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SANMICHELI

Quirino Visconti (consigliere d’ammini- di propulsione e gravitazione capace di attrarre,


strazione dal 1924). invogliare, consigliare i fautori del rinnova-
Sebbene avesse sempre mantenuto la re- mento teatrale e musicale, contribuendo a pla-
smare o a far nascere istituzioni artistiche, mu-
sidenza in Roma, San Martino viaggiò sicali e pedagogiche che sono tuttora operanti
molto. Le sue iniziative in campo interna- in Italia e all’estero. Insieme ad alcuni suoi
zionale s’intensificarono con la fondazio- scritti dedicati alla musica, al teatro e alle belle
ne, nel 1929, della Federazione internazio- arti, sono questi i frutti più rilevanti e ancor
nale dei concerti, un progetto pionieristico oggi tangibili di un operato che ebbe un ruolo
ideato da San Martino all’indomani della fondamentale per lo sviluppo della vita cultu-
trasformazione dell’Unione nazionale con- rale italiana del Novecento.
certi in Associazione nazionale fascista de- Opere. Saggio critico sopra alcune cause di
gli enti e società di concerti, con lo scopo decadenza nella musica italiana alla fine del se-
di affrontare e risolvere anche a livello in- colo XIX, Roma 1897; l teatro lirico a Roma,
ternazionale le questioni emerse nell’orga- Roma 1899; Sulle belle arti. Discorso del senatore
nizzazione della vita musicale italiana. Ri- Enrico San Martino, pronunziato nella tornata
dell’11 giugno 1913, Roma 1913; Ricordi, Roma
masta sotto la presidenza di San Martino 1943.
fino al 1938, la federazione diede vita nel
dopoguerra agli attuali International Mu- Fonti e Bibl.: E. di S. M. e la cultura musicale
europea, a cura di A. Bini, Roma 2012, p. 450; E.
sic Council (fondato nel 1949 presso di S. M. V., scheda del Senato della Repubblica
l’UNESCO) e Federazione mondiale dei – Senatori dell’Italia liberale.
concorsi internazionali di musica. Gli ul- LUCA AVERSANO
timi anni di vita, dopo la caduta del fasci-
smo, lo videro ancora alla guida della pre- SAN MARZANO, Carlo Emanuele. –
diletta Accademia di Santa Cecilia, dalla Militare, 1791-1841 [Stefano Tabacchi]:
cui presidenza non venne mai rimosso. v. www.treccani.it.
Morì a Roma il 14 luglio 1947.
Alla luce del suo ricco percorso biografico, SAN MARZANO, Filippo Antonio. –
il conte Enrico di San Martino può essere con- Ministro, 1767-1828 [Stefano Tabacchi]:
siderato uno degli operatori culturali più capaci v. www.treccani.it.
e influenti della prima metà del Novecento. I
suoi meriti non si limitano alla cura dell’Acca- SANMICHELI (da San Michele, San-
demia di Santa Cecilia, che sotto la sua guida michele, da San Michiel), Michele. – Fi-
divenne un’istituzione modernamente organiz- glio di Giovanni, nacque a Verona tra il
zata, in grado di competere a livello internazio- 1487 e il 1488, in una rinomata famiglia di
nale per qualità della compagine orchestrale e
dell’offerta musicale. San Martino si adoperò scalpellini lombardi originari della parroc-
in molte altre imprese, con la singolare virtù chia di S. Michele a Porlezza, presso il lago
di saper tradurre in progetti concreti le più di- di Lugano.
verse istanze culturali. Nei campi della musica Della madre non si hanno notizie, se non che
e del teatro, la sua attività s’ispirò da un lato morì prima del marito, che le volle essere se-
alla valorizzazione della tradizione e alla risco- polto accanto nella chiesa di S. Eufemia. L’anno
perta di opere ingiustamente dimenticate, dal- di nascita di Michele è ancora discusso: al 1484,
l’altro alla promozione del nuovo e dei giovani indicato da Giorgio Vasari e apparentemente
meritevoli, secondo un indirizzo eclettico, geo- confermato da una testimonianza autografa del
graficamente e storicamente onnicomprensivo, 1556 nella quale l’architetto dichiara di avere
e in una prospettiva socialmente pedagogica, settant’anni «et ultra» (Biadego, 1892, p. 181),
che nelle arti vedeva uno strumento fondamen- sembra preferibile l’intervallo compreso tra il
tale di istruzione del popolo. Le prime iniziative
1487 e il 1488, precisato da un documento no-
di San Martino prefigurarono dunque, per mol-
tarile del 9 settembre 1505 dal quale egli risulta
ti versi, le tendenze della politica culturale e
«annorum 17» (Da Re, 1919, pp. 49 s.).
musicale del partito fascista (al quale egli aderì
nel 1924), oscillanti tra tradizione, modernismo Giovanni e suo fratello Bartolomeo, a
e populismo. Il conte non si propose tuttavia Verona dagli anni Settanta del Quattrocen-
come mero punto di riferimento istituzionale to, furono coinvolti nella realizzazione della
per i numerosi artisti, intellettuali e musicisti
con cui venne a contatto (da Gabriele D’An- loggia del Consiglio, il più prestigioso edi-
nunzio a Casella, da Gianfrancesco Malipiero ficio pubblico cittadino del tempo (in co-
ad Anton Giulio Bragaglia, solo per citare qual- struzione dal 1482). A questo periodo risale
che esempio), ma seppe fungere anche da fulcro la loro amicizia con Bernardino e Matteo

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Mazzola, membri di un’altra stirpe di ar- lo scultore fiorentino Federico di Filippo


