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Il conflitto di supremazia avviene tra l’Impero Asburgico e la Prussia, nei confronti dei territori
indipendenti da entrambi i regni.
Nel 1861 il re di Prussia diventa Guglielmo I, che chiama ad essere cancelliere (presidente del
consiglio nell’ambito del regno) Otto von Bismarck.
Otto von Bismarck era un nobile appartenente al ceto degli Junker, un ceto di proprietari terrieri
(nobiltà tedesca più antica).
La Prussia si fondava su tre istituzioni; la monarchia, la nobiltà e l’esercito.
Bismarck aveva intrapreso una carriera diplomatica tanto che dal 1859 al 1861 lo troviamo
ambasciatore prussiano. Nel 1862 troviamo Bismarck cancelliere. Bismarck è il protagonista del
passaggio da regno di Prussia all’impero tedesco. Egli mette in atto fin da subito una politica
espansionistica nella direzione del mondo tedesco indipendente.
La politica di Bismarck è una machtpolitik “politica di forza”. È stata anche definita realpolitik
(Una realpolitik che si realizza tramite un machtpolitick), una politica realistica; Bismarck si mostra
consapevole che i rapporti tra gli stati sono rapporti di forza, non è una forma di aggressività, ma
una forma di realtà politica.
Il primo momento della politica espansionistica è una guerra che Bismarck combatte per acquisire
tre ducati che si trovavo al confine tra il regno di Prussia e la Danimarca, sotto la protezione del
regno asburgico. Questa guerra dei ducati si svolge dal 1864 al 1865.
Nel 1866 Bismarck coinvolge l’Italia in un’alleanza contro l’impero asburgico; la Prussia da nord e
l’Italia da sud attaccano l’impero asburgico.
Nel 1866 viene firmato un accordo a Berlino che prendeva una guerra parallela la Prussia da nord e
l’Italia da sud attaccano l’impero asburgico. l’Italia si pone l’obiettivo dell’annessione del territorio
del veneto.
La Prussia riesce a vincere sull’Impero Asburgico, ma a sud l’Italia viene sconfitta dall’Austria.
La guerra del 66 segna la vittoria della Prussia sull’impero asburgico, la sconfitta fa si che si apra
una crisi all’interno dell’impero asburgico.
La pace di Praga è un tratto di pace che l’impero asburgico fu costretto a firmare, i territori che non
appartenevano né alla Prussia né all’Austria vennero divisi; i territori a nord vennero dati alla
Prussia che creò una confederazione degli stati del nord che dopo pochi mesi vennero annessi alla
Prussia, invece gli stati più a sud vengono ancora considerati indipendenti, ma vengono posti sotto
la protezione militare della Prussia.
Bismarck pone che questi territori vengano posti sotto il controllo diretto o indiretto della Prussia.
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All’interno dell’Impero Asburgico ci fu una crisi interna.
L’Impero Asburgico era un impero multinazionale, che comprendeva l’Ungheria, la Boemia, la
Slovacchia, una parte consistente della Polonia, Slovenia, parte della Croazia e della Serbia.
Il cuore dell’impero era l’Austria, Vienna, e la casa regnante era quella degli Asburgo.
Nel 1867 l’Impero Asburgico diventa impero Austro-Ungarico, poiché questo è l’anno del
Ausgleich (“compromesso”). A Vienna non si riusciva più a governare la richiesta di autonomia che
proveniva dall’Ungheria e dal 1867 si cerca di ovviare a questa situazione di tensione poiché per la
prima volta a Vienna si avverte il pericolo che l’impero possa dissolversi.
Perciò nel 1867 viene deciso questo “compromesso”;
- Si decide di dar vita a due parlamenti e a due governi, uno a Vienna e uno a Budapest.
- Nasce lo stato imperialregio, ponendo l’imperatore d’Austria anche re dell’Ungheria.
- Si formano anche tre ministri comuni: quello della guerra, quello dell’economia e quello
Non solo l’Ungheria voleva questa posizione di autonomia, ma il potere era fortemente contrario.
