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IL NOME DI IULO E LE SUE ETIMOLOGIE IN CATONE*

CESARE LETTA
(Università di Pisa)

1. Tra i molti punti controversi della narrazione catoniana sulle origini


di Roma, uno dei più dibattuti riguarda la figura di Ascanio, il suo nome
e il suo rapporto con Enea, con Lavinia, coi re albani e con la gens Iulia.
La formulazione ambigua delle fonti di cui disponiamo, che legano in
modo non chiaro una serie di affermazioni a due autori diversi anziché al
solo Catone, ha fatto sì che le valutazioni degli studiosi oscillassero in mo-
do vistoso: c’è chi ha attribuito in blocco a Catone tutte le affermazioni di
quelle fonti, chi in blocco glie le ha negate e chi invece ha scelto di attri-
buirgli ora questa ora quella, per cui si può dire che sia stata esplorata
tutta la gamma delle combinazioni possibili, nessuna delle quali, però,
suffragata da argomentazioni pienamente convincenti.
Nonostante questi precedenti poco incoraggianti, vorrei riprendere in
mano il dossier, perché ritengo che un esame non prevenuto dei testi con-
senta delle conclusioni precise e ragionevolmente fondate. Inoltre, chiari-
re la posizione di Catone su questo argomento significherebbe dare un
ulteriore contributo alla ricostruzione dell’ideologia delle Origines, che
ho cercato di avviare da tempo e su cui sono tornato di recente studiando
il ruolo che Catone assegnava all’elemento greco nelle origini di Roma e
delle popolazioni italiche1.

2. Ripartiamo dunque dalle tre testimonianze di cui disponiamo: il


commento di Servio ad Aen., I, 267, quello del Servio Danielino allo stes-
so verso e un passo dell’Origo gentis Romanae (15, 5).
SERV., Aen., I, 267: CVI NOMEN IVLO ADDITVR. Secundum Catonem historiae
hoc habet fides: Aeneam cum patre ad Italiam venisse et propter invasos agros con-

* Dedico con commozione queste pagine che sfiorano argomenti linguistici alla memoria di
Edoardo Vineis, come piccolo, simbolico contraccambio per i tesori di sapienza e di umanità che
seppe darmi nel corso di un’amicizia nata quarantacinque anni fa, quando insieme approdammo a
Pisa, giovanissimi allievi della Scuola Normale. In memoria aeterna erit iustus: ab auditione mala non
timebit (Ps. 111, 7).
1 Letta (1984; 2008).
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tra Latinum Turnumque pugnasse, in quo proelio periit Latinus; Turnum postea
ad Mezentium confugisse eiusque fretum auxilio bella renovasse, quibus Aeneas
Turnusque pariter rapti sunt; migrasse postea in Ascanium et Mezentium bella, sed
eos singulari certamine dimicasse, et occiso Mezentio Ascanium Iulum coeptum vo-
cari, a prima barbae lanugine quae ei tempore victoriae nascebatur.
SERV. AUCT., Aen., I, 2672: CVI NOMEN IVLO ADDITVR. Liceat superius histo-
ria narrata sit [Serv., Aen., I, 259], tamen etiam secundum Catonem historiae hoc
habet fides: Aeneam cum patre ad Italiam venisse et propter invasos agros contra
Latinum Turnumque pugnasse, in quo proelio periit Latinus; Turnum postea ad
Mezentium confugisse eiusque fretum auxilio bella renovasse, quibus Aeneas Tur-
nusque pariter rapti sunt; migrasse postea in Ascanium et Mezentium bella, sed eos
singulari certamine dimicasse, et occiso Mezentio Ascanium, sicut L. Caesar scribit,
Iulum coeptum vocari, vel quasi ijovbolon, id est sagittandi peritum, vel a prima bar-
bae lanugine, quam i[oulon Graeci dicunt, quae ei tempore victoriae nascebatur.
ORIGO GENTIS ROMANAE, 15,5: Igitur Latini Ascanium ob insignem virtutem
non solum Iove ortum crediderunt, sed etiam per diminutionem declinato paulu-
lum nomine Iolum, deinde Iulum appellarunt; a quo Iulia familia manavit, ut scri-
bunt Caesar libro secundo et Cato in Originibus.

