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NEL LUNGO PERIODO:


GRANDI TEMI STORICI
DAL PASSATO A OGGI

Adriano PROSPERI STORIA


ED EDUCAZIONE CIVICA:
PERCORSI INTEGRATI
Gustavo ZAGREBELSKY ATLANTE DIGITALE:
PIÙ DI 300 CARTE
Paolo VIOLA Michele BATTINI INTERATTIVE

Civiltà di
memoria DALL’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI
ALLA FINE DELL’OTTOCENTO
Civiltà di
memoria
DALL’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI
ALLA FINE DELL’OTTOCENTO
© 2021 by Mondadori Education S.p.A., Milano
Tutti i diritti riservati

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non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla
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Hanno collaborato Elisabetta Serafini (revisione del testo, fonti e approfondimenti) – Mattia Corso (Nel lungo periodo:
Mercanti e merci; Paesaggio agrario e paesaggio industriale; Il razzismo e l’antisemitismo) – Elena
Bignami (Nel lungo periodo: L’evoluzione dell’idea di Stato; L’Italia che si muove: le migrazioni ) –
Maurizio Onnis (Dalla Storia all’Educazione civica) – Alessandra Vigo (Dalla Storia all’Educazione
civica: Rivoluzione industriale e inquinamento; Dalle città industriali alle città sostenibili ).

Redazione Daniele Mosca


Progetto grafico e copertina Simona Corniola - Colibrì Graphic Design, Rapallo (GE)
In copertina Henri Testelin Huygens, Jean-Baptiste Colbert presenta i membri dell’Accademia Reale
di Scienze a Luigi XIV (part.), 1667. Palazzo di Versailles, © Getty Images,
Jean-Pierre Houel, La presa della Bastiglia (part.), 1789, Biblioteca Nazionale di Francia,
Parigi, © Getty Images.
Impaginazione Colibrì Graphic Design, Rapallo (GE)
Sintesi e mappe Daniele Mosca
Didattica digitale Elena Tabacchi
Cartografia Studio 2C di Claudia Ciuffetti
Ricerca iconografica Martina Giorgi

Contenuti digitali
Progettazione Fabio Ferri, Lilia Cavaleri
Scrittura Silvia Sferruzza, TIWI s.r.l.
Realizzazione AAMOD, Eicon s.r.l., IMMAGINA s.r.l., Studio Voltapagina s.r.l., TIWI s.r.l.

L’editore fornisce – per il tramite dei testi scolastici da esso pubblicati e attraverso i relativi supporti – link a siti di terze parti esclusivamente per usi didattici o perché
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e-mail servizioclienti.edu@mondadorieducation.it
numero verde 800 123 931
Adriano PROSPERI
Gustavo ZAGREBELSKY
Paolo VIOLA Michele BATTINI

Civiltà di
memoria
DALL’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI
ALLA FINE DELL’OTTOCENTO
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IL PROGETTO DIDATTICO

Percorso di
Didattica Digitale
Integrata
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con contenuti il ripasso,
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esplorabile in con lavori
digitale (ThingLink) di gruppo,
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visivo e interattivo. e autovalutazione.

Nel lungo periodo Lavori di gruppo e


di Adriano Prosperi: compiti di realtà
visione d’insieme interdisciplinari
su grandi temi, dal e di cittadinanza
passato a oggi. digitale.

Dalla Storia
all’Educazione
civica di Gustavo
Zagrebelsky:
Educazione L’argomento della
civica integrata scheda come
nei capitoli con spunto per il
videointervista dibattito
all’autore. in classe.

VI
Fonti in intinere Storiografia con
e a fine capitolo. Storiografia a
confronto:
opinioni differenti
su uno stesso
tema.
Testi aggiuntivi in
digitale.

Numerose Storia e...


schede di La storia
approfondimento: come dialogo
• La storia interdisciplinare,
nelle parole con attività
• Cultura materiale individuali o
e vita quotidiana di gruppo.
• Personaggi
• Un altro sguardo
• Storia e...

Ripasso attivo
e inclusivo con Laboratorio per
sintesi e mappa a l’Esame di Stato
completamento. con tutte le
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• visualizzazione a schermo intero e zoom per ingrandire;
• attivazione e disattivazione dei livelli delle legende e dei toponimi;
• confronto tra le carte;
• possibilità di scaricare le carte in formato jpg;
• lettura guidata delle carte e proposte di attività;
• geolocalizzazione per individuare su Google Maps i territori e confrontare i confini attuali con quelli del passato.
All’Atlante digitale si accede cliccando sull’icona del QR code in HUB Young o inquadrando il QR code riportato
nelle pagine del libro cartaceo.

VII
Oltre ai contenuti digitali
Indice integrativi abbinati ai
capitoli sono disponibili:
Atlante digitale interattivo
Costituzione italiana commentata

1 L’Europa tra potere


HUB Test

assoluto e potere parlamentare


1 Le rivoluzioni inglesi del Seicento 2
1. Giacomo I e le divisioni religiose 4
2. Trasformazioni economiche e sociali 7
3. La politica assolutistica di Carlo I 9
LE FONTI • La Petizione dei diritti del 1628 11
4. La guerra civile e la fine della monarchia 12
LE FONTI • La sentenza contro Carlo I 16
LA STORIA NELLE PAROLE • Sovranità popolare 16
5. La dittatura di Cromwell e l’Atto di navigazione 17
STORIA E FILOSOFIA • Il Leviatano di Hobbes e il «governo civile» di Locke 19
6. Dalla restaurazione alla Gloriosa rivoluzione 20
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• Il Parlamento italiano 22
Ripasso attivo • Sintesi 24 • Mappa 25 • Verifica 26
Fonti Il dibattito sul suffragio universale
F1 27
Il Bill of Rights del 1689
F2 28
Storiografia Storiografia a confronto • I tanti volti della rivoluzione 29
S1 Arthur Leslie Morton, La rivoluzione inglese fu una rivoluzione borghese 29
S2 Lawrence Stone, All’origine della rivoluzione inglese 30
S3 Conrad Russell, La guerra civile inglese come scontro tra poteri 31

Immagine interattiva Esecuzione di Carlo I di Gonzales Coques


Video lezione Oliver Cromwell
Presentazione L’Inghilterra tra due rivoluzioni
Fonti Il «patto» dei Livellatori
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

2 L’assolutismo nella Francia del Re Sole 32


1. Uno Stato costruito su solide basi 34
2. Mazzarino e le Fronde 36
LE FONTI • Le cause della Fronda 37
3. Luigi XIV e il rafforzamento della monarchia 38
LA STORIA NELLE PAROLE • Assolutismo 41
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • Le misure igieniche dell’epoca 42
4. L’esercito e le finanze 43
LE FONTI • Dalle Memorie di Luigi XIV 45
5. La politica culturale e religiosa dello Stato 46
STORIA E ARTE • La divinizzazione del Re Sole 49
NEL LUNGO PERIODO di Adriano Prosperi • L’evoluzione dell’idea di Stato 50
6. Le guerre di Luigi XIV 52
Ripasso attivo • Sintesi 56 • Mappa 57 • Verifica 58

VIII
Fonti Luigi XIV e la sua corte
F1 59
I quattro articoli della Chiesa gallicana
F2 60
Storiografia Storiografia a confronto • Augusto o Nerone? 61
S1 Voltaire, Del calvinismo al tempo di Luigi XIV 61
S2 Peter Burke, Il rovescio della medaglia 62

Immagine interattiva Grille royale


Video personaggi Luigi XIV
Presentazione L’Europa nell’età dell’assolutismo
Fonti Elogio della libertà di coscienza di Baruch Spinoza
Audiosintesi e mappa personalizzabile

3 Società e Stato tra Seicento e Settecento 64


1. Le campagne: campi aperti, recinzioni, artigianato 66
2. Le città: nobiltà, corporazioni e plebe urbana 69
3. Un mondo di comunità e di gerarchie 72
LA STORIA NELLE PAROLE • Definire l’ordine sociale 75
4. Famiglie nucleari e famiglie complesse 76
LE FONTI • Per una definizione di «famiglia» 79
5. La nobiltà e le libertà nel modello repubblicano 80
6. La monarchia assoluta e l’espansione dello Stato 83
LE FONTI • Il re padre dei sudditi 85
7. Lo Stato nella religione e nella cultura 86
UN ALTRO SGUARDO • Europa e Islam a confronto 88
8. Lo Stato nell’economia: il mercantilismo 89
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky • Famiglia e unioni civili 92
Ripasso attivo • Sintesi 94 • Mappa 95 • Verifica 96
Fonti F1 Una recinzione a Marston nel 1656 97
Storiografia S1 Daniela Lombardi, Autorità paterna e libertà dei figli nelle scelte matrimoniali 98
S2 Natalie Zemon Davis, Donne e politica 99

Immagine interattiva Arrivo al Quirinale dell’ambasciatore Nicolò Duodo


Video lezione L’Europa settecentesca
Presentazione Stato e società nell’Europa del Seicento
Fonti Vita da bracciante di Sébastien de Vauban
Storiografia I matrimoni della nobiltà di Jean-Pierre Labatut
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

4 L’equilibrio politico in Europa 100


1. Guerra e diplomazia 102
LA STORIA NELLE PAROLE • Diplomazia 104
2. La Prussia degli Hohenzollern 105
LE FONTI • Il buon governo nel giudizio di Federico II 109
3. Ascesa e crisi della Polonia 110
4. L’Impero russo da Ivan il Terribile a Pietro il Grande 111
5. Il mondo balcanico e il declino dell’Impero ottomano 119
6. La guerra dei Sette anni, l’India e l’America 121
LE FONTI • L’ambizione delle potenze europee 124
UN ALTRO SGUARDO • Disegnare il mondo: una mappa nordamericana 125

IX
Ripasso attivo • Sintesi 126 • Mappa 127 • Verifica 128
Fonti F1 Le riforme di Pietro il Grande 129
Storiografia Storiografia a confronto • Declino o evoluzione? 130
S1 Bernard Lewis, Il tramonto dell’Impero ottomano nel XVIII secolo 130
S2 Suraiya Faroqhi, Il potere del sultano nel XVIII secolo 131

Immagine interattiva Ambasciatori europei ricevuti dal sultano ottomano


Video lezione Il Settecento e l’assolutismo
Presentazione L’Europa nell’età dell’assolutismo
Fonti Un popolo pieno di vanità di Charles-Louis de Montesquieu
• Allevatori e tessitori tedeschi in Russia
Audiosintesi e mappa personalizzabile

5 L’Europa e l’economia-mondo 132


1. Gli europei e gli altri 134
LA STORIA NELLE PAROLE • Progresso 136
2. Oltre l’Europa 137
LE FONTI • L’opulenza del commercio in India 139
3. L’economia-mondo 142
NEL LUNGO PERIODO di Adriano Prosperi • Mercanti e merci 144
4. L’evoluzione del commercio degli schiavi 146
LE FONTI • Il «codice nero» nelle colonie francesi 151
STORIA E CINEMA • La schiavitù sul grande schermo 152
5. Il capitalismo: borghesia e proletariato 153
6. La «protoindustria» e la rivoluzione in agricoltura 157
Ripasso attivo • Sintesi 160 • Mappa 161 • Verifica 162
Fonti F1 Nuovi beni di consumo nell’Inghilterra del XVIII secolo 163
F2 La tratta degli schiavi 164
Storiografia S1 Raffaella Sarti, Innovazioni alimentari nel XVIII secolo 165
S2 Gabriele Turi, Il commercio di esseri umani 166

Immagine interattiva Planisfero settecentesco


Video lezione L’Europa settecentesca
Fonti Le diseguaglianze sociali di Jean Meslier
Storiografia Le ragioni della schiavitù degli africani di Eric Williams
Audiosintesi e mappa personalizzabile

Laboratorio per l’Esame di Stato 168

Bacheca L’assolutismo

2 Le rivoluzioni del Settecento


6 L’Illuminismo e l’età delle riforme 172
1. I «Lumi»: ragione, felicità, libertà e tolleranza 174
LA STORIA NELLE PAROLE • Tolleranza 180
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • I primi quotidiani e la stampa periodica 181
2. Dispotismo illuminato e riforme 182

X
3. La giustizia 185
LE FONTI • Beccaria e le riforme della giustizia 187
4. Il giurisdizionalismo 188
LE FONTI • La patente di tolleranza di Giuseppe II 190
5. I giansenisti e i gesuiti 191
6. Il deismo, i «risvegli» cristiani, la massoneria 193
7. Le riforme economiche 196
8. Verso la «monarchia amministrativa» 200
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• La pena di morte 202
Ripasso attivo • Sintesi 204 • Mappa 205 • Verifica 206
Fonti L’Illuminismo secondo Kant
F1 207
Libertà e poteri: Montesquieu
F2 208
Storiografia S1 Rolando Minuti, Illuminismi o Illuminismo? 209

Immagine interattiva Fasi di lavorazione della cellulosa in una cartiera


Video lezione Il Settecento e l’assolutismo
Presentazione Illuminismo e riforme
Fonti Londra descritta da Alessandro Verri • Il contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

7 La Rivoluzione industriale inglese 210


1. «Whigs» e «tories» 212
2. Il sistema politico inglese 215
3. Le premesse dell’industrializzazione 218
LE FONTI • La rotazione di Norfolk 222
4. Il cotone e il carbone 223
5. La fabbrica e la formazione della classe operaia 226
LE FONTI • La drammatica realtà del lavoro minorile 228
LA STORIA NELLE PAROLE • Le parole della Rivoluzione industriale 229
NEL LUNGO PERIODO di Adriano Prosperi
• Paesaggio agrario e paesaggio industriale 230
6. La politica liberista in Inghilterra 232
UN ALTRO SGUARDO • Il radicalismo inglese e l’estensione dei diritti 233
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• Rivoluzione industriale e inquinamento 234
Ripasso attivo • Sintesi 236 • Mappa 237 • Verifica 238
Fonti F1 La divisione del lavoro secondo Adam Smith 239
Storiografia S1 Davis S. Landes, L’uomo e la macchina nel nuovo sistema produttivo 240
S2 Anna Bellavitis, Il lavoro di donne e bambini nella Rivoluzione industriale 241

Immagine interattiva Locomotive a vapore davanti a un’acciaieria di John Rutherford


Video lezione Il Settecento e le rivoluzioni
Presentazione La Rivoluzione industriale in Inghilterra
Fonti Lo stabilimento siderurgico di Coalbrookdale di Arthur Young
• La rivoluzione energetica di Edward A. Wrigley
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

XI
8 La Rivoluzione americana 242
1. Guerra di indipendenza o rivoluzione? 244
2. Le colonie inglesi d’America 245
3. I motivi di conflitto tra le colonie e la madrepatria 249
PERSONAGGI • John Smith e Pocahontas 251
4. Le tappe della Rivoluzione americana 252
LE FONTI • In vista della guerra 254
UN ALTRO SGUARDO • La partecipazione delle donne alla rivoluzione 255
5. La Costituzione degli Stati Uniti d’America 258
LA STORIA NELLE PAROLE • Confederazione e federazione 260
6. La sfida repubblicana e rivoluzionaria in Europa 261
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• I poteri esecutivo e giudiziario in Italia 264
Ripasso attivo • Sintesi 266 • Mappa 267 • Verifica 268
Fonti Le ragioni della ribellione secondo Thomas Jefferson
F1 269
La Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America
F1 270
Storiografia S1 Guido Abbattista, La Costituzione degli Stati Uniti e i fondamenti dell’antifederalismo 271
Storiografia a confronto • Libertà, democrazia e potere 272
S2 Gordon S. Wood, La Rivoluzione americana: una trasformazione radicale 272
S3 Francis Jennings, Libertà, indipendenza, espansionismo 273

Immagine interattiva Nascita della bandiera di Henry Mosler


Video lezione Il Settecento e le rivoluzioni
Presentazione La Rivoluzione americana e la nascita degli Stati Uniti
Fonti La Carolina del Sud negli occhi di un viaggiatore italiano di Luigi Castiglioni
• I primi dieci emendamenti della Costituzione americana
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

9 La Rivoluzione francese 274


1. La crisi dell’Antico regime 276
2. Gli Stati generali 279
LE FONTI • Che cos’è il Terzo stato? 281
3. La presa della Bastiglia 283
LA STORIA NELLE PAROLE • Rivoluzione 284
4. L’Assemblea costituente 285
UN ALTRO SGUARDO • Una rivoluzione atlantica: Haiti 285
5. Dalla monarchia alla Repubblica 288
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • Donne e rivoluzione 293
6. Il governo rivoluzionario e il «Terrore» 294
LE FONTI • Vigilare sul popolo 296
7. La Vandea e la controrivoluzione 297
8. La scristianizzazione 300
9. Dalla fine del «Terrore» all’ascesa del Direttorio 302
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky • I diritti umani 306
Ripasso attivo • Sintesi 308 • Mappa 309 • Verifica 310
Fonti F1 La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino 311
F2 Il Terrore nelle parole di un artigiano parigino 312
Storiografia Storiografia a confronto
• La Rivoluzione francese fu una rivoluzione borghese? 313
XII
S1 Albert Soboul, La Rivoluzione francese come rivoluzione borghese 313
S2 François Furet e Denis Richet, La radicalizzazione del processo rivoluzionario 314
S3 Donald M.G. Sutherland, Rivoluzione e controrivoluzione 315

Immagine interattiva Presa della Bastiglia


Video lezione Il Settecento e le rivoluzioni
Video personaggi Maximilien de Robespierre
Presentazione La Rivoluzione francese e la fine dell’Antico regime
Fonti Contro i privilegi di nascita di Emmanuel Sieyès • Il cammino delle rivoluzioni di Louis-Antoine
Saint-Just
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

10 L’epoca napoleonica 316


1. La coalizione antifrancese e le sue ambiguità 318
2. La «Grande Nation» e le «repubbliche sorelle» 323
3. La campagna d’Italia e il triennio giacobino 325
4. La campagna d’Egitto 331
UN ALTRO SGUARDO • La campagna d’Egitto e la Description de l’Égypte 333
5. Il colpo di Stato del 18 brumaio 334
6. Dal Consolato all’Impero 336
LA STORIA NELLE PAROLE • Plebiscito e referendum 339
7. Il Concordato con la Chiesa cattolica e il Codice civile 340
LE FONTI • La famiglia nel Codice Napoleone 343
8. La sconfitta delle coalizioni e il «Grande Impero» 344
9. Il blocco continentale e la resistenza spagnola 349
10.La campagna di Russia e la caduta di Napoleone 353
LE FONTI • Tolstoj e la ritirata di Napoleone 357
Ripasso attivo • Sintesi 358 • Mappa 359 • Verifica 360
Fonti F1 Un discorso di Napoleone al Consiglio di Stato del Regno d’Italia 361
Storiografia S1 Maria Pia Donato, Parigi, «Archivio del mondo» 362
S2 Carlo Capra, Il giacobinismo italiano 363

Immagine interattiva Incoronazione di Napoleone I di Jacques-Louis David


Video personaggi Napoleone Bonaparte
Presentazione Napoleone Bonaparte, le conquiste e le riforme
Fonti I francesi arrivano a Milano di Stendhal
Storiografia Come organizzare le conquiste d’Italia? di Carlo Capra
Audiosintesi e mappa personalizzabile

Laboratorio per l’Esame di Stato 364

Bacheca La Prima rivoluzione industriale

3 Restaurazione, capitalismo e nazionalismi


11 La Restaurazione e i moti degli anni Venti 368
1. La Restaurazione: equilibrio, stabilità e legittimità 370
LE FONTI • La Francia nel nuovo equilibrio europeo 374
LA STORIA NELLE PAROLE • Reazione e Restaurazione 376
2. L’Italia dopo il Congresso di Vienna 377

XIII
3. Un costituzionalismo sotto tutela 380
4. La stampa e l’istruzione pubblica 383
5. I movimenti di opposizione alla Restaurazione 385
6. La Rivoluzione e la repressione in Spagna e in Italia 389
7. L’indipendenza dell’America Latina 394
LE FONTI • L’atto d’accusa di Simón Bolívar 396
8. L’Impero ottomano, la rivoluzione greca e il moto «decabrista» russo 397
STORIA E ARTE • Rappresentare le atrocità della guerra 401
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky • La libertà d’opinione 402
Ripasso attivo • Sintesi 404 • Mappa 405 • Verifica 406
Fonti F1 L’origine del principio monarchico secondo de Maistre 407
F2 La società segreta secondo Filippo Buonarroti 408
Storiografia S1 Vittorio Criscuolo, Il ritorno di Napoleone 409
S2 Marco Novarino, Le società segrete in Piemonte 410

Immagine interattiva Alfabeto e simboli della Carboneria


Video lezione Il Congresso di Vienna • I moti degli anni Venti e Trenta in Europa
Presentazione La Restaurazione in Europa
Fonti Il Congresso di Vienna • Il programma del «Conciliatore»
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

12 Il trionfo del capitalismo 412


1. L’affermazione della Rivoluzione industriale 414
LA STORIA NELLE PAROLE • Capitalismo 417
2. Le lotte dei lavoratori e il conflitto tra agrari e industriali 418
LE FONTI • La situazione sanitaria delle classi lavoratrici 422
3. Lo sviluppo di trasporti e città 423
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • Una rivoluzione nei trasporti: le ferrovie 427
4. Economia politica e utopie socialiste 428
5. La supremazia degli europei 431
LE FONTI • La diminuzione della mortalità in Europa 432
6. Il centro del mondo e le sue periferie 436
7. La «base aurea» e il libero mercato 438
8. L’apogeo del sistema capitalista 441
Ripasso attivo • Sintesi 444 • Mappa 445 • Verifica 446
Fonti F1 Il colera in Lombardia nel 1855 447
F2 Tempi difficili di Charles Dickens 448
Storiografia S1 Giuseppe Berta, La composizione della prima classe operaia inglese 449
S2 Anna Pellegrino, Le esposizioni universali nella letteratura di viaggio 450
S3 Adriano Prosperi, Contadini d’Italia 451

Immagine interattiva Crystal Palace


Video lezione L’industrializzazione in Europa e negli Stati Uniti
Presentazione L’industrializzazione in Europa e la nascita della questione sociale
Fonti Le conseguenze dell’aumento della popolazione di Thomas Robert Malthus
Storiografia Il ruolo dei trasporti di Pat Hudson
Audiosintesi e mappa personalizzabile

13 Nazionalismi europei e moti democratici 452


1. La rivoluzione di luglio in Francia 454
2. I moti del 1831 in Italia e Giuseppe Mazzini 457
XIV
LE FONTI • Il primato degli italiani 460
LA STORIA NELLE PAROLE • Nazione e patria 462
3. Nazionalismo liberale e nazionalismo reazionario 463
4. Il modello politico inglese nell’età vittoriana 469
5. Il 1848 in Francia 472
6. Il 1848 in Italia e la Prima guerra d’indipendenza 475
LE FONTI • Venezia insorge 477
STORIA E ARTE • Il romanticismo storico 483
Ripasso attivo • Sintesi 484 • Mappa 485 • Verifica 486
Fonti F1 Mazzini e la fondazione della Giovine Europa 487
F2 La classe operaia in Francia nel 1848 488
Storiografia S1 Alberto Mario Banti e Paul Ginsborg, Il Risorgimento come movimento «di massa» 489
S2 Giuseppe Monsagrati, Le ambizioni mazziniane e i limiti della Repubblica Romana 490
S3 Lucio Villari, La fine della Repubblica Romana 491

Immagine interattiva Cinque Giornate di Milano


Video lezione I moti degli anni Venti e Trenta in Europa
Presentazione 1848: il ritorno della rivoluzione in Europa
Fonti La «guerra per bande» di Giuseppe Mazzini
Storiografia Etnie e nazionalità danubiane nel Quarantotto di Lewis B. Namie
Audiosintesi e mappa personalizzabile

14 Le unificazioni italiana e tedesca 492


1. Il Secondo Impero in Francia 494
LA STORIA NELLE PAROLE • Populismo, cesarismo e bonapartismo 494
LE FONTI • Le riflessioni di Marx sulla Francia di Luigi Bonaparte 496
2. L’Italia dopo la rivoluzione del 1848 497
3. Vittorio Emanuele II, Cavour e la guerra di Crimea 499
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • I primi reportage fotografici di guerra 502
4. La Seconda guerra d’indipendenza e l’Unità d’Italia 503
LA STORIA NELLE PAROLE • Risorgimento 509
5. La guerra austro-prussiana e la Terza guerra d’indipendenza 510
LE FONTI • Il Kulturkampf 511
6. La guerra franco-prussiana e il Secondo Reich 514
Ripasso attivo • Sintesi 516 • Mappa 517 • Verifica 518
Fonti F1 I garibaldini visti da Alexandre Dumas 519
F2 Un appello alle donne italiane 520
Storiografia S1 Gilles Pécout, La politica economica di Cavour e il processo di unificazione nazionale 521
S2 Alberto Mario Banti, La guerra contro l’Austria 522
S3 Heinrich Lutz, Lo scontro fra Bismarck e il Parlamento prussiano 523

Immagine interattiva Partenza di Garibaldi e dei «Mille» da Quarto


Video lezione Il Risorgimento
Video personaggi Camillo Benso di Cavour • Otto von Bismarck
Presentazione L’unificazione italiana
Fonti Il plebiscito del 1860 nel Mezzogiorno in una rievocazione letteraria di Tomasi di Lampedusa
Storiografia La costituzione dell’Impero tedesco di Gustavo Corni
Audiosintesi e mappa personalizzabile

Laboratorio per l’Esame di Stato 524

Bacheca L’Unità d’Italia

XV
4 L’espansione coloniale
e la crisi degli equilibri
15 La guerra di secessione 530
1. Il sistema politico negli Stati Uniti 532
2. La «dottrina Monroe» 534
LE FONTI • Il ruolo degli Stati Uniti 535
3. Economia e governo statunitensi 538
4. Il Far West: il mito della frontiera 540
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • La frontiera 541
UN ALTRO SGUARDO • La campagna contro l’Indian Removal Act 542
5. Nord e Sud in guerra 544
LA STORIA NELLE PAROLE • Guerra civile 547
LE FONTI • L’abolizione della schiavitù 548
6. Società e sistemi politici sudamericani 549
Ripasso attivo • Sintesi 552 • Mappa 553 • Verifica 554
Fonti F1 Contro la schiavitù 555
F2 Il punto di vista dei sudisti 556
Storiografia S1 Mario Del Pero, Un destino manifesto 557
S2 Bruno Cartosio, Il West dei fotografi 558

Immagine interattiva Fort Wagner


Video lezione Lo scenario mondiale nella seconda metà dell’Ottocento
Presentazione L’espansione degli Stati Uniti e l’indipendenza dell’America Latina
Fonti La giornata lavorativa di uno schiavo di Salomon Northup
Storiografia Le ragioni del mancato sviluppo dell’America Latina di David Landes
Audiosintesi e mappa personalizzabile

16 Il Regno d’Italia 560


1. Il governo della Destra storica 562
LE FONTI • In favore del suffragio universale 563
LA STORIA NELLE PAROLE • Destra e sinistra 565
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • Il brigantaggio nei reportage fotografici 567
2. La conquista di Roma 570
LE FONTI • La Chiesa condanna il liberalismo 572
3. Il governo della Sinistra 573
PERSONAGGI • Anna Maria Mozzoni e le battaglie per i diritti delle donne 576
4. Il protezionismo e la Triplice Alleanza 577
5. Lo statalismo nazionalista di Crispi 580
6. La debolezza istituzionale dello Stato 583
7. La questione meridionale 585
NEL LUNGO PERIODO di Adriano Prosperi • L’Italia che si muove: le migrazioni 588
8. La crisi di fine secolo 590
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky • Il voto come diritto 592
Ripasso attivo • Sintesi 594 • Mappa 595 • Verifica 596
Fonti F1 Miseria e brigantaggio 597
F2 La scuola dell’Italia unita 598

XVI
Storiografia S1 Marina Formica, Roma capitale del nuovo Stato? 599
S2 Pietro Bevilacqua, Come guardare alla «questione meridionale» 600
S3 Francesco Benigno, La «mafia» come spiegazione 601

Immagine interattiva Breccia di Porta Pia di Carlo Ademollo


Video lezione L’Italia del trasformismo
Presentazione L’Italia dalla Sinistra storica alla crisi di fine secolo
Fonti Le italiane e il diritto di voto di Anna Maria Mozzoni
Storiografia ll mancato rapporto di mercato tra Nord e Sud di Rosario Villari
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

17 Il movimento operaio 602


1. Karl Marx e il «socialismo scientifico» 604
2. L’anarchismo, il comunismo e la Prima Internazionale 607
3. La Comune di Parigi 609
UN ALTRO SGUARDO • Le donne e la Comune di Parigi 611
4. La Seconda Internazionale 612
LA STORIA NELLE PAROLE • Le parole della lotta operaia: sindacato e sciopero 613
LE FONTI • Il programma della Seconda Internazionale 614
5. Laburismo e sindacalismo 615
6. Il movimento operaio e i cattolici 618
LE FONTI • La dottrina sociale della Chiesa nella Rerum Novarum 620
7. Il socialismo in Italia 621
8. Il socialismo in Russia 625
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• Il lavoro come diritto 626
Ripasso attivo • Sintesi 628 • Mappa 629 • Verifica 630
Fonti F1 Il Manifesto del Partito comunista 631
F2 Il pensiero anarchico secondo Michail Bakunin 632
Storiografia Storiografia a confronto • La Prima Internazionale 633
S1 Marcello Musto, La nascita dell’Associazione internazionale dei lavoratori 633
S2 David McLellan, La difficile vita della Prima Internazionale 635

Immagine interattiva Sciopero a Creusot di Jules Adler


Video lezione L’industrializzazione in Europa e negli Stati Uniti
Presentazione La civiltà industriale e il movimento operaio
Fonti Indirizzo inaugurale della Prima Internazionale di Karl Marx • Contro Bakunin di Friedrich Engels
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

18 La Seconda rivoluzione industriale 636


1. Trasformazioni nelle campagne 638
2. L’elettricità, la chimica e il motore a scoppio 641
LE FONTI • Nascita di una grande industria italiana: la Pirelli 644
LA STORIA NELLE PAROLE • Invenzione, innovazione e diffusione 646
3. I monopoli, le banche e lo Stato 647
4. Il declino del liberalismo e l’inizio della democratizzazione 649
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • La trasformazione delle città 650
LE FONTI • Gli effetti della vita in città sull’essere umano 651

XVII
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• Dalle città industriali alle città sostenibili 654
Ripasso attivo • Sintesi 656 • Mappa 657 • Verifica 658
Fonti La catena di montaggio secondo Henry Ford
F1 659
La prima ferrovia elettrica italiana
F2 660
Storiografia S1 Simona Colarizi, Progresso e arretratezza nella società di fine Ottocento 661
Storiografia a confronto • La Seconda rivoluzione industriale 662
S2 Simone Fari, Mobilità nella Seconda rivoluzione industriale 662
S3 Jürgen Osterhammel e Niels P. Petersson, Capitalismo mondiale e Stato nazionale 663

Immagine interattiva Peugeot Type 3


Video lezione L’imperialismo e la Seconda rivoluzione industriale
Presentazione La civiltà industriale e il movimento operaio
Storiografia Evoluzione delle forme e degli ambiti di potere statale nel corso dell’Ottocento
di Christopher A. Bayl
Videointervista a Gustavo Zagrebelsky
Audiosintesi e mappa personalizzabile

19 Colonialismo e imperialismo 664


1. Nazionalismo e politiche coloniali 666
LA STORIA NELLE PAROLE • Colonizzazione, colonialismo e imperialismo 668
2. La dominazione inglese in India 669
3. Il Congresso di Berlino 672
4. Dal colonialismo all’imperialismo 674
5. Il declino economico e politico dell’Italia 678
LE FONTI • L’antisemitismo e l’esaltazione dei Germani 680
STORIA E SOCIOLOGIA • II darwinismo sociale e il razzismo 681
NEL LUNGO PERIODO di Adriano Prosperi • Il razzismo e l’antisemitismo 682
6. Gli Imperi centrali, la Francia e la Gran Bretagna 684
LE FONTI • La coraggiosa denuncia di Émile Zola 689
7. L’abolizione della servitù della gleba in Russia 691
8. La crisi dell’Impero cinese 693
9. Il Giappone e il rinnovamento «Meiji» 698
Ripasso attivo • Sintesi 700 • Mappa 701 • Verifica 702
Fonti F1 L’atto finale del Congresso di Berlino 703
F2 Contro il nazionalismo imperialista 704
Storiografia S1 Christopher A. Bayly, «Diluvio» bianco e popoli nativi: gli inglesi in Africa 705
Storiografia a confronto • Due facce della stessa medaglia? 706
S2 Lenin, L’imperialismo fase suprema del capitalismo 706
S3 Wolfgang Mommsen, Il bilancio economico dell’imperialismo 707

Immagine interattiva Truppe coloniali dell’esercito britannico


Video lezione L’imperialismo e la Seconda rivoluzione industriale
Presentazione Colonialismo e imperialismo alla fine dell’Ottocento
Fonti Il fardello dell’uomo bianco di Rudyard Kipling • Gli obiettivi politico-commerciali dell’esplorazione
del Congo di Henry M. Stanley
Audiosintesi e mappa personalizzabile

Laboratorio per l’Esame di Stato 708

Bacheca Il movimento operaio

XVIII
Lezioni digitali:
il sillabo di Storia
0. L’Alto Medioevo

Terzo anno
1. La rinascita dell’Europa dopo l’anno Mille: 8. L’Umanesimo e il Rinascimento
agricoltura, città e commercio 9. L’Impero di Carlo V e le guerre d’Italia
2. I poteri del Basso Medioevo: Impero, papato 10. La scoperta dell’America e la nascita
e le prime monarchie nazionali degli imperi coloniali
3. L’età dei Comuni e lo scontro con l’Impero 11. La Riforma protestante
4. La crisi del Trecento 12. La Controriforma
5. L’Italia degli Stati regionali fra XIII e XV secolo 13. L’Europa nella seconda metà del Cinquecento
6. Le monarchie nazionali alla fine del Medioevo 14. La crisi del Seicento
7. L’espansione turca e la conquista di Costantinopoli 15. La guerra dei Trent’anni

Quarto anno
16. La società di Ancien régime e l’età 27. Le Americhe
dell’assolutismo 28. Industrializzazione e movimento operaio
17. La rivoluzione inglese 29. Il ’48 in Europa e in Italia
18. Verso un nuovo equilibrio politico europeo 30. Il Risorgimento e l’unificazione italiana
19. La rivoluzione industriale 31. L’unificazione tedesca e il Secondo Impero
20. L’Illuminismo 32. L’Italia dopo l’Unità
21. La rivoluzione americana 33. La guerra di secessione
22. La Rivoluzione francese 34. La Seconda rivoluzione industriale
23. La Repubblica e il Terrore 35. La nascita del movimento socialista
24. Napoleone Bonaparte 36. L’Europa alla fine dell’Ottocento.
25. Il Congresso di Vienna Imperialismo e colonialismo
26. Risorgimento italiano e moti patriottici 37. L’Italia dalla Sinistra storica alla crisi di fine secolo

Quinto anno
38. La Belle époque e la società di massa 54. L’Italia nel conflitto e la fine del fascismo
39. Le nuove potenze extraeuropee: Stati Uniti 55. La Shoah
e Giappone 56. La Guerra Fredda fino alla crisi di Cuba
40. L’Italia nell’età giolittiana 57. La Guerra Fredda fino alla caduta del Muro
41. L’Europa alla vigilia della Grande Guerra 58. La decolonizzazione
42. La Prima guerra mondiale: le cause e i primi 59. Il boom economico dell’Occidente
anni del conflitto 60. L’Italia repubblicana dal 1945 agli anni Sessanta
43. La Prima guerra mondiale: l’entrata degli Stati 61. Il ’68 e la contestazione giovanile
Uniti e la fine del conflitto 62. L’Italia dagli anni Settanta agli anni Novanta
44. I trattati di pace e il difficile dopoguerra europeo 63. La fine dell’Urss
45. La Rivoluzione russa 64. L’Unione Europea
46. L’avvento del fascismo in Italia 65. Il mondo nell’era della globalizzazione:
47. La crisi del ’29 e il New Deal lo scenario geopolitico ed economico
48. Il nazismo tedesco 66. Il mondo nell’era della globalizzazione:
49. L’Unione Sovietica di Stalin società, tecnologia e ambiente
50. L’Asia tra le due guerre: India, Cina e Giappone
51. Il fascismo negli anni Trenta
52. La Seconda Guerra Mondiale: le premesse
e l’espansione della Germania nazista
53. La riscossa degli Alleati, la Resistenza
Accedi alle lezioni digitali
e la vittoria finale
di Storia triennio

XIX
1 L’Europa tra
potere assoluto
e potere
parlamentare
1 Le rivoluzioni
inglesi del Seicento
La rivoluzione inglese
Il 30 gennaio 1649, a Londra, veniva eseguita la condanna a morte, per decapitazione, del
re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda: Carlo I Stuart. Si trattava di un evento senza preceden-
ti che rappresentò il culmine di una complessa fase della guerra civile: la decapitazione
Esplora l’immagine del re assestava un duro colpo all’assolutismo monarchico e preparava il terreno per la
interattiva nascita di una monarchia parlamentare.

Verso la monarchia parlamentare


Morto Carlo I, l’Inghilterra attraversò una fase di instabilità politica, prima con il regime
L’esecuzione
di Carlo I a Whitehall di Cromwell, poi con le tensioni tra Parlamento e corona sotto Giacomo II. Vi fu una svol-
il 30 gennaio 1649. ta solo nel 1689 con il Bill of Rights, un elenco di leggi e di diritti che i sovrani dovevano
Dipinto di Gonzales giurare di rispettare prima di salire al trono, con cui si stabilirono limiti chiari all’autori-
Coques del XVII secolo.
Amiens, Musée tà regia e si affermò la centralità del Parlamento. Nasceva così la prima monarchia par-
de Picardie. lamentare d’Europa.

1603 1628 1640 1642


Morte di Elisabetta I. Approvazione della Convocazione del «Corto Parlamento» Scoppio
Sale al trono Giacomo I Stuart Petizione dei diritti e poi del «Lungo Parlamento» della guerra civile
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. Nel XVII secolo la rivoluzione inglese portò
alla nascita della prima monarchia parlamentare:
hai mai sentito parlare di questa forma LEZIONE
di governo? GUARDA il video Oliver Cromwell
• Trova una definizione di monarchia 1. Giacomo I e le divisioni religiose ▶ p. 4
parlamentare; 2. Trasformazioni economiche e sociali ▶ p. 7
• individua almeno tre Stati europei in cui 3. La politica assolutistica di Carlo I ▶ p. 9
è ancora in vigore. 4. La guerra civile e la fine della monarchia
2. Il dipinto di Gonzales Coques rappresenta ▶ p. 12
sullo sfondo la scena della decapitazione 5. La dittatura di Cromwell e l’Atto
appena avvenuta di Carlo I, mentre in primo di navigazione ▶ p. 17
piano lo stesso sovrano è riconoscibile 6. Dalla restaurazione alla Gloriosa rivoluzione
con lo scettro e la corona deposti a terra. ▶ p. 20
Ad assistere al macabro spettacolo vi sono
ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
numerose persone, fra le quali anche dell’Atlante digitale interattivo
dei bambini.
• Quali elementi del dipinto ti colpiscono? RIASSUMI i concetti-chiave con la
presentazione L’Inghilterra tra due rivoluzioni:
• Perché, a tuo avviso, l’artista ha scelto
– la politica assolutistica di Carlo I;
di ritrarre il re in due scene distinte?
– le iniziative politiche e militari di Oliver
• In quali atteggiamenti è rappresentato
Cromwell;
il pubblico?
– Guglielmo d’Orange e la monarchia
3. Prima del 1649, il regicidio (ovvero l’assassinio parlamentare.
di un sovrano) avveniva per mano di singoli
individui o di più cospiratori, mai come RIPASSA
conseguenza di una sentenza pronunciata Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 24, p. 25
da una Corte di giustizia: nel 1610, Enrico IV In digitale trovi l’audio della sintesi
di Francia fu assassinato, ad esempio, e la mappa personalizzabile
da François Raveillac; la scena è ritratta
nel dipinto di Charles-Gustave Housez APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
L’assassinat d’Henry IV et arrestation Storia e Filosofia: Il Leviatano di Hobbes
e il «governo civile» di Locke
de Raveillac. Lavorando in gruppo, rintracciate
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 19
l’immagine e mettetela a confronto quella
di Gonzales Coques. EDUCAZIONE CIVICA
• Quali sono le differenze principali fra le due Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
scene? Il Parlamento italiano e partecipa al dibattito
• Quali momenti scelgono di rappresentare GUARDA il video dell’intervista all’autore ▶ p. 22
i due artisti?
AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1649 1655 1660 1688 1689


Decapitazione Oliver Cromwell Restaurazione della Guglielmo III d’Orange Approvazione
di Carlo I instaura la dittatura monarchia in Inghilterra re d’Inghilterra del Bill of Rights

3
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

1 Giacomo I e le divisioni religiose


Gli schieramenti sociali e religiosi
Alla morte di Elisabetta I (1603) salì al trono, con il titolo di Giacomo I (1603-25),
Guarda il video il re di Scozia Giacomo VI Stuart, figlio di Maria Stuart ed erede più prossimo, in
Oliver Cromwell e
quanto pronipote di Enrico VIII. Gli Stati d’Inghilterra e di Scozia si ritrovarono
rispondi alle domande:
• Come venne quindi uniti sotto il nome di Gran Bretagna, pur restando entità separate, i cui Par-
definito il nuovo lamenti si uniranno solo successivamente, nel corso del 1707, con la promulgazio-
reparto delle truppe
ne formale dell’Atto di Unione.
parlamentari formato
da Cromwell? Il nuovo Regno, però, era lacerato dalle divisioni religiose, ereditate dalle im-
• Che cosa provvise e ripetute svolte dei sovrani del Cinquecento. Dal sostegno alla Chiesa
s’intende con
cattolica, che era valso a Enrico VIII il titolo di defensor fidei, si era passati, sotto
«Commonwealth»
nel contesto della lo stesso sovrano, alla rottura con Roma e poi alle scelte apertamente protestanti
rivoluzione inglese? di Edoardo VI (1547-53), per ritornare poi al cattolicesimo più intransigente con
• Quanto durò la Maria I Tudor, detta la Sanguinaria (1553-58), e nuovamente all’anti-cattolicesi-
nuova Repubblica
instaurata da mo con Elisabetta I.
Cromwell e che Diversi erano gli schieramenti religiosi contrapposti. Vi era innanzitutto una
cosa accadde dopo Chiesa anglicana di Stato, con una gerarchia vescovile (Chiesa alta) di nomina re-
la sua morte?
gia e con riti e sacramenti tradizionali. Vi erano poi i cattolici, ormai in minoranza
ma pur sempre numerosi. Vi erano infine i puritani, una minoranza nutrita, ap-
partenente a un movimento religioso diffusosi tra la fine del XVI secolo e l’inizio
del XVII anche se divisa in numerosi orientamenti più o meno radicali, vicini al
calvinismo e intenzionati a eliminare dalla Chiesa inglese quelli che ritenevano
dei dannosi residui delle superstizioni «papiste». In particolare, essi sostenevano
che la gerarchia ecclesiastica anglicana, fondata sui vescovi, non trovasse riscon-
tro nelle Scritture e andasse quindi abolita e sostituita da assemblee di anziani
(presbiteri) sul modello delle altre Chiese calviniste. A queste istanze dottrinali si
aggiungevano intransigenza e volontà di purificazione morale, da cui la denomi-
nazione di «puritani».

LESSICO L’aggravarsi dei contrasti politico-religiosi sotto Giacomo I


Chiesa anglicana Le divisioni religiose produssero contrasti politici soprattutto all’interno dell’ari-
Chiesa nata nel 1533
dallo scisma voluto dal
stocrazia, che conservava una grande influenza nella vita sociale, amministrativa
re di Inghilterra Enrico e giudiziaria delle province. La protezione della fazione dei Pari (cioè l’alta nobil-
VIII, che con l’Atto di tà) cattolici salvaguardò le minoranze rimaste fedeli a Roma, sostenendo anche le
supremazia (1534) sancì
missioni dei gesuiti, mentre i Pari puritani incoraggiarono la violenta ostilità so-
la rottura dei legami con
la Chiesa di Roma e ciale contro gli sperperi e l’ozio della corte.
la sottomissione degli Nel frattempo, la diffusione sempre più ampia delle idee puritane alimentò il ra-
ecclesiastici alla Corona.
dicalismo religioso di gruppi che criticavano l’assetto sociale sulla base dei precetti
Presbiterianesimo evangelici. Erede di una sovrana cattolica, Maria Stuart, e proveniente da un regno
Organizzazione
ecclesiastica protestante
a maggioranza presbiteriana, la Scozia, Giacomo I suscitò speranze contrapposte,
di origine calvinista destinate comunque ad andare deluse.
caratterizzata dalla I cattolici avevano pessima fama nel Paese perché il loro legame con forze ester-
presenza di laici anziani
(i presbiteri) nei consigli
ne – la Chiesa di Roma, la monarchia spagnola, i grandi ordini religiosi – li rende-
che costituiscono va sospetti di tradimento.
l’autorità locale Già negli ultimi anni del lungo regno di Elisabetta I, dopo l’esecuzione di Maria
della Chiesa.
Stuart, la presenza di missionari mandati da Roma fu considerata un grave peri-

4
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

colo per la sicurezza dello Stato. Il colpo di grazia alla causa cattolica fu però dato
dalla scoperta della cosiddetta «congiura delle polveri». Nel 1605 trentasei barili
di polvere furono nascosti da un gruppo di fanatici cattolici nei sotterranei del pa-
lazzo del Parlamento, a Westminster, con lo scopo di far saltare in aria il re, la sua
famiglia e tutti i membri del Parlamento il giorno della solenne seduta inaugurale.
Solo per caso la congiura fu sventata in tempo e gli autori cattolici del complotto
furono ricercati, scoperti e giustiziati.
I puritani, da parte loro, ponevano problemi di diverso tipo, perché il pensiero
calvinista aveva prodotto un vivace spirito democratico. Le assemblee, che eleg-
gevano i propri pastori, rifiutavano ogni forma di gerarchia, mentre si faceva stra-
da l’idea che i sudditi avessero il diritto di ribellarsi contro il potere del principe,
qualora si rivelasse un tiranno.
Il sovrano, all’inizio, incontrò i calvinisti, ma si alienò definitivamente il loro
sostegno quando affermò che la gerarchia ecclesiastica di nomina regia era es-
senziale per la conservazione della monarchia e cercò di estendere la Chiesa an-
glicana alla Scozia, urtando così anche i princìpi democratici della Chiesa pre-
sbiteriana locale.
In ragione di questi contrasti vi fu una ripresa delle persecuzioni religiose che
sollecitò una sostanziosa ondata migratoria: tra i primi a fuoriuscire dall’Inghil-
terra furono i Padri Pellegrini, membri di una Chiesa separatista inglese, che, in
cerca di un luogo dove manifestare liberamente la loro fede, nel 1620 a bordo del-
la «Mayflower» si diressero verso l’America del Nord e vi fondarono la colonia di
Plymouth (Massachusetts).

I membri
della congiura
delle polveri.
Incisione di Crispijn
van de Passe del 1605.

Leggi l’immagine
• Osservate la
gestualità e gli
sguardi dei soggetti
ritratti: descriveteli
e spiegate cosa
stanno facendo.
• Svolgete una ricerca
sulla tradizione
inglese del Bonfire
mettendola in
relazione con
l’attentato del 1605.
• Alla figura di Guy
Fawkes s’ispira
il fumetto V per
Vendetta di Alan
Moore. Cercatene la
trama ed evidenziate
il collegamento fra il
cospiratore cattolico
e il tema del fumetto.

5
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

I problemi di politica interna ed estera


Accanto a quelle religiose, ulteriori fratture minacciavano la solidità del Regno
inglese. Come le altre monarchie europee dell’epoca, anche quella inglese comprese
l’importanza della creazione di una corte che attirasse e al tempo stesso control-
lasse la nobiltà. Ma, a differenza delle monarchie francese e spagnola, l’unico stru-
mento del sovrano per ingraziarsi la nobiltà erano donativi occasionali e casuali,
non sistematici; in Inghilterra, infatti, non esistevano né un esercito permanente
LESSICO né una burocrazia statale dove poter impiegare stabilmente le famiglie legate al re.
Bilancio statale Inoltre, dato che in Inghilterra le risorse minerarie non appartenevano al sovrano,
Calcolo delle entrate, come invece accadeva in Francia, in Svezia e in Spagna, il re inglese non poteva ri-
derivanti da fonti diverse
come tasse, donazioni, correre a tali fonti finanziarie per propiziarsi i nobili.
vendite di beni pubblici, Il risultato fu che il carattere casuale e insufficiente dei benefici ottenuti dalla
e delle uscite di uno nobiltà, oltre a suscitare invidie reciproche tra i nobili, ostacolò la nascita di un’al-
Stato, ossia delle spese.
Il bilancio statale può
leanza politica effettiva e stabile tra la monarchia e la nobiltà.
essere in passivo, Proprio durante il regno di Giacomo I l’aumento di donativi e la concessione di
quando le uscite sono pensioni e vitalizi che pesavano sul bilancio statale contribuirono ad allontanare
maggiori delle entrate,
e in tal caso lo Stato può
la corte dal Paese. La corte veniva considerata un luogo di corruzione e di sperpe-
scegliere di intervenire ro e i membri della Camera dei Comuni erano visti come una classe di parassiti.
ricorrendo a prestiti La politica di Giacomo I nei confronti del Parlamento fu oscillante e contraddit-
o all’incremento della
tassazione.
toria. All’inizio del suo regno, il sovrano lo convocò per ottenere risorse finanziarie,
ma in seguito ricorse a fonti di finanziamento alternative come la vendita di titoli
Camera dei Comuni
La Camera dei Comuni nobiliari, per la quale non aveva bisogno del consenso parlamentare.
(camera bassa, a base Quando il Parlamento fu convocato di nuovo nel 1621, ormai alla fine del regno
territoriale) e la Camera di Giacomo, i parlamentari poterono ribadire il proprio diritto a deliberare in pie-
dei Lord (camera alta, di
nomina regia, composta
na libertà su tutti gli affari relativi al Regno e alla Chiesa d’Inghilterra; solo il Par-
da nobiltà e clero) sono i lamento, nello specifico, avrebbe potuto censurare o inquisire i suoi membri per le
due rami del Parlamento opinioni espresse. In questo modo il Parlamento ottenne la possibilità di pronun-
inglese. Quest’ultimo
nasce, come assemblea
ciarsi e di criticare l’operato della Corona.
rappresentativa, Anche in politica estera Giacomo I scontentò la maggior parte dei suoi suddi-
dall’evoluzione del ti abbandonando la linea seguita da Elisabetta, che aveva puntato a fare dell’In-
Consiglio del re e delle
corti feudali. La sua
ghilterra il baluardo dei protestanti contro le pretese egemoniche degli Asburgo.
prima convocazione Ad esempio, sebbene avesse stretto un’alleanza dinastica con l’elettore protestan-
risale al 1264, dopo te del Palatinato, a cui aveva dato in moglie la figlia Elisabetta, il re inglese non gli
che la Magna Charta
prestò alcun aiuto contro le forze cattoliche degli Asburgo durante la guerra dei
(1215) aveva stabilito
la necessità del suo Trent’anni (1618-48). Giacomo I, dunque, perseguiva un modello assolutistico di
consenso per i tributi monarchia, ma con le sue indecisioni politiche alimentò il malcontento nel Paese,
imposti dal re.
che andò aumentando sempre più.

I PROBLEMI DEL REGNO INGLESE NELL’ETÀ DI GIACOMO I

Tensioni religiose Tensioni sociali Tensioni politiche

tre schieramenti religiosi • incremento • governo autoritario del re


contrapposti: demografico • peso della nobiltà sul
• Chiesa anglicana di Stato • sviluppo economico bilancio statale
• minoranza cattolica • mobilità sociale • contrapposizione tra il re
• puritani vicini al calvinismo • crisi sociale (1620-1650) e il Parlamento

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Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

2 Trasformazioni economiche e sociali


Sviluppo economico e mutamenti sociali
Negli anni che intercorsero fra il regno di Enrico VIII (1509-47) e quello di
Carlo I (1625-49), successore di Giacomo I, la popolazione inglese raddoppiò. Creb-
bero le città, in particolare Londra, che passò da 60.000 abitanti circa nel 1500 a
450.000 nel 1640. Con i suoi quasi 500.000 abitanti, Londra era tra i centri urbani
più grandi d’Europa e le sue attività produttive, finanziarie e commerciali erano al
centro della vita economica europea. Tuttavia, nell’inverno del 1664-65, la «gran-
de peste» si abbatté sulla capitale inglese destando forte preoccupazione nelle au-
torità sanitarie di tutta Europa e colpendo l’immaginazione della gente poiché so-
praggiungeva in un’epoca di forte espansione. Da lì a poco, nel 1666, un terribile
LESSICO incendio, il cosiddetto Great fire, distrusse quasi per intero la City, centro econo-
Inurbamento mico-finanziario della città, determinando lo spostamento delle attività intorno a
Fenomeno di Westminster. Nonostante questi tragici episodi la città continuava a espandersi.
spostamento della
popolazione dalla Altri centri furono interessati dall’inurbamento di contadini espulsi dalle proprie
campagna alla città terre a causa del fenomeno delle recinzioni, ovvero la chiusura dei campi aperti che
(in latino urbs), erano sempre stati usati per essere coltivati collettivamente e per sfamare il bestia-
provocato, a seconda
delle epoche storiche
me, e che ora diventavano proprietà di un solo signore.
e dei contesti, da Il numero dei poveri e dei mendicanti aumentava a dismisura, tanto che l’Inghil-
cause diverse: esubero terra fu uno dei primi Paesi a emanare una legge sui poveri nel 1601, per mitigare
di lavoratori agricoli,
maggiori possibilità
gli effetti degli squilibri sociali. Nonostante ciò la produzione agricola, grazie alle
di guadagno, necessità migliorie tecniche e all’ampliamento della superficie coltivata, tenne il passo con
di essere difesi da la crescita dei consumatori e furono quindi evitate le tremende carestie che altro-
qualche pericolo ecc.
ve continuavano a bloccare l’incremento della popolazione.
Anche la flotta inglese viveva una fase di grande sviluppo, favorita dall’intensi-
ficarsi dei traffici commerciali e dai guadagni ottenuti con la pirateria, stimolata
dalla guerra aperta con la Spagna. Spedizioni come la circumnavigazione del globo
Una veduta di Francis Drake (1540-96), nel 1585, e quelle di sir Walter Raleigh (1552-1618)
di Londra da
Southwark nel 1630. furono finanziate dalla Corona e dalla corte. Se alcune iniziative, come la Compa-
Raro dipinto di un gnia di Barberia, fondata nel 1585 per i traffici con il Marocco, si risolsero in falli-
anonimo che mostra la menti, la Compagnia delle Indie orientali e la Compagnia della Virginia garanti-
città prima della guerra
civile inglese. Londra, rono invece buoni risultati. L’Inghilterra era ormai avviata, sulle orme dell’Olanda,
Museum of London. verso il suo futuro di padrona degli oceani.

7
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

In questa congiuntura economica favorevole ebbe parte attiva anche una classe
tendenzialmente conservatrice come la grande nobiltà terriera. L’aristocrazia co-
minciò infatti a investire le proprie rendite fondiarie per acquistare navi, manifat-
ture, miniere. Il filosofo Francesco Bacone (1561-1626) scrisse di un nobile inglese
del suo tempo che «amministrava i più vasti interessi che un uomo possa avere:
grande allevatore di bestiame, grande proprietario di pascoli, di boschi e di campi
di grano, grande proprietario di miniere di carbone, di piombo e di ferro e di altre
consimili attività economiche […]».
Proprio per effetto dei mutamenti sociali provocati dall’impetuoso sviluppo eco-
nomico del Paese, il Parlamento vide crescere la propria importanza.

Da una crescita impetuosa a una grave crisi economica


A questa formidabile crescita economica corrispose infatti un’intensa mobilità
sociale, un fenomeno che si era già avviato nei decenni precedenti, quando, sotto
il regno di Enrico VIII, erano stati messi in vendita gli immensi possedimenti de-
gli ordini religiosi. Una nutrita schiera di nuovi ricchi, di origine non aristocrati-
ca, cominciò infatti a rivendicare per sé l’accesso alla classe nobiliare, in forza del
prestigio sociale tradizionalmente legato al possesso di terra, e a conferire così
un blasone alla propria ricchezza recente. Questo accesso fu reso possibile dal-
la vendita di titoli nobiliari, una pratica a cui i sovrani inglesi ricorsero sempre
più di frequente come fonte di finanziamento; di conseguenza, la rigida divisio-
ne per ceti sociali, dominati dall’alta nobiltà dei Pari, ne risultò fortemente inde-
bolita. Insidiata nei suoi privilegi, la classe dominante non trovò nella monarchia
un’alleata ma una nemica e il re, governando in modo autoritario, si alienò l’ap-
LESSICO poggio nobiliare.
Terre comuni Ma gli effetti più profondi delle trasformazioni sociali che stavano sconvolgendo
Porzioni di terreni
che in ogni villaggio
il Paese si ebbero nel mondo popolare e contadino: nelle campagne, infatti, i prov-
appartenevano all’intera vedimenti di recinzione delle terre comuni avevano gettato moltitudini di con-
comunità ed erano tadini già poveri in una condizione di miseria ancora più grave. Per fronteggiare
soggette a diritti comuni,
potendovi ciascuno
questa situazione, Elisabetta I aveva fatto approvare la già citata legge sui poveri,
raccogliere legna, consistente in un’imposta parrocchiale per soccorrere i bisognosi (ma solo quelli
pascolare gli animali del luogo). A tale provvedimento, però, seguì una serie di norme severe per costrin-
e così via.
gere gli oziosi a lavorare e i vagabondi ad abitare in un luogo stabile.
La politica sociale dell’epoca di Elisabetta era dunque adeguata a un Paese in
forte, anche se disordinato, sviluppo. Dopo l’espansione economica che aveva ca-
ratterizzato il XVI secolo, tuttavia, tra il 1620 e il 1650 una crisi finanziaria ed
economica senza precedenti si abbatté sul Regno inglese e, per far fronte alla crisi,
i sovrani aumentarono la pressione fiscale, che colpì soprattutto le classi sociali
subalterne. A partire dal 1600, in realtà, si può parlare di una stagnazione che col-
pì tutti i Paesi europei, caratterizzata da una caduta del settore agricolo. Le tur-
be dei poveri che affollavano e quasi assediavano le città si trovarono a vivere in
condizioni sempre peggiori; i provvedimenti di polizia, che chiudevano in case di
correzione o mandavano sulla forca chiunque fosse sospettato di far parte di ban-
de criminali, non erano più in grado di frenare il fenomeno del vagabondaggio.
Alla monarchia si chiedevano protezione, aiuto e garanzie sul ritorno ai tempi più
tranquilli del passato, ma anche in questo caso i sovrani Stuart non seppero for-
nire risposte adeguate.

8
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

3 La politica assolutistica di Carlo I


Il duro scontro tra Carlo I e il Parlamento
Il regno di Carlo I (1625-49), succeduto al padre Giacomo, esacerbò i conflitti e le
divisioni che laceravano il Paese. Sul piano religioso, il matrimonio del re con En-
richetta, figlia di Enrico IV re di Francia e fervente cattolica, alimentò i sospetti di
una simpatia del sovrano per il cattolicesimo, simpatia che, del resto, si era mani-
festata già nel 1633 con la nomina di William Laud ad arcivescovo di Canterbury
e primate d’Inghilterra; il nuovo arcivescovo, infatti, era un rappresentante della
corrente più filocattolica della Chiesa d’Inghilterra, disposta a riconoscere il valore
dei sacramenti e dei riti religiosi. Questa decisione alienò al sovrano il favore del-
la maggior parte della Chiesa anglicana, che sul piano teologico seguiva invece la
dottrina predestinazionista del calvinismo (secondo la quale Dio predestina ogni
uomo alla salvezza o alla dannazione eterna) e guardava con sospetto ogni eredità
romana nella liturgia e nella dottrina.
Quanto alla gestione del potere, Carlo I seguì il modello autoritario a cui si era
Carlo I. Triplo ritratto già ispirato con scarso successo il padre, tanto che questo stile di governo portò
di Carlo I d’Inghilterra allo scontro tra monarchia e Parlamento. Per ben tre volte, dal 1625 al 1629, la si-
di Anthony van Dyck,
1635-1636. Londra, tuazione disastrosa delle casse statali costrinse Carlo I a convocarlo, ottenendo
Royal Collection. magri risultati finanziari e aspre critiche. Tuttavia, durante la convocazione del

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| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

1628 il Parlamento non si limitò a criticare la politica di Carlo I, ma approvò una


Petizione dei diritti (Petition of Rights) che riaffermava le prerogative del Parla-
mento medesimo, ribadendo solennemente il principio secondo cui nessuna tas-
sa poteva essere imposta ai sudditi senza l’approvazione del Parlamento stesso. Si
chiedeva anche che le truppe non fossero alloggiate con la forza nelle abitazioni
private e che non si ricorresse alla legge marziale, salvo casi di effettiva necessità.
Fra le richieste fu fondamentale quella che invitava il re a rispettare il principio
dell’habeas corpus, norma tradizionale della giustizia inglese affermata già nel XII
secolo che poneva un limite alle incarcerazioni arbitrarie e prolungate, preveden-
do l’ingiunzione, a chi detiene un prigioniero, di dichiarare in quale giorno e per
quale causa sia stato arrestato.
La società inglese, offesa dalle prepotenze poliziesche e dalla imposizione ar-
bitraria di tributi da parte del re, trovava così nel Parlamento l’organismo che ne
assumeva la difesa in nome di una legge superiore allo stesso sovrano. Quando il
Parlamento tentò di opporsi alle novità introdotte nella Chiesa d’Inghilterra, che
venivano da molti reputate «papiste» (cioè simili a istituzioni presenti nella Chie-
sa cattolica, come ad esempio la ripresa dell’attività dei tribunali ecclesiastici), il
re lo sciolse, facendo incarcerare i capi dell’opposizione e riconvocandolo solo nel
1640. Per far funzionare l’amministrazione dello Stato senza consultare il Parla-
mento, Carlo I ricorse allora a tassazioni arbitrarie come la ship-money, il balzello
versato normalmente in tempo di guerra per le spese della marina e che il re fece
riscuotere anche in tempo di pace.

Il malcontento dei presbiteriani scozzesi


L’arbitrio del sovrano e la sfacciata avidità di favoriti e di arrivisti minacciavano
l’ordinamento della società. Così, per esempio, avvenne nel caso della concessione
reale di monopoli per l’esportazione di panni di lana non lavorati. Le regole tra-

LA GESTIONE DEL POTERE DI CARLO I

Potere politico Potere religioso

Carlo governa secondo il modello il re favorisce la corrente filo-cattolica


autoritario del padre Giacomo I della Chiesa d’Inghilterra

il re convoca ripetutamente il Carlo perde il favore di gran parte della


Parlamento per ottenere risorse Chiesa anglicana, che segue la dottrina
finanziarie (1625-29) predestinazionista

il Parlamento approva la Petizione il re estende il rito anglicano alla


dei diritti contro la monarchia Scozia, che si prepara allo scontro
(convocazione del 1628) militare (1639)

inizia lo scontro tra Carlo I e il


Parlamento (convocazione del 1640)

10
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

dizionali imponevano che non si potessero esportare lane inglesi non lavorate per
tutelare il lavoro degli artigiani inglesi, ma il re concesse sempre più spesso per-
messi speciali a questo o a quel nobile per esportare determinate quantità di panni.
Ma nonostante il re elargisse in continuazione uffici e benefici ai nobili, il con-
senso nei suoi confronti non accennò ad aumentare. Tutti, anzi, erano scontenti: i
commercianti e gli artigiani nei confronti dei nobili, la piccola nobiltà nei confronti
dei Pari, i Pari nei confronti dei favoriti del re.
La risposta di Carlo I fu inadeguata anche rispetto ai problemi di ordine reli-
gioso. L’estensione del rito anglicano, per legge sovrana, anche agli scozzesi (che
erano in maggioranza presbiteriani) creò infatti una nuova, gravissima frattura: la
Scozia, dopo essersi riunita in un patto nazionale (il National Covenant), si preparò
allo scontro militare contro l’Inghilterra (1639). Per affrontarlo, occorreva denaro
e Carlo I fu quindi costretto, nell’aprile del 1640, a convocare il Parlamento.

Il primo scontro aperto fra il Par-


LE FONTI
lamento inglese e il re Carlo I si
La Petizione dei diritti del 1628 ebbe nel 1628 quando, con la
Petizione dei diritti, l’assemblea
richiamò con fermezza il sovrano al rispetto delle leggi del Regno e delle garanzie
di cui fino ad allora avevano goduto i cittadini inglesi. In particolare i parlamentari
accusarono il re di avere imposto tasse non approvate dall’assemblea e di violare
sistematicamente le libertà individuali operando arresti e detenzioni arbitrarie.

Alla Eccellentissima Maestà del re.


[I] I Lord spirituali e temporali e i Comuni, riuniti in Parlamento,
fanno osservare molto umilmente al nostro Sovrano Signore il re che
è dichiarato e fissato da uno statuto fatto sotto il regno di Edoardo I
[1272-1307] […] che il re o i suoi eredi non impongano né levino im-
Leggi in digitale il
poste o aiuti in questo regno, senza il buon volere e assenso degli ar-
testo La protesta della
Camera dei Comuni civescovi, vescovi, conti, baroni, cavalieri, borghesi e altri uomini liberi
(2 marzo 1629). dei Comuni di questo regno; che, dall’autorità del Parlamento, convo-
• In ambito cato nel venticinquesimo anno del regno del re Edoardo III, è dichiara-
religioso, che cosa
intendevano stabilire
to e stabilito che nessuno potrà essere, in avvenire, costretto a prestare
i parlamentari con del denaro al re contro la sua volontà, perché ciò sarebbe contrario alla
questo documento? ragione e alle libertà del Paese; che altre leggi del regno proibiscono
• Quali richieste di gravare con carichi o altre tasse […]; che, per i detti statuti o altre
emergono
riguardanti la buone leggi di questo regno, i vostri sudditi hanno ereditato questa
tassazione? sicurezza di non potere essere costretti a contribuire a nessuna tassa,
• Rispetto alla imposta, contributo o altro onere simile, senza il comune consenso,
Petizione dei diritti
dato in Parlamento.
come definiresti il
tono delle richieste [III] Considerando che è anche fissato e stabilito, dallo statuto chia-
nel brano proposto: mato la «Grande Carta delle libertà d’Inghilterra» [la Magna Charta],
più conciliante che nessun uomo libero potrà essere arrestato o messo in prigione,
e di apertura nei
né spossessato del suo libero allodio [proprietà terriera], né delle sue
confronti delle
posizioni della libertà o franchigie, né messo fuori dalla legge o esiliato, né molestato
corona oppure in nessun’altra maniera, se non in virtù di una sentenza legale dei suoi
più deciso e pari o delle leggi del Paese.
meno incline a
compromessi? (da Le carte dei diritti, a cura di F. Battaglia, Sansoni, Firenze 1964, pp. 19-21)

11
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

4 La guerra civile e la fine della monarchia


Le gravi difficoltà di Carlo I
Il Parlamento, invece di occuparsi della richiesta di denaro da parte del sovrano,
colse l’occasione per levare proteste e accuse contro il governo arbitrario del re e
la sua politica ecclesiastica. Carlo I decise quindi di scioglierlo dopo poche setti-
mane – e per tale ragione fu detto «Corto Parlamento» –, ma l’avanzata vittorio-
sa dell’esercito scozzese costrinse il sovrano a convocarlo di nuovo. Per rinunciare
alla minaccia di invadere l’Inghilterra, gli scozzesi avevano chiesto, infatti, il ritiro
delle innovazioni religiose e il pagamento di una forte somma; e per pagare, Carlo
I fu costretto a riconvocare il Parlamento e ad affrontare i puritani, alleati religio-
si dei presbiteriani scozzesi.
Questa volta fu un «Lungo Parlamento» (1640-53), che ingaggiò una durissima
lotta contro la monarchia, sostenuto anche dalla forza del popolo di Londra. L’as-
semblea proclamò solennemente il diritto di restare in sessione fin quando fosse
stato necessario, senza accettare eventuali decreti di scioglimento da parte del re.
Si arrogò inoltre poteri sovrani di nomina su vescovi e capi dell’esercito e stabilì
che ogni tassa decretata senza l’assenso del Parlamento sarebbe stata considerata
illegale. Vennero aboliti anche i tribunali speciali, strumento dell’assolutismo mo-
narchico, come la Camera Stellata, l’Alta Commissione ecclesiastica e il Consiglio
del Nord. Unica fonte del diritto venne considerato il «diritto comune» (il Common
Law), mentre le leggi emanate arbitrariamente dal re vennero abrogate. Costituito-
si in Camera di Giustizia, il Parlamento processò e condannò a morte con l’accusa
di tradimento i due più odiati ministri del re, il conte di Strafford e l’arcivescovo di
Canterbury, William Laud.

L’apice della crisi religiosa


LESSICO Unito su provvedimenti che venivano incontro a sentimenti largamente condivisi
Diritto comune dalla popolazione, il Parlamento si spaccò sulla questione religiosa. Doveva essere
Questa espressione
(come quella inglese abolita la Chiesa alta, ovvero i vescovi anglicani di nomina regia, baluardo dell’or-
Common Law) si dine costituito? I moderati pensavano di no, mentre l’ala radicale, che voleva una
riferisce all’insieme riforma profonda dell’assetto sociale, considerava tale abolizione un punto decisi-
delle norme
giurisprudenziali di
vo. I puritani stessi si divisero: da una parte, i presbiteriani propendevano per un
origine consuetudinaria sistema simile a quello del calvinismo scozzese; dall’altra, l’ala cosiddetta congre-
che in Inghilterra gazionalista era favorevole a un sistema più democratico, nel quale i fedeli potes-
costituiva il principale
sistema giuridico.
sero «congregarsi» liberamente.
Il processo che si era avviato si rivelò inarrestabile. Una volta messe in discus-
Chiesa congregazio-
nalista sione le basi dell’assetto tradizionale, riemersero tutte le critiche sociali più radi-
Movimento religioso cali basate sul Vangelo, che già si erano fatte sentire un secolo prima nell’Europa
protestante, di tendenza continentale. Si delinearono tre diversi schieramenti:
calvinista, diffusosi in In-
ghilterra tra Cinquecento • la Chiesa anglicana, che rappresentava il tradizionale potere dell’aristocrazia di
e Seicento, inizialmente sangue;
in contrapposizione • il calvinismo dei presbiteriani, che era invece il baluardo dell’ordine stabilito dal-
all’autorità della Chiesa
anglicana, favorevole alla
le classi proprietarie, poiché giustificava dal punto di vista dottrinale l’assetto
libera «congregazione» sociale esistente e la glorificazione del successo economico;
dei fedeli e alla separa- • il popolo minuto, gli artigiani e i diseredati, ma anche gli intellettuali, che soste-
zione tra Stato e Chiesa.
nevano la necessità di separare Chiesa e Stato, ordine evangelico e ordine sociale.

12
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

Secondo le posizioni di questo schieramento «popolare», a forte tendenza evan-


gelica, i credenti dovevano essere liberi di associarsi e di cercare la verità secondo
la propria coscienza, discutendo sulla base della Scrittura le questioni più difficili,
dal rifiuto dell’obbedienza all’autorità costituita fino alla mortalità dell’anima.
Non solo nel Parlamento ma anche nella società andavano creandosi delle signi-
ficative divaricazioni: una situazione potenzialmente infiammabile che il sovrano
non fu in grado di gestire.

La scoppio della «prima rivoluzione inglese»


Verso la fine del 1641 i cattolici irlandesi insorsero contro i coloni inglesi per ri-
appropriarsi delle terre che erano state loro espropriate: ne seguì il massacro degli
occupanti stranieri. Il Parlamento, dovendo organizzare una spedizione militare
per sedare la rivolta, si rivolse a Carlo I, che tentò allora di approfittare della si-
tuazione per entrare alla Camera di Giustizia e far arrestare i componenti a lui più
ostili. Il popolo londinese prese allora le armi per difenderli, costringendo il re a
lasciare la città e armare un esercito. Fu l’inizio, nell’agosto 1642, della guerra ci-
vile, la cosiddetta «prima rivoluzione inglese».

La vigilia della
battaglia di Edge Hill.
Il re inglese Carlo I
(al centro con indosso
la fascia blu dell’Ordine
della Giarrettiera) ritratto
prima della battaglia,
in un dipinto rievocativo
di Charles Landseer
del 1845. Liverpool,
Walker Art Gallery.

LO SCONTRO TRA CARLO I E IL PARLAMENTO

Carlo scioglie il Parlamento dopo


Nel 1640 Carlo I convoca il Parlamento, che si ribella al re
due settimane: è il «Corto Parlamento»
e non gli concede il denaro per affrontare la crisi scozzese
(aprile-maggio 1640)

Di fronte all’avanzata scozzese Carlo I convoca di nuovo ha inizio il «Lungo Parlamento»


il Parlamento, che afferma il diritto di restare in sessione (1640-53), che diventa sede di
a prescindere dai tentativi di scioglimento dal parte del re opposizione politica e religiosa

il popolo minuto, gli artigiani e gli


Il Parlamento affronta la questione religiosa: alla Chiesa
intellettuali si oppongono alle Chiese
anglicana (di tradizione aristocratica) si oppone il calvinismo
costituite esprimendo la loro volontà
dei presbiteriani (che rappresenta le classi proprietarie)
di separare Chiesa e Stato

Carlo I, capo della Chiesa anglicana, fa arrestare i suoi il popolo di Londra insorge a difesa
oppositori in Parlamento, approfittando della rivolta degli oppositori: il re lascia la città e ha
dei cattolici in Irlanda (1641) inizio la guerra civile (agosto 1642)

13
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

LESSICO Con il re si schierarono la Chiesa anglicana, i cattolici e i «cavalieri» – ossia


Gentry
quasi tutta la grande nobiltà – nonché buona parte delle regioni nord-occiden-
Termine inglese che
designava il ceto tali, meno urbanizzate; sul fronte opposto si collocarono puritani e indipendenti
dei gentiluomini di (chiamati «teste rotonde», poiché portavano i capelli corti, mentre fluenti cascate
campagna, medi
di riccioli contraddistinguevano gli aristocratici), la gentry, la borghesia mercan-
e grandi proprietari
terrieri: a differenza tile emergente, gli artigiani, i piccoli proprietari terrieri, nonché Londra e il Sud-
dei lord, non avevano Est dell’Inghilterra.
privilegi giuridici, ma
erano ugualmente
contraddistinti da una
La sconfitta di Carlo I e la nascita della Repubblica unita
mentalità e da uno stile In una prima fase l’indiscussa superiorità in termini di addestramento, organizza-
di vita aristocratici. zione ed equipaggiamento permise all’esercito di Carlo I – guidato da nobili abi-
S1 La rivoluzione tuati a compiti di comando – di avere la meglio sulle forze messe insieme dal Par-
inglese fu una
lamento; la situazione, però, cambiò completamente grazie all’energico intervento
rivoluzione borghese,
p. 29 di Oliver Cromwell (1599-1658), un gentiluomo di campagna, puritano, che prese
S2 All’origine della nelle sue mani le redini dell’esercito rivoluzionario.
rivoluzione inglese,
Nell’Inghilterra dell’Est, sua terra natale, il comandante militare raccolse un nu-
p. 30
cleo di uomini armati animati da salde convinzioni religiose, disciplinati e ben or-
ganizzati, disposti a rischiare la propria vita per combattere contro la corruzione e
l’idolatria che essi identificavano con il re. Pagati bene e regolarmente, grazie al-
le tasse imposte dal Parlamento, convinti che dal loro valore dipendesse il trionfo
della fede, portarono sui campi di battaglia uno spirito nuovo.
Davanti a questo esercito insolito, dedito alla lettura dei salmi e alle discussio-
ni teologiche, i nobili di Carlo I si trovarono in difficoltà. A Marston Moor (nell’In-
ghilterra settentrionale), nel 1644, il re venne battuto da un esercito composto da

MONARCHICI E PARLAMENTARI IN INGHILTERRA NEL 1645-49

Territori controllati
dalle forze monarchiche
Territori controllati
dalle forze parlamentari
Esplora i luoghi
e lavora con le Principali battaglie
carte dell’Atlante Newcastle Movimento
dei Diggers (1649)
digitale interattivo
Rivolte
Lancaster dei Levellers (1647-49)
Mare
REGNO d’Irlanda Leeds York
D’IRLANDA Hull
Preston Manchester

Chester Lincoln
Nottingham Mare
Derby Boston del Nord
Leggi la carta
Leicester
• Osservando la carta, Norwich
quale schieramento Birmingham
Naseby
appare in netto Cambridge
vantaggio? Pembroke Oxford Ipswich
• In quali località Bristol Londra
avvennero le Canterbury
Langport
principali battaglie? Exeter Southampton
Brighton Dover
• Dove agirono in Lyme Regis Portsmouth
particolare Diggers Plymouth REGNO
e Levellers? Canale della Manica DI FRANCIA

14
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

un corpo scozzese, da un’armata del Parlamento e dagli Ironsides (i «Fianchi di


ferro») di Cromwell. Sull’onda di questo successo Cromwell ottenne il titolo di co-
mandante della cavalleria e il compito di organizzare il New Model Army, l’«Eserci-
to di nuovo modello». Carlo I, sconfitto di nuovo nel 1645 a Naseby e a Langport,
cercò asilo in Scozia, ma i nobili scozzesi lo vendettero per una buona somma ai
commissari del Parlamento inglese.
Tuttavia, nel momento del trionfo delle truppe parlamentari, emersero le divi-
sioni esistenti in seno al Parlamento, la cui maggioranza voleva sottrarre a Carlo I
l’esercizio effettivo del potere lasciandogli solo la sovranità formale. Il Parlamen-
to cercò anche di sciogliere l’esercito vittorioso inviandone una parte in Irlanda e
perseguitò gli anglicani cercando di imporre il presbiterianesimo. Cromwell tentò
di raggiungere un accordo con il re, il quale, tuttavia, riuscì a fuggire dalla prigio-
ne e a scatenare una rivolta realista nel Galles.
A questo punto Cromwell si affidò al proprio esercito e a Preston, nel 1648, gli
Ironsides affrontarono le truppe del re – 9000 soldati contro 24.000 – e le sbaraglia-
S3 La guerra civile rono. L’esercito vittorioso entrò a Londra e cacciò dal Parlamento gli elementi più
inglese come scontro
moderati; ciò che ne rimase – definito Rump Parliament («Parlamento tronco») –
tra poteri, p. 31
diede una giustificazione formale ai successivi atti rivoluzionari. Carlo I, infatti, fu
processato e condannato a morte, e venne decapitato il 30 gennaio 1649. Alcuni
mesi più tardi, il Parlamento dichiarò abolita la monarchia e istituita la Repubbli-
ca unita (o Commonwealth) di Inghilterra, Irlanda e Scozia.

no a che gli uomini armati al suo servizio lo riconosco-


LA STORIA NELLE PAROLE no come unica fonte del potere e gli obbediscono.
Sovranità popolare Con la rivoluzione inglese la sovranità assoluta del re
venne contestata e l’origine divina del suo potere ne-
Per comprendere a pieno il significato di questa gata a vantaggio della legittimazione popolare, in una
espressione conviene prima soffermarsi sulle singo- spirale di eventi che condusse alla sua esecuzione.
le parole che la compongono. Nelle frange più estreme si affermarono istanze che
Il termine «sovranità» deriva dall’avverbio latino su- vedevano nel popolo la fonte di ogni diritto.
per, al quale fanno riferimento vocaboli che indicano A partire da quei momenti cruciali si entrò nel periodo
lo stare più in alto ma anche il posizionarsi a un cul- della divisione dei poteri: si passò dunque alla con-
mine oltre il quale non c’è altro. In relazione all’ambito cezione secondo cui la sovranità risiede in una forma
del potere, si definisce «sovrano» chi sta in cima alla complessa di governo, nella quale il Parlamento oc-
gerarchia politica e viene riconosciuto in quanto tale cupa uno spazio importante, nell’ambito legislativo,
dalla comunità sulla quale ha giurisdizione. a cui si affiancano, come poteri distinti e autonomi,
L’aggettivo «popolare» deriva dalla parola «popolo», l’esecutivo e il giudiziario ( ▶ cap. 6, par. 1).
con la quale indichiamo generalmente l’insieme dei La teoria della sovranità popolare emerse in modo
cittadini di uno Stato. Il popolo, in questa accezio- chiaro e netto durante la Rivoluzione francese, in
ne, non corrisponde alla popolazione, la quale può forte connessione con il suffragio universale: è prin-
comprendere persone che non godono dei diritti di cipalmente attraverso quest’ultimo, infatti, che il po-
cittadinanza. polo esercita la sua sovranità.
Il termine «sovranità» appare, nel suo significato mo- Questo principio trova poi la sua consacrazione de-
derno, per la prima volta alla fine del Cinquecento, in- finitiva nelle carte costituzionali del XX secolo, se-
sieme alla parola «Stato» (Stato sovrano) per indica- condo le quali la sovranità «appartiene» al (o, in altre
re la pienezza e l’esclusività del potere statale. Nelle varianti, «risiede» nel, «emana» dal) popolo e, al tempo
monarchie assolute la sovranità si incarna in un solo stesso, la Costituzione rappresenta la legge fonda-
individuo, il quale può governare in modo esclusivo fi- mentale e il limite insuperabile di ogni potere.

15
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Il 6 gennaio 1649 i Comuni approvarono l’isti-


LE FONTI
tuzione di un tribunale speciale per processare
La sentenza contro il re. Il processo iniziò il 20 dello stesso mese e
Carlo I il 27 Carlo I fu dichiarato colpevole di alto tradi-
mento e condannato a morte.

E pertanto, dopo aver seriamente e ponderatamente deliberato sulle


cose sopraddette e considerato che i dati di fatto portati dall’accusa
contro di lui, così com’è detto, sono chiarissimi ed evidenti: la Corte
è pienamente informata nel suo giudizio e convinta in coscienza che
il detto Carlo Stuart è colpevole di aver suscitato la guerra contro il
parlamento e il popolo, e d’averla mantenuta e continuata […]; ch’egli è
stato, ed è, l’occasione, l’autore e il continuatore delle dette snaturate,
crudeli e sanguinose guerre, e pertanto ch’egli è colpevole degli alti
tradimenti e degli omicidi, rapine e saccheggi, abbruciamenti e incen-
di, danneggiamenti e desolazioni, danni e altre scelleratezze che sono
stati commessi e perpetrati contro questa nazione nelle dette guerre, e
che sono avvenuti o avverranno a causa d’esse.
Per i quali tradimenti e crimini tutta la Corte ordina che il detto Carlo
Stuart sia messo a morte, come tiranno, traditore, omicida e nemico
comune di questa nazione, mediante separazione che sarà fatta della
sua testa dal suo corpo.
(da G. Garavaglia, Società e rivoluzione in Inghilterra 1640-1689, Loescher,
Torino 1978, pp. 175-178)

LE TAPPE DELLA GUERRA CIVILE

le teste rotonde, gentry


e borghesia (a difesa del
Parlamento) si schierano
1642-49 prima rivoluzione inglese
contro i cavalieri e i cattolici
(fedeli al re e alla Chiesa
anglicana)

l’esercito rivoluzionario, Carlo I fugge in Scozia,


guidato da Cromwell, ma viene riconsegnato dagli
1644-45
sconfigge in più occasioni scozzesi e incarcerato
l’armata del re dal Parlamento

Carlo I fugge dalla prigione l’esercito di Cromwell


e scatena una rivolta scaccia dal Parlamento
1647-48
realista, ma viene sconfitto gli elementi più moderati
di nuovo da Cromwell («Rump Parliament»)

il Parlamento istituisce
Carlo I viene decapitato
la Repubblica unita di
1649 e il Parlamento dichiara
Inghilterra, Irlanda e Scozia
abolita la monarchia
(o Commonwealth)

16
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

5 La dittatura di Cromwell e l’Atto di navigazione


Il superamento della fase più radicale della rivoluzione
Cromwell dovette poi occuparsi del proprio esercito, dove le tendenze radicali
avevano guadagnato terreno. Già nel 1647 i Levellers (i «Livellatori»), movimen-
to politico improntato ai princìpi dell’uguaglianza sociale, avevano proposto un
progetto di Costituzione basato sul principio secondo cui «la fonte di ogni dirit-
to risiede originariamente e sostanzialmente nell’intero corpo del popolo». Es-
si pertanto chiedevano che fosse garantita la piena libertà religiosa a tutti e che
F1 Il dibattito sul tutto il potere venisse affidato a una Camera da eleggersi a suffragio universale.
suffragio universale,
Cromwell, però, si oppose ai Livellatori e ad altri movimenti ancora più radicali,
p. 27
come i Diggers, ovvero gli «Zappatori», così chiamati perché abbattevano le recin-
zioni e zappavano i terreni lasciati incolti dai proprietari aristocratici. Gli agitatori
più accesi furono incarcerati.
Nel frattempo la minaccia realista non era svanita, in quanto il figlio di Carlo I,
Carlo II, sostenuto dagli scozzesi, cercava di restaurare la monarchia. Cromwell,
con un corpo d’armata di gran lunga inferiore a quello nemico, sbaragliò gli av-
versari a Dunbar (1650) e un anno dopo a Worchester. Carlo II dovette fuggire in
Francia, la Scozia fu domata e il suo Parlamento fu unito di nuovo a quello inglese.
Cromwell sciolse il Rump Parliament – ostile al suo strapotere politico-militare –
e nominò personalmente gli uomini di un nuovo Parlamento, scelti fra i radicali
dell’esercito e delle Chiese «indipendenti» o «congregazionaliste» (1653), che soste-
nevano, contro la dottrina religiosa della Chiesa, la libera «congregazione» dei fedeli.
Quando però la nuova assemblea, coerentemente con questi ideali egualitari, pro-
pose di abolire il pagamento delle decime, di sostituire le corti giudiziarie con giurie
popolari e, infine, di sciogliere l’esercito, Cromwell rimandò a casa i parlamentari.
Oliver Cromwell
scioglie il Rump
Parliament.
Incisione anonima
del XVII secolo.

Leggi l’immagine
• Osservate la scritta
sulle pareti, in
olandese a sinistra
e in inglese a destra:
«Questa casa è in
prestito». A che cosa
allude? Spiegatene
il significato in
riferimento al
contesto storico.
• Cercate in rete
foto recenti delle
due Camere del
Parlamento inglese
e confrontatele con
quella raffigurata qui,
facendo attenzione
all’organizzazione
degli spazi. Che
cosa notate?

17
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

LESSICO Fu la fine della fase esplosiva e profetica della rivoluzione; ma l’eredità delle
Quaccheri sette e gli entusiasti che volevano modellare il mondo secondo la giustizia radica-
Setta radicale
protestante fondata in le del Vangelo, come i quaccheri, avrebbero alimentato per secoli l’idea democra-
Inghilterra nel 1652 da tica dell’uguaglianza naturale degli uomini e del loro diritto a partecipare alla vita
George Fox (1624-91), politica senza discriminazioni tra ricchi e poveri.
improntata a una
sorta di misticismo
evangelico; i quaccheri La fine della Repubblica e le tensioni internazionali
rifiutavano ogni Nel 1653 l’esercito – unica vera forza costituita in Inghilterra – varò un nuovo di-
gerarchia, comprese le
gerarchie ecclesiastiche segno costituzionale, l’Instrument of Government, che fece di Cromwell il Lord pro-
e religiose, e credevano tettore della Repubblica, assistito da un Parlamento eletto su basi censitarie (ossia
nell’uguaglianza di tutti poteva votare solo chi deteneva una certa ricchezza). Tuttavia, entrato in conflitto
gli uomini. Secondo loro,
l’uomo poteva aspirare con i più intransigenti repubblicani, che non accettavano il suo potere personale,
alla propria salvezza Cromwell nel 1655 sciolse anche questo Parlamento, instaurando una dittatura
attraverso l’esperienza personale. Il Parlamento, però, dovette essere di nuovo riunito nel 1657 per l’ur-
di una «luce interiore»,
ovvero della presenza di
genza di una guerra contro la Spagna e per la conseguente esigenza di votare le
Dio che si manifestava tasse necessarie a sostenere le spese del conflitto. In questa occasione la frattura
in un tremito di religioso tra l’ala moderata, che invitò Cromwell ad assumere ufficialmente il titolo di re, e
fervore, da cui il termine
quackers («tremolanti»)
quella dei repubblicani e dell’esercito costrinse Cromwell a elaborare un nuovo or-
con il quale vennero dinamento: il titolo di Lord protettore divenne ereditario, ma venne restaurata la
spregiativamente Camera dei Pari con i relativi privilegi, molto criticati dai Livellatori.
chiamati.
Mentre consolidava il suo potere all’interno del Paese, Cromwell aprì un con-
flitto esterno, promulgando, nel 1651, l’Atto di navigazione, in base al quale le
merci dirette in Inghilterra dovevano essere trasportate o su navi inglesi o su na-
vi dei Paesi produttori. Era una misura protezionistica rivolta chiaramente contro
l’Olanda per salvaguardare gli interessi marittimi e navali inglesi.
La battaglia L’Atto, effettivamente, mise in crisi le attività di trasporto marittimo che gli olan-
di Livorno (14 marzo desi svolgevano per conto di terzi e per le quali erano chiamati «carrettieri del ma-
1653), in cui la flotta
inglese fu sconfitta re». Ne scaturì la prima guerra dell’Atto di navigazione (1652-54): l’Olanda fu scon-
dagli olandesi. fitta e dovette accettare le condizioni inglesi. Dopo un secondo conflitto, scoppiato
Dipinto di Johannes nel 1665 e conclusosi nel 1667, l’Olanda dovette rinunciare anche alla colonia di
Lingelbach
del 1660. Amsterdam, Nuova Amsterdam, fondata sulle coste atlantiche del continente americano, che
Rijksmuseum. gli inglesi ribattezzarono, prendendone possesso, New York.

18
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

Storia e Filosofia
Il Leviatano di Hobbes teorie illuministe – di cui si parlerà nel capitolo 6 – e
primo teorico del pensiero liberale.
e il «governo civile» di Locke In virtù di una diversa concezione della natura umana,
nel pensiero di Locke gli individui mettono nelle ma-
Il giusnaturalismo ni dello Stato i diritti il cui esercizio potrebbe nuocere
Nel XVII secolo si profila una precisa corrente filosofi- ai propri simili. Consequenziali a questo presupposto
co-giuridica fondata su due princìpi: l’esistenza di un sono da un lato la salvaguardia dei diritti naturali e im-
diritto naturale – proprio della natura umana e quindi prescindibili – alla vita, alla libertà, alla proprietà, frutto
ritenuto giusto di per sé – sulla base del quale deve del lavoro di ogni individuo – dall’altro la necessità di
essere modellato il diritto positivo (le leggi prodotte limitare le prerogative e le funzioni dello Stato. Dunque,
dagli esseri umani). Questa corrente è detta giusnatu- secondo Locke, il potere statale si configura tutt’altro
ralista, nome derivato dalla locuzione latina ius naturae che in modo assoluto, essendo soggetto al giudi-
(il diritto naturale), e i suoi primi teorici furono Alberico zio del popolo, che conserva la facoltà di rovesciare
Gentili e Ugo Grozio. il governo nel caso in cui si allontani dal suo legittimo
operato con azioni tiranniche.
Il Leviatano di Hobbes Nel 1689 John Locke pubblicava i Due trattati sul go-
Thomas Hobbes (1588-1679) fu il massimo teoriz- verno. In quello stesso anno, dopo aver rovesciato la
zatore dell’assolutismo monarchico in Inghilterra. Egli monarchia di Giacomo II Stuart e chiamato a gover-
denominò «Leviatano» lo Stato assoluto e ne parlò nel- nare Guglielmo III d’Orange, il Parlamento inglese fe-
la sua opera più famosa Leviatano, ossia la materia, ce firmare al nuovo sovrano il Bill of Rights ( ▶ par. 6).
la forma e il potere di uno Stato ecclesiastico e civile I due trattati di Locke costituiscono il fondamento te-
(1651). Leviatano è il nome biblico di un mostro mari- orico del Bill of Rights.
no, con forma di serpente, che fu utilizzato da Hobbes L’opera si compone di due parti: nella prima veniva
a indicare una moltitudine di individui riuniti a formare confutata la tesi secondo cui il diritto divino deriva da
un’unica persona. Così viene rappresentato nella pri- Adamo e dai patriarchi; la seconda parte, Il secondo
ma edizione del libro, come un gigante con una coro- trattato sul governo. Saggio concernente la vera origi-
na sulla testa che tiene la spada con la mano destra, ne, l’estensione e il fine del governo civile, fu quella più
il pastorale con la sinistra, a ricordare che in lui sono nota, più tradotta e costituì la base del pensiero libe-
uniti il potere temporale e quello spirituale. rale. In essa Locke formulava le sue teorie sullo Stato.
La concezione dell’umanità di Hobbes è una concezio-
ne pessimistica secondo cui gli esseri umani tendono
ad appropriarsi di tutto ciò che desiderano esercitando Collega e confronta
la violenza. Lo Stato rappresenta dunque il contratto 1. Cerca online il frontespizio del Leviatano:
sociale che permette agli esseri umani di uscire dalla osservando l’immagine, identifica i principali
continua belligeranza tra loro al fine di ottenere sicu- simboli del potere e spiegane il significa-
rezza e pace. Lo Stato, pertanto, domina e controlla gli to per iscritto; con l’aiuto dell’insegnante,
individui attraverso un potere assoluto e irrevocabile approfondisci il significato delle immagini
che deriva dalla rinuncia degli individui ai propri diritti riportate nella parte inferiore.
naturali. Il potere assoluto teorizzato da Hobbes non 2. A chi appartiene la sovranità oggi nella
ha dunque origine divina ma sgorga dal patto che gli Repubblica italiana? Leggi l’articolo 1 della
esseri umani stringono tra loro. Nelle teorie di Hobbes Costituzione italiana e mettilo a confronto
con le posizioni di Hobbes e Locke. A quale
si profila la guida dello Stato anche nello sviluppo eco-
delle due il testo costituzionale sembra
nomico: questo elemento in particolare verrà ripreso essere più affine? Quale invece appare in
dalle teorie mercantiliste ( ▶ cap. 3, par. 8). contraddizione?
3. Esistono ancora Stati nel mondo che posso-
Il «governo civile» di Locke
no dirsi governati da un “sovrano assoluto”?
Se per Hobbes l’essere umano è, per sua natura, do- Svolgi una ricerca e realizza in gruppo una
minato da passioni egoistiche, più ottimistica è la vi- presentazione in cui esponi i risultati, citan-
sione di John Locke (1632-1704), promotore delle do le fonti da cui hai tratto le informazioni.

19
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

6 Dalla restaurazione alla Gloriosa rivoluzione


La restaurazione della monarchia e i nuovi contrasti
con il Parlamento
Alla morte di Cromwell, nel settembre del 1658, il figlio Richard, che gli succe-
dette nel protettorato, perse subito il controllo della situazione, gettando il Paese
nel caos e aprendo una fase di duri scontri tra Parlamento, esercito, repubblicani
e monarchici. A ristabilire l’ordine fu il generale George Monk (1608-70), coman-
LESSICO dante dell’armata del Nord, che all’inizio del 1660 marciò su Londra e vi fece ri-
Whigs – Tories unire il Parlamento. Quest’assemblea, dominata da puritani moderati e realisti,
A partire dagli ultimi spianò la strada alla restaurazione della monarchia, richiamando in patria Carlo
decenni del Seicento
il termine «whigs» II Stuart (1660-85).
designa gli oppositori Con il nuovo re ricomparvero però i vecchi problemi: corruzione della corte, ar-
della monarchia bitrio del sovrano, intolleranza. Il Parlamento tornò quindi a essere il baluardo dei
inglese, sostenitori
della libertà religiosa
diritti civili e della difesa della Chiesa anglicana contro la minaccia di un ritorno
e delle prerogative al cattolicesimo, pur dividendosi in due tendenze, che presero i nomi di «whigs»
del Parlamento. A loro (sostenitori delle libertà costituzionali) e «tories» (filomonarchici). Di fronte alle
si contrappongono i
«tories», sostenitori
sospette aperture di Carlo II verso il cattolicesimo, il Parlamento impose poi l’Atto
invece della monarchia di prova o Test Act (1673), che vietava ai cattolici di ricoprire cariche pubbliche, e
e della Chiesa anglicana, l’Atto di esclusione, che impediva la successione al trono di Giacomo Stuart, duca
di posizioni conservatrici.
di York e fratello di Carlo II, in quanto cattolico.
Nel 1685, alla morte di Carlo II, il duca di York salì comunque al trono come
Giacomo II (1685-88) e la sua condotta politica riaccese rapidamente le ostilità.
Egli abolì infatti il Test Act, aprì una fase di relazioni amichevoli con il papa e cercò
anche di cancellare l’Habeas Corpus Act, con cui nel 1679 si era ribadita l’inviolabi-
lità personale dell’imputato e che regola tuttora le garanzie a tutela dei cittadini.
Il governo autoritario di Giacomo II e la minaccia di un ritorno all’obbedienza cat-
tolica suscitarono opposizioni e rivolte, domate con il pugno di ferro. La mancanza
di discendenti diretti lasciava comunque sperare in un cambiamento di dinastia e
di metodi dopo la morte del re: Giacomo II, infatti, aveva per genero un principe di
sicura fede protestante, lo statolder d’Olanda Guglielmo d’Orange. Quando però,
nel 1688, nacque un erede maschio di Giacomo II, fu il Parlamento a trovare una
via d’uscita politica, offrendo la corona d’Inghilterra a Guglielmo d’Orange. Que-
sti, assunto il titolo di Guglielmo III (1689-1702), attraversò la Manica con 15.000
soldati ed entrò a Londra accolto trionfalmente. Il Parlamento dichiarò decaduto
Giacomo II, che si rifugiò in Francia sotto la protezione Luigi XIV.

L’affermazione della monarchia parlamentare


Non fu solo un cambiamento di dinastia. Infatti, quel che accadde a Londra nel 1688
fu una rivoluzione che si svolse non in modo violento ma con la proclamazione di
due importanti atti formali; per questo motivo, si parlò di «Gloriosa rivoluzione».
Con il primo atto Giacomo II venne dichiarato decaduto, perché non aveva ri-
spettato il «contratto» originario tra re e popolo. Si affermava così il fondamento
contrattuale della legittimità del sovrano, secondo cui tra re e popolo vi è una sor-
ta di contratto che il re deve rispettare, pena la sua decadenza dal governo. L’altro
F2 Il Bill of Rights atto fu la Dichiarazione dei diritti del 1689 (il Bill of Rights), un elenco delle leggi
del 1689, p. 28
e delle libertà tradizionali che i nuovi sovrani dovevano giurare di osservare pri-

20
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |

ma di essere proclamati e consacrati. Era una svolta decisiva: nasceva una nuova
forma di monarchia, detta parlamentare, nella quale il sovrano accettava di go-
vernare sotto il controllo del Parlamento, rinunciando definitivamente a ogni ten-
tazione assolutistica.
In ultima analisi, in mezzo secolo di fermento rivoluzionario si sovrapposero le
istanze di un mondo popolare, deciso a rovesciare l’ordine sociale, e quelle di un
complesso mondo mercantile e nobiliare, che alla rivoluzione chiedeva la possibi-
Ripassa la lezione lità di imporre il proprio ordine.
con la presentazione Lo storico Christopher Hill (1912-2003) ha osservato acutamente che nell’In-
L’Inghilterra tra due
rivoluzioni e costruisci ghilterra del Seicento ebbero luogo due rivoluzioni. Una, quella dei possidenti, ri-
una mappa in cui metti sultò vittoriosa: affermò i sacri diritti della proprietà (abolendo le proprietà feu-
in relazione: dali e le tassazioni arbitrarie) e conferì il potere politico ai ceti abbienti (sovranità
• la politica
assolutistica
del Parlamento e della Common Law, abolizione delle prerogative della Corona).
di Carlo I; L’altra rivoluzione – quella auspicata da gruppi come i Livellatori o gli Zappatori
• le iniziative politiche – non scoppiò mai apertamente, ma costituì una minaccia sempre incombente: se
e militari di Oliver
Cromwell;
avesse prevalso, avrebbe potuto condurre all’istituzione della proprietà comune e
• Guglielmo d’Orange di una democrazia radicale. La Gloriosa rivoluzione sancì non solo la vittoria del
e la monarchia Parlamento sul potere monarchico, ma anche l’affermazione della prima di queste
parlamentare.
rivoluzioni sulla seconda.

Guglielmo III.
Ritratto del re
d’Inghilterra Guglielmo
III, di Thomas Murray,
1691 circa. Londra,
National Portrait Gallery.
Dalla Storia all’Educazione civica

Il Parlamento Guarda il video


dell’intervista

italiano all’autore
Approfondisci con
la Costituzione
di Gustavo Zagrebelsky commentata

Il Parlamento: te ridotto in seguito al referendum «Ogni membro del


composizione e scopo confermativo del 20-21 settembre
2020, con cui gli italiani hanno ap- Parlamento rappresenta
Le democrazie contemporanee si la Nazione ed esercita
provato la legge di revisione co-
basano sull’osservanza di un prin-
stituzionale voluta dal Parlamen- le sue funzioni senza vincoli
cipio importantissimo: la separa-
to proprio per diminuire il numero di mandato».
zione dei poteri fondamentali del-
dei rappresentanti del popolo nelle
lo Stato ( ▶ cap. 6, par. 1). Questi
due Camere. Proprio per ottemperare al meglio il
sono i poteri legislativo, esecutivo
e giudiziario. ruolo di rappresentanti del popolo, i
Eleggere ed essere eletti
In Italia il potere legislativo, vale a parlamentari sono completamen-
parlamentari
dire il potere di discutere e appro- te liberi di agire secondo coscien-
vare le leggi, spetta al Parlamento I parlamentari vengono eletti a suf- za, non sottoposti nell’esercizio del-
(artt. 55-82 della Costituzione). In fragio universale dai cittadini e du- le loro funzioni a restrizioni di alcun
esso s’incarna la sovranità del po- rano in carica 5 anni: ogni 5 anni il genere. Per lo stesso motivo, nessun
polo di cui parla l’articolo 1 della Parlamento viene rinnovato. parlamentare può essere chiamato
Costituzione e per questo diciamo Per partecipare all’elezione della Ca- a rispondere delle opinioni espres-
che l’Italia è una repubblica par- mera dei deputati bisogna aver com- se e dei voti dati nel corso del suo
lamentare. Secondo l’articolo 55: piuto la maggiore età e si può esse- mandato. E serve un’autorizzazione
re eletti deputati solo al compimento esplicita della Camera cui appartie-
dei 25 anni. 25 anni è anche l’età ne perché sia arrestato o perché lui
«Il Parlamento si compone
richiesta per partecipare all’elezio- o la sua casa siano sottoposti a per-
della Camera dei deputati ne del Senato, mentre solo chi ha quisizione. Affinché l’esercizio del
e del Senato della compiuto 40 anni di età può entrare mandato parlamentare sia davvero
Repubblica». nelle schiere dei senatori. È impor- libero e tutti i cittadini possano ac-
tante sottolineare quanto dice l’arti- cedervi, deputati e senatori ricevono
La presenza di due assemblee di- colo 67 della Costituzione: un’indennità in denaro.
stinte (la Camera e il Senato), rende
bicamerale il Parlamento italiano.
I deputati sono 400 e la sede del-
la Camera dei deputati è Palazzo
Montecitorio, a Roma. La sede del
Senato si trova a Palazzo Madama,
ancora a Roma: i senatori sono 200,
cui si aggiungono gli ex Presidenti
della Repubblica e 5 senatori a vita
nominati dal presidente della Re-
pubblica fra le personalità più emi-
nenti del Paese in campo sociale,
scientifico, artistico e letterario.
Ricordiamo che deputati e senatori
erano, rispettivamente, 630 e 315.
Il loro numero è stato drasticamen-
Il Senato della Repubblica.
22
Il processo di formazione modifiche. Ma se il Parlamento la tuzionalità delle leggi e di tutti gli at-
delle leggi approva nuovamente, il presidente ti compiuti dagli organi dello Stato.
della Repubblica è tenuto a firmarla Ulteriori competenze del Parlamento
Il processo di formazione delle
e promulgarla. sono la delibera dello stato di guer-
leggi deve essere tale da fornire
Una legge approvata e vigente, ma ra, la ratifica dei trattati internazio-
ai parlamentari, e quindi ai citta-
ormai ritenuta inadeguata, viene nali e soprattutto l’approvazione del
dini che essi rappresentano, ogni
superata da una nuova legge del bilancio e del rendiconto consuntivo
garanzia di democraticità e confor-
Parlamento sullo stesso oggetto. dello Stato, essenziale per tenere in
mità ai princìpi della Costituzione.
In alternativa, si può ricorrere al re- ordine i conti del Paese. Ogni Came-
Il testo di una nuova legge può es-
ferendum abrogativo ( ▶ cap. 16). ra, infine, può disporre inchieste su
sere presentato al Parlamento con
materie di pubblico interesse.
una proposta di legge da ogni sin-
Altri compiti del Parlamento
golo parlamentare, dal governo in
carica con un disegno di legge, da Le funzioni del Parlamento non si Dibattito in classe:
un Consiglio regionale o da alme- esauriscono nel potere legislativo. il taglio dei
no 50.000 elettori con una propo- Esso svolge il più importante dei parlamentari
sta di legge di iniziativa popolare. suoi compiti ulteriori quando un
Il testo della legge viene discusso nuovo governo chiede al Parla- Nel settembre del
articolo per articolo dai parlamen- mento la fiducia. Al governo spet- 2020, gli italiani hanno confermato
tari, che apportano, se lo ritengo- ta il potere esecutivo, ma esso non con il voto referendario il taglio dei
no opportuno, degli emendamen- può esercitarlo se, dopo la nomina, parlamentari. Non sono mancate voci
ti. Camera dei deputati e Senato non ottiene da deputati e senatori discordanti, però, che scorgevano
un voto di fiducia, con il quale le nella riduzione dei parlamentari un
devono approvare con voto a
Camere attestano la propria volon- pericolo per il sistema di rappresen-
maggioranza un testo identico:
tà di appoggiare il presidente del tanza democratica.
per questo la nuova legge viaggia
Consiglio e i suoi ministri nella loro Scegliete tre studenti che facciano
tra i due rami del Parlamento fino a da giuria, poi dividete il resto della
quando non le si dà una forma unica. opera a servizio del Paese.
classe in due gruppi:
Il presidente della Repubblica rice- In altre occasioni le Camere, che di
1. Il gruppo A argomenterà a favore
ve la legge, la firma e la promulga, norma svolgono il loro lavoro sepa-
della riduzione; il gruppo B invece
la rende cioè nota a tutti i cittadini. ratamente, si riuniscono in seduta sosterrà le ragioni dei contrari.
A tale scopo, la legge è pubblicata unica. Accade quando eleggono Accedi al QR Code per guardare
sulla Gazzetta Ufficiale dello Sta- il presidente della Repubblica, un video illustrativo sul referendum
to: 15 giorni dopo la pubblicazione, quando nominano un terzo dei in questione.
osservarla diventa obbligatorio per membri del Consiglio superio- 2. Ogni gruppo sceglierà un portavo-
tutti. Non è ammessa l’ignoranza re della Magistratura (organo di ce, che in 5 minuti presenterà alla
della legge. Nel caso ritenesse la autogoverno dei giudici) e quan- giuria i risultati del lavoro. Nell’e-
legge non aderente ai dettami del- do scelgono un terzo dei mem- sporre le proprie ragioni, si posso-
la Costituzione, il presidente del- bri della Corte costituzionale, il no proiettare presentazioni multi-
la Repubblica può rimandarla alle tribunale più alto della Repubblica, mediali, con informazioni e dati.
Camere perché vi apportino delle al quale compete vagliare la costi- 3. Seguirà un dibattito libero di
10 minuti tra le due squadre.
Emendamento: La modifica del testo di un disegno o progetto di legge, I giudici si confronteranno poi tra
che viene discussa nel corso dei lavori parlamentari e può essere approvata, loro e decideranno qual è stato
cambiando effettivamente in questo caso il testo legislativo, o respinta. il gruppo più efficace.

23
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Giacomo I e le divisioni religiose to Parlamento». Di fronte all’avanzata


Salito al trono Giacomo I Stuart nel 1603, Scozia e scozzese Carlo I lo convocò di nuovo
Inghilterra furono unite nella Gran Bretagna. Il regno, e il cosiddetto «Lungo Parlamento» abolì i tribunali
però, era indebolito da profonde divisioni religiose speciali, abrogò le leggi arbitrarie del re e applicò il
tra la Chiesa anglicana di Stato, una nutrita minoran- Common Law.
za di cattolici e una di puritani, vicini al calvinismo. La questione religiosa si inasprì e portò alla divisio-
Le divisioni religiose si tradussero in conflitti politi- ne in tre fazioni: la Chiesa anglicana, i presbiteriani
ci tra Pari cattolici e i Pari puritani. Sfociarono, inol- calvinisti e il popolo minuto.
tre, in atti estremi come la congiura delle polveri: nel In seguito all’insurrezione dei cattolici irlandesi, Carlo
1605 un gruppo di cattolici ordì un attentato, sven- I tentò di far arrestare i membri del Parlamento a lui
tato, ai danni del re, della sua famiglia e dei membri ostili, ma i londinesi lo costrinsero alla fuga.
del Parlamento. Nell’agosto 1642 iniziò la guerra civile. Da un lato re,
Sul fronte puritano, le persecuzioni religiose si ina- Chiesa anglicana, cattolici e «cavalieri»; dall’altro pu-
sprirono e i Padri Pellegrini migrarono verso l’Ame- ritani, «teste rotonde», gentry, borghesia e artigiani.
rica del Nord. Grazie a Cromwell, i rivoluzionari ebbero la meglio
Il re visse un rapporto conflittuale con la nobiltà, fo- e nel 1648 sconfissero Carlo I, che fu decapitato
raggiata con vitalizi che pesavano sul bilancio, e con nel 1649. Il Parlamento abolì la monarchia e istituì il
il Parlamento, che aveva il diritto di criticare le scel- Commonwealth.
te del sovrano.
La dittatura di Cromwell e l’Atto
Trasformazioni economiche e sociali di navigazione
Tra XVI e XVII secolo la Gran Bretagna visse un perio- Cromwell represse le tendenze radicali nel suo eser-
do di incremento demografico e sviluppo. cito, affrontò e sconfisse Carlo II, che intendeva re-
L’aumento dei traffici commerciali e gli introiti otte- staurare la monarchia, sedò la rivolta in Scozia e sciol-
nuti dai corsari al soldo della Corona favorirono lo svi- se il Rump Parliament, ostile al suo potere. Nel 1653
luppo della flotta; si investì nell’esplorazione con le si fece nominare Lord protettore della Repubblica e
spedizioni di Drake e Raleigh e nel commercio, nell’ot- nel 1655 instaurò una dittatura personale. Intraprese
tica di controllare i mari e contrastare gli olandesi. due guerre vittoriose contro l’Olanda dopo la pro-
La crescita economica incrementò la mobilità socia- mulgazione dell’Atto di navigazione e ottenne Nuova
le e indebolì il sistema di privilegi di cui godeva l’alta Amsterdam, ribattezzata New York.
nobiltà. Tra 1620 e 1650, però, una crisi economica
arrestò questa fase di sviluppo. Dalla restaurazione alla Gloriosa
rivoluzione
La politica assolutistica di Carlo I Morto Cromwell nel 1658, nel 1660 tornò al potere
Il regno di Carlo I fu caratterizzato dallo scontro con uno Stuart, Carlo II, che restaurò la monarchia. Il Par-
il Parlamento. Tra il 1625 e il 1629, lo convocò tre vol- lamento si divise in «whigs» e «tories» e votò l’Atto di
te per affrontare i problemi finanziari dello Stato; esclusione, che impediva la successione al trono del
nel 1628 il Parlamento approvò la Petition of Rights, cattolico Giacomo Stuart.
che subordinava l’imposizione di nuove tasse all’ap- Giacomo salì al trono lo stesso nel 1685 con il nome
provazione parlamentare e affermava il principio Giacomo II. Tentò di abolire l’habeas corpus, sciol-
dell’habeas corpus, limitando la possibilità di incar- se la Camera dei Comuni e fu costretto alla fuga nel
cerazioni arbitrarie. 1688 dopo la Gloriosa rivoluzione guidata da Gugliel-
In seguito il re sciolse il Parlamento e lo riconvocò mo d’Orange.
solo nel 1640, per via della sollevazione della Sco- Nel 1689 il Parlamento sancì con il Bill of Rights una
zia, pronta allo scontro militare dopo l’imposizione svolta epocale, stabilendo diritti e leggi cui un sovrano
del rito anglicano. doveva attenersi. Si instaurò così la monarchia parla-
mentare, in cui il governo del sovrano dipendeva dal
La guerra civile e la fine della monarchia controllo del Parlamento, e si subordinò, inoltre, la
Il Parlamento non accolse le richieste di Carlo I, che legittimità del potere del sovrano al rispetto del con-
lo sciolse dopo poco. Per questo si parla di «Cor- tratto con il popolo.

24
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

IL SEICENTO INGLESE

vide i regni di

Giacomo I Carlo I Oliver Cromwell Giacomo II


(1603-1625) (1625-1649) (1649-1658) (1685-1688)

caratterizzato dall’ caratterizzato dallo che sciolse il che

unione di Scozia e scontro con il Rump Parliament • salì al trono dopo


Inghilterra nella Parlamento Carlo II (che restaurò
............................................ la monarchia)
e dopo la nomina a
che approvò la • tentò di abolire
l’.........................................
e da
............................................... • sciolse la ........................
............................................
divisioni religiose (introduzione
e fu costretto alla
(Chiesa anglicana, del principio instaurò una
fuga dopo la
......................, ......................) dell’habeas corpus)

e e attuò il
dittatura personale ...............................................

durante la quale guidata da


conflitti politici: «Lungo Parlamento»
• tra Pari cattolici (.........-.........)
e Pari puritani • promulgò l’...................... Guglielmo d’Orange
• tra il re e la nobiltà • sconfisse l’......................
durante il quale
• tra il re e il Parlamento in due guerre
• ottenne Nuova sotto il quale il
Carlo I tentò di arrestare Amsterdam, Parlamento sancì il
e dalla rinominata ......................
i parlamentari ostili

............................. (1605) e scoppiò la ...............................................

............................................... e l’instaurazione
della

tra
............................................
parlamentare
puritani, «......................»,
re, Chiesa anglicana,
gentry, borghesia e
cattolici e
artigiani (guidati da
«.....................................»
Cromwell)

conclusasi con la

• ...................... di Carlo I
• abolizione della monarchia
• istituzione del ......................

25
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CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Perché la rivoluzione del 1689 fu definita
«Gloriosa»?
Date: 1707 • 1603 • 1628 • 1642 • 1649
b. Che cosa s’intende con i termini «whigs»
Luoghi: Dunbar • Irlanda • Gran Bretagna •
e «tories»? Quali tendenze rappresentarono
Scozia • Marston Moor • Inghilterra in Parlamento?
a. Giacomo I, re di ...................., diventa re dopo la c. Qual è l’etimologia della parola «quacchero»?
morte di Elisabetta I nel ....................: da questo
d. Chi erano i Levellers?
momento si comincia a parlare di .................... .
b. Solo nel ...................., con l’Atto di Unione, NESSI E RELAZIONI
anche i Parlamenti di Scozia e Inghilterra ver-
5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
ranno effettivamente unificati.
a. Guglielmo d’Orange, appoggiato
c. Nel .................... scoppia la «prima rivoluzione
dal Parlamento, sbarca in Inghilterra
inglese».
e viene proclamato re.
d. Nel ...................., Carlo I concede la Petition of
b. Gli esponenti più radicali dell’esercito di
Rights.
Cromwell, una volta nominati dagli stessi
e. L’esercito di Carlo I è sconfitto, una prima membri del nuovo Parlamento, propongo-
volta, da quello guidato da Cromwell nel 1644 no di varare alcuni provvedimenti, come
a .................... . istituire le giurie popolari nei processi.
f. Carlo I viene decapitato nel .................... dopo c. Viene istituito il Bill of Rights.
esser stato processato.
1. Giacomo II fugge in Francia.
g. Oliver Cromwell proclama la Repubblica unita
di ...................., .................... e Scozia. 2. A partire da Guglielmo d’Orange, i re inglesi
s’impegnano a rispettare una serie di leggi e
h. Carlo II viene sconfitto a ....................,
liberta tradizionali prima di venire consacrati.
in Scozia, dalle truppe di Cromwell.
3. Cromwell scioglie il Parlamento e istituisce
EVENTI E PROCESSI una dittatura.
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
a. Dopo la morte di Cromwell, l’Inghilterra visse COMPETENZE
una fase di grande instabilità politica: perché? ESPORRE ORALMENTE
b. Quali furono i più importanti attori politici 6 Rispondi alle seguenti domande.
coinvolti?
a. Quale importanza riveste la Petition of Rights
c. Quali furono le conseguenze della Gloriosa dal punto di vista della tutela dei diritti?
rivoluzione? Mettile a confronto con quelle (3 minuti)
della «prima rivoluzione inglese».
b. Perché il Bill of Rights rappresenta una vittoria
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. politica per il Parlamento inglese?
a. V F Tra il 1620 e il 1650 l’Inghilterra vive una (3 minuti)
fase di grave stagnazione economica.
SCRIVERE
b. V F Carlo I guida il tentativo di restaurazio-
ne monarchica durante la dittatura VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
di Cromwell.
7 Immagina di essere un membro del Parlamento
c. V F La riforma dell’esercito, messa in atto
inglese nel 1688 favorevole alla nomina di
da Giacomo I, va sotto il nome di
Guglielmo d’Orange come successore di Giacomo
New Modern Army.
II e di dover scrivere un discorso per convincere
d. V F L’Atto di navigazione (1652-54) può
gli altri parlamentari della tua opinione. Esponi
essere definito un provvedimento
la questione, rintraccia gli argomenti a favore,
di stampo protezionista.
ad esempio concentrandoti sulla necessità di
e. V F Nel 1673 l’Atto di esclusione vieta ai
fissare dei limiti al potere del sovrano o ricordan-
cattolici l’accesso alle cariche politiche.
do le gravi conseguenze delle guerre passate,
f. V F La carica di Lord Protettore della e confuta gli eventuali argomenti contrari.
Repubblica diventerà ereditaria.

26
Fonti e Storiografia
FONTI Il dibattito sul suffragio universale
F1 Nel 1647 si discusse sull’assetto costituzionale da dare alla nazione dopo la sconfitta
di Carlo I e in particolare sul suffragio. I Livellatori ne chiedevano l’estensione quasi a
tutti i cittadini, ma Cromwell, preoccupato dalla possibilità di una deriva egualitarista,
li mise a tacere con la forza. Nel brano seguente, Rainborough esprime il punto di vi-
sta dei Livellatori, Ireton quello dei moderati.

Rainborough: Io penso veramente che l’essere più povero che vi sia in Inghilterra ha una
vita da vivere quanto il più grande e perciò, signore, credo sia chiaro che ogni uomo il
quale ha da vivere sotto un governo debba prima col suo consenso accettare quel gover-
no; e ritengo che l’uomo più povero in Inghilterra non sia affatto tenuto a rigore a obbe-
dire a quel governo che egli non ha avuto alcuna voce nel creare; e son sicuro che, quan-
do avrò ascoltato le ragioni in contrario, a quelle ragioni vi sarà chi risponda, in quanto
che dubiterei che sia un inglese chi dubitasse di queste cose.
Ireton: Penso che nessuna persona abbia diritto a una partecipazione nell’ordinamento de-
gli affari del paese, a determinare o a scegliere coloro che determineranno da quali leggi
dobbiamo essere governati in questo paese – nessuna persona ha diritto a ciò, la quale
non abbia un interesse permanente fisso in questo paese 1. Solo quelle persone, riunite
insieme, sono propriamente i rappresentanti di questo paese e, per conseguenza, anche
coloro che devono creare i rappresentanti del paese, le quali nel loro insieme compren-
dono tutti gli interessi reali e permanenti del regno. Altrimenti sono sicuro che non sa-
prei dire perché un forestiero che venga tra noi, o tutti coloro che vengono tra noi, mossi
dalla necessità o dal desiderio di stabilirsi qui, perché essi non potrebbero rivendicare
ugualmente lo stesso diritto di qualsiasi altro. […]
Rainborough: Sinceramente, signore, rimango della stessa opinione di cui ero, e son deciso
a conservarla finché non vedo perché dovrei cambiare idea. Nulla di quello che ho sen-
tito può convincermi del perché un uomo nato in Inghilterra non dovrebbe avere il voto
nell’elezione dei deputati. Si dice che, se un uomo non ha un interesse permanente, non
può averne il diritto; e che non dobbiamo avere più libertà di quanto ce ne concedano
le leggi, e che non esiste legge in nessun documento che ci consenta di essere più liberi
di quel che siamo adesso. […] Non trovo nessun passo nella legge di Dio che affermi che
1 interesse … paese: un Lord debba scegliere venti deputati e un gentiluomo soltanto due, e un povero nes-
Cioè sia proprietario. suno: non trovo nulla di simile nella “legge di natura” né nella “legge delle nazioni” 2. […]
2 Non trovo … “legge
Ireton: La cosa principale su cui insisto è che vorrei si avesse riguardo alla proprietà. […]
delle nazioni”: La
legge di natura è il Poiché qui si tratta della parte più fondamentale della costituzione del regno, se soppri-
diritto naturale, un diritto mete la quale, sopprimete con essa ogni cosa. Essa stabilisce che uomini di una certa qua-
non scritto, che deve lità devono essere gli elettori dei deputati al Parlamento, e sono tutti coloro che hanno
costituire l’ispirazione
per il diritto positivo, un interesse permanente nel regno e che, presi insieme, comprendono tutti gli interessi
il diritto delle nazioni. permanenti e locali del regno.
(cit. in Puritanesimo e Libertà. Dibattiti e Libelli, a cura di V. Gabrieli, Einaudi,
Torino 1956, pp. 67, 73-75)

COMPRENDERE 1. Secondo Rainborough, che cosa dovrebbe ottenere un governo prima di preten-
dere l’obbedienza cieca dei suoi sudditi?
2. Che cosa intende Ireton con «interesse» nel suo discorso?
INTERPRETARE 3. Quali i timori si possono leggere nelle parole di Ireton?
VALUTARE 4. In Italia, tutti i cittadini e le cittadine della Repubblica possono esprimere il pro-
prio voto: a partire da quale momento storico è stato introdotto? In che modo
uno straniero può accedere al diritto di voto oggi in Italia?

27
Fonti e Storiografia

F2 Il Bill of Rights del 1689


Salito al trono Guglielmo III, si chiuse nel 1689 la lotta tra il Parlamento, in difesa dei
diritti dei cittadini, e gli Stuart, favorevoli all’assolutismo. I membri del Parlamento richie-
sero ai nuovi sovrani di impegnarsi a rispettare le libertà per le quali si era combattuto
e fu redatto il Bill of Rights, di cui riportiamo gli articoli più significativi.

E quindi i suddetti Lords spirituali e temporali, e i Comuni [...] ora riuniti in un organo
pienamente e liberamente rappresentativo di questa nazione, [...], in primo luogo (come
hanno fatto in casi simili in genere i loro antenati) per l’asserzione dei loro antichi diritti
e libertà, dichiarano:
1. Che il preteso potere di sospendere dalle leggi o dall’applicazione delle leggi, per auto-
Leggi in digitale rità regia, senza consenso del Parlamento, è illegale.
il testo Il «patto»
2. Che il preteso potere di dispensare dall’osservanza delle leggi e dall’esecuzione delle leg-
dei Livellatori, in
cui si affermano i gi, per autorità regia, come è stato fatto di recente, è illegale.
princìpi alla base del 3. Che la commissione per costituire una Corte dei commissari per cause ecclesiastiche e
sistema di governo ogni altra commissione o corte di simile natura sono illegali e dannose.
democratico. 4. Che la raccolta di denaro a uso della Corona, sotto pretesto di prerogativa, senza con-
• Rileggi il passo
estratto dal Bill cessione del Parlamento, per un periodo più lungo, o in modi diversi da quelli da esso fis-
of Rights e mettilo sati, è illegale.
a confronto con 5. Che è diritto dei sudditi rivolgere petizioni al re, e ogni arresto e processo per questo
Il «patto» dei sono illegali.
Livellatori. Esponi,
in forma scritta,
6. Che radunare o mantenere un esercito permanente nel regno in tempo di pace, senza il
quali diritti erano consenso del Parlamento, è illegale.
sanciti dal primo 7. Che i sudditi protestanti possono tenere armi per la propria difesa secondo le proprie
documento e condizioni e come è consentito dalla legge.
quali invece
8. Che le elezioni dei membri del Parlamento devono essere libere.
erano previsti
dal secondo; 9. Che la libertà di parola e i dibattiti o i procedimenti in Parlamento non debbono esse-
rifletti, infine, sulle re posti sotto accusa o contestati in nessun tribunale o luogo al di fuori del Parlamento.
profonde differenze 10. Che non devono essere chieste cauzioni eccessive né imposte ammende eccessive, né
fra i due testi.
inflitte punizioni crudeli e insolite.
11. Che i giurati devono essere nominati regolarmente e che i giurati che processano uo-
mini per alto tradimento devono essere freeholders 1.
1 freeholders: liberi 12. Che ogni concessione e promessa di ammende e confische di persone singole prima
proprietari. della sentenza di colpevolezza sono illegali e nulle.
(da G. Garavaglia, Società e rivoluzione in Inghilterra, Loescher, Torino 1978, pp. 213-216)

COMPRENDERE 1. Ritieni che l’autorità del re, dopo l’approvazione del Bill of Rights, possa ancora
dirsi «assoluta»?
2. Riassumi i diritti ottenuti dal Parlamento, stabiliti dal Bill of Rights.
3. Perché «radunare o mantenere un esercito permanente nel regno in tempo di
pace» rappresenta per il Parlamento un eventualità da scongiurare (art. 6)?
Quali conseguenze porta con sé sia sul piano economico sia su quello dell’ordine
sociale?
INTERPRETARE 4. Nell’art. 2 del testo, si fa cenno a fatti storici che hanno visto il sovrano non ri-
spettare la legge o la loro esecuzione: a quali eventi della storia inglese si allude?
VALUTARE 5. La libertà di espressione è affermata con grande chiarezza negli articoli 5 e 9
del Bill of Rights. Che cosa afferma a tal proposito la Costituzione italiana? Con
l’aiuto dell’insegnante, rintraccia gli articoli che disciplinano questo tema nella
Carta costituzionale e cerca di capire anche quali sono i limiti che s’impongono
alla libertà di parola, riflettendo ad esempio sul reato di diffamazione.

28
Le rivoluzioni inglesi del Seicento 1

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO I tanti volti della rivoluzione
Le cause della rivoluzione inglese sotto la lente degli storici
Gli storici hanno fornito interpretazioni della rivoluzione inglese talvolta contra-
stanti: si è trattato di uno scontro fra classi sociali diverse? O le cause profonde
della rivoluzione devono essere rintracciate nell’incapacità della monarchia di far
fronte alla crisi economica e delle istituzioni politiche? I tre brani proposti degli
studiosi Arthur Leslie Morton, Lawrence Stone e Conrad Russell provano a rispon-
dere, da punti di vista differenti, a questi interrogativi.

S1 La rivoluzione inglese fu una rivoluzione borghese


Arthur Leslie Morton
Lo storico inglese Arthur Leslie Morton (1903-1987) definisce la guerra civile ingle-
se come una guerra di classe. Nel brano seguente, partendo da questo presupposto,
descrive poi i due principali partiti nel campo rivoluzionario.

GLI SNODI Il motore della rivoluzione fu la borghesia.


DEL TESTO Il Parlamento ottenne l’appoggio della nobiltà «progressiva».
L’esercito di Cromwell divenne una palestra di educazione politica.

Il carattere fondamentale della rivoluzione inglese, reso oscuro da lungo tempo sia dagli
storici «whig» e «tory» che da quelli anglicani e non conformisti sta diventando, infine,
abbastanza chiaro. Essa fu una rivoluzione borghese, nel corso della quale la nuova classe
dei capitalisti distrusse la macchina dello Stato feudale al cui centro stava la monarchia e
si affermò come classe dominante nella società inglese. […]
In questa lotta le linee di classe in cui l’Inghilterra era divisa sono oggi non meno chiara-
mente visibili di quanto lo fossero agli uomini del tempo. La natura della divisione appare
in primo luogo nel suo aspetto geografico. Il parlamento aveva l’appoggio dell’est e del sud,
zone ricche e relativamente sviluppate, e di quasi tutte le città di qualche importanza, mentre
il re controllava le zone retrograde del nord e dell’ovest, dove il feudalesimo era più forte. […]
Generalmente il re aveva l’appoggio della nobiltà, e probabilmente della maggioranza
della borghesia terriera […]. Costoro, con i loro fittavoli e i loro servi, costituivano la base
per la formazione di un esercito effettivo già pronto. Il parlamento aveva l’appoggio della
parte «progressiva» della nobiltà e della borghesia terriera, dei mercanti, delle classi mani-
fatturiere e professionali. È chiaro che, quali che fossero gli slogans sotto i quali la guerra
civile venne combattuta, essa fu essenzialmente una guerra di classe. […]
Di conseguenza due partiti cominciarono a formarsi nel campo rivoluzionario. [...] quello
dei presbiteriani, era il partito dei proprietari terrieri e dei grandi mercanti. [...] L’altro, quello
degli indipendenti, riuniva a quell’epoca, oltre a frazioni della borghesia terriera e delle classi
superiori urbane, i contadini piccoli proprietari, gli artigiani [...]. Guidati da Cromwell essi
impostarono una lotta per allontanare i capi dell’ala destra e per creare un nuovo esercito
rivoluzionario. Essi raggiunsero entrambi questi obbiettivi e l’esercito di tipo nuovo diventò
non solo lo strumento di una completa vittoria militare ma anche una palestra di educazione
politica e la base principale per il partito della estrema sinistra che andava prendendo forma.
(da A.L. Morton, Come la borghesia conquistò il potere, in Saggi sulla costituzione inglese del 1640,
a cura di C. Hill, Feltrinelli, Milano 1971, pp. 241-257)

COMPRENDERE 1. Perché Morton parla di rivoluzione borghese?


IL TESTO
2. Dove si collocano le diverse fazioni avverse?
3. Quali funzioni politiche assunse l’esercito riformato da Cromwell?

29
Fonti e Storiografia

S2 All’origine della rivoluzione inglese


Lawrence Stone
Nella sua complessa analisi sulle origini della rivoluzione inglese degli anni 1640-49
lo storico britannico Lawrence Stone (1919-99) procede distinguendo le cause im-
mediate della guerra e i processi di trasformazione sociale che la resero possibile nel
contesto della tradizione whig della cultura inglese. Stone propone una spiegazio-
ne pluridimensionale delle cause della rivoluzione inglese e descrive un quadro degli
schieramenti che non coincide con le classi sociali.

GLI SNODI La rivoluzione non fu una guerra di classe.


DEL TESTO Salariati e braccianti non parteciparono.
La monarchia non ottenne l’appoggio della nobiltà.

Senza dubbio la rivoluzione non fu una guerra dei poveri contro i ricchi; uno dei suoi aspet-
ti più caratterizzanti fu infatti la passività quasi totale delle masse rurali, dei copyholders 1
e dei braccianti agricoli. Diversamente da quanto accadde con le rivolte contadine durante
la rivoluzione russa o quella francese (e anche nella Francia e nella Russia del XVII secolo),
fra il 1640 e il 1660 in Inghilterra i poveri rurali mantennero quasi tutti un atteggiamento
neutrale. Nel 1640-42, numerose recinzioni furono abbattute da contadini in rivolta, che
agivano in base al presupposto – non ingiustificato – di «approfittare di questi tempi» di
parziale crollo del governo, «nel caso non ritornino più». […]
Anche i salariati nelle città furono altrettanto passivi, persino a Londra. D’altro canto, però,
non v’è dubbio che un gradino appena più in su sulla scala sociale, tra i piccoli freeholders
e yeomen 2 nelle campagne, e tra gli artigiani, gli apprendisti e i piccoli bottegai nelle città,
vi fu una spiccata tendenza a schierarsi dalla parte del Parlamento. Ma le ricche oligarchie
mercantili delle città si mantennero prudentemente ed egoisticamente neutrali, o altrimenti
passarono dalla parte del re, protettore e patrono dei loro privilegi politici ed economici. […]
Anche la gentry 3 fu neutrale o divisa, senza che la divisione seguisse in modo marcato le
differenze di ricchezza. […]
Un’ipotesi più promettente sulla suddivisione della gentry all’epoca della rivoluzione so-
stiene che la gentry più attenta al denaro, più intraprendente e imprenditoriale (cioè bor-
ghese) si schierò in genere con il Parlamento, mentre quella paternalistica, conservatrice,
rentier 4 (cioè feudale) si schierò in genere con il re. È un’idea affascinante, ma allo stato
1 copyholders: attuale delle cose non c’è uno straccio di dato che la confermi. […]
proprietari terrieri. Riassumendo, dunque, le uniche conclusioni sociologiche che sembrano plausibili in me-
2 freeholders rito alle prime fasi della guerra sono una marcata tendenza degli yeomen nelle campagne e
e yeomen: piccoli
proprietari e coltivatori dei ceti medi nelle città a schierarsi dalla parte del Parlamento, e una, molto meno marcata,
diretti. dell’aristocrazia e delle oligarchie mercantili a schierarsi con il re. A quando risulta nessuna
3 gentry: piccola delle polarizzazioni del tipo feudale-borghese, datore di lavoro-salariato, ricco-povero, in
nobiltà.
4 rentier: che vive ascesa-in decadenza, gentry di contea-gentry di parrocchia, trova riscontro in quanto effet-
di rendita. tivamente accadde nei primi anni 1640.
(da L. Stone, Le cause della Rivoluzione inglese. 1529-1642, Einaudi, Torino 1982, pp. 66-68)

COMPRENDERE 1. Quale fu l’atteggiamento di salariati e braccianti agricoli durante la rivoluzione


IL TESTO inglese? E quello di bottegai, piccoli proprietari terrieri e coltivatori diretti?
2. Quali erano le differenze dal punto di vista socio-economico fra la piccola nobiltà
(gentry) e la grande nobiltà (rentier)?
3. Quale interpretazione offre lo storico degli episodi di abbattimento delle siepi,
che segnavano nelle campagne i confini di proprietà? Quale invece sembra essere
l’interpretazione storiografica che intende criticare?

30
Le rivoluzioni inglesi del Seicento 1

S3 La guerra civile inglese come scontro tra poteri


Conrad Russell
Lo storico britannico Conrad Russell (1937-2004) interpreta la guerra civile come
conseguenza non necessaria ma casuale di una combinazione di circostanze.

GLI SNODI Il Parlamento e la corona non furono «due partiti» contrapposti.


DEL TESTO Non ci fu una «lotta per la sovranità».
Una grave crisi nel governo innescò la Rivoluzione.

Come ha detto Collinson 1, dobbiamo evitare «il dannoso errore di scrivere la storia di quel-
la chiesa assumendo la dicotomia anacronistica di un anglicanesimo di cui non si aveva
ancora alcuna idea precisa e di un puritanesimo estraneo (alla natura dell’anglicanesimo)
che non era ancora stato sconfessato». Questa messa a punto ci ha però messo in impiccio
e cioè ci ha costretto a chiederci in che modo si possa utilizzare il termine «puritano». […]
In generale gli storici hanno per ora mostrato la tendenza ad attenersi ad una defini-
zione larga del «puritanesimo»: una definizione che implica la convinzione che esso fos-
se una componente importante dell’ortodossia. Se adottiamo questa definizione ampia, ci
troveremo d’accordo con Collinson, nel non vedere più alcun nesso necessario tra «puri-
tanesimo e rivoluzione». E dovremmo allora essere d’accordo con lui nel pensare che «il
puritanesimo nell’ambito sociale fu tanto una forza di stabilizzazione quanto una forza di
rivoluzione e di trasformazione». […]
La vanificazione del supposto nesso tra «puritanesimo e opposizione» è un’operazione
che si è venuta a fondere con un altro grande fronte su cui si svolge il dibattito storiogra-
fico: la riconsiderazione della politica attuata dal Parlamento nella prima parte del Seicen-
to. Il lavoro storico mirante alla suddetta riconsiderazione va oggi sotto il nome di «revi-
sionismo». Il mio articolo apparso su «History» nel 1976 2, che ha dato il via al dibattito
in questione, mirava a sostenere due cose. La prima era che il modello «a due partiti», se
applicato alla politica del primo Seicento, risultava errato: infatti quanti professavano opi-
nioni opposte non si coagulavano in due gruppi organizzati, di cui uno aveva come fulcro
il Parlamento e l’altro il Consiglio privato 3. Tutte le questioni su cui il paese si divideva, di-
videvano anche il Parlamento e i membri del Consiglio privato.
La seconda cosa che quell’articolo volle dimostrare è che il conflitto in atto in Inghilter-
ra prima del 1629 non era un conflitto per il «potere» che vedesse contrapposti il re e il
1 Collinson: Patrick
Parlamento: oggetto dell’azione politica fu allora sempre, quali che fossero i bracci di ferro
Collinson (1929-2011), che si pensavano necessari, quello di persuadere il re. Non ci fu nell’Inghilterra del primo
storico inglese che Seicento una «lotta per la sovranità». […]
si è occupato di
Tutti gli studi che abbiamo ricordato ci impongono però il compito di dare una nuova
Inghilterra elisabettiana
e puritanesimo. spiegazione della Guerra Civile. Se non si trattò di una rivoluzione puritana; se non fu il ri-
2 Il mio articolo … sultato di una spaccatura profonda che si era prodotta nella società inglese; se non fu una
1976: L’articolo di
lotta per la sovranità, che cosa fu mai?
cui parla Russell è
Parliamentary History Ebbene, fu, tra l’altro, in modo chiaro un conflitto che ebbe come oggetto la religione.
in Perspective, […] Ma vedere la Guerra Civile come un conflitto sulla religione va perfettamente d’accordo
1604-1629. con l’abbandono della credenza che sia esistita una «opposizione puritana»! [...]. Si trattò
3 Consiglio privato:
Consiglio privato soprattutto di uno sfascio del governo del paese al centro (del potere) e allora, se ne voglia-
del sovrano. mo conoscere le cause, è al centro che dobbiamo guardare.
(da C. Russell, Alle origini dell’Inghilterra moderna. La crisi dei parlamenti 1509-1660,
il Mulino, Bologna 1988, pp. 7-18)

COMPRENDERE 1. Puritanesimo e anglicanesimo possono dirsi due fenomeni religiosi distinti?


IL TESTO
2. Che cosa sostengono gli storici «revisionisti»?
3. La rivoluzione scoppiò anche per motivi religiosi?

31
2 L’assolutismo nella
Francia del Re Sole
L’Europa tra assolutismo e parlamentarismo
Negli stessi anni in cui l’Inghilterra si avviava sulla strada della trasformazione della mo-
narchia assoluta in parlamentare, la Francia metteva a tacere le rivendicazioni parlamen-
tari e nobiliari e vedeva l’ascesa di un re, Luigi XIV, deciso a percorrere la via dell’assolu-
Esplora l’immagine tismo in ogni aspetto del suo lungo regno.
interattiva
La Francia del Seicento e il trionfo dell’assolutismo
Il regno del Re Sole si distinse per il vasto programma di riforme politiche, economiche,
Il simbolo del religiose e culturali; si trattava di un progetto ambizioso che segnò un deciso rafforza-
Re Sole sulla Grille
Royale della reggia mento della corona in ogni campo ai danni di nobiltà e parlamenti locali, e che consacrava
di Versailles. Luigi XIV come uno degli interpreti di spicco dell’assolutismo seicentesco.

1661 1667 1672 1678-79 1682


Luigi XIV Inizia la guerra La Francia, schierata con Trattati Dichiarazione dei quattro
re di Francia di devoluzione l’Inghilterra, attacca l’Olanda di Nimega articoli della Chiesa gallicana
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. I termini assolutismo, assoluzione e soluzione
hanno un origine comune nel verbo latino
solvere, «sciogliere». LEZIONE

• Sulla base della tua esperienza e delle GUARDA il video Luigi XIV
tue conoscenze, sapresti darne una 1. Uno Stato costruito su solide basi
definizione? ▶ p. 34
• Cerca sul dizionario i significati di queste 2. Mazzarino e le Fronde ▶ p. 36
parole e per ognuna scrivi una frase. 3. Luigi XIV e il rafforzamento della monarchia
▶ p. 38
2. Nella fotografia, è ripreso un particolare 4. L’esercito e le finanze ▶ p. 43
significativo della grande cancellata, detta 5. La politica culturale e religiosa dello Stato
Grille royale, che separa due aree della reggia ▶ p. 46
di Versailles, la cour d’Honneur e la cour Royale; 6. Le guerre di Luigi XIV ▶ p. 52
originariamente fu commissionata da Luigi XIV
e raffigura alcuni dei simboli più noti del potere ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
monarchico francese: il sole, il giglio e la mano dell’Atlante digitale interattivo
di giustizia. Aiutandoti con un’enciclopedia onli-
RIASSUMI i concetti-chiave con
ne, ricercane il significato simbolico.
la presentazione L’Europa nell’età
3. La Grille royale, che è possibile apprezzare visi- dell’assolutismo:
tando Versailles, è in realtà una copia di recente – la politica economica e il colbertismo;
fabbricazione (2005-2008), poiché l’originale – l’espansione coloniale e la politica estera
fu smantellata durante la Rivoluzione francese. europea;
Tale iniziativa, finanziata in gran parte con con- – le riforme amministrative e l’accentramento
tributi privati, è stata però fortemente criticata dei poteri.
e definita addirittura come un atto di “vandali-
smo ufficializzato”. Per i sostenitori del progetto, RIPASSA
realizzare una copia della cancellata significa Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 56, p. 57
invece “restituire lo splendore antico” alle opere In digitale trovi l’audio della sintesi
d’arte, andate perdute ai contemporanei. e la mappa personalizzabile
• Sei d’accordo con queste posizioni?
APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
• Sei a conoscenza di altri casi simili, cioè
di opere d’arte il cui originale è stato Storia e Arte: La divinizzazione del Re Sole
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 49
sostituito con una copia? Quali i sono i casi
in questione? Nel lungo periodo di Adriano Prosperi:
• Potete mettere a confronto le vostre opinioni L’evoluzione dell’idea di Stato
in una discussione in classe. Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 51

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1685 1701 1713-14 1715


Editto Inizia la guerra di Trattati di Utrecht Morte
di Fontainebleau successione spagnola e di Rastadt di Luigi XIV

33
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

1 Uno Stato costruito su solide basi


Demografia, economia e società nella Francia del Seicento
Nel XVII secolo il Regno di Francia, a differenza dei principali Stati europei, era
Guarda il video territorialmente compatto e risultava essere, inoltre, il Paese più popoloso del conti-
Luigi XIV e rispondi
nente. Tra il 1550 e il 1750 la popolazione francese si mantenne stabilmente intorno
alle domande:
• A chi viene affidato ai 20 milioni di abitanti circa, nonostante le periodiche crisi demografiche dovute
il governo della a carestie ed epidemie. La Spagna aveva solo fra i 6 e gli 8 milioni di abitanti, l’Im-
Francia fino al
pero degli Asburgo circa 8, l’Inghilterra 5 o 6; in tutta Europa, solo la Russia aveva
1661?
• Quale emblema una popolazione superiore alla Francia. In ogni caso si tratta sempre di stime ap-
sceglie il sovrano? prossimative, perché all’epoca non ci si occupava di fare i censimenti complessivi
• Su quali fronti agisce
della popolazione. Comunque, riusciamo ad avere un’idea verosimile del numero
principalmente
il governo di di abitanti dai registri fiscali (dove venivano elencate le imposte pagate al sovrano
Luigi XIV? da ogni nucleo familiare), dai libri parrocchiali (registri tenuti dai responsabili del-
la più piccola circoscrizione ecclesiastica, la parrocchia, dove venivano registrati gli
abitanti in età da comunione) e dai registri parrocchiali (che tenevano traccia delle
visite pastorali quelle compiute dal vescovo nella propria diocesi).

Veduta del Louvre dal Pont Neuf. Dipinto di Hendrick Mommers del XVII secolo, 1666 circa. Parigi, Museo del Louvre.

34
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

Ma proprio in quel periodo si faceva strada l’idea che la forza dello Stato con-
sistesse nel numero degli abitanti: ad esempio, il teorico della politica Giovanni
Botero (1544-1617) fece notare, nella sua opera Della Ragion di Stato, che la grande
abbondanza di abitanti permetteva a uno Stato di riparare le perdite umane delle
grandi battaglie. Nel Seicento, dunque, i sovrani si abituarono a contare i sudditi
e a vederli come strumenti del proprio potere, anche per accumulare denaro nelle
casse dello Stato tramite le tasse.
Su 20 milioni di francesi, almeno 12 milioni lavoravano e pagavano le tasse, e
quasi il 90% della popolazione attiva era dedito all’agricoltura. I capitali accumu-
lati dalle frange più ricche – nobili, grandi mercanti, banchieri – venivano spes-
so investiti in grandi proprietà terriere, tanto che alcuni prodotti agricoli, come il
grano e il vino, erano in cima alla lista delle esportazioni. L’industria principale
era quella tessile, che produceva sia drappi di tela di uso ordinario, che venivano
anche esportati, sia tessuti di pregio, come i panni di lana delle regioni del Nord-
Est o i drappi di seta prodotti a Lione. Il proletariato urbano, una parte dei ceti
urbani più poveri impiegati nell’industria tessile, concentrato nelle città manifat-
LESSICO
Proletariato
turiere (Lilla, Lione, Rouen), rappresentava comunque una piccolissima minoran-
In latino la parola za della popolazione e i tessuti più a buon mercato erano prodotti in gran parte
proletarium indicava dal lavoro che i contadini svolgevano nelle loro abitazioni nei periodi di minore
chi non possedeva altra
risorsa se non la propria
attività nei campi.
«prole», i figli. Una sola grande città, Parigi, spiccava in un paesaggio per il resto dominato da
Il proletariato è la classe pascoli e campi coltivati. Per la maggior parte della popolazione la cellula sociale
sociale costituita da
fondamentale era la parrocchia rurale o il terroir (il territorio coltivato da un grup-
coloro che hanno come
fonte di reddito solo po che abitava nel villaggio o in abitazioni isolate).
il lavoro retribuito. Un’altra forma di aggregazione sociale era offerta dalle signorie, ovvero l’insie-
Ettaro me di terre di estensione variabile (fino a molte migliaia di ettari) sulle quali un
Unità di misura di una signore esercitava diritti di proprietà e poteri di giurisdizione (riscossione delle
superficie usata in
particolare per misurare
imposte, amministrazione della giustizia civile e, spesso, anche penale). I signori
le estensioni di terra. erano in genere nobili, ma potevano essere anche borghesi, così come potevano
Un ettaro equivale esserci anche signorie ecclesiastiche gestite da corpi collettivi, come i grandi or-
10.000 metri quadri.
dini religiosi.

LE PRIME STIME DELLA POPOLAZIONE

Introduzione dei primi strumenti per


censire la popolazione in modo sistematico
(seconda metà del XVII secolo)

strumenti civili strumenti ecclesiastici

registri fiscali • libri parrocchiali (elenco degli


(registrazione delle imposte pagate abitanti in età da comunione)
al sovrano dai nuclei familiari) • registri parrocchiali (atti delle
visite pastorali)

35
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

2 Mazzarino e le Fronde
I fermenti rivoluzionari nel Parlamento francese
Le morti quasi contemporanee di Richelieu (1642), cardinale e primo ministro del re,
e del sovrano Luigi XIII (1643) ricrearono la stessa situazione da cui la Francia era
a fatica uscita dopo la morte di Enrico IV: un re fanciullo, Luigi XIV (1643-1715),
e una regina madre poco amata, Anna d’Austria (1643-61), nel ruolo di reggente.
Questa volta, però, era già presente sulla scena l’uomo che avrebbe preso in mano le
redini del Regno: l’italiano Giulio Mazzarino (1602-61), cardinale, primo ministro
e uomo di fiducia, come Richelieu, si dice anche sposo segreto della regina vedova.
Uomo di cultura, bibliofilo e collezionista (a lui si deve la creazione della grande
biblioteca di Parigi che porta oggi il suo nome), Mazzarino fu un politico esperto e
guidò il Paese nella fase conclusiva della guerra dei Trent’anni (1618-48), riuscen-
do ad affermare sull’Europa stremata la supremazia della Francia.
Tuttavia, il costante aumento del peso fiscale provocato dagli sforzi bellici su-
scitò nelle campagne del Regno una nuova ondata di proteste sociali e sollevazioni
di massa. Anche al tempo di Richelieu tumulti popolari causati da bande di conta-
dini scalzi (i va-nu-pieds) avevano periodicamente infiammato le campagne fran-
cesi. Al malcontento della popolazione rurale si aggiunse quello, crescente, dell’a-
ristocrazia e dei corpi privilegiati (gli alti funzionari e i membri dei Parlamenti)
nei confronti della politica di accentramento del potere portata avanti con gran-
de determinazione dal nuovo primo ministro: in questa occasione la rivolta venne
dall’alto e dalla capitale.
Nel clima infuocato del 1648, anno di rivoluzioni in tutta Europa, fu il Parlamento
a far scoccare la scintilla. Il Parlamento francese non rappresentava, come quello
inglese, le diverse classi sociali, ma era un’istituzione giudiziaria che, in qualità di
organo supremo di giustizia, aveva anche il compito di esaminare gli editti regi ed
eventualmente rifiutarne la registrazione, cioè l’approvazione.
Negli anni della rivoluzione parlamentare inglese il vento di rivolta che veniva
da oltre Manica si fece sentire anche a Parigi. Fischiò il vento e fischiarono le pie-

IL PERCORSO DI RAFFORZAMENTO DELLA MONARCHIA FRANCESE

• fine delle guerre di religione (1598: Editto di Nantes)


Enrico IV
• riordino dei sistemi di prelievo fiscale
(1589-1610)
• creazione di una nuova classe di pubblici ufficiali

• repressione degli ugonotti (1628: La Rochelle)


Cardinale Richelieu
• emarginazione della nobiltà ribelle
(1624-42, sotto Luigi XIII)
• repressione delle rivolte popolari

• vittoria sulla ribellione dei Parlamenti (Fronda parlamentare)


• vittoria sui complotti aristocratici (Fronda dei principi)
Cardinale Mazzarino
(1642-61, sotto Luigi XIV)
• annullamento delle aspirazioni politiche dell’aristocrazia
• sviluppo dell’assolutismo: regno di Luigi XIV

36
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

tre: la ribellione, che fu chiamata della «Fronda parlamentare», prese infatti il no-
me dalla fionda (in francese fronde) con cui i monelli tiravano i sassi. L’idea ven-
ne a un consigliere del Parlamento, che suggerì ai propri colleghi di non opporsi
apertamente alla volontà della monarchia, ma di fare come i monelli di strada, che
aspettavano che le guardie si allontanassero per poi tirare sassi. E il Parlamento
seguì il consiglio, rifiutandosi di registrare un atto con cui Mazzarino imponeva,
a quei funzionari che avessero voluto assicurarsi l’ereditarietà della loro carica, di
rinunciare a ben quattro anni di stipendio.

La rivolta dei nobili


Durante la Fronda parlamentare, in tutta Parigi si diffusero composizioni satiriche
contro l’odiato ministro del re, dette mazarinades. Di fronte alla richiesta del Parla-
mento di poter esercitare un pieno controllo su tutti gli atti finanziari della Coro-
na, la monarchia reagì arrestando alcuni esponenti dell’opposizione parlamentare
e provocando così l’insurrezione di Parigi. Nel giro di pochi mesi, però, le forze
Guarda il video
realiste furono in grado di riprendere il controllo della città.
I grandi discorsi della A questo punto si fecero avanti i veri ispiratori della lotta contro la monarchia, cioè
Storia - Luigi XIV e gli aristocratici, e fu la volta della Fronda dei principi (1650). La lotta fu dura, an-
rispondi alle domande: che perché, in un torbido clima di complotti e tradimenti, a capo delle truppe dei
• Che cosa chiede
Luigi XIV ai nobili,
nobili si pose il principe di Condé (Luigi II di Borbone-Condé, 1621-86), membro
ai ministri e ai suoi della famiglia reale dei Borbone e vittorioso comandante nella guerra dei Trent’an-
segretari di Stato? ni. Mazzarino, costretto in un primo tempo a fuggire da Parigi, poté tornarci solo
• Rispetto a
Mazzarino, quali
dopo la vittoria militare dei realisti (1653).
cambiamenti intende Il centralismo monarchico, ossia l’accentramento del potere nelle mani del re
portare avanti il e dei suoi ministri a discapito dell’aristocrazia e delle altre istituzioni dello Stato,
giovane re?
aveva superato la prova. Mancava solo un vero re: ma l’attesa durò poco.

Jean-François Paul de Gondi (1614-1679), dopo la morte di Mazzarino riuscì


LE FONTI
ad avvicinarsi a Luigi XIV e fino alla morte lo servì come consigliere. Tra 1675
Le cause e 1676 scrisse i Mémoires, ritenuti a lungo una fonte attendibile, ma che van-
della Fronda no letti come un’opera di diffamazione nei confronti dei suoi avversari politici,
Richelieu e Mazzarino.

I quattro primi anni della Reggenza furono quasi trasportati dalla dinamica impressa dal cardinale
Richelieu all’autorità della monarchia. Il cardinale Mazzarino, suo allievo, e per di più nato e cre-
sciuto in un paese dove quella [autorità] del papa non ha nessun freno, credette che tale dinamica
fosse quella naturale; tale errore fu l’occasione immediata della guerra civile. Ho detto l’occasione;
giacché, a mio parere, occorre cercare e individuare la causa in tempi ben più remoti.
Sono più di milleduecento anni che la Francia ha dei re; ma questi monarchi non sono mai stati così
assoluti come lo sono ora. La loro autorità non è mai stata regolata attraverso leggi scritte, essa è
stata solamente temperata dalle consuetudini recepite e custodite dapprima dagli Stati generali, poi
dai Parlamenti […].
[...] l’annientamento delle mediazioni che esse hanno collocato tra i popoli e i re, l’instaurazione di
un’autorità [...] dispotica; questi fatti hanno gettato la Francia nelle convulsioni a cui i nostri padri
hanno assistito.
(Cardinal de Retz, Œuvres, éds. par M.-T. Hipp, M. Pernot, Paris, 1984,
in G. Dall’Olio, Storia Moderna. I temi e le fonti, Carocci, Roma 2011, pp. 226-227)

37
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

3 Luigi XIV e il rafforzamento della monarchia


L’assolutismo e la riorganizzazione dello Stato
La presa del potere del giovane Luigi XIV e la sua decisione di governare in prima
persona, attuando il disegno di uno Stato assoluto, di una monarchia assoluta –
da cui deriva il termine assolutismo –, furono improvvise e inattese, tanto che si è
parlato di un vero e proprio colpo di Stato. Alla morte di Mazzarino, nel 1661, quan-
do i cortigiani andarono a chiedere a Luigi XIV da chi avrebbero dovuto prendere
ordini da allora in poi, il re rispose che si rivolgessero direttamente a lui.
Diventato re alla morte del padre, nel 1643, all’età di 4 anni, Luigi XIV era allo-
ra un giovane di 22 anni che non voleva limitarsi a regnare, ma voleva governare,
con l’obiettivo di completare la trasformazione della Francia in uno Stato davve-
ro unitario, soggetto a un’unica autorità. La corte dove Luigi XIV aveva trascorso
l’infanzia e la prima adolescenza era stata scossa da eventi minacciosi: durante la
Fronda, nobili, alti funzionari e intere popolazioni si erano ribellate contro il potere
centrale, mentre in Europa divampava la guerra dei Trent’anni e in Inghilterra il re
moriva sul patibolo ( ▶ cap. 1, par. 4). Il giovane sovrano era ben deciso a non rivi-
vere mai più quei momenti e, per fronteggiarne di nuovi, a non affidarsi alla debole
protezione di un qualche ministro. La sua opera di governo mirò dunque alla cre-
azione di uno Stato in cui il sovrano fosse veramente il centro, la testa pensante e
la volontà dominante, e nel perseguire questo programma Luigi XIV dimostrò una
grande capacità di scegliere gli uomini adatti alla sua realizzazione.

Luigi XIV presiede


una seduta del
Consiglio di Stato.
Dipinto anonimo
del XVII secolo.

38
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

La volontà di Luigi XIV si esercitò in particolare attraverso il Consiglio dei mi-


nistri, composto da uomini di sua fiducia, la cui azione non era limitata da alcun
organo di controllo e al quale era delegata la cura di determinati settori dell’am-
ministrazione statale.
Per far sì che l’autorità di questi ministri si basasse esclusivamente sul favore
del re, Luigi evitò di reclutarli fra i membri dell’alta nobiltà, che contavano su un
potere e un prestigio personali, indipendenti da quelli del sovrano; come scrisse
lo stesso re, infatti, il pubblico (la gente, diremmo oggi) doveva rendersi conto che
il potere dei ministri coincideva con il potere del re stesso. E per tale ragione i mi-
nistri non vennero scelti all’interno dell’aristocrazia, ma tra magistrati che erano
stati investiti di incarichi direttamente dal re, avevano fatto parte delle cancellerie
dei Parlamenti o avevano svolto altre funzioni negli affari di Stato.
Al di sotto dei ministri si venne progressivamente disegnando un sistema di
amministrazione fondato sullo stesso principio: il personale amministrativo era
costituito da uomini privi di un potere proprio, ma chiamati dal re – vero e unico
titolare del potere – a svolgere una determinata funzione (dei funzionari, dunque),
con un incarico temporaneo e revocabile a piacere del sovrano.
Questa politica portò inevitabilmente allo scontro con l’aristocrazia, perché fi-
no ad allora il governo effettivo del Paese era stato nelle sue mani. Nell’organiz-
LESSICO
Intendente zazione dello Stato francese un incarico importante era stato, ad esempio, quello
Carica amministrativa dei governatori delle province, una carica vitalizia e riservata all’alta nobiltà, che
del Regno francese, ne ricavava non solo onori e rendite cospicue, ma soprattutto ampi poteri. Con
introdotta dal cardinale
Richelieu nei primi
Luigi XIV, invece, fu il re a scegliere i governatori e la carica ebbe durata triennale.
decenni del Seicento. Al di sotto dei governatori delle province c’erano i capi delle municipalità, espres-
Si trattava di un sione delle più potenti consorterie locali, ma anch’essi, d’allora in poi, avrebbero
funzionario assegnato
a una circoscrizione
dovuto ottenere la nomina regia. Infine, spiccava la nuova figura dell’intendente
territoriale (chiamata nominato dal re, una carica già introdotta da Richelieu, che divenne, nelle mani
généralité) con compiti di Luigi XIV, uno degli strumenti più efficaci per far sentire la presenza del potere
amministrativi e finanziari.
centrale nelle province del Paese.
In questo modo il potere della monarchia si affermò al di sopra di tutti e contro
le opposte tensioni provenienti dal popolo e dall’aristocrazia. I movimenti popola-
ri contro le tasse avevano creato un clima di insicurezza e le Fronde principesche
avevano fatto apparire di nuovo lo spettro delle guerre civili; la riaffermazione
dell’autorità monarchica, quindi, poté contare sulla stanchezza generale e sul bi-
sogno di sicurezza. Non fu comunque una vittoria facile: i ceti privilegiati, infatti,
non si lasciarono privare tanto facilmente del potere di cui godevano.

IL PROGRAMMA DI LUIGI XIV

Obiettivo potere monarchico assoluto, libero da condizionamenti e protezioni

Metodo scelta diretta degli uomini di governo e dei funzionari amministrativi

• Consiglio dei ministri • capi delle municipalità


Strumenti
• governatori delle province • intendenti

39
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Alla corte del Re Sole


F1 Luigi XIV Per attuare il disegno di uno Stato assoluto era necessario spezzare il legame fra il
e la sua corte. p. 59
popolo e l’aristocrazia. Già nel Quattrocento e nel Cinquecento le signorie italiane
avevano messo a punto uno strumento per assicurarsi il sostegno delle maggiori
LESSICO famiglie dell’aristocrazia e inserirle in un circuito di subordinazione al principe: la
Corte corte. La moda, le feste, i giochi, ma anche la distribuzione di denaro e di potere,
Nell’alto Medioevo attraverso l’assegnazione di incarichi al servizio del principe, furono i principali
con il termine curtis
si intendeva l’insieme strumenti per trasformare i signori da potenziali avversari in cortigiani. La corte fu
del fondo dominante quindi uno strumento politico al servizio dell’accentramento del potere.
e dei fondi annessi, Lo stesso metodo (anche se su scala più ampia) fu usato da Luigi XIV, che creò
che costituivano
un’unità economica e un’unica grande corte collocata al centro del più vasto e compatto Regno europeo.
giuridica detta «sistema Il re di Francia aveva a Parigi il suo palazzo reale, il Louvre, ma i contrasti religiosi
curtense». Coi re franchi del Cinquecento e i tumulti della Fronda avevano rivelato i pericoli che un sovrano
prese piede un’altra
accezione del termine,
correva in una reggia situata nel cuore dell’inquieta e turbolenta capitale. Per que-
che indicava la residenza sto motivo, Luigi XIV volle creare a Versailles, una località paludosa e inospitale nei
del sovrano, la sua pressi di Parigi, un universo cortigiano ruotante intorno all’astro centrale: il Re Sole.
famiglia e il suo seguito,
cioè le persone addette
Il corpo originario della reggia di Versailles consisteva in un castello, costruito nel
all’amministrazione della XVII secolo, su commissione di Luigi XIII, come residenza per la caccia. Nel 1662
reggia e al servizio della Luigi XIV iniziò ad ampliare l’edificio: vennero bonificati 15.000 ettari di palude e
famiglia reale.
ai lavori di costruzione presero parte 30.000 operai.
Per costruire il castello e un vasto parco, Luigi XIV non badò a spese né diede
ascolto alle critiche e alle resistenze dei suoi ministri. Il monumentale complesso
di Versailles divenne la residenza abituale del monarca a partire dal 1682, ma già
le grandi feste del 1668 e del 1672 – i cosiddetti «divertimenti reali» – avevano
dato un’idea precisa di quello che Luigi voleva fare di quel luogo: il teatro, il ballo,
i fuochi d’artificio furono i momenti salienti di un programma studiato per far di-

La reggia
di Versailles.
Dipinto di Pierre Patel
del 1668. Versailles,
Musée du Château.

Leggi l’immagine
• Descrivi gli spazi
e gli elementi
architettonici che
costituiscono la
reggia di Versailles
riprodotta nel
quadro.
• Perché a tuo avviso
il pittore ha scelto
un punto di vista
così rialzato per
rappresentare
la reggia? Che
impressione suscita
nello spettatore?

40
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

cia tra XVII e XVIII secolo da Luigi XIV,


LA STORIA NELLE PAROLE
non a caso chiamato «Re Sole»: egli era
Assolutismo unica sorgente della legge e del potere.
La Rivoluzione francese abbatté l’asso-
Quando un potere si concentra intera- lutismo in Francia, e Napoleone contri-
mente nelle mani di chi governa si de- buì a diffondere i princìpi rivoluzionari in
finisce «assoluto», in quanto libero da Europa. Dopo la caduta di Napoleone,
qualunque limitazione giuridica: è legi- con la Restaurazione si tentò di tornare al
bus solutus secondo un’espressione vecchio sistema politico, rimettendo sul
tecnica, cioè «sciolto dalle leggi». Il trono le antiche famiglie regnanti. Tutta-
sovrano esercita dunque il suo potere via, la pratica dell’assolutismo poteva
senza controlli da parte di organi del- dirsi ormai conclusa, poiché ai sovrani
lo Stato o di autorità politiche o eccle- mancava il consenso. Il termine sorse
siastiche. infatti nel Settecento, in ambito liberale,
Nella prima Età moderna gli Stati dell’Eu- per indicare gli aspetti negativi del po-
ropa continentale (tra i primi Francia e tere monarchico.
Spagna) intrapresero un processo di L’assolutismo non deve essere confuso
unificazione territoriale e di accentra- con altre esperienze politiche tipiche del
mento del potere nelle mani del re, a XX secolo, come i totalitarismi: l’asso-
scapito soprattutto della nobiltà feudale. lutismo si inserisce infatti nel contesto
Attraverso un’efficiente struttura ammi- dell’evoluzione dello Stato moderno nel
nistrativa, avvalendosi di funzionari da lui quale è riconosciuta la sovranità dina-
nominati, il re poteva controllare tutti gli stica, mentre il totalitarismo nasce nella
apparati statali. La forma più compiuta società industrializzata e di massa del
di Stato assoluto fu realizzata in Fran- Primo dopoguerra.

vertire, insieme al re, tutti i suoi cortigiani. Si trattava di un complesso grandioso,


espressione della potenza e della magnificenza della monarchia francese al tempo
del Re Sole, e divenne ben presto modello di molte dimore principesche europee.
La reggia di Versailles sarebbe stata la residenza della corte francese fino al 1789,
quando la Rivoluzione la ricondusse a Parigi.
Al lusso architettonico e artistico di una reggia che dette da lavorare per decen-
ni ad architetti, pittori e decoratori di tutta Europa si aggiungevano gli intratteni-
menti musicali e teatrali – con autori quali Molière (1622-73) e Racine (1639-99)
– offerti a un pubblico esclusivo, che si sentiva gratificato dal solo fatto di essere
invitato a condividere i piaceri del sovrano.
Per attirare a corte i grandi nobili di Francia, Versailles gli fu presentata come
l’unico luogo dove valesse la pena vivere: uno dopo l’altro gli aristocratici finirono
LESSICO per lasciare i propri castelli e allentare di conseguenza i legami con la popolazio-
Prebenda
Al pari dell’espressione ne delle proprie signorie, legami che per secoli erano stati la base del loro potere
«benefici ecclesiastici», anche politico. Dopo le guerre di religione, dopo gli intrighi e i contrasti degli anni
questo termine indica di Richelieu e di Mazzarino, la nobiltà trovò un luogo di piaceri e di divertimen-
l’insieme di possedimenti
fondiari e proventi
ti intorno a un sovrano che le garantiva continui privilegi e la separava dal volgo,
connessi con una distribuendo favori, pensioni e prebende.
determinata carica
ecclesiastica. In senso Un complesso rituale di corte
più generale, compensi
guadagnati in modo La vicinanza della corte consentiva al re di controllare i nobili anche tramite la ca-
non sempre lecito e con rica simbolica di cui era investita la complessa etichetta in vigore a Versailles. Luigi
poca fatica.
XIV diede vita a una serie di rituali e di comportamenti ritenuti obbligatori a corte,

41
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

con lo scopo di ribadire, pubblicamente e in ogni momento, la totale subalternità


dei cortigiani al sovrano. I rituali, in alcuni casi, presentavano delle analogie con la
liturgia religiosa, come il triplice inchino necessario per potersi avvicinare alla per-
sona del re e offrirgli ciò che egli chiedeva. Dall’alba al tramonto si avvicendavano
accanto al sovrano diversi personaggi: il primo cameriere, che aveva il compito di
svegliarlo alle 7:30 in punto, il medico, che subito dopo ne esaminava lo stato di
salute, i membri più stretti della famiglia, e infine i «gentiluomini di camera». Solo
il gran ciambellano poteva, dopo il risveglio, porgergli l’acquasantiera, la vestaglia
e le pantofole e togliergli dalla testa il berretto da notte.
Al momento della «vestizione», il delfino, cioè l’erede al trono, doveva aiutare
il sovrano a indossare la camicia e, in sua assenza, questo onore sarebbe toccato
a un duca di Berry o di Borgogna o di Orléans. Per ogni capo di abbigliamento era
indicato per nome un gentiluomo che glielo porgesse, dai calzini fino alla parruc-
ca (di parrucche Luigi ne indossava tre al giorno, al mattino, pomeriggio e sera) e
solo il fatto di poter assistere ai cambi d’abito del re era generalmente considerato
un altissimo onore.
Per la caccia o la passeggiata nel parco – le due alternative per passare i pome-
riggi – gli accompagnatori erano selezionati con cura su indicazione dello stesso
sovrano. Il riconoscimento del favore del re doveva essere evidente. Ad esempio
Un barbiere una ristretta cerchia di nobili, dai principi di sangue reale in giù, poteva indossa-
spruzza la cipria sulla re un corpetto, detto giustacuore, e una giacca rossa, elegantemente confezionati
parrucca di un nobile.
Stampa francese con disegni in oro e argento. Il numero di questi abiti era limitato e riceverne uno
del 1700. per un certo periodo di tempo era un grandissimo onore.

meno. La paura del contagio e le severe disposizio-


CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA
ni dei governi nei confronti della loro frequentazione
Le misure igieniche dell’epoca promiscua determinarono la chiusura di molti stabi-
limenti pubblici.
Durante l’Età moderna si possono riscontrare due at- In realtà, coloro che potevano permetterselo, tende-
teggiamenti contrastanti nei confronti del corpo: da vano a dedicare più tempo e maggiore attenzione
una parte una diffidenza, considerate le sue perico- alla cura della persona, soprattutto di quelle parti
lose pulsioni e le sue debolezze; dall’altra la ricerca del corpo visibili e, in quanto tali, esposte a un seve-
estetica della perfezione delle forme corporee in am- ro giudizio sociale.
bito artistico e la legittimazione della bellezza fisica Nel XVII secolo l’acqua si riteneva adatta solo a sciac-
accanto a quella spirituale. quare le mani e la bocca, aggiungendo aceto e vino.
Contemporaneamente si possono rilevare una ge- Si sconsigliava l’uso dell’acqua sulla faccia perché si
neralizzata diffidenza nei confronti dell’acqua e un riteneva che causasse mal di denti e danneggiasse
conseguente rifiuto di usarla per l’igiene personale, vista e incarnato.
in quanto si riteneva mezzo di diffusione di malattie La cipria inizialmente veniva usata come sciampo sec-
come la peste e la sifilide. co, poi divenne parte integrante della cosmesi di uo-
L’igiene del corpo, tra i secoli XVI e XVII, divenne mini e donne: nessun membro dell’aristocrazia si sa-
una «faccenda senz’acqua» nella quale la pulizia della rebbe mostrato in pubblico senza essersi incipriato la
biancheria, le ciprie e i profumi sostituirono le pra- faccia e senza una bianca capigliatura (una parrucca o
tiche di abluzione corporea: la pulizia divenne così capelli incipriati a loro volta). Panni profumati si utilizza-
ancor più appannaggio delle classi più abbienti, che vano per frizionare viso e corpo. Inoltre, a testimoniare
potevano accedere all’acquisto di questi beni. pulizia e decoro, si diffuse l’uso di indumenti bianchi
In quei secoli l’abitudine di fare il bagno, sia negli per l’abbigliamento intimo, come camicie e camicette,
stabilimenti pubblici sia negli ambienti privati, venne indossate sempre più in bella vista.

42
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

4 L’esercito e le finanze
La riorganizzazione gerarchica dell’esercito
L’alternativa agli svaghi di corte, per i nobili francesi più inquieti e ambiziosi re-
stava sempre la guerra, antico «passatempo» dell’aristocrazia, che rappresentava
una vocazione originaria e una giustificazione dei propri privilegi. Anche in questo
delicato settore, quindi, il rafforzamento del potere del re passava necessariamente
attraverso un ridimensionamento di quello dell’aristocrazia.
Luigi XIV affidò a François-Michel Le Tellier, marchese di Louvois e ministro
della Guerra, il compito di creare una macchina bellica senza eguali in Europa. Le
Tellier, infatti, riorganizzò le forze armate introducendo un ordine gerarchico che
dipendeva direttamente dal re: al posto di una serie di cariche (conestabile, colon-
nello, generale), ricoperte senza una scadenza precisa da nobili con pieni poteri
nella scelta degli ufficiali di livello inferiore, venne creato un sistema di gradi di
nomina regia, con meccanismi di avanzamento regolati da norme valide per tutti
e controllati da ispettori generali. Era un sistema che manifestava in ogni articola-
zione dell’esercito la volontà centrale del sovrano.
Perfezionamenti nell’armamento e nell’addestramento resero l’esercito francese
uno dei migliori in Europa. Il maggiore esperto dell’epoca in ingegneria militare,
Sébastien de Vauban (celebre per le fortificazioni e le tecniche di assedio), e una
serie di comandanti di grandi qualità militari furono il vanto dell’esercito francese.
Le missioni militari francesi, inoltre, vennero adeguatamente finanziate, così da
evitare esperienze disastrose come quelle vissute dagli eserciti spagnoli, bloccati
spesso sull’orlo della vittoria proprio dalla mancanza di denaro.

L’accampamento
dell’esercito francese
all’assedio
di Dole nel giugno
del 1674 durante
la Guerra d’Olanda.
Dipinto di scuola
francese del
XVII secolo.

43
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Le misure economiche di Colbert


Riempire le casse del sovrano fu il lavoro a cui si dedicò un altro ministro di stra-
ordinarie capacità, ovvero Jean-Baptiste Colbert (1619-83), che dal 1661 al 1683,
anno della sua morte, fu il vero motore dello Stato francese, anche grazie all’espe-
rienza maturata all’interno di una tradizione di mercanti, quella della sua stessa
famiglia. Ministro delle Finanze, delle Costruzioni pubbliche, delle Arti e Manifat-
ture e della Marina, era convinto che la situazione finanziaria dello Stato potesse
migliorare solo se fosse migliorata la situazione economica generale del Paese.
Se l’economia ristagnava, era inutile spremere il popolo con imposte e tasse. Du-
rante il suo ministero, la taglia, cioè l’imposta diretta che aveva rappresentato fi-
no ad allora la voce principale delle entrate dello Stato, arrivando fino al 55% del
bilancio, scese al 31-41%.
Secondo Colbert, bisognava far affluire da altri Paesi metalli preziosi tramite
l’esportazione di merci prodotte nel Regno. La produzione e il commercio furo-
no quindi incoraggiati con il miglioramento delle vie di comunicazione terrestri
e marittime. Per raggiungere questo scopo, fu instaurato un sistema fiscale e do-
ganale fondato su barriere protettive, che agevolò le esportazioni e scoraggiò, in-
vece, le importazioni che provocavano la fuoriuscita di metalli preziosi dal Regno.
Attuando queste misure, Colbert promosse una nuova politica economica, che in
seguito fu definita «mercantilismo» ( ▶ cap. 3, par. 8).
L’incoraggiamento statale favorì soprattutto le aziende in grado di produrre be-
ni di lusso – sete, merletti, arazzi – da esportare a carissimo prezzo. Si trattava
di manifatture di Stato (cioè di proprietà diretta dello Stato, ovvero del re, come
LESSICO quella che produceva i famosi arazzi dei Gobelins), manifatture reali (cioè create
Facilitazione fiscale su autorizzazione reale e protette dal sovrano) e manifatture privilegiate, di pro-
Provvedimento
preso dallo Stato per
prietà di privati, in possesso di particolari prerogative come il monopolio di deter-
aiutare imprese e minate produzioni.
cittadini riducendo o Facilitazioni fiscali e protezioni statali stimolarono anche la creazione e l’attivi-
semplificando il carico
fiscale, in genere in
tà di compagnie commerciali, che operarono in Canada, nella Louisiana e in Asia.
ambiti ritenuti strategici Le risorse finanziarie che in tal modo affluirono nelle casse dello Stato non furono
o di particolare rilevanza destinate esclusivamente all’esercito e alla guerra, ma anche alle opere pubbliche e
sociale.
al miglioramento del sistema stradale e della rete di canali navigabili.

COLBERT E IL «MERCANTILISMO»

Ministero di Colbert (1661-83):


migliorare l’economia generale per risanare la situazione finanziaria

riduzione delle tasse, in incentivi per favorire sistema fiscale e


particolare della taglia, la produzione doganale fondato su
la più gravosa e il commercio barriere protettive

scoraggia
tutela la condizione incoraggiano
le importazioni
economica del popolo, l’esportazione per far
e la fuoriuscita
già povero affluire metalli preziosi
di metalli preziosi

44
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

Luigi XIV visita


la manifattura dei
Gobelins con Colbert
il 15 ottobre 1667.
Arazzo francese
del XVII secolo. del
laboratorio di Jean
Mozin, realizzato
dalla manifattura dei
Gobelins su disegno
di Charles le Brun.

Nel 1661 Luigi XIV si trovò di fronte una situazione


LE FONTI
particolarmente complessa, caratterizzata dall’ineffi-
Dalle Memorie cienza della pubblica amministrazione, dalla corruzio-
di Luigi XIV ne, dall’ambizione di ricchezza della nobiltà e dalle sof-
ferenze dei più poveri. Sono questi i temi di una parte
delle Memorie, che egli dettò fin dall’inizio del suo regno affinché potessero essere
utili al suo successore e che furono pubblicate dopo la sua morte.

Figlio mio, molte ragioni, e tutte assai importanti, mi hanno fatto risolvere
a lasciarvi, con gran lavoro per me, in mezzo alle mie più gravi occupazio-
ni, queste Memorie del mio regno e delle mie principali azioni. […]
Le finanze, che danno il movimento e l’attività a tutto il grande corpo
della monarchia, erano completamente esaurite, e a un punto tale che era
difficile vedervi un rimedio. Molte delle spese più necessarie e privilegiate
della mia casa e della mia persona erano ritardate contro ogni convenien-
za o sostenute col solo credito, le cui conseguenze pesavano; nello stesso
tempo l’opulenza veniva ostentata dagli affaristi, che da un lato coprivano
le loro malversazioni con ogni sorta di astuzie e dall’altro le scoprivano con
un lusso insolente e sfrontato, come se avessero avuto paura di lasciarmele
ignorare. […]
Il mio stesso consiglio, anziché riordinare le altre giurisdizioni, fin troppo
spesso vi gettava lo scompiglio con una straordinaria quantità di decreti
contrastanti, tutti ugualmente emanati a mio nome e come da me stesso,
il che rendeva il disordine molto più vergognoso.
Tutto questo insieme di mali, o le loro conseguenze ed effetti ricadevano
principalmente sul basso popolo, oberato peraltro di imposte, tormentato
dalla miseria in molti casi, afflitto in altri dal proprio ozio dopo la pace, e
bisognoso soprattutto di essere sgravato dei pesi e occupato.
(da Memorie di Luigi XIV, trad. di G. Pasquinelli, in Bendiscioli-Gallia,
Documenti di storia moderna, 1492-1815, Mursia, Milano 1971)

45
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

5 La politica culturale e religiosa dello Stato


LESSICO La politica culturale dello Stato assoluto
Accademia
Circolo costituito da
La politica culturale assolutista del sovrano obbediva ai due criteri caratteristici
studiosi, letterati e artisti del rafforzamento dello Stato monarchico seicentesco e settecentesco: sorvegliare
interessati a sviluppare la qualità e l’uniformità della produzione culturale e attirare tutte le possibili ri-
i propri studi secondo
sorse a sé, sottraendole ad altri centri del potere.
un preciso programma
culturale condiviso. L’amministrazione definiva gli spazi di libertà – in genere ristretti –, investiva
La prima accademia risorse e controllava la produzione degli intellettuali. Concedeva i privilegi e le au-
venne fondata da
torizzazioni a pubblicare come autorizzava qualunque altra attività organizzata
Platone ad Atene, nei
pressi del parco detto in corporazioni; assegnava pensioni e onorificenze, affinché gli uomini di cultura
«di Academo», nel lavorassero nell’ambito di un programma di glorificazione dello Stato. Al di fuori
IV secolo a.C.
di questi ambiti definiti, la produzione di pensiero era illegale e perseguita penal-
mente. La cultura non autorizzata era clandestina.
S2 Il rovescio della In linea con questi princìpi, Luigi XIV esercitò il suo potere in ambito culturale
medaglia, p. 62
da un lato reprimendo le idee difformi attraverso la censura, dall’altro promuoven-
do una cultura ufficiale con opere di mecenatismo. Il controllo della cultura e del
sapere diventò dunque prerogativa del re e fra i compiti dello Stato rientrò anche
quello di organizzare in maniera sistematica la produzione culturale.
Luigi XIV negli anni Sessanta iniziò una vera e propria opera di organizzazione
della cultura, attraverso la fondazione di accademie, luoghi fisici e ideali di resi-
denza di una cultura ufficiale: l’Académie Française, fondata da Richelieu, continuò
a svolgere un ruolo importante; fra quelle di nuova fondazione ci furono l’Académie
de Danse (1661), l’Académie Royale de Peinture et de Scuplture, fondata nel 1648
ma riorganizzata nel 1663; l’Académie Française a Roma (1666); l’Académie des
Sciences (1666) e altre ancora.
Tutte queste istituzioni ebbero sede a Parigi ma nel tempo ne furono fondate
anche in provincia. Nelle accademie scrittori e artisti lavoravano direttamente per il
Colbert presenta sovrano, oppure commissionavano opere volte a glorificare la sua figura: dal 1663,
a Luigi XIV i membri
dell’Accademia Reale
delle Scienze.
Dipinto di Henri Testelin
della seconda metà del
XVII secolo. Versailles,
Château de Versailles.

