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I. INTRODUZIONE: LE ORIGINI
- Dal VI secolo d.C. sino al XIII i Veneziani furono di fatto un popolo a se’, e
sino al 1000 essi furono principalmente barcaioli e battellieri; solo dopo il
1000 essi diventarono una nazione marittima, che si sarebbe trasformata in
età moderna in una città di artigiani, funzionari e pochi aristocratici.
- Grazie ad una lettera che Cassiodoro (485-580 d.C.) scrive agli abitanti delle
Venezie, sappiamo che essi erano dediti al commercio del pesce e del sale, e
che erano ‘’abili navigatori di barche lunghe e sottili’’.
- La scelta di Rialto fu dovuta anche al fatto che era il luogo meno interessato
dalle due forme di maree che interessavano Venezia: quella piccola ‘’lunare’’ e
quella poù forte dovuta ai venti e alle piogge.
Il rapporto con le acque (espansione della laguna e terraformazione dovuta
allo sfociare dei fiumi in laguna) fu sempre percepito come necessario dal
governo veneziano, che fu precoce nell’elaborare una moderna pianificazione
urbana.
- Altra caratteristica del porto era il Lazzaretto, che nel 1423 divenne luogo di
degenza per gli ammalati; qui i Veneziani dal 1485 ponevano in quarantena
tutti coloro che erano sospettati di essere infetti di peste.
- Questi livelli alla stessa data si potevano trovare solo in pochissime altre
città, ossia Palermo/Napoli/Firenze/Milano, mentre ad ovest dell’Italia solo
Parigi poteva vantare questi numeri.
- Dal XII secolo sino al Settecento Venezia fu una città-Stato, o una ‘’nazione-
Stato’’ (come Atene nell’Antichità e Firenze nel Medioevo).
Venezia nel Medioevo divenne una grande potenza navale e si dotò di istituti
e magistrature che sopravvissero fino alla fine della Modernità, nonostante
l’espansione territoriale e il parallelo costituirsi di Stati/monarchie moderne
nel resto del continente.
- Venezia era ormai riconosciuta dalle stesse città dalmate come grande
potenza marittima, alla quale si affidarono sempre più per ottenere
protezione contro i pirati.
- Nel 1095 papa Urbano II invita i cristiani d’Europa a dirigersi verso la Terra
Santa in pellegrinaggio armato: è l’inizio della grande epopea delle crociate,
in cui le cosiddette Repubbliche Marinare italiane (dapprima Pisa e Genova,
poi anche Venezia) avrebbero avuto un ruolo decisivo.
- Gli aiuti navali ai crociati furono portati in maniera pesante dai Genovesi e
anche dai Norvegesi, che riuscirono a sconfiggere ripetutamente le flotte
saracene, senza però scacciarle interamente dai mari.
- Nel 1123 una flotta veneziana si mosse verso Tiro e Ascalona guidata dal
doge Domenico Michiel (XI secolo-1130), incontrando una flotta saracena,
che fu facilmente sbaragliata dall’armata dogale.
La vittoria dei Veneziani nella battaglia di Ascalona (dopo la quale vennero
anche catturati quattro mercantili carichi di spezie) sancì una stagione di
dominio veneziano sul Mediterraneo orientale.
- Manuele si vendicò dei Veneziani solo nel 1171, quando fece arrestare tutti i
Veneziani dell’Impero e ne confiscò i beni: seguì una guerra (1171-1175), che
di fatto però si tradusse in continue azioni di pirateria nell’Egeo da parte dei
lagunari.
- Gli eventi che portarono alla decisiva IVa Crociata (1203-1204) iniziano con
le difficoltà economiche del principale promotore della spedizione, il conte di
Champagne (che tra l’altro morì prima della partenza).
Furono i Veneziani, con cui trattò Goffredo di Villehardouin (1160-1213), a
risolvere i problemi legati al finanziamento e al trasporto: essi si impegnarono
a fornire 200 navi e a fornire i viveri, al prezzo di 85.000 marchi d’argento.
- I crociati che si imbarcarono nel 1203 erano però circa 10.000, quindi 25.000
in meno di quelli che il conte di Champagne si fosse aspettato; in sostanza
dunque il denaro a disposizione dei crociati era molto inferiore a quello
pattuito.
Il doge veneziano Enrico Dandolo (1107-1205), un uomo ultraottantenne e
cieco, ma che godeva di enorme prestigio, propose di compensare il mancato
pagamento prestando aiuto ai Veneziani a riprendersi Zara.
- I Veneziani ottennero ‘’tre ottavi di tutto l’Impero’’, motivo per cui i dogi
assunsero anche il titolo di ‘’Signori di un quarto e mezzo dell’Impero Romano’’;
solo il doge tra l’altro non fu obbligato a giurare fedeltà all’imperatore, a
differenza degli altri baroni.
- Come base adriatica i Veneziani usarono per tutto il XIII secolo Ragusa, che
a quest’altezza temporale era ancora loro dipendente.
L’ORGANIZZAZIONE DEL POTERE MARITTIMO
- I vascelli mercantili del XII-XIII secolo non facevano uso di remi: erano
velieri tondi, i più grossi delle quali erano chiamati con il nome di
‘’Roccaforte’’ e poteva trasportare fino a 500 tonnellate di portata lorda.
- I vascelli da guerra più importanti erano invece le galere, che erano biremi e
che erano caratterizzate da grande velocità e soprattutto dalla facilità di
manovra.
Un particolare tipo di galere era il ‘’bucintoro/bucentoro’’ (ossia ‘’nave d’oro),
utilizzata nel giorno dell’Ascensione per rappresentare il matrimonio tra il
doge e il mare, unione simboleggiata dal lancio di un anello d’oro in questo.
La cerimonia iniziava nella chiesa di San Nicolò ed in seguito il bucintoro
portava il doge in mare tramite il porto di San Nicolò.
- Gli ufficiali principali a bordo di un vascello mercantile nel XII secolo erano
il capitano (‘’nauclerus’’) e lo scrivano di bordo (‘’scribanus’’), che non erano
solo responsabili nei confronti degli armatori, ma erano pubblici ufficiali
verso tutta le gente di mare e verso il governo veneziano.
- La maggior parte delle entrate della città provenivano però dalla vendita di
sale, che era regolata dall’ufficio del sale o ‘’Camera del Sal’’, che rilasciava le
licenze agli esportatori.
- La città lagunare aveva però anche delle rivali, in primis Ravenna e Cervia,
che però furono piegate alla trattativa dai Veneziani: nel 1238 Ravenna fu
costretta ad accettare di esportare grano soltanto a Venezia.
Nel 1250 invece Venezia si impegnò con dei trattati a rifornire di sale Ferrara
e Mantova, che però erano obbligate a non acquistarne da altri produttori; ciò
mandò in rovina l’economia di Cervia.
- Anche nel commercio di grano Venezia si impose sulle rivali: pur mirando a
sfamare la propria popolazione, la città riuscì a divenire il centro principale
del commercio di grano di tutta l’Italia Nord-orientale.
- Il punto di snodo delle merci era per tradizione Ferrara, le cui fiere erano
frequentate anche da Tedeschi, che portavano qui le loro merci per scambiarle
con i prodotti dell’Oriente.
Dalla Germania fluiva una grande quantità d’argento, a seguito della
scoperta nel XII secolo di nuove miniere d’argento.
- Nel 1240 i Veneziani ebbero anche l’occasione per imporre la loro volontà
sull’estuario del Po’: in quell’anno il signore di Ferrara si schierò con Federico
II di Svevia (1194-1250) e il papa chiese l’aiuto di Venezia per conquistare la
città.
L’intervento veneziano costrinse gli Este ad accettare un trattato che lasciava
a Venezia il controllo del commercio di Ferrara con l’Adriatico; nel 1258 fu
costruita anche la raffocarote di Marcamò (‘’grido del mare’’) sulla foce più
meridionale del Po’.
- Altro importante trattato di questi anni furono quelli conclusi con Ancona
nel 1264, che costrinse la città marchigiana a riconoscere il sistema
monopolistico veneziano; la IVa Crociata permise invece di imporre l’autorità
veneziana sulla Dalmazia.
- L’area rimase però molto difficile da controllare per diverso tempo: Zara
soprattutto, si dimostrò notevolmente riottosa e difficile da sottomettere in
via definitiva, vista la sua preferenza per la sovranità del Regno d’Ungheria.
La fazione filo-ungherese, sostenuta anche da Genovesi e Pisani, diede vita ad
una poderosa rivolta nel 1243, che fu repressa molto duramente da Venezia.
- La Puglia era invece una regione molto più fertile della rocciosa Dalmazia, e
aveva anche un’importanza economica molto maggiore.
I governanti della Puglia dediero inizialmente ai Veneziani ampia libertà di
esportazione, e nel 1257 essi accettarono anche la signoria veneziana
sull’Adriatico.
