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UADERNI DI «PAIDEIA»

0
PAUL MAAS

greca
erza edizione italiana a cura di
ALFREDO GHISELLI

Aggiornamento di
MARCO ERCOLES

EDITRICE STILGRAF
CESENA - 2016
Titolo originale: Griechische Metrik

BSB B. G. Teubner Verlagsgesellschaft


701 Leipzig, Goldschmidtstraße 28
Deutsche Demoktratische Republik

% Copyright - I e II edizione by Felice Le Monnier - Firenze 1976, 1979


© Copyright - III edizione by Editrice STILGRAF - Cesena 2016
@GGIORNAMENTO
di
Marco Ercoles
A METRICA GRECA OGGI: PRINCIPALI TENDENZE
Aggiornamento*

1. La metrica secondo Maas


«Nello studiare la metrica greca, il Maas ha fatto come l’anato-
mista che esamini metodicamente la struttura interna ed esterna di
un corpo privo di vita, isolandone le parti essenziali e secondarie»,
ha osservato Massimo Lenchantin de Gubernatis1. In effetti, se si
scorrono le pagine della Metrica greca, non si può non constatare
lo sforzo costante di definire in modo rigoroso i concetti e le strut-
ture basilari della metrica (gli elementi, i metra) e di desumere
dall’osservazione diretta dei versi greci il comportamento di tali
strutture: come gli elementi tendano ad unirsi tra loro dando forma
a gruppi elementari (metra e cola: §§ 52s.), come i metra e i cola si
combinino tra loro dando vita a versi e periodi (§§ 61s., 65), che
possono a loro volta raggrupparsi a formare complessi più ampi,
come i distici e le strofe (§§ 63, 66-72). Alla base di tutto sta il prin-
cipio della ripetizione (Wiederholung), che è indicato come la rego-
la del ritmo (§ 28): osservare ciò che è ripetuto nel verso o nel pe-
riodo (quindi in responsione interna) o nella strofe (quindi in re-
sponsione esterna) permette di isolare le sequenze di elementi che
hanno valore strutturale.
Questo approccio empirico-descrittivo, che bene si inquadra nel
tardo positivismo del primo Novecento (la prima edizione della
Metrica è del 1923), mirava a superare, da un lato, il disaccordo de-
gli studiosi «perfino sui princìpi elementari della metrica» e, dall’al-

* Si segnala che gli autori antichi sono citati secondo le abbreviazioni del Liddell-
Scott-Jones (ad eccezione dei casi in cui queste risultino troppo brevi e poco perspicue),
mentre le riviste sono indicate secondo le abbreviazioni dell’«Année Philologique». I rinvii
interni ai paragrafi di questa trattazione sono sempre preceduti dalle indicazioni infra/su-
pra; laddove questi manchino, il riferimento è ai paragrafi della Metrica greca di Maas.
1 M. L.D.G.-G. FABIANO, Problemi e orientamenti di metrica greco-latina, in
C. GIARRATANO (ed.), Introduzione allo studio della cultura classica, II, Milano 19732,
381-476: 418 (la formulazione risale già alla prima edizione dell’Introduzione [Milano
1951, 789-879: 829], dove il capitolo dedicato alla metrica greco-latina era firmato dal
solo Lenchantin de Gubernatis).
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tro, la «confusione tra quanto è stato accertato sulla base dei testi
poetici e quanto è stato congetturato dai teorici […] e quindi è
dubbio» (§ 7) – una confusione che Maas imputava alla precedente
tradizione di studi, inaugurata da Richard Bentley, proseguita poi
da eminenti studiosi inglesi (Richard Porson, Peter Elmsley) e te-
deschi (Gottfried Hermann, August Boeckh, Friedrich Nietzsche,
Wilhelm Meyer, Otto Schroeder) e giunta al suo «culmine» (ibid.)
con l’opera di Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff, il maestro di
Maas. A lui l’allievo riconosce «contributi di inestimabile valore
per la critica del testo», ma per quanto concerne lo studio della me-
trica registra, accanto ad «un complesso di fini osservazioni», anche
una serie di «costruzioni ingegnose» (ibid.): non si fatica a scorgere
qui un riferimento alla teoria della derivazione delle principali
strutture metriche greche (dimetri e cola di varia composizione) da
un verso originario (Urvers) del tipo oppure
(quattro percussioni forti o Hebungen, rappre-
sentate da sillabe lunghe colpite da un ictus, sono precedute oppure
seguite da altrettante percussioni deboli, Senkungen, variamente
realizzate da una sillaba breve o da una lunga o da due brevi)2.
A questo indirizzo storicistico Maas oppone una sfiducia totale
nella possibilità di ricostruire l’origine e l’evoluzione storica delle
strutture metriche o dei tipi di ritmo sulla base di una conoscenza
molto parziale della musica greca antica (§ 27) e delle informazioni
che provengono dalle teorie e dalle analisi metriche antiche, ritenu-
te prive di ogni valore (§ 6). Ne deriva una limitazione del campo
di studio della metrica a ciò che è effettivamente verificabile me-
diante observatio, cioè i versi superstiti dei poeti, ed uno stretto le-
game tra metrica e critica del testo, con una netta preminenza della
seconda sulla prima (come traspare dal § 142); il problema delle li-
bertà (o irregolarità, dal punto di vista maasiano) di responsione
metrica è tendenzialmente risolto, in questa prospettiva, mediante
interventi sul testo che restituiscano l’attesa regolarità (cfr. ad es.
§ 34 nr. 5, § 37)3. Un secondo corollario è la rinuncia all’interpreta-

2 Cfr. U. VON WILAMOWITZ-MOELLENDORFF, Grieschiche Verskunst, Berlin 1921,


88-136 e 612. Su questo approccio, che non fu esclusivo di Wilamowitz, ma fu praticato
anche da altri studiosi del tempo (H. Usener, F. Leo, O. Schroeder), si veda infra § 3.3.
3 Sintomatici sono i saggi Die neuen Responsionsfreiheiten bei Bakchylides und
Pindar, I (Berlin 1914) e II (Berlin 1921), dove tutti i casi analizzati sono normalizzati
tramite correzioni del testo tràdito. Questo approccio è quello adottato nelle edizioni
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zione delle strutture metriche che non siano perfettamente scom-


ponibili in metra, ovvero buona parte delle strutture della poesia
destinata al canto, che nella Metrica vengono semplicemente de-
scritte nelle loro caratteristiche essenziali (cfr. §§ 54-56).
Per quanto concerne la musica, che accompagnava buona parte
della versificazione greca (la poesia melica monodica e corale),
Maas ne riconosce l’importanza e sottolinea lo stretto legame della
metrica con la teoria del ritmo musicale (§ 3), ma evidenzia nel
contempo la difficoltà di ricostruire in maniera attendibile «come
suonasse un verso greco» (§ 4), sia per la mancanza di documenta-
zione anteriore all’età ellenistica («nessuna delle composizioni ori-
ginali superstiti è anteriore all’età ellenistica», § 51)4, sia per l’odier-
na sensibilità ritmica, dinamica (o accentuativa) più che quantitati-
va, che rischia di influire su ogni tentativo di ricostruzione («noi
portiamo istintivamente tale dinamismo in ogni forma storica di
ritmo», § 4). Vi è qui uno scetticismo che trova la sua giustificazio-
ne non solo nella carenza della documentazione (all’epoca ben più
scarna di oggi), ma anche, e soprattutto, nei tentativi di riesumare
le melodie degli antichi compositori – da Alcmane a Pindaro e a
Bacchilide – compiuti soprattutto da Rudolf Westphal nella secon-
da metà dell’Ottocento (ma intrapresi già da Boeckh all’inizio del
secolo, nella temperie del Romanticismo musicale tedesco)5. Il limi-
te principale dell’approccio ‘musicalizzante’ fu quello di applicare
alla musica antica le caratteristiche di quella moderna, in particolare
l’isocronia: i versi melici erano in genere considerati come frasi mu-

di Pindaro e Bacchilide curate da B. Snell e da H. Maehler, nelle cui riedizioni, peraltro,


si constata una tendenza sempre più accentuata alla normalizzazione delle responsioni
libere.
4 Si deve però osservare che della sessantina di documenti superstiti, editi da E.
Pöhlmann-M.L. West (Documents of Ancient Greek Music, Oxford 2001; d’ora in poi
DAGM), due papiri ellenistici recano frammenti di composizioni dell’ultimo Euripide,
più precisamente dell’Oreste (P. Vind. G2315 = DAGM 3; III/II sec. a.C.) e dell’Ifige-
nia in Aulide (P. Leid. inv. 510 = DAGM 3; III sec. a.C.).
5 Su questo approccio ‘musicalizzante’ si vedano almeno B. GENTILI, Metrica gre-
ca arcaica, Messina-Firenze 1950, 40-50; C. DEL GRANDE, La metrica greca, Torino
1960, 161-165; L.E. ROSSI, Metrica e critica stilistica. Il termine ‘ciclico’ e l’ ritmica,
Roma 1963, 11-21; Lenchantin de Gubernatis, Problemi e orientamenti, cit., 398-403.
Rossi pone bene in luce le radici culturali di questa teoria: «la sua ragion d’essere cul-
turale stava soprattutto nel desiderio di trovar parallelismi, anche nell’aspetto tecnico,
tra la poesia classica e la musica romantica» (p. 12).
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sicali composte da battute (i piedi e i metri) di eguale durata e aper-
te da un tempo forte o tesi (cui corrisponde nella musica moderna
occidentale, a partire dal Settecento, l’accento forte sul primo tem-
po di una battuta di 3/4 o di una di 4/4)6. Un simile modo di pro-
cedere non poteva che apparire a Maas antiscientifico ed è questo
il motivo per cui egli non vi accenna neppure nel breve excursus del
§ 7 sulla storia degli studi metrici da Bentley all’inizio del Nove-
cento.
Un’altra assenza colpisce nell’excursus del § 7: quella di Henri
Weil, cui faceva capo l’indirizzo opposto a quello di Westphal, con
la cui teoria ritmica lo studioso francese polemizzò a più riprese. In
una serie di articoli comparsi tra il 1855 ed il 1900 (poi raccolti in
buona parte nelle Études de littérature et de rhythmique grecque,
Paris 1902), Weil affermò il valore della tradizione metrica antica,
ed in particolare dell’Enchiridion di Efestione, come strumento per
approdare ad una corretta interpretazione dei versi greci. Su questa
strada proseguì, con maggiore dogmaticità, Paul Masqueray, che
sistematizzò le riflessioni del maestro e compose un trattato che se-
guiva da vicino quello efestioneo già a partire dalla struttura (Traité
de métrique grecque, Paris 1899)7. Se Maas non fa menzione né del
maestro né dell’allievo, ciò si deve molto probabilmente alla fiducia
da loro riposta nella teoria metrica antica, che è in grado di offrire
– secondo lo studioso tedesco (§ 6) – «soltanto descrizioni superfi-
ciali, classificazioni meccaniche, speculazioni infruttuose».
Nell’approccio empirico-descrittivo che si è qui cercato di deli-
neare risiede uno dei punti di forza del libello maasiano, ed insieme
un suo limite: se è metodologicamente corretto dare di un fenome-
no una descrizione esatta e sceverare i dati certi dalle ipotesi, è pure
vero che un fenomeno s t o r i c o e a r t i s t i c o necessita, come tale,
di essere considerato nel suo sviluppo diacronico e nella sua natura

6 Cfr. E. FADINI-M.A. CANCELLATO, L’accentuazione in musica. Metrica classica e


norme sette-ottocentesche, Milano 2009, 7-10. L’esigenza di rendere comprensibile le
partizioni della melodia mediante un’accentuazione chiara è piuttosto avvertita nella
tradizione musicale occidentale, assai meno in altre culture: cfr. J. KUNST, Ethno-musi-
cology, The Hague 19593, 40.
7 Su questo approccio metrico e sulla polemica con il Westphal si vedano almeno
B. GENTILI, Metrica greca arcaica, cit. [n. 5], 14s., 40-50; DEL GRANDE, La metrica gre-
ca, cit. [n. 5], 171s.; Lenchantin de Gubernatis, Problemi e orientamenti, cit. [n. 1], 401s.
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di atto creativo che si inserisce all’interno di un certo sistema di


mezzi espressivi (nello specifico, la tradizione poetico-musicale)8.
La descrizione non può pertanto essere completamente scissa dal
momento interpretativo: il rischio è quello di conferire valore ‘as-
soluto’ ai dati desunti dalla observatio (dati peraltro parziali, se si
considera che moltissimo della poesia greca è andato perduto) e di
ricavare da alcune tendenze osservabili (ad es. la ricorrenza di fine
di parola in un certo punto del verso, la maggiore frequenza di al-
cuni schemi sillabici rispetto ad altri) rigide norme cui uniformare i
casi che non sono in linea con quelle tendenze. In altri termini, il
rischio è che la descrizione possa essere reinterpretata in chiave
normalizzante: questo è un punto sensibile quando si ha a che fare
con una versificazione, come quella greca, strettamente legata alla
musica in molte delle sue manifestazioni.

2. Intermezzo: metrica ‘musicale’ e metrica ‘libresca’


Per illustrare le caratteristiche di una ‘metrica musicale’ rispetto
ad una ‘libresca’ valga il caso (ormai classico) dei cola e dei versi
eolici, la cui parabola storica si estende per un ampio arco cronolo-
gico, che va almeno dall’età greca arcaica alla Roma imperiale (ben-
ché non siano mancate alcune riprese successive, come mostrano le
Anacreontiche). Se si segue lo sviluppo di queste sequenze, si nota
che, al di là delle divergenze tra un compositore e l’altro nel loro
trattamento, il divario più significativo si rileva quando esse non
vengono più impiegate per composizioni musicali, ma, già a partire
dall’età ellenistica, per carmi destinati alla lettura (sia pure ad una
lettura ad alta voce, secondo la prassi antica).
Si confrontino, ad esempio, il trattamento dell’endecasillabo saf-
fico ( ) in Saffo e in Alceo, le cui composizioni erano
destinate al canto, ed in Orazio, autore di una poesia essen-

8 Su questo aspetto si vedano le considerazioni di M. Kemp relative all’arte figura-


tiva: «spero ormai sia chiaro che le opere d’arte sono immerse nella storia da cui affio-
rano […]. È evidente che per comprendere aspetti quali la forma, il contenuto, la fun-
zione e la visione, occorre un’analisi del contesto culturale […]. L’arte è nella storia e
non può esistere fuori di essa» (L’arte nella storia. 600 a.C.-2000 d.C., trad. it. Torino
2015 [ed. or. London 2014], 222, 225; devo la segnalazione di questo passo a Liana Lo-
miento).
206 etrica greca
zialmente ‘libresca’. Nei poeti lesbi il verso presenta nella quarta
sede libertà di realizzazione con una sillaba breve o con una lunga
e non ha alcuna incisione fissa9; in Orazio (soprattutto nei primi tre
libri dei Carmina) si osserva una notevole stilizzazione o, se si
vuole, normalizzazione: il verso ha nella quarta sede sempre una
sillaba lunga e presenta una cesura ricorrente dopo il quinto ele-
mento ( ). Valga a titolo esemplificativo il confronto
proposto più sotto tra Sapph. 1 Voigt e Hor. Carm. III 8. Ora, l’in-
cisione costante è una caratteristica del verso recitato (si pensi ad
es. all’esametro dattilico [§§ 85-97] e al trimetro giambico [§§ 102s.,
110, 113]), non della frase melodica10. Questo significa che l’ende-
casillabo saffico, in Orazio, ha ormai mutato la propria originaria
natura ed è diventato un verso per la recitazione, nel quale la stiliz-
zazione è necessaria per fare sentire la presenza di un ritmo. Una
controprova risiede nel Carmen saeculare composto da Orazio per
un’esecuzione corale in occasione dei ludi saeculares del 17 a.C.:
negli endecasillabi che compongono le sue strofe saffiche l’incisio-
ne è ‘trasgredita’ in misura assai maggiore di quanto avvenga nei
primi tre libri dei Carmina (19 violazioni su 57 versi [33,34%], a
fronte di 7 su 447 [1,56%])11, segno che la presenza della musica
comportava una più libera strutturazione del verso. Questa mag-
giore libertà deve essere tenuta nella debita considerazione quando
si ha a che fare con versi cantati.

(Sapph. 1 V.) (Hor. Carm. III 8)

4ı)5í !)Ì"6$ı", Martiis caelebs (|) quid agam kalendis,


4 75Û4& 5ı , Û99 Û 9 , quid velint flores (|) et acerra turis
: í4 99 5 í ¿Û9 Ì , plena miraris (|) positusque carbo in
ı"4, )<5 , caespite vivo,

 Sulla struttura dell’endecasillabo saffico e sull’assenza di incisioni cfr. in part.


J. IRIGOIN, La structure des vers éoliens, «AC» XXV (1956) 5-19.
10 Per questa distinzione si veda L.E. ROSSI, La metrica come disciplina filologica,
«RFIC» XCIV (1966) 185-207: 195-204; LIANA LOMIENTO, Considerazioni sul valore
della cesura nei versi kata stichon e nei versi lirici della poesia greca arcaica e classica,
«QUCC» n.s. LXVII (2001) 21-35: 24 e n. 10, con ulteriore bibliografia.
11 Cfr. L.E. ROSSI, Orazio, un lirico greco senza musica, «SemRom» I (1998) 163-181,
in part. 172-175. Si veda anche il caso analogo dell’endecasillabo falecio studiato dalla Lo-
miento, Considerazioni, cit. [n. 10], 25-28.
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 207
=> !4Ï "Ûí @5)í, A " !"ÔB" 5 docte sermones (|) utriusque linguae:
"Ï4& @ & –5& !Û9 : voveram dulcis (|) epulas et album
@4 &, Ì"5& Ó ı  Û9 Libero caprum (|) prope funeratus
E4˜9 )5 & arboris ictu.

4 í Ã9 5˜F9G Ì Ô 9í H  hic dies anno (|) redeunte festus
10 ‡4 & 9"<5)  Ú K& Û& 10 corticem adstrictum (|) pice dimovebit
˜4 Û5 " & "Ôí !í ‹ÌBA) - amphorae fumum (|) bibere institutae
4& Ï Ô99BG consule Tullo.

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FÛ5"G 9ˆ í, ‚ Ì, sume, Maecenas, (|) cyathos amici
Û599í !)Ì"B 9˘B sospitis centum et (|)12 vigiles lucernas
15 O4 í ƒ""5 “" Ô) ‡"" 15 perfer in lucem: (|) procul omnis esto
4“" 5Ì45  clamor et ira.

4‡"" 5  Ì9" )ÔB Ô 9) mitte civilis (|) super urbe curas:
4ı 5)˜ BG "Û “"  Û)B occidit Daci (|) Cotisonis agmen,
.].TÌ  5
& 9Ï $ı""U "Û& 9í, ‚ Medus infestus (|) sibi luctuosis
20 WÌ4$í, 5!: U 20 dissidet armis,

4Ú 5Ï ∞ $ ˜ , "EÔB& ˘F , servit Hispanae (|) vetus hostis orae
∞ Ó X  Ô "í, !Ï ˘9 , Cantaber sera (|) domitus catena,
∞ Ó  $Û , "EÔB& $:9  iam Scythae laxo (|) meditantur arcu
BÃ
)Ô9. cedere campis.

25 @)  Ú <, EÔ Ó <9 25 neglegens, ne qua (|) populus laboret,

 Û , ƒ99 Ô  "Ô 99 parce privatus (|) nimium cavere et
)< & ∞ Ô , "Ô 9, 9ˆ Z –" dona praesentis (|) cape laetus horae:
9˜ E& @99. linque severa.

3. Gli studi di metrica dopo Maas: principali tendenze13


L’impostazione di Maas ha segnato in maniera profonda la tra-
dizione novecentesca degli studi. Com’è stato osservato, «dopo
l’apparizione della Griechische Metrik […] quasi tutti gli studiosi di
metrica si son fatti molto più restii a teorizzare in astratto che non
per il passato» e, d’altra parte, si è registrato un «risvegliarsi di vi-

12 L’incisione è qui attenuata dal fatto di trovarsi dopo una prepositiva.


13In questo paragrafo si è scelto di limitare la trattazione: non ci si occuperà degli
studiosi viventi, dal momento che il giudizio su chi è ancora scientificamente attivo
non può che essere provvisorio. Non si è tuttavia rinunciato a dare notizia di alcune re-
centi tendenze della ricerca.
208 etrica greca

vaci interessi monografici»14 focalizzati su determinate strutture me-


triche (si pensi ad es. agli studi di H. Fränkel sull’esametro, per cui
cfr. § 3.5) o su determinati poeti o generi poetici (si pensi ad es. alle
ricerche della Dale sulla melica del dramma, per cui cfr. § 3.1)15. Non
sono peraltro mancate le reazioni all’impostazione maasiana, le quali
hanno sottolineato i limiti dell’approccio puramente descrittivo e
hanno rivendicato l’importanza del momento interpretativo e di un
approccio storico (attento cioè alla diacronia delle forme metriche).
Per rendere conto dell’evoluzione degli studi di metrica dopo Maas
si tenterà, non senza una buona dose di semplificazione, una sintesi
ordinata secondo le principali tendenze enucleabili.

3.1. Approccio empirico-descrittivo


Molti autori di manuali di metrica si sono richiamati all’in-
segnamento maasiano, anche se con diverse sensibilità e, in più di
un caso, con apporti originali: si pensi ad esempio a Bruno Snell
(Griechische Metrik, Göttingen 19551, 19572, 19623, 19824)16, a Karl
Rupprecht (Einführung in die griechische Metrik, München
19241)17, a Wilhelm J.W. Koster (Traité de métrique grecque suivi
d’un précis de métrique latine, Leyde 19361, 19532, 19623, 19664)18,
a Dietmar Korzeniewski (Griechische Metrik, Darmstadt 1968)19, a

14 FABIANO, Problemi e orientamenti, cit. [n. 1], 420.


15 Per i riferimenti bibliografici si possono vedere le rassegne curate da AMY M.
DALE (Greek metric 1936-1957, «Lustrum» II, 1957, 5-51: 29-49) e da LAETITIA P.E.
PARKER (Greek metric 1957-1970, «Lustrum» XV, 1970, 37-98: 72-98). Una terza ras-
segna che arriverà fino ai nostri giorni è in preparazione per le cure di M. Napolitano.
Un ampio repertorio bibliografico suddiviso per tipologie di versi e aggiornato ai primi
anni ’90 è offerto da MARIA CHIARA MARTINELLI, Gli strumenti del poeta. Elementi di
metrica greca, Bologna 1995, 302-321.
16 Della terza edizione esiste una traduzione italiana curata da F. Bornmann (Firen-
ze 1977).
17 Lo studioso definisce il metodo di Maas, cui dichiara di attenersi, un «“Lynnée-
sches” System» di tipo classificatorio (p. VI). Nelle successive edizioni (München 19332
e 19503) Rupprecht si è accostato sempre più all’indirizzo storicista del Wilamowitz. Il
momento culminante di tale evoluzione è segnato dall’Abriss der griechischen Verslehre
(München 1949).
18 Si veda la chiara affermazione di p. 8: «cette méthode [scil. quello di Maas]
“linnéenne” sera la méthode de ce livre».
19 Del volume esiste una traduzione italiana a cura di O. Imperio (Palermo 1998).

a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 209

Martin L. West (Greek Metre, Oxford 1982), a Christiaan M.J.


Sicking (Griechische Verslehre, in zusammenarb. mit Marlein van
Raalte, München 1993) e a Carlo Odo Pavese (La metrica e l’esecu-
zione dei generi poetici tradizionali orali nell’Ellade antica, Trieste
2014)20. Merita di essere richiamato, in questo contesto, il nome di
Amy Marjorie Dale, che, pur non avendo composto un vero e pro-
prio manuale, ha esercitato con le sue ricerche sulla melica del
dramma (The Lyric Metres of Greek Drama, Cambridge 19481,
19682) e sulle unità metriche della melica (The metrical units of
Greek lyric verse. I, «CQ» XLIV, 1950, 138-148; II, «CQ» n.s. I,
1951, 20-30; III, «CQ» n.s. I, 1951, 119-129)21 un’influenza non
trascurabile sugli studi di metrica e sulla stessa manualistica (Pave-
se, Sicking: vd. infra). Occorre infine menzionare uno studioso ita-
liano, Luigi Enrico Rossi, che ha mostrato un’evidente
predilezione, sempre dichiarata, e altrettanto regolarmente praticata (anche
a lezione […]), per il descrittivismo maasiano, descrittivismo che […] è
stato da lui sempre considerato fatto di interpretazione22.

