Democrito e lAccademia Studia Praesocratica Herausgegeben von / Edited by M. Laura Gemelli Marciano Richard McKirahan Oliver Primavesi Christoph Riedweg Gotthard Strohmaier Georg Whrle Band 1
Walter de Gruyter Berlin New York
Democrito e lAccademia Studi sulla trasmissione dellatomismo antico da Aristotele a Simplicio di M. Laura Gemelli Marciano
Walter de Gruyter Berlin New York
Gedruckt auf surefreiem Papier, das die US-ANSI-Norm ber Haltbarkeit erfllt. ISBN 978-3-11-018542-3 Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet ber http://dnb.d-nb.de abrufbar. Copyright 2007 by Walter de Gruyter GmbH & Co. KG, 10785 Berlin. Dieses Werk einschlielich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschtzt. Jede Verwertung auerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist ohne Zustimmung des Verlages unzulssig und strafbar. Das gilt insbesondere fr Vervielfltigungen, bersetzungen, Mikro- verfilmungen und die Einspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen. Printed in Germany Einbandgestaltung: Christopher Schneider, Berlin Druck und buchbinderische Verarbeitung: Hubert & Co. GmbH & Co. KG, Gttingen A Clarisse Premessa Questo lavoro la rielaborazione della mia Habilitationsschrift approvata dalla Philosophische Fakultt I di Zurigo nel semestre estivo 1995. E' passato da allora molto tempo. La ragione di questa lunga gestazione sta princi- palmente nel fatto che, immediatamente dopo la libera docenza, mi sono dedicata ad una edizione commentata di una larga scelta di frammenti dei cosiddetti presocratici anch'essa in fase di pubblicazione. In ogni caso il lavoro sulle fonti e i problemi che avevo allora impostato sono, a mio avviso, a tutt'oggi estremamente attuali. Negli anni trascorsi dalla prima stesura di questo testo la ricerca sull'atomismo antico, se si esclude lo stu- dio di P.-M. Morel, Dmocrite et la recherche des causes, Paris 1996, che per coinvolge una tematica pi ampia ed condotto con metodi e scopi di- versi rispetto a questo lavoro, non ha registrato grandi progressi per quanto riguarda l'analisi delle fonti. La Quellenforschung sembra essere pas- sata di moda soprattutto fra gli storici della filosofia. Eppure, proprio lo studio dell'atomismo antico, che conosciamo in grandissima parte solo attraverso la trasmissione indiretta, non pu prescindere da una analisi precisa e dettagliata dei contesti e delle tradizioni attraverso cui le testimo- nianze sono state tramandate. Dato che spesso le dottrine di Democrito e Leucippo vengono viste attraverso "gli occhiali aristotelici", ho cercato qui innanzitutto di esaminare la fattura di questi "occhiali" e mi sembrato di poterne ricondurre in parte la fabbricazione anche pi indietro, alla discus- sione delle aporie eleatiche e alla formulazione delle tesi basilari dell'atomi- smo nell'Accademia platonica. Da Aristotele ho preso poi le mosse per individuare anche nella tradizione successiva diverse linee di trasmissione che hanno generato una certa oscillazione nella definizione dell'indivisibi- lit dell'atomo leucippeo e democriteo nelle fonti tarde. Lascio al lettore pi o meno benevolo il compito, certamente non facile, di seguire questi percorsi e di trovarne eventualmente dei nuovi. Questa via comporta an- che la formulazione di ipotesi, ma la ricerca sugli atomisti e sui presocratici in genere costellata di ipotesi e le varie teorie sull'indivisibilit dell'atomo sviluppate da una certa tradizione esegetica moderna lo dimostrano am- piamente. Se il lavoro di "scavo" da me fatto nella direzione della Quellen- forschung e nel tentativo di ancorare l'atomismo antico al contesto culturale del V sec. a.C. contribuir a scardinare alcuni luoghi comuni, a far vacillare Premessa VIII delle sicurezze e a rimettere in moto una discussione costruttiva, lo scopo sar raggiunto al di l delle inevitabili critiche che ne seguiranno. Desidero qui dunque ringraziare J. Barnes che, come relatore esterno di questa tesi, stato il primo a sollevare obiezioni costruttive, di cui alcune mi hanno indotto a correzioni, altre mi hanno stimolato ad appro- fondire ulteriormente la ricerca nella direzione da me imboccata. Nono- stante il nostro metodo esegetico e la nostra interpretazione non solo dell'atomismo, ma dei presocratici in genere divergano sostanzialmente nei metodi e nei risultati, ho trovato in lui un interlocutore intelligente e di- sponibile e uno stimolante dialettico. La mia pi grande riconoscenza va al mio maestro, Walter Burkert, che ha ispirato, seguito e incoraggiato questo lavoro anche in momenti estremamente difficili per la mia storia personale. Le conversazioni con lui su questo e su altri temi della cultura antica sono per me, a tutt'oggi, una sorgente inesauribile di arricchimento scientifico e personale. Un ringraziamento infine a mio marito Dino, senza il cui costante supporto questo libro non avrebbe potuto essere portato a termine, e soprattutto a Clarisse che, irrompendo gioiosamente e talvolta con un pizzico di impertinenza nel mio "spazio di ricerca", mi ha costantemente ricordato che l'impegno scientifico non produttivo e creativo se non ancorato ad una realt viva e globale. A lei dedicato questo libro. Giubiasco, 20 Aprile 2007 M. Laura Gemelli Marciano Indice Premessa............................................................................................................. VII Introduzione 1. Considerazioni generali ................................................................................... 1 2. Trasmissione e ricezione dell'atomismo antico da Aristotele a Simplicio ..................................................................................... 4 2. 1. Democrito nella tradizione medica............................................ 6 2. 2. Democrito nella tradizione bibliotecario-grammaticale ........ 10 2. 3. Democrito negli scrittori di trattati tecnici e di storia naturale ............................................................................... 12 2. 4. Leucippo e Democrito nelle scuole filosofiche ...................... 13 3. Interpretazioni moderne dell'atomismo antico.......................................... 23 4. Democrito, l'Accademia e le interpretazioni dell'atomo........................... 29 5. Osservazioni metodologiche......................................................................... 34 Capitolo primo. Platone e Democrito 1. Considerazioni generali .................................................................................. 42 2. Democrito e Platone nella tradizione biografica ....................................... 47 3. Sintesi ................................................................................................................ 58 Capitolo secondo. Principi corporei/ incorporei. Atomisti antichi, Platone, Accademici, da Aristotele a Simplicio 1. Il compito del vero fisico............................................................................... 59 2. La gigantomachia del Sofista e lo schema principi corporei/ incorporei in Aristotele.......................................................................................................... 61 3. Platone e Democrito in Teofrasto ............................................................... 65 4. La tradizione "diafonica": Accademici contro atomisti in Sesto Empirico Adv. Math. 10,248-262 (121 L.)............................................. 68 4. 1. Autenticit della polemica antiatomista nell'excursus di Sesto.................................................................................................... 74 4. 2. Senocrate "figlio dei Pitagorici" e la polemica antiatomista .. 79 4. 3. Una fonte scettica per Sesto ....................................................... 84 5. La tradizione "sinfonica" sui principi di Platone e Democrito................ 90 5. 1. Plutarco De prim. frig. 948 A-C (506 L.)..................................... 91 5. 2. Galeno e i principi di Platone: PHP 8,3,1 (II,494,26 De Lacy = V,667 K.) ...................................... 92 Indice X 6. Simplicio sui principi di Democrito e Platone ........................................... 95 6. 1. Simpl. In Phys. 188a 17, 179,12................................................... 97 6. 2. Simpl. In Phys. 184b 15, 35,22ss. (67 A 14 DK; 111, 247, 273 L.) ......................................................... 99 6. 3. Simpl. In De cael. 299a 2, 564,10-566,16 (68 A 120 DK; 171 L) ....................................................................... 102 7. Sintesi .............................................................................................................. 107 Capitolo terzo. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 1. Considerazioni generali ................................................................................ 109 2. Leucippo e gli "Eleati" ................................................................................. 110 2. 1. Il logos eleatico in Aristotele (De gen. et corr. A 8, 325a 2-23): considerazioni generali ....................................................................... 111 2. 2. Gli strati del logos eleatico .......................................................... 118 2. 2. 1. Lo schema sofistico ........................................................ 118 2. 2. 2. Le problematiche accademiche del logos: vuoto, contatto e divisione......................................................... 122 3. Logoi eleatici nell'Accademia? ...................................................................... 127 3. 1. Il logos eleatico di Porfirio 135 F Smith (Simpl. In Phys. 187a 1, 139,24)........................................................ 127 3. 2. "Concedere ai logoi". Aporie eleatiche e loro soluzione (Arist. Phys. A 3, 187a 1) ................................................................... 133 4. I logoi di Leucippo: De gen. et corr. A 8, 325a 23-b 11 (67 A 7 DK; 146 L.)......................................................................................... 137 4. 1. La prima parte del logos di Leucippo (De gen. et corr. A 8, 325a 23-30)........................................................ 140 4. 1. 1. Vuoto e movimento ....................................................... 141 4. 1. 2. Vuoto e non essere ......................................................... 143 4. 1. 3. Atomi e uno..................................................................... 144 4. 2. Altre prospettive sul vuoto atomistico...................................... 145 4. 2. 1. Vuoto e non essere: mh; ma'llon to; de;n h] to; mhdev n (68 B 156 DK; 7, 78 L.)............................................................. 146 4. 2 .2. Vuoto e vuoti. Modalit e funzioni ............................. 152 4. 3. La seconda parte del resoconto aristotelico (De gen. et corr. A 8, 325a 30-b 11) ............................................ 155 5. Atomisti ed Eleati in Teofrasto e nelle testimonianze tarde.................. 158 5. 1. Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,4-15) (67 A 8 DK; 147 L.)............... 158 5. 2. Le testimonianze tarde sui rapporti degli atomisti con gli Eleati ..................................................................................................... 161 6. Sintesi .............................................................................................................. 163 Indice XI Capitolo quarto. La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 1. Considerazioni generali ................................................................................ 165 2. Democrito e gli Accademici sugli indivisibili: il preambolo aristotelico (De gen. et corr. A 2, 315b 28-316a 14) ........................................ 169 3. Le due parti del logos sugli indivisibili ......................................................... 172 4. Il logos sugli indivisibili. Prima parte. Motivi accademici e rielaborazioni aristoteliche ............................................................................... 173 4. 1. Divisione mentale e divisione reale (De gen. et corr. A 2, 316a 15-29) ....................................................... 173 4. 2. Corpi e grandezze indivisibili ................................................... 176 4. 3. Punti, segatura e affezioni (De gen. et corr. A 2, 316a 30-b 16) .................................................... 177 5. La seconda parte del logos. La dimostrazione "fisica" della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2, 316b 18-35) ........................ 183 6. Sintesi .............................................................................................................. 186 Capitolo quinto. Atomi e minimi. Concetti accademici e terminologia democritea in Aristotele 1. Minimo privo di parti come misura nell'Accademia ............................... 188 2. Atomi e minimi. L'interpretazione matematizzante dell'atomo in Aristotele .................................................................................... 194 3. Terminologia accademica nelle denominazioni degli atomi in Aristotele ............................................................................................................ 205 4. Terminologia atomista in Aristotele .......................................................... 211 5. Sintesi .............................................................................................................. 218 Capitolo sesto. L'indivisibilit dell'atomo di Leucippo e Democrito nella dossografia tarda 1. Tradizione epicurea e peripatetica: atomo indivisibile per la solidit ..................................................................... 220 2. Atomi privi di qualit e indivisibili per la solidit. La tradizione stoicizzante: Accademia scettica e classificazioni posidoniane ........................................................................................................ 224 2. 1. La critica all'atomo indivisibile e privo di qualit nell'Accademia scettica....................................................................... 227 2. 1. 1. Cicerone. De natura deorum, Academica............................. 227 2. 1. 2. Plutarco. Contro Colote........................................................ 228 2. 2. La vulgata di matrice posidoniana ........................................ 231 3. Atomo indivisibile per la piccolezza e minimo fisico negli autori tardi................................................................................................. 234 Indice XII 3. 1. Le premesse. Epicuro fra l'Accademia e Aristotele: atomi solidi e minimi dell'atomo ...................................................... 235 3. 2. Epicuro contro atomisti antichi sull'indivisibilit dell'atomo nella tradizione dossografica e negli autori di et imperiale......... 243 3. 2. 1. Lattanzio........................................................................... 245 3. 2. 2. Pseudo-Plutarco .............................................................. 252 3. 2. 3. Galeno .............................................................................. 257 3. 2. 4. Teodoreto......................................................................... 261 3. 3. Minimo privo di parti ed epitomi dossografiche................... 264 3. 4. Atomo indivisibile per la piccolezza e privo di parti: atomisti antichi, Aristotele, Epicuro nei commentatori neoplatonici ......................................................... 266 4. Sintesi .............................................................................................................. 275 Capitolo settimo. L'atomismo antico e il suo contesto culturale 1. Costrizioni cosmiche e vulnerabilit dei corpi. Per una definizione dei fondamenti eterni ...................................................................................... 278 2. Il grande vuoto: cosmologie orfiche ed embriologia nella cosmogonia di Leucippo. Per una ridefinizione del vuoto atomistico............................ 284 3. Stav si" e aggregazione: immagini socio-politiche nella cosmogonia di Democrito...................................................................................................... 288 4. Effluvi, eidola e inalterabilit dell'atomo..................................................... 290 5. Atomi e pulviscolo: per una ridefinizione dell'atomo............................. 292 6. Il metodo........................................................................................................ 296 6. 1. Il sostrato "tecnico" del "metodo" democriteo: caso e causalit..................................................................................... 296 6. 2. La visione dell'invisibile............................................................. 298 6. 2. 1. Visualizzare l'invisibile: l'immagine analogica ............... 299 6. 2. 2. Riconoscere i segni: i mediatori dell'invisibile e l'esercizio della gnwvmh..................... 305 6. 2. 3. La difficolt dell'impresa: dichiarazioni "scettiche" e ottimismo corporativo. Per una revisione dello "scetticismo" democriteo ..................................................................................... 311 7. Democrito e il Corpus Hippocraticum............................................................ 313 8. Sintesi .............................................................................................................. 320 Sintesi generale .................................................................................................. 323 Bibliografia ......................................................................................................... 330 Indice dei passi .................................................................................................. 352 Introduzione 1. Considerazioni generali Il complesso di osservazioni e dottrine attribuite a Leucippo e Democrito ha sofferto, forse pi di altri, delle rielaborazioni e dei travisamenti della trasmissione indiretta. La riemergenza in et ellenistica dell'atomismo nella forma codificata da Epicuro ha contribuito in larga parte alla scomparsa delle opere di questi autori dall'orizzonte dei dotti antichi. Il fatto poi che nella biblioteca di Simplicio, la fonte pi copiosa di citazioni letterali dei presocratici, non si trovassero testi originali degli atomisti ha definitiva- mente cancellato la possibilit di recuperarli. Di Leucippo non rimasto neppure un brandello 1 . Di Democrito, a fronte delle numerose gnomai etiche, sopravvissuta solo una manciata di frammenti fisici di cui assai difficile ricostruire il contesto. Tutto il resto sono resoconti mediati dalla tradizione indiretta. Come stato pi volte sottolineato in questi ultimi decenni negli studi sulla storiografia filosofica antica, gli interpreti antichi non erano interessati ad una resa "alla lettera" degli autori di cui trattavano le opinioni, ma ad un loro inserimento nella problematica di volta in volta trattata secondo una certa ottica. E' sintomatico il fatto che Aristotele e Teofrasto, coloro che hanno costituito il modello per questa storiografia filosofica, raramente riportino citazioni letterali. I loro resoconti mirano soprattutto a cogliere la oiovoio di quanto i loro predecessori hanno detto, vale a dire ad estrapolare da testi talvolta oscuri e soprattutto nati in un clima culturale diverso da quello dell'Atene del IV sec. a.C., quello che essi hanno potuto comprendere nell'ottica del problema che stanno di- scutendo. Questo naturalmente gravido di conseguenze per la forma e per il contenuto del resoconto stesso. L'immagine dell'atomismo antico che ci rimandano Aristotele, Teofrasto e in generale le fonti antiche co- stituisce dunque una visione filtrata da quelli che O'Brien ha indicato con 1 Quella che viene riportata da Stobeo 1,4,7c (67 B 2 DK; 22 L.) al Hri vou di Leucippo (un'opera indicata invece come democritea nel catalogo di Trasillo) sicuramente dovuta ad una confusione di lemmi (la doxa precedente, quasi simile a questa, viene attribuita a Parmenide e Democrito), cf. Diels 1879, 321 app. ad loc., Rohde 1881 [I, 1901, 249 n. 2]. Introduzione 2 una espressione felice come pr-jug (nel senso etimologico di "opinione anteriore ad un giudizio", accettata senza essere sottoposta ad esame) e pr-suppos ("trama concettuale implicita preesistente" che costituisce il sistema di riferimento dell'esegeta e attraverso la quale viene filtrata ogni notizia). Soprattutto quest'ultimo, agendo a livello subliminale, preclude all'interprete la reale comprensione di ci che non conforme alla sua cultura e alle sue forme di pensiero 2 . Queste due categorie condizionano tuttavia non solo la trasmissione antica, ma anche l'interpretazione moderna. Si tratta di un problema ri- proposto sempre pi frequentemente nella storia della filosofia degli ultimi decenni, ma risolto a volte troppo sbrigativamente con l'affermazione che ogni tentativo di interpretare la cultura del passato comunque una co- struzione basata su pre-giudizi e pre-supposti e che una interpretazione "filosofica" deve estrarre quei "nuclei" di pensiero, quelle idee che, pur non espresse nella forma che hanno assunto in epoche posteriori, hanno avuto uno sviluppo produttivo per la storia della filosofia fino ai nostri giorni 3 . E' opportuno fare qualche precisazione su questo punto perch l'interpretazione dell'atomismo antico, da Aristotele in poi, ha sofferto pi di ogni altra delle conseguenze di questa prospettiva. Il problema della "traduzione" da un sistema culturale all'altro e della commensurabilit delle culture un tema su cui gli antropologi discutono da pi di mezzo secolo passando attraverso posizioni perfettamente pa- rallele a quelle sopra citate e riconoscendone i limiti e i pregi. Da queste discussioni, per, essi hanno imparato a riflettere sui propri metodi e sui propri presupposti traendone stimoli per allargare il loro orizzonte meto- dologico. Cos Tambiah (1993, 157) sintetizza il compito dell'antropologo rispetto al problema della traduzione delle culture La traduzione delle culture implica la cosiddetta doppia soggettivit, caratteri- stica del modo in cui oggigiorno si praticano le scienze sociali, ma estranea alle scienze fisiche. La doppia soggettivit implica simpatia ed empatia oltre che di- stanza e neutralit da parte di colui che osserva, analizza e interpreta i fenomeni sociali: l'osservatore deve prima addentrarsi quanto pi possibile soggettiva- mente nella mente degli attori e comprenderne le intenzioni e le reazioni alla luce delle loro categorie di significato, e dopo, o contemporaneamente, deve di- stanziarsi da quei fenomeni e tradurli o disegnarli secondo il linguaggio comune e le categorie occidentali, cosa che a sua volta favorisce un processo di autoanalisi, attraverso cui approfondiamo la comprensione di noi stessi, delle nostre valuta- zioni e dei nostri presupposti culturali. Questa prospettiva mi sembra estremamente utile per definire anche un metodo di approccio agli atomisti e ai cosiddetti presocratici in generale. 2 O'Brien 1982, 189s. 3 Cf. e.g. Makin 1993. Introduzione 3 Gli storici della filosofia tendono infatti a saltare il primo gradino dell'ana- lisi, quello dell'empatia, del tentativo (per quanto difficile e limitato da impedimenti oggettivi) di sintonizzarsi attivamente col contesto culturale dell'autore esaminato, di capire quale mondo si nasconda al di l della oio voio che i vari interpreti antichi hanno attribuito alle sue affermazioni. Come causa del rifiuto di penetrare in questa atmosfera viene general- mente addotto il fatto che il materiale a disposizione per ricostruire il contesto culturale dell'autore scarso e parziale. Questo vero solo in parte. Spesso, anche quando c', si rifiuta insistentemente di prenderne atto perch lo si giudica di scarso interesse filosofico 4 . In generale si ignora la possibilit di aprire la prospettiva a testi di altro tipo, anche contempo- ranei all'autore studiato, ad eventuali testimonianze storiche e archeologi- che e si fa come se intorno a lui non ci fosse stata una vita sociale, politica e un clima culturale specifico. Emarginare questo genere di ricerca dalla storia della filosofia non dunque una opzione giustificata dal taglio "filo- sofico", ma una omissione che, oltre a perpetuare in modo irriflesso i presupposti teorici su cui sono basati i giudizi e le analisi moderne, fa perdere di vista le reali dimensioni della dottrina stessa. La storia delle interpretazioni dell'atomismo antico da Aristotele fino alla tarda antichit, per la natura stessa dei presupposti pi o meno espli- citati dagli autori, dunque marcata dalla "traduzione anempatica" in cate- gorie culturali eterogenee. Non si tratta qui di dare un giudizio di valore, ma di riconoscere un dato di fatto che deve essere tenuto ben presente all'atto della valutazione delle fonti. Anch'esse hanno bisogno di una con- testualizzazione. Questo discorso vale non solo per i resoconti indiretti, ma anche per le citazioni letterali. Anche queste si inseriscono in un con- testo pre-supposto e vengono finalizzate alla dimostrazione di tesi diverse da quella originaria. Dunque, laddove ci sono delle citazioni letterali o presunte tali, in particolare negli autori tardi, non c' necessariamente an- 4 Paradigmatica a questo proposito la posizione di Barnes 1982, XVI: "In speaking sli- ghtingly of history I had two specific things in mindstudies of the 'background' (econo- mic, social, political) against which the Presocratics wrote, and studies of the network of 'influences' within which they carried on their researches. For I doubt the pertinence of such background to our understanding of early Greek thought[]. I am sceptical, too, of claims to detect intellectual influences among the Presocratics. The little tufts of evidence which bear upon the chronology of those early publications are, as I observed in more than one connection, too few and too scanty to be woven into the sort of elegant tapestry which we customarily embroider in writing the histories of modern philosophy. Much of the hi- storical detail with which scolarship likes to deck out its studies is either merely impertinent or grossly speculative". E' curioso osservare come proprio l'autore di una ricostruzione su base analitica altamente speculativa del "pensiero" dei cosiddetti presocratici proietti questa caratteristica sulle ricostruzioni del contesto storico-culturale di questi personaggi. Sull'in- terpretazione decontestualizzata in particolare di Parmenide ed Empedocle, cf. Kingsley 1995a, 2002, 2003. Introduzione 4 che una conoscenza diretta del testo integrale e, soprattutto, non c' una interpretazione neutrale. La citazione letterale, estrapolata gi in origine dal proprio contesto, si spesso tramandata anche quando l'opera intera non era pi letta o era andata perduta 5 . La trasmissione all'interno di una tradizione specifica ha giocato in alcuni casi un ruolo di primo piano e talvolta si imposta anche quando il citatore conosceva di prima mano i testi: il famoso verso di Parmenide: ou yo gaotr tout ouoog i rivoi g rovto (28 B 7,1 DK) citato in questa forma metricamente zoppicante da Platone 6 , viene riprodotto tale e quale da Aristotele 7 e da Simplicio che pure riporta una porzione pi ampia del testo parmenideo 8 . La presenza di citazioni letterali non dunque una prova inconfutabile della conoscenza o dell'utilizzazione diretta da parte del citatore del testo integrale di un'o- pera e tantomeno dell'intera produzione dell'autore citato e, soprattutto, nasconde le stesse insidie del pre-giudizio e del pre-supposto della tra- smissione indiretta. Queste premesse sono indispensabili in quanto l'argomento discusso nel presente lavoro caratterizzato dal problema della trasmissione nella sua pi acuta ed estrema manifestazione, dunque pu essere affrontato e trattato solo attraverso una dettagliata analisi delle fonti, ma anche con lo sguardo rivolto al contesto culturale del V sec. a.C. in cui Leucippo e De- mocrito hanno vissuto e agito. 2. Trasmissione e ricezione dell'atomismo antico da Aristotele a Simplicio Dal momento che la fisica leucippea e democritea si trasmessa quasi esclusivamente per via indiretta, si rende innanzitutto indispensabile una breve panoramica sulla ricezione di Democrito e di Leucippo nell'antichit per definire preliminarmente e brevemente i percorsi di questa trasmis- sione. E' opportuno, per, premettere che Leucippo viene citato da solo unicamente in alcuni passi di Aristotele e nei resoconti risalenti a Teofra- sto. Quest'ultimo gli attribuiva il Mr yo oio xooo 9 ritenendolo pi antico dei libri di Democrito e di Diogene di Apollonia; affermava infatti che 5 Cf. su questo Gemelli Marciano 1998. 6 Soph. 237a. La lezione touto oogi che si legge nelle edizioni del Sofista dovuta ad una correzione operata dagli editori in base al testo del frammento in due codici di Simplicio, v. infra, III 3. 2 n. 84. 7 Metaph. N 2, 1089a 3. 8 In Phys. 187a 1, 143,31. Per la discussione del passo, v. infra, III 3. 2 n. 84. 9 Diog. Laert. 9,46 (68 A 33 (III) DK; CXV (III) L.). Introduzione 5 Leucippo era stato maestro dell'uno e modello per l'altro che lo aveva in parte imitato 10 . Se Democrito nasce intorno al 460 a.C., la presunta data di nascita di Leucippo dovrebbe cadere intorno al 500 a.C. e la sua attivit intorno agli anni '60 del V sec. a.C. Egli era dunque probabilmente un contemporaneo di Anassagora e di Zenone e un poco pi vecchio di Em- pedocle e di Melisso. Epicuro e il suo discepolo Ermarco 11 ne mettevano tuttavia in dubbio l'esistenza e Trasillo inseriva nel catalogo delle opere di Democrito anche il Mr yo oio xooo. La questione della storicit di Leu- cippo e della differenza fra le sue tesi e quelle democritee stata molto dibattuta alla fine del secolo scorso 12 . Oggi non una priorit in quanto non sembra possibile isolare l'uno dall'altro per lo meno per quanto ri- guarda la concezione dell'atomo. Democrito si distingue piuttosto per una vasta produzione libraria che abbraccia tutti i campi della polymathia del suo tempo compresa la letteratura tecnica. Al di l delle possibilit di di- stinzione delle dottrine vale per la pena tener conto di un fatto: se Leu- cippo il primo ad aver formulato l'ipotesi di un mondo fatto di "atomi", l'atmosfera in cui egli l'ha sviluppata quella degli anni '60 non degli anni '20 del V sec. a.C. Difficilmente egli pu aver tenuto conto degli scritti di Zenone o di Melisso o di Anassagora. Si pone dunque il problema della filiazione eleatica nella forma espressa da Aristotele e ripresa da Teofrasto. Il fatto che di Leucippo sia rimasta una labile traccia anche nelle testimo- nianze indirette da imputare ad una specie di destino connaturato alla storia stessa dell'atomismo: le versioni pi recenti hanno infatti cancellato quelle pi antiche e l'avversione della grande maggioranza degli autori antichi contro gli Epicurei ha fatto il resto. Democrito ha "riassorbito" Leucippo, Epicuro ha praticamente eclissato ambedue e, a causa dell'osti- lit verso le tesi atomistiche diffusa nelle scuole filosofiche e mediche di et imperiale, sono spariti dall'orizzonte non solo i testi degli Epicurei e, in parte, anche quelli del loro fondatore, ma anche quelli di medici che so- stenevano tesi corpuscolariste come Erasistrato e Asclepiade. L'atomismo accademico , dal canto suo, naufragato molto presto sotto il peso del giudizio aristotelico. Qui di seguito fornir dunque una panoramica prin- cipalmente della ricezione di Democrito in quanto Leucippo compare solamente nella tradizione risalente a Teofrasto. Per il resto il suo nome veicolato da quello del suo pi famoso successore. Partendo da Aristotele, il primo che abbia trattato diffusamente degli atomisti antichi, si possono distinguere grosso modo quattro filoni, 10 Theophr. 226 A FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 25,1). 11 Apollod. ap. Diog. Laert. 10,13 (67 A 2 DK; LXXV L.). 12 Ricordo qui solo come esempio la polemica fra Rohde 1881 [1901] e Diels 1881 [1969], 1887. Per una bibliografia e una discussione sulla questione, rimando ad Alfieri 1936, 8 n. 27; Guthrie, II, 1965, 382 n. 1. Introduzione 6 ognuno dei quali mostra proprie peculiarit nella scelta, nell'interpreta- zione e nella trasmissione dei testi: 1. La tradizione medica. 2. L'ambito bibliotecario-grammaticale. 3. L'ambito degli scrittori di storia naturale e di trattati tecnici. 4. Le scuole filosofiche. Il nome di Leucippo compare unicamente nella tradizione filosofica, mentre il protagonista nella altre tradizioni Democrito autore anche di un gran numero di scritti tecnici. 2. 1. Democrito nella tradizione medica Democrito ha goduto, non solo come filosofo, ma soprattutto come au- tore di scritti medici, di grande autorit nella tradizione medica fino all'et imperiale e oltre, testimoniata anche dal fiorire di opere spurie e dalla leg- genda del suo incontro con Ippocrate. L'interesse dei medici si appunta, per ovvi motivi, principalmente sulle affermazioni democritee riguardanti la biologia umana, le malattie e il loro trattamento 13 , ma talvolta, soprat- tutto presso i medici di et ellenistica e imperiale, anche su pi generali affermazioni di carattere epistemologico e metodologico. Citazioni e testimonianze indirette sulla biologia umana si sono tramandate attraverso la tradizione medica come il detto, parzialmente riportato da diversi autori di et imperiale a cominciare da Plinio, che definisce l'atto sessuale una "piccola epilessia" 14 e una doxa sulla nutrizione 13 Non tutte quante le testimonianze su questo tema classificate da Diels e da altri come spurie devono essere per forza tali. Se Democrito ha scritto opere di carattere medico spe- cialistico come la Igtixg yveg non stupisce che egli abbia parlato delle malattie e di un loro eventuale trattamento. Cf. su questo Gemelli Marciano 2007, 220-224. 14 Questo (e non oaoagig) il termine riportato in tutte le fonti riconducibili ad una tradi- zione medica. Il detto compare per lo pi in contesti che sottolineano gli effetti negativi dell'atto sessuale. Galeno, nei commenti al terzo e sesto libro delle Epidemie ne attribuisce la citazione a Sabino, un medico vissuto nella prima met del II sec. d.C. il quale utilizza spesso un altro commentatore ippocratico, Rufo Efesio, a sua volta citatore di testimo- nianze pi antiche (cf. Deichgrber 1965, 29 n. 1.). Gal. In Hipp. Epid. III 1,4 (25,3 Wenke- bach = XVII A,521 K.) (68 B 32 DK; 527 L.) ouoivri toi oio0r oiv rvovtieoto ryriv oxoie uoou oiv. ti yo g v o voyxg yoriv Agoxitov rv rigxr voi at- xoov tat!jytov tt vot :j v o:vo:otov, Eaixouov or goraotr r v erriv oooioiev goiv, oyoagto v o', ri g orirv rai yo tev r oooioiev ortev voogoo vtev rgv rigo0oi tou oyou, ou x rai tev r vovtie outoi oioitg0rvtev. o!! oao xot :o:: t,ooyov ot atot :ov lotvov, ou x oio0ovorvoi tg r vovtiooyio [...] xoi touto yoouoiv outoi vgovruoovtr r v tgi tev aoxrirvev r gygori Agoxitou tr xoi Eaixouou, gorae gor v o yo0o v r oooioiev yrvro0oi ooxo vtev. Cf. Gal. In Hipp. Epid. VI 3,12 (138,3 Wenkebach-Pfaff = XVII B,28 K.) A questa tradizione medica si rial- lacciano anche gli autori latini che riportano il frammento. Cos Plin. Nat. hist. 28,58; Gell. Introduzione 7 dell'embrione nell'utero 15 . Alcune affermazioni sulle cause delle malattie sono state mediate da Sorano 16 . Fra il I sec. a.C. e i primi anni del I sec. d.C., in un clima di recupero degli antichi, Democrito ha avuto una reviviscenza in ambito medico fra personaggi che in qualche modo a lui si richiamavano 17 . Cicerone nomina dei non ben identificati Democritii in due passi. Dal primo si deduce solo che si tratta di un gruppo ristretto 18 , nel secondo si accenna alla divergenza fra costoro e gli Epicurei nell'interpretazione della dottrina di Democrito su un tema tipicamente medico quale quello della persistenza della sensa- zione e del dolore nei corpi morti 19 . "Democritei" compaiono anche in una Quaestio convivalis di Plutarco ancora in relazione ad un argomento medico come l'irrompere nel mondo di malattie prima sconosciute quali l'idrofobia e l'elefantiasi. Dato che queste erano state trattate in particolare da Temisone, allievo ribelle di Asclepiade e precursore della scuola meto- 19,2,8 che attribuisce la prima parte del detto a Ippocrate stesso. Cf. inoltre Stob. 3,6,28 che la riporta ad Erissimaco, il medico del Simposio platonico; Clem. Paed. 1,94; [Gal.] An animal sit 5 (XIX,176 K). A questa citazione allude probabilmente anche il medico Zopiro nelle Quaestiones convivales (653 Bss.) di Plutarco. La versione pi precisa e pi ampia veniva invece riportata negli gnomologi. La lezione oaoagig si incontra infatti solo in Stob. 3,6,28 (uvouoig oaoagig oixg rrooutoi yo ov0eao r ov0eaou), in un conte- sto etico, ed sottesa alla citazione in Hippol. Ref. 8,14 che la attribuisce per all'eresiarca Monoimo l'Arabo e la colloca sullo sfondo dell'interpretazione allegorica delle piaghe d'E- gitto: "o v0eao yo r ov0eaou rrooutoi", goi v, "xoi oaooao toi, agygi tivi riorvo". Anche costui potrebbe aver tratto la citazione da gnomologi. Sulla trasmis- sione di questo frammento, cf. Gemelli Marciano 2007, 215-217. 15 La doxa sulla nutrizione dell'embrione attraverso piccole mammelle poste nell'utero viene citata anonima in Arist. De gen. anim. B 4, 746a 19 (68 A 144 DK; 535 L.), ma attribuita a Democrito da Ps.-Plut. 5,16, 907 D (68 A 144 DK; 536 L.), cf. [Gal.] Hist. Phil. 120. In P. Flor. 115 B (Manetti 1985, 177) la stessa doxa attribuita anche ad Alcmeone. 16 Cf. Soran. 3,4 (17,25 Bourguire-Gourevich = 105,1 Ilberg) (68 A 159 DK; 567a L.) che critica l'eziologia democritea dell'infiammazione (ryovg ) dal flegma (inteso evidente- mente come elemento caldo, cf. anche Philol. 44 A 27 DK). A Sorano attinge Celio Aure- liano quando attribuisce a Democrito la spiegazione dell'idrofobia come un'infiammazione dei tendini e la rispettiva cura con decotto di origano (Acut. 3,14,112ss.). Questa testimo- nianza stata considerata spuria dal Diels e dagli altri editori senza una ragione precisa. Se l'idrofobia come tale sembra essere stata riconosciuta solo alla fine dell'et repubblicana, dal testo di Celio risulta chiaro che Democrito non si riferiva a questa malattia e alla sua te- rapia, ma a due forme di spasmo come l'opistotono (Acut. 3,15,120) e l'emprostotono (Acut. 3,14,112). Su questo, cf. Gemelli Marciano 2007, 221s. 17 Si trattava evidentemente di tendenze arcaizzanti che riprendevano in una certa ottica le tematiche e gli autori presocratici. Anche Enesidemo, il fondatore del neopirronismo, si ri- chiamava in molti punti ad Eraclito (cf. l'espressione di Sesto Aivroiogo xoto Hoxri- tov, infra, n. 21). 18 Cic. Hort. Fr. 53 Straube-Zimmermann (Non. De comp. doctr. 418,13 Lindsay) Itaque tunc Democriti manus urguebatur; est enim non magna. 19 Cic. Tusc. 1,34,82 (68 A 160 DK; 586 L.) Num igitur aliquis dolor aut omnino post mortem sensus in corpore est? nemo id quidem dicit, etsi Democritum insimulat Epicurus, Democritii negant. Introduzione 8 dica 20 e dai suoi discepoli, siamo ricondotti ad un gruppo di medici vissuti in et tardo-repubblicana e sotto il primo impero, collegato s ad Ascle- piade, ma anche critico nei suoi confronti, che si richiamava a Democrito. Nella dossografia sull'egemonico riemergono ancora indizi che rimandano allo stesso ambito. Sesto riferisce che "alcuni, secondo Democrito", soste- nevano che la sede del pensiero era in tutto il corpo 21 . Questo contrasta con la dossografia di matrice aeziana secondo cui Democrito situava l'e- gemonico nel cervello 22 . Quella che Sesto riporta in realt una tradizione interpretativa diversa, di ambito medico, che si ritrova anche in un passo parallelo del De anima di Tertulliano. Quest'ultimo, che ha come fonte Sorano, cita tuttavia al posto dei tivr xoto Ago xitov di Sesto un nome ben preciso, quello del medico Moschione datato fra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. 23 . Questo personaggio viene nominato da Galeno come il correttore della definizione di ouyo di Asclepiade 24 e altrove come autore di ri- cette farmacologiche 25 . La denominazione "Democritei", sembra dunque essere stata applicata a medici che, pur prendendone le distanze, si situa- vano nell'orbita di Asclepiade 26 , sostenitore di dottrine corpuscolari e sicu- ramente simpatizzante dell'atomismo 27 . 20 Sulle relazioni fra Temisone e Asclepiade, cf. Moog 1994, 102ss. 21 Sext. Emp. Adv. Math. 7,349 (68 A 197 DK; 456 L.) o' oi r v rxto tou oeoto (scil. tgv oiovoiov rivoi), e Aivgoiogo xoto Hoxritov, oi or rv oei tei oeoti, xo0oar tivr xoto Agoxitov. 22 Theodoret. 5,22 (68 A 105 DK; 455 L.) Iaaoxotg r v yo xoi Agoxito xoi Hotev rv ryxroei touto iouo0oi. Cf. Ps.-Plut. 4,5, 899 A. 23 Tert. De an. 15,5 Ut neque extrinsecus agitari putes principale istud secundum Heraclitum, neque per totum corpus ventilari secundum Moschionem. Cf. Waszink 1947, 227 ad loc.; Polito 1994, 454, in base alla citazione di questo e di altri nomi di medici in Tertulliano-Sorano, ipotizza a monte di Sorano e di Sesto dei Placita medici. Il tivr di Sesto si spiegherebbe col fatto che i nomi menzionati in quella sede erano conosciuti nell'ambito strettamente medico, ma non dicevano nulla ai profani. Per una diversa interpretazione del passo di Tertulliano, Man- sfeld 1990, 3165. 24 Gal. De diff. puls. 4,15 (VIII,758 K.). 25 Gal. De comp. med. sec. loc. 1,2 (XII,416 K.); 4,8 (XII,745 K.); 7,2 (XIII,30 K.); De comp. med. per gen. 2,17 (XIII,537 K.) et al. Cf. anche Soran. 2,29 (II,41,37 Burguire-Gourevitch = 75,13 Ilberg); Plin. Nat. hist. 19,87. Su Moschione, cf. Deichgrber 1935, 349. 26 La cui morte si situa con una certa sicurezza nel 91 a.C., cf. Rawson 1982. 27 Sulla dottrina di Asclepiade e i suoi rapporti con l'atomismo, cf. Stckelberger 1984, 101- 13; per una interpretazione pi strettamente medica di Asclepiade, Vallance 1990. Vallance tende a separarlo nettamente dalla tradizione "filosofica" atomista e a porlo invece sulla scia di Erasistrato. Sebbene questa visione sia in parte giustificata, egli tralascia il fatto che in un passo fondamentale, citato da Celio Aureliano, Asclepiade difende espressamente coloro che ponevano corpuscoli primi privi di qualit i quali non possono essere altro che gli atomisti (Acut. 1,14,106 Nec, inquit, ratione carere videatur quod nullius faciant qualitatis cor- pora). Faciant, che presuppone un soggetto plurale e traduce il verbo greco aoiriv, "assu- mere", indica chiaramente che Asclepiade si riferisce a teorie di altri ("e non sembra essere privo di logica, dice, che assumano corpi privi di qualit"). Vallance, seguendo Gottschalk Introduzione 9 Una posizione particolare nella ricezione di Democrito, soprattutto per quanto riguarda questioni di metodo, occupano i medici empirici che lo citano come un'autorit contro gli avversari dogmatici. Galeno, nell'opera Sulla medicina empirica, in gran parte perduta nell'originale greco, ma so- pravvissuta in una traduzione araba 28 , riporta per lo meno due citazioni letterali da Democrito: il famoso frammento sul giudizio dei sensi contro la gv 29 e un altro sul ruolo dell'esperienza nello sviluppo delle technai conservato solo nella traduzione araba 30 . Il fatto che questi frammenti non vengano citati da nessun'altra fonte costituisce un indizio forte per la con- sultazione diretta da parte dei medici empirici di opere democritee. Dalla cerchia empirica proviene forse anche una notizia riportata da Celso se- condo cui, per Democrito, non sarebbe possibile stabilire con esattezza quando veramente un corpo morto. Il contesto, infatti rimanda ad una impossibilit di prevedere in base a segni sicuri una morte imminente 31 . invece improbabile che Galeno, nonostante la sua erudizione, avesse letto delle opere democritee innanzitutto perch le due citazioni suddette, le uniche letterali da lui riportate, provengono dalla tradizione empirica ( infatti un medico empirico che parla nel dialogo). Per il resto, i vari riferimenti agli atomisti antichi disseminati nella sua opera, compreso il lungo excursus del De elementis secundum Hippocratem 32 , sono basati sulla rielaborazione di resoconti di varia provenienza. Galeno, inoltre, sembra non conoscere un attributo originale dell'atomo come vootov 33 , attestato 1980, 46, pone corpora come soggetto di faciant aggiungendo un complemento oggetto inesi- stente nel testo latino (It is not illogical, says Asclepiades, that bodies with no quality should make up the sensible world). Cf. su questo punto la critica a Gottschalk e la traduzione esatta del passo di Stckelberger 1984, 109. Contro la svalutazione dei rapporti di Asclepiade con l'atomi- smo anche Casadei 1997. 28 Walzer 1944; sulla presenza di Democrito nella medicina empirica, cf. anche Walzer 1932, 466ss.; Lbl 1976, 26ss.; 1987, 8ss. 29 Gal. De exper. med. 15,7, 114 Walzer (68 B 125 DK; 79-80 L.). Cf. su questo passo, Gemelli Marciano 1998. 30 Gal. De exper. med. 9,5, 99 Walzer (68 A 171 DK Nachtr.; 558 L.) And in short, we find that of the bulk of mankind each individual by making use of his frequent observations gains knowledge not attained by another; for as Demokritos says, experience and vicissitudes have taught men this, and it is from their wealth of experience that men have learned to perform the things they do. 31 Cels. 2,6,13s. (68 A 160 DK; 586 L.) Illud interrogari me posse ab aliquo scio: si certa futurae mortis indicia sunt, quomodo interdum deserti a medici convalescant? quosdamque fama prodiderit in ipsis funeri- bus revixisse. Quin etiam uir iure magni nominis Democritus ne finitae quidem uitae satis certas notas esse proposuit, quibus medici credidissent: adeo illud non reliquit, ut certa aliqua signa futurae mortis essent. 32 Su questo brano, v. infra, VI 3. 2. 3. Sul debito di Galeno nei confronti della tradizione scettica, cf. Morel 1996, 375-91 e Gemelli Marciano 1998. 33 Cf. la critica al medico di et traianea Archigene per aver usato il termine in relazione alle arterie piene di sangue in De dign. puls. 4,2 (VIII,931 K.) (68 A 46 DK) rv toutei or tei oyei aetov ti ogoi to voototrov ou aovu ooe oioo, oio to gor ou vg0r ri voi Introduzione 10 in Aristotele e ben documentato in tutta la dossografia di ascendenza teofrastea. 2. 2. Democrito nella tradizione bibliotecario-grammaticale L'ambito bibliotecario-grammaticale ha tramandato per lo pi glosse in s scarsamente informative da un punto di vista "dottrinale", ma interessanti perch, nella loro specificit, aprono uno spiraglio sullo stile di Demo- crito, uno stile particolare, ricercato, talvolta criptico e vicino a quello di sofisti come Antifonte, uno stile che, fuori dall'ambito in cui e per cui gli scritti sono stati redatti, doveva risultare estremamente inusuale e ostico. In effetti, gi nel III sec. a.C. Callimaco aveva composto un Hivo te v Agoxitou yeooe v xoi ouvtoyotev 34 , un segno che i testi democritei erano ai suoi tempi di difficile lettura anche per i dotti. A quest'opera ri- salgono probabilmente in ultima analisi le glosse sparse riportate da Esi- chio e dai grammatici 35 . Sempre da notizie riguardanti la sfera bibliotecario-grammaticale in senso lato si apprende che l'opera di Democrito era presente ancora alla fine del II sec. a.C. in Asia Minore. Egesianatte, un grammatico proveniente dalla Troade, che aveva esercitato funzioni di consigliere e ambasciatore di Antioco III di Siria 36 , aveva redatto un'opera Sullo stile di toi Egoiv ovoo xoto tou toioutou ao yoto ryro0oi. oo:ov at v ,oo :tvo voo:o v txo!o:v, o: ajv o!!o ,t :t ooao aoo o: :ov o: :o ovoaooat vov tato:oaot. ou to or o Aiyrvg, oixoiototov yo tgv r v toi o voooiv outou ouvg0riov ao outou ov0ovriv, ooxri oi to vooto v ovti tou agou o voo riv. 34 Callim. Fr. 456 Pfeiffer (Suda s.v. Koioo) (68 A 31 DK; CXXIV L.). Questa formula- zione ha creato difficolt ad alcuni interpreti moderni e portato talvolta a tentativi di corre- zione del testo. Oder 1890, 74 proponeva Hi vo te v Agoxitou xoi yeooev ou vtoyo. West 1969, 142 corregge yeooev in yvee v con la motivazione che Democrito non era famoso per le glosse, ma per le massime. Dato che dal IV sec. a.C. in poi si sarebbe diffuso un gran numero di sentenze falsamente attribuite a Democrito, Callimaco avrebbe redatto un inventario di quelle autentiche per mettere ordine in questa congerie. Il titolo dell'opera viene tradotto generalmente Indice delle glosse e delle opere di Democrito (Diels-Kranz app. ad loc.). Secondo questa traduzione, dunque, Callimaco avrebbe stilato, con l'elenco delle glosse, anche quello di tutte le opere democritee. Cassio 1991, 11s., ha formulato invece l'i- potesi che si trattasse di un elenco di glosse con il titolo delle rispettive opere da cui esse erano tratte. Egli cita il parallelo di un glossario ippocratico di Glaucia, cui fa cenno Ero- tiano (7,23 Nachmanson) compilato secondo questo criterio. Cf. anche O'Brien 1994, 699ss. L'ipotesi mi sembra verosimile in quanto anche le glosse di Antifonte Sofista ripor- tate dai lessici sottendono un procedimento del genere (cf. 87 B 3-5, 11, 14-15, 17-19 al. DK). 35 Cf. Schmid 1948, 245 n. 3. 36 Cf. Jacoby 1912. Introduzione 11 Democrito 37 . A quest'opera, attraverso i manuali di retorica, fanno capo probabilmente i giudizi sullo stile di Democrito che troviamo negli autori posteriori quali Cicerone e Dionisio di Alicarnasso 38 . All'et di Tiberio risale poi il grande catalogo delle opere democritee, corredato di una introduzione e redatto da Trasillo per tetralogie sul mo- dello di quello che egli aveva composto per Platone 39 . Il fatto che Trasillo scrivesse un'introduzione alla lettura degli scritti di Democrito, testimonia che tali opere nella sua cerchia e nel luogo in cui egli si trovava al mo- mento della redazione del catalogo erano ancora lette. La difficolt sta, per, proprio nell'identificare questo luogo. Il Lbl 40 d per sicuro che Trasillo abbia redatto il suo catalogo a Roma alla corte di Tiberio, ma non c' nessun indizio a supporto di questa ipotesi. Pi interessante invece osservare da quale territorio l'astrologo-filosofo proviene e a quale tradi- zione si riallaccia. Egli infatti un egiziano di Alessandria 41 che si ricono- sce nella tradizione pitagorica con cui a pi riprese collega anche Demo- crito. Se si pensa inoltre che Trasillo indovino e astrologo (caratteri tipici della rinascita del pitagorismo in et repubblicana e imperiale), si pu ca- pire perch Democrito fosse cos importante per lui e per quelli come lui. Proprio in Egitto, qualche secolo prima, egli era stato l'autore di riferi- mento per Bolo di Mende, autore di un'opera di carattere magico Sulle simpatie e sulle antipatie 42 e dei Cheirokmeta (Manufatti). Bolo viene definito dalle fonti tarde, oltre che espressamente come "Democrito", anche come un pitagorico 43 . Le due cose non si escludono 44 visto che Democrito viene pi volte, dal V sec. a.C. in poi, messo in relazione col pitagorismo. possibile dunque che in Egitto, fra i neopitagorici platonizzanti per i quali la magia era un elemento essenziale, il nome e le opere stesse di Demo- crito assumessero una particolare rilevanza. Nella grande biblioteca di 37 Herodian. Hri aoevu ev, 895,40 Lentz (68 A 32 DK; CXXV L.) Hygoiovo yoo- tixo yoo Hri tg Agoxitou rre iiov r v xoi Hri aoigtixev rrev. g v or Teiooru. 38 V. infra, 2. 4 n. 90. 39 Diog. Laert. 9,41 (68 A 1 DK; I, CXXVII L.) e or Ooouo rv tei r aiyoor vei To ao tg ovoyveore tev Agoxitou iiev. Non ci sono testimonianze che possano far risalire l'ordinamento tetralogico delle opere di Democrito ad un periodo anteriore, cf. Mansfeld 1994, 101. 40 1987, 128. 41 Cf. Vetter 1936, 581. 42 L'attenzione di Bolo per Democrito in questo contesto non cos strana come si potrebbe pensare se si tiene conto del fatto che la dottrina dei pori e degli effluvi, che caratterizza gran parte delle eziologie democritee e in particolare la spiegazione dei sogni, delle appari- zioni di fantasmi, del malocchio, sta alla base della magia, v. infra, VII 4. 43 Pitagorico: Suda s.v. Beo Mrvogoio. Democriteo: Schol. Nic. Ther. 764; Suda s.v. Beo Agoxito. 44 Cf. Kingsley 1995a, 326ss. Introduzione 12 Alessandria queste ultime erano ancora presenti. In questo campo si pos- sono naturalmente fare solo ipotesi, ma probabile che Trasillo abbia redatto il suo catalogo ad Alessandria in particolare per una cerchia di filosofi pitagorizzanti che si interessavano a Democrito come autore-mo- dello. Trasillo comunque l'ultimo erudito del quale sia testimoniato un interesse per l'intera opera democritea. 2. 3. Democrito negli scrittori di trattati tecnici e di storia naturale Dal catalogo di Trasillo si pu dedurre che Democrito fa parte di quel gruppo di sophistai che nell'ultimo quarto del V sec. a.C. invadono il campo delle technai scrivendo trattati teorici sui pi svariati argomenti 45 . Delle sue opere tecniche si tuttavia conservato ben poco anche per una caratteri- stica propria alla letteratura tecnica per cui generalmente i manuali pi recenti soppiantano quelli pi antichi. A questo si aggiunge il problema costituito dalla letteratura pseudo-democritea legata al nome di Bolo che rende ardua la valutazione delle citazioni riportate da autori tardi. Cos spesso difficile stabilire se e in che misura Columella, Plinio e i Geoponica riportino materiale democriteo originale, anche se lo scetticismo della filologia tedesca di fine '800-inizio '900 sicuramente esagerato e determi- nato in parte anche dal pregiudizio secondo cui un filosofo che si rispetti non pu scrivere di agricoltura 46 . Per quanto riguarda gli autori latini di scritti tecnici si pu osservare che Vitruvio riporta alcune notizie su Democrito non presenti in altre fonti. Tuttavia i suoi brevi accenni in cataloghi di autori che hanno trattato un determinato tema, rivelano la loro provenienza da manuali tecnici e non da letture dirette 47 . 45 Una polemica contro questi autori in ambito medico, evidente gi nei trattati ippocratici come ad esempio VM 20,1 (145,18 Jouanna = I,620 Littr) e Acut. 6,1 (38,11 Joly = II,238 Littr). Per quanto riguarda l'agricoltura se ne avvertono gli echi in Xen. Oec. 16 dove viene loro rimproverato di trattare il tema da un punto di vista teorico, senza avere alcuna espe- rienza pratica. Questa stessa obiezione sta alla base dell'ironica tirata socratica nel Lachete platonico (183c-184a) contro il sofista Stesileo, che tiene conferenze dotte sull'oplomachia e subisce una clamorosa smentita all'atto pratico quando tenta di usare (a sproposito) in una battaglia navale una nuova arma. Nei Memorabili di Senofonte (3,1,1) Socrate ironizza sul sofista Dionisodoro che insegna la tattica militare. 46 Cf. Oder 1890; Wellmann 1921. Cf. anche Hammer-Jensen 1924. Per una visione pi articolata del problema, cf. Sider 2002; Gemelli Marciano 2007, 224-228. 47 Cf. Vitruv. 7,pr. 11 (68 B 15b DK; 139, 160 L.); 9,5,4; 9,6,3 (68 B 14,1 DK; 424,1 L.). Alla dossografia manualistica risale anche l'excursus sui principi di Vitruv. 2,2,1 Democritus quique est eum secutus Epicurus atomos, quas nostri insecabilia corpora, nonnulli individua vocitaverunt; Pythago- reorum vero disciplina adiecit ad aquam et ignem aera et terrenum. Ergo Democritus, etsi non proprie res nominavit sed tantum individua corpora proposuit, ideo ea ipsa dixisse videtur, quod ea, cum sint disiun- Introduzione 13 Anche Eliano (II sec. d.C.), che nelle Storie naturali riporta notizie piuttosto dettagliate sulle cause di alcune caratteristiche di animali in diverse zone climatiche 48 , difficilmente ha avuto accesso ai libri delle Ai tioi ari eiev (68 A 33 (VI) DK; CXV (VI) L = Diog. Laert. 9,47). e ha molto pi verosimilmente utilizzato materiale indiretto 49 . 2. 4. Leucippo e Democrito nelle scuole filosofiche Per il tema trattato in questo lavoro, in particolare la tradizione sull'atomo, ci si pu avvalere solo in maniera indiretta ed episodica delle fonti cui ho finora accennato. Le peculiarit dell'atomo sono descritte infatti princi- palmente nelle testimonianze che fanno capo alle diverse scuole filosofi- che, un fatto che pone serie ipoteche sulla possibilit di avere un quadro chiaro e incontrovertibile dei fondamenti stessi della dottrina. Infatti le teorie degli atomisti hanno subito i pi profondi rimaneggiamenti proprio nell'ambito della tradizione filosofica. Se si escludono gli scarsi frammenti riguardanti la gnoseologia, ci si trova infatti di fronte ad una trasmissione indiretta che si estende da Aristotele e Teofrasto fino ai commentatori neoplatonici di Aristotele. Lasciando per ora da parte le interpretazioni di Democrito nell'Acca- demia e nel primo Peripato, tema che costituisce l'oggetto principale di questo studio, cercher qui di seguito di tracciare un breve schizzo della ricezione degli atomisti nell'ambito delle scuole filosofiche dall'et elleni- stica in poi. Si tratta ovviamente non di un esame esaustivo, ma di una panoramica globale offerta a titolo di orientamento. cta, nec laeduntur nec interitionem recipiunt nec sectionibus dividuntur, sed sempiterno aevo perpetuo infi- nitam retinent in se soliditatem. Il testo corrisponde grosso modo alla prima parte di Ps.-Plut. 1,3, 877 D, infra, VI 3. 2. 2. Alla letteratura pseudo-democritea da riportarsi invece Vitruv. 9,14 (68 B 300,2 DK). 48 Aelian. Hist. nat. 12,17 (68 A 152 DK; 521 L.): perch ci sono pi aborti nelle zone meridionali che in quelle settentrionali del mondo. 12,16 (68 A 151 DK; 519, 545, 561 L.): perch il cane e il maiale sono multipari. 12,18 (68 A 153 DK; 541 L.): perch ai cervi cre- scono le corna. 12,19 (68 A 154 DK; 543 L.): perch i buoi arabi femmina hanno corna sottili lunghe e storte. 12,20 (68 A 155 DK; 542 L.): spiegazione del fatto che ci sono tori senza corna. Cf. inoltre 9,64 (68 A 155a DK; 554 L.): i pesci si nutrono dell'acqua dolce che si trova nel mare. 5,39 (68 A 156 DK; 549 L.): il leone nasce con gli occhi aperti. In quello che il Diels designa come Fr. 150a, Eliano cita in realt Democrito solo come esem- pio retorico di ricerca di cause e non come autore della doxa contenuta nel brano, Hist. nat. 6,60 (68 A 150a DK; 560 L.) oo ritr oioe orv ritr uore oeov o aogtov, tou to Agoxitei tr xoi toi ooi xotoriaerv rr yriv tr xoi to oitio ryriv oiro0oi ixovoi uar tev o trxotev tr xoi ou ougte v. Allo stesso modo procede Cicerone in De orat. 2,58,235 (68 A 21 DK; LXI, 513 L.) Atque illud primum, quid sit ipse risus, quo pacto concitetur, ubi sit, quo modo exsistat [...] viderit Democritus. 49 Cf. su questo Perilli 2007, 158s. Introduzione 14 Nel Peripato Democrito ha suscitato un particolare interesse soprattutto nelle prime due generazioni di aristotelici. Oltre a Teofrasto, anche l'altro allievo di Aristotele, Eudemo di Rodi, aveva sicuramente letto Democrito seguendo le linee interpretative del maestro. Simplicio cita direttamente le sue parole per lo meno su due questioni: la critica al vuoto democriteo, da lui interpretato come causa del movimento 50 , e la discussione sul ruolo della tu g. Soprattutto riguardo a questo secondo punto, Eudemo sembra aver avuto davanti un testo specifico democriteo. Riferisce infatti un logos, non altrimenti attestato, che eliminerebbe la funzione della tug 51 . Come gi Aristotele e Teofrasto, anche Eudemo preferisce la parafrasi alle cita- zioni letterali. Democrito sicuramente conosciuto anche da Stratone (attraverso di lui i suoi scritti potrebbero essere arrivati alla biblioteca di Alessandria) il quale aveva ammesso, come gli atomisti e contrariamente all'aristotelismo ortodosso, un vuoto interno ai corpi. Stratone aveva co- munque aspramente criticato la dottrina delle forme atomiche quali quelle ad amo e ad uncino definendola come "sogni di un Democrito non mae- stro, ma visionario" 52 . Dopo di lui non si hanno pi tracce di una discus- sione o di una acquisizione di dottrine democritee nel Peripato. E' piutto- sto verosimile che, in generale, da questo momento in poi, l'interesse per Democrito cadesse progressivamente, soppiantato dalle discussioni sul- l'atomismo epicureo. La difficolt di lettura dei testi, di cui proprio nel III sec. a.C. si cominciavano a redigere le glosse, e le opere di Aristotele e di Teofrasto su Democrito, pi semplici e di pi agevole consultazione, contribuivano ovviamente all'oblio 53 . Per trovare menzioni di Democrito fra i Peripatetici bisogna scendere fino ad Alessandro di Afrodisia il quale, per, non ha letto nulla degli atomisti antichi. Non solo egli non riporta alcuna citazione diretta, ma, o si serve unicamente di materiale di scuola (dal quale non sono assenti talvolta sovrapposizioni fra atomismo demo- criteo ed epicureo 54 ), o si limita a parafrasi dei testi aristotelici nei quali viene nominato Democrito. Dunque, nel Peripato, dal III sec. a.C. in poi non pi documentabile una lettura diretta delle opere democritee. L'Epicureismo stato determinante non tanto per la trasmissione di testi, quanto soprattutto per l'interpretazione delle dottrine di Democrito. 50 Eud. Fr. 75 Wehrli (Simpl. In Phys. 209a 18, 533,14) (251 L.). 51 Eud. Fr. 54a Wehrli (Simpl. In Phys. 196a 11, 330,14) (68 A 68 DK; 24, 99 L.), infra, VII 6. 1 n. 64. Cf. anche Fr. 54b Wehrli (Simpl. In Phys. 196b 10, 338,4). 52 Cic. Ac. 2,38,121 (68 A 80 DK; 26 L.). Per il testo e un esame pi approfondito del passo, v. infra, VI 3. 2. 1 n. 111. 53 Per le opere di Aristotele su Democrito, cf. Diog. Laert. 5,26s. (68 A 34 DK; CXVII L.). Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 294,33) (68 A 37 DK; 172, 197 L.). Per quelle di Teofrasto, cf. Diog. Laert. 5,43; 49 (68 A 34 DK; CXVIII L.). Ovviamente Teo- frasto faceva testo anche col De sensu e con la sua raccolta di Physikai (o Physikon) Doxai. 54 V. infra, VI 1. Introduzione 15 Dall'epoca di Epicuro infatti, inevitabilmente, l'atomismo antico si tro- vato ad essere veicolato, in positivo e in negativo, dalla forma moderna e dominante dell'atomismo epicureo. Contrapposto o assimilato a quest'ul- timo, non ha pi avuto una vita autonoma n rappresentato un oggetto di interesse primario. Ma qual il ruolo giocato da Epicuro stesso e dalla sua scuola nella lettura e nella trasmissione dei testi e delle dottrine degli ato- misti antichi? Da quanto rimasto, non sembra che gli Epicurei abbiano contribuito molto alla diffusione delle teorie dei loro antenati dottrinali, anzi, semmai si sono distinti per un atteggiamento critico nei loro con- fronti 55 . Epicuro, come si visto, aveva, con il suo discepolo Ermarco, negato l'esistenza di Leucippo 56 . Con questa presa di posizione, una fra le tante destinate a suscitare scandalo, Epicuro rispondeva probabilmente a Teofrasto che aveva attribuito a Leucippo il Mr yo oio xooo. Nell'Epi- stola a Pitocle ci sono comunque chiare allusioni anonime alla cosmogonia di Leucippo, in particolare al "grande vuoto", al vortice cosmico, all'o voyxg, alla fine dei mondi. Dato che le espressioni caratteristiche della cosmogonia di Leucippo di ascendenza teofrastea sono tutte presenti nel passo epicureo 57 , non si pu stabilire con sicurezza se Epicuro si riferisse al testo originale o al resoconto che ne aveva dato Teofrasto. Allo stesso modo la critica all'infinit delle forme atomiche 58 lascia aperta sia la possibilit di una conoscenza diretta, sia quella della consultazione delle opere di Aristotele e Teofrasto, sia ambedue. Alcune testimonianze dei papiri ercolanesi sembrerebbero indicare che Democrito era presente nella biblioteca di Epicuro. In un'opera di Filodemo infatti si menziona la ri- 55 Per una esaustiva trattazione della posizione degli Epicurei nei confronti degli atomisti antichi rimando a Morel 1996, 249-355. 56 V. supra, n. 11. 57 Ep. Ep. 2,88 (67 A 24 DK; 383 L. comm.) xooo roti ariog ti ouovou ooto tr xoi ygv xoi ao vto to oivorvo arirouoo, oao:oaj v to:oo oao :o: oattoo: [...] oti or xoi :oto::ot xooaot ttotv oattoot :o a!j0o, roti xotoori v, xoi oti xoi o toiouto ouvotoi xooo yi vro0oi xoi r v xooei xoi rtoxooiei o ryorv rtou xooev oiootgo r v aouxr vei toaei xot o:x tv at,o!ot xot tt!txotvtt xtvo t, xo0oar tivr ooiv, raitgoriev tive v oarotev ur vtev o' r vo xooou g rtoxooiou g xoi oao ariovev [...] o: ,oo o0ootoaov ott ao vov ,tvto0ot o:ot otvov tv ot t vott:ot xooaov ,tvto0ot xtvot xo:o :o ooooatvov t o vo ,xj, o:to0ot :t, to ov t:toot aoooxoo:ojt, xo0oato :ov o:otxo v xo!o:at vov ojot :t. tou to yo oorvov roti toi oivorvoi. Cf. su questo passo, Silvestre 1985, 125-29. Per Leucippo, cf. Diog. Laert. 9,33 (67 A 1 DK; 382 L.) xooao: :t tx :o::o: oattoo: ttvot xoi oiouro0oi ri touto. yi vro0oi or tou xooou oute rro0oi xo:o oao:oaj v rx tg oariou aoo oeoto aovtoio toi og ooiv tt at ,o xtvo v, oato o0ooto0tv:o otvjv oato,oto0ot atov xo0 jv aoooxoo:ov:o xot aov:oooao x:x!o:atvo otoxot vto0ot oot :o oaoto aoo :o oaoto. rivoi tr eoar yrvrori xooou, oute xoi ougori xoi 0iori xoi 0oo xo:o :tvo ovo,xjv. Cf. anche Hippol. Ref. 1,12 (67 A 10 DK; 23, 291 L.). Una pa- noramica dei passi di Epicuro riferentisi a Democrito in Gigante 1981, 50-62. 58 Ep. Ep. 2,42s. Introduzione 16 chiesta di Epicuro ad un discepolo di testi di Democrito 59 . Lo stato estre- mamente lacunoso del papiro impedisce per di sapere di quali libri si trattasse. In un'altra opera, Filodemo accenna ad uno scritto di Epicuro contro Democrito, ma anche qui il testo non fornisce ulteriori chiari- menti 60 . Nei frammenti dal Hri u ore di Epicuro non ci sono menzioni dirette degli atomisti antichi, ma piuttosto una critica al presunto determi- nismo democriteo 61 . Anche queste allusioni, tuttavia, non dicono nulla di certo sulla consultazione delle opere originali in quanto si tratta di punti trattati diffusamente nei testi aristotelici 62 che Epicuro sicuramente aveva presenti. Insomma, se Epicuro aveva letto le opere degli atomisti antichi e anzi, come gli aneddoti biografici vogliono far credere, era stato spinto alla filosofia dai libri di Democrito 63 , la sua critica segue le linee delle esposi- zioni aristoteliche e teofrastee e non aggiunge nessuna informazione sup- plementare a quanto gi detto dai due Peripatetici. Per quanto riguarda gli allievi di Epicuro, a Metrodoro di Lampsaco viene attribuita un'opera contro Democrito 64 . Essendo un trattato ad hominem, probabile che egli conoscesse gli scritti di prima mano, ma an- che qui non c' nulla che lo testifichi. Diverso il discorso per Colote, l'altro allievo di Epicuro che aveva attaccato Democrito. Le sue citazioni democritee hanno infatti tutta l'aria di essere di seconda mano e la sua interpretazione ha buone probabilit di essere basata sull'immagine del Democrito scettico che circolava anche nell'Accademia di Arcesilao 65 . Plutarco, nell'opera Contro Colote, forse con una esagerazione retorica, ma da tenere pur sempre in considerazione, gli rimprovera proprio di non aver mai letto i libri di Democrito. Dall'epicureismo tardo, dal I sec. a.C. in poi, non vengono testimo- nianze tali da far propendere per una consultazione diretta dei testi piutto- sto che per una conoscenza di tipo manualistico. Tracce di questa manua- 59 Philod. Ad contubernales Fr. 111,166s. Angeli 'a]oor[t]oo [---]ON uiv [---].. KTA[..---] ariroto[i---]. A. [...... to ar]i [Ee]xot[ou tou A]iotiaaou [x]oi Earu[oiaaou to]u Hotevo [ryxeiov] xoi Aiototr[ou to] Avoutixo xoi [to Hri] uore, oooar r[vrxiv]orv' rai o Euou[ou 'tg]v raiotog v HPOEA[....]IOIE xoi tev Ag[oxi]tou tivo, ou oiov... 60 Philod. De libert. dicendi Fr. 20 Olivieri (68 A 34 DK; 36a L.) rti or tg [v] riorvgv ouvy[v]e[]gv rv oi oiraroov, e r v tr toi ao Agoxitov iotot oi oio trou o Eaixouo x[oi ao ] H oxriogv r v 61 Per la critica al determinismo contenuto nel concetto di o vo yxg contro coloro "che hanno ricercato le cause" (oi o oitiooygoovtr), cf. Long-Sedley 1987, II,20C, 107 (Ep. Hri uore [34. 30] Arr.) (68 A 69 DK; 36a L.). 62 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,18-20) (68 A 37 DK; 293 L.); Arist. Phys. B 4, 196a 24ss. (68 A 69 DK; 18, 288 L.). 63 Diog. Laert. 10,2 (68 A 52 DK; XCV L.). 64 Diog. Laert. 10,24 (68 A 34 DK; CXXIII L.) 65 V. infra, VI 2. 1. 2. Introduzione 17 listica scolastica di ambito epicureo o di altra provenienza si ritrovano in Lucrezio. Egli cita Democrito espressamente solo due volte: sul corso e la posizione delle stelle, e sulla posizione dei corpuscoli dell'anima alternati a quelli del corpo. Le notizie sull'astronomia corrispondono a quelle del resoconto di Diogene Laerzio su Leucippo e di Pseudo-Plutarco 66 . La doxa sull'anima non pervenuta attraverso altre fonti, ma potrebbe derivare anche da materiale dossografico di ambito medico data la brevit e lo stile dell'accenno 67 . Filodemo l'unico epicureo attraverso cui conosciamo citazioni dirette da Democrito. La doxa sull'origine della credenza negli di contenuta nel De pietate tuttavia chiaramente di matrice dossografica in quanto corrisponde a Sext. Emp. Adv. Math. 9,24 (68 A 75 DK; 581 L.) 68 , negli altri casi si tratta di excerpta che non riguardano la dottrina fisica, bens la sfera etica e l'origine della musica 69 . D'altra parte nei titoli della biblioteca ercolanese non compaiono opere dell'Abderita. Evidentemente la scuola epicurea era concentrata soprattutto sul proprio atomismo e riteneva ormai superato quello antico, atteggiamento, del resto, condiviso anche dalle altre scuole filosofiche. Diogene di Enoanda riporta anch'egli delle doxai di Democrito derivate comunque da una trasmissione indiretta interna alla tradizione epicurea, ma nulla pi 70 . Nel complesso si pu quindi concludere che la lettura diretta delle opere fisiche democritee e leucippee da parte di Epicuro probabile, ma 66 Lucr. 5,621-37 (68 A 88 DK; 380 L.); cf. Diog. Laert. 9,33 (67 A 1 DK; 382, 389 L.); Ps.- Plut. 2,15, 889 B (68 A 86 DK; 390 L.). 67 Lucr. 3,370 (68 A 108 DK; 454 L.). Sulle concezioni dei medici che, secondo Sesto, Adv. Math. 7,349, seguivano Democrito nell'affermare che l'egemonico sparso in tutto il corpo, v. supra, n. 21 e 23. Lucrezio allude, fra l'altro, nei versi precedenti (350-69), alle teorie di Stratone che in Sesto sono attribuite anche ad Enesidemo "secondo Eraclito". Lucrezio se- gue nell'esposizione anche lo stesso ordine: teoria di Stratone (in Sesto di Enesidemo)-teo- ria di Democrito (in Sesto "alcuni secondo Democrito"). Una sequenza simile si trova an- che nel passo parallelo di Tertulliano (De an. 15,5), supra, n. 23. La doxa potrebbe risultare dallo sviluppo di una osservazione aristotelica in De an. A 5, 409b 2-4 (riar yo rotiv g ug r v aovti te oio0ovorvei oeoti, o voyxoiov r v tei outei ouo rivoi oeoto, ri oeo ti g ug). 68 P. Herc. 1428 fr. 16, cf. Henrichs 1975, 96-106. 69 Sull'etica, cf. Philod. De ira P. Herc. 182, col. XXIX,20 Indelli (68 B 143 DK; 64 L.); De adulat. P. Herc. 1457, col. X (Crnert 1906, 130) (68 B 153 DK; 611 L.). La stessa citazione compare anche in Plut. Reip. ger. praec. 821 A. Considerazioni sulla morte, in Philod. De morte, P. Herc. 1050, col. XXIX,27-32 e col. XXXIX,9-15 Mekler (68 B 1a DK; 587 L.). Sull'origine della musica, Philod. De mus. IV, P. Herc. 1497, col. XXXVI,87 Neubecker (68 B 144 DK; 568 L.). Cf. l'ultima lettura del papiro in Gigante-Indelli 1980, 451-66. 70 Cos l'accusa di sovvertire la vita (Diog. Oenoand. Fr. 7 II Smith = 61 L.), corrisponde quasi perfettamente a quella di Colote (Plut. Adv. Colot. 1109 A-1110 F); quella al moto "costretto" degli atomi (Diog. Oenoand. Fr 54 II-III Smith = 68 A 50 DK; 39 L.), riecheg- gia un frammento del Hri uore di Epicuro ([34.30] Arr.). L'accenno agli idoli che com- paiono nei sogni (Diog. Oenoand. Fr. 10 I,4ss.; IV,10ss. Smith) corrisponde alla descri- zione data da Plut. Quaest. conv. 734 F (68 A 77 DK; 476 L.). Introduzione 18 non produce in ogni caso informazioni di particolare rilievo. La sua scuola, invece, sembra aver vissuto piuttosto, a parte qualche rara ecce- zione, di una trasmissione interna indiretta o mediata da altre scuole. Per quanto riguarda lo stoicismo antico pervenuto solo un titolo di un'opera di Cleante Contro Democrito 71 . Un allievo suo e di Zenone, Sfero, aveva scritto contro gli atomi e gli ri oeo 72 , ma il titolo non lascia capire se si dirigesse contro Epicuro o contro Democrito. Nella lunga lista delle opere di Crisippo, non compare invece nulla che abbia a che fare con l'atomismo antico, ma sappiamo, attraverso Plutarco, che Crisippo aveva per lo meno discusso un paradosso democriteo, il cosiddetto dilemma del cono 73 . E' evidente che comunque l'interesse degli Stoici doveva essersi concentrato soprattutto sull'atomismo epicureo a loro contemporaneo dalla cui ottica probabilmente veniva giudicato anche quello antico: le critiche fondamentali agli atomi di Epicuro (mancanza di un principio attivo e ordinatore e discontinuit di una materia "passiva" 74 ) erano valide anche per quelli di Democrito. Questa tendenza assimilatrice delle due dottrine poi quella dominante nella dossografia tarda. Fondamentali per la trasmissione di notizie dirette e indirette su De- mocrito stato sicuramente Posidonio. Attraverso di lui si sono traman- dati tre tipi di informazioni: 1. citazioni pi o meno rimaneggiate 75 , 2. doxai su argomenti specifici, in particolare sull'astronomia e le que- stioni naturali 76 , 3. schemi dossografici nei quali le concezioni atomiste rientrano in un quadro pi generale e classificatorio dei vari tipi di corpuscolarismo 77 . 71 SVF I 481, 107,1. 72 SVF I 620, 139,25. 73 Plut. De comm. not. 1079 E (68 B 155 DK; 287a L.). 74 Su questo punto, v. infra, VI 2. 75 Tali sono quella sull'attrazione dei simili conservata da Sext. Emp. Adv. Math. 7,116-118 (68 B 164 DK; 11, 316 L.), cf. anche Ps.-Plut. 4,19, 902 C-D (68 A 128 DK; 11, 316, 491 L.), l'esempio dei vasi di vetro e di bronzo in Sen. Nat. quaest. 4,9,1, una testimonianza non riportata n da Diels-Kranz n da Lur'e, ma segnalata da Stckelberger (1990, 2576), v. an- che infra, VII 6. 2. 1 n. 88. Per le affermazioni sugli rioeo che si ritrovano in diversi autori di et imperiale, infra, VII 4. 76 In quest'ultimo ambito rientrano gli excursus piuttosto ampi che si incontrano nelle Natura- les quaestiones di Seneca come la descrizione dei venti e dei terremoti in Nat. quaest. 5,2 (68 A 93a DK; 12, 371 L.) e, rispettivamente, 6,20 (68 A 98 DK; 414 L.), una doxa democritea sulla via lattea (F 130 E.-K. = Macr. Somn. 1,15,6, infra, VII 6. 2. 1 n. 87) non presente nelle raccolte di frammenti del Diels e del Lur'e, e probabilmente anche una doxa sulla spiega- zione dei terremoti riportata in un commento di Olimpiodoro ai Meteorologica aristotelici, diverso da quello greco e tramandato solo in arabo (Badawi 1971, 133s.; traduzione in Strohmaier 1998, 363, v. infra, VII 6. 2. 1 n. 84). 77 V. infra, VI 2. 2. Introduzione 19 Un particolare interesse nell'ambito del tema dell'atomo riveste la tra- dizione scettica nei suoi due filoni ben distinti, ma spesso confluenti e intersecantisi nelle testimonianze antiche: scetticismo pirroniano e neopir- roniano (da Timone ad Enesidemo fino a Sesto Empirico) e scetticismo dell'Accademia di mezzo nelle sue varie gradazioni fino ad Antioco. Nelle successioni dei filosofi Pirrone posto spesso in stretta relazione con Democrito attraverso la linea Anassarco-Metrodoro di Chio 78 . Pirrone non ha per scritto nulla e sembra fosse interessato soprattutto all'etica 79 . Dun- que la notizia di un allievo, secondo cui egli apprezzava molto Demo- crito 80 , potrebbe riferirsi ad opere etiche di quest'ultimo. Il detto "nulla in verit, ma gli uomini agiscono per consuetudine e secondo un costume stabilito" 81 sembra comunque riecheggiare la famosa massima democritea "vo ei yuxu ..." 82 . Il suo allievo Timone dedica a Democrito alcuni versi dei Silloi chiamandolo, oltre che "sapientissimo" (ariovo), anche "pa- store di discorsi" (aoirvo u0ev) e "ciarlone dal pensiero ambiguo" (oivoov rogvo) 83 . Timone potrebbe alludere con queste definizioni alla polymathia, al carattere narrativo ed evocativo del linguaggio 84 , alla enorme produzione libraria di Democrito e a quella sua presunta ambi- guit rispetto al problema della conoscenza delineata nelle opere aristoteli- che e in Teofrasto 85 . Nell'ambito del neopirronismo abbiamo infine la testimonianza di Sesto Empirico la cui posizione esemplifica tra l'altro quanto si diceva sul valore delle citazioni letterali per determinare la cono- scenza di prima mano di un autore. Per quanto infatti egli riporti un di- screto numero di citazioni altrimenti sconosciute, col titolo delle opere da cui sono tratte, Sesto non ha letto nulla di Democrito. Nel caso ad esem- pio dell'ampio frammento riportato in Adv. Math. 7,135 si rif ad una fonte intermedia 86 . Per altre citazioni, che si incontrano anche in autori 78 Cf. Clem. Strom. 1,14,64,2 (67 A 4 DK; VIII, 152 L.); [Gal.] Hist. phil. 3 (67 A 5 DK; 152 L.); Eus. Praep. Ev. 14,17,10 (VIII L.); cf. anche 14,18,27 (LXXXIII, XCIV L.); Epiph. De fide 15, 505,30 Holl (VIII L.). 79 Il carattere principalmente etico della filosofia di Pirrone viene ribadito con energia da Grler 1994, 735ss. 80 Diog. Laert. 9,67 (XCII L.). 81 Pyrrh. T 1 Decleva Caizzi (Diog. Laert. 9,61) ouor v yo rooxrv outr xoov out oioov outr oixoiov ou t ooixov xoi ooie rai ao vtev gorv rivoi tgi og0rioi, vo ei or xoi r0ri ao vto tou ov0eaou aottriv ou yo oov toor g toor rivoi r xootov. 82 Cf. Hirzel III, 1883, 14 n. 2; Decleva Caizzi 1981, 144; 1984, 16-19; Di Marco 1989, 218s. 83 Tim. Fr. 46 Di Marco (68 A 1 DK; LXXX L.). 84 Sulle immagini di Democrito, v. infra, cap. VII. 85 Decleva Caizzi 1984, 18; Di Marco 1989, 218. 86 Cf. Sedley 1992, 27-44; Gemelli Marciano 1998. Introduzione 20 come Cicerone, si serve di materiale proveniente dall'Accademia scettica 87 , per le interpretazioni e le doxai democritee fa capo, oltre che a quest'ul- tima, a Posidonio, alla tradizione epicurea e ai medici empirici. L'immagine completamente scettica di Democrito, tuttavia, pi che dal pirronismo, viene mediata dall'Accademia scettica di Arcesilao. Come di tutti i predecessori, anche di Democrito, Arcesilao forniva questa visione estrapolando verosimilmente dal contesto alcune massime interpretabili secondo i suoi scopi. A lui risale sicuramente una sequenza di due citazioni, la famosa massima "voei yuxu..." e quella altrettanto famosa "rv u0ei...", riportate da Diogene Laerzio come esempi di interpretazioni scettiche di Democrito. Le stesse due frasi, infatti, compaiono rispettivamente in parafrasi e in traduzione letterale negli Academica di Cicerone: Arcesilao avrebbe dichiarato di seguire, nella sua professione di scetticismo, non solo Socrate, ma anche presocratici come Empedocle, Anassagora, Democrito 88 . Ad Arcesilao non si pu attribuire una trattazione globale dell'atomismo in quanto, al di fuori di questi frammenti gnoseologici, non ci rimasta nessun'altra testimonianza, ma verosimile che egli avesse conoscenza diretta delle opere di Democrito per poterne fare degli excerpta. Al contesto della sentenza "r v u0ei" allude infatti anche Aristotele nel libro I della Metafisica 89 . La presenza di Democrito nell'Accademia di mezzo da Carneade fino ad Antioco deducibile con sicurezza soprattutto dalle opere ciceroniane. Cicerone, nelle vesti di Accademico, o per bocca di un Accademico, cita pi volte Democrito, spesso esprimendo un giudizio positivo e contrapponendolo ad Epicuro, ma talvolta anche pronunciandosi criticamente sulle sue teorie proprio per la loro affinit con quelle epicuree. Importante anche il fatto che Cicerone nomina pi di una volta insieme a Democrito anche Leucippo, cosa non frequente nelle testimonianze postteofrastee. Cicerone, tuttavia, non ha sicuramente letto i libri di Democrito. Le sue osservazioni sullo stile, che a prima vista potrebbero fa pensare ad una conoscenza diretta, erano luoghi comuni nella retorica 90 e risalivano probabilmente all'opera sullo stile di Democrito di Egesianatte. La sua conoscenza degli atomisti antichi si basa per lo pi su materiale 87 E' questo ad esempio il caso dell'incipit dell'opera democritea che compare solo in Sext. Emp. Adv. Math. 7,264 e in Cic. Ac. 2,23,73 (68 B 165 DK; 63, 65 L.). Per altre citazioni comuni, cf. Decleva Caizzi 1980; Gemelli Marciano 1998. 88 Diog. Laert. 9,72 (68 B 117 DK; 51 L.); Cic. Ac. 1,12,44 (59 A 95 DK; II, 58 L.). Su questo, cf. Gemelli Marciano 1998. 89 Arist. Metaph. I 5, 1009b 11 gtoi ou0r v ri voi og0r g giv y' oogov. 90 Cf. soprattutto l'affinit della sequenza Democrito-Platone-Aristotele in Cic. De orat. 1,11,49 e Dionys. De comp. verb. 24 (68 A 34 DK; 827 L.); la coppia Democrito-Platone ri- torna ancora in Cic. Orat. 20,67 (68 A 34 DK; 826 L.). Introduzione 21 dossografico scolastico interno all'Accademia 91 . Dai testi ciceroniani emerge soprattutto un interesse strumentale alle dottrine fisiche democritee in contesti critici dell'epicureismo e in excursus dossografici pi generali atti a giustificare una attitudine scettica nei confronti delle varie scuole filosofiche. Per quanto riguarda il primo tipo di contesto gli accenni ciceroniani si possono sostanzialmente ordinare in due gruppi principali: 1. critica globale ai principi atomistici e relativa assimilazione di De- mocrito ad Epicuro, 2. critica specifica all'atomismo epicureo in cui, per contrasto, viene valutata positivamente la dottrina democritea. Nel primo gruppo rientrano le critiche agli atomi impassibili e privi di qualit, alla possibilit di un arresto della divisione in un corpo per sua stessa natura divisibile all'infinito, alle forme atomiche e ad un cosmo governato dal caso. La confutazione attinge ad argomentazioni di diversa provenienza sia stoica che peripatetica. Nei testi del secondo gruppo viene sottolineata invece la superiorit delle tesi democritee e vengono confutate le eventuali obiezioni di parte epicurea a queste ultime. Un esempio la trattazione della teoria epicurea del clinamen, presentata nel De fato (10,22) non come un miglioramento, ma come un peggioramento della dottrina democritea. Ambedue i tipi di testo rientrano comunque in sequenze dia- lettiche di ampio respiro che si servono di tesi e controtesi tipiche del modo di argomentare accademico. Un secondo tipo di contesto costi- tuito dall'excursus dossografico di Ac. 2,37,118 risalente in ultima analisi all'opera teofrastea 92 e rimaneggiato in versione accademica (per sottoline- are il disaccordo fra i filosofi e quindi l'impossibilit di aderire ad una o ad un'altra tesi dogmatica). Gli Accademici scettici hanno comunque usato una pluralit di schemi interpretativi e confutativi a seconda della necessit del contesto. All'occasione si sono serviti anche, cambiando loro di segno, delle polemiche epicuree contro l'atomismo antico e di quelle di matrice stoica contro la dottrina atomistica in generale. Se Cicerone riflette per lo pi una rappresentazione manualistica e scolastica dell'atomismo antico, la conoscenza diretta delle opere fisiche di Democrito nei filosofi vissuti dopo il I sec. a.C., piuttosto desolante. L'immagine che ci restituiscono le fonti antiche quella di un'assoluta preponderanza della tradizione indiretta anche laddove ci sono citazioni letterali. Forse un'unica eccezione costituita da Plutarco. La sua cono- scenza diretta di Democrito una vexata quaestio mai risolta definitiva- 91 Anche a tanta distanza di tempo, sulle fonti di Cicerone rimane fondamentale e insuperata nella sua globalit Hirzel I, 1877, 32-45 per le fonti accademiche del primo libro del De na- tura Deorum e III, 1883, 251-341 per le fonti degli Academica. 92 La menzione di Leucippo un'ulteriore indicazione in questo senso. Sulla provenienza teofrastea delle doxai di Ac. 2,37,118, cf. Mansfeld 1989 [1990b, 238-63]. Introduzione 22 mente. Un fatto tuttavia certo: egli riporta una gran quantit di citazioni letterali non reperibili in altre fonti. Questo non basta comunque per af- fermare che egli abbia sempre attinto agli originali democritei. Infatti i relativi contesti permettono di ipotizzare non una, ma due modalit di acquisizione dei testi: 1. Una consultazione diretta di opere democritee. Il fatto che non citi mai titoli particolari non in s rilevante in quanto, anche per altri autori presocratici egli riporta raramente l'indicazione dell'opera. 2. Una consultazione di fonti molto dettagliate che riportavano anche citazioni letterali democritee soprattutto nel caso di oggetti specifici quali ad esempio la demonologia 93 . Plutarco riutilizza comunque pi volte nelle sue opere, secondo la sua normale prassi, le citazioni democritee creando dei "doppioni" diversa- mente ricontestualizzati 94 e rendendo difficile l'eventuale ricostruzione del contesto originale. Egli si serve per anche di resoconti di matrice dosso- grafica laddove espone sinteticamente i fondamenti della dottrina demo- critea con relativa critica come nella Contro Colote 95 . In questo caso ripro- duce un modello di esposizione e critica dell'atomismo corrente nell'Accademia di mezzo. Le argomentazioni fornite da Plutarco com- paiono infatti anche in Cicerone e, per accenni, in Sesto Empirico. Dopo Plutarco e, in generale, dopo il I sec. d.C., nei primi decenni del quale Trasillo redige il suo catalogo, difficilmente si possono trovare indizi di una conoscenza diretta delle opere fisiche democritee. Gli autori dal I sec. d.C. in poi fanno ricorso, per lo meno per illustrare la dottrina fisica, a fonti indirette siano esse pure di pregevole fattura come quella di ascen- denza teofrastea utilizzata da Diogene Laerzio per la sua esposizione della cosmogonia leucippea. Quest'ultimo usa solo fonti di seconda e di terza mano 96 e cos fanno anche gli autori cristiani Ippolito e Clemente 97 , per 93 Secondo Hershbell 1982, 94 apparterebbero a questo gruppo anche le citazioni delle Quaestiones convivales. Per il problema della presenza di Democrito nel De tranquillitate animi e in altre opere etiche, cf. Id., 84-89 con bibliografia in n. 3. 94 Cf. ad es. la citazione sul cordone ombelicale in due contesti diversi: embriologico, vicino probabilmente all'originale, De amore prol. 495 E (68 B 148 DK; 537 L.) e cosmogonico, ma riportato come citazione dotta e senza nominare Democrito, De fort. Rom. 317 A (68 B 148 DK; 537 L.). Sulle modalit di citazione di Plutarco, cf. Kidd 1998. 95 Lo stile dossografico di Adv. Colot. 1110 F (68 A 57 DK; 179 L.) indubitabile per le numerose concordanze con altri resoconti che si incontrano negli autori tardi quali ad esempio Pseudo-Plutarco e Galeno. Su questo brano, v. infra, VI 2. 1. 2. 96 Le scarse e incomplete citazioni letterali sono di provenienza scettica, cf. Gemelli Marciano 1998. 97 Le due uniche citazioni letterali riguardanti, una la fisiologia umana, l'altra la concezione degli di che troviamo in Clemente provengono, una da una tradizione di tipo medico pre- sente anche in altri autori (v. supra, n. 14), l'altra, pur essendo attribuita in questi termini a Democrito solo da Clemente Protr. 6,68,5; Strom. 5,14,101,4 (68 B 30 DK; 580 L.), si ritrova Introduzione 23 non parlare poi dei commentatori tardi di Aristotele cui si accenner in seguito. In pratica, dopo Plutarco, le opere fisiche originali di Democrito sembrano essere sparite dall'orizzonte dei dotti. 3. Interpretazioni moderne dell'atomismo antico Dalla mappa fin qui tracciata risulta anche troppo evidente come la tra- smissione delle dottrine democritee abbia sofferto dei pre-giudizi e dei pre-supposti delle fonti antiche tanto da rendere estremamente arduo qualsiasi tentativo di interpretazione. Chi cerca di comprendere i fonda- menti dell'atomismo antico deve dunque non solo destreggiarsi fra le varie tendenze della trasmissione indiretta, ma anche spingersi al di l dell'am- bito ristretto delle scuole filosofiche dal IV sec. a.C. in poi per ricostruire, nei limiti del possibile, l'atmosfera e il contesto in cui Leucippo e Demo- crito hanno vissuto. Le ipotesi sulla natura del cosiddetto atomo e, pi in generale, sul ca- rattere delle dottrine di Leucippo e Democrito dall'ottocento ad oggi sono caratterizzate da un approccio teorico-ideologico oscillante continuamente fra due poli opposti: fisica o ontologia in qualche modo gi condizionata dalla matematica, empiria o deduttivismo, dottrina di matrice eleatica o radicata nella filosofia della natura della Ionia? Ci che colpisce proprio la scarsa attenzione ai due punti succitati: all'analisi delle fonti che veico- lano la visione dell'atomismo 98 e alla realt storico-culturale in cui gli atomisti antichi hanno vissuto e operato. La preoccupazione principale degli interpreti, a parte rare eccezioni 99 , sembra quella di "salvarli" da ac- cuse di materialismo e di superficialit etica e filosofica (come la maggior parte degli storici della filosofia di fine-ottocento) o di scarsa coerenza in una serie di esemplificazioni del comune concetto dell'esistenza degli di. Il corrispettivo esempio latino (versi di Ennio) di ci che nel modello greco andava sotto il nome di De- mocrito compare in Cic. De nat. deor. 2,2,4. Allo stesso modo la citazione riguardante l'ispi- razione del poeta in Clem. Strom. 6,18,168 (68 B 18 DK; 574 L.) proviene molto probabil- mente in ultima istanza dall'opera sullo stile di Democrito di Egesianatte. Una simile rappresentazione si ritrova infatti anche in Cic. De orat. 2,46,194; De div. 1,37,80; Hor. Ep. 2,3,295-97 (68 B 17 DK; 574 L.). Clemente conosceva le massime etiche democritee attra- verso gnomologi del tipo di quelli che si trovano in Stobeo con il quale talvolta concorda, cf. e.g. Strom. 4,23,149,3; Stob. 2,31,65 (68 B 33 DK; 682 L.). 98 Una eccezione Morel 1996 il quale, per, interessato soprattutto al contesto pi stretta- mente filosofico delle fonti. 99 Cf. Salem 1996, che cerca per lo meno di storicizzare le testimonianze e di precisare le relazioni delle opere democritee nella loro globalit con altri testi a loro contemporanei. Introduzione 24 logica (prevalente invece negli interpreti del novecento in particolare di area anglosassone 100 ). La critica del primo ottocento, i cui rappresentanti di spicco sono l'al- lievo di Schleiermacher, Ritter, e Brandis, interpretava l'atomismo soprat- tutto come una teoria materialista e meccanicista legata alla rappresenta- zione del mondo dei cosiddetti ionici e in stretta correlazione/ opposizione con le dottrine anassagoree 101 . Ritter, sulla scia del suo mae- stro 102 , ne dava un giudizio estremamente negativo considerandolo una forma di sofistica che non andava a fondo di nessun problema, che aveva rifiutato di porsi domande sull'origine del movimento 103 , ridotto i feno- meni spirituali a fatti corporei 104 e negato la possibilit di conoscenza e quindi di scienza 105 . Insomma l'atomismo era una teoria antifilosofica che negava l'unit e dissolveva tutto nell'infinita molteplicit degli atomi e nell'infinit del vuoto 106 . Questa visione prevalente ai tempi dell'edizione preliminare dell'opera zelleriana 107 scaricava sull'atomismo un pre-giudizio etico e di merito derivato da considerazioni completamente anacronisti- che. Sul versante opposto stava l'autorevole interpretazione di Hegel che nelle sue Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, pubblicate postume, aveva visto nell'atomo non un'entit fisica, ma piuttosto l'unit astratta, il tentativo di determinazione dell'assoluto 108 . Proprio a questa visione hege- liana dell'atomo come uno si riallacciava Zeller nella sua rivalutazione dell'atomismo soprattutto contro Ritter 109 . Egli insisteva in particolare su due punti strettamente connessi e non scevri anch'essi da pre-supposti: 100 Cf. ad es. Makin 1993, 12 "What recommends the account that will be given of Democri- tean atomism is charity. The indifference arguments which generate, and practically con- stitute, the basic atomic theory are cogent and stimulating arguments, and one should so interpret a philosopher as to attribute the more cogent and plausible positions to him". E' ovvio che qui la "cogenza" e la "plausibilit" pre-supposte sono quelle codificate dalle cate- gorie del pensiero filosofico moderno. Sui problemi sollevati da questa "concezione crite- riologica della razionalit", cf. Putnam 1985, 120-123; Tambiah 1993, 166s. 101 Cf. Brandis I, 1862, 303ss. 102 Schleiermacher 1839, 19; 72; 74ss. L'opera fu pubblicata postuma da Ritter stesso. 103 Ritter, 1829, 567; cf. anche Brandis I, 1862, 319s. 104 Ritter 1829, 574. 105 Ritter 1829, 576ss. 106 Ritter 1829, 581 "berblickt man diese ganze Lehre des Demokrit, so lt sich das Antiphilosophische seiner Bestrebung nicht leicht verkennen. Denn nicht nur hebt er die Einheit der Welt, sondern auch die Einheit der Seele und des Bewutseins auf. An die Einheit der Wissenschaft ist dabei nicht zu denken; Alles lst sich ihm in die unbestimmte Vielheit der Atome und in das Unermeliche des Leeren auf". 107 Zeller 1844, 195-200. 108 Hegel 1996, 355ss. 109 Zeller si rivolgeva contro queste tesi gi nel 1843 in un excursus sulle "storie della filosofia" pubblicate negli ultimi 50 anni (Zeller 1910, 46s.) e riprendeva con maggior dovizia di ar- Introduzione 25 1. Da una parte sul fatto che l'atomismo come dottrina materialistica, per una specie di necessit storica dello sviluppo dello spirito, non poteva derivare dalla dottrina anassagorea che poneva invece un principio spiri- tuale (il Nous) al di fuori della materia sviluppando un primo nucleo di concezione teleologica del mondo. Anassagora "doveva", secondo lo schema evoluzionistico hegeliano, essere anche cronologicamente poste- riore agli atomisti. Per questo Zeller si schierava a favore della cronologia bassa di Leucippo: non era Anassagora ad aver influenzato gli atomisti, bens il contrario. Conseguentemente, nella Philosophie der Griechen, que- st'ultimo veniva trattato dopo Leucippo e Democrito. 2. Dall'altra sul fatto che l'atomismo, pur essendo una dottrina mate- rialista, era radicato nella dottrina eleatica sulla cui scia aveva posto il pro- blema dell'uno 110 . A questo proposito Zeller portava in primo piano la testimonianza aristotelica di De generatione et corruptione A 8 secondo cui l'atomismo deriverebbe dalla accettazione/ correzione di tesi eleatiche 111 ed enfatizzava poi sempre pi nelle successive edizioni della Philosophie der Griechen questa dipendenza a scapito della presunta ascendenza eraclitea 112 . In questo modo cercava di liberare l'atomismo dal pregiudizio etico con- tro materialismo e sofistica diffuso ai suoi tempi, senza tuttavia staccarsi egli stesso da una visione che valutava positivamente soprattutto le dot- trine nelle quali si potesse intravvedere in qualche modo una teorizzazione dell'unit e una preminenza dello spirito sulla materia. gomentazioni la critica a Ritter nell'edizione preliminare della Philosophie der Griechen I, 1844, 198ss.; cf. anche Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1166ss. 110 Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1171 "Ebenso ist es schief, wenn man wegen der Vielheit der Atome behauptet, es fehle diesem System gnzlich an Einheit. Fehlt seinem Prinzip auch die Einheit der Zahl, so fehlt doch nicht die Einheit des Begriffs; indem es vielmehr der Versuch macht, alles ohne Einmischung weiterer Voraussetzungen aus dem Grundgegen- satz des Vollen und des Leeren zu erklren, so erweist es sich eben damit als das Erzeugnis eines konsequenten, nach Einheit strebenden Denkens und Aristoteles ist in seinem rechte, wenn er gerade seine Folgerichtigkeit und die Einheit seiner Prinzipien rhmt und ihm in dieser Beziehung vor der weniger strengen empedokleischen Lehre den Vorzug gibt". 111 Zeller 1844, 213s. Sul passo, infra, cap. III. 112 Questa evoluzione si riscontra confrontando l'edizione preliminare del 1844 con le succes- sive. Cos se in Zeller 1844 l'influsso eracliteo dato per sicuro (216 "Eben dieser Satz (Das Ichts sei nicht mehr als das Nichts) ist es aber nun auch, durch den die Atomistik auf's Bestimmteste auf Heraklit zurckweist [...] Wenn daher die Atomisten dem eleati- schen Sein das Nichtsein eben in der Absicht zur Seite setzen, um dadurch das Werden und die Bewegung mglich zu machen, so sind wir durch den innern Zusammenhang die- ser Idee mit der Heraklitischen Philosophie genthigt, auch einen geschichtlichen Einflu des letzteren auf die Entstehung des atomistischen Systems zu vermuthen"), molto pi cauta la formulazione nella sesta edizione (1920, 1177 ob bei dem Widerspruch der Ato- miker gegen die Eleaten der Einflu des heraklitischen Systems mitwirkte, lt sich nicht sicher bestimmen") dove anche un influsso degli ionici viene messo in discussione (1181, "von einem Einflu der lteren ionischen Schule zeigen sich in der atomistischen Physik vereinzelte Spuren"). Introduzione 26 Mentre Zeller rielaborava le diverse edizioni della sua monumentale opera, le tesi di un atomismo radicato nella filosofia anassagorea venivano riprese dalla critica positivista, da Gomperz nei suoi Griechische Denker, la cui prima edizione era comparsa nel 1896, e da Brieger 113 . Gomperz attribuiva congiuntamente a Parmenide e a Leucippo il riconoscimento della "costanza qualitativa" della materia, ma metteva in guardia dal sopravva- lutare i punti di contatto fra gli atomisti e gli Eleati 114 in quanto questi ultimi avevano risolutamente negato quello che per gli altri era un postu- lato fondamentale e cio il movimento. Gomperz vedeva piuttosto le radici dell'atomismo nelle dottrine ioniche e in Anassagora. Allo stesso modo Brieger sottolineava in particolare come i presupposti dell'atomismo fossero contenuti nelle tesi anassagoree dell'eternit e dell'infinit dei semi (che egli interpretava tuttavia come corpuscoli), della generazione e della dissoluzione per composizione e scomposizione, dell'affermazione impli- cita che nulla nasce dal nulla 115 . Il problema delle origini dell'atomismo ha cessato di essere tale nel momento in cui sono venute meno le ragioni storiche per cui era stato posto e la visione zelleriana stata accolta quasi come un dogma. Se si eccettua uno studio di Sinnige che ha discusso le testimonianze aristoteli- che alla maniera chernissiana riportando alla Ionia e ad Anassagora le radici dell'atomismo e riferendo eventuali echi eleatici alla mediazione di quest'ultimo 116 , la rappresentazione eleatizzante trasmessa soprattutto da Aristotele o da quello che di Aristotele si voluto interpretare come tale, si imposta in maniera indiscussa a cominciare dal Bailey che nel suo Greek Atomists and Epicurus, faceva di Leucippo un allievo degli Eleati. Sempre sulla scia di questa tendenza, ma con una ulteriore spinta verso una ontologizzazione e una rappresentazione matematizzante della dot- trina atomista, si posto l'Alfieri il quale, fortemente influenzato dal giu- dizio hegeliano, ha sovrapposto un assunto metodologico, di tipo hege- liano appunto, alle testimonianze reali sull'atomismo. Egli dichiarava apertamente che si devono ricercare, al di l delle testimonianze dossogra- fiche, i presupposti logici della dottrina atomista per non sminuirne il valore speculativo 117 . La preoccupazione, gi zelleriana, per eventuali criti- che ad un atomismo empirico determina tutta l'interpretazione alfieriana la quale fa di Leucippo e Democrito dei platonici ante litteram, sostenitori di 113 Brieger 1901, 161-186. 114 Gomperz 1922, 288: "Verkehrt aber ist es, aus den sonstigen Berhrungen der beiden Lehren (scil. des Leukipp und des Parmenides) auf die Abhngigkeit der einen von der an- deren zu schliessen". 115 Brieger 1901, 179. 116 Sinnige 1968, 138-71. 117 Alfieri 1979, 15. Introduzione 27 una dottrina di matrice eleatica matematizzante, radicata negli assunti del pitagorismo (o piuttosto in quelli che Alfieri riteneva tali). A queste radici matematiche risalirebbero la valutazione positiva del non essere come spazio e della molteplicit. Ancora al pitagorismo sarebbe da ricondurre il carattere dell'atomo concepito come unit aritmetica e forma geometrica astratta. In pratica Alfieri trasponeva esplicitamente 118 agli atomisti le ori- gini della filosofia platonica: Platone avrebbe solamente sviluppato un maggior interesse per l'intellegibile, gli atomisti per il sensibile, l'uno e gli altri, per, avrebbero individuato nelle forme matematiche degli enti in- termedi. A prescindere dal carattere teorico astratto della matematica de- mocritea, tutto da dimostrare, l'interpretazione dell'Alfieri il risultato pi evidente della persistenza nei secoli dei pre-supposti che avevano origi- nato anche una certa rappresentazione aristotelica dell'atomismo, e cio la problematica dell'infinita divisibilit e degli indivisibili e i relativi concetti elaborati in questo ambito da Platone e dall'Accademia. Rispetto comun- que ad Aristotele, che forniva anche una immagine alternativa e una rap- presentazione fisica dell'atomismo, Alfieri prescindeva metodologica- mente proprio da quelle testimonianze che presentano una dottrina fisica e non matematica come egli la intendeva. Dipendenza dagli Eleati e anticipazione di dottrine accademiche 119 ed Epicuree costituiscono in sintesi l'interpretazione dell'atomismo fornita da Lur'e le cui tesi sono state comunque ampiamente confutate gi da Mau e Furley. Lur'e ha il merito di aver raccolto finora la pi grande congerie di testimonianze sull'atomismo, ma il suo principale difetto metodologico consiste nell'utilizzazione acritica delle fonti 120 . Se Alfieri e Lur'e costituiscono portano all'estremo la platonizzazione dell'atomismo, altri interpreti come Furley (1967; 1987), pur accettando le tesi della derivazione dall'eleatismo, individuano anche i problemi che ne scaturiscono, in particolare la difficolt di definire il tipo di indivisibilit dell'atomo e la sua specifica relazione con i paradossi zenoniani. Una linea interpretativa di area anglosassone si , in questo ultimo de- cennio, affannata a "salvare" la reputazione di Democrito come filosofo 121 proprio basandosi sulle presunte risposte ai paradossi zenoniani e svilup- pando brillanti ipotesi che tuttavia fanno sparire completamente dall'oriz- 118 Alfieri 1979, 50. 119 Fino all'assurdit di anticipare a Democrito la successione punto-linea-superficie-solido, testimoniata solo per la scuola platonica e di vedere anche una critica all'atomismo antico nel trattato De lineis. Cf. Lur'e 1932, 148ss.; 1970, 333. 120 Lur'e attribuisce ad esempio lo stesso valore ad Aristotele e ai suoi commentatori neoplato- nici. Il suo esempio stato seguito anche in alcune dissertazioni pi recenti sull'atomismo, in particolare Lbl 1976 (cf. anche 1987) e Nikolau 1998. 121 Cf. Makin 1993, supra, n. 100. Introduzione 28 zonte il contesto in cui Democrito ha vissuto e il sostrato della trasmis- sione delle sue dottrine. A monte del rapporto Democrito-Zenone c' naturalmente l'ulteriore problema della definizione dei paradossi, della loro funzione e della posizione stessa di Zenone nel suo contesto storico- culturale. Negli studi moderni egli viene infatti interpretato secondo l'im- magine canonica tramandata da Platone nel Parmenide, quella di un allievo che ha cercato di dimostrare per altra via l'assunto del suo maestro se- condo cui l'essere uno. In realt questa rappresentazione, predominante nella storiografia filosofica antica, ha completamente isolato questa figura dal suo contesto storico-culturale. Sebbene non sia questo il luogo di rive- dere la tradizione su Zenone, opportuno sottolineare che, quando si parla di una "reazione" democritea ai paradossi, si deve tener presente che Democrito, se mai li ha presi in considerazione, potrebbe averne avuto anche una percezione diversa da quella platonica 122 . I paradossi zenoniani risultano in effetti molto meno matematizzanti e astratti se liberati dal carico concettuale delle interpretazioni seriori e visti come una strategia pratica tesa a distruggere gli automatismi mentali. In ogni caso sia il vero Zenone che il vero Democrito potevano essere anche diversi dalla rappre- sentazione che ne d la tradizione platonica e rispettivamente aristotelico- teofrastea. L'inserimento dell'atomismo nell'ambito della problematica degli indi- visibili conduce comunque ad un ulteriore dilemma, sempre dibattuto, ma mai risolto completamente e cio quello della natura dell'atomo. Si tratta, anche in questo caso, di una vecchia questione presente nella tradizione antica in descrizioni del tutto contrastanti che hanno generato, a seconda del peso maggiore assegnato all'uno o all'altro testo, interpretazioni del tutto divergenti. Una soluzione palesemente anacronistica quella di Lur'e che ha interpretato l'atomo democriteo come un indivisibile fisico delimi- tato a sua volta da minimi privi di parti come quello epicureo. Lur'e si appoggia in particolare su un passo di Alessandro di Afrodisia 123 adattando altre testimonianze a questo schema e attribuendo errori di interpretazione ai numerosi testi che contraddicono questa visione. Per il resto, l'interpretazione dell'atomo degli atomisti antichi oscil- lante a seconda della valutazione delle fonti. Alcuni interpreti vedono l'atomo come un indivisibile assoluto in quanto solo cos potrebbe costi- tuire una soluzione del paradosso zenoniano. A conferma di questa tesi citano il rimprovero di Aristotele agli atomisti di essere andati contro i principi della matematica e altri testi tardi che attribuiscono loro specifi- 122 Su una rappresentazione alternativa a quella del Parmenide platonico, attestata gi dal IV sec. a.C. e in Platone stesso, che vede Zenone disputare in utramque partem, v. infra, III 2. 1. n. 24. 123 Alex. Metaph. 985b 19, 36,25 (123 L.). Per la discussione del passo, v. infra, VI 3. 1 n. 77. Introduzione 29 camente dei minimi privi di parti 124 . Indivisibilit fisica, ma non teoretica gli viene attribuita da coloro che ritengono invece il problema dell'indivi- sibilit matematica estraneo alla prospettiva fisica democritea che separa nettamente la fisica dalla geometria 125 . Mau faceva dell'atomo democriteo un minimo-misura variabile a seconda dell'ordine delle grandezze 126 . Una tendenza impostasi in area anglosassone negli anni novanta punta invece il dito sull'inadeguatezza di queste interpretazioni giudicando il dibattito sull'indivisibilit fisica e teoretica un falso problema. L'indivisibilit sa- rebbe giustificata non in base ad un argomento fisico, ma in base ad un argomento "filosofico" di matrice eleatica quale quello dell'omogeneit dell'atomo che risponderebbe ai requisiti posti dall'argomento dell'indiffe- renza: non c' ragione che un atomo sia divisibile pi in un punto che in un altro 127 . 4. Democrito, l'Accademia e le interpretazioni dell'atomo Come si vede le ipotesi sui fondamenti dell'atomismo antico e sulla natura dell'atomo sono numerose e partono comunque tutte dal pre-supposto che specifici testi aristotelici o di autori tardi offrano una visione reale e obiettiva dell'atomismo e delle sue radici. In tutti questi studi manca tutta- via una decisa e radicale analisi delle fonti a cominciare dai vari passi ari- stotelici per finire con gli autori neoplatonici. Tali testi vengono usati di volta in volta per dimostrare l'una o l'altra tesi, ma mai sottoposte ad un'a- nalisi critica globale. Lo scopo primario di questo lavoro consiste invece principalmente nell'esame e nella valutazione contestuale e sistematica delle fonti antiche che permetta di individuare i pre-supposti di una certa interpretazione unidirezionale delle dottrine di Leucippo e Democrito, limitata esclusiva- mente alla considerazione dei rapporti con altre "filosofie" e all'inseri- mento nella problematica degli indivisibili. Si tratta di un passaggio neces- sario per ampliare la prospettiva sul contesto e la natura dell'atomismo ad altri ambiti fuori di quello specificamente filosofico. Uno dei lavori pi importanti per un nuovo inquadramento della pro- blematica dell'atomismo, non tanto perch tratti il tema specifico, quanto per le indicazioni e gli spunti che offre, e che incomprensibilmente pas- 124 Furley 1967, cap. VI; 1987, 124-127. Per la discussione dei passi di Arist. De cael. I 4 e Simpl. In Phys. 231a 21, 925,10 (67 A 13 DK; 113 L.) in particolare, v. infra, VI 3. 4. 125 Calogero I, 1967, 432; Baldes 1972, 16, 38, 43ss.; lo stesso Furley 1987, 130 sembra venti- lare un'ipotesi di questo tipo per risolvere i problemi del rapporto con la matematica. 126 Mau 1954, 22ss. 127 Cf. Makin 1989; 1993, 54-62; Lewis 1998. Introduzione 30 sato quasi inosservato anche nelle interpretazioni pi recenti, il capitolo su Democrito di Platonismus und hellenistische Philosophie di Hans Joachim Krmer. Krmer individua molto chiaramente nelle polemiche di Aristo- tele contro gli indivisibili accademici uno dei maggiori pre-supposti del- l'inquadramento aristotelico dell'atomismo antico. L'atomismo accade- mico, il cui rappresentante principale per la tradizione antica Senocrate, stato in realt sempre completamente trascurato negli studi sull'atomi- smo antico (se si esclude un breve capitolo eminentemente descrittivo, ma isolato, dedicatogli da Furley 128 ). Eppure la tematica della divisibilit all'infinito delle grandezze e degli indivisibili discussa nell'Accademia fornisce ad Aristotele l'apparato concettuale per interpretare l'atomismo e rappresenta il filtro culturale attraverso cui passano le sue letture non solo degli atomisti, ma anche delle presunte teorie corpuscolariste dei preso- cratici. E' infatti principalmente il confronto critico implicito o esplicito con le dottrine accademiche a costituire il sottofondo di molti passi nei quali Aristotele discute questi temi 129 , confronto di cui egli spesso si serve come di un'arma contro quelli che erano nel frattempo divenuti i suoi pi diretti avversari. Indizi presenti in allusioni aristoteliche e in testi pi tardi, combinati con aneddoti riguardanti la conoscenza di Democrito da parte di Platone, portano a pensare che le teorie democritee fossero state inter- pretate e discusse non tanto dal maestro quanto soprattutto dai suoi allievi pitagorizzanti 130 . Gli autori antichi riportano inoltre con sicurezza a Seno- crate la discussione e la soluzione dei paradossi zenoniani con la dottrina delle linee indivisibili. Si tratta proprio dello stesso punto da cui, secondo l'interpretazione moderna di un passo di Aristotele (De gen. et corr. A 2), avrebbe preso le mosse anche Democrito. Questa coincidenza e il fatto che il passo aristotelico non attribuisce la dimostrazione della necessit degli indivisibili specificamente a Democrito, ma si mantiene su formula- zioni piuttosto vaghe, giustifica il sospetto che il pre-supposto della pro- blematica trattata qui da Aristotele stia proprio nella discussione accade- mica del paradosso cosiddetto "della dicotomia" di Zenone. In questo sostrato interpretativo, nel quale anche Aristotele spesso si inserisce e del quale utilizza i concetti, si devono dunque ricercare le radici di quella rap- presentazione delle dottrine fisiche leucippee e democritee in una certa prospettiva teorica (il vuoto come un altro dall'essere, l'atomo come un minimo fisico assolutamente indivisibile) legata alla problematica dell'elea- tismo. In questa ottica va rivista anche la trattazione aristotelica della na- scita dell'atomismo di Leucippo come correzione di teorie eleatiche, ma su 128 Furley 1967, cap. VII. 129 Per il presunto corpuscolarismo di Empedocle, cf. Gemelli Marciano 1991a. 130 V. infra, I 2. Eraclide Pontico aveva scritto ben due opere su Democrito. Heraclid. Fr. 22 Wehrli (Diog. Laert. 5,86) Ho Agoxitov. Ho to v Ago xitov rgyg ori o . Introduzione 31 presupposti eleatici e la presentazione della dottrina dell'atomo come ri- sposta alle aporie zenoniane. D'altra parte Aristotele e Teofrasto forni- scono parallelamente anche un quadro dell'atomismo diverso dal prece- dente, legato soprattutto a considerazioni eminentemente fisiche che sem- bra talvolta entrare in collisione con l'altra rappresentazione. Si tratta in realt di contesti diversi in cui prevalgono interessi storico-descrittivi su quelli argomentativi maggiormente sottoposti al condizionamento dell'ap- parato concettuale corrente e dei fini stessi della dimostrazione. L'immagine bifronte dell'atomismo antico si estende comunque attra- verso la mediazione della dossografia e della tradizione di scuola per tutta l'antichit rendendo difficile qualsiasi tentativo di interpretazione. Accanto ad un atomo di Leucippo e Democrito solido e compatto come quello epicureo (la rappresentazione nettamente prevalente), emerge qua e l un minimo fisico indivisibile per la piccolezza e privo di parti contrapposto a quello solido di Epicuro. Come sia stata mediata questa immagine, che nei testi aristotelici si intravvede solo raramente in un sottofondo di allusioni, rimane un problema. Si pu stabilire invece, attraverso l'esame delle ca- ratteristiche strutturali dei testi che presentano questa interpretazione del- l'atomo, l'identit dei mediatori di questa visione "diafonica" dell'atomi- smo. Jaap Mansfeld ha mostrato, per quanto riguarda la dossografia sull'anima, che il tratto specifico della diaphonia, presente in alcuni testi rimanda all'Accademia scettica 131 . Lo stesso si pu dire per i passi in cui l'atomo indivisibile per la piccolezza e privo di parti di Leucippo (pi ra- ramente di Democrito), viene opposto a quello solido epicureo: l'Acca- demia scettica ad aver discusso e formulato in maniera dialettica la pro- blematica dell'atomismo e ad aver propagato anche l'immagine bifronte del rapporto fra le dottrine di Epicuro e quelle degli atomisti antichi sot- tolineandone, a seconda del contesto, la sostanziale uguaglianza o l'aperto dissenso. Questo procedimento, che ha disorientato gli esegeti moderni, era tuttavia funzionale al metodo dialettico confutativo con cui l'Accade- mia scettica affrontava le dottrine dei cosiddetti dogmatici. Nel momento in cui si voleva mettere in rilievo la scarsa originalit di Epicuro, se ne sottolineava la servile dipendenza da Democrito, quando invece si voleva dimostrare che Epicuro aveva fatto peggio dei predecessori o che gli ato- misti si contraddicevano l'un l'altro, si applicava lo schema della diaphonia. Alcuni degli excursus delle fonti antiche impostati soprattutto su una critica all'atomismo in genere hanno come modelli queste confutazioni. Ci non impedisce ovviamente che, per altri aspetti della dottrina atomista, autori come Cicerone e Plutarco abbiano potuto servirsi anche di altre fonti. Gli autori cristiani, spesso tralasciati e considerati di scarso rilievo negli studi 131 Mansfeld 1989a, 338-342; cf. anche 1990a, 3056-3229. Introduzione 32 sull'atomismo, si sono abbondantemente serviti, ovviamente attraverso mediazioni, della rappresentazione critica elaborata nell'Accademia scet- tica. Per quanto arbitrarie e personali possano sembrare certe loro argo- mentazioni, non si tratta affatto di critiche sviluppate individualmente, ma di motivi dialettici risalenti all'uso dell'Accademia scettica di confutare le dottrine dogmatiche mettendone in luce non solo la discordanza con altre, ma anche le contraddizioni interne. Quest'uso si integrava perfettamente con il fine degli scrittori ecclesiastici: l'annientamento della tradizione cul- turale pagana. Dimostrando come quelli che i "gentili" stimavano filosofi fossero una accolita sempre in disaccordo fra di loro e sostenessero delle tesi apertamente contradditorie, essi minavano alle basi la credibilit della cultura e dei valori pagani 132 . Gli autori cristiani si dimostrano dunque estremamente utili per chiarire certe oscurit di resoconti dossografici facenti capo in definitiva alla stessa tradizione. Una attenzione particolare stata dedicata nel presente lavoro anche ai commentatori aristotelici la cui utilizzazione ha portato ad interpreta- zioni assolutamente discordanti. Essi sono stati spesso assunti come te- stimonianze valide a tutti gli effetti per ricostruire una dottrina atomista originaria, nonostante sia comunemente ammesso che nessuno di loro aveva accesso diretto alle opere degli atomisti 133 . Se vero che Simplicio conosceva di prima mano l'opera di Aristotele su Democrito, di cui riporta l'unico frammento esistente, e le doxai di Teofrasto dalle quali verosimil- mente attinge per il resoconto su Leucippo e Democrito, non comunque assolutamente scontato che se ne serva ogniqualvolta tratta dell'atomismo. I commentatori, quando devono commentare uno specifico passo aristo- telico, seguono spesso esegeti a loro vicini o si rifanno alla dossografia o a tradizioni pi antiche, ma non ai testi originali. Lo stesso Simplicio, l'unico che conosce gran parte degli originali di prima mano, li cita solo in casi particolari, quando cio in disaccordo con qualcuno dei suoi predeces- sori sull'interpretazione di un determinato passo. Per quel che riguarda le testimonianze di questi esegeti sull'atomismo antico, il panorama com- plesso e sconsolante: a fronte dell'ortodossia peripatetica e aristotelica talvolta integrata con la tradizione epicurea di Alessandro, sta la volubilit 132 Questo assunto, fondamentale delle opere di Eusebio e Teodoreto, giustifica la dovizia di informazioni sulle opinioni dei filosofi greci da loro offerta. Cf. Diels 1879, 47. Sull'uso della diaphonia presso gli autori cristiani finalizzato alla confutazione delle dottrine pagane, cf. Riedweg 1994, VI 3 con abbondante esemplificazione. 133 Ancora negli studi pi recenti (cf. e.g. Lbl 1976, 1987, Nicolau 1994, Makin 1993, 49-53) si continua sorprendentemente ad utilizzare ad esempio il Filopono nel quale non c' la minima traccia di contatto diretto coi testi non solo degli atomisti, ma neppure degli altri presocratici pi citati come Empedocle. Sullo scarso valore delle testimonianze del Filo- pono in relazione all'indivisibilit dell'atomo, cf. anche Bodnr 1998. Simplicio poi conti- nua a fare testo, cf. Makin 1993, Lewis 1998, Hasper 2002. Introduzione 33 dei commentatori neoplatonici che, senza alcun problema, offrono esegesi opposte in contesti diversi. Questo tuttavia perfettamente comprensibile alla luce della tradizione dei commenti neoplatonici ad Aristotele: talvolta infatti i commentatori si rifanno ad Alessandro o a qualche altro peripate- tico, talaltra utilizzano i testi dei loro predecessori neoplatonici quali Porfi- rio e Giamblico creando nei moderni quell'impressione di "schizofrenia esegetica" da cui scaturiscono rappresentazioni totalmente discordanti dell'atomismo antico. Qualcuno potrebbe obiettare che queste considerazioni rischiano di offuscare l'immagine di Simplicio togliendogli ogni "originalit" e facen- done un semplice compilatore, ma anche la difesa dell'"originalit" degli autori antichi in gran parte un bisogno derivato dai nostri pre-supposti culturali. Oggi, essere "originali" significa distanziarsi dalla tradizione, dire qualcosa che nessuno ha mai detto. Per i commentatori neoplatonici di Aristotele, e non solo per loro, invece, la continuit con la tradizione, che significa anche ripresa pi o meno letterale di brani dei predecessori, fondamentale. Essi possono "aggiungere" qualcosa a quanto gi detto o anche talvolta esprimere posizioni differenti, ma il grosso del loro com- mento basato sugli insegnamenti dei "maestri" 134 e sull'interpretazione che costoro hanno dato dei singoli passi. Su questo punto illuminante un articolo di John Dillon che illustra in modo esemplare il tema dei "debiti" dei commentatori neoplatonici soprattutto nei confronti di Giamblico. Cercando di raccogliere i frammenti del perduto commento alle Categorie aristoteliche di quest'ultimo, Dillon afferma di essere arrivato a questa conclusione that there is really no pressing need to collect the fragments of Iamblichus' lost commentary on the Categories because after all it is not really lost; it is virtually all still there, embedded in the amber of Simplicius 135 . Prescindendo dunque da giudizi di valore e tenendo conto di questa pecu- liarit metodologica dei commentatori neoplatonici di Aristotele, si pu affermare che le loro testimonianze sugli atomisti antichi vanno esaminate alla luce dei singoli contesti. Il risultato, come si vedr, non entusia- smante: i testi dei commentatori, fuori dalle citazioni dirette da Aristotele o Teofrasto, sono inutilizzabili per la ricostruzione delle dottrine atomisti- 134 Cf. e.g. le dichiarazioni Simplicio nel suo commento alle Categorie (Prooem. 3,4 rye yo rvrtuov r v xoi tioi tev rigr vev ouyyo ooiv, rairrotrov or e oio tr g v :ot Ioa!to: aoooxo!o:0ov oat,ooyoajv, xot o::jt ao!!oo: :jt !ttt :o: ot!ooooo: ojooatvo), su cui ha attirato l'attenzione Dillon 1998, 175. Simplicio continua affer- mando che il suo scopo quello di riassumere le opere dei suoi predecessori per comuni- carne il contenuto anche a coloro che non sono in grado di leggerle per esteso. Sul metodo di Simplicio, cf. anche Hadot 1987 e 2002. 135 Dillon 1998, 176. Introduzione 34 che originali. La delusione per l'esito comunque compensata dalla con- statazione che uno dei principali motivi di confusione e di infiniti dibattiti completamente privo di consistenza. 5. Osservazioni metodologiche Dato che alcuni problemi e concetti pi generali concernenti la trasmis- sione e l'interpretazione delle dottrine degli antichi e altri riguardanti pi specificamente l'atomismo sono stati e sono tuttora oggetto di discussione e ridefinizione, ritengo opportuno fare alcune precisazioni sull'approccio e la terminologia adottata nel presente studio. Un punto fondamentale da chiarire poich spesso, soprattutto in que- sti ultimi anni, ha costituito un nodo cruciale e dibattuto nell'ambito del- l'interpretazione dei presocratici e sul quale a mio parere vige attualmente una certa confusione la legittimit di un certo approccio "filosofico", in particolare analitico, a questi autori. E' un problema antico che risale so- prattutto ad Aristotele al quale pi o meno consciamente si richiamano tutti i difensori della tesi secondo cui i presocratici sono "filosofi" e come tali vanno interpretati. Rimane tuttavia da definire se essi debbano consi- derarsi "filosofi" nel senso moderno, cio personaggi dediti alla discus- sione speculativa e lontani dalle "cure" pratiche e se debbano quindi rien- trare a questo punto in una storia della filosofia che si ostina a considerare tale solo la discussione di questioni teoriche, o se invece si tratti di sapienti radicati nel loro contesto culturale che li influenza e che essi stessi influen- zano attivamente e dunque siano "filosofi" nel senso etimologico di "amanti della ooio" con tutte le connotazioni pratiche che questo ter- mine comporta. E' questo infatti il nodo cruciale passato sotto silenzio nell'approccio esclusivamente filosofico. Si deve dunque essere ben consci del fatto che i loro testi sono stati, da Aristotele in poi, estrapolati a pia- cere dal loro contesto culturale e continuamente riusati e manipolati ai fini della discussione dialettica o della dimostrazione di determinate teorie o della ricostruzione di un albero genealogico delle scuole filosofiche senza alcuna considerazione per la loro diversit intrinseca e per il loro contesto specifico. Essi sono stati per cos dire "travolti dalla filosofia" e da testi estremamente diversi fra loro per origine, scopi e destinazione pratica, sono diventati appunto esercizi speculativi di personaggi che, come mo- derni accademici, discutono fra loro pi o meno a distanza di questioni teoriche. Se questa immagine pu attagliarsi alle scuole filosofiche elleni- stiche (ma anche qui ci sarebbero da fare dei distinguo), assolutamente priva di fondamento per i presocratici, ma viene continuamente riproposta nell'approccio filosofico analitico che pu cos prescindere dall'analisi Introduzione 35 globale delle fonti e della tradizione indiretta, dall'esame di una pi vasta gamma di testimonianze di diverso genere fuori dell'ambito strettamente filosofico, dal tentativo di ancorare i frammenti e le testimonianze ad un contesto storico. La giustificazione generalmente fornita per questo tipo di interpretazione che in ogni caso non si pu arrivare ad una ricostruzione esatta del pensiero di questi autori e che dunque legittimo spiegarli con concetti a noi familiari per poterli comprendere (la cosiddetta "rational reconstruction" 136 ), ma su questo punto valgono le osservazioni fatte all'inizio di questo capitolo. Questo tipo di approccio alla cultura antica, se nell'immediato sembra produttivo e gratificante, a lungo termine non pu che portare alla cancellazione di ogni traccia delle dottrine originali. L'in- terpretazione moderna di Democrito, condotta su questa linea, ha con- dotto non solo a durissimi giudizi etici e filosofici e a successivi tentativi altrettanto anacronistici di "salvataggio" 137 , ma anche al rigetto e all'emargi- nazione sistematica di aspetti importanti della sua opera quali quello "tec- nico", un fatto che si ripercosso anche sull'interpretazione della dottrina dell'atomo. In questo lavoro ho quindi cercato, con tutti i limiti e le possi- bilit di errore connaturati ad una ricerca a vasto raggio su un campo dis- seminato di rovine, di affrontare l'analisi delle fonti antiche sull'indivisibi- lit dell'atomo e di contestualizzarle ogni volta nell'ambito da cui esse provengono. Per tutto quanto ho ora esposto e nonostante ormai sia divenuto un topos nella Sekundrliteratur sugli atomisti precisare tutte le possibili sfu- mature del termine indivisibilit, ho deciso deliberatamente di tralasciare questo tema non solo perch altri lo hanno gi fatto 138 , ma soprattutto perch, in relazione all'atomismo antico, si tratta, a mio avviso, di distin- zioni prive di qualsiasi fondamento storico 139 . Rimando per questo alla lettura del capitolo conclusivo in cui ho cercato brevemente di contestua- lizzare le dottrine degli atomisti nell'atmosfera culturale del V sec. a.C. sottolineandone in particolare il rapporto con la medicina e rivalutando anche aspetti stilistici e testimonianze generalmente trascurate. In questo contesto le speculazioni moderne sull'indivisibilit dell'atomo risultano 136 Cf. Makin 1998 e Rorty 1984. 137 Makin 1993, 15 giustifica il suo uso di "analytic techniques" lontane dalla realt storica dei presocratici con il gi citato principio della "charity", ma aggiunge che tuttavia i risultati di questo procedimento non devono essere necessariamente "ahistorical". Egli per intende per "storico" una "Entwicklungsgeschichte des Geistes" alla maniera zelleriana e si limita a considerare come "evidenza storica" la testimonianza o il frammento in s e per s senza alcuna correlazione con un contesto storico-culturale. 138 Cf. la discussione del termine in Barnes 1982, 50ss.; Lewis 1998, 6ss.; Makin 1979, 1993, cap. III; Taylor 1999, 164-171. 139 Cf. anche Sorabji 1983, 354-357; Held 1998, 27. Introduzione 36 estremamente lontane da una visione del mondo sostanzialmente ancorata alla realt socio-politica, ai fenomeni, ai corpi. Un'altra precisazione va fatta riguardo all'impiego dei termini "dosso- grafia" e "dossografico". Diels, che li ha coniati, si riferiva esclusivamente alle raccolte di doxai facenti capo al cosiddetto Aezio e risalenti nel loro nucleo originario alle duoixoi oooi di Teofrasto. Col tempo questi ter- mini hanno assunto una connotazione pi ampia con evidenti degenera- zioni 140 . Mansfeld 141 e Runia mettono in guardia dall'uso improprio di que- sto termine estendendo la restrizione anche a quei testi contenenti s passi "dossografici", ma tali solo nella forma, non negli scopi. In un discorso sulla trasmissione di dottrine specifiche rimane comunque, al di l delle distinzioni concettuali, il problema di rendere questi passi immediata- mente riconoscibili. Ed per questo che, in maniera pur imprecisa, ma per una questione di comodit, ho usato talvolta il termine "dossografico" anche quei resoconti caratterizzati da uno stile dossografico come certi brani di Cicerone, Plutarco e Sesto Empirico 142 . Un ulteriore problema di denominazione si presenta in relazione ad un altro tipo di testimonianze. Ci sono infatti buone ragioni per credere che, accanto ad una trasmissione compendiaria (la dossografia cio in senso stretto), ci fosse, per lo meno in alcune scuole filosofiche, la consuetudine di utilizzare repertori di cita- zioni letterali su temi particolari. Questa tendenza particolarmente evi- dente nella trasmissione di citazioni sul tema della gnoseologia nella tradi- zione scettica. Le stesse citazioni o gli stessi gruppi di citazioni letterali dagli stessi autori si ripetono regolarmente nelle fonti riconducibili a que- sto filone e riportabili in alcuni casi sicuramente al capostipite dell'Acca- demia scettica, Arcesilao 143 . Tali "repertori" non appartengono al genere "dossografico" in senso stretto, ma presentano similitudini nella forma (in quanto riportano, sebbene in forma letterale, oooi su argomenti specifici) e negli obiettivi (in quanto forniscono una panoramica generale delle opi- nioni su determinati problemi). Gli studi moderni hanno inoltre eviden- ziato l'importanza di rudimentali raccolte di opinioni, organizzate intorno a temi-chiave quali il numero dei principi, circolanti in ambito sofistico gi prima di Platone 144 e di cui quest'ultimo e Aristotele, si sono serviti ampliandoli e adattandoli ai loro scopi 145 . Mi sembra dunque che l'uso ristretto della denominazione "dossografia" e "dossografico", invece di 140 Cf. un excursus sugli usi moderni impropri del termine in Runia 1999, 33s. 141 Mansfeld 1999, 19. 142 Cui, secondo Mansfeld 1999, 19 e Runia 1999, 52 non si dovrebbe applicare questa "eti- chetta". 143 Nel caso specifico di Democrito, cf. Gemelli Marciano 1998. 144 V. infra, III 2. 2. 1. 145 Cf. von Kienle 1961, Cambiano 1986, Mansfeld 1986 [1990b, 22-83]. Introduzione 37 semplificare, complichi inutilmente il problema terminologico. Se ci pu essere accordo sul fatto che la dossografia come genere specifico quella teofrasteo-aeziana, tuttavia anche innegabile che certi brani di stile dos- sografico, con relative interpretazioni, nella letteratura filosofica o scienti- fica fanno parte a pieno titolo di una trasmissione di doxai all'interno di una tradizione e non sono semplici rimaneggiamenti dell'autore stesso di materiale direttamente tratto da manuali come quello di Aezio 146 . Per que- sti motivi ho usato la denominazione resoconto dossografico in maniera talvolta informale e in una accezione pi vasta rispetto all'uso originale dielsiano e a quello raccomandato da Mansfeld e Runia. Ho considerato resoconti dossografici in senso lato anche dei brani di Aristotele, sia isolati sia inseriti in contesti argomentativi, caratterizzati da uno stile "dossogra- fico" vale a dire da una esposizione schematica, basata su concetti-chiave (ad es. numero dei principi, carattere dei principi) nella quale prevalgono interessi descrittivi. In pratica quegli appunti che Aristotele stendeva per avere davanti a s un panorama riassuntivo globale delle opinioni dei pre- decessori su un determinato problema e dai quali attingeva di volta in volta a seconda delle proprie esigenze 147 . Che Aristotele disponesse, anche nel caso di Democrito, di appunti di questo genere, lo si pu dedurre dal parallelismo di diversi passi descrittivi riguardanti le dottrine atomiste 148 . Nella tradizione tarda si fa poi strada anche una maniera diversa di utilizzare i dati dossografici. Spesso infatti le informazioni sono organiz- zate secondo schemi antilogici, vale a dire come doxai contrapposte tese a dimostrare l'inconsistenza di tutte le opinioni dogmatiche. Si tratta del metodo utilizzato nell'Accademia scettica e nel neopirronismo di cui si trovano esempi numerosi in Cicerone e Sesto Empirico, ma anche negli autori cristiani. In questo caso le doxai vengono usate in un contesto parti- colare, talvolta organizzato in forma di dialogo, che implica, spesso in maniera non facilmente distinguibile, interventi critici. In questi casi, le singole opinioni degli antichi trascinano con s anche il bagaglio critico e il tutto diventa "repertorio" manualistico. Ho impiegato con parsimonia anche il termine "fonte" nella sua acce- zione tradizionale di testo identificabile con una certa sicurezza e ricopiato in maniera pi o meno fedele da un determinato autore. Ho fatto invece 146 Sulla necessit pratica dell'uso pi ampio della denominazione di "dossografia", cf. Van der Eijk 1999, 21s. 147 Sulla necessit di redigere tali appunti subordinatamente alla trattazione dei singoli pro- blemi, cf. Top. 105b 12 e Mansfeld 1992b, 332. 148 Cf. in particolare le concordanze fra Arist. Fr. 208 Rose e De gen. et corr. A 8, infra, III 4. 3. Introduzione 38 pi spesso riferimento ad una "tradizione" 149 . Questo perch, nella maggioranza dei casi, i resoconti postteofrastei, generali o particolari, sulla dottrina dell'atomo risalgono a schemi correnti nelle diverse scuole filoso- fiche ellenistiche e tardo-ellenistiche, talch impresa disperata stabilire con precisione la "fonte". Si pu invece, con un margine inferiore di arbi- trariet, parlare di "tradizione" intendendo con questo termine le tendenze interpretative delle teorie democritee tipiche di singole scuole filosofiche o di una specifica letteratura tecnica. In questo tipo di trasmissione rimane aperto e fluttuante, spesso entro limiti non ben definibili, il gioco di inter- scambio fra trasmissione orale e fissazione scritta di una determinata in- terpretazione. Questo vale ad esempio per l'immagine di un Democrito scettico cui collegato un gruppo specifico di sentenze irradiate dalle lezioni di Arcesilao 150 , ma confluite poi nelle trattazioni di scuola da cui attinge ad esempio Cicerone. Soprattutto risulta difficile stabilire delle precise distinzioni fra trasmissione orale e scritta nell'ambito, peraltro importante e indicativo, della critica sviluppata contro una determinata doxa. Qui repertori argomentativi tramandatisi oralmente nell'esercizio scolastico hanno avuto probabilmente la stessa efficacia e la stessa persi- stenza di critiche fissate per iscritto. In questo caso, pi importante della determinazione della precisa provenienza della critica e della doxa che l'ha generata, l'individuazione della tendenza interpretativa da questa veico- lata e, in termini pi generali, la possibilit di risalire per lo meno ad una scuola filosofica o ad una tradizione di altra provenienza. E' soprattutto l'elemento di continuit nell'esegesi dei testi e degli autori antichi all'in- terno delle scuole filosofiche e delle altre tradizioni a costituire il filo con- duttore dell'interpretazione dei dati. Nel caso particolare delle testimo- nianze sui fondamenti dell'atomismo antico, anche le rigide differenzia- zioni fra citazione letterale, parafrasi, reminiscenza perdono facilmente il loro valore funzionale. Si pu comunque osservare che testi fondamentali rimangono delle parafrasi quali quelle di Aristotele e di Teofrasto che, nonostante i rimaneggiamenti, attingono direttamente agli originali. Paradossalmente spesso le scarse citazioni letterali, quali quelle di Sesto Empirico, Diogene Laerzio, Galeno ed altri, provengono da excerpta conservatisi in una determinata tradizione di scuola o tramandatisi attra- verso raccolte e, pi che chiarificare, creano ulteriori complicazioni e pos- sibilit di fraintendimento. La maggior parte del materiale per costituito da resoconti di seconda o di terza mano importanti per determinare il 149 Cf. Mansfeld 1999, 29 il quale utilizza, per l'interpretazione data dai singoli autori all'in- terno di una tradizione, il termine "ricezione". Per la discussione sui termini "fonte" e "tra- dizione" in relazione a Plotino, cf. Harder 1957. 