Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
il fatto
Cile, l’album della Bachelet
La OMERO CIAI e LUIS SEPÚLVEDA
la memoria
La bancopoli del nostro passato
DOMENICA 22 GENNAIO 2006 di Repubblica SIEGMUND GINZBERG
Uomini
e topi
Repubblica Nazionale 31 22/01/2006
25 mln
I topi usati ogni anno nei
1,6 mln
I topi usati ogni anno
400mila
I topi usati ogni anno
laboratori di tutto il mondo nei laboratori inglesi nei laboratori italiani
ENRICO FRANCESCHINI
(segue dalla prima pagina)
«I
n sostanza — conclude
— sono un elemento
prezioso e insostituibile
della ricerca scientifica».
Incredibile per delle ca-
vie così piccole, com-
mento intabarrato dentro camice, ma-
scherina, cuffia, guanti e soprascarpe,
facendo un passo indietro allorché la
mia guida, prima di deporre il topo nel-
la gabbia, lo lascia nuovamente penzo-
lare davanti ai miei occhi. «Non tutte le
cavie sono così piccole», replica pa-
ziente il ricercatore, «aspetti di aver vi-
sto i ratti». E di passi indietro, istintiva-
mente, mi viene di farne un altro.
Siamo nei labirinti della Queen
Mary University of London, dove due
studiosi italiani, il professor Mauro
Perretti, co-direttore di un diparti-
mento di ricerca dell’università, e il
dottor Vincenzo Libri, direttore medi-
co del gigante farmaceutico Glaxo-
SmithKline, mi scortano in visita a una
“Animal House”, ovvero allo stabula-
rio in cui uomini e topi convivono da
quasi un secolo in una simbiosi alta- CUORE
Nel laboratorio
mente produttiva e complessa. Tra noi
Una delle promesse più concrete
e loro, in realtà, i rapporti risalgono a
delle staminali riguarda le malattie
molto prima: sulla base di dati paleon-
del cuore. Queste cellule riparatrici
tologici, sembra che uomo e topo sia-
possono ripristinare la funzione
no in contatto sin dal Pleistocene infe-
di un muscolo colpito da infarto. Test
riore, ossia da oltre un milione di anni;
diventati routine nei roditori e allo stadio
ma la sperimentazione su questi pro-
iniziale negli uomini prevedono
digiosi roditori, sebbene vanti prece-
dove vivono
l’iniezione di staminali nella porzione
denti già verso la metà del diciassette-
di muscolo malato. Le cellule riparatrici,
simo secolo, decollò veramente nel
se stimolate, riattivano in parte il tessuto
1909, grazie a uno zoologo americano
danneggiato. Un altro studio iniziato
di Harvard, Clarence Cook Little, in se-
sui roditori e trasferito sugli uomini
guito meglio conosciuto come “Mou-
dall’italiano Luigi Fontana
se Man” (e forse fonte d’ispirazione
ha mostrato che una dieta
per lo Stuart Little dell’odierno carto-
ipocalorica frena
gli scienziati
ne animato), che riuscì a creare la pri-
l’invecchiamento
ma razza di topolini geneticamente
identici, in pratica il moderno “topo
da laboratorio”. Nel 1929, con il soste-
gno finanziario di Edsel Ford, figlio
dell’Henry fondatore della Ford Auto,
Little aprì un laboratorio di riprodu-
zione e ricerca nel luogo in cui trascor-
e le loro cavie
reva le vacanze, a Bar Harbor, nel Mai-
ne, e il boom ebbe inizio. Quello stes-
so centro, la Jackson Laboratory, oggi
produce 2500 razze geneticamente di-
stinte e il dieci per cento dei 25 milioni
di topi venduti annualmente ai ricer-
catori di tutto il mondo.
Come la sperimentazione su specie
più grandi ed evolute, quali i criceti, i
porcellini d’India o i cani, anche quella
sui topi è da tempo nel bersaglio dei
gruppi per la difesa dei diritti degli ani- CERVELLO
mali, particolarmente attivi nel Regno Nei roditori si cercano
Unito, dove i laboratori di ricerca sono soluzioni non solo
spesso oggetto di radicali manifesta- per le malattie del corpo,
zioni di protesta, che includono talvol- ma anche per quelle mentali
ta azioni contro i ricercatori medesimi Le basi genetiche
e le loro abitazioni private. Lo scopo e fisiologiche del cervello
Repubblica Nazionale 32 22/01/2006
della mia visita allo stabulario della dei roditori e della nostra
Queen Mary University, tuttavia, non è specie sono infatti simili
intervenire a favore o contro la speri- al 95 per cento. Le tecniche usate in laboratorio
mentazione, argomento su cui esisto- prevedono come primo passo l’induzione
no una vasta letteratura e opinioni di- di malattie come Alzheimer, Parkinson,
scordanti; bensì scoprire qualcosa di schizofrenia, sindromi di ansia e panico
più sulla relazione tra bipedi e quattro- Su questi modelli si testa l’efficacia
zampe, interrogando i primi, poiché i e la tollerabilità di nuovi tipi di farmaci. Solo
secondi non hanno il dono della paro- le molecole efficaci nei roditori approdano
la, sulle sensazioni che provano nel alla sperimentazione direttamente nell’uomo
quotidiano confronto con la pelosa Uno degli esempi più celebri di intervento
progenie di roditori rinchiusi nelle gab- sui geni del cervello risale al 2005, quando
biette sterilizzate. fu creato un topo insensibile al sentimento
Entrare nella “Animal House”, per della paura
cominciare, è come accedere a una via
di mezzo tra la sala operatoria e il for-
ziere di una banca: le leggi britanniche
per la sperimentazione sugli animali
maschi e femmine separati, a meno che
sono più severe di quelle per la speri-
mentazione sugli esseri umani. Insie- debbano procreare. Ognuna ha anche Uno degli studiosi, avvertito il professore, sono effettiva-
mente piuttosto grossi. Il fatto che sia-
me ai miei accompagnatori, vengo ri- una casetta di cartone in cui i topi pas- no candidi come panna non elimina,
coperto da capo a piedi di indumenti
protettivi, per non portare infezioni al-
sano il tempo a rosicchiare gallerie. La
prima cosa che noto è l’odore pungen-
ogni volta che deve perlomeno in un estraneo all’ambien-
te come il sottoscritto, un brivido di re-
l’interno; e accanto a ogni porta c’è una
bacinella di disinfettante in cui ripulire
te degli animali. La seconda, lo squittìo
che risuona come un regolare tam-
sopprimere un topo, pulsione. «Ma quando li conosci e im-
pari ad apprezzarli», osserva il dottor qualcosa di simile all’affetto? Libri rac-
le soprascarpe di plastica. Di porte,
blindate e apribili soltanto con un co-
tam, inframmezzato a una melodia: c’è
sempre una radio accesa in ogni stan- lo prende in mano, Libri, «la prospettiva cambia, li guardi
con interesse anziché con disgusto».
conta di un ricercatore giapponese che
girava tra le gabbie, come un pifferaio
za, pare che la musica faccia loro com-
mando elettronico, ce ne sono una de-
cina, ciascuna sormontata da un gradi- pagnia. Al centro dello stabulario, un gli mostra il profilo Alla vista di un paio di ricercatori di
sesso femminile che si aggirano nello
magico, con topolini che gli correvano
sulle maniche, sbucavano dalle tasche
no alto mezzo metro, onde evitare la re- chirurgo sta operando ai reni tre ratti stabulario, domando se l’interesse del camice, si arrampicavano sul collo.
mota ipotesi che un topolino genetica-
mente modificato scappi («Ma dovreb-
bianchi, addormentati dall’anestesia,
per un esperimento.
di Londra e dice: prevale sul disgusto anche tra le don-
ne, a dispetto dell’ampia aneddotica
Perretti ricorda che, quando nasce una
nidiata di topini, c’è sempre qualcuno
be essere come Steve McQueen nella
Grande Fuga, per uscire di qui», com-
«Contrariamente a una diffusa cre-
denza popolare», dice il professor Per-
“Dì addio al mondo, sulla fobia delle donne verso i topi, e
così apprendo che un po’ più del cin-
che si intenerisce. Il loro destino, s’in-
tende, è quasi sempre quello di amma-
menta una delle mie guide). Dentro, i
topi sono alloggiati in gabbie tutte
retti, «i topolini sono più aggressivi,
ma hanno dentini così minuscoli che i piccolo mio, quanta per cento dei ricercatori sono
donne, evidentemente senza proble-
larsi, soffrire, crescere con arti e organi
gonfiati o rimpiccioliti a dismisura: ma
loro morsi non fanno male. I ratti, in-
uguali che ricoprono le pareti fino al
soffitto, con la segatura sul fondo, il vece, sono passivi ma anche più intel- è così brutto che mi del genere.
L’interesse per i topi, insisto, è sola-
durante e dopo l’esperimento, quando
è possibile, si fa di tutto — mi dicono —
mangime e i biberon dell’acqua sul la- ligenti, capaci di riconoscerti e più do- mente “scientifico”, o a forza di nutrir- per lenire il dolore e a volte curare l’a-
to superiore. Ogni gabbia, pulitissima,
ospita mezza dozzina di esemplari,
cili da maneggiare». Siamo arrivati di
fronte alle loro gabbie: e, come aveva
non ti perdi niente” li, toccarli, operarli e studiarli, qualcu-
no sviluppa nei loro confronti anche
nomalia artificialmente imposta dai ri-
cercatori. «Queste cavie, occorre sem-
DOMENICA 22 GENNAIO 2006 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33
LA GLI
STORIA ESPERIMENTI
T
utto iniziò per gioco, e finì in scienza. Sono passati due secoli da quando un gruppo di lord inglesi
disattivato il progresso di un tumore
iniziò a collezionare topi dalle livree particolari. Marroni col muso bianco o neri coi calzini fulvi, ven-
1997 Da una 2001 Il primo “farmaco nero sottratti alle dispense e finirono in gabbia. Incrociati, allevati, scambiati come fossero figuri-
cooperazione italo- intelligente” cura
ne, questi “fancy mice” o topi fantasia ci misero poco a suscitare l’interesse di una generazione di biologi
giapponese nasce in maniera radicale un tipo
e medici che già armeggiavano con le leggi di Mendel. E così a inizio Novecento questi “mutanti geneti-
il primo topo clonato di leucemia. Il Gleevec
ci”, come furono ribattezzati, entrarono nei laboratori.
Si chiama Cumulina viene scoperto grazie agli
Oggi gli eredi dei fancy mice hanno livree verdi fosforescenti o muscoli grandi il doppio del normale.
(piccola nuvola) studi sui mus musculus
Ospitano nel loro corpo cellule di maiale o neuroni di uomo. Anche sulla psiche si interviene, creando ro-
2002 Completato 2000 Un vaccino contro ditori senza paura che guardano i gatti dritto negli occhi. Nei laboratori sono nati topi depressi, topi fede-
il sequenziamento l’Alzheimer si mostra
li alla compagna e alla prole molto più del normale e topi con il Parkinson. Del Mus musculus domesticus
del genoma del topo efficace nei roditori
dal 2002 conosciamo ogni lettera del Dna e gli scienziati hanno imparato a suonare la tastiera del genoma
Tutto il Dna è accessibile Si attendono ora conferme
per ottenere cavie à la carte, con le caratteristiche desiderate per portare avanti le loro ricerche.
gratis via Internet anche nell’uomo
Acquistare un esemplare d’allevamento costa una manciata di dollari, a meno che non si cerchi-
no particolari mutazioni del Dna. Un esemplare modellato dall’ingegneria genetica può arrivare ad
alcune migliaia di dollari, con un giro d’affari mondiale intorno ai 300-400 milioni di euro. Qualche
cavia tecnologica è anche finita nell’ufficio brevetti e nella borsa valori. Il precursore nel 1988 fu On-
comouse, un topo nato per ammalarsi di cancro. Harvard modificò il suo genoma per renderlo vul-
nerabile ai tumori. La ditta DuPont lo brevettò, primo caso al mondo di mammifero con il copyri-
POLMONI ght. «Il topo di laboratorio — dice Ernesto Capanna, biologo evoluzionista della Sapienza — è di-
Un filone di ricerca partito ventato di fatto un animale artificiale. Sui suoi geni è stata operata una selezione parallela a quella
dai topi che ha dato conferme APPARATO naturale. Difficilmente sopravviverebbe fuori dal laboratorio».
anche negli uomini: frutta DIGERENTE Da qualche mese l’Europa sta catalogando uno a uno i 22mila geni del topo. Si tratta di creare altrettanti
e verdura contengono Un ventaglio di malattie embrioni, ognuno con un frammento del Dna disattivato. Dall’esemplare che nascerà si potrà dedurre la
sostanze in grado di prevenire dell’apparato digerente funzione del gene mancante. Il lavoro andrà avanti per una manciata di anni coinvolgendo dieci labora-
i tumori, fra cui un big killer si avvale degli studi tori in sei paesi. L’archivio centrale di questi embrioni è a Monterotondo vicino Roma ed è gestito dal Cnr.
come il cancro al polmone sui roditori. Negli anni ’20 Glauco Tocchini-Valentini ne è il direttore: «Vogliamo scrivere le pagine gialle del Dna, cioè classificare
Un test del settembre 2005 (università di grazie a questi animali ogni gene secondo il suo mestiere. Con il sequenziamento del genoma del topo abbiamo tracciato la map-
Georgetown), confermato anche nella nostra sono stati messi a punto pa della città. Ora vogliamo capire cosa fanno gli individui che in quella città vivono».
specie, ha messo in evidenza che le verdure i dosaggi di insulina per trattare Dai topi è arrivato un contributo fondamentale per sconfiggere la polio e mettere a punto armi efficaci
crucifere (broccoli, cavoli e cavolfiori) il diabete. Oggi la frontiera più calda contro il cancro. «Nel 1981 nel roditore fu isolata la prima linea di staminali embrionali» spiega Carlo Al-
rallentano la progressione del tumore è quella dei tumori. Molti dei geni che berto Redi, direttore del laboratorio di biologia dello sviluppo all’università di Pavia. Tutti i farmaci dei no-
Un altro canale di sperimentazione prevede causano il cancro nei topi sono identici stri scaffali sono stati testati su cavie di laboratorio, laddove i roditori rappresentano il 95 per cento delle
la correzione dei geni alterati all’interno specie utilizzate. Laureandi di biologia e grandi scienziati, a tutti è capitato di infilare la mano nella gab-
a quelli umani. Identificarli è il primo
delle cellule cancerose. Un virus viene usato bia e sono almeno 17 i Nobel per la medicina che hanno un debito con mus musculus.
come vettore: penetra nel nucleo delle cellule passo per disinnescare la loro azione.