Il vero processo di unificazione tedesco si compie tra il 1870 e il 1871, i protagonisti furono
Bismarck e Guglielmo I nella guerra franco-prussiana.
Nel 1868 c’è l’evento scatenante della guerra franco-prussiana; in Spagna vi è una crisi dinastica, la
regina isabella II abbandona il trono e le grandi potenze europee si riuniscono per capire chi
avrebbe dovuto assumere il trono in Spagna.
Guglielmo I fa una proposta: propone per il trono un esponente della sua famiglia (Hohenzollern),
Leopoldo I, cattolico che potrebbe essere ben accetto dagli spagnoli. A questo punto la Francia si
allarma, temevano ulteriori politiche espansionistiche da parte di Bismarck, poiché la Francia
sarebbe stata minacciata a entrambi i fronti, quello tedesco e quello spagnolo.
La Francia perciò protesta e invia Benedetti (un suo ambasciatore) da Guglielmo I, per intimarlo a
ritirare la candidatura del principe Leopoldo I.
Nel 1870 Guglielmo I era a Ems, un luogo con degli stabilimenti termali, un luogo per rilassarsi,
l’ambasciatore lo raggiunge ad Ems.
Guglielmo I venuto a conoscenza della richiesta dell’ambasciatore francese decide di non ricevere
l’ambasciatore, ma decide di rassicurare i francesi ritirando la candidatura. L’ambasciatore doveva
assicurarsi inoltre che non sarebbe stata presentata mai può questa candidatura, ma il re risponde
che non esiste un “mai” per un re.
Nel frattempo Bismarck era a Berlino che riceveva Von Moltke (generale tedesco) e insieme a lui
pianificava l’invasione della Francia. Guglielmo I manda una lettera da Ems raccontando a
Bismarck l’accaduto. Bismarck quando riceve il telegramma lo altera fino a sembrare un rifiuto di
Guglielmo I di accettare le pretese della Francia. Bismarck invia il telegramma alla Francia.
Napoleone III (francese) sapeva la risposta di Guglielmo I, ma Bismarck inviò il telegramma ai
giornali per informare la popolazione. I giornali francesi cominciarono a parlare di un’umiliazione
francese e il popolo inizia a chiedere una guerra contro la Prussia.
Napoleone III ci casca e dichiara guerra (19 luglio 1870) alla Prussia, che aveva già schierato
l’esercito al confine.
Dopo questa umiliazione in Francia si forma uno spirito di rivincita (revanscismo), viene a
determinarsi una tensione franco-tedesca che rimane presente fino alla prima guerra mondiale.
Tanto che gli storici hanno considerato questo revanscismo francese una delle cause della I guerra
mondiale. D’ora in poi tutti i governanti francesi per l’opinione pubblica dovevano essere anti-
tedeschi.
L’equilibrio tra le grandi potenze successivo alla guerra franco prussiana (1870-1871)
La guerra porta alla formazione dell’impero tedesco, si compie il processo di unificazione.
La Francia non smetterà mai di rivendicare la Lorena e l’Alsazia alla Germania e queste due
potenze rimangono per più di quarant’anni su due frontiere opposte.
Il grande regista della politica europea in questi decenni è sempre il cancelliere tedesco Bismarck,
ed ha l’intento di isolare la Francia. Questi sono decenni di pace, in cui le grandi potenze (per
quanto riguarda l’Europa continentale) non si fanno la guerra, Bismarck riesce a mantenere un
equilibrio tra le potenze.
Il patto dei tre imperatori che risale al 1873, un patto che univa in un alleanza difensiva la
Germania (Guglielmo I), l’Austria-Ungheria (Francesco Fiuseppe), la Russia(Zar Alessandro II). È
un’iniziativa di Bismarck, un’alleanza contro la Francia.
Nel 1877 (La guerra era scoppiata nel 1876 con Bulgaria contro impero ottomano, poi è intervenuta
la Russia) scoppia una guerra che incrina il patto dei tre imperatori, è una guerra dichiarata dalla
Russia all’Impero Ottomano, che viene combattuta nei Balcani. La guerra incrina il patto perché
l’impero austro-ungarico guarda con diffidenza all’intervento russo in una guerra locale.
