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DIVISIONE DELL’IMPERO; 395

Flavio Teodosio, imperatore dei Romani dal 379 al 395, morì nel gennaio del suo
16esimo anno di regno. Sul letto di morte, confermò la nuova suddivisione dello
Stato Romano: l’Oriente, con capitale Costantinopoli (Nuova Roma) sarebbe stato
governato dal primogenito Arcadio, mentre l’Occidente (con capitale Milano) sarebbe
stato governato da Onorio. In più i due fratelli, particolarmente imbelli, avrebbero
dovuto essere “supervisionati” nel loro operato da Flavio Stilicone, magister militum
utriusque militiae di padre vandalico e di madre romana, quindi, dato che il padre era
da tempo integrato nel sistema romano, il perfetto esempio di come la macchina
“mangia-profughi” dell’Impero potesse funzionare bene, se si esclude il disastro del
376.

GOTI IN ORIENTE; 395


Nello stesso 395, il posto che spettava teoricamente a Stilicone in Oriente gli venne
usurpato da Rufino. Contemporaneamente i Goti, stanziati in Mesia da Teodosio I e
capeggiati da Alarico dei Balti, si ribellarono all’Impero perché, a causa del loro
servizio durante la battaglia del Frigido (394) le loro abitazioni erano state lasciate
alla mercé degli Unni. Alarico assediò brevemente Costantinopoli (a scopo
diplomatico), per poi invadere la Grecia. Qui intervenne Stilicone, che preferì
comunque non annientare i Goti, consapevole del fatto che all’Impero servivano
soldati.

GOTI IN OCCIDENTE I; 401 – 402


Pochi anni dopo, nel 401, Alarico invase per la prima volta l’Italia: mentre assediava
Onorio a Milano (per negoziare), venne costretto alla ritirata dalle truppe di Stilicone
di ritorno dalla Gallia. Stilicone sconfisse durante l’anno successivo Alarico ben due
volte (Pollenzo e Verona). A seguito di queste batoste, i Goti avrebbero potuto essere
annientati in Val d’Adige, ma il magister militum preferì concedere al Balta il ruolo
di magister militum per Illyricum (comandante dell’esercito nell’Illirico).
Le imprese di Alarico spinsero altri Goti (quelli stanziati al di là del Danubio; in
realtà più convinti a invadere l’Impero dalla pressione unna, la stessa che aveva
portato alla tragica migrazione del 376 e anni seguenti), stavolta guidati da
Radagaiso, a superare il Danubio. Radagaiso venne sconfitto e ucciso a Fiesole nel
406.
Stilicone dovette però, per sconfiggere i Goti di Radagaiso, attingere alle già esigue
risorse umane renane. Il 31 dicembre 406 Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (perlopiù)
oltrepassarono il Reno ghiacciato nei pressi di Magonza, dilagando dapprima in
Gallia, poi invadendo anche l’Iberia. La poca attenzione che Ravenna riservò alla
Gallia fece sì che si creò molto consenso e approvazione nei confronti di Costantino
III, ribellatosi in Britannia (mitologicamente parlando, è il nonno di re Artù).

MORTE DI FLAVIO STILICONE; 408


Quella di Fiesole fu l’ultima vittoria di Stilicone: accusato dell’assassinio di Rufino
(395), di aver costretto Onorio all’accordo con Alarico (402) e, in generale, di
complottare ai danni dell’Impero, venne ucciso assieme a famigliari, amici e seguaci.
Era il 408 e, assieme agli “stiliconiani”, vennero trucidati tutti i Goti che abitavano a
Ravenna (dove si era trasferita la corte a seguito della prima calata in Italia di Alarico
nel 402).

GOTI IN OCCIDENTE II; 408 – 418


Il massacro della sua gente spinse Alarico, che aveva ormai riunito sotto di sé tutti i
Goti presenti nell’Impero, a calare nuovamente in Italia. In questa occasione si ri-
avvalse del titolo di “re dei Goti”, già sfruttato nel 401-402 ma, ora, con molto più
senso d’essere. Questo titolo, come si può intuire, era a tutti gli effetti illegale agli
occhi dei Romani.
Nel 408 Alarico girovagò per l’Italia, assediò (diplomaticamente e letteralmente)
Roma per poi ritirarsi di nuovo in Illirico. L’anno successivo i Visigoti, ormai si
possono chiamare così, tornarono in Italia e Alarico visitò Roma.
Nell’estate del 410, il Re dei Goti marciò per la terza volta contro Roma: in agosto i
Visigoti razziarono per tre giorni di seguito la tronfia città che aveva dominato il
mondo conosciuto ai suoi abitanti per secoli. La popolazione venne in parte salvata
perché si ritirò nelle chiese, e anche perché Alarico aveva vietato ogni forma di
violenza sui civili.
Dopo aver razziato Roma, Alarico tentò di raggiungere la Sicilia per poterci svernare,
ma, dopo aver assistito alla distruzione della sua flotta raccogliticcia, decise di fare
dietrofront e di tornare verso nord. Tuttavia, lungo la strada il re dei Goti si ammalò
di febbre e morì. La sua tomba venne celata da un fiume, deviato artificialmente per
l’occasione.
Ad Alarico successe Ataulfo, in qualche modo imparentato con il suo predecessore.
Giunto, attraverso mille peripezie, in Aquitania (precisamente nei dintorni di
Burdigala/Bordeaux), ottenne il permesso di svernarci dal nuovo vero padrone della
Parte Occidentale: Flavio Costanzo. In futuro co-augusto con il nome di Costanzo III,
ex-stiliconiano e futuro secondo marito di Gallia Placidia, aveva appena sedato la
rivolta di Costantino III, che, come molti Romani, riteneva più importante dello
sterminio di quei vagabondi dei Goti. Era il 412.
Durante l’ennesimo conflitto con i Romani, Ataulfo dovette ritirarsi in Catalogna.
Qui, Galla Placidia, sorella di Onorio e moglie di Ataulfo, diede alla luce un bambino
di nome Teodosio che, se solo fosse vissuto più a lungo, avrebbe avuto il diritto di
regnare tanto sui Romani quanto sui Goti, rappresentando, quindi, un’alternativa
migliore rispetto al partito di Onorio (414).
Dopo varie peregrinazioni in Iberia, i Visigoti poterono ufficialmente (ri)stabilirsi in
Aquitania nel 418 alla guida del nuovo re Wallia (anche lui in qualche modo
imparentato con Ataulfo). In questa data non nacque il Regno Visigoto, bensì lo stato
di “foederati” che questi mantennero fino al 475, quando Giulio Nepote riconobbe
l’indipendenza di Eurico dei Balti, ammettendo, dopo 57 dalla sua “nascita”,
l’esistenza di un regno barbarico estraneo all’autorità imperiale.

