Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
net/publication/328542640
CITATIONS READS
29 2,322
1 author:
Miriam Voghera
Università degli Studi di Salerno
49 PUBLICATIONS 610 CITATIONS
SEE PROFILE
Some of the authors of this publication are also working on these related projects:
All content following this page was uploaded by Miriam Voghera on 26 October 2018.
14
studi superiori / 1094
Siamo su:
www.carocci.it
www.facebook.com/caroccieditore
www.twitter.com/caroccieditore
Miriam Voghera
C
Carocci editore
1a edizione, ottobre 17
© copyright 17 by Carocci editore S.p.A., Roma
isbn ---8891-1
1.1
Il parlato senza grammatica
È opinione comune che quando si parla ci si possano concedere delle li-
bertà nell’uso della lingua che non sono ammissibili quando, per esem-
pio, si scrive. Benché schiere di insegnanti abbiano ripetuto infinite
volte che a me mi non si dice, di fatto lo diciamo frequentemente, come
pure diciamo ma però, e molte altre costruzioni sanzionate da sempre
dalle grammatiche scolastiche. Ciò viene spesso tradotto nell’idea che
il parlato sia fuori dal controllo della grammatica e che sia, addirittura,
senza grammatica. Se chiedessimo, infatti, di indicare gli aggettivi che
caratterizzano di più il parlato e quelli che caratterizzano la grammati-
ca, probabilmente la maggior parte dei parlanti produrrebbe due serie
di aggettivi che si oppongono: spontaneo, immediato, movimentato,
disordinato il primo; costruita, ragionata, stabile, ordinata la seconda.
Il parlato è spontaneo perché, in assenza di deficit, per imparare a
parlare non dobbiamo sottoporci a un programma di insegnamento
formale: è sufficiente che fin dalla nascita i piccoli della specie uma-
na siano inseriti in scambi comunicativi di cui diventano destinatari
e produttori, indipendentemente dal loro livello di conoscenza della
lingua. Gli adulti si rivolgono ai bambini fin dalle loro prime ore di
vita in modo naturale e spontaneo, non solo come se i bambini potes-
sero capire ciò che ascoltano, ma interpretando le loro vocalizzazioni,
gesti e movimenti come risposte intenzionali, cioè mosse comunicative.
Tutto ciò è ben illustrato dalla conversazione riportata qui di seguito
tra una madre e il figlio di 3 mesi (Crystal, 1986, p. 50), in cui la madre
considera le reazioni del neonato al pari di risposte verbali pienamente
significative e intavola con lui una vera e propria conversazione1.
15
dal parlato alla grammatica
(1)
Michael: (loud crying)
Mother: Oh my word what a noise! What a noise! (picks up Michael)
Michael: (sobs)
Mother: Oh dear, dear, dear. Didn’t anybody come to see you? Let’s have a
look at you (looks inside nappy). No you’re all right there, aren’t you?
Michael: (spluttering noises)
Mother: Well, what is it then? Are you hungry? Is that it? Is it a long time
since dinner-time?
Michael: (gurgles and smiles)
Mother (nuzzles baby): Oh yes it is, a long long time.
Michael: (cooing noise)
Mother: Yes, I know. Let’s go and get some lovely grub, then. How about
that...2
16
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
una costruzione logica e sovrapposta alla lingua che si parla tutti i gior-
ni, a cui non appartiene e che tanto meno appartiene ai parlanti.
Il parlato è immediato perché ci permette di avere un contatto di-
retto con il nostro destinatario attraverso il dialogo. Benché si possano
produrre monologhi parlati, il contesto naturale e primario della co-
municazione parlata, come abbiamo già visto, è lo scambio dialogico,
la cui testualità è impastata di intersoggettività, al punto tale che si può
credere che la sequenza verbale sia secondaria e con essa la grammati-
ca. La grammatica, al contrario, è considerata una costruzione astratta,
tanto è vero che per la maggior parte dei parlanti è priva di qualsiasi
riferimento agli scambi reali. Del resto, come vedremo più avanti, la
stragrande maggioranza delle grammatiche è basata su esempi costitu-
iti da frasi isolate più o meno complesse, che non hanno un emittente
e un destinatario dichiarati o individuabili.
