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Ottavia Niccoli La Marca di Lorenzo Lotto: un inquadramento storico

Quando Lorenzo Lotto giunse a Recanati nel giugno del 1506, portando con sé disegni e abbozzi della
grande pala “larga nove piedi e mezzo, sontuosa, splendida e dorata”1, che gli era stata commissionata
dai domenicani della città per la chiesa del loro santo fondatore (ora alla Pinacoteca comunale: cat.
IX.22), e forse altri suoi quadri già finiti, arrivò certamente via mare; così avevano già fatto altri pittori
veneti, i Vivarini e i Crivelli, e con essi le loro opere. Questa modalità di spostamento, del resto, non
riguardava solo gli artisti: per chi veniva da Venezia, gli insediamenti urbani lungo l’Adriatico forma-
vano, come è stato detto, “una specie di sottile anello litoraneo […] tutto proiettato verso l’esterno”2;
dunque si viaggiava bordeggiando e tenendo sempre in vista la costa che guidava i naviganti, abituati
a usare il portolano più che la bussola (cat. II.3)3. Era il mare di Venezia, di Ancona e di Ragusa: anzi,
più che un mare aperto, uno stretto e lungo golfo, che valeva come una grande via di scorrimento
nord-sud. La funzione del “golfo di Venezia”, come veniva allora chiamato, consisteva infatti in primo
luogo nel fare da collegamento tra le città costiere4, consentendo il trasporto di viaggiatori e merci
da un porto all’altro su navi di piccolo cabotaggio: i trasferimenti di beni e di uomini avvenivano,
all’epoca, molto più per via d’acqua – mare, canale o fiume che fosse – che per via di terra.
Così, oltrepassato il delta del Po, la marina di Ravenna, Rimini, e poi il monte dietro Pesaro, e
ancora il gomito di Ancona, coronato dal colle sul quale si ergeva la cattedrale di San Ciriaco, e infine
la gobba a picco sul mare del monte Conero, il pittore giunse al suo approdo: probabilmente non
la gabella di Case Bruciate alla foce del fiume Esino, dunque a nord di Ancona e del Conero, ma un
poco più a sud verso la foce del Potenza, il “porto” – in realtà un semplice approdo sulla spiaggia – di
Recanati5. Da lì fu trasportato fino in città con le sue cose; possiamo supporre che fece il viaggio a
dorso di mulo, o forse su una carretta tirata da una coppia di buoi. Passò sotto il santuario di Loreto,
in costruzione sulla cresta del colle. Della grande chiesa presso la quale avrebbe finito i suoi giorni
mezzo secolo dopo erano già stati compiuti i grandiosi bastioni absidali di Baccio Pontelli, che tra-
sformavano il santuario in una fortezza; e sopra di essi si ergeva la cupola di Giuliano da Maiano. La
cinta muraria che avrebbe dovuto cingere i fianchi del colle a difesa dal nemico ottomano invece non
era ancora stata ultimata; sarebbe stata completata solo nel 15206.
Nel corso del suo viaggio e dei suoi successivi soggiorni in quegli spazi Lotto di certo speri-
mentò il senso di un cambiamento radicale rispetto ai territori della Serenissima in cui era vissuto
Città che ospitano ancora Città che ospitavano sino ad allora. Che egli abbia subito l’influenza del contesto sociale in cui si trovava a essere collocato,
oggi opere di Lorenzo Lotto opere di Lorenzo Lotto
Ancona Fermo Fig. 1. La Marca d’Ancona nella è troppo evidente per i periodi della sua vita che trascorse a Venezia, dove il giro di parenti e di amici
Jesi Osimo prima metà del Cinquecento. orefici che frequentava lo spinse, come sappiamo, ad avvicinarsi alle nuove idee riformate7. Dunque è
Loreto Monte dell’Olmo (oggi Corridonia) La mappa consente di verificare
Recanati Castelplanio la grande frammentazione fra fondamentale identificare e qualificare gli spazi fisici e politici e gli ambienti religiosi differenti in cui
Cingoli le diverse comunità e le aree nelle visse quest’uomo, la cui fede era vissuta con una intensità che è al di là di ogni dubbio, quali che fossero
Monte San Giusto quali e per le quali Lorenzo Lotto
Mogliano ha lavorato i suoi orientamenti specifici assunti in tempi diversi. La sua esperienza dei nuovi spazi marchigiani a

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cui era giunto, va quindi precisato subito, con ogni probabilità riguardò, allora e nel cinquantennio dalla malaria. Tale era in particolare proprio la
seguente, non l’attuale regione Marche, ma solo quella parte di essa che all’inizio del secolo XVI e piana sotto Loreto, dove apprendiamo che nel
nei decenni immediatamente successivi costituiva la legazione della Marca pontificia. Lotto, per quel 1532 “molte paludi e boschi quasi fangosi mala
che sappiamo, non mise piede nel ducato di Urbino, e non conobbe quindi il mondo del Cortegiano, sanità generano”18; per questo, il papa Clemente
né ebbe a che fare con i signori da Varano e il ducato di Camerino (che dopo varie vicende passò VII ne promosse la bonifica. La zona circostante