- L’odio e l’invidia nei confronti del nuovo status assunto da Venezia fu spesso
all’origine dei conflitti del Tardo-Duecento/Trecento.
Furono questo tipo di tensioni che portarono allo scoppio della guerra di
Ferrara (1308-1309), causata principalmente dall’ostilità dei Lombardi per la
costruzione della fortezza di Marcamò.
- Venezia non si piegò però alle richieste del papa, ma continuò a pattugliare
le foci del Po’, e quando Zara si ribellò nuovamente nel 1311, essi lanciarono
una durissima repressione.
Nel corso di questa fase i Veneziani trovarono un valido alleato in Verona,
con cui fu stretto un patto per la costruzione di un canale fra Adige e Po’, che
potenzialmente avrebbe causato la rovina economica di Ferrara.
- Nel XIV secolo questa signoria veneziana sull’Adriatico era ormai del tutto
riconosciuta, tuttavia essa suscitava ammirazione e invidia allo stesso tempo.
Da parte veneziana, in primo luogo nell’ambito della cronistica, si portò
avanti la posizione secondo cui la città esercitava da tempo immemorabile un
dominio legittimo e totale sull’Adriatico.
- Fuori dall’Adriatico la natura del potere marittimo veneziano era del tutto
diversa.
Nell’Europa medievale nessuna flotta esercitava un dominio assoluto,
tuttavia Venezia arrivò molto vicina ad un dominio di questo tipo nel mare
Adriatico.
E dopo la conquista di Costantinopoli la città lagunare raggiunse un controllo
marittimo simile anche nel Mediterraneo orientale.
- Genova non aveva mai avuto più della metà della popolazione di Venezia,
né aveva la compattezza governativa della rivale (qui le lotte tra le fazioni
erano continue e portavano a continui rovesci di potere), tuttavia tra 1110-
1250 la città ottenne il dominio (almeno nominale) su tutta la Liguria.
- Tre anni dopo questa grande vittoria però, i Veneziani subirono un terribile
rovescio nel Levante: nel 1261 l’imperatore di Nicea Michele VIII Paleologo
(1261-1282) riuscì a riconquistare Costantinopoli, ridando vita all’Impero
Bizantino.
- Venezia era dunque disposta alla pace, sia perché consapevole di aver colto
tre schiaccianti vittorie (che avevano ‘’soddisfatto l’onore’’), sia perché il
commercio soffriva.
La pace del 1270 arrivò però soprattutto perché entrambe le potenze colsero
l’opportunità economica di trasportare l’esercito crociato guidato dal re di
Francia Luigi IX il Santo (1226-1270).
- Le possibilità offerte dalla ‘’pax mongolica’’ sono illustrate dalla storia della
famiglia Polo, prima quella dei fratelli Matteo e Niccolò, e poi dal figlio di
quest’ultimo Marco (1254-1324).
- Secondo quanto contenuto nel testo che narra del suo lunghissimo
soggiorno in Estremo Oriente, Le divisemente du monde (noto anche come Livre
du merveilles du monde, e in italiano come Il Milione), egli dettò l’opera ad un
tale Rustichello da Pisa (?-?, XIII/XIV secolo) mentre si trovava prigioniero
dei Genovesi, che lo avevano catturato nel corso di una battaglia nel 1298.
- La tensione tra le due potenze era ormai visibile, ed era evidente che
entrambe stavano solo aspettando un pretesto per riaccendere le ostilità.
Questo arrivò nel 1293, quando un convoglio veneziano fu attaccato: ebbe
così inizio la seconda guerra veneziano-genovese (1293-1302).
- Le due potenze giunsero infine alla pace nel 1302, secondo la quale i
Veneziani riconoscevano il dominio genovese sulla Liguria, e i Genovesi
quello veneziano nel ‘’Golfo’’ (l’Adriatico).
Si deve segnalare che nel corso di questo conflitto i Veneziani appoggiarono
la conquista di Monaco (1297) da parte del ghibellino Francesco Grimaldi
(detto anche Malizia, ?-1309).
La guerra ancora una volta non fu vinta da nessuno, anche se stavolta a
cogliere i maggiori successi militari erano stati i Genovesi.
- Il mito più antico di Venezia era senza dubbio quello della sua nascita
indipendente e sovrana, che però non trova fondamento storico, visto che
come sappiamo la città faceva parte dell’Impero Bizantino.
Eppure a questa teoria danno credito cronisti importanti come il doge Andrea
Dandolo, secondo cui nel 697 d.C. i Veneziani si riunirono di propria
iniziativa e si diedero un unico capo: un ‘’dux’’.
- Altro mito della Venezia originaria era il fatto che essa fosse priva di
fazioni, leggenda che fiorì nel XVI secolo e che ancora una volta non tiene
conto delle enormi tensioni dei secoli precedenti.
- Nei secoli IX, X e anche XI il doge era di fatto un monarca con poteri
illimitati, che vennero in seguito temperati attraverso la creazione
progressiva di organi consultivi.
Il processo di costituzione di questi organi ebbe inizio nel 1032, quando
venne rovesciata la famiglia Orseolo e venne eletto doge un ‘’uomo nuovo’’,
ossia Domenico Flabanico (1032-1041).
- Venezia nel corso del Basso Medioevo seguì il percorso delle altre città del
settentrione italiano, riuscendo però a divenire una compagine comunale più
solida.
La svolta istituzionale ebbe inizio a Venezia nel 1172, quando il doge Vitale II
Michiel riportò in laguna la flotta con cui aveva aggredito l’imperatore
bizantino Manuele I Comneno.
- Fu dunque nel decisivo anno 1172 che il Consiglio ducale assunse il potere,
forzando i dogi a non agire mai più contro il parere dei suoi consiglieri: fu un
momento decisivo nella trasformazione del dogato in magistratura.
- Già dal 1143 i dogi erano ormai assistiti da un gruppo di consiglieri ricordati
come ‘’sapientes’’, che si consultavano (e manovravano) nel momento in cui
si doveva presentare al popolo la candidatura di un nuovo doge.
Anche alla morte di Vitale II Michiel questi uomini tramarono per far sì che
fossero elette persone a loro comode: prima Sebastiano Ziani (1172-1178) e
poi Oro Mastropiero (1178-1192), due tra gli uomini più ricchi di Venezia.
- Pietro Ziani si ritirò a vita privata nel 1229, anno in cui a contendersi il
dogato furono un nipote di Enrico Dandolo, Marino Dandolo, e Giacomo
Tiepolo (1229-1249); la commissione elettiva, che ora era di quaranta membri,
era spaccata a metà (venti per Tiepolo, venti per Dandolo).
- Nonostante gli sforzi, i dogi si servivano ovviamente della loro carica per
accrescere il prestigio delle loro famiglie , cosa che ovviamente aveva però
il risultato di aumentare i contrasti.
- Gli organi centrali di governo formavano una piramide: alla base vi era
l’Assemblea Popolare e al vertice il doge, fra i quali vi erano il Maggior
Consiglio, i Quaranta e il Senato, il Consiglio ducale.
- Maggior Consiglio: nel Duecento esso era al centro del potere, esso aveva al
suo interno tutti i cittadini di Venezia che contavano qualcosa; troppo grande
dunque per le deliberazioni.
- Consiglio ducale: dopo il 1178 i consiglieri ducali furono sei, uno per ogni
sestiere della città. Alla morte del doge i consiglieri ducali avviavano la
procedura per l’adozione di eventuali riforme ritenute opportune.
- Signoria: si potrebbe dire il governo, formato dai tre capi della Quarantia, il
doge e i sei consiglieri ducali.La Signoria nominava i comandanti delle flotte
e delle galere.
- Il governo locale era poco più burocratizzato di quello centrale: Venezia era
organizzata in sessanta contrade, ognuna dotata di una sua parrocchia e
ognuna costituente una piccola comunità compatta.
Ogni contrada aveva un parroco, scelto dai proprietari di casa e ratificato dal
vescovo, e aveva dei capi, che erano nominati dal doge e dal suo consiglio.
- Il servizio di polizia era del tutto in mano a questi capi-contrada; solo più
tardi furono nominati dei funzionari appositi, i ‘’Signori di Notte’’,
responsabili soprattutto del mercato di Rialto.
- Fuori da Venezia erano invece inviati dei podestà/rettori scelti dal doge o
dal Comune veneziano, che erano poi inviati nelle principali città dell’Istria, a
Chioggia o nelle città della Dalmazia.
- Dal 1250 i cittadini esclusi dalle cariche chiesero di poter partecipare alla
vita dello Stato in maniera più attiva, è una rivoluzione ricordata come
‘’ascesa del popolo’’; processo a cui però non parteciparono i ceti più bassi,
che continuarono a non valere nulla politicamente.
- Nello stesso periodo la lotta politica tra Tiepolo e Dandolo degenerò nello
scontro fisico quando Giovanni Dandolo (o un suo partigiano) ferì in piazza
San Marco Lorenzo Tiepolo.
