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all’ultimo momento della caratteristica stradale (da due a quattro corsie)
rende irrealizzabile l’opera nel tracciato previsto.
2) La revisione di quel progetto non sarà mai portata avanti, perché il secondo
motivo di abbandono generale dell’opera è la CRISI FINANZIARIA DELLO
STATO. Si profila la necessità di ridurre drasticamente il debito pubblico per
rispettare quelli che saranno i parametri di debito che il Trattato di Maastricht
formalizzerà. Il Governo Amato svaluta la lira, fa una manovra da 90.000
miliardi, e taglia i finaziamenti a molte opere pubbliche per cui,
indirettamente, “cade” anche il “progetto pedemontano”.
3) La terza definitiva causa della fine di quel progetto viene, nel 1993, con la
crisi del sistema politico allora consolidato, attraverso quella che sarà
chiamata “TANGENTOPOLI”. Di fatto ogni opera pubblica viene bloccata.
Non vi sono le condizioni politiche per formalizzare progetti che richiedono
procedure e iter finanziari che la Magistratura ha trovato spesso illegalmente
collusi con il finanziamento dei politici e dei partiti.
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Romea Commerciale)(è in quel contesto che cambia il Piano Regionale dei
Trasporti, che ancora parlava di superstrada).
Il mondo politico veneto si dà da fare per trovare finanziamenti pubblici.
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Invece a un anno dalla decisione della Conferenza di Castelfranco (dall’aprile 2001
al marzo 2002) la Regione si limiterà a mettere in atto 3 operazioni:
1) acquisire il progetto “Bonifica” (cioè tutto il corposo materiale relativo al
progetto definitivo dell’opera che l’Anas, dopo una certa resistenza,
cederà);
2) introitare nel bilancio regionale i 600 miliardi di lire del finanziamento
statale (questo attraverso l’accordo Berlusconi-Galan del 9 agosto 2001,
dove il Governo poneva l’opera in capo alla Regione, trasferendo
appunto, con la Finanziaria per il 2002, i 600 miliardi alla Regione
Veneto);
3) prevedere, nella Finanziaria regionale per il 2002 (approvata nel dicembre
2001) un ulteriore importo di 120 miliardi di lire per la realizzazione della
“Superstrada Pedemontana Veneta” (S.P.V.). Pertanto il finanziamento
pubblico saliva da 600 a 720 miliardi di lire.
Nell’aprile 2002 si costituisce la Società PEDEMONTANA VENETA S.P.A. che si
prefigge come unico obiettivo la realizzazione della S.P.V.; il 38% delle quote sociali
è di “Autostrade s.p.a.”, il 37% dell’”Autostrada Brescia-Padova”, il 10% di Autovie
Venete, e il restante 15% è diviso equamente fra tre istituti bancari (San Paolo -
Cardine, Antonveneta, UniCredit – Cariverona).
Questa Società presenta un project financing alla Regione Veneto il 28 giugno
2002, relativo alla progettazione, realizzazione e gestione dell’opera in concessione
per 40 anni, introitando i relativi pedaggi, avendo a disposizione i 720 miliardi di
finanziamento pubblico e richiedendone altri 420 (in tutto il finanziamento pubblico
doveva arrivare a 1.140 miliardi di vecchie lire). L’altra metà del finanziamento
sarebbe stata a carico del “privato” (in pratica l’opera sarebbe costata
complessivamente 2.280 miliardi di lire).
La lunghezza prevista era di 64 chilometri, da Dueville a Spresiano.
Quello che appare subito a tutti i precedenti oppositori all’autostrada (sindaci,
comitati, associazioni ambientaliste…) è che il progetto è pari pari quello presentato
come “autostrada” dalla Società “Bonifica” (…chi lo ha “passato” alla
“Pedemontana Veneta S.P.A.”?... visto che era di proprietà pubblica, e altri
concorrenti nel “progetto di finanza”, se mai si fossero presentati, partivano sfavoriti
dovendo approntare da zero un progetto preliminare che invece “Pedemontana
Veneta spa” ha avuto a disposizione?....).