In tutti e tre i passi si cita Catone, ma gli editori delle Origines hanno
valutato in modo diverso la loro utilizzabilità nella ricostruzione del testo
catoniano3. Generalmente, a partire da Jordan, è stato accolto come
frammento catoniano il passo di Servio (fr. 9 P. = 9 Schr.; I, 9 Ch.; I, 12 a
C.), relegando in apparato quello del Servio Danielino, mentre il passo
dell’Origo è stato escluso da Jordan e Peter e accolto da Schröder, Chassi-
gnet e Cugusi (fr. 9 e Schr. = I, 9 b Ch.; I, 12 b C.).
In effetti credo che sia pienamente condivisibile la decisione di esclu-
dere il Servio Danielino, le cui aggiunte possono ragionevolmente consi-
derarsi basate su Lucio Cesare, non nominato da Servio, anziché su Cato-
ne, mentre non mi pare giustificata l’esclusione della testimonianza del-
l’Origo, che cita insieme Catone e Lucio Cesare per notizie in parte diver-
se da quelle fornite da Servio e dal Servio Danielino.
Il problema di fondo resta dunque quello di distinguere ciò che può
attribuirsi a Catone e ciò che invece risale a Lucio Cesare, console nel 64
a.C. e membro del collegio degli auguri4.

2 Per comodità del lettore ho evidenziato in neretto le aggiunte del Servio Danielino rispetto
al testo di Servio.
3 Per le edizioni dei frammenti di Catone basti qui il rimando a Iordan (1860); Peter (1914);
Schröder (1971); Chassignet (1986); Cugusi e Sblendorio Cugusi (2001).
4 Autore di Libri auspiciorum o Auguralia secondo MACROB., sat., I, 16, 29 e III, 13, 11
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3. Come accennavo all’inizio, le risposte sono state le più disparate. Se-


condo G. Puccioni risalirebbero a Catone tutte e tre le etimologie ricava-
bili dalle nostre fonti5; secondo E. Baehrens solo quella dal nome di Gio-
ve presente nell’Origo6, secondo W.A. Schröder e G. D’Anna solo quella
a prima barbae lanugine7, secondo J.C. Richard e M. Chassignet solo
quella dal greco i[ouloı8, mentre E. Bandiera, seguito nella sostanza da F.
Stok, torna allo scetticismo radicale di Jordan e rifiuta la paternità cato-
niana di tutte9.
In realtà il confronto tra la testimonianza di Servio, che cita solo Cato-
ne, e quella del Servio Danielino, che insieme a Catone cita anche L. Ce-
sare, mostra con tutta evidenza che in Catone era presente l’etimologia a
prima barbae lanugine, ma non quella vel quasi ijob v olon, id est sagittandi
peritum, che è riportata dal solo Servio Danielino e quindi deve attribuir-
si esclusivamente a L. Cesare. Evidentemente Servio, nella sua scelta dei
materiali di cui disponeva, aveva selezionato solo quelli presenti nella
fonte per lui più autorevole, cioè in Catone, mentre il Danielino recuperò
anche le notizie risalenti a L. Cesare10.
A questo recupero potrebbe risalire anche il rimando al greco i[ouloı
(presente nel Servio Danielino, ma non in Servio), con cui viene illustrata
l’etimologia a prima barbae lanugine. Nella versione di Catone forse non
si faceva ricorso al greco, ma al termine latino (o almeno da lui avvertito
come latino) iulus, utilizzato nel lessico agricolo-botanico come sinonimo
di amentum: si paragonava cioè la morbida peluria della prima barba di
Ascanio-Iulo alle infiorescenze di piante familiari ai Romani come il noc-
ciolo o il salice11. Se così fosse, non ci sarebbe bisogno di trovare giustifi-
cazioni per il fatto che il Catone della continua polemica contro i Greci
ricorresse a un’etimologia greca per illustrare uno dei personaggi chiave
delle origini romane12.