Il parlato è movimentato perché si svolge nel tempo, in cui sono
rilevanti le variazioni di velocità e ritmo, elementi dinamici per anto-
nomasia, ed è instabile perché è effimero e non lascia alcuna traccia, se
non nella nostra memoria. La grammatica, invece, è ritenuta una co-
struzione stabile, durevole, affidabile perché deve garantire continuità
alla lingua, quasi ad eliminare l’esistenza del tempo e del mutamento.
Infine il parlato, proprio perché dinamico, può essere disordina-
to, persino caotico: alternanze, interruzioni, sovrapposizioni, cambi di
strategie e argomenti in corso d’opera sono ciò che più di qualsiasi cosa
caratterizza gli scambi parlati. Inoltre quando si parla, si improvvisa:
può capitare di inserire nel discorso parole in modo imprevedibile. Se
ne può avere un’idea con il testo (2), in cui due parlanti romani mesco-
lano l’uso dell’italiano con quello della varietà romana, o con il testo
(3) in cui il parlante, raccontando la scena di un film, produce molte
ripetizioni4.
(2) lip-rb29
B: okay ahò te raccomando dijelo
4. Il testo (2) è tratto dal corpus lip, De Mauro et al. (1993), di cui è ora disponi-
bile la versione volip, Voghera et al. (2014), che permette di ascoltare l’audio, anche
di una singola parola, associato alle trascrizioni ortografiche; il volip consente inol-
tre di interrogare il corpus secondo criteri sociolinguistici, lessicali e morfo-sintattici
all’indirizzo www.parlaritaliano.it/index.php/it/volip. Il testo (3) è tratto dal corpus
clips, disponibile all’indirizzo www.clips.unina.it. Le fonti degli esempi sono citate
prima del testo.
17
dal parlato alla grammatica
A: e scusa che non t’ho telefonato subito però ieri sera c’ho avuto dei proble-
mi ieri sera so’ arrivato alle otto e mezza a casa_
B: va bo’ va bo’
A: e allo<ra> stamatina ho detto famme leva’ er pensiero da_ denuncia dii
redditi perché io la consegno sempre qua vicino # a mano
B: ho capi<to> sì sì
5. I dati, raccolti da Gabriella Ferrante per la sua tesi di laurea magistrale in Lingue
e letterature moderne presso l’Università di Salerno, a.a. 2015-16, dal titolo Parlato e
scritto a confronto: una nuova metodologia, rientrano nell’ambito del progetto di ricer-
ca Modokit. Il progetto ha lo scopo di costruire strumenti di osservazione e intervento
didattico sul rapporto tra modalità di comunicazione e scelte linguistiche; a tal fine
si è raccolto un corpus di narrazioni orali e scritte di studenti di scuole secondarie e
universitari, che raccontano scene di film muti di Charlie Chaplin.
18
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
19
dal parlato alla grammatica
1.2
La grammatica senza parlato
Esiste un legame tradizionale tra insegnamento grammaticale e scrit-
tura, un legame antropologicamente e storicamente motivato, testi-
moniato tra l’altro dall’etimologia stessa della parola grammatica che,
tramite il latino ars grammatica, deriva dal greco tèchne grammatikè
letteralmente ‘scienza delle lettere’. Non è dunque sorprendente che
i testi scritti abbiano occupato un posto privilegiato nell’ambito del-
la pratica grammaticale. Ciò che sorprende è, piuttosto, la persistenza
dell’accettazione di un legame implicito necessario tra testi scritti e te-
orie linguistiche (Linell, 2005)6.
È solo dopo la nascita della scrittura che si sono sviluppate pratiche
di riflessione sistematiche sulle lingue (Havelock, 1963; Goody, 2000).