- Ogni pericolo venne meno grazie alla saggia guida del doge Lorenzo
Tiepolo (1268-1275), che ricevette le delegazioni delle corporazioni e che
promise loro che in nessun caso le leggi approvate negli anni precedenti
avrebbero portato alla loro distruzione.
- Alcuni incarichi erano inseguiti perché lucrosi, altre invece erano inseguite
per il loro prestigio, anche se notevolmente costose (si pensi alla carriera
diplomatica, che spesso anche i ricchi cercavano di evitare).
- Per limitare le ostilità tra fazioni il meccanismo di scelta dei membri dei
consigli e delle magistrature avveniva in due fasi: quella della nomina o
designazione (‘’electio’’) e l’approvazione (o elezione).
Sembra che inizialmente le nomine fossero tutte fatte dal doge e dal suo
consiglio, mentre alla fine del Duecento sorsero commissioni i cui membri
erano sorteggiati.
- La carica più ambita era ovviamente dogato, per la quale le grandi famiglie
erano sempre pronte a scannarsi.
Per questo motivo si cercò di rendere complicare al massimo il sistema di
elezione, dotandolo di complessi sistemi di elezione e sorteggio che solo
dopo varie fasi portavano all’elezione dei 41 elettori definitivi che eleggevano
il doge, che infine doveva essere approvato dall’Assemblea Popolare.
- Alla fine del Duecento i meccanismi di scelta dei membri del Maggior
Consiglio erano approssimativi e aleatori; un margine di incertezza che
sarebbe aumentato a fine Duecento.
- Nel 1286 e poi nel 1296 furono avanzate delle proposte per la modificca del
membri del Maggior Consiglio: sulla mozione del 1286, che fu bocciata,
possediamo una notevole documentazione.
Essa proponeva una trasformazione che escludeva dalla ratifica coloro i cui
antenati avessero già fatto parte del Maggior Consiglio; non stupisce che il
fallimento della mozione fu dovuta all’opposizione in blocco di tutte le
famiglie della nobiltà ‘’antica’’, schieratesi attorno al doge Giovanni Dandolo
(1280-1289).
- La riforma del 1297 diede invece inizio alla cosiddetta ‘’Serrata del Maggior
Consiglio’’.
La riforma prevedeva che venisse eliminato ogni limite numerico alle
dimensioni del Consiglio, di cui avrebbero d’ora in poi fatto parte solo coloro
che ne facevano parte o ne avevano fatto parte negli ultimi quattro anni, se
approvvati con almeno dodici voti dal Consiglio della Quarantia.
- La sua scelta portò già nel 1300 all’accoglimento di molte nuove famiglie
tra le fila dei nobili; si tratta di una mossa che non va considerata nei termini
di un ‘’attacco contro i plebei’’, tuttavia è un dato di fatto che molti popolani
che ritenevano di poter entrare nel Maggior Consiglio furono esclusi da esso.
- Per questo motivo alcuni popolani decisero di congiurare contro il doge: nel
1300 venne impiccato il capo della congiura, Marino Boccono.
Si deve sempre ricordare che la riforma fu introdotta nel momento più
drammatico del secondo conflitto contro Genova, ossia appena dopo la
battaglia di Curzola (1298).
- La vittoria del doge era completa: i palazzi dei Querini e dei Tiepolo furono
rasi al suolo, mentre più complessa fu la situazione degli esuli e dei catturati,
che intimorivano i Veneziani.
Questi infatti avevano ben presente la situazione delle altre città italiane,
dove i membri dei partiti sconfitti (guelfo o ghibellino a seconda dei contesti)
finivano per costituire dei governi in esilio, spesso capaci anche di tentare la
riconquista del potere.
- Furono introdotti anche nuovi tipi di vascelli: nel 1290-1310 emersero nuove
triremi, mentre nel 1320 venne introdotta la galera ‘’grossa’’ o ‘’commerciale’’
(tonnellaggio di 150 tonnellate).
Novità furono introdotte anche in ambito delle vele: si passò in ordine da
navi con vele ‘’latine’’ (ossia triangolari) a due alberi, a ‘’cocche’’ con uno/due
alberi (una vela latina e una quadra), ed infine alla ‘’caracca’’ a quattro alberi
con due vele latine e due vele quadre; le prime cocche comparvero a Venezia
nel 1315.
- La pace sottoscritta con Genova nel 1299 permise ai mercantili delle due
potenze di ritornare muoversi per l’Egeo indisturbate; i Veneziani costrinsero
l’imperatore Andronico II Paleologo (1282-1328) a pagare loro ingenti
riparazioni per i danni subiti nella guerra, in cui i Bizantini avevano
sostenuto Genova.
1) La Romania.
2) Verso Cipro e la Siria.
3) Verso Alessandria.
4) Le Fiandre.
- Tra i principali prodotti commerciati dai Veneziani, quelli di gran lunga più
redditizzi erano il vino greco (richiestissimo nel Nord Europa), il sale e anche
gli schiavi, di cui si faceva rifornimento soprattutto a Tana; si noti che per
‘’schiavitù’’ non si intende necessariamente a quest’altezza un asservimento a
lavori servili, spesso gli schiavi erano impiegati anche in ambito economico o
militare.
Il mercato degli schiavi conobbe una grande fioritura soprattutto a Creta,
vero e proprio centro di smistamento per i mercati dell’Africa e dell’Europa
occidentale.
- Nel XIV e nel XV secolo il governo veneziano era orientato verso un tipo di
politica che potremmo indicare come efficientemente ‘’capitalistica’’, nel
senso che mirava a favorire i mercanti di piccola-media levatura.
- Nel XII secolo i Veneziani erano poco preoccupati dell’usura, che arrivava a
tassi del 20% su prestiti garantiti secondo un ‘’antica consuetudine
veneziana’’.
Solo quando la Chiesa condannò l’usura anche il governo veneziano
cominciò ad occuparsi del problema con maggiore enfasi: si arrivò alla
creazione di un nuovo tipo di mutuo contratto, chiamata ‘’colleganza
commerciale’’, che riportò i tassi di interesse intorno al 5/8% (che erano
comunque percepiti dai canonisti più rigorosi come tassi d’usura).
- Il debito pubblico venne introdotto a Venezia nel 1262 e si affermò sin dal
secondo conflitto contro Genova come molto affidabile e capace di rimborsare
in tempi relativamente brevi.
- Alla fine del Trecento la società veneziana si era stratificata in maniera molto
più netto rispetto al secolo precedente.
Al vertice vi era un gruppo di venti/trenta famiglie nobiliari che univano in
se’ dei vantaggi dovuti al prestigio personale e al potere politico; poi vi era un
altro centinaio di famiglie nobili, che derivavano il proprio patriziato dal
fatto di appartenere al Maggior Consiglio.
Non tutti i nobili erano ovviamente ricchi: ‘’ricco’’ e ‘’nobile’’ rimasero due
categorie nettamente distinte, anche se coincidenti in maniera considerevole.
- Nel corso del tempo emerse anche una classe media formata dai cosiddetti
‘’cittadini’’, ossia da coloro che non si occupavano di attività manuali, bensì
erano impiegati nella Cancelleria ducale: notai, giuristi, addetti alle corti di
giustizia, giudici.
Ovviamente vi erano anche molti ‘’cittadini originari’’ che si dedicavano al
commercio internazionale, in settori come quello del vetro soprattutto.
Per ottenere la piena cittadinanza (‘’de extra’’) bisognava raggiungere i
venticinque anni di residenza a Venezia.
- Il quadro sino ad ora tracciato mostra come il mercato del lavoro fosse a
Venezia in questi secoli (XIII-XIV) in costante espansione; un’espansione che
fu parallela a quella delle corporazioni.
- Alla vigilia del terzo conflitto con Genova, Venezia possedeva pochi e
scontenti marinai; si deve comunque sottolineare che la peste produsse la
riduzione del personale in tutti gli ambiti lavorativi.
Per risolvere questa problematica si puntò sull’immigrazione, in primis dalla
terraferma: cosa che però mutò la natura della popolazione, che divenne
senza dubbio meno ‘’marinara’’.
- Venezia non tornò più ad essere la nazione marinara che era stata nel XIII
secolo, quando i marinai erano numerosissimi.
I Genovesi tornarono a confliggere con Venezia quando i nobili della laguna
avevano messo da parte la propria flotta per padare ai propri affari.
Sia ben chiaro che Venezia continuava ad essere una grande potenza navale,
la cui forza derivava però dalla ricchezza dei suoi mercanti e artigiani e non
più nella riserva di navi e marinai indigeni.
- La seconda metà del Trecento fu senza dubbio per Venezia, come per tutto il
continente, un momento di notevoli sconvolgimenti: le rivolte contadine in
Inghilterra, la jacquerie in Francia, l’inzio del Grande Scisma d’Occidente
(1378-1418).
