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INTRODUZIONE
Nel 1964 Barthes pubblica Elementi di semiologia. Si trattava di un testo inizialmente rivolto
agli studenti del suo seminario, lo utilizza per testi complessi, immagini testi, lui in questo
libro cercava di definire gli strumenti di base di una nuova disciplina.
Negli anni 1960 è uno dei principali animatori del dibattito sullo strutturalismo in Francia con
(con Greimas, Foucault, Genette, Eco, Lacan, Levi-Strauss).
Barthes è importante per la cultura, è una cartina tornasole, era dichiarato omosessuale ha
insegnato all’università della Sorbona. Lui ha avuto una carriera difficile, Barthes entra in un
college di Francia, lui avrà un problema nel 1968 gli studenti della Sorbona insorgono contro
il governo e fanno bruciare la Francia. Sartre diventa un punto di riferimento per gli studenti
e Barthes ci starà male perchè lui stava studiando quello che volevano gli studenti. Barthes
era marxista. Barthes era scrittore, sociologo della comunicazione, scrive Frammenti di una
relazione amorosa che è un libro composto da citazioni tra un lui e una lei e nel libro Barthes
indica dove trovava le citazioni. Barthes da un lato è un filosofo perchè studia analisi della
cultura, dall’altro è un sociologo della comunicazione infatti lui studia i contenuti mediali. Lui
è un conservatore, prima era protestante e poi diventa cattolico.
IL MITO, OGGI
Alla fine degli articoli aggiunge infatti un saggio, intitolato Il mito, oggi. Lui vuole opporsi alla
falsa"naturalita" secondo cui vengono interpretate le immagini e gli eventi nelle riviste del
tempo e vuole costruire una semiologia del mondo "borghese" (una visione analitica e
critica).
In questo saggio definisce la funzione fondamentale della semiologia: essa deve avere una
funzione di tipo demistificatorio e denaturalizzante dei meccanismi della comunicazione di
massa. In sostanza, Barthes ci dice che il sistema delle comunicazioni di massa del suo
tempo in prevalenza la stampa, la fotografia e la pubblicità cercava attraverso particolari
strategie comunicative di far passare ciò che era costruzione culturale, storicamente e
socialmente determinata, come se fosse invece qualcosa di naturale e inevitabile. Nelle
pubblicità di bracciali o cose per donne le donne sono frammentati, la pubblicità usa il corpo
per supporto per quello che la pubblicità mostra, un corpo meccanico, merceficandolo,
rendendolo oggetto. I mass media cambiano la visione del mondo, ci fanno passare che le
cose vanno così ma lui dice che bisogna capire perchè le cose vanno così. In questo saggio
non ci sono immagini. Uno dei miti è la modernizzazione tecnologica: i media ci inducono a
voler l’ultimo modello di un oggetto tecnologico, perché gli oggetti tecnologici riflettono sulla
nostra identità. Si ha voglia di essere ricchi quindi si deve avere l’ultimo modello, l’ idea è
che se non hai l’ultimo modello non sei nessuno (ESEMPIO LA MACCHINA COME
L’IPHONE).
MITOLOGIE BORGHESI
Secondo Barthes, quindi, il compito della semiologia è di tipo politico e sociale: essa deve
costruire un’immagine semiologica del mondo borghese per svelare i trucchi utilizzati per far
passare come naturale un messaggio che è invece storicamente e culturalmente
determinato e limitato. Barthes è colpito dall’articolo del matrimonio di Miss Europa 1953 con
l’amico di infanzia elettricista, c'è un richiamo della società borghese verso l’omologazione,
in direzione di quello che viene considerato in quel tempo l’inevitabile coronamento della vita
di una donna, il matrimonio e l’uso del matrimonio è avere dei figli, stare a casa e non
lavorare. L’atrice Grey Kelly era bella e sfruttava questa cosa, lei fa l’attrice in caccia al
ladro, il gatto entra in macchina con lei e lei inizia a guidare a grande velocità, si sposa il
principe azzurro (Ranieri di Monaco e lei è la star hollywoodiana), lei poi ha mollato la vita di
attrice, ed è morta in un incidente mentre percorreva le strade dove aveva girato caccia al
ladro. Quindi nel film caccia al ladro va contro all’ideologia della donna sposata.