Le produzioni foniche sono effimere: non si può tornare sopra un
enunciato appena detto come si può fare con un enunciato scritto, poi-
ché le tracce acustiche non permangono. L’evanescenza degli enunciati
non permette quindi né all’emittente né al ricevente di avere di fronte il
testo prodotto nella sua interezza, ma costringe gli attori dello scambio
comunicativo a seguire di pari passo lo svolgersi dell’enunciazione. La
contemporaneità della fase di emissione e di ricezione dei segnali fa sì
6. Per una sintesi dei problemi connessi al rapporto tra riflessione metalinguistica
e scrittura: Lepschy (1990-1994); Ong (2002), una riedizione con un’aggiunta dell’o-
riginale del 1982; Olson (1994); Goody (2001); Valeri (2001); Mancini, Turchetta
(2014), in cui segnalo in particolare il saggio di Marazzi.
20
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
21
dal parlato alla grammatica
sociale dei suoi utenti, sia dai significati che più frequentemente questi
utenti esprimevano attraverso di essa: è questo che ha contribuito a fare
della scrittura il modello di riferimento delle trattazioni grammaticali
per eccellenza.
I testi scritti hanno rappresentato all’interno delle varie comunità
usi linguistici esclusivi e riservati ad élites sociali e culturali, e perciò
stesso prestigiosi. La scrittura seleziona storicamente un gruppo ristret-
to di utenti che ne dominano l’uso e la diffusione negli usi più uffi-
ciali e socialmente elevati. Benché qualsiasi contenuto sia esprimibile
sia attraverso il parlato sia attraverso lo scritto, nel momento in cui si
comincia a diffondere la scrittura si cominciano a differenziare anche
i contenuti e gli usi della scrittura dai contenuti e dagli usi del parlato7.
Tutto ciò che è pubblico, istituzionale, formale è associato alla prima,
mentre al secondo sono destinate le pratiche più private e personali.
Poiché il prestigio di un uso linguistico deriva dagli utenti e dal fine
della comunicazione, il fatto che la lingua degli usi scritti sia usata da
persone selezionate e per scopi pubblici e istituzionali ne ha determi-
nato il maggior prestigio e valore sociale.
I testi scritti, tra cui naturalmente hanno un posto speciale quelli
letterari, diventano dunque quelli sui quali si tende a costruire la nor-
ma e quindi la lingua standard, indipendentemente dal fatto che essi
rispecchino la lingua nativa comunitaria o la lingua condivisa dalla
maggioranza dei parlanti (Lepschy, 2002a). Il processo di costituzione
di una lingua standard è infatti fortemente connesso sia alle pratiche
di scrittura sia alla creazione di un canone di testi letterari e istituzio-
nali cui si assegna il ruolo di conservare e rappresentare il patrimonio
linguistico della comunità (cfr. Berruto, 2007; 2012). I testi scritti di-
vengono quindi testi di riferimento per la costituzione dell’identità
linguistica, ed eventualmente etnica e nazionale e, tra questi, assumo-
no un ruolo decisivo i dizionari e le grammatiche che hanno il compito
di dare dignità alla forme linguistiche che le realizzano. La maggior
parte delle grammatiche nasce storicamente non tanto come trattazio-
ne scientifica, ma come sistematizzazione di lingue di riferimento, il
cui modello è prevalentemente, se non esclusivamente, la lingua delle
22
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
istituzioni e delle classi dirigenti e, tra questi, dei letterati (cfr. Goody,
2000)8.