chitetti e lapicidi (di cui faceva parte anche di Ubaldo, di cui era garante per il comple-
Giovanni Antonio, noto come Panteo, co- tamento della decorazione di una cappella
noscitore di Vitruvio e studioso delle anti- nel duomo locale; dal 27 novembre è inve-
chità romane veronesi), che forse sosten- ce documentato a Orvieto in qualità di ca-
nero Michele nella fase di formazione. pomaestro della fabbrica della cattedrale.
Giovanni, infatti, morì entro l’agosto del La chiamata seguiva la rinuncia dello scul-
1497 (Bartolomeo invece si trasferì subito tore senese Lorenzo di Mariano Fucci, det-
dopo in Piemonte con i figli Pietro Paolo e to il Marrina, artista decorativo e figurativo
Matteo), lasciando Michele poco più che di notevole reputazione ed esperienza. Se
bambino assieme a tre fratelli maschi, dei ne deduce che Sanmicheli, sebbene di cir-
quali il secondogenito Jacopo, scalpellino ca dieci anni più giovane, offrisse all’Opera
anch’egli, aveva raggiunto a quella data orvietana credenziali sufficienti non solo
l’età adulta ed era suo tutore (del primoge- in quanto intagliatore, ma anche come or-
nito Zeno e dell’ultimogenito, Alessandro, ganizzatore di un complesso cantiere (non
di cui s’ignorano le date di nascita e di ancora concluso in facciata) e coordinatore
morte, si sa che furono entrambi canonici di maestranze, con responsabilità nell’ap-
regolari di S. Agostino, il secondo a Bolo- provvigionamento dei materiali.
gna). Le condizioni economiche dei San- Sanmicheli fu subito impegnato nell’am-
micheli erano abbastanza solide, avendo il bizioso progetto, approvato l’8 gennaio
padre garantito in parti uguali la proprietà 1513, della marmorea cappella dei Magi
della casa presso piazza delle Erbe, di ter- nel transetto destro, di cui l’Opera detene-
reni ad Azzano Veronese e di altri beni a va il patronato congiuntamente alla nobil-
Porlezza e dintorni. donna Giovanna Monaldeschi della Cer-
Nulla sappiamo dell’educazione artistica di vara (ne eseguì solo il doppio basamento: la
Michele; l’alta qualità delle sue sculture ese- parte inferiore con inserti colorati di gusto
guite nei primi anni di attività suggerisce tut- veneto-lombardo e quella superiore con gi-
tavia che, oltre a una preparazione tecnica al- rali d’acanto all’antica). Oltre al controllo
l’intaglio della pietra connesso ai cantieri edili
ottenuta dall’entourage familiare, abbia prati- di tutti gli interventi in cattedrale, l’incari-
cato il disegno e frequentato artisti figurativi, co orvietano, prestigioso sebbene sottopo-
forse addirittura a Venezia in una bottega di sto a forti restrizioni, gli fornì soprattutto
scultori-architetti come quella dei fratelli Tullio visibilità professionale, consentendogli di
e Antonio Lombardo. entrare in contatto con committenti di ran-
Il 6 agosto 1505 Michele non era a Ve- go anche al di fuori della cerchia cittadina
rona quando il fratello Jacopo fece testa- e di orientare progressivamente le loro
mento nominandolo erede universale; il scelte artistiche verso Roma: già nell’estate
successivo 9 settembre dispose la vendita del 1513 Michele vi veniva inviato a con-
delle proprietà di famiglia ad Azzano, sultare Antonio da Sangallo il Giovane in
estinse i debiti e si accinse a lasciare il Ve- merito alla costruzione del timpano della
neto: è verosimile, come sostenuto da Va- facciata del duomo (altri viaggi a Roma per
sari (il quale lo conobbe di persona), che conto dell’Opera sono documentati nei
puntasse subito verso Roma, sebbene nul- primi anni Venti); Sangallo stesso visitò
la sia emerso finora né circa le tappe inter- Orvieto in autunno, rinsaldando un rap-
medie del viaggio, né riguardo ai partico- porto di collaborazione forse già stretto in
lari del suo soggiorno nell’Urbe, dove po- precedenza.
trebbe aver completato la sua formazione Ispirata dalla sapienza strutturale sangallesca
in uno dei tanti cantieri architettonici e de- (e da un’interpretazione dei modelli antichi da
corativi aperti durante il pontificato di subito personale e inventiva) appare infatti la
Giulio II (forse già allora nell’orbita dei cappella dell’esule senese Girolamo Petrucci
Sangallo, in documentato contatto con lui nella chiesa di S. Domenico: il progetto impli-
cava il ridisegno dell’intero presbiterio, sotto
negli anni successivi). cui venne collocata la sepoltura, con un inge-
La prima notizia certa che lo riguarda gnoso sistema di collegamento tra i piani. Il
dopo la partenza da Verona è un atto nota- contratto, datato 19 aprile 1516, stabiliva l’avvio
rile del 1512, dal quale risulta presente a delle opere dalla lastra pavimentale in marmo
Rieti tra il 4 e il 15 giugno e in società con a scomparti figurati da porsi di fronte all’altare

