. amm., 2010, 1, 62 – 69.
22
Al paragrafo 85 si legge che il Parlamento «Invites the Commission and
the Council to each designate a representative who, together with Parliament’s
rapporteur and shadow rapporteurs (‘Article 2 Trilogue’), will carry out an
assessment of the information sent by the Hungarian authorities on implemen-
tation of the recommendations contained in paragraph 71, as well as follow-up
on future possible modifications to ensure compliance with Article 2 TEU».
23
Come riporta K. L. SCHEPPELE, In praise, cit., nonostante diversi fatto-
LA REAZIONE SUCCESSIVA 173

una terza possibile linea di azione e, nel tentativo dare sostanza alla
proposta dottrinaria di istituire una Commissione di Copenaghen, si
chiede alla Commissione europea e al Consiglio di utilizzare l’art.
70 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per dare vita
ad un gruppo di tecnici di alto profilo e di comprovata indipendenza.
Il nuovo comitato dovrebbe essere competente per pronunciarsi sul
rispetto dell’art. 224. Infine, per completare il quadro dei rimedi indi-
cati dalla risoluzione, viene richiamata la possibilità che, in seguito
alla mancata normalizzazione della situazione ungherese, si attivi il
meccanismo sanzionatorio previsto dall’art. 7 del Trattato sull’U-
nione europea e si sospenda il diritto di voto in seno al Consiglio
dell’Unione25.
È il caso di segnalare che, diversamente dall’approccio settoria-
lizzato seguito nei mesi precedenti dalle istituzioni dell’Unione, in
questo caso la mozione approvata dal Parlamento, in considerazione
degli scarsi risultati ottenuti, ha deciso di attivare forme di supervi-
sione su tutti i problemi connessi all’ordine costituzionale (e al quar-
to emendamento in particolare) e ha addirittura individuato nuove ed
ulteriori questioni26.

ri dimostrino in maniera inoppugnabile la natura trasversale del voto, sotto la


spinta della propaganda di FIDESZ parecchie voci si sono levate in sede interna
per denunciare il complotto anti destra che all’interno delle istituzioni europee
sarebbe stato orchestrato dai gruppi di sinistra.
24
Al paragrafo 78 si può leggere che il Parlamento «Given the current insti-
tutional mechanism laid down in Article 7 TEU, reiterates the calls it made, in its
resolution of 12 December 2012 on the situation of fundamental rights in the Eu-
ropean Union (2010-2011), for the establishment of a new mechanism to ensure
compliance by all Member States with the common values enshrined in Article
2 TEU, and the continuity of the ‘Copenhagen criteria’; this mechanism could
assume the form of a ‘Copenhagen Commission’ or high-level group, a ‘group of
wise men’ or an Article 70 TFEU evaluation, and build up on the reforming and
strengthening of the mandate of the European Union Agency for Fundamental
Rights, and on the framework of a strengthened Commission-Council-European
Parliament-Member States dialogue on measures to be taken».
25
Al paragrafo 86 si richiede alla Conferenza dei Presidenti «to assess the
opportuneness of resorting to mechanisms foreseen by the Treaty, including
Article 7(1) TEU, in case the replies from the Hungarian authorities appear not
to comply with the requirements of Article 2 TEU».
26
Si noti che il parere prende atto dell’approvazione della legge sulla si-
curezza nazionale e, consapevole delle numerose questioni sollevate anche da
questo atto, lo include nel piano delle misure da riformare. Per maggiori in-
formazioni su questa specifica vicenda si rinvia a K. SCHEPPELE, 1984, Hungar-
ian Edition, in http://lapa.princeton.edu.
174 PARTE IV

8.3. Le nuove promesse del governo ungherese e l’attesa per


un quinto emendamento costituzionale

Esattamente come accaduto in relazione alle vicende connesse


all’entrata in vigore della nuova Costituzione, anche in questo caso
le pressioni internazionali inducono l’esecutivo a prendere posizio-
ne e a produrre una serie di risposte in cui si intrecciano orgogliose
puntualizzazioni e impegni di riforma.
Innanzitutto, occorre riferire di come, con toni non molto diffe-
renti da quelli utilizzati per commentare il parere 621 del 2011, anche
in questa circostanza il governo invia una propria nota di risposta al
parere della Commissione di Venezia con cui autoreferenzialmen-
te afferma la legittimità del proprio comportamento e ribadisce con
forza la propria volontà di rispettare i parametri sovranazionali27.
Così, ad esempio, senza pretesa di esaurire tutte le argomentazioni
difensive addotte dall’esecutivo magiaro, si contesta l’interpretazio-
ne delle nuove regole costituzionali offerta dalla Commissione di
Venezia e si sostiene che i giudizi negativi sulle norme relative alla
famiglia siano determinati dalla mancata conoscenza del complessi-
vo contesto normativo ungherese28. Alla stessa maniera, si difende la
liceità delle scelte fatte in materia di organizzazione delle relazioni
con le confessioni religiose29 e si argomenta che non è stata introdot-
ta nessuna restrizione al giudizio di costituzionalità30.
Peraltro, al di là delle ormai consuete repliche puntuali con cui
si cerca di giustificare le singole norme, il documento pare interes-
sante perché sembra caratterizzato da uno spirito almeno in parte
differente. Infatti, esso non si limita alla difesa delle posizioni go-
vernative, ma, pur senza ammettere nessuna delle responsabilità
attribuite all’attuale classe dirigente ungherese, preannuncia la vo-
lontà di cancellare alcune delle norme contestate. In questo senso, si
fa riferimento ad un progetto di riforma che prevede l’introduzione
di un quinto emendamento costituzionale e la modifica di alcune

27
In questo senso si vedano i paragrafi 71 - 78 del documento di risposta del
governo ungherese.
28
Si vedano i paragrafi 1 – 5 del Documento 720 del 2013, CDL (2013) 034,
(Comments of the Government of Hungary on the Draft Opinion on the Fourth
Amendment to the Fundamental law of Hungary) del 14 giugno 2013.
29
In questo senso si vedano i paragrafi 10 – 17 del documento di risposta del
governo ungherese.
30
In questo senso si vedano i paragrafi 51 – 61 del documento di risposta del
governo ungherese.
LA REAZIONE SUCCESSIVA 175

leggi di applicazione della legge fondamentale. In particolare, ci si


impegna a modificare le norme sulle organizzazioni religiose31, le
norme sull’organizzazione del sistema giudiziario32, le norme sulla
propaganda elettorale33, le norme sull’organizzazione della giustizia
costituzionale34 e le norme sull’imposizione di tasse speciali35.
Ai fini del ragionamento che si intende sviluppare bisogna
sottolineare che, sebbene la risposta in questione sia formalmente
connessa al parere della Commissione di Venezia sul quarto emen-
damento, pochi possono essere i dubbi che gli impegni ivi assunti
siano da imputare alla volontà di prevenire le conseguenze della più
minacciosa risoluzione del Parlamento europeo. Insomma, come
pure il carteggio tra Orban e Barroso appare confermare, sembra
che il progetto di modifica costituzionale sia stato utilizzato a fini
giustificativi nella nota di risposta al parere, ma che esso sia stato in
realtà generato dalla nuova azione delle istituzioni europee. Pertan-
to, più che all’ennesimo tentativo di ottenere cambiamenti attraverso
una spontanea adesione della controparte ungherese, i progetti di ri-
avvicinamento sembrano da ascrivere alle preoccupazioni suscitate
dal nuovo quadro (comitologico) di implementazione dell’art. 2 del
Trattato sull’Unione europea e alla paura di sanzioni che possono
andare al di là delle semplici procedure di infrazione.

8.4. I limiti del quinto emendamento e il fallimento sostan-


ziale della soluzione comitologica

Ad un paio di mesi dall’annuncio del governo i propositi di


riforma hanno trovato puntuale attuazione e, al momento in cui si

31
In questo senso si vedano i paragrafi 13 - 16 del documento di risposta del
governo ungherese.
32
In questo senso si veda il paragrafo 44 del documento di risposta del go-
verno ungherese dove si annuncia la cancellazione del potere del Presidente
dell’Ufficio giudiziario nazionale.
33
In questo senso si veda il paragrafo 25 del documento di risposta del go-
verno ungherese dove si annuncia la piena equiparazione delle regole per le
elezioni europee e per le elezioni nazionali.
34
In questo senso si veda il paragrafo 61 del documento di risposta del go-
verno ungherese dove si annuncia l’ampliamento del termine relativo al giudi-
zio incidentale di costituzionalità.
35
In questo senso si veda il paragrafo 63 del documento di risposta del go-
verno ungherese dove si annuncia il ritiro della norma in questione.
176 PARTE IV

scrive, sono pronti per entrare in vigore36. Nonostante l’avvenuta


riforma possa indurre a pensare che attraverso la risposta comito-
logica le istituzioni europee siano finalmente riuscite a toccare i
tasti giusti per risolvere la situazione ungherese, l’analisi dei testi
normativi spinge a ritenere che nemmeno l’imminente entrata in
vigore del quinto emendamento sarà risolutiva.
A questo proposito, anche a non voler considerare le puntua-
li delusioni che hanno accompagnato ogni precedente speranza
di cambiamento reale e anche a non voler considerare che il testo
è stato ancora una volta approvato unilateralmente, occorre in-
nanzitutto prendere atto che, in parallelo alla riforma, sul piano
interno l’esecutivo ha avviato una campagna di screditamento
delle principali figure istituzionali europee37 e, colto da un furore
antieuropeo che non mostra precedenti, ha fatto approvare dal
Parlamento magiaro una risoluzione di condanna del rapporto
Tavares38.

36
Il quinto emendamento è stato approvato dal Parlamento ungherese il 16
settembre 2013 ed entrerà in vigore il primo ottobre 2013.
37
Secondo quanto riporta T. BOROS, Another Hungarian, cit., la propaganda
di FIDESZ avrebbe iniziato una campagna contro Barroso, la Reading e l’intera
classe dirigente dell’Unione europea. In particolare, secondo quanto si appren-
de, lo stesso Orban avrebbe dichiarato che la Commissaria Viviane Reading
«was not delegated to the European Commission to offend nation states and
European nations, like the Hungarians, but to serve us».
38
Il giorno dopo l’approvazione del rapporto Tavares, il Parlamento unghe-
rese ha approvato una risoluzione sull’eguaglianza di trattamento da riservare
all’Ungheria che testualmente prevede che «We Hungarians entered into the
family of European nations by establishing a state and adopting Christianity.
We Hungarians often stood up for European values. There were times when we
defended these values with our blood against attacks from outside. In 1956 we
armed ourselves against the communist dictatorship. In 1989 we contributed to
unifying Europe with the demolition of the iron curtain. We Hungarians entered
into the European Union of our own free will. We did that in the hope that we
would join a community based on law, justice, and freedom. We Hungarians do
not want a Europe where freedom is limited and not widened. We do not want a
Europe where the larger ones abuse their power, where national sovereignty is
violated, and where the smaller have to honor the larger. We have had enough of
dictatorship after 40 years behind the iron curtain. We Hungarians have always
respected the desire of European Union institutions for dialogue, and we have
always been ready for reasonable compromises. Therefore, we rightly expect the
respect and equal treatment due to Hungary from the European Union’s institu-
tions. We expect the European Union to respect the rights that we acquired after
our accession just as it would respect those of any other country. The Parliament
of Hungary is surprised that the European Parliament passed a decree that it
LA REAZIONE SUCCESSIVA 177