- La solidità di Venezia fu messa alla prova dagli ultimi due confronti con
Genova, che nel frattempo aveva continuato la sua crescita grazie alle colonie
nel Levante ed al prestigio dei suoi ammiragli, impiegati spesso da sovrani
stranieri per guidare le proprie flotte.
- Questa decisione fu vista dai Genovesi come una rottura degli accordi,
motivo per cui cominciarono a catturare le navi veneziane nel Mar Nero: a
quel punto la guerra fu inevitabile.
- Venezia affidò una flotta di 35 galere a Marco Ruzzini, che però ebbe
enormi difficoltà nel reclutare marinai, anche a causa del tracollo demografico
subito post-peste del 1348, che aveva ridotto la città a sole 80.000 unità.
Il governo, alla disperata ricerca di braccia, impose un’impopolarissima
coscrizione, che di fatto però riempì le galere di uomini inesperti, supportati
dai soliti inaffidabili mercenari.
- Nel frattempo però Paganino Doria era tornato nell’Adriatico, dove si mise
a saccheggiare le posizioni veneziane, spingendo il Pisani ad inseguirlo: lo
trovò nei pressi di Chio, ma il Doria si rifiutò di combattere.
A quel punto arrivò al Pisani l’ordine da Venezia di ritirarsi a Portolungo, nei
pressi di Modone, dove le navi più piccole e ventuno galere furono legate a
riva: il compito di proteggerle fu affidato a Nicola Querini.
- Uno dei tratti decisivi che si possono cogliere da questa vicenda è che a
differenza dei Genovesi, i Veneziani, anche nel peggior momento di difficoltà
mai avrebbero chiesto la tutela di un principe straniero, a riprova della
fiducia che i Veneziani avevano nella forza del loro ordinamento politico-
costituzionale.
- Il decennio tra 1343-1354 fu uno tra i i più complicati della storia veneziana,
in cui la città fu costretta a confrontarsi tanto con la peste, quanto con la
guerra.
Ad affrontare questo momento delicato fu il giovane doge Andrea Dandolo
(1343-1354), eletto a soli trentasei anni dopo uno brillante e precocissima
carriera.
- L’obiettivo del lavore legalistico del Dandolo era forse quello di ridare ai
Veneziani uno spirito patriottistico, dimostrando la ‘’giusta’’ grandezza del
loro passato.
Nonostante il Dandolo morì odiato dalla nobiltà, che poco aveva gradito il
suo totale appoggio al ceto dei ‘’cives’’ (i cittadini originari non nobili), la sua
opera riuscì indirettamente a completare il suo progetto di rinnovamento
patriottistico, compattando la città nell’orizzonte della giustezza delle
proprie cause.
- Il piano del doge, che voleva forse sfruttare il malcontento popolare per le
sconfitte contro Genova (la colpa veniva attribuita soprattutto alla codardia
dei nobili), venne però scoperto dai suoi stessi collaboratori, che però almeno
inzialmente non sospettarono del coinvolgimento del Falier nella congiura.
Quando poi fu scoperto che al vertice della cospirazione vi era il doge stesso,
il Falier fu imprigionato e giustiziato il 17 Aprile 1355.
- La tragica fine del Falier e dei suoi sostenitori ebbe un effetto notevole nella
mente del popolo di venezia, che cominciò a percepire come inespugnabile la
costituzione aristocratica, che ancora una volta uscì paradossalmente
rafforzata da un attentato.
- D’altro canto non si deve considerare il tentativo signorile del Falier come
un’απαξ, esso va inserito all’interno di un quadro italiano in cui stanno
sorgendo le prime signorie, quel periodo che John Addington Symonds
(1840-1893) definì ‘’l’età dei despoti’’.
Risulta dunque probabile che a Venezia vi fosse chi ritenesse, sia in seno al
mondo popolare che a quello nobiliare, che un governo dogale più forte
potesse essere un mezzo di rafforzamento del potere veneziano.
Il timore e il sospetto di un avvento signorile furono forse anche il motivo per
cui il doge Lorenzo Celsi (1361-1365) venne prosciolto: pare infatti che egli
girasse un una pomposa corte e che portasse una verga per frustare il cavallo,
una ‘’bacheta’’ di faleriana memoria insomma.
- Il periodo a cavallo tra il terzo e il quarto conflitto con Genova, ossia tra
1355 e 1378, fu particolarmente complesso per Venezia, che si vide privata
della Dalmazia a causa della sua conquista da parte del re d’Ungheria Luigi I
(1342-1382).
1) Carlo Zeno (1334-1418): figlio di una famiglia nobile che fin da giovane lo
aveva indirizzato alla carriera ecclesiastica, egli fin da subito si distinse come
avventuriero e mercante, attivo a Costantinopoli.
Fu grazie alle sue conoscenze nella capitale bizantina, pare, che il governatore
di Tenedo decise di aprire le porte ai Veneziani; all’inizio del conflitto gli
furono affidate una decina di galere, con le quali avrebbe dovuto colpire le
posizoni genovesi nell’Adriatico e ad est.
- Vettore Pisani colse importanti successi ad ovest, motivo per cui chiese di
essere richiamato a Venezia; tuttavia Il Senato gli ordinò di svernare a Pola.
Pisani sorprese però una flotta genovese di circa ventidue navi in Puglia, e
ingolosito dalla possibilità di catturare le navi nemiche, assalì i Genovesi, che
però avevano sei navi nascoste (delle ventidue totali).
Pisani riuscì a sopraffare la flotta visibile, ma quando le navi nascoste lo
assalirono alle spalle, le sorti della battaglia volsero a favore dei Liguri.
- Si deve ricordare che nel corso del conflitto ebbe un’importanza notevole
l’impiego di polvere da sparo; i cannoni erano ormai una componente
essenziale dell’armamento delle navi veneziane.
Altro elemento che vale la pena ricordare è che questo conflitto fu combattuto
soprattutto da mercenari, e che Carlo Zeno fu senza dubbio il più bravo nel
motivare e nel gestire questi professionisti della guerra, che al tempo erano la
croce e la delizia dei regnanti coinvolti nei conflitti europei.
- Nel Settembre del 1381, un mese dopo la firma della pace, furono aggregate
trenta nuove famiglie a quelle che godevano del diritto di entrare nel
Maggior Consiglio.
Furono scelte le persone che più avevano contribuito nel corso del conflitto, e
che al tempo erano anche tra le più ricche della città, cosa che ovviamente
andò ad aumentare la potenza della nobiltà.
- L’elezione nel 1382 a doge di Antonio Venier (1382-1400) sancì l’ascesa dei
curti, forse accumunati tutti dalla gelosia e dal risentimento per i longhi, che
avevano probabilmente perso molto del loro patrimonio nel corso della
guerra.
- Piano piano Venezia cominciò anche una ripresa economica, sia sul fronte
del pagamento dei creditori del debito di Stato sia su quello del commercio
internazionale.
La ripresa fu favorita anche dalla crisi dei nemici tradizionali: Genova
affrontò l’ennesima crisi interna, mentre l’Ungheria (unita dinasticamente a
Napoli dalla famiglia degli Angioini) affrontò anch’essa una guerra civile.
- Per compensare la perdita della Dalmazia, Venezia conquistò nel 1386 l’isola
di Corfù, che divenne lo scalo intermedio per le navi dirette verso il Levante.
Il controllo sulla Dalmazia fu poi rafforzato paradossalmente dall’espansione
ottomana, che spinse diverse comunità e piccole realtà politiche dell’area a
porsi sotto la protezione dei Veneziani.
- Gli Ottomani nel 1396 inflissero una disastrosa sconfitta ad’armata crociata
composta da cavalieri ungheresi e francesi nella battaglia di Nicopoli (da cui
l’omonimo nome dato alla spedizione); ciò spiega anche perché i Veneziani
cercarono il più a lungo possibile di evitare il confronto (specialmente
terrestre) con l’apparentemente invicibile potere ottomano.
- Tamerlano distrusse in seguito Tana e mise a ferro e fuoco tutti porti del Mar
Nero, che persero importanza, ma non a tal punto da far cessare l’attivita dei
Veneziani e dei Genovesi nell’area.
- Il Boucicault era un militare noto per la sua indole imperiosa e le sue gesta
(tra le altre cose aveva partecipato alla disastrosa sconfitta della cavalleria
francese ad Azincourt nel 1415).
Egli compì delle incursioni a Beirut, Tripoli e ad Alessandria, depredando
anche i depositi dei mercanti veneziani; a questo punto la reazione della città
lagunare non si fece attendere.
Venne inviato in Oriente Carlo Zeno, che nel 1403 affrontò il Boucicault vicino
a Modone costringendolo alla ritirata dopo aver perso tre galere.