A lui si devono, oltre all’importante voce Verskunst nel Kleiner


Pauly (V, 1975, 1210-1218), vari contributi relativi a questioni assai
dibattute, nonché impegnate recensioni in cui sono discussi i fon-
damenti stessi della metrica23. Pur non insensibile alle istanze del-

20Si veda già il capitolo dedicato alla metrica in Tradizioni e generi poetici della
Grecia arcaica, Roma 1972, 257-268.
21 I tre contributi sono riuniti in Ead., Collected Papers, Cambridge 1969, 41-97 (da
cui si citerà). In questi la studiosa individua le unità fondamentali di tutta la versifica-
zione melica greca nei due gruppi s ( )ed( ), corrispondenti ai gruppi di ele-
menti notati da Maas (§ 55) con le sigle e e d1 e da lui impiegati s o l o nella descrizione
dei cosiddetti dattilo-epitriti.
22M. NAPOLITANO, Luigi Enrico Rossi (1933-2009), «RFIC» CXXXVIII (2010)
235-245: 240 (corsivo mio: qui e nelle successive citazioni sono così segnalati lievi in-
terventi formali resi necessari dal contesto).
23Basti qui menzionare, oltre alla monografia sui dattili e sugli anapesti irrazionali
(Metrica e critica stilistica, cit. [n. 5]), i seguenti lavori: Anceps: vocale, sillaba, elemento,
«RFIC» XCI (1963) 52-57; Sul problema dell’ictus (A proposito di un lavoro di Alessan-
dro Setti), «ASNP» s. 2 XXXIII (1964) 119-134; Estensione e valore del colon nell’esa-
metro omerico, «StudUrb(B)» XXXIX (1965) 239-273 (ripubblicato, con un Post-scrip-
tum, in M. FANTUZZI-R. PRETAGOSTINI [edd.], Struttura e storia dell’esametro greco, I-II,
Roma 1995-1996: II 271-320); La metrica come disciplina filologica [rec. di
A. DAIN, Traité de métrique grecque, Paris 1965], «RFIC» XCIV (1966) 185-207; La sinafia,
in E. LIVREA-G.A. PRIVITERA, «Studi in onore di A. Ardizzoni», II, Roma 1978, 789-821;
210 etrica greca

l’approccio storico e, in particolare, alla lezione del Wilamowitz24,


la sua personalità ha rappresentato, in Italia, soprattutto le ragioni
dell’observatio, mentre l’indirizzo storico ha trovato espressione
soprattutto nei lavori di Gentili (per cui cfr. § 3.3).
Un dato comune a questi studiosi è la condivisione dell’esigenza
maasiana di aderenza ai fatti osservabili, con il conseguente primato
conferito all’observatio e il rifiuto, come ausilio all’interpretazione,
delle teorie metriche antiche, considerate semmai una “camicia di
forza”25 da cui occorre liberarsi (l’unica eccezione è rappresentata
da Koster, editore, tra l’altro, di alcuni trattati metrici anonimi d’e-
poca bizantina)26. Si osserva poi che il tentativo di individuare i
princìpi fondamentali del ritmo è ampliato anche a quei versi can-
tati non costituiti dalla ripetizione della medesima cellula ritmica (i
cosiddetti “versi costruiti non "Ï +"”)27, come ad es. i versi
eolici e i cosiddetti dattilo-epitriti: per questi Maas si era limitato
ad una semplice descrizione e, nel caso dei dattilo-epitriti (§ 55),
aveva introdotto alcune sigle per designare i gruppi elementari più
ricorrenti (D = ,e= ), spesso uniti tra loro mediante un
anceps interpositum (ad es. nella sequenza e D = ).

Riflessioni sui dattilo-epitriti, «SemRom» XI (2008) 139-167. Vd. anche la nota successiva.
Per un elenco completo degli scritti metrici di Rossi si rinvia a M. NAPOLITANO, Gli scritti
di metrica di Luigi Enrico Rossi, «Critica del Testo» XV (2012) 325-347: 346s.
24Lo dimostra un lavoro come Teoria e storia degli asinarteti dagli arcaici agli ales-
sandrini. Sull’autenticità del nuovo Archiloco, in AA.VV., Problemi di metrica classica.
«Miscellanea filologica», Genova 1978, 29-48. Ma si veda anche Verskunst, cit., 1217
(§ V.b), nonché il ‘simpatetico’ ritratto del Wilamowitz studioso di metrica (Rileggendo
due opere di Wilamowitz: Pindaros e Griechische Verskunst, «ASNP» s. 3 III, 1973,
119-145: 138-145). Su Wilamowitz come modello per Rossi cfr. Napolitano, Gli scritti
di metrica, cit. [n. 22] 328-332.
25 L’espressione si deve a West (o.c. 28): «the ancient metricians often made acute ob-
servations, but they failed to grasp many fundamental facts which have become apparent
since the beginning of the nineteenth century, when scholarship began to e m a n c i p a t e
i t s e l f f r o m t h e s t r a i t - j a c k e t o f t r a d i t i o n a l d o c t r i n e ».
26Tractatus Graeci de re metrica inediti, cong., rec., commentariis instr. W.J.W. K.,
Paris 1922.
27 La definizione, com’è noto, si deve a SNELL, Griechische Metrik, cit. § 5, che di-
stingue i versi costruiti per metri (ad es. l’esametro dattilico, il trimetro giambico, il di-
metro anapestico) da quelli non descrivibili in questa maniera (si tratta dei versi cantati
costituiti da cola o da cola frammisti a singoli metri). Su questa distinzione si veda so-
prattutto R. PRETAGOSTINI, Sistemi Ï  e sistemi Ï  !, «QUCC» XXVIII
(1978) 165-179 (= Scritti di metrica greca, cit. [infra n. 112] 83-95).
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 211

Tali gruppi, individuati per scopi descrittivi, sono stati accolti da


diversi degli studiosi summenzionati come r e a l i componenti di
base dei dattilo-epitriti e hanno assunto pertanto un valore inter-
pretativo vero e proprio; la Dale ne ha peraltro esteso l’applicazio-
ne a tutti i versi cantati (vd. supra n. 20), Pavese e Sicking a tutta la
versificazione greca, con il rischio di oscurare le peculiarità delle
diverse strutture metrico-ritmiche28.
Il passaggio da un piano puramente descrittivo ad uno descrittivo/inter-
pretativo è, come si comprende, carico di conseguenze. Questo comporta,
ad esempio, che l’anceps interpositum sia considerato da alcuni studiosi un
effettivo elemento di ‘giuntura’ (link, con termine inglese) tra gruppi fissi
di elementi (D, e), e non un elemento costitutivo di un gruppo fisso di ele-
menti (ad es., nel citato e D l’anceps non apparterrebbe al gruppo e [ ],
con cui forma un metro trocaico [ ], più che al gruppo D). Tale pro-
spettiva è accolta dalla Dale e dalla Parker29, ma non da altri studiosi che
pure impiegano le sigle di Maas, come ad esempio Korzeniewski e West30.
Quest’ultimo ha osservato con molta chiarezza che «the ‘link’ syllable is a
false concept as far as the process of creation is concerned. Greek poets
compose with cola and need no mortar to join them» (l.c.). La pubblica-
zione del P. Lille 76 + 73 + 111c (1976), con un ampio frammento di Ste-
sicoro in dattilo-epitriti (PMGF 222b = fr. 97 Finglass), ha ulteriormente
mostrato che l’anceps non può essere assunto come reale unità di analisi:
nel frammento esso assume anche forma bisillabica ( ) ed è preceduto da

28 È questa l’obiezione mossa da E. GRASSi (Inediti di Eugenio Grassi, a cura di


V. BARTOLETTI-F. BORNMANN-M. MANFREDI-S. TIMPANARO, «A&R» s. 5 VI, 1961,
129-165: 165) e da L.E. ROSSI («RFIC» IC, 1971, 171-177: 175; Riflessioni sui dattilo-
epitriti, cit. [n. 23], 144 n. 12) al sistema di notazione proposto dalla Dale, che non ha
trovato larga accoglienza presso la comunità degli studiosi.
29 Cfr. e.g. DALE, Collected Papers, cit. [n. 21], 49-51, 89; LAETITIA P.E. PARKER,
Some recent researches on the versification of Pindar and Bacchylides, «BICS» V (1958)
13-24: 14s. Nella stessa direzione muove ROSSI, La metrica, cit., 198, più che altro per
invitare alla cautela nell’analisi di quei versi i cui cola non siano individuabili in manie-
ra sicura.
30 Cfr. KORZENIEWSKI, Griechische Metrik, cit., 141 (trad. it. 138); WEST, Greek Me-
tre, cit., 70. Si vedano in proposito anche le opinioni di G. PASQUALI (Dattilo-epitriti, in
Enciclopedia Italiana XII, 1931, 401 = ID., Rapsodia sul classico. Contributi all’Enciclope-
dia Italiana, a cura di F. BORNMANN et al., Roma 1986, 282s.), che individua nell’anceps
un aspetto problematico dell’interpretazione dattilica dei cosiddetti dattilo-epitriti, legato
alla necessità di «far rientrare molti versi di Pindaro nello schema», e di L. PEARSON (Ca-
talexis and anceps in Pindar, cit. [infra § 3.2], 172-177, 190s.), il quale rileva come «the
whole notion of syllabae ancipites is also alien to rhythmical theory» (p. 173).
212 etrica greca
fine di parola prevalente, segno che esso è l’inizio del colon metrico che se-
gue piuttosto che la fine di quello che precede (una tale libertà di realizza-
zione alla fine di un colon, ma all’interno di un verso, non avrebbe paral-
leli, mentre all’inizio di un colon è fenomeno attestato: si pensi solo alla
cosiddetta base eolica)31.

Nell’alveo di questa tradizione di studi, che privilegia il momen-


to empirico-descrittivo, merita di essere segnalato l’emergere di al-
cune istanze, le quali correggono, di fatto, l’eccessivo schematismo
dell’approccio maasiano – determinato, come si è visto, dalla rea-
zione alla tradizione di studi precedente – e cercano di coniugarlo
con stimoli provenienti da diversi indirizzi di ricerca. Si può parla-
re di un’istanza storica (a), di una ritmico-musicale (b) e di una
pragmatica (c).
a) L’importanza della dimensione diacronica nell’approccio ai
versi greci è l’aspetto su cui ha insistito soprattutto la cosiddetta
‘scuola storica’ (per cui vd. § 3.2). Ciò non toglie che uno studioso
di impostazione maasiana come Snell abbia avvertito l’esigenza di
considerare la d i m e n s i o n e d i a c r o n i c a nello studio dei me-
tri, almeno là dove la documentazione lo permettesse, e di coniu-
garla con la descrizione sistematica del verso melico greco (Grie-
chische Metrik, cit., 30 = trad. it. 44). Ciò si realizza effettivamente
nel caso degli asinarteti archilochei, il cui sviluppo storico lo stu-
dioso ravvisava nei dattilo-epitriti (pp. 33, 41s. = 47s., 58-60), e an-
cora nel caso della versificazione di Saffo e Alceo, in seno alla quale
Snell riconduceva i versi più ampi al gliconeo, al ferecrateo e all’ip-
ponatteo per mezzo di ‘ampliamenti’ interni ( , ) ed esterni
( , ), ravvisando in questo principio compositivo la
possibile influenza dei versi costruiti "Ï +" (p. 39 = 56). In
séguito, l’istanza è stata particolarmente avvertita da West, che ha
adottato per il proprio manuale un’articolazione per periodi storici32

31 Cfr. B.M. PALUMBO STRACCA, Osservazioni metriche al nuovo Stesicoro (Pap.


Lille 76 A B C), «BollClass» XXV (1977) 31-43: 37s. (= EAD., "#$%. Studi di dia-
lettologia e metrica greca, Padova 2013, 241-253: 247s.); B. GENTILI, La metrica greca
oggi: problemi e metodologie, in AA.VV., Problemi di metrica classica, cit. [n. 23], 11-28:
22s.; C.O. PAVESE, Tipologia metrica greca, in AA.VV., Problemi di metrica classica, cit.
[n. 23], 49-74: 69s. (= Opuscula selecta, a cura di A. CAMEROTTO-E. FABBRO, Padova
2007, 96-110; non vi è stata ristampata l’appendice relativa allo Stesicoro di Lille).
32«Considering metrics to be a branch of literary history, not of physics or mathe-
matics, I have adopted a broadly chronological arrangement of the material» (Greek
Metre, cit., VII).
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 213

e non ha rinunciato a trattare della preistoria del verso greco


(Greek Metre, cit., 1-4: The pre-Hellenic background), sulla cui ri-
costruzione Maas nutriva una sfiducia totale (cfr. § 27).
b) Un’altra esigenza avvertita è stata quella di comprendere il
rapporto tra m e t r i c a e m u s i c a – naturalmente su basi diverse
rispetto a quelle poste da Westphal (cfr. § 1) – nella consapevolezza
che la poesia greca antica «was poetry not for reading, but essential-
ly for performance» e che «every Greek poet was his own compo-
ser». Così scrive la Dale in un contributo intitolato, significativa-
mente, Words, music and dance33. Secondo la studiosa gli schemi
metrici dei testi poetici rappresenterebbero l’ossatura delle origina-
rie composizioni, nelle quali la melodia non faceva altro che sotto-
lineare il ritmo quantitativo dato dalle durate sillabiche, modifican-
dolo solo in alcuni casi (ad es. mediante allungamenti delle sillabe
lunghe oltre il normale valore di 2 tempi primi o morae). L’assunto
di base è che «no poet would write words in elaborate metrical
schemes merely to annihilate and overlay these by a different musi-
cal rhythm» (ibid. 161)34. Si desume chiaramente da queste parole
che per la studiosa la metrica del testo poetico e il ritmo della me-
lodia tendevano a coincidere. Un corollario diretto di questa con-
cezione delle antiche composizioni (almeno fino all’ultimo Euripide
e alla Nuova Musica) è la giustificazione di uno studio della metrica
separato da quello del ritmo musicale, ritenuto sostanzialmente
una reduplicazione del ritmo prosodico (fondato sulla quantità delle
sillabe). Non è difficile notare come il rapporto metrica-musica
sia così risolto in termini diametralmente opposti a quelli di We-
stphal.
A risultati analoghi è pervenuto – con tutt’altra prospettiva,
ma con il medesimo punto di partenza (il sistema metrico maa-
siano)35 – Thrasybulos Georgiades, ben noto come musicologo, ol-
tre che compositore. In un celebre studio sulla musica greca antica

33DALE, Collected Papers, cit. [n. 21], 156-169: 160s. (si tratta di una lezione inau-
gurale tenuta al Birkbeck College nel 1960). Si vedano anche l’articolo Speech-rhythm,
verse-rhythm and song (Collected Papers, cit. [n. 21], 230-247) e The Lyric Metres, cit.,
1-14, 204-214.
34 Su questa linea è anche PAVESE, La metrica e l’esecuzione, cit., 177.
35Oltre al debito nei confronti di Maas, Georgiades riconosce quello contratto con
B. Snell, che gli ha fornito numerosi consigli (Der griechische Rhythmus, cit. [infra], 10
e 11 nn. 1s.).
214 etrica greca
ed il suo influsso sulla musica popolare neogreca (Der griechische
Rhythmus. Musik, Reigen, Vers und Sprache, Hamburg 1949)36, lo
studioso ha individuato le caratteristiche del ritmo dell’antica mu-
sica greca nella sua unione, o meglio identità, con la componente
verbale («das der Musik und der Sprache Gemeinsame aber, das,
worin sich auch die Einheit von Musik und Vers bekundete, ist der
Rhythmus»)37. A differenza della musica occidentale, basata sulla
misura isocrona della battuta, che può essere realizzata in vario
modo tramite suddivisione o moltiplicazione di durate (ad es., in
un ritmo in 3/4, una battuta è realizzabile come    o    o   ,
etc.), il ritmo della musica greca si sarebbe fondato unicamente
sull’addizione di quantità sillabiche fisse ( =  ; =  e talora  . )
secondo certi schemi. Georgiades analizza in questi termini la Piti-
ca 12 di Pindaro, riconoscendovi l’alternanza di due cellule ritmi-
che di base, e (ovvero i gruppi elementari d2 ed
e di Maas: cfr. § 55), a cui si aggiungono talora sillabe lunghe, per
lo più poste tra le due cellule (si tratta del maasiano anceps interpo-
situm: cfr. § 55). Ne consegue la piena coincidenza tra metrica e rit-
mica:
der Vers selbst den musikalischen Rhythmus in sich enthält. Denn bereits
durch die Sprache wird der Rhythmus auch musikalisch restlos festgelegt,
z.B. der Rhythmus des […] letzten Verses [scil. P. 12 str. 8]:        
    . So ist der griechische Vers von Haus aus nicht nur eine sprachliche,
sondern gleichzeitig eine musikalische-rhythmische Wirklickeit. Besser:
Der Rhythmus wird schon auf der Sprachebene restlos, d. h. auch musika-
lisch, festgelegt, und deswegen kann man durch eine besondere musikali-
sche Rhythmik nicht mehr ausrichten38.

36 Rielaborazioni successive sono Greek Music, Verse and Dance (New York 1955)

e Musik und Rhythmus bei den Griechen. Zum Ursprung der abendländischen Musik
(Hamburg 1958, con un’appendice di fonti antiche [pp. 71-133]).
37 GEORGIADES, Musik und Rhythmus, cit. [n. 36], 7 («l’elemento comune tra mu-
sica e lingua è il ritmo, in cui si manifestava anche l’unità di musica e verso poetico»).
38 Ivi, 30 («il verso contiene già il ritmo musicale. Il ritmo è già completamente de-
terminato dalla lingua; ad es. il ritmo dell’ultimo verso [scil. P. 12 str. 8] è        
    . Il verso greco è per sua natura una realtà non solo linguistica, ma insieme ritmi-
co-musicale. Meglio: il ritmo è già completamente determinato a livello linguistico,
quindi anche musicale; pertanto, non si può ottenere nulla di più per mezzo di un rit-
mo musicale a sé stante»).
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 215

Entrambe le discussioni del ritmo poetico-musicale qui breve-


mente esposte, pur non esenti da una certa schematicità39, hanno il
merito di avere sottolineato una volta di più – sulla scorta di Ru-
dolf Wagner40, di Meillet41 e dello stesso Maas (§ 4)42 – la natura
quantitativa di tale ritmo e di avere escluso l’incidenza di un ictus
dinamico o intensivo: molto chiara, a questo riguardo, è la distin-
zione di Georgiades tra la Quantitätsrhythmik (o ritmica quantita-
tiva), propria della poesia e della musica greca antica, e la
Schwergewichtsrhythmik (o ritmica dinamica), propria ad es. della
poesia tedesca e della musica classica dei secc. XVIII-XIX, basata
sulla ricorrenza ad intervalli regolari di tempi forti, spesso marcati
da un accento intensivo43.
Una più approfondita considerazione del rapporto metro-ritmo
musicale si deve, tra i ‘maasiani’, a West, studioso della musica gre-
ca antica ed editore, insieme a E. Pöhlmann, dei documenti musica-
li superstiti (cfr. supra n. 4)44. Muovendo dallo stesso assunto della
Dale, secondo cui nessun compositore avrebbe impiegato comples-
si schemi metrici per poi imporre a questi un differente ritmo mu-

39Più evidente nel caso di Georgiades: si vedano ad es. le obiezioni mosse allo stu-
dioso da R.P. WINNINGTON-INGRAM (rec. di Der griechischen Rhythmus, cit., «JHS»
LXX, 1950, 82s.) e da E. PÖHLMANN (Metrica e ritmica nella poesia e nella musica gre-
ca antica, in B. GENTILI-F. PERUSINO [edd.], Mousike. «Metrica ritmica e musica greca
in memoria di G. Comotti», Pisa-Roma 1995, 3-15).
40 R. W., Der Berliner Notenpapyrus nebst Untersuchungen zur rhythmischen No-

tierung und Theorie, «Philologus» LXXVII (1921) 256-310: 300-310.


41 A. M., Les origines, cit. [infra § 3.4], 8-11.
42 Si vedano gli ulteriori riferimenti bibliografici sulla questione citati da A. Ghiselli
nella nota ad l., cui possono ora aggiungersi alcune utili messe a punto: JESÚS LUQUE
MORENO, Arsis, thesis, ictus. Las marcas del ritmo en la música y en la métrica antiguas,
Granada 1994; MARÍA DEL CARMEN HOCES SÁNCHEZ, El problema del ictus y el testi-
monio de los poetas, «Lexis» XIV (1996) 205-221; EAD., Sobre el llamado «ictus» mecá-
nico, in A.A. EZQUERRA-J. GARCÍA FERNÁNDEZ (edd.), «IX congreso español de estu-
dios clásicos. Madrid, 27 al 30 de septiembre de 1995», III, Madrid 1998, 149-153.
43 Sulla distinzione si vedano anche S. TIMPANARO, rec. di GEORGIADES, Der grie-

chischen Rhythmus, cit., «A&R» s. 4 II (1952) 111-115: 112s (secondo cui il principio
della ritmica quantitativa è applicabile solo alla metrica eolica); ROSSI, Metrica e critica
stilistica, cit. [n. 5], 67 n. 157.
44Si vedano, dello studioso, Greek Metre, cit., 18-25; Ancient Greek Music, Oxford
1992, 129-159; Grey uniforms and lopsided disguises. Sicking’s Verslehre, in M.L. W.,
Hellenica, III, Oxford 2013, 288-304: 294 (recensione originariamente apparsa su
«GGA» CCXLVI, 1994, 183-197).
216 etrica greca
sicale, West riteneva che alle sequenze di sillabe lunghe e brevi cor-
rispondessero, di norma, analoghe sequenze di note lunghe e brevi:
In the surviving fragments of poetic texts furnished with musical nota-
tion, the note values are commonly left unspecified, and this is because
they were felt to be sufficiently indicated by the metre of the words.
When they are specified, they confirm the presumption that short sylla-
bles are set on short notes and long syllables on long notes45.

Solo in certi casi le sillabe avrebbero assunto anche il valore di


3 tempi primi o morae, fenomeno che è direttamente attestato
a partire dall’età ellenistica (cfr. e.g. P. Berol. G2315 [DAGM 11],
ca. 200 a.C.), ma ipotizzabile già per l’età classica nei casi di re-
sponsioni libere (casi nei quali un metro di 6 tempi primi risponde
ad uno di cinque 5 tempi: e.g. ~ )46; più rare sarebbero
state le sillabe della durata di 4 tempi primi, documentate nel tardo
peana del P. Berol. 6870 (DAGM 50; II/III sec. d.C.), ma non igno-
te alla precedente tradizione poetico-musicale (le fonti antiche
attribuiscono l’invenzione del giambo orzio, , e del trocheo
47
semanto, , già a Terpandro) . In ogni caso, la presenza
di tali sillabe superallungate si configura, per lo studioso, come
semplice «variation of a rhythmic pattern that is clearly defined
by longs and shorts of the usual 2:1 ratio. These always predo-
minate»48.
Le singole durate brevi e lunghe erano organizzate nel verso
della poesia cantata secondo alcuni schemi metrici fissi (piedi e me-
tri) che fungevano da misure del ritmo, come si ricava dai fram-
menti con notazione musicale. Ogni misura era costituita da una

45 WEST, Ancient Greek Music, cit. [n. 44], 130.


L’esempio riportato si riscontra in Bacch. 17 str./ant. 16a. Per altri esempi cfr.
46

WEST, Greek Metre, cit., 69, 102-106; PÖHLMANN, Metrica e ritmica, cit. [n. 39], 9-13.
47 Per le invenzioni metrico-ritmiche attribuite a Terpandro cfr. ANTONIETTA GO-
STOLI, Terpander, Romae 1990, XLVII e 104. Sulla tetraseme, cfr. WEST, Greek Metre,
cit., 21, 56, 172. Lo studioso non ritiene plausibile che i piedi anapestici ( ) inseriti
in contesti ionici ( ) debbano essere interpretati ritmicamente come , come, ad
es., suggerisce Pöhlmann (Metrica e ritmica cit. [n. 39] 13s.) per la parodo dei Persiani
eschilei (vv. 65-113): «the assumption of a variable bar-lenght fits better with what we
know of Classical Greek music than the assumption of doubled note-lenght» (WEST,
Ancient Greek Music, cit. [n. 44], 146; cfr. anche Greek Metre, cit., 125).
48 WEST, Ancient Greek Music, cit. [n. 44], 131.
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 217

arsi (tempo in levare) e da una tesi (tempo in battere) – segmenti


che potevano corrispondere ad un elemento del piede (ad es. ,
dove l’elemento breve corrisponde all’arsi e quello lungo alla tesi) o
ad un intero piede del metro (ad es. , dove l’intero primo pie-
49
de può costituire la tesi) – e funzionava pertanto come una battu-
ta musicale, ma una battuta differente da quella della musica mo-
derna occidentale:
The bar, in this music, is created by a particular repeating note-pattern,
or by a set of note-patterns recognized as equivalent variants of one
another [ad es. digiambo e coriambo: ~ ]. It is not to be thou-
ght of (as in Western music) as an abstract receptacle that may be filled by
any combination of notes50.

In altri termini, come aveva evidenziato già Georgiades, la musi-


ca greca antica funzionava per addizione di misure metrico-ritmiche
(= piedi o metri), non per libera divisione di una certa misura di
tempo. Un’altra caratteristica di tale musica, soprattutto in età clas-
sica, era la possibilità di accostare misure di diversa durata, a diffe-
renza della tradizione moderna occidentale in cui le battute sono tra
loro isocrone (cioè contengono la stessa quantità di tempo)51. Di qui
un importante caveat:
There is a danger that this [scil. la nostra sensibilità ritmico-musicale]
may blunt our understanding of Greek metre, which sometimes, like the
traditional folk music of eastern Europe and Asia, presents more intricate
rhythms and changing bar-lenghts52.