definitivamente sotto il controllo dello stato della Chiesa solo nel 1545). Gli ambienti delle corti alla foce dell’Esino era stata già risanata negli an-
gli restarono estranei; conobbe invece confraternite, potentati locali, realtà cittadine, nessuna delle ni venti, ma fino ad allora non erano state rare le
quali peraltro dotata di un gran numero di abitanti. Dovette conoscere anche il paesaggio agrario piene improvvise e frequenti del fiume e le con-
del territorio, attraversandone l’andamento collinare nei suoi spostamenti di comunità in comunità. seguenti alluvioni, fra cui una drammatica nel
La campagna che Lotto si trovò a percorrere penetrava fin sotto le mura delle città, quasi tutte 147419. In quegli spazi palustri erano abbondanti
costruite in alto per difendersi dai nemici e per sfuggire alla malaria. Intorno alle mura – così per i canneti, talora frammisti anche alle vigne e pro-
esempio a Macerata – erano coltivati orti e giardini popolati di alberi da frutto, noccioli, mandorli, tetti, perché le canne erano utilizzate largamen-
noci, e, in alcuni brevi spazi in cui il clima era più favorevole, persino agrumi8. Il paesaggio, allora e nei te sia per fabbricare cesti, sia come sostegno alle
decenni successivi, alternava zone collinari in parte coltivate, ma a tratti boscose, fitte di faggi, aceri e viti, sia per costruire tetti e capanne di “stramo”,
cerri9 (la “selva Ficcarda”, o “selva di Castelfidardo”, che venne acquistata dal santuario di Loreto nel cioè di paglia e giunchi impastati di malta, sem-
153610, resiste ancor oggi), a campi e a prati ove fino a metà Cinquecento venivano allevate greggi di pre più rare però nel corso del XVI secolo; for-
pecore; in seguito, con l’affermarsi della mezzadria, si vedrà invece aumentare il numero dei bovini11. nivano inoltre “cannafoglia” per l’alimentazione
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Nei campi i vigneti si avvicendavano a coltivazioni di grano, la cui ampiezza si accrebbe progressiva- Fig. 2. Lorenzo Lotto, Sacra famiglia del bestiame . Perciò gli statuti anconitani ancora nel 1510 punivano con una multa chi danneggiava
con santa Caterina d’Alessandria,
mente nel corso del secolo per sopperire alle necessità dell’aumento crescente della popolazione: dopo 1533, Bergamo, Accademia Carrara
non solo i campi, gli orti, gli ulivi e i gelsi – importanti questi ultimi per la foglia che nutriva i bachi
la tremenda peste nera di metà Trecento, i cento anni successivi avevano visto l’inselvatichirsi di molte da seta21 – ma anche i canneti22.
pezze di terra a causa della drammatica riduzione dei lavoratori, ma nel corso del XVI secolo gli abitan- Tuttavia l’economia della Marca non era certamente basata solo sulla produzione agricola. Si
ti si moltiplicheranno nuovamente, e con essi aumenterà il bisogno di pane, e quindi di frumento e di trattava di un mondo fittamente urbanizzato, con un gran numero di città e terre di media e soprat-
altri cereali12. Prati e campi erano punteggiati di olivi, mai però molto frequenti, e di querce, che per la tutto di piccola dimensione, vive delle loro autonomie e, molte di esse, fornite di statuti cittadini. Si
loro imponenza venivano talora anche utilizzate come toponimo13. La rete di case coloniche immerse è parlato infatti per quel territorio di una “microstruttura urbana”23, che provocava una percentuale
nella campagna era fitta: nel territorio di Recanati il catasto del 1530 ne segnala duecentocinquanta, altissima della popolazione frammentata in numerose comunità e centri locali. Ricordiamo che negli
più quarantatré fornite di una torre impiegata anche come colombaia, e dette perciò palombare. Si anni della presenza di Lotto la Marca d’Ancona era governata da un Legato pontificio avente sede a
trattava di una forma di edilizia dell’insediamento sparso iniziata nella seconda metà del Quattrocento Macerata, che all’epoca del suo primo viaggio era Alessandro Farnese, il futuro Paolo III24; tuttavia i
a scopo soprattutto difensivo, ma poi utilizzata anche per l’allevamento dei piccioni14. domini pontifici ebbero sino alla fine del Cinquecento gravi difficoltà di centralizzazione. I rapporti
Il paesaggio appariva dunque bello e rigoglioso al viaggiatore. Ne scorgiamo forse un ricordo tra il centro romano e le periferie adriatiche si erano stabiliti sin dal Medioevo con un carattere pat-
nello sfondo di un quadro dello stesso Lotto, nella Sacra famiglia con santa Caterina d’Alessandria tizio, e l’alta sovranità del pontefice non aveva eliminato i poteri giurisdizionali e statutari delle città
dell’Accademia Carrara di Bergamo, dipinta probabilmente nel 1533 “appena arrivato nelle Marche, che in tempi diversi erano passate sotto il suo dominio, “ciascuna in condizione giuridica e gerarchica
forse a Monte San Giusto”15, in quell’ondeggiare di colli circondato da una corona di monti azzurri diversa”25; la stessa città di Ancona – la principale della Marca, benché a quanto pare avesse all’epoca