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maggiore, completa di grate metalliche per l’il- strutture difensive veneziane potenziate do-
luminazione degli ambienti sotterranei, a con- po i drammatici eventi bellici d’inizio Cin-
ferma della progettazione integrata dei due li- quecento: arrestato con l’accusa di spionag-
velli. I lavori dovettero procedere con celerità
fino alla primavera del 1519 e sostanzialmente
gio, avrebbe ottenuto licenza dalla Serenis-
concludersi entro l’agosto del 1524. L’adegua- sima di tornare in Italia centrale con la pro-
mento della cappella maggiore ai criteri liturgici messa di un incarico al suo rientro.
postridentini ne ha sensibilmente modificato La decisione di tornare in patria, abbando-
l’assetto generale, mentre le camere sepolcrali nando la posizione acquisita a Orvieto, deve
voltate sono rimaste relativamente intatte e ap- essere stata sollecitata da una prospettiva lavo-
prezzabili nella loro scabra monumentalità. Per rativa concreta e vantaggiosa; a Verona poteva
Petrucci l’artista progettò, dopo il 1516, anche d’altronde contare sull’appoggio di Pietro Pao-
un palazzetto sulla strada principale del centro lo, figlio dello zio Bartolomeo, che rientrato
(attuale corso Cavour), la cui facciata con fi- dal Piemonte aveva continuato a esercitarvi la
nestre a tabernacolo e timpani alternati mostra professione di scalpellino e che gli offrì ospi-
di conoscere le recenti soluzioni adottate da talità nella sua casa all’Isolo inferiore (la siste-
Raffaello a Roma. mazione divenne stabile, tanto più che Michele
Sanmicheli fu inoltre impegnato a Or- non ebbe mai una propria famiglia; di casa San-
micheli, demolita nel 1890, sopravvive solo
vieto e dintorni in opere pubbliche, anche l’elegantissimo portale marmoreo esemplato
di carattere militare. Ottenuta la cittadi- su quello antico di S. Salvatore a Spoleto, oggi
nanza, la sua reputazione si diffuse in altri murato in vicolo cieco Pozza).
centri dell’Umbria e del Lazio settentrio- La convivenza con Pietro Paolo si sarebbe
nale, dove è documentata la sua presenza evoluta in accordo professionale, formalizzato
con vari incarichi; a Montefiascone (Viter- nel 1546: Michele gli affidò la direzione dei
bo) un suo impiego nella cattedrale di S. cantieri veronesi e l’amministrazione della bot-
Margherita, sostenuto da Vasari e oggi dif- tega, inviandogli indicazioni durante le sue lun-
ghe assenze (lo prova l’indirizzo vergato di suo
ficile da precisare, merita considerazione, pugno sul verso dell’unico disegno che gli è
dato che dal 1501 al 1519 vi fu vescovo stato riconosciuto come autografo, l’Uffizi
Alessandro Farnese, grande sponsor di 1759A). Affiancarono Pietro Paolo, nel tempo,
Antonio da Sangallo il Giovane, che avreb- il figlio Giangirolamo (formato da Michele co-
be potuto raccomandargli il «Verona» (il so- me architetto militare e particolarmente attivo
prannome compare sul recto del disegno lungo la costa dalmata), il genero Alvise Bru-
sangallesco Uffizi 958A relativo all’altare gnoli, e il figlio di lui Bernardino, che ereditò
dei Magi orvietano, che proprio Sangallo la bottega e curò la conclusione di alcune delle
opere veronesi rimaste incompiute alla morte
portò a termine negli anni Trenta con al- dell’illustre ‘zio’.
cuni collaboratori).
Sanmicheli era certamente a Orvieto il 9 A Verona Sanmicheli risultò subito im-
dicembre 1525; all’inizio del 1526 fu inca- pegnato in opere pubbliche durante il go-
ricato da Clemente VII di far parte del vernatorato di Giovanni Emo (1526-28);
gruppo di esperti, sotto la guida di Sangal- dal gennaio 1529 fu assegnato come inge-
lo il Giovane, inviati in ricognizione nelle gnere militare a Legnago, cittadina della
Romagne per ispezionare e ammodernare Bassa veronese, in uno dei principali punti
le fortificazioni lungo il confine settentrio- di attraversamento dell’Adige e dunque
nale dello Stato pontificio, in vista di un d’importanza strategica nel sistema di di-
attacco da parte delle truppe imperiali (il fesa veneziano di Terraferma. Posto ini-
viaggio si concluse entro aprile). I mesi a zialmente sotto la direzione di Sigismondo
fianco di Sangallo, Antonio Labacco, Pier de Fantis, Sanmicheli lo sostituì a fine
Francesco Florenzuoli (o Pierfrancesco da 1530, dopo il successo riscosso dalla porta
Viterbo) e Giuliano Leno segnarono in di S. Martino (elogiata da Vasari, fu demo-
maniera decisiva la sua carriera, non solo lita nel 1887). Rientrato a Verona, venne
consolidando le sue competenze in ambito nominato responsabile delle opere di for-
militare fino a quel momento solo episodi- tificazione nell’ottobre del 1530, in sosti-
camente testate, ma soprattutto ampliando tuzione di Michele Leoni, e confermato
e affinando la sua cultura architettonica. dal doge Andrea Gritti nel gennaio del
Secondo Vasari, verso la fine del viaggio 1532. Il nuovo progetto per l’intera ‘mac-
Sanmicheli avrebbe fatto tappa a Verona e china’ difensiva cittadina, approvato a lu-
poi a Treviso e Padova, per studiare le glio di quello stesso anno, si concentrò in

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questa fase sul tratto meridionale del peri- Terraferma sia nel Dominio da mar (lungo
metro fortificato, con le prime proposte la costa dalmata, qui affiancato dall’erudi-
per un nuovo varco protetto e per la ride- to di architectura navalis Vittore Fausto).
finizione dell’area della cittadella medie- Al ritorno dalla prima spedizione a Zara,
vale immediatamente retrostante. nel dicembre del 1534, Michele ottenne
Concepita come parte integrante delle mura, l’incarico dal Consiglio dei dieci di redige-
la porta Nuova doveva funzionare da struttura re una proposta per la fortificazione della
offensiva a cavaliere tra i bastioni S. Trinità e stessa Venezia.
dei Riformati e facilitare, grazie alla sua note- Tra la fine degli anni Venti e la prima metà
vole profondità e ampiezza, le manovre dei pez- degli anni Trenta s’infittirono gli impegni anche
zi d’artiglieria posti alla sommità. Il prospetto al di fuori dell’ambito militare. Epicentro della
esterno ricalcava solo in parte lo schema del- sua attività di architetto civile fu ancora Verona,
l’arco di trionfo antico (impiegato estesamente dove mise a punto un linguaggio architettonico
da Giovanni Maria Falconetto nelle porte di originale che, pur radicato – attraverso la me-
Padova), anche a causa dell’altezza contenuta diazione sangallesca – nell’esperienza di Bra-
(che la rendeva meno vulnerabile al tiro dei mante, Raffaello e la sua cerchia, si caratteriz-
cannoni); il rivestimento integrale in marmo zava per l’intelligenza strutturale e spaziale e
bianco veronese grezzamente sbozzato, asso- per un’idea di venustas basata sulla profonda
ciato al marziale ordine dorico di semicolonne conoscenza della morfologia e della sintassi degli
e paraste, puntava verso prototipi antichi locali ordini architettonici antichi e delle loro possi-
(in primis l’Arena) e moderni, specie del Giulio bilità combinatorie (nonché sulla capacità di
Romano mantovano. I lavori alla facciata prin- manipolarle in funzione espressiva), sulla fedeltà
cipale possono considerarsi conclusi verso il al vasto ed eccentrico repertorio formale antico
1535, quando cominciò la costruzione del fronte veronese e sulla predilezione per il trattamento
posteriore (un’iscrizione ivi murata, e oggi per- plastico delle superfici in pietra, con caratteri-
duta, riportava, con i nomi dei magistrati in stica integrazione tra architettura e decorazione
carica, anche la ‘firma’ dell’architetto). scultorea (cui non fu forse estranea anche l’espe-
La rapidissima ascesa professionale di rienza diretta di edifici della Grecia classica du-
rante i viaggi nel Mediterraneo).
Sanmicheli in ambito militare si spiega alla
luce della sua intesa con Francesco Maria Sulla principale via d’accesso al sistema
Della Rovere – duca d’Urbino e capitano centrale delle piazze di Verona Sanmicheli
generale dell’esercito veneziano – in meri- progettò entro il 1528 il palazzo del conte
to al senso da attribuire al «munire et orna- Lodovico Canossa (membro delle corti di
re», cioè al ruolo riservato all’architettura Giulio II e Leone X, nonché amico di Bal-
nella celebrazione del potere veneziano dassarre Castiglione e di artisti del calibro
promossa da Gritti dopo il trauma delle di Raffaello e Giulio Romano), affiancato
guerre cambraiche: l’adozione rigorosa nel ruolo di committente dai nipoti, in par-
nelle strutture fortificate del linguaggio ticolare Galeazzo, alla cui famiglia l’edifi-
universale degli antichi rappresentava alle cio era prevalentemente destinato dopo il
città soggette e alle potenze confinanti la matrimonio (1526) con un’aristocratica
legittimità del primato territoriale della mantovana del milieu gonzaghesco. Nel
Serenissima (poi ribadito dalla renovatio 1533 il palazzo era certamente in costru-
marciana affidata a Jacopo Sansovino). In zione e risultava parzialmente abitabile nel
questo quadro il viaggio compiuto da Mi- 1537: oggi a forma di U, ma forse in origi-
chele nel Ducato di Milano tra il febbraio ne pensato con un cortile centrale chiuso,
e il maggio del 1531, durante il quale pro- è attraversato da una successione di gran-
gettò le fortificazioni di Alessandria, Pavia diosi spazi voltati – vestibolo, atrio, loggia
e Lodi, acquista il senso di una missione – che introduceva nella città veneta il mo-
diplomatica. Francesco Maria, che si servì dello della domus antica citando il progetto
di lui anche come consulente e progettista sangallesco per palazzo Pucci a Orvieto
di opere nel suo stesso ducato (specie a Pe- (disegno Uffizi 969A). È stato invece pro-
saro, per la sua nuova villa disegnata da posto l’intervento di Giulio Romano sul-
Gerolamo Genga), gli attribuì progressi- l’astratto disegno della facciata.
vamente il ruolo di esperto del sistema Il progetto per palazzo Canossa attirò su
complessivo delle difese dello Stato, con- Sanmicheli l’interesse dell’élite veronese. Ini-
ducendolo con sé o inviandolo ripetuta- ziarono a stabilirsi in quegli anni rapporti con
mente nei territori della Repubblica sia in membri d’importanti famiglie aristocratiche