49 Cfr. WEST, Greek Metre, cit., 22-24; ID., Ancient Greek Music, cit. [n. 44], 133-135.
50 Ivi, 135.
51 Ivi, 151-153. La commistione di misure di ritmo differente raggiunge il suo apice
tra la fine del V e l’inizio del IV sec. a.C., «in the elaborate compositions of citharodes
such as Timotheus and in some of the long solo arias and lyric dialogues of Euripides
and Sophocles» (p. 153), mentre tocca il suo momento più basso dalla seconda metà del
IV sec. a.C. in poi: «most later Classical, Hellenistic, and post-Hellenistic texts, inclu-
ding the fragments we possess with musical notation, are characterized by homoge-
neous rhtyhms» (ibid.).
52 WEST, Greek Metre, cit., 24. Un caveat che in taluni casi non pare essere stato tenu-
to dallo studioso nella debita considerazione, ad esempio nell’interpretazione dei cosiddetti
metra ex iambis orta (cfr. PRETAGOSTINI, Scritti di metrica greca, cit. [infra n. 112], 140s.).
218 etrica greca
c) La terza istanza, sopra definita pragmatica, è quella concer-
nente il rapporto tra tipologia metrica e tipologia di esecuzione. Se
n’è occupato in modo sistematico Pavese, a partire dagli anni ’70
del secolo scorso (Tradizioni e generi, cit. [n. 20], 258-268)53: egli
ha individuato tre principali modi di esecuzione – il recitativo pu-
ramente vocale (rapsodia, poesia giambica), il recitativo con accom-
pagnamento strumentale (citarodia, aulodia) e il canto con accom-
pagnamento strumentale (lirica monodica e corale) – e ha notato
come a questi corrispondano tre tipi di discorso metrico – rispetti-
vamente, quello «omometrico», basato o sul ritmo d ( , secon-
do la notazione della Dale) o sul ritmo s ( ); quello «moderata-
mente eterometrico», che combina tra loro d e s, con prevalenza
dell’uno o dell’altro; quello «affatto eterometrico», che combina li-
beramente tra loro d e s. Ne deriva che
quanto più la esecuzione era recitativa, o meno melodica e canora, tanto
più il verso doveva essere omogeneo, cioè più ritmico, e viceversa quanto
più la esecuzione era canora, o più melodica, tanto più il verso poteva es-
sere eterogeneo, cioè meno ritmico54.

In una formula, «quanto maggiore è il ritmo tanto minore è la


melodia» (ibid. 9). Va riconosciuto a questo approccio il merito di
porre l’attenzione sulle modalità della performance come un «fatto-
re costitutivo e distintivo» (ibid. 160) della poesia greca, come tale
capace di influire sul momento compositivo. Si può tuttavia osser-
vare che lo sforzo di sistematizzazione rischia di istituire un rap-
porto fin troppo univoco tra modi di esecuzione e tipologie metri-
che: un certo tipo di verso o struttura metrica poteva essere esegui-
to con modalità differenti (l’esametro, ad esempio, poteva essere
recitato o cantillato, ma anche cantato)55. La stessa linea di confine

Cfr. anche Tipologia metrica, cit. [n. 31], 49-74  Opuscula selecta, cit., 96-110;
53

La metrica e l’esecuzione, cit., 9, 160-320: 318-320.


54 La metrica e l’esecuzione, cit., 319.
55 Cfr. ad es. GENTILI-LOMIENTO, Metrica e ritmica, cit. [n. 96], 77 e n. 52, con bi-
bliografia. Sulle diverse possibilità di resa dell’esametro nella tragedia e nella commedia
attica di V secolo si veda R. PRETAGOSTINI, L’esametro nel dramma attico del V secolo:
problemi di ‘resa’ e di ‘riconoscimento’, in FANTUZZI-R. PRETAGOSTINI, Struttura e storia
dell’esametro greco, cit. [n. 23], I, 163-191 (= Scritti di metrica, cit. [n. 112], 241-261).
Sugli esametri cantati rinvenuti ad Epidauro cfr. M.L. WEST, The singing of hexameters:
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 219

tra i generi moderatamente eterometrico e affatto eterometrico ri-


sulta tutt’altro che netta, se è vero che una composizione per il can-
to, come il Grande Partenio di Alcmane (PMGF 1 = fr. 3 Cal.),
presenta una facies metrica moderatamente eterogenea, o ancora
che la cosiddetta Tebaide di Stesicoro (PMGF 222b = fr. 97 Fin-
glass), un canto citarodico per Pavese (e non solo), e l’Olimpica 3
di Pindaro, un canto melico corale56 , condividono le medesime
strutture metriche.

3.2. L’approccio ritmico-musicale


L’interpretazione musicale della versificazione greca in chiave
modernizzante praticata da Westphal (per cui cfr. § 1) è perdurata
anche dopo Maas. Principali sostenitori furono Ettore Romagnoli57,
Carlo Del Grande (Sviluppo musicale dei metri greci, Napoli 1927),
Pēteris Ķiķauka (Mètres de la poésie monodique, Riga 1931)58, Jo-
seph Král (Beiträge zur griechischen Metrik, Praha 1925) e il suo
allievo Antonín Kolář (Die Logaöden. Überprüfung neuerer Lösun-
gen einer alten Frage, Bratislava 1933; De dactyloepitritis, Bratisla-
viae 1935; De re metrica poetarum Graecorum et Romanorum,
Praha 1947). Convinzione comune di questi studiosi è che esistano
leggi eterne e immutabili nella regolazione del ritmo, applicabili
tanto alla musica antica quanto a quella moderna: tra queste, vi è
l’isocronia, ovvero la riduzione di ogni frase musicale a battute di
identica durata, di cui ritengono di trovare attestazione negli Ele-
menta rhythmica di Aristosseno59. Molto chiara è la formulazione

evidence from Epidaurus, «ZPE» LXIII (1986) 39-46; SUZANNE BONNEFAS, The musi-
cal inscription from Epidauros, «Hesperia» LVIII (1989) 51-62.
56Cfr. W.J. VERDENIUS, Commentaries on Pindar, I. Olympian Odes 3, 7, 12, 14,
Leiden 1987, 12s.
57 Si vedano le prefazioni a Terpandro, Alceo e Saffo nel vol. II dei Poeti lirici (Bo-
logna 1932), nonché le ricostruzioni musicali proposte per molti dei frammenti dei
poeti melici arcaici non solo nel vol. II, ma anche nel III e nel IV (Bologna 1933 e
1935).
58Versione francese di &'!Ú  )%# Ú "*$+, Ú )! ,  !,
Riga 1928 (in greco moderno).
59Cfr. ad es. DEL GRANDE, Sviluppo musicale, cit., 1-16, dove il P. Oxy. 9 è accolto
come un frammento degli Elementa rhythmica di Aristosseno (ora si tende invece a ve-
dervi un trattato di scuola aristossenica, attribuibile a quegli studiosi noti da Aristide
Quintiliano come 9 +" & o “unionisti”, per via del loro metodo, che coniugava
220 etrica greca
di Del Grande: «pongo a base d’ogni ricostruzione metrica, per
quanto è possibile, l’u n i t à d i t e m p o, sì che molti sistemi ritenu-
ti misti, per me non saranno tali, a cominciare dai logaedi e dai dat-
tilo-epitriti»60. Ciò significa che un verso come, ad esempio, l’ende-
casillabo saffico, scandito come l’unione di tre misure metriche

(ovvero dipodia trocaica, dipodia dattilica catalettica, dipodia tro-


caica catalettica), è musicalmente interpretato come una successione
di tre battute di 6/8:
    | .  |  . 
(a costo di assegnare alle sillabe lunghe e alle brevi durate variabili e di
includere nel conto dei tempi anche la pausa finale, del valore di 1/8).
Tuttavia, come ha osservato Rudolf Wagner61, l’unità di tempo e l’iso-
cronia delle battute sono un portato della musica per orchestra.
In séguito, Del Grande ha riconosciuto l’errore metodologico e
ha abbandonato questa idea, ammettendo che il principio dell’iso-
cronia fu seguito nella musica greca arcaica e classica (fino ad Ari-
stosseno) solo in certi casi (ad es. nei versi costituiti dalla ripetizio-
ne dello stesso metro di base: dimetro anapestico, trimetro trocai-
co, etc.), e solo dopo il IV sec. a.C. fu impiegato con costanza62 –
in realtà, anche quest’ultima affermazione va in parte ridimensiona-
ta e precisata alla luce di quei documenti musicali d’età ellenistica
ed imperiale che non si attengono all’isocronia (si pensi agli inni
delfici del 128/127 a.C. [DAGM 20s.] e all’Inno alle Muse attribui-
to a Mesomede [DAGM 24])63. Frutto del ripensamento dell’ap-

la teoria ritmica aristossenica e l’analisi metrica dei versi: cfr. L.E. ROSSI, POxy.
9+POxy. 2687. Trattato ritmico-metrico, in AA. VV., Aristoxenica, Menandrea, Frag-
menta philosophica, Firenze 1988, 11-30; B. GENTILI-LIANA LOMIENTo, Problemi di
ritmica greca. Il monocrono (Mart. Cap. De nupt. 9. 982; P.Oxy. 2687+9); l’elemento
alogos (Aristid. Quint. De mus. 17), in B. G.-FRANCA PERUSINO [edd.], Mousike. «Metri-
ca ritmica e musica greca in memoria di Giovanni Comotti», Pisa-Roma 1995, 61-75: 72).
60 Espressione, cit., 15. Con unità di tempo si intenda il valore che forma un tempo
della battuta: in una battuta di 3/4, ad esempio, l’unità di base è la semiminima (1/4),
mentre in una battuta di 3/8 è la croma (1/8).
61 R. W., Rec. di DEL GRANDE, Espressione, cit., «Gnomon» IX (1933) 162-166: 163.
62 Cfr. DEL GRANDE, Metrica greca cit. [vd. infra] 183, 207s.
63Cfr. E. PÖHLMANN, Griechische Musikfragmente. Ein Weg zur altgriechischen
Musik, Nürnberg 1960, 42 e 45; PÖHLMANN-WEST, DAGM, cit., 72.
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 221

proccio musicale ‘westphaliano’ da parte dello studioso è l’ampia


trattazione La metrica greca (Torino 1960), in cui il punto di par-
tenza per l’interpretazione musicale dei versi greci d’età arcaica e
classica è la teoria di Damone, maestro di musica e consigliere politi-
co di Pericle64, testimoniata da Aristofane nelle Nuvole (vv. 635-651)
e da Platone nella Repubblica (399e-400c), mentre la teoria ritmica
aristossenica è ritenuta valida per l’età post-classica (per Del Grande
caratterizzata da costante isocronia, come s’è visto).

La teoria damonica è ricostruita – a dire il vero in maniera piuttosto per-


sonale – nei seguenti termini: elemento primo di ogni misura metrico-rit-
mica era per Damone il tempo primo, corrispondente ad una sillaba breve
(o ad una nota di pari durata); l’unione di un certo numero di tempi primi
secondo precise proporzioni matematiche (1:1, 2:1 o 1:2, 3:2 o 2:3) costi-
tuiva i piedi, i metri (cioè le dipodie) e le basi (ovvero l’unione di un piede
completo e di un piede ‘catalettico’, con protrazione della sillaba finale: ad
es. )65; piedi, metri e basi erano scanditi chironomicamente in due
parti, “su” (B, con movimento della mano verso l’alto) e “giù” (("B,
con opposto movimento della mano), la cui relazione reciproca era defini-
ta dalle suddette proporzioni e la cui posizione determinava il movimento
del ritmo (! B [)66, che poteva essere ascendente ( … …) o discen-
dente ( … …).

Sulla base della teoria così ricostruita, lo studioso interpreta la


melica arcaica e classica67, ripartendola in «forme "Ï +"»,
«forme monodiche "Ï \) ]&», «forme corali "Ï \) ]&».
La prima categoria corrisponde alla poesia recitata, generalmente

64Cfr. Metrica greca, cit., 216-229. Al riguardo si veda anche l’articolo Damone
metrico, «GIF» I (1948) 3-26  Filologia minore, Milano-Napoli 1967, 197-214.
65 Naturalmente, si tratta di una catalessi legata al puro schema metrico della misu-
ra: la protrazione della sillaba lunga finale a 3 tempi primi fa sì che la durata comples-
siva (3:3) sia la medesima rispetto alla misura completa ( ).
In realtà, la valenza musicale del termine sembra essere stata piuttosto quella di
66

‘tempo di esecuzione’: si vedano ROSSI, Metrica e critica stilistica, cit. [n. 5], 14s., 55-63;
ELEONORA ROCCONI, Il tempo musicale nelle fonti dell’antica Grecia, in G. BORIO-
C. GENTILI (edd.), Storia dei concetti musicali: armonia, tempo, Roma 2007, 249-259.
67 Cfr. Metrica greca, cit., 263: «qui, rispetto a metri e ritmi, saranno accolte come
precipue le affermazioni di Damone, per quel che ci è noto e innanzi s’è tentato di
chiarire. Per l’informazione generale ci si avvarrà della tradizione metricistica antica,
che non contrasta alle teorie damonee».
222 etrica greca
priva di accompagnamento musicale e costruita per versi; le altre
due corrispondono ai canti per musica, costituiti non da versi ma da
«periodi ritmici più o meno ampi e suscettibili di divisione in incisi
minori», i cola della tradizione antica, «concatenati da un ritmo co-
stante (o sempre ascendente o sempre discendente)» (pp. 280s.).
Principio fondamentale della melica è pertanto la costanza e l’u-
niformità del flusso ritmico all’interno del periodo, la vera unità
musicale delle antiche composizioni greche, rispetto al quale le mi-
sure inferiori passano in secondo piano68.
Un ‘westphaliano’ moderato è stato Émile Martin (Essai sur le
rhythmes de la chanson grecque antique, Paris 1953)69, esperto di
canto gregoriano e direttore del Coro di Saint-Eustache a Parigi
(1964-1988), al quale si deve un tentativo di interpretazione ritmico-
musicale della poesia monodica greca dall’età arcaica a quella ales-
sandrina. Oltre alle competenze musicali, nel suo Essai lo studioso
ha mostrato di possedere anche senso storico quando ha affermato
che le ‘leggi del ritmo’ non sono applicabili allo stesso modo alle
composizioni musicali di ogni tempo e ha ribadito che l’ictus inten-
sivo non giocò alcun ruolo nel ritmo della poesia greca (pp. 9-24) e
che la regolarità ritmica basata su misure isocrone non fu l’unico
principio compositivo operante nella musica greca (pp. 37-63). Rea-
gendo all’approccio tradizionale, basato su «dissezioni metriche più
o meno arbitrarie», Martin ha ritenuto che si debbano invece con-
siderare versi e strofe nella loro interezza e che solo il «sentimento
del ritmo» permetta di individuare i reali elementi costitutivi del
flusso ritmico70. Tali elementi sono ravvisati in alcune «cellule rit-
miche originarie» (p. 343), ovvero schemi sillabici di ridotta esten-
sione sui quali i compositori intervenivano con la loro forza creati-
va. Tra queste cellule quella più produttiva nella melica monodica
sarebbe la sequenza , che è alla base delle varie con-

68 Si osservi la singolare consonanza con l’importanza assegnata al periodo metrico


dalla Dale limitatamente alla melica corale non drammatica (Collected Papers, cit.
[n. 21], 45).
69 Si veda il giudizio su Westphal espresso alle pp. 55s.: «il est indéniable que
Westphal, en dépit des applications parfois contradictoires qu’il fait de ses propres
théories, a éclairci de nombreux points de la métrique grecque».
70 Essai, cit., 61: «notre méthode s’eloigne sensiblement de la mèthode traditionnel-
le […], elle se fonde d’abord sur le sentiment du rythme et non sur des dissections mé-
triques plus ou moins arbitraires».
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 223

figurazioni dei versi eolici (elencati alle pp. 250s.). Nell’interpreta-


zione di questi versi il metodo dello studioso manifesta i suoi limiti:
quel «sentimento del ritmo» che deve presiedere all’analisi di una
composizione melica mostra di essere un criterio affatto soggettivo,
influenzato dalla sensibilità musicale di chi compie l’analisi71. Non
si vede, infatti, quale altra motivazione stia alla base dell’affer-
mazione secondo cui,
nel cantare i loro scolî e le loro odi amorose, Alceo, Saffo e Anacreonte al-
lungavano per istinto alcune lunghe, abbreviandone altre, secondo il ritmo
interiore di cui la sequenza di lunghe e di brevi forniva al lettore lo schema
approssimativo72.

La suddetta cellula avrebbe rappresentato, dunque, solo


uno schema mnemonico di base che poteva essere volta per volta
realizzato, sul piano esecutivo, in maniere differenti, a seconda del-
l’ethos o carattere di una certa composizione (ad es. in 6/8: 

  |  ,
oppure in 2/4:    |  .  |  , o in 4/4    |  .  o ancora in 3/4    |   )73.
Ne consegue un evidente scollamento tra metrica e ritmica, e fin dal-
l’epoca arcaica! Il richiamo alla (ben più tarda) testimonianza di
Dionigi di Alicarnasso (Comp. 17) sui dattili e sugli anapesti eseguiti
con tempo un po’ più rapido di altri non può chiaramente sostenere
una simile ricostruzione, che comporta notevoli variazioni della du-
rata di sillabe lunghe e brevi. Il senso storico di Martin, saldo nelle
questioni teoriche, appare molto meno saldo nell’analisi concreta dei
versi melici greci, che non può pertanto essere condivisa.
Un più fondato tentativo di analisi ritmica della melica greca,
soprattutto di quella corale, è stato compiuto da Lionel Pearson
(Catalexis and anceps in Pindar: a search for rhythmical logic,
«GRBS» XV, 1974, 171-191; The Greek theory of rhythm. Ari-
stoxenus and others, in Aristoxenus. Elementa rhythmica, Oxford
1990, XXIII-LIV). Editore e commentatore degli Elementa rhyth-

Si vedano gli opportuni rilievi di R.P. WINNINGTON-INGRAM (Music and metre,


71

«CR» V, 1955, 83-86: 85) e di DEL GRANDE (Metrica greca, cit., 190).
Essai, cit., 217: «en chantant leurs scolies et leurs odes amoureuses, Alcée, Sapho,
72

Anacréon allongaient d’istinct certaines longues, en raccourcissaient d’autres selon le


rythme intérieur dont la suite de longues et de brèves donnait au lecteur le schéma ap-
proximatif».
73 Le quattro realizzazioni sono proposte da Martin a p. 218.
224 etrica greca
mica di Aristosseno, lo studioso ha lamentato l’assenza di riferi-
menti a questo trattato nei manuali di metrica novecenteschi, a sé-
guito dell’influente giudizio espresso da Wilamowitz (Griechische
Verskunst, cit., 66s.) sulla non applicabilità della teoria aristossenica
alla poesia greca arcaica e classica74 – una posizione, come si è visto
poco sopra, sostenuta anche da Del Grande nella Metrica greca
(cit., 207, 256-258, 262) e che si basa sulla considerazione delle in-
novazioni che verso la fine del V sec. a.C. modificarono il rapporto
tra testo poetico e accompagnamento musicale, consentendo a que-
st’ultimo un’adesione al profilo ritmico del testo più libera rispetto
al passato.
Pearson, per parte sua, limita fortemente la portata di tali inno-
vazioni75 e ritiene pertanto che la teoria ritmica aristossenica sia di
primaria importanza per l’interpretazione ritmica delle compo-
sizioni musicali arcaiche e classiche e, in particolare, per la com-
prensione di alcuni aspetti del ritmo che non possono dedursi dal
solo testo poetico, in quanto inerenti all’esecuzione. Tra questi, due
sono di particolare importanza: la presenza di p a u s e, necessarie a
chi canta per riprendere fiato, e l ’ i s o c r o n i a d e l l e m i s u r e
d e l r i t m o, necessaria soprattutto nel canto corale per permettere
ai coreuti di eseguire passi di danza di uguale durata. Il presuppo-
sto da cui parte lo studioso è che il senso ritmico degli antichi Gre-
ci non differisca dal nostro e che l’onere della prova spetti a coloro
che sostengono la tesi opposta: «it is for them to show how and
why ancient rhythmic instinct and ancient hands and feet and voi-
ces were different from ours»76. Ciò lo esime dal giustificare l’idea
che la coreografia di un Coro greco si basasse su un ritmo il più
possibile semplice e regolare, fatto di battute isocrone.
La riflessione dello studioso prende l’avvio dai dattilo-epitriti di Pinda-
ro, su cui verte l’articolo del 1974 sopra citato. Nell’applicare a queste
strutture metriche la teoria di Aristosseno, Pearson nota due fenomeni che
causano serie ‘distorsioni’ del ritmo, mal conciliabili con l’esecuzione di

74 Cfr. PEARSON, The Greek theory, cit., XXVIII e n. 11.


75 Ivi: «there is […] no direct evidence of any striking change in rhythmic theory
or attitude to rhythm since the time of Pindar and Aeschylus, and Aristotle himself
wrote an ode in Pindaric style. The ‘new music’ of Euripides seems to have been con-
cerned mainly with style, not to have involved any innovations in rhythmic theory».
76 PEARSON, Catalexis, cit., 174; cfr. anche The Greek theory, cit., XLIII n. 34.
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 225
un gruppo corale formato, tra l’altro, da cantori/danzatori non professio-
nisti: 1) la catalessi, cioè il venire meno di una durata in certe posizioni;
2) l’anceps, ovvero la possibilità che la medesima posizione metrica sia rea-
lizzata da una sillaba breve o da una sillaba lunga.
1) Lo studioso nota che l’hemiepes compare sia nella forma
(cosiddetto hemiepes femminile), sia nella forma catalettica (he-
77
miepes maschile), la quale è costituita da due piedi ritmici dattilici com-
pleti (un tempo in battere lungo, un tempo in levare altrettanto lungo, cor-
rispondente al biceps) e da una singola sillaba lunga, che, secondo quanto
Aristosseno afferma (El. rhythm. 18), non può da sola costituire un piede
ritmico: questo è sempre l’insieme di due movimenti, l’uno in levare e l’al-
tro in battere, cui corrispondono i movimenti fisici dei danzatori che sol-
levano e abbassano il piede a terra. La catalessi, pertanto, rappresenta un
sovvertimento del ritmo di non poco conto: il venire meno della seconda
parte del dattilo implica il venire meno di un movimento dei danzatori. La
soluzione è individuata da Pearson nell’inserzione di una pausa (E%&
 %&, “tempo vuoto”, secondo la teoria antica)78 alla fine dell’hemiepes
maschile, per ripristinare il movimento mancante: l’ultimo piede dell’he-
miepes viene così ad essere composto dalla sillaba lunga (tempo in battere
o tesi) e da una pausa di pari lunghezza, che costituisce il tempo in levare
(o arsi), .79. Una pausa più breve, invece, è ipotizzata nel caso
dell’hemiepes femminile terminante in sillaba breve ( ): per con-
ciliare questa chiusa della sequenza con quella lunga ( ) basta in-
tegrare un tempo vuoto pari alla durata di una sillaba breve, .
Un discorso analogo vale anche per l’epitrito trocaico ( ), quando si
presenta nella forma catalettica : la durata mancante viene reintrodotta
per mezzo di una pausa corrispondente ad una sillaba lunga, . Natu-
ralmente, la possibilità di inserire una pausa si dà solo laddove vi sia fine
di parola dopo l’hemiepes o dopo l’epitrito.
2) L’epitrito, nella forma trocaica ( ) come in quella giambica ( ),
si trova talora in responsione con dipodie rispettivamente trocaiche ( )

77 Il piede ritmico è, secondo la definizione di Aristosseno (El. rhythm. 16-18), la

misura del ritmo costituita da un’arsi (o tempo debole/in levare) e una tesi (o tempo for-
te/in battere) poste tra loro in un preciso rapporto aritmetico (1:1, 2:1, 3:2). Il piede me-
trico, invece, è definito da una certa sequenza sillabica (cfr. Aristid. Quint. I 22) e rap-
presenta una particolare realizzazione del piede ritmico (che è anche unità di misura
della musica e della danza), ma non sempre coincide con esso (cfr. Eleonora Rocconi,
Metro e ritmo nelle fonti di scuola aristossenica, «Lexis» XXVI, 2008, 279-290: 281s.).
78 Cfr. Quint. Inst. IX 4,51, Anon. Bellerm. 1 Najock; Aristid. Quint. I 18.
79Il segno ‘ ’ (  ) indica un tempo vuoto o pausa; il segno di diseme sovrap-
posto ( ) indica che la pausa vale due tempi primi o morae.
226 etrica greca
 giambiche ( ). Ciò comporta che i coreuti si trovano ad eseguire,
nella stessa posizione del verso, ora una sillaba lunga, ora una sillaba breve
(realizzazioni ammesse dal cosiddetto elemento anceps)80. Oltre a ciò, l’e-
secuzione è complicata dal fatto che l’epitrito è spesso associato a sequen-
ze dattiliche, così che all’interno del verso si vengono a trovare piedi rit-
mici di estensione differente: dattili, di 4 tempi primi, ed epitriti, di
7 tempi primi, composti da piedi semplici di 3 e di 4 tempi primi ( =
= ). La soluzione ipotizzata da Pearson per eliminare
l’alternanza di piedi di 4 tempi ( ) e di 3 tempi ( ) nel mede-
simo verso è l’allungamento dei piedi di 3 tempi alla misura temporale dei
piedi di 4 tempi: i piedi trocaici e giambici, pur mantenendo invariato il
rapporto tra tempo in levare e tempo in battere (2:1, 1:2), aumentano in
maniera proporzionale la durata delle note/sillabe che li compongono (in
termini musicali si parla di una terzina, )81. In questo modo, il verso
viene ad essere costituito da sole misure di 4 tempi primi.
La giustificazione per tali allungamenti è individuata nel paragrafo degli
Elementa rhythmica (27) dedicato ai diversi tipi di divisione della medesi-
ma misura di tempo (o battuta). Tra i vari tipi di divisione, Aristosseno
menziona la possibilità di ripartire una certa grandezza di tempo in parti
diverse tra loro per durata, ma uguali per numero. Ciò significa, ad esem-
pio, che una misura di 4 tempi può essere realizzata come , ma anche co-
me , naturalmente con l’assegnare alle sillabe un diverso valore tempora-
le, pur mantenendosi all’interno del piede il rapporto 2:1. Questo è possi-
bile, come s’è detto, tramite l’espediente della terzina, di cui sono ravvisa-
bili possibili esempi in alcuni documenti musicali dei secoli II-IV d.C.82.