150 Se Arcesilao abbia posto per iscritto delle opere filosofiche, risulta ancora poco chiaro dalle testimonianze, cf. Grler 1994, 786s. Introduzione 39 filone che li ha trasmessi, ma non fondamentali per risalire ad un nucleo dottrinario originale. Il presente lavoro dedicato, per ragioni di economia e di unitariet, unicamente all'esame dei fondamenti e dell'origine della dottrina atomista e tralascia volutamente un altro aspetto importante quale il tema della conoscenza. Questo non solo investe una problematica che si allarga a tutta la cultura del V sec. a.C., ma assume un suo carattere specifico anche per ci che concerne l'esame delle fonti e necessiterebbe di una trattazione particolare. A questo aspetto ho dedicato comunque un piccolo spazio nel capitolo conclusivo esaminando il cosiddetto "scetticismo" democriteo da un'altra ottica, quella cio delle strategie comunicative comuni anche ai medici ippocratici. Ho tralasciato altres il problema specifico della matematica democri- tea la cui discussione si basa soprattutto su testi generici o di difficile in- terpretazione 151 , dai quali poco di sicuro si pu ricavare, o sui titoli delle opere che presentano tutti i problemi dovuti alla catalogazione e alla tito- lazione tarda e la cui lezione talvolta controversa. Il problema rientra, a mio avviso, nella questione generale della definizione della matematica del V sec. a.C. il cui carattere di astrattezza e di sistematicit "scientifica" in senso moderno non assolutamente dimostrato. Del resto, se anche De- mocrito fosse stato un buon matematico, ci non deve necessariamente aver influito sulla dottrina fisica; Senocrate, sostenitore delle linee indivisi- bili, pur conoscendo gli assunti della matematica, ha ugualmente formu- lato un'ipotesi considerata contraria a queste leggi. In secondo luogo il problema del carattere matematico della dottrina democritea si pone solo per chi parta dal presupposto che egli abbia veramente impostato la sua teoria riflettendo sul problema astratto della divisibilit, presupposto ben lungi dall'essere sicuro in quanto dipende in gran parte dall'interpretazione del passo aristotelico di De gen. et corr. A 2 gi citato precedentemente. Questo lavoro affronta anche problematiche relative all'atomismo ac- cademico, ma non pu costituire uno studio specifico su di esso. Per que- sta ragione, pur tenendo conto delle diverse tendenze interpretative, le ho discusse dettagliatamente solo riguardo ai punti pi direttamente significa- tivi per le relazioni con l'atomismo antico, per il resto ho rimandato agli studi specialistici. Per lo stesso motivo, ho lasciato ai margini la vexata quaestio dell'attribuzione della dottrina delle linee indivisibili anche a Pla- tone e in generale il problema della ungeschriebene Lehre e ho preferito se- guire la tendenza esplicita delle fonti antiche che attribuisce sicuramente a Senocrate la discussione delle aporie di Zenone e le linee indivisibili. In 151 Cf. Plut. De comm. not. 1079 E (68 B 155 DK; 126 L.); Archim. Mech. II,428,26 Heiberg (68 B 155 DK app.; 125 L.). Introduzione 40 effetti, l'unico brano in cui sia menzionata esplicitamente una posizione critica dell'Accademia nei confronti degli atomisti 152 , sembra piuttosto da ricondursi a Senocrate che a Platone. Un particolare ruolo di chiarificazione dei presupposti e delle meto- dologie dell'atomismo acquistano nell'ambito del presente studio i con- fronti con i testi ippocratici. Nonostante la datazione controversa, se- condo le edizioni recenti di alcuni trattati, sembra ormai assodato che i pi antichi si situino fra la seconda met del V e la prima met del IV sec. a.C. e sono quindi grosso modo contemporanei a Democrito. Il principio se- condo cui ho utilizzato questi testi tuttavia in certo modo indipendente dal problema cronologico in senso stretto. Non mi sono infatti, se non in un caso specifico, soffermata su presunti echi pi o meno diretti di dot- trine democritee nel corpus secondo una metodologia invalsa fra gli storici della filosofia, quanto piuttosto sul confronto neutro di tematiche e me- todi, non necessariamente correlati, ma scaturenti da un fondo di cultura e di esperienza comuni. A differenza di quanto stato fatto in molti studi sull'atomismo an- tico, ho utilizzato solo marginalmente, e in casi specifici, finalizzati ad una interpretazione delle fonti antiche, i testi epicurei e lucreziani nei quali sempre difficile stabilire i confini fra il riproduttivo e l'esegetico. Per quanto riguarda in particolare l'interpretazione di Epicuro dell'atomismo antico, ho cercato soprattutto di individuare una via alternativa: ho infatti collegato la rivalutazione da parte di Epicuro delle dottrine democritee all'interazione fra le critiche accademiche a quelle teorie da una parte, e la sistematica utilizzazione in funzione antiaccademica da parte di Aristotele dall'altra, e non alle critiche aristoteliche all'atomismo antico come vuole la tradizione dall'antichit ad oggi. La trattazione di Epicuro sotto questo aspetto non vuole essere un'analisi esauriente n una presa di posizione definitiva, ma uno spunto funzionale alla ricostruzione della trasmissione dell'atomismo antico, e come tale va valutata. Per quanto riguarda l'ambito della dossografia in senso stretto, ho te- nuto conto dell'interrogativo che oggi, sempre pi frequentemente si pone sulla validit oggettiva delle classificazioni dielsiane 153 . Se nessuno misconosce il grande valore dei Doxographi graeci del Diels, molti sono dell'avviso che comunque vadano rivisti i presupposti che hanno guidato le sue ricostruzioni in particolare quella del cosiddetto Aezio attraverso il confronto fra i testi dello Pseudo-Plutarco e di Stobeo. Tali testi spesso coincidono perfettamente, ma talvolta sono anche piuttosto diversi so- 152 Sext. Emp. Adv. Math. 10,248ss., v. infra, II 4. 153 Cf. Kingsley 1994, 235 n. 3; Mansfeld-Runia 1997. Introduzione 41 prattutto nell'ordinamento delle voci 154 e nell'espressione stessa di determi- nate doxai. Diels ha spesso uniformato intervenendo sull'uno o sull'altro testo ed eliminando cos delle differenze che hanno ragione di esistere non solo per la distanza cronologica fra un testo e l'altro, ma anche per la loro diversit strutturale. Nel presente lavoro ho fatto riferimento separata- mente ai due testi rilevandone l'identit, ma indicandone anche all'occa- sione, le differenze funzionali. Allo stesso modo ho citato separatamente il testo di Teodoreto che nei Doxographi graeci compare sempre in nota e in subordine ai due autori precedenti. Per lo Pseudo-Plutarco ho riportato le varianti della versione eusebiana solo nel caso in cui questo era necessario al chiarimento testuale, per il resto ho seguito la lettura fornita da Diels indicando le eventuali deviazioni. Ho fatto talvolta ricorso, ma solo limi- tatamente, anche alla versione araba dello Pseudo-Plutarco nella tradu- zione tedesca di Daiber 1980. I frammenti e le testimonianze sono stati citati secondo le edizioni di Diels-Kranz 1952 (DK) e Lur'e 1970 (L.). Laddove compaia solo l'indicazione di quest'ultima edizione, significa che la testimonianza manca nell'altra. 154 Nello Stobeo, come lo stesso Diels 1879, 56 osservava, il carattere antologico richiede una strutturazione completamente diversa. Cf. Mansfeld-Runia 1997, cap. IV. Capitolo primo Platone e Democrito 1. Considerazioni generali L'interrogativo sulla presenza di Democrito nell'Accademia si pone presso le fonti pi antiche nella forma del rapporto Platone/ Democrito. Cono- sceva Platone Democrito e, se s, perch non lo ha mai nominato? Platone , in generale, piuttosto parco di riferimenti diretti ad autori specifici e in questo segue una prassi gi consolidata negli autori del V sec. a.C. 1 Inoltre, frequentemente, critica un'idea diffusa sotto la quale raggruppa pi autori perch, in un contesto dialettico, sono pi importanti le idee che le per- sone 2 . Quello di Democrito (o Leucippo), tuttavia, sarebbe per Platone stesso un caso estremo. Egli infatti nomina Eraclito, Empedocle, Anassa- gora, Parmenide, Zenone, Melisso, i Sofisti, ma non Democrito. Platone, comunque, non menziona mai neppure Diogene di Apollonia che, se- condo gli interpreti moderni, avrebbe goduto di una grande fama ad Atene tanto da essere addirittura il bersaglio delle allusioni di Aristofane nelle Nuvole 3 . Ora, nessuno degli antichi, si mai chiesto perch Platone non nomini mai Diogene 4 . Il fatto quindi che il quesito nelle fonti antiche sia stato posto solo in relazione a Democrito, che Aristotele contrappone spesso a Platone e agli Accademici, un indizio per scoprire l'ambiente in 1 Erodoto, ad esempio, fa riferimento esplicito all'opera di Ecateo solo due volte (2,143; 6,137), pur alludendo spesso polemicamente a lui. Diogene di Apollonia menzionava gene- ricamente dei Sophistai. Gli autori ippocratici sono anch'essi estremamente vaghi sull'iden- tit dei loro avversari e solo raramente fanno dei nomi. 2 Cf. Cambiano1986, 69ss. Su questo procedimento dialettico, v. infra, III 2. 2. 1. 3 Questa opinione corrente va comunque ridimensionata in quanto le allusioni di Aristofane potrebbero riguardare un'ampia gamma di personaggi che sostenevano teorie simili a quelle di Diogene, cf. Orelli 1996, 94-109. 4 Fra i moderni solo Steckel 1970, 194s. rileva questo fatto. Capitolo primo 43 cui esso si originato. Un interrogativo che suona come una chiara pole- mica nei confronti di Platone si adatta perfettamente all'atmosfera del primo Peripato e in particolare alla vena antiplatonica che ne attraversa la storiografia. In questa prospettiva si inquadra il resoconto di Diogene Laerzio (9,40) risalente nel suo complesso ad Aristosseno: Platone non nomina l'Abderita, in quanto era cosciente di non poter competere col migliore dei filosofi 5 . Sul resoconto di Aristosseno torner comunque diffusamente in seguito. Per ora mi limito a segnalare che il problema del silenzio di Platone era gi stato sollevato nell'antichit e che si di volta in volta riproposto fino ai giorni nostri. Fra i moderni, Gigon (1972) ha avanzato l'ipotesi che Platone non parli di Democrito in quanto Socrate, il protagonista dei suoi dialoghi, non lo conosceva. Tuttavia le opere nelle quali si sono ravvisate allusioni alla fisica democritea, sono, oltre al Cratilo e al Teeteto, anche il Sofista e il Timeo dove il protagonista non pi Socrate. Secondo un articolo della Ham- mer-Jensen divenuto famoso, il Timeo rivelerebbe una recente acquisizione da parte di Platone di teorie che Aristotele attribuisce anche agli atomisti, ma si distinguerebbe soprattutto per una valutazione diversa delle con- cause rispetto al Fedone. Nel Timeo Platone avrebbe accettato anche una spiegazione meccanicistica della formazione del mondo legata all'ananke, pur subordinandola alla causa finale; il mondo si svilupperebbe infatti inizialmente in modo del tutto meccanico senza l'intervento del dio 6 . A parte le difficolt di interpretazione della cosmogonia del Timeo (che dagli allievi di Platone in poi sempre risultata enigmatica), c' tuttavia da os- servare che la cosiddetta concausa non rigettata neppure nel Fedone dove (99a), come nel Timeo (46d), si afferma che essa pu essere considerata solo "ci senza il quale", cio una condizione necessaria, ma non una vera causa. Sulla scia della Hammer-Jensen molti hanno ipotizzato che nel Timeo Platone non solo abbia preso le mosse dall'atomismo di Democrito, ma vi alluda criticamente 7 . Secondo Eva Sachs 8 la critica alla dottrina dei quattro elementi in Ti. 48b-c sarebbe rivolta espressamente contro Demo- crito. Siccome in realt la dottrina atomista diverge notevolmente da quella criticata da Platone, la Sachs era necessariamente costretta, per sal- vare l'ipotesi, ad attribuire forzatamente agli atomisti una dottrina dei quattro elementi mutuata da Empedocle e inserita come un corpo estraneo in quella atomista. Tutto questo sarebbe deducibile: 5 Su questo punto, v. infra, 2. 6 Hammer-Jensen 1910, 96-105. 7 Cf. e.g. Guthrie II, 1965, 462, 502; Stckelberger 1990, 2562. 8 Sachs 1917, 193-221. Platone e Democrito 44 1. Dalla cosmogonia di Pseudo-Plutarco 9 riportata dal Diels come leu- cippea, ma in realt anonima, dove, secondo la Sachs, gli atomi giochereb- bero un ruolo limitato rispetto agli elementi veri e propri. 2. Dalla cosmogonia-zoogonia riportata da Diodoro 10 nella quale gli atomi non compaiono affatto. Al tempo in cui scriveva la Sachs si era imposta la visione reinhardtiana 11 , ormai ampiamente ridimensionata 12 , secondo cui la cosmo- gonia e la zoogonia diodorea risalirebbero, attraverso Ecateo di Abdera, a Democrito. Ora, la sicura provenienza democritea del resoconto di Dio- doro non pi accettata da nessuno e il passo di Pseudo-Plutarco di dubbia attribuzione 13 . In ogni caso, gli atomi, in questa cosmogonia com- paiono e, semmai, la dossografia tarda che ha mediato il resoconto ad esprimere i concetti nella propria terminologia. Un altro punto nella quale la Sachs individuava il riferimento agli atomisti, era l'ironica allusione all'oariio di chi aveva ipotizzato l'esistenza di o arioi xo ooi (Ti. 55c), ma la dottrina degli infiniti mondi attribuita dalla dossografia anche ad altri presocratici 14 . Dunque nessuno degli ipotetici riferimenti a Democrito nel Timeo sicuro 15 perch Platone si mantiene comunque sul generico. 9 1,4, 878 C (67 A 24 DK; 297, 372, 383 L.). 10 1,7,1 (68 B 5,1 DK; 515, 572a L.). 11 Reinhardt 1912, 492-513. 12 Cf. in particolare Spoerri 1959. Uno status quaestionis aggiornato in Utzinger 2003, 155-167. 13 Il discorso su questo brano complesso e comunque esula da questo contesto. Accenno qui solo ad alcuni problemi fondamentali per l'attribuzione di questa cosmogonia: 1. La di- screpanza con quella di Leucippo in Diog. Laert. 9,30 (67 A 1 DK; 382, 389 L.) secondo cui gli astri si formano per afflusso nell'aggregato sferico di atomi provenienti dall'esterno e non per espulsione dei corpuscoli pi leggeri dalla massa pi pesante all'interno dell'agglo- merato stesso. 2. La preponderanza di elementi epicurei che aveva portato l'Usener ad inse- rire il brano fra le testimonianze su Epicuro (Ep. Fr. 308 Us.). Michele Psello (Theol. 23, 87,9 Gautier), in un testo che riassume lo Pseudo-Plutarco, afferma che si tratta di una co- smogonia epicurea, ma aggiunge, in una nota erronea dovuta ad un fraintendimento, che Democrito ha seguito in questo Epicuro (Eaixourio outg ooo rotiv, g to oo oioororvo o Agoxito to xiogov te v oarotev r v toi uor voi o vrorirv). Forse Psello ha inventato, come fa spesso, forse aveva davanti una versione dello Pseudo- Plutarco che esordiva con una frase del tipo: Eaixouo xoto Agoxitov iooogoo (cf. Ps.-Plut. 1,3, 877 D) e ha dunque riferito ad ambedue la cosmogonia, ma ordinando Democrito dopo Epicuro. Per una attribuzione ad Epicuro anche Epiph. Adv. haer. 1,8,1, 186,12 Holl. Solo Herm. Irris. 12 (67 A 17 DK; 306, 373 L.) riporta questa cosmogonia a Leucippo. 14 Cf. la sezione Hri xooou presso Stob. 1,22,3 (Dox. 327; 12 A 17 DK; 352 L.) che enu- mera insieme a Leucippo e Democrito anche Anassimandro, Anassimene, Senofane, Dio- gene di Apollonia e Archelao. Per Diogene di Apollonia, cf. anche [Plut.] Strom. 12 (64 A 6 DK); Diog. Laert. 9,54 (64 A 1 DK). Sulla confutazione della Sachs riguardo a questo punto e ad altri menzionati sopra, cf. Sinnige 1968, 184-187. 15 Per altre possibili allusioni, cf. Morel 2003, 138ss. il quale si mostra tuttavia molto cauto sulla loro reale portata. Capitolo primo 45 Per quanto riguarda altri dialoghi, Haag 16 ha, ad esempio, voluto vedere in certe etimologie del Cratilo e in una certa metodologia di scomposizione e di analisi delle parole, l'influsso di una concezione atomista. Platone l'avrebbe solo riecheggiata, ma non affrontata direttamente in quanto egli si rivolgeva a dei lettori che non conoscevano i testi democritei, ma solo quelli di Anassagora e di quegli "Eraclitei" che ad Atene andavano per la maggiore. Singoli accenni come l'accusa contro Anassagora di aver utilizzato delle teorie astronomiche antiche, la stessa che Apollodoro attri- buiva a Democrito 17 , o l'etimologia di yuvg come yovg (Crat. 414a), che anche democritea 18 , sono s interessanti, ma rimandano probabilmente a opinioni diffuse e non attribuibili specificamente ad un solo autore. Haag, seguito poi da altri 19 , vedeva un'allusione a Democrito anche nella teoria dei xootroi del Teeteto (156a), secondo cui le sensazioni non hanno una loro essenza specifica, ma sono il prodotto temporaneo dell'incontro di due ouvori provenienti rispettivamente dall'oggetto sensibile e dal soggetto senziente. Haag vedeva una conferma nel fatto che ai sostenitori di queste tesi viene attribuita una concezione corpuscolarista. Tutto: l'uomo, la pietra e ogni essere vivente, sarebbe costituito da aggregati. A prescindere dal fatto che le teorie esposte nel passo sembrano avvicinarsi maggiormente a quelle dei cirenaici 20 , si potrebbe obiettare che, se c' una allusione a Democrito nel Teeteto, non da individuarsi nelle tesi dei xo- otroi, bens in quelle di coloro che considerano sostanze solo i corpi e ci che si pu afferrare con le mani 21 . Tali individui vengono infatti desi- gnati con termini che sembrano ricordare le propriet degli atomi demo- critei: oxgoi xoi o vtituaoi. Richiama ancora le cosmogonie atomiste che fanno nascere il mondo oao tou tootou l'affermazione ironica di Teodoro secondo cui i cosiddetti Eraclitei non sono allievi di nessuno, "ma spuntano spontaneamente da dove capita" (180c o ou to otoi ovou ovtoi oao0rv o v tu gi). Tuttavia la caratterizzazione di costoro come "ispirati" e critici gli uni nei confronti degli altri fa pensare piuttosto ai dibattiti sofistici e all'immagine degli agoni retorici descritti nell'Encomio di Elena di Gorgia 22 che agli atomisti. L'allusione sembra coinvolgere pi 16 Haag 1933. 17 Apollod. ap. Diog. Laert. 9,34s. (68 B 5 DK; 159 L.). 18 68 B 122a DK; 567 L. 19 Haag 1933, 60ss. Su questa linea anche Guthrie V, 1978, 78. 20 Cf. Natorp 1884, 24s. n. 1. Zeller, scettico su questo punto dalla prima alla quarta edizione della sua Philosophie der Griechen, nella quinta edizione del 1892 (I. 2, 1098) accetta anch'egli questa tesi. Per una storia di questa interpretazione e di quella contraria che invece nega il riferimento ad Aristippo e ai Cirenaici, cf. Giannantoni 1968, 129-45. Cf. anche Friedln- der, III, 1975, 144. 21 Theaet. 155e. Si tratta di una tesi sostenuta a suo tempo da Duemmler 1882, 58. 22 82 B 11 (13) DK. Platone e Democrito 46 personaggi catalogabili tutti sotto la denominazione generale di Eraclitei. Come nella famosa gigantomachia del Sofista (245e) che sar esaminata pi dettagliatamente in seguito, anche qui Platone non vuole probabilmente alludere a nessuno in particolare, ma piuttosto a tendenze generali 23 . I passi platonici suggeriscono in ogni caso che, nella cerchia dei cosiddetti Eraclitei, e in generale nella fisica di fine V sec. a.C., tesi corpuscolariste erano molto pi diffuse di quanto si pensi. Non da escludere che anche coloro che si richiamavano a Cratilo sostenessero dottrine di questo ge- nere: nel Fedro, l'etimologia di i ro, che riecheggia quelle del Cratilo, basata proprio sullo scorrere di particelle dall'oggetto all'occhio e sulla loro azione materiale sull'anima 24 . Un testo molto indicativo in questo senso anche il gorgiano Encomio di Elena. Gorgia presenta il logos non come qual- cosa di incorporeo e immateriale, ma come un corpuscolo piccolissimo e invisibile che produce azioni divine 25 e provoca una alterazione dell'anima, sia nel bene che nel male, agendo su di essa come una medicina agisce sul corpo. Anche se la data di composizione dell'Encomio incerta 26 e non si pu escludere a priori che Gorgia sia stato influenzato dall'opera di Leu- cippo 27 , pi probabile che abbia egli stesso elaborato indipendentemente dottrine corpuscolariste come potrebbero aver fatto anche i seguaci di Cratilo. Sulle allusioni del Sofista ai materialisti, mi soffermer in seguito. Per quanto riguarda poi il passo del decimo libro delle Leggi (889a-890a) che, per alcuni 28 , costituirebbe una sicura allusione a Democrito, valgono le controosservazioni gi elaborate dal Sinnige e da altri 29 : se vero che la terminologia della prima parte, la menzione di teorie che fanno nascere il 23 Friedlnder III, 1975, 144 sostiene una posizione estrema, secondo cui Platone non solo non vorrebbe alludere a nessuna dottrina specifica, ma si costruirebbe un avversario non filosofo con cui impossibile ogni forma di discussione. Se tuttavia le posizioni descritte da Platone si avvicinano in qualche modo alla tendenza eracliteggiante, piuttosto impro- babile che egli voglia dirigersi semplicemente contro un "non filosofo". Inoltre risulta chiaro da Theaet. 152d che Platone cerca di inglobare sotto la denominazione di Eraclitei il maggior numero possibile di predecessori: tutti i sapienti, tranne Parmenide, sarebbero in- fatti d'accordo sul fatto che tutto diviene e nulla mai. In questa schiera vengono annove- rati non solo Protagora ed Eraclito, ma anche Omero ed Epicarmo. 24 Phaedr. 251c rxri0rv rg raiovto xoi rovto oio og touto iro xoritoi. 25 82 B 11 (8) DK oyo ouvootg ryo roti v, o oixototei oeoti xoi oovrototei 0riototo ryo oaotrri . 26 In ogni caso difficilmente cade dopo il 415 a.C. in quanto le Troiane di Euripide, rappresen- tate in quell'anno, ne presuppongono la conoscenza. 27 Cf. Mazzara 1984, 133. 28 Per la bibliografia su questo punto, cf. Ferwerda 1972, 359 n. 1 che accetta l'ipotesi di un'influenza indiretta delle tesi atomiste su Platone. 29 Cf. Sinnige 1968, 199, il commento ad loc. di England 1921 e Tate 1936, 48-54. Anche Furley 1987, 173 sottolinea la difficolt di individuare gli atomisti come obiettivo dell'at- tacco platonico. Una pluralit di personaggi fra cui, ma con molte riserve, potrebbe essere compreso anche Democrito, indica Zeppi, 1989, 209-214. Capitolo primo 47 mondo u ori xoi tu gi ricorda le definizioni della cosmogonia democri- tea presso Aristotele, la seconda parte (in particolare 889e-890a) allude chiaramente a tesi sofistiche. Inoltre, la dottrina dei quattro elementi, at- tribuita a questi nuovi sapienti, porta ad escludere che Platone pensi agli atomisti. Partendo dunque dai dialoghi platonici non si pu evincere al- cuna notizia certa di un suo riferimento diretto a questi ultimi 30 . 2. Democrito e Platone nella tradizione biografica Forse pi indicative, nonostante la loro marcata partigianeria, sono le notizie biografiche frequentemente liquidate come inattendibili 31 . Tali indicazioni, per lo pi di carattere aneddotico, sono spesso, dal punto di vista della verit storica, contraffazioni, ma, nei particolari, riportano al- l'ambiente in cui sono sorte e al fine per cui sono state concepite, due elementi fondamentali per inquadrare la ricezione di un autore. Nel caso del rapporto Platone/ Democrito importante un aneddoto che fa entrare in scena anche Socrate. Diogene Laerzio riporta di seguito tre notizie di diversa provenienza, ma strettamente collegate una all'altra sui rapporti (o non-rapporti) fra Socrate e Democrito: 1. Secondo Demetrio di Magnesia (I sec. a.C.), Democrito sarebbe stato ad Atene, ma non si sarebbe preoccupato di farsi conoscere, poich disprezzava la fama. Egli avrebbe conosciuto Socrate, ma questi lo avrebbe ignorato. Demetrio riporta a questo proposito la famosa frase "sono venuto ad Atene e nessuno mi ha riconosciuto" 32 . 2. Trasillo sostiene invece che sarebbe proprio Democrito il perso- naggio anonimo al quale Socrate, nel dialogo I rivali in amore sulla cui au- tenticit, per, Trasillo stesso nutre dubbi, dice che il filosofo un pen- tatleta 33 in quanto veramente Democrito avrebbe sperimentato tutti i campi della filosofia, della matematica, della ryxu xio aoiorio e delle technai 34 . 30 Questa anche la conclusione di Sinnige 1968, 187. Ferwerda 1972, 359 giudica molto probabile la conoscenza degli atomisti da parte di Platone nonostante riconosca che nei dialoghi platonici non si incontrano sicure allusioni. Cf. ora per una posizione critica e bi- lanciata nei confronti delle presunte allusioni platoniche a dottrine democritee Morel 2003. 31 Un esempio tipico di questo scetticismo che riduce tutta la tradizione aneddotica sui rap- porti Socrate/ Democrito e Platone/ Democrito ad un gioco di deduzioni di Diogene Laerzio o a semplici topoi biografici Chitwood 2004, 100-102. 32 Dem. Magn. ap. Diog. Laert. 9,36 (68 B 116 DK; XXIV L.). 33 [Pl.] Amat. 136a. 34 Thrasyll. ap. Diog. Laert. 9,37 (68 A 1 DK; 493a L.). In realt Socrate nel dialogo si rivolge ad un giovane ateniese che si atteggia a filosofo polymathes e mette in discussione proprio attraverso la similitudine col pentatleta la concezione della filosofia come polymathia. Platone e Democrito 48 3. Demetrio Falereo, a sua volta, nell'Apologia di Socrate, affermava che Democrito non era mai stato ad Atene 35 . Queste tre notizie, riportate da Diogene senza alcun legame apparente, sono tuttavia implicitamente collegate in quanto la seconda e la terza co- stituiscono due risposte alternative alla prima. La notizia di Demetrio di Magnesia, al di l dell'autenticit letterale della frase democritea, mette in risalto soprattutto la modestia di Demo- crito, ma getta nel contempo un'ombra sulla figura di Socrate il quale ri- sulta per lo meno sprezzante per non aver neppure preso in considera- zione un cos grande personaggio. Il sospetto che questo aneddoto sia piuttosto antico e possa derivare da una fonte peripatetica, quale ad esem- pio Aristosseno, interessata ad una svalutazione di Platone e del suo mae- stro, per lo meno legittimo: la frase di Democrito sarebbe in perfetta sintonia con una dimostrazione dell'arroganza socratica 36 . Le altre fonti, contemporanee o posteriori a Demetrio, riportano in effetti la stessa noti- zia senza alcun accenno a Socrate 37 . La terza informazione confuta l'ipotesi che Democrito sia mai stato ad Atene. Il fatto che risalga a Demetrio Falereo (il quale tende sistematica- mente a sminuire l'importanza di Atene a causa delle sue vicende perso- nali) e che comparisse nell'Apologia di Socrate suggerisce che l'autore la ri- portava per rimuovere ogni ombra dalla figura di Socrate: questi non conosceva Democrito non perch, per arroganza, non lo avesse neppure preso in considerazione, ma perch quest'ultimo non era mai stato ad Atene 38 . Trasillo doveva conoscere l'aneddoto riportato da Demetrio di Magnesia e potrebbe averlo addirittura citato nella sua introduzione alla lettura di Democrito perch la sua suona come una risposta implicita a quelle affermazioni: Socrate e Platone conoscono Democrito e lo stimano. Tuttavia il fatto che Trasillo, il quale aveva redatto il catalogo delle opere 35 Dem. Phaler. Fr. 93 Wehrli (Diog. Laert. 9,37) (68 A 1 DK; XXV, 493a L.). 36 Aristosseno aveva fornito di Socrate un quadro non propriamente edificante descrivendolo come incontinente, collerico e ignorante, cf. Fr. 52b; 54a-b; 56 Wehrli. 37 Cic. Tusc. 5,36,104 (68 B 116 DK; XXIV L.); Val. Max. 7,7 ext. 4 (68 A 11 DK; XXIV L.); cf. anche l'allusione anonima in Antonin. 7,67 iov r vorrtoi 0riov ovoo yrvro0oi xoi uao gorvo yveio0gvoi. 38 Gigon 1972, 155 sostiene che Demetrio Falereo o non conosceva la presunta frase di Democrito, o la emarginava come invenzione. Il fatto che Demetrio negasse la presenza di Democrito ad Atene proprio nell'Apologia di Socrate rende tuttavia pi probabile la seconda soluzione. Non solo egli conosceva la frase, ma sapeva che era finalizzata ad una svaluta- zione della figura di Socrate. Capitolo primo 49 platoniche, abbia fatto ricorso ad un dialogo della cui autenticit dubitava 39 significa che non aveva trovato in nessun altro possibili riferimenti a De- mocrito. E veniamo ora all'aneddoto principale sui rapporti fra Platone e De- mocrito riportato da Diogene Laerzio Aristosseno nei Commentari storici, dice che Platone voleva bruciare tutti gli scritti di Democrito che si potessero raccogliere, ma i Pitagorici Amicla e Clinia glielo impedirono dicendo che non serviva a nulla: infatti i libri erano gi nelle mani di molti. Ed chiaro: infatti Platone, che fa menzione di quasi tutti gli antichi, non nomina da nessuna parte Democrito, ma neppure laddove dovrebbe confutarlo, chiaramente sapendo che dovrebbe misurarsi col migliore dei filosofi 40 . Tre sono i problemi principali posti dal testo di Diogene: 1. La diversit di stile, indiretto fino a iio e poi diretto da xoi ogov or ha fatto pensare che solo la prima parte del resoconto provenga da Aristosseno. Gigon sostiene che sarebbe costruita sul modello del rogo dei libri di Protagora da parte degli Ateniesi. Platone, che nel decimo libro delle Leggi si era scagliato contro i filosofi empi, avrebbe voluto punire con l'annientamento dei libri l'empiet di non ben precisate affermazioni de- mocritee. La seconda parte, invece, riguarderebbe il giudizio sul valore filosofico di Democrito, l'unico a potersi contrapporre a Platone 41 . 2. Se si ammette, con Wehrli e Bollack 42 che si tratti invece di un blocco compatto proveniente da Aristosseno e che faccia parte di un gruppo di storielle sui plagi di Platone, la seconda parte non sarebbe ar- monizzata con la prima. Infatti l'accusa di plagio contrasterebbe con l'as- senza di Democrito nell'opera platonica. 3. Enigmatico poi il richiamo ai Pitagorici. Wehrli e Bollack hanno cercato di integrarlo nel motivo del plagio: i Pitagorici avrebbero impedito la distruzione dei libri, testimonianza del plagio di Platone, memori di 39 Il valore ipotetico di riar stato messo ultimamente in dubbio da Mansfeld 1994, 100 il quale traduce con "because". Cf. tuttavia le convincenti controargomentazioni di Tarrant 1995, 150s. 40 Aristox. Fr. 131 Wehrli (Diog. Laert. 9,40) (68 A 1 DK; LXXX L.) Aiotorvo o' rv toi Iotoixoi uaovgooi goi Ho tevo 0rgooi ouroi to Agoxitou ouyyooto, oaooo rouvg0g ouvoyoyri v, Auxov or xoi Kriviov tou Hu0oyoixou xeuooi outo v, e ouor v oro aoo aooi yo rivoi gog to iio. xoi ogov or ao vtev yo oroov tev ooiev rvgr vo o Ho tev ouooou Agoxitou oiovgovruri, o' ouo' r v0' o vtriari v ti outei oroi, ogovoti rioe e ao tov oiotov ou tei tev io- ooev o oye v rooito. Accetto il testo canonico, mantenuto anche nell'ultima edizione di Diogene Laerzio del Marcovich, che presenta alcune correzioni, ma necessarie, contro l'in- verosimile mantenimento del testo dei Mss. proposto da Bollack 1967, 243s. (ogov rioe e ao to v oiotov oute tev ioooev rooito. Sachant de toute vidence que quand il rpon- dait au meilleur, il serait de cette manire parmi les philosophes). 41 1972, 153s. 42 Wehrli 1967, II, ad loc., 87; Bollack 1967, 243s. Platone e Democrito 50 quello subito dalla loro setta 43 . Gigon lascia in sospeso la questione dichia- rando enigmatica la loro presenza. Il problema sintattico e quello della coerenza contenutistica dell'aned- doto possono essere chiariti attraverso il confronto con altri passi di Dio- gene Laerzio. In un passo della vita di Platone ricompare infatti il quesito del perch il filosofo non abbia menzionato Democrito. Il brano offre una lista di "invenzioni" platoniche: Platone stato il primo ad aver introdotto nella filosofia il metodo dialettico, il primo ad aver usato termini specifici come "elemento", "qualit", "dialettica", il primo ad aver studiato le po- tenzialit della grammatica e, avendo egli per primo parlato contro quasi tutti i suoi predecessori, ci si chiede perch non abbia ricordato Demo- crito 44 . Questa lista risale a Favorino (II sec. d.C.), ma non certamente inventata da lui perch una variante della stessa viene riportata anche dal- l'autore dei Prolegomena alla filosofia platonica 45 e singole "invenzioni" platoniche sono nominate anche da altri 46 . Favorino si rifatto verosimil- mente ai Peripatetici di cui, a detta di Plutarco 47 , era un fervido ammiratore. L'immagine di Platone come ae to rurtg e "rinnovatore" della filosofia circolava infatti sicuramente in ambito peripatetico, ma era seguita talvolta da un giudizio negativo. Mentre infatti Eudemo aveva attribuito a Platone l'introduzione di otoiriov come termine tecnico per "elemento", la fondazione di una nuova astronomia e, probabilmente, anche di una nuova matematica 48 , Dicearco lo aveva definito nel con- tempo rinnovatore e distruttore della filosofia in quanto, con il suo stile raffinato, avrebbe creato una "moda" (la forma del dialogo) che allonta- nava dalla vera filosofia (le ricerche specialistiche del Peripato) 49 . I Peripatetici accettavano evidentemente alcuni assunti sviluppati dagli al- lievi di Platone sulle innovazioni del maestro, ma ne mettevano in luce 43 Wehrli 1967, II, ad loc. 87; Bollack 1967, 242s. Wehrli si limita a formulare l'ipotesi, Bol- lack interpreta invece ouvoyoyriv come "comprare" forzando il testo. La storia sarebbe collegata con quella del famoso plagio del libro di Filolao, cf. Burkert 1972, 223ss. 44 Diog. Laert. 3,24 (LXXX L.) aeto tr o vtrigxe oroo v oaooi toi ao outou, gtritoi oio ti g rvgo vruor Agoxitou. 45 Anon. Proleg. 5,1-46. 46 Cf. Barigazzi 1966, 219-20; Riginos 1976, 188. 47 Quaest. conv. 734 F. 48 Per il primo punto, cf. Eudem. Fr. 31 Wehrli, Burkert 1958, 174. Per l'astronomia, Eudem. Fr. 148 Wehrli. Per la matematica, Eudem. Fr. 133 Wehrli. In Index Acad. P. Herc. 1021, col. Y, nel quale Platone viene presentato come l'ispiratore di tutti i progressi compiuti dalla matematica nell'Accademia, sono state fatte ipotesi diverse sulle fonti, ma il paralleli- smo con la funzione attribuita a Platone da Eudemo nello sviluppo dell'astronomia ha fatto propendere Gaiser 1988, 347 per Eudemo mediato da Dicearco. Cf. anche Dorandi 1991, 207s. 49 Ap. Philod., Index Acad. P. Herc. 1021, col. I. Che il testo riporti le parole di Dicearco ha sostenuto Gaiser 1988, 314; cf. anche le considerazioni di Burkert 1993, 25s. Capitolo primo 51 polemicamente anche i lati negativi. Nella vita di Platone di Diogene Laer- zio si avverte un'eco di quella tradizione, epurata dalle polemiche perch mediata da Favorino, un Accademico. Il quesito della non menzione di Democrito da parte di Platone viene posto in modo neutrale come tema di ricerca (gtritoi oio ti ). Nel brano della vita di Democrito, invece, l'aggressivit antiplatonica ancora tutta presente e ben evidenziata e non pu risalire n a Diogene stesso, che non mostra mai particolare avver- sione nei confronti di Platone, n tantomeno al pitagorico platonizzante Trasillo. Neppure l'aristotelismo tardo raggiunge punte polemiche cos aspre nei confronti di Platone. Dunque anche la seconda parte del brano, che spiega il perch Platone non abbia mai menzionato Democrito, deve risalire ad Aristosseno. L'improvvisa variazione di stile da diretto a indiretto senza soluzione di continuit non d'altra parte un problema in Diogene: la si ritrova in- fatti anche nell'aneddoto immediatamente precedente, derivato da Anti- stene di Rodi 50 . E' probabile che anche il brano di Aristosseno sia stato mediato da Trasillo. La sua identificazione del personaggio anonimo dei Rivali in amore con Democrito infatti anche una risposta indiretta a chi attaccava Platone e Socrate facendo perno sulla mancanza di accenni a Democrito nelle opere platoniche. Per quanto riguarda invece l'argomento di Gigon, che ipotizza una provenienza diversa delle due parti del brano di Diogene Laerzio vedendo nella prima una condanna morale di Democrito da parte di Platone, nella seconda un giudizio filosofico, si pu osservare quanto segue: l'aneddoto sul rogo dei libri democritei difficilmente stato costruito sulla tipologia del rogo di quelli di Protagora per due motivi. Quest'ultimo risulta infatti una misura pubblica con valenza politica (sarebbe stato infatti decretato dagli Ateniesi) ed difficilmente trasferibile ad una vicenda privata (non esistono nell'aneddotica antica altri esempi di simili proiezioni). Inoltre sarebbe stato anacronistico rappresentare un Platone che vuole distrug- gere per la sua empiet unicamente i libri di Democrito, quando avrebbe avuto davanti altri esempi di presunti atei quali Protagora, Crizia o Pro- dico citati spesso come tali nella tradizione successiva 51 . Dunque non ci sono motivi per separare il brano di Diogene Laerzio in due parti e ci 50 Diog. Laert. 9,39 (FGrHist 508 F 14) r0ovto og goiv (scil. o Avtio0r vg) outo v rx tg oaoogio toarivototo diav gein, otr aooov tg v ou oiov xotovoexoto trevfesqaiv tr oio tgv oaoiov oao toorou Aoooou. e or aoriaev tivo tev rovtev eujdokivmhse, oiaov rv0rou oog aoo toi ariotoi hjxiwvqh. 51 Per Protagora, cf. Sext. Emp. Adv. Math. 9,56 (80 A 12 DK). Per Crizia, cf. Sext. Emp. Adv. Math. 9,54 con la citazione dei versi del Sisifo (88 B 25 DK). Per Prodico Sext. Emp. Adv. Math. 9,51; cf. anche 9,18 (84 B 5 DK). Queste accuse di empiet sono comunque nella maggioranza dei casi un topos letterario. Platone e Democrito 52 sono invece buone ragioni per riportarlo nella sua globalit ad Aristos- seno. Se tutto il resoconto risale a lui, il fatto che Democrito sia assente dal- l'opera platonica, porta ad escludere il motivo del plagio 52 come movente del desiderio di Platone di bruciarne i libri. Il tono antiplatonico del brano e la ricezione aristotelica di Democrito in funzione antiplatonica e antiac- cademica suggeriscono invece un'altro motivo: Platone vuole toglierli dalla circolazione perch li avverte come un pericolo per il suo prestigio anche e soprattutto all'interno della sua scuola. Un punto fondamentale per la comprensione e la contestualizzazione del racconto costituito dall'enigmatica figura dei due "Pitagorici" i cui nomi non sono fatti a caso. Clinia un personaggio citato anche altrove da Aristosseno come modello di vita pitagorica 53 e Amicla, soprattutto, non un pitagorico qualsiasi, ma uno dei fedelissimi discepoli di Platone. Amicla di Eraclea nel Ponto era annoverato da Eudemo 54 , fra quei plato- nici che avevano portato la geometria ad una maggiore perfezione. Una variante del nome, Auxo, dovuta probabilmente ad una corruttela del testo, ma con la stessa indicazione toponomastica, Hoxretg, si trova nel catalogo dei discepoli di Platone in Diogene Laerzio (3,46). Amicla compare inoltre come fedele discepolo del vecchio Platone, accanto a Speusippo e Senocrate, in un aneddoto di parte accademica nel quale viene sottolineata l'arroganza di Aristotele e i suoi tentativi di mettere in difficolt il vecchio maestro, rintuzzati poi da Senocrate. Aristotele non era amato da Platone per il suo comportamento e la sua eleganza troppo raffinata e disdicevole per un filosofo. Il maestro quindi gli preferiva Speusippo, Senocrate e Amicla. Durante un'assenza di Senocrate ed es- sendo Speusippo malato e impossibilitato ad accompagnarlo, Platone usc nel peripato esterno della scuola senza i discepoli pi fedeli. Aveva gi ottant'anni e una memoria ormai piuttosto labile. Aristotele gli si fece incontro e, postoglisi dinanzi, cominci a tendergli dei trabocchetti e a porgli delle domande con un ben determinato intento confutatorio. Pla- tone, comprendendone lo scopo, si ritir all'interno. Quando Senocrate ritorn, non lo trov pi ad insegnare nel peripato dove l'aveva lasciato; al suo posto c'erano Aristotele e i suoi seguaci. Senocrate not che quest'ul- 52 Accuse cos velate non sono, del resto, nello stile di Aristosseno, il quale rinfacciava aperta- mente a Platone di aver copiato di sana pianta la Repubblica dagli Antilogici di Protagora (Fr. 67 Wehrli). 53 Aristox. Fr. 30 Wehrli, da Spintaro che aveva conosciuto direttamente anche Socrate (Fr. 54a Wehrli). Clinia menzionato anche da un altro peripatetico, Chamaileon (Fr. 4 Wehrli). 54 Eudem. Fr. 133 Wehrli che lo designa specificamente come ri tev Hotevo rtoiev distinguendolo ad esempio da Menecmo, allievo di Eudosso, che aveva solo "frequentato" Platone (Hotevi ouyyryove ). Capitolo primo 53 timo, terminato il suo insegnamento, non rientrava presso il maestro, ma se ne andava a casa propria, in citt. Chiese dunque notizie di Platone e apprese che questi, costretto da Aristotele a ritirarsi, teneva ora scuola nel suo giardino. Senocrate and a salutarlo e lo trov che dialogava con i suoi numerosi discepoli. Quando il raduno si sciolse, rimprover Speu- sippo per aver lasciato cacciare il maestro e poi affront Aristotele in modo cos deciso che riusc ad estrometterlo e a restituire a Platone la sua sede usuale 55 . Questo aneddoto presenta due gruppi contrapposti: da una parte Platone e i suoi fedeli discepoli che, in assenza di Senocrate, non riescono ad opporsi con sufficiente energia all'arroganza di Aristotele; dall'altra lo Stagirita con una buona schiera di seguaci che assume un at- teggiamento di sfida nei confronti del vecchio maestro. Se si inserisce l'aneddoto di Aristosseno su Platone e Democrito nell'atmosfera dell'Ac- cademia negli ultimi anni di Platone, come indica la presenza di Amicla, correlato con questo periodo della sua vita, e lo si inquadra nel clima di crescente rivalit fra Platone e i suoi fedelissimi e Aristotele e il suo gruppo 56 , i particolari del racconto acquistano un loro valore funzionale. I libri di Democrito, da un punto di vista peripatetico, costituiscono un oggetto destabilizzante per il prestigio platonico: Aristotele li usa ripetu- tamente nella sua opera in funzione antiplatonica. Aristosseno attribuisce dunque a Platone il desiderio di bruciarli come un ultimo tentativo di sal- vare il suo prestigio compromesso insinuando nel contempo maligna- mente che Platone non ha mai fatto cenno a Democrito, anche quando avrebbe dovuto contrapporglisi, per mancanza di validi argomenti. L'a- neddoto riportato da Eliano presenta lo stesso atteggiamento rinunciatario di Platone di fronte alla pressione della dialettica aristotelica. Davanti ad Aristotele e, metaforicamente, davanti a Democrito, il vecchio Platone si ritira. La presenza di Amicla e Clinia, soprattutto in un autore come Aristos- seno che ha dedicato a Pitagora e ai Pitagorici diverse opere, e ne ha co- nosciuti alcuni di persona, non deve stupire. Il loro atteggiamento quello di chi conosce i libri di Democrito e il loro impatto, ma anche di chi cerca di preservare un autore a loro vicino. La tradizione che collega Democrito ai Pitagorici infatti molto antica e contemporanea al filosofo stesso: se- condo Glauco di Reggio era infatti discepolo di un non ben precisato 55 Ael. Var. hist. 3,19 (Xenocr. Fr. 11 IP; Arist. T 36 Dring). Sulla correlazione di questo passo con quella serie di rappresentazioni dell'Accademia negli ultimi anni della vita di Platone che compaiono nell'Index Academicorum e che risalgono alla generazione degli im- mediati allievi di Platone o di Aristotele, cf. Burkert 1993, 18ss. 56 Per ulteriori aneddoti biografici sui rapporti fra Platone e Aristotele, cf. Dring 1957; Swift-Riginos 1976. Platone e Democrito 54 pitagorico 57 . Ecfanto, un Pitagorico contemporaneo di Platone, aveva sostenuto tesi chiaramente atomiste 58 . E' probabile che anche alcune inter- pretazioni pitagorizzanti di Democrito che emergono di tanto in tanto in Aristotele siano influenzate da questa ricezione "pitagorica". Dal resoconto di Aristosseno si possono trarre dunque alcune indica- zioni: 1. egli non intravvedeva evidentemente nei dialoghi platonici alcuna esplicita presenza di Democrito n attribuiva a Platone una diretta utiliz- zazione delle dottrine atomiste ai fini dell'elaborazione del Timeo. Se infatti avesse individuato nel dialogo delle affinit con l'atomismo, non avrebbe certamente risparmiato a Platone delle accuse esplicite di plagio. 2. L'atmosfera e i personaggi dell'aneddoto rimandano agli ultimi anni della vita di Platone. La ricezione di Democrito coinvolge soprattutto i suoi allievi. Sono infatti principalmente loro, sia quelli favorevoli, come Clinia e Amicla, che quelli ostili al maestro, come Aristotele, a prendere posizione sull'opera democritea. Queste considerazioni trovano conferma anche nell'opera aristotelica dove Platone e Democrito vengono spesso confrontati, ma mai posti in un rapporto di dipendenza diretta. Mentre Aristotele dice chiaramente che Platone ha ripreso la dottrina pitagorica sostituendo unicamente il termine mimesi con metessi 59 , pone la relazione fra Platone e Democrito (o Leu- cippo) sempre e solo a livello tipologico, mai genetico. Particolarmente significativo a questo proposito risulta il confronto di due brani della Metafisica: A 6, 987a 29ss. e M 4, 1078b 12ss. Se vero che i problemi posti dalla cronologia delle opere aristoteliche sono insolubili e che difficile datare i libri dei vari trattati, nessuno mette tuttavia in dub- bio che il secondo passo sia una rielaborazione del primo 60 . In Metaph. A 6, 987a 29ss. Aristotele traccia le linee della nascita della dottrina platonica dell'uno e della diade: essa risulterebbe dalla confluenza di tre tradizioni, quella eraclitea, quella socratica e quella pitagorica. Dagli Eraclitei Platone avrebbe mutuato la concezione del continuo scorrere del sensibile e della conseguente impossibilit di conoscere qualcosa su di essi, da Socrate, interessato unicamente all'etica, la ricerca dell'universale e della defini- zione, vale a dire la dottrina delle idee, dai Pitagorici, invece, il concetto di 57 Diog. Laert. 9,38 (68 A 1 DK; XVII, 154 L.). La notizia di Duride di Samo (FGrHist 76 F 23; 154 L.), secondo cui Democrito era allievo di Arimnesto figlio di Pitagora da spiegarsi probabilmente come un tentativo di individuazione di questo generico pitagorico cui allude Glauco. 58 51 1 DK (Hippol. Ref. 1,15); 51 2 DK (Aet. 1,3,19 [Stob. 1,10,16a]); 51 4 DK (Aet. 2,3,3 [Stob. 1,21, 6a]). 59 Metaph. A 6, 987b 10ss. 60 Cf. Annas 1976, 154 con riferimenti bibliografici. Capitolo primo 55 partecipazione dei sensibili alle idee e l'idea del numero come principio. In questo contesto non compare nessuna menzione di Democrito o di Leu- cippo, anzi, poco prima, Aristotele sottolinea come solo i Pitagorici, fra i presocratici, abbiano "cominciato a parlare di essenza e a definirla" anche se lo hanno fatto in maniera troppo semplicistica 61 . Egli utilizza qui, soprattutto per sottolineare la dipendenza di Platone dai Pitagorici, uno schema canonico, probabilmente gi accademico, concepito per presen- tare la dottrina platonica come compendio e culmine di tutte le ricerche precedenti 62 . Il fatto che Democrito non compaia affatto, significa che Aristotele non vedeva fra la dottrina democritea e quella platonica alcun rapporto genetico n tantomeno un influsso diretto dell'una sull'altra, influsso che invece egli espressamente ribadiva nel caso dei Pitagorici. In Metaph. M 4, 1078b 12ss. Aristotele ripropone lo stesso schema per giustificare la nascita della dottrina delle idee. Questa ha le sue radici nella fusione della dottrina eraclitea del continuo scorrere del sensibile e del- l'impossibilit di averne conoscenza con quella socratica della definizione dell'universale ricercata attraverso la dialettica. Fra i fisici Democrito (con il tentativo di definizione del caldo e del freddo) e, prima di lui, i Pitagorici (definendo alcuni concetti per mezzo di numeri) avrebbero solo sfiorato in qualche modo il problema della definizione dell'essenza 63 . Si tratta di una seconda fase di sviluppo dello schema, come si pu dedurre dal ri- chiamo alla precedenza dei Pitagorici su Democrito nella definizione del- l'essenza. Quest'ultimo viene dunque inserito in uno schema gi preesi- stente, ma in una prospettiva ben lontana da una parentela genetica. La stessa tipologia del confronto a posteriori, con gradazioni che vanno dal parallelismo neutrale all'utilizzazione polemica della dottrina atomista contro quella platonica, si incontra costantemente nell'opera aristotelica. Mi limiter a far riferimento ai brani senza affrontare la spi- nosa questione della differenza fra Leucippo e Democrito che porterebbe troppo lontano dal tema centrale. Si pu qui solamente osservare che, in effetti, il nome di Leucippo compare senza quello di Democrito per lo meno in un testo considerato molto antico come il libro A della Metafisica. Il confronto neutrale, Leucippo e Platone si trovano appaiati e posti 61 Metaph. A 5, 987a 20-21 ari tou ti rotiv govto rv ryriv xoi oiro0oi, iov o oae raoyotru0goov. 62 Lo schema presenta infatti la dialettica platonica come sintesi e superamento delle ricerche precedenti distinte in fisica ed etica, uno schema che persiste nella tradizione platonica e che ritroviamo nella vita di Platone di Diogene Laerzio (3,56) oute xoi tg ioooio o oyo aotrov rv gv ovoriog e o uoixo, orutrov or Eexotg aoor0gxr to v g0ixov, titov or Ho tev tov oiorxtixo v xoi rtrroiouygor tgv ioooiov. 63 Metaph. M 4, 1078b 19 tev rv yo uoixev rai ixov Agoxito g oto o vov xoi eiooto ae to 0rov xoi to uov oi or Hu0oyorioi aotrov ari tivev oiyev, ev tou oyou ri tou oi0ou o vgatov, oiov ti roti xoio g to oixoiov g yo o. Platone e Democrito 56 sullo stesso piano per aver assunto l'eternit del movimento 64 (Aristotele si riferisce qui al movimento disordinato della Chora nel Timeo 65 ). Il solo Leu- cippo come rappresentante dell'atomismo compare un'altra volta nell'o- pera aristotelica e precisamente in De generatione et corruptione A 8 66 , che verr esaminato dettagliatamente nel terzo capitolo. In questo testo, che si inserisce nella trattazione dell'agire e del patire, Aristotele sottolinea, senza commenti particolarmente polemici, le similarit e le differenze fra la dot- trina dei triangoli e quella dei corpi indivisibili. Platone si differenzia da Leucippo per il fatto che pone come indivisibili delle superfici invece che dei solidi, e perch assume forme prime limitate invece che infinite e am- mette inoltre che la generazione e la separazione avvengano solo attra- verso il contatto mentre Leucippo le fa avvenire attraverso il contatto e il vuoto (325b 25-33) 67 . Per il resto ambedue pongono dei principi indivisi- bili e definiti dalla forma. Pi apertamente polemici sono invece altri confronti riguardanti i principi del mondo sensibile come in De gen. et corr. A 2. Qui infatti Ari- stotele prende posizione, pur rilevandone l'incongruenza, a favore delle tesi degli atomisti contro Platone. La divisione fino alle superfici assurda, quella fino ai corpi, pur essendo anch'essa poco conforme a ragione, ha comunque il merito di giustificare la genesi e il cambiamento ipotizzando delle differenze di figura di posizione e di ordine dei corpuscoli. Invece quelli che mettono insieme dei triangoli possono ottenere solo dei solidi, ma non dei corpi in quanto questi enti matematici non possono generare alcuna affezione tipica del corpo. Rispetto all'altro passo, compare qui anche Democrito che viene nominato addirittura prima di Leucippo. Al di l delle differenze di tono, comunque comune ad ambedue i brani il confronto tipologico e non genetico delle tesi atomiste con quelle del Timeo. Il tono di crescente polemica in questi brani del De generatione et corruptione denota un dibattito sempre pi acceso e ruotante intorno alle dottrine del Timeo, o meglio, intorno all'interpretazione che di questo dia- logo davano gli allievi di Platone. Quest'ultimo, infatti, non ha mai parlato di triangoli indivisibili come invece costantemente si afferma nel De genera- tione et corruptione e come interpretavano anche gli altri allievi di Platone. Se inoltre Aristotele sottolinea con insistenza la superiorit delle dottrine 64 Metaph. A 6, 1071b 31-37 (67 A 18 DK; 17 L.). 65 Cf. anche De cael. I 2, 300b 9-19. 66 L'ipotesi di De Ley 1968, 629ss. secondo cui tali brani sarebbero residui di appunti redatti nel periodo di permanenza nell'Accademia non da sottovalutare. 67 Contrariamente a quanto sostiene Silvestre 1985, 38 n. 17, non c' in questo brano alcuna conferma del fatto che Platone abbia utilizzato le dottrine atomistiche per la stesura del Timeo. Aristotele instaura infatti unicamente un confronto tipologico, non genetico, fra le due dottrine. Capitolo primo 57 degli atomisti su quelle platoniche, altrettanto verosimile che dall'altra parte, nell'Accademia, queste stesse dottrine fossero invece considerate inferiori a quelle del maestro. Dunque l'opera aristotelica, in particolare il De generatione et corruptione, riflette in certo modo l'atmosfera che troviamo nell'aneddoto di Aristosseno e cio una polemica sempre pi aspra nei confronti di Platone per condurre la quale viene utilizzato Democrito: le sue teorie, secondo la rappresentazione aristotelica, sono in ogni caso superiori a quelle platoniche. Questo confronto, dal quale Democrito esce vincitore, sta probabilmente alla radice del maligno quesito, perch Pla- tone non abbia mai fatto menzione di Democrito anche laddove (nel Ti- meo?) avrebbe dovuto criticarlo. Nell'opera aristotelica tuttavia, se pure in rari accenni, si pu cogliere anche una rappresentazione pitagorizzante di Democrito che giustifica la presenza nell'aneddoto di Aristosseno del pitagorico e dell'allievo pitago- rizzante come consiglieri di Platone e, nel contempo, come tutori dei libri di Democrito. In particolare sono significativi due brani in cui a Democrito e ai Pita- gorici vengono attribuite dottrine simili. In De cael. I 4, 303a 9-11 gli atomi vengono esplicitamente equiparati ai numeri dei Pitagorici in un certo modo anche costoro fanno di tutte le cose esistenti dei numeri e le compongono da numeri; e se anche non lo manifestano chiaramente, tuttavia vo- gliono dire proprio questo 68 . Si tratta di una strana assimilazione che non compare altrove in Aristotele. La ragione va forse cercata nella stretta relazione che quest'ultimo instaura fra la concezione dell'anima degli atomisti e dei Pitagorici in De an. A 2, 404a 1-21: ambedue la porrebbero nel pulviscolo atmosferico 69 . Nello stesso capitolo Aristotele allude alla eguaglianza fra le sferette democritee e la monade, l'anima numero che muove se stesso, di Senocrate, a sua volta "pitagorizzante". Se si pensa che la prima menzione di Democrito in autori a lui posteriori compare nei due titoli di Eraclide Pontico 70 , notoria- mente pitagorizzante, su di lui, risulta chiaro che le opere democritee non erano conosciute solo da Aristotele, ma anche dagli allievi pitagorizzanti di Platone. 68 Arist. De cael. I 4, 303a 9-11 (67 A 15 DK; 109, 174 L.) toaov yo tivo xoi outoi ao vto to o vto aoiouoiv oi0ou xoi r oi0e v xoi yo ri g ooe ogouoiv, oe touto ouovtoi r yriv. 69 Su questo brano, v. infra, VII 5. 70 68 A 34 DK; CXIX L. Platone e Democrito 58 3. Sintesi L'aneddoto di Aristosseno e i brani aristotelici ora esaminati forniscono in qualche modo degli indizi per porre l'entrata dell'atomismo nell'Accademia durante gli ultimi anni della vita di Platone. Leucippo e Democrito sono stati recepiti e discussi dai suoi allievi "pitagorizzanti" e da Aristotele. Quest'ultimo in particolare se ne servito per polemizzare contro il mae- stro. Da questa atmosfera scaturisce l'aneddoto di Aristosseno sul deside- rio di Platone di bruciare quei libri la cui diffusione avrebbe potuto infe- rire un duro colpo al suo prestigio. Posto che comunque per lo meno gli allievi pitagorizzanti di Platone devono aver conosciuto le dottrine atomi- ste, come i criptici accenni aristotelici e l'aneddoto del salvataggio dei libri di Democrito da parte dei "Pitagorici" sembra indicare, il problema quello di stabilire se, nell'ambito della ricezione dell'atomismo antico, da Aristotele in poi, si possa ritrovare qualche traccia di una "lettura" acca- demica degli atomisti. Questo possibile per lo meno riguardo alla querelle sui principi corporei o incorporei, impostata nel Sofista platonico, e pre- sentata da Aristotele come dibattito fra Accademici e materialisti fra i quali sono talvolta compresi anche gli atomisti. Lo stesso confronto riemerge in Sesto Empirico, in un passo che riporta sicuramente anche dottrine acca- demiche 71 , nella forma di una diaphonia fra gli "eredi dei Pitagorici", vale a dire gli Accademici, e i sostenitori di dottrine corpuscolari, in particolare, gli atomisti. Dalla critica alle dottrine che pongono come principi dei corpi, ancorch invisibili, gli Accademici partono per ribadire la superio- rit dei principi incorporei. Questo aspetto della ricezione di Democrito verr trattato nel capitolo successivo. 71 Adv. Math. 10,248ss., v. infra, II 4. Capitolo secondo Principi corporei/ incorporei. Atomisti antichi, Platone, Accademici da Aristotele a Simplicio 1. Il compito del vero fisico La contrapposizione che Aristotele instaura fra atomismo antico e principi accademici si inquadra nel pi ampio dibattito che egli conduce con la scuola platonica sulla concezione della scienza. Per Aristotele esistono pi scienze ognuna delle quali abbraccia un ambito limitato ed ha principi propri 1 . Quelli del mondo fisico devono avere tutte le caratteristiche dei corpi per poter generare i fenomeni. La ricerca fisica deve dunque tener conto di questo limite. I principi dell'essere costituiscono invece il campo di indagine di un'altra scienza, la scienza prima 2 , che studia l'essere in quanto tale. Per Platone e per i suoi allievi, invece, la scienza sostanzial- mente una, quella dell'essere, e ha una struttura piramidale al cui apice stanno i principi ultimi; la matematica, l'astronomia, la fisica, sono solo gradi nell'ascesa verso questi principi. Aristotele imposta spesso sullo sfondo del problema generale dei principi propri alla fisica il confronto fra atomisti e Platone/ Accademici, confronto dal quale i primi risultano sempre vincitori proprio perch hanno posto a fondamento della realt naturale dei corpi. Il motivo con- duttore della critica agli Accademici invece quello di aver assunto come principi del mondo fisico degli enti matematici che si situano ad un livello completamente differente e non possono generare alcun fenomeno fisico. Nel primo libro della Metafisica, pur considerandosi ancora, all'atto della stesura di queste considerazioni, un membro dell'Accademia (come indica 1 Sulla stretta correlazione fra l'ambito di ricerca e i suoi principi e sulla conseguente diffe- renziazione negli obiettivi e nei metodi, cf. Wieland 1970, 52-58. 2 Cf. e.g. Phys. A 2, 184b 25s. Principi corporei/ incorporei 60 l'uso della prima persona plurale), Aristotele critica dall'interno questo modo di affrontare la ricerca sulla natura E, in generale, mentre la "sapienza" ricerca la causa dei fenomeni evidenti, noi abbiamo tralasciato di indagare proprio questo (infatti non diciamo nulla sulla causa da cui trae origine il mutamento) e, credendo di enunciarne la sostanza, af- fermiamo che vi sono altre sostanze, ma, per dimostrare che queste ultime sono sostanze di quelle, parliamo a vuoto; infatti la partecipazione, come abbiamo detto anche prima, non nulla. [...] ma la filosofia, per quelli dei nostri giorni, dive- nuta matematica anche se loro affermano che si deve studiare la matematica in vista di altri fini 3 . Poco pi oltre, Aristotele critica la concezione di un'unica scienza i cui principi sarebbero il fondamento anche del mondo sensibile sottolineando che una scienza operante fuori dalle sensazioni non potr mai averne co- noscenza 4 . Quelli che sostengono la dottrina delle idee, come egli afferma nel secondo libro della Fisica 5 , fanno come il matematico che studia s gli stessi oggetti del fisico, ma astrae col pensiero dalla loro fisicit e li consi- dera come se fossero privi di movimento. Una costante della critica ari- stotelica a Platone e agli Accademici proprio la debolezza dei loro fon- damenti epistemologici e del loro metodo: essi riducono tutto a un numero limitato di ipotesi teoriche che ritengono assolutamente vere senza occuparsi di ci che ne consegue per la realt fenomenica. Il fine della fisica per proprio quello di trovare una spiegazione in consonanza coi fenomeni 6 . Per gli Accademici, invece, il fenomeno non qualcosa di evidente da accettare come tale, ma un punto di partenza per un cammino a ritroso verso i veri fondamenti dell'essere, i primi principi, che si situano fuori del mondo fisico e che sono individuabili solo attraverso la dialettica. I fon- damenti di questa concezione, come risaputo, sono gi enunciati da Platone soprattutto nel Timeo, nella Repubblica e nel Filebo. La realt fisica, in quanto in continuo fluire, non offre alcuna possibilit di una scienza sicura; la scienza vera solo quella dell'invisibile e dell'intellegibile sempre uguale a se stesso ed eterno 7 . E' necessario dunque superare il comune 3 Metaph. A 9, 992a 24-29 oe or gtouog tg ooio ari te v ovrev to oitiov, touto rv rioxorv (ou0r v yo ryorv ari tg oitio o0rv g og tg rtoog), tg v o ouoiov oiorvoi ryriv oute v r tro rv ouoio rivoi orv, oae o rxrivoi toutev ouoioi, oio xrvg r yorv to yo rtrriv, eoar xoi aotrov riaorv, ou0r v rotiv. [...] oo yryovr to o0goto toi vu v g ioooio, ooxo vtev oev oiv outo oriv aoyotruro0oi. 4 Metaph. A 9, 992b 18-993a 10. 5 Phys. B 2, 193b 22-37. 6 De cael. I 7, 306a 5-26. 7 Ti. 51e-52a tou tev or ou te ro vtev oooygtrov rv r v rivoi to xoto touto rioo rov, oyrvvgtov xoi over0ov, outr ri r outo riooro rvov oo oo0rv outr outo Capitolo secondo 61 metodo di ricerca dei fisici che si arresta ai principi corporei per rivolgersi invece a quelle che sono le vere cause prime del reale, incorporee e intel- legibili 8 . I fisici si arrestano al mondo del divenire, ma non raggiungono la conoscenza vera che si pu acquisire solo studiando le cose eterne e prime in se stesse 9 . Questo ha come conseguenza anche la totale svaluta- zione dell'aspetto empirico delle scienze in quanto l'empiria opera su sin- goli oggetti corporei, in s non conoscibili con sicurezza, senza astrarne le forme eterne. Il vero geometra non studierebbe mai seriamente per sco- prirvi i concetti geometrici disegni anche bellissimi fatti da un pittore espertissimo cos come il vero astronomo non studia i movimenti degli astri reali nella loro corporeit, ma coglie teoricamente i rapporti numerici fra questi astri e i fra i loro movimenti. Per Platone, dunque, bisogna pro- cedere non con l'osservazione, ma formulando dei problemi e lasciar per- dere sia le figure geometriche reali, che i corpi celesti reali se vogliamo far funzionare davvero l'elemento intelligente dell'anima 10 . In questa tensione fra il superamento della fisica da parte di Platone e degli Accademici e il ritorno alla fisica su altre basi rispetto a quelle dei filosofi della natura da parte di Aristotele si colloca il dibattito sugli atomi- sti antichi. 2. La gigantomachia del Sofista e lo schema principi corporei/ incorporei in Aristotele Come gi osservato nel primo capitolo, difficilmente Platone faceva pre- cisi riferimenti agli atomisti. Tuttavia spesso ci si appoggia su un passo specifico per dimostrare il contrario: la "gigantomachia" del Sofista. Qui lo straniero di Elea accenna a due schiere contrapposte: coloro che conside- rano come ouoio solo quello che si pu toccare, cio il corpo, e i sosteni- tori delle forme intellegibili e incorporee Str. E dunque sembra che fra di loro si combatta come una gigantomachia a causa del dibattito sull'essenza. [] Gli uni trascinano tutto dal cielo e dall'invisi- bile sulla terra, afferrando semplicemente con le mani rocce e querce. Infatti toc- cando tutte queste cose assicurano che esiste solo quanto offre qualche possibi- lit di essere toccato e palpato, definendo l'essenza e il corpo la stessa cosa e ri oo aoi iov, oootov or xoi oe o voio0gtov, tou to o og vogoi rigrv raioxo- ariv to or oevuov ooiov tr rxrivei orutrov, oio0gtov, yrvvgto v, arogr vov o ri, yiyvorvov tr r v tivi toaei xoi aoiv rxri0rv oaourvov, oogi rt oio0gore ar- igatov. Cf. anche Resp. 524c-d. 8 Ti. 46d; 48a-b; 68e. 9 Phil. 58c-59b. 10 Resp. 529d-530c. Principi corporei/ incorporei 62 guardando dall'alto in basso chi affermasse che qualcos'altro che non ha corpo , senza voler ascoltare null'altro Teet. Parli sicuramente di uomini tremendi; in- fatti anch'io ho gi avuto occasione di incontrarne numerosi Str. Per questo i loro oppositori nel dibattito si difendono assai prudentemente dall'alto, da una certa zona dell'invisibile, incalzandoli col dire che la vera essenza sono certe forme intellegibili e incorporee e, facendo a pezzettini nelle loro argomentazioni i corpi di quegli altri e quella che loro chiamano verit, li definiscono un divenire incessante invece che un'essenza. Riguardo a queste cose c' sempre stata fra gli uni e gli altri, o Teeteto, un'accanita battaglia 11 . Chi si debba identificare nei due gruppi stato oggetto di infinite conget- ture 12 . In ogni caso l'opposizione fra coloro che ammettono solo essenze corporee e coloro che, al contrario, assumono come essenze forme incor- poree una novit introdotta da Platone accanto a schemi oppositivi preesistenti e da lui stesso utilizzati 13 e si inserisce nel quadro pi generale della ricerca dei principi ultimi del reale. In questo contesto tutti i fisici sono coinvolti nella denominazione di materialisti in quanto il campo comune della loro scienza quello della natura e del sensibile e quindi dei corpi, un modello superato solo da Platone e dai suoi allievi. Che la tipo- logia dei materialisti fosse una struttura generica e aperta, passibile di rice- vere qualsiasi contenuto a seconda della discussione e del contesto di- mostrato dal fatto che in Aristotele l'identit dei sostenitori di principi corporei varia da testo a testo proprio perch tutti i cosiddetti "filosofi della natura" vengono considerati "materialisti" 14 . La tipologia dei sosteni- 11 Soph. 246a EE. xoi g v roixr yr r v ou toi yiyovtooio ti rivoi oio tgv oiogtgoiv ari tg ouoio ao ogou. [...] oi r v ri yg v r ouovou xoi tou oootou ao vto rxouoi, toi roiv otrve arto xoi ou arioo vovtr. te v yo toioutev roatorvoi aovtev oiiouiovtoi touto rivoi ovov o aorri aooogv xoi raog v tivo, tou tov oeo xoi ouoiov oiorvoi, te v or oev ri ti ti gori g oeo rov rivoi, xotoovouvtr to aooaov xoi ouor v r0rovtr oo oxou riv. OEAI. g orivou rigxo o voo gog yo xoi r ye toutev ouvoi aoortuov. EE. toiyoou v oi ao outou oiogtou vtr oo ruoe o ve0rv r oootou ao0r v ouvovtoi, vogto otto xoi ooe oto riog ioorvoi tg v og0ivg v ouoiov rivoi to or rxri vev oeoto xoi tgv ryor vgv ua ou tev og0riov xoto oixo oio0ouovtr r v toi oyoi yrvroiv o vt ouoio ror vgv tivo aoooyoruouoiv. r v roei or ari touto oarto o otrev og ti, e Oroitgtr, o ri ouvrotgxrv. Per la definizione dei materialisti come "non ini- ziati, uomini rozzi, duri e resistenti" i quali danno il nome di ousia solo a ci che corpo, cf. anche Theaet. 155e. 12 Cf. in particolare la lista fornita da Dis 1925, 291-293; Friedlnder III, 1975, 476 n. 44. Ambedue sono per convinti dell'impossibilit di individuare l'identit di questo gruppo e sottolineano il carattere generalizzante della descrizione platonica. Questa ipotesi con- fermata a mio parere dall'affermazione di Teeteto di avere incontrato spesso individui come i materialisti descritti dallo straniero. 13 Sui modelli "dossografici" preplatonici utilizzati poi anche da Aristotele, cf. von Kienle 1961, 38-57; Mansfeld 1986 [1990b, 22-83]. 14 In Metaph. A 5, 987a 3-5 i sostenitori di principi corporei sono in generale "i primi filosofi", in I 5, 1010a 1-3 tutti i presocratici fino ad Omero. In De cael. I 1, 298b 15-26 rientrano in Capitolo secondo 63 tori delle forme incorporee del Sofista rimanda invece inequivocabilmente a Platone e ai suoi allievi 15 . In alcuni passi Aristotele riprende per intero lo schema del Sofista ri- producendo le argomentazioni degli Accademici contro la concezione del corpo come sostanza. Sebbene egli non offra chiare indicazioni sull'iden- tit delle dottrine materialiste prese di mira dai sostenitori dei principi incorporei, ci sono tuttavia indizi che rimandano alle tesi atomiste. In Metaph. B 5, sottoponendo a verifica l'affermazione che le sostanze vere sono gli enti matematici, Aristotele riproduce le argomentazioni con le quali gli Accademici hanno superato la concezione del corpo come so- stanza. In quanto a ci che sembrerebbe indicare in maggior grado la sostanza, cio l'ac- qua, la terra, il fuoco e l'aria, di cui sono costituiti i corpi composti, le loro affe- zioni, il caldo, il freddo e le altre di tal genere non sono sostanze; come ente e so- stanza permane invece solo il corpo che subisce queste affezioni. Ma il corpo meno sostanza della superficie, questa della linea e questa della monade e del punto; il corpo infatti delimitato da queste e sembra che queste possano sussi- stere senza il corpo, il corpo invece non possa senza quelle. Perci i molti e gli antichi erano del parere che il corpo fosse l'ente e la sostanza, le altre cose sue af- fezioni, talch anche i principi dei corpi sarebbero i principi delle cose esistenti; i moderni, invece, che sembrano pi sapienti di quelli, hanno posto come principi delle cose esistenti i numeri 16 . Le dottrine degli "antichi", che ipotizzano come ousia solo il corpo in quanto tale e che i sostenitori degli enti matematici e dei numeri ritengono di superare, hanno le caratteristiche tipiche dell'atomismo. E' infatti solo Democrito fra i predecessori di Platone a porre alla base del mondo sen- sibile semplici corpi privi di affezioni 17 . Aristotele, con un'ironia di stampo questa categoria anche Parmenide e Melisso pur avendo essi attribuito ai sensibili caratteri- stiche tipiche degli enti eterni. In Phys. A 6, 213a 19ss. sono gli "uomini comuni" a soste- nere che gli enti veri sono solo corpi. 15 Sulle varie identificazioni degli amici delle forme, cf. Dis 1925, 292 n. 1 e Friedlnder III, 1975, 476 n. 44. 16 Metaph. B 5, 1001b 32-1002a 12 o or oiot ov oorir ogoi vriv ouoiov, uoe xoi yg xoi au xoi og, r ev to ou v0rto oeoto ouvrotgxr, toutev 0rotgtr rv xoi u- otgtr xoi to toiouto ao0g, oux ouoi oi, to or oeo to tou to araov0o ovov uao- rvri e o v ti xoi ouoi o ti ouoo. oo g v to yr oeo gttov ouoio tg raiovrio, xoi outg tg yog , xoi outg tg ovooo xoi tg otiyg toutoi yo e iotoi to oeo, xoi to r v ovru oeoto rvor ro0oi ooxri rivoi to or oe o o vru toutev oou votov. oioar oi rv aooi xoi oi aotrov tg v ouoiov xoi to ov eiovto to oeo rivoi to or oo toutou ao0g, e otr xoi to oo to tev oeotev te v ovtev ri voi oo oi o uotroi xoi ooetroi toutev ri voi ooovtr oi0ou. 17 Sulla definizione democritea della "sostanza", cf. Arist. Metaph. M 4, 1078b 19-21 (68 A 36 DK; 99, 171 L.), supra, I 2 n. 63; Theophr. ap. Simpl. In de cael. 299a 2, 564,24 (68 A 120 DK; 171 L.), infra, 6. 3 n. 137. Principi corporei/ incorporei 64 platonico 18 , liquida la presunta superiorit degli Accademici ristabilendo le proporzioni. In un diverso contesto, nel quarto libro del De caelo, il con- fronto fra gli antichi e i moderni, che si conclude con una notazione si- mile, ha come protagonisti atomisti e Accademici: Platone e i suoi allievi hanno spiegato la leggerezza e la pesantezza dei corpi composti col fatto che essi sono formati da una quantit pi piccola o pi grande di triangoli: Gli uni [Platone e i suoi allievi] hanno dunque definito in questo modo il leggero e il pesante; ad altri [gli atomisti] 19 , invece, una definizione di questo genere non sembr sufficiente, ma, pur appartenendo ad un'epoca pi antica, elaborarono concezioni pi nuove su quanto ora esposto 20 . Anche qui Aristotele sottolinea, sebbene in maniera meno ironica e pun- gente, che le teorie degli atomisti, pur essendo pi antiche, sono superiori a quelle pi recenti degli Accademici. In ambedue i brani, della Metafisica e del De caelo, si ritrova comunque lo spirito dell'aneddoto di Aristosseno: come l il prestigio di Platone, cos qui quello dell'Accademia in generale subisce un duro colpo nel confronto con le dottrine atomiste. Uno schema ancora pi vicino nell'espressione linguistica a quello del Sofista si ritrova in Metaph. Z 2. Qui Aristotele nomina espressamente co- loro che ritengono i corpi meno sostanze degli incorporei, e i limiti dei corpi e i numeri come le vere ousiai Sembra ad alcuni che i limiti del corpo, cio la superficie, la linea, il punto e la monade, siano sostanze e ancor pi del corpo e del solido. Inoltre gli uni pen- sano che oltre ai sensibili non ci sia nulla di tal genere, gli altri invece ritengono che ce ne siano di pi e che siano pi eterni, come Platone, il quale considera che le idee e gli enti matematici siano due sostanze e che la terza sia quella dei corpi sensibili. Speusippo, invece, pone un numero ancora maggiore di sostanze, co- minciando dall'uno, e principi per ciascuna sostanza: uno per i numeri, uno per le grandezze e poi per l'anima e, in questo modo, allarga il numero delle sostanze. Alcuni, invece, affermano che le idee e i numeri hanno la stessa natura e che le altre cose, le linee e le superfici fino alla sostanza dell'universo e agli oggetti sen- sibili, dipendono da queste 21 . 18 Cf. Pl. Theaet. 180d. 19 Che siano gli atomisti risulta chiaro dal seguito, 309a 2ss. 20 De cael. A 2, 308b 29 oi r v ou v toutov to v toaov ari xouou xoi oro oieioov toi o ou ixovov roorv oute oirri v, oo xoiar o vtr ooiotroi toi gixioi xoivo- tre rvogoov ari te v vuv r0r vtev. 21 Metaph. Z 2, 1028b 16 ooxri or tioi to tou oeoto aroto, oiov raio vrio xoi yog xoi otiyg xoi ovo , rivoi ouoi oi, xoi oov g to oeo xoi to otrrov. rti aoo to oio0gto oi r v oux oiovtoi ri voi ouorv toiou tov, oi or arie xoi o ov ovto oioio, eoar Hotev to tr riog xoi to o0gotixo ouo ouoio, titgv or tgv tev oio0gtev oeotev ou oiov, Earu oiaao or xoi ariou ouoi o oao tou r vo oo rvo, xoi oo rxootg ouoio, ogv r v oi0ev ogv or ryr0e v, rarito ug xoi toutov og to v toaov rarxtri vri to ouoio. rvioi or to rv riog xoi tou oi0ou tgv outg v rriv Capitolo secondo 65 Anche qui Platone, Speusippo e Senocrate (il sostenitore delle idee-nu- mero) partono dal confronto con coloro che pongono le sostanze nei sensibili per sviluppare poi una gerarchia degli incorporei fino ai principi. Rispetto al brano precedente della Metafisica qui i Platonici sottolineano che le loro sostanze sono "pi eterne" dei corpi. Questo stesso dibattito sulle sostanze eterne si avverte in sottofondo nel resoconto aristotelico su Democrito riportato da Simplicio. Aristotele esordisce infatti spiegando che Democrito avrebbe individuato "la natura delle cose eterne" in "pic- cole sostanze" 22 . I principi atomistici vengono qui inquadrati in un dibat- tito pi ampio sulla natura delle sostanze eterne (corpi privi di affezioni o incorporei?) gi inscenato nella gigantomachia del Sofista e rappresentato con attori pi definiti nei passi della Metafisica analizzati sopra. Se Aristo- tele, riprende la diaphonia del Sofista, facendo intravvedere una contrappo- sizione degli Accademici agli atomisti, possibile che la critica degli "amici delle forme incorporee" cui Platone allude, si sia concentrata ad un certo punto, negli ultimi anni di vita del maestro, specificamente contro questi ultimi. Nel clima di rivalit fra l'Accademia e il Peripato non stupisce che proprio quelle tesi che gli allievi di Platone ritenevano superate dalla dot- trina dei principi incorporei, fossero invece da Aristotele considerate net- tamente superiori e utilizzate per minare il prestigio dei Platonici. Nei brani della Metafisica aristotelica si lasciano comunque intravvedere gli indizi di una critica agli atomisti che Sesto Empirico, nel decimo libro Contro i Matematici, attribuisce ai "figli dei Pitagorici" (gli Accademici ap- punto) e che verr esaminata pi oltre. 3. Platone e Democrito in Teofrasto Teofrasto nel De sensibus riprende dei concetti aristotelici, ma mantiene il parallelo Platone/ Democrito su un piano di neutralit. Essi sarebbero gli unici ad aver affrontato il problema della definizione della natura dei sen- sibili nel modo pi ampio e ad averli trattati individualmente. Platone per non avrebbe negato loro una physis, mentre Democrito ne avrebbe fatto delle semplici affezioni della sensazione 23 . Ambedue avrebbero comunque disatteso le loro premesse elaborando in pratica delle tesi opposte ai loro ooi uoiv, to or oo rorvo, yoo xoi raiaroo, ri ao tgv tou ouovou ouoiov xoi to oio0gto. 22 Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279 b 12, 295,1-2) (68 A 37 DK; 172 L.) Agoxito gyritoi :jv :ov ototov o:otv tt vot atxoo o:oto ag0o oariou. 23 De sens. 60 (68 A 135 DK; 71 L.) Ago xito xoi Hotev rai arioto v rioiv grvoi, xo0 rxootov yo ooiouoi agv o rv oux oaootrev tev oio0gtev tg v uoiv, Agoxito or ao vto ao0g tg oio0gore aoiev. Principi corporei/ incorporei 66 scopi. In questa maniera Teofrasto pone sullo stesso piano le loro dottrine e le accomuna nella critica. Altrove egli accennava, sulla scia di Aristotele, a coloro che, considerando semplici affezioni le quattro qualit fonda- mentali, proseguivano la ricerca al di l di queste fino alle cause prime 24 . Platone il primo referente, ma Democrito, che aveva cercato di definire "la sostanza del caldo e del freddo" 25 , veniva in una certa misura inglobato nello schema. Teofrasto riteneva tuttavia superfluo ricercare la causa di questi fenomeni fisici e, altrove, criticava proprio per questo Platone so- stenendo che ridicolo domandarsi perch il fuoco brucia e la neve raf- fredda 26 . Lo schema teofrasteo nel quale Platone e Democrito vengono posti in maniera neutrale sullo stesso piano e criticati conseguentemente per aver ricercato ulteriori cause delle qualit fondamentali determina poi gran parte della tradizione posteriore. Il quadro finora delineato, soprattutto attraverso Aristotele, con ri- scontri nei testi platonici e con uno sguardo alla posizione di Teofrasto ci offre dunque sostanzialmente tre modelli di confronto fra Platone/ Acca- demici e gli atomisti. 1. Lo schema apertamente polemico di Aristotele che vede in Platone e negli Accademici coloro che trattano la fisica coi logoi e assumono quindi principi inadeguati per quest'ambito. Egli utilizza all'occasione le dottrine atomiste in funzione antiplatonica e antiaccademica sottolineandone la superiorit nel campo della ricerca fisica. Il confronto verte comunque principalmente sulle dottrine del Timeo reinterpretate dagli allievi e, in misura minore, su quella delle idee-numero. L'utilizzazione polemica delle teorie atomiste contro Platone e gli Accademici da parte di Aristotele va inquadrata nel contesto pi vasto della concorrenza fra le due scuole: dall'altra parte probabilmente, come si pu dedurre dagli accenni aristote- lici stessi, gli Accademici cercavano di dimostrare la superiorit delle loro tesi su tutte quelle che ponevano principi corporei, in particolare l'atomi- smo. 2. Il secondo modello di confronto consiste nell'opposizione critica degli Accademici a tutte le dottrine materialiste, gi adombrata nella gi- gantomachia del Sofista. L'atomismo, in particolare, che poneva il corpo in 24 Theophr. De igne 7-8 oo yo touto roixrv ri rie tivo oxriv r xrriv go te v uaoxrir vev, g gtri to aeto oitio. oi vrtoi yo ou te oovouoi to 0rov xoi to uov eoar ao0g tivev rivoi xoi oux ooi xoi ouvo ri. 25 Arist. Metaph. M 4, 1078b 19-21 (68 A 36 DK; 99, 171 L.), supra, I 2 n. 63; per l'opinione di Teofrasto, cf. Simpl. In De cael. 299a 2, 564,24, infra, n. 137. 26 Theophr. Fr. 159 FHS&G (Procl. In Tim. II,120,18-22) toiouto rv o Oroooto raiti- oi tei Ho tevi ari tgoor tg uoyovio, ouor rai tev uoixe v ao vtev ryev oriv go raigtriv to oio ti yroiov yo goiv oaori v, oio ti xoiri to au xoi oio ti uri g iev. Capitolo secondo 67 s privo di qualit a fondamento del mondo fisico, doveva essere ad un certo punto diventato l'obiettivo principale per chi, invece, non si fer- mava, ma procedeva nella ricerca fino alle sostanze incorporee, ai numeri e ai principi ultimi, uno e diade indefinita. In questo contesto, il termine di confronto non era solo il Timeo, ovviamente reinterpretato, ma anche e soprattutto la dottrina dei primi principi. Questo schema oppositivo, che riproduce quello del Sofista platonico, presupposto in alcuni passi della Metafisica aristotelica. 3. Un paragone sostanzialmente neutro, quello di Teofrasto, che si ri- chiama in parte ad Aristotele, ma senza le sue punte polemiche, e cerca di confrontare a livello tipologico gli atomisti e Platone in particolare sul problema dei fondamenti delle qualit elementari prendendo in considera- zione soprattutto la dottrina del Timeo. Il modello di confronto polemico aristotelico, fuori dall'ambito delle discussioni a lui contemporanee e soprattutto a causa dell'enorme influsso del platonismo non poteva ovviamente essere assunto nella tradizione posteriore. Esso poteva semmai valere limitatamente a singole osserva- zioni critiche e sembra essere stato utilizzato in questo modo da Epicuro e dalla sua scuola 27 . Nella tradizione tarda che riporta notizie sui principi di Democrito e di Platone ha prevalso, per ovvi motivi, il modello neutro teofrasteo anche perch Teofrasto costituiva il principale punto di riferi- mento per la dossografia antica. La polemica di segno opposto a quella aristotelica, quella cio degli Accademici contro gli atomisti, emerge invece in un brano del decimo libro Contro i Matematici di Sesto Empirico. Esso si discosta, non solo per il suo carattere dialettico, ma anche per il contenuto (confronto fra atomi- smo e dottrina dei principi), dagli altri resoconti tardi facenti capo alla tipologia teofrastea di parallelismo neutro fra l'atomismo e la geometria del Timeo e restituisce probabilmente quel nucleo di discussione sull'ato- mismo antico nell'Accademia di cui sono rimaste solo labili tracce nell'o- pera aristotelica. Qui di seguito il brano di Sesto verr trattato dettagliatamente e con- frontato con il resto della tradizione tarda facente capo al modello teofra- steo e ai suoi intermediari. Si potr quindi cominciare a precisare entro quali binari si muove la tradizione sull'atomismo antico fuori dai testi fondamentali di Aristotele e Teofrasto, un lavoro necessario anche per operare un distinguo fra notizie di autori tardi di varia provenienza e valore che non hanno certamente attinto agli originali. 27 Cf. su questo punto, infra, VI 3. 1. Principi corporei/ incorporei 68 4. La tradizione "diafonica". Accademici contro atomisti in Sesto Empirico Adv. Math. 10,248-262 (121 L.) Adv. Math. 10,248-262 costituisce un testo fondamentale per ricostruire un'eventuale discussione dell'atomismo nell'Accademia. Si tratta di un passo molto discusso, non solo per il suo valore di testimonianza sulla dottrina accademica, ma anche per i vari problemi che esso pone. Il primo un problema di attribuzione: il brano si riferisce alle lezioni platoniche Sul bene o piuttosto alle interpretazioni che ne davano gli allievi? Il se- condo, quello che in questo contesto interessa pi da vicino, riguarda l'autenticit della polemica dei cosiddetti Pitagorici contro gli atomisti: si tratta solo di una ricostruzione a posteriori o ha un valore anche storico? Il terzo punto, il pi controverso, riguarda la fonte del brano di Sesto. Prima di affrontare l'analisi del brano opportuno premettere un dettaglio importante spesso trascurato e cio che Sesto ne fornisce una redazione parallela e riassuntiva negli Schizzi Pirroniani (3,151ss.). In questa versione, di stile tipicamente dossografico, mancano sia l'esposizione det- tagliata delle varie teorie che i riferimenti a polemiche dirette. Attraverso il confronto dei due passi possibile perci stabilire quali sono i punti della redazione originale della fonte che Sesto ha mantenuto nel resoconto principale, ma che ha giudicato poi non essenziali nella redazione riassun- tiva. Il resoconto di Sesto si presenta piuttosto articolato. Molto probabil- mente la sua fonte aveva attinto a sua volta a pi fonti, come indica lo stacco fra i paragrafi 262 e 263 28 . Nei paragrafi che seguono, vengono infatti esposte altre versioni di dottrine accademiche: quella delle catego- rie, quale si ritrova anche in Ermodoro, diretto allievo di Platone 29 , e la versione manualistica, canonica negli autori tardi e di probabile prove- nienza posidoniana 30 , della derivazione del tutto dai numeri. Per il tema qui trattato sono per rilevanti i paragrafi 248-262 in quanto sono gli unici a riportare una diaphonia dei Pitagorici (Accademici) con gli atomisti nella ricerca dei principi. L'excursus sui numeri in cui questa compare viene in- 28 Sext. Emp. Adv. Math. 10,262s. xoi oti toi og0rioi outoi rioiv tev oev ooi, aotxt!o oi Hu0oyoixoi oioooxouoiv. 29 Cf. Hermod. Fr. 7 IP. Per i rapporti fra i due testi, cf. Heinze 1892, 38ss.; Wilpert 1941, 230; De Vogel 1949, 205ss.; Theiler 1964, 92; Krmer 1959, 284; Isnardi Parente 1979, 108s.; 1982 440s. 30 Cf. Burkert 1972, 54ss. La teoria della u oi del punto riportata nei 281-283 era stata comunque per lo meno sicuramente trattata e difesa anche da Eratostene (Sext. Emp. Adv. Math. 3,28). Cf. Isnardi Parente 1992, 159-163. Capitolo secondo 69 trodotto nella discussione sul tema del tempo trattato poco prima perch, come osserva Sesto, con i numeri che si misura il tempo 31 . Egli passa poi ad una considerazione generale sull'importanza dei nu- meri nella fisica dei "Pitagorici" Dopo aver portato a termine l'esame di quel tema [il tempo], riteniamo oppor- tuno fare un resoconto anche su questo [il numero], soprattutto perch i pi sa- pienti fra i fisici hanno attribuito ai numeri una tale importanza da farne i principi e gli elementi di tutte le cose. Costoro sono i seguaci di Pitagora di Samo. Quelli che filosofano veramente essi dicono sono simili a quelli che studiano il di- scorso. Come infatti questi ultimi esaminano prima le parole (infatti il discorso composto da parole) e, poich le parole sono composte da sillabe, esaminano prima ancora le sillabe, siccome per le sillabe si risolvono nelle lettere della lin- gua scritta, studiano ancor prima queste ultime, cos dicono i Pitagorici i veri fisici, quando ricercano i principi del tutto, devono in primo luogo esaminare in quali elementi il tutto si scompone 32 . Carattere distintivo di questa introduzione la definizione dei Pitagorici come "i pi sapienti fra i fisici" che non si ritrova in nessun altro dei passi paralleli di Sesto, n in Pyrrh. hyp. 3,151, n in Adv. Math. 7,93ss., n in Adv. Math. 4,2ss. n corrente nella tradizione tarda anche di ascendenza neopitagorica. Questo giudizio, che riecheggia in certo modo quello del Filebo (16c-e) sui saggi antichi che hanno elaborato la dottrina dei numeri come intermedi fra l'uno e l'infinito, risale dunque ad un ambito platonico che si poneva come alternativo alla concezione aristotelica del fisico: i migliori fisici non sono quelli che si occupano dei fenomeni, ma quelli che hanno scomposto il tutto fino ai suoi principi ultimi, i numeri. Di ascen- denza platonica, sebbene mediata, anche l'analisi grammaticale come modello della scomposizione del mondo fino agli elementi primi 33 . Di ben altro tenore l'introduzione parallela di Pyrrh. hyp. 3,151. Qui si passa ex abrupto dalla dichiarazione che l'estremismo dei dogmatici sui numeri ha sollevato le critiche degli scettici, al semplice accenno al fatto 31 Adv. Math. 10,248. 32 Adv. Math. 10,248 xoe rriv gyour0o rto tgv aoovuo0rioov giv ari rxrivou gtgoiv xoi tov ari toutou oio0ro0oi oyov, xoi oio0 oti oi raiotgovrototoi tev uoixev oute ryogv ou voiv toi oi0oi oar vriov, eotr oo xoi otoirio te v oev toutou voiriv. outoi or rioiv oi ari tov Eo iov Hu0oyoov. roixrvoi yo ryouoi tou ioooouvto yvgoie toi ari oyov aovour voi. e yo outoi aetov to r ri rrtoouoiv (rx rrev yo o oyo), xoi rari rx ouoe v oi rri, aetov oxratovtoi to ouoo, xoi rari rx ouoe v to otoiri o tg ryyootou evg ovouorvev, ari rxri vev aetov rruveoiv, oute oriv ooiv oi ari Hu0o- yoov tou ovte uoixou, to ari tou aovto rruve vto, r v aetoi rrtoriv ri tivo to ao v oo vri tg v ovouoiv. Cf. anche Moderat. ap. Porph. V. P. 48s. 33 Cf. e.g. Pl. Pol. 278d; Theaet. 201ess.; Ti. 48b e Wilpert 1949, 129ss. Principi corporei/ incorporei 70 che i Pitagorici hanno considerato elementi i numeri 34 . Manca sia l'enco- mio di questi ultimi, sia la parte giustificativa del loro metodo, e cio il parallelismo con l'analisi del discorso. In Adv. Math. 10,250 Sesto espone poi l'argomentazione dei Pitagorici a favore della loro tesi E' dunque in certo modo contrario alla fisica sostenere che il principio di tutte le cose visibile: infatti ogni cosa visibile deve essere composta da invisibili, ma ci che composto da qualcosa non principio, lo invece ci da cui quello com- posto. Per questo non bisogna affermare che ci che appare principio di tutte le cose, ma che lo sono le componenti di ci che appare, le quali, per, non sono pi visibili. Perci [i Pitagorici] hanno posto come principi delle cose esistenti dei principi non evidenti e invisibili e in maniera differenziata 35 . Qui si intravvede l'intervento dello scettico (Sesto o la sua fonte) in quanto manca sostanzialmente una dimostrazione del fatto che i fenomeni sono composti. Il tutto viene presentato tendenziosamente come una ipotesi. Nei tropi scettici la considerazione delle dottrine dogmatiche come semplici ipotesi riveste una funzione fondamentale 36 . Proprio questa argomentazione l'unica dell'introduzione ad essere riportata nella ver- sione parallela di Pyrrh. hyp. 3,152 dove invece caduto tutto il resto 37 . Nel brano di Adversus Mathematicos segue poi il passo che interessa pi da vicino e cio la diffusa critica alle dottrine atomiste e corpuscolariste le quali hanno posto come principi s degli invisibili, ma pur sempre dei corpi Infatti quelli che hanno affermato che gli atomi o le omeomerie o le "masse" o, in generale, i corpi intellegibili sono i principi di tutte le cose esistenti, per un verso hanno visto giusto, per l'altro invece hanno sbagliato. Infatti, in quanto ri- tengono che i principi siano invisibili, procedono come si conviene, in quanto per li pongono come corporei, sbagliano. Come infatti i corpi intellegibili e invi- sibili precedono i corpi sensibili, cos anche gli incorporei devono essere principi dei corpi intellegibili. E questo logico: come infatti gli elementi della parola non 34 Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 3,151 rari o o vo ooxri g o vru oi0ou 0reri o0oi, oux ov rig otoaov xoi ari oi0ou or o oirr0riv. ooov r v yo rai tgi ouvg0rioi xoi ooo- oote oi0riv ti orv xoi oi0ov ri voi ti o xouorv g or tev ooyotixe v arir- yio xoi tov xoto tou tou xrxi vgxr oyov. outixo youv oi oao tou Hu0oyoou xoi otoi- rio tou xooou tou oi0ou ri voi ryouoiv. 35 Adv. Math. 10,250s. to r v ou v oivor vgv ri voi r yriv tgv tev oev ogv ouoixov ae rotiv ao v yo to oivorvov r oovev oriri ouviotoo0oi, to o rx tivev ou- vrote oux rotiv og, oo to r xrivou outou ouototixo v. o0rv xoi to oivorvo ou gtrov oo ri voi tev oev, oo to ouototixo tev oivorvev, oar ouxrti gv oi- vorvo. toivuv oogou xoi oovri uar0rvto to tev ovtev oo xoi ou xoive . 36 L'assegnazione ai dogmatici di un passaggio non motivato dai fenomeni alle loro cause nascoste un procedimento tipico anche dei medici empirici, cf. Gal. De exper. med. 24,3, 133s.; 25,2, 136 Walzer. 37 Pyrrh. hyp. 3,152 ooi youv, oti to oivo rvo rx tivo ouvrotgxrv, oao or rivoi ori to otoirio oogo oo roti to otoirio. Capitolo secondo 71 sono parole, cos anche gli elementi del corpo non sono corpi; ma devono essere o corpi o incorporei, perci certamente sono incorporei. E non ammissibile dire che gli atomi si trovano ad essere eterni e che, per questo, essi possono es- sere principi di tutto pur essendo corporei. In primo luogo, infatti, anche coloro che assumono come elementi le omeomerie e le "masse" e i minimi privi di parti assegnano loro una esistenza eterna, talch gli atomi non sono pi elementi di questi. Secondariamente, si ammetta pure che gli atomi siano veramente eterni; tuttavia, come coloro che ammettono che il cosmo sia ingenerato ed eterno, non di meno ricercano con la mente i primi principi che lo compongono, cos anche noi, dicono i fisici Pitagorici, cerchiamo con la mente da quali principi sono composti questi corpi eterni e visibili con la ragione. Dunque le loro componenti saranno o corpi o incorporei. Ma non potremmo dire che sono corpi, poich bi- sognerebbe porre come componenti di quelli dei corpi e cos, procedendo la mente all'infinito, il tutto sarebbe privo di principio 38 . Questo brano, al di l dei rimaneggiamenti, contiene le linee generali di quella che doveva essere una argomentazione originaria dei "Pitagorici". Essi partivano dalla critica a coloro che ponevano principi corporei (esat- tamente come gli Accademici di Aristotele), fossero essi pure invisibili, sottolineando come l'eternit da loro attribuita a tali corpi fosse solo appa- rente (in Aristotele Platone e i suoi allievi sottolineano che i loro principi sono "pi eterni" dei corpi 39 ). La vera eternit e i veri principi si trovano infatti negli incorporei cui si arriva attraverso un procedimento mentale (xot rai voiov). Se inizialmente l'argomentazione sembra rivolta contro tutte le dottrine atomiste e corpuscolariste, nella seconda parte per inequivocabilmente diretta contro gli atomisti che hanno posto gli atomi corporei come sostanze eterne. I Pitagorici-Accademici prendono le di- stanze da questi ultimi utilizzando un tipico argomento dialettico basato 38 Adv. Math. 10,252-256 oi yo otoou riaovtr g ooiorrio g oyxou g xoive vogto oeoto aovtev tev o vtev oriv agi r v xote0eoov, agi or oiraroov. gi r v yo oogou ri voi voiouoiv to oo , oro vte ovootrovtoi, gi or oeotixo uao- ti0rvtoi touto, oioaiatouoiv. e yo tev oio0gtev oeotev aogyritoi to vogto xoi oogo oeoto, oute xoi te v vogte v oeotev oriv ori to ooeoto. xoi xoto oyov e yo to tg rre otoirio oux rioi rri, oute xoi to te v oeotev otoirio ou x roti oeoto gtoi or oeoto oriri tuyo vriv g ooeoto oio ao vte rotiv ooeoto. xoi g v ouor r vroti o voi, oti oieviou our gxrv rivoi to oto ou, xoi oio tou to ouvoo0oi oeotixo ouoo tev oev oriv. aetov rv yo xoi oi to ooiorri o xoi oi tou oyxou xoi oi to roioto xoi o rg r yovtr rivoi otoirio oieviov oao- riaouoi toutev tg v uaootooiv, eotr g oov to oto ou g tout rivoi otoiri o. rito xoi orooo0e toi og0rioi oieviou ri voi to otoou o ov toaov oi oyrvgtov xoi oieviov oaoriaovtr tov xooov ouor v gttov ao raivoiov gtou oi to aetov ouotgoor vo outo v oo , oute xoi gri, ooiv oi Hu0oyoixoi tev uoixev ioooev, xot raivoiov oxrator0o to rx tivev to oie vio touto xoi oyei 0regto ouvrotgxr oeoto. gtoi ouv oeoto roti to ouototixo oute v g ooeoto. xoi oeoto rv oux ov riaoirv, rari orgori xoxrivev oeoto ryriv rivoi ouototixo xoi ou te ri oariov aooivouog tg raivoi o o voov yivro0oi to aov. 39 Metaph. Z 2, 1028b 16ss., v. supra, n. 21. Principi corporei/ incorporei 72 sulla scomposizione mentale dei composti nelle loro costituenti pi sem- plici. Come i sostenitori delle idee nel Sofista, essi "fanno in briciole nei logoi" i corpi dei loro avversari e dimostrano che questi non sono vere sostanze eterne, in quanto mentalmente possono sempre essere scomposti in altri corpi in una infinita progressione che priva il tutto di un principio e di un ordine (ovoov yi vro0oi to aov). E' un'immagine parallela a quella della molteplicit senza l'uno fatta balenare da Platone nel Parmenide e riemergente anche nelle presunte critiche degli Eleati ai pluralisti in De generatione et corruptione A 8 di cui si parler nel terzo capitolo 40 . Nel resoconto parallelo di Sesto in Pyrrh. hyp. 3,152 manca sia la critica agli atomisti sia la conseguente spiegazione della sottrazione xot rai voiov fino ai principi e rimane solo l'opposizione rigidamente binaria fra corpo- reo e incorporeo nella forma tipica anche di altri passi dossografici di Sesto e in generale di una certa tradizione sui principi: degli invisibili al- cuni sono corporei (atomi, oyxoi), altri incorporei (figure, idee, numeri). Il brano di Sesto non riproduce comunque alla lettera il discorso dei Pitagorici-Accademici come evidente sia dallo stile che dagli incisi sparsi qua e l. Uno di questi il richiamo ad Epicuro al paragrafo 257. I "Pita- gorici" concludono infatti la loro argomentazione contro i principi corpo- rei ribadendo che l'unica possibile soluzione rimane quella di cercare dei principi incorporei. A questo punto viene introdotta la seguente osserva- zione completamente anacronistica in un discorso fatto da Pitagorici-Ac- cademici: Cosa che anche Epicuro ha ammesso, dicendo che il corpo concepito per ag- gregazione di figura, grandezza, solidit e peso 41 . La proposizione relativa e per di pi espressa all'aoristo segnala comunque che si tratta di un inciso 42 . Il discorso dei Pitagorici-Accademici infatti condotto tutto al presente. Che dunque i principi dei corpi visibili solo col pensiero debbano essere degli incorporei evidente, continua il testo, ma il solo fatto di essere incorporei non li qualifica automaticamente come principi. Infatti anche Platone ha riconosciuto che le idee, pur essendo incorporee e preesistenti ai corpi, che si generano secondo il loro modello, non sono principi in quanto ciascuna idea presa in s uno, ma in combinazione 40 V. infra, III 2. 2. 2 e n. 56 per il testo di Parm. 165a-b. 41 Adv. Math. 10,257 oar xoi Eaixouo eooygor, g oo xoto o0oioov ogoto tr xoi ryr0ou xoi ovtituaio xoi oou to oeo vrvogo0oi. 42 Si tratta di una definizione di corpo variamente utilizzata da Sesto: in Adv. Math. 10,240 viene riportata ancora come epicurea e confutata, in Pyrrh. hyp. 3,152 viene invece intro- dotta come definizione generale di corpo come o0oioo di accidenti incorporei, in Adv. Math. 9,367 ricompare come tesi dei "Matematici". Capitolo secondo 73 con altre due, tre o quattro; dunque esse sono governate dal numero 43 . Nel resoconto parallelo degli Schizzi pirroniani mancano completamente le osservazioni su Platone, le quali quindi risalgono con molta probabilit al testo originario dei cosiddetti Pitagorici. Se Alessandro sosteneva che Aristotele, nel Hri toyo0ou , attribuiva a Platone il superamento della dottrina delle idee verso i principi, uno e diade, Simplicio faceva risalire questa notizia non solo al libello aristotelico, ma anche alle altre redazioni della lezione platonica sia di Speusippo che di Senocrate e di altri allievi 44 . Dunque questo passaggio dalle idee al numero si integra perfettamente con l'ipotesi dell'utilizzazione di uno scritto degli allievi di Platone da parte della tradizione cui la fonte di Sesto si richiama 45 . Dopo l'accenno alla teoria platonica delle idee, i Pitagorici-Accademici procedono ad esporre il passaggio dai corpi agli elementi incorporei fino ai principi primi, l'uno e la diade indefinita: e le figure solide, che hanno una natura incorporea, vengono pensate prima dei corpi, ma ancora non sono i principi di tutte le cose; infatti nella rappresenta- zione mentale vengono prima le superfici poich i solidi sono formati da queste. Ma neppure le superfici possono essere poste come principi di tutte le cose; in- fatti ciascuna di esse a sua volta composta da elementi che la precedono, le li- nee, e le linee hanno come presupposti i numeri in quanto la figura composta di tre linee si chiama triangolo e quella composta di quattro quadrangolo. E poich la semplice linea non viene pensata senza il numero, ma, condotta da un punto all'altro, segue il due e tutti i numeri cadono anch'essi sotto l'uno (infatti la diade una diade e anche la triade un uno e la decade una somma di numeri). Pren- dendo le mosse da queste considerazioni, Pitagora ha posto come principio delle cose esistenti la monade per partecipazione alla quale ciascuna delle cose esistenti si dice uno. E questa, pensata secondo l'identit con se stessa, viene pensata come monade, aggiunta a se stessa secondo la diversit, costituisce la cosiddetta diade indefinita in quanto non nessuna delle diadi numerabili e definite, ma tutte vengono pensate come tali per partecipazione a questa. Dunque due sono i principi degli esseri: la prima monade, per partecipazione alla quale tutte le mo- 43 Adv. Math. 10,258 gog or oux ri tivo aourotgxr tev oeotev ooeoto, tout r ovoyxg otoirio r oti tev ovtev xoi aetoi tivr ooi. ioou yo xoi oi ioroi ooeo- toi ouooi xoto to v Ho tevo aourotooi te v oeotev, xoi rxootov tev yivor vev ao ou to yi vrtoi o oux rioi tev o vtev ooi, rariar rxootg ior o xot ioiov r v oovor vg r v rivoi ryrtoi, xoto ougiv or r tro g oev ou o xoi tri xoi trooor, eotr rivoi ti raovorgxo oute v tg uaootoore, to v oi0ov, ou xoto r- togv to r v g to ouo g to ti o g to toutev rti ariovo raixotgyoritoi oute v. 44 Xenocr. Fr. 98 IP (Simpl. In Phys. 187a 12, 151,6-11). 45 Gaiser 1968b, 66 emargina la notizia su Platone come aggiunta ellenistica. Se fosse tale, non si capisce perch non dovrebbe comparire, per lo meno in accenno, anche nella ver- sione degli Schizzi pirroniani. Principi corporei/ incorporei 74 nadi numerabili sono pensate come monadi, e la diade indefinita, per partecipa- zione alla quale le diadi definite sono diadi 46 . Il resoconto qui in alcuni punti sicuramente distorto in quanto la tetrade nella dottrina delle idee-numero non ha come corrispettivo geometrico il quadrangolo, ma la piramide e c' una confusione fra la diade come primo dei numeri e la diade-principio (v. infra), ma il procedimento di sottrazione dal corpo alla linea riproduce quello che si trova anche in altre testimo- nianze sulla dottrina delle idee-numero. Nel resoconto degli Schizzi ven- gono assunti come principi incorporei, in sequenza, le figure, le idee e i numeri 47 senza alcun accenno al metodo di sottrazione, come se si trat- tasse di entit a s stanti. 4. 1. Autenticit della polemica antiatomista nell'excursus di Sesto Tra gli anni quaranta e cinquanta Paul Wilpert, nella sua opera di raccolta di testimonianze sulla dottrina non scritta di Platone, aveva creduto di individuare in questo brano di Sesto Empirico un frammento delle lezioni Sul bene di Platone e ipotizzato conseguentemente una opposizione di quest'ultimo a Democrito 48 . In seguito, tuttavia, anche chi ha riconosciuto 46 Adv. Math. 10,259-262 xoi to otrro ogoto aoraivoritoi tev oeotev, ooeotov rovto tgv u oiv o ovoaoiv ou x ori tev aovtev aooyri yo xoi toutev xoto tgv raivoiov to raiaroo ogoto oio to r rxri vev to otrro ouviotoo0oi. oo rv ouor to raiaroo ogoto 0rig ti o v te v o vtev otoirio rxootov yo outev aoiv rx aooyovtev ouvti0rtoi tev yoe v, xoi oi yooi aoraivoourvou rouoi tou oi0ou, aoooov to r v rx te v tiev yoev tiyevov xoritoi xoi to r x troooev trto yevov. xoi rari g oag yog ou ei oi0ou vrvogtoi, o oao ogriou rai ogriov o yor vg rrtoi te v ouri v, oi tr oi0oi ao vtr xoi outoi uao to rv arate xooiv (xoi yo g ouo io ti roti ouo , xoi g tio r v ti roti, tio , xoi g orxo r v oi0ou xrooiov), rv0rv xivg0ri o Hu0oyoo og v rgorv ri voi te v o vtev tg v ovooo, g xoto rtogv rxootov te v o vtev rv ryrtoi xoi toutgv xot outotgto r v routg vo- our vgv ovooo vorio0oi, raiouvtr0rioov o routgi xo0 rtrotgto oaotrriv tgv xo- our vgv ooiotov ouooo oio to gori ov te v oi0gtev xoi eiorvev ouooev ri voi [tgv secl. Heintz] outg v, aooo or xoto rtogv outg ouooo vrvogo0oi, xo0e xoi rai tg ovooo rr youoiv ouo ou v te v o vtev ooi, g tr aetg ovo , g xoto rtogv aoooi oi oi0gtoi ovoor voouvtoi ovoor, xoi g ooioto ouo, g xoto rtogv oi eiorvoi ouoor rioi ouoor. 47 Pyrrh. hyp. 3,152 te v or oogev to rv roti oeoto, e oi otooi xoi oi oyxoi, to or ooeoto, e ogoto xoi ior oi xoi oi0oi. e v to rv oeoto r oti ou v0rto, ouvroteto rx tr g xou xoi aotou xoi o0ou xoi o vtituaio g xoi oou. ou ovov oo oogo oo xoi ooeoto roti to otoiri o. oo xoi tev ooeotev rxootov rai0reourvov rri tov oi0ov g yo r v rotiv g ouo g arie. oi ev ouvo yrtoi oti to otoirio tev ovtev rioiv oi oogoi xoi ooe otoi xoi ao oiv rai0reourvoi oi0oi. xoi ou oae, o g tr ovo xoi g xoto raiou v0roiv tg ovooo yivor vg ooioto ouo , g xoto rtouoi ov oi xoto ro yiyvovtoi ouoor ouoor. 48 Wilpert 1941, 229-248; 1949, 128ss.; 1950, 49-66. Capitolo secondo 75 nel brano la presenza di un nucleo di dottrina platonica, ha avanzato dubbi sulla sua originalit globale. Gi Jaeger, recensendo il lavoro di Wil- pert, aveva richiamato l'attenzione sulla terminologia ellenistica di vari punti del brano e sugli evidenti interventi della fonte o delle fonti inter- medie. Tra questi Jaeger annoverava anche la diaphonia fra "Pitagorici" e atomisti considerandola una ricostruzione a posteriori 49 . Gaiser, che nel volume Platons ungeschriebene Lehre la accettava come parte del resoconto originale concordando con Wilpert sull'ipotesi di una diretta critica plato- nica all'atomismo 50 , diviene poi pi cauto nello studio particolare dedicato a questo brano. Come altri dopo Jger, anch'egli inclina a considerare il nucleo che illustra la diaphonia un inserimento in quanto presenta il reper- torio dossografico ellenistico sui principi presente anche altrove in Sesto e in altri autori 51 . A favore di questa tesi sembrerebbe giocare anche un passo di Sesto in cui viene esposto il decimo tropo scettico della sospen- sione del giudizio, quello della relativit delle concezioni dogmatiche, nel quale compare anche la lista tipica della vulgata dossografica sui principi e la dichiarazione che le varie ipotesi dogmatiche vengono dagli scettici contrapposte, ora a loro stesse (l'accento sulle loro contraddizione in- terne), ora a ciascuna delle altre 52 . La diaphonia fra i Pitagorici e gli atomisti potrebbe dunque essere una costruzione seriore. Per stabilire se e in che misura il brano presenti una contrapposizione originale degli Accademici agli atomisti bisogna tuttavia osservare il reso- conto di Sesto da un'ottica diversa rispetto a quella di chi ne rifiuta in blocco l'originalit. In questo brano, come stato pi volte rilevato, ci sono s dei rimaneggiamenti (evidenti ad esempio nella terminologia di matrice stoica, corrente negli autori di et imperiale) e degli inserimenti che risalgono ad una tradizione posteriore, ma questi in generale risaltano 49 Jaeger 1951, 250s. [1960, 424s.]. 50 Gaiser 1968a, 28s.; 82-85; 354 n. 60; cf. anche 229, 298, 465. Della stessa opinione anche Krmer 1971, 294 n. 227. 51 Cf. in Gaiser 1968b, 64; 74 n. 103 con l'elenco degli autori in cui compare la sequenza atomisti, corpuscolaristi, sostenitori di principi incorporei. Un elenco pi esauriente in Theiler 1964, 90 dove per non viene fatta alcuna differenziazione fra i vari tipi di reso- conto dossografico. Manca in ambedue le liste un passo di Alessandro di Afrodisia, De mixt. 213,18-214,6 dove i limiti dei corpi sono identificati con i triangoli platonici, v. infra, n. 77. In ogni caso questi resoconti trattano i limiti dei corpi come dottrina a s stante cos come Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 3,152ss. La problematizzazione di questo passo manca sor- prendentemente in Thiel 2006, 343s. e 349s. che d per scontata l'autenticit della polemica antiatomista. 52 Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 1,145ss. orxoto roti toao [...] o aoo to ooyotixo uaogri [...] ooyotixg or rotiv uaogi aoooog ao yoto oi ovooyioou g tivo oao- orire xotu vro0oi ooxouoo, oiov oti otoo roti te v ovtev otoirio g ooiorg g roioto g tivo oo. o vtiti0rrv or toutev rxootov otr r v r outei otr or tev oev rxootei. Principi corporei/ incorporei 76 proprio per il loro anacronismo come l'accenno ad Epicuro menzionato precedentemente. Il fatto che Sesto riporti lo schema dossografico am- pliato sui principi corporei di et ellenistica (atomi, omeomeri, "masse", minimi privi di parti) non in s probante in quanto non esclude a priori che il nucleo originale (Accademici contro atomisti) sia stato "aggiornato" con tutta la lista tipica della dossografia tarda 53 . In generale, comunque, Sesto presenta come storicamente vere, riproducendone abbastanza fe- delmente la sostanza, solo le polemiche effettivamente condotte da autori specifici contro altri 54 . Non presenta invece come un dato storico, ma come una semplice divergenza di opinioni fra i dogmatici deducibile dalle loro rispettive dottrine una diaphonia ricostruita a posteriori. Nel brano di Sesto si avverte comunque quell'atmosfera di contrappo- sizione dialettica degli Accademici ai sostenitori dei principi corporei deli- neata nel Sofista ed evocata pi volte nell'opera aristotelica che ho cercato di delineare nella prima parte di questo capitolo. Qui si possono aggiun- gere ulteriori considerazioni a conferma di questo fatto: 1. L'affermazione di principio secondo cui i fenomeni devono neces- sariamente essere composti di elementi invisibili sembra proprio ripro- durre nella terminologia stessa quella tendenza degli Accademici contro cui Aristotele si scaglia nel primo libro della Metafisica e nel secondo libro della Fisica accusandoli di far derivare le cose evidenti da ci che non si vede 55 . 2. I Pitagorici di Sesto mettono sullo stesso piano teorie corpuscolari e atomiste: ambedue presupporrebbero corpuscoli eterni, ma non tali in realt in quanto sia gli uni che gli altri sono ulteriormente divisibili con la mente. Questa assimilazione fra dottrine atomiste e corpuscolariste ritorna sia nei resoconti aristotelici che trattano gli indivisibili sia, in particolare, in un brano del terzo libro del De caelo, il cui tema proprio l'alternativa fra eternit o corruttibilit dei corpi elementari: i corpi elementari eterni ai quali si arresterebbe la divisione sono o atomi, o ancora divisibili, ma mai divisi. Questa seconda teoria corpuscolare viene attribuita molto strana- mente ad Empedocle: egli avrebbe ammesso un corpuscolo "divisibile, 53 Su questa linea si pone la risposta data da Krmer 1964, 156ss. alle critiche rivoltegli da Vlastos 1963, 644-648 il quale, adducendo l'argomento della rielaborazione tarda, negava la possibilit di una eventuale presenza di materiale originale accademico nel brano. Ci che invece risulta pi problematico della tesi di Krmer, come vedremo, che il brano di Sesto riporti effettiva dottrina platonica non filtrata dall'interpretazione degli allievi. Sull'amplifi- cazione da parte della dossografia di problematiche e discussioni originarie, cf. Mansfeld 1992b e 2002 che tratta in particolare il materiale peripatetico. 54 Cf. e.g. quella fra Alessino il megarico e il suo contemporaneo Zenone stoico e degli stoici successivi contro Alessino (Adv. Math. 9,108-110); fra Diogene di Babilonia e gli oppositori di Zenone (9,133s.). 55 Metaph. A 9, 992a 24-29, v. supra, n. 3; cf. anche Phys. B 1, 193a 5ss. Capitolo secondo 77 senza che possa mai venire dissolto" 56 . Tale esegesi dei principi empedo- clei tuttavia, molto probabilmente, gi accademica e deriva da una rein- terpretazione della dottrina empedoclea alla luce della teoria corpuscolare di Eraclide Pontico. Egli aveva infatti assunto come componenti ultime dei corpi piccole masse prive di connessioni al loro interno (o vooi oyxoi), e quindi ulteriormente scomponibili, separate da pori 57 . In Sesto i "Pitagorici" fanno presente che l'assumere come principi dei corpi intelle- gibili, siano essi atomi o corpuscoli ulteriormente divisibili come gli o yxoi, equivale ad una progressione all'infinito: in quanto corpi essi si possono sempre immaginare composti di altri corpi senza poter arrivare ad un principio ordinatore del tutto. 3. Il brano di Sesto si stacca da tutto il resto della tradizione dossogra- fica tarda di marca teofrastea in quanto l'unico non solo a presentare una contrapposizione fra atomismo e dottrine "pitagoriche" dei principi, superando lo schema della concordanza di fondo 58 , ma anche a confron- tare gli atomi non con i triangoli del Timeo, bens con la dottrina dell'uno e della diade. 4. Sesto menziona fra coloro che hanno assunto come principi dei corpi solo intellegibili gli atomisti, coloro che hanno posto le omeomerie, o gli onkoi, o i minimi privi di parti secondo il normale schema presente anche in altri autori tardi (v. infra). L'allusione ai sostenitori degli roioto xoi org , nel migliore dei casi, un anacronismo, in quanto questi prin- cipi sono attribuiti nella lista dossografica corrente a Diodoro Crono po- steriore a Senocrate 59 . Tuttavia, nel seguito del passo, la critica dei cosid- detti Pitagorici rivolta espressamente contro gli atomisti e non contro tutte le tesi menzionate. Anzi, come risposta all'eternit dei loro atomi, si obietta che, in fondo, anche i corpuscolaristi hanno considerato i loro corpuscoli eterni; dunque gli atomi non sono "pi elementi" dei corpu- 56 De cael. I 6, 305a 1-6 ri or otgortoi aou g oiouoi, gtoi otoov rotoi to oeo rv ei iototoi, g oioirtov rv ou rvtoi oioir0goorvov ouoraotr, xo0oar roixrv Earooxg ouro0oi ryriv. otoov rv ou x rotoi oio tou aotrov rigrvou oyou oo g v ouor oioirtov r v ouoraotr or oiou0goorvov. 57 Heraclid. Fr. 118-123 Werhli. Sull'interpretazione degli ovooi oyxoi di Eraclide, cf. Stckelberger 1984, 17-19 con bibliografia. Sull'interpretazione corpuscolare di Empedocle e sulle sue ascendenze accademiche, cf. Gemelli Marciano 1991a. 58 Anche Aristotele applica del resto lo schema "sinfonico" Pitagorici-atomisti nel breve accenno congiunto a Democrito e ai Pitagorici di Metafisica M 4. Le differenze di questo accostamento con lo schema diafonico del brano di Sesto sono evidenti. Innanzitutto i Pi- tagorici di Aristotele vengono prima di Democrito e non possono essersi posti in posi- zione critica nei suoi confronti. Inoltre sostengono anch'essi dei principi corporei in quanto i loro numeri non sono separati dai sensibili. Aristotele li situa poi sullo stesso piano di Democrito in quanto anch'essi hanno cercato in qualche modo di definire l'es- senza. 59 V. infra, V 1 n. 12. Principi corporei/ incorporei 78 scoli. Atomisti e corpuscolaristi vengono posti sullo stesso piano. La ne- gazione di una eternit vera e propria all'ambito del corporeo in perfetta consonanza con la tradizione platonica che, da Platone in poi, esclude dal mondo sensibile tutti i concetti assoluti 60 . L'intervento di cosmesi della fonte di Sesto non dunque da individuarsi nell'argomentazione princi- pale, bens unicamente nell'ampliamento della lista dei sostenitori dei principi corporei. 5. Nel suo nucleo, inoltre, questa parte introduttiva del brano in cui si parte dalla critica agli atomisti per il successivo superamento del corporeo attraverso le figure fino al numero, presenta delle strette analogie coi brani aristotelici nei quali, nella prima parte di questo capitolo, si sono ravvisate tracce di una possibile critica degli Accademici agli atomisti. Wilpert faceva inoltre rilevare in particolare due punti che riguardano sia l'aspetto pi generale dell'excursus dossografico, sia l'opposizione speci- fica Pitagorici/ atomisti 61 : 1. La necessit di porre elementi non ulteriormente scomponibili, neppure con la mente, scaturisce dalla problematica della divisibilit all'in- finito cos come era stata impostata nell'Accademia 62 . 2. Alla base dell'opposizione dei "Pitagorici" alle dottrine atomiste e alla loro ricerca dei principi sta una marcata equivalenza fra ci che pu venir pensato e ci che nella realt 63 quale si ritrova anche nella descri- zione dei molti senza l'uno del Parmenide platonico (165b) e quale viene continuamente rimproverata da Aristotele agli Accademici in generale 64 . Per loro ci che si pu scomporre con la mente in realt scomponibile e dunque non pu essere principio. Le critiche rivolte alle dottrine atomiste e corpuscolariste dai "Pitagorici" di Sesto sono perfettamente coerenti con le concezioni e il metodo degli Accademici e richiamano l'immagine degli amici delle idee del Sofista platonico che fanno a pezzi nei logoi i corpi dei loro avversari. Nel brano di Sesto dunque possibile individuare, al di l delle riela- borazioni tarde, una terminologia e una impostazione della discussione che rimanda ad una opposizione degli Accademici agli atomisti su punti fondamentali quali l'essenza e l'eternit dei principi. 60 Una conferma indiretta dell'autenticit della polemica antiatomista degli Accademici viene poi dalla formulazione della dottrina dei minimi dell'atomo da parte di Epicuro che tiene conto sia delle critiche accademiche che delle risposte aristoteliche agli Accademici stessi, v. infra, VI 3. 1. 61 Wilpert 1949, 128ss.; 1950, 55. 62 Wilpert 1950, 56ss. 63 Wilpert 1949, 242-244; 1950, 62-65. 64 Il termine "tecnico" usato da Aristotele per questo modo di procedere oyixe oxoariv, cf. De gen. et corr. A 2, 316a 5; Phys. I 8, 208a 14, v. infra, IV 2. Capitolo secondo 79 Verificata l'autenticit della polemica antiatomista del brano di Sesto rimangono da definire ancora due punti qualificanti per la ricezione del- l'atomismo nell'Accademia e per la trasmissione di questa visione dell'a- tomo alla tradizione tarda: 1. In primo luogo l'identit dei Pitagorici in questione. Wilpert e Gai- ser attribuivano la dottrina direttamente a Platone, la Isnardi Parente incline a considerarla pi propriamente senocratea. Nel primo caso sa- rebbe l'unico indizio reale di una trattazione da parte di Platone dell'ato- mismo antico, nel secondo verrebbe invece rafforzata l'ipotesi secondo cui erano piuttosto gli allievi ad aver preso posizione nei confronti degli atomisti. 2. In secondo luogo chi sia la fonte di Sesto e da dove essa stessa pre- sumibilmente attinga. 4. 2. Senocrate "figlio dei Pitagorici" e la polemica antiatomista Se Wilpert, Gaiser e Krmer vedevano nel resoconto di Sesto la dottrina non scritta di Platone, c' invece una corrente che riporta il passo all'Ac- cademia, ma non a Platone stesso 65 . Alcuni elementi nella prima parte del resoconto, gi accennati dalla Isnardi Parente, fanno propendere per una derivazione da Senocrate. In particolare la concezione dell'idea come una realt composita, molteplice al suo interno (xoto ougiv). Si tratterebbe di un ulteriore sviluppo della dottrina del Sofista dove Platone parla di ouaoxg tev rioe v, ma non di ougi, un concetto a lui estraneo, mentre Senocrate viene indicato da Temistio come il sostenitore di una conce- zione dell'idea-numero come molteplicit (ouyxri rvo r rioev) 66 . Ai fini dell'attribuzione a Senocrate sono per ancora pi rilevanti altri due fatti e cio: 1. La considerazione del solido come un incorporeo con una conse- guente nettissima separazione, senza possibilit di mediazione se non attraverso il concetto di partecipazione, fra sensibile e intellegibile. 65 Merlan 1960, 203s. accettava la tesi che il contenuto del brano di Sesto fosse basato su un nucleo derivato dall'Accademia, ma non da Platone facendo notare, fra l'altro, che nel re- soconto viene citato il nome di Platone stesso. Krmer 1964, 158 n. 56 e Gaiser 1968b, passim, interpretano il riferimento come una aggiunta della fonte di Sesto, ma in realt esso rientra in un discorso originario e coerente che accoglie la dottrina delle idee, indicando nel contempo anche le linee del suo superamento. Isnardi Parente 1982a lo ha riportato espressamente a Senocrate inserendolo nella sua edizione. Cf. ultimamente anche Thiel 2006, III 6. 66 Isnardi Parente 1981, 41s.; 1982, 348-50. Principi corporei/ incorporei 80 2. L'allusione alla generazione del cosmo xot raivoiov che, al di l della terminologia di matrice stoica 67 , richiama l'interpretazione oioooxoio oiv data dagli allievi di Platone della generazione del cosmo nel Timeo 68 . Il chorismos dei corporei dagli incorporei e la complessit delle idee, sono i temi dominanti di un resoconto sulla dottrina di Senocrate nella parafrasi al De anima di Temistio che si richiama, anche se forse attraverso mediazioni 69 , al Peri physeos di Senocrate stesso. In questo brano, come nel resoconto di Sesto, il solido appunto considerato un incorporeo mentre in Platone il corpo stesso e nelle testimonianze sul Hri toyo0ou e nella tradizione platonica tarda il primo incorporeo la superficie 70 . La natura incorporea, spiega Temistio esponendo l'opinione di Seno- crate, essendo priva della massa corporea, non appartiene alla sfera del continuo, ma deve possedere i caratteri del discontinuo. La molteplicit presente in questo ambito fatta di monadi vere e non di unit apparenti quali quelle del mondo fisico. L'incorporeo dunque costituito di numeri ideali che, in quanto numeri, esprimono una molteplicit, in quanto unit ideali, sono realmente delle unit. Elementi del numero ideale sono l'idea dell'uno e quella della prima diade, della prima triade e della prima tetrade. Siccome, per, nel mondo intellegibile devono comparire anche i fonda- menti matematici del sensibile e questo composto da lunghezza, lar- ghezza e profondit, la lunghezza prima (la linea), la superficie prima (il triangolo), il solido primo (la piramide) costituiscono i corrispettivi geo- metrici della diade, della triade e della tetrade 71 . Al di l della terminologia 67 L'espressione non attestata n in Platone n in Aristotele, ma risale all'opposizione stoica xot rai voiov (o raivoi oi)/ xo0 uaootooiv (Posidon. F 16; 92 E.-K.) e diventa un ter- mine corrente negli autori di et imperiale, cf. e.g. Gal. De diff. puls. 2,7 (VIII,609 K.); PHP 8,3,7 (II,496,14 De Lacy = V,668 K.), infra, 5. 2 n. 108. 68 Cf. Arist. De cael. A 10, 279b 32. 69 Isnardi Parente 1982a, 429-431; 1992, 147 n. 38. 70 Cf. Pl. Ti. 53c; Leg. 894a; Arist. Fr. 28 Rose (Alex. In Metaph. 987b 33, 55,20) oo rv tev ovtev tou oi0ou Hotev tr xoi oi Hu0oyorioi uarti0rvto, o ti rooxri outoi to aetov og rivoi xoi to oouv0rtov, :ov ot ooao:ov aoo:o :o tatatoo ttvotto yo oaouotro tr xoi g ouvovoiourvo aeto tgi uori. Philo Op. 50; Macr. Somn. Scip. 1,5,13 Ipsam vero superficiem cum lineis suis primam post corpora diximus incorpoream esse natu- ram nec tamen sequestrandam propter perpetuam cum corporibus societatem; cf. anche Chalc. In Tim. 101,19ss. Theiler 1964, 101 riteneva questi ultimi brani paralleli a quello di Sesto, ma essi differiscono proprio in questo punto fondamentale. 71 Xenocr. Fr. 260 IP (Themist. In De an. 404b 20, 11,20) tgv yo ooeotov uoiv tou r v ouvrou aooou aoe0rv rivoi aovtoaooiv uaroovov oi o vor rxrivoi, o tr r v oyxei g uroteoov, tou oieiorvou or oixriov rivoi ag0o yo xoi rxrivg rivoi tg uore r r vooev og0ive v ouvtr0rir vov uarvoouv, ou oioi gri er0o rai tev oeotev ovooiv, ev ouor v roti rv oxie , oo arie, oov or oario oio xoi riogtixov rxoouv toutov to v oi0ov otr ouyxrirvov r rioe v, xoi tou oi0ou rxrivou riog tev ovtev rti0rvto 'oi0ei or tr aovt raroixr'. tou r v ouv outoeiou, toutroti tou xooou tou vogtou, otoirio to aeto raoiouv te v riogtixev oi0ev tgv Capitolo secondo 81 tarda nella quale Temistio espone 72 , le concezioni di fondo del brano com- baciano comunque con la dottrina dei Pitagorici di Sesto se si esclude il fatto che quest'ultimo o la sua fonte distorcono il concetto di triade e tetrade applicandolo erroneamente a triangolo e quadrangolo e non a triangolo e piramide. Ambedue i brani sottolineano comunque il chorismos del mondo sensibile dalle entit geometriche che ne costituiscono il fon- damento, un tratto tipico della dottrina di Senocrate 73 . La concezione del solido come incorporeo non dunque platonica n deriva da una even- tuale contaminazione della fonte tarda in quanto, pi oltre, nello stesso resoconto il solido viene chiaramente definito come to otrro v og o xoi to oe o 74 , ma risale a Senocrate. Un altro punto che porta ad escludere la provenienza del brano di Se- sto dalle dottrine non scritte di Platone e a riportarlo invece a Senocrate l'allusione ad una interpretazione non letterale, ma xot raivoiov della na- scita del cosmo e degli enti di per s eterni. Essa infatti non pu essere di Platone per ovvie ragioni e difficilmente inserzione della fonte interme- dia. Se infatti l'interpretazione allegorica della nascita del cosmo comune nel medio- e neoplatonismo 75 , non invece documentata in relazione alla genesi dei solidi e dei numeri. Ambedue le interpretazioni, compresa la generazione dei numeri 0regooi r vrxo, sono invece attribuite nei testi aristotelici espressamente ai sostenitori delle idee-numero, cio a Seno- crate 76 . Dunque l'accenno alla genesi del cosmo, ma anche al carattere tou r vo ior ov xoi tg v tg aetg ouooo xoi tgv tg aetg tiooo xoi tgv tg aetg trtooo rariog yo r v tei vogtei xooei ori aovte to oo aoroi vro0oi tou oio0gtou, o or oio0gto r x gxou gog xoi aotou xoi o0ou, tou rv g xou iorov rivoi tg v aetgv oarg vovto ouooo oao yo rvo r r v to gxo, toutr otiv oao ogriou rai ogriov tou or gxou oo xoi aotou tgv aetgv tiooo aetov yo tev raiaroev ogo tev r oti to tiyevov tou or gxou xoi aotou xoi o0ou tgv aetgv trtooo aetov yo te v otrre v roti v g auoi. touto or oaovto oriv rotiv rx tev Hri uore Ervoxotou. 72 Il brano di Temistio, che Saffrey 1955, 37-43 aveva considerato di scarsa affidabilit, stato riabilitato da Cherniss 1977, 427-429 nella recensione a Saffrey e accettato a pieno titolo come testimonianza su Senocrate da Pines 1961, 15ss. e da Isnardi Parente 1982a, 429-431; 1992, 145 n. 36. 73 Cf. anche la netta separazione fra sostanza sensibile e intellegibile in Xenocr. Fr. 83 IP (Sext. Emp. Adv. Math. 7,147-149). Cf. su questo punto anche la critica aristotelica alle dottrine senocratee Metaph. N 3, 1090b 21-29. 74 Adv. Math. 10,280; cf. anche i passi paralleli Adv. Math. 7,100 e 4,5. Per altre testimonianze che utilizzano la vulgata tarda e identificano il solido col corpo, cf. Philo Op. 49-51; Plut. De E 390 D; Hippol. Ref. 6,23,3; Anatol. ap. Iambl. Theolog. arithm. 23, 29,10-12 De Falco. 75 Per un elenco esauriente degli autori che hanno affrontato questa problematica, cf. Cher- niss 1976, 170 n. a. 76 Per la genesi del cosmo Arist. De cael. A 10, 279b 32 e il commento corrispondente in Simpl. In De cael. 279b 32, 303,33 (Xenocr. Fr. 154 IP). Per la genesi dei numeri 0regooi rvrxo Metaph. N 4, 1091a 23-29 e il commento di Burkert 1972, 79s. Principi corporei/ incorporei 82 composto degli enti ideali xot raivoiov, porta ad identificare i cosiddetti Pitagorici con quest'ultimo. E' perci assai probabile che Senocrate, il quale l'unico nell'Accademia ad aver elaborato una dottrina degli indivi- sibili, abbia preso posizione nei confronti dell'atomismo (che Aristotele invece esaltava) contrapponendogli non semplicemente le tesi del Timeo, ma la dottrina dei principi incorporei. L'interpretazione di coloro che vedono nella prima parte del resoconto di Sesto una ricostruzione a po- steriori di una polemica non dunque corretta. La sua fonte ha solo am- pliato, secondo uno schema corrente, la lista delle teorie corpuscolariste, ma ha ripreso sicuramente un confronto dialettico originale come fa in molti punti del suo resoconto sui numeri. Questo risulta anche dall'esame degli altri brani dossografici sui principi (che definir "la vulgata"), alcuni dei quali di Sesto stesso, portati generalmente come prova della deriva- zione tarda della polemica 77 . Nonostante siano sempre stati considerati perfettamente paralleli a questo, essi presentano in realt differenze di 77 Sext. Emp. Adv. Math. 9,363 (124, 169 L.) Agoxito or xoi Eaixouo otoou, ri g ti ooiotrov toutgv 0rtrov tg v ooov, xoi e rryrv o Eteixo Hoorioevio, oao Moou tivo o voo doivixo xotoyorvgv, Avooyoo or o Koorvio o oior- rio, Aiooeo or o raixg0ri Kovo roioto xoi org oeoto, Aoxgaioog or o Bi0uvo ovoou oyxou, ot at v atot H:0o,ooov :o: oot0ao: rrov ao vtev oriv, ot ot ao0jao:txot :o atoo:o :ov ooao:ov, ot ot atot :ov H!o:ovo :o toto. Cf. Pyrrh. hyp. 3,32; Adv. Math. 10,318. [Gal.] Hist. phil. 18 (124 L.) Agoxito or xoi Eaixouo to otoou oo ao vtev voiouoiv, Hoxriog or o Hovtixo xoi Aoxgaioog o Bi0uvo o voou oyxou to oo uaoti0rvtoi tev oev, Avooyoo or o Koorvio to ooiorri o Aiooeo or o Ko vo raixrxgrvo o rg xoi roioto oeoto, H:0o,ooo ot :o: oot0ao: , ot ao0jao:txot :o atoo:o :o v ooao:ov, Eto tev or o uoixo aooevooor vo to aoiotgto. Alex. De mixt. 213,18 (124 L.) e v oi rv otoo oe oto oario tei ag0ri, xoto og o xoi r yr0o ovov tg v ao ogo oiooo v r ovto, to oo xoi to otoiri o ooiv ri voi, xoi tgi toutev ouv0r ori tr xoi aoioi ariaoxgi rti tr tori xoi 0rori too yivro0oi r g oog aetoi rv Aru xiaao tr xoi Ago xito yrvro0oi ooxouoiv, uotroi or Eaixouo tr xoi oi tgv outg v toutei toarvtr oi or oute v, ou x otoou, ooiorg or tivo ooiv oario rivoi oeoto, r e v g te v oio0gtev yr vroi oeo tev yivorvg xoto ou yxioiv xoi ouv0roiv, r g oog Avooyoo tr xoi Aroo ooxouoi yryovr voi gog or tivr xoi org tivo oe oto to oo xoi otoirio te v ao vtev aog0goov riari v to:t ot :t ooo xot t tatatoov :jv ,tvtotv aoto:oo :ov ooao:ov xoi t oot0aov :t o!!j. Cf. la versione riguardante i principi corporei di Calc. In Tim. 283,17-284,8 Waszink Restat nunc, ut eorum quoque qui generatam esse corpoream silvam negant sententias exequamur; quorum aeque diversae opiniones omnino sunt. Sunt enim qui textum eius et quasi continuationem quandam cor- pusculis, quae intellegantur potius quam sentiantur, conexis sibi invicem assignent in aliquo modo positis et aliquatenus figuratis, ut Democrito et Epicuro placet. Addunt alii qualitatem, ut Anaxagoras, sed hic omnium materiarum naturam proprietatemque in singulis materiis congestam esse censet; alii propter exi- guitatem individuorum corporum, quorum numerus in nullo fine sit, subtilitatem silvae contexi putant, ut Diodorus et non nulli Stoicorum, quorum sit fortuitus tam coetus quam segregatio. Il resoconto di Cal- cidio presenta le tipiche assimilazioni della trasmissione dossografica (ad alcuni stoici viene addirittura attribuita una forma di atomismo e una formazione casuale dei corpi, ci che essi sempre criticano). Su questi schemi Mansfeld 1990a, 3070 n. 38 e 3158s. Capitolo secondo 83 rilievo. In questi brani, infatti, le dottrine che pongono come principi le idee, le superfici (o i limiti dei corpi) e i numeri vengono considerate come tesi separate, senza alcun collegamento fra loro e attribuite a personaggi diversi: i sostenitori dei "limiti dei corpi" (le superfici) come principi sono ad esempio i "Matematici", identificati con sicurezza come matematici e astronomi di et ellenistica 78 , quello dei numeri Pitagora, delle idee, Pla- tone. Una breve notazione del Filopono, unica nel panorama dossografico antico, solo apparentemente simile alla vulgata, riporta invece una lista con varianti significative che richiamno il resoconto di Sesto. Se infatti fra i "materialisti" vengono annoverati Talete, Democrito, Anassimene Anas- simandro ed Eraclito, che compaiono anche nella vulgata 79 , i sostenitori dei principi incorporei sono unicamente i Pitagorici e Senocrate che hanno posto come come principi i numeri. L'aggiunta a quest'ultimo gruppo di Platone con formula dubitativa rimanda evidentemente all'interpretazione della sua dottrina da parte della fonte del Filopono 80 . Nella vulgata Seno- crate non compare mai come sostenitore del numero (che invece Pita- gora) e Platone sempre decisamente il rappresentante della dottrina delle idee. Inoltre il Filopono fa seguire anche un elenco di coloro che avreb- bero sostenuto una posizione intermedia ammettendo sia principi corpo- rei che incorporei, come Anassagora (omeomerie e Nous), Empedocle (quattro elementi e Neikos e Philia) e lo stesso Democrito (atomi e vuoto). Il Filopono attinge dunque ad un'altra versione dell'opposizione corporei/ incorporei che ha ben presenti le tesi di Senocrate e che mostra delle analogie con l'excursus di Sesto sulla diaphonia fra "Pitagorici" e atomisti. Ambedue si distanziano dalla vulgata sui principi corporei e incorporei e attribuiscono gli incorporei unicamente ai Pitagorici e, il Filopono, anche a Senocrate, la fonte ultima del brano di Sesto. La prima parte di questo passo, dunque, lungi dal riprodurre semplicemente la vulgata di et elleni- stica, riporta, pur con qualche integrazione, una originale critica di Seno- crate agli atomisti. La parte critica si incentrava sull'assimilazione delle loro dottrine alle presunte tesi corpuscolariste e sul concetto di eternit dei principi. La considerazione che i principi corporei, per definizione, non possono essere eterni in quanto mentalmente sempre scomponibili, serviva poi come punto di partenza per l'ovouoi ri to aeto, l'uno e la diade secondo quel procedimento rispecchiato nei testi aristotelici esami- nati nella prima parte di questo capitolo. Il carattere teoretico dell'opera- 78 Burkert 1972, 42s., n. 76; Isnardi Parente 1992, 159ss. 79 Sext. Emp. Adv. Math. 9,360-364 e 10,310-318. 80 Philop. In De an. 404b 30, 82,17 (Xenocr. Fr. 119 IP) oeotixo r v ouv to oo rti0rvto oi uoixoi, Oog, Agoxito, Avoir vg Avoiovoo, Hoxrito, ooeotou or oi oi0ou ryovtr e oi Hu0oyorioi xoi Ervoxotg, ooxri or xoi o Hotev. Principi corporei/ incorporei 84 zione di sottrazione dal corporeo alle figure geometriche, ai numeri e ai principi stessi veniva espressamente sottolineato col risultato di separare nettamente l'ambito degli incorporei da quello del corpo: quest'ultimo infatti anche se, di fatto, fosse eterno, non potrebbe comunque esserlo in realt, poich i veri enti eterni sono solo gli intellegibili. Gli oggetti mate- matici perdevano cos quel carattere di mediazione che avevano rivestito per Platone per rientrare nel dominio degli intellegibili puri. 4. 3. Una fonte scettica per Sesto La fonte del brano di Sesto difficile da determinare e la discussione tuttora aperta, ma, anche solo dall'analisi della prima parte del brano, che termina con 10,263, si possono ricavare elementi utili per individuarla. Universalmente riconosciuto il fatto che si tratta di una fonte tardo-elle- nistica in quanto presenta in alcuni punti quella volgarizzazione delle teo- rie del numero che si ritrova in autori tardi 81 . Il problema si pone quando si tratta di stabilire con precisione a quale ambito appartenga. Come si gi osservato, la questione complicata dal fatto che la fonte di Sesto ha a sua volta utilizzato pi fonti per questo excursus sui numeri. Sono state avanzate varie ipotesi di cui vale la pena fornire un breve sunto valido anche come punto di partenza per ulteriori riflessioni. 