Sei sulla pagina 1di 16

ROLAND BARTHES (1915-1980)

INTRODUZIONE
Nel 1964 Barthes pubblica Elementi di semiologia. Si trattava di un testo inizialmente rivolto
agli studenti del suo seminario, lo utilizza per testi complessi, immagini testi, lui in questo
libro cercava di definire gli strumenti di base di una nuova disciplina.
Negli anni 1960 è uno dei principali animatori del dibattito sullo strutturalismo in Francia con
(con Greimas, Foucault, Genette, Eco, Lacan, Levi-Strauss).
Barthes è importante per la cultura, è una cartina tornasole, era dichiarato omosessuale ha
insegnato all’università della Sorbona. Lui ha avuto una carriera difficile, Barthes entra in un
college di Francia, lui avrà un problema nel 1968 gli studenti della Sorbona insorgono contro
il governo e fanno bruciare la Francia. Sartre diventa un punto di riferimento per gli studenti
e Barthes ci starà male perchè lui stava studiando quello che volevano gli studenti. Barthes
era marxista. Barthes era scrittore, sociologo della comunicazione, scrive Frammenti di una
relazione amorosa che è un libro composto da citazioni tra un lui e una lei e nel libro Barthes
indica dove trovava le citazioni. Barthes da un lato è un filosofo perchè studia analisi della
cultura, dall’altro è un sociologo della comunicazione infatti lui studia i contenuti mediali. Lui
è un conservatore, prima era protestante e poi diventa cattolico.

MITI DI OGGI (MYTHOLOGIES)


Nel 1975 Barthes aveva pubblicato una raccolta di saggi, scritti tra il 1954 e il 1956 dal titolo
Mythologies che cambierà il titolo in Miti di oggi, In questi scritti si era occupato di diversi
argomenti collegati ai mass media: articoli di giornale, fotografie, mostre, novità musicali, lui
incomincia a fare analisi dei mass media, la cultura di massa era spregevole e non
interessava a quell’epoca. Nel raccogliere in volume questi scritti vari Barthes sente
l’esigenza di argomentare lo scopo generale dell’operazione da lui compiuta, dando una
sorta di unità a lavori tra loro disparati. In quegli anni dall’altra parte dell’oceano in Canada,
all’università di Toronto Marshall Herbert McLuhan, un giovane docente di letteratura
contemporanea inglese, oggi lo si conosce come sociologo della comunicazione, stava
affrontando una serie di domande e questioni relative ai mass media e ai loro effetti sulla
società con un atteggiamento non molto diverso da quello di Barthes, visto che si era
accorto che i riferimenti che lui faceva a lezione erano molto diversi rispetto a quelli dei suoi
studenti (la stampa, la tv). McLuhan si chiede perché nel mondo dove lui vive ci sono nuovi
riferimenti (stampa, tv, marketing). McLuhan aveva pubblicato una raccolta di saggi, da lui
scritti alla fine degli anni Quaranta, con il titolo La sposa meccanica (1951). L’idea che
teneva uniti quei primi lavori sulle comunicazioni di massa era che i mass media, nel
secondo dopoguerra, stessero imponendo mediante nuove forme di comunicazione
un’ideologia uniformante e alienante. Qualche anno dopo, e partendo da posizioni
estremamente diverse, Barthes sembrava trovarsi in pieno accordo con lo studioso
canadese.

IL MITO, OGGI
Alla fine degli articoli aggiunge infatti un saggio, intitolato Il mito, oggi. Lui vuole opporsi alla
falsa"naturalita" secondo cui vengono interpretate le immagini e gli eventi nelle riviste del
tempo e vuole costruire una semiologia del mondo "borghese" (una visione analitica e
critica).
In questo saggio definisce la funzione fondamentale della semiologia: essa deve avere una
funzione di tipo demistificatorio e denaturalizzante dei meccanismi della comunicazione di
massa. In sostanza, Barthes ci dice che il sistema delle comunicazioni di massa del suo
tempo in prevalenza la stampa, la fotografia e la pubblicità cercava attraverso particolari
strategie comunicative di far passare ciò che era costruzione culturale, storicamente e
socialmente determinata, come se fosse invece qualcosa di naturale e inevitabile. Nelle
pubblicità di bracciali o cose per donne le donne sono frammentati, la pubblicità usa il corpo
per supporto per quello che la pubblicità mostra, un corpo meccanico, merceficandolo,
rendendolo oggetto. I mass media cambiano la visione del mondo, ci fanno passare che le
cose vanno così ma lui dice che bisogna capire perchè le cose vanno così. In questo saggio
non ci sono immagini. Uno dei miti è la modernizzazione tecnologica: i media ci inducono a
voler l’ultimo modello di un oggetto tecnologico, perché gli oggetti tecnologici riflettono sulla
nostra identità. Si ha voglia di essere ricchi quindi si deve avere l’ultimo modello, l’ idea è
che se non hai l’ultimo modello non sei nessuno (ESEMPIO LA MACCHINA COME
L’IPHONE).