I medici procedono modificando i geni Usare una cavia, spiega chi in laboratorio vive, è come rompere un giocattolo per vedere come è fatto
malate e consegna loro il frammento dentro. Spezzare il braccio a un pupazzo e poi cercare in tutti i modi di riattaccarlo. Il topo ci insegna co-
di Dna riparatore, che ripristina il normale sospetti e osservando la cascata
di effetti che portano alla trasformazione me nasciamo, ci ammaliamo, moriamo. Le leggi che governano la sua vita biologica sono anche le nostre,
funzionamento del genoma e nella sua sofferenza ogni ricercatore vede il dolore di un uomo malato. Non avrebbe senso altrimenti in-
di una cellula normale in cellula
cancerosa. Gli obiettivi più impellenti: durre nelle cavie le malattie più tremende e poi dannarsi l’anima per curarle. Oggi rispetto a trent’anni fa
la cura del cancro di pancreas, fegato, il numero di animali sacrificati si è dimezzato. Esistono leggi e strumenti tecnologici che permettono, ad
intestino esempio, di osservare il cervello di una cavia senza sacrificarla. Si utilizzano simulazioni al computer o te-
st in provetta anziché in vivo. È il principio delle tre “R”. Replacement, sostituire i test sugli animali con al-
tre tecniche quando possibile. Reduction, ridurre al minimo le cavie e le loro sofferenze. Refinement, ab-
bandonare i test grossolani e utilizzare esseri viventi solo per scopi mirati.
FERTILITÀ
Gli inquinanti nei cibi e nell’ambiente aumentano l’infertilità maschile. Sui
topi si svolgono i test di tossicità per sostanze alimentari o nuovi composti
chimici. Nel 2004 poi un’équipe dell’università
della Pennsylvania ha estratto dai testicoli dei topi le cellule
progenitrici degli spermatozoi, facendole maturare in laboratorio
La tecnica potrà restituire la fertilità dopo una chemio per il cancro
al testicolo
L’astronave azzurra
e il “topo tossico”
CLAUDIO PIERSANTI
(segue dalla prima pagina)
Repubblica Nazionale 33 22/01/2006
D
el resto erano animali geneticamente selezionatissimi, e i loro nomi soltanto sigle glaciali, tipo
C57BL\KS K11. Erano tutti stati concepiti in laboratorio e non avrebbero mai conosciuto il mon-
do esterno. La sensazione più strana era la loro apparente tranquillità. Ci guardavano, topi, coni-
gli, gatti e cani. Molti, per praticità, avevano una sorta di valvola sulla scatola cranica, e da lì passavano i
farmaci e le sostanze che i ricercatori immettevano nel loro organismo. Non si respirava un’aria di vio-
lenza, in quei reparti, e tutti i ricercatori sembravano buoni padri di famiglia per nulla intenzionati a fa-
MUSCOLI re del male a qualcuno.
Cercando una cura La mia istruzione accelerata fu caotica, approssimativa e in gran parte bellissima: assistere al micro-
per la distrofia scopio a scansione al magico fenomeno dello sprouting: un neurone emette quel che si chiama “asso-
muscolare, i medici ne” un prolungamento dotato di una sorta di fiuto bio-elettrico, in grado di rigenerarsi e addirittura di
della Johns Hopkins sdoppiarsi, in caso di bisogno, per esempio per innervare una placca deteriorata da un semplice tagliet-
University nel 1997 to su un polpastrello. Ma naturalmente molti particolari importanti mi sfuggivano. L’ipotalamo, per
ottennero un topo esempio, non riuscivo proprio a capirlo. Un ricercatore, che stava per sezionare un topo bianco, lo de-
da due a tre volte capitò davanti ai miei occhi e dopo un attimo mi mostrò il piccolo organo sulla punta del bisturi: «Que-
più muscoloso sto è l’ipotalamo» mi disse. Uno dei momenti più drammatici della mia formazione “scientifica”.
del normale, tanto che Con l’aiuto di un giovane grafico un po’ alternativo, mi misi al lavoro e nel giro di un paio di mesi feci
gli fu gli fu assegnato uscire il primo numero della rivista. Allora si impaginava poco con il pc, e noi due lavoravamo con colle
pre ricordarlo, nascono all’unico sco- attesa di ucciderli. Senonché più tardi, il soprannome e righelli, sul tavolo luminoso. Ogni tanto, per distrarci o per raccogliere immagini e informazioni, an-
po di essere utilizzate per la sperimen- rientrando in ufficio, mi cade l’occhio di Mighty Mouse davamo in giro per i laboratori. Soprattutto di sera, e sempre negli ambienti chiusi, sembrava di vivere in
tazione», ci tiene a sottolineare il pro- su un trafiletto dell’Evening Standard, Il risultato, ottenuto un’astronave azzurrina. Tutti facevano ordinatamente il loro lavoro. I conigli, per esempio, avevano tur-
fessore. Ma che fine fanno le cavie, quotidiano della sera londinese, in cui disattivando un gene ni di quattro ore: venivano messi in catena proprio alla fine del processo produttivo, e svolgevano un ruo-
quando l’esperimento è concluso e si narra di un «esperimento» in corso in che pone un tetto lo essenziale: segnalare eventuali impurità nei farmaci iniettabili. Ogni coniglio riceveva attraverso la
non possono più servire? «Vengono un giardino zoologico del Devon per ri- alla formazione giugulare una piccola quantità di prodotto, e un termometro segnalava la minima variazione di tempe-
soppresse». E a nessuno dispiace ucci- popolare le zone rurali del “muscardi- di tessuto muscolare, ratura causata da impurità. Quando succedeva il ciclo si interrompeva e quella impurità non avrebbe
derle? «A qualcuno sì», assicura il dot- nus avellenarius”, topo giudicato utile ha dato il via nuociuto a nessun essere umano.
tor Libri, raccontando un’altra storia. alla conservazione dell’eco-sistema e a una serie di ricerche Ma il ricordo più vivido di quel periodo resterà per sempre il topo “tossico”. Un esperimento diffuso
Un suo collega, prima di fare l’iniezio- minacciato di estinzione. Un esempla- per la cura in tutti i laboratori del mondo che studiavano il sistema delle endorfine. Il topo veniva reso dipendente
ne di anestesia letale, portava i topolini re maschio è stato nutrito per mesi con delle distrofie dall’eroina, che entrava direttamente nel suo cervello attraverso un piccolo catetere. L’eroina veniva for-
davanti a una finestra da cui si domina- una dieta ad alta dose di proteine, fa- Gli esperimenti, nita dal tribunale, o dalla polizia. Il topo imparava presto che premendo un grosso pulsante rosso rice-
va tutta Londra, e diceva loro: «Dì addio cendogli raggiungere il doppio delle che prevedono veva una dose. Ho avuto così modo di vedere, in sequenze accelerate, quel che succede agli umani. Gior-
al mondo, amico mio, è così brutto che normali dimensioni: e in primavera, al un intervento no dopo giorno il topo invecchiava davanti ai nostri occhi, e sembrava il nonno dei suoi numerosi fratelli
non perdi molto». Col tempo fu so- risveglio dal letargo, verrà circondato di ingegneria genetica, non intossicati. Non si interessava più del cibo, perdeva i denti, il pelo diradava e ingrigiva. Passava tut-
prannominato “Say Good-Bye”. di esemplari femmine nell’intento di sono ancora fermi to il suo tempo accanto al pulsante rosso e le sue richieste si facevano sempre più frequenti. Pigiava il pul-
Avrei la tentazione di concludere fargli riprodurre il maggior numero al modello animale sante con la zampetta ormai spelacchiata, la macchina rispondeva con un “bzz” e si accendeva una pic-
che, paradossalmente, uno dei pochi possibile di eredi nel più breve tempo La nascita di Mighty cola luce. La sostanza scendeva subito nel suo cervello e lui tornava tranquillo. Con tutto il rispetto del
luoghi al mondo in cui gli uomini non possibile. In un certo senso è una cavia Mouse ha reso però mondo per i protocolli scientifici, e per i ricercatori e gli scienziati che ho imparato a stimare, il ricordo di
solo non hanno paura dei topi, ma for- anche lui, ma non pare destinato a meno lontana questo povero animale, sempre più lontano dal mondo e destinato alla morte precoce, continua a su-
se vogliono addirittura loro un po’ di grandi sofferenze: quando si dice la for- l’ipotesi del doping scitare in me una grande pietà, e voglio pensare che il suo sacrificio sia servito a qualcosa.
bene, siano i laboratori in cui li sotto- tuna di nascere topo di campagna, an- genetico nello sport L’autore ha scritto, tra gli altri, “Luisa e il silenzio” (premio Viareggio).
pongono a ogni genere di sofferenze, in ziché topo di città. L’ultimo libro è “Il ritorno a casa di Enrico Metz” (tutti per Feltrinelli)
34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 22 GENNAIO 2006
«N
SANTIAGO DEL CILE
Quando le cantavo
l’inno dei Beatles
LUIS SEPÚLVEDA
uando Paul McCartney e i Beatles resero famosa que-
Q sta bella canzone, negli anni Sessanta, non immagina-
vano che quarant’anni dopo, in un lontano Paese del-
l’emisfero australe, sarebbe diventata una specie di inno al-
la speranza politica e umana, incarnata da una donna di-
vorziata in un Paese che ci ha messo un bel po’ ad avere una
legge sul divorzio, apertamente agnostica in un Paese di cat-
tolici beceri e devoti, e socialista, ma non di quelli e quelle
che hanno riciclato i valori del socialismo, proprio un’erede
di Salvador Allende.
«Michelle, ma belle»… così cantavamo a volte durante le
manifestazioni di sostegno ad Allende, nel 1971-72, quan-
do una bionda piccoletta ed entusiasta sfilava con la Ju-
ventud Socialista per le strade di Santiago. Sapevamo che
era la figlia del generale Alberto Bachelet, un ufficiale del-
l’aeronautica, fedele alla Costituzione, che in quegli anni
si accollò il difficile compito di distribuire equamente gli
articoli di prima necessità, sapone, zucchero, sale, che la
destra finanziata da Henry Kissinger accaparrava, occulta-
va e distruggeva per generare una criminale scarsità di ap-
provvigionamenti.
Non sapevamo che il generale Bachelet avrebbe pagato
con la vita la sua fedeltà al Cile. Fu torturato dai suoi stessi
commilitoni, fino a quando il suo cuore smise di opporre re-
sistenza. Non sapevamo nemmeno che nel 2006 saremmo
tornati a intonare «Michelle, ma belle…», con un entusia-
smo che si è visto poche altre volte nella storia cilena.
Soltanto la vittoria elettorale del Fronte Popolare nel
1930, e quella di Salvador Allende nel 1970 generarono una
speranza comparabile a quella dello scorso 15 gennaio, per-
ché Michelle Bachelet rappresenta quella speranza inesau-
ribile che è riuscita, lentamente — talvolta con eccessiva len-
tezza — a recuperare parte della normalità democratica in
un Paese che aveva una tradizione di società civile,
di grande senso civico, e che credeva nella demo-
crazia come forma di convivenza.
Michelle Bachelet è una donna riservata, co-
sciente della sua capacità di leader e di organiz-
zatrice, e che non ha mai rinnegato né il suo
passato socialista né le sue ferite. Lei e la ma-
dre, con tutto il dolore di sapere che il genera-
le Bachelet era morto nelle segrete del dittato-
re, furono imprigionate nel peggiore dei cen-
tri delle torture e degli assassini: Villa Grimal-
di. È stata al centro dell’orrore, ma come tut-
te le persone degne, quelle persone il cui
sguardo trasmette un valore che non potrà
mai essere riconosciuto dal dittatore o dai
suoi tanti complici civili e militari, uscì da là
senza odio, ma con una ferrea volontà di
giustizia. Lo sguardo sereno di Michelle
Bachelet trasmette calore, fiducia e qual-
cosa di più importante; è lo sguardo pulito
di quelle che non hanno parlato, di quelle
che non si fecero sconfiggere dal terrore.
La sua recente vittoria, la sua elezione
come prima donna presidente del Cile,
ha una carica etica fortissima, perché
spetterà a lei dare impulso al pieno rista-
bilimento della normalità democratica,
che passa attraverso la soluzione di
Repubblica Nazionale 35 22/01/2006
la memoria
Politica e malaffare
Banchieri disinvolti, immobiliaristi
rampanti, ministri e deputati famelici, due
premier rivali - Giolitti e Crispi - coinvolti,
un tesoro misteriosamente sparito
L’affaire Banca Romana comincia
il 19 gennaio 1893 ma sembra cosa di oggi
SIEGMUND GINZBERG
D
el banchiere, finito in gale-
ra, si diceva che aveva dato
denari a tutti, senza sofisti-
care troppo sulle opinioni
politiche dei sovvenzio-
LA SATIRA nati. Lo scandalo della
Qui sotto: caricatura Banca Romana aveva coinvolto un presi-
da “L’Asino” del 1892. Viene dente del Consiglio e un ex presidente del
preso di mira Giolitti che ha Consiglio. Che si erano fatti una guerra
promosso il provvedimento senza esclusione di colpi, accusandosi re-
per sistemare il debito ciprocamente di avere intascato, aver ta-
Al centro: “L’Illustrazione ciuto e insabbiato «roba da codice pena-
Italiana” del 3 dicembre 1893 le», di cui non potevano non essere a co-
sull’inchiesta Banca Romana noscenza. La sinistra ne era uscita mal-
a Montecitorio. In basso, concia quanto la destra. Le malversazio-
l’arresto del governatore ni si erano svolte nell’arco di un venten-
Bernardo Tanlongo nio. L’inchiesta, tra fughe di notizie sui
giornali, colpi di scena, improvvise lo-
quacità e strane ritrattazioni del princi-
pale imputato, che,
prima dalla sua cel-
la a Regina Coeli,
poi dai più comodi
arresti domiciliari
per ragioni di salu-
te, se li giocava l’uno
contro l’altro, durò
oltre un anno. Ci fu-
rono suicidi, morti
misteriose. Cadde
un governo, col pre-
mier dimissionario
finito addirittura al-
l’estero, si disse per
evitare l’arresto. Si
concluse con asso-
luzioni per tutti,
compreso il disin-
volto banchiere.
Il commendator
Bernardo Tanlon-
go, governatore
della Banca Roma-
na, uno dei sei isti-
tuti di emissione prima che subentrasse
la Banca d’Italia, il più legato al Vaticano,
aveva compiuto da pochi giorni i 73 anni
quando nel mattino piovoso del 19 gen-
naio 1893 fu arrestato nel suo ufficio. Da
poche settimane era stato nominato se-
natore del regno su proposta del nuovo
capo del governo dichiaratamente “di si-
nistra”, Giovanni Giolitti. Il leader della
destra, Francesco Crispi, non resistette
Loscandalofotocopia
alla tentazione di dare l’affondo all’av-
versario, da cui era stato appena battuto
alle elezioni. Cominciò a dare interviste
in cui lasciava intendere di avere le pro-
ve documentarie di «cose da codice pe-
nale» a carico di Giolitti. Malgrado di
scheletri nell’armadio ne avesse di
più. Era lui il capo del governo quan-
do una prima relazione sui grossi
O
il 22 gennaio, del ra ecco come scoppiò, e cosa fu veramente lo desse in Italia per tutti i biglietti di banca, unica nostra
direttore di un altro scandalo della Banca Romana. (...) La questione moneta, vigendo allora il corso forzoso, col pericolo di
istituto di emissio- della Banca Romana, fra la fine del ‘92 e il princi- un turbamento incalcolabile di tutta la vita economica
ne, il Banco di Na- pio del ‘93, fu portata alla Camera dal deputato Co- del nostro paese; il secondo, che potesse esservi una
poli, mentre cerca- lajanni... E cominciarono a circolare subito gravi voci circolazione clandestina ancora maggiore di quella ac-
va di scappare tra- sulle condizioni in cui la Banca si trovava, accennan- certata, e che altre spedizioni di biglietti da Londra, ol-
vestito da prete. dosi sin d’allora a deficienze di cassa e ad eccedenze di tre quella scoperta, avessero forse avuto luogo.
