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Coralba Colomba: Rezension von: Peter Isépy: Zur mittelalterlichen Überlieferung von

Aristoteles' De motu animalium. Die Bedeutung der Übersetzung Wilhelms von Moerbeke
und der Paraphrase Alberts des Großen für die griechische Texttradition, Wiesbaden: Reichert
Verlag 2016, in: sehepunkte 17 (2017), Nr. 6 [15.06.2017], URL: http://www.sehepunkte.de
/2017/06/29453.html

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Peter Isépy: Zur mittelalterlichen Überlieferung von Aristoteles' De motu


animalium

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Il testo greco del De motu animalium (da ora De motu) di Aristotele ha avuto varie edizioni
critiche dopo quella, ancora oggi di riferimento per la citazione del testo, curata da Bakker nel
1831. Tra queste il lavoro di Martha Nussbaum [1] ha rappresentato per lungo tempo una
pubblicazione fondamentale sullo stato della tradizione greca del trattato, per alcuni definitivo
e punto di partenza per la ricerca successiva. Gli studi su questa tradizione, difatti, non si sono
mai interrotti, rilevando progressivamente la conoscenza parziale della trasmissione greca e
l'insufficiente considerazione di quella latina da parte delle edizioni precedenti. A partire dal
Symposium Aristotelicum del 2011 Oliver Primavesi [2] ha presentato una nuova proposta di
edizione critica, individuando un ramo finora ignorato della trasmissione greca dell'opera (β).
Il lavoro di Peter Isépy, frutto di una dissertazione dottorale presentata nel 2013 presso la
Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera, si inserisce in questo progetto di
nuova edizione, traduzione e commento del De motu di Aristotele diretto da Primavesi, e offre
un'analisi approfondita della trasmissione indiretta mediolatina del trattato. Come per molti
dei testi del corpus aristotelico, infatti, la conoscenza delle redazioni latine medievali si rivela
essenziale per la ricostruzione del testo greco e della sua tradizione. Questa situazione è stata
spesso rilevata dagli autori dell'Aristoteles latinus, e nel caso del De motu da Pieter De
Leemans [3], che curando l'edizione critica della traduzione di Guglielmo Moerbeke ha
esaminato per la prima volta e dettagliatamente la trasmissione mediolatina del De motu e
ricostruito la Translatio anonyma usata da Alberto Magno nella sua parafrasi del trattato
aristotelico. Partendo dallo studio di De Leemans, Isépy individua il legame dei modelli greci
delle traduzioni di Moerbeke e della Translatio anonyma con il ramo β individuato da
Primavesi. In questo senso appare evidente il valore che la trasmissione latina acquista
rispetto all'insieme dei testimoni greci del trattato. L'indagine di Isépy mira ad approfondire
questo legame e a situare le due redazioni mediolatine e la ricostruzione dei loro modelli greci
all'interno della tradizione greca individuandone il significato per la storia del testo.
Tutto il lavoro, dunque, si basa sul ramo β; sconosciuto ai precedenti editori e ricostruito da
Primavesi. I rami a e b dello stemma codicum della Nussbaum non devono dunque essere più
considerati archetipi, ma interni a un unico archetipo α, parallelo alla nuova famiglia β. Dopo
aver ripercorso la storia delle edizioni critiche del De motu e le loro caratteristiche (I. Die
Editionsgeschichte von De motu animalium), Isépy si addentra in un esame dettagliato della
traduzione di Moerbeke (II. Die Übersetzung Wilhelms von Moerbeke) e della Parafrasi di
Alberto Magno (III. Die Paraphrase Alberts des Großen und die Übersetzung des Anonymus)
individuando, sulla scorta di De Leemans, gli argomenti a favore della nuova famiglia β,
"tatsächlich um einen alten unabhängigen Übersetzungsarm und nicht um die Konjekturen
eines byzantinischen Gelehrten".
La traduzione di Guglielmo Moerbeke, della quale non abbiamo codici autografi, è conservata
in numerosi manoscritti. Come De Leemans ha dimostrato, Guglielmo usò due esemplari