MITOLOGIE BORGHESI
Secondo Barthes, quindi, il compito della semiologia è di tipo politico e sociale: essa deve
costruire un’immagine semiologica del mondo borghese per svelare i trucchi utilizzati per far
passare come naturale un messaggio che è invece storicamente e culturalmente
determinato e limitato. Barthes è colpito dall’articolo del matrimonio di Miss Europa 1953 con
l’amico di infanzia elettricista, c'è un richiamo della società borghese verso l’omologazione,
in direzione di quello che viene considerato in quel tempo l’inevitabile coronamento della vita
di una donna, il matrimonio e l’uso del matrimonio è avere dei figli, stare a casa e non
lavorare. L’atrice Grey Kelly era bella e sfruttava questa cosa, lei fa l’attrice in caccia al
ladro, il gatto entra in macchina con lei e lei inizia a guidare a grande velocità, si sposa il
principe azzurro (Ranieri di Monaco e lei è la star hollywoodiana), lei poi ha mollato la vita di
attrice, ed è morta in un incidente mentre percorreva le strade dove aveva girato caccia al
ladro. Quindi nel film caccia al ladro va contro all’ideologia della donna sposata.

GIOCATTOLI
Un’altra cosa che nota Barthes è che le pubblicità dei giocattoli degli anni 50 tendano a
riprodurre in scala ridotta strumenti e relativi comportamenti del mondo adulto, come se il
gioco non potesse essere altro che un percorso di istruzione a specifici ruoli dell’adulto (il
soldato, la madre, il medico, l’infermiera ecc.) e inoltre questo comportava una divisione tra
bambino e bambina che corrispondeva al ruolo che uno farà da adulto, il destino da adulto.

NATURALE/CULTURALE
Un’altra cosa che nota Barther è che va a vedere una mostra di foto di guerra dell’indocina
(Vietnam), vede quelle foto che all’inizio sono scioccanti ma bellissime dal punto di vista
estetico, ma poi Barthes le vede così belle da anestetizzarsi, privando della facoltà di
pregiudizio attraverso la iper-costruzione dell'immagine e non vedendo più quanto siano
violente per il fatto della guerra. Lo shock attraverso la bella foto viene anestetizzato e la
violenza viene cancellata.

IL PATRIOTTISMO “COSTRUITO”
Barthes interpreta una copertina della rivista “Paris Match” del 21 giugno 1955, in cui un
giovane soldato di colore, con la divisa della legione straniera francese, fa il saluto alla
bandiera. Secondo il semiologo francese questo primo segno significa la grandezza
dell’impero francese, per l’attaccamento che gli abitanti delle colonie francesi avrebbero per i
colonizzatori, per il patriottismo. Questo primo segno viene parassitato da un nuovo
significato, un significato patriottico per altro scarsamente credibile vista la rivolta che
agitava le colonie francesi in quegli anni.

MITO COME CONNOTAZIONE


Barthes vedeva molto gli spettacoli di wrestling (catch), vedere quegli spettacoli rendeva il
wrestling spettacolarizzazione, rendendolo anestetizzante perchè bello, tanto da far
scordare il fatto che sia un gesto violento e che abbia delle conseguenze
quindi egli vede apparire il meccanismo di mascheramento della relatività di ciò è detto o
mostrato, operato dalla società borghese del suo tempo attraverso la comunicazione: da un
punto di vista semiologico Barthes chiama tale processo mito. Il mito è un processo di
comunicazione basato sul meccanismo della connotazione: a un primo livello, quello di un
segno già fornito di un proprio significante e significato, a cui si sovrappone un altro
significato, connotativo, che veicola il sovrasenso culturale deformante, inoltre il mito è un
sistema semiologico secondario, sovrapposto alla realtà.

IL RUOLO DELLA SEMIOLOGIA


Barthes dice che la Garbo è la divina asessuata, ma lei è un’altra cosa, metà viso è
essenziale e l’altra metà è più vero. Il mito maschera e deforma. Barthes vede la semiologia
come una disciplina con una forte funzione critica di analisi e scomposizione delle
costruzioni e delle rappresentazioni culturali.

ELEMENTI DELLA SEMIOLOGIA (1964)


Nel 1964 nasce la semiotica come disciplina. In Elementi di semiologia Barthes ha trovato
un metodo per studiare i segni naturali, la semiologia e ne propone gli strumenti per studiarla
. Per Barthes la linguistica strutturale dovrà studiare come si ottiene un messaggio. Barthes
fa il punto dei rapporti tra la linguistica strutturale di De Saussure e Hjelmslev e una
nascente semiologia intesa come una nuova scienza della significazioni culturali (miti
connotazioni). Da questa idea della centralità del linguaggio verbale nasce la struttura del
saggio di Barthes le cui quattro sezioni sono basate sulla esplicitazione dei concetti
fondamentali della linguistica strutturale. In particolare, egli compie questa operazione
basandosi sui lavori dello stesso Ferdinand de Saussure e su quelli del linguista danese
Louis Trolle Hjelmslev, ma facendo anche molti riferimenti alle teorie di Jakobson. Barthes
prende in considerazione quattro coppie di concetti: 1) lingua e parola; 2) significato e
significante; 3) sintagma e sistema; 4) denotazione e connotazione.

