1. Premessa
La riforma organica del Regolamento del Senato, approvata dall'Assemblea appena prima dello
scioglimento delle Camere sulla base di un testo proposto dalla Giunta1, interviene su circa un terzo dei
167 articoli che compongono il Regolamento di Palazzo Madama2. Tale riforma è maturata nel
particolare contesto politico e istituzionale che ha caratterizzato la XVII legislatura, incapace di
esprimere al suo esordio una maggioranza corrispondente ad una delle forze che si erano presentate alle
elezioni, tanto da determinare alleanze del tutto inedite e sino ad allora difficilmente pronosticabili.3
* Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il presente lavoro è frutto di discussioni, ricerche, elaborazioni e stesure
completamente condivise e svolte sempre in modo congiunto. Ad ogni modo i paragrafi 1, 3 e 5 possono attribuirsi ad
Andrea Carboni, mentre i paragrafi 2, 4 e 6 a Manuela Magalotti.
** Le opinioni espresse sono personali e non impegnano in alcun modo l’Istituzione di appartenenza.
1 Si tratta dell’Atto Senato Doc. II, n. 38/XVII, d’iniziativa della Giunta per il Regolamento e recante «Riforma
organica del Regolamento del Senato», comunicato alla Presidenza il 14 novembre 2017 ed approvato dal Senato, con
modificazioni, il 20 dicembre 2017.
2 L’ultima riforma regolamentare paragonabile, quella del 1988, era intervenuta su “soli” 46 articoli a fronte dei 59
2, pp. 349-372.
4 V. LIPPOLIS, Regolamenti parlamentari, forma di governo, innovazione istituzionale, Forum di Quaderni costituzionali, 2008,
p. 2. V. anche le considerazioni svolte da Di Ciolo, Mannino e Lippolis durante una “tavola rotonda” tenutasi in
occasione del Seminario di Studi e Ricerche Parlamentari, avente ad oggetto il tema «Prospettive ed evoluzione dei
regolamenti parlamentari», in Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, Quaderno n. 9, seminario 1998,
Torino, 1999, p. 3. In precedenza, v. l’intervento del Presidente del Senato Scognamiglio in occasione della Cerimonia
di chiusura dello stesso Seminario, nel 1994: «Ora non c’è dubbio che una democrazia compiuta presuppone che
l’opposizione attui tutti gli strumenti regolamentari a sua disposizione per controllare l’operato del governo. Ma
limitare a ciò l’attività tipica di una forza di opposizione è limitativo per l’opposizione stessa, in quanto pone
quest’ultima in posizione difensiva e subalterna nei riguardi dell’azione di governo. È quindi opportuno, a mio avviso,
che l’opposizione – qualunque essa sia in relazione alle diverse contingenze elettorali – sappia e possa far emergere
con chiarezza il proprio programma alternativo, sia sulle singole questioni che il governo pone all’ordine del giorno, sia
sulla più generale filosofia di un governo alternativo. Solo in questo modo il vero «controllo» finale sull’azione del
governo – che non può che spettare al corpo elettorale – potrà dispiegarsi in modo pieno. In questo quadro, risultano
chiare le linee generali attraverso cui dovrà svilupparsi una riforma regolamentare, che svolga il senso della nuova
legislazione elettorale, e del mutato clima del Paese, espresso ormai in più di una occasione elettorale»., in Associazione
per gli studi e le ricerche parlamentari, Quaderno n. 5, seminario 1994, Torino, 1995, p. 3.
5 V. LIPPOLIS, La riforma del regolamento della Camera dei deputati del 1997 e il Parlamento del bipolarismo, in Il Parlamento del
bipolarismo: un decennio di riforme dei regolamenti delle Camere, Napoli, 2008, p. 5. V. anche A. PALANZA, Le riforme del
Regolamento della Camera dei Deputati nel 1997-1999, in I regolamenti parlamentari nei momenti di “svolta” della storia costituzionale
italiana, in Giornale di storia costituzionale, 2008, n. 15, pp. 191-198.
6 L. CIAURRO, Le riforme del regolamento del Senato nella XIII legislatura, in Il Parlamento del bipolarismo: un decennio di
mentre più correttamente nell’individuare il complesso normativo che regola l’attività parlamentare ci si dovrebbe
riferire al «mosaico regolamentare», espressione che fa invece riferimento all’insieme di atti e fatti normativi a rilevanza
regolamentare, cfr. R. FERRARI ZUMBINI, Tra norma e vita. Il mosaico costituzionale a Torino 1846-1849, Roma, 2016, pp.
153-158.
8 L'istituto del voto anticipato consiste nella facoltà del Governo di chiedere che, nel corso dell’esame in Assemblea
dei disegni di legge individuati come prioritari, sia messo in votazione per primo, in deroga al normale ordine di
votazione, un articolo o un emendamento sul quale lo stesso Governo ha espresso parere favorevole. In caso di
approvazione da parte dell’Assemblea, tutti gli altri emendamenti e subemendamenti sono ritenuti decaduti mentre in
caso di reiezione si riprendono le votazioni secondo il normale ordine. Per una ricostruzione dell'istituto del voto
bloccato, tratto dall'esperienza francese v. A. RIDOLFI, L'introduzione del voto bloccato, Osservatorio costituzionale,
2014, n. 1, pp. 1-8.
9 Nella seduta del 19 luglio 2012 la Giunta convenne infatti di tornare «[…] a riunirsi a breve per proseguire -
attraverso la predisposizione di un testo a fronte - con una comparazione delle proposte di modifica organica del
Regolamento ritenute, da parte dei firmatari, tuttora di attuale interesse nel quadro generale dei lavori della Giunta
medesima. In seguito a tale raffronto, si verificherà su quali istituti sarà registrato un consenso attraverso l'integrazione
delle varie norme proposte e su quali altri, viceversa, si riscontreranno disomogeneità tali da imporre, tra le diverse
alternative, una scelta funzionale allo svolgimento della successiva fase emendativa». Cfr. Senato della Repubblica,
Giunta per il Regolamento, 19 luglio 2012, res. somm. pp. 5-6. Nelle successive riunioni della Giunta per il
Regolamento, tuttavia, vennero esaminate esclusivamente le proposte di modifica in materia di finanziamento ai
Gruppi parlamentari.
10 Per approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi: A. PERTICI, Il Parlamento tra Governo e Governo-ombra: prime note
sulle recenti proposte di modifica dei regolamenti parlamentari, in Rivista AIC, 22 luglio 2008, S. CURRERI, Le riforme
regolamentari possibili, in www.forumcostituzionale.it, 13 ottobre 2008, A. SAITTA, Sulle proposte di modifica dei regolamenti
parlamentari ad inizio di XVI legislatura, in Rassegna parlamentare, n. 4, 2008, pp. 871-894, F. ROSA, Il Parlamento
all’ombra del Governo in due recenti proposte di modifica dei regolamenti parlamentari, in Osservatorio sulle fonti, 2008, n. 3; C.
FERRAJOLI, Le proposte di riforma dei regolamenti parlamentari presentate nel corso della XVI legislatura, pp. 1-5, nonché Le
proposte di riforma dei regolamenti parlamentari del Popolo della Libertà in Rivista AIC, 2010, pp 1-19. ; V. LIPPOLIS,
Regolamenti parlamentari, forma di governo, innovazione istituzionale: il dibattito all'inizio della XVI legislatura, in A. CERRI e altri
(a cura di) Il diritto fra interpretazione e storia, Roma, 2010, Vol. 3, pp. 87-94; N. LUPO, G. PERNICIARO, Riforma del
Regolamento del Senato: un approccio bipartisan, ma ancora non sufficientemente organico, in Osservatorio sulle fonti, 2012, n. 1, F.
SOCCI, La proposta di riforma del regolamento interno in discussione al Senato, in www.forumcostituzionale.it, 28 marzo 2012,
D. NOCILLA, Un commento su di una proposta di riforma del regolamento del Senato, in Rassegna parlamentare, 2012, n. 4, pp.
887 e ss. Per il tema della programmazione dei lavori v. in particolare E. GRIGLIO, La "riforma impropria" delle regole
sulla programmazione dei lavori parlamentari, in E. GIANFRANCESCO, N. LUPO (a cura di), La riforma dei regolamenti
parlamentari al banco di prova della XVI Legislatura, Roma, 2009, pp. 69-94.
11 Già nelle prime riunioni delle Giunte per il Regolamento, infatti, era stato posto all'ordine del giorno il tema della
riforma delle procedure parlamentari, v. Senato della Repubblica, Giunta per il Regolamento, 9 aprile 2013, res. somm.
pp. 10-11; Camera dei deputati, Giunta per il Regolamento, 11 aprile 2013, res. somm. pp. 4-5.
12 Originariamente il Gruppo di lavoro ristretto, costituito il 30 maggio 2013 per l'elaborazione di uno schema di
riforma del Regolamento della Camera, si componeva dei deputati Bressa (successivamente nominato sottosegretario
nei Governi Renzi e Gentiloni), Giorgetti, Giorgis, Gitti, Leone (successivamente nominato componente del CSM e
decaduto), Melilla, Pisicchio, e Toninelli. Proprio il deputato Toninelli ha successivamente presentato a nome del suo
Gruppo parlamentare (Movimento 5 Stelle) una proposta di riforma al Regolamento alternativa a quella elaborata dal
Gruppo di lavoro.
13 Senato della Repubblica, Giunta per il Regolamento, 12 marzo 2014, res. somm. p. 5.
14 Il disegno di legge costituzionale (A.S. 1429/XVII) è stato presentato in Senato l'8 aprile 2014.
15 Lo stesso Presidente Grasso ha infatti sottoposto alla Giunta per il Regolamento dell'11 luglio 2017 un "decalogo"
di proposte di riforma, riassuntivo del proprio intervento in un Convegno svoltosi il 22 giugno 2017 proprio in Senato
sul tema delle possibili riforme regolamentari dove era «[...] emersa da parte sia dei relatori, sia di eminenti professori
di diritto costituzionale, l'opportunità e la concreta possibilità di realizzare già nella legislatura in corso modifiche del
Regolamento condivise, seppur limitate ad alcuni specifici punti». Cfr. Senato della Repubblica, Giunta per il
Regolamento, 11 luglio 2017, res. somm. pp. 3-5
16 Composto dai senatori Bernini, Buccarella, Calderoli e Zanda. Cfr. Senato della Repubblica, Giunta per il
determinazione stessa», così F. RACIOPPI, I. BRUNELLI, Commento allo Statuto del Regno, Torino, 1909, vol. III, p.
221.
Il fondamento costituzionale della potestà esclusiva di ciascuna Camera in ordine all'adozione del
23
proprio Regolamento, si rinviene oggi invece nell'articolo 64 della Costituzione, che con formula
parimenti laconica si limita a stabilire che ciascuna Camera adotta il proprio regolamento, introducendo
tuttavia la garanzia dell'approvazione a maggioranza assoluta dei componenti24.
È proprio la previsione di una maggioranza qualificata, unita alla natura necessariamente monocamerale
della deliberazione, a differenziare maggiormente sotto il profilo procedurale la modalità di adozione
dei regolamenti parlamentari e delle loro modificazioni.
In Senato, tali modalità sono disciplinate dall'art. 167 R.S.: si tratta in realtà di disposizioni
estremamente essenziali, che la prassi ha provveduto nel corso degli anni ad integrare e per certi versi a
superare in modo piuttosto significativo. Se infatti, da un lato, è vero che ciascun Senatore può
presentare proposte di modifica al Regolamento del Senato per il successivo esame in sede di Giunta,
occorre tuttavia considerare che è proprio la Giunta stessa il cardine del procedimento.25 L'Assemblea,
20 Fecero eccezione i primi regolamenti adottati sia dal Senato che dalla Camera nel 1848, che furono invece
predisposti dal Governo Balbo, cfr. R. FERRARI ZUMBINI, Tra idealità e ideologia. Il Rinnovamento costituzionale nel Regno
di Sardegna fra la primavera 1847 e l'inverno 1848, Torino, 2008, pp. 141 e ss.