Suscitò molte con- circolazione. A questo proposito bisogna ricordare che (...) Di fronte alla scoperta di queste gravissime con-
getture che proprio sino allora le banche d’emissione fabbricavano esse dizioni di cose, che gettava tanta ombra di discredito
in quei giorni ve- stesse i biglietti che emettevano, senza alcun controllo sulla nostra moneta, io pensai che il primo dovere che
nisse misteriosa- da parte del Governo; e la Banca Romana che faceva s’imponeva al governo era di fare casa nuova, proce-
mente assassinato fabbricare i suoi biglietti in Inghilterra ne poteva com- dendo ad un riordinamento totale degli istituti di emis-
un ex direttore del missionare sin che voleva. Ed infatti si venne poi a sco- sioni, con provvedimenti tali che dessero la massima
Banco di Sicilia, prire che, oltre alle eccedenze di circolazione di ses- possibile garanzia al credito ed al biglietto di banca.
che qualche tempo prima aveva denun- santa milioni, essa ne aveva fatti venire altri quaranta (...) Così grave era stato il pericolo corso dal credito
ciato abusi nel suo istituto. Le banche che costituivano una serie duplicata; e fu fortuna che al- nazionale, e così evidente la necessità di rimedi im-
erano tutte nei guai. Colpa anche degli cuni impiegati superiori, saputo dell’arrivo di questi bi- mediati e radicali, che quella legge fu approvata qua-
immobiliaristi verso cui avevano lar- glietti, e spaventati dalle responsabilità che potevano si senza discussione nonostante gli interessi che feri-
gheggiato negli anni della febbre edili- ricadere su di loro, protestarono presso i direttori della va. Ed essa può considerarsi il risultato benefico del
zia per Roma capitale. Banca, obbligandoli a bruciarli. grande scandalo, perché mi dette modo di creare per
Ancora più impressione fece la notizia (...) Quando venne così a mia notizia l’esistenza di il funzionamento delle banche di emissione, e per la
della morte improvvisa del deputato Roc- una circolazione clandestina di circa settanta milioni, circolazione monetaria, un sistema sicuro ed efficace,
co de Zerbi, giornalista brillante, garibal- e l’altro fatto enorme che con una ordinazione manda- che vige tuttora, e per forza del quale i gravi, crimino-
dino, romanziere, militante nelle file del- ta a Londra si erano potuti fare spedire a Roma, come se si inconvenienti per quegli scandali venuti in luce,
l’estrema destra, contro cui era stata pre- si trattasse di un barile di birra, quaranta milioni di altri non si sono mai più ripetuti.
sentata richiesta di autorizzazione a pro- biglietti all’insaputa di tutti, due timori gravissimi sor- Tratto da “Memorie della mia vita” di Giovanni
cedere, immediatamente concessa, per sero in me: il primo che un panico disastroso si span- Giolitti, edizioni M&B Publishing
ingenti somme ricevute dalla Banca Ro-
mana per far votare leggi compiacenti. Si
DOMENICA 22 GENNAIO 2006 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37
le storie
ha mai difeso e ci ha
FOTO AP
sempre insultato”,
dicono. Ma i suoi
eredi insorgono:
“Polemiche
strumentali”
«L’
JOHANNESBURG rante la repressione della rivolta zulu nel suo bisnonno da quelli che definisce at- stazione di Maritzburg, tra Durban e
L’
MANTOVA notati, come la Provincia di Mantova è nel Grande Nord. re d’Oglio, simbolo e baricentro di un
UN FASCINO DA FILM
Il ponte di barche di Torre d’Oglio
a Mantova è noto anche per aver ospitato
i set di numerosi film. Fra essi, “Novecento”
di Bernardo Bertolucci, “Salò e le centoventi
giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini
e “Il mestiere delle armi” (nella foto)
di Ermanno Olmi. Nelle foto sotto, da sinistra,
due immagini delle idrovore di San Matteo
della Chiaviche e a seguire
altri scatti del ponte di barche
andati, stufi di combattere; quelli giova- ca, alta poco più di un metro, che arriva
ni non riescono a coprire i turni, non controcorrente dalla confluenza col Po, In questo labirinto fia delle “brede”, le terre basse; o dei “bu-
gni” (o “budri”), voragini tonde come
Yangtse, con la lapide dell’ingegner Ca-
vour Beduschi «redentore» delle terre
hanno più qualcuno che insegni loro il invade le golene disseminate di salici e pignatte che squarciano le argille; dei impaludate, l’uomo della grande boni-
mestiere. Spesso il pontiere è solo, non
ce la fa a navigare verso l’approdo giusto
alberi di noce, dilaga nelle terre basse,
diventa una banchisa di latte, poi si gon-
di meraviglie, fontanazzi addormentati; dei sifoni alla
base dell’argine. La conoscenza delle
fica mantovana. Pannelli elettrici anni
Venti, pompe a elica e chiocciola, fon-
quando l’acqua sale, e così il glorioso
manufatto si logora. E il problema si ri-
fia, oscura il cielo in pochi minuti, forma
una massa compatta, felliniana, da
passano tedeschi sabbie, della cotica erbosa degli argini,
della permeabilità dei terreni. O i trucchi
damenta fatte con migliaia di tronchi di
salice piantati nel fango a suon di batti-
solve all’italiana, senza bisogno di per-
messi della Soprintendenza.
Amarcord. «La nebbia ritorna», ghigna
Umberto Chiarini, padano innamorato stupefatti con la loro per tamponare le falle, che non vanno
mai chiuse completamente, perché
pali. Una meraviglia, perfetta per un
ecomuseo che forse si farà, forse no.
A Viadana, poco a monte, di fronte a delle sue terre, dietro il suo barbone da
Brescello e al campanile di Don Camil- baleniere. E col caravan ti porta in im- bicicletta, mamme l’acqua si asseconda, non si tappa mai.
Altrimenti, esplode e fa disastri.
Il ponte cigola, fa un lamento lungo
come di uccello. Questo, spiega Chiari-
lo, il Po scroscia sotto le stelle d’inverno. mersione, come in sommergibile, in un Odone Rondelli, pontiere in pensio- ni, era ed è un punto d’incontro di pas-
Sull’argine fa un freddo becco, «da laza-
ron» dicono qui. All’osteria Bortolino si
silenzioso fondale oceanico.
Navighiamo in un bicchiere di orzata.
che portano i figli ne, abita a Cizzolo, a due passi dall’argi-
ne, in una casa decorata da vecchi legni
santi, turisti, pescatori e barcaioli. «Non
capirlo, rivela non solo ignoranza nei
all’asilo, cavallerizzi
Repubblica Nazionale 41 22/01/2006
batte carte tra tortellini di zucca, trippa Intorno, non c’è luogo che non abbia portati dal Po. Radici a forma di manti- confronti di un territorio complesso e
con fagioli, bottiglie di Barbera. Cibo to- nome “idraulico”. Sabbioni, San Matteo de, uccello, tartaruga. Sul tavolo, ciccio- affascinante, ma anche la fine di un’eti-
sto, in bilico fra Lombardia ed Emilia.
«Quando vuoi far conoscere la pianura
delle Chiaviche, Boccabassa, Canale
Navarolo. O la Valle dell’Oca, così detta che vengono sin qui li, salame e lambrusco. Quando arrivò la
piena del 2000, fu lui a dire come bloc-
ca della manutenzione, che è alla base
della sopravvivenza del sistema pada-
ai forestieri, li porti a vedere quel ponte. perché si allagava per salvare le terre vi-
Lì c’è già tutto. Ma vallo a spiegare ai po- cine, più fertili. Oltre i filari di pioppi, la per sentire gli zoccoli care i fontanazzi senza danneggiare il
terrapieno, usando la stessa acqua che
no». Il freddo aumenta. Poco in là, cava-
lieri passano in silenzio sotto l’argine
litici», brontola Paolo Bergamaschi, 55 Corte Motta o la Corte Camerlenga — usciva. Lo sapeva perché glielo avevano maestro. Un terzetto di poiane in preda-
anni, consigliere per gli affari esteri dei
verdi al Parlamento europeo. Sa che, se
sentite che nomi — fattorie con terra-
pieni che portano al primo piano, dove
sul legno delle assi insegnato i vecchi. Ora, con i nuovi pon-
tieri trimestrali, la sapienza antica non
zione si appollaia sui fili della luce. Nel-
la nebbia filtra aria di neve.
fosse in Francia o Germania, la gloriosa rifugiare uomini, animali e carriaggi in passa più di mano. La controprova? «Le
passerella navigante sarebbe una ve- caso di “rotta” del fiume, arche di Noè in rotte del Po sono spesso coincise col
dette. La circonderebbero di cartelli, la mattoni dove il diluvio non arriva una passaggio di eserciti, quando la gente,
collegherebbero a un museo e a un per- volta per tutte, ma torna sempre. per salvarsi la pelle, non riusciva più a
FOTO MONIKA BULAJ
corso turistico. «Non ci vuole niente far «Non tutto si misura in denaro e via- controllare il fiume».
rendere questo posto, e trovare contri- bilità — si accalora Chiarini — i pontieri Nella bruma l’impianto idrovoro di
buti europei». sono anche sentinelle delle acque». Col San Matteo delle Chiaviche, dove con-
Al mattino dopo fai appena a tempo a ponte, spiega, si rischia di cancellare un fluiscono tre canali su livelli diversi (Fos-
vederlo. Dalla passerella fra le barche presidio. La contezza dei punti deboli sola, Ceriana e Navarolo), ti si para da-
avvisti già alle sette una striscia fosfori- dove il fiume può sfondare. La topogra- vanti enorme, sembra la diga sullo
42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 22 GENNAIO 2006
Q
PECHINO sione, convinzione, entusiasmo». di riflessioni politico-militari in un ma- premesse per un’ideologia rivoluziona-
uarant’anni fa il presidente
Parise ha l’atteggiamento speculare
rispetto al gauchismo. Se l’estrema si-
vede a Pechino nuale di condotta: l’adesione delle mas-
se al libro è stata veramente entusiastica,
ria universale. Più importante ancora,
sono state forse poste anche le fonda-
Mao Zedong lancia la Cina
nella tragica avventura della
nistra cerca in Cina una società ideale,
molti critici liberali o conservatori ac-
una società ideale, molto al di là, probabilmente, delle pre-
visioni dei compilatori».
menta di una società egualitaria e tecno-
logica, senza promozione sociale attra-
Rivoluzione culturale, inflig-
ge al paese un decennio di terrore e oscu-
cettano la dittatura maoista come l’u-
nico regime adatto ai cinesi. Lui scrive: per i critici liberali Anche l’isolamento forzato imposto
dal regime comunista — che in quel pe-
verso il consumo quale risultato del pro-
fitto come negli Stati Uniti, o attraverso il
rantismo. Il bilancio dei morti del perio-
do 1966-76 è tuttora un segreto, anche se
«I cinesi non sentono e non soffrono la
mancanza di libertà e di espressione in- la dittatura resta riodo impedisce i contatti con gli stra-
nieri — per Moravia è un fenomeno ad-
benessere quale premio del potere come
in Urss, bensì soltanto attraverso la di-
la memoria delle sofferenze si è dischiu- dividuale, in primo luogo perché non dirittura connaturato: «I cinesi si credo- versità e qualità delle capacità tecniche».
sa grazie ai romanzi della “letteratura
delle ferite”. Ma di quella realtà in Italia
ne hanno mai sofferto, in secondo luo-
go perché un cinese da solo non ha mai
l’unico regime no, e probabilmente sono autosufficien-
ti. Mai un cinese mostrerà curiosità per
Anche nei suoi reportage affiora qual-
che critica lucida. Verso le Guardie rosse
arriva in diretta da Pechino una versione
diversa, edulcorata e politically correct,
saputo e potuto fare nulla, in terzo luo-
go perché non possiede alcuno stru-
adatto ai cinesi le cose straniere; mai si informerà, chie-
derà, si interesserà». Alla Rivoluzione
prova tenerezza ma ha una premonizio-
ne: «Sono bambini per la freschezza, per
che contribuisce a costruire il mito di mento conoscitivo e operativo, né al- culturale dedica un elogio solenne: «Il l’ignoranza, per l’ingenuità, per l’ag-
Mao ed entra nel bagaglio di valori del cun termine di paragone, né lo spazio gressività; sono bambini per la qualità
Sessantotto. Un ruolo importante in reale per esercitare ed esprimere la candidamente religiosa della loro cre-
quell’abbaglio lo ha un genere di inchie- propria libertà individuale». In poche denza. Li hanno chiamati all’estero hoo-
sta giornalistica che si afferma in quegli righe si affastella una quantità di pre- ligans e gioventù hitleriana (in Urss),
anni, la letteratura-reportage affidata ai giudizi tuttora diffusi. Con una sempli- teppisti (versione angloamericana di
romanzieri. Rileggere oggi quelle crona- ficazione eurocentrica molti occiden- destra), beat cinesi (versione angloame-
che d’autore è un’esperienza istruttiva. tali teorizzano che i cinesi non sono ricana di sinistra), pretoriani (versione
Goffredo Parise nell’anno primo della adatti alla democrazia. Le loro giustifi- cinese di Formosa) e così via. Ma a me
Rivoluzione culturale, il 1966, visita la Ci- cazioni somigliano curiosamente a fanno venire in mente la quinta crociata,
na e ne ricava una serie di reportage per quelle usate dagli attuali dirigenti co- la crociata dei fanciulli. Le Guardie rosse
il Corriere della Sera raccolti nel volume munisti: i richiami alla storia imperia- hanno la totale fiducia in Mao, la totale
Cara Cina(Rizzoli). A Canton Parise de- le, l’uso strumentale del confucianesi- religiosità che domani potrebbe portar-
scrive «operai e contadini che passeg- mo, lo spettro della violenta anarchia in li, innocenti e fanatici, alla guerra in
giano in grandissimo numero, vestiti cui precipitò la Cina negli anni Venti del qualche Nord Vietnam o Nord Corea».
più o meno allo stesso modo uomini e secolo scorso, prima che giungesse il Non c’è traccia però in quelle crona-
donne, cioè con l’abito della nuova Ci- salvifico Mao a rimettere ordine. In che della violenza che sta scuotendo la
na che è quello che si vede in tutte le fo- realtà raramente il paese fu così insta- Cina proprio durante le visite di Parise
tografie di Mao. Passeggiano a piedi o bile come sotto Mao, che aizzava le fa- e Moravia: il clima da Grande Inquisi-
in bicicletta, con la sportina di plastica zioni le une contro le altre — Guardie zione, i processi sommari, le condan-
in mano, vagamente sorridenti e, si di- rosse contro il partito, poi esercito con- ne eseguite sulla pubblica piazza, le
rebbe, estaticamente e ipnoticamente tro Guardie rosse — e regolava le lotte torture, le deportazioni, i lavori forza-
felici». Parise non è marxista eppure di potere del Palazzo attraverso gli ti, i suicidi, la paralisi delle università,
anche lui è vittima del fascino della po- scontri di piazza. la distruzione del patrimonio artistico,
vertà che cattura molti occidentali… Un anno dopo Parise è Alberto Mora- la demolizione dei templi e delle chie-
ma non i cinesi, che pur di affrancarsi via a visitare la Cina e a scrivere un diario se, il caos sociale, il declino economi-
dalla miseria si getteranno volentieri del suo viaggio per il Corriere. Moravia è co. Eppure Parise e Moravia arrivano
nelle braccia dell’economia di mercato di sinistra. Anche lui descrive la povertà nel paese quando sono filtrate delle
non appena gli sarà permesso. non come una dura conseguenza del notizie sulla carestia di massa provo-
Parise segue un itinerario program- sottosviluppo, ma come una situazione cata da Mao alla fine degli anni Cin-
mato dalle autorità ed è sempre scortato di candore morale e di felicità sincera. quanta. Quel precedente dovrebbe
dalla guida ufficiale. Vede quello che vo- Nella introduzione ai reportage cinesi spingere alla cautela prima di prende-
gliono fargli vedere. Sembra ignorare le (La rivoluzione culturale in Cina, Bom- re per rappresentativi gli itinerari turi-
rivelazioni — che già allora arrivano in piani 1967) Moravia dipinge il cinese co- stici ufficiali.