Leggi l’immagine
• La cartografia rap-
presenta una delle
discipline più studia-
te nell’Accademia:
individua nell’opera
gli oggetti che lo
suggeriscono.
• Quali vantaggi pote-
va offrire al governo
la realizzazione di
carte geografiche
aggiornate, da un
punto di vista militare
o fiscale?

46
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

ad esempio, vennero indetti dei concorsi che avrebbero premiato le migliori opere
pittoriche e scultoree raffiguranti le “gesta eroiche” del re. Particolare attenzione
fu rivolta alla storia: il governo, infatti, si dedicò alla ricerca di storiografi che po-
tessero occuparsi di celebrare la vita del Re Sole. Nel 1662 ne furono selezionati
sei tra una rosa di scrittori di cui erano stati preparati i rapporti.

Un solo re, un solo Dio, una sola religione


La volontà del sovrano di imporre il suo potere assoluto non condusse solo allo
scontro con la nobiltà e al controllo della vita culturale, ma anche a una politica
religiosa fortemente accentratrice e intollerante. Come era già avvenuto ai tem-
pi di Richelieu, le motivazioni di questa recrudescenza non erano tanto religiose
quanto strettamente politiche, in quanto si volevano colpire e reprimere tutte le
forme di dissenso, sociali o religiose che fossero. Un solo re, un solo Dio, una sola
religione tornava a essere il motto della monarchia francese.
S1 Del calvinismo L’ondata persecutoria si abbatté innanzitutto sugli ugonotti, la minoranza cal-
al tempo di Luigi XIV,
vinista, che ormai non era più in grado di opporre alcuna resistenza militare: corpi
p. 61
speciali dell’esercito – i dragoni, da cui il termine dragonnades per definire le cam-
pagne contro i calvinisti – venivano infatti acquartierati nelle aree dove risiedeva-
no le comunità calviniste, obbligando gli abitanti a piegarsi ai sacramenti cattolici
e a tollerare le violenze dei militari. Talvolta, l’esercito arrivava addirittura a elimi-
nare fisicamente gli «eretici».

L’ESODO DEI PROTESTANTI FRANCESI


REGNO DI
NORVEGIA

Esplora i luoghi REGNO


e lavora con le DI SVEZIA
Mare
carte dell’Atlante del Nord
digitale interattivo

REGNO
Leggi la carta D’INGHILTERRA PROVINCE
• Individua i Paesi UNITE
europei nei quali
trovarono rifugio
gli ugonotti.
• In base alle tue
conoscenze, quali
motivazioni religiose,
SACRO ROMANO
economiche
IMPERO
e culturali
Oceano
spinsero tali Paesi REGNO
Atlantico
ad accogliere DI
gli ugonotti? FRANCIA CONFEDERAZIONE
• Hai mai sentito SVIZZERA
parlare di diaspora?
Conosci altri
esempi? Cerca
il significato della Principali
parola e discutine in luoghi di rifugio
classe.

47
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Il 18 ottobre 1685 l’editto di Fontainebleau revocò le concessioni ai prote-


stanti stabilite dall’editto di Nantes del 1598. Le differenze religiose non ven-
nero più ammesse e la Francia tornò a essere uniformemente cattolica. Di fatto,
già prima dell’editto di revoca, aveva preso avvio l’emigrazione degli ugonotti
all’estero ( ▶ carta a p. 47), che dopo il 1685 si intensificò: circa 200.000 perso-
ne abbandonarono la Francia, stabilendosi in Germania – soprattutto in Prussia
e a Berlino –, in Inghilterra, in Svizzera e in Olanda. Per il Regno si trattò di un
danno economico non trascurabile, perché fra gli emigranti vi erano molti dei
sudditi economicamente più attivi, che portarono altrove le loro ricchezze e le
loro competenze.
Non tutti, comunque, si rassegnarono a scegliere fra conversione forzata ed emi-
grazione. Nel 1702, in una Francia impoverita dalle guerre continue, i protestanti
che vi erano rimasti si sollevarono, nei pressi del massiccio delle Cevenne al centro
del Paese; si trattava di contadini, fra i quali la predicazione dei calvinisti ginevrini
aveva diffuso una particolare profezia, secondo cui Dio avrebbe presto punito un
re per le sue persecuzioni. La guerra contro i «camisards», come erano chiamati i
ribelli (per via delle camicie bianche che indossavano), fu allo stesso tempo l’ulti-
ma fiammata delle guerre di religione e la prima del conflitto politico e sociale fra
il popolo di Francia e la monarchia assoluta.

I contrasti tra la Chiesa gallicana e la Chiesa di Roma


Anche all’interno dell’ortodossia cattolica la volontà accentratrice del re scatenò
conflitti violenti. L’impegno profuso da Luigi XIV per dare al cattolicesimo francese
un’impronta fortemente nazionale – sul modello della tradizione di autonomia di
F2 I quattro articoli cui andava fiero il clero «gallicano» – rese ben presto difficili i rapporti con la San-
della Chiesa gallicana,
ta Sede; e quando papa Innocenzo XI decise di richiamare solennemente il clero di
p. 60
Francia al dovere di obbedienza che lo legava a Roma, il conflitto divenne aperto.
LESSICO
Gallicanesimo Nel 1682, forte del pieno sostegno del proprio sovrano, l’assemblea dei rappre-
Si chiama gallicanesimo sentanti del clero francese approvò un documento, la Dichiarazione dei quattro ar-
l’insieme degli ticoli, in cui la Chiesa gallicana affermava con vigore la propria indipendenza dal
atteggiamenti politici
e dottrinali volti a papato. Secondo il punto centrale di questa carta, il potere del papa sulla Chiesa di
ottenere per la Chiesa e Francia doveva essere inteso esclusivamente in senso spirituale, e il papa, quindi,
monarchia francesi piena non doveva più intromettersi nella disciplina interna delle gerarchie ecclesiastiche.
autonomia nei confronti
dell’autorità pontificia. Il
Nel giro di pochi anni, tuttavia, Luigi XIV raggiunse un compromesso con Roma,
termine deriva dal latino anche perché nel frattempo si era appoggiato in misura sempre maggiore ai gesu-
Gallicus, dei Galli, il iti, fortemente radicati in Francia e convinti che il clero francese dovesse prestare
nome con cui i Romani
indicavano i Celti che
assoluta obbedienza al papa. Questo avvicinamento appariva necessario al re per
abitavano la Gallia combattere la battaglia contro una nuova corrente riformatrice, il giansenismo,
(corrispondente alla nato intorno alla metà del Seicento in seno al cattolicesimo in seguito alla diffu-
parte centrale dell’attuale
Francia).
sione delle tesi di Cornelis Jansen, vescovo di Ypres.
Interpretazione
Nel giansenismo, che propendeva verso posizioni predestinazioniste e insisteva
predestinazionista sulla necessità di un assoluto rigore morale, Luigi XIV scorse una seria minaccia
Interpretazione che pone all’unità religiosa e politica del Regno, da contrastare con ogni mezzo. Per combat-
l’accento sull’importanza
assoluta della decisione
terlo, il Re Sole ordinò la distruzione dell’abbazia di Port-Royal (1712), roccafor-
divina, in virtù della quale te del movimento. Quindi, quali che fossero le sue personali convinzioni religiose,
alcuni ottengono la anche sul terreno della politica religiosa Luigi XIV si fece guidare dalla preoccupa-
salvezza eterna e altri no.
zione di affermare sulla società la volontà centrale dello Stato.

48
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

Storia e Arte
La divinizzazione del Re Sole
Luigi XIV, con un’iconografia sovrabbondante costruita
attraverso molteplici linguaggi espressivi – la pittura, la
scultura, i balletti e le opere – riuscì ad affermare un’im-
magine di sovranità che serviva a supportare la sua
politica accentratrice. Lo storico inglese Peter Burke
l’ha chiamata «la fabbrica del Re Sole», uno strumento
di propaganda politica capace di generare consenso.
Nel Rinascimento, si era diffuso in modo massiccio il
ritratto allegorico, che voleva il protagonista del dipinto
rappresentato come un personaggio della mitologia o
un eroe della storia antica, per richiamarne caratteristi-
che, virtù morali o etiche, idealizzandole tramite il rife-
rimento all’antichità classica. Questa tradizione, sotto
il regno di Luigi XIV, si consolidò oltremisura. Ritratto di Luigi XIV con i membri della famiglia
Alla morte di suo padre Luigi XIII, nel 1643, il giova- reale nelle vesti di divinità romane. Dipinto di Jean
ne Luigi XIV aveva solo cinque anni e veniva già ritrat- Nocret, 1670. Versailles, Château de Versailles.
to da Jacques Sarazin con abiti anticheggianti e una
corona di alloro a cingergli il capo. Intorno al 1654, incarnò queste due istanze interpretandole nell’eser-
Luigi XIV venne raffigurato da Charles Poerson padre cizio del potere assoluto (il sovrano è il centro da cui
(1609-67) in veste di Giove. Nel dipinto il re, appena esso irradia) e nelle attività di mecenatismo: fu infatti
sedicenne, recante attributi che lo rendono identifica- raffigurato come Apollo in molte opere successive. Nel
bile con Giove (l’aquila in basso e i fulmini nella mano dipinto del 1670 di Jean Nocret ( ▶ immagine) troneg-
destra), poggia il piede sul volto di Medusa raffigura- gia come Apollo raggiante tra Maria Teresa (moglie)
to sullo scudo, alludendo alla sconfitta della Fronda. nei panni di Giunone e Anna d’Austria (madre) in quelli
Fino al 1661 la macchina iconografica reale fu guida- di Cibele. Il salone di Apollo della reggia di Versailles,
ta dal cardinal Mazzarino ma, in seguito alla morte di originariamente camera da letto del re, venne mutato
quest’ultimo, Luigi XIV assunse il controllo diretto sulla in sala del trono quando la corte si installò definitiva-
produzione di immagini. mente a Versailles (1682). Sul soffitto del luogo in cui
Attraverso i suoi molteplici ritratti è possibile percor- il re teneva quotidianamente le sue udienze campeg-
rere tutta la vita di Luigi XIV: essi infatti, pure in forma giava un grande dipinto di Charles de La Fosse, che
allegorica, mostrano l’effettiva età del sovrano nelle rappresenta Apollo sul suo carro trainato da quattro
fattezze del volto. cavalli, accompagnato dalle figure della Francia, della
Il bozzetto preparatorio per il costume del Sole nascente/ Magnanimità e della Magnificenza.
Apollo che avrebbe dovuto indossare il re nel Ballet de la
Nuit (1653) non è un ritratto ufficiale ma i suoi tratti ico- Collega e confronta
nografici e iconologici sono estremamente significativi:
1. Nella «fabbrica del Re Sole», il sole è il sim-
il volto del giovane sovrano è abbastanza riconoscibile,
bolo di una sovranità assoluta. Nella società
pur incorniciato da un’elaborata acconciatura di bocco-
contemporanea, quali oggetti sono osten-
li dorati sormontata da un prezioso copricapo. Questo, tati come simbolo di potere? Dividetevi in
insieme alle calzature dotate di tacco, aumenta l’altezza gruppi e indicatene tre, individuatene il si-
della figura a richiamare la sua posizione nella società. gnificato e discutetene in classe, con l’aiuto
Egli avanza sulla scena con le braccia aperte e le ma- dell’insegnante.
ni sollevate con grazia: la loro posizione rimanda all’e- 2. Realizza una presentazione multimediale su
quilibrio, dote emblematica di un sovrano. Il motivo del una delle opere d’arte citate nella scheda.
sole radiante viene ossessivamente ripetuto, oltre che Evidenzia autore, titolo, tecnica artistica,
nel copricapo, nell’abito, nelle calze e nelle scarpe. collocazione attuale, individua il soggetto,
Il riferimento ad Apollo, dio del Sole e protettore del- gli elementi iconografici più importanti e
le arti, sarà costante nella vita del sovrano. Luigi XIV spiega la simbologia.

49
Nel lungo periodo

L’evoluzione
dell’idea
di Stato
di Adriano Prosperi

Stato: la parola vano, mentre si rafforzarono le mo- XIV e XV secolo, le monarchie co-
La parola Stato ha origine dalla pa- narchie (XII secolo). In Europa il ti- minciarono ad affermarsi e a raffor-
rola latina status («situazione»), che tolo di re riprese forza e divenne un zare il proprio potere attraverso l’uso
punto di riferimento importante per degli eserciti, con i quali conquista-
indica la posizione sociale di una
nobili, laici ed ecclesiastici, che co- rono territori, concentrarono il pote-
persona, ma si afferma e comincia
minciarono a riunirsi in corti a suo re intorno alle città più grandi e da
a imporsi con il significato moderno
sostegno. lì controllarono le zone circostanti.
di organizzazione politica di un
In questi anni, infatti, cominciarono Tra XVI e XVII secolo, poi, agli scon-
popolo solo grazie alla diffusione
a essere redatti i primi atti ufficia- tri politici in corso si sovrappose-
del saggio politico di Niccolò Ma-
li che, formalizzando questo tipo di ro rapidi cambiamenti economici e
chiavelli intitolato Il Principe e pub-
relazioni, definirono da una parte i conflitti religiosi (Riforma protestan-
blicato nel 1513.
diritti e doveri di questi gruppi so- te e Controriforma), che indussero
Nelle pagine iniziali del testo Ma-
ciali e dall’altra i limiti del potere le monarchie ad accentrare nelle
chiavelli scrive: «Tutti gli stati, tut-
monarchico. proprie mani alcuni poteri che fino
ti e’ dominii che hanno che hanno
La Magna Charta Libertatum ad allora erano ampiamente eserci-
avuto et hanno imperio sopra li uo-
(1215), che codificò per la prima tati dai potentati locali (giustizia, le-
mini, sono stati e sono o repubbli-
volta per iscritto l’inviolabilità dei gislazione, economia), mettendo in
che o principati»; in questo modo,
privilegi di feudatari e clero rispet- crisi il modello dello Stato per ce-
come ha affermato il filosofo del di-
to all’arbitrio di potere del re d’In- ti. Fu in particolare l’appropriazione
ritto Norberto Bobbio, attribuisce al
ghilterra, rappresentò il primo docu- della funzione legislativa che de-
termine Stato un «significato speci-
mento a garanzia di libertà individuali terminò un netto cambiamento ri-
fico di condizione di possesso per-
e un primo stadio nella formazione spetto al passato.
manente ed esclusivo di un territorio
dello Stato moderno, detto Stato Il diritto regio scritto, introdotto
e di comando sui relativi abitanti».
per ceti, quello cioè che aveva al per avere maggior controllo sul
suo centro il monarca, il quale si av- territorio, cominciò a prevalere sul
Lo «Stato per ceti» valeva della collaborazione dei ceti complesso di norme di derivazione
nel Medioevo sociali dominanti. medievale e prese avvio il secondo
Durante il Medioevo, il potere in Oc- stadio nella formazione dello Stato
cidente era concentrato nelle ma-
Lo Stato assoluto moderno: lo Stato assoluto.
ni di Impero e Papato, i vertici del nell’Età moderna Nei secoli XVII-XVIII lo Stato asso-
sistema feudale, consistente in un Il lungo e complesso processo di luto – inaugurato da Luigi XIV, che
complesso sistema di relazioni all’in- elaborazione che ha portato il termi- regnò in Francia dal 1643 al 1715 –
terno del quale le funzioni di gover- ne «Stato» a identificare l’istituzione divenne il modello di organizzazione
no erano affidate alla nobiltà, che costitutiva del mondo contempora- del potere in diversi Paesi europei.
controllava territori e gestiva poteri neo che conosciamo, ebbe la sua Il termine «Stato» era ormai associa-
statuali quali la giustizia, la difesa fase fondamentale tra XIV e XVIII to al concetto di Stato territoriale
e le finanze. secolo. accentrato e dipendente dalla so-
Nel corso dei secoli lo scontro tra i L’equilibrio che si era creato con la la volontà del sovrano.
due poteri sfibrò le rispettive forze e costituzione dello Stato per ceti era Contemporaneamente all’afferma-
la struttura feudale su cui si regge- molto fragile e così, nel corso del zione dello Stato assoluto, già nel-

50
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale

La classe è divisa in gruppi di


lavoro. Ogni gruppo realizza
un prodotto multimediale che
presenterà alla classe.

PRIMO GRUPPO - Arte e simboli


SCEGLIETE dopo esservi con-
frontati, tre immagini-simbolo o
opere d’arte che a vostro avviso
potrebbero rappresentare, in
maniera significativa, la Repub-
la seconda metà del XVII secolo in • la Rivoluzione francese (1789- blica italiana e i valori della Co-
stituzione. Mettete a confronto
Inghilterra si venne delineando una 99) che determinò il passaggio
le vostre scelte con l’emblema
proposta politica alternativa. dalla monarchia assoluta alla mo-
della Repubblica, consultabile in
Le aspirazioni assolutiste del re narchia costituzionale e vide l’af-
digitale sul sito del Quirinale.
Carlo I provocarono infatti la rea- fermazione dei diritti fondamentali
zione del Parlamento fino a scate- dell’individuo e del cittadino (liber- SECONDO GRUPPO -
nare una guerra civile (1642-51) tà politica, religiosa, di pensiero, di Educazione civica – Le forme
che sfociò nella decapitazione del proprietà) all’interno della Dichia- di Stato nella storia
re (1649); nel 1689 Maria II Stuart e razione dei diritti dell’uomo e del COSTRUITE una scheda, anche
Guglielmo d’Orange, all’atto di rice- cittadino (1789). in formato digitale da illustrare
vere la corona dal Parlamento ingle- alla classe, in cui dopo aver
se, accettarono il Bill of Rights, un Lo Stato moderno scelto un esempio tratto dalla
documento che limitava fortemente nell’Età contemporanea storia medievale, moderna e
i poteri del re e riconosceva i diritti contemporanea per ciascuna
Tra XIX e XX secolo, con la decisa
e le libertà dei sudditi. forma di Stato («per ceti»,
riduzione del potere monarchico e assoluto, costituzionale), lo
Nasceva così la monarchia parla- l’avvento della società di massa, lo confrontate con gli altri, met-
mentare. Stato consolidò le proprie strutture tendone in luce le principali
Nel XVIII secolo, sulla scorta dell’e- rafforzando i sistemi parlamentari differenze dal punto di vista
sempio inglese, si profilò una nuo- rappresentativi, allargando al suf- dell’organizzazione politica
va concezione del potere gra- fragio universale (che si realizzava e sociale.
zie allo sviluppo delle elaborazioni con il riconoscimento del diritto di
teoriche degli illuministi (Monte- voto attivo e passivo delle donne, TERZO GRUPPO - Cittadinanza
squieu, Lo spirito delle leggi, 1748 concesso in larga parte solo nella digitale – Privilegi e diritti
e Jean-Jacques Rousseau, Il con- prima metà del Novecento) ed ela- REALIZZATE un video in cui
tratto sociale, 1762), e attraverso borando leggi fondamentali (Costi- immaginate di intervistare, sulla
le due grandi rivoluzioni di fine Set- tuzioni). falsariga di un’intervista dop-
tecento, che segnarono in maniera Lo Stato ampliò i propri appara- pia, un cittadino di uno Stato
piuttosto eloquente il declino della costituzionale e un suddito di
ti (amministrativo, scolastico, mili-
monarchia assoluta: uno Stato assoluto. Predispo-
tare) e il proprio ruolo economico,
nete una serie di domande da
• la Rivoluzione americana (1775- influendo in modo più significati-
rivolgere ad entrambi
83) con cui tredici colonie britan- vo sulle strategie produttive e sulle (es. Chi sei? Dove vivi? Puoi
niche dell’America settentriona- dinamiche commerciali. Negli anni votare i tuoi rappresentanti
le ottennero l’indipendenza dalla Venti dell’Ottocento, proprio su que- politici? Chi paga le tasse?),
madrepatria inglese, sancita con ste basi, si svilupparono in Europa preparate delle risposte argo-
la Dichiarazione d’indipendenza (Germania, Italia e Grecia) fermenti mentate, che gli intervistati
(4 luglio 1776) che stabilì la forma nazionalistici che alimentarono mo- reciteranno sullo schermo.
repubblicana dei nuovi Stati Uni- vimenti di riunificazione nazionale e Scegliete uno studente o
ti e affermò i diritti naturali e ina- che implicheranno un rinnovamento studentessa che farà il giorna-
lienabili dell’uomo («vita, libertà e dell’organizzazione del potere fon- lista e due che si caleranno nei
aspirazione alla felicità»); damento dello Stato-nazione. panni degli intervistati.

51
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

6 Le guerre di Luigi XIV


Il conflitto con la Spagna per la «devoluzione» dei Paesi Bassi
Le continue guerre che stremarono la Francia, all’epoca lo Stato più ricco e popo-
loso d’Europa, costituiscono l’aspetto più discusso del regno di Luigi XIV. L’origine
di questi conflitti va ricercata nei rapporti di forza che si erano venuti a delineare
nel continente nella seconda metà del Seicento. Il quadro delle potenze europee,
infatti, era tale da incoraggiare coloro che avevano ambizioni di conquista, e pro-
prio Luigi XIV ne aveva in abbondanza; egli considerava l’accrescimento del terri-
torio del Regno come il compito fondamentale di un sovrano.
Uno strumento pacifico per soddisfare le ambizioni territoriali delle dinastie eu-
ropee era quello della politica matrimoniale. Luigi XIV si era sposato con Maria
Teresa, figlia maggiore di Filippo IV di Spagna, e questo lo autorizzava a sperare
in una successione al trono di Spagna. Ma il trattato dei Pirenei, con il quale si era
conclusa la guerra franco-spagnola nel 1659, aveva escluso ogni diritto successo-
rio della Francia al trono di Spagna e, in cambio, aveva liquidato l’eredità di Maria
Teresa con una cospicua somma di denaro; il denaro, però, non era stato pagato a
causa delle croniche ristrettezze finanziarie delle casse spagnole.
Alla morte di Filippo IV (1665), Luigi XIV avanzò quindi la candidatura della mo-
glie alla successione contro quella di Carlo II, figlio di secondo letto del defunto re
spagnolo. Per poterlo fare, Luigi XIV si appellò allo ius devolutionis, una norma giu-
ridica valida nel Brabante (regione dei Paesi Bassi in mano alla Spagna), secondo cui
i beni dei padri dovevano essere «devoluti» solo ai figli di primo letto; chiese quin-
di che alla moglie, e di conseguenza a lui, fossero assegnati i Paesi Bassi spagnoli.
Forte di questa base giuridica e dopo essersi accordato con l’Inghilterra e con il
papato, Luigi XIV aprì nel 1667 la guerra di devoluzione contro la Spagna e in tre
mesi occupò le Fiandre e la Franca Contea. L’Olanda, però, non gradiva un confi-
nante così forte e perciò il suo «Gran pensionario» (ossia il suo presidente), Jan de
Witt (1625-72), strinse con l’Inghilterra un’alleanza antifrancese, alla quale aderì
anche la Svezia. Il capovolgimento della situazione costrinse Luigi XIV alla pace di
Aquisgrana (1668) con gli Asburgo di Spagna. Il sovrano francese, comunque, ne
ricavò alcune città ai confini con i Paesi Bassi (Lilla e Douai) e la promessa di futuri
vantaggi territoriali nel caso in cui il re di Spagna Carlo II fosse morto senza eredi.

Il fronte di guerra in Olanda e l’alleanza antifrancese


L’egemonia francese sull’Europa aveva compiuto un passo importante, ma si era
materializzato, nel frattempo, un nuovo avversario. L’Olanda protestante e repub-
blicana, Paese di libertà religiosa e di immigrazione, commercialmente vivacissima,
rappresentava un grosso ostacolo per gli interessi economici francesi. Preceduto
da una mossa strategica sul fronte diplomatico, che vide l’Inghilterra schierarsi al
fianco della Francia, l’attacco francese contro l’Olanda, sferrato nel 1672, fu im-
provviso e devastante: 100.000 soldati dilagarono sul territorio olandese, conqui-
standovi decine di fortezze.
L’Olanda era politicamente divisa fra chi sosteneva il potere centrale del Gran
pensionario de Witt e chi avrebbe preferito, invece, un regime di autonomie locali.
Alla fine, gli olandesi si strinsero intorno allo statolder (la massima carica politica
e militare del Paese), Guglielmo d’Orange (1650-1702), che riunì nelle sue mani

52
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

tutto il potere e, pur di rallentare l’avanzata del nemico, ricorse al disperato espe-
diente di allagare il territorio rompendo le dighe; sul mare, intanto, la flotta olan-
dese sconfiggeva ripetutamente gli inglesi. Di fronte allo strapotere francese, anche
Spagna, Brandeburgo e Danimarca si schierarono a fianco delle Province Unite e
la guerra dilagò in tutta Europa.
Dopo anni di strenua difesa, l’Olanda poté chiudere lo scontro con i trattati di
Nimega (1678-79), salvando la propria autonomia e la propria integrità territoria-
le, e la Francia guadagnò un’altra regione importante, la Franca Contea, assieme
alle città di Cambrai, Valencienne e Saint Omer.
Forte del suo primato militare, negli anni successivi Luigi XIV avanzò rivendi-
cazioni su numerosi territori lungo il Reno: con l’intervento dell’esercito fu pretesa
e ottenuta Strasburgo, posta al confine tra il mondo germanico e quello francese,
e quasi tutta l’Alsazia.
L’avanzata francese non poteva essere lasciata senza risposta e così, di fronte al-
le pretese di Luigi XIV su una parte del Palatinato, si formò un’alleanza antifran-
cese, la Lega di Augusta (1686), composta dalle potenze asburgiche d’Austria e di
Spagna, dai principi di Sassonia, del Palatinato e di Brandeburgo e dall’Olanda.
Inoltre, un improvviso, rivoluzionario cambiamento in Inghilterra aggravò la
situazione della Francia: la Gloriosa rivoluzione del 1688 ( ▶ cap. 1, par. 6), in-

LE CONQUISTE FRANCESI DURANTE IL REGNO DI LUIGI XIV (1668-97)

PROVINCE
REGNO UNITE
D’INGHILTERRA

FIANDRE
Leggi la carta ARTOIS
• Che cosa ottenne la
Francia dalla guerra
di devoluzione CHAMPAGNE PA
L
contro la Spagna? AT
Parigi LORENA INATO
• Quali territori
Strasburgo
cedettero Olanda e
Spagna alla Francia ALSAZIA
con i trattati di
Nimega? Nantes
• Nel complesso, FRANCA
quali ti sembrano BORGOGNA CONTEA
le conquiste più REGNO
significative per la DI FRANCIA
Francia in questa Oceano
Lione
lunga stagione di Atlantico SAVOIA
guerre?
Bordeaux
DELFINATO

Avignone
Conquiste del 1668
Tolosa
Conquiste del 1678
Territori occupati REGNO Marsiglia
tra il 1678 e il1697 DI SPAGNA
Tentativi di espansione
nel 1688

53
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

fatti, aveva posto sul trono inglese, con il titolo di Guglielmo III, proprio quel
Guglielmo d’Orange che aveva condotto la resistenza olandese contro la Francia.
Un sovrano protestante, carico d’odio per la guerra d’aggressione condotta da Luigi
XIV contro il suo Paese, portava ora tutto il peso della potenza britannica nell’alle-
anza antifrancese, cambiando radicalmente l’equilibrio europeo.
Ne seguì, a partire dall’estate del 1688, una lunga guerra che vide la Francia,
accerchiata, impegnare tutte le proprie risorse non più per conquistare terre, ma
per difendere l’integrità del proprio territorio. La guerra della Lega di Augusta
si chiuse nel 1697 senza un vincitore, con la pace firmata a Rijswijk, in Olanda;
ma l’Europa non trovò comunque un vero equilibrio, come dimostrò pochi an-
ni dopo il conflitto provocato dalla questione irrisolta della successione al tro-
no di Spagna.

La guerra di successione spagnola


Il re di Spagna Carlo II (1665-1700) non aveva eredi diretti e alla sua successione
si candidarono in prima linea gli Asburgo d’Austria e il Re Sole; alla Francia sem-
brò quindi a portata di mano la possibilità di chiudere a proprio vantaggio secoli
di contrasto con la Spagna.
A Parigi, però, ci si rendeva conto che non si poteva sperare di unire la Francia e
la Spagna senza che tutta l’Europa insorgesse contro la potenza francese; allora, fu
stretto un accordo segreto per la spartizione della Spagna tra Francia e Asburgo
d’Austria. Ma il segreto non durò a lungo e Carlo II reagì, rifiutando ogni conces-
sione a Francia e Austria e nominando suo erede un principe di Baviera, che però
morì improvvisamente. Come nuovo candidato alla successione venne scelto allo-
ra il duca Filippo d’Angiò, nipote di Luigi XIV, a condizione che l’erede designato
rinunciasse a qualsiasi diritto di successione alla corona francese.

LE GUERRE DI LUIGI XIV

Luigi XIV sposa la figlia del re di Spagna e alla sua la Spagna si oppone: scoppia la guerra di
morte (1665) rivendica i Paesi Bassi spagnoli devoluzione della Francia contro la Spagna (1667)

La Francia occupa le Fiandre e la Franca Contea Luigi XIV è costretto alla pace di Aquisgrana
(1667): l’Olanda sostiene un’alleanza antifrancese con gli Asburgo di Spagna (1668)

Luigi XIV guarda all’Olanda come a una minaccia: Guglielmo d’Orange difende l’Olanda e nasce
la Francia attacca il territorio olandese (1672) un’altra alleanza antifrancese: la guerra dilaga

L’Olanda salva l’autonomia con i trattati di Nimega Luigi XIV rivendica altri territori: nel 1686 si forma
(1678-79) e la Francia guadagna la Franca Contea un’altra alleanza antifrancese, la Lega d’Augusta

La Francia è accerchiata: scoppia la guerra della la guerra si chiude con la pace di Rijswijk (1697),
Lega d’Augusta (1688-97) contro Luigi XIV ma l’Europa non trova comunque un equilibrio

Filippo d’Angiò, divenuto re di Spagna, non rinuncia scoppia la guerra di successione spagnola (1701-
al diritto di successione in Francia 1714), conclusasi con i trattati di Utrecht e di Rastadt

54
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |

Alla morte di Carlo II, nel novembre del 1700, fu chiaro che Luigi XIV non aveva
alcuna intenzione di spingere il nipote, salito sul trono di Spagna come Filippo V, a
rispettare la clausola testamentaria; l’Impero, le Province Unite, l’Inghilterra e nu-
merosi principi tedeschi si coalizzarono allora contro la Francia, dando inizio alla
Ripassa con la pre- guerra di successione spagnola, che si concluse nel 1714.
sentazione L’Europa Dopo una lunga serie di campagne militari, svoltesi con alterne vicende, si giun-
nell’età dell’assoluti- se alla firma dei trattati di Utrecht (1713) e Rastadt (1714), che riconobbero a
smo e costruisci una
mappa in cui metti in
Filippo d’Angiò il possesso della Spagna e del suo impero coloniale, con l’obbligo
relazione: che nessuno tentasse mai di riunire le corone di Spagna e di Francia. Dal Regno di
• la politica economi- Spagna si staccarono i Paesi Bassi, che passarono all’Austria. Inoltre la posizio-
ca e il mercantilismo
di Colbert;
ne di quest’ultima fu notevolmente rafforzata in Italia, dove ottenne Lombardia,
• l’espansione colo- Mantova, Regno di Napoli, Stato dei Presidi e Sardegna; la Sicilia andò ai Savoia,
niale e la politica i quali, nel 1720, la cedettero agli Asburgo d’Austria in cambio della Sardegna; in
estera europea;
• le riforme ammini-
tal modo, la Spagna perse i suoi domini europei. L’Inghilterra acquisì Gibilter-
strative e l’accentra- ra e l’isola di Minorca, due importanti punti strategici per una potenza marina-
mento dei poteri. ra che guardava ai traffici intercontinentali; alla stessa Inghilterra, poi, la Fran-
cia dovette cedere una parte delle proprie colonie in America (Terranova, baia di
Hudson, Antille).
Questo era il nuovo volto dell’Europa all’apertura del nuovo secolo. La Fran-
cia si confermava prima potenza continentale in virtù della sua compattezza
territoriale e della sua consistenza demografica; tuttavia, non riusciva a imporre
la propria egemonia di fronte alle coalizioni ostili degli altri Stati. Dietro queste
coalizioni, invece, si profilava sempre più chiaramente la potenza dell’Inghilter-
ra che, al riparo della sua flotta, proiettava la propria forza politica ed economica
sul mondo intero.

L’EUROPA DOPO I TRATTI DI UTRECHT (1713) E RASTADT (1714)

Leggi la carta IRLANDA REGNO


REGNO DI DANIMARCA
• Quali territori REGNO
D’INGHILTERRA
passarono dalla DI PRUSSIA
Londra Utrecht
corona spagnola a 1713 BRANDEBURGO
Berlino Varsavia
quella degli Asburgo Bruxelles
d’Austria? PAESI SASSONIA
BASSI REGNO
DI POLONIA
• Come cambiò la
Parigi
geografia politica Rastadt
1714
dell’Italia? REGNO DI BAVIERA
REGNO
• Quale Paese ne uscì FRANCIA CONFEDERAZIONE D’UNGHERIA
indebolito dal punto SVIZZERA
di vista territoriale? DUC. DI
SAVOIA Venezia
REGNO
DI Genova STATO
PORTOGALLO Madrid Firenze DELLA
Territori annessi al CHIESA REP. DI
Ducato di Savoia Lisbona RAGUSA IMPERO
REGNO DI Roma OTTOMANO
(1713) SPAGNA Minorca
Territori annessi agli
REGNO DI
Napoli NAPOLI
Asburgo d’Austria
(1714) REGNO DI SARDEGNA
Gibilterra Mar Mediterraneo (Ducato di Savoia
Minorca e Gibilterra dal 1720) Palermo
annesse all’Inghilterra
(1714) REGNO DI SICILIA MOREA
Confine del Sacro (Asburgo d’Austria
Romano Impero dal 1720)
(1714)

55
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Uno Stato costruito su solide basi un sistema di gradi di nomina regia e


Tra il 1550 e il 1750 si stima che in Francia ci fosse- che fece dell’esercito francese uno dei
ro circa 20 milioni di abitanti, il che si traduceva per migliori in Europa.
i regnanti in maggiori possibilità di ovviare alle per- Sul piano delle finanze, Luigi XIV si affidò a Colbert,
dite umane in battaglia, maggiori entrate fiscali, più che ridusse le imposte, ottimizzò il sistema fiscale
braccia impiegate nell’agricoltura e più artigiani spe- e doganale, facilitò le esportazioni e l’affluenza di
cializzati nell’industria tessile, uno dei settori fonda- metalli preziosi, attuò una nuova politica economica
mentali per l’esportazione insieme a quello del gra- (detta «mercantilismo»), agevolò le manifatture sta-
no e del vino. tali e la produzione di beni di lusso, istituì facilitazioni
fiscali per favorire le compagnie commerciali.
Mazzarino e le Fronde
Luigi XIV salì al trono nel 1643, con la madre Anna La politica culturale e religiosa
d’Austria a fare da reggente e il cardinale Mazzarino, dello Stato
primo ministro, a guida del Paese nella fase finale del- La politica culturale di Luigi XIV si basava sul con-
la guerra dei Trent’anni. trollo di qualità e uniformità della produzione e sullo
Il conflitto determinò l’aumento della pressione fisca- stanziamento di risorse per artisti e uomini di cultu-
le, a cui seguirono prima le proteste della popolazione ra, il cui scopo doveva essere la glorificazione dello
rurale, poi quelle dell’aristocrazia, ostile alla politica Stato e la celebrazione del Re Sole.
accentratrice di Mazzarino, e del Parlamento, che mise A tal fine furono fondate numerose accademie a Parigi
in atto la «Fronda parlamentare» nel 1648 e si rifiutò di e in provincia, così da rendere sistematica l’organiz-
registrare un atto con cui si subordinava l’ereditarietà zazione della cultura e della vita artistica in Francia.
della carica alla rinuncia a quattro anni di stipendio. Sul piano della politica religiosa Luigi XIV mise in atto
Nel 1650 fu il momento della Fronda dei principi, gui- una dura persecuzione degli ugonotti e con l’editto
data dal principe di Condé e sedata solo nel 1653. di Fontainebleau (1685) revocò le libertà concesse ai
protestanti con l’editto di Nantes. La Francia doveva
Luigi XIV e il rafforzamento essere cattolica, nessuna tolleranza.
della monarchia La Chiesa gallicana ambiva a maggiori autonomie e
Morto Mazzarino nel 1661, Luigi XIV prese le redini del nel 1682 affermò la propria indipendenza da Roma.
governo, con l’obiettivo di rendere la Francia uno Sta- L’autorità papale sarebbe stata solo spirituale. Solo
to unitario, in cui il sovrano fosse al centro. Luigi XIV per via della minaccia giansenista e del pericolo di
mise nel Consiglio dei ministri uomini di fiducia, scelti frammentazioni interne, Luigi XIV e la Chiesa galli-
tra i magistrati, la cui autorità dipendeva dal favore del cana raggiunsero un compromesso con la Chiesa di
re; scelse, inoltre, funzionari per incarichi amministra- Roma.
tivi, senza poteri propri. Colpì l’aristocrazia, renden-
do la carica di governatore della provincia di durata Le guerre di Luigi XIV
triennale, non più vitalizia e riservata all’alta nobiltà, Nel corso del suo regno, Luigi XIV mise in atto una
e riaffermò la superiorità dell’autorità monarchica. politica espansionistica in Europa sia per mezzo di
Rese la corte lo strumento politico di accentramen- strategie pacifiche come il matrimonio (sposò Maria
to del potere e di controllo dei nobili. Fece ampliare Teresa di Spagna) sia impegnando il Paese in anni di
la reggia di Versailles e ne fece il centro del lusso e guerre che fiaccarono le casse dello Stato.
dell’intrattenimento, così da attirare gli aristocratici, La Francia affrontò prima la Spagna nella guerra di
che allontanandosi dai propri castelli indebolivano il devoluzione (1667-68), poi l’Olanda (1672-1679) ot-
loro peso politico. tenendo la Franca Contea; combatté contro la Lega
d’Augusta (1688-1697) e nella guerra di successione
L’esercito e le finanze spagnola (1701-14), conclusasi con i trattati di Utrecht
Nel ridimensionare il potere dell’aristocrazia, Luigi XIV e Rastadt, che sancirono il passaggio della Spagna al
intervenne nell’organizzazione dell’esercito per ma- duca Filippo d’Angiò, nipote di Luigi XIV, e confer-
no di Le Tellier, che realizzò un ordine gerarchico con marono la Francia come la prima potenza europea.

56
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

LUIGI XIV
(1643-1715)

fu posto sotto la prese il attuò una

................................. della controllo del governo,


politica ...............................
madre Anna d’Austria dopo la morte di Mazzarino
(.............................................)

e la guida dello impegnando la Francia


e
Stato fu affidata al in decenni di guerre

cardinale • guerra di ...............................


..........................................., realizzò lo Stato assoluto (1667-68)
primo ministro • guerra contro l’Olanda
(1672-1679)
• guerra contro la Lega
che grazie a una
d’Augusta (1688-1697)
• guerra di ...............................
• affrontò la fase finale (1701-1714)
politica interna
della guerra dei
Trent’anni
• aumentò la pressione
basata su
fiscale
• attuò una politica
accentratrice

nomina
a cui seguirono ............................... politica religiosa riorganizzazione
...............................
dell’aristocrazia unitaria dell’esercito
dei ministri

tra cui ebbe che fu


• proteste della
particolare controllata e che portò alla grazie a
popolazione rurale importanza confinata nella
• Fronda
..........................................
(1648) Jean-Baptiste
persecuzione
• Fronda .............................., reggia di
degli ...............................
.......................................... ministro ...............................
...............................
(1650-53) ...............................

che attuò una che realizzò un

politica ordine
economica detta gerarchico
............................... basato su
un sistema
di gradi di
...............................

57
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CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cosa sono le fronde?
b. Definisci il gallicanesimo.
Date: 1668 • 1682 • 1643 • 1685 • 1714
c. Che cosa s’intendeva con ius devolutionis?
Luoghi: Minorca • Versailles • Port-Royal •
Gibilterra NESSI E RELAZIONI
a. Luigi XIV divenne il nuovo re di Francia 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
nel .................... .
a. Il cardinal Mazzarino aumentò la pressione
b. La reggia di .................... diventò ufficialmente fiscale per far fronte alle spese della guerra
la nuova residenza del re e della sua corte dei Trent’anni.
a partire dal .................... .
b. Il ministro Colbert promosse
c. Luigi XIV emanò l’editto di Fontainebleau le esportazioni.
nel .................... .
c. Luigi XIV vietò la libertà di culto agli
d. Nel 1712, l’abbazia giansenista di .................... ugonotti.
fu distrutta per ordine del Re Sole. d. Luigi XIV trasformò la durata della carica
e. Dopo la guerra di successione spagnola, di governatore delle province da vitalizia
l’Inghilterra ottenne .................... e .................... . a triennale
f. Grazie alla pace di Aquisgrana, nel .................... 1. Il potere di controllo e di governo del re ne
la Francia ottenne due città fiamminghe: uscì rinforzato.
Lilla e Douai. 2. Aumentò l’afflusso di metalli preziosi.
g. Nel .................... si chiuse la guerra di successio- 3. Si moltiplicarono le rivolte di contadini,
ne spagnola. funzionari e nobili nel regno.
4. Oltre 200.000 protestanti francesi lasciarono
EVENTI E PROCESSI
la Francia
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
a. Perché Olanda e Francia entrarono, a più COMPETENZE
riprese, in conflitto nel Seicento?
ESPORRE ORALMENTE
b. Quali riforme di Luigi XIV rivelano la chiara
volontà di creare uno Stato unitario e accen- 6 Rispondi alle seguenti domande.
trato? a. Quali furono le conseguenze delle guerre
c. Che cosa stabilì il re con la Dichiarazione di Luigi XIV? (3 minuti)
dei quattro articoli del 1682? b. Riassumi gli aspetti più importanti del colber-
tismo. (2 minuti)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. c. Descrivi la Francia del XVII secolo da un punto
a. V F La Francia del Seicento fu il Paese di vista sociale ed economico. (2 minuti)
meno popoloso d’Europa.
b. V F Nel corso del XVII secolo, la maggior SCRIVERE
parte dei francesi lavorava nel settore
VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
manifatturiero.
c. V F A fare da reggente del re Luigi XIV fu 7 Nella scheda Cultura materiale e vita quotidiana
il cardinal Mazzarino. ( ▶ p. 42), sono descritte alcune abitudini, diffuse
d. V F La Fronda dei principi (1650-53) s’ispirò nel corso del XVII secolo, a proposito della cura
alla rivoluzione parlamentare inglese. personale: in particolare, l’idea che le abluzioni
e. V F Il Consiglio dei ministri di Luigi XIV era d’acqua potessero nuocere alla salute. Oggi, al
costituito da esponenti delle antiche contrario, l’igiene della persona e soprattutto il
famiglie aristocratiche. lavaggio frequente delle mani vengono forte-
f. V F Il ministro Colbert favorì lo sviluppo mente incoraggiati. Scrivi un testo di tipo espo-
delle manifatture tessili. sitivo-argomentativo in cui metti in luce come il
g. V F La politica economica di Colbert concetto di igiene personale si sia trasformato
è detta «mercantilista». tra Età moderna e contemporanea; rifletti sulle
conseguenze positive, legate al diffondersi di
h. V F Nel corso del Seicento, il Re Sole pro-
una cultura igienica più attenta.
mosse la fondazione di accademie.

58
Fonti e Storiografia
FONTI Luigi XIV e la sua corte
F1 Il duca Louis de Saint-Simon (1675-1755) restituisce nelle sue Memorie un affresco
della vita di corte a Versailles, cogliendo l’acuta strategia di Luigi XIV, che usa abilmen-
te la corte come strumento per provocare gelosie, competizioni, diffidenze reciproche
fra i nobili. Il re divideva per comandare e la vita a Versailles era, da questo punto di
vista, un continuo esperimento di dispotismo applicato.

Le feste frequenti, le passeggiate in privato a Versailles, i viaggi, furono i mezzi che il Re


adoperò per distinguere e mortificare nominando le persone che ogni volta dovevano far-
ne parte, in modo che ciascuno fosse assiduo e attento a piacergli. Egli capiva di non ave-
re molte grazie da distribuire per ottenere un risultato duraturo. Sostituì dunque ai favori
concreti altri ideali con la gelosia, le piccole preferenze che si presentavano ogni giorno e
per così dire ogni momento, con la sua abilità. Nessuno fu più ingegnoso di lui nell’inven-
tare continuamente questo tipo di cose, ossia le speranze che distinzioni e preferenze fa-
cevano nascere e la considerazione che ne derivava.
Marly 1, in seguito, gli fu molto più utile, e Trianon 2, dove tutti potevano andare a fargli
la corte, ma dove le dame avevano l’onore di mangiare con lui, e le elette venivano scelte in
occasione di ogni pasto. Così il candeliere che tutte le sere, al momento di coricarsi, faceva
tenere da un cortigiano che voleva distinguere, sempre fra i più qualificati tra i presenti e
nominato ad alta voce, alla fine della sua preghiera. Il giustacuore a brevetto 3 fu un’altra
di queste invenzioni, di colore blu foderato di rosso, con gli ornamenti e la giacca rossa, ri-
camati con un magnifico disegno d’oro e un poco d’argento, particolare a questi abiti. Ce
n’era solo un certo numero fra cui quelli per il Re, la sua famiglia e i principi del sangue 4;
1 Marly: il castello di
Marly fu fatto costruire ma questi ultimi, come il resto dei cortigiani, potevano averli solo quando ce n’era qualcu-
da Luigi XIV tra il 1679 no vacante. Le persone più illustri della corte, sia per merito personale o per favore, li do-
e il 1688 non lontano mandavano al Re, e ottenerli era una grazia. […]
da Versailles.
2 Trianon: edificio
Non solo era sensibile alla presenza costante delle persone importanti, ma lo era anche per
realizzato nel 1687 quelli di condizione inferiore. Guardava a destra e a sinistra al suo risveglio, al momento di
all’interno del parco di coricarsi, durante i pasti, passando negli appartamenti, nei giardini di Versailles, dove ai soli
Versailles come luogo
di riposo. Qui Luigi XIV
cortigiani era permesso seguirlo; vedeva e notava tutti; nessuno gli sfuggiva, neppure quelli
riceveva gruppi ristretti che speravano di non essere visti. Distingueva benissimo da solo le assenze dei cortigiani
ed esclusivi di cortigiani. che erano sempre presenti, e quelle di coloro che vi venivano più o meno frequentemente;
3 Il giustacuore a
considerava i motivi generali o privati, di tali assenze, e non perdeva la minima occasione
brevetto: particolare tipo
di corpetto. per agire di conseguenza nei loro confronti. Per alcuni e per tutti i più illustri, era un deme-
4 principi del sangue: rito non fare della corte il loro soggiorno abituale, per altri, lo era il venirci raramente e una
discendenti in linea sicura disgrazia per chi non ci veniva mai, o quasi mai. Quando si trattava di qualcosa in
maschile dai sovrani
predecessori di loro favore “Non lo conosco”, rispondeva fieramente, e a proposito di quelli che raramente
Luigi XIV. si facevano vedere: “È una persona che non vedo mai”, e quelle sentenze erano irrevocabili.
(da Louis de Saint-Simon, Il Re Sole, Garzanti, Milano 1977, pp. 75-77)

COMPRENDERE 1. Qual è la tesi di fondo di Louis de Saint-Simon riguardo alla strategia di Luigi XIV?
2. A chi era riservato il giustacuore a brevetto?
3. Cosa si sottintende con l’espressione «sentenze irrevocabili»?
INTERPRETARE 4. L’autore del testo insiste sull’atteggiamento estremamente attento e sospettoso
di Luigi XIV nei confronti degli aristocratici che lo circondavano quotidianamente
a Versailles. Sottolinea nel testo le espressioni che lo rivelano.
VALUTARE 5. Il motto latino divide et impera (dividi e domina) che sembra caratterizzare la
strategia del sovrano qui descritta è ancora oggi utilizzato nel lessico politico e
giornalistico: ricerca un articolo che utilizza tale espressione e spiegala nel con-
testo in cui è utilizzata.

59
Fonti e Storiografia

F2 I quattro articoli della Chiesa gallicana


Nel programma di accentramento del potere monarchico di Luigi XIV rientrava la riaf-
fermazione dell’indipendenza della Chiesa francese, detta «gallicana», dalle direttive
del pontefice. Nei quattro articoli, emanati nel 1682, vengono ribaditi l’autonomia del
potere civile da quello spirituale e il fondamento divino del primo, e viene inoltre rico-
nosciuta la validità della teoria conciliarista secondo cui l’autorità del papa è comun-
que subordinata a quella dell’assemblea dei vescovi riuniti in concilio.
Articolo 1. È sulle cose spirituali, che riguardano la salvezza eterna, e non sugli affari civili
e temporali che Dio ha dato potere al Beato Pietro e ai suoi successori vicari di Cristo, così
come alla stessa Chiesa, secondo le parole del Signore: «Il mio regno non è di questo mon-
do», «Date a Cesare quel ch’è di Cesare e a Dio quel ch’è di Dio». Rimane valida, dunque, la
parola dell’apostolo: «Che ogni anima si sottometta ai poteri che sono al di sopra di lei per-
ché non esiste potere che non venga da Dio. I poteri costituiti sono voluti da Dio. Così chi
resiste al potere resiste alla volontà di Dio» 1. Dunque re e principi, negli affari temporali, per
volontà di Dio non possono essere sottomessi ad alcun potere ecclesiastico. Il «potere delle
chiavi» 2 della Chiesa non può deporli dalle loro funzioni né direttamente, né indirettamente,
né dispensare i loro sudditi dalla devozione o dall’obbedienza, né sciogliere questi ultimi dal
giuramento di fedeltà che un tempo hanno prestato. Questa dottrina è necessaria alla pace
pubblica, è utile tanto alla Chiesa che al potere temporale e deve essere sotto ogni aspetto
ritenuta conforme alla parola di Dio, alla tradizione dei padri, così come all’esempio dei santi.
Articolo 2. La Sede apostolica e i successori di Pietro, vicari del Cristo, hanno pieno potere
sulle cose spirituali. Ma restano in vigore e sussistono immutabili i decreti del Santo Conci-
lio ecumenico di Costanza – della quarta e quinta seduta –, approvati dalla Sede apostolica,
rinforzati dalla pratica dei Pontefici romani e della Chiesa tutta e sempre religiosamente
osservati dalla Chiesa di Francia, sull’autorità dei Concili generali. E la Chiesa di Francia
1 Che ogni anima …
volontà di Dio: versetto
condanna quelli che sminuiscono la portata di questi decreti, come se emanassero da dub-
del Nuovo Testamento, bia autorità e non fossero stati fermamente adottati, o quelli che arbitrariamente limitano
proveniente dal capitolo le definizioni del Concilio alla durata dello Scisma.
XIII della Lettera ai
Romani di Paolo
Articolo 3. Ne consegue che il Potere apostolico deve essere diretto nel suo esercizio dai
(l’apostolo), spesso testi ispirati riconosciuti dalla Chiesa e consacrati dalla venerazione del mondo intero. So-
citato per sostenere no egualmente valide le leggi, i costumi, le istituzioni riconosciuti dal Potere reale e dalla
l’origine divina della
Chiesa di Francia. Sono incrollabili i limiti fissati dai padri della Chiesa. Ed è importante
monarchia.
2 Il «potere delle per la grandezza della Sede apostolica che tutte le istituzioni e i costumi stabiliti in comu-
chiavi»: il potere che ne accordo dalla Santa Sede e dalle Chiese mantengano la stabilità di cui hanno bisogno.
Gesù avrebbe affidato Articolo 4. Anche nelle questioni di fede, il ruolo principale spetta al Sommo Pontefice. I
a Pietro (nel Vangelo
di Matteo 16,19) di suoi decreti riguardano tutte le Chiese e ciascuna in particolare. Ma il suo parere diventa
condannare e assolvere. irrevocabile solo dopo aver ottenuto anche l’adesione della Chiesa universale.
(da Textes et documents d’histoire moderne, S.E.D.E.S., Parigi 1967, pp. 237-238)

COMPRENDERE 1. Secondo il testo dei Quattro articoli quali prerogative spettano alla Chiesa
di Roma?
2. Quali facoltà hanno invece la Chiesa di Francia e l’autorità regia (articolo 3)?
INTERPRETARE 3. Quale questione inerente la fede cattolica metteva in discussione il movimento
giansenista? Come si comportò a tal proposito Luigi XIV?
VALUTARE 4. I quattro articoli rappresentano un tentativo di ridimensionare il ruolo della Chie-
sa cattolica nella società, a tutto vantaggio dell’autorità del re di Francia. Oggi,
quali articoli della Costituzione italiana si occupano dei rapporti con la Chiesa
cattolica e con le altre religioni? A quali principi si ispirano i rapporti Stato-
Chiesa nell’ordinamento della Repubblica? Svolgi una breve ricerca su questo
tema e discutine in classe.

60
L’assolutismo nella Francia del Re Sole 2

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Augusto o Nerone?
La figura di Luigi XIV oltre la propaganda ufficiale
Guardando alle persecuzioni disposte contro gli ugonotti, da una parte, e, dall’al-
tra, alle voci del dissenso, i due brani tratti da Il secolo di Luigi XIV di Voltaire e da
Il Re Sole di Peter Burke scalfiscono l’immagine eroica del sovrano tramandata
dalla macchina propagandistica ufficiale; quello che lasciano emergere, invece,
è il carattere spietato e calcolatore di Luigi XIV, definito dai suoi detrattori come
l’«Attila francese» e criticato per la sua infinita ambizione.

S1 Del calvinismo al tempo di Luigi XIV


Voltaire
Nel saggio Il secolo di Luigi XIV, pubblicato a Berlino nel 1751, Voltaire (1694-1778)
ricostruisce il periodo storico attraverso la figura del grande monarca.
In questo passo si affronta la questione della persecuzione delle minoranze religiose.

GLI SNODI Luigi XIV obbliga con la forza gli ugonotti a convertirsi al cattolicesimo.
DEL TESTO I calvinisti subiscono gravi maltrattamenti e persecuzioni.
Con la revoca dell’editto di Nantes, i calvinisti sono obbligati a lasciare il Paese.

È senza dubbio doloroso che la Chiesa cristiana sia sempre stata dilaniata dalle dispute, e
che per tanti secoli si sia versato il sangue per opera di mani che recavano il Dio della pace.
Tale furore fu ignoto al paganesimo: esso coprì la terra di tenebre ma non la bagnò che del
sangue degli animali, e se talvolta, presso i giudei o i pagani, si sacrificarono vittime uma-
ne, quei sacrifizi, per quanto orribili, non furon cagione di guerre civili. [...]
Lo spirito dogmatico portò negli uomini il furore delle guerre di religione. Ho ricercato
a lungo come e perché questo spirito dogmatico, che divise le scuole dell’antichità pagana
senza cagionare il minimo torbido, ne ha prodotti di tanto orribili tra noi. [...]
Leggi in digitale il te-
sto Elogio della liber- Verso la fine del 1684, e al principio del 1685, mentre Luigi XIV, sempre potentemente
tà di coscienza del armato, non temeva nessuno dei suoi vicini, furono inviate truppe in tutte le città e in tutti i
filosofo Baruch Spi- paesi dove c’era un maggior numero di protestanti, e siccome furono i dragoni 1 a commet-
noza.
tere il maggior numero di eccessi, le spedizioni presero il nome di «dragonate». Le frontiere
• Dopo aver letto il
brano Del calvini- erano, per quanto possibile, strettamente sorvegliate, per impedire la fuga di coloro che si
smo al tempo di desiderava riunire alla Chiesa; era come una specie di caccia, compiuta in un gran recinto.
Luigi XIV di Voltai- Un vescovo, un intendente, o un sottodelegato, o un curato, o qualcuno rivestito d’autori-
re e l’Elogio della
tà, marciava alla testa dei soldati. Le principali famiglie calviniste, quelle soprattutto ch’era
libertà di coscien-
za di Spinoza, scrivi ritenute più duttili, venivan radunate; esse rinunciavano alla loro religione a nome anche
una lettera, imma- delle altre; gli ostinati venivano lasciati in preda ai soldati, ch’ebbero ogni licenza, fuorché
ginando di essere quella di uccidere; molti peraltro furono così crudelmente maltrattati, che morirono. Ancor
un commerciante oggi i figli dei rifugiati levano dalle terre straniere alte grida contro la persecuzione dei loro
calvinista, fuggito
da Parigi ad Am- padri e la comparano alle più violente inflitte alla Chiesa nei suoi primi tempi.
sterdam, in cui de- Era uno strano contrasto veder emanare da una corte voluttuosa, in cui regnavano la dol-
scrivi a un parente cezza dei costumi, le grazie, le attrattive della socievolezza, ordini così duri e così spietati.
lontano la politica Il marchese di Louvois 2 condusse questa faccenda coll’inflessibilità ch’era propria del suo
religiosa di Luigi
carattere, con lo stesso animo che aveva voluto sommergere l’Olanda e che poi ridusse in
XIV, le persecuzioni
subite e le ragioni cenere il Palatinato 3. [...]
che hanno portato
1 dragoni: corpi speciali dell’esercito. 3 sommergere l’Olanda … Palatinato:
a scegliere la capi-
2 Il marchese di Louvois: François-Michel Le il marchese di Louvois condusse la guerra contro
tale olandese come
Tellier, marchese di Louvois e ministro della Guerra l’Olanda (1672-78) e una campagna contro
nuova casa.
di Luigi XIV. il Palatinato (1688).

61
Fonti e Storiografia

Nel mentre si spianavano così i templi, e nelle province le abiure si esigevano a mano ar-
mata, avvenne finalmente, nell’ottobre 1685, la revoca dell’editto di Nantes che mise ter-
mine alla rovina di un edificio già minato da tutte le parti.
La Camera dell’Editto era già stata soppressa 4; ai consiglieri calvinisti del parlamento fu
ordinato di disfarsi delle loro cariche. Si susseguirono un cumulo di decreti del consiglio per
estirpare i resti della religione proscritta. Il più grave fu quello che ordinava di strappare ai
cosiddetti riformati i loro figli, per affidarli ai prossimi loro parenti cattolici; ordine contro
il quale si levava così alta la voce della natura, ch’esso non venne eseguito.
Ma sembra che col celebre editto che revocava quello di Nantes si preparasse un evento
del tutto opposto del fine a cui si mirava. Si era voluta l’unione dei calvinisti alla chiesa cat-
tolica in tutto il regno. [...] l’editto ingiunse a tutti i ministri che non volevano convertirsi di
uscire dal regno entro quindici giorni; era un voler chiudere gli occhi pensare che, discac-
4 La Camera … ciati i pastori, una gran parte del gregge non li avrebbe seguiti. Tanti cuori ulcerati e tante
soppressa: nel 1679 menti infiammate all’idea del martirio, soprattutto nelle regioni meridionali della Francia,
venne soppressa della si sarebbero esposti a qualunque prova, pur di raggiungere e proclamarvi la loro costanza
Camera dell’Editto, l’istituto
che controllava l’attuazione e la gloria del loro esilio, accolti da tutte le nazioni invidiose di Luigi XIV, che avrebbero te-
dell’editto di Nantes. so le braccia alle schiere fuggiasche [...].
(da Voltaire, Il secolo di Luigi XIV, trad. it. U. Morra, Einaudi, Torino 1994, pp. 378-386)

COMPRENDERE 1. Perché le spedizioni contro gli ugonotti presero il nome di «dragonate»?


IL TESTO
2. Quale destino subirono i figli dei cosiddetti «riformati»?
3. A quale «celebre editto», che segnò la revoca dell’editto di Nantes e la fine
della tolleranza religiosa nella Francia di Luigi XIV, si riferisce Voltaire?

S2 Il rovescio della medaglia


Peter Burke
Lo storico Peter Burke riflette in questo brano sul regno di Luigi XIV e sulla sua sua
collocazione nel processo di formazione dello Stato moderno.

GLI SNODI Luigi XIV fu rappresentato non solo in modo celebrativo.


DEL TESTO Luigi XIV è accusato di essere un tiranno dall’enorme ambizione politica.
Il sovrano è criticato anche per la sua cupidigia e la sua vanità.

L’immagine eroica di Luigi XIV non fu la sola in circolazione. Vi fu infatti anche un «rove-
scio della medaglia» [...]. Del Re Sole è sopravvissuto un congruo numero di immagini al-
ternative, decisamente meno lusinghiere di quelle ufficiali. Luigi venne a volte rappresen-
tato – specialmente dall’artista olandese Romeyn de Hooghe 1 – non come Apollo, ma come
Fetonte 2, che aveva perso il controllo del carro del Sole. Per alcuni critici, il sovrano non fu
un Augusto, ma un Nerone. Per i protestanti imbevuti di cultura biblica, Luigi non fu un
Salomone o un Davide, ma un Erode o un faraone. Al pari degli elogi ufficiali, le immagini
alternative si avvalsero generalmente di stereotipi. Anche in questo caso, tuttavia, alcuni
autori fecero in modo di escogitare ingegnose variazioni su temi ricorrenti.
Il concetto di «rovescio della medaglia», pur appropriato per un corpus di testi e imma-
1 Romeyn de Hooghe: gini dominato dalla parodia e dall’inversione, è naturalmente troppo vago per un’analisi
artista olandese
seria. È necessario comunque distinguere almeno due forme di dissenso rispetto alle pre-
(1645-1708).
2 Fetonte: figlio di sentazioni ufficiali.
Apollo e della ninfa La prima era espressa da individui che si consideravano – o almeno si presentavano –
Climene. come sudditi leali, che scherzavano in modo bonario sulla corte, come Bussy Rabutin 3, o
3 Bussy Rabutin:
scrittore francese che intendevano dare al re utili, anche se malaccetti consigli, come l’arcivescovo Fénelon 4. Il
(1618-1693), libertino. secondo tipo di dissenso era invece opera di nemici dichiarati del re e del suo regime: mol-

62
L’assolutismo nella Francia del Re Sole 2

ti di essi scrissero in un periodo in cui il loro paese era in guerra con la Francia. La critica
del re da parte degli ugonotti iniziò nella prima maniera per evolvere poi verso la seconda.
I mezzi cui si affidò la comunicazione delle immagini del dissenso comprendevano di-
pinti, medaglie, incisioni, poesie e vari tipi di testi in prosa (non solo in francese, ma anche
in latino, olandese, tedesco, inglese e italiano), e Luigi non ne fu l’unico bersaglio. Nel cor-
so del regno, infatti, la satira si appuntò anche contro Anna d’Austria, Mazzarino, Colbert,
Louvois, Madame de Maintenon, il duca di Borgogna, il confessore del re Père La Chaise e
una quantità di generali di minor successo, come Villeroi 5.
La forma, lo stile e il tono di tali testi sono estremamente vari. Alcuni di essi sono sem-
plici denunce del «tiranno francese», del «Machiavelli francese» (Machiavellus Gallicus),
dell’«Attila francese» (Der französische Attila), del «Nerone francese» (Nero Gallicanus) e
così via. Tuttavia, furono esplorate quasi tutte le possibilità del ricco repertorio satirico del
periodo, e si fece un uso in particolare dei vari tipi di parodia 6. [...]
I temi principali di questa orchestra alternativa, che non sempre suonò intonata, sono
offerti dall’ambizione del re, dalla sua mancanza di scrupoli morali, dalla sua tirannia, dal-
la sua scarsa religiosità, dalla sua vanità, dalla sua cupidigia sessuale e infine della sua de-
bolezza militare e intellettuale.
4 arcivescovo Fénelon:
Consideriamo brevemente questi sei temi uno per volta. [...]
filosofo, teologo e
pedagogista francese 1. I critici di Luigi XIV si riferirono frequentemente a quello che uno di essi chiamò «l’in-
(1651-1715). saziato appetito della sua ambizione». La critica generale, sul piano morale, si legò a una
5 Maintenon … specifica affermazione politica, fatta nel 1667 in un famoso opuscolo intitolato Lo scudo di
Villeroi: Françoise
d’Aubigné marchesa di Stato (Le bouclier d’État) e frequentemente reiterata, secondo la quale Luigi covava il «va-
Maintenon (1635-1719), sto e meditato progetto» di diventare «padrone d’Europa» per costituire così una «monar-
fu la moglie segreta chia universale» [...].
del re di Francia Luigi
XIV dopo la morte della 2. Luigi venne attaccato di frequente per la sua mancanza di scrupoli morali, che i libellisti
regina (1683); collegavano alla teoria della «ragion di stato» e alle idee del Machiavelli, fattegli conoscere,
Luigi di Borbone, si suppone, dal cardinale Mazzarino [...].
duca di Borgogna
(1682-1712), fu figlio
3. Un’altra accusa ricorrente fu quella di tirannia, mossa nel 1689 in uno dei più famosi libelli
del Gran Delfino, nipote contro il re, I sospiri della Francia schiava (Les soupirs del la France esclave), ma spesso riecheg-
di Luigi XIV e padre di giata anche altrove, specie in un opuscolo inglese intitolato The French Tyrant (1702). [...]
Luigi XV; François d’Aix
4. Una quarta accusa contro Luigi si rivolse alla sua presunta mancanza di religione. [...]
de La Chaise, padre
gesuita (1624-1709) fu L’irreligiosità del re si era naturalmente esplicitata nel trattamento riservato agli ugonot-
confessore e consigliere ti, [...], ma era stata rivelata anche da ciò che i dissenzienti considerarono un’alleanza con
spirituale di Luigi XIV;
uno stato non cristiano, l’Impero ottomano. [...]
François de Neufville,
duca di Villeroi (1644- 5. Tale culto 7 permise, inoltre, ai creatori di immagini ostili, di attrarre l’attenzione su quel-
1730), era un generale la che essi chiamarono l’«immensa vanità del re». [...] Gli opuscoli fanno anche riferimento
francese amico di agli enormi costi della costruzione di Versailles, sempre per vanità, e delle statue di Luigi,
Luigi XIV.
6 vari tipi di parodia: specialmente quella eretta a Place des Victoires.
per esempio le parodie 6. Di contro, i dissenzienti, enfatizzavano le molte debolezze di questo semplice mortale. [...]
della preghiera Pater Le debolezze del re su cui i libellisti appuntarono la mira furono soprattutto la pochezza mi-
noster e dei testamenti.
7 tale culto: il culto del litare e la cupidigia sessuale. I temi vennero di fatto strettamente collegati, come nella beffa
Re Sole. «tu sfuggi le guerre (in latino bella), ma corri appresso alle belle» (Bella fugis, bellas sequeris).
(da P. Burke, Il Re Sole, Il Saggiatore, Milano 2017, pp. 165-172)

COMPRENDERE 1. Che cosa intende lo storico Peter Burke quando afferma che esisteva un «rovescio
IL TESTO della medaglia» nel culto del Re Sole?
2. Perché, a tuo avviso, Luigi XIV veniva chiamato il «Machiavelli francese»?
3. Su quali aspetti della politica di Luigi XIV intendevano polemizzare i detrattori par-
lando dell’«immensa vanità del re»?

63
3 Società e Stato
tra Sei e Settecento
Segnali di cambiamento sociale
All’inizio del XVIII secolo, le società europee appaiono ancora legate ad una rigida divi-
sione in ceti sociali, sebbene mostrino alcuni segni di insofferenza: è la ricca borghesia
a voler guadagnare posizioni sociali di prestigio, acquistando terreni e titoli nobiliari;
Esplora l’immagine molte voci si levano per criticare istituzioni e leggi che limitano il libero commercio. La
interattiva diffusione delle recinzioni, inoltre, segna la transizione dai campi aperti ai campi chiusi,
favorendo così la proprietà privata.

Il nuovo ruolo dello Stato


Arrivo in carrozza L’Europa settecentesca vede un’espansione del ruolo dello Stato in ogni settore e un ac-
al Quirinale centramento dei poteri nelle mani dei sovrani: cresce il peso degli eserciti e la pressione
dell’ambasciatore fiscale, aumentano i funzionari che lavorano per il re e si perfezionano gli strumenti di
Nicolò Duodo. Prima
metà del XVIII secolo. controllo, si interviene nella politica economica per favorire le esportazioni e scoraggia-
Roma, Palazzo Braschi. re le importazioni.

1661 1667 1672 1678-79 1682


Luigi XIV Inizia la guerra La Francia, schierata con Trattati Dichiarazione dei quattro
re di Francia di devoluzione l’Inghilterra, attacca l’Olanda di Nimega articoli della Chiesa gallicana
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. A proposito delle società settecentesche,
si parla spesso di ceti sociali: tradizionalmente
ai primi due, nobiltà e alto clero, corrisponde- LEZIONE
vano grandi privilegi, come esenzioni fiscali GUARDA il video L’Europa settecentesca
che non spettavano invece al Terzo stato, 1. Le campagne: campi aperti, recinzioni,
composto da coloro che non appartenevano artigianato
ai primi due. ▶ p. 66
Dal XVIII secolo, tale sistema entrò in crisi 2. Le città: nobiltà, corporazioni e plebe urbana
di fronte alle esigenze di ascesa sociale delle ▶ p. 69
borghesie più intraprendenti. 3. Un mondo di comunità e di gerarchie
• Svolgete un brainstorming intorno ai concetti ▶ p. 72
di ceto e ascesa sociale; 4. Famiglie nucleari e famiglie complesse
• raccogliete le vostre idee sul significato ▶ p. 76
5. La nobiltà e le libertà nel modello
di queste espressioni;
repubblicano
• spiegate questi concetti con alcuni esempi ▶ p. 80
concreti. 6. La monarchia assoluta e l’espansione
2. L’immagine si concentra sulla scena dell’arrivo dello Stato
al Quirinale, allora residenza romana del papa, ▶ p. 83
dell’ambasciatore della Repubblica di Venezia 7. Lo Stato nella religione e nella cultura
Nicolò Doudo nel 1714. ▶ p. 86
Il diplomatico viaggia in una suntuosa carrozza 8. Lo Stato nell’economia: il mercantilismo
scortato da diversi uomini e preceduto da altre ▶ p. 89
carrozze. Il dipinto offre uno spaccato della RIASSUMI i concetti-chiave con la
società di Antico regime, sottolineando le presentazione Stato e società nell’Europa
distinzioni esistenti fra ceti sociali. del Seicento:
• Puoi riconoscere, nell’immagine, i rappresen- – il ruolo del sovrano nelle monarchie assolute;
tanti del clero, della nobiltà, della borghesia – l’indebolimento delle istituzioni locali;
e della plebe urbana? – il peggioramento delle condizioni di vita in città
• Quali elementi suggeriscono l’identificazione e in campagna.
con l’una o con l’altra classe sociale? RIPASSA
3. In gruppo, svolgi una ricerca sui palazzi Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 94, p. 95
del potere nella Roma papale e realizza In digitale trovi l’audio della sintesi
una presentazione in cui rispondi alle seguenti e la mappa personalizzabile
domande:
APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
• quale funzione rivestiva allora e riveste oggi Un altro sguardo: Europa e Islam a confronto
il Quirinale? ▶ p. 88
• Quale palazzo ospitava l’ambasciata della
EDUCAZIONE CIVICA
Repubblica di Venezia?
Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
• Quale istituzione ospita attualmente? Famiglia e unioni civili e partecipa al dibattito
GUARDA il video dell’intervista all’autore ▶ p. 92
1685 1700 AUTOVALUTATI con1713-14
gli esercizi di HUB1715
Test
Trattati di Utrecht Morte
e di Rastadt di Luigi XIV

65
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

1 Le campagne: campi aperti,


recinzioni, artigianato
Guarda il video Le modalità della produzione agricola
L’Europa settecentesca
All’inizio del Settecento la sussistenza di gran parte della popolazione dipendeva
e rispondi alle
domande: dal lavoro agricolo; lavorava la terra anche chi abitava in città e coltivava princi-
• Dal punto di vista palmente il grano, che costituiva la base dell’alimentazione. I campi, tuttavia, non
demografico a quale
potevano produrre in modo costante perché dovevano rimanere a riposo un anno
fenomeno si assiste
in questo periodo? ogni due o tre, in quanto le tecniche di rotazione agricola non erano ancora abba-
• Il sistema delle stanza perfezionate.
recinzioni in
Inoltre non si poteva coltivare tutta la terra, perché bisognava destinare all’alle-
Inghilterra quale
tipo di agricoltura vamento del bestiame aree piuttosto vaste, molto più estese di quelle lasciate a ri-
favorisce? poso nella rotazione agricola; altrimenti sarebbero mancati la carne, il latte, la lana
• Quale classe sociale e la forza motrice per aratri e carri, oltre che il concime per l’agricoltura. Occorreva
può dirsi emergente
nel Settecento? anche salvaguardare il bosco, perché il legname era indispensabile per costruire
case e attrezzi; con la legna o il carbone ci si riscaldava, si cucinava e si alimenta-
vano forni e fucine. I terreni incolti erano dunque di importanza vitale e venivano
considerati una risorsa comune, come l’acqua: erano sottoposti a controllo pubbli-
co e resi disponibili, a determinate condizioni, a tutta la comunità.
In agricoltura il concetto di proprietà privata era dunque profondamente limitato
e sottostava al controllo dei poteri pubblici: si doveva per forza coltivare il grano,
nelle aree che erano state destinate a questa coltivazione, e necessariamente secon-
do le regole della rotazione biennale o triennale. In generale, i campi erano aperti,
e dopo il raccolto, durante i mesi o l’intero anno in cui non venivano coltivati, di-
ventavano di uso comune.
Non tutta la terra, comunque, era regolata dal sistema dei campi aperti e degli
usi comuni o civici. Esistevano anche campi recintati con siepi o muretti a secco,
e coltivati intensivamente – ove si trovavano orti, frutteti o vigne – solitamente
nelle zone dove predominavano la piccola proprietà o la mezzadria. Tra la fine del

Enclosures.
Una veduta della
campagna londinese
nei pressi di Greenwich
con i campi recintati,
1620-1630 circa.
Londra, Museum
of London.

66
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

Seicento e l’inizio del Settecento il fenomeno delle recinzioni (enclosures) si inten-


sificò in tutta Europa, anche se assunse caratteristiche di differente impatto sul-
F1 Una recinzione la vita delle comunità rurali. Un po’ ovunque, i maggiori proprietari cercavano di
a Marston nel 1656, p. 97
accaparrarsi per recintare, legalmente o illegalmente, le aree demaniali, cioè terre
di proprietà pubblica destinate al pascolo. In Inghilterra, anche nell’ambito della
grande proprietà, queste recinzioni si erano diffuse di più e prima che in altri Paesi,
sottraendo una parte della terra all’uso tradizionale per destinarla all’allevamen-
to intensivo degli ovini (l’Inghilterra era infatti una grande esportatrice di lana) o
a un’agricoltura più evoluta. Generalmente i beni comunali venivano spartiti tra
i proprietari della comunità oppure i terreni frazionati di ogni proprietario erano
raggruppati in unita compatte.
Nel Regno di Napoli queste appropriazioni arbitrarie si chiamavano «usurpazio-
ni», perché violavano non soltanto un ordine proprietario, ma anche un ordinamen-
to legittimo, da cui dipendeva la sopravvivenza dei poveri. Le enclosures o «usurpa-
zioni» alteravano equilibri sociali e demografici delicatissimi, e potevano provocare
la rovina degli abitanti più indifesi delle campagne e la loro espulsione dalla terra.
Le recinzioni furono soltanto una tappa del ben più ampio processo che, duran-
te il Settecento, portò al ridimensionamento e alla soppressione di istituzioni che
si riteneva fossero un freno allo sviluppo delle campagne.

Un’economia di autoconsumo
Oltre a lavorare la terra, i contadini trasportavano e vendevano i prodotti agricoli,
comprese la legna e, in particolare, le materie prime della manifattura tessile: la lana,
ma anche il lino e la canapa, sia grezzi sia semilavorati. Alcuni di loro possedevano
un telaio, più o meno rozzo, e fabbricavano tessuti, almeno per l’autoconsumo o
il fabbisogno locale; in alcune zone si producevano anche filati e perfino tessuti di
buona qualità, commissionati dai mercanti delle città. Tuttavia, i contadini intrat-
LESSICO tenevano un rapporto piuttosto vago con le leggi di mercato, perché non avevano
Leggi di mercato l’abitudine di quantificare economicamente il loro lavoro.
Leggi che regolano
lo scambio di merci
In generale, questi producevano ciò che consumavano: compravano pochissime
e servizi, come la cose e quello che producevano in più veniva loro sottratto e poi trasferito in città,
legge della domanda attraverso un complesso sistema di prelievi fiscali e di rendite che gravavano tutte
e dell’offerta, secondo
la quale alla crescita
sulla terra. La Chiesa riscuoteva una tassa, la «decima», che di solito ammontava,
della domanda di un appunto, a un decimo del prodotto, ed era generalmente pagata in natura. Gran
certo bene, quest’ultimo parte della decima non veniva spesa sul posto, ma trasferita per i bisogni dell’alto
aumenta di valore.
clero e dell’organizzazione ecclesiastica generale.

L’ORGANIZZAZIONE A CAMPI APERTI E A CAMPI CHIUSI


Campi aperti Campi chiusi
tipologia di coltura estensiva intensiva
sfruttamento del terreno tradizionale moderno
allevamento privato (proprietà privata
durante il periodo utilizzo comune (proprietà privata
che sconfina nell’usurpazione illegale
di riposo della terra molto limitata dal controllo pubblico)
di terreni confinanti)
equilibrio alimentare equilibri sociali alterati e poveri sempre
conseguenze sociali
e pace sociale garantiti più emarginati

67
Mercato popolare.
Venditori al porto di
Napoli, dipinto di Pietro
Fabris del XVIII secolo.
Collezione privata.

Inoltre, la gran parte delle terre era amministrata da un signore, di solito nobile,
il quale governava il territorio, assicurando giustizia, ordine pubblico e rispetto delle
LESSICO leggi e delle gerarchie. Anche lui prelevava dai contadini una rendita, che spendeva
Tribunale di prima
istanza
in città – dove appunto viveva – e che spesso veniva ancora chiamata «feudale»,
Tribunale che affronta benché il feudalesimo – inteso come ordinamento gerarchico che stabilisce vincoli
le cause a un primo formali di potere fra persone – fosse ormai tramontato quasi ovunque in Europa.
livello. A seconda degli
ordinamenti, esistono
Il signore, comunque, restava un grande proprietario terriero: decideva lui quan-
tribunali di seconda do si doveva mietere o seminare, lui solo possedeva il mulino e il frantoio e da lui
e terza istanza, che dipendeva il tribunale di prima istanza, civile e penale; solo a lui, quindi, erano le-
riconsiderano dal
medesimo o da altri
gati i giudici che dirimevano i contenziosi tra i contadini e lo stesso proprietario.
punti di vista le cause Su tutte queste attività era garantita al signore un’ampia gamma di «diritti», che
dibattute nei tribunali rappresentavano di fatto dei gravosi tributi per la popolazione, ed erano il ricono-
di grado inferiore.
scimento della sua funzione pubblica di proprietario.

Le condizioni precarie dei contadini


Talvolta i proprietari della terra erano i contadini stessi; più spesso, però, chi col-
tivava la terra non la possedeva: la prendeva in affitto o a mezzadria (contratto
secondo cui il proprietario terriero e l’affittuario condividono gli utili), oppure vi
lavorava a giornata da bracciante. I proprietari potevano essere gli stessi signo-
ri, oppure «borghesi», che vivevano in città, dove spendevano il ricavato delle loro
terre. Frequentemente i proprietari anticipavano ai contadini le sementi o presta-
vano loro il necessario per vivere nei periodi di carestia; ma poi, per anni, per ri-
cavare rendite aggiuntive, pretendevano la restituzione dei prestiti gravati da in-
teressi, così che i contadini si trovavano a essere sempre regolarmente indebitati.
Infine, lo Stato riscuoteva un gettito fiscale sulle proprietà, sulle persone fisiche
e sui consumi, incrementando ancora di più il trasferimento della ricchezza prele-
vata a vario titolo dalle campagne. La riscossione delle tasse era di norma appalta-
ta a qualcuno che potesse anticiparne l’ammontare al creditore (lo Stato, la Chiesa,
il signore, il proprietario) per poi riscuoterlo in proprio, ovviamente lucrando sulla
differenza fra la somma anticipata e quella riscossa.
I contadini europei, quindi, non producevano solo per l’autoconsumo, ma molto,
molto di più, pur vivendo in una situazione generale di precarietà e denutrizione.
Su dieci sacchi di grano raccolti, uno era per la decima, all’incirca un altro per i di-
ritti signorili, tre o quattro – ma spesso di più – per il proprietario, mentre un paio
dovevano essere accantonati per la semina; e su quello che restava bisognava an-
cora pagare i debiti e le tasse. Di conseguenza, qualunque forma di ascesa sociale
o di miglioramento delle condizioni restava al di fuori dell’orizzonte materiale e
mentale del contadino.

68
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

2 Le città: nobiltà, corporazioni e plebe urbana


LESSICO La realtà sociale delle città
Corporazioni
Le corporazioni erano La città europea preindustriale era stata per secoli caratterizzata dalla presenza
associazioni di mestiere di tre classi sociali distinte, che si erano ormai abituate a convivere: un’élite ari-
che riunivano coloro stocratica, proprietaria terriera, alla quale si affiancava il mondo delle professio-
che, artigiani o mercanti,
svolgevano la stessa
ni, costituito da medici e uomini di legge; un mondo produttivo, strutturato in
attività economica e si corporazioni, che gestivano, secondo un ordine gerarchico, i mercanti, i proprie-
associavano per tutelare tari dei mezzi di produzione, i lavoranti, gli apprendisti ecc.; una plebe, la cui vita
i propri interessi.
Il mondo del lavoro
era costantemente minacciata e precaria.
e della produzione I confini fra questi tre mondi non erano invalicabili, ma tuttavia ben definiti. Il
fu regolato per molti primo possedeva le risorse per accedere ai consumi di lusso, alla cultura, al latino;
secoli dalla struttura
corporativa.
il secondo, invece, era costituito da coloro che occupavano una precisa posizione
nell’ordine gerarchico ed erano quindi subordinati a chi, nella piramide sociale, li
precedeva; infine, al livello più basso, si collocava chi era in condizioni di miseria,
aveva bisogno di assistenza, mendicava e, spesso, era privo di fissa dimora.
La ricchezza agricola che affluiva dalle campagne alimentava in città una serie
di consumi di lusso, attraverso i quali i ricchi potevano esibire le proprie fortune
e raggiungere così un determinato prestigio sociale. Anche coloro la cui ricchezza
non si era formata con le rendite agricole, ma in ambiente cittadino (per esempio
nei commerci, nelle manifatture, con attività bancarie o svolgendo cariche pubbli-
che), puntavano ad acquistare una grande proprietà terriera, meglio se collegata
a un titolo di nobiltà, perché solo così avrebbero ottenuto una posizione sociale
riconosciuta, trasmissibile per eredità.
Le classi dirigenti non costituivano un mondo totalmente chiuso, ma l’ascesa
sociale era difficile. Certo, si potevano accumulare notevoli fortune con le attività
mercantili e bancarie, ma all’élite si poteva accedere più agevolmente attraverso la
fedeltà politica o il sostegno alle grandi famiglie coinvolte nella lotta per il pote-
re. L’ascesa sociale, però, si concludeva con successo solo dopo aver ottenuto tre
importanti elementi di stabilizzazione: la proprietà terriera, una buona strategia
matrimoniale, capace di rafforzare la rete parentale, e infine il titolo nobiliare.
La nobiltà era dunque l’obiettivo ultimo, il più difficile da raggiungere; e, anche
dopo averlo conseguito, per varie generazioni il nuovo arrivato e i suoi discendenti
sarebbero stati disprezzati dall’antica aristocrazia fondiaria, che non li considerava
nobili perché marchiati dalle attività «volgari» con le quali avevano conquistato, da
troppo poco tempo, il loro status. Così, per mercanti e banchieri l’ascesa sociale ver-
so la nobiltà comportava spesso l’abbandono delle attività che avevano sì prodotto
quella stessa ascesa, ma che non avrebbero mai potuto consolidarla. In ogni caso,
nelle città europee più prospere e attive la porta per entrare a far parte dell’élite era
ormai troppo stretta rispetto al numero, alla potenza e al dinamismo delle famiglie
che avevano accumulato i requisiti di ricchezza ed educazione richiesti per accedervi.
Quasi tutta la produzione manifatturiera, frutto di raffinate botteghe artigiane
locali, era finalizzata ai consumi delle classi dirigenti. Le stoffe preziose di seta,
intessute d’oro e d’argento, i merletti, i cappelli e le parrucche, le armi cesellate, i
finimenti dei cavalli, le carrozze, i mobili e gli specchi, gli arazzi e i quadri, gli stru-
menti musicali, i libri, gli oggetti d’arte e i gioielli erano prodotti nelle città più grandi
e più ricche, e per un mercato internazionale, da artigiani altamente specializzati.

69
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Nobili a pranzo
in campagna dopo
la battuta di caccia.
Dipinto di Nicolas
Lancret del XVIII secolo.
Collezione privata.

I trasporti erano così difficili e lenti, al passo del cavallo o del mulo, su strade
insicure e sconnesse, che solo merci di grande valore valevano il costo di un lungo
viaggio; invece, per tutto ciò che doveva essere trasportato in grandi quantità (ma-
terie prime, grano, ma anche vino, olio, panni) venivano preferite le vie marittime,
che permettevano di abbassare i costi. Tuttavia, nei limiti del possibile, tutto doveva
essere prodotto vicino ai luoghi di consumo; in caso contrario, i prezzi sarebbero
cresciuti oltre le possibilità di assorbimento del mercato, a eccezione dei prodot-
ti di gran lusso, il cui prezzo era comunque tale che il trasporto non vi incideva.

La funzione di controllo sociale delle corporazioni


Nel mondo delle botteghe artigiane la divisione per settori produttivi era netta
e non era facile passare da un’attività all’altra, disinvestire in un ambito e reinve-
stire in un altro. I mestieri erano infatti inquadrati in corporazioni, associazioni
di persone che svolgevano la stessa attività produttiva, alle quali si accedeva con
difficoltà e dalle quali non si poteva uscire. Le corporazioni vigilavano sulla qua-
lità dei prodotti e sui prezzi, dirimevano i conflitti e mediavano con il potere po-
litico, le istituzioni religiose, le grandi famiglie e le loro clientele; erano domina-
te da dinastie di mastri che si facevano eleggere alle cariche direttive, tutelavano
l’armonia interna ed esercitavano il loro potere sui rapporti di lavoro. Per aprire
una bottega artigiana ed entrare in una corporazione, bisognava fare anni di ap-
prendistato e sottomettersi all’autorità di un mastro: meglio se se ne era figli o se
ne diventava generi.
Il potere politico e religioso stringeva rapporti privilegiati con i vertici delle ge-
rarchie corporative, affinché esercitassero un’efficiente funzione di controllo so-
ciale e garantissero l’ordine, la riscossione delle imposte e il mantenimento degli

70
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

equilibri economici; nelle corporazioni, infatti, il conflitto sociale veniva occultato,


spesso risolto, e in ogni caso gestito.
Gli apprendisti e i lavoranti (a volte già chiamati «operai») vivevano a contatto
con il mastro e imparavano da lui, in un rapporto personale diretto. Spesso si spo-
stavano in altre botteghe, anche in città diverse, per completare la loro formazio-
ne, e forse, se alla fine di questo lungo percorso si fossero dimostrati sufficiente-
mente sottomessi alle regole gerarchiche, sarebbero entrati nei quadri corporativi.
Ma la bottega artigiana, in città, non era tutto e il mondo del lavoro confinava
con quello, dilagante, della miseria, della mendicità, della marginalità, dei lavori
precari, delle attività non riconosciute, in situazioni di semiservitù o in posizioni
confuse, in cui si faceva tutto quello che capitava, come piccoli mestieri di stra-
da, non protetti (per esempio di facchinaggio o di «spicciafaccende»). Gran par-
te della popolazione urbana, che cresceva di continuo a causa dell’immigrazio-
LESSICO ne dalle campagne, viveva in queste condizioni di marginalità. I conflitti urbani
Calmiere erano violenti e ineliminabili, e scoppiavano quasi sempre per il pane, nel caso
Prezzo massimo in cui mancasse, fosse troppo caro o di cattiva qualità. Allora, le autorità cittadi-
di vendita di un bene,
in genere di prima
ne, la Chiesa, le grandi famiglie aristocratiche e le corporazioni si sforzavano di
necessità, fissato far tornare l’ordine al più presto, comprando grano, sedando i tumulti o usando
dalle autorità in il «bastone» della repressione e la «carota» della distribuzione di cibo a prezzi
particolari periodi.
calmierati.

L’interno di una
farmacia italiana
nel XVIII secolo.
Roma, Museo Storico
Nazionale Dell’Arte
Sanitaria.

Leggi l’immagine
• Descrivi tutte
le attività che si
svolgevano nella
farmacia, osservando
i personaggi ritratti.
• Quale corporazione
sovrintendeva alla
preparazione e alla
vendita di farmaci?
Ne ricordi altre?

71
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

3 Un mondo di comunità e di gerarchie


La vita associata nelle campagne
Soprattutto in campagna, ma anche in città, ben pochi erano nelle condizioni di
poter pensare a se stessi come a individui, persone singole, dotate di diritti indi-
viduali; infatti i diritti erano riconosciuti solo ai membri di una collettività o di
una comunità (famiglia, parrocchia, villaggio, associazione di mestiere…). Al di
fuori dell’ordinamento per comunità, l’individuo in quanto tale non aveva un ruo-
lo e, d’altra parte, il funzionamento generale nonché la stessa sopravvivenza della
società erano legati a soluzioni comunitarie, particolarmente preziose per il con-
trollo sociale e per fronteggiare situazioni di sofferenza. Perdendo la comunità, si
perdevano identità e protezione.
In campagna, l’inquadramento comunitario era di grande importanza. Il villag-
gio rurale provvedeva collettivamente alla sistemazione agricola del suolo, am-
ministrava le proprie risorse e si occupava della manutenzione delle strade, delle
LESSICO
Endogamia/ acque, della chiesa, della piazza del mercato, della fontana. Possedeva delle terre
Esogamia comuni: il pascolo, il bosco, spesso un gregge comunale.
L’«endogamia» è la Il comune rurale era frequentemente endogamico, nel senso che le unioni matri-
prassi secondo la quale
si contrae il matrimonio
moniali avvenivano al suo interno, e ogni famiglia si sforzava di costruire e raffor-
all’interno di un certo zare le reti parentali, anche attraverso matrimoni nell’ambito della stessa parentela.
gruppo. L’«esogamia», Inoltre, il villaggio rurale coincideva con la stessa comunità religiosa. Ogni do-
al contrario, è la prassi
secondo la quale
menica la chiesa si riempiva per la funzione; battesimi, matrimoni e funerali coin-
il matrimonio viene volgevano tutti e cementavano il sentimento di appartenenza alla comunità. Le
contratto al di fuori feste del santo patrono coincidevano di solito con i momenti significativi del ciclo
di un certo gruppo.
agricolo e offrivano l’occasione per consolidare i legami di inclusione.
Anche dal punto di vista culturale la comunità aveva un’identità forte, che era in
grado di difendere. I comportamenti asociali, trasgressivi o violenti venivano col-
lettivamente sanzionati, a volte con «rituali» di derisione o di vera e propria mes-
sa alla gogna, non sempre tenuti sotto controllo e neppure condivisi dall’autorità
civile e dal clero.
Il banco di prova più importante per testare i vincoli comunitari e il ruolo diretti-
vo del signore era soprattutto costituito dal lavoro agricolo. Nei giorni dell’aratura

Comunità rurale.
I festeggiamenti per
un matrimonio in una
comunità contadina
delle Fiandre, dipinto di
David Teniers II
del 1650 circa.

72
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

LESSICO e della mietitura l’intera comunità rurale si trovava coinvolta in un grande sfor-
Consuetudine
zo collettivo; i campi aperti e i ritmi della rotazione agraria, del resto, favorivano
Regola sociale osservata
dai membri di una l’uso comune del tempo di lavoro, degli spazi e delle attrezzature, che spesso veni-
comunità e possibile vano fornite dal signore dietro pagamento dei diritti previsti dalla consuetudine.
fonte di diritto (diritto
La manutenzione di campi, strade e fossi era gestita dalla signoria ed eseguita
consuetudinario). Tipica
del mondo medievale e in comune dagli abitanti del villaggio, secondo una logica di intervento pubblico.
della prima Età moderna, Anche il sistema fiscale rafforzava il controllo reciproco all’interno della comuni-
la consuetudine traeva tà, perché il soggetto tassato era la comunità stessa, che aveva poi il compito di
la propria legittimità dal
fatto di essere una prassi ripartire il carico fra i singoli contribuenti.
osservata da moltissimo
tempo. La vita associata nelle città
Anche in città prevaleva l’organizzazione sociale per comunità. Le corporazioni,
anzitutto, non erano solo luoghi di gestione e controllo del lavoro, ma anche vere
e proprie cellule di vita sociale, che avevano una propensione endogamica e forti
reti di interessi reciproci e relazioni di ogni genere. Spesso controllavano il terri-
torio: un quartiere, una strada in cui si affollavano botteghe di una stessa specia-
lizzazione, con la rispettiva parrocchia, confraternita, festa religiosa, o con il culto
di un particolare santo.
Non era solo l’artigianato ma anche la maggioranza dei mestieri ad avere un’or-
ganizzazione corporativa; e laddove non si erano raggruppati spontaneamente, a
partire dal Medioevo, in corporazioni, venivano indotti a farlo dal governo, che in
tal modo riscuoteva meglio le imposte, controllava l’ordine e il funzionamento so-
ciale generale, concedeva favori e privilegi rafforzandosi a livello politico.
Quando si univano tra loro persone che svolgevano un mestiere più prestigioso,
non si parlava più di corporazione ma di «compagnia» o «corpo». Per esempio, i
mercanti si aggregarono in compagnie per ottenere determinati privilegi o veri e
propri monopoli; gli armatori-importatori specializzati nelle rotte coloniali fonda-
rono poi le «compagnie delle Indie», orientali e occidentali; i grandi banchieri, an-
cora, si diedero forme associative che si stavano già trasformando nei primi espe-
rimenti di banche centrali. Si trattava di grandi centri di potere che finanziavano
gli Stati e che erano in grado di contrattare collettivamente con i sovrani: il corpo
dei magistrati era capace di opporsi al potere politico, così come i notai, i funzio-
nari, gli ufficiali; e altrettanto facevano la Chiesa e la nobiltà.
Ognuno di questi corpi o corporazioni o compagnie aveva la sua collocazione
nella società, il suo posto nelle processioni religiose e nei cortei regali, un rango
riconosciuto da un proprio statuto (ottenuto, conquistato o contrattato), una par-
ticolare sistemazione legislativa, un suo «privilegio», una sua «libertà».
Anche la società religiosa era articolata in corpi (conventi, abbazie, congrega-
zioni, confraternite), e fra un corpo e l’altro esistevano rapporti particolari, diversi
tra loro. Le confraternite erano anche i luoghi in cui si aggregavano alcune fran-
ge della vita corporativa; per esempio, coloro che erano stati esclusi dai vertici di
potere delle corporazioni stesse, ma che, comunque, avevano costruito reti in cui
circolavano denaro, potere, favori reciproci e prestigio.
Vigevano poi reti di fedeltà, che facevano capo alle famiglie nobili e alle loro clien-
tele. Fra le mura di una stessa città potevano addirittura essere contrapposti diversi
santi patroni, ognuno in rappresentanza di una catena di lealtà, alleanze, subordi-
nazioni tra famiglie aristocratiche, ordini religiosi, corporazioni, quartieri cittadini.

73
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

La rigida gerarchia della società d’Ancien régime


Bisogna perciò immaginare la società urbana d’Antico regime come un insieme
ordinato e gerarchizzato di cellule, ognuna dotata di una propria identità e di un
posto ben individuato – diverso da quello delle altre – all’interno del tessuto so-
ciale, ognuna con un suo specifico rapporto con i vertici del potere. Ciascuno di
questi nuclei sociali aveva la propria gerarchia interna, e l’élite, che era considera-
ta in qualche modo «naturale», la rappresentava in chiesa, nelle processioni, nelle
festività; prendeva la parola, se e quando richiesta, e teneva i rapporti fra l’alto e
il basso. Questa élite parlava con il sovrano – o con i suoi ufficiali – a nome della
comunità, e con la comunità a nome del sovrano; per preminenza sociale, costitu-
iva la sanior pars (letteralmente, la parte «più sana», ossia la migliore) della comu-
nità stessa. Posizione patrimoniale e funzione sociale e politica si confondevano; i
vertici di ogni cellula sociale emergevano «naturalmente», a fare da mediatori fra
l’alto e il basso e fra il re e il suo popolo.
Ogni comunità era agganciata a un’altra, a formare una lunga catena. Vista dal
basso verso l’alto si presentava, per così dire, come una scala ascendente che portava
fino al vertice delle aspirazioni e della piramide sociale, dove si conquistavano gli
onori di cui godeva quella particolarissima comunità al centro del potere: la corte.
Vista dall’alto al basso, invece, quella stessa scala degradava progressivamente
verso un livello sempre più alto di disprezzo, che raggiungeva il suo culmine con le
comunità reiette, come stranieri ed esclusi (per esempio gli zingari, perennemen-
te scacciati, e gli ebrei, costretti a vivere, nell’Europa cattolica, in quartieri separati,
i ghetti). Ma anche le comunità dei reietti erano pur sempre comunità, con le loro
regole e i loro mestieri: gli zingari lavoravano principalmente come mercanti di
cavalli e artigiani del rame, mentre gli ebrei (ai quali era preclusa la proprietà della
terra) come prestatori di denaro, sarti o commercianti.
Nell’ordine gerarchico e corporativo si poteva cercare di salire, di gradino in gra-
dino, seguendo una propria strategia politica, sociale, matrimoniale, oppure si po-
teva cercare fortuna altrove (in attività non corporative, non sorvegliate), partire,
conquistare un proprio spazio da un’altra parte. In ogni caso uscire dalla propria
comunità era pericoloso, perché poteva comportare la perdita di ogni protezione.
S2 Donne e politica, Per tale ragione, nella maggior parte dei casi, l’uscita dalla comunità non era vo-
p. 99
lontaria ma traumatica e prodotta dalla distruzione della comunità stessa, a cau-
sa di eventi bellici, di sconvolgimenti sociali o politici, di tragedie naturali come le
carestie o le epidemie, di persecuzioni.

LA SOCIETÀ DI ANTICO REGIME

Nuclei sociali interconnessi e ordinati secondo gerarchie interne ed esterne

nessun diritto riconosciuto alcuni diritti riconosciuti


a chi è in fondo alla scala sociale a chi fa parte di una comunità

• nessun ruolo nei corpi sociali • ruoli stabiliti nei corpi sociali
• nessuna tutela corporativa • tutela e controllo corporativi
• nessuna protezione legale • protezione legale
• nessuna sicurezza e garanzia • garanzia e sicurezza comunitaria

74
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

Gerarchie.
Chierici, nobili, Guardie
Svizzere, popolani e
mendicanti partecipano
alla cerimonia di
consacrazione del
cardinale Giuseppe
Pozzobonelli a Roma.
Dettaglio di un dipinto
di Gian Paolo Panini
del 1744.

Ceto/ordine/stato Le società di Antico


LA STORIA NELLE PAROLE
regime erano caratterizzate da un’orga-
Definire l’ordine sociale nizzazione per ceti (ordini o stati), ge-
rarchicamente ordinati per importanza:
Gerarchia Il termine deriva dal greco tar- nobiltà, clero e Terzo stato. Questa tri-
do hierárkhēs, che indicava il capo delle partizione risaliva all’idea medievale che
funzioni sacre («gerarca»). Una gerarchia vedeva la società divisa in base alle fun-
è un sistema che mette in relazione i vari zioni di ogni gruppo (bellatores, oratores
elementi che la compongono attraverso e laboratores, dediti rispettivamente al-
rapporti di supremazia/subordinazione, la guerra, alla cura delle anime, alle at-
dal più al meno importante. L’ordine ge- tività produttive). Le funzioni di ciascun
rarchico prevede dunque dei livelli, che ceto erano stabilite dalla legge e si po-
possono essere funzionali alla distribu- teva godere di alcune prerogative solo
zione del potere e all’efficienza, all’in- in quanto membri, dalla nascita, di uno
terno dei quali e fuori dai quali ci si può di essi.
muovere secondo determinate regole. Classe sociale Il termine «classe» vie-
Aristocrazia Intesa come una delle tre ne utilizzato per definire i gruppi sociali
forme classiche di governo (monarchia, dopo la rivoluzione industriale. Una so-
democrazia, aristocrazia), è quella in cui cietà divisa in classi è definita in base a
il potere è nelle mani di coloro che si un criterio economico, per il quale con-
considerano o sono considerati «i mi- ta il ruolo esercitato nel possesso della
gliori» (áristoi); essi non sono da inten- ricchezza e nel sistema produttivo. L’ap-
dersi necessariamente come i nobili, partenenza a una classe sociale è data
anche se, storicamente, questi ultimi vi dalle condizioni di vita e non per leg-
si sono spesso identificati. Per questa ge. Per legge i diritti e i doveri sono in-
ragione, già dall’Età antica, divenne co- dividuali e uguali per tutti i membri che
mune l’accezione del termine in riferi- compongono la società, anche se al suo
mento al gruppo sociale dei privilegiati, interno permangono disuguaglianze eco-
per lo più per discendenza. nomiche.

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| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

4 Famiglie nucleari e famiglie complesse


Famiglia o famiglie?
La cellula comunitaria più piccola era la famiglia, che costituiva la primaria unità
sociale e anche fiscale: il «fuoco». La popolazione veniva infatti contata e tassata
per «fuochi» (focolari), non per persone fisiche. La famiglia poteva essere nuclea-
re (genitori-figli) o complessa. Quella complessa poteva essere estesa, nel caso in
cui presentasse un solo nucleo coniugale e uno o più parenti conviventi, o multi-
pla nel caso di convivenza di due o più nuclei coniugali: verticale se il legame di
parentela era quello tra genitori e figli, orizzontale, qualora includesse i nuclei fa-
migliari di fratelli e/o sorelle.
Il quadro europeo, in termini di geografia delle famiglie, si presenta in modo
molto vario, difficilmente riconducibile a uno schema. Oggi non si ritiene più at-
tendibile il vecchio paradigma secondo cui lo spartiacque tra la famiglia «tradizio-
nale» e quella «moderna» sia costituito dai grandi cambiamenti sociali avvenuti tra
il XVIII e il XIX secolo, principalmente in seguito alle trasformazioni portate dalla
rivoluzione industriale ( ▶ cap. 7).

La famiglia nucleare
Generalizzando, la famiglia nucleare era per lo più diffusa in Europa nord-occi-
dentale già in età preindustriale: era caratterizzata da matrimonio tardivo (26 anni
per gli uomini, 23 per le donne), una residenza diversa rispetto a quella delle fami-
glie di provenienza (neolocalità), una media di 4,75 persone per nucleo familiare
e la presenza di servitù.
La famiglia nucleare era diffusa anche dove prevaleva la proprietà fondiaria: qui
i contadini non possedevano la terra e non dovevano quindi aspettare nessuna

Famiglia nucleare.
Una tipica famiglia
nucleare diffusa in Nord
Europa: la famiglia
inglese Buckley-Boar.
Dipinto anonimo
del XVIII secolo.

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Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

eredità per mettere su casa. Uscivano dalla famiglia precocemente per fare i brac-
cianti agricoli, o si recavano in città a cercare lavoro. A ciò si aggiungeva la libertà
di fare testamento a favore dell’uno o dell’altro dei figli, nei casi in cui ci fosse una
proprietà da lasciare in eredità. Sposandosi in giovane età, cominciavano presto a
fare figli e perciò ne avevano molti, alimentando la crescita demografica e di con-
seguenza la disponibilità di forza lavoro per i primi esperimenti industriali.
Chi era escluso dall’eredità, doveva andare a costruirsi la sua fortuna altrove: in
questo modo si alimentava l’individualismo e si ponevano le premesse culturali
per lo sviluppo della libera concorrenza e di un mercato capitalista. Ciò avvenne
in particolare nelle colonie inglesi d’America, distantissime dalle pratiche comu-
nitarie consolidate dell’Europa.
Anche la pianura granaria della Francia settentrionale, gran parte della Pianu-
ra padana, l’Italia meridionale e la Sicilia, parte della Spagna e della Polonia erano
zone di famiglia nucleare. Ma qui la successione era egualitaria, e quindi l’indivi-
dualismo meno pronunciato.

La famiglia complessa
S1 Autorità paterna In molte altre regioni europee prevaleva invece la famiglia complessa di tipo pa-
e libertà dei figli nelle
scelte matrimoniali,
triarcale: in Germania, in Svezia, in Irlanda, nel Galles, nella Francia meridionale,
p. 98 in Belgio, in Catalogna, in Svizzera, in Austria, in Grecia e, in modo particolarmente
diffuso, nell’Italia centrale e in Veneto, con un aumento di percentuale nelle zone
rurali. In queste zone era presente la piccola proprietà contadina o, comunque, la
conduzione diretta, a mezzadria. Le residenze neolocali erano scarse, così come la
presenza di servi; l’età delle donne al momento del matrimonio era di gran lunga
inferiore a quella del modello nord-europeo, con una differenza di dieci anni cir-
ca tra uomini e donne.

Un contratto
di matrimonio.
Dipinto di Gaspare
Traversi del 1750.
Roma, Galleria
Nazionale d’Arte antica.

77
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

In altre zone, come in Boemia e in Russia, la piccola azienda contadina non esi-
steva affatto, ma la struttura comunitaria era comunque fortissima e la famiglia
complessa era dominante. I giovani non erano abbandonati al proprio destino né
andavano a vivere da soli, ma rimanevano nella casa paterna, dove portavano la
sposa e crescevano i figli.
Il giovane maschio restava sotto il potere patriarcale del capofamiglia, men-
tre la giovane donna passava dalla gestione domestica della madre a quella della
suocera ed era tenuta lontana dal lavoro dei campi e dalla servitù domestica. Per
sposarsi, i ragazzi dovevano avere il consenso delle famiglie o, più spesso, ac-
cettavano passivamente il partner deciso dagli anziani della comunità, che con-
cordavano i matrimoni proprio in vista di un rafforzamento dei legami parentali
e patrimoniali.
I Paesi a famiglia complessa erano caratterizzati da una minore mobilità in-
dividuale e quindi da una cultura meno preparata e decisamente meno incline
alle novità. Viceversa, avevano più solidità e solidarietà, più condivisione dei ri-
schi e dei carichi, una maggiore predisposizione a pensare la terra, lo spazio, il
lavoro e nei decenni e secoli successivi l’impresa economica, come se fosse un
affare collettivo.
Dal quadro delineato si può riscontrare la difficoltà di individuare modelli
di famiglia per l’Europa preindustriale: si deve dunque parlare di varietà delle
strutture familiari e tenere anche ben presenti le trasformazioni di una fami-
glia nel tempo.

Le diverse modalità testamentarie


I differenti usi del testamento in vigore nelle varie zone aggiungevano varietà al-
la famiglia europea. Nell’Europa mediterranea, a tradizione giuridica romana,
prevaleva la successione paritaria di tutti i figli maschi, fra i quali era ripartita la
proprietà immobiliare, che quindi era soggetta a continue frammentazioni e riag-
gregazioni. Altrove l’intera proprietà familiare andava al primogenito, perché il
patrimonio non si dividesse.
Le figlie femmine erano indennizzate con la dote, ossia il complesso dei beni –
denaro e beni mobili – che la moglie portava al marito come contributo agli oneri
del matrimonio. La dote escludeva le donne dall’eredità e, celebrato il matrimo-

I MODELLI FAMILIARI
Famiglia nucleare Famiglia allargata
• in senso verticale:
genitori + figli + nipoti
Composizione solo genitori + figli
• in senso orizzontale:
genitori + figli + fratelli con le loro famiglie
in regioni con grandi proprietà fondiarie in regioni con piccole proprietà contadine
Dove
(contadini = braccianti, domestici o salariati) (contadini = proprietari della terra o mezzadri)
precoce (nessun vincolo alla terra, quindi tardivo (forte legame con l’azienda agricola,
Matrimonio
più mobilità e libertà) quindi meno mobilità)
• crescita demografica • meno nascite
Effetti sul • disponibilità di forza lavoro • meno braccia per il mercato del lavoro
tessuto sociale • incentivazione dei primi esperimenti • basso sviluppo economico
industriali

78
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

nio, veniva gestita dal nuovo capofamiglia. Nelle famiglie meno abbienti capitava
di frequente che le ragazze non potessero beneficiare dell’aiuto della famiglia per
accumulare la dote; nacquero dunque, in varie città, istituti per la dotazione delle
ragazze povere.
In Italia, e anche in altre zone, fra i ceti dominanti si diffuse l’istituto del fede-
commesso, secondo cui il palazzo paterno e le grandi proprietà terriere andavano
in blocco al primogenito, che non ne poteva usufruire liberamente, in maniera del
tutto autonoma, non aveva la possibilità di venderle e le doveva consegnare alla
generazione seguente. Questo naturalmente danneggiava i cadetti, i fratelli mi-
nori, e, inoltre, precludeva la facoltà di disporre del proprio patrimonio come me-
glio si credeva, per esempio per reinvestirlo in altre attività. Con il fedecommesso
LESSICO una generazione ipotecava il futuro del patrimonio, sottraendo la libertà di scelta
Manomorta alle generazioni successive.
Istituto giuridico di
origine medievale che
Anche i beni della Chiesa costituivano una proprietà inalienabile, chiamata in
vietava a vassalli e servi Italia manomorta: non erano intestati a persone vive, quindi mortali, ma a enti
della gleba di disporre ecclesiastici, che non li potevano né vendere né lasciare in eredità e che su di es-
dei propri beni per
testamento. Tale norma
si non pagavano imposte. Fedecommessi e manomorte rappresentavano un caso
si estese in seguito ai vistoso della difficoltà in cui si trovava la società settecentesca a generalizzare l’u-
beni di enti morali, come so individuale della proprietà privata, creando un ostacolo non indifferente allo
quelli ecclesiastici.
sviluppo capitalista.

Non è facile, oggi come ieri, giungere a una defi-


LE FONTI
nizione univoca del termine famiglia. I dizionari di-
Per una definizione cono che si può chiamare famiglia il gruppo com-
di «famiglia» posto da genitori e figli, ed altri eventuali parenti,
che condividono la stessa abitazione.
Definiamo altresì famiglia un gruppo più esteso di persone legate da vincoli di pa-
rentela, non necessariamente conviventi. O, al contrario, l’insieme di persone che
convivono ma non hanno relazioni di parentela.
Il latino familia faceva riferimento ai servi che erano alle dipendenze di un unico pa-
drone, i famuli; nel Medioevo questo significato ritorna nell’uso del termine famiglia
per indicare il complesso dei dipendenti di un signore.
Leon Battista Alberti, nel Quattrocento, sostiene che

Famiglia è figliuoli, la moglie, e gli altri domestici, famigli e servi.


Leggi in digitale il testo
Vita da bracciante
sulle condizioni di Nella prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca del 1612,
vita dei contadini la famiglia viene definita in questo modo:
francesi scritto da
un contemporaneo, Figliuoli, che vivono, e stanno sotto la podestà, e cura paterna, compren-
l’ingegnere de Vauban. dendosi anche moglie, e sorelle, e nipoti del padre, se gli tenesse in casa.
• Che lavori
svolgono e quanto
guadagnano i Nella quarta edizione del Vocabolario (1729-38), in modo analogo:
manoeuvriers?
• Quali attività Figliuoli, che vivono, e stanno sotto la podestà, e cura paterna, compren-
integrative deve dendosi anche moglie, sorelle, e nipoti del padre, se gli tiene in casa.
svolgere la famiglia
di un manoeuvrier
Queste definizioni fanno riferimento alla famiglia come il gruppo più o meno esteso
per poter
sopravvivere? di persone che dipende dal capofamiglia e risiede nella stessa abitazione.

79
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

5 La nobiltà e le libertà nel modello


repubblicano
Il ruolo della nobiltà nel modello repubblicano
Le forme istituzionali esistenti in Europa all’inizio del Settecento si distinguevano
sostanzialmente in un modello repubblicano e in un modello monarchico.
Con «modello repubblicano» qui si intende non soltanto l’assetto istituziona-
le delle repubbliche vere e proprie (come la Repubblica di Venezia e la Repub-
blica delle Province Unite d’Olanda), ma anche quello delle monarchie in cui il
potere del sovrano era limitato da assemblee rappresentative ( ▶ cap. 1). Il mo-
dello monarchico vero e proprio viene invece di fatto a coincidere con l’assolu-
tismo ( ▶ cap. 2).
Nel modello «repubblicano» la quasi totalità del potere era nelle mani della
nobiltà, che in origine, nell’Europa carolingia, aveva detenuto in esclusiva la fun-
zione militare, sostenendo con le armi il potere spirituale e temporale. I grandis-
simi benefici di cui continuava a godere avevano lo scopo di remunerare appunto
questa funzione.
Nelle monarchie «a modello repubblicano» il privilegio della nobiltà consisteva,
nei rapporti di stretta interdipendenza con il sovrano. Il nobile doveva al suo re
auxilium e consilium («aiuto» e «consiglio») e si mostrava pronto a sostenerlo con
la spada, il patrimonio, il consenso e la lealtà.
In cambio, otteneva l’immunità dalla giurisdizione ordinaria ed era esentato
dagli obblighi fiscali; inoltre, assai spesso, su tutte le sue proprietà deteneva la giu-
risdizione, ossia l’amministrazione della giustizia. Era, insomma, il signore: dirige-
va la vita comunitaria, ricavava la propria rendita dai diritti signorili e amministra-
va la giustizia civile e penale, avendo addirittura il potere di condannare a morte.
Le due figure, il signore e il nobile, non necessariamente coincidevano: il signore
poteva anche essere un ecclesiastico (di solito, comunque, di famiglia aristocratica),
un ente e perfino un borghese; il nobile, invece, poteva anche non detenere alcu-
na signoria. Nella maggior parte dei casi, comunque, l’antica funzione signorile di
governo del territorio restava legata al titolo nobiliare.
In generale, il nobile aveva anche degli obblighi, violando i quali «derogava» e
rischiava di perdere il titolo. Anzitutto, doveva tutelare il suo onore, cioè la sua im-
magine di coraggio, lealtà, sincerità, rispetto della parola data, generosità e non at-
taccamento al denaro. Inoltre, doveva «vivere nobilmente», cioè non doveva gua-
dagnare denaro con il proprio lavoro. In caso di bisogno, doveva prestare servizio
militare e, per il resto, occuparsi delle sue proprietà terriere, poiché solo l’impe-
gno lavorativo in agricoltura era considerato compatibile, anzi confacente, con la
sua condizione.
La gestione delle terre, anche se si traduceva in guadagno, non costituiva una
deroga alla nobiltà, né era considerato illecito che l’aristocratico si arricchisse ven-
dendo i prodotti delle sue terre; tant’è vero che si cominciava a parlare, pur con
qualche cautela, di «nobiltà commerciante». Per continuità, si riteneva che fosse del
tutto lecita per il nobile non solo l’agricoltura, ma anche l’attività mineraria, e quin-
di quella imprenditoriale in genere, purché svolta abbastanza in grande. Così, nelle
zone culturalmente ed economicamente più moderne, come l’Inghilterra, le nor-
me sulla deroga alla nobiltà per attività commerciali erano ormai cadute in disuso.

80
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

Poiché non tutti potevano permettersi di vivere di rendita, per mantenere lo


standard richiesto dalla loro condizione giuridica e sociale i nobili molto spesso
erano indebitati e quindi dipendenti dai governi, che li sovvenzionavano con ren-
dite e pensioni, trasformandoli dunque, agli occhi dei non privilegiati, in «fortu-
nati parassiti». In altri casi, invece, l’aristocratico era addirittura povero, e perfino
coltivava la terra con le sue mani, senza che questo implicasse necessariamente
danni alla sua immagine.

Il graduale rinnovamento della classe aristocratica


Nel Settecento l’aristocrazia di antica origine feudale era ormai molto esigua: la
lunga successione diretta di padre in figlio maschio, infatti, rischiava di interrom-
persi per estinzione naturale della famiglia, mentre le alterne vicende politiche
comportavano talvolta la caduta in disgrazia, e anche la distruzione, di una casata
di nobiltà militare.
In realtà, la grande maggioranza della nobiltà europea era recente. Aveva acqui-
sito il titolo o come ricompensa per una fortunata scelta di parte, o per aver finan-
ziato la politica, o per aver addirittura comprato la nobiltà con moneta sonante, o
ancora perché aveva ottenuto una carica pubblica «nobilitante», cioè uno di quegli
ambìti uffici insieme ai quali si riceveva, appunto, un titolo nobiliare.
Nobiltà di toga. Quindi, oltre alla nobiltà militare, che in Francia veniva detta «di spada», ce n’e-
I magistrati municipali
ra appunto un’altra, chiamata «di toga», il cui titolo era motivato dalla funzione
di Parigi discutono
sull’organizzazione occupata nella magistratura. L’antica aristocrazia discendente dalla fiera razza dei
delle celebrazioni reali conquistatori era, insomma, più che altro un mito.
per Luigi XIV all’Hôtel
La nobiltà era gelosa custode delle proprie «libertà», cioè delle prerogative a lei
de Ville nel 1687.
Dipinto coevo riservate che definivano e tutelavano ogni singola comunità sotto la sua giurisdi-
di Nicolas de Largillière. zione. La libertà consisteva nell’affrancamento eccezionale da una norma generale,

81
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

nel non dover sottostare a un obbligo valido per tutti gli altri, per esempio quello
di un tributo; era, in altre parole, un rapporto particolare con il potere, una legge
privata, un «privilegio». La società che gli aristocratici avevano in mente si strut-
turava come un aggregato di parti strette intorno al sovrano, che esprimevano li-
beramente, cioè ognuna a suo modo, il consenso.

I corpi rappresentativi nel modello repubblicano


Dal Duecento in avanti la maggioranza dei Paesi europei si era dotata di «assem-
blee di stati» ( ▶ La storia nelle parole), nelle quali sedevano le maggiori famiglie
nobili, a nome delle comunità di sudditi. La Chiesa, la nobiltà e le città si stringe-
vano intorno al sovrano e gli fornivano, attraverso le rispettive élite, risorse ma-
teriali e politiche.
Le assemblee di stati erano in generale tricamerali (in Inghilterra bicamerali,
perché grandi aristocratici ed ecclesiastici sedevano insieme) e, di fatto, erano sal-
damente nelle mani di uno solo dei tre stati, la nobiltà, giacché i prelati facevano
parte dell’aristocrazia e le città erano governate, quindi rappresentate, dai nobili.
Secondo l’aristocrazia, il potere pubblico doveva essere controllato da queste as-
semblee rappresentative, delle quali si faceva parte per nascita o per elezione; in
tal senso, quindi, abbiamo definito questo modello «repubblicano».
Anche le città erano governate da consigli o «senati», simili alle assemblee, che
rappresentavano le parti, le clientele e i legami di fedeltà fra la struttura comuni-
taria e la sua sanior pars aristocratica. La città, cioè una struttura sociale ben più
complessa di quanto lo fosse il territorio rurale, esprimeva infatti una pluralità di
mestieri, condizioni sociali, ambizioni e reti di interessi; a tenere insieme queste
diversità era, appunto, la solidarietà nobiliare.
Al vertice della piramide istituzionale poteva esserci un re, eletto fra le grandi
famiglie, come in Polonia ( ▶ cap. 4, par. 3) o comunque controllato dalle logiche
di condivisione aristocratica del potere; oppure una magistratura repubblicana,
come accadeva a Venezia. In ogni caso, anche nei modelli di monarchia assoluta,
come quelli francese e spagnolo, il consenso dei nobili, l’aggregazione delle clien-
tele e la concordia delle città e dei territori apparivano fondamentali.
Il consenso nobiliare, l’aggregazione delle clientele e la legittimazione tramite la
concordia popolare corrispondevano a uno dei due grandi modelli politici dell’Eu-
ropa moderna: quello repubblicano.
Il modello repubblicano aveva strettamente a che fare con la libertà: un Paese
era infatti ritenuto libero quando le parti che lo componevano erano complesse
e diversificate, non schiacciate dal vertice ma aggregate in comunità cittadine, in
condizione di designare proprie aristocrazie capaci di difendere statuti e privile-
gi e di contrattare con il potere centrale la tipologia e l’ammontare delle imposte.
Quello repubblicano era dunque un modello istituzionale aristocratico, soprattut-
to urbano, che pensava la politica in modo consensuale e difendeva una libertà che
si ispirava ai modelli antichi, contro un’oppressione usurpatrice sempre in agguato.
Il modello repubblicano guardava al passato e puntava a conservare le proprie
libertà opponendosi al modello politico ormai vincente, quello della monarchia
assoluta. Tranne che nel mondo anglosassone, il modello repubblicano sembrava
destinato alla sconfitta; eppure, inaspettatamente, lo sviluppo culturale, sociale e
politico del Settecento stava per fornirgli una nuova vitalità.

82
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

6 La monarchia assoluta e l’espansione


dello Stato
Il conflitto tra modello monarchico e modello
aristocratico-repubblicano
L’altro modello politico era quello monarchico, secondo cui tutto il potere discen-
deva da Dio, che lo affidava al re, il quale era legittimato a governare anche sen-
za tener conto del consenso delle parti. Perciò le decisioni del re non potevano e
non dovevano ogni volta essere contrattate con le rappresentanze aristocratiche
delle comunità.
Il punto di vista monarchico era in conflitto con quello repubblicano-aristocrati-
co, anche se in molte monarchie europee i due approcci avevano trovato un punto
di equilibrio: il re esercitava dal centro la sovranità per diritto divino, l’aristocrazia
forniva il consenso delle parti.
Tuttavia, soprattutto nel Cinquecento e nel Seicento, le monarchie si erano
rafforzate con l’accrescersi dei bisogni e dei costi della politica, della guerra, della
burocrazia, e la figura del re aveva occupato spazi di decisione sempre più ampi,
a danno delle libertà o dei privilegi della nobiltà e degli altri ceti.
In politica questo progressivo rafforzamento aveva trovato una formula partico-
larmente vantaggiosa per il sovrano nella «monarchia assoluta», absoluta legibus,
cioè «sciolta dalle leggi». Ciò significava che la monarchia era superiore alla legge,
in quanto la legge proveniva dal re stesso: il re e solo lui, per diritto divino, era ca-
pace di produrre norme atte a innovare, cioè a modificare o a superare quelle che
valevano per antica consuetudine.
La monarchia assoluta aveva cercato di sottomettere le aristocrazie, le città, la
Chiesa, cioè di subordinare le parti alle decisioni del centro. Là dove era riuscita,
aveva messo a tacere le assemblee di stati, aveva acquisito il monopolio della giu-
stizia, creato un esercito permanente, un sistema fiscale autonomo dai poteri lo-
cali, una burocrazia centralizzata. Aveva rimodellato il governo del Paese, sottopo-
nendolo a consigli di nomina regia, ciascuno con il proprio apparato di burocrati
e inviando in ogni provincia e in ciascuna città funzionari capaci di imporre il si-
lenzio alle opposizioni e di far prevalere la volontà del sovrano. Naturalmente tut-
to questo aveva aperto la strada a un incremento degli aspetti arbitrari del potere
che molti giudicavano insopportabile.

MODELLO MONARCHICO E MODELLO REPUBBLICANO


Modello monarchico Modello repubblicano

vertice re per diritto divino (superiore alla legge re o magistratura repubblicana (sottomessi
istituzionale e legittimato da Dio) alla legge e legittimati dal consenso popolare)

controllato dal re, che decide


assemblee tricamerali (nobiltà + clero + città)
potere pubblico indipendentemente dalla contrattazione
e assemblee bicamerali (nobiltà + clero e città)
con le comunità

monarchico centralizzato (politica aristocratico (politica fondata sul consenso


modello
non fondata sul consenso e sull’accordo e sull’accordo con le rappresentanze
istituzionale
con le rappresentanze dei sudditi) dei cittadini)

83
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Le principali monarchie assolute in Europa


In Europa occidentale la formazione della monarchia assoluta aveva avuto suc-
cesso in due laboratori privilegiati: la Spagna di Filippo II, nella seconda metà del
Cinquecento, e la Francia di Luigi XIII, nella prima metà del Seicento.
Era invece fallita in Inghilterra, dove era stata costretta dalle due rivoluzioni
seicentesche a piegarsi a un compromesso con la rappresentanza parlamentare,
mentre né in Germania né in Italia centro-settentrionale era diventato un processo
nazionale unitario, limitandosi a esperimenti nell’ambito di Stati regionali.
In generale, la monarchia assoluta era stata contrastata dalle opposizioni loca-
listiche, sia aristocratiche sia urbane, poco propense a piegarsi alla legittimità di
diritto divino.
Nell’Europa orientale, invece, la grande aristocrazia si sottometteva politica-
mente al sovrano e in cambio riceveva carta bianca sulle sue immense proprietà
terriere, continuando a trarre enormi profitti dal commercio internazionale del
grano. In quei Paesi, in risposta alla crisi economica del Seicento, era di fatto tor-
nata la feudalità, o addirittura veniva introdotta per la prima volta: accadde così
LESSICO
Servitù della gleba in Russia, dove i contadini vennero trasformati (e prima non lo erano mai stati) in
Condizione che servi della gleba.
vincolava i contadini alla I nobili russi e ungheresi, boemi e prussiani schiacciavano i contadini e, dal
terra, impedendo loro
di andarsene, cambiare punto di vista politico, diventavano ingranaggi della monarchia assoluta. Solo in
mestiere o sposarsi Polonia, antica monarchia elettiva, esisteva una grande aristocrazia che conserva-
senza l’autorizzazione va potenza e autonomia politica e non cedeva alla modernizzazione e al rafforza-
del padrone.
mento della monarchia.
Nella seconda metà del Seicento, dopo la guerra dei Trent’anni, anche in Austria,
Prussia e Russia lo Stato poté svilupparsi relativamente privo di condizionamen-
ti e orientarsi del tutto verso il potenziamento del principio della centralizzazio-
ne monarchica.

Lo scopo dell’«esperimento assolutista»


La monarchia assoluta era un «esperimento politico» che si proponeva di raffor-
zare e razionalizzare lo Stato, ridimensionando il sistema dei privilegi ed esten-
dendo i poteri del governo al di là del semplice controllo del territorio.
I monarchi assoluti governavano ormai alla testa di una macchina burocratica
sempre più spersonalizzata, affrancata dalla necessità di contrattare il consen-
so nelle città e nei territori. E anche la nobiltà trovava una nuova collocazione in
questo quadro di consolidamento della politica assolutista: le poteva infatti esse-
re riconosciuta una particolare preminenza sociale, a patto però che rinunciasse a
condizionare la politica pretendendo di rappresentare le autonomie e che, anzi, si
ritagliasse un suo spazio nell’organizzazione statale.
Le monarchie assolute hanno avuto due compiti fondamentali. Il primo è stato
ridurre il grado di complessità e di diversità fra i ceti sociali, cioè cercare di ricon-
durre tutti i sudditi alla stessa legge, ma anche alla stessa religione, alla stessa lin-
gua e agli stessi costumi, piegando le autonomie e i localismi, vale a dire le libertà e
i privilegi. Il secondo compito è stato potenziare gli apparati burocratici, per con-
trollare dal centro tutti gli aspetti della vita del Paese, fino a estendere il ruolo dello
Stato anche a settori non tradizionali per la politica, come la cultura e l’economia.
Possiamo dire che l’aumento dell’intervento pubblico fosse in pieno svolgimento.

84
Luigi XV nella
Grand Chambre A sostegno della monarchia assoluta pote-
LE FONTI
del Parlamento vano essere elaborate molte argomentazio-
di Parigi nel 1715. Il re padre dei sudditi ni. Nel brano che segue Jacques-Bénigne
Dipinto di Louis Michel
Dumesnil del XVIII
Bossuet (1627-1704), predicatore dì corte
secolo. Versailles, incaricato da Luigi XIV di educare il figlio, ne propone alcune, articolando le proprie
Château de Versailles. riflessioni sulla base dei versetti della Bibbia.

La monarchia è la forma di governo più comune, la più antica e anche


la più naturale. […] Tutti dunque cominciano dalla monarchia; e quasi
tutti vi si sono mantenuti come nello stato più naturale. Abbiamo visto
come essa abbia il suo fondamento e il suo modello nell’autorità pa-
terna, che li abitua a obbedire, e li abitua al tempo stesso a non avere
che un capo.
Se è il più naturale, è di conseguenza il più durevole e per questo moti-
vo anche il più forte. Esso è anche il più opposto alla divisione che è il
male tipico degli Stati e la causa più certa della loro rovina […].
Quando gli Stati si formano, si cerca l’unione, né mai si è più uniti che
sotto un capo; mai al tempo stesso si è più forti perché tutto concorre
allo stesso scopo. Gli eserciti nei quali meglio appare la potenza uma-
na vogliono naturalmente un solo capo: tutto è in pericolo quando è
diviso il comando.
È naturale e dolce non indicare al principe altro successore che suo
figlio, cioè un altro se stesso, ovvero ciò che gli è più congiunto. In quel
modo egli vede passare il suo Regno ad altre mani senza invidia […].
(da J.B. Bossuet, Politique tirée des propres paroles de l’Écriture Sainte,
Parigi 1709, pp. 67-73)

85
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

7 Lo Stato nella religione e nella cultura


L’intromissione della monarchia assoluta negli affari religiosi
Il potere temporale aveva sempre protetto la Chiesa dai suoi nemici e l’aveva prov-
vista del «braccio secolare» per colpire l’eresia. La monarchia assoluta fece però
qualcosa di più, cambiando la situazione: entrò nel merito delle questioni di fede
e si assunse il compito di delimitare gli spazi concessi al pensiero religioso. Da al-
lora in poi, lo Stato avrebbe sorvegliato sulla cultura religiosa e preteso che corri-
spondesse, come ogni altra, ai requisiti richiesti dalle esigenze politiche.
Il reato stesso di eresia, intesa come minaccia per la fede e per la Chiesa che do-
veva essere sventata dallo Stato, cedette il posto a quello di libero pensiero, consi-
derato politicamente pericoloso, sovversivo dell’ordine pubblico e non conforme
a quanto imposto dalla legge dello Stato.
Questo passaggio da una prospettiva religiosa a una prettamente politica fu molto
evidente soprattutto nella Francia di Luigi XIV. I giansenisti ( ▶ cap. 2, par. 5), in-
fatti, vennero combattuti non perché eretici, ma perché tendenzialmente contrari
a sottomettersi al principio gerarchico dello Stato, che il loro rigorismo morale e
il loro individualismo osteggiavano; agli occhi dello Stato, la loro fede li rendeva
potenzialmente insubordinati e politicamente pericolosi.
Dal punto di vista politico, la Compagnia di Gesù appariva altrettanto perico-
losa: non perché portatrice di insubordinazione, ma perché fedele a un centro di
potere, la Chiesa di Roma, magari non avversa ma certo concorrente della monar-
chia assoluta.
Luigi XIV e, nel Settecento, il suo successore Luigi XV condussero una politica
religiosa ostile prima ai giansenisti e poi ai gesuiti. I primi vennero perseguita-
ti e i sacramenti amministrati dai loro preti non furono riconosciuti dallo Stato.
I secondi, più tardi, sarebbero stati addirittura espulsi dal Paese – in Francia, ma
prima ancora in Portogallo e nelle monarchie legate ai Borbone – e il loro ordi-
ne religioso, alla fine, sarebbe stato soppresso dal papa proprio su pressione della
monarchia francese. La monarchia non intendeva più permettere che la Chiesa in-
terferisse senza controllo negli affari pubblici; anzi, intendeva intromettersi essa
stessa negli affari religiosi.

La religione civile del monarca assoluto


Le questioni di fede e di dottrina religiosa non costituivano l’unico ambito nel qua-
le le monarchie assolute avevano deciso di profondere il loro impegno culturale.
Nella cultura ufficiale di corte, infatti, divenne sempre più importante la funzione
propagandistica, impegnata in uno sforzo di celebrazione del sovrano.
In Francia e in Inghilterra il monarca venne presentato quasi come dotato di poteri
taumaturgici, come quello di guarire dalle scrofole, una forma di infezione tuber-
colare soggetta a periodiche remissioni spontanee. Nella Francia del Seicento, co-
me abbiamo visto a proposito di Luigi XIV ( ▶ cap. 2, par. 3), si celebrò la persona
del monarca come «Re Sole», incarnazione della luce e della vita. I temi religiosi
tradizionali furono messi da parte e il re di Francia assomigliò sempre meno a un
santo e sempre più a un semidio dell’Olimpo ( ▶ cap. 2, Storia e Arte).
Luigi XIV era ormai altrettanto «assoluto», ma più laico, dello zar di Russia, l’«auto-
crate», cioè il monarca che trovava in se stesso, senza passare attraverso la Chiesa,

86
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

L’incoronazione
di Luigi XV nella
cattedrale di Reims.
Dipinto coevo di Pierre
Subleyras. Tolosa,
Musée des Augustins.

Leggi l’immagine
• Individua nel dipinto
tutti i simboli del
potere regio e di
quello ecclesiastico.
• L’arcivescovo
di Reims sta
cospargendo il capo
di Luigi XV con
un olio: svolgi una
ricerca sul significato
di questo gesto
nel cerimoniale
d’incoronazione.

la legittimità di governare. Lo zar russo stava al vertice di tutta la sfera del sacro, e
quindi della Chiesa ortodossa, mentre il re di Francia aveva una sua esclusiva sa-
cralità, diversa da quella del pontefice ma ugualmente legittimata da Dio. La ceri-
monia dell’investitura religiosa del sovrano francese per mano dell’arcivescovo di
Reims rimaneva, ma il re di Francia era legittimato sempre più dal proprio ruolo,
già quasi civile, di capo della macchina statale. Intorno alla persona del re si anda-
va così costituendo tutta una liturgia monarchica che si sostituiva a quella eccle-
siastica. Ogni gesto quotidiano del monarca veniva caricato di significati simbolici,
che puntavano a fondare l’essenza del potere sulla persona del monarca stesso, sul
suo corpo, e non sugli aspetti religiosi della missione di governo ricevuta da Dio.
Le grandi regge europee diventarono i nuovi templi della religione civile del pote-
re monarchico, al cui interno la Chiesa ebbe uno spazio alquanto ridotto, mentre i
rituali della corte, celebrati dalla grande aristocrazia, occupavano la scena.

La politica culturale dello Stato assoluto


Anche il controllo della cultura e del sapere diventò prerogativa del re e fra i com-
piti dello Stato rientrò anche quello di organizzare in maniera sistematica la pro-
duzione culturale, censurando allo stesso tempo le opere di libero pensiero. Come
per la Francia di Luigi XIV, ogni corte si dotò di un’accademia delle scienze e delle
arti ( ▶ cap. 2, par. 5), mentre reti di accademie minori e di gabinetti di lettura co-
privano il territorio. Gli intellettuali furono attirati nelle capitali per dirigere questi
antenati dei moderni centri di ricerca e i sovrani in persona fecero a gara per ac-
caparrarsi scienziati di fama, storiografi ufficiali, letterati e filosofi, di cui avvalersi
anche come consiglieri giuridici e politici.

87
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Fra gli intellettuali e la politica si aprì dunque una stagione di proficua colla-
borazione: i sovrani arrivarono a scegliere ministri e ambasciatori fra gli uomini di
cultura, anziché nella cerchia della grande aristocrazia o dei funzionari e dei giuristi
formatisi negli apparati burocratici di governo. Il rapporto fra potere e produzio-
ne del sapere divenne, dunque, un legame di dipendenza e al sapere teologico si
sostituì il «sapere del re». Orchestre e compagnie teatrali diventarono istituzioni
pubbliche e le esposizioni di pittura furono considerati normali appuntamenti di
pubblica utilità. Il potere politico, insomma, si impose come il principale laborato-
rio della produzione intellettuale.
La tutela dell’Accademia ostacolava ovviamente le sperimentazioni creative degli
artisti, costringendoli al rispetto di rigidi e vincolanti modelli.

(1689-1755): nell’opera il filosofo francese immagina


UN ALTRO SGUARDO uno scambio epistolare fra due persiani in viaggio in
Europa e Islam a confronto Europa, Usbeck e Rica, e corrispondenti rimasti in
Persia o amici. Durante i nove anni trascorsi a Parigi
(1712-20) i due persiani hanno modo di conoscere e
Se nei secoli delle scoperte geografiche l’Europa si raccontare la società e le istituzioni francesi, descri-
era confrontata con un’alterità fino ad allora mai con- vendo con una satira pungente gli effetti dell’asso-
cepita (quella dei popoli conquistati), da sempre era lutismo. La penna di Usbeck e Rica si rivolge anche
possibile misurarsi con una «diversità» più prossima all’ambito religioso, del quale si rilevano i tratti deca-
a livello geografico e culturale: le popolazioni di re- denti e divisivi. Montesquieu, temendo una ritorsione
ligione musulmana con le quali si coabitava intorno delle autorità nei suoi confronti, pubblicò l’opera in
al Mediterraneo. Nei secoli dell’Età moderna il mu- forma anonima ad Amsterdam nel 1721.
sulmano per eccellenza era, agli occhi dell’europeo,
il turco ottomano.
Fino al XVII secolo lo sguardo nei confronti dell’in- Collega e confronta
gombrante vicino sottendeva un sentimento di pau- 1. Negli ultimi decenni si è parlato spesso nel
ra, considerato il fatto che, tra Cinque e Seicento, dibattito pubblico di islamofobia, ovvero
l’Impero si era minacciosamente avvicinato al cuore di quell’atteggiamento di diffidenza, che
dell’Europa e occupava stabilmente i Balcani. è spesso sfociato in episodi di razzismo e
discriminazione, nei confronti di persone
Tuttavia alcuni viaggiatori, a partire dalla fine del
di fede musulmana. Lavorando in gruppo,
Seicento, sembrarono intravedere l’inizio di un pe-
approfondite la questione facendo riferi-
riodo di decadenza per la potenza ottomana. Col mento anche a fatti di cronaca e discutete-
trattato di Carlowitz ( ▶ cap. 4, par. 5) del 1699, do- ne in classe.
po un’umiliante sconfitta inferta dai cristiani, i turchi 2. La fascinazione per il mondo ottomano tra
dovettero cedere l’Ungheria, la Transilvania e altri XVI e XVIII secolo ha lasciato un’impronta
territori. La paura del turco lasciò così spazio a una anche nel lessico dell’italiano: turcherie.
fascinazione per l’Oriente, che pervase varie forme Ricerca e spiega il significato di questa
di arte, dalla letteratura alla pittura. Un noto esem- parola.
pio è costituito dalla traduzione, con adattamento 3. Il ritratto di Maometto II, sultano dell’Im-
ai gusti dell’epoca, dei racconti orientali Le mille e pero ottomano nel corso del XVI secolo,
una notte (1704-17) a opera di Antoine Galland realizzato dal pittore veneziano Gentile
(1646-1715). Bellini costituisce una testimonianza degli
Tuttavia l’Oriente non fu sempre visitato; talvolta fu stretti rapporti fra Venezia e l’Impero
ottomano, al di là delle rivalità fra le due
soltanto immaginato e costruito secondo degli stere-
potenze mediterranee. Svolgi una ricerca
otipi, fungendo da «specchio» attraverso il quale an- sulla storia e sul significato del dipinto da
dava costruendosi un’identità europea. Questo ac- esporre alla classe.
cadde nelle Lettres persanes (1721) di Montesquieu

88
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

8 Lo Stato nell’economia: il mercantilismo


Le basi ideologiche della dottrina mercantilistica
La linea d’azione che riguardava la politica culturale valeva per ogni altro genere di
risorse, anzitutto in economia e nell’amministrazione generale dello Stato. Per la
prima volta gli apparati burocratici, divenuti sufficientemente potenti, comincia-
vano a perseguire una precisa politica economica: accumulare e sorvegliare servi-
va in primo luogo ad accrescere il prelievo fiscale; poi aiutava a non far mancare
il necessario alla popolazione, in un ambiente sociale quotidianamente alle prese
LESSICO con la penuria; infine, e soprattutto, a tenere sotto controllo la bilancia dei paga-
Bilancia dei menti, a evitare di dover comprare all’estero, facendo uscire dal Paese una quan-
pagamenti
Strumento per
tità eccessiva di moneta.
la registrazione Del resto, solo da un tempo relativamente recente era stata abbandonata la con-
sistematica delle vinzione, di origine religiosa, secondo la quale l’arricchimento era considerato un
transazioni economiche
peccato che allontana dal Regno dei cieli. Nel XVIII secolo iniziava a prevalere un
internazionali.
sapere profano, che vedeva nell’aumento della ricchezza il fine giusto, anzi prio-
Moneta
La moneta è il circolante ritario, da perseguire, sia per il singolo sia per la collettività.
emesso dallo Stato, All’inizio del secolo si riteneva inoltre che la quantità di produzione materiale e
mentre denaro è il di scambi fosse sostanzialmente limitata dal tetto ormai raggiunto dalla popola-
circolante accettato
dal mercato, in un
zione e dai consumi. Se l’ammontare complessivo della ricchezza non poteva cre-
preciso periodo storico. scere, allora toccava a ogni individuo e a ogni governo cercare di accaparrarsene
Prima della nascita della la quota maggiore possibile. Questo era il precetto essenziale della dottrina eco-
moneta in senso proprio,
il denaro era costituito
nomica generalmente ammessa da tutti gli Stati e che fu definita «mercantilista».
da oggetti come sale Secondo questa teoria la ricchezza è espressa dalla moneta, che a quel tempo
(da cui salario), bestiame era ancora quasi interamente metallica, perché i mezzi di pagamento cartacei cir-
(da cui pecunia) ecc.
colavano solo in ambienti ristretti.

Il porto di Dieppe.
La preparazione di un
carico di pesce sotto
sale nel porto di Dieppe
in Normandia, dipinto
di Claude Joseph Vernet
del 1765.

89
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

La politica economica aggressiva degli Stati mercantilisti


La cultura economica dell’epoca era quindi dominata dall’idea che in ogni settore
di attività si fosse raggiunto un tetto invalicabile: la produzione agricola era sta-
bile, così come quella industriale, a causa della mancanza di un mercato in espan-
sione, e altrettanto lo era il volume delle merci trasportate.
La politica economica dei governi si concentrò perciò sulla bilancia dei pagamen-
ti: si doveva cercare di esportare per un valore superiore al totale delle importa-
zioni, in modo che ogni anno si accumulasse un avanzo di bilancio. Si favorirono,
dunque, la produzione interna di beni e la loro esportazione, mentre le importazio-
ni venivano scoraggiate attraverso pesanti dazi. Il mercantilismo risultava quindi
di per sé aggressivo, perché ogni Paese poteva arricchirsi soltanto a spese di altri,
con una politica di potenza.
Un settore essenziale dell’iniziativa economica mercantilista era, di conseguen-
za, il commercio internazionale. Ogni Paese cercava di accaparrarsi la quota più
ampia possibile dei traffici imponendo le proprie navi, i propri porti, proteggendo
le proprie rotte e rendendo insicure quelle degli altri. Per assicurarsi un vantaggio
produttivo e commerciale, ogni potenza doveva espandere i possedimenti colo-
niali, costringendoli a impiegare i propri prodotti e facendo transitare dai propri
porti i prodotti coloniali.
La potenza più aggressiva in questo campo fu l’Inghilterra, che riuscì a conqui-
stare il monopolio pressoché totale dei traffici coloniali, superando l’Olanda e la
Spagna e affrontando la Francia in una prolungata serie di scontri, un conflitto
mercantilista che si concluse con la vittoria britannica.
Il mercantilismo, inoltre, definiva il modo nel quale ogni Stato doveva governare
lo spazio economico interno. Non appariva opportuno favorire la libera iniziativa,
la quale, se abbandonata a se stessa, avrebbe potuto causare dispersione di risorse
e perdita di ricchezza, di qualità, quindi di competitività.

Il porto di Toulon.
Una veduta del porto
di Toulon dal lato dei
magazzini dei viveri.
Dipinto di Claude
Joseph Vernet del
XVIII secolo. Parigi,
Musée de la Marine.

90
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |

Lo Stato assoluto come regolatore dell’economia


Il mercantilismo aveva dunque due facce intimamente connesse: da una parte, im-
poneva alle istituzioni uno stretto controllo del mercato; dall’altra, richiedeva che
lo Stato prescrivesse di conseguenza un pesantissimo prelievo fiscale. Per otte-
nere entrambi gli scopi, si rafforzarono gli strumenti di sorveglianza delle attività
economiche.
Il commercio con le colonie veniva affidato a compagnie privilegiate, che po-
tevano ottenere l’esclusiva sulle rotte, sulle merci importate e perfino sul governo
delle colonie stesse. Si appoggiava la nascita di corporazioni, che avrebbero fa-
vorito l’accumulo di capitale e il controllo di salari e prezzi da parte del governo;
inoltre gli organi pubblici sorvegliavano i luoghi e gli istituti deputati agli scambi
commerciali, controllando i prezzi, le qualità e le quantità delle merci scambiate.
Il gettito fiscale, però, non bastava mai a mantenere gli apparati burocratici
delle monarchie assolute. D’altra parte, i governi non intendevano nemmeno
Ripassa con la ridurre i privilegi che permettevano alle Chiese e alle aristocrazie di mante-
presentazione Stato nere il loro status sociale, perché, in caso contrario, non avrebbero più forni-
e società nell’Europa to adesione politica alle monarchie stesse. Il loro contributo fiscale non poteva
del Seicento e
costruisci una mappa perciò essere aggravato, né poteva essere inasprito quello delle comunità terri-
in cui metti in relazione: toriali da loro rappresentate e protette; per questo motivo il gettito non risul-
• il ruolo del sovrano tava mai sufficiente.
nelle monarchie
assolute;
L’esigenza di aumentare le entrate spinse quindi le monarchie a rivolgersi all’at-
• l’indebolimento tività produttiva, che era soggetta a tassazione sia al momento della produzione
delle istituzioni sia in fase di commercializzazione, per mezzo di un sistema di dogane che colpi-
locali;
• il peggioramento
va qualunque movimento di merci sul territorio. Lo Stato diventava così il grande
delle condizioni regolatore dell’economia: un solidissimo investitore, ma anche un freno per i pro-
di vita in città fitti, che venivano costantemente penalizzati per preservare i privilegi della Chiesa,
e in campagna.
degli aristocratici e di singole parti della società.

Un mercante
e un banchiere
di Nancy ricevono
degli emissari
di Giuseppe II
d’Austria per
negoziare un prestito.
Dipinto francese
del XVIII secolo.

91
Dalla Storia all’Educazione civica

Famiglia e Guarda il video


dell’intervista

unioni civili all’autore


Approfondisci con
la Costituzione
di Gustavo Zagrebelsky commentata

Famiglia fondamento essere libero ed essi godono, nel dere la famiglia un’istituzione pub-
della società matrimonio stesso, di eguali diritti. blica. Ora, in Italia il matrimonio può
Le Nazioni Unite specificano nella essere di due tipi: religioso e civile.
Dal Settecento ad oggi la società
Dichiarazione che lo Stato ha il do- Il matrimonio religioso si svolge
umana è cambiata profondamente
vere di proteggere la famiglia. davanti a un ministro della Chiesa
ed è cambiato molto anche il mo-
Queste affermazioni trovano riscon- cattolica o di altri culti ammessi dal-
do di intendere la famiglia. Non
tro anche nella Costituzione della lo Stato e i suoi effetti hanno valore
è però mutata la convinzione che
Repubblica italiana, che dedica alla legale anche per lo Stato. Il matri-
proprio sulla famiglia si regga l’in-
famiglia gli articoli 29, 30 e 31. Il monio civile si svolge davanti a un
tero consorzio umano.
primo e più importante è l’articolo pubblico ufficiale, come il sindaco,
Secondo la Dichiarazione univer-
29, secondo cui: e in presenza di due testimoni scelti
sale dei diritti umani, promulgata
dagli sposi. Nell’uno e nell’altro ca-
dall’ONU nel 1948, uomini e don-
«La Repubblica riconosce i so, durante il rito vengono letti agli
ne hanno diritto di sposarsi e fon-
sposi i tre articoli del Codice Civile
dare una famiglia, senza limitazioni diritti della famiglia come
che regolano il matrimonio: sono il
di razza, cittadinanza e religione. Il società naturale fondata sul 143, il 144 e il 145, che illustrano i
loro consenso al matrimonio deve matrimonio. Il matrimonio diritti e i doveri dei coniugi, reci-
è ordinato sull’uguaglianza proci e verso i figli. Tra questi diritti
morale e giuridica dei e doveri ricordiamo l’impegno alla
fedeltà, a coabitare, ad aiutarsi in
coniugi […]». tutte le circostanze della vita, a da-
re ciascuno un contributo perché la
Lo Stato, insomma, vede nella fami- famiglia abbia tutto il necessario, a
glia un patto, una libera associa- trovare un accordo sulle questioni
zione tra persone che decidono più importanti e attuare insieme
di trascorrere insieme la vita, han- l’indirizzo della vita familiare, ad
no eguali diritti e doveri, mettono in assicurare il rispetto dei diritti dei
comune i beni e gli affetti e si pren- figli. È opportuno sottolineare an-
dono le responsabilità che nascono cora una volta la piena parità di
da tale scelta. Innanzi tutto, come diritti e doveri tra i coniugi: qual-
prescrive l’articolo 30, il procreare, cosa che oggi ci sembra del tutto
crescere ed educare dei figli: normale, ma che la legge ha stabi-
lito solo pochi decenni fa. Fino al
«È dovere e diritto dei 1975, infatti, anno di una importan-
genitori mantenere, istruire tissima riforma del diritto familia-
ed educare i figli […]». re, in Italia l’uomo aveva nell’ambito
del matrimonio una netta prevalenza
La legge cambia: sulla donna, con poteri decisionali
non più una sola famiglia che superavano ampiamente quelli
della coniuge. Negli ultimi decen-
Manifestazione a favore del divorzio
Secondo la Costituzione, la famiglia ni è poi maturato in seno alla so-
in occasione del referendum si fonda sul matrimonio. È il matri- cietà un diverso concetto di fa-
abrogativo del 1974. monio, sancito dalla legge, a ren- miglia, con riflessi inevitabili sulla
legge. Il Parlamento ha così rego- Lo Stato adempie in diversi modi a Dibattito in classe:
lato le situazioni in cui due perso- questo compito. Per esempio, ag- unioni civili
ne convivono, unite da un legame giunge allo stipendio dei lavorato- e adozioni
affettivo stabile, riconoscendo alle ri i cosiddetti «assegni familiari»:
cosiddette «coppie di fatto» molti La legge sulle unio-
denaro in più calcolato in base al
ni civili del 2016 garantisce, per la
dei diritti e doveri che vigono tra i numero dei figli. Apre asili nido nei
prima volta, alcuni diritti ai coniugi
coniugi della famiglia tradizionale. quali vengano accuditi i figli piccoli dello stesso sesso, ma non permette
Andando ancora oltre, nel 2016 le di genitori che lavorano e provvede loro di adottare dei bambini. In molti
Camere hanno approvato una leg- a fornire gratuitamente un’istru- hanno criticato tale limitazione sulla
ge che riconosce le «unioni civi- zione a tutti i bambini e ragazzi. scorta di diverse considerazioni:
li» tra persone dello stesso ses- Offre alle donne il diritto di con- poiché viene negata la possibilità di
so: queste si suggellano davanti a gedarsi dal lavoro, senza timo- crescere in una famiglia a dei minori
un pubblico ufficiale ed estendono re di perderlo, negli ultimi mesi di che si trovano in situazione di svan-
ai membri della coppia quasi tutti i gravidanza e nei primi mesi di vita taggio; perché è una decisione basa-
diritti e doveri previsti per il matri- del figlio. Questo tipo di congedo ta su pregiudizi ormai superati; altri
monio, ad eccezione, per esempio, non è concesso in modo esclusi- ritengono al contrario che la società
della possibilità di adottare. vo alle madri, ma è previsto oggi non sia ancora pronta per un tale
cambiamento e che gli stessi minori
anche per i padri.
I doveri dello Stato Lo Stato interviene anche quando
non ne trarrebbero vantaggio.
verso la famiglia Scegliete tre studenti che facciano
la famiglia si scioglie, perché tale da giuria, poi dividete il resto della
Sullo stesso tenore della Dichiara- evento si svolga secondo la legge classe in due gruppi:
zione dei diritti umani dell’ONU, an- in modo da tutelare tutte le parti 1. il gruppo A sosterrà la necessità
che la Costituzione italiana prescri- coinvolte, così da arrecare il danno di estendere il diritto di adozione
ve allo Stato la protezione della minore possibile sia per i coniugi per le unioni civili; il gruppo B
famiglia attraverso le leggi. L’ar- sia per i figli. argomenterà in senso opposto.
ticolo 31 afferma infatti che: La legge regola dunque la divisione Accedi al QR Code per guardare
dei beni tra i coniugi, fa in modo che un TED Talk sul tema in questione.
«La Repubblica agevola l’ex coniuge più agiato sia respon- 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
con misure economiche sabile di garantire il mantenimento voce, che in 5 minuti presenterà
del meno abbiente e dei figli, dispo- alla giuria i risultati del lavoro.
e altre provvidenze la Nell’esporre le proprie ragioni, si
formazione della famiglia e ne per l’affidamento dei figli stessi:
possono proiettare presentazioni
all’uno, all’altro o a entrambi i geni-
l’adempimento dei compiti multimediali, con informazioni
tori in egual misura.
relativi, con particolare Lo Stato vuole che marito e mo-
e dati.
3. Seguirà un dibattito libero
riguardo alle famiglie glie pongano fine al matrimonio so- di 10 minuti tra le due squadre.
numerose. Protegge lo dopo un’attenta e adeguata me- I giudici si confronteranno poi tra
la maternità, l’infanzia ditazione: perciò la legge prevede loro e decideranno qual è stato
e la gioventù […]». prima un periodo di separazione e il gruppo più efficace.
poi il vero e proprio divorzio.

93
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Le campagne: campi aperti, recinzioni, La nobiltà e le libertà nel


artigianato modello repubblicano
A inizio Settecento il lavoro agricolo era alla base della Nel Settecento, negli Stati europei in cui vigeva il mo-
sussistenza di gran parte della popolazione. La colti- dello repubblicano la nobiltà godeva di ampio potere
vazione dei campi, aperti e d’uso comune, era sog- politico e privilegi giuridici e fiscali, prestava servizio
getta alle regole della rotazione biennale o triennale e militare, viveva di rendita o si arricchiva con attività
limitata per via delle zone dedite all’allevamento. So- imprenditoriali. Pochi tra i nobili però erano di origi-
lo a cavallo di XVII e XVIII secolo si iniziò a recintare ne feudale: molti avevano comprato il titolo, altri lo
i terreni, a vantaggio dei proprietari che occupavano avevano ottenuto grazie al ruolo nella magistratura,
aree demaniali e a svantaggio dei contadini, che era- entrando a far parte così della nobiltà di toga.
no soggetti alle condizioni imposte dai signori, a duri
prelievi fiscali, precarietà, denutrizione, impossibilità La monarchia assoluta e l’espansione
di ascesa sociale. dello Stato
Il progressivo rafforzamento delle monarchie nel cor-
Le città: nobiltà, corporazioni e plebe so dei secoli XVI-XVII era sfociato nel modello del-
urbana la monarchia assoluta nel Settecento, soprattutto in
Nelle città europee convivano tre classi sociali: un’élite Spagna, Francia, Austria, Prussia e Russia. L’autorità
di aristocratici, proprietari terrieri, medici, i cui consu- regia dominava ogni aspetto dello Stato, dalla giu-
mi dettavano i ritmi della produzione manifatturiera; stizia all’esercito, dal fisco alla burocrazia, dall’eco-
i mercanti, gli imprenditori e gli artigiani, organizzati nomia alla cultura, a danno di una nobiltà privata di
in corporazioni; la plebe, che era ridotta in miseria e ruolo sociale e peso politico.
spesso era tenuta a bada grazie ai prezzi calmierati sul
cibo. L’ascesa sociale era possibile solo grazie a pro- Lo Stato nella religione e nella cultura
prietà terriere, strategie matrimoniali e titoli nobiliari. La monarchia assoluta intervenne anche nella religio-
ne, non solo per questioni di dottrina ma soprattutto
Un mondo di comunità e di gerarchie per fiaccare le autonomie eretiche, potenzialmente
Nelle campagne la vita comunitaria prevedeva l’ap- sovversive per la stabilità dello Stato. Per questo si
partenenza del singolo a un villaggio e alla sua co- ricorse, in particolare in Francia, alla persecuzione di
munità religiosa, oltre che la partecipazione attiva in giansenisti e gesuiti.
società, pena la gogna, e al lavoro agricolo. Era fre- Per quanto riguarda la produzione culturale, nelle
quente, inoltre, il matrimonio tra membri dello stes- monarchie assolute vigeva il principio dell’arte come
so villaggio, il che consolidava ulteriormente l’unio- strumento di propaganda per celebrare il sovrano e
ne sociale. costruire una sorta di liturgia monarchica, così da ali-
Nelle città corporazioni e corpi dominavano la vita in mentare l’aura di sacralità attorno al re.
società e occupavano un determinato posto in un’e-
conomia fatta di relazioni, privilegi, gerarchie, dalle Lo Stato nell’economia: il mercantilismo
élite ai reietti. La politica economica delle monarchie assolute si
concentrò sull’aumento del prelievo fiscale da un lato
Famiglie nucleari e famiglie complesse e sul controllo dei commerci internazionali, secondo
Nelle zone dell’Europa dove era più diffusa la pro- la dottrina economica del mercantilismo, in modo da
prietà fondiaria vi era la famiglia nucleare, composta attirare beni di valore, incrementando le esportazioni
in genere da quattro o cinque persone: padre, madre e limitando le importazioni. Nel fare ciò era essenziale
e figli. Nelle zone in cui era diffusa la piccola proprietà sfruttare al meglio i possedimenti coloniali e control-
contadina prevaleva la famiglia complessa, di tipo pa- lare le rotte commerciali. In questo l’Inghilterra ebbe
triarcale, caratterizzata da poca libertà individuale e la meglio, in seguito a decenni di scontri, su Olanda,
da spirito di solidarietà e condivisione. Francia e Spagna.

94
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

L’EUROPA TRA XVII E XVIII SECOLO

visse una

fase di transizione

per quanto riguarda per quanto riguarda il

società ed economia ruolo dello Stato

nelle nelle con la diffusione della

campagne città monarchia


...............................

dove il sistema dei dove il singolo era caratterizzate dalla in

parte di un divisione in tre Spagna, ........................


campi ....................
............................... ............... ............... Austria, ..............., Russia
(d’uso comune, a
e della sua
disposizione dei
comunità
contadini) • nobiltà di ..............., nobiltà l’
religiosa
di ..............., medici,
proprietari terrieri ............... ...............
• mercanti e imprenditori
lasciò e dove si (organizzati in ...................)
spazio ai svilupparono
• plebe

e da determinò a ogni livello la


• famiglia ............... (nelle
campi .................
zone in cui era diffusa
(coltivati
la proprietà fondiaria) scarsa ......................
secondo le gestione dello Stato
• famiglia ............... sociale
regole imposte
(nelle zone in cui
dai .......................
era diffusa la piccola
..............................)
proprietà contadina) e da un’

a svantaggio dei • giustizia


economia basata • esercito
su relazioni, • burocrazia
contadini privilegi, ............... • religione (persecuzione
(che lavoravano degli ......................................)
a ............................ • ........................... (strumento
o a .......................) di propaganda)
• economia (...........................)

95
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette, sce-
gliendoli dall’elenco. a. Definisci il termine fedecommesso.
Date: Settecento • Cinquecento • XVII b. Spiega il concetto di ceto sociale.
Luoghi: Italia • Polonia • Boemia • Inghilterra • c. Cosa significa endogamia?
Pianura padana • Germania
NESSI E RELAZIONI
a. Dal ................... secolo, si recintarono terreni
prima destinati ad usi collettivi. 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
b. Il primo Paese a introdurre la pratica delle a. Si rafforzano le prerogative regie.
enclosure, fu l’................... . b. I ricchi mercanti e i banchieri aspirano
c. La piccola azienda agricola non era diffusa all’ascesa sociale.
in ................... e .................... c. La crisi economica del Seicento colpisce
i contadini, in particolare, in Russia.
d. In Italia, la famiglia nucleare era dominante
nelle regioni meridionali e nella ................... . d. I trasporti via terra erano difficoltosi e molto
pericolosi.
e. Nel ................... la nobiltà feudale si era signifi-
cativamente ridotta in tutta Europa. 1. Molti contadini liberi diventano servi
f. A partire dal ..................., gran parte delle della gleba.
monarchie europee si erano rafforzate. 2. Chi non riconosceva la sovranità assoluta
g. In ................... e ................... si svilupparono del re è considerato un nemico dello Stato.
Stati regionali e non unitari. 3. Si acquistano terreni in campagna, meglio
se legati a un titolo nobiliare.
EVENTI E PROCESSI 4. Gran parte dei beni venivano prodotti
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. vicini ai centri di consumo.
a. Quali conseguenze ebbe la diffusione delle
recinzioni nelle campagne europee? COMPETENZE
b. Dal punto di vista economico, quale modello ESPORRE ORALMENTE
fra famiglia nucleare e famiglia complessa 6 Rispondi alle seguenti domande.
è considerato, dagli studiosi, più dinamico
a. Descrivi le condizioni di vita dei contadini
e pronto al cambiamento?
nell’Europa del Seicento. (2 minuti)
c. Metti in evidenza gli obiettivi comuni alle
b. Illustra le principali cause delle rivolte urbane
monarchie assolute.
nell’Età moderna. (2 minuti)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. c. Perché la manomorta rappresentava, nell’otti-
a. V F Le recinzioni vennero chiamate «usur- ca di uno sviluppo capitalista della società,
pazioni» nel Regno di Napoli. un ostacolo? (3 minuti)
b. V F La famiglia nucleare è composta da due
persone. SCRIVERE
c. V F La famiglia complessa esprime forme VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
di sostegno più forti, rispetto a quella
nucleare. 7 Nella primavera del 2020, il governo italiano
ha stabilito un prezzo calmierato per la vendita
d. V F Gli sposi avevano un’età media di 23-26
anni nell’Età moderna. di mascherine. Questa decisione ha raccolto
pareri positivi, ma anche forti critiche, da parte
e. V F Il fedecommesso stabilisce la possibilità
soprattutto del mondo imprenditoriale e degli
di vendere i beni ereditati.
economisti che temevano che l’imposizione di
f. V F Nelle repubbliche, i nobili conservavano
un prezzo fisso di vendita, per le mascherine,
l’esenzione dal pagamento delle tasse.
avrebbe limitato la concorrenza e ne avrebbe
g. V F I beni ecclesiastici non venivano disincentivato la produzione. Sei d’accordo con
tassati.
il provvedimento stabilito dal governo? Cerca
h. V F In Francia, la nobiltà «di toga» e aristo- altre informazioni a proposito e argomenta a
crazia feudale sono sinonimi. favore o contro il calmieramento del costo delle
i. V F Anche i religiosi erano organizzati mascherine.
in corpi, come le congregazioni.

96
Fonti e Storiografia
FONTI Una recinzione a Marston nel 1656
F1 In questo brano si riporta parte della querela presentata da un gruppo di proprietari
terrieri di Marston in seguito agli accordi per una recinzione di terre comuni. Il brano
proviene dai documenti della Cancelleria che, per legge, doveva registrare questo ti-
po di accordi.

In passato, cioè […] nell’anno di nostro Signore 1601, Anton Crooke esquire 1 e Anne sua
moglie, Richard Crooke esquire, Edward Austin gentiluomo, Thomas Weekes […] 2, proprie-
tari e possessori nel villaggio e parrocchia nella Signoria o Maniero di Heddington nella
contea di Oxford, querelanti, presentarono la loro querela a questa onorevole corte della
Cancelleria nei confronti di Broome Whorwood esquire, convenuto, dichiarando che le ter-
re appartenenti ai querelanti erano mescolate e disperse tra loro in quattro campi comuni
in Marston e per la maggior parte usate e impiegate per la coltivazione e seminate a gra-
1 esquire: il titolo no e che i querelanti […] una volta tagliato il grano e trasportatolo al riparo, vi mandava-
poteva indicare varie
figure: il figlio maggiore no a pascolare in comune il proprio bestiame in base a certe restrizioni e proporzioni […].
di un cavaliere, un uomo […] prima del momento in cui i querelanti compirono qualche passo per la recinzione, essi
di corte di nomina regia si rivolsero al detto convenuto che, ben conoscendo la rovina e il decadimento dell’agricoltu-
ecc.
2 Crooke … Weekes: ra nel detto villaggio, acconsentì prontamente alla detta recinzione con l’accordo che i que-
si omettono i nomi di tutti relanti e i loro eredi e assegnatari sarebbero stati esclusi dal pascolo comune in ogni parte
i querelanti. del dominio del detto maniero di Heddington, mentre tutti i passaggi, vie e percorsi per il
3 nazione: il termine
nazione, in epoca
bestiame attraverso qualsiasi parte del detto dominio avrebbero continuato ad esistere […].
moderna, non ha In base al detto accordo i querelanti procedettero ad effettuare la detta recinzione ed
ancora un significato hanno arginato, cintato e diviso con sempreverdi i loro appezzamenti, piantando nume-
univoco e viene usato
rosi alberi e arbusti sulle dette terre a beneficio della nazione 3 e ricavando dai loro terreni
per designare comunità
di lingua, costumi e un pascolo di venti acri di terra per l’uso dei poveri del villaggio […]. E i querelanti hanno
tradizioni, in riferimento goduto per lo spazio di due o tre anni quietamente e pacificamente i detti terreni recintati
sia a grandi Stati sia a
con profitto delle proprietà dei querelanti e a grande vantaggio del convenuto grazie alle
piccole province o città..
4 decime: le decime, somme pagategli per l’alienazione.
in origine destinate Ma il convenuto, godendo delle decime del detto villaggio, protestò che in caso qualcu-
al clero, erano no dei querelanti avesse messo a pascolo le dette terre le sue decime 4 sarebbero diminuite
passate, insieme alla
terra, ai proprietari di valore rispetto al passato, e in base a qualche altra eccezione senza fondamento tentò
laici, in seguito alla di annullare la detta recinzione […]. Al fine quindi di ricevere conferma definitiva alla sud-
soppressione dei detta recinzione e ai suddetti accordi per decreto di questa onorevole corte […] i querelanti
monasteri avvenuta
durante il regno invocarono l’aiuto e l’assistenza di questa onorevole corte perché emettesse un mandato di
di Enrico VIII. comparizione diretto al detto convenuto perché si presentasse a rispondere a detta querela.
(da G. Garavaglia, Società e rivoluzione in Inghilterra. 1640-1689,
Loescher, Torino, 1978, pp. 35-38)

COMPRENDERE 1. Quali attività agricole e pastorali hanno provveduto a svolgere i querelanti


nei terreni in questione?
2. Perché Broome Whorwood acconsente inizialmente a recintare i terreni e cosa
contesta ai querelanti?
INTERPRETARE 3. I querelanti riservano un’attenzione particolare nei confronti dei poveri del villag-
gio. Che cosa viene previsto in loro aiuto? Considerando le enclosure come valuti
questa scelta?
VALUTARE 4. Dividendovi in due gruppi, immaginate di prendere le difese di una o dell’altra
parte in causa. Scrivete un discorso, esponendo delle argomentazioni convincen-
ti, e presentatelo a turno al resto della classe, l’insegnante farà da «giudice»
nella causa.

97
Fonti e Storiografia

STORIOGRAFIA Autorità paterna e libertà dei figli nelle scelte matrimoniali


S1 Daniela Lombardi
Daniela Lombardi, storica dell’Età moderna, si è occupata di famiglie e matrimoni in
Europa e nel Nuovo Mondo. In questo brano tratta la questione delle ingerenze dei
genitori nelle scelte matrimoniali dei figli e delle politiche ecclesiastiche al riguardo.

GLI SNODI Il consenso paterno ai matrimoni era stato rifiutato dal Concilio di Trento.
DEL TESTO L’approvazione delle famiglie era necessaria per validare un matrimonio.
La differenza di ceto era un motivo valido per annullare un matrimonio.

Gli ostacoli al matrimonio erano molti e non provenivano solo dalle famiglie di apparte-
nenza o dagli impedimenti del diritto canonico. Certo, non possiamo dimenticare che i
divieti imposti dalle famiglie rappresentarono una costante nella storia del matrimonio
europeo […]. Resta da domandarsi se il concilio di Trento, che a differenza dei protestanti
aveva rifiutato di introdurre il consenso paterno come condizione di validità del vincolo,
Leggi in digitale il abbia avuto conseguenze sui rapporti tra genitori e figli. Il dibattito conciliare aveva fatto
testo I matrimoni
della nobiltà di Jean- emergere posizioni radicalmente contrastanti. I fautori del consenso paterno erano stati
Pierre Labatut e aspramente criticati da coloro – in particolare italiani e spagnoli – che avevano denuncia-
scrivi un articolo to in toni assai duri la «tirannia» dei padri di famiglia, colpevoli di combinare a loro piaci-
di giornale in cui mento i matrimoni dei figli (ma soprattutto delle figlie), e avevano reclamato l’urgenza di
approfondisci, in
chiave storica, com’è
salvaguardare la libertà di scelta.
cambiato il rapporto Fu questa, come sappiamo, l’opinione che prevalse, pur tra forti opposizioni. La dottrina
con il matrimonio tra del consenso restò confermata: ma l’accento posto con tanto vigore da molti padri conciliari
passato e presente. sulla libertà di matrimonio riuscì a incidere sulle concrete libertà di scelta di figli e figlie? […]
Puoi prendere in
Ciononostante, diversi indizi ci dicono che l’atteggiamento della Chiesa nei confronti del
esame il punto di
vista dell’autorità difficile equilibrio tra il principio della libertà del matrimonio e l’obbligo dell’obbedien-
paterna, della za ai genitori stava cambiando. Negli anni Venti e Trenta del Settecento la Congregazione
Chiesa e dello Stato del concilio rispose ad alcuni quesiti posti dai vescovi di Napoli, Milano, Vienna e Worms
riguardo la libertà di
dichiarando che il dissenso paterno era da considerarsi un giusto motivo di scioglimento
scelta degli sposi,
confrontando le della promessa di matrimonio. In altre parole, veniva riconosciuto il diritto dei genitori di
osservazioni di reclamare la nullità degli sponsali contratti senza il loro consenso. Quel consenso paterno
Labatut e Lombardi che era stato negato dal concilio di Trento come condizione di validità diventava, di fatto,
e tenendo presente condizione di validità della promessa. Nel corso del secolo si pubblicarono trattati e opuscoli
l’evoluzione
dei costumi di canonisti e teologi, in cui si sosteneva che era peccato mortale sposarsi senza il consen-
contemporanei. so dei genitori e che i vescovi dovevano intervenire per impedire i matrimoni tra persone
di ceto diverso che non avevano l’approvazione della famiglia, […].
La pressione da parte della società civile e le risposte date dai poteri secolari ed ecclesia-
stici si situano in un contesto in cui la cultura del patrilignaggio era minacciata dal molti-
plicarsi dei fermenti di ribellione.
(D. Lombardi, Storia del matrimonio. Dal Medioevo a oggi,
il Mulino, Bologna 2008, pp. 142-153)

COMPRENDERE 1. Quale posizione aveva espresso il Concilio di Trento (1545-1563) a proposito


IL TESTO dei matrimoni celebrati senza il consenso delle famiglie?
2. Qual era la posizione delle chiese protestanti sulla questione?
3. Al di là di quanto stabilito del Concilio, le fonti ci suggeriscono che il diritto
di far prevalere la volontà dei genitori sulle scelte matrimoniali veniva rispettato
o negato?

98
Società e Stato tra Sei e Settecento 3

S2 Donne e politica
Natalie Zemon Davis
Natalie Zemon Davis è una storica statunitense che si è occupata di rapporti di classe
e cultura popolare nell’Europa moderna, con particolare attenzione al contesto fran-
cese. Nei suoi studi ha messo in luce la condizione e il ruolo delle donne. In questo
brano fornisce delle coordinate per interpretare il rapporto tra donne e potere tra i
secoli XIV e XVIII.

GLI SNODI Le donne erano generalmente escluse dalla vita politica nell’Antico regime.
DEL TESTO In Inghilterra era concesso a una donna di diventare regina.
In Francia le donne potevano partecipare alle assemblee locali.

Nel 1586, nell’edizione latina dei suoi famosi Sei libri della Repubblica, Jean Bodin 1 ragio-
nava sui diversi ordini e gradi dei cittadini di una repubblica e affermava come per un ri-
pensamento:
Per quanto riguarda l’ordine e grado delle donne, non voglio occuparmene; penso
soltanto che sia opportuno che esse vengano tenute lontane da tutte le magistrature,
i luoghi di comando, i giudizi, le assemblee pubbliche e i consigli, così che si occu-
pino solo delle loro faccende donnesche e domestiche (De Republica Libri Sex, 1586).

1 Jean Bodin: […] In effetti, questi uomini di legge esagerano un po’ la differenza tra i sessi. Durante
pensatore politico, l’Ancien Régime, c’erano molti uomini esclusi dalla partecipazione all’attività politica in
economista base alla loro proprietà, ricchezza o posizione, mentre alcune donne godevano di autori-
e magistrato francese
(1530ca.-1596). tà politica per nascita o eredità oppure perché potevano ottenere un’influenza politica in
2 influenza … modo informale 2.
informale: un potere La condizione urbana ci propone una distinzione tra i primi regimi politici moderni che
informale è un potere
privo di riconoscimento è utile per definire il ruolo delle donne. Gli Stati organizzati in repubbliche, come Firen-
ufficiale. ze nel primo Rinascimento o Venezia […], avevano pochissime collocazioni in cui le donne
3 legge salica della potessero esercitare pubblicamente un potere politico. […]
successione: la legge
salica, così detta
Viceversa, gli Stati organizzati in monarchie – la Francia, l’Inghilterra, la Spagna […] – di-
perché dei Franchi salii sponevano di luoghi formalmente riservati alle donne […].
(secoli V-VI), prevedeva, In Inghilterra, le regine potevano governare con pieno diritto in assenza di un erede ma-
tra le altre cose, che le
donne non potessero
schio della linea diretta. […]
ereditare terre. Conobbe Dall’altra parte della Manica, le regine francesi ebbero meno opportunità. Nel XIV secolo
una notevole fortuna era stata invocata per la prima volta la vecchia legge salica della successione 3 per giustifi-
tra Età medievale e
care l’esclusione delle donne dalla successione al trono; nel XVI secolo i giuristi afferma-
moderna e fu utilizzata
anacronisticamente per vano che questa esclusione risaliva ai tempi degli antichi Franchi. […]
escludere le donne dalla C’erano però altri spazi per l’azione politica delle donne, alcuni dei quali collegati in modo
successione al trono. organico al governo monarchico e alle sue istituzioni, altri con la possibilità di cambiarle. […]
Fu accolta in Francia,
nei domini asburgici In Francia, le donne in linea di principio avevano diritto a partecipare alle assemblee lo-
e in Italia. cali per scegliere i deputati degli Stati Generali […].
(da N. Zemon Davis, Donne e politica, in Storia delle donne. Dal Rinascimento all’età moderna,
a cura di N. Zemon Davis, A. Farge, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 201-219)

COMPRENDERE 1. Qual era l’opinione del filosofo Jean Bodin riguardo alle donne e alla politica?
IL TESTO
2. Secondo Zemon Davis, oltre alle donne quali altri soggetti erano esclusi dalle
decisioni politiche nell’Antico regime?
3. Quale ruolo poteva ricoprire una donna nella corte del re per poter sperare
di avere un peso politico?

99
4 L’equilibrio politico
in Europa
L’espansione economico-militare e la diplomazia
Nel XVIII secolo le ambizioni economiche, politiche e militari delle potenze europee si
mossero secondo due direzioni: da un lato, si investì nel controllo delle rotte commerciali
e nel predominio dei mari, in particolare da parte di Inghilterra e Francia; dall’altro, si af-
Esplora l’immagine filarono le armi della diplomazia per ostacolare i rivali sul territorio europeo. Fu in questo
interattiva scenario che scoppiò il primo conflitto di dimensioni mondiali: la guerra dei Sette anni.

Lo scacchiere europeo
Dalla fine del XVII secolo, in Russia, Pietro il Grande mise in atto un complesso proces-
Ambasciatori so di modernizzazione e accentramento del potere, mentre la Prussia acquisì il profilo di
europei ricevuti dal grande potenza europea, grazie ad una serie di riforme portate avanti dagli Hohenzollern.
sultano ottomano. Su un altro fronte, la Polonia e l’Impero ottomano attraversarono invece un periodo di
Miniatura turca del
XVIII secolo. Istanbul, crisi; subirono, infatti, a seguito di alcune gravi sconfitte militari, la perdita di importanti
Topkapı Sarayı Müzesi. territori a tutto vantaggio di Austria, Russia e Prussia.