In pratica, con questo progetto presentato, il nome dell’opera cambiava da A.P.V. a
S.P.V., ma il contesto generale, i caselli (pochi) di tipo autostradale e tutte le altre
caratteristiche tecniche (due corsie più una di emergenza per ogni senso di
marcia), erano meramente autostradali, e assolutamente le stesse, queste
caratteristiche, (anche nell’esposizione lessicale) del progetto “Bonifica” (un unico
CD ROM all’origine……).
Nel contempo la Regione si dotava di una Legge Regionale (la n. 15 del 9 agosto
2002) per “gestire in proprio” tutta l’operazione, con incongruenze evidenti a tutti
rispetto alla normativa e alla procedura sulle opere pubbliche prevista dalla Legge
Merloni.
E’ in questo contesto che il bando di gara approvato l’11 novembre 2002 dalla
Regione Veneto veniva a naufragare grazie a un ricorso (vincente) al TAR del
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Veneto (presentato nel gennaio 2003 da tre amministrazioni comunali del vicentino
(Nove, Sandrigo e Montecchio Precalcino) e dalla Legambiente Regionale.
Il TAR annullava infatti il bando di gara con Sentenza n. 680/04.
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sarà dovuta nel caso in cui il volume di traffico sarà inferiore a 840 milioni di veicoli
x km annui, mentre nulla sarà dovuto per un volume di traffico pari a 1.200 milioni
di veicoli x km annui; per volumi di traffico compresi tra il minimo ed il massimo
sopra citati, la Regione Veneto erogherà un finanziamento proporzionale al volume
di traffico rilevato.
Tale meccanismo è descritto nell’allegato A alla D.G.R. n.3858 del 3 dicembre 2004
che ha dichiarato di pubblico interesse la proposta del promotore ed è previsto
all’art. 14 della convenzione riportata nell’allegato B alla medesima deliberazione.
Al riguardo, non si può non rilevare come le disponibilità del bilancio regionale
coprano appena il contributo in conto capitale richiesto per la fase di progettazione
e costruzione dell’infrastruttura.
Viceversa, il contributo in conto gestione, pure previsto in convenzione e che
potrebbe raggiungere nei 30 anni la somma massima di 612,00 M€, non trova
alcuna copertura nel medesimo bilancio.
In proposito si veda la dichiarazione di Andrea Ripa di Meana, amministratore
delegato di Infrastrutture S.p.A., riportata nel Sole 24 ore del 27/2/05, secondo cui “
il concedente........può evitare di iscrivere a debito quelle somme” confidando nelle
proprie previsioni di maggior traffico.
La “scommessa” della Regione Veneto di non dover corrispondere il contributo in
conto esercizio appare però contraddetta da quanto espresso dal concessionario al
7° capoverso dell’art. 14 della citata convenzione, ove “ si prende atto che l’importo
del contributo annuo di 20,4 M€ corrisponde alla rata trentennale di un
finanziamento di 279,274 M€ previsto nel piano economico-finanziario alla voce
Finanziamento Junior”.
Lo stesso promotore, d’altra parte, avrebbe rinunciato al contributo pubblico
inizialmente richiesto di 487,00 M€, accettando esattamente la metà dello stesso,
ovvero 243,00 M€, nell’evidente certezza di poter ricevere il contributo in conto
gestione.
In buona sostanza, mentre il contributo in conto gestione consentirà al
concessionario di poter accedere ad un finanziamento di 279,274 M€, il costo
effettivo per l’Ente Pubblico sarà di 612,00 M€ ( cioè 20,4 M€ per 30 anni).
Tale meccanismo genererà un debito pubblico futuro ( fuori bilancio) di pari entità.
Tutto ciò, oltre a contrastare con i principi di veridicità e universalità del bilancio,
appare violare il c.d. Patto di stabilità e, in particolare, l’art. 1 c. 23 della L. 30
dicembre 2004, n. 311 ( legge finanziaria statale 2005 ) in quanto si occultano delle
spese, pur se previste nella convenzione, in modo che non concorrano al
superamento del limite di incremento di spesa consentito dalla citata norma.
Destano inoltre perplessità altri aspetti del rapporto fra concedente e
concessionario, desumibili dalla documentazione allegata alla presente nota:
- nella valutazione dei flussi di traffico determinanti ai fini dell’attribuzione del
contributo di gestione non si precisa se le cifre indicate si riferiscono a veicoli reali o
equivalenti.