PERCHÉ LA LINGUISTICA?
Barthes intende il rapporto tra la linguistica e la semiologia
esattamente all'opposto rispetto a De Saussure, infatti in Elementi di semiologia Barthes
riprende l’idea di Saussure di una scienza che studi i sistemi di segni, ma compie una mossa
decisiva che è una sorta di rovesciamento dell’idea di semiologia di Saussure, in particolare
del rapporto tra la linguistica e la scienza dei segni. Barthes parte dall’idea che il linguaggio
sia il sistema di segni più potente e centrale tra quelli impiegati dall’uomo. La lingua è il
sistema di segni dominante in cui tutti gli altri sistemi di segni possono essere trasposti. A
questo punto la linguistica, che studia quel sistema di segni che è la lingua naturale, diventa
la disciplina centrale e, dal punto di vista metodologico, trainante. Quindi, la linguistica
include la semiotica in termini di ampiezza di campo disciplinare e di astrazione
metodologica. Dovrà essere così la linguistica a dare alla nascente semiologia gli strumenti
di base per comprendere al meglio qualunque altro sistema di segni. Barthes cerca di
definire gli strumenti di base di una nuova disciplina.

LA POTENZA DELLA LINGUA


Barthes parte dall’idea che il linguaggio sia il sistema di segni più potente e centrale tra
quelli impiegati dall’uomo, quei sistemi espressivi. La lingua è il sistema di segni dominante
in cui tutti gli altri sistemi di segni possono essere trasposti. (ESEMPIO il significato dei
messaggi visivi per Barthes dipende dai messaggi verbali (la didascalia di una foto, lo slogan
della pubblicità))
La lingua è un sistema di significazione primario attraverso cui è possibile "tradurre" tutti gli
altri sistemi. Inoltre Barthes mette in risalto gli aspetti per lui centrali del concetto di lingua; il
suo aspetto di istituzione sociale e la centralità del concetto di valore per comprendere il
modo in cui è strutturata. Un altro importante tema su cui Barthes concentra la propria
attenzione di semiologo è il rapporto tra la lingua verbale e l’immagine. La tesi fondamentale
del semiologo è che il testo verbale abbia la funzione di ancoraggio nei confronti del testo
visivo l'immagine in sé sarebbe polisemica, presenterebbe una pluralità di percorsi di senso,
ma l’apparato verbale che l’accompagna interpreta le immagini e ne indirizza la nostra
lettura in una direzione precisa.

LA CONNOTAZIONE IN BARTHES
Secondo Barthes il rapporto tra un'Espressione (Sn) e un Contenuto (St) già costituito può
diventare a sua volta il piano dell'Espressione per un altro Contenuto. Questo piano ulteriore
lo chiama connotazione. Le connotazioni possono essere identificate con qualsiasi senso
aggiuntivo rispetto al piano denotativo di un sistema semiotico. Tali connotazioni sono
secondo Barthes frammenti di ideologia che rinviano a qualcosa di ben più ampio rispetto a
un semplice sovrasenso linguistico o metaforico. Può accadere che il rapporto E/C possa
diventare il piano del Contenuto di un alto rapporto E/C che diventa l'oggetto del discorso o
di un'analisi, questo è un metalinguaggio.
BARTHES E LA MODA
Un altro ambito di applicazione della semiologia di Barthes, e della sua idea del rapporto tra
parola e immagine, è quello della moda. Dopo vari saggi brevi su questo tema pubblica Il
Sistema della moda (1967), libro che in realtà conclude un lungo percorso di ricerca
sull’argomento da parte del semiologo francese e che rinvia alla sua tesi di dottorato, si
occupa proprio di approfondire fino a che punto si possa spingere l’idea che il vestire sia
assimilabile al linguaggio verbale. Il titolo del libro significa codice della moda, parte
dall’analizzare il modo in cui ci vestiamo come se usassimo il linguaggio. Barthes applica al
campo della moda la categoria semiologica, derivata da Saussure, lingua/parola: l’uso
individuale e concreto del vestire, assimilabile alla parola di Saussure, Barthes lo chiama
abbigliamento, a cui corrisponde sul piano astratto del sistema sociale delle norme del
vestire quello che lui definisce il costume, corrispondente alla lingua. Poi prova ad applicare
la coppia oppositiva significante/significato al costume, però con risultati negativi fino a che
non nota che la modalità attraverso cui viene dato significato alle immagini di moda sulle
riviste specializzate (e non) consiste nell’uso di didascalie verbali. Così Barthes identifica il
significato della moda nel discorso verbale che accompagna le immagini di moda; vale a dire
che l’immagine dell’abito indossato dalla modella nella foto del servizio di moda viene dotata
di un senso specifico attraverso una descrizione verbale che sottolinea o rende pertinenti
alcuni aspetti dell’abito a discapito di altri: la didascalia àncora l’immagine dell’abito a uno
specifico percorso di senso. All’interno di questo cambiamento, una cosa che nota Barthes
in linguistica la modella significava manichino e infatti non era una persona, ma un manchino
su cui ci si appoggiavano i vestiti, poi con il tempo non è più un manichino ma una persona
che si vedeva nei film, diventa un personaggio pubblico. Nel 1960 nasceranno le modelle
star che avevano una vita fuori dalla passerella e dalle riviste di moda. Il modo in cui ci
vestiamo corrisponde a un costume e c’è un rapporto dialettico tra costume/abbigliamento.
Barthes diceva che il modo in cui Oscar Wilde si vestiva era un modello culturale (quindi in
stile Dandy), c’era gente che voleva sembrare come lui ma c'erano dei dettagli nel loro modo
di vestire che facevano riconoscere che non erano dandy. Negli anni 80 il modo di vestirsi
identificava il tipo di musica, cosa leggevi. Il vestirsi era una carta di identità. L’identità del
vestirsi si ritrova nel costume e si riflette nell’abbigliamento e poi nel linguaggio. Noi abbiamo
un sistema vestimentario che fa capire agli altri chi siamo, che gusti abbiamo.

