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Flavio Teodosio, imperatore dei Romani dal 379 al 395, morì nel gennaio del suo
16esimo anno di regno. Sul letto di morte, confermò la nuova suddivisione dello
Stato Romano: l’Oriente, con capitale Costantinopoli (Nuova Roma) sarebbe stato
governato dal primogenito Arcadio, mentre l’Occidente (con capitale Milano) sarebbe
stato governato da Onorio. In più i due fratelli, particolarmente imbelli, avrebbero
dovuto essere “supervisionati” nel loro operato da Flavio Stilicone, magister militum
utriusque militiae di padre vandalico e di madre romana, quindi, dato che il padre era
da tempo integrato nel sistema romano, il perfetto esempio di come la macchina
“mangia-profughi” dell’Impero potesse funzionare bene, se si esclude il disastro del
376.
VANDALI
I Vandali dilagarono in Gallia e Hispania dal 406 al 429. Dal 429 al 439 i Vandali di
Genserico invasero e si stabilirono in Africa. L’Impero d’Occidente venne privato
della sua provincia più ricca. Genserico saccheggiò Roma alla morte di Valentiniano
III nel 455. Anche stavolta la popolazione venne risparmiata (grazie al vescovo di
Roma).
476: Oreste e Genserico (ancora vivo) stipularono una pace. Sono riconosciute le
conquiste vandaliche (indirettamente anche il loro regno).
UNNI
Originari della Mongolia, gli Unni furono coloro che misero in crisi la nascente
civiltà gota e, di conseguenza, causarono l’ondata migratoria di Goti all’interno
dell’Impero, che si concluse solo dopo 42 anni (376 – 418). Assoggettando tutti i
popoli sulla loro strada (quindi anche i Goti rimasti al di là del Danubio, coloro che
diventeranno gli Ostrogoti), gli Unni si scagliarono inizialmente sulla Parte Orientale.
Attila, tuttavia, decise di rivolgere le proprie attenzioni all’Occidente, dove, nel
frattempo la situazione era molto cambiata: Onorio era morto di edema nel 423. Al
suo posto era salito al potere il figlio di Flavio Costanzo (il co-augusto durante il 421
con il nome di Costanzo III) e di Galla Placidia (restituita dai Visigoti), ovvero
Valentiniano III. Suo magister militum era un uomo un tempo inviato come ostaggio
da Alarico, Flavio Ezio.
Ezio, di estrazione gallo-romana, aveva in passato già coinvolto gli Unni in problemi
della Parte Occidentale. Nel 451, Ezio e i Romani, assieme a numerosi alleati quali
Franchi, Alani, Visigoti e altri, sconfisse sonoramente Attila ai Campi Catalauni. Tra
gli alleati degli Unni spiccavano gli Ostrogoti, ovvero i Goti rimasti al di là del
Danubio, guidati dagli zii e dal padre di un certo Teodorico l’Amalo, che calerà in
Italia nel 488.
Durante la battaglia, militava dalla parte romana Teodorico dei Balti al comando dei
suoi Visigoti. Il Balta, proprio come re Théoden di Rohan ai Campi del Pelennor, perì
in battaglia schiacciato dal suo cavallo. Nel pieno della mattanza venne eletto suo
successore Éomer, nella realtà suo figlio Torismondo dei Balti.
Ritenendo, tuttavia, che la totale distruzione degli Unni avrebbe troppo rafforzato i
Visigoti, Ezio permise ad Attila di ritirarsi. Il Re degli Unni calò in Italia nel 452,
distruggendo Aquileia per poi tornarsene in Pannonia (convinto non dal vescovo di
Roma, ma da una pestilenza e dalle truppe orientali).
I profughi della città trovarono riparo in una serie di piccole isole in mezzo ad una
laguna poco distante dalle rovine ancora fumanti di Aquileia. La nuova città prese il
nome di Venetia.
Dopo la morte di Attila, gli Unni combatterono, nel 454, una grande battaglia presso
il fiume Nedao, durante la quale vennero sconfitti da una coalizione di loro ex-
vassalli. Con questa sconfitta, gli Unni smisero di rappresentare un problema, gli
Ostrogoti presero possesso della Pannonia e i Gepidi si insediarono in Dacia.
Regno ostrogoto
Teodorico degli Amali calò in Italia nel 488 e uccise a tradimento Odoacre nel 493,
dopo essere stato convinto da Zenone Isaurico, che non ne poteva più degli Ostrogoti.
