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SILVIA EVANGELISTI

L. A ELIUS A URELIUS A POLAUSTUS E L ’A POLAUSTUS INTEREMPTUS NEL 189 D .C.

aus: Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 197 (2016) 271–275

© Dr. Rudolf Habelt GmbH, Bonn


271

L. A EL IUS A UR EL IUS A POL AUST US E L’A POL AUST US I N T ER EM P T US N EL 189 D.C.

Il rinvenimento di due frammenti di lastra in area irpina permette oggi di risolvere, in via definitiva, l’an-
nosa questione riguardante l’identità dell’Apolaustus ucciso nel 189 d.C. per volere di Commodo insieme a
Cleandro1 e ad aliique liberti aulici (HA vita Commodi, 7,1–3)2.
Un fondamentale studio di Boulvert3 ha efficacemente dimostrato, da quasi mezzo secolo, che tra la
seconda metà del II e la fine del secolo vissero e si esibirono non uno, ma tre pantomimi che ebbero come
nome d’arte Apolaustus4. L’identificazione dell’Apolaustus condannato da Commodo con il primo in ordi-
ne temporale dei tre, ossia con l’artista il cui nome completo era L. Aelius Aurelius Apolaustus, è stata
proposta da diversi studiosi5, ma inviti alla cautela o incertezze su tale identificazione sono state avanzate
ancora in anni relativamente recenti6.
A seguito dell’intervento di Boulvert7, è stato necessario assegnare all’uno o all’altro le varie testimo-
nianze letterarie ed epigrafiche note e che, ancora nella metà del 1900, si ritenevano riguardare un unico