Occidente via Hong Kong — sui gulag ci- me una reincarnazione del “buon sel- Non tutti gli occidentali hanno la
nesi. Sui metodi della propaganda scrive: vaggio” di Jean-Jacques Rousseau: «Che stessa ingenuità. In quegli anni il sino-
«Voglio dire subito che ho creduto a cos’è la povertà cinese? È la condizione logo francese Simon Leys comincia a
quanto mi è stato detto, e cioè che non vi normale dell’uomo. L’uomo nasce sfor- rivelare ciò che sta dietro la Rivoluzio-
è stata epurazione molto sanguinosa in nito di tutto, ignudo come le fiere della ne culturale: un golpe di Mao per ri-
Cina dopo la vittoria del comunismo, ma foresta… I cinesi, a giudicare da quello prendere il potere che gli era sfuggito di
opera di persuasione e rieducazione. che si vede per le strade, hanno il neces- mano. L’errore dei nostri va però situa-
Quello che da noi si usa definire con fra- sario ma non il superfluo. Sono poveri, to nell’atmosfera politica del tempo. Le
se troppo sinistra rispetto alla realtà “la- ma nessuno potrebbe mettere in dubbio pagine di Moravia rilette oggi sono la-
vaggio del cervello” l’ho potuto speri- che la loro umanità sia completa, cioè cunose e apologetiche, nell’Italia del
mentare io stesso durante il mio soggior- che le manchi qualcosa che potrebbe es- 1967 al contrario attirano addosso allo
no. È un’operazione semplicissima, che sere ottenuta attraverso la ricchezza». scrittore le critiche degli studenti di si-
ha tutte le apparenze della cortesia e usa Moravia non vede in atto un indottrina- nistra che lo attaccano in molte occa-
come strumento (di tortura) la ripetizio- mento forzato. Il Libretto Rosso con le sioni. Nel 1968 L’Espresso riunisce nella
ne delle cose. Non è difficile persuadere, massime di Mao secondo lui è adottato sua redazione cinque studenti dell’uni-
convincere e perfino entusiasmare: ba- in maniera spontanea. «Nessuno Stato versità di Roma, esponenti del movi-
DOMENICA 22 GENNAIO 2006 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43
ALBERTO MORAVIA
GOFFREDO PARISE
GIAMPIERO MARTINOTTI
sono le guardie rosse”
D
PARIGI guardare i suoi figli. Ci sono stati suicidi, drammi. Era spa-
L
ventoso. Spaventoso. A un certo momento, anche mio pa- e guardie rosse probabilmente costi-
ai Sijie deve aver lavorato molto su se stesso per par- dre non voleva più mangiare con noi. Si rinchiudeva in ca- tuiscono per il futuro della Cina un pa-
lare della rivoluzione culturale con un tono neutro. Non mera sua, non aveva nemmeno più il coraggio di dire buon- trimonio rivoluzionario inalienabile,
perché voglia minimizzarla, tutt’altro, ma perché rifugge giorno o buonasera. Era il capofamiglia e di colpo era di- anche se il loro ruolo è stato temporaneo,
dalla magniloquenza. Cineasta e scrittore (in Italia è pub- ventato la disgrazia della famiglia. Anche noi bambini ci sia- poco più di due anni. Ma questa non è che la
blicato da Adelphi), è diventato famoso in tutto il mondo mo fatti umiliare, ci hanno sputato addosso». prima delle rivoluzioni culturali, e Mao ha
grazie al suo delizioso Balzac e la piccola sarta cinese. La ri- Come sono stati trattati i suoi genitori? affermato che nuove rivoluzioni culturali
voluzione culturale, per lui, non è un’utopia politica, né un «All’inizio ci sono state le denunce. Poi sono stati rin- interverranno per fare in modo che «la Cina
manifesto intellettuale, né una pagina di storia come quel- chiusi in una prigione ufficiale. Ogni istituto, pubblico o pri- non cambi colore, non solo nei prossimi cin-
le che gli ex maoisti occidentali rivisitano con malcelata no- vato, aveva la sua prigione. Loro erano in quella della facoltà que, dieci, venti anni, ma nei prossimi cen-
stalgia. È una tragica vicenda vista con gli occhi di un ragaz- di medicina, creata dalle Guardie rosse». to, mille, diecimila anni». Lo
zino di dodici anni, l’età che Sijie aveva quando il Grande Ti- E lei cos’ha fatto quando si è ritrovato orfano? “spaccato” più evidente di que-
moniere ha scatenato il suo cataclisma. «Sono andato via, perché non avevamo più soldi. Sono sto sommovimento è in effetti la
A 12 anni si comincia a essere grandi, ma non si capisce andato dai miei nonni. Abitavano nella provincia di Fujian, volontà di temprare fino da oggi
tutto: come ha vissuto l’inizio della Rivoluzione culturale? nel sud-est, di fronte all’isola di Taiwan. Per andarci dovevo coloro che Mao chiama «i suc-
«Sono cose che non si dimenticano, perché gli avveni- attraversare tutta la Cina e a quell’epoca era difficile. Ci ho cessori della causa rivoluziona-
menti erano veramente impressionanti. Mao aveva chiesto messo una decina di giorni. Eravamo nel 1967. Appena arri- ria» in una rivoluzione di cui sia-
di applicare la “democrazia del proletariato”, tutti poteva- vato ho visto una riunione pubblica. C’era anche mio non- no essi stessi i protagonisti. Non vi
no denunciare o criticare tutti. E tutto era scritto sui “taze- no: era accusato di essere un nemico del popolo. Sa, uno dei è nulla di più chiaro e drammati-
bao”, fogli di carta di molti metri quadri: c’era chi denun- “crimini”dimiopadreeraquellodiesserefigliodiunpastore co, in tal senso, di quel che Mao
ciava i vicini, chi i colleghi, chi i superiori. La mia prima im- cristiano: mio nonno, appunto. Già prima della rivoluzione disse nel colloquio accordato a Malraux nel
pressione fu questa, la presenza dei tazebao dappertutto, culturale era criticato e vessato, non poteva lavorare, pote- luglio del 1965: «Se noi facciamo della rivolu-
compresa la facoltà di medicina, dove lavoravano i miei ge- va solo fare lo spazzino. Ho visto gente della mia famiglia de- zione un sentimento del passato, tutto crol-
nitori. Scoprii che anche loro erano stati criticati e denun- nunciare mio nonno. Prima avevo sentito parlare di queste lerà. La nostra rivoluzione non può essere
ciati. Fu molto duro per me rendermene conto. E fu altret- cose, ma restavano astratte. Ora, vedevo con i miei occhi. È soltanto la stabilizzazione di una vittoria[…]
tanto duro vedere amici che denunciavano amici, figli che più forte che la rivoluzione stessa, lascia tracce indelebili». I giovani non sono rossi di nascita, non han-
denunciavano i genitori. Penso a Chen Kaige, il regista di Anche lei è finito in un campo di rieducazione nel 1971. no conosciuto la rivoluzione […] E gli uomi-
Addio mia concubina, che ha più volte raccontato come ha «Sì. Nel 1969 la fase essenziale della rivoluzione culturale ni non amano portare la rivoluzione per tut-
denunciato suo padre. In questo modo abbiamo capito e è finita. Le scuole hanno riaperto e sono andato alle medie, ta la vita… Molti giovani sono rivoluzionari
vissuto la rivoluzione culturale». poi sono stato inviato in campagna per una rieducazione. concreti, risoluti, prudenti; ma per contro c’è
Aveva paura? La miopia di cui soffrivo si è aggravata e i contadini non mi tutta una gioventù dogmatica e il dogma è
«Sì, non tanto per me stesso, ma perché a dodici anni mi volevano più. Alla fine del ‘74 sono tornato dove vivevano i meno utile dello sterco di vacca. Se ne fa quel
ritrovavo d’improvviso con i genitori accusati come crimi- miei genitori: non erano più internati, ma non potevano la- che si vuole, e anche del revisionismo[…]».
nali. Era umiliante per tutti. Chi era denunciato non osava vorare come medici». Tratto da “Dalla Cina”, Feltrinelli 1971
44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 22 GENNAIO 2006
I nuovi restauratori
e il dilemma
del “Fiato d’artista”
PAOLO VAGHEGGI
I
L 12 agosto 1961, in occasione di una mo-
stra alla Galleria Pescetto di Albisola Ma-
rina, Piero Manzoni presentò per la pri-
ma volta in pubblico le scatolette di Mer-
da d’artista: «Contenuto netto gr. 30, con-
servata al naturale, prodotta ed inscato-
lata nel maggio 1961». Il prezzo fissato per le no-
vanta scatolette, rigorosamente numerate e
firmate — quasi un manifesto di stile ducham-
piano sul corpo magico dell’artista — corri-
spondeva al prezzo corrente dell’oro. Oggi
quelle scatolette hanno una valutazione di mer-
cato che si aggira intorno ai sessanta-settanta-
mila euro ciascuna. Ma con il passare del tem-
po, a causa dei materiali usati — latta e carta —
e delle sostanze organiche interne, si sono pre-
sentati dei problemi. Alcune si arrugginiscono,
si bucano sul fondo per gli acidi e i gas che si so-
no formati.
Ed ecco il quesito: come restaurarle, cosa è
giusto fare essendo l’artista scomparso da più di
quarant’anni?
Altro caso: Anselm Kiefer. È uno degli arti-
sti contemporanei più conosciuti, molto
amato in Italia (in questi giorni espone a
Roma e Napoli), le cui quotazioni
hanno superato il milione di euro.
Per i suoi magici dipinti, che susci-
tano forti emozioni, spesso usa
elementi vegetali in gran quan-
tità: rose, foglie, felci, rami, semi
di girasole seccati. Attirano gli in-
setti che vi depositano le uova.
Quando si sviluppano le larve, nel
giro di pochi giorni scoppia il disastro:
mangiano completamente i semi. Come inter-
venire?
E ancora: mercoledì 4 gennaio 2006 a Parigi il
settantasettenne Pierre Pinoncelli ha preso a
martellate perché immorale e volgare una re-
plica de La fontaine di Marcel Duchamp, orina-
toio in porcellana esposto al Centre Pompidou
di Parigi nell’ambito di una mostra dedicata al NEON NELLA CERA
dadaismo. Come ripristinarlo? Qui sotto, l’opera dal titolo
Sono tre casi di opere d’arte contemporanea “Che fare?”, di Mario Merz:
Repubblica Nazionale 44 22/01/2006
IL RESTAURO
Sopra, una fase
del restauro
di “Campo
di grano” di Gilardi.
La foto è tratta
(insieme a quelle
delle opere di Merz
e Murakami)
dal volume
“Conservare l’arte
contemporanea
di Chiantatore
e Rava, edito
da Electa
GOMMA E POLIURETANO
Sopra, “Fiato d’artista”,
palloncini di gomma gonfiati
da Piero Manzoni.
A destra, “Campo di grano”,
opera in poliuretano
espanso di Piero Gilardi
Ma senza sensibilità
non c’è vero recupero
MICHELANGELO PISTOLETTO
L
a conservazione delle opere d’arte presenta
nel XX secolo una problematica totalmente
nuova rispetto al passato. Tanto nuova
quanto più rivoluzionarie sono le modalità impo-
ste dalla creazione artistica moderna. Nel susse-
guirsi delle epoche storiche le tecniche della pittu-
ra e della scultura rimangono più o meno costanti.
I materiali e le tecniche servono per dar forma pla-
stica all’idea di bello, che corrisponde all’idea di
buono, insieme concepiti come valori universali,
cioè validi per sempre. Per essere buona l’immagi-
ne del bello deve essere duratura.
A partire da Cézanne il concetto di «bello assolu-
CARTA STRAPPATA to» lascia il posto a quello di «bello relativo». Da
A destra, l’avanguardista
giapponese Saburo quel momento la tecnica risponde ad un’espres-
Murakami in un celebre sione artistica totalmente indirizzata al tempo
happening: l’artista presente. L’arte moderna si oppone all’antico
si proiettava su schermi staccandosi nettamente dalla concezione di dura-
di carta attraversandoli ta temporale dell’opera. Nella seconda parte del
con il corpo Novecento ai termini «Arte Moderna» vengono so-
stituiti quelli di «Arte Contemporanea» per legitti-
mare, appunto, l’ideologia del presente.
Nell’era della moltiplicazione industriale dei
prodotti d’uso comune nasce, per compensazio-
ne, la necessità di conservare e proteggere la sin-
golarità dei prodotti artistici, anche se non pensa-
ti per durare. Quindi l’impostazione artistica ba-
sata sulla precarietà si trova, come in un ossimoro,
investita dall’ideale della conservazione.