Teodorico era nato, forse, nel 451, mentre i suoi zii e suo padre perdevano ai Campi
Catalauni. Dopo aver guerreggiato dapprima con Teodorico Strabone e poi, a seguito
del suo trapasso (anche letteralmente), direttamente con i Romani di Costantinopoli,
venne convinto da quest’ultimi a tentare la fortuna in Italia.
Teodorico, essendo stato prigioniero/ospite a Costantinopoli per ben 10 anni (il suo
“trasferimento” era tra le clausole della pace tra lo zio Valamiro e l’imperatore Leone
I il Trace), apprezzava e ammirava la cultura romana, tanto che, dopo essersi stabilito
a Ravenna, si atteggiò quasi da “augusto”.
Durante il suo lungo regno (493 – 526), l’Amalo coinvolse tutte le componenti sociali
ed etniche presenti in Italia, tanto da affiancare Romani e Ostrogoti nella gestione
dello stato. Elevò a stretti collaboratori personaggi come Severino Boezio (prefetto
urbano di Ravenna), Simmaco (suocero di Boezio e fine letterato) e Cassiodoro
(cancelliere reale e autore di una storia dei Goti, purtroppo perduta, scritta per
esaltare gli antenati di Teodorico – Cassiodoro sta a Teodorico come Virgilio sta ad
Ottaviano).
Oltre a questa storia, fonte (attendibilissima) per la Getica di Giordane, Cassiodoro
riassunse il diritto romano in chiave di territorialità della legge (Edictum Teodorici
regis). Il Senatore (come C. venne soprannominato) si ritirò successivamente in
Calabria, sua terra natìa, dove fondò una comunità monastica (il Vivarium), che
divenne un importantissimo centro di salvezza per testi antichi.
Pur essendo ariano, Teodorico mantenne buoni rapporti con la chiesa niceana. Buoni
rapporti che si incrinarono a seguito del concilio di Calcedonia, che condannò
definitivamente l’arianesimo come eresia.
L’unificazione tra Ostrogoti e Romani era in realtà solo apparente: le due comunità
conservavano le proprie consuetudini, la propria lingua, la propria legge, tanto che le
eventuali controversie miste venivano giudicate da un tribunale goto-romano.
L’aristocrazia romana continuò a dichiarare il proprio ossequio all’imperatore di
Costantinopoli.
I numerosissimi problemi dell’Italia tardoantica non potevano essere risolti
dall’operato di un singolo sovrano: in Oriente Giustino intraprese una politica
religiosa volta ad affermare il niceanesimo come unica religione, rafforzando così il
consenso verso il governo. Resosi conto della crescente tensione tra Ravenna e
Costantinopoli, Teodorico provò a cercare nuovi alleati, tuttavia fallendo nel suo
intento.
Il Re, timoroso di un complotto ordito ai suoi danni dai senatori alleati di
Costantinopoli, giunse a imprigionare, processare e giustiziare i suoi collaboratori
Simmaco e Boezio.
La fine di questi due fini personaggi rappresentò il fallimento della politica di
tolleranza tra Ostrogoti e Romani.
Teodorico morì nel 526, Giustino nel 527. I loro successori (Teodato, Vitige, Totila e
Teia da una parte, Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano dall’altra) sarebbero presto
venuti alle mani.
ALTRI POPOLI
Slavi: non si sa cosa voglia dire; si trovano in 3 regioni:
- Balcani: Serbi e Croati
- Europa Centrale: Polacchi, Boemi, Slovacchi
- Europa Orientale: russofoni
Bulgari: popolo delle steppe, assorbito dagli Àvari e divenuto uno stato a parte dopo
la caduta di quest’ultimi. Conquistati da Basilio II prima e dai Turchi poi.
Dinastie in Persia:
- Achemenidi (550 – 330 a.C.)
- Seleucidi (312 – 64 a.C.)
- Arsacidi (o Parti, 247 a.C. – 228 d.C.)
- Sasanidi (224 – 651 d.C.)
Frammentazione politica:
Con i Longobardi ha termine l’unità politica italiana: la Penisola si divide tra barbari
e Romani, ai quali poi si aggiungono, con il dovuto tempo, anche lo Stato Pontificio e
Venezia.
