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Penale Sent. Sez. 4 Num.

47015 Anno 2022


Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: SERRAO EUGENIA
Data Udienza: 22/11/2022

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


SENTENZA

sui ricorsi proposti da:


MARICONDA GENEROSO nato a SERINO il 02/11/1963
OLIVA GAETANO nato a BOLZANO il 24/08/1970

avverso la sentenza del 12/01/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l'inammissibilità dei
ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, ha


confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Avellino, il 4 marzo 2019,
aveva dichiarato Mariconda Generoso e Oliva Gaetano responsabili del reato
previsto dagli artt.113, 43 e 590, commi 2 e 3, cod. pen. in relazione all'art.
583, comma 1 n.1, cod. pen. perché, il Mariconda quale datore di lavoro e l'Oliva
in qualità di coordinatore per la sicurezza dei lavori presso il cantiere edile sito in
Santa Lucia di Serino, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia
nonché in violazione della normativa antinfortunistica, avevano cagionato a

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Russo Carmine, incaricato di provvedere al lavori di muratura e ristrutturazione
dell'edificio, lesioni personali gravi, consistite in politrauma, frattura femore

sinistro, gomito sinistro, lesione splenica i determinanti un'incapacità ad attendere


alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni e una malattia in
corso di valutazione in occasione dell'attività alla quale era stato adibito in
quanto, mentre si apprestava a svolgere lavori di muratura e di ristrutturazione
all'esterno del fabbricato, servendosi di un ponteggio privo delle protezioni
richieste dalla normativa antinfortunistica, era caduto dallo stesso ponteggio
precipitando al suolo in Santa Lucia di Serino il 7 marzo 2016.

2. Le norme cautelari che secondo l'accusa, erano state violate erano, in


particolare, per il datore di lavoro l'art.122 d. Igs. 9 ottobre 2008, n.81, non
avendo provveduto per lavori in quota ad adottare adeguati impalcatura o
ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte a eliminare i
pericoli di caduta di persone o cose, e per il coordinatore per la sicurezza l'art.92
d. Igs. n.81/2008 per non aver provveduto a verificare con opportune azioni di
coordinamento e controllo l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle
disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e coordinamento e la
corretta applicazione delle relative procedure di lavoro ; nonché a verificare
l'idoneità del piano operativo direttamente riscontrato.

3. La situazione di fatto è stata così descritta nella sentenza impugnata: la


comunicazione di notizia di reato redatta dai Carabinieri e il verbale di
contestazione palesavano l'inadeguatezza del ponteggio in quanto difforme da
quanto stabilito dall'art.122 All. XVIII punti 2, 3.1, 3.2 e 3.3 per assenza di
tavole fermapiede e di parapetti adeguati; l'assenza di tali presidi era visibile
nelle fotografie acquisite, riconosciute anche dal consulente tecnico della difesa
come corrispondenti al cantiere; la prova dichiarativa resa dal progettista,
secondo il quale l'impalcato era provvisto di tavole fermapiede e barre parapetto,

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contrastava con quanto riferito dal medesimo teste a proposito della
corrispondenza delle fotografie alla situazione del cantiere in cui si era verificato
l'infortunio ed era poco credibile anche perché nel suo progetto mancava
qualsiasi riferimento alle cautele prescritte per i ponteggi dai ricordati punti 2,
3.1, 3.2, 3.3.
3.1. La Corte ha ritenuto irregolare e palesemente pericoloso il ponteggio,
tanto da rendere irrilevante la circostanza che il datore di lavoro fosse meno
presente sul posto, essendosi invece affermato che il lavoratore infortunato fosse
stato soccorso da persona diversa dal Mariconda il quale, peraltro,
nell'immediatezza si era attivato per regolarizzare la posizione del lavoratore,