1700 1701 1713


Guerra fra la Russia di Pietro I L’Elettorato del Brandeburgo Pace di Utrecht: fine della
il Grande e la Svezia diventa Regno di Prussia guerra di successione spagnola
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. La diplomazia, ovvero l’arte di negoziare
nell’ambito della politica internazionale, acquisì
sempre più peso in Età moderna e, ancora LEZIONE
oggi, è fondamentale nelle relazioni tra Stati: GUARDA il video Il Settecento e l’assolutismo
i diplomatici, infatti, mantengono rapporti 1. Guerra e diplomazia
politici e culturali fra Paesi diversi, promuovendo ▶ p. 102
la cooperazione ad ogni livello. 2. La Prussia degli Hohenzollern
• A tuo avviso, quali capacità e competenze ▶ p. 105
dovrebbe possedere un buon diplomatico? 3. Ascesa e crisi della Polonia
Svolgi un sondaggio fra i tuoi compagni ▶ p. 110
e confronta le risposte, discutendone in classe 4. L’Impero russo da Ivan il Terribile a Pietro
con l’insegnante. il Grande
▶ p. 111
2. La miniatura, tratta da un manoscritto ottomano 5. Il mondo balcanico e il declino dell’Impero
del XVII secolo, ritrae un ambasciatore europeo ottomano
in udienza nel palazzo del sultano a Istanbul. ▶ p. 119
Dopo aver osservato con attenzione l’immagine, 6. La guerra dei Sette anni, l’India e l’America
rispondi alle seguenti domande in autonomia ▶ p. 121
o in gruppo:
ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
• Chi fra i presenti è riconoscibile come l’amba- dell’Atlante digitale interattivo
sciatore e perché?
• Quali elementi lo differenziano rispetto RIASSUMI i concetti-chiave con
agli altri uomini ritratti? la presentazione L’Europa nell’età
dell’assolutismo:
• Qual è il significato simbolico della netta – gli equilibri europei;
sproporzione fra le due figure sedute? – la Russia di Pietro il Grande;
3. Come si diventa diplomatici oggi? In gruppo, – la Prussia degli Hohenzollern.
consultate fonti attendibili (ad esempio, il sito
RIPASSA
del Ministero degli Esteri) e raccogliete informa-
zioni sulla carriera diplomatica: Ripassa con la sintesi e la mappa
▶ p. 126, p. 128
• gli studi universitari richiesti;
• quale istituzione recluta i diplomatici; In digitale trovi l’audio della sintesi
• quali sono le prove da superare e quali sono e la mappa personalizzabile
i requisiti necessari; APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
• qual è la retribuzione media di un ambascia- Un altro sguardo: Disegnare il mondo: una
tore. mappa nordamericana
Realizzate infine uno schema o una mappa Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 125
concettuale.
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1733-38 1740 1756 1763


Guerra di Inizia la guerra di Scoppia la guerra Pace di Parigi: conferma
successione polacca successione austriaca dei Sette anni dello status quo in Europa

101
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

1 Guerra e diplomazia
L’economia mercantilista e le rotte internazionali
Tra XVII e XVIII secolo si posero le basi di quella supremazia europea nel mondo
Guarda il video che si realizzò poi pienamente tra Sette e Ottocento. Nel Vecchio Continente l’In-
Il Settecento
ghilterra lavorò per la costruzione di un equilibrio tra le potenze. La monarchia
e l’assolutismo e
rispondi alle domande: britannica poteva ricoprire questo ruolo di garante grazie alla posizione di premi-
• Quali sono le nenza che aveva raggiunto attraverso la capacità di controllo delle reti commer-
conseguenze
ciali internazionali.
della guerra di
successione Diversi furono i fattori che permisero all’Inghilterra di assumere in questo pe-
polacca? riodo un ruolo egemone.
• Nel corso del
Nel XVIII secolo, le politiche mercantiliste ( ▶ cap. 2, par. 4 e cap. 3, par. 8), in par-
XVIII secolo, perché
si acuisce la rivalità ticolare nel settore del commercio marittimo, iniziarono ad avere un peso mag-
fra Austria e giore nelle entrate dello Stato, tradizionalmente derivanti dal prelievo fiscale sulla
Prussia? produzione agricola. Impadronirsi di territori con un’agricoltura florida rimaneva
• Quale potenza
risulta egemone importante, ma relativamente meno rispetto ad assicurarsi una quota crescente del
in America? traffico internazionale. Chi conquistava il controllo delle principali rotte maritti-
me, infatti, faceva affluire nelle proprie casse una maggiore quantità di denaro.
Grazie alle entrate più consistenti, di conseguenza, si era in grado di lavorare al-
la costruzione di una macchina statale più efficiente e di predisporre un esercito
e una marina più potenti, a tutela degli interessi nazionali. La politica e la guerra
erano perciò due diversi ambiti sui quali si giocava la stessa partita mercantilista;
una partita che gli inglesi finirono per vincere.
La contrapposizione frontale tra Paesi cattolici e Paesi protestanti, spesso in
guerra tra loro, era ormai un ricordo del passato. I conflitti non erano più animati
da motivi ideologici, ma si combattevano piuttosto per massimizzare i vantaggi
minimizzando i danni, prestando molta attenzione ai ricavi futuri, ai legami mer-
cantili che si sarebbero potuti instaurare e alla ricchezza dei territori conquistati,
potenziali fonti di guadagno in termini di gettito fiscale, ai costi della guerra, alle
forze che si sacrificavano o si perdevano e a quanto si sarebbe speso per ricostruirle.
L’azione militare aveva assunto un carattere eminentemente difensivo, e l’of-
fensiva distruttrice veniva evitata sia per i costi sia perché avrebbe sconvolto gli
equilibri diplomatici, che restavano il principale obiettivo di qualunque politica
estera. Negli assedi delle piazzeforti, ad esempio, un generale vittorioso aveva il
compito di offrire all’avversario una resa a condizioni onorevoli, che garantissero
comunque al vincitore – entro i limiti della ragionevolezza – il massimo vantag-
gio, ma che, al contempo, evitassero un’inutile carneficina. Comunque, se la bat-
taglia aveva luogo, non era certamente un evento simbolico, e migliaia di morti
restavano sul campo.
Le campagne militari erano condotte da generali di origine aristocratica, che
prima di tutto dovevano svolgere il ruolo di negoziatori per uscire al più presto
dall’azione militare e ripristinare l’equilibrio politico-diplomatico. In molti casi, i
generali non erano militari di professione, ma alti esponenti della classe dirigente,
dotati di competenza militare. Dovevano anche essere degli organizzatori e dei le-
ader, perché nelle loro mani si concentravano sia il reclutamento e la logistica delle
forze armate sia la conduzione complessiva della campagna. La gestione e il movi-
mento delle truppe in battaglia, invece, erano coordinati da ufficiali e sottufficiali

102
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

subalterni, che avevano soprattutto il compito di mantenere la disciplina. I solda-


ti erano professionisti, che venivano reclutati con ferme molto lunghe, costretti a
una durissima vita di caserma e addestrati al perfetto rispetto della manovra, sia
in esercitazione sia quando erano esposti al fuoco.

I rapporti tra marina commerciale e marina militare


Pirati attaccano A differenza degli eserciti, le marine militari erano attive anche in tempo di pace,
e saccheggiano dei perché vigilavano sulle rotte commerciali e scortavano le navi del proprio Paese
vascelli inglesi. minacciate dagli attacchi dei pirati.
Dipinto del XVIII secolo.
Per tutelare dai rischi specificamente connessi alla pirateria, che si sommavano
Leggi l’immagine a quelli intrinseci della navigazione in alto mare, vi erano compagnie che fornivano
• Descrivi la scena una copertura assicurativa; e, del resto, gli inglesi riuscirono ad assicurarsi l’ege-
rappresentata.
monia commerciale anche perché i loro mercantili sostenevano costi di assicura-
• Il mondo dei pirati
e dei corsari ha
zione inferiori, poiché erano tutelati molto più efficacemente di altri dalla marina
ispirato numerosi militare. Quest’ultima, con i suoi ufficiali e i suoi marinai, aveva dei punti di con-
romanzi e film: ne tatto e integrazione con il settore commerciale, anche perché, in caso di conflitto,
ricordi qualcuno?
Citane almeno due
gli equipaggi dei mercantili venivano arruolati sui vascelli da guerra e le navi com-
e confronta la tua merciali, inoltre, potevano essere trasformate in mezzi militari.
risposta con quella Ma fu la Francia, più dell’Inghilterra, a specializzarsi nell’uso di mezzi privati
dei tuoi compagni.
per sostenere lo sforzo bellico. Per affrontare i conflitti marittimi, infatti, i fran-

103
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

cesi aumentavano sensibilmente la velatura delle navi commerciali più veloci e vi


montavano pezzi di artiglieria. Le navi erano così armate per la guerra «di corsa»,
che consisteva nel dare la caccia ai mercantili inglesi per catturarli e condurli nei
porti francesi.
I corsari erano dunque imprenditori privati, a volte aristocratici, che investi-
vano e rischiavano nelle imprese belliche la propria professionalità di marinai, ol-
tre che la propria nave e i propri capitali. In un certo senso erano pirati autorizzati
e patentati, la cui attività veniva tassata, regolamentata e sorvegliata dallo Stato.
Gli inglesi, a differenza dei francesi, si espressero in modo meno chiaro nel re-
golamentare le iniziative degli armatori privati che praticavano la cosiddetta guer-
ra «di corsa».
Ma in generale, nel Settecento, tutte le potenze marinare mostravano un note-
vole grado di commistione fra dominio commerciale ed egemonia militare delle
rotte; mescolavano la gestione pubblica del settore marittimo con l’iniziativa pri-
vata e anche, assai spesso, il lecito con l’illecito. Al confine fra pace e guerra, fra le-
galità e illegalità, si posizionavano infatti molti traffici; tra questi, il principale era
quello degli schiavi africani, particolarmente favorito, tra l’altro, dall’incertezza del
diritto internazionale sui mari.

Nell’Alto Medioevo, ai messi veniva chie-


LA STORIA NELLE PAROLE
sto inoltre di riferire sulle condizioni di vi-
Diplomazia ta dei Paesi che si trovavano a visitare,
per facilitare le scelte di politica estera
Diplomazia del proprio Paese. Tuttavia, in Età anti-
Secondo le definizioni ufficiali, la diplo- ca e medievale, le relazioni diplomatiche
mazia è l’arte del condurre affari di politi- non erano stabili, ma finalizzate a speci-
ca internazionale attraverso negoziati, per fiche missioni.
il tramite di personale delegato dagli Sta- Nei secoli XV e XVI, con la nascita de-
ti (messi, legati, nunzi, ambasciatori). gli Stati moderni, le relazioni iniziaro-
Il termine «diplomazia» deriva dal corri- no a divenire stabili e le missioni per-
spettivo greco per diploma che, lette- manenti, in primo luogo nel contesto
ralmente, era uno scritto piegato in due; italiano: nacque così il bisogno di av-
nel mondo romano, invece, con la parola valersi di personale specializzato di pro-
«diploma» si indicava un documento uf- venienza aristocratica e di formazione
ficiale con il quale si siglavano accordi. umanistica.
Anche se il termine «diplomazia» nell’ac- In seguito alla guerra dei Trent’anni, gra-
cezione moderna, fu utilizzato per la pri- zie all’opera del giurista Huig van Groot,
ma volta da Edmund Burke nel 1796, in si iniziarono a definire le norme per rego-
realtà ci si servì di delegati per risolve- lare i rapporti tra Stati in tempo di pace
re contese fin dall’Età antica: al mondo e di guerra: nacque così il diritto inter-
greco, e precisamente al V secolo a.C., nazionale che avrebbe facilitato l’attività
risalgono le prime attestazioni di missio- dei diplomatici. Fu però solo nell’Otto-
ni diplomatiche e del principio dell’invio- cento che la diplomazia ottenne la sua
labilità dei messi; nel mondo romano definitiva codificazione. Nel XX secolo, ai
se ne fece meno ricorso, vista la scarsa tradizionali rapporti bilaterali tra Stati si è
inclinazione a trattare con i nemici. La affiancata la diplomazia multilaterale,
diplomazia tornò però in auge alla fine attraverso organizzazioni come l’ONU o
dell’età imperiale. l’Unione Europea.

104
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

2 La Prussia degli Hohenzollern


LESSICO La creazione di un forte Stato unitario
Principe elettore
Membro del collegio dei
Nel corso del Seicento, mentre si indeboliva la potenza spagnola e si rafforzava-
Principi elettori, capi di no Inghilterra e Francia, tra i pretendenti alla supremazia continentale si venne ad
città o di territori di area aggiungere un Paese la cui importanza andava crescendo grazie alla potenza mi-
tedesca che detenevano
litare: la Prussia.
il potere di eleggere
l’imperatore del Sacro Dal 1415, nel Brandeburgo (territorio situato in Germania, tra i fiumi Elba e
Romano Impero. Oder), i principi elettori erano sempre stati gli Hohenzollern, che durante la Rifor-
Ordine dei Cavalieri ma protestante colsero l’occasione di un primo, consistente ampliamento dei loro
Teutonici domini. Infatti, quando Alberto di Hohenzollern, Gran Maestro dell’ordine dei Ca-
Ordine religioso-
cavalleresco fondato
valieri Teutonici, si convertì al luteranesimo (1523), secolarizzò i beni dell’Ordine,
nel XII secolo in appropriandosene con il titolo di duca di Prussia.
Terrasanta. Con la bolla Nel 1618 il Ducato di Prussia, comprendente una regione costiera sul Baltico oggi
d’oro (1235) all’ordine
vennero attribuite le terre
inclusa tra Germania e Lituania, fu unito al Brandeburgo e, insieme ad altri picco-
prussiane. li Stati, come la Contea di Mark e il Ducato di Kleve, andò a costituire un dominio
territorialmente discontinuo e composito dal punto di vista religioso e sociale,
dal momento che il Ducato di Kleve era cattolico e quello di Prussia protestante. Il
primo era abitato da contadini liberi e da una nobiltà che pagava le imposte, men-
tre il secondo vedeva il predominio assoluto della nobiltà, che aveva introdotto la
servitù dei contadini.
Fu Federico Guglielmo di Hohenzollern, Grande elettore di Brandeburgo e du-
ca di Prussia (1640-88), a cercare di trasformare questi territori diversi e disuniti
fra loro in uno Stato unitario solido e coeso. Rientrato in possesso dei suoi domini
dopo la guerra dei Trent’anni (1618-48), perseguì con grande abilità la costruzio-
ne di un esercito stabile, capace di sostenere il confronto con le maggiori armate
di quell’area e dell’Europa centro-settentrionale.

LA FORMAZIONE DELLO STATO PRUSSIANO

REGNO DI SVEZIA

Esplora i luoghi REGNO DI DANIMARCA Mar Baltico


e lavora con le
carte dell’Atlante Mare del Nord
Königsberg
digitale interattivo PRUSSIA
DUCATO POMERANIA
POMERANIA ORIENTALE
DI HOLSTEIN SVEDESE 1618
ORIENTALE
Leggi la carta Amburgo DUCATO DI 1648
• Quale regione tede- Brema MECLEMBURGO PRUSSIA
OLDENBURG OCCIDENTALE
sca costituisce uno HANNOVER
dei nuclei originari Minden ALTMARK 1472 NEUMARK
Münster 1648
dello stato prussia- Kleve Magdeburgo REGNO DI POLONIA
Ravensberg 1614
no? 1614 1449 1482
1614 Halberstadt 1648 Elettorato di Brandeburgo (1415)
• Quando la Pomera- VESTFALIA Mark
nia orientale entra Lipsia Conquiste dal 1415 al 1535
a far parte della Colonia Conquiste di Giovanni Sigismondo
Prussia? ELETTORATO SLESIA (1608-19)
Jülich DI SASSONIA
NASSAU Conquiste di Federico Guglielmo
• In che periodo stori-
(1640-88)
co viene annessa la
Prussia orientale?

105
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Gli Hohenzollern attuarono un’intransigente politica di rafforzamento dello Sta-


to, sottraendo alle assemblee provinciali il diritto di approvare o rifiutare le impo-
ste e unificando l’amministrazione, che venne affidata a funzionari direttamente
dipendenti dal governo centrale. Benché il Paese contasse solo 2 milioni di abitan-
ti, un decimo di quelli della Francia, fu costituito un esercito di 90.000 uomini, la
metà dell’esercito francese.
Gli Hohenzollern incoraggiarono poi lo sviluppo delle manifatture attuando una
politica economica di stampo mercantilista e, soprattutto, seppero far crescere la
popolazione grazie a una politica accogliente e tollerante, che attirò personale qua-
lificato da tutta Europa, in particolare i protestanti fuggiti dalla Francia in seguito
alla revoca dell’editto di Nantes ( ▶ cap. 2, par. 5). La capitale, Berlino, che contava
25.000 abitanti a metà del Seicento, in qualche decennio triplicò la sua popolazione.

LESSICO Una monarchia assoluta particolarmente coesa


Junker
Nome dato in Prussia Al fine di costruire uno Stato solido, ai nobili appartenenti all’aristocrazia terriera
all’aristocrazia terriera, brandeburghese e prussiana – gli Junker – fu chiesto i diventare funzionari dello
che godeva di benefici Stato, prestando un lungo servizio militare come ufficiali o svolgendo il compito
fiscali e fu la classe
dominante fino all’inizio di amministratori in province diverse dalla propria, dove non potevano far vale-
del XX secolo. re i loro legami vassallatici. In cambio veniva concesso loro di beneficiare di un
Legami vassallatici servaggio dei contadini particolarmente gravoso, in linea con il resto dell’Europa
Legami propri del orientale, per il quale potevano usufruire di prestazioni pressoché illimitate, pur
rapporto istituito nel non trattandosi di una forma di schiavitù propriamente detta.
mondo feudale tra due
persone libere: il vassallo La Prussia divenne così un esempio particolarmente riuscito di monarchia as-
si sottometteva soluta, sostenuta da un ampio consenso, molto coesa e disposta a riconoscersi
all’autorità di un senior, nell’autorità dello Stato, basata sull’alleanza forte tra il re, la nobiltà, l’esercito e il
promettendogli fedeltà
e aiuto in campo militare popolo. La monarchia prussiana dettava la linea politica, imponeva la disciplina e
e giudiziario. domava le resistenze, ma senza spezzare le identità dei territori che componevano
il regno né quelle delle élite che li rappresentavano.
Successore di Federico Guglielmo fu Federico I Hohenzollern (1688-1713), inco-
ronato per volontà imperiale primo re di Prussia nel 1701 a Königsberg, il quale si
trovò nelle mani uno Stato pronto ad attuare una politica di potenza a livello europeo.
Morto Federico I, suo figlio Federico Guglielmo I (1713-40), detto «il re sergen-
te», fece diventare la Prussia una grande potenza militare. Nel frattempo a Berlino
si andava costruendo una macchina statale, considerata separata dalla figura del re;
per sottolineare quale fosse il suo ruolo all’interno dello Stato, Federico Guglielmo
I non esitava a definirsi «il primo servitore della Prussia». Un atteggiamento che,
da parte di un sovrano, era pressoché unico in un mondo dove gli Stati venivano
concepiti quasi come proprietà dei loro governanti.

Federico II il Grande
Il successore di Federico Guglielmo I, Federico II (1740-86), detto il Grande, fu
considerato dai suoi contemporanei il modello di monarca riformatore della sua
epoca: servitore dello Stato, grande politico, grande militare, mecenate, uomo di
cultura, filosofo, scrittore, musicista.
Salendo al trono, Federico si trovò a disporre di un regno territorialmente e
demograficamente modesto, anche se ben organizzato, e soprattutto di un ot-
timo esercito, forgiato dal padre. Era appunto grazie a questo esercito che la

106
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

Prussia poteva aspirare a un posto nel consesso delle grandi potenze europee.
Federico merita senza dubbio un posto d’onore fra i grandi condottieri e gli in-
novatori dell’arte militare. Nei primi venti anni del suo regno, il sovrano prussiano
si dedicò principalmente all’attività militare. Battaglie come Rossbach e Leuthen,
combattute nell’ambito della guerra dei Sette anni ( ▶ par. 6) e vinte in forte svan-
taggio numerico, sono altrettanti capolavori di abilità tattica.
Vista in prospettiva storica, è a partire dal suo regno che possiamo datare l’av-
vio della conquista dell’egemonia politica e militare della Prussia sulla Germania.
L’unificazione politica tedesca – che si sarebbe realizzata nella seconda metà del
XIX secolo – fu la vittoria di una Prussia militarista e conquistatrice e di un siste-
ma sociale basato sulla disciplina dell’obbedienza del suddito al potere.
Il culto dello Stato e del potere monarchico escludeva qualsiasi concessione alla
tolleranza di opinioni difformi da quelle del sovrano. Federico, se fu tra i sovrani più
influenzati dalle idee dell’Illuminismo ( ▶ cap. 6), fu certamente uno dei più dispotici.
Dal punto di vista politico, sociale e istituzionale, la Prussia di Federico aveva mol-
to più in comune con l’Impero degli zar che con le nazioni dell’Europa occidentale.
Federico, del resto, si guardò bene dall’abolire la servitù della gleba ancora vi-
gente in gran parte del suo Regno. Questo aspetto è rivelatore delle relazioni di
Federico con la grande nobiltà terriera degli Junker, che sulla servitù della gleba
fondava il proprio potere sociale e la propria forza economica.

Ritratto di Federico
II di Prussia.
Dipinto di Antoine
Pesne, 1736.
Utrecht, Huis Doorn.

107
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

LESSICO Il ruolo della Prussia fra crisi di successione


Dieta e conflitti internazionali
Originariamente era
il nome dell’assemblea L’equilibrio diplomatico europeo stentava ad assestarsi. Nel 1733 morì Augusto II,
di alcuni popoli elettore di Sassonia e re di Polonia, e si scatenò un’aspra contesa tra due candidati
germanici. Passò poi
alla successione: Stanislao Leszczyński, sostenuto dalla Dieta e ( ▶ par. 3) appog-
a indicare le assemblee
del Sacro Romano giato dalla Francia, e Augusto III, figlio del defunto sovrano, sostenuto dall’Austria
Impero e, più in generale, e dalla Russia. Scoppiò così la guerra di successione polacca (1733-38), che durò
ogni assemblea che
cinque anni e fu combattuta soprattutto in Germania e in Italia, per regolare le
riuniva i rappresentanti
di nobiltà, alto clero questioni rimaste in sospeso.
e talvolta delle comunità Nel 1738 si arrivò alla pace di Vienna, che, nel tentativo di raggiungere un equi-
urbane.
librio durevole, ridisegnò la carta politica di alcuni Paesi europei. L’Austria perse il
Regno di Napoli e acquistò, assieme alla Russia, il controllo della Polonia. Dei due
rivali alla successione fu Augusto III a ottenere il trono polacco mentre Stanislao
Leszczyński ricevette invece il Ducato di Lorena; questo, alla sua morte, sarebbe
stato annesso alla Francia, che avrebbe potuto continuare a espandersi sui confi-
ni orientali. Il duca di Lorena Francesco Stefano, genero dell’imperatore, diventò
a sua volta granduca di Toscana; don Carlos di Borbone, figlio di Filippo V di Spa-
gna, lasciò Firenze per diventare re di Napoli e di Sicilia.
Nel 1740 morì l’imperatore Carlo VI, che, non avendo figli maschi, aveva desi-
L’arrivo a Vienna
gnato come erede la figlia primogenita Maria Teresa ( ▶ cap. 6, par. 4), moglie del
nel 1738 del corteo
dell’ambasciatore nuovo granduca di Toscana, Francesco Stefano. Nonostante Carlo VI avesse reso
di Luigi XV. pubblico, fin dal 1713, un editto intitolato Prammatica sanzione, con cui ammet-
Dipinto anonimo teva alla successione anche le proprie figlie, la maggior parte della nobiltà impe-
del XVIII secolo.
Vienna, Historisches riale rifiutò di riconoscere Maria Teresa legittima sovrana. La Prussia, a sua vol-
Museum der Stadt. ta, in opposizione a Maria Teresa, sostenne la candidatura dell’elettore di Baviera

108
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

Carlo Alberto e occupò la Slesia, possedimento asburgico, dando inizio nel 1740
alla guerra di successione austriaca.
Si formarono due vaste coalizioni: da un lato, si allearono Francia, Spagna e Prus-
sia; dall’altro, Inghilterra e Olanda si schierarono con Vienna. Otto anni di guerra e
alterne vicende militari portarono alla pace di Aquisgrana (1748): fu riconosciu-
ta la coppia imperiale composta da Maria Teresa e suo marito, Francesco Stefano,
che divenne imperatore con il nome di Francesco I; la Prussia si vide confermata
la Slesia; e i Borbone di Spagna ricevettero il Ducato di Parma e Piacenza. Tutta-
via, queste sistemazioni territoriali non risolsero affatto i due principali antagoni-
smi che dividevano l’Europa: quello tra Francia e Inghilterra, per il controllo dei
traffici oceanici, e quello tra Austria e Prussia, per l’egemonia sul mondo tedesco.

LE FONTI Nel 1740 venne pubblicato l’Anti-Machiavel di Federico II, mani-


festo politico del sovrano nel quale vengono contestati i precetti
Il buon governo politici di Machiavelli (1469-1527), in favore del diritto naturale e
nel giudizio di Federico II di una forma di governo retta e giusta, tesa alla pace.

Ai giorni nostri, le truppe numerose e gli eserciti potenti che i principi mantengono sia in pace
che in guerra contribuiscono non poco alla sicurezza degli Stati e frenano l’ambizione dei principi
vicini, perché sono proprio le spade sguainate che tengono nel fodero quelle degli altri.
Non basta però che il principe sia, come dice Machiavelli, di «ordinaria industria»; io vorrei che
desiderasse anche rendere felice il suo popolo. Un popolo contento non penserà a ribellarsi, un
popolo felice teme di perdere il suo principe e benefattore più di quanto questi tema la diminuzio-
ne del suo potere.
(da Federico II, L’Antimachiavelli, Edizioni Studio Tesi,
Pordenone 1995, pp. 9-10)

L’ITALIA NEL 1748


DUCATO
DI MILANO REPUBBLICA
SAVOIA DI VENEZIA IMPERO D’AUSTRIA
(AUSTRIA)
Trieste
REGNO Milano
Torino Mantova Venezia
DI FRANCIA
PIEMONTE
Parma Modena
Genova 1738: a Francesco
REPUBBLICA Lucca Firenze Stefano di Lorena DALMAZIA IMPERO
La carta illustra DI GENOVA GRANDUCATO OTTOMANO
gli equilibri politici 1738: all’Austria DI TOSCANA
nella Penisola italiana 1748: ai Borbone
di Spagna STATO DELLA Mare Adriatico
tra 1714 e 1748. PRINC. DI Corsica CHIESA
PIOMBINO (Genova)
Roma
STATO
Leggi la carta DEI PRESIDI Napoli
• Con la pace di 1714: all’Austria REGNO DI
1738: ai Borbone
Rastadt, quali REGNO DI di Spagna NAPOLI
territori ottiene SARDEGNA 1714: all’Austria
l’Austria in Italia? 1714: all’Austria 1738: ai Borbone di Spagna
1720: ai Savoia Mare Tirreno
• Che cosa ottengono
i Savoia nel 1714?
• Con le paci di Vienna Mare Ionio
1714 Pace di Rastadt
e di Aquisgrana quali REGNO DI 1714: ai Savoia
1738 Pace di Vienna SICILIA 1720: all’Austria
territori ottengono i 1738: ai Borbone di Spagna
1748 Pace di Aquisgrana
Borboni di Spagna?

109
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

3 Ascesa e crisi della Polonia


La forma particolare della monarchia polacca
La monarchia polacca, a partire dal 1572, era diventata elettiva e spettava alla Die-
ta – l’assemblea composta da vescovi, alti funzionari dello Stato, nobili e, talvol-
ta, delegati delle città – deliberare in materia di imposte e organizzare l’esercito e
l’amministrazione. La Dieta funzionava con il principio del liberum veto, secondo
cui bastava l’opposizione di uno solo dei suoi membri per impedire l’approvazio-
ne di una legge. I magnati, cioè l’alta nobiltà, avevano un proprio organo rappre-
sentativo, il Senato, mentre il resto della nobiltà era rappresentato dalla Camera
dei nunzi. Il sovrano eletto doveva impegnarsi a convocare la Dieta ogni due anni
e doveva farsi assistere nell’opera di governo dal Senato, il cui consenso era indi-
spensabile per le decisioni di maggiore rilevanza. Il potere dei magnati era di gran
lunga superiore a quello di tutti gli altri nobili e, spesso, contrastava quello del so-
vrano, tanto che l’antagonismo sociale fra piccola e grande nobiltà fu a lungo uno
dei problemi latenti della «repubblica nobiliare» polacca, così chiamata poiché i
sovrani venivano di fatto eletti dall’intero ceto nobile.
Nonostante la debolezza della sua monarchia, la Polonia rimase per lungo
tempo una potenza temibile sul piano militare. Con il regno di Enrico di Valois
(1573-74), duca d’Angiò e fratello di Carlo IX di Francia, e con la pace di Vestfa-
lia (1648), che assicurò alla monarchia nuovi territori, la Polonia arrivò a esten-
dersi dal Baltico fin quasi al mar Nero e, a est, fino al fiume Dnepr; e la sua po-
polazione crebbe da 7,5 a 11 milioni di abitanti. Il declino della potenza polacca
cominciò nella seconda metà del Seicento, con la sconfitta subita nella guerra
contro la Svezia, fra il 1655 e il 1660, e con la perdita dell’Ucraina a vantaggio
della Russia nel 1667. La monarchia elettiva polacca, divenuta ostaggio di una
nobiltà che aveva come unico fine la difesa dei propri privilegi, divenne scenario
degli intrighi tra potenze, le quali prima si limitarono a esercitare le loro inge-
renze politiche poi si avventarono sul territorio polacco procedendo a una serie
di spartizioni ( ▶ cap. 6, par. 2).

La politica religiosa: tolleranza e identità cattolica


Nel frattempo, mutava anche la politica religiosa del Paese. Nel Cinquecento,
nell’Europa insanguinata dalle guerre di religione, la Polonia era stata un’oasi di
tolleranza: nel Paese convivevano ben quattro confessioni cristiane (cattolica,
calvinista, luterana e ortodossa), una consistente comunità ebraica e una miria-
de di sette minori. Ma questa situazione cominciò a cambiare durante il regno di
Sigismondo III Vasa (1587-1632), anche a causa della Compagnia di Gesù, i cui
collegi per l’educazione costituirono la base culturale della nobiltà.
E proprio il cattolicesimo riuscì a fornire alla popolazione polacca una base co-
mune su cui costruire un proprio senso di identità. Così, nel corso del Seicento, il
Paese diventò sempre di più un avamposto cattolico, al confine con Stati prote-
stanti, ortodossi e musulmani. La difesa della Polonia dalle potenze vicine fu quindi
vissuta dai Paesi dell’Europa occidentale come difesa della fede cattolica.
All’alba del Settecento, la Polonia era ormai un Paese indebolito dall’anarchia
nobiliare, privo di un centro e di una struttura unificante all’infuori di quella of-
ferta della rete ecclesiastica cattolica.

110
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

4 L’Impero russo da Ivan il Terribile


a Pietro il Grande
LESSICO
Chiesa ortodossa La Russia zarista: verso l’affermazione dell’assolutismo
(o greco-ortodossa) Nel Seicento l’Europa orientale e balcanica costituiva ancora un’altra Europa.
L’insieme delle Chiese
cristiane di rito bizanti-
Tuttavia le relazioni tra le due parti del continente si facevano sempre più strette,
no «ortodosse», ossia malgrado la cristianità ortodossa, sia quella diffusa presso alcuni popoli sogget-
«di retta fede», distac- ti all’Impero ottomano sia quella dell’Impero zarista, sfuggisse ancora alla presa
catesi da Roma a partire
dallo scisma del 1054,
dell’Europa occidentale.
diffuse soprattutto In Russia Ivan IV, detto «il Terribile» (1547-84), aveva gettato le fondamenta
nei Balcani e nei territori di uno Stato forte e di una monarchia autoritaria che si scagliò all’esterno contro
russi. Differiscono a livel-
i tartari e all’interno contro la nobiltà dei boiari. Il debole figlio ed erede di Ivan,
lo teologico dal cattoli-
cesimo e non riconosco- Fiodor I (1584-98), fu sempre sovrastato dal protetto del padre, Boris Godunov,
no il primato del papa. reggente dal 1588. Nel 1598, dopo la morte di Fiodor, un attentato eliminò
Boiari Demetrio, un possibile candidato alla successione, e Boris Godunov (1598-1605)
In russo «uomini miglio- fu eletto zar dall’assemblea dei ceti, il Sobor.
ri», «anziani». Capi militari
russi, trasformatisi in una
Tra il 1601 e il 1603 una terribile carestia, la propagazione di epidemie e
casta nobiliare latifondi- l’esplosione di sommosse aprirono la cosiddetta «epoca dei torbidi»: la propa-
sta; nobili proprietari ter- ganda dei boiari accusava Boris di aver fatto uccidere Demetrio, mentre potenze
rieri che costituivano
il ceto aristocratico russo
esterne come la Polonia tentavano di approfittare della situazione. Fu un perio-
di più antica origine, con do di forte instabilità, caratterizzato dalla riottosità dei boiari e dalla prolife-
caratteristiche simili a razione di candidati al trono russo, ciascuno con il proprio esercito e il proprio
quelle dei signori feudali.
seguito popolare.

Boiari russi
a Mosca.
Incisione del
XVII secolo.

111
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Nel 1611 la Duma, cioè l’assemblea dei boiari, cercò di porre fine a questo pe-
riodo eleggendo uno zar disposto a fare gli interessi della grande nobiltà: il figlio
del re di Polonia. Ma il tentativo fallì per la reazione del Paese, ostile ai polacchi, e
nel 1613 venne incoronato zar Michele Romanov (1613-45), imparentato con la
famiglia di Ivan IV. Con lui iniziò una dinastia che regnò fino al 1917.
Con Michele Romanov la concezione assolutistica del potere riprese forza con-
tro una nobiltà compromessa dai rapporti con la Polonia e indebolita dalle care-
stie, che avevano costretto i contadini a fuggire verso terre vergini. Solo il pugno di
ferro del potere centrale e la grande forza della Chiesa ortodossa avrebbero potuto
riprendere il controllo della società.

L’autocrazia russa: un potere dispotico,


senza alcun contrappeso
La Chiesa ortodossa fu un potente strumento di unificazione del Paese: ricca gra-
zie alle molte donazioni, esercitò un grande influsso culturale ed economico attra-
verso la rete dei suoi monasteri. La sua potenza non si contrapponeva, tuttavia, a
quella dello Stato, anzi ne era una componente fondamentale: infatti, conforme-
mente all’eredità bizantina e a differenza di quanto era avvenuto in Occidente, do-
ve Impero e papato si erano aspramente contrapposti, in Russia potere spirituale
e potere temporale erano uniti nella persona dello zar.
LESSICO L’evoluzione del potere monarchico verso l’autocrazia e l’assoggettamento dell’in-
Autocrazia tera società incontrò pochi ostacoli anche da parte di altre due forze che in Occi-
Forma di governo
che prevede la dente avevano invece limitato il potere del sovrano: la nobiltà e le città. Lo zar, in-
concentrazione del fatti, impose l’obbligo del servizio alla corona, concedendo terre ai nuovi nobili (i
potere nel vertice dello pomesciki) in cambio dello svolgimento di funzioni amministrative, giudiziarie e
Stato, in genere il re.
In tale tipo di governo, militari. L’esistenza di questa sorta di «nobiltà di toga», dipendente dal sovrano,
l’autocrate non dipende riduceva l’importanza dell’antica aristocrazia ereditaria dei boiari.
da altri poteri e può Vedendo ridotto il proprio potere nei confronti del sovrano, la nobiltà di più an-
invocare il diritto divino
come fonte di legittimità tica data, di contro, aumentò la pressione sui contadini, che furono completamen-
del proprio potere. te assoggettati al padrone.
In Russia avveniva così qualcosa di simile al servaggio messo in pratica nelle ter-
re tedesche e nell’Europa orientale: se un contadino abbandonava senza permesso
il proprio villaggio, veniva ricercato per tutta la Russia e ricondotto al luogo d’ori-
gine. Anche gli abitanti delle città furono vincolati alla città stessa, dalla quale non
potevano allontanarsi, e venne loro proibito di vendere terre a stranieri.
La vita economica in Russia era sottoposta al severo controllo dello Stato. I mer-
canti stranieri e russi dovevano sottostare alla volontà dei funzionari governati-
vi, che fissavano il prezzo delle merci e operavano essi stessi come commercianti,

LE LOTTE PER LA SUCCESSIONE IN RUSSIA

Michele Romanov
dopo la sua morte • «epoca dei torbidi»
incoronato zar (1613):
va al potere (1601-13)
Ivan IV il terribile • rafforzamento della
Boris Godunov, • conflitti interni e instabilità
primo zar (1547-84) monarchia assoluta
che viene eletto • candidati stranieri al trono
• unione dei poteri
zar (1598-1605) russo
temporale e spirituale

112
Ritratto dello zar
Pietro il Grande.
Dipinto di Gustav
von Mardefeld, 1707.

vendendo per conto dello zar i beni con i quali erano stati pagati i tributi. Il peso
della burocrazia, dunque, era opprimente e impediva di fatto ogni forma di libe-
ra iniziativa commerciale. D’altra parte, non si formò nemmeno una vera struttura
burocratica che si identificasse con lo Stato: per riscuotere le imposte e i dazi, in-
fatti, lo zar si serviva di ricchi commercianti, ai quali delegava funzioni statali senza
che, per questo, entrassero a far parte di una struttura permanente.
A differenza di quanto avveniva in molti Stati dell’Europa occidentale, la
Duma dei boiari e il Sobor non erano in grado di costituire un vero e proprio con-
trappeso al potere dello zar. Il sovrano russo aveva ben poco a che spartire con
la tradizione occidentale; si avvicinava, invece, al modello orientale del despota,
che esercitava il potere in modo assolutistico e arbitrario, senza alcuna preoccu-
pazione per lo Stato.
Tuttavia, la Russia si appropinquava progressivamente alle dinamiche euro-
pee, e i contrasti fra le potenze del continente la coinvolgevano in modo sempre
più diretto. Toccò al terzo zar della dinastia Romanov, Pietro I, detto «il Grande»,
il compito di imprimere una svolta decisiva alla politica e all’intera società russa
in direzione dell’Europa.

113
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Pietro il Grande, tra occidentalizzazione


e dispotismo orientale
F1 Le riforme di Pietro Pietro I il Grande (1689-1725) giunse al potere nel 1689 dopo uno scontro con la
il Grande, p. 129
sorellastra Sofia. Convinto della superiorità culturale, scientifica e tecnica dell’Eu-
ropa, diede inizio al suo regno istituendo ambasciate russe permanenti in alcu-
ne capitali europee. Inoltre, volle conoscere direttamente la tecnica e i modi di vi-
ta europei e così, fra il 1697 e il 1698, trascorse un lungo periodo di soggiorno e
di studio in Germania, Olanda e Inghilterra. Manifestò interesse soprattutto per le
LESSICO tecniche navali e l’organizzazione militare, e perciò andò egli stesso a lavorare in
Calendario giuliano un cantiere olandese.
Il calendario giuliano fu Tornato in Russia, fondò un’accademia navale, una di artiglieria e una del
adottato in Russia in
luogo dell’ormai desueto genio, cioè del corpo militare specializzato nel supporto logistico ai combattenti.
calendario bizantino, Non si limitò a imitare la tecnologia occidentale, ma portò con sé in patria una
completamente precisa idea del modo di vivere europeo, che volle imporre ai propri sudditi.
disallineato rispetto a
quello gregoriano, in uso Il paradosso fu che per occidentalizzare la Russia ricorse allo stile dispotico
nell’Europa occidentale tipico del potere zarista e solo per sua volontà molti giovani dovettero recarsi
a partire dal 1582, con la in viaggi d’istruzione nei Paesi occidentali. Ordinò ai nobili di tagliarsi le folte
riforma di Gregorio XIII.
barbe orientali, proibì le vesti lunghe imponendo abiti di foggia europea, scelse
e adottò la forma dell’alfabeto cirillico per semplificare e uniformare i tipi di
Veduta del scrittura, introdusse il calendario giuliano, fece tradurre in russo libri stranieri,
Palazzo d’Inverno
a San Pietroburgo. fece pubblicare il primo giornale russo e creò molte scuole elementari per ridurre
Stampa del XIX secolo. il generale analfabetismo delle campagne.

114
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

IL POTERE DELLO ZAR

• Duma: consiglio composto in origine dai nobili


Lo zar (dal latino non è contrastato
(boiari) poi esautorato e formato da funzionari
Caesar) esercita un dai deboli organi
nominati dallo zar
potere assoluto, senza rappresentativi
• Sobor: assemblea dei ceti, spesso riunita solo
limiti imposti dalla legge della società russa
per approvare le decisioni già prese dal sovrano

Significativa, infine, fu la decisione di stabilire la nuova capitale a San Pietro-


burgo, la città da lui fondata nel 1703 sul delta del Neva (dove il fiume sfocia nel
golfo di Finlandia), che prese il posto della troppo orientale Mosca e finì per rap-
presentare un avamposto del mondo russo verso l’Europa. Pietro il Grande sogna-
va la città come una «finestra sull’Europa» che potesse portare sull’arretrata Rus-
sia un vento di cambiamento e modernizzazione. Paradossalmente, nell’opinione
dei contemporanei sono stati esasperati e strumentalizzati gli aspetti negativi e gli
eventi tragici della storia della capitale.
Le leggende oscure e magiche che avvolgono San Pietroburgo sono coeve alla
fondazione della città, proprio in virtù della straordinarietà dell’evento. La città è
stata edificata su una palude alle foci del fiume Neva, presso il golfo di Finlandia:
una regione umida e piovosa, caratterizzata da inverni lunghi e cupi ed estati bre-
vi e luminose. Bonificare il territorio costò la vita a molti dei braccianti impiegati
nell’operazione, contribuendo alla fama di San Pietroburgo città maledetta.
Inoltre, lo spostamento della capitale non fu accolto positivamente dai membri
della corte che, contrari alla decisione di Pietro I, fecero leva sul carattere malsa-
no della città per alimentare, attraverso le leggende, il risentimento sul suo conto.
Dal canto suo la popolazione, profondamente legata alle tradizioni e alla religio-
ne, vedeva nello zar modernizzatore e avverso alla Chiesa la figura dell’Anticristo.

La benedizione
della bandiera
del Reggimento
Preobrazhensky
nel dicembre 1796.
Acquerello su carta
di Mikhail Matveevich
Ivanov, 1796.
A.V. Suvorov State
Memorial Museum,
San Pietroburgo.

115
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Un sistema di vincoli e burocrazia


Nel Paese, però, gli sforzi di imitare così tanti aspetti della società europea finiro-
no per irrigidire la società e per restringere ulteriormente i già modesti margini
di libertà della popolazione.
Nel 1722 fu promulgata la riforma nota come la «Tavola dei ranghi», che sta-
biliva quattordici gradi nella struttura dell’esercito e della flotta e un corrispettivo
elenco di ranghi civili o di corte. A ogni rango corrispondevano precise prerogati-
ve esteriori: numero di cavalli, tipo di carrozza, livrea dei servitori; ad esempio, le
vesti di velluto o i merletti erano consentiti solo a certi livelli. La riforma intendeva
risolvere il problema della costruzione di un apparato amministrativo e militare
degno di un grande Stato. Poiché non c’erano tradizioni in questo senso e le classi
superiori russe erano incolte e dedite all’ozio, era necessario che la nobiltà andasse
a scuola: lo zar impose quindi il raggiungimento di un certo livello di istruzione,
al di sotto del quale non si poteva accedere ai ranghi più qualificati.
Il nuovo rigidissimo sistema trasformava la nobiltà in un ordine sociale domi-
nato da regole burocratiche, anche se le distinzioni di nascita non vennero cancel-
late. La grande nobiltà si riservò i ranghi superiori, mentre la piccola nobiltà fornì
personale da inviare nelle province più lontane. Il servizio dello Stato, quindi, non
divenne una via di ascesa sociale, come invece accadde altrove in Europa. Il disor-
dine di un’amministrazione improvvisata produsse una moltitudine di impiegati
inutili ma pronti ad approfittare del proprio titolo, con il risultato ovvio di far di-
lagare la corruzione e le sopraffazioni.
In definitiva, con la «Tavola dei ranghi» si intendeva edificare l’apparato am-
ministrativo attraverso una gerarchia militare, ma questa soluzione soffocò ogni
residua forma di libertà e di mobilità sociale, costringendo l’intera società in una

Il quadro L’EUROPA CENTRO-SETTENTRIONALE NEL 1715


geopolitico
REGNO DI REGNO DI SVEZIA
dell’Europa NORVEGIA CARELIA
San Pietroburgo
centro- INGRIA
settentrionale LIVONIA
IMPERO
Mare del Nord RUSSO
Dublino REGNO DI
REGNO DANIMARCA Mar Baltico
D’IRLANDA REGNO
Leggi le carte D’INGHILTERRA REGNO DI
HANNOVER PRUSSIA
• Quale Stato europeo Londra Utrecht BRANDEBURGO
scompare dallo Berlino Varsavia
scenario europeo PAESI SASSONIA
BASSI ASSIA REGNO DI POLONIA
alla fine del secolo? SACRO
Parigi ROMANO
• Quali imperi Rastadt
IMPERO
1714 PODOLIA
allargano i propri LORENA
Oceano BAVIERA
confini territoriali
Atlantico REGNO DI MOLDAVIA
in maniera CONFEDERAZIONE IMPERO D’AUSTRIA
FRANCIA SVIZZERA
significativa?
REGNO
• Quali nuovi territori DI SARDEGNA Venezia
annette l’Impero VALACCHIA
Genova
russo e a danno Mar Nero
Firenze
di quali Stati?

116
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

sorta di camicia di forza. Basti pensare che gli impiegati non nobili che occupava-
no i ranghi più bassi, qualora fuggissero, venivano ricondotti a forza esattamente
come accadeva per i servi della gleba.
Pietro il Grande affrontò anche il problema della successione al trono: nel 1722
deliberò che spettava al solo sovrano designare il proprio successore, una decisione
presa in seguito alla perdita del figlio Alessio, morto in carcere nel 1718 in circostanze
poco chiare. Alla volontà di occidentalizzare la vita russa si dovette anche una modi-
fica della qualifica stessa del sovrano, che dal 1721 assunse il titolo di «imperator»
in sostituzione di quello russo di «zar». Inoltre, gli organismi supremi da lui stesso
istituiti per il governo civile ed ecclesiastico pregarono Pietro di accettare il titolo di
«Padre della patria e imperatore di tutte le Russie», nonché l’appellativo di «il Gran-
de», in virtù della sua eccezionale statura e del suo disegno politico di ampio respiro.

La Russia nel gioco delle grandi potenze europee


L’occidentalizzazione a tappe forzate della Russia allargò i confini dell’Europa e
introdusse nel gioco delle potenze europee un grande Paese, in grado di competere
militarmente con i più avanzati Stati dell’Europa occidentale. Pietro, infatti, orga-
nizzò una struttura militare moderna, introducendo la coscrizione obbligatoria e
LESSICO
Monopolio
avviando la costruzione di una flotta da guerra sul modello inglese. L’esercito rus-
Condizione di controllo so, però, mancava della disciplina, dell’efficienza e dell’organizzazione raggiunte
esclusivo di un certo dagli eserciti europei, e così Pietro il Grande lo sciolse, facendo venire dall’Occiden-
bene o servizio.
Un monopolio può
te istruttori esperti nell’ammodernamento delle forze armate: ufficiali, ingegneri,
essere detenuto dallo fonditori per i cannoni, esperti di navigazione e di costruzione navale. E poiché le
Stato o da una società riforme militari richiedevano forti spese, furono introdotti un’imposta personale
privata.
su ogni contadino e il monopolio statale del sale e del tabacco.

L’EUROPA CENTRO-SETTENTRIONALE NEL 1763

REGNO DI SVEZIA CARELIA


San Pietroburgo
INGRIA
REGNO
DI LIVONIA
DANIMARCA
E
Mare del Nord NORVEGIA
Dublino
REGNO Mar Baltico
D’IRLANDA REGNO IMPERO
D’INGHILTERRA RUSSO
HANNOVER REGNO DI
Utrecht BRANDEBURGO PRUSSIA
Londra Berlino Varsavia
PAESI SASSONIA
BASSI ASSIA
AUSTRIACI SACRO
Parigi ROMANO
IMPERO PODOLIA
LORENA
Oceano BAVIERA IMPERO
Atlantico REGNO DI D’AUSTRIA
CONFEDERAZIONE MOLDAVIA
FRANCIA SVIZZERA
REGNO
DI SARDEGNA Venezia
VALACCHIA
Genova
Firenze Mar Nero

117
Attacco delle L’espansionismo russo si prefisse innanzitutto di ottenere degli sbocchi sui ma-
truppe russe alla ri. Verso sud, in direzione del mar Nero e del Caucaso, i russi dovettero però scon-
fortezza svedese
di Nöteborg, trarsi con l’Impero ottomano e con quello persiano, in un conflitto che fu anche
l’11 ottobre 1702, religioso, dal momento che la Russia voleva porsi come campione del cristianesi-
durante la grande mo ortodosso. Approfittando della crisi dei due Imperi islamici, i russi riuscirono
guerra del Nord.
Dipinto di Alexander a compiere significativi progressi territoriali, annettendo Baku, sul mar Caspio, e
von Kotzebue, Azov, in Crimea (1696). Il mar Nero smise così di essere un «lago ottomano».
XIX secolo. Sulle rive del mar Baltico, dove Pietro aveva costruito la sua nuova capitale, i rus-
si dovettero fare i conti con la Svezia, che dalla guerra dei Trent’anni si era impo-
sta come potenza egemone dell’area. Il conflitto, la grande guerra del Nord, scop-
piò nel 1700. Inizialmente, grazie all’abilità militare del sovrano svedese, Carlo XII
(1697-1718), e all’efficienza del suo esercito, i russi, alleati dei polacchi e dei da-
nesi, ebbero la peggio. Vincitore a Narva, Carlo XII arrivò fino al Dnepr, ma i russi
riuscirono a riorganizzarsi e, nel 1709, sconfissero gli svedesi a Poltava, strappan-
do loro la Livonia, l’Estonia e parte della Carelia.
Il conflitto terminò con la pace di Nystad nel 1721, che consacrò la nuova posizione
raggiunta dalla Russia in Europa. Tutta la costa del mar Baltico fino a Riga era ora sot-
to il controllo russo, mentre la potenza svedese si era ormai definitivamente infranta.

L’ESPANSIONISMO RUSSO

Pietro I il Grande

struttura militare moderna politica espansionistica

• coscrizione obbligatoria • verso sud, in direzione del mar Nero e del Caucaso
• flotta da guerra sul modello inglese (conflitti con l’Impero ottomano e l’Impero persiano)
• scioglimento del vecchio esercito • verso nord, sul mar Baltico, contro la Svezia (grande
• riforme militari sostenute da imposte personali guerra del Nord vinta in più fasi dai russi, che arrivano
sui cittadini a controllare la costa del mar Baltico fino a Riga)

118
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

5 Il mondo balcanico
e il declino dell’Impero ottomano
Il graduale esaurimento della spinta espansionistica ottomana
Negli stessi anni in cui Pietro il Grande poneva le basi per la penetrazione russa in
Europa, nell’area balcanica l’Impero ottomano, esaurita la spinta espansionistica,
viveva un periodo di difficoltà che per molto tempo è stato letto come un inesora-
bile declino ma che, nonostante un’innegabile crisi, presenta tratti di innovazione
e di apertura alla modernizzazione.
Il mondo balcanico si trovava oltre la frontiera fra Occidente e Oriente, fra Eu-
ropa e Asia, fra cristianità e islam. Anche se abitato in prevalenza da popolazioni
cristiane, lo spazio corrispondente agli attuali Stati di Grecia, Bulgaria, Macedonia,
Albania, Serbia, Bosnia, Romania e gran parte dell’Ungheria era politicamente di-
pendente da Istanbul e sottoposto alla legge islamica.
Sul versante cristiano, a fronteggiare l’Impero ottomano vi erano la Polonia e l’Im-
pero asburgico, il quale, dopo la guerra dei Trent’anni, orientò sempre più le pro-
prie ambizioni verso i territori dell’Europa centro-orientale. Nonostante la battuta
d’arresto segnata dalla battaglia di Lepanto (1571), per gran parte del Seicento l’ini-
ziativa fu nelle mani dei turchi, sia sullo scacchiere balcanico sia nel Mediterraneo:
nel 1660 conquistarono la Transilvania; nel 1669, dopo un lungo conflitto, strap-
parono Creta ai veneziani; nel 1672 tolsero alcuni territori dell’Ucraina ai polacchi.
Nel 1683 sembrò essere giunto il momento dell’assalto finale all’Impero asburgico:
la stessa capitale, Vienna, venne stretta d’assedio dall’esercito turco. La sconfitta dei
turchi alle porte di Vienna, nella battaglia dell’11 e 12 settembre 1683, grazie soprat-
tutto al decisivo intervento del re di Polonia Giovanni Sobieski (1674-96), rappre-
sentò un momento di svolta nella storia dell’Europa orientale. La marea ottomana
cominciò infatti a rifluire e la pace di Carlowitz del 1699, che chiuse provvisoria-
mente le ostilità, sancì le conquiste austriache: passarono agli Asburgo l’Ungheria,
la Transilvania, parte della Croazia e della Bosnia. Dopo una nuova offensiva dei
turchi nel 1716, stroncata dal comandante dell’esercito asburgico Eugenio di Savo-
ia, fu sancita la pace di Passarowitz (1718), con la quale gli ottomani rinunciarono
anche a Belgrado, alla Serbia settentrionale e ai territori in Valacchia e in Ungheria.
In queste ultime campagne gli alti dignitari ottomani avevano commesso degli er-
rori di valutazione che li avevano indotti a sottovalutare la capacità bellica dei nemici.

L’armata turca
assedia Vienna
nel 1683.
Dipinto di Geffels
Franz del 1688 circa.
Vienna, Wien Museum.
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Gli elementi di debolezza dell’Impero


Nelle sconfitte subite dagli ottomani a cavallo tra Seicento e Settecento è possibile
S1 Il tramonto vedere il segnale delle difficoltà interne all’Impero, prima tra tutte l’indebolimento
dell’Impero ottomano
nel XVIII secolo,
della figura del sultano a favore di una maggiore centralità del ruolo dei maggiori
p. 130 funzionari. L’Impero aveva raggiunto dimensioni gigantesche e con gli strumenti
S2 Il potere del sultano di cui disponevano gli Stati dell’epoca era diventato difficile da controllare; a que-
nel XVIII secolo, p. 131 sto, si aggiunsero anche altri problemi, fra i quali la mancanza di coesione interna.
Non solo vi erano contrasti fra i sudditi musulmani e quelli non musulmani, ma
anche fra gli stessi musulmani. I turchi ottomani ebbero sempre più la tenden-
za a diventare una casta chiusa, gelosa dei propri privilegi. Inoltre l’esercito, che
in origine era organizzato in base al sistema feudale, iniziò ad arruolare sempre
più mercenari, i quali avevano lo stesso status dei servi e dovevano quindi essere
mantenuti anche in tempo di pace. Questo aumento delle spese militari, unito al-
la piaga dell’inflazione, si rivelò catastrofico per le finanze dello Stato. Così, para-
dossalmente, mentre in Occidente lo Stato diventava padrone delle proprie forze
armate composte da uomini liberi, nell’Impero ottomano l’esercito si trasformava
in una casta chiusa di militari di origine servile, che per molti aspetti finirono per
assumere un ruolo preponderante.
Tuttavia, nel XVIII secolo, nonostante la crisi politica, Istanbul fu animata da un
fermento culturale molto diversificato, caratterizzato da importanti pubblicazioni
letterarie e storiografiche, per esempio la grande opera storica di Mustafa Naima,
e da contatti culturali con l’Europa, in particolar modo con la Francia.
L’Impero ottomano, inoltre, come il resto del mondo mediterraneo, fu pro-
gressivamente marginalizzato a causa dello spostamento del centro economico
mondiale verso l’Europa settentrionale atlantica. La classe dirigente ottomana si
trincerò in generale in un atteggiamento conservatore sempre più rigido che, co-
munque, non impedì a molti centri un notevole sviluppo del commercio e dell’ar-
tigianato ( ▶ cap. 5, par. 2).
Ad approfittare della complessiva debolezza dell’Impero ottomano furono gli
Asburgo e la Russia zarista. Nel corso del XVII secolo, infatti, cominciò a profilarsi
quell’antagonismo fra Mosca e Vienna che caratterizzerà la storia dei Balcani nei
due secoli successivi. Mentre Vienna si sarebbe proposta come alfiere del catto-
licesimo, la Russia zarista avrebbe svolto il ruolo di protettrice dei popoli orto-
dossi, che costituivano la maggioranza dei sudditi balcanici degli ottomani: greci,
serbi, bulgari, romeni.

LA CRISI DELL’IMPERO OTTOMANO TRA SEICENTO E SETTECENTO

Motivi di crisi

sociali: militari: amministrativi: economici:


• divisioni religiose • esercito come • territorio troppo vasto • esclusione dalle
tra musulmani e casta chiusa, • conservatorismo della nuove rotte
cristiani ortodossi padrona dello Stato classe dirigente commerciali

lento declino dell’Impero

120
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

6 La guerra dei Sette anni, l’India e l’America


Un conflitto di portata extraeuropea
Negli anni Cinquanta del Settecento il lavoro delle diplomazie portò a inedite al-
leanze. L’Austria si accostò alla Russia nel tentativo di rientrare in possesso della
Slesia, perduta a vantaggio della Prussia nel 1740; la Prussia cercò allora la prote-
zione di Londra anziché di Parigi, mossa che provocò l’avvicinamento di due Paesi
da sempre nemici, la Francia e l’Austria.
Fu così che nel 1756 scoppiò la guerra dei Sette anni (1756-63), durante la quale
la Prussia subì attacchi da tutti i lati. Berlino venne occupata prima dagli austriaci
e poi dai russi, ma riconquistata entrambe le volte. Un aiuto decisivo alla Prussia
venne anche dall’avvento sul trono russo, nel 1762, di Pietro III, uno zar di padre
tedesco, grande ammiratore del re di Prussia, che si affrettò a uscire dalla guerra.
Alla fine, Berlino aveva più vinto che perso, grazie anche al trionfo inglese sui ma-
ri, e la Prussia si vide definitivamente riconosciuta la sovranità sulla ricca Slesia.
Durante la guerra la Gran Bretagna combatté sugli oceani la propria campagna
contro i francesi, dopo aver provocato lo scoppio del conflitto catturando diverse
navi mercantili di Parigi. Tra francesi e inglesi la guerra si svolse in due teatri lon-
tanissimi: in India e in America. Questo diede alla guerra dei Sette anni una di-
mensione veramente moderna, che nessuna guerra precedente aveva avuto, una
sorta di primo conflitto mondiale.
In Europa lo scopo degli Stati coinvolti nella guerra fu quello di sempre: esten-
dere il proprio territorio. Fuori dal Vecchio Continente, invece, tra Inghilterra e
Francia si svolse un altro conflitto, di stampo «mercantilista», perché finalizzato
al controllo commerciale delle aree da cui partivano i grandi flussi di importazio-
ni: l’America, dalla quale arrivava lo zucchero, e l’India, che riforniva i mercati di
tè, di seta e soprattutto di stoffe leggere di cotone.

L’incontro tra
il generale inglese
Clive e Mir Mudin
Khan alla battaglia
di Plassey in India
(27 giugno 1757).
Dipinto di Francis
Hayman. Londra,
National Portrait Gallery.

121
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

LA GUERRA DEI SETTE ANNI

combattimenti terrestri
obiettivo: guerra
(non risolutivi) di Austria
espansione territoriale di tipo tradizionale
e Russia contro la Prussia
Austria, Russia e Francia
contro
Prussia e Inghilterra combattimenti sugli
oceani (decisivi) tra obiettivo: guerra moderna a
Inghilterra e Francia in espansione commerciale carattere «mondiale»
India e America

LESSICO L’India nei primi decenni del Settecento


Sincretismo
L’India aveva conosciuto nel Cinquecento una grande stagione di sviluppo civile,
Tendenza alla
conciliazione di elementi culturale e politico, sotto il potere tollerante e illuminato degli imperatori Moghul,
religiosi, filosofici, di fede musulmana. L’Impero aveva cercato di mettere in atto un sincretismo tra le
dottrinali e, in generale,
principali fedi, animato da un grande dibattito teologico e filosofico al quale anche
culturali, diversi
o addirittura in contrasto i gesuiti erano stati invitati. I Moghul avevano favorito anche lo sviluppo economi-
tra loro. co e la convivenza fra le diverse etnie; ciò nonostante, l’Impero appariva intrinse-
Tamil camente fragile, perché restava espressione di una minoranza musulmana prove-
Si tratta di una niente dall’Asia centrale, quindi estranea al subcontinente indiano.
popolazione dell’India
meridionale e della
Nel XVII secolo, complice il deterioramento della situazione economica, politica e
parte settentrionale e culturale del Paese, erano partite dal Sud indù forti spinte separatiste nei confronti
orientale dello Sri Lanka, del dominio islamico settentrionale. Ebbe così inizio la riscossa indù, quasi una cro-
prevalentemente induista
ciata antimusulmana ma anche una specie di guerra di liberazione dallo straniero,
ma con una componente
cristiana. che fu diretta dai marathi, un’etnia della costa occidentale dell’India. All’inizio del
Settecento i marathi riuscirono a ridurre la presenza dei Moghul a un piccolo do-
minio intorno a Delhi e a costituire uno Stato di non trascurabile capacità militare.
In questi conflitti fra Stati indiani si inserirono però gli occidentali, che aveva-
no da tempo impiantato basi commerciali lungo le due coste della grande Peniso-
la indiana: erano arrivati prima i portoghesi, poi gli olandesi, e dopo soprattutto i
francesi e gli inglesi.
Gli inglesi erano presenti a Calcutta, Madras e Bombay e i marathi erano gli uni-
ci a poterli contrastare. I francesi, insediati sulla costa orientale a Pondicherry, po-
co a sud di Madras (nel territorio di un’altra etnia, i tamil), furono i primi a ideare
una penetrazione coloniale vera e propria, attuando una politica d’ingerenza negli
affari interni degli Stati indiani. Si intromisero infatti nelle successioni, come av-
veniva normalmente in Europa, sostenendo l’uno o l’altro dei candidati al potere
e suscitando coalizioni tra Stati.

Il controllo inglese sull’immenso mercato indiano


Francesi e inglesi, come anche gli olandesi, si erano dotati di Compagnie privile-
giate delle Indie Orientali, che gestivano i commerci e possedevano scali ed em-
pori sulla costa indiana.
I francesi erano arrivati tardi, ma stavano recuperando terreno. In Bretagna, nel
porto della Compagnia delle Indie Orientali francese (chiamato appunto Lorient
o L’Orient: «L’Oriente»), cominciavano infatti ad affluire, in diretta competizione
con i porti inglesi, le leggere stoffe di cotone che i tessitori indiani producevano
molto meglio degli europei.
122
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

La politica mercantilista sconsigliava di estendere il dominio coloniale verso l’in-


terno dell’India, poiché sembrava troppo gravoso farsi carico dell’amministrazione
di un Paese immenso e assai complesso. Perciò, si era sempre preferito limitare la
propria presenza alle basi commerciali, per realizzare scambi vantaggiosi e pro-
curarsi i raffinati prodotti dell’artigianato indiano.
Un ufficiale della
Prima della Rivoluzione industriale, però, nessuna merce europea poteva reggere
Compagnia delle
Indie orientali inglese il confronto con la produzione indiana in termini di rapporto fra qualità e prezzo;
su un elefante, al mercato indiano gli occidentali potevano offrire solo argento, ma ciò avrebbe
XVIII secolo.
significato un’emorragia di metallo prezioso, cioè proprio il contrario di quanto
Leggi l’immagine prescriveva la politica economica mercantilista ( ▶ cap. 2, par. 4). Alla lunga, infatti,
• Dal dipinto emerge sempre secondo il pensiero mercantilista, l’Europa si sarebbe impoverita: bisogna-
chiaramente il va trovare nella stessa India, dunque, le risorse per pagare le cotonate da importare
prestigio sociale
di cui godeva
sul mercato europeo. In definitiva, si trattava di riscuotere denaro dagli indiani,
l’ufficiale ritratto sul incassare le loro imposte e con queste pagare i loro prodotti; per fare questo, però,
dorso dell’elefante. si rendeva necessario imporre la propria dominazione politica, impadronendosi
Quali elementi lo
suggeriscono?
del gettito fiscale indiano.
• Descrivi gli
Grazie alla vittoria nella guerra dei Sette anni gli inglesi riuscirono a imporre agli
uomini che Stati indiani il loro arbitrato, contrastando l’egemonia dei marathi e relegando gli
scortano l’ufficiale, altri occidentali in pochi scali costieri. Fu dunque la East India Company britannica
sottolineandone le
differenze etniche,
a intraprendere la prima grande avventura coloniale moderna: quella di domina-
nell’abbigliamento re politicamente un immenso mercato di più di 100.000.000 di abitanti (quanto
e nelle funzioni che tutta l’Europa), dai quali ricavare, sotto forma di imposte, le risorse per acquistare
esercitano.
i loro stessi prodotti.

123
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

L’espansione inglese nei Caraibi e in America settentrionale


Per quanto riguarda il teatro di guerra americano, bisogna ricordare che olande-
si, francesi e inglesi si arricchivano nelle Antille praticando il contrabbando con
l’America spagnola, che rifornivano di schiavi in cambio di caffè, cacao, indaco, le-
gni pregiati e metalli preziosi. Alcune isole dei Caraibi erano dei veri e propri covi
di contrabbandieri e pirati, i cosiddetti «bucanieri».
L’importanza economica delle Antille aumentò sempre più con la crescita della
domanda di zucchero da parte dei mercati europei. Di conseguenza aumentò an-
che la conflittualità fra le diverse presenze europee nella zona, che manifestava-
no inevitabilmente l’aggressività connaturata alla politica mercantilista. Era infat-
ti interesse di ciascuna potenza impadronirsi degli scali commerciali dei rivali, o
anche solo devastarli e spopolarli, o distruggere le loro piantagioni rendendone
quasi impossibile la ripresa.
Il tacito accordo, stretto nel Settecento, circa la necessità di umanizzare la guer-
ra per evitare le carneficine e i relativi costi umani e materiali, valeva solo entro i
confini della vecchia Europa: nei territori oltreoceano ci si sentiva ancora autoriz-
zati ad avere come unico scopo la distruzione totale delle basi commerciali dell’av-
Ripassa con versario-concorrente.
la presentazione Sul fronte delle Indie occidentali la vittoria inglese nella guerra dei Sette anni
L’Europa nell’età non modificò molto i rapporti commerciali e territoriali, e i francesi conservarono
dell’assolutismo
e costruisci una
le loro ricche isole (Martinica, Guadalupa, Haiti).
mappa in cui metti in Con la pace di Parigi, siglata nel 1763, gli inglesi ottennero invece un territo-
relazione: rio immenso nel Nord America, ossia il Canada, e tutte le regioni a est del Missis-
• gli equilibri europei;
• la Russia di Pietro
sippi, compreso il permesso di navigare lungo il grande fiume. Si trattava certo di
il Grande; un territorio spopolato e di nessun interesse commerciale a breve termine, ma co-
• la Prussia degli stituiva pur sempre una premessa fondamentale per la futura espansione inglese
Hohenzollern.
nel continente.

Nell’opera Chinese letters (Lettere cinesi, 1762) più nota


LE FONTI con il titolo The citizen of the world (Il cittadino del mon-
L’ambizione do), lo scrittore inglese Oliver Goldsmith (1730ca-1774),
richiamandosi alle Lettres persanes di Montesquieu, im-
Leggi in digitale il testo
delle potenze magina che un viaggiatore cinese, Lien Chi, visiti l’Europa
Un popolo pieno di europee descrivendone le contraddizioni. In questo passo si sof-
vanità di Charles-Louis ferma sulla rivalità tra Gran Bretagna e Francia.
de Montesquieu.
• Da quale «miniera» A quanto sembra inglesi e francesi sono in posizione di spicco tra le
ricava le sue principali nazioni d’Europa. Per quanto siano divisi da uno stretto
ricchezze il re
di Francia? braccio di mare, hanno caratteri totalmente all’opposto, e dalla loro
• Sottolinea il passag- vicinanza hanno imparato a temersi e ammirarsi. Al momento sono
gio del testo in cui impegnati in una guerra distruttiva, hanno già versato molto sangue e
si fa riferimento alle sono oltremodo irritati: tutto a causa del desiderio di una delle parti di
doti taumaturgiche
attribuite ai sovrani
mettersi addosso una quantità di pellicce più grande dell’altra.
francesi. Il pretesto della guerra sono terre lontane mille leghe; un paese fred-
• Quale punto di vista do, desolato e ripugnante: un paese appartenente a un popolo che ne
adotta Montesquieu era padrone da tempo immemorabile.
per esporre le sue
tesi e perché? (O. Goldsmith, The citizen of the world, 1762)

124
L’equilibrio politico in Europa | 4 |

Tuttavia, per i nativi americani la terra non era una


UN ALTRO SGUARDO
merce e non poteva dunque essere venduta: pro-
Disegnare il mondo: babilmente venditori e acquirenti non si intendevano
una mappa nordamericana alla perfezione al momento della stipula del contratto.
Ciò creava fraintendimenti e conflitti.
La rappresentazione di un territorio è un’operazio- La mappa misura 1 metro per 1 metro e 26 centi-
ne fondamentale ai fini della sua conquista. metri ed è disegnata su una pelle di cervo; la pelle
Questa mappa riproduce una delle regioni acquisite presenta dei fori, provocati da un colpo di moschet-
dall’Inghilterra in seguito alla guerra dei Sette anni, to che ha trapassato l’animale.
una regione che si trova in corrispondenza degli at- I segni che riporta si leggono con difficoltà ma iden-
tuali Illinois, Indiana e Missouri (oggi parte degli Stati tificano la suddetta zona: è una mappa centrata sui
Uniti). È stata realizzata intorno al 1774 da un nativo fiumi (che sono tracciati come linee rette) e sugli
americano, membro della popolazione che abitava aggregati abitativi, e mostra solo gli insediamenti
quella regione al momento dell’arrivo degli occiden- indiani. Le corrispondenti mappe redatte dagli eu-
tali, la tribù dei Piankishwa (o Piankeshaw). ropei fanno esattamente il contrario: mostrano solo
Dopo aver sconfitto la Francia, i governi coloniali gli insediamenti europei, non quelli indiani.
britannici dovettero continuare a scontrarsi con gli Quasi al centro della mappa si legge: «Piankishwa
stessi coloni, loro compatrioti. Questi ultimi, infatti, venduto», espressione che fa pensare a una trattativa
desiderosi di continuare a espandersi verso ovest, conclusa. In realtà questo contratto non fu ratificato
spesso redigevano contratti illegali con i nativi per dalle autorità coloniali britanniche poiché non era in
l’acquisizione di nuovi territori. linea con i trattati ufficiali.

Collega e confronta
1. Fra i vari trattati, attraverso i quali gli ingle-
si e poi i coloni americani legittimarono la
conquista delle terre, abitate dai nativi, vi
fu il trattato di Greenville del 1795, sotto-
scritto da una coalizione di nativi e gli Stati
Uniti dopo la vittoria statunitense nella
battaglia di Fallen Timbers del 20 agosto
1794. Questo trattato istituiva una sorta
di confine fra i territori dei nativi e le aree
invece aperte alla colonizzazione. Lavoran-
do in gruppi, preparate una presentazione
multimediale, utilizzando carte e immagini,
esponete le conseguenze del trattato di
Greenville.
2. Dopo la nascita degli Stati Uniti, l’espan-
sione degli statunitensi verso ovest portò
a conflitti con le popolazioni native e alla
loro deportazione in vere e proprie «ri-
serve indiane» ( ▶ cap. 15, par. 4). Ancora
oggi, esistono oltre trecento riserve, dove
risiedono alcune «nazioni indiane», ovvero
gruppi di nativi americani. Lavorando in
gruppi, scegliete una regione degli Stati
Uniti o del Canada, individuate le riserve
presenti e approfonditene l’origine, il fun-
zionamento, le problematiche e il concetto
La mappa oggi è conservata al British Museum di «assimilazione forzata».
di Londra.

125
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Guerra e diplomazia Il mondo balcanico e il


Tra XVII e XVIII secolo l’Inghilterra assunse un ruolo di declino dell’Impero ottomano
garante dell’equilibrio politico in Europa per via del Nel corso della seconda metà del Seicento, l’Impe-
suo peso sul commercio internazionale. ro ottomano continuò la sua politica espansionisti-
Era suo interesse portare avanti la politica mercan- ca verso l’Europa centro-orientale. Ottenne in pochi
tilista e mantenere il controllo delle rotte, che era- anni la Transilvania, Creta, parte dell’Ucraina, ma nel
no contese in particolare con la Francia in azioni di 1683, in occasione dell’assedio di Vienna, fu sconfitto.
guerra in cui si affrontavano sia le marine militari sia Negli anni seguenti, con la pace di Carlowitz (1699)
i corsari. e quella di Passarowitz (1718) si sancirono perdite di
territori a danno degli ottomani.
La Prussia degli Hohenzollern Sul piano interno, in un Impero poco coeso, il sulta-
no perse progressivamente peso politico, si acuirono
Nel corso del Seicento la Prussia divenne una delle
fragilità strutturali come la tendenza dell’esercito a
maggiori potenze militari europee, compiendo un
ridursi a una casta chiusa con onerosi mercenari, l’at-
percorso di unificazione territoriale, rafforzamento
teggiamento conservatore della classe dirigente, l’im-
amministrativo e riorganizzazione dell’esercito mes-
mobilismo economico rispetto ai mutamenti interna-
so in atto dagli Hohenzollern dopo la guerra dei
zionali. Tutto questo determinò il declino dell’Impero.
Trent’anni.
La sua monarchia assoluta godeva di ampio consen-
La guerra dei Sette anni,
so, il che favorì coesione e sviluppo, nonché ambizioni
l’India e l’America
espansionistiche, come in occasione dell’occupazione
delle Slesia e della guerra di successione austriaca. A metà Settecento la diplomazia favorì alleanze ine-
dite tra Austria e Russia, interessata alla Slesia, contro
una Prussia che cercò la protezione inglese, determi-
Ascesa e crisi della Polonia
nando così l’avvicinamento di Francia e Austria. Nel
Nel corso del XVI secolo la monarchia polacca, pur
1756 scoppiò quindi la guerra dei Sette anni (1756-
tenuta sotto scacco dal peso dei magnati nelle de-
1763): la Prussia fu attaccata su più fronti, ma riuscì
cisioni della Dieta a cui il sovrano doveva attenersi,
a mantenere il controllo della Slesia; Francia e Gran
rese la Polonia un potenza militare estesa dal Baltico
Bretagna si affrontarono in mare in India e in Ameri-
fino quasi al mar Nero e, a est, fino al fiume Dnepr.
ca, dando al conflitto un carattere moderno, giocato
Il suo declino cominciò a partire dalla seconda metà sull’ambizione di controllare il commercio.
del secolo dopo la sconfitta contro la Svezia e la per- Per quanto riguarda l’India, nel Cinquecento sotto i
dita dell’Ucraina, fino a ridursi, a inizio Settecento, al- Moghul aveva vissuto uno sviluppo economico e cul-
la fragilità di un Paese in preda all’anarchia nobiliare. turale, in cui si era favorita una convivenza tra etnie
che però aveva basi fragili: nel XVII secolo, infatti,
L’Impero russo da Ivan il Terribile al peggioramento della situazione economica seguì
a Pietro il Grande una serie di conflitti antimusulmani guidati dagli in-
In Russia, dopo la monarchia autoritaria di Ivan IV e dù marathi. Questa debolezza interna facilitò la pe-
l’instabilità del primo Seicento, con l’avvento dello netrazione occidentale. Gli inglesi realizzarono basi
zar Michele Romanov l’idea assolutistica del potere commerciali e attuarono una dominazione politica
si rafforzò e, anche grazie alla forza unificatrice della per controllare il loro mercato.
Chiesa ortodossa, lo zar divenne presto un autocra- Per quanto riguarda l’America, olandesi, francesi e in-
te la cui autorità non era minimamente intaccata dal- glesi portarono agli estremi il mercantilismo alimen-
la Duma dei boiari o dal Sobor, l’assemblea dei ceti. tando violenze per controllare gli scali commerciali.
Con lo zar Pietro I il Grande, la Russia si modernizzò, Dopo la pace di Parigi nel 1763, gli inglesi ottennero
ottenne il controllo del Baltico e fece proprio il ruolo il Canada e le regioni a est del Mississippi, ponendo
di grande potenza accanto a quelle europee. le basi per la loro espansione nel continente.

126
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

LA RICERCA DELL’EQUILIBRIO POLITICO

si svolse, tra XVII e XVIII secolo, tra

guerra e .................................

in Europa e nel mondo

.................................
Prussia Polonia Russia Impero ottomano
e Inghilterra

sotto gli divenne una dopo la attuò una durante la

politica
monarchia guerra dei
espansionistica
................................. potenza militare autoritaria di .................................
verso l’Europa
................................. (1756-1763)
.................................

ma fu sconfitto si affrontarono
divenne una delle estesa dal vide l’ascesa di
in occasione dell’ in mare per il

....................... al Mar assedio di


maggiori potenze controllo del
nero e, a est, fino al ................................. .................................
europee .................................
fiume ........................ (1683)

ma cadde in declino
grazie a che rafforzò il e successivamente in
in seguito alla

• unificazione • sconfitta contro ................................. • perse territori .................................


territoriale la ............................ dello zar • divenne più
• rafforzamento • perdita fragile e meno
dove gli
amministrativo dell’Ucraina coeso
e di
• riorganizzazione • ................................. • l’esercito fu
dell’ ....................... nobiliare ridotto a una inglesi imposero
• solidità della ................................. ................................. il loro dominio
monarchia • peggiorò politico-
................................. l’............................... commerciale
• politica che portò avanti la economico
................................. • il suo declino
e in
favorì gli
modernizzazione .................................
del Paese e gli zar russi America

dove gli

inglesi ottennero il
.................................

127
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cos’è la diplomazia?
b. Spiega il significato di autocrazia.
Date: 1683 • 1756 •1763 •1703
c. Chiarisci la differenza la schiavitù e il servaggio.
Luoghi: Ungheria • polacca • India • America •
Prussia • Aquisgrana • Serbia • Valacchia
NESSI E RELAZIONI
a. Nel .............., Pietro il Grande fondò la città
5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
di San Pietroburgo.
a. Nel corso del Settecento, i commerci
b. I turchi assediarono Vienna nel ..............,
marittimi sono in espansione.
ma furono respinti.
b. La monarchia russa accentra i suoi poteri
Dopo la sconfitta del 1716, gli ottomani
tra Seicento e Settecento.
persero parte della .............., .............. e .............. .
c. L’Impero ottomano arruola molti soldati
c. Nel 1733, scoppiò la guerra di successione
mercenari.
.............. .
d. Scoppiano vari conflitti fra i sovrani degli
d. La pace di .............. (1748) riconobbe la legittima
Stati regionali indiani.
successione al trono austriaco di Maria Teresa.
1. Le spese militari diventano sempre più onero-
e. La guerra dei Sette anni fu combattuta
se per le casse dell’Impero.
tra il .............. e il .............. .
2. Francesi e inglesi approfittarono dei contrasti
f. .............. e .............. divennero due importanti teatri di
per colonizzare i territori.
scontro durante la guerra dei Sette anni.
3. Crescono le spese militari destinate alla difesa
g. Federico I diventò il primo re di ......................
delle rotte marittime.
per volontà imperiale nel 1701.
4. La Duma perde il potere di nominare lo zar.
EVENTI E PROCESSI
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. COMPETENZE
a. Metti in luce le cause della debolezza della ESPORRE ORALMENTE
Polonia nel corso del Settecento.
6 Rispondi alle seguenti domande.
b. Perché la guerra dei Sette anni è stata definita
a. Riassumi le principali riforme di Pietro
un conflitto di dimensioni moderne?
il Grande. (2 minuti)
c. Per quali ragioni Pietro il Grande sostituì
b. Quali furono le cause economiche
il titolo di zar con quello di imperator?
della guerra dei Sette anni? (3 minuti)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. c. Metti a confronto la Prussia degli
a. V F I corsari erano pirati che operavano in Hohenzollern e la Russia dei Romanov
clandestinità, assaltando navi mercantili. nel XVIII secolo. (4 minuti)
b. V F Lo Stato prussiano nasce dall’unione d. Quale ruolo giocò il cattolicesimo nella
della Slesia e del Ducato di Prussia. Polonia tra Seicento e Settecento?
c. V F Nel Seicento, i turchi conquistarono la (2 minuti)
Transilvania, Creta e parte dell’Ucraina.
SCRIVERE
d. V F Il principe Eugenio di Savoia si distinse
nell’assedio di Vienna del 1683. VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA B
e. V F Alla vigilia della guerra dei Sette anni
7 Nel paragrafo 4 si parla di monopoli sul sale e
si registrò un avvicinamento fra Francia
sul tabacco, ovvero di forme di controllo eserci-
e Austria, in funzione anti-prussiana.
tate dallo Stato sulla produzione, la vendita e
f. V F Con la guerra di successione polacca,
la distribuzione di alcuni beni: nella Russia degli
l’Austria acquisì il Regno di Napoli.
zar, furono introdotti per finanziare le riforme
g. V F Con la Prammatica sanzione, Carlo IV
militari di Pietro il Grande dalla fine del XVII se-
permise la successione al trono della
colo. Esistono ancor oggi dei monopoli di Sta-
figlia Maria Teresa.
to? Rifletti sui vantaggi e gli svantaggi di tali
h. V F Nel corso del Settecento, la Polonia por- strumenti di controllo scrivendo un testo di tipo
tò avanti importanti riforme istituzionali.
argomentativo su questo tema.
i. V F I contadini prussiani erano detti Junker.

128
Fonti e Storiografia
FONTI Le riforme di Pietro il Grande
F1 Della politica riformista di Pietro il Grande sono testimonianza alcuni documenti dai
quali emerge la volontà del sovrano di occidentalizzare la Russia e di farle recupera-
re il ritardo che il Paese aveva nei confronti delle progredite strutture statali europee.
Questo documento è costituito dall’invito rivolto dallo zar agli stranieri che vogliano
trasferirsi in Russia per svolgervi la propria attività produttiva.

In tutti i paesi che l’Onnipotente ha assoggettati al nostro governo, è abbastanza noto che
dal momento della nostra ascesa al trono noi abbiamo rivolto tutti i nostri sforzi e i nostri
provvedimenti a governare questo Stato in maniera tale che tutti i nostri sudditi, grazie alle
nostre cure per il bene generale, sempre più giungessero a uno stato migliore e più felice.
A tal fine ci siamo con zelo adoperati a conservare la tranquillità interna, a proteggere lo
Leggi in digitale il Stato contro assalti stranieri, come pure a migliorare ed ampliare il commercio. A questo
testo Allevatori e
tessitori tedeschi in stesso scopo appunto durante il nostro governo dovemmo attuare alcuni mutamenti ne-
Russia che racconta cessari ed utili al bene del paese, affinché i nostri sudditi più facilmente e completamente
in che modo si acquistassero conoscenze finora ad essi estranee, e con maggiore abilità potessero condur-
tradusse in pratica re i loro affari commerciali. Per ciò abbiamo in modo speciale promosso con le necessarie
una delle politiche
esposte nel brano
disposizioni, ordinanze ed istituzioni, il commercio con l’estero, ed abbiamo intenzione di
Le riforme di Pietro fare altrettanto per l’avvenire. […]
il Grande. Scrivi Per conseguire questi scopi salutari, ci siamo soprattutto adoperati a portare al miglio-
un testo di tipo re stato possibile l’esercito, ch’è un puntello del nostro Stato, per modo che le nostre trup-
argomentativo in
pe siano non solo formate da uomini bene allenati, ma si segnalino anche per disciplina e
cui, partendo dalle
due fonti, ti schieri buon ordine. Per conseguire, sotto questo riguardo, la maggior perfezione possibile, e in-
a favore o contro la durre i forestieri che si trovano in grado di cooperare a tale sforzo a far sì che essi, e così
scelta dello zar di pure tutti gli altri, vengano da noi e rimangano al nostro servizio nonché nel nostro Paese,
far trasferire artigiani
abbiamo ordinato di far noto dappertutto questo manifesto con i punti sottosegnati, e di
e allevatori tedeschi
in Russia. pubblicarlo mediante la stampa in tutta l’Europa.

[Segue l’enumerazione delle condizioni offerte agli stranieri: libero ingresso; sicurezza ed assi-
stenza d’ogni specie nel viaggio; libertà di religione; immunità dai tribunali e dalle leggi russe;
giurisdizione speciale per gli stranieri secondo il giure divino, romano, e gli altri vigenti all’estero.]
(da V. Gitermann, Storia della Russia, vol. I, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 909)

COMPRENDERE 1. Riguardo al commercio, quali iniziative intende portare avanti Pietro il Grande?
2. Che cosa sostiene a proposito dell’esercito?
3. Attraverso quali mezzi di comunicazione intende far circolare le sue iniziative?
INTERPRETARE 4. Come potresti definire la posizione dello zar a proposito di quella che oggi chia-
meremmo «immigrazione»?
5. Individua nel testo i passaggi che evidenziano l’idea che gli stranieri rappresenta-
no per la Russia una risorsa.
VALUTARE 6. In Italia, i lavoratori stranieri rappresentano una risorsa importante nel mondo
del lavoro; di recente, lo ha messo in luce il blocco di alcuni flussi migratori di
stagionali, causato dalla pandemia COVID-19. Nel settore agroalimentare, il 18%
della forza lavoro è costituita da stranieri (Istat, Rilevazione delle Forze di Lavo-
ro, 2019). In base alle tue conoscenze, a quale immaginario viene associato lo
straniero oggi nel dibattito pubblico? Tendono ad essere considerati una risor-
sa? Confronta la tua risposta con quella dei tuoi compagni e discutine in classe
assieme all’insegnante.

129
Fonti e Storiografia

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Declino o evoluzione?
I mutamenti dell’Impero ottomano
Alla fine del XVII secolo, alcuni viaggiatori europei nell’Impero ottomano iniziaro-
no a notare la decadenza della grande potenza orientale. A lungo la storiografia
ha fatto sua questa tesi, leggendo negli avvenimenti dei secoli XVIII e XIX i ripe-
tuti segnali di un inesorabile declino. Altre interpretazioni mettono invece in luce,
in quei secoli, gli elementi di progresso e i tentativi di modernizzare le istituzioni
dell’Impero. I brani qui riportati rappresentano queste due istanze.

S1 Il tramonto dell’Impero ottomano nel XVIII secolo


Bernard Lewis
Lo storico Bernard Lewis (1916-2018) racconta in questo brano il declino dell’Impe-
ro ottomano nel XVIII secolo.

GLI SNODI I due assedi di Vienna furono entrambi fallimentari, ma in misura diversa.
DEL TESTO La pace di Carlowitz segnò una svolta nei rapporti tra Europa e Islam.
Nel corso del XVII e XVIII secolo si acuì il declino delle potenze musulmane.

Il 12 settembre 1683, dopo un assedio durato sessanta giorni, le armate turche accampate
alle porte di Vienna cominciarono la ritirata. Falliva così il secondo tentativo di conquistare
la città 1, ma fra i due assedi vi fu una differenza enorme. Nel 1529, quando gli eserciti del
sultano ottomano Solimano il Magnifico avevano raggiunto per la prima volta le mura di
Vienna, [...] la sconfitta non fu né definitiva, né decisiva. La ritirata si svolse ordinatamen-
te, la disfatta non ebbe conseguenze; l’assedio dette inizio ad una situazione di stallo du-
rata un secolo e mezzo, durante il quale i due imperi, quello asburgico e quello ottomano,
si contesero il dominio sull’Ungheria e in fin dei conti su tutta l’Europa centrale.
Il secondo assedio e la seconda ritirata furono ben diversi. Stavolta la disfatta era chiara
e inequivocabile. La ritirata da Vienna fu seguita da sconfitte sul campo e dalla perdita di
città e province. Le vittorie degli austriaci e dei loro alleati furono confermate e sancite dal
trattato di pace di Carlowitz, firmato il 26 gennaio 1699.
Quel trattato segnò la svolta cruciale [...], fra l’Europa e l’Islam. Il sultanato ottomano era
1 città: come viene
ricordato subito dopo,
da secoli la potenza principale del mondo islamico, quella che lo aveva rappresentato nel
il primo assedio risale conflitto millenario con i suoi vicini dell’Occidente cristiano. Per molti aspetti, la forza re-
al 1529. ale dell’Islam rispetto all’Europa era scemata. […] al centro dell’Europa, la guerra aveva di-
2 parità: Lewis, nel
mostrato che le armate ottomane [...] venivano superate dagli avversari europei in fatto di
testo qui omesso,
ha citato il trattato di armamenti, di scienza militare e persino di disciplina e di perizia.
Sitvatorok del 1606, Ma rispetto all’Europa il mondo musulmano era indietro anche sul piano economico, in
con il quale il sultano,
particolare per quanto riguardava la [...] potenza economica. […]
per la prima volta,
accordò il titolo di Il XVII secolo si aprì dunque con un riconoscimento forzato della parità 2 e si chiuse con
«imperatore» al sovrano un’ammissione aperta di sconfitta. […]
d’Asburgo, fino a quel A parte qualche successo occasionale, il XVIII secolo fu un periodo nero per le potenze
momento appellato nei
protocolli turchi come musulmane che, lungi dal riuscire ad adempiere il proprio dovere religioso di espandere
«re di Vienna». le frontiere dell’Islam, fecero fatica anche a conservare quel che avevano già conquistato.
(da B. Lewis, L’Europa e l’Islam, Laterza, 2007, Roma-Bari, pp. 41-44)

COMPRENDERE 1. In che modo i due assedi differiscono?


IL TESTO
2. Quali sono le conseguenze del trattato di Carlowitz?
3. Per quali aspetti il mondo musulmano era arretrato rispetto all’Europa?

130
L’equilibrio politico in Europa 4

S2 Il potere del sultano nel XVIII secolo


Suraiya Faroqhi
La storica tedesca Suraiya Faroqhi è una delle maggiori studiose dell’Impero ottoma-
no. In questo brano coglie degli elementi di rinnovamento nelle istituzioni ottomane,
nel periodo in cui la figura del Sultano sembra perdere il suo potere.

GLI SNODI I funzionari ottomani acquistarono potere tra XVII e XVIII secolo.
DEL TESTO La stabilità delle istituzioni fu comunque garantita.
Alcuni governatori delle province ottennero molto autonomia.

È possibile, quindi, attestare nello Stato ottomano del XVII e del XVIII secolo l’indebolimento
della figura del sovrano a favore di una maggiore centralità del ruolo di diversi funzionari.
In passato la ricerca ha spesso interpretato tale sviluppo come un sintomo del declino ot-
tomano. Oggi tale interpretazione è meno diffusa. Ritorna qui alla mente l’affermazione di
Max Weber 1 secondo cui la burocratizzazione e il consolidamento della routine sono tipici
strumenti dell’esercizio del potere nell’epoca moderna. In tal senso lo Stato ottomano aveva
prodotto delle istituzioni stabili. Gli ambienti di visir e governatori reclutarono nuove leve
per l’apparato statale e allo stesso tempo anche la burocrazia sviluppò un proprio dinami-
smo. La capacità dello Stato ottomano di funzionare, in un momento di necessità, anche in
assenza di un sultano attivo può essere considerata certamente un suo elemento di forza.
Nelle province, invece, i governatori insediati dal governo centrale persero di importanza
a vantaggio degli esattori delle tasse locali che, dopo il 1695, poterono prolungare i propri
contratti a vita. Nel XVIII secolo si incontrarono in molte regioni dinastie di governatori,
come ad esempio i Calili a Mosul 2 o gli ‘Azm a Damasco, che amministravano il «proprio»
territorio in modo pressoché autonomo. Le ricerche del passato hanno visto in ciò i pro-
dromi degli Stati nazionali del XX secolo, un’interpretazione che viene ampiamente respin-
ta dagli storici più recenti. Al contrario, si sottolinea oggi la piena lealtà ottomana dei ma-
1 Max Weber: gnati di provincia, anche se questi perseguirono spesso una propria politica nei confronti
sociologo e storico dei mercanti europei che si dedicavano al commercio sul loro territorio, spingendo quindi
tedesco (1864-1920).
2 Mosul: una città che verso un’inclusione, con grandi differenze a livello regionale, della regione ottomana nel
si trova nell’attuale Iraq. sistema capitalistico mondiale.
(da S. Faroqhi, L’impero ottomano, il Mulino, Bologna 2008, pp. 59-60)

COMPRENDERE 1. Quale figura istituzionale assume una grande rilevanza negli apparati ammini-
IL TESTO strativi e politici del sultano a partire dal XVIII secolo?
2. Nelle province chi acquisì sempre più potere ai danni dei governatori?
3. Qual è l’interpretazione della storiografia recente a proposito dell’amministra-
zione pressoché autonoma, di cui furono investiti alcuni territori dell’Impero nel
corso del Settecento?

131
5 L’Europa e
l’economia-mondo
Una stagione di progresso
Nel corso del Settecento l’Europa visse una lunga fase di progresso: migliorarono le condi-
zioni igieniche, le conoscenze mediche e scientifiche, le tecniche agricole e la qualità dell’a-
limentazione, tutti fattori che, insieme al calo della mortalità rispetto al passato, determi-
Esplora l’immagine narono una diffusa crescita demografica e, di conseguenza, un incremento dei consumi.
interattiva
Un’economia mondiale interconnessa
Un planisfero Tra Sei e Settecento, l’Europa diventò il perno di un sistema economico globale, defini-
settecentesco. to dagli storici come economia-mondo. L’espansione dei mercati e la richiesta crescente
Ai lati sono raffigurate di beni, come la canna da zucchero, aumentarono gli scambi commerciali, alimentando
le personificazioni
di Europa, Asia, Africa al contempo lo sfruttamento di milioni di schiavi africani, deportati soprattutto nei la-
e America. tifondi americani.

1700 1701 1713


Guerra fra la Russia di Pietro L’Elettorato del Brandeburgo Pace di Utrecht: fine della
I il Grande e la Svezia diventa Regno di Prussia guerra di successione spagnola
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. Il termine progresso può assumere sfumature
diverse a seconda del contesto in cui si
inserisce: si parla, infatti, di progresso LEZIONE
scientifico, sociale o umano; più recentemente,
GUARDA il video L’Europa settecentesca
alla luce della crisi ecologica e dei cambiamenti
climatici in atto, si associa all’idea di progresso 1. Gli europei e gli altri
anche quella di sviluppo sostenibile. ▶ p. 134
• Cerca una definizione per ciascuna di queste 2. Oltre l’Europa
espressioni; ▶ p. 137
• fornisci un esempio concreto per ciascuna 3. L’economia-mondo
▶ p. 142
espressione.
4. L’evoluzione del commercio degli schiavi
2. Il planisfero raffigurato nell’immagine ci mostra ▶ p. 146
una rappresentazione del globo che non appare 5. Il capitalismo: borghesia e proletariato
ai nostri occhi del tutto accurata. ▶ p. 153
Osserva l’immagine e rispondi, in gruppo o in
6. La «protoindustria» e la rivoluzione
autonomia, alle seguenti domande:
in agricoltura
• Negli angoli sono rappresentate delle allegorie ▶ p. 157
dei quattro continenti. Individuali.
• Quale continente manca all’appello? Ve n’è GUARDA il video Storia e ambiente -
traccia nel planisfero? Dall’economia-mondo alla globalizzazione
• Cerca online la carta di Gall-Peters, che rispetta ▶ p. 142
le proporzioni fra le aeree dei continenti,
e confrontala con l’immagine qui proposta. ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
Quali differenze noti? dell’Atlante digitale interattivo

3. L’espressione economia-mondo è utilizzata


per spiegare il processo di integrazione fra RIPASSA
diversi sistemi economici che si consolida, Ripassa con la sintesi e la mappa
su scala globale, nel Settecento. ▶ p. 160, p. 161
Nel capitolo si vedrà come le diverse potenze In digitale trovi l’audio della sintesi
europee diventino non solo le principali artefici e la mappa personalizzabile
di questo processo, ma anche i maggiori
beneficiari. APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
Dagli anni Ottanta del Novecento, si è assistito
Nel lungo periodo di Adriano Prosperi:
ad una nuova fase di integrazione economica,
Mercanti e merci
definita globalizzazione: per quanto l’Europa
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 145
giochi ancora un ruolo importante, altre
potenze si sono affacciate sulla scena Storia e Cinema: La schiavitù sul grande
mondiale da protagoniste: quali? schermo
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 152

1733-38 1740 1756 1763di HUB Test


AUTOVALUTATI con gli esercizi
Guerra di Inizia la guerra di Scoppia la guerra Pace di Parigi: conferma

133
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

1 Gli europei e gli altri


La popolazione mondiale in lenta espansione
All’inizio del Settecento vivevano in Europa poco più di 100 milioni di persone, che
Guarda il video
erano quasi tutte concentrate nella parte occidentale del continente e costituivano
L’Europa settecentesca
circa un quinto della popolazione mondiale (la quale, all’epoca, superava di poco il
e rispondi alle
domande: mezzo miliardo). Gli abitanti dell’India erano almeno altrettanti, i cinesi un po’ di più,
• Che cos’è il resto dell’Asia accoglieva un altro centinaio di milioni di abitanti; si contavano invece
il commercio
solo 50 milioni di persone in tutta l’Africa, e appena 15 milioni nelle due Americhe.
triangolare?
• A quali scoperte La quantità e la distribuzione delle risorse agricole determinavano un tetto
conducono le massimo allo sviluppo demografico; la popolazione, infatti, poteva crescere senza
esplorazioni
problemi solo se venivano messe a coltura nuove terre o se si imparava a sfruttarle
geografiche nel
Settecento? in maniera più produttiva. In effetti, la popolazione era aumentata a livello globa-
• Quali conseguenze le nei secoli precedenti, ma molto lentamente e pur sempre tra frequenti crisi de-
ha l’incremento mografiche, causate da carestie ed epidemie. Ancora più lentamente, a un ritmo
demografico fra
i coloni nell’America davvero impercettibile, era cresciuta la produzione pro capite, e perciò le persone
del Nord? non si trovavano maggiormente al riparo dalla miseria e dalle malattie di quanto lo
fossero state secoli addietro. Non si erano create, sino a quel momento, le basi per
un concreto miglioramento delle condizioni materiali di vita. Un effettivo avanza-
mento si realizzò soltanto nei secoli successivi, nei quali l’Europa occidentale sa-
rebbe stata interessata da quel fenomeno definito progresso.
Gli abitanti dell’Asia erano più avanzati degli europei nelle tecniche di irriga-
zione e, inoltre, si nutrivano fondamentalmente di riso anziché di grano, quindi di
un prodotto che offre una maggiore resa per ettaro. La loro agricoltura era preva-
lentemente intensiva, perciò aveva bisogno di meno terra e di più lavoro rispetto
a quella europea, e per questo poteva nutrire una popolazione più numerosa, a
LESSICO patto che fosse tenuta legata alla campagna. Invece, nelle campagne europee, ma
Produzione anche nei contesti cittadini non agiati, i giovani tendevano a ritardare l’età del ma-
pro capite
La produzione di beni
trimonio, in attesa di ereditare la terra per sposarsi oppure di avere un’occupazio-
calcolata per persona ne, per garantire sussistenza alla nuova famiglia. Il matrimonio tardivo, o talvolta
(pro capite, cioè la rinuncia a sposarsi, erano le strategie con cui le società di Ancien régime riusci-
«a testa», in latino).
vano a contenere le nascite.

La difficile vita nelle città


L’Occidente europeo era probabilmente l’area più urbanizzata del mondo (forse
a pari merito solo con il Giappone e la sponda orientale del Mediterraneo), poiché
circa un sesto della sua popolazione viveva in centri abitati di almeno 2000 abi-
tanti. Le amministrazioni municipali, il cui scopo primario era quello di nutrire la
popolazione per garantire l’ordine pubblico, si facevano carico, nei limiti del pos-
sibile, di procurare giorno per giorno un pezzo di pane a tutti.
D’altro canto, nelle città l’affollamento, la miseria e le condizioni igieniche era-
no tali che la mortalità continuava a mantenersi sempre più alta della natalità.
Quindi, le città contribuirono sensibilmente a inasprire il calo demografico, che
interessava non tanto la popolazione che vi risiedeva da tempo quanto la parte più
debole della cittadinanza, cioè quella immigrata più di recente dalle campagne.
Quasi la metà degli europei viveva concentrata in una fascia che si estendeva
dall’Italia alla parte meridionale dell’Inghilterra, passando per la Francia orienta-

134
Leggi l’immagine
• Perché, nel
XVIII secolo, si
cominciano a
costruire edifici così
alti su un ponte
cittadino?
• Cerca una foto
recente del ponte
parigino di Notre-
Dame e confrontalo
con il dipinto: quali
differenze saltano
all’occhio?

Le abitazioni sul le e settentrionale, per la Germania occidentale e per i Paesi Bassi. In quest’area si
ponte di Notre-Dame. trovavano le quattro metropoli con più di 200.000 abitanti, Londra, Amsterdam,
Dipinto di Nicolas
Jean-Baptiste Raguenet Parigi e Napoli. In realtà, la prima delle metropoli europee era Istanbul, con i suoi
del 1756. Parigi, 800.000 abitanti circa, ma non veniva considerata europea, perché l’Impero otto-
Musée Carnevalet. mano era percepito come altro, per religione, struttura sociale e modello politico,
sebbene tra i secoli XVII e XVIII la paura dell’islam e dei turchi andasse scemando.
Comunque, perfino nell’Europa più densamente popolata la presenza dell’uomo era
esigua e si potevano percorrere decine di chilometri senza incontrarne alcuna traccia.

La superiorità dell’Europa sul resto del mondo


Gli europei erano presenti anche negli altri continenti allora noti, dove penetra-
vano nei grandi spazi ancora inesplorati e talvolta sradicavano o sterminavano le
popolazioni autoctone. In Africa e nelle Americhe, ad esempio, si continuava a mas-
sacrare e a deportare la popolazione indigena, provocando drammatici collassi de-
mografici, economici e sociali. Di lì a poco anche l’India sarebbe stata assoggetta-
ta mentre la Cina, se nel corso del Settecento mantenne degli standard economici
e sociali prossimi a quelli europei, successivamente sarebbe stata interessata da
una fase di decadenza. Al sorgere del XVIII secolo, l’Europa aveva basi commer-
ciali e militari sulle sponde di tutti i continenti: resistevano gli imperi coloniali
spagnolo e portoghese in Centro e Sud America, più estesi dal punto di vista ter-
ritoriale ma legati a monarchie che si erano indebolite; nell’area asiatica, soprat-
tutto a sud-est, esisteva una fitta rete di scambi, ben più antica di quella atlantica,
dominata da India e Cina, nella quale gli europei – soprattutto olandesi ma anche
inglesi e francesi – riuscirono a penetrare con una miriade di piccoli insediamen-
ti; in Africa la presenza europea, seppure non massiccia, era caratterizzata da co-
lonie strategiche sulle coste.
Inoltre, nel corso del Settecento, l’Europa conobbe una significativa espansione
demografica: la popolazione riprese infatti a crescere velocemente, dopo le gra-
vi epidemie che nel secolo precedente avevano spopolato città e campagne. Co-
me era avvenuto altre volte nella storia, superati i momenti di crisi demografica, il
basso costo della vita e la disponibilità di terre e di materie prime incoraggiavano
i matrimoni e la riproduzione. La popolazione cominciò dunque a crescere a rit-
mi molto sostenuti.

135
Le sedi
diplomatiche europee
nel porto di Canton
in Cina nel 1767.
Stampa del XVIII secolo.

Parallelamente, nel corso del XVIII secolo vi fu una progressiva diminuzione del-
la mortalità: in primo luogo dall’Europa sparì quasi completamente la peste, che
nei quattro secoli precedenti aveva ucciso decine di milioni di persone; in secondo
luogo, l’incremento delle nascite, stimolato dalle aumentate possibilità di mettere
su famiglia, non era più contrastato dall’alta mortalità infantile, dato dal genera-
le miglioramento dell’alimentazione, dal diffondersi di una maggiore attenzione
all’igiene, dalla suddetta scomparsa di malattie epidemiche anche grazie ai pro-
gressi della medicina (tra tutti il contenimento del vaiolo, che culminò, alla fine del
secolo, nella scoperta del vaccino a opera del medico inglese Edward Jenner). Infi-
ne, all’aumento della popolazione non seguirono, come era accaduto nei secoli pre-
cedenti, decrementi dovuti alla scarsità delle risorse alimentari: con nuovi sistemi
di messa a coltura si poteva costringere la terra a dare cibo a sufficienza per tutti.

Il termine progresso, oltre ad ne lineare, nella quale si manifestano i piani divini, a


LA STORIA avere un’accezione neutra che partire dalla nascita di Cristo.
NELLE PAROLE indica lo svolgimento di un fe- L’interpretazione del progresso inteso come perfe-
Progresso nomeno nel tempo, fa general- zionamento delle conoscenze e, a partire da que-
mente riferimento a un avanza- ste, come fiducia nella natura umana quale motore
mento verso stadi superiori. In relazione alle vicende di un graduale miglioramento, si è affermata come
umane, si intende con il termine progresso l’acquisi- prevalente con l’Umanesimo e il Rinascimento, che
zione di forme di vita sempre più complesse e tese pure avevano il loro riferimento nel mondo classico.
alla perfezione, che sottende i concetti di sviluppo e Nel Settecento il concetto di progresso si è esteso
di evoluzione. È quindi un’idea strettamente connes- dall’ambito della conoscenza a quello etico e socia-
sa a quella di storia, se si leggono in quest’ultima un le: il progresso scientifico e tecnologico doveva
continuo avanzamento e un costante miglioramento. necessariamente prevedere dei miglioramenti nel-
Il concetto di progresso è entrato nel pensiero occi- le condizioni di vita. Su questi presupposti presero
dentale durante l’Età moderna. forma molte teorizzazioni elaborate e affermatesi nel
Nel mondo classico erano prevalenti una concezione corso dei secoli XVIII e XIX.
diversa della storia, che individuava nel passato una Nel XX secolo, gli scenari di devastazione aperti dal-
mitica età dell’oro a partire dalla quale ci si muoveva le guerre mondiali contribuirono a ridimensionare le
lungo un’inesorabile decadenza, e la teoria del ritor- interpretazioni più ottimistiche del futuro dell’umanità
no ciclico degli eventi. Ciò non vuol dire che l’idea di e le contraddizioni della modernità indussero alla de-
progresso fosse completamente estranea ad esso. costruzione del concetto di progresso come illimitato
Il cristianesimo iniziò a prospettare invece una visio- miglioramento delle condizioni di vita.

136
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

2 Oltre l’Europa
L’espansione europea e le potenze asiatiche
Nel corso del XVIII secolo il dominio del Vecchio continente si andò estendendo e
consolidando su scala globale.
Nelle Americhe la presenza europea era caratterizzata da insediamenti coloniali
che non si limitavano alla sola acquisizione di basi d’appoggio, ma si estendevano
territorialmente: alla fine del secolo il Nord era stato per gran parte colonizzato da
Francia e Inghilterra, ma anche dalla Spagna, il Centro-sud dalle monarchie ibe-
riche, mentre l’Africa costituiva un serbatoio di forza lavoro che veniva cooptata
attraverso i presìdi costieri e impiegata nelle piantagioni americane.
Nel continente asiatico la questione si faceva più complessa, vista la presenza di
solide realtà politiche che avevano a loro volta alle spalle una lunga tradizione di
espansione territoriale: l’islam dominava a ovest con l’Impero ottomano, con ba-
se in Anatolia, e quello Safavide in Iran, poi soppiantato dalla dinastia dei Qajar;
più a est il subcontinente indiano fu il primo a cadere sotto il controllo europeo,
mentre resistevano alle pressioni esterne Cina e Giappone.

L’Impero ottomano e l’Impero Safavide


La storia dell’Impero ottomano è stata frequentemente letta, specialmente da parte
europea, alla luce di una lenta e graduale decadenza a partire dal 1566, data della
morte di Solimano I il Magnifico. In generale, dopo la morte del grande sovrano,
dal punto di vista istituzionale si assistette a un graduale ridimensionamento del
potere del sultano a vantaggio del gran visir, una sorta di primo ministro o cancel-
liere. Il lento indebolimento del potere centrale diede slancio a tendenze centri-
fughe già presenti nell’Impero, portandolo a una sorta di feudalizzazione, causata
anche dalla crisi del sistema di riscossione delle imposte. Inoltre, le guerre civili
che nel XVI secolo avevano interessato l’Anatolia centrale causarono un notevole
spopolamento della regione: i contadini cercavano infatti di stabilirsi nelle regioni
più periferiche, nelle quali speravano di poter godere di una maggiore tranquillità.
Il sultano Murad IV (1623-1640) provò a imporre il ritorno dei profughi nelle pro-
vince di appartenenza senza grandi successi, anche in virtù del fatto che le terre
abbandonate dai fuggiaschi erano state, in molti casi, occupate da notabilato locale.
A ciò si aggiunse il fatto che, nel corso del secolo, nuovi gruppi tribali, attratti
dagli spazi vuoti, emigrarono nelle zone orientali del paese, dove il governo cercò
di sedentarizzarli per renderli più facilmente assoggettabili alle imposte. Fin dal
XV secolo, non era insolito che il sultano prescrivesse degli spostamenti coatti, in
special modo verso i territori appena conquistati: era accaduto per Istanbul, dove i
trasferimenti di popolazione furono imposti per tutto il XV secolo, fino a che la cit-
tà non iniziò ad attrarre spontaneamente per la sua vivacità economica, ma anche
per Cipro strappata a Venezia (1570-73) e per le regioni balcaniche.
Nonostante la crisi istituzionale e le agitazioni interne, nella prima metà del Set-
tecento l’economia ottomana visse un periodo fecondo: ebbe un notevole impulso
la fabbricazione di tessuti di lana grezzi e resistenti in Bulgaria, di seta a Bursa e
sull’isola di Chios, mentre la lavorazione di stoffe di cotone in alcune aree inter-
ne dell’Anatolia e nella Siria settentrionale cercava di attrarre la clientela indiana.
Questa espansione economica fu possibile grazie a un periodo di relativa pace at-

137
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

traversato dall’Impero; tuttavia, la strana coincidenza con la congiuntura che inte-


ressò la Francia nello stesso periodo ha fatto pensare all’integrazione dell’Impero
ottomano nell’economia-mondo dominata dall’Europa ( ▶ par. 3), ancor prima de-
gli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.
Dopo essere stata dominata dai Turchi selgiuchidi (secoli XI-XII) e poi dai Mon-
goli (secoli XIII-XV), la Persia fu riunificata al principio del XVI secolo dalla di-
nastia dei Safavidi (secoli XVI-XVIII). Questi fecero dell’islam sciita la religione di
Stato e, sotto il regno Abbas I il Grande (1587-1628), il paese visse il suo periodo
di maggior splendore, vedendo i suoi confini ampliati attraverso numerose con-
quiste. Nello stabilire il suo dominio sulla Persia, lo shāh Abbas I cercò di includere
le istanze e di rilanciare i luoghi di culto delle popolazioni nomadi che ne entra-
vano a far parte, come accadde per il santuario di Ardabīl, eretto nel XIII secolo da
membri dell’aristocrazia mongola e diventato successivamente un santuario del-
la famiglia dei Safavidi. L’Impero si estendeva dall’Asia centrale al Caucaso, dal
quale vennero deportati in massa circassi, georgiani e armeni per convertirli allo
sciismo e integrarli nella compagine imperiale, anche attraverso impieghi ammi-
nistrativi. Gli armeni in particolare furono costretti a trasferirsi dalla città di Julfa
a Işfahān (nel quartiere di Nuova Julfa) e divennero una fondamentale fonte di fi-
nanziamento per la corona, pagando in contanti tasse sulla lucrosa gestione dell’e-
sportazione della seta.
Nei secoli del dominio safavide furono stabilite alleanze con i poteri europei,
nella fattispecie con gli Asburgo, con gli inglesi in funzione anti-portoghese nel
Golfo Persico e con la Compagnia olandese delle Indie Orientali.

Il sovrano persiano
Abbas I il Grande
e una cortigiana.
Miniatura persiana
del XVII secolo circa.

138
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

L’India
Nel corso del XVII secolo, e per la prima metà del XVIII, anche il subcontinente
indiano aveva visto una rapida crescita della popolazione, nonostante la quale il
paese aveva mantenuto una quasi completa autosufficienza dal punto di vista delle
risorse. Il mercato interno era infatti molto vivace: costruzioni navali, artigianato
dei metalli, produzione di seta e cotonate avevano stimolato il fiorire di importanti
concentrazioni urbane connesse tra loro da una rete commerciale che legava l’In-
dia al suo interno, ma anche ai paesi limitrofi e alla Cina.
A questo dinamismo economico corrispose, sul piano politico, l’affermarsi di
una dominazione musulmana: nel 1526, un esercito composto da tribù afghane
invase l’India dando vita all’Impero Moghul, che avrebbe governato per i tre secoli
successivi. Non era la prima volta che l’India subiva un’invasione musulmana – tra
le tante si ricorda quella del XIV secolo a opera di Muhammad Ibn Tughluq (1325-
51) – e che riemergeva, di conseguenza, il problema della convivenza tra cultura
induista e cultura islamica. Vi erano tuttavia regioni del subcontinente indiano,
specialmente nell’estremo sud, che non si erano mai piegate al dominio musulma-
no, come ad esempio l’autonomo regno induista di Vijayanagara, disgregatosi nel
Seicento dopo tre secoli di vita prospera.
I difficili rapporti tra le due religioni furono parzialmente sanati fino alla prima
metà del XVII secolo, quando il sovrano Aurangzeb, durante il suo regno (1658-
1707), si impegnò per trasformare l’Impero Moghul in uno Stato governato secondo
le leggi della sharia, a beneficio esclusivo della componente musulmana. I numerosi
LESSICO provvedimenti presi in questa direzione determinarono la perdita di sostegno da
Sharia
Nella religione
parte della popolazione indù e un conseguente indebolimento del governo centrale.
musulmana è la «strada I successori di Aurangzeb non riuscirono a contenere l’opposizione dei sultana-
rivelata», ossia la legge ti indù, che si dichiararono autonomi uno dopo l’altro ma non seppero darsi una
sacra, emanata da Dio.
dimensione unitaria, consentendo così a francesi e inglesi di penetrare nell’area.

Il missionario gesuita Ippolito Desideri (1684-1733) descrive l’opulenza


LE FONTI
dell’India, in particolare della città di Pattnà (Patna), nell’India nord-orien-
L’opulenza del tale, e la presenza di europei nella città, inglesi e olandesi in particolare,
commercio in India che erano dediti al commercio di oppio, salnitro e tele dipinte e che con-
tribuivano ad alimentare l’economia di Pattnà.
La città di Pattnà era anticamente la prima città del regno di Behar ed è oggi una delle più con-
siderabili del Mogol e capo d’una Subadarì, o grossa provincia del medesimo imperio. In essa
risiede, oltre molti altri ministri, un gran governator di provincia che sempre è uno dei principa-
li Omrà o sia grandi di quella corte. [...]
Hanno in Pattnà grossissime fattorie, magnificentissime abitazioni e ricchissimi magazzini sì la
Compagnia d’Oriente della nazion olandese, come ancora la Compagnia delle Indie della nazion
inglese. Tanto gli uni quanto gli altri stanno con grandissima sontuosità e magnificenza e quasi
gareggiano con lo splendor e la magnificenza de’ sopraddetti Omrà.
Il loro negozio principale in Pattnà, specialmente degli olandesi, è la compra dell’Afim, o vo-
gliam dir dell’oppio, e del salpetra [salnitro] e la compra e la fabbrica insieme delle tele dipinte
delle Indie. Il guadagno annuo che ciascuna di queste due nazioni dà alla città e vicinanza di
Pattnà ascende a molte centinaia di migliaia di scudi.
(da I. Desideri, An Account of Tibet: The Travels of Ippolito Desideri of Pistoia, S.J. 1712-1727, Routledge, 2004, pp. 323-325)

139
Una veduta La Cina
di Hong Kong
nel XVII secolo.
Nel complesso molta parte dell’Asia stava entrando nell’orbita europea, mentre due
blocchi rimanevano ancora chiusi alla penetrazione occidentale: Cina e Giappone.
Già nei primi secoli di dominio della dinastia Ming (1368-1644) la Cina si era
chiusa nei confronti del mondo esterno, esaltando i valori della cultura tradizio-
nale. A cavallo tra i secoli XVI e XVII il governo aveva attraversato una profonda
crisi: periodi di siccità e carestie, unitamente agli alti costi delle guerre contro il
Giappone in Corea, avevano acceso sia nelle zone urbane sia in quelle rurali rivol-
te antifiscali, amplificate dall’inefficacia delle misure governative. In generale, nel
XVII secolo, tutta l’area fu coinvolta in un ristagno delle produzione agricola, de-
terminato anche da un sensibile abbassamento delle temperature.
La debolezza politico-economica facilitò la presa di potere da parte dei Qing
(1644-1912) – un gruppo accomunato dalla provenienza geografica, la Manciuria,
una regione ai confini nord-orientali del paese, e da lingua e costumi simili – che
di fatto furono l’ultima dinastia imperiale della Cina. Sotto la dinastia Qing, la Cina
estese il proprio dominio in Asia centrale, a spese della Russia, soggiogando anche
il Tibet, e avviò contemporaneamente un grande sforzo centralizzatore. I Qing era-
no stati ritenuti barbari dai loro predecessori e, al momento del loro insediamento,
non godevano di buona reputazione tra gli intellettuali. Tuttavia, soprattutto durante
il regno di Qianlong (1735-96), furono promossi ambiziosi progetti culturali, per i
quali molti intellettuali si ritrovarono a lavorare con lo Stato. Alla fine del XVIII se-
colo il nuovo governo godeva di un discreto consenso e l’ordine era stato ristabilito.
All’espansione territoriale si accompagnò un notevole sviluppo demografico: si
passò da circa 120 milioni di abitanti nel 1680 a circa 300 all’inizio del XIX secolo.
Tale incremento fu possibile anche grazie ai progressi della produzione agricola,
ma incentivò a sua volta l’estensione delle terre messe a coltura. In questo periodo
i contatti con le potenze europee, che premevano sui confini per tessere relazioni
commerciali, furono molto limitati non soltanto a causa della volontà da parte del
potere centrale di mantenere intatti i tratti identitari della millenaria civiltà, ma
anche in ragione dell’autosufficienza della Cina. Questa non aveva di fatto biso-
gno dei prodotti europei, mentre l’Europa importava dall’Estremo Oriente tè, sete
e porcellane, ed era costretta a pagarle in argento, con una bilancia commerciale
costantemente sfavorevole. L’Inghilterra, durante il XVIII secolo, cercò di ottenere
dei privilegi commerciali in Cina, senza riportare tuttavia grandi successi.

140
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

Il Giappone
Ancora più complessi furono i rapporti degli europei con il Giappone che, a parti-
re dall’instaurazione della dinastia Tokugawa, accentuò la chiusura nei confronti
degli occidentali, dei quali venivano rifiutati la religione, la cultura e le intrapren-
denti iniziative commerciali: il periodo Tokugawa (o Edo) è noto infatti anche co-
me periodo Sakoku, «dell’isolamento».
I Tokugawa furono una famiglia di shōgun (anticamente il termine shōgun in-
dicava un capo militare ma, nel tempo, divenne sinonimo di governatore) i qua-
li amministrarono il Giappone per oltre 250 anni, a partire dal 1603 fino al 1868.
Questi esautorarono il mikado, l’imperatore, accentrando il potere a proprio van-
taggio, mentre i daimyo (una sorta di signori feudali) esercitavano nei propri ter-
ritori quello locale. Questo sistema ricorda quello feudale del periodo medievale
europeo, per le sue caratteristiche di immobilismo sociale e rigidità gerarchica.
In questo contesto, le relazioni con l’Occidente furono limitate ed estremamen-
te controllate: le missioni furono proibite a partire dagli inizi del Seicento, mentre
le relazioni commerciali un tempo intrattenute con la Spagna e il Portogallo ven-
nero interrotte rispettivamente nel 1624 e nel 1639, con l’ordine di espulsione dei
portoghesi. A partire da quel momento, a intrattenere relazioni commerciali con
il Giappone furono la Cina e l’Olanda, alle quali erano aperti soltanto quattro por-
ti: Matsumae, Tsushiima, Satsuma e Nagasaki.

L’Australia
Nella seconda metà del XVIII secolo le esplorazioni geografiche contribuirono
a completare la conoscenza europea del mondo. In seguito alle prime spedizio-
ni olandesi, il capitano inglese James Cook, dopo aver circumnavigato la Nuova
Zelanda, nel 1770 approdò sulla costa orientale dell’Australia, presso quella che
denominò Botany Bay. Tuttavia, per molti anni, questa terra lontana accese scar-
so interesse, finché, nel 1786, il governo inglese decise di impiantarvi una colo-
nia penale per i detenuti condannati alla deportazione. Un tempo questi ultimi
venivano inviati nelle colonie americane ma, in seguito all’ottenimento dell’in-
dipendenza ( ▶ cap. 8), fu necessario trovare una nuova destinazione. L’Australia
divenne allora colonia penale e tale rimase per molto tempo. Tuttavia le esplora-
zioni continuavano, e con esse lo sterminio degli aborigeni, e aumentava la pre-
senza coloni liberi alla ricerca di terreni adatti alla coltivazione e all’allevamento.

Le popolazioni
indigene delle isole
Sandwich offrono
un tributo al capitano
James Cook.
Stampa del XIX secolo.

141
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

3 L’economia-mondo
L’Europa al centro di un nuovo modello economico integrato
Durante i secoli dell’Età moderna, Europa e Asia furono percorse da relazioni eco-
Guarda il video nomico-commerciali, fenomeni culturali e migrazioni di portata globale. Sostenu-
Storia e ambiente -
ta da questa rete di collegamenti, nel corso del Settecento, una parte crescente del
Dall’economia-mondo
alla globalizzazione e mondo si andò integrando dal punto di vista economico in un sistema ordinato e
rispondi alle domande: gerarchizzato, che trovava il proprio centro nell’Europa nord-occidentale. Le mer-
• Quale aspetto ha
ci, infatti, giungevano prima in Europa, e da lì si diffondevano verso gli altri mer-
segnato la fase ini-
ziale dell’econo- cati. Le cotonate indiane (tessuti di cotone stampati a colori vivaci) affluivano in
mia-mondo? Inghilterra e da lì ripartivano per gli altri mercati europei, per l’Africa e per l’Ame-
• Quale traffico è di-
rica. Il tè indiano diventò presto la bevanda tipica degli anglosassoni nel Vecchio e
ventato particolar-
mente rilevante di nel Nuovo Mondo, mentre il caffè sudamericano macchiava ormai il latte in tut-
recente? ta Europa per la colazione del mattino; insieme al cacao e al tabacco americani, si
• Quali categorie so- era inoltre imposto come la gran moda dei salotti settecenteschi. Le classi dirigenti
ciali pagano le con-
seguenze degli spre- europee non potevano più fare a meno di questi piccoli lussi, che accompagnava-
chi del mondo occi- no la vita sociale e aiutavano a rimanere svegli la sera. Il caffelatte, il tè del mat-
dentale? tino e i cibi in generale non si dolcificavano più con il miele, ma con lo zucchero
delle Antille, diventato ormai una componente fondamentale della dieta di tutte
F1 Nuovi beni di le classi sociali europee.
consumo nell’Inghilterra
La domanda di zucchero, tabacco e caffè aveva fatto moltiplicare per dieci la do-
del XVIII secolo, p. 163
manda di schiavi, ed erano cresciute in ugual misura le esportazioni da parte degli
europei di merci poco costose, dai prodotti più ordinari dell’industria inglese, olan-
Pubblicità di una dese e francese a quelli più cari, come le cotonate indiane o il rum fabbricato con
miscela di caffè della
Manwarings Coffee
lo zucchero americano. La cantieristica e l’edilizia, poi, utilizzavano sempre più il
House a Falcon legname del Baltico, mentre il ferro svedese era sempre più richiesto dal mercato
Court, Londra. europeo. La popolazione in espansione consumava una quantità crescente di gra-
Stampa settecentesca.
no: non più solo quello siciliano, ormai insufficiente, ma anche, e in misura molto
Schiavi a lavoro più rilevante, quello polacco. E questa produzione di grano destinata all’esporta-
in una piantagione di
tabacco nelle Antille zione aveva rafforzato, sia in Sicilia sia in Polonia, la nobiltà terriera, la quale aveva
francesi, XVIII secolo. accresciuto il proprio potere nei confronti dei contadini.

142
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

LESSICO Vantaggi e iniquità dell’economia-mondo


Geopolitica In Inghilterra, in Olanda, in Francia prendeva forma un decollo produttivo che
Disciplina che considera
l’influsso che i diversi da un lato offriva frutti di modernizzazione, di libertà d’iniziativa e di pensiero,
fattori geografici, come di mobilità, di crescita delle aspettative, di sviluppo sociale e culturale, di aumento
quelli fisici e quelli umani, della popolazione e del benessere, di istituzioni libere. Nelle «periferie», invece, chi
hanno sulla politica
degli Stati, in particolare produceva i beni che il mercato richiedeva – fossero i tessitori indiani, gli schiavi
quella estera. neri nelle piantagioni americane o i servi della gleba in Europa orientale – vedeva
peggiorare le proprie condizioni e, soprattutto, perdeva la libertà.
Questo fenomeno di sempre maggiore integrazione in un sistema economico
polarizzato, in cui la crescita era accompagnata da dominazione, e che generava
effetti sociali opposti in centro e in periferia, libertà e sviluppo da una parte, servi-
tù e depressione dall’altra, è stato chiamato «economia-mondo». Si trattava di una
realtà già avviata da più di un secolo, ma che nel Settecento assunse anche estesi
contorni geopolitici, resi evidenti dalla guerra dei Sette anni ( ▶ cap. 4, par. 6), la
prima combattuta in teatri così distanti.
L’economia-mondo non coinvolgeva ancora tutto il mondo ma quella parte che il
capitalismo mercantile europeo-occidentale, soprattutto inglese, stava organizzan-
do socialmente e politicamente. In ogni caso questa forma di economia «estesa»
si apprestava rapidamente a diventare la più importante novità economico-sociale
della storia. Dal secondo quarto del XVIII secolo la produzione non ha smesso di
crescere, determinando un aumento continuo della popolazione mondiale. Dun-
que l’integrazione mondiale dell’economia ha rappresentato la premessa neces-
saria dello sviluppo, a partire dalla quale la dominazione dei Paesi occidentali ha
trasformato la fisionomia dell’intero pianeta.

ROTTE COMMERCIALI NEL XVIII SECOLO

Esplora i luoghi
e lavora con le
Arcangelo
carte dell’Atlante San Pietroburgo
Oceano
digitale interattivo Atlantico Londra
Amsterdam
La Rochelle
New York Lisbona Istanbul
Fort Louis Cadice
Alessandria
Calcutta Macao
MESSICO L’Avana Bombay
SENEGAL Madras
Acapulco Guadalupa Goa Oceano
Accra Pondicherry Manila Pacifico
Oceano Nieuw Caienna Fernando Poo
Amsterdam Malacca
Pacifico
Lima Salvador Batavia
de Bahia Sofala
Leggi la carta Rio de
Janeiro Città AUSTRALIA
• Dove si dirigevano del Capo
principalmente Buenos Oceano
Aires Atlantico Oceano Indiano
le navi commerciali
inglesi?
• Dove quelle
portoghesi
Rotte Rotte Rotte Rotte Rotte Rotte
e francesi? inglesi francesi spagnole olandesi portoghesi comuni

143
Nel lungo periodo

Mercanti
e merci
di Adriano Prosperi

Il dominio inglese e olandese In questo contesto si inserisce la Nella seconda metà del Seicento,
nel Seicento scelta olandese di cedere nel 1667 con l’introduzione dei telai mecca-
all’Inghilterra Nuova Amsterdam – ri- nici fu possibile aumentare la pro-
Nel corso del Seicento, mentre il re-
battezzata poi New York – in cambio duzione e ridurre costi e prezzo di
sto d’Europa subiva gli effetti di una
dell’isola di Run, importante centro vendita.
grave crisi economica, l’Inghilterra
di produzione della noce moscata L’abbassamento dei prezzi favorì
e la Repubblica delle Province Uni- e parte di quel commercio delle le possibilità di acquisto degli stra-
te si affermarono come le principali spezie che alla fine del XVIII seco- ti di popolazione inferiori. Seguen-
potenze economiche e commercia- lo costituiva un terzo degli scambi do questa tendenza, in Inghilterra
li mondiali. effettuati a livello globale. Grazie al era destinata ad affermarsi la pri-
I possidenti inglesi e olandesi mi- controllo sul mercato delle spezie, ma forma di consumo di massa
sero i propri capitali a disposizione Amsterdam si impose come la prin- della storia.
delle iniziative di società mercan- cipale piazza mercantile d’Europa. A trarre maggior vantaggio da que-
tili private, che spesso godevano Nel corso del Seicento, tuttavia, sta fase di espansione economica
di enormi privilegi: la Compagnia le Compagnie inglesi intraprese- furono la classe media inglese e
olandese delle Indie orientali, ro una politica commerciale sem- olandese. Negli anni Sessanta del
ad esempio, ottenne il monopolio pre più aggressiva e con l’appoggio Settecento, quattro famiglie ingle-
sui commerci tra il Capo di Buona della Corona arrivarono a controllare si su dieci godevano di redditi ben
Speranza e le isole Molucche (note il flusso di merci importate in Euro- superiori alla somma necessaria per
come «isole delle spezie), il diritto pa dall’India, che sottoposero a un la sopravvivenza. Molta ricchezza si
di giudicare i crimini commessi dai controllo coloniale. A inizio Sette- rendeva dunque disponibile per l’ac-
propri dipendenti, la facoltà di man- cento, Londra aveva ormai sostitu- quisto di beni supplementari, co-
tenere una propria forza armata, di ito Amsterdam come centro di rife- me nuovi abiti alla moda, il tè e il
dichiarare guerra e stipulare tratta- rimento per la finanza continentale. caffè.
ti. La società si costituiva dunque
come uno Stato all’interno dello L’inurbamento e Commercio e consumo
Stato. l’espansione economica Con i cambiamenti di natura eco-
Alla crescita economica di Pae- nomica e sociale nasceva in que-
L’ampliamento degli
si Bassi e Inghilterra contribuirono sto periodo un nuovo atteggiamento
orizzonti commerciali i fenomeni legati all’inurbamento. verso l’accumulazione individuale
Rispetto al resto degli Stati europei, Nel corso del XVII e del XVIII secolo, di beni e oggetti. Nei Paesi dell’Eu-
dove il ritorno all’acquisto di patri- a Londra affluirono molti dei conta- ropa settentrionale, la condanna
moni fondiari accumulati come be- dini impoveriti dalle nuove forme di morale del consumo fu progres-
ni-rifugio dagli aristocratici deter- conduzione della terra. La crescita sivamente superata a favore della
minò un irrigidimento della struttura della popolazione urbana fece au- lode dei benefici economici e sociali
sociale, nel nord Europa l’affermar- mentare la richiesta di beni di pri- prodotti. Il nuovo atteggiamento fu
si di mercanti più dinamici rispetto ma necessità, come cibo e vestiti. sancito dall’opera Indagine sulla na-
al passato contribuì all’ampliamen- A sua volta, l’aumento della doman- tura e le cause della ricchezza delle
to degli orizzonti commerciali su da condusse alla ricerca di innova- nazioni, pubblicata nel 1776 dall’e-
scala globale. zioni nelle forme di produzione. conomista Adam Smith, il quale af-

144
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale

La classe è divisa in gruppi


di lavoro. Ogni gruppo realizza
un prodotto multimediale
che presenterà alla classe.

PRIMO GRUPPO - Arte


e Consumismo
SCEGLIETE alcune opere della pit-
trice giapponese contemporanea
Tomoko Nagao che, ispirandosi ad
alcuni famosi dipinti di Età moderna,
da La nascita di Venere di Botticelli
fermava che «il consumo è lo scopo I consumi di massa a Las meninas di Velázquez, riflette
e l’obiettivo di tutta la produzione». nell’Italia del boom sul tema dei consumi nella mondo
È tuttavia importante distinguere contemporaneo. Preparate una
Da questo punto di vista, un grande
tra commercio e consumo. Con il presentazione in cui mettete in luce,
incremento dei livelli di consumo fu
primo termine ci riferiamo allo scam- attraverso le sue opere, i simboli
provocato dall’arrivo nelle case de-
bio delle merci, mentre con il secon- della società consumistica scelti
gli italiani di servizi e oggetti che
do all’acquisto e all’uso dei prodotti dalla pittrice e il messaggio che se
consideriamo essenziali, come ac-
da parte delle persone. Prendiamo qua e gas, lavatrici e radio. Questi
ne può ricavare.
l’esempio delle spezie: a causa del servizi e queste macchine, irrinun- SECONDO GRUPPO - Società
loro alto costo, le spezie restarono ciabili per il comfort domestico, e consumi – Dimmi come spendi
estranee alle abitudini alimenta- fecero ingresso nella quotidianità e ti dirò chi sei
ri di larghi strati di popolazione, pur degli italiani durante il boom eco- COSTRUITE una scheda, da illustrare
costituendo una delle merci più im- nomico degli anni Sessanta del No- alla classe, in cui mettete in rilievo i
portanti del mercato globale. vecento. consumi delle famiglie italiane negli
A determinare i fenomeni legati al L’Italia era uscita stremata dalla ultimi anni: utilizzando le elabora-
consumo concorrono diversi fattori. Seconda guerra mondiale e molte zioni dell’ISTAT dedicate a questo
Tra le ragioni che spingono all’ac- famiglie erano in miseria. Secon- tema, mettete in evidenza quali
quisto di un determinato bene, un do l’Inchiesta sulla miseria in Ita- sono le voci di spesa che pesano
ruolo importante è per esempio gio- maggiormente nei bilanci familiari,
lia, condotta nel 1951-52 dal Par-
cato da motivazioni di tipo socia- come queste si differenziano a se-
lamento, circa 900.000 famiglie
le. Spesso dietro il desiderio di un conda del tipo di famiglia, a quanto
non arrivavano ad acquistare car- ammonta la spesa totale mensile;
determinato oggetto c’è l’ambizione ne e zucchero. L’acqua corrente era infine cercate di ipotizzare le mo-
a distinguersi. Su questo si fonda, assente da circa la metà delle case tivazioni di tipo sociale che stanno
anche oggi, la forza persuasiva di e il 25% delle abitazioni era addi- dietro ad alcune di queste scelte.
molte campagne di marketing. rittura privo di cucina. Fu dunque
Il desiderio umano di essere ap- nel periodo successivo al secondo TERZO GRUPPO - Cittadinanza
provato o ammirato per i beni che dopoguerra, in quella che lo storico digitale – Consumo consapevole
si riesce ad accumulare – cioè il inglese Frank Trentmann (1965) de- e sviluppo sostenibile
consumo ostentativo, secon- REALIZZATE un video in cui incorag-
finisce come «l’ultima tappa dell’e-
do l’economista Thorstein Veblen giate i vostri coetanei a consumare
spansione globale della produzio-
(1857-1929) – fornisce una spin- in modo consapevole, al fine di
ne», che si crearono i presupposti
promuovere stili di vita responsabili
ta decisiva al consumo. Il desiderio alle nostre abitudini di consumo del- e soprattutto sostenibili. Potete
di mettersi in mostra è soltanto una le risorse materiali. Ed è soltanto scegliere di concentrarvi sul consu-
delle molte forze che determinano i dando attenzione a questi aspetti mo dell’acqua per uso domestico,
ritmi con cui compriamo, utilizziamo che possiamo scorgere una dimen- dell’energia elettrica o sul tema del
e infine buttiamo i nostri oggetti. Il sione della nostra realtà sociale, la fast fashion, ad esempio. Dopo es-
nostro rapporto con il mondo ma- cui comprensione è fondamentale servi documentati, potete mostra-
teriale è dunque un fenomeno com- se desideriamo creare stili di vi- re, attraverso degli esempi, quali
plesso, strettamente connesso con ta più sostenibili per proteggere sprechi possono essere facilmente
la nostra quotidianità. il nostro futuro. evitati.

145
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

4 L’evoluzione del commercio degli schiavi


La schiavitù, dall’antichità all’Età moderna
La schiavitù era esistita fin dall’antichità, ma era regredita in gran parte dell’Euro-
pa durante il Medioevo, venendo sostituita, in agricoltura, da forme di coercizione
collettiva di tipo signorile, perché legare i contadini alla terra, anziché utilizzare
una manodopera precaria, comprata e venduta, era apparso molto più conveniente.
Nelle aree mediterranee la schiavitù era rimasta in vigore per il servizio domestico
e né il cristianesimo né l’islam l’avevano eliminata, anzi, i cristiani la giustificava-
no con motivazioni religiose, soprattutto perché l’essere fatti schiavi dai cristiani
avrebbe permesso ai pagani di entrare in contatto con la parola di Dio.
I primi grandi fornitori di schiavi erano stati gli arabi, che, a partire dal VII se-
colo, avevano trafficato neri dall’Africa e bianchi dal mar Nero. A partire dal XV se-
colo i portoghesi incominciarono a prelevare i neri sulle coste occidentali dell’A-
frica, acquistandoli dai mercanti locali o direttamente da capitribù che tenevano
in stato servile prigionieri di guerra e criminali condannati per gravi delitti. Fino
al Cinquecento, le città del Mediterraneo avevano utilizzato il lavoro degli schia-
vi marginalmente nell’agricoltura e come rematori nella bella stagione, quando il
vento era scarso.
Anche i condannati dai tribunali venivano ridotti in schiavitù temporanea e
utilizzati come rematori nelle galee (da cui il termine «galeotto»). Schiavi erano
pure, nei territori dell’islam, i cristiani rapiti dai pirati barbareschi e, sulla sponda
cristiana del Mediterraneo, i musulmani razziati dai corsari e dai pirati europei:
per costoro la conversione al cristianesimo non comportava l’affrancamento. Nel
Cinquecento uno schiavo impiegato come rematore aveva una speranza di vita di
cinque anni: lo sappiamo perché per i condannati dai tribunali il prezzo di vendita
cresceva in funzione della durata della pena, ma non aumentava più oltre i cinque
anni di condanna.

Prigionieri africani
in marcia verso
il mercato dove
saranno venduti.
Stampa di inizio
Ottocento.

146
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

Lo sviluppo del commercio di schiavi dall’Africa all’America


Nel corso dell’Età moderna in Europa andava scomparendo la schiavitù, sosti-
tuita dal lavoro salariato. Nelle colonie americane tropicali, al contrario, l’agri-
coltura era organizzata in grandi piantagioni per le quali la schiavitù risultava
F2 La tratta degli più vantaggiosa, cosicché se ne fece un uso via via più massiccio. Il commercio
schiavi, p. 164
transoceanico di esseri umani aumentò così senza sosta tra i secoli XVII e XVIII,
arrivando a varie decine di migliaia di deportati l’anno. L’America caraibica (cioè le
cosiddette «Indie occidentali»), il Brasile e le più meridionali fra le colonie inglesi
del Nord America fornivano all’Europa zucchero, tabacco, caffè e più tardi cotone.
Questi beni venivano prodotti in grandi piantagioni da una manodopera di schia-
vi africani, che si erano dimostrati più resistenti alla condizione schiavile rispetto
agli indigeni americani (ormai decimati) e il cui prezzo continuò a salire per tutto
il Seicento e il Settecento.
LESSICO Dopo il trattato di Utrecht (1713), che assicurò per trent’anni l’asiento agli ingle-
Asiento
«Patto», in spagnolo. si, il commercio di schiavi fu largamente dominato dalla Gran Bretagna. L’asiento,
Indicava un accordo che consisteva nel monopolio sulla deportazione dei neri dall’Africa all’America,
economico fra lo Stato dopo essere stato affidato a una compagnia portoghese (1696) e poi a una france-
spagnolo e i privati, ma
finì poi col designare
se (1701), fu destinato agli inglesi proprio nel momento in cui questo mercato –
la concessione a una che nessuno contestava fuori d’Europa, ma che nel Vecchio continente non era più
compagnia commerciale, praticato perché imbarazzava la coscienza europea – toccava la sua stagione di
in cambio di denaro,
del diritto esclusivo di
massimo sviluppo. Ovviamente, proprio per la confusione tra lecito e illecito che
importare schiavi africani regnava nei mari, il monopolio britannico del commercio schiavistico non poteva
nei territori americani essere sempre garantito, e quindi altre potenze europee, soprattutto la Francia, si
dell’Impero spagnolo.
gettarono a capofitto in questa lucrosa attività.
L’Europa trasformò così il commercio di esseri umani in un colossale affare.
Non lo inventò, perché si praticava già da millenni, ma lo incrementò enormemen-
te, facendone uno dei principali mezzi per accumulare ricchezza. Gli europei, in-
fatti, poterono usufruire di un’enorme quantità di forza lavoro, che poteva essere
sfruttata a ritmi intensissimi per produrre utili eccezionalmente alti e accelerare
in tal modo la crescita economica europea.
Gli schiavi provenivano dal golfo di Guinea, ma anche dal Congo e dall’Angola,
e venivano poi trasferiti verso la costa occidentale dell’Africa da mercanti locali,
giungendo insieme ad altre due merci richieste dagli europei: l’oro e l’avorio. La
Costa d’Avorio, la Costa d’Oro (oggi Ghana), la Costa degli Schiavi (oggi Benin) de-
vono il proprio nome a questi beni.

Schiavi a lavoro
in una piantagione
di canna da zucchero
sull’isola di Antigua.
Stampa del 1823.

147
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Giunti alla costa africana, gli schiavi erano rinchiusi in fortezze – la più famosa
delle quali si trovava nell’isola di Gorée, al largo del Senegal, oggi trasformata in
museo della schiavitù – dove i mercanti li facevano riposare dalla fatica del viag-
gio, per poterne ricavare un prezzo di vendita più alto. Gli schiavi, infatti, dovevano
apparire all’acquirente europeo il più possibile giovani, sani e forti. Durante que-
sta fase della reclusione avveniva il distacco definitivo dalla loro vita e dalla loro
cultura. È difficile calcolare quanti uomini e donne siano stati deportati dall’Afri-
ca nel corso dei secoli, ma gli studi più recenti indicano una cifra compresa fra i 9
e i 12 milioni.

Il commercio triangolare degli schiavi


Gli schiavi venivano prelevati dai «negrieri» e inseriti nel cosiddetto commercio
triangolare ( ▶ carta, p. 150). I negrieri partivano dai porti europei verso le coste
africane, carichi di manufatti che barattavano con gli schiavi da vendere in Ame-
rica; il passaggio degli schiavi dalle coste occidentali dell’Africa al Nuovo Mondo è
noto nel mondo anglosassone Middle Passage, ossia «passaggio di mezzo», poiché
costituiva la tappa intermedia del commercio triangolare; dall’America, poi, i mer-
canti di schiavi tornavano in Europa carichi di zucchero e altri prodotti tropicali. I
due più grandi porti negrieri europei erano Liverpool, in Inghilterra, e Nantes, in
Francia, seguiti da Bristol, Londra, Bordeaux, Le Havre, Amsterdam, Copenaghen,
Lisbona e, più tardi, Boston e New York. Quasi tutti i commercianti che operavano
nei porti atlantici erano implicati nel traffico degli schiavi. I vascelli negrieri ave-
vano nomi rassicuranti e pii: «L’Amicizia», «L’Africano», «Il Contratto Sociale», «Il
S2 Il commercio di Battista», «L’Angelo», «Nostra Signora della Pietà» e perfino «Gesù». Il commer-
esseri umani, p. 164
cio degli schiavi era legale e i negrieri erano stimati membri dell’élite delle loro
comunità, spesso devoti fedeli delle rispettive Chiese. Eppure il traffico di esseri
umani suscitava imbarazzo e cominciava, da una parte della pubblica opinione, a
venire vigorosamente contestato. Si usava un eufemismo per evitare di parlare di
schiavi neri: si diceva che si commerciava in «legno d’ebano». Le partite umane si
valutavano a peso: un contratto del 1690 parla della fornitura annuale di «10.000
tonnellate di negri». Si calcolavano però anche in «pezzi d’India» (piezas da India),
l’unità di misura della merce corrispondente a un maschio giovane adulto.
I vascelli negrieri partivano dall’Europa carichi delle merci che avrebbero ba-
rattato con i mercanti di schiavi africani: stoffe di lana leggera – prodotte dall’in-
dustria inglese, in colori vivaci, soprattutto rosso e blu, più tardi di cotone –, ferro
– in barre o già forgiato in catene e manette per la contenzione degli schiavi –, e
poi fucili, oggetti di vetro e ornamentali, acquavite e, più avanti, rum prodotto con
lo zucchero delle piantagioni americane. Al carico di un vascello negriero contri-
buiva una pluralità di imprenditori, che affidavano all’armatore le proprie merci:
chi le stoffe, chi i fucili e così via, con una forma di partecipazione azionaria che
però non comportava investimenti in denaro liquido.
LESSICO Il commercio triangolare con l’Africa e l’America non era affatto privo di rischi,
Partecipazione ma assicurava profitti che potevano arrivare perfino al 300% per un viaggio an-
azionaria
Possesso delle azioni di
dato a buon fine e particolarmente fortunato. È possibile che tali profitti fossero
un’azienda. L’azione è un mediamente inferiori a quelli assicurati dal commercio con le Indie orientali, tut-
titolo che rappresenta tavia avevano un vantaggio inestimabile in una concezione mercantilista dell’e-
una quota di un’azienda.
conomia ( ▶ cap. 3, par. 8), perché non comportavano alcun esborso di moneta e

148
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

quindi non facevano uscire dal Paese i metalli preziosi, il cui possesso era il metro
con cui si calcolava la ricchezza.
Arrivati alla costa africana, cominciava per i negrieri la parte più rischiosa del
viaggio. Non esistevano porti e le tempeste tropicali mettevano le navi in grave
pericolo. Le trattative con i mercanti africani potevano essere laboriose e per re-
alizzare un carico di norma si impiegavano mesi. Inoltre, finché le navi restavano
vicine alla riva, le rivolte degli schiavi, forse favorite dalle popolazioni costiere,
avevano qualche speranza di successo e mettevano a rischio la vita dei comandan-
ti e degli equipaggi.
All’acquisto, i neri venivano marchiati a fuoco sulla schiena o sul petto con le
iniziali del proprietario. In un vascello di una quarantina di metri si riusciva a ca-
Una nave negriera ricarne più di quattrocento. Durante la traversata dell’Atlantico gli schiavi stava-
diretta in Brasile no sdraiati in stive alte un metro, occupando ciascuno una superficie calcolata in
nel 1830.
Incisione di Johann un metro e ottanta per sessanta centimetri. Due volte al giorno salivano in coper-
Moritz Rugendas. ta per lavarsi con acqua di mare, mangiare e muovere le membra. L’affollamento e
le condizioni igieniche si possono immaginare, ma naturalmente i negrieri erano
Leggi l’immagine
• Descrivi le condizioni
interessati a cercare di limitare la mortalità, che durante la traversata superava di
di viaggio dei poco il 10%. Poteva però accadere che l’attraversamento dell’oceano si prolungas-
prigionieri che si se assai più del previsto (mediamente durava due-tre mesi ma poteva protrarsi fi-
possono notare
no a sei) e che scarseggiasse l’acqua potabile. Gli schiavi venivano allora buttati in
osservando il dipinto.
• A tuo avviso, quale
mare. Sappiamo che in uno di questi casi venne intentato un processo per il dan-
particolare colpisce no economico derivante dalla perdita del carico, ma non per omicidio collettivo,
di più e per quale perché nella coscienza comune gli schiavi neri non erano riconosciuti come esseri
motivo?
umani ma come merci.

149
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

LESSICO Il trattamento giuridico degli schiavi nelle colonie


Razzismo
Giunti in America, i «pezzi d’India» erano scambiati con il migliore offerente in
Dottrina, senza alcun
fondamento biologico, cambio di derrate coloniali, e in particolare zucchero, di cui i negrieri tornavano
che proclama l’esistenza carichi in Europa.
di «razze» umane
Nelle colonie, che vivevano quasi solo di piantagioni, si svolgeva ogni domeni-
diverse e le ordina
gerarchicamente tra ca il mercato degli schiavi. I proprietari non erano perseguibili penalmente se
loro, secondo un criterio uccidevano i neri e avevano il diritto di infliggere loro le punizioni corporali che
di maggiore e minore
ritenevano più efficaci.
civilizzazione, in modo
tale da legittimare Al primo tentativo di fuga il castigo era la frusta; al secondo il taglio dei tendini
il dominio di quelle del polpaccio (che impediva la normale deambulazione, senza però pregiudicare
giudicate superiori su la capacità lavorativa); e al terzo tentativo lo schiavo fuggiasco veniva abbattu-
quelle ritenute inferiori.
to come un capo di bestiame inservibile, al quale infatti era equiparato. Questa
spaventosa realtà ha fornito le premesse su cui il razzismo moderno si è costi-
tuito e strutturato.
Nelle colonie francesi, nel 1685, venne emanato il cosiddetto «codice nero», una
raccolta di articoli che regolamentavano dal punto di vista giuridico il trattamento
degli schiavi. Il «codice nero» impose l’obbligo dell’educazione religiosa, entrò nel
dettaglio delle punizioni ammesse e confermò i fondamenti giuridici della schia-
vitù: i proprietari potevano disporre liberamente dei loro schiavi, i quali non po-
tevano testimoniare in tribunale.
La condizione schiavile, inoltre, si trasmetteva ai figli: il figlio di una donna
schiava nasceva quindi schiavo. Curiosamente per la coscienza moderna, però,
si distingueva fra persona e anima: lo schiavo, benché giuridicamente non fos-
se considerato una persona, aveva comunque un’anima, la quale doveva esse-
re salvata.

IL COMMERCIO TRIANGOLARE
Londra Amsterdam

Nantes
Bordeaux

Lisbona Roma
VIRGINIA
Charleston
LOUISIANA
New Orleans
Oceano Atlantico

L’Avana
Leggi la carta SENEGAL
Santo Domingo St. Louis
• Quali prodotti ve-
Gorée
nivano commercia-
ti dall’Europa verso Oceano Accra Ouidah
l’Africa? Pacifico Elmina
Fernando Poo
• Quali prodotti veni-
vano commerciati Stoffe, armi,
São
liquori, chincaglierie Tomé
dalle Americhe verso Pernambuco Luango
Prodotti tropicali
l’Europa? verso l’Europa BRASILE Luanda
• Da quali regioni afri- (rum, zucchero, ANGOLA
cotone, caffè, Salvador de Bahia Benguela
cane proveniva la tabacco, spezie)
maggior parte de- Tratta occidentale
gli schiavi deportati degli schiavi
in America? verso l’America

150
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

Nella seconda metà del Settecento lo sviluppo della cultura civile e politica
( ▶ cap. 6) avrebbe reso la schiavitù sempre più causa d’imbarazzo, così che diversi
Paesi europei furono indotti a vietarla, prima in Europa e molto dopo nelle colo-
nie. La tratta divenne illegale e la marina militare inglese si assunse il compito di
intercettare i negrieri in alto mare per riportare i prigionieri sulle coste africane.
Tuttavia, la schiavitù sopravvisse a lungo come pratica legale in diversi Paesi qua-
si fino alle soglie del Novecento.

L’abolizione della
tratta degli schiavi.
Illustrazione di Isaac
Cruikshank del 1792.

LE FONTI Il Code noir fu promulgato dal sovrano francese Luigi XIV nel
1685 ed entrò in vigore per regolamentare la schiavitù dei neri
Il «codice nelle colonie caraibiche francesi (come la Guyana e le Antille)
nero» nelle e nella Louisiana. Si compone di sessanta articoli che rego-
lamentano l’ambito religioso, i matrimoni, la vita quotidiana,
Leggi in digitale il testo colonie la vendita e l’acquisto degli schiavi, le punizioni per i ribelli.
Le disuguaglianze
sociali di Jean francesi Se ne riportano alcuni articoli:
Meslier che, pur
non occupandosi di
schiavitù, denuncia gli Art. 2 - Tutti gli schiavi che si trovano nelle nostre isole saranno battez-
abusi dei potenti e le zati e istruiti nella religione Cattolica, Apostolica e romana. [...]
disparità sociali tra gli
uomini: Art. 12 - Nel caso in cui marito e moglie abbiano dei padroni diversi, i
• Meslier ritiene ne- figli che nasceranno dai matrimoni tra schiavi diverranno schiavi e ap-
cessario che, nella
società, alcuni indivi- parterranno ai padroni delle schiave e non a quelli dei loro mariti.
dui siano subordinati
ad altri? Art. 38 - Allo schiavo fuggitivo, che sarà stato latitante per un mese a
• Qual è il compor- partire dal giorno in cui il suo padrone lo avrà denunciato alla giustizia,
tamento dei signori saranno tagliate le orecchie e sarà marchiato con un fiore di giglio sulla
e dei nobili di pae-
se o di città nei con-
spalla. Se è recidivo e fugge per un altro mese dalla data della denuncia,
fronti del popolo? gli verrà amputato il braccio dal gomito e gli verrà marchiato un fiore di
giglio sull’altra spalla. La terza volta, sarà condannato a morte.

151
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Storia e Cinema
La schiavitù sul grande schermo
Cinema e storia Schiavismo e violenza
Un film può considerarsi di per sé una fonte, un do- La stessa Natalie Zemon Davis ha pubblicato il sag-
cumento storico? Il cinema può essere, con le dovute gio La storia al cinema. La schiavitù sullo schermo da
cautele, un elemento utile a comprendere il periodo Kubrick a Spielberg (2000, uscito in Italia nel 2007)
storico in cui è stato realizzato. Film in apparenza lon- nel quale propone un interessante percorso tra pelli-
tani dai fatti storici possono intrattenere legami forti sul cole che si sono occupate di schiavitù.
piano simbolico con il momento in cui vengono girati: Il tema della schiavitù ha interessato l’arte cinemato-
ad esempio la saga di Star Wars, ideata da George grafica fin dalle sue prime sperimentazioni, ma que-
Lucas negli anni Settanta, nel racconto della dittatu- ste ne facevano una narrazione per lo più edulcorata,
ra dell’Impero galattico allude agli Stati Uniti di Nixon. che non ne raccontava gli orrori. Un esempio noto è
Ma ci sono molte opere cinematografiche che, al con- Via col vento di Victor Fleming (1939), il quale fa suo
trario, seppure ispirate a eventi storici, li raccontano il punto di vista degli schiavisti. Nella seconda metà del
in modo distorto. Novecento, il tema della resistenza degli schiavi acqui-
I più felici connubi tra cinema e storia hanno visto pro- siva una nuova importanza, poiché veniva letto alla luce
fessionisti della ricerca collaborare attivamente alla della contemporaneità: il contributo fondamentale delle
produzione di film, come è stato nel caso de Il ritorno resistenze nella guerra ai regimi totalitari, la conside-
di Martin Guerre (1982) di Daniel Vigne, ispirato alle razione dei movimenti anticoloniali e l’opposizione ai
ricerche della storica Natalie Zemon Davis, che ne ha regimi di segregazione negli Stati Uniti e in Sudafrica.
co-firmato la sceneggiatura. Una figura mitica fu Spartaco, il gladiatore che guidò
una rivolta di schiavi contro Roma nel I secolo a.C. e
sul quale è incentrato Spartacus (1960), diretto da
Una scena del film Amistad (1997) Stanley Kubrick.
diretto da Steven Spielberg.
Due pellicole più recenti portano all’attenzione del
grande pubblico l’impossibilità di scindere la storia
degli afroamericani dalla violenza che è stata perpe-
trata nei loro confronti: Amistad (1997) di Steven
Spielberg, ripercorre il caso dell’ammutinamento de-
gli africani prigionieri di schiavisti sulla nave Amistad
nel 1839. Beloved (1998) di Jonathan Demme, am-
bientato subito dopo la fine della guerra di secessio-
ne americana, racconta l’impatto della segregazione
degli afroamericani.

Collega e confronta
1. Se fossi un regista, quale figura o quale
evento della storia della schiavitù racconte-
resti sul grande schermo e perché?
Argomenta la tua risposta e confrontala
con quella dei tuoi compagni.
2. Scegli un film di ambientazione storica
e realizza una presentazione multimediale
in cui descrivi la scenografia e i costumi,
in riferimento al contesto storico.
3. La tratta degli schiavi ha avuto un grande
impatto anche nella storia della musica:
in gruppo, svolgete una ricerca sulle origini
e le caratteristiche del gospel.

152
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

5 Il capitalismo: borghesia e proletariato


Il «capitalismo» come motore di cambiamento
Nel Settecento un’altra importantissima novità riguardò parte dell’Europa occi-
dentale: il capitalismo. Il sistema capitalista è un sistema di tipo economico-socia-
le basato sulla separazione tra la proprietà privata dei mezzi di produzione (cioè le
macchine che producono merci), che appartengono ai capitalisti, e la forza lavoro
ceduta in cambio di un salario, da parte dei lavoratori (la classe operaia). Quando
si parla di «capitalismo», l’attenzione si sposta dunque dai flussi commerciali di
scambio ineguale che caratterizzano l’economia-mondo alla produzione e all’ac-
cumulazione del capitale. La ricchezza, prima di essere scambiata sulle rotte mon-
diali tra loro interconnesse, doveva infatti essere prodotta e accumulata in maniera
molto più abbondante ed efficiente che in passato.
Il termine deriva dal titolo dell’opera principale del filosofo tedesco Karl Marx
( ▶ cap. 17, par. 1), Il Capitale (edito nel 1867, nel 1885 e nel 1894), e da oltre un se-
colo proprio questo concetto è considerato uno degli strumenti fondamentali per
capire il mondo moderno e contemporaneo.
In un momento difficile da precisare, fra Cinquecento e Settecento, si pensa sia
nato un nuovo sistema di produzione, basato sulla proprietà privata, che vede la
contrapposizione di due grandi classi sociali: la borghesia capitalista, che pos-
siede i mezzi di produzione, e la classe operaia, il proletariato ( ▶ lessico cap. 2,
par. 1), che cede forza lavoro in cambio di un salario. Secondo il pensiero di Marx,
la nascita di un sistema di «produzione capitalista» e di un’«economia di merca-
to» sarebbe all’origine dello sviluppo economico, della Rivoluzione industriale e
di ogni altra trasformazione, anche politica e ideologica.

Il nuovo assetto della società, basato sulle distinzioni


economiche
Nelle due classi della «borghesia» e del «proletariato» confluì, nello spazio di qual-
che generazione, la maggior parte delle figure sociali precedenti: da un lato mer-
canti, banchieri, proprietari terrieri, ora intenzionati a investire le loro sostanze
nella produzione di merci anziché nel commercio; dall’altro, artigiani, contadini,
lavoratori di ogni genere, d’ora in poi costretti a cercare un lavoro salariato.
Le classi sociali che così nascevano non somigliavano ai vecchi «ceti», a cui si
apparteneva per nascita, ma erano definite dalla posizione occupata rispetto agli
interessi produttivi, ciascuna solidale al suo interno e in perenne conflitto con la
classe avversa. Aristocratici si nasceva, mentre borghesi capitalisti si diventava,
provenendo da qualunque altra condizione sociale. E anche proletari si diventava,
perdendo le proprie radici nelle antiche comunità locali. Questo nuovo assetto so-
ciale andò via via ridefinendo le società di Ancien régime, articolate in comunità or-
ganizzate gerarchicamente, nelle quali le persone avevano diritti soltanto in quanto
membri di un gruppo (famiglia, parrocchia, villaggio, associazione di mestiere…).
In un sistema relativamente più libero, i borghesi capitalisti acquisirono la ca-
pacità e la possibilità di investire e disinvestire i loro capitali in qualunque attivi-
tà produttiva che risultasse, al momento, la più vantaggiosa, reclamando libertà,
mobilità e il superamento delle regole mercantiliste di controllo dell’economia. Il
centro dell’interesse economico dei borghesi capitalisti divenne la produzione di

153
I frutti dell’industria
e dell’economia.
Commercianti inglesi
ritratti da George
Morland nel 1789.

nuova ricchezza, anziché l’attività commerciale (com’era stato per generazioni di


mercanti) o il prestito a interesse (come avevano sempre fatto i banchieri). Questa
nuova esigenza di libertà economica, di mobilità, di iniziativa veniva ostacolata
dalle politiche mercantilistiche delle monarchie assolute: mirando a incrementare
la ricchezza nazionale per accrescere la forza dello Stato al suo interno ma anche
nei rapporti con l’estero, esse intervenivano pesantemente in ambito economico,
ad esempio aumentando il gettito fiscale o intervenendo nel mercato.
Dall’altra parte stavano gli operai o proletari. Questi si adattavano, per soprav-
vivere, a un lavoro salariato, perché avevano perso la bottega che possedevano, se
artigiani, o il campo di cui disponevano, se contadini. Si mettevano perciò al ser-
vizio del capitalista che, per proliferare, aveva bisogno di un impiego massiccio di
«forza lavoro» e la trovava, sfruttandola, nelle donne e negli uomini che avevano
necessità di trovare un’occupazione.

Nuovi consumatori e nuovi beni sul mercato


Per svilupparsi, il sistema capitalista aveva bisogno di un generale allargamen-
LESSICO
Domanda to del mercato, cioè di un incremento della produzione e della vendita di beni e
Offerta servizi, in relazione a un aumento della richiesta. E affinché il mercato si espan-
In economia la parola desse sempre più, era necessario che molte più persone fossero indotte o costrette
«domanda» indica
la quantità di beni che
a comprare e a vendere: occorreva, cioè, coinvolgere i gruppi sociali che fino ad
gli acquirenti intendono allora avevano avuto pochissimo denaro e che, quindi, consumavano prevalente-
comprare a un dato mente ciò che producevano.
prezzo; «offerta» è
invece la quantità di
L’allargamento del mercato incluse anche la terra e il lavoro, che cominciava-
beni che i produttori no a essere comprate e vendute a un prezzo stabilito dalla domanda e dall’offerta.
intendono vendere a Da sempre entrambe queste risorse erano state soggette alla vendita e all’acquisto,
un determinato prezzo.
ma mai in abbondanza e mai in piena libertà.

154
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

La terra, in particolare, non aveva mai avuto un vero e proprio prezzo di merca-
to: era piuttosto considerata una risorsa, che veniva disciplinata e quindi utilizzata
secondo la consuetudine. Da secoli, infatti, la terra era passata di mano in mano,
da una generazione all’altra, prevalentemente per eredità; era stata poi gravata da-
gli «usi civici», cioè da regole, antiche consuetudini, obblighi e destinazioni d’uso,
che ne avevano limitato il diritto di proprietà piena. Dunque, nei casi in cui la ter-
ra fosse venduta, il suo prezzo era dato da molti fattori, che non dipendevano sol-
tanto dalla domanda e dall’offerta o dalla volontà di vendere e acquistare. Spesso
accadeva poi che la terra fosse sottoposta a istituti giuridici che la sottraevano al
mercato: ad esempio il fedecommesso, per il quale chi è designato erede ha l’ob-
bligo di conservare e restituire in tutto o in parte l’eredità a un’altra persona, op-
pure la manomorta, in base alla quale l’eredità andava al signore nel caso in cui si
morisse senza eredi maschi.

Un gruppo di ricchi I cambiamenti nel mercato del lavoro


mercanti intenti a
negoziare nel porto Il lavoro, a differenza della terra, aveva sempre avuto un vero e proprio prezzo: il
di Messina. salario. Ma soltanto una parte del lavoro era stata propriamente remunerata, per-
Dettaglio di un dipinto ché la maggior parte dell’attività era stata fornita sulla base di obblighi reciproci
di Jacob Philipp Hackert
del XVIII secolo. fra dominanti e dominati, che prevedevano, tra le altre cose, prestazioni e tributi,
Caserta, Palazzo Reale. ordinari e straordinari, a vantaggio dei primi. Ora tendeva a estendersi il mercato

155
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

del lavoro, cioè la possibilità per il lavoratore di trovare un posto in cambio di un


salario, anziché per obblighi di dipendenza o di fedeltà regolati dalla consuetudine
e imposti dal potere politico. E per l’imprenditore cresceva la disponibilità di per-
sone libere di spostarsi alla ricerca di un impiego.
A fronte della crescita di investimenti aumentava dunque l’offerta di lavoro li-
bero, remunerato dal salario. Chi aveva una bottega artigiana perdeva competiti-
vità, chi aveva un appezzamento di terra troppo piccolo era costretto a venderlo e
di conseguenza perdeva le protezioni comunitarie di cui i poveri avevano sempre
goduto. Perdendo i propri punti di riferimento precedenti, la massa di persone co-
strette a lavorare in cambio di un salario entrava a far parte del sistema capitalista
come classe operaia, o proletariato.
I processi descritti cominciarono a realizzarsi nei Paesi europei coinvolti nello
sviluppo, e non nei Paesi colonizzati o comunque subordinati, dove si moltiplica-
vano schiavi e servi. Anche questi ultimi erano impiegati nelle attività produttive,
anziché negli scambi commerciali, ma non erano liberi né salariati.
Il capitalismo si rivelava un modo di produzione molto più efficiente di tutti
quelli che lo avevano preceduto e conviveva perfettamente con la schiavitù e la
servitù. È vero però che, alla lunga, i suoi metodi cozzavano con l’impiego di lavo-
ro coatto, poiché, per essere efficiente e generare consumi, il lavoro doveva essere
anche remunerato.

Operaie a lavoro
nella fabbrica tessile
dei fratelli Wetter
a Orange.
Dipinto di Joseph
Gabriel Rossetti
del 1764. Orange,
Museo municipale.

156
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

6 La «protoindustria» e la rivoluzione
in agricoltura
La nascita della produzione di massa
Chi dirigeva gli affari tentava ora di investire al meglio il denaro, spostandolo da
un settore all’altro (dei commerci ma soprattutto della produzione, industriale e
agricola), per provare sfuggire ai vincoli mercantilisti e corporativi. Queste nuove
figure di imprenditori, stimolavano la crescita complessiva della produzione, per-
ché mettevano sul mercato molte più merci e a un prezzo più basso che in passato,
permettendo alle masse popolari maggiori consumi. Si faceva strada la convinzio-
ne secondo cui ci si sarebbe arricchiti di più fabbricando una grande quantità di
prodotti a basso costo piuttosto che pochi oggetti di valore: si ponevano in questo
modo le premesse per una nuova modalità di produzione, la produzione di mas-
sa, che si sarebbe poi pienamente affermata solo nel XX secolo.
Il funzionamento di questo sistema sarebbe stato impossibile senza un aumento
generalizzato del lavoro delle donne e degli uomini; e questo non solo nelle botte-
ghe artigiane indiane, nelle piantagioni brasiliane e nei latifondi polacchi, ma anche
nelle città e nelle campagne dell’Europa occidentale. Dovunque, per rispondere al-
la domanda in aumento o per stimolarla, si doveva lavorare e consumare di più e
così si cercò di organizzare il lavoro sfruttando più intensamente il tempo e coin-
volgendo nelle attività produttive una percentuale sempre più alta di popolazione.

L’integrazione di lavoro industriale e attività agricole


nelle campagne
La società contadina aveva ampi margini di tempo inutilizzati (mesi invernali, se-
rate, giornate di maltempo) e, inoltre, parecchi suoi componenti erano poco coin-
volti nella produzione, come i bambini, le donne e i mendicanti. Tutte queste ore
e queste persone a disposizione potevano quindi essere impiegate in attività da
integrarsi con quelle agricole.
Nelle campagne, da sempre, accanto alle attività agricole, vi erano imprese
artigianali. Si trattava perlopiù di piccoli artigiani (fabbri, maniscalchi, falegna-
mi) che producevano per il fabbisogno del lavoro contadino; ma si trovava an-
che chi lavorava le fibre tessili (lana, lino, seta), la cui filatura e talvolta tessitura
erano tradizionalmente localizzate nelle zone rurali. A volte questi lavori diven-
tavano attività rivolte all’esterno: i contadini potevano così lavorare in proprio,
con strumenti (telai, arcolai, filatoi) di loro proprietà, per poi barattare o vendere
i manufatti a vicini e conoscenti o al mercato locale; oppure potevano lavorare su
commissione, per conto di un mercante che forniva la materia prima e talvolta
anche i macchinari, ritirava il prodotto e lo commercializzava, assumendosi sia i
rischi sia i profitti.
Situazioni come quelle appena descritte caratterizzavano il mondo agricolo già
nel Basso Medioevo, ma in epoca moderna l’importanza di questa produzione
rurale su commissione crebbe sempre più. Con l’aumento della popolazione, del-
la domanda di manufatti e della dimensione dei mercati, i mercanti delle città si
trasformarono in imprenditori, che traevano vantaggio dalla possibilità di eludere
i vincoli imposti dalle corporazioni cittadine e di utilizzare manodopera a basso
costo nelle campagne. Fu la produzione tessile, prima di tutte le altre, a essere de-

157
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare

Un calzolaio
al lavoro nella sua
bottega insieme
alla moglie intenta
a filare.
Dipinto di
Quiringh Gerritsz van
Brekelenkam del
XVII secolo.

centrata nelle campagne. Questo tipo di produzione rappresentò una forma inter-
media tra la produzione familiare-artigianale e quella mercantile-capitalistica che
anticipò i futuri scenari industriali, venendo per questo definita «protoindustria».

La profonda trasformazione delle campagne


Poiché si chiedeva a tutti di lavorare di più, si rafforzò gradualmente anche un’e-
tica del lavoro, del risparmio, della disciplina, di cui le società precapitaliste erano
poco dotate. Progressivamente le campagne dell’Europa più sviluppata cambiaro-
no: circolava più denaro e si riscuotevano più imposte, si produceva per un mer-
cato più vasto e aumentavano i consumi. Soprattutto, chi viveva nelle campagne
imparava a fare altro rispetto al solo lavoro dei campi e iniziava a contemplare di
S1 Innovazioni trasferirsi nelle città. Non si trattava ancora della Rivoluzione industriale, ma, ap-
alimentari nel
punto, di una «protoindustria» che si diffondeva ormai così rapidamente da tra-
XVIII secolo, p. 165
sformare profondamente la società europea.
Tuttavia, prima del lavoro industriale si modificò quello nei campi, specialmen-
te il bagaglio di conoscenze agronomiche: come e che cosa far produrre alla terra.
Nel mondo preindustriale quasi tutto il lavoro veniva dedicato all’agricoltura, alla
produzione del cibo. A partire dalla seconda metà del Seicento questo dato comin-
ciò a cambiare, consentendo di accumulare risorse da trasferire all’industria. Si
diffusero colture nuove, note fin dal Cinquecento, ma ora quantitativamente rile-
vanti. Il mais cominciò a sostituire il grano permettendo di aumentare, e perfino
LESSICO di raddoppiare, la resa per ettaro. La patata si diffuse nell’Europa settentrionale,
Agronomia dall’Irlanda alla Germania: un ettaro coltivato a patate poteva fornire un apporto
Scienza che si occupa
della produzione
calorico triplo di quello fornito dallo stesso terreno coltivato a grano.
agricola e si interessa La novità più importante fu comunque l’inserimento di altre piante nella rota-
dei mezzi per migliorarla zione agricola, come le rape e i foraggi per gli animali, che permisero di eliminare
e incrementarla.
il maggese, poiché richiedevano sostanze diverse al terreno e quindi lo esauriva-

158
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |

no più lentamente. La rotazione triennale fu quindi sostituita da quella quadrien-


nale, che prevedeva grano, rape, orzo e trifoglio in successione. Così crebbero le
LESSICO
Maggese disponibilità alimentari per l’allevamento, quindi la produzione di carne e latte.
Rotazione La trasformazione delle campagne non sarebbe stata possibile senza lo sviluppo
La «rotazione» è un di quello che è stato chiamato l’«individualismo agrario». I campi aperti, disponibili
antichissimo sistema
di coltivazione, dopo la mietitura per l’uso comunitario, furono ridotti, soprattutto in Inghilterra,
caratterizzato dallo sviluppo delle recinzioni ( ▶ cap. 3, par. 1): nel corso del XVIII secolo, infatti,
dall’alternanza delle le terre comuni destinate agli usi civici, come la spigolatura, il pascolo, il legnatico,
colture su diversi
terreni, in modo da
vennero recintate a favore dei proprietari terrieri che poterono così sperimentare
non impoverirli. Nella incrementi produttivi e concimazioni intensive.
rotazione tradizionale Questi cambiamenti si consolidarono nel corso della prima metà del Settecento,
un campo, dopo essere
stato sfruttato, viene
anche se in Inghilterra si recintavano terre fin dal Cinquecento e l’attività industria-
lasciato a «maggese», le disseminata nelle case contadine si praticava fin dal tardo Medioevo. Un nuovo
cioè a riposo, o usato equilibrio economico e sociale venne ricercato nell’Europa occidentale settecen-
come pascolo.
tesca e da allora non ha più cessato di alimentare uno sviluppo costante.

Venditori di patate
in un mercato contadino
italiano del XVIII secolo.

159
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Gli europei e gli altri cano, lo zucchero delle Antille.


All’inizio del Settecento in Europa si contavano 100 Questo sistema economico polarizza-
milioni di abitanti, ma nonostante l’aumento della to, detto «economia-mondo», causò da un lato il pro-
produzione pro capite lo sviluppo demografico era gresso delle potenze europee, dall’altro l’impoveri-
limitato dalla quantità di risorse agricole a disposizio- mento delle aree periferiche.
ne. In Asia, invece, le migliori tecniche di irrigazione
e l’agricoltura intensiva permettevano di nutrire po- L’evoluzione del commercio degli schiavi
polazioni più numerose. La crescente domanda di queste merci richiedeva
L’Europa era anche l’area più urbanizzata al mondo; maggiore forza lavoro, quindi s’incrementò di conse-
le scarse condizioni igieniche, la miseria e la mortalità guenza il commercio degli schiavi, per lo più africa-
elevata erano aspetti comuni nelle maggiori metropo- ni prelevati dai «negrieri», deportati in America per
li. Solo nel XVIII secolo, con il miglioramento dell’ali- lavorare nelle grandi piantagioni e considerati a tutti
mentazione, i progressi della medicina e la crescita gli effetti una merce che era misurata a peso e la cui
economica, l’Europa conobbe un periodo di espan- tratta prevedeva un monopolio, l’asiento, che fu con-
sione demografica. cesso agli inglesi nel 1713 con il trattato di Utrecht.
Questo commercio di esseri umani si inserì nel com-
Oltre l’Europa mercio triangolare, dai porti europei verso l’Africa e
Fuori dall’Europa, Francia e Inghilterra ultimarono infine verso l’America, da cui i mercanti tornavano
la colonizzazione di gran parte del Nord America, in Europa.
mentre Spagna e Portogallo del centro-sud. L’Afri-
ca era ridotta a una sorta di magazzino di schiavi da Il capitalismo: borghesia e proletariato
impiegare come forza-lavoro a costo zero. L’Impero Nel Settecento prese forma progressivamente il siste-
ottomano, dopo la decadenza successiva alla morte ma capitalista, un sistema economico-sociale basato
di Solimano I e le guerre civili, conobbe un periodo sulla proprietà privata dei mezzi di produzione da
di espansione economica. L’Impero Safavide, esteso parte dei capitalisti e sull’impiego della classe opera-
dall’Asia centrale al Caucaso, nel tempo strinse alle- ia come forza lavoro ceduta in cambio di un salario.
anze commerciali con gli Asburgo, inglesi e olande- In esso, le classi sociali erano definite in base al ruo-
si. L’India visse un periodo di disgregazione interna lo nella gerarchia produttiva: da un lato la borghesia
caratterizzato dai contrasti tra indù e musulmani e capitalista, dall’altro il proletariato salariato.
lasciò spazio d’azione alla penetrazione di francesi e I borghesi capaci di investire in un’attività imprendi-
inglesi nel territorio. In Cina, si ebbe una timida aper- toriale redditizia i propri capitali, in quanto capitalisti
tura commerciale verso l’Occidente sotto la dinastia vedevano le politiche mercantiliste di Stato come un
Qing, che favorì l’esportazione di tè, sete e porcella- limite alla libertà di impresa e di produrre ricchezza.
ne in cambio di argento. In Giappone, in cui vigeva
un sistema feudale caratterizzato da immobilismo so- La «protoindustria» e la rivoluzione
ciale, i contatti furono limitati a relazioni commerciali in agricoltura
con Spagna, Portogallo e Olanda. In Australia, dove Con lo sviluppo dell’economia capitalista divenne ne-
era approdato l’esploratore James Cook nel 1770, gli cessario pensare la produzione di merci in base alla
inglesi realizzarono una colonia penale per i detenu- domanda del mercato. Si iniziò a produrre anche per il
ti deportati. popolo, ponendo le basi per la produzione di massa e
per lo sviluppo di imprese artigianali nelle campagne,
L’economia-mondo soprattutto nel settore tessile, un tipo di produzione
Nel corso del Settecento, si sviluppò un sistema eco- a metà strada tra quella artigianale familiare e quella
nomico e commerciale mondiale, organizzato secon- mercantile capitalista che fu definita «protoindustria».
do un centro, l’Europa nord-occidentale, e una in- Con la maggiore consapevolezza agronomica, inoltre,
sieme di periferie da cui ricavare merci e schiavi da mutò anche la produzione agricola, che si lasciò alle
vendere sugli altri mercati. Le merci più richieste erano spalle maggese e rotazione triennale a favore della
il tè indiano, il caffè sudamericano, il tabacco ameri- rotazione quadriennale.

160
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

L’ECONOMIA-MONDO

si sviluppò nel corso del Settecento come

sistema .............................................................

organizzato secondo

centro periferie

rappresentato dall’ da cui ricavare che subirono

in cui vi merci ..............................,


che conobbe nel .................................
era una violenze e
corso del Settecento
...............................

• crescita ........................ .................. • tè ...................................................


a capo del di
• progressi ..................... crescente • caffè .............................................
• crescita ........................ • tabacco ........................................
• zucchero delle ...........................

commercio ...................
e lo
sviluppo
del tra e

........................................... Europa schiavi

................... Africa in ................... prelevati dai

prima tappa nella

poi deportati ........................ controllata in


...................
a milioni in ........................ larga parte dagli

161
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Chi erano i negrieri?
b. Che cosa significa protoindustria?
Date: XVI • XV • 1566 • 1713
c. Di che cosa si occupa l’agronomia?
Luoghi: Indie occidentali • Guinea • Antille •
Sud America • Portogallo
NESSI E RELAZIONI
a. Nel .................... secolo, la Persia fu riunificata
5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
dai Safavidi.
a. Si diffondono le piantagioni di caffè e altri
b. Nel .................... morì il sultano Solimano I il
prodotti nelle colonie americane.
Magnifico.
b. Lo sviluppo capitalista favorisce l’allarga-
c. I portoghesi cominciarono a prelevare schiavi
mento del mercato.
dall’Africa dal .................... secolo.
c. Aumenta la richiesta di lavoro, soprattutto
d. L’Inghilterra ottiene l’asiento nel ....................
su commissione.
con il trattato di Utrecht.
1. Anche il prezzo della terra comincia ad essere
e. Gli schiavi provenivano soprattutto dal golfo
determinato dalla logica della domanda e
di .................... .
dell’offerta.
f. Nel 1639, il Giappone chiuse le relazioni com-
2. Si rafforza un’etica del lavoro basata sulla
merciali con il .................... .
disciplina e il risparmio.
g. In Europa si diffuse il consumo di zucchero
3. Cresce il commercio degli schiavi dall’Africa.
proveniente dalle .................... e del caffè dal
.................... .
h. L’America caraibica veniva chiamata anche COMPETENZE
.................... . ESPORRE ORALMENTE

EVENTI E PROCESSI 6 Rispondi alle seguenti domande.


a. Ricostruisci i momenti salienti della storia del
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
commercio triangolare degli schiavi. (3 minuti)
a. Perché, nell’Età moderna, la crescita demogra-
b. Quali conseguenze ebbe la diffusione della
fica fu più intensa in Asia che in Europa?
protoindustria in Europa? (3 minuti)
b. Che cosa s’intende con «economia-mondo»?
c. Evidenzia le cause che favorirono l’espansione
c. Su quali princìpi si basa il capitalismo? commerciale europea tra Sei e Settecento.
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. (3 minuti)
a. V F All’inizio del Settecento, in India, l’Impe- SCRIVERE
ro Moghul cominciò a sfaldarsi.
b. V F Tra Sei e Ottocento, in Cina si verificò VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA B
un calo demografico.
7 Anche se la schiavitù sembra una pratica che
c. V F La dinastia Tokugawa regnò in Giappo-
appartiene al passato, continua ad essere
ne per oltre 250 anni.
perpetrata in forme moderne: si conta che, nel
d. V F Nel Settecento, l’Australia diventò una
mondo, quasi 6 adulti su 1000 siano di fatto
colonia penale inglese.
privati delle libertà fondamentali e schiaviz-
e. V F Si stima che siano stati deportati tra i 2 zati, mentre per quel che riguarda i bambini il
e i 3 milioni di schiavi dall’Africa. dato è di 4,4 su 1000; fra le vittime, ben il 71%
f. V F Il «codice nero» regolamentava il tratta- è donna (dal Rapporto Global estimates of
mento degli schiavi nelle colonie francesi. modern slavery: forced labour and forced mar-
g. V F Istanbul fu una tra le più grandi metro- riage, della International Labour Organization
poli europee del XVIII secolo. and Walk Free Foundation, 2017). Rifletti sulle
h. V F Dal XVIII secolo vi fu un progressivo schiavitù moderne, portando esempi concreti
aumento della mortalità in Europa. di cui sei a conoscenza, e scrivi un testo di
i. V F Gli schiavi venivano marchiati a fuoco tipo argomentativo su questo tema.
con le iniziali del proprietario.

