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IL PARLAMENTO EUROPEO (CAPITOLO 3 E 4 NON DA FARE)

Da un lato guardiamo alla struttura del Parlamento, dall’altro dal punto di vista processuale, come
funziona all’interno della struttura il processo del Parlamento.
Affrontare lo studio dell’organizzazione parlamentare significa anche occuparsi, in qualche modo,
del funzionamento della democrazia. Il problema del deficit democratico delle organizzazioni
europee sovranazionali è particolarmente interessante.
Lo studio del Parlamento europeo è importante perché è un esempio di RAFFORZAMENTO
istituzionale prodotto non solo da cambiamenti e riforme (in questo caso dei trattati), ma è anche
interessante per quanto riguarda la capacità di un’istituzione di INCIDERE nell’EQUILIBRIO dei
poteri. Capacità di modificare la struttura politica.
È un tema estremamente rilevante anche in chiave PROSPETTICA di futuro dell’integrazione
europea, mai è stato così importante come in questi anni.
Guardare all’evoluzione istituzionale del Parlamento significa capire e interpretare anche la
funzione di contesto sia delle istituzioni sia del processo politico europeo e come questo, a sua
volta, è in grado di influenzare gli assetti e i funzionamenti della stessa istituzione parlamentare.
La nascita del Parlamento europeo è particolare e travagliata.
Nella fase iniziale del processo di integrazione (trattati di Roma, istituzione della CECA), abbiamo
visto il confronto o anche scontro tra due concezioni differenti su come procedere alla costruzione
del sistema istituzionale europeo:

 APPROCCIO SOVRANAZIONALE o del METODO COMUNITARIO (JEAN MONNET)


