Sei sulla pagina 1di 9

UNA CANZONE

Björk, Hyperballad
di Giulia Sarno

POST

«Whereas Debut was like the greatest hits of ten years, Post was like the last two years. For
me, all the songs on the album are like saying, “listen, this is how I'm doing”, and that's
why I called the record Post, because I always address my songs back in my head to Ice-
land in a letter. Because it was such a big jump for me to move away from all my relati-
ves, all my friends, everything I know».1
POST, secondo disco uscito a nome di Björk sul mercato internazionale, si presenta nel-
le parole dell’autrice come consuntivo di esperienze forti che cercano una via di comuni-
cazione, sismografo emotivo di una forma di vita spiazzata che ha bisogno di ancorarsi
alla scrittura per comprendersi e farsi comprendere. Che Björk abbia affidato le sue ri-
flessioni alla forma canzone invece che a quella epistolare, evocata tanto nel titolo quan-
to nella giacca-busta che l’autrice indossa in copertina,2 è tutto a nostro vantaggio. Undi-
ci tracce spedite nel mondo dunque, registrate tra il 1994 e il 1995 (l’album esce a giugno

1 Cfr. http://bjork.com/#/past/discography/post/. Björk Guðmundsdóttir, questo il suo nome completo, dopo una multi-
forme attività musicale coltivata sin dall’infanzia, lascia l’Islanda nel 1992 per trasferirsi a Londra e perseguire così una
carriera solistica che, iniziata con DEBUT nel 1993, ad oggi conta otto album ufficiali (l’ultimo, VULNICURA, è del
2015).
2La giacca è una creazione dello stilista Hussein Chalayan, «One of [Björk]’s first close fashion friends, who, like her,
had come to London as an immigrant. Together the pair would brainstorm. Post’s “Airmail” jacket, made of washable,
malleable synthetic paper, reflected her character’s embrace of a cosmopolitan urbanity» (K. BIESENBACH, “Intro-
duction”, in K. BIESENBACH, A. ROSS, Björk: Archives, Thames and Hudson Ltd, Londra, 2015). La foto di coperti-
na è invece opera del regista e fotografo parigino Stéphane Sednaoui, già a lavoro con Björk per il video del brano Big
Time Sensuality contenuta in DEBUT. Si vedano a questo proposito le immagini alla fine del capitolo.

!1
per One Little Indian ed Elektra) sotto l’egida del produttore Nellee Hooper, già parte
del collettivo Wild Bunch che nella Bristol degli anni Ottanta fece da calderone di incu-
bazione per il trip hop (compagni di Hooper in quel contesto erano i futuri componenti
dei Massive Attack e Tricky). Proprio per il lavoro su POST assieme a quello su PRO-
TECTION dei Massive Attack e BEDTIME STORIES di Madonna, Hooper si aggiudi-
ca il titolo di best producer ai Brit Awards del 1995. Accanto a Hooper, figurano come
produttori dell’album la stessa Björk, Tricky (che nello stesso anno debutta da solista con
MAXINQUAYE), e Graham Massey degli 808 State. Un peso notevole nell’economia
sonora dell’album rivestono inoltre il programming e le tastiere di Marius de Vries, già col-
laboratore di artisti del calibro di Annie Lennox, David Bowie, U2, Brian Eno.

Il caleidoscopio sonoro in cui l’ascoltatore di POST è immerso include, a fare da contral-


tare alle predominanti tinte electro e dance, l’impiego degli elementi dell’orchestra classica
in molti dei brani (arrangiamenti di Björk con il compositore brasiliano Eumir Deodato),
come pure non mancano una straniante puntata nei territori della strumentazione antica
(clavicembalo e dulcimer in Cover Me), un calco bigbandistico (la cover di It’s Oh So Quiet
dell’americana Betty Hutton, 1951),3 e una tendenza a sconfinare verso campi formali
altri dal pop (in particolare la liquida Headphones che chiude il disco). La voce di Björk,
cangiante e monolitica insieme, agisce da forza centripeta capace di compattare il tutto
attorno a sé, col risultato di rendere internamente coerente una tessitura che da un brano
all’altro si stravolge pressoché del tutto. La radice di questa configurazione risiede in un
approccio compositivo che assegna al canto una priorità logica e una qualità strutturante.
Nelle parole di Alex Ross, «the voice itself becomes the centre of gravity of the compo-
sition, the fount of the creative idea. To sing is to compose».4 Alieno da ogni preconcet-
to di genere, POST si presenta come un assembramento vibrante di suggestioni acusti-
che, tagliate chirurgicamente sulle singole composizioni: ogni brano sembra chiamare a
sé, con attrattiva magnetica, il sound che meglio ne esalta le risonanze, confondendo i
confini tra suono e forma.