1 Sui liberti aulici uccisi assieme a Cleandro vd. H.-G. Pflaum, La valeur de l’information historique de la Vita Commodi
à la lumière des personnages nommément cités par le biographe, in Bonner Historia Augusta-Colloquium 1970, Bonn 1972,
pp. 212–217, in particolare su Apolaustus p. 217.
2 Sed et Cleandro dignus tandem vitae finis inpositus. Nam cum insidiis illius Arrius Antoninus fictis criminibus in Attali
gratiam, quem in proconsulatu Asiae damnaverat, esset occisus nec eam tum invidiam populo saeviente Commodus ferre
potuisset, plebe ad poenam donatus est, cum etiam Apolaustus aliique liberti aulici pariter interempti sunt.
3 G. Boulvert, Le gentilice de L. Aurelius Augg. Lib. Apolaustus Memphius, in Mélanges offerts au Professeur Louis
Falletti, Paris 1971, pp. 29–31 e p. 34 nt. 40.
4 A L. Aelius Aurelius Apolaustus si aggiungono i due L. Aurelii Apolausti Memphi, questi ultimi in sicuro rapporto tra
di loro in quanto il più giovane (iunior) è discepolo del più anziano (senior). Vd. P. v. Rohden, in RE I 1, 1894, col. 490 nr. 27,
s.v. Aelius; id., in RE I 2, 1894, col. 2841 nr. 2, s.v. Apolaustus; I. Mancini, InscrIt IV, 1, 1952 nr. 254; V. Rotolo, Il pantomi-
mo. Studi e testi, Palermo 1957, pp. 59, 96–99 nrr. XVII–XXII; A. E. Gordon, Album of Dated Latin Inscriptions, II, London
1964, pp. 175–179; J. E. Spruit, Catalogus van romeinse acteurs, in Meded. Ned. Inst. Rome 34, 1969, p. 63 nr. 3; M. E. Molloy,
Libanius and the Dancers, Hildesheim 1996, pp. 311–312 (con attribuzione a un unico Apolaustus delle fonti letterarie ed epi-
grafiche); M. Bonaria, Dinastie di pantomimi latini, in Maia 11, 1959, pp. 225–226, 229–230 (che distingue tra un L. Aurelius
Apolaustus Memphius e un (L.) Aelius Aurelius Apolaustus, ma non suddivide in maniera corretta le testimonianze letterarie
ed epigrafiche); PIR2 A 148; M. Bonaria, Mimorum romanorum fragmenta, II, Cuneo 1956, pp. 102–103 nrr. 877–890; id., in
RE, Suppl. X, 1965, coll. 91–93 nr. 53a, s.v. Aurelius (con attribuzione delle fonti ai due Apolausti Memphi); R. Friggeri, in
Museo Nazionale Romano, Le sculture, I 3, Roma 1982, pp. 204–207 (con distinzione dei tre individui, ma non esatto ricono-
scimento delle testimonianze epigrafiche riferibili a ciascuno); H. Leppin, Histrionen, Bonn 1992, pp. 206–210 (con distinzio-
ne dei tre pantomimi, ma non precisa individuazione dell’onomastica e delle fonti a loro riconducibili); Boulvert (nt. 3) 29–31
e 34 nt. 40; M. L. Caldelli, Ancora su L. Aurelius Augg. Lib. Apolaustus Memphius senior, in Epigraphica 55, 1993, pp. 45–47
(con distinzione dei tre artisti); M.-H. Garelli, Danser le mythe. La pantomime et sa réception dans la culture antique, Leuven
2007, pp. 420–421 (che mostra ancora incertezze sull’attribuzione all’uno o all’altro delle varie fonti). Cfr. anche T. D. Barnes,
Hadrian and Lucius Verus, in JRS 57, 1967, p. 72; P. R. C. Weaver, Familia Caesaris. A Social Study of the Emperor’s Freed-
men and Slaves, Cambridge 1972, pp. 27–28; H.-G. Pflaum, Les personnages nommément cites par la Vita Veri de l’H.A., in
Bonner Historia Augusta-Colloquium 1972–1974, Bonn 1976, p. 182 che distinguono L. Aelius Aurelius Apolaustus, a Roma
già prima della guerra partica, da L. Aurelius Apolaustus Memphius giunto in Italia più tardi.
5 Weaver (nt. 4) 27; Boulvert (nt. 3) 31; Friggeri (nt. 4) 205 (in via ipotetica); Leppin (nt. 4) 207; M. L. Caldelli, Eusebeia
e dintorni: su alcune nuove iscrizioni puteolane, in Epigraphica 67, 2005, p. 67 e nt. 15; ead., Le iscrizioni della via Puteoli –
Neapolis, in Archeologia Classica 58, 2007, p. 445 e nt. 27. Si veda anche il commento di Th. Mommsen a CIL IX 344 e id.,
Die Chronologie der Briefe Frontos, in Hermes 8, 1874, pp. 213–214 = Gesammelte Schriften, IV, Berlin 1906, pp. 483–484.
6 Vd. Gordon (nt. 4) 178 (che ipotizzava potesse essere un personaggio non legato al mondo dello spettacolo) e Molloy
(nt. 4) 311–312 (che ancora considera identici il Memphius e L. Aelius Aurelius Apolaustus). Caldelli (nt. 4) 53 inizialmente
incerta sull’identificazione, in ead., Eusebeia (nt. 5) 67 e nt. 15; ead., Iscrizioni (nt. 5) 445 e nt. 27 si mostra convinta dell’identità
tra l’Apolaustus ricordato nella lettera di Vero a Frontone (vd. infra nt. 13) e quello messo a morte da Commodo (vd. supra nt. 2).
7 Boulvert (nt. 3) 29–31 e 34 nt. 40.
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Fig. 1

Fig. 2
individuo. Hanno già risposto a questa esigenza i contributi di M. L. Caldelli8 e G. Camodeca9, le cui con-
clusioni qui si riassumono per comodità.
Si riferiscono al primo personaggio, L. Aelius Aurelius Apolaustus10, le iscrizioni perdute da Capua11 e
Canusium12. Come pure lo riguarda sicuramente il commento di L. Vero che in una lettera a Frontone, testi-
monia che tra la fine del 161 e gli inizi del 162 d.C. calcava già la scena in Italia ed era molto apprezzato13.
Si riferiscono al secondo Apolaustus, la cui onomastica completa era L. Aurelius Apolaustus Mem-
phius (senior), varie dediche14 e un frammento della vita di Vero15 che testimonia il suo arrivo in Italia al

