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14.

IL SISTEMA GIUDIZIARIO
Al fine di garantire l’osservanza delle regole della convivenza sociale, sono state introdotte le
figure dei giudici, i quali sono titolari della funzione giurisdizionale.
2. La funzione giurisdizionale
La funzione giurisdizionale può essere definita come la funzione diretta all’applicazione della
legge, attivata su impulso delle parti, per risolvere un conflitto o una controversia, esercitata ad
opera di un soggetto terzo, vincolato solo alla legge, nel rispetto del principio del contraddittorio
fra le parti, della pubblicità del procedimento e della motivazione delle decisioni.
Il giudice deve quindi essere passivo nel senso che non spetta a lui promuovere l’azione; deve
essere terzo rispetto alla parti in causa; deve essere vincolato solo alla legge, non deve cioè
ricevere istruzioni né dettare lui stesso il parametro in base al quale decidere la controversia; il
contraddittorio garantisce che ciascuna parte possa farsi sentire dal giudice in condizioni di parità;
la pubblicità del procedimento è garanzia della sua correttezza; mentre la motivazione serve a
consentire forme di controllo successivo.
A seconda del tipo di giurisdizione, diversi sono nome e ruolo delle parti in causa con riferimento
al soggetto che inizia l’azione e a quello che la subisce o la contrasta: si chiamano attore e
convenuto nel processo civile, pubblico ministero e imputato nel processo penale, ricorrente e
resistente nel processo amministrativo.
Tipica espressione della funzione giurisdizionale è la sentenza: cioè l’atto processuale del giudice
col quale questi risolve la questione sottoposta alla sua attenzione, mentre si chiamano ordinanza
e decreto gli atti del giudice che non definiscono il procedimento, ma ne regolano il suo corso.
3. L’organizzazione giudiziaria per la giurisdizione ordinaria
L’organizzazione della giustizia ordinaria vede al suo vertice la Corte di cassazione, con sede a
Roma, e successivamente una serie di distretti.
Per le cause in materia civile sono previsti: il giudice di pace, il tribunale, la corte d’appello. Così
anche per i procedimenti in materia penale. Per i reati più gravi però, giudice di primo grado è la
corte d’assise (le cui decisioni possono essere appellate presso la corte d’assise d’appello con la
presenza di 6 giudici popolari).
La possibilità di ricorso in cassazione contro le sentenze di appello si limita alle sole questioni di
legittimità (rispetto della legge). Fra le funzioni della Corte di cassazione, fondamentale è quella
appunto di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge (funzione
nomofilattica).
Accanto ai magistrati con funzioni giudicanti, troviamo anche magistrati con funzioni requirenti,
sono questi i magistrati del pubblico ministero. Il compito dei magistrati requirenti non è quello di
giudicare una controversia, ma perseguire l’interesse generale della giustizia.
5. L’autonomia e indipendenza della magistratura
Secondo l’art. 104 Cost. “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni
altro potere”. Questa previsione va letta insieme a quella in base alla quale “i giudici sono soggetti
soltanto alla legge” e a quella che dispone che “i magistrati si distinguono tra loro soltanto per
diversità di funzioni”.
Con tali previsioni si afferma il principio della separazione dei poteri e della necessaria autonomia
e indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato.
Al fine di evitare qualsiasi condizionamento politico, la Costituzione prevede che i magistrati siano
nominati solo dopo il superamento di un pubblico concorso, per garantire imparzialità e un grado
tendenzialmente elevato di selezione tecnica (eccezione: magistrati onorari).
La Costituzione consente poi la “partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della
giustizia”, prevista solo all’interno delle corti d’assise e delle corti d’assise d’appello, composte da
semplici cittadini in veste di giudici popolari.
L’indipendenza dei magistrati è ulteriormente garantita dalla loro inamovibilità: essi non possono
essere “dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a
decisione del Csm, adottata o per i motivi e con le garanzia di difesa stabilite dall’ordinamento
giudiziario o con il loro consenso”. Questa garanzia esclude ogni possibile interferenza del potere
esecutivo volta a condizionare la carriera dei magistrati, sono infatti assai ridotti i margini di
intervento del ministro della giustizia: questi ha la facoltà di promuovere l’azione disciplinare e
una competenza generale in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla
giustizia.