A questo tentativo di interpretazione ritmica della melica corale,


che approda ad alcune concrete proposte di ricostruzione (si veda-
no le ritmizzazioni di Pind. O. 1,1-22, Soph. Ant. 332-352 e Eur.
Med. 410-430)83, non si può non riconoscere il merito di avere ri-
portato l’attenzione sull’aspetto musicale delle composizioni e di

80 La teoria ritmica antica denominava ‘irrazionale’ ( &) questo elemento, perché
esso esula dai rapporti aritmetici (% ) che definiscono la relazione reciproca tra arsi e
tesi all’interno del piede: il rapporto pari (1:1), quello doppio (2:1) e quello emiolio (3:2).
81Nel sistema metrico della musica occidentale la terzina indica un gruppo di tre
note dello stesso valore che occupa l’estensione complessiva di due note del medesimo
valore nominale.
82 Si veda ROCCONI, Metro e ritmo, cit., 287.
83 Cfr. PEARSON, The Greek theory, cit., XLIX-LIII.
a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 227

averlo fatto mediante un accurato studio della teoria aristossenica


(il commento di Pearson agli Elementa rhythmica è un valido ausi-
lio alla comprensione del testo). Si deve però osservare che l’appli-
cazione di questa teoria ai testi poetici risulta viziata da un’esigenza
di fondo, la necessità di un ritmo regolare, che non trova riscontro
nelle fonti antiche e che, anzi, pare essere da queste contraddetta.
In una preziosa testimonianza fornita da [Plut.] Mus. 21, 1138b-c,
un brano di probabile matrice aristossenica84, si contrappongono
gli innovativi compositori attivi tra la seconda metà del
V sec. e il IV sec. a.C. (Melanippide, Frinide, Timoteo, Filosseno ed
altri ancora), più attenti alla melodia ($  &), ai compositori
precedenti (ad es. Stesicoro, Simonide, Pindaro), più interessati al
ritmo ($%) ) e alla v a r i a z i o n e r i t m i c a (\) 
Û): «quanto alla variazione ritmica, a un’analisi corretta e
competente, fondata sul confronto tra le composizioni antiche e
moderne, risulterà che essa era in uso anche nel passato. Gli anti-
chi, infatti, impiegarono forme di composizione ritmica più varie.
Apprezzavano i ritmi elaborati e il loro stile di espressione stru-
mentale aveva maggiore varietà: i moderni sono più attenti alla me-
lodia, mentre gli antichi erano più attenti al ritmo»85. A questo pas-
so può aggiungersene un altro, anch’esso di probabile matrice ari-
stossenica: Aristid. Quint. I 19, dove si parla delle diverse possibi-
lità di modulare da un ritmo all’altro o da un tempo all’altro86. Alla
luce di queste testimonianze non è metodologicamente consigliabi-
le applicare sistematicamente a composizioni dell’età classica pro-
cedimenti attestati solo più tardi da Aristosseno e da alcuni brani

84 Cfr. G.A. PRIVITERA, Laso di Ermione nella cultura ateniese e nella tradizione
storiografica, Roma 1965, 80.
85 Traduzione di R. Ballerio (Milano 2000), con qualche modifica. L’originale greco
recita: A "& Ú  Ú "#& Û& ¿)X& " Ú
 ÛB&
9Û, "Ï "ı" Ú
"Ï < 9 ÛB, — _
 E:9  “9 Ú "ı" " Û. " ` Ï
 Ú "Ï& \) Û& Ûa –9b B"Ôa
E:-
9   "         Ûc
"Û B < " \)  Û, Ú "Ï  Ú "Ï& -
9 "Ï& Ó Ô"& "ı" ˘"  c  Ó Ï < $  &,  Ó "ı"
$ı) .
86 Quest’ultimo brano è ricordato da Pearson (The Greek theory, cit., XLVI), che
però non ne trae alcuna conseguenza e preferisce porre maggiormente l’accento sulla
«rhythmic continuity» (9 E& \) ). Si vedano al riguardo le giuste osserva-
zioni di A. BARKER, rec. di PEARSON, Aristoxenus. Elementa rhythmica, cit., «Music &
Letters» LXXII (1991) 71-74.
228 !etrica greca
musicali ellenistici e imperiali, brani la cui facies metrica è peraltro
assai più semplice di quelli pindarici, sofoclei ed euripidei. Per dirla
con la Dale (cfr. supra § 3.1.b), non si vede perché i compositori
antichi avrebbero dovuto elaborare complessi schemi metrici per
imporre loro, a livello musicale, un ritmo regolare ed uniforme.
Occorrerà semmai sforzarsi di comprendere le modalità delle varia-
zioni ritmiche.
Al termine di questa discussione sui vari tentativi di interpreta-
zione musicale della metrica greca si può osservare quanto insidio-
so sia il rischio di applicare alle composizioni antiche la sensibilità
musicale moderna. Il fatto è che le dottrine ritmiche greche, in par-
ticolare quella aristossenica, sono ricostruibili in maniera apprezza-
bile, ma non sono facilmente applicabili ai testi poetici, in assenza
di spartiti che forniscano informazioni sulle pause, sugli eventuali
allungamenti di certe sillabe da 2 a 3 tempi primi, sulla distribuzio-
ne delle arsi e sulle tesi, etc. Ciò non toglie, tuttavia, che tali aspetti
debbano essere tenuti in considerazione, soprattutto quando si è di
fronte alle cosiddette responsioni ‘impure’ (ad es. ~ ), per
non correre il rischio opposto di correggere un testo poetico sano
s o l o sulla base di una considerazione ‘libresca’ dell’antica poesia
per canto87. In questa direzione un contributo degno di interesse è
quello recentemente offerto da Joan Silva Barris88, il quale muove
dalla teoria ritmica aristossenica, dai documenti musicali e dall’ob-
servatio dei testi poetici d’età arcaica e classica (recitati e cantati)
per determinare la possibile durata delle sillabe brevi e lunghe che
realizzano gli elementi degli schemi metrici (si segnala, inter alia,
l’ampia trattazione relativa alla base eolica: pp. 108-116). Questo
studio, condotto con opportuna cautela, evidenzia una volta di più
che metrica e ritmica non coincidono tra loro e che la sillaba poteva
assumere durate variabili in certi contesti metrici (si pensi, ad esem-
pio, alle possibilità di realizzazione dell’elemento irrazionale di un
trimetro giambico, su cui vertono le pp. 80-92).

87 Altro discorso vale, ovviamente, per i passi in cui esistano problemi testuali.
88 J.S. B., Metre and Rhythm in Greek Verse, Wien 2011.
"a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 229

3.3. La ‘scuola storica’


Un indirizzo di studi rivelatosi produttivo è quello che va sotto
il nome di ‘scuola storica’, per via della considerazione delle forme
metriche in chiave storica o diacronica, ovvero in rapporto alla loro
origine e al loro sviluppo: un metodo desunto dalla grammatica
storica e applicato al sistema metrico nella convinzione che questo,
come il sistema linguistico, sia un organismo che si definisce nel
suo divenire storico.
L’indirizzo fu inaugurato sul finire del XIX secolo da Hermann
Usener, sulla scorta di due studi, l’uno di Theodor Bergk (Über das
älteste Versmass der Griechen, Freiburg 1854) e l’altro di Rudolf
Westphal (Zur ältesten Metrik der indogermanischen Völker,
«ZVS» IX, 1860, 437-458). Il primo riconduceva le origini dell’esa-
metro greco a due unità più brevi (un enoplio, , e un pa-
remiaco, ) di origine popolare, secondo quella conce-
zione tipicamente romantica che individuava nella Volksdicthung la
più antica forma d’arte89. Il secondo, invece, poneva le basi per uno
studio comparato della metrica mediante un confronto tra versi
greci, vedici e avestici e l’individuazione di tratti identici riconduci-
bili ad un’origine comune (si presuppone pertanto una preistoria
metrica anteriore alla civiltà greca). Come Bergk, anche Usener
partì da un esame della struttura dell’esametro per approdare alla
conclusione che fosse il risultato dell’unione di due paremiaci
( ), attraverso una serie di trasformazioni e
regolarizzazioni. Ma compì anche un passo ulteriore, in cui si avver-
te l’influenza della nascente vergleichende Metrik di Westphal: egli
cercò una conferma di questa ricostruzione nel confronto con altre
versificazioni (vedica, iranica, latina, germanica, slava, etc.) e giunse a
postulare un ottonario indoeuropeo (un verso a quattro percussioni
o tempi forti, passibile di sincopi e catalessi), dal quale sarebbe disce-
so il paremiaco greco e, dunque, l’esametro.
Per definire questo modo di procedere si è parlato di una «me-
trica evolutiva»90 o di uno «storicismo ancora “teologico”», inte-
ressato cioè a «ricercare l’Urvers, cioè l’!E[»91 delle strutture me-

89 Cfr. FANTUZZI, Preistoria dell’esametro, cit. [n. 135], 36s.


90 Cfr. PEABODY, The Winged Word, cit. [n. 122], 20.
L’icastica definizione si deve a S. TIMPANARO, Questioni di metrica greca,
91

«ASNP» s. 2 XX (1951) 1-20: 1. Sull’approccio di Usener e sui suoi limiti si veda


230 #etrica greca
triche greche e delle versificazioni di altre lingue indo-europee in
una fase comune originaria, che si riteneva essersi conservata con
maggiore fedeltà nel verso tonico e allitterante germanico antico o
Stabreimvers (di qui deriva la convinzione che il verso indo-euro-
peo fosse accentuativo)92.
Si deve a Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff (Griechische
Verskunst, cit.) il merito di avere spostato il focus dell’attenzione
sullo sviluppo storico dei metri greci e di avere compreso l’im-
portanza che nella poesia melica greca rivestono dimetri e Kurzver-
se (cioè «versicoli» più brevi dei dimetri), strutture unitarie e indi-
visibili (non deve fuorviare il nome ‘Dimeter/dimetro’), considerate
come tante derivazioni di un originario dimetro o ottonario con
quattro percussioni forti (Hebungen).
Secondo lo studioso (ibid. 88-136, 612s.), da un verso originario (Ur-
vers) del tipo oppure , con quattro percus-
sioni forti o Hebungen (rappresentate da sillabe lunghe colpite da un ictus)
precedute oppure seguite da altrettante percussioni deboli o Senkungen
(variamente realizzate da una sillaba breve o da una lunga o da due brevi),
sarebbero derivati i principali dimetri della poesia cantata greca: il dimetro
coriambico (nelle sue varie forme: ), il
gliconeo ( ), il dimetro trocaico ( ), il dimetro giambico
( ), il dimetro dattilico ( ), il dimetro anapestico
( ), il dimetro ionico (sia a minore , con la sua
forma anaclastica , sia a maiore ). Accanto all’Ur-
vers, Wilamowitz riteneva altrettanto antico e originario anche un secondo
pattern ritmico, l’enoplio , con tre percussioni forti precedute
da altrettante percussioni deboli ed una percussione debole posta alla fine
dell’intera sequenza; la sua forma catalettica è il prosodiaco ,
spesso impiegato nella forma (riconducibile ad una delle forme
libere del dimetro coriambico: ). Forme ulteriormente decurtate
dell’enoplio sono i due hemiepe, femminile e maschile (
), nonché, secondo lo studioso, tutta una serie di Kurzverse, co-
me il reiziano ( ), il docmio ( ), l’adonio ( ).

E. CAMPANILE, La metrica comparativa di Hermann Usener, in AA. VV., Aspetti di


Hermann Usener filologo della religione, Pisa 1982, 137-145.
92 Sul verso germanico antico, cfr. GASPAROV, Storia del verso europeo, cit. [n. 121],
781-85; URSULA ISSELSTEIN, Breviario di metrica tedesca, in ANNA CHIARLONI-URSULA
ISSELSTEIN, Poesia tedesca del novecento, Torino 1990, 423-472: 426ss. Si tratta di un
verso nel quale contano solo le sillabe accentate, tra le quali può trovarsi un numero
variabile (da 0 a 2) di sillabe atone.
$a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 231

In questa prospettiva, la preistoria metrica serve a spiegare la


versificazione storicamente documentata: analisi dei testi poetici
(observatio) e studio storico-comparativo dei metri sono due mo-
menti del medesimo metodo di indagine. L’aspetto della compara-
zione con altri sistemi metrici passa in un secondo piano: esso sarà
ripreso e approfondito, su nuove basi, da Meillet (cfr. infra § 3.4).
All’approccio di Wilamowitz si sono richiamati gli esponenti
novecenteschi dell’impostazione storica in metrica, tra i quali oc-
corre ricordare, oltre a Karl Rupprecht (inizialmente fautore
dell’approccio ‘maasiano’)93, Giorgio Pasquali, che ha introdotto
tale indirizzo di studio in Italia94, e con lui Gennaro Perrotta e
Bruno Gentili95.
A Gentili, in particolare, si deve una sistematica rimeditazione
dei presupposti della metrica storica96: egli ha rifiutato il postulato

93 Cfr. supra n. 17.


94 Indicativo dell’approccio pasqualiano è lo studio sulle origini del saturnio (Prei-
storia della poesia romana, Firenze 1936). Sui suoi studi di metrica si vedano S. TIMPA-
NARO, Pasquali e la metrica, «A&R» s. 4 II (1952) 220-223; DEL GRANDE, Metrica gre-
ca, cit., 203; B. GENTILI, Gli studi di Giorgio Pasquali sulla metrica greca e sul saturnio
latino, in F. BORNMANN, Giorgio Pasquali e la filologia classica del Novecento. «Atti
del convegno. Firenze-Pisa, 2-3 dicembre 1985», Firenze 1988, 79-99; FABIANO, Pro-
blemi e orientamenti, cit., 420.
95 Si vedano le osservazioni metriche di Perrotta contenute in alcuni articoli sui
frammenti di Archiloco, Saffo e Sofrone (Saffo, fr. 152 Diehl, «SIFC» n.s. XIV, 1937,
301-310; Sofrone poeta in versi, n.s. XXII, 1947, 93-100; Il frammento 123 Diehl di
Saffo, «Maia» I, 1948, 52-61; Alcmanio e reiziano in Archiloco, VII, 1955, 14-19); sulla
sua teoria dei dimetri equivalenti cfr. B. GENTILI, Metrica greca arcaica, Messina-Firen-
ze 1950, 23; S. TIMPANARO, Questioni di metrica, cit., 4s.; DEL GRANDE, Metrica, cit.,
211; FABIANO, Problemi e orientamenti, cit., 421, n. 8. Per un profilo di Perrotta metri-
cista, cfr. G. MORELLI, Gennaro Perrotta studioso di metrica, in B. GENTILI-A. MASA-
RACCHIA (edd.), Giornate di studio su Gennaro Perrotta, «Atti del convegno. Roma,
3-4 novembre 1994», Pisa 1996, 93-115; ID., Metrica greca e saturnio latino. Gli studi
di Gennaro Perrotta sul saturnio, Bologna 1996 (versione più ampia del contributo pre-
cedente). Su Gentili cfr. la nota seguente.
96 Cfr. Metrica greca arcaica, cit.; La metrica dei Greci, Messina-Firenze 1952; con
Liana Lomiento, Metrica e ritmica. Storia delle forme poetiche nella Grecia antica, Mi-
lano 2003 (trad. ingl. a cura di E.C. KOPFF, Pisa-Roma 2008). Per i numerosi articoli di
argomento metrico si rinvia alla bibliografia dell’ultimo volume (pp. 293-295); va se-
gnalato almeno l’importante saggio, scritto con P. GIANNINI, Preistoria e formazione
dell’esametro, «QUCC» XXVI (1977) 7-51 (ripubblicato, in una versione rivista dagli
autori, in FANTUZZI-PRETAGOSTINI, Struttura e storia dell’esametro greco, cit. [n. 23],
II, 11-62). Le voci metriche curate per il Grande Dizionario Enciclopedico UTET (tra
le altre: Metrica greca, Emiasclepiadeo, Gliconeo, Prosodiaco) sono ora utilmente riuni-
232 &etrica greca
di un verso originario con quattro tempi forti marcati da un ictus
intensivo a favore di un dimetro di schema , caratte-
rizzato da 4 sillabe lunghe fisse nel numero, ancorché non nella
posizione (in ogni caso, senza alcun ictus). Tale dimetro non è stato
inteso dallo studioso in senso genetico, ma come «un pattern ritmi-
co di base che nella struttura verbale, cioè nella realizzazione del
verso, si configura in schemi diversi nella disposizione dei tempi
forti e deboli, ma connotati dalla fissità di 3 o 4 tempi forti»97 (e.g.
dimetro giambico , gliconeo , dimetro coriam-
bico , dimetro coriambico libero , prosodiaco
, enoplio , hemiepes femminile ).
Come già per Wilamowitz, anche per Gentili tale pattern ritmico
doveva configurarsi come una struttura unitaria, «in sè conclusa e
indecomponibile» (Metrica dei Greci, cit., 19). La sua centralità
nella metrica lirica è argomentata dallo studioso non solo sulla base
del suo frequente impiego nella versificazione greca, ma anche sulla
scorta dalla teoria ritmica antica.
Lo studioso nota che le strutture elencate da Aristide Quintiliano (I 16,
pp. 36,1-24 W.-I.) come forme del “periodo ritmico di 12 tempi primi”
( & B (9 &) altro non sono che dimetri: si tratta di sequenze
costituite da piedi semplici di ritmo diverso98 (giambi e trochei) che si al-
ternano tra loro periodicamente: 1. , 2. ,
3. , 4. , 5. , 6. , 7. ,
8. , 9. , 10. , 11. , 12. .
Questi e gli altri dimetri attestati nella versificazione melica greca, spes-
so in associazione tra loro, sono stati considerati da Gentili – come già da
Perrotta (vd. supra n. 95) – strutture tra loro equivalenti sul piano ritmico:
«pur nella diversità delle forme, essi conservano l’uniformità del ritmo di
dodici tempi o dodecasémo, uniformità che si fonda sulle quattro sillabe
lunghe le quali, se mutano di posto nel loro diverso alternarsi con le brevi,
restano pur sempre fisse» (Metrica dei Greci, cit., 18). Tale equivalenza è
stata estesa dai due studiosi anche alle forme decurtate del dimetro (infe-
riori ai 12 tempi primi: ad es. l’itifallico o il reiziano del tipo
) e a quelle ampliate (superiori ai 12 tempi primi: ad es. l’enoplio

te nel Dizionario di Retorica e Stilistica, a cura di G. BÀRBERI SQUAROTTI-G. GORRASI-


W. MELIGA-C. MOLINARO (Torino 2008).
97 GENTILI, Preistoria e formazione, cit. [n. 96], 31.
98 Sul concetto di piede ritmico cfr. supra n. 77.
'a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 233
del tipo ) sulla base della frequente associazione di tali forme
a quelle dodecaseme o del loro trovarsi in responsione con esse.
Su questa troppo ampia applicazione del principio di equivalenza sono sta-
te espresse alcune ponderate riserve da S. Timpanaro (Questioni, cit. [n. 90],
5-11) e da E. Grassi (Inediti, cit. [n. 27], 152-154). I due studiosi hanno ri-
levato che: (1) la semplice associazione di alcune sequenze metriche, a dif-
ferenza della responsione, non implica necessariamente l’equivalenza delle
sequenze tra loro; (2) l’ammissione dell’equivalenza di sequenze metriche
di estensione assai variabile (dai dodecasemi veri propri, come ad es. il gli-
coneo , agli ottasemi, come il reiziano del tipo ) non ap-
pare rispondente ad un principio ritmico unitario, né ad uno fondato su
un ugual numero di tempi forti (o tesi), né, tanto meno, ad uno basato su
un ugual numero di tempi primi.

Una conferma dell’antichità dei dimetri o cola è stata individua-


ta da Gentili e da Pietro Giannini99 nella struttura dell’esametro
epico, nel quale le incisioni pentemimere, trocaica, eftemimere e
bucolica individuano due emistichi spesso coincidenti con le for-
mule individuate da Milman Parry100: tali emistichi coincidono con
i cola enopliaci impiegati nella versificazione melica (ad es. nei
kat’enoplion-epitriti di Stesicoro, Pindaro, Bacchilide) e presenti
anche in alcune iscrizioni arcaiche, votive e funerarie101.
(hemm) (en)
#   ) Ï deÌ B 6E#o&
(hemf) (en)
"Ù í †  "í @ " Ì& & 6E ˜&
(4da ) (reiz)
"Ù í ! ı & 9Ô$ ı& ‹ˆ& 6E ˜&
(4da) (adon)
fl&  $B:99í j :9" dÏ& 6):

()9 Cfr. GENTILI-GIANNINI, Preistoria e formazione dell’esametro, cit. [n. 96].


100M. P., L’épithète traditionnelle dans Homère. Essai sur un problème de style
homérique, Paris 1928, 50s., 71, 78s. (= The Making of the Homeric Verse. The Collec-
ted Papers of M. Parry, ed. by A. PARRY, Oxford 1971, 1-190: 39, 57, 63).
101La denominazione kat’enoplion-epitriti, coniata da Gentili, si riferisce alle strut-
ture chiamate, soprattutto in area tedesca e anglosassone, dattilo-epitriti, secondo la
proposta di R. Westphal (su cui cfr. supra § 1). Sulla questione si vedano GENTILI, La
metrica dei Greci, cit. [n. 96], 105s.; MARTINELLI, Gli strumenti del poeta, cit. [n. 15],
257s.; GENTILI-LOMIENTO, Metrica e ritmica, cit. [n. 96], 204s.
234 *etrica greca
Secondo Gentili,
se questi schemi metrici, nei quali si erano cristallizzate le più antiche for-
mule dell’epos, sono reperibili sia nella lirica arcaica, sia nelle iscrizioni,
l’ipotesi più corretta è che essi siano anteriori alla fissazione di quel com-
posito metro epico che è l’esametro. Un patrimonio di figure ritmiche nel-
le quali si espresse la più antica poesia cantata di tutto il mondo greco in-
dipendentemente dalle aree dialettali102.

Solo in un secondo momento tale patrimonio ritmico-formulare


sarebbe passato da una più libera organizzazione dei cola, legata al
canto, ad una struttura più rigida e normalizzata in senso omorit-
mico (ovvero sulla base del riconoscimento del metro dattilico co-
me misura fondamentale del verso), ripetuta in successione stichica.
Alla luce di questa di questa ricostruzione trovano una plausibile spiega-
zione alcune forme ‘irregolari’ di esametro, caratterizzate dal ‘turbamento’
del ritmo dattilico in corrispondenza di un’incisione: cfr. e.g. Il. IX 506
pollòn ∞peproqéei, fqánei dé te pa`san ejpí ai\an (con un giambo
al posto dell’atteso spondeo dopo la pentemimere), Od. VII 89
! ˜  Ó 9") Ú
 EÔ k9"9 Ã (con una sillaba lunga al
posto dell’attesa breve dopo la cesura del terzo trocheo), X 141 naúlocon
™$ liména -, kaí ti$ qeò$ ≤gemóneuen (con brevis in longo davanti alla
pentemimere). Tali anomalie possono trovare una giustificazione, sul pia-
no diacronico, se si pensa che esse riflettano un’originaria fase in cui i cola
enopliaci (hemiepe maschile e femminile, enoplio, prosodiaco, reiziano) si
associavano liberamente tra loro senza formare un vero e proprio verso
unitario (asinartesi): questo spiegherebbe perché fosse ammessa la brevis
in longo – un fenomeno che ricorre alla fine di un verso o di un periodo –
tra un colon e l’altro (come in Od. X 141) e perché fossero ammesse com-
binazioni di cola che non producevano come risultato un verso dattilico
(come nei casi di Il. IX 506 e Od. VII 89).