In secondo luogo, malgrado ci possano essere pochi dubbi


sul legame tra l’intervento del Parlamento europeo e i propositi
di riforma, ad una analisi più approfondita la reale dimensione
degli avvertimenti europei non deve essere sovrastimata. Infatti,
come è stato opportunamente osservato, sebbene l’approvazione
del rapporto Tavares segni un indubbio passo in avanti verso l’i-
solamento politico di FIDESZ, almeno per il momento non pare
verosimile che le minacce di azione si traducano in sanzioni rea-
li: per un verso, la risoluzione non risolve (e anzi paradossalmen-
te conferma) tutte le difficoltà politiche all’attivazione delle san-
zioni ex art. 739; per un altro, le sanzioni alternative non vengono

had no right to pass, that exceeded its jurisdiction. The European Parliament
made demands, introduced new procedures, and created institutions that violate
Hungary’s sovereignty as guaranteed in the fundamental treaty. With this deci-
sion the European Parliament went against basic European values and led the
Union on a dangerous path. The Hungarian Parliament is further worried by the
undue influence of business interests that underlie this abuse of power. Hungary
is reducing the cost of energy paid by families. This may hurt the interests of many
European companies that for years have had windfall profits from their monopoly
in Hungary. It is unacceptable that the European Union tries to influence our
homeland to further the interests of these companies. The Hungarian Parliament
believes that Europe is in danger if the interests of multinationals are realized
at the expense of the rules laid down in the fundamental treaty. Today we adopt
a resolution to defend Hungary’s sovereignty and the equality of Hungarians in
the European Union. We call on the Hungarian government not to give in to the
pressure of the European Union, not to let the nation’s rights guaranteed in the
fundamental treaty be violated, and to continue the policies that make the lives of
the Hungarian people easier».
39
A questo proposito T. BOROS, Another Hungarian, cit., sostiene che «The Ta-
vares Report, […] shows the obvious commitment of European political forces to
reverse the anti-democratic strides of the Orbán administration. This is swimming-
ly illustrated by the fact that the decisive majority of Fidesz’s amendments aimed
at the pacification of the report remained unapproved even by Fidesz’s own family
of parties, the European People’s Party. Step by step and in small increments, the
EPP is distancing itself from Fidesz. Since the European conservatives are still very
far from cutting the party off completely, Fidesz can fight its European battles with
confidence - for now. However, this does not mean that the EU does in fact have the
tools to force the Hungarian government into radical changes, because for Article
7 to take effect, the support of 4/5 of all Member States is necessary. Currently, this
is a highly unlikely outcome». A ciò si aggiunga anche che gli esiti del voto del rap-
porto Tavares sembrano confermare le difficoltà politiche che ancora si incontrano
in sede europea. Infatti, per quanto larga, la maggioranza politica che ha condannato
il governo Orban è ancora lontana dalla soglia dei due terzi ed è verosimile che
l’attivazione dell’art. 7 induca alcuni parlamentari che hanno votato in favore del
rapporto Tavares all’astensione o al voto contrario.
178 PARTE IV

altrimenti definite e allo stato attuale si fa fatica a comprendere


come esse possano essere somministrate senza una apposita mo-
difica dei trattati40. Diventa pertanto difficile immaginare che si
riesca ad incidere sulla realtà concreta e pare piuttosto di trovarsi
di fronte all’ennesimo tentativo dilatorio. Non meraviglia dun-
que che l’intera operazione sia stata definita dai primi commen-
tatori ungheresi come smoke and mirrors for the world41.
In terzo luogo, si deve sottolineare come già ad una prima
analisi risulti evidente che le riforme non sono sufficienti a risol-
vere i problemi concreti determinati dalla rivoluzione legale pro-
dotta dall’esecutivo Orban. Si può ad esempio riferire di come sia
chiaramente insufficiente l’aver portato a novanta giorni (invece
dei trenta stabiliti dalla modifica costituzionale) il termine entro
cui occorre pronunciarsi sui giudizi incidentali42. Alla stessa ma-
niera le nuove norme sulla regolazione delle campagne elettorali
e sull’organizzazione delle chiese stanno già sollevando le prime
polemiche43.
Infine, anche a voler considerare l’ipotesi di un’improvvisa
folgorazione democratica di un esecutivo ostinatamente contra-

40
Questo è quanto giustamente rileva, C. FRANZIUS, The Sense and Nonsense
of a Copenaghen Commission, in www.verfassungsblog.de.
41
Così, T. BOROS, Another Hungarian, cit..
42
Al paragrafo 118 del parere 720 del 2013, la Commissione di Venezia a
questo proposito scrive che «The Government Comments (para. 61) announce
that the Hungarian Government will submit a proposal amending Article 24.2.b
of the Fundamental Law extending the 30 day limit to 90 days. The Venice
Commission welcomes that this proposal would result in an improvement but
the dead-line is still very tight and should be made more realistic, for example
9 months».
43
Secondo quanto si apprende dalle dichiarazioni rilasciate dal sottosegre-
tario ungherese alla giustizia (consultabili al sito internet http://bigstory.ap.org/
article/hungary-make-more-changes-new-constitution), anche dopo le modifi-
che, la legge sulle chiese dovrebbe continuare a distinguere tra le organizzazio-
ni religiose. Inoltre, secondo un commento rilasciato da un’analista del Center
for Fair Political Analysis (reperibile alla stessa pagina web appena citata),
«While political campaign ads will be allowed on commercial TV and radio,
broadcasters won’t be allowed to charge for them and all qualifying political
parties will have to be given equal air time. This makes it unlikely any ads will
be run». Commentando in generale l’impatto del quinto emendamento, la stessa
analista aggiunge anche «They take three steps forward so when asked to take
a step back, they are still ahead of the starting point» e che «measures made
it seem like Hungary had listened to its critics while not actually changing the
status quo».
LA REAZIONE SUCCESSIVA 179

rio alle regole basiche della democrazia, non si può non notare
come, per quanto utili, le riforme proposte non sono certo suffi-
cienti ad un ripristino della vita democratica. A ben vedere, in-
fatti, esse sono relazionate soltanto alle regole introdotte dalla
costituzionalizzazione delle previsioni transitorie e dal quarto
emendamento e nella migliore delle ipotesi possono ripristinare
gli equilibri illiberali voluti dalla versione originaria della Costi-
tuzione di Pasqua. Detto altrimenti, nel testo fondamentale resta-
no comunque tante previsioni lontane dai parametri del costitu-
zionalismo europeo e dalla concezione liberale delle democrazia
che ispira il quadro istituzionale sovranazionale.

8.5 Il momento dei bilanci

Messi in evidenza i limiti della soluzione comitologica, oc-


corre ancora riflettere su un’ultima questione. Come abbiamo visto
nell’introduzione di questo lavoro, le teorie del costituzionalismo
europeo, nel sostenere le virtù del dialogo interistituzionale e nel
difendere la necessità di proseguire con un’indefinita perpetuazio-
ne degli schemi della ‘morbida’ integrazione funzionalista44, rifug-
gono dal dato strettamente normativo e prendono lo spunto da va-
lutazioni di carattere essenzialmente empirico. Coerentemente con
le concezioni sostanziali della democrazia e del costituzionalismo
che sono state abbracciate dall’orizzonte metodologico adottato, in
genere gli autori che si richiamano a questa prospettiva ritengono
possibile che formulazioni normative infelici possano comunque
rivelarsi funzionali all’affermazione di un regime autenticamente
democratico. In questa ottica, l’involuzione normativa può al mas-
simo rappresentare un indizio e, per poter sostenere che ci si tro-
va di fronte ad un effettivo inasprimento del quadro complessivo,
diventa dunque imprescindibile confrontarsi con le realizzazioni
concrete prodotte dalle norme. Pertanto, con l’intento di segna-
lare che il caso dell’Ungheria mette in evidenza le contraddizioni

44
Secondo M. LUCIANI, Costituzione, integrazione europea, globalizzazione
in Quest. giust., 2008, 6, 65 – 79, il costituzionalismo multilivello è orientato
a trasformare, in contrasto con lo spirito europeistico originario, la tattica fun-
zionalista che Schuman e Monnet avevano elaborato (per aggirare gli ostacoli
all’avanzata del processo di integrazione) nel fine ultimo dell’apparato istitu-
zionale europeo.
180 PARTE IV

lasciate aperte da quella strategia che ottimisticamente affida al


(solo) dialogo interistituzionale il mantenimento degli equilibri
europei e per cercare di argomentare la necessità di ripensare le
strutture e le logiche del processo di integrazione, occorre ancora
dimostrare come, al di là delle involuzioni normative che caratte-
rizzano il nuovo ordine giuridico, l’impotente inerzia delle istitu-
zioni europee abbia finito con il tradire le promesse del neocostitu-
zionalismo e con l’abbandonare un paese alle prassi politiche di un
governo concretamente illiberale.
In verità, in considerazione di quanto si è finora detto, una simile
dimostrazione pare abbastanza semplice da fornire. Infatti, è facile
intuire come, per la loro gravità, le modifiche normative sono già di
per se stesse foriere di lesioni gravi e durature degli interessi tutelati
dal costituzionalismo europeo. Tuttavia, per dare un quadro completo
che non lasci spazio ad alcun tipo di alibi, di seguito si farà rapi-
damente riferimento ad elementi extranormativi che danno una più
chiara rappresentazione della drammaticità della situazione magiara.
A questo proposito, anche volendo tacere delle crescenti spe-
requazioni sociali e dello spaventoso aumento della corruzione
che sono stati denunciati dagli osservatori internazionali e anche
volendo tacere l’uso strumentale della giustizia (si veda il pro-
cesso contro il leader dell’opposizione socialista Mesterházy45,
le incriminazioni dell’ex Primo ministro Ferenc Gyurcsány, del
leader di MDF Ibolya Dávid e l’arresto di alcuni ministri del pre-
cedente governo46), è in primo luogo possibile riferire come si
assista ad erosioni concrete di diritti fondamentali basilari e ad
uno sgretolamento delle forme di convivenza civile che dovreb-
bero regolare una società: i trentatré casi trasferiti in violazione
delle regole di competenza giudiziaria e del principio del giudice

45
La stampa ungherese ha riportato come nel processo contro Ernö Me-
sterházy, Attila Antal, uno dei testimoni chiave dell’accusa ha ritrattato e, dopo
essersi scusato con l’accusato, ha sostenuto di averlo accusato soltanto per-
ché la combinazione tra le minacce della polizia e il suo debole stato di salute
(proprio nei giorni della vicenda era stato colpito da un infarto) gli aveva fatto
temere per la propria vita.
46
Il ministro George Szilvásy è stato arrestato e i leader del Partito Liberale
(Ernö Mesterházy e András Gyakiczky) sono stati coinvolti in un procedimento
per corruzione.
LA REAZIONE SUCCESSIVA 181

naturale47 e i 2.700.000 fiorini di multe inflitte ai barboni48 sono


soltanto due esempi dei gravi episodi che in questo momento sto-
rico stanno caratterizzando il contesto socio - politico ungherese.
A ciò si può anche aggiungere che la scelta di non introdurre un
bando per l’istituzione delle organizzazioni paramilitari e l’osti-
lità nei confronti delle “altre nazionalità” che in più punti trasuda
dalla nuova Costituzione si sta traducendo in una pericolosissima
connivenza tra l’esecutivo e i gruppi di estrema destra e in una
serie di abusi nei confronti delle numerose minoranze che vivo-
no sul territorio ungherese49: nel mese di marzo del 2011 (cioè
nei giorni in cui in Parlamento si ‘discuteva’ la Costituzione),
la compiaciuta inerzia del governo ha permesso che l’organiz-
zazione Szebb Jövoért Polgáror Egyesület50 (braccio armato del
gruppo politico di estrema destra JOBBIK) abbia potuto iniziare
a ‘pattugliare’ parecchi centri abitati in nome di un supposto do-
vere di difendere la razza ungherese dai criminali zingari senza
che la polizia intervenisse51; nel mese di aprile dello stesso anno
(cioè nel momento in cui il costituente si accingeva ad approvare
un testo costituzionale in cui non si fa alcun riferimento al divieto
di organizzare gruppi paramilitari), un altro gruppo paramilitare
di nome Védero52, sempre favorito dall’inattività della polizia, ha
invece organizzato un ‘campo di addestramento’ che ha richie-
sto l’intervento della Croce Rossa per far spostare i duecento-
cinquanta Rom residenti a Gyöngyöspata e ha prodotto una serie