6. Il Consiglio Superiore della Magistratura
Il Csm è l’organo cui spettano “le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i
provvedimenti disciplinari” nei confronti dei magistrati ordinari: è l’organo dal quale dipende tutta
la carriera del magistrato. Il Csm è così composto:

 Tre componenti di diritto: il Presidente della Repubblica, il primo presidente e il


procuratore generale della Corte di cassazione;
 Componenti elettivi: due terzi (chiamati membri togati) sono eletti da tutti i magistrati
ordinari fra gli appartenenti alla magistratura;
 Componenti elettivi: un terzo (chiamati membri laici) sono eletti dal Parlamento in seduta
comune fra professori ordinari in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di
professione, a maggioranza qualificata.
E’ la legge a stabilire il numero di membri elettivi, ad oggi 24. La legge stabilisce inoltre la durata in
carica (4 anni), il sistema elettorale e le norme di funzionamento dell’organo, al quale, scaduto il
mandato, non si può essere immediatamente rieletti.
La presidenza dell’organo, affidata al capo dello Stato, ha una funzione di garanzia dell’equilibrato
e imparziale svolgimento dei compiti assegnati al Csm. Il Csm elegge, fra i membri eletti dal
Parlamento, un vicepresidente, al quale vengono delegate tutte le funzioni di presidente. Il Csm
opera attraverso commissioni.
Quanto al ministro della giustizia, questo può formulare richieste nelle materie riguardanti
carriera e stato giuridico dei magistrati, ma la competenza ad adottare i relativi provvedimenti
spetta esclusivamente al Csm. Qualche potere in più ha riguardo al conferimento di incarichi
direttivi temporanei alla guida degli uffici giudiziari. La Corte Costituzionale impone che vi sia una
“leale collaborazione” tra ministro e Csm. In caso di rifiuto del ministro, il Csm, una volta esperito
ogni tentativo di superare il contrasto, può andare avanti da solo e assumere la deliberazione.
Inoltre, il Csm dà pareri al ministro sui disegni di legge nelle materie riguardanti la giustizia.
Quanto alla sezione disciplinare, la funzione del Csm è quella di decidere l’eventuale irrogazione
delle sanzioni previste dalla legge nei confronti di singoli magistrati giudicati responsabili di
comportamenti contrari ai doveri d’ufficio o comunque non consoni all’appartenenza dell’ordine
giudiziario. Il procedimento disciplinare può essere iniziato su richiesta del ministro della giustizia
o del procuratore generale presso la Corte di cassazione. Esso è strutturato come un processo ed è
prevista anche la possibilità di ricorso in cassazione contro i provvedimenti emessi dal Csm, a
differenza di tutti gli altri suoi provvedimenti che possono essere impugnati solo davanti al giudice
amministrativo.
7. I principi costituzionali del processo
Il fondamento di un sistema giudiziario autonomo e indipendente si rinviene anche nelle
disposizioni costituzionali che dettano i principi cui deve conformarsi l’attività giurisdizionale nel
suo concreto svolgersi. L’art. 24 Cost. dice che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti e interessi legittimi”, e ciò viene assicurato attraverso la garanzia del diritto di difesa,
infatti “la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, a prescindere dal tipo
di giurisdizione. La Corte costituzionale ha riaffermato non solo l’inviolabilità del diritto di difesa,
ma anche la sua irrinunciabilità. L’art. 24 Cost. garantisce al contempo “ai non abbienti, con
appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”. E’ così riconosciuto
l’istituto del gratuito patrocinio, che consiste appunto nell’assistenza legale a carico dello Stato
per coloro che non possono permettersela. In questo quadro si colloca il principio del giudice
naturale, al fine proprio di garantire appieno la tutela giurisdizionale dei diritti del cittadino: l’art.
25 Cost. assicura “il diritto a una previa non dubbia conoscenza del giudice competete a decidere
o, ancor più nettamente, il diritto alla certezza che a giudicare non sarà un giudice creato a
posteriori in relazione a un fatto già verificatosi” (divieto istituzione giudici speciali).