VANDALI
I Vandali dilagarono in Gallia e Hispania dal 406 al 429. Dal 429 al 439 i Vandali di
Genserico invasero e si stabilirono in Africa. L’Impero d’Occidente venne privato
della sua provincia più ricca. Genserico saccheggiò Roma alla morte di Valentiniano
III nel 455. Anche stavolta la popolazione venne risparmiata (grazie al vescovo di
Roma).
476: Oreste e Genserico (ancora vivo) stipularono una pace. Sono riconosciute le
conquiste vandaliche (indirettamente anche il loro regno).

UNNI
Originari della Mongolia, gli Unni furono coloro che misero in crisi la nascente
civiltà gota e, di conseguenza, causarono l’ondata migratoria di Goti all’interno
dell’Impero, che si concluse solo dopo 42 anni (376 – 418). Assoggettando tutti i
popoli sulla loro strada (quindi anche i Goti rimasti al di là del Danubio, coloro che
diventeranno gli Ostrogoti), gli Unni si scagliarono inizialmente sulla Parte Orientale.
Attila, tuttavia, decise di rivolgere le proprie attenzioni all’Occidente, dove, nel
frattempo la situazione era molto cambiata: Onorio era morto di edema nel 423. Al
suo posto era salito al potere il figlio di Flavio Costanzo (il co-augusto durante il 421
con il nome di Costanzo III) e di Galla Placidia (restituita dai Visigoti), ovvero
Valentiniano III. Suo magister militum era un uomo un tempo inviato come ostaggio
da Alarico, Flavio Ezio.
Ezio, di estrazione gallo-romana, aveva in passato già coinvolto gli Unni in problemi
della Parte Occidentale. Nel 451, Ezio e i Romani, assieme a numerosi alleati quali
Franchi, Alani, Visigoti e altri, sconfisse sonoramente Attila ai Campi Catalauni. Tra
gli alleati degli Unni spiccavano gli Ostrogoti, ovvero i Goti rimasti al di là del
Danubio, guidati dagli zii e dal padre di un certo Teodorico l’Amalo, che calerà in
Italia nel 488.
Durante la battaglia, militava dalla parte romana Teodorico dei Balti al comando dei
suoi Visigoti. Il Balta, proprio come re Théoden di Rohan ai Campi del Pelennor, perì
in battaglia schiacciato dal suo cavallo. Nel pieno della mattanza venne eletto suo
successore Éomer, nella realtà suo figlio Torismondo dei Balti.
Ritenendo, tuttavia, che la totale distruzione degli Unni avrebbe troppo rafforzato i
Visigoti, Ezio permise ad Attila di ritirarsi. Il Re degli Unni calò in Italia nel 452,
distruggendo Aquileia per poi tornarsene in Pannonia (convinto non dal vescovo di
Roma, ma da una pestilenza e dalle truppe orientali).
I profughi della città trovarono riparo in una serie di piccole isole in mezzo ad una
laguna poco distante dalle rovine ancora fumanti di Aquileia. La nuova città prese il
nome di Venetia.
Dopo la morte di Attila, gli Unni combatterono, nel 454, una grande battaglia presso
il fiume Nedao, durante la quale vennero sconfitti da una coalizione di loro ex-
vassalli. Con questa sconfitta, gli Unni smisero di rappresentare un problema, gli
Ostrogoti presero possesso della Pannonia e i Gepidi si insediarono in Dacia.

CROLLO DELL’IMPERO D’OCCIDENTE; 455 – 486


Valentiniano III uccise Ezio nel 454, l’anno dopo venne a sua volta assassinato. Alla
sua morte, il potere venne usurpato da Petronio Massimo, che non riuscì a impedire ai
Vandali di Genserico di saccheggiare Roma. Petronio Massimo durò poco.
Gli successe dapprima Avito, poi Giulio Valerio Maggioriano (imp. dal 457 al 461).
Maggioriano riuscì a riconquistare Gallia e Penisola Iberica, ma fallì nel tentativo di
riconquistare l’Africa. Fatto uccidere da Ricimero nel 461, a Maggioriano successero
i burattini del suo assassino (Libio Severo e Antemio). Il secondo, entrato in guerra
civile con il suo creatore, perì durante il sacco di Roma del 472. Ricimero morì poco
dopo e la sua nuova creatura, Anicio Olibrio, non arrivò al 473. Gundobado, re dei
Burgundi, e il Senato convinsero Glicerio a prendere la porpora. Costantinopoli, però,
voleva una controparte da lei scelta. Giulio Nepote, candidato dell’Oriente, confinò
Glicerio a Salona e ne prese il posto. Durante il suo brevissimo regno (474 – 475)
riconobbe, in cambio della restituzione della Provenza, l’indipendenza del Regno
visigoto.
Questa pace umiliante scatenò la reazione del Senato, che costrinse a fuggire Giulio
Nepote a Salona, dove incontrò Glicerio. Il braccio armato del Senato si chiamava
Flavio Oreste. Questi, invece di prendere il potere, fece imperatore suo figlio Romolo
Momilio, che prese il soprannome di “Augustolo”. L’Augustolo e il padre durarono
quanto il loro predecessore: le truppe di foederati germano-danubiani (che
costituivano la gran parte dell’esercito occidentale) chiesero delle terre nelle quali
stanziarsi tramite un loro candidato eletto (Odoacre). Al rifiuto di Oreste, Odoacre
venne eletto re, uccise Oreste ed esiliò Romolo e la madre a Napoli.
Odoacre e Giulio Nepote inviarono contemporaneamente delle ambascerie a
Costantinopoli: il primo chiedeva il titolo di patrizio e il diritto a governare l’Italia, il
secondo ricordava al collega Zenone che non aveva mai abdicato e, quindi, che si
considerava ancora il legittimo padrone dell’Italia.
Zenone trovò un compromesso: Odoacre avrebbe regnato sull’Italia a nome di Giulio
Nepote, coniando monete recanti la sua effige.
Giulio Nepote continuò a regnare in Dalmazia fino al 480, quando, a seguito del suo
assassinio, Odoacre annetté questa regione al suo regno. Nella Gallia Settentrionale
regnava, dal 464, il figlio di un generale di Maggioriano: Afranio Siagrio mantenne il
suo trono a Parigi fino al 486, quando Clodoveo, figlio del suo defunto alleato (il re
dei Franchi Chilperico) lo sconfisse a Soissons (Augusta Suessionum) e, dopo che i
Visigoti gli consegnarono lo sventurato Siagrio (perché questi aveva provato a
cercare rifugio presso di loro), lo fece uccidere. Ebbe così inizio l’effettivo dominio
franco (cominciato con la dinastia merovingia) sulla Gallia un-tempo-romana.