IL SIGNIFICATO DEL VESTIRSI?


Barthes prova ad applicare la coppia oppositiva significante/significato al vestirsi, ma se
trova con facilità qualcosa di assimilabile al piano dell’espressione di una lingua verbale, che
consiste negli elementi minimi che determinano le caratteristiche di un abito (il collo, le
maniche, i differenti tagli e così via), per il corrispondente contenuto o significato della moda
si trova inizialmente in difficoltà.

LA RIVISTA DI MODA
Barthes nota che la modalità attraverso cui viene dato significato alle immagini di moda sulle
riviste specializzate (e non) consiste nell’uso di didascalie verbali. Così Barthes identifica il
significato della moda nel discorso verbale che accompagna le immagini di moda; vale a dire
che l’immagine dell’abito indossato dalla modella nella foto del servizio di moda viene dotata
di un senso specifico attraverso una descrizione verbale che sottolinea o rende pertinenti
alcuni aspetti dell’abito a discapito di altri. La didascalia àncora l’immagine dell’abito a uno
specifico percorso di senso. Con le didascalie il giornale di moda cerca di ritagliare o
rendere pertinenti certi aspetti del vestito, inoltre le didascalie connotano i marchi con
strategie di mercato descrivendole (ESEMPIO: benetton)

AUTOREFERENZIALITÀ DELLA MODA


L'autoreferenzialità della moda è il senso della moda che fa vendere, questo vuol dire che il
significato che si dà al capo è quel qualcosa che lo permette di vendere. I vestiti hanno il
problema di rinnovarsi continuamente, il consumatore deve collegare il vestito al marchio
quello che Barthes chiama indumenti/mondo cioè io creo un legame tra il capo che sto
vendendo e la realtà, anche se il collegamento non è reale cosi chi lo guarda si ricorda del
vestito. Ci sono indumenti/moda esclusivamente autoreferenziali. La moda crea una propria
storia o attraverso il indumento/mondo o perché lo stilista ha deciso cosi e tu lo devi
accettare. Questi aspetti oppositivi vanno poi giustificati con il perché si sono costruiti i vestiti
in questo modo. "Quest'anno il blu in spiaggia"; frase puramente arbitraria e
autoreferenziale. "La moda è di moda” significa che la moda crea un proprio mondo.

LA RETORICA DELL’IMMAGINE (1964): LA PASTA PANZANI


Barthes analizza una pubblicità a stampa dei prodotti alimentari Panzani, lui cerca di capire
in che modo quell’immagine mi da un significato, perché mi attrae. Quel nome della pasta è
connotativo, cioè permette di far credere al consumatore straniero che quel prodotto è
veramente italiano. Il problema di Panzani era far passare prodotti esotici ai francesi visto
che sono italiani (infatti la didascalia dice italiana di lusso). Lui analizza come è fatta
l’immagine sembra una natura morta. Inoltre Barthes vede negli oggetti presentati
nell’immagine una serie di segni (pacchi di pasta, una scatola di pomodori, cipolle, peperoni)
che, attraverso la rappresentazione di una borsa che si allarga della spesa rovesciata su un
tavolo, cerca di dare l’impressione della naturalezza e spontaneità dell’immagine stessa.
Questa immagine vuol dare l’idea che la massaia francese sia tornata dal mercato e abbia
comprato prodotti freschi e ci sta facendo credere la naturalezza del prodotto e del gesto.
Inoltre nell’immagine c’è una metonimia in quanto sta dicendo che dentro alla scatola c’è la
passata fresca, quindi un tentativo di far credere che i prodotti sono naturali ma in realtà non
lo sono, i colori prevalenti sono bianco, rosso e verde uniti al nome del prodotto Panzani,
rinviano evidentemente all’italianità supposta del prodotto. Ideologicamente e culturalmente
è che sia italiano ma in realtà il marchio è francese. Tutti questi singoli segni, insieme alla
presenza di prodotti freschi mescolati alle confezioni, costruiscono un significato connotativo
che ci fa interpretare l'immagine in direzione di un messaggio di freschezza, naturalezza ed
esoticità del prodotto italiano (quantomeno per un consumatore francese), che l’immagine in
sé avrebbe veicolato in modo vago se essa non fosse stata costruita per ottenere un
determinato effetto visivo e verbale. Fa notare Barthes che il linguaggio verbale ancora
l’immagine (linguaggio visivo) e mi fa trovare la strada per l’interpretazione giusta.

CODICI E CONNOTAZIONI
Le connotazioni possono essere identificate con qualsiasi senso aggiuntivo rispetto al piano
denotativo di un sistema semiotico, cioè basato su un primo segno E/C. Queste
connotazioni sono secondo Barthes frammenti di ideologia che rinviano a qualcosa di ben
più ampio rispetto a un semplice sovrasenso linguistico o metaforico Nella pubblicità
abbiamo una denotazione (il codice naturale) e una connotazione (un significato «altro»,
come figure retoriche, perchè le figure retoriche le posso usare per comprendere
l’immagine). Un messaggio iconico non codificato è «un messaggio senza codice», dove
riconosciamo degli oggetti e in un messaggio iconico codificato identifichiamo ideologie
Secondo Barthes non cè un codice visivo e si deve ricorrere al verbale per avere un codice
per comprendere l’immagine.