21 F. RACIOPPI, I. BRUNELLI, Commento allo Statuto del Regno, op. cit., p. 218: «Non può concepirsi un'Assemblea
politica composta com'essa è di numerosi membri, divisa in partiti antagonistici, investita delle più alte funzioni
pubbliche quali son quelle di fare le leggi e di sindacare gli atti del Governo, senza un complesso di norme, destinate a
regolare preventivamente, in via generale e obiettiva, secondo convenienza e giustizia, l'esercizio dei diritti e dei doveri
dei suoi componenti e il modo di esercitare ed esplicare le potestà ed attribuzioni affidatele.».
22 Neanche gli stessi Regolamenti del Senato del Regno inclusero disposizioni riguardanti il procedimento da seguire
dotarsi di un proprio regolamento quale espressione della più ampia potestà regolamentare dello Stato.
24 Sulla posizione dei regolamenti parlamentari nel sistema delle fonti e sulla loro giustiziabilità si veda M. MAGRINI,
Le violazioni dei regolamenti parlamentari, in Contributi al dibattito parlamentare, Quaderni di documentazione del Servizio
Studi del Senato, n. 38, 2004, pp. 71-114.
25 L'esame delle proposte di modifica al Regolamento in sede di Comitato ristretto e di Giunta per il Regolamento ha
rappresentato, per l'iter complessivo della riforma, il momento centrale della procedura. Nel modello seguito si è
manifestata, salvo comunque l'esame in Assemblea degli articoli e degli emendamenti, l'adozione di un modello che ha
visto una competenza quasi redigente della Giunta, in considerazione dell'elevato carattere di politicità dei temi affrontati.
La concretezza dimostrata dall'iniziale informalità della procedura seguita spicca in modo ancor più evidente se
confrontata con i tentativi di riforma che l'hanno preceduta i quali, per quanto astrattamente più ancorati alle forme
tradizionali, sono stati caratterizzati dalla maggiore separatezza che inevitabilmente determina la discussione di un
nucleo di proposte distinte. V. anche sul punto A. MANZELLA, Art. 64 in Commentario della Costituzione a cura di G.
BRANCA, Tomo II, Bologna, 1986, pp. 1-61.
26 V. ad esempio Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten. p. 27 e 45.
27 A meno che, si intende, il testo non si componga di un unico articolo, nel qual caso si procederà ad un'unica
maggioranza assoluta costituiscono deliberazioni definitive; pertanto, esaurita la votazione, non si procederà al voto
finale sul complesso del documento», Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten. p. 69. Si veda
anche, in senso pienamente conforme, Senato della Repubblica, Assemblea, 17 novembre 1988, res. sten, p. 9, in cui la
Presidenza fa presente che «le votazioni per le quali è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti del Senato
costituiscono deliberazioni definitive. Di conseguenza, al termine della discussione degli articoli, non vi sarà una
votazione finale del documento nel suo complesso». Conforme altresì Senato della Repubblica, Assemblea, 24
febbraio 1999, res. sten., p. 7.
29 Si veda ad esempio Senato della Repubblica, Assemblea, 26 gennaio 1977, res. sten. p. 3029, in cui la Presidenza
osserva che «poiché sono in discussione delle proposte di modificazione costituite da un complesso normativo
organico composto di più disposizioni fra loro collegate, si procederà alla votazione delle singole proposte di
modificazione per alzata di mano e quindi alla votazione per appello nominale del complesso, per il quale è richiesta la
maggioranza assoluta.». Peraltro, nella stessa seduta, in occasione della discussione di un diverso complesso di
proposte di modifica del Regolamento, caratterizzate da una comune finalità, sono stati votati a maggioranza assoluta
anche alcuni emendamenti come ad esempio quelli aventi carattere sostitutivo rispetto a quanto approvato dalla
Giunta per il Regolamento, o comunque quelli che presentavano soluzioni di impronta evidentemente alternativa.
30 Si veda, da ultimo, quanto stabilito nella seduta del 24 febbraio 1999 quando la Presidenza, individuati due distinti
complessi normativi organici composti da una pluralità di articoli, ha affermato che i singoli articoli «saranno votati per
alzata di mano, mentre per l’approvazione dell’uno e l’altro complesso occorrerà la maggioranza assoluta. Resta salva
la facoltà – riconosciuta dallo stesso articolo 167, comma 6 – che otto senatori richiedano che singoli articoli siano
votati separatamente. In tal caso, per l’approvazione di ciascun articolo stralciato sarebbe richiesta la maggioranza
assoluta», Senato della Repubblica, Assemblea, 24 febbraio 1999, res. sten. p. 7.
Conforme, Senato della Repubblica, Assemblea, 17 novembre 1988, res. sten. pp. 9 e ss.
31 V. anche sul punto T. MARTINES, G. SILVESTRI, Il procedimento di formazione e di revisione dei regolamenti parlamentari,
in Diritto parlamentare, seconda ed., Milano, 2011, pp. 45-46, i quali utilizzano l'efficace espressione di «attenuazione
della regola costituzionale della maggioranza assoluta».
32 Per prassi costante, infatti, le richieste di voto segreto ai sensi dell'articolo 113, comma 4, devono essere presentate
alla Presidenza con congruo anticipo, al fine di consentire un vaglio di ammissibilità della stessa. Cfr. Senato della
Repubblica, Assemblea, 28 giugno 2017, res. sten, pp. 16-17; 7 agosto 2014, res. sten., p. 188.
33 V. in particolare Senato della Repubblica, Giunta per il Regolamento, 14 novembre 2017, res. somm., pp. 4 e ss., in
cui la Presidenza ha suggerito al presentatore di ritirare l'emendamento 72.0.1, in quanto suscettibile di attribuire alla
Presidenza del Senato un potere di valutazione dell'omogeneità del contenuto dei disegni di legge potenzialmente
lesivo delle prerogative del Capo dello Stato, almeno con riguardo ai disegni di legge di iniziativa del Governo.
L'emendamento poneva inoltre alcune delicate questioni circa il rapporto tra i due rami del Parlamento, laddove il
disegno di legge oggetto dello scrutinio presidenziale fosse già stato approvato dalla Camera dei deputati. In senso
conforme, v. anche Camera dei deputati, Giunta per il Regolamento, 12 ottobre 1988, res. somm., p. 4 in cui, in sede di
discussione di un principio di modifica, la Presidenza ha dichiarato «di ritenerlo improponibile in quanto interferisce
sui rapporti tra i due rami del Parlamento e può costituire una violazione della reciproca autonomia regolamentare.».
34 Si trattava in particolare dei senatori Bernini (FI), Buccarella (M5S), Calderoli (Lega) e Zanda (PD).
35 Senato della Repubblica, Giunta per il Regolamento, 11 ottobre 2017, res. somm. pp. 3 e ss.
36 Si trattava, segnatamente, degli emendamenti 14.1 e 16-bis.1 (testo 3), entrambi a firma del senatore Zeller. Senato
della Repubblica, Giunta per il Regolamento, 14 novembre 2017, res. somm., pp. 4-6.
37 Al riguardo, si ricordi che per le proposte di modifica al Regolamento, ai sensi della decisione del Presidente
Mancino (Senato della Repubblica, Assemblea, 24 febbraio 1999, res. sten., pp. 24-25.) non è logicamente ammessa la
presentazione di ordini del giorno «che riguardano norme o parti di norme del nostro Regolamento [...]La prassi
costante del Senato, come anche della Camera dei deputati, non conosce precedenti ordini del giorno sulle modifiche
al Regolamento. Il Regolamento è quello che è scritto, altrimenti non è Regolamento». Conforme anche la decisione
assunta dalla Presidenza nella seduta del 20 dicembre 2017, Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res.
sten. p. 29.
38 Cfr. Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., pp. 6, 17 e 18.
39 V. COZZOLI, I gruppi parlamentari nella transizione del sistema politico-istituzionale, Milano, 2002, p. 100.
40 E. CATELANI, Manutenzione dei regolamenti parlamentari come strumento di inizio di una mediazione politica, in
Costituzionalismo.it. - 2017, n. 2, p. 32, la quale rinvia anche all'analisi generale svolta da A. CIANCIO, I gruppi
parlamentari: studio intorno a una manifestazione del pluralismo politico, Milano, 2008.
41 In generale, sui Gruppi parlamentari v. F. BIENTINESI, Gruppo parlamentare, in M. AINIS (a cura di), Dizionario
Costituzionale, Roma-Bari, 2000, p. 229.
42 V. in particolare N. ZANON, Il divieto di mandato imperativo e la rappresentanza nazionale: autopsia di due concetti, in N.
ZANON, F. BIONDI (a cura di), Percorsi e vicende attuali della rappresentanza e della responsabilità politica, Atti del Convegno
(Milano, 16-17 marzo 2000), Milano, 2001, p. 131, in cui l'autore sottolinea che «la norma costituzionale ha qui
veramente un significato deontologico, costrittivo, è non è soltanto una norma ricognitiva di una situazione in cui il
parlamentare si trova per il solo fatto di essere stato eletto; ciò significa, in termini più semplici, che l’esercizio del
mandato in forma libera da condizionamenti particolari dovrebbe essere un dovere valutabile giuridicamente». V.
anche L. PRINCIPATO, Il divieto di mandato imperativo da prerogativa regia a garanzia della sovranità assembleare, in Rivista
AIC, 2012, n. 4, pp. 16-17.
43 V. in proposito S. CURRERI, I gruppi parlamentari nella XIII legislatura, in Rassegna parlamentare, n. 2, 1999, p. 277.
44 Cfr. F. FABRIZZI, Partiti politici e gruppi parlamentari ai tempi delle riforme, in Federalismi, n. 8, 2015, p. 2.
45 V. in particolare sul punto L. VERZICHELLI, I gruppi parlamentari dopo il 1994. Fluidità e riaggregazioni, in Rivista
italiana di scienza politica, n. 2, 1996, p. 410, nonché C. DE CARO, I gruppi parlamentari nella XII legislatura, in Rassegna
parlamentare, 1996, n. 2, pp. 360 e ss., S. CURRERI, I gruppi parlamentari nella XIII legislatura, in Rassegna parlamentare,
1999, n. 2 pp. 263-266.
46 G. MATUCCI, Lo status del parlamentare fra dovere di rappresentanza e libero esercizio del mandato, in F. RIGANO (a cura
di) La Costituzione in officina. Il primo intervento urgente, Pavia, 2013, pp. 113-114.
47 Sul quale v. la ben nota C. Cost. 7 marzo 1964, n. 14. V. anche P. RIDOLA, Divieto del mandato imperativo e pluralismo
politico, in Scritti in onore di Vezio Crisafulli, Padova, 1985, pp. 679 e ss.; A. MANNINO, L’abuso della mobilità parlamentare:
ripensare il divieto di mandato imperativo, in Quad. cost., 2001, pp. 135 e ss.
48 E. CATELANI, Manutenzione dei regolamenti parlamentari come strumento di inizio di una mediazione politica, op. cit., p. 33; V.
COZZOLI, I gruppi parlamentari nella transizione del sistema politico-istituzionale, op. cit., p. 107, il quale osserva che «la libertà
del parlamentare, che pur costituisce una fondamentale forma di tutela cui la Corte costituzionale ha fatto riferimento
per difendere ogni rappresentante dalle pressioni esercitate sotto varia forma dal gruppo politico di appartenenza non
può certamente essere utilizzata fino al punto da rivelarsi uno strumento che metta a rischio la funzionalità e la
democraticità del sistema.».