PERIODO TARDOANTICO; 284 – 632


Periodo caratterizzato da importanti fenomeni quali frammentazione dell’Europa in
regno culturalmente inferiori, crisi economiche, alimentari ed epidemiche, oltre che
dalla trasformazione del Mediterraneo da cuore commerciale a frontiera, il
tardoantico rappresenta una lunga e complessa fase di transizione che si contrappone
tra crisi del III secolo e Alto Medioevo.
A causa di invasioni germaniche, slave, avare e arabe, l’asse politico europeo si
spostò dall’Italia verso nord.
A causa di continue guerre e pestilenze, e anche grazie all’arretratezza dei Germani,
incapaci di mantenere allo status quo le città romane, l’Europa andò incontro ad uno
spopolamento senza precedenti. I canali del commercio andarono in secca e questo si
ritrovò, spesso, limitato ai singoli territori circostanti.
La vegetazione ebbe facilmente la meglio sull’antropizzazione e le acque esondarono
e allagarono numerosi campi coltivati.
L’ambiente naturale divenne, inaspettatamente, una fonte importantissima per il
sostentamento degli abitanti della nuova Europa: seppur la produttività agricola
precipitò, nelle foreste c’era abbondanza di viveri e di legname, così come gli stagni
straripavano di pesci.
In alcuni casi, all’interno delle stesse mura cittadine vennero creati nuovi campi.
Alcune città costiere, come Ravenna, riuscirono, nonostante tutto, a mantenere una
condizione esistenziale dignitosa.
REGNI ROMANO – BARBARICI; 475 (418?) – 800
Regno vandalico: Africa Romana, isole del Mediterraneo Occidentale e Cadice.
Ferocemente antiromano e antiniceano (salvo eccezioni, come Ilderico). Ri-annesso
all’Impero romano da Belisario.
Regno visigoto: Aquitania (non più dal 507) e Penisola Iberica. Spazzato via
all’inizio dell’VIII secolo dagli Omayyadi.
Regno burgundo: valle del Rodano. Annesso al Regno Franco.
Regno svevo: nord-ovest della Penisola Iberica. Annesso al Regno Visigoto.
Regno alamanno: Agri Decumati. Annesso al Regno Franco.
Regno franco
I Franchi erano una confederazione di tribù (come gli Alamanni). La dinastia
merovingia ha origine con Meroveo, che, secondo una leggenda, avrebbe combattuto
ai Campi Catalauni alleato di Ezio.
Clodoveo (sconfisse Siagrio, Alarico II – annessione Aquitania, Alamanni e Turingi)
convertì il suo popolo al niceanesimo a seguito della vittoria di Tolbiacum contro gli
Alamanni (aveva chiesto aiuto a Dio e, avendo vinto, si era convinto a convertirsi).
A differenza dei loro vicini Ostrogoti, molto meno fortunati, i Franchi si fusero con la
componente gallo-romana, maggioritaria nel loro regno: si convertirono al
niceanesimo, cominciarono a parlare latino e si sposarono con i locali.
Alla morte di Clodoveo (511) il Regno dei Franchi venne diviso tra i suoi 4 figli, i
quali si coalizzarono per conquistare i Burgundi.