Il rapporto privilegiato tra testi scritti letterari e sistematizzazioni
grammaticali è presente non solo nelle grammatiche normative, il cui
scopo è codificare ciò che è linguisticamente preferibile, ma anche nelle
grammatiche descrittive e scientifiche moderne9. Dalla prima metà del
Novecento il paradigma dello strutturalismo classico sia europeo sia
americano, e successivamente la linguistica generativa, si sono mossi in
una prospettiva formalista che ha ignorato lo studio degli aspetti legati
alla materialità (fisica o psichica) della comunicazione linguistica. Ai
fini della delimitazione della struttura delle lingue o, per il generati-
vismo, della Grammatica Universale, ovvero della facoltà del linguag-
gio geneticamente determinata, qualsiasi sostanza è equivalente, cioè
indifferente. Ciò che conta è l’insieme dei puri rapporti di valore tra
gli elementi del sistema, non ciò che li sostanzia e/o il processo che ne
supporta la trasmissione. Ciò non ha incoraggiato l’uso di materiali
spontanei ed autentici, confermando una pratica logico-grammaticale
consolidata, che azzera qualsiasi riferimento extralinguistico. Si usa
pertanto materiale linguistico costruito ad hoc in un contesto che pos-
siamo chiamare citazionale10. Ciò dipende oltre che dal perdurare della
tradizione, anche dal fatto che l’uso di frasi isolate scritte e formali ben
si adatta ad una grammatica desoggettivata e desemantizzata, qual è sta-
ta la forma di grammatica prevalente della linguistica teorica moderna
(Lepschy, 1966). Ne è una prova il fatto che questa prospettiva, poiché
ignora gran parte della semantica, il côte pragmatico, in qualsiasi modo
sia espresso, e tutto ciò che possa essere attribuito a fattori di linguistica
esterna, individuali o sociali, non incoraggia l’uso di materiali sponta-
8. Cfr. Goody (2000, p. 144): «At one level that is true, for all languages have
a grammar. But “grammars” occur only in societies with writing. [...] Because the
“grammar” organizes, it reorganizes the linguistic material and changes the actual
situation not merely in an academic sense, not only by making the study of language
more “scientific,” but by a process of feedback whereby the “grammar” becomes a
model for speakers of that natural language, and hence may delay change or in-
stitutionalize usage [...]. The same is true of dictionaries. Words everywhere have
meanings. But dictionaries do not only teach how to spell; they spell out meanings
in a standardized way, “dictionary definitions,” which then become the norm and
the starting point of a discussion».
9. Per una trattazione di carattere storico cfr. Albano Leoni (2009).
10. L’assenza di materiale dialogico autentico è già lamentata da Vološinov
(1929): per una discussione su questi argomenti cfr. Goodwin (2007).
23
dal parlato alla grammatica
24
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
11. Non è questa la sede per una storia degli approcci sensibili ai fenomeni enun-
ciativi e comunicativi; per sintesi utili ai fini dello studio del parlato cfr. Sornicola
(1981; 2014); Voghera (1992); Caffi (2007b).
12. Si tratta di una riedizione di Introduction to Functional Grammar, pubblicata
per la prima volta da M. A. K. Halliday nel 1985. Diverse opere di Halliday sono state,
nel corso degli ultimi 30 anni, ripubblicate o riedite, spesso con significativi aggiorna-
menti, cfr. fra le altre Halliday, Webster (2002) e Halliday, Hasan (2013).
25
dal parlato alla grammatica
gio nel pensiero greco antico, il suo studio appartiene più alla retorica,
alla filosofia e nell’ultimo secolo alla psicologia e all’antropologia. È
indicativo che negli indici analitici delle più note storie della linguistica
(Mounin, 1968; Robins, 1997; Lepschy, 1990-94) – e nei libri di testo
di linguistica o nelle grammatiche non troviamo paragrafi dedicati al
dialogo.
La marginalità del dialogo nella linguistica teorica si manifesta an-
che a livello terminologico. Le nozioni di discorso o conversazione,
ampiamente diffuse negli studi di pragmatica, si combinano infatti
con analisi più che con linguistica: analisi del discorso, analisi della
conversazione. Lo conferma una ricerca estemporanea fatta su Google
Scholar il 3 marzo 2016, in cui ho trovato 23 occorrenze di conversatio-
nal linguistics vs. 14.000 di conversational analysis. È significativo del
resto che la Longman Grammar of Spoken and Written English di Biber
et al. (1999), uno dei principali testi di riferimento sull’inglese parlato,
separa la grammatica della conversazione in un capitolo a parte, scelta
singolare considerando che la conversazione è certamente il modello di
riferimento prototipico del parlato (Bazzanella, 2002).