8 Caldelli (nt. 4) 45–57.


9 G. Camodeca, Studi liternini. Le iscrizioni nel CIL e Liternum colonia imperiale, in Annali di Archeologia e Storia
antica 9–10, 2002–2003, pp. 285–286.
10 Così già Barnes (nt. 4) 72 seguito da Boulvert (nt. 3) 31; Pflaum (nt. 4) 182.
11 CIL X 3716; vd. Camodeca (nt. 9) 285–286; id., SupplIt 25, 2010, p. 32 ad nr. 3716.
12 CIL IX 344; vd. M. Chelotti, in Epigrafi Romane di Canosa, I, Bari 1985, pp. 88–90 nr. 52.
13 Epistula di L. Vero a Frontone, in M. Cornelius Fronto, Epistulae, I 10, 1, p. 114, 9 (ed. Hout): magistro meo; nostro,
Calpurnium dico, contentio est, quem ego facile et omnibus spectantibus et te, si spectaveris, teste revincam, Pyladem magi-
stro suo istum tanto meliorem esse, quanto sit Apolausto similior. Sed quod sine ioco dicatur: iube Valerium istum Antonium
dare mihi libellum, uti rescriptione quoque nostra gratia sententiae nostrae fiat.
14 CIL VI 10117; X 6219; XI 3822; XII 3347; XIV 4254, 5375.
15 Vita Veri 8, 10, p. 81, 7–10 (ed. Hohl): habuit et Agrippum histrionem, quem et ipsum e Syria velut tropaeum Parthicum
adduxerat, quem Apolaustum nominavit.
L. Aelius Aurelius Apolaustus e l’Apolaustus interemptus nel 189 d.C. 273

seguito dell’imperatore dopo la campagna partica (162–166 d.C.) e un brano di Athenaeus16. Questi deve
quindi essere giunto in Italia verso il 166 d.C., quando L. Vero tornò dalla spedizione e celebrò il trionfo.
Due epigrafi menzionano invece il suo discepolo, L. Aurelius Apolaustus Memphius iunior. Quest’ultimo
individuo è finora noto sempre e solo in documenti che ricordano anche il maestro17. Presumibilmente deve
aver cominciato la sua carriera negli ultimi anni del II secolo d.C., quando il maestro doveva essersi ritirato.
Incerta resta ancora oggi l’attribuzione di tre documenti epigrafici frammentari18.
Finora, come ricordato, non è accolta unanimemente l’attribuzione del passo della Vita di Commodo
al primo dei tre. La motivazione era dovuta al fatto che nessuno dei documenti finora noti, e sicuramente a
lui riferibili, recava tracce di erasione. Del dossier epigrafico relativo agli Apolausti ricordati, solo la dedica
tiburtina a L. Aurelius Apolaustus Memphius senior del 199 d.C. reca, sul fianco, il nome dello iunior era-
so. Evidentemente Apolaustus Memphius iunior deve essere stato condannato e il suo nome eliminato dai
documenti, ma questo in un momento posteriore al 199 d.C., anno in cui la dedica fu posta19. Già Gordon20
del resto notava come l’Apolaustus menzionato nel 204 d.C. nei ludi Saeculares non presenta la qualifica
di Memphius fatto che indurrebbe a ritenerlo un personaggio del tutto diverso dagli Apolausti Memphi del
secolo precedente. Dalla documentazione epigrafica nota finora, si ricavava dunque con certezza la sola
condanna dell’ultimo dei tre Apolausti e si tratta certamente di una condanna che non aveva nulla a che
vedere con l’episodio del 189 d.C., una condanna evidentemente non ricordata dalle fonti letterarie.
La nuova iscrizione che qui si presenta è stata ritrovata reimpiegata nell’altare della chiesa rurale di
Santa Maria della Neve, presso Bonito, dove tuttora si conserva. Il testo va sicuramente attribuito al primo
dei tre Apolausti (vd. infra) e, recando evidenti tracce di erasione del nome e della professione dell’uomo,
permette di riconoscere in lui l’Apolaustus ucciso nel 189 d.C. per volere di Commodo21.
Il testo è inciso su due frammenti solidali di una lastra di marmo scorniciata, mancante ai lati (figg.
1–2); resecata nella parte posteriore; la cornice modanata è costituita da un listello e una gola rovescia in
basso e da una gola dritta in alto. a: 20,5 × 47,5 × 12; b: 22 × 64 × 12; alt. lett. 5,7 (misure in cm).
[L. A]elio Aug(usti) [[li[b(erto)] Ạụṛẹḷịo Ạ̣po[lausto]]]
[[[pan]tomimorụ[m] sui temp ̣ ọṛị[s primo d(ecreto) d(ecurionum)?]]].
L’erasione coinvolge la quasi totalità del testo. Sono risparmiati solo il gentilizio imperiale Aelius e il ter-
mine Aug. del patronato. Il pantomimo ricordato in questa iscrizione era dunque un Aug. lib., sembra quindi
essere stato manomesso da un solo imperatore e tra i tre pantomimi ricordati prima, solo L. Aelius Aurelius
Apolaustus è indicato come liberto di un solo Augustus22; gli altri sono entrambi Augg. lib. e la loro mano-
missione si deve a due distinti imperatori23. Inoltre, nei resti di lettera ancora individuabili nel frammento