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locali, comunque fedeli alla Dominante, e con del 1529, i lavori erano già avviati e prose-
le loro reti di parentele e alleanze politiche, che guirono sotto la supervisione diretta di
poi lo coinvolsero in vari progetti in città e nel Sanmicheli almeno fino al 1534. Nel 1538,
contado, nonché con ecclesiastici e intellettuali quando il cantiere aveva raggiunto il livello
che diventarono suoi committenti e punti di ri-
ferimento culturali della sua vita privata e pro-
della balaustra, i rapporti tra la commit-
fessionale. Grazie ai veronesi Gian Matteo Gi- tente e la bottega sanmicheliana si guasta-
berti, Girolamo Fracastoro, Giulio e Raimondo rono: Margherita ottenne la rescissione del
della Torre, dovette inoltre maturare l’amicizia contratto per inadempienza e l’attribuzio-
con il trevisano Giovanni Battista Ramusio, ne dell’incarico a un’impresa concorrente.
classicista, geografo e segretario della Serenis- Impiegando materiali meno pregiati e ri-
sima, che nel 1534 risultava presente a Venezia ducendo al minimo la costosa ornamenta-
alla stesura del suo primo testamento nonché zione, entro il 1539 fu possibile arrivare al-
possessore di un suo ritratto eseguito da Fran- la quota d’imposta della cupola, chiusa
cesco Torbido (perduto con un secondo, en- tuttavia solo nel 1558.
trambi menzionati da Vasari); fu probabilmente
Ramusio il tramite con Pietro Bembo, sulla cui L’invenzione spaziale che «gir[a] a tondo per-
casa padovana Michele intervenne verso il 1536 fetto» (Vasari, 1550 e 1568, 1984, p. 368) e la
e in onore del quale avrebbe realizzato, alla metà rigorosa intelaiatura architettonica della fodera
degli anni Quaranta, un monumento comme- marmorea integrale (squisitamente eseguita a
morativo in S. Antonio a Padova, ascritto anche intaglio di gusto, in parte, ancora lombardo),
a Palladio giovane o a Danese Cattaneo. inedite a quelle date nell’Italia settentrionale,
affondavano le loro radici nelle sperimentazioni
Solo in apparenza circoscritto fu il ruolo bramantesche sul tema del tempio radiale (e
svolto da Sanmicheli nella sistemazione trovano un inaspettato precedente nella cappella
del presbiterio del duomo di Verona du- Caracciolo di Vico a S. Giovanni a Carbonara
rante il vescovado di Giberti (1524-43), a Napoli, del 1514-15, forse nota a Sanmicheli
tramite disegni).
all’interno del generale ammodernamento
dell’antica cattedrale avviato dal prelato Entro la metà degli anni Trenta Sanmi-
nella seconda metà degli anni Venti. In cheli progettò a Verona il palazzo dei ric-
una prima fase Giberti si servì del «molto chi fratelli Niccolò e Giovan Francesco
suo dimestico amico» Giulio Romano (Va- Lavezola, pensato per un profondo lotto
sari, 1550 e 1568, p. 62 ), che progettò la d’angolo lungo la sponda sinistra dell’Adi-
decorazione ad affresco dell’abside e delle ge, presso l’antico teatro romano. L’edifi-
pareti del retrocoro (poi eseguita dal Tor- cio era probabilmente in costruzione nel
bido entro il 1534). Successivamente, tra 1536 e la realizzazione della facciata iniziò
il 1532 e il 1533, deciso a onorare Canossa, forse già nel 1540, anche se venne termi-
morto nel frattempo, ponendo la sua tom- nata solo molto più tardi. Le particolarità
ba dietro l’altare, il vescovo avrebbe coin- dell’impianto furono dettate dalle preesi-
volto Sanmicheli non solo per la sontuosa stenze, in particolare la rotazione di 90 gra-
transenna marmorea semicircolare che se- di dell’asse di penetrazione che, superato
para il presbiterio dalla navata – il cosid- il primo ampio androne abilmente voltato,
detto tornacoro –, ma per la ridefinizione incontra l’accesso laterale determinando
di tutta l’area fino all’abside, innalzata sul l’espansione trasversale della corte, con
nuovo pavimento e imperniata sull’altare una disinvoltura che si trova nei progetti
maggiore versus populum con un taberna- di Baldassarre Peruzzi (e che Sanmicheli
ripropose più tardi a palazzo Corner Spi-
colo eucaristico spettacolare (in lavorazio-
nelli a Venezia). La facciata a due livelli,
ne nel 1534, oggi perduto; presso il duomo
interamente in pietra, è fortemente chia-
per due vescovi della famiglia Lippomano roscurata, forse anche per richiamare l’at-
– Luigi e Agostino – Sanmicheli iniziò tenzione nella veduta da lontano che la
inoltre la costruzione del campanile, rima- prossimità al fiume rendeva possibile.
sto poi a lungo incompiuto).
L’incarico della sontuosa cappella Pel- Contemporaneamente Michele non tralascia-
legrini in S. Bernardino gli giunse dalla ve- va di coltivare i rapporti con l’aristocrazia ve-
neziana, rappresentata a Verona dai magistrati
dova di Benedetto Raimondi, Margherita incaricati del governo della città e impegnati
Pellegrini, in memoria del figlio Niccolò nell’ammodernamento delle proprie sedi isti-
appena scomparso. Alla data del primo te- tuzionali: tra questi Giovanni Dolfin, per il quale
stamento della nobildonna, nell’ottobre disegnò il portale del palazzo del podestà (datato