Le tematiche dell’album sono per lo più legate, come accennato, alle esperienze di vita
dell’autrice. La scrittura dei testi registra le reazioni del soggetto ai sommovimenti dell’e-
sistenza, raccogliendo l’espressione del desiderio, i riflessi di un’etica individuale, le paure
e le affermazioni del sé, uno sguardo altamente individualizzato sul mondo. Emergono
orizzonti che saranno ricorrenti nella produzione di Björk, come il rapporto tra natura e
tecnologia (declinato in tono visionario in The Modern Things), e l’attrattiva irresistibile del
mondo, il sentimento e la lussuria, inquadrati nel conflitto tra un’etica tradizionale di du-
rata, sacrificio e costruzione e un’etica puramente soggettivistico-consumistica di godi-
mento puntuale (Enjoy, Possibly Maybe, ma anche Isobel). Entrambi questi aspetti hanno
una rilevanza nel brano al centro di questa analisi, seconda traccia dell’album, dal titolo
eloquente di Hyperballad.

3 A sua volta la canzone della Hutton è una rilettura di un brano tedesco del 1948 dal titolo Und jetzt ist es still, compo-
sto dall’austriaco Hans Lang con testo di Erich Meder, e interpretato dal cantante Horst Winter. La traduzione inglese è
di Berthold Reisfeld.
4 A. ROSS, “Beyond Delta: The Many Streams of Björk”, in K. Biesenbach, A. Ross, Björk: Archives, cit., p. 26.

!2
Hyperballad

Scritta da Björk con Nellee Hooper, anche co-produttore, e Marius De Vries, responsa-
bile di programming e tastiere, arricchita dagli archi arrangiati da Eumir Deodato, Hyperbal-
lad è il quarto singolo ricavato da POST, dopo Army Of Me, Isobel e It’s Oh So Quiet. Il
singolo, uscito nel febbraio del 1996 su CD, 12 pollici e cassetta, contiene diversi remix
del brano, tra cui certamente notevole è quello a cura di Howie B, in cui le registrazioni
vocali differiscono da quelle del brano originale, che ne esce autenticamente trasfigurato:
tenuta a bada l’enfasi drammatica, le linee melodiche che danzano sul groove stabile e cool
creato dal produttore sono quasi straniate dal contenuto lirico. Il risultato è più una rilet-
tura radicale che un semplice remix. Sulla copertina del singolo, uno scatto di Toby Mc-
Farlan Pond rielaborato dai grafici della Me Company, in cui il volto di Björk, gli occhi
serrati e un colorito livido, è circondato da forme digitali che rimandano a ciottoli ma-
dreperlacei che lo riflettono, deformandolo. L’artwork costituisce il primo di quegli espe-
rimenti visivi di fusione tra dimensione naturale e tecnologica che caratterizzeranno la
carriera di Björk e faranno da perfetto contraltare ai suoi esperimenti sonori. Ma allo
stesso tempo è anche un rimando al testo della canzone e alle «vivide giustapposizioni
tematiche fra amore e morte»5 che, come vedremo, lo caratterizzano.6 Il brano cambierà
di nuovo pelle alla fine dell’anno, quando viene pubblicato TELEGRAM, album che
contiene remix di nove brani di POST, e in cui Hyperballad è magistralmente reinterpreta-
ta in chiave cameristica dal Brodsky Quartet.
Hyperballad è, nelle parole di Elena Raugei, «semplicemente perfetta».7 Critica e pubblico
sono concordi nell’includerla nelle classifiche delle migliori canzoni dell’autrice islandese
(per citarne qualcuna, primo posto per Time Out,8 terzo per The Guardian,9 secondo nel
sondaggio dei fan che ha portato alla scelta della tracklist del GREATEST HITS del
2002).10 In cosa consista questa “perfezione” è ciò che queste pagine si propongono di
esplorare.