(fig. 2). Nel maggio 1523 gli ambasciatori veneziani, in viaggio verso Roma, dove si recano a rendere non molto più di 10.000 abitanti – perse il suo status di repubblica – che peraltro non le impediva di
omaggio al nuovo papa Adriano VI, erano restati incantati dalla fertilità della campagna tra Ancona, esser parte dello stato della Chiesa – solo nel 1532. Istituti e pratiche particolari differenziavano sul
Loreto, Macerata e Tolentino: “la terra è bellissima, piena di merchadanti de ogni natione et maxi- piano giuridico-amministrativo ogni comunità rispetto alle altre, con “un coacervo di disposizioni
me greci et turchi, et fase facende asai […] per bellissime campagne et colline planissime, piene di adottate in tempi diversi, prodotte da organi disparati”26. La carta allegata (fig. 1)27 dà conto molto
formenti”16. Nell’aprile 1581 Michel de Montaigne percorrerà le stesse strade, ammirando anch’egli bene di questo frazionamento, e contiene le città, murate e talora sede di diocesi, e le “terre”, comunità
“questa valle tra monti fertili e coltivati […]. Tutta questa strada fiancheggiante il Chiento [Chienti] minori direttamente soggette alla Sede apostolica e non infeudate né dipendenti da altre più potenti
era assai bella”. Nel pomeriggio, procedendo “attraverso una zona uniforme, valicando pianure, fiumi, città vicine. Tale invece era il caso, per esempio, di Numana e Sirolo, considerate “castelli” di Ancona
e da ultimo alcune colline” era infine giunto a Loreto: “un villaggetto recinto da mura e fortificato benché la prima fosse stata dotata dello status di diocesi sino al 142228.
contro il pericolo dei turchi, prospiciente una bellissima distesa e assai vicino al mare Adriatico, o La legazione pontificia si sovrapponeva, con variegata e progressiva capacità di controllo, a
golfo di Venezia che sia”17. queste situazioni locali. Occorre poi ricordare che a dividersi le cariche di legato e vicelegato, assegnate
Ma vi erano anche spazi incolti e impaludati, soprattutto lungo la costa e nelle basse valli dei dal pontefice per le varie legazioni per periodi differenziati, di solito pochi anni, erano di norma i
fiumi Esino, Musone e Potenza, che facevano temere per la salute degli abitanti, facilmente assaliti membri delle grandi famiglie che componevano l’oligarchia pontificia, o comunque loro familiares e

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figure che facevano parte della loro clientela; il caso del Farnese, come degli altri legati della Marca, ne da Ragusa, era molto consistente da tempo: dopo la peste nera, e poi a seguito della pressione turca,
è una conferma. L’importanza del ruolo del legato stava infatti all’epoca sia nel suo ruolo di raccordo si era verificata da quei territori una fuga consistente di croati, bosniaci, bulgari, albanesi, che si erano
tra il centro e la periferia, sia nella possibilità, insita nei suoi poteri, di condizionare la gestione ammi- insediati nella Marca come contadini, pastori, boscaioli, armigeri; ad Ancona avevano in mano la cor-
nistrativa della legazione, e soprattutto di nominare a uffici locali persone a lui vicine e di assegnare porazione dei facchini41. Strutture confraternali, da sempre finalizzate a pratiche di mutuo soccorso e
benefici ecclesiastici a suoi familiari, insomma di stringere rapporti clientelari a vantaggio proprio e di sostegno identitario42, raccoglievano schiavoni e albanesi a Recanati – dove dovevano occuparsi di
della propria casata29. seppellire gli appestati –, ad Ancona, a Fermo, a Macerata, a Loreto, favorendone così l’integrazione
Fra i nomi significativi in proposito di detentori della carica nella prima metà del Cinquecento nelle comunità cittadine. Il ruolo sociale delle confraternite all’epoca non andrà mai dimenticato: a
vanno ricordati quello di Sigismondo Gonzaga, che fu in contatto anche con Lotto30, e quello del Macerata troviamo fraternite della Carità, del Rosario, di San Rocco. Possiamo dedurre l’importanza
“cardinale di Ravenna” Benedetto Accolti31, protagonista di vicende rilevanti soprattutto per la città di queste strutture anche dalla loro capacità di effettuare committenze artistiche importanti: fu una
di Ancona. Accolti aveva acquistato nel 1532 a caro prezzo (19.000 ducati d’oro) le nomine di legato a confraternita che riuniva i principali cittadini di Jesi a pagare a Lotto il Polittico di santa Lucia (cat.
latere e vicario generale in perpetuo della Marca32; qui trovò come governatore, ivi stabilito dall’anno IX.8) e la Deposizione, ora nella Pinacoteca civica (cat. IX.4), e l’Annunciazione della Pinacoteca co-
precedente, Bernardino Castellari33 detto Bernardino della Barba. A Castellari, divenuto vicelegato, munale di Recanati (cat. IX.25) era stata richiesta da una confraternita di mercanti43.