- A Venezia nel Quattrocento erano tre le grandi botteghe: la prima era quella
di Francesco Squarcione (1397-1468); la seconda quella di Jacopo Bellini
(1396?-1470?), che aveva appreso nelle Fiandre la tecnica a olio, forse
guardando i lavori di Ven Eyck; la terza era quella degli allievi del Bellini,
ossia i figli Gentile (1429-1507) e Giovanni Bellini (1427/30-1516) e dai loro
successori Tiziano (1488/90-1576) e Giorgione (1478-1510).
- Si deve ricordare che probabilmente oltre Jacopo Bellini l’arrivo della tecnica
ad olio a Venezia è dovuta anche ad un altro pittore italiano, Antonello da
Messina (1425/30-1479).
Tra gli allievi di Jacopo si deve ricordare soprattutto Andrea Mantegna (1431-
1506), che lavorò a Padova (le perdute pitture nella Chiesa degli Eremitani) e
soprattutto a Mantova.
Per quanto riguarda invece i suoi figli: Gentile fu scelto dai cittadini per
essere inviato dal sultano ottomano conquistatore di Costantinopoli nel 1453
Maometto II, quando questo chiese il ‘’primo pittore della città’’ nel 1479;
Giovanni venne considerato, alla morte del fratello, come il più bel pittore
della città, che apprezzò le sue opere dense di simbolismo e delicatezza.
- Parallela a questa corrente è invece la produzione di Vittore Carpaccio
(1465-1525/26), più attento a ritrarre la vocazione portuale e marittima della
città: in nessun altro pittore l’elemento navale ha tanta importanza come in
lui.
- La facoltà principale era ovviamente quella di legge, i cui docenti erano gli
unici non raggruppati nella facoltà delle ‘’Arti’’, in cui si insegnavano scienze,
e specialmente la medicina (si ricordi che nel corso del Medioevo e della
prima età moderna questa era legatissima alla filosofia in quanto modo di
indagare la natura).
- Molti chirurghi erano stipendiati direttamente dal governo, agli occhi del
quale erano di fatto ufficiali sanitari; tra questi uno dei più stimati erano un
tale maestro Gualtieri che chiese licenza nel 1318 per fondare un asilo per i
marinai e ammalati.
- Gli amici personali del Petrarca, come il Gran Cancelliere Benintendi dei
Ravignani, avevano ricevuto un’istruzione giuridica, a cui desideravano
aggiungere la conoscenza del latino, in modo tale da poter scrivere in modo
elegante in questa lingua.
- A lungo gli stessi umanisti provarono una certa freddezza per Venezia, al cui
venale governo repubblicano preferivano il mecenatismo dei principi; fu solo
con la stagione degli umanisti ‘’civili’’ fiorentini, loro stessi funzionari di un
governo repubblicano che ai loro occhi voleva richimari alle antiche virtù
repubblicane degli Ateniesi e dei Romani, che anche la percezione del
modello veneziano cambiò in positivo.
- Il primo avversario dei Veneziani erano stati gli Scaligeri, signori di Verona,
che però furono sconfitti dalla Repubblica nel 1339 grazie anche all’alleanza
con Firenze; questa guerra portò a Venezia l’acquisto di Treviso.
- Furono due i grandi condottieri della Repubblica nel corso delle guerre di
Lombardia:
- Se avesse avuto solo l’Italia a cui pensare, forse Venezia sarebbe riuscita ad
imporsi come egemone in Italia, tuttavia essa nel Quattrocento fu costretta
suo malgrado a fare i conti con l’Impero Ottomano nei Balcani e nell’Egeo.
- Nella lotta contro i Turchi Venezia non era sola, ma era sempre appoggiata
dal Papato e dalle varie potenze che questo riuscì a coalizzare in una serie di
sfortunate crociate (1396 Nicopoli, 1444 Varna).
- In questa prima fase di conflitti, questi ancora solo con le altre potenze
regionali italiane, Venezia emerge nelle descrizioni come una città governata
saggiamente; un ambasciatore francese a fine Quattrocento la descrive come
‘’la città più splendida’’ che avesse mai visto.
- In ogni caso però Venezia, che tra gli Stati italiani era sicuramente quello
più avanti nel processo di formazione statale, si trovava molto indietro
rispetto ai nuovi potenti regni d’Europa , in quanto limitata ancora nella sua
tradizionale struttura di città-Stato.
- Una nuova era ebbe inizio in Italia nel 1494, quando il re di Francia Carlo
VIII (1483-1498) discese la penisola per rivendicare a se’ la corona di Napoli.
Dopo una marcia inarrestabile che lo portò sino alla città partenopea, contro
Carlo VIII fu organizzata una Lega dal papa e da Venezia, che riuscirono a
respingere l’invasore dopo la battaglia di Fornovo (1495).
- Venezia attuò nel corso della prima fase delle Guerre d’Italia (1494-1559)
una politica militare e diplomatica sicuramente spericolata, che la spinse a
seguire ogni mezzo per impadronirsi di più terre possibili.
Dopo Fornovo Venezia occupò alcuni porti chiave della Puglia, inoltre andò
ad appoggiare Pisa nel suo tentativo di liberarsi dal giogo fiorentino, e in
seguito si alleò con Luigi XII (1498-1515), nuovo re di Francia, che, disceso in
Italia, una volta conquistata Milano donò alla Serenissima Cremona.
- La guerra della Lega di Cambrai (1508-1516) mise in crisi non solo il mito
della condotta infallibile del Senato, ma arrivò a mettere a rischio anche la
sopravvivenza di Venezia stessa.
Contro i Veneziani nel 1508 si unirono il papa Giulio II (1503-1513), Luigi XII
di Francia, i Ducati di Mantova e Ferrara, l’imperatore Massimiliano I
d’Asburgo (1508-1519), la Spagna e il Ducato di Savioa.
Ognuno di questi aggressori voleva qualcosa del dominio veneziano
(l’Asburgo ad esempio voleva il Friuli, Giulio II la Romagna, che i Veneziani
avevano acquisito dopo la fine del dominio di Cesare Borgia).
- Venezia nel 1509 si trovò dunque costretta ad affrontare da sola tutte le
potenze della Lega di Cambrai, contro la quale fu armato l’esercito più
grande mai messo in piedi da uno Stato italiano (circa 18.500 uomini),
affidato a due uomini: Bartolomeo d’Alviano (1455-1515), comandante
talentuoso ed impulsivo, e Niccolò Orsini conte di Pitigliano (1442-1510).
- La situazione a Luglio (il disastro di Agnadello era avvenuto nel 1509) si era
però calmata, e i Veneziani furono in grado di riorganizzare le truppe, ora
guidate a Mestre e Treviso da Andrea Gritti (1455-1538).
Il Consiglio dei Dieci introdusse anche una serie di provvedimenti
straordinari, volti a recuperare denaro per tenere assieme l’esercito, secondo
cui erano previsti premi per coloro che consegnavano allo Stato vasellame,
denaro, gioielli e posate per battere moneta.
- Venne inoltre indetta una sorta di piccola mobilitazione generale, che riuscì
a consegnare al Gritti altre migliaia di armati, che anche grazie a questi fu in
grado di riconquistare Padova, poi difesa dal tentativo di conquista da parte
dell’imperatore.
Si ricordi inoltre che se da un lato le aristocrazie locali erano state molto
veloci nella scelta di defezionare da Venezia, i contadini erano invece molto
ostili agli occupanti, e favorirono la riconquista veneziana.
- Nel frattempo Venezia aveva però perso il suo status di egemone in ambito
marittimo, in quanto ormai le enormi capacità demografiche, in termini di
risorse ed economiche della Spagna di Carlo V (1500-1558) e poi di Filippo II
(1556-1598) suo figlio, e dell’Impero Ottomano l’avevano messa in secondo
piano.
- Carlo d’Asburgo divenne imperatore del Sacro Romano Impero nel 1519,
andando così ad unire la Spagna ai domini imperiali e della casa d’Asburgo
in un’unica grande superpotenza politica.
Egli mise al comando delle sue flotte il genovese Andrea Doria (1466-1560),
che nel 1535 guidò la flotta imperiale nella conquista di Tunisi (1535).
- I domini veneziani erano poi minacciati dal crescente potere ottomano, che
scatenò una terza guerra con Venezia (1537-1540), che però stavolta poté
contare sul supporto di Carlo V.
Gli Ottomani riuscirono a conquistare l’ultima parte del Peloponneso in
mano ai Veneziani, ma non riuscirono a prendere Corfù, assediata insieme ai
Francesi nel 1537.
- Carlo V iniviò la sua flotta al comando del Doria nell’Egeo, dove però le
truppe cristiane furono sconfitte dal Barbarossa nella battaglia della Prevesa
(1538), dopo la quale Venezia firmò una pace separata, con cui fu costretta a
cedere le Cicladi.
- Il Priuli, il cui diario è già stato ricordato, sostiene che tra le colpe per cui i
Veneziani erano stati puniti vi erano gli ‘’agi della campagna’’, che stavano
corrompendo la nobiltà.