La struttura di Hyperballad è piuttosto semplice: si tratta di un brano che segue la comu-


nissima forma fissa strofa-ritornello, arricchendola di una brevissima introduzione (intro),
in cui è presentato il riff principale della strofa, e di una coda basata sul materiale musica-

5E. RAUGEI, Björk, la “precog dei ghiacci”, in «Mucchio/Extra», supplemento al n. 636/637 (luglio/agosto 2007) de Il
Mucchio Selvaggio, p. 30.
6 Analoghi sono i riferimenti figurativi utilizzati dal regista Michel Gondry nel video che accompagna il singolo: da un
lato la sovrapposizione di elementi naturali e tecnologici (un paesaggio montuoso su cui si stagliano in sovrimpressione
rielaborazioni digitali di scenari metropolitani), dall’altro la visione del volto immobile di Björk, incastonato nel suolo.
7 E. RAUGEI, “Björk, la precog dei ghiacci” cit., p. 30.
8 http://www.timeout.com/chicago/music/the-11-best-bjork-songs-ever.
9 http://www.theguardian.com/music/musicblog/2014/mar/26/10-of-the-best-bjork.
10Frutto di due sondaggi congiunti che hanno mostrato qualche incongruenza, la tracklist del GREATEST HITS riporta
Hyperballad al numero 2, superata da All Is Full Of Love. La vicenda è riassunta su Wikipedia [https://en.wikipedia.org/
wiki/Greatest_Hits_(Björk_album)], mentre la comunicazione ufficiale relativa ai sondaggi si trova qui: https://web.ar-
chive.org/web/20071119003634/http://unit.bjork.com/specials/gh/index.htm.

!3
le del ritornello. Per visualizzare questa struttura, prendiamo a prestito il modello grafico
elaborato da Franco Fabbri11, adattato alle nostre esigenze.

L’immagine riporta lo svolgimento del brano come una serie di blocchi, differenziati gra-
ficamente da un diverso riempimento, che si succedono sulla linea del tempo. Per ogni
blocco è segnato, in alto, il numero della battuta di inizio. I blocchi colorati in modo uni-
forme rappresentano parti strumentali, mentre i pattern (righe oblique e quadratini) indi-
cano le parti cantate. Sulla base del materiale musicale utilizzato, possiamo raggruppare i
singoli blocchi in due macro-sezioni, che chiamiamo per comodità S e R. In quest’ottica,
S non rappresenta esclusivamente la strofa cantata, ma tutte quelle parti basate sul mate-
riale musicale della strofa (dunque anche l’intro e la strofa strumentale). Allo stesso
modo, R non identifica solo il ritornello, ma anche la coda del ritornello e la coda del
brano. Graficamente, questa distinzione è resa attraverso l’utilizzo di due diverse nuances
di grigio, chiaro (uniforme e con pattern a righe oblique) e scuro (con o senza
quadratini).
Oltre a ovvie differenze in termini melodici, ciò che distingue in modo cruciale le due
sezioni S e R è una diversa organizzazione sintattica del materiale musicale, che in S si
distribuisce a gruppi di 3 battute di 4/4, mentre in R si regolarizza sulle canoniche 4 bat-
11F. FABBRI, “Forme e modelli delle canzoni dei Beatles” in Il suono in cui viviamo, Feltrinelli, Milano, 1996, p.
53-79.