Regno ostrogoto
Teodorico degli Amali calò in Italia nel 488 e uccise a tradimento Odoacre nel 493,
dopo essere stato convinto da Zenone Isaurico, che non ne poteva più degli Ostrogoti.
Teodorico era nato, forse, nel 451, mentre i suoi zii e suo padre perdevano ai Campi
Catalauni. Dopo aver guerreggiato dapprima con Teodorico Strabone e poi, a seguito
del suo trapasso (anche letteralmente), direttamente con i Romani di Costantinopoli,
venne convinto da quest’ultimi a tentare la fortuna in Italia.
Teodorico, essendo stato prigioniero/ospite a Costantinopoli per ben 10 anni (il suo
“trasferimento” era tra le clausole della pace tra lo zio Valamiro e l’imperatore Leone
I il Trace), apprezzava e ammirava la cultura romana, tanto che, dopo essersi stabilito
a Ravenna, si atteggiò quasi da “augusto”.
Durante il suo lungo regno (493 – 526), l’Amalo coinvolse tutte le componenti sociali
ed etniche presenti in Italia, tanto da affiancare Romani e Ostrogoti nella gestione
dello stato. Elevò a stretti collaboratori personaggi come Severino Boezio (prefetto
urbano di Ravenna), Simmaco (suocero di Boezio e fine letterato) e Cassiodoro
(cancelliere reale e autore di una storia dei Goti, purtroppo perduta, scritta per
esaltare gli antenati di Teodorico – Cassiodoro sta a Teodorico come Virgilio sta ad
Ottaviano).
Oltre a questa storia, fonte (attendibilissima) per la Getica di Giordane, Cassiodoro
riassunse il diritto romano in chiave di territorialità della legge (Edictum Teodorici
regis). Il Senatore (come C. venne soprannominato) si ritirò successivamente in
Calabria, sua terra natìa, dove fondò una comunità monastica (il Vivarium), che
divenne un importantissimo centro di salvezza per testi antichi.
Pur essendo ariano, Teodorico mantenne buoni rapporti con la chiesa niceana. Buoni
rapporti che si incrinarono a seguito del concilio di Calcedonia, che condannò
definitivamente l’arianesimo come eresia.
L’unificazione tra Ostrogoti e Romani era in realtà solo apparente: le due comunità
conservavano le proprie consuetudini, la propria lingua, la propria legge, tanto che le
eventuali controversie miste venivano giudicate da un tribunale goto-romano.
L’aristocrazia romana continuò a dichiarare il proprio ossequio all’imperatore di
Costantinopoli.
I numerosissimi problemi dell’Italia tardoantica non potevano essere risolti
dall’operato di un singolo sovrano: in Oriente Giustino intraprese una politica
religiosa volta ad affermare il niceanesimo come unica religione, rafforzando così il
consenso verso il governo. Resosi conto della crescente tensione tra Ravenna e
Costantinopoli, Teodorico provò a cercare nuovi alleati, tuttavia fallendo nel suo
intento.
Il Re, timoroso di un complotto ordito ai suoi danni dai senatori alleati di
Costantinopoli, giunse a imprigionare, processare e giustiziare i suoi collaboratori
Simmaco e Boezio.
La fine di questi due fini personaggi rappresentò il fallimento della politica di
tolleranza tra Ostrogoti e Romani.
Teodorico morì nel 526, Giustino nel 527. I loro successori (Teodato, Vitige, Totila e
Teia da una parte, Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano dall’altra) sarebbero presto
venuti alle mani.

IMPERO ROMANO D’ORIENTE


Mentre la Parte Occidentale andava letteralmente a pezzi, ad oriente i discendenti e
successori di Arcadio continuarono a governare da Nuova Roma. Lì avevano sede il
Senato di Costantinopoli e l’imperatore. Il secondo viveva nel “sacro palazzo”,
completamente irraggiungibile dalla gente comune.
L’augusto d’Oriente era il rappresentante terreno della divinità: da quando Leone I il
Trace era stato incoronato dal patriarca di Costantinopoli (457), la figura imperiale
era legittimata, tramite il patriarca, da Dio. L’imperatore era, di conseguenza, sia una
guida politica sia una guida religiosa, tanto che (come fecero Costantino I, Teodosio I
e Giustino I) intervenne più volte nelle questioni dottrinali.
Questa fusione tra potere politico e potere religioso prende il nome di cesaropapismo.
Questo nuovo cerimoniale fu un importantissimo fattore di stabilità: farsi acclamare
dall’esercito (dove, nonostante tutto, c’erano ancora barbari), sarebbe stato come
riconoscerne implicitamente il ruolo politico.
Le ragioni della sopravvivenza della Parte Orientale (395 – 1453) sono molteplici:
Partendo dal presupposto che quelle orientali erano sempre state le regioni più ricche
e popolose, le città dell’Impero romano d’Oriente non si spopolarono. Queste erano
anche “alimentate” dai floridi commerci (fino alla Cina) e dalla continua diffusione
della moneta e, di conseguenza, erano gestite da una burocrazia efficiente e protette
da eserciti numerosi.
Nella Parte Orientale sopravvissero i tribunali e le leggi, un sistema scolastico e un
efficiente sistema postale agevolato dalle sempre-buone strade romane.
Inoltre, a Costantinopoli era venuta meno, a seguito della rivolta di Gainas tra 399 e
400, l’influenza politica esercitata dai foederati barbari (i Goti subirono un primo
pogrom nel luglio del 400). Ciò non avvenne in Occidente, dove, nel 476, i barbari
guidati da Odoacre deposero Romolo Augustolo.

FLAVVS PETRVS SABBATIVS IVSTINIANVS; 527 – 565


Ereditò il titolo dallo zio Giustino I. Il suo regno, nella cui gestione fu aiutato anche
dalla moglie Teodora, fu caratterizzato dalla stessa linea intransigente caratteristica di
Giustino I: Giustiniano I era deciso a combattere le eresie e quel che rimaneva del
paganesimo (ordinò la distruzione dei testi sacri pagani e la chiusura della scuola
filosofica di Atene). Oltre a ciò, Giustiniano era deciso a ridare unità all’Impero, sia
territorialmente sia politicamente.
Fece ricostruire la basilica di Santa Sofia, fatta edificare da Costantino I e bruciata dai
rivoltosi sollevatisi contro Giustiniano I al momento della sua ascesa al trono.
La sua ricerca di unità politica sfociò nell’affermazione di un potere autocratico, che
portò ad una dura repressione dei “demi”. I demi erano fazioni politico-sportive
legate alle squadre che si affrontavano nell’ippodromo di Costantinopoli (verdi e
azzurri). Presto si infiltrarono nella politica imperiale, tanto da formare delle vere e
proprie milizie cittadine. Erano inoltre in grado di prestare forza lavoro per la
costruzione delle opere pubbliche cittadine.
L’immensa impresa edilizia voluta da Giustiniano provocò un notevole aumento della
pressione fiscale sulle spalle dei suoi sudditi, che spesso si ribellarono. Le imposte
aumentarono anche a causa delle grandi guerre volute dall’Imperatore. Il prezzo di
queste conquiste pirriche, causò il collasso finanziario dell’Impero d’Oriente.