49 Su cui si veda almeno J. HABERMAS, Storia e critica dell'opinione pubblica, Bari-Roma, 2006, pp. 251 e ss.
50 L’esclusione dell’obbligo di appartenenza ad un Gruppo per i senatori a vita costituisce il frutto di una mediazione,
culminata nella presentazione dell’emendamento 1.100 (testo 2) da parte del relatore Calderoli. In un primo momento,
in sede di Giunta per il Regolamento, il senatore Zeller, Presidente del Gruppo per le Autonomie, aveva informato la
Giunta circa l'intenzione, preannunciatagli dal Presidente emerito e senatore di diritto e a vita Napolitano, di
presentare in Assemblea un emendamento per consentire l'istituzione di un Gruppo parlamentare composto dai
senatori a vita (Cfr. Giunta per il Regolamento, 14 novembre 2017, res. somm., pp. 6-7). Successivamente lo stesso
senatore Zeller aveva presentato l’emendamento 1.4 (testo 2), in base al quale «I senatori di diritto e a vita e i senatori a
vita, nella autonomia della loro legittimazione, possono non entrare a far parte di alcun Gruppo». L’emendamento è
stato quindi ritirato in quanto accolto nella riformulazione dell’emendamento presentato dal relatore.
51 Per alcune considerazioni sull’importanza di ricercare una «tendenziale coincidenza tra gruppi parlamentari e
soggetti elettorali, facendo pesare di più i requisiti politico-elettorali rispetto a quelli numerici, principale rimedio al
transfughismo organizzato, ormai impresentabile e prioritario per l’opinione pubblica» v. S. CECCANTI, La bozza di
riforma del Regolamento Camera non tocca i due aspetti chiave da riformare: disciplina dei gruppi e corsia preferenziale per il Governo in
Parlamento, in Forum di Quaderni costituzionali, 2014, n. 1, p. 1. Per un contributo apparso sulla stampa in favore di
tale soluzione da parte di uno dei componenti del Comitato ristretto v. L. ZANDA, Camere. Prima del voto cambiamo i
regolamenti, in Il Sole 24 ore, 2 giugno 2017, p. 6.
52 T.F. GIUPPONI, La nuova disciplina dei gruppi parlamentari, tra autonomia contabile e autodichia, in A. RUGGERI (a cura
di) Scritti in onore di Gaetano Silvestri, Vol. 1, Torino, 2016, pp. 1120 e ss.
53 Tale precisazione trova al contempo una conferma e un bilanciamento nell’introduzione, all’articolo 15, della
comunicazione al Presidente del Senato, in sede di costituzione dei Gruppi, della “propria denominazione ed ogni
successiva variazione”, con ciò in sostanza avvalorando l’interpretazione, adottata nella prassi, che esclude che un
semplice mutamento di denominazione determini necessariamente una soluzione nella continuità soggettiva del
Gruppo.
54 Si tratta dell’emendamento 1.23.
55 Cfr. S. TRAVERSA, Il Presidente della Camera dei deputati (1983), in Il Parlamento nella Costituzione e nella prassi, Milano,
1989, p. 433; C. PINELLI, Il Presidente di assemblea parlamentare, Quaderno, Associazione per gli studi e le ricerche
parlamentari, n. 9, 1998, p. 76.
56 Così A. BOZZI, Sulla supplenza del Presidente della Repubblica, in Rassegna parlamentare, 1959, n. 11, p. 27.
57 Del resto, tale continuità è assicurata dall'assunzione delle funzioni di Presidente supplente in via del tutto
automatica, ed i suoi poteri sono quelli propri del Capo dello Stato. La posizione giuridica del supplente è infatti,
ricorrendo i presupposti di una supplenza piena, in tutto identica a quella del Presidente della Repubblica. V. T.
MARTINES, Diritto costituzionale, 13a ed., Milano, 2013, p. 460; M. FIORILLO, Supplenza, voce in M. AINIS (a cura
di), Dizionario costituzionale, op. cit., p. 455.
58 Non è possibile in questa sede soffermarsi sul ruolo e le competenze dei Questori del Senato e del Parlamento in
generale. Per una ricostruzione si veda almeno P. DI MUCCIO, I questori del Parlamento Italiano, in Parlamento: giornale di
vita politica e parlamentare, 26, 1980, n. 1-2, pp. 37-40.
59 La possibilità da parte del Presidente di integrarne la composizione al fine di assicurarne una più adeguata
rappresentatività è stata inoltre ridotta da quattro a due senatori.
60 Né, tantomeno, alla Giunta per il Regolamento.
61 Tale precisazione costituisce un indubbio rafforzamento, quantomeno sul piano delle fonti, del principio già
espresso dalla Giunta nel parere dell’11 ottobre 2011, nel quale era stato necessario precisare che il citato comma 3
dell’articolo 21 in base al quale la distribuzione dei "senatori eccedentari" in ciascuna Commissione permanente deve
essere effettuata in modo tale da rispecchiare la proporzione esistente in Assemblea tra tutti i Gruppi parlamentari, si
interpreta anche alla luce del necessario rispetto dei rapporti di consistenza tra i Gruppi di maggioranza e opposizione.
62 V. ad esempio Giunta per il Regolamento, 11 ottobre 2011, in cui il Presidente fa presente che la convocazione «si è
resa necessaria a seguito della situazione determinatasi, in particolare, nella 1a Commissione, dove la proporzione tra i
Gruppi - risolvendosi in tredici Senatori di maggioranza a fronte di quattordici Senatori di opposizione - non
corrisponde a quella esistente in Assemblea». Per la Camera, v. parere del 18 gennaio 2000. V. anche V. DI CIOLO,
L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, op. cit.pp. 335-336.
63 Sui problemi interpretativi relativi ad una analoga disposizione inserita nella bozza di riforma del Regolamento della
Camera dei deputati, R. IBRIDO, L'interpretazione del diritto parlamentare: Politica e diritto nel “processo” di risoluzione dei casi
regolamentari, Milano, 2015, p. 229-232.
64 Del resto, la ragione del requisito della maggioranza assoluta «è da ricercare nell’intento di evitare […] il pericolo che
siano apportate sostanziali modifiche al regolamento, approfittando dello scarso numero di deputati o di senatori
eventualmente presenti in aula». T. MARTINES, La natura giuridica dei regolamenti parlamentari, cit., p. 28.
65 V. sul punto F. MOHRHOFF, Principii costituzionali e procedurali del Regolamento del Senato, Roma, 1949, p. 15.
4. Le Commissioni permanenti.
Lo snodo cruciale nell'attuazione della riforma è rappresentato dalle Commissioni permanenti, la cui
attività sarà decisiva nella definizione in concreto degli obiettivi di semplificazione e razionalizzazione
sia del procedimento legislativo, sia dell'attività di indirizzo e controllo67.
L'articolo 2 della riforma del Regolamento68 si sviluppa lungo tre principali linee di intervento:
valorizzazione dell'attività decisionale delle Commissioni permanenti, codificazione delle migliori prassi
e armonizzazione con il Regolamento della Camera dei deputati. Le modificazioni introdotte si rivelano
pertanto del tutto coerenti con i criteri ispiratori della riforma, enunciati nel "decalogo" presentato dalla
Presidenza alla Giunta del Regolamento l'11 luglio 2017, diretti a recuperare la centralità dell’attività
delle Commissioni permanenti come sede privilegiata della mediazione politica69.
66 Ibidem, in cui si chiarisce espressamente che "ove poi una proposta venga avanzata in merito ad una procedura la
quale, pur non essendo espressamente vietata dal Regolamento, sia tuttavia tale che il Presidente la giudichi in
contrasto con lo spirito del Regolamento stesso, egli ha facoltà di sottoporre al voto dell'Assemblea la proposta
stessa".
67 Prosegue pertanto il percorso di rivalutazione come luogo istituzionale delle Commissioni permanenti, che già con
le riforme del 1971 e del 1988 avevano acquistato una sempre maggiore autonomia. Al riguardo, C. DE CARO, La
struttura delle Camere, in T. MARTINES, G. SILVESTRI (a cura di), Diritto parlamentare, 2011, pp.126 e ss.
68 Più specificamente, sono introdotte modifiche agli articoli 21, 22, 23, 28, 33, 34, 35, 36, 40, 42, 43, 46 e 47 (inseriti
nel Capo VI del Regolamento, dedicato alle Commissioni permanenti, speciali e bicamerali) nonché all'articolo 144,
relativo alla competenza della Commissione Politiche dell'Unione Europea nella fase ascendente.
69 Come sottolineato anche da V. LIPPOLIS, L’innovazione attraverso i regolamenti parlamentari. Come migliorare il Parlamento
del bipolarismo, in Federalismi, n. 9, 2008, p. 1, le cause della perdita di centralità del Parlamento possono essere
individuate nel fatto che «Le Camere non sono state più le “padrone della legislazione” sia perché esse non sono più il
luogo della mediazione consociativa e della decisione contrattata tra i partiti proprio della Prima Repubblica, sia per
altre cause strutturali […]».
70 Sul «Parlamento in Commissione» è ancora essenziale la lettura di L. ELIA, Le Commissioni parlamentari italiane nel
processo legislativo, Modena, 1961. Sul processo decisionale in Commissione anche M. MIDIRI, Commissioni parlamentari e
processo di decisione politica: la prassi recente, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2007, n. 4, p. 1035-1056; R. PERNA,
Le Commissioni parlamentari al tempo del maggioritario, in E. DI GIANFRANCESCO e N. LUPO (a cura di), Regole del
diritto parlamentare nella dialettica tra maggioranza e opposizione, Roma, 2007, pp. 141-154.
71 Proprio a garanzia del mantenimento del rapporto tra maggioranza e opposizione, in sede di esame in Assemblea è
stato approvato l'emendamento 2.3 d'iniziativa del senatore Malan, che risolve il problema del senatore rappresentante
del Governo che, pur se presente alle sedute di Commissione, non può partecipare al voto e deve farsi sostituire (I
parlamentari rappresentanti del Governo possono invece sempre partecipare alle votazioni in Assemblea nella
rispettiva Camera di appartenenza). L'emendamento approvato recepisce, con diversa formulazione, la soluzione
adottata dal comma 4 dell'articolo 19 del Regolamento della Camera dei deputati, prevedendo che «il Senatore
componente del Governo, quando lo rappresenta in una Commissione, può sostituire uno dei Senatori del suo
Gruppo, incluso quello che lo sostituisce». V. Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., p. 51.
72 Fermo restando il principio della "non coincidenza" nell'applicazione della disposizione, si dovrà in ogni caso tener
conto delle scadenze costituzionalmente previste, ad esempio con riferimento ai termini di conversione dei decreti-
legge.
73 Sarà così possibile valorizzare anche le innovazioni - come la procedura per le consultazioni pubbliche degli
stakeholders oppure la valutazione delle politiche pubbliche attraverso il neo istituito UVI (Ufficio Valutazione Impatto)
- introdotte nella XVII Legislatura proprio per favorire il processo del «conoscere per deliberare».
74 Non di rado, infatti, nella XVII legislatura i senatori hanno richiamato l'attenzione della Presidenza sul fatto che
alcune Commissioni fossero riunite duranti i lavori in Aula, impedendo di fatto ai componenti di partecipare all'attività
dell'Assemblea. In realtà, il comma 6 dell'articolo 29 R.S. dispone che quando l'Assemblea è riunita le Commissioni
sono tenute a sospendere la seduta solo se sono in sede deliberante o redigente e su richiesta del Presidente del Senato
o un terzo dei Senatori presenti in Commissione.
75 In Senato vige in realtà la prassi che «le Commissioni possano riunirsi contemporaneamente solo se in Assemblea
non ci siano votazioni e se vi sia accordo tra i Gruppi», V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e
nella pratica, Milano, 2013, p. 339. In mancanza di una delle due condizioni, quando vi siano cioè contestazioni in Aula,
il Presidente del Senato ordina la sconvocazione di tutte le Commissioni riunite.
76 Sul procedimento legislativo in Commissione si veda G. TARLI BARBIERI, Le leggi in commissione nella prima
esperienza repubblicana: la sede deliberante tra quadro costituzionale e prassi applicativa, in Scritti in onore di Gaetano Silvestri, 2016,
III, pp. 2363-2385. Si veda anche S. TRAVERSA, Commissioni in sede legislativa o deliberante, Rassegna parlamentare,
2008, n. 1, pp. 305-309.