47
È quanto riporta il paragrafo 70 del parere 683 del 2012 della Commissio-
ne di Venezia.
48
Secondo quanto denunciato da Magdalena Sepúlveda, Special Rappor-
teur on extreme poverty and human rights, è questo l’importo delle sanzioni
pecuniarie inflitte ai senzatetto colti a dormire nelle zone proibite. La cronaca
riferisce anche di applicazioni della norma che prevede gli arresti per i recidivi.
49
Per maggiori dettagli sul punto si veda il documento redatto da Helsinki
Hungarian Committee.
50
Letteralmente l’espressione significa Associazione Guardia civile per un
futuro migliore.
51
Al di là di questi episodi è anche il caso di segnalare che l’ostilità di al-
cuni gruppi estremisti nei confronti delle minoranze ha fatto registrare anche
episodi di antisemitismo. A questo proposito può essere opportuno riferire che
il documento dell’organizzazione non governativa The Canadian – Hungarian
Charter riporta una dichiarazione in cui Imre Posta (uno dei rappresentanti di
JOBBIK) ha impunemente affermato che «today, antisemitism is not only an
opportunity but a duty for all Hungarians».
52
Letteralmente l’espressione significa Forza di difesa.
182 PARTE IV

di episodi di violenza e il ferimento (in alcuni casi anche grave)


di alcuni componenti della comunità gitana locale53. In secondo
luogo, al di là di quanto già riportato a proposito dell’applicazione di
certe disposizioni costituzionali, l’esecutivo sta sfruttando in pieno le
potenzialità antidemocratiche del nuovo ordine e, dopo aver progres-
sivamente azzerato il quadro istituzionale preesistente, sta in concreto
conducendo una campagna di colonizzazione delle istituzioni statali:
i due presidenti della Repubblica che si sono avvicendati negli ulti-
mi anni54; i sei nuovi giudici costituzionali55; il Presidente dell’Ufficio

53
Le responsabilità dell’esecutivo sono state riportate dal documento di Hel-
sinki Hungarian Committee che ha anche segnalato come le numerose denunce
delle organizzazioni non governative sono sostanzialmente cadute nel vuoto. Ad
esempio, a questo proposito, nel documento si mette in evidenza che tra le accuse
cadute nel vuoto c’è anche quella con cui Hungarian Civil Liberties Union (un’altra
organizzazione non governativa attiva in Ungheria) segnalava che una donna Rom
incinta di otto mesi era stata accerchiata e molestata (presa a sputi e minacciata con
alcune fruste) da un gruppo di individui in maschera e, subito dopo l’evento trau-
matico, ha partorito prematuramente a causa del forte stress subito.
54
Sia la scelta di nominare Pál Schmitt (fervente militante comunista e,
dopo il crollo del regime, fedelissimo di Orbán), sia la scelta di sostituire que-
sto (costretto alle dimissioni per uno scandalo relativo al plagio della sua tesi
di dottorato) con János Áder (cofondatore di FIDESZ e coautore della legge
elettorale), in abbinamento con l’inerzia che ha caratterizzato l’azione dei due,
hanno da subito alimentato il sospetto che la maggioranza abbia inteso neutra-
lizzare ogni residua possibilità di un autentico controllo presidenziale sull’azio-
ne di governo. I sospetti sono aumentati dal fatto che, secondo quanto riporta
The Canadian – Hungarian Charter, la presidenza di Schmitt è stata caratte-
rizzata da una netta inversione di tendenza nella consolidata prassi di rinvio
presidenziale alla Corte costituzionale delle questioni controverse.
55
Si può prendere ad esempio il nuovo giudice Istvan Stumpf. Leader
dell’organizzazione giovanile comunista, Stumpf diventa un importante mini-
stro del primo governo presieduto da Orbán. È stato sottolineato che il nuovo
giudice non ha mai svolto la funzione di magistrato e non si è mai occupato di
questioni connesse con il diritto costituzionale. Come si evince dal documento
Events of concern in Hungary during the period of the country’s EU Presidency
redatto da una delle organizzazioni non governative (Hungarian Helsinki Com-
mittee) che ha contestato il governo, anche l’elezione del giudice Béla Pokol
è da considerare preoccupante perché il soggetto interessato avrebbe sostenuto
che «if in a given community a national or ethnic minority’s behaviour leads to
a higher crime rate then the principle of equal treatment might be discarded»
e che «it is clear from my articles that I find the way followed by human rights
defender for the integration of Roma community, i. e. the preference of anti-
discrimination, a dead end». Pure l’elezione di Istvan Balsai parlamentare di
FIDESZ e grande accusatore dell’ex Primo ministro Gyurcsány ha suscitato
parecchie polemiche.
LA REAZIONE SUCCESSIVA 183

giudiziario nazionale56; i vertici delle amministrazioni giudiziarie; il


Procuratore generale57; i nuovi giudici che hanno sostituito quelli ar-
bitrariamente cacciati; il Comitato di controllo per le elezioni58; l’Au-
torità di controllo dei media59; i vertici delle forze di polizia (inclusi
molti vertici delle forze di polizia locale); l’Autorità di controllo della
concorrenza60; l’ufficio delegato al controllo contabile dell’attività del
governo61; i membri (incluso il Presidente) dell’organo di supervisione
della Banca centrale62; i dipendenti della pubblica amministrazione63;

56
Il delicatissimo incarico è stato attribuito a Tünde Handó, moglie di József
Szájer che è, assieme ad Orban, uno dei cofondatori di FIDESZ ed è considera-
to il padre del nuovo ordine costituzionale.
57
L’incarico di Procuratore generale è stato attribuito a Peter Polt, personag-
gio organico alle forze di maggioranza.
58
Secondo quanto riporta M. BÁNKUTI – G. HALMAI – K. SCHEPPELE, op. cit., 140
i membri del Comitato sarebbero andati in scadenza nel 2014 perché eletti due mesi
prima delle elezioni del 2010 con un mandato di quattro anni. Gli stessi autori riportano
anche che, secondo l’esperienza consolidata tra il 1989 e il 2010, i dieci seggi di cui si
compone il Comitato erano divisi sulla base di un accordo tra le forze politiche di mag-
gioranza e quelle di opposizione e comunque in maniera tale da garantire che ognuno
dei cinque principali partiti politici ungheresi avesse un suo rappresentante. Mettendo
alle spalle questa esperienza di pluralismo democratico FIDESZ, appena raggiunto il
potere, ha preso sei dei dieci seggi disponibili. Bisogna segnalare che, oltre al controllo
sui risultati elettorali, il Comitato ha una serie di funzioni in materia di referendum.
59
Secondo quanto riporta M. BÁNKUTI – G. HALMAI – K. SCHEPPELE, op. cit.,
140 – 141, la neo istituita Autorità di controllo dei media, pur avendo in (minima)
parte visto ridurre le sue competenze in seguito alle pressioni esercitate dal Con-
siglio d’Europa e dall’Unione europea, è chiamata a dare applicazione ai generici
riferimenti normativi (a partire dalla nuova Costituzione) che contraddistinguono
il sistema ungherese ed è caratterizzata da una composizione monopartitica.
60
Secondo quanto riporta il documento dell’organizzazione non governati-
va The Canadian – Hungarian Charter, FIDESZ ha inopportunamente nomi-
nato al vertice dell’agenzia Miklós Juhász che, oltre ad essere vicino al partito,
in passato è stato personalmente protagonista di alcune importanti controversie
giuridiche che hanno coinvolto l’istituzione in questione.
61
Secondo quanto riporta il documento dell’organizzazione non governati-
va The Canadian – Hungarian Charter, il governo ha affidato l’incarico ad uno
dei parlamentari della maggioranza László Domokos.
62
Secondo quanto riporta il documento dell’organizzazione non governativa
The Canadian – Hungarian Charter, il governo, una volta preso atto della pressione
internazionale che si sarebbe determinata in seguito alla rimozione del Governatore
della Banca centrale, in attesa che la naturale scadenza del mandato consenta una
sostituzione non polemica, ha nominato come Presidente dell’Autorità di vigilanza
Zsigmond Járai, precedente Ministro delle finanze del Governo Orbán.
63
Contrariamente a quelle prassi di buona amministrazione che imporrebbero di
non coinvolgere il personale nel gioco politico, l’introduzione delle nuove norme sul
pubblico impiego ha messo il governo nelle condizioni di poter esercitare inopportu-
184 PARTE IV

il capo del nuovo corpo di polizia antiterrorismo64 (Terrorelhárítási);


il capo della nuova guardia parlamentare65; le istituzioni culturali; le
comunità scientifiche; le industrie pubbliche e le televisioni di stato66

ne pressioni sul personale: attraverso il licenziamento senza causa e senza preavviso


dei non allineati e attraverso la promozione e la concessione di premi per i dipendenti
schierati con FIDESZ il governo sta distruggendo l’idea della neutralità della pubbli-
ca amministrazione e sta lentamente (ma inesorabilmente) conseguendo il controllo
integrale (non solo dei vertici, ma anche della base) dell’apparato burocratico.
64
János Hajdu, guardaspalle personale del Primo ministro, è stato nominato al
vertice del nuovo servizio antiterrorismo. È da segnalare che, almeno formalmente,
il corpo speciale in questione risponde soltanto al Ministro degli interni Sándor
Pintér (noto per alcuni incarichi di responsabilità negli anni del regime comunista).
Si noti che, secondo quanto riporta K. SCHEPPELE, The new Hungarian secret police,
in krugman.blogs.nytimes.com, il Terrorelhárítási ha il potere di incidere in maniera
profonda sulla vita privata dei cittadini perché, senza nessun controllo effettivo, può
raccogliere una enorme quantità di dati personali e perché può arrivare a detenere i
sospettati. Questa circostanza è aggravata dal fatto che l’ambigua natura del Terro-
relhárítási prevede che esso abbia sia ordinarie funzioni di polizia, sia funzioni di
corpo speciale. Nel primo caso esso, come tutte le forze di polizia, agisce nel quadro
dei poteri ordinari e quindi ha la necessità di un mandato del giudice ordinario.
Nell’esercizio delle funzioni speciali può liberamente intervenire senza vincoli (la
disposizione originaria che prevedeva che il corpo speciale si attivasse soltanto in
riferimento ad indagini in corso presso l’autorità ordinaria è stata soppressa). Tut-
tavia, in ragione di una certa vaghezza degli enunciati normativi di riferimento (le
norme in questione parlano genericamente di “crimini contro l’ordine pubblico con
l’intento di condizionare forzatamente l’azione, l’inazione o la tolleranza da parte di
un organo dello Stato”) e in ragione dell’assenza di qualsiasi efficace possibilità di
controllo, è semplice capire come sia facile che le funzioni speciali (non sottoposte
a nessun tipo di controllo) possano essere utilizzate praticamente in ogni circostan-
za che richieda l’intervento delle forze di polizia. È il caso di notare che la prassi sta
registrando un utilizzo assai estensivo di questo corpo speciale.
65
In questo momento, la nuova guardia parlamentare è affidata alla responsabilità
di László Kövér, Presidente della Camera e Ministro del primo governo FIDESZ. Si
noti che anche per quanto riguarda l’istituzione della guardia parlamentare si pongono
problemi analoghi a quelli determinati dall’istituzione delle forze antiterrorismo.
66
Sempre secondo quanto riporta il documento dell’organizzazione non gover-
nativa The Canadian – Hungarian Charter, un alto funzionario dell’Unione euro-
pea, noto militante anticomunista, ha scritto a questo proposito: «The assault on
the philosophers, Heller, Vajda, Radnoti, is a politically motivated persecution. It’s
show-trial character made evident by the fact that the government views every one
of the philosophers in question as liberal thinkers – scholars from the same or other
disciplines of a different ideological persuasion are not targeted. The same one-
sided campaign is being orchestrated against people working within the realm of
contemporary art – the investigation into the use of PPP funds in higher education
follows the same ideological score. In one case the operative word for triggering an
investigation is ”liberal” in another, such as the case of Laszló Rajk – the operative
word for triggering a police investigation is “non-figurative art”».
LA REAZIONE SUCCESSIVA 185