Corpus iuris civilis; 528 – 534


Nel 528 l’Imperatore formò una commissione di giuristi (tra i quali spiccava
Treboniano), che avrebbe dovuto riordinare le numerosissime leggi prodotte dai
Romani in secoli e secoli di Storia. Molte di queste si erano sovrapposte, avevano
subìto rimaneggiamenti e revisioni, erano state abolite e poi ripristinate.

Giustiniano decise di raccogliere tutte le costituzioni imperiali e i pareri dei giuristi


ancora in vigore. Era costituito da 4 parti:
- Codice (Codex): pubblicato nel 528, conteneva le leggi emesse dai
predecessori di Giustiniano raggruppate per argomenti e cronologicamente.
- Digesto (Iura seu Pandette seu Digestum): pubblicato nel 530, vi furono
raccolti i frammenti, ritenuti attuali o adattabili alle norme vigenti, dei giuristi
antichi.
- Istituzioni (Institutiones): pubblicate nel 533, contenevano le nozioni
fondamentali del diritto privato. Divenne un manuale usato da giuristi e
avvocati e divenne il testo più studiato del Medioevo.
- Novelle (Novellae constitutiones): pubblicate nel 534, vi erano raccolte le
costituzioni emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codex.

Restauratio Imperii; 533 – 552


Riconquista dell’Africa (533):
Nel 530 il re dei Vandali Ilderico (filoromano) era stato deposto e sostituito dal
cugino Gelimero (antiromano). Nel 533, dopo aver raggiunto un accordo con i
Sasanidi di Cosroe I, Giustiniano inviò in Africa il generale migliore di cui
disponeva: Flavio Belisario.
Belisario sconfisse Gelimero in due battaglie (Ad Decimum e Tricameron), e queste
bastarono per far scomparire dalla Storia il Regno dei Vandali.

Riconquista dell’Italia e dell’Illirico (535 – 553):


Sfruttando l’assassinio della (ex) regina ostrogota Amalasunta (figlia di Teodorico e
filoromana) da parte del cugino Teodato, nel 535 Giustiniano inviò Belisario in Italia
da sud, mentre un secondo esercito, al comando di Mundo, invadeva i Balcani
ostrogoti.
Nel 536 Teodato fu assassinato da Vitige, che si proclamò re sfruttando l’appoggio
dell’aristocrazia romana. Nel 538 Cassiodoro, fino a quel momento rimasto al fianco
dei re ostrogoti (per facilitare la convivenza tra Ostrogoti e Romani), si ritirò in
Calabria.
Due anni dopo, nel 540, Roma e Ravenna erano tornate romane e Vitige era
prigioniero a Costantinopoli. La guerra sembrava conclusa, fino a quando gli
Ostrogoti non si riunirono sotto la guida di un nuovo re: Totila, o Baduila.
Totila, ricorrendo a misure eccezionali (come la liberazione degli schiavi a patto che
questi combattessero per lui), riprese Ravenna, Roma, Napoli e le isole. L’Italia era
attraversata da due eserciti armati fino ai denti pronti a tutto pur di annientare quello
nemico. Come se ciò già non bastasse, a partire dal 542 si diffuse una pestilenza che
devastò Italia e Impero.
A seguito di questi insuccessi, Giustiniano sostituì Belisario con Narsete, eunuco di
origine armena, che, nel 552, sconfisse e uccise Totila nella battaglia di Gualdo
Tadino (Umbria), per poi annientare, nello stesso anno, l’esercito ostrogoto, guidato
da Teia, nella battaglia dei Campi Lattari (Campania).
Nel 554 Giustiniano emanò un editto (Prammatica sanzione) con il quale
ufficializzava il ritorno dell’Italia all’interno dell’Impero romano. L’Imperatore
escluse dall’amministrazione i locali, che furono posti sotto il peso di nuove tasse
destinate a rimpinguare le casse imperiali (devasta come il territorio italico).
A seguito della calata dei Longobardi (568), i territori italiani ancora controllati dai
Romani vennero riorganizzati in un “esarcato” dall’imperatore Maurizio: l’esarca
aveva sede a Ravenna ed era il governatore dell’Italia. Ravenna, come
Costantinopoli, venne arricchita da Giustiniano con edifici importanti, tra i quali
spiccava la Basilica di San Vitale.
L’invasione longobarda sancì la frammentazione della Penisola in più regioni, eredità
che l’Italia si porta dietro ancora oggi.

Riconquista della Spagna (552-554):


Intromettendosi nella guerra civile tra Agila e Atanagildo, nel 552 Giustiniano inviò
in “Spania” il generale Liberio. La nuova provincia, comprendente solo la parte
meridionale del Regno visigoto, venne completamente conquistata dai Visigoti nel
624 dal re Suintila.

ALTRI POPOLI
Slavi: non si sa cosa voglia dire; si trovano in 3 regioni:
- Balcani: Serbi e Croati
- Europa Centrale: Polacchi, Boemi, Slovacchi
- Europa Orientale: russofoni
Bulgari: popolo delle steppe, assorbito dagli Àvari e divenuto uno stato a parte dopo
la caduta di quest’ultimi. Conquistati da Basilio II prima e dai Turchi poi.
Dinastie in Persia:
- Achemenidi (550 – 330 a.C.)
- Seleucidi (312 – 64 a.C.)
- Arsacidi (o Parti, 247 a.C. – 228 d.C.)
- Sasanidi (224 – 651 d.C.)

LONGOBARDI; 568 – 774/1076


Tragitto:
- Scandinavia
- Elba (Germ. Sett., presero parte a Teutoburgo)
- Boemia (presero parte alle Guerre marcomanniche)
- Pannonia
- Italia (568 d.C.)

Frammentazione politica:
Con i Longobardi ha termine l’unità politica italiana: la Penisola si divide tra barbari
e Romani, ai quali poi si aggiungono, con il dovuto tempo, anche lo Stato Pontificio e
Venezia.
Langobardia Maior: Italia Settentrionale, conquistata dai Franchi nel 774
Langobardia Minor: Italia Meridionale, soppiantata dai Normanni nel 1076
Romània: territorio controllato dai Romani intorno a Ravenna e Pentapoli (Rimini,
Pesaro, Senigallia, Ancona e Fano – questa è solo la Pentapoli marittima, c’è anche
quella annonaria/montana)
Campanilismo: tendenza italiana ad amare il proprio campanile (comune),
disinteressandosi dei campanili altrui.