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che risultava assunto proprio il 7 marzo 2016 alle ore 16:48, dunque dopo
l'incidente, seppure con decorrenza retroattiva.
3.2. I giudici di merito hanno considerato irrilevante accertare la causa della
caduta una volta acclarato che il ponteggio era privo dei necessari presidi atti a
scongiurarla, e hanno sottolineato la credibilità della persona offesa. Il lavoratore
aveva riferito che, mentre scendeva dal ponteggio, si era appoggiato a uno dei
tubi trasversali della balaustra fissato solo con del fil di ferro; il tubo si era
staccato e, cedendo, aveva causato la caduta. Dalle fotografie in atti era visibile
l'assoluta inadeguatezza del ponteggio, privo di tavole fermapiede e protetto
dalle cadute laterali con semplici tubi metallici montati in parallelo rispetto al
piano di calpestio. La circostanza che tali tubi fossero fissati tra loro con semplice
fil di ferro non aveva trovato smentita e, per altro verso, ove l'impalcato fosse
stato a norma, con tavole fermapiede e adeguati parapetti, il lavoratore non
sarebbe caduto. Il comportamento del datore di lavoro, che accortosi del sinistro
si era subito allontanato dal luogo dove giaceva l'operaio, non consentiva di
escludere che il Mariconda avesse anche alterato lo stato dei luoghi, anche
perché i Carabinieri erano giunti circa 15 minuti dopo la chiamata e l'imputato
non aveva partecipato al processo nè aveva rappresentato specifiche ragioni che
avrebbero indotto il lavoratore a mentire o calunniare gli imputati.
3.3. In ogni caso, la Corte ha attribuito rilievo centrale alle carenze
strutturali del ponteggio, sottolineando anche come non vi fosse però prova che
il lavoratore indossasse una cintura di sicurezza o un'imbragatura, da
considerare in ogni caso come presidio sussidiario o complementare.
3.4, Con riguardo alla posizione del coordinatore per la sicurezza, la Corte
ha sottolineato come l'Oliva fosse anche direttore dei lavori e progettista in base
alla scheda di cantiere acquisita e ha richiamato i principi elaborati dalla
giurisprudenza in merito ai compiti di vigilanza gravanti su tale figura
professionale, sia in relazione alla corretta osservanza delle prescrizioni del piano
di sicurezza da parte delle imprese, sia in relazione alla scrupolosa applicazione

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delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori, nonché in relazione
all'adeguamento del piano di sicurezza all'evoluzione dei lavori con obbligo di

sospensione delle singole lavorazioni in caso di pericolo grave e imminente. Il


tempo necessario a montare il ponteggio, secondo i giudici di merito, era stato
tale da consentire al coordinatore di rilevarne le irregolarità, peraltro segnalate
dalla stessa vittima al datore di lavoro. La evidenza e pluralità delle violazioni
rendeva inverosimile che il coordinatore non le avesse notate, dovendosi ritenere
altrimenti gravemente negligente il fatto che non si fosse recato in cantiere per i
prescritti controlli. Pur non essendo esigibile da tale figura professionale l'obbligo
di essere costantemente presente in cantiere, anche una presenza periodica e

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uno scrupoloso controllo dello sviluppo delle opere, segnatamente di ciascuna
fase dell'elevazione del ponteggio, gli avrebbe consentito di vigilare sull'effettiva
realizzazione delle misure di sicurezza. A seguito della diffida che lo stesso Oliva
aveva inviato il 3 marzo 2016, avrebbe dovuto sospendere i lavori fino alla
regolarizzazione della situazione.

4. Generoso Mariconda propone ricorso per cassazione censurando la


sentenza impugnata, con un primo motivo, per insussistenza del fatto, violazione
dell'art. 533 e dell'art. 192 cod. proc. pen., omessa motivazione sulla rilevanza
delle altre deposizioni testimoniali e dei documenti, motivazione illogica e
contraddittoria, travisamento della prova. Lamenta che la Corte di appello,
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condividendo quanto asserito dal Tribunale, 'N attribuito rilevanza probatoria a
sostegno della responsabilità del datore di lavoro alla relazione dei Carabinieri, al
verbale di contestazione dell'Ispettorato del lavoro e alla personale percezione
delle fotografie acquisite, trascurando che la difesa aveva depositato la prova
scientifica redatta dall'ing. Carovello, consulente di parte, che aveva evidenziato
come il ponteggio fosse perfettamente conforme alla normativa vigente in
relazione alle caratteristiche del cantiere. I ponteggi, secondo quanto indicato dal
consulente, dovevano essere utilizzati solo in funzione di sicurezza per i lavori in
quota e non per lo stoccaggio di materiali su impalcati; lo stesso consulente
aveva verificato la rispondenza di quanto riportato nei calcoli strutturali rispetto
ai materiali utilizzati e alla posa in opera degli stessi per un corretto
funzionamento statico del complesso, nel rispetto di quanto riportato nei libretti
matricolari dei ponteggi, in linea con l'uso di manutenzione di edificio di modesta
entità e con un numero di ancoraggi sovrabbondante rispetto a quanto previsto
dalle prescrizioni minime riferibili all'Ali. XVIII del T.U. n.81/2008. Gli elementi
costituenti il ponteggio avevano carico di sicurezza come da autorizzazione
ministeriale, l'estremità inferiore dei montanti era sostenuta da piastra di base di
adeguate dimensioni, corredata da elementi di ripartizione del carico trasmesso