- non si indica mai chi “certificherà” i flussi di traffico. Sarebbe opportuno fosse un
soggetto “terzo e indipendente”.
- la convenzione e il meccanismo del finanziamento in conto gestione appaiono
legati ai flussi di traffico e conseguentemente ai ricavi e non ai costi sostenuti dal
concessionario.
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- l’adeguamento tariffario di cui all’art. 7 della convenzione prevede un incremento
pari al tasso reale d’inflazione aumentato del 10%. Tale ultimo aumento sembra
costituire un autentico “regalo” al concessionario in quanto, normalmente, con il
sistema di price-cap si prevedono aumenti inferiori al tasso d’inflazione e ciò per
stimolare miglioramenti di efficienza che dovrebbero essere trasferiti agli utenti.
- non appare giustificato il fatto che nel calcolo relativo all’eventuale conguaglio di
cui all’art. 14 della convenzione i proventi da pedaggio di competenza del
concessionario siano sempre calcolati al netto di imposte e detrazioni dovute ad
ogni titolo, presenti e future.
Tali osservazioni hanno costituito oggetto di un esposto presentato dal WWF Italia
a Eurostat e all’Autorità di vigilanza sui Lavori Pubblici in data 22/6/05. L’Autorità, al
termine di una lunga istruttoria che ha comportato anche un’audizione delle parti
interessate in data 9 marzo 2006 e che riconosceva la fondatezza di molte censure
avanzate dal WWF, decideva…..di non decidere!
Il WWF, sorpreso da tale assurda conclusione, ha segnalato il fatto al Ministro Di
Pietro con nota prot. DG584/06 dell’8 agosto 2006, senza a tutt’oggi avere
riscontro.
Nel frattempo l’Amministrazione regionale ha portato avanti le procedure
continuando a “trattare” con il promotore, accettando tutte le sue richieste.
Dopo una incredibile procedura di valutazione di impatto ambientale a livello
regionale (tempo dedicato dalla Commissione regionale VIA all’esame di oltre 270
osservazioni pervenute da enti e da privati: 1 ora e mezza circa!),il progetto
preliminare dell’opera è stato approvato dal CIPE in data 29/3/06.
Cosa sia stato approvato non è ben chiaro, dal momento che la relativa
deliberazione è stata depositata solo in data 4/8/06 e pubblicata in data 23/9/06.
In data 29/05/06 cambia la compagine sociale del promotore: entrano IMPREGILO,
CONSORZIO CPS ( Presidente Piergiorgio Baita) e altri Soci minori.
Con D.G.R. n. 2533 del 7 agosto 2006, adottata prima ancora della pubblicazione
in G.U. della delibera del CIPE, è stato confermato il pubblico interesse della
proposta presentata da Pedemontana Veneta S.p.A. con ulteriore aggiornamento
della originaria proposta e della bozza di convenzione.
Superfluo dire che gli aggiornamenti in questione sono a tutto vantaggio del
promotore e che non è ancora risolto il problema della mancanza di risorse
pubbliche per far fronte agli impegni contrattuali da assumere.
Ciò in contrasto con molteplici sentenze della Corte dei Conti citate dall’Autorità
Vig. LLPP nella sua relazione GE 624/05 preordinata alla sopra citata audizione.
Con D.G.R. n. 3185 del 17 ottobre 2006 è stata indetta la gara con approvazione
del relativo bando.
Il WWF Italia con nota prot. DG947/06 del 20 novembre 2006 ha presentato un
ulteriore esposto al Ministro Di Pietro con alcune osservazioni.
Al riguardo, si aggiunge solo che la Regione ha assegnato un termine (49 giorni)
per la presentazione delle candidature assolutamente insufficiente, data la
complessità dell’opera e in contrasto con le assicurazioni date dall’ing. Fasiol alla
fine della nota prot. 847379/45.00 del 15 dicembre 2005.
In conclusione tutta la vicenda sopra descritta evidenzia un comportamento della
Regione di evidente e smaccato favore per l’attuale promotore.
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11 dicembre 2006
sebastiano malamocco