BARTHES E LA FOTOGRAFIA
E’ interessante come Barthes analizza la foto nel libro dal titolo la camera chiara (1980)
inserisce le immagini tranne una (quella di sua madre quando era bambino), in questo libro
non usa la retorica. In questo libro parte dall’idea di analizzare la foto, cioè di fare
un'ontologia della foto cioè voleva sapere che cos’era in sè la foto, ma poi decide di voler
trovare la foto di sua madre quando lui era piccolo.

STUDIUM/PUNCTUM
Lo studium è l’applicazione a una cosa, il gusto per qualcuno, una sorta di interessamento
razionale senza particolare intensità che pongo nell'osservare la foto (culturalmente e
ideologicamente connotato), la maestria nel fare la foto È un’attrazione culturale E’
attraverso lo studium che si interessa a molte fotografie. La foto gli provoca delle emozioni,
come un addestramento generale, perché a tutti la morte, la guerra provoca delle emozioni
Il punctum di una fotografia è qualcosa che colpisce Barthes, che lo punge e lo ferisce quasi
inconsciamente. È un coinvolgimento passionale che si subisce. cè qualcosa che mi punge
(punctum) e che mi ferisce.

FOTOGRAFIA E MORTE
Nel 1865, il giovane Lewis Payne tentò d'assassinare il segretario di Stato W. H. Steward.
Alexander Gardner lo fotografò nella sua cella, egli sta aspettando la propria impiccagione.
La foto è bella, il giovane anche: è lo studium, è la richezza tecnica. Ma il punctum, è: sta
per morire. lo leggo nello stesso tempo: questo sarà e questo è stato; osservo con orrore un
futuro anteriore di cui la morte è la posta in gioco. Dandomi il passato assoluto (aoristo), la
fotografia mi dice la morte al futuro.
La morte era un’assenza troppo forte e quindi Barthes non la riporta nel libro la Camera
Chiara anche se la evoca. Gli piaceva fotografare persone che nessuno fotografa, tutto ciò è
bello è stadium, il punctum è morte, perchè provoca un emozione. Il cinema e la foto sono
sistemi mediali diversi che vanno a incastarsi l’uno dentro l’altro.

BARTHES E LA NARRATOLOGIA
Un interesse ambito che studia Barthes è la narratologia. Nel 1966 Barthes pubblica L’analisi
del racconto nella rivista Communications, è una raccolta di articoli di diversi autori. Questo
saggio è importante per la storia successiva della semiotica e d alcune teorie a essa vicine
come la narratologia. Questo saggio viene scritto riferendosi all’opera di V.J. Propp, quindi
sulla base dell’idea generale che ogni forma di racconto o narrazione che possa essere
ricondotta a una struttura astratta e universale e, di conseguenza, che su tale base possa
essere analizzata e meglio compresa, e che si può segmentare il racconto cercandone gli
elementi minimi di costruzione. Ma anche alla Poetica di Aristotele e ai formalisti russi. Per
Barthes cercare le strutture minime del racconto significa le funzioni astratte intese come
semi da cui si sviluppa la narrazione compiuta La semiotica letteraria e la narratologia si
interessano di semiotica per le strutture narrative. Dalla semiotica nasce una disciplina per la
narrazione, in essa si parla di come smontare una narrazione e un trovare un codice per i
racconti. La narratologia è un settore di studi che si occupa di analizzare i dispositivi, le
forme e i modi della narrazione. Il termine, coniato da Tzvetan Todorov nel 1966.
FIABA
Alle origini del modo romanzesco c’era il fantastico e il meraviglioso. La fiaba è il centro di
interesse per scrittori e etnografi. Le grandi raccolte di fiabe dal xvii al xix sec.: G.B. Basile,
Ch.Perrault, fratelli J. e W. Grimm, A. Afanas'ey, I. Calvino. La fiaba è la traccia della
originaria forma di trasmissione orale
La fiaba è uno degli nteressanti oggetti di studio per le forme narrative. Il mito e la fiaba sono
strutture minime del racconto, la fiaba è una forma narrativa basica nelle fiaba si deve dare
per certo che dalla fiaba si da un insegnamento.

PROPP E LA FIABA DI MAGIA


Vladimir Jakovlevič Propp (1895-1970) era un linguista ed etnografo russo noto soprattutto
per i suoi studi sul folklore, e in particolare su quella forma narrativa tradizionale che è la
fiaba. La sua opera più nota è infatti la Morfologia della fiaba, pubblicata nel 1928, in cui già
dal titolo si fa esplicito riferimento a uno studio della forma di una specifica modalità
narrativa. Per Aristotele la narrazione consiste nell'imitazione dell'azione. Il progetto di
Propp era di ridurre la struttura della fiaba ai suoi elementi essenziali e a uno schema
preordinato, Identificando una sequenza di azioni compiuta da specifiche tipologie di
personaggi. Egli analizza le strutture narrative di un insieme specifico e limitato di testi
chiamato corpus testuale composto da un centinaio di fiabe, appartenenti alla tipologia
specifica delle fiabe di magia russe. Da questo insieme ristretto di racconti riesce a
estrapolare un modello generale che deve corrispondere alla struttura della narrazione di
ognuna delle singole fiabe prese in considerazione. Il modello identificato da Propp è
costituito dalla sequenza di sole trentuno funzioni narrative, ciascuna non essendo altro che
la forma astratta o la tipologia di alcune più specifiche azioni. La conclusione a cui egli
giunge è che le fiabe di magia da lui analizzate possiedono una struttura monotipica e che la
successione delle funzioni astratte è sempre identica in tutte le fiabe appartenenti all’insieme
da lui considerato. Secondo Propp, ad esempio, ogni fiaba parte sempre da una situazione
iniziale in cui vengono introdotti o presentati i personaggi principali e il protagonista del
racconto. Alla situazione iniziale fa seguito la serie delle vere e proprie trentuno funzioni di
base.

