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CESARE LETTA
(Università di Pisa)
* Dedico con commozione queste pagine che sfiorano argomenti linguistici alla memoria di
Edoardo Vineis, come piccolo, simbolico contraccambio per i tesori di sapienza e di umanità che
seppe darmi nel corso di un’amicizia nata quarantacinque anni fa, quando insieme approdammo a
Pisa, giovanissimi allievi della Scuola Normale. In memoria aeterna erit iustus: ab auditione mala non
timebit (Ps. 111, 7).
1 Letta (1984; 2008).
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tra Latinum Turnumque pugnasse, in quo proelio periit Latinus; Turnum postea
ad Mezentium confugisse eiusque fretum auxilio bella renovasse, quibus Aeneas
Turnusque pariter rapti sunt; migrasse postea in Ascanium et Mezentium bella, sed
eos singulari certamine dimicasse, et occiso Mezentio Ascanium Iulum coeptum vo-
cari, a prima barbae lanugine quae ei tempore victoriae nascebatur.
SERV. AUCT., Aen., I, 2672: CVI NOMEN IVLO ADDITVR. Liceat superius histo-
ria narrata sit [Serv., Aen., I, 259], tamen etiam secundum Catonem historiae hoc
habet fides: Aeneam cum patre ad Italiam venisse et propter invasos agros contra
Latinum Turnumque pugnasse, in quo proelio periit Latinus; Turnum postea ad
Mezentium confugisse eiusque fretum auxilio bella renovasse, quibus Aeneas Tur-
nusque pariter rapti sunt; migrasse postea in Ascanium et Mezentium bella, sed eos
singulari certamine dimicasse, et occiso Mezentio Ascanium, sicut L. Caesar scribit,
Iulum coeptum vocari, vel quasi ijovbolon, id est sagittandi peritum, vel a prima bar-
bae lanugine, quam i[oulon Graeci dicunt, quae ei tempore victoriae nascebatur.
ORIGO GENTIS ROMANAE, 15,5: Igitur Latini Ascanium ob insignem virtutem
non solum Iove ortum crediderunt, sed etiam per diminutionem declinato paulu-
lum nomine Iolum, deinde Iulum appellarunt; a quo Iulia familia manavit, ut scri-
bunt Caesar libro secundo et Cato in Originibus.
In tutti e tre i passi si cita Catone, ma gli editori delle Origines hanno
valutato in modo diverso la loro utilizzabilità nella ricostruzione del testo
catoniano3. Generalmente, a partire da Jordan, è stato accolto come
frammento catoniano il passo di Servio (fr. 9 P. = 9 Schr.; I, 9 Ch.; I, 12 a
C.), relegando in apparato quello del Servio Danielino, mentre il passo
dell’Origo è stato escluso da Jordan e Peter e accolto da Schröder, Chassi-
gnet e Cugusi (fr. 9 e Schr. = I, 9 b Ch.; I, 12 b C.).
In effetti credo che sia pienamente condivisibile la decisione di esclu-
dere il Servio Danielino, le cui aggiunte possono ragionevolmente consi-
derarsi basate su Lucio Cesare, non nominato da Servio, anziché su Cato-
ne, mentre non mi pare giustificata l’esclusione della testimonianza del-
l’Origo, che cita insieme Catone e Lucio Cesare per notizie in parte diver-
se da quelle fornite da Servio e dal Servio Danielino.
Il problema di fondo resta dunque quello di distinguere ciò che può
attribuirsi a Catone e ciò che invece risale a Lucio Cesare, console nel 64
a.C. e membro del collegio degli auguri4.
2 Per comodità del lettore ho evidenziato in neretto le aggiunte del Servio Danielino rispetto
al testo di Servio.
3 Per le edizioni dei frammenti di Catone basti qui il rimando a Iordan (1860); Peter (1914);
Schröder (1971); Chassignet (1986); Cugusi e Sblendorio Cugusi (2001).