GIOCATTOLI
Un’altra cosa che nota Barthes è che le pubblicità dei giocattoli degli anni 50 tendano a
riprodurre in scala ridotta strumenti e relativi comportamenti del mondo adulto, come se il
gioco non potesse essere altro che un percorso di istruzione a specifici ruoli dell’adulto (il
soldato, la madre, il medico, l’infermiera ecc.) e inoltre questo comportava una divisione tra
bambino e bambina che corrispondeva al ruolo che uno farà da adulto, il destino da adulto.
NATURALE/CULTURALE
Un’altra cosa che nota Barther è che va a vedere una mostra di foto di guerra dell’indocina
(Vietnam), vede quelle foto che all’inizio sono scioccanti ma bellissime dal punto di vista
estetico, ma poi Barthes le vede così belle da anestetizzarsi, privando della facoltà di
pregiudizio attraverso la iper-costruzione dell'immagine e non vedendo più quanto siano
violente per il fatto della guerra. Lo shock attraverso la bella foto viene anestetizzato e la
violenza viene cancellata.
IL PATRIOTTISMO “COSTRUITO”
Barthes interpreta una copertina della rivista “Paris Match” del 21 giugno 1955, in cui un
giovane soldato di colore, con la divisa della legione straniera francese, fa il saluto alla
bandiera. Secondo il semiologo francese questo primo segno significa la grandezza
dell’impero francese, per l’attaccamento che gli abitanti delle colonie francesi avrebbero per i
colonizzatori, per il patriottismo. Questo primo segno viene parassitato da un nuovo
significato, un significato patriottico per altro scarsamente credibile vista la rivolta che
agitava le colonie francesi in quegli anni.
PERCHÉ LA LINGUISTICA?
Barthes intende il rapporto tra la linguistica e la semiologia
esattamente all'opposto rispetto a De Saussure, infatti in Elementi di semiologia Barthes
riprende l’idea di Saussure di una scienza che studi i sistemi di segni, ma compie una mossa
decisiva che è una sorta di rovesciamento dell’idea di semiologia di Saussure, in particolare
del rapporto tra la linguistica e la scienza dei segni. Barthes parte dall’idea che il linguaggio
sia il sistema di segni più potente e centrale tra quelli impiegati dall’uomo. La lingua è il
sistema di segni dominante in cui tutti gli altri sistemi di segni possono essere trasposti. A
questo punto la linguistica, che studia quel sistema di segni che è la lingua naturale, diventa
la disciplina centrale e, dal punto di vista metodologico, trainante. Quindi, la linguistica
include la semiotica in termini di ampiezza di campo disciplinare e di astrazione
metodologica. Dovrà essere così la linguistica a dare alla nascente semiologia gli strumenti
di base per comprendere al meglio qualunque altro sistema di segni. Barthes cerca di
definire gli strumenti di base di una nuova disciplina.
LA CONNOTAZIONE IN BARTHES
Secondo Barthes il rapporto tra un'Espressione (Sn) e un Contenuto (St) già costituito può
diventare a sua volta il piano dell'Espressione per un altro Contenuto. Questo piano ulteriore
lo chiama connotazione. Le connotazioni possono essere identificate con qualsiasi senso
aggiuntivo rispetto al piano denotativo di un sistema semiotico. Tali connotazioni sono
secondo Barthes frammenti di ideologia che rinviano a qualcosa di ben più ampio rispetto a
un semplice sovrasenso linguistico o metaforico. Può accadere che il rapporto E/C possa
diventare il piano del Contenuto di un alto rapporto E/C che diventa l'oggetto del discorso o
di un'analisi, questo è un metalinguaggio.