1. Posidonio. La tesi di Posidonio ha avuto un grande seguito soprat- tutto per le analogie di Adv. Math. 10,277-284 con 7,92-100 dove il filo- sofo viene espressamente nominato. Ed effettivamente questi paragrafi mostrano una utilizzazione di Posidonio o, per lo meno, di una versione tarda, da lui derivata, sui numeri pitagorici, versione che, del resto, ricom- pare tale e quale anche in Adv. math. 4,2-9 82 . Essa basata sostanzialmente su una interpretazione del Timeo alla luce delle dottrine dell'uno e della diade e della massima pitagorica della tetraktys, fonte della natura eterna. La tetrade costituisce il fondamento sia della struttura corporea che dell'a- nima del mondo. Genera il corpo attraverso la progressione, o lo scivola- mento del punto alla linea, di questa alla superficie, e di questa al solido corporeo, e l'armonia del cosmo sulla base degli accordi contenuti nei numeri dall'uno al quattro: l'accordo di quarta (4:3) di quinta (3: 2) e l'ot- tava (2:1) 83 . N in questi resoconti, n nella vulgata tarda che ritorna in altri 81 Cf. Burkert 1972, 54s. 82 Cf. Burkert 1972, 53ss. 83 Adv. Math. 10,282s. La derivazione posidoniana della teoria dell'anima del mondo confer- mata dal passo corrispondente in Adv. Math. 4,8 (xoto tg v og0rv uao0roiv troooev ovtev oi0ev, tou tr rvo xoi ouo xoi tio xoi tr oooo, r v oi rryorv xoi tgv tg ug ior ov arirro0oi xoto to v r voo viov oyov...) nel quale viene riecheggiata la Capitolo secondo 85 autori compaiono, per, il motivo della diaphonia dei Pitagorici con gli atomisti e la caratterizzazione del solido come incorporeo. 2. Eudoro o un neopitagorico. E' la tesi pi affermata da quando il Theiler l'ha proposta leggendo in 10,260s. una reinterpretazione monistica della dottrina dei principi tipica di Eudoro 84 . In realt, nel brano di Sesto, come stato osservato, non c' un monismo del tipo eudoreo che pone l'uno come principio supremo, identificabile con il dio, al di l della dualit dei principi uno e diade 85 , ma una predominanza dell'uno rispetto al secondo principio che Aristotele stesso nella Metafisica attribuisce ad alcuni Pitago- rici e agli Accademici 86 . Venuta meno dunque la motivazione principale per far risalire ad Eudoro il resoconto di Sesto, non ci sono altri partico- lari possano confermare questa tesi. La coloritura stoica del linguaggio infatti una caratteristica comune degli autori tardo-ellenistici 87 . Non c', d'altra parte, neppure nessuna ragione per attribuire ad un non ben identi- ficato neopitagorico un resoconto sui numeri solo perch vi si parla di Pitagorici e viene riferita anche la vulgata pitagorizzante relativa alla te- trade. Sesto, infatti, non si limita ad attingere alla sua fonte per il semplice resoconto, ma, come vedremo in seguito, assume in blocco anche la parte critica della dottrina dei cosiddetti Pitagorici. Soprattutto la prima parte del brano, quella gi commentata (248-262) e questa parte critica sono importanti per individuare questa fonte che ha composto un resoconto sui numeri pitagorici servendosi di materiali disparati: della vulgata tardo- ellenistica, ma anche di altre fonti pi antiche. Alcuni indizi rimandano ad una fonte scettica, nella fattispecie Enesi- demo 88 : 1. Enesidemo aveva preso in considerazione i numeri probabilmente trattando il tema del tempo in quanto li annoverava nelle stesse categorie: per lui sia la monade sia l'istante erano sostanze, gli altri numeri e il giorno definizione di Posidonio (F 141a; T 45 E.-K.) (Plut. De an. procr. 1023 B iorov ri voi tou aovtgi oioototou xot oi0ov ouvrote oov ooviov arirovto). Sulla provenienza po- sidoniana della vulgata relativa alla tetrade pitagorica come espressione della formula del corpo e dell'anima, cf. Merlan 1960, 51-53. 84 Theiler 1965, 208. 85 Cf. Burkert 1972, 54 n. 7; Isnardi Parente 1992, 150 n. 41. 86 Metaph. M 6, 1080b 6 oroov or xoi oi ryovtr to rv ogv rivoi xoi ouoiov xoi otoi- riov aovtev, xoi r x toutou xoi oou tivo rivoi tov oi0ov, rxooto toutev tivo tev toaev rigxr. Ibid. 30-32 ovooixou or tou oi0ou rivoi ao vtr ti0r ooi, agv tev Hu0oyoriev, oooi to r v otoiriov xoi ogv ooiv rivoi tev ovtev. 87 In particolare Theiler 1964, 90 si riferisce alla terminologia stoica della seconda parte del brano di Sesto, quella riguardante la sistemazione categoriale. Egli stesso, per (p. 89), cita un passo (Adv. Math. 8,161) che indica chiaramente come la terminologia stoica fosse im- piegata anche dagli scettici. 88 A quanto mi risulta, finora solo il Krmer 1967, 29 n. 30; 1964, 157 n. 55 ha ventilato questa ipotesi senza tuttavia soffermarvisi. Principi corporei/ incorporei 86 il mese e l'anno solo dei multipli, cio una quantit. L'introduzione del brano sui numeri come attinenti alla definizione di tempo, ricorda inoltre quella data da Enesidemo 89 . 2. In Adv. Math. 10,251-52, in un inciso non ben integrato con il di- scorso dei Pitagorici, si sottolinea come coloro che hanno assunto ele- menti invisibili lo abbiano fatto ou xoive 90 . Questa espressione riecheggia la formula del quinto tropo di Enesidemo contro le opinioni dogmatiche secondo cui tutti coloro che assumono delle cause lo fanno ciascuno se- condo proprie ipotesi sugli elementi, ma non secondo un metodo comune e concordato 91 . 3. Ad Enesidemo rimanda anche la confutazione che Sesto fa seguire all'excursus sui Pitagorici dove vengono utilizzati argomenti dei dialoghi platonici in particolare del Fedone e del Parmenide 92 . Sesto confuta, utiliz- zando un Platone "scettico" 93 , il dogmatismo dei Pitagorici. Particolar- mente indicativo l'uso dell'aporia del Fedone (96e-97b) per la critica al concetto di diade. Nel dialogo platonico era impiegata per mostrare l'im- possibilit della generazione meccanica da composizione o divisione di entit preesistenti: come possibile infatti che il due possa derivare da due 89 Sext. Emp. Adv. Math. 10,248 rari rti tev ouuyouvtev tei ovei aoyo tev roti xoi o oi0o oio to aj oot toot0ajoto :jv :o: oovo: ,tvto0ot xo:oat :ojotv, xo- 0oato ooov xot jatoo v xot ajvov, t:t ot tvto::ov. Cf. Enesidemo in Adv. Math. 10,216s. tgv r v ovo aoogyoiov xoi tgv ovo rai tg ouoi o trto 0oi goiv, gti roti oeotixg, :o ot at,t0j :o v oo vov xot :o xtoo!oto :ov oot0aov tat ao!:a!ooto- oao: ao!to:o t xototo0ot. to r v yo vu v, o og ovou gvuo rotiv, r ti or tg v ovooo oux oo ti ri voi g tgv ouoiov, :j v ot jatoov xot :o v aj vo xot :ov tvto::o v ao!:a!o- otooaov :aoottv :o: v: v, ojat ot :o: oovo:, to or ouo xoi tio xoi orxo xoi rxoto v aouaooiooo v ri voi tg ovooo. 90 La frase toivuv oogou xoi oovri uar0rvto to tev ovtev oo xoi ou xoive una riflessione della fonte sulla diaphonia fra dogmatici che sta per esporre. Segue infatti la cri- tica dei Pitagorici alle tesi che sostengono principi invisibili corporei in generale e agli ato- misti in particolare. 91 Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 1,183 aratov xo0 ov ao vtr e rao riariv xoto to ioio te v otoiriev uao0rori o o: xo:o :tvo xotvo xot oao!o,o:at vo t oooo: oitioo- youoiv. Sulla eventuale trattazione diafonica dei "fisici" da parte di Enesidemo e sulle sue ascendenze nell'Accademia scettica, cf. Mansfeld 1988, 250 [1990b, 211] e n. 47; 251 [1990b, 212] e n. 48-50. 92 In particolare l'aporia del Parmenide (131a-c) secondo cui i molti non possono partecipare dell'idea n come tutto n come parte. Cf. Adv. Math. 10,293-298. Nel passo corrispon- dente degli Schizzi pirroniani (3,159), per dimostrare che il concetto di partecipazione di- strugge l'unit dell'idea, viene riportata una variante dell'esempio del velo del Parmenide (uaotr0r vtev yuvev o v0eaev, rvo or ovto iotiou xoi touto r vo oiooor vou, yuvoi rvouoiv oi oiaoi xoi ei iotiou. ri or rou outg rtrri rxootov, aetov rv rri ti ro g ovo, xoi oario yr rri rg, ri o oioiri toi). 93 Sull'immagine e l'evoluzione dell'interpretazione scettica di Platone, cf. l'esauriente reso- conto in Tarrant 1985, 71-88. Cf. anche Bonazzi 2003. Il Fedone e il Parmenide sembrano es- sere stati utilizzati per tale rappresentazione. Capitolo secondo 87 unit distinte, di cui ciascuna era uno prima di aggiungersi all'altra, se esse rimangono tali e quali erano precedentemente, o che lo stesso due si ge- neri semplicemente se una unit viene tagliata a met? Si tratta di un preambolo introduttivo alla critica alla spiegazione meccanicistica dei fenomeni da parte di Anassagora e dei fisici come lui. Nel brano di Sesto gli argomenti vengono ripresi, anche con una lunga citazione letterale (Phaed. 97a), e ampliati 94 . Il Platone scettico che emerge da questo brano non quello di Sesto stesso, che lo considerava un dogmatico come gli altri e lo criticava come tale 95 , ma risale a quell'esegesi scettica cui egli allude nel primo libro degli Schizzi pirroniani e che sempre stata oggetto di controversa attribuzione. Secondo Sesto, alcuni interpretavano non solo il Platone dei dialoghi aporetici, ma anche quello dei dialoghi dogma- tici, come un puro scettico. Dato che i manoscritti esibiscono in questo punto una irreparabile crux, si posto il quesito se questa visione fosse quella di Enesidemo o se costui, come Sesto, vi si opponesse 96 . L'espres- 94 Adv. Math. 10,302-307 ri or vggi xot raiou v0roi v tivev r yveotoi (scil. o oi0o), oaogori ti tev oio0gtev oaooto , xo0e xoi o Hotev gaori rv tei Hri ug ae to ouo xot ioiov r v o vto ou voritoi ouo, ouvr0ovto or ri touto yivrtoi ouo xt.). Isnardi Parente 1992, 163ss. ipotizza per questo passo una polemica diretta di Sesto contro Platone. Che questo sia impossibile risulta in primo luogo dal fatto che il passo viene ri- portato come un sostegno alla confutazione dei Pitagorici come indicano le espressioni in- troduttive dei singoli punti dell'aporia (cf. 10,302 e 305 o or Hotev xoi o e raiririv ourtoi... 308 toiouto r v xoi o Hotev r vroti xoi eor ouvretov), in secondo luogo dal confronto con un passo parallelo (Adv. Math. 4,11ss.) dove effettivamente Sesto polemizza contro Platone attribuendo a lui la dottrina dei numeri e sostenendo che pitago- rizza (au0oyoixetrov o Hotev goiv...). Cf. in particolare Adv. Math. 4,21 (contro la diade assunta da Platone come principio) oaoo yo ae xoi outg (scil. g ouo) ouvioto- toi xoto tgv te v ovooev ouvooov, eoar xoi Hotev oio tou Hri ug aotrov gaogxrv). Il Fedone viene in questo secondo caso utilizzato espressamente per dimostrare come Platone sia in contraddizione con se stesso. 95 Cf. la feroce critica contro la composizione e il carattere matematico dell'anima nel Timeo in Pyrrh. hyp. 3,189. Una stessa differenza di giudizio su Platone in passi paralleli, da cui ri- sulta chiaro che Sesto offre un'immagine scettica di Platone solo quando segue letteral- mente la sua fonte, in Pyrrh. hyp. 1,28 e Adv. Math. 7,281. La stessa definizione di uomo tratta dalle definizioni pseudo-platoniche viene interpretata nel primo passo alla luce del- l'affermazione che nessuno dei sensibili esiste veramente: Platone fornisce la definizione di uomo, non come un dato sicuro, ma solo, come solito fare, secondo la verosimiglianza (xoto to ai0ovov). Nel secondo caso (Adv. Math. 7,281), invece, Sesto critica la definizione platonica come la peggiore di tutte in quanto non definisce affatto l'uomo, ma elenca solo una serie di attributi positivi e negativi. Nel brano degli Schizzi pirroniani abbiamo proprio un saggio interpretativo di quella corrente da cui Sesto prende le distanze, ma di cui nel contempo si serve come fonte. Cf. su questo punto Tarrant 1985, 75-77; Decleva Caizzi 1980, 408s.; 1986, 175. 96 Pyrrh. hyp. 1,221s. tov Hotevo ou v oi r v ooyotixo v rooov rivoi oi or oaogtixov, oi or xoto rv ti oaogtixov xoto or ti ooyotixov [...]. ari r v ou v tev ooyotixo v outo v rivoi ryo vtev, g xoto rv ti ooyotixov, xoto or ti oaogtixov, ariooov ov rig ryriv vu v outoi yo oooyouoi tg v ao go oiooo v ari or tou ri rotiv rii- Principi corporei/ incorporei 88 sione che segue direttamente la menzione di Enesidemo nel tormentato passo: outoi yo oioto toutg aor otgoov tg otoore, denota tuttavia una presa di distanza da quella tendenza, della quale evidentemente Enesi- demo era uno dei rappresentanti principali 97 . Proprio il fatto che Sesto usi lo stesso passo platonico del Fedone in Adv. Math. 10,302ss. nell'argomen- tazione contro i "Pitagorici", seguendo l'interpretazione scettica di Pla- tone, e in Adv. Math. 4,21, invece, per confutare un Platone pitagorico e dogmatico, fa pensare che l'interpretazione data da Enesidemo fosse quella di un Platone scettico sul modello del Platone aporetico dell'Acca- demia di mezzo 98 . Enesidemo aveva, del resto, tradotto in termini scettici l'aporia del Fedone argomentando contro il concetto di generazione 99 . xive oxratixo aotutrov r v r v toi uaovg ooi oiooovorv, vuv or e r v uao- tuaeori r yorv xotoargootov xoi Aivgoiogov (outoi yo oioto tou tg ao- rotgoov tg otoore) oti otov o Hotev oaooi vgtoi ari iorev g ari tou aovoiov rivoi g ari tou tov rvortov iov oirtetrov rivoi tou rto xoxiev, ritr e uaoouoi toutoi ouyxototi0rtoi, ooyotiri, ritr e ai0ovetroi aooti0rtoi, rari aoxivri ti xoto aiotiv g oaiotiov, rxarruyr tov oxratixo v ooxtg o. Se il nome di Enesidemo chiaro, cos non n per il contesto, n per il nome di Menodoto, che si sono voluti ricostruire dall'incomprensibile xotoargootov dal Fabricius in poi. Nono- stante tutti i tentativi di ripristinare il testo (xoto te v ari Mgvoootov Heintz, Mau: xoto tou ari Mgvoootov Natorp, Mutschmann: xo0oar oi ari Mgvoootov Spinelli 2000), la crux rimane, cf. Perilli 2004, 105-109; 2005. 97 Sesto usa anche altrove una espressione simile per definire una tendenza rappresentata da Enesidemo e da altri da cui egli si dissocia. Cf. Adv. Math. 7,350 (identit fra anima e sen- sazioni) g otoore gr Etotev o uoixo xoi Aivgoiogo. Inoltre con il termine otooi Sesto indica sempre una posizione filosofica diversa dalla sua (cf. TLG da cui traggo solo alcuni esempi Pyrrh. hyp. 3,131 Stoici; Adv. Math. 7,190; 202; 300 Cirenaici; 7,399 Seniade; 8,62 Democrito e Platone), cf. anche Heintz 1922, 30ss. Grler 1994, 840 osserva che un attacco ad Enesidemo da parte di Sesto non fuori luogo in quanto poco prima (Pyrrh. hyp. 1,210-212) egli polemizza contro Enesidemo e contro la sua interpreta- zione di Eraclito in chiave scettica. C' dunque una tendenza del fondatore del neopirroni- smo ad attribuire posizioni scettiche ai predecessori. L'eventuale opposizione di Sesto ad Enesidemo stata rigettata sostanzialmente con l'argomentazione che quest'ultimo, ri- chiamandosi a Pirrone e a Timone, difficilmente avrebbe potuto considerare Platone un puro scettico (Decleva Caizzi 1992, 186s.; Isnardi Parente 1992, 122s. n. 3; Bonazzi 2003, 150ss.). Tuttavia coloro che sostengono questa tesi omettono, nella discussione del passo, proprio l'analisi della frase che segue la menzione di Enesidemo toutg aorotgoov tg otoore. Per quanto riguarda l'attribuzione ad Enesidemo dell'interpretazione di Platone scettico, cf. Ioppolo 1992, 186ss. e Tarrant 1985, 74-77. 98 Cf. Cic. De or. 3,18,67 Arcesilas primum, qui Polemonem a udierat, ex variis Platonis libris sermonibusque socraticis hoc maxime arripuit, nihil esse certi quod aut sensibus aut animo percipi possit. Cf. Glucker 1978, 36ss.; Ioppolo 1984, 342. Sulla interpretazione aporetica di Platone nel- l'Accademia di mezzo, cf. inoltre Annas 1992, 43ss. 99 Un corpo non pu generarne un altro rimanendo in s (dalla divisione di una unit non possono risultarne due), n, congiungendosi con un altro, generarne un terzo diverso da ambedue (da due unit non pu generarsene un'altra diversa da ambedue). Infatti l'uno non pu generare il due se gi prima non lo conteneva nella sua natura, n il due il tre. Ma se cos fosse ogni unit conterrebbe in s numeri infiniti, cf. Sext. Emp. Adv. math. 9,220s. Capitolo secondo 89 Enesidemo probabilmente raccoglieva, da fonti disparate, una serie di testimonianze sulle dottrine di quelli che al suo tempo erano designati come "Pitagorici". L'utilizzazione di una pluralit di fonti su una stessa dottrina "dogmatica" del resto tipica delle tradizioni scettiche, sia acca- demica che neopirroniana, ed funzionale alla confutazione: la credibilit dei dogmatici seriamente messa in discussione se essi sono colti in con- traddizione con se stessi o con quelli che sostengono le loro stesse dot- trine. Fonti diverse forniscono informazioni e prospettive diverse e sono estremamente utili a questo scopo. Per quanto riguarda la parte che qui interessa, cio i paragrafi 248-261, se non si pu escludere a priori, sembra tuttavia improbabile che Enesidemo attingesse direttamente a Senocrate. Per gli altri due resoconti sui "Pitagorici" successivi a questo, quello sulla dottrina delle categorie e la vulgata sulla derivazione dai numeri, egli ha infatti certamente utilizzato fonti intermedie 100 . E' dunque assai verosimile che anche i paragrafi 248-261 siano stati mediati da una fonte la cui iden- tit rimane, per, campo di congettura 101 . Si pu solo osservare che non riproduce la tradizione interpretativa teofrastea della somiglianza fra i fondamenti della dottrina platonica e atomista comune nei testi tardi e di matrice posidoniana (v. infra, 5-6), bens il modello polemico sostenitori degli incorporei contro materialisti sviluppato nell'Accademia antica. Rispetto ai resoconti tardi sui principi in cui compare Democrito il brano di Sesto si caratterizza comunque per un elemento fondamentale. Il confronto, infatti, non riguarda Platone e Democrito, ma gli atomisti e i cosiddetti Pitagorici, cio gli Accademici. Nei resoconti successivi, che fanno capo alla tradizione teofrastea, gli attori del rapporto rimangono in primo luogo Platone e Democrito e, solo in seguito, per influsso del neo- pitagorismo, vengono aggiunti anche i Pitagorici. Questo termine fa per Il Fedone costituiva un testo fondamentale per l'interpretazione scettica di Platone, cf. Anon. Proleg. 10,1ss. in cui vengono citati a questo proposito Phaed. 65b, 66b, 79c. 100 La terminologia dell'esposizione sulle categorie (263-276) rispecchia sicuramente una rilettura posteriore pur basandosi sostanzialmente sulle teorie dell'allievo di Platone, Er- modoro (Gaiser 1968b, 63ss., Isnardi Parente 1982a, 443; 1992, 152-157). Nel resoconto sulla genesi delle figure dal punto (277-282) sono descritte due teorie distinte, una statica e una dinamica, che compaiono anche in altri passi di Sesto e in autori tardi (Adv. Math. 7,99-100; 3,20-21; Philo, Op. 49; Theo Smyrn. Exp. rer. math. 93,21 Hiller): 1. quella di deri- vazione speusippea, che si basa sulle analogie punto-monade, linea-diade, superficie-triade, solido-corpo-tetrade (Speus. Fr. 84-85 IP), 2. quella della uoi del punto che origina di- namicamente le varie dimensioni, risalente probabilmente al pitagorismo antico, ma ripresa anche da Eratostene come si pu ricavare da Sesto stesso (Adv. Math. 3,28). 101 Burkert 1972, 94 ipotizza che l'attribuzione della dottrina dell'uno e della diade a Pitagora e la denominazione degli allievi di Platone come "pitagorici" risalga all'Accademica scettica che voleva tenerli distinti da un Platone genuinamente "scettico" e rileva come questa tra- dizione potrebbe aver influenzato anche il resoconto di Sesto Empirico. Principi corporei/ incorporei 90 riferimento non agli Accademici, ma agli scritti pseudo-pitagorici quali quello di Timeo di Locri o comunque a teorie neopitagoriche. 5. La tradizione "sinfonica" sui principi di Platone e Democrito I testi tardi che nominano congiuntamente Platone e Democrito presen- tano dei caratteri piuttosto diversi da quelli del brano di Sesto. Le teorie platoniche e atomiste sui principi vengono infatti poste sullo stesso piano in quanto ambedue avrebbero superato l'ambito del sensibile per ricercare principi che diano una ragione delle qualit come il caldo e il freddo. In questi contesti i corpuscoli di Democrito vengono avvicinati sempre pi agli intellegibili platonici e vengono definiti vogto oeoto. Si tratta di una terminologia distinta da quella della dossografia aeziana dove gli atomi democritei vengono per lo pi designati come o yei 0regto oeoto 102 . Questo confronto, basato sostanzialmente su una rielaborazione del mo- dello teofrasteo, domina tutta la tradizione tarda sui principi di Democrito e Platone. Di quest'ultimo vengono prese in considerazione unicamente le dottrine del Timeo, che si spingono fino ai limiti dei corpi (cio alle super- fici), non la cosiddetta dottrina non scritta. I triangoli platonici vengono invece subordinati ai principi ultimi, forma e materia, secondo i canoni del platonismo aristotelizzante di matrice tardo ellenistica. Il parallelismo Platone-Democrito stato dunque ripreso in margine all'interpretazione del Timeo secondo il modello aristotelico-teofrasteo. Sia Aristotele che Teofrasto, infatti, l'uno a fini polemici e affermandone la superiorit, l'al- tro in maniera neutrale, confrontavano l'atomismo con le teorie del Timeo. La tradizione tarda subordina Democrito a Platone valutandolo positiva- mente solo in quanto avrebbe, come quest'ultimo, superato il sensibile nella ricerca dei principi e inserendolo comunque sempre in uno schema fisso privo di qualsiasi ulteriore valore informativo. L'evoluzione del mo- dello di un Democrito superiore ad un Democrito subordinato e funzio- nale a Platone, che passa attraverso il confronto neutro di Teofrasto, porta il marchio dei tempi. Se al tempo di Aristotele e di Teofrasto la discussione sulle teorie democritee e platoniche era un elemento vitale non solo a livello di teorie filosofiche, ma anche di prestigio di scuola, con l'affermazione indiscussa del platonismo e la sovrapposizione a quello antico del pi recente atomismo epicureo, l'interesse filosofico in positivo o in negativo per Democrito sfuma a poco a poco. Per la maggioranza dei 102 Nel brano di Sesto (Adv. Math. 10,253-257) compaiono ambedue le denominazioni. Capitolo secondo 91 filosofi di et imperiale egli poco pi che un nome. Se mai viene letto, l'ottica interpretativa comunque quella della filosofia dominante legata al fantasma di Platone. In questo clima si afferma un clich che si riprodurr invariato per secoli, pur in contesti esegetici diversi, fino ai commentatori di Aristotele. 5. 1. Plutarco De prim. frig. 948 A-C (506 L.) In un brano singolare dal De primo frigido, Plutarco devia brevemente dal discorso esclusivamente fisico sul caldo e sul freddo correlati agli elementi per porre la questione sul piano dei principi "veri" di queste qualit. Egli osserva che, coloro che hanno posto la causa del freddo nella ruvidezza di certe forme triangolari (l'allusione ai triangoli del Timeo chiara), se anche sbagliano in qualcosa, per lo meno, partono da una metodologia corretta. Infatti chi si limita alle cause pi prossime al fenomeno, si comporta come un medico o un contadino o un costruttore di flauti i quali, ovviamente, si accontentano di risalire a quelle cause che sono immediatamente utili per la loro arte, ma non vanno oltre. Per il fisico, invece, che cerca la verit in vista della conoscenza teorica, la cono- scenza delle cause pi prossime [al fenomeno] non il fine, ma il principio dell'a- scesa verso le cause prime e pi alte. Per questo giustamente Platone e Demo- crito, cercando la causa del caldo e del peso, non hanno arrestato il loro ragionamento alla terra e al fuoco, ma, riportando i fenomeni sensibili alle cause intellegibili, sono arrivati come a dei semi minimi 103 . Il brano rimane un fatto episodico nel De primo frigido perch subito dopo Plutarco ritorna ai principi sensibili dei quattro elementi, le qualit, men- zionando Empedocle, Stratone e gli Stoici. Il tono difensivo del brano presuppone, per, una "risposta" ad una critica a Platone soprattutto, ma anche a Democrito, per aver posto dei principi non sensibili per il mondo sensibile. Aristotele rivolge normalmente questa accusa contro Platone e gli Accademici contrapponendo loro, per, proprio Democrito. Teofra- sto, invece, nel De sensibus, critica congiuntamente ambedue, Platone e Democrito, per aver posto delle figure alla base delle affezioni sensibili. Il fantasma di Teofrasto aleggia su tutto il brano di Plutarco. La ricerca dei 103 Plut. De prim. frig. 948 C (506 L.) tei or uoixei 0reio rvrxo rtiovti tog0r g te v rootev yveoi ou tro rotiv o og tg rai to aeto xoi o vetote aorio. oio xoi Hotev o0e xoi Agoxito oitiov 0rotgto xoi outgto gtou vtr ou xotraou- oov rv ygi xoi aui tov oyov o rai to vogto o vorovtr oo to oio0gto ri tev roiotev eoar oarotev aog0ov. Il termine oaro richiama chiaramente Ti. 56b rote og xoto tov o0ov oyov xoi xoto to v roixoto to r v tg auoioo otrro v yryovo rioo auo otoiriov xoi oaro. Principi corporei/ incorporei 92 principi del caldo e del peso richiama proprio il De sensibus che fa seguire al confronto fra i due autori la trattazione del peso in Democrito. La di- fesa di Plutarco presuppone poi la critica di Teofrasto a coloro che sono andati a ricercare le cause del caldo e del freddo oltre il sensibile 104 . Plu- tarco confuta queste obiezioni ricordando che per il filosofo, il quale si trova all'apice della piramide della conoscenza, i principi fisici sono solo un punto di partenza verso la ricerca di cause pi alte. Si tratta della con- cezione della filosofia tipica di Posidonio che classifica le varie scienze secondo un criterio gerarchico: la filosofia, la sola scienza in grado di spiegare le cause e la physis di tutto sta al primo posto 105 , le altre, come la geometria e la matematica, sono scienze ausiliarie che non si occupano della ricerca delle cause ultime, ma si basano sugli elementi di cui la filoso- fia ha fornito la dimostrazione. Il brano di Plutarco si colloca dunque in quella tradizione, che si irradia da Teofrasto e passa attraverso Posidonio, che vede Democrito e Platone come sostenitori di principi "intellegibili". 5. 2. Galeno e i principi di Platone: PHP 8,3,1 (II,494,26 De Lacy = V,667 K.) Una trattazione sui principi perfettamente parallela a quella plutarchea, ma concernente solo le dottrine platoniche, compare anche in Galeno, sicu- ramente da una fonte di ambito stoico, in quanto viene menzionato Cri- sippo. Il resoconto di Galeno ovviamente indipendente da Plutarco in quanto molto pi dettagliato e non nomina Democrito. Nell'ottavo libro del De Placitis Hippocratis et Platonis, Galeno, confrontando i principi dei due autori, osserva che il primo non ha ritenuto opportuno procedere oltre i quattro corpi elementari nella ricerca dei principi perch si occupa di una scienza pratica quale la medicina. Platone, invece, mettendo al primo posto la filosofia teoretica, non si fermato alle propriet apparenti 104 V. supra, n. 26. 105 Posidon. F 90 E.-K. (Sen. Ep. 88,24-26) Quemadmodum, inquit, est aliqua pars philosophiae naturalis, est aliqua moralis, est aliqua rationalis, sic et haec quoque liberalium artium turba locum sibi in philosophia vindicat. cum ventum est ad naturales quaestiones, geometriae testimonio statur: ergo eius, quam adiuvat, pars est [...] 26 Sapiens enim causas naturalium et quaerit et novit, quorum numeros men- surasque geometres persequitur et supputat. Qua ratione constent caelestia, quae illis sit vis quaeve natura sapiens scit: cursus et recursus et quasdam obversationes, per quas descendunt et adlevantur ac speciem in- terdum stantium praebent, cum caelestibus stare non liceat, colligit mathematicus. Questa divisione delle scienze testimoniata anche per l'allievo di Posidonio, Gemino (Posidon. T 73 E.- K.), ed diffusissima nella filosofia tarda dove evidentemente entrata a far parte delle de- finizioni scolastiche. Si ritrova infatti in Filone Alessandrino (De congr. erudit. grat. 144-147) e viene riportata, negli stessi termini, come una delle definizioni di filosofia nel commento di Ammonio all'Isagoge di Porfirio (Prooem. 7,13ss.). Sulla relazione del brano di Plutarco con la concezione della scienza di matrice posidoniana, cf. anche Theiler 1982, II, 178. Capitolo secondo 93 degli elementi, ma ha cercato anche le cause della loro generazione, ricerca che per un medico inutile. Chiedersi infatti perch l'acqua bagna e per- ch il fuoco brucia o perch l'acqua scorre e il fuoco va verso l'alto, o perch la terra la pi stabile e la pi pesante non serve per guarire le malattie. Il ricercare le cause per cui il fuoco taglia e divide, siano esse la sua forma piramidale o qualche altro motivo, invece compito della filo- sofia teoretica cui Platone ha posto mano 106 . La corrispondenza di questa prima parte del brano di Galeno con quello plutarcheo pressoch per- fetta: la distinzione fra una scienza pratica, quale quella del medico, che si limita alle cause pi prossime, e quella teoretica del filosofo, che risale ai primi principi, porta a giustificare la ricerca platonica delle cause nelle forme geometriche. Anche qui implicita la risposta alle critiche teofra- stee: se lo scoprire perch il fuoco brucia non compito delle scienze pratiche, lo invece del filosofo il quale deve risalire alle cause prime. L'impronta posidoniana di questa concezione risulta chiara dal confronto con i testi che riflettono le concezioni di Posidonio 107 . Galeno passa poi a descrivere la composizione degli elementi in una maniera che rivela ancora l'impronta di Posidonio: Platone avrebbe diviso "concettualmente" gli elementi in materia e figura e, essendo la figura solida limitata da superfici, sarebbe risalito ai triangoli rettangoli che com- pongono il triangolo equilatero di aria, acqua e fuoco e il quadrato della terra. Dal momento che non avrebbe potuto andare oltre, si sarebbe fer- mato a questi triangoli come a minimi chiamandoli elementi 108 . Qui ab- 106 Gal. PHP 8,3,1 (II,494,26 De Lacy = V,667 K.) oori o rv tei g xori v outo (scil. au, og, uoe, yg ) otoirio oiorro0oi ao Iaaoxotgv xoitoi yr ouo rxrivo e vooorv outo otoiri o, o vov o oti tou tev ouviovtev xoi xrovvurvev to uoixo yiyvrtoi oeoto. xoi toutev aooetre eri v o r v Iaaoxotg ouoriov o vo yxgv ri voi goi, aoxtixgv ou 0regtixg v rtro rvo trvgv o or Hotev e ov tg v 0regtixgv i- oooiov gyou rvo rivoi tiietotgv oux gxro0g ovoi toi oivorvoi r v toi otoirioi ouvoroiv oo xoi tgv oitiov raigtri tg yrvrore oute v, ogotov io- tei oxro. oto :t ,oo :,oot vtt at v :o :ooo, xottt ot :o a:o g oio ti ri rv to uoe, ove or rrtoi to au, rooioto tg or xoi outotg tev otoiriev roti v g yg, ao to tev vooev ioori ouor v ouvtrri [...] to o rxgtriv rit rx auoorioev tei ogoti oiev ouyxritoi to au rit og ti rotiv oiti o oi gv tr vri tr xoi oioiri to agoioovto oeoto, tg 0regtixg ioooio ryov rotiv, gv rtoriiorvo o Hotev to rv tou auo oio auooriog goiv rivoi, to or tg yg xuoriog, to or xoourvov oxtoroov og o tou o ro ioiov rivoi voiri xo0oar xoi to rixooo r- oov uooto. 107 V. supra, n. 105. 108 Gal. PHP 8,3,7 (II,496,14 De Lacy = V,668 K.) oioiri or tei oyei aoiv ou to touto xot raivoiov ri tr tg v ugv xoi to ogo xoariog to ogo ou v0rtov roti, to rv tg auoioo rx trttoev iooaruev tiyevev, to or roroov tou xu ou trtoye vev r,[...] aoiv raioxoaritoi te v to otrro ogoto arioiovtev raiaroev tgv to iv xoi goi to rv iooaruov tiyevov rx tiye vev o0oyeviev ouoiv yrvro0oi, to or tr- toyevov rx trttoev. rari or gxr ti o vetre aor0riv rirv, e r v roiotoi Principi corporei/ incorporei 94 biamo una versione pi diffusa di quello che Plutarco liquida con un ac- cenno (Platone e Democrito sarebbero giustamente risaliti per i sensibili a minimi intellegibili). Indicativo il rilievo che Platone non ha di che an- dare oltre le superfici nella ricerca dei principi. Si tratta di una interpreta- zione scolastica stoicizzante della dottrina platonica basata esclusivamente sul Timeo, che esclude ogni allusione agli oyoo ooyoto. In questa ottica, che concilia platonismo e aristotelismo, il corpo, nella sua unit di forma e materia, viene assunto come fondamento della realt. Le forme geometri- che platoniche vengono invece relegate nell'ambito della pensabilit, fun- zionale alla ricerca delle cause: la forma, infatti, mentalmente analizzabile nelle sue componenti geometriche pur non esistendo in s, al di fuori di un corpo. Tale esegesi, che risale a Posidonio, non ammetteva, per, che si superasse nella ricerca dei principi del corpo l'ambito della geometria 109 fondandosi su Ti. 53d: gli ulteriori principi, al di l dei triangoli, li conosce solo il dio o chi fra gli uomini gli caro 110 . Questa interpretazione presupposta in Antioco di Ascalona, per quanto si pu giudicare dal Varro ciceroniano 111 ed corrente nel platonismo successivo; i commentatori neoplatonici di Aristotele la utilizzano in particolare in difesa di Platone dalle accuse aristoteliche di aver generato i corpi da elementi incorporei. Cos, nel commento al De caelo, Temistio giustifica la teoria della composi- zione dei corpi da triangoli come una operazione mentale tesa alla ricerca delle cause, che comunque non infirma la realt del sinolo di forma e materia 112 . iototoi toutoi, xoi oio tout outo aoooyoruri otoiri o, to rv rtrov iooaruou tiyevou, to o rtrov trtoyevou. 109 Nella versione stoicizzante della dottrina del Timeo che si trova in Diogene Laerzio (3,67) vengono distinti due ambiti, quello dell'anima, che avrebbe un principio di carattere mate- matico, e quello dei corpi, invece, basato su principi geometrici. Cf. 3,70 per la descrizione della composizione degli elementi da triangoli. 110 Questo presupposto viene esplicitato in Anon. Proleg. 11,27 tei o ovoutixei (scil. toaei) rv Tioiei xrgtoi o vouev to uoixo ao vto ri ororvg v xoi rioo (ororvg v xoev tgv ugv), to or rioo aoiv ri ogoto, to or ogoto ri tiyevo, to or rarxrivo toutev ovov 0ro v r yev rior voi xoi to v tou tei iov. Cf. anche [Justin.] Co- hort. ad Graec. 26,1. 111 Cic. Ac. 1,2,6 Nostra tu physica nosti, quae cum contineantur ex effectione et ex materia ea, quam fingit et format effectio, adhibenda etiam geometria est. 112 Themist. In De cael. 299b 31, 158,23-159,2 Atque in universum modo aliquo absurdum non est, ut, cum de prima forma, quae est in materia, quaesierit aliquiset est id, quod tribus dimensionibus praedi- tum est quam reliquae naturae, nempe caliditas, frigiditas, siccitas, humiditas et qualitates, quae ex eis constant, consequuntur et ideo tantum invenitur forma per se, cum quaesierit primam formam, quae est in materia, et formas dissolverit <dico, absurdum non est> ut primo superficies sint et istae ante rectan- gulos (ad eas namque sermo terminatur), quoniam ipsae longe plurimum praecedunt, in quantum etiam in- veniuntur reliquas qualitates corpori impartiri, sed ea ratione, qua forma, non praecedunt, siquidem corpus eis prius extitit. Capitolo secondo 95 Interessante anche la seconda parte del testo di Galeno che prosegue esemplificando il concetto di "elemento" come lo intende Platone: egli chiamerebbe infatti elementi sia i triangoli che le figure solide 113 . A riprova di ci viene citato Ti. 56b: "sia dunque secondo la giusta definizione e secondo quella verosimile la forma della piramide che si generata elemento e seme del fuoco". Il fuoco un ammasso di corpuscoli di fi- gura piramidale cos come in un mucchio di grano ciascun granello ele- mento del mucchio. Questa concezione viene corroborata attraverso il confronto con la dottrina crisippea del linguaggio: allo stesso modo anche Crisippo chiama "elementi" sia le sillabe, in quanto esse generano i nomi, i verbi e le altre parti del discorso, sia le lettere che compongono le sil- labe 114 . Il nome di Crisippo e l'esemplificazione, tipicamente stoica, del mucchio 115 , riporta chiaramente il resoconto di Galeno nell'ambito dello stoicismo. La similitudine dei granelli di un mucchio di grano con le pira- midi del fuoco (favorita dal testo platonico stesso) getta inoltre luce sul- l'affermazione di Plutarco secondo cui Platone e Democrito sono arrivati fino ai "semi" minimi. Plutarco si dunque rifatto ad un'interpretazione corrente del Timeo risalente a Posidonio, nella quale Democrito veniva citato, secondo il modello teofrasteo, accanto a Platone per essere risalito ai principi "intellegibili" del corporeo. 6. Simplicio sui principi di Democrito e Platone La dossografia derivata da Posidonio marca comunque tutta l'imposta- zione successiva del confronto fra Platone e Democrito che si trova sin- tetizzata e stratificata principalmente in Simplicio. Simplicio stesso sceglie consapevolmente la tradizione sinfonica opponendola a quella diafonica, un metodo, come egli dice, applicato da alcuni (l'allusione agli autori cristiani che sfruttano ampiamente la tradizione scettica) a tutta l'inter- 113 Cf. anche Diog. Laert. 3,70. 114 Gal. PHP 8,3,11 (II,496,31 De Lacy = V,670 K.) vuv rv ou v to ouototixo tiyevo tev oiovtev raiaroev to otrro ogoto xrxgtoi otoirio ao[o]r0ev or xoi outo to arioiorvo oeoto ao te v rigrvev raiaroev o voo ri otoiri o yoev oute "rote og xoto tov o0ov oyov xoi xoto tov roixoto to rv tg auoi oo yryovo otr- rov rioo auo otoiriov tr xoi oaro". to oio0gtov touti au o0oov o0oioo vo- iri[v] ixev rivoi oeotev to ogo ao vtev rovtev auoioo. rxri vev ou v rxootov otoiriov rivoi goi tou auo, e ri xoi tou te v aue v oeou otoiriov rryrv rivoi ti rxootov te v aue v, xoto or to v outo v oyov xoi to r v tg evg otoirio yrvvo v aeto rv to ouoo , rit r oute v yrvvoo0oi to t ovoo xoi to go xoi tg v ao0roiv o0ov tr xoi ouvoroov o aoiv o Xuoiaao ovoo ri tou oyou otoiri o. 115 Cf. SVF II 471, 153,2-6; 472, 153,29-31; 473, 154,14s. Principi corporei/ incorporei 96 pretazione della filosofia. Egli cerca invece costantemente di conciliare le tesi presocratiche fra loro e con la dottrina neoplatonica trasponendo a tutte le teorie dei fisici quel carattere enigmatico che gli altri commentatori attribuiscono alle dottrine pitagoriche 116 . Si giustifica cos la scelta da parte di Simplicio di fonti che sottolineino piuttosto la concordanza fra Platone e Democrito che una eventuale discordanza. Esiste tuttavia nelle testimonianze di Simplicio una variet di contesti che rivelano la sedimentazione nel tempo di diverse problematiche fra loro collegate su di un unico troncone dossografico di matrice teofrasteo- posidoniana riguardo ai principi di Platone e Democrito. Ogni interprete ha assunto una tesi precedente ampliandola secondo i propri scopi. In questo ambito compaiono sempre accenni a Democrito praticamente privi, per, di un vero valore informativo in quanto ormai cristallizzati nello schema di assimilazione a Platone. Quello che presenter qui di seguito fa parte di una tradizionale Quellenforschung che va ben oltre il ri- stretto ambito dell'atomismo penetrando nella selva della tradizione dei commenti neoplatonici ad Aristotele. Questa ricerca rivela per i suoi lati positivi e, talvolta, la sua imprescindibile utilit perch dimostra in via definitiva come tali testi siano del tutto inutilizzabili ai fini dell'interpreta- zione della dottrina democritea. Le notizie dossografiche sui principi di Platone e Democrito in Sim- plicio si inquadrano principalmente nel contesto generale dell'interpreta- zione del Timeo (identificato nelle fonti pi tarde con Timeo di Locri e considerato cronologicamente anteriore a Platone). Nei testi simpliciani, che ammettono una continuit fra Pitagorici, Platone e Aristotele e una comunanza di metodo fra atomisti e Platone nella ricerca dei principi, compaiono anche chiari indizi del dibattito sull'ordinamento delle catego- rie sviluppatosi dopo la pubblicazione del testo aristotelico da parte di Andronico (I sec. a.C.) e protrattosi fino all'inizio del II sec. d.C. Era in- fatti sorta una disputa fra coloro che ordinavano la quantit dopo la so- stanza 117 , seguendo Aristotele, e coloro che invece davano la precedenza alla qualit. Sappiamo, dai commenti alle Categorie, che al primo gruppo 116 Simpl. In Phys. 184b 15, 36,15-32 oute ou v oi r v ri vogtov, oi or ri oio0gtov oioxo- oov ooevtr, xoi oi rv to aoorg otoiri o te v oeotev, oi or to ooriorotro gtouvtr [...] xoi oi r v otoiri o o vov, oi or aovto to oitio xoi ouvoitio gtou vtr oiooo r v r youoi uoiooyouvtr, ou r v rvovtio tei xivriv o0e ouvor vei [...] oo touto r v oio tou ru xoe oioevi ov r yxoouvto toi aooioi rai arov gvoyxoo0grv gxu voi. rariog or xoi Aiototrou rryovto o xouoor0o to tev aotrev ioooev ooo xoi ao tou Aiototrou o Hotev touto oivrtoi aoiev xoi ao o oiv o tr Horviog xoi Ervoo vg, iotrov oti tev raiaooiotrov oxoer vev outoi xgoorvoi to oivorvov otoaov r v toi oyoi oute v oirryouoiv, oiviyoteoe rie0otev tev aooiev to r outev oaooivro0oi yveo. 117 Cf. Olymp. In Cat. 4b 20, 81,21. Capitolo secondo 97 apparteneva probabilmente Andronico stesso (al quale infatti i commen- tatori non attribuiscono cambiamenti di sorta nell'ordine delle categorie) e Lucio 118 , al secondo Eudoro e lo Pseudo-Archita 119 . L'accanimento con cui le due tesi opposte venivano difese si spiega col fatto che, per questi au- tori, l'ordinamento delle categorie non aveva una funzione esclusivamente logica, ma si dilatava nel campo dell'ontologia. Dunque era importante stabilire se l'essere si fondasse su una concezione qualitativa o quantita- tiva. Le teorie platoniche non solo venivano utilizzate per difendere l'una o l'altra teoria, ma venivano a loro volta difese contro i sostenitori della tesi opposta. Automaticamente, per effetto della trasmissione scolastica marcata dal modello teofrasteo-posidoniano, la menzione dei triangoli platonici veicolava anche quella degli atomi di Democrito. Due brani del commento alla Fisica riportano una versione dei principi di Platone e Democrito proveniente da un ambito che difendeva la priorit della quantit sulla qualit: ambedue i filosofi avrebbero infatti cercato ulteriori elementi degli elementi e sarebbero risaliti dalle qualit alle figure. Si tratta di due brani complementari che si integrano e si illuminano a vicenda e che permettono di individuare con una certa trasparenza la stratificazione delle fonti. Lo schema teofrasteo- posidoniano viene mantenuto praticamente intatto soprattutto in uno dei due resoconti. Verr trattato in primo luogo il brano che, pur venendo dopo nell'ordine del libro simpliciano, evidenzia maggiormente il contesto della discussione sull'ordinamento delle categorie. 6. 1. Simpl. In Phys. 188a 17, 179,12 Nel commento a Phys. 188a 17 Simplicio fornisce un elenco di coloro che hanno posto principi "pi principianti": Anassagora avrebbe assunto degli elementi pi principianti di Empedocle introducendo come principi le qualit, ma avrebbe fallito perch queste per lui sono composte, non semplici. Avrebbero invece condotto una ricerca pi perfetta Aristotele, Platone e, "prima di lui", i Pitagorici risalendo a forma e materia. Fra que- ste ultime dottrine, tuttavia, le pi complete sono quelle che hanno posto 118 Simpl. In Cat. 6a 36, 156,20 oe tr, ooiv (scil. oi ari tov Aouxiov) ri ouo oioiou- rvev tev ryor vev, ri tr to xo0 outo xoi ri to ao rtrov, oorvov ari tev xo0 outo r yriv, r v oi g ouoio xoi to aooov, rori xoi to aoiov aoo0r vto oute rai to ao ti rtogvoi. Cf. Moraux 1983, 547 n. 89; Gio 2002, 151. 119 Per Eudoro, cf. Simpl. In Cat. 8b 25, 206,10. Per altri passi, risalenti probabilmente ad Eudoro, in cui compare questo ordinamento, cf. Mansfeld 1992a, 68 n. 26. Per Pseudo- Archita, cf. Ps.-Arch. Hri tou xo0oou oyou, 34,13ss. Szlezk (22,13ss. Thesleff); T 3 Szlezk (Dexipp. In Cat. 4b 20, 65,8-15); Simpl. In Cat. 4b 20, 121,14-18. Cf. anche Moraux 1983, 522; Dillon 1981, 24-27. Principi corporei/ incorporei 98 la forma (la piramide o altre figure) alla base delle differenze qualitative degli elementi, ritenendo la differenza di forma del corpo privo di qualit pi consona alla materia. Anche Democrito sembra aver visto giusto, ma, rispetto agli altri, non ha proceduto alla scomposizione dei corpi semplici in forma e materia 120 . L'interpretazione della materia sensibile primariamente come "quanto" e non come "quale", si allinea sulle posizioni di coloro che ordi- navano la quantit (come dimensionalit) prima della qualit consideran- dola pi adeguata al concetto di sostanza corporea. Quest'ultima, infatti, non viene eliminata come tale se le si sottraggono tutte le qualit e le si lasciano solo le dimensioni, mentre non esiste pi se viene privata della dimensionalit 121 . Questa tendenza era seguita sicuramente da Porfirio 122 il quale si rifaceva comunque ad autori precedenti 123 . Quando Simplicio, nel brano del commento alla Fisica, dice che le figure (espressione della di- mensionalit e quindi della quantit) "sono maggiormente adeguate alla materia", segue dunque probabilmente una interpretazione porfiriana che utilizzava il solito schema dossografico di derivazione teofrasteo/ posido- niana per confermare l'esattezza dell'ordinamento aristotelico delle catego- rie: la posizione della quantit prima della qualit si giustificava in quanto la materia corporea, per sua stessa definizione, inconcepibile senza la dimensionalit. Non a caso nel brano di Simplicio non si fa cenno alla scomposizione dei solidi in triangoli che non presentano la terza dimen- sione. 120 Simpl. In Phys. 188a 17, 178,33-179,19 ri g oo xoi Avooyoo to oao xoi oori- ori aoiotgto uar0rto otoirio, oo to ouv0rto (cit. 59 B 12 e B 15 DK) [...]. oute rv ou v rai to oao riog ovoooev Avooyoo oorior otrov oori tou Earooxrou to ari tev otoiriev ioooriv. trriotrov or ioe Aiototrg xoi Hotev xoi ao ooiv oi Hu0oyorioi otoirieori oo tg v ugv xoi to rioo uar0rvto, xoi rti trriotrov, oooi tgv xoto to ogoto oiooo v tou oaoiou oeoto aoorrotrov tgi ugi voioovtr uar0gxov toi xoto to aoiotgto tev otoiri ev oioooi, auoioo r v tei aui, oo or oei te v ogotev oar xoi Agoxito roixr tr0roo0oi xoe, rriari or to gxrti ri rioo xoi ugv o vouooi to oao oeoto. 121 Simpl. In Cat. 4b 20, 120,29-121,3 r youoiv ou v oti ouvuiototoi tei ovti to aooov [...] oti aogyritoi to oaoiov oioototov tg rv outei r yyivor vg aoiotgto, xoi oti tev r v oev o voir0r vtev oux o voiritoi g ouoi o, ri to oioototov xotori aoito, toutou or ovoir0r vto ouvovgigtoi g oeotixg ou oio. Cf. Ibid. 8b 25, 207,19. 122 Porph. Isag. 4b 20, 100,13-16 to oeo, ivo rv oeo gi, tigi oioototo v rivoi oriri, ivo or aoiov oeo gi, totr ruxo v g rov rivoi oriri. aogyritoi or to oeo rivoi tou aoiov rivoi oeo. Cf. anche Ammon. In Cat. 4b 20, 54,4-9; 5a 3, 58,10-11. 123 Cf. la concezione della materia sensibile come "quanto" che accoglie ed determinato da estensione e molteplicit di Moderato che Porfirio stesso cita altrove (Porph. ap. Simpl. In Phys. 191a 7, 231,6ss.). Capitolo secondo 99 6. 2. Simpl. In Phys. 184b 15, 35,22ss. (67 A 14 DK; 111, 247, 273 L.) C' per nella Fisica un altro passo molto pi dettagliato di questo nel quale compaiono tre ulteriori elementi: 1. la menzione di Timeo di Locri, autore dello pseudoepigrafo Sulla natura del cosmo, come pitagorico e ispiratore di Platone, 2. l'interpretazione dei triangoli platonici come figure fisiche, aventi cio anche la terza dimensione, 3. l'attribuzione a Leucippo e Democrito di forme particolari del freddo contrarie a quelle del caldo. Il modello interpretativo di Simplicio per questo passo diverso dal precedente. L'autenticit dello scritto di Timeo, gi sostenuta da autori medioplatonici 124 , ricorre in seguito, in particolare, in Giamblico 125 il quale anche il primo a interpretare i triangoli platonici come tridimensionali per difendere Platone dagli attacchi aristotelici alla generazione del sensi- bile da corpi matematici 126 . Leucippo, Democrito e il pitagorico Timeo, dice Simplicio, non negano che i quattro elementi siano principi dei corpi composti. Anche costoro, come i Pitagorici, Platone e Aristotele, vedendo che il fuoco, l'aria e l'acqua e forse anche la terra si cambiano l'uno nell'altro, cercavano delle cause pi principianti e pi semplici che potessero giustificare anche le differenze qualitative degli elementi. Dunque Timeo e Platone, che ne segue la dottrina, hanno posto dei triangoli di figura differente e forniti anche di profondit come "elementi degli elementi" ritenendo la natura corporea con le figure corporee pi principio e causa delle differenze qua- litative 127 . Leucippo e Democrito, invece, che chiamano i corpi primi minimi, atomi, [af- fermano] che dalla differenza delle loro figure, posizione e ordine derivano i corpi caldi e infuocati, quelli che sono composti da corpi primi pi acuti e sottili e disposti in maniera omogenea, e i corpi freddi e acquosi, quelli che sono com- 124 Nicom. Encheir. Harm. 11,6; Taur. ap. Philop. De aet. mundi 6,8, 223,12. Cf. Baltes 1972, 20. 125 In Nicom. Intr. arithm. 105,11; 118,26. 126 V. infra, n. 129. 127 Simpl. In Phys. 184b 15, 35,22-36,7 (273 L.) oi or ari tov Aruxiaaov tr xoi Agoxitov xoi tov Hu0oyoixov Tioiov oux rvovtiouvtoi r v ao to trttoo otoirio te v ouv0r tev rivoi oeotev oo. xoi outoi or, eoar oi Hu0oyorioi xoi Hotev xoi Aiototrg, oevtr ri ogo rtooovto to au xoi to v o ro xoi to uoe, ioe or xoi tgv yg v, ooriorotro tivo toutev xoi oaouotro rgtouv oitio, oi e v xoi tg v xoto to aoiotgto te v otoiriev toutev oiooo v oaooygoovtoi. xoi oute o r v Tioio xoi o tou tei xotoxoou0e v Hotev to raiaroo o0o ti rovto xoi ogotev oiooo otoirio aeto te v trttoev tou tev r0rto otoiriev tg v oeotixg v uoiv rto tev oeotixe v ogotev ooriorotrov xoi oitiov tg te v aoiotgtev oiooo voiev. Principi corporei/ incorporei 100 posti da forme contrarie, e gli uni sono luminosi e splendenti, gli altri foschi e bui 128 . La sequenza soggiacente quella gi incontrata precedentemente per il mondo sensibile: corpo (fornito di dimensioni)-figura-qualit. Tuttavia la terminologia indica una fonte che riprende meno sobriamente di Porfirio i dati della dossografia. Questa fonte immediata di Simplicio sicuramente Giamblico, come si pu dedurre da un passo parallelo del commento simpliciano alle Categorie nel quale egli viene citato espressamente e nel quale ricompare l'interpretazione dei triangoli platonici "materiali". E infatti [Giamblico] obietta che Platone spiega che le figure, precedenti alla formazione dei corpi, sono cause dell'essere dei corpi e che le differenze di qua- lit derivano dalle differenze di figura, dicendo che caldo ci che composto da figure con angoli acuti, quali le piramidi, e freddo ci che composto da figure che ne hanno di meno, quali l'icosaedro, e ci vale anche per le altre qualit, ma non intende le figure matematiche; quelle infatti non sono n materiali, n fisi- che, n sono osservabili in movimento come invece le superfici platoniche; Pla- tone infatti pone queste ultime come materiali e fisiche 129 . Dato che questo passo viene citato a proposito del quarto genere della qualit, la figura, si pu dedurre che Giamblico accettava s la teoria se- condo cui le figure venivano prima delle qualit dei corpi elementari, ma considerava anch'esse come qualit riallacciandosi ad Aristotele 130 . Su que- ste basi poteva anteporre le figure alle qualit fisiche degli elementi e so- stenere nel contempo la precedenza della qualit sulla quantit nell'ordi- namento delle categorie: le figure venivano prima "delle altre qualit". Quando dunque in Simplicio si incontra la formula secondo cui le figure sono "pi principianti delle altre qualit", c', mediata o diretta, la mano di 128 Simpl. In Phys. 184b 15, 36,1-7 (67 A 14 DK; 111, 247 L.) oi or ari Aruxiaaov xoi Agoxitov to roioto aeto oeoto otoo xoouvtr xoto tgv te v ogotev oute v xoi tg 0r ore xoi tg tore oiooo v to rv 0ro yivro0oi xoi auio tev oeo tev, ooo r outrev xoi ratorrotrev xoi xoto ooiov 0roiv xrir vev ouyxritoi tev aetev oeotev, to or uo xoi uooteog, ooo rx tev r vovtiev, xoi to r v oao xoi etrivo , to or o uoo xoi oxotrivo. 129 Iambl. Fr. 78 Larsen (Simpl. In Cat. 10a 11, 271,8-16) xoi yo rioto vri (scil. o Ioixo) oti Hotev r v to ogoto aogyourvo tg ouotoore te v oeotev e oitio toi oeooi tou rivoi xoi tev aoiotgtev to oiooo oao tg te v ogotev oiooo oao- oyirtoi, 0rov ryev rivoi to oao te v ouyeviev ogotev ouyxrirvov, oioi rioiv oi auoior, xoi uov to oao tev gttov toioutev, oiov to rixooo roov, xoi rai te v oev eooute, ou to o0gotixo ogoto aoooo vev rxrivo yo outr rvuo rotiv outr uoixo outr r v xivgori 0reourvo, eoar to Ho tevo raiaroo touto yo xoi r vuo xoi uoixo ti0goiv o Hotev. Cf anche Procl. In Tim. II,36,24, infra, n. 138. Proclo stesso, cui Simplicio attinge nel commento al De caelo sostiene la tesi dei triangoli "materiali" cio forniti anche di profondit in quanto la materia prima s priva di qualit, ma corporea e come tale tridimensionale. Simpl. In De cael. 306a 23, 648,19 ao touto ryri o Hoxo, oti to uoixo raiaroo ou x rotiv oo0g . 130 Cat. 10a 11ss. Capitolo secondo 101 Giamblico. Cos, in un passo di commento alle Categorie, in base a questa formula, le figure atomiche di Democrito e di Epicuro divengono imper- cettibilmente dei qualia: Anche Democrito e, in seguito, Epicuro, ipotizzando gli atomi impassibili e privi di tutte le altre qualit tranne la figura e la loro composizione qualitativa, affermano che le altre qualit, quelle semplici, come il calore e la levigatezza, e quelle relative ai co- lori e ai succhi vengono dopo 131 . Se si confronta questo passo con la versione dossografica canonica degli atomi privi di qualit che si trova in Plutarco, in Sesto e in altri autori, si nota subito la precisazione significativa e tipica di Giamblico che le figure sono "prive delle altre qualit tranne le figure" 132 . Tornando al brano del commento alla Fisica, Simplicio/ Giamblico, nel descrivere gli atomi di Leucippo e Democrito, si riferisce agli atomi dell'anima come risulta da un passo parallelo del De anima di Giamblico stesso non incluso n da Diels n da Lur'e nella raccolta delle testimo- nianze su Democrito nel quale gli atomi vengono definiti "pi elementari degli altri elementi" 133 . L'affermazione che i corpi freddi e acquosi hanno forme contrarie a quelli caldi e infuocati ovviamente una deduzione sulla base del confronto con i solidi platonici. Questo passo di Simplicio non pu dunque essere citato come testimonianza del fatto che Democrito 131 Simpl. In Cat. 15a 13, 431,24 xoi oi ari Agoxitov or xoi uotrov oi ari Eaixouov :o o:oao: oao0tt xot oaoto: :ao:t0tatvot :o v o!!ov aoto:j:ov aooo :o ojao:o xot :jv aotov o::o v o: v0totv raiyivro0oi ryouoi to oo aoiotgto, to tr oao oiov 0rotgto xoi riotgto, xoi to xoto to eoto xoi tou uou . O'Meara 2000, 246 suppone che in questo passo Simplicio utilizzi Giamblico. La formulazione usata dal commentatore costituisce a mio avviso, una prova sicura. La stessa formula ricompare ancora nel commento a De cael. 299b 23, 576,5ss. dove ad Aristotele viene attribuita una teoria della precedenza della figura sulle "altre qualit" (oti or oorior otroi rioiv oi xoto to og oto oitioi te v xoto to aoiotgto, ogov, riar xoi outo o Aiototrg aoo :ov o!!ov aoto:j:ov t ,,t vto0ot :o ojao:o :jt :!jt voiri). 132 Plut. Adv. Colot. 1110 F (68 A 57 DK; 179 L.) ti yo r yri Agoxito ouoio oariou to ag0o oto ou tr xoi ooio0oou, rti or oaoto: xot oao0tt, rv tei xrvei rr- o0oi oiroaorvo. Gal. De elem. sec. Hipp. 2,16 (60,19 De Lacy = I,418 K.) (68 A 49 DK; 112 L.) oi r v ouv otooi ouaoooi oeoto ouooi oixo oot aoto:j:ov rioi. Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 3,33 ou yo ogaou ouvgoor0o xoi toi ari Aoxgaioogv ouyxototi0ro0oi, 0ouoto rivoi to otoirio ryouoi xoi aoio, xoi toi ari Agoxi- tov, o:oao tou to rivoi ooxouoi xoi oaoto. 133 Iambl. De an. 26,13-18 Finamore-Dillon (Stob. 1,49, 363,11-18 Wachsmuth) tivr ri to tev troooev otoiriev oo tg v ouoiov tg ug ovorouoiv. rivoi rv yo to aeto oeoto otoo, ao tev troooev otoiriev otoirieorotro riixivg o ovto xoi arager vo ao vtgi xo0oo aetg ouoi o g orro0oi go oaeotiouv ri outo oioiroiv. touto toivuv oario rriv ogoto, rv or oute v rivoi to ooiorior, oao or tev ooiorioev oto ev rivoi tgv ugv. Il riferimento all'infinit delle forme atomi- che e alla forma sferica degli atomi dell'anima mostra chiaramente che il resoconto ri- guarda solo gli atomisti antichi e non anche Epicuro. Giamblico segue qui Aristotele, cf. Finamore-Dillon 2002, 78. Principi corporei/ incorporei 102 dava una forma agli atomi del freddo 134 perch solo l'epigono di uno schema dossografico ripetutamente rielaborato. 6. 3. Simpl. In De cael. 299a 2, 564,10-566,16 (68 A 120 DK; 171 L.) Simplicio riporta ancora in due brani paralleli del commento al De caelo (299a 2, 564,10ss. e 306a 1, 641,1ss.) una interpretazione della genesi dai triangoli del Timeo nella quale compreso l'accenno a Democrito: prima di Platone anche Democrito sarebbe risalito nella ricerca delle cause oltre i quattro elementi fino agli atomi, come Platone fino ai triangoli. Lo scopo di Simplicio, in ambedue i casi, la difesa di Platone dagli attacchi aristo- telici. Nel commento a De Cael. 299a 2 Simplicio affronta uno dei temi pi spinosi e ricorrenti nella critica di Aristotele a Platone e ai suoi allievi, quello di aver voluto comporre il mondo sensibile da oggetti matematici che, non avendo nessuna delle caratteristiche di un corpo fisico, non sono in grado di generare corpi. Simplicio, come solito fare, rimprovera ad Aristotele di fermarsi alle apparenze e di non approfondire la sostanza. Infatti i triangoli del Timeo non sono triangoli matematici, ma fisici, hanno cio una profondit in quanto Platone avrebbe posto a fondamento del mondo fisico innanzitutto il sinolo di materia e forma. I triangoli che formano i quattro elementi non sono semplici "forme" disgiunte dalla materia corporea tridimensionale, ma sono forme "materiali". Simplicio cita a questo proposito il "pitagorico" Timeo di Locri e distingue poi due tipi di interpretazioni platoniche: da una parte quella "simbolica", cio non letterale, di alcuni esegeti di Platone, e di Giamblico e, dall'altra quella dei "platonici recenti" che interpretano invece il Timeo in senso letterale 135 . Chi siano questi ultimi difficile determinare, ma si tratta probabilmente di Proclo che Simplicio utilizza ampiamente nel commento al De caelo. La prima parte (quella che esemplifica l'interpretazione dei "platonici re- centi") contiene infatti lo schema teofrasteo di critica alla ricerca delle cause fisiche al di l dei sensibili cui Proclo, come si visto, si riferisce. Queste sono le linee del resoconto della prima parte, quella nella quale nominato anche Democrito: siccome i quattro elementi sono composti di forma e materia e in un discorso sui principi non possono essere consi- derati primi, alcuni, come Aristotele, fanno generare per primi nella mate- 134 Come ad es. Curd 2004, 185. 135 Simpl. In De cael. 299a 2, 564,10 toutgv or tg v oio tev ogotev uoiooyiov tivr rv tou Ho tevo r gygte v, ev xoi o 0rio Io io roti, ouoixe rigo0oi voiouoi, xoi oute outo rgyritoi tov Hotevixo v Tioiov, oi or vretroi tev Ho- tevixev ioooev e oute xoto to ryorvov rouoov arievtoi orixvu voi. Capitolo secondo 103 ria le qualit cosiddette passive (caldo, secco e i loro contrari) e i quattro elementi col corpo privo di qualit. Alla domanda perch il fuoco riscaldi, rispondono unicamente: perch caldo (564, 14-24) 136 . Democrito, invece, come riferisce Teofrasto nella Fisica, fra coloro che hanno cercato in modo imperfetto una giustificazione del caldo e del freddo e hanno addotto tali cause, risalito agli atomi; allo stesso modo i Pitagorici ai triangoli ritenendo le figure e le grandezze cause del caldo e del freddo. Infatti le figure che distinguono e dividono producono la sensazione di caldo, quelle che uni- scono e astringono quella di freddo; e infatti ogni corpo, per la sua stessa so- stanza, subito diventa un quanto, la figura, se anche una qualit, ma stata tratta dal genere dei quanti, perci ciascun corpo un quanto fornito di figura. La materia in s infatti incorporea, il secondo sostrato un corpo privo in s di qualit, ma informato da varie figure e differisce dal corpo matematico perch materiale e tangibile, in quanto il tatto lo percepisce come massa e non come caldo o freddo. Questo secondo sostrato decorato con diverse figure, costituiscediconogli elementi pi principianti dei quattro elementi. 137 . A questa differenza di figure conseguono tutte le altre propriet e i cam- biamenti reciproci. Dunque i Pitagorici e Platone non hanno ragionato in modo sbagliato (g ooye) quando hanno riportato tutto alle figure. Qui vengono in sostanza riprodotte le argomentazioni dei sostenitori della precedenza della quantit sulla qualit riassunte nel commento al primo libro della Fisica e viene ribadito (implicitamente contro l'interpretazione di Giamblico) che, pur essendo la figura una qualit, essa appartiene al genere dei "quanti". L'argomentazione viene arricchita con la caratterizza- zione delle figure come r vuo riog, forme "materiali" impresse in un corpo tridimensionale preesistente caratteristica di Giamblico, ma anche di Pro- clo 138 . E' verosimilmente quest'ultimo il modello interpretativo di Simpli- 136 La linea quella dell'esposizione delle teorie teofrastee fornita da Proclo (In Tim. II,120,18- 22 = Theophr. Fr. 159 FHS&G). Per quest'ultimo testo, v. supra, n. 26. 137 Simpl. In De cael. 299a 2, 564,24 (68 A 120 DK; 171 L.) Agoxito or , e Oroooto r v toi duoixoi iotori, e ioietixe oaooioovtev te v xoto to 0rov xoi to uov xoi to toiouto oitiooyouvtev rai to otoou ovrg, ooie or xoi oi Hu0oyorioi rai to raiaroo voiovtr to og oto oitio xoi to ryr0g tg 0rotgto ri voi xoi tg ure to r v yo oioxitixo xoi oioirtixo 0rotgto ouvoio0goiv aorro0oi, to or ouyxitixo xoi aigtixo ure xoi yo ao v oeo xot ou oiov ru0u araooetoi, to or ogo, ri xoi aoiotg rotiv, o rx tou yrvou rigatoi tev aooe v, oio tev oeotev rxootov aooov rotiv r ogotior vov g rv yo ug xo0 outg v o oeoto roti, to or orutrov uaoxrirvov oeo rv oaoiov xo0 outo, ogooi or aoixioi roer vov xoi tou o0gotixou oe oto oiorov tei rvuov xoi oato v rivoi tg og xoto to v oyxov ovtioovor vg outou xoi ou xoto 0rotgto g uotgto. touto ou v to orutrov uaoxrirvov oioooi ogooi oioeyoourvov to te v troooev otoi- riev ooiv uiotovriv ooriorotro otoiri o. 138 Cf. Procl. In Tim. II,36,24 o r v 0rio Ioio outo yo o o vg oiorovte ovtro rto tg toioutg 0reio, te v oev e oar xo0ruoovtev xoi ari to o0go- tixov xoivoour vev o vov, oioxi vriv oi ooxri to oao te v ouv0r tev xoi to rg tev oev xoi oae riariv to r vuou ouvori xoi to riog to rvuo tev ouagou- Principi corporei/ incorporei 104 cio in questo passo del De caelo. Da qui anche la differenza nel taglio ese- getico. In ogni caso lo schema di fondo di questi resoconti di Simplicio, pur attraverso i vari rimaneggiamenti e adattamenti, permane quello di matrice posidoniana che si ritrova anche nel De primo frigido Plutarco e nel De placi- tis di Galeno. Elementi comuni a questi resoconti sono: 1. La individuazione dei principi ultimi di Platone in materia e forma (ug e ogo in Galeno, ug e rioo in Simplicio). 2. L'accenno al fatto che i peripatetici si fermavano alle qualit ele- mentari ritenendo inutile farsi domande sull'origine del caldo e del freddo. 3. La ricerca delle cause protratta invece da Democrito fino agli atomi e dai Pitagorici, nella fattispecie Timeo di Locri, e da Platone fino ai trian- goli elementari (in Plutarco compaiono Democrito e Platone, in Galeno solo Platone). Si pu dunque a questo punto ricostruire l'iter di un brano dossogra- fico sui principi di Platone e di Democrito da Teofrasto fino a Simplicio: 1. Brano della Fisica di Teofrasto nel quale Platone e Democrito ven- gono presi come esempio di un procedimento contrario ai principi della fisica in quanto hanno superato i limiti propri di questa scienza cercando elementi di elementi. 2. Utilizzazione critica del testo teofrasteo da parte di Posidonio in un contesto sulle finalit della filosofia come scienza universale delle cause: Platone e Democrito hanno fatto quello che il vero fisico e il vero filosofo devono fare, sono cio risaliti alle cause ultime dei corpi. Per Platone tut- tavia si tratterebbe sostanzialmente di una scomposizione mentale a fini eziologici che non comporterebbe necessariamente l'esistenza della forma separata dalla materia. Plutarco riporta, di questo testo, solo un breve excursus nel quale compaiono sia Democrito che Platone. Galeno, dato il carattere specifico della sua trattazione, si limita ovviamente alla dottrina platonica, ma riproduce una versione pi ampia del testo di matrice posi- doniana. 3. Utilizzazione dello stesso testo nell'ambito del dibattito sull'ordi- namento delle Categorie aristoteliche: la precedenza della quantit sulla qualit viene dimostrata attraverso l'esempio delle figure di Democrito e Platone. Questa potrebbe essere forse gi la posizione di Andronico se- guito da altri commentatori del secondo secolo e infine da Porfirio, una delle fonti di Simplicio nel commento alla Fisica. Giamblico, dal canto suo, riprende lo stesso modello spiegando, per, che la figura una qualit e rvev oa' oute v ouoiev, xoi to r v raiaroo xoriv, to or otrro xo0oar yo to raiaroov rooto oo roti tou o0gotixou oeoto, oute og xoi to rvuov rioo xoi g ouvoi g te v oeotev og xoi aro roti te v uaoxrir vev. Capitolo secondo 105 non una quantit e che quindi Platone e Democrito hanno posto le figure prima delle "altre qualit". Anche questa interpretazione riemerge nel commento alla Fisica di Simplicio. Proclo, a sua volta, si riallaccia a Giam- blico, ma ribadisce che le figure di Democrito e Platone sono una quan- tit, non una qualit, una esegesi che Simplicio riprende nel commento al De caelo. E' superfluo sottolineare come in tutti questi contesti la funzione dei principi democritei sia totalmente subordinata rispetto ai triangoli plato- nici, tanto che, fuori dal nucleo teofrasteo vero e proprio, non vengono neanche pi presi in considerazione. Se si confrontano i brani di Simplicio con la tradizione "diafonica" presente in Sesto Empirico si pu constatare dunque una diversit di im- postazione nel rapporto Platone (Pitagorici)-Democrito. Da una parte, in Sesto, abbiamo una opposizione di fondo basata su due concezioni di- verse della realt: una sostanzialmente materialista, quella atomista, una di tipo matematico, quella dei cosiddetti Pitagorici i quali presenterebbero le loro dottrine proprio come un superamento decisivo della mentalit sog- giacente alla concezione atomistica antica. Solo nell'ambito dei principi incorporei intellegibili si possono trovare i fondamenti di tutta la realt, anche di quella del mondo sensibile. E questo non un assunto tardo ellenistico, ma una problematica viva nell'Accademia platonica le cui tracce sono ben individuabili sia nelle allusioni platoniche che negli excur- sus aristotelici riguardanti le dottrine dell'Accademia. L'autore tardo elleni- stico che ha rielaborato il resoconto originale ha aggiunto alla diaphonia solo i caratteri superficiali tipici dell'ellenismo, ma ha riportato una pro- blematica che non era tipica del suo tempo. Questo risulta dal confronto con il filone rappresentato da Plutarco nel De primo frigido, da Galeno nel De Placitis e dai brani dei commentari aristotelici di Simplicio. L'assunto fondamentale di tutto questo filone una sostanziale identit fra le conce- zioni atomiste e quelle platoniche e pitagoriche. Il pitagorismo che com- pare qui per ben diverso da quello che si incontra in Sesto ed in par- ticolare legato al nome di Timeo di Locri, rappresentante di un platonismo aristotelizzante. La somiglianza configurata in questi testi tardi fra Platone, i Pitagorici e Democrito dipende da una visione condizionata dall'immagine aristotelizzante e stoicizzante di Platone e basata principal- mente sull'interpretazione del Timeo. Nell'ottica di una interpretazione che attribuiva a Platone materia e forma come ultimi principi (ug oaoio che riceve le forme geometriche) e che arrestava la ricerca dei principi dei corpi ai triangoli del Timeo, anche le distanze dei triangoli dai corpuscoli di Democrito si accorciavano. L'unica effettiva mancanza di Democrito era quella di non aver enunciato materia e forma come principi ultimi, ma in sostanza la sua dottrina non si discostava molto da quella platonica. un Principi corporei/ incorporei 106 punto che Alessandro stesso rilevava 139 . Questa simbiosi fra l'atomismo democriteo e il Timeo platonico si concreta in due tendenze presenti nei commentatori neoplatonici: 1. Le forme degli atomi del freddo o di certi colori, che Democrito non ha specificato o ha definitio diversamente, possono anche essere descritte come i solidi del Timeo. Si tratta di un procedimento utilizzato soprattutto dal Filopono, sia nel commento alla Fisica, sia in quello al De generatione et corruptione 140 . 2. Per contro, i triangoli platonici si trasformano in figure corporee, fornite cio di una terza dimensione come in Giamblico e possono essere difese dagli attacchi aristotelici. La distanza che li separa dagli atomi de- mocritei, che Aristotele aveva considerato nettamente superiori, non pi cos grande e, in ogni caso, il confronto non va a svantaggio di Platone. Se il processo di avvicinamento fra l'atomismo di Democrito e i trian- goli di Platone gi particolarmente evidente nella vulgata di matrice posi- doniana quale quella di Plutarco, ulteriormente accelerato dagli autori che si servono dei principi platonici e democritei, fuori da un contesto che riguarda direttamente le loro dottrine, in vista di uno scopo ben preciso, vale a dire per dimostrare la correttezza o la debolezza dell'ordinamento aristotelico delle categorie, un dibattito vivo soprattutto fra il I sec. a.C. e la prima met del II sec. d.C., e ripreso dai neoplatonici. In questo conte- sto non contavano tanto le differenze fra Democrito e Platone, quanto piuttosto i loro caratteri comuni, il fatto cio che essi avessero posto a fondamento del sensibile delle figure, vale a dire la quantit. Se dunque il rapporto Democrito-Platone-Pitagorici veniva trattato su questa linea di 139 Alex. ap. Simpl. In De cael. 299b 23, 576,5 (122 L.) oo ti, goiv (o Arovoo), oioiori tg Agoxitou oog g rx tev raiaroev ryouoo, riar xoi ou tg xoto to ogoto riooaoirio0oi to uoixo oeoto goi 140 Philop. In Phys. 184b 20, 25,19 (101 L.) rioou yo oyov rv toi o tooi to ogo rriv rryrv o Agoxito. g xoi r vovti o gtoi touto goiv oti Agoxito rv to yrvo uar- ti0rto tev o toev, oiorriv or outo xoto to ogoto, ou ovov or oiorriv, oo xoi rvovtio rivoi (rariog yo 0rotgto xoi u iv xoi ruxotgto xoi roviov oux rryrv rivoi r v toi otooi o Agoxito, o rx te v ogotev oaryr vvo to ao0g xoi tg ao go te v otoev orore to rv ooiixo , e ruxivgtou, 0rotgto xoi tou auo rivoi oitio e yo ruxivgtoi, oioiouoi 0ottov xoi oirioouvouoi, touto or ioiov auo to tgtixov xoi ruxi vgtov to yo xuixo or rr riariv, e e0ouoo oov xoi aiouoo, uiv ryo ro0oi aigtixov yo to uov. ooie xoi rai tev eotev yi vro0oi rryrv. otov rv tev auoioev rr riariv oi xouoi aoooeoi tgi ori, toiovor aoiriv eoto ovtooiov, oiov ruxou oioxitixov yo tg ore to ruxov, oioirtixo v or xoi to ou , oio roti xoi g xoug tg auo- ioo otov or oi oori, rovo ouyxitixov yo to rov, toioutov or to ou ai- ri yo xoi ri toutov tgi aigori ouve0ri to oirote to. rari ou v toi oioooi ogooi tev r vovtiev ao0ev aoigtixoi rioiv oi otooi, ou ovov oiorriv outo toi ogooiv riarv, oo xoi rvovtio rivoi)... Cf. anche Ibid. 188a 19, 116,28-117,10; 194a 20, 228,28-229,2; In De gen. et corr. 314b 15, 17,29-33. Capitolo secondo 107 sostanziale omogeneit, improbabile che Eudoro, cui da alcuni viene attribuito il resoconto di Sesto, seguisse la via opposta. Eudoro infatti era stato uno dei primi ad avviare il dibattito sull'ordinamento delle Categorie. In ogni caso tutti questi autori utilizzano schemi manualistici in diatribe nelle quali anche lo scopo puramente informativo della notizia dossogra- fica viene a cadere. In questo contesto soprattutto vanno valutate le testi- monianze sui principi di Democrito e di Platone presso i commentatori di Aristotele ora esaminate. 7. Sintesi Se le ipotesi sviluppate in questo capitolo sono esatte, ci si trova di fronte, per quanto riguarda il confronto fra i principi di Democrito e Platone (Pitagorici), ad una doppia tradizione. 1. Quella dominante di matrice teofrastea che si fonda sulla ricerca delle somiglianze fra l'atomismo di Democrito e la dottrina del Timeo. Teofrasto criticava ambedue per aver ricercato "elementi di elementi" violando quindi una concezione della fisica che Aristotele aveva elaborato, secondo cui la ricerca fisica doveva arrestarsi ai quattro elementi. Aristo- tele aveva finalizzato il confronto Democrito/ Platone alla sua polemica contro i principi accademici preferendo ogni volta l'atomismo fisico del primo rispetto a quello matematizzante del secondo. Teofrasto ha invece posto Platone e Democrito sullo stesso piano criticandoli poi ambedue, ma astenendosi dal prendere posizione a favore di uno o dell'altro. Da Teofrasto si sviluppata una linea conciliatoria che, attraverso Posidonio, passata in quasi tutta la tradizione successiva. La versione prettamente manualistica di questo confronto stata poi accolta e variamente utilizzata nel dibattito sull'ordinamento delle categorie aristoteliche ed arrivata fino a Simplicio. Quest'ultimo, per questo confronto, non attinge diretta- mente a Teofrasto, anche se lo conosceva di prima mano, ma ad altri commentatori quali Porfirio, Giamblico e Proclo. 2. Se la tradizione ora esaminata propone una sostanziale similarit fra i triangoli del Timeo e gli atomi di Leucippo e Democrito, nel decimo libro Contro i Matematici di Sesto Empirico emerge invece la prospettiva "diafo- nica". I Pitagorici, cio gli allievi di Platone, avrebbero criticato e superato le dottrine atomiste postulando, invece che dei corpi di per s sempre scomponibili e quindi non eterni per natura, delle sostanze incorporee ed eterne in assoluto, gli oggetti matematici, e i numeri i cui principi ultimi sono l'uno e la diade indefinita. Si tratta di uno schema di opposizione corporeo/ incorporeo che riprende quello del Sofista platonico, arricchen- dolo di nuovi contenuti e che emerge in Aristotele in brani che espon- Principi corporei/ incorporei 108 gono appunto la dottrina accademica nella prospettiva del superamento dei principi corporei. Il confronto non legato alle teorie del Timeo, ma alla dottrina delle idee-numero di Senocrate. L'atteggiamento critico degli allievi di Platone verso gli atomisti presupposto anche dalle prese di posizione talvolta estreme a favore di Democrito e dell'atomismo antico nell'ambito dell'assunzione dei principi in diversi passi dell'opera aristote- lica, in particolare del De generatione et corruptione e del De caelo. La veemenza di tali attacchi ai principi accademici e l'utilizzazione di Democrito in fun- zione antiaccademica, si spiegano meglio se, dall'altra parte, nell'Accade- mia, Senocrate predicava, in direzione opposta, il superamento dei prin- cipi degli atomisti. La sopravvivenza in Sesto di questo filone, deviante rispetto a quello dominante di matrice teofrastea, si spiega proprio per l'utilizzazione da parte dello scetticismo tardo non solo di una variet di fonti, ma anche di tradizioni diverse rispetto a quelle correnti. Sesto, in- fatti, fa capo ad una fonte interna allo scetticismo stesso, ovverosia Enesi- demo, il fondatore del neoscetticismo. Capitolo terzo Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 1. Considerazioni generali Sullo sfondo del confronto con le dottrine accademiche dei principi e con le specifiche problematiche ad esse legate, anche i resoconti aristotelici che individuano l'origine delle dottrine atomiste nella soluzione delle aporie "eleatiche" sulla molteplicit e il movimento vanno viste in una diversa prospettiva. L'immagine di un Leucippo che, in un confronto dialettico, "concede" agli Eleati alcune premesse (non c' movimento senza il vuoto), ma nel contempo vuole accordare le sue dottrine con i fenomeni (il vuoto esiste in quanto non essere e l'essere non uno, ma molti simili all'uno eleatico), presentata in un famoso passo del De generatione et corruptione (A 8), ha infatti segnato tutta la storia dell'interpretazione dell'atomismo an- tico fino ai giorni nostri. La rappresentazione degli atomisti come Eleati deviati stata inoltre corroborata nei primi anni del novecento dall'indivi- duazione, in un altro passo dello stesso trattato (A 2), di una presunta argomentazione di Democrito a favore degli indivisibili come soluzione dei paradossi zenoniani della divisione all'infinito 1 . La versione aristotelica della nascita dell'atomismo stata considerata dall'ottocento ad oggi quasi un dogma. In realt, come notava Solmsen 2 , e come si cercher di mo- strare con l'analisi dei due brani in questo capitolo e nel successivo, i due resoconti sollevano pi dubbi di quanti ne risolvano. Le aporie che essi presentano necessitano per pi che di una soluzione di un inquadra- mento nel contesto nel quale Aristotele pensava, sviluppava le sue idee e interpretava i predecessori. Tale contesto costituito dalle discussioni sulle presunte tesi eleatiche nell'Accademia platonica, che hanno portato alla definizione del non essere come "altro dall'essere", alla distinzione fra 1 Cf. Hammer-Jensen 1910. 2 1988, 60ss. Solmsen, per istituire un legame fra gli atomisti antichi e gli Eleati, si basava per su un passo ancora pi dubbio di quelli succitati e cio Phys. A 3, 187a 1ss. (su questo brano, v. infra, 3. 2) e su altri di Lucrezio che, sebbene interessanti, non permettono di infe- rire nulla sulle origini dell'atomismo antico. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 110 essere e uno e all'assunzione di indivisibili, e dalla contestazione da parte di Aristotele di tali soluzioni. La trattazione delle tesi di Leucippo e De- mocrito sullo sfondo di queste problematiche pi ampie non poteva e non doveva essere un esatto resoconto. A questo proprosito assume una grande rilevanza il carattere dialettico dei contesti aristotelici 3 . Aristotele fa infatti dialogare di volta in volta i suoi protagonisti secondo schemi impie- gati nelle discussioni accademiche e da lui codificati nei Topici per poi di- mostrare l'inadeguatezza della loro impostazione e affrontare i problemi da premesse diverse. E' necessario dunque esaminare le testimonianze aristoteliche sulla de- rivazione dell'atomismo dall'eleatismo in un'ottica differente da quella nella quale generalmente vengono lette, concentrando l'attenzione so- prattutto sugli schemi dialettici in base ai quali viene impostata la discus- sione. 2. Leucippo e gli "Eleati" De gen. et corr. A 8, 324b 35 - 325a 2-30 ha costituito uno dei cardini della tesi secondo cui l'atomismo antico il risultato di una correzione delle dottrine eleatiche sull'unit dell'essere, con l'accettazione per di determi- nate premesse. Leucippo avrebbe formulato la sua concezione del mondo composto di atomi e di vuoto a seguito di una "discussione" con non ben precisati "Eleati", accettandone alcune affermazioni, ma cercando nel contempo anche un "accordo" con la realt dei fenomeni. L'artificialit di questo schema gi di per s palese non solo perch non trova alcun ri- scontro nella realt storica (di Leucippo non neppure sicuro il luogo di provenienza), ma soprattutto perch questo tipo di "cavalleresco" con- fronto dialettico del tutto anacronistico nel V sec. a.C. Lo schema ari- stotelico rimanda piuttosto a quell'atmosfera rarefatta e "cortese" della conversazione fra Zenone, Parmenide e Socrate nel Parmenide e pi speci- ficamente agli esercizi dialettici della scuola platonica i cui fondamenti sono delineati nei Topici aristotelici 4 . 3 L'influsso della discussione dialettica sull'impostazione delle aporie in altri scritti aristotelici gi stato pi volte esaminato. Cf. le considerazioni generali in Krmer 1971, 27-32 e le analisi particolari in Beriger 1989 e Fllinger 1993. 4 I dibattiti pubblici hanno nel V sec. a.C. una marcata forma agonale che non permette di "concedere" nulla agli avversari. Cf. ad es. le violente polemiche nei trattati ippocratici e in particolare gli agoni nella tragedia euripidea e nelle Nuvole di Aristofane che riproducono, se pure in rielaborazioni letterarie, lo spirito di questi dibattiti. Aristotele stesso distingue net- tamente nei Topici (O 5,159a 26ss.) la discussione dialettica di scuola, che ha come scopo l'apprendimento e che viene condotta cavallerescamente, rispettando regole ben precise, da quella agonale che mira invece alla vittoria con qualsiasi mezzo. Capitolo terzo 111 Se i pre-supposti aristotelici sono, come si vedr, da ricercarsi negli schemi dialettici accademici, quelli degli interpreti moderni hanno le loro radici nell'indiscussa autorit di Aristotele e dei grandi storici della filosofia del- l'ottocento, in particolare Hegel e Zeller, come si gi detto nell'introdu- zione. Se il tentativo di questi ultimi di rivalutare l'atomismo radicandolo nella filosofia (per quei tempi) positiva e "metafisica" dell'eleatismo ha una sua giustificazione storica, oggi, cadute le ragioni che stavano alla base delle tesi zelleriane, le relazioni degli atomisti con gli Eleati vanno nuova- mente verificate. Il modello interpretativo dominante dal Bailey 5 ad oggi si basa sul pre- supposto evoluzionistico secondo cui l'atomismo costituirebbe il naturale sviluppo delle teorie eleatiche dell'essere-uno. Gli atomisti sarebbero dun- que necessariamente partiti da un esame dialettico delle proposizioni elea- tiche per formulare la loro ipotesi. Siccome questa tesi si basa principal- mente sulle testimonianze aristoteliche del De generatione et corruptione, indispensabile far riemergere i pre-supposti di queste ultime, cio l'impo- stazione storico-dialettica dei passi per ricostruire il quadro culturale in cui l'interpretazione aristotelica degli atomisti si sviluppata. 2. 1. Il logos eleatico in Aristotele (De gen. et corr. A 8, 325a 2-23): considerazioni generali Il resoconto del De generatione et corruptione sulle origini dell'atomismo co- stituisce solo una parte di un discorso pi ampio nel quale Aristotele nega validit a tutte le dottrine che spiegano i fenomeni fisici attraverso la ouyxioi e la oio xioi di particelle o di grandezze atomiche per intro- durre la sua tesi della generazione e della corruzione come cambiamenti qualitativi di un sostrato. E' importante dunque esaminare nel dettaglio anche la prima parte del brano, quella che costituisce, secondo Aristotele, la fonte dei tentativi successivi di soluzione del problema uno-molteplice, stasi-movimento alla base dei concetti di generazione, corruzione e cam- biamento, cio le aporie "eleatiche" che negano tutti questi fenomeni e affermano che l'essere uno e immobile. Aristotele, che aveva trattato in A 2 il problema degli indivisibili come soluzione del paradosso della divi- sibilit all'infinito, presenta in A 8 l'atomismo di Leucippo come risposta alla negazione dell'esistenza del non essere, della molteplicit e del movi- mento. A Leucippo viene poi aggregato un Empedocle presunto atomista e Platone per la sua presunta assunzione di superfici indivisibili. Il presup- posto aristotelico nella trattazione di queste dottrine sta nel fatto che co- 5 Bailey 1928, 70ss. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 112 loro che hanno ammesso in qualche maniera degli indivisibili sono co- munque partiti dalle tesi eleatiche accettandone certe premesse e cadendo quindi in una aporia. E' l'accettazione non ponderata di alcune premesse dell'avversario spesso a determinare il fallimento di una confutazione. In un brano della Metafisica di cui si parler ancora in seguito 6 , Aristo- tele traccia una netta linea di demarcazione fra il vecchio e il nuovo modo, il suo, di affrontare le aporie riguardanti l'essere e l'uno. Platone e i suoi allievi non sono arrivati ad una soluzione soddisfacente perch non hanno definito prima correttamente i vari significati dell'oggetto di ricerca e hanno quindi assunto, come gli Eleati, per l'essere e per l'uno un signifi- cato univoco (per Aristotele essi si predicano in pi modi). Cos facendo hanno dovuto dar ragione a questi ultimi su assunti fondamentali e am- mettere l'esistenza del non essere assoluto per spiegare la molteplicit rimanendo imprigionati nelle stesse aporie che intendevano risolvere. L'oaogooi ooixe per Aristotele l'elemento che unifica tutte le solu- zioni del problema dell'essere, della molteplicit e del divenire antecedenti alla sua, in particolare quelle che presentano la maggiore affinit fra loro come i due tipi di atomismo leucippeo-democriteo e accademico. A questo si deve aggiungere una ulteriore considerazione sui metodi espositivi aristotelici delle aporie stesse. Le formulazioni di base dei logoi eleatici e quelle dei loro avversari che troviamo in Aristotele risalgono in definitiva alla prassi dialettica platonica di unificare il pi possibile sotto una sola voce diverse teorie e di contrapporre fra loro quelle i cui fonda- menti, in questo modo sintetizzati, sembrino opposti 7 . Lo scopo principale di queste sintesi non quello di dare un resoconto obiettivo dei testi presi in considerazione, ma, al contrario, di coglierne il significato profondo, la oio voio, che gli autori non hanno potuto o non sono stati in grado di esprimere esplicitamente 8 . Si tratta quindi in sostanza di adattare i testi di volta in volta al tema in discussione trovandovi elementi comuni o oppo- sizioni di fondo, la prassi dialettica usuale nei dialoghi platonici 9 e nell'Accademia codificata poi da Aristotele nei Topici 10 . Questa prassi di co- 6 Metaph. N 2, 1088b 35ss., v. infra, 3. 2 n. 83. 7 Per l'utilizzazione di schemi polari da parte di Platone e Aristotele, cf. anche Giannantoni 1986, 273. 8 Cf. ad es. Metaph. A 4, 985a 3ss. in relazione ad Empedocle e le numerose affermazioni di Aristotele sulle "dottrine" presocratiche che rimandano, nell'uso di roixr, ooxri e di altre espressioni simili, ad una interpretazione non letterale delle stesse. In particolare, per Esiodo, Metaph. A 4, 984b 23-31; per Empedocle, De cael. I 6, 305a 3-4; Phys. A 1, 208b 29- 209a 1; per Anassagora, Metaph. A 8, 989a 30-b 21. 9 Cf. a questo proposito, Cambiano 1986, 68ss. 10 Cf. in particolare le osservazioni sulla formulazione della proposizione, del problema e della tesi nel primo libro dei Topici (A 10, 104a 3-11; 11, 105a 1-9; 14, 105a 34-105b 25). Sulla presenza in sottofondo nei Topici di una prassi scolastica accademica, cf. Dring 1976, Capitolo terzo 113 struzione di logoi dialettici, che ha le sue radici nella sofistica 11 , sta alla base del brano del De generatione et corruptione che espone la tesi eleatica e la ri- sposta di Leucippo 12 . Il logos eleatico riportato da Aristotele costituisce un caso di quella che in Top. A 11, 104b 19-22 viene definita una "tesi", vale a dire un tipo particolare di teorema dialettico 13 : Tesi un'ipotesi contraria all'opinione generale di qualche personaggio famoso nel campo della filosofia come [...] il fatto che tutto si muove, secondo Eraclito, o che l'essere uno, come dice Melisso 14 . E ancora: discende necessariamente da quanto si detto che o la grande maggioranza delle persone sia in disaccordo con i sapienti riguardo alla tesi o che all'interno di uno qualsiasi di questi due gruppi (i molti e i sapienti) ci sia disaccordo giacch la tesi una ipotesi fuori del senso comune 15 . Ci significa che si potevano assumere come tesi quella eleatica e come antitesi le opinioni di coloro che sostenevano il movimento incessante di tutte le cose, oppure, all'inverso, porre queste ultime come tesi e attribuire agli Eleati il ruolo di critici. In ogni caso i disputanti si mettevano nei panni dell'uno o dell'altro autore le cui opinioni venivano poste come tesi e, rispettivamente, come antitesi e si immedesimavano col suo presunto 85ss., Krmer 1971, 17ss. n. 68 con una ricca bibliografia; Flashar 1994, 326s. Sull'impor- tanza dei passi dei Topici riguardanti la "tesi" per la definizione del carattere e della struttura della dossografia peripatetica, cf. Mansfeld 1992b, 332ss. Sul problema della presenza in Aristotele di interpretazioni dei cosiddetti presocratici correnti nell'Accademia, cf. anche Gemelli Marciano 1991a, passim; 1991b, passim. 11 Cf. Arist. Soph. El. 34,183b 36ss. Cf. a questo proposito von Kienle 1961, 38-57; il volume di Cambiano 1986 in generale e, in particolare, l'esauriente resoconto di Mansfeld 1986 [1990b]. 12 Come si vedr anche in seguito, coloro che hanno assunto il logos eleatico e la successiva risposta di Leucippo se non come autentiche e dirette citazioni, per lo meno come una pa- rafrasi diretta di testi di Eleati e di Leucippo (cf. e.g. Bollack 1969; Lbl 1976, 145-150), hanno proprio tralasciato di considerare questo carattere schematico e topico dell'opposi- zione e dei termini dell'opposizione stessa. Cf. anche la critica di De Ley 1972. 13 Il termine tecnico gi accademico: Senocrate aveva scritto venti libri di 0rori oltre che quattordici sulla dialettica (Xenocr. Fr. 2 IP) 0rorev ii o x', tg ari to oioryro0oi aoyotri o iio io'. 14 Top. A 11, 104b 19-22 0roi or rotiv uaogi aooooo te v yveiev tivo xoto ioooiov, oiov [...] oti aovto xivritoi, xo0 Hoxritov, g oti rv to ov, xo0oar Mriooo goiv. Le due tesi vengono confrontate e poste sullo stesso piano da Aristotele nel primo libro della Fisica (A 2). Sull'importanza di Top. A 11 nella impostazione della di- scussione dei problemi fisici in Aristotele stesso e nella dossografia in generale, cf. Mansfeld 1992b, 332ss. Per considerazioni generali, cf. anche Beriger 1989, 40ss. 15 Top. A 11, 104b 32-34 ovo yxg yo rx te v rigrvev g tou aoou toi oooi ari tgv 0roiv oiogtri v g oaotrouoou v r outoi, rariog uaogi ti aooooo g 0roi rotiv. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 114 modo di pensare scambiandosi all'occasione anche i ruoli 16 . In questo schema i sostenitori delle varie tesi e antitesi variavano a seconda del con- testo. Le tesi e le antitesi inoltre non solo erano interscambiabili, ma pote- vano anche essere attribuite ad autori diversi. Su questo sfondo si delinea la struttura dialettica di De generatione et corruptione A 8 composto di due parti: la tesi presupposta (e non enunciata) nella prima parte quella di coloro che sostengono la molteplicit, il movimento e l'esistenza del vuoto, l'antitesi il logos eleatico che confuta tutto questo sostenendo l'unicit dell'essere. Questo logos viene per presentato a sua volta come tesi cui si contrappone, come antitesi, la dottrina di Leucippo 17 . In altri passi aristotelici gli oppositori degli Eleati non sono gli atomisti, ma gli Accademici 18 . Ryle, riferendosi espressamente alla prassi descritta nei Topici, eviden- zia tre tratti fondamentali delle argomentazioni dialettiche: il loro carattere "pubblico" (tutti conoscevano gli argomenti principali a favore dell'una o dell'altra tesi 19 ), la loro conseguente, progressiva cristallizzazione in "bloc- chi" e la loro riutilizzazione da parte di interlocutori diversi con sviluppo o esclusione di determinati punti 20 . Aristotele non ha dunque "costruito" ex novo delle contrapposizioni dialettiche fra i suoi predecessori, ma ha sicu- ramente attinto ad un patrimonio di logoi dell'Accademia platonica la cui paternit si perde nell'esercizio dialettico ripetuto e costante 21 . Un modello di questi logoi il Parmenide. Secondo le dichiarazioni del protagonista 16 Cf. Top. O 5, 159b 27 ov o' r trou ooov oiouottgi o oaoxivorvo, ogov oti ao tgv rxrivou oio voiov oaoraovto 0rtrov rxooto xoi ovgtrov [...] aoiouoi or touto xoi oi ao' ogev ororvoi to 0r ori otooovtoi yo e o v riarirv o 0rrvo. 17 A questo carattere di logos dialettico-tipo fa probabilmente riferimento anche l'enigmatico accenno ai logoi di Leucippo nel trattatello De Melisso Xenophane et Gorgia (980a 3-9) inter- pretato spesso come allusione proprio al passo di De gen. et corr. A 8. Cf. Newiger 1973, 120-22, con rassegna critica di altre interpretazioni. Il carattere particolare dell'espressione era gi stato rilevato da Diels che tuttavia lo considerava un possibile termine leucippeo (lettera a Zeller del 26 Aprile 1880, Ehlers II, 1992, 38 "aber da der betr. Ausdruck oyou bei Aristoteles, soviel ich wei, allerdings auffallend und vielleicht aus Leucipp selbst ge- nommen ist"). 18 Cf. Phys. A 9, 191b 35ss. e Metaph. N 2, 1088b 35-1089a 6, infra, 3. 2 n. 83. 19 Cf. Arist. Top. O 14, 163b 17 ao tr to ariotoxi raiatovto tev aogo tev rraiotoo0oi ori oyou, xoi oioto ari te v aetev 0rorev. Poco prima (163b 4-9) Aristotele raccomanda di scegliere e confrontare argomenti correlati ad una stessa tesi per- ch questo fornisce una gran quantit di materiale per poter poi condurre pi facilmente la confutazione. Cf. su questo passo Balthussen 2000, 38. 20 Ryle 1968, 75s. 21 Cf. Ryle 1968, 76 (in relazione ad una tesi di tipo etico) "To ask whether the finally crystallized refutation of the thesis that pleasure is not a good is the handiwork of Aristotle or of someone else is to ask an unanswerable question. It has passed between all the mill-sto- nes. Dialectic is a co-operative and progressive polemica polemic not between persons, but between theses and counter-theses". Capitolo terzo 115 stesso del dialogo, il vecchio Parmenide, si tratta di un o yo yuvootixo nel quale si dimostrano tutte le conseguenze di una tesi paradossale quale "se l'uno uno" (e in questo caso si arriva alla conclusione che esso deve essere tale da non esistere) e di quella, altrettanto paradossale, "se l'uno non " (e anche in questo caso si arriva al paradosso della non esistenza del tutto), ma anche le difficolt della tesi intermedia e cio "se l'uno ", la quale implica o la contemporanea presenza di unit e molteplicit o la non esistenza dell'uno sia nell'uno che nell'altro dall'uno. Il Parmenide un logos costruito sulle aporie di Zenone che ha influenzato tutta la tradizione sul- l'Eleate, talch a tutt'oggi si discute se i suoi paradossi fossero una difesa della dottrina dell'uno di Parmenide o se invece fossero diretti sia contro l'assunzione dell'essere come uno sia contro la sua qualificazione come molti 22 . Probabilmente non sono n l'uno n l'altro 23 , ma si inquadrano in un metodo tendente a demolire le opinioni umane e a confondere la mente per prepararla alla ricezione di un altro messaggio, quello parmeni- deo appunto 24 . Non questo il luogo di trattare in modo approfondito i paradossi di Zenone. Quello che interessa invece il fatto che nel Parme- nide platonico si ritrovano alcuni tratti tipici della costruzione di logoi quali quelli descritti nei Topici aristotelici. Tre sono in particolare interessanti per il contesto del De generatione et corruptione in questione: 22 La versione secondo cui Zenone vuole o voiriv to r v quella che troviamo in Alessandro il quale a sua volta la fa risalire ad Eudemo di Rodi (ap. Simpl. In Phys. 185b 25, 99,13 = 29 A 21 DK). Un'interpretazione di Zenone scettico negatore dell'uno, derivata da una dos- sografia di matrice accademico-scettica, si ritrova anche in Sen. Ep. 88,44 (29 A 21 DK). Simplicio rigetta questa esegesi perch segue l'interpretazione canonica platonizzante che vede in Zenone il difensore delle dottrine parmenidee. Altre fonti (e.g. Philop. In Phys. 185b 5, 42,9 = 29 A 21 DK) riferiscono la confutazione all'uno della molteplicit: questa infatti composta di unit. La tradizione riguardante Zenone stata pi volte esaminata sotto tutti questi aspetti. La tendenza prevalente quella di dar credito alla versione del Parmenide platonico e all'interpretazione ortodossa di Simplicio (cos Frnkel 1975, 102-142; Furley 1967, 63ss.). Un'analisi della tradizione zenoniana condotta "in utramque partem" da Solmsen 1971, 116-141, si conclude con una sospensione del giudizio e allo stesso modo si pronuncia anche Barnes 1986, 234s. 23 Il Parmenide monista in realt il risultato di tutta una tradizione interpretativa dovuta ad un approccio esclusivamente filosofico e ha poco a che fare con lo stile del poema stesso che si basa principalmente su "immagini" ed ha una marcata funzione evocativa: l'attributo rv fa parte di una sequenza di "immagini" di completezza dell'essere che vuole trasmettere una esperienza e non una "dottrina" filosofica in senso platonico-aristotelico. Per un ap- proccio a Parmenide che tiene conto della funzione e del contesto del poema, cf. Kingsley 2003. 24 Cf. Kingsley 2003, 295-302 e 585. Platone stesso, nel Fedro (261d = 29 A 13 DK), riferisce che Zenone dava l'impressione ai suoi ascoltatori di affermare che le stesse cose sono uno e molti. Una interpretazione simile si trova anche in Isocrate, Hel. 3 (ae yo o v ti uar- ooito [...] Zgvevo tov touto ouvoto xoi aoiv oou voto ariervov o aooivriv) ed adombrata nell'epiteto ootroyeooo affibiatogli da Timone (Fr. 45 Di Marco). Evi- dentemente Zenone era famoso proprio per questa sua capacit di confondere. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 116 1. Il tentativo di inglobare le dottrine di Zenone in quelle di Parme- nide per farle confluire in un solo logos. A Zenone viene attribuita solo una variazione di forma che avrebbe ingannato i profani. Per sua espressa ammissione, egli sarebbe stato lontano da qualsiasi pretesa di originalit rispetto al pensiero del maestro 25 . 2. Come conseguenza di questo primo passo, la successiva discussione delle aporie sull'uno da parte dello stesso Parmenide e non dell'allievo Zenone. In sostanza questo significava trattare un logos eleatico come un blocco compatto in cui le differenze potevano essere trascurate. 3. Il fatto che Parmenide rivesta il ruolo di oppositore a tesi cronolo- gicamente a lui posteriori. Egli infatti imposta il suo discorso partendo dalla critica alle idee socratiche. In questo caso la tesi rappresentata da Socrate, l'antitesi da Parmenide. Il logos aristotelico di De generatione et corruptione A 8 riproduce tratti e schemi delle discussioni dialettiche descritte nei Topici e ha qualcosa in comune con quelli del Parmenide descritti sopra. Si tratta infatti di un logos composto di argomentazioni tratte in parte dagli Eleati, ma sicuramente filtrate e rielaborate in quanto mancano riferimenti precisi sia a singoli personaggi, sia alle dottrine contro cui si rivolgevano. Normalmente, Ari- stotele, quando riporta dottrine eleatiche, sempre abbastanza preciso nell'indicarne l'appartenenza 26 . Sono state tentate varie ipotesi sugli autori cui egli allude 27 e tutte risultano plausibili e implausibili allo stesso modo proprio perch probabilmente egli si serve di una forma generica di logos che riassume le presunte argomentazioni a favore dell'unicit e dell'immo- bilit dell'essere e contro la molteplicit e il movimento. Inoltre, le aporie che il logos mette in evidenza potrebbero essere dirette anche contro un'i- potesi atomista 28 oltre che contro tesi corpuscolariste 29 . Infatti, non solo si 25 Parm. 128a-e. 26 Cf. ad es. le discussioni delle teorie eleatiche in Phys. A 2-3; De cael. I 1, 298b 15ss. 27 Per un elenco dei vari autori che sono stati di volta in volta identificati nelle teorie esposte da Aristotele, cf. Lbl 1976, 138ss. con relativa bibliografia. 28 Che il logos eleatico di Aristotele contenga argomentazioni contro l'atomismo gi stato notato da Newiger 1973, 117-119 il quale vi vede una critica diretta di Melisso a Leucippo. 29 Il carattere dialettico degli argomenti esposti nel logos eleatico era stato notato da Joachim 1922, 159. L'argomentazione eleatica era diretta secondo lui contro i pluralisti le cui pre- messe non potevano dar ragione della pluralit e del movimento. Due sono le tesi dei plu- ralisti in questione: A. Che i molti sono separati dal vuoto. B. Che i molti sono unit di- screte in contatto non separate dal vuoto. La prima sarebbe dei Pitagorici, l'altra di Empedocle. L'Empedocle corpuscolarista (e atomista) che emerge talvolta in Aristotele un'interpretazione probabilmente gi accademica (cf. Gemelli Marciano 1991a). La conce- zione del vuoto che separa s di matrice pitagorica, ma si inserisce in un contesto di rein- terpretazioni come si vedr pi oltre. L'unico motivo per cui Joachim negava categorica- mente che nella critica eleatica fossero compresi gli atomisti era la successiva attribuzione a Leucippo di una risposta agli Eleati. E' importante citare alla lettera il suo commento in Capitolo terzo 117 nega il vuoto come condizione del movimento e come elemento di divi- sione, ma viene rigettata come una ipotesi artificiosa anche l'assunzione di una pienezza di parti del tutto contrapposta ad una non pienezza, la tesi fondamentale del successivo logos di Leucippo. C' infatti da tener presente che il discorso sull'omogeneit dell'essere degli Eleati riguarda il tutto e non le sue singole parti. Sullo sfondo del carattere dialettico del brano aristotelico si delinea anche il significato tecnico del termine logoi riferito alle dottrine di Leu- cippo riportate come "antitesi" al logos eleatico (Aru xiaao o r riv eig0g oyou). I logoi di Leucippo non sono infatti necessariamente la trasposi- zione fedele di opinioni espresse dall'autore stesso, ma piuttosto una loro rielaborazione nell'ottica di una discussione dialettica. Ci risulta princi- palmente da due fatti: 1. I due logoi, quello degli Eleati e quello di Leucippo, hanno in s una struttura chiusa ed estrapolabile dal contesto: non riguardano infatti espressamente l'agire e il patire, il tema principale del capitolo aristotelico (che nel logos eleatico non viene neppure nominato), ma la problematica dell'uno e del molteplice, del movimento e della stasi, problemi generali di cui l'agire e il patire costituiscono solo un aspetto specifico e contingente. Aristotele ricollega il problema dei principi col suo tema solo in 325a 32- 325a 32-325b 5 ritrascrivendo in termini di aoiri v e ao oriv il meccani- smo che per Leucippo spiegava la generazione, la corruzione e il cambia- mento cio l'intrecciarsi e il separarsi degli atomi nel vuoto 30 . 2. C' una scarsa coerenza fra il logos eleatico che confuta implicita- mente delle tesi come quelle di Leucippo e l'affermazione di Aristotele secondo cui quest'ultimo risponderebbe agli Eleati accettandone certi postulati. Questi problemi sono dovuti ad una sovrapposizione, non immedia- tamente percepibile, su di un originario schema piuttosto semplice e di probabile matrice sofistica, di tematiche sviluppate nell'Accademia e ri- prese e discusse da Aristotele. Qui di seguito cercher di individuare gli quanto un esempio di ragionamento seguito dalla gran parte degli interpreti moderni, 159s.: "The opponents in question cannot be the atomists: for atomism (cf. 25a 33ss.) was developed under the influence of, and subsequently to, the Eleatic criticism of this parti- cular theory of a many and void". 30 De gen. et corr. A 8, 325a 32-325b 5 aoiriv or xoi aooriv gi tuyovouoiv oato rvo [...] xoi ouvti0rrvo or xoi ariarxorvo yrvvo v [...] oute aooov ooieoiv xoi aov to aooriv toutov yivro0oi tov toaov, oio tou xrvou yivor vg tg oiouore xoi tg 0oo, ooie or xoi tg ou gore, uarioouor vev otrre v. Hussey 2004, 244 parla a proposito di questo brano di una posizione a "sandwich" (The two parts of the discussion of Empedocles begin and end the chapter, like the outside of a sandwich. Inside the san- dwich is a long discussion (324b 35-326b 6) of atomism as a physical theory, which goes well beyond the topic of 'action-passion'). Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 118 strati del brano aristotelico e di inquadrarlo nel contesto pi ampio del dibattito con l'Accademia sulla questione dei principi. 2. 2. Gli strati del logos eleatico 2. 2. 1. Lo schema sofistico Il logos eleatico formulato come segue: Con metodo soprattutto e con un discorso globale che abbraccia tutto Leucippo e Democrito hanno dato le loro spiegazioni assumendo un principio conforme alla natura, cos come essa . Alcuni infatti degli antichi erano dell'opinione che l'essere fosse necessariamente uno e immobile; [dicevano] infatti che il vuoto un non-essere, ma che non ci pu essere movimento se non c' un vuoto separato. E neppure ci sono i molti, se non c' ci che separa; d'altra parte non c' nessuna differenza fra il credere che il tutto non sia continuo, ma [fatto di parti che] si toccano rimanendo separate, e l'affermare che esistono i molti, che non c' un "uno" e che c' il vuoto. Se infatti [il tutto] divisibile in ogni parte, non c' un "uno", cosicch non ci sono neppure i molti, ma il tutto vuoto. Ammettere d'altra parte che divisibile in un punto e non in un altro simile ad una spiega- zione inventata ad arte; infatti fino a che punto e perch una parte del tutto si trova in questa condizione ed piena, un'altra parte invece divisa? Allo stesso modo necessario [secondo loro] affermare che non c' il movimento. Da questi argomenti desumono, senza curarsi e senza tenere alcun conto della sensazione come se ci si dovesse lasciar guidare soltanto da un ragionamento dialettico, che il tutto uno, immobile e alcuni anche infinito; il limite infatti, [dicono], confine- rebbe col vuoto. Gli uni dunque si sono espressi in questo modo e per questi motivi "sulla verit". Inoltre a parole sembra che questo avvenga, nella realt dei fatti, invece, pensare in questo modo sembra avvicinarsi alla follia, giacch nessun pazzo sembra essere andato a tal punto fuori di s da credere che il fuoco e il ghiaccio siano una sola cosa, ma ad alcuni a causa della loro follia sembra solo che le cose belle e quelle che appaiono tali solo per consuetudine non differi- scano in nulla 31 . 31 Arist. De gen. et corr. A 8, 324b 35 (67 A 7 DK; 146 L.) ooei or oioto xoi ari aovtev rvi oyei oieixooi Aru xiaao xoi Agoxito, og v aoigoorvoi xoto uoiv gar rotiv. r vioi yo te v ooiev roor to ov r o vo yxg r v ri voi xoi oxivgtov to rv yo xrvo v oux ov, xivg0gvoi o' oux o v ouvoo0oi g ovto xrvou xreiorvou. ouo' ou aoo rivoi g o vto tou oiriyovto touto or gor v oiorriv, ri ti oirtoi g ou- vrr rivoi to ao v o' oatro0oi oigigrvov, tou o voi aoo xoi g rv rivoi xoi xr- vov. ri r v yo ao vtgi oioirto v, ouor v rivoi r v, eotr ouor aoo, oo xrvo v to oov ri or tgi r v tgi or g, araoor vei tivi tout' roixr voi ri aooou yo xoi oio ti to rv oute rri tou oou xoi agr roti, to or oigigr vov rti ooie o voi ovoyxoiov g rivoi xivgoiv. rx rv ouv toutev te v oyev, uaro vtr tgv oio0goiv xoi aoioovtr ou tgv e tei oyei orov oxoou0riv, rv xoi oxivgtov to ao v rivoi ooi xoi oariov rvioi to yo aro aroivriv o v ao to xrvo v. oi r v ou v oute xoi oio tou to to oitio oargvovto ari tg og0rio. rti or rai r v te v o yev ooxri touto ou- Capitolo terzo 119 Il logos formulato gi come un'antitesi a tesi che pongono il movimento e la molteplicit. Lo schema sostenitori del movimento e della molteplicit/ sostenitori della stasi e dell'uno corrente in testi risalenti ai primi decenni del IV sec. a.C. In un passo polemico dell'Elena, Isocrate, scagliandosi contro i suoi contemporanei che, secondo lui, vogliono fare sfoggio della loro abilit retorica sostenendo tesi paradossali e di nessuna utilit per la vita, fa notare come questa pratica non sia affatto nuova, ma risalga ai sapienti del secolo precedente. Egli cita come esempio Gorgia, che ha affermato che nulla esiste, Zenone, che avrebbe presentato successiva- mente la stessa tesi come possibile e impossibile e Melisso il quale avrebbe cercato di dimostrare che tutto uno nonostante per natura esista una infinita pluralit di cose 32 . Nell'Antidosis l'oratore mette in guardia i giovani dal lasciarsi inaridire la mente perdendosi nei logoi degli antichi sapienti ognuno dei quali sostiene una tesi diversa dall'altro sul numero delle cose esistenti. La gamma dei sapienti si estende qui dai sostenitori dell'infinita molteplicit, di cui non vien fatto alcun nome, a quelli di una molteplicit finita (Empedocle, Ione e Alcmeone), a quelli di un solo ente (Parmenide e Melisso), per concludere con Gorgia che afferma che nulla esiste 33 . oivriv, rai or tev aoyotev ovi oi aooagoiov rivoi to oooriv oute ouorvo yo tev oivor vev rroto voi tooou tov eotr to au rv rivoi ooxriv xoi tov xuotoov, oo ovov to xoo xoi to oivorvo oio ouvg0riov, tout r vioi oio tgv oviov ou0r v ooxri oiorriv. Per i problemi testuali e sintattici della seconda parte del brano (oi r v ouv [...] oiorriv), cf. Joachim, ad loc., 161s. Egli vede una lacuna dopo og0rio e ipo- tizza che uno o pi argomenti contro l'eleatismo siano caduti. La lezione rari per rti, sa- rebbe un tentativo di ripristinare la logica del passo; cf. anche Lbl 1976, 146s. In realt, se si considera il fenomeno dello iotacismo, la lezione rari potrebbe essere stata favorita dal successivo rai e il problema sintattico solo apparente. Aristotele riprende e adatta infatti un logos preesistente intercalandolo con osservazioni proprie e procedendo per accumula- zione, non sempre ordinata, di argomenti. Egli sembra aver concluso il tema (oi r v [...] og0rio) dopo un giudizio critico sulle argomentazioni eleatiche (rx rv ouv [...] r vioi) e l'aggiunta di una ulteriore teoria fuori degli schemi uno/ molti e immobile/ in movimento, quella cio che pone l'uno come infinito (oariov... xrvov). In realt egli riprende poi an- cora la critica precedentemente espressa con la formula cumulativa tipica nei suoi scritti (rti or). Si tratta di un procedimento dialogico-discorsivo tipico delle discussioni dialetti- che e funzionale al discorso orale. Su questo "residuo" di oralit nelle pragmateiai aristoteli- che, cf. Fllinger 1993, 268. Non c' dunque alcuna necessit di supporre una lacuna come Joachim e Lbl, n di accettare la lezione rari di altri manoscritti come Rashed 2005, 38 e 138s. n. 6. 32 Isocr. Hel. 3 ae yo ov ti uarooito Ioyiov tov togoovto ryriv e ouor v tev ovtev rotiv g Zg vevo to v touto ouvoto xoi aoiv oouvoto ariervov oaooi vriv g Mriooov o oariev to ag0o aruxotev te v aoyotev e rvo ovto tou aovto rarrigorv oaooriri ruioxriv; 33 Isocr. Antid. 268 (82 B 1 DK) [...] tou oyou tev aooie v ooiote v, ev o rv oariov to ag0o rgorv ri voi tev ovtev [...] Horviog or xoi Mriooo r v, Ioyio or aov- tre ouor v. Platone, nel Sofista (242c), fa ricorso ad una lista simile, ma senza contem- plare i sostenitori dell'infinita pluralit e del numero zero. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 120 Senofonte riproduce, da parte sua, nei Memorabili, varianti di questo schema in una forma ancora pi decisamente antitetica. Il suo Socrate paragona infatti coloro che si occupano della ricerca sulla natura a due schiere di pazzi che sostengono tesi contrarie: gli uni sono dell'opinione che l'essere sia uno solo, gli altri invece che gli enti siano infiniti di nu- mero, gli uni pensano che tutto si muova, gli altri che nulla si muova, gli uni che tutto si generi e si distrugga, gli altri che nulla mai si generi e si distrugga 34 . Il panorama descritto da Senofonte rimanda in effetti ai dibat- titi pubblici fra "filosofi" cui allude anche Gorgia nell'Encomio di Elena (82 B 11 (13) DK). Gorgia stesso sta probabilmente all'origine di questi schemi di diaphonia: nel suo scritto Sul non essere aveva infatti delineato le posizioni antitetiche dei suoi predecessori prima di passare alla dimostra- zione che nulla esiste 35 . E' possibile dunque che le origini remote del logos eleatico nel De gene- ratione et corruptione siano da ricondursi ad una sintesi di ambiente sofistico di dottrine contrapposte: da una parte i sostenitori della molteplicit e del movimento, dall'altra quelli dell'unit e immutabilit dell'essere. Ad una originaria matrice sofistica dello schema fa pensare anche la critica che segue immediatamente (325a 17-23): se a parole queste dottrine sembrano verosimili, nei fatti nessun pazzo andrebbe cos fuor di senno da dire che il ghiaccio e il fuoco sono la stessa cosa. Il tono fortemente ironico della polemica e l'insistenza sulla ovi o estraneo alla tipologia delle critiche aristoteliche sempre piuttosto misurate, anche quando sono pi decise 36 . Tale accusa, rivolta sia agli Eleati che ai loro antagonisti, era per un topos nel periodo della sofistica come si pu vedere nel passo di Senofonte ci- tato sopra 37 . Critiche di questo tipo erano certamente conosciute anche nella cerchia platonica se, nel Parmenide, Zenone afferma espressamente di 34 Xen. Memor. 1,1,13 rari xoi tou r yiotov ovou vto rai tei ari toutev ryriv ou touto oooriv ogoi, oo toi oivorvoi ooie oioxrio0oi ao ogou [] tev tr ari tg te v aovtev uore rive vtev toi r v ooxriv r v o vov to o v rivoi, toi o oario to ag0o xoi toi rv ori ao vto xivrio0oi, toi o ouorv o v aotr xivg0gvoi xoi toi r v ao vto yi yvro0oi tr xoi oaouo0oi, toi or out ov yrvro0oi aotr ouor v outr oaoro0oi. 35 MXG 979a 13-18 xoi oti rv ou x r oti, ouv0ri (scil. Ioyi o) to r troi rigrvo, oooi ari tev ovtev r yovtr tovovtio, e ooxouoiv, oaooivovtoi outoi, oi rv oti r v xoi ou aoo, oi or ou oti aoo xoi ou rv. Cf. Mansfeld 1986, 32ss. [1990b, 55ss.] 36 Cf. ad es. le obiezioni rivolte a Parmenide e Melisso in Phys. A 2-3. Aristotele rivolge una accusa simile, ma pi attenuata (debolezza mentale) ai sostenitori della stasi continua in Phys. O 3, 253a 32 to r v ou v aovt grriv xoi tou tou gtriv o yov or vto tg v oio0goiv, oeotio ti roti oiovoi o. La stranezza dell'accusa di follia nel brano del De generatione et corruptione viene notata anche da Hussey 2004, 250. 37 Cf. Xen. Memor. 1,1,13 supra, n. 34. Cf. ancora l'accusa del Socrate di Senofonte ad Anassa- gora in Mem. 4,7,6. L'accusa di ovio viene utilizzata come strumento confutativo anche nel trattato ippocratico De arte 8,2 (232,17 Jouanna = VI,12 Littr). Capitolo terzo 121 aver voluto difendere il suo maestro da coloro "che volevano ridicoliz- zarlo" e di aver a sua volta dimostrato che, assumendo le tesi degli anta- gonisti, sarebbero risultate delle conseguenze ancora pi risibili 38 . L'originario schema sofistico consisteva probabilmente in una contrapposizione dei sostenitori della stasi e dell'unicit dell'essere (Me- lisso?) alle tesi del movimento e della infinita molteplicit degli enti con una successiva ridicolizzazione, per, dei primi. I passi di Isocrate e di Senofonte suggeriscono inoltre alcune ulteriori considerazioni: 1. Il fatto che Isocrate (e in subordine anche Senofonte il quale per, in generale, non fa nomi) in nessuno dei due passi menzioni i sostenitori della pluralit infinita e che questa voce non compaia neppure nel passo parallelo sul numero degli enti del Sofista platonico (242d) fa pensare che tale posizione non venisse attribuita a nessuno in particolare, ma fosse considerata una opinione corrente e condivisa che Platone, proprio in quanto tale, non prende in considerazione. Si tratta dunque di una casella "vuota" nello schema passibile di essere "riempita" con nomi diversi 39 . 2. Dagli schemi isocratei si ricava l'impressione che le tesi dei sosteni- tori dell'uno siano principalmente ricalcate sui logoi di Melisso che aveva espressamente polemizzato contro coloro che ammettevano il movimento e la molteplicit senza fare per precisi riferimenti 40 . Era infatti principal- 38 Parm. 128c r oti or to yr og0r og0rio ti touto to yo oto tei Horvioou oyei ao tou rairiouvto outo v xeeioriv e ri rv roti, aoo xoi yroio ouoi vri aooriv tei o yei xoi r vovti o outei. Quella di portare alle sue conseguenze paradossali una tesi era una pratica sofistica (Arist. Soph. elench. 12, 172b 10s.) ampiamente utilizzata nella dialettica accademica. Nelle Confutazioni sofistiche (12, 173a 6), Aristotele esemplifica l'ri aooooov oyriv con un esempio tratto dal Gorgia platonico. Cf. su questi punti Kr- mer 1971, 45. 39 Aristotele, nel primo libro della Metafisica, cita come rappresentante di questa tesi Anassa- gora (A 3, 984a 11-13), mentre ordina gli atomisti fra i dualisti, nel primo della Fisica, in- vece, i sostenitori dell'infinita pluralit sono Democrito e probabilmente Anassagora (A 2, 184b 20) e all'inizio del De generatione et corruptione (A 1, 314a 17s.), in ordine: Anassagora, Leucippo, Democrito. 40 Melisso parte dalla considerazione che tutto ci che vediamo molteplice e cambia. Se tuttavia si ammette che ci corrisponda alla verit, ma che, d'altra parte, esista una molte- plicit di enti eterni che rimangono, si va incontro a due difficolt principali: A. Che questo va contro la verit dei fenomeni da cui si parte per affermare che c' la molteplicit (com' possibile infatti dire che ci sono i molti perch noi vediamo che tutto cambia e poi affer- mare nello stesso tempo che non vero ci che noi vediamo e che ci sono dei molti che non cambiano?). B. Che questi enti eterni o hanno una massa, e quindi hanno parti e sono una molteplicit soggetta alla dissoluzione come tutto il resto o, se non hanno parti, non sono nulla perch sono incorporei (30 B 8 e B 9 DK). La priorit di Melisso o Leucippo ancora argomento di discussione, ma, se Melisso il generale che ha combattuto contro Pericle, Leucippo, contemporaneo di Anassagora, dovrebbe essere pi vecchio di una ven- tina d'anni. Questo non esclude naturalmente che egli potesse criticare un suo contempo- raneo pi giovane, ma il fatto che il nome di Melisso come rappresentante dell'uno e della stasi emerga soprattutto negli autori di fine V-inizio IV sec. a.C. oltre che presso il Socrate Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 122 mente Melisso per gli autori di inizio IV sec. a.C. il sostenitore-tipo dell'u- nicit dell'essere, come si pu vedere dal passo dell'Elena e dallo scritto ippocratico De natura hominis risalente a questo periodo 41 . In Isocrate gli Eleati negano la realt della molteplicit infinita posta da altri secondo uno schema usato anche da Platone e Aristotele nell'ambito della problematica della stasi e del movimento. Nel Teeteto "i Melissi e i Parmenidi" si oppor- rebbero 42 ai sostenitori del moto continuo ("Eraclitei" e loro predecessori) e nel quarto libro della Fisica Melisso risponde a coloro che ammettono il vuoto (fra i quali sono compresi anche gli atomisti) che quest'ultimo un non-essere 43 . In una problematica del movimento e della stasi o dell'uno e del molteplice, il logos eleatico poteva comparire dunque tanto come tesi, quanto come antitesi. 2. 2. 2. Le problematiche accademiche del logos: vuoto, contatto e divisione Lo schema sofistico si presenta tuttavia estremamente rielaborato nel re- soconto aristotelico. La terminologia rimanda a definizioni del vuoto e a discussioni sulla divisibilit all'infinito riecheggiate anche in altre opere aristoteliche, che hanno per le loro radici nelle discussioni accademiche sui primi principi: l'uno e la diade indefinita. In particolare le definizioni del vuoto alla base del logos eleatico sono estremamente importanti per individuare i pre-supposti del passo. Fra gli "Eleati" l'unico ad aver parlato espressamente di vuoto Melisso 44 . Tutte le interpretazioni moderne che hanno attribuito allusioni al vuoto a Parmenide si basano su pure specula- zioni e su una esegesi decontestualizzata del poema, non hanno quindi alcuna reale consistenza. Melisso aveva negato l'esistenza del vuoto, in quanto "non essere", e con questo anche quella del movimento e del platonico, suggerisce in ogni caso che le sue dottrine hanno avuto una larga diffusione solo in un periodo in cui Leucippo era presumibilmente gi morto. 41 Nat. hom. 1 (166,9-11 Jouanna = VI,34 Littr), cf. Mansfeld 1986, 34 [1990b, 56s.]. Platone stesso (cf. Theaet. 180e, nota seguente) menziona Melisso prima di Parmenide e Aristotele, nel primo libro dei Topici (A 11, 104b 22), indica come sostenitore della tesi paradossale che l'essere uno Melisso e non Parmenide. 42 Plat. Theaet. 180e to or og ao go oo ti aorigorv aoo r v tev ooiev rto aoigore raixuator vev tou aoou, e g yrvroi te v oev aovtev Oxrovo tr xoi Tg0u ruoto ovto tuyo vri xoi ouor v r otgxr [...] oiyou or raro0ogv, e Orooer, oti ooi ou tovovtio toutoi oargvovto (cit. errata di 28 B 8,38 DK) xoi oo ooo Mrioooi tr xoi Horviooi rvovtiourvoi aooi toutoi oiiouiovtoi, e rv tr aovto roti xoi rotgxrv outo r v ou tei oux rov eov r v gi xivritoi. In questo passo Platone traduce significativamente nel concetto pi astratto di chora il vuoto di Me- lisso (30 B 7 DK xrvou or g ro vto oux rri oxgi uaoegori). 43 Phys. A 6, 213b 4-14, v. infra, 4. 1. 1 n. 104. 44 Cf. anche Barnes 1986, 217s.; Curd 2004, 182 n. 7. Capitolo terzo 123 denso e del rado, in quanto quest'ultimo pi vuoto del denso (30 B 7,6-9 DK). Nell'argomento riportato da Aristotele emergono tuttavia una impo- stazione del problema e una terminologia che vanno ben oltre il fram- mento di Melisso. Il vuoto definito come "ci che separa" (definizione che non compare in Melisso), quindi, in seguito, equiparato alla divisione e concepito come un sostrato della realt: se il tutto fosse diviso in ogni parte, esso si ridurrebbe a un tutto vuoto. Per comprendere meglio i concetti soggiacenti a questa rielaborazione di tesi eleatiche offerta nel logos aristotelico, opportuno andare alla di- scussione sul vuoto e sul luogo del quarto libro della Fisica. Aristotele presenta qui due concezioni del vuoto: quella di Platone e dei Platonici e quella attribuita a "Democrito, Leucippo e a molti dei fisici". I primi po- stulerebbero un vuoto-spazio concepibile mentalmente come sostrato "separato" di corpi e grandezze, ma nella realt sempre pieno (la Chora del Timeo e il vuoto come ipostasi fisica della diade indefinita dei Platonici 45 ). Per gli altri, invece, il vuoto esiste "in atto" e "divide l'intera massa corpo- rea del tutto in modo che sia discontinua" o "si trova fuori della massa corporea del tutto" 46 . Le definizioni del vuoto che Aristotele attribuisce agli atomisti e ad altri fisici sono in realt modellate su quelle pitagoriche, come si pu constatare dal seguito dell'esposizione. Egli riferisce infatti poco dopo che nelle cosmogonie pitagoriche, l'universo respira dall'infi- 45 Phys. A 2, 209b 6-12, per il testo, v. infra, n. 59. Phys. A 7, 214a 13 oio ooiv tivr rivoi to xrvo v tgv tou oeoto ugv (oiar xoi tov toaov to outo touto), ryovtr ou xoe g rv yo ug ou eiotg te v aoyotev, :o ot xtvo v j:o: otv o ooto:ov. Che questa sia la concezione dei Platonici, derivata dall'interpretazione della Chora del Timeo alla luce del secondo principio, la diade indefinita, confermato dal commento di Simplicio In Phys. cor. de loc., 618,16 (267 L.) aoiv or ou te v to xrvov outo ti0rr vev oi r v oariov rivoi ooi xoi uaroov oariioi to oeoto xoi oio touto oo rv ooi routou rroi xotoororvov, e ov rturv, riar rg ryriv rai tou oariou xrvou ouvoto v. toioutgv or ari outou ooov rogxr voi ooxouoiv oi ari Agoxitov ooioi uoio- oyoi. oi or ioortov outo tei xooixei oeoti aoiouoi, xoi oio touto tgi rv routou uori xrvo v ri voi r youoi, arageo0oi or outo oeotev ori, xoi ovgi yr tgi rai- voioi 0rerio0oi e xo0 ou to urote, oioi tivr oi aooi tev Hotovixev ioooev yryo vooi. Cf. anche 601,17 (266 L.). Per "Platonici" sono intesi qui gli allievi diretti di Platone, cf. la stessa denominazione in In De cael. 279b 32, 303,33 ooxri rv ao Ervo- xotgv oioto xoi tou Hotevixou o o yo trivriv. Per la concezione accademica del vuoto come ipostasi della diade indefinita nel mondo fisico, cf. Theophr. Metaph. 6a 25 (Xenocr. Fr. 100 IP; Speus. Fr. 87 IP) tou yo oi0ou yrvvgoovtr xoi to raiaroo xoi to oeoto oroov too aooriaouoiv agv ooov roatorvoi xoi toooutov ovov ogouvtr, oti :o atv oao :j oooto:o: o:ooo, oiov :oao xot xtvo v xoi oariov, to o oao te v oi0e v xoi tou r vo, oiov ug xoi o otto. Cf. anche Happ 1971, 111s. 46 Phys. A 6, 213a 31 ouxouv touto ori orixvuvoi, oti roti ti o og, o ' oti oux roti oiootgo rtrov te v oeo tev, outr eiotov o: :t t vto,ttot ov, o oto!oaovtt :o aov ooao oo:t ttvot aj o:vtt, xo0oar r youoiv Agoxito xoi Aruxiaao xoi r troi aooi tev uoiooyev, g xoi ri ti re tou aovto oeoto rotiv ovto ouvrou . Per la traduzione, cf. Ross 1960, 582 ad loc. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 124 nito il vuoto che entra e lo divide poich "il vuoto una separazione e una delimitazione di parti contigue" 47 . La definizione del vuoto attribuita qui agli atomisti non d ragione della complessit della loro concezione, come si vedr in seguito 48 , ma, soprattutto, si basa sull'idea che esista una massa omogenea primordiale dalla quale il cosmo si genera per divisione, tipica dei Pitagorici. Gli atomisti in realt partono dal principio opposto, da corpuscoli che si muovono nel vuoto e generano per aggregazione. La definizione "pitagorica" del vuoto come "ci che separa" e che permette la molteplicit sta alla base del discorso degli "Eleati" in De generatione et cor- ruptione A 8. Secondo la prospettiva assimilante del quarto libro della Fisica, la critica eleatica potrebbe, per, senza problemi essere rivolta anche con- tro gli atomisti. La seconda parte del logos eleatico invece diretta contro presunte tesi corpuscolariste, che, pur senza ammettere il vuoto, comporrebbero il tutto da particelle separate, ma in contatto. La confutazione di queste tesi basata ancora sulla equivalenza vuoto-divisione, ma con l'aggiunta signifi- cativa della concezione del vuoto come sostrato pensabile tipica degli Accademici. D'altra parte non c' nessuna differenza fra il credere che il tutto non sia conti- nuo, ma [fatto di parti che] si toccano rimanendo separate, e l'affermare che esi- stono i molti, che non c' un "uno" e che c' il vuoto. Se infatti [il tutto] divisi- bile in ogni parte, non c' un "uno", cosicch non ci sono neppure i molti, ma il tutto vuoto. Ammettere d'altra parte che divisibile in un punto e non in un altro simile ad una spiegazione inventata ad arte; infatti fino a che punto e per- ch una parte del tutto si trova in questa condizione ed piena, un'altra parte in- vece divisa? Allo stesso modo necessario affermare che non esiste il movi- mento 49 . L'equivalenza di vuoto e divisione, oltre che essere un concetto mutuato dal pitagorismo, in perfetta consonanza con la proiezione a livello fisico del secondo principio accademico, la diade indefinita, quella che genera divisione e molteplicit: il vuoto, sostrato pensabile del mondo sensibile, ne una manifestazione 50 e l'infinita divisione lo farebbe emergere nella sua attualit. L'equivalenza divisione-vuoto permette inoltre di porre sullo 47 Arist. Phys. A 6, 213b 22-27 (58 B 30 DK) rivoi o rooov xoi oi Hu0oyo rioi xrvo v, xoi rarioirvoi ou tei tei ouovei r x tou oariou avru oto e o voavrovti xoi to xrvov, o oioiri to uori, e o vto tou xrvou eioou tivo tev rrg xoi [tg] oio- iore. Sul problema testuale e i vari emendamenti, cf. Burkert 1972, 35 n. 35. Cf. inoltre Arist. Phys. I 4, 203a 10ss.; Fr. 201 Rose. 48 V. infra, 4. 2. 2 e VII 2. 49 Per il testo greco, v. supra, n. 31. 50 V. supra, n. 45. Capitolo terzo 125 stesso piano presunte dottrine corpuscolari e atomiste 51 . Se infatti non c' pi nessuna distinzione fra i due concetti, ambedue le teorie sono attacca- bili secondo i presunti postulati eleatici in quanto ambedue non solo in- troducono il non essere, ma, o riducono il tutto a nulla, o pongono artifi- cialmente un arresto della divisione ipotizzando che una parte sia piena e l'altra no senza ulteriori giustificazioni. La stessa critica viene rivolta ad un inusitato Empedocle atomista nel seguito del brano aristotelico 52 . Di una riduzione a un tutto vuoto attraverso la divisione non parlano n Zenone 53 n Melisso il quale si limita ad equiparare la divisione al movimento 54 se- guito in questo da Gorgia che, secondo l'autore del trattatello De Melisso Xenophane et Gorgia, parlava di divisione invece che di vuoto 55 . Parte delle argomentazioni riportate da Aristotele, sviluppano sul piano fisico gli assunti del Parmenide platonico. Il vecchio Parmenide, esaminando alcune conseguenze dell'ipotesi "se l'uno non " (una rilettura dell'aporia del Fr. 29 B 1 DK di Zenone), presentava lo scenario ango- sciante di una processione continua alla ricerca di quell'uno che manca e che sempre sfugge 56 . Egli concludeva che, se l'uno non , anche "l'altro dall'uno", vale a dire la molteplicit, non pu esistere in quanto, essendo questa composta di unit, il tutto si riduce a nulla: ri yo gorv oute v 51 Una unificazione fra atomismo e presunto corpuscolarismo in senso inverso, dove il vuoto degli atomisti viene equiparato ad una divisione e quindi, di fatto, privato della sua fisicit si trova ancora in un brano della Fisica sulla definizione di infinito: per Democrito e Anassa- gora sarebbe "continuo per contatto", Phys. I 4, 203a 16 (68 A 41 DK; 145, 220, 237 L.) oooi o' oario aoiouoi to otoirio, xo0oar Avooyoo xoi Agoxito, o r v rx tev ooiorev, o o' rx tg aovoario tev ogotev, tgi ogi ouvrr to oariov rivoi ooiv. Schofield 1980, 47 ha notato questa strana assimilazione senza tuttavia fermarsi ul- teriormente sul problema. 52 Sulle ascendenze accademiche di una tale interpretazione che emerge anche in altri scritti aristotelici, cf. Gemelli Marciano 1991a. Cf. in particolare l'assimilazione dell'atomismo ad un presunto corpuscolarismo empedocleo che postula corpuscoli indivisi anche se ulte- riormente divisibili in De cael. I 6, 305a 1-6, supra, II 4. 1 n. 56. 53 Furley 1967, 80, che fa risalire a Zenone l'argomento dell'infinita divisione, trova infatti strana l'equivalenza, non zenoniana, di "tutto diviso" e "tutto vuoto". Questo punto in- vece trascurato da Makin 1993, 27s. e Lewis 1998, 15ss. che, come Furley, attribuiscono l'argomentazione a Zenone. 54 Mel. 30 B 10 DK. ri yo oigigtoi, goi, to ro v, xivritoi xivourvov or oux o v rig. 55 MXG 980a 3-9 eotr ri aovtgi xivritoi, aovtgi oigigtoi. ri o' oute, aovto oux rotiv. rxiar yo tou tgi, goiv, gi oigigtoi, tou ovto, ovti tou xrvou to oigigo0oi ryev, xo0oar r v toi Aruxiaaou xoour voi oyoi yr yoatoi. Questo significa che Gorgia evidentemente non impiegava il termine "vuoto" e che l'autore del trattatello si basa per la sua deduzione su una equivalenza fra vuoto e divione presente in un "discorso-tipo" messo in bocca a Leucippo (nei cosiddetti logoi di Leucippo). V. supra, 2. 1, n. 17. 56 Parm. 165a-b ao tr tg og og o ri oi vrtoi og , rto tr tg v trrutgv rtro uaoriaorvg trrutg, rv tr tei roei oo rooitro tou roou, oixotro or, oio to g ou voo0oi r vo oute v r xootou oo vro0oi, o tr oux o vto tou r vo. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 126 roti v rv, oaovto ouorv rotiv, eotr ou o o v aoo rig 57 . Nel brano aristotelico quest'ultimo assunto riprodotto quasi letteralmente: ri r v yo ao vtgi oioirtov, ou orv rivoi rv, eotr ou or aoo, oo xrvov to oov. L'ou orv platonico sostituito dal vuoto, ipostasi fisica della diade indefinita. Il tutto vuoto infatti concepibile se si considera il vuoto un sostrato spaziale pensabile delle grandezze, nella realt sempre occupato. Come gi accennato, Aristotele esemplifica questo assunto nel quarto libro della Fisica proprio parlando della concezione accademica del "luogo" che equivarrebbe, secondo lui, al "vuoto" In quanto sembra essere l'intervallo della grandezza, il luogo materia/ sostrato 58 : questo infatti altro dalla grandezza, cio lo spazio occupato e delimitato dalla forma, ad esempio da una superficie e da un limite. E questo la materia/ il so- strato e l'indefinito. Se si sottraggono la superficie delimitante e le propriet della sfera, non rimane nulla al di l della materia/ del sostrato. Perci Platone nel Ti- meo dice che la materia e lo spazio sono la stessa cosa 59 L'equivalenza fra tutto-diviso e tutto-vuoto di cui gli "Eleati" di Aristotele si servono per criticare dottrine che ammettono una infinita serie di parti che si toccano ha dunque le sue radici nelle concezioni accademiche del vuoto come manifestazione fisica della diade indefinita. Si pu dunque concludere che il logos eleatico riportato da Aristotele presenta tracce della rielaborazione accademica di uno schema sofistico di opposizione degli Eleati (in particolare di Melisso) ai pluralisti. Il logos prendeva di mira sia atomisti che presunti corpuscolaristi accusandoli di introdurre il non essere, ridurre tutto a vuoto o postulare un arbitrario arresto della divisione in un tutto omogeneo e dimostrava che costoro, avendo ricercato dei principi corporei, erano criticabili dal punto di vista eleatico, in quanto, in mancanza di ulteriori fondamenti logici e ontologici, non spiegavano perch un essere omogeneo (corporeo) potesse essere da una parte diviso e dall'altra no. Solo attraverso la ricerca di principi incor- porei e la definizione di categorie logiche universali, anche la molteplicit del mondo fisico poteva essere spiegata in modo soddisfacente. 57 Parm. 165e. 58 Lascio qui espressa la doppia valenza del termine perch la sola accezione "materia" po- trebbe dare adito a fraintendimenti. Sul significato di "materia" in questo passo cf. Happ 1971, 129; Algra 1995, 114s. 59 Cf. Phys. A 2, 209b 6-12 gi or ooxri o toao rivoi to otoo:jao :o: at,t0o:, g ug tou to yo rtrov tou ryr0ou, touto o' roti to arirorvov uao tou rioou xoi eiorvov, oiov uao raiaroou xoi aroto, to:t ot :oto::ov j :!j xot :o oooto:ov otov yo ooi- r0gi to aro xoi to ao0g tg ooio, riartoi ouorv aoo tgv ugv. oio xoi Hotev tgv ugv xoi tg v eov touto goiv rivoi r v tei Tioiei. Capitolo terzo 127 3. Logoi eleatici nell'Accademia? 3. 1. Il logos eleatico di Porfirio 135 F Smith (Simpl. In Phys. 187a 1, 139,24) I commentatori di Aristotele attribuiscono costantemente la soluzione delle aporie eleatiche dell'uno e del molteplice non agli atomisti, ma a Senocrate. Egli sembra aver postulato indivisibili come "misure" e ipostasi dell'uno ad ogni livello dell'essere, dai corpi alle grandezze matematiche 60 distinguendo i concetti di uno (come parte, indivisibile) e di essere (come tutto, divisibile e derivante dalla combinazione dell'uno con il secondo principio, la diade indefinita). Il limite ultimo assoluto della realt fisica sarebbe per la linea indivisibile che Senocrate avrebbe postulato partendo dall'aporia "zenoniana" della divisione all'infinito, il cosiddetto "logos della dicotomia" la cui formulazione esatta peraltro non mai stata individuata con sicurezza 61 . Presso le fonti antiche, al di fuori dei testi aristotelici, la soluzione di questo paradosso con la dottrina degli indivisibili viene co- stantemente riportata a Senocrate, non a Leucippo o a Democrito 62 . Fra questi testi uno, quello di Porfirio, particolarmente interessante in quanto, contrariamente a tutti gli altri, attribuisce il logos della dicotomia, cui Senocrate avrebbe risposto, non a Zenone, ma a Parmenide riportan- dolo per esteso come citazione letterale (goi ). Tale logos presenta delle analogie con quello eleatico di De gen. et corr. A 8 e con la dimostrazione della necessit degli indivisibili di A 2 che verr trattata pi oltre, ma non 60 Riguardo all'interpretazione degli indivisibili senocratei esiste una certa confusione nelle fonti antiche. Se la tendenza dei neoplatonici quella di trasporre l'indivisibilit della linea nell'ambito delle forme intellegibili, il trattato pseudo-aristotelico De lineis insecabilibus pre- senta invece un allargamento degli indivisibili anche a tutte le grandezze matematiche e ai corpi postulando degli indivisibili ad ogni livello dell'essere come "misure" e ipostasi del- l'uno. Cf. Krmer 1971, 356-362; 1983, 55; Heinze 1892, 62s.; Isnardi Parente 1974, 966ss. con una esauriente bibliografia sull'argomento. 