sono stati nominati senza alcun rispetto per l’idea di checks and ba-
lances e rappresentano altrettanti esempi di una volontà di controllo
delle istituzioni che non appare certo compatibile con le impostazioni
del costituzionalismo liberale. La distanza dai paradigmi tradizionali è
ribadita dalla durata di questi incarichi che in molti casi supera di gran
lunga la vita della maggioranza parlamentare che li ha determinati.
Una volta chiarita questa questione e dimostrata la dimensione
concreta delle lesioni prodotte dal nuovo ordine giuridico, l’analisi fin
qui condotta sembra finalmente sufficiente per iniziare a redigere un
primo bilancio sugli effetti dell’interazione tra il quadro istituzionale
europeo e le istituzioni ungheresi. Più specificamente, rinviando alle
conclusioni le considerazioni di ordine più generale, per ora sarà suf-
ficiente mettere in evidenza che, nonostante i vari tentativi esperiti in
ambito sovranazionale, il sistema ungherese ha continuato la sua pro-
gressiva caduta verso un modello autoritario che concepisce il diritto
come uno strumento per calpestare concretamente i diritti fondamen-
tali e le più basilari istanze democratiche.
CONCLUSIONI

Per un nuovo Sonderweg europeo

Di fronte alle involuzioni democratiche fatte registrare dalla


nuova Costituzione di Pasqua e di fronte al progressivo ed inar-
restabile deterioramento della vita democratica ungherese si in-
frangono alcuni miti della grande narrazione che ha guidato l’Eu-
ropa contemporanea e cade l’illusione per cui l’abbinamento tra
una giurisprudenza costituzionale forte e la semplice perpetua-
zione degli schemi funzionalistici dell’integrazione europea basti
da solo a prevenire le ricadute populistiche e a salvaguardare la
democrazia. Infatti, nonostante l’originaria forza del giudice co-
stituzionale e nonostante i vari tentativi esperiti in ambito sovra-
nazionale, il sistema ungherese ha continuato la sua progressiva
caduta verso i modelli autoritari e ancora per un lungo periodo
pare destinato a smentire le progressiste promesse fatte dal costi-
tuzionalismo europeo: poste a fronte delle grandi ambizioni del
processo di integrazione, il prepotente ritorno alla retorica della
sovranità, la demonizzazione del pluralismo, la sistematica mor-
tificazione delle istanze contromaggioritarie, il mancato rispetto
dell’idea di laicità, l’inosservanza di diritti fondamentali basila-
ri, la situazione di assoluta incertezza giuridica, la compressio-
ne degli spazi di democrazia e la discriminazione nei confronti
delle minoranze nazionali rappresentano altrettante smentite dei
successi europei e dimostrano in maniera impietosa l’attuale im-
potenza dell’Europa di fronte a violazioni che una volta erano
immaginate solo come ipotetiche, ma che, nel nuovo scenario
della crisi, sono diventate drammaticamente reali. Le dimensioni
del fallimento sono ancora più evidenti se si considera che le
teorie neocostituzionali in passato hanno spesso additato l’Un-
gheria come modello virtuoso e che la neutralizzazione giuridica
realizzata attraverso il peculiare regime di courtocracy è stata
celebrata come grande garanzia contro le tentazioni autoritarie.
188 CONCLUSIONI

Preso dunque atto dello scarto profondo che separa le otti-


mistiche prospettive della teoria costituzionale europea dalla re-
altà materiale, pare necessario ritornare a ragionare criticamente
su alcuni dei presupposti su cui essa si fonda. Innanzitutto, una
volta acclarato che la fobia per il potere si è tradotta in un ordine
continentale privo di ogni reale capacità di realizzare le proprie
promesse, non sembra ulteriormente rimandabile l’introduzione
di modifiche mirate a temperare la frammentazione del quadro
istituzionale europeo e a semplificarne la complessità. Sebbene
l’assoluta irriducibilità delle istituzioni europee sia tradizional-
mente considerata una preziosa garanzia del pluralismo, essa
in relazione al caso magiaro ha manifestato limiti evidenti e si
è dimostrata disfunzionale al perseguimento degli obiettivi del
processo di integrazione: per un verso, le istituzioni del Consi-
glio d’Europa, forti della loro ampia competenza conoscitiva e
sostanzialmente prive di poteri sanzionatori, hanno individuato
correttamente e tempestivamente i problemi senza però riuscire
ad intervenire; per l’altro, le istituzioni dell’Unione europea, con
un ambito conoscitivo molto più definito e con qualche strumen-
to effettivo a disposizione, si sono trovate in un comprensibile
imbarazzo e sono intervenute fuori tempo massimo e in maniera
per lo più settoriale.
Inoltre, proprio in considerazione del ritardo con cui l’Euro-
pa ha iniziato a prendere i primi (timidi) provvedimenti concreti,
almeno per ciò che attiene all’Unione europea, paiono necessa-
rie riforme che garantiscano tempi più rapidi di azione: secondo
quest’ottica, l’analisi svolta mostra come di fronte a violazioni
macroscopiche dell’ordine costituzionale europeo sono stati ne-
cessari otto mesi prima che la Commissione andasse al di là delle
iniziali (e ambigue) condanne politiche e sono dovuti trascorre-
re quasi quattro anni prima che il Parlamento europeo mettesse
in cantiere un progetto per cercare di ottenere qualche risulta-
to effettivo. A questo proposito, se può certamente essere utile
lo snellimento di processi decisionali volutamente farraginosi e
certamente non funzionali all’affermazione dei valori europei (si
pensi alle supermaggioranze richieste per la semplice attivazio-
ne dei meccanismi sanzionatori previsti dall’art. 7 del Trattato
sull’Unione europea), non pare si possa prescindere dal mettere
in discussione una filosofia che, in nome del rispetto delle speci-
ficità nazionali, ha configurato le istituzioni europee come sog-
getti che semplicemente reagiscono alle violazioni e non come
PER UN NUOVO SONDERWEG EUROPEO 189

soggetti che si attivano per prevenire le contraddizioni che deter-


minano i problemi.
A ciò si aggiunga anche che la vicenda ungherese evidenzia
come, in assenza di un interlocutore sinceramente preoccupato di
trovare soluzioni compatibili con i valori del costituzionalismo
liberale e democratico, la mancanza di un quadro sanzionatorio
chiaro e adeguatamente articolato ha annullato gli effetti del dia-
logo interistituzionale (e anche quelli del non sempre facile dia-
logo tra i giudici) e ha reso poco credibile il quadro istituzionale
sovranazionale: a ben vedere, pur non essendo assolutamente
sufficienti a salvaguardare la tenuta democratica ungherese, i po-
chissimi risultati concretamente raggiunti (ad esempio, le modi-
fiche sulla Banca centrale magiara o i temperamenti che potranno
essere introdotti con l’entrata in vigore del quinto emendamento)
non sono stati conseguiti attraverso il dialogo, ma sono invece
stati ottenuti proprio in quegli ambiti o in quelle situazioni in cui
l’esecutivo ha percepito che i costi di un mancato adeguamento
avrebbero potuto superare i benefici. Segnatamente, come è stato
ben rilevato dai sostenitori della soluzione comitologica, sembra
necessario individuare strumenti nuovi, perché, per il suo essere
rigidamente incentrato sull’alternativa tra la debole procedura di
infrazione e la dura sospensione dei diritti di voto, il quadro san-
zionatorio attuale pare al momento essere inadeguato.
Per quanto abbiano il merito di individuare alcuni gravi li-
miti tecnici del diritto europeo, le considerazioni appena svolte
non sembrano però idonee a mettere in luce i veri nodi politici
che hanno impedito all’Europa un’efficace gestione della crisi
ungherese. Da questa prospettiva, non è tanto l’assenza di questo
o quello specifico meccanismo istituzionale che ha determinato
la drammatica incapacità di reazione analizzata in questo lavo-
ro. Piuttosto, le ragioni dell’insuccesso sembrano da ricercare
nelle stesse fondamenta della costruzione teorica che ha fin qui
guidato l’integrazione e attengono alla carenza di democraticità
delle istituzioni europee (cioè all’assenza di una legittimazione
formale) e alla loro mancanza di legittimazione sostanziale. In
particolare, per quanto celebrata dai sostenitori del Sonderweg
europeo, l’opzione per un funzionalismo che ancora oggi pre-
dilige gli schemi dell’integrazione intergovernativa si è di fatto
tradotta in un coinvolgimento solo marginale della cittadinanza
(o per lo meno di ampie porzioni della cittadinanza) nella costru-
zione dell’Europa e ha finito con il produrre un costituzionali-
190 CONCLUSIONI

smo debole che, nell’attuale contesto di crisi, non riesce più ad


imporsi perché assai poco rappresentativo. Tale situazione è, poi,
ulteriormente aggravata dal fatto che per un verso le istituzioni
europee, dimenticando per prime i valori menzionati nei tratta-
ti, hanno interpretato il loro mandato in funzione dell’esclusivo
perseguimento di obiettivi macroeconomici e per l’altro hanno
imposto azioni fortemente impopolari. Per dirla con altre parole,
insomma, sull’incapacità di reazione dell’Europa pesa oggi l’in-
congruenza di chi, senza porsi il problema della democraticità
delle proprie decisioni, pretende che gli altri rispettino la demo-
crazia. Allo stesso modo si sconta anche la scelta di aver unila-
teralmente ristretto il campo d’azione del quadro sovranazionale
e la debole legittimazione di istituzioni e di politiche che giorno
dopo giorno si dimostrano incapaci di perseguire i limitati obiet-
tivi che arbitrariamente si sono prefissati.
Pertanto, non meraviglia affatto che la vicenda ungherese si
inscriva in un quadro di difficoltà generale vissuta in questo spe-
cifico periodo storico dall’idea di Europa. L’osservazione di altri
sistemi politici conferma tutti i limiti di legittimazione formale e
sostanziale dell’attuale quadro istituzionale e apre ulteriori dubbi
sulla sostenibilità del modello. La continua emersione di forze
populistiche e antidemocratiche, pur senza arrivare agli estremi
del caso magiaro (si veda però quanto riferito in appendice a pro-
posito della possibilità di un ‘contagio’ romeno), sta mettendo a
dura prova la tenuta di paesi la cui democrazia ha radici antiche
e consolidate e, sempre più frequentemente, crea intralci all’in-
tegrazione europea: anche senza voler sopravvalutare le reazioni
mediterranee (che però nel caso greco stanno acquisendo colori-
ture drammatiche) alle ricette europee per uscire dalla crisi, non
si può fare a meno di osservare come dalla Danimarca alla Fin-
landia e dalla Svezia alla Francia si registri un’apparentemente ir-
resistibile avanzata elettorale di formazioni partitiche demagogi-
che e dichiaratamente antieuropee. Da questa prospettiva, quindi,
il successo elettorale che ha messo FIDESZ nelle condizioni di
fare ciò che ha fatto pare da interpretare come una nuova (anche
se significativamente più forte) manifestazione di insofferenza.
Esso sembra da interpretare come la reazione di una società civi-
le che, a dispetto di quanto è stato finora rappresentato, si sente
mortificata dall’azione europea, non sopporta più la giuridifica-
zione dei problemi politici ed è stanca di non poter interagire con
un’Europa che, lungi dal voler trovare un percorso comune per
PER UN NUOVO SONDERWEG EUROPEO 191