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dai montanti con dimensioni e caratteristiche adeguate, la piastrella era

corredata di un dispositivo di collegamento col montante a regolare il centraggio


del carico su di essa, i ponteggi erano controventati opportunamente sia in senso

longitudinale che trasversale, le ganasce non erano a contatto dalla parte del
bullone, le parti costituenti il giunto di collegamento erano unite fra di loro
permanentemente e solidamente in modo da evitarne l'accidentale distacco,
corretti erano i piedi dei cavalletti che poggiavano sul piano stabile ben livellato e
la larghezza dell'impalcato non era inferiore a cm.90, così come le tavole che lo
costituivano, oltre a risultare ben accostate fra loro, erano fissate a cavalletti di
appoggio; gli impalcati erano dotati di elementi fermapiede e di barre parapetto

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per l'utilizzo in sicurezza degli stessi. La difesa lamenta che la Corte abbia
disatteso quanto riferito dal testimone e quanto risultante dalla relazione
acquisita a seguito della sua deposizione, privilegiando l'interpretazione
soggettiva visiva delle fotografie senza dare motivazione con riguardo alle regole
scientifiche introdotte dalla difesa, valorizzando la dichiarazione della parte civile,
priva di supporto scientifico, senza effettuare un adeguato giudizio di
ponderazione con le prove difensive. La testimonianza del consulente di parte è
stata smentita sul presupposto che egli avesse riferito la situazione alla data del
14 febbraio 2016, ossia tre settimane prima dell'infortunio, senza che vi fosse
alcun indizio atto a giustificare un mutamento dello stato dei luoghi rispetto al
momento in cui il ponteggio era stato montato. Del tutto omessa risulta la
motivazione su una circostanza importante, ossia sull'ammissione fatta dallo
stesso lavoratore ai Carabinieri circa il fatto che fosse stato fornito dal datore di
lavoro tutto il materiale antinfortunistico. Tale circostanza risulta travisata dalla
Corte, che ha invece affermato che il lavoratore non fosse provvisto di dispositivi
di sicurezza, in contrasto con la dichiarazione sottoscritta dalla parte civile di
avvenuta consegna DPI. Si trattava, peraltro, di lavoratore che aveva ricevuto un
attestato di frequenza al corso di formazione per montaggio e smontaggio dei
ponteggi, come documentato dalla difesa in contrasto con quanto affermato nella
sentenza.

4.1. Con un secondo motivo deduce insussistenza del fatto, violazione


dell'art. 533 e dell'art. 192 cod. proc. pen., violazione degli artt. 107 e 122 d.
Igs. n.81/2008, motivazione illogica e contraddittoria, travisamento della prova.
Il tema affrontato con tale motivo di ricorso riguarda l'altezza dalla quale è
caduto il lavoratore, che/ secondo la difesa/ non sarebbe stata dimostrata dalla
pubblica accusa. Posto che l'art. 122 d. Igs. n.81/2008 prescrive alcune misure
antinfortunistiche nei lavori in quota e che a norma dell'art. 107 del medesimo
testo normativo si intendono lavori in quota quelle attività lavorative che
espongono i lavoratori a rischio di caduta da una quota posta ad altezza

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superiore a 2 metri rispetto a un piano stabile, la difesa evidenzia come non sia
stata raccolta alcuna prova che il lavoratore sia caduto da un piano superiore a
m.2; in ogni caso, si assume, si sarebbe dovuta dimostrare la correlazione
causale tra la violazione della norma antinfortunistica e l'evento, mentre nel caso
in esame il parapetto dal quale il Russo ha detto di essere precipitato non poteva
materialmente cedere in quanto era agganciato al cavalletto e incastrato nella
portella di chiusura. Una volta dimostrato che il fissaggio era conforme alla
normativa o comunque non essendo dimostrato che il fissaggio non lo fosse, non
si sarebbero dovuti ritenere dimostrati il nesso di causalità materiale né la
causalità della colpa tra il montaggio dell'impalcato e l'incidente, essendo emerso