16 Athenaeus, I, c. 20.
17 CIL XI 3822; XIV 4254.
18 CIL VI 10135; F. Colonna, Nuove scoperte di frammenti epigrafici greci in via della Selleria in sezione Pendino, in
NotSc. 1890, pp. 40–41 = E. Miranda, Iscrizione greche d’Italia. Napoli, I, Roma 1990, pp. 93–97 nr. 54; G. Pesiri, Iscrizioni
di Fondi e del circondario, in Epigraphica 40, 1978, pp. 169–172 = AE 1978, 84, cfr. M. Di Fazio, Fondi ed il suo territorio in
età romana. Profilo di storia economica e sociale, Oxford 2006, p. 89.
19 La recente riedizione del testo nel volume La collezione epigrafica del Museo Nazionale Romano, da parte di G. Di
Giacomo, Roma 2012, pp. 502–504, permette di asserire senza dubbio che fronte e lato sono coevi. Vd. anche Gordon (nt. 4)
178 che affermava “I see no reason therefore for not dating this whole inscription by the date of dedication, June 7, 199”.
20 Gordon (nt. 4) 178.
21 Così anche Chelotti (nt. 12) 90; cfr. anche nt. 5.
22 Si vedano anche le considerazioni a suo tempo avanzate da Weaver (nt. 4) 26–27 che riteneva che il nostro fosse stato
manomesso prima del 161, quando Lucio Vero divenne imperatore (da escludere però la sua proposta che vede il doppio gentili-
zio frutto dell’appartenenza successiva a due distinti padroni, prima L. Aelius Caesar padre e poi L. Vero), così anche Boulvert
(nt. 3) 34 nt. 40. Il nostro pantomimo, quindi, deve essere stato manomesso tra il 25 febbraio 138, giorno dell’adozione di Vero
da parte di Antonino e il 7 marzo 161, quando, divenendo Augusto, mutò la sua onomastica. Verosimilmente, viste le vicende
biografiche del personaggio attorno alla metà del secolo II (vd. D. Kienast, Römische Kaisertabelle, Darmstadt 1996, p. 143).
23 Preferisco l’ipotesi di Caldelli (nt. 4) 57 che ritiene M. Aurelio e L. Vero (così già Bonaria, Dinastie (nt. 4) 229), piut-
tosto che M. Aurelio e Commodo come preferisce Boulvert (nt. 3) 34–36.
274 S. Evangelisti