77 Il Regolamento del Senato agli articoli 35 e 36, analogamente a quanto previsto anche nell’altro ramo, oltre a
riprodurre i casi di riserva di Assemblea di cui al quarto comma dell’articolo 72 Cost. estende l’obbligo di seguire il
procedimento normale di esame anche per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge e per i progetti rinviati
alle Camere dal Presidente della Repubblica, cfr. V. LIPPOLIS, Il procedimento legislativo, in Diritto parlamentare a
cura di T. MARTINES, G. SILVESTRI, 2011, pp. 311-312; V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella
teoria e nella pratica, op. cit., pp. 593 e ss.
78 In questa prospettiva deve essere letta la modifica che inserisce anche i disegni di legge collegati alla manovra di
finanza pubblica tra quelli che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 35 R.S. (richiamato dal successivo articolo 36,) non
possono essere assegnati in sede deliberante o redigente. L’articolo 126-bis R.S., non modificato dalla riforma,
prescrive infatti un procedimento speciale per l’esame dei citati provvedimenti, in cui l’esame degli articoli e dei relativi
emendamenti deve svolgersi necessariamente in Assemblea (cfr. comma 5). Deve inoltre aggiungersi che per i disegni
di legge cd. collegati l’articolo 120, comma 3, del Regolamento prescrive l’obbligatorietà del voto finale a scrutinio
nominale elettronico, confermando la riserva di esame in sede plenaria.
79 In sede di esame del testo del Comitato ristretto da parte della giunta per il Regolamento solo il senatore Buccarella
aveva proposto di specificare quale delle due sedi - deliberante o redigente - fosse da preferire nell'assegnazione. La
Giunta, nel conferire il mandato a riferire favorevolmente sul testo del Doc. II, n. 38, ha tuttavia ritenuto di lasciare la
scelta al prudente apprezzamento della Presidenza, nell'ambito dei poteri attribuitigli dall'articolo 8 R.S. Al riguardo, si
veda Senato della Repubblica, Giunta per il Regolamento, 11 ottobre 2017, res. somm. pp. 6-7.
80 La previsione di una sempre maggiore centralità dell’attività “legislativa” delle Commissioni permanenti sembra
peraltro trovare conferme anche oltralpe: proprio nel mese di dicembre il Senato francese ha approvato una
risoluzione, presentata dal suo Presidente, per rendere strutturale la procedura legislativa di esame in Commissione dei
disegni di legge (sostanzialmente analoga alla sede redigente), inizialmente adottata in via sperimentale cfr. http://
www.senat.fr/ espace_presse/ actualites/201510/
amender_la_loi_en_commission_uniquement_une_nouvelle_procedure_a_luvre.html.
81 Con specifico riferimento alla sede redigente, è stato lucidamente affermato che «[...]potrebbe rappresentare una
ragionevole procedura per accelerare l'iter legislativo, per rilanciare il ruolo delle Commissioni, per decongestionare
l'Assemblea, per affrontare in modo più adeguato la progettazione normativa sempre più tecnicamente complessa e
infine per garantire un equilibrio tra il ricorso ad una corsia preferenziale e le prerogative dell'Assemblea, tra il diritto
della maggioranza ad approvare il proprio programma legislativo e il diritto delle opposizioni di vedere approfondite le
proprie proposte emendative», così in V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, op. cit.,
pp. 605 e ss.. Le medesime considerazioni sono riportate anche in L. CIAURRO, Verso una nuova codificazione delle regole
parlamentari, in E. GIANFRANCESCO, N. LUPO (a cura di), La riforma dei regolamenti parlamentari alla prova della XVI
legislatura, op. cit., p. 227.
82 Così anche il Presidente del Senato nella seduta della Giunta per il Regolamento dell’11 luglio 2017, res. somm., pp. 6-
7.
83 Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., p. 53.
84 Si tratta dell’emendamento 2.5, a prima firma Orellana, sul quale la Giunta ha mutato il proprio avviso, formulando
un parere favorevole solo a seguito della riunione convocata nel corso della seduta dell’Assemblea del 20 dicembre,
per riesaminare nel merito alcune ipotesi di riformulazione di emendamenti già presentati. Cfr. Senato della
Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., p. 45.
85 Su cui v. S. TRAVERSA, Commissioni in sede redigente, Rassegna parlamentare, 2008, n. 2, pp. 535-539; M.
CECCHETTI, La sede redigente nel "modello Camera": un nuovo futuro?, in Quaderni costituzionali, 14, 1994, n. 3, pp. 467-
475.
86 In dottrina la sede redigente disciplinata dal regolamento del Senato era sempre stata ritenuta preferibile all'istituto
come configurato presso l'altro ramo. Tale circostanza è stata sottolineata, nel corso del dibattito in Assemblea, dalla
senatrice Bernini che tuttavia ha ritenuto comunque di aderire al parere favorevole formulato dal relatore e
successivamente dalla Giunta nella seduta n. 21, Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten. pp.
85-86. Contra, M. CECCHETTI, La sede redigente nel "modello Camera", op. cit., 1994, n. 3, pp. 467-475.
87 Peraltro, mentre l’articolo 96 R.C. prevede che sia la Camera stessa, dopo la discussione generale, a decidere se
«deferire alla competente Commissione permanente o speciale la formulazione, entro un termine determinato, degli
articoli di un progetto di legge», al Senato la sede redigente sarà attribuita direttamente in fase di assegnazione del
disegno di legge da parte del Presidente. Nella riforma approvata dall’Assemblea viene così eliminata una delle cause
dello scarso rendimento dell’istituto presso l’altro ramo del Parlamento. V. Anche D. MARRA, Prospettive di riforma del
procedimento legislativo in Commissione 'redigente', in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 51, Roma, 1980, pp. 51 e
ss.
88 Alla luce dell'approvazione dell'emendamento 2.5, peraltro, si è resa necessaria la presentazione e l'approvazione di
una proposta di coordinamento d'iniziativa del relatore per armonizzare anche gli articoli 36 e 42 del Regolamento con
le modificazioni apportate all'articolo 28 R.S, v. Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten. pp.
92-93.
89 Per quanto non espressamente previsto nel nuovo articolo 28, è da ritenere che anche in Senato non siano ammesse
dichiarazioni di voto sui singoli articoli, in virtù della lettera dell'articolo 73, terzo comma della Costituzione, il quale
prevede che in caso di sede redigente il disegno di legge sia sottoposto all'Assemblea per l'approvazione finale «con
sole dichiarazioni di voto», per tali intendendosi quelle che precedono, appunto, il voto finale. Ed infatti la
formulazione del regolamento della Camera, nel precludere le dichiarazioni di voto sui singoli articoli, non fa che
esplicitare un principio già chiaramente desumibile dalla lettera, più sintetica, del dettato costituzionale.
90 Analogo rafforzamento si riscontra anche per quanto riguarda l’attività di sindacato ispettivo: l’articolo 3 del Doc. II,
n. 38, recependo quanto già previsto dall’articolo 135-ter R. C., ha aggiunto infatti la previsione che «le interrogazioni a
risposta immediata possono svolgersi in Commissione» (cfr. il nuovo comma 6-bis dell’articolo 151-bis). Altrettanto
innovativa è la previsione di speciali forme di pubblicità: su richiesta della Commissione, infatti, il Presidente del
Senato potrà autorizzare l’ammissione di pubblico e stampa in separati locali per seguire attraverso impianti audiovisivi
lo svolgimento delle sedute di question time in Commissione.
91 Tale possibilità è stata introdotta dalla Riforma anche per le comunicazioni di cui al comma 3 dell'articolo 46 R.S. La
previsione della possibilità di ricorrere, per le audizioni dei Ministri, alla sede congiunta dei due rami del Parlamento
recepisce ed autorizza la prassi delle ultime legislature. Molto spesso infatti le informative dei Ministri si sono svolte in
sede congiunta dei due rami del Parlamento in assenza di una disposizione scritta che autorizzasse una riunione in tale
sede. L’innovazione era stata già proposta in dottrina, che aveva sottolineato l’opportunità di «[…]evitare duplicazioni
per tutto ciò che riguarda il rapporto Parlamento-Governo nei procedimenti non legislativi, per i quali la fase
conoscitivo istruttoria può essere portata ad una dimensione comune, a partire dalle comunicazioni del Governo in
Parlamento. Sotto questo profilo, si potrebbe prevedere, per via regolamentare, l’estensione del “modello” costituito
dalle prassi di sede congiunta Commissioni esteri-difesa e trasformarlo in una sede congiunta intercamerale,
costruendo una procedura che riporti tutta la fase conoscitiva alla sede congiunta», così G. RIVOSECCHI,
Bicameralismo e procedure intercamerali, in A. MANZELLA e F. BASSANINI (a cura di) Per far funzionare il Parlamento:
quarantaquattro modeste proposte, Bologna, 2007, p. 72.
92 Nella versione della riforma originariamente approvata dalla Giunta, le informative che potevano svolgersi in Aula
erano limitate a quelle del Presidente del Consiglio dei ministri. Con l’approvazione dell’emendamento 3.100 (testo 3)
del relatore, l’Assemblea ha invece accolto una formulazione più flessibile del comma 1- bis dell’articolo 105 R.S., che
nella versione definitiva ammette la possibilità di svolgere in Aula anche informative dei Ministri, purché connotate da
carattere di urgenza, la cui trattazione può essere fissata dal Presidente o dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi
parlamentari.
93 La possibilità di procedere congiuntamente tra Commissioni dei due rami del Parlamento è d’altronde già prevista,
in casi limitati, dalle rispettive norme regolamentari, ad esempio agli articoli 48, comma 7, R.S. e 144, comma 5, R.C.
(in materia di indagini conoscitive) ovvero all’articolo 125-bis, comma 3, R.S. (in materia di audizioni congiunte in sede
di esame del DEF).
94 Viene così realizzata in parte quella estensione delle «procedure intercamerali» già auspicata, ad esempio, da G.
RIVOSECCHI, op. cit., 2007. pp. 67-76 ; D. SICLARI, Il controllo parlamentare sugli atti non normativi del governo e l’esame di
documenti trasmessi al Parlamento dal governo e da altre autorità: profili evolutivi, in R. DICKMANN, S. STAIANO (a cura di),
Funzioni parlamentari non legislative e forma di governo: l'esperienza dell'Italia, Milano, 2008, p. 373.
95 Si tratta dell’emendamento 2.6 (testo 2) d’iniziativa del senatore Santangelo. Cfr. Senato della Repubblica,
R.S. eliminando l’obbligatorietà del resoconto sommario per le sedute dell’Assemblea. La disposizione, che codifica
una prassi già adottata nella XVII legislatura, risponde a giuste esigenze di semplificazione, anche in ragione della piena
pubblicità delle sedute dell’Aula garantita non solo dal resoconto stenografico, ma anche dalla trasmissione diretta sui
canali satellitari e anche in differita sulla web-tv.
97 Per approfondimenti sulla genesi del principio anche in prospettiva comparata, si rinvia a P. COSTANZO, La
pubblicità dei lavori parlamentari (profili storico-comparatistici ed aspetti attuali), estratto da Rassegna parlamentare, La Piramide,
Roma, 1981; L. GIANNITI e C. DI ANDREA, Art. 64, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (a cura di)
Commentario alla Costituzione, vol. II, p. 1236. Sulla pubblicità dei lavori in Commissione, R. CERRETO, La pubblicità dei
lavori in Commissione, in Rassegna parlamentare, 2008, n. 3, pp. 601-621.
98 Cfr. il comma 5 dell'articolo 33 R.S., non modificato dalla Riforma.
99 Si ricorda infatti che la Costituzione, all'articolo 72, terzo comma, ultimo periodo, dispone semplicemente, con
riferimento ai casi in cui l'esercizio della funzione legislativa è attribuito in via totale o parziale alla sede decentrata, che
«il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni». Si tratta di una vera e propria riserva di
regolamento parlamentare che attribuisce a ciascuna Camera, nell'ambito della propria autonomia, il potere di
introdurre diverse forme di pubblicità dei lavori in Commissione, affinché sia assicurato il rispetto del principio di
«conoscibilità dei lavori» fissato dalla Carta costituzionale.