Langobardia Maior: Italia Settentrionale, conquistata dai Franchi nel 774
Langobardia Minor: Italia Meridionale, soppiantata dai Normanni nel 1076
Romània: territorio controllato dai Romani intorno a Ravenna e Pentapoli (Rimini,
Pesaro, Senigallia, Ancona e Fano – questa è solo la Pentapoli marittima, c’è anche
quella annonaria/montana)
Campanilismo: tendenza italiana ad amare il proprio campanile (comune),
disinteressandosi dei campanili altrui.
Conquista dell’Italia:
Motivo: alleati degli Àvari, con i quali avevano da poco soppresso i Gepidi (in
Dacia), i Longobardi erano ora spaventati dalla crescente potenza dei loro vicini.
Attratti anche dalla ricchezza della Penisola (alcuni L. vi avevano combattuto durante
la Guerra gotica), Alboino e il suo popolo oltrepassarono le Alpi Giulie e calarono in
Italia.
I Romani si comportarono come durante la guerra contro i Tervingi di Fritigerno
(quello che aveva vinto ad Adrianopoli), ovvero si rinchiusero nella città, sperando in
una riscossa futura (non arriverà). Alla fine rimasero in mani imperiali solo i territori
tra Ravenna e Roma, oltre che Calabria, Puglia e isole.
Al nord, nella Lang. Maior, sorgevano Milano e Pavia (ordinatamente capitali del
Regno l.), mentre a sud, nella Lang. Minor, si trovavano i ducati di Spoleto e
Benevento.
Organizzazione sociale:
- Re longobardo: sia dinastico sia un duca eletto (gaithinx – assemblea delle
lance), o che aveva acquisito il diritto alla corona sposando la vedova del re
precedente;
- Duchi: capi delle fare (sottoinsiemi del popolo longobardo, da un verbo
tedesco che significa “spostarsi”) obbediscono al re fino ad un certo punto;
- Centenari e decani: controllavano unità minori e piccoli villaggi (sottoposti dei
duchi);
- Arimanni: combattenti, di conseguenza godevano di privilegi giuridici e
dell’intoccabilità;
- Aldii: semiliberi non combattenti;
- Servi: schiavi; prestavano il lavoro coatto (corvées);
- Esercitali: componente dell’esercito di origine italica con ruoli marginali.
Curtes e integrazione:
Complessi dove si stanziarono i Longobardi, che preferivano luoghi distinti da quelli
abitati dagli Italici e possibilmente rurali (es: Fara Novarese). Erano composti da una
dimora signorile, da edifici per servi e animali, depositi di attrezzi e derrate, … .
Essendo la loro società semplice e basata sulla forza armata, i L. non necessitarono di
mantenere in vita la vecchia burocrazia romana.
Da Autari e Agilulfo in poi, i Longobardi si convertirono al niceanesimo. Nell’VIII i
Longobardi erano tutti cattolici, si diedero leggi scritte e smisero di parlare la propria
lingua d’origine (entrarono a far parte del “volgare”, ormai ben diverso dal latino,
parole longobarde1)
Editto di Rotari: nel 643 il Re longobardo emanò una raccolta di leggi scritte
(consuetudini, usi giuridici, civili e penali), che costituirono un momento
fondamentale per l’integrazione tra Italici e Longobardi. Infatti l’Editto, scritto in
latino, testimonio la consuetudine romana della territorialità del diritto, secondo la
quale tutti coloro che si trovavano in un determinato luogo, dovevano seguire le
determinate leggi.
I rapporti tra eguali erano regolati dalla faida, ovvero la vendetta di un torto subìto
mediante la rivalsa della famiglia dell’offeso. Rotari tentò di porre freno a questa
pratica stabilendo che, al posto di vendicarsi, bisognava pagare un risarcimento in
denaro (il wergild – guidrigildo), prestabilito in base alla condizione sociale, al luogo
d’origine e al lavoro di ciascun uomo.
Il denaro finiva nelle mani del danneggiato e nelle casse del re (ogni crimine era un
pericolo per la pace pubblica).
Vennero istituiti i gastaldi, funzionari civili che rappresentavano l’autorità centrale
nelle province, riscuotevano tasse agli Italici e amministravano la giustizia.