61 Di un logos sulla dicotomia parlano sia Aristotele (Phys. A 3, 187a 1-3, v. infra, 3. 2) che i commentatori, ma Aristotele non sembra riferirsi a nessuno dei logoi di Zenone fra quelli riportati da Simplicio. In Phys. Z 9, 239b 11-14 (29 A 25 DK) sembra identificarlo con il primo argomento contro il movimento secondo cui un mobile che si muove lungo una li- nea, prima di arrivare ad un dato punto, deve sempre percorrere la met del segmento di cui quel punto l'estremo. Simplicio (In Phys. 187a 1, 140,27-141,8) invece, parlando del- l'argomento della dicotomia, riferisce i frammenti 59 B 1 e B 3 DK che illustrano il pro- cesso all'infinito nell'individuazione delle parti del tutto. A questo argomento si riferiscono per lo pi gli interpreti moderni, cfr. Ross 1936, 479s.; Furley 1967, 63-69; Baldes 1972, 30). 62 Aristotele stesso, quando nel terzo libro della Fisica ribadisce l'infinita divisibilit delle grandezze, cita come esempio-tipo di soluzione atomista, le linee indivisibili e non gli atomi di Democrito Phys. I 6, 206a 16-18 to or r yr0o oti r v xot rvryriov oux r otiv oariov, rigtoi, oioirori o roti v ou yo oraov o vrri v to otoou yoo. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 128 deriva da Aristotele. In primo luogo perch la risposta al logos eleatico attribuita a Senocrate e non a Leucippo, secondariamente perch le pre- sunte argomentazioni di Parmenide sono dirette esplicitamente sia contro dottrine corpuscolari che atomiste, cosa che nel logos aristotelico viene sottaciuta. Secondo Porfirio, Parmenide avrebbe utilizzato il "logos della dicoto- mia" per dimostrare che l'essere uno e, come tale, indivisibile e privo di parti. Porfirio, comunque, dice che anche il logos della dicotomia di Parmenide il quale cercava di dimostrare, partendo dalla dicotomia, che l'essere uno. Egli scrive quanto segue: "Parmenide aveva un altro logos, quello che si riteneva dimostrasse attraverso la dicotomia che l'essere uno solo e che questo uno privo di parti e indivisibile. Se infatti l'essere fosse divisibile, dice, lo si divida in due parti, e poi ancora ciascuna delle due parti in due. Se si continua con quest'operazione, chiaro dice che, o rimarranno alcune grandezze ultime minime e insecabili, infi- nite di numero, e il tutto sar composto di minimi infiniti per numero, o sparir e si dissolver nel nulla e sar composto dal nulla. Queste ipotesi sono assurde, dun- que non si divider, ma rimarr uno. E infatti, dal momento che l'essere omo- geneo in ogni parte, se divisibile, lo sar dappertutto allo stesso modo, ma non in una parte s e nell'altra no. Lo si divida dunque in ogni parte; chiaro perci nuovamente che non rimarr nulla e sparir e, se si ricomporr, si ricomporr dal nulla. Se infatti rimarr qualcosa, non sar ancora diviso in ogni parte. Da questo chiaro dice che l'essere indivisibile e privo di parti e uno" 63 . Il logos di Parmenide riferito da Porfirio presenta delle analogie con quello eleatico del De generatione et corruptione A 8 in quanto assimila le due solu- zioni atomista e corpuscolarista e afferma che, ammettendo la divisione, il tutto si riduce a nulla. Il logos di Porfirio, per, dice espressamente che non si pu arbitrariamente fermare la divisione a corpuscoli minimi e indivisi- bili perch l'essere omogeneo, cosa che nel logos aristotelico viene pre- supposta, ma non esplicitata. Inoltre accenna a due presunti paradossi ri- sultanti dalla prospettiva della ricomposizione del tutto (che riemergono in De generatione et corruptione A 2 e presuppongono una equivalenza fra ci 63 Porph. 135 F Smith (Simpl. In Phys. 187a 1, 139,24) (Xenocr. Fr. 139 IP) o rvtoi Ho- uio xoi tov rx tg oiotoio oyov Horvioou goiv rivoi r v to ov rx tou tg ariervou orixvu voi. yori or oute "rtro or g v oyo tei Horviogi o oio tg oiotoio oiorvo orixvuvoi to ov r v rivoi ovov xoi touto orr xoi ooioirtov. ri yo rig, goi, oioirtov, trtgo0e oio, xoarito te v re v rxotrov oio, xoi toutou ori yrvor vou ogov goiv, e g toi uaorvri tivo rooto ryr0g t!o to:o xot o:oao, a!j0tt ot oattoo, xoi to oov r roiotev, ag0ri or oariev ouotg ortoi g ouoov rotoi xoi ri ou0r v r ti oiou0gortoi, xoi rx tou gorvo ouotgortoi oar o toao. oux oo oioir0gortoi, oo rvri rv. xoi yo og rari aovtgi ooiov rotiv, riar oioirtov uaori, aovtgi o oie r otoi oioirtov, o ou tgi r v tgi or ou. oigigo0e og ao vtgi ogov ouv aoiv e ouorv uaorvri, o rotoi ouoov, xoi riar ouotgortoi, aoiv rx tou gorvo ouotgortoi. ri yo uaorvri ti, ouor ae yrvgortoi ao vtgi oigigrvov. eotr xoi r x tou tev ovro v goiv, e ooioirtov tr xoi orr xoi r v rotoi to ov. Capitolo terzo 129 che pu essere pensato e la realt infra, IV 4. 1): la ricostituzione da mi- nimi indivisibili darebbe come risultato una estensione infinita. Nel caso della divisione all'infinito invece, l'essere dovrebbe ricomporsi dal nulla e cio dal non essere. Rispetto al logos aristotelico manca in quello di Porfirio la menzione esplicita del vuoto e l'equiparazione vuoto-divisione. Questo dipende dalla diversa focalizzazione delle aporie: il logos di Porfirio, come anche quello di De generatione et corruptione A 2, incentrato principalmente sull'aporia della divisibilit all'infinito, quello di De generatione et corruptione A 8 su quella dell'esistenza del non essere. Porfirio continua riportando la risposta di Senocrate al logos parmeni- deo: Senocrate ha ammesso che sussista la prima conseguenza, cio che, se l'essere uno, anche indivisibile, ma l'essere non indivisibile. Perci ancora l'essere non uno, ma molti. Pertanto esso non divisibile all'infinito, ma la divisione ha fine in certi indivisibili. Questi, per, non sono indivisibili in quanto minimi privi di parti, ma, in relazione alla quantit e alla materia sono divisibili e hanno parti, in relazione invece alla forma, sono indivisibili e primi, assumendo che ci siano al- cune linee indivisibili prime e che ci siano superfici prime da queste formate e so- lidi primi. Dunque Senocrate crede di risolvere l'aporia derivante dalla dicotomia e semplicemente dalla sezione e dalla divisione all'infinito, introducendo le linee indivisibili e in generale assumendo grandezze indivisibili, evitando di dissolvere e di eliminare l'essere nel non essere dal momento che le linee indivisibili da cui gli esseri sono composti, rimangono insecabili e indivisibili 64 . Il lungo brano di Porfirio propone uno schema di aporia e soluzione nella quale si possono distinguere due momenti: 1. la "tesi" dell'unit dell'essere di Parmenide diretta nel contempo contro soluzioni atomiste e corpuscolariste. 2. l'"antitesi" di Senocrate il quale fa a Parmenide alcune concessioni (indivisibilit uguale ad unit), correggendone per il presupposto fon- damentale, dando cio una diversa definizione dei concetti universali di essere (divisibile e molteplice) e di uno (indivisibile). Le grandezze indivi- sibili proposte da Senocrate sarebbero comunque diverse dai minimi criti- 64 Porph. 135 F Smith (Simpl. In Phys. 187a 1, 140,5) (Xenocr. Fr. 139 IP) oi or ari tov Ervoxotgv tg v rv aetgv oxoou0iov uarivoi ouvreouv, toutrotiv oti ri rv roti to ov xoi ooioirtov rotoi, ou gv ooioirtov rivoi to ov. oio aoiv gor r v ovov uaoriv to ov, oo arie. oioirtov r vtoi g ra oariov rivoi, o ri otoo tivo xotogyriv. touto rvtoi g otoo rivoi e org xoi roioto, o o xoto r v to aooov xoi tg v ugv tgto xoi rg rovto, tei or riori otoo xoi ae to, aeto tivo uao0rrvo rivoi yoo o toou xoi to rx toutev raiaroo xoi otrro aeto. tgv ouv rx tg oiotoio xoi oae tg ra oariov tog xoi oioirore uaovteoov oaoiov o Ervoxotg oirtoi oiouro0oi to otoou riooyoyev yoo xoi o ae otoo aoi- goo ryr0g, ruyev to to o v riar roti oioirtov ri to g ov oiou0gvoi xoi ovoe0gvoi tev o toev yoe v r e v uiototoi to o vto rvouoe v otgtev xoi ooioi- rtev". Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 130 cati da Parmenide in quanto sarebbero indivisibili solo "secondo la forma", ma non "secondo la quantit e la materia" cio non dal punto di vista matematico. Porfirio rielabora senz'altro la dottrina di Senocrate alla luce dei concetti aristotelici di materia e forma per difenderlo dagli attacchi che gli erano stati rivolti da Aristotele stesso di essere andato contro la matematica assumendo degli indivisibili. I presupposti teorici della soluzione senocratea dell'aporia sono espo- sti tuttavia pi chiaramente da Alessandro secondo cui, per, Senocrate risponderebbe a Zenone. L'Accademico avrebbe basato la sua soluzione sulla differenza fra tutto (l'essere, divisibile e molteplice) e parte (l'uno, indivisibile). Egli avrebbe dunque concesso che tutto ci che divisibile molteplice e che non possibile che la stessa cosa sia uno e molti, ma avrebbe affermato che non tutte le grandezze sono divisibili e hanno parti (perch altrimenti non esisterebbe un uno) e posto come unit le linee indivisibili 65 . Nonostante le diversit, Alessandro concorda con Porfirio nei concetti di fondo che hanno caratterizzato la teoria senocratea e che corrispondono grosso modo a quelli riferiti nel trattato sulle linee indivisi- bili: Senocrate traccia una distinzione logica universale fra essere come tutto (molteplicit definita e divisibile), e uno come parte indivisibile che ne costituisce il limite ultimo e la misura 66 . In questo modo elimina l'aporia dell'omogeneit dell'essere e della presenza contemporanea nello stesso oggetto di unit e molteplicit e definisce dei limiti ultimi delle grandezze (le linee indivisibili) che corrispondono all'unit. Porfirio, rispetto ad Ales- sandro, cerca di mascherare la parte dell'indivisibile dimensionale per non esporre Senocrate alle critiche di essere andato contro i principi della ma- tematica. Per quanto riguarda il discorso di Parmenide, Porfirio non l'ha certa- mente inventato perch la frequente ripetizione di goi indica che egli ha davanti un testo di cui ritiene di riferire la lettera. Non riproduce d'altra parte il logos di De generatione et corruptione A 8 perch parla apertamente di una critica di Parmenide a tesi atomiste e di un superamento di tali dot- trine da parte di Senocrate. Per inciso, il Filopono, commentando il brano aristotelico, riproduce il modello esegetico porfiriano attribuendo a Par- 65 Alex. ap. Simpl. In Phys. 187a 1, 138,10 (Xenocr. Fr. 138 IP) toutei or tei oyei, goi, tei ari tg oiotoio r voou voi Ervoxotg to v Kogooviov ororvov r v to aov to oioirtov aoo rivoi (to yo ro rtrov rivoi tou oou) xoi to g ouvoo0oi touto v rv tr o o xoi aoo ri voi oio to g ouvog0ruro0oi tg v ovtiooiv, gxrti or ouyeriv ao v ryr0o oioirtov rivoi xoi ro rriv rivoi yo tivo otoou yo- o, r ev ou xrti og0ru ro0oi to aoo touto rivoi. oute yo eirto tgv tou rvo ruioxriv uoiv xoi ruyriv tg v o vtiooiv oio tou gtr to oioirto v r v rivoi oo ao- o, gtr to o toou yoo aoo o rv ovov. 66 Il valore fondamentale per il pensiero senocrateo della distinzione logica fra tutto e parte, estesa a diversi ambiti, stato messo in luce da Pines 1961, 5ss. Capitolo terzo 131 menide il logos eleatico e interpretandolo come una critica congiunta all'a- tomismo e al corpuscolarismo incurante del fatto che lo scopo di Aristo- tele quello di dimostrare come gli atomisti abbiano risposto agli Eleati e non come Parmenide abbia confutato le dottrine atomiste 67 . Porfirio si riallaccia ad un filone di tradizione platonica in quanto la sua esposizione presenta diverse tracce che portano fino a Platone. Anche quest'ultimo attribuiva infatti a Parmenide dei logoi in prosa a quanto ri- sulta dal breve accenno del Sofista 68 . Simplicio, a dieci secoli di distanza, si trovava davanti un testo di Parmenide nel quale, fra i versi, comparivano alcune frasi in prosa 69 . C'era dunque, da Platone in poi, una tradizione che attribuiva a Parmenide dei discorsi in prosa. Inoltre, come nel Parmenide platonico l'Eleate confutava la dottrina delle idee di Socrate notevolmente pi giovane di lui, anche nel logos di Porfirio, Parmenide rigetta delle teorie a lui cronologicamente posteriori quali quelle atomiste e corpuscolariste. Ci indizio di una impostazione soprattutto dialettica e non cronologica dei rapporti fra i vari autori. Inoltre la trasposizione a Parmenide di logoi zenoniani ha il suo capostipite nel Parmenide platonico stesso dove le apo- rie di Zenone sono proposte da Parmenide e non isolata nella tradizione tarda. Favorino, a detta di Diogene Laerzio, trasferiva a Parmenide la pa- ternit del famoso paradosso di Achille e della tartaruga 70 . Porfirio, d'altra parte, era entrato in contatto non solo mediato 71 , ma anche diretto con opere degli allievi di Platone. Simplicio riferisce come, in un commento al Filebo, egli affermasse di aver corretto l'esposizione oscura e enigmatica delle trascrizioni degli allievi di Platone del Hri to yo0ou del maestro 72 . 67 Philop. In De gen. et corr. 325a 6, 157,12ss. o or og0g oyo rri oti xoi xrvou g o vto ouorv xeu ri xoi oioiroiv ri voi xoi xivgoiv, te v aoyotev oigigrvev r v oato- rvev or ogev xoi xrvei g oiriyor vev, touto o voiev o Horviog goiv oti to oute uaoti0ro0oi ouorv oiorri tou otoo xoi xrvov riorriv. aotrov yo, goi, to ov ao vtgi roti oioirtov g ou ri rv yo aovtgi roti oioirto v, ou ovov aoo oux rotoi to ao yoto, o ouor r v (oioir0r v yo ao vtgi ouor v rotoi oiaov, oo ovov xrvo v), ri or g ao vtgi oioirtov, araoor vei to toioutov roixrv oio ti yo agi r v roti oioirtov agi o ou oute or xoi g tev o toev rioxeoori ooo, gitivi rartoi xoi to xrvov rivoi. 68 Soph. 237a argi tr eor rxoototr ryev xoi rto rtev. 69 Simpl. In Phys. 184b 15, 31,3 xoi og xoi xotooyoogv rtou tev raev rrrtoi ti gorioiov e ou tou Horvioou rov ou te... 70 Diog. Laert. 9,23 (30 A 1 DK) xoi aetov (scil. tov Horviogv) retg ooi tov Air o oyov, e doeivo r v Hovtoooagi iotoioi. Cf. anche Diog. Laert. 9,29 (29 A 1 DK). 71 Egli aveva attinto ad opere di medioplatonici quali Dercillide che avevano letto diretta- mente scritti degli allievi di Platone quali Ermodoro. Cf. Porph. 146 F Smith (Simpl. In Phys. 192a 3, 247,30ss.; Hermod. Fr. 7 IP). 72 Simpl. In Phys., 202b 36, 453,27-454,14 (Porph. 174 F Smith) xoi to ryo or xoi to ixov ti0ri oariov ri voi rryrv r v toi Hri to yo0ou oyoi, oi Aiototrg xoi Ho- xriog xoi Eotioio xoi ooi tou Hotevo rtoioi aooyrvo rvoi ovryoovto to g0rvto oiviyoteoe, e rg0g, Houio or oio0ouv outo raoyyrorvo toor Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 132 C' inoltre un passo specifico delle Confutazioni sofistiche di Aristotele, l'unico in cui Parmenide e Zenone siano accomunati come sostenitori dell'uno non solo nel corpus aristotelico, ma anche negli autori del IV sec. a.C. al di l di Platone 73 , che rimanda a discussioni in corso sulla defini- zione di essere e uno proprio come risposta congiunta ai due Eleati. Si tratta di discussioni che non possono essere nate altro che nell'Accademia ai cui modelli dialettici Aristotele si richiama nei Topici e nelle Confutazioni. Parlando dei paralogismi legati all'omonimia Aristotele afferma: altri sembrano sfuggire anche ai dialettici pi sperimentati (un segno di questo fatto che spesso dibattono sui nomi, come ad esempio sul fatto se l'essere e l'uno abbiano in tutti i casi lo stesso significato o un significato diverso; infatti agli uni sembra che l'essere e l'uno significhino la stessa cosa, gli altri risolvono il logos di Zenone e di Parmenide affermando che l'essere e l'uno si dicono in molti modi) 74 . La menzione congiunta di Parmenide e Zenone come monisti, estranea ad Aristotele e inusitata fuori dai testi platonici, non pu che derivare dai logoi dialettici cui egli si riferisce, cio quelli accademici e spiega anche perch Porfirio, se aveva davanti un logos di Senocrate, abbia potuto trovarvi il nome di Parmenide e non quello di Zenone. L'Accademico, come il suo maestro, metteva in bocca a Parmenide aporie rielaborate su quelle zeno- niane. E' ovviamente impossibile dimostrare con certezza che il logos parme- nideo di Porfirio antico quanto quello eleatico di Aristotele, anche se ci sono buone ragioni per ritenerlo tale, come si visto, ma il dato di fatto pi importante che comunque Senocrate partito da un logos di questo tipo che, nella sostanza, era conosciuto a tutti i commentatori antichi 75 . Infatti Alessandro e altri gli attribuiscono concordemente, in termini simili a quelli porfiriani, la soluzione delle aporie eleatiche sulla divisibilit del- ari ou tou yr yorv r v tei digei [...] touto o Houio riarv outgi oroo v tgi rri, oio0ouv raoyyriorvo to r v tgi Hri to yo0ou ouvouoi oi oiviyoteoe g0rvto. 73 Cf. anche Fedele 1999, 11s. 74 Arist. Soph. El. 33, 182b 22 to or xoi tou r ariototou oi vrtoi ov0o vriv (ogriov or toutou oti o ovtoi aooxi ari tev ovootev, oiov aotrov touto ogoivri xoto aovtev to ov xoi to rv, g rtrov toi r v yo ooxri touto ogoivriv to ov xoi to r v, oi or tov Zgvevo oyov xoi Horvioou uouoi oio to aooe o voi to rv ryro0oi xoi to ov). Sull'ambiente accademico in cui queste distinzioni vengono fatte Krmer 1971, 18 n. 69; Ryle 1968, 74. 75 Makin 1993, 24ss. attribuisce il logos tout-court a Zenone senza prendere in considerazione n il contesto (che rimanda alla soluzione di Senocrate e comporta quindi la possibilit che il logos sia stato rimaneggiato), n il fatto che la prima parte di questo passo contiene una critica all'atomismo. Senocrate aveva del resto scritto un'opera Sulle dottrine di Parmenide (Fr. 1 IP Hri te v Horvioou o'). Sull'origine accademica del logos della dicotomia in generale e sulle sue varie interpretazioni fino a Simplicio, cf. Fedele 1999. Capitolo terzo 133 l'essere attraverso l'introduzione delle linee indivisibili. La differenza sta nel fatto che essi accennano solamente ad un logos della dicotomia di Ze- none ed espongono invece pi diffusamente la soluzione di Senocrate. Le similitudini fra il logos eleatico di Porfirio, da cui Senocrate sarebbe partito per definire l'essere e l'uno e assumere degli indivisibili, e quello aristotelico rendono verosimile l'ipotesi che Aristotele si sia ispirato ad un logos eleatico corrente nell'Accademia che costituiva il punto di partenza per definire i concetti di essere e di uno e impostare il discorso sugli indi- visibili. Aristotele stesso indica del resto costantemente le aporie eleatiche come base per le soluzioni accademiche del problema dell'essere e del- l'uno. 3. 2. "Concedere ai logoi". Aporie eleatiche e loro soluzione (Arist. Phys. A 3, 187a 1) In un famoso passo della Fisica Aristotele allude ad "alcuni" che avrebbero fatto concessioni (un termine tecnico nella discussione dialettica) ai logoi degli Eleati proprio in relazione alla problematica dell'essere e dell'uno Alcuni hanno fatto concessioni ad ambedue i logoi: a quello secondo cui tutto uno, se essere significa uno, affermando che c' il non essere, a quello della dico- tomia, ponendo grandezze indivisibili 76 . I commentatori moderni hanno spesso letto in questo passo un riferi- mento agli atomisti in base al confronto con la presunta risposta di Leu- cippo agli Eleati in De generatione et corruptione A 8. In realt, se si considera che a monte della presentazione aristotelica dell'atomismo sta tutta la di- scussione ora esaminata sulle aporie eleatiche nell'Accademia, la prospet- tiva va rovesciata. Il brano della Fisica piuttosto una chiave per com- prendere lo schema dialettico e la "soluzione" dell'aporia eleatica da parte di Leucippo e non viceversa. I commentatori antichi sono concordi nell'affermare che Aristotele vuole alludere a Platone, principalmente al Sofista 77 , e a Senocrate 78 i quali 76 Phys. A 3,187a 1 r vioi o rvroooov toi oyoi o otroi, tei r v oti aovto r v, ri to ov rv ogoi vri, oti roti to g o v, tei o rx tg oiotoio, o too aoigoovtr ryr0g. 77 Alessandro (ap. Simpl. In Phys. ad loc., 134,21ss.) lo presuppone implicitamente; il Filo- pono, richiamandosi ad Alessandro stesso e a Temistio, vi accenna esplicitamente (In Phys. ad loc., 81,25-29 touto or ooiv outo v oi vittro0oi ri Hotevo xoi o Arovoo xoi o Oriotio uaoti0rrvo yo o Hotev, ooiv, rv tei Eoiotgi rivoi to xo0oou g ov, oar tgv tou ovto uoiv rxarruyrv, o vgiri to to ao vto rv rivoi ryev oute 'ri to ov aov r v rotiv, oux rotoi to g ov oo gv roti to g ov oux oo to ov ao v r v roti'. Cf. Themist. In Phys. ad loc., 12,6-17; Simpl. In Phys. ad loc., 134,14ss. Solo Porfirio, che ri- ferisce la dottrina platonica in termini aristotelici di forma e materia, si distanzia da quella degli altri commentatori basandosi, invece che sul Sofista, sul Timeo e identifica il non essere Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 134 avrebbero risposto rispettivamente a Parmenide e a Zenone. E' pur vero che anche questo schema esegetico (l'opposizione di maestro a maestro e di allievo ad allievo) ha sapore di manualistica scolastica e che il passo del Sofista non rientra in una problematica fisica, ma in un contesto logico- dialettico. Nel Sofista Platone dirige la dimostrazione dell'esistenza del non essere come altro dall'essere esplicitamente contro la proposizione parme- nidea "ou yo gaotr tout ou oogi rivoi g ro vto 79 dimostrando come ogni cosa partecipi sia dell'essere, in quanto esiste, che del non essere, non come negazione dell'essere, ma in quanto "altro" rispetto a tutto il resto. Infine dichiara di aver dimostrato, contro Parmenide, non solo che ci che non , ma anche di aver individuato il genere del non essere nella natura dell'"altro" di cui tutte le cose partecipano 80 . Lo schema del Sofista costi- tuiva tuttavia un modello di soluzione di aporia trasferibile dall'ambito della logica a quello dei principi. Tale modello riemerge infatti molto chia- ramente in un brano della Metafisica aristotelica nella critica ai principi ac- cademici e in particolare alla diade indefinita. Molte sono dunque le ragioni dell'essersi rivolti in maniera fuorviante 81 verso queste cause (scil. l'uno e la diade indefinita), ma il motivo principale costituito dal fatto che essi hanno posto i problemi in modo antiquato 82 . Infatti sembr di Platone con la materia prima ooov xoi ovriorov, secondo principio metafisico (134 F Smith) (Simpl. In Phys. ad loc., 135,1-5 goi or o Houio to v Hotevo xoi to g o v ryriv rivoi, oute r vtoi rivoi e g ov. to rv yo ovte ov oargvoto rivoi tg v iorov xoi toutgv ovte rivoi ouoiov, tg v or ovetote aetgv o oov xoi ovriorov ugv r g to aovto roti v rivoi rv, gorv or ri voi tev o vtev. ou tg yo r routg rai- voourvg ouvo ri r v aovto roti v, rvryrioi or ouorv. Per l'allusione al Timeo, cf. Ibid. 135,9). 78 Alex. ap. Simpl. In Phys. ad loc., 138,10 (Xenocr. Fr. 138 IP). Per il testo, v. supra, n. 65. Cf. Porph. 135 F Smith (Simpl. In Phys. ad loc., 140,6-18) (Xenocr. Fr. 139 IP); Themist. In Phys. ad loc., 12,6-17 (Xenocr. Fr. 140 IP); Philop. In Phys. ad loc., 83,19-22 (Xenocr. Fr. 141 IP); Schol. In Arist. Phys. 334a 36ss. Brandis (Xenocr. Fr. 144 IP); Simpl. In Phys. ad loc. 142,16-27 (Xenocr. Fr. 145 IP). 79 Parm. 28 B 7,1-2 DK. Per il problema testuale costituito dalla lettura non metrica v. infra, n. 84. 80 Soph. 258d gri or yr ou ovov to g o vto e rotiv oaroriorv, oo xoi to rioo o tuyo vri ov tou g ovto oargvo r0o tg v yo 0otrou uoiv oaoori ovtr ouoo v tr xoi xotoxrxrotiorvgv rai aovto to ovto ao ogo, to ao to ov rxootov oiov outg ovtiti0rrvov rtogoorv riariv e ou to tou to rotiv o vte to g ov. 81 Cf. Phys. A 8,191a 24-32 e b 31-33 dove il verbo rxtrariv viene impiegato per indicare la maniera fuorviante degli "antichi" di porre il problema dell'esistenza del non essere unica- mente in antitesi all'essere. Si tratta di una obiezione che Aristotele mantiene, nella so- stanza, anche contro gli Accademici. 82 La ragione dell'accusa di Aristotele di usare un sistema antiquato di porre i problemi, sta anche nello schema topico dell'argomentazione dell'esistenza del non essere in quanto non essere, tipico di una certa dialettica sofistica. Altrove Aristotele lo ritiene infatti un proce- dimento eristico generatore di un sillogismo apparente (Rhet. B 24, 1402a 3-6 rti eoar rv toi riotixoi aoo to oae xoi g oae, oo ti, yiyvrtoi oivo rvo ouoyioo, oiov rv rv toi oiorxtixoi oti r oti to g ov ov, roti yo to g ov g o v...). Capitolo terzo 135 loro che tutte le cose esistenti fossero uno, l'uno in s, se non si fosse risolto e confutato il logos di Parmenide "che infatti mai in nessun modo si verifichi questo, che le cose che non sono siano", ma sembr necessario dimostrare che il non es- sere ; cos infatti, dall'essere e da un "qualcos'altro" deriverebbero le cose esi- stenti se sono molte" 83 . Il passo di Parmenide proposto come aporia da risolvere esattamente quello citato da Platone nel Sofista, di cui mantiene persino la lettura non metrica 84 . Evidentemente costituiva, dopo Platone, un modello-tipo di aporia eleatica sul non essere proposto alla discussione nell'Accademia. Non si tratta tuttavia di una semplice riproduzione dell'argomentazione logico-dialettica del Sofista, ma della sua trasposizione al piano dei principi, uno e diade indefinita. Un passo della Fisica insiste sullo stesso tema: gli Accademici avrebbero concordato con Parmenide che la genesi deve deri- vare dal non essere. Per risolvere il paradosso, avrebbero per attribuito a questa natura, grande e piccolo o diade indefinita che dir si voglia, un carattere di esistenza in assoluto senza distinguere i significati di non es- sere assoluto e relativo come invece ha fatto Aristotele 85 . L'aspetto pi interessante del passo della Fisica per il tema qui trattato la formulazione della presunta risposta accademica al problema posto dagli Eleati: essi "concordano" con Parmenide che, per giustificare la generazione, neces- sario ammettere l'esistenza del non essere. Si tratta dello stesso modo arcaico di porre i problemi (oaog ooi ooie) che Aristotele rimpro- vera anche altrove in modo pi o meno esplicito agli Accademici 86 . 83 Metaph. N 2, 1088b 35-1089a 6 aoo rv ouv to oitio tg rai touto to oitio rxto- ag, oioto or to oaogooi ooixe. roor yo outoi aovt roro0oi rv to o vto, outo to ov, ri g ti uori xoi ooor ooiritoi tei Horvioou oyei "ou yo gaotr tout ouoogi, ri voi g rovto", o o vo yxg ri voi to g ov orioi oti rotiv oute yo, rx tou ovto xoi oou tivo , to ovto roro0oi, ri aoo rotiv. 84 La lezione touto oog di E e J, accettata sia in Diels-Kranz 1952 per il Fr. 28 B 7,1 DK di Parmenide, sia nell'edizione della Metafisica dello Jaeger, costituisce solo una correzione tarda dell'evidente errore metrico tout ouoogi riportato invece tale e quale in A b (un co- dice che risale ad una edizione papiracea per lo meno del I sec. d.C., cf. Jaeger 1957, IX-X). Fra i codici di Simplicio, che cita tre volte il frammento nel commento alla Fisica (187a 1, 135,21; 143,31; 191b 35, 244,1), solo quello pi dotto, E, riporta touto oogi costante- mente, una evidente correzione a posteriori di una metrica zoppicante da parte di un copi- sta colto. Il codice D, inferiore ad E, ma ancora relativamente buono, oscilla: in 135,21 e 244,1 porta touto googi, in 143,31 concorda con E. Il codice F, invece, il meno dotto, presenta una lacuna in 135,21, toutou ouoog in 143,31 e tout ouoogi in 244,1. Eviden- temente non vede il problema metrico e riproduce fedelmente il testo che ha davanti. Ross 1924, ad loc., accetta la lezione touto oogi dell'edizione dielsiana di Simplicio senza far parola di questa oscillazione nei codici. 85 A 9, 191b 36 aetov r v yo oooyouoiv oae yi vro0oi rx g o vto, gi Horviog o0e r yriv. Aristotele rimprovera agli Accademici di non aver distinto non essere per accidente (materia) e non essere assoluto (privazione). 86 Sull'oaogooi ooixe, cf. Merlan 1967, 120 il quale, per, non menziona questo passo della Fisica. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 136 La problematica di fondo cui rimanda l'allusione aristotelica in Phys. A 3 a coloro che "hanno concesso" ai logoi eleatici l'esistenza del non essere e che hanno risposto con le grandezze indivisibili all'argomento della dico- tomia, dunque quella della definizione di essere, non essere e uno e del- l'assunzione di grandezze indivisibili nell'Accademia 87 . Questo tanto pi vero se si considera che, per la tradizione neoplatonica, che interpreta l'allusione aristotelica come diretta contro gli accademici, sarebbe stato molto pi comodo in questo caso spiegarla come un attacco contro gli atomisti per evitare di dover poi difendere Platone e Senocrate. E' evi- dente che questo passo della Fisica in tutta la tradizione antica era sempre stato interpretato come una allusione a questi ultimi. Dato per che, fra i moderni, proprio in base alla presunta risposta di Leucippo in De genera- tione et corruptione A 8 88 , la "concessione" ai logoi degli Eleati sempre stata attribuita agli atomisti, si interpretato in questo senso anche l'allusione nel passo di Phys. A 3 89 e perci si dovuto necessariamente sostenere che 87 Sedley, che ringrazio per avermi gentilmente messo a disposizione un suo articolo in corso di stampa (Atomism's Eleatic Roots, in Curd-Graham), anch'egli incline, per motivi di- versi da quelli ora esposti, a vedere nel passo aristotelico una allusione agli Accademici e in particolare a Senocrate. 88 Sintomatico a questo proposito il commento al passo di Ross, 1936, 480s., che rispecchia perfettamente questo tipo di ragionamento fondato essenzialmente su una valutazione uni- direzionale delle testimonianze aristoteliche. Dopo aver affermato che tutto sembrerebbe alludere a Platone e alla sua scuola sulla base del confronto con Metaph. N 2, 1089a 1ss. e i commenti dei commentatori antichi che riferiscono l'allusione aristotelica a Platone e Se- nocrate, Ross nota che Simplicio avanza delle riserve per quanto riguarda il riferimento a Platone in quanto quest'ultimo non avrebbe assunto un semplice non essere, ma un non essere qualcosa (In Phys. ad loc., 137,7-20). Da questa obiezione, che egli considera valida, Ross parte per cercare un'alternativa e la trova nell'allusione agli atomisti fondandosi su De gen. et corr. A 2. Ora, la critica di Simplicio (anche se centra il punto debole dell'interpreta- zione aristotelica di Platone) , come sempre, tesa alla difesa di Platone stesso e dunque non pu costituire l'unico elemento per rigettare delle testimonianze evidenti. In secondo luogo, se cos fosse, non si spiega come mai, lo stesso Ross non citi anche 191b 35ss. dove compare la stessa formulazione del problema e che, secondo il suo stesso commento (ad loc., 497), un chiaro riferimento a Platone e all'Accademia, riferimento che Simplicio ugualmente rigetta, contro tutti gli altri esegeti, sulla base delle stesse argomentazioni ad- dotte per il brano precedente (Simpl. In Phys. 191b 35, 242,22ss.). Il ragionamento di Ross seguito evidentemente anche da Barnes 1986, 354 e 619 n. 26, il quale afferma che solo gli atomisti avrebbero sostenuto ambedue le tesi cui Aristotele si riferisce. Tuttavia, quando Aristotele allude alle dottrine accademiche, spesso considera in blocco determinate pro- blematiche senza differenziare un autore dall'altro. Inoltre, come si visto nei brani della Metafisica e della Fisica esaminati sopra, attribuisce la ammissione del non essere (la diade indefinita) a seguito dell'aporia eleatica principalmente agli Accademici. 89 Per l'attribuzione agli atomisti Burnet 1930, 173; Ross 1936, ad loc. 479-81; Cherniss 1962, 75 n. 303; Hirsch 1953, 66; Furley 1967, 81; Kirk-Raven-Schofield 1983, 409; Baldes 1972, 45 non si pone neppure il problema di una diversa esegesi; Barnes 1982, 354; secondo Krmer 1971, 260 con bibliografia in n. 103, sarebbero sottintese ambedue le scuole. Per l'attribuzione a Platone e ai Platonici, Nicol 1936, 120s.; Isnardi Parente 1982, 356. Capitolo terzo 137 tutti i commentatori si sono sbagliati 90 . Questa interpretazione dovuta per ad un rovesciamento della prospettiva che fa perdere di vista la pro- blematica pi generale sottesa agli schemi dialettici di De generatione et cor- ruptione A 8, quella radicata nelle discussioni accademiche delle aporie ele- atiche. 4. I logoi di Leucippo: De gen. et corr. A 8, 325a 23-b 11 (67 A 7 DK; 146 L.) Aristotele partito da un logos eleatico, le cui tracce portano all'Accademia e che gi conteneva una confutazione dell'atomismo e delle dottrine cor- puscolari, per riformularne un altro. Agli argomenti degli Eleati egli con- trappone infatti, come antitesi, quelli di Leucippo secondo uno schema dialettico di cui generalmente si serve per esporre le soluzioni accademi- che delle aporie eleatiche. Egli si basa ovviamente anche su effettive af- fermazioni dell'autore come risulta dai tratti pi marcatamente espositivi che emergono nella seconda parte del resoconto e corrispondono ad altri brani di questo tipo presenti nella sua opera, ma nello schema dialettico della risoluzione del problema eleatico dell'uno e del molteplice attraverso il non essere e una molteplicit di "unit" simili all'essere eleatico, Leu- cippo sta sulla stessa linea di Platone e degli Accademici 91 . 90 L'argomentazione dell'errore dei commentatori il modo pi sbrigativo per eliminare una importante controprova. A Ross aveva gi risposto Nicol 1936, 121 n. 1, facendo notare che Aristotele, nel passo di Metaph. N 2 citato pi sopra, si riferisce a Platone e non agli atomisti. Furley 1967, 81s., che riprende il tema dell'errore dei commentatori, accenna a questo passo come possibile supporto per la loro tesi, ma afferma comunque, senza ulte- riori argomentazioni, che pi probabile che Aristotele pensi agli atomisti portando come unica prova il brano del De generatione et corruptione A 2. 91 Aristotele impiega anche altrove questo procedimento di assimilazione di dottrine presocratiche ed accademiche allo scopo di dimostrare che Platone e i suoi allievi hanno riprodotto un modo di pensare antiquato, con l'aggravante di non accordare i loro principi coi fenomeni. Un passo significativo a questo proposito quello del primo libro della Me- tafisica, in cui espone (considerandosi ancora un accademico e usando la prima persona plu- rale "noi") l'interpretazione accademica di Anassagora. Anassagora, pur non avendolo espresso chiaramente, avrebbe assunto due principi, l'uno (il nous), e l'"altro" (l'infinito). Egli avrebbe dunque detto le stesse cose degli Accademici, ma col vantaggio di accordare maggiormente coi fenomeni le sue teorie, Metaph. A 8, 989a 30-b 21 (59 A 61 DK) Avooyoov o ri ti uaoo oi ouo ryriv otoiri o, oiot o v uaoo oi xoto oyov, o v rxrivo outo rv ou oig0eorv, gxoou0gor rvt ov r o vo yxg toi raoyouoiv outo v [...] rx og toutev o:aot vtt !t,ttv o::ot :o ooo :o :t t v (touto yo oaou v xoi o iyr ) xot 0o:toov, otov :t0tatv :o oooto:ov aiv oio0gvoi xoi rtooriv rioou tivo, eotr ryri r v out o0e outr ooe, ourtoi r vtoi ti aooagoiov toi tr uotrov ryouoi xoi toi [vu v] oivorvoi oov oxoou0ri). Platone aveva criticato Anassagora per essere partito da principi giusti, ma per non averli poi in pratica applicati Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 138 Qui di seguito, dunque, esaminer i modelli dialettici ed esegetici pi generali sottesi al logos di Leucippo e li confronter con le altre testimo- nianze aristoteliche e quelle posteriori ad Aristotele sugli atomisti che offrono prospettive esegetiche alternative. Aristotele, dopo aver esposto il logos eleatico, propone in questi ter- mini la risoluzione di Leucippo: Leucippo, invece, credette di avere dei logoi che, procedendo in accordo con la sensazione, non confutassero n la generazione n la corruzione e neppure la molteplicit delle cose esistenti. Avendo da una parte concesso questo ai feno- meni, dall'altra, a quelli che sostengono la tesi dell'uno, che non ci sarebbe movi- mento senza il vuoto, dice che il vuoto non essere e che nulla di ci che non essere. Infatti l'essere nel senso proprio il tutto-pieno 92 , ma non uno solo, ma (Phaed. 97c). Aristotele riprende una interpretazione accademica, per dimostrare invece im- plicitamente che gli Accademici hanno riprodotto lo stesso modo di affrontare i problemi con lo svantaggio di non accordare le loro teorie coi fenomeni. 92 Seguo qui il testo tradizionale e la punteggiatura del passo di Joachim e Diels (oooygoo or touto rv toi oivor voi, toi or to r v xotooxruoouoiv e ou x o v xivgoiv ou oov ovru xrvou, to tr xrvo v g o v xoi tou o vto ou0r v g o v goiv rivoi to yo xuie o v aoagr o v o' ri voi to toioutov ou r v, o' oario to ag0o v. nota seguente) per- fettamente giustificabile alla luce della terminologia e del carattere dialettico del logos. La proposta di una nuova lettura da parte di Rashed 2001, 323-25 (cf. anche 2005, 39 e 139 n. ad loc.), seguito da Hussey 2004, 263s. non tiene conto n del senso generale del brano, n dello stile aristotelico. Le ricerche di Rashed sulla tradizione testuale del De generatione et cor- ruptione, per quanto estremamente documentate e importanti per il testo in generale, non aggiungono in realt su questo punto nulla di sorprendentemente nuovo. L'esistenza di queste varianti era gi ben documentata nell'apparato critico di Joachim e non in s parti- colarmente rilevante. La tradizione manoscritta da sola non giustifica la scelta dell'una o dell'altra, tanto vero che Rashed stesso si basa abbondantemente su presupposti e inter- pretazioni personali (cf. 2001, 324). Il testo offerto da Rashed il seguente oooygoo [...] toi or to r v xotooxruo ouoiv e o:: o v xivgoiv ouoov o vru xrvou, to tr xrvov g ov xoi tou o vto ou0rv g ov, ojotv tt vot :o x:oto t v aoaa!jot ov (2001, 324 aoa- a!jot) o!! ttvot :o :oto::ov o:x tv ... Hussey d un testo che si discosta in parte da questo (oooygoo [...] toi or to r v xotooxruoouoiv e oux ov xivgoiv ouoov ovru xrvou, to tr xrvo v g o v xoi tou ovto ou0r v g o v, goiv ri voi to xuie ov aoagr ov o rivoi to toioutov oux r v. Un outr, da lui citato al posto di oux, nella sua spiega- zione del testo, non compare invece all'interno di quest'ultimo). La versione di Rashed estremamente problematica per il senso e per lo stile. A differenza di quanto afferma Rashed, che fa dipendere, senza ulteriori argomentazioni, tutte le proposizioni da e a ou0rv g ov da oooygoo, la costruzione to tr xrvov g ov xoi tou o vto ou0r v g ov sintatticamente perfetta (tr ... xoi retto da goiv rivoi) e coerente, anche dal punto di vista dello schema dialettico, con una presunta risposta di Leucippo agli Eleati. Il fatto che il vuoto sia non essere (e come tale esista) e che l'essere sia il tutto pieno e molteplice , se- condo le regole della discussione dialettica, la nuova riformulazione del problema da parte di Leucippo che dopo aver concordato con una premessa degli Eleati (che non c' movi- mento senza il vuoto), ridefinisce le altre premesse (la concezione di essere e di non essere) facendo le necessarie distinzioni. In questo contesto oux, riportato da E e M, perfetta- mente corretto e notevolmente superiore a outr accolto da Rashed. Al sintagma goiv rivoi egli attribuisce poi una posizione inusitata in Aristotele. Il sintagma (con l'altra va- riante rivoi goiv) infatti frequentissimo nelle opere aristoteliche (come del resto in tutti Capitolo terzo 139 infiniti per numero e invisibili per la piccolezza delle loro masse. Questi si muo- vono nel vuoto infatti il vuoto c' e producono, combinandosi, la genera- zione, separandosi, la disgregazione. Essi agiscono e subiscono nella misura in cui vengono fortuitamente a contatto; in questo modo infatti non formano una unit. E, componendosi e intrecciandosi, generano. Ma da ci che veramente uno non pu generarsi una molteplicit n da quelli che veramente sono molti l'uno, ma ci impossibile. Ma come Empedocle e alcuni altri dicono che le affezioni si producono attraverso i pori, cos [anche Leucippo sostiene che] ogni alterazione e ogni affezione si produce in questo modo, dal momento che la dissoluzione e la disgregazione si producono attraverso il vuoto, e allo stesso modo anche l'accre- scimento, a causa della penetrazione delle particelle solide [negli spazi vuoti]. An- che Empedocle deve per quasi necessariamente sostenere le stesse tesi di Leu- cippo. Infatti ci devono essere certi corpi solidi, e per giunta indivisibili, se non ci sono dovunque pori che si susseguono l'un l'altro. Questo tuttavia impossibile: infatti oltre ai pori non ci sarebbe qualcosa di solido, ma tutto sarebbe vuoto. Dunque necessario che le particelle a contatto siano indivisibili e che gli inter- stizi fra l'una e l'altra, che egli chiama pori, siano vuoti. Cos parla anche Leucippo riguardo all'agire e al subire 93 . gli autori greci), ma compare sempre (e non solo in Aristotele) o immediatamente dopo il soggetto (espresso, e non sottinteso come qui), ma con goiv in posizione enclitica (co- struzione peraltro molto rara, cf. Hist. anim. Z 5, 563a 6 xoi oio touto xoi Hooeo o Bo:oovo :o: oooto:o: ao:jo ojotv ttvot tou yuao o' rtro yg), o, molto pi fre- quentemente, dopo il soggetto di rivoi (Phys. A 5, 188a 22 xoi Agoxito to agr xoi xrvo v, ev to r v e ov :o ot o o:x ov ttvot ojotv. Cf. anche A 2, 185a 33 Mriooo or :o ov oattoov ttvot ojotv. A 2, 209b 11 Hotev tgv ugv xoi tgv eov :o::o ojotv ttvot r v tei Tioiei. De gen. et corr. A 5, 320b 33Aio xoi ootov o: ojotv ttvot. A 8, 325b 32Hotevi or xoto tg v og v ovov xtvo v ,oo o: x tt vot ojotv. Cf. anche Metaph. A 3, 983b 21 e passim), o comunque dopo il nome del predicato (Metaph. A 8, 989a 21 Earooxg :t::ooo ojotv ttvot oeoto tgv ugv. De gen. et corr. A 8, 326a 9 xoitoi oo::too v yr xoto tg v uarog v ojotv ttvot Agoxito rxootov te v ooioirtev). La posizione del sintagma proposta da Rashed e Hussey dunque contraria all'uso aristotelico. Per quanto riguarda la scelta di r v per ov importante sottolineare che la tesi eleatica qui discussa non la natura dell'uno, ma quella dell'essere, se esso uno o molti, immobile o in movimento (r vioi yo tev ooiev roor to o v r o vo yxg r v ri voi xoi oxi vgtov). L'inquadramento del brano nell'ambito della distinzione di essere e uno come risposta alle aporie eleatiche giustifica, anche al di l delle considerazioni stilistiche, la lettura tradizionale. 93 Arist. De gen. et corr. A 8, 325a 23-b 11 (67 A 7 DK; 146 L.) Aruxiaao o' rriv eig0g oyou, oitivr ao tgv oio0goiv oooyourvo ryovtr oux o voigoouoiv outr yrvr- oiv outr 0oo v outr xivgoiv xoi to ag0o tev o vtev. oooygoo or touto r v toi oivorvoi, toi or to r v xotooxruoouoiv e oux o v xivgoiv ouoov o vru xrvou, to tr xrvo v g o v xoi tou o vto ou0r v g o v goiv rivoi to yo xuie ov aoagr ov, o' rivoi to toioutov ou r v, o' oario to ag0o xoi oooto oio oixo tgto te v o yxev. touto o' rv tei xrvei rro0oi (xrvov yo rivoi), xoi ouviotorvo rv yr vroiv aoiriv, oiouorvo or 0oov. aoiriv or xoi aooriv gi tuyo vouoiv oatorvo toutgi yo ou rv rivoi. xoi ouvti0r rvo or xoi ariarxorvo yrvvo v rx or tou xot' og0riov r vo oux o v yrvro0oi ag0o ouo' rx te v og0e aoev r v, o' rivoi tout' oou votov o', eoar Earooxg xoi tev oev tivr ooi aooriv oio aoev, oute aooov ooieoiv xoi aov to aooriv toutov yivro0oi tov toaov, oio tou xrvou yivorvg tg oiouore xoi tg 0oo , ooie or xoi tg ougore, uarioouorvev otrre v oroo v or xoi Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 140 L'esposizione aristotelica caratterizzata da tre parti: 1. Una di tipo argomentativo che mira a inquadrare le teorie di Leu- cippo nella discussione dialettica di tesi generali sulla definizione di essere, sul movimento e sul numero dei principi secondo lo schema dei Topici. 2. Una di carattere descrittivo che espone pi dettagliatamente la dot- trina per confermare l'inquadramento fornito nella prima parte e correlarlo col tema dell'agire e del patire trattato nel capitolo 94 . Le notizie di questa seconda parte corrispondono pressoch esattamente a quelle dell'excursus di Aristotele su Democrito presso Simplicio 95 e concordano grosso modo anche con le notizie sulla cosmogonia di Leucippo riportate da Diogene Laerzio 96 e Ippolito 97 di derivazione teofrastea. 3. Una che, riprendendo e specificando il logos eleatico, cerca di dimo- strare la sostanziale equivalenza fra le teorie di Empedocle e quelle di Leu- cippo. 4. 1. La prima parte del logos di Leucippo (De gen. et corr. A 8, 325a 23-30) La prima parte del logos, che, in sostanza, inquadra in uno schema dialet- tico incentrato sulla formulazione di un'antitesi quanto esposto nella se- conda parte, risente ovviamente di una pi profonda rielaborazione. La terza parte riprende un assunto del logos eleatico (equiparazione di un pre- sunto corpuscolarismo empedocleo all'atomismo) e fornisce una inter- pretazione di Empedocle pressoch inusitata per lo stesso Aristotele. La formulazione dell'antitesi alle tesi eleatiche della prima parte dei lo- goi di Leucippo fortemente marcata dalla terminologia tecnica della di- scussione dialettica. Cos l'espressione "avere dei logoi" indica, nei Topici, il possesso di argomentazioni generali da usare in una disputa dialettica 98 . I logoi di Leucippo non "confutano" (ou x o voig oouoiv) la generazione, la corruzione, il movimento e la molteplicit: o voiriv un termine tipico Earooxri o voyxoiov ryriv e oar xoi Aruxiaao goiv. rivoi yo otto otrro, ooioirto or, ri g ao vtgi aooi ouvrri rioiv. touto o' oou votov ou0rv yo rotoi rtrov otrrov aoo tou aoou, oo ao v xrvo v. ovoyxg oo to r v oatorvo rivoi ooioirto, to or rtou outev xrvo, ou rxrivo ryri aoou. oute or xoi Aruxiaao ryri ari tou aoiri v xoi aooriv. 94 Ad esempio o rivoi to toioutov (scil. to ov) ou r v, o oario to ag0o una espressione tipica degli schemi prearistotelici che oppongono monisti a pluralisti (cf. Xen. Mem. 1,1,13, supra, n. 34). Cf. a questo proposito Mansfeld 1986, 32-41 [1990b 55-63]. 95 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,5-20) (68 A 37 DK; 293 L.). 96 Diog. Laert. 9,30ss. (67 A 1 DK; 289, 382 L.). 97 Hippol. Ref. 1,12 (67 A 10 DK; 16, 23, 291, 318 L.) Per quanto riguarda invece la testimo- nianza su Leucippo attribuita a Teofrasto, v. infra, 5. 1. 98 Top. O 14, 164b 16 ori or xoi ataotjatvo: tttv !o,o: ao to toiouto te v ao- gotev rv oi roiotev ruaogoovtr ao arioto goiou rorv. Capitolo terzo 141 per indicare la confutazione come xotooxruoriv per indicare la difesa di una tesi 99 . Con gli Eleati che difendono la tesi (xotooxruo ovtr) monista Leucippo concorda (o ooyg oo, un altro termine tecnico della discussione dialettica 100 ) che non c' movimento senza il vuoto, ma, secondo le regole dei Topici, "definisce" con pi esattezza gli oggetti in discussione: l'essere propriamente inteso 101 il "tutto pieno" che va distinto dal vuoto-non essere, un essere improprio. Una volta introdotta la definizione precisa di essere (corrispondente a quella dell'essere-uno eleatico), nulla si oppone alla tesi della molteplicit degli enti come tante unit, che, per Leucippo, per, sono infinite di numero 102 . Gi dalla terminologia del passo risulta dunque che i logoi di Leucippo non sono una riproduzione fedele, ma un rimaneggiamento dell'originale in base ad uno schema dialettico-tipo di soluzione delle aporie eleatiche. La stessa impressione si ricava dall'analisi dei presupposti della concessione e della risposta agli Eleati 103 . Infatti nella formulazione degli argomenti viene implicitamente presupposto: 1. Che Leucippo si sia posto un "problema del movimento" cercan- done nel vuoto la causa o, per lo meno, la condizione necessaria. 2. Che abbia definito l'essere come una molteplicit di unit simili al- l'essere-uno eleatico e attribuito al non essere un grado inferiore di esi- stenza (un essere non propriamente inteso, dunque un "altro dall'essere"). 4. 1. 1. Vuoto e movimento Come si visto, Aristotele, nei Topici, porta come esempio di "tesi" e "an- titesi" in una disputa dialettica le trattazioni del movimento: da una parte la negazione assoluta dello stesso (Melisso), dall'altra la tesi del movimento continuo (Eraclito). Nel primo brano del De generatione et corruptione gli Eleati rispondono ai sostenitori del movimento, cos come Melisso nel 99 I due termini compaiono appaiati in Top. B 3, 110b 9, 11; 7, 112b 29; 8, 113b 16; I 6, 119a 34 e passim. 100 Top. I 6, 120a 4; Z 13, 150b 31; H 3, 153b 29; O 7, 160a 20. 101 Sulla necessit di "definire" i significati delle espressioni di una tesi per eliminarne le ambi- guit e renderne pi facile la confutazione, cf. Top. O 3, 158b 8 tev or oev ouorai- rigtototoi aovtev rioiv oooi xrgvtoi toioutoi ovoooiv o aetov rv oogo r otiv ritr oae ritr aooe r yrtoi, ao or tou toi gor yveio aotrov x:oto g xoto rtooov uao tou oioor vou !t,t:ot 102 Nel logos eleatico di Porfirio l'assunzione di grandezze atomiche infinite viene per rigettata in quanto assurda, v. supra, n. 64. 103 Cf. anche Gomperz I, 1922, 279; Lewis 1990, 241-245. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 142 quarto libro della Fisica 104 , nei logoi di Leucippo invece quest'ultimo a sostenere l'antitesi. La sua presenza in uno schema dialettico non implica dunque necessariamente una sua reale presa di posizione nei termini de- scritti da Aristotele. Da altre testimonianze aristoteliche e di derivazione teofrastea sugli atomisti, infatti, non risulta che essi si siano posti il pro- blema di giustificare il movimento o di cercarne una causa rispondendo ad eventuali oppositori. Il movimento degli atomi ha un valore di postulato, qualcosa che esiste da sempre ed connaturato all'atomo stesso. Non c' dunque bisogno di cercarne una causa esterna 105 . Aristotele stesso, nella Metafisica, critica Leucippo, insieme a Platone, proprio perch avrebbe posto un movimento eterno senza cercarne la causa 106 e nei brani pi pret- tamente espositivi non fa alcun cenno alla ricerca di cause del movimento esterne agli atomi, ma riferisce semplicemente che essi lottano e si muo- vono nel vuoto perch sono diversi di forma e di grandezza 107 . Teofrasto, da parte sua, pur riprendendo lo schema dialettico aristotelico, tratta co- munque le dottrine di Leucippo come affermazioni dogmatiche diame- tralmente opposte a quelle degli Eleati: questi ultimi hanno posto un tutto uno immobile e ingenerato, Leucippo elementi infiniti e sempre in movi- mento 108 . Il carattere assiomatico del movimento eterno connaturato agli atomi confermato anche da altri resoconti risalenti alla tradizione teofra- stea dove gli atomi sono descritti come oario xoi o ri xivourvo 109 e soprattutto dal fatto che anche le loro propriet (figura, modo di "voltarsi" e di intrecciarsi reciprocamente) non sono concepibili a prescindere dal movimento 110 . Per questa natura stessa di particelle dinamiche gli atomi non sono comunque comparabili all'essere eleatico immobile. 104 Phys. A 6, 213b 4-14 r youoi o r v rv oti xi vgoi g xoto toaov oux o v rig (outg o roti oo xoi ougoi) ou yo o v ooxriv rivoi xivgoiv, ri g rig xrvo v to yo agr oou votov rivoi oroo0oi ti. ri or orrtoi xoi rotoi ouo r v toutei, rvoroit o v xoi oaoooouv ri voi oo oeoto [...] Mriooo r v ouv xoi orixvuoiv oti to aov oxi vgtov rx toutev ri yo xivgortoi, o vo yxg rivoi goi xrvo v, to or xrvov ou tev ovtev. Aristotele riproduce lo schema platonico di Theaet. 180d-e dove vengono contrapposti i sostenitori dell'eterno movimento a Parmenide e Melisso, v. supra, n. 42. 105 Cf. gi Gomperz I, 1922, 281-283. Cf. anche Morel 1996, 65 e Perilli 1996, 94-97. 106 Metaph. A 6, 1071b 31 (67 A 18 DK; 17 L.) oio rvioi aoiouoiv o ri rvryriov, oiov Aruxiaao xoi Hotev ori yo rivoi ooi xivgoiv. oo oio ti xoi tivo ou r youoiv. 107 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,9-11) (68 A 37 DK; 293 L.) otooioriv or xoi rro0oi r v tei xrvei oio tr tg v ovooiotgto xoi to oo rigrvo oiooo . 108 Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,7) (67 A 8 DK; 147 L.) rxrivev yo rv xoi oxi vgtov xoi o yr vgtov xoi araroor vov aoiou vtev to ao v, [...] outo oario xoi o ri xivourvo uar0rto otoirio to otoou. Su questo brano, v. infra, 5. 1 n. 164. 109 Hippol. Ref. 1,12 (67 A 10 DK; 151 L.) Aruxiaao or Zg vevo rtoio ou tg v outg v ooov oirtggorv, oo goiv oario xoi ori xivourvo xoi yr vroiv xoi rtoog v ou- vre ou oov. 110 V. infra, 4. 2. 2 e cap. VII. Capitolo terzo 143 4. 1. 2. Vuoto e non essere Secondo Aristotele, Leucippo avrebbe "concesso" agli Eleati che non esiste il movimento senza il vuoto, ma affermato che il vuoto non essere distinguendo un significato proprio, "forte", di essere (il tutto pieno), da uno pi "debole" (il vuoto). In questa argomentazione il vuoto si confi- gura dunque come un ti, un qualcosa "altro dall'essere" proprio, che esi- ste, ma non alla stessa stregua ed necessario per poter spiegare il movi- mento e la molteplicit. Lo schema soggiacente alla prima parte del logos di Leucippo dunque quello della soluzione dell'aporia eleatica attraverso l'ammissione dell'esistenza del non essere come un "altro dall'essere" che esiste, ma in un grado inferiore, e che Aristotele stesso attribuisce agli Accademici 111 . In questo modello, applicato al mondo fisico, luogo e vuoto equiparati corrispondono alla Chora platonica e all'ipostasi fisica della diade indefinita 112 . Aristotele lo impiega anche per l'interpretazione di un autore al di sopra di ogni sospetto di "filosofia" come Esiodo proprio seguendo un modello esegetico accademico 113 . Nella discussione delle dottrine che ammettono l'esistenza del luogo come "un qualcosa" di indi- pendente e "altro" dal corpo, egli spiega, infatti, sulla falsariga della Chora platonica, il Chaos esiodeo come spazio preesistente e indistruttibile, con- dizione necessaria delle cose esistenti 114 . 111 Cf. Metaph. N 2, 1088b 35-1089a 6, supra, n. 83. La distizione fra un essere a pieno titolo (ovte ov) e un essere di grado inferiore comunque di ascendenza platonica (cf. e.g. la de- scrizione della Chora in Ti. 52a-d). Cf. anche Owen 1960, 183s. 112 Phys. A 2, 209b 6-12 e supra, n. 59. 113 Sull'interpretazione del Chaos esiodeo in Aristotele e negli autori tardi, cf. Gemelli Marciano 1991b. 114 Arist. Phys. A 1, 208b 25-209a 1 rti oi to xrvo v ooxovtr rivoi toaov ryouoiv to yo xrvo v toao o v rig rotrgrvo oeoto. oti r v ou v roti ti o toao aoo to oeoto xoi ao v oeo oio0gto v r v toaei, oio toutev o v ti uaoo oi oorir o' ov xoi Hoiooo o0e ryriv aoigoo aetov to oo. ryri you v "aovtev r v aetioto oo yr vrt', outo rarito yoi' ruuotrvo," e orov aetov uaooi eov toi ouoi, oio to vo- iriv, eoar oi aooi, aovto rivoi aou xoi r v toaei. ri o' roti toiou to, 0ouootg ti ov rig g tou toaou ou voi xoi aotro ao vtev ou yo o vru te v oev ouor v r otiv, rxrivo o' o vru tev oev, ovoyxg aetov rivoi ou yo oaoutoi o toao tev r v ou tei 0riorvev. Il linguaggio ispirato alla descrizione della Chora del Timeo (52b) palese. Cf. anche Simpl. In Phys. 209a 18, 533,35 oioto or trivri ao to g rivoi og v ou tov, oar rooxouv r yriv oi to Hoiooou oo xoi to xrvov Agoxitou aorovtr xoi tg v uoixgv te v oeotev xivgoiv e oa oitio tou toaou yivorvgv. L'autore del trattatello pseudo-aristotelico De Melisso, Xenophane et Gorgia pone sia il vuoto che il Chaos esiodeo come antitesi alle tesi di Melisso (non c' il movimento perch non c' il vuoto), interpre- tandoli, sulla scia di Aristotele, come "un qualcosa", un non-corpo e uno spazio (MXG 976b 12-18 oxi vgtov o rivoi goiv, ri xrvov g rotiv oaovto yo xivrio0oi tei oottriv toaov. aetov r v ou v touto aooi ou ouvooxri, o rivoi ti xrvov, ou rvtoi touto yr ti oeo ri voi, o oiov xoi o Hoiooo rv tgi yrvrori aetov to Xoo Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 144 La presunta "risposta" di Leucippo agli Eleati che assegna al vuoto-non essere una certa esistenza, ma di grado diverso rispetto all'essere vero e proprio e ne fa una condizione necessaria del movimento si iscrive dun- que in questi schemi di soluzione delle presunte aporie eleatiche che in- troducevano un "non essere" come altro dall'essere per spiegare la molte- plicit e il movimento e che Aristotele stesso attribuiva agli Accademici. 4. 1. 3. Atomi e uno Anche la dottrina degli atomi come tante unit aventi tutte le caratteristi- che dell'essere eleatico che segue subito dopo, rientra in uno schema pree- sistente di definizione dell'essere e dell'uno: dell'essere niente non essere perch l'essere propriamente detto il tutto-pieno, ma questo non uno, ma infiniti per numero. In termini dialettici si tratta infatti di una "ridefinizione" delle premesse che porta ad una riformulazione della tesi eleatica. L'essere-uno eleatico solo quello propriamente detto, il pieno, e non uno solo, ma una molte- plicit. Il presupposto non espresso consiste nel fatto che questa moltepli- cit resa possibile dall'esistenza di un "altro dall'essere" (il vuoto). Ma c' di pi. I singoli atomi possono essere paragonati all'essere-uno eleatico solo eliminandone, come Aristotele fa ripetutamente e insistentemente, la caratteristica naturale, il movimento, e facendone delle unit astratte. Egli li interpreta infatti sullo sfondo della problematica pi generale della defi- nizione di essere e uno, uno dei punti-chiave delle discussioni accademi- che che egli stesso riesamina pi volte criticamente. Nella Metafisica Ari- stotele distingue due impostazioni del problema: quella di Platone e dei Pitagorici, che avrebbero posto l'uno e l'essere come sostanze in se stesse distinte una dall'altra, e quella dei fisici che avrebbero considerato con- giuntamente come essere e uno uno o pi sostrati materiali senza fare al- cuna distinzione fra i due concetti. Fra questi ultimi, dice Aristotele, co- loro che hanno posto una pluralit di elementi devono necessariamente sostenere che l'essere e l'uno sono tutti quegli elementi che essi hanno posto come principi 115 . Il presupposto della definizione degli atomi di goi yrvr o0oi, e orov eov aetov uaoriv toi ouoi toioutov or ti xoi to xrvov, oiov oyyrio v ti ovo roov ri voi gtourv). 115 Metaph. B 4, 1001a 9-19 Hotev r v yo xoi oi Hu0oyorioi ou rtro v ti to ov ouor to rv oo touto outev tg v uoiv rivoi, e ouog tg ouoio ou tou tou r vi rivoi xoi ovti oi or ari uore, oiov Earooxg e ri yveietrov o vo yev ryri o ti to rv rotiv oorir yo ov ryriv ti toiouto tgv iiov rivoi (oitio you v rotiv outg tou rv rivoi aooiv), rtroi or au, oi o oro ooiv rivoi to rv touto xoi to ov, r ou to o vto rivoi tr xoi yryovr voi. o o o::o xot ot a!tto :o o:ottto :t0tatvot o vo,xj ,oo xot :o::ot :ooo::o !t,ttv :o t v xot :o o v ooo ato ooo tt vot oootv. Capitolo terzo 145 Leucippo, in De generatione et corruptione A 8, sta dunque nella problematica della definizione di essere e uno non leucippea, ma aristotelica e accade- mica. La definizione di essere e uno come concetti universali e distinti costituisce uno dei motivi portanti della soluzione delle aporie eleatiche che i commentatori attribuiscono a Senocrate. E' la distinzione logica fra parte (uno indivisibile) e tutto (essere divisibile) a fondare la dottrina degli indivisibili senocratei. Senocrate risponde agli Eleati che l'essere, in quanto tutto, divisibile e dunque non uno, ma molteplice. L'uno, nelle gran- dezze, la parte indivisibile 116 . In queste pur sintetiche notazioni, sono individuabili i punti fondamentali delle tesi di Senocrate: definizione degli universali, essere e uno, rispettivamente come tutto (risultante dalla com- presenza dei principi, uno e diade indefinita) e come parte (governata dal primo principio, l'uno) e loro applicazione all'ambito delle grandezze. 4. 2. Altre prospettive sul vuoto atomistico Esaminati i pre-supposti teorici dei logoi di Leucippo, opportuno ora verificare, comunque, in che misura la formulazione aristotelica corri- sponda ad una dottrina originale. Si potrebbe infatti obiettare che, al di l dei presupposti aristotelici, nulla impedisce che anche Leucippo si sia espresso in questi termini. Il discorso sul contesto culturale delle dottrine atomistiche, che naturalmente ha una grande rilevanza anche per l'inter- pretazione delle radici dell'atomismo, verr affrontato pi diffusamente nel capitolo conclusivo. Qui di seguito verranno invece esaminate altre testimonianze che permettono di riconsiderare i punti gi trattati da una diversa angolazione. L'analisi della seconda parte dei logoi di Leucippo, quella pi propriamente descrittiva, chiuder il cerchio permettendo di stabilire da quali punti della dottrina originale Aristotele partito per la sua rielaborazione. Infine verranno prese in esame e interpretate alla luce della tradizione aristotelico-teofrastea le testimonianze tarde che istitui- scono una relazione fra gli atomisti e gli Eleati. 116 Alex. ap. Simpl. In Phys. 187a 1, 138,10 (Xenocr. Fr. 138 IP). Cf. testo, supra, n. 65. Porph. 135 F Smith (Simpl. In Phys. 187a 1, 140,6) (Xenocr. Fr. 139 IP) oi or ari tov Ervoxotgv tgv r v aetgv oxoou0iov uari voi ouvreouv, toutrotiv oti ri rv roti to ov xoi ooioirtov rotoi, ou r v ooioirtov rivoi to ov. oio aoiv ajot tv ao vov :aoottv :o ov, o!!o a!tto. La formulazione della soluzione riecheggia da vicino quella attribuita da Aristotele a Leucippo nel brano in questione. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 146 4. 2. 1. Vuoto e non essere: g oov to orv g to gor v (68 B 156 DK; 7, 78 L.) Gli interpreti moderni hanno visto una conferma dello schema aristotelico di soluzione delle aporie eleatiche attraverso l'introduzione del non essere da parte di Leucippo in una famosa massima: g oov to orv g to gor v che compare decontestualizzata, parafrasata o solo accennata nelle testimonianze. In questa forma riportata solo da Plutarco e attribuita specificamente a Democrito e non a Leucippo 117 , ma essa viene riecheg- giata soprattutto da Aristotele e Teofrasto e nella tradizione successiva che a loro si richiama. I termini isolati orv e gor v compaiono come denomi- nazione degli atomi e del vuoto nel frammento dell'opera su Democrito di Aristotele 118 . Quest'ultimo fornisce tuttavia, nel resoconto su Leucippo e Democrito del primo libro della Metafisica, una parafrasi del contesto in cui presumibilmente la massima compariva. Qui, per, come anche altrove nella Metafisica 119 e nella Fisica 120 , egli considera gli Abderiti da un'altra ottica e cio come dualisti che avrebbero posto principi contrari, e assegna con- seguentemente agli atomi e al vuoto lo stesso grado di esistenza come sostrato materiale Leucippo e il suo discepolo Democrito dicono che sono elementi il pieno e il vuoto, chiamando l'uno essere, l'altro non essere; di questi il pieno e solido l'es- sere, il vuoto e rado il non essere (perci dicono anche che l'essere non pi del 117 Plut. Adv. Colot. 1109 A (68 B 156 DK; 7, 78 L.) oi ouo' ovo rvtue v o Keetg roog ari riv tou ovoo, rv g oioirtoi g oov to "orv" g to "gor v" rivoi, "or v" r v ovooev to oe o "gorv" or to xrvo v, e xoi toutou uoiv tivo xoi uaootooiv ioiov rovto. Le altre occorrenze del termine orv, se si eccettua un passo del Filopono (v. nota seguente), sono dovute a congetture, in alcuni casi giustificate, in altri no. Nel testo di Ga- leno De elem. sec. Hipp. 2,16 (60,17-19 De Lacy = I,418 K.) (68 A 49 DK; 90, 185, 197 L.) xoto or tg v og0riov r v xoi gor v roti to aovto. xoi yo ou xoi tout' rigxrv ou to, r v rv to otoou ovooev, gor v or to xrvov, i Mss. riportano concordemente rv, che Mullach, seguito poi da Diels, ha corretto in or v. Dato che Galeno concepisce sempre gli atomi come unit che hanno tutte la stessa sostanza, ha sicuramente "normalizzato" lo strano termine democriteo. La lezione dei manoscritti va quindi mantenuta (cf. De Lacy 1996, 167 ad loc.). 118 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,3) (68 A 37 DK; 172, 197 L.) aoooyo- ruri or tov rv toaov toioor toi ovoooi tei tr xrvei xoi tei ou orvi [...], tev or ouoiev r xootgv tei tr or v. Lo Heiberg ha emendato la lezione corrotta (teitr or A) o al- trimenti lacunosa (tei tr seq. lac. 7 litt. D: lac. 8 litt. E) di questo passo in Simplicio, rifacendosi ad un brano del Filopono che sicuramente lo riecheggia, In Phys. 188a 19, 110,10 (188, 197, 328 L.) to or agr xoi to xrvo v r vovtio, o tivo ov xoi oux ov rxori, xoi orv xoi ouor v, orv rv to agr to or xrvo v ouor v. Anche qui tuttavia compaiono nei codici le lezioni orv (K) e rv (LMt). 119 Metaph. I 5, 1009a 22 (8, 143 L.). 120 Phys. A 5, 188a 19 (68 A 45 DK; 238 L.). Capitolo terzo 147 non essere, perch neppure il vuoto pi del corpo), questi sono causa delle cose esistenti come materia 121 . Questo testo ha sempre costituito un problema perch presenta una ver- sione inusuale dell'atomismo. Accanto a pieno e vuoto, compaiono infatti rispettivamente come essere e non essere, anche il solido, il corpo in gene- rale, e il rado. Queste "devianze", sono state imputate per lo pi alla tradi- zione manoscritta, ma, molto pi verosimilmente, derivano da una diffi- colt oggettiva di Aristotele di adattare a categorie fisse e ben delimitate delle formulazioni probabilmente vaghe e di pi ampio respiro del testo originale. Due sono le principali difficolt testuali del brano: 1. Il fatto che vengano indicati come essere e non essere prima il pieno e il vuoto, poi, immediatamente dopo, il pieno e solido e il vuoto e rado. In seguito a questa anomalia, che distingue questa dalle altre testi- monianze su Democrito di tradizione aristotelica e teofrastea, dove solo il pieno e il vuoto vengono definiti essere e non essere, la maggior parte degli editori ha espunto tr xoi ovo v. 2. Il fatto che l'affermazione che l'essere non pi del non essere sia giustificata da un apparente paradosso: perch neppure il vuoto pi del corpo. Qui l'esistenza del pieno sarebbe misurata anche su quella del vuoto e non solo viceversa. Anche in questo caso, gi nell'antichit, il testo stato reinterpretato e normalizzato. Simplicio, che si richiama a Teofra- sto, riferisce nel suo resoconto la frase con l'integrazione rottov 122 , Ales- sandro, invece, nel suo commento al passo, aveva operato tacitamente una metatesi dei casi 123 . Gli editori moderni hanno adottato ora l'una, ora l'altra 121 Arist. Metaph. A 4, 985b 4 (67 A 6 DK; 173 L.) Aruxiaao or xoi o rtoio ou tou Agoxito otoirio r v to agr xoi to xrvo v rivoi ooi, ryovtr to rv ov to or g ov, toutev or to r v agr xoi otrro v, to ov, to or xrvov tr xoi ovov, to g ov (oio xoi ou0rv oov to ov tou g ovto ri voi ooiv, oti ouor to xrvo v tou oeoto), oitio or tev ovtev touto e ugv. 122 Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,11) (67 A 8 DK; 147 L.) rti or ouorv oov to o v g to g o v uaoriv, xoi oitio ooie rivoi toi yivor voi oe. tgv yo tev otoev ouoi ov vootgv xoi agg uaoti0rrvo ov rryrv rivoi xoi rv tei xrvei rro0oi, oar g ov rxori xoi o:x t!o::ov :o: ov:o rivoi goi. A questa rein- terpretazione risale l'integrazione pi in voga presso gli editori moderni del testo aristote- lico ouor to xrvo v rottov tou oeoto (cf. Zeller-Nestle 1920, I, 2, 2, 1056 n. 2; Diels ad loc.; Taylor 1999, 72). Sulla paternit teofrastea (e non simpliciana, pace Schofield 2002) del passo, v. infra, n. 168. 123 Alex. In Metaph. 985a 21, 35,24 (214 L.) rg or tgv Aruxiaaou tr xoi Agoxitou ari otoiriev ooov iotori, xoi ooe rxti0rtoi tgv tr ooov outev xoi tgv ao tou oou oiooo v tr xoi xoiveviov tg v xoto tg v ooov. agr or rryov to oeo to tev otoev oio voototgto tr xoi oiiov tou xrvou . ovooovtr or to rv agr ov to or xrvo v g ov, rari ooie outoi gv r v uaori to tr agr xoi to xrvo v, ouor v oov rryov rivoi :o a!jot :o: xtvo:. Fra i moderni hanno proposto questa soluzione Ross 1924, ad loc.; Lur'e 1970, ad loc.; Mansfeld II, 1986, 286; Curd 2004, 181 n. 4, 189. Ascle- pio pur accogliendo quest'ultima interpretazione, la vede come l'affermazione di una ugua- Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 148 soluzione per restituire lo stesso significato ad ambedue le frasi col risul- tato di produrre una tautologia. Lo Pseudo-Filopono, tradotto dal Pa- trizi 124 , metteva invece in rilievo la paradossalit della seconda frase interpretandola come una osservazione ironica di Aristotele nei confronti degli atomisti 125 . In realt questo apparente paradosso non ha bisogno di correzioni o aggiustamenti in quanto perfettamente comprensibile alla luce dell'uso leucippeo e democriteo del g oov. La massima compare infatti pi volte nella tradizione sugli atomisti come enunciazione di una assoluta equivalenza 126 . Piuttosto i punti oscuri del brano rispecchiano la difficolt di Aristotele di adattare al suo schema sui principi un testo originale che probabilmente si riferiva non solo agli atomi e al vuoto, ma anche, pi in generale, ai corpi solidi e a quelli radi. Se si prescinde per un momento dagli atomi e dal vuoto e si osserva la struttura del parallelismo aristotelico toutev or to r v agr xoi otrro v, to o v, to or xrvov tr xoi ovo v, to g ov, risulta subito evidente che tr xoi ovov non pu essere espunto senza comprometterne irrimediabilmente la simmetria 127 . D'altra parte anche agr e otrro v non sono del tutto equivalenti, come invece so- stiene Jger 128 , in quanto l'uno denota la pienezza, l'altro la solidit che non compete solo all'atomo, ma, in misura diversa, anche ai corpi visibili e glianza quantitativa fra atomi e vuoto, cf. Ascl. In Metaph. 985b 4, 33,9 (177 L.) xoi rryov oti oux rotiv rai arov to ov tou g ovto, rariog outr to oeo, toutrotiv oi otooi, ariovr uaoouoi tou xrvou aovtoou yo xoi xrvov xoi otooi uao ouoiv). Egli si basa evidentemente su Metaph. I 5, 1009a 22. Sulla stessa lunghezza d'onda la correzione del testo aristotelico (to oeo tou xrvou ) di Casaubon. 124 Un testo composto tra il XII e il XIV sec. Cf. l'introduzione di Ch. Lohr alla ristampa dell'edizione del Patrizi del 1583, XII. 125 Cf. Ps.-Philop., In Metaph. vers. lat. Patritii, f. 3 Iam dicit et de Leucippo et Democrito qui dicebant, plenum vel ens; et vacuum vel non ens, elementa. Ideo non plus tribuerunt enti, quam non enti. Quando etiam ambo, elementa dixerunt. Quod vero neque vacuum corporis? irrisio est philosophi in illos. 126 Secondo Simplicio/ Teofrasto, Leucippo e Democrito avrebbero giustificato l'infinita variet delle forme atomiche col fatto che una cosa non pi di tal forma che di talaltra, Theophr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,9-10; 28,25-26) (67 A 8 DK; 2, 147 L.) xoi te v r v toi oto oi ogotev oariov to ag0o ooi oio to gorv oov toioutov g toioutov rivoi. Per l'uso della massima in vari contesti, cf. in particolare De Lacy 1964, Graeser 1970, che per si attiene all'esegesi tradizionale del passo della Metafisica con rela- tive correzioni del testo, e Burkert 1997, 30s. che interpreta la frase come espressione posi- tiva di equivalenza e argomenta a favore del mantenimento del testo trdito. 127 Cf. anche Sedley 1982, 191s.; Waschkies 1997, 162. Ambedue sottolineano la vaghezza della concezione di "vuoto" esteso anche al rado. Essi non mettono per in discussione la valenza dell'interpretazione aristotelica perch tralasciano l'altro problema testuale e il fatto che agr e otrro v indicano sia gli atomi che i corpi composti. 128 1957 app. ad loc.; 1917, 484. Jaeger non offre peraltro alcun argomento a sostegno della sua tesi. Capitolo terzo 149 tangibili 129 . I due concetti sono speculari a vuoto e rado nella seconda parte. Vuoto e rado compaiono appaiati come concetti simili anche in un testo ippocratico contemporaneo a Democrito. Descrivendo le parti po- rose del corpo quali il polmone o le mammelle, l'autore del trattato De vetere medicina afferma che esse sono le pi adatte ad assorbire liquido in quanto non sono in grado di evacuarlo ogni giorno come le parti cave ma quando una di queste parti assorba e riceva in s il liquido, si riempiono le parti vuote e rade anche quelle piccole in ogni parte e, invece che molle e rada, la parte diventa dura e compatta e non opera n cottura n evacuazione 130 . Si tratta qui ovviamente di un contesto fisiologico, che tuttavia dimostra come vuoto e rado potessero essere posti sullo stesso piano. Del resto anche l'opinione comune identificava, secondo Aristotele, l'essere col corpo tangibile, il non essere sia col vuoto che con l'aria (il rado), ambedue invisibili e impercettibili 131 . Sembra dunque che la massima parafrasata da Aristotele definisca come essere e non essere non solo atomi e vuoto, ma anche corpi solidi e radi. Plutarco stesso, citando la massima, identifica gor v col vuoto, ma orv col corpo (oe o). Se vero che egli usa il ter- mine "corpi" al plurale anche per gli atomi seguendo l'uso epicureo 132 , qui si riferisce evidentemente non all'"atomo" singolo, ma al concetto pi generale di "corpo". Solo Galeno, che sostituisce in base ad una sua inter- pretazione rv a or v e comunque utilizza un resoconto di seconda mano, identifica ovviamente l'unit con l'atomo. Melisso, equiparando espressamente il vuoto al gorv, lo distingue implicitamente dal rado: ambedue non esistono, come non esiste il denso, ma definisce solo il vuoto un non essere, non anche il rado 133 . Anche se la 129 L'immagine che si forma dalla compressione dell'aria all'atto della vista "solida", Theophr. De sens. 50 (68 A 135 DK; 478 L.). Per la durezza dei corpi composti, cf. Ibid. 62 (68 A 135 DK; 369 L.) oxgov r v yo ri voi to auxvo v, ooxov or to ovo v [...] oxgotrov rv rivoi oiogov. Compattezza e durezza sono caratteristiche dei corpi anche nella testi- monianza di Sen. Nat. quaest. 4,9,1 His, inquit (scil. Democritus), corporibus quae duriora et pres- siora sunt necesse est minora foramina esse. 130 [Hippocr.] VM 22,6 (151,2 Jouanna = I,630 Littr) o otov aigi xoi orgtoi outo r reuto v to u yov, :o xtvo xot oooto rage0g xoi to oixo aovtg, xoi ovti o0oxou tr xoi ooiou oxgo tr xoi auxvo r yr vrto, xoi out rxar oori out oigoi. 131 Phys. A 6, 213a 27-31 (67 A 19 DK; 255 L.) oi o ov0eaoi ouovtoi xrvov rivoi oiootgo r v ei gorv roti oeo oio0gtov otoatvot ot :o ov oaov ttvot ooao ooiv, r v ei oe gorv roti, tout rivoi xrvo v, oio to agr oro xrvov rivoi. I Pitagorici iden- tificavano del resto il vuoto con il pneuma Phys. A 6, 213b 22-24. Cf. anche De gen. et corr. A 3, 318b 19 ooxri or oov toi aooi tei oio0gtei xoi g oio0gtei oiorriv [...] to yo o v xoi to g ov tei oio0ovro0oi xoi tei g oio0o vro0oi oioiouoiv. 132 Cf. Plut. Quaest. conv. 653 F; cf. anche. De fort. Rom. 317 A. 133 30 B 7 DK, 7-8 ouor xrvrov rotiv ouorv to yo xrvro v ouorv rotiv oux o v ou v rig to yr gor v [...] auxvov or xoi ooiov oux o v rig to yo ooiov oux o vuotov arev rivoi ooie tei auxvei, o' gog to ooio v yr xrvretrov yivrtoi tou auxvou. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 150 massima del g oov fosse rivolta contro questa tesi di Melisso, la de- notazione di "non essere" presso gli atomisti sarebbe comunque pi ampia e si estenderebbe al di l dell'ambito dei principi cui Aristotele vorrebbe ridurla. Essa costituirebbe inoltre una asserzione dogmatica dell'esistenza del non essere decisamente opposta a quella di Melisso cos come lo sa- rebbe anche se si supponesse, come spesso viene fatto, che la massima fosse diretta contro un Parmenide reinterpretato. Dunque gli atomisti non avrebbero concesso nulla agli Eleati e non avrebbero nulla in comune con loro, ma andrebbero esattamente nella direzione opposta. Alcuni interpreti, nel tentativo di "salvare" il prestigio "filosofico" di Leucippo e Democrito e di farne in qualche modo gli eredi degli Eleati, ipotizzano per che la massima fosse solo la conclusione di una argo- mentazione pi ampia che andata perduta 134 , altri suppongono che gli atomisti distinguessero due significati di rivoi: uno pi debole, "esserci" (del vuoto e degli atomi) e uno pi forte, "essere reale", (solo degli atomi in quanto riempiono lo spazio). Il vuoto esisterebbe in un senso pi de- bole, in quanto spazio vuoto, ma non sarebbe "reale" 135 . Tutto questo riecheggia, in forme moderne, il tentativo di distinzione fra un significato proprio e improprio di essere gi aristotelico, ma non trova alcun riscon- tro nelle testimonianze sugli atomisti. Il pre-supposto di queste ipotesi sta nel rifiuto di collocare gli atomisti nel loro contesto storico. Se si esami- nano i testi concernenti la natura dell'universo e dell'uomo pi o meno contemporanei a Leucippo o a Democrito come i frammenti di Anassa- gora, di Ione di Chio, di Filolao e i trattati ippocratici, risulta subito chiaro che affermazioni dogmatiche e lapidarie non vengono a conclusione di un'argomentazione, ma introducono il discorso e non sono precedute da definizioni e distinzioni (un tratto tipicamente platonico e aristotelico). Talvolta sono seguite da qualche "prova" empirica (trxgiov, ogriov, otuiov) o argomenti che, dal punto di vista degli interpreti moderni, sono spesso del tutto insufficienti e nebulosi come le massime stesse 136 . Questo dovuto al fatto che lo scopo dello scritto non quello di pre- sentare un trattato teorico redatto secondo i canoni della logica aristote- lica, ma quello di influenzare e persuadere un pubblico che condivide gli stessi pre-supposti culturali compresa la concezione di "argomento persuasivo". 134 Mc Gibbon 1964, 254s.; Curd 2004, 191. 135 Bailey 1928, 75; Barnes 1982, 403-405. Per una critica a questa tesi, cf. Curd 2004, 191s. 136 Cf. e.g. l'incipit del libro di Filolao (44 B 1 DK) "la natura nel cosmo stata composta di cose illimitate e di cose limitanti, e il cosmo nella sua interezza e tutto quanto si trova in esso". I frammenti B 2-6 DK, che dovrebbe fornire una argomentazione a favore di questa tesi, sono formulati in maniera altrettanto vaga e sibillina quanto l'incipit e proprio per que- sto sono indice di autenticit. Cf. Burkert 1972, 252ss., Huffman 1993, Part II. 1, cf. anche 93ss. Capitolo terzo 151 Lo stile dell'enunciazione dunque parte fondamentale del discorso. In questo contesto l'affermazione dogmatica, soprattutto se foneticamente ben costruita, aveva un impatto e un effetto sul destinatario altrettanto forte di quanto poteva averlo una argomentazione logica formalmente perfetta sugli allievi del Peripato. Essa denota infatti sicurezza e autorit, infonde fiducia e soddisfa esteticamente l'uditore ed ha perci ha tutti i requisiti per essere accettata. La stessa massima anassagorea o ou g oto ao vto g v (59 B 1 DK), con la sua meravigliosa eufonia 137 , un buon esempio di questo tipo di enunciazione e non viene esplicitamente giustificata o spiegata prima, ma costituisce semmai il fondamento del discorso successivo. Allo stesso modo i Triagmoi di Ione di Chio e il trat- tato ippocratico De genitura si aprono con una frase ad effetto 138 . La mas- sima atomista era dunque quella che , una affermazione lapidaria ed effi- cace, seguita probabilmente da considerazioni quali quelle che si trovano nella parafrasi aristotelica: il corpo non pi del vuoto perch quest'ul- timo non pi del corpo. Quello dell'esistenza del non essere, del vuoto, del rado era un pro- blema dibattuto nell'ultimo terzo del V sec. a.C. Sul non essere si era espresso ad esempio Seniade di Corinto, un contemporaneo cui Demo- crito stesso aveva fatto riferimento, il quale sosteneva che tutte le cose nascono dal, e periscono nel non essere 139 . Gorgia, dal canto suo, aveva cercato di dimostrare l'opposto di Democrito e cio che non esistono n l'essere n il non essere. L'affermazione dell'esistenza del non essere, la sua equiparazione al rado erano dunque temi correnti nell'ultimo terzo del V sec. a.C. e su questo sfondo di concezioni comuni e discorsi sofistici va interpretata la massima democritea. Il vuoto e il rado sono "enti" a pieno titolo in quanto esistono alla stessa stregua, ma in ogni caso non pi, dei corpi. All'enunciazione della formula poteva seguire qualche prova, se- condo la procedura corrente nei testi presocratici, ippocratici e in generale negli autori della seconda met del V sec. a.C. Aristotele allude, senza 137 La sua sequenza vocalica centrale (e-a-a-a-a) degna della poesia (riecheggia infatti la formula epica goto aovto Hom. Il. 8,539 al.; Od. 4,209 al.; Hes. Th. 305 al.) e natural- mente va persa nella versione che si ritrova pi spesso nella tradizione antica oou ao vto goto (e sostituita da Diels nel testo di Simpl. In Phys. 155,27 alla versione corretta ri- portata dai codici in questo passo, cf. Rsler 1971 e Sider 2005, 69s.) che non tiene alcun conto del suono e del ritmo. 138 Ion 36 B 1 DK (Harpocr. s.v. Iev) og or oi tou oyou ao vto tio xoi ouorv arov g roooov tou tev tev tiev. r vo rxo otou ortg tio ou vroi xoi xoto xoi tug. [Hippocr.] Genit. 1,1 (44,1 Joly = VII,470 Littr) voo rv ao vto xotu vri g or yovg tou ovoo rrtoi oao aovto tou uyou tou r v tei oe oti rovto, to iouototov oaoxi0rv. In questo trattato segue la "prova" (tou tou or iotoiov toor, oti oaoxivrtoi to iouototov): dopo il coito, pur eiaculando una piccola quantit di liquido, ci si sente deboli. 139 Sext. Emp. Adv. Math. 7,53 (68 B 163 DK; 75 L.). Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 152 tuttavia riportare nomi, ad alcuni otu io sull'esistenza del vuoto: l'e- sempio del vaso pieno di cenere che contiene tanta acqua quanto ne contiene quando vuoto, rivela che la cenere ha una struttura estre- mamente rada e contiene moltissimi vuoti 140 ; l'esempio della crescita dei corpi, che avviene per assunzione di cibo, rivela che il corpo ha una struttura porosa che ne permette la penetrazione 141 . Lo scenario che la massima g oov to or v g to gorv con i suoi corollari presenta dunque diverso da quello descritto in De generatione et corruptione A 8: non solo non si vede nessuna differenza fra un essere pro- priamente detto e un non essere che ha un grado di esistenza inferiore, ma c' un'estensione della denotazione di questi termini ad un ambito pi vasto di quello degli atomi e del vuoto. Inoltre, se la massima ha una qual- che relazione con gli Eleati, questa di pura opposizione di una dottrina formulata indipendentemente e non di derivazione o di "concessione". 4. 2. 2. Vuoto e vuoti. Modalit e funzioni Al di l della massima del g oov, l'attenzione degli atomisti si con- centra comunque non tanto sull'esistenza del vuoto in generale, quanto piuttosto su quella dei "vuoti" e sulle funzioni specifiche della loro forma e posizione nella generazione e nel funzionamento del mondo e dei corpi. Questo non equivale affatto ad una concezione astratta del vuoto come condizione necessaria o addirittura causa del movimento quale sembra riflessa in certi passi aristotelici. Riguardo agli atomisti si tratta di un pro- blema mal posto in quanto essi cercano non la ragione teorica del movi- mento in generale, ma la causa fisica dell'origine del cosmo e l'eziologia di fenomeni concreti. Il vuoto, fuori da questo contesto, non causa di nulla, come non lo sono gli atomi presi in se stessi come unit astratte ordinate una dopo l'altra in un generico vuoto. Ci che fa la differenza sono le forme diverse e irregolari dei corpuscoli ognuna delle quali conferisce loro una spinta specifica creando disordine e scompiglio, le loro giravolte e il loro reciproco impigliarsi, ma anche la forma, la grandezza e la posizione dei "vuoti" nel contesto cosmogonico e fenomenico. Il mondo degli ato- misti un mondo "poroso" e permeabile, dove i pori-vuoti, anch'essi "ir- regolari", hanno la funzione di accogliere e di lasciar passare effluvi dal- l'interno all'esterno e viceversa e di permettere continui riassetti all'interno dei corpi e del cosmo stesso, piuttosto che di "dividere". Le formulazioni 140 Phys. A 6, 213b 21-22 otuiov or xoi to ari tg tro aoiou vtoi, g orrtoi ioov uoe ooov to o yyriov to xrvov. Cf. [Arist.] Probl. 938b 24-27. 141 Phys. A 6, 213b 18-20 rti or xoi g ougoi ooxri aooi yiyvro0oi oio xrvou tg v rv yo togv oeo rivoi, ouo or oeoto oou votov oo rivoi. Capitolo terzo 153 aristoteliche in De generatione et corruptione A 8 e in tutti i passi in cui il vuoto e gli atomi vengono trattati in termini generali e astratti fanno perdere di vista proprio il fatto che gli atomisti parlano soprattutto di forme atomi- che particolari e di vuoti specifici concepiti in un contesto dinamico e non statico. E' il grande vuoto, il ryo xrvo v, e non il vuoto in quanto tale, a "fa- gocitare" la massa disordinata di atomi in lotta fra loro e ad innescare il processo cosmogonico 142 . Nei corpi i vuoti pi grandi o pi piccoli favori- scono in misura maggiore o minore il passaggio di succhi, di nutrimento e di aria. Quelli pi grandi e pi diritti, come i pori di certe piante, offrono ovviamente un transito pi agevole al nutrimento accogliendone una mag- giore quantit e permettendo una maggiore crescita 143 . Fenomeni analoghi si verificano all'interno dei corpi viventi: nella zona dello stomaco e del ventre, che contiene un grande vuoto, confluisce una grande quantit di figure dei vari succhi 144 . Il suono, pur spandendosi in tutto il corpo, viene percepito solo con le orecchie perch al loro interno c' un vuoto pi grande, secco e facilmente penetrabile 145 . Pori troppo stretti, invece, come quelli dell'osso frontale dei buoi senza corna, non possono accogliere il nutrimento proveniente dal ventre e impediscono la crescita delle corna 146 . Una determinata collocazione dei vuoti e dei pieni all'interno dei corpi, ne determina la maggiore o minore durezza o le variazioni di peso: il ferro, che ha una struttura non omogenea con molti vuoti, ma disposti a grandi intervalli pi duro, ma, nel contempo, pi leggero del piombo il quale contiene meno vuoti, ma ha una struttura regolare e omogenea 147 . Il colore 142 Sul contesto e la funzione di questa immagine, v. infra, VII 2. Orelli 1996, Parte II, assegna a tutti i vuoti un effetto di "trazione", lo stesso esercitato dalle xoiioi ippocratiche. Ber- ryman 2002, 188-90, individua questo ruolo del vuoto nel movimento di corpi macrosco- pici senza per prestare attenzione alla funzione specifica delle forme e delle dimensioni dei vuoti. 143 Theophr. De caus. plant. 1,8,2 (68 A 162 DK; 557 L.) ooo or xoto to ioio uori, e o v yr vo ao yrvo [o] ouyxivev ooi ti, aotro xoto to ru0utgto tev aoev gatrov, e oar Agoxito ruou yo g oo xoi o vraooioto e goiv. 144 Theophr. De sens. 65 (68 A 135 DK; 496 L.) uyoivorvo or xoi r x tg tore xivourvo ouriv ri tgv xoiiov tou tgv yo ruaoetotov rivoi oio to tou tgi ariotov rivoi xr- vov. Teofrasto nel De sensu non parla mai di atomi, ma di figure (ogoto). 145 Theophr. De sens. 56 (68 A 135 DK; 488 L.) ri yo to xrvov rai atovto to v oro xivgoiv r aoiriv, ag v oti xoto aov r v ooie to oeo rioir voi, oioto or xoi ariotov oio te v etev, oti oio ariotou tr xrvou oirrtoi xoi gxioto oioivri. [...] o0oov yo o v oute rioir voi tg v evg v o tr oio aoou xrvou xoi o vixou xoi rutgtou rioiouoov. 146 Aelian. Hist. nat. 12,20 (68 A 155 DK; 542 L.) oi or oxrei touoi to trv0gvieor (oute or ovoori Agoxito) rai tou ryoto ou x rovtr (rig o' ov to ogoyyeor ryev) ovtituaou tou aovto o vto ootrou xoi to ouoio te v ue v ou ororvou yuvoi tr xoi o oioi yivovtoi te v ouvtgiev. 147 Theophr. De sens. 62 (68 A 135 DK; 369 L.) oiorriv or ti tgv 0roiv xoi tgv rvoaogiv tev xrve v tou oxgou xoi ooxou xoi oro xoi xouou. oio oxgotrov r v ri voi Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 154 nero ha pori non diritti e quindi difficilmente permeabili alla luce 148 , il verde anch'esso costituito di grosse "figure" e di grossi vuoti e le sue variet dipendono dall'ordine e dalla reciproca disposizione degli uni e degli altri 149 . I fulmini e i turbini sono dovuti alla formazione, in nuvole che si scontrano, di interstizi con molti vuoti attraverso cui (oio tev ao- uxrvev ooieo tev) gli atomi generatori del fuoco vengono filtrati. Quando aggregati di fuoco con molti vuoti al loro interno e circondati da membrane sono inglobati in spazi contenenti a loro volta molto vuoto (aouxrve tro ouyxi oto auo r v aouxr voi xotoor0r vto eoi) e si slanciano verso il basso, si forma il turbine infuocato, il agotg 150 . Come si pu vedere da tutti questi esempi, non il vuoto, principio fisico astratto, che contribuisce a produrre i fenomeni, ma la grandezza, la forma e la distribuzione dei vuoti concreti nell'universo e nei corpi. Quello che si trova nella prima parte del resoconto aristotelico di De generatione et corruptione A 8 dunque una rielaborazione di testi atomisti in base ad una impostazione di problemi quali quello del movimento e della definizione di essere e uno tipici del contesto culturale in cui Aristotele si era formato. oiogov, outrov or ouoov to v rv yo oiogov oveoe ouyxrio0oi xoi to xrvo v rriv aoogi xoi xoto ryoo, arauxveo0oi or xoto r vio, oae or arov rriv xrvo v. tov or ouoov rottov rovto xrvov ooe ouyxrio0oi xoto ao v ooie oio outrov rv, ooxe trov o' ri voi tou oiogou. 148 Theophr. De sens. 74 (68 A 135 DK; 484 L.). 149 Theophr. De sens. 75 (68 A 135 DK; 484 L.) to or eov rx tou otrrou xoi tou xrvou ouvrotovoi ryoev r ooiv, tgi 0rori or xoi tori oute v tg v o ov. Diels, eviden- temente ritenendo improbabile che Democrito tenesse conto anche della dimensione e di- sposizione dei vuoti per la determinazione del colore e delle sue sfumature, ha cambiato e integrato la lezione dei manoscritti in questo passo (to or eov rx tou otrrou xoi tou xrvou ouvrotovoi ixtov r o oiv, tgi 0rori or xoi tori oioottriv oute v tgv oov). La correzione ixtov non ha senso perch chiaro che non solo il verde, ma ogni colore come ogni altro oggetto o propriet fatto di atomi e vuoto, la seconda superflua perch Teofrasto non si riferisce al cambio di colore, ma alle sue varie sfumature: come ci sono diversi bianchi e rossi (cf. 73; 75) cos anche diversi verdi. Sassi 1978, 142 n. 111 cambia, evidentemente in base allo stesso presupposto, ryoev in r v yo. Il passo cos come tramandato dai manoscritti ha invece un senso perfetto se si tiene conto che la forma e la disposizione dei vuoti hanno, insieme a quella degli atomi, una funzione fonda- mentale. 150 68 A 93 DK; 415 L. Capitolo terzo 155 4. 3. La seconda parte del resoconto aristotelico (De gen. et corr. A 8, 325a 30-b 11) Aristotele non costruisce naturalmente sul nulla. Esistevano indubbia- mente, come si ricava dalla parte pi propriamente espositiva del reso- conto su Leucippo, ma anche dagli altri resoconti di questo tipo sparsi qua e l nell'opera aristotelica, delle affermazioni che, se astratte dal loro con- testo immediato e rielaborate in uno schema dialettico, potevano far rien- trare questo autore nel gruppo di coloro che hanno accettato in parte delle tesi eleatiche pur criticandole. Il fatto che avesse posto come base del mondo fisico corpuscoli pieni, solidi e indistruttibili, rendeva facile la loro assimilazione all'uno, assimilazione che Aristotele stesso fa esplicitamente in Metaph. B 4 (v. supra, 4. 1. 3 n. 115) e che diverr poi un caposaldo del- l'interpretazione hegeliana dell'atomismo. La massima del g oov e la designazione di vuoto e rado come "non essere" favoriva, se lievemente modificata, l'inserimento di Leucippo nello schema di soluzione dell'aporia "eleatica" attraverso la distinzione di un essere propriamente detto e di un non essere come "altro dall'essere". Il passaggio dalla rielaborazione dialettica alla parte descrittiva di dot- trine atomistiche in De generatione et corruptione A 8, che riproduce in so- stanza una "scheda" aristotelica, piuttosto brusco e sconnesso: non chiaro infatti come la tesi di un infinito numero di corpuscoli invisibili si cor- reli con la presunta risposta agli Eleati. L'invisibilit e l'infinit sono del tutto ridondanti nel contesto della presunta disputa 151 . La ragione di questo passaggio estemporaneo sta nel fatto che Aristotele collega qui lo schema dialettico con un suo resoconto-tipo sull'atomismo che impiega anche altrove e da cui ha preso le mosse per costruire lo schema. Secondo questa descrizione infiniti corpuscoli invisibili si muovono nel vuoto e, urtandosi e intrecciandosi, producono una genesi, separandosi, una dissoluzione. Agiscono e subiscono nei loro contatti fortuiti e generano componendosi e intrecciandosi: dal vero uno non si genera il molteplice, n dalla vera molteplicit l'uno. L'immagine dell'atomismo che viene offerta in questa parte del resoconto diversa da quella dello schema precedente di con- fronto dialettico con gli Eleati. Qui viene semplicemente ribadito che il vuoto esiste e gli atomi non vengono presentati come unit astratte (il tutto-pieno) separate fra loro dal vuoto, ma come forme in movimento che "agiscono e subiscono", vengono a contatto e si intrecciano senza formare mai un corpo unico. Vale la pena soffermarsi su quest'ultima caratteristica in quanto ritorna frequentemente nei resoconti aristotelici 151 Cf. anche Hussey 2004, 252 n. 18 "why the particles of 'what is' were supposed collectively infinite in number and individually invisible because of their smallness il left unexplained". Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 156 sull'atomismo 152 e viene spesso interpretata come prova del fatto che manca un vero contatto fra gli atomi, perch essi sono sempre tenuti sepa- rati da una patina di vuoto 153 . Gli interpreti moderni hanno seguito su questo punto il commento del Filopono 154 il quale, per, frutto di pura speculazione 155 . L'idea che due atomi della stessa materia debbano necessa- riamente divenire uno, se non c' nulla che li tiene divisi, deriva dal pre- supposto aristotelico che le singole parti di un sostrato materiale della stessa natura debbano necessariamente fondersi se vengono a contatto senza che ci sia qualcosa che li separa 156 . Contatto e vuoto hanno tuttavia ciascuno la loro funzione per gli atomisti, come dichiara esplicitamente Aristotele stesso nel seguito del resoconto: per Leucippo la generazione e la dissoluzione avverrebbero attraverso il contatto e attraverso il vuoto. Il contatto fra gli atomi dunque un contatto vero e proprio, come mostra il termine specifico per il contatto reciproco oio0iyg e il richiamo agli in- trecci (ariarxro0oi), agli incroci (r aooyg ) e al reciproco sostegno (ovtigi) 157 . La prospettiva teorica della divisione attraverso il vuoto in un sostrato unico continuo fa completamente dimenticare le caratteristi- che fisiche reali degli atomi: essi non si fondono mai in un unico corpo non perch sono separati dal vuoto, ma perch sono assolutamente duri e 152 Arist. De cael. I 4, 303a 6 (67 A 15 DK; 47, 292 L.) out r r vo aoo yi yvro0oi outr rx aoev rv. Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,12-14) (68 A 37 DK; 293 L.) uoiv r vtoi iov r rxrivev xot og0riov ouo gvtivoouv yrvvoi xoiogi yo rug0r rivoi to ouo g to ariovo yrvro0oi ov aotr rv. Cf. Metaph. Z 13,1039a 7-14 (68 A 42 DK; 46, 211 L.). Come si vede la formulazione dell'enunciato varia a seconda del contesto. Nella Metafisica, dove compare non pi la molteplicit, ma il due, ha sicuramente influito il confronto con le teorie senocratee delle idee numero che, secondo Aristotele, ponevano contemporaneamente come unit sia l'idea-numero (la diade), sia le sue singole componenti (su questo, v. infra, V 2 n. 27). 153 Cf. e.g. Bailey 1928, 87; Lbl 1976 Barnes 1982, 349; Curd 2004, 184 n. 12. 154 Philop. In De gen. et corr. 325a 32, 158,27-159,3. 155 Cf. l'analisi critica dettagliata della testimonianza del Filopono e dell'interpretazione mo- derna in Bodnr 1998, 136-140; cf. anche Mansfeld 2007. 156 Cf. De gen. et corr. A 8, 326a 31-33 (critica agli atomisti) ri rv yo i o uoi oao vtev, ti to eioov g oio ti ou yi vrtoi oorvo r v, eoar uoe uooto otov 0iygi cf. Metaph. H 2, 1042b 11-15; Phys. I 4, 203a 33-203b 1; De cael. A 7, 275b 30ss. L'interpretazione aristote- lica ha condizionato non solo la concezione epicurea, ma tutta l'interpretazione dell'atomi- smo antico fino ad oggi. Epicuro, quando accenna al vuoto che tiene divisi gli atomi (Ep. 1,44), presuppone la definizione aristotelica (usa lo stesso termine oioiriv). La conce- zione degli atomi come "materia" e sostrato unico che deve essere tenuto diviso dal vuoto anche il pre-supposto pi o meno esplicito delle interpretazioni moderne che accettano come autenticamente democritea la testimonianza aristotelica sugli atomisti antichi di De gen. et corr. A 8. Cf. e.g. Furley 1987, 118; Makin 1993, 13, 52s.; Algra 1995, 45; Pyle 1997, 46; Curd 2004, 187s. V. anche infra, VII 2. 157 Arist. Fr 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,11-18) (68 A 37 DK; 293 L.). Su ovtigi come "sostegno", cf. Xen. Eq. 5,7; [Hippocr.] Off. 9 (II,36,10 Khlewein = III,302 Littr). Capitolo terzo 157 compatti e dunque non possono n interpenetrarsi n fondersi. Le stesse caratteristiche spiegano anche la sterilit dell'atomo. Nella Fisica, dove confronta le due teorie di Anassagora e Democrito attribuendo ad ambe- due la concezione di un "infinito per contatto", Aristotele spiega che, mentre l'uno attribuisce agli omeomeri una infinita capacit generativa Democrito dice che fra i corpi primi nessuno si genera dall'altro 158 . Questa formulazione potrebbe avvicinarsi maggiormente all'originale della formula tipica uno-molti, che Aristotele impiega in De gen. et corr. A 8 e in altri passi in cui parla di queste caratteristiche dell'atomo. Egli tende infatti a sostituire la formula-tipo ad espressioni come o ao (o r x) tou ou tou rtroiou o0oi 159 . Gli atomisti distinguono cos, diversamente da Anassagora, i corpi fe- nomenici, sottoposti a continua genesi e cambiamento e, come tali esposti a squilibri e dissoluzione, dai corpuscoli che ne costituiscono i fondamenti eterni che, per essere tali, devono essere sterili, immutabili e inattaccabili e dunque privi di "vie" che permettano l'entrata, l'uscita e lo spostamento di materia. Non bisogna dimenticare che Democrito equiparava l'atto della generazione, in cui "un uomo balza fuori da un uomo", ad una piccola apoplessia e osservava che i corpi fenomenici sono esposti all'azione an- che di minuscole particelle che vi si insinuano dall'esterno o che cambiano posizione al loro interno 160 . Generazione e cambiamento sono dunque per Democrito potenziali cause di squilibrio e dissoluzione. Questa conce- zione del cambiamento fondamentale nella medicina del quinto secolo 161 e ha come complemento la convinzione che corpi pi duri e pi compatti, come quelli maschili, siano pi resistenti e pi immuni da malattie di quelli 158 Phys. I 4, 203a 33 (68 A 41 DK; 220 L.) Agoxito o ouor v r trov r r trou yiyvro0oi tev aetev goi v. 159 Cf. ad esempio la "traduzione" aristotelica di Diogene di Apollonia, in De gen. et corr. A 6, 322b 13 (64 A 7 DK) xoi tout o0e ryri Aioyr vg, oti tt aj j v t tvo oaov:o, ou x ov gv to aoiriv xoi to aooriv ua ogev. Cf. anche Theophr. De sens. 39 (64 A 19 DK). Il testo di Diogene invece il seguente (64 B 2 DK) ao v:o :o ov:o oao :o: o::o: t:t- ooto:o0ot xoi to ou to ri voi [...] oo ao vto touto tx :o: o::o: t :tooto:atvo ootr ooio yivrtoi xoi ri to outo o voeri. 160 Per la concezione dell'atto sessuale, cf. 68 B 32 DK (527; 804a L.), supra, Introduzione n. 14. Per l'estrema influenzabilit e mutevolezza dei corpi, cf. Arist. De gen. et corr. A 2, 315b 13-15 (67 A 9 DK; 70 L.); Theophr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,11) (68 A 8 DK; 147 L.). 161 La medicina si sofferma soprattutto sul carattere negativo del cambiamento prodotto in uno stato di equilibrio per l'introduzione di qualcosa dall'esterno o per il prevalere di un elemento all'interno del corpo, processi alla radice della malattia, cf. e.g. Alcmaeon 24 B 4 DK; [Hippocr.] Morb. sacr. 18,1 (31,16 Jouanna = VI,394 Littr); VM 14,4 (136,8 Jouanna = I,602 Littr). Per il coito come forte alterazione dell'equilibrio corporeo, cf. Genit. 1,2-3 (44,10-45,8 Joly = VII,470-472 Littr). Cf. anche Schubert 1993, 158ss. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 158 molli e porosi come quelli femminili 162 che possono accogliere e trattenere sostanze estranee dall'interno e dall'esterno. Se valido tutto quanto si osservato finora sul rapporto fra vuoti e atomi e sulla concezione dei corpi presso gli atomisti, bisogna riconoscere che la tesi di una nascita dell'atomismo sull'accettazione-correzione di concetti eleatici nei termini esposti da Aristotele dettata da una visione estremamente teorica e astratta che prescinde dai testi reali, dalla loro terminologia specifica e dalle immagini che rimandano al contesto del loro tempo come si vedr pi diffusamente nel capitolo settimo. Aristotele non in malafede, ma interpreta questi testi alla luce della problematica del suo tempo, quella cio finalizzata alla soluzione delle aporie eleatiche impo- state nell'Accademia. 5. Atomisti ed Eleati in Teofrasto e nelle testimonianze tarde 5. 1. Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,4-15) (67 A 8 DK; 147 L.) Le testimonianze tarde riguardo al tema delle presunte relazioni fra atomi- sti ed Eleati sono in diversa misura influenzate dai resoconti aristotelici e soprattutto teofrastei. E' dunque importante prendere in considerazione anche la testimonianza di Simplicio la quale risale, probabilmente in modo mediato, a Teofrasto 163 . Leucippo l'Eleate o il Milesio (infatti gli vengono attribuite ambedue le prove- nienze), pur partecipando della filosofia di Parmenide, non ha seguito la stessa via di Parmenide e Senofane nella determinazione delle cose esistenti, ma piuttosto, come sembra, quella contraria. Mentre infatti quelli ponevano il tutto come uno, immobile, ingenerato e limitato e non ammettevano neppure che si cercasse il non essere, egli ha posto elementi infiniti e sempre in movimento, gli atomi, e ha supposto che la quantit delle forme in essi presenti sia infinita perch nulla pi di tal forma che di talaltra e perch osservava nelle cose esistenti una genesi e un cambiamento incessanti. Inoltre diceva che l'essere non esiste pi del non essere e che ambedue sono cause delle cose esistenti allo stesso modo. Infatti, ponendo la sostanza degli atomi come compatta e piena, disse che era l'essere e che si muove nel vuoto, che chiamava non essere, e dice essere non meno del non essere 164 . 162 Su queste concezioni mediche, v. infra, V 4 n. 99-100 e VII 1. 163 Per una utilizzazione mediata di Teofrasto da parte di Simplicio, per lo meno in alcuni punti dell'excursus sui presocratici, von Kienle 1961, 58ss. 164 Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,4-15) (67 A 8 DK; 147 L.) Aruxia- ao or o Erotg g Migoio (ootre yo ryrtoi ari outou) xoivevgoo Hor- viogi tg ioooio, ou tgv outgv r ooior Horviogi xoi Ervoo vri ari tev ovtev Capitolo terzo 159 In questo resoconto l'appartenenza eleatica di Leucippo non ritenuta un dato incontrovertibile, ma solo una delle ipotesi che circolano su di lui, l'altra lo farebbe, invece, originario di Mileto 165 . Teofrasto inoltre non usa per designare il rapporto Leucippo-Parmenide i termini tecnici del disce- polato, rtoio o o xouotg , bens un pi generico xoivevg oo Hor- vi ogi tg ioooio 166 che fa pensare piuttosto ad una ricostruzione a posteriori sulla scia di De generatione et corruptione A 8. Infine, nel resoconto teofrasteo risulta abbastanza trasparente un intreccio di schemi oppositivi di matrice sofistica con interpretazioni aristoteliche. Lo schema di fondo , infatti, quello canonico dell'opposizione netta monisti/ pluralisti, soste- nitori del movimento continuo/ sostenitori della stasi, sostenitori/ nega- tori della generazione e della dissoluzione di matrice sofistica che si in- ooov, o e ooxri tgv rvovti ov. rxri vev yo r v xoi oxi vgtov xoi oyrvgtov xoi arar- oor vov aoiou vtev to aov, xoi to g ov gor gtri v ouyeou vtev, outo oario xoi ori xivourvo uar0rto otoiri o to o toou xoi te v rv ou toi ogotev oariov to ag0o oio to gorv oov toiou tov g toioutov rivoi [toutgv yo] xoi yrvroiv xoi r- toogv ooioriatov r v toi ouoi 0reev. rti or ouor v oov to ov g to g o v uaoriv, xoi oitio ooie rivoi toi yivorvoi o e. tg v yo tev otoev ou oiov vootg v xoi agg uaoti0rrvo o v rryrv rivoi xoi r v tei xrvei rro0oi, oar g ov rxori xoi oux rottov tou o vto rivoi goi. 165 Io non credo che Teofrasto su questo punto si limiti a "tradurre" dei dati semplicemente ricavabili da diverse trattazioni di Leucippo nell'opera aristotelica come pensava Mc Diarmid 1970, 229. Secondo Mc Diarmid il resoconto teofrasteo sarebbe ricavato dalla conflazione di Metaph. A 4, dove Leucippo e Democrito sarebbero posti fra gli ionici, e De gen. et corr. A 8 nel quale appunto Leucippo rappresentato come seguace degli Eleati. Teo- frasto rielabora indubbiamente interpretazioni aristoteliche, ma si basa anche su schemi provenienti da altre tradizioni quali quella sofistica e platonica. La classificazione che com- pare in Metaph. A 4 ben lungi, del resto, dal presentare una generazione "ionica" di filo- sofi (Leucippo e Democrito compaiono fra Empedocle e i Pitagorici), anzi, Aristotele ha difficolt ad inserire gli atomisti. Inoltre, se l'origine milesia di Leucippo fosse dedotta uni- camente dalle classificazioni aristoteliche, anche Democrito, che nella Metafisica viene no- minato insieme a Leucippo, dovrebbe essere definito milesio oltre che Abderita, cosa che non avviene. Dunque Teofrasto ha evidentemente accesso anche a delle notizie biografi- che, per quanto inesatte possano essere, indipendenti dalle successioni dedotte da Aristo- tele. Cf. anche Diels 1881, 98 [=1969, 187]. Le stesse ipotesi con l'aggiunta di Abdera come luogo di provenienza sono presenti nel resoconto di matrice teofrastea in Diog. Laert. 9,30 (67 A 1 DK; 152 L.) Aru xiaao Erotg, e or tivr, Aogitg, xot r viou or Migoio. 166 L'espressione stata considerata da Kranz 1912, 19 n. 3 un indizio del fatto che Leucippo non stato allievo diretto di Parmenide. Cos anche Alfieri 1936, 16 n. 61. Teofrasto defi- nisce fra l'altro con la stessa espressione il rapporto fra Anassagora e Anassimene (Simpl. In Phys. 184b 15, 27,2 = 59 A 41 DK) che, chiaramente, non di discepolo ad allievo. La lieve differenza nell'espressione (xoivevgoo Horviogi tg ioooio per Leucippo, col da- tivo della persona che sarebbe indice di un rapporto personale, xoivevgoo tg Avoirvou ioooio nel caso di Anassagora con il genitivo subordinato a ioooio che sottolineerebbe solo il rapporto con l'oggetto) per la quale Burnet 1930, 392 n. 2, giu- stificava il rapporto di discepolato di Leucippo con Parmenide, non un motivo sufficiente in quanto, come giustamente osservava Kranz, Teofrasto non si sarebbe certo servito, per indicare il rapporto discepolo-maestro, di un'espressione cos artificiosa. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 160 contra nel brano dei Memorabili di Senofonte gi citato (1,1,13) 167 . Questo dunque lo scheletro originario del resoconto basato su una diaphonia, ma non su una accettazione da parte di Leucippo di concetti eleatici, n tan- tomeno su una dipendenza scuola. I modelli aristotelici di De generatione et corruptione A 8 e del primo libro della Metafisica, del quale vengono mante- nute in parte anche le formulazioni 168 , agiscono comunque in sottofondo. E' la tensione fra i due modelli, quello aristotelico e quello sofistico, a creare l'impressione di una certa incongruenza fra la tesi iniziale di un Leu- cippo seguace di Parmenide e l'esposizione successiva che ne fa pratica- mente un avversario 169 . 167 V. supra, 2. 2. 1 n. 34. l'opposizione Parmenide/ Leucippo si articola esattamente sui punti indicati nel brano di Senofonte: Parmenide (e Senofane) sostengono che il tutto uno, immobile, ingenerato, finito, Leucippo che infiniti, sempre in movimento e che nelle cose esistenti c' una continua genesi e cambiamento. 168 Schofield 2002 ha recentemente sostenuto la tesi che in questo brano Simplicio stesso abbia operato un ampliamento del resoconto teofrasteo su Leucippo prendendo la mas- sima del g oov dal resoconto su Democrito che segue immediatamente (la spia sa- rebbe il toutgv yo gi posto tra parentesi da Diels 1879, 484 come svista, per, di un co- pista), e integrandolo con materiale aristotelico (Metaph. A 4, supra, n. 121) per sottolineare maggiormente l'opposizione di Leucippo agli Eleati. Questa tesi mi sembra debole per due motivi: perch Teofrasto stesso poteva aver assimilato nel suo resoconto le tesi di Leu- cippo e Democrito pur mantenendo una lieve distinzione fra i due (anche Aristotele, del resto, pur distinguendo in De gen. et corr. A 8 la posizione di Leucippo, aveva unificato nella Metafisica le tesi di ambedue). Questo si ricava chiaramente dal resoconto parallelo di Ippo- lito (citato anche da Schofield ryri or ooie Aruxiaaei ari otoiriev) e non c' nes- suna ragione di escludere che Teofrasto stesso avesse attribuito la stessa massima a Leu- cippo e a Democrito e di ipotizzare una macchinosa combinazione di Aristotele e Teofrasto da parte di Simplicio. Il fatto che Eusebio e Ippolito non riportino per Leucippo la massima del g oov non di per s indicativo. Ippolito taglia inesorabilmente in molti punti tanto da risultare quasi incomprensibile se non vi fosse il resoconto parallelo di Diogene Laerzio. Non solo, ma sia lui che quest'ultimo sono concentrati soprattutto sulla cosmogonia di Leucippo e quindi tendono ad eliminare tutto quanto non sia strettamente connesso con questo tema. E' Teofrasto, su un modello sofistico di opposizione fra Eleati e sostenitori del moto e non Simplicio su un modello aristotelico (che sarebbe piuttosto di conciliazione come si visto) a sottolineare la divergenza fra Leucippo e Parmenide. Que- sto confermato anche dall'origine "alternativa" proposta per Leucippo, Mileto. 169 Su questa incongruenza, cf. Mc Diarmid 1970, 228. Capitolo terzo 161 5. 2. Le testimonianze tarde sui rapporti degli atomisti con gli Eleati Nelle testimonianze tarde abbiamo due tipi di collegamento degli atomisti agli Eleati. Uno che si basa sullo schema delle successioni e costituisce una ricostruzione a posteriori su una tradizione peripatetica 170 , uno che ac- cenna ad una eventuale menzione di Parmenide e Zenone da parte di Democrito. Nella tradizione posteriore, Leucippo viene indicato come allievo di Zenone contrariamente alla testimonianza teofrastea che invece si limita ad affermare che avrebbe avuto una concezione filosofica comune a Par- menide e Senofane. Da Clemente, Ippolito, Diogene Laerzio e altri, si deduce che Zenone stato collocato nella successione eleatica fra Parme- nide e Leucippo e ha potuto cos diventare maestro di quest'ultimo 171 . Una testimonianza di Trasillo sembra accennare ad una menzione de- gli Eleati da parte, non di Leucippo, ma di Democrito. Trasillo fornisce alcuni dati per avvallare la sua datazione di Democrito nel 470 a.C. Egli sarebbe infatti pi vecchio di Socrate di un anno e sarebbe stato contem- poraneo di Archelao (che fra parentesi era maestro di Socrate e dunque doveva essere ben pi vecchio di Democrito) e di Enopide di Chio e infatti menziona anche quest'ultimo. Menziona anche la dottrina dell'uno di Parmenide e Zenone, poich ai suoi tempi erano assai famosi e Protagora di Ab- dera, che, concordemente viene indicato come contemporaneo di Socrate. Il brano, in verit, presenta problemi di critica testuale e, conseguente- mente, anche di interpretazione 172 . Un punto particolarmente controverso proprio quello che indicherebbe la menzione di Parmenide e Zenone. I codici BPF riportano infatti concordemente la lezione r vgtoi or xoi ari tg tou rvo oog tev ari Horvi ogv xoi Zg vevo, mentre D (uno dei manoscritti della vulgata) e le versioni latine, in base alle quali il Casaubon ha corretto il testo, seguito per lo pi dagli editori moderni, ne forniscono un'altra: r vgtoi or xoi tg ari tou r vo oog tev ari 170 Sul carattere di ricostruzione a posteriori delle diadochai, a cominciare da Teofrasto, cf. in particolare von Kienle 1961, passim. 171 Clem. Strom. 1,14,64,2 (67 A 4 DK; VIII, 152 L.) tg or Erotixg oyeyg Ervoovg o Kooevio xotori, [...] Horviog toi vuv Ervoo vou oxouotg yi vrtoi, toutou or Zgvev, rito Aru xiaao, rito Agoxito. Cf. anche Diog. Laert. Prooem. 15 (152 L.); 9,30 (67 A 1 DK; 152 L.); Hippol. Ref. 1,12,1 (67 A 10 DK; 151 L.); Eus. Praep. Ev. 10,14,15s. (VIII L.). 172 Thrasyll. ap. Diog. Laert. 9,41 (68 A 1, B 5 DK; I L.) rig ov ou v xot' Aroov to v Avooyoou o0gtgv xoi tou ari Oi voaiogv xoi yo tou tou r vgtoi. rvgtoi or xoi tg ari tou r vo oog te v ari Horviogv xoi Zgvevo e xot' outo v oioto oiorogr vev, xoi Hetoyoou tou Aogitou, o oooyritoi xoto Eexotgv yryo- vr voi. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 162 Horviogv xoi Zgvevo 173 . Nel primo caso la traduzione dovrebbe essere la seguente: "menziona anche, riguardo alla dottrina dell'uno, Parmenide e Zenone...". Ora, Diogene Laerzio usa la forma r vgtoi o r r vgto col genitivo della persona (solo in due casi, 1,76; 9,111, col genitivo della cosa) senza interposizioni di sorta. Anche se la costruzione risalisse a Trasillo, sarebbe comunque strana in quanto gli altri nomi ricordati da Democrito vengono citati senza alcuna ulteriore osservazione. Dunque la lezione pi corretta deve essere la seconda. Tuttavia, anche in questo caso, l'espres- sione sibillina. Perch Trasillo attribuisce a Democrito la menzione "della dottrina dell'uno di Parmenide e Zenone" e non la semplice cita- zione dei nomi dei due filosofi? Un ulteriore problema costituito dalla menzione di Zenone in relazione alla dottrina dell'uno. L'immagine del- l'Eleate corrente ai tempi di Democrito non era affatto quella del Parmenide platonico, ma quella di chi argomenta in utramque partem. Lo stesso Platone lo definisce nel Fedro "il Palamede eleatico che fa sembrare agli ascoltatori le stesse cose uguali e disuguali, uno e molti, immobili e in movimento" e Isocrate lo considera uno che fa apparire le stesse cose possibili ed impos- sibili, un'immagine che persiste ancora in epoca tarda nel giudizio di Ales- sandro di Afrodisia 174 . Se dunque a Parmenide teoricamente si poteva attribuire la dottrina dell'uno anche ai tempi di Democrito, sebbene in realt egli parlasse dell'essere e "uno" fosse solo un segno di completezza, piuttosto difficile che la si riferisse anche a Zenone. In realt questa interpretazione quella della tradizione platonica che prende le mosse dal Parmenide ed , sulla scia di questo dialogo, che Trasillo attribuisce a De- mocrito la menzione della dottrina dell'uno di Parmenide e Zenone. Dato che egli vuole avvalorare la tesi della contemporaneit di Democrito e Socrate, non c' dialogo pi adatto di questo per inquadrarla storicamente: i due Eleati compaiono come ospiti di riguardo intorno ai quali si raccol- gono gli intellettuali ateniesi fra cui il giovane Socrate. L'osservazione "poich ai suoi tempi erano i pi famosi" rimanda direttamente all'aura di rispetto e di ammirazione che circonda Parmenide e Zenone nel dialogo platonico. La presunta menzione di Trasillo dunque altamente sospetta. In conclusione si pu affermare che, al di l del resoconto aristotelico del De generatione et corruptione e di quelli influenzati da questo modello, non ci sono altre testimonianze su un eventuale influsso degli Eleati sulla na- scita della dottrina atomista. 173 Per le lezioni dei codici, cf. Marcovich 1999, 659 in app. Per le versioni latine, cf. l'apparato di Huebner 1831, 368 (De uno Ambrosius: deque Parmenidis ac Zenonis de uno sententia Aldo- brandinus). 174 Per questi passi, v. supra, n. 22 e 24. Capitolo terzo 163 6. Sintesi La tesi della nascita dell'atomismo da una ripresa e correzione delle dot- trine eleatiche dell'essere-uno dominante nell'interpretazione moderna dell'atomismo antico si basa sostanzialmente sul resoconto aristotelico di De generatione et corruptione A 8. Tale resoconto mostra per, sia nella pre- sentazione delle dottrine eleatiche che in quella dei logoi di Leucippo, una struttura marcatamente dialettica che ha le sue radici negli schemi opposi- tivi sofistici rielaborati per le discussioni nell'Accademia e ampliati e codi- ficati da Aristotele stesso nei Topici. A formulazioni di tesi e antitesi di matrice accademica rimandano certi tratti del logos eleatico (cui risponde- rebbe Leucippo), in particolare l'equivalenza vuoto-divisione di ascen- denza pitagorica, ma influenzata dalla rappresentazione delle ipostasi fisi- che della diade indefinita della scuola platonica. Questa assimilazione permette di riunire sotto una sola voce tesi corpuscolariste e atomiste e confutarle ambedue. Secondo la rappresentazione corrente nei commen- tatori di Aristotele la confutazione delle tesi eleatiche e il superamento delle posizioni atomiste e corpuscolariste in base a nuovi presupposti lo- gico-ontologici (definizione di essere e di uno) costituisce il punto di par- tenza per l'argomentazione di Senocrate a favore delle linee indivisibili. Come il logos eleatico, anche la presunta risposta di Leucippo nel brano aristotelico, influenzata dagli schemi dialettici correnti (soluzione delle aporie eleatiche) e dall'impiego di concetti di cui Aristotele stesso si serve altrove per esporre le soluzioni accademiche delle aporie eleatiche: intro- duzione del non essere (il vuoto), come un essere di grado inferiore, un "altro" dall'essere vero e proprio, definizione di essere propriamente detto come pieno (e uno come l'essere eleatico), molteplicit di queste "unit". L'esame della parte espositiva del logos e di altri brani aristotelici e teo- frastei sugli atomisti mostra che il resoconto sull'origine dell'atomismo da una concessione/ correzione delle dottrine eleatiche sull'essere, la molte- plicit e il movimento piuttosto una costruzione dialettica che un dato di fatto. Gli atomisti non si sono posti il problema del movimento e delle sue cause perch il movimento da sempre e non ha bisogno di giustifica- zioni, n hanno attribuito al vuoto-non essere un'esistenza di grado infe- riore rispetto al pieno, perch nella loro spiegazione dei fenomeni i vuoti, con le loro forme e grandezze, hanno una funzione altrettanto importante dei "solidi". Inoltre, con la loro massima "il or v non pi del gorv" hanno inteso non solo l'atomo e il vuoto, ma anche il corpo in generale e il rado rivolgendosi in primo luogo contro concezioni comuni che nega- vano esistenza a tutto ci che non era visibile o tangibile. Se essi hanno polemizzato anche contro gli Eleati, lo hanno comunque fatto da posi- Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8) 164 zioni dogmatiche gi acquisite e non "riflettendo" sui problemi posti dalle aporie eleatiche, un atteggiamento, questo, tipico della scuola platonica. Capitolo quarto La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 1. Considerazioni generali Come si visto nel capitolo precedente, secondo tutti i commentatori antichi l'aporia zenoniana cosiddetta "della dicotomia" aveva costituito il punto di partenza per la teoria degli indivisibili di Senocrate. Una versione di questa aporia, attribuita a Parmenide da Porfirio, da cui l'accademico avrebbe preso le mosse, presenta strette affinit col logos eleatico di De generatione et corruptione A 8. Questo contesto di soluzione di aporie eleati- che nell'Accademia va tenuto presente anche quando si analizza la dimo- strazione-tipo della necessit degli indivisibili di De gen. et corr. A 2. Il punto di partenza infatti un logos che ricorda sia quello eleatico di A 8, sia quello riportato da Porfirio. Questo brano sulla necessit degli indivisibili ha goduto sempre di una grande fortuna presso gli interpreti e non c' studio sugli atomisti che non vi abbia dedicato almeno un piccolo spazio. La problematica che il reso- conto aristotelico propone quindi cos nota che baster riassumerla solo brevemente. Aristotele pone il problema se, per spiegare la generazione, la corruzione e l'alterazione, si debba ammettere l'esistenza di grandezze indivisibili e presenta innanzitutto le tesi di coloro che hanno sostenuto questa necessit. Egli distingue in questo ambito i due atomismi: quello fisico di Democrito e Leucippo, che avrebbero assunto corpi indivisibili, e quello matematico di Platone, che nel Timeo avrebbe posto triangoli indi- visibili. Ambedue le teorie sono problematiche, ma per lo meno quella dei corpi indivisibili in grado di spiegare la generazione e l'alterazione dei corpi fisici, l'altra no perch non ha una base fisica, ma dialettica. La ragione per cui costoro hanno una minore capacit di vedere nel suo com- plesso quanto concorda [coi fenomeni] la mancanza di esperienza. Perci co- loro che hanno maggiore dimestichezza con la fisica sono maggiormente in grado di postulare principi tali che possano abbracciare un maggior numero di La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 166 fenomeni; quelli, invece, che a causa del loro perdersi in molte discussioni non vedono i fatti concreti, sono pi portati a fare affermazioni sulla base di un nu- mero limitato di fatti. Si pu vedere anche da questo in che cosa differiscano quelli che fanno una ricerca su basi fisiche da quelli che invece la perseguono at- traverso ragionamenti dialettici; infatti riguardo all'esistenza di grandezze indivi- sibili gli uni dicono che il triangolo in s sarebbe una molteplicit, Democrito, in- vece, sembrerebbe essere stato persuaso da argomenti pi appropriati e di carattere fisico. Quello che andiamo dicendo risulter chiaro nel seguito del di- scorso 1 . Nel seguito in realt viene offerto innanzitutto un logos sulla necessit di porre un limite, mentale prima che fisico, alla divisione all'infinito di corpi e grandezze, dove non solo il nome degli atomisti, ma anche i tratti tipici delle loro dottrine (come il vuoto, la differenza di forme, il movimento) sembrano sparire nel nulla, mentre stile e argomenti sono quelli di una dimostrazione dialettica-tipo. Nella seconda parte viene poi fornita una dimostrazione "fisica" della necessit degli indivisibili nella quale fra l'altro emergono anche i tipici concetti aristotelici di potenza e atto come si ve- dr. Dunque nulla risulta chiaro proprio perch questo logos sembra invece un modello generale di discorso sulla necessit degli indivisibili. L'ipotesi che Aristotele si basi su materiale democriteo, ma da lui reinterpretato quella generalmente pi accreditata presso i commentatori moderni dalla Hammer-Jensen in poi 2 . Alcuni dei sostenitori questa tesi intravvedono un ulteriore punto di appoggio nel commento al passo del Filopono il quale attribuisce espressamente a Democrito la dimostrazione della necessit degli indivisibili qui riportata 3 . Ora, il Filopono non solo non aveva a disposizione alcun testo di Democrito (tutto ci che egli riferisce sugli atomisti o frutto di proprie speculazioni o risale alla tradi- zione dei commentari ad Aristotele o a resoconti di diversa provenienza), ma aveva dietro di s tutta la tradizione neoplatonica che identificava l'atomismo principalmente con quello di Democrito e di Epicuro. I Neo- 1 Arist. De gen. et corr. A 2, 316a 5 oitiov or tou ra' rottov ouvoo0oi to oooyourvo ouvoov g oariio oio oooi rveixgxooi oov rv toi uoixoi oov ou vovtoi uao- ti0ro0oi toiouto oo oi rai aou ouvovtoi ouvririv oi o' r x te v aoev oyev o0regtoi tev uaoo vtev ovtr, ao oiyo rovtr, oaooi vovtoi oiov. iooi o' ov ti xoi rx tou tev ooov otootoo:otv ot o:otxo xot !o,txo oxoao: v:t ari yo tou otoo ri voi ryr0g oi rv ooiv oti to outotiyevov aoo rotoi, Agoxito o' o v o- vrig oixrioi xoi uoixoi oyoi arario0oi. ogov o rotoi o ryorv aoiouoiv. 2 Hammer-Jensen 1910, 103-105; 211-214; Joachim 1922, 76 ad loc.; Frank 1923, 52; Lur'e 1932, 129-138; 1970, 441-445; Alfieri 1936, 81s. n. 160; 1979, 63; Cherniss 1962, 113; Gu- thrie II, 1965, 503s.; Stokes 1971, cap. 8; Baldes 1972, 64ss.; Lbl 1976, 150-156; 1987, 75- 81; Makin 1993, cap. 3; Curd 2004, 185s.; Sedley 2004; Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1058 n. 2. 3 Hammer-Jensen 1910, 103; Lur'e 1932, 130; 1970, 441-445; Furley 1967, 83; Lbl 1976, 151; 1987, 78. Capitolo quarto 167 platonici, come si pu agevolmente constatare da altri testi del Filopono stesso, di Porfirio, Siriano e Simplicio, avevano fatto quadrato intorno a Platone e Senocrate per preservarli dalle accuse di Aristotele di andare contro i principi della matematica assumendo grandezze indivisibili e tendevano quindi a scaricare sugli atomisti il peso delle critiche aristoteli- che 4 . Non a caso il Filopono, immediatamente prima dell'attribuzione del logos sugli indivisibili a Democrito, commentando l'accenno al triangolo in s come indivisibile, si produce in una accanita difesa di Platone secondo le linee tipiche dei commentatori Neoplatonici 5 . Questa testimonianza non ha dunque alcun valore come aveva gi del resto visto Zeller e hanno ribadito altri dopo di lui 6 . Non esiste dunque, al di l delle interpretazioni soggettive del testo aristotelico, alcun indizio sostanziale del fatto che la dimostrazione della necessit degli indivisibili risalga specificamente a Democrito 7 anche per- ch nessuno in grado di spiegare esattamente quale sia il nucleo originale democriteo del logos. D'altra parte, lo stesso problema si presenta per l'in- dividuazione esatta nei testi di Zenone del cosiddetto argomento della "dicotomia" che, secondo i commentatori moderni, costituirebbe il punto di partenza della presunta dimostrazione democritea della necessit degli indivisibili. Le versioni del logos fornite da Aristotele e da Porfirio non corrispondono a nessun frammento superstite dell'Eleate. La communis opinio che l'originale sia andato perduto. In realt Aristotele non dice 4 V. infra, VI 3. 4. 5 Cf. Philop. In De gen. et corr. 316a 12, 27,8ss. La sostanza dell'argomentazione la seguente: Platone non ha mai sostenuto l'esistenza di grandezze indivisibili. Tale tesi gli stata attri- buita da Aristotele nei resoconti sulle lezioni non scritte o, secondo l'opinione di alcuni, ri- sale invece ai Platonici. Una giustificazione di questa presunta indivisibilit del triangolo consiste nell'affermare che la figura geometrica ultima non scomponibile in altre figure, ma solo in un ordine di grandezze ad esso immediatamente successivo, cio in linee. Il Fi- lopono, per, la esclude e separa, seguendo una linea esegetica tipicamente neoplatonica, l'idea del triangolo dalla figura geometrica: il triangolo in s, in quanto logos del triangolo, si trova fuori dell'ordine delle grandezze ed quindi indivisibile. La stessa linea tenuta da Porfirio nei confronti delle linee indivisibili di Senocrate come si visto nel capitolo pre- cedente. 6 Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1058 n. 2; Mau 1952-53,12; 1954, 26; cf. anche Maccioni 1983, 44-53. 7 Sedley 2004 divide, come Lur'e 1932-1933, il resoconto aristotelico in due parti: una "storica" (316a 15-b 19), dove non ci sarebbero "presupposti" aristotelici (con questo in- tende evidentemente unicamente la dottrina della potenza e dell'atto), e una ricostruita da Aristotele stesso (316b 20-34) nella quale egli consciamente fa sollevare a Democrito obie- zioni contro la sua stessa teoria della potenza e dell'atto. Tuttavia nel contempo ammette di sospendere il giudizio sul nodo cruciale del problema e cio se la prima parte sia un reso- conto diretto da Democrito o solo una ricostruzione aristotelica (68 n. 6). Ma se questa se- conda ipotesi fosse vera, cadrebbe anche la divisione fra resoconto "storico" e resoconto "ricostruito". Ambedue sarebbero in ogni caso ricostruzioni. La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 168 affatto che il logos da cui avrebbe preso le mosse il discorso sugli indivisi- bili sia di Zenone e Porfirio non lo attribuisce a Zenone, ma a Parmenide, e ne fa, come si visto, il punto di partenza della dimostrazione della necessit degli indivisibili di Senocrate. Alessandro e Simplicio sostengono che il logos della dicotomia di Zenone, ma Simplicio, per confermare questa tesi, non riesce a far di meglio che riportare i frammenti 29 B 2, 3, 1 DK in sequenza, nessuno dei quali coincide col logos riportato da Porfi- rio e tantomeno con quello aristotelico. Nei frammenti di Zenone ripor- tati da Simplicio non si parla affatto di "divisibilit", ma di un processo progressivo di individuazione di parti intermedie in un "ente" che porta a dilatarne all'infinito la dimensione (in quanto non si arriva mai alla fine del processo), ma anche, nel contempo, siccome l'individuazione comporta anche un movimento retrogrado, a dissolverlo in qualcosa nel quale non sono pi individuabili parti perch non ha pi n estensione n spessore alcuno. Questo qualcosa, come dimostra Zenone nel frammento B 2, non nulla perch, aggiunto ad una grandezza non la rende pi grande, sot- tratto, non la rende pi piccola. Se si abbandona per un attimo il condi- zionamento esercitato da tutte le trattazioni successive di questi fram- menti alla luce del problema matematico dell'infinita divisibilit delle grandezze e si guarda Zenone da un'altra angolazione, vediamo qui per- fettamente rappresentato il percorso della mente che, concentrata sulla concezione tradizionale di ci che , come corpo fornito di grandezza e spessore, costretta ad immaginarlo 8 nello stesso tempo come infinita- mente grande e come nulla. In definitiva, Zenone riproduce perfettamente l'immagine dei dikranoi con una mente "vagante" incapaci di decidere fra l'essere e il non essere, cos efficacemente descritta nel Fr. 28 B 6 DK di Parmenide, e demolisce le concezioni tradizionali di "essere". Simplicio riporta questi frammenti perch evidentemente non aveva davanti a s nessun testo che corrispondesse al "logos della dicotomia", ma altri che contenevano solo in parte argomenti assimilabili a quello che veniva desi- gnato in questi termini. Nasce quindi il sospetto che il famoso argomento della dicotomia e i logoi ad esso collegati siano una riformulazione dialet- tica di testi zenoniani alla luce del problema della divisibilit all'infinito e della definizione dell'uno e del molteplice discussi nella scuola platonica. 8 Lo spirito, se non la lettera, dei frammenti zenoniani mantenuto da Platone nel Parmenide (164c) nella descrizione del "sogno" della mente vagante in una molteplicit senza l'uno: "ma ciascuna massa di questi (scil. dei molti senza l'uno), come sembra, infinita per nu- mero di parti, e se anche uno colga ci che sembra la parte pi piccola, come nel sonno un sogno, compaiono improvvisamente, invece di ci che sembrava uno, molti, e invece della parte pi piccola una massa enorme rispetto alle particelle che risultano dalla sua fram- mentazione". Capitolo quarto 169 2. Democrito e gli Accademici sugli indivisibili: il preambolo aristotelico (De gen. et corr. A 2, 315b 28-316a 14) Aristotele parla esplicitamente, nel preambolo, di triangoli indivisibili del Timeo 9 , una tesi naturalmente mai espressa nel dialogo. Egli lo conosceva ovviamente molto bene, ma la sua esegesi era marcata dalle interpretazioni che dei triangoli platonici davano gli allievi come dimostra la sua breve e sibillina notazione secondo cui coloro che argomentano dialetticamente (cio i Platonici) assumono che, se non ci fossero grandezze indivisibili, il triangolo in s sarebbe una molteplicit 10 . Questa palese deviazione dal testo platonico cos come il sottofondo di interpretazioni accademiche che l'ha generata dovrebbe in ogni caso rendere cauti sul grado di ade- renza di Aristotele ai testi originali in un resoconto cos fortemente mar- cato dai concetti e dalle problematiche correnti nella scuola platonica. Un altro problema del preambolo, gi da tempo rilevato da Mau, ma poi generalmente sottaciuto o sbrigativamente messo da parte dagli inter- preti successivi, riguarda l'accenno alla supposta argomentazione di De- mocrito; la formulazione aristotelica a questo riguardo ambigua e impre- cisa e suggerisce che Aristotele non ha in mente un preciso testo democriteo 11 . Mentre infatti attribuisce con certezza agli Accademici (oi r v ooiv) la teoria secondo cui il triangolo in s sarebbe molti se non fosse indivisibile, si esprime, nel caso di Democrito, con la formula dubi- tativa: Democrito sembrerebbe essere stato persuaso da argomenti "fisici" ap- propriati al soggetto (Ago xito o o v ovrig oixri oi xoi uoixoi oyoi arario0oi). Questa formulazione rimanda a tesi non di Democrito stesso (in tal caso infatti ci si aspetterebbe un xrg o0oi 12 ), ma ad argo- 9 De gen. et corr. A 2, 315b 28 xoi aoiv ri ryr0g (scil. ooioirto), aotrov, e Agoxito xoi Aru xiaao oeoto tout roti v, g eoar rv tei Tioiei raiaroo. 10 De gen. et corr. A 2, 316a 11-12 ari yo tou otoo rivoi ryr0g oi rv ooiv oti to outotiyevov aoo rotoi. Questo breve accenno stato interpretato in due maniere: come una trasposizione dell'indivisibilit del triangolo in s alla molteplicit dei triangoli fi- sici (che sarebbero indivisibili in quanto sue ipostasi fisiche), cf. Heinze 1892, 58s.; Cher- niss 1962, 127s.; Mugler 1966, ad loc., 7 e 80 n. 1; Hirsch 1953, 55s. Maccioni 1983, 32 e n. 21. Come riferimento all'indivisibilit del triangolo in s (che altrimenti avrebbe parti e sa- rebbe quindi una molteplicit), cf. Joachim 1922, 76; Barnes 1982, 354. Quest'ultima inter- pretazione non solo la pi aderente alla sintassi del brano (l'apodosi del periodo ipotetico della irrealt al futuro comunissima in Aristotele e la protasi qui sottintesa: se non fosse indivisibile il triangolo in s sarebbe una molteplicit), ma trova corrispondenza negli ar- gomenti che nel trattato pseudo-aristotelico De lineis insecabilibus vengono riferiti ai soste- nitori delle linee indivisibili. Queste sono tali in quanto parti rispetto ad un tutto. Se infatti cos non fosse ed esse avessero parti, ci sarebbero altre grandezze prime rispetto a queste, vale a dire esse risulterebbero una molteplicit (968a 9-14 = Xenocr. Fr. 127 IP). 11 Mau 1954, 26. 12 Cf. Metaph. I 4, 1006a 2 e vtoi or tei oyei toutei aooi xoi tev ari uore. La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 170 menti che gli si potrebbero attribuire interpretando le sue dottrine da una certa ottica 13 . Aristotele contrappone inoltre nel preambolo un modo di argomentare "logico" (quello degli Accademici) e un modo di argomen- tare "fisico" (quello di Democrito) e annuncia che nel seguito del discorso risulter chiaro quanto va dicendo. Quest'ultima affermazione stata generalmente interpretata come un riferimento al solo argomentare fisico di Democrito e conseguentemente come una implicita ammissione che tutto ci che viene dopo da considerarsi argomento "democriteo" 14 . In realt il problema del riferimento pi complesso. Nulla esclude infatti che Aristotele si riferisca ad ambedue i modi di argomentare citati prima e che offra nel seguito, come fa in altri punti della sua opera, semplicemente un esempio di ambedue i modelli di argomentazione, dialettica e fisica. Se si guarda in particolare ai passi in cui la contrapposizione implicita o esplicita, si pu osservare che, per Aristotele, la differenza fra i due modi di argomentare oyixe e uoixe non concerne tanto l'aspetto formale, gli oggetti e i singoli argomenti, quanto i limiti e gli scopi dell'argomenta- zione. L'esame "dialettico" di un problema fisico non fa distinzioni fra ci che pu essere pensato e ci che esiste o pu verificarsi veramente nel mondo fisico perch il suo scopo quello di arrivare ai principi generali non a quelli specifici di quest'ultimo 15 . Simplicio, commentando la defini- 13 In Metaph. A 8, 989a 30ss. Aristotele "conduce" Anassagora a riconoscere che il suo oou aovto e il suo vou corrispondono in realt all'"altro" e all'"uno" dei Platonici (Avooyoov o ri ti uaoooi ouo ryriv otoiri o, oiot o v uaoooi xoto oyov, o rxrivo outo r v ou oig0eorv, jxo!o:0jot at v: o v t ovo ,xj :ot tao,o:otv o::o v). 