BARTHES E LA MODA
Un altro ambito di applicazione della semiologia di Barthes, e della sua idea del rapporto tra
parola e immagine, è quello della moda. Dopo vari saggi brevi su questo tema pubblica Il
Sistema della moda (1967), libro che in realtà conclude un lungo percorso di ricerca
sull’argomento da parte del semiologo francese e che rinvia alla sua tesi di dottorato, si
occupa proprio di approfondire fino a che punto si possa spingere l’idea che il vestire sia
assimilabile al linguaggio verbale. Il titolo del libro significa codice della moda, parte
dall’analizzare il modo in cui ci vestiamo come se usassimo il linguaggio. Barthes applica al
campo della moda la categoria semiologica, derivata da Saussure, lingua/parola: l’uso
individuale e concreto del vestire, assimilabile alla parola di Saussure, Barthes lo chiama
abbigliamento, a cui corrisponde sul piano astratto del sistema sociale delle norme del
vestire quello che lui definisce il costume, corrispondente alla lingua. Poi prova ad applicare
la coppia oppositiva significante/significato al costume, però con risultati negativi fino a che
non nota che la modalità attraverso cui viene dato significato alle immagini di moda sulle
riviste specializzate (e non) consiste nell’uso di didascalie verbali. Così Barthes identifica il
significato della moda nel discorso verbale che accompagna le immagini di moda; vale a dire
che l’immagine dell’abito indossato dalla modella nella foto del servizio di moda viene dotata
di un senso specifico attraverso una descrizione verbale che sottolinea o rende pertinenti
alcuni aspetti dell’abito a discapito di altri: la didascalia àncora l’immagine dell’abito a uno
specifico percorso di senso. All’interno di questo cambiamento, una cosa che nota Barthes
in linguistica la modella significava manichino e infatti non era una persona, ma un manchino
su cui ci si appoggiavano i vestiti, poi con il tempo non è più un manichino ma una persona
che si vedeva nei film, diventa un personaggio pubblico. Nel 1960 nasceranno le modelle
star che avevano una vita fuori dalla passerella e dalle riviste di moda. Il modo in cui ci
vestiamo corrisponde a un costume e c’è un rapporto dialettico tra costume/abbigliamento.
Barthes diceva che il modo in cui Oscar Wilde si vestiva era un modello culturale (quindi in
stile Dandy), c’era gente che voleva sembrare come lui ma c'erano dei dettagli nel loro modo
di vestire che facevano riconoscere che non erano dandy. Negli anni 80 il modo di vestirsi
identificava il tipo di musica, cosa leggevi. Il vestirsi era una carta di identità. L’identità del
vestirsi si ritrova nel costume e si riflette nell’abbigliamento e poi nel linguaggio. Noi abbiamo
un sistema vestimentario che fa capire agli altri chi siamo, che gusti abbiamo.
LA RIVISTA DI MODA
Barthes nota che la modalità attraverso cui viene dato significato alle immagini di moda sulle
riviste specializzate (e non) consiste nell’uso di didascalie verbali. Così Barthes identifica il
significato della moda nel discorso verbale che accompagna le immagini di moda; vale a dire
che l’immagine dell’abito indossato dalla modella nella foto del servizio di moda viene dotata
di un senso specifico attraverso una descrizione verbale che sottolinea o rende pertinenti
alcuni aspetti dell’abito a discapito di altri. La didascalia àncora l’immagine dell’abito a uno
specifico percorso di senso. Con le didascalie il giornale di moda cerca di ritagliare o
rendere pertinenti certi aspetti del vestito, inoltre le didascalie connotano i marchi con
strategie di mercato descrivendole (ESEMPIO: benetton)
CODICI E CONNOTAZIONI
Le connotazioni possono essere identificate con qualsiasi senso aggiuntivo rispetto al piano
denotativo di un sistema semiotico, cioè basato su un primo segno E/C. Queste
connotazioni sono secondo Barthes frammenti di ideologia che rinviano a qualcosa di ben
più ampio rispetto a un semplice sovrasenso linguistico o metaforico Nella pubblicità
abbiamo una denotazione (il codice naturale) e una connotazione (un significato «altro»,
come figure retoriche, perchè le figure retoriche le posso usare per comprendere
l’immagine). Un messaggio iconico non codificato è «un messaggio senza codice», dove
riconosciamo degli oggetti e in un messaggio iconico codificato identifichiamo ideologie
Secondo Barthes non cè un codice visivo e si deve ricorrere al verbale per avere un codice
per comprendere l’immagine.