1
Sono longobarde le parole: guerra, zuffa, faida, tregua, trappola, spranga – non era una società di filosofi quella dei
Longobardi, no, ecco. Verbi di origine longobarda: spaccare, arraffare, scherzare, strofinare, tuffare, russare – non era
una società di filosofi… . Parti del corpo: guancia, schiena, nocche, stinchi, ciuffo, zazzera – non era una società di
filosofi evidentemente. Cit. Alessandro
Barbero
fiscali a vescovi e abati. Nel 728, Liutprando concesse a papa Zaccaria terre e castelli
(donazione di Sutri – prima donazione ufficiale di terre alla Chiesa e nucleo del
Patrimonio di San Pietro). Questi compromessi erano puntati ad evitare contrasti con
Costantinopoli tramite la legittimazione dei ducati longobardi. Per lo stesso motivo, i
L. incoraggiarono la diffusione capillare di monasteri.
Gregorio Magno:
Da papa, dovette farsi carico della difesa di Roma contro i Longobardi, finendo per
assumere anche un ruolo politico. Questo atteggiamento venne mantenuto anche dai
suoi successori, avvantaggiati anche dalla lontananza dell’augusto. Ciò non avvenne
a Costantinopoli, dove il patriarca di Costantinopoli era fortemente soggetto
all’autorità imperiale.
MONACHESIMO
I monaci furono fondamentali per la cristianizzazione della campagne. Questi erano
religiosi laici, non sacerdoti, che si ritiravano volontariamente dalle città per dedicarsi
alla preghiera e alla penitenza.
La nascita del monachesimo è attribuita all’egiziano Antonio (III – IV secolo), che
scelse di vivere nel deserto. I monaci che fecero come lui si definiscono anacoreti o
eremiti, altri, più estremi, che scelsero di vivere su delle colonne sono definiti
“stiliti”.
La vita delle comunità monastiche era ferrea, silenziosa e regolata dall’abate. L’intera
vita del monaco era dedicata alla preghiera e alla riflessione religiosa. I monaci
assunsero agli occhi dei contemporanei prestigio e autorevolezza, fornendo fede e
carità a tutti i fedeli.
Ordine benedettino:
Benedetto da Norcia (V – VI secolo) si dedicò alla preghiera e alla contemplazione
rifugiandosi nel Sacro Speco di Subiaco. Fondò il monastero di Montecassino nel
529.
La vita nelle comunità benedettine era basata su un egualitarismo sociale ed era
regolata dalla Regola (motto: ora et labora – prega e lavora).
La giornata del monaco benedettino era divisa in:
- Sveglia
- Mattutino
- Lodi
- Prima
- Capitolo
- Lavoro manuale
- Terza
- Messa
- Sesta
- Pranzo
- Nona
- Vespri
- Cena
- Collatio
Grazie a questa ripartizione, si evitarono gli eccessi del monachesimo orientale.
I benedettini osservavano i voti di:
- Povertà
- Castità
- Carità
- Obbedienza
- Stabilità
ARABIA FELIX
Felix ha 2 significati: fertile (Yemen – Regno di Saba biblico) e felice, per la presenza
di minerali, pietre preziose e spezie. L’Arabia è da sempre l’incrocio di reti
commerciali tra Asia e Africa.
In Giordania prosperò il Regno dei Nabatei, con capitale Petra, mentre nel deserto tra
Giudea e Mesopotamia Ghassanidi e Lakhmidi erano alle dipendenze,
rispettivamente, di Romani e Sasanidi.
Nella parte meridionale dell’Arabia si trovavano piccoli regni, mentre nei territori
centrali della penisola vivevano i beduini (abitanti della steppa), guerrieri nomadi
riunti in tribù (spesso arruolati come ausiliari dai Romani).
La tribù/clan era guidata dallo sceicco, affiancato da un raìs, e rispondeva
collettivamente delle azioni dei singoli membri.
I beduini erano politeisti. Tra le tante divinità ce n’era una principale: Allah, il dio
create e custode della fede.
Le città principali erano La Mecca e Medina. La prima era importante sia per il
commercio sia per la religione, dato che vi si trovava la Ka’ba, un edificio cubico
all’interno del quale era custodito una pietra nera (meteorite), scagliato sulla Terra
dagli dei e divenuto nero (inizialmente era bianco) per via dei peccati degli uomini.