Fig. 3
di destra, non è possibile in alcun modo riconoscere il cognomen Memphius portato dagli altri due, mentre
i tratti obliqui visibili a sinistra sono compatibili con il gentilizio Aurelius, portato assieme ad Aelius dal
primo dei pantomimi con lo stesso nome d’arte noti per il II secolo d.C.
Benché nemmeno in quest’epigrafe si conservi traccia del prenome, credo giustamente questo sia da
integrare in Lucius come proposto da Camodeca24, trattandosi certamente di un liberto di Lucio Vero.
Seppure con difficoltà, del pantomimo si legge anche la parte iniziale del nome d’arte. Si ritiene quindi,
che del monumento onorario debba mancare poco a sinistra e uno spazio circa doppio a destra. Ricostruia-
mo nel complesso un testo inciso su un supporto di 150 cm circa di lunghezza, pari a 5 piedi. Le dimensioni
del supporto e le modanature della cornice fanno pensare più che a un normale basamento per statua pede-
stre a un contesto di tipo architettonico25. Possiamo immaginare il testo epigrafico incassato in una struttura
edilizia, magari a corredo di una nicchia che poteva ospitare la statua dell’onorato26. Se, invece, di basamen-
to si tratta, dovremmo pensare a un’immagine del pantomimo che occupasse più dello spazio solitamente
riempito da una statua stante (forse con maschera o in movimento), o, ancora, ad un gruppo statuario che
non prevedeva solo l’immagine dell’artista (presenza di Muse?), ma non sono noti confronti stringenti27.
In ogni caso, l’onorato era indicato semplicemente con il nome completo, la qualifica professionale e
l’indicazione del primato sugli artisti coevi; possibile (ma non obbligatorio) che chiudesse il testo epigrafico
una formula come decreto decurionum o simile con indicazione dell’autorizzazione alla realizzazione del
monumento onorario da parte delle autorità locali (fig. 3).
Epigrafi onorarie simili si trovano solitamente in edifici pubblici, e trattandosi nel nostro caso di un
pantomimo, suggestivo sarebbe pensare a una collocazione originaria nel teatro o in ambienti attigui al
teatro stesso28, ma essendo stata reimpiegata la provenienza originaria resta e resterà ignota.
Appurata l’identità del personaggio e la sorte da lui subita, occorre soffermarsi sulla formula utilizzata
per indicarne il primato che vede il sostantivo pantomimus al genitivo plurale in dipendenza da primus e
non, come più consueto, al dativo singolare concordato con il nome29. Se il nostro a Capua e Canusium
24 Camodeca (nt. 9) 286 nt. 16; id. (nt. 11) 32 ad nr. 3716.
25 Iscrizioni su una o due righe, la cui estensione in larghezza è decisamente più ampia rispetto all’altezza, si trovano ad
esempio nella dedica frammentaria dall’area del teatro romano di Puteoli per M. Aurelius Hylas Septentrio, vd. M. L. Caldelli
(nt. 5) 82 o in CIL XIV 5375 una dedica a L. Aurelius Apolaustus Memphius dalle Terme del foro di Ostia, o ancora nelle due
dediche dal teatro di Segesta per Falacro e Falacria (M. T. Manni Piraino, Iscrizioni greche lapidarie del Museo di Palermo,
Palermo 1973, pp. 70–73, nrr. 46–47, tav. XXVIII).
26 Cfr. ad esempio CIL X 858–859 dall’anfiteatro di Pompeii (si tratta qui di iscrizioni che ricordano i restauri effettuati
all’edificio da due magistrati, padre e figlio, le cui immagini dovevano essere collocate in due nicchie dell’edificio) o anche CIL
X 1414 dal teatro di Herculaneum dove la statua in bronzo di Tiberio era affiancata da due piedistalli di statue equestri ed era
probabilmente posta in summa cavea. I confronti qui citati riguardano epigrafi sicuramente inserite in contesti architettonici
le cui dimensioni sono comparabili al monumento in esame. Se immaginiamo per la nostra iscrizione una collocazione simile
dovremo però pensare a una posizione meno preminente di quella riservata all’Imperatore o a magistrati autori di restauri.
27 Sulle raffigurazioni di pantomimi o di scene di pantomimo vd. J. Jory, The Drama of the Dance: Prolegomena to an
Iconography of Imperial Pantomime, in W. J. Slater (ed.), Roman Theater and Society. E. Togo Salmon Papers I, Ann Arbor
1996, pp. 6–18, figg. 1–19; J. Lancha, Mosaique et culture dans l’Occident romain (Ier–IVe s.), Roma 1997, pp. 342–343;
J. Huskison, Pantomime Performance and Figured Scenes on Roman Sarcophagi, in E. Hall – R. Wyles (edd.), New Directions
in Ancient Pantomime, Oxford 2009, pp. 87–109; M. Cadario, L’immagine di una vedette del pantomimo: l’altare funebre di
Teocritus Pylades (CIL V 5889) tra Lodi e Milano, in Stratagemmi/ ΡΑ ΗΓΗΜΑ Α. Prospettive teatrali 9, 2009 – marzo,
pp. 17–25, 38–57; cfr. anche Garelli (nt. 4) tavv. I–V.
28 Sulla presenza di statue di artisti e pantomimi nei teatri vd. M. Fuchs, Untersuchungen zur Ausstattung römischer
Theater in Italien und den Westprovinzen des Imperium Romanum, Mainz 1987, p. 163.
29 Sulle espressioni indicanti primato in qualche campo si vd. S. Mrozek, Primus omnium sur les inscriptions des munici-
pes italiens, in Epigraphica 33, 1971, pp. 60–69 (più che altro sulla munificentia privata); G. Alföldy, Die Rolle des Einzelnen
L. Aelius Aurelius Apolaustus e l’Apolaustus interemptus nel 189 d.C. 275