14 Un esempio di questo procedimento e della maniera sbrigativa di trattare in generale il preambolo si trova in Furley 1967, 83s. Dopo aver accennato alla formulazione dubitativa di Aristotele riguardo a Democrito e al fatto che comunque il logos che segue contiene con- cetti aristotelici cos come era stato rilevato da Mau egli osserva: "All this is true: Aristotle has certainly expressed the arguments in his own terms. But I still think it probable that the logic of the argument belongs to Democritus. I cannot see why else Aristotle should begin as he does", e cita 316a 11-14. Nessun altro argomento viene portato a sostanziare la tesi che l'argomentazione sia di Democrito. Cf. anche Makin 1993, 49-55; Curd 2004, 186. Sedley 2004 ritiene che la prima parte sia un resoconto storico democriteo senza presup- posti aristotelici, ma chiaro che non c' nessuna testimonianza indipendente che per- metta di attribuire a Democrito ad esempio l'argomentazione della dissoluzione del corpo fino ai punti. V. infra, 4. 3. 15 Cf. Phys. I 5, 204b 4ss. dove si incontra la stessa contrapposizione in relazione all'infinito per grandezza (l'altro corno del dilemma dell'infinit). L'argomentazione dialettica si basa sulla definizione di corpo come "ci che delimitato da una superficie". In base a quest'ul- tima non c' dunque un corpo infinito n sensibile n intellegibile, ma neppure un numero infinito esiste separatamente perch il numero in quanto numerabile pu essere numerato e non possibile percorrere, cio numerare, in un tempo finito un infinito. L'argomenta- zione fisica si basa sul fatto che l'infinito non pu essere n composto (due corpi infiniti si limiterebbero a vicenda) n semplice (un corpo sensibile infinito dovrebbe essere diverso dagli elementi, ma tale corpo non esiste nella realt, e, d'altra parte, visto che i fenomeni si Capitolo quarto 171 zione di oaoio oyixg, fornisce due spiegazioni del termine che corri- spondono perfettamente al concetto di argomentare "logico" sopra espo- sto la chiama logica [], o perch trae unicamente dal ragionamento la sua verosi- miglianza e non trova sostegno nei fatti concreti (cos infatti vengono definiti i lo- goi di Zenone i quali confutano in modo verosimile il movimento), oppure defini- sce logica una aporia pi generale non aderente a, n specifica dell'oggetto in discussione n tale da prendere le mosse dai principi che sono propri di quest'ul- timo 16 . Tutti gli interpreti moderni hanno riconosciuto che il resoconto sulla dimostrazione della necessit degli indivisibili che segue la succitata affer- mazione in De gen. et corr. A 2 nettamente diviso in due parti chiaramente delimitate da Aristotele stesso. Quello che invece stato inspiegabilmente trascurato che le due parti nei loro oggetti e nei loro scopi corrispon- dono perfettamente ai due tipi di argomentazione, logica e fisica, annun- ciati nel preambolo. Questa specificit delle due parti dunque estrema- mente rilevante non solo per definire la reale importanza del passo aristotelico ai fini della "ricostruzione" della nascita dell'atomismo dall'ele- atismo, ma per ricollocare nel suo contesto reale il problema degli "indivi- sibili". Qui di seguito esaminer dunque dapprima in maniera generale le ca- ratteristiche delle due parti alla luce della distinzione fra argomentazione logica e argomentazione fisica. In seguito prender in esame i punti so- prattutto della prima parte che, in base a questa classificazione sono piut- tosto attribuibili agli Accademici che a Democrito. Infine cercher di definire l'importanza del brano per l'inquadramento generale della dottrina democritea nel contesto della discussione sugli indivisibili fra Aristotele e l'Accademia. generano sempre dai contrari, impossibile che questo infinito sia uno solo degli ele- menti). Mentre l'argomentazione "logica" si basa esclusivamente su ci che si pu pensare, quella "fisica" considera (almeno nelle intenzioni) anche ci che esiste in realt. Sulla di- stinzione fra argomentazione dialettica e fisica, cf. la dettagliata analisi di Algra 1995, 164ss. dei contesti in cui l'opposizione ritorna. Egli sintetizza il problema come segue "A survey of the way in which Aristotle contrasts physical and logical or general (katholou) problems and arguments shows indeed that to his mind the distinction did not boil down to the contrast between 'special empirical' arguments on the one and more general or theoretical arguments on the other hand, but rather to a contrast between arguments (either directly empirical or of a more theoretical character) which are, so to speak, embedded in a theory about the physical world, and, on the other hand, those which are of a purely abstract cha- racter, taking no recourse to the world as it actually appears to us or even flatly contra- dicting common appearances. Among the latter kind he ranked tha arguments of the phi- losophers of the Eleatic tradition". 16 Simpl. In Phys. 202a 21, 440,21. Il brano segnalato e riportato in questo contesto in Algra 1995, 164 n. 106. La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 172 3. Le due parti del logos sugli indivisibili Come gi aveva visto Lur'e e ha ribadito recentemente Sedley 17 il brano articolato in due parti: nella prima (316a 15-b17), nella quale si sono tradi- zionalmente intravvisti argomenti democritei, l'aporia dell'indivisibilit presenta tutti i tratti dell'argomentazione "logica" quali si trovano anche in altri passi aristotelici di cui ho parlato precedentemente. Essa infatti pro- spetta una situazione "verosimile solo sul piano mentale" come la defini- rebbe Simplicio, ma non sul piano fisico 18 . La divisione mentale all'infinito di un corpo fisico sta in effetti alla base della dimostrazione della necessit degli indivisibili in questa prima parte. La seconda parte (316b 29-34) una riformulazione del logos da parte di Aristotele stesso sulla base di una argomentazione "fisica", sulla base cio di quanto accade effettivamente quando si divide un corpo. Se lo si divide progressivamente non si potr materialmente portare a termine una infinita frammentazione, d'altra parte, non possibile dividere realmente il corpo contemporaneamente in ogni punto, ma solo in una certa misura. Se la distinzione fra dimostrazione dialettica e fisica postulata da Ari- stotele nel preambolo come linea di demarcazione fra la dimostrazione della necessit degli indivisibili nell'Accademia e quella di Democrito rispecchiata nelle due parti succitate, si deve dedurre che la prima parte, che offre una argomentazione dialettica, non pu essere comunque attri- buita a Democrito. In questo caso per cadono tutti i problemi sull'indivi- sibilit fisica o teoretica dell'atomo democriteo intravvisti dai commenta- tori moderni. La dimostrazione "fisica", d'altra parte, ci pone chiaramente di fronte una grandezza indivisibile perch colui che divide non pu pro- cedere materialmente nella divisione oltre un certo limite. Questa dimo- strazione non va al di l del senso comune e significativamente Aristotele non si produce in ulteriori spiegazioni delle cause di questa impossibilit (per mancanza di tempo? per l'impossibilit di operare una divisione oltre una certa soglia quando si arriva ad una grandezza minima? perch non c' uno strumento adeguato nel caso in cui la divisione sia progressiva? per l'impossibilit materiale di dividere in ogni punto in simultanea, nel 17 Sedley 2004; cf. anche Atomism's Eleatic Roots (in corso di stampa). 18 Barnes 1982, 358s. tende a sottovalutare proprio il carattere mentale dell'operazione di divisione sottolineato da formulazioni che insistono sulla possibilit di immaginarla anche se non verr mai eseguita nella realt, cf. 316a 17-19 ri yo ao vtgi oioirtov, xoi touto ouvotov, xov oo rig touto oigigrvov, xoi tt aj o ao otjtot:ot. 316a 22s. rari ouo o v ri ui o uio xi oigigrvo gi, ouor v oouvotov xot:ot too o:ott ov ott!ot. Cf. il passo della Fisica nella nota seguente che prospetta un'infinit per accrescimento tgi vogori ed diretto contro gli Accademici. Capitolo quarto 173 caso della divisione contemporanea in tutti i punti?) perch a lui interessa l'evidenza dell'impossibilit di una divisione reale all'infinito. Il richiamo al senso comune, alla realizzazione pratica e all'esistenza reale di un certo fatto, fa parte di un tipico modo di argomentare "fisico" aristotelico. Questo risulta chiaro se si confronta il passo con la critica all'infinito per accrescimento postulato dai Platonici nel terzo libro della Fisica: assurdo basarsi [per affermare che l'infinito esiste in atto] su una rappresenta- zione mentale; infatti l'eccesso e il difetto non si producono [in questo caso] in un oggetto reale, ma nella rappresentazione mentale. Infatti ci si potrebbe rap- presentare ciascuno di noi crescere in progressione all'infinito, ma uno non pi grande della citt o della dimensione che egli possiede perch qualcuno lo pensa cos, ma perch cos 19 . come uno non pi grande della dimensione che possiede anche se si potrebbe immaginare tale, cos una divisione di una grandezza all'infinito e in tutti i punti contemporaneamente o progressivamente quale viene postulata nel primo logos sugli indivisibili non si verificher mai nella realt. Questo quanto in modo riassuntivo si pu dire dei due logoi. E' op- portuno ora passare ad una loro trattazione pi specifica per confermare quanto detto in sintesi. Nell'esame della prima parte verr dunque messo in rilievo il carattere "dialettico" dell'argomentazione e gli elementi che fanno pensare alla rielaborazione di un logos accademico. Nell'esame della seconda parte, invece, si cercher di stabilire se sia ancora possibile defi- nire l'argomento "fisico" come un argomento "democriteo". 4. Il logos sugli indivisibili. Prima parte. Motivi accademici e rielaborazioni aristoteliche 4. 1. Divisione mentale e divisione reale (De gen. et corr. A 2, 316a 15-29) Punto di partenza del logos sugli indivisibili, una "tesi" (ri ti 0rig), nel senso tecnico dei Topici 20 , una formulazione paradossale, che contiene una oaoi o (r ri o aoi ov). La tesi pone l'esistenza di un corpo e di una grandezza divisibili per natura in ogni parte e la possibilit di compiere 19 Arist. Phys. I 8, 208a 14 to or tgi vogori aiotru riv otoaov ou yo rai tou ao yoto g uarog xoi g rrii, o rai tg vogore. rxootov yo ge v vogorirv o v ti ao- oaooiov routou ouev ri oariov o ou oio touto re tou ootro ti rotiv g tou tgixouor ryr0ou o rorv, oti vori ti, o oti rotiv . 20 Top. A 11, 104b 19-22, v. supra, III 2. 1 n. 14. La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 174 questa divisione. Se questo possibile, per, si potranno anche dividere o dovunque e simultaneamente (xo v oo rig touto ao vtgi oigigrvov), o per bisezione continua (ou xou v xoi xoto to r oov eooute). Nulla in- fatti impossibile, neppure se le si dividesse in innumerevoli parti innu- merevoli volte anche se forse nessuno potrebbe dividerle nella realt 21 . Il risultato sar che non rimarr n un corpo n una grandezza, ma solo la divisione e il corpo si dissolver nel nulla e sar composto dal nulla. In questo caso il tutto non sar altro che un'apparenza (316a 29 to ao v og ouorv o g oivorvov). Abbiamo qui dunque due modi di dividere la grandezza, i quali portano ambedue alla sua dissoluzione: la divisione contemporanea in tutte le parti e la bisezione progressiva. La formulazione della tesi richiama, anche nella terminologia, l'imma- gine della molteplicit senza l'uno del Parmenide platonico. Platone espo- neva il problema nei termini pi generali di uno e altro dall'uno, ma la sostanza del discorso, e talvolta anche la lettera, sono identici: l'altro dal- l'uno, senza quest'ultimo, si presenta sempre come una molteplicit infi- nitamente frammentabile col pensiero. Ogni massa si sbriciola in pezzi laddove la si concepisca senza l'uno 22 . Platone sottolinea proprio il carat- tere mentale (tgi oiovoi oi) di questo procedimento secondo il quale della molteplicit pensata senza l'uno (una molteplicit concepita in termini fisici se l'espressione specifica per designarne le parti oyxo e quella per indicarne lo sbriciolamento 0uatro0oi 23 ) non rimangono nient'altro che delle unit apparenti, ma non reali (Parm. 164d ouxouv aooi oyxoi roovtoi, tt txoo:o ootvo atvo, ev or ou, riar rv g r otoi;). In De generatione et corruptione A 2 abbiamo lo stesso schema: la divisione mentale all'infinito porta all'annullamento della realt nell'apparenza. Rispetto per all'immagine platonica, ai frammenti stessi di Zenone, che presentano una individuazione progressiva di parti, al logos di Porfirio e anche al logos elea- 21 De gen. et corr. A 2, 316a 14-23 (68 A 48b DK; 105 L.) rri yo oaoiov, ri ti 0rig oeo ti rivoi xoi r yr0o aovtgi oioirto v xoi touto ouvotov. ti yo rotoi oar tgv oioir- oiv oioruyri ri yo ao vtgi oioirto v xoi tou to ouvotov, xo v oo rig touto ao vtgi oigigrvov, xoi ri g o o oigigtoi. xo v ri touto yr voito, ouorv o v rig oou votov. ouxou v xoi xoto to roov e ooute. xoi oe or, ri aovtgi aruxr oioirtov, o v oioir0gi, ouorv rotoi oou votov yryovo, rari ouo ov ri uio uioxi oigigrvo gi, ouor v oou votov xoitoi ioe ouori o v oiroi. 22 Parm. 165b 0uatro0oi og oioi xrotiorvov o voyxg ao v to ov, o ov :t !ojt :jt otovotot oyxo yo aou ovru r vo ori oo voit o v. Cf. anche 158c. 23 Il passo interessante in quanto Barnes 1982, 358s. e Sedley 2004, 69 concludono, in base al fatto che in 316a 34ss. si immagina come risultato della divisione del corpo una specie di segatura (rxaioo), che nella prima parte del logos aristotelico non venga presa in esame una divisione mentale, ma reale e se ne servono come argomento per attribuire a Demo- crito il logos. Come dimostra l'esempio del Parmenide, tuttavia, l'uso di una terminologia fi- sica non significa nulla. Platone usa infatti immagini estremamente concrete per indicare la frammentazione mentale dei molti senza l'uno. Capitolo quarto 175 tico di A 8 che si situa sulla stessa linea, nell'argomento di A 2 compare anche la divisione simultanea in ogni parte. Questo un tratto aristotelico dovuto alla tipica distinzione di significati sempre operata da Aristotele quando affronta un'aporia: aovtgi oioirtov pu essere infatti inteso sia come divisibile in ogni parte nello stesso momento che in momenti suc- cessivi. In ogni caso la concezione di una divisione mentale all'infinito come reale tipicamente platonico-accademica. Si potrebbe obiettare che anche l'aporia di Zenone non distingue fra processi mentali e reali, ma il logos che Aristotele presenta, come si visto, vicino a Platone, non a Zenone e, in ogni caso, il tema della divisibilit all'infinito delle grandezze nei termini espressi nel logos aristotelico un punto focale nella trattazione platonico-accademica del secondo principio (il grande e il piccolo o la diade indefinita) come si pu evincere da numerose testimonianze di Ari- stotele stesso e dei commentatori 24 . Aristotele critica in altri punti della sua opera e in relazione al concetto di infinito per divisione proprio i Platonici (e non Zenone) per aver attribuito ai procedimenti mentali un carattere di realt. Nel terzo libro della Fisica, affermando la possibilit della divisione all'infinito delle grandezze, specifica, in esplicita polemica contro la dot- trina delle linee indivisibili, come si deve intendere l'infinito per divisione. Si tratta di un infinito in potenza, non nel senso che pu essere trasposto in qualche momento in atto, ma nel senso che la divisione pu essere effettuata in un punto qualsiasi in momenti diversi. Ma che la grandezza non sia in atto infinita, stato detto; lo , per, per divi- sione, infatti non difficile confutare l'ipotesi delle linee indivisibili. Rimane dunque la possibilit che l'infinito sia in potenza. Non si deve, per, prendere il significato 'infinito in potenza' nello stesso modo in cui si dice 'se possibile che questo di- venga una statua, sar in effetti una statua', cos ci sia anche un infinito che sar tale in atto, ma, poich l'essere si predica in molti modi, come l'essere del giorno e della gara per essere sempre un altro ed un altro ancora, cos anche l'infinito 25 . 24 Per quanto riguarda i commentatori, oltre al gi citato logos di Porfirio che avrebbe costi- tuito il punto di partenza dell'assunzione di linee indivisibili da parte di Senocrate, inte- ressante ad esempio un altro passo di Porfirio che riferisce della cosiddetta "divisione del cubito" risalente alle lezioni non scritte di Platone (Porph. 174 F Smith = Simpl. In Phys. 202b 36, 453,30-454,14). Qui viene riproposto il tema della divisione progressiva delle grandezze all'infinito con il suo corrispettivo, l'infinito per accrescimento: si assuma una grandezza finita, come un cubito, la si divida in due parti lasciandone poi una intatta; se si divide l'altra met continuamente e si aggiungono le parti a questa sottratte alla met rima- sta intatta, si otterranno due parti, una che procede verso l'infinitamente piccolo e l'altra che tende all'infinitamente grande. Platone avrebbe dimostrato con questo esempio la pre- senza, anche nelle grandezze finite, di una tendenza verso l'infinitamente grande e l'infini- tamente piccolo, effetto del secondo principio, la diade indefinita. 25 Phys. I 6, 206a 16-23 to or ryr0o oti r v xot r vryriov oux r otiv o ariov, rigtoi, oioirori o rotiv ou yo oraov o vrriv to oto ou yoo riartoi ouv ouvo ri rivoi to oariov. ou ori or to ouvo ri ov oovriv, eoar ri ouvoto v tout ovoio vto La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 176 L'accenno alle linee indivisibili e l'alternativa che Aristotele propone co- stituiscono un corrispettivo della pi diffusa critica al logos sugli indivisibili di De gen. et corr. A 2. Qui egli spiega che, in quel tipo di dimostrazione si nasconde un paralogismo che consiste nella mancata distinzione di signifi- cati fra "divisibile in ogni parte" e "diviso in ogni parte". Divisibile in ogni parte all'infinito non significa che la divisione debba avvenire in realt n simultaneamente, n progressivamente "in tutti i punti" in quanto questo comporterebbe l'esistenza contemporanea di punti contigui uno all'altro. Questo non possibile perch i punti sono limiti e non grandezze, e dun- que esistono solo nel momento in cui vengono posti. Una grandezza divisibile in ogni parte nel senso che lo in un dato momento in un punto, in un altro, in un altro: ogni volta, per, non ci sono nella gran- dezza infiniti punti, ma uno solo 26 . La tesi nella prima parte del logos sugli indivisibili di De gen. et corr A 2 basata dunque su argomenti tipicamente accademici rielaborati da Aristo- tele. Il riportare a Democrito una rielaborazione dell'aporia zenoniana in questi termini non ha alcun fondamento perch non trova nessuna ulte- riore conferma nelle testimonianze antiche. 4. 2. Corpi e grandezze indivisibili Aristotele nel brano suddetto parla costantemente di "corpi e grandezze indivisibili". Ora, le due espressioni non sono equivalenti come taluni inclinano a credere 27 , ma designano i due livelli del problema degli indivisi- bili, quello propriamente fisico, i corpi, e quello delle grandezze matemati- che, in questo contesto le superfici indivisibili. Se vero che, nel brano che precede immediatamente l'excursus sugli indivisibili, Aristotele utilizza il termine "grandezze indivisibili" in una accezione pi generale, egli di- stingue per al loro interno i corpi indivisibili (di Democrito e Leucippo) e le superfici indivisibili (del Timeo). Che egli abbia in mente una distin- zione precisa quando parla di corpi e grandezze, confermato del resto da rivoi, e xoi rotoi tout ovoio , oute xoi oariov ti, o rotoi r vryrioi o rari aooe to ri voi, eoar g gro roti xoi o oye v tei ori oo xoi oo yivro0oi, oute xoi to oariov. Sulle teorie accademiche come obiettivo di Aristotele nei passi suc- citati, cf. Krmer 1971, 296-297. 26 De gen. et corr. A 2, 317a 2-12. 27 Questo stato notato da pi parti. Baldes 1972, 44s., partendo dal presupposto che Aristo- tele si riferisca a materiale democriteo, ipotizza, in modo piuttosto nebuloso, che si tratti di grandezze matematiche concepite come immanenti ai corpi fisici indivisibili e, in quanto tali, accidentalmente indivisibili. Lewis 1998, 19 n. 34 fa notare che xoi ryr0g estraneo alla discussione seguente che riguarda solo la divisione dei corpi e ritiene l'espressione una semplice aggiunta aristotelica in quanto per lui ogni corpo anche una grandezza. Capitolo quarto 177 un altro brano del capitolo nono dello stesso libro dove riassume il ragio- namento che ha portato agli indivisibili 28 . Qui Aristotele sostituisce al sintagma oe oto o oioirto xoi ryr0g, oe o ooioi rtov g aoto in cui il riferimento ai triangoli platonici palese. Il logos era evidentemente un discorso generale sugli indivisibili che comprendeva sia la trattazione dei corpi che quella dei triangoli. Come si vedr nel cap. V, l'indivisibilit (relativa) dei corpi e delle grandezze fino all'indivisibile assoluto, la linea, un assunto di Senocrate. Per ora comunque ci si pu limitare a constatare che nel logos aristotelico corpi e grandezze hanno due referenti diversi. 4. 3. Punti, segatura e affezioni (De gen. et corr. A 2, 316a 30-b 16) Vale la pena riesaminare ora singolarmente gli argomenti della prima parte a favore di corpi e grandezze indivisibili in quanto questi sono un tipico esempio di rielaborazione aristotelica di temi trattati nell'Accademia e pi volte ripresi da Aristotele in altre parti della sua opera. Da questo esame si potr constatare che, in tutto questo, di Democrito non c' traccia. L'argomento fondamentale della prima parte del logos diretto contro la divisione dei corpi e delle grandezze fino ai punti. Ammettere che que- sto sia il risultato della divisione equivale a dissolvere i corpi e le gran- dezze nel nulla e a volerli ricomporre dal nulla. Poich dunque il corpo divisibile in ogni parte, lo si divida. Che cosa rimarr dunque? una grandezza? non possibile perch altrimenti ci sarebbe qualcosa di non diviso, ma era divisibile completamente. Se tuttavia non sar n un corpo n una grandezza, ma ci sar la divisione, consister di punti, e ci di cui composto saranno non grandezze, o nulla del tutto, talch sar generato da nulla e compo- sto da nulla e il tutto non sar altro che apparenza. Allo stesso modo, se sar composto da punti, non avr una estensione misurabile. Infatti quando i punti si toccavano e la grandezza era un tutto unico e i punti erano insieme, non rende- vano pi grande il tutto. Infatti quando il tutto stato diviso in due o in pi parti, non lo rendevano n pi piccolo, n pi grande di prima, talch, se tutti venissero messi insieme, non produrrebbero una grandezza 29 . 28 De gen. et corr. A 9, 327a 6 ri r v yo g ao vtgi oioirtov to r yr0o, o roti oeo ooioirtov g aoto oux ov rig aovtgi ao0gtixov, o ouor ouvrr ou orv. 29 De gen. et corr. A 2, 316a 23-34 rari toivuv aovtgi toioutov roti to oe o, oigigo0e. ti ouv rotoi oiaov ryr0o ou yo oiov tr r otoi yo ti ou oigigr vov, gv or ao vtgi oioirtov. oo gv ri gorv rotoi oeo gor ryr0o, oioiroi o' rotoi, g rx otiye v rotoi, xoi oryr0g r e v ouyxritoi, g ouorv aovtoaooiv, eotr xov yivoito rx gorvo xov rig ouyxrirvov, xoi to aov og ouor v o' g oivorvov. ooie or xo v gi rx otiy- ev, oux rotoi aooov. oaotr yo gatovto xoi rv gv ryr0o xoi o o goov, ouor v raoiouv riov to ao v oioir0r vto yo ri ouo xoi arie, ouorv rottov ouor riov to ao v tou aotrov, eotr xo v ao ooi ouvtr0eoiv, ouorv aoigoouoi ryr0o. La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 178 In questo argomento viene scartata una prima soluzione, cio che da una divisione completa possa risultare una grandezza. "Grandezza" in questo contesto viene generalmente interpretato come sinonimo di corpo, ma ci inverosimile almeno per due ragioni: in primo luogo perch Aristotele subito dopo distingue fra corpo e grandezza come possibile risultato della divisione (se non ci sar n un corpo n una grandezza), in secondo luogo perch il caso della divisione fino ad una minuscola particella corporea come segatura viene prospettato dopo, come alternativa distinta (316b 1). Siamo dunque qui confrontati con due possibilit: quella della divisione fino a corpuscoli e quella della divisione fino a grandezze geometriche. Aristotele non spiega qui come si possa arrivare nella divisione ad una grandezza, ma lo fa pi volte altrove riferendo il metodo di sottrazione dei Platonici: il corpo divisibile in superfici, queste in linee e queste in punti 30 . Quest'ultimo passaggio, la divisione in punti, tuttavia, non era ammesso da chi sosteneva la dottrina delle linee indivisibili come limite ultimo della realt fisica. A detta di Aristotele lo stesso Platone avrebbe polemizzato contro le tesi che ponevano il punto come principio della linea e avrebbe posto l'arresto della divisione a linee indivisibili 31 . La- sciando da parte la dibattuta questione se questa sia tesi platonica o derivi da una interpretazione di Senocrate, che non rilevante ai fini del pre- sente argomento, rimane comunque il fatto che la divisione fino al punto era stata criticata nell'Accademia nel contesto dell'assunzione di indivisi- bili: la divisione doveva arrestarsi prima, pena la dissoluzione in una non- grandezza. L'identificazione del punto con la non-grandezza ritorna in Aristotele anche in relazione a Zenone. In Metaph. B 4, in un contesto critico contro 30 Si tratta in particolare della tesi di Speusippo che genera dal punto la linea, da questa la superficie e infine il solido, cf. Arist. Metaph. N 3, 1090b 5-7 (Speus. Fr. 81 IP); M 9, 1085a 31-34 (Speus. Fr. 84 IP); Iambl. De comm. math. sc. 4, 16,15ss. Festa (Speus. Fr. 88 IP). Un passo aristotelico particolarmente indicativo perch ripropone la dissoluzione del corpo in punti (in una critica ai triangoli e alle linee indivisibili) De cael. I 1, 300a 7-12 oe or ouoivri g gorv aot rivoi r yr0o, g ouvoo0oi yr o voir0g voi, ri ar ooie rri otiyg rv ao yogv, yog or ao raiaroov, touto or ao oeo ao v:o ,oo tt o!!j!o ovo!:oatvo tt :o aoo:o ovo!:0jot:ot oo: t votot: o v o:t,ao ao vov ttvot, ooao ot aj0tv. Per critiche simili, cf. anche De cael. I 1, 299a 6-9; Metaph. K 2, 1060b 12; Metaph. B 5, 1002a 4-6. 31 Metaph. A 9, 992a 19-24 rti oi otiyoi rx ti vo r vuaoouoiv toutei rv ouv tei yr vri xoi oirorto Hotev e ovti yrertixei ooyoti, o rxori og v yog touto or aooxi rti0rito otoou yoo . xoitoi o vo yxg tou tev rivoi ti aro eot r ou oyou yog roti, xoi otiyg rotiv. Questo passo stato molto discusso in quanto contraddice le testimonianze tarde sul Hri to yo0ou, in particolare quella di Alessandro, dove il punto viene equiparato all'uno e definito "monade avente una posizione" (In Metaph. 987b 33, 55,20-26; ap. Simpl. In Phys. 202b 36, 454,23-29). In generale, per, si suppone che la testimonianza di Alessandro sia imprecisa e viziata da interpretazioni sue o delle sue fonti, cf. De Vogel 1949, 306-311 e Burkert 1972, 18 n. 17. Capitolo quarto 179 il concetto accademico di uno in s come sostanza universale separata e indivisibile, egli riporta un'interpretazione matematizzante del frammento 29 B 2 DK. Zenone sosteneva che ci che non ha grandezza nulla per- ch aggiunto o sottratto ad un ente non lo rende pi grande o pi pic- colo 32 . Aristotele identifica questo nulla col punto privo di dimensioni Ancora, se l'uno in s indivisibile, secondo l'assunto di Zenone, non nulla; in- fatti egli nega che ci che aggiunto o tolto non rende pi grande o pi piccolo, sia uno degli enti, poich chiaramente l'ente una grandezza e, se una grandezza, corporea; questo infatti un essere nella sua completezza, le altre, come la super- ficie e la linea, quando vengono aggiunte, in un certo modo rendono pi grande, in un certo modo no, il punto e la monade in nessun modo 33 . Aristotele ritorce pi volte l'argomento dell'equivalenza del punto col nulla contro le dottrine dei triangoli e delle linee indivisibili: il punto (che i sostenitori di queste tesi rigettano come principio in quanto non-gran- dezza) non diverso dalle linee e dai triangoli dai quali essi fanno derivare i corpi in quanto tutti sono limiti e, come tali, non-grandezze. E' dunque necessario assumere che nella dissoluzione del corpo in grandezze prospettata in questa prima parte del logos sugli indivisibili sia presupposta una dissoluzione del solido in superfici, di queste in linee e infine in punti che, in quanto non-grandezze, non sono nulla e non pos- sono ricomporre n una grandezza n un corpo. Tale procedimento per tipico di Senocrate e di Platone, non di Democrito. Significativa- mente, coloro che attribuiscono l'argomento a quest'ultimo, non spiegano come avvenga il passaggio dal corpo ai punti, ma, quando devono portare l'esempio concreto di una divisione in punti, scivolano impercettibilmente dal corpo alla linea 34 . Non c' dunque nulla che possa far pensare a Demo- 32 29 B 2 DK ri or oaoyivor vou to r trov gor v rottov rotoi gor ou aooyivor vou ougortoi, ogov oti to aooyrvorvov ouor v gv ouor to oaoyrvorvov. 33 B 4, 1001b 7 rti ri ooioirtov outo to r v, xoto r v to Zgvevo oieo ou0rv o v rig o yo gtr aooti0rrvov gtr ooiourvov aoiri riov gor rottov, ou goiv rivoi touto tev ovtev, e ogovoti ovto ryr0ou tou ovto xoi ri r yr0o oeotixov touto yo ao vtgi ov to or oo ae r v aooti0rrvo aoigori riov, ae o ou0rv, oiov raiaroov xoi yog , otiyg or xoi ovo ouooe . Su questo passo e sul suo con- testo accademico, cf. Burkert 1972, 286. La decontestualizzazione del passo e l'errata attri- buzione della definizione del punto come monade avente una posizione ai Pitagorici e non agli Accademici all'origine della tesi, sostenuta in primo luogo da Tannry 1930, 258ss. e Burnet 1930, 314-17 (cf. anche Alfieri 1979, 41ss.) secondo cui i paradossi di Zenone sa- rebbero diretti contro una ipotetica matematica pitagorica. Lur'e 1932-1933, 108ss., non devia sostanzialmente da questa linea in quanto mantiene l'ipotesi di una argomentazione zenoniana contro il punto, cambiandone solo i presunti obiettivi polemici: invece che i Pi- tagorici, la matematica del tempo. Cf. anche Mau 1954, 12ss. Per la critica dettagliata a queste interpretazioni, cf. Burkert 1972, 285-289. 34 Cf. e.g. Furley 1967, 85; Sedley 2004, 70. La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 180 crito di cui non vengono mai menzionate opinioni sul punto o su una eventuale dissoluzione delle grandezze in punti. La seconda ipotesi del logos della divisione all'infinito sembrerebbe pi vicina ad una possibile argomentazione democritea: la divisione all'infinito non produce questa volta punti o nulla, ma un corpuscolo minuscolo, simile ad una particella di segatura Anche se comunque dalla divisione del corpo risulta qualcosa, una sorta di sega- tura, e cos dalla grandezza si stacca un corpo, vale per questo lo stesso argo- mento, come divisibile? 35 Poich tuttavia si era ammesso che un corpo, per quanto piccolo, poteva essere per definizione diviso, sorge la domanda di come questo corpu- scolo possa essere ancora diviso e si ricade nell'aporia precedente (divi- sione fino ai punti e al nulla). La terminologia fisica, come si visto, non necessariamente indice di una divisione reale. Una teoria corpuscolare che ammetteva dei corpuscoli ulteriormente divisibili con la mente, ma mai divisi era sostenuta nell'Accademia da Eraclide Pontico e, probabilmente sulla sua scia, veniva attribuita anche ad Anassagora e ad Empedocle 36 . Questa tesi, per, supponeva che un corpo in quanto tale fosse divisibile all'infinito, dunque il corpuscolo non diviso deve essere ulteriormente divisibile, per lo meno con la mente. Questo tema ritorna in forme diverse nel logos eleatico di De generatione et corruptione A 2 e in quello di Porfirio. In ambedue si afferma che l'essere non pu essere diviso in una parte s e in un'altra no e Porfirio ne spiega anche la ragione col fatto che l'essere omogeneo. Uno dei capisaldi della critica all'atomismo e al corpuscolari- smo dei Pitagorici-Accademici in Sesto Empirico era basato sulla tesi che i corpi sono ulteriormente divisibili con la mente e quindi non possono essere eterni 37 . In base a tutto questo, l'arresto della divisione in un corpu- scolo minuscolo come segatura sarebbe non "reale", ma solo fisico in quanto la mente pu procedere oltre. Si pu ricordare a questo punto anche la frase di Platone riguardo agli "amici delle idee" nella gigantoma- chia del Sofista: questi ultimi, secondo lo straniero di Elea, "fanno a pez- zettini nei loro logoi i corpi di quegli altri" definendo un divenire incessante quella che costoro chiamano essenza 38 . La prima parte del logos riportato da Aristotele, che fa proprio questo, potrebbe ben figurare come punto di 35 De gen. et corr. A 2, 316a 34-b 2 oo gv xoi ri ti oioiourvou oiov r xaioo yivrtoi tou oeoto, xoi oute rx tou ryr0ou oeo ti oarrtoi, o outo oyo, rxri vo ae oioirtov. 36 V. supra, II 4. 1 n. 56-57. 37 V. supra, II 4 n. 38. 38 Soph. 246b to or r xrivev oeoto xoi tgv ryor vgv ua oute v og0riov xo:o oatxoo oto0oo:ov:t tv :ot !o,ot yrvroiv ovt ouoio rorvgv tivo aoooyoruouoiv. V. supra, II 2 n. 11. Capitolo quarto 181 partenza per un discorso sugli indivisibili dietro al quale sta, per, quello sui principi: i corpi e le grandezze, in quanto formati anche dalla diade indefinita, tendono all'infinit nei due sensi, per divisione e per aggiunta 39 , essi vengono per limitati dall'uno, che si configura come misura indivisi- bile. La necessit del triangolo indivisibile data dal fatto che questo, in quanto misura ultima della realt fisica (nel Timeo la divisione viene pro- tratta solo fino ai triangoli elementari), deve essere tale, altrimenti sarebbe anch'esso una molteplicit. Aristotele aggiunge poi un ulteriore argomento che allude a teorie specifiche da lui criticate altrove: la divisione all'infinito di un corpo pro- duce un rioo o un ao0o separato che agisce su punti e contatti. In que- sto caso si ricade nella prima ipotesi in quanto si deve presupporre una divisione del corpo in punti (da cui si separerebbero poi forme e affezioni) e quindi la dissoluzione nel nulla 40 . Egli attribuisce altrove una dottrina della "mescolanza" di forme (nel senso platonico di idee) e affezioni sepa- rate dalla materia ad Anassagora e a Eudosso. Quest'ultimo avrebbe so- stenuto la tesi secondo cui le idee sarebbero immanenti nei sensibili in quanto "mescolate" ad essi come il bianco al bianco ponendosi, secondo Aristotele, sulla scia di Anassagora 41 . I dettagli di questa mescolanza, non risultano affatto chiari n da qui n dalla lunga serie di critiche che Ari- stotele esponeva nel Hri iorev 42 . Egli vi vedeva, per, la possibilit che, in quanto "mescolate", le idee potessero anche essere separate dalla mate- ria cos come, secondo lui, si potevano separare le affezioni dal tutto in tutto di Anassagora 43 . Nello stesso primo libro del De generatione et corrup- tione Aristotele, pi oltre, discutendo il concetto di mescolanza, si esprime in modo altrettanto critico nei confronti di questa presunta teoria: le affe- zioni non possono essere mescolate perch ci che si mescola, si pu anche separare e nessuna di esse separata dai sensibili 44 . Si spiega perci 39 Cf. il gi citato esempio della "divisione del cubito" attribuito a Platone da Porfirio e derivante dal Hri toyo0ou , supra, n. 24. 40 De gen. et corr. A 2, 316b 2-5 ri or g oe o o rioo ti eiotov g ao0o o oag0rv, xoi roti to ryr0o otiyoi g ooi tooi ao0ou ooi, otoaov r x g ryr0e v r yr0o rivoi. 41 Metaph. A 9, 991a 14 (Eudox. Fr. D 1 Lasserre) oute r v yo o v ioe oi tio oorirv (scil. to riog) rivoi e to ruxo v riyrvov te ruxei, o outo r v o oyo iov ruxi vgto, ov Avooyoo rv aeto Euooo o uotrov xoi ooi tivr rryov (ooiov yo ouvoyoyriv aoo xoi oouvoto ao tgv toioutgv ooov). Cf. anche 998a 35. 42 Arist. De ideis Fr. 5 Ross (Alex. In Metaph. 991a 14, 97,27-98, 24). Sui problemi di inter- pretazione di tale dottrina attribuita da Aristotele ad Eudosso, cf. Krmer 1983, 74-77. 43 Metaph. A 8, 989a 30-b 4 (59 A 61 DK) o toaou yo ovto xoi oe tou ooxriv r- i0oi tgv ogv aovto, xoi oio to ouoivriv o ixto ori v aouaoriv xoi oio to g aruxrvoi tei tuo vti iyvuo0oi to tuov, ao or toutoi oti to ao0g xoi to our- gxoto eioit o v te v ouoiev (tev yo oute v ii roti xoi eioo). 44 De gen. et corr. A 10, 327b 13-22 to v outov or toaov outr tei oeoti tg v togv outr to ogo tei xgei iyvurvov ogotiriv to v oyxov ouor to oeo xoi to ruxov ouo La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 182 perch Aristotele prospetti, al di l della divisione dei corpi, anche l'ipotesi di una ulteriore divisione in un ri oo o in un ao0o, perch egli pensa alle presunte tesi di Eudosso e di Anassagora 45 e le aggiunge come ulteriore caso di risultato di una divisione all'infinito. Siccome tuttavia le idee o le affezioni dovrebbero agire su punti e contatti, si ricade nell'aporia prece- dente: come si pu ricostituire un corpo da questi ultimi? Tutte le do- mande e gli esempi che Aristotele fa seguire immediatamente e che hanno disorientato gli interpreti fanno parte di una strategia di dilazione che Aristotele stesso raccomanda nei Topici. Esse infatti introducono argo- menti che, o ripetono quanto gi si detto, o sembrano non essere perti- nenti al tema. Ma questa una tecnica che, in una disputa dialettica, per- mette di confondere l'avversario 46 . Con questo espediente si pu spiegare ad esempio la strana domanda sulla posizione dei punti e sul loro even- tuale movimento che non ha nulla a che fare col problema della divisibilit (qui non si parla affatto di corpi in moto, ma di corpi e grandezze in quanto tali) e la ripresa e l'ampliamento di argomenti gi trattati il cui unico scopo di rafforzare ulteriormente l'aporia: se divido un pezzo di legno e poi lo ricompongo, rimane uguale (vale a dire nulla si aggiunge e nulla si toglie) e lo stesso succede se lo divido in qualsiasi punto. Se posso dividerlo dovunque, per, significa che in potenza diviso in ogni parte 47 e, inoltre, se la ricomposizione non ha aumentato la dimensione del legno, il risultato della divisione dovranno essere necessariamente dei punti privi di dimensioni 48 . La conclusione, secondo questo logos, che vi debbano essere dei corpi e delle grandezze indivisibili. Come si vede, l'argomentazione "dialettica" che pone come tesi una infinita divisibilit mentale dei corpi e delle grandezze un "modello" di dimostrazione sviluppata su un nucleo di matrice accademica, ma con aggiunte e rielaborazioni da parte di Aristotele. Non c' alcun indizio, al di oe to ao0g xoi to rri oiov tr iyvuo0oi toi aoyooiv oeorvo yo ootoi. oo g v ouor to ruxov yr xoi tg v raiotggv r vorrtoi i0gvoi, ouo oo te v g eiotev ouorv. oo :o::o !t ,o:otv o: xo!o ot ao v:o ao:t oao: oooxov:t ttvot xoi ri0oi ou yo oaov oaovti ixtov, o :aoottv ott ooto:ov txo:toov :ov at- 0tv:ov te v or ao0ev ou0r v eioto v. 45 Sedley 2004, 71, riportando questo argomento a Democrito, ipotizzando che qui si voglia parlare di "massa" o "solidit" o di qualche altra propriet dei corpi, tralascia proprio di considerare il carattere specificamente aristotelico dell'allusione all'rioo e al ao0o. 46 Top. O 1, 157a 1 rti :o ajx: vttv xot aootao!!ttv :o ajot v ojotao aoo :ov !o,ov, xo0oar oi ruooyoouvtr aoev yo o vtev oogov r v oaoiei to ruoo. 47 Il perfetto (ao vtgi oo otjtoj:ot ouvori), che ha un valore risultativo, si spiega col fatto che la divisione in potenza che si immagina avverr di fatto equivalente ad una divisione gi operata. 48 Questo argomento, che Sedley 2004, 72s. e 75s. vuole trasporre prima di 316b 28 sulla base del fatto che non sarebbe "democriteo" e dunque non potrebbe stare nel contesto precedente, invece in perfetta consonanza con la strategia aristotelica delineata nel testo. Capitolo quarto 183 l di ragioni puramente ipotetiche, che possa far pensare alla riutilizza- zione di un testo democriteo. 5. La seconda parte del logos. La dimostrazione "fisica" della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2, 316b 18-35) La dimostrazione "fisica", nella quale il Lur'e intravvedeva la parte pi propriamente democritea del logos sugli indivisibili e che invece da altri stata considerata un argomento aristotelico, in realt una riformulazione dell'aporia "logica" in termini pi propriamente "fisici". Il problema, come osservano molti interpreti, che essa contiene i concetti tipicamente ari- stotelici di atto e potenza 49 . La tesi originaria supponeva che, se si assume un corpo divisibile in ogni parte, bisogna necessariamente ammetterne anche la divisione totale, anche se questa in concreto non verr mai realiz- zata. Il presupposto di questa tesi che ci che si pu dividere con la mente reale. Aristotele riformula la tesi partendo dalla sua dottrina dell'atto e della potenza, le muove una possibile obiezione, ma riporta poi la discussione nell'ambito "fisico". Una cosa ci che si immagina, un'altra ci che in- vece avviene nel mondo reale: Orbene: che ogni corpo sensibile sia divisibile in qualsivoglia punto e indivisibile non nulla di assurdo; infatti sar divisibile in potenza, ma indivisibile in atto. Sembrerebbe invece che l'essere divisibile in potenza simultaneamente nella sua totalit fosse impossibile. Se infatti ci fosse possibile, la divisione potrebbe es- sere realmente eseguita cosicch il corpo non sarebbe simultaneamente ambedue le cose, indivisibile e diviso in atto, ma diviso in ogni punto. Dunque nulla reste- rebbe e il corpo si dissolverebbe nell'incorporeo e si genererebbe nuovamente o da punti o assolutamente dal nulla e questo come possibile? Ma chiaro, co- munque, che si divide in grandezze separabili, sempre pi piccole, distanziate e distinte una dall'altra. N se si divide il corpo parte per parte la frammentazione sar infinita, n sar possibile dividere simultaneamente in ogni punto, non in- fatti possibile, ma solo fino ad un certo punto. E' necessario dunque che esso contenga grandezze insecabili invisibili, soprattutto se la generazione e la corru- zione avvengono l'una per associazione, l'altra per dissociazione 50 . 49 Mau 1952-53, 12 aveva appunto rigettato per questo la paternit democritea di tutto il passo di De generatione et corruptione A 2; cf. anche Sinnige 1968, 147. Coloro che, invece, ve- dono nella prima parte del passo un resoconto "storico" delle tesi di Democrito spiegano questo argomento come un rimaneggiamento aristotelico di tesi democritee (Furley 1967, 90s.; Baldes 1972, 38; Sedley 2004). Joachim 1922, 84 ipotizzava addirittura che si trattasse in origine di una nota marginale di Aristotele stesso. 50 Arist. De gen. et corr. A 2, 316b 21-27 to r v ou v oaov oe o oio0gtov rivoi oioirtov xo0 otiouv ogriov xoi ooioirtov ouor v otoaov to r v yo ouvori, to o r vtrrrioi La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 184 L'obiezione che Aristotele muove alla sua soluzione dell'aporia (la possi- bilit di distinguere fra divisione in atto e in potenza), si basa sui presup- posti dell'argomentazione "dialettica", cio sull'ipotesi che una divisione attuabile col pensiero equivalga ad una divisione reale; in questo caso la distinzione fra potenza e atto nulla e si deve ammettere l'esistenza degli indivisibili. Anche questa di muovere obiezioni alla propria tesi un tipico espediente dialettico, codificato nei Topici, il cui scopo quello di rendere l'avversario meno diffidente 51 . Aristotele ribatte per a questa obiezione ritornando all'ambito concreto della fisica. In ossequio al principio secondo cui, trattando di fenomeni fisici, ci si deve attenere a quanto realizzabile veramente e non a quanto si immagina, prospetta un altro scenario. Come riguardo all'infinito per accrescimento osservava che uno non pi grande di una citt perch si immagina tale, cos per quanto riguarda la divisione si richiama a quanto accade in realt: e di fatto si os- serva che, quando si divide, si ottengono delle grandezze sempre pi pic- cole, ben distinte e separate (e non delle grandezze in cui non si arriva mai a isolare veramente una parte come veniva ipotizzato nell'argomentazione "logica" da Platone nel Parmenide e nel paradosso stesso di Zenone), non solo, ma, anche che, dividendo progressivamente parte per parte, non si pu portare la frammentazione all'infinito n possibile materialmente dividere la grandezza simultaneamente in ogni punto. Ed questo argo- mento dell'impossibilit materiale che, nell'argomentazione fisica, porta a postulare delle grandezze indivisibili nei corpi. Aristotele prosegue poi a confutare sia l'argomento dialettico, sia quello fisico dimostrando che in ambedue si nasconde un paralogismo. Ambedue partono infatti dalla premessa che una grandezza sia costituita in ogni momento da un infinito numero di punti contigui, ma questo falso perch il punto non una sostanza, ma un limite e quindi non ha un'esistenza in atto. Non possi- bile dunque dividere in due o pi punti simultaneamente (ad esempio nel punto centrale della grandezza e in quello immediatamente successivo), o anche successivamente, ma solo in uno. La grandezza infinitamente divisibile in quanto divisibile in tutti i punti, ma ogni volta c' su di essa uaori. to o rivoi oo aovtgi oioirtov ouvori oou votov oorirv o v rivoi. ri yo ou- voto v, xo v yrvoito, ou eotr ri voi oo oe r vtrrrioi ooioirtov xoi oigigrvov, oo oigigrvov xo0 otiouv ogriov ouorv oo rotoi oiaov, xoi ri ooe oto r0or vov to oeo, xoi yi voito o ov aoiv gtoi rx otiyev g oe r ouorvo. xoi touto ae ouvotov oo g v oti yr oioiritoi ri eioto xoi ori ri rotte ryr0g xoi ri oarovto xoi xreiorvo ovro v. outr og xoto ro oioiouvti rig o v oario g 0ui, outr oo oiov tr oioir0g voi xoto aov ogriov, ou yo ouvotov, oo r i tou o vo yxg oo rvuaoriv otoo ryr0g oooto, oe tr xoi riar rotoi yr vroi xoi 0oo g r v oioxiori g or ouyxiori. 51 Top. O 1, 156b 18 ori or xoi outo v aotr r outei r votooiv rriv ovuaoate yo rouoiv oi oaoxivorvoi ao tou ooxou vto oixoie raiririv. Capitolo quarto 185 un solo punto, non infiniti. Dunque non c' bisogno di porre alla base della realt delle grandezze indivisibili, anche perch la generazione e la dissoluzione non avvengono per composizione e scomposizione. Ritorniamo ora all'argomento "fisico". Se fosse democriteo, risulte- rebbe che gli atomi sono tali solo perch sono le parti pi piccole a cui possa materialmente arrivare una divisione fisica, sono dunque degli roioto 52 del tutto simili ai corpuscoli delle teorie corpuscolari, cio a quella segatura rigettata nell'argomento precedente. In Sesto gli Accade- mici-Pitagorici rimproverano agli atomisti e ai corpuscolaristi di essersi fermati nella scomposizione a corpuscoli indivisibili riconoscendo loro una prerogativa, l'eternit, che in realt, in quanto corpi, essi non hanno. Infatti, anche se materialmente non si possono dividere, col pensiero sono ulteriormente scomponibili fino ai limiti ultimi. Aristotele rovescia invece la gerarchia dei "modelli" preferendo co- munque quello "fisico", che bada alla realt dei fatti, a quello "dialettico" che sposta l'argomentazione fuori della realt fisica perch ha come scopo la ricerca dei principi universali. Ambedue sono per argomenti-tipo usati con varianti nelle dispute dialettiche. Democrito "sembrerebbe essere stato persuaso" dall'argomento fisico che in realt non suo, ma pu essere dedotto leggendo i suoi testi nell'ottica degli indivisibili. La parte finale dell'argomentazione rivela infatti in certe piccole incongruenze che Aristotele ha s in mente la formulazione generale della dottrina democri- tea, quella che egli espone nelle sue "schede" in altri punti della sua opera, ma che l'ha "adattata" alla problematica degli indivisibili. In particolare saltano agli occhi la menzione di grandezze "invisibili", che non ha nulla a che fare col problema della divisibilit, e l'affermazione che la generazione e la corruzione si verificano per composizione e, rispettivamente, per separazione. La stessa ridondanza presente nella presunta risposta di Leucippo agli Eleati in A 8 dove, alla dichiarazione che l'essere propria- mente detto non uno, ma infiniti, segue inopinatamente (325a 30) xoi oooto oio oixotgto te v oyxev, che nulla a a che fare con l'argo- mento. Questa per ogni volta la "spia" dell'adattamento della solita "scheda" generale aristotelica sull'atomismo al problema in discussione, cos come lo l'allusione alla generazione e alla corruzione per composi- zione e disgregazione di particelle che si ritrova puntualmente anche nel- l'altro brano del De generatione et corruptione cos come in tutti i brani in cui viene dato un sunto delle dottrine atomistiche 53 . Si tratta di quelle schede 52 Aristotele stesso critica pi sotto nello stesso capitolo (326a 24-29) la tesi che l'indivisibilit sia da attribuire solo ai corpuscoli piccoli e non a quelli grandi. 53 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279 b 12, 295,8-20) (68 A 37 DK; 293 L.) rx toutev (scil. ixev ouoiev) ouv gog (D E, Diels: gori A Heiberg) xo0oar rx otoiriev yrvvoi xoi ouyxi vri (Diels: yrvvo v xoi ouyxivriv codd.) tou o0ooovri xoi tou La dimostrazione della necessit degli indivisibili (De gen. et corr. A 2) 186 che Aristotele nei Topici raccomanda di redigere per poter poi utilizzare al bisogno 54 . L'affermazione che la generazione e la dissoluzione avvengono per as- sociazione e dissociazione era una enunciazione dogmatica che non aveva bisogno di dimostrazione perch era largamente condivisa. N Empedo- cle n Anassagora hanno dato alcuna giustificazione di questo loro as- sunto. L'assunzione di minuscoli corpuscoli invisibili diversi dai corpi visibili (i quali sono esposti a cambiamento, malattia e dissoluzione) e dunque resistenti, compatti e non tagliati 55 era perfettamente adatta a giu- stificare la persistenza dell'universo. Non c'era bisogno di una trattazione dialettica generale del problema dell'indivisibilit per questo. Aristotele ha costruito su questa semplice base di dottrina atomistica una argomenta- zione fisica da cui Democrito avrebbe potuto essere persuaso se avesse formulato la sua tesi partendo dalla problematica degli indivisibili viva fra gli Accademici e tesa alla soluzione delle presunte aporie eleatiche sulla divisibilit all'infinito. Se questo vero, la dimostrazione dell'indivisibilit delle grandezze come delineata in De generatione et corruptione A 2 scaturisce da una pro- blematica accademica e aristotelica, non democritea. Dunque questo brano non ci dice nulla n su una ipotetica soluzione democritea dei para- dossi zenoniani, n sul tipo di indivisibilit che Democrito attribuiva al- l'atomo, ma ci informa unicamente sui presupposti interpretativi di Ari- stotele e sul contesto in cui egli colloca e discute l'atomismo. 6. Sintesi Il logos sulla necessit degli indivisibili di De generatione et corruptione A 2 stato considerato, come quello di A 8, una ulteriore prova del fatto che gli atomisti sarebbero partiti dall'aporia zenoniana della divisibilit all'infinito per formulare la loro dottrina degli indivisibili. In realt Aristotele ripro- duce nel suo resoconto sulla necessit degli indivisibili due tipi di argo- oio0gtou oyxou [...] rai toooutov ouv o vov oe v outev ovtrro0oi voiri xoi ourvriv, re iouotro ti rx tou arirovto o voyxg aooyrvorvg oiooriogi xoi ei ou to oiooarigi. La dichiarazione che generazione e corruzione non sono altro che composizione e scomposizione di elementi gi preesistenti anche in Anassagora una enunciazione dogmatica, cf. Anaxag. 59 B 17 DK to or yi vro0oi xoi oaouo0oi oux o0e voiouoiv oi Egvr ouor v yo go yivrtoi ouor oaoutoi, o' oao rovtev gotev ouioyrtoi tr xoi oioxivrtoi. xoi ou te ov o0e xooirv to tr yivro0oi ouioyro0oi xoi to oaouo0oi oioxivro0oi. 54 Top. A 14, 105b 16-18. 55 Sul significato dell'aggettivo otoo al tempo di Democrito e sulle denominazioni originali del corpuscolo democriteo, v. infra, V 3. Capitolo quarto 187 mentazione: una dialettica, che presuppone un'equivalenza fra pensabile e reale che egli, qui e altrove, designa come caratteristica peculiare degli Accademici, e una fisica, che "presta" a Democrito nella seconda parte del logos. Secondo l'argomentazione dialettica, la necessit di corpi e grandezze indivisibili la conseguenza del fatto che, se non si arresta la divisione ad un certo punto, si rischia di dissolvere la realt in punti e quindi nel nulla rendendone impossibile la ricomposizione. L'argomento della dissolu- zione in punti presuppone il metodo di sottrazione accademico dal corpo, alla superficie, alla linea, al punto e l'equivalenza del punto al nulla soste- nuta da Platone e Senocrate. Anche l'altro argomento alla base del logos sulla necessit degli indivisibili, quello della ulteriore divisibilit col pen- siero di corpuscoli minuscoli non divisi nella realt, ha le sue radici nel- l'Accademia come si pu dedurre dalle argomentazioni dei Pitagorici-Ac- cademici nel decimo libro Contro i Matematici di Sesto Empirico esaminati nel secondo capitolo. Queste argomentazioni costituivano la base di par- tenza per formulare la dottrina dei principi, uno e diade indefinita, e per ordinare il reale: l'indivisibile nei corpi e nelle grandezze il riflesso del- l'uno che impone un ordine all'infinita molteplicit generata dalla diade. L'argomentazione "fisica" si basa invece, come altre argomentazioni aristoteliche dello stesso tipo, non su ci che si pu pensare avvenga, ma su ci che si verifica effettivamente: non si pu infatti dividere material- mente un corpo, n simultaneamente, n in successione, in tutti i punti, ma ci si deve arrestare necessariamente a corpuscoli indivisibili. Aristotele "presta" a Democrito quest'ultimo argomento traendo le sue conclusioni dalla solita "scheda" sull'atomismo che egli utilizza anche altrove. La spia di questo passaggio da quanto gli atomisti effettivamente dicono a quanto Aristotele deduce la menzione di grandezze "invisibili" che, qui come altrove, non funzionale all'argomento dell'indivisibilit. Il logos sugli indivisibili di De generatione et corruptione A 2 dunque una ricostruzione aristotelica di due modelli di argomentazione, dialettica e fisica, che si basa principalmente su problematiche accademiche, non democritee e non utilizzabile per spiegare la genesi dell'atomismo antico e la concezione dell'atomo. Capitolo quinto Atomi e minimi. Concetti accademici e terminologia democritea in Aristotele 1. Minimo privo di parti come misura nell'Accademia Nei capitoli precedenti si delineato lo sfondo generale su cui Aristotele interpreta l'atomismo e cio le discussioni accademiche delle aporie eleati- che che sfociano nella dottrina degli indivisibili e dei due principi, l'uno e la diade indefinita. Aristotele rielabora schemi dialettici e logoi correnti e inserisce in questi contesti la dottrina atomistica. L'interpretazione dell'a- tomo cui ci troviamo di fronte, soprattutto nei brani in cui viene discussa la problematica specifica degli indivisibili, in generale influenzata dalle concezioni accademiche delle grandezze indivisibili e dei minimi (roi- oto). E' quindi necessario tentare di inquadrare questa concezione per capire meglio le oscillazioni dei testi aristotelici nella rappresentazione dei corpuscoli leucippei e democritei che vengono ora definiti nei termini della problematica degli indivisibili, ora colti nella loro fisicit e sullo sfondo specifico della nascita, della disgregazione e del cambiamento del cosmo sensibile. Una teorizzazione dei minimi fisici come solidi geometrici primi ge- rarchicamente ordinati, costituiva il naturale sviluppo degli assunti del Timeo 1 . Platone, infatti, accenna ad una gerarchia delle figure che compon- gono i vari elementi: primo per genesi il fuoco, seconda l'aria, terza l'ac- qua 2 e inoltre, ad esclusione della terra che ha una posizione particolare, le 1 Cos Krmer 1971, 354ss.; Furley 1967, 106. 2 Ti. 56b-c rote og xoto to v o0ov oyov xoi xoto to v rixoto to r v tg auoioo otr- rov yryovo rioo auo otoiriov xoi oaro. to or orutrov xoto yr vroiv riaerv oro, to or titov uooto. ao vto ouv og touto ori oiovorio0oi oixo oute, e xo0 rv rxootov rv tou yrvou rxootou oio oixotgto ouor v oervov u ge v, ouvo- 0oio0rvtev or aoev tou o yxou oute v ooo0oi. Capitolo quinto 189 figure dell'ottaedro dell'aria e dell'icosaedro dell'acqua costituiscono dei multipli del tetraedro ovverosia della piramide del fuoco 3 . Aristotele, nel terzo libro del De caelo raggruppa sotto una stessa voce due dottrine anonime che assumerebbero come elemento primo del mondo fisico il fuoco. Alcuni di loro, infatti, attribuiscono al fuoco una figura, come quelli che pongono la piramide, e, fra costoro, gli uni dicono pi grossolanamente che la piramide la pi tagliente fra le figure geometriche, il fuoco il pi tagliente dei corpi, altri invece adducono in maniera pi raffinata a sostegno della loro tesi l'argomenta- zione che tutti i corpi sono composti da quello pi sottile, le figure solide dalla piramide. Cosicch, siccome fra i corpi il fuoco il pi sottile, mentre fra le fi- gure solide la piramide quella composta di parti pi piccole e la figura prima quella del corpo primo, il fuoco sarebbe una piramide 4 . Le due dottrine sono chiaramente accademiche. In particolare quella dei pi raffinati risale probabilmente a Senocrate. E' lui infatti a separare l'ambito del corpo da quello del solido e a sostenere, come si vedr pi oltre che il minimo l'elemento primo e la misura delle grandezze appar- tenenti allo stesso livello dell'essere. A Senocrate Stobeo attribuisce per ben due volte una concezione corpuscolare, generalmente contestata in quanto considerata risultato di confusioni. Nella sezione Sulla mescolanza egli riferisce che Empedocle e Senocrate componevano gli elementi da masse pi piccole che sono minimi e come elementi di elementi 5 . Pseudo-Plutarco riporta nel passo parallelo solo il nome di Empedocle, ma questo semmai il risultato di una epitome 6 , non di una maggiore accuratezza. E non c' neppure ragione di postulare una confusione del dossografo con Eraclide 7 , visto che Senocrate compare come sostenitore di minimi fisici anche nella sezione Sui minimi (v. infra). La testimonianza di Stobeo, per lo meno nelle sue linee generali, esprime invece concezioni 3 Cf. anche Krmer 1971, 358 n. 437. 4 De cael. I 5, 304a 9-18 oi r v yo oute v ogo arioatouoi tei aui, xo0oar oi tg v auoioo aoiou vtr, xoi toutev oi r v oaouotre ryovtr oti te v r v ogotev tgtixetotov g auoi, tev or oeotev to au, oi or xootre tei oyei aoooyov- tr oti to r v oeoto ao vto ou yxritoi rx tou ratorrototou, to or ogoto to otr- ro r x tev auoioev, eot rari tev r v oeotev to au ratototov, tev or ogotev g auoi ixorrototov xoi aetov, to or aetov ogo tou aetou oeoto, au- oi ov rig to au. 5 Stob. 1,17,1 (Xenocr. Fr. 151 IP) Earooxg xoi Ervoxotg rx ixotrev oyxev to otoirio ouyxi vri, oar roti v roioto xoi oiovri otoirio otoiriev. 6 Anche per quanto riguarda la prima ooo di questa sezione, Stobeo ha "Talete e i suoi successori" mentre Pseudo-Plutarco abbrevia in "gli antichi". Inoltre, anche nella sezione "Sui minimi" (1,13, 883 B), quest'ultimo omette sia Senocrate e Diodoro che Eraclide che compaiono invece in Stobeo 1,14,1k. 7 Cf. Isnardi-Parente 1982, 374s. Atomi e minimi 190 simili a quelle del passo del De caelo: il fuoco, l'acqua, l'aria e la terra, pos- sono scomporsi a loro volta in particelle "elementi di elementi". Quest'ul- tima definizione profondamente influenzata dal Timeo platonico. Platone rimprovera ai suoi predecessori proprio di non essersi occupati della ge- nesi dei quattro elementi e di averli posti come tali quando non sono da paragonarsi neppure a sillabe 8 . Nel De generatione et corruptione Aristotele riferisce, con una terminologia apertamente platonica, che, in quanto ad Empedocle non risulta con chiarezza come si generi e si distrugga la loro (scil. degli elementi) grandezza ammassata, n gli possibile dare spiegazioni in merito dal momento che egli non dice che c' un elemento del fuoco e ugualmente di tutti gli altri come ha scritto Platone nel Timeo 9 . Si tratta di un'interpretazione di Empedocle diametralmente opposta a quella corpuscolare riferita da Stobeo e da Aristotele stesso poco prima e in altri passi 10 , ma che utilizza gli stessi concetti di base del Timeo per riba- dire la necessit di porre "elementi di elementi". L'assunzione di minimi fisici come "elementi di elementi" dunque perfettamente coerente con l'insegnamento platonico. Nel brano di Sesto Empirico esaminato nel secondo capitolo, gli Accademici-Pitagorici accettano che la scomposi- zione effettiva del mondo fisico possa fermarsi ai corpuscoli, ma prose- guono poi a scomporre "mentalmente" fino ai fondamenti di tali corpu- scoli, gli elementi degli elementi appunto 11 . Se dunque il corpuscolo primo del mondo fisico il fuoco, il suo corrispettivo a livello matematico, quello che "ordina" la massa corporea, sar la piramide, la prima delle figure solide e "elemento dell'elemento fuoco". Nella sezione Sui minimi, dopo Empedocle ed Eraclito, e prima di Eraclide e ben distinto da lui, Stobeo cita ancora Senocrate come soste- nitore di una dottrina corpuscolare che pone dei minimi fisici privi di parti. Senocrate e Diodoro definivano privi di parti i minimi 12 . 8 Pl. Ti. 48b. 9 Arist. De gen. et corr. A 8, 325b 22-25 oute v or toutev ae yivrtoi xoi 0rirtoi to oeruorvov r yr0o, outr ogov ou tr rvorrtoi ryriv outei g ryovti xoi :o: a:oo ttvot o:otttov, ooie or xoi tev oev oao vtev, eoar rv tei Tioiei yryo- r Hotev. 10 De gen. et corr. A 8, 325b 5-11 (supra, III 4 n. 93) dove ad Empedocle vengono affiancati "alcuni altri che sostengono che le affezioni si producono attraverso i pori", probabilmente Eraclide Pontico; cf. anche De cael. I 6, 305a 1-6, (supra, II 4. 2 n. 56) e Gemelli Marciano 1991a. 11 Sext. Emp. Adv. Math. 10,252-256 (v. supra, II 4 n. 38). 12 Stob. 1,14,1k (Xenocr. Fr. 148 IP) Ervoxotg xoi Aiooeo org to r oioto eiov- to. Secondo Krmer 1971, 313s. n. 290, Senocrate sarebbe menzionato prima di Diodoro in quanto cronologicamente precedente. Il termine orr sottintende infatti la problema- Capitolo quinto 191 Che cosa si intenda per privi di parti, verr specificato in seguito. Per ora importante rilevare che, siccome il paragrafo riguarda esclusivamente autori cui viene attribuita l'assunzione di minimi fisici, si deve dedurre che tali siano anche quelli di Senocrate. Ora, queste testimonianze dossografi- che corrispondono ad alcuni tratti della dottrina di Senocrate descritti nel trattato peripatetico Sulle linee indivisibili, a tutt'oggi una delle testimonianze principali sull'Accademico. Nel trattato, al di l dei possibili fraintendi- menti da parte dell'autore dell'opera, viene attribuito a Senocrate un pre- ciso apparato teorico che subordina la fisica alla logica e giustifica l'assun- zione di grandezze minime ad ogni livello dell'essere (corpi, solidi, super- fici, linee) ciascuna come riflesso dell'uno e misura del suo ambito e, in quanto tale, priva di parti. In pratica, secondo questa concezione, la pira- mide prima, il solido pi piccolo, in quanto "misura" degli altri solidi, non potrebbe essere scomponibile in altre parti tridimensionali pi piccole altrimenti non sarebbe pi misura (lo invece nelle componenti che ap- partengono al livello successivo dell'essere, quello delle superfici 13 ). Nel De lineis il concetto di ro iotov viene definito in linea generale in base all'opposizione molto-grande/ poco-piccolo (quantit e grandezze sono poste sullo stesso piano in quanto anche queste ultime sono caratte- rizzate da un certo numero di divisioni e sono quindi quantificabili) che viene a sua volta configurata come opposizione infinito/ finito: se ci che ha divisioni quasi infinite molto, il piccolo e il poco avranno divisioni limitate. Per ogni "poco" (oiyov) viene quindi ipotizzato un minimo (ro iotov) che, in quanto unit di misura, per definizione, deve essere privo di parti: se in tutto c' il poco e il piccolo, ci sar anche una gran- dezza minima priva di parti 14 . In questo contesto tuttavia ogni orr non indivisibile in assoluto, ma solo in quanto misura, riflesso dell'uno che "ordina" lo spazio e la materia sensibile. L'unico indivisibile vero la linea, l'elemento ultimo dell'ordinamento spaziale. Questa teoria costituisce un tica parte-tutto tipica della dottrina senocratea. Se fosse stato Diodoro a coniare il termine per il corpo minimo, come sostiene Dionisio (ap. Eus. Praep. ev. 14,23), Aristotele avrebbe dovuto dipendere da lui nella trattazione del moto, e non viceversa. Sulla dipendenza di Diodoro da Aristotele, cf. Giannantoni 1980, 131s. La datazione di Diodoro assai con- troversa (cf. Sedley 1977, 78-81; Furley 1967, 131ss.; Giannantoni 1990, III, 69ss.), ma sia i sostenitori di una cronologia pi alta che quelli di una pi bassa lo collocano dopo Seno- crate. 13 Cf. Krmer 1971, 345-47. 14 De lin. insec. 968a 2-9 (Xenocr. Fr. 127 IP) ri yo ooie uaori to tr aou xoi to r yo xoi to o vtixrirvo toutoi, to tr oiyov xoi to ixov, to o' oariou oroov oioi- rori rov oux rotiv oiyov oo aou, ovro v oti araroor vo rri to oioirori to oiyov xoi to ixov ri or araroor voi oi oioirori, o voyxg ti rivoi o rr ryr0o, eotr rv oaooiv r vuaori ti orr, rariar xoi to oiyov xoi to ixov. Per la discussione sui problemi posti dal passo, cf. Hirsch 1953, 68-71; Krmer 1971, 338 n. 362 e 338-40 per l'origine accademica dei concetti impiegati e i rimandi a passi paralleli. Atomi e minimi 192 naturale sviluppo degli assunti del Parmenide: infatti nella molteplicit senza l'uno che vi rappresentata la distinzione delle parti di una massa corpo- rea non finisce mai proprio perch manca l'"unit" che la ordina. Al di l dei dubbi sollevati sull'obiettivit dell'esposizione generale del peripate- tico, tutti sono concordi sul fatto che i punti succitati riflettono una dot- trina senocratea. Si possono quindi ricavare da questo due considerazioni: 1. Senocrate dava una definizione generale del concetto di minimo come elemento ultimo di una divisione finita ad ogni livello dell'essere. 2. Questo minimo, nel suo carattere di misura, era necessariamente un orr (se avesse avuto parti non avrebbe pi potuto essere misura). Ci valeva anche nell'ambito del corporeo come informa il terzo argomento del De lineis: si tratta infatti non di un corpo considerato in se stesso, ma nel suo carattere di unit di misura prima che "ordina" gli altri corpi 15 . La definizione di minimo privo di parti dunque la risultante di un ragionamento logico-dialettico che tende a stabilire dei limiti all'infinito ordinando la realt sul modello numerico 16 e non ha molto in comune con la definizione adottata generalmente dagli interpreti moderni che inten- dono privo di parti in senso assoluto. Priva di parti in questo senso solo la linea, misura ultima della spazialit. Gli altri minimi, il triangolo, il tetraedro e il corpuscolo fisico, sono relativamente privi di parti in quanto unit di misura del corrispettivo livello dell'essere 17 . L'attendibilit dell'au- tore del De lineis su questo punto stata variamente valutata 18 , ma il fonda- 15 De lin. insec. 968a 16-18 (Xenocr. Fr. 127 IP) rti ri oeoto roti otoirio, te v or otoi- riev gorv aotrov, to or rg tou oou aotro, ooioirtov o v rig to au xoi oe tev tou oeoto otoiriev rxootov, eot ou ovov r v toi vogtoi, o o xoi r v toi oio0gtoi roti ti orr . 16 Cf. in particolare Krmer 1971, 360s.; Isnardi-Parente 1982, 158s. 17 Questa distinzione fra un un o rr relativo, il corpo, e un orr assoluto che pu esistere solo nell'incorporeo, si ritrova costantemente nella tradizione tarda, cf. Plut. Quaest. plat. 1002 C xoi gv o atot yr ryrtoi xoi o riotov :o atv oo ao atxoo:j:t, to o' ooeotov xoi vogtov e oaou v xoi riixivr xoi xo0oo v oaoog rtrotgto xoi oiooo. De an. procr. 1022 E g r v ou v oatoto:o o:ot o xoi o ri xoto touto xoi eooute r ouoo aj atxoo:j:t, xo0oato :o t!oto:o :ov ooao:ov, vorio0e ruyouoo tov rioov. 18 Hirsch 1953, 75-77, mette in rilievo come la dottrina della priorit della parte rispetto al tutto esposta nel secondo argomento, stia alla base anche del terzo e come esso rispecchi effettivamente una concezione senocratea. Furley 1967, 106, sottolinea come non ci sia contraddizione nell'assunzione di diversi indivisibili nei diversi gradi delle grandezze se li si considera ognuno come "misura" del proprio ambito; Krmer 1971, 346s., ritiene essen- zialmente valida l'attribuzione del peripatetico in quanto si basa su concetti tipicamente se- nocratei come la priorit della parte rispetto al tutto e, come Furley, sottolinea il loro ca- rattere di misura, riflesso dell'uno (cf. anche 360ss.). Isnardi-Parente 1982, 362 non accetta l'esattezza della applicazione dell'indivisibilit ai corpi fisici in quanto, in base alla dottrina del Timeo, su cui Senocrate si appoggiava, i corpi elementari si dissolvono nei corpi geo- metrici. Il peripatetico avrebbe interpretato l'assunzione di minuscoli corpuscoli geometrici primi come una teoria fisica corpuscolare. Tuttavia nel resoconto di Sesto Empirico (Adv. Capitolo quinto 193 mento logico-dialettico su cui basata l'assunzione di indivisibili nei vari ambiti (priorit della parte rispetto al tutto 19 e modello numerico che in- forma la realt) una concezione originale senocratea. Il minimo fisico quindi quel corpuscolo elementare cui si riferisce l'autore del De lineis, che compare anche in De cael. I 5, 304a 9-18 (v. supra, n. 4) e che viene espres- samente citato dalla notizia dossografica di Stobeo. Esso privo di parti in quanto considerato nel suo aspetto di parte/ misura prima rispetto ad un tutto, vale a dire nel suo carattere di riflesso dell'uno principiante. L'autore del De lineis separa inoltre l'ambito del vogto v, da quello del- l'oi o0gtov, nel quale rientra appunto la menzione dei corpuscoli elemen- tari. La dottrina riportata come senocratea nel commento al De anima di Temistio, insiste proprio sul carattere aleatorio delle unit del mondo sen- sibile contro la vera unit presente solo nell'incorporeo 20 . La definizione di minimo fisico come privo di parti relativo contrapposta ad un o rr assoluto presente solo negli incorporei, rientrava probabilmente nell'am- bito delle distinzioni tese a porre una barriera fra incorporei intellegibili e corpi sensibili. Sulla falsariga della concezione del minimo fisico come privo di parti relativo, ma non tale per natura venivano evidentemente interpretate e anche criticate le dottrine presocratiche che ponevano come principi dei corpi; oltre quelle di Empedocle, probabilmente anche Anassagora, Leu- cippo, Democrito, quegli autori cui allude il brano Sesto esaminato nel secondo capitolo. Tutti, secondo l'interpretatio academica, avevano posto come sostanze eterne dei corpuscoli minimi che invece, per natura, non lo erano. Nelle loro teorie mancava infatti quell'apparato concettuale (la sottrazione fino ai principi primi e la distinzione fra parte e tutto) che invece caratterizza la definizione dei minimi accademici 21 . Math. 10,255ss.), i cosiddetti Pitagorici, cio Senocrate, separano il solido dal corpo ponen- doli su due livelli diversi, intellegibile e sensibile, e sembrano accettare, insieme con gli atomisti e i corpuscolaristi, che i corpuscoli fisici possano essere eterni (supra, II 4; 4. 1 e 2). Questo non impedisce loro di proporre una ulteriore scomposizione mentale dei corpi fi- sici negli enti matematici. Dunque non c' contraddizione fra una eventuale indivisibilit dei corpuscoli elementari e una loro scomposizione xot raivoiov negli elementi incorpo- rei che ne costituiscono il fondamento. 19 La priorit della parte rispetto al tutto uno dei tratti caratteristici della dottrina di Seno- crate, cf. Pines 1961, 1-34; Krmer 1971, 342-344; Isnardi-Parente 1982, 350-53. 20 Themist. De an. 404 b 20, 11,20 (Xenocr. Fr. 260 IP), supra, II 4. 2 n. 71. 21 Sext. Emp. Adv. Math. 10,252-256, supra, II 4 n. 38 e 4. 1. Atomi e minimi 194 2. Atomi e minimi. L'interpretazione matematizzante dell'atomo in Aristotele Aristotele non riferisce mai esplicitamente il termine ro iotov, nella sua accezione di elemento minimo risultante da una divisione finita, all'atomo di Leucippo e Democrito. Il termine compare invece per lo pi in contesti generici, senza precise attribuzioni e soprattutto come definizione cor- rente. Aristotele lo utilizza generalmente nell'ambito della critica a quelle teorie che ammettono una composizione e scomposizione di particelle nella costituzione e nella mescolanza dei corpi. In alcune di esse com- preso anche l'atomo, ma Aristotele, quando prende in considerazione separatamente la dottrina gli atomisti, non lo designa mai specificamente come tale. Egli parla di roioto sia nel De generatione et corruptione che nel De sensu criticando il concetto di mescolanza come giustapposizione di parti- celle: dal momento che i corpi sono divisibili all'infinito, la mescolanza non una composizione di roioto posti l'uno accanto all'altro e imper- cettibili 22 . Non vengono fatti nomi specifici, ma sembra siano attaccati congiuntamente l'atomismo e il presunto corpuscolarismo di Empedocle e di Anassagora 23 . Da un brano del primo libro del De caelo in cui, come ha abbondantemente documentato Krmer, gli obiettivi della critica sono principalmente gli Accademici, in particolare Senocrate 24 , si pu tuttavia 22 De gen. et corr. A 10, 327b 33ss. otov yo oute ri ixo oioir0gi to iyvu rvo xoi tr0gi ao ogo toutov to v toaov eotr g ogov rxootov rivoi tg i oio0gori, totr rixtoi g ou, o rotiv eotr otiouv ao otiou v rivoi oiov tev i0rvtev [...] tatt o o:x to:tv tt :o!oto:o ototot0jvot, o:ot o: v0tot :o::o xot at t o rtrov, ogov e outr xoto ixo oeorvo ori to iyvurvo ovoi ri0oi. De sens. 3, 440a 31-440b 4 ri o roti ii tev oeotev g ovov tov toaov toutov o var oiovtoi tivr, aoo o!!j!o :ov t!oto:ov :t0tatvov, oogev o giv oio tg v oio0goiv, o oe aovtgi ao vte eoar rv toi ari ire rigtoi xo0oou ari ao vtev... 23 Per possibili allusioni all'atomismo, v. infra nel testo e n. 34. Per quanto riguarda la critica a teorie corpuscolari, cf. De gen. et corr. B 7, 334a 26-30 r xrivoi tr yo toi ryouoiv e Earooxg ti r otoi toao o vo yxg yo ou v0roiv rivoi xo0oar r aiv0ev xoi i0ev toio xoi to iyo or touto rx oeor vev rv rotoi tev otoiriev, xoto ixo or ao ogo ouyxrir vev. Phys. A 4, 187a 36-187b 2 (riferito ad Anassagora) to oiaov gog ouoi vriv r ovo yxg r voioov r ovtev r v xoi r vuaoovtev yivro0oi, oio i- xotgto or tev oyxev r o voio0gtev giv. oio ooi aov r v aovti ri0oi oioti aov rx aovto reev yiyvorvov. 24 Krmer 1971, 266 n. 123 fa notare come in De Cael. I 1, 299a 2ss. la stessa accusa di scuotere i principi della matematica sia rivolta contro gli Accademici e in Metaph. N 3, 1090b 28 contro i sostenitori delle idee-numero. Se vero che in un altro passo del De caelo (I 4, 303a 20-23, v. infra, n. 31) anche gli atomisti antichi vengono accusati di aver scon- volto i principi della matematica, osserva ancora Krmer, lo sono in quanto assimilati agli Accademici come assertori di grandezze indivisibili. Questo loro coinvolgimento in una pi generale confutazione degli indivisibili diretta soprattutto contro le dottrine accademi- Capitolo quinto 195 dedurre che Aristotele vede nell'ro iotov soprattutto un concetto acca- demico, la grandezza minima indivisibile che scuote i principi della mate- matica 25 . Proprio nell'ambito degli attacchi a Senocrate sono pi frequenti anche le allusioni al corpuscolo democriteo interpretato come ro iotov. Quest'ultimo costituisce per Aristotele il corrispettivo della monade/ parte/ misura di Senocrate. In Metaph. M 8, 1084b 27ss., egli instaura una esplicita relazione fra coloro che costruiscono la realt dal "minimo" e gli Accademici. Questi ultimi avrebbero posto la monade come 'materia' del numero, quelli il minimo come elemento costitutivo degli esseri. Il difetto degli Accademici per quello di aver assunto contemporaneamente due tipi di unit, ambedue in qualche modo prime: la monade costitutiva del numero ideale e il numero ideale stesso (la diade, la triade, la tetrade). In realt Senocrate distingue fra questi due tipi di unit (l'una la parte, l'altra il tutto) e le pone a due differenti livelli: le unit che costituiscono il triangolo in s, indivisibile, non sono a loro volta triangoli, ma linee, che, avendo una sola dimensione, non appartengono pi allo stesso ambito, cio alle superfici. Il triangolo in s dunque nel contempo indivisibile, in quanto unit di misura delle superfici, e scomponibile, ma in unit che appartengono ad un altro livello (la linea). Lo stesso vale per i numeri ideali: la triade una unit in quanto elemento ultimo del suo ambito, molteplicit in quanto pu essere scomposta in monadi appartenenti per ad un livello superiore. Aristotele tuttavia non fa cenno a questa distin- zione e rimprovera ai sostenitori delle idee-numero di aver sbagliato ri- spetto a coloro che avrebbero posto dei minimi poich questi ultimi non considerano il corpo composto di corpuscoli una vera unit, gli Accade- mici ritengono invece anche il composto una unit a tutti gli effetti. Ari- stotele non fa alcun riferimento specifico, ma instaura un'analogia fra le monadi componenti dell'idea-numero e i minimi posti da "alcuni" a fon- damento della realt. I commentatori antichi vedono in questo brano un'allusione a Democrito e Leucippo 26 . L'attribuzione pu essere il riflesso di una tradizione che dirotta sugli atomisti antichi ogni accenno all'ro i- otov, ma potrebbe anche corrispondere in questo caso all'intenzione di Aristotele. Egli potrebbe infatti essersi servito a fini critici di una inter- che sottolineato dal rinvio ai libri della Fisica, Sul tempo e sul movimento. Il fatto che Simpl. In De cael. ad loc. 202,27-31 individui in Democrito o chiunque altro sostenga grandezze minime l'obiettivo dell'attacco semplicemente il riflesso di quella tradizione neoplatonica di difesa degli Accademici che dirotta il pi possibile su Democrito le critiche aristoteliche contro le grandezze indivisibili. Su questo, v. infra, VI 3. 4. 25 De cael. A 5, 271b 9-11 oiov ri ti roiotov rivoi ti oig r yr0o outo yo touoi- otov riooyoyev to r yiot ov xivgorir te v o0gotixev. 26 [Alex.] In Metaph. 1084 b 23, 775,28; Syrian. In Metaph. 1084b 23, 152,20; Simpl. In De cael. 271b 2, 202,27. Themist. In De cael. 271b 4-19, 22,16-19 mantiene invece la genericit del riferimento aristotelico (Si quis minimam aliquam esse dicat magnitudinem indivisibilem...). Atomi e minimi 196 pretazione degli atomisti come sostenitori di minimi fisici proprio per mostrare agli avversari che le loro teorie non erano migliori di quelle che essi criticavano. Un parallelo si ritrova infatti in Metaph. Z 13 dove i soste- nitori dell'idea-numero risultano perdenti nel confronto con Democrito: Perci, se la sostanza una, non sar composta da sostanze che in essa si trovano ed giusto il modo in cui si esprime Democrito: infatti dice che impossibile che dal due derivi l'uno o dall'uno il due; egli, infatti, pone come sostanze le gran- dezze indivisibili. E' chiaro perci che allo stesso modo staranno le cose in rela- zione al numero, se il numero, come dicono alcuni, una composizione di mo- nadi; infatti o la diade non un uno o non c' alcuna monade in atto al suo in- terno 27 . Il confronto con la diade accademica e l'ironica allusione all'aporia del Fedone sulla causa della genesi del due (96e-97b), condizionano anche la formulazione della dottrina di Democrito in questo passo: la molteplicit da cui non pu derivare una unit citata altrove, diventa qui unicamente il due 28 . L'obiettivo di Aristotele infatti quello di dimostrare che gli Accademici non solo utilizzano gli stessi concetti di coloro che essi criti- cano, ma cadono in contraddizioni che quelli hanno evitato. Alla stessa matrice critica nei confronti dell'atomismo senocrateo da riportarsi la strana assimilazione di atomi democritei (non denominati espressamente roioto, ma considerati in ogni caso come oggetti mate- matici) e monadi di Senocrate che emerge in un passo del De anima sulla teoria dell'anima come numero che muove se stesso. Le sferette dell'anima di Democrito sono considerate equivalenti a monadi in quanto, in rela- zione a questa tesi, non sarebbero rilevanti le loro diverse dimensioni, ma il fatto che siano una quantit 29 . Le due dottrine cos assimilate soggiac- ciono alle stesse obiezioni. L'obiettivo polemico principale tuttavia pro- prio Senocrate e non Democrito 30 in quanto Aristotele discute in partico- lare la definizione senocratea dell'anima come numero che muove se stesso (cf. A 4, 408b 32). 27 Metaph. Z 13, 1039a 7-14 (68 A 42 DK; 46, 211 L.) eot ri g ouoio r v, oux rotoi r ouoiev rvuaoouoe v xoi xoto toutov to v toaov, o v r yri Agoxito o0e oou vo- tov yo rivoi goiv rx ouo r v g r r vo ouo yrvro0oi to yo ryr 0g to otoo to ouoio aoiri. ooie toivuv ogov oti xoi ra oi0ou rri, riar rotiv o oi0o ouv0roi ovooev, eoar r yrtoi uao tivev g yo ou r v g ouo g ou x roti ovo r v outgi rvtrrrioi. 28 Su questi passi, v. supra, III 4. 3 e n. 152. 29 De an. A 4, 409a 10-15 (117 L.) oorir o ov ou0r v oiorriv aovooo !t,ttv j ooao:to atxoo xoi yo rx te v Agoxitou ooiiev r ov yr vevtoi otiyoi, o vov or rvgi to aooov, rotoi ti rv outei to r v xivou v to or xivourvov, eoar r v tei ouvrri ou yo oio to ryr0ri oiorriv g ixotgti ouoivri to r0r v, o oti aooo v. 30 Come invece sostiene Silvestre 1985, 77. Capitolo quinto 197 Nei contesti in cui riporta il termine o il concetto di ro iotov, Aristotele si riferisce dunque o ad una definizione generale di minimo applicata all'interpretazione di pi dottrine presocratiche o, se allude specificamente a Democrito, lo fa nell'ambito di una polemica con Senocrate e con l'Accademia per dimostrare agli avversari che quei corpuscoli sono del tutto simili, se non superiori sul piano teorico, alle loro monadi. In que- st'ultimo caso Aristotele stesso a spingere nella direzione matematiz- zante la concezione dell'atomo per farla aderire il pi possibile alla mo- nade accademica. C' poi un altro tipo di contesto, complementare a questo, nel quale, per ragioni di economia, Aristotele sembra avvallare una interpretazione dell'atomo come minimo matematizzante. In questi casi egli si serve del- l'assimilazione dell'atomo all'ro iotov xoi o rr , minimo indivisibile e misura, per la ragione opposta, per poter sollevare cio contro Democrito le stesse obiezioni da lui rivolte ai minimi di Senocrate e per non doversi quindi produrre in una critica specifica dell'atomismo antico. In questi casi egli rimanda puntualmente ai libri della Fisica, Sul tempo e sul movimento. In questo contesto rientra il rimprovero agli atomisti nel terzo libro del De caelo di andare contro i principi della matematica e di confutare molte opinioni comuni e molti fenomeni ponendo corpi indivisibili 31 . Aristotele utilizza qui strumentalmente un'interpretazione matematizzante dell'a- tomo democriteo che gli permette di cumulare un ulteriore motivo critico senza doverlo poi sviluppare specificamente. Il fatto che rimandi ai libri Sul tempo e sul movimento (rispettivamente il cap. 1 e 2 del sesto libro della Fisica) diretti in generale contro gli indivisibili, ma principalmente contro quelli accademici 32 , conferma che Aristotele economizza sulla discussione del problema pi specifico unificando sotto un'unica voce teorie demo- critee e indivisibili accademici. Ancora in De sens. 6, dove non menziona espressamente alcun nome, allude agli indivisibili conoscibili solo col pen- siero e privi di qualit sensibili che risulterebbero dalla divisione dei corpi come a dei corpi "matematici": talch necessariamente la sensazione deve essere divisibile all'infinito e ogni parte deve essere una grandezza sensibile; poich impossibile vedere il bianco senza vedere una quantit di colore bianco. Se infatti cos non fosse, sarebbe possibile l'esistenza di un corpo privo di colore, di peso e di qualsiasi affezione del genere; talch un tal corpo non sarebbe per nulla sensibile, dal momento che i sensibili possiedono queste affezioni. Dunque il sensibile sarebbe composto di enti non 31 De cael. I 4, 303a 20-23 (67 A 15 DK; 109 L.) ao or toutoi ovoyxg oro0oi toi o0gotixoi raiotgoi otoo oeoto ryovto, xoi aoo tev rvooev xoi tev oi- vor vev xoto tgv oio0goiv o voiri v, ari e v rigtoi aotrov r v toi ari ovou xoi xivgore. 32 Cf. Krmer 1971, 265s. Atomi e minimi 198 sensibili. E' necessario invece che lo sia poich non pu essere certamente com- posto di enti matematici 33 . Aristotele rimanda per la critica ancora agli stessi passi del sesto libro della Fisica dove vengono trattati specificamente gli indivisibili, ma non chiaro se qui, nel De sensu, egli alluda solo all'atomismo accademico o anche al- l'atomismo democriteo interpretato in questa ottica 34 . Il tratto caratterizzante dei passi aristotelici in cui il corpuscolo demo- criteo viene considerato un ro iotov indivisibile contrario ai principi della matematica dunque il confronto con concetti e teorie accademiche. Questo rafforza il dubbio che nella dottrina originale l'atomo non compa- risse in una problematica marcata da una visione matematizzante della realt e dalla ricerca dei principi universali e che non fosse affatto una reazione al paradosso della divisibilit all'infinito. Giudicato per da que- st'angolazione, il corpuscolo solido e compatto degli atomisti antichi era interpretabile come la particella ultima indivisibile risultato di una divi- sione finita e misura della realt fisica, corrispondente in qualche modo al concetto accademico di roiotov xoi o rr . L'astrattezza di tipo ma- tematico che caratterizza questa concezione urta per contro i tratti pecu- liari dei cosiddetti atomi di Leucippo e Democrito che non hanno un numero definito di forme tali da poter "misurare" e ordinare il sensibile e non possono a loro volta essere "misurati" da un'unica unit di misura 35 . Gli ro ioto xoi org prospettati nel De lineis sono infatti misure prime delle lunghezze, delle superfici, dei solidi e dei corpi elementari, e corri- spondono ciascuno ad una unit nel loro ambito. L'interpretazione degli atomi di Leucippo e di Democrito sullo sfondo di problematiche e con- cetti ad essi estranei favoriva ovviamente le critiche, in particolare quella all'infinit e all'irregolarit delle forme che emerge occasionalmente in Aristotele e si intravvede dietro una osservazione marginale della Metafisica teofrastea, passi che verranno commentati qui di seguito. 33 De sens. 6, 445b 8-15 (110, 429 L.) eot o vo yxg tg v tr oio0goiv ri oario oioirio0oi xoi ao v rivoi r yr0o oio0gtov oouvotov yo ruxo v rv oo v, g aooov or. ri yo g oute, r voroit ov ri voi ti oeo gor v rov eo gor oo go oo ti toioutov ao0o eot ouo oio0gtov oe, touto yo to oio0gto. to o oio0gtov rotoi ouyxrir- vov oux r oio0gtev. o ovoyxoiov ou yo og r x yr te v o0gotixev. 34 De sens. 6, 445b 15-21 (110, 429 L.) rti tivi xivourv touto g yveoor0o g tei vei o ou vogto, ouor vori o vou to rxto g rt oio0gore o vto, oo o ri tout rri oute, roixr oturi v toi to otoo aoiouoi ryr0g oute yo o v uoito o oyo. o oou vo- to rigtoi or ari oute v r v toi oyoi toi ari xivgore. 35 Il problema stato rilevato da Sinnige 1968, 152s. che proprio su queste basi rifiuta la caratterizzazione matematica che in pi punti Aristotele attribuisce all'atomo degli atomisti antichi presentandolo come risultato della divisibilit all'infinito. Su questo problema si appuntata in particolare anche l'attenzione della critica anglosassone, cf. Baldes 1972, 1; Konstan 1987, 6 n. 7; Furley 1987, 127ss.; Lewis 1990, 249ss. Capitolo quinto 199 L'ultima parte di De caelo I 4, , come giustamente osserva Krmer 36 , fondamentale per individuare dei residui di interpretazioni accademiche degli atomisti in Aristotele in quanto ripropone in sequenza tutti i punti qualificanti di quella esegesi dell'atomo ora delineata. Il passo si apre in- fatti con un breve resoconto sull'atomismo che si conclude inopinata- mente con l'osservazione: in un certo modo anche costoro riducono tutte le cose esistenti a numeri e le fanno composte di numeri; e infatti, anche se non lo dichiarano apertamente, tuttavia vogliono dire proprio questo 37 . Ora, questo contrasta con tutti gli altri giudizi aristotelici che vogliono l'atomismo antico distinto da quello platonico proprio per il fatto che pone a fondamento del reale dei corpi e non degli enti matematici, ma concorda con una visione matematizzante degli atomi considerati come unit tutte uguali alla stregua di quelle numeriche e, come tali, misure ultime della realt 38 . Da questa interpretazione scaturisce la successiva critica alle forme infinite degli atomi: Ancora neppure secondo la loro teoria sembrerebbe che gli elementi fossero in- finiti se i corpi differiscono per la figura e tutte le figure sono composte da pira- midi, quelle rette da piramidi rette, la sfera da otto parti. Infatti necessariamente ci sono dei principi delle figure. Cosicch, sia che questi principi siano uno, sia che siano due o pi, anche i corpi semplici saranno altrettanti per numero 39 . Queste teorie della composizione degli elementi da piramidi sono state attribuite a diversi allievi di Platone 40 , ma la matrice accademica della cri- tica non mai stata messa in discussione. Le forme degli atomisti, che non hanno nulla a che fare con le figure matematiche, vengono interpretate e criticate alla luce della concezione accademica esposta da Aristotele stesso 36 Krmer 1971, 265. 37 Arist. De cael. I 4, 303a 8-10 (67 A 15 DK; 109 L.) toaov yo tivo xoi outoi ao vto to ovto aoiouoiv oi0ou xoi r oi0ev xoi yo ri g ooe ogou oiv, oe touto ouovtoi r yriv. 38 Questa anche l'interpretazione fornita dai commentatori, cf. Themist. ad loc. 178,8-22; Simpl. ad loc. 610,3-7. 39 Arist. De cael. I 4, 303a 29-303b 3 rti ouor xoto tgv toutev uaogiv oo rirv o v oario yiyvro0oi to otoirio, riar to r v oe oto oiorri og ooi, to or ogoto ao vto ouyxritoi rx auoioev, to r v ru0uyoo r ru0uyoev, g or ooio r oxte oiev. o vo yxg yo rivoi tivo oo tev ogotev. eotr ritr i o ritr ouo ritr ariou, xoi to oao oeoto tooouto rotoi to ag0o. 40 Heinze 1892, 70 n. 1 e Cherniss 1962, 143 le hanno attribuite a Senocrate, Isnardi Parente 1982, 357s. a Speusippo, Furley 1967, 98 e Krmer 1971, 265 le hanno riportate ad un esempio di scuola corrente nell'Accademia. Assolutamente infondata invece la tesi di Lu- r'e 1970 che, in accordo con la sua concezione di un Democrito matematico, le riferisce a quest'ultimo (Test. 130), pur ammettendone la "somiglianza" con quelle accademiche (450 ad loc.). La sua interpretazione stata tuttavia ripresa anche da Baldes 1972, 2 e 10 n. 5. Atomi e minimi 200 poco dopo 41 secondo cui gli elementi sono costituiti ciascuno da una fi- gura solida la prima delle quali la piramide 42 . In questo capitolo Aristo- tele si serve dunque sia di argomenti accademici contro gli atomisti 43 , sia del modello di assimilazione di atomismo antico e accademico per criti- care ambedue. Del resto anche in Teofrasto, che ci restituisce la versione pi marca- tamente fisica delle dottrine democritee e leucippee, sono individuabili, in un accenno dell'ultimo capitolo della Metafisica (11b 17-22), residui di una critica alle forme atomiche espressa dall'ottica matematizzante secondo cui gli indivisibili sono le unit di misura dei vari gradi dell'essere. Teofra- sto, conclude il suo trattato dicendo che negli enti non esiste un ordine assoluto, n un finalismo assoluto, ma solo fino ad un certo punto. Su queste basi classifica una serie di enti in relazione al grado di ordine che essi possiedono: sembrerebbe che, fra i sensibili, possedessero il massimo ordine i corpi celesti, fra gli altri, se non sono addirittura precedenti a questi ultimi, gli oggetti matematici. Se anche infatti non tutto in questi ordinato, almeno lo la maggior parte di loro, a meno che non si prendano in considerazione forme quali quelle che De- mocrito attribuisce agli atomi 44 . La sequenza teofrastea ordinata in maniera dicotomica: da una parte gli oi o0gto (nel cui ambito il massimo ordine rapppresentato dai corpi celesti), dall'altra i o0gotixo che fanno parte dei vogto. Subordinata- mente a quest'ultima voce Teofrasto cita specificamente le forme democri- tee. Qui non solo presupposta la distinzione fra oi o0gto e vogto pre- sente anche nelle argomentazioni dei "Pitagorici" di Sesto, ma anche il modello esegetico di De caelo I 4 che considera gli atomi alla stessa stregua degli oggetti matematici. L'accenno alle forme non va interpretato tanto come la possibilit dell'introduzione di un disordine reale in questi ultimi, quanto piuttosto come un caveat nei confronti di dottrine come quella di 41 I 4, 304a 14ss., v. supra, n. 4. 42 Temistio, nel commento al passo, mette proprio in rilievo questa incongruenza di giudicare le figure atomiche e di criticarle come se fossero delle figure matematiche, In De cael. 181,29-34 Perspicuum est autem et manifestum figuras regulatas esse finitas, quemadmodum sunt omnes figurae, quae equilaterae sunt ac aequis angulis constant, figurae autem irregulatae termino ac fine vacant. Itaque si isti dixerint individua ita se habere, quemadmodum etiam dicere solent, consentaneum non est, ut per hunc sermonem eis opponatur. 43 Non si tratta quindi semplicemente di un uso arbitrario da parte di Aristotele della dottrina del Timeo per confutare Democrito (Cherniss 1935, 6s.), ma della ripresa di una critica cor- rente nell'Accademia basata sulla considerazione delle figure atomiche come solidi regolari. Il contesto stesso giustifica quest'uso. 44 Theophr. Metaph. 11b 17-22 (175 L.) oioto o o v oorirv rriv tg v yr to iv te v rv oio0gtev to ouo vio, tev o oev, ri g oo xoi aotro toutev, to o0gotixo ri yo xoi g ao v o r v toutoi arov to trtoyrvov. ag v ri ti toiouto oo voi to oo oi o Agoxito uaoti0rtoi te v otoev. Capitolo quinto 201 Democrito: le forme atomiche si situano s al di fuori del sensibile, ma non possono essere paragonate agli oggetti matematici proprio per le loro forme irregolari. La distanza da questi ultimi sottolineata dall'uso da parte di Teofrasto del termine ooi che designa l'aspetto, la foggia in generale, ma non le forme geometriche (og oto). Questa equiparazione con, e nel contempo distinzione dagli oggetti matematici costituisce un caso singolare nell'esegesi teofrastea dell'atomismo antico e si giustifica col fatto che nella Metafisica Teofrasto presta maggiore attenzione alle tesi accademiche 45 . Proprio la trattazione delle forme e delle grandezze fa risaltare la di- versa ottica con cui gli atomisti antichi affrontano il tema della genera- zione e della corruzione rispetto agli Accademici. Se i corpuscoli indi- struttibili degli atomisti presentano variazioni infinite di forma e gran- dezza, significa che essi erano concepiti non come unit minime cui si arriva per divisione di corpi e grandezze omogenee, ma, al contrario, come corpuscoli indistruttibili ed eterni da cui si parte per comporre una variet infinita di corpi: l'infinit delle forme concepita a questo fine 46 e forme particolari degli atomi, come quelle uncinate e ad amo hanno senso in un'ottica costruttivistica 47 non in una prospettiva matematizzante che arriva ai minimi per divisione 48 . Aristotele faceva osservare nel De caelo che la differenza fra la fisica e la matematica sta nel fatto che l'una procede per addizione l'altra per sottrazione 49 . Questa definizione si addice anche alla diversit di impostazione e di origine fra l'atomismo antico e quello acca- demico. Interpretare gli atomi come risultanti da una divisione in parti 45 Gli ultimi editori della Metafisica teofrastea hanno visto in questo accenno alle forme demo- critee un problema che forse risolvibile se correlato con il contesto interpretativo pi ampio dell'atomismo in generale. Laks-Most 1993, 88, pur ammettendo che l'irregolarit delle forme atomiche spiegherebbe l'allusione ad un disordine negli enti matematici, riten- gono inutile il agv ri in quanto gli atomi di Democrito non sono affatto forme geometri- che. L'eccettuativa si giustifica per alla luce della critica di matrice accademica contro l'in- finit e l'irregolarit delle forme che si ritrova anche in De caelo I 4. 46 Cf. Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,22) (68 A 38 DK; 318 L.) eotr ruoye oariev ouoe v tev oe v ao vto to ao0g xoi to ou oio oaooeoriv ragyyrovto, u ou tr ti yivrtoi xoi ae. 47 Cf. Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,14-18) (68 A 37 DK; 227, 293 L.) tou or our vriv to ou oio rt ogev ri tivo oitiotoi to raooyo xoi to ovtigri tev oeotev to r v yo oute v rivoi oxogvo , to or oyxioteog, to or xoio, to or xuto, to or oo ovoi0ou rovto oiooo . Cf. Stob. 1,22,1 (67 A 23 DK; 386 L.) Aruxiaao xoi Agoxito itevo xuxei xoi ur vo aritrivouoi tei xooei, oio te v o yxiotorioev otoev ouararyr vov. Cf. anche Diog. Laert. 9,31ss. (67 A 1 DK; 382 L.); Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,19-22) (68 A 38 DK; 318 L.); Id. De sens. 66 (68 A 135 DK; 496 L.). 48 Non a caso le critiche all'indivisibilit dell'atomo nella tradizione tarda (v. infra, VI 3. 2. 1 e 3. 2. 2) si appuntano in particolare contro tali forme atomiche. 49 Arist. De cael. I 1, 299a 17s.; cf. anche Metaph. K 3, 1061a 28-1061b 7. Atomi e minimi 202 sempre pi piccole di un corpo, significa infatti inserirli in una soluzione matematizzante del problema dell'infinita divisione che subordina il mondo fisico ai principi incorporei e alla definizione di essere e uno tipica dell'Accademia. Significa inoltre isolare il corpuscolo degli atomisti dalla sua caratteristica peculiare, il movimento, e soprattutto sradicarlo dal contesto socio-politico e culturale del tempo in cui stato concepito. Un'astrazione in questo senso viene operata in certi contesti da Aristotele stesso. Se si guarda infatti ai tre termini che egli riporta come originali democritei e che designano le potenzialit generatrici del corpuscolo di Leucippo e Democrito, uoo , toag, oio0iyg , si pu percepire chiara- mente la distanza che separa una concezione del mondo di tipo compo- nenziale e dinamico articolata su uno sfondo socio-politico da una di tipo afairetico e statico concepita in termini matematico-dialettici. Gli atomi sono rappresentati come esseri viventi che si muovono e si combinano in un contesto di lotte e di cambiamenti, gli roioto xoi org che invece emergono dai resoconti sugli indivisibili accademici hanno tutte le caratte- ristiche astratte delle unit matematiche e derivano da una scomposizione teorica della realt fisica subordinata alla definizione di essere e di uno. Aristotele traduce dunque in una terminologia pi adeguata ai problemi teorici dell'atomismo del suo tempo i termini originali democritei con il risultato di trasformare l'atomo da corpo in movimento ad entit spaziale astratta 50 , non solo, ma di privarlo di quelle connotazioni che riflettono una realt socio-politica dell'ultimo terzo del V sec. a.C. Cos la denomi- nazione ogo, per uoo , trasforma l'atomo in una figura statica e astratta alla stregua delle figure geometriche platoniche. Puoo veicola tuttavia un'immagine dinamica: il "ritmo" il passo cadenzato della danza e della marcia 51 . I poeti arcaici lo usano poi per indicare una "disposi- zione" dell'essere umano in una sequenza mutevole o in una variet di 50 Sul tratto del movimento indissolubilmente legato alle denominazioni dell'atomo democri- teo e sulla completa scomparsa di tale caratterizzazione nelle traduzioni aristoteliche, cf. von Fritz 1938, 25-29; Silvestre 1981, 40ss. sottolinea ulteriormente questo fatto, ma in- travvede nel termine uoo "la proporzione e il rapporto armonico esistente tra le misure fondamentali dell'atomo (che ha elencato prima in configurazione esteriore, altezza, lar- ghezza, profondit ecc.)" o "il rapporto esistente tra la forma e la grandezza dell'atomo" (42). In questa definizione tuttavia viene tacitamente presupposto che l'atomo sia conce- pito come teoreticamente divisibile e che possieda dei minimi con i quali essere misurato, insomma che coincida con l'atomo epicureo. Se la misura non viene concepita inoltre nei termini di una misura di lunghezze come il minimo dell'atomo di Epicuro, riesce difficile immaginare come possa essere concretamente pensabile una misura di forme irregolari come quelle degli atomi democritei. Per una recente e approfondita analisi del termine, cf. ora Morel 1996, 54-59. 51 Ar. Th. 956; Xen. An. 5,4,14; Cyr. 1,3,10; Pl. Leg. 670b. Capitolo quinto 203 stati d'animo 52 . Anche nell'uso erodoteo, gi molto vicino a quello democriteo, il termine compare in un contesto di cambiamento. Erodoto riporta l'origine delle lettere greche all'alfabeto fenicio: i Greci ne avreb- bero col tempo cambiato il suono e la "foggia" 53 . Il titolo di un'opera democritea, che, per lingua e terminologia sembra essere originale, : "Sulle cose che cambiano foggia" (Hri oriiuoie v 54 ). In altri testi contemporanei a Democrito uoo significa la "foggia" particolare di un vestito o di qualche altro capo di abbigliamento che lo distingue da altri e ne caratterizza la provenienza geografica 55 . Dunque uoo non la figura geometrica di un atomo isolato e astratto, bens l'aspetto caratteristico e distintivo di un corpuscolo in movimento in un contesto vario e mutevole o comunque di forma irregolare. Toag rimanda anch'essa ad un cambia- mento, in quanto indica la "giravolta" di un atomo in movimento ed tratto sicuramente dal lessico militare 56 : toag infatti l'atto di volgersi in fuga di fronte al nemico 57 . Nel frammento aristotelico su Democrito aleg- gia in effetti l'immagine di una oto oi, di una "guerra civile", nella quale gli atomi si scontrano gli uni con gli altri: Queste essenze sono in lotta l'una contro l'altra e si muovono nel vuoto a causa della loro disuguaglianza e delle altre differenze summenzionate e, muovendosi, si scontrano e si avviluppano Alcuni atomi, nello scontro, si "volgono in fuga" di fronte ad altri; ecco dunque la toag. Quello di Aristotele un contesto cosmogonico, ma la 52 Cf. e.g. Archil. Fr. 128,6s. West oo otoioiv tr oir xoi xoxoioiv o ooo/ g igv, yiveoxr o' oio uoo o v0eaou rri. Theogn. 1,963s. gaot' raoivgogi, ai v o v riogi o voo oogve/ oygv xoi u0ov xoi toaov ooti ov gi. 53 Hdt. 5,58,1 rto or ovou aooivovto oo tgi evgi rtroov xoi tov u0ov tev yootev. Come ha gi ricordato il von Fritz 1938, 25s. una relazione diretta fra i due usi, erodoteo e democriteo, comunque inverosimile. 54 Diog. Laert. 9,47 (68 A 33 DK; CXV (V) L.). 55 [Hippocr.] Art. 62 (II,214,2 Khlewein = IV,268 Littr), per la foggia particolare delle calzature chiote. Cf. anche Eur. Her. 130 per la foggia "greca" del peplo. 56 Non bisogna dimenticare che fra i titoli di Democrito compaiono anche un Toxtixo v e un Oaooixov. Queste opere sono state talvolta considerate spurie dalla critica moderna solo in seguito al pregiudizio che Democrito, da filosofo qual era, non avesse potuto scri- vere anche opere tecniche di questo genere. In realt Democrito non un filosofo, ma un tipico polymathes dell'ultimo terzo del V sec. a.C. (come lo era del resto Ippia) il cui tratto caratterizzante appunto quello di invadere anche il campo delle technai. Il sofista Dioni- sodoro che conosciamo anche da Platone tiene fra l'altro anche corsi di tattica militare (Xen. Mem. 3,1,1). Democrito esortava ad imparare la trvg aorixg poich era impor- tantissima. Plut. Adv. Colot. 1126 A (68 B 157 DK; 728 L. ev Ago xito rv aooivri tgv tr aorixgv trvgv ryiotgv ouoov rxoioooxro0oi...). La lezione aoitixgv che si trova in Diels (e in Lur'e) una correzione di Reiske della lezione dei manoscritti, cf. invece De Lacy 1967 ad loc. 57 Hdt. 1,30; Thuc. 2,19; 6,69 al.; Aesch. Ag. 1237; Soph. Aj. 1275; [Eur.] Rhes. 82; Ar. Eq. 246. Atomi e minimi 204 toag un fenomeno frequente anche all'interno dei composti nel mondo attuale tenuti insieme da una o voyxg pi forte delle loro spinte centrifu- ghe: in questo caso la "giravolta" non comporta una "fuga", ma determina semplicemente un assetto diverso del composto stesso: il corpo cambia, ad esempio, colore. Aristotele traduce il termine con 0roi eliminando non solo l'aspetto dinamico e il carattere relazionale di questa "giravolta", ma soprattutto cancellando tutto il complesso di immagini e connotazioni socio-politiche evocate da questo termine e sradicandolo dal contesto in cui stata concepito. Gli atomi in movimento dunque si scontrano: gli uni si 'volgono', gli altri invece, evidentemente quelli che hanno forme complementari, ri- mangono "impigliati" nella lotta e, volenti o nolenti, imprigionati nell'ab- braccio adattandosi senza arrivare per mai ad una unione completa. Questo processo di reciproco contatto definito oio0iyg. Si tratta di un hapax, ma 0iyyo ve significa, oltre che "toccare", anche "abbracciare" e avere rapporti sessuali 58 . Il termine rimanda dunque all'immagine di una lotta che tuttavia, producendo dei "contatti" anche forzati, pu trasfor- marsi in una forza generatrice. Anche la oio0iyg determina l'apparenza dei composti: il contatto pu essere pi o meno stretto, riguardare super- fici pi o meno ampie e dare origine ad aggregati pi o meno omogenei, pi friabili o pi compatti, come nel caso degli oggetti bianchi descritti da Teofrasto 59 . Aristotele traduce il termine con toi, l'ordine degli atomi in un composto, eliminandone il carattere di reciprocit, il dinamismo e soprattutto le connotazioni che stanno alla radice dell'immagine. I corpu- scoli di Leucippo e Democrito sono concepiti sullo sfondo di una visione socio-politica della natura, dove singoli individui resistenti e indistruttibili, in continua fibrillazione, forniti di movimenti propri e spiccate tendenze all'autonomia, rimangono volenti o nolenti impigliati in aggregazioni alea- torie 60 . Era per inevitabile che, una volta inseriti in una visione mate- matizzante e astratta finalizzata al discorso sugli indivisibili e sui principi, questi corpuscoli assumessero quelle caratteristiche concettuali astratte che si incontrano in molti resoconti aristotelici e venissero interpretati come roioto, corpuscoli minimi che, in qualit di riflessi dell'uno nel mondo fisico, lo misurano e lo ordinano e che, quanto non rientrava in queste categorie, fosse o modificato, o criticato, o espunto. Si tratta di una costante dei processi di assimilazione culturale alla quale la prassi scola- stica imprime talvolta una accelerazione innaturale. 58 "Abbracciare": Eur. Ph. 300. "Avere contatti sessuali": Eur. Hippol. 885, 1044; Soph. OC 329. Per altri termini dello stesso campo semantico usati nella dossografia democritea e probabilmente originali, cf. Decleva Caizzi 1984, 14s. 59 De sens. 73 (68 A 135 DK; 484 L.). 60 V. infra, VII. 3. Capitolo quinto 205 3. Terminologia accademica nelle denominazioni degli atomi in Aristotele L'influsso della problematica accademica degli indivisibili particolar- mente marcato a livello terminologico quando Aristotele menziona i cor- puscoli democritei nell'ambito del tema pi generale delle grandezze indi- visibili e prime, o li confronta con i triangoli platonici. Qui di seguito prender in esame i singoli termini tecnici con cui Aristotele designa l'a- tomo sottolineando, all'occasione, la differenza fra il contesto aristotelico e quello dell'uso del termine nel V sec. a.C., l'et in cui la dottrina atomi- stica stata formulata. Atoo. Il termine otoov considerato generalmente originale de- mocriteo e probabilmente cos. Senza voler negare il valore di tutta una tradizione che assegna a Leucippo e a Democrito come carattere distin- tivo proprio la denominazione "atomo", non ci si pu tuttavia nascondere che le testimonianze, in particolare quella aristotelica, lasciano aperte delle questioni sul suo uso e sul suo reale significato, che devono comunque essere rilevate. Una famosa citazione democritea corrente in molti testi tardi recita: per convenzione dolce, per convenzione amaro, per convenzione caldo, per con- venzione freddo, per convenzione colore, in realt atomi e vuoto 61 . Il termine compare qui al neutro e non permette particolari considerazioni sul suo significato originario. Della massima in questa forma non sembra essere rimasta traccia in Aristotele. Teofrasto vi allude in un passo del De sensu 62 nel quale per parla di ogo e non di otoov. Plutarco, nella Con- tro Colote, ne riporta la parafrasi specificando che Democrito chiamava gli 61 Cito la versione pi ampia riportata da Sext. Emp. Adv. Math. 7,135 (68 B 9 DK; 55 L.) voei yuxu, voei aixov, vo ei 0rov, voei uov, voei oig rtrgi or otoo xoi xrvo v. Cf. anche Diog. Laert. 9,72 (68 B 117 DK; 51 L.). Altre versioni non menzionano il caldo e il freddo, cf. Gal. De elem. sec. Hipp. 2,9 (60,8 De Lacy = I,2,417 K.) (68 A 49 DK; 90, 185, 197 L.), cf. De med. empir. 15,7, 114 Walzer (68 B 125 DK; 79-80 L.). Su queste varianti, cf. Gemelli Marciano 1998. La formulazione della seconda parte della citazione invece costante in tutti gli autori. Ho dato qui di proposito una traduzione il pi possibile neutra che lascia aperta la via per pi di una interpretazione. Quella esistenziale ("per convenzione [ il] dolce in realt [ci sono solo] atomi e vuoto") risale all'Accade- mia scettica e viene ripresa dai neopirroniani, quella relativistica (per convenzione [qual- cosa] dolce in realt [] atomi e vuoto) riflessa in Galeno. La prima nega esistenza e valore alle qualit sensibili, l'altra invece ne sottolinea unicamente la relativit. Su questa massima e sulla sua trasmissione e interpretazione, cf. Gemelli Marciano 1998. 62 De sens. 69 (68 A 135 DK; 3, 441 L.) oae or to rv ogo xo0' outo r oti, to or yuxu xoi oe to oio0gtov ao oo xoi rv ooi, e goiv. Atomi e minimi 206 atomi ioroi: "tutto atomi, da lui chiamati forme, e nient'altro" 63 . Questi passi fanno balenare la possibilit che otoo, nella formulazione corrente della massima, sia stato sostituito ad ioroi certamente meno indicativo, ma ben attestato anche per Democrito 64 . A favore di o too, per, depon- gono il ritmo e l'eufonia. L'uso e il significato del termine otoov (oeo?) da parte degli atomi- sti si presentano dunque un poco pi problematici di quanto a prima vista non sembri. Mi limiter qui ad accennare ad un'ulteriore stranezza. Ari- stotele, nel gi citato frammento dell'opera su Democrito 65 , non riporta fra le denominazioni dei corpuscoli democritei il termine otoov. Sebbene le corrispondenze da lui istituite non siano del tutto precise 66 , rimane comunque singolare che egli non faccia alcun cenno proprio ad una denominazione che in altri testi ritiene scontata e fondamentale, tanto pi che riporta quella molto pi inusuale di vootov. I corpuscoli di Democrito vengono definiti ixoi ou oi oi, o vto, vooto, orv, ma non otoo n ooioirto, n compare alcun accenno all'indivisibilit. Il fatto che essi vengano a contatto senza fondersi mai in un solo ed unico corpo spie- gabile, come si visto, con la compattezza e la durezza e non presuppone necessariamente il discorso teorico sull'indivisibilit 67 . Se si confronta, per, il passo parallelo di Metaph. Z 13, 1039a 7-14 citato sopra 68 dove Aristotele oppone esplicitamente Democrito a Senocrate, si osserva come le ou oioi del primo siano senza esitazione qualificate come otoo ryr0g (to yo ryr0g to otoo to ou oi o aoiri ). Lo stesso fenomeno si ri- scontra in altri resoconti aristotelici dove esse vengono designate con la stessa espressione o come o too o otoo oeoto. In generale si tratta di 63 Plut. Adv. Colot. 1111 A (68 A 57 DK; 198 L.) ri voi or ao vto to o toou, ior o ua outou xoour vo, rtrov or gor v. Non sono assolutamente giustificate quelle inter- pretazioni che considerano otooi attributo di ioroi (cf. Diels-Kranz, ad loc., II, 99 app.; Alfieri 1936, 100 n. 228; id. 1979, 59s.). Come gi faceva notare Westman 1955, 269s., la costruzione sintattica indica chiaramente che Plutarco attribuisce a Democrito l'esistenza reale solo di quelli che nella tradizione sono chiamati atomi e che l'Abderita, invece, defi- niva ior oi. L'altra interpretazione richiederebbe una diversa costruzione: rivoi or ao vto to ua ou tou xoour vo otoou ior o, rtrov or gorv. 64 Cf. Sext. Emp. Adv. Math. 7,137 (68 B 6 DK; CXVI, 48 L.) r v or tei Hri iorev. Simpl. In Phys. 195b 31, 327,24s. (68 B 167 DK; 19, 288 L.) ori vov oao tou aovto oaoxi0gvoi aovtoiev riorev. Simplicio la riporta come citazione letterale attingendo probabilmente ad Eudemo menzionato immediatamente dopo (327,27). La forma riorev non in ogni caso democritea. 65 Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,1ss.) (68 A 37 DK; 172, 197, 293 L.). 66 Cf. ad esempio la denominazione oariov con la quale, secondo Aristotele, Democrito avrebbe indicato il vuoto. Nel resoconto di Diogene Laerzio su Leucippo, oariov in- vece il tutto, l'insieme del pieno e del vuoto (Diog. Laert. 9,31 = 67 A 1 DK; 289 L.). Forse Aristotele interpretava una espressione del tipo rv oariei xrvei. 67 V. supra, III 4. 3 n. 152. 68 V. supra, n. 27. Capitolo quinto 207 contesti che, o utilizzano schemi di classificazione correnti 69 , o instaurano comunque delle analogie con forme di atomismo accademico 70 . Altre singolarit si riscontrano nei testi teofrastei. Le testimonianze che risalgono a lui solo in maniera indiretta non fanno testo in quanto il termine compare nella forma femminile adottata dall'epicureismo e cor- rente negli autori tardi, g o too 71 . Nei testi originali di Teofrasto ricorre invece solo due volte, e nella forma neutra, di cui una nel De causis planta- rum, quando nega che le forme di Democrito possano trasformarsi una nell'altra per generare un succo da un altro: "infatti l'atomo incapace di patire" 72 . Quest'ultima osservazione un inciso di Teofrasto perfettamente consonante col giudizio aristotelico di De gen. et corr. A 8, 326a 1 (" neces- sario definire o ao0r ciascuno degli indivisibili"). Nel passo della Metafisica citato nel paragrafo precedente, il termine correlato, come detto, con la caratterizzazione matematica del corpuscolo democriteo. Singolare inoltre che nel De sensibus, nel lungo resoconto sulla teoria democritea delle sensazioni (di cui la famosa massima dovrebbe fare parte), non si parli mai di otoo, ma sempre e solo di ogoto. Se, nonostante tutto, si accetta il termine otoov come originale, si pone comunque il problema semantico. Non infatti scontato che Democrito gli attribuisse quel signi- ficato tecnico di "indivisibile" che assume in Platone e nella sua scuola e in Aristotele. Il termine rarissimo prima di Platone e si incontra solo una volta nelle Trachinie di Sofocle. Il prato dell'Eeta, consacrato a Zeus, definito o too, non naturalmente nel senso di "indivisibile", ma in quello di "non tagliato, non falciato, inviolato" 73 . Pi tardi, nel V sec. a.C., viene utilizzato dal comico Efippo per indicare la barba fluente, "non tagliata" 69 Cf. De an. A 2, 404a 2 (67 A 28 DK; 200 L.) oariev yo o vtev ogotev xoi otoev to ooioriog au xoi ugv r yri, dove xoi otoev sembra piuttosto una aggiunta a ogotev ripreso subito dopo da ooioriog . 70 Cf. De gen. et corr. A 2, 316a 11ss. dove le dottrine di Democrito e Leucippo vengono trattate nel problema generale dell'esistenza di o too ryr0g e confrontate con quelle ac- cademiche. Cf. anche De cael. I 4, 303a 20-23, supra, n. 31, dove a Democrito viene mossa l'accusa, coniata specificamente per i Platonici, di andare contro i principi della matematica. 71 Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,4ss.) (67 A 8 DK; 147 L.; 68 A 38 DK; 318 L.); Theophr. Fr. 238 FHS&G (Simpl. In De cael. 299a 2, 564,24-26) (68 A 120 DK; 171 L.); Diog. Laert. 9,30ss. (67 A 1 DK; 289, 382 L.). 72 Theophr. De caus. plant. 6,7,2 (68 A 132 DK; 499 L.) Agoxitei rv yr ae aotr r ogev g yr vroi (scil. tev ue v) oaogorirv o v ti. ovoyxg yo, g to ogoto rto- u0iro0oi, xoi rx oxogve v xoi ouyeviev arirg yivro0oi [...]. rari o' oou votov rtoogotiro0oi, (to yo o :oaov oao0r), oiaov to r v rioirvoi to o' rir voi g to rv uaorvriv to o' rir voi. Nella composizione del colore verde in De sens. 75 (68 A 135 DK; 484 L.), invece, il termine otoov non compare to or eov rx tou o:toto: xoi tou xrvou ouvrotovoi rixtov r ooi v. 73 Soph. Tr. 200 e Zru, tov Oitg otoov o riev rri. Questo passo viene segnalato, proprio per questo significato di "non tagliato", anche da Lewis 1998, 2s. n. 1, il quale per non ne trae alcuna conclusione. Atomi e minimi 208 dei filosofi 74 . Il termine, nel suo uso corrente, designa dunque un oggetto su cui non intervenuto alcun strumento da taglio. Il significato di "indi- visibile" attestato solo a cominciare da Platone che ne fa un termine tecnico della oioiroi logica 75 cos come aveva fatto con otoiri ov nel- l'ambito della fisica per designare gli elementi 76 . Se Democrito si atteneva al significato corrente ai suoi tempi, gli otoo oeoto erano non corpi "indivisibili", ma corpi intatti su cui non intervenuto nessun strumento da taglio. In questa accezione il termine evoca una bella immagine anassa- gorea le cose che si trovano in un insieme ordinato 77 non stanno separate una dall'altra n reciso con la scure ci che caldo da ci che freddo n ci che freddo da ci che caldo 78 . A loro modo anche gli "omeomeri" di Anassagora sono "atomi", in quanto le loro componenti basilari non sono separate una dall'altra n "tagliate con la scure", ma sono sempre l, tutte insieme. L'azione separa- trice del Nous infatti, non si esercita su di loro, ma sulla mescolanza in generale. L'immagine molto concreta ed evocativa e precorre in un certo senso quella degli "atomi" di Democrito: otoov quel corpo che nes- suna lama ha mai reciso, che rimasto intatto, non scalfito da nessuna ovo yxg. Non si tratta in questo caso di un significato tecnico derivato dalla problematica della divisione, ma di un termine che evoca un'imma- gine. Una stessa carica evocativa ha anche un altro hapax democriteo molto vicino per formazione a o toov cio o aotgtov, "non calcato da piede", per designare ci che ha una struttura irregolare 79 . Questa termi- nologia, che attinge alla realt della vita ed altamente evocativa e pitto- rica caratteristica di Democrito 80 . Se dunque anche otoov termine democriteo, difficilmente lo il suo significato tecnico "indivisibile", ti- pico di Platone e della sua scuola. L'estensione delle connotazioni che la parola aveva assunto nella problematica della oioiroi e degli indivisibili anche all'uso democriteo era per naturale per chi osservava le dottrine di Democrito dall'ottica astratta del problema della divisibilit. 74 Ephipp. Fr. 14,7 K.-A. otoo ae yevo o0g. 75 Pl. Soph. 229d oo yo giv rti xoi toutov oxratrov, o otoov gog roti ao v g tivo rov oioiroiv oiov raevui o. 76 V. supra, I 2 n. 44, 45 e 48. 77 Traduco cos rvi xooei in quanto, se xooo qui indicasse il nostro mondo, non ci si aspetterebbe il numerale. Anassagora parla qui evidentemente di singoli aggregati. 78 59 B 8 DK (Simpl. In Phys. 188a 5, 175,12-14) ou xreiotoi ogev to rv tei r vi xooei o:ot oaoxtxoa:ot at!txtt outr to 0ro v oao tou uou outr to uov oao tou 0rou. 79 Hesych. s.v. oaotgtov (68 B 131 DK; 828 L.) oaotgtov to o veoe ouyxrirvov aoo Agoxitei. 80 Per altri esempi, v. infra, VII 6. 2. 1. Capitolo quinto 209 Aoioirto. La definizione o oioirto chiaramente aristotelica e deriva dalla sovrapposizione al corpuscolo democriteo della terminologia corrente per designare le grandezze ultime derivate da una oioi roi per sottrazione di tipo accademico 81 . Gli ooioirto per eccellenza sono l'uno e il punto 82 , ma, in quanto corrispondenti all'uno, anche l'elemento 83 o la misura nell'ambito del sensibile possono essere ooioi rto, sebbene in senso relativo 84 . In particolare in contesti dove designa i corpuscoli di Leucippo e Democrito con le tipiche formule accademiche (ae to oe oto o ae to ryr0g) 85 e li individua come otoirio Aristotele li chiama ooioi rto e li definisce "grandezze prime indivisibili" 86 e "corpi primi dai quali sono composti e nei quali si dissolvono" tutti gli altri 87 , 81 Cf. De gen. et corr. A 2,315b 24 (67 A 7 DK part.; 101 L.) og or toutev aovtev, aotrov oute yi vrtoi xoi ooioutoi xoi ouo vrtoi to ovto xoi to vovtio toutoi aoori, tev aetev uaoovtev ryr0e v ooioirtev, g ou0rv roti r yr0o ooioi rtov oiorri yo touto ariotov. xoi aoiv ri ryr0g, aotrov, e Agoxito xoi Aruxiaao oeoto tout roti v, g eoar r v tei Tioiei raiaroo. touto r v ou outo, xo0oar xoi rv ooi rigxorv, ooyov ri raiaroev oiouooi. oio oov ruoyov oeoto rivoi ooioirto. De gen. et corr. A 8, 325b 25-30 (67 A 7 DK; 118, 222 L.) tooou tov yo oiorri tou g tov ou tov toaov Aruxiaaei ryriv, oti o rv otrro o o (scil. o Hotev) raiar- oo ryri to ooioirto, xoi o r v oarioi eio0oi ogooi tev ooioirtev otrre v rxootov o or eiorvoi, rari ooioirto yr ootroi ryouoi xoi eiorvo ogooiv. Sull'uso aristotelico di ooioirtov per il corpuscolo democriteo come risultato di un'inter- pretazione, cf. Sinnige 1968, 153. 82 Per l'uno, cf. Phys. A 2, 185b 8; I 7, 207b 6; Metaph. B 3, 999a 1; 4, 1001b 7; I 1, 1053a 1 (come definizione corrente della monade), a 10; 3, 1054a 21; M 9, 1085b 16. Per il punto, cf. Phys. Z 1, 231a 25; De cael. I 1, 299b 6; Metaph. B 6, 1002b 4; A 3, 1014b 8. 83 Cf. in particolare Metaph. A 3, 1014b 4-6 xoi rtorovtr or otoiriov xoouoiv rvtru0rv o o v r v ov xoi ixov rai aoo gi goiov, oto xot :o atxoov xot oa!o: v xot oototot:ov o:otttov !t,t:ot. 84 Cf. in particolare Metaph. I 1, 1052b 31ss. 85 Cf. Pl. Ti. 57c ooo r v ouv oxoto xoi aeto oeoto oio toioutev oitiev yryovrv. Cf. anche Alex. In Metaph. 987b 33, 55,20 (Arist. De Bono, Fr. 2, 113 Ross) oo r v tev ovtev tou oi0ou Hotev tr xoi oi Hu0oyorioi uarti0rvto, oti r ooxri outoi to aetov og rivoi xoi to oou v0rtov, tev or oeotev aeto to raiaroo rivoito yo oaouotro tr xoi g ouvovoiourvo aeto tgi uori... 86 De gen. et corr. A 2, 315b 24-30 (101 L.) og or toutev ao vtev, aotrov oute yi vrtoi xoi ooioutoi xoi ouo vrtoi to o vto xoi to vovti o tou toi ao ori, te v aetev uao- ovtev ryr0e v ooioirtev, g ou0r v roti ryr0o ooioirtov oiorri yo touto ariotov. xoi aoiv ri ryr0g aotrov, e Agoxito xoi Aruxiaao oeoto tout rotiv, g eoar rv tei Tioiei raiaroo. De cael. I 4, 303a 5-6 (67 A 15 DK; 109, 292 L.) ooi yo (scil. Aruxiaao xoi Agoxito) rivoi to aeto ryr0g ag0ri rv oario, r- yr0ri or ooioirto. 87 De gen. et corr. A 8, 325b 17-19 (337 L.) toi r v yo rotiv ooioirto to aeto tev oeotev, og oti oiorovto o vov, r e v aetev ou yxritoi xoi ri o rooto oio- urtoi... Cf. la definizione in Metaph. A 3, 1014a 31-34 ooie or xoi to te v oeotev otoirio ryouoiv oi ryovtr ri o oioiritoi to oeoto rooto, rxri vo or gxrt ri oo riori oiorovto. Che l'impiego di otoiriov per designare gli elementi costitutivi della realt fisica risalga a Platone testimoniato da Eudemo (Fr. 31 Wehrli) ... o yr Atomi e minimi 210 attribuendo loro le prerogative tipiche delle grandezze indivisibili ele- mentari degli Accademici. Etrro. Aristotele talvolta, designando i corpuscoli di Leucippo e Democrito come otrro, li carica di una connotazione matematica tipica della scuola platonica. Etrro infatti il termine tecnico con cui Platone designa i solidi geometrici (che, per lui, sono anche i corpi) 88 . Non a caso Aristotele usa il termine in questa accezione particolare quando mette sullo stesso piano la dottrina platonica e quella atomista 89 . Quando invece vuole porre l'accento sulla loro differenza schierandosi a favore dell'ato- mismo fisico, distingue fra i corpi (oe oto) di Leucippo e Democrito e i solidi geometrici (otrro) risultanti dalla combinazione dei triangoli pla- tonici 90 . Probabilmente Democrito non usava il plurale otrro neppure per i solidi geometrici. Il problema dei titoli delle opere democritee una questione spinosa, ma un titolo dell'elenco riportato da Diogene Laerzio, ari ooyev yoev xoi vootev o' ' 91 , dove compare il termine tipico democriteo vooto (e dunque sembrerebbe originale) fa pensare che De- mocrito usasse questa denominazione, e non otrro, anche per designare i solidi geometrici. Diverso invece il discorso per l'aggettivo al singolare (otrro ) che Democrito, come del resto i contemporanei autori ippo- cratici, pu aver impiegato in senso non tecnico come attributo dei corpi in generale 92 . Si possono dunque distinguere, all'interno dei resoconti aristotelici sull'atomismo antico, due tipi di influssi accademici: nell'interpretazione e nella critica dell'atomo e nella terminologia. 1. L'atomo viene interpretato sullo sfondo della dottrina senocratea dei "minimi privi di parti" (ro ioto xoi o rg ), elementi ultimi di una divisione finita e misure dei vari livelli dell'essere in quanto riflesso del- l'uno. Senocrate distingueva comunque una mancanza di parti relativa (quella dei corpi primi e dei minimi nei vari gradi della spazialit fino alla linea) e una assoluta, quella della linea indivisibile, limite ultimo della spa- Hotev... xo v toi uoixoi xoi yrvgtoi to otoirieori oo te v oev oirxivr xoi otoiri o aeto outo evooor to toiouto oo, e o Euogo iotori. Sull'at- tendibilit di questa notizia e per la derivazione platonica di questo uso risalente ad un im- piego particolare in matematica nel significato di "fondamento costitutivo" in un sistema ordinato di teoremi, cf. Burkert 1958, 167-197 dove vengono discusse anche le ipotesi di coloro che fanno risalire a Democrito l'uso del termine nel significato di elemento fisico. 88 Nel Timeo compare "la figura solida della piramide, elemento e seme del fuoco" (56b). 89 De gen. et corr. A 8, 325b 25-30 (67 A 7 DK; 118, 222 L.), v. supra, n. 81; cf. 326a 21; De cael. A 2, 309a 2ss. (68 A 60 DK; 368 L.). 90 Cf. De gen. et corr. A 2, 315b 32-316a 4. 91 Diog. Laert. 9,47 (68 A 33 DK; CXV (VIII) L.). 92 Cf. Metaph. A 4, 985b 7; cf. Theophr. De sens. 75 (68 A 135 DK; 484 L.), supra, III 4. 2. 2 n. 149. Capitolo quinto 211 zialit e non ulteriormente divisibile neppure in elementi di un livello su- periore. Privi dell'apparato teorico su si fondava la concezione accademica (dottrina dei principi, uno e diade indefinita, che fonda le distinzioni fra essere e uno, parte e tutto), gli atomi leucippei e democritei reinterpretati come minimi indivisibili in assoluto prestavano ovviamente il fianco a critiche. Essi, infatti, equivalevano ai corpuscoli dei corpuscolaristi, mai divisi, ma comunque ulteriormente divisibili con la mente. Questa assimi- lazione di atomi e corpuscoli, caratteristica della posizione degli Accade- mici-Pitagorici in Sesto, emerge pi volte anche in Aristotele: nel logos eleatico di De generatione et corruptione A 8, nella classificazione delle dottrine che pongono come limite ultimo del reale dei corpuscoli (indivisibili o divisibili, ma non pi divisi) in De cael. I 6 e nella critica agli atomisti per aver posto come indivisibili per natura solo dei corpi piccoli in De genera- tione et corruptione A 9. Gli atomi di Leucippo e Democrito, inoltre, inter- pretati alla luce della dottrina dei minimi come unit di misura, venivano attaccati anche per la mancanza di un ordine e di un limite nelle forme, critica che Aristotele puntualmente rivolge proprio sulla scorta di una interpretazione matematizzante delle forme in De cael. I 4 e a cui Teofra- sto accenna nella Metafisica. 2. La discussione sugli indivisibili nell'Accademia costituisce poi il fil- tro concettuale e terminologico attraverso cui Aristotele giudica o deno- mina gli atomi in particolare nelle trattazioni generali sugli indivisibili e nel confronto fra dottrine platonico-accademiche e democriteo-leucippee. In questi casi egli prende come punto di riferimento sia i triangoli, reinter- pretati, del Timeo, sia la teoria delle grandezze indivisibili e prime degli oyoo oo yoto e di Senocrate. Questi due tipi di influsso esercitato dall'atomismo accademico sul- l'interpretazione delle dottrine degli atomisti antichi gi nell'opera aristote- lica, sono molto importanti per comprendere anche una certa differenzia- zione nei resoconti tardi su Leucippo e Democrito. E' ora opportuno riprendere, a scopo contrastivo, anche un'altra pre- sentazione dell'atomismo antico nelle opere aristoteliche. Si tratta di passi pi strettamente espositivi caratterizzati da un maggior interesse storico e meno marcati da un'impostazione argomentativa tipica della trattazione di problemi generali. 4. Terminologia atomista in Aristotele E' indubbio che, leggendo le opere degli atomisti, Aristotele era necessa- riamente condizionato dalla sua formazione nell'alveo dell'Accademia. E' tuttavia altrettanto vero che, rispetto alle linee interpretative di Platone e Atomi e minimi 212 dei suoi allievi, interessati soprattutto all'estrapolazione dai testi della pro- blematica generale di volta in volta trattata, Aristotele sviluppa anche un interesse pi marcatamente storico per i suoi predecessori. E sono ap- punto i suoi resoconti di carattere pi propriamente espositivo, i suoi appunti riassuntivi, le testimonianze pi facilmente leggibili. L'interesse eminentemente descrittivo pi che argomentativo di tali testi rivela infatti pi facilmente le difficolt di integrazione delle teorie descritte nel sistema di riferimento di Aristotele, rende maggiormente distinguibile la termino- logia derivata o sovrapposta da quella originale e permette quindi di indi- viduare pi agevolmente un nucleo originale di terminologia e dottrina leucippea e democritea. In uno di questi excursus, il frammento dell'opera su Democrito ripor- tato da Simplicio, Aristotele dichiara espressamente di riferire i termini originali democritei per le sostanze costitutive del mondo e per il vuoto. Se alcuni di questi fanno nascere il sospetto di qualche lieve rimaneggia- mento 93 , altri, come orv e vooto v, sono sicuramente autentici perch estremamente specifici e assolutamente estranei alla terminologia plato- nica e aristotelica. Il frammento aristotelico su Democrito si distingue inoltre anche per ulteriori peculiarit: gli atomi vengono specificamente classificati fra gli enti eterni e la loro piccolezza viene considerata unica- mente causa della loro invisibilit, non messa in relazione con l'indivisibi- lit 94 . Proprio quest'ultima problematica, che tanto spazio occupa nel resto dell'opera aristotelica, viene sorprendentemente passata sotto silenzio: il grande assente appunto l'"atomo". Il termine non compare nell'elenco delle denominazioni democritee delle ouoioi eterne e nessun accenno a una problematica degli indivisibili emerge nel resto del resoconto. Come si gi detto, il fatto che da due sostanze non pu derivare una unit per- fettamente giustificabile alla luce della compattezza dei corpuscoli. E' anche piuttosto improbabile che Aristotele trattasse l'indivisibilit in qual- che altra parte del suo scritto su Democrito in quanto proprio questo passo sarebbe stato il punto cruciale per la definizione degli atomi come indivisibili. Qui di seguito tratter quindi innanzitutto pi diffusamente il termine specifico vootov e poi altri attributi dell'atomo che ricorrono in altri passi aristotelici e che ne mettono in luce la "fisicit" lontana da quella matematizzazzione operata da Aristotele nei passi sugli indivisibili. Nootov. Il termine vootov rarissimo e soprattutto non un termine "tecnico" o "filosofico". La sua attestazione pi antica si ha nella comme- 93 Per le denominazioni del vuoto, v. supra, n. 66. 94 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,1-6) (68 A 37 DK; 172, 197 L.) Agoxito gyritoi tgv te v oioiev uoiv ri voi ixo ouoi o to ag0o oariou [...] tev or ou oiev r xootgv (scil. aoooyoruri) tei tr orv xoi tei vootei xoi tei ovti. vo- iri or rivoi oute ixo to ouoio eotr rxuyriv to grtro oio0gori. Capitolo quinto 213 dia attica del V sec. a.C. dove designa un dolce sacrificale 95 . L'Etymologicum Magnum lo descrive come il pane pressato, compatto, pieno e senza nulla di leggero; cos chiamato per es- sere completamente infarcito di condimenti e frutta secca 96 . Tali caratteristiche corrispondono perfettamente a quelle dei corpuscoli democritei ed del tutto verosimile, visto il suo stile ricco di immagini, che Democrito li abbia definiti proprio in analogia con questo dolce di uso comune che doveva essere estremamente difficile tagliare. Nooto v rimane in tutta la tradizione dossografica indissolubilmente legato all'a- tomo democriteo ed raramente impiegato in altri ambiti tecnici. Uno di questi usi per estremamente importante non solo per quanto riguarda la ricezione di Democrito, ma perch contribuisce a fare chiarezza anche sulle connotazioni del termine e sui contesti in cui pu essere stato usato dagli atomisti. Nootov ricorre infatti in un passo del Corpus Hippocraticum proprio nel significato di "compatto, spesso" applicato al corpo maschile in contrasto con la struttura rada del corpo femminile. L'uso del termine e i sinonimi da cui affiancato nell'opera Sulle ghiandole 97 sono importanti in quanto si distanziano dalle "traduzioni" aristoteliche e peripatetiche dello stesso. L'autore ippocratico, amante degli usi ricercati e dei preziosismi, ha certamente Democrito come modello 98 . Non solo infatti questa l'unica attestazione del termine nel Corpus Hippocraticum, ma assente nel passo parallelo dell'opera ginecologica De muliebribus I, che tratta lo stesso mo- tivo e produce gli stessi esempi analogici in maniera ben pi dettagliata 99 . L'autore del De glandulis, trattando dei seni, spiega le ridotte dimensioni 95 Ar. Av. 567; Pl. 1142; Metag. Fr. 6 K.-A.; Pherecr. Fr. 113 K.-A. 96 Etym. magn. s. v. vooto: o araigrvo oto, o roto , agg, xoi g rov ti xouov oao tou voooro0oi otuooiv g toygooi tioi. 97 La datazione del trattato oggetto di controversie come quella di quasi tutti gli scritti ippocratici e va dal V sec. a.C. fino al II d.C. , ma Joly 1978, 110 offre buoni argomenti per collocarla fra la fine del V e l'inizio del IV sec. a.C. L'autore sarebbe quindi un contempo- raneo pi giovane di Democrito. 98 Stranamente questo passo, che documenta in maniera evidente la conoscenza di Demo- crito da parte di un autore ippocratico, stato tralasciato da tutti gli interpreti moderni (compresi Stckelberger 1984 e Salem 1996) che hanno analizzato la ricezione democritea nel Corpus Hippocraticum. 