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50 anni di “A Whiter Shade

of Pale”: storia di un brano


e di una band che hanno
fatto sognare la beat
generation
Giuseppe Rao 12/11/2017

L'autore dei testi della band inglese "Procol Harum" Keith Reid con l'ex manager del gruppo Tony
Secunda
È il 1967: in un mondo in pieno fermento la musica rock riesce a dare voce alla
voglia dei giovani di promuovere il cambiamento, la modernizzazione e la
giustizia sociale. La band inglese Procol Harum pubblica il primo 45 giri, “A
Whiter Shade of Pale”, che entrerà nella leggenda, lasciando un segno
musicale indelebile sia sulla beat generation che sulle generazioni successive.
Tutti abbiamo ballato – e magari sognato un nuovo amore – sulle note di “A
Whiter Shade of Pale”, il “lento” che tutte le cover band hanno intonato e di cui
sono state incise centinaia di interpretazioni (da noi Mogol e i Dik Dik la
trasformarono in “Senza Luce”).
I grandi gruppi rock si caratterizzano per il tratto inconfondibile del loro sound,
del loro stile e, molto spesso, per il timbro vocale del loro cantante. Nel caso dei
Procol Harum siamo di fronte ad una band che ha come nucleo centrale il
lavoro di Gary Brooker, tastierista, compositore e vocalist, e di Keith Reid,
autore dei testi.

Gary Brooker – CARL DE SOUZA/AFP/Getty Images

Gary Brooker nasce nei sobborghi di Londra il 29 maggio 1945. Il padre


musicista gli trasmette l’amore per la musica; sin da piccolo studia pianoforte,
cornetta e trombone. Nel 1962, a soli 17 anni, fonda i Paramount, gruppo
Rhythm and Blues. Il giovane tastierista non è soddisfatto, intuisce che
profonde mutazioni e nuove sonorità stanno sopraggiungendo nella musica
giovanile, in quel momento egemonizzata dai Beatles, dai Rolling Stones,
dai Beach Boys.
Keith Reid – The Hollywood Archive / AGF

Nel 1966 Gary Brooker incontra Keith Reid, di un anno più giovane, che ha
abbandonato gli studi per dedicarsi alla scrittura di testi per la musica rock.
Nascono i Procol Harum: Gary Brooker compone le musiche, alternandosi
talvolta con l’organista Matthew Fisher, che nel 2006 sarà riconosciuto come
co-autore di “A Whiter Shade of Pale”, e al chitarrista Robin Trower; Keith
Reid impreziosisce i suoni con le proprie narrazioni.
Bobby Harrison, Gary Brooker, Matthew Fisher, Ray Royer e Dave Knight della band
Procol Harum – The Hollywood Archive / AGF

I Procol Harum – assieme a The Moody Blues e The Nice– sono i precursori
del rock sinfonico, il genere colto che ricerca la contaminazione con la musica
classica. La melodia di “A Whiter Shade of Pale” – è scritto sul prezioso sito
“John’s Classic Rock” – ha tre riferimenti principali: “l’Aria sulla quarta corda”
di Johann Sebastian Bach, a cui era ispirata l’intro di Hammond M 102 di
Metthew Fisher; la cantata BWW 140 “Wachet auf, ruft uns die Stimme”,
sempre del compositore di Eisenach; e infine, la hit del 1966 di Percy
Sledge “When a man loves a woman”, che influenza la scrittura del groove
dell’inciso.
Percy Sledge – Evan Agostini/Getty Images

Keith Reid si immerge nei film dell’avanguardia francese (Jean Luc


Godard) e nel surrealismo di René Magritte e Salvador Dalí. Il testo di “A
Whiter Shade of Pale” è evocativo, onirico, visionario e costituisce ancora oggi
materia di dibattito – tenuto conto che potrebbe essere stato concepito in un
momento di non completa sobrietà dell’autore. Keith Reid intende raccontare la
storia di una giovane che lascia il suo ragazzo e gli stati d’animo che ne
derivano per entrambi (“She said, ‘There is no reason / And the truth is plain to
see’”). Con le parole, l’autore, propone scene di un film costruito nella forma di
puzzle.
La band Procol Harum – Wikipedia

Il titolo – non traducibile in italiano (“Un bianco immacolato?”) – si riferirebbe


ad una frase ascoltata durante una festa: un giovane, rivolgendosi ad una donna,
esclama: “You’ve turned a whiter shade of pale”.

Tutti abbiamo tentato di intonare l’inizio del brano “We skipped the light
Fandango”, senza sapere che Fandango (probabilmente) non è riferito alla
danza spagnola, bensì al nome di un locale.

Keith Reid cerca illuminazione nella letteratura. La parte in cui si narra del
mugnaio (“As the miller told his tale”) sembra essere ispirata – anche se
l’autore afferma che essa è frutto della propria immaginazione – a “Il prologo e
il racconto del mugnaio” (“The Miller’s Prologue and Tale”), la seconda storia
degli incompiuti “Racconti di Canterbury” di Geoffrey Chaucer (1343-
1400), in cui un mugnaio ubriaco racconta la storia del tradimento di un
falegname da parte della giovane moglie.