162
Fonti e Storiografia
FONTI Nuovi beni di consumo nell’Inghilterra del XVIII secolo
F1 Questo articolo, che in modo significativo descrive la disponibilità di prodotti provenien-
ti da ogni parte del mondo sul mercato inglese, comparve nel numero del 19 maggio
1711 dello «Spectator», a firma di Joseph Addison (1672-1719). Politico, scrittore e
drammaturgo inglese, era stato il fondatore del quotidiano, tra i più diffusi nella capi-
tale inglese tra il 1711 e il 1712.

Sembra che la natura si sia presa una cura particolare nel disseminare i suoi benefici tra le
differenti regioni del mondo, avendo riguardo a queste relazioni e a questo traffico recipro-
ci fra l’umanità, perché i cittadini delle varie parti del mondo potessero avere una specie di
interdipendenza e fossero uniti assieme dal comune interesse. Quasi ogni grado di latitu-
dine produce qualcosa che gli è peculiare. Spesso il cibo cresce in un paese e la salsa in un
altro. La frutta del Portogallo è corretta dai prodotti delle Barbados e l’infuso di una pianta
cinese è addolcito dal midollo di una canna indiana. Le isole Filippine danno un aroma alle
nostre bevande europee. Il solo vestito di una dama di classe sovente è il prodotto di cento
climi. Il manicotto e il ventaglio si riuniscono dai capi opposti della terra. Il velo è mandato
dalla zona torrida e le mantelline dalle regioni sotto il polo.
La gonna di broccato (tessuta in oro) è mandata dalle miniere del Perù e la collana di dia-
manti dalle viscere dell’Indostan.
Se consideriamo il nostro paese nel suo aspetto naturale, senza alcuno dei benefici e
dei vantaggi del commercio, che pezzo di terra spoglio ed incomodo ci tocca in sorte! [...].
Le nostre navi sono cariche del raccolto di ogni clima; le nostre tavole sono fornite di
spezie, olii e vini; le nostre stanze sono piene di piramidi di porcellana e ornate di oggetti
giapponesi; la nostra bevanda mattutina ci viene dagli angoli più remoti della terra; ci cu-
riamo il corpo con le droghe dell’America e ci riposiamo sotto i baldacchini indiani. Il mio
caro amico Sir Andrew chiama i vigneti della Francia i nostri giardini, le isole delle spezie
(le Molucche) le nostre serre, i Persiani i nostri tessitori di seta e i cinesi i nostri vasai. La
natura, certo, ci offre lo stretto necessario alla vita, ma il commercio ci dà una gran varietà
di ciò che è utile e nello stesso tempo ci fornisce ogni aspetto comodo e ornamentale. [...]
Per questi motivi in una società non vi sono membri più utili dei mercanti. Essi legano
insieme l’umanità in uno scambio vicendevole di favori [...]. Il commercio, senza allargare
i territori britannici, ci ha fatto una specie di impero in più.
(da J. Addison, Dallo “Spettatore”,
a cura di C. Revelli, Utet, Torino 1957, pp. 97-101)

COMPRENDERE 1. L’autore afferma che la natura si sia presa, nei confronti dell’uomo, una cura parti-
colare: quale?
2. Secondo Addison, chi svolge il lavoro utile nella società e per quali ragioni?
INTERPRETARE 3. La «natura» e il «commercio» secondo Addison offrono all’uomo cose molto
diverse. Quale fra le due è da considerarsi superiore e perché?
VALUTARE 4. Nel testo emerge l’entusiasmo dell’autore per i progressi del commercio, assieme
ad un atteggiamento teso a considerare il mondo come un giardino a propria di-
sposizione. Sottolinea le parole e le espressioni che evidenziano questo aspetto
e, alla luce delle tue conoscenze sull’economia-mondo del Settecento, mettine
in luce gli aspetti più controversi, come lo sfruttamento degli schiavi.

163
Fonti e Storiografia

F2 La tratta degli schiavi


Il documento è tratto da Storia della Rivoluzione e degli avvenimenti a Santo Domingo
tra il 1786 e il 1812, un’opera redatta dopo il ritorno in patria, nel 1812, da Listré, un
avvocato vissuto a lungo nell’isola caraibica. Listré prese parte nel 1777, a bordo di
una nave negriera francese, a una campagna di tratta di schiavi lungo le coste dell’An-
gola. Nel brano presentato descrive nel dettaglio i modi in cui si svolgeva il commercio
di essere umani a beneficio dei colonizzatori europei.

Ecco come funzionava la tratta. Non appena una nave era ancorata si tirava un colpo di
cannone. Il re, o il suo primo ufficiale, convocava il capitano. Questi, introdotto presso il re,
gli domandava, grazie ad un interprete, il permesso di trattare. Aveva cura di non andarci a
mani vuote e di portare sempre qualche dono al re, come dell’acquavite, un cappotto gal-
lonato, una bella pezza di seta, qualcosa dunque che avrebbe fatto colpo su questo negro
e lusingato il suo gusto. Questo re accordava al capitano il permesso di aprire la trattati-
va e nominava un mafouque o mediatore, interprete per parlare con i mercanti di schiavi
o mambouilloux […].
Il giorno di apertura della tratta si facevano normalmente pochi prigionieri. […] Arriva-
vano […] con una forca al collo dotata di un lungo manico, con il quale venivano trascinati,
[…]. I negri erano più o meno cari secondo la concorrenza e il loro stato. Un bel negro, pièce
d’Inde, chiamavamo così un negro tra i 19 e 35 anni, ben fatto, senza infermità, con tutti i
denti, poiché una volta non si volevano che negri così per le Indie orientali. Un tale negro
lo si comprava nel 1777 con 50 pezzi, ciascuno di 10 lire. Una bella negra la sia pagava lo
stesso prezzo. Quanto ai bambini […] li pagavamo un po’ meno. Quando il carico era com-
pleto si partiva direttamente dall’Angola per le colonie, senza soste, a meno di necessità
pressanti. Si caricava quindi il bastimento di acqua dolce. Si svuotavano per questo anche
le botti di acquavite che restavano. I negri erano nutriti con fave portate dalla Francia con
le quali si faceva una zuppa, che essi chiamavano macoudia. […]
Si costruiva nell’interponte una sorta di impalcatura perché tutti i negri potessero allun-
garsi e dormire. Gli uomini erano separati dalle donne. Oltre a questo, si erigeva sul ponte,
dietro l’albero maestro, una forte paratia con due porte a destra e sinistra per poter passa-
re. […] Ci si sistemavano fucili, spingarde e perfino un cannone. Serviva come trincea per i
bianchi in caso di rivolta […]; talvolta si tirava con queste armi davanti a loro per spaventarli.
Raggiunte le colonie si facevano riposare i negri qualche giorno […]; li si cospargeva d’olio
perché colpissero l’occhio e apparissero più freschi; poi si annunciava la vendita.
(in F. Della Peruta - G. Chittolini - C. Capra, Dall’Europa al mondo,
vol. 2 L’età delle rivoluzioni, Le Monnier, Firenze 2003, pp. 58-59)

COMPRENDERE 1. A chi si doveva rivolgere un mercante di schiavi per trattare?


2. In base a quali criteri si stabiliva il prezzo di uno schiavo?
3. Perché gli schiavi venivano cosparsi d’olio prima di essere venduti?
INTERPRETARE 4. Le parole di Listré suggeriscono che durante i viaggi, gli episodi di ribellione
dei prigionieri non fossero rari. Che cosa lo lascia pensare?
VALUTARE 5. Ancora oggi nel mondo esistono diverse forme di schiavitù: molte di queste
coinvolgono dei minori, come il vidomégon, diffuso in alcuni Paesi molto poveri,
come il Benin nell’Africa occidentale. Svolgi una ricerca su questa pratica e discu-
tine con i tuoi compagni.

164
L’Europa e l’economia-mondo 5

STORIOGRAFIA Innovazioni alimentari nel XVIII secolo


S1 Raffaella Sarti
La storica Raffaella Sarti si è occupata delle relazioni tra casa e famiglia e delle for-
me dell’abitare, del mangiare, del vestire nei secoli dell’Età moderna. In questo brano
esamina la trasformazione delle colture e dei regimi alimentari del Settecento, favorita
dal carattere globale delle relazioni commerciali.

GLI SNODI Nuove coltivazioni aiutano a combattere la fame.


DEL TESTO Alcuni prodotti spodestano le colture tradizionali.
La dieta degli europei nel complesso peggiora.

[…] L’intensificazione del commercio non fu certo l’unica arma impiegata nella lotta al-
la fame. In parte, la dipendenza fu infatti combattuta grazie all’introduzione e/o allo
sviluppo della coltivazione di piante alimentari del tutto nuove o semplicemente prima
meno sfruttate.
È il caso del riso, originario dell’Asia meridionale, conosciuto grazie agli arabi in Spagna,
da dove nel Cinquecento si sarebbe diffuso nei Paesi Bassi, in Lombardia venne coltivato
con moderne tecniche capitalistiche fin dal Quattrocento.
È il caso del grano saraceno, non panificabile ma adatto anche a terreni molto poveri e/o
di montagna. Noto da tempo, in Europa occidentale fu messo a coltura su scala meno mar-
ginale solo a partire dal Cinquecento, in particolare nei Paesi Bassi, in Germania, in Fran-
cia e in Italia settentrionale.
Ed è infine il caso delle piante venute dall’America: peperoni e peperoncini si inseriro-
no abbastanza rapidamente nella dieta della Penisola iberica, e poi in Italia meridionale,
nei paesi slavi meridionali e in Ungheria, divenendo un economico sostituto dell’agognato
pepe. I pomodori, pur conosciuti in Italia, in Spagna, in Provenza e in Linguadoca già nel
XVI-XVII secolo, si diffusero invece nel resto d’Europa solo dalla fine del Settecento. Come
i tacchini si inserirono senza difficoltà tra il pollame europeo, così i fagioli affiancarono
senza problemi i legumi tradizionalmente noti in Europa, cioè ceci, lenticchie, piselli, fave.
E spodestarono quasi, assumendone in molte lingue anche il nome, i fagioli allora presenti
nel mondo europeo, analoghi a quelli oggi chiamati fagioli dall’occhio, che botanicamente
sono un’altra specie (dolichos) rispetto ai fagioli venuti dall’America (phaseolus). Essi con-
tribuirono così all’apporto proteico delle diete dei ceti più bassi […].
Portato da Colombo dall’America già al ritorno dal suo primo viaggio, nel 1493, il mais si
diffuse precocemente: nei primi anni del Cinquecento era coltivato in molte regioni della
Spagna; verso il 1520 era presente in Portogallo e nella Francia sud-occidentale; dieci an-
ni più tardi nell’area veneta, da dove poi si espanse nella Penisola balcanica e in Ungheria.
Prodotto nuovo al quale bisognava trovare un nome, fu variamente battezzato, fatto che in
alcuni casi ne rende difficile l’identificazione. Venne infatti definito miglio grosso, sorgo,
grano grosso, melega 1 per associazione o confusione con cereali da tempo conosciuti; mi-
glio (meillet) di Spagna nella Francia sud-occidentale con riferimento alla zona da cui era
stato introdotto; granoturco in Portogallo, nell’Italia settentrionale e in Germania con un
1 melega: la meliga è
una pianta con piccoli
uso del termine «turco» che era forse sinonimo di «straniero» più che identificativo di una
fiori gialli riuniti in zona precisa; grano di Rodi, grano d’India, grano arabo, grano d’Egitto con tutto un varie-
pannocchie, coltivata gato sbizzarrirsi di fantasie sui suoi luoghi d’origine. Nonostante la precoce diffusione a
per uso alimentare
o come materiale per
lungo rimase un prodotto marginale, usato come foraggio o relegato tra le colture ortive,
scope e ramazze. che tuttavia avevano il vantaggio di non essere sottoposte alla decima e ai canoni fondia-
2 pellagra: malattia ri. […] Dall’imporsi della dieta maidica derivarono […] gravi conseguenze per la salute dei
causata da carenza
contadini, a causa delle carenze nell’apporto di vitamina PP, responsabili della pellagra 2:
alimentare di vitamina PP
e di triptofano. una malattia il cui decorso provoca ferite purulente, follia e morte. Segnalata per la prima

165
Fonti e Storiografia

volta nelle Asturie nel 1730, essa flagellò a lungo la popolazione della Francia meridionale,
della Pianura Padana, dei Balcani.
Assimilabile ai cereali conosciuti, e in particolare al miglio, con cui da sempre si prepara-
vano polente e altri cibi, il mais suscitò forse in misura minore, rispetto alla patata, atteg-
giamenti di rifiuto e di chiusura. Pur coltivato all’inizio in orti e giardini come pianta esotica
e di lusso, il tubero arrivato dall’America venne a lungo guardato con sospetto, forse anche
per il parziale persistere di quella gerarchia dei valori alimentari (cui facevo cenno sopra)
che tendeva ad associare alla sfera dell’animalità ciò che cresceva sottoterra. Comunque
sia, anche chi della patata propagandava le virtù finiva talvolta paradossalmente per asso-
ciarla all’alimentazione animale. […]
In definitiva, la dieta delle popolazioni europee, tra Cinque e Settecento, complessiva-
mente peggiora: non per tutti, ovviamente, né ovunque allo stesso modo. Ma il trend sem-
bra piuttosto chiaro, e da certi punti di vista accomuna il contadino veneto costretto ad un
regime alimentare quasi esclusivamente maidico e i primi operai inglesi, per i quali comin-
cia a profilarsi una dieta, che diverrà comune nei primi dell’Ottocento, incentrata sul con-
sumo di pane e tè zuccherato: due prodotti, tè e zucchero, che vedono il loro consumo in
crescita nel corso dell’Età moderna.
(da R. Sarti, Vita di casa. Abitare, mangiare, vestire nell’Europa moderna, Laterza,
Roma-Bari 2006, pp. 225-231)

COMPRENDERE 1. Quali conseguenze ebbe la diffusione del mais nella dieta degli europei?
IL TESTO
2. Cosa afferma la storica a proposito della diffidenza con la quale venne accolta
la coltivazione della patata in Europa?
3. Perché la diffusione dei peperoni in Europa fu importante?

S2 Il commercio di esseri umani


Gabriele Turi
Gabriele Turi, già docente di storia contemporanea, ha indagato i nessi tra le forme di
schiavitù proprie del mondo moderno e quelle ancora presenti nel sistema economico
attuale. In questo passo viene descritto in modo lineare il commercio triangolare e si
forniscono su di esso dati quantitativi che aiutano a coglierne le dimensioni.

GLI SNODI La ricchezza derivata dalla canna da zucchero si fondava sul lavoro degli schiavi.
DEL TESTO La tratta degli schiavi ha coinvolto milioni di persone.
L’abolizione della schiavitù non fu di facile realizzazione.

Al caffè – grosso, nero e di sua natura amaro di sapore – era aggiunto zucchero coltivato
da schiavi neri nei Caraibi britannici e in tutti i caffè l’atmosfera era densa per il fumo del
tabacco coltivato da schiavi africani importati in Virginia e in Maryland e dai loro discen-
denti […]. A metà del Settecento i britannici erano famosi per essere golosi di dolci […] per-
ché, più di ogni altro popolo europeo, avevano messo in essere e perfezionato i più vasti
imperi di schiavi nelle Americhe. […]
La nuova vita sociale delle classi superiori nella Gran Bretagna della metà del Settecento
fu resa possibile dalle piantagioni di canna da zucchero impiantate dapprima in Brasile e
poi diffuse nelle Indie occidentali, e questa coltura era stata il frutto del lavoro degli schia-

166
L’Europa e l’economia-mondo 5

vi africani, il cui commercio era egemonizzato dai mercanti a dai capitali dell’Inghilterra:
fra il 1690 e il 1807, quando la tratta fu abolita, circa 11.000 vascelli avevano fatto vela dal
centro del potente impero verso la costa degli schiavi in Africa 1, e si calcola che il 70% de-
gli africani trasportati in questo periodo sull’altra sponda dell’Atlantico fosse destinato alla
produzione di zucchero in Brasile e nei Caraibi.
Leggi in digitale
Il commercio triangolare atlantico era una delle tante forme assunte dalle varie tratte che
il testo Le ragioni
della schiavitù degli avevano origine soprattutto nel continente africano 2: le navi negriere partite dai porti eu-
africani di Eric ropei, in particolare britannici e francesi, trasportavano sulla costa dell’Africa occidentale
Williams. merci – utensili, domestici e tessuti, ma anche cavalli e armi da fuoco – da scambiare con
• Dopo aver let-
to il brano e averlo i potentati locali per l’acquisto di schiavi, che venivano trasferiti e venduti nelle Americhe,
messo a confron- da dove le navi tornavano in Europa cariche di beni coloniali prodotti dagli schiavi, come
to con Il commer- caffè, zucchero, tabacco, cacao e cotone.
cio di esseri uma- La tratta ha costituito il più grande spostamento forzato di popolazioni – non solo di
ni di Gabriele Turi,
scrivi un testo di ti- schiavi – in tutta la storia umana almeno prima del Novecento. Essa contribuì alla genera-
po argomentati- le accelerazione del fenomeno migratorio mondiale nei due secoli successivi al Settecento,
vo-espositivo che che assieme a sofferenze, violenze e contrasti razziali o di lavoro provocò la contaminazio-
metta in evidenza il
ne di lingue e di culture, cambiò l’identità di interi gruppi sociali con gli incroci etnici o con
lato oscuro dell’e-
spansione econo- il confronto tra popoli di origine diversa, dette impulso a nuovi mercati sotto il controllo
mica del Settecen- sempre più esteso dell’Impero britannico. Limitandoci a considerare il viaggio per mare – in
to, soffermandoti realtà la tratta aveva origine prima, all’interno lontano dalla costa –, i dati generali parlano
sulle diverse forme
di oltre 12 milioni di vittime per la tratta atlantica, di 14 milioni per quella interafricana e
di schiavitù che si
sono imposte tra di 17 per quella orientale. La sua messa fuori legge 3 costituì una significativa inversione
Cinquecento e ini- di tendenza per le politiche e le economie dei paesi colonizzatori, anche se non fu di facile
zio Ottocento: la realizzazione e non implicò un’automatica messa in discussione della condizione schiavi-
schiavizzazione de-
gli indios, la tratta
stica. La prima ad essere abolita fu quella di più recente istituzione, quella atlantica, attiva
degli schiavi afri- nei tre secoli dal Seicento all’Ottocento […].
cani, i «servi a ri-
(da G. Turi, Schiavi in un mondo libero. Storia dell’emancipazione dall’età moderna a oggi,
scatto».
Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 125-127)

1 costa … Africa: Il riferimento è alla costa occidentale del continente africano.


2 continente africano: come viene detto più avanti, il commercio degli schiavi si muoveva
anche su altre tratte: una interna all’Africa, una diretta a oriente, in Asia.
3 fuori legge: nel 1807 il Parlamento inglese approvò l’abolizione della tratta degli schiavi ma molto tempo
fu necessario per estirparla realmente. Il processo poté dirsi concluso a metà del secolo.

COMPRENDERE 1. Chiarisci il collegamento fra la vita agiata delle classi superiori della Gran Breta-
IL TESTO gna e la tratta schiavistica di cui si parla all’inizio del brano.
2. Turi parla di tre tipi differenti di tratte: atlantica, interafricana e orientale.
A che cosa si riferisce con questi termini?
3. Perché la tratta degli schiavi – secondo l’autore – può essere considerata come
«il più grande spostamento forzato di popolazioni» prima del Novecento?

167
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B La nuova diplomazia digitale
Mario Calabresi intervista Alec Ross, consigliere per l’innovazione di Hillary Clinton
nel 2012, sull’evoluzione della diplomazia nell’età dei social media.

Il mondo non sta cambiando, il mondo è già cambiato. È più trasparente, meno pirami-
dale e gerarchico e ogni cosa si sta trasformando: il potere, la politica, la diplomazia e il
giornalismo non saranno mai più quelli di prima, chiunque li governi e chiunque li diriga.
Il ragazzone che ho davanti, uno che parla senza esitazioni, ha quarant’anni ma ne dimo-
stra decisamente meno. [...]
Il ragazzone si chiama Alec Ross, è il consigliere per l’Innovazione di Hillary Clinton, e
l’ufficio in cui mi riceve è al piano nobile del Dipartimento di Stato di Washington, il luogo
della politica estera americana. Il luogo non lo intimidisce, la rivoluzione che porta avanti a
cui lavorano oltre 150 persone solo in questo palazzo e a cui collaborano un altro migliaio
in ogni parte del mondo viene chiamata Ediplomacy o anche Twiplomacy (la diplomazia di
Twitter, digitale) e nasce da una constatazione molto semplice: «Oggi non si possono più
chiudere le porte ai cittadini, come si faceva in passato, Internet ha portato una richiesta di
trasparenza con cui bisogna fare i conti, la diplomazia non può più essere uomini in ges-
sato grigio che parlano con altri uomini in gessato grigio intorno a un tavolino di mogano
e lontani da occhi indiscreti, oppure un esercizio di ricevimenti nei saloni d’ambasciata».
[…] Così gli ambasciatori dialogano direttamente con le opinioni pubbliche dei Paesi in cui
lavorano […]. La loro missione è di diffondere il punto di vista americano, naturalmente,
ma la partita è più raffinata e complessa, così se l’ambasciatore in Siria Robert Ford […] ha
messo in rete le sue note in cui raccontava cosa stava succedendo, così come foto satellita-
ri e testimonianze, dall’altro capo del mondo, in Giappone, l’ambasciata nei giorni succes-
sivi allo tsunami e al disastro nucleare era diventata punto di riferimento per avere noti-
zie credibili sulla radioattività e sulle emergenze. «Dobbiamo coinvolgere […] la società in
maniera più ampia, è cambiata la natura dei nostri interlocutori e se vogliamo mantenere
capacità di influenza dobbiamo evolvere, imparare a parlare in modo diverso. [...] I social
media sono un ottimo posto per ascoltare, ancor prima che per parlare […]».
Le nuove tecnologie stanno cambiando le dinamiche dell’informazione e le mediazioni,
così il portavoce di Susan Rice, ambasciatrice Usa all’Onu, ci ha raccontato di come ci sia stata
una lunga discussione al Palazzo di Vetro per decidere se le notizie più importanti debbano
essere date alle agenzie o lanciate su Twitter. «Abbiamo scelto Twitter spiega – perché ci
consente di raggiungere più fonti e parlare direttamente con le persone, nei nostri termini,
e nei nostri tempi, i media tradizionali possono riprendere la notizia direttamente da lì».
(da Mario Calabresi, La nuova diplomazia digitale, «La Stampa», 24 giugno 2012)

COMPRENSIONE 1. Che cosa s’intende con «Twiplomacy»?


E ANALISI
2. Chi è l’intervistato e che lavoro svolge?
3. In che modo deve cambiare la diplomazia secondo Alec Ross?
4. Perché l’ONU ha scelto di comunicare via Twitter?
PRODUZIONE 5. Alec Ross sottolinea come, per i diplomatici di oggi, sia fondamentale poter co-
municare con il maggior numero di persone, utilizzando anche i social media: si
tratta di una posizione assai diversa da quella della cultura diplomatica tradiziona-
le. Ritieni che questo cambiamento sia giusto? Quali rischi si possono presentare?
Sostieni la tua opinione, facendo opportuni riferimenti agli sviluppi della diploma-
zia nell’Età moderna.

168
L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare 1

TIPOLOGIA C La tutela dei diritti


All’indomani della Seconda guerra mondiale, il 10 dicembre 1948, l’Assemblea genera-
le delle Nazioni Unite adottava un importante documento che è ancor oggi considerato
un punto di riferimento in materia di diritti umani: la Dichiarazione universale dei diritti
umani. L’articolo 9 della Dichiarazione, in particolare, afferma che «nessun individuo po-
trà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato». Tale facoltà è stata prerogati-
va invece dei regimi assolutistici dell’Età moderna e continua ad esserlo purtroppo per
quelli dittatoriali dell’Età contemporanea; la storia moderna ci mostra tuttavia anche il
lento cammino che ha portato progressivamente all’affermazione di tale diritto, prima
con l’approvazione della Magna Charta Libertatum (1215) e poi nel 1679, attraverso l’Ha-
beas Corpus Act. Nel primo caso, si riservava agli uomini liberi, ovvero alla nobiltà, il di-
ritto di non subire arresti in maniera arbitrariamente e di conoscerne le ragioni; con il
secondo tale diritto fu esteso a tutti i sudditi: infine il Bill of Rights del 1689, approvato a
conclusione della lunga fase delle guerra civile inglese, lo ribadirà in maniera definitiva.
Con questi provvedimenti si è posto dunque un freno allo strapotere del sovrano garan-
tendo ai sudditi una tutela.

PRODUZIONE 1. Scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo in cui metti in luce:


a. che cos’è l’habeas corpus, fornendo con un esempio concreto;
b. perché l’Habeas Corpus Act riveste un’importanza particolare nella storia della
Rivoluzione inglese e nell’affermazione dei diritti umani;
c. come ancora oggi l’articolo 9 della Dichiarazione non venga rispettato ovunque.

TIPOLOGIA C Il ruolo del lusso nella società


Il lusso è una fonte di progresso o uno sperpero di denaro? Nella corte del re Sole, non sol-
tanto l’esibizione di oggetti e abiti lussuosi veniva incoraggiata, come simbolo di distinzio-
ne sociale, ma le stesse manifatture che producevano beni pregiati furono sostenute, attra-
verso le politiche mercantiliste portate avanti ministro Colbert. Secondo il filosofo Voltaire,
il cantiere di Versailles ebbe un impatto positivo: diede lavoro a migliaia di operai e artisti,
Esplora la bacheca
sostenendo l’economia francese.
per altri spunti Per altri osservatori, invece, si trattò di un enorme spreco di denaro pubblico che veniva
interdisciplinari sottratto, in maniera arbitraria, alle tasche dei lavoratori impoverendoli.

PRODUZIONE 1. Scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo in cui esprimi la tua opinione sul-
la funzione del lusso nella società contemporanea, mettendola a confronto con
quella che ebbe nella Francia del Re Sole.
Puoi strutturare il testo secondo paragrafi opportunamente titolati che sviluppi-
no i seguenti punti:
a. perché si acquistano beni di lusso?
b. Chi acquista i beni di lusso oggi? Solo i ricchi o i nobili, come in passato?
c. È giusto incoraggiarne l’acquisto fra i più giovani?
d. Ritieni che possedere oggetti di lusso è visto in maniera negativa dalla società?

169
Laboratorio per l’Esame di Stato

Esposizione orale
D1 La diffusione dei campi chiusi

Le enclosures nei
territori dello Yorkshire
Dales vicino a Gordale
Scar, in Inghilterra.

ANALIZZARE Osserva l’immagine e rispondi alle domande.


LA FONTE
1. Descrivi brevemente l’immagine.
2. Quali elementi paesaggistici suggeriscono che il terreno sia stato diviso in campi
delimitati?
CONTESTUALIZZARE 3. A partire da che secolo le enclosures si diffondono in buona parte dell’Europa?
4. Perché la diffusione delle manifatture tessili favoriscono le recinzioni?
5. Nel Regno di Napoli, le recinzioni vennero chiamate anche “usurpazioni”.
Quali consuetudini venivano a cadere?
6. Quale ceto sociale risentì in maniera negativa delle recinzioni?
COLLEGAMENTI Filosofia
INTERDISCIPLINARI
La diffusione delle enclosures favorì il possesso privato di terreni, rispetto alla pro-
prietà collettiva, ampiamente diffusa tra Medioevo ed Età moderna. La proprietà
privata può essere considerata un diritto naturale dell’uomo? Spiega cosa afferma
a tale proposito il filosofo John Locke.
Cittadinanza e Costituzione
L’art. 42 della Costituzione riconosce e garantisce la proprietà privata, ma stabilisce
anche che può «essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata
per motivi d’interesse generale». Spiegane il significato.
Letteratura inglese
Lo scrittore e filosofo Thomas More, nella sua opera Utopia, affronta la questione
delle enclosures. Qual è la sua posizione?

170
2 Le rivoluzioni
del Settecento
6 L’Illuminismo
e l’età delle riforme
Il secolo della ragione
Fondate sulla fiducia nella ragione, guida che illumina il progresso sociale e scientifico,
le idee illuministe circolarono ampiamente in Europa grazie alla fioritura della stampa e
dei circoli culturali; si diffuse inoltre, fra le élite europee, una nuova sensibilità religiosa,
Esplora l’immagine critica nei confronti dei dogmatismo; in questo senso, si affermarono una serie riforme
interattiva improntate alla tolleranza religiosa fra confessioni diverse.

Le fasi di lavora- Illuminismo e riformismo assolutista


zione della cellulosa L’Illuminismo influenzò le scelte di diversi monarchi assoluti, come Maria Teresa e Giu-
in una cartiera. seppe II in Austria o Federico II in Prussia, al punto che la loro politica fu definita rifor-
Tavola illustrata
dell’Encyclopédie, mismo assolutista. In molti Stati, vennero abolite la tortura e la pena di morte, mentre si
XVIII secolo. portò avanti un’opera di razionalizzazione degli apparati statali e della giustizia.

1740 1751 1762 1764


Sale al trono Federico II A Parigi inizia la pubblicazione Caterina II diventa Viene pubblicato Dei delitti e
di Prussia dell’Encyclopédie zarina di Russia delle pene di Cesare Beccaria
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. Nel Settecento, con la maggiore circolazione
di giornali, opuscoli e libri si favorì la diffusione
dei princìpi illuministi in Europa e nel mondo, LEZIONE
in un contesto culturale più disposto alla GUARDA il video Il Settecento e l’assolutismo
tolleranza di idee diverse; questo, però, non 1. I «Lumi»: ragione, felicità, libertà e tolleranza
significava che i sovrani garantissero del tutto la ▶ p. 174
libertà di stampa o che la censura non imponesse 2. Dispotismo illuminato e riforme ▶ p. 182
talvolta forti limitazioni a quello che si poteva
3. La giustizia ▶ p. 185
pubblicare.
4. Il giurisdizionalismo ▶ p. 188
• Hai mai sentito parlare di libertà di stampa
5. I giansenisti e i gesuiti ▶ p. 191
e di censura?
6. Il deismo, i «risvegli» cristiani, la massoneria
• Svolgi un brainstorming, assieme all’insegnante ▶ p. 193
e ai tuoi compagni, sul significato di questi di 7. Le riforme economiche ▶ p. 196
concetti e confrontalo poi con le definizioni
8. Verso la «monarchia amministrativa» ▶ p. 200
che forniscono un’enciclopedia o un dizionario.
ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
2. L’immagine è tratta dall’Encyclopédie, il gran- dell’Atlante digitale interattivo
de progetto culturale curato da Diderot e
RIASSUMI i concetti-chiave con la
d’Alembert. La tavola raffigura una cartiera,
presentazione Illuminismo e riforme:
ovvero una manifattura che produce carta.
– dove e quando si sviluppa l’Illuminismo;
• In quante fasi è divisa la produzione? – i principali illuministi;
• Hai l’impressione che la produzione della carta – i valori dell’Illuminismo.
fosse già meccanizzata?
• L’immagine ha un intento chiaramente didat- RIPASSA
tico: spiega, in maniera semplice e intuitiva, Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 204, p. 205
come si realizza un foglio di carta: quali ele- In digitale trovi l’audio della sintesi
menti lo suggeriscono? e la mappa personalizzabile
3. Consultando la mappa interattiva disponibile sul APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
sito dell’organizzazione internazionale di giorna- Cultura materiale e vita quotidiana:
listi Reporters sans frontières potete osservare in I primi quotidiani e la stampa periodica
quali Stati è garantita, negata o limitata la libertà
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 181
di stampa.
In gruppo, rispondete alle seguenti domande: EDUCAZIONE CIVICA
• in quali Stati vi è maggior libertà di stampa? Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
• In quali è quasi del tutto negata? La pena di morte e partecipa al dibattito
• L’Italia in quale categoria si colloca? Assieme GUARDA il video dell’intervista all'autore
a quali altri Paesi? ▶ p. 202

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1773 1780 1786 1789


Papa Clemente XIV sopprime Sale al trono l’imperatore Abolizione della pena di morte In Belgio scoppia la rivolta
la Compagnia di Gesù Giuseppe II d’Austria nel Granducato di Toscana antiaustriaca del Brabante

173
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

1 I «Lumi»: ragione, felicità, libertà


e tolleranza
Una via laica verso l’«illuminazione» dell’uomo
Guarda il video Per secoli l’Europa cristiana aveva ricevuto la luce dalla Chiesa: «Voi siete la luce
Il Settecento e
del mondo» aveva detto Gesù ai suoi discepoli; ma l’assolutismo aveva introdotto
l’assolutismo e
rispondi alle domande: un altro Sole per orientare la società politica, quello del re: un Sole laico, che pren-
• Quali sono i princìpi deva come riferimento i modelli dell’antichità classica.
dell’Illuminismo?
Rivale della Chiesa, anche se non in rotta di collisione, la monarchia assolu-
• Quale ruolo gioca
la carta stampata ta aveva mosso i primi passi in una direzione profondamente innovativa e ambi-
nella diffusione delle ziosa, presentando la propria luce laica come quella della cultura e della ragione.
idee illuministe?
Lo aveva detto, fra gli altri, lo zar Pietro il Grande ( ▶ cap. 4, par. 4) in un discorso
• Quali sono gli
obiettivi politici del 1714, quando la cultura dell’antica Grecia e dell’Italia aveva da poco raggiunto
e culturali degli anche la Russia: «È venuta la nostra volta, e l’illuminazione ormai non incontrerà
illuministi? ostacoli nella nostra patria».
LESSICO Questa «illuminazione» avrebbe avuto presto un nuovo, grande protagoni-
Opinione pubblica sta, soggetto e oggetto allo stesso tempo: un pubblico informato e attento, con
L’insieme dei modi di le proprie posizioni ragionevoli e universalmente accettate, uno «spirito pubbli-
pensare e dei giudizi
delle persone, che,
co» o un’«opinione pubblica» presa a supporto di ciò che è giusto e legittimo.
nel mondo moderno, Ma poiché l’opinione pubblica non esiste in natura, deve essere costruita con un
condiziona lo Stato e da attento lavoro di informazione e di formazione culturale. D’ora in poi se ne sa-
questo viene controllato.
La sua formazione im-
rebbero incaricati, spesso rivali l’uno dell’altra e ciascuno dal proprio punto di
plica luoghi e strumenti vista, il potere politico e un’élite culturale per la prima volta estranea alla gerar-
di informazione (giornali, chia ecclesiastica.
associazioni, partiti).

L’Encyclopédie e la divulgazione del sapere


Nei decenni centrali del Settecento, la patria dell’opinione pubblica e del pensie-
ro che va sotto il nome di Illuminismo fu Parigi. Ma Napoli e Milano, Edimbur-
go e Londra, Amsterdam, Berlino e Pietroburgo furono altrettanti centri di vitale
elaborazione. Il banco di prova culturale fu un’impresa editoriale parigina che si
proponeva di fornire un dizionario ragionato di tutto il sapere umano, unifica-
to appunto dalla luce della ragione e del metodo scientifico: l’Encyclopédie, che
uscì fra il 1751 e il 1772, superando in definitiva la censura regia, nonostante i
numerosi attriti.
L’Encyclopédie era diretta da un grandissimo filosofo politico, Denis Diderot,
e da un altrettanto grande matematico, Jean-Baptiste d’Alembert, e si servì del-
la collaborazione di un eccezionale gruppo di autori, fra i quali Montesquieu,
Voltaire e Rousseau. Doveva servire non solo a divulgare il sapere, ma addirittu-
ra a migliorare l’umanità modificando il comune modo di pensare della gente. Il
suo scopo era dunque estendere il sapere al di fuori dell’ambito elitario del qua-
le era stato appannaggio fino a quel momento, affinché non fosse più un privi-
legio riservato a pochi.
Nel discorso introduttivo, Diderot descriveva così l’obiettivo dell’opera: «Sco-
po di un’enciclopedia è accogliere le conoscenze sparse sulla faccia della terra,
esporne ai contemporanei il sistema generale, trasmetterle ai posteri [...] affin-
ché i nostri nipoti, diventando più istruiti, diventino nello stesso tempo più vir-
tuosi e più felici».

174
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

L’azione politica dei «Lumi»


A portare avanti queste complesse battaglie, a metà strada tra filosofia e politica, di
libertà intellettuale e di efficacia riformatrice, fu la nuova figura del «philosophe»,
il quale non era uno specialista di questo o quel sapere, ma una specie di «gene-
ralista» del pensiero razionale e del metodo scientifico, in grado di pronunciarsi
con autorevolezza sui rapporti fra l’uomo e la natura, fra il cittadino e la società,
fra chi governa e chi è governato. Un secolo più tardi questi generalisti si sarebbe-
ro chiamati «intellettuali».
In un’Europa ormai sostanzialmente indifferente alle contese religiose, la men-
talità laica dei philosophes introduceva un nuovo principio di valutazione ideale
ed etica della sfera pubblica. Questo principio superiore creava un forte senti-
mento di appartenenza e forniva agli uomini di cultura una bandiera per la qua-
le battersi. Perciò i philosophes furono in un certo senso un partito; anzi, secondo
i loro avversari, una setta, la quale, rivendicando libertà per l’opinione pubblica,
avrebbe delegittimato i propri avversari culturali. Non si trattava naturalmente
di un partito centralizzato o organizzato, considerate, ad esempio, le divergenze
che esistevano nelle teorie politiche elaborate al suo interno (come si vedrà a bre-
ve), eppure i philosophes furono in qualche modo gli inventori di una componente
fondamentale della politica moderna: la passione civile laica che anima la con-
tesa per il governo, non in difesa di interessi di parte ma in nome del progresso e
dell’interesse generale.
Senza l’Illuminismo dei philosophes, gli europei non avrebbero probabilmente mai
preso coscienza di quello che stavano facendo con la tratta degli schiavi ( ▶ cap. 5,
par. 4); non si sarebbero posti il problema dell’universalità dei diritti dell’uomo,
affermata con la Rivoluzione francese ( ▶ cap. 9, par. 3); non avrebbero riscoper-
to la democrazia; non avrebbero trovato l’equilibrio tra libertà e uguaglianza; non
avrebbero immaginato di poter rovesciare la gerarchia della sovranità, fondandola
sul popolo anziché sulla legittimità divina.

Tornitori al lavoro
in un’officina.
Illustrazione
dell’Encyclopédie,
XVIII secolo.

175
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Il «partito» dei Lumi ebbe un rapporto ambivalente con il potere delle monar-
chie assolute. Da una parte le appoggiò nella loro azione riformatrice e razionaliz-
zatrice, fornendo il supporto teorico al dispotismo riformatore, cioè quella politica
di riforme calate dall’alto messa in atto da molti sovrani settecenteschi. Dall’altra
le contrastò sul tema della libertà e dello sviluppo dell’opinione pubblica svolgen-
do un ruolo di opposizione, con un atteggiamento di intransigente difesa della
libertà di pensiero.

La diffusione della stampa periodica


Dal Settecento in poi, accanto alla centralità di luoghi di pubblico dibattito e al
nascere di nuove forme di sociabilità, la sede privilegiata dell’intervento politi-
co-culturale dei philosophes divenne la stampa periodica, settimanale o in alcu-
ni casi già quotidiana, ben presto protagonista della vita pubblica. Diffondere le
notizie, recensire i libri e gli eventi culturali, commentare l’attualità e le opinioni
fu da allora l’oggetto specifico delle riviste e dei giornali di cui l’Europa si riempì.
La stampa periodica aveva avuto qualche precedente, soprattutto anglo-olandese,
nel Seicento, ma fu il Settecento a consacrarla e a trasformarla in una componente
fondamentale della vita culturale. Senza il nesso illuminista tra filosofia, politica,
opinione pubblica e stampa periodica, la costruzione del mondo contemporaneo
risulterebbe incomprensibile.

I Lumi a difesa delle aspirazioni naturali dell’uomo


L’Illuminismo ha propugnato alcuni concetti basilari, profondamente innovativi
nel panorama culturale: la ragione, prima di ogni altro, e poi la felicità, la libertà,
la tolleranza.

GAZZETTE E GIORNALI SCIENTIFICO-LETTERARI IN ITALIA


Giornali
scientifico-letterari
REPUBBLICA IMPERO D’AUSTRIA
DUCATO Gazzette
SAVOIA DI MILANO DI VENEZIA
REGNO Milano Trieste Fino a 5
Esplora i luoghi e DI SARDEGNA Mantova Venezia
REGNO Da 5 a 10
Torino
lavora con le carte DI FRANCIA Parma DUCATO Da 10 a 25
dell’Atlante digitale Genova Modena DI MODENA
interattivo REPUBBLICA Lucca Firenze DALMAZIA Da 25 a 50
DI GENOVA GRANDUCATO
DI TOSCANA Da 50 a 100
DUCATO STATO
DI PARMA, DELLA CHIESA Mar Adriatico
Leggi la carta PIACENZA E Corsica
• Quali furono i GUASTALLA (Genova) Roma
STATO IMPERO
principali centri DEI PRESIDI OTTOMANO
di produzione di Napoli REGNO DI
(Borboni)
giornali scientifico- NAPOLI
letterari e gazzette? Sardegna
(Savoia)
Elencali in ordine
di importanza.
Mar Tirreno
• Quali Stati o
regioni invece non
Mar Ionio
parteciparono alla Sicilia
fioritura giornalistica (Borboni)
di stampo
illuminista?

176
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

F1 L’Illuminismo Nel XVII secolo, la ragione era stata protagonista di una vera e propria rivolu-
secondo Kant, p. 207
zione del pensiero scientifico. La generazione dei Lumi la adottò come criterio
di valutazione universale, al posto delle verità della fede, ormai abbandonate.
La ricerca della felicità diventava lo scopo della vita umana, sia individuale sia
collettiva, da non rinviare a un’ipotetica vita ultraterrena.
La libertà veniva ora concepita come un diritto individuale, non più comunitario:
l’individuo rivendicava per sé la possibilità di manifestare il proprio pensiero e
di essere tutelato personalmente dalle leggi, mentre in precedenza con libertà si
intendevano una serie di privilegi cui si aveva accesso in quanto appartenente a
un certo ordine sociale.
La tolleranza, infine, era considerata come la capacità di accettare, consideran-
dole legittime, le opinioni degli altri. La propria verità non avrebbe più potuto
essere imposta dal potere politico; al contrario, il punto di vista dell’altro poteva
rivelarsi altrettanto valido, comunque un arricchimento. E, in ogni caso, rappre-
sentava un diritto imprescindibile di ciascuno.
Anche nella concezione della legge si apriva un capitolo nuovo. La legge cessa-
va di essere la traduzione in consuetudine della rivelazione divina, destinata a im-
LESSICO
Giusnaturalismo
porsi come volontà superiore ai destini individuali, e si affermava invece come una
Dottrina filosofica e costruzione umana e contrattuale, a tutela dei diritti di ciascuno. Questo capitolo
giuridica che indica della storia del diritto era iniziato anch’esso nel secolo precedente, in Inghilterra
nel diritto naturale il
fondamento legittimo
e in Olanda, e prendeva il nome di «giusnaturalismo». Dunque, anche da questo
di tutte le forme di diritto punto di vista l’Illuminismo era figlio delle innovazioni seicentesche, ma a esse
e di tutte le istituzioni, aggiungeva la combattività culturale, la forza di penetrazione, la capacità di orga-
tipica dell’Età moderna.
nizzarsi per cambiare il mondo.
La legge superiore, di riferimento, era ormai il «codice della natura», anziché
quello divino, che era in grado di imporsi a tutti con la sua indiscutibilità razionale.
La ricerca della felicità, e la libertà della ricerca, apparivano inscritte nella natura
degli uomini, qualunque fosse la loro cultura, o appartenenza, o posizione sociale;
da ciò discendeva il rispetto per la risposta che ciascuno intendeva dare a questa
ricerca. Il partito dei philosophes si caratterizzava così come uno schieramento ag-
guerrito perché capace di parlare un linguaggio più universale, valido per tutti gli
uomini in quanto tali, senza alcun bisogno di adesione personale o di conversione.

I PRINCÌPI DELL’ILLUMINISMO

Ragione Felicità Libertà Tolleranza

• criterio di • scopo della vita • diritto di manifestare • rispetto del diritto


valutazione umana il proprio pensiero di opinione
universale • non riguarda in • diritto di tutela • rifiuto dell’imposizione
• sostituisce le verità modo esclusivo legale personale, non autoritaria del
della fede un ipotetico aldilà comunitaria pensiero

• nuova concezione della legge, non più di natura divina


• natura umana e contrattuale della legge
• legge a tutela dei diritti umani nel rispetto dei quattro princìpi dell’Illuminismo

177
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Illuminismo e pensiero politico


La nascita dell’Illuminismo si riconduce al contesto francese poiché in esso si di-
stinsero autori e opere che costituiscono l’espressione più piena e matura dei suoi
princìpi.
Guarda il video Tuttavia la matrice della cultura illuministica, caratterizzata da circolazione di
Il pensiero illuminista uomini e idee, è di fatto cosmopolita. Basti pensare all’importanza delle vicende
e rispondi alle
politiche inglesi e all’influenza di alcuni filosofi nella gestazione delle riflessioni
domande:
• Che cosa sostiene e delle grandi questioni degli illuministi: le rivoluzioni politiche del Seicento, la
Voltaire? centralità dell’analisi empirica nel pensiero di Isaac Newton (1642-1727), e le te-
• Qual era il pensiero
orie politiche di John Locke (1632-1704), basate su una nuova definizione della
di Montesquieu?
• Quali temi affronta ragione, furono elementi essenziali per lo sviluppo delle varie forme della cultura
Rousseau? illuministica ( ▶ cap. 1, Storia e Filosofia).
La Francia costituì il quadro ideale per la loro fioritura, considerati da un lato
la ricchezza in termini di popolazione e di risorse, la ricca vita di corte e un inten-
so mecenatismo, che ne facevano uno Stato vivace e influente in ambito europeo,
dall’altro lo sviluppo di una forte opposizione alla politica assolutista degli ultimi
sovrani, in particolar modo Luigi XIV.
S1 Illuminismi o Alcuni tra gli scritti più significativi del pensiero illuminista collocavano al cen-
Illuminismo?, p. 209
tro della loro riflessione proprio le società del tempo e i sistemi politici che le go-
vernavano.
LESSICO
Razionalismo
Montesquieu
Dottrina filosofica che Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu (1689-1755), membro del par-
individua nella ragione lamento di Bordeaux, dopo aver criticato con un espediente letterario la società
il fondamento e l’unico
strumento adatto per francese nelle Lettres persanes ( ▶ cap. 3, Un altro sguardo), fece della Costituzione
la comprensione del inglese lo spunto per la sua opera Lo spirito delle leggi (1748), nella quale l’autore of-
mondo e l’acquisizione fre un’analisi storica e sociologica utilizzando le categorie proprie del razionalismo
della verità.
e del giusnaturalismo.
Dopo aver analizzato le diverse forme del diritto civile e dei governi in relazio-
ne alla natura fisica e umana, che insieme compongono lo «spirito generale» di
uno Stato, Montesquieu passa all’analisi delle leggi positive e delle diverse tipolo-
gie dei governi:
F2 Libertà e poteri: la repubblica, nella quale il popolo detiene il potere, completamente (democra-
Montesquieu, p. 208
zia) o in parte (aristocrazia), e che si adatta bene agli Stati di piccole dimensioni;
monarchia e dispotismo, più confacenti a territori medi e grandi, ove il potere è
nelle mani di una sola persona, ma, nel primo caso, è temperato da leggi, mentre
nel secondo dipende soltanto dall’arbitrio del singolo.
Montesquieu individua nei corpi intermedi, ossia nei Parlamenti, i «depositi
delle leggi», che garantiscono che la monarchia non degeneri in dispotismo.
Nel libro XI dello Spirito delle leggi, a partire dall’analisi del contesto politico in-
glese, viene teorizzata la divisione dei poteri, che a sua volta consente un esercizio
moderato dell’autorità, scevro da abusi: per questo i poteri – legislativo (quello di
fare le leggi, proprio del Parlamento), esecutivo (quello di farle eseguire, proprio
del governo), giudiziario (quello di giudicare i reati, appartenente alla magistratu-
ra) – devono essere distinti e limitarsi reciprocamente.
Il pensiero di Montesquieu fu alla base delle rivendicazioni liberali e democra-
tiche che caratterizzeranno i decenni a venire.

178
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

Voltaire
François-Marie Arouet, più noto come Voltaire (1694-1778), a sua volta, nelle
Lettere filosofiche (1734), aveva preso a riferimento il sistema parlamentare ingle-
se per mettere in evidenza come la società francese fosse più arretrata. Voltaire ve-
deva nell’opera del monarca assoluto, ma «illuminato» dalla collaborazione con i
filosofi, il promotore e garante del progresso e del rinnovamento della società. La
maggior parte delle sue opere non fu pubblicata in Francia: egli ebbe un rapporto
conflittuale con il suo Paese e vi fece ritorno soltanto poco prima di morire. Ebbe
però un proficuo dialogo con i sovrani illuminati d’Europa, Federico II di Prussia,
che lo chiamò a Berlino e Caterina II di Russia, che tuttavia si interruppe talvolta
per l’intransigenza di Voltaire, per volontà degli stessi sovrani o per l’opposizione
di alcuni ambienti conservatori delle loro corti.

Rousseau
Il ginevrino Jean-Jacques Rousseau (1712-78), collaboratore dell’Encyclopédie,
si allontanò successivamente dal pensiero illuminista, in particolare per il valore
centrale e positivo che i suoi esponenti attribuivano al progresso. Nel Discorso sul-
le scienze e sulle arti (1750) guardava alla storia come a un percorso di progressiva
decadenza e di degenerazione morale, che correva parallelo alla civilizzazione. Nel
Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini (1754), Rousseau
ipotizza un mitico stato di natura originario, caratterizzato da profonda armonia
tra ambiente ed esseri umani e dall’uguaglianza tra questi ultimi, successivamente
corrotto dall’avvento della proprietà privata.
Il filosofo, tuttavia, non crede che sia necessario tornare a quello stato per co-
struire una società giusta: nel progetto politico delineato nel trattato intitolato
Il contratto sociale (1762) Rousseau immagina una società nella quale venga rista-
bilito il diritto di uguaglianza tra gli esseri umani e la legge sia espressione della
volontà generale. Essa è realizzabile in una forma di associazione che consenta
di recuperare la libertà attraverso un contratto basato sulla sovranità del popolo
intero. In questa istanza è stata letta un’inclinazione verso la democrazia diretta,
ovvero l’esercizio del potere legislativo da parte del popolo senza intermediazione
o rappresentanza. Al progetto politico viene affiancato un progetto pedagogico
individuale, che Rousseau illustra nel coevo l’Emilio o dell’educazione.

Lettura di una
tragedia di Voltaire
nel salotto di
Madame Geoffrin.
Charles Gabriel
Lemonnier, 1755,
Musée national des
châteaux de Malmaison
et de Bois Preau,
Rueil-Malmaison,
Francia.
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

LA STORIA L’idea di tolleranza, inte- ferimento alla «sopportazione», per includere l’idea di
NELLE PAROLE sa come «sopportazione» riconoscimento e rispetto delle diversità.
(il termine deriva dal lati- Nel XVIII secolo, il pensiero illuminista fece proprie
Tolleranza no tolerare, «sopportare») le istanze più avanzate del secolo precedente, sca-
dell’espressione delle idee altrui, si è affermata pri- gliandosi contro il dogmatismo delle religioni e contro
mariamente in ambito religioso, come fondamento ogni forma di intolleranza, per una cultura laica al cen-
della convivenza pacifica delle diverse confessioni. tro della quale si collocava la ragione. Con la nascita
È possibile riscontrare in Età antica e medievale degli degli Stati Uniti ( ▶ cap. 8) e la Rivoluzione francese
sporadici riferimenti teorici alla tolleranza. Tuttavia è nel ( ▶ cap. 9), la libertà di coscienza venne riconosciu-
XVI secolo, con gli scismi interni al mondo cristiano oc- ta e individuata come uno dei diritti fondamentali
cidentale e i conflitti religiosi che lo infiammarono, che dell’essere umano, divenendo un concetto cardine del
si avviò una riflessione più stringente circa il tema della liberalismo ottocentesco e della modernità.
tolleranza. Di fronte all’intransigenza esibita indistin- Sebbene ampiamente acquisita dal punto di vista
tamente nel contesto cattolico e in quelli protestanti, teorico e legislativo, la pratica della tolleranza tornò
umanisti come Erasmo da Rotterdam (1466/69-1536) a scemare tra Ottocento e Novecento, con la diffu-
ritenevano che la fede fosse compatibile con il rispetto sione delle idee razziste che furono alla base dell’im-
delle scelte autonome di ogni individuo. perialismo.
Tra i secoli XVII e XVIII il principio di «tolleranza» andò Oggi il problema della tolleranza investe tanto l’aspet-
acquisendo un significato più ampio, che si estende- to religioso quanto quello del pluralismo culturale
va oltre l’ambito religioso, in direzione della libertà di ed etnico in società divenute sempre più complesse
pensiero, e oltre l’accezione originaria che faceva ri- per la globalizzazione e per le migrazioni.

Gli anti-illuministi e la collaborazione con l’assolutismo


Il mondo contemporaneo ha poi fatto propri i quattro parametri degli illuministi:
la ragione, la ricerca della felicità, la libertà, la tolleranza. E questi princìpi hanno
provocato una frattura profonda con la cultura religiosa europea. Il cristianesimo,
soprattutto quello cattolico, più conservatore del protestantesimo, ha faticato per
due secoli prima di accettare anche solo di discutere questi quattro valori fonda-
mentali, perché cozzavano con il suo insegnamento tradizionale, fondato sul mi-
stero della fede, sull’accettazione della sofferenza, sulla sottomissione alla gerar-
chia e sull’indiscutibilità del messaggio rivelato. Le Chiese cristiane, dunque, fin
dall’inizio aderirono apertamente al campo anti-illuminista. Tuttavia va ricordato
che, all’interno del pensiero illuminista, accanto all’importante componente atea e
razionalista si collocano teorie che non abiurano l’idea della divinità, attribuendo
a essa la forza creatrice di un ordine che soltanto la ragione umana può spiegare.
Non altrettanto chiaramente, invece, si schierò l’assolutismo monarchico. Per la
monarchia assoluta, che aveva intrapreso l’opera di laicizzazione della politica e
di modernizzazione degli apparati statali, l’Illuminismo fu un partner intellettua-
le stimolante, perché sosteneva la razionalità della riforma politica, ma allo stesso
tempo irritante, perché propugnava la libertà dell’opinione pubblica.
I sovrani assoluti adottarono di fatto il principale dei quattro valori più cari alla
cultura dei Lumi: la ragione. Su altri due, la felicità generale e la tolleranza, mani-
festarono interesse misto a perplessità. La ricerca individuale della felicità e l’accet-
tazione dei punti di vista diversi avrebbero introdotto il valore che nessun sovrano
intendeva neppure prendere in considerazione: la libertà.
In ogni caso i governi che si avvalevano dei politici più vicini al sentire illumini-
sta sostennero una vigorosa opera di riforme, che semplificasse e razionalizzasse
il confuso insieme di usanze e privilegi che caratterizzavano gli antichi regimi. Il

180
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

loro obiettivo era migliorare le sorti dei governati, senza coinvolgerli nell’opera di
rinnovamento, anzi escludendoli dal momento della decisione politica.
La politica del riformismo assolutista settecentesco fu dunque contraria alle
esigenze di libertà che una parte delle opposizioni seicentesche, di stampo repub-
blicano, aveva espresso senza produrre, però, innovazione razionale e incremen-
tare la felicità collettiva. Ne erano derivati, invece, un arroccamento nella difesa
delle prerogative aristocratiche, prese a emblema della libertà, e un rafforzamento
delle gerarchie e delle distanze sociali. Tutto il contrario di ciò a cui le monarchie
assolute lavoravano: far vivere meglio i sudditi e renderli uguali di fronte alla leg-
ge, pur senza consultarli.
In realtà, dei sudditi, della loro libertà, i governi non si fidavano. La ragione del
riformismo era considerata dai governi un proprio, esclusivo attributo, perché non
ritenevano che la gente, perseguendo liberamente il proprio vantaggio, potesse co-
operare al benessere collettivo. In un mondo di comunità e di compartimenti sta-
gni, la razionalità della pubblica felicità sembrava una prerogativa della ragione
dei governanti, non di quella dei governati. Su questo terreno si svolse un grande
confronto fra il pensiero riformatore dei sovrani e la cultura dei Lumi; l’assoluti-
smo ne uscì sconfitto culturalmente, prima ancora che le vicende provocate dalla
Rivoluzione francese ne decretassero la fine politica.

parvero i primi editoriali politici, e tra il 1711 e il 1712


CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA
Addison e Steele fondarono «The Spectator», dive-
I primi quotidiani e la stampa nuto presto un riferimento per le pubblicazioni suc-
periodica cessive. In Italia costituì il modello per molti titoli, tra
cui «La Frusta letteraria» (1763) e «Il Caffè» (1764).
Tra Cinquecento e Seicento la diffusione delle no- La stampa francese vide uno straordinario sviluppo
tizie avveniva attraverso avvisi, fogli, gazzette, che alla fine del secolo, con la Rivoluzione: il primo quo-
contenevano informazioni, prevalentemente di carat- tidiano, il «Journal de Paris», venne dato alle stam-
tere politico e militare, spesso sconnesse tra loro. Il pe soltanto nel 1777, ma dal 1789 al 1792 furono
termine «gazzetta», ancora oggi utilizzato per i quoti- pubblicati 1400 diversi giornali politici. In Inghilterra
diani, deriva dai fogli di notizie che circolavano a Ve- e Francia il giornalismo vide una costante, anche se
nezia nel XVI secolo e che costavano una moneta da limitata, presenza femminile, all’interno delle testate
due soldi, una gazeta. periodiche, con qualche esperienza di rivista pubbli-
Le gazzette che circolavano tra i secoli XVII e XVIII cata da donne e rivolta alle donne.
non erano veri e propri giornali politici, ma contribu-
ivano a informare i lettori e a stimolare il dibattito
pubblico. I conflitti della seconda metà del Settecen- Collega e confronta
to, animati dalle battaglie per le libertà o l’indipen- 1. Consulta online una copia del «Journal
denza, favorirono la vicinanza dell’opinione pubblica de Paris» e una copia di un quotidiano
alle vicende della politica nazionale e internazionale. pubblicato di recente; confronta l’organiz-
La stampa periodica si è diffusa con lo Stato di di- zazione e l’impaginazione, mettine in luce
ritto, nel quale si esprimono le libertà individuali (tra le principali differenze e le somiglianze.
cui quella di stampa) in opposizione alle politiche as- 2. Lavorando in gruppi, scegliete alcuni quo-
solutiste, ma essa è stata anche uno strumento della tidiani europei (ad esempio, «Le Monde»,
«Frankfurter Allgemeine Zeitung»,
propaganda politica di Stato.
«El País», «The Guardian»), raccogliete
Nell’Inghilterra del XVIII secolo si assistette a una
informazioni sulla data di fondazione, sulla
fioritura di periodici: il primo quotidiano, «The Daily loro storia, sulla linea editoriale e presenta-
Courant» risale al 1702; nel 1704 lo scrittore Daniel teli alla classe.
Defoe fondò «The Review», un periodico nel quale ap-

181
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

2 Dispotismo illuminato e riforme


La resistenza delle élite al dispotismo illuminato
Il «dispotismo riformatore», o «illuminato», era un ulteriore passo avanti dell’as-
solutismo. Si proponeva di sottrarre potere alle ultime nicchie ancora occupate
dalle aristocrazie e ai patriziati cittadini, per sciogliere d’autorità alcuni nodi irri-
solti: le disparità e le ingiustizie sociali, le inefficienze del sistema governativo, la
cronica scarsità del prelievo fiscale. Di conseguenza venivano rinfocolate le resi-
stenze delle élite e delle comunità, che si sentivano lese, o comunque minacciate,
nei propri privilegi.
L’azione delle monarchie in queste circostanze era ostacolata da quello che po-
tremmo definire il «fronte delle libertà». Va osservato che il termine libertà, usato
al plurale, ha un significato peculiare nel linguaggio dell’epoca: non indica una li-
bertà di agire, di esprimersi, di fare comune a tutti i sudditi, ma un insieme di pre-
rogative particolari, detenute da un certo gruppo sociale e non da altri: i nobili, per
esempio, godevano di certe libertà, che i contadini o i borghesi non possedevano.
Libertà potevano essere forme di esenzione fiscale, diritto di voto o partecipazione
a organi amministrativi, come pure la possibilità di spostarsi da un luogo all’altro
ecc. Le libertà erano diverse da ceto a ceto, da Paese a Paese: erano di fatto dei pri-
vilegi, proprio perché erano possedute solo da alcuni e non da tutti.
C’era un punto che rendeva il programma monarchico – nelle sue intenzioni
razionalizzatore ed egualitario – difficile da condividere pienamente: il fatto che
l’uguaglianza di fronte alla legge aveva, nell’Antico regime, il sapore del dispoti-
smo. «Dispotico» era definito un governo che calpestava le prerogative degli in-
dividui e delle comunità, disponendo arbitrariamente dei destini e delle sostanze
dei propri sudditi. Proprio quello che, agli occhi degli occidentali, aveva fatto per
esempio lo zar Pietro I il Grande, esigendo dalla nobiltà russa il servizio dello Sta-
to e trasformandola in una massa amorfa, sottomessa al governo, quindi priva di
libertà ( ▶ cap. 4, par. 4).
La Russia appariva un caso emblematico di perdita della libertà senza che vi fos-
se, da parte della nobiltà, un effettivo guadagno dal punto di vista della coscienza
civica e dello spirito di servizio a beneficio dello Stato. Ma pure i nobili prussiani si
erano lasciati schiacciare, anche se la mancanza di libertà poteva apparire in par-
te motivata dalla scelta virtuosa della rinuncia volontaria ai privilegi, in nome del
bene comune. Viste dalla parte dei sovrani, naturalmente, le cose avevano tutt’al-
tro aspetto: lo spirito di fazione e la difesa di gretti interessi particolari aveva pre-
so il posto delle libertà che i partiti del Seicento, animati da motivazioni religiose
profonde, avevano difeso.

Gli obiettivi del riformismo illuminato


Il pensiero dei Lumi fu recuperato, in modo parziale, da entrambi gli schiera-
menti politici in contesa: per i loro progetti assolutisti, i sovrani fecero riferimen-
to ai temi del buon governo, della ragione, dell’uguaglianza, della pubblica felicità,
ma esclusero il principio di libertà; le opposizioni nobiliari – che non accettavano
l’idea di uguaglianza sociale – fecero leva invece sull’argomento della libertà, inten-
dendola però nel senso tradizionale di «privilegi di classe». Ci furono philosophes
corteggiati dai monarchi e chiamati a posti di responsabilità (consiglieri, ministri,

182
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

IL DISPOTISMO ILLUMINATO

giustizia equa e umana opposizione di giuristi e magistrati tradizionalisti

ridimensionare il ruolo
Obiettivi opposizione del clero e della Chiesa
istituzionale della Chiesa

fiscalità equilibrata opposizione di nobili e proprietari terrieri

viceré), ma ce ne furono altri clandestini e ribelli, i cui scritti non superavano la


censura, che finivano in carcere, che vivevano in povertà, i cui libri erano venduti
sottobanco negli scantinati di librerie costantemente minacciate dalle incursioni
delle forze dell’ordine.
Gli obiettivi del riformismo illuminato furono principalmente tre: una giusti-
zia equa e umana, una Chiesa ridimensionata e contenuta all’interno del pro-
prio ruolo istituzionale, una fiscalità equilibrata. Coloro che si opponevano alle
idee dei Lumi appartenevano essenzialmente a una delle tre sfere minacciate: i
giuristi e i magistrati tradizionalisti, le Chiese, la nobiltà dei proprietari terrieri.
In Francia queste tre opposizioni impararono a dialogare e costruirono un uni-
co fronte che alla fine fu in grado di favorire, se non di provocare, la rovina della
monarchia ( ▶ cap. 9).
Né in Francia né altrove, però, il riformismo osò fare direttamente appello al so-
stegno dell’opinione pubblica. A questa, invece, seppero talvolta rivolgersi le oppo-
sizioni nobiliari, che riuscirono a presentare come giustizia il mantenimento delle
precedenti disuguaglianze e come libertà in senso illuminista le «libertà» tradi-
zionali – ovvero i loro privilegi di classe – e infine additarono come «dispotismo
orientale» (perché, agli occhi degli europei, proprio dei sistemi politici asiatici) i
tentativi di riforma dei sovrani assoluti. In un’epoca che vedeva diffondersi quella
che noi chiamiamo opinione pubblica, si imparò quindi a presentare il program-
ma politico degli avversari in una versione manipolata, mettendolo opportuna-
mente in cattiva luce.

I diversi esiti dello scontro tra assolutismo e aristocratici


I Paesi in cui il dispotismo illuminato ebbe migliori successi furono quelli in cui le
resistenze aristocratiche furono più deboli, come in Russia e in Prussia, o sconfitte,
come in Svezia, o dove non trovarono istituzioni abbastanza solide per esprimer-
si, come in Austria, o ancora dove gli esperimenti riformatori si fecero in piccoli
laboratori politici, come alcuni degli Stati italiani e tedeschi, nei quali non riuscì a
coalizzarsi una larga opposizione.
LESSICO Nel 1772 avvennero importanti trasformazioni politiche di segno opposto in
Colpo di Stato due Paesi europei di rilievo come la Svezia e la Polonia: due eventi che illustraro-
Cambiamento nell’ordine no appieno, rispettivamente, il punto di vista dei despoti illuminati e quello delle
costituito compiuto in
modo improvviso e con
aristocrazie gelose delle loro consuetudini.
un atto di forza, senza A Stoccolma, appena insediato, il nuovo re Gustavo III (1771-92) promosse un
il consenso delle parti colpo di Stato che ripristinò i poteri della monarchia assoluta. Si chiudeva l’«epo-
sociali.
ca delle libertà» seguita alla morte di Carlo XII (1697-1718): cinquant’anni in cui

183
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

si erano avvantaggiati gli opposti partiti aristocratici presenti nel Riksdag, il Parla-
mento svedese. Gustavo III accusava gli aristocratici parlamentari di essere incon-
cludenti e faziosi e negli anni successivi abolì la venalità delle cariche pubbliche
(ovvero l’assegnazione delle cariche pubbliche fondata sulla compravendita), rese
più umane le procedure giudiziarie, introdusse la libertà di stampa e la tolleranza
religiosa. Egli perseguì dunque un programma riformatore che le resistenze ari-
stocratiche avrebbero intralciato.
A Varsavia, al contrario, l’evoluzione politica riformatrice non poté avvenire. Il
re Stanislao Poniatowski – imposto dai russi dopo la morte di Augusto III – provò
a intaccare il liberum veto e a restringere un poco le «libertà» che paralizzavano la
Dieta polacca ( ▶ cap. 4, par. 3). Immediatamente si formarono opposte «confede-
razioni», appoggiate dalle potenze straniere (Russia, Prussia, Austria), che blocca-
rono il processo riformatore. Allo stesso tempo, quei potenti vicini sottrassero alla
Polonia un quarto del suo territorio e se lo spartirono: un pezzo alla Russia, uno
alla Prussia e uno all’Austria. Tre grandi monarchie dispotiche e riformatrici (a ca-
sa loro), ammirate dagli illuministi, effettuavano a freddo la prima spartizione di
un’arcaica monarchia elettiva, disprezzata dai Lumi perché incapace di riforme e
a cui le stesse monarchie riformatrici avevano precluso il cambiamento. Vent’anni
più tardi, dopo avere imposto alla Polonia di tenersi le sue libertà e la sua debo-
lezza, quelle tre monarchie l’avrebbero addirittura interamente annessa, facendo-
la sparire dalla carta politica con una seconda spartizione tra Russia e Prussia nel
1793, e un’ultima nel 1795 che coinvolse di nuovo anche l’Austria.

Il sovrano Gustavo
III di Svezia ritratto
insieme ai fratelli.
Dipinto di Alexander
Roslin del 1771.
Stoccolma,
Nationalmuseum.

184
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

3 La giustizia
Giustizia frammentata e disumana nell’Antico regime
Nella seconda metà del Settecento, nella maggior parte dei Paesi europei erano an-
cora attivi i tribunali signorili, che sottraevano alla giustizia statale una parte non
irrilevante del potere giudiziario sia per le cause civili sia per le cause penali, che pre-
vedevano pene come la reclusione. In alcune situazioni i signori potevano perfino
condannare a morte. Molti castelli francesi inalberavano ancora la forca, macabro
simbolo del potere aristocratico, e in Sicilia la giustizia penale signorile aveva un peso
rilevantissimo nella vita di una metà del territorio isolano, quello delle «città feudali».
Anche la Chiesa disponeva di suoi tribunali, competenti per i reati nei quali era-
no coinvolti ecclesiastici, cioè aveva un «foro privilegiato». Inoltre, almeno per le
cause civili connesse alle loro attività, molte corporazioni di mestiere erano auto-
nome per la risoluzione dei contenziosi, dato che avevano, a loro volta, un proprio
«foro privilegiato». Sussistevano quindi decine di «fori» diversamente competenti,
spesso in rivalità per l’attribuzione delle cause.
In Italia e nella Penisola iberica esisteva anche un altro potere giudiziario total-
mente autonomo da quello del re, competente per le cause di fede, quindi in grado
di vigilare sulle coscienze. Questa giustizia parallela – in passato potentissima, ma
ancora in grado di far paura – era l’Inquisizione. Non trattava solo i casi di eresia,
che non erano più molti, ma di bestemmia, di pensiero non conformista, di com-
portamenti che turbavano l’ordine spirituale.
Tra i reati più gravi vi era quello di «lesa maestà», che consisteva nell’offesa ar-
recata a Dio o a colui sul quale la volontà divina aveva trasferito il proprio potere,
come un sovrano.
LESSICO La tortura veniva normalmente utilizzata come metodo di interrogatorio: all’im-
Gogna putato si ustionavano le membra con il fuoco, mentre gli si rompevano le articola-
Strumento punitivo zioni sulla ruota o sul cavalletto; oppure lo si sospendeva con i polsi legati dietro la
consistente in un
collare di ferro che si
schiena e lo si lasciava cadere per un tratto, bloccando poi di colpo la corda e pro-
poneva stretto alla gola vocando la slogatura delle spalle. Il tormento e l’umiliazione fisica venivano usa-
dei colpevoli esposti ti anche come strumenti di punizione: tra i più frequenti c’erano i colpi di frusta,
al pubblico.
l’esposizione alla gogna, il marchio a fuoco, o, in Russia, l’amputazione del naso.
La condanna a morte era ampiamente utilizzata. Il suo scopo era non soltanto
quello di sopprimere un elemento pericoloso per la società, ma di infliggere pub-
blicamente un supplizio memorabile, che doveva essere particolarmente crudele
e impressionante per servire da monito e, allo stesso tempo, anticipare le soffe-
renze dell’inferno.
All’illuminista italiano Cesare Beccaria (1738-94) dobbiamo una profonda e in-
novativa riflessione sul carattere inumano delle pratiche usate dalla giustizia del
tempo: nel suo libro Dei delitti e delle pene (1764) criticò l’uso della tortura e della
pena di morte, affermando che le pene dovevano essere più miti e facendo notare
una cosa che oggi sembra ovvia: la capacità di resistere alla tortura nulla aveva a
che fare con l’innocenza dell’imputato, ma solo con la sua forza fisica.
Dunque la giustizia, ancora in pieno Settecento, era largamente ingiusta, per-
ché frammentata fra mille interessi particolari che ne intralciavano un corso libero
e razionale. Era inoltre inumana, perché si serviva normalmente di torture e sup-
plizi crudeli che contrastavano con la ragione e la clemenza.

185
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Le riforme giuridiche sotto l’assolutismo


Le scelte riformatrici dei monarchi illuminati, oltre a costare relativamente poco
ai sovrani, offrirono loro due grandi vantaggi: il primo era di immagine, perché
circondava il sovrano di un’aura di ragionevolezza e tolleranza; il secondo era po-
litico, poiché consentiva di colpire i giudici, i quali, ecclesiastici, signorili o regi che
fossero, erano generalmente molto autonomi, in alcuni Paesi persino proprietari
delle loro cariche, e costituivano l’unico potere dello Stato in grado di opporre re-
sistenza. Per quale motivo?
I magistrati che comminavano torture e squartamenti non erano persone più
feroci della media dei loro contemporanei, ma semplicemente si ritenevano tutori
di un ordine pubblico che non si fondava sul consenso e che doveva, quindi, reg-
gersi sulla «pedagogia del terrore», come aveva teorizzato l’Inquisizione spagno-
la. La loro severità li rendeva temibili e credibili, li rafforzava professionalmente e
politicamente. La clemenza e l’umanità dei sovrani avevano, all’inverso, anche il
senso di indebolire istituzionalmente la magistratura.
In ogni caso, la civiltà giuridica fece degli spettacolari progressi nel Settecento.
L’Inquisizione fu sciolta nella maggior parte degli Stati e le giustizie ecclesiastiche
e signorili subirono ovunque importanti ridimensionamenti. Il primo Paese ad
abolire la tortura fu la Prussia, nel 1740, l’anno dell’avvento al trono del grande
Federico II. Il primo Stato ad abolire la pena di morte fu il Granducato di Tosca-
na, nel 1786. Ai supplizi fu gradatamente sostituita la detenzione e così divenne
normale privare il condannato della libertà, ma non della vita. Ancor meno diven-
ne tollerabile sottoporlo a trattamenti crudeli: se lo si doveva uccidere, si comin-

LE RIFORME GIURIDICHE (1750-94)

Riforme della giustizia REGNO DI REGNO DI SVEZIA


NORVEGIA 1736, 1778 CARELIA
Provvedimenti
di tolleranza religiosa 1779-1781
INGRIA
Soppressione della ESTONIA
servitù della gleba IMPERO
RUSSO
Mare REGNO DI LIVONIA 1775
REGNO del Nord DANIMARCA
D’IRLANDA 1770 Mar Baltico
1748,1778
REGNO
Leggi la carta D’INGHILTERRA REP. DELLE REGNO DI PRUSSIA
• Quali Paesi 1769, 1778 PROVINCE HANNOVER 1771 1794 REGNO
UNITE BRANDEBURGO
portarono avanti sia DI POLONIA
provvedimenti di PAESI SASSONIA 1767
BASSI ASSIA SACRO 1791
tolleranza religiosa
che riforme della LUSSEMBURGO ROMANO BOEMIA
giustizia? REGNO IMPERO 1781 PODOLIA
DI FRANCIA LORENA BAVIERA 1781 REGNO
• In quali Paesi venne Oceano 1787
abolita la servitù 1786 D’UNGHERIA
Atlantico CONF.
SVIZZERA 1791 AUSTRIA 1768, 1787 1781 MOLDAVIA
della gleba?
1781 1785
• Quali Stati non REGNO DI DUC. DI 1781-1783
abbracciarono SARDEGNA MODENA
invece un 1771 VALACCHIA
programma di 1786
GRAND. DI Mar
riforme religiose TOSCANA Nero
né di giustizia?

186
Una prigione in
cui sono raffigurati
anche gli strumenti
di tortura. Illustrazione
del XVIII secolo.

ciò a farlo all’alba, nel cortile di un carcere, al riparo da occhi indiscreti. Ma nella
maggior parte dei casi si previdero pene detentive e si costruirono moderne pri-
gioni, nelle quali i condannati dovevano essere rinchiusi, sorvegliati e resi utili. Si
cominciò a parlare perfino di rieducazione attraverso il lavoro, di una detenzione
che preparasse il reinserimento del condannato nella vita civile.
In tutta Europa al potere giudiziario si cercò di togliere gran parte del suo carattere
temibile e sanguinario, assicurandogli una professionalità rispettabile e autonoma.
Il magistrato d’ora in poi avrebbe formulato i propri giudizi entro i limiti fissati dalla
legge: venivano così annullati i margini di arbitrio di cui si era fino ad allora avval-
so e che ne avevano reso odioso e temibile il ruolo. Veniva inoltre annullata anche la
capacità da parte dei magistrati di porre un limite all’autorità dei sovrani. Si apriva
così, indirettamente, una questione nuova: se i giudici non avevano più la solenne
e terribile autorità di tutelare l’ordine e di difendere la società, chi lo avrebbe fatto?

Si riporta un articolo della legge criminale del


LE FONTI
Granducato di Toscana, emanata da Pietro
Beccaria e le riforme Leopoldo nel 1786, che recepiva il pensiero di
della giustizia Beccaria. Si tratta del primo codice nel quale
venne bandita la pena capitale.

LI. Abbiamo veduto con orrore quanta facilità nella passata


legislazione era decretata la pena di morte per delitti ancor non
gravi, ed avendo considerato che l’oggetto della pena deve essere la
soddisfazione al privato ed al pubblico danno, la correzione del reo,
Leggi in digitale il testo
Londra descritta da figlio anch’esso della società e dello Stato, della di cui emenda non può
Alessandro Verri: mai disperarsi, la sicurezza, nei rei dei più gravi e atroci delitti, che
• La tortura e la non restino in libertà di commetterne altri, e finalmente il pubblico
violenza arbitraria esempio che il governo nella punizione dei delitti, […], è tenuto sempre
a Londra potevano
dirsi abolite nella a valersi dei mezzi più efficaci col minor male possibile al reo, che
Londra descritta tale efficacia, e moderazione insieme si ottiene più che con la pena di
da Verri? morte, con la pena dei lavori pubblici, i quali servono di un esempio
• A quali episodi
continuato, e non di un momentaneo terrore che spesso degenera
si riferisce a
tal proposito in compassione, e tolgono la possibilità di commettere nuovi delitti,
l’illuminista? e non la possibile speranza di veder tornare alla società un cittadino
• Verri esprime un utile e corretto […].
giudizio morale di
condanna su questo (C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, Einaudi,
tema? Torino 1978, pp. 258-300)

187
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

4 Il giurisdizionalismo
LESSICO I limiti alla sovranità dello Stato posti dalla Chiesa
Giurisdizionalismo
È un sistema di politica
L’istituzione che, più di ogni altra, fino a quel momento, aveva avuto il compi-
ecclesiastica nel quale to di sorvegliare e difendere l’ordine sociale era la Chiesa. Proprio nel confronto
lo Stato esercita un con l’autorità della Chiesa le monarchie riformatrici si impegnarono in una delle
certo grado di influenza
e di controllo sugli
battaglie più significative: quella per imporre la politica ecclesiastica nota come
atti della Chiesa e «giurisdizionalismo».
sulle materie che non La Chiesa, infatti, oltre alla direzione spirituale e alla cura delle anime, svolgeva
riguardano i contenuti
della fede.
altre funzioni, in seguito progressivamente assunte dallo Stato. Ad esempio, era
presente in maniera capillare sul territorio ed era la principale macchina culturale
e assistenziale: deteneva infatti la parte essenziale dell’istruzione primaria e se-
condaria e praticamente il monopolio dell’assistenza ai malati e ai poveri. Inoltre
viveva in una specie di simbiosi con il potere politico, poiché era lei a legittimare
la piramide delle autorità e delle gerarchie, dando la sua approvazione a chi dete-
neva il potere civile, ed era sempre lei a poter raggiungere tutti i sudditi, parlando
a ciascuno di essi con costanza e con una frequenza settimanale in occasione della
funzione religiosa domenicale.
I Paesi ortodossi e quelli protestanti avevano risolto da tempo il problema del
rapporto fra potere spirituale e Stato: le Chiese erano state subordinate alla sovra-
nità politica, non avendo autonomia decisionale né giudiziaria.
Nei Paesi cattolici, invece, rimaneva aperta la questione di chi comandasse e
amministrasse, caso per caso, in base a quale legge, con quali magistrature, fa-
cendo riferimento a quale fonte generale della sovranità. Le monarchie assolute
cattoliche in questo campo non erano ancora riuscite a riportare successi decisivi.
Eppure si trattava di un aspetto fondamentale, ormai pienamente messo a fuoco:
quello riguardante la «giurisdizione», ovvero la necessità di stabilire le rispettive
competenze riguardo le leggi da applicare e l’autorità a cui ricorrere.
La questione dell’autonomia istituzionale della Chiesa cattolica era complicata
dal fatto che comportava sempre un’ingerenza straniera, romana, negli affari in-
terni di ciascun Paese. Le Chiese cattoliche nazionali vivevano, insomma, in un re-
gime di doppio riferimento gerarchico: da un lato dovevano obbedienza alla mo-
narchia, dall’altro alla curia papale. D’altra parte, però, lo Stato settecentesco non
intendeva più rinunciare all’ultima parola su tutte le grandi decisioni di interesse
pubblico e faceva della questione della piena sovranità nazionale un punto irri-
nunciabile della propria identità politica.
Ma c’era anche un aspetto fiscale. In cambio delle importantissime e costose
funzioni pubbliche che ancora svolgeva (spirituali, politiche, culturali, formative,
assistenziali), la Chiesa non pagava vere e proprie imposte ma solo donativi con-
cordati sulle sue immense ricchezze. L’alto clero rappresentava la parte più privi-
legiata della società, più dell’aristocrazia, più della magistratura.

La questione giurisdizionalista in Austria: il «giuseppinismo»


Il laboratorio più interessante del conflitto giurisdizionalista fra Stato e Chiesa
fu l’Austria. Già l’imperatrice Maria Teresa (1740-80) cominciò a chiedere al-
la Chiesa la rinuncia ai privilegi fiscali. Nel 1768, di fronte al rifiuto papale, su
consiglio dal ministro Kaunitz, Maria Teresa rispose che avrebbe proceduto alle

188
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

L’imperatore riforme propria auctoritate («di propria autorità», cioè senza consultare la con-
d’Austria Giuseppe troparte). Papa Clemente XIII preferì cedere e accordare quello che avrebbe do-
II riceve papa Pio VI
a Vienna nel 1782. vuto comunque subire.
Incisione dell’epoca. Il successore di Maria Teresa, il figlio Giuseppe II (1780-90), spinse molto più a
fondo lo scontro giurisdizionalista. Con l’intenzione di promuovere la libera attività
produttiva di tutti i sudditi, Giuseppe emanò nel 1781 un editto di tolleranza che
concedeva libertà di opinione religiosa e piena cittadinanza a tutte le minoran-
ze, compresi gli ebrei, a partire dal 1782. Per la prima volta questo accadeva in un
Paese cattolico e per la prima volta in contrasto con la linea ufficiale della Chiesa.
Nasceva il «giuseppinismo», cioè la forma più drastica di giurisdizionalismo che il
Settecento riformatore abbia sperimentato prima della Rivoluzione francese, vale
a dire quel processo per cui lo Stato riassume il controllo della sfera giurisdizio-
nale connessa agli affari religiosi.
Poco tempo dopo l’imperatore soppresse gli ordini religiosi contemplativi,
perché reputati improduttivi e inutilmente costosi. Gli edifici dei monasteri sop-
LESSICO pressi furono trasformati in fabbriche, magazzini e abitazioni; le terre vennero
Ordine contemplativo messe in vendita, per finanziare un «fondo per la religione» che doveva rimette-
Ordine religioso dedito re ordine nelle parrocchie e nelle diocesi. Giuseppe riconosceva alla religione una
esclusivamente alla
preghiera, a differenza di
funzione pubblica di grande rilievo, e appunto per questo intendeva sottoporla
altre congregazioni che a una sorta di controllo di qualità da parte dello Stato. Perfino i seminari diven-
svolgono attività sociali, nero scuole statali, affinché la formazione culturale e ideologica del clero fosse
come la cura dei malati.
sorvegliata e garantita.

189
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Gli effetti del «giuseppinismo»


Le misure intraprese dai regnanti austriaci coinvolsero anche i possedimenti esterni
ai territori imperiali. In Lombardia, sottoposta al diretto controllo di Kaunitz, alla
riduzione dei privilegi ecclesiastici, dei conventi e degli ordini contemplativi e al
controllo dell’istruzione seguirono la limitazione delle prerogative della nobiltà e la
soppressione delle corporazioni. Si trattava di un vasto disegno che aveva come sco-
po la creazione di un’amministrazione centralizzata e l’aumento dei poteri statali.
La perdita del primato assoluto della Chiesa cattolica, però, in alcuni casi pote-
va destabilizzare profondamente l’equilibrio politico e ideale: nel Granducato di
Toscana, Pietro Leopoldo (1765-90), fratello dell’imperatore Giuseppe II, tentò di
realizzare addirittura una riforma ecclesiastica ispirata a princìpi giansenisti, ma
dovette rinunciare per le resistenze del clero romano, di quello locale e a causa di
tumulti popolari.
La situazione si rivelò particolarmente grave nei Paesi Bassi austriaci (l’attua-
le Belgio), la cui identità si era definita, due secoli addietro, attraverso la fedeltà
al cattolicesimo e alla monarchia asburgica nel confronto con i vicini olandesi. La
Chiesa si mise alla testa di una lotta per la «libertà», cioè per la difesa dell’iden-
tità cattolica della provincia. L’assemblea degli stati della provincia del Brabante
sostenne l’opposizione del clero, che divenne quindi la scintilla per la sollevazione
di una questione nazionale, contro l’oppressione austriaca. Nel giugno del 1789
Giuseppe II fece sopprimere il testo costituzionale che garantiva dal XIV secolo l’au-
tonomia della provincia, inviando un contingente di truppe, ma il gesto di forza
di Giuseppe II scatenò a Bruxelles una vera e propria piccola rivoluzione, che vide
un esercito di patrioti belgi sconfiggere le truppe austriache. Il nuovo imperato-
re Leopoldo II (1790-92) riuscì a sottomettere il Belgio, ma abolì, comunque, una
parte delle riforme del suo predecessore. La Rivoluzione del 1789 ebbe a Bruxelles
un sapore conservatore delle «libertà», cioè dei privilegi e delle tradizioni; a Parigi
avrebbe preso tutt’altra strada.

La «patente di tolleranza» promulgata nel 1781 concesse la libertà


LE FONTI
di culto a ortodossi e protestanti, i diritti civili agli ebrei. Fu pub-
La patente di tolleranza blicata nei territori degli Asburgo, compresi Belgio e Lombardia,
di Giuseppe II e incontrò la resistenza della Chiesa di Roma. Se ne riportano al-
cuni articoli.

I. Sarà permesso agli acattolici cioè alli consorti delle confessioni augustana ed elvetica, come pure
a’ Greci non uniti alla Chiesa Romana ne’ luoghi ove essi si trovino in sufficiente numero, ed ove in
proporzione delle loro facoltà sarà praticabile, l’esercizio privato della loro religione da per tutto,
e senza abbadare se in passato tale culto vi sia stato praticato o no.
V. Non saranno essi mai astretti ad altra formola di giuramento, se non a quella che è conforme ai
princìpi della loro religione, né obbligati ad intervenire alle processioni o funzioni della religione
dominante, quando essi medesimi non volessero assistervi.
VI. Nelle elezioni e concessioni di impieghi non vi sarà alcun riguardo alla diversità della religione, ma
come nello stato militare è praticato con tanto frutto, e senza il minimo inconveniente, si prenderà
unicamente in considerazione l’onoratezza, l’abilità e la cristiana morale e condotta de’ concorrenti […].
(in M. Rosa, Politica e religione nel ’700 europeo, Sansoni, Firenze 1974, pp. 108-110)

190
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

5 I giansenisti e i gesuiti
L’appoggio dei giansenisti al giurisdizionalismo
L’imperatore e gli altri monarchi ostili al potere temporale dei papi avevano il de-
bole appoggio di una parte della Chiesa cattolica, alquanto minoritaria e anzi d’op-
posizione: quello che rimaneva del movimento giansenista, che aveva conosciu-
to una stagione di grande sviluppo teologico e culturale nel secolo precedente, in
Francia ( ▶ cap. 2, par. 5). Oltre ai giansenisti aderirono al giurisdizionalismo anche
piccoli settori del mondo cattolico, soprattutto ai livelli più alti della gerarchia ec-
clesiastica, dove più forte era sentito il disagio per la stretta dipendenza da Roma.
I vescovi, generalmente, si mantenevano invece dalla parte della Santa Sede piut-
tosto che delle monarchie, anche se dovevano venire a patti e tenere conto degli
orientamenti politici dei rispettivi Paesi.
Nel Seicento, i giansenisti francesi erano stati combattuti da Luigi XIV perché,
facendo appello alla responsabilità individuale, si erano dimostrati poco propen-
si a sottomettersi alla gerarchia, sia ecclesiastica sia politica. A quell’epoca, però, i
contrasti fra la Chiesa di Roma e le monarchie assolute erano ancora piuttosto limi-
tati. Ora, nella seconda metà del Settecento, l’accordo fra Roma e le grandi monar-
chie cattoliche era assai meno solido; inoltre, della vecchia opposizione gianseni-
sta sopravviveva un atteggiamento favorevole a una forte indipendenza reciproca
fra religione e politica.
Di formazione agostiniana, i giansenisti volevano un cattolicesimo più auste-
ro e leggi più giuste e davano molta importanza alla frase di Gesù: «Il mio regno
non è di questo mondo», traendone la conseguenza che la Chiesa non dovesse in-
terferire nella politica, e viceversa. Gli Stati avevano dunque il diritto e il dovere di
regolare come meglio credevano le cose «di questo mondo», cioè tutto, tranne il
servizio divino. Dunque, il clero giansenista (con qualche raro vescovo ma parecchi
curati) si mostrò in genere abbastanza propenso ad appoggiare i sovrani riforma-
tori; e comunque era contrario alle ingerenze papali.

I gesuiti, i campioni del papato


Del tutto schierata con Roma, e ostile a qualunque politica riformatrice che sottra-
esse risorse alla Chiesa cattolica, era invece la potente Compagnia di Gesù. I ge-
suiti erano stati i rivali storici prima dei protestanti e poi dei giansenisti, dediti da
sempre, per esplicita professione di fede, alla difesa della Santa Sede. Ubbidivano
soltanto al papa e non si sentivano tenuti a nessun tipo di fedeltà nei confronti dei
sovrani: facevano parte di una grande organizzazione sovranazionale e si schierava-
no negli affari politici di ciascun Paese solo a difesa del cattolicesimo romano. Non
erano contrari a un programma illuminato di riforme, ma a ogni velleità di mette-
re in discussione il ruolo sovrano, e gestito da Roma, degli interessi della Chiesa.
I padri gesuiti non costituivano un ordine religioso appartato dal mondo. Al
contrario, erano confessori e consiglieri di sovrani e ministri e, inoltre, detene-
vano quasi il monopolio di una funzione importantissima negli equilibri di potere:
l’educazione superiore delle classi dirigenti. Ricca, potente, colta, organizzata, la
Compagnia di Gesù formava a livello culturale e politico, nei suoi collegi, la grande
maggioranza dei giovani appartenenti alle élite cattoliche europee, educandola a un
cattolicesimo capace di misurarsi con la politica. I gesuiti si presentavano come gli

191
La lotta tra
giansenisti e gesuiti.
Incisione satirica
del 1714.

artefici principali della capacità penetrativa del cattolicesimo: si erano installati al


centro dei meccanismi di potere e esercitavano la loro influenza in una direzione
che in passato aveva favorito le monarchie assolute ma ora, spesso, le ostacolava
proprio in quanto rappresentanti delle istanze romane.

Le espulsioni dei gesuiti e lo scioglimento della Compagnia


In due secoli i gesuiti erano molto cresciuti e si erano rivelati particolarmente ca-
paci di diffondere il cristianesimo tra i popoli extraeuropei. Nell’America spagnola
si erano avvalsi delle reducciones («riduzioni», villaggi in cui gli indios lavoravano
LESSICO
Comunismo
e vivevano in comunità), per evangelizzare, proteggere e governare le popolazioni
In senso ampio, prima indigene. Le reducciones gesuite più importanti si trovavano nel Paraguay, sulla
delle teorizzazioni frontiera con il Brasile, da dove i cacciatori di schiavi portoghesi si spingevano per
del XIX secolo,
si fa riferimento a
razziare la popolazione indigena. Ma nelle reducciones dei gesuiti la popolazione
un’organizzazione che era autorizzata a portare le armi, quindi poteva difendersi con successo. Inoltre
implica la comunione vigeva una specie di comunismo, di lavoro in comune e di gestione collettiva del
dei beni.
prodotto, sotto l’autoritaria e illuminata gestione dei padri gesuiti.
Il Portogallo non riconosceva il sistema delle riduzioni e avanzava rivendicazio-
ni di frontiera fra il territorio brasiliano e i possedimenti coloniali spagnoli; fu il
primo a reagire contro lo «Stato» gesuita del Paraguay. Primo ministro portoghe-
se era, negli anni Cinquanta del Settecento, il marchese di Pombal, esponente tra
i più radicali del Settecento riformatore. Dopo aver colpito i privilegi e sconfitto le
resistenze dei nobili, Pombal si impegnò nel ridimensionamento del potere eccle-
siastico e nel 1759 decretò l’espulsione dei gesuiti da tutti i territori portoghesi.
I gesuiti facevano paura: troppo potenti e influenti, troppo capaci di sottrarsi al
controllo statale e di condizionare settori importanti delle classi dirigenti, portatori
di progetti ostili, forse di veri e propri complotti, di sperimentazioni sociali minac-
ciose. Inoltre i loro beni facevano gola a Stati perennemente indebitati e ansiosi
di gestire in prima persona le risorse da destinare alla formazione, all’assistenza,
all’organizzazione politica. Nel decennio successivo i gesuiti furono espulsi dal-
la Francia, dalla Spagna, dal Regno di Napoli e dal Ducato di Parma, finché papa
Clemente XIV venne indotto a decretare lo scioglimento della Compagnia, nel
1773. Molti padri si rifugiarono in Paesi ortodossi o protestanti, segretamente in-
coraggiati dalla Santa Sede. Nel 1814, passati quarant’anni di bufera riformatrice
e poi rivoluzionaria, la Compagnia sarebbe stata rifondata.

192
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

6 Il deismo, i «risvegli» cristiani,


la massoneria
Un’interpretazione razionalista della realtà
In Inghilterra, in Olanda e in Francia, cioè nei Paesi più sviluppati, fin dal tardo
Seicento le Chiese cristiane attraversavano un periodo di crisi. Erano state lacerate
dalle guerre di religione e avevano dovuto accondiscendere a forme di tolleranza
e di pluralismo che ne avevano minato l’integrità dogmatica. Ora venivano messe
in discussione dal pensiero razionalista, che aveva promosso lo studio scientifico
della natura con lo scopo di indagare razionalmente l’origine del mondo: in que-
sto modo alla religione veniva meno il ruolo secolare di unica fonte di conoscenza
su come fosse stato creato l’universo. Le Chiese delle diverse confessioni cristiane
si trovavano quindi in difficoltà ad accettare gli enormi cambiamenti culturali che
stavano convergendo nell’Illuminismo e perdevano il primato intellettuale di cui
avevano sempre goduto.
In campo cattolico i gesuiti erano i più preparati a recuperare il primato intel-
lettuale, ma a un prezzo: rinunciare a difendere l’intero ordine sociale, a vantaggio
dell’obbedienza soltanto alla Santa Sede. Alcuni gesuiti erano arrivati perfino a te-
orizzare il tirannicidio, cioè il diritto di un popolo oppresso (per ragioni religiose)
di uccidere il proprio sovrano.
Nel Settecento, le classi dirigenti tendevano a seguire correnti di pensiero che
le distaccavano dalla pratica religiosa. Tendevano anche a considerare le diverse
confessioni tutte ugualmente approssimative, magari utili per mantenere la mo-
rale pubblica ma inadeguate allo sviluppo del pensiero moderno.
In più, ripensavano la divinità come qualcosa di estraneo ai contenuti dogmatici
dell’una o dell’altra Chiesa, e la connettevano piuttosto alla natura e alla ragione,
al meraviglioso meccanismo del mondo naturale che la scienza stava esploran-
do. Nel pensiero dei ceti superiori dell’Europa occidentale, Dio stava diventando
il «grande Orologiaio» che aveva ideato e costruito un mondo troppo complesso
e perfetto per essere frutto del caso, ma che, dopo averlo costruito, ne rimaneva
lontano, e poco o nulla sapeva o si curava della sofferenza umana; e ancor meno si
preoccupava di mantenere e garantire l’obbedienza e le gerarchie. Del cristianesi-
mo venivano salvati i precetti morali universali, che sembravano peraltro compa-
tibili con quelli degli altri credo.

Tra deismo delle élite e ripresa della religiosità popolare


I filosofi e gli scienziati del tardo Seicento e del Settecento individuavano nella ra-
gione il fondamento e l’unico strumento adatto per la comprensione del mondo (ra-
zionalismo) e valorizzavano la natura come modello da imitare (naturalismo). La
loro concezione della divinità prendeva il nome di «deismo». Il deismo si fondava
sull’opposizione tra religione naturale, intesa come universale, e religioni storiche,
viste invece come espressioni particolari, nella convinzione che Dio debba essere
concepito solo con gli attributi indicati dalla religione naturale e rigettando tutto
ciò che delle religioni storiche non si accorda con l’uso della ragione.
Nelle accademie che si stavano diffondendo in Europa, da quelle più grandi, di
corte (come la Royal Society a Londra o l’Académie française a Parigi), alle piccole
«società di cultura» e ai «gabinetti di lettura» che fiorivano in provincia, il deismo

193
Quaccheri riuniti in
una chiesa del Nord
America, 1770 circa.

razionalista si imponeva come moda culturale. Ma il deismo non era minimamen-


te in grado di rispondere al bisogno di religiosità delle classi popolari, alle prese
con le profonde trasformazioni sociali, con i drammi dell’urbanizzazione, della
perdita delle protezioni comunitarie tradizionali, oltre che con i tre grandi flagelli
di sempre: la fame, la guerra, la peste (anche se quest’ultima si andava diradando).
Di conseguenza i fenomeni di ripresa della religiosità popolare assunsero nel
mondo protestante, soprattutto inglese, un’insolita ampiezza.
Negli ultimi decenni del Seicento nacque una nuova setta, i quaccheri, che
predicava la fraternità, la «luce interiore» degli uomini di buona volontà, contro
qualunque dogma, contro i culti, la gerarchia, anche contro la guerra, i processi e
LESSICO l’imposizione fiscale. I quaccheri – il cui nome deriva dal verbo inglese to quake,
Metodismo «tremare», perché nei loro raduni cadevano facilmente in preda a convulsioni mi-
Questo movimento deve stiche – fondarono in America una nuova colonia inglese, la Pennsylvania. Qui si
il suo nome all’adesione
a un rigoroso metodo di sforzarono di costruire una società ideale che dotarono di una straordinaria Co-
vita basato su pratiche stituzione, il modello più democratico fra quelli che avrebbero influenzato la na-
devote, come il digiuno scita degli Stati Uniti ( ▶ cap. 8).
bisettimanale e la
comunione settimanale.
Negli anni Trenta del Settecento il «risveglio» protestante fu promosso in In-
Il metodismo era ghilterra, su scala ben maggiore, dalla predicazione di John Wesley (1703-91), che
caratterizzato da un forte diede vita alla Chiesa metodista, di enorme influenza nel mondo anglosassone
impegno pratico-sociale
rivolto a carcerati,
su entrambe le rive dell’Atlantico. La nascente classe operaia inglese fu segnata
ammalati e poveri, e molto profondamente dalla predicazione metodista, fondata sulla certezza della
all’istruzione di giovani salvezza ottenuta attraverso l’adesione emotiva, concepita come testimonianza in-
abbandonati.
teriore dello Spirito.
La Chiesa cattolica dimostrò una migliore tenuta nell’ambito della religiosità
popolare. La Controriforma, infatti, aveva molto investito nel campo della sensi-
bilità, dell’emotività, del misticismo. Eppure anche a Parigi si verificò (negli stes-
si anni del metodismo inglese) un’esplosione di giansenismo popolare, che diede
luogo a fenomeni di misticismo collettivo, come quelli dei quaccheri, e con forti
contenuti di protesta sociale.

La forza innovatrice della massoneria


All’inizio del Settecento nacque a Londra una nuova associazione privata, cioè
non riconosciuta né autorizzata dallo Stato. Si trattava quindi di un’associazione
che non si poneva sulla scena dell’ordine sociale, né aveva una sua collocazione nel
grande teatro dell’ordinamento istituzionale, e per questo fu detta «segreta»: non
perché si nascondesse, ma perché non aveva né chiedeva uno statuto, una «libertà»,
un privilegio. Questa associazione prese il nome di massoneria, termine derivato
dalle associazioni dei muratori (masons) depositari della scienza costruttiva delle

194
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

cattedrali. Un sapere di natura filosofico-costruttiva veniva assunto come ragione


sociale di una associazione privata.
La massoneria attraversò la Manica fin dagli anni Venti e si diffuse nei princi-
pali Paesi europei, soprattutto in Francia. Fece presa su tutti gli ambienti sociali
medio-alti e in particolare fra i militari e i commercianti. La sua forza ideologica
era quella di combinare elementi contrari: razionalismo e occultismo, gerarchia
e uguaglianza. La sua forza politica consisteva nella capacità di interpretare una
grande moda culturale, di incidere sugli ambienti di governo, di reclutare re e mi-
nistri, di tradurre questa influenza in una rete organizzativa.
LESSICO L’ideologia massonica era deista e tollerante, quindi in sintonia con le convin-
Iniziazione
zioni degli intellettuali, ma a queste verità razionaliste si arrivava attraverso un
Percorso di avvicina-
mento alle conoscenze lungo cammino di iniziazione, fatto di rituali misteriosi e solenni, di rivelazioni
più importanti di una che laceravano il velo dell’occulto. Il potere e il prestigio all’interno dell’organiz-
setta religiosa o zazione erano legati al livello di conoscenza della verità e c’erano gradi piuttosto
di un’associazione,
scandito da rituali, rigidi attraverso i quali la gerarchia massonica si articolava. Tuttavia, nella masso-
esami e prove. neria la nascita nobile contava poco e l’avanzamento era condizionato dal talento,
mentre nelle istituzioni pubbliche e religiose contemporanee l’origine familiare di
una persona continuava ad avere un grande peso. La massoneria si articolava in
«logge», associazioni private in cui gli aristocratici e i non privilegiati si mesco-
lavano su una base di parità, per discutere di cultura, di politica, di scienza, di ve-
rità filosofiche; in chiesa e nei luoghi istituzionali si manteneva invece una rigida
separazione tra individui di diversa estrazione sociale.
La massoneria fu dunque uno dei principali luoghi in cui si sperimentò una for-
ma di democrazia laica: praticando non la fraternità di fronte a Dio (dei quaccheri
o del giansenismo popolare), ma l’uguaglianza dei talenti di fronte alla verità della
ragione. La massoneria costituì una rete organizzativa di influenza sul potere, ma
molto meno potente dei gesuiti, perché non faceva capo ad alcun potere istituzio-
nale. Ai suoi avversari parve comunque una centrale occulta, capace di complotta-
re in maniera sovversiva.

La cerimonia di
iniziazione in una
loggia massonica.
Incisione francese
del XVIII secolo.

Leggi l’immagine
• Individua
nell’immagine
l’Apprendista: come
si presenta agli altri
e perché?
• Riconosci
nell’immagine
i simboli della
massoneria.

195
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

7 Le riforme economiche
LESSICO Un prelievo fiscale più equo ed efficiente
Assemblee di stati
Istituzioni che alcuni Il sistema fiscale che le monarchie avevano ereditato dai secoli precedenti era gene-
Paesi europei si erano ralmente fondato sulla «ripartizione». Ogni anno i governi stabilivano l’ammontare
dati per rappresentare del prelievo di cui avevano bisogno a seguito di una lunga e penosa contrattazio-
i vari gruppi sociali. In
genere erano distinte
ne con le assemblee di stati, se c’erano, o comunque con le istituzioni che aveva-
in tre camere: la prima no titolo a parlare a nome dei sudditi. Successivamente i consigli del re ripartiva-
dei nobili, la seconda no questo ammontare fra le province, in ogni provincia fra le varie città e paesi, in
del clero e la terza
che esprimeva la
ogni centro abitato fra i capifamiglia.
parte restante della In ciascuno di questi passaggi la ripartizione veniva decisa dalle rappresentanze
popolazione, ma che delle élite privilegiate, nobili e proprietari terrieri, le quali ovviamente tendevano a
era monopolizzata
dall’élite urbana di ceto
proteggere se stesse e a scaricare più imposte sui poveri. Con un tale sistema, il pre-
aristocratico. lievo fiscale non poteva crescere più di tanto: per aumentarlo in maniera significativa,
i monarchi riformatori dovevano imporre più imposte, oppure adottare un sistema
Catasto
Inventario dei beni più equo, che interessasse anche la proprietà fondiaria, la principale fonte di reddi-
immobili (terreni e to che tuttavia, fino ad allora, era in gran parte più o meno esente dall’imposizione.
fabbricati urbani e
Bisognava dunque abolire il precedente sistema di ripartizione e stabilire la
rurali) redatto a fini sia
giuridici, per accertare «quotità», cioè il principio secondo cui ogni porzione di terreno doveva pagare
la proprietà dei beni una certa quota, su una base uguale per tutti. Ma questo significava sovvertire il
stessi, sia fiscali, come principio stesso del privilegio, e quindi fare una riforma di tipo costituzionale, che
base per l’imposizione
delle tasse. introducesse l’uguaglianza fiscale a danno delle libertà (al plurale, ossia i privile-
gi e le prerogative particolari).
Liberalizzazione
Eliminazione dei vincoli Lo strumento indispensabile per una riforma del genere furono i catasti, cioè la
imposti agli scambi certificazione obiettiva delle proprietà e delle colture, quindi del reddito presumibile.
commerciali e, in gene- L’Italia era stata all’avanguardia nella redazione dei catasti, sin dal Basso Medioevo;
rale, all’attività econo-
mica. La liberalizzazione ma i catasti degli Stati italiani erano ormai antichi, mai aggiornati e redatti in maniera
può riguardare anche i approssimativa. Nella maggior parte degli altri Paesi non esisteva alcun catasto, quin-
prezzi: in tal caso, i prez- di nessuna possibilità di certificare il reddito fondiario. Gli austriaci, ancora una vol-
zi di una merce sono
determinati dai venditori ta, furono più avanti degli altri nella riforma, in particolare nel Ducato di Milano, che
della stessa e non dalle fece da modello. La redazione del «catasto teresiano» – voluto cioè dall’imperatrice
autorità. In caso contra- Maria Teresa d’Austria – risultò particolarmente accurata dal punto di vista tecnico e
rio, quando cioè l’auto-
rità stabilisce il prezzo venne portata avanti malgrado le opposizioni dei nobili, costituendo una base certa
massimo di vendita di un per una tassazione equa. Anche altrove furono avviate importanti opere di accata-
bene, i prezzi si dicono stamento. Nel Regno di Napoli non ci si basò su rilevazioni sul terreno, bensì sull’au-
«calmierati».
tocertificazione dei proprietari: il che era un modo per venire a patti con i privilegi.

Il graduale superamento dell’economia statalista


Nel Settecento in genere i grandi proprietari terrieri vedevano messo in perico-
lo il loro status privilegiato, legato in passato alla protezione della comunità loro
affidata, compito che ormai lo Stato voleva esercitare in modo esclusivo. Quindi i
proprietari, e a maggior ragione se dovevano pagare le imposte come tutti gli altri,
chiedevano come contropartita due innovative «libertà» (da intendersi come pri-
vilegi e non come diritti tradizionali): quella di recintare le terre ( ▶ cap. 3, par. 1),
sottraendole agli antichi usi civici, e quella di vendere il grano a un prezzo non
controllato. La liberalizzazione del prezzo del grano – sostenevano – avrebbe fat-
to lievitare i prezzi e reso conveniente l’investimento agricolo, quindi stimolato la

196
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

produzione, la ricchezza generale del Paese, la base imponibile, cioè passibile di


tassazione, l’incremento demografico.
In altre parole, i nobili non volevano più il calmiere sul grano, che gli Stati adot-
tavano per evitare le ribellioni da parte delle classi più povere, e in tal senso volevano
«liberalizzare» il prezzo del grano, per poterlo vendere in maniera quanto più con-
veniente possibile. Così, nella seconda metà del Settecento, la questione del com-
LESSICO mercio del grano divenne uno dei banchi di prova del riformismo. Da più parti se ne
Statalismo auspicava l’introduzione sul mercato, la sua completa liberalizzazione, anche accet-
Orientamento
economico che tando il rischio che l’aumento dei prezzi provocasse difficoltà per l’ordine pubblico.
attribuisce allo Stato La liberalizzazione del prezzo del grano, quindi del pane, era soltanto il principa-
un ruolo fondamentale le di una serie di provvedimenti che dovevano tendere a sopprimere i vincoli isti-
nell’economia, sia nel
controllo del commercio
tuzionali sull’economia, quindi ad abbandonare lo statalismo, cioè i controlli e le
e della produzione sia autorizzazioni statali tipici del mercantilismo ( ▶ cap. 3, par. 8), per stimolare la cre-
nella fornitura di beni e scita economica. Per esempio si chiedeva di abolire le corporazioni, o comunque di
di servizi, per esempio
tramite l’esistenza di
limitarne le giurisdizioni e il raggio d’influenza, di allentare le maglie del controllo
aziende di Stato o il statale, di lasciare che il mercato, quindi i rapporti capitalistici, si sviluppassero li-
monopolio dello Stato beramente. Si proponeva inoltre di sopprimere i dazi interni e di diminuire in gene-
su alcuni beni.
rale l’importo di quelli che si dovevano pagare alla dogana per il trasporto di merci.

La fisiocrazia contro il mercantilismo


A partire dalla Francia, si sviluppò una nuova corrente di pensiero economico: la
fisiocrazia (il «governo della natura»), un nome che fa riferimento alla preminenza
data alla natura creatrice piuttosto che al commercio (caro alla cultura mercantili-
sta). Secondo i fisiocratici, commerci e manifatture non fanno altro che permette-
re la circolazione o la trasformazione dei beni esistenti, mentre solo l’agricoltura
è in grado di creare nuova ricchezza, quindi di produrre un vantaggio per l’intera
economia e di remunerare proficuamente l’investimento.

Cabreo della Badia


a Coltibuono che
raffigura il podere
di Valescana, in
Toscana, XVIII secolo.

197
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

I fisiocratici erano favorevoli a una tassazione uguale per tutti, fondata sulla pro-
duzione agricola, e naturalmente si schieravano anche per la libertà del commercio
del grano. Secondo loro, lasciare che i capitali affluissero senza intralci all’agricol-
tura era l’unico modo per creare ricchezza vera, nuova, non speculativa. La cultura
economica fisiocratica guardava quindi avanti, si mostrava capace di superare la
pessimistica visione mercantilista di una ricchezza che non cresce, che si può solo
cercare di sottrarre agli altri, accaparrandola con il commercio internazionale so-
stenuto da una politica di potenza.
I grandi proprietari terrieri privilegiati, ecclesiastici e nobili, si battevano per non
perdere le loro esenzioni fiscali, le loro antiche «libertà», ma in più pretendevano,
come visto prima, «libertà» nuove, quella di accaparrarsi terre comuni e quella di
vendere il grano al prezzo più alto possibile. Dunque sul versante fiscale erano con-
servatori, su quello della libertà del mercato innovatori e fisiocratici. Erano, come
chiunque del resto, favorevoli al riformismo se questo assecondava i loro interessi,
contrari se i prezzi che dovevano pagare si rivelavano troppo alti.
Sfortunatamente, però, l’introduzione del mercato, soprattutto per il prezzo del
grano, comportava l’alterazione del delicatissimo equilibrio della sussistenza delle
masse popolari. Gli europei si nutrivano quasi solo di pane, che in tempi normali
rappresentava più della metà della spesa alimentare della stragrande maggioran-
za della popolazione. Perciò un aumento anche lieve del prezzo del pane gettava
la maggioranza delle famiglie nella disperazione. Naturalmente queste situazioni
finivano con il causare problemi d’ordine pubblico, spesso gravissimi e alimentati
dal sospetto, generalmente condiviso, che qualcuno stesse accaparrando il grano
per speculare al rialzo, forse aiutato da complicità politiche.

LA FISIOCRAZIA E IL MERCANTILISMO:
DUE MODELLI ECONOMICI A CONFRONTO

Fisiocrazia Mercantilismo

fonte di ricchezza: fonte di ricchezza:


natura creatrice moneta

preminenza preminenza di
dell’agricoltura industria e commercio

politica di potenza che


attenzione alla sussistenza
sostiene il commercio
delle masse popolari
internazionale

obiettivi: obiettivi:
• tassazione uguale per tutti • evitare la fuoriuscita di
• libero afflusso di capitali all’agricoltura metalli preziosi dal Paese

libero mercato protezionismo

198
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

Le autorità di polizia e i magistrati, responsabili dell’ordine pubblico, erano in ge-


nere contrari alle innovazioni di stampo fisiocratico. Preferivano i controlli isti-
tuzionali sugli approvvigionamenti e i prezzi bloccati, che aiutavano a mantenere
l’ordine. Preferivano il sistema fiscale tradizionale, che dava un gettito cronicamen-
te insufficiente ma certo, a un riformismo che rischiava a breve tempo di gettare
la società nel caos in cambio di una speranza, tutta da dimostrare, di un benefico
influsso futuro della libertà di mercato. E in ogni caso le riforme avrebbero com-
portato un aggravio fiscale per i ceti privilegiati di cui loro, gli ufficiali e i magi-
strati, facevano parte.

I sistemi di tassazione nell’Europa del Settecento


LESSICO In età moderna le spese dello Stato erano destinate a due ambiti ritenuti fonda-
Sistemi di tassazione
mentali: la guerra e la burocrazia. Solo più tardi cominciò ad affermarsi l’idea se-
I sistemi di tassazione
prevedono imposte condo cui lo Stato deve occuparsi anche della sanità, dell’istruzione, delle infra-
«dirette», che gravano strutture. I sistemi di tassazione adottati per sostenere le crescenti spese belliche
sui redditi e sulle e burocratiche furono uno degli aspetti più appariscenti dell’evoluzione degli Stati
proprietà, e «indirette»,
che gravano sui consumi europei nel Settecento.
e sulla produzione, In Inghilterra, già dalla seconda metà del Seicento, era stato abolito l’appalto
come per esempio la delle imposte ed abrogata definitivamente l’esenzione fiscale per la Chiesa. Inol-
tassa sul pane.
tre era stata istituita la land tax (l’imposta fondiaria) ed era stato messo a punto
un efficiente sistema di imposte dirette su quasi tutti i beni di consumo e di dazi
doganali, rendendo in questo modo possibile un afflusso costante di denaro nel-
le casse dello Stato.
In Francia l’entrata più consistente era garantita dalla taille, cioè l’imposta fon-
diaria, appaltata a esattori privati, i fermiers. La capitation era invece una tassa pro
capite che venne spesso richiesta durante le guerre. Fu anche introdotto un gran
numero di imposte indirette sui beni di consumo, come il sale, il tabacco ecc.
Complessivamente il sistema francese era poco efficiente rispetto a quello ingle-
se, anche perché Colbert ( ▶ cap. 2, par. 4) preferì alla crescita del debito pubblico,
normalmente praticata in Inghilterra per raccogliere denaro nei momenti di mag-
giore difficoltà, la vendita delle cariche; questa strategia, però, garantiva sì delle
acquisizioni di liquidità immediate, ma sul lungo periodo i detentori di questi ti-
toli, poiché venivano a godere dell’esenzione fiscale, avrebbero contribuito in mi-
sura molto limitata al bilancio dello Stato. Un provvedimento efficace introdotto
da Colbert fu invece l’eliminazione di tutti i dazi interni al Paese, che consentì una
crescita dei flussi commerciali e una più agevole tassazione degli stessi.
Il sistema rimasto in vigore nell’Impero asburgico fino alle importanti riforme di
Maria Teresa e Giuseppe II fu invece molto più conservatore rispetto a quelli fran-
cese e inglese. Alla metà del Settecento la ricchezza era concentrata nelle mani di
pochi nobili e della Chiesa e il prelievo derivante dalle imposte indirette sui diversi
beni di consumo era molto esiguo, data la povertà estrema della maggioranza del-
la popolazione. Si dovettero attendere le iniziative di Maria Teresa e di Giuseppe II
per un sensibile miglioramento della situazione. Tra le misure più positive per le
casse dello Stato asburgico vi furono l’abolizione dei privilegi fiscali della Chiesa,
l’istituzione dei catasti in Austria, Boemia e Ungheria, lo scioglimento delle cor-
porazioni, l’abolizione degli obblighi feudali e l’imposizione di imposte indirette
equamente distribuite.

199
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

8 Verso la «monarchia amministrativa»


I primi esperimenti di consultazione popolare
Anche le innovazioni più tecniche, come quelle riguardanti la fiscalità e il control-
lo dei prezzi, assumevano negli Stati del Settecento una dimensione costituziona-
le, finivano cioè per investire l’assetto complessivo dei poteri, delle gerarchie, dei
privilegi. Il dispotismo illuminato si trovava così di fronte a una specie di impasse
costituzionale. Da una parte era costretto a combattere e a indebolire le magistra-
ture che ritardavano le riforme, scavalcandole e consultando direttamente il Pae-
se. Dall’altro, però, consultando il Paese si rischiava di mettere in moto un rime-
scolamento delle classi sociali molto pericoloso, cosa che la Rivoluzione francese
avrebbe dimostrato di lì a poco.
Prima del 1789, il tentativo più organico di consultazione in vista di un ripensa-
mento complessivo della legislazione fu attuato dalla zarina Caterina II (1762-96).
Caterina era una stimata sovrana riformatrice, leggeva Voltaire e Beccaria, aveva
Diderot fra i propri consiglieri. Nel 1767 creò una «commissione» per la codifi-
cazione delle leggi, una specie di Parlamento dai poteri legislativi incerti e molto
limitati, abbastanza rappresentativo di tutti i settori della società russa (esclusi i
servi della gleba, che erano però più di metà della popolazione). I deputati di que-
sta commissione, circa cinquecento, discussero per alcuni mesi sui progetti di ri-
forma politico-giudiziaria, senza però arrivare a nessuna conclusione significati-
va. Alla fine furono rimandati a casa, con la motivazione che gli ufficiali dovevano
riprendere servizio nella guerra contro i turchi. Ma se la riforma della legislazione
si rivelò sterile, l’attività di riforma della zarina ottenne risultati significativi nella
riorganizzazione dell’immenso territorio russo, suddiviso in 50 province, a loro
volta divise in distretti, e anche nella forte riduzione dell’influenza della Chiesa
ortodossa, cui vennero sottratte tutte le proprietà.
L’inadeguatezza dei mezzi di riforma di fronte all’immensità dei problemi della
Russia risalta se consideriamo che nulla fu fatto per l’emancipazione dei servi, perché
la zarina non poteva certo pensare di governare contro gli interessi dell’aristocrazia.
Pochi anni dopo, nel 1773-74, scoppiò una vasta sollevazione di servi della gle-
ba, guidata dal capopopolo Emeljan Pugacëv, che s’impadronì addirittura dell’im-
portante città di Kazan e minacciò Mosca.
Pugacëv si spacciava per lo zar Pietro III, deposto nel 1762 da un complotto di
cui aveva fatto parte sua moglie, la futura zarina Caterina II. Pugacëv era un «vec-
chio credente», cioè apparteneva a una setta religiosa che aveva rifiutato le rifor-
me liturgiche della Chiesa ortodossa nonché le sue compromissioni con il lusso e
con il potere. Era anche un cosacco del Don, quindi membro di una comunità poco
integrata nell’Impero, anzi semi-indipendente. La rivolta venne alla fine domata
dall’esercito imperiale, non più impegnato contro i turchi: Pugacëv fu condotto a
Mosca, decapitato e squartato.

L’affermazione della sovranità per volontà popolare


La riforma dei codici, la razionalizzazione della giustizia, il riassetto politico, la
consultazione dei governati, il riequilibrio dei poteri costituivano un nodo che il
riformismo dispotico illuminato non aveva i mezzi costituzionali e politici per scio-
gliere, né in Russia né altrove. I sovrani tentavano di umanizzare e razionalizzare

200
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |

le leggi, sottraendo armi ai magistrati tradizionalisti, i quali però garantivano l’or-


dine pubblico. Al posto dei giudici si facevano avanti philosophes, massoni, prelati
giansenisti, privi di legittimità istituzionale e chiamati a rappresentare una fan-
tomatica opinione pubblica, di cui si presumeva il consenso senza alcuna verifica
e senza chiarezza costituzionale. L’opinione pubblica, laddove cominciava a for-
marsi, era, piuttosto, egemonizzata dai nobili, detentori di privilegi ai quali non
intendevano in nessun modo rinunciare.
Le monarchie progressivamente si risolsero a consultare in qualche modo i
sudditi, o almeno una rappresentanza dei sudditi più abbienti e influenti. Non
importava tanto se costoro venivano eletti o nominati dall’alto, perché comunque
LESSICO
Burocrazia erano abilitati a parlare. Nella seconda metà del secolo, meno timidamente nel pri-
L’insieme dei funzionari mo Ottocento (dopo la bufera rivoluzionaria), le monarchie fecero in qualche caso
di una pubblica anche di più: istituzionalizzarono delle assemblee elettive, a cui affidarono non
amministrazione.
Diffusasi nel XVIII secolo
certo i poteri chiave dello Stato, cioè il legislativo o il controllo dell’esecutivo, ma
e destinata a espandersi perlomeno l’amministrazione locale. Su questa strada cominciarono a immaginare
in seguito, la burocrazia poteri locali che dovevano amministrare, gestire la spesa, rispondere dell’ordine
si struttura come
un insieme gerarchico
pubblico, ma senza che fosse delegata una parte significativa dei poteri dello Stato
di uffici e funzionari e dunque senza fare il passo decisivo: quello di ribaltare i fondamenti della sovra-
retribuiti con denaro nità, che continuava ad essere appannaggio del re esclusivamente per diritto divino.
pubblico.
A metà strada fra la monarchia assoluta, che ignora il consenso, e i regimi co-
stituzionali, che sul consenso si fondano, gli storici identificano una «monarchia
amministrativa», che limitava la volontà del monarca affiancandogli una buro-
crazia impersonale. In un certo modo, l’insieme delle regole e delle prassi buro-
cratiche poteva fare le veci delle garanzie costituzionali e fornire forza alla legge,
assicurando, quanto meno più di prima, la certezza del diritto.
Ripassa con la In Prussia, in Austria, in Francia, in Spagna, nel Regno di Sardegna (il Piemonte),
presentazione l’attività di governo venne affidata in misura crescente a un corpo di funzionari che
Illuminismo e riforme cominciavano a trasformare la politica in una professione, quindi a realizzare un cam-
e costruisci una
mappa in cui metti in
biamento profondo e decisivo sulla via dell’edificazione dello Stato contemporaneo.
relazione: Prima più gradualmente nel mondo anglosassone, poi in maniera violenta e
• dove e quando drammatica con la Rivoluzione francese, si sarebbe verificato il rovesciamento del-
si sviluppa
l’Illuminismo;
la legittimità: il passaggio da un potere legittimo perché voluto da Dio a un potere
• i principali illuministi; legittimo perché fondato sulla volontà della nazione. Ma intanto la decisione poli-
• i valori tica tendeva progressivamente a prendere i contorni di una scelta tecnica, proposta
dell’Illuminismo.
da amministratori competenti e specializzati.

LA «MONARCHIA AMMINISTRATIVA»

• fallimento del progetto di riforma della legislazione di Caterina II


Difficoltà di attuazione delle
• permangono in Russia le enormi disparità tra aristocrazia e servi
politiche riformatrici
della gleba

• istituzionalizzazione delle assemblee elettive limitate


Tentativo di razionalizzare le
all’amministrazione locale
leggi e consultare i sudditi
• «monarchia amministrativa» dotata di una burocrazia impersonale

Prussia, Austria, Francia, • attività di governo affidata ai funzionari


Spagna, Regno di Sardegna • trasformazione della politica in una professione

201
Dalla Storia all’Educazione civica

La pena di morte Guarda il video


dell’intervista
all’autore
di Gustavo Zagrebelsky Approfondisci con
la Costituzione
commentata

Una pratica diffusa nella mazione di tali diritti non si tradus- abolita in modo permanente: Costa
giustizia del XVIII secolo se immediatamente nell’abolizione Rica, San Marino e Venezuela. Nel
della pena di morte: basti pensare 1948 il numero salì a otto e tuttavia
Uno degli aspetti della vita sociale
che anche i rivoluzionari francesi uti- nemmeno nella Dichiarazione uni-
nei quali si sono verificati cambia-
lizzarono ampiamente la ghigliottina versale dei diritti dell’uomo, pro-
menti rilevanti, nel corso del XVIII se-
per eliminare il re e gli avversari po- clamata quello stesso anno, si tro-
colo, è quello dell’amministrazione
litici. Anzi, essa ha continuato a es- va un riferimento specifico alla pena
della giustizia. Le riforme attuate in
sere praticata in molti Paesi nell’Ot- capitale. Alla fine del 1978 i Paesi
Europa da alcuni sovrani, influenzati
tocento e ancora nel Novecento. In che avevano bandito la condanna
dal pensiero illuministico, in partico-
tempi recenti il giudizio di condanna a morte erano appena diciannove.
lare da quello di Cesare Beccaria
Il primo continente nel quale si è re-
( ▶ par. 3), sono state il primo passo della pena di morte si è ulteriormen-
gistrato l’abbandono della pena di
verso l’eliminazione di una pratica fi- te esteso, ma a tutt’oggi, nella so-
morte come strumento di giustizia è
no ad allora consueta e accettata: la cietà contemporanea, è prevista in
l’Europa. Nella Carta dei diritti fon-
pena di morte. Nella seconda metà parecchi sistemi legislativi. damentali dell’Unione Europea,
del Settecento fu messa in discus-
proclamata nel 2000, è stata non
sione la sua efficacia per garanti- La pena di morte nel mondo solo prevista la cancellazione del-
re la giustizia. A loro volta le Rivolu-
contemporaneo la pena capitale, ma anche esclusa
zioni americana e francese alla fine
Il primo governo che abolì la pena ogni eventuale estradizione di citta-
del Settecento, proclamando i diritti
di morte fu quello del Granducato dini negli Stati in cui tale pena sia in
dell’uomo, aprirono la strada all’u-
vigore. I Paesi che aspirano a entra-
manizzazione del diritto penale. di Toscana, nel 1786. All’inizio del
re nell’Unione Europea devono im-
Tuttavia, sebbene sia stato un pas- XX secolo, però, erano solo tre gli
pegnarsi a rinunciare alla pena capi-
so di grande importanza, la procla- Stati in cui la pena di morte era stata
tale. Anche l’Organizzazione delle
Nazioni Unite ha varato nel 2016
una risoluzione a favore dell’aboli-
zione della pena di morte, chieden-
do in alternativa una moratoria («so-
spensione») generale contro questo
tipo di condanna.
Secondo i dati del Rapporto annua-
le sulla pena di morte, redatto da
Amnesty International, l’autorevole
organizzazione internazionale per la
difesa dei diritti umani, la situazione
nel 2020 è questa: 106 Paesi han-
no abolito la pena di morte per
tutti i reati, 8 Paesi la mantengo-
no per reati particolari come quel-
li commessi in tempo di guerra, 28
Paesi conservano la pena di morte
Robert-François Damiens, autore del fallito regicidio di Luigi XV di Francia, ma non la applicano da oltre dieci
davanti ai giudici. Damiens fu l’ultima persona in Francia a essere stata anni e ben 56 Paesi continuano a
condannata a morte per mezzo dello squartamento, nel 1757. comminarla e praticarla. Tra questi
Dibattito in classe:
la pena di morte

Immaginate di essere
degli avvocati che fan-
no parte di un’organizzazione inter-
vi sono alcuni degli Stati più gran- Tale divieto è fondato sul ricono- nazionale che si batte per l’abolizio-
di e importanti del mondo, come gli scimento del valore che ogni indivi- ne della pena di morte; siete ricevuti
USA, l’India, la Cina e il Giappone. duo ha in quanto essere umano: ufficialmente dai rappresentanti
In sostanza, negli ultimi decenni vi è il colpevole di un reato non cessa del governo di uno Stato dove vige
stata una netta diminuzione dei Pa- di essere una persona per il fatto ancora, per discutere la questione e
esi che fanno ricorso a tale metodo di averlo commesso. La pena non convincerli ad avviare un progetto di
di condanna, ma il numero di quanti deve essere dunque uno strumento riforma della giustizia.
lo conservano è ancora molto alto. di ritorsione da parte dello Stato. La Scegliete tre studenti che facciano
sua funzione è proteggere gli inte- da giuria, poi dividete il resto della
ressi collettivi, non ristabilire tra col- classe in due gruppi:
La pena di morte in Italia
pevoli e società una sorta di equili- 1. il gruppo A argomenterà a favore
In Italia, la pena di morte fu abolita brio compensando il male causato a dell’abolizione della pena di
già dal Codice Zanardelli, entrato in essa con il male prodotto dalla pena. morte; il gruppo B invece sosterrà
vigore nel 1889, ma poi ripristinata Inoltre, le pene devono creare le le ragioni dei rappresentanti del
dal regime fascista nel 1926. Ven- condizioni per il reinserimento nella governo, a favore del suo mante-
ne definitivamente cancellata dalla nimento. Per approfondire il tema
vita sociale delle persone cui ven-
Costituzione repubblicana, appro- potete consultare un video sulla
gono comminate. Sempre secondo
vata il 22 dicembre 1947. Dai co- questione accedendo tramite il
l’articolo 27, QR code.
dici militari, invece, ogni riferimento
alla pena di morte è stato eliminato 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
solo nel 1994. «le pene […] devono voce, che in 5 minuti presenterà
alla giuria i risultati del lavoro.
Al dubbio su una sua possibile rein- tendere alla rieducazione Nell’esporre le proprie ragioni, si
troduzione risponde indirettamente del condannato». possono proiettare presentazio-
la stessa Costituzione. L’articolo
ni multimediali che contengano
13 vieta «ogni violenza fisica e mo- immagini, dati e riferimenti a fatti
Chi ha commesso un reato deve
rale sulle persone […] sottoposte di cronaca o alla legislazione sui
porre rimedio al proprio errore. Poi,
a restrizioni di libertà». Chi ha com- diritti umani.
però, deve riacquistare la libertà e
messo un reato deve essere punito 3. Seguirà un dibattito libero di
deve poter condurre il tipo di vita
ma, afferma l’articolo 27: 10 minuti tra le due squadre,
che preferisce, all’ovvia condizione
ciascuna delle quali tenterà di
di non arrecare danno ad altri.
«le pene non possono Nel complesso, gli articoli 13 e 27
confutare gli argomenti dell’altra.
I tre giudici si confronteranno
consistere in trattamenti della Costituzione chiudono la stra-
poi tra loro e decideranno qual è
contrari al senso da a una eventuale riadozione della stato il gruppo più efficace nella
pena di morte nel sistema legisla-
di umanità». comunicazione.
tivo italiano.

203
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

I «Lumi»: ragione, libertà e tolleranza fiscali; il suo successore, Giuseppe II


Nella seconda metà del Settecento si diffuse in Europa emanò nel 1781 un editto di tolleranza
l’Illuminismo, i cui princìpi erano la ragione, la ricerca che concedeva libertà di opinione religiosa e, inoltre,
della felicità, la libertà come diritto fondamentale, la soppresse gli ordini religiosi contemplativi, ritenuti
tolleranza d’opinione e di credo religioso. Si sviluppò inutili e costosi.
l’idea di opinione pubblica, da costruire con informa-
zione e formazione culturale. Al fine di diffondere il I giansenisti e i gesuiti
sapere fuori dalle élite, quindi, Diderot e d’Alembert I giansenisti, poco disposti a sottomettersi all’autorità
diedero alle stampe l’Encyclopédie. regia o della Chiesa di Roma, si dimostrarono aperti
In questo contesto, gli intellettuali illuministi dimo- al giurisdizionalismo e alle politiche riformatrici, re-
strarono una passione civile laica nella loro attività stando ostili alle ingerenze del papa.
politica, supportando a livello teorico da un lato il di- Al contrario, la Compagnia di Gesù era fedele a Roma
spotismo riformatore e osteggiandolo in difesa della e non ai sovrani. Le sue ingerenze politiche portarono
libertà. I maggiori illuministi dell’epoca (Montesquieu, a contrasti insanabili con vari Stati e la Compagnia fu
Voltaire, Rousseau) misero al centro dei loro scritti sciolta da Clemente XIV nel 1773.
proprio il rapporto tra società e sistemi politici che
la governano. Il deismo, i «risvegli» cristiani,
la massoneria
Dispotismo illuminato e riforme Le classi dirigenti si avvicinavano al naturalismo, che
Il dispotismo riformatore agì verso il superamento vedeva la natura come modello da imitare, e al dei-
dei privilegi fiscali, giudiziari e politici di cui godeva smo, che prevedeva l’opposizione tra religione natu-
l’aristocrazia, nell’ottica di ridurre disparità, le ineffi- rale e religioni storiche.
cienze governative, le carenze fiscali. Era necessario Anche la massoneria abbracciava un’ideologia deista.
istituire una giustizia equa e umana, ridimensionare il Prevedeva riti di iniziazione, si organizzava in logge,
ruolo della Chiesa, realizzare una fiscalità equilibrata. predicava l’uguaglianza dei talenti di fronte alla veri-
I successi di queste politiche si videro nei Paesi do- tà della ragione.
ve la nobiltà era indebolita: Russia, Prussia, Austria e
Svezia. In quest’ultimo, Gustavo III attuò un colpo di Le riforme economiche
Stato, ripristinò la monarchia assoluta, ma introdusse I monarchi illuminati, in modo da intaccare i privilegi
la libertà di stampa e la tolleranza religiosa. aristocratici, mirarono a stabilire la «quotità», il prin-
cipio secondo cui ogni porzione di terreno doveva
La giustizia pagare una certa quota, su una base uguale per tutti.
In molti Paesi europei l’amministrazione della giusti- Uno strumento per farlo fu il catasto, un registro che
zia era frammentata, tra tribunali signorili, ecclesia- certificava proprietà e reddito presumibile.
stici, l’Inquisizione. La tortura era usata come forma In questo contesto si diffuse la fisiocrazia, teoria se-
di interrogatorio; l’imputato era messo alla gogna, condo la quale era la natura creatrice a produrre ric-
condannato a morte e giustiziato in pubblico, prati- chezza. I fisiocratici prevedevano una tassazione ugua-
che queste che Cesare Beccaria criticò duramente nel le per tutti e la libertà del commercio del grano, il
Dei delitti e delle pene (1764). che però esponeva a rischi di instabilità economica
Il primo Paese ad abolire la tortura fu la Prussia, nel e sociale.
1740, con Federico II. Il primo ad abolire la pena di
morte fu il Granducato di Toscana, nel 1786. Verso la «monarchia amministrativa»
Un’attività di riforma fu messa in atto in Russia da
Il giurisdizionalismo Caterina II che fallì nella riforma politico-giudiziaria,
Le monarchie riformiste si impegnarono sul fronte del ma riuscì a riorganizzare il territorio russo e a ridurre
rapporto con le Chiese imponendo la politica detta l’influenza della Chiesa ortodossa.
giurisdizionalismo. Nei Paesi cattolici in particolare Alcune aperture vi furono in generale in Europa con
era necessario stabilire la giurisdizione di ciascuna l’istituzione di assemblee elettive, a cui si affidarono
istituzione. In Austria, Maria Teresa riuscì a imporre poteri amministrativi locali, e di un sistema burocra-
al clero e al papa Clemente XIII la rinuncia ai privilegi tico impersonale.

204
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

L’ILLUMINISMO

si basava su permeò l’ influenzò il determinò un

quattro azione ........................ superamento del


princìpi ........................ riformatore ........................ cristiano

• ........................ di a favore di
• ricerca della
........................
• ........................ in quanto intellettuali • razionalismo
diritto fondamentale dotati di una • ........................
• ........................ d’opinione ........................ • ........................
e di credo.
e la che mirava a
e favorì lo sviluppo
dell’idea di produzione
culturale

........................
da formare dei
con l’informazione
e il sapere
maggiori
illuministi • ridurre i ........................ ........................, ........................
anche grazie a dell’epoca e ........................ dei nobili
opere come l’ • istituire una ........................ ........................ e ........................
• ridimensionare il ruolo della ........................
• realizzare una ........................ equilibrata
L’Encyclopédie, a • ........................
cura di ........................ • ........................
e ........................ • ........................
e che si tradusse nei
casi particolari di
il cui obiettivo era

........................ al di
fuori delle élite
Gustavo III, in ........................, in ........................, in
Pietro Leopoldo,
Svezia Austria Austria
nel Granducato
di Toscana

che favorì che impose la che concesse la che abolì la

........................
libertà di stampa riduzione dei
........................
e tolleranza ........................ ........................
(editto
religiosa del clero
di tolleranza)

205
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Spiega che cosa significa opinione pubblica.
b. Chi erano i philosophes?
Date: 1773 • 1772 • 1751 • 1786 • 1764
c. Che cos’è un catasto e quali funzioni ha?
Luoghi: Russia • Prussia • Inghilterra • Austria
d. Che cos’è il giurisdizionalismo?
a. Tra .................. e il .................. , viene pubblicata
l’Encyclopédie a cura di Diderot e d’Alembert.
NESSI E RELAZIONI
b. Nel XVIII secolo, in .................. si assiste ad
fioritura di periodici. 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
c. Nel .................. viene abolita la pena di morte a. Aumenta la circolazione di giornali e della
nel Gran Ducato di Toscana. stampa fra la popolazione.
d. Cesare Beccaria pubblica Dei delitti e delle b. La dieta polacca blocca le riforme del re
pene nel .................. . Stanislao Poniatowski.
e. Il primo Stato ad abolire la tortura fu c. Giuseppe II emana l’editto di tolleranza
la .................. . nel 1781.
f. L’.................. redige il «catasto teresiano». d. Nel Regno di Napoli, i proprietari terrieri
autocertificano i propri possedimenti.
g. In .................. i servi della gleba in rivolta conqui-
stano la città di Kazan. 1. Si concede libertà di opinione religiosa
h. Nel .................. il papa scioglie la Compagnia e piena cittadinanza a tutte le minoranze.
di Gesù. 2. Gli antichi privilegi dei possidenti agrari
non vengono scalfiti.
EVENTI E PROCESSI 3. La Polonia s’indebolisce dal punto di vista
politico e istituzionale.
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
4. Comincia a formarsi un’opinione pubblica.
a. Spiega in che modo cambia il modo d’inten-
dere la giustizia nel corso del Settecento.
b. Quali obiettivi accomunavano i cosiddetti
COMPETENZE
sovrani illuminati? ESPORRE ORALMENTE
c. Quali cause motivarono lo scioglimento 6 Rispondi alle seguenti domande.
della Compagnia di Gesù sancito da a. Quali sono le origini della massoneria?
Clemente XIV? (1 minuto)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. b. Spiega gli aspetti che hanno segnato
a. V F Edimburgo e Pietroburgo furono centri la politica Giuseppe II. (2 minuti)
nevralgici per il pensiero illuminista. c. Dal punto di vista religioso, quali tendenze
b. V F Nel XVIII secolo, l’Inquisizione fu sciolta si affermano nel Settecento? (3 minuti)
in molti Paesi.
SCRIVERE
c. V F La tortura non era considerata nell’Età
moderna un metodo di interrogatorio. VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
d. V F Il re polacco Stanislao Poniatowski
7 Nel nostro ordinamento giuridico, il valore
tentò di limitare i poteri della Dieta.
rieducativo delle pene è un principio unanime-
e. V F Nell’Età moderna, la giustizia era mente accolto; tuttavia le carceri italiane e in
amministrata soltanto dal re. generale il sistema giudiziario non sembrano
f. V F Dopo il suo scioglimento, la Compagnia sempre garantire questa possibilità ai detenuti.
di Gesù non fu mai ristabilita. Sono molti, infatti, i problemi che riguardano le
g. V F La massoneria ha origini svedesi. pene detentive: dall’affollamento alle infiltrazio-
h. V F Il peso delle burocrazie diminuì in molti ni di criminalità organizzata. Dopo aver raccolto
Stati, come Prussia, Austria e Francia. informazioni sulla situazione delle carceri in
Italia oggi, consultando fonti attendibili, scrivi
i. V F Giuseppe II d’Austria fu un sovrano
un articolo di giornale sul tema.
conservatore.

206
Fonti e Storiografia
FONTI L’Illuminismo secondo Kant
F1 Il celebre brano che segue è tratto dal saggio Che cos’è l’Illuminismo? (1784) del
grande filosofo Immanuel Kant (1724-1804). Egli vi tratta due aspetti della mentali-
tà illuministica: la libertà e l’autonomia razionale, e la differenza fra uso privato e uso
pubblico della ragione, con particolare riferimento a chi svolge mansioni intellettuali
o di comando.

L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui


stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro.
Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di in-
telligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intellet-
to senza esser guidati da un altro. Sapere aude! – «Abbi il coraggio di servirti della tua
propria intelligenza!» – è dunque il motto dell’Illuminismo. La pigrizia e la viltà sono le
cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati
dall’eterodirezione 1 […], tuttavia rimangono volentieri minorenni per l’intera vita; e per cui
riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. […] A far sì che la stragrande maggioran-
za degli uomini (e con essi tutto il bel sesso) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità,
oltreché difficile, anche molto pericoloso, provvedono già quei tutori che si sono assunti
con tanta benevolenza l’alta sorveglianza sopra costoro. Dopo averli in un primo tempo
istupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste pa-
cifiche creature osassero muovere un passo fuori del girello da bambini in cui le hanno
imprigionate, in un secondo tempo mostrano ad esse il pericolo che le minaccia qualora
tentassero di camminare da sole. Ora questo pericolo non è poi così grande come loro si
fa credere, poiché a prezzo di qualche caduta essi alla fine imparerebbero a camminare:
ma un esempio di questo genere rende comunque paurosi e di solito distoglie la gente
da ogni ulteriore tentativo. […]
Senonché a questo rischiaramento non occorre altro che la libertà; e precisamente la
più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione
in tutti i campi. Ma da tutte le parti odo gridare: non ragionate! […] Ma quale limitazio-
ne è d’ostacolo all’Illuminismo, e quale non lo è, anzi lo favorisce? Io rispondo: il pubbli-
1 eterodirezione: co uso della propria ragione dev’essere libero in ogni tempo, ed esso solo può attuare il
essere privi di iniziativa rischiaramento fra gli uomini; invece l’uso privato della ragione può assai di frequente
propria e adeguarsi
agli impulsi provenienti subire strette limitazioni senza che il progresso del rischiaramento ne venga particolar-
dall’esterno. mente ostacolato.
(da I. Kant, Che cos’è l’Illuminismo?, a cura di N. Merker, Editori Riuniti,
Roma 2006, pp. 48-55)

COMPRENDERE 1. Che cosa intende Kant con l’espressione «stato di minorità»?


2. Quali sono le cause che rendono l’uomo un perenne «minorenne»?
3. Qual è la più inoffensiva di tutte le libertà?
INTERPRETARE 4. Nel testo si parla di errori: sottolinea gli esempi che avanza Kant sull’argomento
e spiega cosa afferma il filosofo a proposito del valore educativo dell’errore. Sei
d’accordo? Ritieni che, nella tua esperienza, ti sia stato “concesso” di sbagliare?
VALUTARE 5. Kant critica l’educazione dei giovani che tendono ad «essere istupiditi come
fossero animali domestici» fin da piccoli e di questo incolpa soprattutto gli adulti.
Ritieni che il sistema scolastico oggi tenda a rendere autonome le persone, dal
punto di vista intellettuale, e – per utilizzare le parole del filosofo – a «servirsi del
proprio intelletto senza la guida di un altro»? Argomenta la tua risposta e discu-
tine in classe.

207
Fonti e Storiografia

F2 Libertà e poteri: Montesquieu


Nel brano proposto, tratto da Lo spirito delle leggi (1748), Montesquieu delinea un
modello ideale di «governo temperato», contrapposto al «governo assoluto». In que-
sto modello la monarchia si fonda sulla separazione dei poteri e il potere legislativo è
esercitato da due Camere, una rappresentativa della nobiltà, l’altra del popolo.

Esistono, in ogni Stato, tre sorte di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo delle co-
se che dipendono dal diritto delle genti, e il potere esecutivo di quelle che dipendono dal
diritto civile.
In base al primo di questi poteri, il principe o il magistrato fa delle leggi per sempre o
per qualche tempo, e corregge o abroga quelle esistenti. In base al secondo, fa la pace o la
Leggi in digitale il guerra, invia o riceve delle ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In ba-
testo Il contratto
sociale di Rousseau se al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati. Quest’ultimo potere sarà chiamato il
e, dopo aver letto il potere giudiziario, e l’altro, semplicemente, potere esecutivo dello Stato.
brano di Montesquieu La libertà politica, in un cittadino, consiste in quella tranquillità di spirito che proviene
qui proposto, scrivi dalla convinzione, che ciascuno ha, della propria sicurezza; e, perché questa libertà esista,
un testo in cui metti a
confronto le strategie
bisogna che il governo sia organizzato in modo da impedire che un cittadino possa teme-
attraverso le quali re un altro cittadino.
lo Stato – secondo Quando nella stessa persona o nello stesso corpo di magistratura il potere legislativo è
i due filosofi – può unito al potere esecutivo, non vi è libertà, perché si può temere che lo stesso monarca o lo
garantire la sicurezza.
stesso senato facciano leggi tiranniche per attuarle tirannicamente.
Non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello
esecutivo. Se esso fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei citta-
dini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore. Se fosse unito
con il potere esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore.
Tutto sarebbe perduto se la stessa persona, o lo stesso corpo di grandi, o di nobili, o di
popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le pubbliche
risoluzioni, e quello di giudicare i delitti o le liti dei privati.
Nella maggior parte dei regni d’Europa il governo è moderato, perché il principe, che de-
tiene i primi due poteri, lascia ai suoi sudditi l’esercizio del terzo. Presso i Turchi, ove que-
sti tre poteri sono riuniti nella persona del Sultano, vi regna un terribile dispotismo. […]
Poiché in uno Stato libero ogni uomo, che si suppone possieda uno spirito libero, deve
guidarsi da sé, bisognerebbe che il corpo del popolo avesse direttamente il potere legisla-
tivo; ma poiché ciò è impossibile nei grandi Stati, ed è soggetto a molti inconvenienti nei
piccoli, bisogna che il popolo faccia per mezzo dei suoi rappresentanti tutto ciò che non
può compiere direttamente.
(da C.-L. de Montesquieu, Lo spirito delle leggi, a cura di S. Cotta,
UTET, Torino 1996, vol. I, pp. 275-292)

COMPRENDERE 1. In che cosa consiste il potere esecutivo secondo il filosofo?


2. Perché la consapevolezza di vivere al sicuro è fondamentale per Montesquieu?
3. Quale rischio si corre in un sistema in cui potere giudiziario e legislativo sono
uniti?
INTERPRETARE 4. Dal testo, si evince che la libertà si esprime al meglio nei regimi repubblicani
o in quelli monarchici? Rispondi mettendone in luce le argomentazioni
di Montesquieu.
VALUTARE 5. Lavorando in gruppo, cerca una definizione di potere esecutivo con riferimento
all’ordinamento della Repubblica italiana e confrontala con quella che fornisce
Montesquieu. Individua le principali differenze e gli aspetti in comune.

208
L’Illuminismo e l’età delle riforme 6

STORIOGRAFIA Illuminismi o Illuminismo?


S1 Rolando Minuti
Lo storico Rolando Minuti considera la complessità della riflessione storiografica sull’Il-
luminismo, per riportare l’attenzione sui comuni tratti identitari dell’«età dell’Illuminismo».

GLI SNODI Dare una definizione dell’Illuminismo è complesso.


DEL TESTO Resta centrale per gli illuministi la coscienza della propria funzione civile.
Le idee devono avere un impatto nella società.

Che cos’è l’Illuminismo? A questo interrogativo, che si pose alla riflessione del XVIII seco-
lo […] è paradossalmente ancora più difficile dare oggi una risposta unitaria, che esprima
[…] tutta la complessità di valori, di tensioni e di idee che all’interno di questa nozione […]
risultano compresi.
Il carattere paradossale di questa constatazione deriva innanzitutto da un approfondi-
mento delle conoscenze sulla cultura della cosiddetta «età dell’Illuminismo» che […] è an-
dato sviluppandosi in maniera forte e articolata, investendo non solo i protagonisti cano-
nici della cultura dei Lumi, ma estendendosi in modo particolarmente rilevante su figure e
aspetti laterali o apparentemente “minori”, e soprattutto legandosi a prospettive metodo-
logiche innovative e tuttora in evoluzione […].
Tutto questo ha […] arricchito in maniera sostanziale il livello di conoscenze sull’intera
cultura del Settecento europeo, ma, appunto, ha reso […] ancora più arduo indicare con sicu-
rezza quell’identità omogenea […] che la nozione di “Illuminismo” dovrebbe esprimere […].
Tenere conto della indiscutibile maggiore complessità che assume oggi il problema “Il-
luminismo” non deve peraltro comportare la rinuncia a cercare gli elementi che concorro-
no a una definizione della sua identità storica, […] portando a un irrigidimento della pur
importante rilevazione delle specificità degli ambiti nazionali per giungere alla definizione
di contesti separati e autonomi, o infine proiettandone il significato su un piano di valori
assoluti ed eterni, individuabili in ogni epoca e in ogni momento […].
Di fatto, “Illuminismo” non è solo un concetto storiografico, utile, finché ne sia percepita
la necessità e l’efficacia, per spiegare e collegare tra loro processi ed eventi; […]. Fu anche,
e soprattutto, una realtà concreta, di cui i protagonisti ebbero chiara coscienza, e che in
quanto tale deve essere assunta come problema storico […]. Gli illuministi sono stati una
realtà storica concreta e cosciente del proprio ruolo, una comunità intellettuale che condi-
videva […] la consapevolezza di un’appartenenza comune, che proprio nel riconoscimen-
to delle differenze e nella centralità dello scambio e del dibattito libero trovava un deno-
minatore comune essenziale; una comunità che nel ruolo dell’intellettuale […] trovava un
elemento di coesione forte, che superava le controversie, le appartenenze o le convinzioni
profonde, religiose soprattutto, e consentiva di condividere un metodo di riflessione e di
azione, e un’idea di umanità.
Ineliminabile dalla nozione di Illuminismo […] resta pertanto la coscienza della funzio-
ne civile dell’intellettuale, del suo potere e della sua responsabilità. L’incontro tra Illumi-
nismo e istanze di riforma […] trova in questa coscienza una spiegazione fondamentale.
[…], l’identità dell’Illuminismo trova nell’idea stessa di “riforma”, nella volontà di rendere
le idee strumento incisivo per mutamenti reali nella società, la sua espressione peculiare.
(da R. Minuti, L’Illuminismo, in Storia d’Europa e del Mediterraneo,
dir. A. Barbero, Salerno Editrice, Roma 2011, sez. V, vol. XI, pp. 789-791)

COMPRENDERE 1. Perché è difficile definire l’Illuminismo?


IL TESTO
2. Quale ruolo deve avere l’intellettuale illuminista nella società?
3. Perché l’idea di riforma è un elemento essenziale della cultura illuminista?

209
7 La Rivoluzione
industriale inglese
La Gran Bretagna verso l’industrializzazione
A partire dalla seconda metà del XVII secolo, l’invenzione della macchina a vapore e i pro-
gressi tecnologici, l’incremento demografico e la disponibilità di carbone, nonché una
relativa stabilità politica, permisero alla Gran Bretagna di diventare il primo “laborato-
Esplora l’immagine rio” della Rivoluzione industriale: attorno alle fabbriche sorsero anche nuovi agglome-
interattiva rati urbani, per accogliere chi, attirato dalla disponibilità di lavoro, decideva di abbando-
nare la vita contadina.

Il sistema di fabbrica
La diffusione del sistema di fabbrica cambiò radicalmente le abitudini di vita di migliaia
Due locomotive di lavoratori: impose una rigida disciplina, spesso garantita da sistemi di sorveglianza,
a vapore davanti e orari di lavoro molto lunghi, strettamente vincolati al funzionamento dei macchinari;
a un’acciaieria di questi permisero di velocizzare e aumentare la produzione a costi ridotti: i salari degli
Sheffield. Litografia di
John Rutherford, prima operai erano, infatti, bassi e ancor di più lo erano quelli di donne e bambini, costretti ad
metà del XIX secolo. un terribile sfruttamento.

1707 1714 1733 1779


Viene promulgato Giorgio I sale al trono John Kay brevetta Brevetto di un nuovo filatoio
l’Atto di Unione in Gran Bretagna la «spoletta volante» meccanico in Inghilterra
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
1. Il termine industrializzazione deriva dal
IN DIGITALE
latino industria, che significa operosità e ha
un’accezione positiva. LEZIONE
• Trova altri cinque derivati da questa parola GUARDA il video Il Settecento e le rivoluzioni
e scrivi una frase per ciascuno. 1. «Whigs» e «tories» ▶ p. 212
• Spiega il significato di questi termini in diversi 2. Il sistema politico inglese ▶ p. 215
contesti. 3. Le premesse dell’industrializzazione ▶ p. 218
4. Il cotone e il carbone ▶ p. 223
2. La litografia di John Rutherford evidenzia
5. La fabbrica e la formazione della classe
il contrasto fra due mondi: quello rurale,
operaia ▶ p. 226
in primo piano, e quello industriale, che si
6. La politica liberista in Inghilterra ▶ p. 232
delinea sullo sfondo; fra i due, corrono i binari
della ferrovia che sembrano segnare una linea ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
di demarcazione più simbolica che reale, dell’Atlante digitale interattivo
fra un passato contadino e un presente RIASSUMI i concetti-chiave con la
invece industriale. In realtà, le manifatture presentazione La Rivoluzione industriale
non soppiantarono naturalmente le attività in Inghilterra:
agricole, che continuarono ad occupare – i fattori che favorirono lo sviluppo industriale;
la maggioranza della popolazione per molto – i limiti dell’industrializzazione;
tempo, in Inghilterra come nel resto d’Europa. – le dure condizioni dei lavoratori.
• Descrivi quali attività rappresentano
l’industrializzazione e quali il lavoro contadino. RIPASSA
• Dove sono collocati perlopiù i soggetti umani? Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 236, p. 237

• Che cosa suggerisce questa scelta? In digitale trovi l’audio della sintesi
e la mappa personalizzabile
3. Nel corso Novecento, in Italia, il numero
degli occupati nel settore agricolo si è ridotto APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
drasticamente, a causa di molti fattori tra Nel lungo periodo di Adriano Prosperi:
i quali l’industrializzazione e la meccanizzazione; Paesaggio agrario e paesaggio industriale
lavorando in gruppi, scegliete una regione
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 230
italiana e, aiutandovi con le statistiche ufficiali
dell’ISTAT, mettete in evidenza il numero EDUCAZIONE CIVICA
di occupati nel settore agricolo, il tipo di Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
coltivazioni prevalenti e i sistemi produttivi Rivoluzione industriale e inquinamento
utilizzati. Infine, mettete a confronto i dati e partecipa al dibattito
regionali, concentrandovi sulle differenze,
e discutetene in classe. GUARDA il video dell’intervista all’autore
▶ p. 234

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1781 1783 1795


James Watt brevetta Giorgio III affida il governo Viene introdotto il «sistema
la macchina a vapore a William Pitt «il Giovane» di Speenhamland» in Inghilterra

211
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

1 «Whigs» e «tories»
Il Parlamento: un organo legislativo e di controllo
Nel Settecento l’Inghilterra era uno dei pochi Paesi europei ad aver mantenuto
Guarda il video la propria assemblea di stati. Queste ultime infatti, in quanto baluardi dei privile-
Il Settecento e le
gi dei ceti che vi erano rappresentati, avevano perso importanza con l’affermarsi
rivoluzioni e rispondi
alle domande: dell’assolutismo. In Inghilterra il Parlamento bicamerale era costituito dalla Ca-
• Dove si diffonde mera dei Lord (la Camera alta), ereditaria e di nomina regia, che tutelava gli in-
l’industrializzazione?
teressi della grande aristocrazia e del clero, e dalla Camera dei Comuni, elettiva,
• Cosa comporta
la meccanizzazione che rappresentava le diverse classi produttive del Paese. Il sistema elettorale non
del lavoro? era lo stesso in tutto il Paese, ma variava in relazione alle contee: in alcuni collegi
• Che cos’è la
elettorali il suffragio, seppur censitario, era piuttosto esteso, in altri era legato al-
divisione del lavoro?
la grande proprietà immobiliare, e non sempre il numero dei deputati era propor-
zionale alla densità abitativa.
LESSICO Dopo le tempestose vicende della rivoluzione, il Parlamento aveva rafforza-
Suffragio censitario to il proprio ruolo. Ormai non svolgeva più soltanto l’antica funzione di avallare
Con il suffragio
censitario ha diritto
le imposte e di discutere con il re gli indirizzi generali della politica, ma aveva il
al voto solo la parte monopolio del potere legislativo: era sovrano, a pari dignità con il monarca. Il
della popolazione Bill of Rights ( ▶ cap. 1, par. 6), infatti, oltre a togliere al re la facoltà di sospendere
che possiede un certo
reddito.
le leggi in vigore, gli imponeva di convocare l’assemblea con regolarità e di non
intromettersi nelle sue deliberazioni. Al monarca rimaneva, tuttavia, il diritto di
Diritto di veto
Diritto di un organo veto sulle leggi emanate dal Parlamento – veto peraltro raramente utilizzato –,
di governo di bloccare mentre la direzione della politica estera era di fatto concordata dai suoi ministri
le decisioni prese da con le due Camere.
un altro.
Il Parlamento era rinnovato con libere elezioni ogni tre anni, aveva il potere di
approvare il bilancio dello Stato e poteva chiedere conto ai ministri del re del loro
operato. Quella inglese si configurava quasi come una diarchia, cioè una monar-
chia a due teste, quella del re e quella del Parlamento, e proprio per tenere unita la
sorgente del potere si usava la definizione «re-in-Parlamento».
In Inghilterra, alla Gloriosa rivoluzione del 1668-69 ( ▶ cap. 1, par. 6) seguì un
periodo di distensione, in cui fautori e oppositori della rivoluzione provarono a ri-
conciliarsi. Fu proprio il Parlamento il luogo in cui avvenne il confronto tra le op-
poste fazioni. Inoltre, esso divenne l’istituzione principale per mantenere l’equi-
librio politico nel Paese, poiché spettava ai parlamentari riconoscere al sovrano il
diritto di governare e controllare poi l’operato del potere esecutivo.
Due nomi, whigs e tories, designarono i partiti contrapposti. Dal punto di vista
tory, soltanto il re, legittimo depositario della sovranità, rappresentava l’unità del
Paese al di sopra delle parti politiche e poteva preservarlo dalla tragedia della ri-
bellione e della guerra civile. I sudditi gli dovevano obbedienza e il Parlamento esi-
steva per permettere ai rappresentanti eletti dal popolo di dialogare con il sovrano,
ma non di governare al suo posto.
Secondo il punto di vista whig, invece, il monarca poteva regnare soltanto a
partire da un contratto stipulato con i sudditi, i quali erano dunque depositari
di un potere sovrano al pari del re e concorrevano pienamente alla realizzazio-
ne dell’equilibrio e della pace fra le parti. Il Parlamento rappresentava il luogo in
cui questo contratto fra il sovrano e i sudditi veniva negoziato, garantito e fatto
rispettare.

212
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

Per i tories il Parlamento era dunque uno spazio di mediazione dei contrasti, ma
il centro del potere sovrano rimaneva il re; per i whigs, invece, il re stava a capo del-
la nazione, il cui centro era però il Parlamento.

Whigs e tories dopo la Gloriosa rivoluzione


Nella dialettica fra tories e whigs riemergeva il secolare dibattito europeo fra il punto
di vista monarchico e quello repubblicano. Dal punto di vista monarchico, l’unica
figura istituzionale in grado di governare e riformare un Paese era un sovrano che
esercitasse il proprio ruolo dinastico per diritto divino. Dal punto di vista repub-
blicano, invece, le varie componenti di una società potevano vivere pienamente in
armonia solo attraverso istituzioni rappresentative (come il Parlamento), in cui le
diverse parti potessero confrontarsi tra loro ed eleggere le figure con responsabi-
lità di governo.
In Inghilterra la rivoluzione aveva complicato questa contrapposizione ideolo-
gica. Prima della Gloriosa rivoluzione, i tories erano naturalmente il partito della
corte, mentre i loro avversari whigs erano il partito dell’aristocrazia provinciale, per
questo forti alla Camera dei Comuni.
Con l’avvento al trono di Guglielmo d’Orange, nel 1689, tutto cambiò e si verificò
quasi un’inversione dei ruoli: intorno alla nuova casa reale si affollarono i vincitori
whigs, che erano ideologicamente piuttosto lontani dalla vita di corte, ma che dalla
nuova situazione politica furono spinti ad assumere gli stili, le regole e la menta-
lità tory. Viceversa, i tories impararono a recarsi fra la gente e a interpretarne i ri-
sentimenti contro il nuovo monarca, assumendo un punto di vista d’opposizione.
La maggioranza degli insoddisfatti per il nuovo corso iniziato con Guglielmo, cioè
i gentiluomini di campagna e il basso clero anglicano – non i vescovi nominati dal
governo, e quindi whig –, divenne tory.
Il panorama politico britannico, pertanto, si confuse e si arricchì. Il grande par-
tito whig divenne il punto d’incontro di interessi diversi, talvolta innovatori e tal-
volta conservatori. I tories, relegati in un ruolo di opposizione, ritenevano che non
i partiti corrotti ma solo il re, un «re patriota», al di sopra delle parti, potesse rap-
presentare gli interessi del Paese.

TORIES E WHIGS

• monarchici
tories • il centro della sovranità è il re
• fedeli alla Chiesa anglicana
Fino alla
Gloriosa rivoluzione
• repubblicani
whigs • il centro della sovranità è il Parlamento
• libertà di culto per i protestanti dissidenti

• ruolo di opposizione
tories
• si avvicinano all’aristocrazia di provincia
Dopo la
Gloriosa rivoluzione
• ruolo conservatore
whigs • si avvicinano alla corte e al re

213
Una seduta della
Camera dei Comuni
alla presenza di Re
Giorgio II, XVIII secolo.

Dagli Stuart agli Hannover


Dopo la Gloriosa rivoluzione la successione al trono di Inghilterra apparve com-
plicata: Guglielmo d’Orange non aveva eredi diretti e quindi vennero chiamati al
trono principi non inglesi ma protestanti, che vantavano tenui legami di paren-
tela con la dinastia degli Stuart.
Giacomo Francesco Edoardo Stuart (1688-1766), figlio di Giacomo II ( ▶ cap. 1,
par. 6) – quindi potenziale erede – e in esilio a Parigi, venne rifiutato dai whigs in
quanto cattolico, ma riconosciuto come legittimo re d’Inghilterra dai francesi. Nel
1715 tentò senza successo uno sbarco in Scozia, appoggiato dai suoi sostenitori,
i tories oltranzisti, detti giacobiti. Altrettanto fallimentare fu l’analogo tentativo
compiuto dal figlio Carlo Edoardo nel 1745. Le cospirazioni giacobite screditaro-
no i tories, mentre i whigs, guidati per un ventennio (1721-42) dal primo ministro
Robert Walpole, diventarono gli arbitri incontrastati del nuovo regime. Si propose-
ro come i rappresentanti delle clientele aristocratiche e degli interessi mercantili,
in un clima di corruzione che fece raffreddare gli entusiasmi filobritannici dell’Il-
luminismo europeo e che rilanciò per contrasto l’altro grande modello di governo
settecentesco: il dispotismo riformatore.
Alla morte di Guglielmo d’Orange, nel 1702, gli succedette la cognata Anna, la
quale finì per governare con i tories, dopo la loro vittoria alle elezioni generali del
1710. La regina Anna ebbe diciassette figli che però morirono tutti in giovanissi-
ma età (cosa allora non infrequente all’epoca, neppure negli ambienti privilegia-
ti). Sotto il suo regno fu promulgato l’Atto di Unione (1707), con il quale si sancì
l’unificazione dei Regni di Inghilterra e di Scozia e si assicurò agli scozzesi una
loro rappresentanza nel Parlamento di Londra.
Alla morte di Anna, nel 1714, il Parlamento decise – secondo quanto già previsto
dall’Act of Settlement – che la corona non andasse al cattolico Giacomo Francesco
Edoardo ma a un principe protestante tedesco, Giorgio I (1714-27), elettore di
Hannover e marito di una nipote di Giacomo II. L’Act of Settlement del 1701 sta-
biliva i diritti alla successione al trono di Inghilterra e Irlanda, al fine di garantire
una linea ereditaria protestante. Quando Giorgio I giunse in Inghilterra aveva più
di cinquant’anni e non conosceva la lingua inglese; anche il figlio, Giorgio II (1727-
60), rimase sostanzialmente un principe tedesco. Un anno dopo l’ascesa al trono
di Giorgio I, gli scozzesi diedero vita a una rivolta sedata nel sangue dal governo
di Londra; stessa sorte ebbe anche la successiva rivolta del 1745, che si concluse
con un vero e proprio massacro degli insorti a Culloden nel 1746.

214
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

2 Il sistema politico inglese


La monarchia parlamentare inglese
Il sistema istituzionale inglese si stava sviluppando in un modo molto diverso da
quello degli altri Paesi europei per due aspetti fondamentali: introduceva il governo
di un primo ministro, espresso dalla maggioranza parlamentare, e manteneva nelle
mani dell’aristocrazia il controllo della società in generale. La grande innovazione
stava perciò nel sistema politico centrale, al vertice, mentre alla base si lasciava che la
società fosse governata dai suoi signori tradizionali, aristocratici e proprietari terrieri.
Nel resto d’Europa, invece, i monarchi, riconosciuti come tali per diritto divino,
riformavano e razionalizzavano i meccanismi periferici dell’imposizione fiscale,
della giustizia, dell’istruzione, dell’amministrazione, mirando a costruire la felici-
tà pubblica ( ▶ cap. 6, par. 2). In Inghilterra, invece, si partiva dalle libertà politiche
e dalla centralità del Parlamento, mentre a livello locale le gerarchie sociali tradi-
zionali mantenevano pieno controllo sull’apparato amministrativo e giudiziario.
In altre parole, mentre fuori dall’Inghilterra si conservava il sistema politico asso-
lutistico per riformare la società, in Inghilterra si riformava il sistema politico per
conservare gli assetti sociali tradizionali.
L’idea fondamentale dei whigs era che la libertà costituiva una prerogativa in-
glese, antica e consolidata, un’espressione naturale dei rapporti sociali, che doveva
essere conservata contro le tendenze assolutiste e dispotiche sempre in agguato. I
tories, più pessimisti, pensavano invece che la libertà da sola non potesse produr-
re né giustizia né armonia ma la prepotenza dei forti, e quindi preferivano di gran
lunga correre il rischio di un arbitrio monarchico.
Il regime whig era fortemente oligarchico, essendo il governo del Paese nelle
mani di una settantina di famiglie. I capifamiglia avevano un seggio ereditario alla
Camera dei Lord, mentre i cadetti, cioè i fratelli minori, venivano eletti ai Comuni
e ne controllavano la maggioranza. Il governo prese la forma di un Consiglio dei
ministri, presieduto da un premier che aveva la fiducia del Parlamento, cioè era
l’espressione dell’oligarchia whig. I ministri avevano tutti un seggio ai Comuni, con
i quali agivano d’intesa. Per il ventennio in cui fu primo ministro, Walpole rifiutò
di passare fra i Lord, la Camera ereditaria e quindi priva di contatti con il Paese;
quando invece accettò il seggio di conte di Oxford, coerentemente smise di fare il
primo ministro. I governanti whigs sapevano che la loro forza non risiedeva nella
corte e nella Camera alta, ma fondamentalmente nel Paese che li eleggeva: erano
un’oligarchia fondata sul consenso.
L’oligarchia manipolava ampiamente le elezioni, facendo largo uso della cor-
LESSICO
Legittimazione ruzione. Inoltre le circoscrizioni elettorali, cioè il territorio in cui veniva eletto il
Conformità alle leggi singolo deputato, erano state tracciate due secoli addietro, cosicché un deputato
o alle consuetudini poteva essere eletto con pochi voti in centri decaduti e con scarsa popolazione, i
di un Paese, ma anche
a un’idea di giustizia, cosiddetti rotten boroughs («borghi imputriditi»). Le clientele, insomma, domina-
che rende lecito un vano totalmente l’elettorato e il signore di un «borgo imputridito», o anche di una
certo atto o un certo qualunque sonnolenta cittadina di campagna, aveva la certezza di manipolare il
comportamento.
Essere «legittimati a
consenso e di far eleggere il proprio candidato ai Comuni.
fare qualcosa» significa Su un punto whigs e tories si trovavano d’accordo, condividendo la regola che
rispettare determinate stava ormai alla base del sistema politico britannico: l’aristocrazia non ha altra
condizioni di giustizia.
legittimazione a governare se non il controllo che riesce a esercitare sul Paese. Le

215
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

regole con cui l’oligarchia inglese si manteneva al potere non vennero violate: gli
LESSICO oligarchi andavano a chiedere i voti ogni sette anni (la durata dei parlamenti fu
Potere legislativo prolungata sotto il governo dei whigs) e si inchinavano alla volontà degli elettori,
Potere esecutivo che erano manipolati, corrotti e comprati ma pur sempre sovrani.
Legislativo è il potere
di redigere, approvare Quando i tories, con l’appoggio del re, divennero più capaci di interpretare l’anima
ed emanare le leggi. del Paese e la loro battaglia contro la corruzione whig persuase gli elettori, i whigs
Esecutivo è invece persero la maggioranza alla Camera dei Comuni e quindi il controllo del governo.
il potere proprio
del governo che
applica quelle leggi. La rottura dell’equilibrio tra potere legislativo ed esecutivo
Insieme al potere In Inghilterra, durante il periodo della maggioranza whig, si verificò un progressivo
giudiziario, esercitato
dalla magistratura, concentramento della sovranità nella Camera dei Comuni, che condusse alla rottu-
costituiscono i principali ra dell’equilibrio tra il potere legislativo e il potere esecutivo: i primi re della casa
poteri dello Stato. di Hannover, Giorgio I e Giorgio II, furono di fatto esautorati nella loro funzione di
La distinzione dei tre
poteri venne formulata governo e il loro peso politico risultò quasi nullo. Dall’opposizione, i tories avreb-
dal filosofo politico bero voluto ripristinare la separazione fra i due massimi poteri, denunciando la
Montesquieu (1689- corruzione indotta dai partiti, e invocarono un potere di controllo di elevato livello
1755) che la considerò
garanzia della libertà
morale che limitasse la capacità pervasiva dell’aristocrazia whig. Questo potere di
del popolo. controllo, che i tories identificavano con l’autorevolezza del monarca, veniva invece
Diritto esercitato dal basso del sistema istituzionale, cioè dalla periferia: qui il potere, sia
consuetudinario giudiziario sia di governo, era nelle mani della nobiltà provinciale che possedeva
Insieme di norme le terre, quella stessa che manipolava le elezioni e che, a sua volta, era subordinata
giuridiche basate sulle
consuetudini, spesso alle grandi famiglie che dominavano il Parlamento. Ma la nobiltà provinciale bri-
non scritte né codificate. tannica, pur trovandosi a un livello gerarchico inferiore rispetto alla grande ari-
Il diritto consuetudinario stocrazia, non le era asservita e anzi conservava un alto concetto del proprio ruolo.
fu diffuso soprattutto
nel Medioevo, quando In Inghilterra non esistevano né funzionari proprietari della loro carica né fun-
il sorgere delle zionari nominati dal governo centrale e stipendiati. La figura centrale in provincia
istituzioni feudali e era invece il clerk of the peace («giudice di pace»), un gentiluomo che assumeva gra-
il decentramento del
potere portarono alla
tuitamente la funzione di rendere giustizia, mantenere l’ordine pubblico, raccoglie-
formazione di vincoli re le imposte, garantire il reclutamento militare, controllare i prezzi e assicurare il
giuridici fondati sulle buon andamento dell’assistenza ai bisognosi. Il giudice di pace non si riteneva un
usanze locali e in Età
moderna rimase una
servitore dello Stato ma della legge, il che costituiva un punto di vista totalmente
delle caratteristiche diverso da quello dei funzionari degli altri Stati europei.
del sistema giudiziario La legge inglese aveva (e mantiene ancora oggi) un impianto «consuetudinario»:
inglese.
consiste, cioè, nella volontà legislatrice del Parlamento interpretata e applicata dalla

LE DIFFERENZE TRA IL SISTEMA ISTITUZIONALE INGLESE


E QUELLI DELL’EUROPA CONTINENTALE
Inghilterra Europa continentale
primo ministro, espresso dalla
governo sovrano assoluto, per diritto divino
maggioranza parlamentare
• nobiltà provinciale, che gestisce
l’amministrazione locale e controlla
funzionari direttamente controllati
gestione dello Stato le elezioni parlamentari
dal centro, servitori dello Stato
• giudici di pace, servitori della legge,
che fissano il diritto consuetudinario
il potere legislativo (Parlamento) prevale il potere esecutivo in mano al sovrano
rapporto tra i poteri su quello esecutivo, ma è bilanciato è parzialmente limitato dal potere
da potere giudiziario (giudici di pace) legislativo delle assemblee consultive

216
Il primo ministro
britannico Robert
Walpole durante
una seduta della
Camera dei Comuni,
XVIII secolo.

magistratura, le cui sentenze entrano a far parte del diritto. Il magistrato, in altre
parole, non applica semplicemente la legge, ma in una certa misura «crea» il dirit-
to nella forma di una consuetudine giuridica attraverso le sentenze che emette sui
casi di volta in volta affrontati. Il giudice di pace, quindi, godeva di un alto grado
di autonomia nell’interpretare e proteggere le tradizioni locali e poteva pronun-
ciarsi anche contro il governo, a difesa degli interessi particolari. Accadde così che
il controllo reciproco e l’equilibrio fra i poteri in Inghilterra non si stabilirono fra
legislativo ed esecutivo ma fra governo e magistratura.

Il potere oligarchico della classe dirigente inglese


I giudici di pace erano membri della gentry, cioè la piccola nobiltà di campagna
che si sentiva parte della società aristocratica e contigua alla grande nobiltà titola-
ta; ma la gentry non aveva né il potere politico né il tenore di vita della grande no-
biltà, che viveva nella capitale, a contatto con l’ambiente di corte.
La gentry era il cuore pulsante della classe dirigente inglese. Era il ceto dove av-
veniva lo scambio fra le categorie sociali di maggior prestigio e quelle inferiori, che
aspiravano a occupare il medesimo status: entravano a farne parte, dal basso, i non
privilegiati, acquistando un castello o accedendo a una carica pubblica; dall’alto, i
cadetti delle grandi famiglie titolate, poiché solo il primogenito ereditava il rango
familiare e le prerogative connesse.
In Inghilterra si era quindi affermata un’oligarchia che seppe sfruttare a pro-
prio vantaggio il sistema di rappresentanza parlamentare, rendendo la Camera
dei Comuni – divenuta l’autentico centro del potere – piena espressione dei pro-
pri interessi, grazie a un meccanismo elettorale facilmente orientabile. Il diritto di
voto era infatti riservato ai proprietari di terra con un minimo di reddito, in città
ai proprietari di almeno una casa; ma il requisito richiesto per avere diritto al vo-
to variava moltissimo da un luogo all’altro, secondo le consuetudini giuridiche. Le
contese elettorali vere e proprie venivano evitate e la gentry, che deteneva le cari-
che pubbliche, trovava un accordo perché si presentassero al massimo un paio di
candidati per collegio, rigorosamente designati all’interno delle classi dirigenti.
Tale sistema di rigido controllo oligarchico era comunque considerato rappresen-
tativo dell’intero Paese, benché solo poche decine di migliaia di persone votassero
fra candidati designati da alcune centinaia di notabili: si trattava quindi di una «rap-
presentanza virtuale». Chi, oltre alle donne e ai giovani, non aveva una responsabi-
lità, una proprietà, e non pagava le imposte doveva lasciare che altri esprimessero i
suoi interessi. Gli eletti si sarebbero fatti carico di tutte le esigenze della loro contea
o del loro borgo, e non solo del mandato ricevuto da chi aveva materialmente votato.

217
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

3 Le premesse dell’industrializzazione
Una rivoluzione di portata mondiale
Durante il Settecento in Inghilterra si crearono i presupposti per uno sviluppo
economico impetuoso e, soprattutto, così innovativo da assumere negli ultimi due
decenni del secolo i caratteri di quella che sarebbe stata poi conosciuta come la Ri-
voluzione industriale. Ma perché questo avvenimento, di immensa portata, e che,
diffondendosi in gran parte del mondo, lo avrebbe modificato irreversibilmente,
si produsse proprio in Inghilterra, un Paese certamente importante e ricco, ma il
cui vantaggio sulle altre potenze europee del tempo non sembrava così decisivo?
L’Inghilterra della regina Anna, nel primo quindicennio del Settecento, contava
poco meno di sei milioni di abitanti e aveva un’agricoltura ancora tradizionale, che
si fondava principalmente sui poco produttivi campi aperti. Le enclosures ( ▶ cap. 3,
par. 1) erano praticate da un paio di secoli, ma in maniera ancora circoscritta e fi-
nalizzata all’allevamento, cioè alla produzione di lana che, in parte ancora grezza,
costituiva quasi la metà delle esportazioni inglesi.
Tuttavia, rispetto agli altri Paesi europei, l’Inghilterra godeva di alcuni grandi
vantaggi commerciali e finanziari. Innanzitutto, nel XVIII secolo, era la più vasta
area di libero commercio in Europa, pressoché priva di dogane interne e balzelli
vari. In secondo luogo, decenni di politica mercantilista, che aveva raggiunto il suo
culmine con Oliver Cromwell a metà del Seicento, ( ▶ cap. 3, par. 8), appoggiata da
una potenza marittima in espansione, avevano fatto affluire nell’isola una parte
notevole delle risorse commerciali e monetarie del mondo. Infine, e soprattutto,
l’Inghilterra era all’avanguardia nello sviluppo politico e culturale.