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che il rischio di caduta dei lavoratori fosse stato governato in modo appropriato e
che la struttura fosse intatta poco prima dell'avvio dell'attività lavorativa dalla
quale è scaturito l'infortunio.
4.2. Con un terzo motivo deduce insussistenza del fatto, violazione degli
artt.533 e 192 cod. proc. pen., motivazione illogica e contraddittoria nonché
travisamento della prova. Con tale censura ci si duole del fatto che i giudici di
merito abbiano affermato che Generoso Mariconda avrebbe ripristinato lo stato
dei luoghi, e, in particolare, il parapetto ceduto, sulla base di una mera
congettura, essendo stato provato che l'imputato ha soccorso l'operaio
unitamente a un vicino e che il comandante dei Carabinieri è sopraggiunto pochi
minuti dopo l'accaduto senza che nessuno dei testi abbia affermato di aver visto
il Mariconda aggiustare l'impalcatura. Tale punto della decisione è altresì
contraddittorio in quanto si afferma che al ricorrente sarebbero bastati pochi
minuti per stringere pochi bulloni mentre in precedenza si era affermato che i
tubi metallici, secondo quanto dichiarato dalla persona offesa, erano collegati con
filo di ferro. Dall'istruttoria dibattimentale è emerso come fosse impossibile che il
lavoratore fosse precipitato dal luogo che egli aveva indicato a causa del
cedimento del parapetto, posto che, in quel punto, non vi è stato alcun
cedimento, come evincibile dalle fotografie.
4.3. Con un quarto motivo deduce violazione dell'art. 131 bis cod. pen. e
vizio di motivazione sul punto. Il ricorrente si duole del fatto che i giudici di
merito abbiano escluso l'applicabilità della norma nonostante il lavoratore avesse
una particolare competenza in materia di ponteggi, avesse contribuito alla
costruzione del ponteggio, fosse fornito di tutti i dispositivi di sicurezza e fosse
adeguatamente addestrato e formato, risultando esistenti tutti i presupposti per
l'applicabilità della norma invocata.
4.4. Con un quinto motivo deduce violazione dell'art. 62 bis cod. pen. e vizio
di motivazione sul punto in quanto la Corte territoriale, da un lato, ha fatto
riferimento al mancato risarcimento del danno, laddove la persona offesa viene

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indennizzata dall'Inail e l'eventuale danno differenziale non era allo stato

quantificabile e, dall'altro, ha fatto riferimento al grado della colpa valutando due


volte lo stesso elemento sia per negare le circostanze attenuanti generiche sia
nella quantificazione della pena.

5. Gaetano Oliva propone ricorso per cassazione censurando la sentenza

impugnata per i seguenti motivi:


a) violazione del combinato disposto degli artt. 92 d. Igs. n.81/2008, 40,
comma 2, cod. pen., 533, comma 1, cod. proc. pen. nonché contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza della violazione

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dell'art. 92 d. Igs. n.81/2008 nonché omessa motivazione in ordine alla
sussistenza del nesso di causalità. Secondo il ricorrente, la condotta richiesta,
ossia l'ordine di sospensione dei lavori, non era esigibile in quanto l'infortunio si
è verificato il 7 marzo 2016, ossia prima della scadenza del termine di cinque
giorni assegnato dall'Oliva al datore di lavoro per adeguare il ponteggio alle
previsioni del piano di sicurezza. E' mancato, inoltre, ogni approfondimento in
ordine alla concreta efficacia impeditiva dell'evento dannoso in caso di

adempimento del comportamento atteso da parte del ricorrente, non avendo la


Corte di merito esplicitaTe le ragioni che l'hanno indotta a ritenere che la
sospensione dei lavori sarebbe stata osservata, così svolgendo efficacia
impeditiva dell'evento. La Corte di merito ha trascurato il fatto che il
coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione svolge un ruolo di alta vigilanza
per cui, anche se fosse vero che la mancata installazione della tavola fermapiede
fosse rilevabile de visu, occorre precisare che tale carenza del ponteggio non è
stata la causa della caduta del lavoratore e che la stessa era stata puntualmente
segnalata al datore di lavoro con diffida del 3 marzo 2016. Non sono state
indicate le molteplici irregolarità inerenti al ponteggio, sono solo genericamente
richiamate, né sono altrimenti riscontrabili dall'esame delle fotografie allegate al
rapporto dei Carabinieri, fatta eccezione per la mancanza delle tavole
fermapiede. La circostanza che il cedimento della balaustra sia stata causata
dall'errato ancoraggio mediante filo di ferro è stata riferita dalla sola parte offesa
ma contrasta con la deposizione del consulente dell'imputato e con le stesse
risultanze fotografiche, dalle quali si evince che la barra di protezione fosse
saldamente ancorata al ponteggio. Avendo i carabinieri impiegato solo 15 minuti
per giungere sul luogo del sinistro, tale tempo sarebbe stato insufficiente a
consentire al datore di lavoro di riposizionare la barra di protezione e nel
contempo recarsi presso i competenti uffici per regolarizzare il lavoratore
assunto in nero. Con riferimento alle dotazioni antinfortunistiche, lo stesso
lavoratore aveva riferito in occasione delle sommarie informazioni rese ai

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Carabinieri di essere munito delle dotazioni previste dalla normativa

antinfortunistica; se il lavoratore non indossava le dotazioni antinfortunistiche,


tale negligenza non è imputabile al coordinatore per la sicurezza in fase di
esecuzione dei lavori;
b) con un secondo motivo deduce erronea applicazione dell'art. 131 bis e
dell'art. 62 bis cod. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione su tali punti. Il ricorrente ritiene inadeguata e insoddisfacente la
motivazione offerta dai giudici di merito per negare l'applicabilità dell'art. 131 bis
cod. pen. nonché in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Contraddittorio e illogico è equiparare la condotta del datore di lavoro e la