BARTHES E LA FOTOGRAFIA
E’ interessante come Barthes analizza la foto nel libro dal titolo la camera chiara (1980)
inserisce le immagini tranne una (quella di sua madre quando era bambino), in questo libro
non usa la retorica. In questo libro parte dall’idea di analizzare la foto, cioè di fare
un'ontologia della foto cioè voleva sapere che cos’era in sè la foto, ma poi decide di voler
trovare la foto di sua madre quando lui era piccolo.
STUDIUM/PUNCTUM
Lo studium è l’applicazione a una cosa, il gusto per qualcuno, una sorta di interessamento
razionale senza particolare intensità che pongo nell'osservare la foto (culturalmente e
ideologicamente connotato), la maestria nel fare la foto È un’attrazione culturale E’
attraverso lo studium che si interessa a molte fotografie. La foto gli provoca delle emozioni,
come un addestramento generale, perché a tutti la morte, la guerra provoca delle emozioni
Il punctum di una fotografia è qualcosa che colpisce Barthes, che lo punge e lo ferisce quasi
inconsciamente. È un coinvolgimento passionale che si subisce. cè qualcosa che mi punge
(punctum) e che mi ferisce.
FOTOGRAFIA E MORTE
Nel 1865, il giovane Lewis Payne tentò d'assassinare il segretario di Stato W. H. Steward.
Alexander Gardner lo fotografò nella sua cella, egli sta aspettando la propria impiccagione.
La foto è bella, il giovane anche: è lo studium, è la richezza tecnica. Ma il punctum, è: sta
per morire. lo leggo nello stesso tempo: questo sarà e questo è stato; osservo con orrore un
futuro anteriore di cui la morte è la posta in gioco. Dandomi il passato assoluto (aoristo), la
fotografia mi dice la morte al futuro.
La morte era un’assenza troppo forte e quindi Barthes non la riporta nel libro la Camera
Chiara anche se la evoca. Gli piaceva fotografare persone che nessuno fotografa, tutto ciò è
bello è stadium, il punctum è morte, perchè provoca un emozione. Il cinema e la foto sono
sistemi mediali diversi che vanno a incastarsi l’uno dentro l’altro.
BARTHES E LA NARRATOLOGIA
Un interesse ambito che studia Barthes è la narratologia. Nel 1966 Barthes pubblica L’analisi
del racconto nella rivista Communications, è una raccolta di articoli di diversi autori. Questo
saggio è importante per la storia successiva della semiotica e d alcune teorie a essa vicine
come la narratologia. Questo saggio viene scritto riferendosi all’opera di V.J. Propp, quindi
sulla base dell’idea generale che ogni forma di racconto o narrazione che possa essere
ricondotta a una struttura astratta e universale e, di conseguenza, che su tale base possa
essere analizzata e meglio compresa, e che si può segmentare il racconto cercandone gli
elementi minimi di costruzione. Ma anche alla Poetica di Aristotele e ai formalisti russi. Per
Barthes cercare le strutture minime del racconto significa le funzioni astratte intese come
semi da cui si sviluppa la narrazione compiuta La semiotica letteraria e la narratologia si
interessano di semiotica per le strutture narrative. Dalla semiotica nasce una disciplina per la
narrazione, in essa si parla di come smontare una narrazione e un trovare un codice per i
racconti. La narratologia è un settore di studi che si occupa di analizzare i dispositivi, le
forme e i modi della narrazione. Il termine, coniato da Tzvetan Todorov nel 1966.