Perciò nel 1878 Bismarck decide di chiamare le grandi potenze in una conferenza a Berlino, è un
congresso organizzato da Bismarck con l’obbiettivo di ripristinare un equilibrio tra le grandi
potenze dopo le tensioni dovute alla guerra. Questo per evitare che la scelta della Russia di
intervenire nella guerra locale provocasse una nuova guerra tra le potenze.
Bismarck cerca di mantenere l’equilibrio europeo sulla base di un’alleanza contro la Francia, ma
non avendo gli stessi interessi i tre imperi facevano fatica ad agire in simbiosi.
L’impero ottomano che occupava i Balcani era in disfacimento; dagli anni 20 dell’800 tutte le
potenze iniziano ad aspettarsi la caduta dell’impero. L’impero tarda a crollare, anche dopo la guerra
del 1876-77, tutti si attendono che l’impero ottomano crolli, tutti i territori dell’aerea balcanica
erano tenuti d’occhio dalle altre potenze, perché la caduta dell’impero presupponeva un’espansione.
Nel 1879 nasce il trattato austro-tedesco, l’alleanza militare tra impero austro-ungarico e Germania,
ed è il primo nucleo di quella che è destinata a diventare la triplice alleanza del 1882.
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Durante il congresso di Berlino Bismarck cerca di trovare un nuovo equilibrio;
Queste potenze siedono allo stesso tavolo, guardando della cartine, cercando di stabilire delle aree
di potenza, a Berlino si decide perciò:
- Tolgono dei territori alla Bulgaria (che come potenza locale si era rinforzata troppo dopo la
guerra)
- Viene stabilito un protettorato austriaco sulla Bosnia
- L’isola di Cipro viene data all’Inghilterra
- Si concede il via libera alla Francia di invadere la Tunisia
Nel 1881 viene rinnovato il patto dei tre imperatori, nel 1882 viene fatta la triplice alleanza.
Entrando nella triplice alleanza l’Italia entra nel piano anti-francese di Bismarck.
Bismarck viene allontanato dalla carica di cancelliere da Guglielmo II, che impone alla Germania
un nuovo corso, che è quello che viene definito della Weltpolitik, cioè politica mondiale. Guglielmo
II riteneva che Bismarck avesse visto la Germania solamente sotto un pinto di vista europeo, non
mondiale. Guglielmo II cerca di imporre una nuova direzione mondiale
L’imperialismo
L’imperialismo è un termine che designa politiche di potenza e di conquise territoriali che vengono
messe in atto da grandi potenze avvenendo su scala mondiale.
Gli utili due decenni dell’800 sono i decenni in cui viene la spartizione dell’Africa, ma avviene
anche una spartizione dell’Asia. Il colonialismo è uno degli aspetti delle politiche imperialistiche,
perciò il termine imperialismo è un termine più generico.
Il termine imperialismo sottintende la tendenza di alcune potenze a proiettare verso l’esterno i
propri interessi economici (favorire delle politiche che hanno come obiettivo quello di realizzare
interessi economici). Il termine imperialismo designa anche la proiettazione verso l’esterno le
proprie esigenze di difesa, di sicurezza, anche la propria cultura, l’immagine nazionale.
Entra a far parte delle politiche imperialistiche anche il colonialismo.
I fattori che determinano la scelta di effettuare delle politiche imperialistiche sono vari fattori:
- Fattori di carattere economico, a causa della crisi economica europea
- Fattori ideologici e politico-militari.
- Fattore socio-culturale
Fattore socio-culturale
Vengono realizzate delle esplorazione geografiche, la conoscenza scientifica veniva associata a
queste grande spedizioni di scoperta.
“Il Gabbiano”, David Livingston, un medico che a patire dal 1852 comincia ad esplorare il corso del
fiume zambesi. Nel 1866 Livingston si mette alla ricerca delle sorgenti del Nilo, si trattava di
risalirlo fino ad arrivare alle sorgenti del fiume. Queste esplorazioni vengono finanziate dagli stati
europei per accaparrarsi i territori che venivano scoperti.