Accolti conferì, su indicazione del papa Clemente VII, il compito di recuperare allo Stato pontificio Di fatto, quella della Marca era soprattutto una società mercantile, e Ancona era al suo centro.
la repubblica di Ancona. Così il 20 settembre 1532, mentre la città era presidiata dalle truppe di Luigi Nel 1501 e poi nel 1514 il Magnifico Consiglio della città strinse patti e capitoli con i mercanti greci
Gonzaga detto Rodomonte con la motivazione di difendere la città dai corsari turchi, le truppe di di Giannina, Larte e Valona, che si impegnavano a utilizzare per i loro traffici nel medio Adriatico
Castellari invasero il Palazzo degli Anziani per metterlo a sacco; e “in quel furore del rapinare”34, fu- unicamente il porto di Ancona; nel 1524 la città concesse ai mercanti turchi l’uso di un palazzo cit-
rono gettate dalle finestre gran parte delle scritture degli antichi archivi giudiziari e commerciali, che tadino, e nell’anno successivo offrì condizioni privilegiate a tutti i mercanti “levantini”, concordando
vennero “nella medema piazza arse e incendiate”35. Si voleva così cancellare persino il ricordo delle vantaggi ed esenzioni con Solimano il Magnifico. Il porto serviva di base per l’esportazione di olio,
istituzioni repubblicane locali. Ma soprattutto, suscitò l’indignazione dei patrizi anconetani l’impic- grano, vino, sapone, carta di Fabriano e di Pioraco, guado, zafferano, panni marchigiani a buon mer-
cagione di cinque nobili ordinata da Castellari nel marzo 1534: un atto che fu definito “justitia bestia- cato e stoffe pregiate fiorentine, lombarde e fiamminghe, mentre si importavano dal Levante cotone,
le”, come giunse alle orecchie del notaio e cronista modenese Tommasino Lancellotti36. Denunciato spezie, zucchero, seta, soda, allume. Nel 1529 l’assedio delle truppe di Solimano alle mura di Vienna
quindi con il pretesto delle sue malversazioni, Accolti venne rimpiazzato nel settembre da Ippolito provocò conseguenze negative sui rapporti tra i porti istriani e le fiere adriatiche; nello stesso anno
de’ Medici, nipote di Leone X e dunque appartenente alla famiglia del papa regnante; ma alla morte il sultano impose ai propri mercanti che si recavano alla fiera di Recanati di sbarcare le loro merci
di Clemente VII il suo successore Paolo III sostituì a sua volta Ippolito Medici con Paolo Capizucchi. nel porto di Ancona. La città ne approfittò per accrescere i suoi rapporti con Ragusa e con mercanti
L’occupazione di Ancona da parte di Castellari fu vissuta dal patriziato mercantile della città turchi, accogliendo inoltre un notevole gruppo di marrani portoghesi. Le colonie di forestieri erano
come la fine delle libertates repubblicane locali. In realtà si trattò di un fatto poco più che formale: variegate, e davano luogo a consolati e a confraternite delle diverse nazioni; in questo contesto così
Ancona non godeva neanche in precedenza di piena autonomia dallo stato della Chiesa, mantenne internazionale un Consolato del mare (poi “dei mercanti”) era impegnato a risolvere le questioni
comunque molte delle sue strutture di autogoverno, e avendo ormai acquisito il ruolo di “porta di marittime e mercantili che potevano sorgere, basandosi su un diritto consuetudinario che si rifaceva
Roma in Adriatico”37 ottenne la progettazione e poi la realizzazione di una fortezza, di nuovi baluardi a quello veneziano con influenze del mondo catalano e specificità locali. Verso il 1540 la potenza
e di nuove strutture portuali e viarie. Lo slancio economico della città, che già si era avvantaggiata commerciale della città giunse ad apparire minacciosa per quella veneziana, tanto che in quell’anno i
dalla crisi di Venezia dopo la battaglia di Agnadello (1509) e la successiva situazione di crisi della Re- Cinque savi alla mercanzia della Serenissima espressero la loro preoccupazione “per il gran corso che
pubblica serenissima, sarà continuo sino alla metà del secolo, trovando un grave e definitivo inciampo ha preso la mercadanzia in Ancona […] al che non facendo presta et gagliarda provision si pol esser
solo negli anni cinquanta, a causa delle persecuzioni alla colonia ebraica cittadina e del rogo che arse certi che quella si habbi del tutto a deviar da questa nostra città”44. In effetti, come leggiamo in una
ventiquattro marrani che non avevano accettato di convertirsi38. vivace testimonianza secentesca, peraltro fededegna, ad Ancona nel 1549 vi era un flusso
Ancona non si risollevò più del tutto da questo colpo, che aveva stroncato la ricca e attiva
comunità ebraica; ma in precedenza aveva rappresentato un centro economico e soprattutto com- “di mercanti fiorentini, lucchesi, senesi, romani, venetiani et urbinati con le loro famiglie; et di Levante ven-
nero sciotti et altri greci diversi, mercanti marani, hebrei, levantini, turchi, armeni, et dall’isola di Sicilia venne
merciale importante, e non solo per lo stato della Chiesa39. La città, pur rientrata in pieno nel 1532
diverse famiglie, como anco dalla Dalmatia, d’Alemagna, di Francia et di Fiandra […] ond’è per il concorso de’
sotto il dominio pontificio, era governata da un patriziato di “nobili mercanti” attivi nel commercio mercanti si faceva in essa città gran negotij, venendo di continuo nel suo porto navilij diversi detti schirazzi,
internazionale, che puntava al di là degli Appennini verso Firenze, ma anche verso le Fiandre e in caravelle et d’altra sorte e nomi chiamati, carichi di cori [cuoi], cordovani, lane, sete, cere, ciambellotti, dro-
direzione dell’Oriente. Era il luogo privilegiato di smercio, e ancor più di transito, di spezie, zucchero, ghe, reobarbari, zucchari et di Fiandra piombi, carisee [tessuti di cascami di lana o seta] et altre mercantie”45.