(cfr. PRISC., gramm., II, 270), di Pontificalia secondo Or.g.Rom., 9, 6. Cfr. F. Münzer, in RE, X.1
(1918), cc. 468-471, s.v. Iulius, nr. 143; Bickel, (1957).
5 Puccioni (1958, in partic. pp. 239-243).
6 Baehrens (1887).
7 Schröder (1971: 123-124); D’Anna (1976: 100-103).
8 Richard (1983, in partic. pp. 117-119 ); Chassignet (1986: 59).
9 Bandiera (1986, in partic. pp. 36-41; per una rassegna delle altre posizioni v. pp. 39-40); cfr.
IORDAN (1860: XXIX-XXX); Stok (2004, in partic. pp. 145-148).
10 Su questo modo di lavorare dei due, v. soprattutto Stok (2004: 114 s.).
11 Cfr. PLIN., n.h., XVI, 120. Per l’uso di prestiti e calchi dal greco nel lessico tecnico del De
agri cultura catoniano v. Boscherini (1970, soprattutto pp. 62 s., 93 ss.).
12 V. ad esempio Richard (1983 : 119), secondo il quale «le choix par Caton d’une étymologie
grecque est moins surprenant qu’il n’y paraît», visto che «ses Origines faisaient une large place aux
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4. Se passiamo a considerare la testimonianza dell’Origo, vediamo che


essa cita Catone e (Lucio) Cesare come fonti per due distinte notizie:
1) Ascanio fu ridenominato Iulo dal nome di Giove; 2) da lui discende la
Iulia familia.
Penso anch’io che si debba escludere nel modo più categorico che Ca-
tone parlasse della discendenza dei Giulii da Ascanio, e quindi da Enea e
da Venere13: sarebbe uno strappo inconcepibile ai principî in base ai qua-
li duces non nominavit, sed sine nominibus res notavit14. Ma questo non
significa che si debba rifiutare la triplice testimonianza di Servio, del Ser-
vio Danielino e dell’Origo secondo cui già Catone diceva che Ascanio fu
ridenominato Iulo.
Al contrario, una volta ammesso che Catone non parlasse della genea-
logia dei Giulii, cioè della seconda notizia per la quale l’Origo lo cita co-
me fonte insieme a L. Cesare, bisogna necessariamente ammettere che
fornisse invece la prima notizia, quella relativa al nuovo nome di Ascanio:
se infatti nella sua opera non ci fosse stata traccia né dell’una né dell’altra,
l’autore dell’Origo non avrebbe potuto citarla15.
Questo significa anche che già Catone dava l’etimologia di Iulus come
diminutivo del nome di Giove (*Iouilos > Ioulus > Iulus)16, oltre all’eti-
mologia a prima barbae lanugine riferita da Servio. Del resto, l’etimologia
da Giove per diminutionem è di un tipo che sappiamo certamente prati-
cato da Catone, che come si è visto faceva un ampio uso di etimologie
nelle Origines17.

légendes grecques». In realtà credo di aver dimostrato che nelle Origines la preoccupazione costan-
te di Catone è di ridimensionare e se possibile negare il ruolo dell’elemento greco nelle origini del-
l’unità romano-italica fondata sui mores dei Sabini (v. supra, nota 1) che si propone di esaltare nella
sua opera.
13 Così ad esempio Schröder (1971: 124); D’Anna (1976: 102); Richard (1983: 118); Bandiera
(1986: 40); Stok (2004: 147).
14 NEP., Cat., 3, 4; cfr. PLIN., n.h., VIII, 5; v. soprattutto Gotter (2003, in partic, pp. 117 ss. e
124, in cui si sottolinea che Catone rifiuta una visione della storia romana come gesta di singoli e di
gentes, e ad essa contrappone la sua, che lega le gesta a tutto il populus come un blocco compatto
(populi Romani gesta discribere)).
15 Per questo non convince la posizione di quanti ritengono che Catone e L. Cesare siano citati
dall’autore dell’Origo solo per la seconda notizia (a quo Iulia familia manavit) e non per l’etimologia:
v. Behrens (1917: 65); Momigliano (1958, in partic. p. 69, n. 56).
16 Sarebbe questa l’etimologia esatta secondo Ribezzo (1930: 74); Walde e Hoffmann (1965:
729); Ernout e Meillet, (1959-19604: 329); Richard (1983: 113-115) (e in PS. AUR. VICT., Les origines
du peuple romain, Paris 1983, p. 161); Bandiera (1986 : 37, n. 30). Si dimostra invece scettico Wein-
stock (1971: 9-10).
17 Per un’altra etimologia catoniana basata su un diminutivo v. fr. 34 P. (= 34 Schr.; II, 23 Ch.;
38 C.), sul nome dei Marrucini come de Marso detorsum nomen (cfr. Letta, in corso di stampa). Per
altri tipi di etimologie v. i frr. 11, 12, 14, 46, 50-51, 54, 59, 60 e 71 P.
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Per lo più anche coloro che accolgono la testimonianza dell’Origo ri-


tengono che da essa si possa ricavare solo una conferma della presenza
del nome Iulo in Catone, ma attribuiscono al solo Lucio Cesare l’etimolo-
gia dal nome di Giove18. Ma la formulazione che troviamo nell’Origo non
consente di scorporare in questo modo la ridenominazione dall’etimolo-
gia: l’autore fornisce direttamente l’etimologia, e solo da essa, implicita-
mente, si ricava la notizia della ridenominazione.