FIABA
Alle origini del modo romanzesco c’era il fantastico e il meraviglioso. La fiaba è il centro di
interesse per scrittori e etnografi. Le grandi raccolte di fiabe dal xvii al xix sec.: G.B. Basile,
Ch.Perrault, fratelli J. e W. Grimm, A. Afanas'ey, I. Calvino. La fiaba è la traccia della
originaria forma di trasmissione orale
La fiaba è uno degli nteressanti oggetti di studio per le forme narrative. Il mito e la fiaba sono
strutture minime del racconto, la fiaba è una forma narrativa basica nelle fiaba si deve dare
per certo che dalla fiaba si da un insegnamento.
LE FUNZIONI DI PROPP
COS’È LA FUNZIONE IN PROPP
Le funzioni di base sono poi sottoarticolate in ulteriori situazioni funzionali tipiche della fiaba
di magia. Ognuna di queste funzioni più astratte ha delle ulteriori sottotipologie più
specifiche; ad esempio, la funzione generale di allontanamento viene da Propp suddivisa
nelle possibilità o dell’allontanamento fisico di un componente della famiglia, al lavoro, nel
bosco, in guerra, o dell’allontanamento di un componente della famiglia di nuova
generazione, figli o nipoti, che lascia la casa in cerca di fortuna o per altre motivazioni, ma
Propp indica anche il caso di fiabe che presentano una forma di allontanamento più forte e
radicale come innesco narrativo, vale a dire la morte dei genitori dell’eroe.
Le funzioni sono legate allo specifico corpus testuale selezionato
Le funzioni non dipendono dall'identità dell'esecutore o dal modo d'esecuzione.
La funzione è l'operato di un personaggio determinato dal punto di vista del significato per lo
svolgimento della vicenda.
C'è un numero chiuso e limitato di funzioni, la successione delle funzioni è sempre identica.
Le funzioni prevalgono sulle sfere d’azione
LE SFERE D’AZIONE
Propp tiene conto del modo in cui le funzioni si distribuiscono secondo i personaggi della
fiaba di magia. E infatti egli identifica sette sfere d’azione fondamentali dei personaggi della
fiaba di magia che gli permettono di ridurre a una tipologia più astratta le singole e particolari
figure dei personaggi che agiscono nel racconto. Queste sfere d’azione vengono da lui
collegate alle seguenti figure di agenti: 1) l’antagonista; 2) il donatore; 3) l’aiutante; 4) la
principessa e il re suo padre; 5) il mandante; 6) l’eroe; 7) il falso eroe. A ognuna di queste
sfere d’azione generiche dei personaggi vengono collegate alcune funzioni narrative
(all’antagonista competono ad esempio le funzioni del danneggiamento, della lotta con l’eroe
e della persecuzione) e, fatto molto importante, può accadere che una sfera d’azione
coincida esattamente con l’agire di un personaggio specifico, ma può anche accadere che
nelle fiabe un solo personaggio sia investito dei compiti di diverse sfere d’azione, oppure
ancora che una sola sfera d’azione sia ripartita su più personaggi che concorrono a
specificarla. Da questo deriva lo schema attanziale di Greimas.
LA POETICA DI ARISTOTELE
Nella poetica di Aristotele si trova la pronto narratologia, cioè le fiabe parla di come è fatta
una tragedia. Secondo molti autori dicono che nella Poetica la forma e il materiale narrativo
sono la favola. I tipi di favole sono l’epopea, la tragedia, la commedia e poesia sono mimesi
cioè arti di imitazione; la tragedia è la "mimesi d'azione". La favola e la fiaba differiscono per
mezzi di trasmissione, cose imitate e modo di trasmissione. I mezzi di trasmissione sono il
linguaggio, l’armonia, e il ritmo. Le cose che imitano sono le azioni degli uomini "migliori di
noi o peggio di noi o come noi" Il modo di trasmissione: forma narrativa la fabia vs. forma
drammatica la favola. La struttura dell'azione è come mimesi di un'azione unica (coerenza e
unità). La favola rappresenta fatti che "possono accadere" che sono accaduti, il vero ti
descrive lindivuale, il vero simile ti parla dell'universale (il verosimile e l'universale).