Un altro riferimento ai classici – sottolineato dal blogger Fabio Mauri – è quello


delle “sixteen vestal virgins”. Le vestali, nell’antica Roma, erano sacerdotesse
consacrate al culto della dea Vesta, la cui istituzione è spesso attribuita a
Romolo, primo re di Roma. I loro compiti principali erano quelli di tenere
sempre acceso il Sacro Fuoco della stessa dea, simbolo dello spirito di Roma, e
di preparare la “mola salsa”, una focaccia che veniva offerta agli dei nelle
cerimonie solenni. Godevano di maggiori diritti delle altre donne e le uniche
colpe per le quali potevano essere punite erano l’estinzione del Fuoco Sacro o
la perdita della verginità. Il numero sedici nella canzone è probabilmente
dovuto ad una questione fonetica: le vestali romane erano infatti inizialmente
tre, successivamente diventate sei.

In Italia la musica dei Procol Harum è legata ad “Avventura” il programma


della “TV dei ragazzi” che per un decennio a partire dalla seconda metà degli
anni ’60, ha trasmesso documentari sulla natura o sulle imprese di esplorazione
in luoghi impervi o sconosciuti, alla ricerca di culture e popoli lontani e diversi.
Come molti ricorderanno, il programma era curato e condotto da Bruno
Modugno. La sigla di chiusura era – scelta non casuale dal momento che il
programma voleva stimolare nei giovani il senso dell’avventura – la magica “A
Salty Dog”, un brano con bellissimi arrangiamenti per archi e un interludio
ispirato a Fryderyk Chopin, che inizia con il rumore del mare ed i versi dei
gabbiani. Il testo evoca i racconti di un “lupo di mare”, un vecchio capitano che
ha doppiato Capo Horn innumerevoli volte, ed esprime il senso dell’ignoto e
del dolore provocato dal mare (da non perdere, su YouTube, la versione live
con Orchestra e Coro del 2006 in Danimarca).

I Procol Harum hanno deciso di festeggiare i 50 anni di “A Whiter Shade of


Pale” con un tour europeo, che in Italia ha raggiunto Pordenone, Milano e
Roma. Per l’occasione la band ha inciso un nuovo album, “Novum”, il primo
senza i testi di Keith Reid (sostituito da Pete Brown, ex paroliere dei Cream). Il
concerto percorre i diversi generi in cui si è espressa la musica del Procol
Harum: Blues Rock, Rock & Roll, Rock Psichedelico, Rock Progressivo, Rock
Sinfonico e Art Rock.

Pete Brown – Shu Tomioka/Wikipedia

La qualità musicale della band è eccellente. Il timbro inconfondibile della voce


di Gary Brooker è rimasto intatto. Il leader della band è capace di intrattenere il
pubblico con quella verve ironica di cui solo gli inglesi di una certa età, colti e
disincantati, sono capaci.

Così, nel presentare “Sunday Morning” – brano ispirato al famoso “Canone e


giga in re maggiore” di Johann Pachelbel, con un testo che racconta la
difficile vita di un operaio (“Always hope the weekend never ends / Work
keeps stealing my best days”) – Gary Brooker ricorda che la domenica mattina
è il giorno in cui molti vanno a messa e molti altri cercano di riprendersi dalle
abbondanti bevute del weekend.

Il brano “Business Man” è dedicato all’ipocrisia di taluni uomini d’affari, che


frequentano la chiesa, si presentano come custodi dei valori della famiglia e
contestualmente si dedicano a traffici poco limpidi (“Longing for that glory day
– When futures turn to gold” e, più avanti, “He’s financing such dark things”).

Poi la memoria corre ai vecchi tempi, in cui: “viaggiavamo con jet privati e in
limousine, ci trattavano con caviale e champagne, mentre questa sera siamo
arrivati in pullman, ci hanno offerto cibo semplice e vino Frascati”.

L’apoteosi finale, e non poteva essere altrimenti, è per “A Whiter Shade of


Pale”: le note suonate con l’organo Hammond trasmettono brividi che
percorrono la spina dorsale e giungono al cervello dei tanti appassionati
presenti.

La storia del rock, a partire dagli anni ’60, è stata contrassegnata da


giovanissimi autori che hanno creato band divenute immortali grazie alla
qualità della musica e dei testi. Molti di quegli artisti – a distanza di 50 anni –
continuano a pubblicare nuovi lavori e si esibiscono in concerti dal vivo che
riempiono il bisogno di recupero della memoria e di emozioni di intere
generazioni. Sono queste le ragioni per cui il viaggio dei Procol Harum è
destinato a non finire mai. Un viaggio che commuove, entusiasma, restituisce
l’energia e l’identità poetica e critica a cui non vogliamo rinunciare.

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