!4
tute. La cellula base di S è infatti un riff di basso formato da tre note tenute in scala di-
scendente (Mib-Re-Do), che coprono ognuna una misura. Sostenuto da un pedale di ar-
chi sull’accordo di Fa quarta (quinto grado di Si bemolle, tonalità chiave di tutto il
brano), il riff viene esposto per la prima volta nell’intro, e si ripete invariato per quasi tutta
la durata di S (vedremo a breve l’importanza di questo “quasi”). L’articolazione in gruppi
di 3 battute è confermata dall’ingresso del drumming, che avviene dopo 6 battute. Eppure
la configurazione del pattern della batteria, che reitera lo stesso modulo metro-ritmico di
misura in misura, ignora il raggruppamento in tre (nessun accento particolare a segnare
la scansione di tre in tre), producendo un effetto di spiazzamento. Basta poco per perde-
re la cognizione esatta della struttura, e il risultato è che l’ingresso della voce risulta im-
prevedibile. A rafforzare il senso di spiazzamento, la linea melodica si imprime sulla
struttura con grande fluidità, con continui spostamenti di accento dal beat all’off-beat che
rendono estremamente vitale la strofa cantata. Allo stesso modo, la tastiera introdotta a
b. 21, che fa da controcanto alla voce, e la sequenza che, a partire da b. 27, oscilla tra il
canale destro e quello sinistro (panning), producono movimenti ondivaghi. Se però guar-
diamo da un lato agli ingressi dei vari strumenti, e dall’altro alla disposizione dei versi
nella struttura musicale, notiamo un principio di regolarità che conferma nuovamente il
modulo base già messo in evidenza. Tutto è calibrato secondo questa logica ternaria. In
particolare, ogni frase di senso compiuto copre due giri di tre battute:

b. 15-20 | We live on a mountain right at the top


b. 21-26 | There’s a beautiful view from the top of the mountain [ingresso tastiera]
b. 27-32 | Every morning I walk towards the edge and throw little things off [ingresso sequenza]
b. 33-38 | Like: car-parts, bottles and cutlery or whatever I find lying around

A questo punto del brano, troviamo un verso che rappresenta la chiave del passaggio da
S a R. Alla fine della b. 38, il riff di basso significativamente si ferma, lasciando spazio a
un gruppo di quattro battute che preannuncia già la struttura sintattica del ritornello. Tre
di queste battute (39-41) sono occupate da un verso che conclude il ragionamento della
strofa, e la cui melodia non si distanzia sostanzialmente da quella dei versi precedenti. La
quarta battuta “aggiunta” fa invece da lancio per la nuova sezione (R).

b. 39-42 | It’s become a habit a way to start the day —— [I go…]

L’introduzione anticipata del modulo sintattico a 4 battute fa sì che questo verso, pur
appartenendo logicamente e melodicamente alla strofa, sia già strutturalmente altro, co-
stituendo un vero e proprio ponte tra i due mondi di S e R.12 Un passaggio di grande ef-
ficacia, sottolineato timbricamente dal ritorno dell’accordo di archi che avevamo ascolta-
to nell’intro (o meglio, da una sua breve eco) e da una leggera rullata di batteria sulla
quarta battuta (b. 42). A rendere ancora più fluido il passaggio, le prime note della linea
vocale del ritornello si collocano proprio sulla seconda metà della b. 42, in anacrusi ri-

12 Questo statuto per così dire “anfibio” dell’ultimo verso è confermato dalla disposizione del testo nel sito ufficiale di
Björk, in cui si trova isolato da due righi vuoti tra la strofa e il ritornello. Cfr. http://bjork.com/#/past/discography/post/
track2/lyrics2.

!5
spetto all’inizio strutturale del ritornello stesso, dando un senso di continuità alle due se-
zioni.
Arrivati al ritornello, la distribuzione sintattica su 4 battute contribuisce a produrre una
sensazione di approdo nell’ascoltatore, dopo gli spiazzamenti propri della strofa.13 Il
nuovo riff di basso è ora costruito su quattro note di una misura ciascuna (Mib-Fa-Sol-Fa
si alterna a Mib-Fa-Sol-Sib), mentre la linea melodica della voce, che sulla strofa sembra-
va vagare muovendosi tra il quarto e il quinto grado della scala di Sib, trova ripetizioni
più frequenti, salti più ampi e un andamento affermativo di grande coinvolgimento, pur
senza risolvere mai del tutto. Nonostante la ritmica degli elementi percussivi rimanga so-
stanzialmente invariata, si produce un effetto di conquistata stabilità, raggiunto anche at-
traverso la sovrapposizione di un sequencer in ottavi. Lo stesso sequencer è responsabile del-
la fluidità del passaggio dal R a S a b. 59: continuando a suonare sulla strofa strumentale,
stabilisce un forte legame tra le due sezioni.
In modo analogo alla prima è costruita la seconda strofa,14 introdotta come in preceden-
za da 6 battute strumentali. La dinamica del lancio al ritornello è leggermente diversa:
non c’è più la rullata sulla quarta battuta, ma si passa senza soluzione di continuità ad un
nuovo modulo ritmico, caratterizzato dall’uniforme accentazione dei 4 tempi della battu-
ta, quella che nella terminologia della musica dance è conosciuta come “cassa dritta”. L’ef-
fetto è decisamente propulsivo. Il brano vira improvvisamente verso atmosfere inattese,
tipicamente house, acquisendo una prospettiva ballabile che non abbandonerà fin quasi
alla conclusione. È qui, a mio avviso, che la ballad si fa hyper, in questo sconfinamento sti-
listico che trasfigura il brano, nel potenziamento emotivo generato dal serrarsi del beat. È
a questo punto che la confessione privata si fa esperienza condivisa, inno da ballare in-
sieme e cantare in coro. Ad occupare questa seconda metà della durata complessiva, tro-
viamo tre ripetizioni del ritornello, cui segue un blocco di sedici battute (qui indicata
come coda del ritornello) giocato sulla ripetizione a canone dell’ultimo verso cantato (“Safe
up here with you"), e infine una lunga coda, che può anche essere descritta come una se-
rie di ritornelli strumentali. Notevole nell’economia sonora complessiva di questa parte,
a fronte di una stabilità armonico-melodica di base, è la grande varietà del livello timbri-
co e dinamico prodotta da un sapiente alternarsi di ispessimenti e svuotamenti, che por-
tano fino ad una conclusione lirica sui soli archi in rallentando.