L’art. 111 Cost. contiene il principio del giusto processo: “la giurisdizione si attua mediante il
giusto processo regolato dalla legge”. L’art. 24 Cost. specifica che “ogni processo si svolge nel
contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale” e che “il
processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”.
L’art. 111 Cost. riconosce alla persona accusata di reato alcuni diritti fondamentali: essere nel più
breve tempo possibile informata riservatamente dei capi d’accusa a suo carico; disporre del tempo
e delle condizioni necessari per la preparazione della difesa; interrogare i testimoni a suo carico e a
sua difesa, alle stesse condizioni dell’accusa, e acquisire ogni altro mezzo di prova a suo favore;
essere assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nel processo. La
legge deve assicurare tali diritti e deve altresì assicurare la ragionevole durata dei procedimenti
giudiziari, affinché processi troppo lunghi non si trasformino di fatto in denegata giustizia. Alla
questione della durata media dei processi si lega anche la discussione sull’opportunità di
mantenere o ridurre la portata della prescrizione: istituto che comporta l’estinzione del reato a
seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo. E’ stato prevista per i nuovi processi
l’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
Un altro strumento di garanzia è l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
Attraverso tale obbligo si concretizza il diritto di difesa, perché è la motivazione stesa dal giudice
che permette di controllare il ragionamento giuridico che sta alla base della decisione: e dunque
contestarla attraverso il ricorso ad altro giudice (impugnazione). L’importanza della motivazione è
determinata dall’esistenza di un doppio grado di giudizio di merito, che prevede quasi sempre la
possibilità di sottoporre a un giudice diverso (di secondo grado) la medesima questione già risolta
dal giudice di primo grado. Come ulteriore garanzia è stabilita la possibilità di ricorso alla Corte di
cassazione, ma per soli motivi di legittimità.
Per quanto riguarda il processo penale, troviamo altri principi: irretroattività delle norme penali,
responsabilità penale personale e presunzione di non colpevolezza. Spetterà al giudice decidere
per l’eventuale condanna, ma soltanto quando la colpevolezza sia stata dimostrata “al di là di ogni
ragionevole dubbio”.
8. La responsabilità dei magistrati
La necessità di garantire autonomia e indipendenza non deve portare alla creazione di un corpo di
magistrati totalmente irresponsabile e protetto da sostanziale immunità. Il nostro ordinamento
prevede pertanto diverse forme di responsabilità dei magistrati.
Questi hanno innanzitutto una responsabilità di tipo disciplinare per quanto attiene la loro
condotta professionale e le eventuali violazioni dei doveri derivanti dal loro ufficio. Titolari
dell’azione disciplinare sono il ministro della giustizia e il procuratore generale presso la Corte di
cassazione, mentre competente a giudicare è la sezione disciplinare del Csm.
Un’ipotesi diversa dalle sanzioni di natura disciplinare è il trasferimento d’ufficio per
incompatibilità ambientale. Tale provvedimento è disposto dal Csm quando i magistrati “per
qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie
funzioni con piena indipendenza e imparzialità”. Ossia quando si viene a creare una situazione che
sconsiglia la sua permanenza in una determinata sede.
Quanto alle altre forme di responsabilità giuridica, i magistrati sono responsabili pienamente di
ogni reato che commettano nell’esercizio delle funzioni.
La materia è regolata dalla l. 117/1988 che si applica a tutti i magistrati e prevede che chiunque
abbia “subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un
provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio
delle sue funzioni, ovvero per diniego di giustizia, può agire contro lo Stato per ottenere il
risarcimento dei danni”.
La legge 18/2015 stabilisce che: non è più esclusa la responsabilità quando l’errata interpretazione
di diritto o l’erronea valutazione di fatti e prove sia realizzata dolosamente, e che si ha sempre
colpa grave in caso di violazione manifesta della legge o del diritto dell’Ue, di travisamento del
fatto o delle prove, di affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli
atti del procedimento o di negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli
atti stessi, ovvero di emissione in un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi
consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

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