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1533), un’ambiziosa incorniciatura ionica, esem- Poco prima della fine degli anni Quaranta
plata sull’antico arco dei Gavi veronese. avrebbe fornito un progetto di massima ai
Nel corso del 1534, non ancora cinquan- fratelli Giovanni e Antonio Roncale per il
tenne, Sanmicheli si trasferì a Venezia (ri- loro nuovo palazzo a Rovigo. Per l’ammi-
siedeva a S. Severo, sestriere di Castello). raglio veneziano Alessandro Contarini,
La sua relazione dedicata alla fortificazio- morto nel 1553, progettò il monumento fu-
ne della città, letta in Senato nel gennaio nebre in S. Antonio a Padova (ascritto an-
del 1535, convinse il Consiglio dei dieci a che a Palladio giovane o a Danese Catta-
nominarlo, il 14 aprile, ingegnere capo neo), mettendo nuovamente a frutto la le-
della Repubblica e, poco dopo, architetto zione sangallesca.
dei Savi ed esecutori alle acque. Lo status Intaccando il monopolio sansoviniano, San-
professionale raggiunto è sancito dall’elo- micheli esordì come architetto di palazzi anche
gio di Sebastiano Serlio nell’introduzione a Venezia, ammodernando per Giovanni Corner
alle sue Regole generali sopra le cinque ma- gli interni della sua residenza sul Canal Grande
(oggi palazzo Corner Spinelli): qui raccomandò
niere de l’architettura (Venezia, settembre l’impiego di Vasari, che vi dipinse nel 1541 la
1537, c. III; sbrigativo, viceversa, il trat- decorazione di uno dei soffitti durante il suo
tamento riservato a Jacopo Sansovino, primo soggiorno veneziano. Sempre per Corner
proto dei procuratori di S. Marco sin dal ristrutturò completamente il palazzo di S. Polo,
1529). Proprio quando l’in folio serliano distrutto da un incendio (il cantiere si aprì verso
usciva dai torchi, Sanmicheli rientrava da il 1551); per il fratello di lui, Girolamo, elaborò
un secondo viaggio a Zara (dove aveva av- una villa a Piombino Dese, distrutta, attigua a
quella, ancora esistente, elaborata da Palladio
viato la progettazione della porta Terrafer- per Giorgio, figlio minore di Girolamo.
ma, lasciata alle cure del nipote Giangiro-
lamo) ed era in procinto – ormai nel vivo A Verona, intanto, dove su suo disegno
della guerra contro l’Impero ottomano – si concludeva la costruzione (iniziata verso
di partire per Corfù, bisognosa di raffor- il 1536) della notevole cupola di S. Giorgio
zamenti difensivi dopo il recente assedio in Braida (con la definizione degli altari
di Solimano il Magnifico. Da Corfù nei sottostanti, poi del pavimento autografo e
primi mesi del 1538 Sanmicheli raggiunse del campanile a cura della bottega sanmi-
Creta, dove si trattenne per quasi tre anni cheliana), tra la fine del 1540 e il 1541 si
potenziandovi le basi costiere, per tornare avviava anche la lunga e accidentata pro-
in patria solo verso la fine del 1540, in con- gettazione del lazzaretto, il cui unico pre-
comitanza con la deludente conclusione cedente tipologico a Milano era forse noto
del conflitto. all’architetto dal viaggio lombardo del
Il rientro comportò una ripresa degli 1531. Al 1542 risalirebbe anche la realiz-
impegni in ambito civile: le numerose ri- zazione della discussa porta S. Zeno al-
chieste di progetti e di consulenze di vario l’estremità occidentale della cinta difensi-
ordine e rilevanza gli giungevano ormai da va, attribuitagli da Vasari. Con l’elabora-
tutto il territorio veneto. Per il veneziano zione della facciata di chiesa Sanmicheli si
Alvise Soranzo, Sanmicheli elaborò, su misurò invece per la prima volta (1546) a
un’idea peruzzesca e forse già prima della S. Maria in Organo. La sua partecipazione
partenza per la missione in Grecia, una vil- alla progettazione dei più tardi palazzi
la presso Castelfranco Veneto (abitabile Onori in piazza Brà e Della Torre a San
nel 1548, probabilmente mai compiuta e Fermo è sostenuta su base stilistica.
infine demolita; quasi certamente fu l’ar- Pur conservando la carica ufficiale di re-
chitetto a suggerire per la decorazione in- sponsabile delle fortificazioni di Terrafer-
terna i nomi di tre artisti veronesi, tra cui ma e della laguna, la posizione di Sanmi-
spicca Paolo Caliari). Nel novembre 1541 cheli come esperto della materia nel corso
Sanmicheli si recò a Vicenza, interpellato degli anni Quaranta – scomparsi nel frat-
in merito alle logge del palazzo della Ra- tempo sia Andrea Gritti sia Francesco Ma-
gione: è possibile che in questa circostanza ria della Rovere – lentamente s’indebolì, a
abbia conosciuto il giovane Andrea Pal- causa della mutata considerazione del ruolo
ladio, che si aggiudicò l’incarico nel 1546 dell’architetto in ambito militare a vantag-
(e fu condizionato dai modelli sanmiche- gio dei condottieri, considerati i più idonei
liani per un lungo tratto della sua carriera). a rispondere alle sfide poste dall’evoluzione