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condotta del coordinatore per la sicurezza, che si è prontamente attivato per
effettuare la segnalazione prevista dall'art. 92 d. Igs. n.81/2008. Con riferimento

alla motivazione offerta dalla Corte di merito per negare le circostanze attenuanti
generiche, osserva che il ricorrente non avrebbe potuto fornire alcun contributo
alla ricostruzione della verità processuale, non essendo presente nel cantiere al
momento dell'infortunio, e che la parte offesa non ha formulato alcuna richiesta
risarcitoria in pendenza del giudizio, neppure incardinando il giudizio per la
determinazione del quantum. Inoltre, si sarebbe dovuto considerare il concorso
di colpa del lavoratore, che non indossava le dotazioni antinfortunistiche delle
quali, tuttavia, aveva dichiarato di essere stato fornito.

5. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per


l'inammissibilità dei ricorsi.

6. Con memoria tempestivamente depositata il difensore di Oliva Gaetano

ha concluso insistendo per l'accoglimento del ricorso.

7. La parte civile Russo Carmine ha depositato memoria, concludendo per


l'inammissibilità o, in subordine, per il rigetto dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre premettere che i primi tre motivi del ricorso di Generoso


Mariconda tendono a dimostrare la fallacia delle pronunce di merito nella parte in
cui hanno ritenuto credibile la versione dei fatti fornita dal lavoratore, persona
offesa costituita parte civile.
1.1. Giova, sul punto, ricordare che, per principio consolidato nella
giurisprudenza della Corte di legittimità, le regole dettate dall'art. 192, comma 3,

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cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali

possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di


penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea
motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità
intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e
rigorosA rispetto a quelli cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi
testimone e opportunamente corroboraté da riscontri nel caso in cui la persona
offesa si sia costituita parte civile (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte,
Rv. 253214). Nel caso in esame, i giudici di entrambi i gradi di merito hanno
fornito ampia motivazione in merito alla intrinseca attendibilità e alla soggettiva

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credibilità del lavoratore, indicando anche elementi di riscontro esterno, acquisiti
per il tramite della prova documentale e testimoniale nel corso dell'istruttoria
dibattimentale.
1.2. In particolare, entrambi i giudici delle fasi di merito hanno addotto
plurimi argomenti a sostegno del giudizio di credibilità del lavoratore Carmine
Russo: innanzitutto la prova fotografica, attestante la mancanza di fermapiede
lungo l'intero tavolato e per ciascuno dei piani nonché l'interruzione del piano di
calpestio senza apposizione di parapetti a delimitazione, ossia una prova
documentale particolarmente qualificata, che la deposizione della parte civile ha
semplicemente corroborato, dunque la compatibilità di tale deposizione con lo
stato dei luoghi fotografato nell'immediatezza dai Carabinieri; la circostanza che
iI lavoratore era stato trovato riverso al suolo ancora in abiti da lavoro dal
proprietario di un'abitazione vicina richiamato dalle grida dell'infortunato; non
ultima, la circostanza che il 3 marzo 2016 il coordinatore ing. Gaetano Oliva
avesse diffidato il datore di lavoro a mettere in sicurezza il ponteggio; infine,

l'assenza di qualsivoglia allegazione difensiva circa indizi di mendacio o calunnia


riferibili al lavoratore (pag.8 sentenza di appello).

2. Una seconda considerazione di ordine generale riguarda l'esatta


ricostruzione del percorso causale che ha condotto all'infortunio, alla quale
entrambi i ricorrenti hanno fatto accenno. Le difese ritengono dirimente la
controversa dimostrazione del fatto che vi fossero o meno segni di cedimento di
un elemento del ponteggio in corrispondenza del punto dal quale il lavoratore ha
affermato di essere caduto. Ma, una volta risolto positivamente il giudizio di
attendibilità del portato dichiarativo della vittima e una volta acclarato che il
ponteggio era privo dei necessari presìdi atti a scongiurare il rischio di caduta nel
vuoto, è logicamente corretta la valutazione espressa dai giudici di appello a
proposito del fatto che non assuma particolare rilievo accertare cosa in concreto
abbia fatto precipitare l'operaio. Nella sentenza di appello risulta, dunque,

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chiarito per quale ragione il fatto generatore della perdita di equilibrio fosse da

considerare non dirimente nella prospettiva del rischio al quale è esposto il


lavoratore in caso di lavori in quota. Si tratta, evidentemente, del rischio di
caduta da altezze tali da comportare l'eventualità di lesioni o decesso. Letta da
questa posizione prospettica, la motivazione è esente da vizi, avendo puntato
l'attenzione, con logica ineccepibile, sulla regola cautelare idonea ad evitare il
rischio di caduta e, a monte, sull'antecedente causale di una caduta involontaria,
ossia sulla perdita di equilibrio comunque incontestata. In tal senso, l'asserita
mancanza di certezza processuale circa l'esatta dinamica dell'infortunio ha
trovato puntuale e coerente replica nel provvedimento impugnato.