saponi, tessuti di pregio, cuoiami, e soprattutto tappeti (come non ricordare i magnifici tappeti dipinti
da Crivelli e da Lotto nei loro quadri? Ma in generale la pittura marchigiana del Quattro e Cinque- L’attività mercantile di Ancona e del suo porto aveva una concorrenza, e nello stesso tempo un volano,
cento è ricca di rappresentazioni di tappeti anatolici40). Il porto era quindi frequentato da mercanti nelle fiere attive a Fermo e, soprattutto, a Recanati. A fine Quattrocento la fiera recanatese, che agli
di ogni origine e di ogni etnia. L’immigrazione ebraica e dai Balcani, soprattutto dall’Albania e poi inizi si teneva nel mese d’agosto, e ai tempi di Lotto fra settembre e ottobre, era la più importante dello

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stato della Chiesa46, e godeva dell’appoggio di Venezia, timorosa della concorrenza economica di le elemosine vennero ad aumentare costantemente: già nel 1469, alla morte di Nicolò delle Aste, erano
Ancona: tanto che nel 1508 due galere veneziane vennero inviate a proteggere dai corsari ottomani registrati nell’inventario centosei calici d’argento, ventiquattro pianete di broccato, quindici corone
i mercanti che andavano alla fiera47. L’evento invadeva Recanati, e per qualche settimana la città d’argento, e molti altri oggetti di metalli preziosi56. La tradizione si era ulteriormente consolidata nel
era trasformata: vi affluivano mercanti stranieri, bergamaschi, veneziani, cremonesi, ma anche racconto di fondazione di Pietro di Giorgio Tolomei detto il Teramano, rettore della chiesa negli anni
fiamminghi, tedeschi, francesi, levantini “vestiti alla turchesca”48; le osterie si moltiplicavano, e chi centrali del Quattrocento, Translatio miraculosa ecclesie Beate Marie Virginis de Loreto, redatto tra il
poteva metteva locali a disposizione per insediarvi botteghe. Non mancavano ovviamente i motivi 1471 e il 1473, che fu ripetutamente stampato, e poi pubblicato in traduzione volgare nel 1483 da
di rissa e di contestazione, tenuti sotto controllo da un Consolato di fiera, composto da quattro Bartolomeo di Vallombrosa, priore del monastero di Santa Verdiana di Firenze57.
consoli, uno per quartiere. La vicenda di Loreto rappresenta anche un aspetto dello sforzo centralizzatore dei pontefici nei
Venivano messe in vendita derrate di ogni genere, non solo prodotti alimentari (grano, vino, riguardi delle diverse realtà dello stato della Chiesa. Nel 1482 Sisto IV insediò nella chiesa un vicario
olio), ma anche spezie, tessuti, scarpe, terraglie, ferramenta, legname, cuoi, tappeti, e in genere ogni apostolico; nel 1507 Giulio II la sottrasse alla giurisdizione del vescovo di Recanati. Leone X la elevò
merce di utilità locale, anche di lusso; a fine Quattrocento una parte della piazza era riservata a orefici al rango di collegiata nel 1514, attribuendole dodici canonici e altri mansionari, e nel 1524 Clemente
e prestatori. Vi facevano spicco anche i banchi dei librai (più avanti se ne serviranno i gesuiti49), e i VII la liberò definitivamente dal dominio di Recanati sottoponendola alle dirette dipendenze di un
pittori ricorrevano alla fiera di Recanati per acquistare colori; vi andò anche Lotto. La fiera era anche governatore di nomina pontificia. L’elevazione di Loreto al rango di città e la sottrazione definitiva
uno spazio importante per la circolazione di manufatti dipinti sacri e profani: tabernacoli in legno alla diocesi di Recanati della chiesa, riservata come cappella papale alla Santa Sede con i suoi beni,
scolpito, cassoni, tavolette dipinte per la devozione privata, oggetti di una produzione semiseriale che causò complessi problemi confinari sanati solo in parte nel 1535, quando a Recanati vennero restituiti
spesso avevano raggiunto le Marche via mare e venivano trasportati nei paesi dell’interno a dorso di i diritti sul castello di Loreto, esentandone però gli edifici sacri e i loro annessi58.