ha ricevuto onori e cariche nel collegio degli Augustali, ad Aeclanum ha ricevuto “solo” un monumento
onorario posto evidentemente prima del 189 d.C.
Resta da chiedersi come mai ad Aeclanum il monumento onorario sia stato martellato, mentre altrove
il nome del pantomimo continuò a leggersi. Per rispondere a questo interrogativo, valgono le considerazioni
a suo tempo avanzate da Kajava che ha mostrato come la damnatio memoriae non necessariamente veniva
eseguita ovunque; centri diversi potevano prendere decisioni diverse in merito all’esecuzione del provve-
dimento; inoltre molto poteva dipendere dalla collocazione del monumento e dalla possibilità di spostarlo
rendendolo invisibile piuttosto che lasciarlo là dove si trovava con il nome eraso. Evidentemente nel caso
della nostra iscrizione lo spostamento non poteva essere eseguito30. Posto che sicuramente le dediche al
nostro Apolaustus dovevano essere in luogo pubblico, forse un maggiore attaccamento alle disposizioni
imperiali può esserci stato ad Aeclanum rispetto agli altri due centri, considerato il particolare legame della
città agli Antonini e a Marco Aurelio e alla sua famiglia31.
Oscuro resta il motivo della dedica, probabilmente da porre in rapporto con una esibizione del pan-
tomimo nella città irpina che può essere avvenuta intorno alla metà del II d.C., in concomitanza con un
passaggio di Lucio Vero in Irpinia32. La presenza di L. Aelius Aurelius Apolaustus ad Aeclanum deve
sicuramente collocarsi prima del 166 d.C. quando sulle scene italiane cominciò ad esibirsi L. Aurelius Apo-
laustus Memphius. Poco credibile, a mio avviso, che due pantomimi con lo stesso nome d’arte potessero
essere attivi contemporaneamente sulla scena. Evidentemente, quando nel 166 d.C. cominciò ad esibirsi in
Italia il Memphius, L. Aelius Aurelius Apolaustus era al termine della carriera e quando nel 189 d.C. fu
messo a morte da Commodo doveva essere in età avanzata33.
Oltre a chiarire l’identità dell’Apolaustus ucciso nel 189 d.C., la nuova iscrizione consente di mettere in
risalto un altro dato, che finora mi sembra nessuno abbia rilevato. Era possibile per personaggi celebri del
mondo dello spettacolo, rimanere nell’entourage della famiglia imperiale anche quando la loro carriera era
da lungo tempo conclusa e il loro protettore da lungo tempo defunto. Sarebbe interessante capire quali inca-
richi erano loro affidati all’interno della corte. Possiamo ipotizzare che artisti, quali Apolaustus, potessero
continuare la loro attività come istruttori o anche come consiglieri e organizzatori in materia di spettacoli
per conto dell’Imperatore e dei suoi familiari (un confronto potrebbe essere fatto con la nomina di atleti
famosi, che però erano solitamente ingenui, alla carica di ἐ ὶ νεῖ ν)34. L’unica cosa certa al momento
è la definizione che si dà nella Historia Augusta di Apolaustus quale libertus aulicus, quindi legato stretta-
mente alla corte imperiale per la quale, verosimilmente, continuava a svolgere mansioni che sfruttavano le
competenze acquisite nel corso della precedente carriera.