affrontare le insidie del mondo globale, è unita solo dal mercato


e da una concezione mercantilista dei diritti e della democrazia.
Per quanto potenzialmente utili, dunque, tutte le possibili
modifiche formali non saranno da sole in grado di assicurare un
futuro di pace, benessere e prosperità al vecchio continente. Piut-
tosto, per cercare di garantire che l’Europa continui ad essere
l’area di pluralismo e di democrazia che è stata nei decenni pre-
cedenti e per tentare di preservare la sua capacità di rispondere
alle sfide della globalizzazione, occorre che essa ritrovi la capaci-
tà di rinnovarsi che ha caratterizzato il Sonderweg e, percorrendo
una nuova “via speciale”, sappia rimettere in discussione le scel-
te politiche fondamentali che fin qui hanno guidato il processo
d’integrazione: senza mostrare nostalgia per esperienze passate
e irripetibili e prendendo pragmaticamente lo spunto dagli errori
del presente, bisognerebbe avere il coraggio di superare i tabù del
dibattito costituzionalistico europeo, di evitare ogni tentazione
elitista e di allargare lo sguardo oltre il semplice perseguimento
delle esigenze del mondo economico.
Altrimenti, se si sceglie di trascurare le istanze di cambia-
mento che con modalità differenti provengono da tutto il con-
tinente e se si sceglie di proseguire lungo i sentieri già battuti
c’è il rischio di abbandonare l’impostazione del contrattualismo
costituzionale e di ricadere in quel “feticismo politico” che pro-
prio l’idea di Sonderweg ha inteso prevenire. Sul piano prati-
co tutto ciò avrebbe costi altissimi e metterebbe in pericolo gli
indiscutibili risultati storicamente conseguiti dal processo euro-
peo: continuando a difendere un’Europa orientata a prescindere
dalla cittadinanza si finirà con l’indebolire un’integrazione che,
pur essendo ogni giorno più necessaria, già oggi appare messa
in discussione dalla sua incapacità di ascoltare i cittadini e dalla
sua incapacità di fornire risposte adeguate ai problemi della loro
quotidianeità.
APPENDICE
IL ‘CONTAGIO’ ROMENO

SOMMARIO: 1. La genesi del costituzionalismo postrivoluzionario rome-


no e il ruolo marginale del giudice costituzionale 2. L’illusione: le
riforme costituzionali del 2003 e il nuovo ruolo della giustizia co-
stituzionale 3. Il ritorno alla realtà: le crisi costituzionali del 2007 e
del 2012 4. Conclusioni. I rischi di ricadute autoritarie in Romania
e le responsabilità dell’Europa

1. La genesi del costituzionalismo postrivoluzionario romeno


e il ruolo marginale del giudice costituzionale

Contrariamente a quanto è avvenuto in altri paesi dell’Euro-


pa orientale, al momento della crisi del regime sovietico, il go-
verno comunista si è rifiutato di fare concessioni costituzionali
e non ha cercato nessuna forma di dialogo con le opposizioni.
Questa scelta ha determinato una situazione per cui, diversamen-
te da quanto accaduto nell’Ungheria di quegli anni, il sistema
politico romeno non ha vissuto una fase di transizione negoziata
ed è stato caratterizzato da una concitata fase di ‘rottura’ violenta
dell’ordine costituzionale istituito.
Tuttavia, prescindendo dai disordini e dalle violenze che
hanno caratterizzato i mesi successivi alla caduta del muro di
Berlino (culminati con l’esecuzione del Presidente Ceauşescu),
l’emersione del potere costituente è stata accompagnata da ele-
menti che testimoniano, almeno sotto certi punti di vista, una cer-
ta continuità con l’esperienza politica precedente1: anche senza
voler considerare che la nomenklatura comunista ha dimostrato
una significativa capacità di adattamento ai nuovi tempi, alla dot-
trina non è sfuggito che, almeno per i primi dieci anni, la ripropo-

1
È questo quanto viene sostenuto da P. BLOKKER, Romanian Constitutional-
ism: Form without Content?, in http://ssrn.com.
196 APPENDICE

sizione di pratiche politiche di matrice autoritaria ha confermato


la distanza che separa il regime postrivoluzionario dagli schemi
istituzionali delle moderne democrazie costituzionali.
In particolare, la scienza giuridica più attenta ha immediata-
mente rilevato come, al di là di alcune aperture all’innovazione
(ad esempio l’opzione per un Consiglio provvisorio per l’uni-
tà nazionale ha ricordato ad alcuni osservatori il modello delle
tavole rotonde costituzionali2), sin dall’elezione dell’assemblea
costituente l’elemento che ha caratterizzato la transizione rome-
na è stato l’adesione ai modelli di democrazia nazionale ispirati
da concezioni olistiche ed etnocentriche della vita politica3. A
riprova di una certa superficialità (almeno dal punto di vista co-
stituzionale) dei cambiamenti realizzati, si può in primo luogo
riferire della tendenza politica a richiamare strumentalmente il
testo costituzionale per poi comunque ‘imporre’ la volontà della
maggioranza sulle minoranze4. Allo stesso modo si può, in se-
condo luogo, fare riferimento a quel processo che affida alla ‘sa-
cralizzazione’ degli ideali nazionalistici il compito di prendere il
posto della ‘sacralità’ degli ideali comunisti5.
In un contesto di questo tipo non meraviglia quindi che gli
istituti caratteristici dello stato costituzionale facciano fatica ad
affermarsi e che anche quando vengono riconosciuti finiscano
inevitabilmente con il risultare snaturati6. L’esempio tipico è

2
Con il dichiarato obiettivo di ristabilire la democrazia, la libertà e la digni-
tà del popolo romeno, il Fronte di salvezza nazionale si propone come nuovo
soggetto sovrano e dopo la cacciata di Ceauşescu istituisce il Consiglio prov-
visorio per l’unità nazionale che ha il compito di proporre le riforme. Sarà poi
l’assemblea eletta nel maggio 1990 a svolgere la funzione di costituente e sarà
il corpo elettorale (con il referendum dell’8 dicembre 1991) ad approvare il
definitivo testo costituzionale.
3
È quanto sostenuto da P. BLOKKER, op. cit..
4
Si veda P. BLOKKER, op. cit., dove, tra l’altro, si mette in evidenza come
la sovrarappresentazione del Fronte di salvezza nazionale non rispecchiava la
complessità della società romena.
5
Si veda P. BLOKKER, op. cit..
6
A proposito della fatica di affermarsi del sistema di giustizia costituzio-
nale, Ion Muraru, Presidente della Corte costituzionale in quegli anni, riferisce
che «in the debates in the Constituent Assembly, it was hard to convince even
the lawyers that we needed a distinct authority of this sort». Per maggiori rife-
rimenti vedi l’intervista al Presidente Muraru in A. MUNGIU – PIPPIDI, Interview
with President of the Romanian Constitutional Court, Ion Muraru, in East Eur.
Const. Rev., 1997, 1, 78 – 93.
IL ‘CONTAGIO’ ROMENO 197

quello delle disposizioni che introducono nel sistema giuridico


romeno le prime forme di controllo di costituzionalità. Pur senza
volere sopravvalutare l’assenza di disposizioni che affidano al
giudice costituzionale la funzione di garante degli equilibri po-
litici fondamentali, non si può fare a meno di riferire che la Co-
stituzione romena si discosta sensibilmente dalla via intrapresa
negli stessi anni dal costituente ungherese e che, fino alla riforma
del 2003, questa è l’unica Costituzione a prevedere che le deci-
sioni della Corte costituzionale possano essere ribaltate in sede
parlamentare7. Anche se la prassi costituzionale si è immedia-
tamente incaricata di smentire un simile potere (di fatto, l’art.
145 non ha mai trovato applicazione concreta), la sua previsione
rappresenta comunque un’importantissima testimonianza di quel
sentimento di sfiducia che per i primi dieci anni ha assegnato un
ruolo assolutamente marginale al controllo di costituzionalità e al
costituzionalismo in generale8.

2. L’illusione: le riforme costituzionali del 2003 e il nuovo


ruolo della giustizia costituzionale

Nonostante i limiti della primissima fase del costituziona-


lismo postrivoluzionario, negli anni immediatamente successivi
si assiste ad un processo di riforme che, in linea con la tendenza
alla diffusione dello stato costituzionale europeo, almeno in ap-
parenza sembra riappacificare la Romania con gli standard costi-
tuzionali delle più mature democrazie dell’Europa occidentale.

7
Il sistema costituzionale polacco dopo la riforma costituzionale del 1997
preclude la possibilità di ribaltare le decisioni del giudice costituzionale.
8
Con l’unica eccezione della decisione relativa alla possibilità del Presidente
Iliescu di fare un terzo mandato, nel corso degli anni novanta la Corte costituzio-
nale non ha adottato nessuna decisione che abbia avuto un impatto decisivo nella
vita politica della Romania. Non meraviglia dunque che in B. IANCU, Constitu-
tionalism in Perpetual Transition, in B. IANCU, The Law/Politics Distinction in
Contemporary Public Law Adjudication, Eleven International Publishing, 2009,
187 – 211 (riportato da P. BLOKKER, op. cit.), si sostiene che per «a very long time
after the adoption of the 1991 Constitution, neither public debates nor political
disputes were framed in the language and logic of constitutionality or constitu-
tionalism. The local “Guardian of the Constitution” was relegated to a marginal,
almost irrelevant position».
198 APPENDICE

Le ragioni che spingono ad una revisione del testo costitu-


zionale sono certamente varie. Senza ombra di dubbio, già sul
fronte interno esistono parecchi motivi per essere insoddisfatti
della formulazione delle disposizioni costituzionali: sia il desi-
derio di sciogliere alcune ambiguità relative alle relazioni tra le
istituzioni politiche, sia la volontà di snellire un procedimento
legislativo pesante e farraginoso rappresentano delle motivazioni
importanti per spiegare i cambiamenti introdotti. Tuttavia, non
pare possibile mettere in discussione che, in vista dell’adesione
all’Unione europea, sia stata la necessità di adeguarsi all’acquis
communautaire a dare lo slancio decisivo al processo di revisio-
ne costituzionale9.
Così, sulla base di un accordo tra i principali gruppi parti-
tici romeni, nel 2002 si stabilisce una Commissione a cui vie-
ne affidato il compito di riformare la Costituzione. Dai lavori di
questo organo esce un testo profondamente modificato (62 dei
152 articoli vengono modificati, 5 articoli vengono eliminati e
9 nuovi articoli vengono introdotti10) che viene approvato in via
definitiva verso la fine del 200311. Preoccupandosi di avvicinare
la Romania ai paesi membri dell’Unione europea, le nuove di-
sposizioni costituzionali si allontanano dagli schemi nazionali-
stici degli anni novanta e optano per il rafforzamento dell’etica
dei diritti e per la costruzione di un sofisticato sistema di tutela
della persona. Inoltre, trovano riconoscimento una serie di rego-
le costituzionali fondamentali tipiche della tradizione giuridica
occidentale: il principio della separazione dei poteri, il princi-
pio di eguaglianza dei cittadini, il principio del giusto processo
e la tutela delle minoranze sono solo alcuni esempi dello sforzo
compiuto dal costituente romeno per provare ad avvicinarsi ai
parametri richiesti dalle istituzioni europee12.