100 C. FERRAJOLI, La pubblicità dei lavori in commissione: un antidoto alla crisi del compromesso parlamentare,
Costituzionalismo.it., 2017, n. 2, p. 179, si chiede ad esempio se non sia necessario «per restituire centralità ai lavori
delle commissioni permanenti e alla mediazione politica tra i partiti che ne ha costituito per lungo tempo la principale
ragion d’essere, assicurare alle sedute delle commissioni in sede referente la massima pubblicità possibile, in forme
anche maggiori e penetranti di quella garantita per le sedute delle Assemblee».
101 Sull’evoluzione del linguaggio parlamentare e sui conseguenti effetti sulla pubblicità dei lavori parlamentari si
segnala il recente L. CIAURRO, Il linguaggio parlamentare: dai resoconti alla diretta on line, in Le parole giuste: scrittura tecnica e
cultura linguistica per il buon funzionamento della pubblica amministrazione e della giustizia: atti del convegno di presentazione del
progetto di ricerca e formazione, Roma, 2017, pp. 171-193.
102 Così la modifica all'articolo 22 R.S, che con riferimento alla competenza della 11a Commissione aggiunge alla parola
lavoro le seguenti: «pubblico e privato».
103 Quest'innovazione è suscettibile di determinare riflessi significativi non solo sulla competenza della Commissione
affari costituzionali, che in Senato tradizionalmente costituiva il centro di assegnazione dei disegni di legge e dei
documenti in materia di pubblico impiego ma anche, in ipotesi, di altre Commissioni, come ad esempio per la 7 a
Commissione permanente con riguardo alla disciplina del trattamento e delle condizioni di lavoro degli insegnanti.
104 È ragionevole ritenere, ad esempio, che resterà intatta la competenza della 1a Commissione con riferimento,
nell'ambito del pubblico impiego non contrattualizzato, al rapporto di lavoro dei magistrati amministrativi.
105 Si ricorda infatti che con le modifiche al Regolamento del 1988 era stata istituita una «Giunta per gli affari delle
Comunità europee», trasformata in Commissione permanente solo con le modifiche regolamentari del 6 febbraio
2003.
106 Su tale sistema la dottrina aveva peraltro avuto modo di esprimere un certo apprezzamento. V. ad esempio N.
LUPO, I Parlamenti nazionali nell’Unione europea e il principio di sussidiarietà: qualche suggestione per la Camera dei deputati, in
Amministrazione in cammino, 2014, p. 6, il quale osserva che « proprio dal punto di vista del riparto dei ruoli tra
Commissioni di merito e Commissione politiche dell’Unione europea quel modello mi pare meglio riuscito, perché più
coerente con l’effettivo sviluppo delle forme di coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale
europeo, per come risultanti dalle due relazioni in esame».
107 Viene inoltre abrogato anche il comma 4-bis dell’articolo 21, ai sensi del quale la composizione della Commissione
dovesse essere formata «[…] da tre Senatori appartenenti a ciascuna delle Commissioni 1ª, 3ª e 5ª e da due Senatori
appartenenti a ciascuna delle altre Commissioni permanenti».
108 Si tratta in particolare dell'emendamento 2.100 (testo 2) del relatore, Senato della Repubblica, Assemblea, 20
del previgente comma 2 dell'articolo 23 R.S. ai soli «disegni di legge comunitaria», ovvero ai disegni di legge che la
vigente normativa (legge n. 234/2012) individua nei disegni di legge europea e di delegazione europea. In sede di
riforma del Regolamento il Comitato ristretto, oltre a modificare alcune delle competenze della 14 a Commissione, ha
provveduto anche ad aggiornare la terminologia utilizzata dal Regolamento alle modifiche legislative intervenute, su
cui si veda oltre, paragrafo 6.
Con riferimento invece all'attività consultiva e di raccordo con l'attività legislativa dell'Unione europea
la riforma ha attribuito alla 14a Commissione una competenza esclusiva nella valutazione della verifica
del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità degli atti legislativi dell'Unione europea112. La
sempre maggiore incidenza della legislazione europea sull'ordinamento e l'introduzione con il Trattato
di Lisbona del controllo del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità da parte dei
Parlamenti nazionali, hanno infatti suggerito alla Giunta, da un lato, di codificare nel Regolamento le
prassi adottate negli ultimi anni per l'esame degli atti nella cd. fase ascendente;113 dall'altro, di attribuire
alla 14a Commissione un ruolo più specifico nel raccordo con l'Unione e nel controllo dell'esercizio del
suo potere normativo.114
Il nuovo articolo 144 del Regolamento in materia di esame degli atti normativi e degli atti di interesse
dell'Unione europea, infatti, disegna un sistema binario per l'esame degli atti preparatori della
legislazione europea. Nel sistema previgente, in cui la normativa di riferimento era stata integrata
ampiamente da prassi e lettere circolari del Presidente del Senato115, l'esame degli atti preparatori della
legislazione europea era affidato in via principale, sia per il controllo di sussidiarietà sia nell'ambito del
cd. dialogo politico, alla Commissione permanente di merito. La 14a Commissione era sempre richiesta
di esprimere il proprio parere ed esercitava un potere sostitutivo in caso di mancata conclusione
dell'esame da parte della Commissione di merito nei termini previsti116.
110 Il tema si pone oggi, evidentemente, solo per il disegno di legge europea, non potendo il decreto-legge recare
deleghe legislative.
111 V. ad esempio il disegno di legge 1784 della XVI legislatura, di conversione del decreto-legge 25 settembre 2009, n.
135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di
giustizia delle Comunità europee.
112 Si recepiscono così le molteplici sollecitazioni a ridefinire le competenze della Commissione Politiche dell'Unione
europea attribuendole maggiori poteri nella fase ascendente rispetto alle Commissioni di merito, tra gli altri M.T.
NIGRO, Parlamento e Unione europea, in E. GIANFRANCESCO, N. LUPO (a cura di), La riforma dei regolamenti
parlamentari alla prova della XVI legislatura, op. cit., p. 175.
113 Su cui v. in particolare M. ARMANNO, Il Parlamento italiano e le dinamiche di rafforzamento del ruolo dei parlamenti
nazionali nei processi di formazione degli atti comunitari, in S. PAJNO, G. VERDE (a cura di), Studi sulle fonti del diritto italiano,
Milano, 2010, pp. 67 e ss.
114 Sulla fase ascendente in generale si vedano anche le considerazioni di D. CODUTI, La partecipazione dell'Italia alla
cosiddetta fase ascendente dei processi decisionali comunitari: il ruolo del Parlamento, in AA.VV., Studi in onore di Vincenzo Atripaldi,
Napoli, 2010, Vol. 1, pp. 383-406.
115 Ci si riferisce alle lettere circolari del Presidente del Senato del 28 giugno e 6 ottobre 2006, del 1° dicembre 2009 e
merito competente sia per l'esame del rispetto del principio di sussidiarietà, sia per il dialogo politico: quando la
Commissione rendeva il proprio parere sulla sussidiarietà scaduto il termine delle otto settimane fissato dal Protocollo
n. 2 annesso al Trattato di Lisbona il parere era "trasformato" automaticamente in un parere sul merito dell'atto
nell'ambito del dialogo politico.
117 Costituisce, ad esempio, codificazione di una prassi la previsione del nuovo comma 2-bis dell'articolo 144 R.S. ai
sensi del quale «Nel caso in cui un documento approvato si riferisca a progetti di atti legislativi dell'Unione europea o
ad altri atti trasmessi dalle istituzioni dell'Unione europea, il Presidente del Senato lo trasmette, inoltre, ai Presidenti
del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea».
118 Il nuovo articolo 144 R.S. rappresenta una parziale risposta alle ripetute sollecitazioni della dottrina circa la
necessità di adeguare i regolamenti parlamentari al nuovo ruolo dei Parlamenti nazionali conseguente alle innovazioni
introdotte dal Trattato di Lisbona, cfr. N. LUPO, "Codificazione" dei precedenti o valorizzazione della Camera? I presupposti
dell'ipotesi di riforma del Regolamento della Camera e alcune possibili integrazioni, Osservatorio sulle fonti, 2014, n. 1, p. 3; G.
RIVOSECCHI, La riforma dei regolamenti parlamentari dopo il Trattato di Lisbona: un’occasione mancata, Osservatorio sulle
fonti, 2009, n. 3.
119 Resta comunque fermo il potere sostitutivo della 14a Commissione previsto in caso di inerzia della Commissione di
richiesta di esprimere il proprio parere su tutti gli atti e relazioni dell'Unione europea. La riforma elimina questa
competenza consultiva generale obbligatoria e la mantiene per i soli atti previsti al comma 4, ovvero gli atti riguardanti
«le istituzioni o la politica generale dell'Unione europea».
121 Nella prassi, peraltro, non sono stati frequenti i casi in cui le Commissioni parlamentari hanno riscontrato la
122 Si segnala inoltre che il nuovo comma 6-ter dell'articolo 144 R.S. introduce espressamente la partecipazione delle
Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome nell'esame degli atti preparatori della legislazione
europea. Il coinvolgimento e il coordinamento con le posizioni espresse anche dagli altri enti costitutivi della
Repubblica, che possono presentare documenti da trasmettere alle Commissioni permanenti, rappresenta sicuramente
un primo strumento di coinvolgimento delle assemblee regionali nel processo decisionale europeo Cfr. anche G.
RIVOSECCHI La riforma dei regolamenti parlamentari, op. cit., 2009, pp. 9-10.
123 Cfr. art. 55, comma 5, del Regolamento. Più in generale, sul progressivo sedimentarsi nel Regolamento del Senato di
istituti nati dalla prassi e successivamente stabilizzatisi fino, in taluni casi, ad acquisire un riconoscimento formale in
disposizioni scritte, v. E. SERAFIN, L'evoluzione del regolamento del Senato come prodotto dell'esperienza, in A. MANZELLA
(a cura di), I regolamenti parlamentari a quarant'anni dal 1971, Bologna, 2012, pp. 77-78. L’istituto della c.d. ghigliottina
trovò spazio in una decisione della Conferenza dei Capigruppo del 30 novembre 1996, che fece leva proprio sul
combinato disposto degli articoli 55, comma 5 e 78, comma 5. Alla Camera, si dovette attendere la seduta del 29
gennaio 2014. Cfr. F. S. MARINI, Il voto a data certa, in F.S. MARINI, G. SCACCIA, (a cura di) Commentario alla riforma
costituzionale del 2016, Napoli, 2016, p. 125. V. anche R. DICKMANN, Alcune considerazioni sull’istituto del “voto a data
certa”, in Federalismi.it, 2016, n. 6.
124Su cui v. A. SAITTA, L'oscillazione del pendolo: maggioranza e opposizioni nella democrazia costituzionale italiana, Milano,
2004, p. 107; L. STROPPIANA, Le più recenti modifiche ai regolamenti parlamentari: una prima rassegna, in Quaderni
costituzionali, 1999, n. 2, p. 425.
125Su cui si veda A. CIANCIO, I gruppi parlamentari: studio intorno a una manifestazione del pluralismo politico, op. cit., pp. 164
e ss.
126 V. ad esempio Senato della Repubblica, Assemblea, 8 agosto 2013, res. sten, p. 65.
127 In luogo della precedente disciplina che attribuiva l'attivazione della procedura al proponente di un disegno di legge
o di un documento al Presidente della Commissione competente ovvero da otto senatori.
128 Inizialmente previsto anche all’articolo 96-bis R.C., l’istituto è stato soppresso con la riforma del 1997.
129 V. sul punto le considerazioni di A. MANNINO, Diritto parlamentare, op. cit., p. 263, il quale osserva che tale
strumento «non poteva non fallire nel suo scopo di contrastare il fenomeno della proliferazione dei decreti-legge,
perché affidava ad organi politici una valutazione di natura prettamente giuridico-costituzionale».