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3. Deve essere, inoltre, ricordato che il vizio di travisamento della

prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, anche qualora le
sentenze dei due gradi di merito siano conformi, sia nell'ipotesi in cui il giudice di
appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia
richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i
giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze
probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da
imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle
motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio
acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez.4, n.35963 del 03/12/2020, Tassoni,
Rv. 280155; Sez. 5, n.48050 del 2/07/2019, S., Rv. 277758). Ma è anche
necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento nell'economia
della motivazione (Sez.6, n.36512 del 16/10/2020, Villari, Rv.280117). Tale
decisività risulta del tutto obliterata.

4. Esaminando, alla luce delle suestese premesse, il primo motivo del


ricorso di Generoso Mariconda, se ne rileva la manifesta infondatezza nella parte
in cui lamenta l'omessa valutazione delle prove fornite dalla difesa dell'imputato.
Tanto nella sentenza di primo grado (pag. 6) quanto nella sentenza di appello
(pag. 6) è presente la disamina critica della deposizione del consulente della
difesa. In particolare, in linea con quanto peraltro allegato nello stesso ricorso, il
giudice di primo grado ha evidenziato che le valutazioni tecniche fornite dal
predetto consulente dimostravano la rispondenza strutturale dell'impalcato
all'entità dei carichi da sopportare in relazione a dimensioni e tipo di impiego,
lasciando privo di riferimento il rilevante profilo, specificamente contestato, per
cui fossero stati omessi gli accorgimenti prescritti ai punti 2, 3.1, 3.2, 3.3.
Con riguardo alle argomentazioni che tendono ad attribuire il mero
significato di una fallace percezione a quanto visionato dai giudici di merito nelle

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fotografie scattate dalla polizia giudiziaria nell'immediatezza del fatto, il Collegio

ritiene trattarsi di allegazioni di fatto volte a sminuire la valenza probatoria del


documento fotografico a fronte dell'asserito maggior valore del dato tecnico-
scientifico fornito dalla difesa; ma si tratta di allegazioni manifestamente
infondate in quanto la prova fotografica, dalla quale i giudici di merito hanno
desunto tanto la mancanza di fermapiede lungo l'intero tavolato e per ciascuno
dei piani quanto l'interruzione del piano di calpestio senza apposizione di
parapetti a delimitazione in corrispondenza del punto dal quale il lavoratore ha
dichiarato di essere caduto, è stata considerata, senza che sia ravvisabile alcun
vizio motivazionale e tantomeno alcun travisamento, idonea a dimostrare lo

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stato dei luoghi al momento dell'infortunio a fronte di una prova dichiarativa a
difesa non perfettamente allineata rispetto alle violazioni contestate.

5. Il secondo motivo del ricorso di Generoso Mariconda è manifestamente


infondato e aspecifico in quanto omette di confrontarsi con il punto della
decisione (pag. 7 sentenza di primo grado) in cui si è ritenuto accertato che il
lavoratore sia precipitato a circa 6 metri di altezza. L'intera censura si fonda
sull'indimostrata falsità delle dichiarazioni rese dalla parte civile circa il punto di
caduta, ossia su un assunto che confligge frontalmente con le conclusioni alle
quali sono pervenuti i giudici delle due sentenze di merito, e propone alla Corte
di legittimità una inammissibile rilettura delle emergenze istruttorie.

6. Anche il terzo motivo del ricorso di Generoso Mariconda si presenta


inammissibile in quanto propone una versione dei fattit in base alla quale il
lavoratore infortunato sarebbe stato soccorso dal datore di lavoro, che contrasta
frontalmente con quanto accertato nel giudizio. I giudici di merito hanno, infatti,
ritenuto acclarato che, nel momento in cui il lavoratore è caduto, il datore di
lavoro si trovava al lavoro in cantiere e aveva chiesto al Russo di scendere per
prendergli della calce. Dopo la caduta dell'operaio, il Mariconda era tuttavia
rimasto sul tetto, tanto che a richiedere l'intervento del 118 e a soccorrere il
lavoratore era stato De Cicco Elio, proprietario di un'abitazione vicina la cui
attenzione era stata richiamata dalle grida dell'infortunato. Il maresciallo Grosso,
giunto a distanza di circa 15 minuti dalla richiesta di intervento, aveva rinvenuto
sul luogo solo il personale sanitario e il vicino di casa, mentre il titolare
dell'impresa si sarebbe presentato dopo qualche tempo. La censura, in fatto, è
stata svolta per contrastare, in quanto congetturale, la deduzione che lo stato
dei luoghi sarebbe stato immutato dal datore di lavoro, non accorso in aiuto
dell'operaio.