9
In questo senso ancora una volta vedi P. BLOKKER, op. cit..
10
Questo dato è riportato da F. CARELLA, ROMANIA: La revisione costi-
tuzionale romena del 2003. La Corte rafforzata, il Presidente più arbitro, il
Primo Ministro più al centro dell’esecutivo, una lieve prevalenza della Camera
anche se la fiducia resta bicamerale, in www.forumcostituzionale.it.
11
Per indicazioni generali sull’attuale sistema costituzionale romeno si rin-
via a A. DI NUCCI, Los sistemas constitucionales de Bulgaria y Rumanía, in Rev.
der. const. eur., 2011, 15, 371 – 398.
12
È quanto sottolinea P. BLOKKER, op. cit.. Per una rassegna puntuale delle
novità introdotte dal testo costituzionale si veda F. CARELLA, op. cit..
IL ‘CONTAGIO’ ROMENO 199

In questo rinato fervore costituzionalistico non desta alcuno


stupore il fatto che in questi anni si assista ad un prepotente ri-
torno dell’idea di Costituzione. Per un verso, in ossequio ad una
concezione che riconosce il primato del diritto sulla politica, i
protagonisti della vita istituzionale del paese sembrano accettare
l’idea di sottomettere le loro decisioni alle regole costituzionali e
si assiste ad un tentativo di confinare il confronto politico entro
la cornice offerta dal dettato costituzionale13. Per l’altro, la Corte
costituzionale, forte dei nuovi e penetranti poteri di controllo in-
trodotti dalla revisione del 2003, abbandona il basso profilo tenu-
to nel corso del decennio precedente e, in linea con quanto acca-
de negli altri paesi europei, inizia effettivamente ad adottare una
serie di decisioni dal forte impatto politico e cerca di porsi come
il soggetto garante dell’ordine disegnato dalla Costituzione14.

3. Il ritorno alla realtà: le crisi costituzionali del 2007 e del 2012

L’entusiasmo che ha accompagnato le modifiche del testo


costituzionale si è ben presto scontrato con la dura realtà. Una
prima conferma della debolezza che caratterizza il costituziona-
lismo romeno si è avuta già nel 2007, quando, in seguito all’or-
ganizzazione delle imminenti elezioni del Parlamento europeo si
sono registrati alcuni dissidi intestini alla compagine governativa
che si sono poi tradotti in un confronto istituzionale di inaudi-
ta violenza. In particolare, in reazione ad una riorganizzazione
partitica che coinvolge (rectius: sconvolge) la coalizione di mag-
gioranza15, il Parlamento ha strumentalmente attivato il procedi-

13
Secondo quanto osserva B. IANCU, op. cit., nel corso di questa fase «many
public and political debates have suddenly started to be carried out within con-
stitutional parameters».
14
Così P. BLOKKER, op. cit..
15
Dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 2004 con l’appoggio di una
coalizione composta dal Partito Nazional Liberale di Teodor Stolojan e dal suo
Partito Democratico, Traian Băsescu ha nominato Călin Popescu Tăriceanu
capo di un governo composto dai due partiti. Sul finire del 2006, in seguito ad
una fase di tensioni politiche, Băsescu, sulla base di un accordo con la fazione
dei nazional-liberali capeggiata da Stolojan, ha fondato il Partito Liberal Demo-
cratico e ha di fatto spianato la via ad una rimodulazione del sistema partitico
romeno e ad una crisi di governo.
200 APPENDICE

mento di messa in stato di accusa16 nei confronti del Presidente


Traian Băsescu e, contro il parere negativo espresso dalla Corte
costituzionale17, ha convocato la consultazione popolare confer-
mativa prevista dall’art. 95 della Costituzione18.
Sebbene il referendum del 2007 si sia concluso con una ple-
biscitaria vittoria politica del Presidente Băsescu (con una com-
plessiva affluenza alle urne del 44,45%, il 74,48% corpo eletto-
rale romeno ha votato contro la destituzione), il quadro politico
romeno non si è stabilizzato. Anzi, proprio il Presidente della
Repubblica è stato nuovamente al centro di alcune intricatissi-
me vicende istituzionali che, al di là delle novità introdotte dalla
riforma del 2003, confermano tutte le difficoltà che la Romania
incontra per adeguarsi ai principi basilari del costituzionalismo
europeo. In questo caso, dopo che Băsescu è stato costretto a
nominare come Primo ministro il suo antagonista politico Victor
Ponta19, i primi segnali di tensione tra le forze politiche si sono
registrati in merito ad una legge di riforma elettorale voluta dal
governo e dichiarata incostituzionale in seguito ad una iniziativa

16
Può essere utile precisare che, come conferma il parere espresso dal giu-
dice costituzionale, nel caso di specie non era possibile individuare alcun reato,
mentre invece ai sensi dell’art. 95 è espressamente previsto che: «(1) In case of
having committed grave acts infringing upon constitutional provisions, the Presi-
dent of Romania may be suspended from office by the Chamber of Deputies and
the Senate, in joint sitting, by a majority vote of Deputies and Senators, and af-
ter consultation with the Constitutional Court. The President may explain before
Parliament with regard to imputations brought against him. (2) The proposal
of suspension from office may be initiated by at least one third of the number of
Deputies and Senators, and the President shall be immediately notified thereof.
(3) If the proposal of suspension from office has been approved, a referendum
shall be held within 30 days, in order to remove the President from office».
17
In questo senso si veda l’Opinione consultiva n. 1 del 5 aprile 2007.
18
Per maggiori riferimenti sulla vicenda che ha portato alla crisi istituziona-
le del 2007 si rinvia a E. MAXFIELD, Europe and Romania’s President Impeach-
ment Referendum, May 2007, in https://www.sussex.ac.uk/webteam/gateway/
file.php?name=epern-ref-no15.pdf&site=266.
19
Victor Ponta, allievo politico e successore dell’ex Primo ministro Adrian
Năstase (antagonista di Băsescu alle elezioni presidenziali del 2004), è il leader
del Partito social - democratico e, in seguito alla sconfitta rimediata dal suo
partito alle elezioni parlamentari del 2008, è stato membro dell’opposizione
al governo liberal democratico guidato da Emil Boc. Soltanto in seguito al fal-
limento del governo Boc (6 febbraio 2012) e del successivo governo Mihai
Răzvan Ungureanu (7 maggio 2012) è stato investito della responsabilità di
guidare l’esecutivo.
IL ‘CONTAGIO’ ROMENO 201

del capo dello stato20. Parallelamente, nel corso delle stesse set-
timane, la contrapposizione tra il Presidente e il capo dell’esecu-
tivo investe anche il piano della legittimazione a rappresentare
il paese alle riunioni dei capi di stato e di governo dell’Unione
e fa segnare il primo ‘strappo costituzionale’: con un inaspettato
colpo di mano, Ponta sfrutta la sua maggioranza parlamentare
per fare approvare una mozione politica che gli affida la respon-
sabilità di rappresentare il paese ai summit europei e, ritardando
la pubblicazione in Gazzetta di una sentenza costituzionale che
riconosce le ragioni di Băsescu21, prende arbitrariamente parte al
successivo Consiglio europeo22.
Peraltro, lungi dall’esaurire i suoi effetti a questo primo
‘strappo’, la rivalità tra i due antagonisti politici produce ulteriori
problemi. Innanzitutto, già nei giorni immediatamente successi-
vi al summit, Ponta e Antonescu (leader del secondo partito che
compone la maggioranza), dichiarano pubblicamente la loro vo-
lontà di destituire i giudici costituzionali e investono della que-
stione il Ministro della giustizia23. È appena il caso di aggiungere
che, vista la gravità di simili affermazioni24, la semplice consta-

20
In questo senso si veda la decisione 682 del 27 giugno 2012. Per un com-
mento più dettagliato di questa articolata vicenda giudiziaria si rinvia al Consti-
tutional Court Bulletin, 2012, 1, 33 – 35.
21
Per essere più precisi, in seguito ad un conflitto di attribuzione sollevato
da Băsescu, la Corte costituzionale ha stabilito (con decisione 683 del 27 giugno
2012) che la legittimazione a rappresentare il paese nelle riunioni del Consiglio
europeo spetta al Presidente della Repubblica, mentre l’esecutivo rappresenta il
paese (solo) alle riunioni del Consiglio dell’Unione europea. È appena il caso di
rilevare che, diversamente da quanto era accaduto in occasione della decisione
sulla messa in stato di accusa del 2007, in questo caso l’intervento del giudice
costituzionale avrebbe dovuto essere pienamente vincolante e che, quindi, l’in-
tervento del governo per ritardare la pubblicazione rappresenta una gravissima
violazione del principio del rule of law. Per un commento più dettagliato di questa
vicenda giudiziaria si rinvia al Constitutional Court Bulletin, 2012, 1, 94 – 98.
22
Si fa riferimento al Consiglio europeo tenutosi il 28 – 29 giugno a Bruxelles.
23
È possibile trovare maggiori riferimenti a questa vicenda nella lettera del
3 luglio 2012 e in quella del 3 agosto 2012, inviate dai giudici costituzionali ad
alcuni responsabili delle istituzioni delle Nazioni unite, del Consiglio d’Europa
e dell’Unione europea.
24
L’atteggiamento di ostilità della maggioranza nei confronti della Corte costi-
tuzionale è peraltro testimoniato da vari elementi. Ad esempio, con la richiesta di
sospensione di Băsescu (vedi infra) si è anche messa in discussione la correttezza
della procedura seguita dal Presidente per la nomina del giudice costituzionale Pe-
tre Lăzăroiu. In altre circostanze questo atteggiamento è stato invece testimoniato
202 APPENDICE

tazione che le minacce non siano poi state concretamente attuate


non può certamente valere a modificare il giudizio sui loro autori
o a ridimensionare le preoccupazioni25.
Come se ciò non bastasse, con la chiara intenzione di mettere
tutte le istituzioni sotto controllo, nello stesso giorno la maggioranza
parlamentare del governo Ponta provvede a revocare gli incarichi del
Presidente del Senato26, del Presidente della Camera dei Deputati27 e
del Difensore civico28 per sostituirli con esponenti politici di fiducia
(in primis lo stesso Antonescu che dopo l’estromissione presiede il
Senato)29. Inoltre, dopo aver vanamente cercato artifici giuridici per
circoscrivere la possibilità di un controllo costituzionale30, le forze di
maggioranza decidono di sfruttare l’impopolarità che, dopo l’ado-