MAOMETTO
Nato alla Mecca intorno al 570 dalla tribù dei Quraysh, Maometto sposò una vedova
agiata e intraprese la carriera commerciale, venendo a contatto con ebraismo e
cristianesimo. Nel 610, mentre dormiva in una grotta durante il ramadan (nono mese
del calendario lunare arabo), sognò la visita dell’arcangelo Gabriele, che si rivolse a
lui come profeta di Allah, esortandolo ad annunciare agli uomini “che non esiste altro
Dio all’infuori di Allah e Maometto è il suo Profeta”.
Maometto cominciò a predicare alla Mecca, raccogliendo fedeli ma attirandosi le
antipatie dei mercanti. Nel 622 Maometto ed i suoi seguaci furono cacciati e costretti
a rifugiarsi a Medina (ègira – inizio del calendario islamico).
Maometto, portata dalla sua parte Medina, prese La Mecca e ne distrusse gli idoli
pagani, risparmiando solo la Ka’ba. Negli anni seguenti, non riuscendo a convertire
all’islam cristiani ed ebrei, il Profeta ideò una “tassa per il disturbo”, grazie alla quale
il rapporto con le altre religioni fu reso pacifico.
CORANO
Analogie con ebraismo e cristianesimo: origine comune, unicità della divinità,
presenza di figure sacre, vita terrena vista come un passaggio e giudizio divino post-
mortem.
Mosè, Gesù e Maometto erano tutti profeti, ma Maometto erano meglio perché gli
Ebrei si erano montati la testa con la storia del popolo eletto e i cristiani si erano
fraintesi da soli e continuavano a perdersi in inutili dispute teologiche. Maometto
proponeva una religione.3, fatta per correggere le rivelazioni degli altri monoteismi.
La creazione di Maometto fu, oltre che religiosa, anche sociale. Il libro sacro, il
Corano, non fu redatto dal Profeta, bensì da dei suoi credenti nel IX secolo (qu’ran
significa “recitazione”, quindi l’islam era inizialmente orale).
Concetti fondamentali:
- Allah è onnisciente, onnipotente e giusto;
- I fedeli devono pregare;
- Se i fedeli mostreranno solidarietà e fratellanza, otterranno un premio finale.
I 5 pilastri:
- Allah è l’unico Dio e Maometto è il suo profeta;
- Fare 5 preghiere al giorno rivolti verso La Mecca;
- Fare l’elemosina alla comunità;
- Digiunare e astenersi da fumo, bevande e rapporti sessuali dall’alba al
tramonto durante il ramadan;
- Andare alla Mecca in pellegrinaggio almeno una volta nella vita.
Nell’islam non esiste il sacerdozio: chiunque può essere imam, a patto che abbia
conoscenze e prestigio sufficienti.
Pipino di Landen:
Pipino di Landen, all’inizio del VII secolo era maggiordomo (magister domus =
maestro di palazzo/primo ministro) dei re merovingi d’Austrasia. Affiancò nella
gestione dello stato l’ultimo effettivo sovrano merovingio, Dagoberto I, sostituendosi
a lui al momento della sua dipartita. Da questo momento, i merovingi vennero definiti
“re fannulloni”, poiché privi di qualsiasi potere effettivo. La potenza pipinide era
basata sulla terre in loro possesso, avute in dono dai re d’Austrasia come ricompensa
per i loro servigi.
Pipino di Héristal:
Nipote di Pipino di Landen, nel 687 ottenne la gestione congiunta di Neustria e
Austrasia.
Carlo Martello:
Figlio naturale di Pipino di Héristal, regnò de facto dal 737 al 741, nonostante fosse
re de iure il merovingio Childerico III. Carlo Martello è celebre grazie alla battaglia
di Poitiers (732), durante la quale mise in fuga gli Arabi di al-Andalus. Probabilmente
questa battaglia si trattò semplicemente del respingimento di una discreta armata di
razziatori, non l’annientamento totale di una forza di invasione. In ogni caso, a
seguito di questa battaglia, i musulmani ci penseranno due volte prima di oltrepassare
di nuovo i Pirenei.
Pipino il Breve:
Depose, nel 751, Childerico III, venendo incoronato unico re dei Franchi. Affermò
che l’autorità reale discendeva da Dio e si attribuì il titolo di patrizio romano, fino ad
allora conferito solo all’imperatore romano, l’unico a poter nominare patrizio qualcun
altro (come l’esarca, ad esempio). Pipino divenne protettore ufficiale del papa e della
cristianità.