mulo. Nel 1472 la produttiva bottega di Neri di Bicci aveva inviato a Recanati “più Vergene Maria da Le ricche elemosine ricevute consentirono anche la formazione di un vasto patrimonio
camera” perché fossero messe in vendita50. terriero soprattutto nell’area tra Loreto e Recanati, raggiungendo nel 1583 l’estensione di circa
Nell’avanzare del Cinquecento le fortune della fiera si legarono a quelle, progressivamente 900 ettari59. Grazie alle ricchezze accumulate, venivano poi inviate a Roma somme consistenti in
crescenti, del santuario di Loreto, che proprio nei primi decenni del secolo venne a rappresentare circostanze particolari: grandi quantità di denaro e di metalli preziosi vennero trasmesse nel 1527
definitivamente il centro religioso principale della legazione, rivestendo anche un significativo ruolo per la liberazione del papa in occasione del Sacco di Roma60, e non è certo casuale che l’apice delle
economico e imponendosi su un quadro generale di vita religiosa che si pone sul crinale tra una si- donazioni fosse raggiunto nel 1571, l’anno della battaglia di Lepanto61. Si noti, nella stampa devo-
tuazione tipicamente tardomedievale di disordine nella gestione delle diocesi – numerose e ristrette zionale del 1540 circa della Galleria Estense di Modena che le mura esterne della Santa Casa sono
– e dei conventi51, e il duplice rinnovamento dei nuovi ordini religiosi e, a partire dagli anni trenta, coperte di ex voto d’argento, come in effetti dovevano essere; Michel de Montaigne, che passò da
dell’eresia. Il nuovo ordine dei cappuccini aveva avuto origine nel Montefeltro; qui Matteo Serafini Loreto nell’aprile 1581, racconta che tutto il piccolo edificio “è talmente coperto di ricchi ex voto
da Bascio aveva iniziato a predicare verso il 1515, per poi spostarsi negli anni venti nel Fermano e nel provenienti da tanti luoghi e da tanti principi, che sino a terra non rimane un pollice libero o che
territorio di Cingoli e di Fabriano, conquistando l’attenzione e la protezione della duchessa di Came- non sia rivestito di lamine d’oro e d’argento”62.
rino Caterina Cybo. Fra Matteo e altri suoi discepoli, come Giuseppe da Fermo, svolgevano la loro Una trasformazione importante del ruolo del santuario avvenne in coincidenza con la lega-
predicazione in forma itinerante, vagabondando di paese in paese e spesso limitandosi a canzonette zione (1539-1546) di Rodolfo Pio da Carpi, che a partire dal 1542 e fino al 1564 ebbe anche il ruolo
devote e pie esclamazioni a carattere apocalittico e penitenziale52. I “frati minori di vita eremitica” – di protettore del santuario di Loreto, succedendo a Gasparo Contarini morto nell’agosto del 154263.
con questo nome il nuovo ordine ottenne nel 1528 il riconoscimento pontificio – vivevano, almeno Nello stesso anno, il Pio entrava a far parte della congregazione del Santo Uffizio dell’Inquisizione, e
agli inizi, in romitori di “stramo”, capanne di paglia, canniccio e malta, e dedicavano la loro attenzione la sua attività nel territorio della legazione risentì costantemente di questo suo ruolo: infatti sarà com-
soprattutto a contadini e a bambini53. missario del Sant’Uffizio per la Marca, e nel 1551 chiamò a Loreto, come governatore del santuario,
In anni successivi e in altri contesti la fama dell’oratoria cappuccina, e soprattutto di quella il chierico veneziano Gaspare Dotti, già impegnato da tempo nel controllo dell’eresia: nel 1534 aveva
di Bernardino Ochino (che predicò anch’egli ad Ancona nel 154154), darà all’ordine uno smalto collaborato con Girolamo Aleandro al processo veneziano dal quale era uscita la condanna di Antonio
straordinario, ma nella Marca degli anni venti e trenta è il santuario lauretano a costituire il maggior “marangon”, nel 1537 aveva sottoscritto l’assoluzione di Ignazio di Loyola da ogni accusa di eresia, e
polo di attrazione religiosa. Fin dagli inizi del Trecento la piccola chiesa di Santa Maria, politicamente successivamente aveva partecipato anch’egli ai lavori del Sant’Uffizio romano come “commissarius”64.