DUE SECOLI DI ENCLOSURES IN GRAN BRETAGNA


Area a grande diffusione

Newcastle upon Tyne Area a media diffusione

Carlisle Area a scarsa diffusione


Durham
Esplora i luoghi
e lavora con le
carte con l’Atlante
Mare York
digitale interattivo d’Irlanda Leeds
REGNO Kingston upon Hull
Liverpool Manchester
D’IRLANDA
Sheffield
Mare
Shrewsbury del Nord
Holkham
Lynn
Worcester
REGNO DI GRAN BRETAGNA
Gloucester
Leggi la carta Oxford
Chelmsford
• Quale regione della Londra
Bristol
Gran Bretagna Windsor
può considerarsi Salisbury
Canterbury
Winchester
l’epicentro
Weymouth Brighton Dover
del fenomeno?
• Quali regioni invece REGNO
ne furono toccate Canale della Manica DI FRANCIA
solo in parte?

218
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

Su questo sfondo generale, quattro grandi trasformazioni fornirono le basi di


quella che è stata poi chiamata la «Rivoluzione industriale inglese»: 1) l’impetuoso
incremento demografico; 2) la rivoluzione agricola; 3) lo sviluppo commerciale;
4) la crescita culturale, scientifica e tecnologica. Soltanto in Inghilterra si verificò
un’opportuna combinazione di tutti e quattro questi fattori, mettendo a disposi-
zione, in pochi decenni, forza lavoro a bassissimo costo, produzione alimentare,
capitali, idee e propensione al cambiamento.

Il consistente incremento della popolazione inglese


Intorno alla metà del secolo, l’incremento della popolazione inglese cominciò a
diventare consistente, superando nettamente quella quota fra lo 0,5% e l’1% an-
nui che rappresentava la norma nell’Europa preindustriale. Probabilmente in una
prima fase fu decisivo, per l’aumento della popolazione, il calo della mortalità,
soprattutto infantile. L’allungamento della vita va attribuito alla forte diminuzio-
ne delle epidemie di peste, dovuta quasi certamente all’adozione di precauzioni
come la quarantena, imposta nei porti alle navi in arrivo da regioni infestate dalla
malattia, e i «cordoni sanitari», grazie ai quali venivano isolate zone in cui l’epide-
mia era già in corso. Per le altre malattie epidemiche, come il vaiolo, la mortalità
fu ridotta da un’alimentazione più ricca di proteine e vitamine e dalla diffusione
di nuove abitudini igieniche.
Si aggiunse poi un aumento della natalità, cui contribuì il miglioramento gene-
rale delle condizioni di sopravvivenza – almeno fino all’età fertile – e che si colle-
gò alla crescente mobilità della società inglese, con il conseguente abbassamento
dell’età media dei matrimoni. Fino ad allora, infatti, di norma l’età del matrimo-
nio e la costituzione di un nuovo nucleo familiare erano legate alla disponibilità
di una certa quantità di terra di cui il nuovo nucleo familiare si sarebbe servito per
sfamarsi. Poiché spesso la disponibilità di terra era limitata, si tendeva ad attendere
l’eredità paterna per procedere al matrimonio, riducendo, di conseguenza, il perio-
do di fertilità e il numero dei figli del nuovo nucleo familiare ( ▶ cap. 3, par. 4). Nel
corso del Settecento, la crescita della richiesta di lavoro salariato ( ▶ cap. 5, par. 5),
sia nelle campagne sia nelle città, portò progressivamente al dissolversi della tra-
dizione rurale, a matrimoni più precoci e quindi a un aumento della natalità. A fi-
ne secolo la popolazione inglese aveva superato i nove milioni.

L’evoluzione dell’agricoltura
Il secondo fattore di sviluppo nell’Inghilterra settecentesca fu un incremento del-
la produzione agricola tale da sostenere la crescita demografica, garantendo per
tutta la seconda metà del XVIII secolo cibo a sufficienza per la popolazione in co-
stante aumento. È importante notare che l’aumento demografico e quello della
produzione agricola non furono determinati dall’espansione delle terre coltivate
ma dall’incremento della produzione per ogni singolo lavoratore, cioè della pro-
duttività del lavoro. Di conseguenza, la popolazione in eccesso rispetto alle neces-
sità del lavoro agricolo si riversò in città, alla ricerca, spesso disperata, di una qua-
lunque altra attività.
La crescita della produttività agricola poté realizzarsi grazie a diversi fattori:
forti investimenti di capitali, intensificazione delle recinzioni, ora finalizzate al-
la sperimentazione agricola, nuove tecniche di rotazione delle colture, maggiore

219
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

attenzione alla fertilità del terreno e forte interesse per un allevamento differen-
ziato. I progressi spettacolari dell’agronomia permisero un aumento notevole della
produttività del suolo. Attraverso l’introduzione di piante foraggere (rape, trifoglio),
che ricostituivano in breve tempo le capacità nutritive delle terre coltivate, si passò
dalla rotazione triennale a cicli di sei o sette anni. L’accresciuto volume di foraggio
coltivato intensivamente rese possibile lo sviluppo dell’allevamento, le cui conse-
guenze furono un maggior numero di animali da impiegare nei lavori agricoli o
per gli spostamenti, una dieta più ricca di carne e latticini e un ulteriore aumento
della disponibilità di concime.
Ci si avviava verso il superamento della coltivazione e dell’allevamento visti co-
me investimenti alternativi, che aveva frenato per secoli l’agricoltura europea. La
proprietà fondiaria manifestò la tendenza a concentrarsi, con una sensibile ridu-
zione della piccola proprietà e un incremento del bracciantato salariato: diventa-
va frequente il modello della proprietà affittata a un grosso fittavolo imprenditore,
che realizzava profitti pronti per essere reinvestiti.

L’espansione dei commerci e della finanza


Il terzo elemento che permise lo sviluppo della Rivoluzione industriale fu l’espan-
sione del settore commerciale e finanziario che determinò una notevole disponi-
bilità di capitali. A metà del Settecento non solo tutto il commercio dell’Inghilterra
Il mercato
di Covent Garden, era trasportato da navi inglesi, ma le merci provenienti dalle colonie erano riespor-
nel centro di Londra, tate a loro volta in Europa. La maggior parte del caffè, due terzi del tabacco e del-
nel 1726. Dipinto le stoffe di cotone (le «cotonate») indiane erano rivenduti agli altri Paesi europei,
di Pieter Angillis.
New Haven. Yale Center così come un terzo dello zucchero (un prodotto sul quale però si faceva sentire la
for British Art. concorrenza francese).

220
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

LESSICO A ciò va aggiunto un mercato interno particolarmente disponibile ai consumi,


Tasso d’interesse grazie anche alla crescita demografica e all’eliminazione dei dazi doganali, che favo-
L’interesse è il prezzo del
capitale (il denaro) preso riva la libera circolazione delle merci. La sempre maggiore ricchezza in circolazio-
in prestito calcolato ne contribuì a un notevole sviluppo del sistema bancario che, a partire dall’ultimo
come differenza tra il decennio del Seicento, era regolato dalla Banca d’Inghilterra e che favorì un’inces-
denaro preso in prestito
e quello da restituire. Il sante riduzione dei tassi d’interesse.
tasso di interesse è la I capitali, immessi sul mercato dal sistema bancario, erano costantemente alla
misura di tale prezzo, ricerca di collocamenti remunerativi. Sembra che questa propensione agli inve-
espressa in percentuale
rispetto al capitale stimenti inizialmente si sia riversata sulle infrastrutture, indispensabili al miglio-
ricevuto in prestito su ramento dei trasporti, e non sull’impianto di vere e proprie attività manifatturiere.
base annua. La rete stradale britannica ne ricevette un grande miglioramento, tanto da dimez-
zare i tempi di percorrenza sulle strade di maggiore comunicazione, favorendo ul-
teriormente l’integrazione economica del territorio.

Una nuova attitudine alla scienza e alla cultura


Ma perché un Paese cresca dal punto di vista produttivo, è indispensabile una for-
te propensione all’innovazione con un solido legame fra scienza e tecnica; e l’In-
ghilterra, da questo punto di vista, si trovava in una situazione eccellente per due
motivi. In primo luogo, verso l’iniziativa privata si orientava un gran numero di
persone istruite, motivate, attive, che derivavano tale atteggiamento dalla convin-
zione di dover mettere a profitto i talenti ricevuti da Dio. Tale mentalità era pro-
pria in particolare di gruppi di protestanti dissidenti – puritani, battisti, quaccheri,
«unitariani» (coloro che non credevano nel dogma della Trinità). Costoro si dedi-
carono completamente ad attività private, anche perché era l’unico ambito in cui
potessero esprimere il loro talento, in quanto, benché tollerati, erano stati esclusi
dall’accesso alle cariche pubbliche. Dinastie d’imprenditori e di banchieri prove-
nivano dunque dal mondo del protestantesimo dissidente, benché l’impegno re-
ligioso si stemperasse di solito con il crescere del successo e il passare del tempo.
In secondo luogo, i proprietari terrieri aderirono, come altrove in Europa, alla
moda intellettuale degli studi sul miglioramento delle tecniche agricole; ma poi-
ché, diversamente dalla maggior parte degli altri Paesi, in Inghilterra essi erano
anche titolari delle risorse del sottosuolo, estesero i loro studi alle tecniche mine-
rarie, alla metallurgia e allo sfruttamento dell’energia. Gli investimenti finalizzati
al profitto, infine, non comportavano una perdita dello status nobiliare e quindi la
gentry si trovò a svolgere il ruolo di principale protagonista finanziaria e culturale
dell’investimento imprenditoriale.
D’altra parte, un tratto caratteristico e capillarmente diffuso della società ingle-
se, anche ai livelli inferiori, fu la capacità da parte del mercato di richiedere e di
assorbire le novità produttive. Si avviò così la fabbricazione in serie di stoffe po-
vere, stoviglie di ceramica e, in genere, oggetti di largo consumo popolare. Senza
questa diffusa disponibilità a cambiare e ad acquistare sul mercato ciò che si era
sempre prodotto in casa, non si sarebbe realizzata la base necessaria all’espansio-
ne delle relazioni commerciali.
Ugualmente necessaria, per un altro verso, era la propensione da parte degli in-
vestitori al rischio di produrre grandi quantità di merci a basso costo, scommet-
tendo sul loro largo successo di mercato. Tale attitudine rovesciava la tendenza
secolare alla limitata produzione di qualità, caratteristica dell’artigianato inqua-

221
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

drato nelle corporazioni. Nei decenni che precedettero questa fase si susseguiro-
no i brevetti e le innovazioni tecniche, che permisero lo sviluppo dell’industria. Il
declino del potere delle corporazioni cittadine incoraggiò inoltre gli imprenditori
a creare strutture produttive negli ambienti urbani, dove l’accresciuta disponibi-
lità di manodopera fornita da disoccupati, poveri e vagabondi rendeva ormai inu-
tile la dislocazione di esse nelle campagne. Iniziava a prendere piede un sistema
di concentrazione della forza lavoro che, qualche decennio dopo, insieme con la
meccanizzazione, contribuì alla nascita dell’industria tessile.

LE TRASFORMAZIONI ALLA BASE DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Incremento • calo della mortalità più forza lavoro


demografico • aumento della natalità a disposizione

Rivoluzione • maggiori investimenti più derrate alimentari


agricola • nuove tecniche agricole a disposizione

Sviluppo • libera circolazione di merci più capitali


commerciale • ampliamento dei mercati a disposizione

Crescita culturale,
• tolleranza religiosa più propensione
scientifica e
• maggiore istruzione a innovare e investire
tecnologica

Molti proprietari terrieri inglesi sperimentarono le nuove tecniche agricole. Tra questi
LE FONTI
era Arthur Young (1741-1820), proprietario di un podere nell’Essex, scenario di espe-
La rotazione rienze raccontate da Young in saggi e articoli. Il brano che segue è tratto dall’opera
di Norfolk The Farmer’s Tour through the East of England, del 1771.

[Vorrei] dare un resoconto sommario dei metodi di coltivazione che hanno reso famoso, nel
mondo degli agricoltori, il nome di questa contea […]. Si sono ottenuti grandi miglioramenti con i
seguenti mezzi:
1. Con le recinzioni.
2. Con l’uso intenso di marna (roccia ridotta in polvere e calce) e argilla.
3. Con una migliore rotazione dei raccolti. […]
5. Con la coltivazione del trifoglio e del loglierello [erba perenne della famiglia delle Graminacee].
6. Con la concessione di lunghi contratti d’affitto da parte dei proprietari.
7. Con la divisione della contea in grandi ferrovie.
[…] Nessuna prosperità si potrà avere nel Norfolk con l’agricoltura, a meno che non sia perseguita
un’intelligente rotazione dei raccolti. Quella che soprattutto è stata adottata dagli agricoltori del
Norfolk è la seguente: 1. rape; 2. orzo; 3. trifoglio; oppure trifoglio e loglierello; 4. frumento. […]
Questo è un ottimo metodo, che mantiene ricco il terreno; un raccolto che esaurisce la terra è
seguito da un altro che la purifica e la migliora.
(da G.L. Solfaroli Camillocci, La rivoluzione industriale, SEI, Torino 1974, pp. 10-12)

222
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

4 Il cotone e il carbone
Il settore tessile traino dell’industrializzazione
Il settore trainante della Rivoluzione industriale inglese fu quello tessile, favorito
da due caratteristiche: produceva una merce di prima necessità per un mercato
in espansione e richiedeva investimenti modesti, anche solo poche centinaia di
sterline (equivalenti al reddito annuo di una persona moderatamente facoltosa).
La produzione tessile si articola in due momenti principali: la filatura, che tra-
sforma le fibre naturali – vegetali o animali – in filo, e la tessitura, che trasforma
il filo in stoffa. Entrambe le operazioni si erano sempre fatte a mano, con tecniche
invariate da secoli. La filatura era di competenza esclusiva delle donne e si realiz-
zava torcendo le fibre fra le dita e arrotolando il filo sui fusi o usando l’arcolaio a
pedale, mentre nelle operazioni di tessitura erano coinvolti anche gli uomini. Dai
telai uscivano pezze lunghe anche molti metri ma larghe meno di uno, a misura
del braccio del tessitore, il quale faceva passare manualmente la spoletta su cui
era arrotolato il filo della trama (l’insieme dei fili tesi lungo il telaio nel senso della
larghezza), da destra a sinistra e da sinistra a destra. Per produrre pezze più larghe
occorrevano due operai, che si passavano la spoletta da un lato all’altro dello stesso
telaio. Centrale in questo ciclo produttivo era la figura del mercante imprenditore,
che riforniva le zone rurali di materia prima da lavorare e ritirava poi i prodotti
finiti per metterli sul mercato.
Nel 1733 venne brevettata da John Kay (1704-80) la «spoletta volante», che
scorreva da una parte all’altra del telaio senza essere materialmente passata dalla
mano del tessitore. La stoffa poteva superare così in larghezza la misura del brac-
cio del tessitore e la produzione di tessuti aumentò, innalzando, di conseguenza,
la domanda e il prezzo del filo. Occorrevano ora cinque filatrici a tempo pieno per
alimentare un solo telaio. Per tenere il passo con l’accelerazione dei processi di
tessitura era quindi necessario rendere più veloce anche la filatura, ma le tecniche
sperimentate davano scarsi risultati nella fabbricazione di fili di lana. La tradizio-
nale materia prima dell’industria tessile inglese si mostrava poco adatta alle nuo-
ve procedure, mentre il cotone si rivelava molto più adeguato alle nuove esigenze.

La «rivoluzione» nel processo di filatura


Passarono trent’anni prima che venisse introdotta la prima importante innova-
zione in questa fase della lavorazione. Si trattava di una piccola macchina, deno-
minata «jenny», che riusciva a filare su sei fusi contemporaneamente. Pochi anni
più tardi fu inventato un filatoio idraulico molto più grande, dotato di un sistema
di cilindri che torcevano e allungavano la fibra, producendo un filo grossolano ma
robusto utilizzabile per l’ordito (l’insieme dei fili tesi nel senso della lunghezza: in-
trecciati tra loro perpendicolarmente costituiscono il tessuto).
Il progetto decisivo, con il quale per la prima volta la fibra tessile non passava più
fra le dita umane per essere trasformata in filo, vide la luce nel 1779 con il nome di
«mule jenny»: la produzione di filati divenne sovrabbondante, perché in una sola
macchina giravano fino a centotrenta fusi. Nell’ultimo quindicennio del secolo, il
prezzo del filo di cotone crollò così da 38 a 9 scellini la libbra.
La fibra tessile protagonista di questa incredibile espansione, il cotone, proveni-
va dall’India, dove veniva filato sottile e resistente e tessuto come nessun artigia-

223
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Un’operaia addetta no occidentale sapeva fare. Tuttavia verso la fine del secolo i progressi industriali
alla filatura con inglesi furono tali da riuscire a produrre cotonate equivalenti a quelle indiane e
la spinning jenny.
Incisione del XIX secolo. addirittura a un prezzo inferiore. Il flusso commerciale si invertì: il cotone, ormai
importato grezzo (e ben presto più dall’America che dall’India), poté essere espor-
Leggi l’immagine tato nella stessa India come prodotto finito.
• In che modo
viene azionata Carbone e acciaio, basi dell’industrializzazione
la macchina?
L’altro grande settore di sviluppo fu quello dell’energia, che da secoli veniva rica-
• Quali vantaggi
garantiva la vata soltanto dal vento e dall’acqua, oltre che dalla forza degli animali o dell’uomo.
macchina rispetto In Inghilterra non c’erano più foreste per produrre il carbone di legna, che peraltro
alla filatura forniva un calore troppo scarso per una produzione metallurgica soddisfacente, e
tradizionale?
il mercato cominciava ad avere bisogno di una quantità di ferro molto maggiore
di prima, per gli attrezzi agricoli e per le macchine, sempre più richieste.
L’Inghilterra era però ricca di carbone fossile, indispensabile per la produzio-
ne in altoforno della ghisa e dell’acciaio, che consistono in ferro arricchito di car-
LESSICO bonio. L’altoforno viene alimentato dalla combustione del carbone coke (prodotto
Altoforno dalla lavorazione del carbone fossile), che raggiunge temperature tali da liquefare
Forno a forma di grande il ferro, arricchirlo di carbonio e farlo colare negli stampi nella forma desiderata. Il
tinozza impiegato nella
produzione di metalli
carbone fossile si estrae in miniera e uno dei problemi con cui spesso si dovevano
ferrosi e non ferrosi, confrontare i minatori, a volte in modo tragico, erano gli improvvisi allagamenti
tra cui la ghisa e delle gallerie sotterranee.
l’acciaio, che necessita
di temperature elevate
Thomas Newcomen (1664-1729) fu il primo, nel 1712, a realizzare una macchi-
e della presenza di na che utilizzava il vapore per muovere un pistone e azionare una pompa con la
maggiori o minori quale si aspirava l’acqua dal sottosuolo in modo da tenere asciutte le gallerie del-
quantità di carbonio.
le miniere. Da questo momento crebbe la domanda di carbone. Per funzionare, la

224
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

macchina di Newcomen bruciava infatti molto carbone ed era costruita in acciaio,


prodotto in altoforno con il carbone fossile; al tempo stesso essa era indispensabile
per estrarre dalla terra nuovo carbone. In questo modo carbone e acciaio divennero
un binomio indissolubile della Rivoluzione industriale: le macchine chiedevano
carbone e il carbone chiedeva macchine.

La macchina a vapore di James Watt


L’invenzione risolutiva del problema dell’energia fu tuttavia la macchina a vapo-
re brevettata dall’ingegnere scozzese James Watt (1736-1819) nel 1781. L’inven-
zione di Watt perfezionò enormemente quella di Newcomen, soggetta a frequenti
esplosioni: il pistone ora non veniva più mosso dal vapore in una sola direzione,
ma spinto avanti e indietro dentro un cilindro, e un sistema di valvole permetteva
di riutilizzare sempre lo stesso vapore acqueo, riducendo notevolmente la disper-
sione dell’energia.
I filatoi e i telai meccanici azionati dalla macchina a vapore di Watt poterono es-
sere raggruppati nelle fabbriche, non più vicino ai corsi d’acqua, come si faceva
prima con i mulini azionati dalle ruote idrauliche, ma presso le miniere di carbone
o le banchine portuali, dove il carbone poteva arrivare a poco prezzo.
L’uomo possedeva ormai una sorgente di energia a buon mercato e in quantità
apparentemente illimitata, non più dipendente dalle condizioni naturali (il vento,
le piogge, la siccità, le gelate), e poteva così programmare la produzione molto più
liberamente di prima. Negli ultimi anni del Settecento, questa innovazione permi-
se alla Rivoluzione industriale di compiere il salto decisivo.

LA GRAN BRETAGNA INDUSTRIALE


Regioni industriali
in via di sviluppo

SCOZIA Aberdeen Regioni carbonifere


Industria metallurgica

Industria del cotone


Glasgow
Edimburgo Industria della lana
NORTHUMBERLAND

LANCASHIRE

Mare
del Nord
REGNO Leeds
D’IRLANDA Liverpool
Manchester
Leggi la carta
MIDLANDS
• Individua sulla carta
i principali centri GALLES Birmingham
della produzione Cambridge
tessile in Gran Mare
d’Irlanda Oxford
Bretagna.
Bristol Londra
• Chiarisci la relazione
esistente fra Dover
Portsmouth
industrializzazione Plymouth REGNO
e la disponibilità DI FRANCIA
di carbone.

225
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

5 La fabbrica e la formazione
della classe operaia
I risvolti sociali del sistema di fabbrica
Prima della Rivoluzione industriale, lo sviluppo manifatturiero si era fondato sulla
lavorazione a domicilio, che in Inghilterra prendeva il nome di putting-out system:
il mercante-imprenditore forniva il materiale a lavoranti (che alternavano la vita
rurale con la produzione manifatturiera) e passava poi a ritirare il prodotto finito.
Fino all’ultimo decennio del Settecento, le mule jennies e i telai manuali si tro-
vavano ancora prevalentemente nelle case dei contadini-operai-artigiani, ma la
macchina a vapore e il telaio meccanico cambiarono tutto. Divenne enormemente
conveniente concentrare filatoi e telai in grandi capannoni, le fabbriche, alimen-
tandoli con l’energia di un’unica macchina a vapore. Gli imprenditori, giudicando
il lavoro più semplice rispetto a un tempo, oltre che meno vincolato all’uso del-
la forza, lo ritennero adatto a mani infantili o femminili. Venne così reclutata una
manodopera molto giovane, anche inesperta, costretta ad accettare bassi salari e
capace di adattarsi a un ambiente e a condizioni di lavoro inaccettabili per un arti-
giano adulto. Da sempre i bambini venivano avviati al lavoro fin da quando erano
in grado di farlo, ma ciò avveniva con i ritmi della campagna, con la fatica alternata
alla sosta, alla conversazione, al canto. Nelle fabbriche, invece, il tempo del lavoro
veniva scandito dalla macchina a vapore, che non doveva girare a vuoto, si accen-
deva di solito alle cinque o alle sei del mattino e si spegneva alle otto di sera, con
una sola pausa di tre quarti d’ora per mangiare.
Il sistema di fabbrica incarnava anche un’idea del lavoro come mezzo di disci-
plinamento morale e sociale. La creazione di un luogo in cui concentrare un gran
F1 La divisione numero di lavoratori poco qualificati e inquadrarli in una rigida divisione dei com-
del lavoro secondo
piti, infatti, riprendeva alcune caratteristiche di provvedimenti che le autorità inglesi
Adam Smith, p. 239
avevano adottato per far fronte a un problema già emerso nel corso del Seicento:
la gestione di masse di poveri e vagabondi che, per diverse ragioni, riempivano le
grandi città praticando l’accattonaggio. Oltre allo stanziamento di fondi per la lo-

Operaie addette al
cucito in un’industria
tessile inglese.
Incisione del XIX secolo.

Leggi l’immagine
• Descrivi l’attività che
stanno svolgendo
le operaie facendo
attenzione agli
utensili impiegati.
• Quali aspetti
caratterizzano il tipo
di lavoro e l’ambiente
raffigurati?

226
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

ro assistenza, era stata varata una legislazione severissima che prevedeva di fatto
la reclusione in «case di lavoro» o «ospedali per poveri» per chi si fosse trovato
senza mezzi di sussistenza. All’interno di tali strutture vigeva il lavoro coatto, cioè
il lavoro forzato, regolamentato da una disciplina ferrea, e tali caratteristiche si ri-
trovano praticamente uguali nelle prime fabbriche inglesi.
S1 L’uomo e la Se il progresso dei Lumi faceva regredire la pena di morte a vantaggio della pri-
macchina nel nuovo
gione ( ▶ cap. 6, par. 3), la fabbrica forniva il modello di reclusione che era sempre
sistema produttivo,
p. 240 mancato e assumeva i contorni del reclusorio punitivo. In prigione, come in fab-
brica, il tempo di ciascuno doveva essere sorvegliato e scandito da un ritmo orga-
nizzativo finalizzato alla produzione e alla riabilitazione: nel primo caso, dal delit-
to; nel secondo, da quella sorta di malattia morale che è la miseria e tutto quanto
l’accompagna. In entrambi i luoghi il sorvegliante controllava i movimenti di tutti
e sovrintendeva al funzionamento dell’intero meccanismo sociale.

Le conseguenze sociali della Rivoluzione industriale


La prima conseguenza della Rivoluzione industriale fu che le filatrici e i tessitori a
domicilio rimasero senza lavoro. L’introduzione delle macchine e la loro concen-
trazione in aree urbane costrinsero masse di tessitori a offrire la propria forza la-
voro ai nuovi imprenditori industriali, essendo ormai superflue le loro competenze.
La seconda conseguenza fu che quanto restava dei vincoli corporativi, per altro
molto deboli in Inghilterra, venne eliminato: fu così abolita la legislazione che tu-
telava i mestieri, imponendo il regolare apprendistato.
La terza conseguenza fu che il «sistema di fabbrica» creò nuovi aggregati abita-
tivi di baracche che si affollavano intorno alle fabbriche. Vi si accalcavano – in una
situazione di promiscuità e di degrado che la società inglese non avrebbe mai tol-
lerato se non in quella particolare forma di reclusorio per poveri – giovani donne
e ragazzini, che lavoravano fianco a fianco in fabbrica – i bambini e i ragazzi alla
filatura, le donne alla tessitura.
S2 Il lavoro di donne Le donne furono infatti largamente impiegate nelle manifatture del settore tes-
e bambini nella
sile, dove impararono a utilizzare i nuovi macchinari, riconvertendo antiche abilità
Rivoluzione industriale,
p. 241 nel filare e nel tessere. Prima della diffusione del sistema industriale, le donne la-
voravano numerose nelle botteghe artigiane o ricevevano da queste lavoro a domi-
cilio ma non erano ammesse negli organismi dirigenti delle corporazioni e la loro
professionalità era spesso sminuita o negata: non mancarono perciò momenti di
grave tensione fra le operaie da un lato e i maestri e i lavoranti artigiani dall’al-
tro. In molti casi, tutto ciò si tradusse in un’ulteriore chiusura delle corporazioni
nei confronti della manodopera femminile e in un inasprimento delle norme che
ne regolavano l’accesso ai mestieri corporati.
Eppure il livello occupazionale delle donne crebbe e furono sempre più numero-
se quelle che presero la via della fabbrica. Anche in questo caso le donne dovettero
affrontare condizioni di lavoro assai dure, sottoporsi a orari massacranti (anche
sedici ore di lavoro continuo), a turni notturni, e furono costrette ad accettare sa-
lari bassissimi, sempre inferiori a quelli degli uomini. Allo stesso tempo la don-
na che lavorava affermava un principio di autonomia e di autosufficienza eversivo
nei confronti della tradizionale divisione dei ruoli che assegnava alle donne una
funzione marginale o provvisoria, in nessun caso paragonabile a quella attribuita
al lavoro degli uomini.

227
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

LE FONTI
Il cronista John Aikin pubblicò il resoconto di un viag-
gio nella zona industriale di Manchester, compiuto nel
La drammatica 1795. Il saggio mette in rilievo la prassi di servirsi di
realtà del fanciulli prelevati dalle workhouses («case di lavoro»),
dove venivano convogliati poveri, vagabondi e orfani, e
Leggi in digitale il
testo Lo stabilimento
lavoro minorile le dure condizioni a cui erano costretti i bambini.
siderurgico di
Coalbrookdale L’invenzione e i progressi delle macchine per abbreviare il lavoro hanno
di Arthur Young avuto una sorprendente influenza nell’estendere il nostro commercio,
sull’impatto ambientale
dell’industrializzazione.
così come nel richiamare braccia da ogni parte, e specialmente bambini,
• Che cosa produce nei cotonifici. […]
lo stabilimento In quelle fabbriche vengono impiegati bambini in tenerissima età: molti
di Coalbrookdale? di loro, raccolti nelle workhouses di Londra e di Westminster, vengono
• A quali condizioni
di lavoro sono trasportati in massa, per fare gli apprendisti, presso dei padroni che si
sottoposti i bambini? trovano a centinaia di miglia di distanza dove prestano servizio ignorati,
• Quale impatto indifesi e dimenticati da coloro ai quali la natura o le leggi li avevano
ambientale ha lo
affidati.
stabilimento nelle
valli circostanti? Questi bambini sono generalmente costretti a lavorare troppo a lungo
in ambienti chiusi, spesso per tutta la notte: l’aria che respirano è av-
velenata da olio e altre sostanze usate per le macchine e ci si preoccupa
ben poco delle loro condizioni igieniche mentre i frequenti passaggi da
un’atmosfera calda e densa a una fredda e rarefatta sono causa di malat-
tie e invalidità e in particolare di quella febbre epidemica tanto comune
in queste fabbriche.
(da G. Mori, La rivoluzione industriale, Mursia, Milano 1983, pp. 202-205)

Le condizioni di grave degrado della classe operaia


Le giornate lavorative erano particolarmente lunghe e vissute in ambienti mal-
sani, a fronte di salari bassi che rendevano la vita degli operai precaria, o al limite
del sopportabile in alcuni casi. Il rapporto fra lavoratori e macchine era fonte con-
tinua di conflittualità sociale, poiché l’introduzione di nuove macchine preannun-
ciava spesso la riduzione della forza lavoro e, quindi, la perdita del salario per in-
tere famiglie. Prostituzione e nascite illegittime contribuirono a creare un alone di
scandalo intorno alle fabbriche, tanto che la stessa condizione delle operaie e dei
bambini operai della prima Rivoluzione industriale non era avvertita come qual-
cosa di normale, ma come una terribile novità.
Nuove città come Manchester e Liverpool crebbero quasi dal nulla: si trattava di
agglomerati con poca storia, privi di tradizioni, senza gerarchie consolidate, senza
controllo sociale, senza parrocchie. La vecchia Chiesa anglicana era assente da que-
ste nuove distese urbane che crescevano completamente scristianizzate: in campo
religioso gli unici che seppero riempire il vuoto furono i metodisti di John Wesley
( ▶ cap. 6, par. 6), con il loro «risveglio» entusiasta e sentimentale, molto aperti dal
punto di vista dogmatico ma molto rigidi nel fornire un quadro organizzativo. I pu-
ritani, tradizionali protestanti dissidenti, mancarono in sostanza all’appuntamen-
to con il nuovo compito di evangelizzazione, e le loro file, fra cui abbondavano gli
imprenditori ma anche gli artigiani, non trovarono significative adesioni all’inter-
no della nuova classe operaia.

228
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

Anche Londra continuò a gonfiarsi di immigrati, al ritmo di decine di migliaia


all’anno. Le condizioni igieniche e l’ordine pubblico dell’immensa capitale subiro-
no una degenerazione spaventosa allorché il furto, la prostituzione e l’alcolismo
divennero vere e proprie emergenze sociali.

Le nuove misure di aiuto ai poveri


Per rimediare al disastro, a partire dagli ultimi anni del secolo in una parte dell’In-
ghilterra fu rivista la normativa sull’assistenza ai bisognosi. Questa svolta legi-
slativa prese il nome da una località, Speenhamland, dove nel 1795 venne emessa
una sentenza che interpretava e modificava la legge sui poveri. Le parrocchie fu-
rono tenute a integrare il reddito delle famiglie indigenti, affinché il minimo vitale
fosse assicurato e il «sistema di Speenhamland» rappresentò il primo esempio di
LESSICO
Reddito minimo reddito minimo garantito.
garantito Nel complesso questa «contromisura» costituì un freno al degrado sociale ma
Reddito minimo anche alla competizione industriale: da un lato, aumentò il prelievo fiscale a carico
assegnato a chi è in
età lavorativa e dispone più della borghesia manifatturiera che dei proprietari terrieri, i quali si tenevano
di un reddito inferiore stretti i loro privilegi; dall’altro, tenne bassi i salari, visto che in ogni caso le par-
a una determinata soglia rocchie avrebbero garantito la sopravvivenza, e, infine, frenò la spinta a cercare a
di povertà; l’ammontare
varia in funzione dell’età. tutti i costi un lavoro.
Al momento, con le Questa legislazione venne aspramente combattuta dagli industriali, per i quali il
uniche eccezioni di vantaggio di mantenere bassi i salari non compensava lo svantaggio di dover finanzia-
Grecia e Italia, ogni
cittadino degli Stati re le parrocchie per mantenere i poveri. Il «sistema di Speenhamland» restò in vigore
dell’Unione Europea per un trentennio circa, fino al 1834, il periodo più duro della Rivoluzione industria-
ha diritto a un reddito le, e servì almeno a mantenere in vita centinaia di migliaia di persone e a evitare che
minimo garantito.
la miseria si traducesse, come tante volte in passato, in un aumento della mortalità.

L’industria a domicilio è invece una forma di organiz-


LA STORIA NELLE PAROLE
zazione produttiva per la quale un mercante-impren-
Le parole della Rivoluzione ditore assegna a dei lavoranti una parte di lavoro per
industriale la realizzazione di un manufatto da svolgere nella loro
abitazione, con mezzi propri o dati in affitto.
Industria L’uso del termine non è univoco. Una pri- Manifattura Con il termine «manifattura» si intende un
ma scuola di pensiero definisce come industria l’in- tipo di attività che prevede la trasformazione di ma-
sieme delle attività svolte all’interno di edifici specifi- terie prime in manufatti. Con riferimento all’economia
ci (fabbriche), con l’ausilio di macchine, da lavoratori preindustriale, è usata in generale in questa accezio-
che non posseggono i mezzi di produzione. In questo ne, anche per attività che non prevedono tecniche
senso il termine può essere utilizzato solo a partire perfezionate e ausilio di macchine; nello specifico il
dalla Rivoluzione industriale in poi. Intendendo invece termine indica un’attività svolta in forma accentrata,
industria in modo più ampio ci si può riferire a ogni basata su una divisione del lavoro ancora immatura
attività di trasformazione e si può utilizzare il termine e con l’uso di tecnologie elementari.
anche per le società prevalentemente agricole, con Fabbrica È una forma di organizzazione caratterizzata,
riferimento all’industria domestica (produzione di oltre che dalla concentrazione fisica della manodo-
beni destinati al fabbisogno familiare), all’artigianato pera, dalla divisione del lavoro favorita dall’adozione
(attività di trasformazione che prevede un lavoro spe- massiccia di tecniche di produzione meccanizzate.
cializzato) e all’industria accentrata (lavoratori riuniti La fabbrica vera e propria nasce con la Rivoluzione
sotto una direzione centrale, come nel caso dei can- industriale, anche se è possibile individuare degli an-
tieri navali, edili o delle attività minerarie). tecedenti in realtà come i mulini, i filatoi ecc.

229
Nel lungo periodo

Paesaggio
agrario e
paesaggio
industriale
di Adriano Prosperi

I cambiamenti paesaggio industriale. Nel nostro una sequenza pressoché continua di


del paesaggio agrario Paese, convivono esempi di questi capannoni, sedi di industrie. Ogni
due tipi di paesaggio. tanto, la grigia fila è intervallata da
Secondo lo storico Carlo M. Cipolla
In Toscana, per esempio, si può os- qualche sparuta abitazione, ritrovata-
(1922-2000), nell’ambito dei muta-
servare il paesaggio agrario delle si coinvolta in uno sviluppo industriale
menti che cambiarono il corso della
colline del Chianti, con il gradevole velocizzato, repentino, che gli studio-
storia dell’umanità, è possibile parla-
alternarsi di zone che l’opera umana si del paesaggio identificano come la
re di «rivoluzioni» solamente in due
ha destinato alla produzione di olio «grande accelerazione», avviatasi a
casi.
e vino, piantumando olivi e vigneti. partire dalla metà del secolo scorso.
Il primo riguarda la diffusione di
Qualche area boschiva punteggia Fu in quegli anni che cominciò quel-
tecniche di coltivazione della terra
ancora le piantagioni. la che lo storico dell’arte Salvatore
nell’Asia sud-occidentale, fra il IX e il
Altrove le necessità produttive han- Settis ha definito la «dissennata ce-
VII millennio a.C., che si affermarono
no avuto esiti meno positivi. È il ca- mentificazione» dell’ambiente ita-
in Europa solo dopo tre o quattromi-
so di una vasta zona al centro della liano. Negli ultimi settant’anni, una
la anni; un cambiamento nel modo
nostra Penisola, compresa tra Lazio, spessa coltre di cemento ha fago-
di produrre il cibo noto come Rivo-
Umbria e Toscana, dove il crescente citato alberi e prati, riducendo l’e-
luzione agricola.
consumo di noccioline ha portato i stensione dei suoli agricoli. Alcuni
Il secondo, più vicino a noi nel tem-
proprietari di terreni a introdurre una dati, relativi al 2019, parlano chiaro:
po, fu determinato dalla diffusione di
monotona distesa di noccioleti. Ana- in ogni secondo di quell’anno due
tecnologie capaci di generare ener-
logamente, le regioni del Trevigiano metri quadri di territorio italiano sono
gia bruciando combustibili fossili.
Convenzionalmente, si ritiene che e del Veronese si sono specializzate stati cementificati; a Roma il cemen-
James Watt, perfezionando un’in- nella produzione dei vini, destinan- to ha coperto una superficie pari a
venzione non sua, la macchina a do gran parte della coltivazione alle quella di 200 campi da calcio; in Ve-
vapore, nel 1781, abbia dato il via vigne. Queste ampie zone caratte- neto si è toccata la sbalorditiva cifra
alla Rivoluzione industriale. rizzate da una monocoltura hanno di ben 1120 appezzamenti da gioco!
Furono questi, secondo Cipolla, i la conseguenza di distruggere le La deturpazione dell’ambiente
momenti in cui la capacità di pro- diversità degli habitat naturali, tan- è stata compiuta principalmente
durre beni per la sopravvivenza e la to necessarie ai meccanismi fisici e per favorire lo sviluppo industriale.
prosperità della specie umana mutò biologici del nostro pianeta. Ovunque sono state costruite nuo-
nel modo più significativo. ve sedi per la lavorazione industriale,
Il paesaggio industriale anche se, nello stesso tempo, esi-
Cambiando i sistemi produttivi ed
economici delle società umane, nel Nord Italia stono capannoni che giacciono inu-
queste rivoluzioni mutarono anche Al Nord, la Pianura padana offre l’e- tilizzati. La cementificazione è pro-
la realtà fisica e ambientale dei sempio italiano più lampante di pae- vocata anche dalla costruzione di
luoghi in cui si diffusero. Le tecni- saggio industriale. Per rendersene nuove imponenti infrastrutture, le
che di produzione – agricola e in- conto basta percorrere l’A4, l’auto- cosiddette «grandi opere», come il
dustriale – ebbero un’influenza de- strada che collega l’Ovest all’Est del- TAV, cioè il treno ad alta velocità de-
terminante sul paesaggio naturale, la Penisola, Torino a Trieste, il Pie- stinato a collegare Torino alla città
modificandolo e dando vita, rispetti- monte al Friuli. Il paesaggio che si francese di Lione, sulla cui utilità la
vamente, al paesaggio agrario e al offre alla vista durante il viaggio è popolazione si divide.

230
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale

La classe è divisa in gruppi di


lavoro. Ogni gruppo realizza un
prodotto multimediale che presen-
terà alla classe.

PRIMO GRUPPO - Paesaggi


cementificati
SCEGLIETE una serie di fotografie
reperibili online che documentino la
cementificazione in Italia, in diversi
contesti, in località di mare, di cam-
pagna e di città. Realizzate una pre-
Le conseguenze dannose sponsabilità umana nel dare forma sentazione multimediale da esporre
dell’attività umana all’ambiente e l’insieme di valori che alla classe, in cui evidenziate l’im-
ne influenzano la percezione indivi- patto ambientale, sugli ecosistemi e
La trasformazione di superfici agri-
duale e collettiva. Il paesaggio è cioè sulla vita dell’uomo, del consumo di
cole e ambientali in infrastrutture ed
il prodotto che scaturisce dall’inte- suolo nelle diverse aree.
edifici costruiti con materiali – come
razione tra umanità e ambiente
il cemento, appunto – che rendono SECONDO GRUPPO - Educazione
naturale. L’ambiente naturale identi-
difficile un ripristino dello stato am- civica – Il caso dell’Italia nel
fica dunque un territorio privo dell’a-
bientale precedente è nota come contesto europeo
zione e dell’influenza umana.
«consumo di suolo». COSTRUITE una scheda, da illustrare
I danni provocati dalla pervasività di Per quel che riguarda il rapporto alla classe, in cui confrontate il gra-
questo fenomeno di trasformazio- tra l’essere umano e l’ambiente, do di cementificazione della
ne ambientale sono preoccupanti. in ambito scientifico e filosofico si è Penisola italiana con quello
Innanzitutto, la cementificazione di ormai imposto l’uso di un nuovo ter- di almeno altri tre Paesi europei.
superfici verdi sottrae importanti mine che definisca la realtà attuale Nel presentarlo alla classe, sottoli-
risorse ambientali alla sfida che e quella del nostro futuro. L’olande- neate le peculiarità italiane, le aree
l’umanità sta affrontando per cer- se Paul Crutzen, premio Nobel per più colpite dalla cementificazione
care di contenere l’aumento delle la chimica, ha proposto nel 2000 e le strategie che si dovrebbero
l’utilizzo del termine Antropocene. adottare per frenare tale processo;
temperature globali. A differenza del
Secondo Crutzen, negli ultimi set- mettete infine in relazione i dati
cemento che porta a un aumento lo-
tant’anni le attività umane hanno con quanto stabilito dall’Agenda
calizzato del calore, la vegetazione
prodotto effetti che non sono circo- 2030 adottata dall’Unione
infatti riduce la nostra percezione Europea. Per svolgere il lavoro po-
del caldo e soprattutto assorbe e scritti a singole aree del pianeta o a
tete consultare il video Storia
stocca il carbonio e altri gas respon- gruppi chiusi di esseri viventi. Le con-
e ambiente - La difesa del
sabili del riscaldamento globale. seguenze dell’opera dell’uomo inte-
paesaggio dalla cementificazione
La cementificazione, inoltre, indebo- ressano ormai tutta la Terra e perva- selvaggia.
lisce la capacità di tenuta idrogeo- dono i meccanismi fisici e biologici
logica dei nostri territori, aumentan- dell’intera biosfera, termine con il TERZO GRUPPO - Cittadinanza
do la probabilità di frane e alluvioni; quale è designato l’insieme degli or- digitale – L’esperienza del
non da ultimo, riduce la preziosa di- ganismi viventi presenti sul pianeta. paesaggio
Per coniare il termine Antropocene, REALIZZATE un video in cui spie-
sponibilità di suoli agricoli e limita
Crutzen ha unito alla parola greca per gate, in maniera precisa e sempli-
così la capacità di autoapprovvigio-
uomo (anthropos) la particella (-ce- ce, i concetti di Antropocene e di
namento alimentare.
impronta ecologica, con l’obiettivo
Secondo la Convenzione europea ne), utilizzata per indicare il lento tra-
di creare consapevolezza intorno
del paesaggio (2000) il termine pa- scorrere delle epoche geologiche.
al tema della tutela dell’ambiente e
esaggio «designa una determinata Secondo il premio Nobel e molti al- del paesaggio. Potete arricchire il
parte di territorio, così come è perce- tri scienziati siamo dunque appena video, intervistando degli anziani e
pita dalle popolazioni, il cui carattere entrati in un lungo periodo storico dei famigliari chiedendo loro a quali
deriva dall’azione di fattori naturali destinato a essere segnato dal- trasformazioni del paesaggio hanno
e/o umani e dalle loro interrelazio- le conseguenze dell’attività umana assistito nel corso della loro vita.
ni». La parola richiama dunque la re- sulla struttura del nostro pianeta.

231
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

6 La politica liberista in Inghilterra


I tentativi di rafforzamento della monarchia di Giorgio III
Il sistema politico inglese, intanto, dava segni di una grave involuzione, che con-
tribuì probabilmente alla perdita delle colonie americane. Essa fu, in fondo, provo-
cata dall’incapacità di dare una risposta lungimirante a due esigenze: il desiderio
di autogoverno da parte dei sudditi dell’Impero e il bisogno di pulizia morale nella
vita pubblica dopo decenni di corruzione.
Già durante la guerra dei Sette anni si era sentita l’esigenza di maggiore chiarez-
za ed energia. L’uomo forte, allora, fu William Pitt «il Vecchio» (1708-78). Benché
whig, Pitt era un politico abbastanza diverso da quelli che agivano nel regime oli-
garchico che dominava l’Inghilterra, essendo un uomo intransigente e incorrut-
tibile. Indomabile avversario della Francia ed energico sostenitore dell’espansio-
ne imperiale, aveva condotto la guerra con polso fermo, ma, dopo le trattative di
pace, aveva dovuto passare il potere a un ceto politico tory abbastanza mediocre.
Il re Giorgio III (1760-1820), il primo della dinastia degli Hannover a essere
nato in Inghilterra, mirò a restaurare le proprie prerogative regali e per questo
si appoggiò alla parte tory, interrompendo il lungo regime whig; non ebbe tutta-
via la forza di violare le consuetudini parlamentari e di modificare le regole co-
stituzionali. In ogni caso, la necessità di voltare pagina e di dare alle istituzioni
politiche inglesi regole nuove era nell’aria. Ma, come sempre, si poteva indiriz-
zare il cambiamento sia in senso autoritario sia, all’opposto, verso una maggiore
trasparenza e apertura verso il basso: Giorgio III interpretò questo cambiamento
in maniera autoritaria.

Il movimento radicale di John Wilkes contro l’oligarchia


La lotta degli americani per l’indipendenza suscitò nella madrepatria non poche
simpatie per i coloni e contribuì a far nascere un movimento per la riforma radi-
cale del sistema politico ed elettorale britannico. Negli anni Sessanta il giornalista
e deputato John Wilkes (1725-97) diventò il simbolo di questo movimento, che
ben presto si chiamò appunto «radicale»: un movimento che non si proponeva di
cambiare il sistema sociale, ma di allargare il suffragio e i diritti civili e di cam-
biare le istituzioni politiche in senso democratico. Anziché dare maggior forza alla
corona per contenere l’oligarchia (come voleva Giorgio III), i radicali chiedevano di
includere e di coinvolgere nel sistema politico le masse popolari.
Ripassa con In questa soluzione antiautoritaria riemergevano le profonde tradizioni religio-
la presentazione La se, le idee e i riferimenti culturali del protestantesimo dissidente. Dunque, il ra-
Rivoluzione industriale
in Inghilterra e dicalismo inglese pose come problema politico la definizione delle regole, ma si
costruisci una fermò di fronte alla sostanza dei rapporti fra i gruppi sociali, perché la cultura reli-
mappa in cui metti in giosa che in larga parte lo permeava poneva dei confini all’impegno politico, nella
relazione:
• i fattori che favoriro-
convinzione che la politica fosse inadeguata a dare risposte ai problemi ultimi del-
no lo sviluppo indu- la vita, all’ingiustizia, alla sofferenza. Alcuni dirigenti radicali, d’altra parte, erano
striale; uomini di Chiesa e questo rese per loro difficile, qualche anno dopo, condividere i
• i limiti dell’industria-
lizzazione;
valori laici, o addirittura scristianizzatori, della Rivoluzione francese.
• le dure condizioni Wilkes era un radicale ma anche un membro delle istituzioni e della classe di-
dei lavoratori. rigente del Paese e perciò non fu possibile metterlo a tacere. Quando fu arrestato
per un articolo che offendeva il re, per la sua condanna il governo invocò ragioni di

232
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |

opportunità politica, ma proprio sul suo caso il giudice pronunciò una frase che è
rimasta famosa ed emblematica del modo britannico di tutelare la libertà: «la po-
litica (public policy) non è un argomento in un’aula di giustizia».

La graduale svolta in senso liberista


I problemi però restavano e anzi, con l’avvio della Rivoluzione industriale, si ag-
giunse un disagio sociale sempre più drammatico, tanto che la convivenza civi-
le rischiò di crollare. Ciò divenne evidente nel 1778, quando, per rispondere al
bisogno di giustizia degli irlandesi, tragicamente oppressi e vicini a un’insurre-
zione nazionalista, si propose una blanda apertura al riconoscimento dei diritti
politici ai cattolici.
Un oscuro membro della Camera dei Comuni, George Gordon (1751-93), inci-
tò allora a manifestare contro il «papismo», con il beneplacito del Municipio di
Londra. Ma i Gordon riots, i «tumulti di Gordon», andarono molto al di là del pre-
LESSICO
Liberismo visto e spaventarono la classe media, tanto che la sommossa fu soffocata in modo
Orientamento teorico brutale con l’intervento militare al prezzo di più di cinquecento tra morti e feriti.
secondo il quale un Nel 1783 Giorgio III affidò il governo al ventiquattrenne William Pitt «il Giova-
sistema economico
funziona se si lascia ne» (1759-1806), che aveva ricevuto la propria formazione ideologico-politica dal
libertà ai comportamenti padre e ne aveva raccolto l’eredità, dimostrando però maggiori capacità politiche.
economici individuali Pitt «il Giovane» rappresentava più di chiunque altro il bisogno di voltare pagina
e lo Stato interviene
solo per impedire la rispetto alla pratica oligarchica di spartire le cariche istituzionali sempre fra i soli-
formazione di monopoli. ti membri dell’élite. Egli vinse ampiamente le elezioni del 1784 e rimase al potere
Tale teoria si basa su per il resto della sua vita.
due assunti: l’individuo
è sempre in grado
Pitt non modificò le regole del gioco parlamentare così come si erano andate
di fare le migliori consolidando nel corso del Settecento e rinviò la loro riforma in senso democrati-
scelte per i propri co, impegnando il Paese nella lotta senza quartiere contro la Rivoluzione france-
fini economici e le
interazioni tra le scelte,
se, prima, e contro Napoleone, poi ( ▶ capp. 9 e 10). Sotto il suo governo la legisla-
mediate dal mercato, zione economica si trasformò sempre più in senso liberista, avviando il graduale
producono il massimo trapasso dal predominio della vecchia classe dirigente agraria a quello della nuova,
benessere collettivo.
emergente borghesia industriale.

personali, contribuiranno inevitabilmente al benes-


UN ALTRO SGUARDO
sere collettivo e alla felicità sociale, guidati da quel-
Il radicalismo inglese la che Smith chiama la «mano invisibile». In ragio-
e l’estensione dei diritti ne delle sue posizioni, Smith è ritenuto il fondatore
del liberismo.
I profondi cambiamenti economico-sociali che inte- Jeremy Bentham (1748-1832), considerato il fon-
ressarono l’Inghilterra del XVIII secolo stimolarono datore dell’«utilitarismo», riteneva che una trasforma-
la riflessione su questioni come le riforme sociali, zione sociale fosse possibile attraverso un progetto
la partecipazione politica e le prospettive econo- razionale di riforma, guidato dal principio dell’utile
miche future. comune, ovvero «la massima felicità del maggior nu-
Al centro di molte considerazioni era l’utile, indivi- mero di persone». Bentham, oltre che dedicarsi alla
duale e sociale, come movente dell’agire umano. riflessione teorica, fu in prima linea nelle battaglie del
Secondo il pensiero dello scozzese Adam Smith movimento radicale, l’ala più estrema dello schie-
(1723-90) vi è un ordine naturale nell’economia po- ramento liberale, che negli anni propose l’estensione
litica per il quale se i soggetti economici vengono del suffragio, la libertà di associazione e di stampa,
lasciati liberi di agire, perseguendo i loro vantaggi la diffusione dell’istruzione.

233
Dalla Storia all’Educazione civica

Rivoluzione industriale Guarda il video


dell’intervista
all’autore
e inquinamento Approfondisci con
la Costituzione
di Gustavo Zagrebelsky commentata

La scoperta dei fossile o coke veniva, ad esempio, narono quindi negli anni la sua cre-
combustibili fossili già impiegato per riscaldare le abi- scente domanda da parte di sva-
tazioni quando a metà del XVIII se- riati settori industriali.
La Rivoluzione industriale rappre-
colo l’ideazione della macchina a
sentò un salto qualitativo nello svi-
vapore aumentò enormemente il Rivoluzione industriale e
luppo della produzione manifattu-
suo utilizzo nei settori tessile e me- selezione «naturale»: il caso
riera, ma anche il momento di avvio
di un cambiamento nel rapporto tallurgico. della falena delle betulle
con l’ambiente, che si sarebbe ca- Oltre a supplire alla richiesta di
Fin dall’inizio l’industrializzazione
ratterizzato nei decenni successivi combustibile il carbone garantiva
ebbe un grande impatto sull’am-
per il crescente sfruttamento delle una resa migliore dei filatoi mecca- biente. Le aree vicine agli impian-
risorse naturali da parte dell’uomo. nici e permetteva di raggiungere le ti videro per prime mutare il loro
A favorire la nascita del metodo mo- alte temperature necessarie alla la- aspetto in conseguenza dei disbo-
derno di produzione nell’Inghilterra vorazione dei metalli. scamenti, della costruzione di vie
della seconda metà del XVIII seco- Negli anni Cinquanta dell’Ottocen- di trasporto, ma si trovarono an-
lo furono nuove scoperte in ambi- to la diffusione del motore a com- che a fare i conti con i prodotti di
to tecnologico e l’impiego su larga bustione interna e la successiva scarto, con acque e gas di scarico,
scala dei combustibili fossili, co- invenzione dell’automobile diedero e con il rumore prodotto dai nuovi
me carbone, petrolio e gas naturali, forte slancio all’estrazione di un altro macchinari industriali.
derivati dalla trasformazione natura- combustibile fossile, il petrolio. Dal- Un esempio emblematico degli ef-
le di sostanza organica – seppellita- la raffinazione dell’«oro nero» si era fetti della Rivoluzione industriale
si sottoterra nel corso delle ere ge- infatti riusciti a produrre la benzina. sull’ambiente e l’ecosistema inglese
ologiche – in forme molecolari più Nei decenni seguenti si scoprirono è quello dell’evoluzione della fale-
stabili e ricche di carbonio. sempre nuovi utilizzi del petrolio che na delle betulle, una falena diffusa
L’uso del carbone a sostituire la le- culminarono, a metà Novecento, nel in tutta Europa che può assumere
gna come combustibile si era dif- suo impiego per la produzione di due tipi di colorazione: chiara pun-
fuso, in verità, nelle isole britanni- materiali sintetici come la plastica. teggiata di macchie scure, che le
che già da qualche tempo. Il carbon I nuovi utilizzi del petrolio determi- permette di mimetizzarsi sui licheni
che crescono sui tronchi delle be-
tulle; più scura (carbonara), che le
facilita la mimetizzazione sui tronchi
privi di licheni.
Un naturalista inglese, Bernard
Kettlewell, scoprì che la forma nera
era più diffusa di quella bianca pro-
prio nelle aree inquinate. L’inquina-
mento atmosferico delle fabbriche
a carbone aveva ridotto i licheni sui
tronchi degli alberi, coperti invece
da uno strato di fuliggine, e come
conseguenza si verificò la scompar-
sa di falene chiare e la moltiplicazio-
Una miniera di carbone in Belgio nel 1855. ne di quelle scure.
Dibattito in classe:
l’inquinamento

L’inquinamento è un
problema globale che
costringe a mettere in discussione i
sistemi produttivi. A livello interna-
zionale, però, non c’è unanimità sulle
Industrializzazione, Oggi l’inquinamento atmosferico strategie da seguire per costruire
urbanizzazione e ambiente a opera dell’uomo interessa l’intero un’economia sostenibile: da un lato
oggi: l’inquinamento globo: l’emissione di particelle in- ci sono Stati, come quelli in via di
atmosferico quinanti nell’aria (polveri sottili) sviluppo, che non intendono por-
ha effetti sul riscaldamento del clima re dei limiti all’industrializzazione,
Prima della Rivoluzione industriale ma anche in modo diretto sulla sa- almeno nel breve periodo, perché
manipolazioni sull’ambiente erano lute dell’uomo. Le particelle più pic- questo comporterebbe un grande
già state praticate dall’uomo in al- cole riescono infatti a raggiungere i svantaggio economico; altri invece
cuni contesti specifici come quelli bronchi e sono la causa dell’aumen- sono disposti ad adottare politiche
delle Americhe coloniali. Si trattò to delle malattie cardiovascolari e più severe per contenere l’inquina-
di interventi che interessarono l’in- dell’apparato respiratorio. mento. Scegliete tre studenti che
troduzione di nuove specie vegetali L’industrializzazione recente nei facciano da giuria, poi dividete il
ma anche la creazione di monocul- Paesi asiatici sta aggravando que- resto della classe in due gruppi:
ture che giocarono a scapito della sto fenomeno. Fino a pochi anni 1. il gruppo A sosterrà le ragioni dei
biodiversità di questi luoghi. primi; il gruppo B si concentrerà
fa era la Cina il primo produtto-
Questi interventi, tuttavia, non su quelle dei secondi. Per appro-
re mondiale di CO2; oggi, dopo
fondire il tema potete consultare
sortirono quegli effetti irreversibi- che il Paese ha intrapreso a partire un video sul futuro dei sistemi di
li sull’ambiente che si verificarono dal 2015 una politica di riduzione produzione accedendo tramite il
invece a partire dall’Ottocento co- delle emissioni, è invece l’India a QR code.
me conseguenza della Rivoluzio- detenere questo primato. Recenti 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
ne industriale e dell’inquinamento dati dell’Organizzazione Mondiale voce, che in 5 minuti presenterà
prodotto dai nuovi metodi di produ- della Sanità mostrano come in In- alla giuria i risultati del lavoro.
zione. Le emissioni di gas prove- dia si trovino ben dieci fra le cit- Nell’esporre le proprie ragioni, si
nienti dalla combustione del coke tà più inquinate dell’intero pianeta. possono proiettare presentazio-
provocarono, infatti, già nella prima Secondo un rapporto sulla qualità ni multimediali che contengano
fase della Rivoluzione un inquina- dell’aria del marzo 2020 nei due immagini, dati e riferimenti a fatti
mento localizzato, limitato a con- Paesi – India e Cina – si concen- di cronaca.
testi ambientali circoscritti. Tra la tra circa il 90% delle città con più 3. Seguirà un dibattito libero
fine dell’Ottocento e l’inizio del No- alto inquinamento da polveri sottili, di 10 minuti tra le due squadre,
vecento, le combustioni di petrolio anche se altre località del Sudest ciascuna delle quali farà valere
e gas liberarono elementi chimici le proprie ragioni. Alla fine, i tre
asiatico hanno raggiunto livelli pre-
giudici si confronteranno tra
non riassorbibili naturalmente, co- occupanti: nello stesso rapporto è
loro e decideranno qual è stato
me anidride carbonica e ossido infatti l’indonesiana Jakarta ad es- il gruppo più efficace nella comu-
d’azoto, che intaccarono col tempo sere indicata come la nuova città nicazione.
la qualità dell’aria. più inquinata del mondo.

235
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

«Whigs» e «tories» minori epidemie di peste, nuove abi-


In Inghilterra, nel Settecento, il Parlamento, costitui- tudini igieniche, aumento della natalità
to dalla Camera dei Lord e dalla Camera dei Comu- e un’alimentazione migliore; la rivoluzione agricola,
ni, aveva il monopolio del potere legislativo, mentre frutto di maggiori investimenti, intensificazione delle
il re aveva il diritto di veto sulle leggi emanate dal recinzioni, sperimentazione di tecniche di rotazione
Parlamento. delle colture; lo sviluppo commerciale, che determinò
Secondo i tories, solo il re era il legittimo depositario una grande disponibilità di capitali da investire nello
della sovranità, mentre per i whigs il monarca poteva sviluppo infrastrutturale del Paese; lo sviluppo scien-
regnare soltanto in base a un contratto con i sudditi, tifico-tecnologico, dovuto a un’attitudine all’innova-
garantito dal Parlamento. zione e all’intraprendenza privata.
Prima della Gloriosa rivoluzione, i tories erano il parti-
to della corte e i whigs erano il partito dell’aristocra- Il cotone e il carbone
zia provinciale. Con Guglielmo d’Orange, nel 1689, la Nel settore tessile si videro i primi effetti dell’innova-
situazione si ribaltò: i whigs si avvicinarono alla vita zione tecnologica. Nel 1733 fu brevettata la «spoletta
di corte; i tories divennero un partito d’opposizione. volante», che velocizzava la tessitura, permettendo
In questo contesto, nel 1702 salì al trono la regina An- così l’aumento della produzione; in seguito fu velo-
na, sotto la quale fu promulgato l’Atto di Unione, che cizzata la filatura con l’introduzione della «jenny»
sancì l’unificazione di Inghilterra e Scozia e garantì e poi della «mule jenny», che gestiva fino a cento-
agli scozzesi la rappresentanza in Parlamento. trenta fusi.
Morta Anna, nel 1714 il Parlamento affidò la corona Nel settore energetico, invece, in cui si utilizzava il car-
a Giorgio I, principe tedesco elettore di Hannover. bone fossile come combustibile per l’altoforno nella
In questa fase i whigs furono guidati dal primo mini- produzione di acciaio, l’introduzione della macchina
stro Robert Walpole dal 1721 al 1742. a vapore di James Watt rese molto più conveniente
e stabile la produzione.
Il sistema politico inglese
Il sistema istituzionale inglese prevedeva il governo di La fabbrica e la formazione della classe
un primo ministro, espresso dalla maggioranza par- operaia
lamentare; il Parlamento governava a livello centrale, L’innovazione tecnologica segnò anche la nascita del-
mentre a livello locale l’aristocrazia e i proprietari ter- le fabbriche, in cui lavoravano anche donne e bambini
rieri controllavano amministrazione e giustizia. in condizioni durissime, fino a sedici ore al giorno, per
Il regime whig aveva un carattere oligarchico, in cui salari bassi, inferiori a quelli degli uomini.
corruzione ed elezioni manipolate erano la norma. In questa fase, per venire incontro ai bisognosi, lo
Con il tempo la Camera dei Comuni divenne il centro Stato creò il cosiddetto «sistema di Speenhamland»,
della sovranità, i whigs allontanarono Giorgio I e Gior- che imponeva alle parrocchie l’integrazione del red-
gio II dalle funzioni governative alterando così l’equi- dito delle famiglie indigenti per garantirne la soprav-
librio tra potere legislativo ed esecutivo. vivenza.
Nelle province il potere era nelle mani del giudice di
pace, un servitore della legge, non dello Stato, spes- La politica liberista in Inghilterra
so membro della gentry, la piccola nobiltà di campa- Giorgio III tentò di restaurare le prerogative regali, con
gna che manteneva un rigido controllo sociale, eco- l’appoggio dei tories, cercando in modo autoritario
nomico e politico. di colpire il sistema oligarchico vigente. Altri, come
il movimento radicale di John Wilkes, chiedevano di
Le premesse dell’industrializzazione ampliare il suffragio e i diritti civili e di coinvolgere
Nel XVIII secolo l’Inghilterra era la più grande area di li- nel sistema politico le masse popolari.
bero commercio al mondo e godeva di vantaggi com- Giorgio III, per segnare una cesura col passato, affi-
merciali e finanziari. In questo contesto, quattro fat- dò il governo a William Pitt «il Giovane», che favorì
tori favorirono la Rivoluzione industriale: l’incremento l’avvio di una politica liberista e l’ascesa della bor-
demografico, reso possibile dal calo della mortalità, ghesia industriale.

236
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

si verificò nel XVIII secolo in

......................................

in cui vigeva un in un contesto favorevole grazie a ed ebbe un grave

sistema impatto
istituzionale sociale

incremento rivoluzione sviluppo sviluppo


caratterizzato da ...................... ...................... ...................... ...................... per via delle

• governo dovuto a frutto di che favorì dovuto a


dure condizioni
presieduto da di lavoro degli
un ..................... • calo della • maggiori • circolazione • volontà di operai:
• Parlamento ............................... ....................... di capitali innovazione • turni molto
composto da • minori epidemie • recinzioni • investimenti • intraprendenza lunghi
Camera dei di peste intensi cate infrastrutturali privata • assenza
............................ • nuove abitudini • ....................... di tutele
e Camera ............................... delle • ................. bassi
dei ..................... • aumento della colture • ............................
come
• potere ............................... dimostrato e ........................
..................... del • migliore dai casi sfruttati e
Parlamento ............................... della sottopagati
• potere
............................
di ....................... e determinò un
incremento della
e ........................
........................... ....................... e ....................... macchina .....................
..................... nelle
città
e dal contrasto tra che rivoluzionano il che rivoluziona il

.............................. a cui lo Stato


settore ................................ settore ..................... rispose con il
e

.............................. e determinano l’ e determina l’ «sistema di


...........................»,
che instaurano un per integrare
il reddito delle
famiglie più
corrotto regime aumento della ........................ povere
..............................
senza equilibrio
tra potere
legislativo ed
esecutivo

237
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CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Quale macchinario viene definito «mule jenny»?
Date: 1733 • 1707 • 1781 • 1783 b. Con quale gruppo sociale s’identifica la gentry?
c. Che cos’è l’utilitarismo?
Luoghi: Inghilterra • India • Londra • Liverpool
d. Che cos’è il diritto consuetudinario?
a. Nel ...................., con l’Atto di Unione gli scozzesi
ottennero la rappresentanza in Parlamento.
NESSI E RELAZIONI
b. Nel XVIII secolo, .................... diventò una grande
metropoli. 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
c. L’.................... era ricca di carbon fossile. a. Le corporazioni di mestiere perdono
d. La spoletta volante fu inventata nel .................... . importanza, fino ad essere abolite.
e. Sorsero nuovi centri urbani dal nulla attorno b. Nel corso del XVIII, migliaia e migliaia
alle manifatture, come .................... . di persone si trasferiscono a Londra.
f. Nel XVIII secolo, la fibra del cotone proveniva c. In Inghilterra, prende campo il sistema
in gran parte dall’.................... . di fabbrica.
g. Nel .................... William Pitt «il Giovane» diventò d. Gli inglesi riescono a realizzare un cotone
il primo ministro inglese. di alta qualità, ma a costi contenuti.
h. James Watt brevettò la macchina a vapore 1. Gli inglesi, da importatori di cotone filato,
nel .................... . diventano esportatori in India.
2. Si aprono nuove possibilità per la libera
EVENTI E PROCESSI iniziativa imprenditoriale.
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. 3. Sorgono nuovi centri urbani, come
Manchester, attorno alle fabbriche.
a. Quali invenzioni rappresentarono le premesse
4. Si moltiplicano i problemi di igiene e sicurezza
tecnologiche della rivoluzione industriale in
pubblica.
Gran Bretagna?
b. Descrivi le conseguenze economiche che
ebbe la diffusione dell’industria nell’Inghilterra COMPETENZE
del XVIII secolo. ESPORRE ORALMENTE
c. Quali provvedimenti aveva preso il governo
6 Rispondi alle seguenti domande.
inglese già dal Seicento nei confronti dei po-
veri e dei vagabondi? a. Descrivi le condizioni di vita della classe
operaia nelle città inglesi del Settecento.
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. (3 minuti)
a. V F Per i whigs, il re è il legittimo deposita- b. Che cosa s’intende con «sistema
rio del potere sovrano. di Speenhamland»? (2 minuti)
b. V F Il sistema giuridico inglese non con- c. Quale ruolo ebbero le donne nel processo
serva più il suo tradizionale impianto di industrializzazione inglese? (2 minuti)
«consuetudinario». d. Spiega come cambia la produzione del cotone
c. V F William Pitt «il Vecchio» fu un esponen- con l’introduzione delle filatura meccanica.
te di spicco del partito tory. (1 minuto)
d. V F Le giornate lavorative degli operai
erano molto lunghe. SCRIVERE
e. V F I Gordon riots furono repressi nel VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA B
sangue.
f. V F Alla fine del Settecento, i filatoi e i telai 7 Scrivi un testo di tipo espositivo in cui spieghi i
cominciarono ad essere alimentati fattori che hanno permesso alla Gran Bretagna
a vapore. di avviarsi per prima sulla strada dell’industria-
lizzazione. Puoi distinguere fra cause di lunga
g. V F Giorgio III sostenne il partito tory.
e breve durata; fra fattori ambientali, economi-
h. V F A donne e bambini era proibito lavorare
co-sociali, politici e culturali.
in fabbrica.

238
Fonti e Storiografia
FONTI La divisione del lavoro secondo Adam Smith
F1 Adam Smith (1723-90), economista e filosofo scozzese, è considerato il padre del-
la scuola economica classica e fondatore del pensiero liberista. Nella sua opera La
ricchezza delle nazioni, del 1776, l’autore si schiera contro l’intervento dello Stato
nell’economia. In questo brano individua nella divisione del lavoro un fattore di note-
vole incremento delle capacità produttive.

Sembra che il grandissimo progresso della capacità produttiva del lavoro e la maggiore
abilità, destrezza e avvedutezza con le quali esso è ovunque diretto o impiegato siano stati
effetti della divisione del lavoro.
Gli effetti della divisione del lavoro, nei rapporti generali della società, si comprendono più
agevolmente considerando in quale maniera essa operi in alcune particolari manifatture […].
Leggi in digitale il
testo La rivoluzione Prendiamo dunque un esempio da una manifattura di scarsa importanza ma in cui la divi-
energetica di Edward sione del lavoro è stata molto spesso notata, quella della fabbricazione degli spilli. Un opera-
A. Wrigley. L’autore io non addestrato in questa attività […], né abituato all’uso delle sue macchine (l’invenzione
confuta la tesi delle quali è probabilmente stata determinata dalla stessa divisione del lavoro), potrebbe forse
sostenuta da Adam
a malapena, impiegandosi al massimo, fare uno spillo al giorno, e certamente non potreb-
Smith ne La divisione
del lavoro secondo be farne venti. Ma nel modo in cui ora viene svolta, non soltanto questa attività è un lavoro
la quale il fatto specializzato, ma è divisa in molti rami, la maggior parte dei quali parimenti specializzati.
di aver distinto Un uomo svolge il filo metallico, un altro lo drizza, un terzo lo taglia, un quarto lo appun-
in tanti passaggi
tisce, un quinto lo arrota nella parte destinata alla capocchia; per fare la capocchia occorro-
un’attività produttiva
rappresentasse no due o tre distinte operazioni; il montarla è un lavoro particolare e il lucidare gli spilli è
da solo un fattore un altro, mentre mestiere a sé è persino quello di incartarli. La fabbricazione di uno spillo
di crescita. è così divisa in circa diciotto distinte operazioni […].
Dopo aver letto i Ho visto una fabbrica di questo tipo dove lavoravano soltanto dieci uomini e quindi do-
due testi, riassumi ve taluni di essi eseguivano due o tre distinte operazioni. Ma sebbene fossero poverissimi e
le tesi di Wringley e
di Smith, riporta gli quindi scarsamente attrezzati delle macchine necessarie, essi potevano, applicandosi, fare
argomenti a favore tra tutti circa dodici libbre di spilli al giorno. In una libbra vi sono oltre quattromila spilli di
dell’una e dell’altra; media grandezza. Quelle dieci persone potevano, quindi, fare complessivamente oltre qua-
infine evidenzia in rantottomila spilli in un giorno. Ognuno, facendo la decima parte di quarantottomila spilli,
che modo Wringley
confuta la tesi di
faceva quindi in media quattromilaottocento spilli al giorno.
Smith. Ma se avessero lavorato separatamente e indipendentemente […] essi certamente non
avrebbero potuto fare venti e forse nemmeno uno spillo al giorno ciascuno; cioè certamen-
te nemmeno la duecentoquarantesima parte e forse nemmeno la quattromilaottocentesima
parte di ciò che essi sono ora capaci di eseguire in conseguenza di una adeguata divisione
e combinazione delle loro differenti operazioni.
(da A. Smith, La ricchezza delle nazioni, Utet, Torino 1975, pp. 79-81)

COMPRENDERE 1. In quanti passaggi è organizzata all’incirca la produzione di spilli?


2. Quanti spilli potevano fabbricare gli operai dividendo le mansioni in un solo
giorno?
INTERPRETARE 3. In cosa consiste il vantaggio della divisione del lavoro secondo Adam Smith?
VALUTARE 4. La medicina del lavoro ha sottolineato anche degli aspetti negativi legati
allo svolgimento di un’attività ripetuta, che hanno un impatto sulla salute
sia fisica che psicologica degli operai: riesci ad immaginare un esempio?
Rispondi alla domanda e confrontati con i tuoi compagni.

239
Fonti e Storiografia

STORIOGRAFIA L’uomo e la macchina nel nuovo sistema produttivo


S1 Davis S. Landes
Davis S. Landes (1924-2013), storico statunitense esperto di economia, in questo
brano mette a fuoco le trasformazioni che riguardarono i lavoratori e le modalità se-
condo cui la popolazione rurale fu inglobata nel nuovo sistema produttivo.

GLI SNODI La Rivoluzione industriale sconvolse la vita dei lavoratori.


DEL TESTO La fabbrica era un nuovo genere di prigione.
I sistemi produttivi artigianali si erano dimostrati spesso insufficienti.

I cambiamenti tecnologici che indichiamo col nome di «Rivoluzione industriale» portaro-


no a una rottura col passato quale non si era avuta dall’invenzione della ruota in poi. Dal
lato degli imprenditori, essi richiesero una radicale redistribuzione degli investimenti e
una concomitante revisione del concetto di rischio. Laddove prima quasi tutti i costi del-
la manifattura erano variabili [...] adesso essi dovettero essere immobilizzati 1 in misura
sempre maggiore in impianti fissi. La flessibilità del vecchio sistema era molto vantaggiosa
per l’imprenditore: in tempi di crisi, egli era in grado di arrestare la produzione con poco
danno, e di riprendere il lavoro solo quando e nella misura in cui la situazione lo rendeva
consigliabile. Ora sarebbe stato prigioniero del suo investimento: una condizione che mol-
ti dei vecchi mercanti-manifatturieri trovarono assai duro e a volte impossibile accettare.
Per il lavoratore la trasformazione fu ancor più radicale, perché mise in gioco [...] la sua
stessa vita. Per molti [...] l’introduzione della macchina volle dire, per la prima volta, com-
pleta separazione dal mezzo di produzione: l’operaio diventò un hand, una «mano».
A quasi tutti, poi, la macchina impose una nuova disciplina. La filatrice non poté più far
girare la sua ruota e il tessitore avvolgere la sua spola a casa, senza controlli, l’una e l’altro
nelle ore che preferivano; adesso il lavoro doveva essere svolto in una fabbrica, al ritmo sta-
bilito da un attrezzo [...] inanimato, nell’ambito di una schiera numerosa di operai che do-
veva cominciare, sostare e smettere all’unisono – tutti sotto l’occhio attento di sorveglianti
che avevano, per assicurare la solerzia dei lavoranti, mezzi di coercizione morale, pecunia-
ria, e a volte anche fisica. La fabbrica era un nuovo genere di prigione [...].
Le origini dell’interesse imprenditoriale per le macchine e la produzione di fabbrica van-
no cercate nella crescente insufficienza dei vecchi modi di produzione [...].
Di queste forme di organizzazione antecedenti la fabbrica, la più antica era la bottega ar-
tigiana indipendente, con un padrone mastro spesso assistito da uno o più lavoranti o ap-
prendisti. Molto presto tuttavia – già nel XIII secolo – questa indipendenza era venuta meno
in altre zone, e l’artigiano si era trovato legato al mercante che gli forniva la materia prima
e vendeva il suo prodotto finito. Questa subordinazione dal produttore all’intermediario
[...] fu una conseguenza dello sviluppo del mercato. Mentre un tempo l’artigiano lavora-
1 immobilizzati: va per una clientela locale, […] adesso egli venne a dipendere dalle vendite fatte attraverso
l’autore fa riferimento
un mediatore in mercati lontani, e in concorrenza con altri. Per far fronte alle fluttuazioni
al fatto che gli impianti
stabili (le fabbriche), insite in questo sistema egli era male attrezzato. In tempi difficili gli accadeva di rimanere
da quel momento in poi, completamente in ozio, senza nessuno a cui vendere le sue cose; e quando gli affari mi-
avrebbero comportato glioravano, di solito egli era costretto a prendere a prestito dal suo mercante i materiali di
delle spese fisse e
immobilizzato una parte cui aveva bisogno per riprendere il lavoro. […]
dei capitali. Fu in gran parte in questo modo che la popolazione rurale fu attratta nel circuito produttivo.
(da D.S. Landes, Prometeo liberato, Einaudi, Torino 2017, pp. 56-59)

COMPRENDERE 1. Perché il lavoro di fabbrica era meno flessibile?


IL TESTO
2. Quali vantaggi offriva la meccanizzazione della produzione agli imprenditori?
3. Individua nel testo le cause dell’inefficienza dei sistemi produttivi artigianali.

240
La Rivoluzione industriale inglese 7

S2 Il lavoro di donne e bambini nella Rivoluzione industriale


Anna Bellavitis
Nel brano proposto Anna Bellavitis analizza l’impatto della Rivoluzione industriale sul
fenomeno del lavoro femminile e infantile.

GLI SNODI Donne e bambini fornivano lavoro a basso costo.


DEL TESTO La crescita demografica aumentò il numero di bambini-lavoratori.
Il lavoro femminile e infantile era, in alcuni casi, preferito a quello maschile.

Introducendo una tappa intermedia tra l’epoca preindustriale e l’epoca industriale, il mo-
dello protoindustriale 1 ha contribuito [...] a ridurre la portata «rivoluzionaria» della cosid-
detta rivoluzione industriale, che tuttavia, proprio per quanto riguarda il lavoro femminile
e infantile, conserva, specie nel caso inglese, specificità innegabili, anche se non si può par-
lare di opposizione tra industria concentrata e meccanizzata ad alto tasso di produttività e
una forma di manifattura tradizionale [...]. Tra fine Settecento e inizio Ottocento si trattava
piuttosto di coesistenza tra filatura meccanica concentrata in ampi stabilimenti e filatura
a domicilio. La compenetrazione fra i due modi di produzione permetteva di diversificare
i rischi e di utilizzare la forza lavoro a basso costo di donne e bambini, il cui sfruttamento
raggiunse probabilmente i massimi livelli proprio nel periodo della rivoluzione industria-
le, anche se resta molto difficile avere precisi dati quantitativi sul lavoro femminile e in-
fantile, per lo più assente dalle statistiche e dai registri dei salari nell’Inghilterra dell’epoca.
Il lavoro di donne e bambini era da sempre un pilastro indispensabile delle entrate fa-
migliari, ma lo divenne ancora di più a fine Settecento, quando la crescita demografica au-
mentò proporzionalmente il numero di bambini disponibili sul mercato del lavoro, spin-
gendo quindi i produttori ad adattare forme e tecniche di produzione alle braccia infantili.
Parallelamente, l’impiego di manodopera femminile nelle manifatture inglesi si fondava su
competenze acquisite nella produzione domestica. A ciò si aggiungeva l’apporto di mano-
dopera femminile immigrata nelle città, fenomeno che si riscontra in tutta Europa, ma che
1 protoindustriale: fu amplificato, nel caso inglese, dai mutamenti della struttura nella produzione agricola.
si definiscono Lo sfruttamento di manodopera infantile non era una novità ed era stato sempre fon-
«protoindustriali» quelle damentale in agricoltura come nell’espansione della manifattura in epoca moderna. Nei
forme di organizzazione
dei processi
laboratori gestiti da donne in cui si fabbricavano calze a maglia – una produzione che co-
produttivi che hanno nobbe un rapidissimo sviluppo nelle città italiane del Cinquecento – erano impiegati bam-
preceduto e introdotto bini anche molto piccoli con salari bassissimi. […] A fine Settecento, gli imprenditori mo-
l’industrializzazione,
denesi di mulini da seta chiedevano al Grande Albergo dei Poveri 2 di fornire ai loro mulini
soprattutto nel settore
tessile. «gli occorrevoli 3 fanciulli», dopo averli disciplinati, ovvero, come scrissero, dopo aver «tol-
2 Grande … Poveri: to loro la libertà». […]
l’Albergo dei poveri di
La novità dell’epoca della rivoluzione industriale consisteva nelle dimensioni del feno-
Modena era un istituto
di carità, nato per meno e nello sviluppo di nuovi modi di produzione industriale basati su bassissimi sala-
raccogliere le opere ri, crescente intensificazione del lavoro e maggior disciplinamento della forza-lavoro. In
pie della città con fini alcuni casi, il lavoro femminile e infantile non era complementare ma alternativo a quello
assistenziali e caritativi.
3 occorrevoli: che maschile, al quale era preferito per il suo minor costo, ma proprio per questo motivo il suo
occorrono, che servono. utilizzo non incentivava investimenti produttivi e innovazioni tecnologiche.
(da A. Bellavitis, Il lavoro delle donne nelle città dell’Europa moderna,
Viella, Roma 2016, pp. 52-54)

COMPRENDERE 1. Lo sfruttamento lavorativo di donne e bambini fu una novità della Rivoluzione


IL TESTO industriale?
2. Perché è difficile stimare quante donne lavorassero nel settore tessile?
3. Perché gli orfani risultano particolarmente esposti allo sfruttamento?

241
8 La Rivoluzione
americana
Dalla guerra dei Sette anni alla Rivoluzione americana
Se con la guerra dei Sette anni la Gran Bretagna era emersa come potenza egemone, il
conflitto aveva inasprito i rapporti con le sue colonie americane; queste, forti di un’in-
tensa crescita demografica ed economica, avevano già mostrato, negli anni Settanta del
Esplora l’immagine XVIII secolo, i primi segni di insofferenza verso la politica fiscale e le restrizioni com-
interattiva merciali che la madrepatria imponeva loro, che sarebbero culminati di lì a poco nella
Dichiarazione d’indipendenza.

La nascita degli Stati Uniti e il governo federale


La nascita della Le ostilità fra gli eserciti della Gran Bretagna e delle colonie si aprirono nel 1775 e si con-
bandiera. Dipinto
rievocativo di Henry clusero, dopo otto anni, con la vittoria dei coloni grazie anche al sostegno di Francia e
Mosler che raffigura la Spagna e all’abilità del generale George Washington. Nel 1783 nascevano gli Stati Uni-
sarta Betsy Ross e le ti d’America, formati inizialmente dalle tredici colonie ribelli, che pur mantenendo una
sue aiutanti intente a
cucire la prima bandiera certa autonomia si sarebbero riconosciute nei princìpi sanciti dalla Costituzione e orga-
statunitense nel 1777. nizzate in un governo di tipo federale.

1764-65 1773 1775-1783 1776


Tassa sullo zucchero e sul Boston Tea Party Guerra d’indipendenza Dichiarazione
bollo nelle colonie americane americana d’indipendenza americana
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. Secondo i linguisti, la parola latina foedus,
ovvero patto, da cui derivano i termini di
federazione e confederazione, è legata, dal LEZIONE
punto di vista etimologico e semantico, a fides GUARDA il video Il Settecento e le rivoluzioni
che significa fiducia; a ben vedere, non può
1. Guerra di indipendenza o rivoluzione?
sussistere alcun patto se manca un rapporto
▶ p. 244
di fiducia fra chi lo stringe. Da fides e foedus
2. Le colonie inglesi d’America ▶ p. 245
derivano molte parole italiane che spesso
3. I motivi di conflitto tra le colonie
appartengono a campi di significato differenti:
e la madrepatria ▶ p. 249
usando la LIM, organizzate un brainstorming
e trovate quante più parole legate ai due 4. Le tappe della Rivoluzione ▶ p. 252
termini vi vengono in mente. 5. La Costituzione degli Stati Uniti d’America
▶ p. 258
2. Il dipinto di Henry Mosler, La nascita della 6. La sfida repubblicana e rivoluzionaria
bandiera, ritrae Betsy Ross con altre donne in Europa ▶ p. 261
intente a cucire lo stendardo che diventerà
simbolo degli Stati Uniti. A lei, infatti, sarta e ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
patriota, si attribuisce l’invenzione della prima dell’Atlante digitale interattivo
bandiera a stelle e strisce, nota anche come RIASSUMI i concetti-chiave con la
Betsy Ross Flag. presentazione La Rivoluzione americana
• Dove si svolge la scena? e la nascita degli Stati Uniti:
• Che cosa simboleggiano le tredici stelle – le cause che portarono alla Rivoluzione
e le strisce? americana;
• Quali differenze saltano all’occhio fra – la Dichiarazione d’indipendenza e gli sviluppi
la bandiera ritratta nel dipinto e quella della guerra d’indipendenza;
attualmente in uso negli Stati Uniti? – la nascita degli Stati Uniti e la Costituzione
americana.
3. La nascita della bandiera fa riflettere sulle forme
di espressione del sentimento patriottico, da RIPASSA
parte delle donne, in un momento storico in Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 266, p. 267
cui non era permesso loro entrare a far parte
In digitale trovi l’audio della sintesi
dell’esercito rivoluzionario. Negli Stati Uniti, il
e la mappa personalizzabile
servizio militare femminile è stato autorizzato,
in unità speciali ed esclusivamente femminili, EDUCAZIONE CIVICA
soltanto durante la Seconda guerra mondiale, Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
ma solo nel 1994 è stato permesso di partecipare I poteri esecutivo e giudiziario in Italia
ad azioni di combattimento. Da quanto le donne e partecipa al dibattito
posso prestare servizio militare in Italia? Svolgi
una breve ricerca e discutine in classe. GUARDA il video dell’intervista all'autore ▶ p. 264

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1777 1781 1783 1787


Battaglia Battaglia Trattato di Parigi: la Gran Costituzione federale
di Saratoga di Yorktown Bretagna riconosce gli Stati Uniti degli Stati Uniti

243
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

1 Guerra di indipendenza o rivoluzione?


La nascita degli Stati Uniti come evento periodizzante
Nel periodo tra la fine della guerra dei Sette anni (1763) e la conclusione dei lavori
Guarda il video sulla Costituzione degli Stati Uniti (1787), si dipanarono le vicende che condussero
Il Settecento e le
al conseguimento dell’indipendenza da parte delle tredici colonie inglesi del Nord
rivoluzioni e rispondi
alle domande: America: si tratta della prima guerra di liberazione – effettivamente combattuta
• Da cosa viene tra il 1775 e il 1783 – intrapresa da colonie contro una potenza europea che ha
ostacolata la
portato alla costituzione di uno Stato libero e sovrano, per quanto guidata da co-
crescita economica
delle colonie loni provenienti dal Vecchio Continente. Gli osservatori contemporanei non esita-
americane? rono a definirla «rivoluzione», non tanto perché sembrava sovvertita la gerarchia
• Chi fu a capo
che voleva l’Europa conquistatrice e l’America terra di conquista, quanto perché
dell’esercito
rivoluzionario? in quegli eventi si leggeva un’esperienza politica senza precedenti. L’ordinamento
• A quali princìpi statale che ne sortì era repubblicano e federale, si basava sulla sovranità del po-
s’ispirò la polo e su una concezione molto avanzata di diritti umani.
Dichiarazione
d’indipendenza? La società del Nuovo Continente era conformata in modo completamente nuo-
vo rispetto a quella europea: oltreoceano erano a disposizione territori vastissimi
LESSICO e risorse che sembravano infinite, a fronte di una popolazione numericamente esi-
Federale gua; erano inoltre assenti quei vincoli che invece in Europa generavano gerarchie
Una federazione è
un’unione di due o più
difficili da scalare. Tali condizioni determinarono, oltre che una maggiore mobilità
Stati autonomi sotto un sociale, una più partecipata rappresentanza politica, che prevedeva un suffragio
organismo centrale, a cui censitario molto esteso (oltre la metà dei maschi adulti).
sono delegati particolari
compiti e poteri; i singoli
Considerata la portata rivoluzionaria di questi eventi, e le ripercussioni che
Stati che la compongono ebbero a livello globale, la storiografia ha attribuito loro un carattere periodiz-
mantengono propri po- zante. Se osservata in una prospettiva ampia, la seconda metà del XVIII secolo
teri in ambito esecutivo,
appare infatti caratterizzata, oltre che da profondi e radicali cambiamenti nelle
legislativo e giudiziario.
strutture economiche e sociali, ai quali si dà il nome di Rivoluzione industriale
Diritti umani
I diritti inalienabili ( ▶ cap. 7), da una serie di rivoluzioni, dette rivoluzioni liberali e democratiche
(cioè che non possono o borghesi (perché guidate dalla classe borghese), di cui quella americana è la
essere soppressi, prima. Quest’ultima, facendo riferimento ai princìpi che avevano dato corso al
aboliti, sottratti) che
appartengono a ogni
liberalismo politico durante le rivoluzioni inglesi del Seicento ( ▶ cap. 1), si col-
essere umano, in quanto legherebbe idealmente alla più radicale rivoluzione che colpì il cuore dell’Euro-
tale (ad esempio il diritto pa a fine secolo, quella francese ( ▶ cap. 9), e a quelle che infiammarono l’Europa
alla vita, alla libertà ecc.).
fino alla metà dell’Ottocento.

Una veduta di
Boston nella prima
metà del XVIII secolo.

244
La Rivoluzione americana | 8 |

2 Le colonie inglesi d’America


I domini inglesi al termine della guerra dei Sette anni
Al termine della guerra dei Sette anni (1763), due paci sancirono il nuovo assetto
sullo scacchiere europeo e su quello mondiale ( ▶ cap. 4, par. 6). L’Inghilterra ne uscì
come indiscussa vincitrice dei conflitti, definendo e consolidando il suo dominio in
Canada, ottenendo la Louisiana a est del Mississippi dalla Francia, la Florida dalla
Spagna, il predominio nel commercio tra i territori portoghesi e spagnoli, il Sene-
gal in Africa e buona parte dell’India, dove alla Francia era rimasto solo qualche
scalo commerciale; in Europa tornava all’Inghilterra l’isola di Minorca, dopo esse-
re stata posta sotto assedio francese. La potenza coloniale, navale e commerciale
britannica si affermava così sulle «due Indie».
Dell’Impero britannico facevano parte anche le tredici colonie dell’America set-
tentrionale, costituitesi a partire dal Seicento: la loro fondazione non era frutto di
un piano politico prestabilito, quanto opera di iniziative commerciali autonome,
di donazioni del sovrano, oppure risultato delle migrazioni di minoranze religiose
e politiche, alle quali il governo inglese aveva lasciato una libertà di manovra per
alleggerire la tensione interna al Paese e per stabilire degli avamposti a contrasto
delle politiche espansioniste di altre potenze europee.
L’insediamento degli europei era avvenuto a danno delle popolazioni indigene,
organizzate in tribù nomadi che vivevano di caccia e allevamento. Come tante altre
popolazioni nomadi e seminomadi, esse non conoscevano la proprietà privata della
terra ma la gestivano collettivamente: permettevano che gli Europei la coltivassero
ma non comprendevano la volontà di utilizzarla in modo esclusivo ( ▶ cap. 4, par. 6).

LE COLONIE INGLESI NELL’AMERICA SETTENTRIONALE NEL 1763

Québec
Nuova
Lago
Superiore Montréal Scozia
Esplora i luoghi e Sault Ste. Marie
lavora con le carte Fort Rouillé NEW MASSACHUSETTS
dell’Atlante digitale Lago (Toronto) HAMPSHIRE
Lago Huron Lago NEW Boston
interattivo Michigan Ontario YORK
Fort Pontchartrain Lago RHODE ISLAND
(Detroit) Erie CONNECTICUT
PENNSYLVANIA Filadelfia
Fort Duquesne Baltimora NEW JERSEY
(Pittsburgh)
DELAWARE
Louisiana
ni VIRGINIA MARYLAND
a
di

Fort Richmond
In

Chiswell
ri

NORTH
rito

Leggi la carta CAROLINA


Ter

• Individua sulla carta SOUTH


CAROLINA Oceano Atlantico
le tredici colonie che Charleston
costituirono il nucleo GEORGIA Savannah
fondatore degli Stati
Territori dei
Uniti. St. Augustine
Tredici Stati
• Quali furono le Colonie francesi FLORIDA
conseguenze guerra (inglese dal 1763)
Colonie spagnole
dei Sette anni nei
territori delle colonie Linea del Proclama
Golfo del Messico
del 1763
americane?

245
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Nello scontro, la superiorità tecnologica dei bianchi fece sì che avessero la me-
glio, sebbene in alcuni casi i nativi, supportati dai rivali dell’Inghilterra, riuscirono
a vincere alcune battaglie.
In generale, la presenza europea nei territori dell’America settentrionale era
andata aumentando numericamente dopo il 1700, pur scemando contempora-
neamente gli arrivi dall’Inghilterra, meno tormentata dalle persecuzioni religiose.
Essi erano compensati dall’arrivo di tedeschi, svizzeri e irlandesi, che andavano
così a sommarsi a inglesi, scozzesi e olandesi, tra i primi ad aver colonizzato la
costa orientale del Nord America. A fronte di questo mosaico di popolazioni, tra gli
europei, le differenze religiose pesavano molto di più delle origini territoriali. Nel
complesso la popolazione, nel 1780, ammontava a 2.700.000 abitanti, di cui circa
2.150.000 bianchi e 550.000 africani. L’affluenza degli schiavi africani era stata
sempre più massiccia nel tempo: a metà del XVIII secolo essi erano in media il 20%
della popolazione, con percentuali che sfioravano il 40% nelle province del Sud.
Le tredici colonie avevano dunque storie e caratteristiche diverse, date anche
dalla loro morfologia e dalla posizione geografica. I rapporti tra esse erano tutt’al-
tro che pacifici: ognuna perseguiva i propri interessi e raramente riuscivano a fare
fronte comune; l’unico aspetto che le accomunava era il legame con l’Inghilterra.

Le cinque colonie del Sud


A sud, dove il clima era più favorevole, c’erano cinque colonie fondate su un’eco-
nomia di piantagione simile a quella delle Antille o del Brasile ( ▶ cap. 5, par. 4); lì
si producevano tabacco e riso per il mercato internazionale e, dai primi decenni
dell’Ottocento, cotone per la Rivoluzione industriale inglese. A differenza dei Ca-
raibi, però, fra una piantagione e l’altra prosperava anche la piccola proprietà che
forniva il cibo alle grandi tenute.
La più importante delle colonie meridionali, e la prima ad essere fondata, era
la Virginia, così chiamata in onore della regina Elisabetta (detta anche «la Regina
Vergine»). Nel 1606 la Virginia Company di Londra aveva ottenuto dal re Giacomo I
la concessione per lo sfruttamento di quel territorio; in cambio avrebbe dovuto ce-
dere un quinto dell’oro che vi fosse stato estratto e cristianizzare le popolazioni
che vi abitavano. La coltura del tabacco si rivelò ben presto la vera fonte della futu-
ra ricchezza dell’intera regione, tanto che nel 1624 il re revocò la concessione alla
compagnia dichiarando la Virginia colonia della Corona.
Le altre colonie del Sud erano nate da concessioni dei sovrani a vantaggio di
aristocratici: la Carolina del Nord, con le sue carpenterie che sfruttavano le ricche
foreste della zona, la Carolina del Sud, con le sue piantagioni di riso e indaco, il
Maryland, produttore di frumento. L’ultima arrivata, la Georgia, l’unica sorta per
iniziativa del governo inglese a scopo difensivo (1732), prese il nome da re Gior-
gio II e avrebbe dovuto accogliere poveri e criminali provenienti dalla madrepatria.
Queste colonie assorbivano manodopera britannica, ma soprattutto acquista-
vano schiavi neri, giunti nel Nuovo Mondo dall’Africa nell’ambito del commercio
triangolare ( ▶ cap. 5, par. 4); gli schiavi lavoravano nelle piantagioni e costituivano
quasi metà della popolazione. La religione era anglicana, la stratificazione sociale
abbastanza simile a quella europea, cioè fortemente oligarchica e tuttavia più aperta
e con distanze sociali molto minori: infatti, nell’aristocrazia dei piantatori si pote-
va entrare purché si disponesse di denaro per comprare sia la terra sia gli schiavi.

246
La Rivoluzione americana | 8 |

Le colonie del centro


All’estremo Nord dell’Atlantico si collocavano altri antichi insediamenti. Secondo
la tradizione, nel 1620 vi erano sbarcati, a bordo della «Mayflower», i padri pel-
legrini, un gruppo di dissidenti puritani in fuga dalle persecuzioni subite nella
madrepatria e decisi a creare una nuova comunità, contraddistinta dalla libertà e
da una maggiore partecipazione della popolazione alla vita politica. Fra le quattro
colonie appartenenti alla regione detta New England, sulla costa nord-atlantica,
il Massachusetts con la sua capitale Boston, era la più antica e importante, segui-
ta da Rhode Island e Connecticut, nate dalla secessione di puritani dissidenti tra
1630 e 1640 e, infine, dal New Hampshire, separatosi nel 1679 e costituitosi in
provincia regia.
Il territorio di queste colonie era in genere poco accogliente, essendo pieno di
foreste paludose e talvolta impenetrabili; fin dall’inizio, quindi, non esercitò alcu-
na attrazione nei confronti dei latifondisti, offrendosi invece come banco di prova
ai piccoli proprietari di fede puritana che – secondo la dottrina calvinista – vede-
vano nel duro impegno quotidiano contro le asperità della natura un’occasione di
santificazione.
La società puritana del New England, con una popolazione quasi esclusivamente
inglese, era molto più egualitaria di quella europea e del tutto priva di un’oligar-
chia terriera. L’economia era fondata sulla pesca e sull’essiccazione del merluzzo,
che veniva esportato, insieme ai prodotti dell’agricoltura, nelle isole dei Caraibi.
Inoltre nei porti del New England si commerciava in pellicce, acquistate dagli in-
diani dell’interno ed esportate in Europa, e si producevano navi per la flotta bri-
tannica, approfittando delle immense riserve di legname, che scarseggiava invece
in Inghilterra. Si praticava anche il traffico degli schiavi e si importava canna da
zucchero dai Caraibi, per produrre il rum destinato all’Europa e all’Africa, dove ve-
niva scambiato con gli schiavi stessi; infine, sorgevano anche manifatture per il
mercato locale, in rapida crescita.

I padri pellegrini
in viaggio sulla
«Mayflower».
Dipinto rievocativo
di Robert Walter Weir
del 1857. New York,
Brooklyn Museum.

247
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Nel Massachusetts e nelle altre colonie del Nord viveva un’élite urbana di com-
mercianti non lontana dai tanti piccoli proprietari e dagli altri gruppi sociali. Il pu-
ritanesimo era intollerante e bigotto, ma i rapporti politici erano quanto di più vi-
cino alla democrazia esistesse e l’alfabetizzazione era diffusa probabilmente più
che in qualunque altro luogo del mondo.

Le colonie settentrionali
Fra le due aree di insediamento inglese più antiche se ne interponeva un’altra, in
parte di origine olandese e nella quale la componente etnica inglese non era co-
munque prevalente ma mista a irlandesi, tedeschi, olandesi, svedesi, scozzesi. Le
colonie più importanti di questo gruppo erano New York e la Pennsylvania.
La regione intorno alla foce del fiume Hudson originariamente occupata da co-
loni olandesi, i quali vi fondarono la città portuale battezzata Nuova Amsterdam,
fu occupata dagli inglesi nel 1664, in seguito alla concessione fatta dal re Carlo II a
suo fratello, duca di York e futuro Giacomo II: la città prese allora il nome di New
York, che poi divenne l’appellativo dell’intera colonia. Nel 1681 William Penn, un
mercante quacchero, ottenne un territorio boscoso a sud di New York, che sarebbe
stato chiamato Sylvania e in seguito Pennsylvania, con capitale Filadelfia. Penn,
accogliendovi minoranze religiose ed etniche, intendeva instaurare un governo
fondato sui princìpi della tolleranza religiosa.
A queste più importanti colonie si aggiunsero il New Jersey, separatosi dallo stato
di New York, e il Delaware, colonizzato da olandesi e svedesi e passato poi in ma-
LESSICO no agli inglesi. Queste quattro colonie andavano assomigliando al New England
Cosmopolitismo quanto a struttura sociale, fatta di piccoli proprietari e di mercanti, ma erano
Atteggiamento tipico
di chi non riconosce ideologicamente più aperte, poiché la tolleranza religiosa e il cosmopolitismo ne
nessuna patria, caratterizzavano fortemente la cultura. Anch’esse rifornivano di prodotti agricoli i
ma si sente cittadino Caraibi e anche qui, come ovunque, dal Sud al Nord, si cercava spazio verso Occi-
del mondo.
dente, al di là della catena dei monti Appalachi.

LE TREDICI COLONIE AMERICANE

• Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Maryland, Georgia


• oligarchia terriera aperta
• economia basata su piantagioni (tabacco, riso, cotone) e piccole proprietà
Sud
(produzione alimentare)
• ampio uso di schiavi africani (circa metà popolazione)
• religione anglicana

• Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New Hampshire


• insediamenti fondati dai padri pellegrini
• territorio poco accogliente
Centro
• società egualitaria (partecipazione popolare alla vita politica)
• economia basata su pesca, commercio di pellicce, cantieristica
• religione puritana

• New York, Pennsylvania, New Jersey, Delaware


• piccoli proprietari e mercanti
Nord • popolazione mista (inglesi e immigrati europei)
• cosmopolitismo
• tolleranza religiosa

248
La Rivoluzione americana | 8 |

3 I motivi di conflitto tra le colonie


e la madrepatria
I governi locali
Ben più forti delle tensioni economiche e religiose tra le colonie furono ben pre-
sto i dissapori nei confronti della madrepatria. Dal punto di vista giuridico le co-
lonie presentavano delle difformità che determinavano rapporti di differente na-
tura con la madrepatria: il sovrano esercitava direttamente il suo potere soltanto
nelle colonie regie, nate per concessione elargita a una compagnia commerciale;
di maggiori autonomie godevano invece le colonie di proprietà, assegnate dal re a
un singolo proprietario privato, e quelle che di fatto erano state occupate da grup-
pi di dissidenti religiosi fuggiti dalla madrepatria.
Per la madrepatria nel tempo era diventato sempre più difficile gestire, per di
più a distanza, un impero che era diventato molto vasto; per risolvere il problema
la corona avviò un’opera di rafforzamento dell’autorità centrale, che, tra le altre
cose, prevedeva la trasformazione di tutte le colonie in colonie regie, operazione
che, a metà del secolo, poteva considerarsi a buon punto.
Ciascuna colonia aveva un’assemblea elettiva incaricata di trattare con il gover-
natore inglese e con i Consigli provinciali (che svolgevano la funzione di una se-
conda Camera parlamentare), entrambi di nomina regia e responsabili del rispet-
to delle leggi. Il governatore aveva facoltà di convocare e sciogliere l’assemblea, di
nominare la maggior parte dei funzionari di polizia e di giustizia e poteva anche
opporre il suo veto alle deliberazioni dell’assemblea stessa. Quest’ultima aveva il
controllo del sistema fiscale e deliberava anche sugli stipendi dei funzionari del
re che, quindi, erano posti in una condizione di soggezione rispetto all’assemblea
stessa. I coloni però non avevano diritto di votare per inviare i propri delegati in
Parlamento, per cui non accettavano alcuna interferenza da parte di un organismo
nel quale non erano rappresentati né intendevano esserlo. Ancora non si sentiva-
no «americani», ma certamente neppure «inglesi»: piuttosto, si sentivano mem-
bri dell’Impero e, contemporaneamente, cittadini della Virginia, del Massachusetts,
della Pennsylvania, alla pari con gli altri sudditi. Del resto, ogni colonia aveva un
proprio statuto in cui si ribadiva che i diritti e le libertà del popolo inglese conser-
vavano la loro efficacia anche per gli inglesi trapiantati in America.
Dunque, mentre a Londra si andava formando un’idea di Impero fondata sulla
centralità del Parlamento britannico, che aveva la «rappresentanza virtuale» di tutti
i sudditi, anche di quelli residenti nelle colonie, che non votavano, in America non
si voleva sentir parlare di «rappresentanza virtuale» ma solo di «rappresentanza
diretta», cioè esercitata tramite un mandato che l’elettore affidava esplicitamente
al proprio rappresentante.

Una politica mercantilista


Un secondo ordine di problemi che generavano conflittualità tra madrepatria e
colonie era dato dalla politica mercantilista dell’Inghilterra, che imbrigliava for-
temente le attività produttive e gli scambi oltreoceano. Secondo quanto stabilito
dalle regole del mercantilismo inglese, solo la madrepatria poteva commerciare
con l’estero, mentre alle colonie era concesso di avere relazioni commerciali esclu-
sivamente con i porti inglesi. Un insieme di leggi e di dazi doganali, inoltre, im-

249
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

poneva agli americani di produrre materie prime per la madrepatria e acquistare


da essa i prodotti finiti. Era assolutamente proibito ai coloni produrre in maniera
autonoma ciò che poteva essere acquistato in Inghilterra, al fine di consolidare la
dipendenza dalla madrepatria.
A partire dal 1660, infatti, i coloni potevano vendere solo alla madrepatria lo
zucchero, il tabacco, il cotone e l’indaco e, dopo il 1722, anche il riso, il rame e le
pelli di castoro. Secondo una legge del 1663, tutti i prodotti europei non poteva-
no essere esportati nelle colonie se non passando per il mercato inglese, opera-
zione questa che ne determinava un forte rialzo dei prezzi. Nel 1750 fu proibita
agli americani la lavorazione del minerale ferroso che si estraeva nelle miniere
del Nuovo Mondo.
Tuttavia i coloni americani si trovavano spesso a contravvenire ai rigidi divieti e
alle dure prescrizioni del mercantilismo inglese, ricorrendo a pratiche illegali, co-
me il contrabbando. Di fronte alla pratica del contrabbando l’Inghilterra chiudeva
un occhio (tanto che, talvolta, erano le stesse autorità portuali inglesi a partecipa-
re e a beneficiarne) ma non intendeva modificare a livello giuridico lo status quo.
I coloni americani volevano invece ottenere il diritto di commerciare liberamen-
te con le Antille e non intendevano subire le restrizioni mercantilistiche imposte
dalla madrepatria; inoltre, volevano avere voce in capitolo sul loro gettito fisca-
le ed espandersi verso ovest, gestendo direttamente i rapporti con gli indiani. Gli
inglesi, invece, volevano mantenere la gestione unitaria dell’Impero, ricavare più
imposte dagli americani (che ne pagavano poche) e, infine, mantenere il tradizio-
nale impianto mercantilista della centralizzazione commerciale e fiscale.

L’ECONOMIA DELLE COLONIE AMERICANE NEL XVIII SECOLO

Is. Capo
Is. Principe Bretone
Edoardo

Halifax
Lago NUOVA SCOZIA
Superiore

Portsmouth
Lago Albany
Huron Boston
Lago
Ontario
Lago
Michigan
New York
Lago
Erie
Allevamento e grano
Baltimora
Leggi la carta Pellicce e pelli
• Su quali prodotti si Riso e indaco
basava l’economia Norfolk Tabacco
delle colonie Oceano Atlantico
del Nord? Pesca

New Bern Zone di pesca


• Su quali invece
quelle del centro Industrie
e del Sud?
Costruzioni navali
• Dov’era più Charleston
diffuso il settore Legname
Savannah
manifatturiero?

250
La Rivoluzione americana | 8 |

The True Travels, Adventures and Observations of


PERSONAGGI Captain John Smith (1630). Gli storici non danno
John Smith e Pocahontas molto credito alle sue pagine, in quanto spesso ciò
che racconta non è riscontrabile in altri documenti
scritti. Eppure il personaggio ha acquisito un po-
Le vicende riguardanti John Smith e Pocahontas ci sto importante nell’immaginario sulla fondazione
portano indietro alla prima metà del Seicento, ma la delle colonie, in quanto prototipo dell’americano
leggenda che è stata edificata sul loro conto è alla che si è fatto da sé provenendo da una condizio-
base di numerosi adattamenti letterari e cinematogra- ne non agiata.
fici successivi. Poco invece si conosce dei fatti che In The True Travels, Smith racconta di essere stato
hanno generato questa leggenda. condannato a morte da Powhatan e salvato in extremis
Nel 1607 tre navi inglesi approdarono all’estremità dalla figlia del sovrano, Mataoka, che gli indiani chia-
meridionale della baia di Chesapeake: si trattava delle mavano Pocahontas («piccola monella»). Il racconto
prime mosse di quella che sarebbe stata la coloniz- del salvataggio, così come la storia d’amore tra i due
zazione della Virginia. personaggi che ha ispirato le opere successive, non
I coloni si avventurarono alla scoperta di una regione è supportato da fonti storiche.
sconosciuta ma non selvaggia e disabitata. Quella Ciò che si sa della vita di Pocahontas è che, in
ospitava infatti un piccolo impero indigeno in espan- quanto personaggio ritenuto influente dagli inglesi,
sione, di nome Tsenacomoco a capo del quale era il venne rapito da questi ultimi per avere un vantag-
sovrano Powhatan. gio nelle trattative con gli indiani, ma finì per resta-
I nuovi arrivati fondarono di lì a poco, presso il fiu- re a Jamestown e sposare un altro inglese, il vedo-
me James, la città di Jamestown. Per la sopravviven- vo John Rolfe.
za della città fu necessario trattare con Powhatan. Impossibile ricostruire le vicende dal punto di vista
John Smith ebbe un ruolo fondamentale in quelle della donna: in quanto figlia di un contesto in cui la
trattative e ne fornisce una versione romanzata nei cultura era prevalentemente orale e accolta poi in un
propri resoconti autobiografici, i primi libri in ingle- altro in cui erano poche le donne a praticare la scrit-
se scritti in America, tra i quali il più esauriente è tura, non esistono documenti redatti da lei.

Collega e confronta
1. Alla storia di John Smith e Pocahontas
è stato dedicato un celebre film Disney,
che prende il titolo dal nome della
protagonista e che forse ti sarà capitato
di vedere.
Quale versione della storia abbraccia
il cartone animato?
Quali sono le caratteristiche psicologiche
dei due personaggi?
Qual è il tema della pellicola?
2. Lavorando in gruppo, svolgete una ricerca
sull’impero dei Tsenacomoco
da presentare alla classe.
3. Immaginate di intervistare Pocahontas,
la quale vi fornisce una versione
alternativa, dal suo punto di vista,
della storia raccontata da John Smith.
Preparare una serie di domande e
risposte: potete realizzare un video
drammatizzando il testo dell’intervista.

Pocahontas implora Powhatan di risparmiare la vita a John Smith. Incisione tratta dal The Generall Historie
of Virginia di John Smith pubblicato nel 1624.

251
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

4 Le tappe della Rivoluzione


Il conflitto tra Inghilterra e colonie sulla tassazione
L’avvenimento che fece precipitare la situazione fu la guerra dei Sette anni, in se-
guito alla quale venne assegnato all’Inghilterra tutto il continente nordamerica-
no fino al fiume Mississippi ( ▶ cap. 4, par. 6). Londra intendeva governare diret-
tamente quel territorio, gestire senza intermediari i rapporti con le tribù indiane
ed evitare un’espansione caotica e conflittuale. Ma questa non era l’unica ragio-
ne: il governo, ora passato ai tories, mise fine alla tipica pratica whig di cercare in
ogni modo il consenso delle oligarchie coloniali, magari anche a prezzo di lasciarsi
corrompere, e assunse invece atteggiamenti più decisionisti. Innanzitutto voleva
aumentare il prelievo fiscale dalle tredici colonie, per ripianare almeno in parte i
debiti provocati dalla guerra. Infatti il Paese si era fortemente indebitato per so-
stenere i costi di un conflitto che era stato combattuto su molti fronti, in Europa
e nei territori oltremare: aveva dunque bisogno di entrate consistenti e le colonie
costituivano il contesto ideale su cui esigerle, poiché non avevano diretto di replica
sull’approvazione di nuove imposte. Inoltre, i grandi mercanti inglesi, una compo-
nente importante dell’oligarchia influente nel Parlamento della madrepatria, non
avevano intenzione di spartire con i coloni i vantaggi che la vittoria aveva procu-
rato nei traffici con le Antille.
Nel 1763, quando gli inglesi stipularono la pace che chiudeva la guerra dei Set-
te anni, vietarono ai coloni l’espansione nei territori al di là della catena dei monti
Appalachi, avviando inoltre rapporti diretti con alcune tribù indiane. Nel 1764 il
Parlamento di Londra, con una legge sullo zucchero (Sugar Act), sembrò apparen-
temente muovere un passo verso le richieste dei coloni: dimezzò la tassa che gli
americani dovevano pagare sull’importazione diretta dalle Antille, ma introdusse
una normativa per farla riscuotere davvero, cosa che prima avveniva solo in parte
data l’ampia evasione fiscale, autorizzata da funzionari corrotti. Si trattava di un
atto che andava incontro ai produttori di zucchero britannici, pressati dalla con-
correnza francese. Un anno più tardi, nel 1765, fu imposta alle colonie una tassa
sul bollo che si applicava a giornali, atti pubblici, diplomi e certificati, lo Stamp Act.

«Niente tasse senza rappresentanza politica»


La tassa sul bollo non era né inconsueta né particolarmente gravosa ma, secondo
LESSICO l’oligarchia coloniale, era stata votata da un Parlamento che non aveva alcun dirit-
Boicottaggio to di tassare i coloni, perché non li rappresentava. Cominciò allora a circolare uno
Azione volta slogan whig molto celebre: no taxation without representation, vale a dire «niente
all’isolamento da una
collettività di una tasse senza rappresentanza politica». Fu minacciato il boicottaggio delle merci
persona, un gruppo, inglesi e nel 1766 il governo di Londra revocò la tassa sul bollo, pur ribadendo in
un’azienda o uno linea di principio il proprio diritto di imporre tasse alle colonie. A partire dal 1767
Stato. Il boicottaggio
può avvenire tramite
furono approvati i cosiddetti Townshend Acts (dal nome di Charles Townshend, il
il rifiuto di acquistare cancelliere dello scacchiere che li aveva proposti), i quali, tra le altre cose, prevede-
beni venduti dal vano tasse sulle importazioni di vari prodotti (tè, piombo, colori ecc.) e l’istituzio-
soggetto che si intende
boicottare o provenienti
ne, a Boston, di un ufficio doganale controllato dalla madrepatria.
da un Paese verso il Negli anni successivi si strinsero rapporti frequenti fra le élite delle diverse co-
quale si rivolge l’atto lonie e cominciò a prendere forma un’opinione pubblica autoctona. Le autori-
del boicottaggio.
tà inglesi si rivelarono impreparate a comprendere e a fronteggiare la solidità dei

252
La Rivoluzione americana | 8 |

rapporti sociali che si erano formati nelle colonie. Il governo tory cercava, infatti,
il modo di svincolare i governatori dalla necessità di ottenere il consenso delle as-
semblee elettive locali, dove erano rappresentati gli interessi dell’oligarchia colo-
niale, sempre più in conflitto con quelli della madrepatria.

Gli inizi della ribellione contro l’Inghilterra


In risposta alla stretta autoritaria da parte della madrepatria, nelle colonie ameri-
cane cominciarono le prime violenze e nacquero le prime organizzazioni di auto-
difesa, come i Sons of Liberty («Figli della libertà») di New York e del Massachusetts.
Obiettivo dei Sons of Liberty, in questa fase, non era l’indipendenza dall’Inghilterra
ma l’ottenimento di riforme che estendessero alle colonie i princìpi costituzio-
nali inglesi: un sistema di tassazione basato sul consenso, la tutela della proprietà
privata e delle libertà fondamentali. A Boston, dal 1768 erano stanziate truppe re-
golari inglesi per imporre l’applicazione dei Townshend Acts, tra i malumori della
popolazione. Nel 1770, le truppe inglesi fecero fuoco su un gruppo di manifestanti
disarmati, uccidendo cinque persone: l’episodio fu chiamato con il nome di «mas-
sacro di Boston» e diede origine a un’intensa campagna di stampa antibritanni-
ca, cui seguirono mesi di manifestazioni pubbliche.
Dopo tre anni di relativa quiete, nel 1773, nel porto della stessa città, un grup-
po di militanti indipendentisti salì a bordo di tre navi della Compagnia delle Indie
Orientali (che aveva appena ricevuto il monopolio delle vendite di tè in America) e
buttò a mare l’intero carico: l’episodio, noto come «Boston Tea Party», è conside-
rato come l’atto d’inizio della Rivoluzione americana. Le autorità britanniche re-
agirono con provvedimenti molto severi, imponendo una sorta di stato d’assedio
che scioglieva tutte le istituzioni di autogoverno, autorizzava a deportare i ribelli
in Inghilterra per esservi giudicati e chiudeva il porto di Boston.
F1 Le ragioni della Nell’autunno del 1774 si riunì a Filadelfia il primo Congresso continentale,
ribellione secondo al quale parteciparono rappresentanti delle nuove istituzioni, come i Comitati di
Thomas Jefferson,
p. 269 corrispondenza, organismi provvisori che agivano in opposizione alle Assemblee

Boston Tea Party.


Illustrazione del XIX
secolo.

253
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

territoriali, i cui poteri era stati quasi completamente esautorati. Al congresso,


pur essendo presenti elementi radicali rappresentanti della classe media, preval-
se una linea moderata che intendeva ricostruire i rapporti con la madrepatria,
nell’ambito di una maggiore autonomia per i governi coloniali. Venne stilata una
petizione al re Giorgio III (1760-1820), nella quale si accusava il «rovinoso siste-
ma» amministrativo delle colonie, voluto dal Parlamento di Londra con l’intento
di ridurre alla povertà i sudditi americani, e si chiedeva al sovrano una mediazio-
ne. Benché il tono della petizione fosse moderato, le spinte indipendentiste sta-
vano diventando prevalenti, soprattutto come reazione alle rigidità del governo
di Londra che, in risposta alle richieste dei coloni, rafforzò i contingenti militari
già presenti in Nord America. In Inghilterra i sostenitori di una trattativa con gli
americani furono messi in minoranza e prevalse la linea della fermezza voluta
dallo stesso Giorgio III.
Nel 1775 veniva convocato il secondo Congresso continentale, che tentò per l’ul-
tima volta una mossa moderata, respinta dal re e dal Parlamento. Nelle colonie,
allora, si decise di organizzare una forza armata, il cui comando venne assegnato
a George Washington (1732-99), un latifondista virginiano che aveva già combat-
tuto come ufficiale durante la guerra dei Sette anni contro i francesi.
Nell’aprile del 1775 ebbe luogo il primo scontro armato importante, a Lexington,
e fu vinto dai coloni; ma il governo di Londra non modificò la propria linea di
condotta e allestì un esercito – formato in parte da mercenari tedeschi – per re-
primere con fermezza la ribellione. E così, nel maggio del 1775, un secondo Con-
gresso a Filadelfia deliberava la creazione di un esercito per affrontare l’immi-
nente conflitto.

Questo documento riporta parte delle deliberazioni appro-


LE FONTI
vate a Charlotte Town, in Carolina del Nord, il 31 maggio
In vista 1775, in previsione della guerra. Si dichiarano decadute le
della guerra leggi e le cariche del governo britannico e si instaura un
Leggi in digitale il governo autonomo.
testo La Carolina del
Sud negli occhi di un In data odierna il Comitato si è riunito ed ha approvato le seguenti
viaggiatore italiano risoluzioni […]:
di Luigi Castiglioni, 1. Che tutte le Cariche pubbliche, civili come militari, fino ad ora isti-
naturalista, storico ed
tuite dalla Corona in queste Colonie, cessino dall’avere vigore e che la
economista che visitò
più volte gli Stati Uniti Costituzione di ciascuna Colonia è affatto sospesa.
negli anni Ottanta del 2. Che il Congresso Provinciale di ciascuna Provincia è investito, sotto
Settecento. la direzione del Grande Congresso Continentale, di tutti i poteri legi-
• Perché Castiglioni slativi ed esecutivi all’interno della rispettiva Provincia e che nessun
paragona gli abitanti
altro organo legislativo od esecutivo esiste o può esistere attualmente
di Charlestown
agli inglesi?
in ciascuna di queste Colonie. […]
• Come giudica lo 4. Che gli Abitanti di questa Contea si riuniscano […] e […] eleggano un
stile di vita degli colonnello ed altri ufficiali militari, che eserciteranno i loro rispettivi
americani della poteri in virtù di questa elezione, in piena indipendenza dalla Gran
Carolina?
Bretagna e dalla precedente Costituzione di questa Provincia.
• Che cosa si afferma
a proposito della (da La formazione degli Stati Uniti d’America. Documenti, vol. I (1606-1776),
schiavitù? a cura di A. Aquarone, G. Negri, C. Scelba, Nistri-Lischi, Pisa 1961, pp. 383-387)

254
La Rivoluzione americana | 8 |

La guerra di indipendenza e l’aiuto delle potenze europee


Fra l’estate del 1775 e l’estate del 1776 si consumò definitivamente la rottura con
la madrepatria: il governo di Londra era rimasto inflessibile di fronte alle richie-
ste dei deputati di Filadelfia, che speravano ancora di riportare la pace, e intendeva
dare una lezione a chi metteva in discussione l’unità dell’Impero.
F2 La Dichiarazione Nello stesso periodo tutte le colonie dichiararono la propria indipendenza, inco-
d’indipendenza degli
minciarono a darsi proprie costituzioni e avviarono relazioni commerciali auto-
Stati Uniti d’America,
p. 270 nome. Dopo quindici mesi di guerra, il 4 luglio 1776 il Congresso di Filadelfia votò
la Dichiarazione d’indipendenza scritta da Thomas Jefferson (1743-1826), politico
della Virginia distintosi negli anni precedenti all’interno dei Comitati di corrispon-
LESSICO denza. Si trattava di un compendio del pensiero dei Lumi, in versione repubblica-
Inalienabilità na e rivoluzionaria, che affermava l’uguaglianza degli uomini, l’inalienabilità dei
Condizione per la quale
diritti fondamentali (la vita, la libertà, la ricerca della felicità) e la legittimità di
determinati diritti non
possono di norma mutare un governo, anche con la rivoluzione, qualora quest’ultimo impedisse ai
essere venduti, ceduti cittadini l’esercizio dei loro diritti. Il documento fu stampato e ampiamente distri-
o trasferiti ad altri.
buito e la sua risonanza si diffuse ben oltre il contesto americano.
La guerra fu dura per entrambi gli schieramenti: gli inglesi potevano fare af-
fidamento su un esercito organizzato e ben equipaggiato, i coloni, dal canto lo-
ro, conoscevano meglio i territori, in cui spesso dominava una natura selvaggia
e impenetrabile, ed erano fortemente motivati allo scontro. Nelle sue fasi ini-
ziali gli inglesi inflissero pesanti sconfitte ai ribelli, arrivando a occupare New
York e la stessa Filadelfia, sede del Congresso. Ma con la battaglia di Saratoga
(1777), le forza continentali dimostrarono di poter guadagnare un vantaggio su
quelle inglesi.

UN ALTRO SGUARDO L’America inglese del appello perché non acquistassero tè e preferissero
XVIII secolo rara- i tessuti americani.
La partecipazione mente vide le donne La partecipazione femminile alla guerra di indipen-
delle donne alla protagoniste nell’a- denza spesso consistette nel prestare lavoro come
gone politico. Tutta- lavandaie o cuoche, sottoscrivere prestiti oppure con-
rivoluzione via, esse svolgevano tribuire al passaggio di informazioni. In qualche raro
un ruolo importante e attivo nel contesto religioso, caso si verificarono azioni collettive, come la raccolta
un ambito centrale nella vita sociale delle colonie, fondi per le truppe, promossa a Filadelfia nel 1780
dalla funzione anche politica. dalla Ladies Association.
A differenza delle donne d’oltreoceano durante la Aspetto ben più importante fu che le americane si
Rivoluzione francese ( ▶ cap. 9), però, le america- trovarono spesso costrette a ricoprire un nuovo ruo-
ne non sperimentarono una cittadinanza attiva con lo all’interno della famiglia, poiché dovevano por-
la fondazione di club, la partecipazione a cortei e ad tare avanti le attività abbandonate dagli uomini par-
assemblee. Tanto che alcune letture storiografiche, titi in guerra.
che ridimensionano il carattere rivoluzionario della L’eredità di queste esperienze, unita alla necessità di
guerra di indipendenza, ritengono che essa non ab- edificare una nuova nazione, diede vita a un nuovo
bia considerato la posizione femminile nella società, compito per le donne: salvaguardare la virtù e la
oltre che la questione della schiavitù. moralità della nazione, vegliando sui propri figli, futu-
Malgrado ciò, le vicende che condussero alla forma- ri cittadini degli Stati Uniti d’America. Un dovere che
zione degli Stati Uniti stimolarono grandi cambiamenti si espletava nell’esercizio di una funzione pubblica
nella vita delle donne. I Figli della Libertà ritenevano il e politica, ma che relegava ancora una volta le don-
contributo delle donne fondamentale nella politica di ne all’interno dello spazio domestico e le privava del
boicottaggio delle merci inglesi e per questo fecero godimento dei diritti politici.

255
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

S2 La Rivoluzione Tuttavia, le risorse economiche delle colonie erano limitate e quindi scarseg-
americana: una giavano armi, equipaggiamento e ufficiali competenti; così gli americani, tramite
trasformazione radicale,
p. 272 Benjamin Franklin (1706-90), noto scienziato e saggista, forti della loro recente
S3 Libertà, indipen- vittoria, intavolarono trattative con il governo di Parigi per ottenerne l’aiuto. La
denza, espansionismo, Francia, sconfitta nella guerra dei Sette anni e interessata a indebolire la potenza
p. 273
inglese, a partire dal 1776 accordò al Congresso continentale sostanziosi aiuti eco-
nomici, come fecero anche la Spagna e l’Olanda, per ragioni analoghe.
Nel 1778 la Francia scese in guerra contro l’Inghilterra, seguita nel 1779 dal-
la Spagna. L’intervento delle due potenze europee modificò i rapporti di forza sul
campo, poiché la marina da guerra inglese, essendo impegnata su più fronti, non
poté fornire tutto il supporto logistico necessario alle truppe britanniche che com-
battevano nel vasto territorio del Nord America. Nel 1781 gli inglesi, sconfitti da
Washington a Yorktown, si arresero, anche perché il conflitto minacciava di dive-
nire troppo costoso a fronte degli esiti incerti a cui poteva pervenire.
Nel febbraio del 1783 fu concluso a Versailles il trattato di Parigi, che riconosce-
va l’indipendenza della Confederazione di Stati americani. L’Inghilterra, inoltre,
Leggi l’immagine
cedette alla Francia il Senegal e alla Spagna buona parte della Florida. Benché il
• Nel dipinto individua
Thomas Jefferson. Canada restasse britannico, la zona dei Grandi Laghi era aperta alla colonizzazio-
• Quale atteggiamento ne da parte degli americani, che riottenevano anche il diritto – perduto durante il
assumono i presenti conflitto – di pescare di fronte all’isola di Terranova. Il 4 luglio di quell’anno le co-
ritratti nella scena?
lonie celebrarono solennemente la loro indipendenza.

La firma della Dichiarazione d’indipendenza. Dipinto di John Trumbull del 1819. Washington D.C., U.S. Capitol.

256
La Rivoluzione americana | 8 |

LA GUERRA D’INDIPENDENZA AMERICANA

• secondo Congresso
• si incrina il controllo inglese
continentale a Filadelfia
delle tredici colonie americane
• battaglia di Lexington vinta
1764-1767 • introduzione di nuove imposte 1775-1776
dai coloni
• (Sugar Act, Stamp Act,
• Dichiarazione d’indipendenza
Townshend Acts)
(1776)

• battaglia di Saratoga (1777)


• Francia e Spagna
• massacro di Boston intervengono a sostengo
1770-1773 1777-1781
• Boston Tea Party dei rivoluzionari
• inglesi sconfitti da Washington
a Yorktown (1781)

• trattato di Parigi
• primo Congresso continentale
• indipendenza della
1774 a Filadelfia 1783
Confederazione di Stati
• petizione al re Giorgio III
americani

LA GUERRA D’INDIPENDENZA AMERICANA (1775-83) E GLI STATI UNITI NEL 1783 Québec
Québec MAINE
Confine imposto COMPAGNIA DELLA
Lago Montréal

MA
dalla Gran Bretagna Trois Rivières SA
Superiore BAIA DI HUDSON

S
all’espansione 8-6-1776 VERMONT CH
delle colonie U SE
Montréal Lago (aderisce nel 1791) NEW TT S
(Proclama del 1763) Huron Lago HAMPSHIRE
Truppe americane Lexington Ontario Boston
Oriskany 19-4-1775 RHODE ISLAND
Truppe britanniche Lago NEW YORK
6-8-1777 Michigan Lago CONNECTICUT
Boston
Truppe francesi Erie Filadelfia
Saratoga Bunker Hill PENNSYLVANIA
alleate degli NEW JERSEY
17-10-1777 17-6-1775
Stati Uniti Baltimora
Princeton New York DELAWARE
dal 1778 TERRITORI
3-1-1777 MARYLAND
DEL NORD OVEST VIRGINIA
Trenton
Fort Duquesne 26-12-1776 Richmond
(Pittsburgh) Fort Chiswell
LOUISIANA 11-9-1777 LOUISIANA NORTH
(spagnola Oceano
CAROLINA
Oceano dal 1763) Atlantico
Yorktown SOUTH
Guilford 19-10-1781 Atlantico CAROLINA
Courthouse Charleston
15-3-1781 TERRITORIO GEORGIA
Savannah
King’s Mountain Moore’s Creek DEL MISSISSIPPI
7-10-1780 Bridge
Hobkirk’s Hill 27-2-1776 St. Augustine
TERRITORI Cowpens 19-4-1781
INDIANI 17-1-1781 Camden FLORIDA
Confine degli
16-8-1780 Stati Uniti (inglese dal 1763)
Vittorie
Charleston americane Colonie inglesi
12-5-1780
Savannah Vittorie
Colonie spagnole
29-12-1778 britanniche

Leggi le carte • Quali vi aderirono?


• Quali territori furono annessi agli Stati Uniti alla fine del • In quali regioni si concentrarono le battaglie più importanti
XVIII secolo? della guerra d’indipendenza?

257
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

5 La Costituzione degli Stati Uniti d’America


LESSICO Verso la federazione degli Stati Uniti d’America
Inflazione
Aumento dei prezzi, che Per le ex colonie americane, però, il dopoguerra fu caratterizzato da un genera-
porta a una diminuzione le disagio sociale, determinato in buona parte dall’inflazione che era salita nel
del potere d’acquisto corso della guerra per la grande quantità di cartamoneta stampata per fare fronte
della moneta.
ai costi del conflitto. Inoltre, subito dopo l’indipendenza, si riaprì lo stesso pro-
blema che aveva portato allo scontro con l’Impero britannico: come le colonie
non avevano voluto sottostare al governo di Londra, così non volevano neppure
che il Congresso di Filadelfia avesse diritto di dettare legge a ciascuno dei tredi-
ci nuovi liberi Stati.
All’inizio non si andò oltre un debole vincolo confederale, un’alleanza diplo-
matica fra tredici soggetti politici indipendenti. Nel 1781 venne approvata una
Costituzione che assegnava al governo confederale competenze ridottissime – so-
stanzialmente la sola politica estera – facendo prevalere il principio dell’assolu-
ta autonomia dei singoli Stati in tutte le altre materie. Ben presto, però, apparve
Leggi l’immagine
chiaro sia agli Stati del Nord sia a quelli del Sud che un mercato nazionale unico
• Quali azioni si stanno
svolgendo con-
avrebbe rafforzato l’economia e che, senza un governo centrale, i singoli Stati sa-
temporaneamente rebbero divenuti facilmente vassalli di potenze straniere.
nel dipinto? Nelle colonie si accese un dibattito su quale fosse il vincolo reciproco da istitu-
• Perché, a tuo ire e si formarono così due partiti. Il partito che si definì «repubblicano», legato
avviso, il pittore ha
curato in modo così
alla sovranità inviolabile di ciascuno dei tredici Stati, difendeva la libertà appena
dettagliato i ritratti conquistata, la sacralità del self-government («autogoverno») della comunità loca-
dei delegati della le, l’actual representation («rappresentanza diretta»), la vicinanza fra governanti
Convenzione?
e governati.

La firma della Costituzione degli Stati Uniti a Filadelfia il 17 settembre 1787. Dipinto rievocativo
di Howard Chandler Christy del 1940. Washington D.C., United States House of Representatives.

258
La Rivoluzione americana | 8 |

Del partito repubblicano faceva parte Thomas Jefferson, mentre il partito oppo-
sto, «federalista», guidato da George Washington e Alexander Hamilton, sosteneva
la necessità di creare un’autorità centrale, federale appunto, capace di dare uni-
tà alla nascente nazione americana, di imprimerle un progetto politico globale di
sviluppo, di allontanare il pericolo che le comunità locali si disgregassero in preda
ai conflitti tra le fazioni.

La Costituzione degli Stati Uniti


A conclusione di un appassionato dibattito, il partito federalista fece prevalere
l’idea dell’opportunità di ridurre i poteri dei singoli Stati e nel 1787 un’assemblea
S1 La Costituzione costituente redasse la Costituzione degli Stati Uniti d’America – tuttora in vigore:
degli Stati Uniti
essa istituiva un solido centro federale, il cui potere si è esteso nel corso del tem-
e i fondamenti
dell’antifederalismo, po, e una rigida divisione dei poteri, insieme a un sistema di checks and balances,
p. 271 cioè di «controlli e contrappesi» fra le diverse istituzioni, che garantivano margini
di libertà e autonomia soddisfacenti per tutti.
Il testo costituzionale, composto da 7 articoli, includenti varie sezioni, fu ratifi-
cato dai 13 Stati tra il 1787 e il 1790. Oltre a un bilanciamento tra potere centrale
e autonomie locali, era presente nel testo un atteggiamento bivalente verso la de-
mocrazia: se gli organi di governo avevano la loro legittimazione dal popolo, allo
stesso tempo venivano concepiti per contenerne gli eccessi, quale avrebbe potuto
essere uno smisurato potere delle maggioranze negli organismi locali.
Nella Costituzione degli Stati Uniti il potere esecutivo è affidato a un presidente
dotato di ampie prerogative. Eletto dal popolo e in carica per quattro anni, il pre-
sidente degli Stati Uniti è comandante in capo delle forze armate, gestisce con una
certa autonomia la politica estera, nomina un governo che non chiede la fiducia

I VINCOLI FEDERALI E LA DIVISIONE DEI POTERI NEGLI STATI UNITI

Prima Costituzione (1781):


• vincoli confederali deboli
• politica estera affidata al governo centrale
• piena autonomia dei singoli Stati

dibattito costituzionale sui vincoli fra Stati

partito repubblicano (T. Jefferson): partito federalista (G. Washington):


• autogoverno delle comunità locali • rafforzamento del potere centrale
• mantenimento della sovranità di ognuno • riduzione della sovranità di ognuno
dei tredici Stati dei tredici Stati

prevalenza della tesi federalista

Costituzione degli Stati Uniti (dal 1787):


sistema di controlli e contrappesi tra i poteri

presidente: Congresso (due Camere): Corte suprema:


potere esecutivo potere legislativo potere giudiziario

259
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

del Congresso e può opporre un veto sospensivo ai disegni di legge approvati dal
Congresso stesso.
Il potere legislativo appartiene al Congresso, formato da una Camera dei rappre-
sentanti, in cui ogni Stato elegge un numero di deputati in proporzione alla propria
popolazione residente, e da un Senato, composto di due rappresentanti per ogni
Stato, qualunque sia la sua consistenza demografica. Ad esempio la Virginia (allora
con quasi mezzo milione di abitanti) aveva in Senato lo stesso peso del Delaware o
del Rhode Island (che ne contavano allora 25.000 ciascuno): questo garantiva che
fosse salvaguardata la sovranità di ciascuno Stato.
Il potere giudiziario ha il suo vertice nella Corte suprema, i cui giudici, nominati
LESSICO dal presidente con l’assenso del Congresso, sono in carica a vita e hanno anche la
Emendamento funzione di controllare la legittimità costituzionale delle leggi.
È una modifica che, Gli antifederalisti vedevano nella Costituzione federale l’espressione di un potere
attraverso dibattito
parlamentare, si
tirannico in grado di soffocare le autonomie locali. A tutela delle libertà individua-
propone di apportare li, quali la libertà di espressione, la libertà religiosa, la proprietà, il giusto processo
a una legge o a un e la giusta punizione proposero degli emendamenti costituzionali, il Bill of Rights
disegno di legge.
(Carta dei diritti), che furono approvati dagli Stati nel 1791.

Federazione Il termine ha origine dal


LA STORIA NELLE PAROLE
latino foedus-eris, ossia «patto, allean-
Confederazione e za». La federazione si distingue sia dallo
federazione Stato unitario, che prevede un unico go-
verno centrale, sia dalla confederazione,
Confederazione Il termine deriva dal nella quale gli Stati mantengono la loro
latino tardo confoederatio-onis. Nel lin- indipendenza. Se quest’ultima infatti è
guaggio corrente indica un’unione di un insieme di Stati, la federazione è uno
più associazioni afferenti a una catego- Stato vero e proprio.
ria professionale. In un’accezione poli- Il federalismo, storicamente, si è affer-
tica più specifica, la confederazione è mato come negazione dello Stato na-
una forma di associazione tra Stati. zionale, caratterizzato da coesione cul-
A differenza di una semplice alleanza, turale ed etnica e potere centralizzato, a
nella quale ogni Stato mantiene i suoi partire dalla fine del XVIII secolo, matu-
organi di governo, la confederazione pre- rando pienamente nel XIX. Se le prime
vede che gli Stati che ne sono parte dia- teorizzazioni facevano riferimento a una
no vita a un organo comune composto dimensione ideale, una federazione di
da loro rappresentanti, in grado di pren- Stati prese vita per la prima volta in ma-
dere decisioni che li riguardano tutti. niera compiuta negli Stati Uniti d’Ame-
Tuttavia, nella confederazione, l’autono- rica (1787).
mia degli Stati che la compongono è Gli Stati che compongono uno Stato fe-
sovrana e gli organi comuni non hanno derale, rinunciando a una parte dei loro
una propria autorità superiore a quella poteri, e dunque alla loro completa indi-
dei singoli Stati. Storicamente la forma pendenza, danno vita a organi sopra-
confederativa di governo è molto anti- nazionali sovrani con competenze in
ca: esistevano federazioni di città-stato materia economica, militare e di politi-
nell’antica Grecia. Gli Stati Uniti d’Ame- ca estera.
rica, al momento della loro fondazione, Nello Stato federale esistono dunque
hanno adottato inizialmente un modello due livelli di organi di governo, quello
associativo di tipo confederale, per poi centrale e quelli locali, con competenze
costituirsi in federazione (1787). specifiche, distinte e autonome.

260
La Rivoluzione americana | 8 |

6 La sfida repubblicana e rivoluzionaria


in Europa
L’aspirazione a un modello repubblicano democratico
Mentre negli Stati Uniti si affermava un nuovo modello di Stato, in Europa, la mo-
narchia assoluta trionfava come modello politico riformatore e l’unica grande
potenza che sfuggiva al fascino assolutista, l’Inghilterra, restava comunque fede-
lissima all’istituto monarchico. Delle gloriose repubbliche del passato rimanevano
Venezia e Genova, in completa decadenza; i Cantoni svizzeri, profondamente ridi-
mensionati nel loro ruolo internazionale; le Province Unite dei Paesi Bassi, dove
la carica di statolder, cioè di governatore, era diventata ereditaria e quindi assomi-
gliava sempre di più a quella di un monarca.
La repubblica era sempre stata una forma di regime politico che aveva permes-
so alle aristocrazie terriere e ai patriziati urbani di spartirsi le cariche e di gestire
le istituzioni. Dopo i robusti sussulti seicenteschi, questo antico modello politico
era andato definitivamente in crisi e non esisteva praticamente più. Al suo posto,
ora, si affacciava, con l’esempio americano, un nuovo modello repubblicano: un
tipo di repubblica fondata su una logica democratica, cioè basata sull’inclusione
di una porzione più ampia di società, ovvero sull’inclusione dei maschi adulti, pa-
dri di famiglia, liberi, indipendenti, residenti, contribuenti, in una qualche forma
di rappresentanza politica. Benché da questo modello rimanessero ancora fuori
componenti importanti della società, come quella femminile, il nuovo contenuto,
rivoluzionario per eccellenza, del messaggio repubblicano diventava l’allargamen-
to della cittadinanza anziché la delimitazione del privilegio; per la prima volta, al
di là dell’Atlantico, questa dinamica di apertura della cittadinanza era stata sanci-
ta in una Costituzione.
L’importantissima novità non giungeva straniera in Europa per due ragioni. In
primo luogo, le colonie americane erano solo geograficamente fuori dall’Europa,

L’America guidata
dalla saggezza.
Stampa allegorica
su disegno di John
J. Barralett e incisone
di B. Tanner, 1815.
Washington D.C.,
Library of Congress.

261
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

perché dal punto di vista culturale ne facevano parte integrante e la loro rivoluzione
era figlia di un movimento di pensiero assolutamente europeo, soprattutto france-
se e inglese, quale l’Illuminismo. In secondo luogo anche il Vecchio Continente fu
interessato da episodi rivoluzionari contemporanei o di poco posteriori alla Rivo-
luzione dei coloni americani (di cui parleremo sotto): l’insurrezione della Corsica,
la rivoluzione ginevrina, quelle olandese e belga, i tentativi democratico-nazionali
irlandesi e polacchi. Infine, un evento di ben altra portata – la Rivoluzione france-
se – arrivò ad amplificare e a riproporre a tutta l’Europa, e perfino a gran parte del
mondo, il modello democratico.
La relativa novità di tutti questi episodi rivoluzionari della seconda metà del Set-
tecento è il comune sforzo ideologico illuminista, la formazione di gruppi dirigen-
ti che guardavano a un allargamento della cittadinanza nei loro Paesi, ai princìpi
condivisi di libertà e di progresso della pubblica felicità.

Le lotte per il riscatto nazionale e l’allargamento


della cittadinanza
In Corsica, negli anni Cinquanta e Sessanta del Settecento, scoppiò un’insurrezio-
ne indipendentista contro il dominio genovese. I dirigenti di questa rivolta, gui-
data da Pasquale Paoli (1725-1807), strinsero contatti con il mondo dei Lumi e
chiesero allo stesso Rousseau un progetto di Costituzione per il loro Paese. I geno-
vesi, sconfitti, vendettero l’isola alla Francia (1768), che ne conquistò il possesso
stroncando l’insurrezione.
A Ginevra la repubblica oligarchica riconosceva i diritti politici a chi apparteneva
alle famiglie patrizie dei «cittadini» ma non ai «borghesi» e ai «nativi» (cioè coloro
che potevano avvalersi solo della prerogativa di essere nati a Ginevra), che di di-
ritti non ne avevano alcuno e venivano reputati stranieri. All’inizio del Settecento
un primo movimento di rivendicazione dell’allargamento della cittadinanza si era
concluso con la fucilazione del suo leader. Poi, nel 1738, si arrivò a un accordo di
blanda apertura politica ai borghesi, mentre ai nativi si concesse solo l’accesso alle
professioni liberali, come il medico, l’avvocato e il notaio. Nel 1781-82 le pressio-
ni popolari sfociarono in un’insurrezione cittadina, stroncata con l’intervento di
truppe francesi, bernesi e sarde, in conseguenza del quale andarono perdute per-
fino le timide conquiste del 1738.
Nel 1780 anche in Olanda l’equilibrio politico venne scosso da un movimento
democratico – l’unico direttamente e fortemente influenzato dall’America – che
era ostile al grande patriziato e alla famiglia d’Orange e che chiedeva un allarga-
mento dello spazio politico. Il patriziato non esitò a fare appello all’esercito prus-
siano per schiacciare la rivolta.
Gli irlandesi colsero l’occasione della Rivoluzione americana per formare un
corpo di 80.000 volontari. Questi «volontari uniti» si dichiararono fedeli a Giorgio
III, ma esercitarono una formidabile pressione per ottenere libertà di commercio,
autonomia politica e allargamento della cittadinanza ai cattolici. Il mondo poli-
tico britannico respinse ogni richiesta di libertà politica per l’isola, malgrado l’o-
pinione contraria di Pitt «il Giovane», e negli anni Novanta i volontari irlandesi si
schierarono apertamente per la Rivoluzione francese, il che diede a Londra l’occa-
sione di intervenire militarmente e di mettere l’Irlanda a ferro e fuoco. Gli irlandesi
cominciavano quindi a coniugare due temi che nel secolo seguente sarebbero sta-

262
La Rivoluzione americana | 8 |

LESSICO ti i due pilastri dell’impegno rivoluzionario: il riscatto nazionale e l’allargamento


Cittadinanza politica della cittadinanza politica.
Stato giuridico in cui
gli appartenenti a una Anche altre colonie inglesi delle Indie occidentali, ad esempio in Canada, furono
comunità godono dei influenzate dalle vicende che portarono alla formazione degli Stati Uniti: in diver-
diritti di partecipazione si casi sorsero antagonismi tra assemblee locali e governatori, senza sortire però
alla vita politica, sia
come elettori sia come nessun effetto di emancipazione dalla madrepatria.
funzionari dello Stato.
La Francia tra conservatorismo politico e progressismo
ideologico
La Francia era l’unica grande potenza a vantare legittimamente il ruolo di difenso-
re della libertà. Parigi era intervenuta a fianco degli americani e accoglieva olan-
desi, belgi, polacchi, irlandesi; e alla Francia guardavano tanti democratici euro-
pei, anche prima che scoppiasse la Rivoluzione francese. Parigi era indubbiamente
il luogo dove si elaborava il pensiero d’opposizione più coraggioso e radicale, ma
questo pensiero era incapace di trasformare il Paese essenzialmente perché aveva
due anime: quella degli intellettuali, che guardavano avanti, all’allargamento della
base politica, e quella dei magistrati, che guardavano indietro, alla conservazione
dell’edificio del privilegio. I magistrati francesi giocavano con le parole, nel senso
che i grandi tribunali in Francia si chiamavano «parlamenti», pur non avendo nulla
a che fare con il Parlamento di Londra, che era eletto, faceva le leggi ed esprimeva
la maggioranza governativa.
I «parlamenti» francesi erano composti da giudici che avevano acquistato la
loro carica e ne erano proprietari. Semmai, un pallido equivalente del Parlamen-
to britannico potevano essere gli Stati generali – un organo di rappresentanza
dei tre ceti sociali esistenti nello Stato francese il cui compito principale era ap-
provare le imposte proposte dal sovrano – ma questi non si riunivano più da un
secolo e mezzo. Eppure i «parlamentari» francesi sostenevano di custodire la le-
galità, ovvero la «manutenzione delle leggi», come essi stessi la definivano. Essi
pensavano che la libertà in Francia fosse antica e che loro stessi ne costituissero
il baluardo, mentre l’oppressione fosse invece recente e introdotta dal «dispoti-
smo» dei ministri.
I «parlamentari», di cultura giansenista, si opponevano al riformismo illumi-
nato, al cambiamento delle regole della giustizia (di cui erano gli amministratori),
della politica e dell’economia, perché in tal modo si sarebbe messo a rischio l’or-
Ripassa con la
presentazione La dine pubblico (di cui erano i tutori). Nel 1776 riuscirono a far dimettere il mini-
Rivoluzione americana stro Robert-Jacques Turgot (1727-81), un illuminista fisiocratico intenzionato a
e la nascita degli Stati cambiare il sistema politico e fiscale del Paese. Gli intellettuali dei Lumi erano in-
Uniti e costruisci una
mappa in cui metti in
fatti quasi tutti contrari al modo di pensare dei magistrati, ai gesuiti e alla Chiesa
relazione: cattolica in generale, e inoltre al governo del re, così inadeguato a un serio pro-
• le cause che porta- gramma di riforme.
rono alla Rivoluzione
americana;
A Parigi, dunque, si poteva trovare una ricchezza di schieramenti ideologi-
• la Dichiarazione ci del tutto comparabile, forse perfino superiore, a quella di Londra. La Francia
d’indipendenza e gli appariva essere un Paese paradossale: non riusciva a riformarsi, ma dispone-
sviluppi della guerra
va del più vivace laboratorio di discussione sulla riforma politica; negava ogni
d’indipendenza;
• la nascita degli Stati apertura del sistema politico, anzi tendeva a chiudere sempre di più le possibi-
Uniti e la Costituzio- lità di accesso a chi non apparteneva alle classi nobiliari, ma accoglieva e tolle-
ne americana.
rava le idee di libertà.

263
Dalla Storia all’Educazione civica

I poteri esecutivo Guarda il video


dell’intervista
all’autore
e giudiziario in Italia Approfondisci con
la Costituzione
commentata
di Gustavo Zagrebelsky

Potere esecutivo: il governo Si tratta cioè di un organo colle- Formazione e atti


Il corretto ordinamento di una so- giale, in cui le decisioni non ven- del governo
gono prese dal singolo ministro, ma
cietà democratica prevede la sepa- Il governo si forma su iniziativa del
sono discusse da tutto il Consiglio
razione dei poteri fondamentali presidente della Repubblica, che
dei ministri e in seguito approvate
dello Stato, perché nessuno di essi nomina il presidente del Consi-
a maggioranza.
abbia prevalenza sugli altri. Al pote- glio dei ministri. La nomina segue
Ogni ministro si occupa poi di un
re legislativo ( ▶ cap. 1) si affiancano ampie consultazioni tra il presidente
settore specifico della vita pubbli-
così il potere esecutivo e quello giu- della Repubblica e le forze politiche
ca: economia, salute, istruzione, si-
diziario. Nell’equilibrio reciproco e e la scelta cade in genere sulla per-
curezza e ordine interno, rapporti
nel guidare lo Stato essi garantisco- sonalità indicata dal partito o dalla
con l’estero, lavori pubblici, pubbli-
no stabilità e la dovuta tutela degli coalizione di partiti più forte. Anche i
ca amministrazione, infrastrutture e
interessi della cittadinanza. ministri sono nominati dal presiden-
trasporti, beni culturali, sport, pa-
Il potere esecutivo è il potere di chi te della Repubblica, ma su proposta
ri opportunità e molto altro ancora.
governa e applica le leggi votate dal del capo del governo.
Secondo l’articolo 95, «il presiden-
Parlamento. Come afferma l’artico- Il nuovo governo giura fedeltà al-
te del Consiglio dei ministri dirige
lo 92 della Costituzione: le istituzioni nelle mani del presi-
la politica generale del governo e
ne è responsabile. Mantiene l’unità dente della Repubblica e, secondo
«Il governo della di indirizzo politico e amministrativo, l’articolo 94, «entro dieci giorni […]
Repubblica è composto del promuovendo e coordinando l’atti- si presenta alle Camere per ot-
vità dei ministri». tenerne la fiducia», che viene ac-
presidente del Consiglio cordata dai parlamentari per appel-
Il presidente del Consiglio dei mini-
e dei ministri, che stri è detto perciò anche «capo del lo nominale. Solo con la fiducia del
costituiscono insieme il governo»: spetta a lui indicare un Parlamento sulla sua composizione
Consiglio dei ministri». orientamento, un progetto, per la e sul suo programma il Governo di-
vita del Paese e degli italiani. venta operativo.

Il giuramento
in Parlamento
del neoeletto
presidente della
Repubblica
Sergio
Mattarella il 3
febbraio 2015.
In qualsiasi momento il Parlamen-
to può poi proporre, su iniziativa
di almeno un decimo dei rappre-
sentanti di una Camera, una mo-
zione di sfiducia del Governo. Se
la mozione viene approvata, il Go-
verno deve dimettersi e si avvia il
processo che porta alla formazione
di un nuovo esecutivo. Nel caso
non si riuscisse, il presidente della
Repubblica può sciogliere le Ca-
mere e indire nuove elezioni. Le
mozioni di sfiducia possono esse-
re presentate anche contro un so- Dibattito in classe:
lo ministro. «La magistratura il potere giudiziario
Tra gli atti più importanti del Gover- costituisce un ordine
no ricordiamo la preparazione del L’autonomia decisionale
autonomo e indipendente e l’indipendenza del po-
bilancio dello Stato: sia nella sua
da ogni altro potere». tere giudiziario sono i princìpi su cui
parte di previsione delle entrate e
delle spese dell’anno che verrà, sia si fonda lo Stato di diritto e proprio
nella sua parte di consuntivo del- Sui magistrati non possono eser- per questo, anche nella selezione dei
le entrate e delle spese dell’anno citare pressioni né il governo né il magistrati, si deve garantire l’assenza
Parlamento, tanto che essi devono di ogni tipo di intromissione. Come
passato. Perché i conti dello Stato
poter indagare anche sui membri si legge nella scheda, in Italia, si di-
siano in ordine, le entrate e le spe- venta giudici dopo aver superato un
se devono trovarsi in equilibrio (ar- delle Camere, sui ministri e sul pre-
sidente del Consiglio dei ministri. concorso pubblico e un periodo di
ticolo 81). prova e formazione retribuita; negli
È anche importante sottolineare L’indipendenza dei giudici è assicu-
Stati Uniti, invece, i giudici dei vari
che il governo ha il potere di pro- rata dal Consiglio superiore della
Stati sono avvocati con una certa
porre al Parlamento disegni di magistratura, organo di autogo-
esperienza, eletti direttamente dai
legge e, addirittura, di legiferare. verno al quale spettano, secon- cittadini. Entrambi i sistemi presenta-
Secondo l’articolo 77 della Costi- do l’articolo 105, «le assunzioni, no degli aspetti positivi e negativi.
tuzione, infatti, «in casi straordinari le assegnazioni e i trasferimenti, le Scegliete tre studenti che facciano
di necessità e d’urgenza, il governo promozioni e i provvedimenti disci- da giuria, poi dividete il resto della
adotta, sotto la sua responsabilità, plinari nei riguardi dei magistrati». classe in due gruppi:
provvedimenti provvisori con for- Il Consiglio superiore della magi- 1. il gruppo A sosterrà il modello
za di legge»: questi decreti dell’e- stratura è presieduto dal presidente americano; il gruppo B quello
secutivo devono essere convertiti della Repubblica e formato da giu- italiano. Per approfondire il tema
in legge dalle Camere entro ses- dici eletti in gran parte dagli stessi potete consultare il video TED-Ed
santa giorni, pena la perdita di ef- magistrati, le cui nomine avvengono How is power divided in the Uni-
ficacia. per concorso. ted States government sulla divi-
I magistrati esercitano il loro potere sione dei poteri negli Stati Uniti
in tribunale, emettendo sentenze in accedendo tramite il QR code.
Potere giudiziario: 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
cause civili e penali. Nelle cause
la magistratura civili essi giudicano a proposito di voce, che in 5 minuti presenterà
Il terzo potere fondamentale dello contese tra i cittadini. Nelle cause alla giuria i risultati del lavoro.
Stato è il potere giudiziario, che Nell’esporre le proprie ragioni,
penali essi giudicano i cittadini ac-
si possono proiettare presenta-
la Costituzione salvaguarda e rende cusati di avere infranto la legge e
zioni multimediali che contenga-
indipendente dai poteri legislati- danneggiato in questo modo la so-
no immagini, dati e riferimenti a
vo ed esecutivo. A regolarlo sono cietà. È evidente la delicatezza del fatti di cronaca.
gli articoli 101-113 della Carta co- loro compito, interpretare la legge 3. Seguirà un dibattito libero di
stituzionale. L’articolo 101 afferma e garantire che sia applicata con 10 minuti tra le due squadre. I
che «la giustizia è amministrata in imparzialità verso tutti i cittadini, giudici si confronteranno poi tra
nome del popolo» e che «i giudici e dunque l’assoluta necessità che loro e decideranno qual è stato il
sono soggetti soltanto alla legge». sia svolto fuori da ogni interfe- gruppo più efficace nel sostenere
L’articolo 104 specifica: renza. l’uno o l’altro modello.

265
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Guerra di indipendenza o rivoluzione? Le tappe della Rivoluzione


La guerra d’indipendenza americana (1775-1783) fu In seguito allo sforzo economico per
il primo esempio di liberazione delle colonie dal gio- sostenere la guerra dei Sette anni, l’Inghilterra aumen-
go europeo, che portò alla formazione di uno Stato tò il prelievo fiscale sulle colonie: con lo Sugar Act si
libero e sovrano il cui ordinamento era di tipo repub- rese più rigida la riscossione della tassa sullo zucchero
blicano e federale, basato sulla sovranità del popolo, importato dalle Antille; con lo Stamp Act si introdusse
un’idea avanzata di diritti umani, maggiore mobilità la tassa sul bollo applicato a giornali e atti pubblici.
sociale e un suffragio censitario molto esteso, tut- La situazione peggiorò nel 1770, con il «massacro di
ti fattori, questi, che rendono le vicende americane Boston», quando i soldati inglesi di stanza a Boston
davvero rivoluzionarie. uccisero cinque manifestanti e, infine, nel 1773, quan-
do dei militanti indipendentisti rovesciarono in mare il
Le colonie inglesi d’America carico di tre navi della Compagnia delle Indie Orienta-
Le tredici colonie dell’America settentrionale furono li, episodio noto come «Boston Tea Party», segnando
fondate a partire dal Seicento in seguito a iniziative l’inizio della Rivoluzione americana.
commerciali autonome, donazioni del re o migrazioni I coloni vinsero il primo scontro armato, la battaglia
di minoranze religiose e politiche, alle quali il governo di Lexington, e Il 4 luglio 1776 il Congresso di Fila-
inglese aveva lasciato libertà di manovra per ridurre la delfia votò la Dichiarazione d’indipendenza, scritta da
tensione interna al Paese e per stabilire degli avampo- Thomas Jefferson, che affermava l’uguaglianza degli
sti contro l’espansionismo delle altre potenze europee. uomini e l’inalienabilità dei diritti fondamentali. Gli in-
Accomunate dal rapporto con la madrepatria e dall’im- glesi, sconfitti da George Washington a Yorktown nel
patto sugli indigeni, le colonie inglesi si differenzia- 1781, si arresero e con il trattato di Parigi nel 1783 fu
vano a livello economico e sociale: quelle del Sud si riconosciuta l’indipendenza della Confederazione di
basavano sulla produzione di tabacco, riso, frumento Stati americani.
e sull’impiego massiccio di schiavi; quelle del centro,
fondate dai padri pellegrini, dissidenti puritani arri- La Costituzione degli Stati Uniti
vati a bordo della «Mayflower», erano caratterizzate d’America
da ampia partecipazione popolare alla vita politica, Nel contesto politico del dopoguerra si sviluppò un
mentalità bigotta; quelle del Nord, tra cui vi era New dibattito su quale tipo di legame adottare per regolare
York, erano basate su una società di piccoli proprietari i rapporti tra i tredici Stati. Nacquero due partiti: uno
e mercanti, da una mentalità più aperta, cosmopolita, «repubblicano», che voleva mantenere la sovranità di
e da una maggiore tolleranza religiosa. ciascuno Stato, la sua libertà e tutelare autogoverno
e rappresentanza diretta, e uno «federalista», favore-
I motivi di conflitto tra le colonie vole a un’autorità centrale, federale.
e la madrepatria Nel 1787 un’assemblea costituente redasse la Costi-
Dal punto di vista giuridico, il sovrano inglese eserci- tuzione degli Stati Uniti d’America, che istituì un cen-
tava direttamente il suo potere solo nelle colonie re- tro federale, un sistema di checks and balances tra le
gie, mentre le altre godevano di maggiori autonomie. istituzioni e la divisione dei poteri, quello esecutivo
Per questo, la madrepatria cercò di rafforzare l’auto- affidato al presidente, quello legislativo al Congresso
rità centrale e rendere regie tutte le colonie. e quello giudiziario alla Corte suprema.
Le colonie erano dotate di un’assemblea elettiva che
trattava con il governatore inglese, ma i coloni non La sfida repubblicana e rivoluzionaria
potevano inviare delegati in Parlamento, per cui vo- in Europa
levano la garanzia di una «rappresentanza diretta», In Europa, accanto a una relativa apertura sui temi del-
e non solo «virtuale». la rappresentanza e della libertà da parte delle classi
L’Inghilterra, inoltre, vietava alle colonie di commer- dirigenti, vi erano anche episodi rivoluzionari, come
ciare con l’estero e di produrre in autonomia, impone- in Corsica, dove gli indipendentisti sconfissero i ge-
va il commercio solo con i porti inglesi, la fornitura di novesi, che vendettero l’isola alla Francia. Proprio in
materie prime e l’acquisto di prodotti finiti dalla ma- Francia il dibattito si sviluppò tra gli intellettuali, fa-
drepatria. Gli inglesi volevano mantenere la gestione vorevoli alle spinte democratiche, e i magistrati, in-
unitaria dell’Impero. clini alla conservazione dei privilegi.

266
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

LA RIVOLUZIONE AMERICANA

fu il scoppiò nelle scoppiò dopo l’ si aprì con la

primo caso di ................... tredici colonie inglesi in


aumento vittoria dei coloni nella
che si liberano dal America del Nord
delle tasse battaglia di ...................
dominio ........................... ..........................................

• ................................... Act
e la votazione della
diverse a livello che erano • ................................... Act
economico e sociale vincolate da • Townshend Acts
...........................................
• ........................................... obblighi e divieti inglesi (4 luglio 1776)
e le
(produzione di
tabacco, riso, frumento
e impiego di molti • divieto di ....................... violenze inglesi scritta da
schiavi) con l’estero
• ........................................... • divieto di .......................
(partecipazione in autonomia ........................................... ...........................................
popolare alla vita • obbligo di commercio (1770)
politica, mentalità solo con i .......................
e si concluse sul
bigotta) • obbligo di fornitura che sfociarono nel campo con la
• ............................ (piccoli di ....................... alla
proprietari e mercanti, madrepatria
mentalità più aperta, • obbligo di acquisto ........................................... sconfitta degli inglesi
tolleranza religiosa) di ....................... inglesi (1773) a Yorktown (1781)

dovuti alla volontà e sul piano


in cui
inglese di mantenere una diplomatico con il

gestione unitaria ...........................................


militanti indipendentisti
dell’Impero (1783)

buttarono in mare il che sancì l’

carico di tre navi della indipendenza degli


........................................... Stati Uniti d’America

a cui seguì l’entrata


in vigore della
• centro ..........................................................
• sistema di ...................................................
Costituzione
• divisione dei poteri esecutivo che istituì
(..........................................)
(.....................), legislativo (.....................),
giudiziario (.....................)

267
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cosa significa confederazione?
b. Che cos’è un emendamento?
Date: 1770 • 1787 • 1783
c. Cosa significa sistema di checks and balances?
Luoghi: Francia • Virginia • Filadelfia •
Georgia • Saratoga • Versailles
NESSI E RELAZIONI
a. La .................. era una colonia inglese importante
per la produzione di tabacco. 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
b. Il «massacro di Boston» avvenne nel .................. . a. I prodotti europei possono essere esporta-
ti nelle colonie solo dagli inglesi.
c. Il 4 luglio 1776 il Congresso di .................. votò
la Dichiarazione d’indipendenza. b. La Virginia Company ottiene la conces-
sione per lo sfruttamento dell’omonima
d. La battaglia di .................. nel 1776 segnò una
colonia.
vittoria delle forze continentali.
c. In Inghilterra, nel 1763, viene approvato
e. La .................. fu fondata a scopo difensivo.
lo Sugar Act.
f. A .................. , nel .................. si firmò il trattato
d. Gli antifederalisti criticano l’impianto
che sancì l’indipendenza degli Stati Uniti.
della Costituzione del 1787.
g. In .................. nel 1776 si dimise il ministro fisio-
cratico Turgot. 1. La tassa sull’importazione dello zucchero per
gli americani viene dimezzata, ma si rafforza-
h. Nel .................. fu redatta la Costituzione degli
no i controlli fiscali.
Stati Uniti tutt’ora in vigore.
2. Il prezzo dei prodotti europei subisce
un forte rialzo nei mercati americani.
EVENTI E PROCESSI
3. In cambio, la compagnia cede parte dell’oro
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. estratto all’Inghilterra e cristianizza la regione.
a. Quali furono i motivi di attrito fra l’Inghilterra 4. Vengono introdotti alcuni emendamenti noti
e le colonie americane? come Bill of Rights.
b. Quali princìpi vennero sanciti dalla Dichiara-
zione d’indipendenza degli Stati Uniti? COMPETENZE
c. Individua le principali conseguenze della
ESPORRE ORALMENTE
Rivoluzione americana.
6 Rispondi alle seguenti domande.
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false.
a. Descrivi il sistema economico delle colonie
a. V F Il «Boston Tea Party» è considerato l’at- americane alla vigilia della Rivoluzione ameri-
to d’inizio della Rivoluzione americana. cana. (3 minuti)
b. V F George Washington fu a capo delle b. Quale sistema politico prevalse negli Stati Uni-
truppe inglesi durante la Rivoluzione ti dopo la Rivoluzione americana? (1 minuti)
americana.
c. V F George Washington era un proprietario SCRIVERE
terriero della Virginia.
d. V F La Dichiarazione d’indipendenza fu VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
scritta da Thomas Jefferson. 7 Nella Dichiarazione d’indipendenza del 4 luglio
e. V F Francia e Spagna si schierarono con 1776 si fa riferimento esplicito al «perseguimen-
l’Inghilterra, contro le colonie. to della felicità» come ad uno dei diritti inaliena-
f. V F I Sons of Liberty furono un movimento bili che uno Stato deve garantire. Sei d’accordo
indipendentista americano. con quest’affermazione? Il «perseguimento della
g. V F La Costituzione del 1781 assegnava felicità» può rientrare fra gli obiettivi politici di
ampi poteri allo Stato centrale. un governo? Nella Costituzione italiana si fa rife-
rimento alla felicità? Argomenta la tua risposta
h. V F Le prime colonie confederate furono 15.
e confrontala con quella dei tuoi compagni.
i. V F Il Bill of Rights fu approvato nel 1791.

268
Fonti e Storiografia
FONTI Le ragioni della ribellione secondo Thomas Jefferson
F1 Thomas Jefferson (1743-1826) fu una figura chiave nelle vicende che condussero
all’indipendenza delle colonie americane. Si riporta qui un brano tratto dalla sua Espo-
sizione sommaria dei diritti dell’America britannica, del 1774.

L’America è stata conquistata, e i suoi insediamenti sono stati formati e saldamente conso-
lidati, a spese di singoli individui, e non del pubblico britannico. Essi hanno versato il lo-
ro sangue nell’acquistare la terra per i loro insediamenti, hanno speso le loro sostanze nel
rendere stabili questi ultimi. […] Neppure uno scellino è mai uscito dal pubblico erario di
Sua Maestà, o dei suoi avi, per venire in loro aiuto, fino ai tempi più recenti, quando le co-
lonie si erano ormai consolidate su base salda e permanente.
Essendo queste diventate allora vantaggiose alla Gran Bretagna per i suoi fini commer-
ciali, il Parlamento di Sua Maestà si compiacque di prestar loro aiuto contro un nemico che
si sarebbe volentieri impadronito dei benefici del loro commercio, per la propria grandezza
e con pericolo per la Gran Bretagna […].
Noi non intendiamo, tuttavia, sottovalutare quegli aiuti che ci sono stati senza dubbio pre-
ziosi, quali che fossero i princìpi in base ai quali furono concessi; ma vogliamo dimostrare
che non possono costituire titolo per l’esercizio di quell’autorità che il Parlamento britannico
vorrebbe arrogarsi sopra di noi e che possono essere abbondantemente ripagati median-
te la concessione da parte nostra agli abitanti della Gran Bretagna di privilegi commerciali
esclusivi, che siano per loro vantaggiosi e al tempo stesso non troppo vessatori per noi […].
Oltre ai dazi che stabiliscono sui nostri articoli di esportazione e di importazione, [le leg-
gi approvate dal Parlamento britannico] ci vietano l’accesso a tutti i mercati a Nord del ca-
po Finisterrae1, nel regno di Spagna, per la vendita di prodotti che la Gran Bretagna non ci
1 Finisterrae: Cabo
compra e per l’acquisto di altri, di cui non può rifornirci […].
Fisterra è un promontorio Il vero fondamento sul quale dichiariamo queste leggi nulle, è che il Parlamento britan-
sull’Oceano Atlantico del nico non ha alcun diritto di esercitare la sua autorità su di noi […].
nord-ovest della Galizia,
Esiste forse ragione alcuna, perché centosessantamila elettori nell’isola di Gran Bretagna
in Spagna. Il nome deriva
dal latino finis terrae, debbano dettare legge a quattro milioni di individui negli Stati d’America, ognuno dei quali
cioè «confine della terra» è uguale a ciascuno di quelli per virtù, intelletto e forza fisica? Se si dovesse ammettere ciò,
in quanto il capo Fisterra anziché essere un popolo libero, come abbiamo supposto fino ad ora e come intendiamo
è uno dei punti più
occidentali della Spagna continuare ad essere, ci troveremmo di improvviso ad essere gli schiavi non di uno, ma di
peninsulare. centosessantamila tiranni.
(da T. Jefferson, Antologia degli scritti politici, Il Mulino, Bologna 1961, pp. 33-52)

COMPRENDERE 1. Quali limitazioni al commercio delle colonie americane avevano imposto


gli inglesi?
2. Chi sono i «tiranni» agli occhi dell’autore?
INTERPRETARE 3. Jefferson non riconosce l’autorità del Parlamento britannico sulle colonie ameri-
cane. Spiegane le ragioni che emergono nel testo, argomentando la tua risposta.
4. Nel testo si fa riferimento alla conquista dei territori americani in senso positivo;
rifletti, in autonomia o in gruppo, sulle conseguenze negative della colonizzazio-
ne portando degli esempi, come il caso dei nativi o degli schiavi impiegati
nelle piantagioni, e discutetene in classe.
VALUTARE 5. Come giudichi, dal tuo punto di vista le richieste avanzate da Jefferson
ai britannici? Ti sembrano infondate o condivisibili, almeno in parte?

269
Fonti e Storiografia

F2 La Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America


La Dichiarazione del 4 luglio – opera di Thomas Jefferson –, qui riportata in parte,
proclamò i princìpi di teoria politica che erano alla base dell’indipendenza: la volontà
popolare come legittimazione del governo e il diritto del popolo di rimuovere un go-
verno tirannico.

Quando nel corso degli umani eventi diventa necessario per un popolo sciogliere i legami
politici che lo legano a un altro e assumere nel consesso delle nazioni della Terra la condi-
Leggi in digitale il zione eguale e separata alla quale le leggi naturali e divine gli danno diritto, la rispettosa
testo I primi dieci attenzione per le opinioni del genere umano richiede che questo popolo dichiari le cause
emendamenti che lo hanno spinto a questa separazione.
della Costituzione
americana. Noi consideriamo queste verità come di per sé evidenti, ovvero che tutti gli uomini sono
Scrivi un testo di stati creati uguali e che sono stati dotati dal Creatore di alcuni inalienabili diritti, fra i quali la
tipo espositivo- libertà, la vita e il perseguimento della felicità e che i governi sono stati fondati per assicura-
argomentativo in cui re il godimento di questi diritti e derivano i loro legittimi poteri dal consenso dei governati.
metti in relazione
il contenuto degli
Qualora un governo minacci questi diritti, è diritto del popolo mutarlo o abolirlo e isti-
articoli con il tuire un nuovo governo, che abbia il suo fondamento in questi princìpi e indirizzi i suoi
brano tratto dalla poteri nel modo migliore per rendere effettiva la sicurezza e la felicità. […]
Dichiarazione Noi abbiamo anche messo in guardia i nostri fratelli inglesi dal tentativo illegittimo di
d’indipendenza
estendere la loro giurisdizione su di noi. […]. Abbiamo fatto appello alla loro giustizia na-
qui riportato. Per
strutturare in modo turale e alla loro magnanimità […]. Ma essi sono stati sordi alla voce della giustizia e della
chiaro il testo, puoi consanguineità. Dobbiamo quindi piegarci alla necessità, che ci obbliga alla separazione e
rispondere alle d’ora in poi considerarli, al pari del resto del genere umano, nemici in guerra e amici in pace.
seguenti domande:
Noi, quindi, rappresentanti degli Stati Uniti d’America, riuniti in un Congresso generale,
cosa sono gli
emendamenti e chiamando il supremo Giudice del Mondo a testimone della rettitudine dei nostri intenti,
perché sono stati per l’autorità conferitaci dal buon popolo di queste colonie, solennemente e pubblicamente
introdotti nel 1791? proclamiamo che queste colonie unite sono di diritto Stati liberi e indipendenti, che sono
Quali princìpi liberi da ogni obbligo di fedeltà alla Corona britannica e che tutti i vincoli fra loro e lo Stato
vengono affermati
negli emendamenti? di Gran Bretagna devono essere considerati sciolti, […]. A sostegno di questa Dichiarazione,
In che modo con la ferma fiducia nella protezione della Divina provvidenza, impegniamo le nostre vite,
traducono in legge le nostre fortune e il nostro sacro onore.
quanto affermato
(da La formazione degli Stati Uniti d’America. Documenti, vol. I (1606-1776), a cura di A. Aquarone,
dalla Dichiarazione?
G. Negri, C. Scelba, Nistri-Lischi, Pisa 1961, pp. 416-421)

COMPRENDERE 1. In che cosa consistono le «verità evidenti» e i «diritti inalienabili» menzionati


nel testo?
2. Che cosa deve rendere effettivo il governo di uno Stato per i suoi cittadini
o sudditi?
3. A quali princìpi si dimostrano «sordi» i britannici?
INTERPRETARE 4. Sottolinea nel testo tutti i termini che fanno riferimento alla sfera divina. Ti sembra
che il testo faccia esplicito riferimento a una confessione religiosa in particolare?
VALUTARE 5. I diritti inalienabili di cui parla la Dichiarazione non erano garantiti a tutti gli abi-
tanti delle colonie nemmeno all’indomani della proclamazione dell’indipendenza:
quali soggetti non godevano pienamente di tali diritti? Per quali ragioni?

270
La Rivoluzione americana 8

STORIOGRAFIA La Costituzione degli Stati Uniti e i fondamenti


S1 dell’antifederalismo
Guido Abbattista
Lo storico Guido Abbattista ripercorre le tappe che condussero alla formazione degli
Stati Uniti d’America, analizzando i fattori economici e sociali ma anche le istanze politi-
che che contribuirono a quel percorso. Questo non fu senza ostacoli: intorno ad alcuni
temi si accese il dibattito, come nel caso dell’ordinamento federale del nuovo Stato.

GLI SNODI Federalisti e antifederalisti si preoccupavano dei cambiamenti sociali in atto.


DEL TESTO I federalisti temono di veder eroso il primato economico delle classi più elevate.
Gli antifederalisti temono di perdere la capacità di rappresentare le comunità.

La contrapposizione emersa dalla discussione sul progetto costituzionale fu un confronto


intorno al modo di intendere la natura e il futuro delle istituzioni repubblicane e, in ultima
analisi, tra due visioni della società e della politica. […] Non si può […] non vedere come nel
conflitto tra federalisti e antifederalisti si riflettessero non solo preoccupazioni teoriche o
tecniche intorno ai meccanismi costituzionali, ma anche la diversità di atteggiamento ri-
spetto allo sviluppo economico e sociale del paese, in particolare di fronte all’entrata sulla
scena politica di una classe media […] numerosa, energica e attiva che stava alterando com-
posizione e funzionamento delle assemblee legislative statali, dando luogo a forme di di-
sordine sociale e di instabilità politica rivelatrici, nelle parole di Hamilton1, della «violenza
e [del]la turbolenza dello spirito democratico». […]
In linea generale, quella dei federalisti fu una visione elitaria del repubblicanesimo, do-
minata dall’inquietudine per l’affermazione di forme democratiche ed egualitarie di cui essi
temevano le conseguenze destabilizzanti: il dominio di maggioranze capricciose e faziose,
il pericolo di tirannie maggioritarie, la graduale erosione del primato economico e sociale
1 Hamilton: delle classi più elevate. […]
Alexander Hamilton
(1755/7-1804), uno
Gli antifederalisti procedevano da premesse non troppo diverse da quelle dei rivali, ma
dei padri fondatori degli approdavano, specie in materia di rappresentanza, democrazia, interessi, fini della politica,
Stati Uniti d’America, a risultati opposti, rivelatori di preoccupazioni diffuse in ampi strati della società americana.
fu sostenitore di una
Secondo […] [il loro pensiero] il sistema di rappresentanza dell’Unione federale finiva con
forma centralizzata di
potere. l’allontanare il potere dalla sua naturale sorgente: gli interessi popolari e, in particolare, le
2 rappresentanza comunità ex coloniali, tradizionale contesto dell’esperienza politica americana. Con il suo
‘virtuale’: forma di
carattere numericamente ristretto, tale rappresentanza finiva con l’assomigliare, rispetto
rappresentanza non
diretta, esercitata alla molteplicità degli interessi esistenti nella società e che ambivano a ottenere espressio-
nelle colonie. ne politica, alla rappresentanza ‘virtuale’2 contro la quale era iniziata la rivoluzione.
(da G. Abbattista, La rivoluzione americana, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. 118-125)

COMPRENDERE 1. Quali conseguenze stava avendo l’ingresso di una nuova classe media a livello
IL TESTO politico?
2. Che cosa preoccupa in particolare i federalisti?
3. Quale modello di rappresentanza contrapponevano a quella ‘virtuale’
gli americani?

271
Fonti e Storiografia

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Libertà, democrazia e potere
Nell’ambito della riflessione sulla Rivoluzione americana, pur nella continua evo-
luzione degli studi, si possono individuare due tendenze abbastanza costanti: da
una parte essa è vista come un’affermazione del principio di libertà a livello isti-
tuzionale, dall’altra è letta come una rivoluzione mancata, che non ha fatto pro-
prie le istanze provenienti dal basso. Nei brani qui proposti è possibile osservare
queste due tendenze.

S2 La Rivoluzione americana: una trasformazione radicale


Gordon S. Wood
Gordon S. Wood ha letto la Rivoluzione americana come evento che ha cambiato radi-
calmente la società coloniale settecentesca, modificando i rapporti tra Stato e società.

GLI SNODI La storiografia ha sottovalutato alcuni aspetti della Rivoluzione americana.