LE FUNZIONI DI PROPP
COS’È LA FUNZIONE IN PROPP
Le funzioni di base sono poi sottoarticolate in ulteriori situazioni funzionali tipiche della fiaba
di magia. Ognuna di queste funzioni più astratte ha delle ulteriori sottotipologie più
specifiche; ad esempio, la funzione generale di allontanamento viene da Propp suddivisa
nelle possibilità o dell’allontanamento fisico di un componente della famiglia, al lavoro, nel
bosco, in guerra, o dell’allontanamento di un componente della famiglia di nuova
generazione, figli o nipoti, che lascia la casa in cerca di fortuna o per altre motivazioni, ma
Propp indica anche il caso di fiabe che presentano una forma di allontanamento più forte e
radicale come innesco narrativo, vale a dire la morte dei genitori dell’eroe.
Le funzioni sono legate allo specifico corpus testuale selezionato
Le funzioni non dipendono dall'identità dell'esecutore o dal modo d'esecuzione.
La funzione è l'operato di un personaggio determinato dal punto di vista del significato per lo
svolgimento della vicenda.
C'è un numero chiuso e limitato di funzioni, la successione delle funzioni è sempre identica.
Le funzioni prevalgono sulle sfere d’azione
LE SFERE D’AZIONE
Propp tiene conto del modo in cui le funzioni si distribuiscono secondo i personaggi della
fiaba di magia. E infatti egli identifica sette sfere d’azione fondamentali dei personaggi della
fiaba di magia che gli permettono di ridurre a una tipologia più astratta le singole e particolari
figure dei personaggi che agiscono nel racconto. Queste sfere d’azione vengono da lui
collegate alle seguenti figure di agenti: 1) l’antagonista; 2) il donatore; 3) l’aiutante; 4) la
principessa e il re suo padre; 5) il mandante; 6) l’eroe; 7) il falso eroe. A ognuna di queste
sfere d’azione generiche dei personaggi vengono collegate alcune funzioni narrative
(all’antagonista competono ad esempio le funzioni del danneggiamento, della lotta con l’eroe
e della persecuzione) e, fatto molto importante, può accadere che una sfera d’azione
coincida esattamente con l’agire di un personaggio specifico, ma può anche accadere che
nelle fiabe un solo personaggio sia investito dei compiti di diverse sfere d’azione, oppure
ancora che una sola sfera d’azione sia ripartita su più personaggi che concorrono a
specificarla. Da questo deriva lo schema attanziale di Greimas.

ESEMPIO: I TRE CANI


Questa è una fiaba di Italo Calvino e si può notare come valga lo stesso schema (funzioni e
sfere d’azione)

LA POETICA DI ARISTOTELE
Nella poetica di Aristotele si trova la pronto narratologia, cioè le fiabe parla di come è fatta
una tragedia. Secondo molti autori dicono che nella Poetica la forma e il materiale narrativo
sono la favola. I tipi di favole sono l’epopea, la tragedia, la commedia e poesia sono mimesi
cioè arti di imitazione; la tragedia è la "mimesi d'azione". La favola e la fiaba differiscono per
mezzi di trasmissione, cose imitate e modo di trasmissione. I mezzi di trasmissione sono il
linguaggio, l’armonia, e il ritmo. Le cose che imitano sono le azioni degli uomini "migliori di
noi o peggio di noi o come noi" Il modo di trasmissione: forma narrativa la fabia vs. forma
drammatica la favola. La struttura dell'azione è come mimesi di un'azione unica (coerenza e
unità). La favola rappresenta fatti che "possono accadere" che sono accaduti, il vero ti
descrive lindivuale, il vero simile ti parla dell'universale (il verosimile e l'universale).

FAVOLE (MITHOI)
Le favole possono essere semplici e complesse. Le prime favole erano senza peripezia e
riconoscimento
Aristotele identifica dei principi di base per la costruzione delle favole:
● Nodo che è il principio della favola fino a che inizia la mutazione (da felicità a
infelicità); è l'antefatto
● Peripezia che è il mutamento improvviso da una condizione di cose alla situazione
contraria
● Catastrofe che è l’azione che porta rovina o dolore
● Riconoscimento che è il passaggio (inatteso) dalla non conoscenza alla conoscenza
(agnizioni)
● Scioglimento che sono tutti i casi dal principio alla fine