Silvia Evangelisti, Università degli Studi di Foggia, Dipartimento di Studi Umanistici


silvia.evangelisti@unifg.it

in der Gesellschaft des Römischen Kaiserreiches. Erwartungen und Wertmaßstäbe, Heidelberg 1980, pp. 7–49, in particolare
su primus omnium e simili pp. 22–38; sull’espressione temporis sui primus riferito a pantomimi pp. 35–36 nt. 120.
30 M. Kajava, Some remarks on the erasure of inscriptions in the Roman world (with special reference to the case of Cn.
Piso, cos. 7 B.C.), in Acta Colloquii Epigraphici Latini, Helsingiae 3.–6. sept. 1991 habiti, Helsinki 1995, pp. 201–210, in parti-
colare sulla sopravvivenza dei nomi dei damnati in alcuni luoghi pp. 202–204, 208–209; vd. ora anche F. Krüpe, Die Damnatio
memoriae. Über die Vernichtung von Erinnerung. Eine Fallstudie zu Publius Septimius Geta (198-211 n.Chr.), Mörlenbach
2011, in particolare pp. 19–23, 55–64.
31 Vd. S. Evangelisti, Marco Aurelio ad Aeclanum. Una revisione di CIL, IX, 1111, in Epigraphica 2016, c.s.
32 Suggerimento M. L. Caldelli che ringrazio.
33 Considerazioni circa la durata della carriera dei pantomimi sono state fatte da Caldelli, Eusebeia (nt. 5) 67; ead., Iscri-
zioni (nt. 5) 445.
34 Su questa funzione vd. M. L. Caldelli, Curia athletarum, iera xystike synodos e organizzazione delle terme a Roma, in
ZPE 93, 1992, pp. 80–86. A queste si può aggiungere quella che riguarda Aurelius Zoticus che, amato da Elagabalo, fu “strap-
pato” alle gare e nominato dall’imperatore cubicularius (Cass. Dio, 80, 16: ἐ ῶν ἀ ώνων ἀν θεί ), vd. M. L. Caldelli,
Un atleta dimenticato e gli amori di Elagabalo. Nota su un mosaico di Puteoli, in MEFRA 120, 2, 2008, pp. 470–473.

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