DEL TESTO La Rivoluzione americana non fu conservatrice.
I movimenti radicali ebbero un grande impatto nella storia degli Stati Uniti

La rivoluzione americana non sembra nascere dalle stesse cause – ingiustizie sociali, con-
flitti di classe, impoverimento, iniqua distribuzione della ricchezza – che sono presumibil-
mente alla base di altre rivoluzioni. […]
Naturalmente numerosi storici […] hanno a più riprese cercato, nelle parole di Hannah
Arendt1, «di interpretare la rivoluzione americana alla luce della rivoluzione francese» in
modo tale da riuscire a individuare le stesse violenze interne, i conflitti di classe e la miseria
sociale che si presume siano alla base della rivoluzione francese e di altre rivoluzioni mo-
derne. […] Ma, com’è stato giustamente osservato, nonostante una quantità straordinaria
di ricerche e scritti pubblicati, questi storici […] non hanno conseguito i loro obiettivi […].
Abbiamo la tendenza a considerare la rivoluzione americana come fosse priva di caratte-
ri sociali, virtualmente estranea alla società e quindi aliena da cause e conseguenze sociali,
[…]. Di conseguenza spesso è stata giudicata, in sostanza, un evento intellettuale, una di-
fesa costituzionale dei diritti americani contro le ingerenze inglesi […], intrapresa non già
per mutare la struttura della società ma per preservarla. […]
Se si misura il radicalismo delle rivoluzioni in base al livello di miseria sociale o di emargi-
nazione economica presenti nella società, oppure al numero di persone uccise o di manieri
dati alle fiamme, allora questa tesi convenzionale del conservatorismo della rivoluzione ame-
ricana acquista una certa consistenza, ma se misuriamo il radicalismo in base alla portata del
cambiamento sociale che ebbe luogo […] allora la rivoluzione americana non fu affatto con-
servatrice. Al contrario: fu altrettanto radicale e rivoluzionaria di ogni altra nella storia. […]
Quando la rivoluzione ebbe fatto il suo corso, all’inizio del secolo XIX, la società ameri-
cana si era trasformata in modo radicale e completo. […] Non trasformò soltanto la cultura
1 Hannah Arendt:
degli americani [...] ma mutò la loro interpretazione della storia, della conoscenza e della
filosofa politica
tedesca naturalizzata verità e, soprattutto, fece degli interessi e del benessere della gente comune, della sua aspi-
statunitense. razione alla felicità il fine della società e del governo.
(da G.S. Wood, I figli della libertà. Alle radici della democrazia americana,
Giunti, Firenze 1996, pp. 7-12)

COMPRENDERE 1. Gordon S. Wood prende in esame alcune posizione della storiografia della
IL TESTO Rivoluzione americana: quali critiche le vengono mosse?
2. Cosa afferma Hannah Arendt a proposito della storiografia delle rivoluzioni?
3. Perché è importante considerare il ruolo dei movimenti radicali anche nella
Rivoluzione americana?

272
La Rivoluzione americana 8

S3 Libertà, indipendenza, espansionismo


Francis Jennings
Secondo lo storico statunitense Francis Jennings (1918-2000), contrariamente a
quanto sostenuto da una lunga tradizione storiografica sull’indipendenza degli Sta-
ti Uniti, a suo parere infarcita di retorica, dietro ai continui appelli alla libertà presenti
nella propaganda dei ribelli stava un lucido progetto di espansione, finalizzato a fare
del nuovo Stato una grande potenza.

GLI SNODI La retorica rivoluzionaria si basò su concetti astratti.


DEL TESTO I ribelli americani coltivavano in realtà un progetto di espansione territoriale.
L’organizzazione di nuovi territori fu tra i primi progetti del presidente
Washington.

Sappiamo benissimo che il re e il Parlamento intendevano affermare la loro sovranità as-


soluta sulle colonie; e che i coloni lottarono per mantenere ed espandere l’autogoverno. Per
quale motivo? Dal momento che il re accampava la tradizione e la legalità, i ribelli dovet-
tero giustificarsi appellandosi a princìpi astratti ed entusiasmanti. Vennero tirati in ballo
i diritti naturali, i diritti degli inglesi, l’amore per la libertà, l’odio della schiavitù e la virtù
americana contro la corruzione inglese. Alcuni storici dichiarano che la rivoluzione mani-
festò anche l’attaccamento alla democrazia.
Armati di quelle parole, i ribelli si presentarono come san Giorgio contro il drago. Ma si
trattava di razionalizzazioni1. Solo in anni recenti Theodore Draper2, storico indipendente,
al di fuori dell’accademia, ha dichiarato senza mezzi termini che i rivoluzionari miravano
in primo luogo al potere, lasciando intendere che tutte le loro altre aspirazioni erano sem-
plice propaganda contraddetta dal loro comportamento. Secondo me Draper ha ragione,
1 razionalizzazioni: ma permettetemi di entrare nel dettaglio. […]
giustificazioni razionali Ha scritto uno storico che «negli Stati Uniti era quasi un’eresia descrivere la nazione co-
che nascondevano altri me un impero. [Ma] i fondatori lo consideravano tale». Gli eufemismi sono talmente diffusi
motivi, meno chiari e
forse anche meno nobili.
che per capirne veramente il senso occorre qualche dato raccolto sul campo.
2 Theodore Draper: Nel 1750 un gruppo di gentiluomini della Virginia fondò la Ohio Company per vendere e
storico statunitense colonizzare le terre della valle omonima. Mandarono il giovane George Washington3 come
di orientamento
democratico radicale.
comandante delle loro truppe contro la resistenza francese sfociata nella guerra dei Sette
3 George Washington: anni, cui seguì la guerra di Pontiac4.
latifondista virginiano, Nel 1783 lo stesso Washington concepiva la sua nazione appena nata, reduce dal trionfo
primo presidente degli
contro la Gran Bretagna, come un «impero in ascesa». Non era un semplice volo di fanta-
Stati Uniti.
4 guerra di Pontiac: sia retorica. Grazie al trattato di pace con la Gran Bretagna gli Stati Uniti avrebbero ottenu-
rivolta di tribù indiane to i vasti territori che si estendevano a ovest verso il fiume Mississippi. Lo stesso Washin-
contro gli inglesi gton rivendicò la proprietà di grandi appezzamenti in quella zona (così com’era all’epoca).
scoppiata al termine
della guerra dei Sette Quando poi venne eletto presidente, le sue politiche furono volte alla legalizzazione e alla
anni. organizzazione di quei territori.
(da F. Jennings, La creazione dell’America, Einaudi, Torino 2003, pp. 199-205)

COMPRENDERE 1. Quale funzione aveva, secondo lo storico, la retorica rivoluzionaria nella tesi
IL TESTO di Francis Jennings?
2. Spiega il significato di questa frase: «negli Stati Uniti era quasi un’eresia
descrivere la nazione come un impero. [Ma] i fondatori lo consideravano tale».
3. Quali aspetti della biografia di George Washington suggeriscono i suoi interessi
espansionistici?

273
9 La Rivoluzione
francese
La Francia fra crisi economica, privilegi feudali e tentativi
di riforma
La crisi economica e le politiche fiscali, susseguitesi in Francia senza scardinare i privi-
legi feudali, avevano generato un forte malcontento popolare. Con gli Stati generali nel
Esplora l’immagine 1789, la frattura tra ceti sociali – clero, nobiltà e Terzo stato – divenne evidente: i tempi
interattiva erano maturi per una riforma verso la monarchia costituzionale.

La presa della La Rivoluzione e il Terrore


Bastiglia (14 luglio Il progetto di riforma fallì definitivamente nel 1792, quando il re tentò la fuga e le compo-
1789). Illustrazione nenti più radicali dell’Assemblea legislativa s’imposero sui moderati. Decapitato Luigi XVI,
dell’epoca. Parigi,
Bibliothèque nationale fu proclamata la Repubblica: cominciò così una fase turbolenta, il Terrore, che si sarebbe
de France. protratta fino al 1794, tra violenze e insurrezioni controrivoluzionarie.

1789 1789
5 maggio: riunione degli Stati generali 14 luglio: presa della Bastiglia
17 giugno: proclamazione 4 agosto: abolizione dei diritti feudali
dell’Assemblea nazionale costituente 26 agosto: Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. Quando si parla di rivoluzione il collegamento
con la Rivoluzione francese è spesso immediato,
LEZIONE
alla luce della sua portata simbolica e materiale;
GUARDA il video Il Settecento e le rivoluzioni
eppure questa parola, le cui origini rimandano
al campo dell’astronomia come si legge 1. La crisi dell’Antico regime ▶ p. 276
nella scheda La storia nelle parole, è ormai 2. Gli Stati generali ▶ p. 279
associata anche a molti altri eventi, che non 3. La presa della Bastiglia ▶ p. 283
sembra abbiano a che fare con stravolgimenti 4. L’Assemblea costituente ▶ p. 285
di natura politico-istituzionale: basti pensare 5. Dalla monarchia alla Repubblica ▶ p. 288
a espressioni, oggi molto diffuse nel dibattito 6. Il governo rivoluzionario e il «Terrore» ▶ p. 294
pubblico, come rivoluzione digitale o rivoluzione 7. La Vandea e la controrivoluzione ▶ p. 297
femminista. 8. La scristianizzazione ▶ p. 300
• Quali attributi si legano oggi al termine 9. Dalla fine del «Terrore» all’ascesa
rivoluzione? del Direttorio ▶ p. 302
• A quali temi storici o di attualità si associa ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
più facilmente? dell’Atlante digitale interattivo
• Svolgi un sondaggio fra i tuoi compagni, RIASSUMI i concetti-chiave con la
raccogli le risposte e discutine in classe. presentazione La Rivoluzione francese
2. La presa della Bastiglia è stata a lungo e la fine dell’Antico regime:
considerata l’evento che ha dato inizio alla – le cause della Rivoluzione e la convocazione
Rivoluzione francese, tanto che ancor oggi, degli Stati generali (1789);
in Francia, si celebra il 14 luglio come festività – la fase monarchica (1789-1791);
– la fase repubblicana e il Terrore (1792-1795);
nazionale. Il dipinto raffigura l’ingresso nella
– la reazione termidoriana (1795-1798).
prigione dei rivoluzionari armati.
• Chi è il soggetto protagonista del quadro? RIPASSA
• Quali armi impugnano i rivoluzionari? Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 308, p. 309
• Chi oppone resistenza trova spazio nel dipinto? In digitale trovi l’audio della sintesi
3. Utilizzando un’enciclopedia online, cerca una e la mappa personalizzabile
fotografia recente della piazza della Bastiglia
APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
a Parigi (Place de la Bastille), confrontala
Cultura materiale e vita quotidiana:
con il dipinto e rispondi alle seguenti domande:
Donne e rivoluzione
• quali differenze puoi notare fra le due Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 293
rappresentazioni?
• Esiste ancora, almeno in parte, la struttura EDUCAZIONE CIVICA
originaria del carcere? Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
• Che cosa sorge in mezzo alla piazza? I diritti umani e partecipa al dibattito ▶ p. 306

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1792 1793 1793-94 1795


Aprile: la Francia dichiara guerra ad Austria e Prussia 21 gennaio: Terrore guidato Inizia il governo
21 settembre: proclamazione della Repubblica esecuzione di Luigi XVI da Robespierre del Direttorio

275
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

1 La crisi dell’Antico regime


L’apparente stabilità della monarchia francese
La monarchia francese era una delle grandi potenze dell’Europa del Settecento e,
Guarda il video per molti aspetti, la principale, perché era quella che da più tempo (da un millen-
Il Settecento e le
nio, dai tempi di Carlo Magno) e con maggiore continuità ed equilibrio aveva rap-
rivoluzioni e rispondi
alle domande: presentato e difeso i valori della cristianità occidentale. Era anche più stabile delle
• Perché venne altre, e forse la più forte di tutte.
assaltata la
In Francia, infatti, il potere spirituale della Chiesa cattolica aveva superato, nel
Bastiglia?
• Quali eventi segnano XVI secolo, la prova delle guerre di religione e viveva in armonia con il potere po-
la fase monarchica litico. La monarchia era garantita da una legge successoria che non lasciava mai
della Rivoluzione?
vuoti di potere e pretendeva di distinguersi dal «dispotismo orientale» perché di-
• Quale organismo
viene istituito, ceva di fondarsi sul rispetto della legge – anche se proprio questo si sarebbe rive-
dopo il Terrore? lato il suo punto debole. La gerarchia sociale poggiava su un’aristocrazia di anti-
che origini, radicata e prestigiosa, capace di mantenere l’ordine. La centralità dello
Stato si era costruita attraverso un processo secolare che aveva cercato di attutire
sia i contrasti sociali sia i conflitti fra i vari interessi costituiti. Tuttavia, negli ulti-
mi anni del XVIII secolo, questa costruzione così sapiente fu spazzata via dalla più
grande tempesta politica e sociale mai vista fino ad allora, che generò, nei decenni
successivi, una profonda instabilità in tutta Europa. La monarchia francese conte-
neva dunque degli elementi di fragilità, di cui la maggioranza dei contemporanei
non si rendeva conto.

I privilegi feudali e il dispotismo del sovrano


Il primo elemento di fragilità, di natura sociale, era ereditato dal Medioevo, da quel-
la che si chiamava la «feudalità», e si esprimeva nel privilegio, cioè nel fatto che
gli uomini non avevano tutti gli stessi diritti ma alcuni erano destinati a coman-
dare e altri a servire.
LESSICO Il secondo elemento, di natura politica, risaliva a tempi relativamente recenti, a
Feudalità
Complesso dei diritti
Luigi XIII e a Richelieu, e consisteva nell’autorità assoluta del sovrano, che si con-
di cui godevano i nobili siderava al di sopra della legge stessa. Esisteva dunque un problema non chiari-
sulle proprie signorie, to nel rapporto fra sovranità e legge, e non a caso gli oppositori chiamavano con
distinti in «personali»,
esercitati sulle persone
orrore l’assolutismo «dispotismo», per indicare che il sistema stava piegando tutti
a loro sottoposte, e all’arbitrio del sovrano, calpestava le garanzie legali e stava trascinando la Francia
«reali», esercitati sulle verso modelli politici fino ad allora diffusi in Asia, non in Europa.
cose, in base ai quali il
Ciascuno di questi due aspetti – privilegi e assolutismo – costituiva in qualche
signore, rispettivamente,
poteva concedere modo l’antidoto all’altro. La società francese poteva resistere all’assolutismo pro-
licenze di caccia o pesca prio perché alcuni ceti godevano dei loro privilegi e delle loro «libertà» (parola che
o richiedere tasse.
in questo caso si usava al plurale). D’altra parte, lo Stato poteva arginare l’ingiusti-
Garanzie legali zia insita nella società privilegiata perché aveva l’autorità sufficiente per frenarne
Garanzie offerte dalla
legge che rappresentano
le pretese eccessive e per imporsi sulle parti, qualora entrassero in conflitto. Natu-
una tutela per le persone ralmente tali contraddizioni non esistevano solo in Francia, ma qui, più che altro-
comuni e un limite per ve, qualunque riforma risultava completamente paralizzata.
il potere del sovrano,
che non può violarle in
La questione principale intorno alla quale il privilegio e l’assolutismo si scon-
maniera arbitraria senza travano era quella fiscale. Il clero non pagava le tasse, ma contribuiva con un do-
commettere un atto nativo periodicamente contrattato con la monarchia; i nobili erano esentati dalla
di ingiustizia.
maggior parte dell’imposizione diretta; inoltre, diverse città e province erano state

276
La Rivoluzione francese | 9 |

affrancate dall’una o dall’altra delle numerose imposte dirette o indirette. Di fatto,


quindi, ogni ceto, ogni corpo sociale, ogni parte del Paese aveva la propria precisa
posizione nei confronti del fisco, come in genere nei confronti della società e del-
lo Stato, e intendeva difendere o migliorare la propria posizione e il proprio privi-
legio. E combattendosi l’un l’altro contribuivano a rendere sempre più intricata e
potenzialmente esplosiva la questione fiscale.

Le spinte verso una società più aperta


Lo Stato francese si trovava nella necessità sempre più impellente di aumentare le
entrate dell’erario e di far pagare le tasse a tutti, perché il gettito tradizionale non
bastava più alle esigenze di un Paese moderno. Ma per fare questo doveva stabilire il
principio dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, vale a dire abolire la gerarchia
fondata sul privilegio: lo Stato invadeva così la sfera privata di ogni soggetto sociale
diventando, in tal modo, «dispotico». La società, da parte sua, opponeva resisten-
za all’oppressione ribadendo con forza i propri privilegi; ma intanto le entrate non
riuscivano a coprire le spese e la monarchia si avviava ormai verso la bancarotta.
In passato a questi problemi era stata trovata di volta in volta una soluzione em-
pirica, ma alla fine del Settecento erano maturate alcune importanti novità. In pri-
mo luogo, circolava molta più ricchezza e molta gente aspirava a un posto migliore
nelle sfere privilegiate della società francese e, per occuparlo, era pronta a investire
denaro, lavoro, a prendere iniziative e muovere intrighi.
In secondo luogo, molte più persone si spostavano in cerca di lavoro dalla cam-
pagna alle città, da una provincia all’altra e verso la capitale, che aveva ormai lar-
gamente superato il mezzo milione di abitanti. Questa grande mobilità sociale,
fatta di gente che non riusciva ad affrancarsi dalla miseria e che inoltre perdeva i
propri quadri di riferimento tradizionali, le proprie certezze, i propri orizzonti, si
accompagnava a un profondo cambiamento di mentalità. La religiosità regrediva;
si affievoliva gradualmente il senso della sacralità del re, ma si indeboliva anche la
forza delle gerarchie sociali, che non apparivano più indiscutibili. Al tempo stesso

Nobili intenti
a comprare quadri
in un negozio
parigino. Dipinto
da Antoine Watteau
nel 1720. Berlino,
Schloss Charlottenburg.

277
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

apparivano sempre più odiosi e ingiustificati i «diritti feudali», cioè quel com-
plesso di prestazioni, ormai quasi solo in denaro, che i contadini dovevano ai loro
«signori»; la stessa insofferenza si registrava anche verso le «decime» che gli stes-
si contadini dovevano alla Chiesa. In pratica, erano in discussione le tasse che an-
davano versate ai nobili e agli ecclesiastici, oltre a quelle che spettavano allo Stato.
In terzo luogo, si era progressivamente estesa la circolazione culturale. Molte
più persone di prima leggevano stampa periodica e libri anticonformisti, o addi-
rittura proibiti, riunendosi nelle accademie, in «gabinetti di lettura», in logge mas-
soniche, nei salotti, dove discutevano molte delle persone che non riuscivano ad
accedere alla classe dirigente per la strada maestra.

I progetti di riforma della «costituzione»


In questo contesto, circolavano progetti di riforma che non riguardavano solo la
fiscalità ma l’assetto complessivo del Regno, cioè la «costituzione», anche se non
esisteva ancora alcun testo scritto. Economisti e scrittori politici proponevano di
introdurre la libertà di mercato per far crescere l’economia e di creare assemblee
elettive che controllassero la spesa pubblica o facessero proposte per l’ammini-
strazione locale o, addirittura, amministrassero direttamente. Queste assemblee
avrebbero dovuto sostituire i vecchi Stati generali, dove erano rappresentati fino
ad allora i tre Stati in cui era divisa la società francese dell’Antico regime: da una
parte l’alto clero e la nobiltà, che costituivano la minoranza privilegiata della po-
polazione (circa l’1,5%), dall’altra il cosiddetto Terzo stato, che rappresentava la
grande maggioranza dei circa 24 milioni di francesi. Le competenze degli Stati ge-
nerali, convocati per la prima volta nel 1302, si erano definite nel tempo, ma la lo-
ro funzione principale era l’approvazione delle imposte proposte dal sovrano. Le
assemblee avrebbero dovuto rimpiazzare anche i vecchi Stati provinciali, che del
resto erano già stati aboliti nella maggior parte delle province.

I rappresentanti
dei tre ordini
presenti agli Stati
generali: un prelato, un
nobile e un borghese
rappresentante del Terzo
stato. Stampa francese
dell’epoca.

278
La Rivoluzione francese | 9 |

2 Gli Stati generali


Il «colpo di Stato» di Brienne
Secondo l’assetto originario della monarchia francese, per esigere nuove tasse il
governo doveva dunque concordarle con gli Stati generali, che però erano incom-
parabilmente meno progrediti del Parlamento inglese come canale della rappre-
sentanza politica e dal 1614 non erano stati più convocati. Da quell’anno il gover-
no aveva potuto imporre tasse o contrarre prestiti con maggiore libertà, ma non in
maniera arbitraria. Infatti le proposte di legge che imponevano tassazioni dove-
vano essere «registrate» dai parlamenti, ovvero i grandi tribunali ( ▶ cap. 8, par. 6),
che avevano la facoltà di «rimostrare» al re una legge di dubbia costituzionalità. Al
re spettava l’ultima parola, ma i parlamenti potevano mettersi in sciopero, quindi
interrompere l’esercizio della giustizia, e potevano inoltre perseguire in giudizio i
ministri e i funzionari governativi.
Gli ultimi governi dell’Antico regime si affannarono a trovare soluzioni per sa-
nare il deficit di bilancio dello Stato, ma non poterono ridurre le spese in manie-
ra significativa: ciò comportava la necessità di aumentare le entrate. Nel mag-
gio 1788 il ministro Loménie de Brienne (1727-94) decise quindi di attuare una
riforma così radicale da assumere le caratteristiche di un colpo di Stato o, come
si disse, di una «rivoluzione». Sciolse i parlamenti e li sostituì, per la funzione di
controllo costituzionale, con una Corte plenaria di nomina regia, incaricata di re-
gistrare le leggi: una specie di senato che obbedisse alla volontà della monarchia.
Brienne violava così in un colpo solo due diritti detenuti dai magistrati: innanzi-
tutto il diritto di proprietà, dato che i giudici avevano regolarmente acquistato la
loro carica; in secondo luogo, il diritto di rappresentanza della volontà nazionale,
che i parlamenti si erano arrogati proprio perché gli Stati generali non si riuniva-
no da lunghissimo tempo.
Il colpo di Stato voluto da Brienne si rivelò dunque un gesto di forza sconside-
rato, un punto di non ritorno, dopo il quale nulla poté più essere come prima. In
diverse città della Francia scoppiarono incidenti, anche gravi, e l’opposizione si
organizzò intorno a una parola d’ordine dal significato ambiguo, allo stesso tem-
po rivoluzionario e conservatore: la richiesta di convocazione degli Stati generali.
Si trattava di una richiesta rivoluzionaria, in quanto faceva appello all’intero Paese
perché si pronunciasse sui problemi del governo, ma anche conservatrice, giacché
richiamava in servizio un’istituzione antichissima, da sempre dominata dai privi-
legiati, i quali eleggevano due Camere su tre.

Il complesso funzionamento degli Stati generali


In sostituzione di Brienne, dimessosi, fu chiamato Jacques Necker (1732-1804), un
grande banchiere di origine ginevrina prestato alla politica, che alcuni anni prima,
a capo del governo, aveva tentato senza successo un cauto programma di riforme.
Nell’agosto del 1788 Necker convocò gli Stati generali per il maggio dell’anno se-
guente, dando così avvio a una lunghissima campagna elettorale, durante la qua-
le il Paese fu invitato a pronunciarsi per la prima volta sui problemi generali delle
finanze e quindi del governo dello Stato.
Si aprì subito un grave problema procedurale, e cioè se i tre Stati dovessero vo-
tare per ordine (un voto per ognuno degli Stati presenti nell’assemblea) o per testa,

279
L’apertura cioè conteggiando il voto di ogni singolo elettore. Tradizionalmente, nella maggio-
degli Stati Generali ranza degli istituti tricamerali dell’Antico regime, ogni Camera discuteva separata-
a Versailles il
5 maggio 1789. mente e ogni problema doveva essere affrontato e approvato da ciascuna di loro.
Dipinto di Auguste È chiaro che, se così fosse avvenuto, nobiltà e clero, controllando due Camere su
Couder, XIX secolo. tre e influenzando in mille modi la terza, avrebbero avuto facilmente l’egemonia
Versailles, Musée de
l'Histoire de France. dell’equilibrio politico generale.
L’opinione pubblica, dunque, chiese, e ottenne, il «raddoppio del Terzo»: i de-
putati del Terzo stato, cioè, sarebbero stati il doppio di quelli che componevano
ciascuna delle altre due Camere, quindi pari alla metà del totale. È evidente che
questa vittoria avrebbe avuto un effetto pratico solo se tutti i deputati avessero
lavorato insieme, cioè se gli Stati generali si fossero trasformati in un organismo
unicamerale. Ma su questo punto Necker non si pronunciò: il Terzo stato aveva vi-
sto raddoppiare i propri membri ma continuava a influire come prima sulle deci-
sioni dell’Assemblea.
Nell’Antico regime le elezioni non erano sconosciute, ma avevano un significato
diverso da quello che a noi è familiare. Non si confrontavano uomini e programmi
contrapposti, ma si discuteva in assemblea e si stendeva una lista di problemi o di
rivendicazioni, delegando infine un rappresentante a portare nell’istanza superiore
quel particolare programma su cui, più o meno all’unanimità, si era trovato l’accordo.
L’elezione era perciò un processo lungo, più che altro una consultazione, nella
quale si discuteva approfonditamente a partire dalle richieste provenienti dal bas-
so. Non si considerava normale che ci fossero una maggioranza e una minoranza,
uno schieramento vincitore e uno sconfitto, ma si riteneva opportuno che si for-
masse un’unanimità capace di legittimare il mandato dell’eletto a contrattare con
la vera e propria controparte: il re.
Per eleggere i rappresentanti degli Stati generali, si designavano degli elettori
locali attraverso gli Stati provinciali. Queste assemblee si riunivano per eleggere
i deputati all’assemblea generale, ma anche per discutere e redigere dei «cahiers
de doléances» («quaderni delle lamentele»), nei quali erano registrate istanze da
portare al sovrano e voti.

280
La Rivoluzione francese | 9 |

Gli Stati generali e la rivolta del Terzo stato


Queste assemblee si trasformarono velocemente in riunioni aperte – a cui parteci-
pava in sostanza, e senza controllo, chi ne aveva voglia –, in cui si discuteva di tut-
to, oltre a nominare e controllare gli eletti. Ne scaturirono violenze e irregolarità,
ma anche un confronto vero, di cui resta traccia nell’imponente raccolta di cahiers
de doléances che di assemblea in assemblea si fusero con altri documenti analoghi
e furono consegnati ai deputati incaricati di portarli al cospetto del re.
Nel maggio del 1789 si riunirono a Versailles più di mille deputati. Un quarto era
formato da rappresentanti del primo stato, il clero, divisi fra vescovi o grandi aba-
ti e curati poveri, questi ultimi senza alcun potere e assai vicini alle sofferenze del
popolo. Un altro quarto era composto da appartenenti al secondo stato, la nobiltà,
e anche fra loro vi erano persone molto diverse: grandi aristocratici ricchissimi e
potenti, alcuni dei quali liberali, altri ben attaccati ai loro privilegi, ma anche nobili
di campagna, poveri e reazionari. La rimanente metà dei deputati era costituita dai
rappresentanti del Terzo stato: in maggioranza avvocati di provincia sconosciuti,
che solo trovandosi insieme si resero conto progressivamente della loro forza e si
trasformarono in rivoluzionari.
Gli Stati generali si scontrarono subito con la questione procedurale che Necker
non aveva risolto. Il Terzo stato esigeva il monocameralismo, per far valere la pro-
pria maggioranza numerica, mentre il re appoggiava i privilegiati e ordinò di pro-
cedere a Camere separate. Ma il Terzo stato non ubbidì, dando vita al primo gra-
ve atto di insubordinazione, e il 17 giugno 1789 i suoi deputati si proclamarono
Assemblea nazionale. Il 20 giugno, trovando sprangata la sala destinata alle riu-

LE FONTI
Nel gennaio del 1789, l’abate Emmanuel Sieyès (1748-
1836) pubblicò un opuscolo che ebbe un grande impatto
Che cos’è il sugli Stati generali e divenne protagonista del movimento
Terzo stato? rivoluzionario.
Leggi in digitale il Ecco uno dei brani chiave dell’opuscolo.
testo Contro i privilegi
di nascita dello stesso Chi oserebbe dire che il Terzo stato non ha in sé tutto ciò che occorre per
Emmanuel Sieyès: formare una nazione completa? Esso è come un uomo forte e robusto con
• Che cosa differenzia un braccio ancora in catene. Se si eliminasse l’ordine privilegiato, la na-
il nobile dal
borghese? zione non sarebbe qualcosa di meno, ma qualcosa di più. Oggi che cosa è
• Quali sono «due il Terzo Stato? Tutto, ma un tutto oppresso e ostacolato. Che cosa sarebbe
grandi propulsori senza l’ordine privilegiato? Tutto, ma un tutto libero e fiorente. Nulla può
della società»
procedere senza di lui, tutto andrebbe molto meglio senza gli altri. […]
secondo Sieyès?
• In che modo i nobili Che cosa è una nazione? Un corpo di associati che vive sotto una legge
intendono il proprio comune ed è rappresentato da uno stesso legislativo. Poiché ha privilegi,
privilegio? dispense, persino diritti separati dai diritti del corpo generale dei cittadini,
l’ordine nobiliare esce dall’ordine e dalla legge comune. I suoi diritti civili
ne fanno già un popolo separato nella grande nazione. È un vero impe-
rium in imperio [uno stato nello stato].
Il terzo comprende dunque tutto ciò che appartiene alla nazione; e tutto
ciò che non è il terzo non può essere considerato parte della nazione.
Che cos’è il Terzo stato? Tutto.
(da E. Sieyès, Che cos’è il Terzo stato?, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 52-54)

281
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

nioni, si riunirono in una sala vicina, usata per il gioco della pallacorda, e giuraro-
no di non separarsi più fino a che non avessero dato una costituzione alla Francia.
È questo l’episodio passato alla storia come il «giuramento della pallacorda»: un
passo irreversibile sulla strada della Rivoluzione.
In pochi giorni il basso clero e i nobili liberali si associarono al Terzo stato, che
aveva, per il momento, partita vinta: gli Stati generali erano falliti e i deputati ri-
uniti nella sala della pallacorda si trasformarono in Assemblea nazionale costi-
tuente, cioè quel tipo di assemblea incaricata di redigere la costituzione – la legge
fondamentale dello Stato. Il re non tollerò la sconfitta e di nuovo, come nel mag-
gio dell’anno precedente, imboccò la strada del colpo di Stato: fece circondare la
capitale dall’esercito e licenziò il governo Necker.

Il giuramento
nella sala della
pallacorda il 20
giugno 1789.
Dipinto di Auguste
Couder, XIX secolo.
Versailles, Musée
de l’Histoire de France.

LE PREMESSE DELLA RIVOLUZIONE

riforma di Brienne: colpo di Stato:


i parlamenti (i grandi tribunali) sono • parlamentari privati dei loro diritti
Maggio 1788
sostituiti da una Corte plenaria sotto • protesta popolare e richiesta di convocazione
il diretto controllo regio degli Stati generali

il nuovo ministro Jacques Necker consultazione per gli Stati generali:


Agosto 1788 convoca gli Stati generali • cahiers de doléances
per il maggio del 1789 • richiesta del «raddoppio del Terzo»

problemi procedurali:
Stati generali: i deputati appartenenti
• il Terzo stato chiede il monocameralismo per
Maggio 1789 al clero, alla nobiltà e al Terzo stato
fare valere il «raddoppio» dei suoi rappresentanti
si riuniscono a Versailles
• il re mantiene le assemblee separate

con il giuramento della pallacorda


i deputati del Terzo stato formano il re ricorre all’intervento dell’esercito
Giugno 1789
l’Assemblea nazionale costituente e licenzia il governo Necker
per scrivere una nuova costituzione

282
La Rivoluzione francese | 9 |

3 La presa della Bastiglia


Lo scoppio della Rivoluzione
Fra i parigini si diffuse la paura. A ciò si aggiunse che il prezzo del pane era alto,
perché il raccolto dell’anno precedente era risultato scarso e quello nuovo, che pure
si annunciava buono, non era ancora disponibile. La città era circondata dalle trup-
pe. Intanto gli oratori dei «club» rivoluzionari, cioè delle varie organizzazioni che
si andavano costituendo in gran numero – antenate dei moderni partiti politici –,
improvvisarono comizi nei giardini pubblici. Si svolsero le prime manifestazioni,
a cui risposero le prime cariche della cavalleria.
I cortei avevano iniziato a girare per le botteghe degli armaioli, cercando armi per la
difesa della capitale, quando si diffuse la notizia che nella Bastiglia, la cupa fortezza
medievale che dominava i quartieri più popolari di Parigi e che fungeva da prigione
per i detenuti senza processo, si conservavano grandi quantità di munizioni. La folla,
allora, cinse d’assedio la fortezza e chiese di ispezionare i depositi. In assenza di ordi-
ni, il comandante fece alzare il ponte levatoio e ammise solo una delegazione, con cui
intavolò lunghe trattative delle quali all’esterno non trapelava nulla. Passarono così
le ore, finché un assediante riuscì a far calare il ponte. La folla invase il primo cortile
e i difensori aprirono il fuoco, ma furono sopraffatti da una violentissima reazione:
la Bastiglia, simbolo dell’oppressione politica e sociale, venne conquistata. Il coman-
dante, arrestato e condotto verso il municipio, fu ucciso per strada; la sua testa fu moz-
zata e innalzata come un macabro trofeo sulla punta di una picca. Era il 14 luglio 1789,
la data-simbolo della Rivoluzione, diventata poi quella della festa nazionale francese.
S1 La Rivoluzione Seguirono altre terribili violenze, mentre in tutte le città francesi, via via che arri-
francese come
vava la notizia della presa della Bastiglia, i rivoluzionari si impadronivano dei mu-
rivoluzione borghese,
p. 313 nicipi e costituivano gruppi armati volontari, che formarono la Guardia nazionale,
con il duplice compito di garantire l’ordine e difendere la Rivoluzione; la guidava il
S2 La radicalizzazione
del processo marchese Marie-Joseph de La Fayette (1757-1834), favorevole alle idee dei Lumi.
rivoluzionario, p. 314 Questi rivoluzionari erano principalmente «borghesi», cioè professionisti, mer-
canti, artigiani benestanti, ma fra loro c’erano anche molti giovani aristocratici li-
berali, soprattutto militari, non pochi uomini di Chiesa di larghe vedute e, inoltre,
rappresentanti di ceti più umili, di lavoratori, della piccola borghesia produttiva e
commerciante. Tutti costoro si sentivano minacciati dall’alto e dal basso: dalle tra-
me della grande nobiltà reazionaria, ma anche dai pericoli derivanti dalla collera e
dalla fame delle classi subalterne in miseria.

Lo smantellamento dell’Antico regime


Le violenze dilagarono soprattutto nelle campagne. Folle di contadini, terrorizza-
ti dall’oscura minaccia di fantomatici briganti al servizio dei nobili, assaltarono i
castelli, reclamando la fine del regime feudale e la libertà per la piccola proprietà
terriera. Esigevano, insomma, che la Rivoluzione si spingesse molto al di là del
problema per cui erano stati convocati gli Stati generali, cioè la riforma fiscale, o
anche la questione costituzionale: chiedevano che si assumesse il compito di for-
nire una soluzione complessiva ai problemi del Paese, una soluzione che doveva
ridiscutere l’intera struttura dell’Antico regime.
Fu allora che i deputati, i pacifici uomini di legge delegati a risolvere un proble-
ma di tasse, compirono uno scatto in avanti, sul quale gli storici non hanno cessa-

283
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

LA STORIA Il termine rivoluzione conia- solo sostituire delle personalità all’interno di un asset-
NELLE PAROLE to nel Rinascimento deriva to politico-istituzionale che non si vuole modificare.
Rivoluzione dal latino tardo revolutio-onis,
che significa «rivolgimento, ri-
La rivoluzione, invece, è un tentativo di rovesciare
il sistema politico e sostituirlo – anche con l’uso
torno». In ambito astronomico indica il movimento della violenza –, al fine di produrre cambiamenti non
ciclico di un corpo intorno a un altro. solo dal punto di vista istituzionale e giuridico ma an-
Un primo uso del termine in ambito politico conserva che sociale ed economico.
questo significato, poiché indica un mutamento che In ambito illuminista il termine si cominciò a utilizzare
implica il ritorno di un elemento dal passato. In que- in questa accezione, in connessione cioè a una pro-
sto senso è stato infatti utilizzato con riferimento alla fonda trasformazione sociale. Tuttavia è significa-
Rivoluzione inglese del XVII secolo, che ha comporta- tivo notare che sia gli americani e sia i francesi, nelle
to nel tempo importanti cambiamenti nell’assetto po- prime fasi delle rispettive rivoluzioni, non intendevano
litico, ma che era nata per riaffermare antiche libertà. costruire qualcosa di nuovo sulle ceneri del passato
La rivoluzione si distingue dalla rivolta o ribellione ma tornare a un ordine più giusto. Sarà dopo il 1789
poiché quest’ultima è generalmente guidata dal bas- che il termine assunse il significato attuale, legittimato
so, circoscritta a una limitata area geografica, non sot- in pieno nel pensiero marxista. Per Karl Marx (1818-
tende motivazioni ideologiche ma porta avanti speci- 83) la rivoluzione è il solo strumento attraverso cui
fiche rivendicazioni politiche e/o economiche e non instaurare una società libera, giusta, equa. In ambito
tende tanto al sovvertimento dell’ordine costituito storico-economico il termine rivoluzione è usato per
quanto a ristabilire un ordine preesistente. Si differen- indicare un cambiamento radicale ma lento e gra-
zia anche dal colpo di Stato, in quanto questo intende duale (rivoluzione neolitica, rivoluzione industriale).

to di interrogarsi. Tantissime altre volte nella storia, prima e dopo la Rivoluzione


francese, di fronte al dilagare della violenza e del disordine i rappresentanti delle
classi possidenti hanno scelto la via dell’accordo, concludendo frettolosi compro-
messi o addirittura annullando ogni velleità di riforma. L’Assemblea costituente,
invece, la notte del 4 agosto 1789, decretò in linea di principio l’abolizione dei di-
ritti feudali. Per la verità furono abrogati i diritti meno importanti, e per gli altri fu
dichiarata solo la possibilità di riscattarli, ma fu stabilito che la feudalità in quanto
tale era ingiusta e che quindi cessava di esistere nella nuova Francia.
F1 La Dichiarazione Il 26 agosto, dopo un altro dibattito durato due settimane, venne approvata la
dei diritti dell’uomo e
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, il cui articolo primo, primo com-
del cittadino, p. 311
ma, recita: «Gli uomini nascono e vivono liberi e eguali nei diritti». Si trattava di
un’affermazione dalla portata sconvolgente: per la prima volta in Europa, dopo
l’importante ma lontano esempio americano ( ▶ cap. 8, par. 4), un grande Pae-
se proclamava ufficialmente che gli esseri umani hanno diritto a una libertà non
fondata sulla loro posizione particolare, sul privilegio, ma, al contrario, sulla loro
uguaglianza naturale di fronte alla legge. Il re, chiuso nella reggia di Versailles,
rimaneva comprensibilmente ostile a queste immense trasformazioni e conserva-
va il diritto di rifiutare le risoluzioni della Costituente, che infatti non sanzionò.
All’inizio di ottobre sembrò optare nuovamente per il colpo di Stato, ma questa
volta fu preceduto da una grande manifestazione della Guardia nazionale pari-
gina e di donne del popolo. Il palazzo di Versailles venne circondato e gli appar-
tamenti privati della regina furono invasi. Per la prima volta si ebbe l’impressione
che la vita di Luigi XVI fosse in pericolo. Il re si piegò e si trasferì a Parigi, qua-
si prigioniero dell’Assemblea e del popolo. Molti nobili, intanto, sceglievano la via
dell’emigrazione, mentre la Rivoluzione cominciava a dividere il Paese e a imboc-
care una strada difficile e cupa.

284
La Rivoluzione francese | 9 |

4 L’Assemblea costituente
Le misure dell’Assemblea per la riduzione del deficit
L’Assemblea costituente aveva davanti a sé due compiti istituzionali: quello per cui
erano stati convocati gli Stati generali, cioè il risanamento del deficit, e quello della
sistemazione costituzionale, che lei stessa si era data. Del resto, già nell’Antico re-
gime questi due aspetti erano intimamente legati, perché non si potevano far paga-
re le tasse a tutti se non sconvolgendo il sistema giuridico che sorreggeva il Paese.
Per ripianare il deficit, l’Assemblea costituente decise che i beni del clero – all’o-
rigine destinati al servizio religioso e assistenziale – venissero messi a disposizio-
ne dello Stato, che a sua volta li avrebbe ceduti a privati. Tutte le proprietà della
Chiesa furono dunque messe in vendita all’asta, con un sistema di buoni denomi-
nati «assegnati»: lo Stato estingueva cioè i debiti che aveva contratto pagando i
suoi creditori con questi buoni, spendibili nelle aste. In pratica, gli assegnati erano
LESSICO
Titoli di debito
titoli di debito pubblico; chi li possedeva poteva aggiudicarsi a un prezzo favore-
pubblico vole un terreno di proprietà ecclesiastica oppure poteva vendere i propri assegnati
Documenti che ad altri privati, negoziandoli a un prezzo più o meno distante dal loro valore no-
certificano il debito
sottoscritto dallo Stato
minale, secondo gli andamenti del mercato. Gli assegnati cominciarono a circola-
nei confronti dei cittadini re sempre di più come una vera e propria cartamoneta, garantiti teoricamente dal
che hanno prestato valore della proprietà ecclesiastica, ma tutelati nei fatti dalla fiducia che il pubbli-
denaro allo Stato stesso.
co nutriva nella Rivoluzione.
Infatti, se la Rivoluzione fosse fallita, quali diritti avrebbero potuto accampare
i nuovi proprietari sui beni di cui erano entrati in possesso grazie alle disposizio-
ni dell’Assemblea costituente? La moneta metallica scomparve e circolò solo una
cartamoneta sempre più svalutata, soprattutto da quando, un paio d’anni dopo,
impegnata nella guerra contro le potenze controrivoluzionarie coalizzate, la Fran-
cia ebbe un bisogno continuo e impellente di soldi, al quale fece fronte emettendo
assegnati in grande quantità.

UN ALTRO SGUARDO giuridica (1790) e gli schiavi insorsero per ottenere


la libertà (1791).
Una rivoluzione atlantica: Haiti L’arrivo di truppe dalla Francia a sostegno dei coloni
La colonia francese di Saint-Domingue, nel Settecen- (1793) era rallentato dall’impegno bellico in Europa;
to, produceva principalmente zucchero per il merca- mentre la Spagna, che possedeva la metà occiden-
to europeo ed era una base importante per la tratta tale dell’isola, cercava di approfittarne e avanzava
degli schiavi. arruolando schiavi in cambio della libertà.
Quando a Parigi il sovrano convocò gli Stati generali Per cercare di sedare gli animi e di impedire l’avan-
(1789), sull’isola si accese il malcontento: i coloni zata spagnola, nel 1793 i commissari francesi aboli-
ponevano infatti la questione della loro rappresen- rono la schiavitù; nel 1794 la Convenzione estese il
tanza alle assemblee nazionali, come avevano fatto provvedimento a tutte le colonie.
gli inglesi negli Stati Uniti qualche tempo prima. Con- Nel 1796, Toussaint Louverture (1743-1803), tra i
vocarono così un’assemblea coloniale e la dichiara- leader dei ribelli ma ormai entrato nell’esercito fran-
rono sovrana, con lo scopo di iniziare a commerciare cese repubblicano, fu nominato governatore dell’isola.
senza i vincoli imposti dalla madrepatria. Allo stes- La Francia cercò di riportare la colonia sotto il suo
so tempo, la popolazione nera libera, ispirata dalla dominio (1802-03) ma non riuscì nell’intento e l’isola
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, ottenne definitivamente l’indipendenza nel 1804 con
si ribellò contro i coloni per ottenere l’uguaglianza il nome amerindo di «Haiti».

285
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Membri del clero


che abbandonano
i loro beni dopo
la soppressione
degli ordini religiosi.
Stampa del 1790.

La perdita di autonomia del clero


Nel frattempo il clero, espropriato, non aveva più i mezzi per vivere e diventava
una funzione pubblica. Nel novembre del 1790, la Costituente chiese ai preti di
giurare fedeltà alla Costituzione come dovevano fare, appunto, tutti i funzionari
pubblici; in cambio veniva assicurato loro un salario per il proprio mantenimento
e per le spese del culto. La perdita di autonomia, sia morale che materiale, fu vis-
suta come un trauma terribile dalla maggioranza degli uomini di Chiesa. Molti di
loro (almeno la metà), appoggiati dal papa, si rifiutarono di prestare giuramento,
trasformandosi in una Chiesa di opposizione, inizialmente non perseguitata ma
nemmeno integrata.
Questa fu la prima grande frattura ideologica e materiale della Rivoluzione. Una
parte dei francesi comprava a basso prezzo i beni della Chiesa, legando il proprio
patrimonio al successo della Rivoluzione. Un’altra parte approfittava dell’aboli-
zione dei diritti feudali e delle decime, o speculava al ribasso contro gli assegnati.
Un’altra parte veniva rovinata dall’inflazione o dalla perdita delle fonti di guada-
gno tradizionali. Una parte del clero, poi, si schierava all’opposizione, se addirittu-
ra non agiva nella clandestinità.
Molti credenti rimasero profondamente turbati dalla violazione dell’autonomia
della Chiesa, uno dei grandi pilastri su cui fino ad allora si era retto l’ordinamento
sociale; una violazione che fu vissuta come un sacrilegio. Questo esproprio faceva
seguito alla violenza fatta alla famiglia reale, costretta a trasferirsi a Parigi sotto la
scorta armata della Guardia nazionale.

La Costituzione «liberale» del 1791


Intanto la Costituente procedette anche al decentramento amministrativo. La Fran-
cia venne suddivisa in dipartimenti, che eliminavano le vecchie province; ogni di-
partimento fu diviso in distretti, ogni distretto in cantoni e ciascuno di questi in
municipalità, tutti dotati di una propria assemblea elettiva.
Al centro, il potere esecutivo era prerogativa del re, cui spettava la nomina di un
governo che avrebbe risposto esclusivamente a lui; il re si riservava inoltre il diritto

286
La Rivoluzione francese | 9 |

LESSICO di «veto sospensivo», simile a quello del presidente degli Stati Uniti, sull’entrata in
Nazione vigore delle nuove leggi. Il potere legislativo era invece di pertinenza di una assem-
Società che ha preso
coscienza della propria blea eletta a suffragio censitario, cioè solo dai cittadini maschi adulti e proprietari,
unità, fondata su ragioni i cosiddetti cittadini «attivi», in opposizione a quelli «passivi»: i poveri, uguali agli
storiche, etniche, altri, come recitava la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, ma incapaci
linguistiche, religiose
ecc. La nazione non di esercitare la funzione elettorale. Il re, con il suo diritto di veto, avrebbe potuto
coincide dunque con intralciare seriamente l’iter di una legge che lo avesse trovato in disaccordo. Il po-
il «popolo» di per sé. tere giudiziario era completamente indipendente dagli altri, in quanto assegnato
L’aspirazione delle
nazioni è di coincidere a giudici eletti a tempo.
con uno Stato, il che Il suffragio era indiretto: i cittadini attivi, circa 4 milioni, avrebbero nominato
non è automatico. degli «elettori», circa 50.000, che a loro volta avrebbero scelto i deputati dell’As-
semblea legislativa e le autorità costituite. L’elezione non era vista soltanto come
il canale della rappresentanza, ma anche come un criterio di selezione dei migliori.
Diventavano elettivi i funzionari di polizia, i giudici di pace, i vescovi, mentre il su-
premo rappresentante della nazione, il re, non lo era. Il trono rimaneva ereditario,
ma fin dall’ottobre del 1789 i costituenti avevano sostituito il tradizionale titolo di
«re di Francia e di Navarra» con quello di «re dei francesi», per sottolineare che il
potere regio derivava dal popolo.
La Costituzione, cui venne premessa la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino, fu approvata il 3 settembre 1791. Dal punto di vista dei diritti politici si
Esplora i luoghi e ebbe una sensibile chiusura rispetto ai princìpi enunciati nel 1789, ma dal punto
lavora con le carte
dell’Atlante digitale di vista delle garanzie legali e dell’equilibrio dei poteri l’Assemblea aveva prodotto
interattivo una Costituzione autenticamente liberale.

LE STRUTTURE AMMINISTRATIVE DELLO STATO FRANCESE NEL 1780 E NEL 1795

Territori con Sedi di


Stati provinciali ARTOIS parlamenti
Douai Pas-de-
Territori soggetti Arras Sedi di Calais
Nord
a gabelle autorità fiscali Somme
Rouen PICCARDIA Seine-Inferieure Ardennes
Oise Aisne
CHAMPAGNE Metz
Parigi Calvados Eure Moselle
NORMANDIA ALSAZIA Manche Seine- Marne
Nancy Meuse Bas-
Versailles Côtes- Orne et-Oise Seine- Meurthe Rhin
LORENA et-Marne
Rennes Finistère du-Nord Eure- Aube
BRETAGNA ORLEANESE Colmar Ille-et- Mayenne et-Loir Haute- Vosges
Langres Vilaine
FRANCA Morbihan Sarthe Loiret Marne Haut-
Haute- Rhin
Tours Digione CONTEA Loire- Yonne Saône
Loire- Maine- Indre- et-Cher Côte d’Or
ANGIÒ BORGOGNA Besançon Inferieure et-Loire
et-Loire Cher Nièvre Doubs
Deux- Indre Saône- Jura
POITOU Vendée Sèvres
et-Loire
Oceano MARCHE Vienne Allier
BORBONESE Charente Creuse Ain
Atlantico SAINTONGE Inferieure Haute- Rhône-
Oceano Vienne Puy de- et-Loire
LIMOSINO Grenoble Charente Dôme
Bordeaux Atlantico Corrèze Isère
DORDOGNA Haute
ALVERNIA Dordogne Cantal Loire
DELFINATO Gironde Drôme Hautes-
GUIENNA Lot Ardèche Alpes
Lot-et Lozère
PROVENZA Garonne Aveyron Basses-
GUASCOGNA Tolosa LINGUADOCA Landes Gard Vaucluse Alpes
Pau Aix-en-Provence Gers Tarn
Haute- Hérault Bouches-
Basses- Garonne du-Rhône Var
NAVARRA Pyrénées
BÉARN FOIX Perpignan Hautes- Aude
Pyrénées Ariège
ROSSIGLIONE Pyrénées-
Mare Mediterraneo Orientales Mare Mediterraneo

Leggi le carte
• Quali aree erano soggette al pagamento delle gabelle e quali invece ne erano esentate?
• In quali regioni si riunivano gli Stati provinciali?

287
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

5 Dalla monarchia alla Repubblica


La radicalizzazione del processo rivoluzionario
Nei mesi precedenti all’approvazione della Costituzione si erano accumulate nuo-
ve, gravi tensioni politiche e sociali. Luigi XVI si sentiva completamente estraneo
alla situazione che si era creata e si considerava prigioniero dell’Assemblea costi-
tuente; il diritto di veto sospensivo, che a prezzo di violente lacerazioni gli era stato
concesso, per lui non rappresentava nulla a confronto dell’immenso potere di cui
aveva goduto in passato. Un re costituzionale non era soltanto un uomo che aveva
perso il proprio potere, ma un simbolo che tramontava e quindi Luigi tentò la fuga.
Nel giugno 1791 montò di notte su una carrozza, travestito da lacchè, e partì
con la regina Maria Antonietta e i figli verso la frontiera orientale, da cui si propo-
neva di espatriare per mettersi sotto la protezione dell’imperatore austriaco, suo
cognato. Ma nel villaggio di Varennes la famiglia reale fu riconosciuta, arrestata
e riaccompagnata sotto scorta nella capitale.
La maggioranza moderata della Costituente finse di credere che Luigi XVI fosse
stato rapito e si affrettò a chiudere rapidamente i lavori per sottoporre il testo del-
la Costituzione all’elettorato e uscire dalla fase rivoluzionaria. Ma una minoranza
repubblicana prese saldamente in mano il principale strumento di mobilitazione
popolare che in quei mesi si era formato e ramificato in tutto il Paese, il club dei
giacobini (dal nome del convento di San Giacomo, a Parigi, in cui si riunivano), fa-
cendone un’arma efficacissima per spingere la rivoluzione a esiti più radicali. Nei
quartieri delle grandi città come nei piccoli comuni nacquero strutture di militanti in
cui confluirono vecchie logge massoniche ( ▶ cap. 6, par. 6), accademie, «gabinetti di
pubblica lettura», confraternite. Si moltiplicò immensamente la stampa periodica e
decine di migliaia di francesi furono colti per la prima volta dalla passione politica.
La relativa unanimità del 1789 era a questo punto un ricordo del passato.
All’inizio della Rivoluzione, quasi tutti i francesi erano stati concordi nel rovesciare

Dopo la tentata
fuga, il re Luigi XVI
è costretto a tornare
a Parigi il 25 giugno
1791. Incisione di
Reinier Vinkeles e Daniel
Vrydag, fine XVIII secolo.

288
La Rivoluzione francese | 9 |

l’Antico regime, nell’aiutare – dal loro punto di vista – il re a rimediare alle colpe dei
politici corrotti. Due anni più tardi esistevano tre campi contrapposti: i controri-
voluzionari, inorriditi dagli insulti arrecati alla monarchia e alla Chiesa; i monar-
LESSICO chici costituzionali, che si proponevano di tornare al più presto alla normalità, alla
Cordiglieri concordia, alla legge, all’ordine; i giacobini, che volevano il suffragio universale, la
Membri dell’ala
più estremista
repubblica, l’uguaglianza effettiva.
del movimento Il 17 luglio, a un anno dallo scoppio della rivoluzione, a Parigi, una manifesta-
rivoluzionario, il cui zione organizzata nel Campo di Marte dai cordiglieri, l’ala più estremista del mo-
nome deriva dal luogo
dove si riunivano, l’ex
vimento rivoluzionario, venne dispersa a fucilate dalla Guardia nazionale, in cui
convento dei frati minori si riconoscevano i rivoluzionari favorevoli al mantenimento della monarchia: fu il
osservanti, i cordiglieri primo atto della insanabile divisione tra gli attori principali del processo rivoluzio-
appunto (cordelliers).
nario, le forze borghesi e moderate da un lato e le forze popolari dall’altro.

L’inizio del conflitto con le grandi potenze europee


L’Assemblea costituente si era sciolta in seguito all’adempimento del suo mandato.
I costituenti avevano stabilito di non potersi candidare alle elezioni per l’Assemblea
nazionale legislativa nell’autunno del 1791 e ciò determinò un primo ricambio del
gruppo dirigente. Nella nuova Assemblea (eletta, come abbiamo visto, a suffragio
censitario), che doveva concludere la fase rivoluzionaria e inaugurare il nuovo cor-
so istituzionale, era presente una maggioranza moderata, con due opposizioni: i
controrivoluzionari da una parte, e i giacobini dall’altra.
Secondo il dettato costituzionale, il governo rispondeva al re senza rapporto con
la maggioranza parlamentare, perché i due poteri dovevano rimanere ben separa-
ti e controllarsi a vicenda. Questo equilibrio avrebbe probabilmente funzionato in
una situazione di pace, ma l’estraneità reciproca fra governo e Assemblea si rivelò
difficilissima da gestire di fronte alle forti tensioni che laceravano il Paese.
Il nuovo governo era ancora alle prese con la privatizzazione dei beni del cle-
ro, ostacolata dall’opposizione della Chiesa, e con l’armonizzazione di poteri locali
interamente nuovi, che stravolgevano le tradizioni centraliste della monarchia as-
soluta. E soprattutto doveva fronteggiare le gravi minacce internazionali che si
addensavano sulla Francia rivoluzionaria. Le potenze europee infatti, non inten-
devano convivere pacificamente con uno Stato che turbava in modo così radicale
l’ideologia generalmente ammessa da tutti i Paesi europei; in sostanza, non pote-
vano ammettere che si affermasse il principio secondo cui l’ordinamento politico
non trae origine dalla volontà divina né dalla tradizione ma dalla volontà popolare
e dalla pubblica utilità.
D’altronde erano il re stesso e i controrivoluzionari a credere nell’intervento del-
le potenze europee al fine di restaurare la monarchia assoluta. Così, nell’aprile del
1792, il re e il primo ministro Jacques Pierre Brissot (1754-93) dichiararono guer-
ra all’Austria e alla Prussia. Salvo una breve parentesi, la guerra contro le potenze
europee coalizzate durò più di vent’anni. A favore della guerra spingeva anche la
maggioranza dei giacobini, per motivi ovviamente opposti a quelli dei controri-
voluzionari, cioè per espandere e far trionfare la Rivoluzione in Europa. La guerra
era però temuta dai monarchici costituzionali, i quali, stretti fra estremismi sem-
pre più forti, sentivano ridursi il proprio spazio politico.
Il conflitto volse subito al peggio per le truppe francesi. Gli ufficiali, tutti nobili, se
già non avevano abbandonato le loro unità e il Paese, praticamente si rifiutarono di

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combattere. L’esercito nel suo complesso si dimostrò inaffidabile e l’invasione del-


la Francia sembrò imminente. Era chiaro, insomma, che esisteva un complotto, un
accordo fra il re, la grande maggioranza dei militari, una parte della Chiesa, i nobili
emigrati e le potenze straniere, per restaurare in Francia la monarchia assoluta.

La violenta svolta rivoluzionaria della Comune parigina


Mentre austriaci e prussiani avanzavano verso Parigi, i cittadini «passivi», esclusi
dai diritti politici perché poveri, cominciarono a frequentare abusivamente le «se-
zioni» parigine, cioè quelle assemblee permanenti di quartiere che rappresenta-
vano la base del decentramento politico sancito dalla Costituzione. Questi citta-
dini non portavano le culottes, i calzoni fermati sotto il ginocchio usati dalle classi
abbienti, ma pantaloni lunghi da lavoro, e furono dunque chiamati «sanculotti»
(sans-culottes, «senza culottes»).
Dal punto di vista sociale, erano piccoli bottegai e modesti artigiani subordinati
ai potenti maestri delle corporazioni, cioè la struttura portante dell’economia citta-
dina. Erano maschi adulti, con un lavoro, una fissa dimora, una famiglia da man-
tenere; non erano mendicanti miserabili, quindi normalmente non assistiti dalle
parrocchie, e neppure lavoratori dipendenti o domestici, ma rimanevano comunque
molto lontani dal benessere economico. I sanculotti volevano una società auste-
ra di padri di famiglia, tutti uguali, onesti e fratelli, un’economia ispirata a criteri
L’assalto morali e contraria al lussuoso spreco delle classi alte, un giusto mezzo fra la po-
al palazzo reale
delle Tuileries vertà e la ricchezza. Volevano la «santa uguaglianza», e la libertà non significava
il 10 agosto 1792. per loro iniziativa privata ma partecipazione alla vita pubblica. Il loro dirigente
Dipinto di Jacques politico più seguito era Jean-Paul Marat (1743-93), che fin dal 1789 si era messo
Bertaux, XIX secolo.
Versailles, Musée de in luce con il giornale di propaganda rivoluzionaria «L’Ami du peuple» («L’amico
l’Histoire de France. del popolo») ed era poi divenuto deputato all’Assemblea legislativa.

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I sanculotti, che erano ridotti alla fame e avevano paura del complotto fra contro-
rivoluzionari ed eserciti stranieri, trovarono il loro punto di riferimento nel club dei
giacobini. Furono guidati da Maximilien de Robespierre (1758-94), un avvocato
che dal 1790 era presidente del club dei giacobini, e da Georges-Jacques Danton
Guarda il video
(1759-94), un grande oratore e leader carismatico del popolo parigino.
Maximilien de
Robespierre e rispondi Il 10 agosto 1792 i sanculotti presero d’assalto il palazzo reale, misero in pri-
alle domande: gione il re e sospesero la costituzione monarchica, affidando tutto il potere al co-
• Qual è l’intento mune insurrezionale di Parigi (ricordato di solito come «la Comune», perché il
iniziale di
Robespierre? termine in francese è femminile). La nuova, violenta accelerazione rivoluziona-
• In che modo ria rappresentata dalla Comune venne riconosciuta dall’Assemblea legislativa, an-
Robespierre vuole che perché, di fronte agli eventi, la legittimità di quest’ultima era ormai decaduta.
preservare gli ideali
della Rivoluzione?
Robespierre e Danton entrarono negli organismi provvisori della Comune e il com-
• Perché viene pito di tracciare il futuro assetto istituzionale della Francia venne affidato a una
istituito un Tribunale nuova assemblea costituente: la Convenzione nazionale, da eleggersi in breve
rivoluzionario?
tempo e a suffragio universale maschile.

La Convenzione nazionale e la proclamazione della Repubblica


Dato l’andamento negativo della guerra, i sanculotti cominciarono ad arruolar-
si per andare volontari al fronte a fermare l’invasione; riuscirono così a bloccare
l’esercito prussiano il 20 settembre, a Valmy. Una banda di volontari aveva scon-
fitto un’armata professionista fra le più potenti, senza il supporto dell’esercito re-
golare francese, che si era nel frattempo dissolto. Poche settimane dopo, anche gli
austriaci vennero battuti a Jemappes.
Lo stesso giorno di Valmy, si tenne la prima seduta della Convenzione nazionale.
La Convenzione durò in carica tre anni, fino all’autunno del 1795. Passò attraver-
so la tragedia politica più spaventosa che la Francia avesse mai conosciuto; scrisse
due diverse costituzioni; respinse, ma a un prezzo terribile, l’invasione straniera;
lacerò il Paese nel tentativo di «rigenerarlo» moralmente, ma alla fine lo riunifi-
cò e in un modo o nell’altro lo condusse a una forma di equilibrio e di fortissima
identità nazionale. Inoltre consolidò le conquiste fondamentali della Rivoluzione:
la fine della feudalità, della monarchia assoluta, del privilegio sancito per legge; la
privatizzazione del demanio ecclesiastico; la certezza del diritto; la libertà di opi-
nione, di associazione, di impresa; l’uguaglianza di fronte alle istituzioni.
I deputati della Convenzione, immediatamente dopo il loro insediamento e all’u-
LESSICO nanimità, votarono l’abolizione della monarchia. La Francia diventava una repub-
Girondino blica. Ma subito si trovarono a dover affrontare un problema terribile: che fare del
Deputati della re? E su questo si divisero in maniera insanabile.
Convenzione
provenienti dalla I giacobini intendevano processarlo e condannarlo alla pena capitale, ritenendo
Gironda, dipartimento che, se fosse rimasto in vita, prima o poi sarebbe tornato al potere e avrebbe colpito a
atlantico di Bordeaux: morte la Rivoluzione. Ma molti deputati erano più moderati. Il loro gruppo dirigente
erano esponenti della
borghesia benestante
era costituito dai deputati della Gironda, la regione di Bordeaux, uno dei maggiori
e imprenditoriale, porti francesi, città ricca di borghesia imprenditoriale, dove i sanculotti contavano
decisi a impedire poco; per questa loro origine, questi deputati furono chiamati girondini. I girondini
ogni ritorno all’Antico
regime, ma contrari
dubitavano che il re fosse perseguibile, che si potesse istituire una corte competente
a un’evoluzione della e, ancora di più, che a giudicarlo potesse essere la Convenzione. Inoltre non volevano
Rivoluzione verso una interrompere ogni possibilità di negoziato con le potenze straniere, come sarebbe
vera democrazia sociale.
accaduto in caso di processo al re. Tuttavia persero la loro battaglia parlamentare.

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| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Il rafforzamento dei giacobini dopo la condanna del re


Il processo, iniziato in dicembre, si concluse in un mese. Condannato a morte con
387 voti contro 334, senza sospensione condizionale della pena, Luigi XVI fu de-
capitato il 21 gennaio 1793. Il supplizio del re lacerò ancor più gravemente il Pae-
se. Chi l’aveva voluto aveva scelto di tagliare l’ultima possibilità di tornare indietro,
l’ultimo legame con il passato. Per la coscienza collettiva l’esecuzione rappresen-
tò un gesto sacrificale, quasi l’atto di una cerimonia sacra che doveva riportare la
pace, e in effetti i massacri più o meno spontanei e le giustizie sommarie cessaro-
no. L’ultima ondata di stragi nelle piazze era stata spaventosa. Durante i cosiddetti
«massacri di settembre» del 1792, bande di popolani avevano assaltato e svuotato
le prigioni della capitale, assassinando centinaia e centinaia di sospetti «nemici del
popolo» incarcerati. A Parigi orrori di questo genere cessarono, ma il sangue aveva
appena cominciato a scorrere, perché alle giustizie sommarie si sarebbe sostitui-
ta la giustizia dei tribunali speciali. Seguì un momento di grande smarrimento, di
incertezza sulle sorti della Rivoluzione. Gli eserciti stranieri minacciavano nuova-
mente di invadere il suolo nazionale e i girondini, che avevano tentato di salvare il
re, potevano essere sospettati di contatti con il nemico, di far parte del «complot-
to» controrivoluzionario.
I giacobini, quindi, si rafforzarono politicamente. Essi apparvero come l’unico
baluardo della Rivoluzione e cominciarono a lavorare per dotare la Repubblica
dei mezzi istituzionali necessari per schiacciare i propri nemici interni ed esterni.
I metodi adottati furono giudicati dai giacobini stessi terribili ma inevitabili, per-
ché imposti da quella che apparve loro la legge suprema: la «forza delle cose», la
necessità di difendere a qualunque costo la Rivoluzione.

L’esecuzione
di Luigi XVI il
21 gennaio 1793 in
Piazza della Rivoluzione,
l’attuale Place de la
Concorde.

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La Rivoluzione francese | 9 |

Pur non avendo la possibilità di contribuire alle deli-


CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA
berazioni delle assemblee, le donne partecipavano a
Donne e rivoluzione quelle aperte al pubblico, cercando di influenzare il di-
battito con i loro interventi. Esistevano anche società
Le donne, nell’Europa moderna, avevano spesso as- popolari aperte a entrambi i sessi, nelle quali tutta-
sunto il ruolo di agitatrici durante le sommosse po- via non si aveva una parità di trattamento. Le donne,
polari. così, in almeno trenta città aprirono loro club, che si
Non è dunque uno scenario nuovo quello che le vide battevano per il divorzio e per l’ottenimento dei dirit-
protagoniste di alcune insurrezioni durante la Rivo- ti politici, fino a che la Convenzione, con un decreto
luzione: il 5 ottobre del 1789 furono loro che per pri- del 30 ottobre 1793, vietò tutti i club femminili, so-
me si diressero in corteo a Versailles, seguite dalla stenendo l’incompatibilità tra donne e azione po-
Guardia nazionale, per ricondurre la famiglia reale a litica. Tuttavia, le donne del popolo continuarono a
Parigi; nel 1789, come nel 1793, scesero in piazza fare politica nelle strade e nelle piazze, mentre quelle
e incitarono gli uomini ad agire imputando loro un delle classi elevate proseguivano a discutere di po-
comportamento vigliacco. Tuttavia, se la sistemazione litica nei salotti.
spontanea della folla prevedeva anche uno scambio A denunciare in modo provocatorio l’iniquità dei
di ruoli, l’organizzazione della macchina rivoluzionaria provvedimenti rivoluzionari – che avevano reso an-
vietava loro di portare armi ma anche di godere cora più manifeste le ingiustizie subite dalle donne –
dei diritti politici: le donne non potevano partecipa- già nel 1791, Olympe de Gouges aveva indirizzato
re alle assemblee di sezione, ai comitati locali, alle alla regina Maria Antonietta una Dichiarazione dei
assemblee politiche. diritti della donna e della cittadina. «La donna ha il
diritto di salire sul patibolo, deve avere anche quello
di salire sulla tribuna», recitava uno degli articoli della
Dichiarazione: due anni dopo Olympe stessa venne
ghigliottinata, in quanto girondina. Ma la Rivoluzione,
sebbene nell’immediato non produsse vantaggi in fa-
vore delle donne, formalizzando una disuguaglianza
le rese più consapevoli e nel medio periodo diede
una scossa al sistema patriarcale.

Una donna francese che partecipò alla marcia


su Versailles il 5 ottobre 1789. Stampa del XIII secolo.

Collega e confronta
1. Lavorando in gruppi, ricercate il testo
della Dichiarazione dei diritti della donna
e della cittadina di Olympe de Gouges,
leggete gli articoli e selezionate quelli che
vi hanno colpito di più; confrontateli poi
con quelli della Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino del 1789. Quali
sono le principali rivendicazioni sostenu-
te da De Gouges? Quali aspetti delle due
Dichiarazioni vi colpiscono e perché?
2. In Italia, il diritto di poter ricoprire un ruolo
politico è stato riconosciuto alle donne
soltanto nel 1946: quante donne furo-
no elette nell’Assemblea costituente in
quell’anno? Quante nel primo Parlamento
eletto a suffragio universale? Quante par-
lamentari donne si contano oggi in Italia?
Confrontate in dati e discutetene in classe.

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| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

6 Il governo rivoluzionario e il «Terrore»


L’imposizione della «virtù» attraverso la repressione
Cominciò così il periodo cosiddetto del «Terrore», che durò dalla primavera del
1793 all’estate del 1794, cioè per tutto l’«anno II» (contando a partire dall’istitu-
zione della repubblica, nel settembre 1792).
F2 Il Terrore nelle Il Terrore aveva due anime. Innanzitutto era difensivo, in quanto si pensava
parole di un artigiano
che la Rivoluzione fosse minacciata dagli eserciti stranieri e dai nemici interni,
parigino, p. 312
che avevano provato a salvare il re, che mantenevano i contatti con chi era fuggito
all’estero, che proteggevano i preti «refrattari» (quelli che non avevano accettato
di giurare fedeltà alla Costituzione), che facevano salire i prezzi dei generi di pri-
ma necessità. Per reagire a queste minacce, secondo i giacobini, la Repubblica do-
veva vigilare e colpire con prontezza ed efficacia, senza porsi scrupoli di garanzia
dell’imputato o di formalismi legali.
Ma il Terrore aveva anche un’anima offensiva, perché i giacobini avevano un’in-
crollabile fede nella «virtù», cioè nel rifiuto del lusso e del potere, nell’amore per la
semplicità, l’onestà e l’uguaglianza. Sapevano che questa virtù era «in minoranza
fra gli uomini», tuttavia ritenevano che tale stato di «corruzione» non dipendesse
dalla natura dell’uomo ma da secoli di oppressione. I giacobini pensavano che fosse
possibile e legittimo imporre la virtù con la forza e ritenevano che, una volta elimi-
nati la corruzione e i corrotti, «libertà, uguaglianza e fraternità» avrebbero regnato
incontrastate. Da questa convinzione trassero un incitamento quasi missionario
ad affondare il bisturi nella società per estirparne ogni residuo di ineguaglianza.
Nel marzo del 1793 la Convenzione istituì un Tribunale rivoluzionario compe-
tente per i reati contro la sovranità popolare: uno solo per tutta la Francia e sotto
un rigoroso controllo politico. Questo tribunale poteva infliggere un’unica pena:

Un’esecuzione
in Piazza
della Rivoluzione
durante il periodo
del «Terrore».
Dipinto di Pierre
Antoine Demachy
del 1793. Parigi,
Musée Carnevalet.

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La Rivoluzione francese | 9 |

la morte. Finivano sulla ghigliottina i disertori, gli emigrati rientrati in Francia o


chi tentava di emigrare, ma bastava anche aver tenuto contatti con gli emigrati o
i latitanti, aver aderito a organizzazioni poi definite «controrivoluzionarie», aver
spacciato assegnati falsi o voluto «affamare il popolo», cioè cercato di vendere der-
rate di prima necessità a prezzi superiori a quelli consentiti o nascosto generi ali-
mentari per farne lievitare i prezzi.
Si stabilì per legge la categoria dei «sospetti», che arrivò a includere «coloro che,
non avendo fatto nulla contro la Rivoluzione, neppure avevano fatto nulla per es-
sa». I sospetti venivano segnalati e incarcerati dai comitati rivoluzionari di vigi-
lanza, istituiti in ogni comune e in ogni quartiere cittadino. Questi comitati erano
in diretto rapporto con i grandi comitati di governo della Convenzione: il Comitato
di salute pubblica e il Comitato di sicurezza generale.

L’affermazione della dittatura giacobina


Guidata dall’idea di una rigenerazione totale della società, la Convenzione agiva
attraverso un partito, quello giacobino, organizzato ed efficiente, composto da uo-
mini dediti alla propaganda e pronti all’azione.
La Convenzione inviava i propri rappresentanti in missione nei dipartimenti,
con il compito essenziale di mobilitare uomini e mezzi per la difesa nazionale; ma
questi commissari dovevano anche provvedere alla sicurezza delle retrovie, e quin-
di sventare i veri o presunti complotti controrivoluzionari, appoggiandosi ai club
giacobini locali ed epurando le autorità costituite.
Nel maggio del 1793, la Convenzione approvò un calmiere ( ▶ cap. 3, par. 2) ge-
nerale dei prezzi per fermare l’inflazione e alleviare la miseria dei ceti popolari ur-
bani. I commissari in missione e i comitati rivoluzionari si incaricarono di sorve-
gliare che il calmiere fosse rigorosamente applicato e a questo scopo fondarono
degli «eserciti rivoluzionari» composti da militanti giacobini, una specie di nuove
guardie nazionali molto più minacciose di quelle del 1789, incaricati di rifornire
i mercati urbani ai prezzi di legge e di stroncare il mercato nero. Queste squadre
percorrevano le campagne alla ricerca di derrate alimentari nascoste, dei latitanti
e dei loro protettori, di disertori o di renitenti alla leva; controllavano che la mo-
bilitazione nazionale fosse efficiente per la vittoria sul nemico, interno ed esterno,
che le leggi promulgate dalla Convenzione fossero rispettate, che il Paese ubbidis-
se e si «rigenerasse».
A Parigi i giacobini detenevano il controllo totale della Comune ma non della
Convenzione, dove permaneva un nucleo agguerrito di girondini. La resa dei con-
ti definitiva fu il 2 giugno 1793, quando, con l’appoggio di battaglioni della Guar-
dia nazionale delle sezioni parigine, la Convenzione venne circondata: i girondi-
ni furono messi a tacere, i loro capi, una ventina (tra cui due ministri), arrestati e
deferiti al Tribunale rivoluzionario, che li condannò a morte in autunno. Da allora
la dittatura giacobina divenne sempre più intransigente e diretta da Robespierre,
l’«Incorruttibile», il capo indiscusso del Comitato di salute pubblica. L’invasione
straniera venne fermata e gli eserciti della Repubblica tornarono a vincere, l’infla-
zione fu posta sotto controllo e le classi popolari ebbero da mangiare. I diritti feu-
dali furono aboliti senza indennizzo, i contadini poterono comprare beni nazio-
nali, cioè le proprietà sottratte al clero, e si giunse quasi a espropriare gli emigrati
per assegnare gratuitamente la terra ai poveri.

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| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

La rivolta girondina nelle province


Le amministrazioni locali furono esautorate o soppresse e poste sotto il controllo
dei comitati di governo della Convenzione. Ma molte zone della Francia si ribella-
rono a questa direzione centralistica e intransigente della Rivoluzione. Le maggio-
ri città difesero le loro tradizioni politiche e la loro autonomia contro la Conven-
zione, che consideravano asservita alle sezioni parigine e al club dei giacobini, e si
sollevarono in armi contro la capitale. Fu la rivolta «federalista» guidata dai capi
girondini, che rimanevano forti in provincia e che vennero accusati di voler spez-
zare l’unità dello Stato a favore della controrivoluzione e degli invasori.
In realtà, le città girondine non sostenevano affatto un modello federale. Inten-
devano solo difendere la loro partecipazione autonoma allo sforzo rivoluzionario
e pretendevano che fossero rispettati i diritti politici, anche se con loro si mescolò
ogni sorta di opposizione al giacobinismo e, anzi, alla Rivoluzione. I dipartimenti
in rivolta opposero una resistenza militare, per la verità poco efficiente, alle trup-
pe inviate dalla Convenzione e furono schiacciati nel corso dell’estate del 1793.
Gli stessi capi giacobini cominciarono a cadere vittime dello scontro politico, an-
che interno alla stessa fazione giacobina. La rivoluzione divorava ormai i suoi figli.
Marat cadde assassinato da una giovane monarchica, Charlotte Corday d’Armont
nell’estate del 1793. Danton, capo dei giacobini più moderati, che chiedeva che «si
risparmiasse il sangue degli uomini», fu accusato di complottare con i controrivo-
luzionari e ghigliottinato nell’aprile del 1794.
Tra i giacobini si era formata anche un’opposizione ancora più radicale, con-
trapposta a quella moderata di Danton e vicina ai sanculotti del regime robe-
spierrista: ma anche questo gruppo, nella primavera del 1794, ebbe la stessa
sorte dei moderati. Robespierre si trovò assediato, sia nella Convenzione sia nel
Paese, da una maggioranza di oppositori, per il momento schiacciati e trattenuti
solo dalla paura. Il suo regime apparve nel suo doppio volto, di «santità», di vir-
tuosa onestà rivoluzionaria, e al tempo stesso di orrore, e si avviò verso la sua
tragica conclusione.

Il 3 maggio 1793 fu istituito un corpo di informatori che dipendeva a tutti gli effetti
LE FONTI
dal Ministero degli interni. Questi «osservatori», di fatto spie e delatori, furono attivi fi-
Vigilare no all’aprile del 1794, quando il ministro degli interni fu arrestato, in quanto legato a
sul popolo Danton, e il corpo sciolto.
Si riporta una parte della relazione di un osservatore del 23 febbraio 1794.

L’affluenza alle porte dei macellai continua senza sosta, in mezzo al gran chiasso delle donne […].
Ci sono perfino state frasi non certo a favore delle autorità costituite e della Convenzione, accusa-
te di negligenza, di aver condotto sull’orlo dell’attuale abisso la popolazione, e di aver finalmente
stabilito un calmiere quando i guai sono giunti al culmine. Si aggiunga che si sparge la voce che i
nostri eserciti subiscono rovesci un po’ dovunque, che tutto ciò vi viene tenuto nascosto […].
Così vengono diffuse mille altre notizie, che la malevolenza si compiace di divulgare, che non fan-
no che inasprire sempre più i cittadini, già mal disposti. Ovunque nei caffè, nei capannelli, nelle
piazze e nei mercati non si fa altro che parlare della miseria che incombe. Ormai la ghigliottina
non fa più paura; per morire di fame, tanto vale la ghigliottina. Ecco ciò che si dice e si pensa. Si
guarda al futuro con molta preoccupazione. In una parola, nessuno sa cosa pensare […].
(da G. Walter, La rivoluzione francese, De Agostini, Novara 1970, p. 461)

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La Rivoluzione francese | 9 |

7 La Vandea e la controrivoluzione
La Vandea e la Bretagna, tra povertà e arretratezza
La Rivoluzione del 1789 aveva avuto successo perché i privilegiati avevano dimo-
strato grande disunione e debolezza, quando non erano addirittura uniti a loro
volta al fronte rivoluzionario, come avevano fatto tanti prelati e nobili liberali. Per
di più i controrivoluzionari non avevano trovato un capo, giacché Luigi XVI si era
mostrato un re debole e inetto. La Rivoluzione aveva vinto anche perché i non pri-
vilegiati, al contrario, erano stati eccezionalmente uniti, almeno in un primo mo-
mento; in particolare, le campagne avevano aiutato le città e i borghesi avevano
accolto le rivendicazioni dei contadini.
Questa solidarietà non coinvolse però tutto il territorio nazionale francese. In
particolare non si verificò in una delle regioni più arretrate del Paese, la Breta-
gna, e ancor meno nella Vandea, un dipartimento sulla costa atlantica a Sud della
Penisola bretone. La Bretagna e la Vandea erano regioni povere, caratterizzate da
insediamenti rurali sparsi, piccole aziende agricole isolate, campi recintati da fol-
te siepi. Come sempre succede nelle aree povere, erano anche zone con analfabe-
tismo diffuso, pratiche religiose cariche di ritualità, diffidenza pregiudiziale nei
confronti delle novità.
Parte della popolazione bretone era di stirpe celtica, non parlava francese e so-
cialmente era dominata dalla piccola aristocrazia chiusa e reazionaria, relativamen-
te povera ma fortemente radicata nel territorio, e dal clero, composto soprattutto
di curati di campagna, molto vicini alle masse contadine. Gli alti prelati avevano
scarso peso, tant’è che alla Camera del clero degli Stati generali non era stato elet-
to nessun vescovo della Bretagna. I borghesi svolgevano invece le funzioni di esat-
tori d’imposta o erano avvocati e commercianti delle città che facevano affari con i
contadini, in generale, a spese di questi ultimi. Nell’Ovest della Francia, insomma,
esisteva una situazione meno favorevole che altrove all’unità fra città e campagna,
ed era più probabile che in questa zona la protesta spontanea dei contadini contro
l’ambiente urbano si incontrasse con la propaganda controrivoluzionaria dei no-
bili e dei preti «refrattari».

La guerra civile contro le forze controrivoluzionarie


S3 Rivoluzione Nel febbraio del 1793 la Repubblica aveva urgente bisogno di nuovi soldati per
e controrivoluzione, respingere l’invasione nemica che, come nell’estate precedente, minacciava nuo-
p. 315
vamente la capitale. Dopo la condanna del re, ai nemici della Repubblica fran-
cese si erano aggiunti anche la Spagna e l’Inghilterra, e aveva così preso corpo
una vasta coalizione antifrancese, la prima di una lunga serie. La Convenzione
decretò quindi una leva di 300.000 uomini: ogni dipartimento doveva fornire
un contingente in proporzione alla propria popolazione e poteva procedere al
reclutamento con i volontari o con il sorteggio, trovando i soldi per aiutare le fa-
miglie dei coscritti.
In Vandea scoppiò la rivolta. I contadini non volevano né potevano lasciare i
campi e le famiglie e neppure capivano perché dovessero farlo, dato che il loro re
era stato ghigliottinato e la loro Chiesa costretta al silenzio a opera di una società
urbana che li sfruttava. I controrivoluzionari, tra cui erano molti nobili ex ufficia-
li che si preparavano da tempo ricevendo aiuti dalla flotta inglese, organizzarono

297
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

dei comitati monarchici e proclamarono re di Francia il figlio di Luigi XVI con il


titolo di Luigi XVII. In una cittadina della Vandea, nel marzo di quell’anno, i ribelli
fecero una retata di presunti giacobini, da cento a mille secondo le testimonianze,
li legarono «a rosario» uno all’altro e li fucilarono. Non era certo la prima atrocità
legata alla Rivoluzione, ma era la prima in Vandea. In un certo senso rappresentò
una risposta agli atti di barbarie commessi altrove dai rivoluzionari, a cominciare
dai «massacri di settembre» del 1792 a Parigi. Ma, a differenza di altre stragi, que-
sta era destinata a costituire l’inizio di una vera e propria guerra civile, che avreb-
be fatto decine di migliaia di vittime.
Cominciò infatti una guerriglia con la quale i contadini bretoni e vandeani dife-
sero con la forza le loro tradizioni, la loro fede religiosa, la loro aristocrazia e an-
L’eroina di Milhier. che la loro integrità, sparando ai rivoluzionari impegnati a far rispettare la legge.
Illustrazione dei Fu una guerra di imboscate, dopo le quali i contadini occultavano le armi e si na-
fratelli Lesueur, fine
XVIII secolo. Parigi, scondevano rimettendosi a lavorare pacificamente la terra.
Musée Carnevalet. Ma operavano anche bande di vaste dimensioni, in grado di attaccare i drap-
pelli di truppe della Convenzione. In Bretagna operarono per anni piccole bande
Leggi l’immagine di partigiani monarchici, detti «chouans» (dal soprannome di uno dei loro capi,
• Perché la donna Jean Cottereau, detto chouan, «gufo»), difficilissime da sconfiggere ma relativa-
punta una pistola
mente poco pericolose per la Repubblica. In Vandea, invece, si formò un grande
verso i tre uomini?
• Perché sta puntando
«esercito cattolico e monarchico», forte di 20.000 uomini, che impegnò le armate
l’altra pistola verso della Convenzione per tutta l’estate e l’autunno del 1793, sconfiggendole più volte
il barile di polvere e giungendo a mettere in pericolo la stessa capitale. Gli orrori e le atrocità di que-
da sparo?
sta guerra civile furono senza limiti. Non si facevano prigionieri, né da una parte

298
La Rivoluzione francese | 9 |

né dall’altra. I civili vandeani, che non era possibile distinguere dai combattenti,
venivano sistematicamente massacrati. Alla fine l’esercito vandeano fu distrutto,
e i rivoluzionari commisero l’errore di infierire ancora, procedendo a una spieta-
ta repressione. A Nantes, per accelerare l’annientamento dei condannati, Carrier,
commissario della Convenzione in missione, li fece affogare in massa nelle acque
della Loira. Di fronte a questi metodi, i vandeani non avevano nulla da perdere a
riprendere le armi; era stata decretata la fine del grande esercito cattolico e mo-
narchico, ma la guerriglia continuò.
In Bretagna, un anno e mezzo dopo, il governo commise un errore di segno op-
posto, stipulando un trattato di pace che non imponeva ai ribelli di consegnare le
armi. I partigiani monarchici ne approfittarono per meglio organizzarsi, ricevendo
nuovi aiuti dai nobili emigrati e dagli inglesi. Nonostante ciò, imbottigliati nella
piccola penisola di Quiberon, furono annientati dal generale repubblicano Hoche
nel luglio del 1795. Più di settecento emigrati presi con le armi in mano furono fu-
cilati, come prescriveva la legge, «su semplice verifica dell’identità».
Neppure questa sconfitta, tuttavia, segnò la fine dell’insurrezione controrivolu-
zionaria dell’Ovest. Né le repressioni più selvagge né le pacificazioni riuscivano a
sradicarla.
Fra la Rivoluzione e le masse contadine cattoliche e tradizionaliste dell’Ovest si
era ormai consumata una rottura irreparabile, avendo entrambi i campi imboccato
con pari determinazione la strada della barbarie. La Vandea rappresentò il primo
laboratorio di controrivoluzione sanguinosa, destinato a fare da modello all’Italia,
alla Spagna, alla Germania, all’Europa intera.

LE FORZE DELLA CONTRORIVOLUZIONE


ssiani
REGNO DI Pru
nglesi
GRAN BRETAGNA I
Neerwinden Colonia ci
Hondschoote tria
Jemappes us
A

1792 PAESI BASSI


Amiens AUSTRIACI
Magonza
In gles

Caen Valmy Varennes


NORMANDIA 1792 Weissenburg
i

Dol Parigi
BRETAGNA
Leggi la carta In Quiberon
gle
si Nantes RAURACIA
• Di quale natura
fu l’insurrezione VANDEA
scoppiata nella
Vandea? Zone di
Oceano Lione SAVOIA insurrezione
• Dove si
Atlantico realista
concentrarono le
Bordeaux Zone di
rivolte federaliste? insurrezione
• Quali territori federalista
GIRONDA
divennero Avignone Disordini
controrivoluzionari
teatro di scontri Nizza
Marsiglia
li

Territori occupati
no

fra l’esercito dalla Francia


ag

i
rivoluzionario ol fino al 1793
Sp

gn Tolone
francese e quelli Spa Attacchi
REGNO DI SPAGNA Spagnoli della coalizione
delle grandi potenze Mare Mediterraneo
antifrancese
straniere?

299
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

8 La scristianizzazione
La tolleranza religiosa e la Costituzione civile del clero
I rapporti fra la Rivoluzione francese e la Chiesa di Roma avevano cominciato a
guastarsi fin dall’inizio, quando la religione cattolica aveva perso il suo ruolo pri-
vilegiato e la libertà di culto era stata garantita anche ai protestanti e agli ebrei con
la Dichiarazione dell’agosto del 1789 ( ▶ par. 3). Nei secoli precedenti, invece, la mo-
narchia aveva sempre protetto la Chiesa cattolica con la forza, perseguitando ogni
altro culto e, a maggior ragione, l’ateismo; in cambio, la Chiesa aveva rappresenta-
to la coscienza e la voce della monarchia.
All’epoca dell’assolutismo, la monarchia aveva ridotto gli spazi per la diversità
religiosa, in accordo con i desideri delle autorità cattoliche, ma aveva anche pro-
mosso l’emancipazione della Chiesa francese da quella romana, per ridurre gli
ostacoli che si opponevano alla piena affermazione del potere centrale ( ▶ cap. 2,
par. 5). Tra le due istituzioni esisteva comunque una salda alleanza: era infatti il
re a nominare i vescovi, salva restando la conferma papale, ma le cariche ecclesia-
stiche rivestivano un’importanza quasi più politica che religiosa.
La Rivoluzione si orientò senza incertezze verso la libertà di coscienza o, come
allora si diceva, la «tolleranza»: ogni opinione religiosa, come fatto privato, di-
venne subito libera. Ma per quanto riguarda i rapporti istituzionali fra lo Stato e la
Chiesa, la Rivoluzione si mosse da subito in direzione di una maggiore dipendenza
delle istituzioni religiose dalla politica. Essa espropriò i beni del clero per pagare
il debito dello Stato e trasformò senza mezzi termini gli uomini di Chiesa in fun-
zionari pubblici, stipendiati e sottoposti a giuramento. La carica vescovile diventò
a tutti gli effetti politica, tant’è che i vescovi venivano eletti dal popolo sovrano.
L’insieme dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica fu regolato da una legge
che venne denominata Costituzione civile del clero, approvata dalla Costituente nel
luglio del 1790, a seguito della quale una parte degli ecclesiastici accettò di diven-
tare «clero costituzionale», mentre un’altra, appoggiata da Roma, divenne «clero
refrattario». I preti «refrattari» erano turbati dalla perdita dell’autonomia econo-
mica e dalla sottomissione a un’autorità politica che, a differenza della monarchia
assoluta, non si considerava legittimata da Dio ma dal popolo. Inizialmente i preti
refrattari non furono perseguitati, perché la loro fede, come ogni altra, era libera;
ma non erano più titolari degli edifici ecclesiastici e si trovavano privi di mezzi di
sostentamento. Le loro messe non erano clandestine, ma riguardavano la sfera del
privato, come i culti protestanti o ebraici. I preti «refrattari» avevano perso in un
colpo solo tutti i loro antichissimi privilegi e divennero una spina nel fianco della
Rivoluzione, accrescendo il loro prestigio agli occhi di quanti diffidavano del nuo-
vo potere: in molti casi alle messe celebrate dai preti «costituzionali» non andava
nessuno e i fedeli si affollavano alle funzioni di quelli «refrattari».

Le misure di scristianizzazione della società


L’ostilità verso la religione cattolica da parte dei rivoluzionari andò accentuandosi.
Il calendario gregoriano venne abolito dalla Convenzione e sostituito con un calen-
dario rivoluzionario, che contava il tempo a partire dal 22 settembre 1792, giorno
successivo alla fondazione della Repubblica, e denominava i mesi in base ai feno-
meni stagionali e alle scadenze agricole: vendemmiaio (tra settembre e ottobre, il

300
La Rivoluzione francese | 9 |

periodo della vendemmia), brumaio (tra ottobre e novembre, mese caratterizzato


dalla «brume», la foschia), termidoro (il termine, coniato dal greco, indicava i gior-
ni molto caldi tra luglio e agosto) ecc.
Tuttavia la novità più rilevante fu l’abolizione delle domeniche: si lavorava
per nove giorni e si faceva festa il decimo, il «decadì». Questa riforma lacerava le
abitudini e le coscienze, aggravava il carico dei lavoratori perché lasciava tre soli
giorni di riposo al mese anziché quattro, spingendo anche il clero costituzionale
all’opposizione.
Fra l’autunno del 1793 e la primavera del 1794 si diffuse una campagna di ve-
ra e propria scristianizzazione, alimentata dall’ala più estremista del movimento
rivoluzionario, cioè dal club dei cordiglieri, più radicale di quello giacobino, e da
alcuni funzionari in missione. Quasi tutte le chiese furono chiuse, gli arredi sacri
venduti, le campane fuse per ricavarne bronzo da cannoni e i cimiteri furono tra-
sformati in luoghi profani.
Ma la scristianizzazione non si limitò a profanare il sacro, tentando di distrug-
gere il cattolicesimo: tentò anche di sostituire il cattolicesimo con il culto della
dea Ragione e i «martiri della libertà», per esempio Marat, divennero oggetto di
devozione, come se fossero dei nuovi «santi». Robespierre intervenne per fermare
questa campagna, contro la furia estremista, materialista e razionalista dei «ter-
roristi» più accesi e in un celebre intervento alla Convenzione proclamò la propria
fede nell’«Essere supremo» e nell’immortalità dell’anima. In questo modo, anche
se il dio di Robespierre non era quello cristiano, un principio religioso veniva in-
vocato di nuovo a fondamento della convivenza civile. Tuttavia Robespierre stes-
so finì con il diventare quasi una sorta di sacerdote supremo della nuova religione
civile, cosicché, oltre che come tiranno sanguinario, il leader giacobino poté essere
attaccato anche come folle inventore di un culto blasfemo.
La creazione di un nuovo calendario «rivoluzionario» rientrò nel processo di
scristianizzazione, poiché sostituì il calendario gregoriano, alterandone il mille-
nario ritmo settimanale. Le date di inizio e di fine dei mesi non corrispondevano a
quelle attuali. Inoltre «avanzavano» 6 giorni (17-21 settembre, più un altro giorno
negli anni bisestili), i «sanculottidi», che avevano nomi speciali. Ecco i mesi del ca-
lendario rivoluzionario divisi per stagioni: Vendemmiaio, Brumaio, Frimaio (mesi
autunnali); Nevoso, Piovoso, Ventoso (mesi invernali); Germinale, Fiorile, Pratile
(mesi primaverili); Messidoro, Termidoro, Fruttidoro (mesi estivi).

CALENDARIO RIVOLUZIONARIO (24 NOVEMBRE 1793-1 GENNAIO 1806)


12 mesi di 30 giorni ciascuno
+ 5 giorni (17/9-21/9), 6 negli anni bisestili, per la celebrazione delle festività repubblicane
VENDEMMIAIO BRUMAIO FRIMAIO NEVOSO PIOVOSO VENTOSO GERMINALE FIORILE PRATILE MESSIDORO TERMIDORO FRUTTIDORO
22/9-21/10 22/10-20/11 21/11-20/12 21/12-19/1 20/1-18/2 19/2-20/3 21/3-19/4 20/4-19/5 20/5-18/6 19/6-18/7 19/7-17/8 18/8-16/9
1/15 16/30
OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE GENNAIO FEBBRAIO MARZO APRILE MAGGIO GIUGNO LUGLIO AGOSTO
SETTEMBRE SETTEMBRE

La creazione di un nuovo calendario «rivoluzionario» rientrò nel processo di scristianizzazione, poiché sostituì il calendario
gregoriano, alterandone il millenario ritmo settimanale. Le date di inizio e di fine dei mesi non corrispondevano a quelle attuali.
Inoltre «avanzavano» 6 giorni (17-21 settembre, più un altro giorno negli anni bisestili), i «sanculottidi», che avevano nomi
speciali. Ecco i mesi del calendario rivoluzionario divisi per stagioni: Vendemmiaio, Brumaio, Frimaio (mesi autunnali); Nevoso,
Piovoso, Ventoso (mesi invernali); Germinale, Fiorile, Pratile (mesi primaverili); Messidoro, Termidoro, Fruttidoro (mesi estivi).

301
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

9 Dalla fine del «Terrore»


all’ascesa del Direttorio
Le conquiste della Rivoluzione all’estate del 1794
Nell’estate del 1794 il governo rivoluzionario aveva ormai profondamente inciso
sul quadro politico francese e reso irreversibili rotture e trasformazioni. L’inva-
sione della coalizione internazionale formata da tutte le maggiori potenze euro-
pee era stata respinta. Dopo Valmy erano venute altre vittorie, alternate ad alcune
sconfitte, fino alla grande vittoria di Fleurus (giugno 1794). Questo straordinario
successo era stato ottenuto grazie a un’imponente mobilitazione di uomini e mezzi
che aveva coinvolto il Paese intero. Il governo aveva altresì vinto due guerre civili:
quella contro i federalisti e quella contro i vandeani. Ciò era accaduto al prezzo di
decine di migliaia di morti, di un terribile imbarbarimento e di un deciso ritorno al
centralismo autoritario tipico della monarchia assoluta. Ma la repubblica aveva su-
perato la prova ed era rimasta unita, sotto la sovranità delle sue autorità costituite.
L’inflazione era stata domata, il corso dell’assegnato difeso, e con esso il livello di
vita delle classi meno abbienti. In generale, molto si era fatto per dare da mangiare
ai poveri, in particolare alle famiglie dei combattenti e, per la prima volta nella sto-
ria moderna, le promesse fatte alle classi popolari per ottenerne l’appoggio in uno
scontro politico rivoluzionario erano state in gran parte mantenute. I diritti feudali
erano stati integralmente soppressi, senza indennità; i contadini erano riusciti, a
volte, a comprare beni nazionali. Le campagne risultavano quindi totalmente rivo-
luzionate: non esistevano più i signori, né le decime, né le proprietà ecclesiastiche,
mentre la proprietà contadina si era largamente diffusa.
Erano stati proclamati e, in notevole misura messi in pratica, i princìpi dell’u-
guaglianza e della partecipazione, i diritti all’assistenza e all’istruzione. Una Costi-
tuzione straordinariamente democratica era stata approvata nell’estate del 1793,
anche se non era entrata in vigore per il persistere dello stato di guerra. Erano sta-
ti, allo stesso tempo, sconvolti i sistemi di valori tradizionali: non c’erano più il re
né la gerarchia sociale fondata sulla nascita, né la Chiesa cattolica e neppure la sua
religione. Il personale di governo era stato rinnovato: si faceva carriera, in qualun-
que settore, solo con il proprio talento, il coraggio, la spregiudicatezza, non più in
virtù dell’appartenenza alle classi privilegiate. Tutto questo, però, si era ottenuto
al prezzo inaccettabile della perdita del rispetto per la legalità: migliaia di persone
erano morte, condannate dal Tribunale rivoluzionario o inghiottite dai massacri,
dalla guerra civile, dalle repressioni.

LESSICO
Manicheismo
La fine violenta del Terrore
Antica religione di Robespierre e il Comitato di salute pubblica si trovavano soli al governo di questa
origine iranica che pone immane trasformazione: dovevano riuscire a «rigenerare» la Francia prima che i
alla base della realtà
la lotta tra un principio
nemici della Rivoluzione avessero il sopravvento. Il vertice del governo «terrorista»
positivo e uno negativo. scorgeva complotti dappertutto e aveva introdotto una cultura politica tragicamente
L’aggettivo «manicheo» manichea: da un lato, i «buoni cittadini» e i «virtuosi padri di famiglia sanculotti»;
indica correntemente
una distinzione rigida
dall’altro, gli «aristocratici» e i «corrotti». In parte, questa tragica semplificazione
e sommaria tra «bene» era prodotta dalla durezza della situazione, in parte era figlia di un razionalismo e
e «male», «buoni» di un moralismo astratti, spinti fino alle estreme conseguenze. Il governo giacobi-
e «cattivi».
no aveva così interamente dissipato il patrimonio di fiducia che la Rivoluzione ave-

302
La Rivoluzione francese | 9 |

L’esecuzione
di Robespierre
il 28 luglio 1794
davanti al palazzo
delle Tuileries.
Stampa dell’epoca.

Leggi l’immagine
• Quali sono le diverse
reazioni dei presenti
all’esecuzione?
Descrivile.
• Il tricolore, simbolo
della Rivoluzione
francese, è presente
nell’immagine sotto
diverse forme.
Rintracciale e
spiega, a tuo avviso,
per quali ragioni
ricorre.

va mobilitato ed era diventato fragilissimo e quasi rassegnato alla sconfitta finale.


Il 9 termidoro dell’anno II (27 luglio 1794) Robespierre, prendendo la parola
alla Convenzione, tentò di riprendere in mano la situazione rivolgendo le sue mi-
nacce indistintamente verso tutti i colleghi. Ma invece di paralizzarli nel terrore,
com’era avvenuto fino ad allora, ottenne l’effetto opposto: nella Convenzione si
formò un’alleanza fra moderati nostalgici dei girondini e radicali scristianizzatori
e l’«Incorruttibile» fu messo fuori legge e arrestato durante la notte nei locali del-
la Comune di Parigi, dove si era rifugiato e dove le guardie nazionali delle sezioni
teoricamente a lui fedeli non lo difesero. L’indomani venne decapitato insieme a
Louis-Antoine Saint-Just (1767-94) e a pochi altri collaboratori.
I suoi avversari avevano giocato il tutto per tutto: o moriva Robespierre o sareb-
bero morti loro. Avevano avuto la meglio sia per la solitudine in cui il Terrore aveva
fatto piombare il gruppo dirigente giacobino sia perché, ormai, lo sforzo spaventoso
a cui la Francia si era sottoposta non aveva più ragion d’essere. Si metteva così la
parola fine a un’esperienza politica fra le più terribili, la più carica di conseguenze
e la più eccezionale che l’umanità abbia mai conosciuto.

L’inflazione e il «controterrorismo»
Con la caduta di Robespierre finì il Terrore, i «sospetti» furono liberati dalle pri-
gioni, il Tribunale rivoluzionario venne sciolto e i suoi massimi responsabili
giustiziati. Anche il calmiere venne abolito, nel dicembre 1794, e i prezzi ripre-
sero subito la loro corsa al rialzo. Per i poveri non rimase più alcuna difesa, in un
Paese stremato dalla guerra e da un inverno eccezionalmente freddo, in cui i fiumi
gelarono e i trasporti, che erano essenzialmente fluviali, risultarono paralizzati. A
Parigi si moriva di fame, mentre l’economia francese cadeva nella più grave crisi
inflattiva di tutta la sua storia. L’assegnato si svalutava a una velocità impressio-
nante e, tre anni dopo, il suo valore reale era sceso a livelli incredibilmente bassi.

303
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Come sempre avviene nei periodi di forte inflazione, coloro che sapevano specu-
lare accumularono grandi fortune, per esempio acquistando beni nazionali a prezzi
stracciati. Dopo l’incubo del Terrore e del moralismo giacobino, chi aveva soldi fu
preso da una frenesia di vita allegra e dissoluta. I giovani della borghesia si orga-
nizzarono in squadre che scacciavano dai locali pubblici e dalle piazze della capi-
tale i sanculotti e chiudevano con la forza i club dei giacobini, ma nel complesso
la loro violenza fu contenuta. In provincia, invece, nacquero violente formazioni
«controterroriste», che raccolsero ogni sorta di disagio politico, morale e sociale,
seminando la morte fra gli ex giacobini. Ma in questa controrivoluzione sanguina-
ria confluirono anche vendette private ed episodi di pura criminalità.
La magistratura fu nel complesso complice dell’illegalità e non se la sentì di
contrastare questa ondata reazionaria: come ogni altra istituzione pubblica era
elettiva, e non volle mettere a rischio l’appoggio di cui generalmente godeva la re-
azione antigiacobina.
La Costituzione del 1793 non era mai entrata in vigore e ora se ne chiedeva l’ap-
plicazione, ma la Convenzione non aveva più la stessa maggioranza politica e non
si riconosceva in un testo così democratico. Cominciò dunque a redigere una nuo-
va Costituzione, che garantisse anzitutto l’ordine e la proprietà e poi l’equilibrio
dei poteri, per impedire il ritorno di una dittatura di tipo robespierrista.

La sconfitta dei giacobini e l’approvazione


della nuova Costituzione
I sanculotti parigini erano letteralmente ridotti alla fame. Anche se il club giacobino
non esisteva più, tentarono un’ultima volta di riprendere il sopravvento, chieden-
do il ripristino del calmiere e l’entrata in vigore della Costituzione del 1793. Orga-
nizzarono una di quelle manifestazioni armate di guardie nazionali che altre vol-
te avevano cambiato il corso della Rivoluzione. Era la primavera del 1795: furono
le ultime giornate insurrezionali della Rivoluzione francese. La rivolta fu isolata
politicamente e sconfitta e, mentre alcuni deputati che l’avevano appoggiata veni-
vano giustiziati, i quartieri popolari della capitale vennero occupati militarmente
e rastrellati. Il giacobinismo popolare, l’utopia democratica e il moralismo eguali-
tario furono duramente sconfitti.
Solo un movimento clandestino, detto «congiura degli Eguali», senza alcun se-
guito di massa, riprese un anno dopo gli ideali giacobini, ma tale movimento, iso-
lato e minoritario, venne facilmente represso. Era diretto da un militante scono-
sciuto durante la Rivoluzione, eppure destinato a passare alla storia come il primo
cospiratore comunista: il primo che voleva non solo un mondo di uguali ma an-
che una società senza proprietà privata, in cui gli uomini non potessero più torna-
re a opprimersi a vicenda perché era stata eliminata la proprietà, concepita come
la grande e unica fonte di corruzione. Questo cospiratore si chiamava Gracchus
Babeuf (1760-97) e fu ghigliottinato nel maggio del 1797.
La Convenzione procedette alla stesura della nuova Costituzione, che fu ap-
provata ed entrò in vigore nell’autunno del 1795. Passò alla storia con il nome di
Costituzione dell’anno III. La Convenzione sapeva benissimo che il Paese stava
andando a destra e, per proteggere se stessa e la continuità rivoluzionaria, votò
una norma secondo la quale due terzi dei nuovi legislatori dovevano essere scel-
ti fra i propri membri. Questa norma fu percepita quasi come un colpo di Stato e

304
La Rivoluzione francese | 9 |

i quartieri moderati, ormai apertamente monarchici, gli stessi che avevano rove-
sciato Robespierre, insorsero. E di nuovo, nel vendemmiaio dell’anno IV, la Con-
venzione fece ricorso all’esercito, che questa volta – comandato da Napoleone
Bonaparte – prese a cannonate gli insorti. In pochi mesi la Convenzione aveva
sperimentato la nuova linea centrista autoritaria della stabilizzazione postrivo-
luzionaria, assestando due violentissimi colpi alle opposizioni, il primo a sinistra
e il secondo a destra.

Il nuovo complesso istituzionale


La nuova Costituzione prevedeva un Parlamento diviso in due assemblee: il
Consiglio dei Cinquecento, che proponeva i testi delle leggi, e il Consiglio degli
Anziani, che li approvava o li respingeva. Questo Parlamento era eletto a suffra-
gio indiretto e censitario, in modo simile a come era stato previsto dalla Costitu-
zione monarchica del 1791.
Il potere esecutivo spettava a un Direttorio costituito da cinque membri desi-
gnati dal Consiglio degli Anziani, in base a una rosa di nomi proposta dal Consiglio
dei Cinquecento. Ogni anno il Consiglio degli Anziani ne designava uno, e quindi
ciascuno restava in carica cinque anni. Il Direttorio nominava i ministri, suoi ese-
cutori subordinati, ma non controllava le finanze, gestite invece da una Tesoreria
nominata dal Parlamento.
La nuova Repubblica francese non diventava quindi un regime parlamentare
Ripassa con la all’inglese, nel senso che l’esecutivo non esprimeva necessariamente la maggio-
presentazione La ranza parlamentare e non si dimetteva, se si trovava in contrasto con essa. Il corpo
Rivoluzione francese elettorale, esausto com’era per la Rivoluzione, scivolò a destra ed elesse una mag-
e la fine dell’Antico
regime e costruisci gioranza monarchica alle Camere, mentre il Direttorio rimase repubblicano e in
una mappa in cui metti minoranza nel Parlamento e nel Paese, e fu perciò indotto ad appoggiarsi all’e-
in relazione: sercito per governare.
• le cause della
Rivoluzione e la
Così il Direttorio fu un regime insieme debole e autoritario: debole, perché co-
convocazione stretto a difendere contro l’opinione pubblica monarchica una tradizione repub-
degli Stati generali blicana martoriata dal terrorismo giacobino ma anche, contro le masse popolari
(1789);
• la fase monarchica
abbandonate al loro destino, una borghesia ormai incapace di produrre una classe
(1789-1791); dirigente credibile; autoritario, perché la sua unica risorsa era la vittoria militare,
• la fase repubblicana la conquista, i soldi provenienti dalla rapina dei Paesi occupati, quindi la sola forza
e il Terrore
delle armi. La Rivoluzione francese aveva cambiato per sempre la politica ed enor-
(1792-1795);
• la reazione memente accelerato la modernizzazione della mentalità collettiva e della società.
termidoriana Ma il prezzo pagato era stato spaventoso e lasciava un Paese stremato, pronto ad
(1795-1798).
affidarsi all’unica istituzione capace di assicurare l’ordine: l’esercito.

LE TRE COSTITUZIONI RIVOLUZIONARIE


1791 (prima Costituzione) 1793 (Costituzione anno II) 1795 (Costituzione anno III)
monarchica (ma il re è moderata (ma la linea della
tipologia democratica
subordinato alla legge) Convenzione è autoritaria)
Dichiarazione dei diritti Dichiarazione dei diritti con diritti e doveri (nei confronti
contenuto
dell’uomo e del cittadino nuovi princìpi dell’autorità) dell’uomo
sovranità nazionale e Costituzione mai entrata in separazione dei poteri:
potere
uguaglianza dei cittadini vigore, a causa delle guerre bicameralismo e Direttorio
suffragio non previsto universale indiretto e censitario

305
Dalla Storia all’Educazione civica

I diritti umani Guarda il video


dell’intervista
all’autore
di Gustavo Zagrebelsky Approfondisci con
la Costituzione
commentata

Cittadini uguali di fronte alla moderno, che si assumeva il compi- libertà, la proprietà, la sicurezza e la
legge nello Stato di diritto to di rappresentare la nazione tut- resistenza all’oppressione. Tali diritti
ta intera e da essa traeva la propria furono enunciati nella Dichiarazione
La Rivoluzione francese aprì la via forza: la volontà dell’assemblea par- dei diritti dell’uomo e del cittadino
allo Stato moderno, uno Stato na- lamentare si esprimeva attraverso la del 1789, da cui derivò il concetto di
zionale accentrato e dipendente da legge, di fronte alla quale si affer- diritti fondamentali dell’uomo, ac-
un’unica volontà sovrana estesa a mava l’uguaglianza dei cittadini. colto dal diritto costituzionale degli
tutto il territorio. I suoi strumenti fu- Nella società nata dalla Rivoluzione Stati europei nel Novecento.
rono il Parlamento e la Costituzione. erano riconosciuti alcuni diritti natu- Quei diritti, inoltre, furono procla-
Nel 1790 fu istituito il Parlamento rali, che prescindono dallo Stato: la mati con la Costituzione del 1791,
uno strumento atto a difenderli. Si
ebbe così un netto rovesciamen-
to rispetto alla situazione anteriore
al 1789: il diritto, prima creato dal
potere, e gli organi dello Stato (go-
verno e giudici) erano sottoposti al-
la Costituzione per evitare qualsivo-
glia arbitrio. Ecco perché si parla di
Stato di diritto: in esso i diritti dei
cittadini sono garantiti di fronte
allo Stato ed è vietato l’uso arbi-
trario dei poteri pubblici.

La classificazione dei diritti


dell’uomo
I numerosi e differenti diritti dell’uo-
mo oggi riconosciuti possono esse-
re suddivisi in tre gruppi:
1. diritti civili: permettono a ogni in-
dividuo di scegliere quale tipo
di vita condurre, senza interfe-
renze dello Stato. I più impor-
tanti sono: il diritto all’uguaglian-
za di fronte alla legge; il diritto a
essere protetti contro gli arresti
arbitrari; il diritto ad avere un pro-
cesso equo; il diritto alla libertà di
movimento e di residenza; il dirit-
to di avere una cittadinanza e di
cambiarla; il diritto alla proprietà
privata e all’iniziativa economica;
il diritto alla libertà di pensiero e
Rappresentazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
di religione; il diritto alla libertà di Il concetto centrale di questo artico- Dibattito in classe:
opinione e di espressione; il di- lo è «diritti», termine che indica ciò i diritti umani
ritto alla libertà di associazione; che spetta a una persona e deve
2. diritti politici: consentono a ogni esserle garantito. Altrettanto impor- In molti Paesi, i diritti
individuo di prendere parte libe- tante è l’aggettivo che accompagna umani sono calpestati.
ramente al governo del Paese questa parola: i diritti in questione Il Consiglio di sicurezza dell’ONU
ha disposto, in alcuni casi, interven-
di cui è cittadino. Essi implicano sono «inviolabili», sono cioè diritti
ti umanitari armati con l’obiettivo
dunque la partecipazione dei cit- fondamentali delle persone; non
di porre un freno a tali violenze; è
tadini alla formazione dell’indiriz- è lo Stato a stabilirli, ma preesistono
accaduto, ad esempio, nella Somalia
zo politico dello Stato cui appar- a esso, essendo connaturati a ogni
e nel Kosovo, devastati dalla guerra
tengono. Irrinunciabile, in questo essere umano. La Repubblica italia-
civile negli anni Novanta. Tuttavia,
campo, è il diritto a votare e ad na riconosce l’esistenza e l’impor-
molti osservatori hanno puntato il
essere votati per le assemblee tanza di questi diritti e si impegna a dito contro le missioni, poiché non
e le cariche pubbliche; difenderli e ad assicurare a ciascun sempre sono riuscite a riportare in
3. diritti economici, sociali e cul- individuo la possibilità di farli valere tempi rapidi la pace e il prezzo pa-
turali: richiedono che lo Stato si contro qualunque tipo di violazione, gato dalle popolazioni civili è stato
impegni attivamente per garanti- che venga commessa da singole altissimo.
re ai cittadini una retribuzione la- persone o dai poteri pubblici. Scegliete tre studenti che facciano
vorativa, l’istruzione, la salute, la Altrettanto importante è l’articolo 3, da giuria, poi dividete il resto della
partecipazione alla vita culturale secondo cui «tutti i cittadini hanno classe in due gruppi:
della comunità. Comprendono pari dignità sociale e sono egua- 1. il gruppo A sosterrà la necessità
inoltre il diritto di essere protet- li davanti alla legge, senza distin- degli interventi umanitari armati
ti contro la disoccupazione e di zione di sesso, di razza, di lingua, come strumenti di pace; il gruppo
fondare sindacati; il diritto al ri- di religione, di opinioni politiche, di B invece la loro inutilità, partendo
poso e a ferie retribuite; la dife- condizioni personali e sociali. […]». dall’assunto che anche le azioni di
sa della maternità e dell’infanzia, Tutti, cioè, hanno il diritto di esse- guerra a scopo umanitario perpe-
ovvero i diritti delle donne che re considerati sullo stesso piano in tuano le violenze.
hanno figli e i diritti dei bambini. ogni rapporto sociale e di realizza- 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
re se stessi come persone. In più, voce, che in 5 minuti presenterà
La Costituzione e i diritti aggiunge l’articolo 3, lo Stato ha il alla giuria i risultati del lavoro.
dell’uomo compito di garantire che tale diritto Nell’esporre le proprie ragioni, si
venga davvero rispettato. E dunque possono proiettare presentazio-
L’articolo 2 della Costituzione ita-
si impegna a favorire i gruppi socia- ni multimediali, che contengano
liana afferma: informazioni e dati.
li più svantaggiati, perché all’ugua-
glianza formale faccia realmente 3. Seguirà un dibattito libero di
«La Repubblica riconosce e
seguito l’uguaglianza sostanzia- 10 minuti tra le due squadre. I giu-
garantisce i diritti inviolabili dici si confronteranno poi tra loro
le. Le leggi che tutelano i lavoratori,
dell’uomo, sia come gli inquilini, i disoccupati, i diversa- e decideranno qual è stato il
singolo sia nelle formazioni mente abili e altre categorie di cit- gruppo più efficace nel sostenere
l’uno o l’altro modello. Alla luce
sociali ove si svolge la sua tadini servono così a promuovere
di quanto letto nella scheda e
personalità […]». la giustizia sociale, cioè il corretto
del vostro dibattito sul tema,
funzionamento dei rapporti sociali.
potete approfondire la questione
accedendo tramite il QR code al
Stato di diritto: Lo Stato in cui, al contrario di quanto avviene nello Stato assoluto,
i diritti dei cittadini sono garantiti di fronte ai poteri pubblici ed è vietato l’uso rapporto di Amnesty International
arbitrario di tali poteri, che sono separati in legislativo, esecutivo e giudiziario sui diritti umani pubblicato nel
ed esercitati ciascuno da un’istituzione indipendente dalle altre. 2020.

307
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

La crisi dell’Antico regime In questo contesto prese sempre più


L’Antico regime era basato in Francia su un ordine potere una minoranza repubblicana, il
sociale feudale, sui privilegi di ceto e sull’autorità as- club dei giacobini, che si opponevano ai monarchici
soluta del re. La sua crisi divenne inevitabile alla fine costituzionali e ai controrivoluzionari.
del XVIII secolo, quando il peggioramento dell'eco- Sul piano internazionale, per affrontare le poten-
nomia e la diffusione delle idee illuministe alimenta- ze ostili alla Rivoluzione, la Francia dichiarò guerra
rono il desiderio di cambiamento. all’Austria e alla Prussia nell’aprile 1792, mentre le
condizioni dei cittadini più poveri, i sanculotti, peg-
Gli Stati generali giorarono e il loro malcontento trovò voce nei giaco-
bini di Robespierre e Danton.
Per sanare il deficit di bilancio dello Stato era impe-
Il 10 agosto 1792 i sanculotti assaltarono il palazzo
rativo aumentare le entrate. Così nel maggio 1788 il
reale e imprigionarono il re, poi decapitato nel 1793.
ministro Brienne sostituì i parlamenti con una Corte
Fu istituita la Comune e una nuova assemblea costi-
plenaria di nomina regia che ratificasse le decisioni
tuente, la Convenzione nazionale, che abolì la monar-
monarchiche. Questa scelta autoritaria suscitò pro-
teste e la richiesta di convocazione degli Stati ge- chia e instaurò la repubblica.
nerali, l’assemblea di clero, nobiltà e Terzo stato con
cui il governo doveva confrontarsi prima di approva- Il governo rivoluzionario e il «Terrore»
re nuove tasse. Il biennio 1793-1794 fu il periodo del Terrore, in cui la
Jacques Necker sostituì Brienne e convocò gli Sta- Convenzione istituì un Tribunale rivoluzionario per i
ti generali per il maggio 1789. Il Terzo stato voleva il reati contro la sovranità popolare. Si creò un clima di
monocameralismo, per contrastare numericamente sospetto e violenze, con migliaia di esecuzioni, e ben
clero e nobiltà, ma il re optò per le Camere separate. presto la dittatura giacobina, guidata da Robespierre,
Il 20 giugno 1789, allora, i deputati del Terzo stato for- colpì anche gli stessi capi giacobini, come Marat e
marono, in seguito al «giuramento della pallacorda», Danton.
l’Assemblea nazionale costituente, per redigere una
nuova costituzione. La Vandea e la controrivoluzione
Nel febbraio del 1793 la Convenzione, per fronteggia-
La presa della Bastiglia re la minaccia di una grande coalizione antifrancese,
Nel mese successivo, mentre l’esercito circondava impose una leva di 300.000 uomini, suscitando rivol-
Parigi, il 14 luglio 1789 la folla conquistò la Bastiglia, te in particolare in Vandea, dove scoppiò una guerra
segnando l’inizio della Rivoluzione. L’Assemblea co- civile, fatta di retate e imboscate, conclusasi con la
stituente abolì i diritti feudali e il 26 agosto approvò sconfitta dell’esercito controrivoluzionario.
la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino,
che sancì l’uguaglianza naturale di fronte alla legge. La scristianizzazione
Sul piano religioso, i rapporti tra Stato e Chiesa furo-
L’Assemblea costituente no regolati dalla Costituzione civile del clero, si so-
L’Assemblea espropriò i beni ecclesiastici per ven- stituì il calendario gregoriano con il calendario rivo-
derli all’asta e garantire così gli assegnati, la nuova luzionario e si tentò di sostituire il cristianesimo con
cartamoneta, il cui valore si basava sulla fiducia del il culto della dea Ragione, dei «martiri della libertà»
pubblico nella Rivoluzione. Al clero fu imposto di giu- e dell’«Essere supremo».
rare fedeltà alla Costituzione in cambio di un salario.
L’Assemblea proseguì nella riforma amministrativa e Dalla fine del «Terrore» all’ascesa
stabilì che il potere esecutivo fosse prerogativa del del Direttorio
re, il potere legislativo di un’assemblea eletta a suf- Nel luglio del 1794 ormai la dittatura di Robespierre
fragio censitario e il potere giudiziario di giudici elet- aveva raggiunto il punto di non ritorno. La Conven-
ti a tempo. Il 3 settembre 1791 fu approvata la nuova zione, in risposta alle sue minacce, lo fece arrestare e
Costituzione. decapitare, segnando la fine del Terrore, a cui seguì
l’approvazione della Costituzione dell’anno III, che
Dalla monarchia alla Repubblica affidò il potere esecutivo a un Direttorio, il cui regi-
Luigi XVI tentò la fuga nel giugno del 1791, ma la fami- me si rivelò debole e autoritario, in una Francia ormai
glia reale fu arrestata a Varennes e riportata a Parigi. ridotta alla fame.

308
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

LA RIVOLUZIONE FRANCESE

fu il frutto della scoppiò dopo gli portò una

crisi stagione
Stati generali
dell’........................................ di violenze

in cui vigevano in cui il a partire da

• ordine sociale ................... ..................................................... • arresto del re a Varennes dopo


• autorità ................... del re ..................................................... il suo .......................................................
• ........................... (esenzioni • guerra contro ......................................
fiscali di cui godevano e ...............................................................
clero e nobiltà) • assalto del ............................... (1792)
• decapitazione di .................... (1793)
• non ottenne il monocameralismo,
e in cui la necessità poiché il re scelse le Camere
di sanare il separate a cui seguì la fase del
• sottoscrisse il ......................................
(20 giugno 1789)
deficit di bilancio • formò l’ ...................................... per .....................................................
dello Stato redigere una nuova costituzione (1793-1794)

portò il a cui seguì la dominata dal giacobino

ministro Loménie presa della .............................. .....................................................


de .............................................. (14 luglio 1789) .....................................................

alla e l' che

sostituzione dei parlamenti • trasformò la ................... instaurata


con una .................................... nel 1792, in una ....................................
• creò un clima di ..................................
• fece uccidere sia i nemici della
Rivoluzione, sia i suoi stessi
che suscitò proteste • abolizione dei ...................................... ..................................................................
e la richiesta di • approvazione della ............................. • cercò di sostituire il cristianesimo
convocazione degli ................... che stabilì l’uguaglianza con il culto della ................... dei
naturale di fronte alla legge ................... ................... e dell’«Essere
• espropriazione dei .............................. supremo»
.................................................................. • fu arrestato e .......................................
...................... (assemblea • riforma ................................................... (luglio 1794)
di ...................... ...................... • approvazione della nuova • fu sostituito dal governo
e ......................) ............................. (3 settembre 1791) del ...........................................................

309
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. In che cosa consistevano i «diritti feudali»?
b. Che cos’erano i «cahiers de doléances»?
Date: 1793 • 1789 • 1793 • 1794 • 1792
c. Chiarisci il significato di girondino, giacobino,
Luoghi: Vandea • Bastiglia • Versailles •
cordigliere e sanculotto.
Austria • Prussia
a. Il 14 luglio 1789 fu assaltata la prigione della NESSI E RELAZIONI
............................. . 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
b. Il 26 agosto ............................. fu approvata la Di-
a. I sanculotti assaltarono il palazzo del re
chiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
il 10 agosto del 1792.
c. Il re lasciò ............................ per trasferirsi a Parigi.
b. Il 2 giugno 1793, la Convenzione
d. Dal ............................. cominciò la fase rivoluzio- fu accerchiata dalla Guardia nazionale.
naria del Terrore.
c. Nel luglio 1794, i girondini presero il potere
e. Nella regione della ............................. si organizza- all’interno della Convenzione.
rono rivolte controrivoluzionarie. d. Robespierre fu ghigliottinato nel 1794.
f. Nell’aprile del 1792, la Francia dichiarò guerra 1. Robespierre e Saint-Just furono condannati
a ............................. e ............................. . a morte.
g. La Repubblica fu proclamata il 21 settembre 2. Fu sciolto il Tribunale rivoluzionario.
del ............................. .
3. I girondini furono costretti alla resa, arrestati
h. Nel gennaio ............................. il re Luigi XVI e poi fucilati.
fu condannato a morte.
4. Si costituì un comune insurrezionale a Parigi
i. Nel ............................. Robespierre fu decapitato. con a capo Robespierre e Danton.
EVENTI E PROCESSI
COMPETENZE
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
ESPORRE ORALMENTE
a. Quale soluzione propose l’assemblea
degli Stati generali per ripagare i debiti 6 Rispondi alle seguenti domande.
dello Stato? a. Quali furono le cause della Rivoluzione
b. Quali istituzioni vennero create del governo francese? (3 minuti)
rivoluzionario durante il Terrore? b. Chi erano gli esponenti di spicco del partito
c. Dopo il Terrore, a chi fu affidato il governo giacobino? (2 minuti)
e il potere legislativo? c. Descrivi l’impatto economico che ebbe
la Rivoluzione francese: puoi servirti dei
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false.
concetti di calmiere dei prezzi, inflazione,
a. V F La Chiesa era tenuta a versare dei mercato nero. (1 minuto)
donativi allo Stato ogni anno.
b. V F Il ministro Necker tentò un colpo di SCRIVERE
Stato per delegittimare le magistrature
VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
locali.
c. V F La Bastiglia è una prigione di Parigi. 7 Immagina di essere un cronista inglese che si
d. V F Gli Stati generali venivano convocati trova a Parigi negli anni della Rivoluzione fran-
due volte l’anno dal XVI secolo. cese: scrivi un articolo in cui spieghi al pub-
e. V F La Costituzione del 1791 prevedeva blico dei tuoi lettori quali iniziative sono state
il suffragio universale maschile. prese dalla Convenzione per scristianizzare
f. V F La Convenzione votò a favore la società. Puoi spiegare il concetto di «Es-
dell’abolizione della monarchia. sere supremo», riconducendolo alla filosofia
illuminista, la trasformazione del calendario e
g. V F Il Tribunale rivoluzionario si occupava
dei reati contro la sovranità popolare. il tentativo di introdurre il culto di martiri laici,
sottolineando inoltre le spaccature interne al
h. V F Nel 1794 fu abolito il calmiere dei prezzi.
partito giacobino e le conseguenze che ebbero
i. V F Jean-Paul Marat fu un esponente negli sviluppi rivoluzionari.
dei giacobini più moderati.

310
Fonti e Storiografia
FONTI La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
F1 Il 26 agosto 1789 fu approvata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino,
in cui confluirono tradizioni politiche e culturali diverse, dall’Illuminismo alla fisiocrazia,
passando per il dibattito liberista. Se ne riportano alcuni punti.

I rappresentanti del popolo francese, costituiti in Assemblea nazionale, considerando che


l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei Diritti dell’Uomo sono le sole cause delle sciagure
pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichia-
razione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione, co-
stantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i
loro diritti e i loro doveri; [...]
1. Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non pos-
sono essere fondate che sull’utilità comune.
2. Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescritti-
bili1 dell’uomo. Questi diritti sono: la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’op-
pressione.
3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o in-
dividuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa.
4. La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei di-
ritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri
della società il godimento di quegli stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati
solo dalla legge.
5. La Legge ha diritto di proibire soltanto le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è
vietato dalla Legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che
essa non ordina.
6. La legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno il diritto di con-
correre, personalmente o mediante i loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve
essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini, essendo uguali ai
suoi occhi sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti impieghi pubblici secon-
do la loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti. [...]
10. Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni anche religiose, purché la manife-
stazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge.
11. La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uo-
mo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere e stampare liberamente, salvo rispondere
all’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge. [...]
17. La proprietà essendo diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato salvo quan-
1 imprescrittibili: do la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente e previa una
irrevocabili. giusta indennità.
(da A. Saitta, Costituenti e costituzioni della Francia moderna, Einaudi, Torino 1952, pp. 66-68)

COMPRENDERE 1. Quali sono i diritti dell’uomo stabiliti nella Dichiarazione?


2. Chi detiene il principio di sovranità?
3. A quale principio devono ispirarsi le leggi?
INTERPRETARE 4. Rileggi gli articoli 3 e 6 della Dichiarazione: quanto affermato è compatibile
con una monarchia di stampo costituzionale? Argomenta la tua risposta.
VALUTARE 5. Confronta l’art. 2 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino sui diritti
naturali con l’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani (1948): «Ogni
individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona».
Metti in luce i punti di contatto e di differenza fra i due testi e discutine in classe.

311
Fonti e Storiografia

F2 Il Terrore nelle parole di un artigiano parigino


Il vetraio parigino Jacques-Louis Ménétra narra in questo brano le vicende della prima-
vera del 1794; da un lato è coinvolto attivamente nelle vicende rivoluzionarie, dall’altra
prende le distanze dalle manifestazioni più violente di controllo sociale messe in atto.

In questo periodo il terrore regnava sulla Francia e specialmente a Parigi, dove tutti cono-
scevano non solo la più grande penuria ma anche i più terribili orrori e assassinii. Regnava
il più grande disordine. Il Francese non respirava che sangue. Somigliavano a certi canni-
bali ed erano dei veri antropofagi. Il vicino denunciava il vicino a sangue freddo. I legami
di sangue erano dimenticati. Ho visto questi giorni orribili e ho visto [...] tutte le denunce
Leggi in digitale
che si presentavano a quell’infame comitato rivoluzionario1. Quando fui nominato per fa-
Il cammino delle
rivoluzioni del re rendere conto, degli uomini che credevo integri ne denunciavano altri a sangue freddo
giacobino Louis- per qualche parola sfuggita di bocca. L’uomo era immediatamente imprigionato e spesso
Antoine Saint- anche ghigliottinato.
Just, ghigliottinato
Voi, miei infelici amici, sarete sempre presenti nel mio ricordo. Rispettabile Saint Christau,
nel 1794, in cui si
difende la necessità appaltatore delle imposte, che mi si era affezionato e mi mandava spesso a cercare dal suo
della violenza cameriere per mangiare con lui. Dovevi morire, eri ricco. Quei mostri volevano solo le tue
per portare a fortune. Le mie parole all’assemblea e tutti gli sforzi che feci per portare tutti gli animi dalla
termine la missione tua parte, tutto fu inutile. L’uomo onesto compativa la tua sorte ma restava in silenzio [...].
rivoluzionaria. Su un
altro fronte, invece, E tu, infelice Barbet, uomo buono e leale con cui la sera trascorrevo qualche momento.
nel suo diario, il Due spie autorizzate dalla sezione seguivano i tuoi passi tuoi spostamenti [...]. Ti fecero
vetraio parigino bere e ti fecero parlare. Ti arrestarono, ti trascinarono dal commissario, un uomo duro che
Ménétra ne mette cercava solo di trovare dei colpevoli per dimostrare al comitato di sicurezza generale che
in luce gli orrori.
svolgeva l’incarico affidatogli altrettanto bene del comitato rivoluzionario. Questi uomini
Immagina di scrivere
un’intervista doppia si erano imbarbariti, erano senza umanità. Avrebbero, dicevano, sacrificato tutto per salva-
a Ménétra e Saint- re la patria, mentre tutto al contrario cercavano di distruggerla.
Just sul tema della Ero di guardia il giorno del suo arresto. Arrivo con la mia compagnia. L’ufficiale da cui
violenza nella Francia
prendo il turno mi dice che c’è qualcuno agli arresti. Qual è la mia sorpresa! È Barbet. Im-
del Terrore; proponi
almeno tre domande mediatamente lo faccio uscire. Trascorre tranquillamente la notte con me. Gli faccio delle
e rispondi assumendo domande. Non sa assolutamente perché è stato incarcerato. Mi dicono di non perdere di
prima il punto di vista quell’uomo. Lo conducono alla Conciergerie2. Tre giorni dopo morì sulla ghigliottina.
vista dell’uno e poi
(da D. Roche, Così parlò Ménétra. Diario di un vetraio del XVIII secolo, Garzanti,
dell’altro.
Milano 1992, pp. 244-246)

1 comitato rivoluzionario: i Comitati rivoluzionari avevano il compito di sorvegliare


le persone sospette e gli stranieri.
2 Conciergerie: inizialmente una parte del palazzo reale (secoli X-XIV), divenuta in seguito
una prigione. Anche negli anni della Rivoluzione fu un centro di detenzione.

COMPRENDERE 1. A chi si riferisce Ménétra con l’espressione «Voi, miei infelici amici»?
2. Che attività sembra svolgere Ménétra nel momento in cui si svolgono i fatti narrati?
3. Per quale motivo, secondo l’autore, Saint Christau è stato arrestato?
a. Era corrotto.
b. Era un realista.
c. Era ricco.
INTERPRETARE 4. Sottolinea nel testo le parole che rimandano al campo semantico della violenza.
VALUTARE 5. Ménétra, pur partecipando in prima persona alla Rivoluzione, muove alcune
accuse a chi aveva il compito di amministrare la giustizia e la sicurezza.
Individuale e descrivi quali aspetti ti hanno colpito maggiormente del suo raccon-
to e, in generale, del periodo del Terrore.

312
La Rivoluzione francese 9

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO La Rivoluzione francese fu una rivoluzione
borghese?
Il ruolo della borghesia nella storiografia della Rivoluzione francese
La Rivoluzione francese ha sollecitato sul piano storiografico una varietà di inter-
pretazioni, ispirate sia a precisi indirizzi ideologici, sia a differenti impostazioni
metodologiche. Sebbene concordi nel considerare la Rivoluzione un evento epo-
cale, esse sono discordi nel definire gli aspetti che la rendono tale. Secondo alcu-
ne teorie la Rivoluzione del 1789 ha aperto la strada al dominio della borghesia,
per altre ha costituito l’irruzione consapevole delle masse nella storia. Di alcune
di queste tesi diamo conto nei seguenti testi storiografici.

S1 La Rivoluzione francese come rivoluzione borghese


Albert Soboul
Lo storico francese Albert Soboul (1914-82) fu un convinto sostenitore del carattere
borghese della Rivoluzione francese, almeno fino al tentativo importante, ma abortito,
attuato dai giacobini con la Costituzione dell’anno II, di imporre una democrazia popolare
ed egualitaria. Nel brano proposto l’autore mette in luce come tale carattere borghese
sia perfettamente rintracciabile nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.

GLI SNODI La Dichiarazione dei diritti dell’uomo costituisce un «catechismo» rivoluzionario.


DEL TESTO Gli articoli sono densi di contraddizioni.
Il testo ha una forte impronta «borghese».

Adottata il 26 agosto 1789, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo costituisce il «catechismo»


dell’ordine nuovo. Certo non vi si trova tutto il pensiero dei costituenti: non vi è trattato
esplicitamente il problema della libertà economica, cui la borghesia teneva sopra ogni al-
tra cosa. Ma nel preambolo che richiama la teoria del diritto naturale e nei diciassette ar-
ticoli redatti senza ordine, la Dichiarazione precisa l’essenziale dei diritti dell’uomo e dei
diritti della nazione. […]
I diritti dell’uomo sussistono anteriormente a ogni società e a ogni Stato: sono diritti
«naturali e imprescrittibili», la cui conservazione è il fine di ogni associazione politica (ar-
ticolo 2). «Gli uomini nascono e vivono liberi e eguali nei diritti» (articolo 1 della Dichiara-
zione). Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza, la resistenza all’oppressione
(articolo 2). […]
Opera dei discepoli dei philosophes1, e nelle sue apparenze formali rivolta a tutti i popo-
li, la Dichiarazione portava nondimeno l’impronta della borghesia. Redatta da costituenti
liberali e proprietari, essa abbonda di «restrizioni, precauzioni e condizioni», che ne limi-
tano singolarmente la portata. […]
[I costituenti] legittimando le rivolte del passato contro l’autorità regia intendevano pre-
munirsi contro ogni tentativo popolare diretto contro l’ordine che venivano instaurando.
Di qui le numerose contraddizioni della Dichiarazione. L’articolo 1 proclama eguali tutti gli
uomini, ma subordina l’eguaglianza all’«utilità sociale»; all’articolo 6 è formalmente rico-
nosciuta soltanto l’eguaglianza davanti all’imposta e davanti alla legge; l’ineguaglianza de-
rivante dalla ricchezza resta intangibile. L’articolo 2 proclama che la proprietà è un diritto
naturale e imprescrittibile dell’uomo; ma l’Assemblea non si cura della sterminata massa
di coloro che non posseggono nulla.
1 philosophes: gli La libertà religiosa riceve singolari restrizioni nell’articolo 10; i culti dissidenti sono tolle-
intellettuali illuministi. rati soltanto nella misura in cui «le loro manifestazioni non turbino l’ordine stabilito dalla

313
Fonti e Storiografia

legge»; la religione cattolica resta la religione dello Stato, e la sola che ne riceva i sussidi,
dovendo i protestanti e gli ebrei contentarsi di un culto privato. Ogni cittadino può parla-
re, scrivere, e stampare liberamente, afferma l’articolo 11; ma vi sono determinati casi in
cui la legge potrà reprimere «gli abusi di questa libertà».
(da A. Soboul, La Rivoluzione francese, vol. I, Laterza, Bari 1966, pp. 166-169)

COMPRENDERE 1. Quali sono le contraddizioni sottolineate da Soboul nella Dichiarazione?


IL TESTO
2. Di chi, in particolare, non si cura l’Assemblea nazionale e quindi il testo
della Dichiarazione?
3. Rispetto alla libertà religiosa che cosa afferma l’art. 10?

S2 La radicalizzazione del processo rivoluzionario


François Furet e Denis Richet
Gli storici François Furet (1927-97) e Denis Richet (1927-89), leggono la Rivoluzio-
ne nelle sue diverse articolazioni, nelle molteplici rivoluzioni che i vari ceti sociali con-
dussero al suo interno.

GLI SNODI La Rivoluzione francese non fu una rivoluzione borghese.


DEL TESTO Le cause della Rivoluzione furono per lo più accidentali.
Nobiltà e Terzo stato rifiutavano il dispotismo monarchico.

Bisogna restituire al mero fatto rivoluzionario, all’evento, il suo specifico ruolo di creatore
di discontinuità storica. Il cattivo raccolto del 1788, che influisce così profondamente sulla
mobilitazione delle masse rurali, deve la sua dignità di evento del massimo rilievo unica-
mente alle circostanze meteorologiche […].
[…] L’approfondimento delle ricerche sulle origini della Rivoluzione francese comporta un
imperativo logico, l’accettazione di una sua componente accidentale, e un imperativo propria-
mente storico, ossia l’analisi nel lungo periodo della vecchia società e dell’antica monarchia.
Si può parlare, del resto, di una Rivoluzione francese? […] Alla Rivoluzione francese con-
cepita come un tutto unico, abbiamo contrapposto l’idea di uno scontro fra rivoluzioni mol-
teplici, mettendo così in subbuglio la critica. Se ammettiamo la specificità dei movimenti
rurali e urbani […] perché insistere nel supporre una fondamentale unità là dove vediamo
soltanto differenza e addirittura antagonismo? […] Che il programma delle élites delle Ac-
cademie o delle Società scientifiche fosse identico a quello dei contadini della Sarthe1 o de-
gli artigiani parigini ci sembra una teoria indimostrabile.
[…] Rivoluzione borghese, come vorrebbe la storiografia imperante, o Rivoluzione di
un’élite e dei Lumi? Su questo punto il nostro libro è tuttora incerto. L’ulteriore orienta-
mento delle nostre ricerche ci spinge a rifiutare il concetto di rivoluzione borghese come
chiave dell’esplosione liberatoria del 1789. Probabilmente una corrente illuministica omo-
genea non è mai esistita, e fra sensibilità nobiliare e sensibilità borghese si intravedono dei
contrasti che dovrebbero essere accuratamente delimitati. Ma nel XVIII secolo il rifiuto del
1 Sarthe: regione dispotismo e la rivendicazione liberale allineano gran parte della nobiltà agli strati supe-
nord-occidentale riori del Terzo stato. Ignorare l’ossessionante presenza della monarchia assoluta nel rifiuto
della Francia. e nella generale rivolta sarebbe come rimanere sordi al grido dei contemporanei.
(F. Furet - D. Richet, La Rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. VIII-IX)

COMPRENDERE 1. Quale evento influì sullo scoppio della Rivoluzione francese?


IL TESTO
2. Quale tesi storiografica si tenta di confutare in questo testo?
3. Quale atteggiamento allineava gran parte della nobiltà al Terzo stato?

314
La Rivoluzione francese 9

S3 Rivoluzione e controrivoluzione
Donald M.G. Sutherland
In antitesi con quanti hanno interpretato la Rivoluzione francese come rivoluzione bor-
ghese, lo storico statunitense Donald M.G. Sutherland legge quegli eventi come un
ripetuto conflitto tra rivoluzione e controrivoluzione, una realtà assai diffusa quest’ul-
tima, a parere dello storico, che determinò l’abbandono dei valori all’origine del movi-
mento rivoluzionario.

GLI SNODI La lettura di una Rivoluzione francese borghese va rivista.


DEL TESTO Il conflitto fra privilegiati e non privilegiati fu reale.
La Rivoluzione sfociò in movimenti controrivoluzionari.

Chi cerchi di capire la storia della Francia tra il 1789 e il 1815 […] pensa per prima cosa al-
la teoria della rivoluzione borghese. Senza scadere nella caricatura si può dire che secon-
do questa interpretazione la rivoluzione francese del 1789 è il prodotto di una borghesia
nutrita da uno sviluppo del capitalismo avvenuto nel corso di più secoli: le sue aspirazioni
erano frustrate dal monopolio aristocratico del potere e, alla fine, la convocazione degli stati
generali le fornì l’occasione per prendere quel potere e per riorganizzare secondo i propri
interessi le istituzioni sociali, giuridiche e politiche; inoltre, la resistenza dell’aristocrazia
alla propria fine incombente spiega sia la necessità di una rivoluzione violenta sia la lunga
durata dell’epoca rivoluzionaria. […]
La maggior parte degli storici ha accettato tale schema, in misura maggiore o minore, […].
Le opere dei revisionisti sulla rivoluzione sono state perlopiù all’insegna della critica
negativa, il che deve aver provocato un senso di frustrazione estrema in molti lettori non
specialisti. […]
Con la caduta di tanti punti di riferimento familiari e la comparsa di tanti nuovi dati da
assimilare, i lettori non specialisti hanno un gran bisogno di una nuova mappa che li guidi
attraverso quell’epoca. Una possibilità è abbandonare le teorie imperniate esclusivamente
sulla classe e accettare alcuni concetti: il conflitto fra privilegiati e non privilegiati era rea-
le, anche se non era basato sulla classe; la forza delle circostanze portò al potere nell’esta-
te del 1789 uomini che avevano un’idea abbastanza chiara di ciò che volevano, ma non un
mandato preciso della nazione per realizzarlo […].
La rivoluzione impose certe idee, come libertà individuale, diritto di proprietà senza re-
strizioni, base consensuale del potere […]. Questo fu sconvolgente per molti e quando si
produssero quei mutamenti profondi, là dove grossi strati della popolazione ricevettero
poco o nulla sul piano delle compensazioni materiali, si creò un forte malcontento che sa-
rebbe esploso in senso controrivoluzionario.
La storia di tutto il periodo può essere vista come lotta contro una controrivoluzione che
non fu tanto un fenomeno aristocratico, quanto una realtà ampia, durevole e popolare.
(da D.M.G. Sutherland, Rivoluzione e controrivoluzione. La Francia dal 1789 al 1815,
il Mulino, Bologna 2000, pp. 7-10)

COMPRENDERE 1. Da che cosa erano frustrate le aspirazioni della borghesia?


IL TESTO
2. In riferimento alla Rivoluzione, si può parlare di conflitto fra classi sociali secondo
Sutherland?
3. Spiega l’affermazione dello storico secondo la quale la Rivoluzione può essere
vista come una «lotta contro una controrivoluzione»?

315
10 L’epoca
napoleonica
Da generale della Rivoluzione a imperatore di Francia
La fine del XVIII secolo vede l’ascesa di un giovane generale, Napoleone Bonaparte, che
in pochi anni, forte dei suoi successi militari, attua un ambizioso progetto politico che
tradisce e reinterpreta i princìpi della Rivoluzione: legittimato dal consenso popolare, si
Esplora l’immagine fa proclamare console a vita, per poi assumere il titolo di imperatore di Francia nel 1804.
interattiva
L’Europa napoleonica
L’incoronazione Nel corso dell’epoca napoleonica, l’Europa vive enormi stravolgimenti politici: i fran-
di Napoleone I il
2 dicembre 1804 nella cesi affermano il loro predominio militare, vincendo più volte contro le coalizioni delle
cattedrale di Notre- potenze europee, occupano la Spagna e gran parte dell’Italia, dove nascono repubbliche
Dame a Parigi. Dipinto sorelle; solo con la campagna di Russia Napoleone conosce la sconfitta e l’inizio di un
di Jacques-Louis David,
1804-1807. Parigi, declino che nel 1814 porta alla sua abdicazione e nel 1815, con la disfatta di Waterloo,
Museo del Louvre. al suo esilio e alla fine di un’era.

1798 1799 1804 1805


Campagna Colpo di Stato del 18 brumaio: Napoleone imperatore dei francesi Battaglia di Trafalgar
d’Egitto Napoleone Primo console Promulgazione del Codice Napoleone e battaglia di Austerlitz
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. A partire dalla Rivoluzione francese, il consenso
popolare comincia a essere ricercato come fonte
LEZIONE
di legittimazione del potere, tanto che lo stesso
Napoleone se ne servirà per consolidare il suo GUARDA il video Napoleone Bonaparte
potere. Referendum e plebiscito cominciarono, 1. La coalizione antifrancese e le sue
infatti, a essere utilizzati allora come strumenti ambiguità ▶ p. 318
di consenso; oggi invece si usa il referendum 2. La «Grande Nation» e le «repubbliche
per chiedere ai votanti di esprimersi direttamente sorelle» ▶ p. 323
su una certa questione. 3. La campagna d’Italia e il triennio giacobino
▶ p. 325
• Svolgi una ricerca sui temi che sono stati
4. La campagna d’Egitto ▶ p. 331
oggetto di consultazione referendaria in Italia
5. Il colpo di Stato del 18 brumaio ▶ p. 334
e illustra i risultati in una presentazione
multimediale. 6. Dal Consolato all’Impero ▶ p. 336
7. Il Concordato con la Chiesa cattolica
2. Nel 1804, Napoleone si fece incoronare e il Codice civile ▶ p. 340
imperatore dei francesi, in una cerimonia 8. La sconfitta delle coalizioni e il «Grande
durante la quale anche la moglie Giuseppina fu Impero» ▶ p. 344
proclamata imperatrice. Proprio quest’ultima 9. Il blocco continentale e la resistenza
è raffigurata in primo piano nel particolare del spagnola ▶ p. 349
dipinto di Jacques-Louis David. Compaiono 10. La campagna di Russia e la caduta
inoltre diversi esponenti del clero, fra i quali di Napoleone ▶ p. 353
s’intravede anche il papa Pio VII alle spalle
di Napoleone: ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
• svolgono, a tuo avviso, un ruolo attivo dell’Atlante digitale interattivo
nella scena? RIASSUMI i concetti-chiave con la
• Quale significato simbolico ha il gesto presentazione Napoleone Bonaparte,
di Napoleone? le conquiste e le riforme:
– la campagna d’Italia e quella d’Egitto;
3. Nel capitolo 3, paragrafo 7, puoi osservare il – il colpo di Stato, l’Impero e le riforme;
dipinto L’incoronazione di Luigi XV di Pierre – le conquiste in Europa e la campagna di Russia;
Subleyras (1772). Benché poco più di trent’anni – la fine dell’epoca napoleonica.
lo separino dall’opera di Jacque-Louis David
qui proposta, il confronto fra i due soggetti RIPASSA
testimonia i profondi cambiamenti in atto Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 358, p. 359
nel modo di concepire il potere monarchico. In digitale trovi l’audio della sintesi
• Confronta le due scene e evidenziane e la mappa personalizzabile
le differenze principali; APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
• Spiega le diverse idee di sovranità monarchica Un altro sguardo: La campagna d’Egitto
che si evincono dalle due opere. e la Description de l’Égypte ▶ p. 333
AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1812 1813 1814 1815


Campagna Napoleone Napoleone Sconfitta
di Russia sconfitto a Lipsia esiliato all’Elba di Waterloo

317
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

1 La coalizione antifrancese
e le sue ambiguità
Un nuovo tipo di esercito «popolare»
Guarda il video Il maggior artefice della ripresa della guerra ideologica fu l’esercito francese pro-
Napoleone Bonaparte
dotto dalla Rivoluzione. Prima della Rivoluzione in Francia, come in tutti i Paesi
e rispondi alle
domande: europei, quello delle armi era un mestiere come ogni altro: ci si arruolava nell’e-
• A quale carriera sercito in cambio di uno stipendio e ci si restava per molti anni. I battaglioni corri-
era stato destinato
spondevano alla struttura per corpi di tutta la società d’Antico regime: alla loro testa
e dove studiò
Napoleone? avevano un colonnello aristocratico che ne era il comandante naturale. Gli ufficiali,
• Quale fu il primo tutti nobili, in un certo senso titolari delle proprie unità, curavano il reclutamento,
incarico affidatogli
l’armamento, i rifornimenti; i soldati erano povera gente, attirata sotto le armi da
dal Direttorio?
• In che anno si reclutatori che giravano per le campagne in cerca di giovani validi. Fra ufficiali e
autoincoronò soldati esisteva, dunque, una distanza sociale immensa.
imperatore La Rivoluzione cambiò tutto. In pochi mesi l’esercito regolare fu spazzato via
Napoleone?
dall’avanzata austriaca e prussiana, mentre gli ufficiali erano in larga misura emi-
grati. A Valmy a fermare i prussiani furono i volontari ( ▶ cap. 9, par. 5), cioè padri
di famiglia accorsi sotto le armi perché l’Assemblea legislativa aveva chiamato alla
mobilitazione, dichiarando «la Patria è in pericolo». Per un anno convissero quindi
in Francia due eserciti: uno professionale, con la vecchia uniforme bianca, falci-
diato dall’emigrazione ma ancora depositario di un’ottima tradizione di addestra-
mento, e uno volontario, in giacca blu, impreparato ma irresistibile nei suoi attacchi
alla baionetta. L’esercito volontario aveva però come male endemico la diserzione,
non per scarso senso civico ma perché, ricacciato il nemico, i volontari tornavano
al lavoro e alle famiglie, con o senza un regolare congedo.
Poi venne la leva dei 300.000 ( ▶ cap. 9, par. 7), che provocò l’insurrezione in
Vandea, e infine la leva di massa, che in teoria istituiva il servizio militare obbli-
gatorio. Venivano messe insieme così due unità di volontari con una di regolari.

Un esercito repubblicano e meritocratico


Nel nuovo esercito francese le promozioni si ottenevano sul campo. Non conta-
vano più né la nascita né la preparazione accademica: contavano solo il coraggio
e l’abilità in battaglia. I nuovi ufficiali provenivano quindi dai ranghi dei soldati e
rimanevano vicinissimi alla truppa, con un forte spirito di corpo. Era un esercito
immenso, non più con decine ma con centinaia di migliaia di uomini mobilitati,
che si fondava sul coraggio individuale e sulla forza d’urto della massa, un eserci-
to di popolo, intimamente appoggiato dalla nazione.
L’esercito rappresentava l’immagine stessa della Francia uscita dalla Rivoluzione,
in quanto era lo specchio della società civile repubblicana da cui era sorto. Dopo la
fine di Robespierre ( ▶ cap. 9, par. 9), infatti, l’esercito non si riconosceva più nella
maggioranza monarchica che via via si rafforzava nel Parlamento e nel Paese. Se
l’opinione pubblica abbandonava l’impegno rivoluzionario, l’esercito repubblicano
si incaricava invece di conservarlo, costituendo una grande forza di conservazione
nel rinnovamento, paradossalmente conservatrice delle novità politiche, oltre che
di se stessa e del proprio ruolo. Politicamente l’esercito occupava il centro, cioè era
equidistante dalla sinistra giacobina e dalla destra monarchica, allergico ai disor-
dini insurrezionali come alla minaccia di restaurazione assolutista.

318
L’epoca napoleonica | 10 |

L’ORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO

esercito di professionisti (ufficiali nobili e soldati popolani),


Prima della Rivoluzione
poche migliaia di uomini preparati ma poco motivati

due eserciti di volontari sanculotti da un lato e professionisti dall’altro,


Fase transitoria
che coesistono e si uniscono gradualmente

esercito di leva, formato da centinaia di migliaia di uomini,


Dopo la Rivoluzione
preparati e motivati, tra i quali vi sono ex soldati divenuti ufficiali

Il fronte antifrancese: controrivoluzione e convenienze politiche


Le potenze europee avevano avuto due buone ragioni per entrare in guerra contro
la Francia: la prima era la paura che la Rivoluzione si espandesse e mettesse in
pericolo le altre monarchie assolute; la seconda era l’occasione insperata di indebo-
lire la più grande potenza europea e spartirsene l’area di influenza o, addirittura,
il territorio nazionale. La prima ragione faceva del conflitto una sorta di guerra di
religione, una di crociata controrivoluzionaria, e costituiva il cavallo di battaglia
degli emigrati francesi; la seconda rappresentava il proseguimento di quello che si
era sempre fatto nel Settecento, ovvero nient’altro che una guerra di successione.
Si approfittava cioè di un momento in cui la legittimità del potere sovrano in un
Paese vicino veniva messa in discussione per trarne vantaggi territoriali.
Entrambi i punti di vista, la crociata ideologica e la guerra di successione, erano
destinati a radicarsi. I governi delle potenze europee finirono per applicare i me-
todi che condannavano nei francesi, cioè le coscrizioni obbligatorie, i prestiti for-
zosi, la repressione, il fanatismo patriottico, facendo addirittura appello alla mo-
bilitazione nazionale. Si stava in guerra per calcolo o per necessità politica, ma si
proclamava la crociata ideologica.
La debolezza fondamentale delle coalizioni antifrancesi fu infatti di non sce-
gliere fra questi due orientamenti. Gli austriaci, e ancor più i prussiani, non ten-
nero mai una posizione lineare, proclamarono la loro solidarietà con la famiglia
reale e con gli emigrati, ma in realtà si fecero distrarre da considerazioni più con-
crete, entrando e uscendo dalle coalizioni secondo le loro convenienze politiche.
Solo l’Inghilterra ebbe sempre le idee chiare, adottando una posizione poco ideo-
logica e molto pragmatica: la crociata controrivoluzionaria non la interessava, ma
non intendeva lasciarsi sfuggire l’occasione di liberarsi della concorrenza francese
e occupare stabilmente il posto di prima potenza mondiale.

L’Inghilterra alla guida delle coalizioni


Dal 1793 fino alla fine del periodo napoleonico le coalizioni si formarono per ini-
ziativa dell’Inghilterra. Dopo la condanna a morte di Luigi XVI, si aprì il problema
della successione al trono francese, dal momento che il potere era stato «usurpa-
to» dai repubblicani. Da quel momento gli inglesi tennero le fila dei rapporti con
ciascuno dei partner e al momento opportuno fecero entrare in guerra la Spagna e
la Savoia; non andarono però mai molto d’accordo con gli emigrati francesi, i quali,
per parte loro, pensavano solo a restaurare la monarchia assoluta e non volevano
affatto sminuire la Francia nel suo ruolo di grande potenza.

319
La battaglia
di Fleurus il
26 giugno 1794.
Dipinto rievocativo
di Jean-Baptiste
Mauzaisse (1837).
Versailles, Musée de
l’Histoire de France.

L’Inghilterra commise tuttavia l’errore di non impegnarsi davvero in Vandea e


in Bretagna, perché gli ufficiali inglesi nutrivano un atteggiamento sprezzante nei
confronti di una guerra di popolo condotta da semplici contadini cattolici. Conti-
nuarono invece la loro guerra tradizionale contro la Francia, quella iniziata con-
tro Luigi XIV e proseguita attraverso tre guerre di successione (spagnola, polacca,
austriaca), la guerra dei Sette anni ( ▶ cap. 4, par. 6) e la vicenda delle colonie ame-
ricane ( ▶ cap. 8).
Le coalizioni, tuttavia, non ebbero mai un comando unico ed efficiente. La Ger-
mania e l’Italia erano suddivise in piccoli Stati di secondaria importanza e gli in-
glesi, che li finanziavano, consideravano i loro soldati al rango di truppe merce-
narie. Anche austriaci e prussiani, che mettevano in campo molti più uomini degli
inglesi, si attendevano in cambio dei finanziamenti.
Dopo l’estate del 1794 – quando la rivolta vandeana era stata sostanzialmente
sconfitta, i francesi avevano ottenuto la grande vittoria di Fleurus ( ▶ cap. 9, par. 9) e
il regime robespierrista era caduto – divenne chiaro che la guerra contro la Francia
non poteva essere vinta rapidamente. Prussiani e spagnoli intavolarono trattative
per abbandonare la coalizione e infatti firmarono paci separate l’anno seguente. I
prussiani erano ormai molto più interessati alla spartizione della Polonia che non
a rivendicare i territori tedeschi della riva sinistra del Reno, occupati dai francesi.
Anche gli austriaci potevano benissimo decidere di abbandonare al suo destino il
Belgio, un loro possedimento, salvo magari rifarsi con la Baviera o con Venezia. I
calcoli relativi ai possibili vantaggi territoriali prevalevano di gran lunga sull’im-
pegno controrivoluzionario, e gli emigrati francesi avevano l’impressione di es-
sere lasciati soli a lottare contro la Rivoluzione.

La spartizione della Polonia tra le potenze vicine


La Polonia, nel Settecento, era una specie di «fossile istituzionale». Era una monar-
chia elettiva in cui, alla morte di ogni re, il potenziale successore doveva trovarsi,
con l’intrigo e la corruzione, i voti per regnare. La sovranità del monarca, infatti,
era paralizzata dall’assemblea dei nobili, la Dieta, nella quale vigeva, ormai da più
di un secolo, la norma del liberum veto, cioè l’obbligo dell’unanimità per ogni deli-
berazione ( ▶ cap. 4, par. 3): un solo voto contrario paralizzava tutto. Inoltre, la Co-
stituzione prevedeva le «confederazioni», cioè le riunioni in armi di nobili inten-
zionati a difendersi dai poteri pubblici quando si giudicavano oppressi.

320
L’epoca napoleonica | 10 |

Austria, Russia e Prussia, i tre ingombranti vicini, suscitavano problemi, o stru-


mentalizzavano quelli esistenti, per intervenire nelle questioni interne polacche. La
Polonia comprendeva minoranze etniche oppresse, dissidenze religiose crudelmente
maltrattate e popolazioni contadine asservite, e i tre gendarmi che la circondava-
no – uno cattolico (l’Austria), uno luterano (la Prussia) e uno ortodosso (la Russia) –
si appigliavano a questi conflitti per intromettersi nella politica interna polacca. Il
Paese era arretrato, per certi aspetti primitivo, e i suoi prepotenti vicini intende-
vano modernizzarlo e dominarlo. Esso offrì dunque il primo campo di prova alle
moderne logiche imperialiste: la sua libertà e la sua stessa esistenza vennero tra-
volte in nome della modernizzazione, della razionalità, della tutela degli interessi.

Il rinnovamento dopo la guerra di successione


Già negli anni Trenta del XVIII secolo ( ▶ cap. 4, par. 2) le potenze straniere erano
intervenute nella successione al trono, con la guerra detta appunto «di successio-
ne». Una seconda volta, nel 1772, Austria, Russia e Prussia si erano alleate per im-
pedire un tentativo di riforma costituzionale e difendere le «libertà» tradizionali
e in quell’occasione si erano spartite anche un terzo del territorio polacco. Dopo la
seconda spartizione la Polonia però reagì, avviandosi finalmente verso un grande
rinnovamento politico, economico e morale. Fu il primo Paese europeo a dotarsi di
un Ministero della pubblica istruzione e, nel 1791, approvò una Costituzione che
rendeva la monarchia ereditaria, sopprimeva il liberum veto, istituiva le autonomie
locali e aboliva i privilegi nobiliari. Come in Francia, la grande aristocrazia sconfit-
ta fece appello all’intervento straniero: una confederazione di magnati polacco-li-
tuani costituitasi a San Pietroburgo nel 1792 su impulso di Caterina di Russia, la
confederazione di Targowica, aprì la strada all’invasione Russa.
In certa misura le sventure della Polonia salvarono la Francia: nelle stesse setti-
mane della primavera del 1792, mentre cominciava la guerra degli austriaci e dei
prussiani contro la Francia, decine di migliaia di russi occuparono la Polonia. I
prussiani e gli austriaci non potevano permettere che i russi si annettessero inte-
ramente il Paese senza ricevere un adeguato compenso e, poiché l’invasione della
Francia si stava rivelando meno facile del previsto, valutarono la loro partecipazio-

LA SPARTIZIONE DELLA POLONIA

Debolezze interne della Polonia Minacce esterne per la Polonia

• monarchia elettiva limitata dalla Dieta ingerenze negli affari interni da parte
• società arretrata di tre potenze con mire espansionistiche:
• divisioni religiose ed etniche Austria, Prussia e Russia

prima crisi seconda crisi terza crisi

Austria, Prussia e Russia


interferenze esterne nella guerra Austria, Prussia e Russia
supportano i nobili ostili alla
di successione polacca; va al ostacolano la riforma
Costituzione del 1791 e alla
trono il candidato austro-russo costituzionale e occupano parte
modernizzazione e si spartiscono
(anni Trenta del Settecento) del territorio polacco (1772)
la Polonia (1795)

321
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

ne alla spartizione della Polonia come alternativa alla coalizione antifrancese. Per
questo i prussiani furono pronti a intavolare trattative di pace con la Convenzione
dopo i primi seri rovesci militari. Per l’Austria il disimpegno dalla Francia era più
complicato in quanto comportava la perdita del Belgio.
Fino ad allora le guerre si erano sempre concluse con un baratto di territori tra
governi. I popoli cominciavano, invece, a battersi per il loro diritto all’autogover-
no. Prima gli americani, poi i francesi, ora i polacchi ponevano un’esigenza nuova:
quella di definirsi come nazione.
Alla testa della Polonia in lotta c’era Tadeusz Kościuszko (1746-1817), un uffi-
ciale che aveva combattuto volontario in America. Nel 1792 egli si recò a Parigi a
chiedere il sostegno francese per il governo polacco contro i nemici esterni e, nel
marzo del 1794, fu nominato comandante in capo con poteri dittatoriali per sal-
vare la Polonia dai russi e dai prussiani. Kościuszko riuscì a resistere sei mesi, fin-
ché venne sconfitto, ferito e rinchiuso in prigione a Pietroburgo. Due anni dopo fu
liberato e spese il resto della vita a battersi invano per l’indipendenza del suo Pa-
ese, divenendo così un prototipo dell’eroe nazionale.
Nel frattempo il Paese era stato completamente occupato da russi, prussiani e
austriaci, sparendo così dalla carta politica dell’Europa.

LA SPARTIZIONE DELLA POLONIA (1775-95)

XVII SECOLO IMPERO RUSSO 1772 IMPERO RUSSO

Smolensk Vitebsk
Mar Baltico Andrusovo Mar Baltico
Esplora i luoghi e Wehlau RUSSIA
Danzica BIANCA
lavora con le carte
Oliva
dell’Atlante digitale PRUSSIA POLONIA PRUSSIA POLONIA
interattivo Thorn
Varsavia
Varsavia Kiev Radom

UCRAINA IMPERO Bar


IMPERO GALIZIA
D’AUSTRIA D’AUSTRIA Balta

Vienna Vienna
IMPERO
IMPERO OTTOMANO Mar OTTOMANO Mar
Nero Nero

1793 1795
IMPERO RUSSO
LITUANIA Vilna
Mar Baltico Mar Baltico

Grodno
Danzica Danzica
Leggi le carte PRUSSIA MASOVIA IMPERO RUSSO
Thorn
POLONIA PRUSSIA Thorn
• Quali potenze POLESIA
Varsavia Varsavia
trassero vantaggi
Posen VOLINIA
territoriali dalla PODOLIA
spartizione della Cracovia
Targovica
Polonia?
• Nel 1795 anche Vienna
la capitale Varsavia Vienna IMPERO IMPERO
IMPERO IMPERO
D’AUSTRIA D’AUSTRIA
passò in mano OTTOMANO Mar OTTOMANO Mar
straniera: a chi Nero Nero
fu destinata? Annessioni prussiane Annessioni austriache Annessioni russe Confini della Polonia

322
L’epoca napoleonica | 10 |

2 La «Grande Nation»
e le «repubbliche sorelle»
Una guerra di conquista per civilizzare il mondo
All’inizio i francesi predicavano «guerra ai castelli e pace alle capanne», immagi-
nando un mondo popolato da uguali che anelavano alla libertà. Ben presto si scon-
trarono con popoli che non intendevano seguire il modello proposto dalla Rivolu-
zione francese e che non erano pronti ad accedere all’autogoverno. Così la Francia
abbandonò ben presto la guerra di liberazione e passò a quella di conquista: cessò
di considerare uguali tutti i popoli ed elaborò una precisa gerarchia fra popoli «ci-
vili», da una parte, costituiti in nazioni e degni della libertà, e popolazioni «incivi-
li», dall’altra, abituate a servire.
Il Belgio, dominio austriaco, nell’estate del 1789 aveva tentato una rivoluzione,
esattamente contemporanea a quella francese: lo scopo era ripristinare le «libertà»
antiche, violate dal dispotismo illuminato e modernizzatore. Tuttavia i progres-
sisti belgi, radicali ma non estremisti, si trovarono subito isolati appena si profilò
qualche timido disordine sociale che provocò la reazione dei conservatori e il pre-
coce ritorno degli austriaci.
Due anni dopo, nell’autunno del 1792, dopo la battaglia di Valmy, i francesi
occuparono il Belgio e i patrioti li accolsero come liberatori; la Francia vittoriosa
poteva offrire al Belgio l’opportunità di rinnovarsi, pur nel ripristino delle proprie
radici. Il primo intento degli occupanti fu la costituzione di una Repubblica del
Belgio sul modello di quella francese, ma questo proposito venne subito scarta-
to, e già all’inizio del 1793 si parlava di annessione.

La tassazione dei territori annessi


La repressione era figlia della delusione per l’atteggiamento dei popoli «liberati».
In altre parole, se un popolo tradiva le attese, se si dimostrava «immaturo» per la
libertà, occorreva costringerlo ad accoglierla. E il modo più semplice per farlo era
integrarlo nel territorio della Repubblica e sottoporlo alle leggi dello Stato france-
se. In tal modo lo si obbligava anche a pagare le tasse. I territori conquistati pro-
ducevano gettito fiscale sia per le potenze coalizzate contro la Francia sia per la
Francia stessa e anche da questo punto di vista le esigenze di una parte e dell’altra
si assomigliavano. Inoltre, per la Francia rivoluzionaria i territori occupati offriva-
no anche i beni del clero da espropriare, secondo la legge francese, per garantire
l’assegnato e magari risollevarne un po’ il corso.
Il primo Paese conquistato a essere annesso fu però la Savoia, cui seguirono la
Contea di Nizza, il Belgio e i territori tedeschi situati sulla riva sinistra del Reno. La
Francia rivoluzionaria raggiungeva così quelli che cominciò a chiamare i «confini
naturali», le Alpi e il Reno, inventando la teoria secondo la quale la natura stessa le
aveva assegnato dei confini geografici fino ai quali aveva dunque diritto a espandersi.
Fu la Rivoluzione a inventare quest’idea della corrispondenza «naturale» fra
una nazione e uno spazio geografico, istituendo anche dal punto di vista spaziale
una specie di gerarchia fra le nazioni. Tra le nazioni esistevano quelle più o meno
grandi, più o meno civili, più o meno libere e anche più o meno determinate e favo-
rite dalla natura. E, sopra tutte, si ergeva la nazione francese, la «Grande Nation»,
dotata di un mandato storico: civilizzare il resto del mondo.

323
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Le «repubbliche sorelle» e il centralismo francese


Anche l’Olanda, poco prima del Belgio, aveva tentato la sua rivoluzione per libe-
rarsi del capo del governo, lo statolder, che governava il Paese subordinandolo alle
grandi potenze, in particolare alla Prussia e all’Inghilterra. Nel 1785 Guglielmo V
d’Orange (1748-1806) era stato cacciato da una sollevazione delle borghesie cit-
tadine, ma anche in Olanda, come in Belgio, la rivoluzione era consistita esclusi-
vamente nel tentativo, di stampo conservatore, di ripristinare le antiche «liber-
tà». Due anni dopo, nel 1787, erano intervenuti i prussiani e avevano soffocato
la ribellione, restaurato la legittimità violata e reinsediato lo statolder sul trono
di Amsterdam.
A loro volta i francesi invasero il Paese nell’inverno 1794-95, appoggiati, come in
Belgio, dai patrioti. Continuava il tragico equivoco: il Direttorio voleva impadronirsi
del sistema bancario olandese, uno dei più importanti del mondo, per finanziare la
guerra e salvarsi dal disastro economico, mentre i patrioti olandesi volevano l’ap-
poggio francese per ripristinare la loro grandezza repubblicana. Vide così la luce
la Repubblica Batava (dal nome dell’antico popolo germanico stabilitosi nei Paesi
Bassi), uno Stato satellite della Francia repubblicana. Gli olandesi non erano certo
una popolazione selvaggia, non erano abituati a servire: a loro veniva riconosciu-
ta la qualifica di nazione libera, ma la Repubblica Batava, in realtà, poteva godere
solo di una sovranità dimezzata.
Ancora più chiaro risultò il processo di subordinazione degli svizzeri. Basilea fu
annessa subito alla Repubblica francese, Ginevra fu incorporata nel 1798 e tutta la
Confederazione elvetica fu occupata. I francesi intendevano, come ad Amsterdam,
LESSICO
Stato (o Paese) impadronirsi delle piazze finanziarie e, allo stesso tempo, controllare i valichi al-
satellite pini. La maggior parte della Svizzera andò a formare un’altra «repubblica sorella»,
Si dice di uno Stato che la Repubblica Elvetica.
si trova in una posizione
subordinata rispetto a un
altro Stato, poiché legato La modernizzazione degli Stati satellite
a questo da una stretta Sia la Repubblica Batava sia l’Elvetica persero il carattere federale, che i rispettivi
dipendenza ideologica,
politica ed economica.
Paesi avevano difeso per secoli. In quella particolare congiuntura politica difendere
Nel XX secolo si è usata il localismo equivaleva a un atteggiamento conservatore delle vecchie libertà ur-
questa espressione bane, mentre il centralismo di stampo giacobino rappresentava l’innovazione e il
a proposito dei Paesi
a direzione comunista
progresso. D’altra parte, la sorte dei patrioti batavi o elvetici non fu molto diversa
rispetto all’Unione da quella degli abitanti dei territori annessi dal Direttorio, perché la sottomissione
Sovietica. alla politica francese fu pressoché completa.
Localismo / Tuttavia sarebbe ingiusto liquidare il destino dei Paesi satellite della Francia co-
Centralismo me una sventura. Il Belgio e la Renania annesse, le Repubbliche Batava ed Elve-
Tendenze politiche e
amministrative opposte: tica «sorelle» si sprovincializzarono e si modernizzarono: la repubblica cessò di
nel localismo funzioni essere una forma di governo oligarchica e conservatrice, soffocata fra le mura del-
e compiti sono assegnati la città o i limiti del cantone, per confrontarsi finalmente con i problemi e le sfide
a specifici organi
periferici, mentre
di un Paese moderno.
nel centralismo spetta I giacobini delle «repubbliche sorelle» abbandonarono molto presto il giacobini-
ai poteri centrali dello smo all’antica, quello che guardava agli ideali sanculotti di rigenerazione, e comin-
Stato prendere le
decisioni più importanti
ciarono a essere giacobini centralisti, unitaristi, costruendo un’idea di repubblica
ed esercitare la maggior moderna, capace di rivaleggiare con la monarchia. Così accadde ad Amsterdam e
parte delle funzioni a Berna e soprattutto nel maggiore laboratorio di sperimentazione delle «repub-
amministrative.
bliche sorelle»: l’Italia.

324
L’epoca napoleonica | 10 |

3 La campagna d’Italia e il triennio giacobino


La guerra lampo in Italia settentrionale
Agli inizi del 1796, la Francia aveva riportato importanti successi militari e ave-
va stipulato la pace con Spagna e Prussia, ma restava in guerra con l’Inghilterra
e l’Austria. Del resto, proprio dalla guerra il regime del Direttorio traeva la propria
forza politica, contro un’opinione pubblica ormai prevalentemente monarchica, e
i militari erano sempre di più gli arbitri della politica francese.
A febbraio a Napoleone Bonaparte (1769-1821) venne assegnato il comando
dell’esercito d’Italia, un incarico che egli stesso aveva vivamente sollecitato. Bo-
naparte era un giovane generale di soli ventisei anni e proveniva da una famiglia
della piccola nobiltà còrsa di sentimenti nazionalisti. Quando nacque, la Corsica
era appena passata attraverso una disgraziata guerra di liberazione dalla Repub-
blica di Genova, ed era stata schiacciata dalla Francia, che l’aveva annessa ( ▶ cap. 8,
par. 6). Desideroso di lottare per la libertà della Corsica da Genova, scelse la carrie-
ra militare in artiglieria, un’arma molto tecnica, dove perfino nell’Antico regime
la nascita nobile doveva lasciare almeno in parte il campo agli studi e al talento.
L’avanzamento del giovane ufficiale coincise con la Rivoluzione, di cui fu dun-
que a pieno titolo un prodotto. A ventiquattro anni si distinse nell’assedio di
Tolone, una piazzaforte della Francia meridionale nelle mani dei monarchici e de-
gli inglesi, e a ventisei, come comandante delle forze incaricate di mantenere l’or-
dine a Parigi, diede l’ordine di sparare con i cannoni sulla Guardia nazionale delle
sezioni moderate insorte contro la Convenzione ( ▶ cap. 9, par. 9).
L’esercito d’Italia che gli venne affidato era una formazione del tutto secondaria
nel panorama dello sforzo bellico francese del 1796, in quanto, secondo i piani, lo

La battaglia di
Lodi combattuta il
10 maggio 1796 tra
le truppe francesi e
l’esercito austriaco.
Dipinto coevo di
Louis-François Lejeune.
Versailles, Musée
de l’Histoire de France.

325
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

scontro decisivo con gli austriaci doveva svolgersi in Germania, dove erano schie-
rati i grandi eserciti e i grandi generali. I soldati affidati a Bonaparte erano poche
decine di migliaia, mancavano di tutto – stivali, armi, viveri, soldi – e la disciplina
era inesistente. Ma il nuovo comandante era animato da grandi progetti che sia il
Direttorio sia gli austriaci sottovalutarono gravemente.
Napoleone attaccò la Repubblica di Genova lungo la costa, esponendosi al fuo-
co della flotta inglese. Poi dalla Liguria passò in Piemonte, inaugurando una tat-
tica che sarebbe divenuta famosa: spostare il più rapidamente possibile le proprie
forze, concentrandole tutte contro ciascuna delle formazioni nemiche per batter-
le una per volta. Il Piemonte fu piegato: dovette cedere la Savoia e la Contea di
Nizza e pagare cinque milioni di franchi. Restava l’osso duro: l’esercito austriaco,
che, pur ritirandosi verso est, molestato dai veloci e improvvisi attacchi francesi,
era ancora intatto. Il 15 maggio – poco più di un mese dopo l’inizio della campa-
gna – Bonaparte entrò da liberatore a Milano, mentre l’esercito austriaco si ri-
tirava verso est. Ai lombardi promise: «Sarete più liberi e più sicuri dei francesi.
Se l’Austria torna alla carica, non vi abbandonerò mai». Si delineava ormai la sua
politica personale.

Il saccheggio francese di Emilia e Toscana


Il Direttorio esortava a «spremere il limone» e Bonaparte su questo era perfetta-
mente d’accordo con i governanti francesi, cosicché, nel giugno del 1796, l’esercito
di stanza in Italia si diede al saccheggio dell’Emilia e della Toscana, dalle quali ven-
nero spedite a Parigi centinaia di opere d’arte e decine di milioni di franchi. Anche
i generali si arricchirono personalmente, Bonaparte per primo. I soldati ricevettero
la metà della loro paga in moneta metallica, mentre in tutti gli altri eserciti fran-
cesi il soldo era pagato in cartamoneta svalutata, e ciò si rivelò un modo efficace
per rafforzare i vincoli personali di fedeltà al capo.
Le popolazioni civili che si ribellarono furono massacrate, mentre si aprì un dia-
LESSICO logo con le classi dirigenti: le tranquille aristocrazie e le borghesie illuminate emi-
Municipalismo
Tendenza a esaltare gli
liane, moderate e municipaliste, che rappresentarono un interessante interlocu-
interessi della propria tore, una via di mezzo fra giacobinismo e controrivoluzione. Quelle erano le forze
città (municipio), a sulle quali Napoleone intendeva fondare, in Italia come più tardi in Francia, il suo
difendere interessi locali.
progetto di governo.

L’armistizio e il trattato di Campoformio


Sconfiggere le truppe austriache, asserragliate nella fortezza di Mantova, e bloc-
care i rifornimenti che arrivavano loro dal Brennero fu un’impresa difficile, perché
i francesi erano in condizione di inferiorità numerica e lontani dalle loro retrovie.
Tuttavia Napoleone riuscì nel suo intento, imponendosi al mondo come un gran-
de genio militare.
La vittoria decisiva venne all’inizio del 1797 a Rivoli Veronese, a seguito della
quale i francesi liberarono Mantova e superarono le Alpi, spingendosi fino a 250
chilometri da Vienna, dove la corte piombò nel panico. In primavera Bonaparte
impose all’Austria l’armistizio, mentre il suo esercito occupava le legazioni ponti-
ficie e costringeva i ducati di Modena e Parma a pagare ingenti quantità di denaro.
Inoltre, con il trattato di Tolentino, egli ottenne dallo Stato pontificio Avignone e il
Contado Venassino, piccola regione della Francia meridionale.

326
L’epoca napoleonica | 10 |

La monarchia asburgica perse il controllo dell’Italia pazientemente costruito


nel corso del Settecento. Ma qualcosa bisognava darle in cambio, considerando che
in Germania gli eserciti francesi non avevano ottenuto alcun successo decisivo. Le
fu offerta Venezia, che ebbe la sfortuna di trovarsi più indifesa della Baviera. Con
il trattato di Campoformio, dell’ottobre del 1797, l’Austria ottenne il controllo di
Venezia, mentre i domini di Terraferma della città lagunare venivano spartiti tra
l’influenza francese e l’Impero austriaco. La Serenissima chiudeva la sua storia
più che millenaria, senza poter opporre la minima resistenza. Fu spazzata via dal-
la carta geopolitica com’era successo tre anni prima alla Polonia; ma, questa volta,
senza alcun tipo di pretesto, e non già a opera del «dispotismo» russo, ma della
«libertà» francese. Nella guerra fra libertà e dispotismo le due parti erano diven-
tate ormai indistinguibili.
Malgrado la fine di Venezia moltissimi patrioti italiani, anche se non tutti (non
Ugo Foscolo né Vittorio Alfieri, per esempio), continuarono a riporre le loro spe-
ranze di libertà nel sostegno francese e a impegnarsi in una rivoluzione importa-
La resa austriaca
a Mantova ta dall’estero che per questo fu detta «passiva». L’Italia si riempì di «repubbliche
(2 febbraio 1797). sorelle», più disgraziate e più eroiche di quella Batava o di quella Elvetica, in un
Dipinto di Hippolyte tragico equivoco fra libertà e dominazione straniera che avrebbe portato in breve
Lecomte (1812).
Versailles, Musée alla fine del giacobinismo italiano, ma avrebbe posto, in prospettiva futura, impor-
du Château. tanti radici del Risorgimento.