Livingston a partire dal 1866 non da più notizie, in Europa si incomincia a usare che sia morto.
Nel 1869 un giornalista parte alla volta dell’Africa alla ricerca di Livingston, lo trova in un
villaggio e scopre che si era ammalato, rimanendo a lungo immobilitato. Viene riportato in
Inghilterra dopo un viaggio lunghissimo per portare il corpo di Livingston in un porto per far si che
il suo corpo potesse essere riportato in Inghilterra.
Secondo Auguste Comte l’unica forma reale di conoscenza è la conoscenza scientifica. Egli
costruisce una sorta di filosofia della storia in cui la ragione si sarebbe evoluta fino a collocarsi
stabilmente nel suo ambito.
Il positivismo diventa la filosofia più diffusa nella seconda meta dell’800 anche perché è un’epica
caratterizzata da molte scoperte scientifiche. Il positivismo accompagna lo sviluppo della
intraprendenza borghese, a livello economico e sociale.
Anche le politiche di colonialismo sono dipendenti da questa nuova filosofia.
L’Inghilterra tra il 1876 e il 1914 aggiunge al suo già vasto impero 11 milioni di km2, per un totale
di un impero coloniale di 142 milioni di abitanti.
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L’espansione coloniale verso il continente africano e asiatico viene ad avere una grande svolta. Le
politiche colonialistiche diventano uno degli obiettivi da parte dei grandi stati nazionali. Le
conseguenze di queste politiche sono: sfruttamento economico e assoggettamento politico.
In questi anni si effettua una vera e propria corsa alle colonie di Germania, Francia, Italia,
Inghilterra, anche il Belgio, che viene ad avere un ruolo nello spartimento delle colonie in Europa.
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La Francia viene ad avere quasi tutta l’Africa sub-sariana, in particolare nella Nigeria.
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L’inghilterra viene ad avere delle proprie colonie nella parte sud del bacino del fiume, l’Inghilterra
costruisce il proprio impero coloniale nell’Africa sub-orientale e nella colonia del capo.
La Germania
- Viene formato un governo provvisorio a Parigi, un’assemblea municipale (90 membri) che
assume il controllo della città con l’obiettivo di estendere l’insurrezione dalla sola Parigi alla
totalità della Francia. Questa assemblea è comunemente chiamata “comune di Parigi”. A guidare
questa comune sono dele forze radicali socialiste.
Il socialismo affrontato non è il socialismo marxiano (Marx aveva già scritto delle opere). Le forze
socialiste che insorgono a Parigi guardano al socialismo pre-marxiano, particolarmente sviluppato
in Francia con degli aspetti utopistici. Marx critica queste forme di socialismo definendole
utopistiche accusandole di non essere mai riuscite ad individuare un soggetto storico capace di far la
rivoluzione. Queste figure di grandi socialisti utopistici descrivevano una società ideale, ma non
avevano un’idea di come il progetto storico potesse essere reindirizzato.
Uno di questi pensatori socialisti è Proudhon.
Con la città alla periferia occupata ancora dai prussiani, e molti dei soldati francesi tenuti nei campi
di prigionia. Thiers allora chiede a Guglielmo I di liberare i soldati per aiutarlo a fermare
l’insurrezione. Gugliemo I accetta, cosa non scontata perché la guerra era ancora in corso e i soldati
prussiani aspettavano ancora un trattato di pace. I prussiani prendono questa decisione perché
temevano una riedizione della rivoluzione francese, che dalla Francia avrebbe potuto passare a tutti
gli altri paesi.
I prussiani forniscono a Thiers le trupe per reprimere l’insurrezione.
La comune di Parigi dura dal 18 marzo del 1871 al 21 maggio del 1871.
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I soldati francesi quando entrano nella città trovano ogni strada bloccata, bloccata dai petrolieri. La
resistenza è accanita. Il quadro politico muta radicalmente, da un lato le destre, da un altro lato la
sinistra socialista all’opposizione, questo è un quadro politico molto più novecentesco.
I liberali dell’800 si evolvono verso una destra più aggressiva Mac, e una destra più liberale di
Thier.