Ultimamente, nel trattato scritto da Gentili insieme con Liana


Lomiento (Metrica e ritmica, cit. [n. 95]), si osservano alcune signi-
ficative differenze rispetto alle precedenti opere dello studioso. Se
pure è ribadita l’importanza del dimetro o colon per la poesia can-

102 Cfr. GENTILI-GIANNINI, Preistoria e formazione dell’esametro, cit. [n. 96], 27


(= Struttura e storia dell’esametro greco, cit., 30s.).
+a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 235

tata, quest’ultimo non è più ritenuto indecomponibile, bensì ana-


lizzabile come l’unione di due metra (ibid. 13s., 44, 155). Il princi-
pio di equivalenza appare ora limitato alle forme dei dimetri veri e
propri – sia quelle enucleate da Aristide Quintiliano (vd. supra), sia
quelle polischematiche (9E ("9", secondo la terminologia
impiegata da Efestione) impiegate da Corinna, da Pindaro, e ancora
dai tragici e dai comici (ibid. 14)103 – ed è inteso dai due studiosi nel
senso della teoria metrica antica, quello di ‘parentela’ o affinità
(9 + ) tra i metra fondamentali (giambo , trocheo ,
dattilo , anapesto , coriambo , antispasto , io-
nico a minore , ionico a maiore , peone-cretico ), le
cellule costitutive dei dimetri o cola . Secondo la teoria antica,
104

metra riconducibili gli uni agli altri per mezzo dell’aggiunta, della
sottrazione o della metatesi di una sillaba sono tra loro affini (il
giambo e il trocheo; l’anapesto e il dattilo; il coriambo e il digiam-
bo; il ditrocheo e lo ionico a minore; etc.). In questa prospettiva è
spiegato anche il fenomeno delle responsioni libere, ad esempio tra
gli schemi metrici (tra loro affini) del coriambo e del digiambo,
~ , o tra quelli (altrettanto affini) dello ionico a maiore e
del ditrocheo, ~ (ibid. 40)105.
Tale sistemazione ha a fondamento la riconsiderazione globale
della questione della colometria antica da parte di Gentili e della
sua scuola, soprattutto a partire dagli anni ’90106. Per colometria si

103Cfr. Heph., pp. 56-58 Consbr. Si intendono per dimetrici polischematici quelli che
associano al coriambo metri di schema libero diversi dal ditrocheo e dal digiambo, come
ad es. (dispondeo), (antispasto), (epitrito I), (epitrito IV).
«Ciascuno dei metra fondamentali, nelle possibilità delle variazioni metrico-rit-
104

miche che esso comporta, ha già in sé implicita la nozione di equivalenza» (ibid. 5).
Cfr. anche B. GENTILI, Introduzione, in B.G.-PAOLA ANGELI BERNARDINI-
105

E. CINGANO-P. GIANNINI, Pindaro. Le Pitiche, Milano 1995, XC-XCIV.


106 Si veda, oltre alla citata Introduzione all’edizione delle Pitiche (supra n. 105),
B. GENTILI-F. PERUSINO (edd.), La colometria antica dei testi poetici greci, Pisa-Roma
1999. Frutto di tale riflessione sono l’Appendice metrica (con apparato colometrico) di
LIANA LOMIENTO IN G. GUIDORIZZI-G. AVEZZÙ-G. CERRI, Sofocle. Edipo a Colono, Mi-
lano 2008, 387-403; l’Apparato colometrico curato da P. GIANNINI IN B. GENTILI-C. CA-
TENACCI-P. GIANNINI-LIANA LOMIENTO, Pindaro. Le Olimpiche, Milano 2013, 623-634,
nonché la collana “I canti del teatro greco” (nella quale sono finora apparse – in ordine
cronologico – le edizioni colometriche dei cantica del Reso attribuito ad Euripide [Roma
2001], a cura di GIOVANNA PACE, degli Eraclidi di Euripide [Roma 2006], a cura di MA-
RIA GRAZIA FILENI, dell’Edipo Re e dell’Antigone di Sofocle [Roma 2009 e 2011], a cura
di F.G. GIANNACHI, delle Coefore di Eschilo [Roma 2015], a cura di G. GALVANI).
236 ,etrica greca
intende la prassi della divisione delle composizioni per il canto in
sequenze che variano per estensione dal semplice monometro al te-
trametro, ma che sono per lo più dimetri (i cola in senso stretto, se-
condo la terminologia metrica antica). Il criterio che presiede a tale
divisione, sul quale non vi è concordia tra gli studiosi moderni107, è
ravvisato da Gentili e dalla Lomiento nel tentativo dei filologi ales-
sandrini di restituire nelle proprie edizioni gli originari confini del-
la struttura ritmico-musicale, così com’era fissata dai compositori
– o come fu fissata ad un certo momento – nelle partiture (le più
antiche pervenute sono del III/II sec. a.C. e preservano alcuni versi
dell’Oreste e dell’Ifigenia in Aulide di Euripide [DAGM 3s.])108: i
cola rappresenterebbero, in altri termini, brevi frasi melodiche.
Come si può desumere da quanto precede, due sono gli aspetti
caratterizzanti l’approccio di Gentili alla metrica: la rivalutazione
dell’antica teoria metrica (Efestione, scoli metrici a Pindaro) e rit-
mica (Aristosseno, Aristide Quintiliano) – in aperta polemica con
la posizione di Maas109 – e il costante interesse per il rapporto tra la
metrica e la musica, considerato nel suo sviluppo storico (con par-
ticolare riguardo per il processo di rinnovamento musicale che si
verificò nell’Atene della seconda metà del V secolo e che portò al
‘divorzio’ tra metrica e musica: quest’ultima non si adeguò più sol-

107 Sull’annoso e vivace dibattito si veda, da ultimo, A. TESSIER, Vom Melos zum Sti-
chos. Il verso melico greco nella filologia tedesca d’inizio Ottocento, Trieste 20122, 11-18.
108 Cfr. GENTILI-LOMIENTO, Metrica e ritmica, cit. [n. 96], 7-12; LIANA LOMIENTO,
Melica, musica e metrica greca. Riflessioni per (ri)avviare un dialogo, «Lexis» XXVI
(2008) 211-234. A favore di una valenza musicale dei cola erano già W.J.W. KOSTER,
Studia ad colometriam poeseos Graecae pertinentia, «Mnemosyne» s. 3 IX (1941) 1-43:
13s. (lo studioso non riteneva però che la colometria dei manoscritti medievali e umani-
stici rispecchiasse quella originaria, stabilita dai poeti-compositori); T.J. FLEMING-
E.C. KOPFF, Colometry of Greek lyric verses in tragic texts, «SIFC» s. 3 X (1992) 758-770
(al contrario di Koster, fiduciosi nella possibilità di recuperare la colometria originaria
delle composizioni meliche a partire da quella tràdita).
109 Si veda ad es. GENTILI, La metrica greca oggi, cit. [n. 31], 20: «si ritiene che la
dottrina metrica degli antichi sia di scarso valore e di nessuna utilità per noi: essa non
ci darebbe se non “classificazione meccanica o speculazione inutile”. Ma, ch’io sappia,
nessuno sino ad oggi ha realmente dimostrato la validità di questa asserzione»; Gli studi
di Giorgio Pasquali, cit. [n. 94], 86s.: «è auspicabile una rilettura critica dei teorici della
versificazione e della ritmica greca in una prospettiva storica capace di individuare le
apparenti incongruenze della terminologia tecnica in rapporto ai diversi approcci dei
metricologi, dei ritmicologi, dei metrico-ritmicologi. Se non altro per non incorrere nel
rischio di speculazioni che non trovano alcun fondamento nella tradizione antica».
-a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 237

tanto al ritmo del testo poetico, ma giunse ad alterare in vario mo-


do i valori prosodici delle sillabe, ad esempio tramite superallunga-
menti)110. E proprio in chiave musicale lo studioso ha proposto di
risolvere i problemi creati da quelle libere responsioni in cui un
metron di 5 tempi primi risponde ad un altro di 6 tempi primi (
~ oppure ~ , o ancora ~ ), attestate so-
prattutto dopo l’affermazione della Nuova Musica, ma in misura
sporadica già presenti nella poesia corale della prima età classica
(cfr. e.g. Aesch. Th. 170 ~ 178, Ch. 788 ~ 799, Bacch. 17 str./ant.
16): una sillaba lunga del metron pentasemo poteva essere superal-
lungata al valore di 3 tempi primi, con la conseguente normalizza-
zione, a livello di prassi esecutiva, della difformità ritmica ( =
111
o , = o ) .
Improntato alla metrica storica è stato anche l’approccio di Ro-
berto Pretagostini, i cui contributi di argomento metrico (1972-
2004) sono stati recentemente riuniti in volume112. Formatosi alla
scuola di Rossi, di impostazione sostanzialmente ‘maasiana’ (vd.
supra § 3.1), lo studioso si è poi accostato anche all’insegnamento
di Gentili, «riuscendo […] a mediare tra le loro apparentemente ir-
riducibili istanze»113 e a percorrere una ‘terza via’. Ne sono testi-
monianza, tra gli altri, soprattutto i pregevoli saggi di analisi te-

110 Si intende per superallungamento la protrazione della normale durata di una sil-

laba lunga oltre i 2 tempi primi ( ), fino a 3 ( ), 4 ( ) o 5 tempi primi ( ). Cfr. GEN-
TILI, Metrica greca arcaica, cit., 30-39; La metrica greca oggi, cit. [n. 31], 12-20; Metrica
greca. Problemi di metolodologia e rapporto metrica-musica, in R. BIANCHI BANDINEL-
LI (ed.), Storia e civiltà dei Greci, III, Milano 1979, 681-694; Metro e ritmo nella dottri-
na degli antichi e nella prassi della «performance», in B.G.-R. PRETAGOSTINI (edd.), La
musica in Grecia, Roma-Bari 1988, 5-16; Poesia e pubblico nella Grecia antica. Da
Omero al V secolo, Milano 20064 (19841), 48-56; GENTILI-LOMIENTO, Metrica e ritmi-
ca, cit. [n. 96], 17-19, 68-73.
111Cfr. anche WEST, Greek Metre, cit., 69, 102-106 (che però estende eccessiva-
mente l’applicazione di questo procedimento in età classica: cfr. GENTILI, Gli studi di
Giorgio Pasquali, cit. [n. 94], 85s.); PÖHLMANN, Metrica e ritmica, cit. [n. 39], 9-14.
112 R. P., Scritti di metrica greca, a cura di MARIA SILVANA CELENTANO, Roma 2011.
113A. TESSIER, Gli Scritti di metrica di Roberto Pretagostini, in B. ZIMMERMANN-
A. T., Riflessioni sugli Scritti di metrica di R. Pretagostini, «QUCC» n.s. CVII (2014)
181-200: 188. Su Pretagostini metricista si veda, oltre al contributo testé citato, L.E. ROSSI,
Metrica e scena. Roberto Pretagostini e il dramma greco, «Dioniso» VI (2007) 8-21; sia
concesso il rinvio anche a M. ERCOLES, Pretagostini e la metrica, «Eikasmós» XXIV
(2013) 468-479: 472-476.
238 .etrica greca
stuale, in cui è approfondito il rapporto tra la metrica, l’aspetto
musicale e performativo ed il piano del significato: dal magistrale
contributo sulla monodia dell’Upupa (Ar. Av. 227-262) agli studi
sulla versificazione di Eschilo e Sofocle114. Tali lavori mostrano in
maniera assai chiara come non si possa isolare l’aspetto metrico da-
gli altri elementi costitutivi di un testo poetico e dalla sua stessa at-
tualizzazione nella performance: «la metrica, rispetto alla struttura
verbale cui fa riferimento, è un significante aggiuntivo che coopera
alla realizzazione del significato globale del testo»115. Secondo lo
studioso, solo la concreta traduzione dello schema metrico astratto
in forma di ritmo verbale (e musicale) può consentire di cogliere
aspetti significativi dell’interazione metro-parola e di comprendere
il senso globale di un testo poetico come atto comunicativo realiz-
zato secondo precise modalità esecutive (recitazione vs canto; mo-
vimenti di danza più o meno stereotipati; etc.).
Istruttiva, a questo riguardo, è l’interpretazione dell’Inno al Sonno nel
Filottete di Sofocle (vv. 827-832), una ‘ninna nanna’ in docmi. Poiché que-
sto ritmo è impiegato generalmente in tragedia per esprimere forti emo-
zioni, qui esso parrebbe in contrasto con il contenuto cui è associato; ma,
come rileva Pretagostini116, «l’elemento che più conta ai fini di una valuta-
zione metrico-ritmica della pericope non è tanto il fatto che questi siano
docmi, quanto piuttosto che essi diano luogo ad una serie quasi ininterrot-
ta di lunghe […], che determinano un ritmo lento, grave, un vero e pro-
prio rallentando, in perfetta sintonia con le parole tenere e dolci».
Vi sono poi casi in cui «il ruolo della metrica come accrescimento del si-
gnificato diventa […] addirittura fondamentale per una corretta ed esausti-
va ‘lettura’ del testo» (ibid. 195): la tessitura metrico-ritmica assume qui la
forza di un linguaggio a sé stante. Emblematica è la celebre monodia ari-
stofanea dell’Upupa, in cui la persona canens chiama a raccolta diverse
specie di uccelli, per ciascuna ricorrendo ad un ritmo diverso. Tale varietà
metrica «non è mai fine a se stessa in un’ottica di esasperato espressivismo
ritmico musicale», ma ha come «scopo primario […] una sorta di mime-
tismo ritmico-metrico […] in strettissima relazione con il dato semantico»

114Cfr. in part. Scritti di metrica, cit. [n. 112], 161-170 (Parola metro e musica nella
monodia dell’Upupa [saggio originariamente apparso nel 1988]), 189-200 (Metro, signi-
ficante, significato: l’esperienza greca [1990]), 281-290 (Parola e metro in Sofocle
[2003]), 299-310 (Osservazioni sulla metrica nelle tragedie di Eschilo [2004]).
115 PRETAGOSTINI, Scritti di metrica, cit. [n. 112], 189.
116 Scritti di metrica, cit. [n. 112], 297.
/a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 239
(ibid. 196). Variazioni di ritmo ancora maggiori presenta la monodia di
Mnesiloco (Th. 1037ss.), caratterizzata da improvvise e frequenti "
e forse anche da superallungamenti: qui la struttura metrica intende richia-
mare e parodiare lo stile musicale dell’Andromeda euripidea.
Per quanto concerne il rapporto tra realizzazione ritmica di uno schema
metrico e performance si possono richiamare le osservazioni dello studioso
sul più libero trattamento dei dimetri anapestici cantati rispetto a quelli re-
citati o eseguiti in parakataloge, o ancora l’annotazione relativa all’irrile-
vanza degli aspetti di metrica verbale negli esametri cantati rispetto a quelli
recitati nell’àmbito del dramma attico117. Merita poi di essere ricordata la
proposta di «pensare, in via di ipotesi, per le realizzazioni orchestiche del
dramma antico, ad un fraseggio più complesso, ad un respiro più ampio
nelle danze legate a sistemi "Ï X, così che l’articolarsi delle evolu-
zioni orchestiche potesse coincidere con l’articolarsi dei cola, mentre più
monotoni, rigidi, stereotipati dovevano risultare i movimenti di danza che
accompagnavano sistemi "Ï +"»118.

Questo approccio globale – una «metrica come arte interpretati-


va»119 – si rivela quantomai proficuo, soprattutto nello studio della
melica drammatica, nella quale particolarmente stretta appare l’in-
terazione tra piano del significante e piano del significato, in con-
nessione con le esigenze drammaturgiche120.
Al termine di questa rassegna, si può osservare la vitalità della
metrica storica e l’evoluzione che questa ha compiuto in più di un
secolo, da un’iniziale interesse incentrato sulla ‘preistoria’ metrica

117 Cfr., rispettivamente, Scritti di metrica, cit. [n. 112], 25-50 (Dizione e canto nei
dimetri anapestici di Aristofane [1976]) e 241-261 (L’esametro nel dramma attico del V
secolo: problemi di ‘resa’ e di ‘riconoscimento’ [1995]).
118 Ivi, 83-95 (Sistemi Ï  e sistemi Ï  ! [1978]): citazione da p. 84.
119Questo l’eloquente titolo del contributo di B. ZIMMERMANN in MARIA SILVANA
CELENTANO (ed.), Ricerche di metrica e musica greca. «Per Roberto Pretagostini»,
Alessandria 2010, 45-59.
120 Si vedano ad es. ESTER CERBO, Il coro della $%- .#/0% e il ‘rumore’ del doc-
mio nell’Oreste di Euripide, «QUCC» n.s. LXXXV (2007) 117-123; EAD., Parola, me-
tro e scena nelle monodie di Ifigenia (Eur. IA 1283-1335 e 1475-1499), in CELENTANO,
Ricerche di metrica e musica greca, cit. [n. 119], 1-24; EAD., I corali della Medea di Euri-
pide: disegno metrico e geometrico, «Eikasmós» XXVI (2015) 93-110; LIANA LOMIENTO,
L’antica colometria di Aesch. Sept. 78-150, con alcune considerazioni di semantica me-
trica, «Lexis» XXII (2004) 43-60; EAD., Il canto di ingresso del coro nelle ‘Supplici’ di
Eschilo (vv. 40-175). Colometria antica e considerazioni sul rapporto tra composizione
ritmico-metrica e nuclei tematici, «Lexis» XXVI (2008) 47-78.
240 0etrica greca
greca e sull’Urvers ad uno indirizzato allo sviluppo storico dei me-
tri greci: un approccio che ha saputo rinnovarsi e arricchirsi di
nuove istanze, senza rinunciare alla sfida posta dall’interpretazione
dei versi. La considerazione della dimensione diacronica si rivela, a
tale scopo, imprescindibile, sia per individuare le strutture fonda-
mentali della versificazione, sia per valutare le scelte compiute volta
per volta da un poeta-compositore ( %&) in ‘dialogo’ con la
tradizione poetico-musicale.

3.4. La metrica comparata


Il 1923, l’anno della pubblicazione della Griechische Metrik di
Maas, vide pure l’uscita di un importante studio di Antoine Meillet,
Les origines indoeuropéennes des mètres grecs (Paris), con cui si
inaugurava una nuova stagione della metrica comparata. Dopo il
pionieristico articolo di Westphal (1860), che poneva i fondamenti di
questo filone di indagine tramite il confronto tra versi greci, vedici e
avestici (cfr. supra § 3.3), i successivi sforzi, compiuti per lo più da
studiosi di area tedesca121, mirarono a ricostruire le versificazioni
delle principali protolingue del gruppo indoeuropeo (germanica, sla-
va, greca, latina, etc.) e a risalire, tramite quelle, ad un originario
modello indoeuropeo, ma si scontrarono con la difficoltà di compa-
rare sistemi metrici tra loro differenti: in parte quantitativi, come nel
caso del greco e del latino; in parte sillabometrici, come nel caso del-
l’antico indiano; in parte tonici, come nel caso del germanico. In
questa condizione di eterogeneità, fu soprattutto l’influenza della
lingua madre dei sopra nominati studiosi (vd. n. 121), il tedesco, a
giocare un ruolo determinante nello sviluppo della concezione di un
verso indoeuropeo di tipo accentuativo, caratterizzato dall’alternan-
za di posizioni forti, marcate da un ictus, e di altre deboli, atone122.

121 Oltre a R. Westphal e H. Usener (su cui vd. supra § 3.3), si pensi a F. ALLEN
(Ueber den Ursprung des homerischen Versmasses, «ZVS» XXIV (1879) 556-592, con
risultati identici a quelli di Usener: derivazione dell’esametro dall’unione di due pare-
miaci), a K. BARTSCH (Der saturnische Vers und die altdeutsche Langzeile, Leipzig
1867), a H. SEILING (Ursprung und Messung des homerischen Verses, Progr. Münster,
Nördlingen 1887), a F. LEO (Der Saturnische Vers, Berlin 1905) e a O. SCHROEDER
(Vorarbeiten zur griechischen Versgeschichte, Leipzig-Berlin 1908, Grundriss der grie-
chischen Versgeschichte, Heidelberg 1930).
122Cfr. R. SCHMITT, Dichtung und Dichtersprache in indogermanischer Zeit, Wie-
sbaden 1967, 307-313; B. PEABODY, The Winged Word. A Study in the Technique of
1a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 241

Meillet ha avuto il merito di impostare la questione su nuove


basi: partendo dalla comparazione della metrica greca e di quella
indiana antica, come già aveva fatto Westphal, egli volse l’attenzio-
ne «non a ciò che nella metrica indiana era simile a quella greca, ma
invece a ciò che nella metrica greca era simile a quella indiana: ai
tratti isosillabici del verso»123. In altri termini, impostò la questione
secondo una prospettiva indoeuropeistica, non più classicista, e
confrontò tra loro realtà comparabili, senza più cercare di forzare i
dati postulando all’origine un verso talmente libero da potere costi-
tuire la base di partenza per ogni altro.
Sintomatica di questa nuova prospettiva è già l’affermazione che apre il
volume (Les origines, cit., VII): «ce petit livre est l’oeuvre d’un linguiste,
non d’un métricien ou d’un helléniste. On a cherché à y fournir aux hellé-
nistes quelques données tirées de la comparaison avec les mètres védi-
ques». Poco dopo, Meillet distingue in maniera chiara il proprio modo di
procedere da quello dei filologi tedeschi (p. 2): «pour remonter par delà la
période historique, les hellénistes n’ont d’autre ressource que de comparer
les vers grecs entre eux. On’est, par ce procédé, efforcé de reconstituer un
“vers originel”, un Urvers comme disent les Allemands […]. Mais, pour
tirer de ce “vers originel” les diverses types attestés en grec, on n’a d’autre
moyen que de le supposer informe. L’hypothèse joint donc au défaut d’ê-
tre arbitraire celui d’être presque inutile, peu explicative. Seule, la compa-
raison avec la métrique d’autres langues indo-européennes pourrait per-
mettre de déterminer, au moins en quelque mesure, les types métriques
d’où sont sortis les types grec qu’on rencontres dès les plus anciens monu-
ments de la littérature grecque».

Ancient Greek Oral Composition as Seen Principally through Hesiod’s Works and
Days, New York 1975, 19-21; M. GASPAROV, Storia del verso europeo, trad. it. a cura
di S. GARZONIO, Bologna 1993 (ed. or. Moskva 1989), 51s.
123 GASPAROV, Storia, cit. [n. 122], 52. Lo studioso (pp. 52s.) pone questo muta-
mento di prospettiva in connessione con il fatto che Meillet era un francofono e non su-
biva l’influenza inconscia di una tradizione poetica, come quella tedesca, basata su versi
tonici e sillabotonici. M.L. WEST (Indo-European Poetry and Myth, Oxford 2007, 46)
adduce anche un’altra motivazione, di ordine musicale: «the Francophone Meillet, wri-
ting at a time when music was coming to be written more often without bar lines, un-
derstood that quantitatively patterned verses may be taken at face value and need not
be divisible into feet of equal duration» (si vedano le osservazioni dello stesso MEILLET,
Les origines, cit., 29s.). Sul metodo e sul percorso di ricerca di Meillet cfr. F. BADER,
Meillet et la poésie indo-européenne, «CFS» XLII (1988) 97-125.
242 2etrica greca
I termini della comparazione furono i versi dei Veda, da un lato, e
quelli della poesia greca arcaica, in particolare eolica orientale (Saffo e
Alceo), dall’altro. A entrambi sono comuni i seguenti tratti strutturali:
1) l’isosillabismo, ovverosia il mantenimento del medesimo nu-
mero di sillabe all’interno di un certo verso, si tratti di un ottona-
rio, di un endecasillabo o di un dodecasillabo (questi sono i princi-
pali tipi di verso);
2) l’irrilevanza dell’accento, puramente tonale o melodico, ai fini
del ritmo del verso: a questo concorre, oltre al costante numero
delle sillabe (vd. punto 1), l’alternanza di sillabe lunghe e brevi, più
regolare nei versi greci, meno nei versi vedici, dov’è limitata alla fi-
ne del verso (vd. punto 5);
3) la prosodia, ovvero l’insieme di quelle condizioni (durata del-
la vocale, confine sillabico) che definiscono la quantità delle sillabe
(è breve solo quella sillaba che termina con vocale breve; una silla-
ba terminante per consonante è comunque lunga);
4) la presenza di una cesura (ovvero di una posizione in cui ri-
corre con frequenza la fine di parola) nei versi di una certa esten-
sione, generalmente collocata più vicino all’inizio che alla fine del
verso (in àmbito greco tale caratteristica non riguarda i versi eolici,
ma i versi recitati)124;
5) la regolarità della cadenza (o parte finale) del verso: «eccet-
tuata l’ultima sillaba del verso, indifferente […], è qui che la quan-
tità di ogni sillaba è sottoposta a regole precise» (l’ottonario vedico,
ad esempio, termina per lo più con cadenza giambica, ,
più di rado trocaica ; il gliconeo greco termina simil-
mente con cadenza giambica, )125;
6) la libertà della parte iniziale del verso, più manifesta in àmbi-
to vedico, meno in àmbito greco: i principali versi vedici presenta-
no all’inizio 4 o 5 elementi realizzabili liberamente con sillaba bre-
ve o lunga (si vedano ad es. l’ottonario , l’endecasillabo
o il dodecasillabo ), mentre in greco
tale libertà si riscontra in forma altrettanto estesa solo nel dimetro
coriambico libero ( ) e generalmente, in misura più conte-

124 Cfr. GENTILI-LOMIENTO, Metrica e ritmica, cit. [n. 96], 155.


125A. MEILLET, Lineamenti di storia della lingua greca, trad. it. Torino 1976 (ed. or.
Paris 1963), 182. In questa opera il linguista francese ha ripreso e sintetizzato le con-
clusioni del volume del 1923.
3a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 243

nuta, nella cosiddetta ‘base eolica’ (si pensi ad es. al gliconeo


, o all’endecasillabo falecio );
7) i versi di 8, 10 e 11 sillabe presentano una struttura simile nei
due sistemi metrici e tendono a riunirsi in brevi strofe di 3 o 4 versi
(il caso più evidente è l’endecasillabo , che compo-
ne la strofe saffica e la strofe vedica tristubh).
..

Una così chiara rassomiglianza generale, unita a concordanze particolari,


come il succedersi nello stesso verso di e di , non si può spiegare
che con la continuazione di uno stesso modello originale126.