256
SANMICHELI

delle tecniche offensive e favoriti dalle dal prevalere dei vuoti contro un colossale
procedure decisionali: con Guidubaldo II palinsesto d’ordine corinzio, che intona
della Rovere, figlio di Francesco Maria, trionfalmente il tema tradizionale del por-
responsabile delle difese veronesi e, dal tego (e in alternativa alle parallele proposte
1546, capitano generale delle forze della sansoviniane).
Serenissima, il suo declassamento a mero La facciata di palazzo Bevilacqua a Ve-
esecutore di direttive altrui divenne pro- rona, realizzata solo in parte, ha sette cam-
gressivamente più chiaro. In questo ridi- pate e due livelli. Di essa risulta ancora dif-
mensionato scenario, nel 1543 Sanmicheli, ficile ipotizzare lo sviluppo definitivo (è
per decreto del Consiglio dei dieci, proget- noto ora almeno che Mario Bevilacqua, ni-
tò il forte sull’isola di S. Andrea sottostan- pote di Antonio, avviò tra il 1581 e il 1584
do alle indicazioni strategiche del capitano le opere d’intaglio per un’aggiunta mai
d’artiglieria Antonio da Castello (la co- compiuta); è un vero intarsio modulare di
struzione proseguì fino al 1549).
autocitazioni e prelievi antichi e moderni
La pressione delle esigenze funzionali sulla che esplicita la passione antiquaria dei pro-
componente retorica dell’architettura non incise prietari e nel contempo «assume il caratte-
comunque sul disegno della fronte che, posta
lungo il principale canale di accesso alla città,
re di una summa della poetica sanmiche-
assunse l’aspetto di una poderosa porta urbica liana, una sorta di testamento artistico e di
di pietra d’Istria in miracoloso equilibrio sul- rivisitazione dei modelli giovanili» (Mar-
l’acqua. Porta Palio a Verona, prevista a cava- corin, 2013, p. 128). Per i Bevilacqua, San-
liere tra il bastione di S. Bernardino e la rondella micheli delineò anche il monumento di fa-
di S. Spirito sin dai tempi di Francesco Maria miglia presso i Ss. Apostoli (1557-59); più
ma ultima a essere progettata (e iniziata solo nel
1550), comunica un’impressione d’invincibile arduo determinare invece l’entità del suo
robustezza grazie alle diverse gradazioni di bu- intervento al castello di Bevilacqua, pur ri-
gnato impiegato e al sofisticato gioco di arre- cordato da Vasari.
tramenti e aggetti che saggiano lo spessore della Nella primavera del 1559 Sanmicheli av-
struttura; tuttavia proprio la ricchezza dei ma- viò il cantiere della Madonna di Campagna
teriali e la raffinatezza delle citazioni architet- – un santuario di pellegrinaggio nel sob-
toniche, mai così splendide, vennero da alcuni
giudicate poco appropriate all’uso militare, e borgo orientale di Verona lungo la strada
ne determinarono di fatto l’incompiutezza. per Vicenza –, poi ereditato da Bernardino
Brugnoli e ultimato solo nell’inoltrato Sei-
Magnificenza materica e finezza di lin- cento. La complessità del progetto, che
guaggio furono viceversa le qualità che ca- prevedeva la saldatura di due corpi cupolati
ratterizzarono i più importanti progetti di diverse forme e dimensioni, tradiva l’in-
d’architettura civile dell’ultimo decennio teresse per un tema compositivo – quello
d’attività: sia il palazzo sul Canal Grande del tempio centralizzato – che lo aveva oc-
presso Rialto dell’ambizioso Girolamo
cupato sin dagli esordi (trovando poi modo
Grimani, sia, come si è ricostruito solo di
di esprimersi, oltre che nel tempietto al
recente, la facciata della residenza verone-
se dei ricchissimi fratelli Bevilacqua – An- centro del lazzaretto veronese, nella cap-
tonio in particolare, ma anche il più giova- pella della villa di Giulio della Torre a Fu-
ne Gregorio –, cantieri entrambi avviati da mane in Valpolicella, 1555 circa, segnalata
Sanmicheli nel 1557, dunque nella fase anche da Vasari). La stratificazione dei ri-
estrema della sua vita. Già Vasari, nuova- ferimenti culturali si ricompose tuttavia
mente a Venezia nel 1566, lamentava, ri- all’esterno in una disarmante semplicità
guardo al caso Grimani, le modifiche su- volumetrica e formale, decorosamente con-
bite dal progetto in fase esecutiva; tuttavia forme tanto alla spiritualità popolare che
l’impianto, certamente autografo, si segna- era chiamata a rappresentare, quanto al suo
la per l’atrio all’antica sostenuto da quattro ruolo di presidio religioso sul territorio.
coppie di colonne e per l’ingegnosa gestio- Sanmicheli morì a Verona verso la fine
ne delle asimmetrie imposte dal sito irre- di agosto del 1559 e venne sepolto, come
golare e dalle preesistenze; il grandioso da lui stesso stabilito nel testamento del
prospetto è organizzato sui tre livelli in precedente 29 aprile, a S. Tommaso Can-
cinque campate di dimensioni alternate, le tuariense, presso cui abitava e dove è an-
tre centrali del livello inferiore segnalate cora oggi conservata la sua lastra tombale.