FAVOLE (MITHOI)
Le favole possono essere semplici e complesse. Le prime favole erano senza peripezia e
riconoscimento
Aristotele identifica dei principi di base per la costruzione delle favole:
● Nodo che è il principio della favola fino a che inizia la mutazione (da felicità a
infelicità); è l'antefatto
● Peripezia che è il mutamento improvviso da una condizione di cose alla situazione
contraria
● Catastrofe che è l’azione che porta rovina o dolore
● Riconoscimento che è il passaggio (inatteso) dalla non conoscenza alla conoscenza
(agnizioni)
● Scioglimento che sono tutti i casi dal principio alla fine
I FORMALISTI RUSSI
I formalisti russi erano un un gruppo di studiosi di linguistica, letteratura e arti. I formalisti si
occupavano della forma. Il gruppo era diviso tra due principali esperienze di ricerca: l’una
legata al circolo linguistico di Mosca fondato nel 1915 e in cui lavorarono Pëtr Bogatyrëv,
Roman Jakobson e Boris Tomaševskij, l’altra rappresentata invece da un gruppo di studiosi
di San Pietroburgo denominato opojaz acronimo che tradotto in italiano starebbe per
“Società per lo studio del linguaggio poetico” fondato da Viktor Šklovskij (1893-1984) e alle
cui attività collaborarono altri studiosi tra cuiRoman Jakobson, Viktor Sklovskij, Jurij
Tynjanov, Boris
Ejchenbaum, Boris Tomasevskij (antologia a cura di Tzvetan Todorov. I lavori di questi
studiosi erano in realtà strettamente collegati allo sviluppo concreto delle arti loro
contemporanee, in particolare di ambito letterario (ma anche teatrale e cinematografico); dal
1923, ad esempio, viene associato alle attività dei formalisti anche il Fronte di sinistra delle
arti, quello delle corrente futuristica di cui facevano parte, solo citando i più celebri, il “poeta
della rivoluzione d’Ottobre” Vladimir Majakovskij, lo scrittore Boris Pasternak e il regista
Sergej Ejzenštejn. L’esperienza di collaborazione e di proposta estetico-culturale dei
formalisti russi terminerà tra il 1928 e il 1929 a causa del clima culturale sempre più
opprimente e dittatoriale della Russia di quegli anni. Questo gruppo definirà l’insieme di
princìpi e di idee che da allora verranno sempre ricollegati alla loro esperienza collettiva di
ricerca, in particolare sulla letteratura. Il formalismo si scontrò con il marxismo che diceva
che l’arte era un’ideologia sociale.
FORMALISMO
I formalisti studiano l'aspetto linguistico della poesia. Il linguaggio artistico è alternativo agli
altri usi del linguaggio. Al centro del formalismo c’è l’opera e la sua costruzione formale.