dalla concessione di termini strettissimi per l’intervento della Corte (secondo quan-
to riporta la lettera che i giudici hanno scritto il 3 agosto alle istituzioni europee, le
sei decisioni del 9 luglio sono state condizionate da queste imposizioni).
25
In questa stessa direzione sembra andare anche l’opinione 685 del 2012
CDL-AD(2012)026, adottata il 17 dicembre 2012 dalla Commissione di Vene-
zia. Si veda anche la lettera che i giudici hanno scritto il 3 agosto alle istituzioni
europee, lamentando di aver subito pressioni e addirittura minacce.
26
Il 3 luglio, con la decisione n. 24 del Senato, Vasile Blaga è stato rimosso
da Presidente del Senato.
27
Il 3 luglio, con la decisione n. 25 della Camera dei Deputati, Roberta
Alma Anastase è stata rimossa da Presidente e da membro dell’Ufficio perma-
nente della Camera dei Deputati. Il suo incarico è stato affidato a Valeriu Ştefan
Zgonea, rappresentante del Partito social - democratico.
28
Il 3 luglio, con la decisione n. 32 del Parlamento, Gheorghe Iancu è stato
rimosso da Difensore civico. Il suo incarico è stato affidato a Anastasiu Crisu,
esponente vicino alla coalizione di maggioranza.
29
Con le decisioni 728, 729 e 732 del 9 luglio 2012, la Corte costituzionale
romena ha rigettato i ricorsi presentati da Blaga, Anastase e Iancu e ha così
confermato la loro rimozione.
30
Il 27 giugno 2012 la nuova maggioranza parlamentare ha presentato un
disegno di legge che, in caso di approvazione, avrebbe riscritto il primo comma
dell’art. 27 della legge n. 47 del 1992 (relativa al funzionamento della Corte
costituzionale) e avrebbe limitato la possibilità di controllo costituzionale sulle
risoluzioni adottate dalle camere e dal Parlamento in seduta comune. La bozza
di provvedimento è stata prontamente impugnata dai parlamentari liberal de-
mocratici. Preventivando la bocciatura del giudice costituzionale, il governo
si è preoccupato di intervenire con un provvedimento di urgenza (n. 38 del 4
luglio 2012) che, pur riproducendo lo stesso contenuto del disegno di legge im-
pugnato, ha reso immediatamente vigente la disposizione impugnata. Di fronte
a quello che pare un vero e proprio tentativo di raggiro per rendere inutile il suo
intervento, la Corte costituzionale ha reagito con durezza e con la decisione 727
del 9 luglio 2012 ha dichiarato l’incostituzionalità del provvedimento impugna-
to e non ha esitato a definire «unconstitutional and abusive».
IL ‘CONTAGIO’ ROMENO 203

zione di un draconiano piano di austerità (peraltro, sostanzialmente


imposto dalla necessità di ottenere un prestito dall’Unione europea
e dal Fondo monetario internazionale31), affligge Băsescu e avviano
un nuovo procedimento di messa in stato di accusa. Su questa via,
nonostante il parere contrario della Corte32, sospendono il Presidente
dalle sue funzioni e affidano l’incarico ad interim ad Antonescu33.
A completamento di questo fosco quadro occorre infine riferire
dei ripetuti tentativi di alterare l’esito del referendum confermativo
richiesto dall’art. 95 della Costituzione. In primo luogo, sulla base
della preoccupazione di non riuscire a raggiungere il quorum parte-
cipativo previsto dalla legge n. 3 del 2000, l’esecutivo adotta alcuni
provvedimenti specificamente finalizzati a modificare le regole della
consultazione popolare34. In particolare, l’effetto più importante è
quello di derogare alle regole generali per escludere che, nelle ipote-
si di referendum ex art. 95 della Costituzione, venga richiesta la par-
tecipazione della metà più uno degli aventi diritto al voto. In secon-
do luogo, pochi giorni prima del referendum, le forze parlamentari
filogovernative prendono atto che la Corte costituzionale ha provve-
duto a bocciare gli emendamenti alla legge sul referendum35 e, con

31
Il piano ha previsto una riforma delle normative in materia di lavoro che è
stata contrasta dai sindacati, l’aumento dell’IVA dal 19% al 24%, la riduzione della
spesa sanitaria, un taglio delle pensioni e un taglio degli stipendi pubblici del 25%.
32
In proposito si veda l’opinione consultiva n. 1 del 6 luglio 2012 che aveva
ritenuto che non ci fossero validi motivi per mettere il Presidente in stato di
accusa. Una testimonianza della scarsa considerazione che ha il governo per la
Corte costituzionale può essere offerta dal fatto che, con la seduta straordinaria
(tenutasi il 5 luglio 2012) in cui si delibera la sospensione di Băsescu, si intima
ai giudici di pronunciarsi in ventiquattro ore.
33
Con la decisione del Parlamento n. 33 del 9 luglio 2012 si è decisa la
sospensione del Presidente Băsescu. Con la decisione n. 1 del 9 luglio 2012 la
Corte costituzionale suggella l’interim ad Antonescu.
34
Nel sistema romeno è l’art. 10 della legge n. 3 del 2000 che regola l’isti-
tuto del referendum di conferma della messa in stato di accusa. Già in concomi-
tanza con il primo tentativo di accusa a Băsescu, questo articolo è stato oggetto
di polemiche e ha portato ad un intervento del giudice costituzionale. Con l’or-
dinanza di urgenza n. 41 del 5 luglio 2012 il governo ha tentato nuovamente di
riscrivere le regole in questione.
35
A questo proposito la decisione 731 del 10 luglio 2012 ha statuito che
la revisione dell’art. 10 è costituzionale «to the extent that it ensures the par-
ticipation in the referendum of at least half plus one of the number of persons
registered in the permanent electoral lists». Critiche sull’atteggiamento tenuto
in questa vicenda dal giudice costituzionale B. SELEJAN – GUŢAN, The Illusion
of the Romanian Constitution?, in www.iconnectblog.com.
204 APPENDICE

l’evidente intento di facilitare l’affluenza, estendono di ben quattro


ore l’orario di apertura delle urne36. In terzo luogo, quando i seggi
erano già chiusi, l’esecutivo ha tentato addirittura di alterare l’esito
finale di un voto che - in seguito agli interventi correttivi con cui
il giudice costituzionale ha reintrodotto il quorum partecipativo
- gli impedisce il conseguimento dei suoi obiettivi37: al di là di al-
cuni evidentissimi brogli38, è il caso di rilevare che, pretendendo
di modificare le liste elettorali e invocando la necessità di garan-
tire a tutti i costi la volontà popolare39, si è cercato di abbassare
artificiosamente la soglia di validità della consultazione referen-
daria e si è comunque ottenuto il risultato di ritardare l’intervento
con cui la Corte si è pronunciata sul mancato raggiungimento del
quorum e ha definitivamente reinsediato Băsescu40.

36
È quanto riporta E. SORDA, La calda estate della Romania: impeachment,
referendum, riforme e pronunce della Corte costituzionale mostrano una grave
crisi istituzionale e democratica, in www.diritticomparati.it.
37
Il 29 luglio, l’87,6% dei votanti si è espresso in favore della rimozione del
Presidente, ma, in seguito al mancato raggiungimento del quorum (si è recato
alle urne solo il 46,24% degli elettori), Băsescu ha comunque mantenuto le sue
prerogative.
38
Secondo quanto riporta G. POP-ELECHES, Post election Report: Romani-
an’s Presidential Impeachment Referendum, and a Request for Help in Identify-
ing potential Fraud, in www.themonkeycage.org, in alcuni distretti elettorali
collocati in aree rurali sono state registrate affluenze superiori al 100% degli
aventi diritto al voto.
39
Come ci ricorda K. SCHEPPELE, A New Test for the Romanian Constitutio-
nal Court, in www.comparativeconstitutions.org, sin dal giorno di svolgimento
del referendum, il governo ha chiesto alla Corte di calcolare il quorum parteci-
pativo non sulla base dei dati indicati prima delle elezioni dall’Ufficio elettorale
centrale, ma sulla base dei più ‘comodi’ dati in suo possesso (in particolare i
dati del Ministero dell’Interno e dell’Istituto Nazionale di Statistica). Questa
stravagante pretesa ha creato parecchie confusioni e ha costretto la Corte (chia-
mata per legge a certificare l’esito della consultazione popolare) a rinviare la
sua decisione alle settimane successive. Peraltro, malgrado abbia dichiarato di
riconoscere il verdetto dei giudici costituzionali, secondo quanto viene riportato
dal Notiziario sulla Romania, 2012, 33, 6, Victor Ponta avrebbe commentato
la decisione dichiarando: «Traian Băsescu è il Presidente eletto con 5 milioni
di voti e respinto con 7. La voce del popolo è molto chiara. La decisione della
CCR sarà rispettata e attuata, ma siamo costretti a sottolineare che si tratta di
una decisione ingiusta, contraria alle leggi democratiche e alla maggioranza as-
soluta dei romeni, che il 29 luglio hanno votato per un cambiamento di regime».
40
In seguito al referendum del 29 luglio, già i primi giorni di agosto, la
Corte costituzionale aveva iniziato a verificare la regolarità della consultazione
referendaria, ma, in seguito alle pressioni che il governo ha esercitato per la
IL ‘CONTAGIO’ ROMENO 205

4 Conclusioni. I rischi di ricadute autoritarie in Romania e


le responsabilità dell’Europa

Nel descrivere i gravissimi episodi di violazione delle basi-


lari regole democratiche accaduti negli ultimi mesi in Romania,
il sintetico quadro tratteggiato nelle pagine precedenti dovrebbe
essere comunque sufficiente per mettere in evidenza i punti di
distacco che separano le recenti vicende politiche di Bucarest
da quelle di Budapest. D’altronde, a prescindere dalla vicinanza
geografica e dal comune cinquantennio comunista, non c’è da
meravigliarsi se storie politiche fondamentalmente diverse han-
no portato a differenti gestioni delle fasi di transizione verso la
democrazia e hanno quindi finito con il determinare situazioni
sociali ed equilibri costituzionali tra loro distanti e per certi versi
addirittura incomparabili. In particolare, ai fini del ragionamen-
to che si intende sviluppare è molto importante segnalare che,
diversamente da quanto sta oggi accadendo in Ungheria, le ma-
novre di palazzo romene si sono per adesso limitate ‘soltanto’
a creare turbolenze al corretto funzionamento della democrazia,
ma, tutto sommato, non sono ancora riuscite a raggiungere gli
obiettivi antidemocratici che Ponta si era proposto: diversamente
da quanto accade in Ungheria, dove il partito di governo pare
essere riuscito nel progetto di demolire la Costituzione e di as-
servire tutte le istituzioni, alla fine Băsescu è rimasto al suo posto
e, malgrado una serie di incertezze e di contraddizioni, la Corte
costituzionale ha dato prova di riuscire a reggere le pressioni.
Malgrado queste considerazioni, però, non mancano certo
elementi che, accomunando la traiettoria politica seguita dai due
paesi, lasciano intravedere un comune destino e devono quindi
essere fonte di serissime preoccupazioni. Segnatamente, ciò che
sembra avvicinare l’esperienza romena a quella ungherese è il
fallimento della strategia adottata dall’Unione europea per avvi-
cinare i paesi dell’Europa dell’est agli standard delle democrazie
occidentali: in parallelo a quanto è accaduto alla tanto celebrata

base di calcolo del quorum, è stata costretta (con la decisione n. 3 del 2 agosto
2012) ad aggiornarsi al 12 settembre (la data originariamente fissata per la de-
cisione è stata poi anticipata al 21 agosto). Soltanto con la decisione n. 6 del 21
agosto 2012 la Corte ha finalmente potuto statuire l’invalidità del referendum e
il reinsediamento del Presidente Băsescu.
206 APPENDICE