Personalmente ho affrontato questo problema
con il mio lavoro. Un “Quadro specchiante” con-
suma le immagini nel presente così come le ripro-
pone nel futuro rispecchiando sia l’oggi che il do-
mani. Questa è una mia rispo-
stallazioni di Paolini, Pistoletto, i tagli di Fontana; sta, in quanto artista, al proble-
impossibili da conservare, se non con il mezzo fo- ma ideale di fondo.
tografico, gli impacchettamenti di Christo. Poco Io non pratico il mestiere del
si conosce sull’evoluzione delle resine sintetiche restauratore, dunque le mie
di Niki di Saint Phalle, delle plastiche, dei poliure- osservazioni al riguardo non si
tani espansi usati da Oldenburg o da Piero Gilardi estendono oltre la produzione
per intagliare romantici “tappeti-natura”, arte delle mie opere. Tuttavia mi è
povera di sapore pop, colorati e decorati per assu- capitato più volte di fare della
mere un aspetto verosimile, adesso per la conser- mia esperienza occasione per
vazione costretti dentro box di plexiglass. O gli on- un più ampio confronto sul
dulux e gli scovoloni sintetici impiegati genial- problema della conservazio-
mente da Pino Pascali per dar vita al suo ironico e ne. In sostanza credo che i re-
ludico spirito. I bachi da setola non sono più fab- stauratori debbano innanzi-
bricati. A tutto questo negli ultimi anni si è ag- tutto cercare per ogni opera la
giunta la Video arte e la Net Art, opere soluzione di restauro più ido-
essere del tutto sostituiti. software che utilizzano Internet e che è nea, non ci sono ricette. Perciò
Quelli di Dan Flavin, oggi impossibile mantenere. servono soprattutto sensibi-
celebrato a Londra alla Ma sono i monocromi, afferma Rava, lità, rispetto, attenzione e
Hayward Gallery, hanno posto a riassumere le scabrosità del restauro spesso occorrono idee e in-
non pochi interrogativi: il vetro contemporaneo, per le difficoltà di in- venzioni, che devono però ri-
era colorato, i neon erano usciti dalla tervento e di una perfetta conservazio- manere invisibili, inavvertibi-
produzione. Alla fine sono stati replicati ne. È una questione spinosa che investe, li, senza comunque intaccare
e i neon della collezione Panza di Biumo sono oltre a Rothko o Malevic, Ad Rehinard, la natura dell’opera, né alte-
stati ricomposti con materiale identico all’ori- Morris, Yves Klein, Schifano e gran par- rarne le forme, la sostanza e il
ginale. te dei Minimalisti. I neri, i gialli, i blu, i significato.
Quelli che campeggiano sugli igloo di Merz in- rossi rischiano stabili imperfezioni per
Repubblica Nazionale 45 22/01/2006
CONCITA DE GREGORIO
C
ROMA
Cinecittà
non c’è nulla. Gli americani e i giappone-
si arrivano con le macchine fotografiche
e i loro badge ottenuti a caro prezzo, pen-
sano di portare a casa la foto ricordo sul set
della Dolce Vita, accanto alla sfinge di
Cleopatra, di entrare in una Disneyworld
del cinema e diventare Humphrey Bogart
e invece no. Invece trovano in un giorno
di pioggia come questo uno scenario di
desolazione e sfacelo, fango e tubi inno-
centi, i viali diritti di un sanatorio, l’edili-
zia sorda di un ospizio. La piscina cine-
matografica più grande e celebre del
mondo è un naufragio di cemento dentro
un panorama di rovine.
Ha scritto Fellini, che ci viveva: «Qui c’è
un’aria da avamposto sbaraccato, da
complesso ospedaliero abbandonato a
metà dei lavori, coi suoi pratacci incolti,
le lunghe gobbe collinose, i fossati dove
ristagna l’acqua oleosa con nugoli di mo-
scerini frenetici. Sono montagne di le-
solo per immagini, se no l’incantesimo
svanisce. Cinecittà è una lavagna: chi ar-
riva ci scrive la sua storia, chi arriva dopo
la cancella e resta la polvere. La distanza
tra questa desolazione e la meraviglia dei
Quel cantiere fuori dal tempo
gname infradiciato, tronconi di rotaie,
torri di tubi arrugginite o semi affondate.
L’erba cresce ovunque, come in un cimi-
tero sconsacrato, dentro il muraglione,
oltre il muro i palazzoni con milioni di fi-
sogni che riesce a produrre prende il no-
me di cinema. «Vede qui, dove c’è scritto
sul muro “Disinfestazione”? Qui, quan-
do arrivarono gli alleati nel ’44, ci porta-
rono i profughi. Prima li ripulivano, gli le-
dove nacquero i nostri sogni
nestre danno l’idea di vavano i pidocchi, poi
un’armata di cemento li sistemavano per na- persona formidabile, c’era fra noi una
che cinge d’assedio il
decrepito luna park».
È come zionalità. Nello Stu-
dio 5 c’era la zona ita-
LA STORIA
LA COSTRUZIONE
mo che per ogni film doppiato in italiano
gli americani dovevano depositare un grande corrente di simpatia. Ha conti-
nuato a mandarmi fino all’ultimo i suoi
fondo per la cinematografia, insomma
Ecco, non c’è altro da
aggiungere. Solo che è
una lavagna: liana, ci vivevano no-
vecento persone. Fa-
I lavori
per la realizzazione
diventò una grande risorsa. C’erano an-
che problemi politici, perché il cinema
disegni per il mio compleanno. La più
bella era la Mangano, senza dubbio. Ma
arrivata la tv, adesso. Lo
Studio 5, il più celebra-
chi arriva ci scrive cevano la doccia all’a-
perto, dove i cassoni
di Cinecittà iniziano
il 26 gennaio 1936.
italiano aveva un’accentuata tendenza a
sinistra e nel mio partito non tutti erano
non vorrei che si dimenticasse Carla del
Poggio, la moglie di Lattuada: era un ci-
to di tutti i tempi, è un
hangar gelido dentro la sua storia, dell’acqua perdeva-
no. All’alimentari
La struttura viene
inaugurata,
d’accordo a incoraggiarlo. La Magnani
andava alle manifestazioni dei metal-
nema da sola».
Settant’anni, dice Andreotti, sono un
cui si prepara il prossi- vendevano i fagioli alla presenza momento. La storia si ripete, certe scene
mo show-tv di Maria chi arriva dopo spaccati in due. Mi ri- di Mussolini, il 28
meccanici in piazza del Popolo. I registi,
anche Fellini, avevano tutti, se non una si somigliano: sembra di vederle oggi nel
Repubblica Nazionale 46 22/01/2006
De Filippi. L’apparta- cordo che veniva An- aprile 1937 simpatia dichiarata, una certa propen- tg. Ecco come Fellini descrive il giorno in
mento che fu di Federi-
co è il quartier generale
la cancella e resta dreotti, giovane gio-
vane, a visitare il cam-
sione. Ricordo che Alberto Sordi volle
rincuorarmi, un giorno. Mi disse: “Non ci
cui Mussolini, andati a fuoco gli stabili-
menti Cines di piazza Tuscolo, decise di
delle telepromozioni
del Grande Fratello 6.
la polvere po sfollati».
Andreotti era giova- GLI ESORDI
faccia caso, vanno ai comizi dei metal-
meccanici ma poi se i produttori non li
costruire al chilometro sette della via Tu-
scolana la «più grande città del cinema
Nando Cacciamani, ne giovane. Oggi sono Nei primi sei anni pagano al nero e in Svizzera i film non li del mondo». «Era il ‘36, nelle immagini in
che ha fatto qui il custode per 54 anni, gi- passati e si celebrano settant’anni dalla di attività, negli studi fanno”. Non so se avesse ragione ma in bianco e nero del cinegiornale si vedeva
ra col suo nome da paparazzo e con la su- posa della prima pietra di Cinecittà: 26 vengono girati oltre fondo non era importante. Fellini era una Mussolini attraversare un terreno che
perbia dei ricordi: «Ava Gardner stava in gennaio del ‘36. Lui c’era anche allora: trecento film. Poi
questa palazzina, non ne ho più viste bel- aveva 17 anni. Nel ‘47 era sottosegretario arriva la guerra
le così, accecava. In questo corridoio un alla Presidenza con delega al settore spet- e gli studi diventano
giorno si sono messi a fare una gara di bar- tacolo: 28 anni. Stamani (87 anni) nel suo luogo di
zellette Dapporto e Totò, c’era un capan- studio di senatore a vita a palazzo Giusti- stanziamento
nello che non si passava. Quella era la di- niani tra un’intervista su Craxi e la visita di delle truppe
scarica, la collina dove ora c’è la casa del un prefetto ha dieci minuti da dedicare al
Grande Fratello. Era una montagna di ri- ricordo di quei giorni. «Bisognava prima
fiuti. Intorno allo stabilimento c’erano i sgomberare Cinecittà occupata dagli
campi, poi all’improvviso questo cancel- sfollati, così coi funzionari del Campido- IL BOOM
lo e Pappalardo all’ingresso con la sua li- glio ci mettemmo a trovare le case, e le tro- Negli anni ’50
vrea gialla lunga fino ai piedi e i galloni i vammo. Poi si doveva pensare ad una a Cinecittà sbarcano
bottoni d’oro e il cappello con la visiera strategia di rilancio. C’erano ancora gli i registi americani,
con scritto in rilievo Cinecittà. Qui ci si ar- americani, con quella loro passione per il che portano
rivava col tram, che però si fermava a Ce- cinema, così pensammo di attrarli a lavo- a Roma le grandi
cafumo. Costava dieci lire prima delle ot- rare qui dando loro delle facilitazioni ma produzioni: è
to e quindici dopo. Mio padre me ne dava stabilendo che la metà degli incassi dei lo- l’epoca di kolossal
dieci a settimana per lo sciupo e io facevo ro film prodotti in Italia dovevano essere come “Quo Vadis”
la corsa per arrivare presto alla fermata, reinvestiti in Italia. Si chiamò “la legge dei e “Ben Hur”
così risparmiavo cinque lire. Amadeo fondi bloccati”: erano indotti a continua-
Nazzari faceva una paura tremenda, met- re a produrre qui per recuperare il denaro
teva proprio soggezione. Anche Blasetti vincolato. Ricordo che si fece Quo Vadis,
coi suoi stivali e le sue giacche da caccia-
GLI ITALIANI
dal 1950 Roma cominciò a popolarsi di di- Negli anni ’70
tore, non ci si avvicinava nessuno. Però vi, molti alloggiavano negli hotel di Via Cinecittà ospita
mi ricordo che una volta mi mandarono Veneto». i set di Fellini,
al Cafè de Paris a portargli delle carte e lui La Dolce Vita, insomma, è figlia dei Visconti, Scola
era gentilissimo, mi disse si fermi a fare fondi bloccati del sottosegretario non e Pasolini. A metà
colazione. Quasi non ci credevo: le perso- ancora trentenne. «Certo ci furono molti degli anni ’90
ne qui sono una cosa, fuori da qui un’al- problemi perché, lei capisce, bisognava la trasformazione:
tra. È come se qui dentro ci fossero e poi ricostruire il Paese e destinare fondi al ci- non più ente pubblico
fuori non esistessero più». nema pareva una bizzarria, una cosa su- ma realtà privata
È come se questo mondo immaginato perflua. Però invece creò moltissimo la-
non potesse uscire vivo dal suo recinto: voro, un indotto formidabile. Stabilim-
DOMENICA 22 GENNAIO 2006 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 47
IL MAESTRO
A sinistra, Fellini
accanto al plastico
di Cinecittà
realizzato a Cinecittà
per il film “Intervista”
del 1987.
Un manifesto anni ’50
Foto tratte dal volume
“Un regista a Cinecittà”
di Federico Fellini,
edito da Mondadori
A
lmeno due volte Cinecittà, luogo fisico e
simbolico, ha avuto una parte importan-
te nella storia di Dino Risi. Il suo secondo
film, nel 1953, si intitolava Il viale della speranza,
cioè la via Tuscolana percorsa dal tranvetto
(deformazione romanesca di tram) che condu-
ceva schiere di giovani abbagliati dal miraggio
del cinema, come Anna Magnani in Bellissima,
fino agli stabilimenti allora completamente iso-
lati dalla città. Un’altra volta, anni dopo, è Una
vita difficilea rappresentare con l’ironia spaval-
da del boom tutti gli stereotipi del cinema, nel
tempio romano del cinema: sul set di un film di
antichi romani Blasetti è il regista autoritario,
Gassman il divo arrogante, Mangano la diva ca-
pricciosa, e Sordi ex partigiano e giornalista co-
munista disoccupato, spiantato e a caccia di ac-
quirenti per la storia della propria vita si accon-
tenta di dividere il cestino con una comparsa.
«Ma per trent’anni, poi, non ci ho più messo
piede, fino al mio ultimo film Tolgo il disturbo.
Quei viali però mi sono
sempre piaciuti. Nelle pau-
se me ne andavo in giro da
solo con il mio sacchetto di
dolcetti di mandorla sicilia-
ni, facevo colazione così. Il
mio piacere era l’ora di pau-
sa, tutto il resto mi annoia-
va. Evitavo la compagnia e il
cestino. Bellissimo, però,
pieno di sorprese. Il mio pri-
mo contatto con gli studi era
stato Viale della speranza,
mio secondo film. Il primo
l’avevo fatto a Napoli, Va-
IL REGISTA canze col gangster, dove ho
Nella foto sopra, Dino Risi
scoperto un ragazzo che poi
è diventato Terence Hill.
FOTO DI TIZIANA CALLARI
guito da un codazzo di gerarchi fascisti in statuetta di Jimmy Durante. Qui c’era un di un film epico «Case e strade tutti veri. Io stesso: dalla Roma
divisa che facevano a gara nel fingere di grande tabellone verde appeso al muro». degli anni ’50 di Poveri ma belli al viaggio del Sorpasso. Ma la
stentare a stargli dietro». Le inaugurazio- Il tabellone. Racconta Fellini, nel fanta- e, a fianco, ragione è semplice: era più economico. Cine-
ni, il remigare, il codazzo. stico libro Un regista a Cinecittà. «Lo te- una pausa città ha sempre avuto maestranze e tecnici di
C’era Angelo De Angelis, allora, lo scul- nevo appeso sopra la scrivania, era co- nei lavori prim’ordine, dai falegnami a quelli che faceva-
tore dei busti del Duce. Fu lui il primo ad perto di panno di feltro verde da biliardo. per la produzione no i gessi. Quello che ha conquistato gli ameri-
entrare in questa palazzina che dice in al- Lì, illudendomi di essere un uomo dai di “Rome”, la serie cani, arrivati in massa negli anni
to “Sculture”, un magazzino con le crepe mille impegni, appendevo foglietti con sull’impero Cinquanta/Sessanta creando o rilanciando in
larghe due dita e la pioggia che ci cade su scritto un nome, un indirizzo, una romano realizzata realtà loro — dopo che il dopoguerra aveva in-
dentro, dove alzi gli occhi e vedi il soffitto mezza idea, consigli e autoraccomanda- da Bbc e Hbo terrotto i fasti della Cinecittà fascista — la mito-
a cassettoni del Gattopardole lampade di zioni per metà imperativi e per metà pa- logia di Cinecittà con i loro kolossal in costume.