Il cuore di questo approccio è l’idea che per realizzare un’efficace riunione tra stati fosse
necessario spostare a livello sovranazionale, a Bruxelles, una serie di competenze e poteri
che consentano di realizzare politiche pubbliche di livello europeo.
 APPROCCIO INTERGOVERNATIVO
Prevedeva che la gestione del processo di integrazione europea fosse essenzialmente nelle
mani dei Governi nazionali, i quali liberamente erano impegnati tra di loro a contrattare e
stabilire modalità di cooperazione per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Approccio maggiormente conservativo, cooperazione va bene ma non bisogna indebolire il
ruolo e la funzione degli stati nazionali.
In un quadro del genere di conflitto tra due posizioni difformi, si può pensare all’eventualità di
avere e costruire un Parlamento sovranazionale? Cioè uno strumento in grado di interpretare e
dare rappresentanza alla volontà popolare, ma anche di garantire forme di ACCOUNTABILITY,
RESPONSABILITA’. Tema che si era già presentato negli anni ’50, la soluzione, all’epoca, non fu
quella di favorire la nascita di un istituto parlamentare, fu una soluzione di compromesso:
Venne costituita un’ASSEMBLEA della CECA, diversa da un Parlamento, composta da deputati
provenienti dai Parlamenti nazionali dei sei stati membri, che venivano cooptati dai vari
parlamenti e spediti a Strasburgo.
Il nostro Parlamento europeo ha un antenato che è un frutto di compromesso tra queste due
posizioni, che nascondevano sottotraccia un problema di dimensioni rilevanti.
Possiamo pensare di costruire un sistema politico di tipo SOVRANAZIONALE senza garantire
forme di collegamento, di rappresentatività e relazione tra le istituzioni e i cittadini?
Jean Monnet, già negli anni ’60, aveva capito che costruire un sistema di Governo remoto ai
cittadini, avrebbe aperto a dei grandi PROBLEMI DI LEGITTIMITA’.
Quello che viene fatto e deciso a Bruxelles è legittimo per quale motivo se non c’è alcuna forma di
investitura popolare?
Coloro che sostenevano l’opzione intergovernativa rispondevano dicendo che la legittimità fosse
fornita dai GOVERNI NAZIONALI, quello che viene deciso a livello europeo è legittimo in quanto
prodotto diretto o indiretto delle scelte fatte dai governi nazionali.
Anche qui troviamo due prospettive totalmente diverse.
Altro tema che accompagnerà costantemente il processo di integrazione e di evoluzione del
Parlamento europeo è anche il tema della POLITICIZZAZIONE delle tematiche europee e dello
stesso processo di integrazione.
Parliamo del fatto che un tema europeo diventa e sia oggetto di CONFLITTO POLITICO tra i vari
partiti. È quello che di fatto accade nei sistemi politici nazionali, in cui i partiti si confrontano su
una agenda politica e su quella si dividono.
Questo aspetto della politicizzazione e del conflitto politico è un aspetto che i padri fondatori
dell’attuale Unione Europea hanno sempre cercato di tenere sottotraccia, perché?
Perché la paura era quella di rendere il tema dell’integrazione europea un tema di conflitto tra
partiti e innescare questo processo avrebbe portato a un confronto aspro sulla STESSA ESISTENZA
del processo di integrazione europeo.
La paura era che, politicizzando l’Unione Europea rendendola tema di conflitto politico, potesse
portare a POSIZIONI ANTISISTEMA.
Il tema dell’integrazione è diventato, in seguito alla crisi economica del 2008, un tema
importantissimo all’interno delle varie democrazie europee. È un dibattito nel quale siamo
immersi da ormai vari anni.
Quell’assemblea iniziale della CECA è realmente nata come una forma di COMPROMESSO, è
un’istituzione che infatti è nata molto debole. L’assemblea del 1953 di fatto non ha grandi poteri,
non svolge grandi funzioni, soprattutto non svolge le funzioni che tradizionalmente consideriamo
tipiche e caratterizzanti di un parlamento: la funzione RAPPRESENTATIVA è quasi assente, la
funzione di CONTROLLO sul potere esecutivo anche. Svolge una debolissima funzione di controllo
sul BILANCIO, ma anche in termine di posizioni legislative aveva un potere molto limitato e scarso.
ORGANIZZAZIONE INTERNA ASSEMBLEA
I deputati cooptati, sin dalla prima seduta dell’assemblea, si sono divisi per appartenenza alle
grandi famiglie europee. I deputati che venivano inviati dal Parlamento italiano non si sedevano
assieme come italiani, lo stesso i tedeschi e i francesi, ma si dividevano a seconda
dell’appartenenza a quelle che sono le grandi famiglie politiche europee: Conservatori, Popolari,
Liberali e Socialisti.
È importante perché, sebbene anche ei membri di questo proto Parlamento fossero consci della
debolezza istituzionale dell’assemblea, ne diventavano membri con la consapevolezza che
quell’Assemblea dovesse avere un punto di vista TRANSNAZIONALE e non di rappresentare gli
interessi sovranazionali.
Il membro dell’assemblea legge il suo ruolo sin dall’inizio come un ruolo di tipo sovranazionale ed
europeo, questo segnala come già dalla sua nascita, l’assemblea e successivamente il Parlamento,
capisca e razionalizzi un passaggio essenziale, cioè che per GUADAGNARE POTERE nel sistema
politico europeo, quello che avrebbe fatto la differenza era la capacità di determinare
AUTONOMAMENTE, come istituzione, dei cambiamenti di tipo incrementale e sotterranei.
I membri del Parlamento sono riusciti a capire che con un mix di contrattazione e di sforzi
potessero guadagnare spazio per modificare la sua stessa funzione e il suo ruolo.
Capiscono di poter incidere sulla struttura politica con le proprie azioni.
ANNI ‘60
IL PRIMO CAMBIAMENTO è il fatto che l’assemblea, all’inizio degli anni ’60, si definisce
autonomamente Parlamento europeo. Da un punto di vista simbolico, questo funge da scossone
a una situazione a livello di integrazione abbastanza rilevante. All’atto pratico non cambia nulla,
ma simbolicamente è un atto molto importante, perché è il Parlamento, chiamandosi Parlamento,
ad essere il depositario della legittimità politica prodotta dal consenso regolare.
Questo passaggio simbolico si interseca ad un momento storico (metà anni ’60) in cui il processo di
integrazione si trova in una fase di stallo.
De Gaulle reagisce in maniera contrariata e ostile all’idea che le istituzioni europee possano
guadagnare potere a discapito dei Governi nazionali, primo momento in cui emerge una tensione
chiara tra chi vuole tutelare il potere nazionale e chi punta al rilancio.
Momento in cui il Parlamento cerca di dare una scossa a una condizione di staticità.
Apre la strada a un rilancio del processo di integrazione nel corso degli anni ’70. Questa fase è
accompagnata da una stagione di maggiore proposizione e maggior rilancio che lo stesso
Parlamento fa del suo ruolo. Si apre un dibattito molto importante che richiama il dibattito delle
origini.
Questo rilancio, infatti, porta a un sempre maggiore spostamento di POTERE E COMPETENZE da
livello nazionale a livello europeo. Questo comporta che le prime vittime di questo trasferimento
siano i PARLAMENTI NAZIONALI più che i Governi.
I Parlamenti nazionali avranno meno capacità di controllo e influenza sulle decisioni politiche prese
a Bruxelles, perché sono decisioni prese o dai governi nazionali in accordo tra di loro o dalla
Commissione europea: in questa dinamica non c’è spazio per il ruolo dei Parlamenti nazionali.
Rientra in campo il dibattito del fatto che, se viene tolto potere ai Parlamenti nazionali, bisogna
allora rafforzare il ruolo del PARLAMENTO EUROPEO come attore non solo di controllo, ma anche
come partner decisionale, come attore istituzionale coinvolto nello scambio. È un dibattito che
anima la scena politica a partire dalla metà degli anni ’70.
Verrà aperta una stagione di RIFORMA del sistema politico europeo considerando la possibilità di
rafforzare il ruolo del Parlamento. Dagli anni ’70 si attiverà una dinamica per cui il Parlamento e la
Commissione cominceranno a lavorare in MANIERA COORDINATA, perché?
Si pensa che se la Commissione sarà in grado di rafforzare il ruolo del Parlamento, allora verrà
anche rafforzata la dinamica sovranazionale e il processo di integrazione.
ANNI ‘70
I Governi nazionali si renderanno conto che esistono problemi di legittimità, lasciando spazio, in
qualche modo, alle riforme europee:
Il Parlamento comincia ad avere voce sul BILANCIO, ma comincia anche ad avere un ruolo nella
fase legislativa: la Commissione ha il potere di iniziativa legislativa, ma da questo momento il
Parlamento comincia ad essere coinvolto in questi processi decisionali. L’aspetto più rilevante di
questa fase storica è la RIFORMA DEL ’78, che porta all’ELEZIONE DIRETTA del Parlamento, che
andrà a portare a un cambiamento radicale dal punto di vista istituzionale.
Dal ’79 il Parlamento viene eletto a suffragio universale da tutti i paesi membri della CEE,
diventando l’unica istituzione europea direttamente legittimata dai cittadini.
L’elezione diretta è la risposta al DEFICIT DI LEGITTIMITA’ dell’Unione Europea.
Questa riforma innesca due elementi:

 I PARLAMENTARI SONO DIRETTAMENTE ELETTI


I parlamentari hanno un legame diretto con gli elettori, si sviluppa una logica che tende a
rafforzare l’approccio sovranazionale dei parlamentari europei al loro mandato.
Tende a rafforzarsi sempre di più l’istituzione caratterizzandosi sempre di più come uno
spazio politico sovranazionale.
 FORNISCE POTERI MAGGIORI AL PARLAMENTO NEL CONFRONTO CON ALTRI ISTITUZIONI
Il Parlamento diventa un soggetto molto più rilevante all’interno della produzione politica
sovranazionale, che non può essere più ormai semplicemente determinata dai Governi.
ANNI ’80
Anni in cui il Parlamento sfrutta la modalità di rafforzamento incrementale del proprio ruolo.
Adesso che il Parlamento ha molto più potere, derivando da un’elezione diretta, i passaggi
incrementali non sono più solo simbolici ma anche sostanziali.
Il Parlamento decide di istituire una pratica che viene mutuata dal CONGRESSO AMERICANO, i
membri del Congresso prima di essere nominati fanno delle AUDIZIONI di fronte allo stesso
Congresso in cui viene giudicato il singolo deputato e le sue idee, nonché le capacità.
Copia questa funzione da uno dei Parlamenti più forti a livello europeo.
Il Parlamento comincia ad invocare, in modo informale, i candidati al ruolo di Commissario
europeo per svolgere i vari colloqui. Nasce come AZIONE INFORMALE, il commissario non è
obbligato ad andare ma per prassi si recano comunque.
Sono anni di cambiamento per tutta l’Unione Europea, aprono la stagione della riforma dei
trattati, troveremo infatti l’Atto Unico Europeo (1985), Maastricht (1992), Amsterdam, Nizza, per
poi concludere con Lisbona. Nelle riforme strutturali c’è anche il Parlamento europeo, che vede,
nel corso di un ventennio, accrescere le proprie funzioni.
Altiero Spinelli negli anni ‘80 aveva fondato il Crocodile Club, buttando giù una serie di richieste di
modifica dei trattati che troveranno accoglimento negli anni successivi.
Il Parlamento, inizialmente, si dota di una COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI, all’interno
della quale vengono definiti e indicati dei cambiamenti e proposte di riforma che vengono portate
all’attenzione del Parlamento e del Consiglio. Il primo presidente sarà proprio Spinelli.
La commissione produrrà il trattato di RIFORME EUROPEE che conterrà indicazioni che verranno
recepite più avanti. (Presidente della commissione votato da Parlamento, Parlamento che deve
avere peso legislativo maggiore).
Il nome di Parlamento europeo viene istituzionalizzato solamente nel 1985.
ANNI ’90
Il passaggio di convocazione per audizione entra all’interno dei TRATTATI, che esplicitamente
normano il fatto che i commissari debbano essere scrutinati e interrogati dallo stesso Parlamento
prima di essere incaricati di un determinato ruolo.
Il trattato di Maastricht, nel 1992, introduce una procedura legislativa che trasforma il Parlamento
europeo in un vero e proprio COLEGISLATORE: nel momento in cui la commissione fa una
proposta legislativa, questa coinvolge il Parlamento. Una proposta, per essere approvata, ha
bisogno dell’approvazione parlamentare. Viene acquisita la capacità DECISIONALE.
Con il Trattato di Lisbona nel 2008, la Codecisione diventa la procedura prevalente, rafforzando al
livello massimo il potere del Parlamento.
Cambia il rapporto tra la Commissione europea, istituzione che condivide il potere esecutivo con il
Consiglio. Viene delineato una sorta di rapporto di FIDUCIA politica tra la Commissione, che ha
poteri esecutivi, e il Parlamento, delineando una situazione comparabile a quella dei sistemi
parlamentari nazionali. Il Presidente della Commissione, dopo Maastricht, viene indicato dai capi
di stato e di Governo, non è più sufficiente. Deve anche andare in Parlamento e avere una
maggioranza, deve passare un VOTO DI FIDUCIA, dev’essere in grado di aggregare un consenso
politico. Vale anche per la commissione nella sua interezza.
Oggi abbiamo 27 Commissari europei, ogni stato membro indica infatti il suo commissario. Una
volta che tutti i 27 stati hanno indicato il Commissario, la COMMISSIONE deve ricevere il voto
favorevole del Parlamento.
Maastricht segna un salto qualitativo anche del processo di politicizzazione dell’UE e lo fa anche
perché lega in qualche modo politicamente il Parlamento alla Commissione, dando al Parlamento
un potere che non aveva e che guadagna a scapito dei Governi nazionali.
Il Parlamento, teoricamente, ha la possibilità di SFIDUCIARE la Commissione. Può farlo solo con
una maggioranza qualificata dei 2/3, non è mai stato usato attivamente ma esiste.
Vengono anche aggiunti poteri per quanto riguarda le partite di Bilancio, il Parlamento inizia a
valere di più anche per quanto riguarda il BILANCIO. È molto importante e attuale, i piani nazionali
devono essere collegati ai piani PLURIENNALI dell’Unione Europea.
Il Parlamento Europeo ha una voce in capitolo sul fatto di come gli stati andranno a spendere i
propri fondi.
ANNI 2000
Trattato di Nizza (2001)
Il Parlamento europeo acquisisce una consapevolezza che verrà disattesa con la grande crisi del
2008, il fatto che l’Unione Europea stesse vivendo una fase di cambiamento costante e perenne
che dava al Parlamento europeo la consapevolezza che in quello spazio di revisione costante
potesse intervenire per guadagnare MAGGIORE SPAZIO DI MANOVRA.
Presa di coscienza istituzionale che verrà disattesa, con Lisbona nel 2008, trattato che sostituisce la