I democratici si evolvono verso il socialismo.
La costituzione della terza repubblica francese nasce nel 1875 e rimane in vigore in Francia fino al
1940 (cessa di essere in vigore all’arrivo di Hitler), con le seguenti caratteristiche:
- presidente della repubblica anche a capo del governo (il primo fu Thiers) con potere esecutivo e
rielezione dopo 4 anni
- Camera dei deputati eletta ogni 4 anni con potere legislativo
- Senato parzialmente eletto
L'Affare Dreyfus
Uno degli eventi più decisivi della storia francese dell’800.
Primo caso di antisemitismo, che in Francia era particolarmente forte.
Alfred Dreyfus, un uomo alsaziano (Alsazia, territorio che era stato ceduto alla Prussia, con una
minoranza tedesca importante). Nato nel 1859, aveva fatto tutta la carriera militare per arrivare al
grado più alto: capitano dello stato maggiore dell’esercito in servizio a Parigi.
L’Alsazia viene ceduta dalla Francia alla Germania, chi abitava in Alsazia aveva la possibilità di
scegliere se rimanere in Alsazia, quindi divenne cittadino tedesco, oppure non rinunciare alla
cittadinanza francese ma lasciare l’Alsazia e trasferiti in territorio francese. La famiglia Dreyfus
decide di lasciare tutti i suoi averi, la casa, l’industria e trasferirsi in Francia. Questo è un particolare
importante perché ci fa capire come Dreyfus fosse un nazionalista francese, ebreo, figlio di ebrei,
ebreo alsaziano, con sentimenti nazionalisti francesi.
Il suo essere alsaziano gli viene rivolto contro, ma fin dalle prime fasi del processo è molto chiaro
che Dreyfus viene accusato in quanto ebreo. Gl ebrei vengono considerati traditori senza patria al
servizio di chiunque. Dreyfus viene subito rappresentato come lo stereotipo dell’ebreo. Fin dalle
prime fasi del processo si nota una caratterizzazione razzista.
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In un anno banche le prove contro Dreyfus fossero praticamente inesistenti, e considerando che
anche molti compagni d’armi lo scagionarono, Dreyfus viene condannato nel 1895 al carcere a vita,
che doveva scontare nell’isola del diavolo (isola della Guiana Francese, con un clima terribile,
uomini obbligati a lavoro forzati fino alla morte).
Nel 1898 Zolà pubblica l’articolo “J’accuse” su un quotidiano “L’aurore"”, dove considera Dreyfus
(che nel frattempo sconta l’ergastolo) innocente e condanna la Francia di razzismo.
Vengono a curarsi linee di pensiero:
- la sinistra socialista radicale innocentista
- La destra conservatrice colpevolista
Anche se sono due linee molto trasversali
Quando nel 1895 Dreyfus viene condannato, in una cerimonia pubblica viene degradato, di fronte
ad un reggimento schierato, sotto la bandiera francese gli vennero strappate tutte le spille che
appartenevano ai vari gradi che aveva conseguito nel tempo.
Il sentimento dell’antisemitismo era già instaurato nella società francese, ma con questo accaduto
venne completamente fuori.
Theodor Herzl, ebreo ungherese, giornalista che è andato ad assistere alla degradazione pubblica di
Dreyfus, convinto della sua innocenza. Ha potuto constatare che tutti gli elementi di uno spirito
antisemita.
Nel 1896 Herzl scrive “Der. Judenstaat (Lo Stato Ebraico)”, un libro molto importante, con la tesi
secondo cui gli ebrei per difendersi dall’antisemitismo che stava spopolando, dovevano costruire
uno stato ebraico in Palestina. Questo movimento politico si chiama sionismo.
Le politiche di Giolitti
Il protagonista del primo decennio della storia italiana del 1900 è Giovanni Giolitti. Giolitti era
ancora in balia dello scandalo della banca romana, perciò decide di recarsi all’estero per paura di
essere arrestato. Questa sembrava la fine di una stella politica, che però non si era del tutto spenta.