La dialettica di spiazzamento/approdo che forma Hyperballad a livello strettamente musi-


cale trova una specularità nel contenuto lirico del brano, e nella distribuzione di questo
all’interno della struttura.

13 Al senso di spiazzamento contribuisce anche una configurazione armonico-melodica che rifugge costantemente dal-
l’affermazione della tonalità e si gioca piuttosto su procedimenti di stampo modale, che non analizzeremo per brevità.
14 Questa la divisione in moduli da 6 battute:
b. 65-70 |It’s early morning, no-one is awake
b. 71-76 | I’m back at my cliff, still throwing things off
b. 77-82 | I listen to the sounds the make on their way down, I follow with my eyes ’til they crash
b. 83-88 | I imagine what my body would sound like slamming against those rocks

b. 89-92 | And when it lands will my eyes be closed or open? —— [I go…]

!6
Nella prima strofa, la voce di Björk descrive, con uno stile piano e disteso, una pratica
quotidiana piuttosto enigmatica: vivendo sul picco di una montagna, dice, ha sviluppato
l’abitudine di cominciare la giornata lanciando giù oltre il precipizio piccoli oggetti che si
trova casualmente a portata di mano: componenti di automobili, bottiglie, posate. Di
questo comportamento bizzarro il primo ritornello dà una spiegazione, o almeno quello
che logicamente sembra una spiegazione: fare queste cose di primo mattino, prima che il
compagno si svegli, la fa sentire più felice di trovarsi lì al sicuro con lui.

I go through all this before you wake up


So I can feel happier to be safe up here with you

Apparentemente niente di più lineare: la descrizione di un’azione enigmatica, e relativo