«courtocracy» ungherese, un caso in cui la modernizzazione co-


stituzionale è accompagnata da un diffuso consenso sociale per
azioni politiche chiaramente anticostituzionali e illiberali dimo-
stra in maniera inequivocabile i limiti di un quadro istituzionale
europeo che si preoccupa esclusivamente di tenere in ordine i
conti pubblici e che, con una miope fiducia nelle illimitate ca-
pacità conformative del diritto, ingenuamente confida nella pos-
sibilità di portare a compimento processi di democratizzazione
attraverso la semplice imposizione ‘dall’alto’ di principi e valori
costituzionali che non sono supportati né da efficaci strumenti
di controllo, né da adeguate azioni politiche. E se anche è vero
che nel caso romeno il timore di possibili ritorsioni europee, in
abbinamento con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale di
dicembre 2012, ha con ogni probabilità impedito l’immediata
realizzazione di più gravi problemi, è altrettanto vero che le con-
traddizioni alla base del sistema restano ancora del tutto irrisolte
e, specie dopo il plebiscitario consenso con cui una compagine
governativa irrispettosa delle regole minime della democrazia è
stata messa in condizione di modificare unilateralmente la Costi-
tuzione41, spalancano la porta alla possibilità di un pieno ‘conta-
gio’ antidemocratico42.
Alla luce dell’analisi svolta sembra possibile concludere
che, se si vuole evitare che le questioni irrisolte travolgano la
vita democratica della Romania (e di tutti gli altri paesi che, in
una analoga situazione di difficoltà economica, stanno vedendo
la progressiva affermazione di formazioni demagogiche e po-
puliste), non ci si può fermare ad uno stucchevole entusiasmo
per l’affermazione di alti principi, ma piuttosto occorre che le
istituzioni intervengano per rimuovere le cause sociali del mal-
contento. Da questo punto di vista, in un contesto globalizzato in
cui le istituzioni nazionali mostrano la loro incapacità a risolvere

41
Con le elezioni del 9 dicembre 2012 l’Unione social – liberale di Ponta ha
sconfitto l’Alleanza per una Romania giusta di Băsescu conquistando 273 dei
412 seggi di cui si compone l’attuale parlamento romeno.
42
Al di là del fatto teorico di avere la disponibilità di modificare unilate-
ralmente la Costituzione, ciò che maggiormente preoccupa è il fatto che Ponta
ha prontamente manifestato la sua intenzione di modificare la Costituzione in
tempi rapidi e che, durante la campagna elettorale, il suo principale alleato ha
dichiarato di essere intenzionato ad attivare una nuova procedura di impeache-
ment nei confronti di Băsescu.
IL ‘CONTAGIO’ ROMENO 207

i problemi della cittadinanza, una responsabilità particolare pare


gravare sulle istituzioni europee. Infatti, al di là di tutti i possibili
aggiustamenti istituzionali, soltanto se abbandonerà le sue miopi
azioni di neutralizzazione contabile della politica e soltanto se
saprà coinvolgere autenticamente i suoi cittadini in un virtuoso
processo di crescita, l’Europa riuscirà a dare un contributo alla
realizzazione di quei valori che afferma e potrà riuscire ad evitare
che le difficoltà generate dalla crisi spingano un altro paese verso
scelte chiaramente autoritarie.
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GIURISPRUDENZA CITATA

Sentenze della Corte costituzionale ungherese

Sentenza 23 del 1990 della Corte costituzionale ungherese


Sentenza 48 del 1991 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 11 del 1992 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 2 del 1994 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 17 del 2004 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 22 del 2005 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 47 del 2009 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 143 del 2010 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 184 del 2010 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 22 del 2012 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 31 del 2012 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 32 del 2012 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 33 del 2012 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 38 del 2012 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 43 del 2012 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 45 del 2012 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 1 del 2013 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 4 del 2013 della Corte costituzionale ungherese
Sentenza 6 del 2013 della Corte costituzionale ungherese

Sentenze della Corte costituzionale romena

Opinione consultiva 1 del 2007 della Corte costituzionale


romena
Sentenza 682 del 2012 della Corte costituzionale romena
Sentenza 683 del 2012 della Corte costituzionale romena
Sentenza 728 del 2012 della Corte costituzionale romena
Sentenza 729 del 2012 della Corte costituzionale romena
222 GIURISPRUDENZA CITATA

Sentenza 731 del 2012 della Corte costituzionale romena


Sentenza 732 del 2012 della Corte costituzionale romena
Opinione consultiva 1 del 2012 della Corte costituzionale
romena
Opinione consultiva 6 del 2012 della Corte costituzionale
romena

Sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo

Sentenza 21906/04, Kafkaris contro Cipro, della Corte euro-


pea dei diritti dell’uomo
Sentenza 30191/04, Schalk and Kopf contro. Austria, della
Corte europea dei diritti dell’uomo
Sentenza 25579/05, A, B e C contro Irlanda, della Corte eu-
ropea dei diritti dell’uomo
Sentenza 38832/06, Kiss contro Ungheria, della Corte euro-
pea dei diritti dell’uomo
Sentenza 66529/11, N. K. M. contro Ungheria, della Corte
europea dei diritti dell’uomo

Sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea

Sentenza C- 518/07, Commissione contro Germania, della


Corte di giustizia dell’Unione europea
Sentenza C – 34/09, Zambrano, della Corte di giustizia
dell’Unione europea
Sentenza C - 135/08, Rottmann, della Corte di giustizia
dell’Unione europea
Sentenza C – 434/09, McCharty, della Corte di giustizia
dell’Unione europea
Sentenza C - 447/09, Reinhard Prigge, Michael Fromm e
Volker Lambach / Deutsche Lufthansa, della Corte di giustizia
dell’Unione europea
Sentenza C – 159/10, Fuchs della Corte di giustizia dell’U-
nione europea
Sentenza C – 160/10, Köhler della Corte di giustizia dell’U-
nione europea
Sentenza C - 364/10, Ungheria contro Slovacchia, della
Corte di giustizia dell’Unione europea
GIURISPRUDENZA CITATA 223

Sentenza C – 256/11, Dereçi, della Corte di giustizia dell’U-


nione europea
Sentenza C - 485/11, Commissione contro Francia, della
Corte di giustizia europea
Sentenza C – 268/12, Commissione contro Ungheria, della
Corte di giustizia europea

Sentenze di altri organi giurisdizionali

Sentenza del Bundesverfassungsgericht tedesco, BVerfGE,


37, 271, Solange
Sentenza del Bundesverfassungsgericht tedesco, BVerfGE,
73, 339, Solange II
INDICE DEGLI AUTORI

B. ANDÒ: N. BOBBIO:
51. 4; 47.

C. ANTPÖHLER: T. BOROS:
113; 115; 116. 142; 171; 176; 177; 178.

A. ARATO: C. BOULANGER:
14; 15; 16; 17; 18; 19; 20; 21; 26.
22; 23; 24; 25; 27; 31; 32.
G. BRUNNER:
L. AUCOIN: 25.
14.
G. CAMARA VILLAR:
P. BAJOMI - LÁZÁR: 6.
28.
A. CANTARO:
F. BALAGUER CALLEJÓN: 4.
6.
F. CARELLA:
M. L. BALAGUER CALLEJÓN: 200.
6.
P. CARROZZA:
M. BANKUTI: 6.
52; 55; 56; 57; 183.
M. CARTABIA:
S. BARTOLE: 3; 48.
6.
N. CHRONOWSKI:
F. BASSANINI: 46; 47.
17.

U. BELAVUSAU: L. CSINK:
153; 155; 168. 8; 11; 44; 45; 56.

P. BLOKKER: A. CZARNOTA:
197; 198; 199; 200; 201. 26.
226 INDICE DEGLI AUTORI

M. DANI: C. FRANZIUS:
120. 178.

A. D’ATENA: S. GAMBINO:
23. 6.

F. DAU: P. HABERLE:
23. 6.

R. DE FELICE: M. HAILBRONNER:
37; 42; 43; 46; 49; 50; 51; 118; 119.
57.
D. HALBERSTAM:
M. DE SIMONE: 116.
35; 39; 41; 45; 46; 49; 50; 51; 54.

G. DE VERGOTTINI: G. HALMAI:
6. 52; 55; 56; 57; 79; 80; 90;
93; 94; 95; 98; 99; 100; 105;
M. DEZSO: 106; 107; 108; 142; 159;
11; 12; 13; 19; 21; 22. 160; 163; 167; 183.

J. DICKSCHEN: S. HENTREL:
113; 115; 116. 113; 115; 116.

A. DI GIOVINE: S. HOLMES:
6. 27.

A. DI NUCCI: F. HORKAY HÖRCHER:


200. 8; 35.

T. DRINÓCZI: B. IANCU:
23; 46; 47. 199; 201.

C. DUPRÈ: A. JACKAB:
22. 12; 33; 34; 36; 44.

G. F. FERRARI: K. KELEMEN:
6. 134.

M. FIORAVANTI: M. KOCSIS:
6. 46; 47.

J. FLEUREN: J. KOMÀREK:
24. 121.
INDICE DEGLI AUTORI 227

M. KRYGIER: A. MOHAY:
26. 148.

D. KOCHENOV: L. MONTANARI:
117. 6.

C. KORTMANN: J. MONTILLA MARTOS:


24. 6.

M. KOTTMANN: J. W. MÜLLER:
113; 115; 116. 121; 122; 123.

P. LINDSETH: A. MUNGIU PIPPIDI:


118. 198.

J. LOPEZ AGUILLAR: K. OSVÁT:


6. 33; 34; 56.

M. LUCIANI: S. OSVÁT:
6; 179. 33; 34; 56.

C. MALANDRINO: F. PALERMO:
2. 23.

A. K. MANGOLD: A. PECORARIO:
118. 56.

A. MANZELLA: I. PERNICE:
17. 3; 4.

E. MAXFIELD: L. PHILLIPS:
202. 63.

F. MAYER: G. POP-ELECHES:
4. 206.

L. MEZZETTI: G. PUPPINCK:
6. 56.

Z. MIKLÒSI: G. ROBBERS:
14; 15; 16; 17; 18; 19; 20; 21; 11.
22; 23; 24; 25; 27; 32; 57.

L. MILLER: W. SADURSKI:
14. 26; 114; 119; 120.
228 INDICE DEGLI AUTORI

A. SAJO: L. TRÓCSÁNYI:
24. 11; 12; 21; 24; 27; 30; 32;
34; 35; 38.
M. SALVETTI:
37; 42; 49; 50. R. UITZ:
100; 102; 103; 116; 156;
B. SCHANDA: 158; 164.
8; 11; 44; 56.

K. SCHEPPELE: F. VECCHIO:
25; 27; 52; 55; 56; 57; 79; 3; 51; 114; 115; 172.
80; 90; 93; 94; 95; 98; 99;
100; 105; 106; 107; 108; A. VINCZE:
142; 151; 152; 159; 160; 31; 32; 34; 35; 36; 39; 40; 42;
163; 167; 171, 172; 173; 43; 44; 49; 57; 153; 154; 166.
183; 184; 206.
W. VOERMANS:
C. SCHMITT: 24.
4.
A. VON BOGDANDY:
B. SELEJAN – GUŢAN: 113; 115.
205.
J. WEILER:
M. SMRKOLJ: 1; 2; 3; 5.
113; 115; 116.
G. ZAGREBELSKY:
L. SOLYOM: 4.
25.
F. ZAMBUCO:
P. SONNEVEND: 37; 42; 43; 46; 49; 50; 51;
117. 57.

E. SORDA: J. ZILLER:
29; 206. 26.

G. TIBERI: A. ZS. VARGA:


17. 8; 11; 44; 56.

G. A. TOTH: K. ŻUREK:
32; 103; 142; 143. 26.

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