dipendente da Recanati, era stata oggetto di devozione e di pellegrinaggio, essendo considerata la casa Sono anni nei quali la paura dell’eresia comincia a diffondersi, e con essa il peso del controllo
della Vergine a Nazareth prodigiosamente trasportata dagli angeli sul colle di Loreto (stampa anonima e della coazione, e se ne vedono i segni anche nella Marca65. Qui l’Inquisizione agisce soprattutto per
in collezione privata). Ma è nel corso del XV secolo che si vede accrescere il suo ruolo; verso la fine mezzo di commissari, dunque senza affidarsi a inquisitori locali, muovendosi con difficoltà nella
del 1468 o nei primi mesi del 1469 iniziò la costruzione del santuario, per sollecitazione di Nicolò fitta rete di diocesi, ognuna gelosa della propria giurisdizione. Fino agli anni cinquanta le notizie che
delle Aste vescovo di Recanati (sotto la cui gestione ricadeva allora il santuario), e dopo la sua morte, abbiamo sugli eretici della legazione sono indirette e sparse. Pietro Manelfi, sacerdote della diocesi di
avvenuta pochi mesi dopo, per cura del papa Paolo II55. In parallelo, il pontefice e il suo successore Senigallia, raccontò di essere stato convinto in Ancona da Bernardino Ochino, nel 1541, che il papa era
Sisto IV concessero ai pellegrini importanti indulgenze tra il 1470 e il 1476. I doni di oggetti preziosi e l’Anticristo e che i riti romani erano diabolici; ma la sua successiva carriera avvenne lontano dalla sua

42 43
terra d’origine, e dopo di lui pochi nomi emergono66. Nel 1549 Michele Ghislieri avvertì il Sant’Uffi- 1
Cfr. il contratto di commissione del polit- 23

24
Zenobi 1979. 46

47
Moroni 1990, pp. 21-42 e 164-184.
tico, trascritto in F. Coltrinari 2009, p. 51. Appendice II 2005. Sul Farnese cfr. Fragni- Sanuto 1879-1902, 7, col. 547.
zio “che balle di libri infetti avevano raggiunto la città di San Ginesio”67, probabilmente procurati da 2
Farinelli 1999, p. 22. to 2014, pp. 98-107. 48
Cit. in Moroni 1990, p. 178.
3 25 49
Moroni 2012, p. 14. Zenobi 1978, p. 98. Coltrinari, Loreto, 2016, p. 32.
Matteo Gentili, di ritorno dai suoi studi pisani di medicina e filosofia; ma i processi ai Gentili sono 4 26 50
Braudel 1953, pp. 123, 127. Zenobi 1979, p. 116. F. Coltrinari 2009, pp. 53-56; Coltrinari,
molto posteriori nel tempo. A lungo, in realtà, furono soprattutto i convertiti ebrei a essere oggetto 5
Moroni 2012, p. 240. 27
Zenobi 1976, pp. 10-11. Loreto, 2016, p. 31.
6 28 51
Zenobi 1979, p. 37. Zenobi 1979, p. 24. Moltedo 1970, n. 13, pp. 814-843.
dell’attenzione dei pontefici e dei commissari dell’Inquisizione; nel 1553 il gesuita Nicolas Bobadilla 7
Firpo 2001. 29
Cfr. Gardi 2005, pp. 371-418. 52
Gotor 2008, 72, pp. 219-223; Criscuolo
fu inviato ad Ancona allo scopo di eliminare le copie esistenti in loco del Talmud, di cui organizzò un 8
Palombarini 1982, pp. 93-99; Palombarini 30
Cfr. Coltrinari, Loreto, 2016, p. 63, nota 18. 2009, pp. 463-538.
31 53
2011, p. 258. Cfr. su di lui la voce Massa 1960, 1, 1960, Niccoli 2011, p. 179.
grandioso rogo il 1° febbraio 1554. Come sappiamo, due anni dopo furono ventiquattro marrani a 9
Zenobi 1976, p. 19. pp. 101-102, e ancora la biografia di Costan- 54
Gotor 2013, pp. 90-97.
10 55
bruciare vivi ad Ancona. Moroni 2000, p. 56. tini 1891. Moroni 2005, p. 84.
11 32 56
Fava 1995, pp. 37-44; Anselmi 2001, pp. Ivi, p. 50. Moroni 2000, pp. 42-43.
Nello stesso 1554 Gaspare Dotti accettò l’oblazione di Lorenzo Lotto al santuario, forse come 35-36, 332-334 e passim. 33
Foa 1978, pp. 652-656. 57
Borraccini 2014, pp. 255-267.
12 34 58
Moroni 1990, p. 14. Cit. in Costantini 1891, p. 59. Zenobi 1979, pp. 38-40.
penitenza imposta per i suoi trascorsi, secondo la argomentata ipotesi di Massimo Firpo68, e Rodolfo 13
Troscé 1982, p. 38. 35
Cit. in Giacomini 2009, p. 167. 59
Moroni 2000, p. 56.
Pio chiamò a Loreto i gesuiti, ai quali venne anche concesso il privilegio di assolvere gli eretici “in 14
Moroni 1990, pp. 102-108; Anselmi 2001, 36
Lancillotti 1865, p. 387. 60
Ivi, p. 43.