327
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Il «bonapartismo» nelle Repubbliche dell’Italia settentrionale


La prima repubblica fondata in Italia, nell’autunno del 1796, fu la Repubblica
Cispadana, in Emilia, dove sventolò per la prima volta il tricolore bianco, rosso e
verde. In Lombardia nacque invece la Repubblica Transpadana, e nell’estate del
1797 i due nuovi Stati si fusero nella Repubblica Cisalpina. Poco più tardi, l’antica
Repubblica di Genova venne trasformata in Repubblica Ligure. Come nel caso del-
la Repubblica Batava e della Repubblica Elvetica, fu ripreso per la «Superba» (ap-
pellativo dato a Genova da Petrarca nel 1358) il nome dell’antico popolo che aveva
occupato quelle terre e che aveva opposto resistenza all’avanzata dell’imperialismo
romano, i liguri appunto. Il messaggio era lo stesso: non ci sarebbe più stata la cit-
tà dominante, né l’oligarchia mercantile, ma una repubblica democratica fondata
sulle antiche virtù guerriere.
La Repubblica Cisalpina rappresentò una grande, improvvisa speranza per i
giacobini italiani ma, altrettanto presto, una cocente delusione, perché fu subito
chiaro che non aveva alcuna esistenza autonoma rispetto all’imperialismo france-
se. Dopo Bruxelles, Amsterdam e la Svizzera, anche Milano doveva fare i conti con
la necessità di pagare tributi alla Francia.
S2 Il giacobinismo In precedenza si era già acceso qualche focolaio di giacobinismo in Italia. Il to-
italiano, p. 363
scano Filippo Buonarroti (1761-1837) e il còrso Antoine Christophe Saliceti (1757-
1809) si erano incontrati a Oneglia, nella riviera ligure, e da lì avevano organizzato
la propaganda rivoluzionaria in Italia. Saliceti era un acceso giacobino; Buonarro-
ti si collocava ancora più a sinistra e presto sarebbe diventato un cospiratore, tra i
massimi dirigenti della «congiura degli Eguali» di Babeuf ( ▶ cap. 9, par. 9).
Nei giorni successivi alla vittoria di Bonaparte i giacobini piemontesi aveva-
no fondato la Repubblica di Alba ma, dopo l’armistizio tra la Francia e la Savoia,
vennero subito abbandonati al loro destino: primo segnale delle scelte politiche
di Bonaparte. Un secondo segnale venne dalla Repubblica Cisalpina, dove furono
collocati nei posti chiave gli uomini politici più prudenti e sottomessi, dei quali fu
massimo esponente il conte Francesco Melzi d’Eril, nominato membro del Comi-
tato di finanza, poi vicepresidente della Repubblica e infine, pochi anni più tardi,
Gran cancelliere del Regno napoleonico d’Italia.
Il bonapartismo nacque in Italia prima che in Francia, fece i suoi primi passi
nella Repubblica Cispadana, poi nella Cisalpina: esso consisteva nello schiacciare
gli entusiasmi patriottici sotto il pugno di ferro dell’occupazione militare e nel ri-
prendere le esperienze riformatrici settecentesche, conducendole a buon fine in un
contesto di modernizzazione autoritaria della società e della politica.

La Repubblica Romana
Il resto dell’Italia era percorso da vivaci ma circoscritti fermenti di rivoluzione, che
infiammavano soltanto una piccola minoranza delle classi dirigenti colte e raffina-
te. Vincenzo Cuoco (1770-1823), autore del Saggio storico sulla rivoluzione napo-
letana del 1799 (1801), ironizzò sull’isolamento di questi intellettuali così estranei
alla «nazione» italiana da risultare addirittura stranieri, e definì la situazione con
il termine «rivoluzione passiva». La realtà era che l’esercito francese non portava
con sé solo la Rivoluzione ma anche la resistenza alla rivoluzione, come in Vandea.
Le violenze, i saccheggi, le stragi, le coscrizioni obbligatorie, i prelievi fiscali non
avvenivano certo per accendere l’amore dei popoli, soprattutto nelle campagne.

328
L’epoca napoleonica | 10 |

Nel febbraio del 1798, pochi mesi dopo che il trattato di Campoformio aveva as-
sestato un colpo formidabile ai sogni dei giacobini italiani, un incidente diploma-
tico a Roma fornì il pretesto per un attacco francese alla città del papa. I giacobini
vi fondarono la Repubblica Romana, che si diede, come tutte le altre «repubbliche
sorelle», una costituzione quasi identica a quella francese. Pio VI fu espulso e si ri-
fugiò in Toscana, ma la Repubblica Romana fu la più debole di tutte, tartassata dai
contributi da versare alla Francia, assediata dalle sollevazioni contadine (le «insor-
genze») e totalmente dipendente dall’esercito d’occupazione francese.

La Repubblica Napoletana
Il re di Napoli Ferdinando IV, spinto dagli inglesi, ebbe l’infelice idea di attaccare
militarmente la Repubblica Romana per restaurarvi il potere papale, ma, battuto
dal generale Jean-Étienne Championnet, fu inseguito dalle truppe francesi fin nel-
la sua capitale, dalla quale fuggì per mare alla volta di Palermo negli ultimi giorni
del dicembre del 1798.
A Napoli avvenne però qualcosa di nuovo: il popolo, che altrove aveva sempre
assistito indifferente alle lotte politiche fra classi dirigenti filofrancesi e classi di-
rigenti filoaustriache, insorse contro la miseria, contro il re che aveva provocato la
guerra per abbandonare poi la capitale ai francesi, contro gran parte dei nobili illu-
minati colti e raffinati, accusati di giacobinismo, e contro l’esercito d’occupazione
francese. Nella città campana scoppiò insomma un’antirivoluzione genuinamente
popolare, in cui la plebe napoletana (i lazzari) oppose resistenza all’occupazione
francese con la guerriglia casa per casa.
I francesi non si fecero intimidire e, soffocata nel sangue la rivolta, ripresero il
controllo della città, riconoscendo la nascita della Repubblica Napoletana (gennaio

L’ingresso a Roma
dell’esercito francese
(15 febbraio 1798).
Dipinto di Hippolyte
Lecomte (XIX secolo).
Versailles, Musée du
Château.

329
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

del 1799), che fu la più giacobina e, per la sua orribile conclusione, la più tragi-
ca delle «repubbliche sorelle». Ultima per nascita, in pochi mesi di vita tentò di
smantellare il sistema feudale che gravava sulle campagne napoletane e cominciò
ad affrontare un problema immenso: favorire l’alfabetizzazione e la propaganda
delle idee di libertà fra le masse contadine. I migliori ingegni della scuola illumini-
sta napoletana si misero al servizio della Repubblica e, com’era successo a Milano
prima di Campoformio, la creatività intellettuale, l’utopia, la speranza si sentirono
per una brevissima stagione al potere.
Ferdinando IV, però, dalla Sicilia organizzò con l’ammiraglio inglese Horatio
Nelson, la riconquista del Regno, affidandone l’incarico al cardinale Fabrizio Ruffo
(1744-1827), esponente della feudalità calabrese. Ruffo raccolse un esercito, detto
«della Santa Fede», che dalla Calabria marciò su Napoli reclutando briganti e con-
tadini, ingannati con false promesse di distribuzione della terra.
L’esercito sanfedista, nel giugno del 1799, investì la capitale abbandonata dalle
truppe francesi, richiamate al Nord dalla ripresa della guerra contro una nuova coa-
lizione europea, mentre scoppiava di nuovo la controrivoluzione a Napoli. I giacobini
finirono per capitolare, con la clausola di poter abbandonare la città per rifugiarsi
in Francia. Ma l’accordo sottoscritto venne violato dagli inglesi, che fermarono la
nave nel porto e fecero giustiziare centoventi dirigenti politici e intellettuali della
Repubblica napoletana. Nei giorni seguenti cadde anche la Repubblica Romana.

L’EUROPA NEL 1790 E L’ITALIA NEL 1798


Repubblica francese
Mare del REPUBBLICA Piemonte e Toscana
Nord REGNO DI PRUSSIA ELVETICA TIROLO annessi dalla Francia
REPUBBLICA Trento VENETO
D’OLANDA (AUSTRIA) IMPERO D’AUSTRIA
Milano Verona Venezia Trieste
PAESI PIEMONTE
SACRO Brescia Mantova
BASSI Torino
AUSTRIACI ROMANO DUC.DI REP.
IMPERO Genova PARMA CISALPINA
Bologna IMPERO
REP. LIGURE OTTOMANO
Nizza Lucca
REP. DI LUCCA Firenze
IMPERO D’AUSTRIA
REGNO DI FRANCIA TOSCANA
REP. DI PIOMBINO
CONFEDERAZIONE Mar
TIROLO UNGHERIA REPUBBLICA REP. DI
SVIZZERA Piombino ROMANA Adriatico RAGUSA
SAVOIA DUCATO SLAVONIA Corsica
DI MILANO REPUBBLICA
CROAZIA (Francia)
PIEMONTE PARMA DI VENEZIA Roma
REP. DI MODENA Bari
GENOVA LUCCA IMPERO Napoli
OTTOMANO Brindisi
GRANDUCATO DALMAZIA REPUBBLICA
DI TOSCANA Mar Tirreno NAPOLETANA
REGNO
STATO DI SARDEGNA
CORSICA DELLA
CHIESA (Savoia)
REGNO
REGNO DI DI NAPOLI Cagliari
SARDEGNA Mar
Palermo Messina Ionio
Repubbliche Reggio
Mar Mediterraneo dipendenti dalla Francia REGNO DI SICILIA
REGNO Stati rimasti (Borboni)
DI SICILIA ai legittimi sovrani

Leggi le carte
• In quali aree si estesero le tre «repubbliche sorelle»: Cisalpina, Romana e Partenopea?
• Quali fra gli antichi Stati italiani furono penalizzati di più dalla campagna napoleonica?

330
L’epoca napoleonica | 10 |

4 La campagna d’Egitto
Annettere l’Egitto per minacciare gli interessi inglesi
Sconfitta l’Austria, restava alla Francia l’altra grande secolare nemica: l’Inghilterra.
Inghilterra e Francia erano, in un certo senso, reciprocamente invulnerabili: la pri-
ma deteneva un’indiscussa superiorità sul mare, la seconda sulla terra.
Nell’ottobre del 1797, una settimana dopo la stipula del trattato di Campofor-
mio, il Direttorio affidò a Bonaparte l’incarico di attaccare l’Inghilterra con deci-
sione. Napoleone avrebbe anche potuto raccogliere un esercito immenso, ma non
sarebbe mai riuscito ad attraversare la Manica. Poteva invece riprendere una vec-
chia strategia della monarchia assoluta: attaccare l’Inghilterra nelle colonie. Per
quanto potente fosse la flotta inglese, infatti, non lo era certo abbastanza per con-
trollare tutti i mari con la stessa sicurezza con cui vigilava sulla Manica e i francesi
potevano tentare di sfruttare la sorpresa per condurre l’attacco contro uno degli
interessi britannici sparsi per il globo.
Napoleone scelse l’Egitto, che allora non era sotto sovranità inglese ma ottoma-
LESSICO
Mamelucchi na, in modo da poter minacciare l’India o essere d’intralcio all’espansione ingle-
Schiavi militari d’origine se in Oriente, aprendo alla Francia nuove vie di commercio. Al governo francese
turca, mongola non dispiaceva che Napoleone partisse alla conquista dell’Egitto. Se fosse riusci-
e circassa, divenuti
poi casta dominante,
to, avrebbe coronato un vecchio sogno della borghesia commerciale francese e ri-
al potere in Egitto scattato la sconfitta subita in India nella guerra dei Sette anni ( ▶ cap. 5, par. 3); se
e in Siria dalla metà invece avesse fallito, sarebbe uscito di scena un militare politicamente molto in-
del XIII secolo al
1516-17. Sconfitti da
gombrante. In Egitto da cinquecento anni deteneva il potere la feudalità turca dei
Solimano il Magnifico, mamelucchi, in maniera autonoma rispetto al governo ottomano di Istanbul, e
ripresero il potere Napoleone poteva abbastanza ragionevolmente ritenere che un’impresa coloniale
nel XVIII secolo.
diretta contro l’Egitto non avrebbe scatenato un conflitto generalizzato.

L’occupazione e la riforma dell’Egitto


Bonaparte preparò con cura la spedizione scegliendo i soldati fisicamente più ca-
paci di resistere al clima africano, allestì la flotta e ingaggiò perfino una squadra
di orientalisti e di disegnatori in grado di studiare le quasi sconosciute antichità
egizie. Questi esperti, in effetti, diedero un contributo decisivo all’egittologia attra-
verso lo studio, fra l’altro, di un’iscrizione in greco, demotico e geroglifici egizia-
ni: la stele di Rosetta, che avrebbe permesso di decifrare la lingua di quell’antica
civiltà. Il generale attribuiva grande importanza al ruolo culturale e civilizzatore
della sua spedizione.
Napoleone salpò da Tolone nella primavera del 1798, quando la conquista dell’I-
talia sembrava consolidata. Riuscì a evitare la flotta inglese e a sbarcare in Egitto,
dove sbaragliò l’esercito dei mamelucchi presso le piramidi. Come al solito, i fran-
cesi si presentarono come liberatori – in questo caso dalla feudalità mameluc-
ca – e modernizzatori, ma la mano della loro occupazione militare fu ancora più
pesante che in Italia. I massacri e gli incendi dei villaggi restii a sottomettersi ter-
rorizzarono la popolazione e il prelievo fiscale si rivelò straordinariamente esoso.
Dall’alto calò sull’Egitto il riformismo razionalizzatore. Fu istituita la tolleran-
za religiosa, stabilita un’amministrazione militare affiancata da organi consultivi,
detti (come nell’Impero ottomano) «Divani», composti dai più ricchi contribuenti.
L’Egitto veniva così allontanato a forza dalla sua storia secolare, in maniera total-

331
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

mente passiva, poiché non c’era una élite di aristocrazia giacobina come a Napoli.
Il bonapartismo assumeva in Egitto il suo volto più odioso, completamente privo
dei valori ideali della Rivoluzione.

La sconfitta ad Abukir e l’invasione della Siria


Nei primi giorni di agosto l’ammiraglio inglese Horatio Nelson (1758-1805), che
si era lasciato sfuggire la flotta francese durante la traversata del Mediterraneo, la
intercettò nella rada di Abukir e la distrusse, isolando i francesi per più di un anno
dalla madrepatria, mentre i turchi inviavano un esercito via terra per riconquista-
re l’Egitto. Napoleone invase la Siria per distruggere la spedizione turca. A Giaffa,
Leggi la carta l’odierna Haifa, intimò la resa minacciando lo sterminio di tutta la popolazione. La
• Quali furono le guarnigione non cedette e l’intera popolazione civile fu massacrata. Solo l’ultimo
battaglie navali
gruppo di militari turchi, 4000, fu indotto ad arrendersi con la promessa di avere
e di terra più
importanti della salva la vita. Ma anch’essi furono passati per le armi dal primo all’ultimo.
campagna d’Egitto? Incapace, però, di sbaragliare i turchi, ben riforniti dagli inglesi, e minacciato
• Fin dove si spinse dall’approssimarsi della terribile estate del deserto, Napoleone ripiegò in Egitto,
la spedizione militare
in Palestina e Siria
dove riuscì a consolidare il suo potere e ad avviare un’intelligente opera di gover-
e quali conseguenze no. Ma era ormai isolato e impotente nella sua inutile conquista, mentre gli inglesi
ebbe per le avevano organizzato una seconda coalizione con Russia e Austria che stava annul-
popolazioni locali?
lando le vittorie francesi degli ultimi cinque anni.

LA CAMPAGNA D’EGITTO (1798-1799)

Mar Mediterraneo
agost San Giovanni d’Acri
o 17 Nazareth
98 Flotta inglese
(Nelson) Tabor

ag Giaffa
ost
o 17 Abukir
99 Gerusalemme
Rosetta Gaza
Alessandria
Mar Morto
El Sâlhîya
El Arish

Piramidi Il Cairo
o
Nil

EGITTO
(protettorato SINAI
ottomano)

Spedizione di Napoleone Asyut


Rientro in Francia

Battaglia Mar Rosso

332
L’epoca napoleonica | 10 |

UN ALTRO SGUARDO Un decreto consolare del 1802 ordinò la pubblica-


zione degli studi dei savants al seguito di Bonapar-
La campagna d’Egitto te: si trattò di una pubblicazione monumentale, che
e la Description de l’Égypte durò quasi venti anni, per la quale furono fabbricati
2 milioni di fogli di carta di cotone di alta qualità e dal-
Il convoglio militare guidato da Napoleone in Egitto le dimensioni straordinarie (fino a 135,4 x 70,4 cm).
nel 1798 era affiancato da una spedizione scientifi- La Description de l’Égypte, pubblicata in 23 gran-
ca composta da oltre 160 savants («studiosi», «erudi- di volumi tra il 1809 e il 1828, era divisa in tre parti:
ti») di diversa formazione. Questo nutrito gruppo di ar- Antiquités, dedicata a reperti e monumenti di epoca
chitetti, ingegneri, cartografi, botanici, zoologi avrebbe faraonica eretti lungo il Nilo, État Moderne, sull’ar-
dovuto documentare l’Egitto contemporaneo, stu- chitettura araba, gli usi e i costumi degli abitanti
diandone la geografia, la flora, la fauna e descrivendo dell’Egitto contemporaneo e Histoire Naturelle sulla
la vita degli abitanti, ma anche effettuare una mappa- zoologia, botanica e mineralogia.
tura e uno studio approfondito dei monumenti antichi. Si trattava di una teorizzazione dell’Oriente come ap-
Bonaparte si avvalse anche della collaborazione di un pendice europea che non prendeva minimamente in
gruppo di traduttori, formatisi presso l’école publique considerazione il punto di vista dei nativi.
della Bibliothèque Nationale, istituita il 30 marzo del Se di lì a breve la missione militare di Bonaparte fallì
1795 per l’insegnamento dell’arabo, del turco e del non venne però vanificata la fertilità del grandioso
persiano. Agli occhi dell’invasore, la conoscenza progetto culturale: da quel momento in poi furono
del Paese era strumentale alla sua effettiva conqui- inaugurati molti progetti simili, che costituirono stru-
sta. Allo stesso scopo fu fondato, nel 1798, l’Institut menti preziosi per l’espansione coloniale delle po-
d’Égypte, deputato alla conduzione di missioni di ri- tenze europee.
cerca.
L’interno di un tempio a Tebe. Illustrazione
dalla Description de l’Égypte, 1809-1828.

Collega e confronta
1. La campagna d’Egitto di Napoleone ebbe
un grandissimo impatto sulla cultura euro-
pea della prima metà dell’Ottocento: l’an-
tica civiltà egizia divenne, infatti, oggetto
di studio nelle università e attirò la curio-
sità di moltissimi appassionati; migliaia di
reperti archeologici vennero così trafugati
o requisiti per essere esposti nei musei
di tutta Europa. Ne resta traccia nelle
collezioni del British Museum, del Louvre e
anche del Museo egizio di Torino. Negli ul-
timi decenni, alcuni studiosi si sono battuti
per la restituzione dei reperti archeologici,
sottratti indebitamente nei secoli scorsi,
durante le campagne militari. Che cosa
ne pensi? Ritieni sia giusto restituire gli
oggetti sottratti ai Paesi di origine?
2. Sul sito della Biblioteca nazionale di
Francia puoi sfogliare virtualmente alcune
delle tavole illustrate della Description de
l’Égypte. Scegliene cinque, fra quelle che
ti hanno colpito di più, descrivile, conte-
stualizzale nel progetto più ampio della
Déscription e realizza una presentazione
multimediale.

333
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

5 Il colpo di Stato del 18 brumaio


Le difficoltà militari e la nuova ondata giacobina
Le forze armate della seconda coalizione antifrancese, formata da Austria, Rus-
sia e Inghilterra, al comando del generale russo Suvorov, avevano liberato l’Italia
dai francesi, che furono costretti ad abbandonare Napoli, Roma e Milano. Alla fine
dell’estate del 1799 i coalizzati arrivarono a minacciare la stessa Francia.
La Francia si riscoprì giacobina e il Direttorio, dopo quattro anni di governo de-
bole e corrotto, cercò di far ricorso a misure di emergenza di stampo «terrorista».
Si vararono provvedimenti come il rigido controllo dell’economia e la repressione
vigorosa nei confronti della controrivoluzione. Per effetto del meccanismo elettora-
le, il Consiglio dei Cinquecento e quello degli Anziani erano più a sinistra dell’opi-
nione pubblica, che ogni anno poteva rieleggere o meno solo un terzo dei deputati.
Il Direttorio era più a sinistra dei Consigli e l’esercito era più a sinistra di tutti: più
a sinistra e più autoritario. Nella Francia del Direttorio la repubblica e le conquiste
della Rivoluzione venivano protette con le armi e con i colpi di Stato dalla voglia di
monarchia e di controrivoluzione che percorreva la società civile.
Dei primi cinque Direttori restava in carica soltanto Paul Barras (1755-1829),
uno dei protagonisti del 9 termidoro (27 luglio 1794), che aveva diretto l’assalto alla
Comune di Parigi, dove si era asserragliato Robespierre ( ▶ cap. 9, par. 9). Nel 1799
Barras pensò di servirsi dell’esercito per tenere saldo il potere nella nuova ventata
«terrorista» che si preparava per la Francia, attaccata dalla seconda coalizione del-
le potenze straniere. Al suo fianco aveva Emmanuel-Joseph Sieyès (1748-1836),
eletto quell’anno nel Direttorio, l’uomo che meglio incarnava la continuità della
Rivoluzione borghese, colui che nel 1789 aveva diretto la propaganda del Terzo
stato e che aveva ideato gli equilibri istituzionali della monarchia costituzionale e
della repubblica termidoriana.
Barras e Sieyès pensarono di servirsi di Bonaparte per sbarazzarsi di quel regi-
me di cui erano corresponsabili, scaricandone le colpe sul resto della classe politi-
ca. Napoleone era un uomo nuovo alla politica, che non portava responsabilità né
dell’Antico regime né del Terrore, benché nel Terrore fosse cresciuto. Era un uomo
qualunque divenuto con le sue sole forze un grandissimo protagonista, che pro-
metteva di riportare efficienza e onestà nel mondo politico.

Il Consolato e la fine della Rivoluzione


Eludendo ancora una volta la flotta di Nelson, Napoleone, a metà ottobre del 1799,
rientrò in Francia, percorrendo la strada fino a Parigi tra manifestazioni di soste-
gno popolare che superarono le più ottimistiche previsioni. Era il rinnovatore, il
liberatore, il conquistatore, l’uomo del destino. Napoleone piaceva alle più diverse
classi sociali: alla borghesia perché poteva salvare il Paese senza un nuovo giacobi-
nismo, al popolo perché prometteva di salvarlo dalla sconfitta militare e dal ritor-
no dell’Antico regime. Era l’uomo dell’unità nazionale e poteva portare il sollievo
della concordia in un Paese lacerato da un decennio di guerra interna.
Ma Napoleone deluse le aspettative di Barras e Sieyès e si appoggiò invece ad altri
due personaggi che rappresentavano i due regimi che si erano succeduti al potere:
Charles-Maurice de Talleyrand (1754-38), ex nobile ed ex vescovo, che aveva ade-
rito alla Rivoluzione, e Joseph Fouché (1759-1820), ex «terrorista», poi termido-

334
Napoleone
Bonaparte e i suoi
soldati irrompono
nella Camera dei
Cinquecento il
18 brumaio 1799
(10 novembre 1799).
Dipinto di François
Bouchot del 1840.
Versailles, Musée
du Château.

riano come Barras. Con loro organizzò il colpo di Stato che viene tradizionalmen-
te assunto come la data finale della Rivoluzione francese: il 18 brumaio dell’anno
VIII (9 novembre 1799) il Direttorio fu esautorato e i Consigli sciolti con la forza.
«Buttatemi fuori tutta questa gente» fu il gelido ordine impartito da Napoleone
ai granatieri per sgombrare l’aula parlamentare. La sera del 10 novembre la Fran-
cia si trovò retta da un Consolato di tre membri, dei quali Napoleone era il primo.
Tutto si svolse con rapidità e appena un mese più tardi la Francia aveva già una
nuova costituzione, la Costituzione dell’anno VIII, priva, questa volta, della Dichia-
razione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La nuova Costituzione era stata pratica-
mente imposta a due commissioni legislative, prima di essere sottoposta all’appro-
LESSICO vazione popolare, che si ottenne tramite scrutinio palese e venne dunque accolta
Scrutinio palese da una grande maggioranza di voti favorevoli. Le elezioni diventarono una farsa:
Lo scrutinio palese
prevede che il voto sia i cittadini nominavano una lista di notabili, che a loro volta sceglievano una lista
espresso pubblicamente dieci volte più ristretta di notabili, che a loro volta designavano una lista ancora
e non resti, dunque, dieci volte più esigua di supernotabili. All’interno di quest’ultima il governo, at-
segreto.
traverso un Senato conservatore di sua nomina, sceglieva i membri delle Camere:
il Tribunato e il Corpo legislativo, che per giunta non avevano nemmeno il pote-
re di proporre le leggi ma solo di approvare quelle presentate dal Primo console.
L’artefice di questa Costituzione era Sieyès, che aveva incarnato forse più di ogni
altro le promesse di libertà del 1789. Ma, solo dieci giorni più tardi, venne estro-
messo dalla vita politica: il Primo console preferiva governare da solo.

L’affermazione di un nazionalismo autoritario


Nei mesi seguenti, si delineò in maniera tanto chiara quanto efficace la politica
bonapartista. Napoleone usò la repressione e la centralizzazione con la stessa
ferocia con cui se n’era servito il governo «terrorista» ma, al contrario dei giaco-
bini, utilizzò questi mezzi a vantaggio dei ceti abbienti. L’insurrezione vandeana
venne definitivamente stroncata e l’ordine repubblicano imposto con la forza. Al-
lo stesso tempo la situazione finanziaria fu avviata al risanamento, spremendo le
masse popolari con la tassazione indiretta. Napoleone sconvolgeva così la neo-
nata distinzione fra sinistra e destra: faceva la controrivoluzione con le armi della
rivoluzione, una politica di destra con il linguaggio della sinistra e capeggiava un
nazionalismo autoritario, gerarchico e populista, che si contrapponeva a un libe-
ralismo sbandato e incapace di ricompattare le proprie fila. La controrivoluzione
poteva trasformarsi nel proprio contrario usando l’arma della lotta per la libertà:
la Rivoluzione portava a compimento la negazione di se stessa.

335
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

6 Dal Consolato all’Impero


Il nuovo panorama geopolitico europeo
La seconda coalizione antifrancese (1799) aveva cominciato a disgregarsi già prima
della presa del potere da parte di Napoleone. I russi erano stati battuti in Svizzera
e, insieme agli inglesi, in Olanda, tanto che lo zar si era ritirato dalla coalizione e
con lui il più brillante capo militare che essa aveva avuto, il generale Suvorov. Nel-
la primavera del 1800, a parte la flotta inglese, contro la Francia restava dunque
solo l’esercito austriaco.
I francesi avevano ora dalla loro parte, oltre alle «repubbliche sorelle», anche la
Spagna, tradizionalmente anti-inglese, e riscuotevano una certa simpatia in Ger-
mania. La loro situazione militare andava dunque migliorando, e la dittatura bo-
napartista si apprestava a raccogliere i frutti di un successo in parte già avviato.
L’Austria fu attaccata dal generale Victor Moreau (1763-1813) dal confine svizze-
ro, mentre lo stesso Bonaparte attraversò le Alpi e riuscì a vincere a Marengo una
battaglia le cui sorti sembravano inizialmente del tutto compromesse. L’Austria,
per la verità, venne piegata solo alcuni mesi più tardi nella battaglia di Hohenlin-
den da Moreau, il quale spinse il suo esercito fino alle porte di Vienna, e fu costret-
La battaglia di ta a firmare, nel 1801, la pace di Lunéville, con la quale, oltre al trattato di Cam-
Marengo (14 giugno poformio, riconosceva anche le «repubbliche sorelle». Nella primavera del 1802,
1800). Dipinto coevo di pochi mesi più tardi, perfino l’Inghilterra firmò con la Francia la pace di Amiens,
Louis Francois Lejeune.
Versailles, Musée con la quale la Francia rinunciava all’Egitto – che gli inglesi avevano già ripreso –
du Château. ma manteneva le altre conquiste, compresi i Paesi Bassi.

336
L’epoca napoleonica | 10 |

L’Italia del Nord passava quindi dall’orbita austriaca a quella francese, men-
tre in Toscana nasceva un nuovo Stato fantoccio, il Regno d’Etruria, donato al-
la dinastia spagnola dei Borbone-Parma, ma che nel 1807 sarebbe tornato nelle
mani dei francesi. Nel Mediterraneo si consolidava intanto la presenza dell’In-
ghilterra, a parziale risarcimento delle pesanti concessioni che aveva dovuto fare
alla Francia. Il ruolo della Prussia in Germania era intatto e la Russia si ritirava
addirittura rafforzata; solo l’Austria, per il momento, faceva veramente le spese
della pace europea.

L’autoritarismo plebiscitario di Napoleone


La Rivoluzione in Francia era finita con il ripristino del potere personale. Ma il pro-
getto di Bonaparte era solo esteriormente simile a quello della monarchia assoluta:
infatti il disegno politico napoleonico di creare un potere personale era fondato
LESSICO non sulla gerarchia e sulla legittimità clerico-aristocratica, bensì sull’ordine e la
Carisma razionalità, sull’unità nazionale, sul consenso di tutte le classi, sia quelle ricche
Qualità personale sia quelle medie e popolari.
che genera una
forma di fascino.
Napoleone non si faceva legittimare dalla legge né dalla tradizione ma dall’ade-
Intorno a personalità sione popolare diretta, espressa nei plebisciti ( ▶ La storia nelle parole), con i qua-
«carismatiche» (uomini li chiedeva ai cittadini di approvare le sue riforme costituzionali. Però il suo pro-
politici, profeti, capi
d’industria ecc.)
getto era fragile, perché si fondava sulle vittorie e sul successo del capo, capace di
si creano gruppi di soddisfare le ambizioni e l’amor proprio di molti strati sociali. Era difficile che si
seguaci disposti a tutto trasformasse in un regime durevole, perché il suo collante risiedeva solo nell’in-
per i loro leader.
credibile carisma del Primo console.
Napoleone poteva certo contare su un larghissimo consenso, perché aveva ri-
portato l’ordine, la pace e la vittoria. Ma non riusciva a conciliarsi con le due frange
all’opposizione, apparentemente piccole minoranze ma in realtà punte affioranti
di due orientamenti politici radicati nel Paese, irriducibili custodi delle due sovra-
nità rivali, quella del popolo e quella di origine divina: i giacobini e i legittimisti,
ossia coloro che ritenevano legittima solo un’autorità fondata sul diritto divino,
sulla tradizione e sulle libertà dell’Antico regime e che volevano il ritorno in patria
dei parenti del re ghigliottinato. Napoleone schiacciava i primi e corteggiava i se-
condi, per dimostrare al mondo che aveva completamente reciso i suoi legami con
il passato rivoluzionario.
Eppure proprio i legittimisti, alla fine del 1800, organizzarono un attentato con-
tro di lui: una bomba esplose al passaggio della sua carrozza; il Primo console ne
uscì illeso, ma l’esplosione causò decine di vittime. L’episodio servì da pretesto a
Napoleone per infierire contro le opposizioni, soprattutto quella giacobina, e per
rendere ancora più repressivo l’apparato poliziesco.
Ai monarchici tese la mano cercando una conciliazione e negli stessi mesi in cui
trattava con l’Austria e con l’Inghilterra, volle la pacificazione con la Chiesa, con la
Vandea, con i mercanti di schiavi delle Indie occidentali, a cui la Rivoluzione aveva
rovinato gli affari, con i nobili emigrati, che furono autorizzati a tornare, ma an-
che con i grandi speculatori, che si erano arricchiti in dieci anni di sconvolgimenti.
Fece tutte le concessioni possibili ai nemici della Rivoluzione, tranne quella di ri-
chiamare al potere il fratello dell’ex re ghigliottinato, Luigi XVIII (Luigi XVII, figlio
dell’ex re, era morto in prigione a soli dieci anni, l’8 giugno 1795, a causa del grave
peggioramento delle sue condizioni di salute).

337
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

La prima
distribuzione delle
decorazioni della
Legione d’onore nella
Chiesa degli Invalidi
(14 luglio 1804).
Dipinto di Jean-Baptiste
Debret del 1812.
Versailles, Musée
du Château.

Napoleone imperatore per plebiscito


Dopo la firma della pace di Amiens, una delle due Camere, il Tribunato, invitò il
Senato conservatore a offrire al Primo console un segnale evidente della gratitudi-
ne nazionale. Il Senato propose di prorogare il potere di Napoleone per dieci anni,
ma il diretto interessato non giudicò sufficiente la concessione. Fu così chiesto al
popolo di proclamare, per via plebiscitaria, Napoleone «console a vita», il che nei
fatti significava ripristinare la monarchia. Il plebiscito diede un’interessante misu-
ra del consenso del regime, con tre milioni e mezzo di sì e ottomila no. Il 2 agosto
1802 Bonaparte divenne dunque console a vita.
Il regime napoleonico ambiva a trasformarsi in un istituto propriamente mo-
narchico ed ereditario, ma giacobini e legittimisti restavano sul piede di guerra.
La polizia del ministro Fouché continuava a scoprire complotti, o forse addirittura
a suscitarli ad arte per poterli poi smascherare, e perfino gli alti gradi dell’eserci-

LA COSTRUZIONE DEL POTERE PERSONALE DI NAPOLEONE

• politica repressiva a danno di giacobini e legittimisti


Legge e ordine
• rafforzamento dell’apparato poliziesco

• pace di Lunéville firmata dall’Austria (1801)


Pacificazione
• pace di Amiens firmata dall’Inghilterra (1802)

• proclamazione plebiscitaria a console a vita (1802)


Consenso popolare
• proclamazione plebiscitaria a imperatore dei francesi (1804)

338
L’epoca napoleonica | 10 |

to risultarono implicati in una cospirazione monarchica con i capi vandeani, com-


preso Victor Moreau, il più abile generale francese dopo Napoleone e quindi suo
naturale rivale. Moreau venne esiliato e riparò in America.
Altri presunti congiurati confessarono il progetto di richiamare in patria un
principe della famiglia reale, forse il duca di Enghien, che viveva nel Baden. In
quest’ultima circostanza Napoleone decise di intervenire senza indugi: nel marzo
del 1804 una squadra francese passò il Reno nottetempo, rapì il duca e lo portò a
Parigi, dove venne giudicato colpevole da un tribunale militare e fucilato. L’Eu-
ropa fu sconvolta da questo atto, che dimostrava l’imprevedibilità del governo di
Napoleone. Il consenso dell’opinione pubblica francese era indiscutibile, ma si per-
cepiva che era legato alla buona fortuna del Primo console e che la sua scomparsa
avrebbe fatto piombare il Paese nel caos. Bonaparte, dal canto suo, riteneva che il
Paese avesse bisogno di trovare una nuova stabilità sotto la guida di una dinastia
capace di sancire le conquiste sociali ed economiche della Rivoluzione includen-
dole in un quadro conservatore.
Fu così che un nuovo «senatoconsulto», nel maggio del 1804, proclamò
Napoleone «imperatore dei francesi» e istituì la dignità imperiale ereditaria
all’interno della famiglia Bonaparte. Nel plebiscito che seguì, i sì furono di nuovo
tre milioni e mezzo, i no questa volta appena duemila. Napoleone percepì la mi-
naccia che veniva da quei pochi voti contrari, e soprattutto dai milioni di persone
che non andarono a votare, e volle farsi incoronare dal papa come Carlo Magno e
i suoi maggiori successori. Egli chiamò a Parigi Pio VII e il pontefice, il 2 dicem-
bre 1804, si piegò a ratificare con la sua autorità quella che per tutti i legittimisti
era un’usurpazione.

rendum «(convocazione) per riferire». Si tratta di un


LA STORIA NELLE PAROLE
istituto giuridico che richiede al corpo elettorale
Plebiscito e referendum una decisione su precise questioni e, in quanto tale,
rappresenta uno strumento per esercitare la demo-
Plebiscito Il termine «plebiscito» viene dal latino ple-
crazia diretta. A differenza dell’uso del plebiscito,
biscitum-i, composto da plēbs-is («plebe») e scı¯tum-i
spesso iniziativa unilaterale del sovrano, quello del
(«decreto, ordine»). Si tratta di uno strumento attraver-
referendum è regolamentato; inoltre, se il plebi-
so cui il popolo esprime direttamente la sua opi-
scito nasce come proposta dall’alto, il referendum
nione su rilevanti questioni politiche, riguardanti cam-
può essere richiesto dai cittadini. Infatti, se quest’ul-
biamenti istituzionali, passaggi di sovranità oppure di
timo si inserisce in sistemi di governo basati sulla
territori da uno Stato all’altro. Nell’antica Roma il ple-
sovranità popolare, esercitata dunque in vari modi,
biscito era una deliberazione ratificata dalla plebe su
lo stesso non può dirsi del plebiscito, che prevede
proposta dei tribuni. Il termine fu ripreso nel XVIII se-
solo occasionalmente il ricorso alla consultazione
colo, con il profilarsi delle teorie sulla sovranità popo- del popolo.
lare. Il principio entrò nella Costituzione francese del L’uso moderno dei due termini, referendum e plebi-
1793 – che non entrò mai in vigore – e fu applicato scito, risale alla metà del XVIII secolo. In Italia il re-
da Napoleone Bonaparte per legittimare il suo pote- ferendum fu utilizzato una prima volta nel 1946 per
re e far approvare le sue leggi (1799, 1802, 1804). interrogare la nazione su quale forma istituzionale –
Nel Risorgimento italiano fu lo strumento per l’annes- monarchica o repubblicana – dare allo Stato e venne
sione di nuovi territori al Regno di Sardegna (e poi al poi inserito nella Costituzione repubblicana del 1948,
Regno d’Italia). nelle due forme del referendum costituzionale, per
Referendum «Referendum» è un termine latino eventuali modifiche alla Costituzione, e del referen-
estrapolato dalla locuzione (convocatio) ad refe- dum abrogativo, relativo alle leggi ordinarie.

339
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

7 Il Concordato con la Chiesa cattolica


e il Codice civile
LESSICO Il riavvicinamento alla Chiesa dopo la scristianizzazione
Laicità
Nella società civile La Rivoluzione aveva fin dall’inizio suscitato l’ostilità dei cattolici non solo per le
si definisce «laica» scelte estremiste come la scristianizzazione radicale ( ▶ cap. 9, par. 8), ma anche
la condotta di chi per la semplice affermazione della laicità dello Stato. Con la Rivoluzione, infatti,
interpreta il proprio
ruolo pubblico senza la Chiesa cattolica aveva perso in un sol colpo il suo ruolo privilegiato all’interno
vincoli imposti dalla dello Stato ed era stata equiparata a ogni altra confessione religiosa presente sul
propria fede. Secondo il territorio francese. Solo dal punto di vista assistenziale aveva mantenuto un ruo-
principio della laicità, si
può essere religiosi e al
lo specifico nei confronti della popolazione, ma con la Costituzione civile del cle-
tempo stesso laici, senza ro ( ▶ cap. 9, par. 8) approvata dalla Costituente nel luglio del 1790, era diventata a
che la sfera religiosa – tutti gli effetti uno degli «ingranaggi» dello Stato.
un’esperienza privata –
influisca sulle istituzioni.
Napoleone aveva dato numerosi segni di disponibilità per tranquillizzare l’oppo-
sizione cattolica, ma la Chiesa rimaneva legata alla dottrina tradizionale, secondo
Usurpatore
Colui che si appropria la quale il potere politico discende da Dio e quindi deve essere conferito dall’auto-
di un bene, di un diritto rità religiosa. Il Primo console rimaneva dunque un usurpatore, ma l’interesse re-
o di un potere per il ciproco spingeva Napoleone e il papa alla ricerca di un’intesa. La Chiesa cattolica
quale non ha ricevuto
legittimazione. non poteva rinunciare alla Francia, che era stata per un millennio il suo più poten-
te e prestigioso sostegno, né lo Stato francese poteva permettersi l’ostilità di una
parte così larga della opinione pubblica. Vennero perciò intavolate trattative che
si protrassero per mesi, fra il 1800 e il 1801, e si conclusero con un testo che final-
mente chiudeva dieci anni di ostilità. Il Concordato, siglato nel luglio del 1801 da
Napoleone e Pio VII, riconosceva il cattolicesimo non come religione di Stato ma
come «religione della maggioranza dei francesi».
I vescovi, sia i «costituzionali» sia i «refrattari» ( ▶ cap. 9, par. 8), sarebbero stati
destituiti e i nuovi sarebbero stati scelti dal Primo console e consacrati dal papa.
A loro volta questi vescovi avrebbero nominato i curati, che diventavano così ga-
ranti presso il popolo dell’ordine sia politico sia religioso, mentre il clero regolare,
cioè i frati e le monache, sarebbe stato invece lasciato alle esclusive dipendenze del
pontefice. L’esproprio dei beni della Chiesa, realizzato dall’Assemblea costituente,
venne riconosciuto da Roma, ma lo Stato avrebbe stipendiato il clero.

IL CONCORDATO CON LA CHIESA CATTOLICA

• scristianizzazione
Ostilità dei • laicità dello Stato
cattolici • perdita del ruolo privilegiato della Chiesa
• Napoleone considerato un usurpatore

Trattative tra • lo Stato deve sanare i rapporti con una larga parte
Napoleone dell’opinione pubblica
e la Chiesa • luglio 1801: Napoleone e Pio VII siglano il Concordato

• cattolicesimo «religione della maggioranza dei


francesi», non religione di Stato
Concordato
• vescovi scelti dal Primo console
• clero stipendiato dallo Stato

340
L’epoca napoleonica | 10 |

Il Codice Napoleone
La Rivoluzione francese aveva profondamente modificato l’insieme delle leggi del
Paese: tutti i cittadini erano ormai uguali davanti alla legge; erano state soppres-
se le corporazioni, le associazioni di mestiere che per secoli avevano annullato le
leggi della libera concorrenza; erano stati eliminati i privilegi fiscali, così come gli
statuti particolari; tutti i figli, anche illegittimi, avevano acquisito gli stessi dirit-
ti all’eredità. Gran parte di questa rivoluzione giuridica non era però ancora stata
codificata e Bonaparte si incaricò di colmare tale lacuna.
Il lavoro dei giuristi incaricati di amalgamare la legislazione francese con le
novità introdotte dalla Rivoluzione fu portato avanti dalla commissione apposi-
tamente incaricata che vi lavorò per quasi quattro anni e il Codice civile, detto poi
Codice Napoleone, venne promulgato nella primavera del 1804. I giuristi hanno
sempre sottolineato la grandissima portata culturale del lavoro di sistemazione
che il Codice civile rappresenta. Probabilmente l’opera più durevole del regime
napoleonico, quella che più ha contribuito alla costruzione del mondo moderno
e ha maggiormente influenzato gli altri Paesi, non solo europei, rimane proprio il
Codice, per la sua definizione giuridica dei due pilastri della moderna convivenza
civile: la libertà personale e il senso dello Stato.
Come tutta l’opera di Napoleone, il Codice aveva il doppio carattere di conso-
lidamento delle conquiste rivoluzionarie e di parziale ritorno all’Antico regime. Il
Codice confermò la scomparsa dell’aristocrazia, l’uguaglianza di tutti i cittadini
di fronte alla legge, la laicità dello Stato, la libertà personale, di impresa, di lavoro.
Un processo in un
tribunale francese in Tuttavia il suo scopo era anche quello di rassicurare dal pericolo di eccessi eguali-
epoca napoleonica. tari una borghesia provata da quindici anni di Rivoluzione.

341
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

La proprietà diventava il primo di tutti i diritti naturali, mentre il lavoro, che


la Rivoluzione aveva garantito in quanto applicazione del diritto primario all’esi-
stenza, non veniva più menzionato. Anzi, il Codice contravveniva proprio al prin-
cipio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge garantendo la preva-
lenza della parola del datore di lavoro nei casi di conflitto e in assenza di contratti
scritti. Contemporaneamente veniva rinnovato il divieto di creare organizzazioni
operaie, la schiavitù veniva mantenuta e perfino ripristinata nelle colonie dove i
rivoluzionari l’avevano abolita.
Ma la grande forza giuridica e intellettuale del Codice Napoleone deriva dalla
centralità dell’interesse dello Stato. Il diritto di proprietà veniva circoscritto entro
i confini dell’utilità generale ed era prevista l’espropriazione in funzione del be-
ne pubblico, dal momento che l’interesse dello Stato era dichiarato prevalente in
ogni caso, come già affermato dalla Dichiarazione dei diritti del 1789 e ora sancito
formalmente dal Codice.
L’attività di codificazione andò di pari passo con quella di riordinamento gene-
rale della funzione pubblica. I giudici non furono più eletti ma nominati dallo Sta-
to, che tuttavia non li poteva rimuovere dall’incarico. La riscossione delle imposte
dirette fu sottratta ai poteri locali, venne creata la Banca di Francia e definito il va-
lore della moneta, il franco, sulla base del suo contenuto aureo, stabilito per legge.
L’insegnamento venne sottratto all’iniziativa dei privati e inquadrato in una strut-
tura nazionale e così l’assistenza, che divenne un servizio pubblico statale, mentre
gli istituti di beneficenza furono sottoposti a regolamentazione.

Gli interventi per rafforzare la famiglia


La centralità dello Stato si esprimeva anche, anzi principalmente, nella difesa
dell’ordine pubblico. La famiglia veniva rafforzata anche a spese della libertà in-
dividuale, rappresentando una tutela naturale del principio di autorità.
Il capofamiglia, il cui ruolo giuridico era stato indebolito dalla Rivoluzione,
poteva far recludere i figli, senza intervento dell’autorità giudiziaria, per un pe-
riodo non superiore ai sei mesi ed era padrone dei loro beni, così come ammi-
nistrava quelli della moglie, di cui poteva anche in notevole misura disporre.
Ma doveva sottostare alla legge per quanto riguardava la facoltà di fare testa-
mento. Questa disposizione era importante poiché l’aristocrazia aveva per se-
coli tutelato l’integrità dei propri patrimoni con il diritto di trasmetterli interi
ai primogeniti. Il Codice Napoleone abolì per sempre questa facoltà, impeden-
do così che la potenza della famiglia si affermasse fino al punto di sovrapporsi
all’interesse dello Stato.

IL CODICE NAPOLEONE

• conferma della scomparsa dell’aristocrazia


• uguaglianza di tutti i cittadini di fronte
• Necessità di codificare e tutelare
alla legge
le innovazioni giuridiche
Codice Napoleone • laicità dello Stato
introdotte con la Rivoluzione
(1804) • libertà personale, di impresa e di lavoro
• Necessità di rendere coerente il
• divieto di creare organizzazioni operaie
patrimonio legislativo
• schiavitù ripristinata nelle colonie
• perdita dei diritti civili delle donne

342
L’epoca napoleonica | 10 |

La donna perdeva però la sua parità civile, così recentemente conquistata.


Infatti, le riforme del diritto civile operate dalla Convenzione (1792) erano nate
con l’obiettivo di costruire relazioni più eque all’interno della famiglia e di libe-
rare quest’ultima dalle ingerenze dello Stato e della Chiesa: in questa direzione
si era andati con l’istituzione del matrimonio civile (1791), fondato sul libero
consenso e ben distinto da quello religioso, e del divorzio (1792), per ricorrere
al quale i diritti dei due coniugi erano uguali. Nel Codice Napoleone, invece, si
riteneva che l’infedeltà di una donna avesse effetti più pericolosi; così l’adulte-
rio del marito veniva considerato giusta causa del divorzio solo se costui aveva
tenuto in casa l’amante.
Più in generale, il Codice civile considerò le donne affette da debolezza fisica e
intellettuale, ragion per cui perdevano molti dei loro diritti civili (di proprietà, di
comparire in giudizio) e dovevano essere sempre sottomesse a un tutore. Inoltre
la loro autorità sui figli era subordinata a quella del padre. Infine, al di fuori del
matrimonio, non veniva più protetto il diritto delle donne madri di figli illegittimi
a richiederne il riconoscimento e la tutela da parte del padre.
La famiglia e la sua solidità patrimoniale venivano così salvaguardate a spese
delle situazioni irregolari, ma non contro l’interesse dello Stato.
Il Codice Napoleone, nella sua duplice natura di consolidamento delle conquiste
rivoluzionarie e di smussamento delle loro punte più progressiste, costituisce una
tappa fondamentale nella creazione del diritto moderno: mai più abbandonato,
ha da allora in poi rappresentato il quadro generale di riferimento per i rapporti
giuridici dei cittadini sia fra loro sia con lo Stato e ha garantito in larga misura la
tutela della proprietà, della libertà, del pubblico interesse, con quel particolare ed
equilibrato miscuglio che caratterizza la società borghese ottocentesca.

LE FONTI In contraddizione con il pensiero illuminista e rivoluzionario


che poneva l’individuo alla base della società, il Codice Na-
La famiglia poleone mise a fondamento dello Stato la famiglia, in cui mo-
nel Codice glie e figli, dotati di minore capacità razionale – a detta del
legislatore –, erano sottoposti all’autorità del capofamiglia. Si
Napoleone riportano alcuni articoli del Codice riguardanti questi aspetti.

Art. 148 – Il figlio che non è giunto all’età di venticinque anni compiti,
la figlia che non ha compito gli anni ventuno, non possono contrarre
matrimonio senza il consenso del padre e della madre; in caso che siano
discordi, il consenso del padre è sufficiente […].
Art. 214 – La moglie è obbligata ad abitare col marito, e a seguitarlo
ovunque egli crede opportuno di stabilire la sua residenza […].
Art. 215 – La moglie non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del
marito, quand’anche ella esercitasse pubblicamente la mercatura […].
Art. 217 – La donna, ancorché non sia in comunione e sia separata di
beni, non può donare, alienare, ipotecare, acquistare, a titolo gratuito od
oneroso, senza che il marito concorra nell’atto, o presti il consenso in
iscritto.
(da Codice di Napoleone il Grande, trad. uff., Molini, Landi e Comp.,
Firenze 1808, pp. 35-36, 46-47)

343
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

8 La sconfitta delle coalizioni


e il «Grande Impero»
La terza coalizione antifrancese
La pace sancita ad Amiens nel 1802 non durò e l’Impero francese si trovò presto
di nuovo in guerra. Gli inglesi non si erano mai fidati di Napoleone e intendevano
abbatterlo, anche perché avevano firmato una pace che lasciava alla Francia molto
più potere di quanto avesse mai raggiunto prima di allora. Tutte le Indie occiden-
tali, perse con la guerra dei Sette anni, erano tornate in possesso della Francia, che
ora controllava il Belgio, l’Olanda, la Germania occidentale e l’Italia settentrionale,
cioè molto più di quanto perfino Luigi XIV, il Re Sole, avesse mai sognato.
Una clausola del trattato di pace prevedeva il ritiro dell’Inghilterra da Malta, ma
gli inglesi non abbandonarono l’isola e la guerra ricominciò nella primavera del
1803. Napoleone fece occupare Hannover, nella Germania settentrionale, che era
proprietà personale dei sovrani inglesi, e preparò a Boulogne, sulle rive della Ma-
nica, un grande concentramento di forze per invadere la Gran Bretagna.
Per tutto il 1804 Napoleone riunì truppe e studiò progetti per attirare altrove e
battere la flotta inglese; d’altro canto non fu difficile per gli inglesi trovare alleati
sul continente, poiché la politica espansionistica bonapartista preoccupava tutti:
la proclamazione dell’Impero, l’egemonia incontrastata sulla Germania e sull’Ita-
La battaglia
di Austerlitz lia, l’assassinio del duca di Enghien rappresentavano segnali estremamente preoc-
(2 dicembre 1805). cupanti dell’aggressività francese. Dopo la prima (1793-97) e la seconda coalizio-
Dipinto di François ne (1799-1802) antifrancesi, nel 1805 si formò la terza coalizione fra Inghilterra,
Gérard del 1810.
Versailles, Musée Austria e Russia, che costrinse Napoleone ad allontanare la propria macchina da
du Château. guerra dalla Manica per rovesciarla sull’Europa centrale.

344
L’epoca napoleonica | 10 |

Inoltre, con le sue maree e le sue tempeste, la Manica costituiva un ostacolo dif-
ficilissimo da superare per un grande esercito, considerando che la supremazia
navale britannica restava praticamente incontrastabile. Nell’autunno del 1805
Napoleone dovette quindi rinunciare all’invasione dell’Inghilterra. La flotta fran-
cese, insieme all’alleato spagnolo, cercò di attirare quella britannica lontano dal
teatro delle operazioni, ma in ottobre fu distrutta dagli inglesi al largo del Capo
Trafalgar, presso Cadice. L’ammiraglio Nelson rimase ucciso nella battaglia, ma
le forze navali franco-spagnole da allora non poterono più nemmeno pensare di
competere con quelle inglesi.

I successi continentali di Napoleone


Sulla terraferma, invece, nessuno poteva tener testa all’imperatore. Napoleone at-
taccò gli austriaci in Baviera e, dopo averli bloccati, li costrinse a capitolare a Ulm,
quasi nelle stesse ore della battaglia di Trafalgar; qualche giorno dopo entrò a
Vienna. Il 2 dicembre affrontò gli austro-russi ad Austerlitz, in Moravia, nella bat-
taglia «dei tre imperatori», poiché contro Napoleone erano presenti sul campo
sia Francesco II d’Asburgo sia lo zar Alessandro I. Malgrado la superiorità numeri-
ca, gli austro-russi furono annientati e la terza coalizione si sciolse, confermando
che l’Inghilterra e l’Impero francese, ognuno sul proprio elemento – l’oceano e il
continente europeo – erano imbattibili.
Ma, per la natura stessa del suo regime interno, fondato solo sul potere militare, la
Francia era destinata all’isolamento internazionale, mentre l’Inghilterra costruiva
alleanze e rafforzava i suoi contatti commerciali, favoriti dalla sua preponderanza
sui mari. Napoleone perciò era in gara contro il tempo, che giocava contro di lui,
e la sua azione di governo si rivelò sempre più dipendente dalla vittoria militare.

La Prussia e la quarta coalizione antifrancese


Passarono alcuni mesi, durante i quali Napoleone fondò la Confederazione del
Reno, un primo embrione di unità tedesca, subordinata alla politica egemonica del-
la Francia. L’influenza della Rivoluzione francese, con il suo patrimonio legislativo
e istituzionale, si estendeva così a tutta la Germania occidentale.
Intanto, il 6 agosto 1806, Francesco II d’Asburgo rinunciò alla corona imperiale
tedesca: il Sacro Romano Impero cessava di esistere dopo otto secoli e l’Austria per-
deva ogni influenza sull’area germanica, né l’avrebbe mai più recuperata. Il suo do-
minio sul mondo tedesco era contrastato dall’egemonia prussiana, che si era affer-
mata nei decenni precedenti e in quelli seguenti avrebbe prevalso definitivamente.
Alla sconfitta della terza coalizione reagì, appunto, la Prussia, che era in pace con
la Francia da dieci anni. Uscita molto presto dalla prima coalizione per avere mano
libera nella spartizione della Polonia, non aveva aderito né alla seconda né alla ter-
za, quindi non si era mai cimentata con Napoleone. E, poiché veniva considerata, e
soprattutto si considerava, militarmente imbattibile, decise di scendere in campo.
Nacque così la quarta coalizione antifrancese, fra Prussia, Inghilterra e Rus-
sia ma, fra il 1806 e il 1807, anche questa coalizione fu annientata. Il 14 ottobre
1806 l’esercito prussiano venne tagliato in due e sbaragliato dai francesi, a Jena
da Napoleone e ad Auerstädt dal generale Louis-Nicolas Davout. Napoleone oc-
cupò Berlino e pochi mesi dopo anche lo zar, ripetutamente battuto, dovette chie-
dere un armistizio.

345
L’entrata trionfale L’apogeo dell’espansione francese sotto Napoleone
di Napoleone a
Napoleone e Alessandro I si incontrarono a Tilsit il 25 giugno 1807, su una zat-
Berlino il 27 ottobre
1806. Dipinto di Charles tera ancorata al centro del Niemen, il fiume che segnava il confine russo, separan-
Meynier del 1810. do la Polonia occidentale annessa dalla Prussia, e ora «liberata» da Napoleone,
Versailles, Musée
da quella orientale, incorporata nella Russia. In quell’incontro i due imperatori si
du Château.
spartirono l’Europa.
La Prussia perse una buona parte delle sue province: quelle orientali polac-
che formarono il Granducato di Varsavia, quelle occidentali il Regno di Vestfalia.
Il primo andò a un principe tedesco alleato della Francia, il secondo a Girolamo
Bonaparte, uno dei fratelli di Napoleone, divenendo un caposaldo francese nel-
la Confederazione del Reno. Una clausola segreta del trattato di Tilsit prevedeva
anche che la Russia e la Francia si spartissero l’Impero ottomano.
A questo punto era l’Inghilterra a trovarsi isolata. Napoleone e Alessandro I sem-
bravano aver concluso un accordo perfetto, fondato su una comunanza di sogni di
grandezza e di gloria, ma in realtà tale comunanza era frutto di un duplice delirio
di onnipotenza e sarebbe durata solo cinque anni, anche se, per il momento, sem-
brava coronare la vittoria francese sul continente europeo.
La Spagna, dopo il disastro di Trafalgar, aveva pensato di passare dalla parte
degli inglesi, ma non ne ebbe il tempo e la battaglia di Jena le fece cambiare idea.
Napoleone trovò comunque un pretesto per far abdicare nel 1808 il re a favore di
Giuseppe Bonaparte (1768-1844), suo fratello maggiore. Nel 1809 l’Austria, ap-
profittando delle difficoltà che i francesi incontravano con gli spagnoli, formò con
gli inglesi la quinta coalizione. Per la seconda volta, però, Vienna fu occupata e l’e-
sercito austriaco distrutto, a Wagram, nel luglio del 1809. L’avventura napoleonica
raggiunse così il suo apogeo. A parte l’Inghilterra, la Francia aveva ormai elimina-

346
L’epoca napoleonica | 10 |

I REGNI ITALIANI DAL 1806 AL 1810 REGNO


1806 1810
DI BAVIERA
REP. REGNO REP.
ELVETICA DI BAVIERA ELVETICA IMPERO D’AUSTRIA
IMPERO D’AUSTRIA
REP.
VALLESE PROVINCE
REGNO D’ITALIA ILLIRICHE
REGNO D’ITALIA (FRANCIA)

IMPERO IMPERO
FRANCESE REP. DI SAN MARINO IMPERO FRANCESE IMPERO
REP. DI SAN MARINO
OTTOMANO OTTOMANO
PRINCIPATO PRINCIPATO
DI LUCCA REGNO DALMAZIA DI LUCCA
(REGNO D’ITALIA)
D’ETRURIA ETRURIA Mar
STATO (FRANCIA) Adriatico
Mar PRINCIPATO
DELLA Adriatico DI PIOMBINO
PRINCIPATO CHIESA
PRINCIPATO DI PRINCIPATO DI
DI PIOMBINO PONTECORVO PONTECORVO
PRINCIPATO DI PRINCIPATO DI
BENEVENTO BENEVENTO
Mar Tirreno REGNO REGNO
REGNO DI DI NAPOLI REGNO DI Mar Tirreno DI NAPOLI
SARDEGNA SARDEGNA

Mar Mar
Ionio Ionio
Mar Mediterraneo
Mar Mediterraneo
REGNO REGNO
DI SICILIA DI SICILIA

Leggi le carte
• Quale destino subì lo Stato pontificio tra il 1806 e il 1810?
• A quale potenza fu affidato inizialmente il Regno d’Etruria prima di tornare nelle mani francesi nel 1808?

to tutti i suoi nemici e dominava l’intero continente. Il territorio stesso dell’Im-


pero francese era quasi raddoppiato rispetto ai confini del 1789, con l’annessione
di una parte dell’Italia (cioè la Toscana e Roma, oltre al Piemonte), dell’Olanda e
di Amburgo, della costa orientale dell’Adriatico. Persino la Svezia e la Danimarca
entrarono nell’orbita francese, mentre ne erano rimaste fuori solo la Sardegna, la
Sicilia e il Portogallo.

La spartizione del potere in Italia


Anche nella Penisola italiana il dominio francese era pressoché totale. Nell’Italia
settentrionale, la Repubblica Cisalpina era cresciuta e diventata dapprima Repub-
F1 Un discorso di blica Italiana, poi Regno d’Italia; ne era re lo stesso Napoleone e viceré Eugenio di
Napoleone al Consiglio
Beauharnais (1781-1824), figlio di primo letto della moglie dell’imperatore, Giu-
di Stato del Regno
d’Italia, p. 361 seppina. Il Regno di Napoli, che dopo la tragedia della Repubblica Napoletana era
tornato ai Borbone, fu assegnato nel 1805, dopo la vittoria di Austerlitz, a Giuseppe

L’ITALIA SETTENTRIONALE NAPOLEONICA

• Repubblica Repubblica Cisalpina (1797) Repubblica italiana (1802) Regno d’Italia (1805)
Cispadana (1796) • Milano capitale • Milano capitale • Milano capitale
• Repubblica • governo moderato • potere esecutivo a • Napoleone re d’Italia
Transpadana (1796) Napoleone

347
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

Bonaparte. Quando, tre anni dopo, quest’ultimo ebbe il trono di Spagna, al suo po-
sto venne insediato uno dei più fedeli generali di Napoleone nonché suo cognato:
Gioacchino Murat (1767-1815).
Napoleone aveva costruito un edificio immenso che aveva, però, i suoi elemen-
ti di fragilità. Senza figli a cui lasciare la sua eredità, privo di legittimazione a re-
gnare – non possedeva la legittimità che viene dalla tradizione né quella che viene
dalla legge – Napoleone la cercò in un nuovo matrimonio che lo legasse a una ca-
sa regnante e gli potesse dare l’agognato erede: divorziò da Giuseppina e ottenne
la mano di Maria Luisa d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria, con cui celebrò
il matrimonio nel 1810; ne ebbe un figlio, Napoleone Francesco Giuseppe, il «re
di Roma», poi deceduto in giovane età a Vienna, dove, dopo la sconfitta definitiva
del padre, era tenuto in uno stato di dorata semiprigionia.

Il potere assoluto dei Bonaparte


Nel 1811 l’imperatore dei francesi sembrava aver coronato il suo sogno: quello di
portare la Francia rivoluzionaria sotto il proprio potere, assoggettando l’Europa
intera non a un nuovo sistema politico o sociale o morale ma a una nuova dinastia
S1 Parigi, «Archivio conquistatrice, la propria. Napoleone cercava di farsi riconoscere da tutte le corti
del mondo», p. 362
d’Europa, di dare stabilità al suo regime, ma gli mancava il tempo necessario, iso-
lato com’era nel regime ambiguo da lui creato: l’originale sintesi di rivoluzione
e di dispotismo avrebbe dovuto consolidarsi nella pace, mentre tutti i suoi sforzi
erano rivolti alla guerra.
Il suo tentativo di imitare le monarchie assolute aveva perfino un aspetto grot-
tesco. I fratelli dell’imperatore erano stati insigniti di onori regali: Giuseppe pri-
ma a Napoli e poi a Madrid, Girolamo in Vestfalia, Luigi in Olanda. Anche le so-
relle si erano viste riconoscere titoli e onori: Paolina era duchessa di Guastalla,
Elisa principessa di Lucca e Carolina, moglie di Murat, regina di Napoli. L’Impero
prodotto dalla Rivoluzione «borghese» sembrava tornare a una concezione pa-
trimoniale dello Stato e l’Europa veniva assegnata quasi in proprietà privata alla
famiglia Bonaparte.
Per i suoi generali, l’imperatore aveva inventato i più grandi titoli nobiliari. Na-
poleone e i suoi compagni di avventura incarnavano a loro modo un modello ri-
voluzionario: non più in senso sociale o politico, come i giacobini, ma nel senso
dello straordinario destino personale, poiché rappresentavano l’immagine dell’uo-
mo nuovo, apparentemente arbitro della propria fortuna. Ogni soldato francese, si
diceva, portava nel suo zaino il bastone da maresciallo. L’insegnamento che questi
uomini lasciavano al XIX secolo era, da questo punto di vista, uno dei più impres-
sionanti, dei più drammatici e anche dei più carichi di conseguenze.

L’EUROPA IN MANO AI BONAPARTE

Giuseppe (prima Napoli, poi Madrid)


• Nuova dinastia Girolamo (Vestfalia)
• concezione
conquistatrice Luigi (Olanda)
patrimoniale dello Stato
• Imitazione delle Paolina (Guastalla)
• spartizione dell’Europa
monarchie assolute Elisa (Lucca)
Carolina (Napoli)

348
L’epoca napoleonica | 10 |

9 Il blocco continentale
e la resistenza spagnola
Il prezzo della guerra tra Inghilterra e Francia
Da decenni in Francia si riteneva che la potenza economica inglese, basata sul
commercio, soprattutto transoceanico, e la finanza, fosse fragile e che invece un’e-
conomia forte dovesse fondarsi, come appunto accadeva in Francia, su una solida
produzione agricola. Essendo Francia e Inghilterra, dal punto di vista militare, re-
ciprocamente quasi invulnerabili, le due potenze ricorrevano ciascuna al tentativo
di strangolare il commercio dell’altra per distruggerla economicamente. Soprattutto
l’Inghilterra avrebbe corso gravi pericoli se le sue esportazioni fossero state colpi-
te in modo massiccio: la ricchezza inglese si fondava infatti sul sistema bancario e
commerciale, e il Paese sarebbe andato incontro a una crisi finanziaria travolgente
se non avesse più potuto esportare le proprie merci.
Fin dall’inizio delle reciproche ostilità l’Inghilterra aveva dichiarato la Francia in
«stato di blocco», facendo incrociare la propria flotta davanti ai porti francesi per
intercettare tutte le navi della Francia o dei suoi alleati; la Francia non poteva fare
altrettanto e rispondeva impedendo l’accesso ai propri porti delle merci inglesi. Il
danno per i due contendenti rimaneva comunque limitato, perché le rispettive mer-
ci continuavano a essere commerciate dai Paesi neutrali (Stati Uniti, Danimarca e
altri), che rifornivano i mercati dei Paesi belligeranti, facendo peraltro ottimi affari.
Con l’estendersi del controllo francese sul continente, gli inglesi non potevano
più bloccare materialmente tutti i porti. Padroni com’erano del mare, potevano però

L’IMPERO FRANCESE AL MOMENTO DEL SUO APOGEO E IL BLOCCO CONTINENTALE (1806)

Impero francese Åbo Borgå


NORVEGIA Oslo
Annessioni Stoccolma San Pietroburgo
180

francesi dal 1804


Mare
8-0

Stati guidati da SVEZIA


9

del Nord
sovrani napoleonici Mosca
DANIMARCA
Stati dipendenti
GRAN Copenaghen
dalla Francia Helgoland Tilsit
BRETAGNA 1807 Danzica 12 IMPERO RUSSO
Direttrici
18

dell’espansione PRUSSIA
Londra
francese Berlino Varsavia Bialistok
Isole della VESTFALIA 1807 1807
Direttrici Manica
dell’espansione Boulogne CONFEDERAZIONE GRANDUCATO
russa Parigi DEL RENO DI VARSAVIA
Tarnopol
1806 Praga 1809
Annessioni russe Oceano Atlantico Fontainebleau
dal 1807 Ulm Vienna BESSARABIA
12

Basi britanniche SVIZZERA MOLDAVIA


06-

IMPERO D’AUSTRIA
18

Blocco continentale Milano PROVINCE


VALACCHIA
8

REGNO ILLIRICHE
80

1 Belgrado
d al D’ITALIA
Tolone Genova SERBIA Bucarest
1805 ETRURIA Mar Nero
Lisbona Madrid CATALOGNA
Leggi la carta Ragusa MONTENEGRO
Barcellona Roma 1805
REGNO 1805
• Quali territori furono DI SPAGNA Napoli IMPERO OTTOMANO
annessi direttamente Cadice REGNO
Cartagena DI SARDEGNA REGNO
alla Francia in Italia e DI NAPOLI
nel resto d’Europa? Gibilterra Mar Mediterraneo Isole
REGNO Ionie
• Quali Stati furono Melilla (Spagna) DI SICILIA 1809
invece affidati a Malta
sovrani napoleonici? 1800

349
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

intercettare i vascelli neutrali anche in navigazione e cominciarono a verificare in


alto mare i documenti commerciali dei battelli di qualunque Paese. Questa politi-
ca così aggressiva da parte degli inglesi originò una lega dei Paesi neutrali per la
difesa dei diritti della libertà di commercio e di navigazione.
Nel novembre del 1806, da Berlino, Napoleone riorganizzò le misure commer-
ciali antibritanniche in un sistema che egli stesso chiamò «blocco continentale».
A Tilsit, pochi mesi dopo, ottenne da Alessandro I l’adesione della Russia al blocco
e alla fine dello stesso 1807 emanò ulteriori disposizioni restrittive: tutte le merci
inglesi erano sottoposte a sequestro, così come tutte le merci provenienti dalle co-
lonie britanniche, considerate inglesi anch’esse; tutte le corrispondenze da e per
l’Inghilterra dovevano essere intercettate; tutti i sudditi britannici erano passibili
di arresto; tutte le navi di potenze neutrali che avessero fatto scalo in porti inglesi
erano interdette dai porti continentali e soggette a sequestro, se avessero falsifi-
cato i documenti di viaggio.
A sua volta l’Inghilterra inasprì le misure di blocco. Nessun Paese neutrale avreb-
be più potuto commerciare con la Francia senza fare prima scalo in un porto inglese
e senza pagare quindi le tasse di importazione all’Inghilterra. Da questo momento
i neutrali non ebbero più scampo, poiché, se le loro navi non facevano scalo in un
porto britannico, potevano essere sequestrate dagli inglesi mentre se lo facevano
diventavano prede di guerra per i francesi.

Le difficoltà del blocco continentale


Il blocco navale inglese e il blocco continentale francese non avevano però le stesse
ambizioni. Il blocco britannico non poteva pensare di affamare il continente euro-
peo, ma solo di negargli i prodotti coloniali (tè, caffè, cacao, tabacco, zucchero, co-
tone) e di dissestarne l’industria, privandola dei macchinari inglesi. Ma il mercato
continentale era molto vasto e l’esclusione della concorrenza inglese poteva offrire,
alla lunga, un vantaggio all’industria francese. Quanto alle derrate coloniali, alcune
di esse potevano essere sostituite con surrogati, come per esempio lo zucchero che
cominciò a essere estratto dalla barbabietola, coltivabile in Europa.
Ma il blocco continentale francese si proponeva molto di più: distruggere finan-
ziariamente l’Inghilterra, provocando una situazione di sovrapproduzione indu-
striale con una conseguente disoccupazione di massa e una crisi sociale generaliz-
zata. Il suo scopo era di impedire i movimenti dei capitali e degli interessi inglesi,
il che era materialmente più arduo da controllare. Perché fosse efficace, il blocco
doveva dunque essere totale. Tutti i mercati europei dovevano essere controllati e
fu proprio questa esigenza a spingere Napoleone ad annettere all’Impero france-
se l’Olanda e la Germania settentrionale, affinché nel mare del Nord non passas-
se più nulla, e gran parte dell’Italia e delle coste croate dell’Adriatico, in modo che
anche nel Mediterraneo i traffici inglesi, specie con l’Austria, si interrompessero.
Ma Napoleone non poteva esercitare un controllo tanto vasto. Il Baltico non fu
mai del tutto precluso alle navi inglesi: questo fatto rimase una spina nell’amicizia
franco-russa, una causa non secondaria della rottura della pace di Tilsit e quindi
della campagna di Russia, che avrebbe provocato il crollo finale dell’Impero napo-
leonico. Anche la Penisola iberica era difficile da sottrarre all’influenza commer-
ciale inglese, in particolare il Portogallo, intimamente legato alla Gran Bretagna
da rapporti economici.

350
3 maggio 1808.
Dipinto di Francisco
Goya (1814). Madrid,
Museo del Prado.

Leggi l’immagine
• La scelta di ritrarre
il condannato con
una camicia bianca
che contrasta con
le tinte cupe del
dipinto ha un valore
simbolico: quale?
• Quali particolari
enfatizzano la
violenza dell’evento?

I blocchi commerciali sono misure lente e di difficile applicazione: sono affida-


ti a controlli capillari, complicati da organizzare e perennemente dipendenti dallo
zelo di funzionari corruttibili; inoltre richiedono un apparato militare estesissimo
e onnipresente, in grado di chiudere qualunque via ai traffici. A fronte di questi
sforzi giganteschi da parte francese, però, solo dopo un anno l’Inghilterra comin-
ciò a soffrire un calo consistente delle esportazioni: ce ne sarebbero voluti molti
altri perché la sua economia subisse danni davvero irreparabili.

La Spagna sotto il controllo francese


In Spagna, al posto del debole re Carlo IV, governava il primo ministro Manuel
Godoy (1767-1851), da anni fautore dell’alleanza con la Francia. Nel marzo del
1808 una sommossa popolare, scoppiata ad Aranjuez contro il primo ministro, co-
strinse Carlo IV ad abdicare, senza che però l’erede, Ferdinando VII, sapesse o po-
tesse prendere in mano la direzione del Paese.
Fin dall’autunno del 1807 truppe francesi attraversavano regolarmente la Spa-
gna, poiché avevano attaccato e occupato il Portogallo per imporgli il blocco con-
tinentale. I francesi approfittarono della sommossa per convocare l’ex re Carlo IV
e il figlio a Bayonne, nel Sud della Francia, con il proposito di destituirli entrambi
e assumere direttamente il governo del Paese.
La Spagna divenne quindi a tutti gli effetti un Paese satellite dell’Impero napo-
leonico. Mentre la corte spagnola si trovava semiprigioniera a Bayonne, a Madrid,
il 2 maggio, il popolo insorse contro le truppe francesi che occupavano la capita-
le, provocando una terribile repressione. Il vecchio re lasciò il potere a Napoleone,
che assegnò il trono spagnolo al fratello Giuseppe. Il Regno di Napoli, che Giuseppe
governava da tre anni, passò a Murat. Ma la Spagna era ormai in fiamme e si de-
lineava una guerra di indipendenza. Come in Vandea ( ▶ cap. 9, par. 7) e a Napoli
( ▶ par. 3), tutta la popolazione prendeva le armi.

La guerra di popolo e la Costituzione di Cadice


Fu una lotta accanita, che coinvolgeva tutti gli strati sociali e metteva d’accordo tutte
le posizioni politiche, dal tradizionalismo cattolico più oscurantista all’opposizio-
ne liberale che traeva ispirazione dalla Rivoluzione francese stessa, al particolari-

351
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

smo municipale sopravvissuto a due o tre secoli di monarchia assoluta. Si trattò di


una guerra di popolo, di una rivoluzione contro i francesi invasori e contro i vec-
chi politici asserviti agli invasori, una rivoluzione, però, che si trovò a combattere
nel campo cosiddetto «controrivoluzionario».
Come sempre succede nella guerra di popolo, non si combatté in campo aperto
ma con agguati e scontri dispersi. Gli spagnoli la chiamarono guerrilla («piccola
guerra»), e da allora il nome è rimasto per indicare questa strategia di combatti-
mento. Per la prima volta dall’inizio dell’avventura napoleonica l’esercito francese
dovette capitolare.
Napoleone in persona accorse nella Penisola iberica, riconquistò Madrid, poi
Saragozza, Gerona e Siviglia, combattendo per tutto il 1809, ma la resistenza spa-
gnola continuava a mantenersi viva, diretta da una giunta arroccata a Cadice, sulla
costa meridionale atlantica, e sostenuta dagli inglesi. Fu una lotta senza esclusio-
ne di colpi, con atrocità da una parte e dall’altra, come già era avvenuto in Vandea.
Come Napoleone aveva riassunto nella sua politica Rivoluzione e ritorno all’An-
tico regime, così fece anche, nel campo opposto, la guerriglia spagnola. Essa, da un
lato si servì del tradizionalismo del clero in lotta contro Napoleone, «l’Anticristo»;
dall’altro, vide all’opera una giunta rivoluzionaria che difendeva l’onore del Pae-
se contro la vecchia casa regnante legittima, che lo aveva svenduto ai francesi. Si
riunì un Parlamento per dar vita a una costituzione ispirata a quella francese del
1791. Il risultato che produsse nel 1812, la Costituzione di Cadice, sarebbe servi-
to da punto di riferimento per gran parte del movimento liberale rivoluzionario
ottocentesco. Era una Costituzione fondata sulla rappresentanza popolare, che
costringeva il re e il potere esecutivo entro ambiti estremamente ristretti. Nasce-
va, sulla carta, una Spagna centralista, laica e borghese: una Spagna, però, che dal
punto di vista della composizione sociale ancora non esisteva.

LA GUERRA D’INDIPENDENZA IN SPAGNA (1805-08)

Tolosa
Baiona
La Coruña Oviedo Bilbao IMPERO
Vitoria FRANCESE
Pamplona Figueras
Astorga Burgos CATALOGNA
(dal 1812 Girona
alla Francia)
Bragança Benavente Valladolid Saragozza Barcellona
Porto
Salamanca Colle di
Somosierra Tortesa Mar Mediterraneo
Arapiles Madrid
Fuentes
de Oñoro Ocaña Palma
Valencia
REGNO DI SPAGNA
Badajoz
Medellin
Lisbona Albuera
REGNO DI Alicante Offensive francesi
Leggi la carta
PORTOGALLO Cordova Bailén Offensive inglesi
• Individua i centri (occupato dalla Cartagena
Francia nel Territori occupati
dove scoppiarono le 1807-08) Siviglia dai francesi
Granada
insurrezioni spagnole nell’agosto 1808
Malaga
contro i francesi. Cadice Territori occupati
Gibilterra dagli inglesi
• Quali territori furono Trafalgar
Oceano Atlantico 1805 Ceuta Centri dell’insurrezione
occupati dalle truppe Tangeri spagnola
inglesi?

352
L’epoca napoleonica | 10 |

10 La campagna di Russia
e la caduta di Napoleone
Le motivazioni e l’inizio della spedizione francese in Russia
La Russia non aveva niente da guadagnare dal blocco continentale. Dall’alleanza
con i francesi – sancita dall’incontro a Tilsit del 1807 tra Napoleone e Alessandro I
( ▶ par. 8) – avrebbe dovuto ottenere l’espansione in Oriente, ma la guerra contro
l’Impero, intrapresa nel 1809-10, non dava nessun risultato, tanto più che i turchi
tendevano ad avvicinarsi allo stesso Bonaparte.
Nel frattempo si erano accumulate tensioni tra i due imperatori: a Napoleone
era parso che lo zar Alessandro I sostenesse gli austriaci contro di lui e ad Ales-
sandro risultava che Napoleone, per danneggiarlo, appoggiasse gli svedesi. Lo zar
non voleva più aderire al blocco continentale, che frenava le esportazioni russe di
legname e di altre materie prime e, inoltre, era insoddisfatto di come erano stati
riorganizzati i territori polacchi dall’imperatore francese.
La Russia era l’ultima potenza rimasta indipendente sul continente europeo,
quella che ancora poteva dialogare, e commerciare, con l’Inghilterra, ma sembrava
comunque più debole militarmente rispetto alla Francia. Napoleone ritenne così
Il passaggio opportuno costringere con la forza lo zar alla fedeltà nei confronti degli impegni
delle truppe francesi presi e mobilitò una macchina bellica imponente: la Grande armata di 700.000
sul fiume Beresina uomini, che si concentrò sulle rive del Baltico per dare l’assalto alla Russia. Non
durante la Campagna
di Russia nel più di 300.000 erano francesi, tutti gli altri provenivano dai territori assoggettati
novembre del 1812. all’Impero. I contemporanei ebbero l’impressione di qualcosa di apocalittico: una
Dipinto di Peter grande invasione dei popoli occidentali che si stava preparando contro l’Oriente,
von Hess del 1844.
San Pietroburgo, quasi la ripetizione al contrario delle invasioni barbariche che avevano abbattuto
Museo dell’Ermitage. l’Impero romano.

353
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

La Grande armata passò il fiume Niemen nel giugno del 1812 e puntò su Mosca.
Napoleone si guardò bene dal promettere l’abolizione della servitù ai contadini rus-
si; questi rimasero fedeli al loro sovrano e alle loro strutture sociali facendo terra
bruciata intorno ai francesi. L’esercito napoleonico non poteva più trovare approv-
vigionamenti sui territori che via via occupava e dovette proiettarsi in avanti, con
poche risorse, rallentando la sua marcia più di quanto Napoleone avesse immagi-
nato, mentre l’esercito russo si ritirava senza accettare battaglia.

La sconfitta militare di Napoleone


L’Armata napoleonica impiegò un mese per arrivare a Vitèbsk e ancora un altro
mese per giungere a Smolènsk, trovandola già evacuata e data alle fiamme. I rus-
si tentarono di fermare Napoleone a poca distanza da Mosca, nella battaglia di
Borodino; non ci riuscirono, ma si ritirarono in buon ordine dopo aver inflitto per-
dite pesantissime alla Grande armata. Abbandonarono la capitale, ma salvarono
l’esercito, mentre Napoleone entrava in una Mosca quasi completamente evacuata
e che dopo pochi giorni bruciò, a causa di un incendio probabilmente doloso, vo-
luto dall’imperatore francese stesso, oppure appiccato dai russi in ritirata.
La sterminata estensione del territorio russo rappresentava un grave problema
logistico per Napoleone, che si trovava pressoché impossibilitato a rifornire del ne-
cessario il quasi mezzo milione di soldati della sua Armata: le basi francesi erano
infatti lontane quasi mille chilometri da Mosca, il terribile inverno russo era ormai
incombente e inoltre sarebbe stato facile per l’esercito dello zar impedire l’arrivo
dei rifornimenti, tagliando le comunicazioni con la capitale occupata. Per questo
LESSICO motivo, il 19 ottobre, quattro mesi dopo il passaggio del Niemen, Napoleone or-
Cosacchi dinò la ritirata. Non riuscì però ad aprirsi un cammino attraverso regioni ancora
Popolazioni della Russia intatte e riprese la strada devastata di Smolènsk. Ripassò dal campo di battaglia di
meridionale, stanziate
lungo i fiumi Dnepr Borodino e fu assalito dal precoce inverno russo, con la temperatura a –20 gradi.
e Don, entrate a far I russi seguivano la Grande armata verso la frontiera e a ogni occasione le inflig-
parte dell’Impero russo gevano colpi micidiali, soprattutto con gli attacchi dei reparti irregolari cosacchi.
nel XVIII secolo.
Il più famoso e tragico di questi episodi avvenne al passaggio del fiume Beresina,

LA CAMPAGNA DI RUSSIA

• lo zar Alessandro I non intende più aderire al blocco continentale francese


Inizio del conflitto
• Napoleone invade la Russia con un’armata di 700.000 uomini (giugno 1812)

i francesi avanzano, mentre l’esercito russo si ritira senza combattere,


Estate 1812
facendo «terra bruciata» dietro di sé

i francesi avanzano, vincono a Borodino e occupano Mosca,


Settembre 1812
abbandonata dai russi

• inverno rigido e mancanza di rifornimenti


Ottobre 1812
• Napoleone ordina la ritirata

Dicembre 1812 Napoleone riporta indietro solo 100.000 soldati

354
L’epoca napoleonica | 10 |

quando diversi dei ponti approntati dall’esercito francese crollarono sotto i colpi
dell’artiglieria russa. In dicembre Napoleone raggiunse le sue retrovie con l’eserci-
to annientato, riportando indietro solo 100.000 soldati. Alle sue spalle, intanto, si
era sgretolata l’alleanza dei sudditi dell’imperialismo francese e nella stessa Parigi
si era verificato un tentativo di colpo di Stato contro l’imperatore.
Passarono mesi durante i quali Napoleone preparò la rivincita, mentre contro
di lui si formò la sesta coalizione antifrancese, a cui progressivamente aderirono
i popoli un tempo sottomessi: i prussiani, gli austriaci, gli svedesi, oltre ai russi e
agli inglesi. Lo scontro decisivo avvenne a Lipsia, nell’ottobre del 1813, e per Na-
poleone fu il disastro. Egli tentò ancora di salvare il proprio potere, ma per la pri-
ma volta dal 1792 gli alleati entrarono in Francia. Nel marzo del 1814 occuparono
Parigi e Napoleone fu costretto ad abdicare e a chiedere la pace.
Dopo ventidue anni saliva al trono francese Luigi XVIII (1814-1824), fratello
del defunto sovrano ed erede legittimo. La Francia era passata, in un anno e mez-
zo, dall’apice della potenza mondiale al fondo del disastro.

La fine dell’avventura napoleonica


Napoleone fu confinato sull’isola d’Elba, dove rimase dieci mesi, durante i quali le
potenze vincitrici convocarono a Vienna una conferenza per cominciare a disegna-
re il futuro dell’Europa ( ▶ cap. 11, par. 1). La sua vita era probabilmente in pericolo
e comunque sembrava probabile che gli alleati decidessero di deportarlo altrove,
in un luogo più lontano. Dalla Francia gli giungeva intanto notizia delle difficoltà
che incontrava Luigi XVIII a ristabilire il prestigio della monarchia borbonica. Luigi
era stato riportato a Parigi «nei furgoni dello straniero» – si diceva – e gli toccava
succedere a una delle più forti personalità politiche e militari di tutti i tempi, che
per giunta incarnava la nuova Francia e la sua gloria.
Alla fine di febbraio del 1815 Napoleone riuscì a fuggire dall’Elba con un mi-
gliaio di uomini, eluse la sorveglianza della flotta inglese e il 1o marzo sbarcò in
Francia. La sua marcia verso Parigi fu trionfale: i soldati inviati a fermarlo lo ap-
plaudirono, la guarnigione di Grenoble passò dalla sua parte, la folla lo accolse con

LA CAMPAGNA DI RUSSIA

CURLANDIA Riga
Mar Baltico I M P E R O R U S S O
LITUANIA
Borodino
Leggi la carta 7/9 Mosca
Tilsit Polock 14/9-19/10
• In che località Königsberg Kovno Vitèbsk
avvennero gli scontri Vjazma Maloiaroslavets
Danzica Friedland Beresina
fra la Grande Armata Eylau Vilnia 27-28/11 Smolènsk 24/10
e l’esercito russo? 17/8 Kaluga
REGNO DI PRUSSIA Borisov Krasnoi
14/11
• Riscostruisci Grodno 18/11
la cronologia
dell’avanzata
francese verso Varsavia Bobrujsk Avanzata della Grande armata
Mosca, a partire Brest Pinsk Ritirata
GRANDUCATO
da giugno del 1812, DI VARSAVIA Battaglie
e della ritirata.

355
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento

entusiasmo a Lione e anche nella capitale, dove entrò il 20 marzo. Cominciavano


i cosiddetti «Cento giorni», il miraggio della riscossa imperiale.
Napoleone promulgò una Costituzione liberale, fece sapere alle potenze euro-
pee – che subito formarono una nuova coalizione, la settima – che voleva gover-
nare in pace, ma si preparò a respingere l’inevitabile attacco.
Giacobini e bonapartisti, cioè tutti quanti temevano o disprezzavano la monar-
chia borbonica, presero le armi per difendere l’eredità rivoluzionaria e l’indipen-
denza nazionale, mentre sul fronte opposto altrettanto fecero i monarchici e i cle-
ricali, in particolare, ancora una volta, in Vandea.
L’imperatore cercò di prevenire il congiungimento degli austriaci con gli an-
glo-prussiani che occupavano il Belgio, ma lo scontro decisivo, a Waterloo, presso
Bruxelles, fu vinto dagli inglesi e dai prussiani. Era il 18 giugno 1815 e questa
volta l’avventura napoleonica era veramente finita.
La Francia fu invasa da un milione di soldati della coalizione, che riportò sul tro-
no Luigi XVIII. Napoleone venne confinato sull’isoletta britannica di Sant’Elena,
nell’Atlantico meridionale, da dove non poteva fuggire. Lì dettò le sue memorie,
costruì il proprio mito e sei anni dopo morì (di un tumore o forse avvelenato, co-
me sospettarono i suoi sostenitori).

Le difficoltà della Francia dopo Napoleone


La partenza
di Napoleone In Francia la repressione fu questa volta più decisa che durante la prima restaura-
da Portoferraio zione e si procedette anche con le fucilazioni contro i collaboratori di Bonaparte. Il
sull’isola d’Elba il maresciallo Michel Ney, fedelissimo di Napoleone, venne condannato a morte dalla
26 febbraio 1815,
nel dipinto di Joseph Camera alta del Parlamento monarchico, gli ufficiali napoleonici furono smobilitati,
Beaume del 1836. con lo stipendio dimezzato, mentre i nobili emigrati vennero reintegrati nell’eser-

356
L’epoca napoleonica | 10 |

LE FONTI Lev Nikolaevič Tolstoj (1828-1910) ha ambientato il monumen-


tale romanzo storico Guerra e pace (1863-69) nell’epoca delle
Tolstoj e la guerre napoleoniche. Nella narrazione le vicende di alcune fa-
ritirata di miglie aristocratiche si intrecciano con quelle del popolo russo
Leggi in digitale il testo Napoleone in lotta contro l’invasore e ampie digressioni sono dedicate ai
principali avvenimenti storici. Nell’ultima parte del romanzo si
I francesi arrivano
a Milano, di un altro racconta la disastrosa ritirata della Grande armata francese, con l’attenzione, tipica
grande romanziere di Tolstoj, verso sentimenti e comportamenti.
ottocentesco,
Stendhal: Durante l’avanzata, la terra promessa dei francesi era Mosca, durante la
• Qual è l’opinione
dei francesi che ritirata era la patria. […]
hanno i milanesi Per i francesi, che tornavano indietro lungo la vecchia strada di Smolènsk
nel momento dei loro [città situata sul fiume Dnepr, a sud-ovest di Mosca], la meta finale,
arrivo?
rappresentata dalla patria, era troppo lontana, e la meta più prossima,
• Quale immagine
della Francia quella a cui tendevano tutti i desideri e le speranze […] era Smolènsk. Non
emerge, secondo perché gli uomini sapessero che a Smolènsk avrebbero trovato molte vet-
il punto di vista tovaglie e truppe fresche, […] ma perché soltanto questo poteva dar loro la
del narratore?
forza di muoversi e di sopportare le privazioni quotidiane; e quindi tutti,
Mettila a confronto
con quella offerta sia quelli che sapevano come quelli che non sapevano, ingannandosi allo
da Tolstoj nel brano stesso modo, guardavano a Smolènsk come a una terra promessa.
qui proposto. Uscendo sulla strada maestra, i francesi si precipitarono con sorprendente
• Come vengono
descritti i milanesi?
energia e inaudita rapidità verso la loro meta immaginaria. Oltre a questa
causa, e cioè la comune aspirazione che riuniva in un tutto unico le molti-
tudini dei francesi e dava loro una certa energia, un’altra causa li legava: il
numero. La loro stessa enorme massa, come in fisica avviene per la legge
dell’attrazione, attraeva a sé i singoli atomi umani. Essi si muovevano con
la loro massa di centomila uomini, quasi uno Stato a sé stante.
(da L.N. Tolstoj, Guerra e pace, trad. di P. Zveteremich,
Garzanti, Milano 1985, pp. 1547-1548)

cito. I vecchi deputati della Convenzione, i «regicidi», che avevano votato la morte
di Luigi XVI e per giunta avevano aderito al regime dei Cento giorni, furono esi-
liati, ma comunque la repressione fu assai moderata, in confronto ai traumi subiti
dal Paese negli anni precedenti.
La Francia aveva perso quasi un milione e mezzo di soldati, l’economia era stata
Ripassa con la negativamente condizionata dalla produzione bellica e dal blocco continentale e
presentazione aveva accumulato un forte ritardo strutturale, per cui il distacco dall’Inghilterra
Napoleone Bonaparte, si era accresciuto, anziché diminuire. Inoltre le coscienze erano drammaticamente
le conquiste e le
riforme e costruisci scisse fra chi voleva cancellare la memoria della Rivoluzione o dell’Impero e chi si
una mappa in cui metti appellava all’una o all’altra delle due esperienze come all’unico momento di gran-
in relazione: dezza e di riscatto della storia nazionale.
• la campagna d’Italia
e quella d’Egitto;
Il regime napoleonico aveva posto fine alla Rivoluzione già da quindici anni, ma
• il colpo di Stato, solo con Waterloo la pagina veniva definitivamente voltata. Restavano l’uguaglian-
l’Impero e le riforme; za dei cittadini di fronte alla legge, l’amministrazione statale laica, la politica e la
• le conquiste
in Europa e la
guerra condotte con una vasta partecipazione delle masse popolari, un notevo-
campagna di Russia; le trasferimento di proprietà in favore dei borghesi e dei contadini, la libertà eco-
• la fine dell’epoca nomica. Poco, rispetto alle speranze utopiche dei rivoluzionari; molto, rispetto ai
napoleonica.
progetti riformatori del Settecento.

357
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

La coalizione antifrancese invece, l’Inghilterra firmò la pace di


e le sue ambiguità Amiens, che segnò la rinuncia france-
Alla fine del XVIII secolo, le maggiori potenze euro- se all’Egitto. In Francia, intanto, Napoleone consolidò
pee temevano da un lato l’impatto che la Rivoluzione il suo potere, incurante dell’opposizione di giacobini
francese avrebbe potuto avere al di fuori della Francia e legittimisti e forte del consenso popolare espresso
e, dall’altro, intendevano indebolire la Francia. L’In- nei plebisciti. Nel 1802 si fece proclamare console a
ghilterra guidò nel 1793 la prima coalizione antifran- vita e nel 1804 imperatore dei francesi, facendosi in-
cese, ma dopo che le rivolte in Vandea furono sedate, coronare da Pio VII a Parigi.
Prussia e Spagna firmarono paci separate.
Il Concordato con la Chiesa cattolica
La «Grande Nation» e le «repubbliche e il Codice civile
sorelle» Nel 1801 Napoleone e Pio VII sottoscrissero il Con-
Nel 1792 la Francia, che si considerava al vertice nel- cordato, che riconosceva il cattolicesimo come «reli-
la gerarchia delle nazioni, occupò il Belgio e costituì gione della maggioranza dei francesi», ma non come
la Repubblica del Belgio. Invase anche l’Olanda, per religione di Stato.
controllare il sistema bancario, e formò la Repubbli- Nel 1804 fu promulgato il Codice Napoleone, che sta-
ca Batava. In modo analogo, formò la Repubblica El- biliva la scomparsa dell’aristocrazia, la laicità dello
vetica, un’altra «repubblica sorella». Stato, la libertà personale, ma ripristinava la schiavi-
tù nelle colonie, il divieto di organizzazioni operaie e
La campagna d’Italia e il triennio stabiliva la perdita di diritti civili della donna.
giacobino
Nel 1796, a Napoleone Bonaparte attaccò la Repub- La sconfitta delle coalizioni
blica di Genova, attraversò il Piemonte, costretto a e il «Grande Impero»
cedere Savoia e Nizza, ed entrò a Milano, liberandola Nel 1805 gli inglesi, nella terza coalizione, distrussero
dall’Austria. Nel 1797 sconfisse gli austriaci a Manto- la flotta francese a Capo Trafalgar; Napoleone, però,
va, ma gli consegnò Venezia con il trattato di Campo- ebbe la meglio ad Austerlitz. Napoleone vinse anche
formio. Le speranze giacobine italiane furono deluse contro la quarta coalizione, sconfiggendo i prussia-
dalla morsa fiscale e militare francese e la Repubbli- ni a Jena e Auerstädt e contro la quinta coalizione,
ca Cisalpina, la Repubblica Romana e la Repubblica sconfiggendo gli austriaci a Wagram.
Napoletana ebbero vita breve.
Il blocco continentale
La campagna d’Egitto e la resistenza spagnola
Per contrastare l’Inghilterra, Napoleone intervenne in Il conflitto tra Francia e Inghilterra sfociò nel blocco
Egitto e nel 1798 sconfisse i mamelucchi nella batta- navale inglese, per fermare l’ingresso di merci nei porti
glia delle piramidi. Gli inglesi, guidati da Nelson, re- francesi, e nel blocco continentale francese, che mira-
agirono distruggendo la flotta francese ad Abukir e va alla distruzione finanziaria dell’Inghilterra.
Napoleone invase la Siria per colpire i turchi, alleati Nello stesso periodo, in Spagna vi fu un’insurrezione
degli inglesi, ma fu costretto a rientrare in Egitto, do- popolare a cui seguì una guerra di indipendenza e la
ve consolidò il suo governo. votazione della Costituzione di Cadice (1812).

Il colpo di Stato del 18 brumaio La campagna di Russia


Nel 1799 Napoleone rientrò in Francia e organizzò il e la caduta di Napoleone
colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre 1799). De- Nel 1812, Napoleone, in risposta alla scelta dello zar
stituì il Direttorio e sciolse i Consigli con la forza; isti- di non aderire più al blocco continentale, invase la
tuì il Consolato, nominandosi Primo console, emanò Russia. La campagna fu disastrosa: i francesi subiro-
la Costituzione dell’anno VIII e applicò una politica no pesanti perdite per via dell’inverno rigido e della
repressiva, centralizzando il potere e imponendo im- mancanza di rifornimenti e Napoleone il 19 ottobre
poste indirette che colpivano i meno abbienti. ordinò la ritirata. Nel 1813 fu sconfitto a Lipsia dalla
sesta coalizione e fu esiliato sull’isola d’Elba, da cui
Dal Consolato all’Impero fuggì nel 1815 alla volta di Parigi. Sconfitto definiti-
Nel 1800 Napoleone sconfisse a Marengo gli austria- vamente a Waterloo (18 giugno 1815), Napoleone fu
ci, che firmarono la pace di Lunéville (1801). Nel 1802, confinato sull’isola di Sant’Elena, dove morì nel 1821.

358
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

NAPOLEONE BONAPARTE

guidò la rientrò in Francia e attuò il affrontò diverse

campagna d’Italia ........................ del 18 brumaio coalizioni antifrancesi


(9 novembre 1799)

a cui seguì la
durante la quale con il quale vincendo a
nascita di

• ottenne .......................... e • Repubblica cisalpina • Marengo


.................... dal Piemonte • Repubblica ................... • .................................
• liberò .................................. • Repubblica ................... • .................................
dall’Austria • Auerstädt
• sconfisse gli austriaci a • Wagram
.............................................
• destituì il ...................
• saccheggiò Emilia e
• sciolse i Consigli
Toscana
• istituì il Consolato
• cedette Venezia ma fu sconfitto a
• si nominò ...................
all’Austria, in base al
• emanò la ...................
.............................................
• attuò una politica
repressiva
• stabilì imposte indirette .....................................

e, in seguito, guidò la e
e nella

campagna di
campagna d’................... ............................
(1812)

strinse con e si fece


Pio VII un promulgò il
durante la quale proclamare a cui seguirono la

..................... ..................... .....................


(1801) (1804) (1802)
• battaglia di
che prevedeva il che e incoronare ...................... (1813)
• Napoleone sconfisse • esilio
i ............................... nell’..........................
nella battaglia delle cattolicesimo • stabiliva la scomparsa ..................... • battaglia di
............................... come dell’aristocrazia, la ..................... ...................... (1815)
• gli inglesi distrussero «religione della .........................., la libertà (1804) • esilio a .....................
la ............................... maggioranza personale
• i francesi invasero la dei francesi», • ripristinava la ......................
........................ per colpire ma non nelle colonie dove morì il
i turchi, alleati inglesi .......................... • vietava le organizzazioni
• Napoleone rientrò ............................
in Egitto e consolidò • prevedeva la perdita
il suo governo di ............................ 5 maggio ...................

359
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CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cos’è un plebiscito?
b. Chi sono i legittimisti?
Date: 1812 • 1804 • 1801 • 1799
c. Illustra il significato del termine guerrilla.
Luoghi: Austria • Napoli • Egitto • Waterloo •
Austerlitz • Tolone d. Chi identifica il termine sanfedista?

a. Appena ventiquattrenne, Napoleone si distinse NESSI E RELAZIONI


nell’assedio di ................ .
5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
b. Napoleone diventò Primo console nel ................ .
a. I rivoluzionari belgi si ribellarono all’Austria
c. Il Concordato fra la Francia e la Chiesa cattolica
nel 1789.
fu siglato nel ................ .
b. La Polonia trasformò la monarchia in eletti-
d. Nel 1799, l’esercito sanfedista invase ................ .
va e abolì il liberum vetum.
e. L’esercito napoleonico sconfigge quello dei
c. L’esercito di Napoleone occupò la Liguria
mamelucchi in ................ .
e il Piemonte.
f. Nel ................ Napoleone fu proclamato
d. A Napoli nacque la Repubblica Napoletana.
imperatore.
g. Con la pace di Lunéville, l’................ riconobbe 1. Il regno di Savoia cedette la Contea di Nizza
l’esistenza delle repubbliche sorelle. e la Savoia alla Francia.
h. Nel 1805, Napoleone sconfisse la terza coalizio- 2. L’aristocrazia si ribellò e cercò l’appoggio del-
ne nella battaglia di ................ . la Russia di Caterina II.
i. Nel ................ fu redatta la Costituzione di 3. I Borboni, sostenuti dagli inglesi, organizzaro-
Cadice. no una repressione armata.
l. Napoleone fu sconfitto definitivamente a 4. Il Belgio fu invaso dall’esercito rivoluzionario
................ nel 1815. francese, accolto come liberatore.

EVENTI E PROCESSI
COMPETENZE
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. ESPORRE ORALMENTE
a. Metti in luce gli snodi più significativi del caso
6 Rispondi alle seguenti domande.
spagnolo nel contesto napoleonico.
a. In che modo Napoleone prese il potere in
b. Spiega le cause che portarono al fallimento
Francia proclamandosi console? (1 minuto)
della campagna di Russia.
b. Illustra l’organizzazione dell’esercito tra la
c. Esponi le principali caratteristiche del Codice
Rivoluzione francese e l’epoca napoleonica.
Napoleone.
(2 minuti)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. c. Quali furono le conseguenze delle guerre
a. V F Le truppe francesi di Napoleone con- napoleoniche in Italia? (2 minuti)
quistarono Milano nel 1796. d. Di quali princìpi della Rivoluzione francese
b. V F Con il trattato di Campoformio, l’Austria Napoleone si fece interprete? (3 minuti)
ottenne il controllo di Venezia.
SCRIVERE
c. V F La Costituzione dell’anno VIII includeva
la Dichiarazione dei diritti dell’uomo VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
e del cittadino.
7 Si può sostenere che il Codice Napoleone
d. V F Secondo il Concordato, il clero sarebbe
segnò un arretramento nella storia dell’eman-
stato stipendiato dallo Stato francese.
cipazione femminile, rispetto ai provvedimenti
e. V F Il Codice Napoleone non prevedeva
introdotti dalla Rivoluzione francese che mira-
l’uguaglianza dei cittadini davanti alla
vano a stabilire alcuni princìpi di uguaglianza
legge.
fra uomo e donna. In un testo espositivo-argo-
f. V F Nel 1806 l’esercito napoleonico fu
mentativo, metti a confronto quali diritti, oggi
sconfitto a Jena.
pienamente riconosciuti alle donne come la
g. V F Le guerre e il blocco continentale eb- facoltà di disporre liberamente di beni ereditati,
bero pesanti ripercussioni sull’economia
venivano invece negati nel Codice.
francese.

360
Fonti e Storiografia
FONTI Un discorso di Napoleone al Consiglio di Stato
F1 del Regno d’Italia
Le riforme volute da Napoleone nella Penisola italiana, anche se concepite nell’ottica
di un sistema basato sulla predominanza dell’esecutivo, provarono a costruire un as-
setto uniforme in luogo della precedente frammentazione politica; inoltre cercarono
di razionalizzare e modernizzare amministrazioni e legislazioni nelle quali erano ancora
presenti residui di Antico regime. Si riporta di seguito un discorso di Napoleone tenu-
to il 13 maggio del 1805 al Consiglio di Stato del Regno d’Italia, nel quale vengono
delineate le caratteristiche di uno Stato efficiente.

La libertà politica, sì necessaria allo Stato, non consiste in questa sorta di moltiplicazione
di autorità; ma bensì in un sistema stabile, manifesto e sicuro di buona amministrazione.
Quando sono distinte le Casse del Re, e della Nazione, così che il re non ha a disporre di
quella della Nazione per sé stesso: quando un Corpo legislativo ogni anno riceve i conti di
ciò che si è speso dietro i fondi che esso aveva assegnati: quando decreta esso i nuovi fon-
di occorrenti; la libertà politica è assicurata.
Gridare in un Corpo legislativo sopra ogni punto d’amministrazione, eccitare opinioni e
frazioni, dividere gli spiriti non è libertà politica; è attentato di dissoluzione del Corpo so-
ciale: mostrandoci la ragione del pari, e l’esperienza, con ciò indebolisce il Governo; dalla
cui sola forza può dipendere e la sicurezza dello Stato, e il benessere.
Similmente la libertà personale ha la sua vera base nelle buone leggi civili, che deter-
minano, ed assicurano beni, e persone di ognuno; e l’ha pure per necessaria conseguenza
nell’ordine giudiziario bene stabilito. Tutte queste cose formano ciò che chiamasi buona
amministrazione; così che non può essere vera libertà né per la Nazione, né pei cittadini,
ove buona amministrazione non trovisi.
L’equalità poi sta, e se ne ha lo spirito, e se ne godono i preziosi effetti, dappoiché non
sono più poche famiglie, né pochi ceti, che abbiano il dominio del Regno. Ma la carriera sia
aperta a tutti i ceti di persone per aspirare al maneggio degli affari nei diversi magistrati
ed impieghi, ai quali l’onestà, e la capacità sole aprono la strada.
(in C. Capra, L’età rivoluzionaria e napoleonica in Italia, 1796-1815,
Loescher, Torino 1978, p. 157)

COMPRENDERE 1. In che cosa consiste la libertà politica secondo il discorso riportato?


2. A chi è aperta la carriera amministrativa? Quale tipo di qualità sono richieste
per vuole intraprenderla?
3. Che cosa definisce una buona amministrazione nel discorso di Napoleone?
INTERPRETARE 4. Fra i tre poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario – uno sembra avere, nelle
parole di Napoleone, una particolare importanza: quale? Spiega il perché
della tua risposta citando opportunamente il testo.
VALUTARE 5. Rispetto al modo in cui erano organizzati gli Stati di Antico regime, quali
aspetti, menzionati nel brano, ti sembrano più rivoluzionari? Quali sono ancora
validi oggi?

361
Fonti e Storiografia

STORIOGRAFIA Parigi, «Archivio del mondo»


S1 Maria Pia Donato
Mentre l’esercito francese dilagava, venivano confiscati gli archivi di tutta Europa. Pre-
se così forma, nella mente di Napoleone, l’idea di trasferire a Parigi gli archivi più im-
portanti dei Paesi annessi e degli Stati satelliti: un Archivio del mondo, nel quale sa-
rebbe stata catalogata la storia dell’umanità. La storica Maria Pia Donato racconta la
genesi del progetto napoleonico.

GLI SNODI Napoleone promuove la costruzione di un Palazzo degli archivi.


DEL TESTO Il Palazzo doveva raccogliere i fondi archivistici di tutto l’Impero.
Il progetto era espressione delle ambizioni imperialiste di Napoleone.

Il 15 agosto 1812 […] una cerimonia laica si svolse nella capitale nei pressi del Campo di
Marte e del ponte di Iena, ancora in costruzione. Il ministro dell’Interno pose la prima pie-
tra di un nuovo Palazzo degli archivi, progettato in stile neoclassico dagli architetti Cel-
lerier e Fontaine. L’edificio sarebbe sorto di fronte all’università e alla Scuola di belle arti;
tutti insieme avrebbero formato un complesso funzionale e al tempo stesso il tempio di un
impero fondato sul sapere e sul diritto. Un intero quartiere che avrebbe stupito il mondo
per la sua magnificenza doveva sorgere tra gli Champs-Élysées e la collina di Chaillot […].
Era stato Napoleone in persona, con quel suo misto di grandiosità e di mania per il det-
taglio, a scegliere il disegno e il sito per gli archivi, dopo aver ventilato di nuovo di volerli
riportare al Louvre insieme con la Biblioteca imperiale, o al Luxembourg. L’imponente edi-
ficio, un quadrilatero diviso da gallerie perpendicolari per un preventivo di venti milioni
di franchi, era concepito in modo da proteggere i documenti da incendi e calamità varie.
Avrebbe offerto 140.000 mq di scaffalature in ogni quadrante per riunire infine tutti i fon-
di archivistici in un solo luogo e manifestare il dominio dell’impero francese sulla Storia.
[…] in quell’estate 1812, anno di massima espansione dell’impero che pure mostrava sin-
tomi di implosione, le sue basi umane materiali erose dalla guerra permanente, gli archivi
1 hôtel de Soubise: nel
1808 divenne sede degli
parigini erano davvero gli archivi del mondo, come scriveva Pierre Daru, l’uomo di fiducia
Archives de l’Empire ed di Napoleone allora segretario di Stato […]. Davvero i popoli europei dipendevano ormai
è oggi sede degli Archivi tutti dall’impero per scrivere la propria storia. […]
Nazionali francesi.
L’hôtel de Soubise1 aveva preso le sembianze di una collezione storica ordinata per paesi,
2 Sainte-Chapelle:
costruita nel XIII secolo quasi a ripercorrere le conquiste di Napoleone. Al centro, nell’unica sala a volta per rievo-
come cappella palatina care la Sainte-Chapelle2 era il Trésor-des-chartes3. Al piano nobile e nelle gallerie del secon-
dei re di Francia,
do piano le collezione delle leggi, i verbali delle assemblee rivoluzionarie e le miscellanee
è un capolavoro
dell’architettura gotica storiche, la sezione demaniale e quella topografica. Al piano terra e nello scalone, invece,
francese e si trova nell’Île era la divisione italiana e nelle soffitte la divisione germanica. Un visitatore avrebbe potuto
de la Cité. passeggiare nella storia d’Europa dal più remoto Medioevo fino al presente. Se gli ordina-
3 Trésor-des-chartes:
Archivi antichi della menti d’archivio riflettono una visione del mondo, questa galleria universale rendeva vi-
corona francese. sibile la grandezza dell’impero, calato in modo quasi provvidenziale nella storia generale.
(da M.P. Donato, L’archivio del mondo. Quando Napoleone confiscò la storia,
Laterza, Roma-Bari 2019, pp. 145-146)

COMPRENDERE 1. In che modo gli Archives de l’Empire traducono l’ideale di grandezza napoleonico?
IL TESTO
2. Quali erano le caratteristiche architettoniche dell’edificio che avrebbe ospitato
i documenti?
3. Quali rischi può presentare, a tuo avviso, un tale progetto di accentramento
della documentazione archivistica come quello voluto da Napoleone?

362
L’epoca napoleonica 10

S2 Il giacobinismo italiano
Carlo Capra
Il giacobinismo italiano contenne diversi orientamenti ideologici, dai più radicali a quel-
li riformisti. Alla fine prevalsero questi ultimi, probabilmente grazie ai loro legami con
le esperienze del riformismo del Settecento, come si legge nell’analisi dello storico
Carlo Capra.

GLI SNODI I giacobini italiani erano una minoranza militante di giovani borghesi.
DEL TESTO I giacobini condividevano idee di uguaglianza e libertà.
I più moderati avevano collaborato con i governi riformatori.

Con il termine giacobini erano spesso designati anche in Italia dai loro avversari questi pa-
trioti o democratici (come essi stessi preferivano chiamarsi), per lo più giovani appartenenti
alla borghesia professionale e intellettuale o al clero, molti dei quali […] avevano conosciuto
la prigione o l’esilio ed erano tornati in Italia al seguito delle armate francesi. Coscienti di
essere una piccola minoranza, un’avanguardia di militanti, essi confidavano […] soprattutto
Leggi in digitale nel successo di una martellante azione di propaganda delle idee rivoluzionarie da condurre
il testo Come
tra il popolo, i cui strumenti, accuratamente elencati nel Saggio d’istruzione pubblica rivo-
organizzare le
conquiste d’Italia? luzionaria (1798) del salernitano Matteo Galdi1, comprendevano i licei patriottici, i circoli
dello stesso Carlo costituzionali, i catechismi repubblicani, le feste decadarie (nel calendario rivoluzionario
Capra. Dopo aver sostituite alla domenica come giorni festivi), i teatri patriottici, l’apostolato repubblicano
letto i due brani, scrivi e […] i giornali […]. Nei confronti della fede cattolica, di cui ben conoscevano la salda pre-
un testo in cui illustri
l’azione politica dei sa sulle masse, essi avevano strategie diverse. Alcuni proponevano la lotta aperta contro la
giacobini italiani e i religione tradizionale, inscindibile dalla servitù politica, e la diffusione di nuovi culti civili;
problemi affrontati […] altri […] si sforzavano di conciliare le idee di libertà e uguaglianza con il Vangelo e con
dai governi delle il cristianesimo delle origini, chiamavano Gesù «il primo sanculotto» e cercavano di coin-
«repubbliche sorelle».
volgere il clero nella predicazione degli ideali repubblicani; altri ancora […] volevano una
riforma della Chiesa di tipo giansenista2. […]
Alcuni pochi, […] si spingevano fino a prevedere l’abolizione della proprietà privata, la di-
1 Matteo Galdi: stribuzione dei beni a ciascuno secondo i bisogni e la limitazione del commercio alla permu-
intellettuale e patriota
giacobino (1765-1821),
ta3. […] La storiografia più recente ha da un lato cercato di collocare il pensiero e l’azione dei
originario di Salerno. giacobini italiani in una più ampia prospettiva cronologica, che comprendesse il Settecento
2 giansenista: il illuminista e riformatore, così come il passaggio dal triennio repubblicano all’età napole-
giansenismo è una
onica propriamente detta […]; dall’altro ha allargato lo sguardo alle correnti moderate, che
dottrina cattolica che
predica un particolare dopo tutto risultarono vittoriose così nel breve come nel lungo periodo. Mediamente più
rigore morale e la anziani e più agiati dei democratici, i moderati avevano spesso alle spalle (soprattutto nella
separazione netta tra
Lombardia austriaca e nei ducati estensi4) una collaborazione con i governi riformatori del
Stato e Chiesa.
3 permuta: scambio di Settecento; accoglievano con favore gli ordinamenti repubblicani, il governo rappresenta-
beni, senza transazione tivo e le libertà fondamentali (compresa la libertà di commercio e di iniziativa economica),
monetaria. ma intendevano limitare l’uguaglianza al suo significato strettamente giuridico, respinge-
4 ducati estensi: i
Ducati di Ferrara e di re ogni attentato al diritto di proprietà e salvaguardare il primato della religione cattolica
Modena e Reggio. come garante degli equilibri sociali.
(C. Capra, Gli italiani prima dell’Italia, Carocci Editore, Roma 2014, pp. 317-319)

COMPRENDERE 1. Quali erano gli strumenti di diffusione delle idee giacobine? Da quale fonte sono
IL TESTO citati?
2. Quali erano le posizioni dei giacobini in materia religiosa?
3. In ambito economico, come potevano definirsi quei moderati che avevo collaborato
con i governi riformatori nel Settecento?

363
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B L’elogio dell’Illuminismo
Elio Franzini riflette sull’eredità dell’Illuminismo, sui suoi valori e sull’impatto che han-
no avuto nella società.

La domanda retorica “Che cosa, dunque, ha insegnato l’Illuminismo, che cosa di quel che è
stato ancora ci parla?” può trovare risposte che sarebbero ovvie se non fossero state troppo
spesso dimenticate. L’Illuminismo ha infatti insegnato con tutti i suoi limiti, la tolleranza
(valore necessario, e certo non sufficiente, che è tuttavia base per una sua evoluzione dia-
logica) e l’ironia, che è capacità di cambiare registro, in modo da permettere di cogliere le
sfumature che attraversano la realtà, consentendo a Diderot, al tempo stesso, di progetta-
re l’Encyclopédie e di scrivere romanzi licenziosi o arguti, e a Voltaire di comporre in versi
drammi oggi poco leggibili e lievi romanzi ricchi di fascino e brio stilistico.
[…] I Lumi sono la capacità di coltivare insieme sentimento e ragione, sorriso e rigore, na-
tura e civiltà, in un quadro enciclopedico in cui, cioè, i saperi e i modi di vita possano con-
frontarsi non per scontrarsi, bensì per dialogare, per insegnare che senza questo dialogo,
questa capacità di unire il diverso, non c’è autentica conoscenza. Il sapere non può essere
chiuso nell’intimità di un soggetto orgoglioso, bensì deve nascere nella conversazione, cioè
dove si insegna [...] che un uomo solo è spesso cattivo e che la “chiacchiera” vuota e ripe-
titiva può diventare densa e progettuale se prende come suo orizzonte il senso e la varietà
dell’apparire del mondo, e del viaggiare dell’uomo in esso.
Tolleranza, ironia, conversazione, dialogo, viaggio sono le “ovvietà” dei Lumi che non
possono venire dimenticate, ponendosi a guardia di una filosofia che non voglia trasfor-
marsi in un narcisismo che le ingloba, in cui si scambia un punto di vista sulle cose per la
verità delle cose stesse al loro primo apparire. Da questa ovvietà discendono meno ovvie
conseguenze, che disegnano un’autentica proposta cognitiva.
(Elio Franzini, Elogio dell’Illuminismo, Bruno Mondadori, Milano, 2009, pp. 38-39)

COMPRENSIONE 1. Qual è, secondo l’autore, l’eredità dell’Illuminismo?


E ANALISI
2. In che modo Voltaire e Diderot hanno interpretato a pieno lo spirito illuminista?
3. Che cosa intende l’autore affermando che «un uomo solo è spesso cattivo»?
4. Perché a tuo avviso i valori illuministi sono definiti nel testo come «ovvietà»?
5. Spiega perché il dialogo è considerato una parte fondamentale dell’eredità
illuminista.
PRODUZIONE 6. A partire dalle riflessioni che hai letto sull’Illuminismo, rifletti sui valori che dovreb-
bero essere condivisi nella nostra società. Puoi sviluppare il ragionamento rispon-
dendo alle seguenti domande:
a. A quali valori si ispira la Costituzione italiana?
b. Quali fra questi ti sembrano poco radicati nella società in cui vivi? Quali inve-
ce sembrano lontani?
c. Quale cambiamento sociale è, a tuo avviso, auspicabile?

364
Le rivoluzioni del Settecento 2

TIPOLOGIA B La famiglia tra industria domestica e Rivoluzione industriale


Joel Mokyr analizza i mutamenti economici e sociali della Rivoluzione industriale e il
loro impatto sulle famiglie.

La creazione di un luogo di lavoro in cui molti operai erano radunati sotto uno stesso tetto
per fabbricare congiuntamente un prodotto ed erano soggetti a disciplina e coordinamento
è diventata uno dei simboli della rivoluzione industriale, ma si tratta in parte di un mito. Al-
cune grandi fabbriche esistevano già prima del 1750: i grandi setifici di Derby e Stockport,
le ferriere di Ambrose Crowley a Newcastle e gli stabilimenti metallurgici di John Taylor e
Esplora la bacheca
Matthew Boulton impiegavano molte centinaia di lavoratori già prima del 1770. Tuttavia
per altri spunti
interdisciplinari impianti del genere erano rari. Le grandi imprese capitalistiche erano molto più comuni, ma
solitamente la maggior parte del lavoro veniva svolto nelle case dei lavoratori, e solo alcuni
stadi della produzione venivano completati in siti centralizzati. […] Il passaggio di questi
1 unità … consumo: fin
lavoratori in impianti centralizzati fu parte integrante della storia della rivoluzione indu-
quando l’attività agricola
restò predominante, striale: tale passaggio mutò la natura del lavoro e con essa il funzionamento fondamenta-
la famiglia costituì le della famiglia come unità esistenziale ed economica. Le famiglie divennero sempre più
dal punto di vista unità specializzate destinate al consumo1, mentre la produzione veniva svolta in un’azienda
economico sia un
centro di produzione geograficamente lontana dall’abitazione e spesso soggetta a regole e gerarchie differenti.
che di consumo. Con Perché accadde tutto ciò? Alcuni economisti […] si limitano ad affermare che il risparmio
l’industrializzazione in termini di costi di transazione2 rendeva le fabbriche più efficienti delle industrie dome-
e il conseguente
spostamento della stiche (sia indipendenti che specializzate nella lavorazione per conto terzi) e che pertan-
produzione nella fabbrica to la loro affermazione era ineluttabile. Un approccio così semplicistico non può rendere
la famiglia si limitò giustizia alla realtà storica. Dopo tutto, il sistema domestico era sopravvissuto per molti
a costituire un centro
di consumo.
secoli e la sua liquidazione richiese un periodo lunghissimo. I suoi vantaggi erano molti:
2 costi di transazione: teneva le famiglie geograficamente intatte, era flessibile e adattabile alle fluttuazioni della
costi legati all’insieme di domanda e dell’offerta e lasciava i lavoratori liberi di decidere il punto di equilibrio tra le
passaggi che la merce
subiva nel sistema
opposte istanze del tempo libero e del reddito, senza costringerli a ritmi rigidi di lavoro e
fondato sulle manifatture alla disciplina delle fabbriche.
domestiche. […] Se è vero che la rivoluzione industriale sostituì a un’organizzazione prevalentemente
3 rendimenti
domestica della manifattura un sistema basato per lo più su luoghi di lavoro specializzati
costanti: è il principio
dell’economia di scala, e lontani dalle abitazioni, è ragionevole pensare che qualcosa nell’economia fosse cambia-
in base a cui un aumento to accentuando i vantaggi della produzione centralizzata rispetto a quelli della produzione
della quantità di beni domestica […]. Tra le possibili cause di tale cambiamento la più ovvia è che le nuove tec-
prodotti comporta una
diminuzione del costo nologie mutarono la dimensione ottimale dell’unità produttiva e introdussero rendimenti
di produzione unitario. crescenti dove una volta c’erano stati rendimenti costanti3.
(da J. Mokyr, Leggere la rivoluzione industriale. Un bilancio storiografico, trad. di G. Arganese,
il Mulino, Bologna 2002, pp. 169-176, 178, 180)

COMPRENSIONE 1. Quale trasformazione dei sistemi produttivi mutò anche «il funzionamento fon-
E ANALISI damentale della famiglia come unità esistenziale ed economica»?
2. Descrivi l’impatto negativo del sistema di fabbrica e i vantaggi dell’industria
domestica.
3. Quali tesi avanzano gli economisti per giustificare l’affermazione di un sistema
centralizzato di produzione?
PRODUZIONE 4. Negli ultimi anni e in particolare a seguito delle restrizioni imposte per il conteni-
mento della pandemia COVID-19, si è assistito ad un fenomeno inverso rispetto a
quello descritto da Mokyr nel suo saggio sulla Rivoluzione industriale: la diffusione
dello smart working o lavoro agile. Scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo
in cui prendi posizione sul fenomeno del lavoro agile, mettendone in luce i benefici
e gli svantaggi che offre alle famiglie, anche alla luce della tua esperienza.

365
Laboratorio per l’Esame di Stato

TIPOLOGIA C La pena di morte


Per molti sostenitori della pena di morte, togliere la vita al colpevole sarebbe una punizione
più “umanitaria” che costringerlo all’ergastolo. Così come, a loro dire, ci sarebbero alcuni
metodi più umanitari di altri per “giustiziare” il reo. Di contro c’è chi ritiene difficile pen-
sare che ci siano forme “dolci” di esecuzione di una condanna a morte: in qualsiasi modo
in cui si decide di porre fine a una vita, ci sono istanti, spesso anche minuti, in cui è qua-
si impossibile annullare totalmente il dolore. Per farsi un’idea sull’argomento basta anche
solo leggere una breve descrizione dei metodi più comunemente usati per “giustiziare” i
condannati: l’impiccagione, la fucilazione, il colpo alla nuca, la decapitazione, l’iniezione
letale, la lapidazione, la camera a gas, la sedia elettrica e la caduta nel vuoto. Tortura o pe-
na “umanitaria”? A ognuno la propria scelta.
(Valentina Arcovio, Così muoiono i condannati, «La Stampa», 21 aprile 2015)

PRODUZIONE Sebbene la pena di morte sia stata messa al bando in molti Stati del mondo, in
alcuni – tra i quali Texas, Cina, Arabia Saudita, Iran – è ancora prevista per i reati più
gravi. Scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo in cui, allacciandoti al dibat-
tito settecentesco sulla necessità di riformare la giustizia in senso rieducativo e non
soltanto punitivo, esprimi una tua opinione sulla questione della pena di morte.

Esposizione orale
D1 La Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti
Noi consideriamo queste verità come di per sé evidenti, ovvero che tutti gli uomini sono stati
creati uguali e che sono stati dotati dal Creatore di alcuni inalienabili diritti, fra i quali la li-
bertà, la vita e il perseguimento della felicità e che i governi sono stati fondati per assicurare
il godimento di questi diritti e derivano i loro legittimi poteri dal consenso dei governati.
(dalla Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, in Dictionary of American History,
vol. II, trad. di V. Beonio Brocchieri, New York 1942)

ANALIZZARE 1. Che cos’è la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti?


LA FONTE
2. Quali valori si affermano nel testo?
3. Chi è l’autore del testo?
CONTESTUALIZZARE 4. Quali sono le cause che portarono gli Stati Uniti a dichiarare la propria indipen-
denza dalla madrepatria?
5. Quali conseguenze ebbe il conflitto che ne seguì?
COLLEGAMENTI Filosofia
INTERDISCIPLINARI
Nel pensiero cristiano, la felicità terrena non può compiersi pienamente se non con
il conseguimento di una beatitudine ultraterrena, dopo la morte. Approfondisci que-
sta prospettiva mettendola a confronto con quanto affermato nella Dichiarazione.
Scienze umane, Diritto ed economia
Si può misurare la felicità? Alcuni economisti rispondono affermativamente, ritenen-
do che si possa calcolare il livello di benessere tenendo in considerazione alcuni indi-
catori: il PIL pro capite, l’aspettativa di vita, il grado di libertà di cui godono i cittadini.
Spiega che cosa possono misurare tali indicatori ed esponi la tua opinione a riguardo.
Cittadinanza e Costituzione
L’art. 3 della Costituzione italiana afferma il principio dell’uguaglianza formale dei
cittadini davanti alla legge e afferma al contempo un principio di uguaglianza
sostanziale. Individua nel testo dell’articolo i due princìpi e commentalo.

366
3 Restaurazione,
capitalismo e
nazionalismi
11 La Restaurazione e i
moti degli anni Venti
I nuovi equilibri europei dopo Napoleone
Una volta archiviata la parabola napoleonica, Austria, Prussia, Russia e Inghilterra si ri-
uniscono, nel 1814 a Vienna, per ridefinire i confini europei, all’insegna del principio di
legittimità assolutista e della restaurazione degli equilibri politici, scossi da due decenni
Esplora l’immagine di guerre. Si pongono le basi per evitare rivalità fra le potenze europee, mentre sul trono
interattiva di Francia torna un Borbone: Luigi XVIII.

Società segrete, spinte indipendentiste e moti rivoluzionari


In risposta alle politiche repressive delle monarchie europee nascono società segrete, co-
Alfabeto e simboli me la Carboneria, che danno vita a moti rivoluzionari. In America Latina, intanto, le co-
della Carboneria,
1815. Venezia, Museo lonie spagnole e portoghesi si avviano sulla strada dell’indipendenza e nel 1829 anche
del Risorgimento. la Grecia si libera dal controllo dell’Impero ottomano.

1814-15 1815 1820 1820


Congresso Nascono la Santa Alleanza Sollevazione Rivolta separatista
di Vienna e la Quadruplice Alleanza antiborbonica a Napoli a Palermo
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO
E IN DIGITALE
1. La parola chiave al centro di questa fase storica,
in cui è centrale la riaffermazione dell’autorità
monarchica, è «Restaurazione». LEZIONE
• Sapresti dare una definizione più ampia GUARDA il video Il Congresso di Vienna
di questo termine? 1. La Restaurazione: equilibrio, stabilità
e legittimità ▶ p. 370
• Quali esempi di riaffermazione della monarchia
hai già incontrato? 2. L’Italia dopo il Congresso di Vienna ▶ p. 377
3. Un costituzionalismo sotto tutela ▶ p. 380
Lavorando in autonomia e aiutandoti con un’en-
ciclopedia o un vocabolario, rispondi a queste 4. La stampa e l’istruzione pubblica ▶ p. 383
domande; poi, utilizzando la LIM, associa le paro- 5. I movimenti di opposizione alla Restaurazione
le che si possono riferire al concetto di Restaura- ▶ p. 385
zione, in modo da delineare un campo semantico 6. La Rivoluzione e la repressione in Spagna
di riferimento. e in Italia ▶ p. 389
7. L’indipendenza dell’America Latina ▶ p. 394
2. Nell’illustrazione, si possono osservare i simboli
8. L’Impero ottomano, la rivoluzione greca
della Carboneria, una delle più importanti società
e il moto «decabrista» russo ▶ p. 397
segrete sorte nell’Europa della Restaurazione.
I suoi rituali s’ispiravano a quelli della Massoneria, ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
mentre i simboli richiamavano il lavoro dei dell’Atlante digitale interattivo
carbonai. La Carboneria riuniva liberali, RIASSUMI i concetti-chiave con la
democratici, seguaci di Napoleone che avevano presentazione La Restaurazione in Europa:
visto tradite le speranze di riformare le istituzioni – le conseguenze del Congresso di Vienna
assolutistiche. negli equilibri europei;
• Scegli uno dei simboli rappresentati e decifra- – il programma politico dei liberali;
ne il significato politico. – l’Italia all’indomani del Congresso di Vienna.
• Presenta il tuo lavoro al resto della classe.
RIPASSA
3. Con le espressioni «stile Restaurazione» o «stile Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 404, p. 405
Luigi XVIII» ci si riferisce, nella storia delle arti
In digitale trovi l’audio della sintesi
decorative e della moda, ad una corrente che si è e la mappa personalizzabile
imposta nel secondo decennio dell’Ottocento, in
Francia, e che, pur recuperando alcuni elementi del APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
cosiddetto «stile Impero», che aveva contraddistin- Storia e Arte: Rappresentare le atrocità
to l’epoca napoleonica, ne prende le distanze. della guerra
• Svolgi, in autonomia o in gruppo, una ricerca Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 401
sullo «stile Impero» e sullo «stile Restaurazio-
EDUCAZIONE CIVICA
ne», mettendoli a confronto.
Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky La libertà
• Realizza una presentazione multimediale sce- d’opinione e partecipa al dibattito ▶ p. 402
gliendo alcune immagini rappresentative.
AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1821 1822 1822 1825


Moti liberali in Piemonte Lotte di indipendenza La Grecia dichiara la Moto «decabrista»
e in Lombardia nel Sud America propria indipendenza in Russia

369
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

1 La Restaurazione: equilibrio,
stabilità e legittimità
Ristabilire l’equilibrio tra le potenze
Guarda i video Dopo la sconfitta definitiva di Napoleone a Waterloo le potenze vincitrici si assun-
Il Congresso di
sero un compito impossibile da assolvere: cancellare un quarto di secolo che aveva
Vienna e I moti degli
anni Venti e Trenta in sconvolto l’Europa, ignorare il peso dei mutamenti sociali e culturali e ricostruire
Europa e rispondi alle un passato che, però, ormai non esisteva più.
domande:
In primo luogo si poneva un problema di politica internazionale: ripristina-
• Perché fu convocato
il Congresso di re l’equilibrio fra le potenze, che era stato costruito con grande cura dalla diplo-
Vienna e chi vi prese mazia settecentesca e si fondava sulla relativa equivalenza di cinque grandi Stati:
parte?
Inghilterra, Francia, Austria, Prussia e Russia. Per un secolo questi Paesi avevano
• Quali princìpi furono
affermati durante il intessuto mutevoli alleanze e combattuto guerre limitate, con il risultato di perfe-
Congresso? zionare il sistema continentale di contrappesi. Ma poi, con la Rivoluzione e l’Im-
• Dove si verificarono i pero, la Francia era cresciuta a dismisura e aveva schiacciato i due Stati tedeschi,
moti e quale fu il loro
esito? l’Austria e la Prussia.
Perciò, negli anni culminanti dell’avventura napoleonica, i grandi protagonisti si
erano ridotti a tre: la Russia, che aveva rischiato a sua volta la capitolazione, nell’e-
state del 1812, con la conquista di Mosca da parte di Napoleone; l’Inghilterra che,
in tal caso, sarebbe rimasta sola a fronteggiare i francesi; la Francia.
Si trattava quindi di ricostruire l’equilibrio precedente, anzitutto restituendo alla
Prussia e all’Austria quanto era stato loro tolto; ripristinare l’equilibrio non equi-
valeva ad annientare la Francia ma almeno a tenerla a bada, perché aveva rappre-
sentato una minaccia troppo grave per il mondo. Un buon modo sembrò quello di
costruirle intorno una cintura di Stati-cuscinetto (Paesi Bassi, Regno di Sardegna
e Prussia), una sorta di cordone di sicurezza abbastanza solido da poterla isolare
dalle altre grandi potenze.
Grazie all’intensificazione degli accordi diplomatici, poté essere ristabilito e con-
servato l’equilibrio territoriale fra gli Stati ma, più difficile, invece, fu la ricompo-
sizione di un comune orizzonte ideologico.

La creazione di un nuovo sistema


Il sistema che i restauratori intendevano imporre ai popoli europei, oltre a essere
antiquato e inattuale, era infatti uscito irrimediabilmente distrutto dalla Rivoluzio-
ne. L’Europa era profondamente cambiata: le masse popolari avevano partecipato
LESSICO allo scontro militare e, in una certa misura, anche al confronto politico; si era dif-
Società civile fusa la stampa periodica; le identità e le coscienze nazionali avevano assunto un
La distinzione tra
«società civile» e
peso sempre maggiore; la finanza e l’industria si erano enormemente sviluppate.
Stato nacque con la Accanto all’autorità dello Stato erano inoltre cresciuti il dinamismo economico
Rivoluzione francese. e le rivendicazioni della società civile e la sua autonomia non poteva più essere
Da allora, con società
civile si intende il vincolo
ignorata o schiacciata dal potere politico.
associativo che nasce a Su una società così profondamente cambiata si cercò dunque di costruire un
partire dalla convivenza nuovo equilibrio europeo, diverso da quello settecentesco ma comunque solido.
di componenti della
Perché il nuovo edificio fosse stabile, era necessario anche favorire lo sviluppo
popolazione accomunati
da interessi (specie economico e sociale, ripristinando i commerci, profondamente colpiti dalle poli-
economici) e conflitti tiche dei blocchi, e assicurando la pace. Infatti, nessuna forma politica può avere
collettivi.
una vita florida se non si appoggia su una società che cresce.

370
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

L’entrata solenne
di Luigi XVIII a Parigi
il 3 maggio 1814.
Incisione dell’epoca.

Da questo punto di vista il mondo uscito dal crollo dell’Impero napoleonico ebbe
una particolare fortuna perché un nuovo sistema, estremamente vitale e robusto,
stava mettendo radici: il sistema capitalista ( ▶ cap. 12), destinato ad assicurare
all’Europa, e in definitiva al mondo intero, un periodo di espansione così travol-
gente da oscurare, quanto a creazione di risorse, l’intera storia del passato. In altre
parole, mentre le diplomazie si sforzavano di produrre una stabilità politica da af-
fidare ai governi, agli eserciti e alle polizie, la stabilità sarebbe stata invece creata
dal progresso economico e dallo sviluppo delle forze produttive e delle relazioni
commerciali.

L’affermazione di nuovi princìpi di legittimità


Oltre alla questione del riassetto internazionale, l’Europa dovette affrontare anche
un altro problema, che riguardava più in generale la legittimità, e cioè la necessi-
tà di riaffermare i princìpi della legge, travolti dalla Rivoluzione francese e dallo
strapotere napoleonico. In pratica si voleva che in ognuno dei Paesi sconvolti dalla
tempesta rivoluzionaria e imperiale tornassero gli antichi governanti.
Ma una scelta di questo tipo, il puro e semplice ripristino della legalità del passa-
to, non fu priva di conseguenze, perché attraverso la Rivoluzione si era affermata la
volontà popolare, espressione di un principio di legalità moralmente, politicamente
e culturalmente molto superiore a quello della legittimità dinastica.
Il principio di legittimità che le potenze vincitrici posero alla base della rior-
ganizzazione dell’Europa implicava la restaurazione non solo delle dinastie ma
anche dei poteri, dei confini, delle istituzioni precedenti alle conquiste napoleo-
niche. Tuttavia questo criterio non fu applicato integralmente, né sul piano geo-
politico dell’assetto europeo, né nella struttura interna degli Stati restaurati. Dal
punto di vista costituzionale gli Stati della Restaurazione furono organizzati in
due modi: o come monarchie amministrative, cioè sistemi fondati sulla piena
sovranità del monarca, sostenuto dalle burocrazie affidate ai funzionari da lui

371
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

LESSICO nominati e dai ministri responsabili solo dinanzi al sovrano; oppure come mo-
Stato di diritto narchie dotate di sistemi rappresentativi (Regno Unito, Francia, Regno dei Paesi
Lo «Stato di
diritto» prevede Bassi, Svezia e alcuni Stati della Germania meridionale), sebbene estremamente
il riconoscimento oligarchici ed elitari.
costituzionale dei diritti e Il legittimismo, la dottrina che voleva il ripristino della forza della legge, fu an-
delle libertà fondamentali
dell’individuo. Esso che sostenuto, sul piano teorico, dall’elaborazione di un pensiero politico con-
prevede la garanzia troilluministico, ostile al principio dei diritti di cittadinanza affermatosi nel 1789.
di elezioni libere, il Questo pensiero faceva della tradizione, del passato storico, dei costumi e della re-
rispetto dei diritti umani,
l’indipendenza della ligione la base della coesione morale e sociale della società e dell’ordine della ge-
giustizia e l’esistenza di rarchia politica. Nell’Europa continentale, quindi, il tradizionalismo assunse una
un’economia di mercato. connotazione teologico-politica, in senso cristiano e cattolico, come reazione allo
choc che la Rivoluzione del 1789 aveva prodotto sulle istituzioni e sul clero catto-
lico, provato dall’esproprio dei beni, dalla perdita dei privilegi e dalla campagna di
scristianizzazione ( ▶ cap. 9, par. 8), ma anche sulle varie Chiese e sette cristiane.
Tuttavia, per quanto gli orrori della dittatura e della guerra avessero disonorato
la Rivoluzione, non era più possibile che la legittimità si fondasse solo sulle tradi-
zionali sovranità dinastiche. Le costituzioni e le istituzioni rappresentative che
Alessandro I,
Federico Guglielmo III, le potenze vincitrici si sforzarono di eliminare finirono in realtà, anche se lenta-
Lord Castlereagh mente, con l’imporsi dovunque; e con loro si impose anche quello che gli inglesi
e Talleyrand riuniti al chiamano «governo della legge» e i tedeschi «Stato di diritto», cioè il rispetto del-
Congresso di Vienna
(1814-1815). Incisione le regole da parte dei governanti, vale a dire un tipo di legittimità da cui nessuno
dell’epoca. poteva più prescindere.

372
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

Il Congresso di Vienna
Il Congresso, apertosi nel novembre del 1814, aveva riunito le potenze vincitrici e
la Francia per deliberare sulle sorti dell’Europa durante l’esilio di Napoleone all’i-
sola d’Elba. Al Congresso erano presenti delegazioni in rappresentanza di tutti gli
Stati europei, ma a prendere le decisioni più importanti furono le quattro mag-
giori potenze vincitrici: la Gran Bretagna, rappresentata dal ministro degli Esteri
Castlereagh; la Prussia dal cancelliere Hardenberg; l’Austria, per cui era presente
il ministro degli Esteri Metternich; la Russia, con il diplomatico Nesselrode, tal-
volta accompagnato dallo zar Alessandro I. L’avventura dei «Cento giorni» non
condizionò lo svolgimento dei lavori, che continuarono come se nulla stesse av-
venendo; del resto, le diplomazie internazionali si erano già accordate sull’essen-
S1 Il ritorno ziale. Napoleone non era ancora stato sconfitto a Waterloo, quando le attività del
di Napoleone, p. 409
Congresso di Vienna si erano già concluse (giugno 1815).
Bisogna notare una particolarità importante del Congresso: il Paese sconfitto e
responsabile dello scardinamento dell’equilibrio settecentesco, cioè la Francia, fu
riammesso con quasi assoluta naturalezza fra le potenze che decidevano dell’asset-
to europeo. L’ambasciatore francese era quello stesso Talleyrand ( ▶ cap. 10, par. 5)
che per anni aveva servito Napoleone come ministro degli Esteri, ma nessuno pen-
sò di metterlo sotto processo o anche solo di escluderlo dai negoziati.
Questo paradosso fu reso possibile dal fatto che la Francia appariva sotto due
aspetti contrastanti: veniva considerata, allo stesso tempo, colpevole ma anche
prima vittima della tempesta rivoluzionaria e del periodo napoleonico e il suo re,

L’EUROPA DOPO IL CONGRESSO DI VIENNA (1815) GRANDUCATO


Oslo DI FINLANDIA
REGNO Stoccolma
1. REGNO DI OLDENBURG
2. ANHALT DI NORVEGIA
3. ELETTORATO D’ASSIA REGNO
4. GRANDUCATO D’ASSIA DI SVEZIA
Riga
Esplora i luoghi e 5. DUCATO DI NASSAU REGNO Copenaghen
lavora con le carte 6. STATI DI TURINGIA REGNO Mare del DI Mar
DI GRAN BRETAGNA Nord DANIMARCA Baltico
dell’Atlante digitale 7. REGNO DI SASSONIA E IRLANDA
8. REGNO DI WÜRTTEMBERG Lubecca IMPERO
interattivo 1 REGNO DI
REGNO DI
9. GRANDUCATO DI BADEN Londra PRUSSIA RUSSO
REGNO DEI HANNOVER Berlino
PAESI BASSI Varsavia
2
1815
Waterloo 5 3 7 Kiev
4 6
LUSS. Francoforte Praga Cracovia VOLINIA
Parigi REGNO BOEMIA GALIZIA
DI
8 BAVIERA MORAVIA PODOLIA
IMPERO
Oceano 9 Monaco D’AUSTRIA BESSARABIA
Atlantico REGNO DI Vienna
FRANCIA CONF. TIROLO MOLDAVIA
ELVETICA Budapest
Leggi la carta LOMBARDO-
Torino
VENETO
• Quali aree REGNO DI BANATO
REGNO DI DALMAZIA VALACCHIA
geografiche SARDEGNA
PORTOGALLO STATO BOSNIA SERBIA
appaiono GRAND. DI
Madrid TOSCANA DELLA
frammentate Lisbona CHIESA BULGARIA
REGNO DI Corsica MONTENEGRO
dal punto di vista Roma
SPAGNA IMPERO
Napoli
territoriale? ALBANIA OTTOMANO
Sardegna REGNO DELLE
• Guardando Gibilterra (Gran Bretagna) DUE SICILIE
Mar Mediterraneo
all’area tedesca, Tangeri
Melilla (Spagna) Palermo
quali potenze Is. Ionie
Tunisi (prot. britannico)
occupano una MAROCCO ALGERIA
parte considerevole TUNISIA
(Stato vassallo dell’Impero ottomano) Confederazione germanica
di territorio?

373
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

LESSICO Luigi XVIII, rappresentava il più alto simbolo della legittimità ferita. Con grande
Confederazione abilità Talleyrand si fece appunto campione della legittimità dinastica e si pre-
Unione fra più Stati che,
pur mantenendo sentò come il difensore dei piccoli Stati, non chiedendo nulla per il proprio Paese.
le proprie individualità Così seppe sfruttare ogni contrasto fra gli alleati per accrescere il ruolo della Fran-
e caratteristiche sociali cia, proprio mentre gli eserciti francesi tornavano a minacciare l’Europa.
e culturali, si organizzano
in una struttura Il principio della legittimità non fu però sempre rispettato dai diplomatici e dai
sovranazionale attraverso ministri riuniti a Vienna e venne anzi ripresa la logica spartitoria che aveva fat-
l’attività di organi comuni to pagare ai piccoli Stati il prezzo dell’equilibrio settecentesco. Infatti, malgrado i
e assemblee elettive
unitarie ( ▶ cap. 8, tentativi diplomatici francesi, la Polonia non venne riunita, perché la Russia non
par. 5). volle cederla; anzi, lo zar Alessandro I (1801-25) assunse il titolo di re di Polonia
e si vide anche riconoscere l’annessione della Finlandia (conquistata alla Svezia nel
1809), ottenendo un ulteriore rafforzamento del suo Paese.
Per parte sua la Prussia, a cui non venne restituita la sua porzione di Polonia,
ottenne una parte della Germania occidentale sulle rive del Reno, garantendosi
la possibilità di un controllo più vigile sulla Francia. La Prussia risultava ormai in
grado di assumere quel primato nel mondo tedesco che per secoli era appartenuto
all’Austria e la sua espansione verso occidente pose le premesse di un rinnovato e
violento antagonismo con la Francia. Il Sacro Romano Impero, la cui fine era sta-
ta segnata dalla rinuncia di Francesco II d’Asburgo alla corona imperiale nel 1806
( ▶ cap. 10, par. 8), non venne ricostituito e fu sostituito dalla Confederazione ger-
manica, cui aderivano una quarantina di Stati e il cui presidente era l’imperato-
re d’Austria. Vienna non era più la sede di una sovranità imperiale tedesca ma la
capitale dell’Impero d’Austria, una grande potenza multinazionale danubiana.
I Paesi Bassi austriaci vennero annessi all’Olanda, che le potenze intesero raf-
forzare, sempre in funzione antifrancese, mentre la corona di Spagna tornò a Fer-
dinando VII di Borbone. La Repubblica di Venezia non venne ripristinata e insieme
alla Lombardia fu consegnata all’Austria, che assunse dunque un ruolo prepon-
derante nella Penisola italiana.

Dopo i «Cento giorni» si poneva il problema della Francia


LE FONTI
sconfitta. Castlereagh e lo zar Alessandro I si opposero
La Francia nel a punizioni esemplari e cessioni territoriali, pensando che
nuovo equilibrio una Francia forte potesse garantire un equilibrio nell’Eu-
Leggi in digitale ropa continentale. Possiamo leggere le ragioni di questa
il testo Il Congresso
europeo posizione nelle parole del ministro inglese.
di Vienna:
• Perché, secondo lo Più ci penso e più deploro questa tendenza a offendere una così impor-
storico, nonostante tante potenza. Noi dobbiamo abbatterla e tagliarle le unghie in modo
le colpe francesi
era «ragionevole»
che debbano trascorrere molti anni prima che possa farci di nuovo del
che la Francia male. Spero che potremo farlo con efficacia e senza esporci a maggiori
fosse presente rischi di insuccesso di quelli che comporta, più o meno, ogni iniziativa
al Congresso di diplomatica e militare, ma questo sistema che ci costringerebbe a una
Vienna?
• Quali desideri guerra sul continente per territori che la Francia può in ogni istante
nutriva la Francia reclamare da altri Stati che li occupino, senza che queste sue richieste
al Congresso? vadano oltre i limiti segnati dalla giusta difesa del suo onore, è a mio
parere una cattiva politica per la Gran Bretagna.
(da V. Criscuolo, Il Congresso di Vienna, il Mulino, Bologna 2015, p. 149)

374
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

I polacchi, i belgi e i lombardo-veneti divennero quindi le maggiori vittime


della diplomazia europea, le nazioni per le quali il Congresso di Vienna aveva
contravvenuto alle sue stesse affermazioni di principio. Con i loro nazionalismi
feriti, rappresenteranno le principali spine nel fianco dell’equilibrio creato dalla
Restaurazione.

Il nuovo sistema di alleanze


Il Congresso di Vienna stabilì che l’equilibrio fra le maggiori potenze dovesse
basarsi su solide alleanze ed essere garantito dalla pratica di frequenti incon-
tri al vertice. Nacque cioè un «club dei cinque grandi», che si ripromettevano di
tenersi in contatto per gestire insieme la politica estera e prevenire ogni situa-
zione di crisi.
Nel settembre del 1815, Austria, Russia e Prussia, per ribadire e rinsaldare l’or-
dine ratificato dal Congresso, firmarono un patto, la Santa Alleanza, che, oltre a
riunire le tre corone custodi dell’assolutismo monarchico, le impegnava a soste-
nere «i precetti della giustizia, della carità cristiana e della pace». Al patto aderi-
rono progressivamente tutti i Paesi europei tranne l’Inghilterra, che non poteva
riconoscersi nei toni mistici cristiani e nelle formulazioni ideologiche e assoluti-
stiche del trattato.
Senza l’Inghilterra, tuttavia, il sistema di «polizia internazionale» auspicato da
Austria, Prussia e Russia nasceva monco. Le quattro nazioni aderirono perciò a una
seconda intesa allargata, che venne sancita nel novembre del 1815, dal carattere
decisamente più politico e pragmatico, di cui l’Inghilterra era il perno e che prese
il nome di Quadruplice Alleanza.
F1 L’origine del Questo ritorno alla sacralità della monarchia, che rappresentava un tratto ori-
principio monarchico
ginale rispetto sia al primato settecentesco della politica sulla religione sia al laici-
secondo de Maistre,
p. 407 smo rivoluzionario, era in realtà il sintomo di una profonda fragilità. La Rivoluzio-
ne francese aveva fortemente indebolito il principio della legittimità dinastica, un

NUOVI EQUILIBRI E NUOVE ALLEANZE

Congresso di Vienna (1814-1815)

• costruire un nuovo equilibrio internazionale


• stringere nuove alleanze

Quadruplice Alleanza Santa Alleanza


(Inghilterra, Austria, Russia, (Austria, Russia, Prussia), che
Prussia), dal carattere più riunisce le monarchie assolute e
politico e pragmatico si basa sull’ideologia cristiana

• tutela dell’ordine internazionale


• intervento militare nei Paesi alleati

375
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

principio che si tentava ora di riaffermare attraverso l’autorità della fede, facendo
appello alle radici dell’identità cristiana, in un’epoca duramente provata dai costi
umani, sociali ed economici della guerra.
Per prevenire lo spettro della rivoluzione, la Santa Alleanza introdusse un’altra
novità nella diplomazia europea: i Paesi alleati erano autorizzati a intervenire
militarmente per mantenere l’ordine ovunque fosse richiesto, interferendo negli
affari interni di ogni altro Paese.
Nel Settecento gli eserciti si erano mossi per spaccare e spartire i Paesi in dif-
ficoltà, e lo avevano fatto senza alcuna copertura ideologica o finalità diversa dal
proprio interesse politico. Così era avvenuto, per esempio, in Polonia.
Nell’Ottocento invece, essi, in quanto difensori dell’ordine costituito, della legit-
timità, della sacralità del potere, avrebbero aiutato i Paesi minacciati dal disordine
a mantenere in piedi le proprie istituzioni a tutti i costi.
Cambiava così il significato ideale e politico dell’intervento straniero. Avveni-
va infatti un ripudio radicale non solo della laicità dello Stato, ma anche della sua
sovranità nei rapporti internazionali; e si ritornava a un clima intollerante e rea-
zionario che il Settecento, già molto prima della Rivoluzione, sembrava avere de-
finitivamente sconfitto.

Restaurazione Il termine «Restaurazio-


LA STORIA NELLE PAROLE
ne» fu coniato nel 1816 per indicare il
Reazione e ritorno dei Borbone sul trono di Francia
Restaurazione dopo la sconfitta di Napoleone, soste-
nuto dalla politica legittimista del Con-
gresso di Vienna, che intendeva riportare
Reazione/reazionario I termini «reazio- sui troni d’Europa i legittimi sovrani. Il ter-
ne» e «reazionario» nascono come calco mine fu poi utilizzato anche in riferimento
dal francese réactionnaire, utilizzato dal- ad altre situazioni, anche precedenti, per
la fine del XVIII secolo in opposizione a esempio alla Restaurazione degli Stuart
révolutionnaire («rivoluzionario»). in Inghilterra (1660) dopo la rivoluzione
In senso generico, il termine reazione in- e il governo di Cromwell.
dica l’opposizione a un processo evoluti- Comunemente, il termine viene usato per
vo in corso, per arrestare il processo e a indicare il periodo della storia europea
favorire il ritorno a uno stadio preceden- compreso tra il Congresso di Vienna e
te. Reazionario è dunque chi si oppone le rivoluzioni del 1848; periodo in cui il
a ogni sorta di riforma, innovazione o «concerto europeo», ovvero l’equilibrio
progresso. In ambito politico è reaziona- politico costruito durante il Congresso,
rio un comportamento che vuole invertire intendeva arginare le istanze liberali e
la tendenza in atto nelle società moderne democratiche.
verso la democratizzazione del potere e La prima fase della Restaurazione, fino
una maggiore equità sociale. Per questa al 1830, fu caratterizzata dalla tenuta del
ragione le spinte reazionarie nascono in sistema restaurato; la seconda, compre-
seno a quelle classi sociali private dei lo- sa tra il 1830 e il 1848, vide invece una
ro privilegi dal progresso sociale. Al tem- progressiva affermazione delle istanze
po del Congresso di Vienna, la reazione liberali. La restaurazione di un ordine so-
invocava un ritorno all’Ancien régime, ciale preesistente, tuttavia, non fu mai re-
appellandosi alle origini divine del pote- alizzata del tutto, in quanto alcune rifor-
re dei sovrani e negando dunque la so- me avevano indotto cambiamenti ormai
vranità popolare. troppo radicati nella società.

376
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

2 L’Italia dopo il Congresso di Vienna


La sudditanza politica dell’Italia in Europa
Fra i vari popoli sacrificati dalle decisioni prese al Congresso di Vienna, l’esempio
più significativo fu forse quello italiano, per certi aspetti ancor più di quello polac-
co. L’Italia era un caso molto particolare in Europa: era un luogo di illustri tradi-
zioni culturali, di straordinarie ricchezze artistiche, il centro di una grande forza
spirituale internazionale come la Chiesa cattolica, ma anche un Paese antiquato e
politicamente debolissimo, che da tre secoli aveva perso la propria indipendenza.
Nel Settecento l’Italia aveva dato qualche segno di ripresa sperimentando un ri-
formismo politico attivo e un risveglio culturale vigoroso che si era felicemente
riallacciato alla sua grande tradizione. Sotto il dominio rivoluzionario e napoleo-
nico questa ripresa era culminata in una stagione politica particolarmente interes-
sante, in cui le vecchie aristocrazie avevano dovuto cedere il controllo dello Stato
e il monopolio della grande proprietà terriera ed erano state compiute notevoli ri-
forme della pubblica amministrazione e della legislazione. Con la Restaurazione
degli antichi governi questo processo non poté essere fermato del tutto, ma po-
liticamente subì una battuta d’arresto, essendo delegittimato e additato come la
causa delle tragedie che l’Italia, come l’Europa intera, aveva dovuto attraversare.
L’Italia fu dunque ricacciata indietro in una posizione di mera sudditanza po-
litica. L’ambasciatore austriaco al Congresso di Vienna, il principe di Metternich
(1773-1859), pronunciò in proposito una frase famosa che per lungo tempo mar-
chiò a fuoco la coscienza nazionale degli italiani: «L’Italia è un’espressione geo-
grafica», per affermare che non costituiva una nazione né poteva esistere come
entità statale. Ciò veniva affermato a dispetto sia della forte identità religiosa e
storica del nostro Paese sia dell’unità linguistica e culturale che contrassegnava
ormai le sue classi dirigenti.

L’entrata delle
truppe austriache
a Milano
(21 aprile 1814).
Dipinto di Giovanni
Migliara (XIX secolo).
Milano, Museo Civico.

377
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

La nuova posizione del Regno di Sardegna


In Italia l’equilibrio era stato garantito, fino agli inizi del XVI secolo, da cinque Sta-
ti principali: il Ducato di Milano, la Repubblica di Venezia, la Repubblica di Firenze
(poi divenuta Granducato di Toscana), lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli.
C’erano inoltre il Regno di Sicilia, unito a quello di Napoli ma con leggi e istituzio-
ni proprie, la Repubblica di Genova e altri Stati minori.
Fra questi ultimi era emerso un nuovo soggetto politico: la dinastia dei Savoia
a capo del Regno di Sardegna. Nel corso del Settecento il nuovo Regno, dalla sua
capitale Torino, aveva cercato di costruire la propria egemonia attraverso una mo-
dernizzazione amministrativa e istituzionale, diretta dall’alto e per nulla aperta
alle trasformazioni sociali.
Data la sua posizione geografica, il Piemonte aveva subito per primo i colpi
dell’invasione napoleonica. La corte era andata in esilio a Cagliari, sotto protezione
inglese, e ora Vittorio Emanuele I (1802-21) si presentava come il campione della
legittimità ripristinata. Al Regno furono restituite Nizza e la Savoia, e in più otten-
ne il territorio della Repubblica di Genova, che cessò di esistere: lo Stato sabaudo
doveva infatti essere rafforzato per interporre un solido ostacolo tra Francia e Au-
stria. A Torino tornarono al potere gli uomini del passato e vennero allontanati tutti
i funzionari che avevano lavorato sotto l’amministrazione francese.
Neppure la Repubblica di Venezia fu ricostituita, contro ogni principio di legitti-
mità. Il trattato di Campoformio tra francesi e austriaci l’aveva cancellata dalla carta
politica nel 1797 ( ▶ cap. 10, par. 3), interrompendone la storia millenaria, e la Restau-
razione la regalò agli austriaci. Venezia divenne così il simbolo del dramma italiano.
Un destino simile toccò a Milano. Capitale della Repubblica Cisalpina e poi del
Regno napoleonico d’Italia, il capoluogo lombardo era recentemente diventato un
punto di riferimento politico, culturale ed economico del rinnovamento di tutta
la Penisola, ma ora l’intero Lombardo-Veneto diventava una provincia asburgica,
priva di autonomia politica.

L’esecuzione
di Gioacchino Murat
a Pizzo Calabro
(13 ottobre del 1815).
Stampa dell’epoca.

Leggi l’immagine
• Chi è presente sulla
scena oltre a Murat
e quale funzione
svolge?
• Descrivi
l’atteggiamento
assunto da Murat.

378
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

La Restaurazione nel Centro-Sud della Penisola


I Ducati di Parma e di Modena vennero restaurati e la piccola Repubblica di Lucca
venne trasformata a sua volta in ducato. Questi piccoli Stati – sui quali l’Austria si
assicurò un saldo controllo – servirono a indennizzare sovrani minori, variamen-
te danneggiati dalla Rivoluzione. Il Granducato di Toscana tornò a Ferdinando III
d’Asburgo-Lorena (1814-1824), fratello dell’imperatore d’Austria, e Roma al papa.
Napoli e la Sicilia, ormai unificate nel Regno delle Due Sicilie, furono restituite
al vecchio Ferdinando IV di Borbone (1751-1825; dal 1816 Ferdinando I come re
delle Due Sicilie), rientrato a Napoli dopo quindici anni di esilio palermitano sotto
protezione britannica. Più di tutti gli altri sovrani legittimi, Ferdinando di Borbone
incarnava l’orrore del passato che tornava, con il carico di morti che la repressione
della Repubblica partenopea ( ▶ cap. 10, par. 3) aveva portato. Per gli intellettuali
napoletani il suo rientro nella capitale rappresentò un colpo terribile che chiudeva
una stagione di fecondi rapporti fra cultura e potere.
Gioacchino Murat ( ▶ cap. 10, par. 8), tentò di farsi interprete di questa frustra-
zione napoletana e italiana in generale. Braccio destro di Napoleone nel colpo di
Stato del 18 brumaio, maresciallo dell’Impero e in seguito re di Napoli (1808-15),
Murat, personaggio ambizioso ma politicamente inconsistente, dopo avere abban-
donato l’imperatore era passato dalla parte dei suoi nemici. Ma quando il Congres-
so di Vienna riassegnò Napoli ai Borbone, tentò la riconquista del Regno, venendo
però catturato, processato e fucilato a Pizzo Calabro, nell’ottobre del 1815.
Calava a questo punto sulla Penisola una cappa oppressiva e reazionaria. Le
classi dirigenti più illuminate avevano sperato che l’avventura napoleonica faces-
se respirare di nuovo un’aria di modernità e di progresso, malgrado la dominazio-
ne straniera. Invece, dal dominio francese ora passavano a quello austriaco e ogni
sogno di crescita civile svaniva.

L’ITALIA DOPO IL CONGRESSO DI VIENNA (1815)

SVIZZERA
IMPERO D’AUSTRIA
SAVOIA
Milano LOMBARDO-
VENETO
Torino Venezia
DUC. DI
PARMA DUC. DI
REGNO DI MODENA
SARDEGNA IMPERO
Firenze OTTOMANO
DUC. DI MASSA GRAND. STATO
DUC. DI LUCCA DI DELLA
TOSCANA CHIESA
Mare Adriatico
CORSICA Roma

Bari
Napoli
Leggi la carta REGNO Taranto
SARDEGNA DELLE
• In quanti Stati Mar Tirreno
DUE SICILIE
è organizzata la Cagliari
Penisola dopo
il Congresso di
Vienna? Palermo
Mar Mediterraneo
• Quali territori
sono stati annessi
all’Austria?

379
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

3 Un costituzionalismo sotto tutela


LESSICO L’affermazione di un costituzionalismo aristocratico
Costituzionalismo
L’insieme delle norme Nel clima della Restaurazione – come, per altro, già sotto il regime napoleonico –
e delle regole che risultava chiaro che ogni eventuale libertà non poteva essere il frutto di una con-
garantisce ai membri quista popolare ma solo una concessione da parte dei governi, comunque limita-
della comunità
l’esercizio dei loro diritti ta e rispettosa delle vecchie gerarchie sociali. Ci si poteva al massimo ispirare a un
e il godimento delle costituzionalismo aristocratico, annacquato e depurato da qualunque memoria
libertà individuali. Esso, rivoluzionaria.
inoltre, stabilisce la
sottomissione del potere
La caduta di Napoleone rafforzava enormemente l’Inghilterra e il suo model-
politico alla supremazia lo politico, ma sull’Europa – e sull’Inghilterra stessa – spirava un vento reaziona-
della legge. rio che induceva a considerare il costituzionalismo britannico troppo pericoloso
o, tutt’al più, lo riproponeva in forma attenuata. Nello stesso anno 1812 in cui gli
spagnoli scrivevano la loro costituzione liberale fondata sulla centralità del Parla-
mento ( ▶ cap. 10, par. 9), in Sicilia i Borbone, sotto protettorato inglese, avevano
ceduto alle pressioni dell’aristocrazia feudale concedendo una costituzione fon-
data su un Senato baronale difensore dei privilegi. Le due Costituzioni del 1812,
quella spagnola e quella siciliana, erano molto diverse, con due significati politici
opposti: moderata ma liberale e nata dalla lotta di liberazione la prima, addirittura
reazionaria e benevolmente concessa dalla monarchia la seconda. In ogni caso, i
Il re di Francia due testi furono revocati da Ferdinando VII, a Madrid, e da Ferdinando I, a Napoli,
Luigi XVIII ritratto una volta tornati al potere.
insieme alla famiglia Ma il primo Paese sul quale era spirato il vento reazionario era stato proprio la
reale. Incisione
dell’epoca. Londra, Francia, dove le libertà costituzionali erano state drasticamente limitate da Napo-
National Portrait Gallery. leone e poi ulteriormente ridotte con il ritorno dei Borbone.

380
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

Nel giugno del 1814 fu «concessa» (octroyée) da Luigi XVIII (1755-1824) una
Carta costituzionale che restringeva di molto il diritto di voto, lasciandolo a una
piccola minoranza di ricchi: meno di 90.000 votanti contro i 3 milioni e mezzo del
periodo napoleonico, su quasi 30 milioni di francesi. Per giunta, a una Camera dei
deputati così rigidamente censitaria, basata cioè sulla ricchezza, la Carta attribu-
iva solo una parodia di potere legislativo: quello di votare le leggi presentate dal
re, senza poter nemmeno proporre un emendamento. La Camera francese fu così
ironicamente chiamata chambre introuvable («camera introvabile»). I deputati «in-
trovabili» spinsero il governo a negare la libertà di stampa, a istituire tribunali spe-
ciali e ad autorizzare l’arresto senza prove.

LESSICO Crisi economica e conservatorismo in Inghilterra


Habeas corpus In Inghilterra il diritto di non essere arrestati senza prove giudiziarie si chiama-
Nel diritto anglosassone
è la norma che prevede
va habeas corpus, ed era legge dello Stato fin da prima della Gloriosa rivoluzio-
la conferma dell’arresto ne del 1688 ( ▶ cap. 1, par. 6). Eppure anche lì, nella patria delle libertà individuali,
di un indiziato da parte questa legge era stata abolita durante la guerra contro la Francia, e poi sospesa di
di un magistrato solo
in presenza di prove
nuovo nel 1815: questa volta non più tanto contro i «giacobini», ma in difesa di
concrete: fino a quel un equilibrio sociale ormai completamente inadeguato alle esigenze dello sviluppo
momento l’indiziato economico e corrispondente soltanto agli interessi dei grandi proprietari terrieri e
è considerato libero
cittadino a tutti gli effetti.
del governo tory che li rappresentava. In altri termini, alla restaurazione politica
si accompagnava il conservatorismo sociale.
In Inghilterra si stava sviluppando la Rivoluzione industriale, ora stimolata dalla
riapertura dei mercati europei. Ma questo non si traduceva affatto in un migliora-
mento economico per le classi popolari. Al contrario, dato che si teneva alto arti-
ficialmente il prezzo del grano per avvantaggiare gli agrari, una parte consistente
della popolazione si trovava ridotta alla fame.
Si innescò in tal modo un meccanismo perverso: le masse di poveri si rivolge-
vano alla pubblica assistenza e alle parrocchie, le quali erano tenute a provvede-
re, ma al contempo gravavano sui contribuenti. Tale situazione indusse i datori di
lavoro ad abbassare i salari per recuperare così ciò che versavano in tasse, con un
conseguente ulteriore aumento della povertà. Questa crisi economica, iniziata nel
1816, provocò un malessere sociale cronico, tenuto a bada con metodi autorita-
ri che sopprimevano le libertà individuali e alteravano il normale funzionamento
costituzionale. La repressione sfociò in un vero e proprio massacro a Manchester
nel 1819, a St Peter’s Field, che rappresentò la Waterloo del governo tory e fu chia-
mato infatti il «massacro di Peterloo».

Il confronto tra repubblicani e federalisti negli Stati Uniti


Perfino negli Stati Uniti le libertà costituzionali, così recentemente e a duro prez-
zo conquistate, si trovarono in pericolo. Gli americani avevano combattuto contro
l’Inghilterra animati da un attaccamento fortissimo alla piccola comunità locale,
al suo autogoverno totalmente libero da controlli esterni. Quella dei rivoluzionari
americani era una passione quasi tribale per l’identità del villaggio, carica di spiri-
tualità protestante e portatrice di un controllo sociale rigido, prettamente eguali-
tario, con una fortissima ostilità per ogni forma di potere centrale. Al contrario, i
possidenti, proiettati verso un mercato urbano fondato sull’esportazione, avevano
bisogno di un’autorità statale forte, all’occorrenza autoritaria.

381
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Il «massacro di Sul piano politico questa divisione si rifletté nella contrapposizione fra il Partito
Peterloo». Illustrazione repubblicano, interprete delle istanze dei piccoli proprietari e dei pionieri e favo-
di George Cruikshank.
revole alle autonomie delle tredici repubbliche americane, e il Partito federalista,
che intendeva invece rafforzare il vincolo fra i diversi Stati attraverso una politica
centralista e moderata.
I federalisti, al potere alla fine del Settecento, repressero molto duramente le
tensioni radicali emergenti da un movimento popolare fatto soprattutto di con-
tadini poveri, che si spingevano a colonizzare l’Ovest selvaggio e venivano consi-
derati dai federalisti, appunto per il loro radicalismo, come pericolosi «giacobini».
La paura della rivoluzione contaminò seriamente il funzionamento della de-
mocrazia americana, cosicché in più di un caso le garanzie costituzionali furono
in pericolo. Agli inizi del nuovo secolo i repubblicani conquistarono saldamente il
potere e si presentò il pericolo opposto: che il giovanissimo Stato si sbriciolasse in
una miriade di comunità locali. Ciò non avvenne; anzi nel 1801, con l’elezione a
presidente del repubblicano Thomas Jefferson (1801-09), venne inaugurata una
fase di grande espansione territoriale, che fu perseguita anche dai successivi pre-
sidenti, James Madison (1809-17) e James Monroe (1817-25).
Malgrado tante tensioni, la nuova Costituzione superò la prova, grazie al raf-
forzamento di un’istituzione che da allora non ha più cessato di essere un car-
dine importantissimo del sistema politico e istituzionale americano: la Corte su-
prema, i cui giudici, inamovibili, nominati dal presidente (capo dell’esecutivo) e
confermati dal Congresso (cioè dal potere legislativo), sono i custodi dell’equili-
brio costituzionale.

382
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

4 La stampa e l’istruzione pubblica


La crescita dei quotidiani di informazione
Con la mobilitazione rivoluzionaria e controrivoluzionaria era maturato nei diversi
Paesi europei un nuovo soggetto politico: l’opinione pubblica ( ▶ cap. 6, par. 1). Invisa
ai tradizionalisti perché non era un potere istituzionale, svolgeva in maniera crescen-
te un ruolo importantissimo. In un mondo in cui la società sempre più nettamente
si distingueva dallo Stato, e anzi tendenzialmente gli si contrapponeva, l’opinione
pubblica si faceva portavoce diretta della società civile, incarnando una legittimità
rivale del potere costituito, non regolata dalla legge ma idealmente superiore ad essa.
L’opinione pubblica era, insieme, causa e conseguenza dello sviluppo impe-
tuoso della stampa periodica. Nel Settecento il fenomeno aveva già cominciato
a diffondersi, ma limitato quasi soltanto a riviste letterarie. Il quotidiano d’infor-
mazione era ancora estremamente raro ( ▶ cap. 6, par. 1). Con la Rivoluzione e la
controrivoluzione la stampa periodica, anche quotidiana, ricevette un enorme im-
pulso. Le tirature erano ancora modeste ma in costante crescita. Solo pochissimi
grandi quotidiani superavano le 10.000 copie, come il «The Times» di Londra o il
«Journal des débats» di Parigi, ma queste cifre vanno confrontate con quelle assai
esigue delle élite ammesse al diritto di voto. La novità dell’Ottocento fu che i gior-
nali ormai raggiungevano per abbonamento, e quindi influenzavano stabilmente,
un pubblico relativamente vasto, il quale aveva conquistato i mezzi culturali per
valutare e criticare le decisioni dei governi e, di conseguenza, esigeva gli strumen-
ti politici per condizionarle.
Una biblioteca
pubblica a Londra La forza dei giornali risiedeva nel fatto che, a differenza delle gazzette lettera-
a inizio Ottocento. rie, pubblicavano sia le notizie e i commenti sia gli annunci economici, dai quali

383
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

traevano, più che dalle vendite, i mezzi di sostentamento. In questo modo porta-
vano le notizie politiche agli operatori economici e gli avvisi commerciali ai letto-
ri di commenti politici, contribuendo così a unificare o addirittura a creare quel-
la borghesia colta, impegnata negli affari e insieme competente dei fatti politici,
che tanto doveva contribuire alla storia ottocentesca dell’Europa e poi del mondo
contemporaneo.
Alla maggior diffusione dei quotidiani si accompagnò la nascita del giornali-
smo. Apparve così una nuova figura professionale, quella del giornalista, che si
conquistava con il suo lavoro la credibilità e quindi la capacità di influire sui letto-
ri. Nessun pubblico potere dava mandato al giornalista di incidere sulle coscienze,
nessuna autorità lo autorizzava a farlo, nessun controllo vigeva sul suo operato,
se non il maggiore o minore successo delle sue parole. Questa libertà costituiva
una sconvolgente novità: per tutti i secoli del Medioevo e dell’Età moderna le co-
scienze erano state influenzate da un apparato politicamente controllato, la Chie-
sa; ora, invece, si diffondeva questo temibile nuovo potere, temuto dai governanti
e osteggiato dai tradizionalisti.

La regolamentazione governativa di stampa e istruzione


Nessun governo, per quanto chiuso alle novità, poteva però permettersi di rinun-
ciare a un’arma così potente: poiché l’opinione pubblica era una realtà che non si
poteva più ignorare, una stampa favorevole o almeno non ostile al governo era in
grado di indurre il consenso intorno alla politica del governo stesso. Nessuno pensò
di vietare puramente e semplicemente la stampa periodica, ma si diffusero le leg-
gi repressive, le tasse sugli annunci e le censure, tutti strumenti che permetteva-
no di esercitare un controllo sui giornali – o persino, in alcuni casi, di sopprimerli
– per potersene servire all’occorrenza, allo scopo di limitare i danni derivanti dal
consolidamento di un’opinione pubblica d’opposizione.
Un discorso analogo va fatto per il sistema scolastico e universitario. Fino ad
allora, nei Paesi cattolici era stato gestito dai gesuiti e da altri ordini religiosi. Nei
LESSICO
Club Paesi protestanti, era perlopiù già diretto dai governi, ma senza una reale pianifi-
Associazione di persone cazione, o anche affidato a iniziative private, come nel caso delle università inglesi.
che si riuniscono Nel frattempo cresceva rapidamente la necessità di personale istruito da impiegare
per perseguire scopi
comuni. Il club, che nelle burocrazie statali o nelle varie categorie professionali. Non vi era però nes-
ha una sua specifica suno che verificasse i programmi, i metodi di insegnamento e la disciplina. Tutti
tradizione in Gran gli Stati, quindi, si sforzarono di pianificare l’istruzione e, nello stesso tempo, di
Bretagna come luogo
di incontro fra borghesi
controllarla politicamente. Ma anche la scuola, come i giornali, tendeva a sfuggi-
(maschi), divenne, con re inesorabilmente al controllo del potere governativo, perché anche lì, in manie-
la Rivoluzione francese ra inarrestabile, si formava l’opinione pubblica, sempre più consistente, capace di
e in modo particolare
nel clima oppressivo
valutare e desiderosa di contare nella politica.
della Restaurazione, uno I luoghi settecenteschi di discussione politica erano stati il club, la loggia mas-
degli spazi per il dibattito sonica ( ▶ cap. 6, par. 6), l’accademia, il salotto: tutti luoghi appartati o perfino se-
politico d’opposizione.
greti, difficili da controllare, e comunque frequentati da élite ristrettissime e privi
Loggia di risonanza diretta su un pubblico più vasto. Con il nuovo secolo, e con la forma-
Sia il luogo in cui si
tengono le riunioni dei zione dell’opinione pubblica attraverso la stampa e un sistema scolastico più ca-
massoni sia l’insieme pillare ed efficiente, si compiva un balzo di portata incalcolabile nella diffusione
degli aderenti a una delle idee che avrebbe determinato importantissime e irreversibili trasformazioni
società massonica.
nel rapporto fra governanti e governati.

384
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

5 I movimenti di opposizione
alla Restaurazione
LESSICO Le posizioni dei liberali
Liberalismo
Il pensiero liberale esalta
A partire da questo momento i sostenitori dell’opinione pubblica e della superio-
il principio della libertà rità morale della società civile sullo Stato cominciarono a chiamarsi «liberali». In
economica individuale e Francia i giovani liberali dovettero riscoprire la storia rivoluzionaria del loro Pa-
auspica il rafforzamento
ese, della quale non sapevano niente perché il governo napoleonico era riuscito a
della rappresentanza
parlamentare: il disperderne la memoria. Per molti di loro fu una grande scoperta intellettuale, che
suo presupposto è si trasformò in una moda storiografica: cominciarono infatti a essere scritte, con
l’affermazione di uno
grande successo di pubblico, le prime ampie e belle storie della Rivoluzione francese.
Stato costituzionale
di diritto, che consenta I liberali appartenevano a una generazione nata dopo la Rivoluzione, troppo gio-
il libero esercizio vane anche per aver condiviso le responsabilità del regime di Napoleone. Ai loro
della cittadinanza.
occhi la Rivoluzione cominciò ad apparire non più come una follia autoritaria del
«terrorismo» o il prodotto di un delirio di fanatismo giacobino, come pensavano
bonapartisti e legittimisti borbonici, ma il frutto di un naturale sussulto di una so-
cietà in crescita, oppressa da un regime politico dispotico.
I liberali avevano fiducia nella società civile ed erano invece ostili al potere po-
litico, perché ritenevano che l’egoismo naturale degli uomini portasse ciascuno a
sviluppare al meglio le proprie potenzialità e che si potesse creare un equilibrio
spontaneo, stabile e in definitiva positivo per tutti. Nell’attività economica, che è la
sfera primaria di attività della società civile, questo equilibrio spontaneo si chiama
mercato. I liberali ritenevano che il mercato si regolasse da sé, secondo la legge
della domanda e dell’offerta, purché fosse lasciato libero di agire. Il grande econo-
mista liberale Adam Smith (1723-90) aveva appunto parlato di una «mano invisi-
bile» che regola naturalmente il mercato ( ▶ cap. 12, par. 4).
Il programma dei liberali, in conflitto aperto con il clima oppressivo della Re-
staurazione, si incentrava sulla creazione di istituzioni rappresentative, liberamen-
te elette dalla società civile e tutelate dall’opinione pubblica attraverso i suoi canali
principali di espressione (la stampa, l’associazione politica, lo sviluppo culturale).
Essi credevano in uno Stato in cui il potere legislativo fosse forte e l’esecutivo de-
bole: il primo rappresentato da un Parlamento eletto su base censitaria da citta-
dini sufficientemente agiati e colti da poter esprimere liberamente le proprie scel-
te; il secondo, rappresentato da un governo rispettoso delle regole e controllato
dal Parlamento stesso, che governasse il meno possibile, limitandosi a mantenere
l’ordine nelle funzioni pubbliche e nelle relazioni fra privati.

IL LIBERALISMO

• necessità di istituzioni liberamente


• superiorità morale della società civile sullo Stato
elette
• ostili al potere politico, che corrompe gli uomini
• potere legislativo parlamentare più
e altera la possibilità di un equilibrio spontaneo
forte del potere esecutivo del governo
Liberali

a livello economico l’equilibrio spontaneo • minimi interventi economici da parte


si manifesta nel mercato, che è capace di dello Stato
autoregolarsi in base a domanda e offerta • garanzia di un libero mercato

385
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Le posizioni utopiche dei «sansimoniani»


In Francia i liberali non erano i soli a essere ostili al potere esecutivo. Vi erano an-
che i «sansimoniani», discepoli di una singolare personalità: il conte Claude-Henri
de Saint-Simon (1760-1825).
Vissuto a cavallo fra Antico regime, Rivoluzione e Restaurazione, Saint-Simon
pensava che nella società moderna un ruolo preminente spettasse agli scienziati
e ai produttori e che, quindi, a loro dovesse essere affidato il potere. Sansimonia-
ni e liberali condividevano dunque l’idea che la società civile, cioè il mondo del
lavoro e della cultura, fosse il motore unico della convivenza sociale e che i go-
vernanti, compresi i sovrani, fossero, al contrario, inutili od oppressivi. A differen-
za dei liberali, i sansimoniani non erano però altrettanto ottimisti sulle capacità
del mercato di autoregolarsi. Nella loro visione il governo dello Stato e della cosa
pubblica doveva infatti essere affidato a un’amministrazione scientifica gestita da
persone competenti. Tutti i soggetti attivi dovevano in sostanza organizzarsi in-
sieme, in quanto componente sana della società, al fine di dirigerla, sostituendo
la scienza alla politica e in modo da imporre un’armonia universale estesa all’in-
tera umanità, caratterizzata da un’equa redistribuzione delle ricchezze e dalla
fine delle guerre.
L’Europa che usciva dalle guerre napoleoniche, travagliata dalla Rivoluzione in-
dustriale, era una società piegata dalla sofferenza e lacerata dalle tensioni socia-
li. Le utopie sansimoniane e le speranze liberali non potevano esprimerne tutte le
potenzialità. Secondo alcuni, l’armonia fra i popoli, la pace fra le nazioni potevano
discendere invece da un risveglio religioso.

Il cattolicesimo liberale di Lamennais


L’aspirazione a una profonda rinascita spirituale e a una nuova armonia fra le di-
verse nazioni fu al centro del pensiero di Hugues-Félicité Robert de Lamennais
(1782-1854) che, prete dal 1816, arrivò in seguito alla rottura con le gerarchie ec-
clesiastiche. Lamennais viene considerato uno dei fondatori del cattolicesimo li-
berale in quanto sostenitore, perlomeno in una fase del suo percorso ideologico,
della necessità di conciliare cultura cattolica e liberalismo senza che questo com-
porti una totale separazione fra Chiesa e Stato. Con la condanna di ogni apertu-
ra liberale da parte di papa Gregorio XVI (1831-46), il suo pensiero si radicalizzò
in senso democratico, volgendo verso un’esaltazione del popolo come depositario
della grazia divina.