99 Mul. I 1,11-19 (88,24-89,17 Grensemann = VIII,12-14 Littr). Anche qui, come nel testo del De glandulis, la struttura del corpo femminile paragonata alla lana e quella del corpo maschile ad un tessuto compatto. Se si pongono un tessuto di lana e uno compatto su un terreno umido o sulla bocca di un vaso contenente acqua e si lasciano l per due giorni e due notti, si vedr che la lana diventa molto pi pesante. Questo perch essa ha una strut- tura pi rada e accoglie e trattiene quindi molto di pi l'umidit. I termini impiegati per la struttura corporea femminile sono i comuni ooio, oaooooxo e per la lana ooio e o0oxo. Quelli per il corpo maschile otrroooxo e, per il tessuto, agr e ru- orvov. Atomi e minimi 214 delle ghiandole nel corpo maschile rispetto a quello femminile con una differenza di struttura: Nei maschi la strettezza [degli interstizi] e la densit del corpo contribuisce gran- demente alla dimensione ridotta delle ghiandole; il maschio infatti compatto e come una stoffa spessa alla vista e al tatto; la femmina invece rada e porosa e come lana alla vista e al tatto; cosicch ci che rado e molle non lascia uscire l'umidit; il maschio, d'altra parte, non potrebbe accoglierne neppure una piccola quantit, giacch denso e inospitale, e la fatica ne indurisce il corpo in modo tale che non ha interstizi attraverso cui accogliere qualcosa di superfluo 100 . Due fattori in questo contesto mi sembrano particolarmente rilevanti: 1. Il parallelismo con la concezione democritea delle parti dure e molli dei corpi conformate nell'uno o nell'altro modo in base alle loro capacit di ricezione ed emissione di umori ed effluvi. In Democrito l'occhio deve avere vuoto e umidit per poter "ricevere" in maggior misura gli effluvi che producono la sensazione della vista e trasmetterli al resto del corpo 101 ; gli occhi umidi sono perci migliori di quelli duri. I buoi senza corna sono tali perch il loro osso frontale, attraversato da vene sottili e deboli, non spugnoso ed cos "respingente" (ovtituao, forse un termine democri- teo) da non poter accogliere umori dall'interno del corpo. Al contrario, i buoi arabi femmina hanno belle corna perch accolgono molto umore; le vene che lo veicolano sono spesse e ne trattengono quanto pi ne pos- sono 102 . Significativamente Democrito definiva le vene ororvoi, "ri- cettacoli, cisterne" 103 . Seneca in un brano delle Naturales quaestiones, riferi- sce che, secondo Democrito, "quei corpi che sono pi duri e pi compatti hanno necessariamente pori pi piccoli" 104 . Le espressioni latine duriora et pressiora sono perfette traduzioni del greco oxgotro xoi voototro e attestano un uso pi generalizzato del termine da parte di Democrito an- che per i corpi composti, proprio come nel trattato ippocratico. 2. Il fatto che il termine vooto v venga caratterizzato soprattutto dal non accogliere e dal non emettere nulla cos come per Democrito le parti 100 Gland. 16,2 (121,20 Joly = VIII,572 Littr) toioi or ooroi xoi g otrvoeig xoi g auxvotg tou oeoto ryo ouortoi g ri voi ryoo to oor vo to yo oorv vooto v [edd.: ootov codd.] roti xoi oiov rio auxvov xoi orovti xoi raoer vei to or 0gu ooiov xoi ou vov xoi oiov riiov orovti xoi raoer vei eotr tgv u yooigv ou r0igoi to ooiov xoi ooxov to or oorv ou x ov ti aoooroito, auxvov tr ro v xoi ootryr , xoi o aovo xotu vri outou to oeo, eotr ou x rri oi ou grtoi ti tev ar- iooev. 101 Theophr. De sens. 54 (68 A 135 DK; 478 L.) goi yo oio touto xrvotgto xoi u yotgto rriv ori v tov o0oo v, tv tat a!tov ot j:ot xoi tei oei oeoti aoooioei. oio xoi tou uyou tev oxgev o0oev o rivou rivoi ao to oo v. 102 Ael. Hist. nat. 12,20 (68 A 155 DK; 542 L.). 103 Hesych. s.v. ororvoi (68 B 135 DK; 828 L.), v. infra, VII 6. 2 n. 78. 104 Sen. Nat. quaest. 4,9,1 His, inquit (scil. Democritus), corporibus quae duriora et pressiora sunt necesse est minora foramina esse. Capitolo quinto 215 spesse e dure. Democrito imputava la dissoluzione dei corpi proprio all'ir- rompere dall'esterno di una qualche ovoyxg pi forte che scompiglia gli atomi e li disperde 105 e le affezioni e i cambiamenti dei corpi alla presenza di vuoti che permettono la penetrazione e lo spostamento di corpuscoli al loro interno 106 . La struttura del corpo si modifica anche "se vi si introduce un piccolo corpuscolo" 107 . L'uso di vootov da parte dell'autore ippocratico permette dunque nel contempo di precisare meglio il significato e l' impiego del termine anche in Democrito. Egli infatti lo ha applicato non solo agli "atomi", come ci dice la tradizione aristotelico-teofrastea, ma anche ai corpi composti, come dimostra il passo di Seneca. Il titolo citato sopra dell'opera matema- tica di Democrito Sulle linee e i solidi irrazionali, dove il termine designa i solidi geometrici, conferma questo uso allargato. Negli autori tardi di trattati tecnici riemerge solo per designare una sfera piena in opposizione alla sfera vuota 108 , dunque solidi "concreti", corporei, non figure astratte. Il termine vooto v rimanda dunque in primo luogo alla tematica gene- rale dell'inattaccabilit dei corpi da agenti esterni o da squilibri interni tipica della medicina, che costituiva un importante punto di partenza per l'assunzione dei cosiddetti "atomi". L'autore del De glandulis non influen- zato dalle interpretazioni di Aristotele o di Teofrasto e ha avuto sicura- mente davanti un testo democriteo. Il suo uso di vooto v permette quindi di cogliere il legame profondo fra la concezione dell'atomo democriteo e quelle mediche del corpo, che nel telegrafico accenno aristotelico rimane completamente in ombra. Da quanto finora osservato, risulta dunque che il termine vooto v ri- manda alla sfera semantica specifica della cucina e degli oggetti sacrificali. Democrito, trasponendolo ai corpi, non solo ne ha sfruttato la carica analogica e pittorica, ma ne ha allargato le connotazioni alla sfera biolo- gico-medica e, per ulteriore estensione, a quella geometrico-tecnica. Un tale termine, tipico del linguaggio estremamente ricercato e inusuale di et sofistica, fuori di quel periodo era destinato alla sparizione. In effetti esso limitato alla dossografia su Democrito e ad un autore che ricerca i pre- 105 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,18-20) (68 A 37 DK; 293 L.) rai to- ooutov ou v ovov oe v oute v (tev ouoie v) ovtrro0oi voiri xoi our vriv, re iouotro ti r x tou arirovto o voyxg aooyrvor vg oiooriogi xoi ei outo oiooarigi. 106 Sext. Emp. Adv. Math. 7,136 (68 B 9 DK; 55 L.); Arist. De gen. et corr. A 8, 325b 3-5 (67 A 7 DK; 338 L.); cf. anche Phys. A 6, 213b 18-20. 107 Arist. De gen. et corr. A 2, 315b 11 (67 A 40 DK; 240 L.) xoi rtoxivrio0oi ixou riyvur vou. 108 Cf. Hero Metr. 1, Prooem. 92,17; 19 Schne; Philo Belop. 1,330; cf. anche Philop. In Phys. Cor. de loc. 562,6; 575,22. Esichio (s. v. vootov) si riferisce proprio a quest'uso quando riporta fra le definizioni del termine, ooougto, g rev uaoxouo tivo. Atomi e minimi 216 ziosismi come quello del trattato ippocratico Sulle ghiandole. Riemerge poi, probabilmente perch Democrito stesso l'aveva usato in quell'ambito, presso gli autori di trattati tecnici tardi per indicare una sfera o una figura solida concreta, piena e compatta. In ogni caso, l'uso di questo vocabolo cos estraneo ad un livello "teorico" denota una prospettiva piuttosto lontana dalla problematica dell'indivisibilit cos come configurata in altri testi aristotelici. Exgov, agr. Aristotele impiega il termine oxgov in De genera- tione et corruptione A 8 quando afferma che gli atomisti si sono contraddetti ponendo degli indivisibili e quindi "impassibili" e nel contempo asse- gnando loro qualche qualit. Essi infatti non avrebbero attribuito agli atomi solo il caldo, ma anche il peso 109 e la durezza senza per contem- plare anche il suo opposto, la cedevolezza. Se infatti l'atomo duro, so- stiene Aristotele, dovrebbe essere anche cedevole (una propriet richiede necessariamente anche il suo contrario) e, come tale, essere anche capace di patire 110 . Il termine oxgo v originale in quanto viene attribuito, come 109 De gen. et corr. A 8, 326a 4ss. Aristotele fa, in relazione al caldo, una deduzione: siccome gli atomi sferici sono atomi dell'anima e questa calda, gli atomi sferici sono caldi. Per il peso, cf. anche Theophr. De sens. 61 (68 A 135 DK; 369 L.) che assegna peso diverso ad atomi grandi e piccoli. 110 De gen. et corr. A 8, 326a 13-14 oo gv ri oxgo v, xoi ooxo v. to or ooxo v gog tei aooriv ti ryrtoi to yo uarixtixov ooxo v. Cf. anche Philop. ad loc. 167,21-24. Mantengo la punteggiatura e il testo dell'edizione di Joachim 1922. Nella sua recente edi- zione del De generatione et corruptione Rashed 2005, 41 adotta un'altra punteggiatura e un'altra lieve variante testuale: oo g v ri oxgov xoi ooxo v, to or ooxo v tei aooriv ti ryrtoi, e traduce: "Mais s'il y a dur et mou, mou est employ parce que la chose subit une affection", considerando or come l'introduzione di una apodosi con effetto avversa- tivo (143 n. 10). Il risultato di questa interpretazione sarebbe che "Ar. se contente donc de tirer la consquence non pas d'une prmisse atomiste absolue, mais de l'extension dialec- tique opre aux ll. 6-8: si on admet le couple dur-mou, on admet par dfinition l'existence de l'affection". Nei casi cui fa riferimento Rashed (K.-G. II 2, 275) il or ha il valore di "co- munque, in ogni caso" (cf. Il. 1,137 "sia che lo diano, sia che non lo diano, io comunque me lo prender da me"), una sfumatura che scompare nella sua traduzione cos come dal suo testo scompare gog (di FHJ 1 V, posposto a aooriv in W), riportato da Joachim e da altri, perch egli segue invece ELM e H unain. Inoltre traduce oxgov e ooxo v come neutri sostantivati equivalenti a to oxgo v xt., ma qui sono nomi del predicato che si ri- feriscono al soggetto rxootov te v ooioirtev (come sopra outrov). Rashed si riferisce s all'argomento dialettico delle linee 6-8, ma non tiene conto delle linee successive che specificano questo argomento e confermano la traduzione corrente del periodo (per inciso Rashed non spiega perch quest'ultima debba essere rifiutata). Aristotele vuole infatti di- mostrare che Democrito non solo ha attribuito agli atomi delle qualit, contraddicendo le premesse secondo cui un atomo deve essere impassibile, ma ha introdotto una ulteriore contraddizione, non ammettendo i contrari di queste qualit, pur essendo essi necessaria- mente presupposti. Tutto il resto del passo incentrato sulla dimostrazione di questo as- sunto. La confusione nasce dal fatto che l'argomento del peso viene impiegato per un doppio fine: 1. per dimostrare che Democrito ha ammesso solo una delle qualit senza il suo contrario (in questo caso il pesante, ma non il leggero), 2. per dimostrare che, nono- Capitolo quinto 217 vooto v, anche ai corpi composti nella citazione dal quarto libro delle Na- turales quaestiones di Seneca riportato sopra (n. 104): duriora la traduzione latina di oxgo tro come pressiora lo di vooto tro. Evidentemente, come esistono diversi gradi di compattezza nei corpi, cos anche di du- rezza. I pi duri e i pi compatti sono gli "atomi". Anche agr 111 , termine riportato poi generalmente da tutta la dosso- grafia su Democrito a cominciare da Teofrasto, probabilmente demo- criteo in quanto termine piuttosto comune, anche al di l di Melisso, nei testi contemporanei. per dal punto di vista sia lessicale che semantico assai meno specifico e caratterizzante di vooto v e per questo assai pi fruibile e diffuso in tutta la dossografia sull'atomismo. Il resoconto su Leucippo di matrice teofrastea 112 riportato da Simplicio riferisce ambedue i termini, vooto e agg, uno accanto all'altro, ma il secondo suona come una specificazione in termini pi correnti del primo (tgv yo tev oto ev ouoi ov vootgv xoi agg uaoti0rrvo ov rryrv ri voi). Allo stesso modo procedono i commentatori di Aristotele e i dossografi, nella mag- gioranza dei casi, quando si imbattono in vootov. Da quanto osservato, dunque, si pu dedurre che Aristotele, in certi contesti, pi propriamente descrittivi, riporta sicuramente dei termini originali quali vootov, oxgo v, agr. Egli tuttavia restringe probabil- mente la loro referenza agli atomi, mentre Democrito li utilizzava anche in qualit di semplici attributi di corpi composti. La terminologia aristote- lica, sia quella che riproduce un originale democriteo, sia quella influen- zata dalla problematica accademica, comunque il punto di partenza an- che per le testimonianze tarde nelle quali compaiono ora l'uno ora l'altro termine presente in Aristotele. stante ci, egli ha implicitamente ammesso l'esistenza di questo contrario non solo per il pesante, ma anche per il caldo: se infatti un atomo pi pesante, potr essere anche pi caldo e dunque anche pi freddo. Dunque se un atomo caldo e pesante, un altro potr essere freddo e leggero. Stando cos le cose, gli atomi non sono impassibili, ma subiscono affezioni uno dall'altro. Allo stesso modo, dato che Democrito ha ammesso un atomo duro, deve averne contemplato uno molle ricadendo nell'aporia precedente: infatti il molle si dice tale perch subisce un'affezione. Dunque Democrito ha contraddetto la premessa secondo cui l'atomo, in quanto indivisibile, impassibile. Nella traduzione di Rashed uno dei punti critici di Aristotele, cio che l'Abderita ha ammesso solo una delle qualit senza il suo contrario, presupponendolo per, senza rendersene conto, cade come cadono i paral- lelismi con le linee precedenti nelle quali questa argomentazione viene espressa. L'atomo duro non dunque una deduzione di Aristotele come non lo l'atomo pesante, ma rispec- chia una dottrina originale democritea. 111 Metaph. A 4, 985b 4 (67 A 6 DK; 173 L.); I 5, 1009a 28 (143 L.). Hoag r De gen. et corr. A 8, 325a 29 (67 A 7 DK; 146 L.). Improbabile, per il contesto eleatizzante in cui Aristo- tele inserisce Leucippo, la lezione aoag0r. 112 Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,13) (67 A 8 DK; 147 L.). Atomi e minimi 218 5. Sintesi Nelle notizie aristoteliche riguardanti i corpuscoli di Democrito e Leu- cippo si possono distinguere due tipi di resoconto cui collegata anche una specifica terminologia: uno di carattere argomentativo, influenzato in qualche modo dalla problematica accademica degli indivisibili, l'altro di carattere espositivo, avulso dalla discussione di questioni particolari. Nel primo tipo di testo il corpuscolo indistruttibile di Leucippo e Democrito viene visto come un ro iotov, un minimo fisico, "misura" del corporeo e unit ultima indivisibile di una divisione finita in altre unit dello stesso livello. In questa ottica l'atomo si distingue dai presunti cor- puscoli di Empedocle e di Anassagora che per natura sarebbero ancora mentalmente divisibili in tali unit, sebbene materialmente non divisi. Questa intepretazione matematizzante elimina o critica quei caratteri pro- priamente fisici del corpuscolo democriteo che non sono in consonanza con il concetto di minimo. In particolare passa sotto silenzio il tratto della solidit e della compattezza cos come tutte le connotazioni del termine non tecnico vooto v e traspone in un linguaggio pi filosofico altri termini democritei caratterizzanti come uoo, toag, oio0iyg , i quali evocano immagini ben lontane da definizioni di tipo matematizzante. Essa porta inoltre alla critica contro l'infinit e la mancanza di un ordine delle forme. Aristotele la utilizza talvolta, in contesti particolari, soprattutto critici nei confronti dell'atomismo in generale. Non solo, ma si serve di una termi- nologia accademica per descrivere le propriet dell'atomo quando lo tratta nell'ottica del problema degli indivisibili o lo confronta con l'atomismo accademico. Aristotele tuttavia nei resoconti di carattere pi prettamente esposi- tivo, non correlati specificamente al tema dell'indivisibilit, riflette un'altra immagine delle dottrine leucippee e democritee derivata dalle sue letture dirette. In questo tipo di testi egli pone l'accento in primo luogo sul ca- rattere fisico del corpuscolo, sulla sua solidit, compattezza e assoluta impenetrabilit, sul suo carattere dinamico, sul fatto che costituisce un punto di partenza per la generazione del mondo piuttosto che un punto di arrivo in un processo di divisione. Ne risulta dunque una concezione del- l'indistruttibilit dei corpuscoli di carattere fisico-medico: i corpi si alte- rano o si dissolvono a causa dell'irruzione dall'esterno di qualcosa di estraneo o di mutamenti nel loro equilibrio interno. Questo avviene perch essi presentano degli interstizi, cio dei "passaggi" vuoti, che per- mettono tale penetrazione e tale cambiamento interno. Ci che eterno e indistruttibile non pu avere questa struttura e quindi non deve contenere vuoti che "accolgano" effluvi o che permettano assestamenti. Il termine pi caratteristico per indicare queste propriet vootov, un vocabolo non Capitolo quinto 219 filosofico caratterizzato dall'analogia con gli omonimi dolci pressati e infarciti. Ambedue le interpretazioni dell'atomo, quella derivante dalla prospet- tiva accademica e quella derivante dai testi democritei, si ritrovano nelle testimonianze tarde, separate in quelle pi antiche, fuse in quelle pi re- centi e per lo pi intrecciate con quelle sull'atomismo epicureo, necessa- riamente il punto di riferimento pi vicino e pi conosciuto. Individuare i percorsi di queste tradizioni un'opera ardua, ma necessaria per ordinare con una certa plausibilit anche la congerie di testimonianze sull'indivisi- bilit dell'atomo democriteo fonte incessante di dubbi e di discussioni. Ed quanto verr fatto nel capitolo seguente. Capitolo sesto L'indivisibilit dell'atomo di Leucippo e Democrito nella dossografia tarda 1. Tradizione epicurea e peripatetica: atomo indivisibile per la solidit Nella dossografia tarda la tradizione che fa capo in qualche modo ad Ari- stotele e Teofrasto restituisce ovviamente solo i tratti superficiali di quelle concezioni dell'atomo che invece sono ancora leggibili nei testi dei capo- stipiti. Si incontra infatti frequentemente l'attributo pi generico ag r, oppure quelli ripresi da Epicuro otrro v e oxgov con i rispettivi so- stantivi otrrotg e oxgo tg. Il termine vootov compare raramente anche perch Epicuro non lo usa neppure laddove potrebbe farlo; nella critica alla dottrina dell'infinit delle forme chiaramente diretta contro l'atomismo antico, preferisce la "traduzione" rotov 1 . Evidentemente lo considerava un termine desueto e forse anche poco preciso. In una serie di testimonianze tarde gli atomi vengono esplicitamente definiti indivisibili per la loro solidit. Qui la tradizione di provenienza teofrastea, che non accentua particolarmente la problematica dell'indivisi- bilit dell'atomo, ma pone soprattutto in rilievo la sua compattezza, viene corroborata da quella epicurea che definisce esplicitamente l'atomo indivi- sibile per la solidit e per la mancanza di vuoto 2 . Etrrotg, oxgotg, i termini epicurei, sono quelli di uso pi frequente. A questa tradizione epicurea si riallaccia il breve brano di stile dossografico sulla dottrina de- mocritea di Diogene Laerzio, nel quale gli atomi sono definiti impassibili e 1 Ep. Ep. 1,42 otoo tev oeotev xoi roto. roto una delle definizioni di vooto del lessico di Esichio (s. v. vooto ) e roto compare proprio dove ci si aspetterebbe vooto in Stob. 1,16,1 (68 A 125 DK; 94, 214, 243, 487 L.) Agoxito uori rv gorv rivoi eo, to r v yo otoiri o oaoio, to tr roto xoi to xrvo v. I manoscritti riportano in- fatti concordemente roto. La lezione vooto che si trova nei Vorsokratiker e in Diels 1879, 314 una correzione di Diels stesso. 2 Cf. Schol. Dionys. Thrac. 116,11 Hilgard (Ep. Fr. 92 Us.) oeo otrro v ortoov xrvou aoraoxg. Lucr. 1,485s.; 500; 510; 518s.; 548; 574; 609. Capitolo sesto 221 inalterabili per la solidit 3 . Questo brano si differenzia in generale da quelli di provenienza teofrastea per le tematiche e la terminologia che com- paiono implicitamente o esplicitamente anche nelle opere di Epicuro e degli epicurei e non invece nella dossografia su Democrito. Mi limito qui ad indicare i punti pi significativi a questo riguardo: 1. La massima secondo cui nulla nasce dal nulla n si dissolve nel nulla attribuita da Diogene Laerzio a Democrito, viene enunciata esplicitamente da Epicuro nella Epistola ad Erodoto 4 , ma assente in generale nella dossografia teofrastea sugli atomisti. 2. Anche la formula dell'infinit degli atomi per numero e per gran- dezza di matrice epicurea e non aristotelica o teofrastea 5 . Epicuro, sem- pre nell'Epistola ad Erodoto, metteva in guardia contro l'assunzione di una infinit di dimensioni che porterebbe a postulare anche atomi grandi. Da questo presupposto si generata poi la doxa secondo cui Democrito avrebbe ammesso l'esistenza di atomi grandi come un mondo 6 . 3. La polemica contro coloro che avrebbero interpretato come sem- plice ricerca del piacere la dottrina dell'ru0uio rientra nel campo dell'e- tica e si situa fuori della dossografia teofrastea (che contemplava solo la fisica) 7 e non pu che provenire dagli Epicurei 8 . 4. L'allusione alla massima voei yuxu... nei termini riferiti da Dio- gene all'inizio del brano (non alla fine) anch'essa entrata con Colote nella tradizione epicurea 9 . 3 Diog. Laert. 9,44 (68 A 1 DK; 215, 382 L.) oar (scil. to otoo) rivoi oao0g xoi o vo- oieto oio tg v otrotgto. Cf. Ep. Ep. 1,44; 54. 4 Diog. Laert. 9,44 (68 A 1 DK; 42, 382 L.) gor v tr rx tou g o vto yivro0oi gor ri to g ov 0riro0oi. Cf. Ep. Ep. 1,38s.; 54. 5 Diog. Laert. 9,44 (68 A 1 DK; 184, 382 L.) xoi to otoou or oari ou rivoi xoto ryr0o xoi ag0o. In Arist. De cael. I 4, 303a 4 compare invece la formula ag0ri r v oario ryr0ri or ooioirto (67 A 15 DK; 109, 292 L.). 6 Ep. Ep. 1,42s. toi or oioooi ou oae oarioi, oo ovov oarigatoi [...] ri rri ti g xoi toi ryr0roiv oae ri oariov outo r xoriv. Sugli atomi grandi come un mondo v. infra, 3. 2. 2. 7 Diels 1879,167. 8 Diog. Laert. 9,45 (68 A 1 DK; 735 L.) tro o' rivoi tg v ru0ui ov, ou tgv outg v ouoov tgi goovgi, e r vioi aooxouoovtr rrorovto, oo xo0' gv yogve xoi ruoto0e g ug oioyri, uao gorvo toottorvg oou g orioiooiovi o g oou tivo ao0ou. xori o' outgv xoi ru rote xoi aooi ooi ovoooi. La descrizione dell'imperturbabi- lit e della libert dalla paura e dalla superstizione di chiara matrice epicurea. 9 Diog. Laert. 9,44 (68 A 1 DK; 93, 382 L.) oo ri voi tev oev oto ou xoi xrvov, to o' oo ao vto vrvoio0oi. Cf. Plut. Adv. Colot. 1110 E (61 L.); Diog. Oenoand. Fr. 7 II 2 Smith (61 L.). Per l'interpretazione Gemelli Marciano 1998. Bisogna tuttavia distinguere in questo caso la parafrasi epicurea che compare all'inizio del breve sunto di Diogene, da quella che invece compare alla fine (9,45 = 68 A 1 DK; 569 L.) aoiotgto or voei (Zeller, edd.: aoigto or voio codd.) rivoi, uori o' otoo xoi xrvo v. Nietzsche 1870, 19 [219] attribuiva questa aggiunta al fatto che Diogene si sarebbe rifatto ad un Fragmentum xoto L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 222 Si pu dunque affermare che il brano di Diogene uno dei pi chiari esempi di dossografia epicurea sull'atomo democriteo e non contiene nes- sun accenno all'indivisibilit dell'atomo per la piccolezza, ma solo per la solidit. Uno strato di tradizione peripatetica pi tarda presente nei commen- tatori di Aristotele combina invece la terminologia aristotelico-teofrastea con quella epicurea sulla falsariga per di definizioni aristoteliche. In questo gruppo rientrano passi di Alessandro, del Filopono e di Simplicio. Alessandro, nel commento al famoso passo sull'atomismo del primo libro della Metafisica, sostiene che Leucippo e Democrito hanno definito il "corpo" degli atomi pieno per la sua compattezza e perch non mesco- lato col vuoto 10 . La terminologia aristotelico-teofrastea si arricchisce con un ulteriore tratto tipico delle definizioni dell'atomo epicureo, la o ii o col vuoto 11 , che non compare n in Aristotele n nei brani di ascendenza teofrastea. La stessa definizione, lievemente modificata e attribuita con- giuntamente a Leucippo, Democrito ed Epicuro, si incontra in un brano del commento al De caelo di Simplicio: gli atomi sono impassibili per il fatto che sono compatti e non partecipano (o oiou) di vuoto 12 . Questa seconda testimonianza mostra un'assimilazione dell'atomismo antico a quello epicureo e deriva probabilmente da Alessandro stesso. In un altro passo del commento alla Fisica Simplicio enumera i vari si- gnificati di indivisibile: Se l'essere uno in quanto indivisibile; poich l'indivisibile si definisce in molti modi: o quello che non ancora stato diviso e che pu essere diviso, come cia- scuna delle grandezze continue, o ci che per natura non assolutamente divisi- bile in quanto non ha parti in cui essere diviso, come il punto e la monade, o per avere parti e grandezza, ma essere impassibile per la solidit e la compattezza come ciascuno degli atomi di Democrito 13 . ro. Si tratta invece di una aggiunta di Diogene stesso in base alla formula da lui cono- sciuta attraverso la tradizione scettica. La stessa parafrasi ricompare infatti nel capitolo sugli scettici (9,72). 10 Alex. In Metaph. 985a 21, 35,26s. (214 L.) agr or rryov (scil. Aruxiaao xoi Agoxi- to) to oe o to te v otoev oio voototgto tr xoi o iiov tou xrvou. 11 Il termine usualmente adottato per l'atomo epicureo o rtoo xrvou , cf. Ps.-Plut. 1,3,877 D-F e i passi di derivazione aeziana. 12 Simpl. In De cael. 275b 29, 242,18 (67 A 14 DK; 214 L.) outoi yo rryov oariou ri voi tei ag0ri to oo, o xoi otoou xoi ooioirtou rvoiov xoi oao0ri oio to vo- oto rivoi xoi o oiou tou xrvou. 13 Simpl. In Phys. 185b 5, 81,34-82,3 (212 L.) ri or oute rv to ov e ooioirtov, rari to ooioirtov aooe , g to gae oigigrvov oiov tr oioir0gvoi xo0o ar rxootov te v ouvre v, g to gor oe aruxo oioirio0oi tei g rriv rg ri o o v oioir0gi, eoar otiyg xoi ovo, g tei oio rriv xoi r yr0o, oao0r or rivoi oio otrotgto xoi voototgto, xo0oar rxootg tev Agoxitou oto ev. Simplicio, per il commento a Capitolo sesto 223 Il modello quello delle definizioni di uno di Metaph. I 1, 1053a 20-24 dove Aristotele distingue un indivisibile in assoluto, quale la monade, da un indivisibile solo in relazione alla sensazione (in quanto ogni grandezza continua divisibile) come la linea di un piede. Rispetto al modello ari- stotelico, Simplicio amplia la gamma degli indivisibili con l'accenno all'a- tomo che viene comunque distinto dalla monade perch ha parti ed indivisibile solo per la sua solidit. Nel commento al De anima l'autore (sia egli Simplicio o Prisciano 14 ) di- stingue esplicitamente gli atomi democritei dalle monadi di Senocrate proprio in virt del fatto che gli uni sono indivisibili per la solidit e la compattezza, le altre sono prive di parti e indivisibili in assoluto. Egli ag- giunge, parafrasando Aristotele: infatti, anche se Democrito concepisce il numero [dell'anima] come costituito da corpuscoli, li pone indivisibili per la compattezza e inoltre indifferenziati per spe- cie e per natura. [] L'anima dunque secondo ambedue, Democrito e Seno- crate, costituita da indivisibili della stessa natura. Infatti non c' alcuna differenza, in relazione all'essere numero, se i corpuscoli hanno una massa, che Aristotele ha chiamato grandezza, mentre le monadi sono prive di parti, monadi che egli ha de- finito per questo piccole 15 . Le monadi sono qui chiaramente concepite come ro ioto xoi o rg indivisibili in assoluto, gli atomi invece sono indivisibili solo per la loro compattezza. Una costante dunque di questo filone peripatetico la netta distinzione, in base alle definizioni aristoteliche, fra l'indivisibilit della monade, priva di parti, e l'atomo indivisibile perch solido, ma fornito di parti e di grandezza. Alcuni commentatori moderni hanno basato su que- ste testimonianze di Simplicio la loro interpretazione dell'atomo democri- teo come teoreticamente divisibile 16 . Tuttavia questi passi non hanno maggiore validit di altri in cui Simplicio dice che l'atomo un indivisibile questo passo della Fisica, attinge abbondantemente a fonti peripatetiche quali Alessandro ed Eudemo stesso come risulta dal seguito (83,19ss.; 26ss.). 14 Il dibattito aperto, cf. Hadot 1987, 23s. e 2002 la quale sostiene che, in ogni caso, non ci sono argomenti sufficienti per negare la paternit dello scritto a Simplicio. 15 In De an. 409a 10, 64,2-7 (117 L.) xov yo rx oeotiev tivev aoig i tov oi0ov o Agoxito, o r ooioirtev oio voototgto xoi rti ooiooev xot rioo xoi tgv uaoxrir vgv uoiv. [...] oi0o ouv xot o otrou (scil. Agoxitov xoi Ervoxo tgv) g ug r ooioirtev xoi ooiooev. ouor v yo oioiori ao to oi0ov rivoi to to rv oeotio o yxov rriv, o og ryr0o rg, to or ovooo rivoi orri , o ixo oio touto riarv. 16 Cf. Zeller-Nestle 1920, I, 2, 2, 1065 n. 2; Lur'e 1932-1933, 174 lo cita in appoggio alla tesi della doppia indivisibilit degli atomi e dei minimi dell'atomo in Democrito; cf. anche 1970, 465. Contra Furley 1967, 95, il quale per ritiene affidabili le testimonianze che vanno in senso contrario, su questo v. infra, 3. 4. Sul problema costituito in generale dalle testimo- nianze di Simplicio, cf. Guthrie II, 1965, 506s.; Krmer 1971, 270. Baldes 1972, 48s. ac- cenna ad un possibile influsso delle definizioni aristoteliche sul brano di Simplicio senza tuttavia porsi il problema della tradizione esegetica sottesa al passo. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 224 per la piccolezza e privo di parti. A livello di testimonianze si tratta di ooiooo e, come tali, vanno valutate. Ci non toglie che anche questo brano sia importante, come del resto tutti gli altri dei commentatori ari- stotelici, per ricostruire un brandello di tradizione scolastica che ha veico- lato delle informazioni su Democrito. Dallo stesso filone peripatetico tardo derivano alcune testimonianze del Filopono. Sulla falsariga di alcuni brani espositivi aristotelici, il Filo- pono sottolinea come gli atomi degli atomisti (Leucippo, Democrito ed Epicuro) siano indivisibili per la durezza, ma invisibili per la piccolezza 17 , tenendo ben distinte le due caratteristiche. Per dimostrare come la picco- lezza renda gli atomi invisibili, il Filopono cita l'esempio del pulviscolo atmosferico su cui si ritorner pi diffusamente in seguito 18 . 2. Atomi privi di qualit e indivisibili per la solidit. La tradizione stoicizzante: Accademia scettica e classificazioni posidoniane Un gruppo di testi presenta ancora ulteriori peculiarit rispetto ai prece- denti: il nucleo di base teofrasteo, gli atomi di Democrito ed Epicuro vengono assimilati e definiti indivisibili per la solidit, ma il tutto rivela, nella terminologia e nei concetti di fondo, un marcato influsso stoico. Tale rappresentazione dell'atomo si fonda infatti sulla concezione stoica di materia prima priva di qualit (ug o aoio), principio passivo, cui si af- fianca un principio attivo, il dio 19 . In un buon numero di testi di questo gruppo le notizie sull'atomismo sono inglobate in un contesto critico: gli atomi (la materia) sono s privi di qualit (come la materia stoica), ma sono nel contempo anche impassibili (oao0ri) e non sottoposti ad alcun prin- cipio attivo e ordinatore, dunque non possono generare nulla. Questo tipo di critica all'atomismo risale molto probabilmente gi allo stoicismo an- tico. Nel catalogo delle opere di Cleante compaiono due titoli: Ho 17 Philop. In Phys. 184b 15, 25,5 (200 L.) Agoxito or xoi Aruxiaao xoi Eaixouo to otoou xoi to xrvov uarti0rvto [...] otoou or rryr oeoto tivo oio oixotgto oovg xoi ooioirto oio oxgotgto, oi o rioi oio tev 0uioev rv toi oxtioi xo- vioteog oivorvo gyoto, oar oovg yivrtoi g raioaouog oxtivo ou oio to g rivoi, oo oio tgv oixotgto. Cf. anche In De gen. et corr. 316b 32, 39,4; In De an. 403b 31, 67,21 (200 L.). 18 V. infra, VII 5. 19 Cf. per Zenone SVF I 85, 24,6-7; per Cleante, SVF I 493, 110,25-29; per Crisippo, SVF II 300, 111,8-10 e passim. Capitolo sesto 225 Ago xitov 20 e un trattato Hri tev oto ev nel quale il filosofo soste- neva la dottrina dei due principi, passivo (ug o aoio xoi ao0gtg) e attivo (0ro ) 21 . Sfero, un allievo di Zenone e di Cleante, aveva anch'egli scritto contro gli atomi e gli idoli 22 . Sicuramente, dunque, quelle critiche contro l'incapacit generativa degli atomi e la mancanza di un principio ordina- tore che emergono spesso negli autori tardi hanno la loro origine nello stoicismo antico. L'Accademia di mezzo, per, che per il suo carattere non dogmatico, si servita di materiale di provenienza disparata, ha ripreso e fatto propri a fini critici questi motivi. I brani che verranno esaminati qui di seguito hanno in comune la de- finizione degli atomi di Democrito e di Epicuro (il nome di Leucippo generalmente non compare) come indivisibili per la solidit e la critica ad ambedue le dottrine cos assimilate. Gli atomi vengono definiti o ao0g oio tgv otrotgto e oaoio. Se oao0g un termine tipicamente aristotelico- teofrasteo 23 , oaoio caratterizza invece la definizione stoica di materia e non compare come attributo dell'atomo n in Aristotele, n in Teofrasto 24 e neppure in Epicuro il quale concepiva pur sempre figura, grandezza e peso come caratteristiche qualitative, per natura connesse al concetto stesso di corpo 25 . Questa rappresentazione degli atomi inserita per lo pi in un contesto critico marcato anch'esso da una concezione stoica dell'u- niverso. In tali contesti si sottolinea che: 1. Gli atomi sono tutti di un'unica natura e privi di qualit (corrispon- dono cio alla ug oaoio degli Stoici), ma impassibili per la loro solidit (contrariamente alla ug stoica per natura solo passiva). 2. Essendo tali e mancando un principio attivo, non possono generare nulla. 20 SVF I 481, 107,1. Secondo von Arnim I, 1901, 138, 8, potrebbe trattarsi di un titolo di- verso dell'opera Sugli atomi. 21 SVF I 493, 110,25-29. Un'eco di questa contrapposizione di Cleante all'atomismo si av- verte nelle Irrisiones di Hermias che, fra le molte confusioni, riporta anche materiale prege- vole come gi osservava Diels 1897, 263. Cf. Herm. Irris. 14 (Cleante contro Epicuro) o o Kro v0g oao tou roto raoo tgv xrogv xotoyroi oou tou oo yoto xoi outo ovioi to og0ri oo 0ro v xoi ugv. 22 SVF I 620, 139,25. 23 Arist. De gen. et corr. A 8, 326a 1ss.; Theophr. De caus. plant. 6,7,2 (68 A 132 DK; 499 L.). 24 Per Aristotele e Teofrasto oao0r designa gi la mancanza di qualit (ao 0o), cf. Arist. De sens. 6, 445b 11-13 (429 L.); Theophr. De sens. 60 (68 A 135 DK; 71 L.); 69 (68 A 135 DK; 3, 441 L.). 25 Cf. in particolare Ep. 1,68s. Le attestazioni del termine che si trovano nel Glossarium Epicu- reum dell'Usener (Simpl. In Cat. 15a 13, 431,24; Sext. Emp. Adv. Math. 9,335) sono conte- nute in esposizioni di matrice dossografica che non riportano la terminologia originale epi- curea. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 226 3. La teoria atomista non spiega dunque la realt fenomenica. Come potrebbero infatti generarsi degli esseri forniti di qualit da atomi solidi, privi di qualit e incapaci di patire? Le critiche all'atomismo sono state formulate in questi termini vero- similmente dagli Stoici antichi, ma sono attestate per la prima volta in autori legati all'Accademia scettica. In effetti, come si pu dedurre da Ci- cerone, anche gli Accademici argomentavano contro gli indivisibili. A Carneade viene specificamente attribuita l'opinione che non esiste alcun corpo indivisibile e tale da non poter essere frammentato 26 . Nel primo libro del De natura deorum l'accademico Cotta giudica la concezione di un cosmo continuo e privo di vuoto per lo meno pi verosimile di quella epicurea di un universo discontinuo fatto di indivisibili e di vuoto 27 . Var- rone, nell'omonimo libro degli Academica, esponendo le tesi di Antioco, ribadisce la teoria della continuit della materia e della sua infinita divisibi- lit "poich non c' assolutamente nulla nella natura di cos piccolo che non si possa dividere" 28 . Le critiche all'atomo indivisibile per la solidit, impassibile e privo di qualit nei termini sopra indicati emergono poi qua e l in Cicerone e si incontrano tutte insieme nella Contro Colote di Plu- tarco. Caratteristico di questi testi il procedimento dialettico, tipico dell'Accademia scettica, che tende ad annientare l'avversario sul suo stesso terreno. Proprio questo carattere specificamente polemico anche nei con- fronti di Democrito e non solo di Epicuro distingue questo filone di tradi- zione sull'atomismo da un altro di tipo descrittivo, che si ritrova nella vulgata tarda e risale verosimilmente a Posidonio. Tuttavia, in ambedue i casi, pur con differenze specifiche, viene fornita una interpretazione del- l'indivisibilit dell'atomo che emargina Leucippo e unifica le tesi di Demo- crito ed Epicuro. 26 Cic. De nat. deor. 3,12,29 (Carnead. F 8a, 93,24ss. Mette) Illa autem quae Carneades adferebat, quem ad modum dissolvitis? Si nullum corpus immortale sit, nullum esse corpus sempiternum; corpus autem immortale nullum esse, ne individuum quidem nec quod dirimi distrahive non pos- sit. 27 Cic. De nat. deor. 1,23,65 Abuteris ad omnia atomorum regno et licentia; hinc quodcumque in solum venit, ut dicitur, effingis atque efficis. Quae primum nullae sunt. Nihil est enim***quod vacet corpore; cor- poribus autem omnis obsidetur locus; ita nullum inane, nihil esse individuum postest. Haec ego nunc physi- corum oracula fundo, vera an falsa nescio, sed veri tamen similiora quam vestra. Sulle fonti accademi- che della critica ad Epicuro nel primo libro del De natura deorum, rimane ancora fondamentale Hirzel I, 1877, 32-45. Sulla stessa linea anche Lvy 1992, 563ss. 28 Cic. Ac. 1,7,27 Cum sit nihil omnino in rerum natura minimum quod dividi nequeat. La fisica di Antioco marcata dai concetti stoici di materia priva di forma e passiva e principio attivo e divino, cf. Ibid. 27-29. Sull'influsso della fisica stoica su Antioco, cf. Luck 1953, 46; Lvy 1992, 552-554. Capitolo sesto 227 2. 1. La critica all'atomo indivisibile e privo di qualit nell'Accademia scettica L'Accademia scettica, proprio per il suo carattere non dogmatico, si muove liberamente fra le diverse scuole filosofiche, riprendendo spunti e motivi diversi da diverse parti e attingendo a piene mani anche dall'arma- mentario stoico 29 . In pi occasioni lo schema dialettico e i contesti in cui compare la descrizione dell'atomismo con relativa critica rimandano ap- punto all'Accademia. In questi casi pi che parlare di una "fonte" comune pi corretto parlare di una tradizione tramandata, anche oralmente, al- l'interno della scuola che perci pu presentarsi anche con varianti e ag- giunte a dipendenza dell'uso personale e contingente delle argomentazioni da parte dei vari autori 30 . 2. 1. 1. Cicerone: De natura deorum, Academica L'uso di tesi stoiche contro l'atomismo da parte degli Accademici scettici particolarmente evidente in Cicerone il quale pone le argomentazioni enunciate sopra al paragrafo 2 talvolta in bocca ad Accademici talvolta a Stoici. Nel primo libro del De natura deorum l'accademico Cotta a parlare in questo modo contro Velleio, l'epicureo: In che modo tuttavia nasce tutto questo apparato delle cose esistenti da corpi in- divisibili? i quali, se anche ci fossero, ma in realt non esistono, potrebbero forse spingersi e urtarsi venendo a contatto uno con l'altro, ma non potrebbero gene- rare forme, vita, colori 31 . Nel secondo libro del De natura deorum lo stoico Balbo a sostenere le stesse tesi 32 , ma nel Lucullus Cicerone stesso, in qualit di fautore delle tesi di Filone di Larissa, a spiegare con argomentazioni simili il suo rifiuto di aderire, tra le altre dottrine, anche a quella democritea. Se infatti volesse 29 Cf. in particolare la dipendenza delle argomentazioni di Carneade da Crisippo, Cic. Ac. 2,27,87 (Carnead. F 5, 85,67ss. Mette). Per la rielaborazione delle argomentazioni sul tro di Crisippo da parte di Carneade, cf. Algra 1997. 30 Sulla prassi della memorizzazione di argomenti, del resto ampiamente in uso nelle scuole di retorica, cf. Mansfeld 1999, 15s. 31 Cic. De nat. deor. 1,39,110 Omnis tamen ista rerum effigies ex individuis quo modo corporibus oritur? quae etiam si essent, quae nulla sunt, pellere se ipsa et agitari inter se concursu fortasse possent, formare fi- gurare colorare animare non possent. 32 De nat. deor. 2,37,93-94 Hic ego non mirer esse quemquam qui sibi persuadeat corpora quaedam solida atque individua vi et gravitate ferri mundumque effici ornatissimum et pulcherrimum ex eorum corporum concursione fortuita? [...] Isti autem quem ad modum adseverant ex corpusculis non calore, non qualitate aliqua (quam aoto:j:o Graeci vocant) non sensu praeditis sed concurrentibus temere atque casu mundum esse perfectum. Sulla stessa linea si situano anche le critiche all'atomismo di De fin. 1,6,18 (68 A 56 DK; C, 15, 180, 361 L.). L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 228 seguire Democrito, che peraltro egli stima, subito sarebbe incalzato da una schiera di Stoici i quali gli chiederebbero: Ma tu credi davvero che ci sia un qualche vuoto [...] o che esistano degli atomi completamente diversi da qualsiasi cosa essi formino? 33 . La flessibilit con cui Cicerone affida gli stessi argomenti a Stoici e Acca- demici in perfetta consonanza con il carattere dialettico degli stessi e col fatto che erano divenuti un patrimonio confutativo comune che poteva essere utilizzato in diverse maniere e in diversi contesti. 2. 1. 2. Plutarco. Contro Colote Il problema delle fonti della Contro Colote di Plutarco, anche dopo lo studio di Westman 1955, non pu considerarsi risolto. Egli, infatti, tende in ge- nerale ad attribuire a Plutarco stesso delle argomentazioni che fanno in- vece parte di schemi retorici diffusi e a trascurare il ruolo della tradizione dell'Accademia scettica proprio nell'elaborazione e nella trasmissione di queste argomentazioni. In una dissertazione del 1911, che costituisce in effetti ancora oggi forse l'unico studio in qualche modo comprensivo delle relazioni fra Plutarco e l'indirizzo scettico, Schrter aveva rilevato che diversi punti della Contro Colote rimandano ad argomentazioni scettiche nella tradizione dei tropi di Enesidemo 34 . Egli si tuttavia limitato a considerare il rapporto diretto Plutarco-scetticismo senza allargare la ricerca ad una consuetudine di trasmissione scolastica tipica anche dell'Ac- cademia scettica, non rifuggendo cos da una certa episodicit e anche da una certa inesattezza. La tesi dell'uso della tradizione accademica scettica da parte di Plutarco, soprattutto in opere polemiche come la Contro Colote e quelle contro gli Stoici, stata ripresa negli ultimi decenni in un libro fondamentale per la ricostruzione dell'immagine dell'Accademia scettica quale quello di John Glucker 35 . Sulla sua scia altri studi moderni hanno sottolineato inoltre come Colote stesso abbia diretto i suoi strali, fra gli altri, anche contro autori prediletti dall'Accademia di Arcesilao e contro le 33 Cic. Ac. 2,40,125 Sin agis verecundius et me accusas, non quod tuis rationibus non adsentiar, sed quod nullis, vincam animum cuique adsentiar deligam-quem potissimum? Quem? Democritum: semper enim, ut scitis, studiosus nobilitatis fui. urguebor iam omnium vestrum convicio: 'tune aut inane quicquam putas esse [...] aut atomos ullas, e quibus quidquid efficiatur, illarum sit dissimillimum'? L'argomento secondo cui gli elementi devono essere omogenei rispetto a ci di cui sono elemento ha le sue radici nella distinzione crisippea fra elemento, che appunto tale, e principio, che non lo (SVF II 408, 134,37). 34 Schrter 1911, 11ss. e passim. 35 Glucker 1978. Per questa tesi, cf. anche De Lacy 1953-1954; Jones 1916, 18s.; Donini 1986, 205. Capitolo sesto 229 interpretazioni che quest'ultima ne aveva dato 36 . Ovviamente il problema delle fonti della Contro Colote complesso ed esula dai limiti di questo stu- dio, ma alcuni passi in cui l'esposizione delle teorie atomiste inquadrata in un giudizio critico globale su di esse riflettono la stessa tradizione che si ritrova nei testi di Cicerone. 1. Nella Contro Colote ricompare il leit-motiv ciceroniano del plagio epicureo di Democrito. Quando introduce qualche innovazione, Epicuro non fa che peggiorare la dottrina, per il resto copia 37 . 2. La critica agli atomi di Democrito e poi, successivamente, anche a quelli di Epicuro, viene impostata negli stessi termini di quella dell'Acca- demico Cotta nel De natura deorum ciceroniano. L'accusa sempre la stessa: da atomi impassibili, solidi, privi di qualit non possono nascere esseri viventi e forniti di qualit, anzi non possono formarsi neppure degli ag- gregati in quanto tali atomi, incontrandosi, rimbalzano e si allontanano immediatamente uno dall'altro 38 . 3. Plutarco accenna, in diretta correlazione con la critica all'atomo im- passibile, ad un motivo che riemerge in modo pi esplicito e dettagliato solo pi tardi in un testo di Galeno 39 , quello dell'impossibilit per i corpi 36 Glucker 1978, 260s. L'immagine di Socrate che riflette la Contro Colote ad esempio perfettamente congruente con quella circolante nell'Accademia filoniana ancora ai tempi di Cicerone (Ac. 1,4,16; 12,44; 2,23,74). Cf. Opsomer 1998, 101-105. L'incapacit di Socrate di definirsi come uomo un tema che ritorna nell'interpretazione "scettica" del filosofo ri- ferita da Sesto Empirico (Adv. Math. 7,264; Pyrrh. Hyp. 2,22). E' probabile che Colote si sia servito anche di una "vulgata" sui filosofi elaborata nell'Accademia di Arcesilao e assunta anche dall'epicureismo. Cf. Caizzi 1986, 155; Gemelli Marciano 1998; Brittain-Palmer 2001; Warren 2002. Plutarco gli rimprovera non solo di essersi servito di affermazioni degli au- tori che egli critica estrapolate dal loro contesto (Adv. Colot. 1108 D), ma di non averne neppure letto i libri (come nel caso di Democrito, Adv. Colot. 1109 A). La confutazione di Colote (o delle tendenze da lui rappresentate) in quanto avversario diretto dell'Accademia scettica, doveva costituire un esercizio retorico non cos inusuale nella tradizione della scuola. 37 Plut. Adv. Colot. 1111 C-E oux ou v o voyxoiov uao0ro0oi, oov or urro0oi Ago- xitou, otoou ri voi tev oev oo 0rr vei or to ooyo xoi xoeaioor vei toi aetoi ai0ovotgoiv outou aoorxaotrov roti to ouorr, g orixtrov oae oaoio oeoto aovtoooao aoiotgto outei ovei tei ouvr0riv aororv. Cf. Cic. De fin. 1,6,17 (68 A 56 DK; C, 15, 180, 361 L.); 1,6,21 (182, 350, 470 L.); De nat. deor. 1,26,73 (68 A 51 DK; XCIX L.); 1,33,93 (CIV L.); 1,43,120 (68 A 74 DK; 472a, 594 L.). 38 Plut. Adv. Colot. 1110 F (68 A 57 DK; 179 L.) ti yo ryri Agoxito ouoio oariou to ag0o otoou tr xoi ooio0oou (corr. Emperius: oiooou EB), rti or oaoto: xot oao0tt r v tei xrvei rro0oi oiroaorvo otov or arooeoiv ogoi g ou- aroeoiv g ariaoxeoi oivro0oi tev o0oior vev to r v uoe to or au to or utov to or ov0eaov, rivoi or aovto to otoou, ior o ua outou xoourvo, rtrov or gorv rx rv yo tou g o vto oux ri voi yr vroiv, tx ot :o v ov:ov ajotv ov ,tvto0ot :ot aj:t aoottv aj:t at:oo!!ttv :o o:oao: :ao o:tooo:j:o o0tv o::t oo o t oooo:ov o::t o:otv j y:j v t oaotov xot oao0o v :aoottv. Cf. Cic. De nat. deor. 1,39,110, supra, n. 31. 39 Infra, 3. 2. 3. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 230 fatti di atomi e di vuoto di essere feriti o ammalarsi. L'obiezione rivolta principalmente contro le teorie epicuree, ma valida in blocco anche contro tutte le dottrine atomiste. A Colote che rimprovera ad Empedocle di aver eliminato la possibilit per gli esseri viventi di ferirsi e ammalarsi, Plutarco risponde che non Empedocle ad aver fatto questo, ma semmai le dottrine epicuree che hanno composto i corpi da atomi e vuoto, ambe- due insensibili 40 . Si tratta di una critica diffusissima cui risponde lo stesso Lucrezio nel secondo libro del De rerum natura 41 . Tale argomentazione fa parte di una serie di confutazioni dialettiche che mirava a porre le dottrine atomiste in una empasse: o gli atomi, in quanto impassibili, non possono generare nulla che sia vivo e con tutte le caratteristiche dell'essere vivente, cio anche quella di ferirsi o ammalarsi, o, se non sono tali, anch'essi, come tutti gli altri corpi viventi, sono esposti a malattia, dolore e dissolu- zione e non possono essere eterni. L'insistenza sulla malattia e la dissolu- zione come caratteristiche proprie dell'essere vivente un motivo tipico di Carneade cos come il fatto che nessun corpo immortale, indivisibile e tale da non poter essere frammentato 42 . Filodemo, gi nel I sec. a.C., rispondeva a queste critiche affermando che i corpi sono corruttibili non in quanto corpi, ma in quanto partecipi del vuoto 43 . Il brano di stile dossografico di Plutarco su Democrito con la relativa critica agli atomi ha dunque le sue radici nella tradizione dell'Accademia scettica cos come la maggior parte dei riferimenti ciceroniani. La rappre- 40 Adv. Colot. 1113 E tioiv ou v og0e rartoi to g touotiro0oi gor vooriv, e Keeto u iv toi r otoou xoi xrvou ouaragyooiv, e v ouortrei rtrotiv oio0gore. 41 Lucrezio (cf. in particolare 2,865ss.) confuta a sua volta punto per punto queste obiezioni con l'armamentario scolastico sviluppato nell'epicureismo. 42 Cic. De nat. deor. 3,12,29 (Carnead. F 8a, 93,24 Mette) Illa autem quae Carneades adferebat, quem ad modum dissolvitis? Si nullum corpus immortale sit, nullum esse corpus sempiternum; corpus autem im- mortale nullum esse, ne individuum quidem nec quod dirimi distrahive non possit; cumque omne animal patibilem naturam habeat, nullum est eorum quod effugiat accipiendi aliquid extrinsecus, id est quasi fe- rendi et patiendi necessitatem, et si omne tale est, immortale nullum est [...] 13,32 Omne enim animal sen- sus habet; sentit igitur et calida et frigida et dulcia et amara nec potest ullo sensu iucunda accipere, non ac- cipere contraria; si igitur voluptatis sensum capit, doloris etiam capit; quod autem dolorem accipit, id accipiat etiam interitum necesse est. omne igitur animal confitendum est esse mortale. Cf. Sext. Emp. Adv. Math. 9,139; 142 (Carnead. F 3, 80,2-3; 81,17-19 Mette); 151 (Carnead. F 3, 81,30 Mette). 43 Philod. De signis 25, 53,2 De Lacy ru0re yo [t]o ao giv oeoto [o]u gi oeot rotiv 0oto rotiv o gi uore g vovtier vg tgi oeotixgi xoi rixtixg rtrigrv. ooie or eot rri to ao gi v oeoto ou gi oe ot rotiv. Il fatto che Filodemo usi precedentemente il termine ariooruriv (cercare una sicura prova) tipico della termi- nologia carneadea (Carnead. F 1, 72,26ss. Mette) potrebbe essere, pi che un prestito (De Lacy, ad. loc., 109 n. 59), una allusione ad attacchi accademici contro i principi epicurei in questi termini. Capitolo sesto 231 sentazione dell'atomo in questi testi rimane comunque costantemente quella di un corpuscolo indivisibile perch solido. 2. 2. La vulgata di matrice posidoniana Esiste tuttavia anche un'altra tradizione, pi recente, interna allo stoici- smo, cui si gi accennato nel secondo capitolo, che divenuta la "vulgata" negli autori di et imperiale. I suoi tratti distintivi rispetto al filone prece- dente sono: il carattere manualistico, lo stile dossografico e la classifica- zione di Democrito ed Epicuro (Leucippo non compare) fra coloro che hanno posto come principi corpi indivisibili per la solidit, separati espres- samente dai sostenitori di tesi corpuscolari. Questa classificazione risale probabilmente a Posidonio che, secondo la versione pi completa della vulgata fornita da Sesto Empirico, riportava le origini della dottrina atomi- stica al saggio fenicio Moco 44 . I presupposti di questa distinzione fra atomisti e corpuscolaristi sono ben chiariti da Sesto nel primo libro Contro i Matematici in un passo nel quale vengono elencate le varie teorie di coloro che ammettono dei corpi solo intellegibili: alcuni li ritengono insecabili, altri li considerano divisibili. Questi ultimi vengono ancora distinti in due sottogruppi: quelli che li pongono divisibili all'infinito, quelli che, pur rite- nendoli divisibili, li fanno terminare in certi minimi privi di parti 45 . In que- sto schema gli atomi di Epicuro e Democrito (assolutamente indivisibili) vengono costantemente distinti dai minimi privi di parti (ulteriormente divisibili col pensiero), attribuiti esclusivamente a Diodoro. Se Posidonio separava espressamente l'atomismo dalle dottrine corpuscolariste, si com- prende perch nella sezione Sui minimi (Hri roiotev) del cosiddetto Aezio 46 , che risale in ultima analisi a lui, compaiano Eraclito, Empedocle, Eraclide, Senocrate e Diodoro, ma non gli atomisti: gli roioto infatti, nella definizione risalente all'Accademia platonica e corrente nella filosofia 44 Sext. Emp. Adv. Math. 9,363 (68 A 55 DK; 124, 169 L.) Agoxito or xoi Eaixouo otoou, ri g ti ooiotrov tou tgv 0rtrov tg v ooov xoi, e rryrv o Eteixo Hoori- oevio, oao Meou tivo o voo doivixo xotoyor vgv, Avooyoo or o Koor vio ooiorrio, Aiooeo or o raixg0ri Kovo roioto xoi org oeoto, Aoxgaioog o Bi0uvo ovoou o yxou. Per la menzione di Moco, cf. anche Strab. 16,2,24; Diog. Laert. Prooem. 1. 45 Sext. Emp. Adv. Math. 1,27 o [...] outr vogto v (scil. to oeo rivoi ouvotoi) oio to oogrio0oi xoi ou to touto o vraixite oioevrio0oi aoo aooi toi iooooi, tev rv otoov touto ryo vtev uaoriv te v or tgtov, xoi te v tgtov orvev rivoi rviev rv ri oariov trvro0oi touto oiou vtev, r viev or ri roiotov xoi orr xo- togyriv. Sull'importanza di questo passo per decifrare un testo corrotto di Pseudo-Plu- tarco e Stobeo, v. infra, 3. 3. 46 Ps.-Plut. 1,13, 883 B; Stob. 1,14,1 (Dox. 312). L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 232 di et tardo-ellenistica e imperiale, sono corpuscoli minimi ulteriormente divisibili col pensiero anche se in realt non divisi. Gli atomi non appar- tengono a quest'ambito. Questa classificazione delle dottrine atomiste ritorna, con delle va- rianti, in diversi autori di et imperiale. Una di queste versioni, quella del vescovo di Alessandria Dionisio (III sec. d.C.), particolarmente interes- sante, non solo perch riporta un resoconto pi ampio sull'atomismo rispetto alle liste usuali, ma anche perch ha scatenato ipotesi e discussioni sulla dimensione degli atomi democritei. Dionisio oppone ai monisti (Platone, Pitagora gli Stoici ed Eraclito) gli atomisti come sostenitori di una infinit di principi e di una sostanza infinita, ingenerata e non regolata da alcuna provvidenza (un altro tratto su cui insistono spesso i resoconti tardi di matrice stoica). A Epicuro e a Democrito attribuisce espressa- mente atomi indivisibili per la solidit e intravvede una diaphonia solo nel fatto che Democrito avrebbe assunto addirittura degli atomi grandi come un mondo, mentre Epicuro li avrebbe concepiti tutti come piccolissimi. Quest'ultimo dettaglio, che si trova anche in Stobeo 47 , deriva, come ha dimostrato O'Brien, da un pre-supposto e cio dal motivo epicureo dell'e- sistenza di parti dell'atomo cui consegue una correlazione fra variet di forme e variet di grandezza: se l'atomo formato di parti, una variazione infinita di forme, produce una variazione infinita anche di volume. Questa correlazione viene esplicitamente istituita da Lucrezio 48 e tacitamente pre- supposta sia dai dossografi antichi che dagli storici della filosofia mo- derni 49 . Un altro fatto non per mai stato rilevato e cio che questa 47 Stob. 1,14,1 (Dox. 311; 68 A 47 DK; 207 L.) dalla stessa fonte, che non direttamente epicurea come vuole Diels, Vors. II, 96 n. ad loc., ma si basa semmai su dei presupposti epicurei secondo cui gli atomi sono infiniti per numero e per grandezza (cf. anche Diog. Laert. 9,44, supra, n. 5). 48 2, 479-499. 49 O'Brien 1982, 191ss. I moderni si sono spesso limitati a utilizzare questo passo senza discuterlo criticamente. Bailey 1928, 126-28 vi vedeva una conferma della differenza da lui ipotizzata fra Leucippo e Democrito; invece di un atomo indivisibile per la piccolezza, Democrito avrebbe assunto un atomo indivisibile per la solidit e un'infinit di forme che avrebbe portato anche alla possibilit di un atomo grande e visibile. L'infinit di forme, tuttavia, attribuita espressamente da Aristotele (De gen. et corr. A 2, 315b 6ss. = 67 A 6 DK; 240 L.) e da Teofrasto (Fr. 229 FHS&G = 67 A 8 DK; 147 L.) sia a Democrito che a Leucippo. Pi fantasiosa l'interpretazione data da Mau 1954, 24 il quale, vedendo nell'a- tomo democriteo un minimo matematico e una misura, fa dell'atomo grande come un mondo una misura delle grandezze astronomiche (grandezze che richiedono una unit di misura molto grande). Mugler 1956, 234 vede nell'atomo grande l'applicazione del princi- pio di isonomia (l'argomento dell'indifferenza) il quale tuttavia non viene mai enunciato ri- spetto alla grandezza, ma alle forme. Altrove (1959, 11) contempla la possibilit che De- mocrito potesse pensare che, in mondi diversi dal nostro, potessero esistere atomi di grandezza maggiore di quelli costituenti mediamente il nostro mondo, ma qui siamo nel campo della pura speculazione. Makin 1993, 63 riprende l'argomento dell'indifferenza delle Capitolo sesto 233 affermazione cos specifica una presa di distanza da un'altra rappresenta- zione del rapporto Epicuro-atomisti antichi, che ritorna nei padri della chiesa e verr esaminata in seguito, secondo la quale il primo avrebbe posto atomi indivisibili per la solidit, gli altri invece atomi indivisibili per la piccolezza. Qui viene ribadito proprio il contrario: Democrito, lungi dal sostenere questa ipotesi, ha invece ammesso atomi grandissimi poich li riteneva, come Epicuro, indivisibili per la solidit. Nel seguito del reso- conto Dionisio riproduce in maniera confusa lo schema classificatorio della vulgata, distinguendo gli atomisti da Diodoro, Eraclide ed Asclepiade, ma elimina la differenza sostanziale fra gli uni e gli altri facendone una questione di mera denominazione: i corpuscolaristi avrebbero solo "cam- biato nome agli atomi" chiamandoli "minimi privi di parti" o "oyxoi" 50 . La versione fornita da Dionisio risale probabilmente ad una fonte neopi- tagorica che interpretava come principio di Pitagora, e quindi anche di Platone, l'uno inserendo ambedue fra i monisti. Tale fonte ha rielaborato un resoconto di matrice stoica cos come hanno fatto anche altri autori di forme e sostiene che, per una forma di "charity", si devono far trarre a Democrito tutte le conseguenze di questo argomento anche per le grandezze. Lur'e 1970, 464 accetta senza di- scussione la testimonianza. Alfieri incline in 1936 ad una valutazione positiva dei testi di Dionisio e di Stobeo (13 n. 49; 19 n. 75; 80 n. 151; 94 n. 207), vi vede invece in 1979, 67 (cf. anche 1952, 149) una sorta di glossa critica non riferibile alla dottrina democritea stessa, bens alle conseguenze che se ne potevano trarre. Cos anche Guthrie II, 1965, 394s. e Furley 1967, 96. 50 Dionys. ap. Eus. Praep. Ev. 14, 23,1-4 (68 A 43 DK; 219, 265, 299, 310 L.) aotrov rv roti ouvor to aov, e g iv tr xoi ooetotoi tev Egvev Ho tevi xoi Hu0oyooi xoi toi oao tg Etoo xoi Hoxritei oivrtoi [...] g xoi aoo xoi oario, e tioiv ooi roorv, oi aooi tg oiovoio aooooi xoi aoixioi aoooi ovootev tgv tev oev rarrigoov xotoxrotiriv ouoi ov oariov tr xoi oyr vgtov xoi oao- vogtov uaoti0rvtoi oi rv yo otoou aooriaovtr o0oto tivo xoi oixototo oeoto ag0o ovoi0o xoi ti eiov xrvo v r yr0o oarioiotov aooorvoi, touto og ooi to oto ou e rturv r v tei xrvei rorvo outoote tr ou- aiatouoo ogoi oio ugv otoxtov xoi ouarxor vo oio to aouogovo ouoo ogev raioo vro0oi, xoi oute tov tr xooov xoi to r v outei, o ov or xooou oariou oaotrriv. tou tg tg oog Eaixouo yryovooi xoi Ago xito toooutov or oirevgoov ooov o r v roioto aooo xoi oio touto o vraoio0gtou, o or xoi r- yioto ri voi tivo o toou o Agoxito uarorv. otoou or rivoi ooiv ootroi xoi ryro0oi oio tg v outov otrotgto. oi or to otoou rtovoooovtr org o- oiv ri voi oeoto, tou aovto rg, r ev ooioirtev o vtev ouvti0rtoi to aovto xoi ri o oiou rtoi. xoi toutev ooi ore v o vootoaoiov Aiooeov yryovrvoi ovoo or, o- oiv, ou toi oo Hoxriog 0rrvo rxororv oyxou, ao ou xoi Aoxgaioog o io- to rxgovogor to ovoo. Cf. per l'ultima parte [Gal.] Ther. ad Pis. 11 (XIV,250 K.) r otoou xoi tou xrvou xoto tov Eaixouou tr xoi Agoxitou oyov ouvriotgxri to aovto, g rx tivev oyxev xoi aoev xoto tov ioto v Aoxgaioogv xoi yo oute ooo to o vooto ovov xoi ovti r v te v otoev tou oyxou, o vti or tou xrvou tou aoou r yev tgv outg v r xrivoi te v ovtev ouoiov rivoi ouorvo. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 234 et imperiale 51 , ma ha dato una diversa versione della diaphonia fra Epicuro e Democrito rispetto a quella che accennata nella dossografia aeziana e si ritrova in altri autori della tarda et imperiale. 3. Atomo indivisibile per la piccolezza e minimo fisico negli autori tardi Nel capitolo quinto si parlato di una interpretazione dell'atomo degli atomisti antichi come "minimo" alla luce di una problematica logico-on- tologica e di una visione matematizzante della realt sensibile tipica del- l'Accademia antica. In questa ottica l'atomo diviene l'unit ultima che or- dina e misura il sensibile, il minimo privo di parti relativo e, come tale, viene posto sullo stesso piano di un corpuscolo sempre divisibile con la mente, anche se in pratica mai diviso. Tale interpretazione, che influenza la presentazione aristotelica dell'atomismo nei contesti che trattano la problematica degli indivisibili, si ripresenta anche nella tradizione succes- siva, se pure con una frequenza del tutto inferiore a quella della rappre- sentazione dell'atomo pieno e compatto di matrice aristotelico-teofrastea. Se si pu tracciare una storia di questa particolare esegesi dall'Accademia scettica fino a Simplicio, resta tuttavia difficile riempire quel vuoto che separa gli allievi pi prossimi di Platone dall'Accademia di Arcesilao, una difficolt connaturata con la profonda trasformazione operatasi nella scuola sotto lo scolarcato di quest'ultimo 52 . Tale lacuna, nel caso specifico come in tante altre problematiche correlate alla seconda Accademia, pu 51 Sesto varia presentando non un elenco, ma una opposizione fra sostenitori dei vari principi principi corporei e incorporei, che la versione originale probabilmente non contemplava. Inoltre, rispetto a Dionisio, assegna agli Stoici quattro principi, classifica Pitagora e Platone fra i sostenitori dei principi incorporei e li qualifica non come monisti, ma come pluralisti tenendoli ben distinti uno dall'altro (Pitagora ha assunto come principi i numeri, Platone le idee). Ippolito (Ref. 10,6,1-7) fornisce una ulteriore versione ancora pi complessa, proba- bilmente di provenienza medioplatonica in quanto a Platone sono attribuiti i classici tre principi medioplatonici: dio-materia-modello. Gli Stoici vengono inseriti fra i monisti, come in Dionisio, ma la lista dei sostenitori di infiniti principi si presenta ulteriormente rielaborata in base alla distinzione: uguali a ci che essi generano (Anassagora)/ diversi da ci che essi generano. Sotto quest'ultima voce vengono distinti coloro che pongono prin- cipi diversi e impassibili (Democrito ed Epicuro) da quelli che pongono invece principi di- versi, ma capaci di patire (Eraclide e Asclepiade). Si tratta, come si vede, di schemi flessibili e adattati in base alle esigenze di ciascuna scuola filosofica. 52 Uno stacco dall'Accademia platonica e radici peripatetiche ipotizza Weische 1961. Una continuit nella tradizione accademica, soprattutto per quanto riguarda il metodo dialettico e la base logica della dottrina delle idee e delle categorie, e dunque uno sviluppo della se- conda Accademia sui metodi di fondo dell'Accademia platonica tramandatisi all'interno della scuola, vi vede Krmer 1971, cap. I. Capitolo sesto 235 essere colmata solo da ipotesi pi o meno plausibili. Sta di fatto che co- munque l'interpretazione del corpuscolo solido come roiotov xoi o r- r, minimo indivisibile per la piccolezza e privo di parti, riemerge nella tradizione tarda collegata, per, in particolare al nome di Leucippo. Solo di riflesso e per gli accidenti della trasmissione viene talvolta estesa anche agli atomi di Democrito e persino a quelli di Epicuro. Bailey aveva ricostruito una dottrina atomista di Leucippo diversa da quella di Democrito appog- giandosi soprattutto a questo filone 53 . 3. 1. Le premesse. Epicuro fra l'Accademia e Aristotele: atomi solidi e minimi dell'atomo La tradizione tarda che presenta l'atomo degli atomisti antichi come roiotov xoi orr ha come tratto distintivo la diaphonia fra Leucippo (talvolta anche Democrito) ed Epicuro: ad un atomo, minimo indivisibile per la piccolezza e privo di parti degli atomisti antichi, Epicuro avrebbe contrapposto il suo atomo indivisibile per la solidit. Si tratta di una rap- presentazione opposta a quella del filone precedentemente esaminato che invece vede una sostanziale concordanza fra Epicuro e Democrito. Per verificare se tale diaphonia rispecchi veramente la posizione di Epicuro o sia solo una ricostruzione a posteriori, opportuno fare una digressione sui fondamenti dell'atomismo epicureo. La definizione dell'roiotov come orr e misura di ogni singolo livello dell'essere e la sua utilizzazione per la soluzione delle aporie zeno- niane, risale, come si visto, a Senocrate. Aristotele non designa mai esplicitamente gli atomi di Democrito e Leucippo come org , ma ap- plica questa definizione agli indivisibili matematici, in particolare al punto, estendendone per la denotazione, in contesti diretti contro gli Accade- mici, anche alle grandezze prime di ogni livello 54 . Nel sesto libro della Fisica si produce in un minuzioso esame dei problemi che questo concetto di indivisibile privo di parti comporta se applicato all'ambito della fisica, caratterizzato per eccellenza dal movimento. O si nega il movimento in atto (praticamente ricadendo nell'assurdo ancora pi grave di ammettere che un oggetto non mai in movimento, ma si comunque mosso) o si deve concedere che non esistono indivisibili. Queste critiche non hanno come obiettivo principale Leucippo e Democrito cui Aristotele non attri- buisce mai primariamente degli atomi privi di parti, ma gli Accademici 55 . 53 Bailey 1928, 78ss. 54 In particolare Phys. Z 1-2, cf. Krmer 1971, 265s. 55 Cf. Krmer 1971, 288ss. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 236 Questa premessa indispensabile per comprendere le ragioni profonde della doppia caratterizzazione dell'indivisibile in Epicuro che sembra ag- giungere ad un atomismo fisico una appendice matematizzante suggerita da ragioni teoriche, ma priva di una valenza fisica effettiva. Non il caso di dilungarsi sul ruolo svolto dalle critiche aristoteliche agli indivisibili privi di parti della Fisica nell'elaborazione del concetto di minimo assoluto da parte di Epicuro 56 e neppure sull'influsso esercitato dall'Accademia, un tema anch'esso gi ampiamente trattato 57 . E' importante invece rivedere le modalit di ricezione di questi influssi. Epicuro stabilisce chiaramente una distinzione fra aspetto fisico e aspetto logico del problema degli indivisi- bili: l'atomo il principio ultimo ipotizzabile nel campo della fisica, il mi- nimo dell'atomo quello ipotizzabile nell'ambito della teoria, ma solo il primo costituisce il fondamento della realt, mentre l'altro esiste solo xot rai voiov e ha quindi una funzione meramente logica. Esso serve a spie- gare certi fenomeni (quali ad esempio il fatto che l'atomo abbia una gran- dezza 58 , ma non infinite variazioni 59 ), ma non li genera. A mio parere si tratta di un elemento fondamentale, sostanzialmente polemico contro le concezioni accademiche. Si visto che nel brano di Sesto Empirico Contro i Matematici 60 i cosiddetti Pitagorici rimproveravano agli atomisti antichi proprio la mancanza di quella ulteriore scomposizione mentale (xot rai voiov) che, spingendosi al di l dell'apparente eternit del mondo fi- sico, li avrebbe portati a scomporre i corpi, per natura composti, nei pi principianti incorporei matematici. Si visto, d'altra parte, come Aristotele contrapponesse all'atomismo, secondo lui infecondo e statico, degli Acca- demici proprio quello degli atomisti antichi capace, se non altro, di gene- rare degli oggetti fisici e in movimento e come attribuisse agli oggetti ma- tematici un valore unicamente logico. Soprattutto nel quadro di queste due posizioni fondamentali del dibattito sull'atomismo fra l'Accademia e il Peripato, mi sembra si debba inserire la dottrina epicurea. Si tratta infatti di un compromesso fra l'ontologia matematizzante degli Accademici, che rimproveravano agli atomisti di non aver cercato le vere cause intellegibili del reale, e la fisica atomista ripresa e giustificata sulla base delle critiche aristoteliche all'Accademia. In questo senso la dottrina epicurea dei minimi dell'atomo costituisce anche una conferma indiretta dell'autenticit della polemica di Senocrate e degli Accademici contro gli atomisti. Epicuro accetta il principio accademico della scomposizione mentale privandolo 56 Cf. su questo soprattutto Mau 1954, 27ss.; Furley 1967, cap. 8. 57 L'opera fondamentale su questo aspetto Krmer 1971, 231ss. Cf. anche Isnardi Parente 1980b, 367-392; 1981, 24s. n. 40. 58 Ep. Ep. 1,59. 59 Lucr. 2,481-499. 60 10,255ss., supra II 4. Capitolo sesto 237 per di una validit ontologica e fondandolo su altre premesse metodolo- giche legate all'empiria e al ragionamento induttivo, non pi al metodo matematico di sottrazione. Il minimo dell'atomo viene infatti inferito per analogia col minimo sensibile e non per scomposizione del corpo nelle sue componenti matematiche ai vari livelli. Vengono invece accettati i minimi privi di parti dell'Accademia nel loro carattere di limiti e unit di misura solo perch servono a spiegare fenomeni visibili, ma non viene loro attri- buita una esistenza autonoma 61 . A questo proposito da rilevare l'analogia dei minimi dell'atomo con la concezione delle qualit costitutive del corpo: figura, grandezza, peso. Anch'esse sono entit noetiche senza le quali un corpo non pu essere concepito come tale, ma non hanno un'esi- stenza indipendente. Con questo Epicuro rifiuta implicitamente le idee incorporee platoniche come entit a s stanti e si allinea sulle posizioni delle Categorie aristoteliche. Sia nella teoria dei minimi che nella concezione del corpo egli opera dunque una netta distinzione fra fisica e logica, sulla base delle obiezioni agli Accademici e delle conseguenti teorie elaborate da Aristotele. Questo spiega perch, nonostante le critiche aristoteliche della Fisica agli indivisibili, Epicuro mantenga degli indivisibili ultimi e assuma ci che Aristotele aveva rifiutato come assurdo e cio che qualcosa si sempre mosso, ma non in movimento attuale 62 . Proprio perch Epicuro distingue nettamente il presupposto logico, utile a spiegare il fenomeno, dalla realt del fenomeno stesso, egli accetta alcune tesi accademiche e nel contempo alcune tesi aristoteliche. Siccome per lui l'infinito qualcosa di 61 Nella particolare argomentazione a favore dell'assunzione di un minimo privo di parti come argine alla divisibilit all'infinito di Lucr. 1,615-627, Furley 1967, 36-38, individua giustamente un riferimento alla tradizione argomentativa accademica. Lucrezio sostiene che, se non si concepissero dei minimi dell'atomo, anche i corpi piccolissimi sarebbero composti di infinite parti e niente sarebbe finito. Non ci sarebbe dunque nessuna diffe- renza fra la somma delle cose, infinita, e la cosa pi piccola, anch'essa infinita. Furley, con- tro tutta la tradizione interpretativa che vi vedeva una polemica antistoica, fa notare come questo argomento lucreziano rechi i tratti del primo argomento a favore degli indivisibili del trattato De lineis (968a 2): la distinzione fra molto e poco appunto l garantita dall'esi- stenza di org . Isnardi Parente 1980b, 375, individua anche nella definizione del minimo come misura, che distingue negli atomi il pi piccolo e il pi grande (Ep. 1,59), un implicito influsso delle categorie platonico-accademiche del grande e del piccolo. Il minimo sarebbe dunque un elemento che limita e definisce l'oscillazione grande/ piccolo. 62 Sono i due punti con cui alla fine devono confrontarsi tutti coloro che accettano senza riserve la presentazione di Simplicio (v. infra, 3. 4) della teoria epicurea come correzione dell'atomismo antico in seguito alle critiche aristoteliche. Cf. Silvestre 1985, 70ss., che poi costretta ad attribuire ad Epicuro la svista di aver trasferito in realt sui minimi le caratteri- stiche degli atomi di Democrito. Furley 1967, 128s. ammette di non aver trovato nessuna testimonianza del perch Epicuro abbia spostato sui minimi dell'atomo l'assoluta indivisi- bilit e non abbia invece assunto un atomo indivisibile in assoluto come quello Democri- teo. Infatti adottando il principio, rifiutato da Aristotele, che l'atomo si mosso in ogni momento, ma non si muove mai, cio ammettendo che il tempo fatto anch'esso di indivi- sibili, non ci sarebbe stato bisogno di modificare la concezione dell'atomismo antico. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 238 reale e di esistente in atto accetta, contrariamente ad Aristotele, l'arresto della divisione e gli indivisibili. Dato che inoltre si devono spiegare alcuni fatti connessi con gli indivisibili, quali ad esempio la grandezza e la diver- sit delle forme, accetta anche l'ulteriore divisibilit teoretica dell'atomo, ma solo in funzione della giustificazione di questi fenomeni. I suoi minimi non esistono separati dall'atomo, dunque gli Accademici hanno ragione a ipotizzare un limite all'infinita divisione che vada al di l dei corpi, ma sbagliano quando scompongono il corpo nelle figure matematiche asse- gnando loro una validit reale e ponendole a fondamento del mondo fi- sico. Un tratto tipicamente epicureo la critica a Platone e all'Accademia attraverso la rielaborazione di argomentazioni aristoteliche rivolte contro di loro. La critica alle forme geometriche degli elementi condotta ad esempio con argomenti tratti dal terzo libro del De caelo 63 . Aristotele, pole- mizzando contro le figure geometriche elementari accademiche, aveva affermato che, se non si pongono queste figure come indivisibili, una parte del fuoco non sar fuoco n una parte di terra, terra, in quanto le parti di una piramide non sono piramidi, n quelle del cubo o della sfera, cubi o sfere. Epicuro "traduce" il concetto generale di indivisibilit, cui Aristotele accennava, nei suoi termini (indivisibile uguale ad assolutamente solido) e rivolge la critica aristotelica contro le figure elementari accademi- che: queste non sono indivisibili perch non sono solide. Non preesi- stendo questa condizione, si possono immaginare non solo divisibili all'in- finito, ma anche in una grande variet di forme, diverse dai quattro solidi e dai triangoli 64 . La critica alle forme atomiche di Platone e degli Accademici fornisce un esempio del modo di procedere di Epicuro nella definizione dei fondamenti della dottrina atomistica: 1. Ponendo come causa dell'indivisibilit degli elementi primi la soli- dit, egli nega che le quattro forme elementari possano essere i principi del mondo fisico e rivaluta nel contempo la tesi della variet delle forme ato- miche contro quella di forme matematiche ben definite. 63 De cael. I 7, 306a 30-35 ovo yxg yo oooi ogo aoiouoiv r xootou te v otoiriev xoi toutei oioiouoi to ouoio oute v, ooioirto aoiri v outo tg yo auoioo g tg ooio oioir0riog ae oux rotoi to riaorvov ooio g auoi. Cf. anche 305b 31-306a 1 e Arrighetti 1973, 606s. 64 Ep. Hri uore, Fr. [29.23] Arr. ae o v ti uoe g or[]o oiovog0rigi g au, rari ouo ov ygv otrrov xoi ooioutov oiovog0rigi ti, g oti touto, oe tr xoi x[ivouvruev ri] [o]ariov rxoo[tov outev tr]vriv eoar oi tou[to] oaooivorvoi trvouoiv. ri yo g otrrov rxootov toutev vog0gort[o]i, aoo xoi aovtoio xot[o] to too ovtooio aoooxruoi ogotev xoi o[u] t[]iyevo [o]uor auoioo ouor xu ou ouo oo ou0rv e[]ior vov ogo. o[u0]r v y[o] ai0ovo v roirv [o]v r yriv e oov ti [to] oervo touto [to] t[rt]too [ri]og r[o]ti[. Capitolo sesto 239 2. A questo scopo utilizza la critica aristotelica alle forme geometriche e ai corpi matematici come elementi del mondo fisico 65 . 3. Epicuro accetta per anche l'assunto accademico della limitatezza delle forme e delle grandezze in quanto questo spiega perch nessun atomo sia visibile. Nasce dunque quello strano ibrido secondo cui la va- riet delle forme non infinita, ma solo inconcepibile 66 . Ci sono dunque buone ragioni per credere che Epicuro abbia operato allo stesso modo nell'ambito della teoria dell'atomo e dei minimi: 1. Rivalutando la fisica democritea basata su corpuscoli assolutamente solidi come fondamenti ultimi del mondo fisico e facendo della solidit e della compattezza l'unico vero criterio di indivisibilit. 2. Utilizzando la critica aristotelica contro la scomposizione ulteriore dei corpi in elementi matematici degli Accademici. 3. Accettando di questi ultimi la divisione del corpo fino ai suoi limiti concettuali che permettono di pensarlo come finito, fornito di grandezza e di forme limitate, ma privando di qualsiasi valore reale questa scomposi- zione e facendone solo una necessit logica. Epicuro definisce infatti l'atomo come "corpo solido privo di vuoto al suo interno" 67 , assumendo un criterio di indivisibilit fisico, non matema- tico. Egli inoltre non definisce l'atomo come un minimo privo di parti perch quest'ultimo concetto appartiene al livello non della realt fisica, ma della logica. Il minimo epicureo il limite (delle lunghezze) 68 e l'unit di misura prima 69 come quello degli Accademici, ma nell'Epistola ad Erodoto viene confinato espressamente con una espressione fortemente allusiva alla "oio oyou 0reio r ai te v oootev". Questa espressione non indica genericamente "un metodo di ragionamento che si applica alle cose invisi- bili" (secondo la traduzione di Arrighetti), ma allude molto specificamente all'"esame dialettico nell'ambito degli invisibili", a quel metodo cio che Aristotele attribuisce agli Accademici definendoli oi oyixe oxoaouvtr e opponendoli a Democrito immediatamente prima del brano sugli indivi- 65 Cf. per la prima parte del frammento precedente le critiche di Arist. De cael. I 7, 306a 30- 35. Arrighetti 1973, 605s., ad loc. 66 Ep. Ep. 1,42 per le forme; cf. per le grandezze, 55-56. 67 Fr. 92 Us., v. supra, n. 2. 68 Ep. Ep. 1,59. Il fatto che questi vengano definiti limiti delle lunghezze non pu che far pensare alle linee indivisibili di Senocrate, cf. Isnardi Parente 1980b, 376; 1981, 25 n. 40. 69 Ep. Ep. 1,59 rti tr to roioto xoi o rg aroto ori voiriv te v gxev to xoto- rtgo r oute v aetov toi riooi xoi rottooi aoooxruoovto tgi oio oyou 0reioi rai tev oootev. Per il testo di questo brano mi attengo all'edizione di Arrighetti 1973 che accetta la correzione del von Arnim di oiyg dei codici in org (cf. von Arnim 1907, 398 n. 5; Krmer 1971, 246 n. 53; Isnardi Parente 1980b, 372 n. 10) e la lezione aetov di BFZf contro aetev degli altri codici, di Usener e dello stesso Krmer 1971, 247. Cf. anche Isnardi Parente 1980b, 375 n. 17. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 240 sibili in De generatione et corruptione A 2. Dato che il campo degli oooto comprende anche gli atomi, in questa precisazione di Epicuro si pu leg- gere una implicita distinzione fra due ambiti di ricerca sugli elementi invi- sibili: quello fisico, che fonda la realt, e quello dialettico, funzionale a questo e valido unicamente per giustificarne certi caratteri, ma non in s. Nel secondo capitolo si visto come i cosiddetti Pitagorici di Sesto lodas- sero atomisti e corpuscolaristi per aver posto dei principi invisibili del mondo fenomenico, ma li criticassero poi per aver arrestato arbitraria- mente la divisione e per non aver ricercato principi incorporei veramente eterni. Epicuro sembra puntualizzare, nell'allusione all'indagine dialettica sugli invisibili, l'ambito in cui questa ulteriore divisione va collocata, che non quello dei fondamenti reali del mondo fenomenico, ma quello dei loro presupposti logico-dialettici. Nelle definizioni di atomo e minimo fisico dunque leggibile quella posizione di Epicuro a favore di un atomismo fisico di Democrito con- dotta con l'aiuto di Aristotele e contro le critiche accademiche, ma anche l'accettazione di un certo schema di pensiero accademico sconosciuto a Democrito e rifiutato da Aristotele. Tutti quei tratti dei minimi epicurei che rimandano ad una polemica velata contro le critiche degli Accademici agli atomisti antichi, condotta sulla falsariga degli attacchi aristotelici contro le dottrine accademiche, sono messi in rilievo in un testo di Lucrezio sui minimi. La testimonianza interessante in quanto riporta una argomentazione non reperibile negli scritti superstiti di Epicuro, ma probabilmente presente nel Hri uore 70 . Lucrezio, trattando dei minimi dell'atomo, ne ribadisce la neces- sit teorica, ma ne sottolinea, pi di quanto non faccia Epicuro nella let- tera ad Erodoto, la assoluta irrilevanza fisica: essi infatti non possono avere esistenza propria e separata 71 . Questo gi di per s sintomatico in quanto Aristotele si era proprio accanito contro la valenza fisica attribuita, secondo lui, dagli Accademici a oggetti isolabili solo mentalmente, ma che non hanno alcuna incidenza sui processi fisici 72 . Come argomento contro l'esistenza separata dei minimi dell'atomo Lucrezio adduce il fatto che essi non potrebbero ricostituire nulla dal momento che ci che non ha parti non possiede le propriet che caratterizzano una materia generatrice e 70 Per una trattazione dettagliata di questa testimonianza lucreziana Furley 1967, cap. 2; Krmer 1971, 249-254. 71 Lucr. 1,602s. nec fuit unquam/ per se secretum neque posthac esse valebit;/ quae quoniam per se ne- queunt constare, necessest/ haerere unde queant nulla ratione revelli. 72 Cf. e.g. Metaph. B 5, 1002a 18-25. Linea, superficie solido sono presenti nel corpo in quanto divisioni, ma non in quanto sostanze separate. Konstan 1987, 5s. sottolinea come Epicuro si differenzi per questa posizione soprattutto dall'atomismo accademico piuttosto che da quello democriteo. Capitolo sesto 241 stanno alla base dei processi fisici: svariate possibilit di contatto, peso, spinta verso l'alto 73 , capacit di combinarsi, movimenti vari 74 . Lucrezio si riferisce principalmente agli oggetti matematici i quali, secondo Aristotele, non possono dare origine a nessun corpo fisico perch privi delle caratte- ristiche di quest'ultimo. Aristotele rivolge costantemente questa critica non agli atomisti antichi i cui corpuscoli, in quanto tali, avevano il vantaggio di poter generare dei processi fisici 75 , bens a Platone e ai suoi allievi e, occasionalmente, anche ai Pitagorici 76 . Negli attacchi aristotelici contro gli Accademici si possono ritrovare dunque quei punti qualificanti che Lucre- zio designa come tipici della materies genitalis e che i minimi non hanno. In particolare la mancanza di peso degli indivisibili accademici (in Lucrezio pondera) oggetto di una lunga critica in De caelo I 1. Aristotele oppone a questi ultimi proprio i corpuscoli di Democrito che, in quanto corpi, hanno peso 77 e obietta che gli oggetti matematici, in quanto privi di movi- 73 Cf. per la distinzione fra peso, movimento verso il basso, e agyg, spinta verso l'alto che gli atomi ricevono da altri che stanno al di sotto, Stob. 1,14,1f; Ps.-Plut. 1,12, 883 B (Ep. Fr. 280 Us.) Eaixouo [...] xivrio0oi or to otoo totr r v xoto oto0gv totr or xoto ao- ryxioiv, to or ove xivourvo xoto agyg v xoi oaoaoov. 74 Lucr. 1,628-634 Denique si minimas in partis cuncta resolvi/ cogere consuesset rerum natura creatrix,/ iam nil ex illis eadem reparare valeret/ propterea quia, quae nullis sunt partibus aucta,/ non possunt ea quae debet genitalis habere/ materies, varios conexus pondera plagas/ concursus motus, per quae res quae- que geruntur. 75 De gen. et corr. A 2, 315b 33-34 oe or toutoi (scil. Agoxito xoi Aruxiaao) ooieoiv xoi yrvroiv r vorrtoi aoiri v. 76 Cf. Ibid. 316a 2-4 toi o ri raiaroo oioiouoiv ou xrti ouor v yo yivrtoi agv otrro ouvti0rr vev ao0o yo ouo ryriouoi yrvvov ouor v r oute v. Sull'incapacit di gene- rare degli oggetti matematici, cf. anche Metaph. B 5, 1002a 32. Contro i numeri pitagorici, cf. De cael. I 1, 300a 16-20 to o ou to ouoivriv xoi toi r oi0e v ouvti0rioi to v ouovov r vioi yo tgv uoiv r oi0ev ouviotooiv, eoar te v Hu0oyoriev tivr to rv yo uoixo oe oto oivrtoi oo rovto xoi xouotgto, to or ovooo outr oeo aoiri v oiov tr ouvti0rr vo outr oo rriv. Cf. anche Metaph. M 8, 1083b 11-19. 77 Cf. in particolare I 1, 299a 25-30 ri og te v oouvotev rotiv rxotrou rou gor v rovto oo to o e rriv oo, to o oio0gto oeoto g ao vto g rvio oo rri, oiov g yg xoi to uoe, e xo v outoi oirv, ri g otiyg gor v rri oo, ogov oti ouo oi yooi, ri or g outoi, ouor to raiaroo eot ouor te v oeotev ou 0rv. Cf. anche A 2, 308b 36: gli atomisti avrebbero ragione a sostenere che i corpi composti pi grandi sono pi pesanti, ma non quelli che compongono i corpi da triangoli. Per i passi contro i Pitago- rici, v. nota precedente. Cf. anche Metaph. A 8, 990a 12-14. E' curioso come proprio la proiezione delle caratteristiche dell'atomo epicureo sull'atomismo antico conduca all'inter- pretazione di questi passi, espressamente diretti da Aristotele contro gli Accademici, come rivolti invece contro Leucippo e Democrito in Alex. In Metaph. 985b 19, 36,25 (123 L.) ouor yo to ao0rv g outg r v toi o tooi ryouoi (scil. Agoxito xoi Aruxiaao) to yo org to raivoou rvo toi otooi xoi rg ovto oute v o og ooiv ri voi rx or ooev ouyxrir vev ae o v oo yr vgtoi rigxr or ari toutev rai arov rv tei titei Hri ouovou. Themist. In De cael. 306b 22, 201,24-25 accenna ancora a questa in- terpretazione di Alessandro. E' chiaro che quest'ultimo utilizza, operando una conflazione fra i due atomismi, argomentazioni corrrenti contro le dottrine epicuree. E' trascurando le possibili assimilazioni fra i due atomismi spesso operate negli autori di et imperiale che L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 242 mento, non possono essere sostanza generatrice di corpi fisici caratteriz- zati proprio dal movimento 78 . Epicuro si pone del resto anche nelle definizioni e nelle denomina- zioni dell'atomo, sulla scia di Aristotele e Teofrasto definendolo oe o o:totov o rtoov xrvou aoraoxg 79 o attribuendogli una natura "piena" 80 , ma "traduce" vooto con roto 81 . Lucrezio ripete in diverse varianti la definizione epicurea della solidit dell'atomo 82 . Dal passo di Lucrezio e dalle testimonianze di Epicuro stesso riguar- danti le definizioni di atomo e minimo, si pu dedurre che l'interpreta- zione dell'atomo come indivisibile per la solidit e l'assunzione dei minimi assoluti privi di parti dell'atomo da parte di Epicuro, pi che essere dettata dalle critiche aristoteliche contro gli atomisti antichi, stata suggerita: 1. Dalla critica accademica agli atomisti antichi per aver arbitraria- mente arrestato la divisione ai corpi facendone i principi ultimi della realt, una caratteristica che spetta invece agli incorporei. 2. Dalle critiche aristoteliche agli Accademici per aver identificato in- vece questi limiti negli indivisibili matematici assumendoli come sostanze separate e per aver quindi trattato i problemi fisici con criteri dialettici (oyixe oxoari v). 3. Dal giudizio dello stesso Aristotele sull'atomismo di Democrito considerato in ogni caso superiore a quello accademico per aver posto per il mondo fisico dei principi fisici. Epicuro accetta alcuni assunti basilari della teoria accademica, quali la necessit dell'arresto della divisione xot raivoiov per porre un limite all'infinito e per imporre un ordine nell'ambito stesso degli atomi, ma svuota questi minimi privi di parti di qualsiasi valore reale riducendoli unicamente ad un presupposto logico. Integrando l'atomismo fisico con la teoria dei minimi e attribuendo solo a questi ultimi la definizione di ro i- oto xoi o rg , mostra nel contempo di interpretare il corpuscolo demo- criteo esclusivamente come un oggetto fisico, solido e compatto, come lo Lur'e 1932-1933, 124ss. ha costruito su questo passo l'ipotesi di un doppio atomismo, ma- tematico e fisico, degli atomisti antichi che precorrerebbe quello epicureo. 78 Su questa linea si svolge anche la critica ai numeri pitagorici che sono pur sempre dei numeri anche se immanenti e quindi sono posti sullo stesso piano delle sostanze accademi- che. 79 V. supra, n 2. 80 Ep. 1,41 tou to (scil. oeoto) or rotiv otoo xoi orto gto riar g rri ao vto ri to g ov 0ogoro0oi, o iouovto uaorvriv r v toi oiouoroi tev ouyxiorev a!joj tgv uoiv o vto xoi oux rovto oagi g oae oiou0gortoi. 81 Ep. 1,42 Per le ulteriori occorrenze di questo termine fuori dai testi epicurei come sino- nimo di vooto v. supra, n. 1. 82 Lucr. 1,510 Sunt igitur solida ac sine inani corpora prima. 1,518 Materies igitur, solido quae corpore constat,/ esse aeterna potest, cum cetera dissolvantur. Cf. 1,485, 500, 548, 574, 609, 627. Capitolo sesto 243 aveva rappresentato Aristotele nell'opera su Democrito. Egli lo ripropone inoltre, proprio in questa sua caratteristica peculiare come principio spo- stando invece le caratterizzazioni matematiche del minimo fuori dell'am- bito fisico e dunque privandoli di un reale valore ontologico. Il discorso su una possibile interpretazione dell'atomo democriteo da parte di Epicuro secondo le linee aristoteliche e contro i criteri matematiz- zanti dell'Accademia si reso necessario in quanto tutto un filone della dossografia antica, accettato anche dai commentatori moderni, interpreta l'atomismo di Epicuro come una correzione dell'atomismo antico in ter- mini esattamente opposti a quelli delineati: al minimo privo di parti di Leucippo (e Democrito), Epicuro avrebbe opposto invece un corpuscolo indivisibile per la solidit, ma ulteriormente divisibile teoreticamente per parare le critiche che Aristotele aveva rivolto agli indivisibili. Come si visto, il discorso invece molto pi complesso e porta ad una valutazione del tutto opposta. 3. 2. Epicuro contro atomisti antichi sull'indivisibilit dell'atomo nella tradizione dossografica e negli autori di et imperiale Passiamo ora ad esaminare quella serie di testimonianze nella tradizione dossografica cui si accennato. Un'interpretazione dell'atomo, di Leucippo soprattutto, come un roiotov indivisibile per la piccolezza emerge sporadicamente qua e l nella tradizione tarda accanto a quella dell'atomo indivisibile per la solidit di cui stata gi tracciata la storia. Come si visto, la dossografia che de- riva da Posidonio separa l'atomo indivisibile per la solidit di Democrito e di Epicuro, dai minimi privi di parti che attribuisce a Diodoro e, nella sezione specifica sui minimi, anche a Senocrate. Dunque l'attribuzione di minimi indivisibili per la piccolezza a Leucippo in particolare e talvolta anche a Democrito non pu derivare n da Teofrasto n dalla vulgata di matrice posidoniana, ma neppure dal libro di Aristotele su Democrito nel quale la piccolezza menzionata unicamente in relazione all'invisibilit, non all'indivisibilit di cui non si fa parola. Le versioni che riportano pi diffusamente la tesi dell'indivisibilit per la piccolezza sono inglobate in contesti non classificatori e diairetici, ma dialettici a cominciare dal lungo resoconto Sui principi di Epicuro nei Placita dello Pseudo-Plutarco. Tale rappresentazione dell'atomo come minimo indivisibile per la piccolezza stata mediata da una tradizione che non solo trattava le doxai in un contesto dialettico, ma attingeva liberamente da pi parti soprattutto per poter avere maggiori possibilit di eventuali con- futazioni. Questo tipo di procedimento non pu che risalire all'Accademia L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 244 scettica come si cercher di dimostrare con riscontri pi precisi qui di seguito. Il fatto che l'Accademia scettica avesse accolto anche l'altra inter- pretazione, quella di un atomo indivisibile per la solidit, non costituisce un problema: le due tesi infatti potevano essere utilizzate in contesti con- futativi diversi o per portare alla luce le contraddizioni all'interno dell'ato- mismo stesso. Prima di passare all'esame dettagliato delle singole testimonianze e delle loro correlazioni, opportuno ancora sottolineare che, ancor pi dei precedenti, questi testi non possono costituire alcuna prova a sostegno di una o dell'altra concezione democritea dell'atomo. Essi fanno semplice- mente parte di una tradizione che si tramandata attraverso argomenta- zioni orali e manuali, ma non fondata sulla conoscenza delle opere origi- nali. L'interpretazione dell'atomo come minimo non sembra aver lasciato tracce nei testi superstiti di Cicerone sebbene riemergano, soprattutto nel De natura deorum e negli Academica, delle tematiche ad essa correlate. C' per da tener presente che una parte degli Academica priora (l'Hortensius) nella quale il tema avrebbe potuto essere trattato pi diffusamente, an- data perduta. Le testimonianze pi diffuse si incontrano solo in testi piuttosto tardi: nei Placita dello Pseudo Plutarco e in due opere di Lattan- zio 83 ; Galeno vi dedica un fugace accenno, altrove la doxa viene citata ano- nima. Il nome di Leucippo si legge solo in Lattanzio e in Galeno, nello Pseudo-Plutarco compare unicamente quello di Democrito, Teodoreto non riporta alcun nome specifico. Tali testi sono comunque complemen- tari in quanto si comprendono solo se messi in reciproca correlazione, dunque risalgono probabilmente ad un unico nucleo nel quale le dottrine atomistiche di Epicuro e di Leucippo venivano opposte dialetticamente e presentate l'una come una correzione dell'altra. In questo schema giocava un ruolo importante anche una voce critica che prima formulava obiezioni a Leucippo, provocando le "correzioni" di Epicuro, poi confutava anche queste ultime rigettando definitivamente l'atomismo in generale. Nell'o- pera degli epitomatori sono andati perduti senza dubbio gli stadi intermedi e, talvolta, anche i nomi; ne sono risultate una gran confusione nelle attri- buzioni e incongruenze riscontrabili in alcune fonti particolarmente rias- suntive. Dato che la rappresentazione dell'atomismo si basa su un blocco unico di argomentazioni e confutazioni che emerge con sfumature e otti- che diverse in diversi autori non contemporanei n dipendenti uno dall'al- tro, l'esposizione qui di seguito non seguir un criterio cronologico, ma un ordine basato sull'ampiezza delle informazioni dei vari resoconti e sulla concatenazione delle argomentazioni da loro offerte. 83 Div. Inst. 3,17,21-27 (218, 235, 565 L.); De ira dei 10,1ss. (218, 235, 272, 302, 591 L.). Capitolo sesto 245 3. 2. 1. Lattanzio I testi di Lattanzio, bench pi tardi, meritano un'attenzione che stata loro generalmente negata secondo un metro che identifica posteriores con deteriores. I resoconti sull'atomismo del De ira dei e delle Institutiones per- mettono invece di individuare il sostrato e di comprendere alcuni punti oscuri della testimonianza di Pseudo-Plutarco. Nell'opera di Lattanzio sono distinguibili tre presentazioni dell'atomo corrispondenti a fasi cro- nologiche diverse 84 : nel suo primo scritto dopo la conversione, il De opificio dei, 303/ 304 d.C. 85 , l'autore nomina solo la dottrina di Epicuro secondo cui atomi indivisibili e solidi formano il mondo attraverso una casuale aggregazione senza l'intervento di alcuna provvidenza 86 . Si tratta di una vulgata sull'atomismo, soprattutto epicureo, ma, per riflesso, anche demo- criteo, che si trova in Cicerone 87 , Pseudo-Plutarco 88 , Dionisio 89 , Plotino 90 , Nemesio 91 ed comune alla tradizione cristiana 92 . Nel terzo libro delle Divinae institutiones, elaborate nel loro insieme dopo il 305 93 , invece, ven- gono sicuramente utilizzate altre fonti. Compare infatti lo schema di suc- cessione, gi ciceroniano, Leucippo-Democrito-Epicuro e i loro atomi vengono congiuntamente descritti come indivisibili per la piccolezza, mentre la caratteristica della solidit viene solo accennata, ma non consi- 84 La cronologia delle opere di Lattanzio piuttosto incerta, tuttavia si potuto stabilire che il De opificio dei la prima opera da lui scritta dopo la conversione; le Institutiones, l'Epitome e il De ira dei presentano numerosi parallelismi che tuttavia non aiutano a fissare una cronolo- gia definitiva. Sembra che il De ira dei sia stato scritto dopo il 311 e forse dopo alcuni libri o parallelamente ad altri delle Institutiones, cf. Heck 1972, 158s.; Ingremeau 1982, 25ss.; Kraft- Wlosok 1983, Xss. 85 Quest'opera viene datata con una certa sicurezza per le criptiche allusioni alle persecuzioni di Diocleziano, cf. Ingremeau 1982, 25; Kraft-Wlosok 1983, XI. 86 Lact. De op. dei 2,10 Unde ego philosophorum qui Epicurum secuntur amentiam soleo mirari, qui naturae operae reprehendunt ut ostendant nulla providentia instructum esse ac regi mundum, sed originem rerum insecabilibus ac solidis corporibus adsignant, quorum fortuitis concursionibus universa nascantur et nata sint . 87 De fin. 1,6,17 (68 A 56 DK; C, 15, 180, 361 L.); Tusc. 1,18,42 (449 L.); De nat. deor. 2,37,93. 88 Ps.-Plut. 2,3, 886 D, cf. Stob. 1,21,3c, Theodoret. 4,15 (67 A 22 DK; 23, 589 L.); [Gal.] Hist. Phil. 46. 89 V. supra 2. 2. 90 Plot. 3,1,2; cf. anche 3,1,3. 91 Nem. De nat. Hom. 43 (592 L.). 92 Cyrill. Contra Jul. 2,15; Didym. Caec. Comm. in Eccles. 7-8,8, Cod. p. 209,27; Ambros. Hexaemer. 1,2,7 (P. L. 14, 125 C). 93 Se la data del 305 come termine di inizio dell'opera viene generalmente accettata, anche perch Lattanzio nel De opificio l'annuncia (20,2), invece estremamente problematico sta- bilire il periodo in cui fu portata a compimento. Le date pi frequentemente proposte sono il 313 o il 311. Per quest'ultima Heck 1972, 143; Ingremeau 1982, 25; Kraft-Wlosok 1983, XVs. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 246 derata causa dell'indivisibilit. La descrizione dell'atomismo fondata su punti gi trattati relativamente ai testi di Cicerone e Plutarco, ma con una diversa rappresentazione dell'indivisibilit dell'atomo, con ampliamenti ulteriori e soprattutto in un contesto dialettico di tesi e antitesi. Questi, in breve, i punti qualificanti del resoconto di Lattanzio 94 : Tesi: Ci sono dei "semina" che svolazzano nel vuoto e dalle cui compo- sizioni fortuite tutto nasce. Domanda: Perch allora non li percepiamo n li vediamo? Risposta: Perch sono privi di ogni qualit sensibile e cos piccoli da non poter essere n tagliati n divisi. Domanda: dove stanno e da dove vengono questi corpuscoli e perch se li figurati solo Leucippo 95 che ha poi istruito Democrito il quale a sua volta ha lasciato la sua stolta eredit ad Epicuro? In pratica si chiedono, come nel brano del decimo libro Contro i Matematici di Sesto Empirico (255), altri principi per questi corpuscoli (unde). Se sono corpi e sono so- lidi, come dicono, per il concetto stesso di corpo, dovrebbero cadere sotto i sensi. Inoltre, se hanno tutti la stessa natura, in che modo possono for- mare cose diverse? Risposta: in base ad una variet nella loro posizione e disposizione e nelle loro forme come le lettere. Infatti sono scabri, ad amo, lisci. Confutazione: se hanno forme ad amo, non sono pi indivisibili in quanto hanno parti che sporgono e che quindi si possono tagliare. Questo contraddice la loro definizione secondo cui l'atomo cos piccolo che non esiste alcuna lama cos sottile che possa tagliarlo. Se, d'altra parte, sono solo lisci, non possono attaccarsi l'uno all'altro. Inoltre, mancando di sen- sibilit e di ragione, non possono costruire nulla di ordinato e razionale. 94 Div. inst. 3,17,21-27 (591 L. partim) Sunt enim semina per inane volitantia, quibus inter se temere conglobatis universa gignuntur atque concrescunt. Cur igitur illa non sentimus aut cernimus? Quia nec colo- rem habent, inquit, nec calorem ullum nec odorem. Saporis quoque et umoris expertia sunt et tam mi- nuta, ut secari ac dividi nequeant. Sic eum, quia in principio falsum susceperat, consequentium rerum necessitas ad deliramenta perduxit. Ubi enim sunt aut unde ista corpuscula? Cur nemo illa praeter unum Leucippum somniavit, a quo Democritus eruditus hereditatem stultitiae reliquit Epicuro? Quae si sunt corpuscula et quidem solida, ut dicunt, sub oculos certe venire possunt. Si eadem est natura omnium, quo modo res varias efficiunt? Vario inquit ordine ac positione conveniunt sicut litterae: quae cum sint pau- cae, varie tamen collocatae innumerabilia verba conficiunt. At litterae varias formas habent. Ita inquit et haec ipsa primordia. Nam sunt aspera, sunt hamata, sunt levia. Secari ergo ac dividi possunt, si ali- quid inest illis quod emineat. Si autem levia sunt et hamis indigent, cohaerere non possunt. Hamata igitur esse oportet, ut possint invicem concatenari. cum vero tam minuta esse dicantur, ut nulla ferri acie dissici valeant, quomodo hamos aut angulos habent? Quos, quia extant, necesse est posse divelli. Deinde quo foedere inter se, qua mente conveniunt, ut ex iis aliquid conseratur? Si sensu ca- rent nec coire tam disposite possunt quia non potest quicquam rationale perficere nisi ratio. 95 Cf. una obiezione simile rivolta da Plutarco contro gli Stoici (solo loro hanno visto che ognuno di noi un doppio soggetto: sostanza e qualit?) verosimilmente su un modello confutativo dell'Accademia scettica in De comm. not. 1083 C. Cf. Schroeter 1911, 19 n. 2. Capitolo sesto 247 Nel De ira dei, composto forse dopo o parallelamente ad alcune sezioni delle Institutiones 96 , la dottrina degli atomi indivisibili per la piccolezza viene attribuita negli stessi termini al solo Leucippo e a lui viene anche riportata la denominazione di atomo in quanto appunto indivisibile perch piccolo. Le argomentazioni contro gli atomi indivisibili per la piccolezza sono le stesse che nell'opera precedente, ma arricchiti di altri elementi che fanno pensare ad una utilizzazione pi ampia della stessa fonte per il De ira e, invece, ad un suo adattamento maggiore nelle Institutiones 97 . In particolare: 1. Fra coloro che negano la provvidenza, compare, insieme agli atomi- sti, anche Stratone. Egli, a sua volta, si oppone all'atomismo in quanto attribuisce la propriet di generare alla natura. E' questo l'unico passo in Lattanzio in cui si incontri una menzione del peripatetico 98 . 2. Non viene fatto pi alcun accenno alla solidit dell'atomo. 96 Anche per questo trattato si pongono problemi di datazione analoghi a quelli delle Insti- tutiones. Generalmente si concorda sul fatto che stato composto in un periodo di relativa tranquillit per i Cristiani, vale a dire dopo il 311, data della cessazione delle persecuzioni. Manca infatti nel trattato, che per eminentemente teorico, qualsiasi accenno a queste ul- time. Cf. Ingremeau 1982, 27; Kraft-Wlosok 1983, XVs. Per l'ipotesi della stretta correla- zione con il libro terzo delle Institutiones ha giocato proprio la sorprendente coincidenza dei due passi sull'atomismo, cf. Ingremeau 1982, 31. In ogni caso, il De ira stato composto si- curamente dopo i libri 1, 2, 4 e 6 delle Institutiones ai quali fa riferimento (in 2,4 al secondo libro delle Institutiones; in 2,6 al quarto; in 11,1 al primo; in 17,12 al sesto). 97 De ira dei 10,1 (591 L. partim) Qui nolunt divina providentia factum esse mundum, aut principiis inter se temere coeuntibus dicunt esse concretum aut repente natura extitisse, naturam vero, ut Straton ait, habere in se vim gignendi et minuendi, sed eam nec sensum habere ullum nec figuram, ut intellegamus omnia quasi sua sponte esse generata, nullo artifice, nec auctore. Utrumque vanum et impossibile. Sed hoc evenit igno- rantibus veritatem, ut quidvis potius excogitent quam id sentiant quod ratio deposcit. Primum minuta illa semina, quorum concursu fortuito cohaesisse mundum loquuntur, ubi aut unde sint quaero. Quis illa vidit umquam? Quis sensit? Quis audivit? An solus Leucippus oculos habuit? Solus mentem? Qui profecto so- lus omnium caecus et excors fuit, qui ea loqueretur quae nec aeger quisquam delirare nec dormiens posset somniare. Quattuor elementis constare omnia philosophi veteres disserebant. Ille noluit, ne alienis vestigiis videretur insistere, sed ipsorum elementorum alia voluit esse primordia quae nec videri possent nec tangi nec ulla corporis parte sentiri. Tam minuta sunt, inquit, ut nulla sit acies ferri tam subtilis qua secari ac dividi possint. unde illis nomen inposuit atomorum. Sed occurrebat ei quod, si una esset omnibus eademque natura, non possent res efficere diversas tanta varietate quantam videmus inesse mundo. Dixit ergo esse levia et aspera, et rotunda et angulata et hamata. Quanto melius fuerat tacere quam in usus tam miserabiles, tam inanes habere linguam! Equidem vereor ne non minus delirare videatur qui haec putet refellenda; respondeamus tamen velut aliquid dicenti. Si levia sunt et rotunda, utique non possunt invicem se adprehendere, ut aliquod corpus efficiant, ut, si quis milium velit in unam coagmentatio- nem constringere, lenitudo ipsa granorum in massam coire non sinat. Sin aspera et angulata sunt et ha- mata, ut possint cohaerescere, dividua ergo et secabilia sunt; hamos enim necesse est et angulos eminere, ut possint amputari. Ita quod amputari ac divelli potest, et videri poterit et teneri [...] 10,23 Sed putemus ar- tus et ossa et nervos et sanguinem de atomis posse concrescere: quid sensus cogitatio mens memoriam inge- nium? Quibus seminibus coagmentari possunt? Minutissimis, inquit. Sunt ergo alia maiora. Quomodo igitur insecabilia? Deinde si ex invisibilibus sunt quae non videntur, consequens est ut ex visibilibus sint quae videntur. Cur igitur nemo videt? 98 Cf. Ingremeau 1982, 268 ad loc. Nella Epitome (62,6) si allude alle sue teorie, ma il nome non compare. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 248 3. Si insiste maggiormente sul fatto che Leucippo non ha spiegato l'o- rigine dei corpuscoli 99 . La stessa critica (unde) solo accennata nelle Insti- tutiones e si richiama alla concezione che Sesto attribuisce ai cosiddetti Pitagorici: un corpo per natura composto e quindi deve avere altri prin- cipi 100 . 4. Viene riportato l'esempio del pulviscolo atmosferico per spiegare il moto disordinato degli atomi che ricompare poi in Teodoreto nella se- conda parte del resoconto sull'atomismo 101 . 5. Viene riportata pi sotto anche una critica che non si incontra al- trove. Alla spiegazione atomista secondo cui la mente e l'intelligenza sono formati da atomi pi piccoli, si ribatte che, se si ipotizzano anche atomi pi grandi, cade il discorso dell'indivisibilit. E' chiaro da qui che l'atomo concepito esclusivamente come un roiotov xoi o rr , un minimo privo di parti e misura. L'eccezionalit della testimonianza di Lattanzio stata rilevata e ri- portata a fonti quali l'Hortensius di Cicerone o a un'opera perduta di Seneca alle quali egli, per sua bizzarria avrebbe aggiunto l'argomentazione contro le forme atomiche come distruttrice del concetto di indivisibilit 102 . Altri- menti, si trattato il brano a frasi o a segmenti, cercando di istituire con- fronti con passi sparsi di Lucrezio tuttavia piuttosto lontani dalla globalit del contesto 103 . Ora, senza voler negare la evidente presenza di Lucrezio nel De ira e nelle Institutiones, mi sembra tuttavia chiaro che la rappresenta- zione dell'atomo data in questi passi per punti fondamentali quali l'indivi- sibilit e le critiche alle forme atomiche, emargini completamente il tratto della solidit addotto da Lucrezio proprio per giustificare la variet delle 99 Cf. anche 10,11 Ac primum requiro quae sit istorum seminum vel ratio vel origo. Si enim ex illis sunt omnia, ipsa igitur unde esse dicemus? 100 Sext. Emp. Adv. Math. 10,255-256 oute xoi gri, ooiv oi Hu0oyoixoi tev uoixev ioooev, xot rai voiov oxrator0o to t x :tvov :o otovto :o::o xot !o,ot 0tooj:o o:vto:jxt ooao:o. gtoi ouv oeoto roti to ouototixo outev g ooe oto. xoi oeoto rv oux ov riaoirv, rari orgori xoxrivev oe oto ryriv rivoi ouototixo xoi oute ri oariov aooivouog tg raivoi o o voov yivro0oi to aov. 101 De ira dei 10,9 "Haec, inquit, per inane inrequietis motibus volitant et huc atque illuc feruntur, sicut pulveris minutias videmus in sole, cum per fenestram radios ac lumen inmiserit. Ex his arbores et herbae et fruges omnes oriuntur, ex his animalia et aqua et ignis et universa gignuntur et rursum in eadem resolvun- tur". Ferri hoc potest, quamdiu de rebus parvis agitur. "Ex his etiam mundus ipse concretus est". Il ri- chiamo a Lucrezio (2,114-120) da parte di Ingremeau 1982, 274 ad loc., senz'altro perti- nente, ma Lucrezio solo uno dei tanti autori che riportano l'esempio del pulviscolo. La reminiscenza pu aver giocato a livello linguistico, ma, a livello strutturale, il contesto, nella sua globalit, molto pi vicino al brano di Teodoreto (4,8-10), v. infra, 3. 2. 4 n. 154. 102 Cos Ogilvie 1978, 86s. Cicerone non avrebbe anticipato l'argomento distruttivo di Lattan- zio, ma l'uso di ergo potrebbe indicare una aggiunta di Lattanzio stesso. Egli propende poi per, per le Exhortationes di Seneca come fonte, piuttosto che per l'Hortensius ciceroniano senza tuttavia fornire alcun riscontro oggettivo. 103 Questo tipo di commento ai singoli punti del cap. 10 caratteristico di Ingremeau 1982. Capitolo sesto 249 forme 104 . Il brano sull'atomismo del De ira, costituito inoltre da un corpo compatto di argomentazioni concatenate che sono state evidentemente assunte in blocco da un resoconto assai dettagliato. Tale resoconto utiliz- zava un repertorio critico consolidato e un modello dossografico ben preciso, quello cio che faceva capo al nome di Leucippo e alla sua conce- zione di un atomo indivisibile per la piccolezza e che compare gi per lo meno pi di un secolo prima in un autore come Galeno (v. infra, 3. 2. 3). Dunque Lattanzio per questo non inventa nulla n tuttavia attinge alla versione corrente da lui stesso utilizzata nel De opificio, ma si rif sicura- mente ad un resoconto esteso sull'atomismo nel quale l'atomo di Leu- cippo era definito indivisibile per la piccolezza e alla solidit non veniva attribuito alcun ruolo in questo senso. Anche la terminologia quella cor- rente nella dossografia, in particolare l'espressione ipsorum elementorum alia voluit esse primordia corrisponde alla formula greca otoiri o otoiriev (o a quella pi tarda ooi otoirieor otroi), di ascendenza platonica, che nello Pseudo-Plutarco e in Stobeo viene applicata ai corpuscolaristi (Em- pedocle e Senocrate) 105 , ma negli autori neoplatonici in particolare a Democrito per il gi citato "avvicinamento" degli atomisti antichi a Pla- tone 106 . In ogni caso Lattanzio nel De ira si serve di argomenti confutatori risalenti sicuramente all'Accademia scettica 107 . La critica alle forme atomi- che, in particolare, un tema che si incontra solo in parti delle opere filo- 104 Lucrezio (1,609-614) precisa che dagli atomi non si pu strappare n togliere nulla in quanto sono di una "solida semplicit". I minimi dell'atomo sono infatti parti solo conce- pibili con la mente, ma non separabili in realt: Sunt igitur solida primordia simplicitate/ quae minimis stipata cohaerent partibus arte,/ non ex illorum conventu conciliata,/ sed magis aeterna pollentia simplicitate,/ unde neque avelli quicquam neque deminui iam/ concedit natura reservans semina rebus. Cf. Ingremeau 1982, 273s. 105 Cf. Ps.-Plut. 1,13, 883 B; Stob. 1,14,1 (Dox. 312); Ps.-Plut. 1,17, 883 E; Stob. 1,17,1 (Dox. 315). V. supra, V 1. 106 Plot. 4,7,2,4-3,6 au yo xoi og xoi uoe xoi yg ouo ao ou tev[...] oo or aoo touto oe oto oux r oti. xoi oi yr ooxri rivoi otoirio toutev r tro, oeoto, ou u- oi, rr0goov rivoi ouor egv rovto. Cf. Iambl. De an. 26,13-18 Finamore-Dillon rivoi rv yo to aeto oeoto o too, ao tev troooev otoiriev otoirieorotro, supra, II 6. 2 n. 133; Simpl. In Phys. 184b 15, 35,22-36,7 xoi outoi or, [...] ooriorotro tivo toutev xoi oaouotro rgtouv oitio, supra, II 6. 2 n. 127. 107 Cf. ad es. in 13,9 la confutazione da parte degli Accademici della dottrina stoica secondo cui dio ha creato l'universo in funzione dell'uomo con l'argomento della presenza di ani- mali dannosi all'uomo come i topi, le tarme e i serpenti (Sed Academici contra Stoicos disse- rentes...). La versione lievemente diversa rispetto a Cic. Ac. 2,38,121. Le stesse obiezioni agli Stoici, in un contesto in cui viene espressamente nominato Carneade come critico di Crisippo, si ritrovano anche in Porph. De abst. 3,20. Cf. Ingremeau 1982, 305 ad loc. Per la posizione nei confronti della dottrina stoica nel De ira dei, Kraft-Wlosok 1983, XV. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 250 sofiche di Cicerone dove parla un accademico 108 . Nel primo libro del De natura deorum Cotta rimprovera a Velleio di aver creduto fino alla sua et alle sciocchezze di Democrito e di Leucippo secondo cui ci sarebbero "corpuscoli lisci, scabri, rotondi, con angoli o ami o uncini, dai quali si sarebbe formato il cielo, la terra senza l'impulso di alcuna legge naturale, ma per un casuale incontro" 109 . Cotta oppone all'aggregazione casuale degli atomi, non solo la dottrina stoica che fa governare il mondo da un princi- pio divino razionale, ma anche quella di Stratone, che assegna questa fun- zione alla natura 110 . Proprio quest'ultimo viene contrapposto a Leucippo nel De ira. La stessa diaphonia Stratone/ atomisti con relativa derisione delle forme ad amo e ad uncino compare nel Lucullus. Cicerone, per illu- strare il dissenso fra i dogmatici sulle questioni fisiche, oppone alle tesi stoiche quelle di Stratone di Lampsaco: tu dici che senza la divinit non pu esistere nulla. Ma eccoti improvvisamente Stratone di Lampsaco che esonera questo dio da un compito ben gravoso; [...] egli dichiara di non servirsi dell'opera degli di per costruire il mondo. Qualsiasi genere di cose esistenti, insegna, stato creato dalla natura, non come colui che dice che queste cose sono state composte da corpi scabri, lisci, ad amo e ad un- cino con il vuoto inframmezzato questi egli ritiene siano sogni di un Demo- crito visionario, non maestro; in quanto a lui, esaminando ad una ad una le parti del mondo, insegna che ogni cosa esistente o generata o stata generata dai pesi e dai moti naturali 111 . Questo brano, pur essendo molto pi riassuntivo, costituisce un evidente parallelo al testo di Lattanzio: all'interno dello stesso gruppo di negatori della provvidenza Stratone si oppone a Democrito e lo giudica "un visio- nario". Secondo Lattanzio, Leucippo ad "aver sognato" (somniavit) l'esi- stenza dei suoi corpuscoli 112 . 108 La tradizione di matrice posidoniana pone piuttosto in rilievo, nell'ambito dei processi generativi, l'attrazione delle forme simili e non l'aggregazione di forme diverse. Cf. Sext. Emp. Adv. Math. 7,116 (68 B 164 DK; 11, 316 L.); Dionys. ap. Eus. Praep. Ev. 14,25,9. 109 Cic. De nat. deor. 1,24,66 (67 A 11 DK; 165, 226, 590 L.) Ista enim flagitia Democriti sive etiam ante Leucippi, esse corpuscula quaedam levia, alia aspera, rotunda alia, partim autem angulata, hamata (edd.: curvata B: firamata A) quaedam et quasi adunca, ex his effectum esse caelum atque terram nulla cogente natura sed concursu quodam fortuito- hanc tu opinionem, Gai Vellei, usque ad hanc aetatem per- duxisti. 110 Cic. De nat. deor. 1,24,67 Sed ubi veritas? [] an in individuis corpusculis tam praeclara opera nulla moderante natura, nulla ratione fingentibus? 111 Cic. Ac. 2,38,121 (68 A 80 DK; 26 L.) Negas sine deo posse quicquam: ecce tibi e transverso Lampsacenus Strato, qui det isti deo immunitatem magni quidem muneris; [...] negat opera deorum se uti ad fabricandum mundum. Quaecumque sint, docet omnia effecta esse natura nec ut ille qui ex asperis et le- vibus et hamatis uncinatisque corporibus concreta haec esse dicat, interiecto inani: somnia censet haec esse Democriti non docentis, sed optantis; ipse autem singulas mundi partes persequens, quidquid aut sit aut fiat naturalibus fieri aut factum esse docet ponderibus et motibus. 112 Div. Inst. 3,17,23, v. supra, n. 94. Capitolo sesto 251 Il confronto fra Lattanzio e Cicerone permette di formulare alcune considerazioni: 1. La similarit degli schemi e dei contesti fa presupporre che Lattan- zio abbia potuto rifarsi ad un ulteriore testo ciceroniano perduto come l'Hortensius nel quale l'atomo veniva presentato come un ro iotov, un minimo fisico privo di parti e indivisibile per la piccolezza. Un accenno a questa concezione dell'atomo (questa volta epicureo), che violerebbe i principi non solo della fisica, ma anche della matematica si trova altrove, nel De finibus 113 . 2. La critica alle forme atomiche si pu far risalire per lo meno fino a Stratone. E' impossibile stabilire se egli la approfondisse con argomenta- zioni simili a quelle che si trovano in Lattanzio, ma si pu affermare, in base ai testi di Cicerone, che sicuramente l'Accademia scettica aveva fatto proprie le sue obiezioni e le aveva utilizzate contro l'atomismo in generale. Ci sono comunque indizi del fatto che, nella scuola epicurea, verso la fine del II sec. a.C., fossero note delle argomentazioni contro le forme atomiche con le quali si cercava di demolire la tesi dell'infrangibilit del- l'atomo. Demetrio Lacone, un Epicureo che si situa fra la met del II e il primo quarto del I sec. a.C. 114 aveva cercato di dimostrare, attraverso una interpretazione filologica dei testi del fondatore, come in realt Epicuro non avesse detto quanto gli rimproveravano i suoi detrattori 115 . Fra questi tentativi di difesa se ne incontra uno piuttosto interessante per il tema specifico. Demetrio risponde infatti ad una critica che rimproverava ad Epicuro di aver assunto forme infinite spiegando che: Epicuro definisce infinite le nature prime non per specie, ma per genere, sicch non tutte quante le forme che si riscontrano nei sensibili sono altrettante forme prime, ma solamente ... quelle compatte 116 . Attribuendo agli atomi epicurei solo forme compatte, Demetrio sosteneva l'argomento dell'impossibilit di infinite forme atomiche e parava nel 113 De fin. 1,6,20 Deinde eadem illa atomorum in quo etiam Democritus haeret, turbulenta concursio hunc mundi ornatum efficere non poterit, ne illud quidem physici credere aliquid esse minimum, quod profecto numquam putavisset, si a Poliaeno familiari suo geometrica discere maluisset quam illum etiam ipsum dedocere. 114 Per la datazione, cf. la discussione in Puglia 1988, 37ss. 115 Sul metodo filologico e sulla sua funzione in Demetrio Lacone e, in generale nella scuola epicurea, cf. Erler 1993, 289-295. 116 Dem. Lac. P. Herc. 1012 col. XV,154 Puglia o Eaixouo oariou r yri t]o aeto[ uo]ri ou x[ot r]ioo [oo xoto] y rvo, eo[tr] g ao vto [to ogo0 oo]o ari to oio[0gto rotiv o]o tooout rivo[i ogoto a]eto, ovo v [or ... to ou]ug Seguo in linea di massima la traduzione di Puglia 1988, 189. Non ritengo tuttavia che Epicuro stesso scartasse le forme ad amo e a tridente, come afferma Puglia (208s., ad loc.) basandosi sulla testimonianza di Ps.-Plut. 1,3, 877 D (su questo brano v. infra, 3. 2. 2). Demetrio non ri- produce in questo caso esattamente la dottrina epicurea, ma la interpreta cercando di pa- rare le critiche che le venivano rivolte. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 252 contempo le critiche alla friabilit dell'atomo come quelle che compaiono in Lattanzio. Demetrio Lacone era allievo di Zenone Sidonio 117 , anch'egli filologo delle opere epicuree e, secondo quanto riferisce Cicerone, uditore di Carneade 118 . Egli poteva dunque conoscere le critiche rivolte dall'Ac- cademia di mezzo a determinate forme atomiche. Lucrezio ribadiva, come si visto, che l'indivisibilit dell'atomo era dovuta alla sua solidit e am- metteva dunque senza problemi le forme ad amo e ad uncino 119 . In ogni caso il testo di Lattanzio, sia esso mediato da Cicerone o da altra fonte, riporta argomentazioni che risalgono almeno al II sec. a.C. e che contengono una interpretazione dell'atomo leucippeo come un roi- otov xoi orr, un minimo fisico indivisibile per la piccolezza e privo di parti. Leucippo non compare nella sezione Sui minimi di Pseudo-Plutarco e Stobeo perch, come si visto, nella vulgata di matrice posidoniana, non veniva classificato fra i corpuscolaristi. Qui sempre Diodoro il sosteni- tore di ro ioto xoi org i quali, tuttavia, sono concepiti come ulte- riormente divisibili con la mente 120 . Ci sono per dei resoconti che differenziano fra l'atomo indivisibile per la piccolezza di Leucippo e quello indivisibile per la solidit di Epicuro. Tale distinzione accompagnata dai nomi in un brano del De elementis secundum Hippocratem di Galeno (v. infra, 3. 2. 3), mentre rimane anonima in Teodoreto e implicita nello Pseudo- Plutarco. Qui di seguito verranno confrontati i tre testi fra di loro e con il brano di Lattanzio appena esaminato. 3. 2. 2. Pseudo-Plutarco Il brano dossografico sulla dottrina di Epicuro e Democrito dello Pseudo- Plutarco nella sezione Sui principi riflette alcune argomentazioni e una strutturazione dialettica simili a quelle del passo di Lattanzio. Proprio que- st'ultimo contribuisce a chiarire alcune affermazioni del dossografo, altri- menti di difficile comprensione. Pseudo-Plutarco non fa il nome di Leu- cippo, ma espone la differenza fra Democrito ed Epicuro nella forma di uno scambio dialettico. Si tratta di un modello, consolidato nell'Accademia scettica e usuale in Cicerone e in altri autori che inglobano materiale dos- sografico in contesti pi o meno letterari e marcatamente retorici, che prescinde dalle relazioni cronologiche e pone a confronto le tesi di diversi interlocutori 121 . 117 Su questo personaggio, cf. Angeli-Colaizzo 1979. 118 Cic. Ac. 1,12,46. Cf. Angeli-Colaizzo 1979, 70. 119 Lucr. 1,609-614, supra, n. 104. 120 Su questo, v. supra,V 1. 121 Cf. anche Van der Eijk 1999, 23ss. Capitolo sesto 253 Lo Pseudo-Plutarco presenta il resoconto sull'atomismo come dottrina epicurea che avrebbe preso le mosse da Democrito: Epicuro, figlio di Neocle, Ateniese, che filosofava secondo Democrito, disse che i principi delle cose esistenti sono corpi, concepibili con l'intelletto, privi di vuoto, ingenerati, eterni, indistruttibili che non possono essere n frammentati n ripla- smati da parti, n alterati; essi sono concepibili con l'intelletto; questi dunque si muovono nel vuoto e attraverso il vuoto; il vuoto stesso infinito e infiniti sono i corpi 122 . La versione di Pseudo-Plutarco citata da Eusebio, attribuisce invece la dottrina a Democrito, pur ponendo Epicuro sulla sua scia, lo Pseudo-Giu- stino, negli stessi termini, al solo Epicuro e cos anche Stobeo, che riporta una versione estremamente abbreviata 123 . Questa prima parte, che vede una sostanziale equivalenza delle dottrine di Democrito ed Epicuro, seguita in Pseudo-Plutarco da un'altra sequenza nella quale invece ven- gono messe in particolare rilievo le discordanze. Il verbo goi , che ri- manda ad un presunto discorso di Epicuro, e l'uso del discorso indiretto fanno chiaramente capire che il testo di riferimento era strutturato in ma- niera dialettica alla stregua dei dialoghi ciceroniani e del brano di Lattan- zio. Epicuro rispondeva a eventuali critiche formulate contro l'atomismo antico correggendone alcuni assunti. I corpi hanno questi tre accidenti: figura, grandezza e peso. Democrito ne ha ipotizzati due, figura e grandezza, Epicuro vi ha aggiunto anche il peso: neces- 122 Ps.-Plut. 1,3, 877 D Eaixouo Nroxrou A0gvoio xoto Agoxitov iooogoo rg to oo tev ovtev oeoto, oyei 0regto, ortoo xrvou , o yr vgto, oioio, o0oto, outr 0ouo0gvoi ouvorvo, ou tr oioaooo v rx te v rev oriv ou tr ooie0gvoi rivoi o outo oyei 0regto touto r vtoi xivrio0oi rv tei xrvei xoi oio tou xrvou rivoi or xoi outo to xrvov oariov xoi to oeoto oario. L'espressione che definisce l'atomo non riplasmabile si presenta in varianti diverse ed stata corretta in outr oioao- oiv rx te v re v oriv dal Diels sulla scorta di Ps.-Iustin. Cohort. ad Graec. 4,1. Aio- aooov il termine riportato nei manoscritti dello Pseudo-Plutarco. L'impossibilit della riplasmazione dell'atomo corrisponde al dettato epicureo secondo cui i minimi non si muovono e sono fissi all'interno dell'atomo. Il dossografo oppone cos implicitamente gli atomi di Epicuro agli oyxoi di Asclepiade che potevano essere frammentati in infinite parti e poi ricomposti. Questa per lo meno l'interpretazione del discusso passo di Celio Aure- liano (Acut. 1,14,106), fornita da Vallance 1990, 20ss. Al contrasto con gli elementi di Asclepiade sembra rimandare anche l'espressione precedente outr 0ouo0gvoi ouvorvo. Essi sono infatti pi volte definiti, nelle testimonianze, 0ouoto (cf. Sext. Emp. Pyrrh. Hyp. 3,33; Galen. De const. art. med. 7 (I,249 K.); [Galen.] Intr. sive med. 9 (XIV,698 K.). 123 Ps.-Plut. ap. Eus. Praep. Ev. 14,14,5 Agoxito, ei rto ariotov Eaixouo gxo- ou0gorv, oo te v ovtev oeoto o too, oyei or 0regto, ortoo xrvou, o yr vgto, ooio0oto ouor 0ouo0gvoi ouvo rvo, outr oiaooiov r x te v rev oriv outr ooie0gvoi, ri voi o' ou to oyei 0regto . tou to r vtoi xivrio0oi r v tei xrvei xoi oio tou xrvou rivoi or xoi outo to xrvov oariov xoi to oeoto oario. Stob. 1,10,14 (Dox. 285) Eaixouo oo ri voi tev ovtev oeoto oyei 0regto, ortoo xrvou, oyrvgto, ooio0oto, [to] outr 0ouo0g voi ouvorvo, outr ooie0gvoi. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 254 sario infatti, dice, che i corpi si muovano sotto la spinta del peso, altrimenti non potrebbero muoversi 124 . Le affermazioni sul peso dell'atomo costituiscono un punto controverso che qui non pu essere esaminato nel dettaglio 125 . Rilevante tuttavia il fatto che lo schema: assenza di peso dell'atomo democriteo/ correzione apportata da Epicuro corrisponda perfettamente, anche nella formula- zione, a quello di Cic. De fato 20,46. Anche qui, nella critica alla teoria del clinamen, viene attribuita ad Epicuro una simile correzione della tesi demo- critea: Democrito avrebbe infatti sostenuto che gli atomi sono mossi non dal peso, ma da un'altra spinta che egli chiama "colpo", Epicuro invece, da una spinta che deriverebbe loro dal peso 126 . Anche qui Epicuro parla in prima persona in un confronto dialettico con Democrito, ma subito dopo viene confutato, ancora in forma dialogica, da un terzo interlocutore, cri- tico nei confronti della dottrina atomistica 127 . Il testo di Pseudo-Plutarco prosegue poi con la critica di Epicuro alle forme democritee: Le figure degli atomi sono concepibili, non infinite. Infatti, dice, non sono n un- cinate, n a tridente, n ad anello. Infatti queste forme sono friabili, mentre gli atomi sono impassibili e infrangibili; ma gli atomi hanno forme proprie intellegi- bili. E si dice atomo non perch il pi piccolo, ma perch non si pu tagliare in quanto impassibile e privo di vuoto; talch quando dice atomo, dice infrangibile e impassibile, privo di vuoto 128 . L'assunzione di un numero non infinito di forme atomiche e il rifiuto delle forme friabili compaiono qui nella stessa sequenza in cui sono menzionate nel testo dell'epicureo Demetrio Lacone. Il testo di Pseudo-Plutarco si distingue per da quest'ultimo per due tratti specifici: innanzitutto defini- sce chiaramente quali forme Epicuro avrebbe escluso perch friabili (De- 124 Ps.-Plut. 1,3, 877 E (Dox. 285; 217, 234 L.) ourgxr voi or toi oeooi tio tou to, ogo ryr0o oo. Agoxito rv yo rryr ouo, ryr0o tr xoi ogo, o o Eaixouo toutoi xoi titov, to oo, rar0gxrv [aoor0gxrv Eus., Diels] ovo yxg yo, goi, xivrio0oi to oe oto tgi tou oou agygi rari ou xivg0gortoi. 125 Per il problema del peso dell'atomo in questo passo e in quello ciceroniano, cf. in partico- lare O'Brien I, 1981, 229-248. 126 Cic. De fato 20,46 (68 A 47 DK; 307, 365 L.) Declinat inquit (scil. Epicurus) atomus. Primum cur? aliam enim quandam vim motus habebant a Democrito inpulsionis, quam plagam ille appellat, a te, Epicure, gravitatis et ponderis. La stessa sequenza in uno schema diairetico e non dialettico in Stob. 1,14,1; 1,19,1 (Ps.-Plut. 1,23, 884 C) (68 A 47 DK; 307, 365 L.). 127 Per una sequenza simile (correzione epicurea di una tesi democritea-critica da parte di Carneade) riguardo al clinamen, cf. De fato 10,23 (68 A 47; 307, 365 L.). 128 Ps.-Plut. 1,3, 877 E (Dox. 285; 217, 234 L.) rivoi or to ogoto te v otoev arigato , oux oario. g yo rivoi gt oyxiotoriori gtr tioivoriori gtr xixoriori touto yo to ogoto ru0ouoto rotiv, oi o o tooi oao0ri o0ouotoi ioio o rriv ogoto oyei 0regto. xoi rigtoi o too, ou o ti rotiv roiotg o oti ou ouvotoi tg0gvoi, oao0g ouoo xoi ortoo xrvou eotr, ro v riagi o toov, o0ouotov r yri xoi oao0g, ortoov xrvou. Capitolo sesto 255 metrio affermava genericamente che avrebbe ammesso solo forme com- patte). In secondo luogo, come ulteriore risposta alla critica alle forme, fornisce una definizione dell'atomo come indivisibile perch solido in contrasto con un atomo indivisibile perch minimo che manca in Deme- trio. La critica alle forme e la ridefinizione dell'atomo nel testo di Pseudo- Plutarco sembrano a prima vista mancare di una connessione logica. Il loro rapporto diviene, per, chiaro sullo sfondo dei brani di Lattanzio. In questi ultimi, infatti, la confutazione dell'atomo indivisibile per la picco- lezza di Leucippo si basava proprio sulla critica alle forme atomiche fria- bili come quelle scabre, ad amo e con angoli. Non solo, ma, in risposta ad argomenti come quello avanzato da Demetrio, venivano criticate anche le forme "compatte" come quelle lisce e sferiche: tali forme, dice Lattanzio, non generano nulla perch non possono combinarsi. Gli atomi devono perci avere anche forme ad amo e con sporgenze che, come tali, si pos- sono tagliare e quindi non possono essere indivisibili. La presunta ridefini- zione dell'atomo da parte di Epicuro costituisce proprio una risposta a questa doppia critica: gli atomi non sono insecabili in quanto minimi, ma in quanto infrangibili, impassibili e privi di vuoto. In Galeno, come si vedr, presente la risposta anche a questa "correzione" epicurea che manca invece nei resoconti di Lattanzio. Dunque, nel brano dello Pseudo- Plutarco implicita una struttura dialettica che presuppone: A. Tesi degli atomisti antichi: ci sono minimi indivisibili di infinite forme. B. Critica di un avversario: se gli atomi hanno, fra le altre, anche forme ad amo e con sporgenze, non sono indivisibili perch queste ultime si possono sempre tagliare. C. Correzione epicurea: gli atomi non hanno forme infinite, ma concepi- bili col pensiero. Alcune forme friabili possono dunque essere escluse. D. Critica dell'avversario: se non hanno forme con sporgenze, ma sono lisci e rotondi, non possono combinarsi. E. Risposta epicurea: l'atomo si definisce tale non perch un minimo, ma perch impassibile e privo di vuoto. Per quanto riguarda i punti C, D ed E, si pu osservare che ad Epi- curo sono attribuite delle tesi in parte da lui veramente sostenute, come quella della non infinit delle forme atomiche, ma anche delle opinioni palesemente in contrasto con le testimonianze come le forme "concepi- bili" e la negazione delle forme atomiche ad amo a tridente e ad anello. Per quanto riguarda il primo punto, la lezione arigato stata general- mente riportata ad un errore della tradizione manoscritta e corretta, sulla scorta dell'Epistola ad Erodoto (1,42), in oarigato 129 . In realt i mano- scritti di Pseudo-Plutarco, compreso quello che il traduttore arabo aveva 129 Duebner II, 1841; Diels 1879; Lachenaud 1993. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 256 davanti 130 , hanno concordemente arigato. Il termine perfettamente accettabile se lo si interpreta non come una affermazione originale di Epi- curo, ma come una deduzione che si poteva trarre dall'epistola epicurea: se le forme atomiche non sono infinite, devono essere concepibili con la mente in quanto solo l'infinito inconcepibile. Dunque Epicuro avrebbe ammesso che le forme sono concepibili 131 . Riguardo al secondo punto, la negazione di certe forme atomiche, Demetrio Lacone allude al fatto che Epicuro ha ammesso solo forme compatte, ma non specifica di quali si tratti. Tale affermazione per palesemente contraddetta all'interno della scuola stessa. Le forme ad amo a tridente e ad anello sono citate, infatti, espressamente da Lucrezio per spiegare la struttura di certi oggetti sensibili e di altri fenomeni. Atomi ad amo e "a ramo" compongono le cose che ci appaiono dure e spesse e l'attrazione del magnete e del ferro si spiega attraverso intrecci di atomi ad anello e ad amo 132 . Anche Galeno accenna in un contesto critico a quest'ultimo punto 133 . Per Cicerone, come si gi constatato, le forme ad amo e ad uncino sono dottrina leucippea e demo- critea accettata anche dagli epicurei 134 . Pseudo-Plutarco attribuisce dunque ad Epicuro delle tesi che non sono sue, ma solo deduzioni di chi argo- menta pro o contro le forme atomiche. Da affermazioni quale quella di Demetrio Lacone, secondo cui Epicuro avrebbe ammesso solo forme compatte e rifiutato quelle friabili, si poteva facilmente passare all'identifi- cazione di queste ultime con le forme ad amo e ad uncino. D'altra parte la ridefinizione dell'atomo da parte di Epicuro, che, detto per inciso, ripete 130 Daiber 1980, 105: "Die Gestalten der Krper, welche nicht teilbar sind, lassen sich erfassen und sind nicht unendlich". 131 Anche l'esclusione delle forme con sporgenze sia in Demetrio Lacone che nel testo di Pseudo-Plutarco il risultato di una deduzione. L'Accademico Cotta nel primo libro del De natura deorum (1,32,90) usa un procedimento simile per confutare la concezione epicurea della divinit. L'affermazione di Epicuro secondo cui gli di sono simili agli uomini pre- suppone che anche gli uomini siano simili agli di. E' logico infatti che sia la forma degli uomini a derivare da quella degli di sempre eterni e ingenerati e non viceversa. Conse- guentemente si deve dire non che gli di hanno forma umana, ma che gli uomini hanno forma divina. Quest'ultima deduzione viene poi assunta come effettiva tesi di Epicuro e confutata nel paragrafo seguente (perch dunque improvvisamente sarebbero nati degli uomini di forma divina?). 132 Lucr. 2,444-446 Denique quae nobis durata ac spissa videntur,/ haec magis hamatis inter sese esse necessest/ et quasi ramosis alte compacta teneri; cf. 2,393s. Cf. anche 6,1087-1089 (del magnete): Est etiam, quasi ut anellis hamisque plicata/ inter se quaedam possint coplata teneri;/ quod magis in la- pide hoc fieri ferroque videtur. Lur'e 1970, 466s. ha notato l'incongruenza del testo dello Pseudo-Plutarco con le testimonianze lucreziane, ma, senza addurre alcuna prova, ha attri- buito a Lucrezio una ripresa di dottrine democritee che Epicuro avrebbe invece rifiutato. 133 Gal. Nat. fac. 1,14 (III,137,1 Helmreich = II,49 K.) (Ep. Fr. 293 Us.) ri yo rxootov oute v uiootov roti ro te v rv tei o ri rorvev gyo tev, agixov g vogooi to aro oute v to oyxiotorior, ei ariarxrtoi ao ogo 134 V. supra, 3. 2. 