37 61
p. 44; Palombarini 2011, p. 228. Moroni 2012, p. 274. Ivi, Appendice, p. 177.
foro conscientiae”. Il ruolo dei padri della Compagnia di Gesù nella Controriforma della legazione 15
Humfrey, in Lorenzo Lotto. Il genio inquieto 38
Lavenia 2015, p. 86. 62
de Montaigne 1956, p. 203.
divenne così determinante, contribuendo nei decenni successivi a definire Loreto come un baluardo 1998, p. 182. L’ipotesi che il paesaggio sulla 39
Delumeau 1970, n. 13, 1970, pp. 26-47. 63
Sul Pio e sulla sua attività nella Marca cfr.
40
sfondo evochi le colline marchigiane viene Mack 1998, pp. 59-67; Crivelli e l’arte tes- da ultimo Coltrinari, Loreto, 2016, pp. 23-29.
dell’ortodossia. Lo sforzo di trasformare la vita religiosa e i comportamenti quotidiani degli abitanti avanzata anche da Giovanni Valagussa nella sile 2010, e in particolare Mezzalupi 2010, 64
Firpo 2001, pp. 300-303; Coltrinari, L’ulti-
della zona emerge con ricchezza di particolari dalle lettere da essi inviate a Ignazio. Il 3 aprile 1555 scheda dedicata al quadro in Un maestro del pp. 81-95. mo committente, 2015, pp. 111-150.
41 65
Rinascimento 2013, p. 82. Annibaldi 1988, pp. 133-153; Moroni Sull’attività dell’Inquisizione nella Marca
Oliviero Manareo poté scrivergli con soddisfazione di essere stato con i compagni a predicare in 16
Sanuto 1879-1902, vol. 34, col. 206. 1988, pp. 154-168; Insabato 1988, pp. 169- cfr. Lavenia 2011, pp. 14-20 (www.giorna-
17
de Montaigne 1956, pp. 200-202. 191; Fioretti 2009, pp. 38-39; Rossi 2009, pp. ledistoria.net); Lavenia 2015; Lavenia 2018
diverse località della zona – al porto di Recanati, a Montefano, a Castelfidardo – e soprattutto di aver 18
Cit. in Moroni 1982, p. 163. 192-194. pp. 161-192.
impedito i consueti cortei carnevaleschi a Sirolo. 19
Cappelletti 1987, pp. 53-76 (e nello speci- 42
Sensi 1988, pp. 192-212. Cfr. anche Ca- 66
Lavenia 2015, pp. 97-98.
67
fico pp. 60-62). priotti 2016, pp. 286-287. Cit. ivi, p. 96.
20 43 68
Troscé 1982; Palombarini 1982, pp. 93-99; Cfr. Matthew 1998, pp. 29-39. Firpo 2001, pp. 305-306.
“Essendo tirato in costume d’andar ogn’anno il primo dì de quaresima huomini et donne al porto ballando, Moroni 2012, p. 21. 44
Cit. in Moroni 2012, p. 277 (in generale 69
Oliviero Manareo a Ignazio di Loyola, Lo-
21
sonando et cantando, et ivi anche far molte dissolutioni et in tal modo ritornar fin’alla chiesa, questo anno non Sullo sviluppo nella zona dell’allevamen- sullo sviluppo economico della città cfr. pp. reto, 3 aprile 1555, in Litterae quadrimestres
to dei bachi da seta cfr. Paciaroni 1987, pp. 130-145, 263-289 e passim). 1896, p. 323.
si è fatto, accorgendosi alchuni della festa che gli volevamo far, molto dissimile alla sua. La qual era di questo 45 70
9-17. Saracini 1675, p. 361, cit. in Palombarini Lo stesso allo stesso, Loreto, 23 aprile 1555,
modo, che quatro di nostri padri et fratelli già eran al porto, duoi in mezza strada, dui al principio, et nostro 22
Giacomini 2009, pp. 83-84. 2011, p. 140. ivi, p. 374.
predicatore con un atro appresso la piaccia del borgho per ricevergli con prediche, ribassi et essortationi;
onde alcune donne, le quali già eran uscite di casa, subito che vedettero M. Giovan Lorenzo farsi incontro, se
retirorno in casa, dicendo non vuoler a questo modo esser ribassate; et così tanto scandalosa dissolutione fu
per gratia de nostro Signore impedita.”69

Ben altri erano gli spettacoli graditi ai padri che Loreto poteva ormai offrire. Poche settimane
dopo la mancata “dissolutione” di Sirolo, la domenica in albis 21 aprile 1555 l’oblato Lorenzo Lotto
poté assistere alla scena esaltante dell’arrivo al santuario di Loreto di un gran numero di pellegrini – la
fonte dice “5 o 6 milia” – provenienti da Mantova, Cremona, Verona,

“che dà grandissima edificazione alli devoti, massime per lo fervore che si vede in loro; qui si grida ‘Jesus
Ma[ria]’, qui ‘misericordia’, qui si piange, si dice e si suspira ‘o madre d’Iddio! o madre d’Iddio!’; questi va
in genocchioni per tutta la chiesa una volta, quelli più volte, questi bascia la mura di dentro et di fuori della
casa santa”70.

Forse il vecchio pittore si era anch’egli mescolato a quei devoti. Avremmo voluto che ci avesse
lasciato una traccia dell’episodio – almeno uno schizzo.

44 45

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