Al di là dei motivi moralistici però, si deve notare che la svolta verso la
terraferma italiana non fu accompagnata da adeguati cambiamenti
istituzionali, in primis dalla necessità un minor affidamento sulle compagnie
di ventura.
- Nel corso del tempo la funzione deliberativa passò nelle mani del Senato,
composto in origine da sessanta membri ed in seguito ambiato con
l’inclusione del Consiglio dei Quaranta (o ‘’Quarantia Criminale’’).
Erano inoltre membri del Senato anche gli ambasciatori e i comandanti navali
di grado più alto; in sostanza chiunque contasse qualcosa politicamente
aveva un posto in Senato.
Il numero di coloro che avevano diritto di partecipare alle sedute si aggirava
intorno alle 300 unità, di cui solo 230 con diritto di voto; per il quorum
bastavano però 70 votanti registrati.
La libertà di discussione in Senato stimolava l’eloquenza, che era coltivata
tramite lo studio delle antiche orazioni di Cicerone.
- I contrasti tra Dieci e Senato erano molto rari, in quanto entrambi i consigli
erano composti dallo stesso tipo di uomini, inoltre spesso ai Dieci, quando
vi era da decidere riguardo decisioni importanti, erano fatte delle ‘’zonte’’ di
quindici senatori.
Grazie al Consiglio dei Dieci era possibile prendere provvedimenti in
maniera più rapida e soprattuto segreta, cosa che poteva essere necessaria al
momento di un mutamento di alleanza nel corso di una guerra.
- Spesso l’elezione diveniva anche un mezzo per vendicarsi di torti subiti: far
eleggere un proprio rivale al ruolo di ambasciatore in un luogo molto lontano
era una pratica comunissima, in quanto si trattava di un incarico sgradito e
dispendioso, al quale non ci si poteva sottrarre a causa delle multe e della
perdita di popolarità.
- La segretezza del voto sui nomi proposti era assicurata dal modo in cui
erano fatte le urne, contenenti due scomparti, uno bianco per i voti favorevoli
e uno verde per i contrari.
Si sottolinei che spesso le designazioni dall’alto avevano tanta probabilità di
prevalere su quelle proposte dalle commissioni del Maggior Consiglio, che si
dovette limitarne il numero.
La riduzione delle cariche per la quale Signoria e Senato avevano facoltà di
designazione dei candidati agiva contro la tendenza oligarchica.
- Egli scrisse anche una sorta di diario (noto come ‘’Diari’’) all’interno del
quale egli annotava tutto quello che avveniva a Venezia: omicidi, incendi,
lezioni, concerti, sposalizi, bancarotte ecc…
Questo diario fu composto nella speranza di fungere da base per la stesura di
un’opera storica dei suoi tempi, speranza che però fu frustrata dalla nomina
di Pietro Bembo (il cui latino era sicuramente migliore) a storico ufficiale della
Repubblica.
Al Sanudo mancavano non solo l’eloquenza del Contarini e del Bembo, ma
anche il tatto politico.
- Sappiamo che le cariche di più alto livello in ambito della Cancelleria erano
riservate ai cittadini originari, che cominciarono a registrare le nascite dei loro
figli nel ‘’Libro d’Argento’’, mentre i nobili registravano i loro all’interno del
‘’Libro d’Oro’’.
A differenza di altre cariche, quelle all’interno della Cancelleria non furono
mai messe in vendita, se non nei momenti più difficili, come il 1510.
- Dogi come il Gritti, ossia dei veri e propri ‘’capi’’, divennero in seguito
sempre più rari nel corso della storia veneziana, e questo soprattutto perché
al momento dell’elezione i dogi erano già in ‘’età di pensionamento’’.
- Un modo per mantenere il consenso dei governati erano poi le grandi feste,
organizzate dal governo per fare mostra della propria magnificenza.
Facevano parte dell’arte di governare con attraverso la spettacolarizzazione,
arte in cui la Serenissima era maestra.
LA SFIDA OCEANICA
- La data del 1492, anno della scoperta dell’America ad opera del navigatore
genovese Cristoforo Colombo (1451-1506), fu senza dubbio decisiva anche
per la storia di Venezia.
Più in generale si deve notare come l’era delle cosiddette ‘’esplorazioni
oceaniche’’ ebbe su Venezia effetti meno letali rispetto ad altri luoghi, anche
se è indubbio che fu la stessa città lagunare a creare le condizioni che
avrebbero messo in crisi il suo ruolo tradizionale nel commercio mondiale.
- Nell’ambito della navigazione Venezia ebbe nel corso del Tardo Medioevo
un ruolo decisamente importante nell’ambito della cartografia, che nel corso
dei secoli precedenti si era interessata soprattutto alla descrizione di luoghi
religiosi come il giardino dell’Eden.
- Nel corso dei vari viaggi compiuti dai Portoghesi verso l’Africa del Sud, che
avevano come fine il doppiaggio dell’Africa e l’arrivo nel ricco Oceano
Indiano, si distinsero anche viaggiatori veneziani, come Alvise da Mosto
(1430-1483), che primo arrivò presso Capo Verde.
- Caboto rimase per trent’anni al servizio della corona spagnola, di cui guidò
la flotta verso il Rio della Plata (1526-1530); tornò all’età di settantasette anni
in Inghilterra.
- Gli effetti dell’arrivo portoghese nel mercato indiano delle spezie si fecero
sentire anche sul mercato veneziano, dove il pepe arrivò a 95 nel 1501.
I Veneziani trovarono nei Mamelucchi un ovvio alleato nel tentativo di dare
un freno all’espansione portoghese: i sovrani d’Egitto chiesero alla Serenissima
ingegneri e tecnici per armare flotte capaci di rivaleggiare con le caravelle
lusitane (questo sostegno agli infedeli fu rinfacciato alla Repubblica al tempo
della guerra di Cambrai).
- Nel 1584 Filippo II propose ai Veneziani di vendere loro tutto il pepe che era
importato attraverso Lisbona, un affare da 3 milioni di libbre e che
prevedeva anche un abbassamento dei dazi doganali.
La proposta di Filippo II non era però priva di insidie: Venezia avrebbe
dovuto importare il triplo del pepe, inoltre avrebbe dovuto cessare il
commercio con gli Ottomani, cosa che avrebbe sicuramente causato una
rappresaglia da parte del sultano e quindi la rovina dei mercati.
D’altra parte i sostenitori dell’accordo ricordavano che Venezia era fiorita
come ‘’Repubblica marinara’’ proprio grazie al commercio nell’Impero
Bizantino.
La scelta finale fu quella di rifiutare la proposta di alleanza con la Spagna, in
quanto per il governo veneziano niente era più evitabile dal dipendere dal
volere di un monarca.
- Nella seconda metà del Cinquecento Venezia era divenuta molto più
popolosa di quanti fosse mai stata in passato, e questo nonostante gli effetti
negativi che le scoperte oceaniche ebbero sul commercio veneziano.
Esse non ebbero risvolti solo sul commercio, ma in maniera indiretta ne
ebbero anche su molti aspetti dell’economia della città.
- I tedeschi erano gli Ebrei che provenivano per la maggior parte dalle città di
Terraferma: questi non potevano partecipare al commercio internazionale, ma
potevano dedicarsi all’usura (in teoria limitata al 15%).
Questi vissero confinati a Mestre sino al 1516, quando fu loro concesso di
rimanere in un quartiere della città, poi ribattezzato ‘’Ghetto Nuovo’’.
- A metà del Cinquecento si aprì una questione importante nei rapporti tra
Venezia e gli Ebrei: quella dei ‘’marrani’’, gli Ebrei convertiti ma accusati di
essere rimasti segretamente Ebrei.
Questi giunsero a Venezia dopo il 1536, quando sorse in Portogallo (luogo in
cui questi marrani si erano rifugiati dopo essere fuggiti dalla Spagna) una
Inquisizione modellata su quella spagnola.
- Questi marrani furono a lungo percepiti come pericolosi dai Veneziani, e
questo perché il più ricco di loro, Joao Minguez, noto in seguito con il nome
ebraico di Joseph Nasi (1524-1579), dopo essersi trasferito a Costantinopoli,
dove divenne duca di Nasso e nemico di Venezia in ambito commerciale;
Nasi venne ritenuto il principale responsabile dell’invasione turca di Cirpo
nel 1571.
- Il numero degli Ebrei crebbe arrivando almeno a 2500, una comunità molto
numerosa e soprattutto molto lodata a livello archittettonico ed intellettuale: i
rabbini della comunità ebraica di Venezia, prima dello sviluppo di quella di
Amsterdam, erano per le altre comunità occidentali quelli più autorevoli.
- Gli ambiti dell’industria chimica furono come detto veri e propri settori di
eccellenza della Repubblica, specie nella produzione di sapone, ma
soprattutto in quella di vetri.