greci, che non ci sono pervenuti. Mentre il primo (Γ1) fa parte del ramo b dello stemma della
Nussbaum, Γ2 sarebbe riferibile al gruppo di codici che Primavesi ha identificato come nuovo
ramo (β) del De motu greco. Moerbeke utilizzò Γ1 per una prima traduzione (G1) e Γ2 per
due revisioni indipendenti della prima versione (GR' e GR"). In ogni fase della sua traduzione
ebbe accesso a questi due modelli greci e le sue tre redazioni latine si differenziano per il
numero crescente di lezioni della famiglia β che tramandano. Anche della Translatio anonyma
utilizzata da Alberto Magno per la sua parafrasi non ci è giunto alcun testimone, ma abbiamo
fortunatamente un codice autografo dell'autore che ha permesso una non facile ricostruzione
del modello greco (A). La diversa distribuzione dei tre modelli greci dei testimoni latini (Γ1,
Γ2, A) nella tradizione dell'opera e le loro relazioni vengono quindi riprodotte graficamente in
uno stemma codicum (235) diviso in tre blocchi tematici, uno per ciascuno dei "Vorlage"
greci (IV. Stemma codicum).
Per quanto riguarda la prima redazione latina del De motu, ci sono molte indicazioni sia
storico-culturali sia di critica del testo che Guglielmo abbia basato la sua traduzione su una
parte perduta del famoso codice Vind. phil. gr. 100 (J), il più antico testimone di opere
aristoteliche giunto sino a noi, datato al IX secolo (ca. 860). Vi sono diverse considerazioni a
sostegno di questa tesi che Isépy ripercorre nell'ultima parte del volume (V. Γ1 - Ein
verschollener Teil des Vind. Phil. gr. 100?). Prima fra tutte, il Vindobonensis fu il modello
delle traduzioni e delle revisioni di Moerbeke per tutti i trattati di Aristotele che esso
conserva. è ormai stato accertato, difatti, che il codice viennese avesse una seconda parte (in
cui tramandava i trattati zoologici di Aristotele), con la quale costituiva una sorta di
"collezione filosofica" di testi (neo)platonici e aristotelici. Questa possibile equiparazione di
Γ1 con J, permette di svolgere alcune congetture sui legami storici e culturali delle due
redazioni mediolatine. Γ1, pertanto, e A, il testo greco da cui deriva la Translatio anonyma,
presentano relazioni stemmatiche che li pongono in un rapporto privilegiato. Questo
lascerebbe supporre che Guglielmo di Moerbeke trovò J (identificato con Γ1) sulla via per la
Grecia nel 1260 nel monastero di San Nicola di Casole, vicino a Otranto, dove lo stesso A era
custodito.
Il volume è infine corredato da una ricca bibliografia e da una serie di appendici e indici
(Namen, Codices manuscripti, Codices deperditi).
Isépy realizza uno studio fondamentale per comprendere i rapporti e i legami tra la nuova
tradizione greca individuata da Primavesi e la trasmissione mediolatina del De motu
aristotelico, che concorrono entrambe in momenti storici differenti a ricostruire la vulgata
bizantina perduta. Il lavoro si rivela prezioso non solo dal punto di vista delle parentele e delle
dipendenze filologiche che individua tra le due trasmissioni, greco e latina, ma in ultimo per i
nuovi scenari, le ipotesi e gli interrogativi storico-culturali che apre sul ruolo di San Nicola di
Casole nella storia del testo e nell'attività di Guglielmo Moerbeke in generale.

Note:
[1] Il lavoro fu presentato prima come dissertazione presso la Harvard University nel 1975,
poi pubblicato nel 1978 e aggiornato nel 1985: Martha .C. Nussbaum (ed.): Aristotle's "De
motu animalium". Text with Translation, Commentary, and interpretative Essays, Princeton
1978 (19852).
[2] Oliver Primavesi: Aristotle, Metaphysics A. A New Critical Edition with Introduction, in:
Carlos Stelle (ed.): Aristotle's Metaphysics Alpha, (Symposium Aristotelicum) Oxford 2012,
385-516.
[3] Pieter De Leemans (ed.): Aristotele. De progressu animalium, De motu animalium,
Translatio Guillelmi de Morbeka (Aristoteles Latinus, XVII 2.II-III), Bruxelles 2011.
Coralba Colomba

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