4 Autore di Libri auspiciorum o Auguralia secondo MACROB., sat., I, 16, 29 e III, 13, 11
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(cfr. PRISC., gramm., II, 270), di Pontificalia secondo Or.g.Rom., 9, 6. Cfr. F. Münzer, in RE, X.1
(1918), cc. 468-471, s.v. Iulius, nr. 143; Bickel, (1957).
5 Puccioni (1958, in partic. pp. 239-243).
6 Baehrens (1887).
7 Schröder (1971: 123-124); D’Anna (1976: 100-103).
8 Richard (1983, in partic. pp. 117-119 ); Chassignet (1986: 59).
9 Bandiera (1986, in partic. pp. 36-41; per una rassegna delle altre posizioni v. pp. 39-40); cfr.
IORDAN (1860: XXIX-XXX); Stok (2004, in partic. pp. 145-148).
10 Su questo modo di lavorare dei due, v. soprattutto Stok (2004: 114 s.).
11 Cfr. PLIN., n.h., XVI, 120. Per l’uso di prestiti e calchi dal greco nel lessico tecnico del De
agri cultura catoniano v. Boscherini (1970, soprattutto pp. 62 s., 93 ss.).
12 V. ad esempio Richard (1983 : 119), secondo il quale «le choix par Caton d’une étymologie
grecque est moins surprenant qu’il n’y paraît», visto che «ses Origines faisaient une large place aux
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légendes grecques». In realtà credo di aver dimostrato che nelle Origines la preoccupazione costan-
te di Catone è di ridimensionare e se possibile negare il ruolo dell’elemento greco nelle origini del-
l’unità romano-italica fondata sui mores dei Sabini (v. supra, nota 1) che si propone di esaltare nella
sua opera.
13 Così ad esempio Schröder (1971: 124); D’Anna (1976: 102); Richard (1983: 118); Bandiera
(1986: 40); Stok (2004: 147).
14 NEP., Cat., 3, 4; cfr. PLIN., n.h., VIII, 5; v. soprattutto Gotter (2003, in partic, pp. 117 ss. e
124, in cui si sottolinea che Catone rifiuta una visione della storia romana come gesta di singoli e di
gentes, e ad essa contrappone la sua, che lega le gesta a tutto il populus come un blocco compatto
(populi Romani gesta discribere)).
15 Per questo non convince la posizione di quanti ritengono che Catone e L. Cesare siano citati
dall’autore dell’Origo solo per la seconda notizia (a quo Iulia familia manavit) e non per l’etimologia:
v. Behrens (1917: 65); Momigliano (1958, in partic. p. 69, n. 56).
16 Sarebbe questa l’etimologia esatta secondo Ribezzo (1930: 74); Walde e Hoffmann (1965:
729); Ernout e Meillet, (1959-19604: 329); Richard (1983: 113-115) (e in PS. AUR. VICT., Les origines
du peuple romain, Paris 1983, p. 161); Bandiera (1986 : 37, n. 30). Si dimostra invece scettico Wein-
stock (1971: 9-10).
17 Per un’altra etimologia catoniana basata su un diminutivo v. fr. 34 P. (= 34 Schr.; II, 23 Ch.;
38 C.), sul nome dei Marrucini come de Marso detorsum nomen (cfr. Letta, in corso di stampa). Per
altri tipi di etimologie v. i frr. 11, 12, 14, 46, 50-51, 54, 59, 60 e 71 P.
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18 Così Schröder (1971: 124); D’Anna (1976: 102); Richard (1983: 113 s.).
19 Bandiera (1986: 40).
20 V. ad esempio Schröder (1970: 121 e 125); D’Anna (1976: 102 s.); Richard (1983: 117 s.).
21 È quanto riconosce anche Bandiera (1986: 40): «In ogni caso non sarebbe potuto sfuggire a
Catone che l’appellativo “Iulo” di Ascanio implicava il problema dei suoi rapporti onomastici con la
gens Iulia comunque già attiva e presente nella sua epoca».