Questo modello comune, indoeuropeo, non è più concepito co-


me un verso prototipo (Urvers) che avrebbe dato origine a tutti gli
altri, ma piuttosto come un sistema metrico dotato di certe caratte-
ristiche, che corrispondono ai tratti comuni emersi dal confronto
tra la versificazione vedica e quella eolica (isosillabismo, cadenza
fissa e libertà iniziale del verso, indifferenza della sillaba finale del
verso, cesura nei versi più estesi).
Per quanto riguarda il versante della metrica greca, poi, Meillet
distingueva la versificazione eolica orientale, affine a quella vedica,
da quella ionica, la quale rappresenta invece una situazione più
progredita, caratterizzata dalla coesistenza di versi di tipo antico,
comuni alla tradizione eolica, e di versi di un nuovo tipo (l’esame-
tro e i versi giambo-trocaici), costituiti da unità di uguale durata
ma numero di sillabe variabile (i metri)127. Il tratto distintivo di
questa nuova tipologia è la possibilità di sostituire una sillaba lunga
con due brevi (e viceversa), ovvero l’equivalenza , nota an-
che alla metrica sanscrita classica, che rappresenta uno stadio suc-
cessivo rispetto alla tradizione vedica. Si tratta quindi di un’innova-
zione prodottasi, in Grecia come in India, all’interno del sistema
metrico di origine indoeuropea.
Solo nel caso dell’esametro dattilico, lo studioso preferì optare
per un’origine anellenica e non indoeuropea128 : l’assenza di un

126 MEILLET, Lineamenti, cit. [n. 125], 185.


127 I singoli metri che compongono l’esametro, ad esempio, possono essere sia tri-
sillabici ( ) che bisillabici ( ), con la conseguenza che il verso nel suo complesso
può essere formato da un minimo di 12 ad un massimo di 17 sillabe.
128 Ad un’analoga conclusione pervenne anche K. MEISTER, Die Homerische Kun-
stsprache, Leipzig 1921, 56-58.
244 4etrica greca

equivalente verso vedico129 e il carattere colto («savant»)130, tutt’al-


tro che popolare, del verso portarono Meillet a pensare all’influen-
za di un modello straniero prestigioso, adattato dai Greci alla pro-
pria lingua: un modello egeo, come egea era – per il grande lingui-
sta – la realtà materiale riflessa nei poemi omerici. In questa pro-
spettiva è giustificata anche la cadenza dattilica del verso, estranea
alla tradizione indoeuropea, in cui i versi terminano con la sequen-
za (una sola sillaba breve tra due lunghe).
La ricostruzione di Meillet è stata complessivamente accolta co-
me valida da molti studiosi successivi, che hanno assunto il quadro
appena delineato come base di partenza per le proprie ricerche. Al-
cuni di questi (per lo più linguisti) hanno esteso la comparazione
ad altri sistemi metrici, come, ad esempio, quello slavo (R. Jakob-
son), quello antico-irlandese (C. Watkins), quello italico (T. Cole,
A. Mercado) e quello anatolico (H. Eichner)131. Lo status quaestio-
nis più aggiornato è quello offerto da West (Indo-European Poetry,
cit. [n. 123], 45-58), che include, accanto alle versificazioni vedica,
greca e iranica, la slava, l’italica (latina), la germanica (norrena, an-
tico-inglese, antico-tedesca), l’ittita, la lidia e la tocaria132.
Un aspetto che si è dimostrato poco convincente è l’ipotesi della
derivazione dell’esametro da un sostrato egeo. Roman Jakobson e
Calvert Watkins hanno evidenziato che la cadenza del verso ( ),
la quale ricorre tanto nel paremiaco greco ( ) quanto
nel decasillabo o deseterac dell’epica serbo-croata ( ), è
riconducibile alla metrica indoeuropea, ed hanno conseguen-
temente attribuito la sua assenza nel vedico al fatto che questo ten-

129 MEILLET, Lineamenti, cit. [n. 125], 188 («l’alternanza normale di una lunga e di

due brevi – cui si può sostituire una lunga – non riappare in nessun verso vedico»).
130ID., Les origines, cit., 61 («c’est un mètre savant, manié par des spécialistes, les
aèdes qui composaient des épopées, les savants qui composaient des poèmes didacti-
ques. C’est un vers où tout est artificiel et traditionnel»).
131 Sulle orme del Meillet si è mosso, in Italia, G.B. PIGHI (Lineamenti di metrica
storica delle lingue indo-europee, «RAIB» LIII, 1964/1965, 25-88 = ID., Studi di ritmica
e metrica, Torino 1970, 3-65).
132Si veda, dello stesso West, il quadro tracciato già in Indo-european metre,
«Glotta» LI (1973) 161-187; cfr. inoltre GASPAROV, Storia, cit. [n. 122] (un tentativo di
applicare il metodo statistico-induttivo o Russian method allo studio delle versificazio-
ni di origine indoeuropea).
5a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 245

de ad eliminare sequenze metriche con due brevi contigue133. Sulla


stessa linea si è mosso Vjaĉeslav Vsevolodoviĉ Ivanov, il quale ha
individuato alcuni paralleli metrici nella tradizione poetica ittita e ur-
rita, dove occorrono versi di 12/17 sillabe divisi in due emistichi o
cola, e ha proposto di riconoscere in tali versi vicino-orientali i mo-
delli diretti per l’esametro greco134. Altri studiosi, d’altra parte, han-
no ricondotto l’esametro nell’alveo della tradizione eolico-indoeuro-
pea mediante diversi procedimenti: Gregory Nagy, ad esempio, ha
ipotizzato l’espansione interna di un ferecrateo mediante tre dattili
( ) e la contestuale normalizzazione della base
in forma dattilica o spondiaca; Berkeley Peabody ha pensato alla fu-
sione di tre ottonari o di due endecasillabi/dodecasillabi (raggruppa-
menti attestati nelle tradizioni poetiche vedica e avestica) a formare
un unico verso; John F. Vigorita è tornato all’ipotesi di Bergk (vd.
supra § 3.3) di due cola originari, rispettivamente di 7 e di 10 sillabe
(un hemiepes e un enoplio/paremiaco, rintracciando per entrambi pa-
ralleli nelle strutture di altre versificazioni di origine indoeuropea135.
In ogni caso, occorre ammettere che nel corso della storia dell’esametro
sia intervenuta un’innovazione fondamentale rispetto alla tradizione indo-
europea, ovvero l’equivalenza tra una sillaba lunga e due brevi ( ),
ciò che presuppone il passaggio da un sistema isosillabico ad uno anisosil-
labico (vd. supra n. 127). Tale sviluppo, come si è visto, ha un parallelo

133 Cfr. R. JAKOBSON, Studies in comparative Slavic metres, «Oxford Slavonic Pa-

pers» III (1952) 21-66 (= ID., Selected Writings, IV. Slavic Epic Studies, The Hague-Pa-
ris 1966, 414-463); C. WATKINS, Indo-european metrics and archaic Irish verse, «Celti-
ca» VI (1963) 194-239.
134 V.V. I., K probleme proishož denija drevnegre eskogo gekzametra [Sul problema
dell’origine dell’esametro greco antico], «U enye žapiski Tartuskogo gosudarstvennogo
universiteta» DCCLXXX (1987) 29-39.
135 Cfr. G. NAGY, Comparative Studies in Greek and Indic Meter, Cambridge,
Mass. 1974; PEABODY, The Winged Word, cit. [n. 122]; J.F. VIGORITA, The Indo-euro-
pean origins of the Greek hexameter, «ZVS» XCI (1977) 288-299. Per una rassegna cri-
tica delle diverse ipotesi sull’origine dell’esametro formulate a partire dagli anni ’70 del
secolo scorso si vedano M. FANTUZZI, Preistoria dell’esametro e storia della cultura gre-
ca arcaica: a proposito di alcuni studi recenti, «MD» XII (1983) 35-60; L.M. MACÍA
APARICIO, Origen y estructura del hexámetro dactílico. Revisión crítica, «EClás»
XXXIV (1992) 87-103: 89-95; E. MAGNELLI, Studi recenti sull’origine dell’esametro: un
profilo critico, in FANTUZZI-PRETAGOSTINI, Struttura e storia dell’esametro greco, cit.
[n. 23], II, 111-137. Le ipotesi qui presentate sono quelle che mirano esplicitamente a
ricollegare l’esametro alla tradizione indoeuropea.
246 6etrica greca
nella metrica del sanscrito classico, che rappresenta uno stadio evoluto di
quella vedica, nel senso che presenta il completamento di alcuni processi
attivi già nella tradizione vedica (in particolare, il passaggio da un sistema
prevalentemente sillabometrico ad uno quantitativo e la regolarizzazione
della quantità sillabica in tutte le posizioni del verso)136.

Accanto all’ampio consenso suscitato dalla ricostruzione di


Meillet – fatta eccezione per l’ipotesi sull’origine dell’esametro – oc-
corre registrare anche le voci di dissenso, a partire da Maas, che nel-
la recensione a Les origines indoeuropéennes des mètres grecs137 si
mostrò dubbioso sull’origine comune del sistema metrico greco e di
quello vedico, non potendosi escludere la circostanza che i punti di
convergenza tra i due siano casuali. Dubbi analoghi manifestò anche
Hans Heinrich Schaeder, propenso a considerare parallelo e indi-
pendente lo sviluppo dei due sistemi metrici138. Ma fu soprattutto
Jerzy Kuryłowicz ad esprimere le maggiori riserve metodologiche:
nel tentativo di ricostruire una metrica indoeuropea, che si appoggiava in
prima linea sul confronto della metrica quantitativa del vedico e del greco,
bisognava anzitutto lasciare da parte le Ga-tha-. Ma poiché il confronto è
giustificato solo dalla parentela linguistica e dal carattere quantitativo del
metro, tutta l’ipotesi, in vista del venir meno del gathico [o avestico]139,
corre il pericolo di esser pura fantasia. Poiché i parallelismi della lingua
poetica (+& $)" çrávo ’ks.itam ecc.) sono elementi di confronto
della poetica, non della metrica. Che nell’indoeuropeo vi sia stata una lin-
gua poetica non può contestarsi, dopo il lavoro di Rüdiger Schmitt [vd.
supra n. 122]. Però la fattura del verso è altra cosa, e fondamentalmente in-
dipendente dall’etimologia e dalla semantica [...]

(parole sottoscritte «con entusiasmo» da Vittore Pisani)140. Lo stu-


dioso contesta la validità di una ricostruzione basata su due (soli)

136Cfr. MEILLET, Lineamenti, cit. [n. 125], 187; PEABODY, The Winged Word, cit.
[n. 122], 27, 38-45.
137 P. M., «DLZ» XLV (1924) 517-519: 518s.
H.H. SCHAEDER, Auf Spuren indogermanischer Dichtung, «Die Weltliteratur»
138

XVIII (1943) 80-85: 85b.


139 Nelle Ga-tha- dell’Avesta-, la più antica opera poetica iranica, non si riscontra alcu-
na traccia di distinzione quantitativa tra le sillabe, il verso pare basato solo sul costante
numero di queste ultime (cfr. WEST, Indo-european metre, cit. [n. 132], 164s.).
La citazione è da H. KURYŁOWICZ, Metrik und Sprachgeschichte, Wrókław-
140

Warszawa-Kraków-Gdá sk 1975, 235 (la traduzione è di V. PISANI, «Paideia» XXXI,


7a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 247

testimoni d’età storica, la metrica greca antica e la vedica (una de-


bolezza di cui era ben conscio lo stesso Meillet, Les origines, cit.,
18), e soprattutto fondata sul confronto tra fenomeni puramente
metrici, non radicati nella struttura fonologica della lingua. Si con-
sideri, ad esempio, la questione della cadenza finale del verso: posto
che un accumulo di soli tempi forti o di soli tempi deboli è assai
improbabile, al poeta non resta che fare precedere o seguire ad un
tempo forte uno o due tempi deboli; si possono così prevedere a
priori le seguenti forme (si indica il tempo forte con un puntino so-
vrascritto): . I soli indizi utili
per ricostruire le caratteristiche della versificazione indoeuropea
sono, per Kuryłowicz, le caratteristiche metriche linguisticamente
pertinenti, come il sandhi interno (ovvero il continuum prosodico)
operante all’interno di un emistichio o colon metrico, con la conse-
guente possibilità di contrazione di fonemi vocalici sia all’interno
di parola, sia tra una parola e la successiva. Sulla base di questi trat-
ti, lo studioso attribuisce al verso indoeuropeo un carattere quanti-
tativo e l’operatività dello iato e della contrazione vocalica. Sulla
scorta di una considerazione più generale, riguardante i principali
versi della tradizione europea, egli ritiene inoltre probabile che l’e-
stensione del verso indoeuropeo variasse da 8 a 12 sillabe, con la
possibilità di forme catalettiche o ipercatalette.
Più di recente, un altro indoeuropeista, Enrico Campanile, è ap-
prodato a conclusioni sensibilmente diverse da quelle di Meillet141.
Sulla base di alcuni casi di isosillabismo imperfetto e di libertà nella
cadenza finale del verso, attestati sporadicamente nella melica greca
e più frequentemente nei Veda, lo studioso conclude che la situa-
zione originaria doveva essere caratterizzata da un’irregolarità an-
cora maggiore:

1976, 217s.: 218). Dello stesso Kuryłowicz sono da vedere anche Indo-european metri-
cal studies, in D. DAVIE (ed.), Poetics. Poetyka. Poètika, I, Warszawa 1961, 87-98 (= ID.,
Esquisse linguistiques, II, München 1975, 185-196); The quantitative meter of Indo-eu-
ropean, in G. CARDONA-H.M. HOENIGSWALD-A. SENN (edd.), Indo-European and In-
do-Europeans. «Paper Presented at the Third Indo-European Conference at the Uni-
versity of Pennsylvania», Philadelphia 1970, 421-430 (= Esquisse, cit., 197-206).
141 Cfr. E. CAMPANILE, Indogermanische Metrik und altirische Metrik, «ZCPh»
XXXVII (1979) 174-202 (= ID., Studi indoeuropei, Pisa 1985, 127-143); Sull’origine dei
metri greci, in R.M. DANESE-F. GORI-C. QUESTA (edd.), Metrica classica e linguistica.
«Atti del Colloquio. Urbino, 3-6 ottobre 1988», Urbino 1990, 25-43; La ricostruzione
della cultura indoeuropea, Pisa 1990, 142-169.
248 8etrica greca
se su questi dati comparativi procediamo ad un tentativo di ricostruzione,
è evidente che al verso indoeuropeo non possiamo attribuire né costanza
di cadenza né isosillabismo; anzi, a mio parere, non dovremmo attribuirgli
nemmeno quella forte tendenza all’isosillabismo e alla cadenza costante,
che in greco ha già pressoché totalmente trionfato e in vedico è già visibi-
lissima e diviene norma in età postvedica. Se consideriamo, infatti, che
questa ‘regolarità’ è frutto di un processo storico che, in qualche misura,
avviene ancora sotto i nostri occhi, è doveroso concludere che al punto di
partenza vi è non già una situazione identica a quelle, storicamente avan-
zate, che noi utilizziamo nella comparazione, bensì una situazione formal-
mente assai più arretrata, ossia estranea all’isosillabismo e alla cadenza co-
stante142.

Ciò significa che la poesia indoeuropea non si configurava se-


condo precisi schemi metrici, ma si caratterizzava, rispetto al parla-
to quotidiano, solo attraverso mezzi linguistico-stilistici, come ar-
caismi, epiteti, formule e metafore. La versificazione vedica e quella
greca (eolica) si sarebbero pertanto sviluppate autonomamente se-
condo modalità analoghe; la greca, nello specifico, avrebbe segnato
rispetto alla tradizione indoeuropea una
rottura forte sul piano formale, attraverso la costituzione di un isosillabis-
mo rigoroso, di una cadenza stabile e manifestamente espansiva […] e, in-
fine, attraverso l’istituzione di quelle leggi o ponti o zeugmi che caratteriz-
zano singoli versi143.

Non si può non osservare che il peso assegnato alle eccezioni ri-
spetto alle tendenze prevalenti risulta eccessivo, tanto più per il fat-
to che alcuni dei casi eccezionali addotti appaiono discutibili144. In
ogni caso, anche qualora li si ammettesse tutti, ricostruire da quelli
un’originaria assenza di qualunque forma di ricorsività ritmica è
un’ipotesi estrema, a maggior ragione se si ammette la formularità
della poesia indoeuropea. In realtà, la variazione nella cadenza non
è necessariamente un indizio di rozzezza compositiva, ma spesso
tradisce l’intento di evitare la monotonia nel ritmo: la regolarità rit-

142 CAMPANILE, Sull’origine, cit., 36.


143 Ivi, 40s.
144 Si veda al riguardo la discussione di MAGNELLI, Studi recenti, cit. [n. 135], 118

e n. 20.
9a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 249

mica è una tendenza, e come tale può presentarsi in maniera più o


meno pervasiva a seconda di vari fattori (per rimanere alla situazio-
ne della poesia greca, si osserva una regolarità ampiamente ricercata
nella poesia recitata e, per contro, una maggiore incidenza della va-
riazione nella poesia destinata al canto, da cui provengono tutti gli
esempi citati da Campanile)145. Vi è, infine, una considerazione più
generale: una poesia ametrica sarebbe difficilmente memorizzabile –
circostanza non trascurabile in una cultura di tipo orale – e, di fatto,
più ‘sofisticata’ di una poesia con una veste metrico-ritmica146.

3.5. La metrica verbale


L’espressione designa una prospettiva di indagine incentrata sul-
la concreta realizzazione verbale degli schemi metrici astratti, con
particolare riguardo per le posizioni del verso in cui occorrono le
fini di parola. A quanto consta, fu Daniel Serruys a parlare per pri-
mo di métrique verbale in una memoria letta all’Académie des In-
scriptions et Belles-Lettres di Parigi il 27 marzo 1903147: in polemi-
ca con la «rythmique abstrait élaborée depuis Boeckh jusqu’à
Westphal» (per cui vd. supra §§ 1 e 3.2), egli propugnava un ritorno
allo studio dei testi poetici e alle loro strutture metriche, basate sui
valori prosodici delle sillabe.
Osservava lo studioso: «les oeuvres lyriques apparaissent en fonction du
système de Boeckh, J.-H. Schmidt et Westphal, non point comme des en-
sembles de vers dont l’étendue respective ed dont les correspondances
strophiques sont intelligibles par le seul examen du texte, mais comme des
proses rythmées où l’élément musical créait toutes les subdivisions et tous
les groupements, en sorte que l’eurythmie du morceau n’était vraiment
perceptible que par l’audition ou l’étude de la partition musicale, ou du
moins par la reconstruction pénible et souvent arbitraire d’un schéma mé-
trique. […] elle est la défaite de la m é t r i q u e v e r b a l e et la substitu-
tion à celle-ci d’un élément plus souple mais plus incertain, qui s’appelle la
rythmique abstraite» (ivi 138s.).

145Si tratta di Alcm. PMGF 1 str. 8, Sapph. frr. 96, 141 V., Anacr. PMG 322 e 395,
Corinn. PMG 664, Carm. pop. PMG 848.
146Cfr. almeno W.J. ONG, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, trad. it.
Bologna 1986 (ed. or. London-New York 1982), 63 con la n. 6.
147 Per un resoconto di questa comunicazione cfr. «CRAI» XLVII (1903) 138-142, 145.
250 :etrica greca
Il principale errore della tradizione tedesca di studi ritmico-mu-
sicali sarebbe stato quello di avere trascurato che le sequenze ritmi-
che astratte tendono, nel concreto attualizzarsi nel verso, a fondersi
tra loro, modificando così la propria estensione. Nel verso recitato
ciò avverebbe mediante cesure metriche ricorrenti, che non coinci-
dono con la fine di un’unità ritmica (si pensi alle cesure centrali
dell’esametro dattilico e del trimetro giambico, le quali cadono al-
l’interno di un metro, non al suo termine: ,
). Nel verso e nel periodo della poesia cantata la
situazione sarebbe invece più varia: attraverso l’analisi degli epinici
di Pindaro, Serruys cercò di mostrare che il poeta univa tra loro le
sequenze ritmiche (o cola) in vario modo148, ora isolandole median-
te dieresi, ora saldandole tra loro, evitando cioè di fare coincidere
fine di sequenza ritmica con fine di parola e anticipando o postici-
pando quest’ultima di una o due sillabe. Nel verso ∂  A9 
E˜G 9 í l   9$Û& m"Ô& (P. 4,248), ad esem-
pio, lo studioso individuava un hemiepes maschile isolato da dieresi
( ), quindi un metro giambico ( ) saldato ad un proso-
diaco ( ) mediante la parola l   (la fine di parola
risulterebbe pertanto posticipata di due sillabe rispetto alla fine del
metro giambico):
.

Le osservazioni di Serruys non hanno avuto risonanza nel


dibattito scientifico e sono state ‘riscoperte’ solo più tardi, negli an-
ni ’40, da Dain e dal suo allievo Irigoin (vd. infra). Diversa sorte ha
avuto un notevole studio di Hermann Fränkel sulla struttura del-
l’esametro greco, apparso quasi vent’anni più tardi (Der kallima-
chische und der homerische Hexameter, «NAWG» 1926, 197-229) e
subito salutato da Giorgio Pasquali come l’inizio di una nuova era
nello studio della ritmica dei versi recitativi greci149. A Fränkel si
attribuisce infatti, generalmente, il merito di avere inaugurato la co-
siddetta ‘metricale verbale’.

148 Alle pp. 139-141 Serruys individuava cinque tipologie di unione di cola nel ver-
so, alle quali riteneva riconducibili la maggior parte dei versi pindarici.
149 Cfr. G. P., rec. FRÄNKEL, Der kallimachische und der homerische Hexameter,
cit., «Gnomon» III (1927) 241-247: 241 («Vorliegende Arbeit […] kennzeichnet den
Beginn einer neuen Ära im Studium der Rhythmik der griechischen Sprechverse»).
;a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 251

Lo studioso riuscì a mostrare che gli zeugmi o ponti (cioè i ‘di-


vieti’ di fine di parola in una certa posizione del verso) individuati
dagli studiosi del secolo precedente erano la conseguenza di precise
tendenze a collocare fine di parola (incisione)150 in altri punti del ver-
so, limitrofi a quelli degli zeugmi: in questo modo egli sostituì a ‘leg-
gi’ metriche formulate in negativo l’enunciazione, in positivo, di una
tecnica versificatoria. Nell’esametro degli Inni callimachei le sedi ce-
surali si concentrano in tre punti del verso, nelle quali si registra la
maggiore concentrazione delle interpunzioni (cioè delle pause di
senso). Tale comportamento può essere descritto nel seguente modo:

1 2 3 4 1 2 1 2
A B C

All’incisione principale, che cade nella zona centrale (in B1 o in


B2), in ogni esametro se ne accompagnano altre due laterali, nella
zona A (in una delle 4 posizioni indicate nello schema) e nella zona
C (in una delle 2 sedi indicate). In questo modo il verso risulta
quadripartito. Tale struttura si riscontra in tutti gli esametri calli-
machei, a meno che non vi siano parole o gruppi verbali di una cer-
ta estensione (almeno 6 tempi primi o more) che ‘scavalchino’ le
posizioni previste per un’incisione: tali ‘parole pesanti’ (schwere
Worte), spesso pregnanti sul piano del contenuto, ricevevano così
un certo rilievo nell’economia del verso.
I prodromi di questo sistema cesurale sono stati rintracciati da
Fränkel già nell’epos omerico, dove, però, la prima parte dell’esa-
metro (zona A) non presenta ancora una vera e propria incisione
pienamente formata (o, se si vuole, istituzionalizzata), ma solo una
tendenza non sistematica a collocare pause di senso forti (accompa-
gnate da interpunzione) in una delle quattro posizioni che poi si
svilupperanno come sedi cesurali in Callimaco: l’esametro omerico
risulta, pertanto, tripartito, fatta eccezione per quei versi – più nu-
merosi che in Callimaco – che contengono ‘parole pesanti’.

150Sul termine, che include sia i casi di fine di parola all’interno di unità metrica
(cesura), sia i casi di fine di parola coincidente con fine di unità metrica (dieresi), si ve-
da Rossi, Estensione e valore del colon, cit. [n. 23], 240 n. 4 (= Struttura e storia dell’e-
sametro greco, cit. [n. 23], II 272, n. 4).
252 <etrica greca
La distinzione tra i due stili compositivi, omerico e callimacheo, mostra
l’evoluzione della struttura del verso ancora in fieri, almeno per quel che
concerne la zona A: di qui Fränkel prese il destro per ricostruire, analogi-
camente, il processo storico che poté portare alla definizione delle due in-
cisioni del verso omerico. Lo studioso ipotizzò che inizialmente i cantori
epici avessero avvertito l’esigenza di definire e normalizzare l’estensione
delle espressioni formulari che utilizzavano nelle loro esecuzioni estempo-
ranee: solo formule dalle dimensioni fisse potevano facilmente essere com-
binate tra loro o con espressioni libere a costituire un esametro. Ciò con-
dusse alla fissazione di alcuni punti del verso (zone B e C) in cui si collo-
cava, di preferenza, il confine tra una formula e l’altra, ovvero un’incisione
semantica forte. In un secondo tempo, furono regolamentate allo stesso
modo anche le incisioni semantiche più deboli, fino alla semplice fine di
parola, e venne così definendosi un vero e proprio sistema cesurale, capace
di condizionare la composizione poetica.