1 n. 110. Capitolo sesto 257 in parte quella della prima parte del brano e sembra assolutamente super- flua, presuppone un'ulteriore critica anche a forme compatte quali quelle lisce. Dato che queste ultime non possono generare nulla, si devono rein- trodurre necessariamente quelle forme in un primo tempo rifiutate con tutti i problemi che ne conseguono. Si tratta delle argomentazioni addotte da Lattanzio. Ecco allora la ridefinizione dell'atomo che para tutte le obie- zioni precedenti: l'atomo non tale in quanto minimo (e dunque privo di parti), ma in quanto impassibile e privo di vuoto. Nell'epitome dossogra- fica sono state probabilmente assimilate critiche degli avversari e risposte epicuree ed eliminato il nome di Leucippo 135 . Alla luce dei passi di Lattanzio delle Institutiones e del De ira dei si pu comprendere meglio anche la connessione fra le diverse parti del brano di Pseudo-Plutarco. Egli ha infatti riassunto una sequenza di tesi, confuta- zioni e controtesi alla maniera dei dialoghi ciceroniani dove l'Accademico scettico non solo illustra la diaphonia fra le teorie dogmatiche, ma formula critiche e attribuisce anche risposte agli interlocutori basandosi su un nu- cleo dottrinale effettivo, ma anche su deduzioni che da questo si possono trarre. Dunque la seconda parte del brano dello Pseudo-Plutarco, cos come quello di Lattanzio, riportano all'ambito dell'Accademia scettica. Lattanzio espone la presunta dottrina di Leucippo con relativa critica, Pseudo-Plutarco riferisce anche le "correzioni" epicuree, ma la trattazione dell'atomismo nella sua globalit non si fermava qui. A questo punto en- travano in gioco quegli argomenti contro l'impassibilit e la mancanza di qualit dell'atomo, assunti dalla tradizione stoica e presenti in Cicerone e Plutarco (v. supra, 2. 1). Questo quadro di insieme ricostruibile attraverso un brano del De elementis secundum Hippocratem di Galeno. 3. 2. 3. Galeno Nel De elementis secundum Hippocratem Galeno propone un lungo excursus sull'atomismo per dimostrare come quest'ultimo si presti alla critica espressa nel trattato ippocratico De natura hominis secondo cui, se il corpo fosse composto da un unico elemento, non potrebbe sentire dolore. Ga- leno, come egli stesso afferma in questa e in diverse altre opere, ritiene che gli atomisti siano dei monisti in quanto hanno assunto come principi atomi tutti uguali per specie e privi di qualit 136 . Per dimostrare come la 135 Che compare invece nel resoconto parallelo di Galeno, v. infra, 3. 2. 3. 136 Gal. De elem. sec. Hipp. 2,16ss. (60,19 De Lacy = I,418 K.); cf. anche De const. art. med. 7 (I,246 K.). Si tratta di uno schema interpretativo gi presente nella Contro Colote di Plutarco laddove si cerca di dimostrare che Epicuro, in realt, ha sostenuto le stesse tesi monistiche che Colote rimprovera a Parmenide (1114 A). Il modello di questa "riduzione" di Galeno L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 258 critica ippocratica sia rivolta contro tali posizioni, espone prima di tutto le teorie democritee. La struttura di tale resoconto richiama da vicino quella della Contro Colote di Plutarco. Come Plutarco, Galeno parte dalla massima voei yuxu xt. per passare poi alla descrizione dell'insieme della dot- trina e ritornare infine a criticare l'impassibilit dell'atomo e la sua inalte- rabilit. Egli, tuttavia, non si limita a riferire le tesi di Democrito. Dopo averne diffusamente descritto i caratteri basilari, soprattutto il meccanismo di generazione dei corpi composti, accenna ad una differenza fra due tipi di atomismo Essi ritengono i corpi primi impassibili; alcuni di loro, come Epicuro, infrangibili per la durezza, altri invece indivisibili per la piccolezza, come Leucippo 137 . Qui viene in pratica esplicitata quella diaphonia fra atomismo antico ed Epicuro nella concezione dell'indivisibilit dell'atomo che nello Pseudo- Plutarco solo presupposta. Nel contempo si ritrova l'accenno alle pre- sunte teorie di Leucippo oggetto di critica nei brani delle Divinae Institutio- nes e del De ira dei di Lattanzio. In Galeno ci sono dunque ancora dei resti di quella stessa tradizione critico-interpretativa che compare nei brani suddetti. Altrove egli menziona Leucippo una sola volta incidentalmente e in uno schema generico di concordanza con Epicuro e Democrito: tutti avrebbero posto come elementi piccoli corpuscoli 138 . La terminologia del brano del De elementis ricorda quella dello Pseudo- Plutarco, in particolare l'attributo molto specifico o0ouoto degli atomi risale certamente in ultima analisi ad Aristotele, come afferma Morel 1996, 115ss., ma si- curamente filtrato da una tradizione posteriore come mostra la corrispondenza con Plu- tarco. Morel, interessato al tema pi generale della rappresentazione dell'atomismo in Ga- leno, non indaga ulteriormente sulla tradizione che sta dietro la struttura dialettica del brano e sulle strette relazioni di quest'ultimo con la Contro Colote. Sulle somiglianze e diffe- renze fra i due brani, cf. Gemelli Marciano 1998, 121s. 137 Gal. De elem. sec. Hipp. 2,17 (62,4-7 De Lacy = I,418-419 K.) (68 A 49 DK; 112 L.) oao0g o uaoti0rvtoi to oeoto rivoi to aeto tivr r v oute v uao oxgotgto o0ouoto, xo- 0oar oi ari Eaixouov, r vioi or uao oixotgto ooioirto, xo0o ar oi ari to v Aruxiaaov. De Lacy, nella sua edizione, aggiunge, sulla scorta della traduzione araba, an- che il nome di Diodoro xo0oar oi ari tov Aruxiaaov xoi Aiooeov (app. ad loc. e p. 22) ritenendo impossibile che il traduttore arabo possa aver aggiunto di suo pugno un nome cos inusuale. Che il nome fosse anche nel manoscritto greco comunque piuttosto strano in quanto Diodoro s il sostenitore-tipo degli roioto xoi org nella vulgata su atomisti e corpuscolaristi (il suo nome comunque sistematicamente tralasciato da Pseudo- Plutarco e compare solo nei passi paralleli di Stobeo), ma non viene mai citato in un conte- sto dove compaiono solo atomisti ed completamente assente nelle opere di Galeno. Quest'ultimo accenna pi volte, qui e altrove, alla vulgata, ma senza fare nomi e distin- guendo comunque il gruppo dei corpuscolaristi da quello degli atomisti, cf. De elem. sec. Hipp. 1,7 (58,21 De Lacy = I,416 K.) rx toutou o outoi rioi oou xoi oi to roioto xoi ovoo xoi o rg ti0rrvoi otoirio. Cf. anche De simpl. med. 5,25 (XI,783 K.) Comunque sia, se anche Galeno qui menziona Diodoro fuori luogo, questo non ha nessuna incidenza in relazione alla diaphonia Leucippo-Epicuro. 138 De nat. fac. 2,6 (III,172,7 Helmreich = II,97 K.). Capitolo sesto 259 epicurei, che corrisponde esattamente alla definizione del dossografo oi or otooi oao0ri o0ouotoi. Galeno non lo usa pi altrove. Egli non menziona inoltre il termine originale vootov che, come si pu dedurre da un altro passo 139 , sembra non conoscere, e sembra presupporre una diffe- renza fra o0ouoto, infrangibile per la durezza, e o oioi rto, indivisibile in quanto ro iotov. Rispetto a Lattanzio e allo Pseudo-Plutarco, che si arrestano rispetti- vamente alla critica all'indivisibilit per la piccolezza e alla dichiarazione epicurea della solidit dell'atomo, Galeno riporta anche un'argomenta- zione contro il concetto di impassibilit gi presente nei testi di Cicerone e Plutarco, che faceva dunque probabilmente parte di uno stesso blocco confutativo. Egli le d un taglio medico, rifacendosi all'obiezione rivolta ai monisti nel De natura hominis ippocratico: se il corpo fosse composto da un solo elemento, non dovrebbe sentire dolore 140 . Tuttavia Galeno utilizza anche un'altra argomentazione di tipo empirico: se si punge, anche con un piccolo ago, la pelle, tutto il corpo sente dolore. Ammettiamo che questo ago tocchi un solo atomo; se l'atomo insensibile e per di pi non pu subire ferite, non avr alcuna reazione dalla puntura dell'ago. Nessuna sensazione si produrr neppure se l'ago toccher due atomi e cos via, talch, se componiamo un corpo di atomi impassibili e insensibili, an- ch'esso risulter tale. Infatti sarebbe veramente strano se ogni parte di questo corpo fosse insensibile e impassibile, mentre il tutto sensibile e capace di subire. Ora, il corpo chiaramente soggetto a dolore e, se si ferisce una sua parte, il dolore viene avvertito dovunque, dunque deve essere composto di elementi sensibili e capaci di "patire" 141 . L'argomenta- zione coincide con una delle tante obiezioni rivolte da Plutarco all'atomo di Epicuro nella Contro Colote: a chi dunque, veramente, o Colote, consegue di non venir feriti n di ammalarsi? a voi, a voi che siete fatti di atomo e di vuoto, nessuno dei due partecipe di sen- sazione 142 . Come si visto sopra, Carneade considerava come caratteristica distintiva dell'essere vivente il provare sensazioni e dolore e sosteneva che nessun corpo tale da non poter essere frammentato 143 . Le critiche all'atomo e al vuoto insensibili, che mettono in rilievo le incongruenze insite nell'atomi- smo, fanno parte dunque di un bagaglio che risale per lo meno a Carneade. L'esempio dell'ago che punge, di carattere tipicamente medico, potrebbe essere stato inventato da Galeno, ma ci sono buoni motivi per 139 De dign. puls. 4,2 (VIII,931 K.) (68 A 46 DK), v. supra, Introduzione 2. 1 n. 33. 140 Nat. hom. 2 (168,4s. Jouanna = VI,34 Littr). 141 Gal. De elem. sec. Hipp. 2,24ss. (64,5 De Lacy = I,420 K.). 142 Plut. Adv. Colot. 1113 E. Per il testo, v. supra, n. 40. 143 V. supra, 2. 1. 2 n. 42. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 260 ritenere che non sia cos. Innanzitutto non compare pi in altri passi pa- ralleli di Galeno, dove invece viene enunciata solo la tesi generale 144 . In secondo luogo, riemerge nella confutazione delle tesi atomiste nel com- mento al De generatione et corruptione del Filopono 145 . Il commentatore neo- platonico non attinge direttamente da Galeno, in quanto riporta una va- riante (l'ago potrebbe pungere l'atomo o andare nel vuoto, ambedue insensibili 146 ) e lo cita come parte di un elenco di aporiai contro gli indivisi- bili che Aristotele avrebbe esposto nel terzo libro del De caelo 147 . Ovvia- mente Aristotele non ha detto nulla di tutto questo, ma solo accennato al fatto che le dottrine atomiste minano alla base la sensazione. Alessandro di Afrodisia nel suo commento perduto al trattato, aveva ampliato le ar- gomentazioni aristoteliche con aggiunte proprie 148 , ma il Filopono non lo segue 149 ; egli attinge a qualche altra fonte che sfruttava anche argomenti di matrice scettica. Infatti, la sua accusa agli atomisti di eliminare i sensibili riprende non solo la tematica incontrata in Cicerone e Plutarco, ma pre- senta una concordanza quasi letterale col giudizio espresso in un famoso brano di Sesto su Democrito. In sintesi il Filopono dice che, se gli atomi sono insensibili, neppure le cose da loro composte avranno sensibilit, dunque "non ci sar nessun sensibile per natura" 150 . Si tratta della defini- 144 Cf. De const. art. med. 7 (I,247-249 K.) e In Hippocr. De nat. hom. 1,6 (21,11-23 Mewaldt = XV,36 K.) dove egli applica la stessa critica ad atomisti e corpuscolaristi. 145 Philop. In De gen. et corr. 325b 34, 164,24-165,8 titov (scil. rairigo) o ti ovoiouoi tgv ouvoio0goiv xoi to ao0g. e yo rigtoi aooxi, otov xrvtgogi to oeo rovg ti, ovoyxg aooo g r v tei xrvei egooi ou tgv g tg otoou ooo0oi. ri rv ouv r v tei xrvei egori, oux oio0gortoi g (sic ri ?) or tg oto ou ortoi, oio to oao0g rivoi aoiv oux oio0gortoi. eotr o vgigtoi g oio0goi xoi ouor v rotoi oio0gtov. ri yo to oio0ovro0oi tei aooriv ti uao te v oio0gte v tg v oio0goiv r yrtoi, oux roti or ouvoio0goi ouor ao0o, ouo oo oio0gto v ti ov rig xuie. 146 Cf. Plut. Adv. Colot. 1113 D, supra, n. 40, dove sia il vuoto che gli atomi sono definiti insen- sibili. 147 Philop. In De gen. et corr. 325b 34, 164,11-13. 148 Simplicio, nel commento ai passi del De caelo cui il Filopono allude, cita e segue appunto Alessandro (303a 17, 612,1ss.). 149 Questo chiaro dal confronto con l'argomentazione parallela nel commento al De caelo di Simplicio che invece si richiama ad Alessandro. Simplicio, riferendosi alla critica aristotelica alle dottrine atomiste di andare non solo contro la matematica, ma di eliminare anche la sensazione, si riferisce unicamente al fatto che, essendo i corpi discontinui, la sensazione non pu propagarsi in tutto il corpo (612,15 "come infatti un dolore al piede si potrebbe sentire [nel resto del corpo], se i corpi non sono continui?"). Simplicio elenca questa obie- zione come terzo argomento contro la discontinuit e l'indivisibilit dei corpi, il Filopono, invece, la riporta come quarto. 150 Philop. In De gen. et corr. 326a 14, 168,4 ri r v ouv gor v roirv ao0o, ouo o v to r oute v ouyxrirvo ooig o v ti ao0o. ae yo o g rouoi toi r outev ouyxrir voi ooirv o v o ri gor v rouoi to r outev ao0o, ovoir0gortoi g oio0goi xoi to oio0gto. g yo oio0goi tei aooriv ti uao te v oio0gtev ryrtoi, touto or roti to ao0g. eotr o:otv to:ot o:ott oto0j:ov. Capitolo sesto 261 zione letterale di Sesto: Democrito ha assunto come veri solo gli intellegi- bili per il fatto che non c' alcun sensibile per natura perch tutto quanto formato da atomi privi di ogni qualit sensibile 151 . In Sesto, come in Plu- tarco, questa argomentazione correlata alla famosa frase vo ei yuxu xt. e proviene in ultima analisi dall'Accademia scettica 152 . Nel brano di stile dossografico di Galeno ritornano dunque quelle argomentazioni che emergono nei diversi passi esaminati finora e che costituivano il nerbo della confutazione dell'atomismo nell'Accademia di mezzo. 3. 2. 4. Teodoreto Il resoconto di Teodoreto sull'atomismo, come gi notato da Mansfeld e Runia 153 , costituisce un problema in quanto questo autore utilizza non solo Aezio, ma anche altre fonti e le combina in maniera idiosincratica aggiun- gendo e rimaneggiando. Cos si esprime riguardo ai principi degli atomisti nel quarto libro Sulla materia e sul cosmo Democrito figlio di Damasippo per primo introdusse la dottrina del vuoto e dei corpi compatti; Metrodoro di Chio invece li chiam indivisibili e vuoto, come di nuovo Epicuro figlio di Neocle, Ateniese, della quinta generazione dopo Demo- crito, chiam atomi quei corpi che costoro [Democrito e Metrodoro] avevano denominato compatti e indivisibili. Gli uni dicono che si definisce indivisibile, atomo e compatto per l'impassibilit, gli altri, invece, per la piccolezza perch non pu subire taglio o divisione. Chiamano cos quei corpi piccolissimi e sottilissimi che il sole, penetrando attraverso le finestre, mostra sussultare su e gi nella sua luce. Alle loro dottrine ha aderito anche Ecfanto di Siracusa, il Pitagorico 154 . Il resoconto riproduce solo in parte ci che si trova in Stobeo. Vi compare nella prima parte, come l, la successione Democrito-Metrodoro-Epicuro- Ecfanto e l'elenco delle varie denominazioni degli indivisibili (tutto questo 151 Sext. Emp. Adv. Math. 8,6 (57, 92 L.) oi or ari to v Hotevo xoi Agoxitov ovo to vogto uarvogoov og0g rivoi, o o rv Agoxito oto :o ajot v : aoxtto0ot o:ott oto0j:ov te v to ao vto ouyxivouoe v otoev aoog oio0gtg aoiotgto rgov rou- oev uoiv. 152 Cf. Adv. Math. 8,55; 6,53; 7,135 e Gemelli Marciano 1998. Per una contestualizzazione generale di queste interpretazioni in Sesto Empirico, cf. Morel 1996, 427ss. 153 Mansfeld-Runia 1997, 280-82. 154 Theodoret. 4,8-10 (Dox. 285; 113 L.) Agoxito or o Aogitg o Aoooiaaou tg v tou xrvou xoi te v voote v aeto rariogyoyr ooov touto or Mgtooeo o Xio ooioir- to xoi xrvov aoogyoruorv, eoar ou aoiv Eaixouo o Nroxr ou o A0gvoio aratgi yrvroi rto Agoxitov yryove to ua rxrivev vooto xoi ooioirto og xg0rvto otoo aoogyoruorv. ooioirtov or xoi otoov xoi vootov oi r v oio to oao0r evooo0oi ooi v, oi or oio to oyov oixov o tr og togv xoi oioiroiv oro- o0oi ou ouvorvov. xoouoi or oute to oixototo rxrivo xoi ratototo oeoto, o oio tev etoyeye v riooev o gio orixvuoiv rv r outei o ve xoi xote aoorvo. toutoi xoi Exovto o Euoxouoio o Hu0oyorio gxoou0gor. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 262 manca in Pseudo-Plutarco). Tuttavia l'indicazione che Epicuro della quinta generazione dopo Democrito inusitata 155 . La seconda parte, rias- suntiva e senza nomi specifici, come spesso nelle epitomi dossografiche, attribuisce agli atomisti due concezioni diverse dell'atomo, una per la oao0rio, cio per la solidit, l'altra per la piccolezza. Si tratta di una diffe- renziazione che non esplicita nei testi dossografici di matrice "aeziana" (Pseudo-Plutarco e Stobeo), ma sottintesa alla ridefinizione dell'atomo da parte di Epicuro, mentre in Galeno legata ai nomi di Epicuro e Leu- cippo. Teodoreto, particolarmente attento a mettere in rilievo la diaphonia fra gli autori pagani, mantiene questo tratto eliminando per il nome di Leucippo, per lui secondario 156 . La definizione dell'atomo come "ci che non pu subire taglio o divisione" la formula corrente negli autori cri- stiani per lo meno dal III sec. d.C. 157 . Teodoreto aggiunge per a questo punto come illustrazione dell'atomo l'immagine degli uooto, che non compare nei testi dossografici di matrice "aeziana", ma presente nel De ira di Lattanzio e segue la definizione dell'atomo in diversi autori latini fino all'epoca medievale 158 . A differenza di questi ultimi, per, sicuramente influenzati dalla similitudine lucreziana (2,114), Teodoreto identifica pulvi- scolo e atomi. Questa interpretazione non una sua Verschlimmbesserung come si potrebbe pensare 159 , ma ha le sue radici in un passo del De anima aristotelico 160 ed attestata anche in una citazione di Democrito in un testo arabo, su cui si ritorner nel capitolo conclusivo, e nel commento alla Metafisica dello Pseudo-Alessandro che cita le particelle del pulviscolo 155 Mansfeld-Runia 1997, 281. 156 Lo nomina una sola volta in relazione alla dottrina dell'infinit dei mondi (4,15). 157 Cf. Hippol. Ref. 7,15,1 infra, n. 168; Aug. Serm. 362,20 (P. L. 39,V,2, 1624) Atomus dictus est a :oaj , quod est sectio: o:oao graece quod secari non potest. Sed dicitur atomus in corpore, dicitur in tem- pore. in corpore dicitur, si quid inveniri potest quod quidem dividi non posse perhibetur, corpusculum ali- quod tam minutum, ut iam non habeat ubi secari possit. Cf. Ep. 118,28 (P. L. 33,II, 445) Epicurus vero neque aliquid in principiis rerum ponit praeter atomos, id est corpuscula quaedam tam minuta ut iam dividi nequeant, neque sentiri, aut visu aut tactu possint; quorum corpusculorum concursu for- tuito et mundos innumerabiles et animantia et ipsas animas fieri dicit, et deos. 158 Serv. Ecl. 6,31 Epicurei, vero [] corpus volunt esse atomos, id est quasdam minutissimas partes, quae togv, id est sectionem, non recipiunt, unde et atomi dictae sunt: quas Lucretius mi- nutiores dixit esse illis corpusculis, quae infusis per fenestras radiis solis videmus; dicit enim illas nec visum posse recipere. Isid. Etym. 13,2,1-4 Atomos philosophi vocant quasdam in mundo corporum partes tam minutissimas ut nec visui pateant nec :oajv, id est sectionem, recipiant; unde et o:oaot dicti sunt. Hi per inane totius mundi inrequietis motibus volitare et huc atque illuc ferri dicuntur, sicut tenuissimi pulveres qui infusi per fenestras radiis solis videntur. Ex his arbores et herbas et fruges omnes oriri, ex his ignem et aquam et universa gigni atque constare quidam philosophi gentium putaverunt. Raban. Maur. De uni- verso 9,1 (P. L. 111,V, 262) (ad 594, p. 573 Nr.16 L.). 159 Mansfeld-Runia individuano come tali alcune delle particolarit dei resoconti di Teodoreto. 160 Arist. De an. A 2, 404a 1-21 (67 A 28 DK; 200, 443a, 462 L.), v. infra, VII 5 n. 50. Capitolo sesto 263 come esempio di unit indivisibili 161 . Sicuramente dunque Teodoreto at- tinge per questo passo non solo al cosiddetto Aezio, ma anche per lo meno ad un'altra fonte come hanno gi fatto notare Mansfeld e Runia 162 , la cui identit per destinata a rimanere oscura 163 . Si pu dunque ricostruire, attraverso i brani di Lattanzio, Pseudo-Plu- tarco, Galeno e Teodoreto, un filone espositivo-interpretativo risalente all'Accademia scettica che istituiva una diaphonia all'interno dell'atomismo accogliendo una tradizione sull'indivisibilit dell'atomo in quanto minimo legata al nome di Leucippo e diversa da quella corrente su Democrito ed Epicuro. L'atomo di Leucippo veniva criticato con delle motivazioni cap- ziose e legate all'empiria: essendo indivisibile perch minimo e privo di parti, non poteva assumere forme con sporgenze le quali si possono in- vece tagliare. Gli Epicurei reagivano eliminando le forme friabili e am- mettendo solo quelle compatte, ma esponendosi ad una nuova critica in quanto queste ultime non possono intrecciarsi. Infine definivano l'atomo indivisibile non perch minimo, ma perch solido, infrangibile e impassi- bile. A sua volta questa risposta veniva sottoposta a critica attraverso l'ar- gomentazione che troviamo in Plutarco e in Galeno: atomi insensibili e impassibili non possono formare corpi sensibili e quindi in grado di sen- tire dolore. Se, d'altra parte, anch'essi sentono dolore, allora sono, come gli altri corpi, soggetti a dissoluzione e dunque non eterni e indistruttibili. praticamente impossibile stabilire da quale tradizione interpretativa l'Accademia scettica avesse assunto la rappresentazione dell'atomo leucip- peo come insecabile perch elemento pi piccolo. Questa interpretazione rispecchia sia l'argomento "fisico" di De Generatione et corruptione A 2, dove per il nome di Leucippo non compare, sia la definizione di minimo privo di parti risalente all'Accademia antica e corrente negli autori di et impe- riale 164 . La critica alle forme atomiche ad essa legata sembrerebbe riportare fino a Stratone di Lampsaco, ma quest'ultimo, criticava Democrito e non Leucippo. Teofrasto attribuiva inoltre ad ambedue gli stessi principi: il pieno e compatto e il vuoto. In ogni caso questa tradizione confluita in 161 Ps.-Alex. In Metaph. 1056b 28, 631,8-11 ou ao v, o ov gi r v xoi ooioirtov, oi0o rotiv, o rioi aoo rv xoi ooioirto to rv toi oxtioi tou giou oervo uooto, xoi oux rioiv oi0o, ri too xoi rotiv oi0o ou tev. 162 1997, 280-282. 163 Si potrebbe pensare a Porfirio, che Teodoreto nomina espressamente come sua fonte accanto ad Aezio e Plutarco. Il fatto che la Historia philosopha del neoplatonico arrivasse fino a Platone (Eunap. Vita Soph. 2,1) mentre Teodoreto menziona anche Epicuro, non ne- cessariamente un ostacolo all'attribuzione. Infatti la classificazione delle teorie atomistiche avrebbe potuto far parte senza problemi di un resoconto sugli atomisti antichi. In ogni caso la fonte di Teodoreto seguiva da vicino la letteratura delle diadochai come mostra l'in- dicazione sul posto occupato da Epicuro nella successione degli atomisti. 164 V. supra, V 1 n. 17. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 264 una sezione dossografica Sui principi di cui si trovano le tracce in Galeno e Teodoreto e, in parte, nel resoconto di Lattanzio. Nelle fonti tarde lo schema diafonico presente in questi testi scompare per effetto dell'epitome producendo una assimilazione di dottrine presen- tate in origine come contrarie e conseguentemente una attribuzione oscil- lante delle diverse definizioni. Tre sono gli schemi di assimilazione: 1. Citazione delle due definizioni dell'atomo come assolutamente equivalenti e senza attribuzioni specifiche come in Suda, il cui testo si av- vicina a quello di Teodoreto 165 . 2. Attribuzione di ambedue le definizioni dell'atomo ad Epicuro come nell'Isagoge di Achille 166 . 3. Attribuzione dell'atomo indivisibile per la piccolezza ad Epicuro che, essendo il rappresentante canonico dell'atomismo, funge da para- digma. Nel III sec. d.C., questa tendenza gi affermata. Un autore come Ippolito, che pure riporta spesso abbastanza fedelmente molti brani dos- sografici, attribuisce l'indivisibile per la piccolezza ad Epicuro interpretan- dolo in pratica come un o rr 167 . 3. 3. Minimo privo di parti ed epitomi dossografiche La tradizione precedente riguardante i principi, che illustra una diaphonia fra Leucippo ed Epicuro all'interno degli atomisti, comunque diversa dalla vulgata che si trova in altri autori tardi che non nomina mai Leucippo, classifica separatamente, ordinandoli fra i corpi "intellegibili", atomi e org (questi ultimi sono posti fra i corpi divisibili all'infinito, ma indivisi insieme alle omeomerie di Anassagora e agli onkoi di Eraclide e Ascle- 165 Sud. s. v. Atoo (201 L.) ratototo. to g ouvo rvo oio tg v oxov ratotgto trvro0oi. oti otoo e voooov oi Egvr xoi org oe oto oio to oao0r g oixov o yov, otr g tog v g oioiroiv or oo0oi ouvorvo. 166 Achill. Isag. 3, 31,5 Maas (Ep. Fr. 267 Us.) Eaixouo or o A0gvoio rx oeotev vogte v oixototev to oo te v oev rivoi goi xori or ou to otoou g oio oixotgto oxoioio tivo ouoo g oio to o0otou outo rivoi xoi g trvro0oi. 167 Hippol. Ref. 1,22,2 Eaixouo [...] to or otoou to ratorrototov xoi xo0 ou oux ov yr voito xr vtov ouor ogriov ouor v, ouor oioiroi ouorio, rg rivoi oio xoi otoou ou to e vooorv. Cf. invece Ref. 7,15,1 dove Ippolito contrappone alla concezione dell'atomo indivisibile per la piccolezza quella di individuo di Aristotele che per natura non pu essere diviso: otoov or ou oio oixotgto oeoto rxri vo (scil. o Aiototrg) ryri, oo to uori tog v ovoor oo0oi go g vtivoou v ouvorvov. La contrazione ri- sulta ancor pi chiara in un autore come Psello, epitomatore per eccellenza (Theol. 49, 191,208 Gautier o yo Eaixouo vou v xoi 0rov ovoiev oirtoi tov xo oov outoote r o re v ouotgvoi oeotev r yri yo o yxou tivo orri tr xoi o ao0ri, oi o to r v toi oxtioi oio te v 0uioev uooto oi vrtoi, ri r outou ouaoxrvto to u aov oaoyrvvgooi). Capitolo sesto 265 piade) e attribuisce gli uni a Democrito ed Epicuro, gli altri a Diodoro 168 . Tuttavia il procedimento riassuntivo, tipico della dossografia, che ha por- tato all'assimilazione delle varie dottrine atomiste, stato applicato anche alla vulgata. Una "contrazione" spiega infatti una testimonianza di Pseudo- Plutarco e Stobeo, nella sezione Sulla divisione dei corpi, sulla quale alcuni si sono basati per attribuire a Democrito degli indivisibili in assoluto. Se- condo il testo riportato da Diels 1879 e comunemente accettato, lo Pseudo-Plutarco parlerebbe genericamente di "coloro che pongono gli atomi" i quali negherebbero la divisione all'infinito e si fermerebbero a corpi privi di parti 169 . Lo Stobeo attribuisce invece espressamente la conce- zione a Democrito 170 . Lur'e usava questa testimonianza, insieme a quella sulla doppia concezione dell'atomo (atomo e minimo) di Alessandro 171 , come prova di un doppio atomismo democriteo 172 . Tuttavia il testo dello Pseudo-Plutarco risulta da una correzione del Diels il quale riteneva che, in generale, il testo di Stobeo riproducesse meglio il modello aeziano 173 . In realt i codici di Pseudo-Plutarco riportano un'altra lezione: oi to otoou g to o rg i otoo0oi xoi g ri o ariov ri voi tg v tog v. Il senso perfettamente coerente anche senza la correzione 174 e corrisponde alla distinzione fra atomisti e Diodoro della vulgata: "quelli che hanno ipo- tizzato gli atomi o gli o rg affermano che la divisione si arresta e che non procede all'infinito". La stessa costruzione sintattica, con la forma attiva del verbo, si ritrova anche in un passo parallelo del Filopono 175 . Si 168 Per la distinzione di atomi e org , cf. Sext. Emp. Adv. Math. 1,27, v. supra, n. 45. 169 Ps.-Plut. 1,16, 883 D (Dox. 315; 68 A 48 DK; 106 L.) oi to otoou, ari to org iotoo0oi xoi g ri oariov rivoi tg v togv. Riproduco qui il testo dielsiano accettato anche da Lachenaud 1993 ad loc. e, fra gli editori di Democrito, da Lur'e e Taylor 1999, 78. 170 Stob. 1,14,1f (Dox. 315; 68 A 48 DK; 106 L.) o o outo rryr (scil. Agoxito) ari to org iotoo0oi xoi g ri oariov ri voi tgv tog v. I Mss. riportano ari to rg, ma si tratta di una aplografia frequente in Stobeo. 171 Alex. In Metaph. 985b 19, 36,25 (123 L.), v. supra, n. 77. 172 1932-1933, 125. Democrito avrebbe assunto, accanto agli atomi indivisibili per la solidit, anche dei minimi matematici privi di parti precorrendo cos Epicuro. Sull'assurdit di que- sta ipotesi, cf. Furley 1967, 97ss.; Krmer 1971. 270ss. Tuttavia il Furley, nella sua critica, non menziona il passo di Aezio. 173 Diels 1879, 5 n. 2. 174 Mau 1971 ad loc., ha introdotto un non necessario riooyovtr accettato anche da Lachenaud 1993, 93 ad loc. 175 Philop. In De gen. et corr. 326a 24, 175,7 xoi yo oi g otoo uaoti0rrvoi oux ri oariov oioiouoiv, o iotooi oio tgv oixotgto tg v togv. Ad una stessa distinzione fra ato- misti e corpuscolaristi, i quali avrebbero posto un arresto della divisione dei corpuscoli per mancanza di uno strumento da taglio adeguato allude anche Ps.-Alex. In Metaph. 1053a 14, 610,24-32 to or ioe aooxritoi g oio tou ryovto r o toev ouyxrio0oi to ryr0g, g oio tgv oo0r vriov tou tr oyo vou, ei gtoi ri tg v tgoiv, xoi tou trvovto eiou, rari tgi oixrioi uori ao v ryr0o tgto v rotiv. L'argomento lievemente rimaneggiato, L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 266 tratta in pratica di un riassunto della classificazione di cui Sesto Empirico fornisce una versione integrale separando nettamente gli atomisti dai cor- puscolaristi 176 . Prima di arrivare allo Stobeo, i due gruppi non sono pi stati distinti. Il risultato estremo e paradossale di questo processo di epi- tomazione si riscontra infatti in altri autori come Epifanio, che attribuisce agli Epicurei non solo atomi e o rg, ma anche gli omeomeri 177 , e Michele Psello, che vi aggiunge anche gli oyxoi 178 . Dunque anche questa attribu- zione di o rg agli atomisti solo apparente e risulta invece da una con- trazione della classificazione di matrice posidoniana. 3. 4. Atomo indivisibile per la piccolezza e privo di parti: atomisti antichi, Aristotele, Epicuro nei commentatori neoplatonici Dall'esame della tradizione esposta nel paragrafo precedente, che gioca sulla diaphonia fra Epicuro e atomisti antichi, si deve partire per valutare una testimonianza di Simplicio intorno alla quale, in positivo o in nega- tivo, ha ruotato gran parte dell'interpretazione dell'atomismo sia di Demo- crito che di Epicuro fino ai giorni nostri. Prima di affrontarla nei dettagli opportuno ancora ricordare quanto si gi pi volte detto sulle testimo- nianze simpliciane. Simplicio non riporta nulla di prima mano, e spesso neppure di seconda, sull'atomismo. Il fatto che conosca l'opera di Aristo- tele su Democrito non significa automaticamente che egli se ne serva sempre. Allo stesso modo, pur conoscendo di prima mano le oooi teo- frastee, utilizza talvolta rielaborazioni ben posteriori che egli trae da altri ma la distinzione (che risale in definitiva a quella fra atomisti e corpuscolaristi di Arist. De cael. I 4) costante. 176 Adv. Math. 1,27, supra, n. 45. Un residuo di questa classificazione, che nomina di seguito i sostenitori di atomi e di org come due gruppi distinti, si ha ancora in Ps.-Plut. 1,10, 882 C oi o' uoe ryovtr g yg v g au g o ro tg v ugv ou xrti ooov ou tg v ryouoiv oo oeo oi or to org xoi to o toou ooov. Basil. Hexaem. 3 A oio touto oi rv rai to uixo uao0rori xotruyov, toi tou xooou otoirioi tg v oitiov tou aovto o vo- 0rvtr oi or otoo xoi org oeoto, xoi oyxou xoi aoou ouvrriv tgv uoiv tev ootev rovtoo0goov. 177 Epiph. Anacephal. 1,8, 166,5 Holl Eaixourioi otoo xoi org oeoto xoi ooiorg tr xoi oario tg v og v ri voi tev ao vtev uarotgoovto. 178 Michael. Psell. Theol. 49, 191,208 Gautier, v. supra, n. 167. Psello attribuisce altrove nella stessa opera le stesse definizioni all'atomo di Leucippo e Democrito, Theol. 6, 25,87 Gautier tivr outoi Aruxiaao xoi Agoxito outoi yo tgv r vovtiov toi o oi ioooioi rooioov ooi yo oti, xrvou tou aovto ovto, yryovr aotr o xooo aotrov g ov, rito riari v oug0rvtr xoi ovtivo toaov ryr vrto [...] ovraooov routoi oeotio tivo o rg oux oio oae xoi oao0rototo, 0rori xoi tori xoi ogoti oirotgxoto. org you v oe oto xoi o too to ouar xovto xoi ouarxorvo xotevooov o yxou or xoi aeou to rx tev ouaoxe v yivorvo rooxov rx aoogou yo to o vooto touti xritoi. Capitolo sesto 267 commentatori di cui si serve in quel passo e le cui formulazioni sono pi vicine al suo scopo e all'argomento che sta trattando. Questo vale anche per le sue affermazioni sull'atomo di Democrito e Leucippo come indivi- sibile per la piccolezza e privo di parti che non possono costituire un punto di appoggio neppure secondario per ricostruire una originale con- cezione democritea dell'indivisibilit dell'atomo come invece spesso stato fatto 179 . Simplicio presenta una diaphonia fra atomisti antichi ed Epicuro come quella della tradizione dossografica or ora esaminata, ma arricchita di maggiori particolari. Il suo testo il seguente: Coloro che hanno negato la divisione all'infinito, poich non possiamo dividere all'infinito e provare da questo che la divisione incessante, dicevano che i corpi sono composti da indivisibili e si dividono in indivisibili. Tuttavia Leucippo e Democrito considerano come causa del fatto che i corpi primi non si dividono non solo l'impassibilit, ma anche la piccolezza e la mancanza di parti, Epicuro, che viene dopo, invece, non li ritiene privi di parti, ma afferma che sono indivisi- bili per l'impassibilit. E in molti passi Aristotele ha confutato la tesi di Leucippo e Democrito e forse, proprio per quelle critiche rivolte alla mancanza di parti, Epicuro, venuto dopo di loro, concordando con la dottrina di Leucippo e Demo- crito sui corpi primi, li ha mantenuti impassibili, ma ha eliminato la mancanza di parti, poich essi sono stati per questo confutati da Aristotele 180 La concezione dell'atomo epicureo indivisibile unicamente per la solidit sarebbe nata dunque da una correzione delle teorie leucippee e democritee dovuta alle obiezioni rivolte da Aristotele alla mancanza di parti dei loro atomi. Questa versione simpliciana dei rapporti fra atomismo antico e atomismo epicureo ha avuto una grande fortuna presso i commentatori moderni perch offre un quadro apparentemente ordinato e verosimile, 179 La valutazione favorevole di questa testimonianza a scapito di quella gi citata di In Phys. 185b 5, 81,34ss. ha condizionato, unitamente ad altre considerazioni, per lo pi riguardanti i passi aristotelici del De generatione et corruptione commentati nei capitoli III e IV, molte in- terpretazioni dell'atomismo democriteo o epicureo, cf. Furley 1967, 94ss.; Lbl 1976, 238s. (cf. anche 1987, 148s.); Arrighetti 1993, 509; Silvestre 1985, 72 n. 10. Lur'e 1932-1933, 124ss.; 1970, 448. 180 Simpl. In Phys. 231a 21, 925,10-22 (67 A 13 DK; 113 L.) oi or tg ra oariov tog oar- yvexotr, e ou ouvor vev gev ra oariov trri v xoi rx toutou aioteooo0oi to oxo- togxtov tg tog, r ooioirtev rryov urotovoi to oeoto xoi ri ooioirto oioi- rio0oi. agv oti Aruxiaao rv xoi Agoxito ou ovov tgv oao0riov oiti ov toi aetoi oeooi tou g oioirio0oi voiouoiv, oo xoi to oixov xoi orr , Eaixouo or uotrov org ou g yritoi, otoo or outo oio tg v oao0riov rivoi goi. xoi aooou rv tgv Aruxiaaou xoi Agoxitou ooov o Aiototrg oigryrv, xoi oi rxrivou ioe tou rr you ao to orr r viotor vou o Eaixouo uotrov r v yrvorvo, ouao0ev or tgi Aruxiaaou xoi Agoxitou oogi ari tev aetev oeotev, oao0g rv ruorv outo, to or orr oute v aorirto, e oio touto uao tou Aiototrou rryorvev. Cf. anche In De cael. 303a 3, 609,17 (237 L.) rtr g ao tou ari Aruxiaaov xoi Agoxitov otoirio ryovto to oio oixotgto xoi vo- ototgto otoou. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 268 ma ha lo svantaggio di creare pi problemi di quanti ne risolva. Essa si scontra infatti con altre testimonianze dello stesso Simplicio 181 e di altri autori antichi scatenando fra i commentatori moderni quella ridda di ipo- tesi sull'indivisibilit dell'atomo di Leucippo e Democrito cui si gi ac- cennato. Per poter valutare questa testimonianza dunque necessario analizzarne la struttura e inquadrarla nella problematica che Simplicio sta trattando. Il suo schema presenta tutti i tratti della tradizione diafonica sull'atomismo esaminata sopra 182 , ma con varianti significative, indice di un'ulteriore rielaborazione: 1. Leucippo e Democrito, non vengono distinti, ma assimilati, con la conseguenza che la tesi dell'atomo-minimo o rr e quella dell'atomo impassibile vengono attribuite sia all'uno che all'altro. Si tratta, come si visto, di un fenomeno connaturato alla trasmissione dossografica. 2. Viene introdotta la critica aristotelica come mediatrice fra l'atomi- smo antico e quello epicureo. Questo elemento del tutto nuovo si spiega alla luce di una ben precisa tendenza neoplatonica ad individuare princi- palmente negli atomisti antichi l'obiettivo delle critiche aristoteliche agli indivisibili. La ricostruzione, probabilmente non di Simplicio stesso, ma gi dell'autorit su cui si appoggia, contrariamente a quanto generalmente si pensa, infatti del tutto artificiosa e dettata da fattori contingenti. In questo testo, infatti, non tanto importante quanto viene detto, ma quanto viene taciuto. Simplicio sottace il fatto che Epicuro ha tuttavia supposto anch'egli degli o rg (i minimi dell'atomo) contro i quali co- munque si era diretta la critica aristotelica 183 . Temistio rimprovera a Epi- curo di aver ripreso esattamente quelle tesi che Aristotele aveva rifiutato e Simplicio stesso, poco pi oltre nel commento allo stesso paragrafo della Fisica, riprende lo stesso motivo parlando del movimento dei minimi epi- curei 184 . Questa incongruenza nasce dal fatto che la testimonianza si basa sulla sovrapposizione di due tronconi concepiti separatamente: 181 Simplicio applica in In De an. 409a 10, 64,5-7 (117 L.) la stessa equivalenza piccolo-privo di parti alle monadi di Senocrate dando invece dell'atomo di Democrito la definizione cano- nica di indivisibile per la solidit. Per il testo, v. supra, n. 15. 182 Arrighetti 1973, 508s., ha in effetti messo in relazione il brano di Simplicio con quello di Pseudo-Plutarco senza per trarne le necessarie conseguenze. 183 Cf. Krmer 1971, 268; cf. anche Silvestre 1985, 75. Epicuro ipotizza infatti diversi minimi org : dello spazio in cui si muovono gli atomi, del movimento, del tempo (cf. Krmer 1971, 255 e n. 82-86 con relative indicazioni di testi). Egli afferma che gli atomi non "si muovono" al presente su ognuno dei tratti privi di parti dello spazio, ma ogni volta "si sono mossi", una tesi che Aristotele aveva posto come paradosso (Phys. Z 1, 232a 6-11). 184 Themist. In Phys. 232a 3-22, 184,9 (Ep. Fr. 278 Us.) o o ooetoto gi v Eaixouo oux oiou vrtoi go0oi ooxei tg vooou oraetrei xoi touto Aiototrou tgv o0giov tou oyou aoraioriovto. Simpl. In Phys. 231b 18, 934,23 (Ep. Fr. 278 Us.) oti or ou aovtgi oai0ovov toutgv tr0rixr (scil. Aiototrg) tg v r votooiv, ogoi to xoi 0rvto outg v xoi oiouoovto tou ari Eaixouov oe u otrov yrvorvou oute Capitolo sesto 269 1. Lo schema dossografico riguardante le definizioni di atomo e i rap- porti fra Epicuro e l'atomismo antico. 2. Una interpretazione seriore della critica aristotelica agli org come diretta contro l'atomismo antico e non contro l'Accademia. Questo secondo elemento di fondamentale importanza ai fini della comprensione non solo del testo simpliciano, ma anche di tutta una serie di testimonianze tarde che attribuiscono gli org agli atomisti antichi o ai cosiddetti democritei e che hanno avuto esiti e valutazioni del tutto oppo- ste nelle moderne interpretazioni dell'atomismo antico. Come ha accura- tamente documentato Krmer, gli obiettivi principali della critica aristote- lica contro gli org, soprattutto nel sesto libro della Fisica, ma anche altrove, non sono gli atomisti antichi, bens Senocrate e l'Accademia 185 . I problemi posti dal passo di Simplicio devono per essere inquadrati nel contesto generale dell'interpretazione degli attacchi aristotelici contro le dottrine accademiche da parte dei Neoplatonici. Il brano costituisce un preambolo al commento al sesto libro della Fisica, quello pi espressa- mente rivolto contro gli indivisibili, e dunque riveste una funzione parti- colare. una specie di segnale che Simplicio appone al suo testo per indi- care in quale direzione questo libro vada interpretato: la critica di Aristotele agli indivisibili deve essere intesa cio come rivolta contro gli atomisti e non contro gli Accademici che Simplicio non menziona in que- sto contesto. Attribuendo i minimi privi di parti agli atomisti antichi e interpretando le critiche aristoteliche come dirette contro di loro, egli nega implicitamente che gli obiettivi siano invece gli Accademici e in particolare Senocrate. Ora, la difesa di Senocrate, e il tentativo di preservarlo dalle obiezioni aristoteliche una costante degli interpreti neoplatonici, Porfirio in prima linea. Ci sono diverse testimonianze a questo proposito, anche di Simplicio, nelle quali si nega recisamente che Senocrate abbia sostenuto l'indivisibilit della linea come oggetto matematico. Dunque, o Aristotele si sbagliato, o i suoi attacchi non sono rivolti contro l'Accademico, ma contro gli atomisti. Le due interpretazioni sono complementari e talvolta si presentano unificate, talaltra invece isolate. In Porfirio, nel brano ripor- tato da Simplicio nel commento al primo libro della Fisica, sono stretta- mente connesse: egli oppone infatti nettamente gli indivisibili di Senocrate agli ro ioto xoi o rg, quei minimi che, nel logos da lui riferito come di ryriv tgv xi vgoiv yi vro0oi r orev yo xoi to ryr0o xoi tgv xivgoiv xoi tov ovov rivoi r yovtr rai r v tou oou ryr0ou tou r orev ouvroteto xivrio0oi ryouoi to xivourvov, xo0 r xootov or te v rv outei orev ou xivrio0oi, oo xr- xivgo0oi, oio to ri tr0rig xoi rai toutev xivrio0oi to rai tou oou xivourvov oioi- rto outo roro0oi. Cf. Furley 1967, 113, 119. 185 Krmer 1971, 263-7. Il fatto che nel libro della Fisica, che Simplicio commenta, Aristotele non nomini mai n Democrito, n Leucippo sottolineato anche da Giannantoni 1980, 129. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 270 Parmenide, venivano appunto sottoposti a critica 186 . Le linee e le figure indivisibili di Senocrate sarebbero tali solo in quanto ri og, ma non nella loro sostanza materiale che divisibile all'infinito 187 . Porfirio tenta qui di conciliare gli indivisibili senocratei con le teorie aristoteliche eliminando ci che pu costituire un oggetto di critica. Nel contempo egli scarica tutto il peso dell'assunzione degli indivisibili sulle teorie atomiste criticate nel logos di Parmenide. Siriano, nel commento a Metaph. M 8, in cui le mo- nadi delle idee-numero vengono assimilate agli roioto, segue la stessa linea rimproverando ad Aristotele di aver frainteso gli Accademici. Essi infatti non avrebbero sostenuto una dottrina degli org come Demo- crito, ma distinto la monade numerica, principio ilico, e l'uno, principio eidetico 188 . Proclo, in un passo del commento al Timeo, dichiara esplicita- mente la matrice antiperipatetica dell'interpretazione neoplatonica preci- sando che Senocrate ha assunto delle linee indivisibili solo per quanto riguarda il loro carattere sostanziale, non in quanto enti matematici 189 . Simplicio stesso, nel brano di commento al primo libro della Fisica imme- diatamente successivo alla citazione del logos di Porfirio, avanza un'altra possibile soluzione, tesa a salvare Senocrate dalle accuse di andare contro i principi della matematica e interpreta le linee indivisibili in direzione cor- puscolare conciliandole con i concetti di potenza e atto aristotelici. Le linee senocratee, se potessero essere isolate, sarebbero indivisibili non per natura, ma per la piccolezza. Riunite per nei corpi, possono essere sotto- poste a quella divisione che non sarebbe possibile se fossero prese singo- larmente 190 . Al di l delle acrobazie simpliciane, si riconosce l'argomento 186 V. supra, III 1 n. 64: qui i minimi venivano definiti roioto xoi otoo. 187 Porph. 135 F Smith (Simpl. In Phys. 187a 1, 140,8-13) (Xenocr. Fr. 139 IP) oio aoiv gor rv ovov uaoriv to ov, oo arie. oioirtov r vtoi g ra oariov rivoi, o ri otoo tivo xotog yriv. :o::o atv:ot aj o:oao ttvot o oatoj xot t!oto:o, oo xoto rv to aooov xoi tg v ugv tgto xoi rg rovto, tei or riori otoo xoi aeto, aeto tivo uao0r rvo rivoi yoo oto ou xoi to rx toutev raiaroo xoi otrro aeto. 188 Syrian. In Metaph. 1084b 23, 152, 17-21 (120 L.) oti rv oouvotov tei outei touto oo uaoriv, ru r yri. ouxouv ouo rxri voi tgv outg v ovooo aovtev tr o i0ev rivoi ar- igatixgv rryov xoi oiov rxo otou to ro iotov, o rigtoi oti tgv r v ogyixgv tgv or uixg v eiovto ri voi. out ou v r ore v xoi otoev to aoyoto ouvrti0roov, e oi ari Agoxitov. Cf. Ibid. 1080b 23, 124,1-6 (Xenocr. Fr. 147 IP). 189 Procl. In Tim. II,245,23 Diehl (Xenocr. Fr. 146 IP) :t o: v t :t ooj0jooat0o :o: ottvo: :ov Htotao:j:txo v, oi og reteoiv go, aoiov o Hotev aorigrv r vtou0o yog v tgv uoixg v o otoaov aro yo outg tev oeotev. oo tg v o0gotixgv oo oxivgto outg xoi oux ouoio tgv or ug v ouoiov tr ri voi xoi eiotgv oeotev o- rv. otgv ou v touto goorv ou tou reto v aooi yo yogv gri ouoieog ryov- tr ou aouo r0o, xoi ao ge v o Ervoxotg, otoov yogv tg v toioutgv oaoxoev yroiov yo, ri ti ooioirtov voiri r yr0o oo ogov, oti to v oyov tg yog tov ou oieog yogv eirto g voi xoriv. 190 Simpl. In Phys. 187a 1, 142,19-27 (Xenocr. Fr. 145 IP) gaotr ouv ou ao tg v ra oariov togv rviototoi o Ervoxotg (ou yo o v yrertixgv og v ovrir yrertixo e v Capitolo sesto 271 aristotelico della divisibilit in potenza. Allo stesso modo il Filopono nel commento alla Fisica, riferisce che Senocrate ha s ammesso un arresto della divisione all'infinito 191 , ma aggiunge, sulla stessa linea di Simplicio (e probabilmente dalla stessa fonte), che ha postulato una divisione finita in atto, ma infinita in potenza. Pi oltre spiega che alcuni hanno attribuito a Senocrate la tesi delle linee indivisibili, e rimanda appunto alla sua spiega- zione che dimostra falsa questa affermazione 192 . L'esegesi delle linee indivisibili senocratee dei Neoplatonici dunque rivolta contro la tradizione peripatetica, in particolare rappresentata fra i commentatori da Alessandro, che individua invece in Senocrate il rappre- sentante-tipo degli indivisibili e quindi di teorie antimatematiche e lo desi- gna come il referente delle critiche aristoteliche 193 . Se, per i Neoplatonici, Senocrate non ha sostenuto una teoria atomista vera e propria, chiaro ovg), oo ao to ri oario oigigo0oi ovtev ori tivev otgtev ryr0ev o tivo ouo uao tg uore iouri xo0 outo oioirio0oi oio oixotgto, o rve0r vto aoiv ooi oeooiv, ou te tou oou oioiourvou, r v r outoi r xrivo orrtoi tgv oioiroiv, gv ovo ovto ou x ov uarrivrv. e ou v o Hotev raiaroo riarv ri voi to aeto xoi roioto oeoto, ou te o Ervoxotg yoo ooioirtou rv oio oixotgto, oioi- rto or xoi outo ouoo tgi uori. Cf. la stessa concezione utilizzata da Simplicio, indi- pendentemente dalle teorie di Senocrate in In Phys. 206a 18, 493,33-494,11 o rote r v ouvori to oariov r v tgi tev ryr0ev oioirori xoto tg v ra oariov togv. ae or oe oioiritoi ti ra oariov g ti to oioiou v roti trvg r v yo ou x ov ra oariov trvoi (xoi o io yo oaoyoruori tou trvitou xoi to oyovo oux iouori), g or uoi ri ra oariov trvoi ti r yr0o, aoo ov gog tgoto o goto ao ouotooiv raoigor oio oixotgto. ri or ao tou ri roiotov xoi ogotov xotorvriv aoiv outo ouv- ti0goiv, oux rotoi g ra oariov tog. gaotr ou v gtrov oti g uoi aoiritoi rv to oioirori ri tg rio, trouoo or ouo tg oto, ri tuoi to ro ioto, xoi ou0i outo ouvti0rioo, ri aoiv oroi trriv, ou ao vte xoto tgv ouogv trvri, oo xoi xot oo ro ouor v otoov oaoiaovouoo, ri xoi ootr xot oo rg oioiri. xoi oute g ra oariov tog xoi r vryourvg ovgortoi, xoi ouor v i oe otoaov oxo- ou0gori. 191 Cf. Philop. In Phys. 187a 1, 83,19-27 (Xenocr. Fr. 141 IP). Cf. anche Ibid. 187a 2, 84,15-85,2 (Xenocr. Fr. 142 IP). In questo secondo passo la formulazione simile a quella del brano di Proclo citato precedentemente (xoxe r vroooov ruoe uao0rrvoi g rivoi ra oariov to ryr0g oioirto). 192 Philop. In Phys. 206a 14, 465,3-13 (Xenocr. Fr. 143 IP) oti yo ou ouyxritoi g yog r otoev yoev, oar oi uooi 0rovtr tg v Zgvevo oaoiov xoxe uar0rvto, e r v tei aetei rigtoi, ou orao v goi orioi ooxgov yo iiov ao Avooyoov [sic] outei yr yoatoi ari otoev yoev, oti oou votov otoo rivoi ryr0g. ri yo ororixtoi toi yrertoi tg v oo0rioov ru0ri ov oio trri v, oou votov ogaou yogv rivoi otoov g r otoev ouyxrio0oi ri yo ouyxroito rx arittev oto ev, ou tg0gortoi oio, ororixtoi or xoi oti aov to r otoev ouyxrirvov, touto v or riari v ore v, xoi outo orr rotoi. riaorv or xoi rv te i aetei oyei, oti tivr to v Ervo- xotgv uaeatruoov to o toou riogyrio0oi yoo , xoi roriorv e ruog g uaovoio. 193 Cf. Alex. ap. Simpl. In Phys. 187a 1, 130,10 (Xenocr. Fr. 138 IP). Cf. anche Ps.-Alex. In Metaph. 1083b 1, 766,31-34 (Xenocr. Fr. 129 IP). Su questa linea tutte le testimonianze che fanno capo a questa tradizione, cf. Xenocr. Fr. 128; 135-136; 140-142; 144 IP. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 272 che le critiche aristoteliche non sono rivolte contro di lui, ma contro gli atomisti veri, quelli che hanno ipotizzato dei minimi indivisibili e privi di parti. Il filone dossografico che postulava la diaphonia fra gli atomisti esa- minato nel paragrafo precedente offriva proprio questa immagine, per questo si ritrova con una certa frequenza in Simplicio l'attribuzione di minimi privi di parti a Democrito. Cos nel commento all'affermazione aristotelica del primo libro del De caelo secondo cui chi introduce la dot- trina delle grandezze minime scuote i principi della matematica, Simplicio riferisce l'allusione a Democrito o "a chiunque assuma come principi grandezze piccole e minime" 194 . Questa formula, che serve a coprire ulte- riori referenti, e l'accenno al tema della dicotomia, che compare in tutte le testimonianze su Senocrate, sono per il segnale di una attribuzione artifi- ciosa solo a Democrito. Temistio, nel commento allo stesso passo, tace. Da queste considerazioni risulta assai verosimile che la ricostruzione dei rapporti fra Epicuro e l'atomismo antico via Aristotele in Simplicio risalga a Porfirio, un modello comunque per il commento alla Fisica 195 . Gli roioto xoi o rg che Aristotele critica sono infatti riconducibili, se- condo Porfirio, non a Senocrate ma agli atomisti (quelli criticati nel logos eleatico da lui attribuito a Parmenide). Egli dunque poteva riprendere lo schema dossografico della diaphonia fra Epicuro e l'atomismo antico, le- gato appunto alla diversa concezione dell'indivisibilit dell'atomo, e inte- grarlo con le presunte critiche aristoteliche agli atomisti. Questa interpre- 194 Simpl. In De cael. 271b 1, 202,27-31 (108 L.) Ajaoxot:o j oo:t ov o::o :ao0ot:o atxoo :tvo :ao0tatvot :o ooo xot t!o to:o at,t0j oio to ryiotgv ouvoiv e oo rriv ooto vtr ari outo to r yioto te v rv yrerti oi rxivgoov to ra oariov rivoi to ryr0g oioirto, oi o xoi tg v oo0rioov ru0ri ov oio trri v ouvotov. 195 Rashed 2001, 44-47 vede una relazione fra questo testo di Simplicio e quello dello scolio a De Gen. et corr. nel Cod. E f. 68v. da lui commentato, nel quale compare una differente con- cezione degli indivisibili fra Leucippo ed Epicuro e li riporta ambedue al commento per- duto alla Fisica di Alessandro di Afrodisia. I due contesti sono tuttavia sostanzialmente dif- ferenti: Simplicio, come si visto, riprende una tradizione neoplatonica e adduce la diaphonia in un contesto specifico sugli indivisibili, funzionale alla difesa di Senocrate. Lo scolio, cos come lo riporta Rashed, invece, fornisce una delle tante versioni della vulgata sui principi di matrice posidoniana eliminando nomi come quello di Democrito e di Eraclide ed inserendo Leucippo al posto di Diodoro, che evidentemente non conosce: tev ooo- oovtev ari otoiriev [...] oi o (scil. rigxooiv outo) oario ooiorrio e Avooyoo, otoou, e Eaixouo, org, e Aruxiaao, ovoo, e Aoxgaioog (questo testo quello che si pu dedurre dallo schema fornito da Rashed). Per il confronto con altri passi paralleli della vulgata, v. supra, 2. 2 e II 4. 2 n. 77. N Simplicio n lo scolio possono comunque derivare da Alessandro che non mostra di conoscere una diaphonia all'interno dell'atomismo e, nel De mixtione, segue invece molto da vicino la vulgata classificatoria di matrice posidoniana (per il testo, v. supra, II 4. 2 n. 77). Alessandro distingue qui espressamente i sostenitori di tesi atomiste da quelli di tesi corpuscolariste e tralascia i nomi di Diodoro, Eraclide e Asclepiade. Egli conosceva comunque Diodoro di prima mano, cf. De sensu 445b 27, 122,21; 449a 5, 172,28 (II F 9 SSR) e difficilmente avrebbe potuto scambiarlo con Leucippo. Capitolo sesto 273 tazione che, inserendosi nel solco della tradizione dossografica, spostava tuttavia tutto il peso delle critiche aristoteliche contro le grandezze indivi- sibili sull'atomismo antico, perfettamente coerente con l'attribuzione da parte di Porfirio di un atomismo solo ideale, ma non matematico, a Seno- crate. A questa ricostruzione si potrebbe obiettare che le testimonianze dei Neoplatonici sull'atomismo di Senocrate non sono tuttavia unidirezionali. Passi di Proclo, Filopono e Simplicio sembrerebbero offrire anche una visione opposta secondo cui Senocrate avrebbe ipotizzato linee indivisibili andando contro i principi della matematica. In questo gruppo di testimo- nianze egli compare spesso insieme agli atomisti. Mi pare, dunque, sia importante esaminare anche questo aspetto in quanto il caso di Senocrate costituisce uno specchio del metodo di lavoro dei commentatori aristote- lici e di conseguenza fornisce un'indicazione anche per l'interpretazione dei passi sugli atomisti antichi. Sia le testimonianze su questi ultimi, sia quelle su Senocrate possono infatti essere del tutto travisate se estrapolate dal contesto e dal riferimento ai modelli dei commentatori. Le dottrine di Senocrate vengono presentate come prototipo di teorie atomiste che vanno contro i principi della matematica sempre in contesti che affrontano, dal punto di vista matematico, il problema molto specifico della dicotomia della linea e delle grandezze incommensurabili. Tale inter- pretazione risale in ultima analisi al trattato peripatetico Sulle linee indivisibili le cui obiezioni hanno poi fatto scuola soprattutto fra i matematici e, ov- viamente, nella tradizione dei commentatori di Aristotele 196 . Proclo, nel commento alla Repubblica platonica, indica, senza ulteriori osservazioni, Epicuro e Senocrate come i rappresentanti di una teoria che va contro i principi della matematica per aver posto l'uno gli atomi, l'altro la linea indivisibile come misura delle rispettive grandezze 197 . L'ottica quella del trattato Sulle linee indivisibili che spiegava i minimi di Senocrate come mi- sure delle grandezze nei vari gradi dell'essere. Simplicio, pur attribuendo nel commento alla Fisica le grandezze indivisibili solo agli atomisti e non a Senocrate, nel commento al De caelo, scritto precedentemente 198 , riporta anche il nome di Senocrate, ma anche qui il contesto importante. Quando infatti attribuisce a quest'ultimo le linee indivisibili, lo fa riferendo 196 L'insieme delle obiezioni contro le linee indivisibili e gli oggetti matematici degli Accade- mici vengono riportate esplicitamente come topoi correnti e ricondotte appunto al trattato menzionato sopra da Simplicio stesso in In De cael. 299a 2, 566,23-567,1. Cf. anche Philop. In De gen. et corr. 325b 34, 164,10ss. 197 Procl. In Rempubl. II,27,3 Kroll (Xenocr. Fr. 130 IP) ei xoi ogov oti oou rto rotiv ryr0g, xoi oti Eaixouo ruoe aoiev rtov tg v otoov ao vtev oeotev xoi o Er- voxotg tg v otoov yog v tev yoe v. 198 Cf. Hadot 1987, 22. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 274 il punto di vista aristotelico che egli successivamente critica. In questi casi egli segue la struttura r votooi/ uoi che caratterizzava anche uno speci- fico libro di Proclo sulle obiezioni aristoteliche del De caelo ai Platonici (diretto contro le interpretazioni di Alessandro) che Simplicio cita espres- samente come fonte 199 . Cos, quando nel commento al primo capitolo del terzo libro (contrariamente a quanto sostiene nel commento al primo paragrafo del sesto libro della Fisica), spiega che l'obiettivo degli attacchi aristotelici dei libri della Fisica sul movimento appunto Senocrate, riferi- sce il pensiero di Aristotele osservando per subito dopo che quest'ultimo dirige i suoi strali contro l'apparenza delle dottrine degli Accademici 200 . Anche nell'altra testimonianza Simplicio attribuisce le grandezze indivisi- bili a Democrito e Senocrate con formula dubitativa specificando che si tratta comunque di una obiezione aristotelica contro gli Accademici cui Proclo ha risposto 201 . E' dunque chiaro che i Neoplatonici sono restii ad attribuire a Senocrate assunti che vanno contro i principi della matematica e tendono a confutare le critiche aristoteliche su questo punto o ad inter- pretarle come dirette contro gli atomisti antichi. Simplicio non fa ecce- zione e si allinea per lo pi sulle posizioni di Porfirio. Anche le loro rico- struzioni non possono quindi fornire indizi attendibili n per ricostruire le caratteristiche originarie dell'atomo di Leucippo e Democrito n per de- terminare in quale contesto queste dottrine si sono sviluppate. A questo stesso ambito del platonismo tardo da riportare anche la famosa testimonianza dello scolio al decimo libro di Euclide secondo cui "non c' una grandezza minima come affermano i democritei" 202 . Tale accenno stato citato, ora per confermare l'esistenza di "minimi" dell'a- tomo di Democrito 203 , ora a sostegno dell'indivisibilit matematica dell'a- 199 Simpl. In De cael. 306a 1, 640,20 touto toivuv aorig0e xoi tgv u ao Arovoou g0rioov r votooiv xoi tgv uao Aiototrou aetgv g0goorvgv oiouriv ouvorvov. rariog or ao touto to r votoori to tgi yrvrori tev oeotev tgi rx tev raiaroev ryor vgi aoorvr0rioo tivr r v xoi ooi tev Hotevixev o vtrigxooi, Hoxo or o rx Auxio oiyov ao rou yryove tou Hotevo oioooo iiov r yor to rvtou0o tou Aiototrou r votoori oiouov, xoe rriv roor oi ouvto e e ou- voto v toi r voto oroi to uori r xrivo uaotooi. 200 Simpl. In De cael. 299a 2, 563,20-27 (Xenocr. Fr. 132 IP) oo g v ororixtoi rv tgi duoi- xgi oxoo ori rv toi ari xivgore oyoi, r v oi o vtrryr ao Ervoxotg yoo otoou r yovto, oti oux rotiv ooioirto gxg, toutrotiv oti ouor v ro roti tg yog ooioirtov, o ra oariov roti oioirtg [...] touto r v to tou Aiototrou, oar o ri rye, ao to oivorvov uaovtevto tou oyou. 201 Cf. In De cael. 307a 19, 665,5-16 (119 L.) (Xenocr. Fr. 133 IP) ri or xoi rotiv otoo r- yr0g xoi oao0g xoi oaoio, e oi ari Agoxitov rryov xoi Ervoxotg to otoou yoo uaoti0rrvo, ovtixu toi o0gotixoi o v gv roixoto [...] touto rv o Aiototrg, o or Hoxo ao outo xoe uaovte v [...]. 202 Schol. Eucl. 10,1, V,436,15 Heiberg (68 A 48a DK; 107 L.) oux rotiv roiotov r yr0o e oi Agoxitrioi ooiv. 203 Lur'e 1932-1933, 124-126. Capitolo sesto 275 tomo 204 . Se lo si interpreta invece alla luce delle testimonianze precedenti, si pu intravvedere anche qui il modello esegetico neoplatonico che spo- sta la concezione degli ro ioto dagli "Accademici" ai "Democritei" 205 . 4. Sintesi Nelle testimonianze dossografiche tarde che descrivono l'atomo come indivisibile per la solidit, si possono distinguere pi filoni: 1. Una tradizione epicurea che si intravvede nel resoconto di Diogene Laerzio. 2. Uno strato pi tardo di tradizione peripatetica veicolato in partico- lare dai commenti ad Aristotele, presente ad esempio in Alessandro di Afrodisia, che amplia il modello descrittivo teofrasteo con le definizioni dell'atomo di Epicuro e tende a raggruppare sotto un'unica voce Leu- cippo, Democrito ed Epicuro stesso. Accanto alle definizioni epicuree correnti delle propriet dell'atomo quali otrro tg (otrotg), compare anche quello di sicura derivazione teofrastea voototg. Sono comunque queste, la compattezza e la solidit, unitamente all'assenza di vuoto (tipica delle definizioni epicuree), le caratteristiche che fanno dell'atomo di tutti gli atomisti un indivisibile. I commentatori aristotelici, in particolare Sim- plicio e il Filopono, inoltre, distinguono in alcuni passi, sulla scorta delle definizioni aristoteliche di indivisibile assoluto e relativo della Metafisica e di una tradizione di commenti peripatetici, la monade, indivisibile e priva di parti in assoluto, e l'atomo che ha parti ed indivisibile solo per la soli- dit. Si spiega dunque anche l'apparente contraddizione fra queste testi- monianze di Simplicio e altre da lui fornite in altri passi che presentano una visione opposta dell'atomo. E' evidente che egli si servito di fonti diverse o di una prospettiva diversa a seconda del contesto commentato 206 . 3. Una tradizione critica, mediata dagli Stoici, che riprende quella ari- stotelico-teofrastea dell'atomo indivisibile per la solidit e assimila l'atomo di Democrito a quello di Epicuro. Questo tipo di tradizione si incontra: A. In contesti dialettici (di Cicerone e Plutarco) risalenti all'Accademia scettica che criticano con una certa veemenza l'atomismo epicureo. Le obiezioni si concentrano soprattutto sulla mancanza di qualit e sull'im- passibilit degli atomi che rendono impossibile la formazione di corpi sensibili fenomenici forniti di qualit e di vita. La critica viene estesa anche 204 Furley 1967, 88; Cf. Frank 1923, 230. 205 Cf. Krmer 1971, 271 il quale accenna alla possibilit che lo scoliasta abbia interpretato erroneamente in senso matematico l'indivisibilit dell'atomo. 206 Su questa caratteristica di Simplicio, cf. Hadot 2002,168ss. Hadot assegna un ruolo partico- lare fra le fonti di Simplicio appunto ad Alessandro, Porfirio e Giamblico. L'indivisibilit dell'atomo nella dossografia tarda 276 alla solidit degli atomi i quali, venendo a contatto possono solo rimbal- zare, ma non unirsi in aggregati. B. In resoconti dossografici risalenti probabilmente a Posidonio, che rielaborano l'interpretazione dello stoicismo antico in maniera manuali- stica, sottolineando soprattutto la mancanza nei sistemi atomisti dell'ele- mento provvidenziale e cercando nel contempo di tracciare una storia dell'atomismo e di mettere ordine nelle concezioni atomiste e corpuscola- riste riportando ognuna di esse a nomi precisi. Questa tradizione alle radici della vulgata tarda. Una delle varianti della vulgata vede una diaphonia fra Democrito ed Epicuro unicamente nel fatto che il primo ha ipotizzato una infinita variazione di grandezza nell'atomo, mentre l'altro ha ammesso solo atomi piccolissimi. Ambedue i filoni hanno comunque in comune la definizione dell'atomo come "impassibile", privo di qualit e indivisibile per la solidit. 4. Esiste per nelle testimonianze tarde una interpretazione dell'atomo come indivisibile per la piccolezza, legata soprattutto al nome di Leucippo, che viene contrapposta dialetticamente alla concezione dell'atomo epicu- reo come indivisibile per la solidit. Tale schema ha le sue radici nell'Ac- cademia scettica e si distingue dalla classificazione di matrice posidoniana che teneva separati atomismo (arresto della divisione a corpi indivisibili in assoluto) e corpuscolarismo (arresto della divisione a determinati corpu- scoli tuttavia ulteriormente divisibili) e attribuiva unicamente a Diodoro minimi privi di parti. Paradossalmente i resoconti pi ampi e dettagliati sull'atomismo e sull'atomo indivisibile per la piccolezza con il loro arma- mentario confutativo vengono conservati da un autore tardo quale Lattan- zio il quale, a sua volta, risale probabilmente alla parte perduta degli Aca- demica ciceroniani. Che utilizzi comunque materiale antico confermato dal fatto che il suo resoconto non solo riprende obiezioni che la scuola epicurea aveva gi cercato di parare nel II sec. a.C., ma permette anche di spiegare certe affermazioni, altrimenti oscure, nel brano sull'atomismo della sezione Hri oe v dello Pseudo-Plutarco. Alla stessa tradizione si ricollega anche Galeno che dirige la critica soprattutto contro l'impassibi- lit dell'atomo, un tema anch'esso caro alla tradizione accademica scettica. In Teodoreto la diaphonia si presenta ulteriormente riassunta e priva di nomi, ma le similitudini con Pseudo-Plutarco, Galeno e Lattanzio fanno pensare alla consultazione di una fonte che aveva a disposizione un reso- conto abbastanza ampio. Ad epitomi vieppi semplificate sono poi da riportare tutte quelle testimonianze tarde che riferiscono ambedue le con- cezioni dell'atomo, indivisibile per la piccolezza e per la solidit, ora ad Epicuro, ora a Democrito e Leucippo, ora solo a Democrito. L'unifica- zione delle definizioni dell'atomo sotto la qualificazione di indivisibile per la piccolezza, attribuito sia ad Epicuro che a Leucippo e Democrito co- Capitolo sesto 277 stituisce solo l'ultimo stadio di questo progressivo processo di assimila- zione. Un processo di epitomazione anche all'interno della vulgata riguar- dante concezioni atomiste e corpuscolariste ha portato all'assimilazione, presso lo Stobeo e altri autori di et tardo imperiale e bizantina, di teorie atomiste e corpuscolariste. Atomi, o rg, oyxoi vengono considerati un'unica dottrina e, talvolta, attribuiti ad Epicuro. E' superfluo dire che queste testimonianze non hanno alcun valore per la ricostruzione dell'ori- ginaria concezione democritea dell'atomo. 5. Le testimonianze dei commentatori Neoplatonici che attribuiscono agli atomisti antichi degli indivisibili per la piccolezza privi di parti sono invece dovute principalmente a due fattori strettamente interdipendenti: A. La rielaborazione del filone dossografico presente in Pseudo-Plu- tarco e risalente all'Accademia scettica che aveva impostato una diaphonia fra atomisti antichi ed Epicuro sulla concezione dell'indivisibilit dell'a- tomo. B. Il collegamento di questa interpretazione con la difesa di Senocrate dagli attacchi aristotelici. Secondo i commentatori neoplatonici Senocrate non avrebbe affatto ipotizzato delle linee matematiche indivisibili, ma avrebbe applicato la definizione degli indivisibili solo all'ambito delle forme intellegibili separandoli nettamente dalla materia stessa, di per s infinitamente divisibile. In questo contesto interpretativo va inserita la testimonianza del commento al sesto libro della Fisica di Simplicio. Il passo si trova proprio all'inizio del libro e assume per ci stesso il carattere di una traccia da se- guire. Gli atomisti antichi avrebbero assunto degli atomi indivisibili per la solidit e per la piccolezza. Epicuro, costretto dalla critica aristotelica contro gli o rg degli atomisti, avrebbe invece eliminato la mancanza di parti dell'atomo e sostenuto unicamente l'indivisibilit per la solidit. In Simplicio i due tronconi suddetti si presentano unificati. Dunque la sua ricostruzione ha delle ragioni storiche e filosofiche ben precise, ma co- munque artificiosa e, in ogni caso, tende a porre in ombra proprio quella parte della dottrina epicurea (nella fattispecie gli o rg) pi strettamente collegata con le polemiche aristoteliche contro i principi matematici del- l'Accademia e alle conseguenti reinterpretazioni di Epicuro di questi ul- timi. Da tutto questo risulta che tale testimonianza non pu essere utiliz- zata per ricostruire la concezione originale dell'atomo democriteo. Capitolo settimo L'atomismo antico e il suo contesto culturale Passate in rassegna le varie interpretazioni dell'atomo nell'antichit e i pre- supposti che le hanno determinate, non resta che cercare di tracciare una via alternativa per arrivare al carattere originario dei corpuscoli di Leu- cippo e Democrito e alle radici della loro dottrina. Il tutto comporterebbe ovviamente uno studio specifico, perci mi limiter qui a riprendere e ad integrare alcuni dati emersi da questa ricerca e a fornire qualche spunto per ulteriori approfondimenti. Da questo lavoro emerso che la conce- zione dell'atomo come soluzione dell'aporia dell'infinita divisione pi che un dato di fatto la risultante della proiezione sugli atomisti di tematiche accademiche riprese criticamente da Aristotele. I testi di carattere descrittivo in Aristotele e Teofrasto, nelle testimo- nianze di derivazione teofrastea e in altri resoconti e accenni sparsi lungo tutto l'arco dell'antichit fanno emergere invece altri possibili scenari per la nascita della dottrina atomista, in particolare un sostrato di immagini e di concezioni radicate nel contesto storico-culturale della sofistica e nel- l'atmosfera della riscoperta delle technai, soprattutto della medicina, nell'ul- timo quarto del V sec. a.C. All'esame di queste immagini e di queste con- cezioni particolari e alle conseguenze che se ne possono trarre per una diversa rappresentazione dell'atomismo e delle sue origini sar dedicato questo capitolo. 1. Costrizioni cosmiche e vulnerabilit dei corpi. Per una definizione dei fondamenti eterni Una funzione fondamentale nella cosmogonia e nella dottrina atomistica in generale ha l'o vo yxg, quella forza cosmica che "costringe" i corpi a comportarsi in un certo modo in determinate condizioni, generando e disgregando con la stessa violenza. Il ruolo dell'ovoyxg una costante nei Capitolo settimo 279 riferimenti a Democrito da Aristotele, a Teofrasto, ad Epicuro 1 ed in perfetta consonanza con la concezione di questa forza e di questa "divi- nit" presso gli autori del V sec. a.C. come si preciser pi oltre. Da qui, dal "principio" enunciato e non spiegato, si deve partire per interpretare l'atomismo il cui scopo, come del resto anche quello dei cosiddetti fisici, era di chiarire "dove, in quali circostanze e come" 2 si generato il mondo, non di discutere sul problema dell'indivisibilit. Visti dalla prospettiva dell'azione dell'o vo yxg, i fondamenti eterni devono, per poter sopravvi- vere alle "costrizioni" e agli assalti di questa forza, essere assolutamente compatti e duri senza "vie" (aooi) che permettano una penetrazione. Inoltre, contrariamente a quella di altri presocratici, e soprattutto di Anassagora, la cosmogonia degli atomisti non si verifica per separazione da una massa preesistente 3 , vale a dire non concepita, nella sua fase ori- ginaria, per "divisione", ma per aggregazione da singoli corpuscoli duris- simi e resistenti, gi divisi uno dall'altro, che fluttuano e si scontrano nel vuoto. Questo significa che non si arriva alle componenti eterne sempre pi piccole del mondo sensibile per "divisione", ma si parte da queste per comporlo (come sottolinea ripetutamente anche Aristotele). Le loro forme sono poi concepite come infinite e irregolari ai fini dell'aggrega- zione e della produzione dei fenomeni: non c' ragione che una forma esista pi di un'altra perch le forme sensibili che risultano da queste composizioni cambiano continuamente e sono infinite 4 . La generazione del cosmo avviene per combinazione di atomi di forma e provenienza disparata 5 che esistono dall'eternit e non potrebbero comporre nulla se si 1 Per Aristotele v. infra, n. 14; per i resoconti risalenti in ultima analisi a Teofrasto, v. infra, n. 13; per Epicuro, cf. Ep. 2,90; Long-Sedley 1987, II, 20C, 105-107 (Fr. [34. 30] Arr.). Anche il resoconto di [Plut.] Strom. 7 (68 A 39 DK; 20, 23 L.), sebbene marcato dall'equiparazione stoica dell'rior vg all'o vo yxg (SVF II 925, 266,35-37), segue questa tradizione. 2 La "definizione" delle prerogative del "filosofo della natura" quella di un famoso fram- mento, contemporaneo a Democrito, dell'Antiope di Euripide (Fr. 910 Kannicht oio ooti tg iotoio/ ror o0goiv,/ [] o' o0ovo:o: xo0ooov o:oto/ xooaov o,joov, ajt :t o:vto:j/ xot oajt xot oao). Per l'attribuzione, cf. Kambitsis 1972, 130; per il testo Kannicht 2004, 917s. Per un commento al frammento dal punto di vista del contesto culturale, cf. Gemelli Marciano 2006, 223s. 3 L'espressione xoto oaotogv rx tg oariou [eo?] in Diog. Laert. 9,31 (67 A 1 DK; 382 L.) da intendersi come "in una sezione dell'infinito [spazio?]" non "per distacco dal- l'infinito [spazio?]", cfr. Bollack 1980, 13s. 4 Theophr. Fr. 229 FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 28,8) (67 A 8 DK; 147 L.) outo oario xoi ori xivou rvo uar0rto otoiri o to otoou xoi tev r v outoi ogotev oariov to ag0o oio to gorv oov toioutov g toioutov rivoi [tou tgv yo] xoi yrvr- oiv xoi rtoogv ooioriatov r v toi ouoi 0ree v. 5 Anche "il vortice di forme di ogni genere" che "si separa dal tutto", nella formulazione riportata da Simplicio (In Phys. 195b 31, 327,24 = 68 B 167 DK; 19, 288 L.), infra, n. 64, non deve ingannare. Il vortice si forma nella seconda fase della cosmogonia, quando una Atomismo antico e contesto culturale 280 disgregassero al primo impatto con i loro simili. Il problema dell'atomi- smo non dunque quello della fine del mondo (come invece nella pro- spettiva anassagorea del Nous che continua a separare senza dissolvere mai la massa), ma quello dell'inizio e non quello astratto dell'arresto della divisione in una grandezza continua, ma quello concreto di concepire un corpo originario che non sia come quelli che noi vediamo: vulnerabile, esposto all'azione di qualsiasi agente esterno o squilibrio interno, massa instabile attraversata da continui flussi, ma compatto e "inviolato, non tagliato", resistente a qualsiasi ovoyxg. L'ovoyxg (o piuttosto le o vo yxoi) il problema centrale nella conce- zione dell'atomo e delle dottrine atomistiche in generale. Nonostante siano stati fatti molti studi su questo tema, la portata di questo fatto generalmente sfuggita in quanto l'o voyxg stata interpretata sulla scorta delle testimonianze antiche e, nel migliore dei casi, della critica epicurea, in maniera teorica unicamente come la legge o l'insieme delle leggi fisiche che determinano i fenomeni. Questa per solo una concezione astratta e sublimata che compare in Platone e poi in Aristotele. Nel V sec. a.C. ovo yxg ha tutta una gamma di significati molto concreti che vanno dal campo semantico della tortura a quello magico-religioso 6 . Essa in primo luogo una "forza di costrizione" che si esercita sui corpi fenomenici e che non richiede di essere spiegata, contrariamente a quanto pensava Aristo- tele, perch concepita come un semplice dato di fatto chiaro per tutti: l'o voyxg o le ovoyxoi esistono e basta. Tutto e tutti agiscono e subiscono costretti da una certa ovo yxg. Lo sapevano gli autori di poesia orfica e i poeti in generale che ne facevano una divinit che governa l'universo 7 , e lo sapevano quelli che si occupavano dei corpi e dei fenomeni a vario titolo, in particolare i cosiddetti magoi, i medici, i "fisici" come Anassagora. Tutti cercavano di scoprire come funzionassero effettivamente le varie ovoyxoi per poter prevedere o riprodurre e provocare essi stessi i fenomeni. Ho gi accennato altrove 8 ad un passo di Senofonte particolarmente rivelatore a questo proposito. Socrate, criticando proprio i fisici, avanza dubbi sui loro scopi: Egli ricercava su di loro [i "fisici"] anche questo: se dunque, come fanno quelli che studiano le cose umane, che pensano di mettere in pratica ci che hanno ap- preso a loro favore e a favore di quelli che loro vogliono, cos anche quelli che indagano i fenomeni divini pensino, quando abbiano saputo a causa di quali "co- strizioni" ciascuno di essi si produce, di provocare, quando lo vogliano, venti, ac- massa disordinata di atomi gi aggregati si precipita nel vuoto. La prima fase quella del- l'aggregazione casuale dei corpuscoli. 6 Schreckenberg 1964. 7 Cf. Schreckenberg 1964, in part. 72-81 con relativa indicazione dei passi.. 8 Cf. Gemelli Marciano 2005, 375; 2006, 221s. Capitolo settimo 281 qua, stagioni e qualsiasi altro fenomeno di questo genere di cui essi necessitino, oppure non sperino nulla del genere, ma si accontentino di sapere soltanto in che modo ciascuno di questi si verifica 9 . Le ovo yxoi qui non sono semplicemente le "leggi naturali", ma forze o, rispettivamente, condizioni particolari che "costringono" i fenomeni a verificarsi in un certo modo e che possono essere evocate o, rispettiva- mente, riprodotte (v. infra), ma anche solo scoperte e studiate. La diffe- renza fra il meteorologos e il mago sta dunque principalmente nello scopo e non nell'oggetto della loro indagine. L'evocazione delle forze divine che "costringono" la natura a produrre venti, pioggia, siccit una delle pre- rogative dei purificatori attaccati nello scritto ippocratico De morbo sacro, ma anche di Empedocle e degli specialisti di riti meteorologici della reli- gione ufficiale 10 . Anche i medici, cui probabilmente il Socrate di Senofonte si riferisce (oi to v0eario ov0ovovtr), si situano in questo ambito sullo stesso piano dei magoi. L'autore ippocratico del De Arte, un contem- poraneo di Democrito, afferma che la medicina ha trovato delle o voyxoi per costringere la natura a dare dei segni quando questa non lo fa sponta- neamente. Il medico riproduce delle "costrizioni" ancora pi forti di quelle naturali che gli permettono di fare una diagnosi della malattia in- terna invisibile 11 . "Costringe" il flegma ad uscire sotto forma di pus som- ministrando bevande e alimenti aspri (che riscaldano e sciolgono), e il soffio a rivelare la sua natura, sottoponendo il malato a pesanti esercizi fisici. L'autore del secondo libro del Prorrhetikos parla di emissioni sponta- nee (o ao tou outootou) o "forzate" (r o vo yxg) prodotte dal medico stesso 12 . 9 Mem. 1,1,15 roxoari or ari oute v xoi toor, o', eoar oi tov0eario ov0o vovtr gyou vtoi tou0' o ti ov o0eoiv r outoi tr xoi te v oev otei o v ouevtoi aoigoriv, oute xoi oi to 0rio gtouvtr voiouoiv, tattoo v ,vootv ot o vo ,xot txoo:o ,t,vt- :ot, aotjottv, otov ouevtoi, xoi o vr ou xoi uooto xoi eo xoi otou ov oou orevtoi tev toioutev, g toioutov rv ouorv ouo' raiouoiv, oxri o' outoi yvevoi ovov gi tev toioutev rxooto yiyvrtoi. 10 Per i magoi, cf. Morb. sacr. 1,9 (7,3 Jouanna = VI,358 Littr); per Empedocle, cf. 31 B 111 DK e Kingsley 1995a, cap. 15; per i riti meteorologici, cf. gli ovroxoitoi di Corinto men- zionati da Esichio e Suda (s.v.) e il rito per evocare la pioggia dei sacerdoti di Zeus Lykaios in Arcadia in Paus. 8,38,2-3. 11 De arte 12,3 (240,10 Jouanna = VI,24 Littr) otov or touto to gvuovto go outg g uoi rxouoo oigi, o vo ,xo rugxrv (scil. g trvg) gioiv g uoi og io too0ttoo r- 0igoiv ovr0rioo or ogoi toioi to tg trvg rioooiv o aoigtr o. 12 Prorrh. II,30 (276 Potter = IX,60 Littr) toutoioiv ogyri oio urv oao :o: o::oao:o: xot t o vo,xj. Ibid. (278 Potter = IX,60 Littr) errouoi or xoi atooi, xoi r vvoi rv tgioi ioi yivorvoi, oov rv oao :o: o::oao :o:, ri or g , t o vo,xj. In ambe- due i passi sono enunciati rimedi per il mal di testa. Se l'emissione di sangue o di muco non avviene spontaneamente, il medico la fa uscire "forzatamente". Atomismo antico e contesto culturale 282 Quando dunque Leucippo e Democrito parlano di o voyxg, evocano non un tranquillizzante quadro di fisica teorica, ma l'immagine presente a tutti i loro contemporanei di forze opprimenti e costrittive alla cui merc si trovano tutti i corpi e il mondo stesso Come le generazioni che si verificano nel cosmo, cos anche le crescite e le dimi- nuzioni e le distruzioni avvengono secondo una certa o voyxg che non specifica quale sia 13 . Cos si legge nelle frasi conclusive del resoconto sulla cosmogonia di Leu- cippo in Diogene Laerzio, un motivo che ricompare anche nel frammento aristotelico su Democrito: Egli ritiene che (scil. i corpuscoli) rimangano attaccati gli uni agli altri e uniti (in un aggregato) finch non sopravvenga dall'atmosfera circostante una ovoyxg pi forte che li scuota violentemente e li disperda qua e l 14 . E nelle parole stesse di Democrito Nulla accade a caso, ma tutto per una ragione e sotto la pressione di una ovoyxg 15 . Dovunque ci sia una forte pressione dall'esterno o dall'interno e delle vie che permettano la penetrazione o la fuoriuscita di effluvi, si verificano alterazione o distruzione in base alla maggiore o minore compattezza e resistenza dell'oggetto o al grado di "costrizione" esercitato. Anche l'insta- bilit delle sensazioni viene spiegata in termini di penetrazione e di "resi- stenza" di ci che viene a contatto col corpo 16 . La sensazione stessa una sorta di malattia in quanto dovuta alla preponderanza nel corpo di certe forme atomiche sulle altre che crea squilibrio. La generazione sessuata determinata da un "colpo" interno seguito ad un grande sconvolgimento e 13 Diog. Laert. 9,33 (67 A 1 DK; 382 L.) rivoi tr eoar yrvrori xo oou, oute xoi ougori xoi 0iori xoi 0oo xoto tivo o voyxgv, g v oaoio rotiv ou oiooori. Cf. Hippol. Ref. 1,12,2 (67 A 10 DK; 23, 291 L.). 14 Arist. fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,18-20) (68 A 37 DK; 293 L.) rai to- ooutov ou v ovov oe v outev o vtrro0oi voiri xoi ourvriv, re iouotro ti rx tou arirovto o voyxg aooyrvor vg oiooriogi xoi ei outo oiooarigi. Con espressioni simili viene descritta nel trattato ippocratico De aeribus la possibilit di una alterazione o corruzione del seme al momento del concepimento nella Scizia, Aer. 19,5 (235,4 Jouanna = II,72 Littr) te v yo erev aooagoiev rouor ev, 0ooi oux ryyi yvovtoi ouor xoxe oir r v tgi tou yo vou uagri, gv g :tvo o vo ,xj toto: tugi g vouoou. 15 Stob. 1,4,7c (67 B 2 DK; 22 L.) ouor v go otgv yivrtoi, oo ao vto rx oyou tr xoi ua' o voyxg. Per l'attribuzione di questa massima a Leucippo cf. Introduzione n. 1. 16 Sext. Emp. Adv. Math. 7,135 (68 B 9 DK; 55 L.) gri or tei r v rovti ouorv otrxr ouvirrv, rtoaiatov or xoto tr oeoto oio0gxgv xoi tev rarioiovtev xoi tev ovtiotgio vtev ("ma noi in verit non comprendiamo nulla di incontrovertibile, ma qualcosa che muta secondo la disposizione del corpo e delle cose vi penetrano e di quelle che gli oppongono resistenza"). Capitolo settimo 283 spostamento di atomi che fa separare "un uomo da un altro uomo" 17 . Alla luce di queste considerazioni diviene pi chiaro il motivo per cui l'atomo assolutamente compatto e pieno (vooto v), solido (otrrov), duro (oxgov), secondo le denominazioni originali esaminate nel capitolo quinto. Esso semplicemente un corpo non attaccabile da nessuna ovo yxg, un corpo che pu essere spinto qua e l, ma non "compresso" o disgregato, il corpo privo di pori e sterile che non emana effluvi n li riceve. L'immagine sorprendentemente vicina a quella dell'individuo "invulnerabile", inattaccabile dalle malattie, impassibile, eccezionale e duro come il diamante nel corpo e nell'anima che l'Anonimo di Giamblico presenta come un ideale inesistente 18 . Quando pensano al corpuscolo eterno tetragono a qualsiasi colpo o pressione gli atomisti hanno dunque come modello, non una "materia" generica e indistinta nella quale si pos- sono operare "divisioni", ma i corpi fisici concreti e specifici con la loro forma, i loro interstizi, la loro varia compattezza e vulnerabilit. Non si deve dimenticare che nei contemporanei testi ippocratici il tema della "resistenza" e della "compattezza" del corpo direttamente collegato alla sua predisposizione alla malattia: i maschi in generale sono pi sani perch hanno un corpo pi compatto, con pori stretti che non permettono l'as- sorbimento e la ritenzione di liquidi, mentre le femmine, con il loro tes- suto poroso e la loro conseguente sovrabbondanza di fluidi, hanno un equilibrio estremamente instabile e sono le pi esposte all'insorgere dei morbi 19 . Queste concezioni mediche sulla vulnerabilit e l'instabilit dei corpi e sulla loro predisposizione alla malattia e alla distruzione permeano comunque gran parte della letteratura della seconda met del V sec. a.C. 20 . In questo contesto le problematiche dell'indivisibilit si stemperano nel sottofondo in cui sono nate e cio nel contesto dialettico ed esegetico accademico e aristotelico. Qualcuno potrebbe obiettare che l'immagine fisica dell'atomo qui tracciata pu coesistere con la soluzione matematiz- zante del problema dell'indivisibilit, ma a questo si pu rispondere che Leucippo e Democrito non erano allievi n della scuola platonica, n di quella aristotelica e che il metodo dialettico che Aristotele presta loro, 17 68 B 32 DK (527 L.). Sulla ricostruzione del frammento in base citazioni parziali e diverse di diversi autori, cf. Introduzione n. 14 e Gemelli Marciano 2007, 215-217 n. 23-29. 18 Anon. Iambl. 89,6 DK ri r v og yrvoito ti r og u oiv toio vor rev, o:oo:o to v eto o vooo :t xot oao0j xoi uarug xoi oooao v:tvo to tr oeo xoi tgv ugv A differenza degli atomi democritei, quest'uomo, secondo l'anonimo, non potrebbe so- pravvivere se non salvaguardasse le leggi e la giustizia perch sarebbe sopraffatto dalla moltitudine coalizzata degli altri uomini. 19 Cf. Mul. I 1,11-19 (88,24-89,17 Grensemann = VIII,12-14 Littr); Gland. 16,2 (121,20 Joly = VIII,572 Littr), supra, V 4 n. 99 e 100. 20 Cf. in particolare le acute pagine scritte su questo tema nei testi tragici da Padel 1992, 49- 68. Atomismo antico e contesto culturale 284 come si visto, abbondantemente basato sui modelli e sulle problemati- che accademiche. Neppure Anassagora, cui Aristotele e molti fra i mo- derni hanno attribuito una forma di corpuscolarismo e una riflessione sul problema della divisibilit all'infinito, usa le espressioni astratte "divi- sione", "dividere" (oioi roi, oioiri v), ma sempre una terminologia fisica strettamente legata al movimento e ancorata ai processi corporei e parla di "separazione" e di "distinzione" 21 . Nell'ottica della problematica della divisibilit accademica e aristotelica i corpuscoli degli atomisti ven- gono invece astratti e trasformati: il corpo "non tagliato" compatto e as- solutamente resistente diventa un "indivisibile". L'ananke, la forza con- creta, opprimente e disgregatrice, scompare per lasciare il posto ad una mente che, nel contesto di una "lezione" scolastica, immagina scenari di divisione all'infinito. Se si elimina gradatamente dal quadro dell'atomismo antico il deposito delle interpretazioni antiche e moderne, si possono dunque intravvedere alcuni particolari che dirottano l'attenzione sul contesto in cui queste dot- trine si sono sviluppate. E' da qui che bisogna prendere le mosse per "ri- leggere" il tutto. 2. Il grande vuoto: cosmologie orfiche ed embriologia nella cosmogonia di Leucippo. Per una ridefinizione del vuoto atomistico Gi altri hanno messo in rilievo le radici embriologiche della cosmogonia di Leucippo e le sue affinit con la descrizione del concepimento e della formazione dell'embrione nei trattati ippocratici De genitura e De natura pueri 22 . E' stato pure sottolineato che, a differenza del meccanismo di ri- produzione descritto nei trattati ippocratici, scatenato dall'attrazione ses- suale e dal conseguente movimento del coito che porta il seme da ogni parte del corpo verso il centro, cio i testicoli nel maschio e l'utero nelle femmine, quello cosmogonico di Leucippo e di Democrito dovuto ad un impigliarsi loro malgrado di atomi in una parte dello spazio cosmico e alla loro conseguente forzata aggregazione in una massa disordinata pro- 21 Aaoxivro0oi, 59 B 4, 6, 7, 9, 12, 16 DK; per eiro0oi, B 8 DK; per oioxivro0oi, B 12, 13, 17 DK. 22 Cf. in particolare Orelli 1996 che ha dedicato anche una buona parte del suo studio ai rapporti fra questi trattati e la cosmogonia atomistica. Cf. anche Lonie 1981. Per la fun- zione dell'embriologia nella cosmogonia e cosmologia di altri presocratici, cf. ancora Orelli 1996, 197-204; per la sua rilevanza in particolare nella cosmogonia e zoogonia empedoclea, Gemelli Marciano 2005. Capitolo settimo 285 prio perch fatta di elementi in lotta fra loro. Tale massa rissosa si getta, secondo Leucippo, in un ryo xrvo v, un grande vuoto 23 . Si tratta di un'immagine molto eloquente nel V sec. a.C., del particolare che rimanda ad un sottofondo offuscato dalla narrazione di stile dossografico del te- stimone antico. In un contesto cosmogonico infatti l'espressione, lungi dall'essere una nozione "pi teorica che rigorosamente fisica" 24 , richiama immediatamente la cosmologia esiodea e le cosmogonie cosiddette orfi- che. In Esiodo la terra, il mare e il cielo affondano le loro radici nel grande abisso il o oo r yo, il regno della Notte dove infuriano continue, tremende tempeste 25 . Nei versi restanti di una cosmogonia "orfica" sicura- mente gi noti a Platone perch parafrasati in parte nel mito del Fedone, il r yo ooo are iov l'immenso abisso originario nel quale "non c'era n un limite, n un fondo, n una base fissa" 26 . Nella cosmologia di matrice pitagorica del Fedone, ritorna l'allusione a questi versi nella descrizione del Tartaro: Uno degli abissi della terra inoltre il pi grande [di tutti gli altri] ed perforato per tutta la grandezza della terra. E' questo abisso a cui Omero si riferisce quando dice: "molto lontano, dove l'abisso sotto la terra pi profondo" (Il. 8,14), quello che lui, in altri passi, e molti altri poeti hanno chiamato il Tartaro. A questo abisso infatti affluiscono tutti i fiumi e ne defluiscono poi nuovamente e ognuno di loro assume la sua qualit particolare secondo la natura della terra attraverso la quale esso scorre. La ragione per cui tutti i fiumi defluiscono da e affluiscono a questo luogo il fatto che questo liquido non ha n un fondo n una base fissa 27 . 23 In un modo simile si comportano gli atomi che formano il vento: quando si trovano in uno spazio stretto, cominciano a scontrarsi, a fare pressione l'uno sull'altro finch non ri- mangono impigliati e, dopo aver a lungo oscillato, prendono finalmente una direzione, cf. Sen. Nat. quaest. 5,2 (68 A 93a DK; 12, 371 L.). Il grande vuoto potrebbe formarsi per l'ag- gregarsi di atomi in un altro punto dell'infinito. Nel corpo, ad esempio, dei vuoti si for- mano quando vi penetrano atomi dell'acido, angolosi e sinuosi, che astringono e contrag- gono, Theophr. De sens. 65 (68 A 135 DK; 496 L.). 24 Silvestre 1985, 128, seguita da Morel 1996, 269. 25 Hes. Th. 736-745. 26 111 F,3 Bernab (=OF 66,3) ouor ti ario uagv, ou au0g v, ouor ti roo. Il oo ritorna poi nelle varie versioni di cosmogonie orfiche compresa quella comica degli Uccelli di Aristofane (691). Sulla stretta correlazione dei versi orfici con la descrizione esiodea del Tartaro e sulla loro posizione implicitamente critica nei confronti di Esiodo, cos come sul loro carattere preplatonico e sui rapporti col Fedone, cf. Kingsley 1995a, 126-132. 27 Phaed. 112b t v :t :o v ooao:ov tg yg oe tr at,to:ov tuyovri o v xoi oioarr trtgr vov oi' og tg yg, touto oar Ogo riar, r yev ou to tgr o', gii o0i- otov uao 0ovo roti rr0ov o xoi oo0i xoi rxrivo xoi ooi aooi tev aoigtev Totoov xrxgxooiv. ri yo touto to ooo ourouoi tr aovtr oi aotooi xoi rx toutou aoiv rxrouoiv yiyvovtoi or rxootoi toioutoi oi' oio o v xoi tg yg reoiv. g or oitio rotiv tou rxriv tr r vtru0rv xoi rioriv aovto to ruoto, oti au0rvo ou x rri ouor ooiv to uyo v touto. Atomismo antico e contesto culturale 286 Il testo del Fedone dimostra che il ryo o oo era una componente basi- lare delle cosmogonie poetiche pi note nel V sec. a.C. e che veniva rein- terpretato e integrato nelle cosmologie del tempo. Il r yo xrvo v dunque sicuramente un'espressione originale di Leucippo che allude al grande abisso cosmogonico: il grande vuoto esercita una sorta di attrazione sulla massa disordinata e rissosa degli atomi che, confluendo nel baratro (ou- ugvoi ri r yo xrvo v l'espressione riportata da Ippolito 28 ) come i fiumi del Fedone, comincia a girare vorticosamente. La funzione del vuoto non qui dunque quella di "dividere", ma, al contrario, di favorire una maggiore aggregazione degli atomi. Il ouotgo ooioriog che si origina dalla massa vorticante nell'abisso ricorda la formazione del primo uovo cosmico nelle cosmogonie orfiche 29 . In Leucippo tuttavia si trova solo un'eco di questa letteratura. La sua cosmogonia pi vicina ai testi medici che a quelli orfici ed epici. L'uovo cosmico di poetica memoria diviene una membrana che contiene in s ogni genere di corpuscoli e dentro la quale, come nell'embrione, a poco a poco si articola il cosmo. Costretti dal movimento rotatorio, gli atomi simili si aggregano, i pi pesanti vanno verso il centro e formano qui il primo punto di resistenza, quello che corrisponde al cordone ombelicale 30 . C' per una differenza fondamen- tale fra la cosmogonia di Leucippo e il modello embriologico ippocratico o le cosmogonie pitagoriche: il cosmo di Leucippo non "inspira" come in queste ultime il vuoto (o il pneuma come l'embrione ippocratico) che 28 Ref. 1,12,2 (67 A 10 DK; 291 L.). Si pu ricordare che nella descrizione dei succhi, Demo- crito affermava, che gli atomi del dolce mettono in agitazione altri atomi; questi, scardinati dalle loro posizioni, "confluiscono" nel ventre (68 A 135 (65) DK; 496 L. rx tg tore xivourvo o:oottv ri tg v xoiiov), il luogo pi accessibile poich c' la maggior quantit di vuoto (toutgv yo ruaoetotov ri voi oto :o :o::jt a!tto:ov ttvot xtvov). Cf. su que- sto Orelli 1996, 163ss., la quale fornisce anche i paralleli con i testi ippocratici. 29 Anche quest'immagine compare in versi riportati da autori tardi (114 F Bernab = OF 55), ma era sicuramente presente anche nelle antiche cosmogonie orfiche perch "l'uovo di vento" che nasce nel Tartaro parodiato da Aristofane (Av. 695). Del resto questa rela- zione fra cosmogonia leucippea e cosmogonie orfiche gi stata ampiamente rilevata, cf. Guthrie II, 1965, 408 n. 1, Orelli 1996, 190ss. 30 Il cordone ombelicale definito da Democrito "un ancoraggio contro violenta burrasca e vagare errabondo" (Plut. De am. prol. 495 E; 68 B 148 DK; 537 L. o yo ooo aetov rv gtgioiv e goi Agoxito o yxugoiov ooou xoi ao vg rurtoi) e viene citato da Plutarco anche in un contesto cosmogonico, in una similitudine con la terra (De fort. Rom. 317 A oyxugoiov ooou xoi aovg, e goi Agoxito. e yo oi uoi- xoi tov xooov r youoiv ou x rivoi xooov ouo r0rriv to oeoto ouvr0ovto xoi ouiyrvto xoivo v rx aovtev rioo tgi uori aoooriv, oo te v r v rti ixev xoi oaooogv ror vev oioio0ovovtev xoi uaoruyovtev to rvoaogri xoi ari- aoxo, te v o oootrev xoi ouvrotgxotev gog orivou o ye vo ao ogo xoi oio- togioou oovo vtev, x!:oovo xot oooaov tt vot xot o0ooo: xot a!ovj xot vo:o,tov ato:o ao v:o, aotv ,t :j v ,j v at ,t0o !oo:oov rx tev ouviotor vev xoi ror vev too:0jvot ao o::j v xoi toi ooi iouoiv r v outgi xoi ari outg v aoo- oriv). Capitolo settimo 287 divide perch gi un mondo diviso. Proprio per questo non attira atomi dall'esterno in un solo punto (nell'embriologia ippocratica il cordone ombelicale che si forma appunto laddove l'embrione inspira) 31 , ma, per effetto del movimento vorticoso e per la sua stessa permeabilit, si appro- pria di qualsiasi corpuscolo con cui venga a contatto in ogni sua parte. L'immagine del grande vuoto di orfica memoria e la sua funzione di "attrazione" nei confronti delle masse disordinate di atomi vaganti nell'u- niverso, cos come la sua peculiarit rispetto al vuoto pitagorico che entra invece nella massa cosmica dividendola e articolandola, rimette in discus- sione la definizione che Aristotele d del vuoto atomistico nella Fisica (A 6, 213a 32-34) come "ci che divide la massa corporea in modo che sia discontinua". In realt questa definizione si basa sull'assimilazione del vuoto atomistico al vuoto pitagorico e su un pre-supposto tipicamente aristotelico e cio sulla tesi che "sostanze corporee" della stessa natura (il sostrato materiale) debbano fondersi un'unica massa se non sono tenute divise dal vuoto 32 . Il fatto per che gli atomi siano della stessa natura non conduce affatto necessariamente a questa conclusione. Infatti, a causa della loro durezza, essi non potrebbero mai, anche se il vuoto non ci fosse, fondersi in una massa compatta. In questo senso va interpretata anche la notizia ripetuta in varie forme da Aristotele che dai molti non pu deri- vare una vera unit. Gli atomi, dunque, a rigore non hanno bisogno di qualcosa che li tenga divisi. In realt i vuoti sono concepiti, come si visto sopra (III 4. 2. 2), come pori e cavit che permettono un passaggio pi o meno agevole di effluvi dall'esterno verso l'interno e viceversa e una cir- colazione all'interno del corpo. Corpi pi o meno permeabili, sono pi o meno predisposti alla dissoluzione, alla distruzione e all'instabilit, ma, proprio perch porosi, i corpi possono anche generare. Il corpo maschile, per quanto compatto, possiede comunque delle vie attraverso cui il seme confluisce nell'organo genitale per poi venire espulso, quello femminile delle cavit uterine per accoglierlo. I vuoti inoltre, con le loro varie forme, creano le condizioni perch qualcosa si generi con certe caratteristiche piuttosto che con altre e determinano dunque anche gli effetti dell'o vo yxg e delle o vo yxoi sui corpi. Da queste osservazioni risulta che la concezione del vuoto atomistico qualcosa di molto pi ricco e complesso delle definizioni aristoteliche e ha le sue radici nell'interpretazione delle cosmogonie poetiche e nelle concezioni mediche, non nella riflessione astratta sulle definizioni di vuoto, movimento e divisione. 31 Nat. puer. 12,6 (54,27-55,3 Joly = VII,488 Littr); 13,3 (56,3-5 Joly = VII,490 Littr); cf. anche 14,2 (56,19-21 Joly = VII,492 Littr): il sangue, nutrimento dell'embrione, viene as- sunto unicamente attraverso il cordone ombelicale. 32 V. supra, III 4. 3 e n. 156. Atomismo antico e contesto culturale 288 3. Etooi e aggregazione: immagini socio-politiche nella cosmogonia di Democrito Se nel resoconto sulla cosmogonia di Leucippo viene posto l'accento sul vortice cosmico, il frammento dell'opera di Aristotele su Democrito de- scrive in particolare le caratteristiche specifiche dei corpuscoli eterni, il loro movimento e il loro meccanismo generale di combinazione. Su alcuni tratti degli atomi si gi detto e si accennato anche alle immagini di guerre civili e combattimenti che il loro volteggiare disordinato e ostile nel vuoto evoca. Qui vorrei aggiungere ancora qualche osservazione sul con- testo cui tale rappresentazione rimanda e sulla distanza della stessa da una problematica astratta di tipo matematizzante. Dopo aver accennato alle denominazioni delle "sostanze eterne" di Democrito e alla loro piccolezza che le rende impercettibili, Aristotele passa a descrivere le loro caratteri- stiche formali e il loro movimento: Essi hanno aspetti e forme di ogni genere e differenze di grandezza. Da queste sostanze, inoltre, come da elementi fa generare e comporre gli aggregati che ap- paiono ai nostri occhi e gli aggregati percettibili. Queste sostanze sono [secondo Democrito] in rivolta l'una contro l'altra e si muovono nel vuoto a causa della loro disuguaglianza e delle altre differenze summenzionate, e, muovendosi, si scontrano e si avviluppano in un intreccio tale che le porta a contatto e in conti- guit, ma non produce con esse veramente alcuna natura unica di qualsivoglia genere: infatti sarebbe del tutto insensato supporre che il due o i molti divenis- sero mai una sola cosa 33 . L'immagine degli atomi quella di tanti individui tendenzialmente isolati e diversi fra loro per aspetto (scabri o lisci), figura (rotonda, irregolare e cos via) e grandezza. Le loro diversit rispecchiano a livello microscopico quelle che si riscontrano nel mondo fisico e negli agglomerati socio-poli- tici. La loro naturale tendenza quella all'isolamento, alla diversit e alla lotta reciproca. Gli atomi si muovono qua e l nel vuoto in uno stato di continua rivolta proprio perch sono uno diverso dall'altro (oio tg v o vo- oio tgto) 34 . Questa loro tendenza naturale all'isolamento che li caratte- 33 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,7-14) (68 A 37 DK; 227, 293 L.) uaoriv or outoi aovtoi o oo xoi ogoto aovtoio xoi xoto r yr0o oiooo. rx toutev ou v gog xo0oar rx otoiriev yrvvoi xoi ouyxivri tou o0ooovri xoi tou oio0gtou oyxou. otooioriv or xoi rro0oi rv tei xrvei oio tr tgv ovooiotgto xoi to oo rigr vo oiooo, ror vo or r aiatriv xoi ariarxro0oi ari- aoxgv toioutgv, g ouou riv r v outo xoi agoiov ogev rivoi aoiri, uoiv r vtoi iov r r xrivev xot' og0riov ouo' gvtivoouv yrvvoi xoiogi yo rug0r rivoi to ouo g to ariovo yrvro0oi o v aotr rv. 34 L'immagine "politica" della stasis fra propriet e succhi diversi all'interno del corpo come elemento patogeno ricorre del resto pi volte anche negli scritti contemporanei del Corpus Hippocraticum, cf. su questo tema Vegetti 1983, 463s. Capitolo settimo 289 rizza come "individui" si manifesta anche nelle combinazioni: essi si avvi- cinano e si toccano, si danno sostegno, si abbracciano, quando casual- mente rimangono impigliati l'uno all'altro, ma non formano mai un'unit e dunque, nel momento in cui una ovoyxg pi forte di quella che li tiene insieme li scuote, si disperdono nuovamente ritornando al loro stato natu- rale. La famosa attrazione fra i simili comincia ad esercitarsi solo sotto la spinta del vortice cosmogonico, cio di una ovoyxg pi forte delle ten- denze individualistiche degli atomi, che li costringe ad una particolare aggregazione. E non bisogna dimenticare che il mondo per gli atomisti continua a muoversi a vortice e che dunque l'attrazione dei simili va spie- gata in questo contesto 35 . Anche nella vulgata della Kulturentstehungslehre, per lungo tempo attri- buita a Democrito stesso, si presentano immagini simili dei primi uomini: essi vivono in una condizione belluina, uno separato dall'altro 36 e si aggre- gano solo per necessit di difesa e sotto la spinta del bisogno sviluppando poi a poco a poco tutte le altre risorse e le altre arti che portano al vivere sociale. Anche in questo sfondo socio-politico che vede il corpo sociale non come un agglomerato compatto e armonico, ma come un aggregato "costretto", instabile e temporaneo di individui fra loro estremamente differenti e tendenti all'isolamento, continuamente esposto a fluttuazioni e cambiamenti violenti si deve cercare l'idea dell'atomo come corpuscolo isolato e autosufficiente che solo suo malgrado entra in "societ" con altri. Queste spinte "centrifughe" e isolazioniste degli atomi sono lo specchio perfetto di quelle che le dottrine sofistiche contemporanee esaltano come caratteristiche "naturali" nell'individuo dando loro la priorit sulle neces- sit di coesione della compagine sociale. Gi da queste prime osservazioni si delinea una concezione dell'atomo che ha le sue radici pi che in speculazioni filosofiche, in una percezione medica del corpo e in una visione socio-politica della realt: il corpo fisico come struttura instabile, attraversata continuamente da flussi destabiliz- zanti parallelo al corpo sociale, aggregato aleatorio di individui eteroge- nei "costretti" insieme dalla necessit, ma con persistenti spinte centrifu- ghe. 35 Si deve dunque fare molta attenzione alle testimonianze indirette (come ad es. 68 B 164 DK; 11, 316 L. e 68 A 128 DK; 11, 316, 491, 565 L.) che per lo pi sono mediate da fonti stoiche influenzate dalla teoria della sympatheia. In questi contesti il ruolo dell'ovo yxg come elemento scatenante e costitutivo del fenomeno viene relegato in secondo piano. 36 Diod. 1,8,1 (68 B 5 DK; 558 L.) tou or r og yrvvg0r vto tev o v0eaev ooi v r v oto xtei xoi 0gieori iei xo0roteto oaooogv rai to voo rirvoi. Cf. anche Anon. Iambl. 89,6,1 DK il quale attribuisce all'instinto naturale di conservazione il bisogno di aggregarsi. Atomismo antico e contesto culturale 290 4. Effluvi, eidola e inalterabilit dell'atomo Un'ulteriore immagine, frequente e paradigmatica, dell'atomismo antico, che concerne proprio l'estrema instabilit e la vulnerabilit dei corpi, quella degli effluvi e degli eidola. Il mondo di Leucippo e di Democrito, al di l di tutte le spiegazioni "scientifiche" che essi ne hanno dato, un mondo pieno di flussi e di fantasmi pi o meno invisibili, pi o meno potenti pi o meno benefici o distruttivi. Tutti i corpi emettono effluvi, perfino i pi duri come la pietra, il ferro e il magnete 37 . I corpi viventi ne emettono di pi a causa del loro calore. Tutti questi effluvi mantengono non solo la forma, ma anche le caratteristiche e le affezioni psichiche dei corpi da cui sono usciti (evidentemente perch vi sono frammisti atomi dell'anima che escono anch'essi dal corpo sotto la spinta della pressione esterna), "vagano" e "si immergono" in altri corpi senza essere percepiti. "Riemergono" solamente durante il sonno (quando il corpo si raffredda, il movimento degli atomi interni si calma ed essi possono liberarsi dall'op- pressione degli atomi pi grandi e pi spessi che li tengono soffocati) e vanno a riflettersi nelle pupille chiuse producendo le visioni oniriche 38 . Altri idoli, invece, come quelli che producono il malocchio, si insinuano allo stesso modo impercettibilmente attraverso i pori nei corpi e vi pren- dono dimora impregnandoli della loro cattiveria e provocandone la pro- gressiva consunzione 39 . Talvolta idoli pi grandi, di natura divina, si pre- sentano agli occhi degli uomini per annunciare l'avvenire o emettono voci 40 . Si tratta, vero, di aggregati atomici, che conservano per tutta la carica minacciosa di quei fenomeni che essi dovrebbero spiegare. Demo- crito, lungi dal minarne la credibilit, ne conferma la validit dando loro un fondamento naturale. Gli effluvi e gli idoli testimoniano dell'instabilit dei corpi e nel contempo confermano la realt e la pericolosit degli in- flussi impercettibili che questi possono esercitare uno sull'altro. Non si deve dimenticare che questi erano anche i presupposti della cosiddetta 37 Per la pietra, cf. Albert. Magn. De lapid. 1,1,4 (68 A 164 DK; 448 L.); per il magnete e il ferro Alex. Quaest. 2,23, II,72,28 Bruns (68 A 165 DK; 319 L.). 38 Plut. Quaest. conv. 734 F-735 A (68 A 77 DK; 476 L.). 39 Plut. Quaest. conv. 682 F (68 A 77 DK; 476 L.); Hermipp. (Iohann. Catrar.) De astrol. 25,19 Kroll-Viereck (68 A 78 DK; 472a L.) 40 Sext. Emp. Adv. Math. 9,19 (68 B 166 DK; 472a L.); cf. Plut. Aem. Prooem. 4; De def. orac. 419 A; Clem. Strom. 5,13,87; Iren. Adv. haeres. 2,14,3; Michael Ephes. De insomn. 83,18 (con riferimento ad Alex. Aphr. Hri ooiovev) (472a L.). L'incontro coi demoni una caratte- ristica dei pitagorici, cf. Arist. Fr. 193 Rose (Apul. De deo. Socr. 20 At enim [secundum] Pytha- goricos mirari oppido solitos, si quis se negaret umquam vidisse daemonem, satis ut reor idoneus auctor est Aristoteles). Anche a Senocrate Plutarco attribuisce una concezione dei demoni come esseri "grandi e forti", De Is. 361 B (Xenocr. 225 IP) ri voi u ori rv tei arirovti ryoo rv xoi iouo , ouotoaou or xoi oxu0eao . Capitolo settimo 291 "magia". Il primo in Grecia a dire che tutto ci che esiste emette effluvi stato del resto Empedocle, un carismatico "mago" 41 . Il suo allievo Gorgia che, nell'Encomio di Elena, designa espressamente la yogtri o e la oyri o come technai 42 , presenta allo stesso modo un mondo di corpi porosi, permeabili a tutti gli influssi esterni, in particolare all'azione della parola, che ne altera profondamente la struttura. I corpuscoli invisibili del logos agiscono come un filtro magico o un'incantesimo sull'anima; l'raeiog, in particolare, la incanta e la sconvolge 43 . I magoi persiani, secondo Sozione, avrebbero sostenuto non solo che gli di appaiono loro, ma anche che l'aria piena di eidola, prodotti di esa- lazione, che, in qualit di effluvi, si introducono negli occhi di "coloro che hanno una vista acuta" 44 . Si spesso interpretato questo passo come una trasposizione ai magoi della dottrina atomistica degli effluvi, ma, in primo luogo Sozione non parla di immagini composte di atomi, ma di "fantasmi" che derivano da una "esalazione" (si pu ricordare che Aristotele definisce con lo stesso termine l'anima di Eraclito), di esseri cio "aerei", che ven- gono percepiti da "chi ha una vista acuta". Se il carattere di "esalazioni" di questi eidola sembra non avere corrispondenza nei testi avestici, il partico- lare degli ouorxri stato considerato originale dagli iranisti ed equipa- rato 45 all'"occhio dell'anima" che permette la visione "spirituale" (menog) ed posseduto solo da uomini puri e santi. Democrito, caso unico fra i co- siddetti presocratici, aveva attribuito ai oooi (oltre che agli animali e agli di) ulteriori organi di percezione rispetto ai cinque sensi 46 . Il parallelismo non certamente perfetto, ma permette di pensare che il resoconto di Sozione, lungi dall'essere una semplice "traduzione" in termini atomistici della dottrina dei magoi, riproduca invece ci che sta a monte dell'imma- gine degli effluvi e degli idoli di Democrito e cio l'idea che esseri eterei, invisibili, forniti di un proprio pensiero e di una propria coscienza si aggi- rino nell'aria agendo in qualche modo silenziosamente sugli esseri viventi. I magoi descritti nel papiro di Derveni, allontanano, attraverso incantesimi 41 31 B 89 DK. Sull'Empedocle "mago", cf. Kingsley 1995a, 2002, 2003. 42 82 B 11,10 DK yogtrio or xoi oyrio oioooi trvoi rugvtoi, oi rioi ug o o- tgoto xoi oog oaotgoto. 43 82 B 11,10 DK oi yo r v0roi oio oyev raeiooi raoyeyoi goovg, oaoyeyoi uag yivovtoi ouyyivor vg yo tgi oogi tg ug g ouvoi tg raeiog r0rr xoi rarior xoi rtrotgorv outg v yogtri oi. 44 Sotion Fr. 36 Wehrli (Diog. Laert. 1,7) o oxri v (scil. tou Mo you) tr ovtixgv xoi aogoiv, xoi 0rou ou toi r oviro0oi ryovto. oo xoi rioeev agg rivoi to v oro, xot oaooiov ua ovo0uioore rioxivor vev toi oroi te v o uorxe v. 45 De Jong 1997, 218s. con bibliografia. 46 Ps.-Plut. 4,10, 900 A; Stob. 1,51,4 (68 A 116 DK; 86, 438, 520, 572 L.). Atomismo antico e contesto culturale 292 e riti, chiaramente non greci, i demoni ostili 47 , che evidentemente solo loro sono in grado di vedere, riconoscere e dominare. La dottrina degli idoli di Democrito ha dunque le sue radici in un'atmosfera permeata dagli "in- contri coi Magi" 48 . Non c' quindi da meravigliarsi che le fonti tarde, inventando aneddoti impossibili, ma non per questo meno significativi, facciano di Democrito un allievo dei Magi 49 e che Bolo di Mende abbia preso quest'ultimo come modello per il suo scritto Sulle simpatie e sulle antipatie dove trattava appunto di medicina magica. La dottrina stessa degli effluvi democritei lo suggeriva. La definizione dell'atomo si delinea dunque anche su questo sfondo socio-culturale in cui l'incontro con i magoi ha lasciato le sue tracce. L'idea degli effluvi direttamente collegata a fenomeni magico-religiosi come le apparizioni di demoni, i sogni profetici, il malocchio, e alle "costrizioni" e alle alterazioni dei corpi da questi provocate. Apparizioni, percezione, malattia hanno tutti la stessa radice, il fatto cio che i corpi sono porosi e perci influenzabili, alterabili e distruttibili: l'atomo, a differenza di tutti gli altri corpi, non nulla di tutto ci. 5. Atomi e pulviscolo: per una ridefinizione dell'atomo L'atomo degli atomisti dunque l'unico corpo duro e compatto, l'unico a non emettere e a non ricevere effluvi e, come tale, l'unico a sottrarsi a qualsiasi possibilit di influenza distruttiva. Per quanto riguarda gli effluvi, si pu notare che, in linea generale, sono impercettibili anche se si inabis- sano continuamente nei corpi, ma divengono visibili in casi particolari, come appunto nelle visioni e nei sogni. L'aria ne tuttavia piena. Proprio a questa miriade di corpuscoli che riempiono l'aria riporta un'immagine che ha sempre suscitato problemi dall'antichit ad oggi e che, a mio pa- rere, centrale per comprendere la natura dell'atomo: quella del pulvi- scolo atmosferico. In un controverso passo del De anima Aristotele spiega 47 Cf. Burkert 2003, 129 che sottolinea anche il legame fra la rappresentazione dei magoi nel papiro e quella di Sozione. In ogni caso l'allusione ad un sacrificio di uccelli (col. VI,10s.) in relazione alla cacciata di demoni rimanda all'ambito mesopotamico. Nei testi accadici contenenti le istruzioni per riti esorcistici di guarigione viene inscenata una morte del pa- ziente, ma al suo posto ucciso un animale il cui sangue viene fatto colare sul corpo del malato. In questo modo viene ingannato e appagato il demone che ne ha preso possesso. In uno di questi riti il sostituto appunto una colomba, cf. Ebeling 1931, 83 Nr. 21, 5-7 (verso). In questo contesto di contatti culturali non c' alcun bisogno di speculare su signi- ficati diversi di ovi0riov (come Betegh 2004, 76-78). 48 Su questi "incontri" metaforici e reali, cf. in particolare Kingsley 1995b. 49 Diog. Laert. 9,34 (68 A 1 DK; XI L.). Capitolo settimo 293 che gli atomisti identificano l'anima con gli atomi sferici presenti nel pul- viscolo: Perci Democrito dice che essa (scil. l'anima) una sorta di fuoco e di caldo; es- sendo infatti infinite le forme e gli atomi, definisce quelle sferiche fuoco e anima, vale a dire: le particelle del cosiddetto pulviscolo atmosferico che si vedono nei raggi del sole che penetrano attraverso le finestre, la cui panspermia egli definisce elementi di tutta la natura (e allo stesso modo Leucippo), di queste, per, quelle di forma rotonda sono l'anima, poich queste fogge possono insinuarsi con la massima facilit dappertutto e muovere il resto, muovendo se stesse, dal mo- mento che essi (scil. Democrito e Leucippo) ritenevano che l'anima fosse ci che imprime il movimento agli esseri viventi [] Sembra che anche quanto stato detto dai Pitagorici abbia lo stesso significato; infatti alcuni di loro hanno detto che l'anima il pulviscolo atmosferico, altri ci che lo muove. Di questo si dice che appare muoversi incessantemente anche quando ci sia una completa assenza di vento 50 . Il passo sintatticamente difficile e, in ogni caso, anacolutico. Epicuro e Lucrezio usavano il pulviscolo come una similitudine e altri autori antichi interpretavano il passo di Aristotele allo stesso modo, ma altri ancora, come lo Pseudo-Alessandro e la tradizione dossografica cui fa capo Teo- doreto, equiparavano gli atomi al pulviscolo 51 . Non sono quindi le testimonianze antiche che possono decidere l'interpretazione del passo, ma la sintassi e il senso del contesto. Ora, Aristotele, dopo aver affermato che Democrito nell'infinit degli atomi e delle forme atomiche individua come caratteristici dell'anima quelli sferici, riferisce quanto contenuto nel testo specifico (oiov) 52 di Democrito riguardante gli u ooto: secondo 50 Arist. De an. A 2, 404a 1-21 (67 A 28 DK; 200, 443a, 462 L.) o0rv Ago xito rv au ti xoi 0rov goiv outg v (scil. tgv ugv) rivoi oariev yo ovtev ogotev xoi otoev to ooioriog au xoi ugv r yri oiov r v tei o ri to xoourvo uooto, o oivrtoi rv toi oio te v 0uioev oxtioiv, ev tg v rv aovoari ov otoirio ryri tg og uore (ooie or xoi Aruxiaao), toutev or to ooioriog ugv, oio to oioto oio aovto ouvoo0oi oioou vriv tou toioutou uoou xoi xivri v to oiao xivou rvo xoi outo, uaooo vovtr tg v ug v rivoi to aorov toi eioi tgv xivgoiv [...] roixr or xoi to aoo tev Hu0oyoriev ryorvov tgv ou tgv rriv oiovoiov r ooov yo tivr oute v ug v rivoi to r v tei ori uooto, oi or to touto xivouv. ari or toutev rigtoi oti ouvre oi vrtoi xivourvo, xo v gi vgvrio aovtrg. 51 Per l'uso della similitudine in Epicuro, cf. Gal. De nat. fac. 1,14 (III,136,25 Helmreich = II,49 K.) (Ep. Fr. 293 Us.) voi, goi, oixo yo outo g ao vu vori v, e otr te v rro- rvev tei ori gyo tev toutev og te v oixototev rxrivev r xootov uiootov rivoi ro. Cf. anche Lucr. 2,114. Per gli altri autori, cf. supra, VI 3. 2. 4. 52 Per l'uso di oiov per introdurre il contenuto di testi specifici di autori cui Aristotele fa riferimento, atto a spiegare la sua deduzione, cf. Metaph. M 4, 1078b 21 oi or Hu0oyorioi aotrov ari tivev oiyev, ev tou oyou ri tou oi0ou o vgatov, otov ti roti xoio g to oixoiov g yoo. Arist. Phys. A 6, 213b 15 oov (scil. toaov) o' oti oivrtoi rvio ouviovto xoi aiourvo, otov xoi to v oivo v ooi orro0oi rto tev ooxev tou ai0ou, e ri to rvo vto xrvo ouviovto toua uxvor vou oe oto. Per altri casi in cui oiov introduce un esempio e non una similitudine, cf. Phys. A 9, 216b 27 rye o otov ri r Atomismo antico e contesto culturale 294 quest'ultimo la loro mescolanza (ev tg v at v aovoariov) il fonda- mento di tutta la natura e, fra questi, quelli rotondi (toutev ot to ooio- riog ) sono atomi dell'anima perch sono pi mobili e penetranti. Il tutto risulta ambiguo forse perch Aristotele stesso, come in altri casi in cui il testo cui aveva accesso non corrispondeva alle sue categorie di pensiero e alle sue definizioni di atomo, aveva difficolt ad adattarlo. Diels aveva comunque capito che il testo cos com' presuppone una identificazione di atomi e pulviscolo e, per evitare l'incongruenza con le opinioni comuni sull'atomo, aveva drasticamente espunto il passo da to ooioriog fino a ev. Gli interpreti moderni hanno invece cercato di farne un paragone cambiando variamente la punteggiatura, ma i pronomi al genitivo plurale ev e tou tev si riferiscono al pulviscolo e non alle forme e agli atomi della frase precedente 53 . Che sia da intendere come una equivalenza del resto deducibile anche dal seguito del brano. Aristotele dice infatti che le con- cezioni pitagoriche hanno lo stesso significato. E i Pitagorici vedono nel pulviscolo, o l'anima o le particelle da questa mosse 54 . Ne consegue che anche per Democrito e Leucippo il pulviscolo un insieme di atomi che compongono la natura compresi quelli sferici dell'anima che li muove tutti. A questo proposito importante un'ulteriore testimonianza, da una traduzione araba di un'opera greca non ben identificata (forse Galeno De demonstratione). Non si tratta di una falsificazione, come ribadisce Strohmaier, l'arabista editore del frammento, anzi il passo sembra una citazione letterale: Affermazione di Democrito l'uomo del pulviscolo e delle parti che non pos- sono essere divise, egli dice: "la composizione dei corpi deriva dal pulviscolo sottilissimo che sparso nell'aria e diviene visibile nel raggio di sole. Una prova di ci la seguente: se ci si pone nel raggio e ci si gratta il corpo, un tale pulvi- scolo sale in alto da questo e si stacca dalla pelle in modo tale che, se si continua a grattare, la pelle si squama. Egli diceva: e questo squamarsi si verifica a causa uooto xuo0ou yr yovrv og, oo r ioou o ro uoe toooutov yryrvgo0oi. Cf. anche De cael. I 8, 306b 33. 53 Cf. Hicks 1907, 213 ad loc.. Hicks mette, come la maggior parte degli editori della testimo- nianza democritea, fra parentesi oiov ... oxtioiv, ma questo crea problemi sintattici e se- mantici. ev e toutev sono troppo lontani da ogotev e otoev, mentre il loro riferi- mento a uooto non presenta problemi. Se inoltre quella con il pulviscolo fosse una similitudine enunciata per inciso, essa rimarrebbe senza termini di riferimento (a che cosa simile il pulviscolo: all'anima o agli atomi in generale? e in che cosa simile?). Il senso in- vece chiaro se si considera l'identit di atomi e pulviscolo: il pulviscolo fatto di atomi di ogni genere di cui quelli sferici, che imprimono con la loro velocit il movimento agli altri corpuscoli, sono l'anima. 54 Quest'ultima tesi probabilmente quella di Ecfanto secondo cui gli atomi venivano mossi da una 0rio ou voi che egli identificava con l'intelligenza e con l'anima 51 1 DK (Hippol. Ref. 1,15). Capitolo settimo 295 del ridursi di ci che della struttura corporea composta da quelle parti che non vengono divise viene distrutto" 55 . Al di l dello stile perifrastico, tipico delle traduzioni arabe, i punti fonda- mentali sono chiari e consistono in una tesi (i corpi sono fatti di pulvi- scolo-atomi) e in una prova (il grattarsi al sole mostra che la pelle si squama e che il pulviscolo che la compone si stacca e sale). L'enuncia- zione di una tesi seguita dalla prova che deve corroborarla un procedi- mento tipico negli autori dell'ultimo terzo del V sec. a.C. come Erodoto, e i medici ippocratici 56 . Egriov o trxgiov generalmente l'espressione caratteristica che la introduce. Il pi grosso ostacolo a considerare il pulvi- scolo non come un'analogia, ma come un'identificazione con gli atomi sta nel fatto che questi ultimi sono definiti nelle testimonianze antiche da Aristotele in poi sempre come invisibili. Questo tuttavia non costituisce un problema. Gli atomi sono in effetti invisibili cos come lo sono gli eidola che si aggirano nell'aria, ma, come questi ultimi, in certe particolari condi- zioni, possono diventare visibili. Questo non viene ovviamente detto da Aristotele o dagli altri autori perch la loro definizione di atomo non lo permette e forse non veniva neppure fatto notare esplicitamente dagli atomisti, ma dato per scontato. Sono gli Epicurei che, individuando un problema, hanno trasformato l'esempio del pulviscolo da una prova del- l'esistenza dell'atomo ad una analogia con l'atomo 57 . Anche queste rappresentazioni del pulviscolo rimandano ad un qua- dro dell'atomismo meno rigido dal punto di vista teorico e pi vicino alla realt dei fenomeni: il pulviscolo apre, a chi sa guardarlo con l'occhio acuto della yve g, la vista sull'invisibile e conferma appunto che i corpi sono fatti di piccolissime particelle. Non bisogna dimenticare che questo fenomeno veniva una utilizzato come "prova-tipo" anche per altre ipotesi. Anassagora se ne serviva per spiegare come mai di notte i suoni si sentis- sero meglio che di giorno: di giorno infatti l'aria, riscaldata dal sole, scossa da tremiti e sussulti come si pu vedere dal pulviscolo che appare 55 Ibn al-Matran [12. sec. d.C.] (Strohmaier 1968, 2 [1996, 4]) Feststellung des Demokrates das ist der Mann mit dem Staub und den Teilen, die nicht geteilt werden, er sagt: "Die Zusammensetzung der Krper ist aus dem ganz feinen Staub, der in der Luft verteilt ist und der im Sonnenstrahl sichtbar wird. Ein Beweis dafr ist: Wenn man sich in ihn hinein- stellt und seinen Krper kratzt, steigt von ihm solcher Staub auf und nimmt von der Haut ab, so dass die Haut abgeschlt wird, wenn das Kratzen andauert. Er sagte: und dieses Abgeschltwerden ist wegen der Verminderung dessen, was von dem Bau des Krpers aus jenen Teilen, die nicht geteilt werden, zerstrt ist". 56 Cf. Thomas 2000, 190-200. 57 Per una trattazione dettagliata delle possibili difficolt e della loro soluzione rimando a Strohmaier 1968 [1996]. Atomismo antico e contesto culturale 296 attraverso la luce. Sono queste particelle che, sibilando e strepitando, sono di ostacolo al propagarsi del suono 58 . 6. Il "metodo" 6. 1. Il sostrato "tecnico" del "metodo" democriteo: caso e causalit Quanto detto nei paragrafi precedenti introduce il discorso sul metodo democriteo, un discorso importante, perch costituisce la guida per l'in- terpretazione delle testimonianze e dei frammenti al di l delle opinioni antiche e moderne sulle sue dottrine. Sopra si accennato alla famosa massima secondo cui nulla avviene per caso, ma per una ragione e sotto la spinta di una o voyxg. Se si individuano ogni volta l'ovoyxg e le condi- zioni che ne hanno reso possibile l'azione (si fornisce cio un logos di quanto avviene), non solo si pu comprendere un fenomeno, ma si pos- sono prevenirne o limitarne gli effetti e riprodurre altre condizioni simili quando ci sia necessit di provocarlo. L'esasperata ricerca democritea delle cause 59 si inserisce in un discorso pi ampio che si sviluppa negli ultimi decenni del V sec. a.C. sul sapere e la capacit tecnica e il loro rapporto con gli effetti della fortuna e del caso. La medicina appunto una techne in quanto ha trovato cause e rimedi e sa come scoprire dove la malattia si nasconde interpretandone i segni e provocandoli ad arte. Il caso il grande assente nell'arte come afferma l'autore dello scritto ippocratico De arte. Non si pu guarire "da s", spontaneamente e casualmente e, anche quando sembra che cos avvenga, perch coloro che guariscono hanno applicato senza saperlo le regole della medicina e quei rimedi naturali o artificiali che rientrano nel suo dominio. Il "da s" infatti rivela la sua inesistenza alla prova dei fatti: infatti si troverebbe che tutto ci che si verifica, si verifica per una causa e, nel fatto che c' una causa, il "da s" rivela che non ha un'esistenza se non in quanto nome; la medicina, in- vece, sia nel fatto che riconosce le cause che nel fatto che fa delle previsioni, ri- vela e riveler sempre la sua esistenza. Queste sono le cose che si possono dire a coloro che attribuiscono la salute al caso e la sottraggono all'arte. 60 58 59 A 74 DK (Plut. Quaest. conv. 722 A; [Arist.] Probl. 903a 7). 59 Dionys. ap. Eus. Praep. ev. 14,27,4 (68 B 118 DK; LVIII, 29 L.). 60 De arte 6,4 (230,15 Jouanna = VI,10 Littr) to r v yo outootov ouorv oi vrtoi rov rryorvov aov yo to yivorvov oio ti ruioxoit o v yivorvov, xoi rv tei oio ti to outootov ou oivrtoi ouoigv rov ouoriov o g o voo g or igtixg xoi r v toioi oio ti xoi r v toioi aovorur voioi oivrtoi tr xoi ovritoi oiri ouoigv r ouoo. toioi r v ouv tgi tugi tgv u yirigv aooti0rioi, tgv or trvgv ooirouoi, toiou t o v ti ryoi. Il passo gi stato messo in relazione con il frammento democriteo da Diller 1975, 87. Cf. anche Loc. in hom. 46 (76,6-77,4 Joly = VI,342-344 Littr). Sul fatto che le scoperte della Capitolo settimo 297 Il discorso sulla casualit e la causalit espresso nel passo ippocratico si inserisce nella discussione specifica sull'esistenza delle arti scatenata dai Sofisti stessi i quali, invadendo il campo degli specialisti, cercavano di dimostrare che non esiste un sapere tecnico limitato ad un gruppo ri- stretto, ma che la techne alla portata di tutti perch dipende in larga parte dalla fortuna e dal caso. Un'eco di queste concezioni, si ritrova in alcuni autori dell'ultimo terzo del V sec. a.C. Ione di Chio, secondo Plutarco, diceva che la fortuna, sebbene sia cos differente dall'abilit tecnica (oo- io), produce effetti molto simili a quest'ultima 61 . Il poeta Agatone, anch'egli come Ione contemporaneo di Euripide, affermava che "l'arte ama il caso e il caso l'arte" 62 . In questo contesto va inquadrata anche l'affermazione di Democrito secondo cui gli uomini si sono inventati il fantasma del caso per giustificare la propria sconsi- deratezza. Raramente infatti il caso si oppone all'intelligenza e una vista acuta e perspicace guida la maggior parte delle azioni nella vita 63 . Democrito estende all'"arte di vivere" quella concezione che i medici ap- plicavano all'arte medica. La vista acuta e perspicace quell'occhio esperto che l'autore del De arte attribuisce allo specialista e che permette di scoprire al di l del "caso" la vere ragioni del fenomeno. Eudemo colle- gava la concezione democritea della casualit e della causalit nell'ambito della fisica proprio al discorso presente nel De arte e nei frammenti degli autori succitati. Egli infatti, sulla scia di Aristotele, attribuiva a Democrito una casualit nella spiegazione della formazione del cosmo, ma una rigida causalit in quella di altri fenomeni. Ma anche Democrito laddove dice "un vortice di forme di ogni genere si stacc dal tutto (come e per quale causa non lo dice) sembra che abbia fatto generare il mondo da s e per caso. E Anassagora compone la pluralit delle cose lasciando da parte il Nous, come dice Eudemo, e facendole nascere spontaneamente. E al- cuni fra i poeti riconducono al caso quasi tutto facendolo diventare una preroga- tiva dell'arte dicendo "l'arte ama il caso e il caso l'arte". E dicono che il fortunato ha senno. Inoltre vediamo che alcune cose che si verificano in virt dell'arte, si medicina sono avvenute perch si usato il oyioo e non oao tug, cf. anche VM 12,2 (132,18 Jouanna = I,596 Littr). 61 Plut. De fort. Rom. 316 D; Quaest. conv. 717 A (36 B 3 DK). 62 Fr. 6 Snell-Kannicht trvg tugv rotrr xoi tug trvgv. 63 Stob. 2,8,16 (68 B 119 DK; 32 L.) ov0eaoi tug rioeov raooovto, aoooiv ioig oouig. oio yo ovgori tug ortoi, to or arioto r v iei ruu vrto ouorxrig xoti0u vri. ouorxrig una correzione di Diels per ouorxriv di F e P. Cf. anche [Hippocr.] Loc. hom. 46,3 (76,26 Joly = VI,342 Littr) ooti or tgv tugv g oou tivo rro ori, orvo ou tou xoe ti ag yo raiotorvou go0oi tugi, to uarvovtiov ooxri oi yiveoxriv r oi yo ooxrouoi ouvoi xoi raituyovriv xoi o turi v oi xoe ti xoi xoxe agoi raioto rvoi raituyo vriv tr yo tout roti to xoe aoiriv, touto or oi raiotorvoi aoirouoiv oturiv or, tou t roti v o o v ti g rai otgtoi, touto g xoe aoiri v o o0g or rev, ae ov raituoi Atomismo antico e contesto culturale 298 verificano anche in virt del caso; e infatti la salute sembra prodursi in virt del caso come in virt dell'arte. Infatti un tale, avendo sete e bevendo acqua fredda, ha riacquistato la salute. Ma forse, come dice Democrito, non il caso la causa, ma l'aver sete 64 . L'aver sete, l'ananke che spinge a bere acqua fredda, un processo che cade sotto il dominio della medicina. L'autore del De arte cita il bere o l'astenersi dal bere, cos come il mangiare e il suo contrario come applica- zioni inconsapevoli di rimedi che hanno insegnato ci che aiuta o danneg- gia e che rientrano nell'ambito dell'arte medica, non del caso 65 . L'eziologia democritea, dunque, lungi dall'essere un'escrescenza paradossale in una cosmogonia dominata dal caso come Aristotele la presenta, un metodo perfettamente integrato in una visione "tecnica" dell'indagine sulla natura: nulla deve sfuggire all'occhio esperto di chi si spinge alla ricerca delle ovo yxoi. Anche il "da s" all'origine del cosmo democriteo solo appa- rente; in realt l'o voyxg uore, la "costrizione naturale", che fa scon- trare e incontrare gli atomi in modo tale da creare le condizioni per la generazione del cosmo, ma che non ha bisogno di essere spiegata perch riconosciuta da tutti come il motore dell'universo. 6. 2. La visione dell'invisibile Il discorso sulla casualit e la causalit dunque collegato ad un sapere particolare, specialistico, che non alla portata di tutti, ma solo di coloro che riescono a scoprire, al di l di ci che pu sembrare casuale, le vere cause del fenomeno, per lo pi invisibili. "I fenomeni sono una vista delle cose invisibili" una famosa massima che sintetizza i procedimenti sia 64 Eud. Fr. 53 Wehrli (Simpl. In Phys. 195b 31, 327,24) (68 A 67; B 167 DK; 19, 288 L.) oo xoi Agoxito r v oi goi "orivov oao tou aovto oaoxi0gvoi aovtoi ev riorev" (ae or xoi uao tivo oiti o g r yri) roixrv oao toutootou xoi tug yrvvov outo v. xoi Avooyoo or to v vou v r ooo, e goiv Euogo, xoi outootiev to aoo ouviotgoi. xoi tev aoigtev or rvioi aovto oroov ri tgv tugv o youoiv, eotr xoi tg trvg oixri ov outgv aoiriv r yovtr "trvg tugv rotrr xoi tug tr vgv". tov ru tu- ouvto or xoi ovri v ooi. ao or toutoi oerv rvio te v oao tr vg yivor vev xoi oao tug yivo rvo xoi yo u yirio xoi oao tug ooxri yi vro0oi eoar oao trvg. oigoo yo xoi aiev ti uov uoe yryovrv u yig. o' ioe ou goi Agoxito tg v tugv oitiov rivoi oo to oigooi. Cf. anche il famoso discorso "che elimina il caso" riportato ancora da Eudemo Fr. 54a Wehrli (Simpl. In Phys. 196a 11, 330,14) (68 A 68 DK; 24, 99 L.) to or xo0oar o aooio oyo o o voie v tg v tugv ao Agoxitov roixrv rigo0oi rxrivo yo xov rv tgi xoooaoiioi rooxri tgi tugi xrgo0oi, o' rv toi rixetroi ouorvo goiv ri voi tg v tugv oiti ov ovorev ri oo oitio, oiov tou 0goouov ruriv to oxoatriv g tg v utri ov tg roi o, tou or xotoygvoi tou ooxou to xoviov tov orto v iovto tg v re vgv, oae to re viov oygi. oute yo o Euogo iotori. 65 De arte 5,4 (228,15-229,4 Jouanna = VI,8 Littr). Capitolo settimo 299 delle arti, sia della ricerca sulla natura per tutta la seconda met del V sec. a.C. Anassagora sembra averla enunciata, Democrito l'ha approvata ed applicata 66 e cos anche i polymatheis come Erodoto e i medici del Corpus Hippocraticum. Il procedimento, al di l della sua teorizzazione conscia, naturalmente ben pi antico e corrente nelle singole arti a cominciare dalla divinazione tecnica, dalla medicina, dall'agricoltura, dalla navigazione e cos via. Dalla seconda met del V sec. a.C. emerge tuttavia come presup- posto conscio e come tale viene ripetutamente citato dai vari autori. Diller negli anni '30 67 aveva individuato due tipi di procedimento che conducono dal visibile all'invisibile: 1. analogico, che presupporrebbe una identit di fondo fra i diversi am- biti del cosmo e fra le cose che lo popolano e chiarirebbe il fenomeno nascosto istituendo un confronto con un fenomeno visibile, 2. semeiotico, che istituirebbe una relazione diretta di causa ed effetto fra il visibile e l'invisibile. Il fenomeno causato da un processo nascosto che pu essere intuito osservandone gli effetti. Ambedue questi metodi si inseriscono in un discorso pi ampio sul- l'interpretazione dei segni su cui si ritorner pi oltre. Qui vale la pena soffermarsi su ciascuno di questi due punti in una prospettiva diversa rispetto a quella di Diller e di altri dominata dai modelli epistemologici moderni. La massima stessa o i o ogev to oivo rvo indirizza infatti primariamente non verso un procedimento "scientifico" empirico-indut- tivo in senso moderno, ma piuttosto verso un procedimento "retorico" e comunicativo, quello cio della "visualizzazione dell'invisibile", che corri- sponde in ultima analisi allo scopo dei discorsi e degli scritti di questo periodo. Si tratta, come si vedr, di un cardine non solo del "metodo" democriteo, ma della fisica e della medicina del V sec. a.C. in generale. 6. 2. 1. Visualizzare l'invisibile: l'immagine analogica Diller giudicava l'analogia un procedimento "arcaico" 68 e riteneva perci di individuarne solo sporadici esempi in Democrito. In realt questo proce- dimento non n arcaico n rozzamente esplicativo, ma tende soprat- tutto, come hanno evidenziato alcuni studi sulle similitudini omeriche, a rendere immediatamente "evidente" e "presente" a chi ascolta, il feno- meno che si sta descrivendo, insomma un mezzo per "visualizzare" e 66 Sext. Emp. Adv. Math. 7,140 (59 B 21a DK; 68 A 111 DK; 81 L.). 67 Diller 1932, 17ss. 68 Diller 1932, 36s.; cf. anche Mau 1952-53, 6. Atomismo antico e contesto culturale 300 suscitare emozioni corrispondenti nella memoria dell'ascoltatore 69 . In questo senso l'uso dell'analogia va inquadrato nel contesto pi ampio della definizione della figura del meteorologos (cos viene designato il filosofo della natura) che si va delineando nell'ultimo terzo del V sec. a.C. Gorgia attri- buisce proprio ai Meteorologoi una particolare capacit di visualizzare l'invi- sibile. Sono loro infatti che, nei loro discorsi, "fanno apparire agli occhi dell'opinione l'incredibile e l'invisibile" 70 . L'analogia, in quanto strumento di "visualizzazione" e di "impatto" sul pubblico, lungi dall'essere un resi- duo "arcaico", un procedimento fondamentale nella fisica dell'ultimo terzo del V sec. a.C. e si armonizza perfettamente con quello che in que- sto periodo veniva visto come lo scopo della "ricerca" (iotoi o), anche quella sulla natura, cio il 0reriv. Nel suo uso originario questo verbo, cos come il corrispondente sostantivo 0reio non implica una egocen- trica contemplazione, ma ha una forte connotazione sociale: un "osser- vare per riferire". La theoria era infatti un incarico ufficiale affidato dalla citt a eminenti personaggi i quali avevano il compito di assistere a feste e partecipare alle corrispondenti cerimonie religiose di altre citt per poi riferire al loro ritorno ai concittadini quanto avevano visto 71 . Sebbene nell'ultimo quarto del V sec. a.C. il significato del termine si evolva sem- pre di pi verso l'aspetto della contemplazione fine a se stessa, il filosofo della natura che "osserva" 72 con gli occhi della yveg, ma comunica anche ad un pubblico quanto ha visto, mantiene comunque in parte anche que- sto ruolo pratico del theoros, presentandosi come mediatore dell'invisibile: egli visualizza attraverso immagini ci che i profani non riescono a vedere e "trasporta" il suo pubblico in un ambito che gli viene normalmente precluso. In quanto tramite con gli oovg egli si pone come figura di rife- rimento sullo stesso piano del mantis o del magos che vedono l'invisibile per dono divino, prendendo per nel contempo le distanze da una certa am- 69 Questa funzione della similitudine omerica era gi stata sottolineata da Frnkel nella sua Habilitationsschrift sul tema (1921, 98s.) ed stata ripresa in alcuni studi sull'epica omerica dell'ultimo decennio, cf. in particolare Bakker 2005, 134s.; Minchin 2001, cap. IV. L'a- spetto della visualizzazione in singoli termini tecnici democritei era gi stato colto da von Fritz 1938, 25-30. Per l'analogia in questa funzione nel Corpus Hippocraticum, cf. Langholf 1987 con bibliografia. 