5. Alla base di questa riluttanza ad accettare per quel che è la testimo-


nianza dell’Origo c’è più o meno consapevolmente la convinzione apriori-
stica che al tempo di Catone non potesse ancora essere stata avanzata da
parte dei Giulii la pretesa di una loro discendenza da Enea e da Venere.
È questa l’unica base dello scetticismo radicale del Bandiera, che arriva
a rifiutare la triplice testimonianza di Servio, del Servio Danielino e
dell’Origo e nega che Catone potesse parlare di una ridenominazione di
Ascanio come Iulo19.
Ma anche chi riconosce che questa posizione è insostenibile e ammette
che Catone parlasse di Ascanio-Iulo, esclude che per i suoi contemporanei
questa notizia potesse evocare un rapporto con la gens Iulia20. Così, ad
esempio, per il D’Anna Catone parlava di Iulo, ma non del suo legame coi
Giulii, non già per la sua generale ostilità verso l’autoaffermazione delle
gentes aristocratiche, ma perché questo legame non era stato ancora inven-
tato. Su questa stessa linea, il Richard si spinge fino ad affermare che la ri-
denominazione di Ascanio come Iulo, inventata dallo stesso Catone senza
alcun riferimento ai Giulii, avrebbe offerto a questi l’appiglio per costruire
pochi anni dopo la propria discendenza da Enea e da Venere.
Mi chiedo come sia possibile credere seriamente che Catone potesse in-
ventare Iulo senza rendersi conto di offrire un argomento di straordinaria
rilevanza alla propaganda gentilizia dei Giulii21. In realtà è di gran lunga
più ragionevole supporre che Iulo sia stato inventato proprio dai Giulii,
col preciso scopo di fondare su di lui la loro discendenza eneadica.
L’ipotesi appare tanto più probabile se si tiene conto del nesso che è
stato già da tempo riconosciuto tra il “piccolo Giove” Iulo o *Iou(i)los e il

18 Così Schröder (1971: 124); D’Anna (1976: 102); Richard (1983: 113 s.).
19 Bandiera (1986: 40).
20 V. ad esempio Schröder (1970: 121 e 125); D’Anna (1976: 102 s.); Richard (1983: 117 s.).
21 È quanto riconosce anche Bandiera (1986: 40): «In ogni caso non sarebbe potuto sfuggire a
Catone che l’appellativo “Iulo” di Ascanio implicava il problema dei suoi rapporti onomastici con la
gens Iulia comunque già attiva e presente nella sua epoca».
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Veiovis o Iuppiter iuvenis del culto gentilizio dei Giulii a Boville22.


Essa, invece, è stata per lo più scartata con un’argomentazione che mi
pare viziata alla base da una petitio principii inaccettabile. Mi sembra in-
fatti evidente il carattere apodittico di un ragionamento che suona più o
meno così: al tempo di Catone le pretese genealogiche dei Giulii non po-
tevano esistere, perché le prime attestazioni certe sono posteriori; quindi
le notizie su Iulo attribuite a Catone o precedono quelle pretese (D’Anna,
Richard), o sono da respingere come inattendibili (Bandiera, Stok).
Il ragionamento va piuttosto invertito: poiché ben tre testimonianze di-
verse dimostrano che già Catone parlava di Iulo e poiché è improbabile
che Iulo possa essere stato inventato senza alcun legame coi Giulii, biso-
gna ammettere che già al tempo di Catone avesse preso forma la tradizio-
ne che faceva discendere i Giulii da Venere ed Enea, nonostante che le
prime testimonianze esplicite in proposito giunte fino a noi siano poste-
riori, sia pure di poco, alle Origines.