Infatti nel 1901 Giolitti divenne ministro dell’interno del governo Zanardelli. Quando il governo
Zanardelli cade Giolitti gli succede e torna ad essere il Presidente del consiglio il 3 Novembre 1903
(il governo Giolitti durerà fino al 1914).
Giolitti si trovò a dover gestire le tensioni con il Partito Socialista, e per prevenire possibili rivolte
sociali, cercò una collaborazione con Filippo Turati. Questa mossa strategica riflette la sua volontà
di coinvolgere le forze politiche emergenti per mantenere la stabilità.
Giolitti nel suo governo tenta di includere Filippo Turati, l’esponente del partito socialista, questa fu
una mossa vista stranamente dal popolo poiché fino ad ora essendo che il partito socialista era stato
considerato pericoloso era stato allontanato dal governo.
Il partito socialista era un partito molto diviso all’interno, con un forte orientamento rivoluzionario.
Il partito aveva due orientamenti: l’orientamento massimalista (o rivoluzionaria) e riformista.
Filippo Turati faceva parte dei riformisti, che era anche composta dalla maggior parte del partito.
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I massimalisti non volevano che il partito socialista scendesse a patti con i partiti liberali, volevano
che conservasse il loro carattere rivoluzionario.
I riformisti di Turati volevano apportare alcune riforme anche ad esempio per la condizione dei
contadini, questo era uno dei motivi per cui fino ad ora avevano allontanato il partito dal governo.
Turati però non apporta queste riforme neanche una volta salito al governo perché non si fidava di
Giolitti. Turati non aveva probabilmente declinato l’invito al governo di Giolitti perché
probabilmente aveva paura di essere minacciato. Turati rappresenta uno dei casi in cui un politico
viene eletto sulla base dell’espressione di una linea di pensiero che però poi durante il governo non
viene rispettata.
Nel 1904, l'Italia fu scossa da uno sciopero generale, seguito da elezioni cruciali nel novembre dello
stesso anno. Questi eventi rappresentarono un momento di scontro tra le classi lavoratrici e la classe
dirigente, ma Giolitti, attraverso una gestione abile, riuscì a mantenere un certo grado di controllo,
consolidando nel contempo il suo sostegno popolare.
Le riforme giolittiane furono implementate in risposta alle sfide economiche del tempo. L'Italia
stava vivendo una fase di transizione, con l'industrializzazione in crescita e l'agricoltura in crisi.
Giolitti mirava a modernizzare l'economia attraverso politiche di riforma che favorivano il decollo
dell'industria e affrontavano le difficoltà del settore agricolo.
Parallelamente, la politica estera di Giolitti mirava a rafforzare i legami con la Francia. La fine della
guerra doganale rappresentò un passo chiave verso una maggiore integrazione europea, riflettendo
una nuova direzione nelle relazioni internazionali dell'Italia.
Il partito socialista era un partito molto diviso all’interno, con un forte orientamento rivoluzionario.
Il partito aveva due orientamenti: l’orientamento massimalista (o rivoluzionaria) e riformista.
Filippo Turati faceva parte dei riformisti, che era anche composta dalla maggior parte del partito.
I massimalisti non volevano che il partito socialista scendesse a patti con i partiti liberali, volevano
che conservasse il loro carattere rivoluzionario.
I riformisti di Turati volevano apportare alcune riforme anche ad esempio per la condizione dei
contadini, questo era uno dei motivi per cui fino ad ora avevano allontanato il partito dal governo.
Turati però non apporta queste riforme neanche una volta salito al governo perché non si fidava di
Giolitti. Turati non aveva probabilmente declinato l’invito al governo di Giolitti perché
probabilmente aveva paura di essere minacciato. Turati rappresenta uno dei casi in cui un politico
viene eletto sulla base dell’espressione di una linea di pensiero che però poi durante il governo non
viene rispettata.
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- i nazionalisti, il nazionalismo era un semplice orientamento culturale, fino al 1910 a Firenze che
diventa partito politico con come esponenti Enrico Corradini e .
- Nel movimento nazionalista prende parte Gabriele D’Annunzio, l’intellettuale più importante
d’Italia nel periodo. Giovanni Pascoli è favorevole alla conquista della Libia ed entra nel
dibattito con un libro “la grande proletaria si è mossa”.