L’assenza di dialoghi dall’orizzonte esplicativo della maggior parte
delle grammatiche ha anche la conseguenza di ignorare il complesso
ruolo che svolge il ricevente/ascoltatore nel determinare la forma delle
nostre produzioni verbali. Goodwin (2007, p. 14) definisce logocen-
trismo l’esclusiva attenzione alle produzioni verbali e la mancata con-
siderazione delle reazioni dell’ascoltatore, che possono essere verbali,
ma anche gestuali:
There are crucial differences between a hearer and a subsequent speaker. [...]
focusing analysis exclusively on talk treats the speaker as the primary, indeed
on occasion the sole actor relevant to the construction of an utterance such as
a story, while obscuring, or rendering completely invisible, the simultaneous
actions of the hearer.
26
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
27
dal parlato alla grammatica
imposti dal canale alla costruzione dei segni, sono stati ritenuti irrile-
vanti per la grammatica della lingua. Ciò ha impedito di cogliere alcune
proprietà fondamentali nell’organizzazione degli enunciati che sono
determinate non tanto e non solo dalle proprietà fisiche di un deter-
minato canale, ma dalle condizioni che queste proprietà impongono al
processo di produzione ed elaborazione linguistica.
È interessante per esempio che Acquaviva (2000), nel valutare se la
disomogeneità nei giudizi di grammaticalità vadano considerate come
spia dell’esistenza di competenze diverse, considera il peso delle varia-
bili diafasiche, diastratiche e diatopiche nei giudizi di accettabilità dei
parlanti italiani. Ma, cosa per noi qui più importante, un po’ sorpren-
dentemente scrive: «Per ovvi motivi, non prenderò in considerazione
l’eventualità che la variazione considerata sia sull’altro asse teoricamente
possibile, e cioè riguardi la dimensione diamesica (scritto-parlato)» (ivi,
p. 260 nota 5). Con «ovvi motivi» Acquaviva probabilmente si riferisce
al fatto che la competenza di una lingua non è sensibile alla variazione
diamesica perché tutti impariamo le lingue attraverso il canale fonico-
uditivo e quindi le lingue sono dal punto di vista modale omogenee o
uguali. Ciò che non viene preso in considerazione è che si possano usa-
re nelle diverse modalità varietà di lingua diverse (o addirittura lingue
diverse) e che questo possa interferire con i propri giudizi di gramma-
ticalità: di fatto alcune frasi non paiono scrivibili, ma paiono dicibili e
viceversa o cambiano significato a seconda che siano parlate o scritte13.
1.3
Esclusioni pericolose
La scarsa o nulla considerazione della modalità nelle teorie grammati-
cali ha come conseguenza l’ignoranza o la sottovalutazione funzionale
e quantitativa di sottoinsiemi di usi linguistici e costruzioni connessi
alla specificità delle condizioni enunciative del parlato, e quindi non
(o solo parzialmente) osservabili in altri contesti. È evidente che sono
in gioco due diversi livelli di rapporto tra modalità e grammatica. A un
primo livello la considerazione della modalità permette di individuare
strutture linguistiche tipiche della modalità parlata, che la grammati-
13. Il problema verrà affrontato più distesamente nei capp. 3-4; per una discus-
sione degli esempi di Acquaviva cfr. Voghera (2005).
28
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
29
dal parlato alla grammatica
15. Ciò è confermato dal fatto che quando queste differenze non si verificano, i
parlanti hanno reazioni sconcertate o divertite. Questo meccanismo di straniamento
linguistico è ampiamente utilizzato per produrre effetti comici, come avviene con il
personaggio della serie televisiva The Big Bang Theory, Sheldon, che parla usando la
stessa lingua di un testo scientifico.