Anche la tipografia (inventata da Gutemberg intorno al 1450), introdotta a
Venezia da Nicola Jensen (XV secolo) e Giovanni di Spira (XV secolo), fiorì
notevolmente nel corso del Cinquecento, secolo durante il quale Venezia
divenne la capitale tipografica d’Europa.
- Per quanto riguarda invece la vita dei nobili, questi ricevevano grossi
stipendi se si trovavano ad essere funzionari in città soggette, ma avevano
buone paghe anche a Venezia.
Essi inoltre potevano arricchirsi anche grazie ai benefici ecclesiastici di cui
potevano godere alcuni membri della famiglia.
- Alvise Pisani fu il titolare dell’ultima grande banca non fallita a seguito del
disastro di Agnadello nel 1509, gli mancò solo di vedere la valuta cartacea
divenire il principale mezzo per finanziarie le guerre.
- A Venezia sul fronte bancario mancarono le trasformazioni compiute in
paesi come Olanda, Svezia ed Inghilterra, eppure i Veneziani potevano dirsi
nel Cinquecento ancora all’avanguardia per due motivi:
1) Il tipo di banca che crearono, che divenne un modello imitato ancora nel
Seicento ad Amsterdam, Amburgo e Norimberga.
- Insomma sul fronte bancario Venezia poteva dirsi senza dubbio dotata di
una struttura buona rispetto ad altri luoghi: di fatto la finanza privata,
quanto quella pubblica, furono fonti della prosperità veneziana nel corso del
XVI secolo.
RICCHI E POVERI
- I Veneziani erano ora disposti a spingersi sempre più in là, verso la Svezia e
la Polonia.
Eppure la nobiltà aveva completamente cambiato la propria identità: quella
che un tempo era un’aristocrazia di principi e mercanti era divenuta una
nobiltà terriera.
- Tra le fasce più umili della società trovavano spazio non solo i mendicanti e
i trovatelli, ma anche i servitori e gli schiavi: è accertata la presenza di
schiavi neri tra i gondolieri verso la fine del Quattrocento.
- In sostanza è innegabile che tra i 190.000 abitanti della città vi fosse un
enorme numero di poveri, che cercavano di sopravvivere soprattundo
praticando la pesca.
- Uno degli strati sociali sicuramente più curiosi di questa epoca era quello
dei cosiddetti ‘’Barnabotti’’, ossia nobili impoveriti e impossibilitati/incapaci
di ricostruire le proprie fortune familiari, e che però erano allo stesso tempo
costretti dalle convenzioni sociali a cercare di vivere nel lusso e assecondare
le mode e allo stesso tempo assecondare i capricci dei potenti.
- A bordo delle galere veneziane vigevano dei regolamenti molto precisi, che
riguardavano anche gli appaltatori, detti anche ‘’patroni’’.
Le somme per l’appalto delle galere subivano ovviamente fluttuazioni assai
ampie da un anno all’altro, secondo le stime delle condizioni del mercato di
Rialto.
- A bordo della nave era poi presente anche uno scrivano, che aveva il
compito di registrare tutti i carichi presi a bordo e tutti i noli (imposte dovute,
di solito del 3/4%).
Il ‘’capitanio’’ della nave era invece scelto per elezione, ed era un ruolo molto
ricercato per reddito e prestigio: costui aveva infatti il compito di riferire
dinanzi al Senato riguardo il comportamento del patrono.
Si deve ricordare anche l’esistenza di un Consiglio dei Dodici, composta da
patroni e mercanti, che si impegnava a controllare il pagamento dei noli.
- Per quest’epoca storica i resoconti migliori sulle galare e sulla vita in esse si
trova nei racconti dei pellegrini, in cui si parla spesso dei rematori come
schiavi, e questo perché erano traviati dalla loro condizione miserevole.
- La prima linea che subì gli effetti dell’evoluzione militare in ambito navale
fu la linea verso la Romania: già nel 1452 alcune navi veneziane ormeggiate
nel Corno d’Oro furono attaccate dalle bombarde ottomane mentre
andavano verso il Mar Nero.
Nessuna galera mercantile tornò a Costantinopoli sino al 1479, e mai più
queste si spinsero nel Mar Nero.
- Anche le galere di Aque Morte cessarono la loro attività al tempo della guerra
della Lega di Cambrai; quasi nello stesso periodo anche la linea diretta verso
il Nord Africa e lo Stretto di Gibilterra cessò le attività.
Per quanto riguarda invece le galere dirette verso la Barberia, per queste fu
sempre più difficile muoversi a causa dell’ingrossarsi della pirateria.
Anche le antiche galere di Fiandra cessarono i loro viaggi dopo il 1533; in
seguito l’importazione di lana inglese fu lasciata alle caracche.
- Il primo confronto coi Turchi avvenne nel 1416, quando l’ammiraglio Pietro
Loredan (1372-1438) attaccò la flotta turca nei pressi di Gallipoli, facendone
strage; fin da questo primo conflitto si poté notare la notevole brutalità che
avrebbe poi caratterizzato i successivi conflitti coi Turchi: il comandante
veneziano fece massacrare i nemici catturati.
- I Turchi inflissero una prima importante sconfitta per mare a Venezia presso
Negroponte nel 1471, quando però fu soprattutto l’incapacità del Capitano
Generale Niccolò da Canal a fare la differenza.
- Le grosse navi dei Veneziani erano molto temute dai Turchi, tuttavia questi
riuscirono a compensare questo squilibrio di grandezza con l’utilizzo della
polvere da sparo, che fu una vera e propria ossessione per i comandanti
veneziani nel corso della guerra del 1499-1503, quando i Turchi giunsero
anche nello Ionio.
- Fu al tempo in cui Khair al-din, il pirata noto come Barbarossa, che la marina
ottomana divenne un’arma indipendente e svincolata dall’esercito di terra,
capace anche di proiettarsi come egemone mediterranea a discapito delle
potenze cristiane.
- I Veneziani seppero però rispondere alla sfida lanciata dai Turchi, riuscendo
(anche se con difficoltà) a coniugare in un’unica flotta galere a remi e navi a
propulsione interamente velica.
Decisivo in questo processo fu lo sviluppo dell’Arsenale, che nel 1473 fu
allargato con una nuova struttura, l’Arsenale Novissimo.
- Per certi aspetti la storia degli Stati Uniti e quella di Venezia si somigliano:
entrambe furono due realtà inizialmente con un imponente respiro marittimo,
che nel caso degli Stati Uniti venne meno dopo la guerra di secessione,
mentre in quello di Venezia si affievolì senza mai soccombere.
Il porto della Serenissima rimase sempre uno dei primi cinque/sei di tutto il
Mediterraneo, oltre che il primo porto dell’Adriatico.
- La guerra di Cipro e la grande peste del 1575 diede un duro colpo sia alle
costruzioni navali sia al commercio.
Il commercio si riprse intorno al 1580, e anche il volume del traffico che
transitava per il porto di Venezia continuò a crescere fino alla fine del secolo;
non ripresero invece le costruzioni navali.
- Nel XV secolo la Serenissima aveva risposto alla concorrenza posta alla sua
marina mercantile sostenendo gli armatori; ad inizio del Seicento Venezia era
ancora un porto fiorente, ma dipendente al massimo grado dai cantieri e dai
marinai stranieri.
- Il principale nemico dei Giovani era il Consiglio dei Dieci, simbolo stesso del
potere oligarchico.
I Giovani volevano limitare le prerogative dei Dieci e soprattutto dei loro
segretari: una prima vittoria arrivò nel 1582-1583, quando venne limitata
l’interferenza dei Dieci negli affari finanziari e in politica estera.
- I Giovani volevano poi adottare una politica più rigida nei confronti della
Spagna rispetto a quella molto cauta seguita dai Vecchi, tuttavia entrambe le
fazioni condividevano una posizione: l’atteggiamento verso la Chiesa.
I Veneziani, in questo eredi di Bisanzio, non vedevano di buon occhio le
intromissioni del papa nella vita politica, cosa che esponeva i rapporti sempre
a rischi notevoli.
Si ricordi inoltre che il Veneto era stato anche il fulcro per la diffusione del
pensiero degli Anabattisti nella penisola italica.
- I Veneziani, proprio nel 1606, elessero come loro doge un membro del
gruppo dei Giovani, ossia il rispettatissimo Leoardo Donà (1606-1612), uomo
fervidamente religioso (aveva fatto, e rispettato, voto di castità in gioventù),
ma anche convinto della necessità per un laico di agire sempre secondo
giustizia.
- Si arrivò ad una ‘’guerra degli opuscoli’’, nel corso della quale Venezia
ottenne il supporto del re di Scozia e Inghilterra Giacomo I Stuart (1603-
1625).
Alla fine si arrivò ad un compromesso grazie alla mediazione (e alle
manovre) di un inviato francese, che fece credere ad entrambe le parti che
fosse stata l’altra a cedere.