- I socialisti volevano che l’Italia conquistasse la Libia per continuare le politiche di Francesco
Crispi,
- Pascoli era favorevole perché credeva che la Libia potessi diventare una valvola di sfogo per la
disoccupazione italiana.
- Oltre ai nazionalisti erano favorevoli anche alcuni gruppi cattolici, perché ritenevano che si
potesse portare il cristianesimo in regioni islamiche.
- Anche i socialisti (che si dividono in massimalisti e riformisti) come i cattolici erano divisi: una
parte era favorevole, la parte riformista, la parte di Turati. I due socialisti che più si spendono
perché volevano che il partito appoggiasse la conquista della Libia erano: Bonomi e Bissolati .
- Giolitti subisce la propaganda dei nazionalisti, subisce l’opinione pubblica e decide l’intervento.
In un discorso pubblico dice “interveniamo in Libia, ed è una sorta di fatalità storica”, nel senso
che non si può decidere in altro modo. Giolitti era molto scettico riguardo le possibilità del nostro
esercito.
I contrari erano:
- i socialisti massimalisti, ritenevano che le politiche coloniali rappresentassero una spesa inutile
- I repubblicani (gruppo animato da Pietro Nenni)
- Benito Mussolini, nato nel 1883, aveva 28 anni, era il direttore della sezione del partito socialista
di Forlì, organizzò una manifestazione contro la guerra ed addirittura si fa arrestare, assieme a
Pietro Nenni.
Questa è la prima guerra italiana del secolo nel settembre del 1911.
L’esercito italiano riuscì a conquistare solamente una fascia costiera di territorio, l’entroterra libico
era desertico (una delle argomentazioni dei contrari era che la Libia era uno “scatolone di sabbia”) e
l’esercito italiano non riusciva ad entrare nel territorio.
Fin da subito si mostrarono grandi difficolta, anche di ordine organizzativo.
Da parte dell’Italia turno commessi dei veri e propri crimini di guerra. Ciò a livello di opinione
pubblica europea fu imbarazzante.
Tra il maggio e il giugno del 1912 l’Italia decide di portare la guerra più vicina all’impero
ottomano, perciò l’Italia decide di aprire un nuovo fronte riguardante delle isole greche
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(Dodecaneso) sotto la dominazione ottomana, l’Italia decide di occuparle. Queste isole distavano
veramente poco dalle coste della Turchia, perciò il centro dell’impero ottomano.
Queste azioni non erano approvate da Vienna (dalla triplice alleanza), Vienna non voleva che l’Italia
spostasse la guerra. Questo perché l’impero asburgico diffidava della presenza italiana sui Balcani.
Soltanto grazie all’intercessione di Guglielmo II (intercede tra Italia e impero austro ungarico) che
l’Italia può aprire questo nuovo fronte.
L’Italia occupa queste isole greche e l’occupazione italiana segna una svolta nella guerra, la guerra
si conclude in maniera repentina il 17 ottobre del 1912, quando comincia un’altra guerra che vede
coinvolto l’impero ottomano, la prima guerra balcanica.
Serbia, Bulgaria e Grecia attaccano i possedimenti europei dell’impero ottomano nella regione della
macedonia, questa aggressione comincia proprio il 17 ottobre del 1912. Il 18 ottobre viene firmato
un trattato di pace con l’Italia.
La guerra non si conclude realmente nel 1912, poiché la guerriglia tra i civili e l’esercito italiano,
soprattutto in Cirenaica, si concluderà soltanto durante l’epoca fascista.
È una guerra molto sanguinosa e cruento, ci furono atrocità sia da parte araba che da parte italiana,
quelle italiane pero sono più gravi perché vengono commesse da militari contro i civili.
La Serbia, la Grecia e la Bulgaria avevano conquistato la propria indipendenza, erano tre monarchie
guidate da principi nazionalisti. Il 27 ottobre 1912 attaccano i territori più occidentali dell’impero
ottomano, che comprendevano proprio la macedonia. L’impero ottomano si trova in un’altra guerra.