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6.1. Occorre, in proposito, rimarcare che l'elemento congetturale
rappresenta l'esito di un ragionamento del tutto disancorato dalla realtà fattuale
e piuttosto riconducibile ad un fenomeno soggettivo di ipotesi con prove da
ricercare, ovvero con l'indizio debole o equivoco, tale da assecondare distinte,
alternative ed anche contrapposte ipotesi nella spiegazione dei fatti oggetto di
prova (Sez. 5, n. 5209 del 11/12/2020, dep. 2021, Ottino, Rv. 280408 - 02).
6.2. E il ragionamento proposto dal giudice di merito, secondo il quale dopo
la caduta dell'operaio e prima dell'arrivo dei Carabinieri egli avrebbe operato la
mutazione dello stato dei luoghi, in particolare il riposizionamento della balaustra
il cui cedimento avrebbe causato la caduta del lavoratore, risulta al ricorrente

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meramente congetturale. Tale censura non tiene conto, in primo luogo, del fatto
che i giudici di appello hanno ritenuto non dirimente tale punto della decisione,
secondo quanto chiarito al par.2; in secondo luogo, la doglianza sembra ignorare
che nei due gradi di merito i giudici hanno ritenuto pienamente provato sia che il
datore di lavoro, pur presente in cantiere, non avesse soccorso il lavoratore, sia
che in quella stessa data, dopo l'infortunio, il Mariconda si fosse recato a
presentare la denuncia di assunzione del lavoratore, alle 16.48 dello stesso 7
marzo 2016. Si tratta, dunque, di due fatti certi dai quali i giudici hanno desunto
la spiegazione del fatto che dal fascicolo fotografico redatto dai Carabinieri la
traversina il cui cedimento avrebbe causato la caduta del lavoratore risultava
ancora regolarmente agganciata al ponteggio.
6.3. Ad ulteriore chiarimento, i giudici di appello hanno precisato che la
presenza del datore di lavoro nel cantiere non fosse stata negata dal giudice di
primo grado, essendo nella sentenza del tribunale indicato che proprio il
Mariconda, prima dell'incidente, avesse ordinato al lavoratore di scendere per
prendergli del materiale, sottolineando piuttosto che il Mariconda non fosse
intervenuto in soccorso dell'infortunato, e che comunque non fosse in cantiere al
•,

momento degli arrivo dei Carabinieri.


6.4. In ogni caso la Corte (pag.8) ha fornito esaustiva replica ad analoga
censura già sottoposta al suo esame con l'atto di appello, affermando che la
caduta per il cedimento della barra di protezione laterale non implicasse la
caduta della barra al suolo insieme al lavoratore, essendovi dunque compatibilità
tra la versione dei fatti fornita dalla vittima e la documentazione fotografica in
atti. Anche i giudici di appello hanno, poi, desunto come non inverosimile, in
base alla condotta del Mariconda, che si era subito allontanato dal luogo ove
giaceva l'operaio, l'immutazione dello stato dei luoghi senza, tuttavia, attribuire
valore dirimente a tale deduzione. Sebbene nella sentenza impugnata si faccia
riferimento al breve periodo di tempo che sarebbe bastato al datore di lavoro per
«stringere pochi bulloni» in riferimento ad una traversina che il lavoratore aveva

12
lamentato essere ancorata all'impalcato con il filo di ferro, non è possibile da tale

incongruenza desumere la destrutturazione dell'intero impianto motivazionale,


considerato che gli stessi giudici di appello hanno indicato le diverse ragioni
decisive della pronuncia, da tanto potendosi evincere l'omesso confronto del
motivo di ricorso con la motivazione nella sua integralità.