257
SANMICHELI

Progetti e opere, non in ordine cronologico, architetto veronese del Cinquecento (catal.), a cura
dal 1521 al 1555: tamburo di S. Maria delle di P. Gazzola, Venezia 1960; M. S. Studi raccolti
Grazie (oggi S. Filippo Benizzi), Todi; tomba dall’Accademia di agricoltura, scienze e lettere di
di Orsino e Rodolfo di Marsciano, Orvieto, Verona per la celebrazione del IV centenario della
morte, a cura di G. Fiocco et al., Verona 1960, pp.
duomo; S. Rocco, Orvieto; chiostro di S. Ago- 95-296; Vita di Michele San Michele architettore
stino, Bagnoregio; Ponte Nuovo, Verona; por- veronese di G. Vasari, a cura di L. Magagnato,
tale del palazzo del capitano, Verona; piazza Verona 1960; G.G. Zorzi, Una perizia di M. S.
Contarena, Udine; corte Spinosa, Mantova; per un’opera di Rocco da Vicenza in Umbria, in
palazzo Balladoro, Verona; rifacimento della Atti e Memorie dell’Accademia di agricoltura, scien-
sala dei Giudici e dell’Udienza del podestà in ze e lettere di Verona, s. 6, 1960-1961, vol. 12, pp.
palazzo della Ragione, Verona; rifacimento del- 143-149; P. Brugnoli, Qualche aggiunta al catalogo
la sala del Camerlengo in Palazzo del capitanio, di M. S., in Architetti Verona, III (1961), pp. 21-
Verona; tomba di Bartolomeo Averoldi, S. Ma- 24; L. Puppi, Una miscellanea di studi sanmiche-
ria della Ghiara, Verona; villa Cornaro, Poisolo liani, in Arte veneta, XV (1961), pp. 265-286;
G.G. Zorzi, Precisazioni su alcune opere attribuite
(Treviso); villa Ramusia, Marsango (Padova); a M. S., in Arte lombarda, IX (1964), 2, pp. 94-
palazzo Bragadin a S. Marina, Venezia; tomba 108; G. De Angelis D’Ossat, Sanmicheli e il Ma-
di Tommaso Lavagnoli, S. Eufemia, Verona; nierismo, in Bollettino del CISA Andrea Palladio,
tomba di Francesco Sambonifacio, S. Maria IX (1967), pp. 233-242; G.L. Marchini, Francesco
della Scala, Verona; Chiesa e convento dei Ss. Ronzani e Gaetano Pinali. Contributo alla biblio-
Biagio e Cataldo, Venezia; Scala d’oro, Palazzo grafia sanmicheliana, in Atti e Memorie dell’Ac-
ducale, Venezia; arco trionfale temporaneo per cademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona,
l’ingresso di Bona Sforza, Padova; palazzo della s. 6, 1970-1971, vol. 22, pp. 661-728; L. Puppi,
Torre a San Fermo, Verona; palazzo Saibante, M. S., Padova 1971; P. Brugnoli, M. S. urbanista,
in Vita veronese, XXVI (1973), pp. 371-373; L.
Verona. Fortificazioni a: Monteleone di Or- Puppi, Novità per M. S. e Vincenzo Scamozzi ap-
vieto, Padova, Vicenza, Chioggia, Rettimo, Su- presso Palladio, in Storia dell’arte, XXVI (1977),
da, Canea, Candia, Sitia, Mirabello, Gerapetra, pp. 11-22; H. Burns, Le antichità di Verona e l’ar-
Napoli di Romania, Peschiera del Garda, Ma- chitettura del Rinascimento, in Palladio e Verona
rano Lagunare, Chiusa. (catal.), a cura di P. Marini, Verona 1980, pp. 103-
117; L. Magagnato, Verona e Palladio. Architettura
Fonti e Bibl.: S. Serlio, Le regole generali sopra a Verona tra Falconetto e Sanmicheli, ibid., pp. IX
le cinque maniere di architettura, Venezia, Marco- s.; E. Concina, La macchina territoriale: la proget-
lini, 1537; G. Vasari, Le vite (1550 e 1568), a cura tazione della difesa nel Cinquecento veneto, Roma-
di R. Bettarini - P. Barocchi, V, Firenze 1984, pp. Bari 1983, pp. 109-134; D. Moore, Sanmicheli’s
362-375; A. Pompei, Li cinque ordini dell’archi- Tornacoro in Verona cathedral: a new drawing and
tettura civile di Michel Sanmicheli, rilevati dalle problems of interpretation, in Journal of the Society
sue fabbriche e descritti e pubblicati con quelli di Vi- of architectural historians, XLIIII (1985), pp. 221-
truvio, Alberti, Scamozzi, Serlio e Vignola, Verona 231; L. Puppi, M. S. architetto. Opera completa,
1735; F. Milizia, S. M., in Dizionario delle belle Roma 1986; L’architettura a Verona nell’età della
arti del disegno, Bassano 1787, Paris 1791, ad vo- Serenissima (sec. XV - sec. XVIII), a cura di P.
cem; A.C. Quatremère de Quincy, San Micheli Brugnoli - A. Sandrini, Verona 1988, I, pp. 91-
(Michele), in Encyclopédie méthodique. Architec- 190, II, pp. 163-175; P. Davies - D. Hemsoll, La
ture, Paris 1791, ad vocem; F. Albertolli, Porte di Spinosa e le corti di Carlo Bologna a Marengo e
città e fortezze, depositi sepolcrali ed altre principali Pietole, in Giulio Romano (catal.), Milano 1989,
fabbriche pubbliche e private di M. S. veronese, Mi- pp. 522 s.; G. Mazzi, La genesi di un catalogo gra-
lano 1815; F. Ronzani - G. Lucciolli, Le fabbriche fico: i rilievi del Settecento e dell’Ottocento per lo
civili, ecclesiastiche e militari di M. S., Verona studio del Sanmicheli, in Il disegno di architettura,
1823; A. Bertoldi, M. S. al servizio della Repubblica Atti del Convegno... 1988, a cura di L. Patetta,
Veneta. Documenti tratti dal Regio Archivio gene- Milano 1989, pp. 61-66; D. Hemsoll, recensione
rale di Venezia, Verona 1874; G. Biadego, I Giol- di L. Puppi, M. S. architetto. Opera completa, in
fino pittori, e una scrittura inedita di M. S., in Nuo- Journal of the Society of architectural historians,
vo Archivio veneto, IV (1892), 1, pp. 162-181; G. LXIX (1990), pp. 216 s.; P. Davies - D. Hemsoll,
Da Re, La cappella Pellegrini di San Bernardino, Entasis and diminution in the design of Renaissance
in Madonna Verona, VIII (1914), pp. 52-54; Id., pilasters, in L’emploi des ordres dans l’architecture
Nuovi documenti sanmicheliani, ibid., XIII (1919), de la Renaissance, Atti del Colloquio, Tours... 1986,
pp. 1-23; E. Langensköld, M. S. The architect of a cura di J. Guillaume, Paris 1992, pp. 339-353;
Verona: his life and work, Uppsala 1938; L. Puppi, D. Howard, Exterior orders and interior planning
Sanmicheli a Vicenza, in Vita veronese, XI (1958), in Sansovino and Sanmicheli, ibid., pp. 183-192;
11-12, pp. 449-453; P. Gazzola, Appunti per quattro M. S. Architettura, linguaggio e cultura artistica
lezioni sul Sanmicheli, in Bollettino del CISA An- nel Cinquecento, a cura di H. Burns - C.L. From-
drea Palladio, I (1959), pp. 24-26; A M. S. 1559- mel - L. Puppi, Milano 1995; P. Davies - D. Hem-
1959, in Quaderni di Vita veronese, s. varia, XVIII soll, M. S. and the façade of Ss. Biagio and Cataldo
(1959); R. Brenzoni, I Sanmicheli, maestri architetti in Venezia, in Annali di architettura, 1996, n. 8,
e scultori del XV e XVI sec. oriundi di Porlezza di pp. 115-125; Iid., S. M., in The dictionary of art,
Valsolda, in Arte lombarda, V (1960), 1, pp. 56- a cura di J. Turner, XXVII, Oxford 1996, pp.
65; P. Gazzola, Nuovi contributi sanmicheliani, in 757-763; Iid., Sanmicheli and his patrons: planning
Studi storici veronesi, XII (1960), pp. 5-45; M. S. for posterity, in Studi in onore di R. Cevese, Vicenza