Salon Kitty, giri a destra ed ecco le statue gliacceschi». Biglietti per se stesso come Tecnici e operai erano non solo bravi ma anche
egizie di Cleopatra il Cristo di Peppone e quello che aveva appiccicato sotto l’oc- simpatici, sempre di buon umore, risolvevano
Don Camillo, il gong dell’Ultimo impera- chio della macchina da presa di 8 e ½, per inglese ma tanto Pierone era sordo». Qui, tutto, tutti facevano tutto e non badavano agli
tore e milioni di oggetti un po’ sbrecciati, vederlo prima di ogni inquadratura: «Ri- proprio qui dove ora c’è la tensostruttu- orari. Altrove, in America o in Inghilterra, im-
un po’ storti: un telefono bianco, una te- cordati che è un film comico». ra che ospita i venerdì di Alessia Marcuz- pensabile; dopo anche qui la sindacalizzazione
lescrivente da sottomarino, pezzi di sto- Qui, dietro al set di Gangs of New York, zi. Bergman rapito da una pozzanghera, ha cambiato le cose».
ria del cinema e della memoria di ognu- nella piscina dove ora si girano pubbli- muto. Orson Welles che parla a un sordo. Insomma l’estetica neorealista vi ha con-
no. Poi c’è stato il figlio di Angelo, poi suo cità del caffè e dei telefoni, è proprio il Via Veneto di cartone dentro l’hangar e dizionati tutti voi registi arrivati dopo, anche
nipote Adriano, poi il bisnipote Alessan- punto dove quella volta, quella sera umi- Fellini che dice: «Era in piano, mentre se non vi sentivate neorealisti voi della com-
dro, quello che apre la porta adesso, un da Fellini dovette «accompagnare Ing- quella vera era in salita. Da quel mo- media?
ragazzo: «Gli Oscar, quelli originali, quel- mar Bergman con il suo piccolo imper- mento è aumentata la mia insofferenza «Ma lo stile o lo spirito c’entrano poco. Era so-
li grandi, i primi li abbiamo fatti qui. Il set meabile cattivo e la sua aria da medium per l’autentica via Veneto, e per tutto l’i- lo una questione di soldi, girare dal vero costava
di Roma, la megaproduzione angloame- in trance. Mi aveva chiamato il direttore nutile realismo della realtà». di meno. Scola tra noi commedianti è stato un po’
ricana, è il nostro lavoro più recente. Or- dello stabilimento e mi supplicava che Tutto quell’inutile realismo, quando un’eccezione: dall’appartamento de La famiglia
mai lavoriamo soprattutto per l’estero. dicessi a Bergman che era la piscina più invece basta questa landa di polvere e di alla strada di Concorrenza sleale, ricostruiti. Ma a
La tv ha meno bisogno di scene a gran- grande del mondo. Pioveva, lui stava ac- fango. I girini e un occhio che li vede. Un lui è sempre piaciuto fellineggiare un po’».
dezza naturale, e poi c’è il digitale». covacciato e muto ad osservare i girini in sordo e un genio che gli parla. I cani la Oggi, dice Risi, chi tiene accesa la fiamma del-
La tv, certo. Nella sala Fellini oggi non una pozzanghera. Non gli dissi nulla». notte nei viali da ospizio e un omone con la mitologia è ancora un americano, Scorsese,
si entra, c’è una conferenza stampa Me- Un’altra volta «entrai nella cucina fati- la sciarpa che li attraversa a memoria an- che a Cinecittà ha reso omaggio girandovi Gangs
diaset. Le segretarie del Grande Fratello scente di Pierone, un fattore delle cam- dando a cercare Marcello per stare un of New York, ammiratore sincero delle glorie
fanno gentilmente passare Nando, il vec- pagne romane finito chissà come qui, po’ zitto con lui. È questa, Cinecittà. Uno passate del cinema italiano.
chio custode, nelle stanze al primo piano c’era Orson Welles che gli spiegava l’al- spazio vuoto da riempire per poi cancel-
dello Studio 5, che furono per anni l’ap- tezza giusta da cui far cadere il tuorlo del- larlo di nuovo. Tanto non serve niente,
partamento di Fellini. «Qui c’era la cuci- l’uovo nell’albume rappreso. Parlava in fuori, a chi dentro ha già tutto.
Repubblica Nazionale 48 22/01/2006
DOMENICA 22 GENNAIO 2006 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 49
«S
ono come una picco-
la ape. Vado da una
parte e dall’altra a rac-
cogliere il polline per
darlo a tutti». Walt Di-
sney amava definirsi
con questa immagine che rendeva bene
l’idea del creatore di una grande famiglia
al lavoro, alimentata dal suo talento e dal-
la sua fantasia. Ma nella “famiglia” al la-
voro non c’erano la vivacità e l’armonia
che l’immagine suggerisce, bensì un cli-
ma teso e timoroso imposto dalla perso-
nalità autoritaria di Disney, una perso-
nalità su cui si sono esercitati autori di
tutto il mondo, per esaltare o per deni-
grare. Eppure, a quarant’anni dalla LE ANIME DISEGNATE
scomparsa, c’è sempre qualcosa di nuo- A sinistra, Walt Disney con una sagoma
vo da scoprire, curiosità e brandelli di vi- di Topolino. Gli altri disegni in pagina,
ta che arricchiscono l’esplorazione del che ritraggono il clima nella casa
“pianeta Disney”. Che Disney sia ancora di produzione, sono tratti dal volume “Walt
capace di stupire lo dimostra la gradevo- Dinsey and Assorted Other Characters”
le lettura di Le anime disegnate di Luca di Jack Kinney, a lungo collaboratore
Raffaelli, una nuova edizione edita da dell’azienda. I retroscena della vita
Minimumfax — la prima del 1994 era di di Disney sono contenuti nel libro “Le anime
Castelvecchi — arricchita di nuove im- disegnate”, di Luca Raffaelli, edito
magini, per esempio i Simpson, ma an- da Minimum Fax
che di molto testo, nuove testimonianze
e riflessioni aggiornate. studio peggiorò, Walt eliminò ogni privi-
La prima parte del libro è dedicata a legio, aveva pensato ad una “famiglia”
Walt Disney, in particolare al suo porsi che lo aiutasse a «portare alla luce quei
come padre-padrone, che quando si sogni e quelle fantasie che tutti abbiamo
avvicinava agli studi veniva annuncia- evocato nel corso della nostra vita», ed
to dal grido «C’è l’uomo nella foresta!», era stato tradito. Da fabbrica di sogni la
pronunciato in genere con timore. Tra Disney diventò solo un luogo di lavoro.
le centinaia di col- Interessante è il
Tra le centinaia laboratori ce n’e-
rano soltanto no-
legame che Raf-
faelli cerca tra la Visse il primo
ve, oltre al fratello creatività di Disney
di collaboratori maggiore Roy, che
avevano diritto di
e la sua esperienza
di vita, cercando di
sciopero come
solo nove parola e che Di-
sney ascoltava. Gli
distinguere le noti-
zie reali dalle tante
un tradimento
avevano diritto altri si dividevano
tra quanti si inchi-
invenzioni, a volte
calunniose scritte e da allora
di parola navano al suo pas-
saggio, sempre
su di lui. Non ebbe
un’infanzia serena, diventò ancora
pronti a dargli ra- con un padre fru-
in azienda gione, e quanti
osavano replicare
strato, violento, au-
toritario, incapace
più ostile
con pareri contrari, e per loro c’era il ri- di amare, una madre affettuosa e tenera
schio di entrare in una zona d’ombra. che lentamente si spegne nell’infelicità, i
Ma tutti, anche chi lo adorava, poco fratelli maggiori che abbandonano bru-
sopportavano che ad ogni cerimonia de- scamente la famiglia. Non a caso nei car-
gli Oscar fosse lui e lui soltanto a ritirare la toni-Disney l’autorità è assente, Topoli-
statuetta, senza una citazione per quan- no non ha genitori e se i padri compaio-
ti avevano realmente fatto il film premia- no in genere stanno dalla parte dei catti-
to, un’abitudine ripresa dai produttori vi. Il gioco e l’allegria è solo nei bambini,
della Warner, ed era ancora più grave vi- è in Topolino che, come Disney, usa la
sto che alla Major c’era scarsa considera- fantasia per godere il presente e inven-
zione per il disegno animato, i capi igno- tarsi un futuro migliore. Fino a un certo
ravano il lavoro di chi creava Duffy Duck punto. Quando l’amarezza e le delusioni
o Bugs Bunny. In realtà il problema di Di- toccano papà Disney e lo rendono sem-
sney era che pensava di dover essere pre più autoritario quasi seguendo le or-
amato da tutti, era sicuro di avere sempre me del padre, la creatura Topolino perde
ragione, spinto dalla profonda convin- allegria, si chiude in casa, si imborghesi-
zione che soltanto lui sapesse veramen- sce, non crea gli eventi ma li subisce.
te come dovessero andare avanti le cose. Disney resta comunque un grande in-
Con un ego così forte, Disney non po- novatore che ha creato la strada per ren-
teva accettare che qualcuno si allonta- dere alto il disegno animato. La sua
nasse da lui. Ma succedeva e anche spes- scomparsa ha segnato il tramonto della
so che gli animatori più creativi e dalla Disney. La rinascita e il ritorno al succes-
personalità più forte scegliessero altre so del cinema di animazione si deve ad al-
strade. Erano terribili tradimenti, il peg- tri, ad Hanna e Barbera, alla Pixar, al ci-
giore nel 1941 quando fu proclamato lo nema giapponese, a cui Raffaelli dedica
sciopero e Disney vide i suoi uomini or- un lungo appassionato capitolo. Ma Di-
ganizzare picchetti per giorni: protesta- sney è il punto di riferimento indiscutibi-
vano contro le disparità di trattamento le: quando alla Mostra di Venezia 2005 fu
tra gli artisti — registi, animatori, musici- consegnato il Leone d’oro alla carriera al
sti, ecc. — e quanti lavoravano per diven- grande Miyazaki, malgrado l’abissale di-
tarlo. Fu un trauma. Secondo Jeff Kinney, stanza tra i due maestri, fu inevitabile per
uno dei collaboratori, da quel giorno il la maggior parte dei media la definizione
clima già severamente scolastico dello di «Walt Disney giapponese».
50 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 22 GENNAIO 2006
LICIA GRANELLO
S
iamo fritti! Situazione non invidiabile.
Dalla padella, indietro non si torna. De-
stino crudele, ma golosissimo se si parla
di gamberi e patatine, cotolette e fiori di
zucca, amaretti e baccalà. Il fritto è la più
suadente delle tentazioni gastronomi-
che salate. Arrivato buon ultimo nella cronologia
ITALIA delle cotture-base, è sospeso a mezz’altezza tra i
primi brandelli di carne anneriti sul fuoco nelle ca-
Fritto misto verne e le sofisticate interazioni chimico-fisiche
Ogni regione ha almeno della cucina molecolare. Tra griglie, arrosti, bolliti,
stufati, è sicuramente quello a più alto rischio nu-
un ingrediente-simbolo: trizionale: uccide vitamine e acidi grassi, aumenta
amaretti in Piemonte, vertiginosamente il numero delle calorie di chi ci
cade dentro (fosse anche una cipolla), fa impenna-
prosciutto in Emilia, re il colesterolo.
carciofi a Roma Eliminarlo in toto, però, pare una bestemmia al
Ad Ascoli ci sono le olive cospetto del dio dei golosi. Perché est modus in re-
bus. Insomma, c’è fritto e fritto: con le sue mille va-
ripiene, a Napoli zeppole, riabili e i suoi mille modi di prepararlo. In comune, i
in Sicilia gli arancini.... fritti hanno la definizione del fisiologo francese
itinerari
Marco Bistarelli, neopresidente dei Jeunes Restaurateurs italiani
e chef patron de “Il Postale” di Città di Castello, compone
il suo spiedino d’anatra glassata con purè di sedano, rapa
e chutney di cipolla di Tropea con una nuvola di porri fritti
I
l segreto della frittura? È la sorpresa. Lo
dice Brillat Savarin, gran maestro della
gastronomia moderna, in quella straor-
COME SI FRIGGE dinaria enciclopedia dei piaceri che è la Fi-
siologia del gusto.
L’olio più sano Friggere, infatti, è cogliere il cibo alla
è l’extravergine, sprovvista, fissarlo in una specie di incan-
che regge le alte tamento. Nulla che assomigli alla gradua-
temperature lità della bollitura, o alla progressione, sia
La digeribilità dipende pur brusca e violenta, dell’arrostitura. In
anche dalla temperatura un baleno il grasso bollente immobilizza la
Se bassa, l’olio sua preda e la costringe a svelarsi, le strap-
appesantisce i cibi pa il segreto del suo sapore. È lo shock del-
Mai farlo fumare la frittura a rivestire l’alimento di una luce
aurata, un’aureola nel vero senso della pa-
Per evitare schizzi, rola, improvvisa come una emozione rive-
mettere a freddo pane latrice. È proprio quella sublime doratura
raffermo bagnato a compiere il miracolo del fritto, trasfor-
nell’aceto. Le bollicine mando in sapore la sostanza immateriale
che si formano indicano del tempo.
la temperatura ideale Perché se il segreto di una grande frit-
Il burro chiarificato tura è la sorpresa, il suo vero ingrediente
(ideale per la milanese) è il tempo. È il momento magico in cui lo
si prepara sciogliendolo scarto delle temperature determina
a fuoco dolce quell’attrazione fatale che trasforma una
Far solidificare gelida pastella in una bollente leccornia
ed eliminare l’acqua da addentare golosamente. Questione di
tempi, dunque, e di temperature, ma an-
Friggere in olio che di temperamenti. Sembra che tutto
abbondante e pochi quel che riguarda la frittura abbia a che
pezzi alla volta. fare, perfino linguisticamente, con la pa-
Tra una frittura rola tempo e i suoi derivati. Come nel ca-
e l’altra, eliminare so della tempura.
le briciole Il nome e l’origine del raffinatissimo frit-
to giapponese, emblema di un piacere ga-
stronomico leggero, quasi immateriale,
derivano infatti dal latino tempora, lette-
ralmente, i tempi. In realtà questo vanto
della cucina del Sol Levante non è affatto
un made in Japan. L’uso di friggere verdu-
re in pastella fu introdotto in Giappone nel
Repubblica Nazionale 51 22/01/2006
‘‘
i cristiani erano obbligati nel corso delle
cosiddette “quattro tempora”. Con questo
nome ci si riferiva alla divisione dell’anno
liturgico in quattro momenti, scanditi dal-
le fasi lunari e dai lavori della terra, ciascu-
no dei quali prevedeva alcuni giorni di ali-
Manuel Vázquez mentazione di magro. Gli intraprendenti
missionari esportarono così le frittelle ve-
Montalbán getali tanto diffuse nelle nostre cucine po-
vere. Riempite di umili verdure o addirit-
La luminosità tura vuote, veri e propri trompe-l’oeil ga-
stronomici che scongiuravano i morsi del-
emergeva la fame come i rimorsi della coscienza.
dal tuorlo Così il popolo dei Samurai fu convertito
al culto della pastella fritta e ne fece in bre-
del presunto uovo ve una sorta di religione gastronomica na-
zionale. Adattandola però al gusto e alla
fritto, che si mentalità del luogo. I Giapponesi, si sa,
non si accontentano mai di imitare, ma
presentava guarnito perfezionano ciò che riproducono, lo tra-
sformano in cosa propria. Infatti contami-
di carciofi, carote, narono la ricetta dei missionari con la loro
passione per l’infinitamente piccolo. E le
porri, cipolle; verdure da friggere divennero minuscoli
frammenti, e la pienezza delle frittelle eu-
e c’erano sagome ropee lasciò il posto all’incorporea levità
della tempura. Che, lungi dall’essere un
vegetali appese semplice cibo fritto, ne costituisce dunque
a soffitti e pareti la sublimazione. Un blocchetto di vuoto, la
definiva Roland Barthes, una collana di lu-
come negli ci, un gomitolo d’aria all’insegna della leg-
gerezza e della velocità. Emblema ideale di
scarabocchi quell’attimo fuggente che è l’essenza stes-
sa della frittura, la tempura è diventata un
di un bambino... simbolo gastronomico della tarda moder-
nità, dei suoi tempi corti, di suoi consumi
Da “Il Premio” immediati, del suo vivere just in time.