7. Il quarto motivo e il quinto motivo di ricorso, che ricalcano nella sostanza


il secondo motivo del ricorso di Gaetano Oliva, non superano il vaglio di
ammissibilità in quanto tendono a ottenere dalla Corte di legittimità un compito
che le è precluso, ossia quello di rivisitare il giudizio discrezionale spettante al

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giudice di merito, nel caso in esame adeguatamente svolto a pag. 11 della
sentenza sulla base dei criteri previsti dall'art. 131 bis cod. pen. Nel medesimo
punto della decisione impugnata viene fornita congrua giustificazione della scelta
dei giudici di merito di negare le circostanze attenuanti generiche. Quanto alla
valutazione della gravità della colpa tanto ai fini della determinazione della pena
quanto ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche si osserva che è
stato più volte chiarito che «Ai fini della determinazione della pena, il giudice può
tenere conto più volte del medesimo dato di fatto sotto differenti profili e per
distinti fini senza che ciò comporti lesione del principio del ne bis in idem» (Sez.
3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, M., Rv. 275904 - 03; Sez. 2, n.933 del
11/10/2013, dep.2014, Debbiche, Rv. 258011 - 01).

8. Il primo motivo del ricorso di Gaetano Oliva è manifestamente infondato.


L'assunto difensivo secondo il quale non sarebbe stata esigibile dal coordinatore
per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori la sospensione dei lavori stessi
sino alla regolarizzazione antinfortunistica del ponteggio, contrasta frontalmente
con il ragionamento, non manifestamente illogico, seguito dai giudici di merito
secondo i quali, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa del ricorrente,
l'ordine di sospensione non sarebbe dovuto intervenire allo scadere dei cinque
giorni assegnati al datore di lavoro per adeguare il ponteggio alle previsioni del
piano di sicurezza ma avrebbe dovuto essere adottato immediatamente,
sussistendo il grave pericolo previsto dall'art.92 d. Igs. n.81/2008.
8.1. Ogni ulteriore considerazione contenuta nel motivo di ricorso,
segnatamente la mancanza di prova dell'efficacia impeditiva della sospensione
dei lavori, la circostanza che la mancata installazione della tavola fermapiede
non sia stata la causa della caduta, l'inconsistenza delle denunciate carenze e
irregolarità inerenti al ponteggio, la circostanza che il cedimento della balaustra
non sarebbe stato determinato dall'errato ancoraggio mediante filo di ferro,
rappresentano deduzioni in fatto tendenti a confutare l'esito dell'istruttoria

13
consacrato nelle conformi sentenze di merito, peraltro con motivazione esente da

vizi secondo quanto già espresso.


]
8.2. E' manifestamente infondato, in particolare, l'argomento difensivo
secondo il quale è rimasta indimostrata l'efficacia impeditiva dell'evento
dell'ordine di sospensione dei lavori. Premesso che nel percorso causale che
dall'omissione ascritta al primo garante conduce all'evento non è richiesta la
prova che ciascuno dei successivi garanti si sarebbe attivato, e premesso anche
che la causalità della colposa omissione dell'obbligo di impedire un evento non
deriva esclusivamente dalla titolarità in capo al garante di poteri direttamente
impeditivi dello specifico rischio concretizzatosi, potendosi anche affermare sulla

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base dell'omissione di meri poteri sollecitatori dell'agire altrui, nel caso concreto
è indiscusso che il ricorrente, pur avendo segnalato il pericolo, non abbia nella
sua imminenza provveduto a disporre la sospensione dei lavori. Trova, dunque,
applicazione al caso in esame il principio secondo il quale, allorquando l'obbligo
di impedire l'evento ricada su più persone, che debbano intervenire od
intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra l'evento e la condotta
omissiva o commissiva di uno dei soggetti titolari di una posizione di garanzia
non viene meno per effetto del successivo mancato intervento di un altro
garante, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art. 41,
comma primo, cod. pen. (Sez. 4, n.17887 del 02/02/2022, Bello, Rv. 283208 -
01; Sez. 4, n. 43078 del 28/04/2005, Poli, Rv. 232416 - 01).

9. Il secondo motivo del ricorso è sovrapponibile al quarto e al quinto motivo


del ricorso di Generoso Mariconda, onde si rimanda al punto della presente
decisione in cui si sono esplicitate le ragioni dell'inammissibilità di tale censura
(par.7).

10. I ricorsi, per tale ragione, non superano il vaglio di ammissibilità. Alla
inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali; tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n.186
del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i
ricorrenti abbiano proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, segue, a norma dell'art.616 cod.proc.pen. l'onere
del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende,
determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso,
nella misura di euro 3.000,00 ciascuno. Non si provvede alla liquidazione delle
spese in favore della parte civile, tenuto conto del princìpio secondo il quale nel
giudizio di legittimità, in caso di ricorso dell'imputato rigettato o dichiarato, per
qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione

14
delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo
attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a
tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo
alla decisione (Sez. 2, n.12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834 - 01;
Sez. 5, n. 31983 del 14/03/2019, Di Cioccio, Rv. 277155 - 01).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle


spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa

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delle Ammende. Nulla sulle spese in favore della parte civile.
Così deciso il 22 novembre 2022
Il Consigliere estensore Il Presidente 1

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