I FORMALISTI RUSSI
I formalisti russi erano un un gruppo di studiosi di linguistica, letteratura e arti. I formalisti si
occupavano della forma. Il gruppo era diviso tra due principali esperienze di ricerca: l’una
legata al circolo linguistico di Mosca fondato nel 1915 e in cui lavorarono Pëtr Bogatyrëv,
Roman Jakobson e Boris Tomaševskij, l’altra rappresentata invece da un gruppo di studiosi
di San Pietroburgo denominato opojaz acronimo che tradotto in italiano starebbe per
“Società per lo studio del linguaggio poetico” fondato da Viktor Šklovskij (1893-1984) e alle
cui attività collaborarono altri studiosi tra cuiRoman Jakobson, Viktor Sklovskij, Jurij
Tynjanov, Boris
Ejchenbaum, Boris Tomasevskij (antologia a cura di Tzvetan Todorov. I lavori di questi
studiosi erano in realtà strettamente collegati allo sviluppo concreto delle arti loro
contemporanee, in particolare di ambito letterario (ma anche teatrale e cinematografico); dal
1923, ad esempio, viene associato alle attività dei formalisti anche il Fronte di sinistra delle
arti, quello delle corrente futuristica di cui facevano parte, solo citando i più celebri, il “poeta
della rivoluzione d’Ottobre” Vladimir Majakovskij, lo scrittore Boris Pasternak e il regista
Sergej Ejzenštejn. L’esperienza di collaborazione e di proposta estetico-culturale dei
formalisti russi terminerà tra il 1928 e il 1929 a causa del clima culturale sempre più
opprimente e dittatoriale della Russia di quegli anni. Questo gruppo definirà l’insieme di
princìpi e di idee che da allora verranno sempre ricollegati alla loro esperienza collettiva di
ricerca, in particolare sulla letteratura. Il formalismo si scontrò con il marxismo che diceva
che l’arte era un’ideologia sociale.

FORMALISMO
I formalisti studiano l'aspetto linguistico della poesia. Il linguaggio artistico è alternativo agli
altri usi del linguaggio. Al centro del formalismo c’è l’opera e la sua costruzione formale.
Uno dei concetti fondamentali espressi dal gruppo dei formalisti russi è un’opera d’arte come
una poesia, un racconto, un dipinto è il frutto di una costruzione consapevole e non di una
supposta ispirazione o di uno stato psicologico-emotivo del soggetto: l’artista usa determinati
dispositivi o procedimenti tecnici di cui sa disporre in modo da ottenere determinati effetti sui
fruitori dell’opera stessa. L’uso che fa un poeta o uno scrittore della lingua è particolare in
quanto la utilizza come un dispositivo di disautomatizzazione del linguaggio quotidiano. Se il
linguaggio che usiamo tutti i giorni è ormai diventato per noi in qualche modo trasparente e
privo di qualsiasi interesse, l’artista è in grado di ottenere, attraverso l’uso di particolari forme
espressive, una rinnovata attenzione per la lingua. I formalisti parlavano in tal caso di effetto
di straniamento in cui attraverso l’uso anomalo, innovativo o scioccante del linguaggio, la
poesia o la letteratura in generale ottenevano un effetto di sorpresa e di conseguente
riflessione sulle stesse forme linguistiche (lingua prosastica vs. lingua poetica). I formalisti
considerano l’opera d’arte come un sistema integrato e dinamico. In particolare, Jurij
Tynjanov (1894-1943) ritiene che l’opera d’arte sia un procedimento (priem cioè dispositivo,
un sistema di funzioni tra loro correlate; ad esempio, una situazione narrativa tipica, “il
viaggio del protagonista alla ricerca dei mezzi di sostentamento”, è un dispositivo narrativo
che diventa funzione a un primo livello perché permette di collegare tra loro situazioni
diverse mantenendo fissa la figura di uno stesso eroe, di esprimere opinioni su diversi luoghi
visitati (seconda funzione), di presentare personaggi molto diversi tra loro che altrimenti non
sarebbero stati collegabili (terza funzione) ecc. Evidentemente questo esempio si focalizza
sulle funzioni di una singola situazione narrativa, ma questo elemento narrativo e le sue
funzioni si devono integrare nel testo anche con altri aspetti di esso e con le loro relative
funzioni, come il ritmo, le scelte linguistiche, le figure retoriche e discorsive ecc. In sostanza,
quello che dice Tynjanov è che l’opera deve essere un tutto organico strutturato in modo da
ottenere determinati effetti. Inoltre, secondo Tynjanov l’opera è sì un sistema in sé, ma entra
a sua volta in relazione con un più ampio sistema della letteratura composto dalle altre
opere letterarie di quel tempo e del passato; da tale relazione tra diverse opere letterarie
all’interno del sistema della letteratura si definisce il processo storico dell’evoluzione di tale
sistema. Esiste un concetto fondamentale dei formalisti rus- si. L’autore può infatti disporre il
proprio materiale narrativo secondo diversi ordini e sequenze. Data una struttura di base del
racconto, costituita dagli eventi disposti secondo la loro sequenza naturale di tipo logico (“il
tale evento ha causato quell’altro evento”) e cronologico (“questo evento viene prima di
quell’altro”), ogni narratore è poi libero di ridisporre questa catena di eventi e descrizioni
secondo le proprie esigenze retoriche ed estetiche. Nella terminologia proposta dai for-
malisti russi l’ordine degli avvenimenti del racconto secondo la loro sequenza logica e
cronologica si chiama storia (fabula); con il termine intreccio (sjuzet) si identifica invece la
disposizione che gli eventi della fabula assumono nello svolgimento del racconto che è stato
loro im- posto dall’autore. L’autore infatti spesso sconvolge l’ordine logico e cronologico degli
eventi per ottenere particolari effetti narrativi, come la suspense o le agnizioni (ad esempio, il
riconoscimento sorprendente e inatteso dell’identità nascosta di un personaggio). Con il
formalismo c’è un legame con il cinema russo d'avanguardia (S.Ejzenstein; il "montaggio
delle attrazioni"), montare le inquadrature secondo un piano della sequenza secondo cui il
montaggio cinematografico doveva avere un’immagine che attirava l’attenzione per
l’immagine prima, questo piano nasce da degli esperimenti di uno psicologo.