52 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 22 GENNAIO 2006
LOOK DA DIVA
Look da diva
per il cappotto
in cincillà,
a metà
polpaccio,
di Cavalli
Si indossa
strizzato in vita
dalla cintura
di coccodrillo
STRANEZZE GRIFFATE
Prezioso cincillà tinto
bordeaux e cachemire
(sulla schiena) per il gilet
Folie di Loro Piana
Perfetto sotto il cappotto
NUOVE PASSIONI
La passione di Prada quest’anno
è l’astrakan nero. Per cappe,
cappottini bon ton e tailleur. Ma anche
nelle pochette supereleganti
N
el 1989 la top model Cindy dersene conto basta dare un’occhiata alle ve-
Crawford sembrava essere una trine, ora più seduttive che mai grazie ai sal-
delle più fervide paladine dei di- di. E non solo in quelle dei grandi designer,
ritti degli animali: insieme a un ma anche nelle piccole boutique o nelle cate-
gruppetto di colleghe l’ex moglie ne della moda a basso prezzo, come Zara,
di Richard Gere aveva infatti ac- H&M o Mango. In vendita c’è di tutto: dal cap-
cettato di apparire, completamente nuda, in potto in astrakan firmato Prada alle scarpe
una serie di poster pubblicitari della campagna con pon pon di Furla, dallo zaino verde mela
ideata dalla Peta (People for ethical treatment of di Malo al giacchino di montone di Zara, dal
animals). Il cui slogan, «meglio nude che in pel- gilet di visone bianco con ricami hippy di
liccia» fece il giro del mondo. E segnò l’apice di Missoni al cappotto da zarina di Costume Na-
una battaglia che andava avanti da tempo a col- tional, dagli stivali pelosi di Santoni al pon-
pi di manifestazioni, prote- cho di coniglio del grup-
ste e uova marce.
Alla fine degli anni Ot-
Le vendite po americano Express. E
ancora stole di volpe
tanta, dunque, era ormai
un dato di fatto che com- di accessori in pelo, fluo, colli argentei, can-
dide linci e sontuosi (o a
prarsi uno zibellino o una volte ecologici) cincillà.
lince fosse politicamente
scorretto. E non solo per ra-
dopo anni di crisi, La pelliccia, insomma,
ha cambiato pubblico. «I
gioni etiche. Stilisti e crea-
tivi finirono così per rasse-
sono oggi tornate modelli che vendono di
più sono quelli che si pos-
gnarsi e, per circa un de-
cennio, le pellicce finirono
a crescere sono indossare con una t-
shirt e un paio di jeans, sia
nel dimenticatoio. Poco
tempo fa il trend è comin- e gli stilisti di giorno che di sera», teo-
rizza Giorgia Zappieri,
ciato a cambiare. A partire che attraverso gli show-
dai gusti della stessa Cindy hanno proposto room del gruppo di fami-
Crawford che, nel 2004, ha glia distribuisce ai negozi
accettato di diventare la te-
stimonial del marchio
nuovi modelli una serie di marchi cult
come Kookai e Norma
Blackglama, storico produttore di visoni. Un Louise. Per soddisfare tutti i gusti gli stilisti in-
episodio in apparenza insignificante. Ma che in ternazionali - da Roberto Cavalli a Michael
realtà è la punta dell’iceberg di un fenomeno Kors, da Dolce & Gabbana a Christiana Dior,
molto più ampio: il revival della pelliccia. Un ri- da Louis Vuitton a Givenchy - si sono messi al-
torno confermato dalle cifre. Secondo i dati for- l’opera e propongono indumenti di ogni tipo:
niti dal Fur information council of America le gilet e mantelle, stole e caban, blouson e spol-
vendite di indumenti o accessori di pelo dopo verini. Dal classico marrone fino al viola.
anni di stasi hanno raggiunto nel 2003 la cifra re- E non solo. La passione per il pelo animale ha
cord di un miliardo e ottocento milioni di dolla- velocemente conquistato anche il mondo degli
ri. E sono in continuo aumento. accessori. Ormai stivali di cavallino griffati (Ser-
Repubblica Nazionale 52 22/01/2006
Come mai? La spiegazione è semplice. Una gio Rossi), borsette di visone rosa fucsia (Mi- PROFILO D’ATTRICE
serie di personaggi, da Jennifer Lopez a chael Kors), colbacchi di volpe (Anna Sui) e Il profilo di Audrey Hepburn incorniciato
Beyoncè, hanno cominciato ad indossarle e sciarpe in cincillà (Valentino) sembrano diven- da un rigoroso cappello di pelliccia
così le pellicce sono riuscite a conquistare il tati un segno di stile. A volte per soddisfare la vo- firmato da Melusine per Givenchy
mercato dei giovani. Anche perché oggi per glia di lusso basta un dettaglio. L’immagine è datata 1964
ELEGANZA CAPPOTTO
RETRÒ BON TON
Un po’ retrò Cappotto bon
il cappottino ton rivisitato
di pelliccia e corretto
ecologica grazie agli inserti
leopardata in pelliccia
con collo tigrata
in lapin nero Il modello
Emporio Armani è di Trussardi
ECCO LA CAPPA
Tornano di moda le cappe.
Come quella funky-chic
di Dior. In volpe di tre colori
doppiata in seta
I
l massimo calciatore Cassano lascia tutto rinascimentali ma anche barocchi
la Roma e va al Real Madrid; e lo an- dei grandi uomini del passato, impe-
nuncia non solo con i brillanti alle gnati a sostenere pesanti cappe di volpe
orecchie ma anche tutto spruzzato di o lupo, persino orso, e a esibire stole di
pelliccia. Il giubbotto regale del cam- lince o giustacuori di ermellino. Ma
pione è di jeans, naturalmente, così i adesso ai giovanotti che si adeguano e si
giovani fans sono contenti, ce l’hanno stanno già impellicciando di spelac-
anche loro. Però un mito e un mito, una chiate pelli (i più sventati sognano l’em-
moda deve pur lanciarla, se no oggi che pireo di un giubbotto presentato con
mito è: e infatti non solo la fodera, il col- giubilo esagerato, adatto alla categoria
lo e i bordi sono di pelo non identificato, dei Fiorani e dei Gnutti, confezionato,
ma anche le cuciture, un lavoro certosi- secondo il suo ideatore, con la pelle di un
no, incongruo e perciò di lusso. Questo coccodrillo, pace all’anima sua, che
è un esempio-contagio super di quello aveva superato lieto e innocente i 150
che viene solennemente annunciato anni), non vengono in mente né i mo-
dal mercato e quindi dalla pubblicità e narchi e neppure l’Ercole con clava e mi-
dalle riviste di moda, come “il ritorno nigonna di leone, simbolo di forza; ma
CAREZZE della pelliccia”, tipo, al cinema, “Il ritor- soltanto l’appartenenza alla frenesia
INDIMENTICABILI no di Godzilla” o “Il ritorno dello Jedi”, e della moda, pelo che sostituisce bor-
Blu elettrico per i guanti che è, se vogliamo, più che altro un ri- chie, pelliccia che sostituisce piumone,
realizzati in pelle tornino. Nel senso che prevede stragi in attesa che borchie sostituiscano pelo
di capretto con intarsi contenute di animali, per di più quasi e piumone sostituisca pelliccia. Tale è la
fiorati. È una proposta tutti di natura povera, di allevamento a situazione di astratta virtualità vesti-
firmata Etro batteria, tipo pollo, e in questo senso si mentaria che si sono perse anche le sim-
PER PASSI FELINI spera di evitare eventuali epidemie del bologie sessuali o meglio genitali. E sì
Una proposta genere aviaria, bestie disgraziate. che molta gente alla moda, per essere ta-
eclettica per una serata Ormai da tempo la pelliccia ha perso le, era accorsa a vedere l’eccitante mo-
speciale: le scarpe la sua funzione prima, che è quella di te- stra di video smisurati di Marina Abra-
cavallino a stampa ner caldo, ma anche la seconda, quella movic all’Hangar Bicocca, e in quello in-
leopardo con profili di esprimere imperio e potere, come nei titolato Balkan Erotic Epic, sotto la piog-
in coccodrillo manti preziosi dei re, nelle mantelline gia danzavano fanciulle e vecchie con i
interni dorati. D&G dei giudici supremi, o nelle stole e cappe pelosi inguini nudi (formato gigante):
superpelose delle dive e delle grandi mentre apparentemente più composti,
mantenute d’antan. E ne ha acquistata uomini in costume etnico, in lunga fila,
una sola, decorativa, ornamentale, di si accontentavano di starsene fiera-
pura decadenza e inutilità, perciò di im- mente immobili, però con la patta aper-
mediata presa: è diventata democrati- ta, anche questa comunque in grandez-
ca, liberale, globalissima e, se mai si za cattedrale.
usasse ancora la parola, addirittura pro- Naturalmente il ritorno della mai
LIBERI DI ANDARE letaria, di puro consumo per un paio di scomparsa pelliccia ha contagiato le
Classica suola
con i gommini
stagioni al massimo, alla portata di donne da un bel po’. Magari in strada di
in rilievo per gli stivali
(quasi) tutti (quelli che seguono le mo- pellicce intere se ne vedono poche, so-
in camoscio,
de). All’apparenza almeno, perché poi prattutto in quelle eleganti, invece ab-
con zip posteriore,
c’è collo e collo, strisciolina e striscioli- bondano stivali di mucca e leopardo e
proposti da Car Shoe
na; collo di disgraziata martora russa, o borse di visone e capra e sciarpe di coni-
di indifeso topo cinese, strisciolina di glio e cincillà. Mentre l’antica pelliccia di
coniglio bergamasco, lui infelice, o di zi- visone a ruota con strascico è riapparsa
bellino lavorato a maglia come fosse la- su trionfanti signore ultrasessantenni
na, ahi! poverino. che avendo fiutato l’aria, l’hanno riesu-
UN’IDEA BLU Alle sfilate milanesi di moda maschi- mata, dagli armadi, odorosa di naftalina.
Una mise diversa? Gli stivaletti alla caviglia le per l’inverno prossimo, chiuse trion- A decretare la vittoria superba della
di Sergio Rossi in camoscio blu elettrico falmente tre giorni fa, si è visto subito pelliccia su quella pietas verso gli ani-
bordati di pelo multicolore con quale destrezza stilisti e marchi si mali ormai sconfitta dalla moda, sono
sono appropriati di ritagli e scarti e de- state, proprio alle sfilate maschili impel-
triti e rimasugli di pelo per allettare gli licciate, le giornaliste più trendy, quelle
uomini già infiammati dall’immagine che la rappresentano e diffondono.
semirsuta di Cassano e di altri testimo- Però la prudenza, rispetto al vorticare
nial Grande Fratello o Torte in faccia; della moda, non è mai troppa: infatti, se
uomini che, dai e dai, indeboliti dalla si esclude il curioso caso di una gran
nequizia dei tempi, fanno sempre me- giornalista con giacca di zibellino, teso-
no maschile resistenza alle iniquità ro solitamente irraggiungibile, abbon-
della moda. Per le varie categorie con- davano non preziosità ma i montoni di
fezionate dal mercato, il romantico e il nuova generazione, non si sa come leg-
punk, il dandy e il gangster, il travestito geri come seta, e poi brandelli pelosi qua
e il manager, c’erano caschi di pelo e e là, frutto di geniali stilisti nervosi. Ma le
cappotti di pelo, guanti di pelo e inter- più ammirate, che certamente faranno
ni di pelo, stivali di pelo e borse di pelo, scuola, esibivano pellicce cinesi di ani-
maglioni di pelo e sciarpe di pelo, gi- mali ignoti comprate al mercato rionale
nocchiere di pelo e forse mutande di (100 euro), o pellicce vintage di agnelli-
pelo, più dappertutto fiocchetti, ciuf- no o anche castoro, (20 euro) che si tro-
fetti, piumine e nastrini di pelo. vano su certe preziose bancarelle: però
Si tratterebbe in realtà di un ritorno al- bisogna prendere l’aereo e andare a Ca-
l’abbigliamento di massima virilità, co- tania, oppure a Zagabria, e non sempre
me testimoniano i tanti ritratti soprat- c’è tempo, ovvio.