130 V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, op. cit., p. 544.
131 M.L. MAZZONI HONORATI, Lezioni di diritto parlamentare, Torino, 1999, III ed., 1999, p. 243, che osserva in
particolare che tra i due strumenti «soprattutto è diversa la ratio, perché la pregiudiziale è strumento procedurale che
tende ad impedire la discussione (e infatti è votata generalmente prima di essa), la proposta (o l'ordine del giorno) di
non passaggio agli articoli ha carattere sostanziale perché è votata dopo la discussione ed, entrando nel merito, esprime
un giudizio negativo».
132 V. LIPPOLIS, Il procedimento legislativo, in T. MARTINES e altri, Diritto parlamentare, Milano, 2011, pp. 295-296. V.
anche sul punto P. CASTALDI., La fase preliminare del procedimento legislativo: l'assegnazione dei progetti di legge alle commissioni,
in Il Parlamento della Repubblica - Organi, procedure, apparati, Roma, 1987, p. 289. V. anche Camera dei deputati,
Assemblea, 27 marzo 1985, res. sten, p. 26505.
133 La sostanziale identità di effetti prodotti tra pregiudiziale e sospensiva sine die è chiarita in modo efficace in F.
RACIOPPI, I. BRUNELLI, Commento allo Statuto del Regno, op. cit., vol. III, p. 126.
134 Cfr. R. MORETTI, Le sedute di Assemblea e delle Commissioni, in T. MARTINES e altri, Diritto parlamentare, Milano,
2011, p. 209.
135 Anche sotto il Regolamento del 1948 vi sono stati alcuni casi nei quali la questione pregiudiziale (o anche
sospensiva) è stata proposta dopo l'inizio della discussione generale, determinandone la temporanea interruzione. Cfr.
Senato della Repubblica, Assemblea, 27 febbraio 1968, res. sten, p. 45234, relativa alla presentazione di una sospensiva;
14 dicembre 1965, res. sten, p. 20313, nel corso della quale una questione pregiudiziale è stata presentata dopo la chiu-
sura della discussione generale e lo svolgimento degli ordini del giorno.
136 Cfr. gli articoli.55, commi 3 e 7, 56, comma 3, e 92 del Regolamento del Senato.
137 Dalla diversa natura e dal differente regime procedurale previsto per i due istituti deriva una conseguenza assai
significativa: in caso di approvazione di una proposta di non passaggio all'esame degli articoli il Senato si esprime nel
merito, all'esito di una discussione generale e delle conseguenti repliche del relatore e del rappresentante del Governo,
laddove invece l'approvazione di una pregiudiziale, pur determinando anch'essa una reiezione suscettibile di
applicazione analogica per gli effetti di cui all'articolo 76 del Regolamento, esprime una valutazione preliminare, con la
quale tale reiezione viene deliberata prima ancora di discutere. Pertanto al Senato un disegno di legge respinto
attraverso l'accoglimento di una questione pregiudiziale - e non solamente un atto che lo riproduca in tutto o in parte -
potrà essere, decorsi i sei mesi, nuovamente assegnato alle competenti Commissioni.
138 A seguito del parere della Giunta per il Regolamento del 16 novembre 1988, in base al quale «Una volta esaurita la
fase preliminare di controllo dei requisiti prescritti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente per l'emanazione dei
decreti-legge, nella discussione dei disegni di legge di conversione è comunque proponibile la questione pregiudiziale -
ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento - anche con riferimento ad ogni possibile profilo di costituzionalità, ivi
compreso quello relativo al difetto dei presupposti costituzionali di necessità e di urgenza»
139 Così l'intervento del Presidente Merzagora in Senato della Repubblica, Assemblea, 5 maggio 1965, res. sten, p.
15108. La questione è ormai da tempo risolta in senso opposto, in quanto in Senato la questione pregiudiziale è oggi
pacificamente ritenuta ammissibile anche per i disegni di legge di conversione di decreti-legge. Cfr. Senato della
Repubblica, Assemblea, 9 dicembre 1970, res. sten, pp. 19344 e ss. Il caso probabilmente più noto è quello verificatosi
nel corso della XV legislatura in occasione dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29
settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie
sociali. In tale occasione, infatti, la proposta di questione pregiudiziale fu approvata, determinando la reiezione del
provvedimento, v. Senato della Repubblica, Assemblea, 25 ottobre 2006, res. sten, pp. 2 e ss.
140 Sembra pertanto in linea di principio doversi escludere la possibilità di sottoporre al voto segreto una proposta di
questione pregiudiziale o sospensiva, essendo ora previsto all’art. 93, comma 5, R.S. un regime speciale, che ha luogo
con votazione «nominale con scrutinio simultaneo» secondo quanto previsto dal successivo art. 115, non modificato
dalla riforma. Si tenga conto del fatto che il Regolamento non pone a questo fine alcuna distinzione tra questione
pregiudiziale, produttiva di effetti reiettivi, sia pur meno definitivi di una proposta di non passaggio agli articoli, e
questione sospensiva, i cui effetti sono temporanei per definizione. Anche l’impostazione più restrittiva del nuovo
articolo 113, commi 4 e 4-bis, unitamente alla possibilità di presentare un ordine del giorno di non passaggio agli
articoli – questo sì, indiscutibilmente sottoponibile al voto segreto, in quando deliberazione di merito il cui
accoglimento ha carattere definitivo – rende preferibile un’interpretazione letterale del regime di votazione ora
previsto per le questioni incidentali, ammettendo pertanto lo scrutinio segreto solo per il non passaggio agli articoli ed
eventualmente il voto finale, sempre che sussistano le condizioni di cui all’articolo 113, comma 7, R.S..
141 Per una ricostruzione storica ed un'analisi ricostruttiva del non passaggio agli articoli sia consentito rinviare a A.
CARBONI, Il non passaggio agli articoli: un istituto minore?, in Rassegna parlamentare, 2016, n. 3, pp. 549-585.
142 La disposizione conferma pertanto sul punto quanto già stabilito dalla Giunta per il Regolamento nel parere del 30
marzo 2004, che peraltro qualificava tale ampliamento quale facoltà attribuita alla Presidenza, apprezzate le circostanze
e in deroga alla disciplina generale.
143 Per il quale, lo ribadiamo, non è più consentita la richiesta di verifica del numero legale.
Con riguardo all’articolo 100 R.S., relativo all’esame degli articoli e al connesso regime di presentazione
degli emendamenti, la lettera del Regolamento è stata resa conforme alla prassi costantemente
osservata, tanto che la disposizione di cui al vecchio comma 3, in base al quale gli emendamenti
dovevano essere presentati «almeno ventiquattro ore prima dell’esame degli articoli a cui si riferiscono»
era considerata pressoché pacificamente caduta in desuetudine. Il termine per la presentazione degli
emendamenti è infatti ordinariamente fissato dalla Conferenza dei Capigruppo ovvero, ove necessario
in relazione ai tempi a disposizione, dalla Presidenza stessa.
Il nuovo comma 3 dell’articolo 100 stabilisce ora espressamente che gli emendamenti debbono essere
presentati per iscritto dal proponente nel termine stabilito dalla Presidenza o dalla Conferenza dei
Presidenti dei Gruppi parlamentari.
Proprio in ragione di quanto appena esposto, appare singolare la mancata correzione del comma 4, del
quale la sostanziale desuetudine è parimenti riconosciuta.144 È anzi piuttosto frequente, specialmente
all'inizio della legislatura, che un senatore, non di rado neoeletto, presenti tardivamente un
emendamento corredato da otto firme, ai sensi dell'articolo 100, comma 4, che ammette la
presentazione, nel rispetto di tale requisito, di emendamenti "fuori termine". Invariabilmente, la
Presidenza non ammette tale presentazione, ritenendo che la prassi abbia superato la formulazione
letterale del Regolamento. Infatti, il potere presidenziale di stabilire il termine di presentazione degli
emendamenti, previsto espressamente solo per la sessione di bilancio, (ai sensi dell’articolo 128, comma
5 R.S.) è oramai pacificamente riconosciuto ed esercitato per tutti provvedimenti.145
Le modifiche concernenti la votazione per parti separate, di cui all’articolo 102 R.S. circoscrivono,
coerentemente con l’impostazione seguita in altre disposizioni, la possibilità di avanzare una richiesta di
votazione per parti separate ad un senatore per Gruppo, che può illustrarla per non più di tre minuti. Si
tratta di una semplificazione considerevole, ove si consideri che la disciplina previgente consentiva
144 Cfr. Senato della Repubblica, Assemblea, 30 settembre 1998, res. sten, p. 16, in cui la Presidenza osserva che «per
consuetudine interpretativa immemorabile di questo consesso, il termine stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo
supera il dettato di cui all’articolo 100, comma 4. È sempre stato interpretato così». V. anche sed. ant. 19 luglio 2000,
res. sten, p. 45.; sed. ant. 25 gennaio 2001, res. sten, pp. 2-3.
145 V. sul punto E. SERAFIN, L'evoluzione del regolamento del Senato come prodotto dell'esperienza, op. cit., p. 79, la quale
osserva in particolare che «non solo nessuno ha mai posto in discussione una simile evoluzione, ma essa stessa risulta
talmente condivisa, che nessuno ha mai nemmeno pensato di dover cambiare il "vecchio" articolo del regolamento,
caduto oramai in desuetudine».
È stata modificata anche la procedura prevista all’articolo 103 R.S., già oggetto delle riforme
regolamentari del 1988,147 concernente le correzioni e gli interventi di coordinamento formale,148 in
primo luogo attraverso una riduzione della possibilità di presentare proposte di coordinamento,
precedentemente riconosciuta al rappresentante del Governo o a ciascun senatore. Infatti il nuovo
testo dell’articolo 103, al comma 1, pur conservando tale opzione in favore dell’Esecutivo, circoscrive la
possibilità di avanzare proposte di coordinamento a «un senatore per ciascun Gruppo parlamentare»,
con l’evidente fine di precludere l’utilizzo di tale strumento in chiave ostruzionistica.149
La proposta di coordinamento ha in effetti la principale finalità di apportare le correzioni di forma
ritenute opportune con particolare riguardo, ove necessario, a «disposizioni già approvate che appaiano
in contrasto tra loro o inconciliabili con lo scopo della legge». D’altro canto, se è vero che il
Regolamento stesso sembra distinguere in modo piuttosto chiaro tra l’emendamento - che ha una
portata modificativa più pregnante ed investe in modo più evidente il merito dell’intervento
legislativo150 - e la proposta di coordinamento, la quale sembrerebbe poter intervenire su aspetti
strettamente redazionali151 in quanto esaminata dopo il voto dei singoli articoli, occorre tuttavia rilevare
che in determinati casi rientra nei poteri della Presidenza, anche sulla base delle attribuzioni di cui al
citato articolo 8 R.S., ammettere proposte ritenute necessarie per la correzione del testo, per quanto
non limitate ad aspetti di stretta redazione.
Il problema dell’ammissibilità del coordinamento formale è stato affrontato anche dalla Corte
costituzionale152 che, nel fissarne alcuni limiti e requisiti, ha in effetti riconosciuto la legittimità del
146 In virtù dell’applicabilità della norma generale di cui all’articolo 89, comma 2, R.S..
147 Per maggiori dettagli v. V. LIPPOLIS, Il procedimento legislativo, in T. MARTINES e altri, Diritto parlamentare, op. cit.,
pp. 306-308.
148 Sul coordinamento dei testi legislativi si veda in particolare M. AINIS, Il coordinamento dei testi legislativi, in Giur. cost.,
su tutti, Senato della Repubblica, Assemblea, 23 dicembre 2010, ed in particolare res. sten p. 144, in cui la Capogruppo
Finocchiaro preannuncia, in sede di dichiarazione di voto, «110 votazioni per il coordinamento formale».
150 V. in particolare l’art. 100, comma 8, R.S., il quale stabilisce che il Presidente può «disporre che gli emendamenti
intesi ad apportare correzioni di mera forma siano discussi e votati in sede di coordinamento», e pertanto prima della
votazione finale.