Conquista dell’Italia:
Motivo: alleati degli Àvari, con i quali avevano da poco soppresso i Gepidi (in
Dacia), i Longobardi erano ora spaventati dalla crescente potenza dei loro vicini.
Attratti anche dalla ricchezza della Penisola (alcuni L. vi avevano combattuto durante
la Guerra gotica), Alboino e il suo popolo oltrepassarono le Alpi Giulie e calarono in
Italia.
I Romani si comportarono come durante la guerra contro i Tervingi di Fritigerno
(quello che aveva vinto ad Adrianopoli), ovvero si rinchiusero nella città, sperando in
una riscossa futura (non arriverà). Alla fine rimasero in mani imperiali solo i territori
tra Ravenna e Roma, oltre che Calabria, Puglia e isole.
Al nord, nella Lang. Maior, sorgevano Milano e Pavia (ordinatamente capitali del
Regno l.), mentre a sud, nella Lang. Minor, si trovavano i ducati di Spoleto e
Benevento.

Organizzazione sociale:
- Re longobardo: sia dinastico sia un duca eletto (gaithinx – assemblea delle
lance), o che aveva acquisito il diritto alla corona sposando la vedova del re
precedente;
- Duchi: capi delle fare (sottoinsiemi del popolo longobardo, da un verbo
tedesco che significa “spostarsi”) obbediscono al re fino ad un certo punto;
- Centenari e decani: controllavano unità minori e piccoli villaggi (sottoposti dei
duchi);
- Arimanni: combattenti, di conseguenza godevano di privilegi giuridici e
dell’intoccabilità;
- Aldii: semiliberi non combattenti;
- Servi: schiavi; prestavano il lavoro coatto (corvées);
- Esercitali: componente dell’esercito di origine italica con ruoli marginali.

Curtes e integrazione:
Complessi dove si stanziarono i Longobardi, che preferivano luoghi distinti da quelli
abitati dagli Italici e possibilmente rurali (es: Fara Novarese). Erano composti da una
dimora signorile, da edifici per servi e animali, depositi di attrezzi e derrate, … .
Essendo la loro società semplice e basata sulla forza armata, i L. non necessitarono di
mantenere in vita la vecchia burocrazia romana.
Da Autari e Agilulfo in poi, i Longobardi si convertirono al niceanesimo. Nell’VIII i
Longobardi erano tutti cattolici, si diedero leggi scritte e smisero di parlare la propria
lingua d’origine (entrarono a far parte del “volgare”, ormai ben diverso dal latino,
parole longobarde1)

Consolidamento e tramonto del Regno longobardo:


Dopo la congiura che portò alla morte di Alboino e il breve regno di Clefi (572; 572 –
574), il Regno longobardo entrò in una fase di anarchia (periodo dei duchi: 574 –
584). All’elezione di Autari, che riuscì a bloccare il tentativo di riconquista portato
avanti dall’Esarcato, i Longobardi entrarono in una fase di stabilità, importantissima
se si volevano evitare disfatte irreparabili contro Merovingi e Romani. Perciò, i duchi
trasferirono parte del proprio potere nella mani del sovrano, che, allo stesso tempo,
impose agli Italici il versamento di una tassa annuale in cambio di agevolazioni, che
contribuirono ad addolcire la visione dei locali nei confronti del nuovo regime.

Editto di Rotari: nel 643 il Re longobardo emanò una raccolta di leggi scritte
(consuetudini, usi giuridici, civili e penali), che costituirono un momento
fondamentale per l’integrazione tra Italici e Longobardi. Infatti l’Editto, scritto in
latino, testimonio la consuetudine romana della territorialità del diritto, secondo la
quale tutti coloro che si trovavano in un determinato luogo, dovevano seguire le
determinate leggi.
I rapporti tra eguali erano regolati dalla faida, ovvero la vendetta di un torto subìto
mediante la rivalsa della famiglia dell’offeso. Rotari tentò di porre freno a questa
pratica stabilendo che, al posto di vendicarsi, bisognava pagare un risarcimento in
denaro (il wergild – guidrigildo), prestabilito in base alla condizione sociale, al luogo
d’origine e al lavoro di ciascun uomo.
Il denaro finiva nelle mani del danneggiato e nelle casse del re (ogni crimine era un
pericolo per la pace pubblica).
Vennero istituiti i gastaldi, funzionari civili che rappresentavano l’autorità centrale
nelle province, riscuotevano tasse agli Italici e amministravano la giustizia.

Rapporti con la Chiesa:


Liutprando prese Ravenna, allarmando la Chiesa. Il Re longobardo preferì una
politica di compromesso con papa Gregorio II, concedendo privilegi ed esenzioni

1
Sono longobarde le parole: guerra, zuffa, faida, tregua, trappola, spranga – non era una società di filosofi quella dei
Longobardi, no, ecco. Verbi di origine longobarda: spaccare, arraffare, scherzare, strofinare, tuffare, russare – non era
una società di filosofi… . Parti del corpo: guancia, schiena, nocche, stinchi, ciuffo, zazzera – non era una società di
filosofi evidentemente. Cit. Alessandro
Barbero
fiscali a vescovi e abati. Nel 728, Liutprando concesse a papa Zaccaria terre e castelli
(donazione di Sutri – prima donazione ufficiale di terre alla Chiesa e nucleo del
Patrimonio di San Pietro). Questi compromessi erano puntati ad evitare contrasti con
Costantinopoli tramite la legittimazione dei ducati longobardi. Per lo stesso motivo, i
L. incoraggiarono la diffusione capillare di monasteri.