Uno dei concetti fondamentali espressi dal gruppo dei formalisti russi è un’opera d’arte come
una poesia, un racconto, un dipinto è il frutto di una costruzione consapevole e non di una
supposta ispirazione o di uno stato psicologico-emotivo del soggetto: l’artista usa determinati
dispositivi o procedimenti tecnici di cui sa disporre in modo da ottenere determinati effetti sui
fruitori dell’opera stessa. L’uso che fa un poeta o uno scrittore della lingua è particolare in
quanto la utilizza come un dispositivo di disautomatizzazione del linguaggio quotidiano. Se il
linguaggio che usiamo tutti i giorni è ormai diventato per noi in qualche modo trasparente e
privo di qualsiasi interesse, l’artista è in grado di ottenere, attraverso l’uso di particolari forme
espressive, una rinnovata attenzione per la lingua. I formalisti parlavano in tal caso di effetto
di straniamento in cui attraverso l’uso anomalo, innovativo o scioccante del linguaggio, la
poesia o la letteratura in generale ottenevano un effetto di sorpresa e di conseguente
riflessione sulle stesse forme linguistiche (lingua prosastica vs. lingua poetica). I formalisti
considerano l’opera d’arte come un sistema integrato e dinamico. In particolare, Jurij
Tynjanov (1894-1943) ritiene che l’opera d’arte sia un procedimento (priem cioè dispositivo,
un sistema di funzioni tra loro correlate; ad esempio, una situazione narrativa tipica, “il
viaggio del protagonista alla ricerca dei mezzi di sostentamento”, è un dispositivo narrativo
che diventa funzione a un primo livello perché permette di collegare tra loro situazioni
diverse mantenendo fissa la figura di uno stesso eroe, di esprimere opinioni su diversi luoghi
visitati (seconda funzione), di presentare personaggi molto diversi tra loro che altrimenti non
sarebbero stati collegabili (terza funzione) ecc. Evidentemente questo esempio si focalizza
sulle funzioni di una singola situazione narrativa, ma questo elemento narrativo e le sue
funzioni si devono integrare nel testo anche con altri aspetti di esso e con le loro relative
funzioni, come il ritmo, le scelte linguistiche, le figure retoriche e discorsive ecc. In sostanza,
quello che dice Tynjanov è che l’opera deve essere un tutto organico strutturato in modo da
ottenere determinati effetti. Inoltre, secondo Tynjanov l’opera è sì un sistema in sé, ma entra
a sua volta in relazione con un più ampio sistema della letteratura composto dalle altre
opere letterarie di quel tempo e del passato; da tale relazione tra diverse opere letterarie
all’interno del sistema della letteratura si definisce il processo storico dell’evoluzione di tale
sistema. Esiste un concetto fondamentale dei formalisti rus- si. L’autore può infatti disporre il
proprio materiale narrativo secondo diversi ordini e sequenze. Data una struttura di base del
racconto, costituita dagli eventi disposti secondo la loro sequenza naturale di tipo logico (“il
tale evento ha causato quell’altro evento”) e cronologico (“questo evento viene prima di
quell’altro”), ogni narratore è poi libero di ridisporre questa catena di eventi e descrizioni
secondo le proprie esigenze retoriche ed estetiche. Nella terminologia proposta dai for-
malisti russi l’ordine degli avvenimenti del racconto secondo la loro sequenza logica e
cronologica si chiama storia (fabula); con il termine intreccio (sjuzet) si identifica invece la
disposizione che gli eventi della fabula assumono nello svolgimento del racconto che è stato
loro im- posto dall’autore. L’autore infatti spesso sconvolge l’ordine logico e cronologico degli
eventi per ottenere particolari effetti narrativi, come la suspense o le agnizioni (ad esempio, il
riconoscimento sorprendente e inatteso dell’identità nascosta di un personaggio). Con il
formalismo c’è un legame con il cinema russo d'avanguardia (S.Ejzenstein; il "montaggio
delle attrazioni"), montare le inquadrature secondo un piano della sequenza secondo cui il
montaggio cinematografico doveva avere un’immagine che attirava l’attenzione per
l’immagine prima, questo piano nasce da degli esperimenti di uno psicologo.
I MOTIVI NARRATIVI
Boris Tomaševskij osserva come ogni racconto possa essere scomposto in una serie di
unità minime della storia che chiama motivi. Queste parti minime della storia sono le unità
elementari attraverso cui il narratore compone il proprio racconto: “Scese la sera”, “L’eroe
partì”, “Giunse una lettera” sono alcu- ni esempi di motivi narrativi. Ma i motivi si
differenziano in ragione della funzione svolta nella sequenza della storia in cui sono inseriti.