Nei Balcani c’era una forte presenza russa, la Serbia e la Bulgaria avevano un’alleanza con l’impero
russo. In Serbia l’alleanza con l’impero russo era molto naturale, la Russia vedeva nella Serbia un
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prolungamento della Russia nei Balcani, scrivevano nella stessa lingua (cirillico) ed erano entrambi
ortodossi.
L’impero russo era la potenza che aveva più mire nei territori balcanici.
La prima guerra balcanica si apre il 17 ottobre del 1912 e si conclude il 13 maggio del 1913 cn la
pace di Londra. L’impero ottomano esce sconfitto da questa guerra e cede i territori della macedonia
alla Serbia, la Grecia e la Bulgaria. Subito dopo Serbia, Bulgaria e Grecia non si trovano d’accordo
nella spartizione dei territori, chi scoppia una nuova guerra che vede combattere la Serbia e la
Grecia contro la Bulgaria. Questa è la seconda guerra balcanica che comincia il 23 giugno del 1913.
In questa seconda guerra combatte anche la Romania al fianco della Serbia e della Grecia. La
Bulgaria era il paese militarmente più forte. La guerra si conclude circa un mese dopo (queste
guerre durano poco ma sono sanguinosissime), il 10 agosto 1913, quando si giunge dalla pace di
Bucarest. La Bulgaria ne esce sconfitta e con la pace viene fatta oggetto di una serie di limitazioni
territoriali (viene costretta a concedere dei territori).
Queste due guerre sono importanti perché ci fanno capire quale situazione di tensione fosse presente
nei Balcani.
Le conseguenze in Italia
La conseguenza di queste guerre da parte italiana fu la fine del sistema di potere giolittiano.
Nel 1913 Giolitti si fa promotore di una riforma chiesta dal partito socialista e che viene concessa ai
socialisti da Giolitti: è una riforma elettorale che prevedeva il suffragio universale (maschile).
Questo era un cavallo di battaglia del partito socialista, e viene approvato il 30 giugno del 1912 e
viene applicata nel novembre del 1913.
Questa legge elettorale prevedeva l’estensione al diritto di voto per tutti i cittadini di sesso maschile
e i maggiorenni. C’era una restrizione per gli analfabeti, che potevano votare solo al compimento di
30 anni. Il neuro di elettori sale da 3 milioni a 8,5 milioni.
Questo porta la conseguenza per cui le elezioni saranno elezioni completamente diverse, sono
diventate elezioni di massa. Le elezioni del novembre 1913 sono le prime elezioni che vedono un
massiccio voto cattolico.
Questo poche viene approvato dalla chiesa il famoso “patto Gentiloni”, questo segna la fine
ufficiale del non-expedit.
Giolitti venne particolarmente criticato per il patto Gentiloni, in particolare Antonio Gramsci
(fondatore del futuri partito comunista italiano)“Giolitti ha cambiato di spalla al suo fucile”, ciò
vuol dire che Giolitti si era scelto un alleato diverso. Se fino a quel momento la spalla destra di
Giolitti era il partito socialista, in particolare aveva ricercato molto l’appoggio della parte riformista
del partito socialista. Mentre invece in questo momento sta “cambiando l’alleato”, andando verso la
chiesa cattolica
I candidati liberali si impegnano a sottoscrivere questi punti. I cattolici che non avevano propri
candidati votavano i liberali.
Le elezioni del 1913 terminano con un’affermazione delle forze liberali che sono nuovamente una
forza in parlamento.
Il nuovo presidente del consiglio è un librale, Antonio Salandra, un uomo della destra liberale che
aveva sempre osteggiato la politica di dialogo di Giolitti nei confronti del partito socialista.
Nel giugno del 1914 avviene la “settimana rossa”, dal 7 al 13 giugno. Quando il partito socialista
effettua un grande nuovo sciopero generale, tutta l’Italia si ferma e in corso di questa settimana,
avvengono numerosi scontri di piazza, vi sono morti e feriti anche nelle campagne.
La monarchia teme una rivoluzione socialista.
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