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6. In effetti, già molto prima della celebre laudatio funebris della zia
Giulia (67 a.C.) in cui Cesare rivendicò la propria discendenza da
Venere23, e prima dell’opera di L. Cesare citata dal Servio Danielino e
dall’Origo, la genealogia eneadica dei Giulii appare proclamata da un de-
narius di Sex. Iulius Caesar coniato intorno al 130 a.C. con l’immagine di
Venere24 e dall’ara dei genteiles Iuliei eretta a Boville verso la fine del II
sec. a.C.25 Quest’ultima, tra l’altro, con l’indicazione leege Albana dicata
fa intendere che tramite Iulo i Giulii affermavano di discendere non solo
da Enea e Venere, ma anche dai re albani, evidentemente considerati di-
scendenti di Iulo, anticipando in questo la rivendicazione di Cesare, che a
22 Cfr. Weinstock (1970: 9-11); Richard (1983: 113-115) (e in Les origines du peuple romain,
1983, p. 161). Per Veiovis come Iuppiter iuvenis cfr. OV., fast., III, 437 e 447 s.
23 SUET., Iul., 6, 1.
24 Sydenham (1952: 56, nr. 476 (c. 155-120 a.C.)); Crawford (1974: 284, nr. 258 (129 a.C.)). Lo
stesso tipo sarà ripreso una generazione dopo dal padre del L. Cesare console nel 64 a.C. (Sydenham,
cit., p. 82, nr. 593, con datazione c. 94 a.C.; Crawford, cit., p. 325, nr. 320, con datazione al 103 a.C.);
cfr. Richard (1983: 118 e n. 37).
25 CIL, XIV, 2387 (= I2, 1439; ILS, 2988; ILLRP, 270). Rilevo inoltre che nei fasti consulares
sono registrati diversi Iulii con cognomen Iul(l)us: nel 489, 482 e 473 a.C. per dei consoli, nel 451
per un decemviro, nel 438, 424, 408, 403, 401 e 388 per dei tribuni militari (Inscr. It., XIII, 1, Ro-
ma 1947, pp. 25, 27, 29, 89, 96; F. Münzer, in RE, X.1, 1918, c. 654, s.v. Iulius, nr. 293; cc. 654 s.,
nr. 294; c. 656, nr. 301; c. 655, nr. 296; c. 656, nr. 300; c. 655, nn. 295 e 297; cc. 655 s., nn. 298 e
299). Sembra evidente che il loro cognomen sia legato alla pretesa discendenza da Iulo; anche sup-
ponendo che si tratti di falsificazioni, siamo comunque rinviati sicuramente a un’epoca ben ante-
riore al I sec. a.C.
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7. Se dunque Catone parlava di Iulo, ma non del suo legame coi Giulii,
sebbene non potesse ignorare le loro pretese già da tempo proclamate, si
26 C.D., XLIII, 43, 5 (45 a.C.; per il legame coi re albani cfr. anche Fest., p. 128, 4 ss. L., s.v.
calcei mulli); cfr. Weinstock (1971: 324).
27 Così Bandiera (1986: 40).
28 Un Sex. Iulius Caesar fu pretore nel 208 a.C. (cfr. F. Münzer, in RE, X.1, 1918, c. 475, s.v. Iu-
lius, nr. 147); Sex. Iulius Sex.f. L. n. Caesar fu console nel 157 a.C. (RE, cit., cc. 475 s., nr. 148/149;
Inscr. It., XIII, 1, p. 123); L. Iulius L.f. Libo lo era stato nel 267 (RE, cit., c. 662, nr. 318; Inscr. It.,
XIII, 1, p. 318).
29 Cfr. Wiseman (1974, in partic. p. 154). Non considera questo aspetto, perché si concentra
solo sulle opere de familiis Troianis di Varrone e Igino e sul loro supposto legame con la creazione di
nuovi patrizi da parte di Cesare e di Augusto, Toohey (1984).