151 Tanto ciò è vero che il vecchio testo dell’art. 103 R.S. inquadrava la votazione sulle proposte di coordinamento tra
Sempre con riferimento all’articolo 100 R.S., è stato inoltre modificato il comma 9, relativo alla
discussione su tutti gli emendamenti presentati ad uno stesso articolo. Ordinariamente questa specifica
discussione non veniva infatti quasi mai richiesta in quanto, nella maggior parte dei casi, prima di
passare all’espressione dei pareri del relatore e del Governo sugli emendamenti si svolge unicamente
una fase, spesso contenuta, di illustrazione delle proposte da parte dei presentatori.
Il quadro cambiava significativamente laddove all’ordine del giorno fossero inseriti provvedimenti
caratterizzati da accese contrapposizioni tra le varie forze politiche, non necessariamente in termini di
rapporto maggioranza-opposizione: in questo caso un istituto ordinariamente “dormiente” veniva
153 C. Cost., sent. n. 9 del 1959, su cui v. V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, op.
cit. p. 590.
154 C. Cost., sent. n. 292 del 1984. Peraltro alla Camera il coordinamento successivo, su autorizzazione dell’Assemblea,
è espressamente previsto dall’articolo 90 del Regolamento, mentre al Senato il “coordinamento aperto” si basa su una
prassi consolidata. Cfr. Senato della Repubblica, Assemblea, sed. ant. 30 aprile 2015, res. sten, p. 28.
155 Per un caso di proposta di coordinamento presentata dalla Commissione di merito, su parere della Commissione
bilancio per ovviare ad un problema di copertura finanziaria emerso appena prima della votazione finale del disegno di
legge v. Senato della Repubblica, Assemblea, 29 marzo 2012, res. sten, pp. 35 e ss.
156 Come evidenziato nella relazione al Doc. II, n. 38 presentata per l’esame in Assemblea, proprio in considerazione
della rilevanza degli effetti che tali proposte possono determinare su un testo ormai in attesa della sola votazione
finale, la Giunta – e successivamente l’Aula del Senato - ha ritenuto «più trasparente e coerente sotto il profilo
sistematico consentire lo scrutinio nominale anche per tali istituti».
157 Cfr. Senato della Repubblica, Assemblea, 15 maggio 2012, res. sten., pp. 44 e ss, in occasione del disegno di legge n.
2805, recante disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali. V. anche sed. 27 ottobre 2004, res. sten., p. 44.
158 La proposta di Riforma organica del Regolamento prevedeva inizialmente una soluzione assai più radicale, in
quanto la discussione sugli emendamenti agli articoli veniva sostituita dalla sola fase dell’illustrazione. Nel corso
dell’esame in Assemblea è stato successivamente approvato l’emendamento 3.18 (testo 2), a firma Malan. Presentato
inizialmente con un testo differente, la riformulazione ha costituito l’esito di una mediazione tra le forze politiche in
seno alla Giunta per il Regolamento, convocata in corso di seduta. Cfr. Senato della Repubblica, Assemblea, 20
dicembre 2017, res. sten p. 45.
159 V. ad esempio l'intervento del senatore Calderoli, non ancora nominato relatore, il quale proprio su questo aspetto
esprime "particolare apprezzamento", Senato della Repubblica, Giunta per il regolamento, res. somm., 11 ottobre 2017,
pp. 4-5.
160 Così l'intervento del sen. Ferrara in Giunta per il Regolamento, 11 ottobre 2017, res. somm., p. 6., il quale tra l'altro
proponeva, in alternativa, «di introdurre per tutti i disegni di legge procedure che limitino la presentazione degli
emendamenti in Assemblea, sul modello di quanto già previsto per i disegni di legge collegati dall’articolo 126-bis del
Regolamento».
161 L'articolo 102-bis introduce l'istituto dell'improcedibilità, che «sfugge alla partizione tra inammissibilità e
improponibilità che in generale viene usata dal Regolamento in rapporto agli emendamenti non posti ai voti». L.
CIAURRO, Le riforme del regolamento del Senato nella XIII legislatura, in AA. VV., Il Parlamento del bipolarismo: un decennio di
riforme dei regolamenti delle Camere, Il Filangieri, Quaderno 2007, Napoli, 2008, p. 41.
162 Cfr. Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., pp. 52 e ss.
163 Circolare del Presidente del Senato del 10 gennaio 1997. In particolare, si veda il sottoparagrafo 7.4, nel quale si
stabilisce che «È sempre obbligatorio il parere della 5ª Commissione permanente relativamente al profilo della
copertura finanziaria. A tale Commissione devono quindi essere tempestivamente trasmessi nuovi testi o emendamenti
recanti oneri. L'eventuale presentazione in Assemblea di tali emendamenti, non previamente esaminati in
Commissione, richiede tempi adeguati per lo svolgimento dell'istruttoria da parte della Commissione bilancio.».
164 V. anche sul punto E. ALBANESI, Pareri parlamentari e limiti della legge, Milano, 2010, pp. 186-187.
165 S. SCAGLIARINI, La quantificazione degli oneri finanziari delle leggi tra governo, parlamento e Corte costituzionale, Milano,
2006, p. 124.
166 Per un caso di 28 richieste di votazione ai sensi dell’art. 102-bis, comma 2, R.S., v Senato della Repubblica,
167 V. ad esempio Senato della Repubblica, Assemblea, 13 luglio 2017, res. sten., p. 22, in cui la Presidenza «avverte
l'Assemblea e gli onorevoli colleghi che il sostegno alla richiesta di voto elettronico sugli emendamenti riferiti a un
determinato articolo si intenderà esteso anche agli emendamenti improcedibili, ove ne venga richiesta la votazione. È
un modo per semplificare, nel caso di emendamenti improcedibili, salvo che il proponente non ritenga di ritirare
l'emendamento.».
168 Si tenga in considerazione, a tale riguardo, che i rinvii alle Camere da parte del Presidente della Repubblica ex art.
74 della Costituzione sono stati motivati, in larga maggioranza, dalla violazione dell'articolo 81 della Costituzione con
riguardo ai profili di copertura finanziaria. V. in proposito G. SCACCIA, La funzione presidenziale di controllo sulle leggi e
sugli atti equiparati, in A. BALDASSARRE, G. SCACCIA (a cura di), Il Presidente della Repubblica nell'evoluzione della forma
di governo, Atti del convegno, Roma, 2011, pp. 135-138 ed in particolare le tavole di raffronto a pp. 171 e ss.
4; P. BILANCIA, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel), in Enciclopedia giuridica, Roma, 1988, pp. 2 e ss.; E.
DE MARCO, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1999), pp. 442-456.
174 Ed infatti già in precedenza la Presidenza ha dichiarato inammissibile la proposta, avanzata da un senatore, al fine
di ottenere che su un decreto-legge in discussione venisse richiesto il parere del Cnel, in quanto il Senato aveva già
acquisito gli orientamenti del Consiglio sia sotto forma di osservazioni e proposte, sia mediante lo svolgimento di
audizioni in Commissione. Senato della Repubblica, Assemblea, sed. pom. 23 ottobre 2007, res. sten., pp. 22 e ss.
175 Si veda in proposito il parere della Giunta per il Regolamento del 23 ottobre 2001.
176Con riferimento al rapporto tra la previgente disciplina e quella prevista nel Regolamento della Camera v. F.
BIONDI, Il voto segreto sulle riforme costituzionali al Senato: una questione «antica», Quaderni costituzionali, n. 4, 2014, p. 909.
177 La formulazione dell’articolo 114 comma 1, pur utilizzando, come in passato, la stringata espressione
“procedimento elettronico” non ha mancato di creare alcuni fraintendimenti nei contributi più recenti, tra cui si v. ad
esempio M. PODETTA, La proposta di riforma regolamentare all’esame del Senato. Gli inadeguati colpi di acceleratore di fine
legislatura, in Nomos, n. 3, 2017, p. nota n. 7, il quale osserva che «per raggiungere lo scopo prefissato si sarebbe molto
più logicamente potuto intervenire, modificando l’articolo 113, comma 2, e l’articolo 114, comma 1, del Regolamento,
prevedendo che l’Assemblea vota normalmente con l’utilizzo del procedimento elettronico, facendo poi naturalmente
salve tutte le eccezioni del caso, compresa la possibilità di ricorrere al voto per alzata di mano laddove dovessero
sorgere degli imprevisti tecnici». Il suggerimento non coglie tuttavia il fatto che i due articoli richiamati fanno
riferimento – il primo solo implicitamente - a tipologie del tutto diverse di “procedimento elettronico”. Lasciando da
parte la differente fattispecie del voto segreto, il procedimento elettronico attivabile ai sensi dell’articolo 113 è quello
riferito alle votazioni “nominali”, e può essere, ora anche cumulativamente, attivato con il sostegno di 15 senatori.
L’articolo 114 fa invece riferimento alle votazioni necessariamente ordinarie, per le quali il ricorso ai dispositivi
elettronici avviene comunque senza registrazione dei nomi. Si tratta pertanto di ipotesi del tutto distinte e da non
confondere.
178 V. in proposito G. CORDINI, Numero legale e quorum di maggioranza nella Costituzione e nei regolamenti parlamentari, in Il
condivise anche da M. L. MAZZONI HONORATI., Lezioni di diritto parlamentare, Torino, 2005, p. 25. Per una
ricostruzione analitica delle contrapposte posizioni in ordine alla scelta di riadottare il regolamento Camera del 1922 v.
N. LUPO, I regolamenti parlamentari nella I legislatura repubblicana (1948-1953), in Osservatorio sulle fonti, n. 2, 2008, pp. 20 e
ss.
180 V. Senato della Repubblica, Assemblea, 1a Seduta, 8 maggio 1948, pp. 1-2 res. sten..
181 A. MANNINO, Diritto parlamentare, Milano, 2010, pp. 203-204.
182 V.E. ORLANDO, Consiglio comunale, voce del Digesto it., Torino, 1895-98.
183 G. DE GENNARO, Determinazione e computo della maggioranza nelle pubbliche assemblee con speciale riguardo ai consigli
comunali e provinciali, in Riv. Amm, 1947, P. 297; A.L. BENEDICENTI, L’astensione del voto nei collegi amministrativi, in
Rass. leg. com., 1944, p.7.
184 V. in particolare sul punto R. MORETTI, Note sul voto di astensione dei parlamentari, in Il Foro italiano, 1984, Vol.
CVII, pp. 1193-1194, il quale osserva in particolare che «l’astenuto non è un rinunciatario, bensì egli con il suo voto
manifesta una posizione intermedia, di semi-consenso o di non completo dissenso, che è in antitesi con un atto di
agnosticismo». Dello stesso autore v. anche Numero legale e modi di votazione, in T. MARTINES e altri, Diritto parlamentare,
op. cit., pp. 217 e ss.
185 L. GIANNITI, N. LUPO, Corso di diritto parlamentare, I ed., Bologna, 2008, p. 135.
186 Cfr. L. GALATERIA, Astensione, voce in Enciclopedia del Diritto, Milano, 1958. V. però F. COSENTINO,
Astensione, in Rassegna parlamentare, 1959, n. 4, p. 89-101 il quale osserva che «sotto un profilo esclusivamente logico,
sembra evidente che l'astensione, per il solo fatto che con essa si dichiara di non essere in grado di esprimere una
precisa manifestazione di volontà positiva o negativa, e come del resto rivela la stessa etimologia della parola, significa
proprio il contrario di partecipazione al voto e cioè non partecipazione».
187 Ed infatti in sede di Giunta, nella seduta del 14 novembre 2017, vi sono state esplicite critiche rivolte contro tale
soluzione dal senatore Ferrara, il quale ha fatto presente che «la diversità dei sistemi di computo degli astenuti alla
Camera ed al Senato discende, com'è noto, da una diversa interpretazione dell'articolo 64 della Costituzione adottata
dai rispettivi Regolamenti. (...) il testo vigente dell'articolo 107, che considera gli astenuti ai fini del numero legale così
come per il calcolo della maggioranza nelle deliberazioni, rappresenta una soluzione di maggiore democrazia che
garantisce sia le minoranze, sia la maggioranza contro i colpi di mano dell'opposizione. Con la soluzione proposta dal
Comitato ristretto si rischia invece il ripetersi di casi, già verificatisi alla Camera dei deputati, in cui un Governo
potrebbe ottenere la fiducia grazie a un numero di astensioni superiore al numero dei voti favorevoli.».