258
SANMINIATELLI

2000, pp. 161-188; F. Toso, Porta San Martino La predisposizione di Cosimo Andrea
a Legnago e Porta Nuova a Verona. Nuovi docu- verso prese di posizione e studi di carattere
menti sul Sanmicheli architetto nella fabbrica mili-
tare, in Annali di architettura, 2000, n. 12, pp. 59- politico ebbe modo di manifestarsi già al
68; Edilizia privata nella Verona rinascimentale, tramonto del governo imperiale. Autore di
Atti del Convegno di studi, Verona... 1998, a cura un proclama che, ergendosi a difesa della
di P. Lanaro et al., Milano 2000; P. Davies - D. piccola patria cittadina, diede voce al di-
Hemsoll, M. S. a Verona e Venezia, in Storia del-
l’architettura italiana. Il primo Cinquecento, a cura sappunto dei pisani per il rinvio della tra-
di A. Bruschi, Milano 2002, pp. 354-371; Iid., M. dizionale festività del patrono san Ranieri,
S., Milano 2004; A. Ghisetti Giavarina, Disegni fino ad accusare di disprezzo per la religio-
di M. S. e della sua cerchia: osservazioni e proposte, ne il gonfaloniere e il consiglio della comu-
Crocetta del Montello 2013; F. Marcorin, Alcuni
documenti inediti in merito alla facciata sanmiche- nità appena restaurati, parallelamente si
liana di palazzo Bevilacqua a Verona, in Annali di mise a concepire disegni politici per la pe-
architettura, 2013, n. 25, pp. 117-134; L’architet- nisola postnapoleonica, fra cui un organico
tura militare di Venezia in Terraferma e in Adriatico
fra XVI e XVII secolo, Atti del Convegno interna- progetto di federazione italiana.
zionale di studi, Palmanova... 2013, a cura di F.P. In quella fase di epocali trasformazioni, in
Fiore, Firenze 2014; F. Marcorin, “Quei marmi linea con una copiosissima pubblicistica sul te-
antichi, già destinati ad un uso illustre”: le pietre per
la facciata di palazzo Bevilacqua, in Verona illu-
ma, questo progetto del 1814 cercava un dif-
strata, 2015, n. 28, pp. 77-90; P. Davies - D. Hem- ficile equilibrio fra l’ostilità a ogni ipotesi uni-
soll, Verona. L’architettura, in Storia dell’archi- taria, incompatibile per Sanminiatelli con il
tettura nel Veneto. Il Cinquecento, Venezia 2016, policentrismo della penisola e con quei principi
pp. 188-211. MARIA BELTRAMINI di legittimità dinastica di cui auspicava un in-
tegrale rispetto, e un sentimento patriottico
SANMINIATELLI, Cosimo Andrea. fondato su certe idee di primatismo esclusiva-
– Nacque a Pisa l’8 settembre 1792, primo mente culturale e religioso, che guardavano a
dei dieci figli di Giovan Francesco e di una qualche forma di indipendenza e di soli-
darietà fra italiani. La soluzione venne da lui
Luisa Seghieri Bizzarri, appartenente a individuata in una confederazione di dodici
una nobile famiglia cittadina. Stati in cui non si assegnava al papa, ma all’im-
Dalla terra di San Miniatello, presso Mon- peratore d’Austria un ruolo di rilievo, ricono-
telupo, un avo del casato paterno si era stabilito scendo all’autorità di Vienna un protettorato
a Pisa nel 1518 dopo la riconquista fiorentina che mirava probabilmente a superarne l’oppo-
della città, dove diversi suoi discendenti rico- sizione al disegno federativo.
prirono nel tempo importanti cariche pubbli-
che. Questa ascesa sociale fu suggellata nel 1686 Se in questi elaborati giovanili non man-
dall’ingresso nell’Ordine di Santo Stefano, at- carono spunti italianisti e in qualche caso
traverso la fondazione di un ricco baliato com- persino vagamente liberali, essi si inseriva-
prendente poderi e altri fondi, di cui nel 1792 no tuttavia in un quadro di motivi di fondo
fu investito Giovan Francesco, tenente delle non in contrasto con la futura nomea di
guardie nobili. Sanminiatelli: l’avversione feroce contro la
Fu in quel contesto segnato da un note- Francia e ciò ch’essa rappresentava, il ca-
vole attaccamento ai valori nobiliari che si rattere religioso e arcade, più che politico,
formò Cosimo, influenzato in profondità del suo patriottismo, una simpatia mai ac-
anche dalla spiccata religiosità paterna che cantonata per l’Austria quale baluardo del-
davanti alla politica ecclesiastica napoleo- la conservazione e dell’equilibrio.
nica si tradusse in un ‘misogallismo’ oltre- Meno di un decennio più tardi la sua fa-
modo ostile all’intera esperienza della do- ma di reazionario era infatti ormai conso-
minazione francese. Un rapporto polizie- lidata, favorita da ulteriori esperienze e
sco del 1814 ne registrava dunque la «vita conoscenze che ne accentuarono l’identi-
ritiratissima, e le sue occupazioni con- ficazione con un’ideologia rigidamente
sistenti in cantar messe, e Vespri insieme nobiliare; nel 1820 vestì l’abito stefaniano
col Padre nella sua Cappella privata» (Per- come cofondatore con il padre di com-
tici, 1992, p. 250). Dal 1808 nel frattempo menda con il titolo di baliato, e di lì a poco
frequentava insieme al fratello Donato, il granduca Ferdinando III lo nominò suo
destinato a una brillante carriera ammini- ciambellano di corte; ma soprattutto, in
strativa nel Granducato, la facoltà di dirit- quegli stessi anni, fece una conoscenza de-
to dell’Università cittadina, dove si laureò cisiva, quella con Antonio Capece Minu-
nel 1812. tolo principe di Canosa, stabilitosi dal 1817

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