Nel rielaborare la propria teoria sulla struttura dell’esametro, a


circa trent’anni di distanza151, Fränkel abbandonò l’approccio stori-
co e induttivo per adottarne uno «notevolmente diverso, più siste-
matico e sostanzialmente deduttivo»152 : anziché muovere dalla
struttura pienamente compiuta dell’esametro callimacheo per indi-
viduare quali elementi trovassero riscontro già nell’esametro ome-
rico, cercò di individuare il principio costitutivo che regolava la
struttura del verso in quanto tale, senza considerazione del diffe-
rente comportamento della zona A nei poemi omerici e negli Inni
di Callimaco. Questo principio è stato riconosciuto dallo studioso
nell’esigenza di conciliare l’articolazione sintattica della frase con
l’articolazione ritmica del verso: tale conciliazione sarebbe avvenu-
ta mediante la regolamentazione delle incisioni semantiche e l’an-
nessione a queste di una funzione ritmica.
Il fatto di ritenere operante sin dall’età arcaica il principio costitu-
tivo appena descritto ha comportato una (indebita)153 estensione all’e-

151 Cfr. H. F., Der homerische und der kallimachische Hexameter, in ID., Wege und
Formen frühgriechischen Denkens, München 1955 (19602, 19683), 100-156. Il saggio è
stato tradotto in italiano da F. Michelazzo in FANTUZZI-PRETAGOSTINI, Struttura e sto-
ria dell’esametro greco, cit. [n. 23], II, 173-248.
152 F. MICHELAZZO, Per una rilettura dell’Esametro di Hermann Fränkel, in FAN-

TUZZI-PRETAGOSTINI, Struttura e storia dell’esametro greco, cit. [n. 23], II, 139-172:
144. Sulle due versioni dello studio di Fränkel si veda ora anche M. NAPOLITANO, Po-
stille all’Esametro di Hermann Fränkel, «RCCM» LVII (2015) 349-361.
153 Com’è stato opportunamente osservato e dimostrato: cfr. M. CANTILENA, Il

ponte di Nicanore, in FANTUZZI-PRETAGOSTINI, Struttura e storia dell’esametro greco,


cit. [n. 23], I, 9-67; Michelazzo, Per una rilettura, cit. [n. 152]; MARIA CHIARA MARTI-
?a metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 253

sametro omerico della quadripartizione prima riconosciuta solo al


verso callimacheo: la collocazione delle interpunzioni nelle posizioni
A1, A2, A3 e A4 da parte dei cantori epici è interpretata non più co-
me una semplice possibilità, preferita ad altre, ma come una necessità
vincolante (alla base sta il «postulato dell’inevitabile organicità e
completezza di questo, come di ogni altro, sistema ritmico»)154.
È stata soprattutto questa seconda, ‘estesa’ versione della teoria
fränkeliana quella che ha conosciuto maggiore circolazione tra gli
studiosi e che, prevedibilmente, ha suscitato un ampio dibattito in
merito alla struttura dell’esametro omerico155: se buona parte degli
studiosi ha accolto sostanzialmente l’idea della sua quadripartizio-
ne, pur modificandone alcuni aspetti156, altri (ad es. la Dale, G.S.
Kirk, R.S.P. Beekes e West) l’hanno respinta, per lo più a favore
della tradizionale divisione del verso in due emistichi o cola, sepa-
rati da un’incisione mediana (pentemimere o trocaica)157.

NELLI, Da Fränkel a Kahane. Considerazioni sulla divisione in cola dell’esametro ome-


rico, «Gaia» VI (2001) 119-129: 119-125 ( EAD., Sulla articolazione in cola dell’esame-
tro omerico, in M. CANNATÀ FERA-G.B. D’ALESSIO [edd.], I lirici greci. Forme della co-
municazione e storia del testo. «Atti dell’incontro di Studi. Messina, 5-6 novembre
1999», Messina 2001, 141-151: 141-146).
154 MICHELAZZO, Per una rilettura, cit. [n. 152], 149.

155 Sulla limitata influenza della prima versione si veda quanto scrive lo stesso

Fränkel all’inizio del saggio del 1955 (cit. supra alla n. 151). Cfr. inoltre MARTINELLI,
Da Fränkel a Kahane, cit. [n. 153], 120, n. 4 ( EAD., Sulla articolazione in cola, cit.
[n. 153], 142 n. 9).
156 Cfr. H.N. PORTER, The early Greek hexameter, «YClS» XII (1951) 3-63; ROSSI,

Estensione, cit. [n. 23]; R. BECK, The principle of composition in Homeric verse, «Phoenix»
XXVI (1972) 213-231; PEABODY, The Winged Word, cit. [n. 122], 66-117; H.R. BARNES,
The colometric structure of the Homeric hexameter, «GRBS» XXVII (1986) 125-150;
J.M. FOLEY, Traditional Oral Epic: The Odyssey, Beowulf, and the Serbo-Croatian Re-
turn Song, Berkeley 1990, 74-85; A. KAHANE, The Interpretation of Order: A Study in
the Poetics of Homeric Repetition, Oxford 1994, 17-42 (su cui vd. MARTINELLI, Da
Fränkel a Kahane, cit. [n. 153],  EAD., Sulla articolazione in cola, cit. [n. 152]);
M. CLARK, Formulas, metre and type-scenes, in R. FOWLER (ed.), The Cambridge
Companion to Homer, Cambridge 2004, 117-138: 120. Rassegne di studi sulla struttura
dell’esametro favorevoli alla tesi fränkeliana sono: W.B. INGALLS, The structure of the
Homeric hexameter. A review, «Phoenix» XXIV (1970) 1-12; MACÍA APARICIO, Ori-
gen y estructura del hexámetro, cit. [n. 135], 98-103; J. RUSSO, The formula, in
I. MORRIS-B. POWELL (edd.), A New Companion to Homer, Leiden-New York-Köln
1997, 238-260: 140-142. Più imparziale la rassegna di M.W. EDWARDS, Homer and oral
tradition: the formula, part I, «Oral Tradition» I (1986) 171-230: 174-188.
157 DALE, Greek metric, cit. [n. 15], 31s.; G.S. KIRK, Studies in some technical aspects

of Homeric style, «YCIS» XX (1966) 73-152; ID., The Iliad: A Commentary, I, Cambridge
1985, 17-35 (secondo lo studioso la vera divisione strutturale del verso è l’incisione centra-
le [B1 e B2], mentre le altre [A e C] sono determinate da ragioni di euritmia e dall’esten-
254 Aetrica greca
Al di là di tale problematica estensione della teoria (rispetto alla
quale risulta preferibile la precedente formulazione del 1926), non
si può non riconoscere che l’approccio di Fränkel ha aperto la stra-
da ad una migliore comprensione delle tendenze ritmiche che
informano e strutturano l’esametro, spostando l’attenzione «dalla
cesura al kolon»158, dai confini di parola alle parole e alle formule
(con un riconoscimento del carattere formulare della dizione epica
omerica che anticipa di due anni la nota dissertazione di Parry).
Su questa linea, si è rivelato produttivo lo studio di Eugene
O’Neill (Jr.) sulla distribuzione delle parole nel verso sulla base della
loro struttura metrico-prosodica (The localization of metrical word-
types in the Greek hexameter. Homer, Hesiod and the Alexandrians,
«YClS» VIII, 1942, 105-178): le tabelle compilate dallo studioso mo-
strano che i diversi tipi di parola tendono a trovare la propria collo-
cazione preferenziale (localization) in alcune sedi del verso, pur
essendo potenzialmente disponibili ad ospitarli anche altre posizioni.
Lo studioso non offre un’interpretazione dei dati desumibili dalle tabel-
le. Un’efficace quadro d’insieme delle tendenze osservabili è tracciato da
M.L. West: «the poets were composing within a frame
or , which called for
particular sorts of word-shape at four points. Words – particularly poly-
syllables – which were of the right shape for the beginning or (especially)
for the end of one or other colon tended to be assigned to that position
rather than to other possible, colon-internal positions. Thus words shaped
, or ending with that sequence, tended to be put at the end of the ver-
se; those ending or either there or before the caesura; those be-
ginning or or after the caesura; those scanning or
at the beginning or end of the first colon. Hermann’s Bridge may be
explained as a consequence of this principle. It is another way of saying
that words shaped or or are not normally placed at the be-
ginning of the second colon. Words with a long penultimate syllable and a
short vowel in the final syllable tend not to be so placed that a collocation
of consonants lengthens that syllable. Thus a word such as  or
∆9#&, if not at verse-end, would normally be followed by a word be-
ginning with a vowel»159.

sione media delle parole greche); R.S.P. BEEKES, On the structure of the Greek hexameter.
O’Neill interpreted, «Glotta» L (1972) 1-10: 3; WEST, Greek Metre, cit., 35; ID., Homer’s
meter, in Morris-Powell, A New Companion to Homer, cit. [n. 156], 218-237.
158 La formulazione è di ROSSI, Estensione, cit. [n. 23], 271.
159 M.L. WEST, Homer’s meter, cit. [n. 156], 224-226. Un’interpretazione dei dati pre-
sentati da O’Neill offre anche Beekes, On the structure of the Greek hexameter, cit. [n. 157]:
Ba metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 255

Il limite principale del lavoro di O’Neill risiede nel trattamento


delle appositive come parole indipendenti, anziché come compo-
nenti di parole ‘metriche’ (cfr. Maas § 135)160. A tale problema in-
tendono ovviare le nuove tabelle compilate da Stefan Hagel161, più
analitiche – oltre alla forma metrica di una parola in un certo verso,
sono prese in considerazione anche le possibili variazioni che que-
sta può subire in un diverso contesto prosodico (a tale riguardo è
specificata la tipologia dei fonemi che aprono e concludono un cer-
to word-shape) – e calcolate su una più ampia base statistica, inclu-
siva dei poemi di Quinto Smirneo e di Nonno di Panopoli.
Gli studi sull’esametro greco condotti negli ultimi decenni han-
no compiuto ulteriori passi in avanti, muovendosi lungo la via trac-
ciata da Fränkel (ma con un’aggiornata considerazione delle ap-
positive)162 e procedendo oltre l’approccio di O’Neill: l’attenzione
si è spostata dall’individuazione delle tendenze che presiedono alla
dislocazione delle singole parole nel verso alla ricerca dei princìpi
ritmici seguiti dai vari poeti nell’organizzare i propri esametri.
Numerosi sono gli studi incentrati su singoli poeti o su determinati generi
poetici (un dato ormai acquisito è il più rigoroso trattamento dell’esametro

lo studioso non si occupa dei word shapes, come fa West, ma ragiona in termini di rap-
porto metro-sintassi e parte dal presupposto che la cesura centrale, da lui considerata co-
me l’unica incisione metrica dell’esametro, sia realizzata solo da un confine sintattico più
o meno forte (dalla semplice fine di parola alla fine di una frase). Su questa base, egli
enuclea sei regole di base per spiegare la collocazione preferenziale dei word shapes.
160 Cfr. DALE, Greek metric, cit. [n. 15], 34. Sulle appositive e sul loro comporta-
mento si vedano soprattutto A.W. BULLOCH, A Callimachean refinement to the Greek
hexameter, «CQ» n.s. XX (1970) 258-268: 260-263; CANTILENA, Il ponte di Nicanore,
cit. [n. 153], 20-28; A.M. DEVINE-L. STEPHENS, The Greek appositives: towards a lin-
guistically adequate definition of caesura and bridge, «CPh» LXXIII (1978) 314-328;
E. MAGNELLI, Le norme del secondo piede dell’esametro nei poeti ellenistici e il compor-
tamento della ‘parola metrica’, «MD» XXXV (1995) 135-164. Le pur importanti pagine
di Fränkel sull’argomento (Der homerische und der kallimachische Hexameter, cit.
[n. 151], 142-147 = trad. it. 230-236) non sono esenti da una certa soggettività: non ri-
sultano sufficientemente definiti i motivi per cui le appositive talora si saldano con le
parole ‘grammaticali’, talora no.
161 S.H., Tables beyond O’Neill, in F. SPALTENSTEIN-O. BIANCHI (edd.), Autour de
la cesure. «Actes du colloque Damon des 3 et 4 novembre 2000», Bern 2004, 135-215.
Nello stesso volume è contenuto anche un secondo contributo di Hagel (Caesura and
melody, pp. 11-22), nel quale si propone di considerare la cesura come un fenomeno
melodico, legato cioè al profilo melodico prodotto dalla disposizione degli accenti di
parola nell’esametro (sul melodic contour del verso si veda G. DANEK-S. HAGEL, Ho-
mer-Singen, «WHB» XXXVII, 1995, 5-20).
162 Vd. supra n. 160.
256 Cetrica greca
nei distici elegiaci rispetto alle successioni stichiche dell’epos: si vedano al-
meno H.R. BARNES, The structure of the elegiac hexameter, in FANTUZZI-
PRETAGOSTINI, Struttura e storia dell’esametro greco, cit. [n. 23], I, 135-161;
E. MAGNELLI, Alexandri Aetoli testimonia et fragmenta, Firenze 1999, 37 e
n. 83, con altra bibliografia). Solo a titolo esemplificativo e senza pretesa di
completezza, si pensi alle analisi di M. BRIOSO SÁNCHEZ sugli esametri di
Nicandro e Teocrito e su quelli elegiaci ed epigrammatici (Nicandro y los
esquemas del hexametro, «Habis» V, 1974, 9-23; Aportaciones al estudio del
hexametro de Teocrito, «Habis» VII, 1976, 21-56 + VIII, 1977, 57-75; Sobre
el hexametro de la elegia y el epigrama griegos, «Habis» IX, 1978, 49-76), di
G. AGOSTI e F. GONNELLI sulla poesia cristiana greca (Materiali per la storia
dell’esametro nei poeti cristiani greci, in FANTUZZI-PRETAGOSTINI, Struttura
e storia dell’esametro greco, cit. [n. 23], I, 289-434), di E. MAGNELLI sulla
versificazione di Alessandro Etolo e su quella di Euforione (Alexandri Ae-
toli testimonia et fragmenta, cit., 37-44; Studi su Euforione, Roma 2002,
57-91), di C. NERI sulla produzione di Erinna (Erinna. Testimonianze e
frammenti, Bologna 2003, 551-577), di M. FANTUZZI e A. SENS sugli esa-
metri dell’epigrammistica anonima d’età ellenistica (The hexameter of in-
scribed Hellenistic epigram, in M.A. HARDER-R.F. REGTUIT-G.C. WAKKER,
Beyond the Canon, Leuven-Paris-Dudley, Mass. 2006, 105-122).

Oltre che all’esametro, l’approccio della metrica verbale è stato


applicato anche agli altri principali versi greci della recitazione: il
trimetro giambico163, il tetrametro trocaico catalettico164 e il tetra-
metro giambico catalettico165.

163 Cfr. S.L. SCHEIN, The Iambic Trimeter in Aeschylus and Sophocles, Leiden
1979, in part. 26-29 e 35-43; DIA MARY L. PHILIPPIDES, The Iambic Trimeter of Euri-
pides. Selected Plays, Salem, N.H. 1978; HELMA J.M. DIK, Words into verse: the locali-
zation of some metrical word-types in the iambic trimeter of Sophocles, «ICS» XXIII
(1998) 47-84 (come la studiosa chiarisce a p. 49, il suo obiettivo è «to explore the pos-
sible positions of individual words, not of word-groups»: sono pertanto prese in con-
siderazioni parole bi- e trisillabiche, nelle loro varie forme metriche, ma non gruppi
verbali costituiti da una o più appositive). Benché non ispirati direttamente all’approc-
cio di Fränkel o di O’Neill, ma influenzati piuttosto dalle ricerche parryane, meritano
di essere qui ricordati gli studi di C. PRATO sui trimetri euripidei, con particolare ri-
guardo per il loro carattere quasi-formulare e per la localizzazione di certe parole o fra-
si in determinate sedi del verso (C. P., Scritti minori, a cura di P. GIANNINI-S. DELLE
DONNE, Galatina, LE 2009, 263-309: si tratta di due contributi apparsi originariamente
nel 1971 e nel 1978).
164 Cfr. FRANCA PERUSINO, Tecnica e stile nel tetrametro trocaico di Menandro,

«RCCM» IV (1962) 45-64 (aspetti di outer metric); MARLEIN VAN RAALTE, Rhythm
and Metre. Towards a Systematic Description of Greek Stichic Verse, Assen-Wolfeboro,
NH 1986, 336-378 (aspetti di outer e inner metric).
165 Cfr. FRANCA PERUSINO, Il tetrametro giambico catalettico nella commedia gre-

ca, Roma 1968.


Da metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 257
Una descrizione sistematica delle tendenze ritmiche che influiscono sul-
la struttura interna dell’esametro, del trimetro e del tetrametro è stata ten-
tata da Marlein van Raalte (Rhythm and Metre, cit. [n. 163] – un lavoro
preparatorio rispetto al manuale di metrica di Sicking, su cui vd. supra
§ 3.1). I dati relativi alla realizzazione delle diverse sedi metriche (cosid-
detta outer metric) e alla collocazione dei confini di parola (cosiddetta in-
ner metric) sono interpretati dalla studiosa in chiave ritmica, ovvero in ter-
mini di aderenza o divergenza tra lo schema metrico generale di un verso
(metric profile), che costituisce la norma ritmica (rhythmical norm) e l’o-
rizzonte di attesa dell’ascoltatore, e le sue concrete realizzazioni ritmiche:
la divergenza può consistere in una semplice variazione (ad es. una sillaba
lunga in una posizione libera per lo più realizzata da sillaba breve) o in
una deviazione dallo schema metrico ‘istituzionalizzata’ (ad es. la sillaba
lunga che occupa la penultima posizione del coliambo, inviariabilmente
breve nel trimetro giambico ‘regolare’). Il contrasto o tensione tra livello
metrico e livello ritmico opera anche sul piano del rapporto tra unità
(gruppi di elementi metrici, intesi in senso maasiano, da un lato; parole e
frasi, dall’altro): nell’esametro dattilico e nel trimetro giambico i confini

In relazione al solo trimetro giambico, N. Baechle ha recentemente rea-


lizzato un affinamento del metodo di lavoro di O’Neill analogo a quello
operato da Hagel per l’esametro: nello studiare la localizzazione delle pa-
role con una certa forma metrica all’interno del verso egli ha considerato
anche le possibili variazioni di un certo word-shape in differenti contesti
prosodici e ha messo a punto, a tale scopo, un programma informatico ca-
pace di individuare tutte le possibili varianti di una certa forma (ad esem-
pio, data una parola ‘bacchiaca’, , il programma è in grado di trovare

166 Si intende per ritmo discendente quello in cui un elemento marcato (o tempo
forte) precede un elemento non marcato (o tempo debole), per ritmo ascendente quello
caratterizzato dal movimento opposto. Per la Raalte la distinzione si gioca tutta sul
piano quantitativo: «the contrast consists in a disjunctive opposition of plus versus mi-
nus marked for quantity» (Rhythm and Metre, cit., 380; cfr. anche 406 n. 38).
258 Eetrica greca
anche le varianti con sillaba iniziale allungata a seguito di un diverso trat-
tamento del gruppo occlusiva + liquida o dell’incontro tra due fonemi vo-
calici)167.

Mentre in àmbito tedesco, inglese ed italiano si diffondeva l’in-


fluenza della teoria di Fränkel (soprattutto nella sua seconda versio-
ne del 1955) negli studi sull’esametro greco – con ricadute anche
sulle ricerche relative agli altri principali versi recitati, come si è vi-
sto – la metrica verbale conosceva, indipendentemente, un grande
sviluppo in Francia, soprattutto a partire dagli anni ’40, negli studi
sull’esametro latino, ad opera di Louis Nougaret, Jean Perret, Jo-
seph Hellegouarc’h e Jean Soubiran. Ad essi si devono pregevoli
contributi sull’organizzazione delle parole e delle incisioni nel ver-
so, a partire da Ennio e fino ai poeti d’età imperiale168. A tali contri-
buti non si può non fare accenno pure in una rassegna sulla metrica
greca, tanto più che tra questi è pure un acuto lavoro sull’adatta-
mento dell’esametro greco al sistema metrico latino169.
Proprio in Francia, del resto, si è affermata l’espressione métri-
que verbale per designare lo studio della concreta realizzazione
verbale di uno schema metrico. Il merito di avere coniato la deno-
minazione si deve, come si è detto, a Serruys (1903), che s’occupò
in particolare del trattamento delle fini di parola nel verso melico
greco (Pindaro). La sua lezione fu recuperata da Alphonse Dain
nella sua Leçon sur la métrique grecque (Paris 1944) – rielaborata
poi nel Traité de métrique grecque (Paris 1965)170 – e soprattutto

167N. B., Metrical Constraint and the Interpretation of Style in the Tragic Trime-
ter, Lanham 2007 (si vedano in part. le pp. 49-53 per la nuova e più flessibile definizio-
ne di word shape e le pp. 307-323 per la descrizione del programma informatico e le ta-
belle dei dati sulla localizzazione dei tipi di parola).
168Per una rassegna dei loro principali contributi cfr. PARKER, Greek metric, cit.
[n. 15], 57s.; F. CUPAIOLO, A proposito di alcuni recenti studi di metrica classica,
«RFIC» XCV (1967) 226-240; ID., Bibliografia delle metrica latina, Napoli 1995, 97-
107; A. TRAINA-G. BERNARDI PERINI, Propedeutica al latino universitario, Bologna
19986, 295-297. Per un quadro storico dello sviluppo di queste ricerche in Francia si
può vedere L. DE NEUBOURG, La base métrique de la localisation des mots dans
l’hexamètre latin, Brussel 1986, 11-16.
J. PERRET, De l’hexamètre grec à l’hexamètre latin. L’emprunt, l’adaptation, in
169

AA. VV., «Actes du I congres international des études classiques», Paris 1951, 127-131.
Si veda quanto Dain scrive a p. 124 del Traité: «D. Serruys […] a été le premier à
170

montrer l’importance de la disposition des mots à l’interiéur des vers dactylo-trochaiques».


Fa metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 259

dal suo allievo Jean Irigoin, autore di originali studi sulla struttura
dei versi della melica greca monodica e corale171 . Quest’ultimo
– anche sulla scorta di alcune osservazioni particolari di Maas sulla
versificazione di Bacchilide (§ 48) e dello stesso Dain sui cori sofo-
clei172 – ha notato come nel verso cantato non contino le posizioni
in cui cade la fine di parola, ma, all’opposto, la sinafia, ovvero l’u-
nione tra le sequenze metriche (metri e cola) costitutive di un ver-
so173: il confine tra una sequenza e l’altra cade tendenzialmente al-
l’interno di una parola, in modo tale da conferire unità al verso, e
solo raramente ed in condizioni particolari vi è coincidenza tra la
fine di una sequenza e la fine di parola (dieresi)174. Ne consegue che
i cola costitutivi del verso possono essere identificati mediante l’in-
dividuazione del punto di sinafia ricorrente, generalmente collocato
una sillaba prima o una sillaba dopo un’incisione – beninteso,
un’incisione apparente, come precisa lo stesso Irigoin: «l’apparition
irrégulière, et très rarement généralisée, de cette césure, le fait
qu’elle peut occuper indifféremment deux places, toutes con-
statations prouvent qu’elle n’est qu’une particularité secondaire»175.
Questa tendenza del verso melico a costituirsi mediante sinafia tra i suoi
componenti, denominata da Dain «loi d’Irigoin»176, era stata in realtà già
riconosciuta da A. Boeckh («in vicinia commessurae ordinum, sive paullo
ante sive paullo post adeo ut unum idemque vocabulum in utrumque or-
dinem porrectum sit, quasi cardo, in quo versentur ordines compositi ve-
lut g e n i c u l o coniuncti»)177. L’osservazione si deve a Rossi, che rileva
come il principio della sinafia tra cola sia divenuto «patrimonio comune»

171 Si vedano soprattutto il volume Recherches sur les mètres de la lyrique chorale
chorale grecque. La structure du vers (Paris 1953) e l’articolo La structure des vers éo-
liens, «AC» XXV (1956) 5-19, ora incluso, insieme ad altri contributi metrici, in J. IRI-
GOIN, Le poète grec au travail, Paris 2009 (pp. 29-40).
172 Cfr. Recherches, cit. [n. 171], 15s.
173Cfr. ivi, 50s.: «D. Serruys a reconnu, un peu avant P. Maas [cfr. § 48], l’impor-
tance de la disposition des mots à l’interieur du vers dactylo-trochaïque; mais ce métri-
cien, qui attachait trop d’importance aux coupes, n’a pas mis en relief la synaphie».
174 Cfr. Recherches, cit. [n. 171], 40s., 91.
175 Cfr. ivi, 40.
176Cfr. DAIN, Traité, cit., 110. In realtà, Irigoin stesso preferiva parlare di ‘tenden-
za’ più che di ‘legge’ («le nom de loi serait trop exclusif», Recherches, cit. [n. 171], 16).
177 Cfr. A. B., De metris Pindari, in &-01!# Ï 2/34'a. Pindari opera quae su-

persunt, I/2, Lipsiae 1811, 177.


260 Getrica greca
negli studi di metrica del XX secolo: «basterà pensare alla colon-caesura
della Dale […] più recentemente sostituita con il termine, forse più adatto,
di Kolonkontinuum proposto da Korzeniewski»178.