70 82 B 11,13 DK tou te v rtreooyev oyou, oitivr ooov o vti oog tgv r v ororvoi tgv o rvryooorvoi :o oato:o xot ooj!o ootvto0ot :ot :j ooj oaaootv taotjoov. 71 Sul significato di theoria e sull'evoluzione semantica del termine, cf. Rausch 1982; Nightingale 2004 esplora soprattutto l'aspetto filosofico del termine dal IV sec. a.C. in poi. 72 Cf. Eur. Fr. 910,5s. Kannicht. o' o0ovotou xo0oev uore xooov o ygev, supra n. 2. Questo frammento, insieme all'affermazione di Gorgia un chiaro segno che la "visione" , contrariamente a quanto afferma Nightingale 2004, 32s., un elemento fondamentale nella ricerca sulla natura gi nel V sec. a.C. Capitolo settimo 301 biguit insita in quelle figure. Il fisico si limita infatti a "contemplare" la natura senza alcuna velleit di manipolarla 73 . Nonostante Diller, dunque, l'uso dell'analogia si inserisce perfetta- mente nel quadro della ricerca sulla natura e soprattutto della mediazione di questo sapere ad un pubblico di profani colti, non solo, ma ampia- mente documentato nei testi di e nelle testimonianze su Democrito che Diller non conosceva o aveva sottovalutato. Egli citava solo due esempi analogici: la formazione del vento, spiegata attraverso l'esempio dell'affol- lamento di molte persone in una strada stretta 74 , e l'attrazione dei simili esemplificata attraverso l'aggregazione degli animali, dei semi setacciati e dei ciottoli raggruppati dal movimento ondulatorio del mare 75 . Tuttavia immagini analogiche che rimandano all'ambito socio-politico, medico, tecnico, giocano, come si gi visto, un ruolo fondamentale nella descri- zione delle caratteristiche dell'atomo e in generale in tutta la fisica demo- critea come del resto nei contemporanei scritti ippocratici 76 . Altre eviden- ziano in particolare la stretta relazione fra microcosmo e macrocosmo, corpo umano e fenomeni meteorologici o parti del cosmo, confermando testimonianze tarde e controverse secondo cui Democrito avrebbe affer- mato che "l'uomo un piccolo cosmo" 77 . Le vene sono "cisterne" (ororvoi) 78 , in una analogia che mette sullo stesso piano il "corpo" terrestre e quello umano e che anticipa di gran lunga la concezione stoica 79 . L'orecchio un "serbatoio di discorsi" (r xooriov u0ev) in quanto raccoglie e trattiene la voce come in un vaso 80 . Navigazione e tempeste sono invece preponderanti nella rappresentazione dell'embrione: il cordone ombelicale un "un ancoraggio contro violenta burrasca e vagare errabondo" 81 . Il feto nelle zone settentrionali, dove regna il gelo e soffia Borea, si mantiene saldo nell'utero e "non viene scosso come da 73 Cf. su questo tema Gemelli Marciano 2006, 225-229. 74 Sen. Nat. quaest. 5,2 (68 A 93a DK; 12, 371 L.). 75 Sext. Emp. Adv. Math. 7,116 (68 B 164 DK; 11, 316 L.). Cfr. anche Ps.-Plut. 4,19, 902 C- D; (68 A 128 DK; 11, 316, 491, 565 L.). 76 Sulle analogie esplicite ed "implicite", cio sotto forma di immagini e metafore negli scritti ippocratici, cf. Langholf 1989. 77 Gal. De usu Part. 3,10 (I,177,10 Helmreich = III,241 K.); David Prol. 38,14 (68 B 34 DK; 10 L.). 78 Hesych. s.v. ororvoi (68 B 135 DK; 828 L.) uoo tev oorio, xoi r v te i oeoti r r. Agoxitou. V. anche supra, V 4 n. 103. 79 Cf. Gemelli Marciano 2007, 234. 80 Porph. In Ptolem. Harm. 32,10 (68 A 126a DK; 480, 489 L.). 81 Plut. De am. prol. 495 E (68 B 148 DK; 537 L.), v. supra, n. 30. Atomismo antico e contesto culturale 302 marosi" poich rimane "al riparo dai flutti e in bonaccia" 82 . Non si deve dimenticare che, nell'anatomia ippocratica, e in generale nella medicina fino a Sorano, l'utero un organo "vagante" 83 e quindi, per definizione, instabile e che la descrizione dell'embrione perci perfettamente in con- sonanza con l'immagine di una nave fluttuante sul mare in burrasca. Anche il percorso analogico contrario, dai fenomeni del corpo a quelli cosmici, veniva utilizzato da Democrito e da Leucippo. La cosmogonia stessa, come si gi visto, basata sull'analogia con la formazione del- l'embrione, ma anche nell'eziologia dei terremoti compariva un'esplicita analogia con la fisiologia umana: i terremoti che si verificano quando la terra molto secca sono dovuti al fatto che le parti pi secche attirano l'acqua che si trova nei rivoli sotterranei la quale, cadendo, fa tremare la terra. Allo stesso modo il corpo scosso da un tremito quando, nella vescica vuota, affluiscono aria e liquido caldo 84 . L'autore del trattato ippo- cratico De morbis IV, che si serve ampiamente di esempi analogici, usa, al contrario, un esperimento dal mondo inanimato, e cio il procedimento di estrazione del ferro attraverso successive combustioni, per spiegare lo sviluppo dei calcoli nella vescica sottolineando che, in quel caso, ci che avviene " ben visibile"(xoi ori ootoi to yivorvov) 85 . L'analogia fra due ambiti zoologici sta invece alla base di un attributo dell'osso frontale dei buoi, trv0gvieog, un termine che Eliano qualifica espressamente come democriteo spiegandolo poi come ogoyye or 86 . Trv0gviov il favo, trv0gvie og significa dunque "pieno di cellette come un favo" cio poroso. In effetti i buoi senza corna hanno un osso frontale "respingente" (o vtituao) il quale non pu accogliere il "flusso congiunto" (ouoi o) degli umori che arrivano dall'interno del corpo e farli passare all'esterno come avviene nel caso della normale crescita delle corna. Le analogie non si limitano per ai corpi viventi, ma si estendono an- che agli oggetti inanimati. Democrito spiegava la sensazione della conti- 82 Ael. Hist. nat. 12,17 (68 A 152 DK; 521 L.) ri or rig ao yo xoi oo xotoavroi, ou- aragyr r v to ruov, ouoxivgtov or roti xoi o: :ooo::t:ot o :ao x!:oovo, o tr or ox!:o:ov xot t v ,o!jvjt ov retoi tr xoi roti ou vtovov. 83 Cf. e.g. Manuli 1983, 156-158; Hanson 1991, 81-87; Dean-Jones 1994, 69-77. 84 Olymp. ar. Meteor. (Strohmaier 1998, 363) "zur Zeit fehlenden Regens hingegen entstehen die Erdbeben, weil dann, wenn die Erde trocken ist, sie die Feuchtigkeit mit dem ihr eige- nen Verlangen zu sich zieht. Und wenn ebenso das, was sie von den Wasserlufen in ihr anzieht, herabfllt, bewegt es sie wegen seiner Nhe zu ihr, und es entstehen Erdbeben, so wie der Wind und die Warme Flssigkeit ein Zittern im ganzen Krper verursachen, wenn sie nach der Entleerung des Urins in die Blase eindringen". Questa teoria nel testo espressamente attribuita a Democrito. 85 Morb. IV 55,3 (118,3 Joly = VII,602 Littr). 86 Ael. Hist. nat. 12,20 (68 A 155 DK; 542 L.), v. supra, III 4. 2. 2 n. 146. Capitolo settimo 303 nuit della via lattea con l'esempio del sale: davanti ad un insieme fittis- simo di minutissimi granelli di sale sparsi su una superficie, abbiamo la sensazione di un corpo continuo 87 . Nel caso della via lattea, gioca anche la distanza, ma il principio rimane lo stesso. Questo esempio anche nel contempo un indizio del fatto che i corpi apparentemente continui sono invece composti di minutissimi corpuscoli. I terremoti che si verificano dopo forti piogge venivano spiegati attraverso l'analogia con i vasi pieni di mosto. I corsi d'acqua che scorrono nella terra, a causa di queste piogge, vengono invasi da una quantit di acqua che essi non sono in grado di contenere. Le acque che gi vi scorrono si rivolgono su se stesse ed eser- citano, con quelle che vi affluiscono, una reciproca pressione che scuote la terra. Allo stesso modo i vasi che vengono riempiti di mosto pi del do- vuto si crepano e si rompono per effetto dei "venti" che vi si sviluppano 88 . I vasi vengono ancora impiegati per instaurare un'altra analogia con fe- nomeni meteorologici come la formazione della neve: a differenza della grandine, che ghiaccio compatto, la neve si scioglie facilmente. Questo perch si forma non a grandi altezze, ma nello strato di aria vicino alla terra che trattiene, in quanto pi compatto, il calore che ha ricevuto dal sole. Per dimostrare questo fatto Democrito citava un'analogia: se si pon- gono al sole un vaso di bronzo e uno di vetro, il primo si riscalder pi velocemente e conserver il calore pi a lungo perch i corpi pi duri e compatti hanno pori pi piccoli e sentono prima il calore 89 . L'analogia con 87 Achill. Isag. 24, 55,24 Maas (68 A 91 DK; 418 L.) ooi or rx ixev ao vu xoi ar- auxver vev xoi gi v ooxou vtev gveo0oi oio to oiootgo to oao tou ouovou rai tgv ygv ootrev outov ri voi ooiv, e ri ti oooi ratoi xoi aooi xotoao orir ti. Achille l'unico a riportare l'analogia del sale. La concezione democritea della via lattea compare senza l'esempio analogico anche in Aristotele (Meteor. A 8, 345a 25), e nella dos- sografia (Ps.-Plut. 3,1, 893 A; Stob. 1,27,1 = 68 A 91 DK; 418 L.). Cfr. anche Posid. F 130 E.-K. (Macr. In somn. Scip. 1,15,6 Democritus innumeras stellas brevesque omnes, quae spisso tractu in unum coactae, spatiis quae angustissima interiacent opertis, vicinae sibi undique et ideo passim diffusae lu- cis aspergine continuum iuncti luminis corpus ostendunt). Un'ulteriore testimonianza anonima, ma sicuramente relativa a teorie democritee in quanto la formulazione del tutto simile a quella di Macrobio, si ritrova in Sen. Nat. quaest. 7,12,1. 88 Olymp. ar. Meteor. (Strohmaier 1998, 363) In der Erde sind gefllte Wasserlufe, und wenn aus diesem Grunde in die Wasserlufe aus den Quellen zur Zeit des Regens viel andere Gewsser eindringen und mehr als sie fassen knnen, wenden sich diese Gewsser zurck und bedrngen sich gegenseitig auf eine Weise, dass es die Erde erschttert, so wie die Mostkrge platzen und zerbrechen, wenn sie mehr als zulssig gefllt werden, wegen der Winde, die davon entstehen. 89 Sen. Nat. quaest. 4,8,1 Unam rem ad hoc adiciam et favere te ac plaudere iuvabit. Aiunt nivem in ea parte aeris fieri quae prope terras est. Hanc enim plus habere caloris ex quattuor causis [] 9,1 Accedit his ratio Democriti: Omne corpus, quo solidius est, hoc calorem citius concipit, diutius servat. Itaque si in sole posueris aeneum vas et vitreum, aeneo citius calor accedet, diutius haerebit. Adicit deinde quare hoc existimet fieri. His, inquit, corporibus quae duriora et pressiora sunt necesse est minora foramina esse et tenuiorem in singulis spiritum; sequitur ut quemadmodum minora balnearia et minora miliaria citius calefiunt, sic haec foramina occulta et oculos effugientia et celerius fervorem sentiant et propter easdem angu- Atomismo antico e contesto culturale 304 la clessidra (usata dagli autori del V sec. a.C. in diversi contesti) veniva impiegata per spiegare perch la terra sta immobile sopra l'aria 90 . L'analogia pervade anche il dominio dell'atomo. Nooto v un dolce o un pane compatto usato talvolta come dolce sacrificale, il movimento degli atomi viene descritto con un linguaggio della sfera politico-militare come si gi visto. Qui si pu aggiungere ancora qualche esempio. De- mocrito definiva la spinta dinamica degli atomi che vanno verso l'alto oouv, termine spartano per indicare la "carica", come risulta dal Cratilo platonico 91 ed equiparava l'azione degli atomi del caldo di tenere sospese sull'acqua le lamine larghe e piatte ad un "tenere all'ancora", un termine tecnico della navigazione 92 . E' Aristotele a restituire questi due termini e a parafrasare il contesto in cui essi erano contenuti infatti si pone ora il problema del perch le lamine di ferro larghe e il piombo galleggino sull'acqua 93 , altre, invece, pi piccole e meno pesanti, quando siano di forma rotonda o allungata come un'ago, siano trascinate verso il basso, e del perch alcuni corpuscoli, come il pulviscolo e altri piccoli frammenti di terra e di polvere, fluttuino per la piccolezza nell'aria. Il ritenere causa di tutti questi feno- meni quella che adduce Democrito, non esatto. Quello infatti dice che gli atomi del caldo che dall'acqua salgono in alto "tengono all'ancora" i corpi larghi fra quelli pesanti, quelli stretti, invece precipitano; pochi sono infatti gli atomi che fanno loro resistenza. Ma questo dovrebbe verificarsi a maggior ragione nell'aria, una obiezione che lui stesso solleva. Ma, dopo averla sollevata, la risolve in ma- niera inadeguata: infatti dice che la "carica" non si dirige in una sola direzione, chiamando "carica" il movimento dei corpi che vanno verso l'alto 94 . stias, quicquid receperunt, tardius reddant. La conclusione (sequitur) con la similitudine delle serpentine dei bagni proviene da Seneca che la usa anche altrove (3,24,2). 90 Arist. De cael. B 13, 294b 13 (13 A 20 DK; 376 L.) che la attribuisce congiuntamente ad Anassimene, Anassagora e Democrito. 91 Pl. Crat. 412b Aoxevixei or ovoi te v ruooxiev xoi o voo gv "Eou" tgv yo toriov ogv oi Aoxrooiovioi touto xoouoiv. 92 Cf. Hdt. 6,116; 7,100, 168; 9,13. 93 L'esempio di foglie e lamine d'oro che galleggiano sull'acqua era stato utilizzato anche da Anassagora secondo quanto riporta un frammento arabo del commentario ai Meteorologica aristotelici di Olimpiodoro (perduto nella versione greca) per dimostrare che la terra, es- sendo larga, pu stare sospesa sull'aria, cf. Strohmaier 1998, 362 Die Ansicht seiner (von Anaximenes) Schler Anaxagoras ist die, da er sagt: "Die Luft trgt die Erde von Natur aus wegen ihrer Ausdehnung in der Breite, so wie das Wasser Bltter und Goldplttchen trgt". 94 Arist. De cael. A 6, 313a 16 (68 A 62 DK; 375 L.) oaoritoi yo vu v oio ti to aotr o oiogio xoi oioo raiari rai tou uooto, oo or rotte xoi gttov or o, o v gi otoyyuo g oxo, oiov rovg, xo te rrtoi, xoi oti r vio oio ixotgto raiari, oiov to gyo xoi oo yreog xoi xovioteog rai tou oro. ari og toutev oaovtev to r v voiriv oitiov rivoi eoar Agoxito oux o0e rri. rxrivo yo goi to ovororvo 0ro r x tou uooto o voxot:ttv to aotr o te v ro vtev oo, to or otrvo oioaiatriv oiyo yo rivoi to o vtixouovto outoi. rori o' rv tei ori rti o- Capitolo settimo 305 Ancora al linguaggio militare (e specificamente al lessico dell'assedio) riporta la descrizione della disposizione degli atomi che producono gli oggetti bianchi scabri. Essi sono grandi e disposti in raggruppamenti non tondeggianti, ma "a gradini" (aoxo ooo) ed hanno ciascuno un aspetto misto come i terrapieni innalzati davanti alle mura 95 . Un'analogia implicita sta alla base della determinazione della dimensione degli atomi del salato. Lamine larghe galleggiano sull'acqua, il salato sta in superficie, dunque gli atomi che lo producono sono anch'essi grandi e larghi 96 . Democrito, come i meteorologoi descritti da Gorgia, "visualizza" dunque nei suoi discorsi una realt nascosta attraverso immagini a tutti accessibili, prese dalla vita quotidiana. 6. 2. 2. Riconoscere i segni: i mediatori dell'invisibile e l'esercizio della yve g La stessa centralit dell'"osservazione" e della conseguente "visualizza- zione" sta anche alla base anche dell'altro procedimento di interpretazione dei segni che Diller definisce semeiotico. Dall'osservazione dei fenomeni visibili si parte per stabilirne le cause nascoste, per aprire cio una finestra sull'invisibile. Questo non significa che i fisici del V sec. a.C. esaminassero "obiettivamente" e accuratamente tutti i "dati" empirici e li sottopones- sero alla prova di verifica per poi formulare le loro tesi. Questo sarebbe del tutto anacronistico in un contesto come quello delineato or ora. Al- lora, ben pi di oggi, l'osservazione era abbondantemente influenzata da ipotesi e tesi precostituite 97 , ma il punto fondamentale non questo, bens il fatto che essa fornisce comunque dei "segni" che devono essere ricono- ov touto aoiriv, eoar r viototoi xo xrivo outo. A' rvoto uri ooxe goi yo oux ri r v oo v to v oo: v, !t,ov oo: v :j v xt vjotv :o v o vo otooat vov ooao:ov. 95 Theophr. De sens. 79 (68 A 135 DK; 484 L.) rx ryoev yo rivoi touto (scil. to ruxo tev torev) xoi to ouvorori ou arirri oo aoxoooo, xoi tev ogotev to oo iyvur vo eoar g o vo ooi xoi to ao tev triev rri eoto. La lezione dei manoscritti, iyvur vo, contrariamente a quanto sosteneva Diels, app. ad loc., cf. anche Sassi 1978, 140 n. 107, ha un senso, se si considera che og (la foggia, cio l'aspetto della superficie liscia, scabra etc.) diverso da og o (la figura rotonda, irregolare, aguzza etc.; cf. De sens. 66 l'atomo che produce l'amaro piccolo, liscio e rotondo). Ciascun atomo ha infatti un aspetto "misto", vale a dire in certi punti liscio, in altri ruvido come appunto un terrapieno. 96 Theophr. De sens. 66 (68 A 135 DK; 496 L.). Una allusione agli atomi del salato di Demo- crito, da vedersi anche in De caus. plant. 6,10,3 gxioto tr uao tou giou o vo yro0oi (scil. to ouov), xoi raiaooriv, aovtoou yo aotr o xoi ryoo toi uyoi rairr- o0oi, oouarxto or xoi oxoo oio to gor v rriv oxogvr, oo yevoriog tr rivoi xoi aouxoag. Cf. Mc. Diarmid 1959, 58. 97 Cf. Lloyd 1979, 155ss.. Atomismo antico e contesto culturale 306 sciuti come tali e interpretati per poter "vedere" oltre. E' nell'ottica del- l'interpretazione dei segni e della visualizzazione di ci che rimane nasco- sto, piuttosto che in quella del procedimento empirico moderno, che si delinea il percorso "da ci che appare all'invisibile". Questa via ha una lunga tradizione dietro di s che in ultima analisi risale alla mantica e ac- comuna indovini, medici, meteorologoi, insomma tutti coloro che hanno sviluppato delle tecniche di osservazione e di visualizzazione in base a determinati criteri. Non tutti i segni sono infatti significativi, come risulta chiaramente dai trattati ippocratici e dal patrimonio di osservazioni co- mune ai cosiddetti presocratici. La capacit dello specialista sta appunto nel saper riconoscere e interpretare i segni giusti nel modo giusto. Nei trattati ippocratici emerge proprio su questo punto un confronto pi o meno esplicito con gli altri specialisti dei segni, gli indovini. Nella pro- spettiva dei medici costoro si differenziano proprio per la non univocit di interpretazione: lo stesso segno sembra agli uni favorevole, agli altri fune- sto e ci indica incertezza nella diagnosi e carenza di metodo, cose che un medico non pu permettersi 98 : la casistica dei segni da interpretare deve essere ben determinata, le deduzioni che se ne possono trarre universal- mente riconosciute e chiaramente codificate e, soprattutto, come sottoli- nea l'autore di Prorrhetikos II, accuratamente ponderate 99 . Per risalire alle cause di un fenomeno, non c' bisogno di tanti segni, basta interpretarne correttamente anche uno solo. La speciale autorit riconosciuta all'"esperto" in questo campo giustifica il fatto che non ci sia quasi mai un grande accumulo di prove, di trxg io o ogrio, negli scritti ippocratici pi teorici. Quando c', gli autori ippocratici si giustificano per questo. L'autore dello scritto De Morbis IV adduce come giustificazione la necessit di persuadere un vasto numero di persone che sostengono un'opinione errata. E io non avrei aggiunto queste prove al mio discorso, se tantissime persone non credessero che ci che si beve va al polmone; e necessariamente davanti ad opi- nioni cos radicate si devono portare molte prove se si vuole, coi propri discorsi, persuadere l'uditore a recedere dal suo precedente giudizio 100 . L'autore infatti ha citato ben sette prove per dimostrare che il liquido che si beve non va al polmone, ma nel ventre. 98 Acut. 8,2 (39,12 Joly = II,242 Littr). 99 Prorrh. II 2-3 (221-227 Potter = IX,10-14 Littr). 100 Morb. IV 56,7 (121,16 Joly = VII,608 Littr) xoi touto ouo o v ragyoyogv ryeyr tei oyei [touto iotoiov] ouorv, ri g oti aooi xoto tev ov0eaev ooxrouoiv r tov aruovo eri v, xoi ovoyxg roti ao to ioue ooxrovto to aoo iotoio rao yr- o0oi, ri ti rri tov oxouovto rx tg aiv yveg rtootroi toioiv reutou oyoioi arioriv. Capitolo settimo 307 Nel processo che va dall'individuazione all'interpretazione dei segni importante l'uso corretto delle percezioni garantito dalla yve g. La yve g la capacit di discernimento che permette di scegliere, fra le informa- zioni che si offrono alla vista, all'udito e agli altri organi, quelle utili, di interpretarle, di istituire collegamenti fra vari ambiti e in definitiva di rico- struire un quadro d'insieme per prevedere e dominare una certa situazione critica. La yve g non solo una facolt innata, ma anche una capacit di "vedere oltre" che si sviluppa col tempo e con l'esercizio. E' quella di chi valuta, come Erodoto, quali informazioni sono attendibili e quali no ed capace di fare considerazioni su ci che non ha visto partendo da ci che conosce, quella del medico che diagnostica e prevede attraverso i segni le malattie invisibili e le loro cause, quella del Meteorologos che, osservando i fenomeni celesti, ne individua le cause e prevede terremoti ed eclissi. Es- sere capaci di interpretare i "segni" che si colgono con la vista, l'udito, l'odorato, il tatto, non dunque cosa di tutti, ma richiede una natura ade- guata, un lungo esercizio pratico e una osservazione sul campo. Chi inter- preta i segni deve avere l'autorit per farlo. I medici, per motivi corpora- tivi, lo dichiarano apertamente. Secondo l'autore del De arte i profani che soffrono di malattie invisibili non sono in grado neppure di descrivere correttamente i loro mali perch si basano su loro opinioni e non sulla conoscenza del corpo e delle malattie Ed effettivamente anche le informazioni che i malati di malattie invisibili cercano di fornire sulle loro malattie a coloro che li curano, sono basate sull'opinione, piuttosto che su un vero sapere; se infatti avessero questo sapere, non sarebbero caduti preda delle malattie; infatti compito della stessa intelligenza conoscere le cause delle malattie e saperle curare con tutti i rimedi che impediscono loro di aggravarsi. Quando dunque a chi cura non possibile trarre una infallibile e chiara conoscenza dalle informazioni che gli vengono fornite, deve rivolgere la propria attenzione anche ad altro 101 . Nel De flatibus viene allo stesso modo sottolineato come le cose pi diffi- cili della medicina (cio le malattie nascoste) possano essere conosciute solo ai medici e non ai profani perch "non sono fatti che cadono sotto il dominio del corpo, ma della yve g" 102 . L'accumulo di osservazioni nei 101 De arte 11,4 (237,17 Jouanna = VI,20 Littr) xoi yo og, xoi o arievtoi oi to oovro voorovtr oaoyyrriv ari tev voogotev toioi 0roaruouoi, ooo ovtr oov g riootr oaoyyrouoiv ri yo gaiotovto, oux o v ariraiatov outoioi tg yo outg ouvroio rotiv goar to riorvoi tev vouoev to oitio, xoi to 0roaru riv outo raioto- o0oi aoogioi tgioi 0roarigioiv, oi xeuouoi to voogoto ryou vro0oi. otr ouv ouo rx te v oaoyyror vev roti tgv o vootgtov oog vriov oxouooi, aoooatrov ti xoi oo tei 0roaruovti. 102 Flat. 1,3 (103,6 Jouanna = VI,90 Littr) xoi to rv ouo (scil. tg trvg) toioiv igtoioiv ou voioiv r otiv riorvoi xoi ou toioi ogotgioiv ou yo oeoto oo yveg rotiv ryo. Atomismo antico e contesto culturale 308 trattati clinici come le Epidemie, che forniscono uno strumento diagnostico per gli autori stessi e per gli altri, e l'elenco dei segni da osservare nel Prognosticon mostrano che la yveg dello specialista si costituisce anche attraverso l'esercizio al riconoscimento e all'interpretazione del segno giusto. L'osservazione dunque fondamentale, ma focalizzata su deter- minati "segni", quelli giudicati "significativi" nel campo specifico. Nel procedimento di osservazione implicito dunque anche un criterio selet- tivo determinato dall'ambito in cui questa viene fatta e dal suo scopo. In ogni caso l'importante il principio secondo cui chi osserva i segni con cognizione pu "vedere" ci che invisibile: "quanto infatti sfugge alla vista degli occhi, viene dominato dallo sguardo della yveg" 103 , come af- ferma l'autore del De arte parlando delle malattie interne invisibili 104 . Lo stesso medico fornisce un esempio di come e di che cosa si possa "ve- dere" partendo dai segni: egli afferma che tutte le parti del corpo, anche quelle non carnose, possiedono dei vuoti, degli interstizi e delle cavit e dimostra il suo assunto attraverso l'esempio del liquido sinoviale che si sviluppa proprio in parti ossee e dure come le articolazioni: quando fuo- riesce, "annuncia" (xotoyyrri) che l si nascondono delle "camere" (0oo o) che "si aprono" 105 . Questa "prova" anche interessante per il contesto e il modo in cui viene enunciata. Essa infatti, in quanto tale, viene portata a sostegno di una tesi precedentemente delineata, del fatto cio che i corpi contengono vuoti e cavit, un assunto derivato a sua volta da una tradizione di osservazioni mediche. Inoltre la forza della prova e l'autorit del medico vengono consolidate attraverso un'immagine di tipo "politico" altamente evocativa, quella del "messaggero" (il liquido) che annuncia ufficialmente al medico (per conto della natura stessa) che cosa si nasconde all'interno delle parti ossee delle ginocchia: delle "camere" che si sono "aperte". In una prospettiva "scientifica" moderna questo "segno" 103 De arte 11,1 (237,11 Jouanna = VI,18 Littr) ooo yo tg v te v ootev oiv rxruyri, touto tgi tg yve g ori xrxo tgtoi. xoi ooo o rv tei g tou o0gvoi oi voorovtr aooouoiv, ou oi 0roaruovtr ou tou oitioi, o' g uoi g tr tou voorovto, g tr touvoogoto. o r v yo, rari oux g v outei ori ioriv to o0rov ouo oxogi au0ro0oi, oyioei rtgiri. 104 De arte 9,2 (234,13 Jouanna = VI,16 Littr) roti yo toioi toutgv tg v trvgv ixove rioooi to r v te v voogotev oux r v ouooatei xrirvo xoi ou aoo, to o' oux rv ruogei xoi aoo roti to r v yo ao to rvto trtorvo rv ouoo atei, to o' rov- 0ruvto r tgv oigv g oigi g oiogooiv r v ruogei aorri yo reutev tgi tr ori tei tr ouooi tg otrrotgto xoi tg u yotgto oio0o vro0oi. 11,6 (238,16 Jouanna = VI,20 Littr) aooo vri (scil. to voogo tg v 0roarigv) or oio tr tgv tev oeotev otryvotgto, rv gi oux r v ruoatei oixrouoiv oi vouooi... 105 De arte 10,5 (236,15 Jouanna = VI,18 Littr) xoi outo to o0o r v oioiv oi ouooi te v xivrorvev ootrev ryxuxrovtoi, xoi toutev ouor v o ti ou uaoov roti xoi rov ari outo 0ooo o xotoyyrri o ie, o, rxoioiyorvev outrev, aoo tr xoi aoo uagoo r rrtoi. Capitolo settimo 309 non dimostra naturalmente nulla, ma nel contesto di questo trattato ha un enorme peso, non solo perch si appoggia sul bagaglio di conoscenze tecniche dello specialista, ma anche perch sottolinea il fatto che la natura stessa "collabora" col medico mandandogli dei "segni" che solo lui sa decifrare. Il valore di verit delle sue affermazioni dunque garantito dal suo rapporto privilegiato con la natura. Nel contesto del riconoscimento dei segni il rapporto vista, udito, tatto/ yveg posto dall'autore del De arte, come da altri medici ippocra- tici, non sul terreno dell'antinomia, ma su quello della complementariet. La vista della yveg arriva l dove la vista, l'udito, il tatto non possono procedere, ma anche questi sono fondamentali per cogliere i "segni" per- ch vengono usati da chi "sa" dove e che cosa guardare, toccare, odorare. L'autore del De officina medici, un trattato chirurgico redatto verso la fine del V e l'inizio del IV sec. a.C. che illustra in maniera compendiaria come si deve attrezzare lo studio del medico e in che modo si deve operare, apre il suo scritto proprio con una considerazione sulla necessit di esa- minare il paziente cominciando dai segni pi evidenti e con tutte le facolt percettive, nelle quali inclusa, sullo stesso piano delle altre, anche la yve g. [Guardare] ci che simile o diverso [dal normale], cominciando da principio, dai segni pi evidenti, dai pi facili ad individuarsi, da quelli che si possono rico- noscere in ogni modo e completamente, quelli che si possono vedere, toccare e sentire; quelli che si possono percepire con la vista, il tatto, l'udito, il naso e la lingua e il giu- dizio; quelli che possono essere conosciuti con tutte le nostre facolt cognitive 106 . Questo sostrato importante anche per comprendere il rapporto fra yve g oxoti g e yve g yvgoig in Democrito, l'una, quella che percepisce i segni, l'altra, quella che li seleziona e li interpreta. Sebbene la seconda sia chiaramente superiore alla prima perch permette di penetrare nell'ambito del "pi sottile", esse sono in ogni caso complementari. Egli dice letteralmente: "ci sono due specie di giudizio, l'uno legittimo, l'altro bastardo; a quello bastardo appartengono tutte queste facolt: la vista, l'udito, l'odo- rato, il gusto, il tatto, quello legittimo invece distinto da questo". Poi, giudicando quello legittimo superiore a quello bastardo aggiunge: "quando quello bastardo non pu pi n penetrare con lo sguardo nel pi piccolo, n udirlo, n odorarlo, n gustarlo n percepirlo col tatto, ma verso il pi sottile" 107 106 Off. 1 (I,30,1 Khlewein = III,272 Littr) g ooio g ovooio, r og oao tev ryiotev, oao tev giotev, oao tev ao vtg ao vte yiyveoxor vev, o xoi ioriv xoi 0iyriv xoi oxouooi rotiv, o xot :jt oytt xot :jt oojt xot :jt oxojt xot :jt otvt xot :jt ,!ooojt xot :jt ,voajt to:tv oto0to0ot, o, oi yiveoxorv oaooiv, rotiv yve voi. 107 Sext. Emp. Adv. Math. 7,139 (68 B 11 DK; 83 L.) ryri or xoto riv "yve g or ouo rioiv ior oi, g r v yvgoig, g or oxotig xoi oxotig r v toor ouaovto, o yt, oxoj, ooaj , ,t:ot, yo:ot. g or yvgoig, oaoxrxirvg or toutg." rito aoxivev tg oxotig tgv yvgoigv rairri r yev "otov g oxotig gxrti ou vgtoi gtr ogv r a' rottov gtr Atomismo antico e contesto culturale 310 Galeno restituisce una citazione letterale in cui gli stessi organi rimprove- rano alla phren di rigettarli pur avendo tratto da loro le "prove" (ai otri) Misera Phren, dopo aver preso da noi le prove, ci atterri? il nostro abbattimento segna la tua caduta 108 . Mi sembra che qui si debba andare al di l della dibattuta questione, che si trascina dall'antichit ad oggi 109 , se Democrito sia un sensista convinto solo della verit dei fenomeni (come sembra essere descritto in alcuni passi di Aristotele), o un assertore della sola verit del pensiero (come in Sesto Empirico) e vedere che cosa convinto di fare Democrito stesso. Nella massima suddetta egli considera ci che viene offerto dai sensi come delle ai otri, delle prove. La mente non pu rifiutarle, pena il suo fallimento, ma questo non significa che debba accettarle tutte. Infatti la yve g yvgoi g valuta e sceglie quelle che possono fornire indizi sicuri. Cos, se vero che le sensazioni di uno stesso oggetto variano a seconda degli individui e delle condizioni di chi percepisce, tuttavia una stessa sensazione ha sempre caratteri costanti 110 : l'acido, indipendentemente dall'oggetto in cui viene percepito, viene avvertito da tutti e sempre come pungente, ruvido e riscaldante. E' questa ai oti sicura che permette di "penetrare con lo sguardo nel pi piccolo", di risalire alle forme degli atomi che producono la sensazione corrispondente, atomi sinuosi, piccoli e sottili che possono penetrare dovunque, e angolosi che contraggono e astringono producendo vuoti e calore. Lo stesso avviene per la determi- nazione delle forme atomiche di altri sapori e dei colori. Si parte dalla percezione che tutti costantemente hanno, indipendentemente dalla con- dizione individuale e dalla qualit dell'oggetto, per risalire alle forme che la producono. La ricerca delle cause si inserisce dunque in questo discorso sulla scelta e l'uso da parte della yve g yvgoi g delle prove offerte dai sensi per arrivare a "contemplare" l'invisibile. La differenza fra Democrito e i medici ippocratici sta nel fatto che questi ultimi non gerarchizzano percezione e yve g. I dati forniti dai sensi non vengono da loro messi in discussione, anche se, nel caso delle malattie invisibili, devono essere in- terpretati. Questo perch in primo luogo l'uso delle mani, degli occhi, delle orecchie, dell'odorato costituisce un cardine della pratica medica che non pu essere messo in dubbio, pena il fallimento dell'arte stessa, in secondo luogo perch la lunga pratica a fianco di un maestro insegna ad esercitarli nella maniera corretta e ad orientarli verso il segno giusto. Dun- oxou riv gtr oooo0oi gtr yruro0oi gtr rv tgi ouori oio0o vro0oi, o' rai ratotrov..... 108 Galen. De exper. med. 15,7, 114,4 Walzer (68 B 125 DK; 79-80 L.) tooivo gv, ao' grev oouoo to aiotri g r o xotoori ateo toi to xoto go. 109 Sulle linee generali di questi dibattiti, cf. Sassi 1978, 200-203. 110 Theophr. De sens. 69 (68 A 135 DK; 3, 441 L.). Capitolo settimo 311 que i sensi sono, dal punto di vista strettamente professionale, un punto di riferimento forte 111 . Democrito, cui manca questo sottofondo di pratica medica, invece proiettato verso la theoria e dunque tende a ribadire la centralit dello strumento che gli permette di arrivare all'invisibile, la yve g yvgoig, quella che pu vedere anche una realt "pi sottile", invisi- bile, relegando in secondo piano quello che coglie solo quanto appare immediatamente. Fuori dall'ambito medico e dai testi democritei il rapporto fra perce- zione e yve g riemerge anche in altri autori di et sofistica, ma ridotto per lo pi al rango di tipologia retorica come negli Aforismi di Crizia il cui titolo non pu non far pensare all'omonima opera ippocratica n quello che viene percepito col resto del corpo n quello che viene conosciuto con la yve g 112 . Qui sia l'ottica empirica del medico, sia quella pi teorica di Democrito si stemperano in un puro gioco stilistico: il grande tema perde la sua funzio- nalit per trasformarsi in una convenzionale antitesi. 6. 2. 3. La difficolt dell'impresa: dichiarazioni "scettiche" e ottimismo corporativo. Per una revisione dello "scetticismo" democriteo Il confronto con la tradizione medica sui metodi e sulla possibilit di co- noscere l'invisibile permette un'altra considerazione importante riguardo al presunto scetticismo di Democrito. C' infatti da tener presente che esso dedotto da frasi estrapolate dal loro contesto e tramandate per lo pi attraverso la tradizione dell'accademia scettica e neopirroniana. Dal- l'altra parte, su testimonianze aristoteliche si invece ricostruita un'imma- gine di un Democrito "protagoreo" che vede ci che appare come l'unica verit. Ambedue queste rappresentazioni hanno qualcosa di vero, ma non 111 Cf. e.g. Prorrh. II,3 (224-226 Potter = IX,12-14 Littr) rroti or xoi touto aovto xoto- oooviriv xoioto xoi too :otot ooxtatototv, ototv toat v :t xot otoat0o ru aovto. aetov r v yo :jt ,voajt :t xot :ototv oo0o!aototv o v0eaov xotoxrirvov r v tei ou tei xoi otrxre oioitervov o otov to:t ,vo vot, gv ti oari0gogi, g arioooiaorovto xoi aoaoo ro0iovto rarito :jtot toot yo:oov:o tg yooto tr xoi te v rev jooov to:tv toao:oo0ot g g ouoovto. ot :t ot vt rv r v toioi aurtoivouoi ao!!o :t xot xo!o ojaotvo:otv oi yo oooi ryo oiorouoiv r v or toioiv iououoi tr xoi o0e oioitervoioiv ou x oioo ti ov gooigv, ouo' r v toutei tei ooxiiei. rarito :ot oot :j oovj o xo:oov:o xot :o: avt:ao:o, to:t oto,tvooxttv, o r v toioiv iououoiv ou ooie roti ogo. 112 Gal. In Hippocr. De Off. 1,1 (XVIII/2,656 K.) (88 B 39 DK) gtr o te i oei oeoti oio0ovrtoi gor o tgi yve gi yiyveoxri. Cf. anche Antiphon 87 B 1 DK riferito da Ga- leno nello stesso passo come esempio di impiego del termine yve g. Si tratta in questo caso di un testo estremamente corrotto e difficile da ricostruire, ma per lo meno le due espressioni ori oo v (ooi Diels) e yveg yiyveoxri si leggono distintamente. Atomismo antico e contesto culturale 312 vanno assolutizzate. E' vero che Democrito sembra esprimersi in maniera piuttosto pessimistica sulle possibilit di conoscenza, tuttavia, presso i medici ippocratici, l'affermazione della difficolt di conoscere quanto celato, si accoppia generalmente con un diffuso orgoglio corporativo che sottolinea come, nonostante ci, il buon medico sia in grado riconoscere e interpretare i segni e di risalire alle cause anche delle malattie invisibili. L'autore del De vetere medicina dichiara esplicitamente di lodare quel medico che commette solo piccoli errori in quanto la perfezione raramente os- servabile, ma lo fa in un contesto che mette in luce sia la difficolt dell'in- dividuazione e dell'interpretazione esatta dei sintomi nei singoli indivi- dui 113 , sia la portata dell'impresa del medico che deve arrivare a riconoscerli senza sbagliare, a risalire alle cause e proporre conseguente- mente il rimedio adeguato per ogni singolo caso. La prima massima degli Aforismi ippocratici sottolinea ancora sia le insidie dell'esperienza diretta, sia le difficolt del giudizio 114 , ma lo scopo della raccolta proprio quello di fornire gli strumenti per superarle. Anche nel De arte emerge il pro- blema della conoscenza esatta delle malattie nascoste, ma anche qui, non solo serve a giustificare le eventuali dilazioni di una diagnosi, ma si accop- pia ad una assoluta fiducia nella capacit tecnica del medico di individuare e di curare queste malattie 115 o di riconoscere quale sia incurabile per poter rifiutare la terapia. Si ha dunque l'impressione che il richiamo alla diffi- colt di conoscenza faccia parte di una strategia tesa ad esaltare le capacit del medico e a sottolinearne l'autorit 116 . La stessa impressione si ha leg- gendo le testimonianze non dichiaratamente "scettiche" su Democrito. Aristotele, nella Metafisica, riferisce che, di fronte alla relativit delle perce- zioni in base agli individui e alle loro condizioni fisiche, Democrito 113 VM 9,4 (128,15-17 Jouanna = I,590 Littr) oioti aoov aoixietro tr xoi oio arovo oxirig roti. ori yo rtou tivo otooooo0oi rtov or ouor oi0ov outr oto- 0ov oov ao o ovorev riogi to oxir, ou x o v ruoi o' g tou oeoto tgv oio0goiv. oio ryov oute xotoo0riv oxie , eotr oixo ooto vriv r v0o g r v0o. xov rye tou tov tov igtov ioue raoivroii tov oixo ootovovto, :o ot o:otxt o!t,oxt to:t xo:tottv. Il problema di interpretazione di g tou oeoto tgv oio0goiv (si tratta della sensazione del paziente o di quella del medico? cf. Jouanna 1990, 174) va risolto nel contesto generale del passo che riguarda la dieta per la pletora e per gli stati di vacuit. Il medico deve infatti saper riconoscere se l'individuo in questione si trova in uno stato o nell'altro per non prescrivere un regime troppo scarso che ne indebolisca ulteriormente il fisico. Deve quindi avere come metro di valutazione i sintomi (cio ci che il paziente sente) che egli infatti pi oltre elenca per ogni singolo stato in relazione al regime abituale del paziente, cf. 10,3-4 (130,9-131,10 Jouanna = I,592-94 Littr). 114 Aph. 1 (98,1 Jones = IV,458 Littr) ... g or ario oorg , g or xioi orag. 115 De arte 11,1-4 (237,4-238,7 Jouanna = VI,18-20 Littr); 12 (240,1-241,11 Jouanna = VI,22- 26 Littr). 116 L'aspetto positivo delle presunte dichiarazioni scettiche stato intravvisto anche, sebbene in una prospettiva "filosofica", da Sassi 1978, 192s. in relazione a Senofane e Alcmeone. Capitolo settimo 313 avrebbe dichiarato che o nulla vero o la verit invisibile 117 , ma la mas- sima gi accennata secondo cui ci che appare una visione dell'invisibile e l'altra rappresentazione aristotelica di Democrito come assertore della verit dei fenomeni sono complementari a questa dichiarazione: se la vera essenza dei fenomeni invisibile, bisogna servirsi delle "pisteis" fornite dalle apparenze e colte dalle sensazioni, per arrivare a conoscerla. Se si considerano le dettagliate descrizioni delle cause invisibili delle sensazioni e dei fenomeni riportate dalle testimonianze indirette, si pu concludere che, come gli Ippocratici, anche Democrito, sottolineando la difficolt dell'impresa di conoscere l'invisibile, mette tuttavia in rilievo la sua capa- cit di interpretare i segni e di penetrare nei minimi particolari in questo ambito nascosto alla maggior parte degli altri uomini. Viste in questo contesto e nella stessa ottica di quelle ippocratiche anche le presunte di- chiarazioni scettiche di Democrito assumono dunque un'altra fisionomia: esse sottolineano in realt le difficolt di un'impresa che egli ha comunque brillantemente superato. 7. Democrito e il Corpus Hippocraticum Il confronto con i trattati ippocratici non utile solo per far luce sul me- todo e sulla concezione integrata di percezione e capacit di penetrazione nel dominio dell'invisibile e per inquadrare le testimonianze sulla cono- scenza in generale, ma si rivela fondamentale anche per altri aspetti del- l'interpretazione di Democrito. Nelle trattazioni esclusivamente "filosofi- che", infatti, il suo carattere di autore di scritti tecnici, nei quali peraltro la medicina ha una posizione preponderante 118 , stato completamente emarginato. Il Corpus Hippocraticum, che offre in definitiva gli unici testi integrali di carattere tecnico contemporanei o poco anteriori a Democrito, costituisce infatti un buon filtro attraverso cui leggere anche determinate testimonianze e frammenti democritei ed anche sulla strada del con- fronto parallelo con dottrine contemporanee o comunque radicate in un contesto culturale analogo che si deve procedere per inserire in una pro- blematica pi ampia e variegata di quella strettamente filosofica le dottrine atomistiche. In una ricerca dominata dall'interpretazione eleatizzante di Leucippo e Democrito, il confronto con i testi medici stato limitato 117 Arist. Metaph. I 5, 1009b 7 (68 A 112 DK; 52, 80 L.). 118 Nel catalogo di Trasillo (68 A 33 DK; CXV L.) compaiono i seguenti titoli: Hri ov0eaou uoio o Hri ooxo (IV), Hri oioitg g oioitgtixov, Hoyveoi, Igtixg yveg (XII). Le analogie coi titoli ippocratici sono di palese evidenza, cf. Hri uoio ov0eaou, Hri ooxev, definito dall'autore come un oyo ari tg trvg tg igtixg, Hri oioitg e Hri oioitg orev, Hoyveotixov. Atomismo antico e contesto culturale 314 soprattutto alla genetica e all'embriologia e, anche in questo ambito, si sempre ipotizzato un rapporto di dipendenza unilaterale dei testi ippocra- tici da Democrito 119 . Un'importante e decisiva alternativa rispetto a questo metodo di analisi, stata proposta da Jouanna 120 , il quale tenta di impo- stare il discorso generale dei rapporti fra i cosiddetti presocratici e i testi ippocratici su basi diverse da quelle della pura e semplice dipendenza di questi ultimi dagli altri. Egli si serve proprio di un esempio tratto da De- mocrito per dimostrare come sia ingiustificato parlare in termini generali di una tale dipendenza 121 . Jouanna propone piuttosto una relativizzazione del metodo, ma soprattutto un abbandono degli schemi rigidi e un'aper- tura all'idea del sostrato metodologico e dell'esperienza comune a preso- cratici e medici ippocratici 122 . Questo significa che, se alcuni autori ippocratici potrebbero essere stati influenzati da Democrito, anche quest'ultimo poteva attingere ad un patrimonio medico generalizzato o che comunque due teorie simili, ma non uguali, in Democrito e negli Ip- pocratici, potevano avere origini comuni, ma indipendenti. Alcuni raffronti fra temi analoghi trattati dagli ippocratici in modo approfondito e in un ambito strettamente tecnico e da Democrito dal punto di vista pi "teorico" del Naturphilosoph confermano che quest'ul- timo ha attinto ad un sostrato di conoscenze mediche. Democrito il primo fra i cosiddetti presocratici ad aver trattato diffusamente dei succhi e delle loro propriet. Anche questo non un caso. Infatti le ouvo ri dei succhi e dei cibi e il loro effetto sulle costituzioni individuali dei singoli pazienti sono un tema tipico della dietetica, un soggetto emergente nella medicina dell'ultimo quarto del V sec. a.C. e di cui, a giudicare dal titolo di un'opera, Hri oioitg, Democrito si sicuramente occupato. L'autore 119 Anche Stckelberger 1984, che ha trattato comunque, oltre che l'aspetto empirico della dottrina democritea, pi sistematicamente il problema dei rapporti fra testimonianza de- mocritee e testi ippocratici, parte sempre dal presupposto che gli autori ippocratici, pi o meno consciamente, utilizzino materiali e idee provenienti da Democrito, cf. anche Lonie 1981 e Salem 1996. 120 Jouanna 1992, 95ss. 121 Nella fattispecie la relazione fra Ael. Hist. nat. 12,16 (68 A 151 DK; 545 L.) e Nat. puer. 31,2 (83,8 Joly = VII,540 Littr) dove ritorna l'esempio della maniera di generare del maiale e del cane. L'interpretazione corrente sottolinea una stretta analogia innazitutto nella scelta degli animali, in secondo luogo nel fatto che, in ambedue i testi, compare una stessa de- scrizione della conformazione dell'utero come fatto di pi "tasche" atte a ricevere il seme. In realt, secondo Jouanna (102-104), la scelta dell'esempio non dimostra nulla in quanto il maiale e il cane, essendo gli animali domestici pi comuni, facevano parte di una tipologia corrente. Per quanto riguarda invece il resto, c' una differenza fondamentale fra i due testi proprio nella concezione di fondo del concepimento di questi animali. Nel De natura pueri l'esempio del cane e del maiale serve a spiegare come i gemelli nascano da un solo coito; Democrito, invece, specificava chiaramente che il concepimento avviene in seguito a pi coiti, una divergenza sostanziale. 122 Si tratta di un principio che guida anche il lavoro di Orelli 1996. Cf. ora anche Perilli 2007. Capitolo settimo 315 del De vetere medicina critica le tesi assolutizzanti sulla composizione del- l'uomo e sulle propriet dei cibi proprio basandosi sulla relativit degli effetti dei succhi sulle varie costituzioni e regimi alimentari: ci sono infatti nell'uomo salato, amaro, dolce, acido, astringente, insipido e altri innumerevoli [succhi] con svariate propriet sia rispetto alla quantit che alla forza. Queste, finch esse sono mescolate e temperate l'una con l'altra non sono n manifeste n provocano sofferenza all'uomo, quando per qualcuna di loro si separa e si isola, allora diventa manifesta e provoca sofferenze all'uomo 123 . A questi succhi interni si mescolano quelli provenienti dai cibi che non provocano grandi danni se ingeriti abitualmente, ma sono fonte di disturbi se penetrano in una costituzione non abituata ad un determinato regime. Nei frammenti democritei e nelle testimonianze del De sensibus di Teo- frasto vengono ribaditi gli stessi principi a livello di forme atomiche e di sensazioni le quali, come la malattia, vengono percepite come un'altera- zione dell'equilibrio corporeo. La prevalenza di una forma produce la sensazione del rispettivo succo, ma anche la relazione fra le forme che penetrano nei corpi e le strutture individuali gioca un ruolo nella perce- zione Nessuna figura si trova allo stato puro e non mescolata con le altre, ma in ogni cosa ce ne sono molte e la stessa cosa contiene il liscio e lo scabro, il rotondo e l'acuto e le rimanenti forme. La forma preponderante quella che massimamente prevale ai fini della sensazione e della [relativa] propriet [dell'oggetto], e inoltre [ importante] in quale costituzione le forme si introducano; infatti anche questo di non poca importanza perch talvolta la stessa propriet produce sensazioni contrarie e propriet contrarie producono la stessa sensazione 124 . Democrito applica dunque alle sensazioni il modello che l'ippocratico applica alla malattia. C' per un campo specifico in cui la teoria demo- critea dei succhi mostra analogie ancora pi strette con un un testo ippo- cratico: quello della determinazione delle propriet degli atomi di determi- nati succhi. La descrizione delle forme atomiche delle sostanze piccanti e dolci e dei loro effetti sul corpo nella testimonianza di Teofrasto ricorda infatti il resoconto sugli alimenti dello stesso tipo nel De victu che dedica 123 VM 14,4 (136,10 Jouanna = I,602 Littr) r vi yo r v o v0eaei xoi ouov xoi aixov xoi yuxu xoi ou xoi otuvov xoi aoooo v xoi oo uio aovtoio ouvo io rovto ag0o tr xoi iouv touto r v riyr vo xoi xrxgr vo ogoioiv outr o- vro rotiv ou tr uari tov ov0eaov, otov or ti toutev oaoxi0gi xoi outo r' reutou yr vgtoi, totr xoi ovro v roti xoi uari to v ov0eaov. 124 Theophr. De sens. 67 (68 A 135 DK; 496 L.) oaovtev or te v ogotev ouorv oxroiov rivoi xoi oiyr toi ooi, o' rv rxootei aoo ri voi xoi to v ou tov r riv riou xoi toro xoi arirou xoi oro xoi tev oiaev. ou o' o v rvgi ariotov, touto oioto r viou riv ao tr tg v oio0goiv xoi tgv ou voiv, rti or ri oaoiov r iv o v rior0gi oiorriv yo oux oiyov xoi tou to oio to outo to vovtio, xoi to vovti o to outo ao0o aoiriv rviotr. Cf. Sext. Emp. Adv. Math. 7,136 (68 B 9 DK; 55 L.), supra, n. 16. Atomismo antico e contesto culturale 316 alle propriet dei cibi una parte considerevole del secondo libro. Cos si esprime il medico sulle sostanze dolci, aspre, acide e simili Le sostanze dolci, grasse e oleose provocano pienezza in quanto, partendo da un piccolo volume, si espandono molto; scaldandosi e diffondendosi, integrano il calore del corpo ed hanno un effetto calmante. Le sostanze acide, aspre, agre, astringenti, grezze e secche non riempiono perch aprono gli orifizi delle vene e li purificano; e disseccando una parte, pungendo e contraendo l'altra, fanno fre- mere e contrarre in una piccola massa l'umido nella carne; e nel corpo si crea molto vuoto. Quando dunque si voglia riempire partendo da pochi cibi o vuotare partendo da una maggior quantit, si usino queste sostanze 125 . Secondo Teofrasto, Democrito descriveva in maniera analoga gli effetti delle forme dell'acido e del dolce: L'acido , in quanto alla sua forma, angoloso e sinuoso, piccolo e sottile. Infatti per la sua acidit penetra velocemente e dovunque, d'altra parte, essendo ruvido e angoloso, astringe e contrae; per questo riscalda il corpo creando dei vuoti; infatti ci che contiene pi vuoto si riscalda massimamente. Il dolce composto di fi- gure tondeggianti non troppo piccole; perci si diffonde per tutto il corpo e lo attraversa tutto senza violenza e non a gran velocit; provoca per sconvolgi- mento negli altri [succhi] perch, penetrando attraverso le altre forme, le fa spo- stare e le umidifica; queste, umidificate e smosse dal loro assetto abituale, si river- sano nel ventre; infatti questo il luogo pi facilmente accessibile perch qui c' la maggior quantit di vuoto 126 . Sia per Democrito che per il medico l'acido ha la propriet di contrarre e di creare vuoto, il dolce di diffondersi nel corpo e di riempire il ventre. L'autore del De victu pi interessato agli effetti e soprattutto all'impiego terapeutico di queste sostanze. Democrito invece concentrato sulla de- scrizione delle forme e dei meccanismi che producono questi effetti. I due approcci, pur nella loro somiglianza, divergono anche nei dettagli e non possono essere considerati l'uno la fonte dell'altro. Il medico uno spe- 125 De vict. II,56,6 (180,14 Joly = VI,568 Littr) :o ,!:xt o xoi to aiovo xoi to iaoo agetixo roti, oioti r oiyou oyxou ao!: oo roti 0toaotvoatvo ot xot ototoatvo agoi to 0rov rv tei oeoti xoi yogviriv aoiri. to or ot o xoi ootato xoi ouotgo xoi otuvo xoi ouyxoioto xoi go ou agoi, oioti :o o:oao:o :ov o!to v ovtott tr xoi oirxo0gr xoi to rv goi vovto, to or ooxvovto xoi o::oov:o ioi xoi o:o:j vot t o!t,ov o,xov raoigor to uyov to rv tgi ooxi xoi :o xtvtov ao!: t,t vt:o t v :ot ooao:t. otov ou v ougi oa oiyev ageooi g oao ariovev xrveooi, toutoioi go0oi. 126 Theophr. De sens. 65 (68 A 135 DK; 496 L.) tov rv ouv o:v rivoi tei ogoti yevoriog tr xoi aouxoag xoi ixo v xoi ratov. oto ,oo :j v oota::j:o tou xoi aovtgi oioouro0oi touv o' ovto xoi yevoriog o:vo ,ttv xot o:oao v oio xoi 0roivriv to oeo xtvo:j:o taaoto:v:o oioto yo 0roi vro0oi to ariotov rov xrvov. to v or ,!:x:v rx arire v ouyxrio0oi ogotev oux oyov ixev oio xoi otottv o!o :o ooao xoi ou ioie xoi ou tou aovto aroivriv tou o' oou toottriv, oti oioouvev aovoi to oo xoi u yoi vri u yoivorvo or xoi rx tg to re xivou rvo ouriv ri tg v xoiiov toutgv yo ruaoetotov rivoi oio to toutgi ariotov rivoi xrvo v. Capitolo settimo 317 cialista di dietetica e conosce da fonti mediche e dalla sua stessa pratica le propriet dei succhi, Democrito attinge al patrimonio della dietetica del tempo rimaneggiandolo in direzione di un'eziologia atomista. Non sono rimaste testimonianze certe sulle sue opere mediche 127 come il Hri oioitg, la Igtixg yveg e la Hoyveoi, ma sicuramente esse erano conosciute ancora nel III sec. a.C. A questo proposito indicativo, pur con tutte le riserve del caso, un passo della commedia di mezzo inserito dal Diels sotto la voce "imitazioni". Si tratta della rappresentazione del famoso cuoco di Damosseno (III sec. a.C.) che si dichiara epicureo, ma afferma che un cuoco che non abbia letto, oltre al canone di Epicuro, anche tutte le opere di Democrito assolutamente da disprezzare (Fr. 2,13 K.-A.). Nelle teorie sulla distribuzione e sull'effetto dei succhi egli si richiama espressamente a quest'ultimo utilizzando una terminologia del tutto democritea. Dopo aver puntualizzato che un buon cuoco deve in- nanzitutto saper distinguere quale periodo dell'anno sia il migliore per pescare e cucinare determinati pesci, in quanto i mutamenti e i movimenti producono alterazioni nei cibi e conseguentemente in chi se ne ciba, il cuoco epicureo promette di somministrare cibi nutrienti che non provo- chino esalazioni sgradite e nocive e spiega gli effetti dei succhi da questi prodotti "secondo Democrito": (A.).... Pertanto il succo si dispone dovunque nei pori in maniera omogenea (B.) Succo? (A.) Lo dice Democrito e non si producono ostruzioni che ren- dono artritico colui che se ne ciba 128 . La terminologia della distribuzione omogenea e dell'ostruzione demo- critea 129 . Anche l'immagine che il cuoco successivamente fornisce di s, quella di un teorico, esperto di medicina e di scienza della natura in gene- rale, che non si abbassa a cucinare lui stesso, ma osserva (0ree ) quello che fanno gli altri, stando loro vicino e soprattutto spiegando loro le cause e gli effetti di quello che fanno, richiama l'immagine, circolante gi nel V sec. a.C., degli autori di trattati tecnici teorici, profani e medici che ne 127 Forse qualche sparsa notizia potrebbe trovarsi fra quelle testimonianze che Wellmann e Diels, seguiti dagli interpreti moderni, hanno qualificato senza appello come spurie, cf. su questo Gemelli Marciano 2007. 128 Damox. Fr. 2,29 K.-A. (A.)... toiyoouv ri tou aoou/ o uo o oe aovtoou ouviototoi/(B.) uo; (A.) r yri Agoxito ouo r o yoto/ yivorvo aoiri tov oyo vt o0itixov. Per il testo mi attengo all'edizione di Kassel-Austin. 129 Sulla "disposizione omogenea", cf. Theophr. De sens. 62 (68 A 135 DK; 369 L.) tov or ouoov rottov rovto xrvov o ao!o o:,xtto0ot xoto ao v ooie. Cf. Ibid. 55 (68 A 135 DK; 488 L.), sulla distribuzione della voce nel corpo tou oxtovoo0ot xot oao!o xoto to oeo. Sulle "ostruzioni" dei pori, cf. Ibid. 66 (68 A 135 DK; 496 L.) tov or otu- vov rx ryoev ogotev xoi aouyeviev xoi arirr gxiot' ro vtev tou to yo otov ri to oeoto r0gi, tat::o!o:v taa!o ::ov:o :o o!tt o xoi xeu riv ouriv oio xoi to xoiio iotovoi. Atomismo antico e contesto culturale 318 seguono le orme, e di sofisti che insegnano la techne: si tratta di sapienti che fanno della teoria, ma sono assai poco esperti nella pratica dell'arte 130 . Il testo di Damosseno, dunque, pur nella sua esagerazione comica, rimanda ad una ricezione di Democrito quale autore di trattati teorici di medicina, che ancora al suo tempo doveva essere abbastanza diffusa per poter avere un impatto sul pubblico 131 . Questa immagine corrisponde a quella degli "esperti" profani con cui nell'ultimo quarto del V sec. a.C. i medici ippocratici di tendenze empiriche avevano un rapporto piuttosto conflittuale. Essi vengono descritti in trattati quali il De vetere medicina o il De victu acutorum come degli "intrusi" senza alcuna esperienza che si appropriano in modo superficiale di conoscenze mediche minacciando il buon nome dell'arte e criticati in particolare per il loro approccio "teorico" 132 . Democrito si avvicina molto alla tipologia di questi "sapienti" profani. Una delle obiezioni ricorrenti nei testi ippocratici contro i "teorici" rivolta alla definizione di "uomo" in generale. Sembra infatti che i profani autori di trattati tecnici, ma anche alcuni professionisti ritenessero com- pito primario definire innanzitutto la natura dell'uomo o dei singoli oggetti dell'arte che essi volevano trattare. L'autore del De vetere medicina polemizza proprio con i medici e i "sapienti" che vogliono definire la natura del- l'uomo in generale senza invece riportarla alle costituzioni particolari e al loro rapporto con i vari alimenti e i regimi di vita specifici. Poich questo mi sembra necessario che sappia il medico sulla natura [del- l'uomo] 133 e che si adoperi in ogni modo di sapere, se vorr fare il suo dovere: che cosa l'uomo in rapporto ai cibi e alle bevande e che cos' in rapporto alle altre sue abitudini e che cosa da ciascuno di questi fattori deriver a ciascuno 134 . L'autore del De natura hominis si scaglia a sua volta contro coloro che defi- niscono l'uomo come composto da un solo elemento (aria o acqua o 130 Cf. supra, Introduzione 2. 3 n. 45. 131 Cf. Gemelli Marciano 2007. 132 Cf. Acut. 6,1 (38,11 Joly = II,238 Littr); VM 20,1 (145,18 Jouanna = I,620 Littr). 133 Come ha gi rilevato Jouanna 1990, 208 (cf. anche Ducatillon 1977, 96 e la traduzione di Littr ad loc.) quando l'autore del De vetere medicina parla della "natura" o di "quelli che hanno scritto sulla natura", si riferisce non alla natura in generale e agli scritti che la riguar- dano, bens alla natura dell'uomo e agli scritti specifici su questo tema come suggerisce la specificazione successiva "che cosa l'uomo " in ambedue i casi. V. infra, nel testo e VM 20,1 (146,5 Jouanna = I,620 Littr) oi ari uoio yryoooiv r o g o ti roti v ov0eao ...) . 134 VM 20,3 (146,15 Jouanna = I,622 Littr) rari touto yr oi ooxri ovoyxoiov rivoi igtei ari uoio rior voi xoi aovu oaouooooi e riortoi, riar ti rri tev oro vtev aoigoriv, o ti tr rotiv o v0eao ao to ro0iorvo tr xoi aivorvo xoi o ti ao to oo raitgoruoto xoi o ti o' rxo otou rxootei oug ortoi. Capitolo settimo 319 fuoco o terra) 135 . Possiamo ora ricordare che Democrito aveva fornito in una breve e sibillina frase proprio la definizione di uomo: "l'uomo quello che tutti conosciamo" 136 . La frase stata tramandata fuori da un contesto e variamente interpretata nell'antichit, ma doveva essere una afferma- zione ad effetto che non stupirebbe all'inizio di un trattato Hri u oio ov0eaou che, in base alle "regole" dei trattati di questo genere, doveva appunto cominciare con una definizione dell'oggetto. In perfetta conso- nanza con queste esigenze definitorie e contro le tesi rappresentate in De vetere medicina e De natura hominis l'autore del De victu dichiarava infatti che la cura del corpo si inserisce in un ambito molto pi vasto che comprende la conoscenza della natura dell'uomo e dell'universo. Per scrivere del re- gime bisogna conoscere prima la natura dell'uomo in generale, da che cosa stato composto dall'inizio e quali elementi vi predominano. Senza questi presupposti impossibile non solo stabilire l'origine delle malattie, ma anche somministrare i rimedi utili 137 . Su questo sfondo di trattati speciali- stici la frase democritea assume contorni pi definiti per lo meno per quanto riguarda la sua funzione, quella di incipit di un trattato sulla natura dell'uomo. In questa tensione fra il dare e l'avere fra medici e autori pro- fani di trattati di medicina va situato dunque il complesso rapporto di Democrito con la medicina ippocratica e con la medicina in generale. Un esame dettagliato del sostrato culturale comune alle dottrine ato- mistiche e alla medicina ippocratica, esula dai limiti del presente studio ed in parte gi stato fatto, sebbene principalmente nell'ottica di un rapporto di dipendenza dei medici da Democrito stesso, ma questi aspetti fonda- mentali del problema devono essere comunque segnalati, in quanto, a mio avviso sul terreno del confronto non solo con i trattati ippocratici, ma anche con le testimonianze sulle technai in generale che si deve ancora lavorare per comprendere meglio quell'atomismo democriteo che ha creato tanti problemi di interpretazione. Queste indicazioni di metodo, e un esame puntuale della tradizione dossografica, costituiscono due aspetti complementari imprescindibili per una reinterpretazione globale dell'ato- mismo antico. 135 Nat. hom. 1 (165,1 Jouanna = VI,32 Littr) ooti r v rie0rv oxouriv ryovtev o i tg uoio tg o v0eaivg aooetre g ooov outg r igtixg v ogxri, toutei r v oux raitgorio oor o oyo oxou riv outr yo to aoaov g ro rye tov ov0eaov rivoi, outr au, outr uoe, outr ygv, outr oo ouorv o ti g ovrov rotiv rvro v r v tei ov0eaei oo toioi ouorvoioi tou to ryriv aoigi. 136 Sext. Emp. Adv. Math. 7,265 (68 B 165 DK; 65 L.); Pyrrh. Hyp. 2,23 (65 L.), cf. Arist. De part. anim. A 1, 640b 29 (68 B 165 DK; 65 L.). 137 Vict. I,2 (122,22 Joly = VI,466 L.). Atomismo antico e contesto culturale 320 8. Sintesi Se si abbandonano per un momento le interpretazioni filosofiche dell'a- tomo e ci si rivolge alle immagini veicolate dai frammenti e dalle testimo- nianze decrittive e al confronto coi testi contemporanei a Democrito, si pu ricostruire un quadro alternativo dell'atomismo e delle sue "origini" molto meno "filosofico", ma probabilmente pi vicino alla realt. Come gi aveva visto Epicuro, balza in primo piano innanzitutto l'immagine di un mondo governato dall'ovo yxg, la "costrizione" cosmica che fa impi- gliare gli atomi originari, e dalle ovoyxoi, le singole pressioni che in ogni momento si esercitano su tutti i corpi fenomenici. Questa una conce- zione-guida dei meteorologoi e dei medici del V sec. a.C., oltre che dei magoi. La ricerca delle cause in fondo la ricerca delle o voyxoi che producono e condizionano i corpi e i fenomeni. Su questo sfondo si delinea anche un'altra concezione dell'atomo, meno matematizzante e astratta: esso si configura come il corpuscolo resistente a qualsiasi o voyxg che garantisce perci la persistenza stessa dell'universo al di l del continuo dissolversi di corpi e di mondi. L'atomo un "individuo" invulnerabile, ma, come l'homo naturalis dei Sofisti, poco sociale e poco incline all'aggregazione. Le imma- gini della stasis precosmica fra corpuscoli di forme e tendenze differenti presenti nel resoconto aristotelico su Democrito sono parallele a quelle dei primi uomini vaganti in solitudine nella vulgata della Kulturentstehung, ma richiamano anche la situazione politica conflittuale della Grecia nell'ultimo terzo del V sec. a.C. Le aggregazioni si creano solo per effetto di o vo yxoi che fanno impigliare i corpuscoli gli uni con gli altri. A questo punto entra in scena il grande vuoto reminiscenza di cosmogonie orfiche, che, lungi dall'avere la funzione di dividere, produce invece una maggiore aggrega- zione e favorisce in definitiva il crearsi di un'altra ovoyxg, il vortice co- smico. All'interno di questo vortice si sviluppa il gioco di costrizioni che genera e dissolve. I vuoti, con le loro forme e posizioni, sono altrettanto determinanti quanto gli atomi per il grado di persistenza, di resistenza e di interazione reciproca dei vari corpi. Su questi presupposti si comprende perch Democrito e Leucippo ponessero il vuoto e il rado sullo stesso piano del corpo e del solido. Il mondo cos un insieme di aggregati po- rosi, instabili, esposti a continue costrizioni, a continui flussi e influssi. Dietro a questa visione fondamentalmente ansiogena dei corpi stanno concezioni mediche e magiche: l'instabilit dei corpi e la loro predisposi- zione alla malattia costituiscono i presupposti basilari della medicina e la loro influenzabilit e alterabilit un motivo-guida delle operazioni cosid- dette magiche. Vista su questo sfondo la dottrina atomistica assume un nuovo aspetto e l'atomo si configura non pi come la grandezza ultima derivata da una teorica divisione all'infinito, ma come il corpuscolo per- Capitolo settimo 321 fetto che si sottrae alle regole che governano gli altri corpi, immune all'al- terazione, alla malattia, a qualsiasi influsso esterno o squilibrio interno. Un corpo di tal genere, che non assomiglia a nessuno di quelli che vediamo per lo pi invisibile, ma non necessariamente sempre. Come i simulacri che generalmente si aggirano per l'aria invisibili, ma talvolta si manife- stano, cos masse di atomi che si muovono spasmodicamente divengono visibili agli occhi di chi sa osservare se illuminate da un raggio di sole. Il dogma dell'invisibilit dell'atomo stabilito dalla tradizione filosofica e la ferrea logica in cui stata imprigionata la dottrina atomistica ha impedito un'interpretazione conseguente di alcuni testi (compresa la descrizione della dottrina democritea dell'anima nel De anima aristotelico) che fanno intravvedere questa possibilit. Se cos invece , anche la dottrina atomi- stica pu essere vista sotto una nuova luce, pi vicina all'osservazione dei fenomeni fisici e meno condizionata da presunti dibattiti filosofici a di- stanza. Le particelle del pulviscolo, invisibili in normali condizioni, pic- cole, compatte, mobili e in lotta tra loro, si prestavano particolarmente ad essere assunte come fondamenti eterni e come protagoniste della scena cosmogonica e cosmologica. Lo scopo di Leucippo e Democrito, come quello dei meteorologoi loro contemporanei descritti da Gorgia nell'Encomio di Elena, per non la contemplazione solitaria degli o ovg , ma la loro visualizzazione per un pubblico di specialisti e di profani colti. Il passaggio dai fenomeni all'invisibile e la ricerca delle cause presso i meteorologoi si inseriscono in questo clima di interazione con le technai e con i loro assunti e metodi e si chiariscono attraverso il confronto in particolare con i testi ippocratici. I medici sono i grandi avversari del caso. Il caso non esiste per lo specialista perch anche una guarigione casuale ha in realt una causa: l'applicazione inconsapevole di principi dell'arte medica. Ogni fenomeno pu essere quindi ricondotto alla sua causa nascosta dall'occhio acuto e dal giudizio dello specialista che, esercitato a riconoscere i segni giusti e ad interpretarli nel modo giusto, va al di l delle apparenze e vede ci che ai profani rimane nascosto. Questo un principio-guida dei medici come di Leucippo e Democrito. Sia gli uni che gli altri si avvalgono della scelta e dell'interpretazione di quei segni che rimandano all'invisibile. Il procedi- mento analogico, che mette in relazione fenomeni di ambiti diversi, ab- bondantemente presente nelle testimonianze sull'atomismo antico, rivela una fitta rete di immagini provenienti dall'ambito delle technai. Sullo sfondo dei testi ippocratici e della pratica medica risulta pi chiaro anche il rapporto gerarchizzato fra gli organi di senso e il giudizio (definiti poi globalmente come yveg oxotig e yvgoig) in Democrito. Quest'ultimo, da meteorologos tutto teso alla theoria, istituisce un primato della yveg yvgoig perch quella che in definitiva permette di "vedere" nel "pi piccolo", di valutare le ai otri fornite dagli organi di senso. Nei testi ippocratici questi Atomismo antico e contesto culturale 322 ultimi sono invece posti sullo stesso piano della yveg non solo perch ai fini pratici essi sono preziosi strumenti diagnostici e pronostici, ma anche e soprattutto perch il medico ha dietro di s una lunga pratica all'affina- mento e all'esercizio corretto dei sensi e non ha quindi alcun motivo di sfiducia. I confronti col Corpus hippocraticum permettono di chiarire anche la misura del presunto scetticismo democriteo. I medici usano espressioni apparentemente scettiche sulla possibilit di individuare le malattie e di curarle soprattutto per sottolineare la difficolt dell'impresa con cui sono confrontati e la loro abilit nel superarla. Le dichiarazioni scettiche si inse- riscono dunque in un quadro ottimistico e autocelebrativo. Alla luce del confronto con questi testi risulta pi chiara anche la doppia immagine di Democrito rimandata dalle testimonianze antiche: di sensista e di scettico. Essa deriva in realt dall'estrapolazione di una o dell'altra affermazione da un contesto globale che sottolineava s la difficolt di conoscere "il pi piccolo" e l'invisibile, ma solo per ribadire la propria capacit di superarla. Se i testi ippocratici sono un supporto fondamentale per l'interpreta- zione dell'atomismo antico, rimane da chiarire il tipo di rapporto che lega questi due fenomeni nel panorama culturale degli ultimi decenni del V sec. a.C. Il discorso della dipendenza unilaterale dei medici dal "filosofo" ormai basato su vecchi schemi di superiorit della "filosofia" che non hanno pi ragione di essere. Piuttosto il rapporto va verificato a livello di casi singoli. Spesso anche ci che sembra una dipendenza evidente si rivela all'esame dei fatti semplicemente una analogia scaturita da un so- strato culturale comune. Talvolta, invece, come nel caso della trattazione dei succhi, molto pi probabile che la dipendenza sia inversa, che cio Democrito abbia preso spunto dalle trattazioni mediche per formulare le sue dottrine. La dietetica infatti una caratteristica peculiare non della meteorologia, ma della medicina dell'ultimo terzo del V sec. a.C. Si tratta di spunti che dovranno essere tenuti presenti nelle future ricerche su De- mocrito e che possono aprire nuovi scenari interpretativi al di l delle consuete questioni sull'indivisibilit dell'atomo. Sintesi generale Il quadro tracciato in questo lavoro che riguarda soprattutto l'indivi- duazione della presenza di Democrito nella tradizione platonica nelle sue varie fasi, si presenta molto complesso, discontinuo e soprattutto, talvolta, tracciabile solo a livello ipotetico. Dell'Accademia, nei vari periodi della sua evoluzione, rimasto poco e ci si deve accontentare di individuare tendenze e interpretazioni dell'atomismo antico che in essa sicuramente si erano sviluppate nel corso dei secoli, attraverso la filigrana di autori che con questa polemizzano, come Aristotele, o che rappresentano delle sue argomentazioni e delle sue dottrine solo una sbiadita immagine, come Cicerone. Pur avendo a che fare quasi sempre con testimonianze indirette, si pu tuttavia istituire, nel confronto fra i testi, una rete di connessioni e di corrispondenze che finisce per delineare un sentiero interpretativo per lo meno verosimile. Si profila cos una ricezione dell'atomismo nell'Accademia antica, soprattutto da parte degli allievi di Platone, che inserisce le dottrine di Leucippo e Democrito nei dibattiti correnti all'interno della scuola artico- lati principalmente su due punti: la soluzione delle presunte aporie eleati- che, che negherebbero la molteplicit in quanto introdurrebbe il non es- sere e condurrebbe ad una divisibilit all'infinito dell'essere, e la conseguente ricerca dei veri principi attraverso il metodo di sottrazione dai corpi agli oggetti matematici fino ai primi principi, l'uno e la diade indefinita. Si tratta di due punti la cui trattazione da parte degli allievi di Platone ben documentata sia nei testi aristotelici, che li citano soprat- tutto a scopi polemici, sia in generale nelle testimonianze antiche. Ri- guardo alle dottrine accademiche e alla soluzione delle aporie eleatiche in esse formulate si possono fissare alcuni punti sicuri e rilevanti ai fini di una certa presentazione dell'atomismo offerta in alcuni testi aristotelici: 1. Gli Accademici davano ragione agli Eleati che, se si ammetteva la genesi, era necessario introdurre il non essere, ma ritenevano quest'ultimo non una negazione, bens un "altro dall'essere", sulla falsariga del Sofista platonico. Essi lo individuavano nella diade indefinita, il secondo princi- pio, una delle cui manifestazioni fisiche era il vuoto. Si tratta di una tesi cui Aristotele fa esplicito riferimento nella Metafisica e nella Fisica. 2. Senocrate, in particolare, aveva corretto le presunte definizioni eleatiche dell'essere distinguendo quest'ultimo dall'uno e giustificando cos Sintesi generale 324 la molteplicit. Essere corrispondeva al tutto divisibile e molteplice (risul- tante dalla congiunzione fra uno e diade indefinita), uno all'unit indivisi- bile e parte (che ordina i vari livelli dell'essere). Su questi concetti univer- sali fondava la sua teoria della linea indivisibile in assoluto, limite ultimo e unit di misura dello spazio, e degli indivisibili relativi (in quanto misure e riflesso dell'uno) ad ogni livello dell'essere fino ai corpi. Gli indivisibili contro cui Aristotele combatte sono principalmente e soprattutto quelli di Senocrate e, solo, talvolta, per riflesso, quelli degli atomisti antichi. 3. Su questi presupposti e sulla metodologia impostata da Platone nel Timeo, si procedeva alla definizione dei principi col metodo di sottrazione dal corporeo all'incorporeo superando quelle dottrine (anche quelle ato- miste) che si erano fermate ai corpi. Lo schema oppositivo accademico fra i sostenitori dei principi corporei e quelli dei principi incorporei accennato nel Sofista ben documentato anche nell'opera aristotelica. Aristotele pro- pone inoltre anche uno schema rovesciato in cui gli atomisti sono supe- riori a Platone e agli Accademici verosimilmente proprio per contrastare la tendenza opposta nella scuola platonica. Ad una polemica esplicita degli Accademici (i cosiddetti Pitagorici, nella fattispecie Senocrate) contro gli Atomisti, accenna un passo di Sesto Empirico che riporta materiale antico e autentico. Gli atomisti vengono lodati perch hanno posto principi intellegibili, ma biasimati perch hanno posto a fondamento del mondo dei corpuscoli indivisibili ed eterni che, in quanto corpi, tali non possono essere. I veri principi infatti non stanno nel corporeo, ma negli enti mate- matici intellegibili governati in ultima analisi dall'uno, il principio dell'or- dine e del finito e dalla diade indefinita, il principio del disordine e dell'in- finito. 4. Nella definizione dei principi rientra anche quella del "minimo privo di parti" (roiotov xoi orr ) come unit pi piccola di una divisione finita, riflesso dell'uno e, in quanto tale, misura delle grandezze ad essa omogenee. Tale definizione chiaramente attribuita all'avversario (Senocrate) dall'autore del trattato Sulle linee indivisibili per il quale essa sarebbe stata estesa a tutti i gradi dell'essere fino ai corpuscoli elementari. Ci sono buone ragioni per ritenere che egli abbia riprodotto abbastanza fedelmente la dottrina senocratea che contemplava, a detta di testimo- nianze tarde rispecchiate anche in alcuni brani aristotelici, tesi corpusco- lari. Il corpuscolo minimo privo di parti risultante da una divisione finita comunque per Senocrate indivisibile solo relativamente in quanto "unit di misura" del corporeo, ma non in assoluto. In base a questa concezione anche l'atomo e il corpuscolo potevano essere interpretati come roioto xoi o rg e criticati di conseguenza in quanto assunti non come minimi relativi, ma assoluti. Questi quattro punti sono fondamentali per comprendere il sostrato di una certa rappresentazione dell'atomismo che Sintesi generale 325 emerge talvolta in Aristotele e che si basa proprio su una visione condi- zionata dalle problematiche suddette e dalle loro soluzioni. Innanzitutto il modello di derivazione dagli Eleati che Aristotele pre- senta in De generatione et corruptione A 8 basato su uno schema di concor- danza coi concetti basilari di essere e non essere degli Eleati e su una so- luzione simile a quella accademica: accordo con gli Eleati sulla necessit di introdurre un non essere per spiegare il movimento, ridefinizione di questo non essere come un essere "debole", diverso dall'essere vero e proprio, e dell'essere come molteplicit di unit ciascuna simile all'essere eleatico. Le uniche attestazioni di una possibile allusione agli Eleati da parte di Leucippo e Democrito non presentano "concessioni" di questo tipo, ma piuttosto un attacco fortemente polemico alla distinzione fra essere e non essere identificati dagli atomisti non semplicemente come atomi e vuoto, ma anche, secondo le concezioni correnti al tempo, come corpo solido e rado e considerati assolutamente equivalenti (in quanto ambedue funzionali alla produzione delle caratteristiche specifiche dei fenomeni) e non in rapporo gerarchico di maggiore o minore esistenza. Il logos sugli indivisibili di De generatione et corruptione A 2 derivato dal tentativo di soluzione della presunta aporia zenoniana sulla divisibilit all'infinito d'altra parte una ricostruzione aristotelica che offre due modelli di soluzione correnti: quello logico, basato probabilmente su logoi accademici, e quello fisico, in cui Aristotele stesso presta a Democrito le argomentazioni corrispondenti. L'allusione esplicita ai corpuscoli democritei come ro ioto xoi o - rg si incontra assai raramente nei testi aristotelici e solo nel caso in cui gli atomi vengano confrontati con gli indivisibili senocratei o inseriti in una trattazione generale degli indivisibili per essere poi confutati con le stesse argomentazioni di cui Aristotele si serve contro gli Accademici. I resoconti di Aristotele di carattere espositivo, soprattutto il fram- mento dell'opera specifica su Democrito riportato da Simplicio nel com- mento al De caelo, descrivono invece in altri termini il corpuscolo de- mocriteo. Le sue caratteristiche principali sono la compattezza e la solidit che ne garantiscono l'eternit. La piccolezza messa in rilievo unicamente per giustificarne l'invisibilit. In realt i corpuscoli sono di grandezze di- verse ed hanno forme "innumerevoli" e sono concepiti soprattutto per comporre una infinit di fenomeni. L'irregolarit delle forme e la loro infinita diversit fanno pensare ad una dottrina che parte dai corpuscoli per "comporre" dei corpi fisici reali piuttosto che dal concetto teorico di corpo per arrivare a stabilire, attraverso un procedimento afairetico di tipo matematico, una unit minima e indivisibile. Se in alcuni punti Aristotele si servito anche di concetti e di inter- pretazioni dell'Accademia per rappresentare le dottrine di Leucippo e Sintesi generale 326 Democrito, egli ha tuttavia restituito, proprio per il suo particolare inte- resse storico nei confronti degli autori che leggeva, anche una rappresen- tazione diversa, probabilmente molto pi vicina alla realt, dell'atomismo antico. A questa tradizione aristotelica, ripresa da Teofrasto, si richiama anche la maggioranza delle interpretazioni successive dell'atomo demo- criteo a cominciare da Epicuro stesso. L'interpretazione epicurea tutta- via una specie di sintesi delle due versioni dell'atomismo ora presentate. Se da una parte infatti utilizza i dati e la rappresentazione fisica aristotelica dell'atomismo antico in funzione antiaccademica, integra nel contempo la concezione del corpuscolo con i minimi privi di parti, misura dell'atomo. Epicuro criticava Democrito non tanto per la definizione dell'atomo quanto piuttosto per i dettagli della cosmogonia e per il determinismo, implicito, secondo lui, nel sistema democriteo. Ad una interpretazione dell'atomismo antico vicina a quella aristote- lico-teofrastea, si richiamava anche la tradizione stoica, forse gi con gli allievi di Zenone. Essa riprende la concezione dell'atomo indivisibile per la solidit e sviluppa una sua critica, diretta nel contempo anche e soprat- tutto contro l'epicureismo, basata sulla mancanza di un dio, fattore attivo e provvidenziale, che plasma la materia passiva. Degli atomi privi di qua- lit e assolutamente solidi non possono formare da s dei corpi e tanto- meno un universo ordinato. Lo stoicismo tardo, probabilmente di matrice posidoniana, riprende questa tradizione ampliandola con una classifica- zione delle varie forme di atomismo e corpuscolarismo divenuta poi la "vulgata". In questa classificazione Democrito ed Epicuro compaiono accomunati nella assunzione di un atomo solido e compatto e distinti da coloro che invece assumono corpuscoli ulteriormente divisibili con la mente. Nell'et ellenistica l'atomismo antico comunque sempre strettamente legato a quello epicureo e viene, alla luce di quest'ultimo, interpretato e criticato. Particolarmente interessanti sono quei pochi testi che presentano invece una diaphonia nella concezione dell'atomo fra Leucippo (De- mocrito) ed Epicuro e attribuiscono all'uno un atomo indivisibile per la piccolezza, all'altro una definizione di indivisibile per la solidit. Si tratta di un contesto funzionale ad una confutazione dell'atomismo in generale di cui emergono qua e l brandelli in testi separati fra loro anche da una notevole distanza cronologica, ma tenuti insieme da tematiche e strutture argomentative simili che si possono, nella loro globalit far risalire all'Ac- cademia scettica. Curiosamente riemerge, proprio nel contesto della tradi- zione platonica, se pure nelle profonde modifiche subite dopo Arcesilao, una interpretazione dell'atomo quale verosimilmente era stata formulata nell'Accademia antica. Ma si tratta di una analogia che non dice nulla sulla trasmissione e sulle fonti. Le critiche correlate alla rappresentazione Sintesi generale 327 dell'atomo di Leucippo indirizzano piuttosto verso un peripatetico sui generis come Stratone di Lampsaco, ma, a questo punto, dobbiamo rico- noscere che ci si trova davanti ad un fantasma. Con Stratone, che pure doveva aver giocato un ruolo importante nella filosofia del primo elle- nismo, la storia stata avara per lo meno quanto con gli Accademici al- lievi di Platone e con l'Accademia di mezzo. L'interpretazione dell'atomo degli atomisti antichi come minimo privo di parti non finisce la sua storia confluendo nelle raccolte dossografiche. E' ancora una volta la tradizione platonica a riprendere dalla dossografia e a ricontestualizzare questa immagine. Gli autori Neoplatonici, probabil- mente gi Porfirio, utilizzano la diaphonia fra Epicuro e gli atomisti per commentare testi aristotelici critici nei confronti degli indivisibili accade- mici. Gli atomisti antichi, secondo questa interpretazione, avrebbero so- stenuto degli atomi indivisibili per la piccolezza e privi di parti oltre che impassibili. Epicuro, in seguito alle critiche mosse all'indivisibile privo di parti da Aristotele, avrebbe modificato tale concetto dell'atomo conside- randolo solo impassibile, ma non minimo privo di parti. Per i Neoplato- nici questa rappresentazione aveva il vantaggio di dirottare su Leucippo e Democrito quelle critiche che Aristotele invece aveva diretto contro Se- nocrate e gli indivisibili accademici. Come si vede, dunque, la continuit di questa tradizione sull'ato- mismo di marca platonica solo apparente. Se esiste un collegamento fra l'interpretazione dell'Accademia scettica e quella riemergente negli autori neoplatonici, essa sicuramente mediata dalla dossografia, mentre , an- cora una volta, impossibile trovare un filo che leghi fra loro le due fasi dell'Accademia. E' inutile dire che tutte queste interpretazioni dell'atomo degli atomisti antichi poco o nulla fanno trapelare dell'originale. Se le interpretazioni antiche non aiutano molto a comprendere la vera natura dell'atomo e della dottrina atomistica in generale, bisogna rivolgersi ai resoconti pi descrittivi, ai frammenti rimasti degli atomisti, ai testi loro contemporanei e al contesto sociale, politico, religioso in cui essi hanno vissuto. Se si parte dalla lingua e soprattutto dalle immagini leucippee e democritee che affiorano qua e l nei frammenti e nelle testimonianze, abbiamo un quadro meno "matematico" e pi "medico", pi "politico" e in fondo anche pi "letterario" dell'atomo. Il nucleo centrale intorno a cui ruotano queste immagini non infatti il problema della divisibilit, ma quello della deperibilit e della alterabilit dei corpi, della loro influenzabi- lit reciproca e dunque della loro estrema precariet. In ogni momento essi si trovano al centro di potenti influssi che li penetrano impercettibil- mente alterandone l'equilibrio: la sensazione stessa una sorta di malattia, come del resto lo la generazione. Questo perch i corpi sensibili sono Sintesi generale 328 "porosi" contengono cio dei vuoti pi o meno grandi che favoriscono l'azione delle o vo yxoi e hanno anch'essi ruolo altrettanto importante degli atomi nella produzione dei fenomeni. Un "grande vuoto", un'imma- gine che richiama nel contempo il grande abisso cosmogonico delle cosmogonie arcaiche e l'utero degli scritti ippocratici, quello in cui si genera il cosmo. I piccoli vuoti e le loro forme determinano d'altra parte anch'essi certe caratteristiche e una maggiore o minore instabilit e vulne- rabilit dei corpi. La persistenza dell'universo non pu dunque essere garantita da corpi quali noi li vediamo. Il corpo eterno deve essere un individuo "adamantino" privo di "pori", compatto, solido, inattaccabile e "non tagliato, inviolato". L'atomo questo individuo per natura mosso, come gli uomini, da spinte centrifughe e restio all'aggregazione. La forza dell'ovo yxg cosmica lo fa impigliare e lo trascina in un vortice con gli altri simili, ma, nel momento in cui altre ovoyxoi pi forti irrompono o fanno pressione sull'aggregato, l'atomo si libera e fugge. La storia del mondo, delle sue componenti, dei fenomeni una storia di o vo yxoi, di aggrega- zioni costrette, di liberazioni di atomi che Democrito, come i meteorologoi, e in parte anche i medici del suo tempo, narra con immagini estremamente vivide e "visualizza" aprendo al suo pubblico una finestra sull'invisibile. I tempi sono maturi perch si presti un po' pi di attenzione anche a questo Democrito "visionario" e "pastore di racconti". Bibliografia Edizioni di testi degli atomisti antichi Alfieri, V. E. (1936), Gli Atomisti, Bari 1936. Lur'e, S. J. (1970), Demokrit: Texty, Perevod, Issledovanija-Democritea: collegit, emendavit, interpretatus est S. J. Luria, Leningrad 1970. Lbl, R. (1989) Demokrit. Texte zu seiner Philosophie. 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Wendland) 445b 27, 122,21 272 n. 195 449a 5, 172,28 272 n. 195 De mixtione (ed. Todd) 213,18 82 n. 77 213,18-214,6 75 n. 51 Quaestiones (ed. Bruns) 2,23, II,72,28 290 n. 37 Alexander Aphrodisiensis ap. Simpl. In De cael. 299b 23, 576,5 106 n. 139 Alexander Aphrodisiensis ap. Simpl. In Phys. 202b 36, 454,23-29 178 n. 31 187a 1, 130,10 271 n. 193 Ps. - Alexander Aphrodisiensis In Aristotelis Metaphysicorum libros commentaria (ed. Hayduck) 1053a 14, 610,24-32 265 n. 175 1056b 28, 631,8-11 263 n. 161 1083b 1, 766,31-34 271 n. 193 1084 b 23, 775,28 195 n. 26 Albertus Magnus De Lapidibus 1,1,4 290 n. 37 Ambrosius Hexaemeron (ed. Migne) 1,2,7 (P. L. 14,125 C) 245 n. 92 Ammonius In Aristotelis Categorias commentarium (ed. Busse) 4b 20, 54,4-9 98 n. 122 5a 3, 58,10-11 98 n. 122 In Porphyrii Isagogem (ed. Busse) Prooem. 7,13ss. 92 n. 105 Anaxagoras (59 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 41 159 n. 166 A 61 137 n. 91, 181 n. 43 Indice dei passi 352 A 74 296 n. 58 B 1 127 n. 61, 151 B 3 127 n. 61 B 4 284 n. 21 B 6 284 n. 21 B 7 284 n. 21 B 8 208 n. 78, 284 n. 21 B 9 284 n. 21 B 12 284 n. 21 B 13 284 n. 21 B 16 284 n. 21 B 17 186 n. 53, 284 n. 21 B 21a 299 n. 66 Anaximander (12 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 17 44 n. 14 Anaximenes (13 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 20 304 n. 90 Anonymus Prolegomena in Platonis Philosophiam (ed. Westerink) 5,1-46 50 n. 45 10,1ss. 89 n. 99 11,27 94 n. 110 Anonymus Iamblichi (89 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) 6 283 n. 18 6,1 289 n. 36 Antisthenes Rhodius Fragmenta (ed. Jacoby) FGrHist 508 F 14 51 n. 50 Antiphon (87 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 1 311 n. 112 B 3-5 10 n. 34 B 11 10 n. 34 B 14-15 10 n. 34 B 17-19 10 n. 34 Apollodorus Atheniensis Ap. Diog. Laert. 9,34s. 45 n. 17 10,13 5 n. 11 Apuleius De deo Socratis 20 290 n. 40 Archimedes Peri; tw'n mhcanikw' n (ed. Heiberg) II,428,26 39 n. 151 Archilochus Fragmenta (ed. West) 128,6s. 203 n. 52 Ps. - Archytas In Aristotelis Categoriarum Libros commentaria (ed. Szlezk) T 3 97 n. 119 Peri; tou' kaqovlou lovgou (ed. Szlezk) 34,13ss. 97 n. 119 Aristoteles Categoriae 10a 11ss. 100 n. 130 Topica A 10, 104a 3-11 112 n. 10 A 11, 104b 19-22 113 n. 14, 173 n. 20 A 11, 104b 22 122 n. 41 A 11, 104b 32-34 113 n. 15 A 11, 105a 1-9 112 n. 10 A 14, 105a 34-105b 25 112 n. 10 A 14, 105b 16-18 186 n. 54 B 3, 110b 9 141 n. 99 B 3, 110b 11 141 n. 99 B 7, 112b 29 141 n. 99 B 8, 113b 16 141 n. 99 I 6, 119a 34 141 n. 99 I 6, 120a 4 141 n. 100 Z 13, 150b 31 141 n. 100 H 3, 153b 29 141 n. 100 O 1, 156b 18 184 n. 51 O 1, 157a 1 182 n. 46 O 3, 158b 8 141 n. 101 O 5, 159a 26ss. 110 n. 4 O 5, 159b 27 114 n. 16 O 7, 160a 20 141 n. 100 O 14, 163b 4-9 114 n. 19 O 14, 163b 17 114 n. 19 O 14, 164b 16 140 n. 98 Sophistici Elenchi 12, 172b 10s. 121 n. 38 12, 173a 6 121 n. 38 33, 182b 22 132 n. 74 34, 183b 36ss. 113 n. 11 Physica A 2 113 n. 14 A 2, 184b 20 121 n. 39 A 2, 184b 25s. 59 n. 2 Indice dei passi 353 A 2, 185a 33 139 n. 92 A 2, 185b 8 209 n. 82 A 2-3 116 n. 26, 120 n. 36 A 3 136 A 3, 187a 1 133 n. 76 A 3, 187a 1ss. 109 n. 2 A 3, 187a 1-3 127 n. 61 A 4, 187a 36-187b 2 194 n. 23 A 5, 188a 19 146 n. 120 A 5, 188a 22 139 n. 92 A 8, 191a 24-32 134 n. 81 A 8, 191b 31-33 134 n. 81 A 9, 191b 35ss. 114 n. 18 A 9, 191b 36 135 n. 85 B 1, 193a 5ss. 76 n. 55 B 2, 193b 22-37 60 n. 5 B 4, 196a 24ss. 16 n. 62 I 4, 203a 10ss. 124 n. 47 I 4, 203a 16 125 n. 51 I 4, 203a 33 157 n. 158 I 4, 203a 33-203b 1 156 n. 156 I 5, 204b 4ss. 170 n. 15 I 6, 206a 16-18 127 n. 62 I 6, 206a 16-23 175s. n. 25 I 7, 207b 6 209 n. 82 I 8, 208a 14 78 n. 64, 173 n. 19 A 1, 208b 25-209a 1 143 n. 114 A 1, 208b 29-209a 1 112 n. 8 A 2, 209b 6-12 123 n. 45, 126 n. 59, 143 n. 112 A 2, 209b 11 139 n. 92 A 6, 213a 19ss. 63 n. 14 A 6, 213a 27-31 149 n. 131 A 6, 213a 31 123 n. 46 A 6, 213a 32-34 287 A 6, 213b 4-14 122 n. 43, 142 n. 104 A 6, 213b 15 293s. n. 52 A 6, 213b 18-20 152 n. 141, 215 n. 106 A 6, 213b 21-22 152 n. 140 A 6, 213b 22-24 149 n. 131 A 6, 213b 22-27 124 n. 47 A 7, 214a 13 123 n. 45 A 9, 216b 27 294 n. 52 Z 1, 231a 25 209 n. 82 Z 1, 232a 6-11 268 n. 183 Z 1-2 197, 235 n. 54 Z 9, 239b 11-14 127 n. 61 O 3, 253a 32 120 n. 36 De caelo A 5, 271b 9-11 195 n. 25 A 7, 275b 30ss. 156 n. 156 A 10, 279b 32 80 n. 68, 81 n. 76 B 13, 294b 13 304 n. 90 I 1, 298b 15ss. 116 n. 26 I 1, 298b 15-26 62 n. 14 I 1, 299a 2ss. 194 n. 24 I 1, 299a 6-9 178 n. 30 I 1, 299a 17s. 201 n. 49 I 1, 299a 25-30 241 n. 77 I 1, 299b 6 209 n. 82 I 1, 300a 7-12 178 n. 30 I 1, 300a 16-20 241 n. 76 I 2, 300b 9-19 56 n. 65 I 4 30, 211, 281 I 4, 303a 4 221 n. 5 I 4, 303a 5-6 209 n. 86 I 4, 303a 6 156 n. 152 I 4, 303a 8-10 199 n. 37 I 4, 303a 9-11 57 n. 68 I 4, 303a 20-23 194 n. 24, 197 n. 31, 207 n. 70 I 4, 303a 29-303b 3 199 n. 39 I 5, 304a 9-18 189 n. 4, 193 I 5, 304a 14ss. 200 n. 41 I 6 211 I 6, 305a 1-6 77 n. 56, 125 n. 52, 190 n. 10 I 6, 305a 3-4 112 n. 8 I 7, 305b 31-306a 1 238 n. 63 I 7, 306a 5-26 60 n. 6 I 7, 306a 30-35 238 n. 63, 239 n. 65 I 8, 306b 33 294 n. 52 A 2, 308b 29 64 n. 20 A 2, 308b 36 241 n. 77 A 2, 309a 2ss. 64 n. 19, 210 n. 89 A 6, 313a 16 304 n. 94 De generatione et corruptione A 1, 314a 17s. 121 n. 39 A 2 30, 39, 110s., 56, 128s., 137, 165-187 pass., 263 A 2, 315b 6ss. 232 n. 49 A 2, 315b 11 215 n. 107 A 2, 315b 13-15 157 n. 160 A 2, 315b 24-30 209 n. 86 Indice dei passi 354 A 2, 315b 28 169 n. 9 A 2, 315b 28-316a 14 169 A 2, 315b 32-316a 4 210 n. 90 A 2, 315b 33-34 241 n. 75 A 2, 316a 2-4 241 n. 76 A 2, 316a 5 78 n. 64, 166 n. 1 A 2, 316a 11ss. 207 n. 70 A 2, 316a 11-12 169 n. 10 A 2, 316a 14-23 174 n. 21 A 2, 316a 15-29 173 A 2, 316a 15-b 19 167 n. 7 A 2, 316a 17-19 172 n. 18 A 2, 316a 22s. 172 n. 18 A 2, 316a 23-34 177 n. 29 A 2, 316a 29 174 A 2, 316a 30-b 16 177 A 2, 316a 34ss. 174 n. 23 A 2, 316a 34-b 2 180 n. 35 A 2, 316b 1 178 A 2, 316b 2-5 181 n. 40 A 2, 316b 18-35 183 A 2, 316b 20-34 167 n. 7 A 2, 316b 21-27 183s. n. 50 A 2, 316b 29-34 172 A 2, 317a 2-12 176 n. 26 A 3, 318b 19 149 n. 131 A 5, 320b 33 139 n. 92 A 6, 322b 13 157 n. 159 A 8 25, 37 n. 148, 56, 109-164 pass., 186, 216 A 8, 324b 35 118 n. 31 A 8, 324b 35-325a 2-30 110 A 8, 325a 2-23 110 A 8, 325a 17-23 120 A 8, 325a 23-30 140 A 8, 325a 23-b 11 137, 139s. n. 93 A 8, 325a 29 217 n. 111 A 8, 325a 30 185 A 8, 325a 30-b 11 155 A 8, 325a 32-325b 5 117 n. 30 A 8, 325b 3-5 215 n. 106 A 8, 325b 5-11 190 n. 10 A 8, 325b 17-19 209 n. 87 A 8, 325b 22-25 190 n. 9 A 8 325b 25-30 209 n. 81, 210 n. 89 A 8, 325b 25-33 56 A 8, 325b 32 139 n. 92 A 8, 326a 1ss. 207, 225 n. 23 A 8, 326a 4ss. 216 n. 109 A 8, 326a 9 139 n. 92 A 8, 326a 13-14 216 n. 110 A 8, 326a 21 210 n. 89 A 8, 326a 24-29 185 n. 52 A 8, 326a 31-33 156 n. 156 A 9 211 A 9, 327a 6 177 n. 28 A 10, 327b 13-22 181s. n. 44 A 10, 327b 33ss. 194 n. 22 B 7, 334a 26-30 194 n. 23 Meteorologica A 8, 345a 25 303 n. 87 De anima A 2, 404a 1-21 57, 262 n. 160, 293 n. 50 A 2, 404a 2 207 n. 69 A 4, 408b 32 196 A 4, 409a 10-15 196 n. 29 A 5, 409b 2-4 17 n. 67 De sensu 3, 440a 31-440b 4 194 n. 22 6, 445b 8-15 198 n. 33 6, 445b 11-13 225 n. 24 6, 445b 15-21 198 n. 34 Historia animalium Z 5, 563a 6 139 n. 92 De partibus animalium A 1, 640b 29 319 n. 136 De generatione animalium B 4, 746a 19 7 n. 15 Metaphysica A 3, 983b 21 139 n. 92 A 3, 984a 11-13 121 n. 39 A 4 159 n. 165, A 4, 984b 23-31 112 n. 8 A 4, 985a 3ss. 112 n. 8 A 4, 985b 4 147 n. 121, 217 n. 111 A 4, 985b 7 210 n. 92 A 5, 987a 3-5 62 n. 14 A 5, 987a 20-21 55 n. 61 A 6, 987a 29ss. 54 A 6, 987b 10ss. 54 n. 59 A 8, 989a 21 139 n. 92 A 8, 989a 30ss. 170 n. 13 A 8, 989a 30-b 4 181 n. 43 A 8, 989a 30-b 21 112 n. 8, 137 n. 91 A 8, 990a 12-14 241 n. 77 A 9, 991a 14 181 n. 41 A 9, 992a 19-24 178 n. 31 Indice dei passi 355 A 9, 992a 24-29 60 n. 3, 76 n. 55 A 9, 992b 18-993a 10ss. 60 n. 4 B 3, 999a 1 209 n. 82 B 4, 1001a 9-19 144 n. 115, B 4, 1001b 7 179 n. 33, 209 n. 82 B 5, 1001b 32-1002a 12 63 n. 16 B 5, 1002a 4-6 178 n. 30 B 5, 1002a 18-25 240 n. 72 B 5, 1002a 32 241 n. 76 B 6, 1002b 4 209 n. 82 I 4, 1006a 2 169 n. 12 I 5, 1009a 22 146 n. 119, 148 n. 123 I 5, 1009a 28 217 n. 111 I 5, 1009b 7 313 n. 117 I 5, 1009b 11 20 n. 89 I 5, 1010a 1-3 62 n. 14 A 3, 1014a 31-34 209 n. 87 A 3, 1014b 4-6 209 n. 83 A 3, 1014b 8 209 n. 82 Z 2, 1028b 16 64s. n. 21 Z 2, 1028b 19ss. 71 n. 39 Z 13, 1039a 7-14 156 n. 152, 196 n. 27, 206 H 2, 1042b 11-15 156 n. 156 I 1, 1052b 31ss. 209 n. 84 I 1, 1053a 1 209 n. 82 I 1, 1053a 10 209 n. 82 I 1, 1053a 20-24 223 I 3, 1054a 21 209 n. 82 K 2, 1060b 12 178 n. 30 K 3, 1061a 28-1061b 7 201 n. 49 A 6, 1071b 31 142 n. 106 A 6, 1071b 31-37 56 n. 64 M 4 77 n. 58 M 4, 1078b 12ss. 54s. M 4, 1078b 19 55 n. 63 M 4, 1078b 19-21 63 n. 17, 66 n. 25 M 4, 1078b 21 293 n. 52 M 6, 1080b 6 85 n. 86 M 6, 1080b 30-32 85 n. 86 M 8, 1083b 11-19 241 n. 76 M 8, 1084b 27ss. 195 M 9, 1085a 31-34 178 n. 30 M 9, 1085b 16 209 n. 82 N 2, 1088b 35-1089a 6 112 n. 6 114 n. 18, 135 n. 83, 143 n. 111 N 2, 1089a 1ss. 136 n. 88 N 2, 1089a 3 4 n. 7 N 3, 1090b 5-7 178 n. 30 N 3, 1090b 21-29 81 n. 73 N 3, 1090b 28 194 n. 24 N 4, 1091a 23-29 81 n. 76 Rhetorica B 24, 1402a 3-6 134 n. 82 Fragmenta (ed. Rose) 28 80 n. 70 193 290 n. 40 201 124 n. 47 208 14 n. 53, 16 n. 62, 37 n. 148, 65 n. 22, 140 n. 95, 142 n. 107, 146 n. 118, 156 nn. 152, 157, 185s. n. 53, 201 n. 47, 206 n. 65, 212 n. 94, 215 n. 105, 282 n. 14, 288 n. 33 Fragmenta (ed. Ross) De ideis 5 181 n. 42 De Bono 2 209 n. 85 [Aristoteles] De lineis insecabilibus 27 n. 119 968a 2 237 n. 61 968a 2-9 191 n. 14 968a 9-14 169 n. 10 968a 16-18 192 n. 15 De Melisso, Xenophane et Gorgia 976b 12-18 143s. n. 114 979a 13-18 120 n. 35 980a 3-9 114 n. 17, 125 n. 55 Indice dei passi 356 Problemata 903a 7 296 n. 58 938b 24-27 152 n. 140 Aristophanes Aves 567 213 n. 95 695 286 n. 29 Equites 246 203 n. 57 Pluto 1142 213 n. 95 Thesmophoriazousai 956 202 n. 51 Aristoxenus Fragmenta (ed. Wehrli) 30 52 n. 53 52b 48 n. 36 54a 48 n. 36, 52 n. 53 54b 48 n. 36 56 48 n. 36 67 52 n. 52 131 49 n. 40 Asclepius In Aristotelis Metaphysicorum libros A-Z commentaria (ed. Hayduck) 985b 4, 33,9 148 n. 123 Augustinus Epistulae (ed. Migne) 118,28 (P. L. 33,II, 445) 262 n. 157 Sermones (ed. Migne) 362,20 (P. L. V,2, 1624s.) 262 n. 157 Basilius Caesarensis Hexaemeron 3 A 266 n. 176 Caelius Aurelianus De morbis acutis 1,14,106 8 n. 27, 253 n. 122 3,14,112ss. 7 n. 16 3,15,120 7 n. 16 Callimachus Fragmenta (ed. Pfeiffer) 456 10 n. 34 Carneades Fragmenta (ed. Mette) F 1, 72,26ss. 230 n. 43 F 3, 80,2-3 230 n. 42 F 3, 81,30 230 n. 42 F 5, 85,67ss. 227 n. 29 F 8a, 93,24 226 n. 26, 230 n. 42 Celsus De medicina 2,6,13s. 9 n. 31 Chalcidius In Timaeum (ed. Waszink) 101,19ss. 80 n. 70 283,17-284,8 82 n. 77 Chamaileon Fragmenta (ed. Wehrli) 4 52 n. 53 Cicero Academica 1,2,6 94 n. 111 1,4,16 229 n. 36 1,7,27-29 226 n. 28 1,12,44 20 n. 88, 229 n. 36 1,12,46 251 n. 118 2,23,73 20 n. 87 2,23,74 229 n. 36 2,27,87 227 n. 29 2,37,118 21 n. 92 2,38,121 14 n. 52, 249 n. 107, 250 n. 111 2,40,125 228 n. 33 De divinatione 1,37,80 23 n. 97 De Fato 10,22 21 10,23 254 n. 127 20,46 254 n. 126 De finibus 1,6,17 229 n. 37, 245 n. 87 1,6,18 227 n. 32 1,6,20 251 n. 113 1,6,21 229 n. 37 De natura deorum 1,23,65 226 n. 27 1,24,66 250 n. 109 1,24,67 250 n. 110 1,26,73 229 n. 37 1,32,90 256 n. 131 1,33,93 229 n. 37 1,39,110 227 n. 31, 229 n. 38 Indice dei passi 357 1,43,120 229 n. 37 2,2,4 23 n. 97 2,37,93 245 n. 87 2,37,93s. 227 n. 32 3,12,29 226 n. 26, 230 n. 42 3,13,32 230 n. 42 De oratore 1,11,49 20 n. 90 2,46,194 23 n. 97 2,58,235 13 n. 48 3,18,67 88 n. 98 Hortensius (Fragmenta) (ed. Straube-Zimmermann) 53 7 n. 18 Orator 20,67 20 n. 90 Tusculanae disputationes 1,18,42 245 n. 87 1,34,82 7 n. 19 5,36,104 48 n. 37 Clemens Alexandrinus Paedagogus 1,94 7 n. 14 Protrepticus 6,68,5 23 n. 97 Stromata 1,14,64,2 19 n. 78, 161 n. 171 4,23,149,3 23 n. 97 5,13,87 290 n. 40 5,14,101,4 23 n. 97 6,18,168 23 n. 97 Corpus Hippocraticum Aphorismi (ed. Jones; Littr) 1 (98,1 Jones = IV,458 Littr) 312 n. 114 De aeribus aquis et locis (ed. Jouanna; Littr) 19,5 (235,4 Jouanna = II,72 Littr) 282 n. 14 De arte (ed. Jouanna; Littr) 5,4 (228,15-229,4 Jouanna = VI,8 Littr) 298 n. 65 6,4 (230,15 Jouanna = VI,10 Littr) 296 n. 60 8,2 (232,17 Jouanna = VI,12 Littr) 120 n. 37 9,2 (234,13 Jouanna = VI,16 Littr) 308 n. 104 10,5 (236,15 Jouanna = VI,18 Littr) 308 n. 105 11,1 (237,11 Jouanna = VI,18 Littr) 308 n. 103 11,1-4 (237,4-238,7 Jouanna = VI,18-20 Littr) 312 n. 115 11,4 (237,17 Jouanna = VI,20 Littr) 307 n. 101 11,6 (238,16 Jouanna = VI,20 Littr) 308 n. 104 12,3 (240,10 Jouanna = VI,24 Littr) 281 n. 11 De articulis (ed. Khlewein; Littr) 62 (II,214,2 Khlewein = IV,268 Littr) 203 n. 55 De flatibus (ed. Jouanna; Littr) 1,3 (103,6 Jouanna = VI,90 Littr) 307 n. 102 De genitura (ed. Joly; Littr) 1,1 (44,1 Joly = VII,470 Littr) 151 n. 138 1,2-3 (44,10-45,8 Joly = VII,470-472 Littr) 157 n. 161 De glandulis (ed. Joly; Littr) 16,2 (121,20 Joly = VIII,572 Littr) 214 n. 100, 283 n. 19 De locis in homine (ed. Joly; Littr) 46 (76,6-77,4 Joly = VI,342-344 Littr) 296 n. 60 46,3 (76,26 Joly = VI,342 Littr) 297 n. 63 De morbis IV (ed. Joly; Littr) 55,3 (118,3 Joly = VII,602 Littr) 302 n. 85 56,7 (121,16 Joly = VII,608 Littr) 306 n. 100 De morbis mulierum I (ed. Grensemann; Littr) 1,11-19 (88,24-89,17 Grensemann = VIII,12-14 Littr) 213 n. 99, 283 n. 19 De morbo sacro (ed. Jouanna; Littr) 1,9 (7,3 Jouanna = VI,358 Littr) 281 n. 10 18,1 (31,16 Jouanna = VI,394 Littr) 157 n. 161 De natura hominis (ed. Jouanna; Littr) 1 (165,1 Jouanna = VI,32 Littr) 319 n. 135 1 (166,9-11 Jouanna = VI,34 Littr) 122 n. 41 2 (168,4s. Jouanna = VI,34 Littr) 259 n. 140 Indice dei passi 358 De natura pueri (ed. Joly; Littr) 12,6 (54,27-55,3 Joly = VII,488 Littr) 287 n. 31 13,3 (56,3-5 Joly = VII,490 Littr) 287 n. 31 14,2 (56,19-21 Joly = VII,492 Littr) 287 n. 31 31,2 (83,8 Joly = VII,540 Littr) 314 n. 121 De officina medici (ed. Khlewein; Littr) 1 (I,30,1 Khlewein = III,272 Littr) 309 n. 106 9 (II,36,10 Khlewein = III,302 Littr) 156 n. 157 De vetere medicina (ed. Jouanna; Littr) 9,4 (128,15-17 Jouanna = I,590 Littr) 312 n. 113 10,3-4 (130,9-131,10 Jouanna = I,592-94 Littr) 312 n. 113 12,2 (132,18 Jouanna = I,596 Littr) 297 n. 60 14,4 (136,8 Jouanna = I,602 Littr) 157 n. 161 14,4 (136,10 Jouanna = I,602 Littr) 315 n. 123 20,1 (145,18 Jouanna = I,620 Littr) 12 n. 45, 318 n. 132 20,1 (146,5 Jouanna = I,620 Littr) 318 n. 133 20,3 (146,15 Jouanna = I,622 Littr) 318 n. 134 22,6 (151,2 Jouanna = I,630 Littr) 149 n. 130 De victu (ed. Joly; Littr) I,2 (122,22 Joly = VI,466 L.) 319 n. 137 II,56,6 (180,5 Joly = VI,568 Littr) 316 n. 125 De victu acutorum (ed. Joly; Littr) 6,1 (38,11 Joly = II,238 Littr) 12 n. 45, 318 n. 132 8,2 (39,12 Joly = II,242 Littr) 306 n. 98 Prorrheticus II (ed. Potter; Littr) 2-3 (221-227 Potter = IX,10-14 Littr) 306 n. 98 3 (224-226 Potter = IX,12-14 Littr) 311 n. 111 30 (276 Potter = IX,60 Littr) 281 n. 12 30 (278 Potter = IX,60 Littr) 281 n. 12 Critias (88 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 25 51 n. 51 B 39 311 n. 112 Cyrillus Alexandrinus Contra Iulianum 2,15 245 n. 92 Damoxenus comicus Fragmenta (edd. Kassel-Austin) 2,29 317 n. 128 David Prolegomena philosophiae (ed. Busse) 38,14 301 n. 77 Demetrius Laco (ed. Puglia) P. Herc. 1012 col. XV,154 251 n. 116 Demetrius Magnes Ap. Diog. Laert. 9,36 47 n. 32 Demetrius Phalereus Fragmenta (ed. Wehrli) 93 48 n. 35 Democritus (68 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz; Lur'e) A 1 (I L.) 161 n. 172 A 1 (I, CXXVII L.) 11 n. 39 A 1 (XI L.) 292 n. 49 A 1 (XVII, 154 L.) 54 n. 57 A 1 (XXV, 493a L.) 48 n. 35 A 1 (LXXX L.) 19 n 83, 49 n. 40 A 1 (42, 382 L.) 221 n. 4 A 1 (93, 382 L.) 221 n. 9 A 1 (184, 382 L. 221 n. 5 A 1 (215, 382 L.) 221 n. 3 A 1 (493a L.) 47 n. 34 A 1 (569 L.) 221 n. 9 A 1 (735 L.) 221 n. 8 A 11 (XXIV L.) 48 n. 37 A 21 (LXI, 513 L.) 13 n. 48 A 31 (CXXIV L.) 10 n. 34 A 32 (CXXV L.) 11 n. 37 A 33 (CXV L.) 4 n. 9, 13, 203 n. 54, 210 n. 91, 313 n. 118 Indice dei passi 359 A 34 (CXVII, CXVIII L.) 14 n. 53 A 34 (CXIX L.) 57 n. 70 A 34 (CXXIII L.) 16 n. 64 A 34 (36a L.) 16 n. 60 A 34 (826, 827 L.) 20 n. 90 A 36 (99, 171 L.) 63 n. 17, 66 n. 25 A 37 (172 L.) 65 n. 22 A 37 (172, 197 L.) 14 n. 53, 146 n. 118, 212 n. 94 A 37 (172, 197, 293 L.) 206 n. 65 A 37 (227, 293 L.) 16 n. 62, 140 n. 95, 142 n. 107, 156 n. 152, 156 n. 157, 185s. n. 53, 201 n. 47,215 n. 105, 282 n. 14, 288 n. 33 A 38 (318 L.) 201 n. 46s., 207 n. 71 A 39 (20, 23 L.) 279 n. 1 A 41 (145, 220, 237 L.) 125 n. 51, A 41 (220 L.) 157 n. 158 A 42 (46, 211 L.) 156 n. 152, 196 n. 27 A 43 (219, 265, 299, 310 L.) 233 n. 50 A 45 (238 L.) 146 n. 120 A 46 9 n. 33, 259 n. 139 A 47 (207 L.) 232 n. 47 A 47 (307, 365 L.) 254 n. 126s. A 48 (106 L.) 265 n. 169s. A 48a (107 L.) 274 n. 202 A 48b (105 L.) 174 n. 21 A 49 (90, 185, 197 L.) 146 n. 117, 205 n. 61 A 49 (112 L.) 101 n. 132, 258 n. 137 A 50 (39 L.) 17 n. 70 A 51 (XCIX L.) 229 n. 37 A 52 (XCV L.) 16 n. 63 A 55 (124, 169 L.) 231 n. 44 A 56 (C, 15, 180, 361 L.) 227 n. 32, 229 n. 37, 245 n. 87 A 57 (179 L.) 22 n. 95, 101 n. 132, 229 n. 38 A 57 (198 L.) 206 n. 63 A 60 (368 L.) 210 n. 89 A 62 (375 L.) 304s. n. 94 A 67 (19 L.) 298 n. 64 A 68 (24, 99 L.) 14 n. 50, 298 n. 64 A 69 (18, 288 L.) 16 n. 62 A 69 (36a L.) 16 n. 61 A 74 (472a, 594 L.) 229 n. 37 A 75 (581 L) 17 A 77 (476 L.) 17 n. 70, 290 n. 38s. A 78 (472a L.) 290 n. 39 A 80 (26 L.) 14 n. 52, 250 n. 111 A 86 (390 L.) 17 n. 66 A 88 (380 L.) 17 n. 66 A 91 (418 L.) 303 n. 87 A 93 (415 L.) 154 n. 150 A 93a (12, 371 L.) 18 n. 76, 285 n. 23, 301 n. 74 A 98 (414 L.) 18 n. 76 A 108 (454 L.) 17 n. 67 A 111 (81 L.) 299 n. 66 A 112 (52, 80 L.) 313 n. 117 A 116 (86, 438, 520, 572 L.) 291 n. 46 A 120 (171 L.) 63 n. 17, 102, 103 n. 137, 207 n. 71 A 125 (94, 214, 229, 487 L.) 220 n. 1 A 126a (480, 489 L.) 301 n. 80 A 128 (11, 316, 491, 565 L.) 18 n. 75, 289 n. 35, 301 n. 75 A 132 (499 L.) 207 n. 72, 225 n. 23 Indice dei passi 360 A 135 (50) (478 L.) 149 n. 129 A 135 (54) (478 L.) 214 n. 101 A 135 (55) (488 L.) 317 n. 129 A 135 (56) (488 L.) 153 n.145 A 135 (60) (71 L.) 65 n. 23, 225 n. 24 A 135 (61) (369 L.) 215 n. 109 A 135 (62) (369 L.) 149 n. 129, 153s. n. 147, 317 n. 129 A 135 (65) (496 L.) 153 n. 144, 285 n. 23, 286 n. 28, 316 n. 126 A 135 (66) (496 L.) 201 n. 47, 305 n. 95s., 317 n. 129 A 135 (67) (496 L.) 315 n. 124 A 135 (69) (3, 441 L.) 205 n. 62, 225 n. 24, 310 n. 110 A 135 (73) (484 L.) 204 n. 59 A 135 (74) (484 L.) 154 n. 148 A 135 (75) (484 L.) 154 n. 149, 207 n. 72, 210 n. 92 A 135 (79) (484 L.) 304 n. 95 A 144 (535, 536 L.) 7 n. 15 A 150a (560 L.) 13 n. 48 A 151 (519, 545, 561 L.) 13 n. 48, 314 n. 121 A 152 (521 L.) 13 n. 48, 302 n. 82 A 153 (541 L.) 13 n. 48 A 154 (543 L.) 13 n. 48 A 155 (542 L.) 13 n. 48, 153 n. 146, 214 n. 102, 302 n. 86 A 155a (554 L.) 13 n. 48 A 156 (549 L.) 13 n. 48 A 159 (567a L.) 7 n. 16 A 160 (586 L.) 7 n. 19, 9 n. 31 A 162 (557 L.) 153 n. 143 A 164 (448 L.) 290 n. 37 A 165 (319 L.) 290 n. 37 A 171 Nachtr. (558 L.) 9 n. 30 A 197 (456 L.) 8 n. 21 B 1a (587 L.) 17 n. 69 B 5 (I L.) 161 n. 172 B 5 (159 L.) 45 n. 17, 306 n. 35 B 5,1 (515, 572a L.) 44 n. 10 B 5,1 (558 L.) 289 n. 36 B 6 (CXVI, 48 L.) 206 n. 64 B 9 (55 L.) 205 n. 61, 215 n. 106, 282 n. 16, 315 n. 124 B 11 (83 L.) 309s. n. 107 B 14,1 (424,1 L.) 12 n. 47 B 15b (139, 160 L.) 12 n. 47 B 17 (574 L.) 23 n. 97 B 18 (574 L.) 23 n. 97 B 30 (580 L.) 23 n. 97 B 32 (527 L.) 6 n. 14 157 n. 160, 282 n. 17 B 33 (682 L.) 23 n. 97 B 34 (10 L.) 301 n. 77 B 116 (XXIV L.) 47 n. 32 B 117 (51 L.) 20 n. 88, 205 n. 61 B 118 (LVIII, 29 L.) 296 n. 59 B 119 (32 L.) 297 n. 63 B 122a (567 L.) 45 n. 18 B 125 (79-80 L.) 9 n. 29, 205 n. 61, 310 n. 108 B 131 (828 L.) 208 n. 79 B 135 (828 L.) 214 n. 103, 301 n. 78 B 143 (64 L.) 17 n. 69 B 144 (568 L.) 17 n. 69 B 148 (537 L.) 22 n. 94, 286 n. 30, 301 n. 80 B 153 (611 L.) 17 n. 69 B 155 app. (125, 126 L.) 39 n. 151 B 155 app. (287a L.) 18 n. 73 B 156 (7, 78 L.) 146 n. 117 B 157 (728 L.) 203 n. 56 B 163 (75 L.) 151 n. 139 B 164 (11, 316 L.) 18 n. 75, 250 n. 108, Indice dei passi 361 289 n. 35, 301 n. 75 B 165 (63, 65 L.) 20 n. 87, 319 n. 136 B 166 (472a L.) 290 n. 40 B 167 (19, 288 L.) 206 n. 64, 279 n. 5, 298 n. 64 B 300,2 13 n. 47 VIII L. 19 n. 78, 161 n. 171 LXXX L. 50 n. 44 LXXXIII L. 19 n. 78 XCII L. 19 n. 78 XCIV L. 19 n. 78 CIV L. 229 n. 37 8 L. 146 n. 119 57 L. 261 n. 151 61 L. 17 n. 70, 221 n. 9 92 L. 261 n. 151 101 L. 106 n. 140, 209 n. 86 108 L. 272 n. 194 110 L. 198 n. 33s. 113 L. 261 n. 154 117 L. 196 n. 29, 223 n. 15, 268 n. 181 119 L. 274 n. 201 120 L. 270 n. 188 122 L. 63 n. 17, 106 n. 139 123 L. 28 n. 123, 241 n. 77, 265 n. 171 124 L. 82 n. 77 143 L. 146 n. 119, 217 n. 111 152 L. 161 n. 171 169 L. 82 n. 77 175 L. 200 n. 44 177 L. 148 n. 123 182 L. 229 n. 37 188 L. 146 n. 118 197 L. 146 n. 118 200 L. 224 n. 17 201 L. 264 n. 165 212 L. 222 n. 13 214 L. 147 n. 123, 222 n. 10 217 L. 254 nn. 124, 128 218 L. 244 n. 83 234 L. 254 nn. 124, 128 235 L. 244 n. 83 237 L. 283 n. 180 251 L. 14 n. 50 266 L. 123 n. 45 267 L. 123 n. 45 272 L. 244 n. 83 273 L. 99 n. 127 302 L. 244 n. 83 328 L. 146 n. 118 337 L. 209 n. 87 350 L. 229 n. 37 376 L. 304 n. 90 429 L. 198 n. 33s., 225 n. 24 449 L. 245 n. 87 470 L. 229 n. 37 506 L. 91 n. 103 565 L. 244 n. 83 591 L. 244 n. 83, 246 n. 94, 247 n. 97 592 L. 245 n. 91 594 L. 262 n. 158 Dexippus In Aristotelis Categorias commentarium (ed. Busse) 4b 20, 65,9-13 97 n. 119 Dicaearchus ap. Philod. Index Acad. P. Herc 1021 col. Y 50 n. 49 Didymus Caecus Commentarium in Ecclesiastem 7-8,8, Cod. p. 209,27 245 n. 92 Diodorus Chronus Fragmenta (ed. Giannantoni) II F 9 SSR 272 n. 195 Diodorus Siculus Bibliotheca historica 1,7,1 44 n. 10 1,8,1 289 n. 36 Indice dei passi 362 Diogenes Apolloniates (64 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 1 44 n. 14 A 6 44 n. 14 A 7 157 n. 159 A 19 157 n. 159 B 2 157 n. 159 Diogenes Laertius Vitae philosophorum Prooem. 1 231 n. 44 Prooem. 15 161 n. 171 1,76 162 3,24 50 n. 44 3,46 52 3,56 55 n. 62 3,67 94 n. 109 3,70 94 n. 109, 95 n. 113 5,26s. 14 n. 53 5,43 14 n. 53 5,49 14 n. 53 5,86 30 n. 130 9,23 131 n. 70 9,29 131 n. 70 9,30 44 n. 13, 140 n. 96, 159 n. 165, 161 n. 171, 207 n. 71 9,31 201 n. 47, 206 n. 66, 279 n. 3 9,33 15 n. 57, 17 n. 66, 282 n. 13 9,34 292 n. 48 9,38 54 n. 57 9,39 51 n. 50 9,40 43, 49 n. 40 9,41 11 n. 39, 161 n. 172 9,44 221 nn. 3-5, 9, 232 n. 47 9,45 221 n. 8s. 9,46 4 n. 9 9,47 13, 203 n. 54, 210 n. 91 9,54 44 n. 14 9,61 19 n. 81 9,67 19 n. 80 9,72 20 n. 88, 205 n. 61, 222 n. 9 9,111 162 10,2 16 n. 63 10,13 5 n. 11 10,24 16 n. 64 Diogenes Oenoandensis Fragmenta (ed. Smith) 7 II 17 n. 70 7 II 2 221 n. 9 10 I,4ss. 17 n. 70 10 IV,10ss. 17 n. 70 54 II-III 17 n. 70 Dionysius Caesarensis Ap. Eus. Praep. ev. 14,23 191 n. 12 14, 23,1-4 233 n. 50 14,25,9 250 n. 108 14,27,4 296 n. 59 Dionysius Halicarnassensis De compositione verborum 24 20 n. 90 Duris Samius Fragmenta (ed. Jacoby) FGrHist 76 F 23 54 n. 57 Ecphantus (51 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) 1 54 n. 58, 294 n. 54 2 54 n. 58 4 54 n. 58 Empedocles (31 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 89 291 n. 41 B 111 281 n. 10 Ephippus comicus Fragmenta (edd. Kassel-Austin) 14,7 208 n. 74 Epicurus Epistulae 1,38s. 221 n. 4 1,41 242 n. 80 1,42 220 n. 1, 221 n. 6, 239 n. 66, 242 n. 81, 255 1,42s. 221 n. 6 1,44 221 n. 3 1,54 221 n. 3s. 1,55s. 239 n. 66 1,59 236 n. 58, 239 n. 68s. 1,68s. 225 n. 25 2,42s. 15 n. 58 2,88 15 n. 57 2,90 279 n. 1 Fragmenta (ed. Usener) 92 220 n. 2, 239 n. 67 267 264 n. 166 Indice dei passi 363 278 268 n. 184 280 241 n. 73 293 256 n. 133, 293 n. 51 308 44 n. 13 Fragmenta (ed. Arrighetti) Hri uore [29.23] 238 n. 64 [34. 30] 16 n. 61, 17 n. 70, 279 n. 1 Epiphanius Adversus haereses (ed. Holl) 1,8,1, 186,12 44 n. 13 Anacephalaeosis (ed. Holl) 1,8, 166,5 266 n. 177 De fide (ed. Holl) 15, 505,30 19 n. 78 Erotianus Vocum Hippocraticarum collectio (ed. Nachmanson) 7,23 10 n. 34 Etymologicum Magnum s. v. vooto 213 n. 96 Eudemus Rhodius Fragmenta (ed. Wehrli) 31 50 n. 48, 209s. n. 87 53 298 n. 64 54a 14 n. 51, 298 n. 64 54b 14 n. 51 75 14 n. 50 133 50 n. 48, 52 n. 54 148 50 n. 48 Eudoxus Cnidius Fragmenta (ed. Lasserre) D 1 181 n. 41 Eunapius Vitae sophistarum 2,1 263 n. 163 Euripides Heracles 130 203 n. 55 Hippolytus 1044 204 n. 58 885 204 n. 58 Phoenissae 300 204 n. 58 Fragmenta (ed. Kannicht) 910 279 n. 2, 300 n. 72 [Euripides] Rhesus 82 203 n. 57 Eusebius Caesarensis Praeparatio evangelica 10,14,15s. 161 n. 171 14,17,10 19 n. 78 14,18,27 19 n. 78 Galenus De compositione medicamentorum secundum locos (ed. Khn) 1,2 (XII,416 K.) 8 n. 25 4,8 (XII,745 K.) 8 n. 25 7,2 (XIII,30 K.) 8 n. 25 De compositione medicamentorum per genera (ed. Khn) 2,17 (XIII,537 K.) 8 n. 25 De constitutione artis medicae (ed. Khn) 7 (I,246 K.) 257 n. 136 7 (I,247-249 K.) 260 n. 144 7 (I,249 K.) 253 n. 122 De differentia pulsuum (ed. Khn) 2,7 (VIII,609 K.) 80 n. 67 De dignotione pulsuum (ed. Khn) 4,2 (VIII,931 K.) 9 n. 33, 259 n. 139 De elementis secundum Hippocratem (ed. De Lacy; Khn) 1,7 (58,21 De Lacy = I,416 K.) 258 n. 137 2,9 (60,8 De Lacy = I,417 K.) 205 n. 61 2,16 (60,17-19 De Lacy = I,418 K.) 101 n. 132, 146 n. 117, 257 n. 136 2,17 (62,4-7 De Lacy = I,418-419 K.) 258 n. 137 2,24ss. (64,5 De Lacy = I,420 K.) 259 n. 141 De experientia medica (ed. Walzer) 9,5, 99 9 n. 30 15,7, 114 9 n. 29, 205 n. 61, 310 n. 108 24,3, 133 70 n. 36 25,2, 136 70 n. 36 De naturalibus facultatibus (ed. Helmreich; Khn) 1,14 (III,136,25 Helmreich = II,49 K.) 293 n. 51 Indice dei passi 364 1,14 (III,137,1 Helmreich = II,49 K.) 256 n. 133 2,6 (III,172,7 Helmreich = II,97 K.) 258 n. 138 De placitis Hippocratis et Platonis (ed. De Lacy; Khn) 8,3,1 (494,26 De Lacy = V,6K.) 92, 93 n. 106 8,3,7 (496,14 De Lacy = V,668 K.) 80 n. 67, 93s. n. 108 8,3,11 (496,31 De Lacy = V,670 K.) 95 n. 114 De simplicium medicamentorum temperamentis (ed. Khn) 5,25 (XI,783 K.) 258 n. 137 De usu partium (ed. Helmreich; Khn) 3,10 (I,177,10 Helmreich = III,241 K.) 301 n. 77 In Hippocratis De natura hominis (ed. Mewaldt; Khn) 1,6 (21,11-23 Mewaldt = XV,36 K.) 260 n. 144 In Hippocratis De officina medici (ed. Khn) 1,1 (XVIII/2,656 K.) 311 n. 112 In Hippocratis Epidemiarum librum III commentaria (ed. Wenkebach; Khn) 1,4 (25,3 Wenkebach = XVII A,521 K.) 6 n. 14 In Hippocratis Epidemiarum librum VI commentaria (ed. Wenkebach-Pfaff; Khn) 3,12 (138,3 Wenkebach-Pfaff = XVII B,28 K.) 6 n. 14 [Galenus] An animal sit (ed. Khn) 5 (XIX,176 K.) 7 n. 14 Historia philosopha (ed. Diels) 3 19 n. 78 18 82 n. 77 46 245 n. 88 120 7 n. 15 Introductio sive medicus (ed. Khn) 9 (XIV,698 K.) 253 n. 122 Theriaca ad Pisonem (ed. Khn) 11 (XIV,250 K.) 233 n. 50 Gellius Noctes Atticae 19,2,8 6s. n. 14 Gorgias (82 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 1 128 n. 33 B 11 (8) 46 n. 25 B 11 (10) 291 n. 42s. B 11 (13) 45 n. 22, 120, 300 n. 70 Harpocration Lexicon (ed. Keaney) s.v. Iev 151 n. 138 Heraclides Ponticus Fragmenta (ed. Wehrli) 22 30 n. 130 118-123 77 n. 57 Hermias Irrisio gentilium philosophorum (ed. Diels) 12 44 n. 13 14 225 n. 21 [Hermippus] (Iohannes Catrarius) De astrologia (edd. Kroll-Viereck) 25,19 290 n. 39 Hermodorus Fragmenta (ed. Isnardi Parente) 7 68 n. 29, 131 n. 71 Herodianus Peri; parwnuv mwn (ed. Lentz) 895,40 11 n. 37 Herodotus Historiae 1,30 203 n. 57 2,143 42 n. 1 5,58,1 203 n. 53 6,116 304 n. 92 6,137 42 n. 1 7,100 304 n. 92 7,168 304 n. 92 9,13 304 n. 92 Hero Alexandrinus Metrica (ed. Schne) 1, Prooem. 92,17 215 n. 108 1, Prooem. 92,19 215 n. 108 Hesiodus Theogonia 305 151 n. 137 Indice dei passi 365 736-745 285 n. 25 Hesychius Gramaticus Lexicon (ed. Latte) s.v. o vroxoitoi 281 n. 10 s.v. oaotgtov 208 n. 79 s.v. ororvoi 214 n. 103, 301 n. 78 s. v. vooto 215 n. 108, 220 n. 1 Hippolytus Refutatio omnium haeresium 1,12 15 n. 57, 140 n. 97, 142 n. 109 1,12,1 161 n. 171 1,12,2 282 n. 13, 286 n. 28 1,15 54 n. 58, 294 n. 54 1,22,2 264 n. 167 6,23,3 81 n. 74 7,15,1 262 n. 157, 264 n. 167 8,14 7 n. 14 10,6,1-7 234 n. 51 Homerus Ilias 8,14 302 8,539 151 n. 137 Odyssea 4,209 151 n. 137 Horatius Epistulae 2,3,295-97 23 n. 97 Iamblichus De anima (Fragmenta) (edd. Finamore-Dillon) 26,13-18 101 n. 135, 249 n. 106 De communi mathematica scientia (ed. Festa) 4, 16,15ss. 178 n. 30 In Nicomachi arithmeticam introductionem liber (ed. Pistelli) 105,11 99 n. 125 118,26 99 n. 125 Theologoumena arithmeticae (ed. De Falco) 23, 29,10-12 81 n. 74 Fragmenta (ed. Larsen) 78 100 n. 129 Johannes Philoponus De aeternitate mundi contra Proclum (ed. Rabe) 6,8, 223,12 99 n. 124 In Aristotelis De anima libros commentaria (ed. Hayduck) 403b 31, 67,21 224 n. 17 404b 30, 82,17 83 n. 80 In Aristotelis libros De generatione et corruptione commentaria (ed. Vitelli) 314b 15, 17,29-33 106 n. 140 316a 12, 27,8ss. 167 n. 5 316b 32, 39,4 224 n. 17 325a 6, 157,12ss. 131 n. 67 325a 32, 158,27-159,3 156 n. 154 325b 34, 164,10ss. 273 n. 196 325b 34, 164,11-13 260 n. 147 325b 34, 164,24-165,8 260 n. 145 326a 14, 167,21-24 216 n. 110 326a 14, 168,4 260 n. 150 326a 24, 175,7 265 n. 175 In Aristotelis Physicorum libros commentaria (ed. Vitelli) 184b 15, 25,5 224 n. 17 184b 20, 25,19ss. 106 n. 140 185b 5, 42,9 115 n. 22 187a 1, 81,25-29 133 n. 77 187a 1, 83,19-22 134 n. 78 187a 1, 83,19-27 271 n. 191 187a 2, 84,15-85,2 271 n. 191 188a 19, 110,10 146 n. 118 188a 19, 116,28-117,10 106 n. 140 194a 20, 228,28-229,2 106 n. 140 206a 14, 465,3-13 271 n. 192 Cor. de loc. 562,6 215 n. 108 Cor. de loc. 575,22 215 n. 108 Ps.-Philoponus Exegesis in Aristotelis Metaphysicam versio latina Patritii (ed. Lohr) f 3 148 n. 125 Ibn al-Matran Busta nu l-atibba' wa-raudatu l-alibba (ed. Strohmaier) Strohmaier 1968, 2 295 n. 55 Indice dei passi 366 Ion Chius (36 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 1 151 n. 138 B 3 297 n. 61 Irenaeus Adversus haereses 2,14,3 290 n. 40 Isidorus Hispalensis Etymologiarum Libri XX 13,2,1-4 262 n. 158 Isocrates Antidosis 268 119 n. 33 Helena 3 115 n. 24, 119 n. 32 Ps.-Iustinus Cohortatio ad Graecos 4,1 253 n. 122 26,1 94 n. 110 Lactantius De ira dei 245 10,1ss. 244 n. 83, 247 n. 97 10,9 248 n. 101 10,11 248 n. 99 10,23 247 n. 97 13,9 249 n. 107 De opificio Dei 2,10 245 n. 86 Divinae Institutiones 3,17,21-27 244 n. 83, 246 n. 94 3,17,23 250 n. 112 Epitome Div. Inst. 62,6 247 n. 98 Leucippus (67 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz; Lur'e) A 1 (152 L.) 159 n. 165, 161 n. 171 A 1 (289 L.) 206 n. 66 A 1 (289, 382 L.) 140 n. 96, 207 n. 71 A 1 (289, 318, 382, 389) 44 n. 13 A 1 (382 L.) 15 n. 57, 201 n. 47, 279 n. 3, 282 n. 13 A 1 (382, 389 L.) 17 n. 66, 44 n. 13, 140 n. 96 A 2 (LXXV L.) 5 n. 11 A 4 (VIII, 152 L.) 19 n. 78, 161 n. 171 A 5 (152 L.) 19 n. 78 A 6 (173 L.) 147 n. 121, 217 n. 111 A 6 (240 L.) 232 n. 49 A 7 (101 L.) 209 n. 81 A 7 (118, 222 L.) 209 n. 81, 210 n. 89 A 7 (146 L.) 118 n. 31, 137, 139s. n. 93, 217 n. 111 A 7 (338 L.) 215 n. 106 A 8 (2, 147 L.) 142 n. 108, 147 n. 122, 148 n. 126, 157 n. 160, 158s. n. 164, 207 n. 71, 217 n. 112, 232 n. 49, 279 n. 4 A 9 (70 L.) 157 n. 160 A 10 (16, 23, 291, 318 L.) 140 n. 97 A 10 (23, 291 L.) 15 n. 57, 282 n. 13, 286 n. 28 A 10 (151 L.) 142 n. 109, 161 n. 171 A 11 (165, 226, 590 L.) 250 n. 109 A 13 (113 L.) 29 n. 124, 259 n. 180 A 14 (111, 247 L.) 99 n. 128 A 14 (214 L.) 222 n. 12 A 15 (47, 292 L.) 156 n. 152 A 15 (109 L.) 197 n. 31, 199 n. 37 A 15 (109, 174 L.) 57 n. 68 A 15 (109, 292 L.) 209 n. 86, 221 n. 5 A 17 (306, 373 L.) 44 n. 13 Indice dei passi 367 A 18 (17 L.) 56 n. 64, 142 n. 106 A 19 (255 L.) 149 n. 131 A 22 (23, 589 L.) 245 n. 88 A 23 (386 L.) 201 n. 47 A 24 (297, 372, 383 L.) 44 n. 9 A 24 (383 L. comm.) 15 n. 57 A 28 (200 L.) 207 n. 69 A 28 (200, 443a, 462 L.) 262 n. 160, 293 n. 50 A 40 (240 L.) 215 n. 107 B 2 (22 L.) 1 n. 1, 282 n. 15 Lucretius De rerum natura 1,485 220 n. 2, 256 n. 82 1,500 220 n. 2, 256 n. 82 1,510 220 n. 2, 242 n. 82 1,518 220 n. 2, 242 n. 82 1,548 220 n. 2, 242 n. 82 1,574 220 n. 2, 242 n. 82 1,602s. 240 n. 71 1,609 220 n. 2, 242 n. 82 1,609-614 249 n. 104, 252 n. 119 1,615-627 237 n. 61 1,627 242 n. 82 1,628-634 241 n. 74 2,114 262, 293 n. 51 2,114-120 248 n. 101 2,393s. 256 n. 132 2,444-446 256 n. 132 2,479-499 232 n. 48 2,481-499 236 n. 59 2,865ss. 230 n. 41 3,350-69 17 n. 67 3,370 17 n. 67 5,621-37 17 n. 66 6,1087-1089 256 n. 132 Macrobius Somnium Scipionis 1,5,13 80 n. 70 1,15,6 18 n. 76, 303 n. 87 Marcus Aurelius Antoninus Meditationes 7,67 48 n. 37 Melissus (30 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 1 131 n. 70 B 7 122 n. 42 B 7,6-9 123 B 7,7-8 149 n. 133 B 8 121 n. 40 B 9 121 n. 40 B 10 125 n. 54 Metagenes Fragmenta (edd. Kassel-Austin) 6 213 n. 95 Michael Ephesius De insomniis (ed. Hayduck) 83,18 290 n. 40 Nemesius De natura hominis 43 245 n. 91 Nicomachus Encheiridion harmonices (ed. Ruelle) 11,6 99 n. 124 Nonius Marcellus De compendiosa doctrina (ed. Lindsay) 418,13 7 n. 18 Olympiodorus In Aristotelis Categorias commentarium (ed. Busse) 4b 20, 81,21 96 n. 117 Olimpiodorus (arabus) In Aristotelis Meteora commentaria (ed. Al Badawi; Strohmaier) Strohmaier 1998, 362 304 n. 93 Strohmaier 1998, 363 18 n. 76, 302 n. 84, 303 n. 88 Orphici Fragmenta (ed. Bernab) 111 F,3 285 n. 26 114 F 286 n. 29 Indice dei passi 368 Papyri Papyrus Derveni (edd. Kouremenos - Parssoglou - Tsantsanoglou) col. VI,10s. 292 n. 47 Papyrus Florentinus 115 B (ed. Manetti) 7 n. 15 Parmenides (28 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 6 168 B 7,1 135 n. 84 B 7,1-2 134 n. 79 B 8,38 122 n. 42 Pausanias Descriptio Graeciae 8,38,2-3 281 n. 10 Pherecrates Comicus Fragmenta (edd. Kassel-Austin) 113 213 n. 95 Philo Alexandrinus De congressu eruditionis gratia 144-147 92 n. 105 De opificio mundi 49 89 n. 100 49-51 81 n. 74 50 80 n. 70 Philo Mechanicus Belopoiica (edd. Diels-Schramm) 1,330 215 n. 108 Philodemus Ad contubernales (ed. Angeli) 111,166s. 16 n. 59 De adulatione (ed. Crnert) P. Herc. 1457, col. X 17 n. 69 De ira (ed. Indelli) P. Herc. 182, col. XXIX,20 17 n. 69 De libertate dicendi (ed. Olivieri) 20 16 n. 60 De morte (ed. Mekler) P. Herc 1050, col. XXIX,27-32 17 n. 69 P. Herc 1050, col. XXXIX,9-15 17 n. 69 De musica IV (ed. Neubecker) P. Herc. 1497, col. XXXVI,87 17 n. 69 De pietate (Henrichs 1975, 96) P. Herc. 1428 fr. 16 17 n. 68 De signis (edd. Ph. H. De Lacy; E. A. De Lacy) P. Herc. 1065, col. 25, 53,2 230 n. 43 Index Academicorum (ed. Dorandi) P. Herc. 1021, col. Y 50 n. 48 Philolaus (44 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 27 7 n. 16 B 1 150 n. 136 B 2-6 150 n. 136 Pythagorici (58 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 30 124 n. 47 Plato Cratilus 412b 304 n. 91 414a 45 Laches 183c-184a 12 n. 45 Leges 670b 202 n. 51 889a-890a 47 894a 80 n. 70 Parmenides 28, 114ss. pass. 128a-e 116 n. 25 128c 121 n. 38 131a-c 86 n. 92 158c 174 n. 22 164c 168 n. 8 164d 174 165a-b 72 n. 40, 125 n. 56 165b 78, 174 n. 22 165e 126 n. 57 Phaedo 65b 89 n. 99 66b 89 n. 99 79c 89 n. 99 96e-97b 86, 196 97a 87 97c 138 n. 91 99a 43 112b 285 n. 27 Phaedrus 251c 46 n. 24 261d 115 n. 24 Philebus 16c-e 69 58c-59b 61 n. 9 Politicus 278d 69 n. 33 Indice dei passi 369 Respublica 524c-d 61 n. 7 529d-530c 61 n. 10 Sophista 133 n. 77, 134s. 229d 208 n. 75 237a 4 n. 6, 131 n. 68 242c 119 n. 33 242d 121 245e 46 246b 180 n. 38 258d 134 n. 80 Theaetetus 152d 46 n. 23 155e 45 n. 21, 62 n. 11 156a 45 180c 45 180d 64 n. 18 180d-e 142 n. 104 180e 122 n. 41s. 201ess. 69 n. 33 Timaeus 133s. n. 77 46d 43, 61 n. 8 48a-b 61 n. 8 48b 69 n. 33, 190 n. 8 48b-c 43 51e-52a 60s. n. 7 52a-d 143 n. 111 52b 143 n. 114 53c 80 n. 70 53d 94 55c 44 56b 91 n. 103, 95, 210 n. 88 56b-c 188 n. 2 68e 61 n. 8 [Plato] Amatores 136a 47 n. 33 Plinius Naturalis historia 19,87 8 n. 25 28,58 6 n. 14 Plotinus Enneades 3,1,2 245 n. 90 3,1,3 245 n. 90 4,7,2,4-3,6 249 n. 106 Plutarchus Aemilius Paulus Prooem. 4 290 n. 40 Adversus Colotem 1108 D 229 n. 36 1109 A 146 n. 117, 229 n. 36 1109 A-1110 F 17 n. 70 1110 E 221 n. 9 1110 F 22 n. 95, 101 n. 132, 229 n. 38 1111 A 206 n. 63 1111 C-E 229 n. 37 1113 D 260 n. 146 1113 E 230 n. 40, 259 n. 142 1114 A 257 n. 136 1126 A 203 n. 56 De amore prolis 495 E 22 n. 94, 286 n. 30, 301 n. 80 De animae procreatione in Timaeo 1022 E 192 n. 17 1023 B 85 n. 83 De communibus notitiis adversus Stoicos 1079 E 18 n. 73, 39 n. 151 1083 C 246 n. 95 De defectu oraculorum 419 A 290 n. 40 De E apud Delphos 390 D 81 n. 74 De fortuna Romanorum 316 D 297 n. 61 317 A 22 n. 94, 149 n. 132, 286 n. 30 De Iside et Osiride 361 B 290 n. 40 De reipublicae gerendae praeceptis 821 A 17 n. 69 De primo frigido 948 A-C 91 n. 103 Quaestiones convivales 653 Bss. 7 n. 14 653 F 149 n. 132 682 F 290 n. 39 717 A 297 n. 61 722 A 296 n. 58 734 F 17 n. 70, 50 n. 47 734 F-735 A 290 n. 38 Quaestiones platonicae 1002 C 192 n. 17 Indice dei passi 370 [Plutarchus] De placitis philosophorum 1,3, 877 D 13 n. 47, 44 n. 13, 251 n. 116, 253 n. 122 1,3, 877 E 254 nn. 124, 128 1,4, 878 C 44 n. 9 1,10, 882 C 266 n. 176 1,12, 883 B 241 n. 73 1,13, 883 B 189 n. 6, 231 n. 46, 249 n. 105 1,16, 883 D 265 n. 169 1,17, 883 E 249 n. 105 1,23, 884 C 254 n. 126 2,3, 886 D 245 n. 88 2,15, 889 B 17 n. 66 3,1, 893 A 303 n. 87 4,10, 900 A 291 n. 46 4,19, 902 C-D 18 n. 75, 301 n. 75 5,16, 907 D 7 n. 15 Ap. Eus. Praep. ev. 14,14,5 253 n. 123 Stromata 7 279 n. 1 12 44 n. 14 Porphyrius De abstinentia 3,20 249 n. 108 Isagoge (ed. Busse) 4b 20, 100,13-16 98 n. 122 In Ptolemaei Harmonica (ed. Dring) 32,10 301 n. 80 Vita Pythagorae 48s. 69 n. 32 Fragmenta (ed. Smith) 134 F 134 n. 77 135 F 127, 128 n. 63, 129 n. 64, 134 n. 78, 145 n. 116, 270 n. 187 146 F 131 n. 71 174 F 131s. n. 72, 175 n. 24 Ap. Simpl. In Phys. 191a 7, 231,6ss. 98 n. 123 Posidonius Fragmenta (edd. Edelstein-Kidd) F 16 80 n. 67 F 90 92 n. 105 F 92 80 n. 67 F 130 18 n. 76, 303 n. 87 F 141a 85 n. 83 T 45 85 n. 83 T 73 92 n. 105 Proclus In Platonis Rempublicam (ed. Kroll) II,27,3 273 n. 197 In Platonis Timaeum (ed. Diehl) II,36,24 100 n. 129, 103s. n. 138 II,120,18-22 66 n. 26, 103 n. 136 II,245,23 270 n. 189 Prodicus (84 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) B 5 51 n. 51 Protagoras (80 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 12 51 n. 51 Psellus Michael Theologica (ed. Gautier) 6, 25,87 266 n. 178 23, 87,9 44 n. 13 49, 191,208 264 n. 167, 266 n. 178 Pyrrho Fragmenta (ed. Decleva Caizzi) T 1 19 n. 81 Rabanus Maurus De Universo (ed. Migne) 9,1 (P. L. 111,V, 262) 262 n. 158 Scholia In Arist. De gen. et corr. (ed. Rashed) E f. 68v. 272 n. 195 In Arist. Phys. (ed. Brandis) 334a 36ss. 134 n. 78 Indice dei passi 371 In Dionys. Thrac. (ed. Hilgard) 116,11 220 n. 2 In Eucl. (ed. Heiberg) 10,1, V,436,15 274 n. 202 In Nic. Ther. 764 11 n. 43 Seneca Epistulae 88,24-26 92 n. 105 88,44 115 n. 22 Naturales quaestiones 3,24,2 304 n. 89 4,8,1 303 n. 89 4,9,1 18 n. 75, 149 n. 129, 214 n. 104, 303 n. 89 5,2 18 n. 76, 285 n. 23, 301 n. 74 6,20 18 n. 76 7,12,1 303 n. 87 9,1 304 n. 89 Servius Commentarius in Vergilii Eclogas 6,31 262 n. 158 Sextus Empiricus Pyrrhoniae hypotyposes 1,28 87 n. 95 1,145ss. 75 n. 52 1,183 86 n. 91 1,210-212 88 n. 97 1,221s. 87s. n. 96 2,22 229 n. 36 2,23 319 n. 136 3,32 82 n. 77 3,33 101 n. 132, 253 n. 122 3,131 88 n. 97 3,151 68, 69 n. 34 3,152ss. 70 n. 37, 72 n. 42, 74 n. 47, 75 n. 51 3,159 86 n. 92 3,189 87 n. 95 Adversus Mathematicos 1,27 231 n. 45, 265 n. 168, 266 n. 176 3,20-21 89 n. 100 3,28 68 n. 30, 89 n. 100 4,2ss. 69 4,2-9 84 4,5 81 n. 74 4,8 84 n. 83 4,11ss. 87 4,21 87 n. 94, 88 6,53 261 n. 152 7,53 151 n. 139 7,92-100 84 7,93ss. 69 7,99-100 89 n. 100 7,100 81 n. 74 7,116 250 n. 108, 301 n. 75 7,116-118 18 n. 75 7,135 19, 205 n. 61, 282 n. 16, 261 n. 152 7,136 215 n. 106, 315 n. 124 7,137 206 n. 64 7,139 309s. n. 107 7,140 299 n. 66 7,147-149 81 n. 73 7,190 88 n. 97 7,202 88 n. 97 7,264 20 n. 87, 229 n. 36 7,265 319 n. 136 7,281 87 n. 95 7,300 88 n. 97 7,349 8 n. 21, 17 n. 67 7,350 88 n. 97 7,399 88 n. 97 8,6 261 n. 151 8,55 261 n. 152 8,62 88 n. 97 8,161 85 n. 87 9,18 51 n. 51 9,19 290 n. 40 9,24 17 9,51 51 n. 51 9,56 51 n. 51 9,108-110 76 n. 54 9,133s. 76 n. 54 9,139 230 n. 42 9,142 230 n.42 9,151 230 n.42 Indice dei passi 372 9,220s. 88 n. 99 9,335 225 n. 25 9,360-364 83 n. 79 9,363 82 n. 77, 231 n. 44 9,367 72 n. 42 10,216s. 86 n. 89 10,240 72 n. 42 10,248 40 n. 152, 58 n. 71, 69 n. 31s., 86 n. 89 10, 248-261 89 10, 248-262 68 10,250 70 n. 35 10,251-252 86 10,252-256 71 n. 38, 190 n. 11, 193 n. 21 10,253-257 90 n. 102 10,255ss. 192s. n. 18, 236 n. 60 10,255-256 248 n. 100 10,257 72 n. 41 10,258 73 n. 43 10,259-262 74 n. 46 10,260s. 85 10,262s. 68 n. 28 10,263-276 89 n. 100 10,277-282 89 n. 100 10,277-284 84 10,280 81 n. 74 10,282s. 84 n. 83 10,293-298 86 n. 92 10,302 87 n. 94 10,302ss. 88 10,302-307 87 n. 94 10,305 87 n. 94 10,308 87 n. 94 10,318 82 n. 77 10,310-318 83 n. 79 Simplicius In Aristotelis decem Categorias commentarium (ed. Kalbfleisch) Prooem. 3,4 33 n. 134 4b 20, 120,29-121,3 98 n. 121 4b 20, 121,14-18 97 n. 119 6a 36, 156,20 97 n. 118 8b 25, 206,10 97 n. 119 8b 25, 207,19 98 n. 121 10a 11, 271,8-16 100 n. 129 15a 13, 431,24 101 n. 131, 225 n. 25 In Aristotelis De anima commentaria (ed. Hayduck) 409a 10, 64,2-7 223 n. 15 409a 10, 64,5-7 268 n. 181 In Aristotelis De caelo commentaria (ed. Heiberg) 271b 1, 202,27 195 n. 26 271b 1, 202,27-31 195 n. 24, 272 n. 194 275b 29, 242,18 222 n. 12 279b 12, 294,33 14 n. 53 279b 12, 295,1ss. 206 n. 65 279b 12, 295,1-2 65 n. 22 279b 12, 295,1-6 212 n. 94 279b 12, 295,3 146 n. 118 279b 12, 295,5-20 140 n. 95 279b 12, 295,7-14 288 n. 33 279b 12, 295,8-20 185s. n. 53 279b 12, 295,11-18 156 n. 157 279b 12, 295,12-14 156 n. 152 279b 12, 295,14-18 201 n. 47 279b 12, 295,18-20 16 n. 62, 215 n. 105, 282 n. 14 279b 32, 303,33 123 n. 45, 81 n. 76 299a 2, 563,20-27 274 n. 200 299a 2, 564,10 102 n. 135 299a 2, 564,10-566,16 102 299a 2, 564,14-24 103 299a 2, 564,24 63 n. 17, 66 n. 25, 103 n. 137 299a 2, 564, 24-26 207 n. 71 299a 2, 566,23-567,1 273 n. 196 299b 23, 576,5ss. 101 n. 131, 106 n. 139 299b 23, 576,10 63 n. 17 303a 3, 609,17 267 n. 180 303a 3, 610,3-7 199 n. 38 303a 17, 612,1ss. 260 n. 148 303a 17, 612,15 260 n. 149 306a 1, 640,20 274 n. 199 306a 23, 648,19 100 n. 129 307a 19, 665,5-16 274 n. 201 In Aristotelis Physicorum libros commentaria (ed. Diels) 184b 15, 25,1 5 n. 10 184b 15, 27,2 159 n. 166 184b 15, 28,4 207 n. 71 184b 15, 28,4-15 158s. n. 164 184b 15, 28,7 142 n. 108 184b 15, 28,8 279 n. 4 Indice dei passi 373 184b 15, 28,9-10 148 n. 126 184b 15, 28,11 147 n. 122, 157 n. 160 184b 15, 28,13 217 n. 112 184b 15, 28,19-22 201 n. 47 184b 15, 28,22 201 n. 46 184b 15, 28,25-26 148 n. 126 184b 15, 31,3 131 n. 69 184b 15, 35,22ss. 99 184b 15, 35,22-36,7 99 n. 127, 249 n. 106 184b 15, 36,1-7 100 n. 128 184b 15, 36,15-32 96 n. 116 185b 5, 81,34ss. 267 n. 179 185b 5, 81,34-82,3 222 n. 13 185b 5, 83,19ss. 223 n. 13 185b 5, 83,26ss. 223 n. 13 185b 25, 99,13 115 n. 22 187a 1, 134,14ss. 133 n. 77 187a 1, 135,1-5 134 n. 77 187a 1, 135,21 135 n. 84 187a 1, 137,7-20 136 n. 88 187a 1, 138,10 130 n. 65, 134 n. 78, 145 n. 116 187a 1, 139,24 127, 128 n. 63 187a 1, 140,5 129 n. 64 187a 1, 140,6 145 n. 116 187a 1, 140,6-18 134 n. 78 187a 1, 140,8-13 270 n. 187 187a 1, 140,27-141,8 127 n. 61 187a 1, 142,16-27 134 n. 78 187a 1, 142,19-27 270 n. 190 187a 1, 143,31 4 n. 8, 135 n. 84 187a 12, 151,6-11 73 n. 44 188a 5, 175,12-14 208 n. 78 188a 17, 178,33-179,19 98 n. 120 188a 17, 179,12 97 191a 7, 231,6ss. 98 n. 123 191b 35, 242,22ss. 136 n. 88 191b 35, 244,1 135 n. 84 192a 3, 247,30ss. 131 n. 71 195b 31, 327,24s. 206 n. 64, 279 n. 5, 298 n. 64 196a 11, 330,14 14 n. 51, 298 n. 64 196b 10, 338,4 14 n. 51 202a 21, 440,21 171 n. 16 202b 36, 453,27-454,14 131s. n. 72 202b 36, 453,30-454,14 175 n. 24 206a 18, 493,33-494,11 271 n. 190 209a 18, 533,14 14 n. 50 209a 18, 533,35 143 n. 114 Cor. de loc. 601,17 123 n. 45 Cor. de loc. 618,16 123 n. 45 231a 21, 925,10 29 n. 124 231a 21, 925,10-22 267 n. 180 231b 18, 934,23 268s. n. 184 Sophocles Ajax 1275 203 n. 57 Oedipus Colonaeus 329 204 n. 58 Trachiniae 200 207 n. 73 Soranus Gynaecia (edd. Burguire- Gourevitch; Ilberg) 2,29 (II,41,37 Burguire- Gourevitch = 75,13 Ilberg) 8 n. 25 3,4 (17,25 Bourguire-Gourevich = 105,1 Ilberg) 7 n. 16 Sotion Fragmenta (ed. Wehrli) 36 291 n. 44 Speusippus Fragmenta (ed. Isnardi Parente) 81 178 n. 30 84 89 n. 100, 178 n. 30 85 89 n. 100 87 123 n. 45 88 178 n. 30 Stobaeus Eclogae 1,4,7c 1 n. 1, 282 n. 15 1,10,14 253 n. 123 1,10,16a 54 n. 58 1,14,1 231 n. 46, 232 n. 47, 249 n. 105, 254 n. 126 1,14,1f 241 n. 73, 265 n. 170 1,14,1k 189 n. 6, 190 n. 12 1,16,1 220 n. 1 1,17,1 189 n. 5, 249 n. 105 1,19,1 254 n. 126 Indice dei passi 374 1,21,3c 245 n. 88 1,21,6a 54 n. 58 1,22,1 201 n. 47 1,22,3 44 n. 14 1,27,1 303 n. 87 1,51,4 291 n. 46 2,8,16 297 n. 63 2,31,65 23 n. 97 3,6,28 7 n. 14 Strabo Geographica 16,2,24 231 n. 44 Suda s.v. o vroxoitoi 281 n. 10 s. v. otoo 264 n. 165 s.v. Beo Ago xito 11 n. 43 s.v. Beo Mrvogoio 11 n. 43 s.v. Koioo 10 n. 34 Stoicorum Veterum Fragmenta (ed. Von Arnim) I 85, 24,6-7 224 n. 19 I 481, 107,1 18 n. 71, 225 n. 20 I 493, 110,25-29 224 n. 19 I 620, 139,25 18 n. 72, 225 n. 22 II 300, 111,8-10 224 n. 19 II 408, 134,37 228 n. 33 II 471, 153,2-6 95 n. 115 II 472, 153,29-31 95 n. 115 II 473, 154,14s. 95 n. 115 II 925, 266,35-37 279 n. 1 Syrianus In Metaphysica commentaria (ed. Kroll) 1084b 23, 152, 17-21 195 n. 26, 270 n. 188 Taurus Ap. Philop. De aet. mundi 6,8, 223,12 99 n. 124 Tertullianus De anima 15,5 8 n. 23 Themistius In Aristotelis De anima libros paraphrasis (ed. Heinze) 404b 20, 11,20 80s. n. 71, 193 n. 20 In Aristotelis Physicorum libros paraphrasis (ed. Schenkl) 187a 1, 12,6-17 133 n. 77 232a 3-22, 184,9 268 n. 184 In libros Aristotelis De caelo paraphrasis (ed. Landauer) 271b 4-19, 22,16-19 195 n. 26 299b 31, 158,23-159,2 94 n. 112 303a 3, 178,8-22 199 n. 38 303a 29-b 4, 181,29-34 200 n. 42 306b 22, 201,24-25 241 n. 77 Theodoretus Graecarum affectionum curatio 4,8-10 248 n. 110 n., 261 n. 154 4,15 245 n. 88, 262 n. 156 Theognis Megarensis Fragmenta (ed. West) 1,963s. 203 n. 52 Theon Smyrnaeus Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem utilium (ed. Hiller) 93,21 89 n. 100 Theophrastus De causis plantarum 1,8,2 153 n. 143 6,7,2 207 n. 72, 225 n. 23 De igne 7-8 66 n. 24 De sensu 39 157 n. 159 50 149 n. 129 54 214 n. 101 55 317 n. 129 56 153 n. 145 60 65 n. 23, 225 n. 24 61 216 n. 109 62 149 n. 129, 153s. n. 147, 317 n. 129 65 153 n. 144, 285 n. 23, 316 n. 126 Indice dei passi 375 66 201 n. 47, 305 n. 95s., 317 n. 129 67 315 n. 124 69 205 n. 62, 225 n. 24, 310 n. 110 73 154 n. 149, 204 n. 59 74 154 n. 148 75 154 n. 149, 207 n. 72, 210 n. 92 79 305 n. 95 Metaphysica 6a 25 123 n. 45 11b 17-22 200 n. 44 Fragmenta (edd. Fortenbaugh-Huby- Sharples-Gutas) 159 66 n. 26, 103 n. 136 226 A 5 n. 10 229 142 n. 108, 147 n. 122, 148 n. 126, 157 n. 160, 158s. n. 164, 201 n. 46s., 207 n. 71, 217 n. 112, 232 n. 49, 279 n. 4 238 207 n. 71 Thrasyllus Ap. Diog. Laert. 9,37 47 n. 34 9,41 161 n. 172 Thucydides 2,19 203 n. 57 6,69 203 n. 57 Timon Phliasius Fragmenta (ed. Di Marco) 45 115 n. 24 46 19 n. 83 Valerius Maximus Facta et dicta memorabilia 7,7 ext. 4 48 n. 37 Vitruvius De architectura 2,2,1 12s. n. 47 7,pr. 11 12 n. 47 9,5,4 12 n. 47 9,6,3 12 n. 47 9,14 13 n. 47 Xenocrates Fragmenta (ed. Isnardi Parente) 1 132 n. 75 2 113 n. 13 11 53 n. 55 83 81 n. 73 98 73 n. 44 100 123 n. 45 119 83 n. 80 127 169 n. 10, 191 n. 14, 192 n. 15 128 271 n. 193 129 271 n. 193 130 273 n. 197 132 274 n. 200 133 274 n. 201 135 271 n. 193 136 271 n. 193 138 130 n. 65, 134 n. 78, 145 n. 116, 271 n. 193 139 128 n. 63, 129 n. 64, 134 n. 78, 145 n. 116, 270 n. 187 140 134 n. 78, 271 n. 193 141 134 n. 78, 271 nn. 191, 193 142 271 nn. 192, 193 143 271 n. 192 144 134 n. 78, 271 n. 193 145 134 n. 78, 270 n. 190 146 270 n. 189 147 270 n. 188 148 202 n. 12 151 189 n 5 154 81 n. 76 225 290 n. 40 260 80s. n. 71, 193 n. 20 Xenophon Anabasis 5,4,14 202 n. 51 Cyropaedia 1,3,10 202 n. 51 Indice dei passi 376 De re equestri 5,7 156 n. 157 Memorabilia 1,1,13 120 nn. 34, 37, 140 n. 94, 160 1,1,15 281 n. 9 3,1,1 12 n. 45, 203 n. 56 4,7,6 120 n. 37 Oeconomicus 16 12 n. 45 Zeno Eleaticus (29 DK) Fragmenta (edd. Diels-Kranz) A 1 131 n. 70 A 13 115 n. 24 A 21 115 n. 22 A 25 127 n. 61 B 1 125, 168 B 2 168, 179 n. 32 B 3 168
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