Crollo del Regno longobardo:


Astolfo, successore di Liutprando, nel 751 prese Esarcato e Pentapoli, determinando
la fine della presenza romana in Italia Settentrionale. Dati i continui tentativi di
conquistare Roma (chiodo fisso dei Longobardi dalla loro venuta in Italia), papa
Stefano II chiese l’intervento die Franchi, in buoni rapporti con la Chiesa sin dalla
conversione di Clodoveo. Nel 754 Pipino il Breve sconfisse Astolfo, riconsegnando
Esarcato e Pentapoli non a Costantinopoli, bensì al papa. Nel 774 Carlo Magno
costrinse Desiderio alla resa, sancendo così la fine del Regno longobardo.

Gregorio Magno:
Da papa, dovette farsi carico della difesa di Roma contro i Longobardi, finendo per
assumere anche un ruolo politico. Questo atteggiamento venne mantenuto anche dai
suoi successori, avvantaggiati anche dalla lontananza dell’augusto. Ciò non avvenne
a Costantinopoli, dove il patriarca di Costantinopoli era fortemente soggetto
all’autorità imperiale.

Iconoclastia: lotta contro il culto delle immagini sacre.


Si diffuse nelle regioni orientali dell’Impero, influenzate da ebraismo e islam. Gli
iconoclasti presero a definire gli altri cristiani come adoratori di immagini e
propagatori di ignoranza e superstizione. La controversia non fece che accendersi di
più quando divenne basileús Leone III Isaurico, che ordinò la distruzione di tutte le
immagini sacre, arrivando a reprimere i monaci che si erano ribellati.
A Roma, papa Gregorio II (de iure suddito di Costantinopoli) condannò l’iconoclastia
e scomunicò l’Imperatore, confermando la tendenza papale di allontanarsi dal giogo
di Costantinopoli. Morto Leone III, nel 741, gli iconoclasti vennero sconfitti.

Riorganizzazione del territorio su base religiosa:


Tra VII e VIII secolo le diocesi si espansero al di fuori delle città. Al loro interno
furono divise in pievi, dalle quali dipendevano le parrocchie.

MONACHESIMO
I monaci furono fondamentali per la cristianizzazione della campagne. Questi erano
religiosi laici, non sacerdoti, che si ritiravano volontariamente dalle città per dedicarsi
alla preghiera e alla penitenza.
La nascita del monachesimo è attribuita all’egiziano Antonio (III – IV secolo), che
scelse di vivere nel deserto. I monaci che fecero come lui si definiscono anacoreti o
eremiti, altri, più estremi, che scelsero di vivere su delle colonne sono definiti
“stiliti”.
La vita delle comunità monastiche era ferrea, silenziosa e regolata dall’abate. L’intera
vita del monaco era dedicata alla preghiera e alla riflessione religiosa. I monaci
assunsero agli occhi dei contemporanei prestigio e autorevolezza, fornendo fede e
carità a tutti i fedeli.
Ordine benedettino:
Benedetto da Norcia (V – VI secolo) si dedicò alla preghiera e alla contemplazione
rifugiandosi nel Sacro Speco di Subiaco. Fondò il monastero di Montecassino nel
529.
La vita nelle comunità benedettine era basata su un egualitarismo sociale ed era
regolata dalla Regola (motto: ora et labora – prega e lavora).
La giornata del monaco benedettino era divisa in:
- Sveglia
- Mattutino
- Lodi
- Prima
- Capitolo
- Lavoro manuale
- Terza
- Messa
- Sesta
- Pranzo
- Nona
- Vespri
- Cena
- Collatio
Grazie a questa ripartizione, si evitarono gli eccessi del monachesimo orientale.
I benedettini osservavano i voti di:
- Povertà
- Castità
- Carità
- Obbedienza
- Stabilità

I monasteri divennero centri di conservazione, produzione e trasmissione della


cultura. Cadute le istituzione tardoantiche in città, solo nei monasteri si continuò a
leggere e scrivere in latino. Molti monasteri, di conseguenza, idearono degli
“scriptoria”, ovvero officine librarie dove si producevano codici (specie di libri). Gli
amanuensi ricopiavano testi religiosi (come gli indispensabili lasciti di dottori e padri
della Chiesa) e opere antiche.

ARABIA FELIX
Felix ha 2 significati: fertile (Yemen – Regno di Saba biblico) e felice, per la presenza
di minerali, pietre preziose e spezie. L’Arabia è da sempre l’incrocio di reti
commerciali tra Asia e Africa.
In Giordania prosperò il Regno dei Nabatei, con capitale Petra, mentre nel deserto tra
Giudea e Mesopotamia Ghassanidi e Lakhmidi erano alle dipendenze,
rispettivamente, di Romani e Sasanidi.
Nella parte meridionale dell’Arabia si trovavano piccoli regni, mentre nei territori
centrali della penisola vivevano i beduini (abitanti della steppa), guerrieri nomadi
riunti in tribù (spesso arruolati come ausiliari dai Romani).
La tribù/clan era guidata dallo sceicco, affiancato da un raìs, e rispondeva
collettivamente delle azioni dei singoli membri.
I beduini erano politeisti. Tra le tante divinità ce n’era una principale: Allah, il dio
create e custode della fede.
Le città principali erano La Mecca e Medina. La prima era importante sia per il
commercio sia per la religione, dato che vi si trovava la Ka’ba, un edificio cubico
all’interno del quale era custodito una pietra nera (meteorite), scagliato sulla Terra
dagli dei e divenuto nero (inizialmente era bianco) per via dei peccati degli uomini.