30 Vitr., IV, 8, 4; Colini (1943).
31 Cfr. Kienast (1965); Schilling (19822: 233-266); Bitto (1977). Un importante riesame generale
del culto ericino è in uno studio di Beatrice Lietz di imminente pubblicazione.
32 Cfr. ad esempio Koch (1937: 65), secondo il quale la tradizione risalirebbe addirittura al V o
IV sec. a.C.
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deve riconoscere alla sua scelta un intento polemico, dettato dal proposito
di confutarle. Acquista così un significato più pieno il fatto che Catone,
unico tra le fonti antiche, si preoccupasse di sottolineare che i re albani non
discendevano da Ascanio-Iulo e che quest’ultimo era morto senza figli33.
Questa affermazione, fatta senza neppure nominare i Giulii, era sufficiente
a smontare tutte le loro pretese; se è vero che quando Catone scriveva la
tradizione della loro discendenza da Enea e dai re albani era già pienamen-
te formata e s’inseriva in tutta una rete di tradizioni analoghe, è impensabi-
le che l’affermazione di Catone sull’assenza di posterità per Ascanio-Iulo
fosse innocente34. Al contrario, essa è il segno di una coerente polemica
contro ogni forma di esaltazione gentilizia, colpevole agli occhi di Catone
di spostare l’accento dall’interesse generale del populus e della res publica a
quello delle singole gentes e dei singoli individui.
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICI
BAEHRENS, E. (1887): “Zur Origo gentis Romanae.”, Neues Jahrbuch für Philolo-
gie, 135: 769-782.
BEHRENS, H. VON (1917): Quaestiones de libello qui Origo gentis Romanae inscri-
bitur, Greifswald
BANDIERA, E. (1986): “La mitologia arcaica di Ascanio-Iulo.”, in Bianco, O.
(a cura di), Studi di filologia e letteratura, Lecce, pp. 15-61.
BICKEL, E. (1957): “Lucius Caesar cos. 64 in der Origo gentis Romanae.”, Rheini-
sches Museum, 100: 201-236.
BITTO, I. (1977): “Venus Erycina e Mens. Un momento della propaganda politica
romana durante la seconda guerra punica.”, ASM, ser. 3a, 28: 121-133.
33 SERV., Aen., VI, 760 (= CATO, Orig., fr. 11 P. = 11 Schr.; I, 11 Ch.; I, 14 C.): ...Cuius (scil.
Ascanii) Lavinia timens insidias gravida confugit ad silvas et latuit in casa pastoris Tyrrhi... et illic enixa
est Silvium. Sed cum Ascanius flagraret invidia, evocavit novercam et ei concessit Laurolavinium, sibi
vero Albam constituit. Qui quoniam sine liberis periit, Silvio, qui et ipse Ascanius dictus est, suum reli-
quit imperium... Postea Albani omnes reges Silvii dicti sunt ab huius nomine.
34 Non capisco quindi perché il Bandiera minimizzi la portata di questo fatto, che invece mi
pare decisivo; cfr. Bandiera (1986: 40): «Certamente Catone non avrebbe mai potuto risolvere il pro-
blema con la semplice e pura affermazione... che Ascanio non ebbe discendenza diretta»; p. 45:
«Non poteva... esistere..., al tempo di Catone, una corrente... che si opponesse ad una eventuale pro-
paganda giuliana e negasse discendenza ad Ascanio». Forse rendendosi conto di non addurre argo-
menti a sostegno di queste affermazioni, il Bandiera preferisce eliminare il problema mettendo radi-
calmente in dubbio anche la testimonianza di SERV., Aen., VI, 760 citata alla nota precedente (cfr.
Bandiera, 1986, pp. 41-47), e concludendo (p. 45) che «la notizia della morte di Ascanio “senza figli”
potrebbe... risalire alla propaganda antigiuliana, forse agli inizi del I sec. a.C.».
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