In una storia infatti è possibile identificare dei motivi determinanti per lo sviluppo logico del
racconto; dato che nella struttura della storia questi motivi risultano insostituibili e
insopprimibili, vengono definiti legati. Altri motivi sono invece meno essenziali e svolgono di
fatto un ruolo marginale e accessorio rispetto al nucleo fondamentale della trama narrativa;
per questo loro carattere complementare vengono chiamati motivi liberi. Inoltre, i motivi
possono svolgere una diversa funzione rispetto allo sviluppo o al procedere della storia: i
motivi che portano a una trasformazione delle situazioni narrative sono detti dinamici,
mentre quelli che non portano ad alcun mutamento sono detti statici. I motivi dinamici sono
identificabili in azioni o eventi, mentre i motivi statici sono esemplificati da brani descrittivi o
da digressioni discorsive. In realtà, anche le descrizioni possono poi svolgere una funzione
propulsiva della storia e quindi essere considerate motivi dinamici; come nel caso citato da
Šklovskij della descrizione di un’arma in un racconto che quasi certamente preluderà a un
tragico evento nello sviluppo narrativo oppure la presenza di una pistola tra altri oggetti
(motivo statico) può annunciare un delitto nel seguito della storia (diventa motivo legato)
L’ANALISI DEL RACCONTO (1966)
L’analisi del racconto è una raccolta di saggi. Questa raccolta di saggi è composta da
prospettive tra loro abbastanza diverse perchè sono scritti da diversi autori. Il primo saggio è
di Barthes
"Introduzione all'analisi strutturale dei racconti". Poi Bremond che tratta la rilettura delle
funzioni di Propp per la fiaba secondo la chiave della selezione disgiuntiva Poi Eco "Le
strutture narrative in Fleming"; dove tratta la paraletteratura o letteratura di genere dove
analizza i romanzi popolari di James Bond). Poi c’è Greimas, con l'analisi del mito dove
parla del racconto mitico e prepara schema attanziale, e il percorso narrativo canonico. Poi
c’è Christian Metz con la semiologia del cinema dove tratta i film e dove applica i dispositivi
narrativi al cinema, il cinema non è un linguaggio ma metoforico, ha degli strumenti
preparatori. Poi
chiudono gli autori fondamentali della nascente narratologia (G.
Genette e T. Todorov)
Methz applica i dispositivi narrativi al cinema, il cinema non è un linguaggio ma metaforico,
ha degli strumenti preparatori.
S/Z
Barthes scrive S/Z nel 1970 dove analizza il racconto attraverso Una lettera di Sarrasine di
H. de Balzac. In questo libro Barthes identifica la struttura profonda del racconto con un
intreccio di diversi codici culturali. Barthes in questo libro parla di intertestualità (Per Barthes,
l'intertestualità si riferisce alla pratica di citare o fare riferimento ad altri testi all'interno di un
testo. Barthes credeva che ogni testo fosse influenzato e costruito attraverso la sua
relazione con altri testi, che possono essere letterari, filosofici, culturali o di qualsiasi altro
tipo. L'intertestualità può manifestarsi attraverso citazioni dirette, riferimenti impliciti o
allusioni ad altri autori o opere letterarie. Barthes vedeva l'intertestualità come una forma di
dialogo tra i testi, che arricchisce e amplifica il significato di un testo attraverso le
connessioni e le influenze tra di loro) e interdiscorsività ( Per Barthes, l'interdiscorsività si
riferisce alla pratica di combinare e mescolare diversi discorsi o linguaggi all'interno di un
testo o di una comunicazione. Barthes credeva che il linguaggio fosse intrinsecamente
interdiscorsivo, poiché ogni parola o frase può richiamare e richiedere una comprensione di
altri discorsi o codici culturali. Nel suo lavoro, Barthes ha esplorato come l'interdiscorsività
possa essere utilizzata come strumento critico e creativo, consentendo di mettere in
discussione e rivelare le ideologie e le convenzioni nascoste dietro il linguaggio e i discorsi
dominanti).