Sulla base del suddetto criterio un verso che ricorre con una cer-
ta frequenza in Pindaro,

è passibile di diverse interpretazioni a seconda del punto di sinafia


ricorrente. Irigoin distingue tre realizzazioni, tutte e tre attestate
nell’opera del poeta tebano:
(ditrocheo, hemiepes f., cretico)179
(cretico, prosodiaco, digiambo)180
(cretico, enoplio, cretico)181.

Ogni realizzazione rappresenta, in realtà, un verso ritmicamente


distinto dagli altri, nonostante l’identica successione sillabica. In al-
tri termini, la variazione dell’articolazione interna comporta una
variazione del ritmo, configurando un diverso tipo di andamento:
discendente, nel primo caso; ascendente, nel secondo caso; prima
ascendente e poi discendente, nel terzo caso. In quest’ultimo tipo,
la variazione è interna al verso stesso ed è resa possibile dall’impie-
go di una sequenza modulante, l’enoplio ( ), di ritmo
ascendente nella prima parte e discendente nella seconda. Analoga
funzione modulante è riconosciuta dallo studioso anche al cretico
( ), al reiziano giambico ( ) e all’hemiepes maschile
( ), tutti caratterizzati da una struttura interna simmetrica (la
seconda parte di queste sequenze metriche è speculare alla prima).

Un esempio di modulazione ritmica interna particolarmente forte è rav-


visato da Irigoin nel verso Pind. O. 3 ep. 4s.,

178ROSSI, La metrica come disciplina filologica, cit. [n. 10], 199s. I riferimenti bi-
bliografici menzionati da Rossi sono i seguenti: DALE, The Lyric Metres, cit., 88; KOR-
ZENIEWSKI, rec. di H.A. POHLSANDER, Metrical Studies in the Lyrics of Sophocles, Lei-
den 1964, «Gnomon» XXXVII (1965) 449.
179 Cfr. Pind. P. 1 ep. 5, 3 str. 5, N. 10 ep. 2, 11 str. 1, ep. 2.
180 Cfr. Pind. P. 3 ep. 3, 9 ep. 3 e 5, N. 10 str. 4, I. 3/4 str. 2.
181 Cfr. Pind. N. 10 ep. 1.
Ha metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 261
7 ep. 5, P. 4 ep. 2, Bacch. 5 str. 9s.), interpretato come l’unione di un he-
miepes femminile, di un cretico e di un prosodiaco sulla base dei punti di
sinafia ( )182. Lo studioso parla, a tale proposi-
to, di una «rétrogradation rythmique avec valeur centrale commune»183,
cioè di passaggio da un andamento discendente ad uno ascendente, favori-
to da una ‘cerniera’ mediana: «la syllabe brève du crétique est comme un
pivot – commun aux deux moitiés du vers – autour duquel se produit le
renversement du rythme»184.

In sintesi, lo studio della realizzazione verbale del verso melico


porta lo studioso ad individuare nella sinafia un elemento struttu-
ralmente rilevante (com’era già per Boeckh) e capace di produrre
varietà ritmica in una strofe o nel verso stesso.
L’obiezione principale rivolta a questo approccio è il valore ec-
cessivo assegnato alla sinafia considerata come tendenza generaliz-
zata nella melica monodica e corale: in realtà, i poeti d’età arcaica e
classica ricorsero anche ad un altro modo di articolazione del ver-
so, ovvero alla dieresi tra cola185. Lo mostra con chiarezza lo Stesi-
coro di Lille (PMGF 222b = fr. 97 Finglass), in cui vi è dieresi ge-
neralizzata, in tre casi (str. 5, ep. 4 e 6) seguita da un elemento libe-
ro realizzato anche da due sillabe brevi ( ): questo elemento appa-
re piuttosto come l’inizio che come la fine di un colon (si dovreb-
bero altrimenti ammettere un hemiepes femminile del tipo
e un enoplio di forma , entrambi privi di
186
paralleli) . Ciò non toglie valore alle ricerche di Irigoin, ma mo-
stra la necessità di non applicare in maniera ‘meccanica’ il principio
della sinafia e di valutare, caso per caso, anche sulla base delle ten-
denze riscontrabili nei componimenti dei singoli poeti (cioè sulla

182 Cfr. IRIGOIN, Recherches, cit. [n. 171], 24 e 42.


183 Ivi, 42.
184 Ibid.
185 Contro l’eccessivo peso assegnato alla sinafia e la sua troppo ampia applicazione
cfr. almeno DALE, Greek metric, cit. [n. 15], 26; ROSSI, La metrica come disciplina filo-
logica, cit. [n. 10], 196-204; Palumbo Stracca, Osservazioni metriche al nuovo Stesicoro,
cit. [n. 30], 38s. = "#$%, cit., 248s.
186Cfr. PALUMBO STRACCA, Osservazioni metriche al nuovo Stesicoro, cit. [n. 31],
37s. (= "#$%, cit. [n. 31], 247s.); GENTILI, La metrica greca oggi, cit. [n. 31], 22s.;
C.O. PAVESE, Tipologia metrica greca, cit. [n. 31], 69s. (negli Opuscula selecta [cit.,
n. 31] non è stata ristampata l’appendice relativa allo Stesicoro di Lille).
262 Ietrica greca
base del quarto ‘criterio boeckhiano’, la comparatio metrorum dili-
gens et usus veterum cognitio)187. Più sottili e soggettive appaiono,
invece, le considerazioni sulle modulazioni del ritmo: poiché il rit-
mo musicale non si fondava solo sull’alternanza di durate (note/sil-
labe brevi e lunghe), ma anche sull’alternanza di tempi in levare e
tempi in battere (B/("B, 9&/)+9&, secondo la terminologia
ritmica antica), qualora non si conosca quest’ultima, come spesso
accade, non è possibile stabilire l’esatto andamento del ritmo188.
Un altro aspetto delle ricerche di Dain e di Irigoin che merita di
essere considerato in questo contesto è l’attenzione riservata al pe-
riodo melico: benché tale aspetto non riguardi propriamente la me-
trica verbale, esso si inserisce nondimeno nel più generale interesse
dei due studiosi per la struttura ritmica di una composizione meli-
ca, articolata su più livelli (dal verso, costituito da sequenze metri-
che legate da sinafia, al periodo, formato in genere dall’unione di
più versi, alla strofe, che raggruppa più periodi). Il periodo è defi-
nito da Dain come «un ensemble métrique ayant une certaine éten-
due et présentant des éléments si étroitement unis entre eux que le
rythme demeure suspendu jusqu’au dernier terme»189. Tale sequen-
za metrica è posta dallo studioso in relazione con la concreta rea-
lizzazione orchestica di una composizione corale, segnatamente
con un movimento circolare del Coro: «le point de départ et le
point d’arrivée se rejoignent: grâce au mouvement du rythme, on a
parcouru un circuit ( &)»190.
Questo tipo di indagine era stato avviato da Otto Schroeder all’inizio del
Novecento, come riconosce Dain, ma non aveva trovato unanime ricezione
nella tradizione degli studi, soprattutto per la tendenza dello studioso tede-
sco di ricercare una simmetria costante tra i periodi all’interno di ogni stro-
fe (stesso numero di ictus o tesi o tempi forti per ogni periodo), evidente
nelle scansioni metriche dei cantica dei tragici e di Aristofane: agli schemi
metrici è affiancato un calcolo degli ictus (o theses) sempre volto ad istituire

Sui criteri boeckhiani per l’individuazione della fine di verso e sulle vicende che
187

hanno portato alla loro definizione cfr. TESSIER, Vom Melos, cit. [n. 107], 19-55.
188 Sulla soggettività di tale aspetto della teoria di Irigoin si vedano le considerazio-
ni della DALE, Greek metric, cit. [n. 15], 25s.
189 Cfr. ID., Traité, cit., 155-164 (la citazione è da p. 159); IRIGOIN, Le poète grec,
cit. [n. 171], 19-27, 46-53, 117-159.
190 DAIN, Traité, cit., 159.
Ja metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 263

precise corrispondenze numeriche191 . Dain si pone sulla linea ideale di


Schroeder e riprende la nozione di periodo come sequenza metrica il cui
ritmo è determinato da un certo numero di ictus o temps marqués (intesi
come colpi meccanici: ad es. le battute di un piede a terra)192, uno per piede
metrico193; al contrario dello studioso tedesco, però, non cerca una simme-
tria esatta tra i periodi di una strofe, ma solo un certo equilibrio. Si veda,
ad esempio, l’analisi del secondo stasimo dell’Antigone di Sofocle, nella cui
prima strofe sono individuati tre periodi di 18, 14 e 16 ictus194; ma si veda-
no pure le analisi di alcuni canti drammatici (Ar. Nu. 563-574, 595-606,
Eur. Ion 1437-1509, IT 827-899, Hel. 625-697) e di alcuni epinici pindarici
(O. 3, P. 9) e bacchilidei (3, 11) compiute da Irigoin195.

I confini del periodo non sono di semplice ed univoca definizio-


ne, come lo stesso Dain riconosce: poiché iato e brevis in longo
concomitanti con fine di parola sono criteri che indicano anche la
fine di un verso, per l’individuazione della fine di un periodo si de-
ve ricorrere ad alcuni ulteriori indizi, metrici (il ricorrere di certe
clausole, cioè di cola impiegati frequentemente con funzione clau-
solare, come l’itifallico) o retorico-sintattici (la fine di una frase)196.
A ciò si unisce il numero degli ictus o ‘tempi marcati’197, approssi-
mativamente uguale da periodo a periodo o variabile secondo uno
schema riconoscibile (ad es. un periodo più breve tra due più estesi,
ripreso nella successiva coppia strofica).
Non si può non evidenziare la problematicità insita nella deter-
minazione dei confini dei periodi e, soprattutto, nel conteggio degli
ictus. Come vari studiosi hanno osservato, quest’ultima operazione
si risolve spesso, negli esempi proposti da Dain (e ancora da Iri-
goin), in un mero conteggio degli elementi lunghi degli schemi me-

191 O. S., Aeschyli cantica, Leipzig 1907, 19162; Sophoclis cantica, Leipzig 1907,
2
1923 ; Aristophanis cantica, Leipzig 1909, 19302; Euripidis Cantica fragmento Grenfel-
liano adiecto, Leipzig 1910, 19282. Per i criteri periodologici seguiti dallo studioso si
vedano le Vorarbeiten zur griechischen Versgeschicte, Leipzig-Berlin 1908, 158s. Su
Schroeder si veda supra § 3.3.
192 Cfr. DAIN, Traité, cit. 21.
193 Cfr. ivi, 160.
194 Cfr. ivi, 156.
195 Cfr. Le poète grec, cit. [n. 171], 19-27, 46-53, 117-159.
196 Cfr. DAIN, Traité, cit., 162-164.
197 A tale proposito si veda quanto detto nel corpo minore poco sopra.
264 Ketrica greca

trici, realizzato con criteri non sempre condivisibili198. Ciò non-


dimeno, si deve riconoscere alle ricerche dei due studiosi francesi il
merito di avere riaffermato la distinzione tra verso e periodo, pre-
sente nelle fonti antiche e riconosciuta ancora dagli studiosi di me-
trica del XIX secolo, ma in parte offuscatasi nella successiva tradi-
zione degli studi199. Tale distinzione può essere formulata nei ter-
mini proposti da Rossi200: il verso è la più piccola sequenza ritmi-
ca autonoma, cui si può riconoscere funzione «articolatoria memo-
riale»201; il periodo è un’unità ritmica intermedia tra il verso e la
strofe, resa riconoscibile nella performance dalla musica e dalla co-
reografia (periodo = evoluzione del Coro).

4. Alcune considerazioni finali


La rassegna proposta nelle pagine precedenti non ha alcuna pre-
tesa di completezza, ma mira piuttosto a fornire un quadro delle
principali tendenze degli studi di metrica greca nel XX secolo, con
alcuni ‘sconfinamenti’ nel XXI, e a mostrare quali prospettive si di-
schiudano a chi si accosti oggi a questo campo di studio. Comune
a vari indirizzi di ricerca è l’esigenza di coniugare la metrica con la
ritmica, il piano astratto degli schemi prosodici (concepibile come
un’ideale orizzonte di attesa dell’ascoltatore) con quello concreto
(e vario) della loro realizzazione. Un’esigenza, questa, che riguarda
sia i versi della recitazione, come mostra la cosiddetta métrique
verbale (§ 3.5), sia i versi destinati al canto, come mostrano i vari
studi sul rapporto tra ritmo verbale e ritmo musicale (§§ 3.1, 3.2,
3.3), dai quali si evince chiaramente che la sillaba poteva talora as-
sumere anche durate superiori ai 2 tempi primi o morae.

Cfr. AMY M. DALE, A French scholar’s testament [rec. di DAIN, Traité, cit.],
198

«CR» n.s. XVI (1966) 204-207: 206; D. KORZENIEWSKI, rec. di DAIN, Traité, cit.,
«Gnomon» XXXVIII (1966) 470-473: 472s.
199Per le fonti antiche si veda GIOVANNA PACE, Il termine *'!%0, nella dottrina
metrica e ritmica antica, «QUCC» n.s. LXXI (2002) 25-46; T. FLEMING, The origin of
the period, «QUCC» n.s. LXXXII (2006) 95-102. Per la confusione moderna tra le no-
zioni di verso e periodo cfr. TESSIER, Vom Melos, cit. [n. 107], 59-81.
200Verskunst, cit., 1211; cfr. anche La metrica come disciplina filologica, cit. [n. 10],
186, 191.
Così A. TESSIER, La riscoperta del verso ‘lirico’ greco (Böckh e i suoi epigoni), in
201

PAOLA VOLPE CACCIATORE (ed.), Musica e generi letterari nella Grecia di età classica,
Napoli 2007, 99-127: 124.
La metrica greca oggi: principali tendenze - Aggiornamento 265

Se la métrique verbale è un approccio inaugurato nel XX secolo,


lo studio dei versi melici in chiave ritmico-musicale è invece un ap-
proccio già tentato nel XIX secolo: nuova è però la consapevolez-
za storica con cui si è proceduto, soprattutto negli ultimi decenni,
ad affrontare il problema della concreta interazione tra testo poeti-
co e musica, senza più incorrere nel rischio di proiettare nel passato
le caratteristiche della coeva musica occidentale – un rischio cui
non si sono tuttavia sottratti alcuni tentativi di ricostruzione com-
piuti ancora nel Novecento (§ 3.2). Il rinnovato interesse per le
dottrine metriche e ritmiche antiche (§ 3.3) e per i documenti con
notazione musicale (§§ 3.1.b, 3.3) costituiscono una base solida per
superare, almeno in parte, quella condizione di «imbarazzo» di
fronte alla musica e alla danza greche di cui parlava Maas (§ 142)202.
Un altro aspetto messo in luce da alcuni studi (§ 3.3) è l’oppor-
tunità di considerare la realizzazione ritmica degli schemi metrici
in un certo testo poetico in connessione con gli altri elementi costi-
tutivi di quel testo: l’opportunità, cioè, di considerare la metrica
come un significante che coopera alla funzione poetica e insieme al
significato globale del testo. In questo senso, la metrica (come di-
sciplina) si configura non solo come uno strumento della critica te-
stuale (cfr. Maas, ibid.), ma come un ausilio all’interpretazione
complessiva del testo poetico.

Ringraziamenti. Ho composto questa Nota di aggiornamento su gentile


invito di Alfredo Ghiselli, che voglio qui ringraziare anche per i consigli che
mi ha dispensato durante il lavoro. Nel congedare queste pagine, non possono
non rivolgere un pensiero grato a tutti coloro che le hanno pazientemente
lette e annotate, fornendomi preziose indicazioni per arricchirle e renderle
più chiare: Mariella Bonvicini, Tommaso Del Vecchio, Liana Lomiento, En-
rico Magnelli, Michele Napolitano, Camillo Neri, Andrea Tessier, Renzo Tosi,
Stefano Valente. Un grazie, infine, a Giuseppe Camerlingo, a Valentina Ga-
rulli e a Rachele Pierini per le discussioni su alcuni aspetti problematici; a Ste-
fan Hagel per il valido aiuto nel reperimento di materiale bibliografico che mi
sarebbe altrimenti rimasto inaccessibile.

202 Mi piace qui menzionare l’incontro di studio “Melica, musica e metrica greca: un

primo bilancio” tenutosi a Sestri Levante nel febbraio 2008 su impulso di Vittorio Citti e
Andrea Tessier (cfr. G. GALVANI, Cronache da Sestri Levante, «QUCC» n.s. XCI, 2009,
161-166). Alcuni degli interventi hanno trovato pubblicazione su «Lexis» XXVI (2008);
due, in particolare, riguardano il ritmo musicale: Lomiento, Melica, musica e metrica
greca, cit. [n. 108] e ROCCONI, Metro e ritmo, cit. [n. 77]. Per la terminologia metrica e
ritmica antica uno strumento esaustivo è il Nomenclator metricus Graecus et Latinus,
di cui è apparso per ora il primo volume (I. -0, Hildesheim-Zurich-New York 2006).
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI

Mdonio ( ), 230 colon-caesura, 260


agoge ritmica, 221 coreografia, 224s.; 239; 262; 264
Agosti, G, 256 Corinna, 235
Alceo, 205; 212; 222; 242s. cretico ( ), 260
Alcmane, 197; 203; 219
Alessandro Etolo, 229 Dain, A., 258-264
Allen, F., 260 n. 121 Dale, A.M., 209; 211; 213; 253; 260
Anacreonte, 222 Damone, 221
anceps interpositum, 210-211; 214 Danek, G., 255 n. 161
appositive, 31 dattilo-epitriti, 210-212; 220; 224-226
Aristofane, 221; 262 Del Grande, C., 219-222; 226
Aristosseno (e il ritmo musicale), 219s.; deseterac (decasillabo), 244
224-228 dieresi tra cola, 261
arsi (tempo debole), 217; 221; 225 dimetro coriambico ( , 230;
asinarteti, 212 232
aulodia, 218 dimetro coriambico libero
( ), 230;
Bacchilide, 203; 233; 259; 263 232; 242
Baechle, N., 257s. distico elegiaco, 255s.
Barnes, H.R., 256 docmio ( ), 230
Bartsch, K., 240 n. 121 documenti musicali, 215s.; 220; 226
base eolica, 212; 214; 228; 242 dodecasemo, Vedi periodo dodecasemo
battuta musicale, 204; 217; 226
Beekes, R.S.P., 253; 254 n. 159 Eichner, H., 244
Bentley, R., 202 Elmsley, P., 202
Bergk, T., 229 elemento irrazionale, 226 n. 80; 228
Boeckh, A., 202; 249; 259 endecasillabo saffico ( ),
Brioso Sánchez, M., 236 205s.; 220<, 243
cadenza regolare (di verso), 242; 244; enoplio ( ), 229s. 232;
247s. 245; 260s.
equivalenza ( ), 243; 245s.
Callimaco, 251s. Erinna, 256
Campanile, E., 247-249 esametro (forme ‘irregolari’), 234
citarodia, 218 esametro dattilico (origine), 233s.;
cola enopliaci, 233s. 243-245
Cole, T., 244 esametro dattilico (struttura), 250-257
colometria, 235s. esecuzione (modi di), 218s.
colon metrico (dimetro), 202; 229; Euforione, 231
232-235; 239 Euripide, 213; 236; 263
268 Netrica greca
Fantuzzi, M., 256 Kurzverse, 230
ferecrateo ( ), 212; 245 Lenchantin de Gubernatis, M., 201
Filosseno di Citera, 227 Leo, F., 240 n. 121
Fleming, T.J., 236 n. 108 libertà nella cadenza finale del verso,
formule epiche, 234 247s.
Fränkel, H., 250-252 localization (O’Neill), 254
Frinide di Mitilene, 227 Lomiento, L., 234s.

Gentili, B., 231-237 Maas, P., 206; 215; 246


Georgiades, T., 214s.; 217 Magnelli, E., 236
Giannini, P., 233 Martin, É., 222s.
gliconeo ( ), 212; 230; 232s. Martinelli, M.C., 208 n. 15
Gonnelli, F., 256 Masqueray, P., 204
Meillet, A., 215; 240-246
Hagel, S., 255 Melanippide di Melo, 227
Hebung, 202; 230 Mercado, A., 244
Hellegouarc’h, J., 256 metra protypa (metri fondamentali),
hemiepes femminile ( ), 235
225; 230; 232; 261 metriva avestica, 229; 245s.
hemiepes maschile ( ), 225; metrica indiana antica (vedica), 221
230; 250; 260 Meyer, W., 202
Hermann, G., 202 modulazione ritmica, 227s.; 260s.
Morelli, G., 231 n. 95
ictus, 202; 215; 222; 230; 240; 262
incisione, 206; 207 n. 12; 234; 250-253 Nagy, G., 245
inner metric, 257 Napolitano, M., 228 n. 15
ipponatteo ( ), 198; 212 Neri, C., 256
Irigoin, J., 258; 264 Nicandro, 256
isocronia, 203; 214; 219s.; 224 Nietzsche, F., 202
isosillabismo, 242; 247s. Nougaret, L., 258
itifallico ( ), 232; 263 Nuova Musica, 206; 219
Ivanov, V.V., 244s. O’Neill Jr., E., 254s.
observatio, 202; 205; 210; 230
Jakobson, R., 244 ottonario indoeuropeo, Vedi Urvers
outer metric, 257
kat’enoplion-epitriti, 233
Ķiķauka, P., 219 paremiaco ( ), 2269;
Kirk, G.S., 253 244s.
Kolář, A., 219 Parker, L.P.E., 211
Kolonkontinuum, 260 parola metrica, 255
Kopff, E.C., 236 n. 108 Parry, M., 233; 254
Korzeniewski, D., 209; 211; 260 Pasquali, G., 231; 250
Koster, W.J.W., 208; 210; 236 n. 108 pausa musicale, 225 e n. 79
Král, K., 219 Pavese, C.O., 219; 211; 218s.
Kuryłowicz, J., 246s. Peabody, B., 245
Ondice dei nomi e delle cose notevoli 269
Pearson, L., 223-228 Simonide, 227
periodo dodecasemo, 232s. sinafia, 259-262
periodologia, 262s. Snell, B., 208; 212
Perret, J., 258 Sofocle, 238; 259; 263
Perrotta, G., 231 Soubiran, J., 258
Pighi, G.B., 244 n. 131 Stesicoro, 197; 211; 219; 227; 233; 261
Pindaro, 203; 212-213; 224-227; 233; syggeneia (affinità tra metri), 235
235; 250; 260s.; 263
Pisani, V., 246 tempo primo (mora), 221
Pöhlmann, E., 215; 226 n. 47 temps marqués, 263
Porson, R., 202 Teocrito, 256
Prato, C., 256 Terpandro, 216
Pretagostini, R., 237-239 terzina (in musica), 226
prosodiaco ( ), 230; 232; 250 tesi (tempo forte), 204; 217; 221; 225;
262s.
Quantitätsrhythmik, 215 Tessier, A., 236 n. 7
quarto criterio di Boeckh, 262 tetrametro giambico catalettico, 256s.
tetrametro trocaico catalettico, 256s.
Raalte, M. van, 209; 257 tetraseme (lunga di 4 tempi), 216 e
rapporto metrica-contenuto, 236-238 n. 47
rapporto tra metrica e musica, 213- Timoteo di Mileto, 227
217; 236s. trimetro giambico, 206; 228; 250;
rapsodia, 218 256-258
reiziano ( ), 230; 236s.; 260 triseme (lunga di 3 tempi), 227
responsioni libere, 202; 216; 228;
235; 237 Urvers, 202; 229s.; 240-241
Romagnoli, E., 219 Usener, H., 229
Rossi, L.E., 209s.; 264
Rupprecht, K., 5; 208; 231 variazione ritmica, 227
versi costruiti non "Ï +", 210
Saffo, 207; 212; 222; 242s. versi eolici, 205; 210; 220s.; 242s.
sandhi, 247 Vigorita, J.F., 245
Schaeder, H.H., 246 Volksdicthung, 229
Schmitt, R., 246
Schroeder, O., 202; 240 n. 121; 262 Wagner, R., 215; 220
Schwergewichtsrhythmik, 213 Watkins, C., 244
Seiling, H., 240 n. 121 Weil, H., 204
Senkung, 202; 230 West, M.L., 209; 211; 212s.; 215-217;
Sens, A., 256 244; 253
Serruys, D., 249s.; 258 Westphal, R., 203; 229; 241; 249
Sicking, C.M.J., 209; 211 Wilamowitz-Moellendorff, U. von,
sillabe superallungate, 213; 216; 236s. 202; 210; 224; 230s.
Silva Barris, J., 278 zeugmi, 251
INDICE GENERALE

Premessa alla terza edizione p. 5


Metrica greca di Paul Maas 7
Corrigenda et minima addenda 197

AGGIORNAMENTO di Marco Ercoles 199


La metrica greca oggi: principali tendenze 201
1. La metrica secondo Maas 201
2. Intermezzo: metrica ‘musicale’ e metrica ‘libresca’ 205
3. Gli studi di metrica dopo Maas: principali tendenze 207
3.1. Approccio empirico-descrittivo 208
3.2. L’approccio ritmico-musicale 219
3.3. La ‘scuola storica 229
3.4. La metrica comparata 240
3.5. La metrica verbale 249
4. Alcune considerazioni finali 264
Indice dei nomi e delle cose notevoli 267

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