I MOTIVI NARRATIVI
Boris Tomaševskij osserva come ogni racconto possa essere scomposto in una serie di
unità minime della storia che chiama motivi. Queste parti minime della storia sono le unità
elementari attraverso cui il narratore compone il proprio racconto: “Scese la sera”, “L’eroe
partì”, “Giunse una lettera” sono alcu- ni esempi di motivi narrativi. Ma i motivi si
differenziano in ragione della funzione svolta nella sequenza della storia in cui sono inseriti.
In una storia infatti è possibile identificare dei motivi determinanti per lo sviluppo logico del
racconto; dato che nella struttura della storia questi motivi risultano insostituibili e
insopprimibili, vengono definiti legati. Altri motivi sono invece meno essenziali e svolgono di
fatto un ruolo marginale e accessorio rispetto al nucleo fondamentale della trama narrativa;
per questo loro carattere complementare vengono chiamati motivi liberi. Inoltre, i motivi
possono svolgere una diversa funzione rispetto allo sviluppo o al procedere della storia: i
motivi che portano a una trasformazione delle situazioni narrative sono detti dinamici,
mentre quelli che non portano ad alcun mutamento sono detti statici. I motivi dinamici sono
identificabili in azioni o eventi, mentre i motivi statici sono esemplificati da brani descrittivi o
da digressioni discorsive. In realtà, anche le descrizioni possono poi svolgere una funzione
propulsiva della storia e quindi essere considerate motivi dinamici; come nel caso citato da
Šklovskij della descrizione di un’arma in un racconto che quasi certamente preluderà a un
tragico evento nello sviluppo narrativo oppure la presenza di una pistola tra altri oggetti
(motivo statico) può annunciare un delitto nel seguito della storia (diventa motivo legato)
L’ANALISI DEL RACCONTO (1966)
L’analisi del racconto è una raccolta di saggi. Questa raccolta di saggi è composta da
prospettive tra loro abbastanza diverse perchè sono scritti da diversi autori. Il primo saggio è
di Barthes
"Introduzione all'analisi strutturale dei racconti". Poi Bremond che tratta la rilettura delle
funzioni di Propp per la fiaba secondo la chiave della selezione disgiuntiva Poi Eco "Le
strutture narrative in Fleming"; dove tratta la paraletteratura o letteratura di genere dove
analizza i romanzi popolari di James Bond). Poi c’è Greimas, con l'analisi del mito dove
parla del racconto mitico e prepara schema attanziale, e il percorso narrativo canonico. Poi
c’è Christian Metz con la semiologia del cinema dove tratta i film e dove applica i dispositivi
narrativi al cinema, il cinema non è un linguaggio ma metoforico, ha degli strumenti
preparatori. Poi
chiudono gli autori fondamentali della nascente narratologia (G.
Genette e T. Todorov)
Methz applica i dispositivi narrativi al cinema, il cinema non è un linguaggio ma metaforico,
ha degli strumenti preparatori.

S/Z
Barthes scrive S/Z nel 1970 dove analizza il racconto attraverso Una lettera di Sarrasine di
H. de Balzac. In questo libro Barthes identifica la struttura profonda del racconto con un
intreccio di diversi codici culturali. Barthes in questo libro parla di intertestualità (Per Barthes,
l'intertestualità si riferisce alla pratica di citare o fare riferimento ad altri testi all'interno di un
testo. Barthes credeva che ogni testo fosse influenzato e costruito attraverso la sua
relazione con altri testi, che possono essere letterari, filosofici, culturali o di qualsiasi altro
tipo. L'intertestualità può manifestarsi attraverso citazioni dirette, riferimenti impliciti o
allusioni ad altri autori o opere letterarie. Barthes vedeva l'intertestualità come una forma di
dialogo tra i testi, che arricchisce e amplifica il significato di un testo attraverso le
connessioni e le influenze tra di loro) e interdiscorsività ( Per Barthes, l'interdiscorsività si
riferisce alla pratica di combinare e mescolare diversi discorsi o linguaggi all'interno di un
testo o di una comunicazione. Barthes credeva che il linguaggio fosse intrinsecamente
interdiscorsivo, poiché ogni parola o frase può richiamare e richiedere una comprensione di
altri discorsi o codici culturali. Nel suo lavoro, Barthes ha esplorato come l'interdiscorsività
possa essere utilizzata come strumento critico e creativo, consentendo di mettere in
discussione e rivelare le ideologie e le convenzioni nascoste dietro il linguaggio e i discorsi
dominanti).

RIASSUNTO ROLAND BARTHES


Definisce per primo il campo della disciplina semiologia e ne propone gli strumenti
Ha il primato del verbale sul visivo (pubblicità, moda) Fa un’analisi della cultura di massa in
termini di connotazioni ideologiche e culturali

Potrebbero piacerti anche