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“Stile Galante” seconda metà del XVIII° secolo, nel periodo del Classicismo, tardo barocco
Lo stile galante
La parola 'galante' era divenuta di gran moda fin dagli inizi del Settecento: essa si
riferiva a ciò che viene apprezzato dal galant homme, termine questo che ha assai
poco a che fare con quello italiano di 'galantuomo'.
Galant homme è invece l'ideale di un uomo raffinato, colto, gentile d'animo e di
modi ma nello stesso tempo libero, spontaneo e non artificioso, le cui scelte
artistiche sono regolate senza esitazioni da un innato buon gusto. La 'galanteria'
trova la sua esplicazione più diretta in un tipo di produzione musicale anch'essa
raffinata e non artificiosa, che rifugge da sforzo erudito e pedanteria, tenendosi
continuamente aggiornata sulle ultime tendenze della moda.
Una musica scritta spesso per un solo strumento a tastiera e che, abolendo le
soverchie complessità armoniche e contrappuntistiche, si articola nettamente tra
melodia e accompagnamento, adagiandosi su un ritmo armonico molto allargato ma
con un più libero trattamento delle dissonanze. Però, se tale accompagnamento
deve essere semplice ed eseguibile anche da chi non possiede il virtuosismo
strumentale, tutta l'abilità di chi suona deve essere posta nel realizzare la melodia.
Essa, infatti, viene generalmente scritta in modo assai elementare, quasi, insipido:
spetta all'interprete e alla sua sensibilità renderla espressiva, 'parlante', di modo tale
che essa possa toccare le più intime fibre degli ascoltatori e commuoverli nel
profondo del loro animo.
Tutto ciò viene realizzato tramite un sapiente e quasi minuzioso uso degli
abbellimenti e delle sfumature dinamiche e agogiche: una vera 'arte del porgere'
che trasfigura totalmente l'apparente banalità della pagina scritta.
Un dei figli di Bach, Carl Philipp Emanuel, è il più compiuto rappresentante di una
specie di 'dialetto' locale berlinese dell'internazionale 'lingua' galante:
l’empfindsamer Stil (o Empfindsamkeit), ovvero stile della sensibilità.
Philipp Emanuel, inserendosi nel filone più espressivo e 'scuro' della produzione del
padre, ne proseguì la la ricerca verso cromatismi laceranti ed esasperati, verso
inedite audacie armoniche e colori plumbei e misteriosi. A ciò Philipp Emanuel unì
una personalissima esigenza: quella di trasferire sulla tastiera la libertà esecutiva e
l'espressività drammatica del recitativo operistico. Questo venne da lui realizzato
soprattutto nelle libere fantasie per clavicordo, composizioni che non sono altro che
alcune delle sue dirompenti improvvisazioni, per cui andava molto famoso, fissate
sulla carta.
In esse svaniscono per lunghi tratti le barre di misura, sostituite da un recitativo
strumentale dal ritmo duttilissimo; il percorso armonico viene a volte spezzato
brutalmente e stravolto verso nuove direzioni, la fraseologia si fa rotta e ansimante.
Si passa da un affetto all'altro nel lampo di un istante.
CARL PHILIPP EMANUEL BACH, Concerto per violoncello in la min. David Adorjan,
vc., Christopher Hogwood, dir., Bach Collegium München 1999