Costituzione europea bocciata da Francia e Olanda, finisce la fase di cambiamento incrementale,
chiudendosi in concomitanza con la grande crisi economica.
La Crisi economica dell’EUROZONA segna una delle più grandi sconfitte del Parlamento Europeo,
in quella crisi il Parlamento non ha alcun impatto e se lo ha è veramente marginale. Quel pendolo
si sposta tutto verso il versante dei Governi nazionali che definiscono nuove regole della
GOVERNANCE europea
SEMESTRE EUROPEO  Riforma del 2011 che prevede il controllo delle istituzioni europee delle
leggi finanziarie di bilancio dei governi nazionali che sono impegnati a rispettare le regole di
convergenza macroeconomica dell’Unione Europea. Passaggio in cui il Parlamento non ha avuto
voce in capitolo, non ha un ruolo.
Ancora oggi registriamo una debolezza finale rilevante del Parlamento.
Il sistema politico europeo si costruisce su più livelli, infatti viene chiamato anche un sistema di
Governance multilivello, cosa vuol dire?
Vuol dire che il regime politico si articola su diversi livelli che concorrono e competono al
funzionamento del regime politico stesso, e anche agli aspetti di produzione politica, ma anche in
termini di divisione delle funzioni e dei poteri.
Si usa il termine GOVERNANCE perché il sistema politico europeo si caratterizza per un alto livello
di INFORMALITA’ dei rapporti tra gli attori politici e sociali e nei percorsi di POLICE MAKING.
GOVERNANCE
Percorso di superamento parziale del sistema classico dello stato nazionale basato sulla gerarchia
dell’autorità. Su questo si focalizza la Governance, su una certa larghezza della rete che compone il
sistema politico, soprattutto, all’interno del concetto di Governance, è rilevante il ruolo degli
attori non pubblici e non statali.
Potremmo considerare come attori le associazioni e il terzo settore, quindi, la governance tiene
insieme un certo livello di informalità e di allargamento degli attori coinvolti.
Questo è ancora più vero nel contesto europeo, dove abbiamo una pluralità di attori non solo
pubblici, ma anche di attori che fanno PRESSIONE sul potere, fatta anche da attori informali, che
sono sia nazionali ma anche transnazionali: questi attori, come i gruppi di pressione di vario tipo,
hanno associazioni di tipo sovranazionale.
Nello spazio chiuso dei confini nazionali abbiamo i CITTADINI ELETTORI, tutti noi che andiamo a
votare per le elezioni politiche nazionali, dalle quali fuoriesce un governo, formiamo i
PARLAMENTI NAZIONALI.
Una volta che abbiamo un governo, questo si interfaccia con le istituzioni europee.
Dal 1979 si possono eleggere i rappresentanti che ci rappresentano a Bruxelles e a Strasburgo,
andiamo a votare per uno dei due rami del POTERE LEGISLATIVO, il Parlamento Europeo, che
non ha però potere di INIZIATIVA legislativa, che invece ha la commissione. L’attività legislativa,
da un punto di vista formale, parte da uno dei due rami del potere esecutivo.
Il Parlamento europeo rappresenta direttamente il cittadino elettore su base partitica.
A livello europeo abbiamo un altro attore che ha poteri legislativi, il CONSIGLIO DEI MINISTRI,
dove siedono i ministri dei governi nazionali, ovviamente non tutti e non tutti assieme.
POTERE LEGISLATIVO  CONSIGLIO DEI MINISTRI + PARLAMENTO EUROPEO
La commissione europea è l’altro ramo del potere esecutivo ed è l’unico attore politico
comunitario che ha rapporti con TUTTE LE ALTRE istituzioni. Da una parte si trova quindi il
Consiglio europeo in cui siedono i capi del governo, dall’altra la commissione europea.
Vediamo un esecutivo bicefalo.
POTERE ESECUTIVO  COMMISSIONE EUROPEA + CONSIGLIO EUROPEO
Il Parlamento Europeo è composto da 705 deputati, divisi in proporzione alla grandezza degli Stati,
e rappresentano i 27 stati membri. In realtà la distribuzione è definita come DISPROPORZIONALE,
perché tende a sovra rappresentare i paesi più piccoli. È così perché il tema, all’indomani della
prima elezione diretta, era quello di non punire i paesi più piccoli e di garantire anche ad essi la
rappresentanza.
ELEZIONI PARLAMENTO EUROPEO
Dal 1999 c’è un regolamento europeo che prevede che tutte le leggi elettorali siano di tipo
PROPORZIONALE per garantire il più ampio livello di rappresentatività possibile.
Le leggi elettorali non sono uguali perché ogni paese può decidere come definire la propria legge
elettorale, di norma viene fatto con la presenza di collettivi, ad esempio soglie di sbarramento.
In Italia abbiamo una soglia di sbarramento del 4%, in Germania non esiste tale soglia.
Questo è legato dalla natura delle elezioni europee che vengono definite come delle ELEZIONI DI
SECONDO ORDINE. Le elezioni europee sono percepite come distanti e poco importanti, questo
perché è legato alla natura della posta in gioco politica.
Le elezioni europee non producono un Governo europeo, la Commissione non è un diretto
prodotto politico di una maggioranza parlamentare dentro il Parlamento.
Sono considerate meno rilevanti ed importanti anche per la minore copertura dei media alle
elezioni europee, per la disponibilità finanziaria dei partiti nelle campagne elettorali e per la
questione delle TEMATICHE affrontate durante le elezioni europee.
Tendenzialmente i temi al centro del confronto politico sono temi nazionali e non europei,
riguardano la politica nazionale più che quella europea.
L’idea di Europa è raramente oggetto centrale del dibattito, basti pensare alle elezioni del 2019.
Possiamo individuare due funzioni principali che stanno in capo al parlamento:

 FUNZIONE RAPPRESENTATIVA
Tradizionalmente in capo ai Parlamenti, per il tramite dei partiti, c’è questa funzione
essenziale, rappresentare gli elettori cittadini, istanze, bisogni e necessità. Le domande
politiche dovrebbero trovare uno sbocco nella funzione di Governo e in quella legislativa.
I partiti europei possono provare a tradurre alcune preferenze degli elettori ma non
possono svolgere la funzione di accountability di un Governo. Questo tema è molto
rilevante, di fatto va ad indebolire la stessa funzione rappresentativa del Parlamento,
perché non c’è la possibilità, tramite il Parlamento, di promuovere o sfiduciare l’operato
politico del potere esecutivo. Questa difficoltà ha contribuito a rafforzare un’inerzia che era
già presente nella struttura politica europea.
Funzione rappresentativa molto debole che è connessa al tema del fatto che il Parlamento
non sia in grado di mantenere pienamente responsabile il Potere esecutivo europeo.
Il vero limite è che il Parlamento, unica istituzione che ha un rapporto diretto con i cittadini,
NON HA una relazione con il Consiglio europeo. La relazione può essere solo di tipo
indiretto, sperare che i Parlamenti nazionali rendano responsabili i Governi per quello che
fanno all’interno del Consiglio europeo, ma accade raramente.
Da alcuni anni il Parlamento ha stabilito delle procedure e degli strumenti
interparlamentari per rapportarsi con i Parlamenti nazionali, nel tentativo di tradurre
alcune indicazioni prodotte dal Trattato di Lisbona e soprattutto per cercare di creare uno
spazio di tipo parlamentare multilivello.
 FUNZIONE DI POLICY MAKING
Altra funzione molto rilevante, ovvero fare i REGOLAMENTI. Produzione politica.
Il percorso del Parlamento europeo nei confronti dell’acquisizione del potere legislativo è
un percorso di successo, almeno fino alla crisi dell’eurozona. Da un forum di discussione è
diventato un COLEGISLATORE, cioè, tutte le materie su cui l’Unione Europea ha
competenza legislativa e che ricadono sotto la procedura di codecisione, sono tutte
materie in cui il ruolo del Parlamento è centrale ed essenziale.
PROCEDURA DI CODECISIONE
L’iniziativa legislativa parte dalla COMMISSIONE, l’input parte dalla Commissione, che ha
monopolio dell’iniziativa. Negli ultimi anni si è avviata una modalità informale per cui, se il
Parlamento rileva che su di un tema è necessario intervenire dal punto di vista legislativo e di
Policy, può informalmente prendere contatti con la Commissione che può decidere se imbastire la
Procedura legislativa, bocciarla, o aprire un dialogo formale su quella proposta.
La procedura di codecisione sta alla base del contenimento del RISCHIO DI CONFLITTO, viene
abbassato il tasso di conflittualità, è un qualcosa di essenziale per un sistema politico quale quello
europeo che negli ultimi anni è diventato oggetto di cannoneggiamenti molto forti.
Dove è possibile bisogna trovare l’accordo più grande possibile, la scelta è sempre quella di creare
le COALIZIONI PIU’ LARGHE POSSIBILI, per cercare di ridurre il numero dei perdenti.
La procedura di codecisione raccoglie questa logica.
Il dossier della Commissione arriva in Aula, che lo può approvare, respingere o emendare. Se viene
emendato il dossier modificato deve essere mandato al Consiglio che lo può accettare o meno, se
si decide di rimettersi mano il testo ritorna in Parlamento, ma questa “NAVETTA” può avvenire
solamente due volte, infatti, durante una possibile terza lettura, è previsto il COMITATO DI
CONCILIAZIONE.
Il Comitato di Conciliazione è uno spazio di policy in cui un numero pari di membri del Parlamento
e un numero pari di membri del Consiglio si trovano attorno a un tavolo e discutono dei problemi
riguardanti quel dossier di policy. Questo serve a limare e ridurre le differenze e la conflittualità, è
uno spazio del confronto. Se il comitato di conciliazione va male allora la proposta viene bocciata.
Nella realtà molto raramente si arriva al comitato di conciliazione, nella realtà, la maggior parte
dei dossier, viene approvata in PRIMA LETTURA, perché c’è un ampio lavoro preparatorio che
viene svolto per cercare di arrivare a un testo che possa essere accettato da entrambi gli organi
legislativi. Sono stati costituiti i TRIALOGUES, arene di conciliazione dove ci stanno dentro membri
del Parlamento e del Consiglio per trovare accordo sui dossier di policy, ne esistono di due tipi:

 FORMALI
Comitato di Conciliazione è un Trialogue formale.
 INFORMALI
Hanno preso piede in prima lettura o tra la prima e la seconda lettura, vengono definiti
spazi in cui le istituzioni si parlano per trovare accordi tra i dossier.
Con questa modalità di dialogo il Parlamento vuole spingere forte sulla propria capacità di
spingere sui dossier e farlo anche a scapito dei rischi di conflitto all’interno dell’aula.
Il conflitto tra i partiti è molto debole e soffocato perché l’interesse principale del Parlamento
Europeo è quello di affermarsi come un colegislatore valido ed efficace.
Il Parlamento ha anche iniziato ad acquisire un ruolo abbastanza importante sul CONTROLLO DEL
BILANCIO, il rafforzamento è arrivato in seguito, inizialmente poteva solo approvarlo o bocciarlo.
Ora il Parlamento può incidere sul bilancio annuale come un qualsiasi Parlamento nazionale.
L’Unione Europea ha anche un BILANCIO SETTENNALE su cui vertono alcuni fondi importanti, in
questo tipo di bilancio il potere parlamentare è molto minore, è rimasta la modalità “take it or
leave it”.
Il Parlamento ha un PRESIDENTE eletto per cinque anni teoricamente; in realtà, il Parlamento
europeo ha una regola informale che prevede una turnazione ogni due anni e mezzo, tra i due
gruppi più importanti, tra i Popolari e i Socialisti (adesso).
Accanto alla regola della proporzionalità c’è anche la regola del RISPETTO DELLA NAZIONALITA’
all’interno di ogni tipo di incarico parlamentari, sia del Parlamento sia interno ai gruppi.
Gli incarichi all’interno del Parlamento sono:

 PRESIDENTE
 14 VICEPRESIDENTI
 BUREAU (UFFICIO) DI PRESIDENZA
Definisce l’agenda dei lavori del Parlamento, che definisce l’ordine delle priorità.
Il Parlamento Europeo si è dato come organizzazione un modello basato sulle COMMISSIONI
PARLAMENTARI, anche in questo si è ispirato al modello del Congresso americano.
La Commissione parlamentare ha in carico il lavoro sui dossier di policy, e sono commissioni divise
per materia e per competenza.
La gran parte del lavoro sui dossier viene fatta nelle Commissioni, dentro alle Commissioni
parlamentari, ed è all’interno di esse che avviene il confronto e il dialogo tra i diversi gruppi politici
su i dossier di policy. Anche dentro le commissioni, nella loro composizione, c’è il rispetto sia della
proporzionalità rispetto alla grandezza del gruppo, sia della nazionalità.
Anche al loro interno abbiamo un forte lavoro di tipo CONSENSUALE, come per il lavoro fatto nella
procedura di codecisione con le altre istituzioni. Anche al loro interno i gruppi cercano di trovare
accordo sui dossier in modo tale da presentare una proposta parlamentare molto forte.
C’è una figura molto importante, il RAPORTEUR, deputato responsabile del REPORT legislativo.
È un lavoro molto importante per rafforzare il Parlamento come istituzione.
LA POLITICIZZAZIONE DELL’INTEGRAZIONE. DAL PERMISSIVE CONSENSUS AL CONSTRAINING
DISSENSUS.
Il processo di integrazione europea è stato a lungo concepito come un processo ideato e attuato
da élite nazionali e transnazionali.
La politicizzazione, se dovessimo associarla a un altro termine, la assoceremmo al CONFLITTO, è
un elemento conflittuale.
Il processo di integrazione in Unione Europea è stato pensato e protetto proprio per questa
eventualità, evitare che l’UE e i suoi temi più caratterizzanti diventassero tema di CONFLITTO e di
CONFRONTO politico-partitico.
Questa fase è la fase del PERMISSIVE CONSENSUS.
Si procede alla costruzione dell’Unione europea come un processo guidato dalle élite nazionali e
transnazionali, in cui il ruolo dei cittadini era quasi nullo. Nella prima fase, che si conclude con il
TRATTATO DI MAASTRICHT, lo schema politico di funzionamento era proprio questo.
Permissive consensus: situazione per cui il consenso dei cittadini alla costruzione dell’Europa unita
era considerato in parte non essenziale e in parte implicito (in assenza di una opposizione esplicita
e organizzata).
Si basa sul fatto che la costruzione comunitaria fosse un qualcosa di molto tecnico che molto poco
si prestava al confronto politico, si costruisce e si rafforza la burocrazia e l’approccio
TECNOCRATICO, ovvero l’idea che la gestione di una parte delle decisioni siano devolute ai tecnici
in nome della competenza e conoscenza degli argomenti da affrontare.
Il risvolto tecnocratico porta a un MINORE tasso di conflittualità.
Il clima e il contesto del permissive consensus era il fatto che si andasse a considerare, in quanto
tale, ogni ISTITUZIONE NON MAGGIORITARIA come giusta, come la BCE, ma anche la
Commissione e la Corte di Giustizia europea, perché non derivavano da uno scontro elettorale.
Questo è stato possibile principalmente per due ragioni:

 L’integrazione trattava soprattutto temi tecnici ed economici ma non si estendeva in


maniera significativa alle politiche che toccavano i CORE STATE POWERS (es. welfare,
moneta, bilancio o ad altre politiche legate alla dimensione nazionale)
 L’architettura istituzionale della CEE prevedeva il voto all’unanimità in Consiglio e quindi
c’era la possibilità da parte di ogni singolo stato membro di rappresentare pienamente i
propri cittadini e gli interessi nazionali e settoriali esercitando eventualmente il potere di
veto.
FASE DEL CONSTRAINING DISSENSUS (DOPO MAASTRICHT)
A un certo punto l’integrazione europea prende una forza propria che richiede una maggiore
politicizzazione, Maastricht porta alla costruzione del mercato unico e avvia il processo che
porterà a una moneta unica. Sono tutti passaggi che trascinano una politicizzazione al loro interno,
perché l’Unione Europea diventa, anche nella percezione delle opinioni pubbliche, una materia
sempre più quotidiana e vicina, perché ha un ruolo fondamentale nel determinare politiche con
IMPATTO DIRETTO nella vita dei cittadini.
Ma se aumenta la politicizzazione, allora è anche necessario che aumenti la DEMOCRATICITA’ e
che vengano ritenute le varie istituzioni maggiormente responsabili delle loro azioni.
La politicizzazione porta con sé il conflitto, si apre una stagione di CONFLITTO POLITICO sulle
politiche dell’Unione Europea.
Gli anni ’90 sono l’inizio di questo percorso di inizio di contestazione del processo di integrazione,
sono gli anni in cui comincia a fare capolino nel dibattito pubblico il termine di
EUROSCETTICISMO.
L’Euroscetticismo nasce in Gran Bretagna alla fine degli anni ’80, in un paese dove l’ostilità
dell’opinione pubblica e di parte delle élite politiche verso il processo di integrazione era già
abbastanza rilevante.
Il clima italiano di consenso diffuso e quasi inattaccabile comincia a vacillare. La spinta definitiva la
abbiamo con la grande crisi economica.
Ci sono addirittura dei partiti che nascono, in parte, su questo tema, come lo UK independence
party che nasce su una issue specifica: l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
Nuovi attori entrano nel sistema o attori che prima erano marginali si rafforzano.
SISTEMA PARTITICO EUROPEO
Vale la logica del sistema multilivello, sono partiti che vengono creati su diverse dimensioni.
Vi è una tripartizione delle caratteristiche dei partiti europei:

 NAZIONALE (PARTY ON THE GROUND)


Partito che compete nelle elezioni, corrisponde a livello nazionale nella politica europea,
quindi con i vari partiti nazionali.
Il partito nazionale può essere, a livello italiano, il Partito Democratico.
 GRUPPO PARLAMENTARE EUROPEO (PARTY IN PUBLIC OFFICE)
Sono i deputati europei che vengono eletti, e il gruppo parlamentare al quale aderiscono.
Se prendiamo il PD, ci riferiamo al gruppo dei Socialisti e Democratici.
 FEDERAZIONI TRANSNAZIONALI (PARTY IN CENTRAL OFFICE)
Partiti politici a livello europeo, nel nostro caso del PD è il Partito Socialista Europeo.
Questa distinzione si è rivelata molto utile per studiare i partiti a livello europeo e i loro rapporti
con il PE, perché questa ripartizione si sovrappone perfettamente con la dimensione multilivello
dei partiti e dei sistemi di partito sovranazionali.
La centralità della nostra analisi si stipulerà sul Party in public office.
Perché sono importanti i partiti europei? Perché questi partiti svolgono due funzioni che si
sovrappongono alle funzioni parlamentari:

 FUNZIONE DI GOVERNO
 FUNZIONE DI RAPPRESENTENZA
Queste due funzioni, a livello europeo, sono in tensione tra di loro. Il livello della rappresentanza
di competenza e dipende al primo governo, la seconda funzione di policy making è di competenza
dei gruppi parlamentari, che però non hanno un governo con cui interfacciarsi. È l’opposto di
quello che succede nei sistemi nazionali, dove le due funzioni vanno di pari passo.
Questa tensione si scarica proprio dentro al PARLAMENTO.
Un tentativo di risolvere questa criticità è stato quello della nascita degli SPITZEN KANDIDATEN, i
candidati che i partiti a livello europeo (terzo livello) indicavano prima delle elezioni europee
come possibili presidenti della Commissione in caso di vittoria delle elezioni.
Questo passaggio è stato importante perché cercava di dare forza e maggiore sostanza a un
articolo del Trattato di Lisbona che diceva in maniera molto vaga che l’indicazione del Presidente
della Commissione europea doveva essere legato al risultato delle elezioni europee.
Serviva a mettere una pezza alla tensione, a dare un legame più forte tra politica partitica europea
e il vertice esecutivo.
Il PE approvò una soluzione per la quale si impegnano i partiti a livello europeo a presentare un
candidato prima delle elezioni, questo processo ha investito due tornate elettorali:

 ELEZIONI DEL 2014


Ha avuto parziale successo.
 ELEZIONI DEL 2019
Ha mostrato quanto la procedura fosse debole, la attuale presidentessa non era stata
indicata dai Popolari in quanto “spitzen kandidaten”, i Popolari vinsero ma il nome da loro
proposto non trovò supporto nel consiglio.
Nonostante la buona volontà del Parlamento e dei partiti, i vincoli dell’Unione Europea sono
troppo forti per rafforzare il legame parlamentare tra Commissione e PE.
PARTY ON THE GROUND
Sono i partiti politici nazionali, le elezioni europee si tengono a livello nazionale e chi si candida alle
elezioni sono i partiti nazionali. Non corrono i partiti europei.
Il partito nazionale è molto rilevante perché è quello che va a mobilitare il consenso e a prendere i
voti, inoltre fornisce il personale partitico, ovvero i possibili candidati parlamentari.
Svolge la funzione di GATEKEEPING, seleziona e riseleziona i candidati. Funzione essenziale.
Il PD ha ottenuto un numero di voti, a questo punto seleziona un gruppo di deputati che verranno
inseriti all’interno del gruppo parlamentare europeo.
PARTY IN CENTRAL OFFICE
È il livello più debole. I Partiti politici europei raccolgono le grandi famiglie politiche europee,
quali i Socialisti, Popolari, Liberali, Verdi e Sinistra radicale; recentemente si sono aggiunti i
Conservatori. Le grandi famiglie politiche rappresentano determinati valori e orientamenti ideali.
Fino a pochi anni fa era definita come non più di un’organizzazione ombrello, si limitava ad
accogliere l’adesione dei singoli partiti nazionali, ma era una struttura priva di poteri e di funzioni.
La cosa è cambiata negli ultimi 20 anni: gli è stata affidata una PERSONALITA’ GIURIDICA, da
questa discende una capacità organizzativa autonoma propria.
Queste federazioni si sono organizzate e strutturate, hanno tutte un loro PRESIDENTE e una
segreteria, nonché un’assemblea.
La seconda innovazione è stata quella di puntare in maniera più decisa verso la funzione del
COORDINAMENTO tra i propri membri, è avvenuto sostanzialmente in due modi:

 DEFINENDO I PARTY MANIFESTO


Sono dei programmi elettorali comuni. Siamo arrivati a un punto in cui i Partiti nazionali
sottoscrivono e aderiscono a un programma comune. Definisce coordinate di policy.
 COORDINAMENTO A LIVELLO DI LEADERSHIP
Coinvolge sia la leadership del gruppo parlamentare, sia i capi di stato e di governo che
aderiscono alle diverse federazioni transnazionali. Prima di ogni consiglio europeo, i capi di
stato e di governo socialisti o popolari, si ritrovano in questi meeting in cui discutono
dell’agenda del Consiglio Europeo che si dovrà svolgere e dei temi che dovrebbero
rientrare nell’agenda futura dell’UE.
Le federazioni transnazionali forniscono uno spazio di orientamento comune per cercare di
incidere sulla decisione delle policy e per collegarlo al comportamento di voto a livello europeo.
Hanno cercato di dare una maggiore impronta sovranazionale. Sforzo di coordinamento.
PARTY IN PUBLIC OFFICE
I membri del Parlamento Europeo hanno un mandato quinquennale, a differenza dei Parlamenti
nazionali non può essere sciolto in anticipo.
Gli eletti in liste nazionali arrivano a Bruxelles e Strasburgo, aderendo ai gruppi parlamentari, che
sono importanti in quanto vero cuore e motore del funzionamento dell’organizzazione interna
dell’aula del Parlamento europeo.
Un parlamentare che non aderisce a un gruppo politico si trova ESCLUSO dai giochi parlamentari,
totalmente incapace di incidere sul funzionamento dell’aula e sul processo di policy making.
Il Parlamento, nel corso degli anni, ha deciso di puntare molto sul GRUPPO come STRUMENTO
ORGANIZZATIVO di razionalizzazione dei lavori dell’Aula. Spinse molto sull’efficacia e sul fatto che
il Parlamento debba lavorare in fretta e molto bene.
Il gruppo parlamentare è un fortissimo strumento di COORDINAMENTO tra moltissimi partiti
politici, attualmente troviamo in Parlamento 203 Partiti nazionali all’interno dei vari gruppi.
È fondamentale che esista il Gruppo parlamentare perché il Parlamento stesso funzioni.
Solo il gruppo parlamentare ha accesso alle risorse che consentono loro di fare ATTIVITA’
POLITICA, dagli spazi alle risorse economiche, al tempo di parola in aula.
Il gruppo politico parlamentare ha una forza e peso estremamente rilevante, controlla il lavoro in
aula e garantisce ai deputati la possibilità di CARRIERA all’interno dell’aula.
I gruppi politici sono così stabili perché:

 NUMERO MINIMO DI DEPUTATI (25)


Questi 25 deputati devono rappresentare almeno un quarto dei paesi membri (sette paesi)
Grazie alle risorse dei Gruppi i partiti politici sono molto efficaci nell’aula, avendo un alto livello di
coesione: le indicazioni della leadership del gruppo sono seguite in maniera molto scrupolosa.
La coesione riguarda sia il voto in aula sia quello in commissione, i partiti funzionano e fanno
funzionare bene l’aula.
Dopo il maxi-allargamento del 2004 si pensava che la coesione potesse risentire, in realtà la forza
organizzativa e dimensione ideologica hanno consentito ai gruppi di funzionare in modo efficace.
Come si spiega il comportamento di voto all’interno dell’aula?

 La prima dimensione è quella della DESTRA-SINISTRA. Dimensione che spiega e ha


spiegato fino ad alcuni anni fa la gran parte dei comportamenti di voto. La dinamica,
benché consensuale, si orientava sulla dinamica destra sinistra che conosciamo tutti.
 La seconda dimensione intervenuta dopo la Crisi è quella PRO-ANTI INTEGRAZIONE.
Tra partiti euroscettici e partiti che supportano l’integrazione. Il confronto si era alzato di
intensità rispetto all’impatto avuto dalla crisi dell’Eurozona sui paesi nazionali.
La crisi ha portato all’emersione dei partiti euroscettici, sia HARD (Contro UE), sia i partiti
ostili alle politiche prodotte dal Processo di integrazione (caso di Podemos in Spagna).
Abbiamo un euroscetticismo di destra, di norma legato a delle ragioni identitarie e
culturali, c’è un euroscetticismo di sinistra legato a un contrasto dei processi economici.
La nota rilevanza di funzionamento è che i grandi gruppi, Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi
difendono il CORDONE SANITARIO contro gli Euroscettici, escludendo i membri dei partiti
euroscettici molto forti e caratterizzati dalla capacità di agire e di impattare il processo legislativo.

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