6. In effetti, già molto prima della celebre laudatio funebris della zia
Giulia (67 a.C.) in cui Cesare rivendicò la propria discendenza da
Venere23, e prima dell’opera di L. Cesare citata dal Servio Danielino e
dall’Origo, la genealogia eneadica dei Giulii appare proclamata da un de-
narius di Sex. Iulius Caesar coniato intorno al 130 a.C. con l’immagine di
Venere24 e dall’ara dei genteiles Iuliei eretta a Boville verso la fine del II
sec. a.C.25 Quest’ultima, tra l’altro, con l’indicazione leege Albana dicata
fa intendere che tramite Iulo i Giulii affermavano di discendere non solo
da Enea e Venere, ma anche dai re albani, evidentemente considerati di-
scendenti di Iulo, anticipando in questo la rivendicazione di Cesare, che a

22 Cfr. Weinstock (1970: 9-11); Richard (1983: 113-115) (e in Les origines du peuple romain,
1983, p. 161). Per Veiovis come Iuppiter iuvenis cfr. OV., fast., III, 437 e 447 s.
23 SUET., Iul., 6, 1.
24 Sydenham (1952: 56, nr. 476 (c. 155-120 a.C.)); Crawford (1974: 284, nr. 258 (129 a.C.)). Lo
stesso tipo sarà ripreso una generazione dopo dal padre del L. Cesare console nel 64 a.C. (Sydenham,
cit., p. 82, nr. 593, con datazione c. 94 a.C.; Crawford, cit., p. 325, nr. 320, con datazione al 103 a.C.);
cfr. Richard (1983: 118 e n. 37).
25 CIL, XIV, 2387 (= I2, 1439; ILS, 2988; ILLRP, 270). Rilevo inoltre che nei fasti consulares
sono registrati diversi Iulii con cognomen Iul(l)us: nel 489, 482 e 473 a.C. per dei consoli, nel 451
per un decemviro, nel 438, 424, 408, 403, 401 e 388 per dei tribuni militari (Inscr. It., XIII, 1, Ro-
ma 1947, pp. 25, 27, 29, 89, 96; F. Münzer, in RE, X.1, 1918, c. 654, s.v. Iulius, nr. 293; cc. 654 s.,
nr. 294; c. 656, nr. 301; c. 655, nr. 296; c. 656, nr. 300; c. 655, nn. 295 e 297; cc. 655 s., nn. 298 e
299). Sembra evidente che il loro cognomen sia legato alla pretesa discendenza da Iulo; anche sup-
ponendo che si tratti di falsificazioni, siamo comunque rinviati sicuramente a un’epoca ben ante-
riore al I sec. a.C.
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questo scopo ostentava gli stivali rossi dei re albani26.


Di fronte a questo dato è difficile sostenere che al tempo di Catone i
Giulii fossero ancora troppo poco importanti per poter accampare prete-
se così impegnative27: non si può, infatti, ignorare che già nel 157 a.C.,
cioè proprio negli anni in cui presumibilmente Catone lavorava alle Origi-
nes, un membro della famiglia aveva raggiunto di nuovo il consolato, do-
po un intervallo di oltre un secolo28.
D’altra parte, bisogna anche osservare che tra le famiglie romane che
vantavano un’origine troiana ce n’erano anche alcune che al tempo di Ca-
tone erano ancor meno titolate della gens Iulia: l’ultimo Nautius presente
in senato di cui si ha notizia è il console del 287 e gli ultimi Geganii risal-
gono alla metà del IV sec. a.C. Per questo il Wiseman ha giustamente
supposto che le tradizioni sulle ascendenze troiane di queste famiglie risa-
lissero molto indietro nel tempo29.
Non vedo dunque serie obiezioni all’ipotesi che anche la genealogia
eneadica dei Giulii, fondata sulla figura di Iulo-Ascanio, possa essere sta-
ta costruita già molto prima che Catone scrivesse le Origines. Si può pen-
sare al momento (192 a.C.) in cui il culto di Veiovis fu impiantato a Ro-
ma, con l’erezione del tempio inter duos lucos30. Oppure si può pensare al
rilancio dei temi troiani nel corso della I Guerra Punica, legato alla presa
di Erice e all’introduzione del culto di Venere Ericina31, ricordando che
subito prima, nel 267 a.C., era stato console un membro della gens Iulia.
E non mi sento di escludere neppure una data ancora più antica32.