MAOMETTO
Nato alla Mecca intorno al 570 dalla tribù dei Quraysh, Maometto sposò una vedova
agiata e intraprese la carriera commerciale, venendo a contatto con ebraismo e
cristianesimo. Nel 610, mentre dormiva in una grotta durante il ramadan (nono mese
del calendario lunare arabo), sognò la visita dell’arcangelo Gabriele, che si rivolse a
lui come profeta di Allah, esortandolo ad annunciare agli uomini “che non esiste altro
Dio all’infuori di Allah e Maometto è il suo Profeta”.
Maometto cominciò a predicare alla Mecca, raccogliendo fedeli ma attirandosi le
antipatie dei mercanti. Nel 622 Maometto ed i suoi seguaci furono cacciati e costretti
a rifugiarsi a Medina (ègira – inizio del calendario islamico).
Maometto, portata dalla sua parte Medina, prese La Mecca e ne distrusse gli idoli
pagani, risparmiando solo la Ka’ba. Negli anni seguenti, non riuscendo a convertire
all’islam cristiani ed ebrei, il Profeta ideò una “tassa per il disturbo”, grazie alla quale
il rapporto con le altre religioni fu reso pacifico.

Prime conquiste arabe:


Nel 629 si ebbero i primi scontri tra Romani e muslim.
Morto Maometto nel 632, al suo posto fu eletto un suo parente, Abu Bakr. Il suo
califfato fu breve ma significativo, dato che iniziò una serie di rapidissime conquiste:
Nel 636, a seguito della campagna dello Yarmuk, le porte del levante romano si
spalancarono agli Arabi, che in breve presero Gerusalemme (638), Siria (648) ed
Egitto (646), dove fu fondata Fustat, nucleo dell’odierna Il Cairo.

CORANO
Analogie con ebraismo e cristianesimo: origine comune, unicità della divinità,
presenza di figure sacre, vita terrena vista come un passaggio e giudizio divino post-
mortem.
Mosè, Gesù e Maometto erano tutti profeti, ma Maometto erano meglio perché gli
Ebrei si erano montati la testa con la storia del popolo eletto e i cristiani si erano
fraintesi da soli e continuavano a perdersi in inutili dispute teologiche. Maometto
proponeva una religione.3, fatta per correggere le rivelazioni degli altri monoteismi.
La creazione di Maometto fu, oltre che religiosa, anche sociale. Il libro sacro, il
Corano, non fu redatto dal Profeta, bensì da dei suoi credenti nel IX secolo (qu’ran
significa “recitazione”, quindi l’islam era inizialmente orale).
Concetti fondamentali:
- Allah è onnisciente, onnipotente e giusto;
- I fedeli devono pregare;
- Se i fedeli mostreranno solidarietà e fratellanza, otterranno un premio finale.
I 5 pilastri:
- Allah è l’unico Dio e Maometto è il suo profeta;
- Fare 5 preghiere al giorno rivolti verso La Mecca;
- Fare l’elemosina alla comunità;
- Digiunare e astenersi da fumo, bevande e rapporti sessuali dall’alba al
tramonto durante il ramadan;
- Andare alla Mecca in pellegrinaggio almeno una volta nella vita.
Nell’islam non esiste il sacerdozio: chiunque può essere imam, a patto che abbia
conoscenze e prestigio sufficienti.

DAI MEROVINGI AI PIPINIDI


Il Regno franco era in crisi a causa dell’abitudine germanica di dividere il regno tra i
figli del sovrano (il regno era un patrimonio del re, che quindi lo spartiva tra i suoi
eredi).
I domini merovingi erano solitamente divisi in:
- Neustria
- Austrasia
- Aquitania
- Burgundia
- Provenza

Pipino di Landen:
Pipino di Landen, all’inizio del VII secolo era maggiordomo (magister domus =
maestro di palazzo/primo ministro) dei re merovingi d’Austrasia. Affiancò nella
gestione dello stato l’ultimo effettivo sovrano merovingio, Dagoberto I, sostituendosi
a lui al momento della sua dipartita. Da questo momento, i merovingi vennero definiti
“re fannulloni”, poiché privi di qualsiasi potere effettivo. La potenza pipinide era
basata sulla terre in loro possesso, avute in dono dai re d’Austrasia come ricompensa
per i loro servigi.

Pipino di Héristal:
Nipote di Pipino di Landen, nel 687 ottenne la gestione congiunta di Neustria e
Austrasia.

Carlo Martello:
Figlio naturale di Pipino di Héristal, regnò de facto dal 737 al 741, nonostante fosse
re de iure il merovingio Childerico III. Carlo Martello è celebre grazie alla battaglia
di Poitiers (732), durante la quale mise in fuga gli Arabi di al-Andalus. Probabilmente
questa battaglia si trattò semplicemente del respingimento di una discreta armata di
razziatori, non l’annientamento totale di una forza di invasione. In ogni caso, a
seguito di questa battaglia, i musulmani ci penseranno due volte prima di oltrepassare
di nuovo i Pirenei.

Pipino il Breve:
Depose, nel 751, Childerico III, venendo incoronato unico re dei Franchi. Affermò
che l’autorità reale discendeva da Dio e si attribuì il titolo di patrizio romano, fino ad
allora conferito solo all’imperatore romano, l’unico a poter nominare patrizio qualcun
altro (come l’esarca, ad esempio). Pipino divenne protettore ufficiale del papa e della
cristianità.

Le ragioni del successo:


Il punto di forza del nuovo esercito franco era la cavalleria, che utilizzava le staffe,
importate dagli Àvari. I cavalieri erano aristocratici legati al sovrano da un patto di
fedeltà (vassallaggio, vedi sotto). Per poter permettere loro gli equipaggiamenti
preziosi di cui necessitavano, i re pipinidi assegnarono ai propri vassalli delle terre.
Inoltre, all’affermazione dei Franchi fu molto utile il cristianesimo: i Franchi (vedasi
Clodoveo) erano stati gli unici barbari a convertirsi direttamente al credo niceano, che
li rese quindi più affidabili agli occhi del vescovo di Roma.
Vassallaggio:
Rapporto che legava un vassallo al proprio signore. In cambio di un giuramento di
fedeltà e dell’impegno del vassallo in alcuni servizi, il signore gli concedeva terreni,
privilegi e protezione.

Sistema feudale/vassallatico beneficiario:


Data la grande quantità di territori e la carenza di grandi sovrani affiancati da una
buona burocrazia, si andò incontro ad un brutale decentramento amministrativo. Le
terre concesse ai vassalli inizialmente erano temporanee.

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