Filita di Cos

Antologia: fr. 10 Powell

Ου με τις εξ ορεων αποφωλιος αγροιωτης

Αιρησει κληθρην, αιρομενος μακελην
Αλλ’επεων ειδως κόσμον και πολλά μογησας
Μύθων παντοιων οιμον επισταμενος.

Con la sua zappa villano ignorante

Non prenderà dai monti me, legno d’ontano;
Ma solo un tale che della parola conosce l’arte,
E dopo molte pene conosce
Il cammino dei racconti di ogni tipo.

In questo frammento di Filita di Cos, il compito di definire i tratti del poeta è affidato a un interlocutore
non ben precisato, che fa riferimento a sé stesso con un pronome personale (με) e con il sostantivo che
designa l’ontano (κληθρη).

Critica: In realtà questo, dice Giovanni Cerri, non è un frammento, ma un epigramma compiuto. La
fonte che lo tramanda, Stobeo, lo intitola παιγνιον, ossia “scherzo”, derivi o meno da una raccolta di
παιγνια composti da Filita.
Per molti anni la critica ha tentato di dare una spiegazione puntuale del secondo distico in particolare,
non riuscendoci.
Giovanni Cerri fa una attenta analisi sul termine κληθρη/κληθρα: in tutta la poesia greca antica
infatti il termine è stato usato pochissime volte, due delle quali nel libro V dell’Odissea, elencando gli
alberi che crescono sull’isola di Calipso, sebbene fosse un albero molto diffuso e conosciuto, tant’è che
anche nel greco moderno si conserva questo termine.
Filita, secondo l’interpretazione di Cerri, si rende conto di questa differenza con gli altri alberi
nominati nell’Odissea, che invece vengono spesso ripresi nella narrazione, e mentre tutti gli altri
alberi cadono prima o poi sotto i colpi di gente di bassa estrazione sociale come artigiani o
manovali, l’ontano è il solo ad esser stato tagliato per mano di un grande eroe, Ulisse.
Chi parla è proprio l’ontano, e chi può essere questo ‘tale’ se non Ulisse? È lui che affronta molte
avventure e grazie ad esse è narratore di tantissime storie.

Fonti:
Manuale di Letteratura Greca, ‘Erga Muséon’ ;
Articolo pubblicato su Quad. Urb. 109, 2005, pp. 133-139.