7. Se dunque Catone parlava di Iulo, ma non del suo legame coi Giulii,
sebbene non potesse ignorare le loro pretese già da tempo proclamate, si

26 C.D., XLIII, 43, 5 (45 a.C.; per il legame coi re albani cfr. anche Fest., p. 128, 4 ss. L., s.v.
calcei mulli); cfr. Weinstock (1971: 324).
27 Così Bandiera (1986: 40).
28 Un Sex. Iulius Caesar fu pretore nel 208 a.C. (cfr. F. Münzer, in RE, X.1, 1918, c. 475, s.v. Iu-
lius, nr. 147); Sex. Iulius Sex.f. L. n. Caesar fu console nel 157 a.C. (RE, cit., cc. 475 s., nr. 148/149;
Inscr. It., XIII, 1, p. 123); L. Iulius L.f. Libo lo era stato nel 267 (RE, cit., c. 662, nr. 318; Inscr. It.,
XIII, 1, p. 318).
29 Cfr. Wiseman (1974, in partic. p. 154). Non considera questo aspetto, perché si concentra
solo sulle opere de familiis Troianis di Varrone e Igino e sul loro supposto legame con la creazione di
nuovi patrizi da parte di Cesare e di Augusto, Toohey (1984).
30 Vitr., IV, 8, 4; Colini (1943).
31 Cfr. Kienast (1965); Schilling (19822: 233-266); Bitto (1977). Un importante riesame generale
del culto ericino è in uno studio di Beatrice Lietz di imminente pubblicazione.
32 Cfr. ad esempio Koch (1937: 65), secondo il quale la tradizione risalirebbe addirittura al V o
IV sec. a.C.
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deve riconoscere alla sua scelta un intento polemico, dettato dal proposito
di confutarle. Acquista così un significato più pieno il fatto che Catone,
unico tra le fonti antiche, si preoccupasse di sottolineare che i re albani non
discendevano da Ascanio-Iulo e che quest’ultimo era morto senza figli33.
Questa affermazione, fatta senza neppure nominare i Giulii, era sufficiente
a smontare tutte le loro pretese; se è vero che quando Catone scriveva la
tradizione della loro discendenza da Enea e dai re albani era già pienamen-
te formata e s’inseriva in tutta una rete di tradizioni analoghe, è impensabi-
le che l’affermazione di Catone sull’assenza di posterità per Ascanio-Iulo
fosse innocente34. Al contrario, essa è il segno di una coerente polemica
contro ogni forma di esaltazione gentilizia, colpevole agli occhi di Catone
di spostare l’accento dall’interesse generale del populus e della res publica a
quello delle singole gentes e dei singoli individui.

RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICI

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BITTO, I. (1977): “Venus Erycina e Mens. Un momento della propaganda politica
romana durante la seconda guerra punica.”, ASM, ser. 3a, 28: 121-133.

33 SERV., Aen., VI, 760 (= CATO, Orig., fr. 11 P. = 11 Schr.; I, 11 Ch.; I, 14 C.): ...Cuius (scil.
Ascanii) Lavinia timens insidias gravida confugit ad silvas et latuit in casa pastoris Tyrrhi... et illic enixa
est Silvium. Sed cum Ascanius flagraret invidia, evocavit novercam et ei concessit Laurolavinium, sibi
vero Albam constituit. Qui quoniam sine liberis periit, Silvio, qui et ipse Ascanius dictus est, suum reli-
quit imperium... Postea Albani omnes reges Silvii dicti sunt ab huius nomine.
34 Non capisco quindi perché il Bandiera minimizzi la portata di questo fatto, che invece mi
pare decisivo; cfr. Bandiera (1986: 40): «Certamente Catone non avrebbe mai potuto risolvere il pro-
blema con la semplice e pura affermazione... che Ascanio non ebbe discendenza diretta»; p. 45:
«Non poteva... esistere..., al tempo di Catone, una corrente... che si opponesse ad una eventuale pro-
paganda giuliana e negasse discendenza ad Ascanio». Forse rendendosi conto di non addurre argo-
menti a sostegno di queste affermazioni, il Bandiera preferisce eliminare il problema mettendo radi-
calmente in dubbio anche la testimonianza di SERV., Aen., VI, 760 citata alla nota precedente (cfr.
Bandiera, 1986, pp. 41-47), e concludendo (p. 45) che «la notizia della morte di Ascanio “senza figli”
potrebbe... risalire alla propaganda antigiuliana, forse agli inizi del I sec. a.C.».
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IL NOME DI IULO E LE SUE ETIMOLOGIE IN CATONE 353

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