30
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
31
dal parlato alla grammatica
32
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
33
dal parlato alla grammatica
1.4
Correlati linguistici funzionali e correlati sociolinguistici
Come mai era avvenuto in passato, la raccolta di corpora e i nuovi stru-
menti che ne sono derivati hanno allargato l’orizzonte della nostra
conoscenza dei fatti linguistici in tutte le possibili dimensioni di varia-
zione: diacronica, diatopica, diafasica, diastratica e diamesica. Anche
sul parlato si è prodotta una grande messe di ricerche, che ha avuto il
merito di mettere in luce fenomeni e usi linguistici meno noti, o addi-
rittura sconosciuti, grazie ai quali oggi sappiamo meglio quali sono gli
usi più tipici e frequenti. Come abbiamo già affermato in altre sedi (cfr.
Voghera, 2010), esistono delle costanti del discorso parlato, condivise
interlinguisticamente, che si rintracciano nei testi parlati anche distanti
tra loro dal punto di vista diafasico o diastratico. Lo scopo di questo
libro è mostrare che queste costanti sono funzionali all’uso delle lin-
gue storico-naturali nella modalità di comunicazione parlata, sono cioè
meccanismi e costruzioni linguistici che esprimono la grammaticalità
dei testi in contesto naturale e spontaneo. Detto in altre parole, il mio
obiettivo è quello di mostrare che il parlato manifesta regolarità, che
non sono altro che regolarità della grammatica della lingua.
Non ho dunque l’obiettivo né di offrire una descrizione dettagliata
di tutte le strutture del parlato né di presentare le differenze tra il parlato
e altre modalità, ma di mostrare le costruzioni basilari, che non potreb-
bero non occorrere nei testi parlati naturali. Vorrei mettere l’accento
sul fatto che queste costruzioni sono il prodotto di strategie comuni-
34
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
cativamente ottimali per questa modalità e che quello che dal punto
di vista di un’altra modalità, per esempio quella scritta, può apparire
eccentrico e deviante, è in realtà il frutto del buon funzionamento della
grammatica delle lingue storico-naturali, che sono primariamente par-
late. Il riconoscimento della grammaticalità dei meccanismi basici del
parlato speriamo renda chiaro che includere il parlato nella base di dati
su cui costruire le grammatiche arricchisce la conoscenza non solo della
variabilità degli usi, ma anche del sistema linguistico, dei suoi compo-
nenti o livelli e può portare alla costruzione di modelli più adeguati dal
punto di vista generale. È questo, a nostro parere, un passo necessario
che permette di individuare gli elementi basici, anche di altre modalità
di trasmissione, all’interno di un quadro unitario.
Non esiste una relazione automatica e deterministica tra canale,
modalità di comunicazione e prodotto linguistico. Si può parlare come
un libro stampato e si può, scrivendo, mimare gli usi parlati; inoltre è
del tutto evidente che pratiche culturali diverse e innovazioni tecno-
logiche possono costruire modalità del tutto originali che usano i me-
desimi canali. Per questo motivo è bene evitare equivalenze improprie
tra canali, modalità e strutture linguistiche. Tuttavia, data una modali-
tà, non tutte le forme testuali e le costruzioni verbali sono ugualmen-
te probabili perché gli utenti tendono a scegliere quelle più adatte o
perché più efficienti o perché più adeguate al contesto sociale in cui
normalmente avviene la comunicazione. Nel primo caso parliamo di
correlati linguistici funzionali, cioè di una correlazione determinata da
fattori di rendimento e quindi di costruzioni linguistiche che vengono
usate perché permettono un migliore funzionamento della comunica-
zione. Nel secondo caso, invece, parliamo di correlati sociolinguistici,
cioè di costruzioni, la cui occorrenza, per esempio nella modalità par-
lata, è determinata dal fatto che sono proprie delle varietà usate nelle
situazioni in cui si parla, ma non necessariamente facilitano o rendono
la comunicazione più facile. Una differenza essenziale tra i due tipi di
correlati sta nel fatto che i correlati funzionali sono grandemente con-
divisi dal punto di vista interlinguistico; quelli sociolinguistici possono
invece cambiare da lingua a lingua, perché dipendenti dalla specifiche
situazioni di ogni lingua. I due esempi seguenti dovrebbero chiarire la
differenza.