54 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 22 GENNAIO 2006
D
escrizione d’autore: vedova a 38 anni, e Benito orfano a 8, il da bar. Andavo a riscuotere io. Gli sono quando cercavo di farmi notare, da ra- 1983 a oggi, tutte vinte e tutte intentate
«Sento che se vivessimo padre ammazzato a fucilate. A 10 anni riconoscente perché m’ha insegnato ad gazzina. Ragno perché ero piccolina e dalla concorrenza, che prima ci denun-
nel Settecento o ancora era in collegio e non lo portavano a casa amare il Friuli, a camminarlo, a respirar- pedalavo sghemba su una bici da uomo, cia e poi si tuffa nella nostra scia. Perché
nell’Ottocento le avrei neanche per Natale. Lui non ha avuto lo, a conoscerlo, a rispettarlo. Guarda melonaria perché secondo lui avevo la la grappa l’abbiamo rivalutata noi, e vo-
dedicato odi e sonettesse una vita facile, io sì, coccolata dai geni- lontano per arrivare vicino, mi ripeteva. testa rotonda come un melone. Bello, glio vedere chi mi smentisce. E adesso
con enfasi inconcussa. tori, dal papà specialmente. Più invec- È una frase che m’ha aiutato, nel lavoro». colto, ironico e sfuggente, questo era Be- sono preoccupata, perché non c’è una
Ha i capelli castano chiari, lunghi, da un- chio più mi vengono rimorsi per averlo Già, il lavoro. Ampiamente positivo, nito, anzi lo è ancora. Se qualcuno o legge chiara che la tuteli, come non c’è
na, gli zigomi larghi, gli occhi vivi e stel- trascurato. È morto nel gennaio del ‘70. partendo da un cognome che è compo- qualcosa lo interessa, si tira indietro. Mi per l’olio d’oliva. Gli Usa, il Canada, il
lanti, la fronte modicamente convessa, Aveva avuto sette infarti, l’ultimo Nata- sto da due negazioni e mezza. Non esiste disse: se ti sposo, dovrai imparare a gui- Brasile possono chiamare grappa il loro
il naso un po’ francese, la bocca larga, le l’ho passato tenendogli la mano e ufficio marketing (esistendo Giannola). dare il camion. Romantico, no? Però è distillato, e in Italia l’etichetta non chia-
ben disegnata, il mento volitivo ma dol- cantandogli Caminito. Era nato in Ar- Continua a esserci una netta prevalenza davvero romantico andare fuori insieme risce al consumatore chi distilla e dopo
ce, di chi sa farsi obbedire anche senza gentina, a Rosario. Eh, tutta la storia, a femminile, in azienda: tre figlie, sei nipo- in bici, oppure a pagaiare nella laguna di quanto tempo dalla vendemmia, e con
comandare». Maggio 1985, Gianni Bre- raccontarla. Quel Natale gli ho cucina- ti (di cui cinque femmine). Negli uffici, Grado, meglio ancora alle Incoronate, che tipo di alambicchi. Vendiamo bene
ra su Giannola Nonino. Anche nota co- to il baccalà a bagnomaria, una schifez- un uomo su 15 dipendenti, all’imbotti- con Altan e sua moglie Mara, mia gran- in tutti i continenti, potrei fare la nonna
me Giannola degli Spiriti e Nostra Si- za, neanche il baccalà ho indovinato». gliamento nessuno su 14. Due autisti e dissima amica». e starmene tranquilla ma non ci riesco.
gnora delle Grappe. Ogni fine gennaio, Si sta commuovendo, meglio dirotta- tre addetti alla distilleria alzano un po’ la Le donne, si diceva. Le mogli dei con- Come non riesco a dimenticare, sono un
dal 1977, bizzarre adunate bacchico- re sulla storia. «Mio padre si chiamava media. E la chiave per capire il balzo tadini. «Per andare dal parrucchiere, per elefante in questo, tutti quelli che ci han-
culturali a Percoto, minuscolo borgo. Il Luigi Bulfoni, e Luigi anche suo padre. d’immagine della grappa è ancora fem- comprarsi le calze vendevano le uova, i no denunciato, quelli che dicevano che
premio letterario a volte anticipa il No- Era un sotàn, un mezzadro di Spessa di minile. Ma prima c’è da capire come fun- conigli. Appena sposata, avevo l’incari- quella matta, cioè io, avrebbe rovinato il
bel (Rigoberta Menchù, V. S. Naipaul), Cividale. Era partito a cercare fortuna in ziona questa coppia, pare che a volte nel- co di girare la campagna e comprare le mercato. Si eh, to nona en carriola con le
quasi sempre porta in Friuli persone di Argentina. Da Basiliano più tardi era par- le discussioni volino i piatti. «I piatti, i vinacce da distillare, che fossero ben mudande viola».
cui si diceva «figurati se quello si muove, tita Anna Bernardinis, 16 anni, che an- bicchieri e anche le sedie. Benito è uno umide, non esauste. E più in là, dopo l’i- Dipende dalla vendemmia, ma ogni
e poi dov’è Percoto?». Invece s’è mosso dava a sposarlo senza averlo mai visto che s’arrabbia subito, io non scherzo, dea del monovitigno, che fossero sepa- anno a Percoto si distilla circa un milio-
Sciascia, s’è mosso Amado, s’è mosso neanche in foto, una cosa combinata dai però siamo innamorati come il primo rate: solo Picolit, solo Fragolino. Siore jè ne di litri: 650mila di grappa normale,
Lévi Strauss, s’è mosso Senghor, tutti parenti e dai preti, allora andava così. Sei giorno e siamo sposati da 43 anni. Lui in mate, son putanadis chesti cà, mi dice- 250-300mila da monovitigno, il resto è
dolcemente braccati da Giannola, asse- figli. Nel 1901 ritorno in patria, viaggio in 43 anni, anzi di più contando il periodo vano i vignaioli, in vendemmia c’è già Ue e altri distillati (dal miele, per esem-
diati e convinti. Nel caso di Amado, terza classe peggio delle bestie, mio pa- di semplice conoscenza, non mi ha mai tanto da fare e dobbiamo metterci a se- pio). Tutte le figlie hanno imparato quel-
Giannola aveva solo un numero di te- dre ha due anni e sta molto male, è più di fatto un complimento, mai detto che ho parare le vinacce quando è così comodo lo che sa la madre: a trattare coi vignaio-
lefono e naturalmente non parlava por- là che di qua. Lo salvano facendogli bere fatto bene una cosa. Ma è fatto così ed è il buttarle tutte in un mucchio. Così ho li, a distillare. Quanto ai mercati, Anto-
toghese. In Brasile risponde Zelia, mo- un bicchiere di vino. Fa la prima guerra convinto le mogli, pagando quattro vol- nella cura Germania e Inghilterra, Cristi-
glie di Jorge. Parla dialetto veneto, sua mondiale e parte anche lui per l’Argenti-
Il mio nome? Viene te tanto, cinque, dieci, nel caso del Pico- na Italia e Austria, perché non le piace
Repubblica Nazionale 54 22/01/2006
madre era di Pieve di Soligo. «Ghe pen- na. Qui amministrava una filanda, ma gli lit 80mila lire al quintale, quando un di- volare, ed Elisabetta Usa, Canada, India,
so mi», assicura e mantiene. piaceva la vita avventurosa. Infatti in Ar- screto quintale veniva via per 2.500». La Giappone e Cina, perché è la più giovane
Dicono che Giannola sia la mente e
Benito, suo marito, il braccio, ma lei
gentina si mangia tutto alle corse dei ca-
valli, qualcosa recupera lavorando due
da Giannola d’Este donne, si torna a dire. Le mogli dei co-
noscenti. «Invitata a cena, portavo una o
e quelle sono le nuove frontiere. Come
resta di frontiera il Friuli: «Qui s’insegna
non ci sta. «La famiglia di Benito faceva
buona grappa, e in Friuli era nota per
anni come oculista, naturalmente senza
esserlo. Siamo al 1927. Torna in Friuli,
A papà piaceva due bottiglie della nostra grappa, ci rin-
graziavamo e le volte dopo non ce la of-
il rispetto per l’ospite ed è più facile inte-
grarsi. Non me ne andrò mai da qui né
questo dal 1897, da molto prima che ci
entrassi io. Io ci ho messo l’ostinazione
mette su una fabbrica di aratri ma intan-
to dirige la Filodrammatica, la Cassa ru- la storia, se nascevo frivano mai. Whisky sì, cognac sì, vodka
sì, grappa mai. Ho scoperto che le tene-
dall’Italia, ma come cittadina mi sento a
disagio, sbatacchiata qua e là. Io sono ot-
di una moglie che sa che la suocera ha
detto al marito: questa donna sarà la tua
rale, ho ancora da parte suoi appunti sul-
la riforma fondiaria. Bell’uomo, gran fu- maschio mi vano in cucina, sotto l’acquaio, da offri-
re ai muratori o agli idraulici. E ho pen-
timista per natura, ma da un po’ mi sve-
glio angosciata per il futuro dei nipoti.
rovina. Aveva un nome dolce, Silvia, e di matore, andava in moto solo quando sato che bisognava migliorare l’imma- Vorrei una politica più attenta ai bisogni
dolce solo quello. Piccolina, secca, un
generale dell’esercito. I primi tempi
pioveva, così gli arriva una paresi e la
bocca un po’ storta, ma resta bellissimo,
chiamava Bulfardo. gine della grappa, renderla desiderabile
nei salotti, farla uscire dalle caverne.
delle persone, alla terra, alle acque, però
ho risposto picche a tutti quelli che mi
pensavo: o mi inserisco o l’ammazzo.
Cercavo di conquistarla cucinando le
nel mio ricordo. Si sposa nel ‘34. Mamma
Costantina, detta Cutì, figlia di un inge-
Io e Annina, Una strada era quella di trattarla come si
fa coi cru dei vini, su questa strada ci ha
hanno proposto di fare politica. Se è l’ar-
te della mediazione, della flessibilità, so-
cose migliori. A no no nus plas, a noi non
piace, era il suo verdetto. Ricordo come
gnere e un’insegnante, era nata in Vene-
to, a Cison di Valmarino. Maestra a Ca- mia sorella, abbiamo spinti Gino Veronelli. Nel dicembre ‘73
nasce la grappa di Picolit. Siamo i primi
no negata. Mi sembra di far fatica a vede-
re il sole, quando mi alzo, e mi consolo
un incubo il parquet di ciliegio chiaro,
obbligatorio usare le pattine, io sono
stiglion Fiorentino, istitutrice a Venezia.
Una donna in gamba, portava il pigiama schivato Bulfardo nel mondo a realizzarla, ma per ora ci ri-
troviamo con quattro damigiane, 200 li-
con una frase delle madri di Plaza de
Mayo: mai perdere la speranza, lottare
casinista adesso, pensi un po’ com’ero palazzo in anticipo sui tempi, organizza- tri, in confezioni da un quartino, confe- sempre per un futuro migliore».
va i doposcuola gratis, aveva sempre li- zioni elegantissime. Esce un pezzo en-
bri di poesia sul comodino». tusiastico di Gino su Panorama. Telefo-
Ma che nome è Giannola? «Giannola na un industriale bergamasco chieden-
d’Este, eroina d’arme e d’amore. Papà
era appassionato di storia, se nascevo
maschio mi chiamava Bulfardo. Io e An-
nina, mia sorella, abbiamo schivato Bul-
fardo. Dov’ero rimasta? Ah sì, la fabbrica
di aratri. Va in malora, spiazzata dalle
macchine agricole. Chiude. Mio padre
era fascista, ma di quelli convinti che
Mussolini fosse socialista. Non ha licen-
ziato nessuno. Li ha tenuti a libro paga
finché non trovavano un altro lavoro. E
io ricordo questi operai, ogni mattina
scopavano la fabbrica, anche se non era
do 24 fiasche. Gli dico che non si tratta di
fiasche, ma di quartini che costano
ognuno 8.500 lire più Iva. Scarica una se-
rie di bestemmie e riattacca. Decido che
se è così difficile venderla, tanto vale re-
galarla. Così mandiamo degli assaggi a
persone importanti: Agnelli, Fellini,
Montanelli, Scalfari, Abbado, e poi Per-
tini. Dopo un po’ arriva una macchina
targata To e riparte con 48 confezioni,
pagate, per l’Avvocato».
Per la Ue, accento sulla u, uva in friula-
no perché è distillato d’uva e non di vi-
‘‘
necessario, e poi giocavano a carte in nacce, tre anni di combattimento per-
FOTO TOSCANI
IMPRESE&MERCATI
Contrazione nel periodo gennaio-settembre 2005. L’importo medio sale a 117 mila euro
Germania
preoccupati. La risposta degli i momenti favorevoli sul piano bile. Il finanziamento ha una
economisti di Caboto è che c’è della congiuntura internazio- durata fino a 40 anni, con la pos-
ancora molto da fare per arri- nale. I boom arrivano, ci sfio- sibilità di scegliere tutte le dura-
vare a una stabile crescita del-
l’industria italiana. E su que-
sto è difficile non concordare.
rano, ci passano sopra la testa
e sotto i piedi, ma qui non suc-
cede niente.
“La Ue controlli te intermedie tra i 30 e i 40 anni.
Al momento, per questi mutui
extra-lunghi vengono applicati
In fondo al loro studio, però,
appare una tabellina che au-
Forse perché siamo in tele-
visione a discutere dell’ultima
i nostri conti” tassi più elevati rispetto a quelli
di durata inferiore. Attualmente
torizza qualche preoccupa- strampalata modifica al codi- BRUXELLES — La Ger- sul mercato è disponibile una
zione in più. Quello che c’è da ce penale. O forse proprio per- mania ha deciso di scen- vasta gamma di prodotti. «Gli
fare è non molto, m ma moltis- ché i nostri politici (primi fra dere a più miti consigli con aspiranti mutuatari — afferma
simo. La tabellina a cui faccio tutti quelli della maggioranza) la Commissione Ue sulla Roberto Anedda, responsabile
riferimento si compone di po- hanno la testa altrove. gestione dei propri conti marketing di Mutuionline — de-
chissimi numeri e fornisce le Rimane il fatto che in Euro- pubblici per riportarli sot- vono confrontare l’elevato nu-
variazioni della produttività pa, mentre non c’è quasi più to controllo. mero di offerte cercando il mu-
nel settore manifatturiero nel- un «problema Germania» per- Il nuovo ministro delle tuo realmente più conveniente
la media dell’Unione Europea ché la Repubblica Federale è Finanze, Peer Stein- per le loro esigenze e devono,
e in Italia fra il 2002 e il 2005. I in decisa ripresa, continua a brueck, la prossima setti- soprattutto, pianificare il finan-
numeri (variazioni percen- esistere un «problema Italia», mana farà presente al ziamento giusto per la propria
tuali in sequenza) sono questi. piccolo gigante immobile, e commissario Ue agli Affa- situazione finanziaria non solo
Europa: 1,4/1,9/3,2/1,8. Per dentro il «problema Italia» c’è ri economici, Joaquin Al- presente ma anche futura». In
l’Italia abbiamo invece i se- un «problema industria mani- munia, che Berlino è di- sostanza, non indebitarsi al li-
guenti altri numeri (sempre fatturiera», che dovrebbe es- sposta ad accettare una mite delle proprie disponibilità
variazioni percentuali anno sere grosso modo ai livelli pro- sorveglianza stretta sul- finanziarie, tenendo presenti i
per anno): -1,5/0,2/0,5/-0,8. duttivi di fine 1998, sette anni l’andamento di un deficit possibili riflessi di aumenti sulla
Credo che non serva ag- fa. che nel 2006 — per il quin- rata del mutuo a tasso variabile.
giungere altro. Fra il 2002 e il Insomma, siamo davvero to anno consecutivo — Per contenere e mitigare gli ef-
2005 in Europa la produttività messi male. Anche se poi in sfonderà il tetto del 3% del fetti di eventuali innalzamenti
è aumentata complessiva- qualche sondaggio risulta che Pil previsto dal Patto di dei tassi, gli interessati possono
mente di quasi il 9 per cento, in siamo diventati ottimisti. stabilità. optare per un mutuo a tasso va-
riabile e a rata costante.