senso di spiazzamento, è seguita dalla rivelazione del motivo per cui si compie questa
azione, con effetto di approdo. Però riflettiamo bene: in che modo esattamente lanciare
oggetti dal picco di una montagna può far sentire il soggetto più felice di trovarsi al sicu-
ro con il proprio partner? Non siamo certo davanti a una logica ferrea di causa ed effet-
to, e le perplessità sono legittime. Sarà il resto del brano a scioglierle.
Nella seconda strofa torniamo alla descrizione della situazione già delineata nella prima:
Björk è di nuovo sull’orlo del precipizio, a lanciare oggetti. Ora però la descrizione va
oltre, perché il soggetto si trova ad ascoltare il suono che gli oggetti fanno nel cadere, li
segue con gli occhi fino a quando non si schiantano al suolo, immaginando che lo stesso
accada al suo corpo, lanciato nel vuoto: che suono produrrebbe sbattendo contro le roc-
ce? E all’atterraggio, gli occhi saranno chiusi o aperti? Sottolineato dall’ingresso della
“cassa dritta”, si produce a questo punto lo snodo cruciale del senso del brano. Le parole
del secondo ritornello, identiche a quelle del primo, acquisiscono un significato molto
più pregnante: assaporare in una fantasia di suicidio la precarietà di ciò che si possiede
permette al soggetto di ritornare alla sicurezza del quotidiano con sollievo e gioia. Tra-
sferendo sugli oggetti scagliati un desiderio di evasione, che è poi una vera e propria pul-
sione di morte, il soggetto se ne libera e può tornare confortato alla sua vita, che ne ri-
sulta valorizzata. Se si trattasse di una favola di Esopo, o di una canzone di Joni Mit-
chell15, la morale conclusiva suonerebbe: si riconosce il valore di ciò che si ha solo quan-
do lo si perde. Ribaltando il fatalismo di questa prospettiva, Björk ci dice che per ricono-
scere il valore di ciò che abbiamo possiamo semplicemente immaginare di perderlo,
creando uno scenario fantastico in cui il peggio è già avvenuto. Si delinea così una sorta
di strategia di sopravvivenza, un trucco per rivitalizzare un rapporto sentimentale ormai
consolidato, la cui stabilità è messa a repentaglio dagli impulsi autodistruttivi che alber-
gano dentro di noi, simboleggiati dal precipizio. Questa interpretazione è suffragata dalle
dichiarazioni della stessa autrice,16 che cita un articolo scientifico in cui la durata dell’at-
trazione chimica tra due esseri umani è quantificata in tre anni, trascorsi i quali mantene-
re in vita un amore significa fare scelte consapevoli e mettere in atto sforzi coscienti, cer-

15“Don’t it always seem to go that you don’t know what you’ve got ‘till it’s gone” canta la Mitchell in Big Yellow Taxi
(LADIES OF THE CANYON, 1970).
16Cfr. l’intervista rilasciata a Natalie Curtis nel gennaio del 1996, trascritta e riportata su http://www.bjork.fr/Feedback-
1996.

!7
cando di isolare e controllare le parti di sé che tenderebbero alla distruzione. Il lancio
degli oggetti è dunque una forma di esorcismo, di autoterapia che permette agli impulsi
negativi di manifestarsi in una zona franca, individuale - non a caso il rituale avviene “be-
fore you wake up” - senza compromettere il rapporto. Come dire, siamo sempre a ri-
schio di spiazzamenti, l’importante è trovare il modo di non perdere di vista l’approdo.
Tutto sommato, l’argomento centrale di Hyperballad è il tentativo di conciliazione tra le
tendenze centrifughe che ci abitano, generate dall’etica soggettivistico-narcisistica propria
della contemporaneità, e la volontà di ancorarsi alla solidità di un rapporto sentimentale
duraturo, rispondente ai canoni di un diverso modello etico, più antico, che prevede sa-
crificio, sforzo, limitazione. La convivenza, a livello musicale, di spinte di segno opposto,
in una danza di spiazzamenti e approdi, è il segno acustico di questa ricerca.

POST album cover


Fotografia di Stéphane Sednaoui
Elaborazione grafica Me Company

Hyperballad single cover


Fotografia di Toby McFarlan Pond
Elaborazione grafica Me Company

!8
BIBLIOGRAFIA:

K. BIESENBACH, A. ROSS, Björk: Archives, Thames and Hudson Ltd, Londra, 2015.
F. FABBRI, Il suono in cui viviamo, Feltrinelli, Milano, 1996.
C. LASCH, The Culture of Narcissism: American Life in an Age of Diminishing Expectations,
Norton, New York, 1979; trad. it. La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano, 1981.
E. RAUGEI, “Björk, la precog dei ghiacci”, in «Mucchio/Extra», supplemento al n.
636/637 (luglio/agosto 2007) de Il Mucchio Selvaggio.

GIULIA SARNO.
Laureata in Critica letteraria e letterature comparate a Siena con una tesi sui rapporti tra
poesia e canzone, impegnata attualmente in un corso magistrale in Scienze dello Spetta-
colo - Musicologia all’Università di Firenze, collabora con il centro Tempo Reale ed è
coinvolta nel progetto di didattica dell’ascolto “Invito alla Musica” dell’Orchestra della
Toscana. Coniuga l'attività accademica con la progettazione di eventi musicali e con la
carriera artistica: come singer-songwriter del progetto UNEPASSANTE ha all'attivo
tre produzioni discografiche.

!9

Potrebbero piacerti anche