188 Il caso probabilmente più noto è quello del Governo della "non sfiducia" costituitosi l'11 agosto 1976, quando la
mozione di fiducia al terzo Governo Andreotti fu approvata alla Camera con un numero di astensioni superiore ai voti
favorevoli, laddove al Senato fu invece necessario che alcuni parlamentari uscissero dall'Aula. V. inoltre sul punto le
considerazioni di F. LANCHESTER, L'incidenza dei sistemi e dei modi di votazione nelle assemblee parlamentari, Riv. trim. dir.
pub., 1980, n. 4, pp. 1235 e ss.
189 V. in particolare M. GALIZIA, Crisi di gabinetto, voce in Enciclopedia del diritto, Milano, 1962, p. 380, il quale
osserva che «se il Governo, in base all’art. 94, comma quarto Cost. può dare significato politico ad un voto contrario
su una sua proposta rassegnando le dimissioni, è chiaro che può anche, ed a maggior ragione, annunziare
preventivamente il particolare valore che assegna alla votazione, impegnando in maniera consapevole e chiara le forze
parlamentari».
190 Senato della Repubblica, Giunta per il Regolamento, 19 marzo 1984, res. somm., p. 2
191 Ciò in quanto la questione di fiducia era stata riconosciuta sul piano dell’ordinamento generale dalla legge n. 400 del
1988.
192 Cfr. G. RENNA, Instaurazione e verifica del rapporto di fiducia tra Camere e Governo, in R. DICKMANN, S. STAIANO (a
cura di), Funzioni parlamentari non legislative e forma di governo, Milano, 2008, p. 130.
193 Su cui v. tuttavia le considerazioni critiche di G. RIZZA, Questione di fiducia, regolamenti parlamentari e attribuzioni
dell’esecutivo, in AA. VV., Scritti in onore di Antonio Amorth, Milano, 1982, vol. II, pp. 542 e ss.
194 L. GIANNITI, N. LUPO, Corso di diritto parlamentare, op. cit., p. 184.
195 Diversamente dalla Camera dei deputati, in cui tale vaglio è stato esercitato in numerose occasioni. Cfr. Camera dei
deputati, Assemblea, 12 dicembre 2003. Cfr. N. LUPO, Emendamenti, maxi-emendamenti e questione di fiducia nelle legislature
del maggioritario, in E. GIANFRANCESCO, N. LUPO (a cura di), Le regole del diritto parlamentare nella dialettica tra
maggioranza e opposizione, Roma, 2007, p. 5., il quale richiama la seduta del 2 febbraio 2006, in cui il Presidente Pera
affermò, facendo leva sul parere della Giunta del 1984, che «la fiducia prevale sulle disposizioni regolamentari che
disciplinano l'ordinario procedimento legislativo».
196 V. ad esempio Senato della Repubblica, Assemblea, 16 febbraio 2017, res. sten, p. 6., in cui il Ministro per i rapporti
con il Parlamento pone «la questione di fiducia sull'approvazione dell'emendamento che mi accingo a presentare,
interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2630, di conversione in legge del decreto-legge 30
dicembre 2016, n. 244». Per altri esempi v. 14 marzo 2017, res. sten., p. 14, 30 novembre 2017, res. sten., p. 23 (relativo
alla I sezione del disegno di legge di bilancio); 18 febbraio 2015, res. sten., p. 69.
197 Deve inoltre ritenersi che per gli emendamenti del Governo gli articoli 8 e 97 R.S. determinino un richiamo
implicito anche dell’articolo 76-bis, comma 2, che stabilisce l’improponibilità degli emendamenti del Governo che
comportino conseguenze finanziarie e non siano corredati della redazione tecnica “bollinata” dalla Ragioneria generale
dello Stato.
198 L. GIANNITI, N. LUPO, Corso di diritto parlamentare, op. cit., p. 225, nota n. 17.
199 V. tuttavia, V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, op. cit., p. 667, nota n. 99, i
quali rilevano come fosse «prassi costante che, anche dopo la posizione della questione di fiducia sull’approvazione di
un emendamento, il testo possa essere oggetto di limitate correzioni (e non di vere e proprie riformulazioni) per errori
materiali e per problemi di copertura finanziaria», richiamando anche la seduta del Senato dell’11 febbraio 2010.
200 Si tenga conto che la posizione della questione di fiducia non costituisce affatto un atto “neutro” ove si consideri,
tanto per fare un esempio, che per prassi costante essa determina la sconvocazione delle Commissioni.
201V. in particolare sul punto V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, op. cit., pp. 773-
777.
202 È stato peraltro rilevato come a partire dalla XIV legislatura la procedura per il question time al Senato abbia subito
modifiche relative alle modalità di svolgimento distaccandosi, sia pure in modo oscillante e non definitivo, dal dettato
letterale del Regolamento. V. in particolare M. MAGRINI, V. DIODATO, S. PAGLIARDINI, Gli atti di sindacato
ispettivo in Senato - Una prima analisi statistica, Senato della Repubblica, Ufficio Valutazione Impatto, documento di analisi
n. 6, 2017, pp. 41 e ss., ove si precisava che lo schema secondo il Regolamento ancora non modificato «prevede: 2
minuti a Gruppo per formulare l'interrogazione; 10 minuti per la risposta congiunta del Governo; un minuto a
Gruppo per la replica. (...) Nella gran parte delle sedute dedicate allo svolgimento di interrogazioni con risposta
immediata, il Presidente dispone la diretta televisiva. Le tematiche attorno alle quali ruotano le sedute di question time al
Senato consistono in argomenti di attualità e rilevanza politica, che si prestano sia a domande molto precise e puntuali
sia a quesiti di carattere più generale: da questo punto di vista, la modalità di svolgimento delle interrogazioni a risposta
immediata è molto vicina a quella del modello britannico. Si rileva, infine, che, nella storia del Senato, il Presidente del
Consiglio è intervenuto una sola volta per il Premier question time».
203 Come evidenziato nella stessa relazione di accompagnamento al Doc. II, n. 38, della Giunta per il Regolamento. La
scelta è stata probabilmente determinata dalla maggior fortuna che l'istituto ha riscosso presso la Camera. V. sul punto
F. STRAMACCI, La funzione ispettiva del Parlamento inglese e il question time italiano, in Il Parlamento della Repubblica: organi,
procedure, apparati, Camera dei deputati, 1998, p. 551. R. MORETTI, Attività informative, di indirizzo e controllo, in T.
MARTINES e altri, Diritto parlamentare, op. cit., p. 342.
204 Gli articoli del Regolamento modificati dal comma 2 dell'articolo 4 del Doc. II, n. 38 sono, nell'ordine: 120, 125,
125-bis, 126, 126-bis, 127, 128 e 129.
205 Successivamente la legge 7 aprile 2011, n. 39, ha ulteriormente rimodulato la disciplina e i termini di presentazione
modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196/2009) per adeguarne il dettato normativo ai nuovi
contenuti della legge di bilancio.
207 Il "vecchio" disegno di legge di bilancio recava infatti appunto le previsioni a «legislazione vigente». Poiché con la
legge di stabilità si andavano a modificare proprio le grandezze finanziarie previste dalla legislazione vigente, il voto
finale sul disegno di legge di bilancio non poteva essere effettuato se non dopo aver adeguato con la nota di variazioni
gli articoli del disegno di legge di bilancio alle nuove grandezze determinate con la legge di stabilità. Né sarebbe potuto
essere altrimenti; il bilancio di previsione non può che essere redatto a legislazione vigente ma, al contempo, le Camere
non possono approvare due distinti provvedimenti in contrasto tra loro.
Al comma 3 dell'articolo 4 viene prevista l'abrogazione dell'articolo 137 del Regolamento, relativo
all'ipotesi di leggi regionali contrastanti con gli interessi nazionali o regionali: la disposizione risultava
infatti da tempo superata dall'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di
riforma del titolo V della Parte seconda della Costituzione.
Infine, i commi 4 e 5 recano disposizioni per adeguare gli articoli del Capo XVIII del Regolamento, in
materia di procedure di collegamento con l'Unione europea210, ai mutamenti determinati dall'entrata in
vigore della legge 24 dicembre 2012 n. 234 recante "Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla
formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea"211. Il provvedimento
in esame ha infatti sostituito la legge comunitaria, regolata dalla previgente legge n. 11 del 2005, con due
distinti provvedimenti, la legge di delegazione europea e la legge europea, dirette ad assicurare il
periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea. La legge n.
234/2012 ha inoltre suddiviso la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea in due
documenti annuali, da presentarsi distintamente (la relazione programmatica e la relazione consuntiva).
In sede di esame in Assemblea del Documento di riforma organica del Regolamento, il relatore
Calderoli ha presentato due emendamenti aggiuntivi recanti, rispettivamente, disposizioni finali e per
208 Tale soluzione non è stata peraltro adottata per l'esame in Assemblea dei disegni di legge di bilancio 2017 e 2018: il
Senato ha infatti approvato prima gli articoli della prima sezione, quindi quelli della seconda ed infine proceduto alla
deliberazione sulla nota di variazioni presentata dal Governo ed al voto finale. Si deve tuttavia segnalare che il
Regolamento non era ancora stato modificato e che la lettera delle disposizioni del Capo XV non era più
corrispondente all'articolazione unitaria del disegno di legge di bilancio introdotta nel 2012.
209 L'articolazione dell'esame della legge di bilancio iniziando dalla seconda sezione consente peraltro di evitare che,
dopo il voto sulla questione di fiducia che viene di norma posta dal Governo sull'approvazione dell'unico articolo che
racchiude il contenuto della prima sezione, l'Assemblea debba ancora deliberare sugli articoli della seconda sezione e
sui relativi emendamenti, ritardando così l'attività del Governo nella stesura della nota di variazioni.
210 Gli articoli modificati dai commi 4 e 5 del Documento II, n. 38 sono il 144-bis e il 144-ter.
211 Correttamente M. PODETTA, La proposta di riforma regolamentare all’esame del Senato, op. cit., 2017, p. 26, li individua
212 Si tratta degli emendamenti 4.0.100 (testo 2) e 4.0.101, approvati nella seduta del 20 dicembre 2017, v. Senato della
Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., p. 93.
213 Parere della Giunta per il Regolamento dell'11 ottobre 2011.
214 Parere della Giunta per il Regolamento del 19 marzo 1984.
215 Criticamente, sui precedenti e sul diritto parlamentare «informale», V. DI CIOLO, L. CIAURRO, op. cit., 2011, pp.
50-53. Più in generale, R. IBRIDO, L'interpretazione del diritto parlamentare, Milano, 2015.
216 Il relatore della riforma, senatore Calderoli, nel corso della replica in Assemblea, riferendosi al nuovo Regolamento
lo ha definito come una «Ferrari», Senato della Repubblica, Assemblea, 20 dicembre 2017, res. sten., p. 9; il Presidente
emerito e senatore di diritto e a vita Napolitano, nell'inviare al relatore Calderoli un messaggio di congratulazioni per
l'attività svolta, ha parlato di «insperato miracolo», ibidem, p. 94; il Presidente del Gruppo Parlamentare del Partito
Democratico, senatore Zanda, nello svolgere la dichiarazione di voto finale ha invece sottolineato le comuni
responsabilità e meriti di tutti i Gruppi nell’approvazione del testo: «Dobbiamo saper dire a voce alta che, a
conclusione di una legislatura molto difficile, caratterizzata e attraversata da pesanti tensioni politiche, il Senato della
Repubblica ha saputo e voluto approvare - mi auguro a larga maggioranza - una incisiva riforma del suo Regolamento
nel solo interesse di migliorare il lavoro della prossima legislatura», ibidem, p. 88-91.