Fu così che Venezia poté mantenere in vigore le leggi del 1605, fatta però
eccezione per il caso dei due preti imprigionati.
- Si arrivò alla pace, con mezzi più diplomatici che militari, nel 1617: alla fine
ciò che la Repubblica voleva lo ottenne, infatti gli Asburgo tolsero di mezzo
gli Uscocchi.
- Nel corso della guerra di Gradisca Venezia aveva reclutato molti mercenari,
che si erano accumulati nella capitale.
Tra questi vi era un gruppo di soldati francesi, guidati da un corsaro, che si
erano affiliati alla congiura del marchese di Bedmar (1618), l’ambasciatore
spagnolo, che aveva come fine quello di scatenare una rivolta finalizzata a
causare l’intervento della flotta spagnola, che avrebbe dovuto occupare
Venezia.
- La congiura venne però scoperta dai Dieci, che una mattina di Maggio del
1618, dopo aver agito nella notte in assoluta segretezza, fecero in modo che i
‘’bravi’’ al soldo della Spagna trovassero tre cadaveri di alcuni di loro,
capendo che i leader della cospirazione erano stati traditi (a dare la notizia ai
Dieci era stato un ugonotto francese che non voleva aiutare gli Spagnoli).
- Alla data del 1620 i Giovani potevano dirsi soddisfatti della loro iniziativa
politica sino ad allora; solo il decennio seguente avrebbe mostrato che ormai
Venezia non aveva armi per competere con le grandi monarchie europee.
Quando infatti nel 1628 i Veneziani, alleati dei Francesi, si impegnarono nella
guerra di successione al Ducato di Mantova e Monferrato (1628-1631),
conflitto che entrò all’interno della Guerra dei Trent’anni (1618-1648), il loro
esercito venne sbaragliato dalle truppe tedesche che assediavano Mantova.
La Repubblica nel corso delle trattative di pace fu costretta ad accettare le
condizioni imposte dall’alleato francese.
- Altre cause del tracollo economico vanno ricercate nella crisi dell’industria
lanieri; nell’indebolimento del mercato tedesco a causa del conflitto dei
Trent’anni; l’aumento del debito pubblico a causa della partecipazione alla
guerra di Mantova.
- Verso la fine degli anni Venti del Seicento lo stesso partito dei Giovani si
spaccò e arrivò infine al collasso a causa delle dispute tra l’estremista Ranieri
Zeno e il più moderato Niccolò Contarini.
La rottura del fronte dei Giovani fece venire meno la politica contro i Dieci e i
loro segretari, che ebbero comunque l’effetto di rimettere il potere
decisionale al Senato.
- La più grande sfida militare che Venezia si trovò ad affrontare nel corso del
primo Seicento fu la guerra di Candia (1645-1669), combattuta ancora una
volta con il tradizionale nemico turco.
La guerra fu causata dalle azioni dei Cavalieri di Malta, che assalirono le navi
del sultano che trasportavano parte del suo harem ed in seguito sostarono a
Creta.
- La guerra terminò nel 1669 con la resa onorevole di Candia, sottoscritta dal
Capitano generale veneziano Francesco Morosini (1619-1694), la cui scelta di
arrendersi fu criticatissima in patria.
I Veneziani persero la fondamentale base cretese, ma allo stesso tempo
riuscirono, con il supporto delle popolazioni morlacche dell’interno dalmata,
ad espandersi in Dalmazia e ad infliggere agli ottomani una terribile disfatta
nella battaglia dei Dardanelli (1655-1656), definita dallo storico dell’Impero
Ottomano Hammer come ‘’la più dura sconfitta subita dai Turchi dopo Lepanto’’.
- Nel 1714 gli Ottomani, rafforzatisi dopo una vittoria sui Russi nel Mar Nero
e consci che Venezia era in quel momento priva di alleati, dichiararono guerra
alla Repubblica e riconquistarono facilmente la Morea.
In seguito assediarono Corfù (1716), dove però furono fermati dall’eroica e
tenace resistenza veneziana e dai soccorsi portati dal riformatore delle armate
veneziane, il nobile tedesco Johann Matthias von der Schulenburg (1661-
1747).
Fu però solo l’intervento austriaco a salvare la situazione: la vittoria ottenuta
sui Turchi dal principe Eugenio di Savoia (1663-1736) nella battaglia di
Petervaradino (Sebia, 1716) portò ad un ribaltamento della situazione.
- Nel corso della guerra di Candia e dei conflitti di Morea si poté notare che la
tattica navale e l’ingegneria si erano adattate all’artiglieria.
Se da un lato la comparsa di navi a propulsione interamente velica (o
‘’velieri’’) più potenti non causò ancora la definitiva scomparsa delle galere, si
deve notare che ormai i Veneziani erano abilissimi nel combinare galere e
velieri.
- Per quanto riguarda le ciurme, esse erano sempre di nazionalità mista: sulle
navi veneziane erano presenti mariani dalmati, greci, albanesi; di solito a
guardia di una galera vi erano trai i trenta e i quaranta uomini.
- Nel 1763-1765 furono stipulati dei trattati con i sovrani berberi, a quali
Venezia pagava un tributo in cambio della sicurezza della navigazione; il
dazio in ogni caso non era mai superiore alle enormi entrate permesse dal
commercio marittimo.
- Specialmente nel corso della Guerra dei Sette Anni (1756-1763), Venezia fu
in grado di sfruttare al meglio la propria neutralità, facendo navigare la sua
rinata marina mercantile sotto bandiera neutrale.
Anche nel Levante la Repubblica riuscì ad avere qualche vantaggio a causa
delle guerre tra Ottomani e Russi del 1768-1774 e del 1787-1792.
- Nel 1786 si arrivò anche all’approvazione da parte del Senato del Codice per
la Veneta Mercantile Marina, ossia una risistemazione delle leggi marittime
veneziane, già codificate nel 1255 dal doge Ranieri Zeno.
Venne anche costituita anche una magistratura nuova adetta al personale
navale: il Magistrato dell’Armar.
- Vi fu anche una ripresa della marina militare veneziana negli anni Ottanta
del Settecento, simboleggiata dalle spedizioni contro Tripoli/Algeri e Tunisi
(1767 la prima, 1784-1786 la seconda) compiute per costringere gli Stati
Barbareschi a rispettare i patti stipulati nel 1763-1765.
A guidare queste spedizioni fu l’ultimo grande ammiraglio della Repubblica,
Capitano da Mar Angelo Emo (1731-1792), le cui imprese diedero nuova linfa
vitale all’Arsenale.
Emo morì nel 1792 mentre si trovava ancora a comando della flotta con cui
aveva mosso guerra ai pirati tunisini tra Sicilia e Tunisi.
Nonostante la sua morte, Venezia e le sue marine (mercantile e militare)
rimasero le espressioni di quello che, sino alla distruzione della Repubblica
ad opera di Napoleone, era il porto principale dell’Adriatico.
- Per circa un ottantennio, dal 1718 al 1797, le grandi potenze europee furono
impegnate in una serie di grandi conflitti dai quali Venezia decise sempre di
astenersi.
I Veneziani da tempo guardavano a se’ stessi come ad un potere decadente,
in quanto ormai incapaci di fare quello che i loro avi avevano fatto.
- La politica estera era del tutto in mano ai sei Grandi Savi, affiancati dai tre
inquisitori; nessuno di questi tre uomini rimaneva in carica per più di un
anno, né poteva essere rieletto subito allo stesso posto, ma gli stessi nobili
potevano passare da una carica all’altra.
- Il teatro veneziano era però interessato anche alla prosa, che nel Settecento
conobbe un notevole successo grazie all’opera di Carlo Goldoni (1707-1793),
uno dei principali autori dell’Illuminismo letterario veneto.
- Se la lealtà delle aristocrazie locali venne quasi in ogni caso subito meno (si
veda la vicenda delle Municipalità rivoluzionarie di Brescia e Bergamo), la
popolazione delle campagne e di alcune città si dimostrò poco propensa ad
accettare i soprusi francesi e soprattutto leale alla Repubblica.
- I viaggiatori che nel Settecento giungevano a Venezia nel corso del Grand
Tour trovavano una città molto diversa da quella dipinta dal Carpaccio o dal
Bellini.
Alle forme bizantini, romaniche, gotiche e poi del Rinascimento maturo si
erano infatti aggiunte nel Seicento-Settecento quelle del Barocco.
- Nel XVI e nel XVII secolo possiamo invece constatare che lo sviluppo
architettonico nella zona di Rialto furono poco significativo rispetto al
rinnovamento dell’area di San Marco (cosa che riflette il predominio degli
affari di Stato su quelli commerciali in quei secoli).
- Per molti secoli l’espansione della laguna rappresentò una minaccia molto
temuta dai Veneziani, che cercarono di conservare l’area lagunare senza però
lasciare che questa si espandesse a danno dell’elemento insulare/terrestre.