In (5) abbiamo un esempio di costruzione verbale, l’uso del deitti-
co quello, tipica del discorso parlato, in cui è possibile la condivisione
della situazione comunicativa tra produttore e destinatario. I deittici,
35
dal parlato alla grammatica
benché non siano usati solo nella modalità parlata, sono molto più fre-
quenti nel parlato di tutte le lingue, perché rendono la comunicazione
più facile e immediata, con il riferimento ad elementi extraverbali. Lo
stesso enunciato potrebbe essere realizzato con un segno deittico ge-
stuale, come in (6):
(6) Passami
(7) lip-rb29
A: okay i pagamenti li faccio di quelli soliti?
B: sì sì eh sempre fine mese
A: se<ssanta> sessanta giorni
B: sessanta novanta
A: sessanta novanta fine mese
B: Banca Commerciale Italiana succursale tiburtina
A: Banca Commerciale Italiana succursale?
B: tiburtina
A: Banca Commerciale Italiana succursale?
B: tiburtina
A: tiburtina # come vanno ’e cose?
B: ah se comincia a core de brutto
A: sì? me sembra che se sta sm<uovendo> se sta muo<vendo> muovendo
B: sì sì
A: allora io ti ringrazio dell‘ordine
B: okay ahò te raccomando dijelo
A: e scusa che non t‘ho telefonato subito però ieri sera c‘ho dei problemi ieri
sera so’ arrivato alle otto e mezza a casa_
B: va bo’ va bo’
A: e allo<ra> stamatina ho detto famme leva’ er pensiero da_ denuncia dii
redditi perché io la consegno sempre qua vicino # a mano
B: ho capi<to> sì sì
36
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
18. Per un inquadramento teorico e storico del complicato intreccio tra il parlato
e i suoi correlati sociolinguistici si vedano i due classici di De Mauro (2011; 2014b):
Storia linguistica dell’Italia unita e Storia linguistica dell’età repubblicana. Sulle re-
37
dal parlato alla grammatica
1.5
La partizione di questo libro
Seguirò un percorso espositivo che parte dalla descrizione delle pro-
prietà fondamentali della comunicazione parlata per proseguire nella
descrizione dei correlati funzionali a livello testuale, sintattico, lessicale
e semantico delle produzioni parlate.
Nel cap. 2 sono descritte le relazioni che esistono tra canale di
comunicazione, proprietà generali della produzione e percezione lin-
guistiche e tipo di interazione tra parlanti nella modalità parlata. I da-
ti sperimentali mettono in evidenza che tanto la produzione quanto
la percezione linguistica si servono sia del canale fonico-uditivo sia
di quello visivo-gestuale, includendo nei gesti sia quelli del corpo sia
quelli delle mani. Ne emerge un quadro complesso e dinamico, in cui,
come in un ingranaggio, ogni componente si misura e si modella in
rapporto alle altre per raggiungere il giusto equilibrio nelle diverse si-
tuazioni enunciative. L’ingranaggio modale condiziona naturalmente
anche le scelte linguistiche, che non sono tutte ugualmente probabili
in qualsiasi modalità di comunicazione, poiché non tutte ugualmente
adatte alle medesime condizioni di comunicazione. Ciascuna modalità
di comunicazione tende infatti a correlare con i tipi di meccanismi e
costruzioni linguistici che meglio si adattano alle condizioni di produ-
zione e ricezione; detto in altre parole, le scelte linguistiche variano col
variare dell’ingranaggio modale.
I capp. 3 e 4 saranno dedicati ai correlati funzionali rispettivamen-
centi connotazioni sociolinguistiche assunte dal dialetto nelle nuove generazioni: cfr.
Berruto (2006; 2007).
19. Per la trattazione sociolinguistica delle varietà dell’italiano cfr. Berruto (2012).
38
1. quando parliamo usiamo la grammatica?
39
dal parlato alla grammatica
40