IL PENSIERO DI SAINT-SIMON E DI LAMENNAIS

• importanza fondamentale del ruolo sociale


• scienza sostituita alla politica
di scienziati e produttori, a cui va affidato
Saint-Simon • equa redistribuzione delle
il potere
ricchezze e assenza di guerre
• sovrani e politici ritenuti inutili e oppressivi

• conciliare cultura cattolica e liberalismo


• assenza di fiducia nel mercato,
senza separazione fra Chiesa e Stato
in contrasto con i liberali
Lamennais • democratico e in contrasto con la Chiesa,
• spirito umano visto come il
esalta il popolo come depositario della
prodotto dei cambiamenti storici
grazia divina

386
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

LESSICO Nel periodo della Restaurazione, alla Chiesa cattolica mancò il coraggio di aprirsi
Romanticismo
davvero al confronto con le idee liberali. Il cattolicesimo, in quegli anni, attraversò
Movimento culturale
della prima metà dell’Ot- certamente un periodo favorevole, ma in grande maggioranza rimase tradiziona-
tocento che proclamava lista, legato al potere e ostile alla modernità. Lamennais aveva poco in comune con
(in contrapposizione i liberali, non credendo nelle leggi del mercato, ma sia lui sia i liberali esaltarono
all’Illuminismo) il primato
del sentimento, la libera lo «spirito» umano come prodotto del divenire storico, come chiave per rendere
creatività del genio comprensibile l’identità di un popolo e di una nazione, come rapporto profondo fra
individuale e l’autonomia le eredità del passato e le speranze riposte nel futuro, interpretando così l’anima
dell’arte; i romantici at-
tribuivano grande valore più profonda del Romanticismo. Da questo punto di vista, un’intera generazione
alla storia, al passato e fu accomunata da un clima intellettuale attento a percepire i limiti della ragione e
alla ricerca delle radici. disposto ad aprirsi a un senso religioso dell’esistenza.

Una rete rivoluzionaria internazionale


La Rivoluzione francese non era stata progettata da un partito politico dotato di
un preciso programma. Al contrario: era scoppiata per le gravi contraddizioni del
regime politico e sociale precedente, e senza che nessuno l’avesse potuta prevede-
re. Solo dopo essere iniziata era stata diretta da un gruppo che si era organizzato a
questo scopo: il club dei giacobini. Con l’esperienza giacobina nacque dunque una
figura politica nuova, destinata a influire profondamente sulla storia contempora-
nea: quella del rivoluzionario, che si prepara e si organizza per provocare, dirigere e
condurre a buon fine la rivoluzione attraverso un’azione politica che coinvolge por-
zioni più o meno grandi di un popolo. In età napoleonica i rivoluzionari – chiamati
anche «patrioti» o «democratici» – furono messi da parte dai governi instaurati
dai regimi militari francesi, che preferivano mostrare il loro aspetto più moderato.
Furono proprio la politica dei governi moderati instaurati da Napoleone e, in
seguito, l’opera di restrizione delle libertà operata dal Congresso di Vienna a sol-
lecitare in tutta Europa la costituzione di numerose strutture rivoluzionarie, so-
cietà segrete che raccoglievano liberali e democratici di tendenze anche diverse.

Il diploma
di appartenenza
alla Carboneria
di Carlo Ferrari,
conseguito a Bologna
il 18 giugno 1819.
Venezia, Museo
del Risorgimento.

387
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Per proteggere i loro affiliati da spie e infiltrati e per impedire, in caso di arresto o
tradimento, che qualcuno potesse fare il nome dei compagni, le società operavano
nella massima segretezza: gli stessi affiliati spesso non conoscevano l’identità de-
gli altri membri – in genere militari, studenti, professionisti. Tra i gruppi principali,
diffusi in tutta Europa, si trovavano i Comuneros spagnoli, l’Eterìa («fratellanza»)
greca, la Lega dei giovani tedeschi, la Società patriottica nazionale polacca, i Fede-
rati lombardi e piemontesi e la Carboneria. Quest’ultima, sorta probabilmente in
Italia, forniva il supporto organizzativo ai democratici che cospiravano sia contro
gli antichi regimi sia contro i francesi.
La scarsa diffusione dei progetti insurrezionali di cui le società segrete erano
portatrici non fu solo una conseguenza della clandestinità: la sfiducia nei con-
fronti delle masse spinse gli affiliati delle sette a ritenere che l’iniziativa politica
spettasse a una preparata élite di patrioti. Nella strategia della maggior parte delle
sette l’obiettivo primario era rovesciare il sistema politico assolutista e favorirne
la trasformazione in sistema costituzionale.
I carbonari usavano una propria terminologia, a difesa della segretezza: i vari
gruppi erano definiti «vendite» e «baracche» e i loro membri portavano il titolo di
«buoni cugini». Si formò così una rete cospirativa internazionale con infiltrazioni
anche negli ambienti burocratici e militari.
La Carboneria era imparentata con un’altra organizzazione segreta, più impor-
tante e più antica, che aveva avuto un grande peso nell’Europa settecentesca: la
Massoneria ( ▶ cap. 6, par. 6). I massoni, o «liberi muratori», riuniti in «logge», era-
no nati con lo scopo di diffondere la cultura dei Lumi e una religiosità filantropica,
priva dei contenuti dogmatici delle varie religioni positive. Nel Settecento la Masso-
neria aveva partecipato all’opera di riforma istituzionale, tanto che diversi monar-
chi erano stati massoni; ma nel clima oppressivo della Restaurazione si trasformò
in una società segreta e si diede a cospirare per rovesciare i governi reazionari.
F2 La società segreta Una parte considerevole di questo mondo clandestino si orientò in senso cospi-
secondo Filippo
rativo neogiacobino, costituendo un’ala estremista di sinistra dell’ambiente car-
Buonarroti, p. 408
bonaro. Essa era costituita da rivoluzionari democratici che credevano nella pas-
sione politica giacobina, una passione politica così forte da riuscire a cambiare la
LESSICO natura umana.
Comunismo Uno degli esponenti più significativi di questo movimento rivoluzionario segre-
Dottrina politica,
economica e sociale
to fu il pisano Filippo Buonarroti ( ▶ cap. 10, par. 3) discendente dalla famiglia di
che sostiene la proprietà Michelangelo. Giacobino estremista, era stato nel 1796 uno dei capi della «congiu-
collettiva dei mezzi ra degli Eguali», che si era proposta di introdurre una prima forma di comunismo
di produzione e la
distribuzione sociale
nella Francia repubblicana ( ▶ cap. 9, par. 9). Salvatosi dalla ghigliottina, al contrario
dei prodotti in base di altri suoi compagni condannati a morte, si stabilì a Ginevra, dove dedicò il re-
ai bisogni dei singoli sto della vita a intrecciare legami politici e intellettuali con i rivoluzionari di tutta
individui.
Europa, in particolare con i carbonari italiani.

I RIVOLUZIONARI DURANTE LA RESTAURAZIONE

nasce in seguito contribuisce alla


Nuova figura contrasta la forma società
all’esperienza formazione di una
politica: repressione segrete come la
dei club rete cospirativa
il rivoluzionario reazionaria Carboneria
giacobini internazionale

388
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

6 La Rivoluzione e la repressione
in Spagna e in Italia
La rivolta spagnola contro la monarchia assoluta
La Spagna era stata il teatro del primo fallimento militare di Napoleone fin dal 1808,
quando un’insurrezione popolare aveva tenuto sotto scacco centinaia di migliaia
di soldati francesi e ottenuto una Costituzione liberale piuttosto avanzata, quella
di Cadice del 1812 ( ▶ cap. 10, par. 9). Due anni più tardi il re Ferdinando VII, nel
mutato contesto internazionale, si era rimangiato promesse e giuramenti e aveva
ristabilito la monarchia assoluta. Il Paese, che tra l’altro versava in una situazione
economica disastrosa, non aveva goduto dell’esperienza dell’assolutismo illuminato.
Nei quadri dell’esercito, formati da numerosi giovani ufficiali che avevano com-
battuto contro i francesi e si erano battuti per la Costituzione del 1812, vi era una
grande insoddisfazione per la situazione politica. All’interno di questi circoli mi-
litari, profondamente infiltrati dalle società segrete massoniche, si era affermata
l’idea che la volontà collettiva di una nazione, soffocata dai cattivi consiglieri del
sovrano e dai corrotti politicanti, potesse e dovesse esprimersi proprio nel corpo
degli ufficiali. Questa strategia politica, che richiamava per certi aspetti il bonapar-
tismo della prima ora, quello che aveva condotto al colpo di Stato del 18 brumaio
e giustificava il ricorso alla congiura militare, da allora cominciò a chiamarsi con
una parola spagnola: pronunciamiento (che venne a significare «rivolta» o, appun-
to, «colpo di Stato militare»).
La Spagna doveva poi affrontare il problema delle rivolte scoppiate nei suoi pos-
sedimenti americani che, sempre più attratti dal modello degli Stati Uniti, si erano
ribellati all’esoso dominio di Madrid ( ▶ par. 7), tanto che il Regno iberico rischiava
di perdere le risorse provenienti dal Nuovo Mondo. Il Paese non poté contare sul-
la solidarietà delle potenze europee, le quali vedevano nella caduta del suo pote-
re incontrastato in Sud America l’occasione per accedere a nuovi e ricchi mercati.
La Corona spagnola dovette allora ricorrere a un esercito politicamente inaffida-
bile per un’impresa quasi impossibile. Ma a Cadice, nel gennaio del 1820, le truppe
destinate alla spedizione in Sud America si ribellarono esigendo il ripristino della
Costituzione del 1812. Gli insorti, guidati da Rafael de Riego y Nuñez (1784-1823),
un ufficiale formatosi nella guerriglia contro i francesi, si impossessarono in poche
settimane di molte città importanti. A questo punto il re non ebbe altra scelta che
quella di ripristinare la Costituzione del 1812.

Le divisioni tra i rivoluzionari e il ripristino dell’assolutismo


Assai presto, però, come già era successo nella lotta contro i francesi, i rivoluzio-
nari spagnoli si divisero in due ali molto diverse. Da un lato, gli exaltados («esal-
tati»), forti del controllo dell’esercito di Riego; sotto la sua direzione si svilupparo-
no le autonomie locali, soprattutto al Sud, dove nacquero milizie cittadine decise
a portare fino in fondo la rivoluzione. Gli exaltados erano molto radicali nel loro
impegno ideale, ma in fondo estranei ai problemi sociali causati da un’economia
arretrata. Dall’altro, gli uomini più moderati, chiamati da Ferdinando VII al gover-
no centrale e formatisi nell’esperienza costituzionale del 1812, cercarono di veni-
re incontro al re, tenendo a freno militari e popolani e proponendo una revisione
in senso censitario della Costituzione. Fu questo il punto debole della rivoluzione:

389
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

la Costituzione non poteva fare a meno del re, il quale era però intenzionato uni-
camente a distruggerla ed era in grado di far leva su profonde divisioni nel campo
dei rivoluzionari.
I governi che si susseguivano a Madrid erano sempre più moderati, mentre le
province e le truppe sempre più nelle mani degli exaltados. Il problema del gover-
no era di non riuscire a controllare né la periferia né l’esercito, mentre il limite del-
la rivoluzione era che le sfuggiva il governo centrale. Si arrivò, nel settembre del
1821, a uno scontro armato, in cui i moderati ebbero la meglio. Ferdinando VII, dal
canto suo, tradì ancora una volta gli impegni presi e finì col fare appello ai settori
più retrivi dell’esercito e della gerarchia ecclesiastica, per suscitare una guerriglia
monarchica nelle campagne.
I governi costituzionali si trascinarono ancora per un paio d’anni, mentre il «con-
certo» delle potenze europee decideva di non poter tollerare in Europa un focola-
io di sovversione che non riusciva a trovare una soluzione alla sua instabilità po-
litica. Le potenze della Santa Alleanza avevano deciso di intervenire militarmente
L’esecuzione ovunque vi fosse la necessità di bloccare la rivoluzione e ristabilire la legittimità.
del generale liberale Al Congresso di Verona, nell’autunno del 1822, le potenze della Santa Alleanza af-
Torrijos e dei suoi
compagni sulle fidarono alla Francia il compito di stroncare la rivoluzione spagnola. Il successo
spiagge di Malaga. fu rapidamente assicurato e i rivoluzionari spagnoli vennero battuti l’anno suc-
Dipinto di Antonio cessivo al Trocadero, davanti a Cadice. Tornò per la seconda volta l’assolutismo:
Gisbert Pérez del 1888.
Madrid, Museo Riego fu impiccato, Ferdinando VII ordinò feroci rappresaglie e la Spagna piombò
del Prado. in uno dei periodi più neri della sua storia.

390
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

Le rivolte nel Regno delle Due Sicilie


A Napoli, tornata nelle mani dei Borbone, accanto al partito murattiano, nostalgi-
co del regno bonapartista di Gioacchino Murat ( ▶ cap. 10, par. 8) e del suo riformi-
smo autoritario, acquistò peso rilevante la Carboneria, che aveva organizzato una
propria rete clandestina. A Napoli i carbonari si reclutavano soprattutto nelle classi
benestanti e nell’esercito. Volevano la Costituzione di Cadice del 1812, una rifor-
ma amministrativa, un indirizzo economico liberista e la ripresa della lotta contro
le prerogative feudali. Non avevano però un vero interesse per la riforma agraria e,
in generale, per le sorti delle classi popolari.
In parte incoraggiati dall’atteggiamento di Ferdinando I ( ▶ par. 3), che, interes-
sato al trono spagnolo, si era dichiarato favorevole alla Costituzione di Cadice, nel
luglio del 1820 i militari di stanza a Nola e a Capua si ribellarono con l’appoggio
della Carboneria sotto la guida di un generale murattiano, Guglielmo Pepe (1783-
1855). I ribelli ottennero una promessa di costituzione dal re, che affidò il governo
a un gabinetto formato da esponenti moderati e murattiani (privo però di carbo-
nari), mentre Pepe veniva nominato capo delle forze armate.
Pochi giorni dopo scoppiò la rivolta separatista a Palermo. La Sicilia, essen-
do sempre rimasta sotto l’influenza inglese, aveva avuto anch’essa, nel 1812, una
Costituzione, ma di stampo britannico, cioè fondata sul controllo esercitato nella
Camera alta dalla vecchia aristocrazia feudale. Questa Costituzione aveva dunque
lasciato inalterati i rapporti sociali. Fra il 1816 e il 1819, invece, erano state intro-
dotte alcune riforme amministrative che per la prima volta intaccavano il potere dei
baroni. La rivolta palermitana ebbe così una doppia faccia: da un lato contro l’op-
pressione borbonica, come a Napoli, dall’altro in favore dei vecchi equilibri sociali.
La Costituzione di Cadice, bandiera dei rivoltosi napoletani, divenne un punto
di riferimento anche per i carbonari siciliani che, però, erano presenti prevalente-
mente a Catania e Messina, mentre Palermo restava dominata dalla grande feu-
dalità e dalle clientele popolari a essa legate, rappresentate dalle corporazioni che

I MOTI RIVOLUZIONARI DEL 1820-21 IN SPAGNA E NEL REGNO DELLE DUE SICILIE
SPAGNA REGNO DELLE DUE SICILIE
• circoli militari • esercito
promotori
• società segrete massoniche • Carboneria
ripristino della Costituzione di Cadice
obiettivi approvazione di una costituzione liberale
del 1812
• rivolta delle truppe a Cadice
• rivolta dei militari a Nola e Capua
(gennaio 1820)
(luglio 1820)
successi iniziali • conquista di numerose città
• promessa di una costituzione liberale
• ripristino della Costituzione del 1812
da parte del governo
da parte del re di Spagna Ferdinando VII
fronte rivoluzionario diviso in exaltados
divisioni interne e moderati, che si scontrano militarmente scoppio della rivolta separatista a Palermo
tra loro
• richiesta di aiuto alla Santa Alleanza • richiesta di aiuto alla Santa Alleanza da parte
intervento della da parte di Ferdinando VII durante il del re delle Due Sicilie Ferdinando I durante
Santa Alleanza Congresso di Verona (autunno 1822) il Congresso di Lubiana (gennaio 1821)
e repressione • intervento della Francia e sconfitta • intervento dell’Austria e sconfitta dei
dei rivoluzionari al Trocadero (1823) rivoluzionari (marzo 1821)

391
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Gli scontri a Porta


Nuova il 15 luglio
1820 tra le truppe
borboniche e i
rivoltosi palermitani.
Illustrazione dell’epoca.

controllavano la città. Gli insorti palermitani avevano un progetto separatista e


dominato dai conservatori, accompagnato da un relativo progetto costituzionale
da contrapporre al testo di Cadice.
I rivoluzionari napoletani lasciarono partire Ferdinando I – che si impegnò a
sostenere la loro causa – per il Congresso indetto a Lubiana dalla Santa Alleanza
(gennaio 1821). Invece, il re fece appello al sistema delle potenze europee affinché
si assumesse il compito di stroncare la ribellione. E così avvenne: si lasciò mano
libera all’intervento dell’Austria nel Regno delle Due Sicilie e il debole esercito di
Guglielmo Pepe fu facilmente travolto nel marzo del 1821, dopo appena otto me-
si dall’inizio dell’esperienza liberale. A Napoli venne di nuovo restaurata la mo-
narchia assoluta, non senza le rituali condanne a morte e un ulteriore giro di vite
della repressione. Un triste regime poliziesco, nemico di qualunque fermento in-
tellettuale, si abbatté per quarant’anni sulle Due Sicilie.

I moti del 1820-21 in Lombardia e in Piemonte


I moti del 1820-21 ebbero importanti riflessi anche in altri Stati italiani. In Lom-
S2 Le società segrete bardia e in Piemonte operava la Federazione italiana, una setta segreta collega-
in Piemonte, p. 410
ta alla Carboneria, che si proponeva come obiettivo la liberazione del Nord Italia
dall’occupazione austriaca e la creazione di un Regno costituzionale.
Nell’ottobre del 1820 la polizia austriaca riuscì a stroncare sul nascere la cospira-
zione in Lombardia e ad arrestare i suoi capi, fra cui il musicista Pietro Maroncelli
(1795-1846) e lo scrittore Silvio Pellico (1789-1854), direttore del «Conciliatore»;
il periodico, che faceva da punto di riferimento per gli intellettuali liberali lombar-
di, era già stato soppresso nel 1819 dalla censura. La condanna a morte che venne
loro inflitta dal tribunale fu commutata in una lunga pena detentiva da scontare
nel carcere dello Spielberg, in Moravia. Pellico narrò la sua drammatica esperienza
nel libro Le mie prigioni, che contribuì a sensibilizzare l’opinione pubblica europea
alla causa nazionale italiana.

392
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

LESSICO In Piemonte, nel marzo del 1821, si ammutinò la guarnigione militare di Ales-
Particolarismo sandria e successivamente il moto si estese ad altre città del Regno, spingen-
Tendenza che,
all’interno di un Paese, do Vittorio Emanuele I ( ▶ par. 2) ad abdicare in favore del fratello Carlo Felice
intende salvaguardare (1765-1831). Trovandosi quest’ultimo a Modena, la reggenza fu assunta da Carlo
e promuovere le Alberto di Savoia del ramo Carignano (1798-1849), il quale aveva manifestato
caratteristiche e le
eventuali autonomie una certa simpatia per i liberali piemontesi – che premevano per una guerra con-
locali, al di fuori di una tro l’Austria, impegnata nella repressione dei moti nel Sud dell’Italia – ed era egli
prospettiva di tipo stesso in qualche modo coinvolto nel moto rivoluzionario. Da reggente, Carlo Al-
nazionale.
berto concesse la Costituzione, ma fu sconfessato da Carlo Felice, che gli ordinò
di raggiungere la guarnigione di Novara restata fedele alla Corona. Lo scontro di
Novara dell’aprile del 1821 fra gli insorti e le truppe regie pose fine al moto pie-
montese e Carlo Alberto fu costretto a due anni di esilio dalla capitale per riabili-
tarsi di fronte agli ambienti reazionari.
Leggi l’immagine Ancora non si vedeva in Italia un vero progetto nazionale, anzi, rimaneva forte il
• Individua nel particolarismo, che nella rivolta palermitana era stato assolutamente evidente. Tut-
dipinto Silvio
Pellico e descrivi le
tavia nei circoli intellettuali, liberali e carbonari, soprattutto del Nord Italia, acqui-
caratteristiche fisiche stava crescente vigore l’idea che la Penisola potesse avere l’indipendenza dall’Au-
e psicologiche che stria e la sua unità; e a questo processo, secondo alcuni, poteva fornire un apporto
emergono.
determinante lo Stato sabaudo.
• La scena è immersa
nell’oscurità: quale
A posteriori questa lotta di liberazione nazionale è stata chiamata «Risorgimento
funzione simbolica italiano» e i moti del 1820-21 ne sono stati considerati il primo capitolo. Ora, per
ha questa scelta a la prima volta dopo secoli, l’Italia provava a fare da sé, senza l’aiuto politico e mi-
tuo avviso?
litare di una potenza straniera.

Arresto di Silvio Pellico e Piero Maroncelli, di Carlo Felice Biscarra (1865). Saluzzo, Museo Civico.

393
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

7 L’indipendenza dell’America Latina


La crisi delle monarchie iberiche e le rivolte nelle Americhe
Quando i francesi avevano invaso la Penisola iberica, nel 1808, improvvisamente
l’America Latina si era trovata in una situazione completamente nuova, poiché i
suoi legami di dipendenza da Spagna e Portogallo risultarono interrotti. Il re del
Portogallo si trasferì con tutta la sua corte in Brasile, che diventò così quello che
la Sicilia era negli stessi anni per il Regno di Napoli: il rifugio della dinastia legit-
tima in attesa che la tempesta rivoluzionaria passasse.
Rio de Janeiro ne ricavò un ruolo politico molto accresciuto, divenendo capitale
con pari dignità rispetto a Lisbona, e i tempi per il distacco definitivo maturaro-
no rapidamente. Don Pedro, figlio del re del Portogallo ed erede al trono, non ri-
tornò in patria dopo la caduta di Napoleone: nel 1822 si fece eleggere imperatore
del nuovo Impero del Brasile, che si era proclamato indipendente senza traumi, e
concesse una Costituzione ( ▶ cap. 15, par. 6).
L’America spagnola conobbe invece una transizione molto più difficile verso
l’indipendenza. C’erano quattro grandi unità statali, quattro Viceregni: la Nuova
Spagna, che comprendeva il Messico e il resto dell’America centrale; la Nuova Gra-

L’INDIPENDENZA DELL’AMERICA LATINA

CALIFORNIA STATI
NUOVO TEXAS UNITI
MESSICO
Oceano
MESSICO Atlantico
1813
1821
Città del Messico
VENEZUELA 1811
1830
Cartagena Caracas
Boyacá Angostura
Oceano COLOMBIA
1811 Bogotá GUYANE
Pacifico
1831 Pichincha
Quito
ECUADOR
1822 IMPERO
1821 DEL BRASILE
1830 PERÙ 1821
Junín 1822
Lima
Ayacucho
La Paz
BOLIVIA
1825 Rio de Janeiro
PARAGUAY
1811
Chacabuco 1813
Viceregno della Nuova Spagna
Buenos
URUGUAY 1814
Viceregno del Perù Santiago Aires
1828
Viceregno della Nuova Granada CILE CONFEDERAZIONE
Leggi la carta Viceregno del Rio della Plata 1810 ARGENTINA
1818
• Individua sulla carta 1810
1811 Indipendenza dalla Spagna 1831
le colonie spagnole
e quelle portoghesi. 1813 Formazione dello Stato PATAGONIA
(divisa tra Argentina
• Ricostruisci gli Itinerario di Bolívar e Cile nel 1881)
itinerari di Bolívar Itinerario di San Martín
e San Martin.

394
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

nada, negli attuali Venezuela e Colombia; il Perù, con annessi i territori di Bolivia
e Cile; e il Rio della Plata, cioè l’Argentina di oggi.
Il potere politico e giudiziario, nelle diverse unità statali era gestito da funzionari
provenienti dall’Europa, i peninsulares («peninsulari», cioè della Penisola iberica),
mentre invece l’aristocrazia creola, quella formata dai bianchi nati nelle colonie,
deteneva soltanto il controllo delle amministrazioni municipali. Quella creola era
una classe dirigente composta di latifondisti agricoltori o allevatori, che violavano
le leggi commerciali trafficando con i contrabbandieri inglesi e che mal sopporta-
vano il dominio coloniale. Quando i francesi invasero la Spagna ( ▶ cap. 10, par. 9),
l’aristocrazia creola si schierò a parole a favore del re spodestato, ma in realtà av-
viò quel processo di distacco dalla madrepatria che si sarebbe sviluppato nei primi
trent’anni dell’Ottocento.
Le istituzioni locali si resero indipendenti da Madrid. Le città portuali coinvol-
te nel commercio internazionale, come Buenos Aires, abolirono immediatamente
le restrizioni doganali, cominciando a trafficare con i mercanti inglesi, ora alleati
anziché nemici. Anche le masse popolari indie, crudelmente sfruttate, colsero il
momento di incertezza istituzionale per innescare la rivolta sociale.

La lotta di liberazione dell’America spagnola


Nella rivolta anticoloniale ispano-americana si fusero due diversi radicalismi, re-
ciprocamente estranei: un radicalismo intellettuale, di matrice giacobina, e uno
popolare, che affondava le sue radici nella protesta sociale e cresceva nella lotta
stessa. In generale entrambi uscirono sconfitti e la decolonizzazione fu condot-
ta in maniera profondamente conservatrice. Una trasformazione sociale rilevante
venne comunque innescata, tale da far durare molto a lungo la guerra e da lascia-
re dietro di sé un’instabilità politica destinata a caratterizzare l’America Latina.
Il protagonista della liberazione dell’America spagnola fu Simón Bolívar (1783-
1830), un creolo di educazione europea che condusse la lotta di liberazione in Ve-
nezuela e da lì attraversò le Ande con un’operazione militare straordinaria. Scon-
fisse gli spagnoli in Colombia, da dove passò in Perù per incontrarsi con l’altro
grande liberatore dell’America Latina, José de San Martín (1778-1850), che aveva a
sua volta battuto gli spagnoli in Argentina e in Cile. Bolívar fu il primo leader poli-
tico a progettare quello che sarebbe diventato il «panamericanismo»: l’idea di un

L’AVVIO DELLA DECOLONIZZAZIONE IN AMERICA LATINA

• legami interrotti tra America latina e Spagna e Portogallo


• il re del Portogallo si rifugia in Brasile
Invasione francese
della Penisola
iberica (1808) • nei Viceregni spagnoli le istituzioni locali si rendono indipendenti da Madrid
• le città portuali aboliscono le restrizioni doganali e commerciano con gli inglesi
• le masse popolari si ribellano

• il re torna in Portogallo e l’erede al trono resta in Brasile


• indipendenza dell’Impero del Brasile (1822)
Dopo la caduta
di Napoleone
• si sviluppano due radicalismi: uno intellettuale e uno popolare
• Simón Bolívar guida le lotte indipendentiste e il progetto del «panamericanismo»
• instabilità politica e indipendenza dei Viceregni (1824)

395
Simón Bolívar
onora la bandiera
dopo la battaglia
di Carabobo
del 24 giugno 1821.
Dipinto di Arturo
Michelena, 1883.
Caracas, Museo
Bolivariano.

continente americano formato da pochi grandi Stati, riuniti in una confederazione


capace di contrapporsi all’Europa.
Nel 1824 la guerra contro gli spagnoli era vinta e Bolívar ne usciva, come George
Washington negli Stati Uniti, leader indiscusso. Nel corso degli anni Venti si cre-
arono in America Latina diversi Stati indipendenti dalla madrepatria, ma il pro-
getto politico di Bolívar fu travolto dalle guerre che subito sconvolsero tutta l’area
e che fecero del continente latino-americano un tragico teatro di instabilità e di
mancato sviluppo.

Simón Bolívar svolse un ruolo centrale nelle lotte indipendentiste dei coloni
LE FONTI
dell’America Latina. In questa lettera inviata a Henry Cullen, un gentiluomo
L’atto d’accusa inglese, Bolívar mette in luce il carattere iniquo e parassitario della politica
di Simón Bolívar spagnola in Sud America, accusando anche gli Stati europei e gli Stati Uniti,
che poco avevano fatto per sostenere i moti di indipendenza sudamericani.

Il quadro che Le descrivo abbraccia un’estensione di 2000 leghe di lunghezza e 900 di larghezza
su scala militare; in esso 16.000.000 di americani difendono i loro diritti o sono oppressi dalla
nazione spagnola, la quale un tempo fu l’impero più vasto del mondo; ma quel che di esso è ora
rimasto è impotente non solo a dominare il nuovo emisfero ma persino a sostenersi nell’antico.
E l’Europa civile, mercantile e amante della libertà, permette che un vecchio serpente, solo per
soddisfare il suo furore velenoso, divori la parte più bella del nostro globo? […]
L’Europa stessa, per fini di sana politica, avrebbe dovuto preparare e portare a compimento il
progetto dell’indipendenza americana, non solo perché è l’equilibrio del mondo che lo esige, ma
anche perché questo è il mezzo legittimo e sicuro per dare l’avvio a traffici oltremare. […]
Non solo gli europei, ma persino i nostri fratelli del Nord sono rimasti spettatori inerti di questa
lotta […].
(da Lettera dalla Giamaica, in L’unico scopo è la libertà, antologia di scritti di Simón Bolívar, a cura di
J.L. Salcedo Bastardo, Edizioni della Presidenza del Consiglio dei ministri italiana, Roma 1983, pp. 73-85)

396
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

8 L’Impero ottomano, la rivoluzione greca


e il moto «decabrista» russo
La lenta disgregazione dell’Impero ottomano
Negli stessi anni in cui si disfaceva l’impero coloniale spagnolo, un altro grande Im-
pero, quello ottomano, che per secoli era stato la principale potenza mediterranea
e mediorientale, entrava in una profonda e irreversibile crisi. L’Impero ottomano
era rimasto un inefficiente mosaico di popoli, governato da un’autorità lontana e
dispotica, la Sublime Porta, cioè il governo di Istanbul. In definitiva l’Impero ave-
va i difetti di uno Stato composito e di immensa estensione: le pesantezze buro-
cratiche, la pressione fiscale forte e spesso iniqua e un atteggiamento dispotico
e conservatore nella gestione del potere.
Benché avesse il suo centro nell’attuale Turchia, l’istituzione imperiale non rap-
presentava la nazione turca ma un insieme di culture ed etnie accomunate dall’a-
desione alla religione islamica. Perfino nella Penisola anatolica, la più turchizzata,
viveva, e vive tuttora, una consistente minoranza, quella curda, di lingua iranica.
Le comunità non islamiche erano tollerate, ma non potevano esprimere forme di
libertà politica e vivevano schiacciate da una burocrazia costosa, pesante e oppres-
siva. Ne derivava un’estrema fragilità delle istituzioni e un’accentuata tendenza a
perdere il controllo dei territori periferici.
Napoleone non aveva incontrato nessuna difficoltà, nel 1798, a occupare l’Egitto
( ▶ cap. 10, par. 4), la provincia più ricca e prestigiosa dell’Impero ottomano. Pochi
anni dopo, sotto la pressione militare inglese, i francesi dovettero lasciare l’Egitto,
che fu riconquistato per conto dei sovrani ottomani da Mehmet Ali (1769-1849), un
comandante militare di origine albanese. Quest’ultimo, reciso di fatto ogni rapporto
di dipendenza dall’Impero ottomano, riuscì a consolidare il suo governo personale
e avviò un’opera di modernizzazione, introducendo la coltivazione del cotone, mi-
gliorando l’irrigazione e investendo nelle strutture scolastiche. I suoi discendenti
continuarono a regnare sul Paese fino alla metà del Novecento.
Altre province dell’Impero tentarono di rendersi autonome, in particolare nell’a-
rea balcanica, percorsa da forti tensioni. I serbi guardavano a Vienna e i rumeni a
Mosca per farsi aiutare a conquistare l’indipendenza e così ebbe inizio una confusa
instabilità politica, mescolata alle rivalità etniche, che si sarebbe sviluppata nelle
innumerevoli e insolubili crisi balcaniche.
Nel 1830 i francesi, per colpire le roccaforti della pirateria barbaresca (corsari
musulmani, nordafricani e ottomani attivi nel Mediterraneo dal Cinquecento), oc-
cuparono i porti algerini, sottraendo così un’altra regione all’Impero ottomano.
Occorsero però decenni alla Francia per riuscire a pacificare tutto l’entroterra fino
alle oasi sahariane, piegando la resistenza dei berberi, la popolazione nomade lo-
cale e trasformando l’Algeria nella sua prima colonia africana.

La lotta della Grecia contro il dominio turco


Diverso fu il caso della Grecia, da secoli sotto il dominio turco. Il popolo greco ave-
va subito l’influenza della Rivoluzione francese ed era guidato da un’élite colta che
guardava a Parigi, a Vienna e a Mosca e che si organizzava in società segrete. Gre-
co era per buona parte il ceto politico dirigente dell’Impero ottomano in tutta la
Penisola balcanica e greci alcuni influenti consiglieri dello zar. Fra questi Alessan-

397
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

dro Ypsilanti (1792-1828) – ufficiale dell’esercito russo, a capo dell’associazione


antiturca Eterìa – che per anni cercò di sollevare i popoli balcanici, e soprattutto
i greci, contro il sultano, ma le cui iniziative provocarono solo massacri reciproci
fra comunità greche, turche, rumene, bulgare e serbe.
I patrioti greci, per essere aiutati a fare la rivoluzione, si rivolsero a quelle stesse
corti europee che stavano stroncando le rivoluzioni spagnola e napoletana e an-
nientando con la repressione poliziesca i fermenti liberali. La contraddizione po-
litica era evidente e infatti nel 1821, allorché scoppiò l’insurrezione generale, e
ancora nel 1822, quando il Congresso di Epidauro proclamò l’indipendenza della
Grecia, i patrioti furono abbandonati a se stessi.
La Grecia era, però, all’origine sia della civiltà occidentale sia della religione
ortodossa e rappresentava un grande punto di riferimento: culturale per l’Europa
e spirituale per la Russia (anch’essa di religione ortodossa). Per l’opinione pubblica
europea non era quindi assimilabile ad altre province ottomane e l’indifferenza delle
potenze provocò un’ondata di indignazione in tutta Europa. Molti volontari anda-
rono a combattere per la libertà greca: fra questi gli italiani Santorre di Santarosa
(1783-1825) e Giuseppe Rosaroll-Scorza (1775-1825); ma il più illustre fu il poeta
inglese George Byron (1788-1824), che morì di febbre prima ancora di combattere.
La guerra di liberazione fu lunga e terribilmente sanguinosa, con l’intervento
egiziano a fianco dei turchi e con massacri di intere comunità, che costarono al-
La battaglia
di Navarino meno 200.000 morti all’esigua popolazione greca. Soltanto nel 1827 Francia, Gran
(20 ottobre 1827). Bretagna e Russia – fino ad allora incapaci di accordarsi per i loro contrastanti in-
Dipinto di Louis teressi nei Balcani – si decisero a intervenire. La flotta turco-egiziana fu sconfitta
Ambroise Garneray,
1831. Versailles, a Navarino e l’esercito russo invase la Penisola balcanica, finché Istanbul, nel 1829,
Musée du Château. dovette riconoscere l’indipendenza greca.

398
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

Il nuovo Stato divenne di fatto un protettorato delle potenze europee, le quali gli
imposero come re un principe tedesco, Ottone di Baviera (1815-67), che per più
di dieci anni non concesse neppure una costituzione al popolo che aveva pagato
un prezzo così alto per conquistare l’indipendenza nazionale. Oltre a consentire la
formazione di uno Stato indipendente greco, gli accordi di Adrianopoli del 1829
fra Impero russo e Impero ottomano previdero la costituzione di un autonomo
Principato di Serbia (sotto il leader Miloš Obrenović) e di due distinti Principati
di Moldavia e Valacchia.

Le trame contro il dispotismo dello zar


Lo zar Alessandro I Romanov (1801-25) aveva abbracciato, nel corso degli anni,
posizioni ideologiche molto diverse. Era stato un fautore del liberalismo all’in-
glese, per poi divenire un despota fra i più reazionari. L’autocrazia russa, di cui
il suo governo costituì un emblematico esempio, era un tipo di sovranità ancora
più indiscutibile dell’assolutismo europeo; essa poneva infatti lo Stato totalmente
in balia di un’eventuale instabilità politica o emotiva dell’imperatore. Non aven-
do alcuna forma istituzionale di controllo, nemmeno quelle assai modeste che la
Restaurazione aveva lasciato nell’Europa occidentale, il sistema politico russo era
esposto a situazioni di grande pericolo, che talvolta si erano concluse con l’assas-
sinio dell’imperatore.
La Russia, ulteriormente accresciuta nel suo prestigio dalla vittoria su Napole-
one, cominciava ad avviarsi verso un apprezzabile sviluppo economico, ma le sue
strutture di controllo sociale e politico restavano estremamente rigide e arretrate.
Le condizioni erano quindi particolarmente adatte perché soprattutto fra i milita-
ri – che avevano recentemente occupato e quindi potuto conoscere l’Europa occi-
dentale – si diffondessero associazioni politiche segrete di stampo massonico o
carbonaro, dotate di scarsissimo seguito tra gli ufficiali.

LA CRISI DELL’IMPERO OTTOMANO

Vienna ssi
ru IMPERO
IMPERO D’AUSTRIA MOLDAVIA RUSSO

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all’Impero ottomano TUNISIA in g Navarino
tra gli anni Dieci ALGERIA le si
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Mar Mediterraneo (autonoma dal 1829)
XIX secolo?
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• Grazie anche al (autonoma dal 1829)
Alessandria
concorso di quali Serbia
potenze europee (autonoma dal 1817)
Il Cairo Grecia
la Grecia ottiene EGITTO (indipendente dal 1829)
l’indipendenza
dai turchi?

399
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Anche nei circoli più aperti all’Occidente rimaneva comunque salda l’idea che in
Russia una rivoluzione fosse impensabile e che qualunque trasformazione politi-
ca dovesse essere imposta dall’alto. Occorreva dunque costringere l’imperatore a
riformare la società, rinunciando ad agire attraverso l’opinione pubblica.
Ripassa con la presen- Si diffusero due associazioni segrete di ufficiali: una a Pietroburgo, la Società del
tazione La Restaura-
Nord, più moderata, che propugnava una costituzione all’occidentale, liberale e fe-
zione in Europa e co-
struisci una mappa in deralista; l’altra in Ucraina, la Società del Sud, che immaginava una svolta radicale
cui metti in relazione: tanto democratica da prevedere il suffragio universale, ma che in realtà sosteneva
• le conseguenze
un progetto estremamente autoritario e razzista, diretto contro l’«aristocrazia del
del Congresso
di Vienna negli denaro più pericolosa di quella feudale».
equilibri europei; Le due diverse anime del movimento rivoluzionario russo cominciavano così a
• il programma politico
delinearsi: una «occidentalista», di ispirazione liberaldemocratica e interessata
dei liberali;
• l’Italia all’indomani soprattutto al modello costituzionale britannico; l’altra «slavofila», di ispirazione
del Congresso essenzialmente autoritaria, che dall’Occidente era disposta a prendere al massimo
di Vienna. i metodi giacobini, ma per cercare una propria linea di progresso politico e socia-
le nella dittatura, riallacciandosi alle peculiarità culturali e spirituali della secolare
tradizione russa ( ▶ cap. 13, par. 3).
Nel 1825 lo zar Alessandro I morì, senza che fosse chiaro se avesse designato
come suo successore il figlio Costantino o il fratello Nicola. Parve il momento buo-
no perché le due società segrete trovassero l’accordo per un tentativo di complot-
to cospirativo con fini insurrezionali che si chiamò «decabrista» (da dekabr, «di-
cembre» in russo) perché appunto era stato programmato per quel mese del 1825.
Si scelse il momento del giuramento che le truppe dovevano prestare al nuovo
imperatore, Nicola I (1796-1855). Ma il movimento, represso immediatamen-
te con la forza, fallì del tutto e cinque dei suoi capi, giovani ufficiali che inten-
devano insediare sul trono imperiale Costantino, vennero condannati a morte;
altri vennero deportati in Siberia. Nicola I continuò ciecamente la politica rea-
zionaria del fratello, aggravando sempre più il ritardo politico e sociale che af-
fliggeva la Russia.

Rivolta decabrista
a San Pietroburgo
(14 dicembre 1825).
Dipinto di Karl Ivanovich
Kolmann, 1830 circa.
Mosca, Puschkin-
Literaturmuseum.

400
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |

Storia e Arte
Rappresentare le atrocità
della guerra
Francisco Goya
A partire dal XIX secolo, l’arte si allontanò progressi-
vamente dalla rappresentazione celebrativa della guer-
ra per diventare strumento di denuncia delle sue
atrocità.
Tra i primi interpreti di questa tendenza vi fu il pittore
spagnolo Francisco Goya (1746-1828). Vicino alle
idee illuministe, lesse come una contraddizione l’inva-
sione francese della Spagna. Pur accettando onorifi-
cenze dagli stranieri, espresse la sua posizione di con-
danna verso i drammi della guerra in una serie di opere.
Nel 1814 Goya fece richiesta al Consiglio di reggen-
za (un organo di governo provvisorio) di poter rappre-
sentare la resistenza del popolo spagnolo di fronte
all’invasione nemica, anche per riscattarsi dalle accu-
se filonapoleoniche. Dipinse così due grandi tele oggi
conservate al Prado: Il 2 maggio 1808 a Madrid e Scene di massacri a Scio; famiglie greche
Il 3 maggio 1808 ( ▶ cap. 10, par. 9). La prima è una attendono la morte o la schiavitù, di Eugène Delacroix,
1824. Parigi, Museo del Louvre.
grande scena dinamica, che rappresenta la resistenza
del popolo madrileno contro i corazzieri reclutati da Na-
poleone durante la campagna d’Egitto (i mamelucchi). schiavitù. L’artista eseguì una rappresentazione priva
La seconda rappresenta la successiva repressione: un di figure dominanti, volendo fare delle sofferenze del
plotone di esecuzione che sta decimando un gruppo popolo greco e delle atrocità commesse dagli ottoma-
di patrioti spagnoli. Ritenuto un capolavoro di tensio- ni le uniche protagoniste della scena. Il dipinto non fu
ne espressiva, il dipinto fissa il momento che precede molto apprezzato dalla critica, che lo ritenne rozzo per
l’uccisione dell’anonimo patriota, riconoscibile per la la modalità di applicazione del colore e per la mancanza
luminosa camicia bianca, che affronta con dignità la di disegno, ma fu acquistato dallo Stato francese ed è
sua morte e che costituisce il centro nevralgico della attualmente conservato al Museo del Louvre di Parigi.
rappresentazione.
Collega e confronta
Eugène Delacroix 1. Dividendovi in gruppi, realizzate una presen-
La guerra di indipendenza della Grecia contro l’Impero tazione per ciascuno dei dipinti citati nella
ottomano accese una forte corrente di opinione pubbli- scheda: contestualizzateli facendo opportuni
ca internazionale a sostegno degli insorti: il «mito elle- riferimenti storici, descrivetene il soggetto e
nico» si diffuse nell’Europa dei primi decenni dell’Otto- mettete in luce l’intento comunicativo dell’o-
cento, influenzando l’immaginario letterario e artistico. pera. Scegliete uno o più speaker che espon-
gano il lavoro svolto al resto della classe.
Il pittore francese Eugène Delacroix (1798-1863) fu
molto colpito da uno degli episodi più sanguinosi del- 2. Anche il cinema ha raccontato la violenza
della guerra, in particolare le due guerre
la guerra di indipendenza ellenica, che ebbe luogo nel
mondiali (1917, Dunkirk), ma anche la guerra
1822 sull’isola di Chio, dove gli ottomani, per rappre- del Vietnam (Apocalypse Now). Svolgi un
saglia, uccisero migliaia di civili e deportarono i super- sondaggio fra i tuoi compagni, rispondendo
stiti come schiavi. Delacroix denunciò queste vicende alle seguenti domande e discuti le risposte
presentando al Salon di Parigi del 1824 (un’esposizio- in classe: hai mai visto un film di guerra?
ne d’arte periodica) l’opera dal titolo Scene di massa- Perché ti è piaciuto? Quali aspetti ti hanno
cri a Scio; famiglie greche attendono la morte o la colpito di più?

401
Dalla Storia all’Educazione civica

La libertà d’opinione Guarda il video


dell’intervista
all’autore
di Gustavo Zagrebelsky Approfondisci con
la Costituzione
commentata

La libertà di opinione: un La Costituzione e la libertà Tale preoccupazione era pienamen-


diritto umano essenziale di opinione te giustificata, data la radicale sop-
pressione della libertà di stampa e
In seguito all’esperienza della Ri- Su questo tema la Costituzione è
di manifestazione delle idee durante
voluzione francese e dei movimenti molto chiara. Ne è testimonianza
il regime fascista.
liberali di opposizione alla Restaura- l’articolo 21.
È importante sottolineare che la li-
zione si formò in vari Paesi europei
bertà di opinione è parte della più
un nuovo soggetto, la cui funzione
«Tutti hanno diritto di generale libertà di coscienza, cioè
consisteva nel dare espressione
manifestare liberamente della libertà di essere se stessi, li-
alla società civile nei confronti del
bertà di darsi da sé la propria visio-
potere costituito. Si tratta dell’opi- il proprio pensiero con la ne del mondo e di scegliere in quale
nione pubblica, ossia dell’insie-
parola, lo scritto e ogni maniere stare tra i propri consimi-
me delle opinioni che i cittadini si
altro mezzo di diffusione. li. La libertà di opinione, dunque, è
formano su questioni di interesse
La stampa non può essere strettamente legata alla libertà re-
collettivo attraverso la discussione
pubblica e il libero confronto delle ligiosa, alla libertà dell’arte e del-
soggetta ad autorizzazioni la scienza e al diritto all’istruzione.
idee. Essa svolge il ruolo essenzia-
o censure».
le di giudice morale delle istituzioni
e dell’operato delle autorità pub-
I limiti della libertà
bliche, fungendo da efficace con- La prima proposizione afferma che di opinione
trappeso al loro potere. ogni persona ha il diritto di mani- Dire che la libertà di manifestare il
In quanto caratteristica essenziale di festare il proprio pensiero in tutte proprio pensiero è una condizione
ogni regime politico libero, la libertà le forme possibili, senza subire in- ineludibile per la vita democratica di
d’opinione è oggi riconosciuta come terferenze né essere ostacolata. La un Paese non equivale a dire che
diritto umano: secondo l’articolo 19 seconda proposizione si riferisce a deve essere illimitata. Al contrario, è
della Dichiarazione universale dei un mezzo particolare di comunica- necessario porre a essa limiti preci-
diritti dell’uomo, proclamata dall’O- zione, la stampa, di cui viene sancita si, perché ci sono casi nei quali può
NU il 10 dicembre 1948, «ogni indi- la libertà: la pubblicazione dei gior- compromettere il soddisfacimento
viduo ha il diritto alla libertà di opinio- nali non deve essere impedita dalla di esigenze altrettanto fondamen-
ne e di espressione, incluso il diritto censura né deve dipendere dall’au- tali per gli individui e per la società,
di non essere molestato per la pro- torizzazione della pubblica autorità. e ledere valori cui la Costituzione
pria opinione. […]». Formarsi un’opi- Il richiamo al valore della libertà di attribuisce importanza. Per questa
nione consapevole è uno dei compiti stampa deriva da una preoccupa- ragione, in casi specifici sono pos-
più importanti del cittadino, che può zione di coloro che, poco dopo la sibili limiti e divieti.
farlo tramite i giornali, le riviste, Inter- fine della Seconda guerra mondia- Ad esempio, per rispettare il diritto
net, la televisione, i libri, mezzi che le, redassero il testo costituziona- alla riservatezza (o privacy) di ogni
garantiscono un pluralismo infor- le: quella di sottrarre il mondo della individuo non è ammessa la diffu-
mativo fondamentale per la vita de- stampa alle pressioni, e alle pos- sione di informazioni che riguarda-
mocratica delle nostre società. sibili ritorsioni, del potere politico. no le nostre condizioni di salute, gli
orientamenti sessuali, le convinzioni
religiose. Ancora: nel caso del se-
Censura: Il controllo dell’espressione pubblica di idee da parte dell’autorità
pubblica, inammissibile nelle società democratiche e tollerata, in via eccezionale, greto istruttorio, che tutela le inda-
in difesa di valori e interessi giudicati importanti per gli individui e per la collettività gini preliminari dei processi penali,
quanto la libertà di opinione. è vietata la divulgazione di notizie

402
Dibattito in classe:
la libertà
d’opinione

La libertà di opinione
e di espressione sono diritti im-
prescindibili nelle società demo-
cratiche, ma sempre più spesso,
in particolare di fronte a bufale o
fake news, ci si interroga sui limiti
da porre o meno a queste libertà,
visti i pericoli di disinformazione di
massa su temi come la salute o la
sicurezza collettiva. Basti pensare
Manifestanti protestano davanti al tribunale di Istanbul, il 9 settembre 2020, a quante false notizie sono circo-
in occasione del processo a giornalisti accusati di aver rivelato segreti di Stato. late a proposito della pandemia di
Sui cartelli si legge «La libertà di stampa è garanzia di democrazia». Covid-19 o dei migranti.
Scegliete tre studenti che facciano
da giuria, poi dividete il resto della
che compromettano la correttezza nei Paesi illiberali, la formazione e classe in due gruppi:
1. il gruppo A difenderà la libertà
e l’efficacia dei procedimenti giudi- la circolazione delle idee vengono
di opinione; il gruppo B invece
ziari. Un altro caso ancora è quello rigidamente controllate dallo Stato.
sosterrà la necessità di strumenti
del segreto di Stato, a tutela della È interesse dei governi dittatoriali di censura, per garantire l’accesso
sicurezza politica e militare del Pa- sostituire alla libertà di opinione la ai cittadini ad un’informazione
ese, contro attività eversive interne verità di Stato attraverso la pro- affidabile e quindi proteggerli.
ed esterne. paganda. Il controllo delle men- Per approfondire il tema potete
ti, infatti, è molto più efficace che il consultare il video Educazione
La libertà d’opinione controllo dei corpi. alla cittadinanza digitale, acce-
nel mondo oggi Purtroppo, nonostante la lunga lot- dendo tramite il QR code.
Un Paese nel quale sia impedita o ta per i diritti umani degli ultimi se- 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
vietata alle persone la manifestazio- coli, in parecchie aree del mondo voce, che in 5 minuti presenterà
la libertà d’opinione è ancora og- alla giuria i risultati del lavoro.
ne delle idee su problemi di carat-
gi vincolata al controllo del pote- Nell’esporre le proprie ragioni, si
tere politico, sociale, economico e
possono proiettare presentazio-
religioso non può dirsi democratico. re politico e spesso negata: Iran,
ni multimediali che contengano
Il controllo e la repressione delle Cina, Russia, Egitto, Arabia Sau-
informazioni e dati.
idee delle persone è incompati- dita sono solo alcuni dei Paesi in 3. Seguirà un dibattito libero di 10
bile con la democrazia. Quest’ulti- cui manifestare la propria opinione minuti tra le due squadre. I giudici
ma presuppone infatti la possibilità o esprimere un’opinione contraria si confronteranno poi tra loro e
per ognuno di manifestare il proprio a quella delle autorità può portare decideranno qual è stato il grup-
dissenso e il diritto di dare voce al- all’arresto e alla persecuzione fi- po più efficace nel sostenere l’uno
le proprie convinzioni. Al contrario, sica e legale. o l’altro modello.

403
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

La Restaurazione: equilibrio, stabilità I movimenti di opposizione


e legittimità alla Restaurazione
Nel novembre del 1814 si aprì il Congresso di Vienna, In questo periodo si diffusero diversi movimenti di
in cui Austria, Prussia, Russia, Regno Unito e Francia opposizione alla Restaurazione: i liberali, convinti
si riunirono per ridisegnare gli equilibri politici e ter- della superiorità morale della società civile sullo Sta-
ritoriali europei dopo le guerre napoleoniche. Si cre- to, favorevoli al libero mercato, autoregolato in base
arono intorno alla Francia diversi Stati-cuscinetto, si a domanda e offerta; i sansimoniani, che esaltavano
ripristinò il principio di legittimità, che implicava la il ruolo sociale di scienziati e produttori a scapito di
restaurazione delle dinastie, e si riaffermò l’importan- politici e sovrani; i seguaci di Lamennais, favorevoli
za della tradizione cristiana. alla conciliazione di cultura cattolica e liberalismo,
La Polonia restò in mano russa; la Prussia ottenne senza separazione fra Chiesa e Stato.
una parte della Germania occidentale; nacque la Con- Inoltre, nacquero in tutta Europa società segrete, co-
federazione germanica, presieduta dall’imperatore me la Carboneria, che costruirono una rete cospirati-
d’Austria; la Spagna tornò ai Borbone; Venezia restò va internazionale ostile ai regimi reazionari assolutisti.
all’Austria, a cui fu ceduta anche la Lombardia.
Nacquero due nuove alleanze: la Santa Alleanza (Au- La Rivoluzione e la repressione in Spagna
stria, Russia, Prussia) per difendere il cristianesimo e e in Italia
intervenire militarmente a difesa dei Paesi alleati sul Nel 1814, dopo che Ferdinando VII aveva ristabilito
loro territorio; la Quadruplice Alleanza (Regno Unito, la monarchia assoluta in Spagna, si verificarono con-
Austria, Russia, Prussia), dal carattere più pragmatico. giure militari e ribellioni, come quella delle truppe nel
1820 a Cadice, che costrinse il re a ripristinare la Co-
L’Italia dopo il Congresso stituzione del 1812, o quella degli exaltados, stroncati
di Vienna nel 1823. Anche nel Regno delle Due Sicilie vi furono
Dopo il Congresso di Vienna, il Regno di Sardegna re- rivolte, come quella di carbonari e militari guidati da
cuperò Nizza e la Savoia e ottenne la Repubblica di Pepe o la rivolta separatista a Palermo, anche queste
Genova; il Granducato di Toscana tornò a Ferdinan- sedate dalla repressione monarchica.
do III d’Asburgo-Lorena; Napoli e la Sicilia, unificate In Lombardia e Piemonte, invece, la cospirazione or-
nel Regno delle Due Sicilie, furono restituite a Ferdi- dita dalla Federazione italiana fu bloccata dalla po-
nando IV di Borbone. lizia austriaca, che arrestò i suoi capi, tra i quali Ma-
In tutta la Penisola si diffuse un clima oppressivo e roncelli e Pellico.
reazionario.
L’indipendenza dell’America Latina
Un costituzionalismo sotto tutela In America Latina, in Brasile, dominio portoghese,
La Restaurazione ebbe un impatto anche sul piano ottenne l’indipendenza nel 1822, mentre nei territori
costituzionale: le Costituzioni di Cadice e quella sici- spagnoli l’aristocrazia creola guidò una difficile lotta
liana furono revocate da Ferdinando VII e Ferdinan- di liberazione, conclusasi nel 1824. Il suo protagoni-
do I; nella Francia di Luigi XVIII fu concessa una Carta sta, Simón Bolívar, sognava una confederazione di
costituzionale che riduceva il diritto di voto su base Stati liberi, per modernizzare il continente, ma dopo
censitaria; in Inghilterra fu sospeso l’habeas corpus e l’indipendenza l’America Latina conobbe decenni di
si arrivò persino alla repressione armata delle proteste instabilità e arretratezza.
popolari, come nel caso del «massacro di Peterloo».
L’Impero ottomano, la rivoluzione greca
La stampa e l’istruzione pubblica e il moto «decabrista» russo
La fine del XVIII secolo aveva portato con sé lo svi- In Grecia, nel 1821 scoppiò un’insurrezione indipenden-
luppo dell’opinione pubblica. Nacquero quotidiani tista contro l’Impero ottomano, in declino, che aveva
rivolti a un pubblico ampio di abbonati e ben presto, perso il controllo già di Egitto e Algeria. Solo nel 1827,
di fronte al pericolo di una stampa libera, i sovrani Francia, Regno Unito e Russia intervennero e i turchi
imposero leggi repressive, tasse sugli annunci e cen- riconobbero nel 1829 l’indipendenza ellenica.
sure. Analogamente, si cercò di controllare politica- In Russia, invece, nel 1825, il moto «decabrista» tentò
mente anche l’istruzione. la rivolta contro il potere zarista, senza avere successo.

404
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

LA RESTAURAZIONE

fu messa in atto dopo il portò a fu osteggiata dai

......................................... MOVIMENTI DI
OPPOSIZIONE
• revoca della ........................
in cui ........................ e della
Costituzione siciliana • superiorità morale
• riduzione del diritto di della ..............................
liberali
Austria, Prussia, Russia, voto in Francia sullo Stato
Regno Unito, Francia • repressione armata in • .......................................
Inghilterra («...................»)
• instaurazione di un clima
determinarono scienziati e produttori
reazionario
più importanti
• censura della ...................... ........................
di politici e sovrani
nuovi ........................................ e controllo dell’...................
nella società
politici e territoriali

conciliazione di
in base al in Europa, dove ..................... .....................
seguaci di
e ..................... senza
........................
separazione fra
• principio di ........................ • la Polonia resta alla
Chiesa e Stato
che ripristina l’autorità ..............................................
monarchica delle dinastie • la Prussia ottiene e dalle
• principio di equilibrio, che parte della Germania
prevede la creazione di occidentale
....................... attorno alla • nasce la ............................. ........................ rete cospirativa
Francia .............................................. ........................ internazionale
• la Spagna torna ai
Borbone ma riuscì a
• ..................... e ..................... stroncare i
e strinsero
sono in mano austriaca

moti
nuove alleanze rivoluzionari
e in Italia, dove
in
• ribellione militare a
...................... nel 1820
.................... .................... • il Regno di Sardegna ........................ • rivolta degli
.................... .................... recupera ......................... e ...................... sedata
la ........................ e ottiene nel 1823
formata da formata da la Repubblica di Genova e nel
• il Granducato di
Toscana torna
• Regno a Ferdinando III
d’Asburgo-Lorena • rivolta di .....................
• Russia Unito
• Regno delle Due Sicilie ........................ e ..................... guidati
• Prussia • Russia
torna a ............................... ........................ da Pepe
• Austria • Prussia
.............................................. • ................... a Palermo
• Austria

405
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle


seguenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cosa significa Stato-cuscinetto?
b. Chi sono i reazionari?
Date: 1814 • 1820 • 1819 • 1796
c. Spiega il significato di «panamericanismo»
Luoghi: Savoia • Austria • Russia • Genova •
nel contesto delle guerre di liberazione
Grecia • Cadice
dell’America Latina.
a. Prussia, .................... e .................... formarono nel d. Che cosa s’intende con «suffragio su base
1815 la Santa Alleanza. censitaria»?
b. Nel .................... iniziò il Congresso di Vienna.
c. Il «massacro di Peterloo» nel .................... segnò NESSI E RELAZIONI
una sconfitta politica per il governo tory. 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
d. Il Regno di Sardegna, con il Congresso di
a. Si diffondono la stampa e i primi sistemi
Vienna, ottenne Nizza, .................... e .................... .
d’istruzione.
e. Filippo Buonarroti fu uno degli organizzatori
b. Thomas Jefferson è eletto presidente
della congiura degli Eguali nel .................... .
degli Stati Uniti.
f. A .................... nel 1820, l’esercito spagnolo insor-
c. Dopo il Congresso di Vienna, i governi
se e chiese la Costituzione del 1812.
perseguono una politica repressiva in
g. Nel .................... a Palermo scoppiò una rivolta gran parte d’Europa.
separatista.
1. Si costituiscono associazioni segrete per
h. Nel 1829, Istanbul riconobbe l’indipendenza promuovere ideali democratici e liberali.
della .................... .
2. Si comincia a formare un’opinione pubblica.
EVENTI E PROCESSI 3. Comincia una fase di espansione e conquista
dell’Ovest nell’America settentrionale.
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
a. Secondo quali princìpi la Santa Alleanza pote-
COMPETENZE
va giustificare un intervento armato in un altro
Stato? ESPORRE ORALMENTE
b. Quali sono le principali conseguenze dei moti 6 Rispondi alle seguenti domande.
del 1820-21 in Italia? a. Quali furono le conseguenze sul piano geopo-
c. In che modo le guerre napoleoniche influenza- litico del Congresso di Vienna? (3 minuti)
rono il processo storico che portò all’indipen- b. Illustra il programma politico dei liberali
denza delle colonie spagnole in America? nel primo Ottocento. (2 minuti)
d. Qual è il ruolo dell’esercito nei moti degli anni c. Che cos’è la Carboneria e quali scopi politici
Venti dell’Ottocento? perseguivano i suoi affiliati? (1 minuto)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false.
SCRIVERE
a. V F Nel 1820, Silvio Pellico fu accusato
di cospirazione e imprigionato. VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
b. V F La carta costituzionale concessa da
Luigi XVIII, nel 1814, allargò il diritto 7 Commentando l’affermazione di Metternich,
di voto in Francia. secondo la quale l’Italia non era altro che
«un’espressione geografica», scrivi un testo di
c. V F All’inizio del XIX secolo, il prezzo
tipo argomentativo-espositivo in cui spieghi i
del grano in Inghilterra restò alto.
fattori culturali unificanti che caratterizzavano
d. V F Le tirature dei giornali durante
la penisola all’inizio dell’Ottocento; puoi fare
la Restaurazione aumentarono.
riferimento alla tradizione letteraria o a quella
e. V F I sansimoniani credevano nella capacità
artistica. In seconda battuta, evidenzia anche i
del mercato di autoregolarsi.
fattori di divisione, come la mancanza di un si-
f. V F Il Brasile conquistò l’indipendenza stema politico unificato o di una lingua comune.
dal Portogallo dopo una sanguinosa Infine, rifletti su quali elementi ti appaiono oggi
guerra civile. unificanti o divisivi in Italia a distanza di due
g. V F Simon Bolívar guidò la guerra secoli dalle affermazioni di Metternich.
d’indipendenza in America Latina.

406
Fonti e Storiografia
FONTI L’origine del principio monarchico secondo de Maistre
F1 Joseph de Maistre (1753-1821) in questo pamphlet del 1814 ribadisce l’origine divi-
na della monarchia, interpretando una posizione tipica del pensiero reazionario. A suo
avviso le sole Costituzioni giuste sono quelle che derivano dalla tradizione. Le altre
sono solo di natura convenzionale.

Uno scrittore anonimo1, che si occupava molto di questo genere di speculazioni e che cer-
cava di esplorare le fondamenta nascoste dell’edificio sociale, si credeva in diritto, circa
vent’anni fa, di proporre, come altrettanti assiomi incontestabili, le proposizioni seguenti,
diametralmente opposte alle teorie del tempo:
1. Nessuna costituzione è frutto di una deliberazione: i diritti dei popoli non sono mai scrit-
ti, o lo sono solo come semplici dichiarazioni di diritti anteriori non scritti.
2. L’azione umana, in questi casi, è talmente limitata che gli stessi uomini che agiscono so-
no solo delle circostanze.
3. I diritti dei popoli, propriamente detti, derivano quasi sempre dalla concessione dei so-
vrani, e possono essere allora verificati storicamente; ma i diritti del sovrano e dell’aristo-
crazia non hanno né data né autori conosciuti.
4. Queste stesse concessioni sono sempre state precedute da uno stato di cose, indipen-
dente dalla volontà del sovrano, che le ha rese necessarie.
5. Sebbene le leggi scritte non siano mai altro che dichiarazioni di diritti anteriori, non tutti
questi diritti possono però essere scritti.
6. Più si scrive, più l’istituzione è debole.
7. Può darsi la libertà solo una nazione che già la possiede; l’influenza umana non si esten-
de infatti oltre lo sviluppo dei diritti esistenti.
8. I legislatori propriamente detti sono uomini straordinari che forse non appartengono
che al mondo antico e alla giovinezza delle nazioni.
9. Questi legislatori, anche con loro meravigliosa potenza, non hanno mai fatto altro che
raccogliere elementi preesistenti, e hanno sempre agito in nome della divinità.
10. La libertà, in un certo senso, è un dono dei re; perché quasi tutte le nazioni libere fu-
rono costituite da re.
11. Non vi fu mai nazione libera che non avesse nella sua costituzione naturale germi di
libertà tanto antichi quanto essa, e nessuna nazione tentò mai efficacemente di sviluppa-
re, attraverso le sue leggi fondamentali scritte, diritti diversi da quelli che erano presenti
nella sua costituzione naturale.
12. Una qualsiasi assemblea di uomini non può costituire una nazione. Una impresa del
genere merita anzi di ottenere un posto tra gli atti di follia più memorabili. […]
1 scrittore anonimo:
Dio fa i re, letteralmente. Egli prepara le stirpi regali; le matura entro una nube che na-
de Maistre cita una sua
opera: Considerazioni sconde la loro origine. Esse appaiono poi coronate di gloria e di onore; si stabiliscono; ed
sulla Francia, del 1796. ecco il maggiore segno della loro legittimità.
(da J. de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche
e delle altre istituzioni umane, Scheiwiller, Milano, 1975 pp. 25-28)

COMPRENDERE 1. Da dove derivano i diritti dei popoli secondo Joseph de Maistre?


2. Da chi dipende la libertà?
3. Su quali presupposti si fonda la legittimità dei re?
INTERPRETARE 4. A quali episodi della storia francese si riferisce l’autore nell’articolo 12?
VALUTARE 5. Che cosa intende nell’art. 7 de Maistre quando afferma che «Può darsi la libertà
solo una nazione che già la possiede; l’influenza umana non si estende infatti
oltre lo sviluppo dei diritti esistenti»? Spiega tale affermazione con degli esempi
tratti dal contesto storico di riferimento.

407
Fonti e Storiografia

F2 La società segreta secondo Filippo Buonarroti


Nel brano che segue, redatto intorno al 1829, il rivoluzionario toscano Filippo Buonar-
roti (1761-1837), protagonista anche degli eventi della Francia rivoluzionaria, espo-
ne le sue idee sulla struttura della società segreta, un organismo rigido cui spettano
anche poteri dittatoriali.

È utile, è giusto stabilire una società segreta? È utile perché è solo attraverso una società
segreta bene organizzata che si possono riunire le forze e acquistare la potenza necessaria
per distruggere il male che pesa su tutta l’Europa. […]
Il destino subito dalla maggior parte delle società segrete create nel nostro tempo e so-
prattutto da quelle che si erano formate in Francia ci avverte che l’impresa presenta delle
Leggi in digitale il te- difficoltà e mostra che occorre una grande sagacia per evitare fin dagli inizi gli errori nei
sto Il programma del
«Conciliatore» in cui
quali erano caduti i fondatori di questi corpi. […]
si esprime chiaramen- Il carbonarismo napoletano1 […] ci offre a un tempo il quadro del bene che può produrre
te quello che i liberali una società segreta e dei vizi di fondazione che ne distruggono in tutto o in parte la felice
intendevano con «uti- influenza. Io pongo tra i difetti che si possono rimproverare alla Carboneria l’indetermina-
lità sociale». Confron-
tezza delle sue dottrine, la leggerezza nella scelta dei candidati, il numero troppo grande
talo poi con quanto
afferma Filippo Buo- dei suoi membri, il difetto del segreto, l’assenza di un potere legislativo e direttivo esclusi-
narroti sull’utilità delle vo e obbedito. […] Tale assenza ha prodotto l’insubordinazione, l’insufficienza e l’incrocio
società segrete: scrivi delle misure così come l’impossibilità di ottenere l’unità dei piani e il concorso di tutte le
un testo di tipo espo-
forze nell’esecuzione.
sitivo-argomentativo
in cui spieghi le diffe- Mi sembra che per creare una società segreta veramente utile all’umanità sia necessario
renze fra i due approc- fin dall’inizio stabilire un corpo poco numeroso dotato di dottrine precise, pure e comuni
ci nel modo pensare il a tutti i suoi membri; esso si costituirà capo unico e legislatore assoluto dell’istituzione, e
cambiamento sociale determinerà le regole in base alle quali si perpetuerà aggiungendosi successivamente gli
ed esprimi la tua opi-
nione a proposito. uomini che giudicherà degni di dividere i suoi lavori. […] Non è dalla massa degli iniziati
che questo corpo deve avere la sua esistenza, ma è da questo corpo creatore e legislatore
che gli iniziati devono essere chiamati a concorrere ai suoi disegni secondo le regole che
esso deve determinare e dettare. […]
1 carbonarismo
napoletano: Buonarroti La società segreta di cui qui si tratta è un’istituzione democratica per i suoi princìpi e
fa riferimento ai moti per lo scopo al quale tende; ma le sue forme e la sua organizzazione non possono essere
napoletani del 1820, quelle della democrazia. […]
durante i quali, sotto la
guida dei due ufficiali Per quanto riguarda l’azione sia preparatoria che definitiva bisogna assolutamente che
Michele Morelli e l’impulso parta dall’alto e che tutto il resto obbedisca. Questa società non è che un esercito
Giuseppe Silvati, i segreto destinato a combattere un nemico potente e armato di tutto punto; e come potrebbe
rivoluzionari riuscirono
a ottenere un governo preparare e dirigere efficacemente i suoi attacchi se si dovesse consultare ogni volta ognu-
costituzionale. no dei suoi membri e rischiare così di rendere pubblico ciò che esige il più grande segreto?
(da A. Saitta, Filippo Buonarroti, vol. 1, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 1972 pp. 152-155)

COMPRENDERE 1. Rielaborando il pensiero di Buonarroti, perché è utile costituire una setta segreta?
2. Quale esempio concreto cita che mostra vizi e virtù delle sette?
INTERPRETARE 3. Perché la setta segreta può dirsi, nell’interpretazione di Buonarroti, un’istituzione
che è al contempo democratica e non democratica?
VALUTARE 4. Buonarroti paragona le sette segrete ad un esercito, per sostenere che l’organiz-
zazione interna delle prime non possa essere del tutto democratica, se si vuole
assicurarne il funzionamento. Ribaltando la questione posta dal rivoluzionario,
è possibile immaginare che un esercito oggi incarni i valori democratici? Quali
dovrebbero essere?

408
La Restaurazione e i moti degli anni Venti 11

STORIOGRAFIA Il ritorno di Napoleone


Vittorio Criscuolo
S1
Vittorio Criscuolo, professore di Storia moderna ed esperto di Illuminismo e di rivo-
luzioni sette-ottocentesche, racconta le inquietudini europee nei giorni della fuga di
Napoleone dall’isola d’Elba. I timori delle potenze riunite a Vienna determinarono un
ricompattamento del fronte avversario e non interruppero i lavori del Congresso, de-
terminato a definire il nuovo ordine europeo.

GLI SNODI La fuga di Napoleone dall’Elba preoccupa le potenze europee.


DEL TESTO Napoleone è dichiarato «perturbatore della pace nel mondo».
Le potenze si coalizzano per combatterlo.

Nella notte fra il 6 e il 7 marzo fu recapitato a Metternich un plico che recava la scritta «ur-
gente» e l’indicazione «da parte del consolato generale imperial-regio di Livorno» (non
Genova, come erroneamente indica il ministro austriaco nelle sue memorie): il messaggio
trasmetteva la sconvolgente notizia della fuga di Napoleone dall’isola d’Elba. Si avverava-
no così i timori di quanti non avevano approvato le generose concessioni del trattato di
Fontainebleau1. […]
Nel progetto per il regolamento del congresso steso nel settembre 1814 Wilhelm von
Humboldt2 affermava che Napoleone e i membri della sua famiglia inquietavano l’Italia, la
Svizzera e la Francia, […]. La questione non era mai stata posta formalmente all’ordine del
giorno, ma più volte a Vienna era stata prospettata nei colloqui informali fra i diplomatici
la necessità di allontanare Napoleone, e fra le varie ipotesi si era già parlato di una depor-
tazione alle Azzorre, a Santa Lucia, in qualche isola delle Indie occidentali o nell’isola di
Sant’Elena. Queste voci, riportate più volte dalla stampa in Francia, erano ben note a Na-
poleone, il quale seppe anche dai suoi informatori che Metternich, scavalcando Talleyrand,
aveva stabilito contatti diretti con Luigi XVIII tramite il favorito di questi, il conte di Blacas,
e sospettava che uno dei temi in discussione fosse proprio il suo destino.
Il pericolo di una deportazione ebbe certamente un peso notevole nella decisione di la-
sciare il suo piccolo regno. A parte i timori per la propria incolumità, giustificati dalla voce
che il governatore della Corsica avesse l’incarico di farlo assassinare, egli poteva anche
lamentarsi del mancato pagamento da parte del governo francese dell’indennità prevista
dal trattato di Fontainebleau. In effetti si temeva a Vienna che la mancata attuazione degli
accordi di Fontainebleau potesse offrire a Napoleone il pretesto per un colpo di testa […].
Quando ebbe notizia del crescente malumore dell’opinione pubblica francese nei confronti
della monarchia restaurata, Napoleone ruppe gli indugi e, approfittando di una temporanea
assenza del colonnello inglese Campbell incaricato di sorvegliarlo, prese il largo con una
piccola flottiglia puntando sulla costa francese. Fu lo stesso Campbell al suo ritorno nell’i-
1 trattato di
sola a dare l’allarme al console inglese di Livorno. La notizia suscitò a Vienna sconcerto e
Fontainebleau: trattato
del 1814 che sancì la timore, anche perché non si sapeva dove Napoleone si fosse diretto: considerando i pericoli
sconfitta di Napoleone, ai quali sarebbe andato incontro sbarcando in Francia, si pensava che avesse puntato piut-
che rinunciò al trono di
tosto sulla costa italiana. Né mancarono sospetti e polemiche riguardo all’atteggiamento
Francia ma non al titolo
di imperatore. Sarebbe dell’Inghilterra, accusata di avere favorito ad arte la fuga in modo da avere il pretesto per
diventato sovrano metterlo definitivamente fuori gioco.
dell’isola d’Elba, con una Dopo il primo moto di sconcerto e di incertezza, l’ennesima sfida di Napoleone all’Euro-
rendita annua, versatagli
dal nuovo governo pa ebbe come effetto di ricompattare il fronte dei suoi avversari, i quali […] misero a punto
francese. una dichiarazione comune datata 13 marzo nella quale affermavano di essere pronti a in-
2 Wilhelm von tervenire a difesa della monarchia francese e della pace generale del continente. Con una
Humboldt:
rappresentante per la decisione senza precedenti nella storia, essi dichiararono inoltre che Napoleone si era posto
Prussia al Congresso. fuori dalle leggi civili e sociali e che, come nemico e perturbatore della pace del mondo, si

409
Fonti e Storiografia

era esposto alla pubblica punizione. […] si dicevano anche certi che la Francia intera si sa-
rebbe stretta attorno al sovrano legittimo e avrebbe respinto l’avventuriero criminale, ma
le notizie della fuga di Luigi XVIII in Belgio e del ritorno di Napoleone alle Tuileries, avve-
nuto il 20 marzo, gettarono un’ombra inquietante sulla monarchia restaurata e animarono
le perplessità delle potenze circa l’utilità e l’opportunità di ristabilire sul trono i Borbone
una volta sconfitto per sempre il fuggiasco dall’Elba. […]
Per quanto riguarda i lavori congressuali, essi proseguirono, e anzi si cercò di stringere i
tempi per chiudere tutte le questioni da definire […].
(da V. Criscuolo, Il Congresso di Vienna, Il Mulino, Bologna 2015, pp. 105-107)

COMPRENDERE 1. Quali conseguenze poteva generare la mancata attuazione del trattato


IL TESTO di Fontainebleau?
2. Perché l’Austria teme che l’Inghilterra abbia favorito la fuga di Napoleone dall’Elba?
3. Quali perplessità nutrivano gli avversari di Napoleone nei confronti dei Borboni
di Francia?

S2 Le società segrete in Piemonte


Marco Novarino
Marco Novarino racconta la vita multiforme delle società segrete dalla Restaurazione
al regno di Carlo Alberto, dall’Adelfia ai Veri Italiani. Nel passo qui riportato l’autore si
sofferma, oltre che sull’Adelfia, sui Sublimi Maestri Perfetti, guidata da Filippo Buonar-
roti, alle cui teorie – in particolar modo il «comunismo egualitario» – si ispirarono tutte
le altre organizzazioni settarie piemontesi.

GLI SNODI Nascono molte società segrete, fra le quali l’Adelfia di Filippo Buonarroti.
DEL TESTO Non sono noti chiaramente né la sua struttura e né i suoi membri.
Le società segrete attirano repubblicani, ex ufficiali napoleonici e aristocratici.

Nell’aprile nel 1814 finiva la dominazione francese in Piemonte e un mese dopo Vittorio
Emanuele I, nel quadro della generale restaurazione dei vecchi monarchi, rientrava a Torino.
Iniziava il periodo storico prefigurato dalla Restaurazione, dominato dal Congresso di
Vienna, che si proponeva di ristabilire la situazione istituzionale politica antecedente alla
Rivoluzione francese.
Le legittime aspirazioni a un governo costituzionale, il rispetto del principio delle nazio-
nalità, delle libertà d’opinione, stampa e riunione furono brutalmente represse dai regimi
restaurati. Le trasformazioni operate dalla rivoluzione francese e, almeno in parte, dall’e-
sperienza napoleonica avevano comunque inciso profondamente sulla cultura e sulle co-
scienze dei popoli europei e, in particolare, degli italiani.
Non potendo più esercitare liberamente i diritti sanciti dalla Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino non restava altro che ricorrere alla cospirazione per ristabilire le
perdute libertà.
In questo contesto nacquero, a livello europeo, numerose società segrete, e in Piemonte
la prima organizzazione settaria che si formò, immediatamente dopo l’arrivo all’isola d’El-
ba di Napoleone e quindi prima del ritorno di Vittorio Emanuele I, fu l’Adelfia.
All’incontro, tenutosi a Torino, parteciparono quattordici esponenti con trascorsi gia-
cobini […]. L’Adelfia […] stabilì il suo centro operativo in Piemonte, agendo però anche in
Lombardia educato di parte Piacenza […].

410
La Restaurazione e i moti degli anni Venti 11

Della struttura e dei suoi membri più influenti si sa molto poco.


Dall’unico documento conosciuto si apprende che il recipendiario1 doveva pronunciare
un giuramento molto simile a quello usato nelle logge liberomuratorie2, che comunicavano
tra loro attraverso un sistema cifrato usando termini tratti dalla Bibbia e dal mondo classico
(per esempio Milano era Gerusalemme, Torino era Alessandria d’Egitto). Si sa inoltre che
erano divisi in gradi (Vescovi, Diaconi e Chierici) e che si riunivano in gruppi denominati
chiese […] e che una Diocesi significava un coordinamento provinciale.
Dopo la riunione del 1814 scarse sono le testimonianze sull’attività di quest’organizza-
zione in Piemonte e passarono tre anni prima che si sentisse nuovamente parlare dell’A-
delfia. Nel 1818 essa venne assorbita in una nuova organizzazione cospirativa, creata a Gi-
nevra da Filippo Buonarroti. Il rivoluzionario toscano […] riunì intorno a sé il malcontento
proveniente dagli ex ufficiali napoleonici e dai giovani aristocratici liberali.
Il duro clima repressivo imposto dalla Restaurazione aveva spinto i vari oppositori ad ac-
cantonare le divergenze e nelle nuove società settarie si trovavano fianco a fianco uomini
con ideali politici notevolmente diversi.
Accanto ai seguaci di Buonarroti, repubblicani che ritenevano che la Restaurazione
fosse già iniziata con la proclamazione dell’Impero nel 1805, erano presenti ex ufficiali,
i funzionari napoleonici che sognavano il ritorno del còrso o giovani aristocratici, che,
cresciuti ed educati nelle scuole francesi, si accontentavano dell’instaurazione di monar-
chie costituzionali.
Per mantenere uniti questi progetti contrastanti Buonarroti diede vita a una società se-
greta, denominata «Sublimi Maestri Perfetti», creata […] con «l’obiettivo di infiltrarsi e di-
1 recipendiario:
nel mondo massonico rigere le diverse società segrete europee» e strutturata in gradi gerarchici non comunican-
è il profano che sta ti tra loro. […]
per essere iniziato. Spesso le strutture cospirative cambiavano nome e ritoccavano i loro rituali solo per con-
2 logge
liberomuratorie: fondere le idee alle polizie o con l’intenzione di escludere elementi non graditi che in que-
le logge massoniche. sto modo venivano estromessi senza essere espulsi.
(da M. Novarino, Le società segrete in Piemonte, in Il Piemonte risorgimentale nel periodo preunitario,
a cura di Frédéric Ieva, Viella, Roma 2015, pp. 107-109)

COMPRENDERE 1. Dove stabilirono i membri dell’Adelfia il proprio centro operativo?


IL TESTO
2. Con che scopo le società segrete cambiavano spesso rituali e nome?
3. Perché le associazioni segrete riunivano anche uomini di idee politiche molto
diverse?

411
12 Il trionfo
del capitalismo
Il sistema di fabbrica e le sue contraddizioni
Nell’Ottocento, l’industrializzazione coinvolse oltre alla Gran Bretagna anche parte dell’Eu-
ropa continentale e gli Stati Uniti. La diffusione delle grandi fabbriche e dell’economia
capitalista comportò, però, anche il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro
Esplora l’immagine degli operai, soprattutto nelle città; questi cominciarono infatti ad organizzarsi in asso-
interattiva ciazioni di mutuo soccorso e sindacati.

Il Crystal Palace, La supremazia europea e lo sfruttamento delle risorse mondiali


la struttura di vetro e Nella prima metà del XIX secolo gli europei affermarono definitivamente la propria su-
ferro che ospitò la prima periorità economica e politica nel mondo, imponendosi con la forza sulle popolazioni
Esposizione universale
a Londra nel 1851. indigene, sfruttando in modo massiccio le risorse territoriali, alimentando la tratta degli
Stampa dell’epoca. schiavi e incrementando il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri.

1811 1819 1821 1829


Agitazioni operaie Viene fissata a nove anni l’età Inizio dell’era George Stephenson
«luddiste» in Inghilterra minima per il lavoro in Inghilterra del Gold Standard perfeziona la locomotiva
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO
E IN DIGITALE
1. Il termine capitale, nel lessico economico,
sta a indicare un insieme di beni che possono LEZIONE
essere messi a frutto e accrescere il proprio GUARDA il video L’industrializzazione in Europa
valore nel tempo: si può trattare di denaro e negli Stati Uniti
o anche di proprietà immobiliari o ancora di 1. L’affermazione della Rivoluzione industriale
titoli azionistici. ▶ p. 414
Di recente si è parlato anche, in senso allargato, 2. Le lotte dei lavoratori e il conflitto tra agrari
di «capitale umano» e «capitale culturale». e industriali ▶ p. 418
• Hai mai sentito parlare di questi concetti? 3. Lo sviluppo di trasporti e città ▶ p. 423
• Confrontati con i tuoi compagni sul significato 4. Economia politica e utopie socialiste ▶ p. 428
di queste espressioni, fornendo per ciascuna 5. La supremazia degli europei ▶ p. 431
degli esempi. 6. Il centro del mondo e le sue periferie ▶ p. 436
7. La «base aurea» e il libero mercato ▶ p. 438
• Approfondiscine il significato con l’aiuto
8. L’apogeo del sistema capitalista ▶ p. 441
dell’insegnante e di un’enciclopedia.
ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
2. Il Crystal Palace ospitò la prima Esposizione dell’Atlante digitale interattivo
universale a Londra nel 1851 e rappresentò
RIASSUMI i concetti-chiave con la
per l’epoca una costruzione all’avanguardia;
presentazione L’industrializzazione in Europa
divenne esso stesso il simbolo di quel progresso
e la nascita della questione sociale:
tecnologico che l’Esposizione si proponeva
– la geografia dell’industrializzazione
di esibire. Dopo essere stato ricollocato in nell’Ottocento;
un’altra zona di Londra, il Crystal Palace andò – i problemi e le critiche legati alla diffusione
distrutto in un incendio nel 1936. del sistema di fabbrica;
• Di quali materiali era composto l’edifico? – la nascita delle prime associazioni sindacali.
• A quale tipo di costruzione, tradizionalmente RIPASSA
dedicata alla coltivazione delle piante, Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 444, p. 445
si ispirava?
In digitale trovi l’audio della sintesi
3. Il Crystal Palace è considerato da molti storici e la mappa personalizzabile
uno dei primi esempi di architettura moderna,
APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
basata cioè sull’uso di materiali innovativi
in grado di alleggerire le strutture degli edifici. Cultura materiale e vita quotidiana:
Una rivoluzione nei trasporti: le ferrovie
Ricerca una fotografia della Stazione Centrale
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 427
di Berlino e confrontala con il Crystal Palace.
GUARDA il video Storia e ambiente –
• Si possono notare delle somiglianze?
La costruzione della ferrovia e l’impatto ambientale
• In quali aspetti invece i due edifici
GUARDA il video Storia e ambiente –
differiscono?
Colonialismo e ambiente
AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1842 1846-47 1848 1858


L’Egitto ottiene Crisi Rivoluzioni L’Inghilterra completa
l’autonomia economica europee l’occupazione dell’India

413
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

1 L’affermazione della Rivoluzione industriale


I vantaggi commerciali e fiscali dell’Inghilterra
Nei primi decenni dell’Ottocento la Rivoluzione industriale aveva raggiunto in In-
Guarda il video ghilterra uno sviluppo straordinario. Tutto era cominciato dal settore tessile e da
L’industrializzazione
quello carbonifero ( ▶ cap. 7, par. 4), nei quali, grazie all’applicazione del principio
in Europa e negli Stati
Uniti e rispondi alle della macchina a vapore inventata dallo scozzese James Watt, era stato possibile
domande: incrementare la produzione con un conseguente abbassamento dei prezzi.
• In quali Paesi
L’Inghilterra aveva potuto ottenere questo enorme vantaggio in primo luogo gra-
si diffonde
l’industrializzazione zie al possesso di grandi flotte mercantili, di società di armatori che assicuravano
nell’Ottocento? le navi e di compagnie commerciali, che garantivano un quasi completo monopo-
• Quale Paese
lio del mare. C’era inoltre l’impero coloniale, che costituiva un mercato privilegia-
diventa il fulcro
dell’economia e della to per l’acquisto di materie prime a condizioni economicamente vantaggiose e lo
finanza mondiale? smercio di prodotti lavorati.
• Per che cosa si Il secondo vantaggio era che in Inghilterra, più che altrove, erano stati aboliti sia
battevano le Trade
Unions? i dazi doganali per le merci dirette all’estero sia i monopoli corporativi all’interno
del Paese; inoltre lo Stato, più liberista degli altri, non imponeva una fiscalità noci-
va allo sviluppo del libero scambio. L’innovazione tecnologica, in tal modo, veniva
stimolata dal mercato, che remunerava immediatamente ogni invenzione, anziché
ostacolarla con i vincoli corporativi, come invece accadeva altrove.

Sviluppo produttivo e commerciale nel settore tessile


Il settore tessile si era rivelato il campo privilegiato dell’innovazione tecnologica,
soprattutto perché, più di ogni altro, consentiva l’accesso a un mercato potenzial-
mente sterminato, offrendo un genere di larghissimo consumo a prezzi relati-
vamente contenuti. Il cotone, anche caricato dei costi di importazione, risultava
senz’altro più economico rispetto alle materie prime tradizionali dell’industria tes-
sile europea: lana, canapa, lino, seta.
Alla base della Rivoluzione industriale era la consapevolezza che si potesse gua-
dagnare molto di più producendo molta merce di basso valore piuttosto che poche
merci di grande valore. Mentre l’artigianato aveva creato per secoli oggetti di lusso
per un mercato ristretto, puntando a ottenere un buon guadagno da ogni pezzo
venduto, l’industria britannica produceva ora una grande quantità di merci di scar-
so valore, realizzando un profitto unitario minimo, ma moltiplicato dall’enorme
quantità di pezzi prodotti. Questa trasformazione strutturale del commercio tes-
sile inglese si impose definitivamente in una cinquantina d’anni. Nel 1760 il 40%
delle esportazioni inglesi era costituito dai tessuti di lana, mentre il cotone rap-
presentava una quota trascurabile; nel 1815 la situazione era capovolta e le stoffe
LESSICO di cotone avevano ormai soppiantato l’industria laniera.
Monopoli corporativi La produzione tessile non aveva potuto crescere finché i filatoi e i telai erano mes-
I privilegi propri delle
corporazioni che, dal
si in moto dalle braccia degli uomini o da meccanismi azionati dalle ruote idrauli-
Medioevo al XVIII secolo, che, mosse a loro volta dalla corrente dei corsi d’acqua. Per questo si considera così
riunivano persone attive fondamentale l’invenzione della macchina a vapore. All’incirca dal 1780, infatti,
nello stesso settore
economico per la tutela
la produzione industriale inglese cominciò ad aumentare a ritmi molto sostenuti,
dei propri interessi e per del 4-5% l’anno anziché dell’1-1,5%, tanto che per quel decennio si parla di «de-
il conseguimento di fini collo», ossia di punto di svolta fra la sostanziale stasi, o crescita lenta, del mondo
comuni.
preindustriale e l’inarrestabile sviluppo dell’industrialismo.

414
Il trionfo del capitalismo | 12 |

La macchina a vapore permetteva di azionare una quantità di meccanismi enor-


memente superiore, sfruttando il carbone come fonte di energia ( ▶ cap. 7, par. 4),
ma la sua diffusione fu graduale. Nel 1830, a più di cinquant’anni dal brevetto, in
Francia funzionavano 3000 macchine a vapore e soltanto 1000 in Prussia, contro
le 15.000 della Gran Bretagna. Inoltre, i tecnici inglesi erano ancora gli unici a sa-
perle costruire, montare e riparare e per tale ragione l’Inghilterra beneficiava di un
terzo vantaggio sugli altri Paesi, quello tecnologico.

Risorse naturali, finanziarie e demografiche


Un quarto vantaggio era rappresentato dal fatto che l’Inghilterra era ricca di gia-
cimenti di carbone, tanto che da cento anni se ne estraeva cinque volte di più che
in tutte le miniere europee messe insieme. Ora, con la macchina di Watt, questa
risorsa divenne una fortuna insperata. Le miniere di carbone non solo fornivano
una fonte di energia, ma costituivano ormai a loro volta un settore industriale, in
Operaie al lavoro
in un cotonificio inglese cui la macchina a vapore potenziava enormemente la produzione.
(1835). La spinta industriale era garantita anche da una grande disponibilità di capitali,
ovvero da un sistema bancario disposto a prestare soldi agli imprenditori a basso
Leggi l’immagine interesse e una rete finanziaria e commerciale estesa in tutto il mondo. A un im-
• Quali mansioni prenditore inglese prendere il denaro in prestito costava la metà ed era molto più
stanno svolgendo
semplice e rapido che per un concorrente continentale. Questo non era forse an-
le operaie?
• Rispetto al numero
cora un vantaggio decisivo per la produzione, perché nei primi decenni dell’Otto-
di macchinari in che cento gli impianti industriali erano relativamente economici da costruire e, renden-
rapporto è quello do subito bene, si autofinanziavano; ma fu un aspetto che si rivelò assolutamente
delle operaie?
decisivo per la commercializzazione delle materie prime e del prodotto finito.

415
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

L’interno della C’era infine un sesto e ulteriore vantaggio che l’Inghilterra condivideva con po-
Banca d’Inghilterra che altre regioni d’Europa (le Fiandre, la Pianura padana): un grande sviluppo delle
a Londra. Stampa
del 1808-1810. tecniche agricole ( ▶ cap. 7, par. 3). La produzione, a parità di lavoro, era pertanto
aumentata e ciò aveva permesso un consistente incremento demografico, quindi
un aumento della domanda e uno stimolo generale alla produzione. E lo sposta-
mento dei contadini dalla campagna alla città aveva potentemente incrementato
la disponibilità di lavoratori salariati e, dunque, di forza lavoro per l’industria in
espansione.

I VANTAGGI STRATEGICI DELLA GRAN BRETAGNA

• innovazione tecnologica (macchina a vapore)


• monopolio del mare sviluppo industriale
• impero coloniale (disponibilità di materie
prime)
• abolizione dei dazi doganali crescita economica
• ricchezza di giacimenti di carbone
• grande disponibilità di forza lavoro
per le industrie predominio commerciale
• rete finanziaria e commerciale internazionale

416
Il trionfo del capitalismo | 12 |

Nuovi fermenti sociali e politici


Verso il 1830 una prima Rivoluzione industriale poteva dunque dirsi compiuta in
Gran Bretagna, che si poneva quindi come leader della trasformazione del mondo
in senso capitalista. Tuttavia, ciò non significa che il Paese fosse industrializzato
in modo uniforme; poiché permanevano grandissime differenze fra una regione
e l’altra: poli di sviluppo convivevano con sacche di arretratezza. Del resto, lo svi-
luppo economico capitalista è sempre «a macchie di leopardo», perché si fonda
sull’esistenza di aree depresse che forniscono a quelle più sviluppate forza lavoro
a buon mercato.
A Londra si trovavano le grandi banche, le grandi compagnie di assicurazione
e di commercio, il controllo dei mercati, tutto il sapere tecnologico e gli strumen-
ti necessari per impiantare una produzione industriale; da qui partiva verso tutti i
mercati il grosso della produzione manifatturiera mondiale. E Londra fu, per prima,
teatro di due grandi novità socio-politiche: da un lato conflitti sociali nuovi, non
più genericamente fra poveri e ricchi, per il pane e la pubblica assistenza, ma fra
operai e capitalisti, per il salario; dall’altro conflitti politici nuovi, non fra grandi
princìpi generali o tra fazioni rivali, ma fra vecchie e nuove classi dirigenti sull’a-
dozione di tecniche di governo le più funzionali possibile alla crescita economica.

LA STORIA NELLE PAROLE


della domanda del bene o servizio offerto.
Il fine ultimo di chi produce è di accumu-
Capitalismo lare profitti, dati dall’eccedenza di ricavi
ottenuti sulle vendite del bene o servizio
Il capitalismo è un sistema economi- rispetto ai costi sostenuti per produrlo.
co-sociale caratterizzato dalla proprietà Sviluppatosi inizialmente in Occidente
privata dei mezzi di produzione e dal- per poi essere adottato dalla maggior
la separazione tra la classe dei capita- parte dei Paesi del mondo, nel corso del
listi-proprietari e quella dei lavoratori. Il tempo il capitalismo ha mutato alcune
termine capitalismo ha una storia relati- delle sue caratteristiche. Che sia nato
vamente giovane, sebbene gli studiosi con la Rivoluzione industriale o che in
riconoscano che il fenomeno che de- quel periodo sia semplicemente giunto
scrive sia originato secoli fa: con la fine a piena maturazione, all’epoca esso era
del feudalesimo e lo sviluppo dei traffici caratterizzato da una decisa propensio-
commerciali del XII secolo secondo al- ne all’accumulo del capitale (costituito
cuni; con l’Umanesimo e la Riforma pro- da denaro, proprietà e mezzi produttivi),
testante nel XV-XVI secolo secondo al- da cui la definizione teorica di capitali-
tri; con la Rivoluzione industriale, tra i smo d’accumulazione.
secoli XVIII e XIX, secondo altri ancora. Nel Novecento si è assistito invece a una
La parola è però nata in ambito economi- crescente attitudine al consumo del ca-
co-politico alla metà dell’Ottocento dalle pitale, per la quale si è parlato di capita-
teorie dei principali filosofi socialisti (Karl lismo di consumo. Quest’ultimo ha de-
Marx, Friedrich Engels ▶ cap. 17) che cisamente accentuato le sue peculiarità
giunsero a un primo inquadramento del tra la fine del Novecento e il nuovo mil-
capitalismo in chiave fortemente critica. lennio, quando si è assistito a una decisa
Guardando all’economia, il capitalismo si accelerazione della dimensione globale
basa sul libero mercato, vale a dire la dell’economia che, facilitando lo scam-
vendita di beni e servizi da parte di più of- bio di beni e servizi su scala mondiale,
ferenti in regime di libera concorrenza: il ha rafforzato l’indissolubile connubio tra
prezzo viene così definito dalle oscillazioni capitalismo e globalizzazione.

417
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

2 Le lotte dei lavoratori


e il conflitto tra agrari e industriali
Le rivendicazioni prima dell’industrializzazione
Da secoli i conflitti sociali si erano generati a partire da due grandi questioni: il
prezzo del pane e l’accesso alla proprietà, o almeno all’uso, della terra. Le rivolte
esplodevano di tanto in tanto, quando i prezzi salivano o quando un aumento del
prelievo fiscale riduceva le fasce più deboli alla miseria. In passato erano esistiti an-
che conflitti di lavoro, guidati da associazioni di artigiani intenzionati a difendersi
contro i mercanti che li rifornivano di materie prime e ritiravano il prodotto finito.
In quei conflitti, però, gli artigiani difendevano il prezzo del loro lavoro: invece di
affrontare il problema della loro miseria dal lato del costo della vita e delle imposte
da pagare, lo affrontavano da quello della difesa dei loro guadagni.
All’epoca, le associazioni di artigiani poveri o di lavoratori dipendenti, che ave-
vano poche possibilità di accedere al mondo delle corporazioni riconosciute e di
diventare padroni di botteghe, erano perlopiù segrete. Non esisteva ancora, quindi,
una conflittualità fra lavoratori e datori di lavoro regolata da organismi rappresen-
tativi, intesa come normale modalità di contrattazione del salario. Per i lavoratori,
inoltre, era difficile incontrarsi perché non esisteva la fabbrica come luogo fisico in
cui centinaia di operai si trovano a lavorare insieme sotto lo stesso tetto e il mede-
simo padrone, potendo quindi fraternizzare, discutere, organizzarsi. Esisteva in-
vece una molteplicità di piccole botteghe artigiane, in cui i lavoratori, soprattutto
filatori e tessitori, si trovavano dispersi.

Una nuova modalità di protesta: lo sciopero


Con la nascita delle grandi fabbriche, nella prima metà dell’Ottocento, nacquero
associazioni di lavoratori che iniziarono a utilizzare sistematicamente l’arma del-
LESSICO lo sciopero nei conflitti sul salario e sulle condizioni di lavoro. Da allora le rivolte
Sciopero urbane e rurali contro il carovita cominciarono a diradarsi. Sempre più ci si abi-
Astensione organizzata
dal lavoro messa in
tuò a sentirsi affratellati dalle condizioni di lavoro piuttosto che dalla miseria e,
atto da un gruppo di di preferenza, dai rapporti all’interno della fabbrica anziché dall’appartenenza al
lavoratori per sostenere vicinato, al quartiere, alla parrocchia o al comune rurale. E sempre più l’organiz-
specifici interessi eco-
nomici o rivendicazioni
zazione dei lavoratori divenne un’organizzazione degli sfruttati contro gli sfrutta-
di tipo politico o sociale. tori, non di una professione contro altre professioni: così, al posto della corpora-
Nelle moderne democra- zione, nacque il sindacato che, a differenza della prima, prevedeva l’associazione
zie parlamentari il diritto
dei soli operai (la corporazione era invece una struttura verticale che includeva
di sciopero è sancito a
livello costituzionale. lavoratori e datori di lavoro di un determinato settore). La protesta assumeva la
Sindacato forma di lotta violenta da parte degli operai contro luoghi e condizioni di lavoro
Istituzione della società inumani, orari di lavoro anche di diciotto ore giornaliere e l’utilizzo di donne e
industriale e post-indu- bambini ( ▶ cap. 7, par. 5).
striale. È un’associazione
di lavoratori costituita
All’inizio dell’Ottocento l’organizzazione operaia e lo sciopero non erano però
per promuoverne e strumenti di lotta legali. Le organizzazioni operaie erano generalmente trattate al-
difenderne gli interessi la stregua di associazioni per delinquere dedite ad atti di vandalismo, dato che lo
economici e professio-
nali; svolge un’opera di
sciopero veniva considerato un attentato contro la proprietà, una specie di estor-
mediazione nelle contrat- sione, una violenza commessa per impedire il libero uso della proprietà privata.
tazioni fra padronato e Così, fra astensione dal lavoro e violenza contro le persone e le cose veniva annul-
classe lavoratrice.
lata ogni differenza.

418
La Workhouse
di St James a Londra
nel 1808, una casa di
lavoro in cui venivano
accolti disoccupati e
donne con i propri figli.

Il luddismo
Gli operai detestavano la fabbrica, che rappresentava il luogo dell’umiliazione e
della perdita di indipendenza e li costringeva a un lavoro durissimo ai limiti della
sopravvivenza. Le macchine erano il simbolo di tutto questo: erano uno strumen-
to di concorrenza sleale, che produceva merci di cattiva qualità a prezzi straccia-
ti, facendo perdere il lavoro, la professionalità, le tradizioni, la cultura al mondo
dell’artigiano. Inoltre, toglievano lavoro agli uomini per affidarlo frequentemente
alle donne e ai bambini, che più facilmente si potevano intimidire e sottopagare.
In Inghilterra il malcontento sfociò in una forma estrema di protesta che pre-
vedeva la distruzione dei nuovi impianti. Questo movimento assunse il nome di
luddismo, dal nome di quello che sarebbe stato il suo iniziatore, Ned Ludd, e si
diffuse in Gran Bretagna nei primi due decenni del secolo. Nel 1811 il luddismo
produsse una grande ondata di agitazioni e di atti di sabotaggio, che culminaro-
no nell’assalto a un’importante manifattura tessile dell’Inghilterra centrale. La re-
pressione del movimento fu molto dura e si concluse con un grande processo che
decretò tredici condanne a morte.
Pochi anni dopo il movimento operaio riprese vigore ma fu ancora una volta fer-
mato con la forza a Manchester, quando nel 1819 le forze di polizia si scagliarono
contro una folla di circa 80.000 lavoratori, provocando numerosi morti e feriti (il
«massacro di Peterloo»: ▶ cap. 11, par. 3). Da allora il termine «luddismo» è rimasto
a indicare ogni forma di lotta operaia primitiva, diretta contro gli impianti, quindi
contro la modernizzazione, invece di essere volta a migliorare i rapporti di lavoro.

LESSICO Le prime organizzazioni dei lavoratori


Cooperativa Le organizzazioni operaie erano ancora un fenomeno in formazione. Preva-
Istituto con il quale più
individui si associano – lentemente prendevano la forma di «società di mutuo soccorso», una specie di
nel rispetto del principio cooperative assistenziali o di assicurazione reciproca, nate per provvedere ai biso-
democratico e seguendo gni degli operai e delle loro famiglie di fronte ai rischi che la dura vita di fabbrica
l’ispirazione solidaristica
– per ottenere dalla comportava. In Francia si chiamavano anche «società di resistenza». Queste asso-
gestione collettiva di ciazioni, eredi del sistema corporativo fra operai qualificati di una stessa profes-
un’attività economica sione, erano ormai rivolte contro i nuovi padroni. In Inghilterra erano legali solo
posti di lavoro, servizi
e beni a condizioni più
se si limitavano alla mutua assistenza, ma illegali se promuovevano forme di lotta
vantaggiose rispetto di qualunque tipo: si parlava in questo caso di «reato di coalizione», punito dalle
a quelle offerte dal Combination Laws degli ultimi anni del Settecento, che misero fuori legge le asso-
mercato.
ciazioni dei lavoratori.

419
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Anche in Francia questo reato era punito. Napoleone aveva istituito il libretto
di lavoro, in cui il datore di lavoro annotava le eventuali infrazioni all’ordine del-
la fabbrica; con un libretto non a posto diventava difficilissimo trovare un nuovo
lavoro. In Francia, fino al 1848, si condannava ogni anno alla prigione un paio di
centinaia di operai per «reato di coalizione».
S1 La composizione In Gran Bretagna le organizzazioni dei lavoratori si affermarono prima che al-
della prima classe
trove e cominciarono a chiamarsi Trade Unions, cioè «unioni di mestiere», a metà
operaia inglese, p. 449
fra l’azione cooperativa, quella politica e quella sindacale. Le Unions ricevettero
un riconoscimento formale solo dopo la metà dell’Ottocento, mentre negli altri
Paesi europei furono legalmente ammesse ancora più tardi. Il sindacalismo vero
e proprio è dunque un fenomeno della seconda metà dell’Ottocento o addirittura
del Novecento ( ▶ cap. 17, par. 4), ma nei primi decenni del secolo la Rivoluzione
industriale ne aveva posto ormai le basi, istituendo la fabbrica come luogo speci-
fico del conflitto sociale.

Nuovi conflitti tra gruppi economico-produttivi


Le politiche dell’Antico regime avevano avuto come obiettivo primario quello di
tutelare l’ordine, sia reprimendo le rivolte con l’uso della forza pubblica sia, soprat-
tutto, prevenendole. E, per prevenirle, dovevano per quanto possibile provvedere
che i granai fossero sempre pieni, o comunque far rispettare il calmiere dei prezzi
dei generi essenziali. Dovevano inoltre badare che le parrocchie, o le organizza-
zioni a questo deputate, si assumessero l’onere dell’assistenza ai bisognosi. Do-
vevano infine evitare che i nobili e i ricchi usurpassero le consuetudini tradiziona-
li (per esempio le parti di terra coltivabile e di bosco di pertinenza delle comunità
rurali) che avevano permesso a generazioni di poveri di sopravvivere. La politica,
cioè l’arte del governo, serviva dunque a conservare e proteggere, piuttosto che a
innovare o a progettare lo sviluppo.
Nel Settecento questa cultura politica tradizionalista era stata per la prima volta
contestata e si era voluto abbandonare la vecchia politica per progettare il futu-

Trade Unions.
La tessera d’iscrizione
all’associazione
di mestiere dei
lavoratori del legno
e dei carpentieri
inglesi (sinistra), e la
tessera d’iscrizione
all’associazione di
mestiere dei lavoratori
impiegati nell’industria
(destra), XIX secolo.

420
Il trionfo del capitalismo | 12 |

ro: ma dal punto di vista dei grandi princìpi generali, e non di programmi concre-
ti e praticabili. In modi diversi, sia il «dispotismo illuminato» sia la Rivoluzione
francese avevano preteso di impostare nella maniera più ragionevole i problemi
del governo, interpretando autoritariamente una «volontà generale» che escludeva
gli «interessi particolari», considerati illegittimi e percepiti come faziosi. Avevano
voluto decidere «secondo ragione», e non secondo la tradizione, quello che era
giusto fare nell’interesse di tutti, ma senza interpellare i diversi ceti sociali e pro-
duttivi, che non avevano una rappresentanza politica.
Con l’avvento del capitalismo e della Rivoluzione industriale, la politica si tra-
sformò radicalmente. Prima che altrove questo accadde in Gran Bretagna e negli
Stati Uniti, dove il sistema parlamentare permetteva di ascoltare la voce dei grup-
pi sociali coinvolti nella trasformazione economica e produttiva; ma poco per volta
accadde anche negli altri Paesi, dove quel po’ di costituzionalismo che la Restaura-
zione aveva concesso faceva comunque filtrare un confronto fra le opinioni. Pro-
gressivamente la politica divenne quindi il luogo della rappresentanza e del con-
fronto fra gli interessi forti, cioè fra le élite dirigenti.
In Gran Bretagna si affrontarono due grandi gruppi economico-produttivi: quel-
lo degli agrari e quello degli industriali. Gli agrari, in genere, erano favorevoli a una
politica protezionista, cioè a leggi che proteggessero dalla concorrenza i prezzi dei
prodotti agricoli, e chiedevano che i prezzi in agricoltura non calassero tanto da
danneggiare le loro rendite. Però, quando il costo dei prodotti agricoli saliva trop-
po e gli agrari ottenevano buoni profitti, doveva intervenire l’assistenza pubbli-
ca, soccorrendo i poveri a spese di una fiscalità che avrebbe colpito chi realizzava i
maggiori guadagni, cioè gli industriali. Per questa ragione gli industriali erano su
posizioni opposte: chiedevano che i prezzi in agricoltura fossero determinati dal-
la concorrenza, in modo da aumentare il profitto in caso di una loro crescita e da
permettere una riduzione dei salari se avessero subito una contrazione. Gli indu-
striali erano anche contrari alle politiche assistenziali, costose per i contribuenti
e quindi soprattutto per loro: non capivano perché dovessero pagare salari eleva-
ti per compensare l’alto prezzo del pane e per giunta tasse per soccorrere i poveri,
mentre gli agrari vivevano di rendita.

Le politiche di whigs e tories


Gli interessi agrari erano difesi dai tories, con un sistema misto di Corn Laws (le
«Leggi sul grano», concepite in senso protezionistico) e di Poor Laws (le «Leggi
sui poveri»). Nel Settecento whigs e tories erano stati soprattutto espressione di
clientele diverse o di idee generali contrastanti; ma di fatto sia gli uni sia gli altri
erano stati dominati da grandi famiglie aristocratiche, i whigs ancor più dei tories
( ▶ cap. 7, par. 1). Ora diventavano invece rappresentanti di interessi sociali distin-
ti: industriali i primi, agrari i secondi.
Nei primi decenni dell’Ottocento, i governi tories rallentarono la trasformazio-
ne in senso capitalista della società britannica. I poveri non sottostavano più a re-
strizioni nel muoversi e nel cercare lavoro, ma dovevano essere ancora protetti e
controllati. Se il prezzo del pane cresceva spettava loro un sussidio, a carico delle
parrocchie. Lo sviluppo del mercato del lavoro fu così ritardato e danneggiato. In-
fatti i poveri non erano incentivati a cercare lavoro, visto che il minimo vitale (cioè
l’equivalente del salario) veniva comunque garantito e tendevano a concentrarsi

421
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

LESSICO nelle parrocchie più efficienti nel gestire l’assistenza piuttosto che là dove si offri-
Assistenzialismo
va lavoro. I poveri si trovavano di fronte a questa alternativa: il lavoro in fabbrica
Insieme delle attività
messe in atto dallo oppure l’assistenzialismo paternalista, agrario e tory, che li proteggeva.
Stato e da altri enti Gli industriali, d’altro canto, dovevano pagare le tasse per l’assistenza, ma alme-
pubblici a favore di no ricavavano da questo sistema un vantaggio secondario: potevano tenere bassi
individui bisognosi, con
l’intento di fornire servizi, i salari, dato che comunque le parrocchie erano tenute a intervenire. È ovvio tut-
gratuiti o a prezzi molto tavia che il loro programma fosse diverso, dal momento che prevedeva una com-
bassi, nonché forme di pleta liberalizzazione di tutti gli aspetti dell’economia, parallela all’ampliamento
sostegno a categorie
particolarmente dei diritti politici. Questo era l’unico modo, secondo loro, di assicurare lo svilup-
svantaggiate. po; ed era un programma whig.
Il sistema protettivo in Inghilterra finì negli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocen-
to, quando tutte le leggi sull’assistenza furono soppresse e i lavoratori si trovarono
catapultati sul mercato senza più alcuna protezione. I costi sociali furono altissi-
mi, ma la trasformazione in senso capitalista della società inglese venne da allora
accelerata. I ceti popolari potevano stare da una parte o dall’altra: diventare alleati
degli agrari conservatori perché ne ricavavano protezione, o degli industriali pro-
gressisti perché ne ricavavano un ampliamento dei diritti politici. Per tutto l’Otto-
cento questa doppia tendenza si manifestò nelle più varie circostanze.

I GRUPPI DI INTERESSE E I PARTITI POLITICI IN INGHILTERRA

• favorevoli al protezionismo, che garantiva il controllo


interessi difesi dai tories
Proprietari dei prezzi dei prodotti agricoli
(al governo nei primi tre
terrieri • favorevoli all’assistenzialismo per i poveri, che
decenni del XIX secolo)
permetteva di mantenere profitti con i prezzi alti

• favorevoli al liberalismo, che garantiva prezzi stabiliti


interessi difesi dai whigs
Imprenditori in base al mercato a stimolava i commerci
(al governo negli anni Quaranta
industriali • contrari all’assistenzialismo, ritenuto costoso
e Cinquanta del XIX secolo)
per i contribuenti

Nel 1842 fu pubblicata in Inghilterra un’inchiesta sulla situazione sanitaria del-


LE FONTI
la classe lavoratrice. L’inchiesta fu diretta da sir Edwin Chadwick (1800-90),
La situazione avvocato e riformista sociale che, oltre ad analizzare le insalubri condizioni in
sanitaria delle cui vivevano gli operai, proponeva anche alcuni rimedi (rimozione dei rifiuti,
fognature ecc.).
classi lavoratrici Se ne riporta una piccola ma significativa parte.

Dopo un esame delle testimonianze raccolte, […] chiedo il permesso di ricapitolare le principali
conclusioni che queste testimonianze mi sembrano poter stabilire. […]
Che la mortalità annuale per sporcizia e cattiva ventilazione è maggiore di quella per morte o ferite
in ogni guerra in cui il paese sia stato impegnato in tempi moderni.
[…] che la grande maggioranza di decessi dei capofamiglia è capitata per le cause sopra specificate
e per altre che è possibile rimuovere; che la loro età era sotto i 45 anni, cioè a dire 13 anni sotto le
probabilità naturali di vita, […].
Che la perdita pubblica per morte prematura dei capofamiglia è maggiore di quanto possa essere
rappresentata da qualunque enumerazione di oneri pecuniari conseguenti la loro malattia e morte.
(da Report on the Sanitary Condition of the Labouring Population, Londra, 1842, in A. De Bernardi, S. Guarracino,
L’operazione storica. L’Ottocento, Bruno Mondadori, Milano 1993, pp. 142-144)

422
Il trionfo del capitalismo | 12 |

3 Lo sviluppo di trasporti e città


Il problema logistico del trasporto di merci e materie prime
Da sempre le macchine venivano costruite di legno e messe in moto dalla forza
dell’uomo o dell’animale, del vento o dell’acqua: così fu per le carrozze, le navi, gli
aratri, i telai, i mulini. Si usava il metallo, materiale molto costoso, per le campane e i
cannoni o per le parti delle diverse attrezzature taglienti o soggette a logoramento. Dai
primi decenni dell’Ottocento, invece, le macchine a vapore si costruivano in acciaio
e funzionavano a carbon fossile, che produce molto più calore del carbone di legna.
Nei secoli passati il ferro era stato ottenuto scaldando a fuoco di legna, o di car-
bone di legna, i minerali ferrosi, fino a trasformarlo in una pasta incandescente
lavorabile a mano, fra l’incudine e il martello. Con la Rivoluzione industriale per
produrre acciaio si diffuse l’uso dell’altoforno, che invece funziona con il coke, il
carbon fossile depurato ( ▶ cap. 7, par. 4). All’inizio della Rivoluzione industriale
erano attivi in Inghilterra solo una trentina di altiforni, che producevano trenta o
quarantamila tonnellate di ferro, ma nel 1825 erano diventati 340 e le tonnellate di
ferro quasi 600.000. Nello stesso periodo la produzione di carbone era cresciuta
da cinque a trenta milioni di tonnellate, prevalentemente a uso della metallurgia
e dell’industria, ed era cresciuta, in generale, la produzione industriale: il cotone
greggio importato in Inghilterra passò addirittura da 1000 a 300.000 tonnellate.
Lo sviluppo dell’apparato produttivo determinava una massa enorme di mate-
riale pesante da trasportare, cresciuta notevolmente in cinquant’anni. La prima
conseguenza fu che gli impianti industriali si localizzarono di preferenza in vici-
nanza delle miniere di carbone o dei grandi porti. Tuttavia, il problema dello spo-
stamento delle materie prime e delle merci provocò un impressionante sviluppo
dei mezzi di trasporto e delle vie di comunicazione.

I nuovi trasporti: la ferrovia, i canali, i piroscafi


Alla morte di Watt, nel 1819, la sua macchina a vapore cominciava appena a sop-
piantare il primato della trazione animale e del mulino a vento o ad acqua. Era già
stata montata su ruote per trascinare dei vagoni, ma senza ottenere grandi risulta-
ti. Dieci anni dopo, nel 1829, l’ingegnere inglese George Stephenson aveva ormai
messo a punto una locomotiva capace di raggiungere i trenta o i quaranta chilome-
tri all’ora, e nel 1830 fra Liverpool e Manchester, cioè fra il grande porto e la capi-
tale della produzione del cotone, funzionava un regolare collegamento ferroviario.
La Gran Bretagna, anche in questo settore, era il Paese più avanzato: nel 1830
aveva già 279 chilometri di ferrovie, più del doppio di tutti gli altri Paesi messi in-
sieme – anche se dieci anni dopo sarebbe stata superata dagli Stati Uniti, che ne
avevano ormai 4500, 1000 in più di tutte le ferrovie europee. Alla fine degli anni
Trenta si aprì anche la prima ferrovia italiana, da Napoli a Portici, e poco più tardi
qualche altro breve tronco: Padova-Venezia, Milano-Monza, Livorno-Pisa. Nei de-
cenni successivi il treno si diffuse progressivamente in tutta Europa e negli Stati
Uniti, diminuendo i tempi medi di percorrenza e abbattendo i costi. Nel 1850 la
rete ferroviaria mondiale ammontava a 38.000 chilometri, dei quali circa 14.000 si
trovavano negli Stati Uniti, 11.000 in Gran Bretagna, 5000 in Germania e 2000 in
Francia; in Italia si limitava a 350 chilometri. Il treno si preparava così a diventare
il principale mezzo di comunicazione terrestre.

423
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Nonostante il forte sviluppo del sistema ferroviario, la diligenza mantenne a


lungo il primato per quanto concerne il trasporto delle persone. Si trattava di una
grossa vettura a cavalli di quattro o cinque tonnellate, che trasportava anche diciot-
to passeggeri con i rispettivi bagagli a una velocità che poteva superare i venti chi-
Guarda il video lometri all’ora. Per questi pesanti mezzi di locomozione occorrevano però strade
Storia e ambiente - carrozzabili di ben altra qualità rispetto ai semplici tracciati da percorrere a piedi,
La costruzione della
a cavallo o con vetture leggere. Furono quindi costruite strade spaziose, mentre i
ferrovia e l’impatto
ambientale e rispondi guadi vennero sostituiti con ponti.
alle domande: Il grosso del trasporto avveniva comunque sull’acqua. Si scavavano canali da un
• Quali costi
fiume all’altro, perfezionando il sistema delle chiuse per superare i dislivelli, e si dre-
ambientali comporta
un rete ferroviaria? nava il fondo dei fiumi per renderli navigabili a imbarcazioni più grandi. In America
• Quali proteste sono i risultati a questo riguardo furono grandiosi, e resero possibile la messa a coltura
state attuate di
delle grandi pianure del Middle West in vista della commercializzazione intercon-
recente in Europa?
tinentale dei cereali, liberando così definitivamente l’Europa dallo spettro delle ca-
restie. Nel 1838 partì da Chicago il primo carico di grano per il Vecchio continente
e in un decennio il costo unitario di queste spedizioni diminuì di oltre dieci volte.
Negli anni Venti le prime navi a vapore, i «piroscafi», cominciarono a circola-
re nelle acque interne e per il cabotaggio lungo le coste. Già nel 1819 un piroscafo
portò a termine la prima traversata dell’Atlantico, raggiungendo Liverpool da New
York in venticinque giorni, una decina di meno di quelli normalmente necessari

LO SVILUPPO DELLA RETE FERROVIARIA IN EUROPA (1840-80)

La rete ferroviaria
fino al 1840 Oslo
San Pietroburgo
La rete ferroviaria
Esplora i luoghi e Stoccolma
nel 1880 Aberdeen
lavora con le carte
dell’Atlante digitale Glasgow Riga
interattivo Dublino Copenaghen
Liverpool
Königsberg
Amburgo
Amsterdam
Londra Berlino
Varsavia
Bruxelles Colonia
Brest Wiesbaden
Parigi

Linz
Vienna
Basilea Budapest
Bordeaux
Leggi la carta Lione Milano
• In quali Paesi
europei si Nîmes Belgrado
concentravano le vie
Madrid
ferrate nel 1840? Lisbona Barcellona
Roma
• Individua le regioni Valencia
europee che nel Siviglia
Napoli Salonicco
1880 presentavano
una fitta rete Cagliari
ferroviaria e quelle
Catania
che presentano
ancora pochi
collegamenti.

424
Il trionfo del capitalismo | 12 |

navigando a vela. Ma si trattava di avventure pionieristiche, basate su una mecca-


nica inaffidabile. Cinquant’anni dopo, la gara fra i clipper, i velocissimi velieri ot-
tocenteschi, e i piroscafi era ancora aperta, anche se nel frattempo si erano diffusi
gli scafi di ferro, più robusti e affidabili di quelli di legno, ed era stata adottata l’e-
lica per sostituire le pale a ruota.

La crescita inarrestabile dei centri urbani


Da sempre le città erano state i luoghi dove si concentravano il commercio e la pro-
duzione artigianale, dove era possibile esercitare innumerevoli mestieri e dove i
poveri godevano di una certa protezione sociale in caso di carestie o guerre grazie
al controllo dei rifornimenti alimentari. Per molti secoli la base della ricchezza era
però rimasta legata all’agricoltura più che alle attività che si svolgevano dentro le
mura cittadine. Con la Rivoluzione industriale e con l’avvento del capitalismo si
ebbe un netto cambiamento di tendenza.
In realtà, le prime fabbriche erano sorte perlopiù in aree rurali, lungo il corso dei
fiumi che, oltre a fornire l’energia per il movimento dei meccanismi idraulici, rappre-
sentavano una buona via di trasporto per le merci. Ma progressivamente l’industria
cominciò ad assumere quantità imponenti di lavoratori e si spostò in città, dove si
trovavano le competenze tradizionali dell’artigianato, dov’era possibile alloggiare
e nutrire grandi masse di operai e dove il mercato del lavoro era più dinamico.
F2 Tempi difficili di La crescita dei centri cittadini aumentò enormemente: si andava a vivere in cit-
Charles Dickens, p. 448
tà per trovare un lavoro in fabbrica e un’abitazione decente. L’emigrazione diven-
tò una dura necessità per centinaia di migliaia, ben presto milioni di poveri. Senza
questo trasferimento di massa della popolazione, con i suoi terribili costi sociali,
non ci sarebbe stato alcuno sviluppo industriale. Concluse da secoli le migrazioni

Illustrazione
di Manhattan,
New York, nella seconda
metà del XIX secolo.

425
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

collettive dei popoli nomadi, in via di esaurimento la tratta degli schiavi, comincia-
va la stagione dell’emigrazione dei lavoratori, che andavano alla ricerca di riscatto
sociale o, semplicemente, della possibilità di sopravvivere.
All’avanguardia dello sviluppo urbano era Londra, una gigantesca metropoli di
960.000 abitanti nel 1801, ma altre città inglesi crescevano ancora più in fretta, co-
me Liverpool e Manchester, capitali del cotone, o Birmingham, centro del carbone
e dell’acciaio, dove l’immigrazione era così forte che solo un quarto degli abitanti, a
ogni generazione, era nativo del luogo. Ancora più strepitosa fu la crescita di New
York, che dai 20.000 abitanti al tempo dell’indipendenza crebbe fino al milione e
mezzo alla fine dell’Ottocento. In Europa nessuna crescita fu altrettanto impetuo-
sa, ma nella prima metà del secolo i centri del Vecchio continente che superavano
i 100.000 abitanti passarono da 21 a 43, dei quali più di un quarto inglesi.

I costi sociali dell’urbanizzazione


Con la crescita delle dimensioni delle città crebbero in proporzione anche i pro-
blemi sociali, dalla criminalità alla miseria. La grande concentrazione di poveri
determinò il sovraffollamento delle case di correzione o di lavoro e i «devianti»
– i criminali ma anche i malati di mente – affollarono le carceri. Gli storici oggi
parlano, per il passaggio fra Settecento e Ottocento, di «grande reclusione», cioè
dell’inizio di un’epoca di nuove, pervasive forme di controllo e repressione sociale.
Di fronte all’enorme crescita della sofferenza collettiva, il problema della pro-
tezione sociale si rovesciò: anziché proteggere i poveri dallo sviluppo sociale, ci si
proponeva ora di proteggere lo sviluppo sociale dall’assedio dei poveri. Per ottenere
questo risultato, si ricorse a una struttura capillare in grado di gestire migliaia di
reclusi: il sistema carcerario. Non si applicava più la tortura ma la reclusione in
campi di lavoro, la deportazione in terre lontane dei soggetti ritenuti socialmente
pericolosi – come in questo caso i poveri e gli emarginati –, che venivano così ob-
bligati al lavoro forzato e separati dalla società civile, perché non ne intralciassero
il progresso e, se sopravvivevano, si riscattassero con il lavoro.
Le grandi città industriali divennero anche il luogo di diffusione di due morbi
F1 Il colera in terribili e in parte nuovi, il primo epidemico e il secondo endemico: il colera e la tu-
Lombardia nel 1855,
bercolosi. Il colera era una malattia poco nota in Occidente, benché da secoli presente
p. 447
in India e in Estremo Oriente. Per la prima volta investì l’Europa negli anni Trenta
dell’Ottocento, diffondendosi dalla Russia alla Gran Bretagna e al Mediterraneo. So-
lo nelle isole britanniche falcidiò più di mezzo milione di vite umane, il doppio che
in Italia. E di nuovo altre tre volte, prima della fine del secolo e prima che venisse
scoperto il vaccino, la malattia portò la morte, quasi come la peste nei secoli prece-
denti, in città europee dalle condizioni igieniche paurose. La tubercolosi, anche se
non risparmiava i ricchi, era, come il colera, una malattia dei poveri, legata soprat-
tutto alle condizioni di vita malsane e alla denutrizione. A differenza del colera, era
endemica, cioè sempre presente fra la popolazione, e portava di solito alla morte.
Il costo sociale della trasformazione industriale fu dunque terribile, anche se
non facile da quantificare. Certamente la popolazione europea aumentò molto più
di quanto fosse mai avvenuto nei secoli precedenti, il che significa che l’agricol-
tura era ormai in grado di nutrire una massa di individui molto più numerosa del
passato. Ma le condizioni di vita di vasti strati sociali certamente non migliorarono
affatto; anzi, per una gran parte della popolazione, peggiorarono.

426
Il trionfo del capitalismo | 12 |

Grazie a queste innovazioni il treno divenne rapida-


CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA mente il principale mezzo di trasporto via terra e in
Una rivoluzione nei trasporti: Europa e Stati Uniti furono create, entro la metà del
secolo, reti ferroviarie di notevole estensione.
le ferrovie Queste novità non sempre vennero accolte con en-
tusiasmo dall’opinione pubblica; anzi, generarono fre-
Intorno alla metà del XIX secolo in Gran Bretagna quentemente qualche perplessità. In primo luogo a
esistevano oltre cento linee ferroviarie, per una lun- schierarsi contro la diffusione delle strade ferrate era-
ghezza totale di circa 10.000 chilometri. Solo pochi no proprietari di strade e canali, conducenti e pos-
anni prima, nel 1830, era stato inaugurato il collega- sessori di piccole locande, nelle quali sino ad allora i
mento tra Liverpool e Manchester per il trasporto viaggiatori erano soliti fermarsi per fare sosta. Si di-
dei passeggeri. ceva che viaggiare oltre i 4 chilometri orari sarebbe
Alle origini di uno sviluppo così rapido era un per- stato pericoloso per la salute, si mettevano in guar-
corso iniziato tempo addietro in un altro ambito. Le dia i contadini dal pericolo che le ferrovie avrebbero
prime rotaie realizzate in ghisa o in ferro, a sosti- deturpato le campagne e si proponeva di coprire il
tuzione di quelle in legno, erano state realizzate in- passaggio dei treni con delle siepi, per proteggere –
fatti trent’anni prima per l’industria estrattiva; anche se non i passeggeri – almeno gli spettatori.
la prima locomotiva a vapore, costruita da Richard Ben presto, però, la fruttuosità degli investimenti
Trevithick nel 1802, venne impiegata nella miniera ferroviari ebbe la meglio sulle esitazioni. Le ferrovie,
di carbone di Pennydarren, in Galles. oltre a costituire una rivoluzione per i trasporti, rap-
Nel 1825 George Stephenson e il figlio Robert per- presentavano un traino per l’industria siderurgica.
fezionarono ulteriormente il rendimento della macchi- Nonostante il notevole impatto ambientale, causa-
na a vapore, consentendo così l’istituzione di servizi to dalla costruzione di stazioni, tracciati ferroviari e
regolari di trasporto merci e anche di viaggiato- infrastrutture di supporto, nella seconda metà del
ri. Ulteriori progressi vennero fatti con la locomo- secolo le strade ferrate erano ormai parte integrante
tiva Crampton, ideata e costruita da Thomas Rus- del paesaggio rurale, ma soprattutto di quello urbano.
sell Crampton: questa locomotiva, grazie al maggiore
diametro della ruota motrice (motivo per cui questa
veniva collocata in posizione arretrata rispetto alla Collega e confronta
caldaia), era in grado di raggiungere i 120 km/h e 1. La ferrovia ha ispirato uno dei primi corto-
pertanto era particolarmente ricercata da compagnie metraggi della storia del cinema: L’arrivo
che offrivano trasporti veloci. di un treno alla stazione di La Ciotat dei
fratelli Lumière. Si trattava di un film muto
della durata di 45 secondi proiettato per la
prima volta nel 1895. Cercane una versione
liberamente accessibile online e rispondi
alle domande.
• Che cosa racconta il film?
• Chi è a tuo avviso il protagonista?
• Quale aspetto ti ha colpito
maggiormente?
2. Oggi è possibile visitare i Paesi dell’Unio-
ne Europea spostandosi agevolmente in
treno e ad un costo contenuto, grazie al
progetto Interrail. Sul sito dell’Interrail puoi
vedere una mappa dei collegamenti dispo-
nibili e progettare un tuo viaggio ideale:
lavorando in gruppo, immaginate il vostro
viaggio alla scoperta dell’Europa della
durata di tre settimane e realizzate una
La ferrovia Manchester-Liverpool. presentazione che ne descriva l’itinerario e
Passeggeri di prima classe (in alto) e di seconda classe le principali mete raggiungibili in treno.
(in basso), 1832-1833.

427
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

4 Economia politica e utopie socialiste


Contraddizioni e limiti del capitalismo
I rimedi contro i costi umani e sociali del progresso divennero l’argomento princi-
pale alla base dell’impegno culturale e politico degli intellettuali e dei governi. Nel
Settecento il centro del dibattito ruotava intorno al problema del riformismo co-
stituzionale: si era discusso su come rappresentare politicamente le opinioni, co-
me dare forma alla «volontà generale», come far pagare le tasse a tutti, migliorare
la giustizia o la pubblica istruzione. Con l’avvento del capitalismo, invece, divenne
prioritario il problema dello sviluppo, cioè come alleviare la miseria, salvaguar-
dando la crescita industriale, e come rispondere ai bisogni delle classi lavoratrici.
Nel Settecento era prevalso l’ottimismo. Certo, si giudicava insuperabile l’egoismo
radicato nella natura umana e illusorio immaginare che gli uomini fossero animati
da buone intenzioni. Ma, pur riconoscendo che ognuno persegue i propri interes-
si, era diffusa l’idea che gli uomini e le società avrebbero creato naturalmente un
ordine spontaneo e vantaggioso per tutti, capace di autoregolarsi.
Adam Smith (1723-90) – il padre della scienza economica moderna e uno dei
punti di riferimento del pensiero liberista ( ▶ cap. 7, par. 6) – nella sua opera La
ricchezza delle nazioni (1776) aveva parlato della «mano invisibile» del mercato,
che con le leggi della domanda e dell’offerta regola lo sviluppo in modo raziona-
le. Secondo Smith, lo sviluppo dell’economia di mercato avrebbe condotto a una
naturale armonizzazione degli interessi sociali. Il filosofo Jeremy Bentham (1748-
1832) era stato ancora più ottimista, pensando che un uso razionale dell’interes-
se personale avrebbe di per sé prodotto «la massima felicità del maggior numero
possibile di persone».
Gli economisti della generazione successiva maturarono invece una concezione
molto più pessimista del futuro. Secondo Thomas Robert Malthus (1766-1834)
poiché la popolazione cresceva molto più velocemente delle risorse, ci sarebbero
stati sempre meno cibo e sempre meno speranze per ogni lavoratore povero, se
non controllando le nascite con una politica repressiva. In modo simile ragionava

LA DISCUSSIONE SULLO SVILUPPO ECONOMICO TRA SETTECENTO E OTTOCENTO

il mercato si regola da sé in modo razionale


Adam Smith
in base a domanda e offerta

Settecento

l’uso razionale dell’interesse personale avrebbe


Jeremy Bentham
prodotto di per sé la felicità sociale

la crescita demografica è eccessiva


Thomas Robert
e troppo veloce rispetto alla disponibilità
Malthus
di risorse per tutti

Ottocento

la crescita economica è destinata a fermarsi


David Ricardo per via del sempre maggiore uso di risorse
per la società crescente

428
Il trionfo del capitalismo | 12 |

David Ricardo (1772-1823), il quale – analizzando dal punto di vista economico,


più che demografico, i limiti dello sviluppo – pensava che si sarebbero mobilitate
sempre più risorse per far fronte alla popolazione crescente, i margini di profitto si
sarebbero assottigliati e alla fine la crescita economica si sarebbe fermata.
Nulla appariva a Malthus e a Ricardo gravido di conseguenze quanto il rappor-
to fra popolazione e risorse. L’introduzione del libero mercato aveva favorito la
crescita senza controllo dell’una e delle altre, ma questa crescita non poteva es-
sere illimitata. Alla libertà del mercato non c’erano alternative, e tuttavia lo squi-
librio creato non prometteva niente di buono. La crescita capitalista era appena
iniziata e la società inglese – ben presto quella dell’intera Europa – vi si lanciava
con grande impeto, ma gli economisti già ne coglievano le contraddizioni future
e ne intravedevano i limiti.

Il socialismo utopista di Robert Owen


Le analisi pessimistiche di Malthus e Ricardo articolavano critiche circostanziate
al sistema capitalista, ma non prevedevano affatto di modificarne la struttura eco-
nomico-sociale, né tanto meno di mettere in dubbio l’istituto della proprietà pri-
vata. Le idee e le iniziative di Robert Owen (1771-1858), invece, puntavano a un
cambiamento dell’ordine retto dalla logica del profitto individuale, verso forme
di collettivismo.
Il problema di Owen non era il limite futuro dello sviluppo, ma la tragedia in atto,
la disgregazione culturale e sociale che la crescita economica comportava. Secon-
do Owen, si può pagare qualunque prezzo con il sostegno di un sistema culturale
fatto di solidarietà, di valori, che permettono di dare un senso a quello che avvie-
ne; ma ciò che si stava verificando era esattamente l’opposto, ovvero la distruzione
dei sistemi tradizionali di vita e di comprensione del mondo. Le città, devastate
LESSICO dalla miseria e dall’abbrutimento, dal colera e dalla tubercolosi, crescevano come
Collettivismo agglomerati senza storia, senz’anima, senza ceti medi, e i loro nuovi abitanti non
Termine adottato trovavano alcun appiglio per salvarsi dal baratro.
dal pensiero di
matrice marxista
Owen si trovava, trentenne, alla testa della sua grande fabbrica tessile di New
indicante la dottrina Lanark, in Scozia, e scelse di destinare una parte dei profitti all’aumento dei salari,
economica fondata alla diminuzione della giornata lavorativa, alla costruzione di case per gli operai e
sulla collettivizzazione
dei mezzi di produzione,
di un sistema scolastico comprendente anche musica, danza ed educazione fisica.
gestiti non più dalla Ma le buone intenzioni di una minoranza di industriali non potevano risolvere la
classe padronale ma situazione e la crisi economica del 1815 convinse Owen a proporre una politica di
da forme di proprietà
riforme. Egli si fece promotore di una campagna per l’intervento statale nell’eco-
collettiva (Stato,
cooperativa ecc.). nomia e contro i princìpi liberisti del mercato. La sua lotta per la limitazione del
Utopismo lavoro minorile contribuì all’approvazione della legge del 1819 che fissava a nove
Corrente di pensiero anni l’età minima per il lavoro. Di più non ottenne e dedicò il resto della vita alla
che aspira a una costituzione di cooperative nemiche del profitto e di una colonia modello in Ame-
società ideale di tipo
comunistico. L’utopismo,
rica (New Harmony), fondata sulla collaborazione egualitaria nel lavoro. Le imprese
che trova le sue radici di Owen fallirono, ma le sue idee esercitarono una certa influenza sullo sviluppo
in Platone e in Tommaso del movimento cooperativo. A buon diritto Owen si colloca perciò tra quei rifor-
Moro, si afferma nel
corso della Rivoluzione
matori definiti «socialisti utopisti», così chiamati poiché teorizzarono riforme che
industriale grazie ad non tenevano conto delle trasformazioni avvenute nella società. Per questi aspetti
autori come Fourier, il socialismo utopistico si distingue da quello «scientifico» di Friedrich Engels e
Owen e Babeuf.
Karl Marx ( ▶ cap. 17, par. 1).

429
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Il socialismo utopista di Charles Fourier


Sebbene la Rivoluzione industriale si sia sviluppata dapprima in Inghilterra, al so-
cialismo riformista inglese si affiancò una riflessione francese, legata al sorgere dei
primi centri industriali e delle primi rivolte operaie. Un socialista utopista coeta-
neo di Owen fu il francese Charles Fourier (1772-1837). Egli si dedicò a studi di
economia e di filosofia, ma solo quando era ormai vicino alla morte i suoi allievi
si misero a raccogliere i fondi per lanciare l’esperimento da lui ideato. Esso consi-
steva nella creazione di grandi comunità volontarie di persone che decidevano di
vivere insieme in edifici dotati di ogni comodità, detti «falansteri», investendovi
il proprio denaro, dedicandosi ad attività prevalentemente agricole e gestendo in-
sieme il ricavato. Una parte degli incassi avrebbe remunerato il capitale investito,
come in una società per azioni, un’altra avrebbe pagato il lavoro; il falansterio, co-
munità economica e sociale autonoma, avrebbe dovuto provvedere a tutti i biso-
gni essenziali dei suoi membri.
A differenza dei progetti di Owen, quello di Fourier non aveva l’ambizione di ri-
solvere i drammi sociali dello sviluppo industriale; piuttosto, intendeva proporre un
modello di vita alternativo, soprattutto appartato e volontario, che permettesse ad
alcuni di sfuggire alla trasformazione in senso capitalista della società. Il progetto
non poteva riuscire, e non riuscì. Una scelta di vita comunitaria e appartata richie-
de infatti ben altre motivazioni: religiose, ideali, terapeutiche. Alcuni falansteri si
costituirono, soprattutto negli Stati Uniti, ma provocarono la rovina di quelli che
vi avevano investito i loro soldi e, una volta di più, gettarono il discredito generale
sulle utopie comunitarie.

La struttura
di un falansterio
ideale.
Litografia del 1848.

430
Il trionfo del capitalismo | 12 |

5 La supremazia degli europei


Il predominio dell’Europa sul resto del mondo
Verso la metà del XIX secolo gli abitanti della Terra avevano superato il miliardo,
essendo raddoppiati nel corso di un paio di secoli. L’equilibrio demografico del pia-
neta risultò per la prima volta decisamente alterato: la Terra, che per secoli e secoli
aveva nutrito 200 o 300 milioni di uomini e di donne, si trovò sempre più grava-
ta da un’esplosione demografica irreversibile. In proporzione, gli europei erano
molti: costituivano un quarto della popolazione mondiale, mentre due secoli pri-
ma ne avevano rappresentato solo un sesto e cent’anni dopo ne avrebbero rappre-
sentato un quinto. Ai 250 milioni di europei che vivevano nel vecchio continente,
bisogna aggiungerne circa altri 50 stabilitisi nel Nuovo Mondo, la cui popolazione
era l’unica a crescere ancora più in fretta di quella europea (nonostante il grande
flusso migratorio verso l’America fosse appena agli inizi).
In Europa la natalità restava assai elevata – prossima alle 400 nascite per 10.000
abitanti, perfino più elevata che per le generazioni passate – e solo dopo la metà
del secolo nei Paesi più avanzati avrebbe cominciato una lenta discesa. La morta-
lità, invece, stava declinando rapidamente, in parallelo alla crescita delle risorse
alimentari e al miglioramento delle condizioni igieniche.
Una tale spinta demografica era lo specchio dell’aggressività e del successo degli
europei. Nell’arco di circa tre secoli essi si erano imposti sulle altre civiltà e ave-
vano cominciato a invadere il resto del mondo. Già da almeno cent’anni l’intero
pianeta, per la prima volta nella sua storia, era stato progressivamente integrato in
un unico spazio economico guidato da un solo centro: l’Europa nord-occidentale.
Appartati resistevano la Cina e il Giappone, che costituivano un centro alternativo
all’Europa, l’unico – a parte gli Stati Uniti – in grado di opporle resistenza. Nono-
stante il loro coinvolgimento nel processo di trasformazione in senso capitalista del
mondo, i due Paesi asiatici conservarono una forte identità culturale. Il Giappone,
in una posizione politicamente autonoma, ma imitando per diversi aspetti il mo-
dello occidentale, a partire dagli anni Settanta avrebbe avviato un rapido processo
di modernizzazione e di crescita economica ( ▶ cap. 19, par. 9). La Cina, invece, già
da tempo esposta all’aggressiva penetrazione economica degli europei ( ▶ cap. 19,
par. 8), per alcuni decenni sarebbe rimasta politicamente dominata, ma mai dav-
vero integrata. Allo stesso tempo, però, questo altro centro del mondo a metà del
secolo non era in grado di contrapporsi all’Europa.

L’EGEMONIA EUROPEA NELL’OTTOCENTO

• grande crescita demografica in Europa


Fattori • natalità elevata e bassa mortalità
demografici • sistema finanziario e commerciale
ed economici favorevole ai Paesi ricchi europei
• imposizione del modello capitalista supremazia
dell’Europa
nel mondo
• sfruttamento delle risorse delle colonie
Fattori politici
• tratta degli schiavi
e militari
• superiorità degli armamenti e degli eserciti

431
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

L’India era invece del tutto sottomessa e così il mondo islamico, mentre l’Africa,
ormai per intero circondata dagli insediamenti europei, veniva depredata di uo-
mini, ancora alla metà dell’Ottocento catturati e venduti come schiavi sul merca-
to americano. Il «continente nero» era la vera grande vittima dell’aggressività eu-
ropea, l’unica parte del mondo in cui la popolazione – con 100 milioni di abitanti
– non cresceva più. Gli africani avevano raggiunto i 50 milioni verso l’anno Mille:
allora costituivano un quinto dell’umanità e avevano prodotto importanti civiltà,
ma, nel XIX secolo, erano ormai ridotti a un decimo della popolazione mondiale.
Alla tratta degli schiavi – 10, forse 15 milioni di persone ( ▶ cap. 5, par. 4) – si ag-
giungeva il sistematico sfruttamento delle risorse nelle regioni conquistate gra-
zie al sistema coloniale, una tragedia di cui tuttora, all’alba del Terzo millennio,
sono aperte le ferite.

Lo sfruttamento economico delle risorse mondiali


da parte dell’Europa
Oltre a dominare il mondo, l’Europa ne drenava le risorse. Essendo più forte a li-
vello economico, militare e culturale, l’Europa imponeva un sistema di scambio
ineguale, che faceva affluire nelle metropoli europee le ricchezze del pianeta. I
dominatori europei erano in grado non solo di fissare prezzi bassi per i beni che
acquistavano e alti per quelli che vendevano, ma esportavano anche i propri mo-
delli culturali e sociali, il proprio modo di lavorare, la proprietà privata, il mercato
in Paesi che non avevano mai conosciuto nulla di simile e che avevano vissuto ge-
rarchie sociali e modalità di ripartizione delle risorse completamente diverse. La

I dati sulla crescita demografica dei secoli XVIII e XIX


LE FONTI sono frutto di analisi non ancora puntuali; tuttavia gli
La diminuzione osservatori contemporanei annotavano le caratteristi-
che di quella nutrita crescita e ne fornivano delle prime
Leggi in digitale il
della mortalità interpretazioni. Si riportano alcune righe di un articolo
testo Le conseguenze in Europa comparso sugli «Annali universali di statistica», un’im-
dell’aumento della portante rivista economica italiana.
popolazione.
• In che modo può
XIII. Dai calcoli stabiliti alla fine del 1825 è provato, che sopra un numero
essere frenato,
secondo Malthus, qualunque d’individui che nascono in Europa, ne muore ne’ primi dieci
l’incremento anni un po’ più del terzo (38,3 sopra 100) invece della metà (49,9) che
demografico? altre volte ne moriva.
• L’espansione
demografica viene
XIV. Dalla nascita fino ai cinquant’anni i tre quarti d’una generazione
interpretata dallo (74.4) più non esistevano. Ora nel medesimo spazio di tempo non
studioso sotto una muojono che 66 individui o i tredici ventesimi.
luce positiva? XV. Finalmente ventitré sopra cento individui arrivano ora ai 60 anni,
mentre mezzo secolo fa ne giugnevano soli 18. […]
XVIII. Paragonando questi rapporti a quelli del secolo scorso, si rimane
colpiti dalla differenza che esiste fra la mortalità attuale della prima età e
quella che avea luogo altre volte; differenza che non è minore di 38 a 50
sopra cento.
(da Sulle variazioni alle quali andarono soggette le leggi della mortalità in Europa
dal 1775 al 1825, vol. VIII, 1826 pp. 229-230)

432
Il trionfo del capitalismo | 12 |

LESSICO proprietà privata della terra, in particolare, era un’idea che gran parte dei popoli
Acculturazione del mondo non comprendeva più di quanto si possa capire la proprietà dell’aria o
Processo nel quale una
società o un gruppo dell’acqua: gli europei la imponevano con la violenza e le popolazioni indigene ri-
assimila elementi spondevano, quando potevano, con altrettanta violenza.
culturali estranei L’immensa crescita demografica che coinvolgeva la Terra non riguardò quindi in
appartenenti a un’altra
società o a un altro egual misura tutti i popoli e non era affatto indolore. Portava a un’acculturazione
gruppo. mai vista prima, cioè a uno scontro-incontro di culture, il cui esito fu l’imposizione
Colonialismo di un modello ritenuto vincente: quello europeo, che un po’ con la forza e un
Politica estera che mira po’ con il suo straordinario successo tecnologico, economico e culturale finì per
alla conquista di territori
estendersi a tutto il pianeta, andando a influire nel profondo sull’identità culturale
ricchi di materie prime
e manodopera, condotta delle popolazioni non europee.
da alcuni Stati europei La superiorità europea nei rapporti di forza materiali si giocò grazie al dena-
in particolare fra il 1870 ro (che consentì un dominio economico indiretto sugli Imperi ottomano, cinese
e il 1914.
e giapponese), al possesso coloniale diretto e alla maggiore capacità di uccidere.
Gli Stati e le élite di Asia e Africa reagirono al colonialismo europeo accelerando
i processi di modernizzazione già intrapresi autonomamente nel XVIII secolo o
ripiegando su risposte tradizionali, intrecciate a forme di nazionalismo moder-
no e incentrate sulla fusione di autorità religiosa e autorità politica nelle stesse
Il colonnello
Mordaunt assiste figure e istituzioni.
ad un combattimento Ma la presenza europea, diretta e indiretta, era destinata ad aumentare. Essa fa-
di galli a Lucknow, vorì l’avvio della disgregazione dell’Impero ottomano: dopo la Grecia ( ▶ cap. 11,
in India.
Dipinto di Johan Zoffany. par. 8), nel 1842 l’Egitto divenne sostanzialmente autonomo e il Libano lo diven-
Londra, Tate Gallery. tò nel 1860, ponendosi sotto protettorato francese. Tra il 1865 e il 1868, i russi si

433
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

insediarono a Tashkent, Samarcanda e Bukhara, nell’attuale Uzbekistan. Tra il 1824


e il 1858, l’Inghilterra, attraverso la East India Company, completò l’occupazione
dell’India, sedando in quell’anno l’ammutinamento dei sepoys, le truppe indiane
arruolate nell’esercito della compagnia, e assicurando il proprio dominio econo-
mico sulla regione ( ▶ cap. 19, par. 2).
Tra 1830 e 1850, gli amministratori olandesi dell’Indonesia affiancarono all’an-
tico sistema del prelievo forzato dei beni agricoli l’obbligo di riservare ai funzionari
coloniali una parte della produzione, nonché forme di lavoro servile nella costru-
zione di ponti, strade, canali.

La relegazione degli indesiderati in luoghi remoti


Le frontiere erano i luoghi dell’avventura individuale, ma potevano essere an-
che parti del mondo dove relegare i rifiuti della società: i delinquenti, i devianti,
i dissidenti, i «diversi». L’esempio più significativo di questo tipo di frontiera fu
l’Australia.
Noto fin dal XVII secolo, il continente australiano era stato lasciato agli abo-
rigeni fino alla fine del Settecento, quando gli inglesi vi fondarono la prima co-
lonia penale, nel luogo dove oggi sorge Sidney. La trasformazione del sistema
carcerario prevedeva infatti che i delinquenti non dovessero più subire un sup-
plizio pubblico, bensì essere possibilmente recuperati e resi utili con la reclu-
sione e il lavoro.
Gli inglesi ritennero l’Australia il luogo ideale in cui segregare decine di migliaia
di criminali che la Rivoluzione industriale produceva: era un Paese lontanissimo,
a mesi di navigazione dalla madrepatria, da cui non si poteva fuggire e che forse
avrebbe potuto servire come base dell’ulteriore espansione britannica.
Nacque così uno dei primi esempi di società carceraria del tutto segregata
dall’Europa, popolata di deportati, soprattutto ladri e prostitute, per la maggior
parte vittime dell’alcolismo e della degradazione legata alle gigantesche trasfor-
mazioni sociali in corso.
I deportati venivano rinchiusi in campi di lavoro, sottoposti a brutali maltrat-
tamenti e a condizioni di vita terribili, a cui era ben difficile sopravvivere. Quelli
che riuscivano a scontare per intero la pena di solito rinunciavano a tornare in pa-
tria, dalla quale li separavano un intervallo di spazio e di tempo troppo grande e
un trauma troppo profondo. Si stabilivano quindi in Australia come liberi cittadini,
coltivando la terra e sfruttando in parte il lavoro coatto dei nuovi deportati. Ancor
più della frontiera americana, quella australiana si fondava sull’esperienza di una
libertà individuale conquistata a un prezzo spaventoso e basata sullo sforzo di-
sperato di sopravvivere.
L’Australia non fu l’unica destinazione di criminali ed emarginati. Una funzio-
ne analoga fu svolta dalla Siberia, formalmente annessa da due secoli all’Impero
russo ma praticamente disabitata, e che solo ora, nell’Ottocento, si andava popo-
lando di campi di lavoro e di concentramento per i forzati, dove la sopravvivenza
era quasi impossibile.
In Siberia, oltre ai delinquenti comuni, si iniziarono a deportare anche gli op-
positori politici e religiosi del regime zarista: giovani intellettuali liberali o socia-
listi che guardavano all’avvenire, o credenti che combattevano la corruzione della
Chiesa ortodossa.

434
Il trionfo del capitalismo | 12 |

L’espansione dello «spazio vitale» dei «bianchi»


Nel Sud Africa, altra frontiera del popolamento europeo, i nuovi coloni inglesi
scacciarono dalla costa i precedenti coloni olandesi, i boeri, gli unici europei in-
sediatisi all’interno del «continente nero», strappando la terra alle tribù indige-
Alcuni schiavi ne. I boeri costruirono la loro vita sociale schiacciati fra i nuovi coloni britannici
vengono frustati – con i quali, negli ultimi anni dell’Ottocento, finirono per ingaggiare una vera
pubblicamente a
Santa Ana in Brasile. e propria guerra ( ▶ cap. 19, par. 3) – e gli indigeni. Crebbe una comunità chiu-
Illustrazione di Johann sa, conservatrice e razzista, composta di coltivatori e di allevatori frustrati dalla
Moritz Rugendas, durezza della sopravvivenza e allettati dalle ricchezze minerarie che si comin-
1827-1835 circa.
ciavano a scoprire.
Qualcosa di simile avveniva anche nell’America meridionale, dove gli europei
Leggi l’immagine
insediatisi in Brasile avanzavano verso ovest, strappando la foresta agli indigeni;
• Quale punizione
deve subire lo dall’Argentina ci si muoveva invece verso sud, estendendo alle immense praterie
schiavo? meridionali del continente l’allevamento brado delle grandi mandrie di bovini e
• Quali elementi di cavalli. Per tutto il secolo, quindi, i bianchi non solo crebbero molto più impe-
rendono ancor
tuosamente degli altri abitanti del pianeta, ma furono gli unici ad allargare il pro-
più umiliante per il
colpevole la pena? prio spazio vitale, sia colonizzando terre deserte e inospitali, sia sottraendo risorse
• Descrivi le reazioni a gruppi umani più deboli. Giungeva così al culmine un’impressionante opera di
dei presenti alla penetrazione iniziata con le scoperte geografiche del Quattrocento e attuata con
scena.
gli strumenti della violenza e della supremazia economica, tecnologica e militare.

435
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

6 Il centro del mondo e le sue periferie


Centro e periferia in Europa
Il centro propulsivo di questa capacità di penetrazione si trovava nell’Europa svi-
luppata, che contava la massima densità di popolazione e di industrie, di vie di
comunicazione e di grandi città. In tale contesto l’Inghilterra ricopriva un ruolo
dominante, mentre nuove aree di sviluppo le si affiancavano in tutto il continen-
te. Innanzitutto quella che dalle Fiandre, attraverso la valle del Reno, giungeva alla
Pianura padana. Altri due poli si erano poi affiancati a questo asse più antico: uno
a ovest, in Francia, dalla foce della Senna a quella del Rodano, con i grandi centri
di Parigi, Lione e Marsiglia, e uno a est, in Germania, da Amburgo a Vienna, attra-
verso Berlino, la Sassonia, la Slesia e la Boemia. In questo piccolo angolo di mondo
si concentrava circa un ottavo della popolazione mondiale, la maggior parte della
ricchezza e la leadership politico-economica del pianeta.
Il resto dell’Europa era periferico: grandi capitali come Napoli, Madrid, Lisbona,
Pietroburgo, Mosca, Varsavia, Istanbul restavano escluse dai processi decisionali
della politica e dell’economia mondiali. La Russia, che nel Settecento era diventa-
ta una grande potenza, non riusciva a colmare il suo ritardo economico-sociale e
a rimanere al centro della politica internazionale. Superpotenze del passato come
la Spagna, l’Impero ottomano, la Svezia, la Polonia e l’Ungheria erano ormai fuori
gioco, mentre la superpotenza del futuro, gli Stati Uniti, si arrogava da una trenti-
na d’anni l’egemonia sul continente americano.

Le trasformazioni nell’agricoltura
Tutte queste periferie e altre ancora (in America Latina, nelle Indie, nel Medio
Oriente), sempre più numerose, si andavano integrando nel sistema politico ed
economico anglo-franco-tedesco. Potenzialmente tutte le campagne del pianeta
producevano ormai per il mercato mondiale. Là dove i contadini avevano da secoli
coltivato la terra per l’autoconsumo e per mantenere la loro classe dirigente si dif-
fondevano adesso grandi aziende che producevano ciò che il mercato richiedeva.
Naturalmente si trattò di una trasformazione molto graduale e anche nel cuo-
re dell’Europa continuavano a esserci contadini che lavoravano il proprio campo e
non compravano né vendevano quasi nulla. Ma il modello della produzione per il
mercato si affiancava dovunque ai modelli tradizionali, e immancabilmente ten-
deva a vincere la competizione. In gran parte dell’America Latina, come nel Sud de-
gli Stati Uniti, si moltiplicavano immense piantagioni in regime di monocoltura,
Guarda il video
che esportavano l’intera produzione. Non conveniva più produrre sul posto quel
Storia e ambiente –
Colonialismo e che serviva a nutrire la popolazione locale, ma quel che il mercato internazionale
ambiente e rispondi richiedeva: oltre al cotone (che aveva alimentato la prima Rivoluzione industriale:
alle domande: ▶ cap. 7, par. 4), anche il caffè, lo zucchero, le arachidi. Il sistema delle grandi pian-
• In che modo gli
europei hanno
tagioni a monocoltura si diffondeva anche in Africa, per prodotti come le banane e
influenzato il cacao, e in Asia, per il caucciù, il tè e l’oppio. Nelle piantagioni spesso non conve-
l’ambiente delle niva più impiegare gli schiavi, per i quali occorreva un investimento iniziale e che
colonie?
• Quali realtà
bisognava poi comunque nutrire; poteva invece risultare più redditizio far lavora-
subiscono ancora re braccianti agricoli, che si potevano all’occorrenza licenziare. Per tale motivo lo
oggi le conseguenze schiavismo non è stato sconfitto solo dal progresso delle idee morali e umanitarie,
del colonialismo?
ma anche dall’evolversi delle esigenze del mercato.

436
La paga dei
mietitori. Dipinto di
Léon Lhermitte, 1882.
Parigi, Musée d’Orsay.

LESSICO Le trasformazioni delle società contadine


Borsa
Luogo pubblico nel
I braccianti, non possedendo neppure un pezzetto di terra per sé, dipendevano in-
quale si acquistano e teramente dall’andamento del mercato. Non avevano più modo di produrre diret-
si vendono titoli azionari tamente di che nutrirsi, e questo li rendeva totalmente soggetti al salario, proprio
e titoli di credito. Esso
consente di eseguire un
come gli operai delle fabbriche. Se il prezzo del caffè scendeva alla Borsa di Lon-
gran numero di scambi dra, masse di braccianti brasiliani rischiavano di morire di fame. Tutto ciò poneva
economico-finanziari problemi di ordine pubblico e cambiava radicalmente lo scenario del conflitto fra
entro ristretti limiti di
spazio e di tempo.
poveri e ricchi. Nei secoli precedenti la lotta sociale si era svolta a livello locale: il
contadino contro il signore. Ora, invece, dietro al padrone della piantagione si pro-
filava un anonimo mercato mondiale.
Anche nell’Italia meridionale, a metà Ottocento, si diffuse il latifondo al posto del
vecchio feudo, per rispondere alle esigenze alimentari dovute all’aumento demogra-
fico e all’urbanizzazione della parte più sviluppata della Penisola. Ma questo pro-
dusse cambiamenti tutto sommato modesti, anche se, là dove per secoli c’era stata
un’aristocrazia mantenuta dai contadini piccoli proprietari, si formava ora un ceto
di «agrari», proprietari terrieri che offrivano lavoro bracciantile ai contadini poveri.
In passato la sopravvivenza dei contadini era stata minacciata dalle calamità natu-
rali e dai prelievi fiscali; ora fattori decisivi diventavano l’andamento dei prezzi in-
ternazionali e le scelte protezioniste o liberiste dei governi. Praticamente cambiava
poco nella vita quotidiana delle masse contadine, ma si accumulavano le condizio-
ni per trasformazioni profonde. I contadini poveri del Brasile, della Calabria o della
valle del Nilo erano giuridicamente più liberi dei loro antenati schiavi o servi, ma
in pratica continuavano a vivere in condizioni assai simili, talvolta anche peggiori.
A volte queste trasformazioni creavano classi sociali mai esistite prima: agrari, brac-
cianti, ma anche notabili e aristocratici locali di altro tipo, nuovi proprietari terrie-
ri, intermediari, esportatori, funzionari dello Stato o delle compagnie commerciali.
S3 Contadini d’Italia, Quindi, mentre in Europa lo scenario tendeva a semplificarsi nello scontro fra
p. 451
proletari e capitalisti, nelle periferie la società diventava più complessa, più strati-
ficata, più diversificata, anche in campagne nelle quali il tempo era trascorso senza
apportare cambiamenti per decine e decine di generazioni. Nel corso del XIX se-
colo, in sostanza, le periferie del mondo si estesero sempre di più e sempre di più
furono integrate economicamente con il centro del mercato mondiale e coinvolte
dallo sviluppo. Ma non per questo divennero capaci di competere davvero, anzi, di
solito restarono confinate in un ruolo subordinato.

437
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

7 La «base aurea» e il libero mercato


La semplificazione dei sistemi di pagamento
LESSICO Il funzionamento del libero mercato mondiale si fondava anche su una novità
Svalutazione
introdotta nel 1821 dalla Gran Bretagna: la «base aurea» (Gold Standard) delle
In termini generali per
svalutazione si intende monete. In passato le monete erano state prevalentemente metalliche formate
la perdita di valore di da leghe di vario genere, contenenti una parte di oro o di argento, in quantità va-
una determinata moneta riabili. Gli Stati, per risparmiare, avevano la possibilità di svalutare diminuendo
rispetto a un parametro
di parità stabilito in le percentuali di metallo prezioso nei pezzi che coniavano, per così dire barando
precedenza ed espresso sul rapporto fra il valore reale delle monete circolanti – dato dalla quantità d’oro
in oro o, in tempi più o d’argento che contenevano – e quello nominale (che veniva loro ufficialmente
recenti, in una valuta
estera. attribuito).
Inoltre da secoli circolavano, soprattutto per pagamenti ingenti, le lettere di
Lettera di cambio
Documento con il quale cambio. Per esempio, un commerciante francese poteva acquistare una partita di
un soggetto economico merce sulla piazza di Amsterdam versando la somma pattuita, in moneta france-
dichiara di aver ricevuto
se, a un mediatore (un banchiere o un altro mercante). Questi, con una lettera di
una certa somma in
denaro che si impegna cambio, dichiarava di aver ricevuto il denaro e si impegnava a versare al creditore
a restituire, per mezzo l’equivalente in moneta olandese. Si doveva così tenere conto di complessi para-
di un rappresentante metri: i vari tassi di interesse, i diversi rapporti fra le monete reali e le monete te-
(mediatore), in un
determinato luogo e a oriche («di conto»), il valore rispettivo attribuito all’oro e all’argento – che non era
una determinata data lo stesso ovunque nel mondo. Tutto ciò aveva reso piuttosto complicato il lavoro
nella moneta locale. dei banchieri e dei commercianti internazionali.
Nell’Ottocento, invece, i pagamenti, anche per somme modeste, si effettuava-
no in cartamoneta che, in Inghilterra dagli anni Venti e in tutti i principali Paesi
dalla fine del secolo, fu dichiarata convertibile in oro, quindi direttamente garan-
tita dalle riserve auree. Il sistema diventava semplice e automatico: le bancono-
te dei Paesi forti rappresentavano un determinato valore in oro (mentre l’argento
non venne più considerato come parametro del valore reale della moneta). A ogni
banconota emessa da una banca corrispondeva dunque una certa quantità di oro
materialmente custodita. Ogni moneta nazionale aveva la sua «parità» con l’oro
e se un privato non si fidava della sua stabilità, se i prezzi salivano nel suo Paese,
poteva in qualunque momento esigere di cambiare il proprio denaro in cartamo-
neta nell’equivalente in lingotti d’oro.

La penalizzazione dei Paesi periferici e dei ceti poveri


La «base aurea» favoriva naturalmente i Paesi ricchi, verso le cui banche afflu-
ivano le riserve auree di tutto il mondo, e sfavoriva quelli poveri, che non ri-
uscivano a trattenere nelle proprie casse il metallo prezioso. È evidente infatti
che i privati di ogni parte del mondo, potendolo fare, preferivano depositare le
proprie ricchezze nelle banche inglesi. Di conseguenza i grandi operatori eco-
nomici britannici, ma in generale tutti quelli che operavano con monete forti,
sicuramente convertibili in oro, potevano imporre i prezzi che volevano, sia ai
manufatti che vendevano sia alle materie prime che compravano. Pur di essere
pagati in sterline, gli esportatori di materie prime delle periferie tendevano a ri-
bassare i prezzi. Viceversa, se dovevano acquistare macchinari, non avevano al-
tri fornitori a cui rivolgersi se non quelli dei Paesi forti, capaci di condizionare il
mercato e di imporre i prezzi.

438
Il trionfo del capitalismo | 12 |

Il lavoro, Oltre a sfavorire i Paesi poveri, il libero mercato mondiale sfavoriva i ceti pove-
dipinto di Ford Madox ri, esclusi dalla proprietà. In teoria il lavoro è una merce, che si vende e si compra
Brown, 1865.
come ogni altra. Se i lavoratori non trovano conveniente lavorare per un salario
troppo basso, possono decidere di non farlo finché il livello salariale non sarà cre-
sciuto; ma in pratica questa libertà non esiste, perché i lavoratori che non accettano
il salario non hanno modo di sopravvivere, in quanto non possiedono nient’altro.
Chi possiede una merce, una casa, una macchina, può venderle o non venderle, può
in generale permettersi di aspettare le condizioni più favorevoli; ma chi possiede
soltanto il proprio lavoro deve venderlo per forza. Inoltre, se non si possiede niente
da lasciare in eredità, cioè nessuna proprietà che si teme di frazionare troppo fra i
diversi eredi, non c’è alcuna ragione di limitare le nascite; queste ultime si incre-
mentano invece non appena si è nelle condizioni di nutrire i figli per i pochi anni
in cui non lavoreranno. In queste condizioni la popolazione cresce senza freni e
quindi ci sono sempre più lavoratori costretti ad accettare qualunque salario e im-
possibilitati a contrattare il prezzo del loro lavoro.
La diffusione del libero mercato mondiale produceva quindi l’effetto parados-
sale di deprimere i salari fino al livello minimo di sopravvivenza. I salariati dei
secoli precedenti avevano spesso potuto contrattare il livello dei salari: la cresci-
ta demografica non era infatti ancora così elevata e gran parte della popolazione
aveva comunque delle alternative (per esempio un campo, per quanto piccolo, da
coltivare). Questi margini di trattativa, ora, non esistevano più. Molti economisti
dell’Ottocento definirono questo meccanismo «legge di bronzo dei salari», secon-
do la quale i salari si mantengono costantemente sui minimi vitali.

439
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

L’affermazione di un sistema liberista «puro»


Il sistema del libero mercato, fondato dal punto di vista finanziario sulla «base
aurea» della moneta, appariva un meccanismo perfetto in cui ogni merce, compre-
so il lavoro, trovava da sé il suo prezzo, in virtù della «mano invisibile» di cui ave-
va parlato Adam Smith ( ▶ par. 4). Ma in realtà si trattava di un sistema instabile,
adatto all’espansione e alla conquista, perfetto per integrare sempre nuove aree, a
patto che fosse in ogni caso possibile collocare l’eccedenza di popolazione e di ca-
pitali in zone vergini e in nuovi settori economici.
Più ancora della Gran Bretagna, gli Stati Uniti rappresentavano la patria d’ele-
zione di questo sistema liberista puro. Qui erano infatti disponibili spazio, risorse
e forza lavoro, un insieme di condizioni essenziali per la crescita della produzio-
ne e di liberi scambi commerciali. Nella seconda metà dell’Ottocento e nel primo
decennio del Novecento gli Stati Uniti attirarono immigrazione in una misura mai
vista prima e benché la natalità cominciasse a declinare, come in tutto il resto del
mondo sviluppato, la popolazione statunitense salì da 20 a 100 milioni di abitanti
in sessant’anni, collocandosi alle spalle solo di Cina, India e Russia.
In effetti, dopo la crisi economica del 1846-47 e quella sociale del 1848 ( ▶ cap. 13,
par. 5), si avviò una fase di crescita economica che si protrasse sino alla metà degli
anni Settanta, consentendo il pieno sviluppo del processo di industrializzazione.
L’espansione economica fu molto più rilevante di quella dell’esordio della prima
Rivoluzione industriale e il commercio mondiale aumentò del 260% tra 1850 e
1870. La crescita non fu solo quantitativa, ma significò l’allargamento dell’econo-
mia industriale a USA, Svizzera e Prussia, che si aggiunsero a Inghilterra, Belgio
e Francia. Si trattò cioè di una grandiosa estensione geografica del mercato, che
pose le basi dell’integrazione economica globale del pianeta.
La crescita dell’industria, dei trasporti e dell’esportazione di merci, capitali e per-
sone fu favorita dalla crescita dei prezzi, che sostenne profitti e occupazione. L’in-
tensificazione del commercio mondiale e la creazione del capitalismo moderno si
basarono però anche sulla scoperta dei giacimenti aurei californiani e australiani,
che aumentarono di sette volte la quantità di oro mondiale e consentirono di vin-
colare la sterlina britannica alla parità aurea (una misura fissa in cambio dell’o-
ro). Lo standard monetario stabile favorì il commercio mondiale.

Persone indigenti
in fila per ricevere
una zuppa calda
gratuita durante la
carestia del cotone
del Lancashire, una
depressione economica
generata da una crisi
di sovrapproduzione
che colpì l’industria
tessile nel territorio
dell’Inghilterra nord-
occidentale tra il 1861
e il 1865. Incisione
dell’epoca.

440
Il trionfo del capitalismo | 12 |

8 L’apogeo del sistema capitalista


Un nuovo tipo di crisi economica
Nel ventennio che intercorre fra il 1850 e il 1870, il sistema capitalista frutto del-
la prima Rivoluzione industriale raggiunse la piena maturità. I prezzi salivano,
remunerando gli investimenti, e la libertà del commercio mondiale era assicura-
ta dall’eliminazione generalizzata delle politiche protezionistiche. Si sviluppa-
vano le grandi operazioni finanziarie, l’occupazione, le comunicazioni ferrovia-
rie e marittime.
Grazie al libero afflusso del grano americano in Europa era sparito l’incubo del-
le carestie e si era definitivamente spezzato il meccanismo delle crisi economiche
d’Antico regime, che nascevano nell’agricoltura, quando i cattivi raccolti, provo-
cando l’aumento della mortalità e il calo della natalità, abbattevano la popolazio-
ne e perciò la domanda. E queste crisi cicliche di vecchio tipo approdavano anche
nelle città, deprimendo prezzi, investimenti e produzione.
Nella seconda metà dell’Ottocento, invece, le crisi economiche iniziarono a mo-
strare un profilo del tutto diverso. Cominciarono a manifestarsi prima nel setto-
re finanziario, in conseguenza di eccessi speculativi che provocavano crolli nel-
la disponibilità dei capitali. Ne seguiva una diminuzione della domanda di beni e
servizi e quindi una relativa sovrapproduzione da parte dell’apparato industriale.
I risultati erano immediati: licenziamenti e disoccupazione generalizzata, ulte-
riore calo della domanda, anche nell’agricoltura, crollo generalizzato dei prezzi.
Si innescava a questo punto una spirale di fattori da cui era difficile uscire: agli in-
dustriali, in difficoltà, conveniva vendere le proprie aziende, poiché le banche non
prestavano più denaro a ditte che improvvisamente valevano la metà, costringen-
dole a chiudere e a licenziare.
L’impennata dei licenziamenti lasciava improvvisamente molte persone senza
denaro, non più in grado di comprare: calava il potere d’acquisto della gente e di
conseguenza calavano i prezzi, il che provocava ulteriori fallimenti e licenziamenti.
Ci si rese conto che il meccanismo di una crisi moderna si innescava, insomma,
quando l’economia cresceva in maniera eccessiva, provocando sovrapproduzione.
Da una crisi d’Antico regime si usciva se il raccolto successivo era buono; da una
crisi del capitalismo si usciva con una ristrutturazione del sistema produttivo che
permettesse di realizzare nuovi e maggiori profitti.

CRISI ECONOMICHE DI ANTICO REGIME E «MODERNE» A CONFRONTO


Antico regime Dopo la metà del XIX secolo
settori
agricoltura finanza
coinvolti

• calo demografico • sovrapproduzione industriale


conseguenze • crisi della domanda • calo della domanda
• depressione delle zone urbane • disoccupazione

raccolto abbondante ristrutturazione del sistema produttivo


soluzioni
(crisi che nasce e muore in campagna) (crisi che nasce e muore in Borsa)

mercato di
prodotti agricoli capitali (Borse valori)
riferimento

441
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Le borse valori e il mercato dei capitali


Le crisi d’Antico regime nascevano e terminavano in campagna, quelle del capita-
lismo in borsa. Il mercato più importante delle società d’Antico regime era quello
dei prodotti agricoli, invece il mercato più tipico e rappresentativo del sistema ca-
pitalista è il mercato dei capitali.
LESSICO Ben prima dell’Ottocento si sapeva ovviamente dove acquistare e vendere una
Azione
Frazione minima del materia prima, o prodotti manifatturieri o agricoli, e c’era modo di rifornirsi di la-
capitale di una società voratori, sia schiavi sia liberi, secondo che li si cercasse nelle colonie o in Europa.
per azioni. L’acquisto Ma per il commercio dei capitali mancavano le strutture. Ci si era dovuti accon-
di un’azione, un titolo
di credito, consente al
tentare delle fiere monetarie e di altre istituzioni piuttosto rudimentali: solo con
compratore di divenire lo sviluppo della borghesia capitalista nacquero dei luoghi moderni ed efficienti,
socio dell’azienda e deputati stabilmente allo scambio finanziario.
di guadagnare o, al
contrario, di perdere
Questi luoghi dove si spostano rapidamente le ricchezze e dove si confronta il
a seconda delle valore rispettivo delle diverse aziende e in generale degli investimenti «mobiliari»
fluttuazioni che il valore (contrapposti agli investimenti «immobiliari», come terreni o edifici) sono le bor-
del titolo ha in borsa.
se valori. In borsa vengono comprate e vendute le azioni, cioè quote di proprietà
Obbligazione delle imprese, e le obbligazioni, cioè quote del debito delle imprese, oltre ai titoli
Si tratta di un titolo di
credito che garantisce del debito pubblico, cioè quote del debito degli Stati. In un sistema capitalista i ri-
al portatore, cioè a colui sparmiatori, oltre che affidare i propri soldi alle banche, possono anche investirli
che ne è materialmente prestandoli allo Stato o alle imprese, o acquistando titoli di proprietà delle imprese
in possesso, i diritti
connessi alla condizione
stesse. Inoltre possono liberamente vendere e comprare l’uno dall’altro questi di-
di creditore del soggetto versi investimenti, tramite le banche o apposite agenzie finanziarie. Le aziende, a
che lo ha emesso. In loro volta, anziché rivolgersi alle banche, possono trovare conveniente procurarsi
sostanza, si tratta di un
prestito che l’investitore
denaro con la vendita in borsa di quote della loro proprietà, o di titoli del loro de-
compie a favore di una bito, direttamente al pubblico. Così la borsa diviene un’importante risorsa in più
determinata struttura per le grandi imprese, che non sono costrette a dipendere soltanto dalle banche
economica.
per raccogliere i soldi dei risparmiatori da investire.

Un mercato basato su fiducia e speculazione


Le azioni, così come i titoli del debito, ricevono una determinata quotazione solo
dal libero gioco della domanda e dell’offerta. Pertanto il loro andamento è indi-
pendente dai condizionamenti materiali che caratterizzano gli altri mercati, quello
delle merci e, in misura ancora maggiore, quello del lavoro. Le merci sono deperi-
bili e tra datori di lavoro e lavoratori si possono generare conflitti; i capitali, inve-
ce, sono entità immateriali, il cui valore si fonda sulla fiducia degli operatori nel
funzionamento del sistema finanziario. Se molti risparmiatori vogliono comprare
azioni o obbligazioni, il loro prezzo sale; se invece molti scelgono di vendere, per-
ché non si fidano più di quei titoli, il prezzo scende.
In un’epoca in cui il denaro era ancora legato al metallo prezioso, le azioni e
le obbligazioni costituivano ricchezze puramente virtuali, che si fondavano sol-
tanto sul funzionamento generale del sistema. Il denaro poteva essere convertito
in oro, le azioni no. Se nessuno vuole più le mie azioni, diventano carta strac-
cia. In un crollo di borsa, ciò che viene meno improvvisamente è l’aspettativa
di un guadagno futuro. Un sistema capitalista maturo è dunque un meccanismo
in cui la rendita speculativa controlla gli investimenti produttivi: e «speculare»
significa saper prevedere gli andamenti del mercato, e comprare o vendere di
conseguenza.

442
Il trionfo del capitalismo | 12 |

Più un sistema capitalista è efficiente e maturo, più l’investimento può rendere


a breve termine, quindi la ricchezza si sposta là dove rende di più in meno tempo.
L’investimento è dunque oggetto di un calcolo a breve, anziché del desiderio di co-
struire qualcosa di durevole. Nei secoli precedenti si costruiva un bel palazzo o si
Ripassa con la presen- comperava un titolo di nobiltà: qualcosa da lasciare in eredità ai figli, che avrebbe
tazione L’industrializ-
cambiato la loro vita. Invece nel sistema capitalista maturo divenne normale spo-
zazione in Europa e la
nascita della questio- stare rapidamente gli investimenti là dove rendevano di più, «giocando in borsa».
ne sociale e costruisci Questa realtà impressionò molto i contemporanei, che ebbero l’impressione che la
una mappa in cui metti
società si stesse trasformando in una gigantesca bisca, in cui le fortune venivano
in relazione:
• la geografia dell’in- messe continuamente a rischio, e diede l’apparenza, rivelatasi falsa, di una fragi-
dustrializzazione lità generale del sistema.
nell’Ottocento;
• i problemi e le
critiche legati alla Londra al centro del mondo finanziario
diffusione del La Borsa di Londra divenne il perno del sistema finanziario internazionale e lo ri-
sistema di fabbrica; mase per molto tempo, anche quando la Gran Bretagna cessò di essere la maggiore
• la nascita delle
prime associazioni potenza industriale; solo dopo la Prima guerra mondiale la capitale della finanza
sindacali. globale si spostò a New York e la moneta principale divenne il dollaro. Il periodo
d’oro del capitalismo britannico si colloca negli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ot-
tocento, quando la distanza fra la Gran Bretagna e i Paesi avviati a contenderle la
leadership del mercato mondiale – gli Stati Uniti, la Germania e, in misura minore,
la Francia – era ancora molto forte. A metà degli anni Settanta sarebbe venuta la pri-
ma grande crisi, che avrebbe aperto un ventennio di recessione, dopo il quale tutto
sarebbe cambiato ( ▶ cap. 18). Ma fino a quel momento l’Inghilterra conservò una
S2 Le esposizioni centralità assoluta: si trattava di una di quelle rare situazioni nella storia in cui l’ege-
universali nella
letteratura di viaggio,
monia di un Paese è totale e in cui il mondo si trova ad avere, da ogni punto di vista,
p. 450 un unico centro, quello del Paese più forte sia politicamente sia economicamente.

L’interno della
Borsa di Londra.
Stampa del 1808-1810.

443
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

L’affermazione della Rivoluzione le e sociale, e Fourier, che ideò il fa-


industriale lansterio, una comunità autonoma di
Nella prima metà dell’Ottocento l’Inghilterra della Ri- volontari, ebbero impatto molto limitato sul piano
voluzione industriale e della macchina a vapore pote- generale.
va contare su diversi vantaggi strategici rispetto agli
altri Paesi: le grandi flotte mercantili e il monopolio La supremazia degli europei
dei commerci via mare, l’impero coloniale per il rifor- I progressi economici, demografici e tecnici degli
nimento di materie prime, l’abolizione di dazi doganali, europei e le aggressive politiche imperialiste resero
l’innovazione tecnologica e agricola, la disponibilità ancora più solida nel corso del XIX secolo la loro su-
di giacimenti di carbone, un sistema bancario solido, premazia nel mondo, a scapito di realtà, come quelle
la disponibilità di forza lavoro. africane e indiane, sistematicamente sfruttate sia per
le risorse materiali sia per la tratta degli schiavi. Gli in-
Le lotte dei lavoratori e il conflitto tra glesi, su tutti, si dimostrarono campioni di un modello
agrari e industriali coloniale basato su disponibilità di denaro, controllo
Accanto allo sviluppo industriale sorsero anche as- territoriale e capacità di uccidere, come dimostrarono
sociazioni di lavoratori che impiegavano lo sciopero tra il 1824 e il 1858, quando tramite la East India Com-
come strumento di lotta e sindacati, che rappresen- pany completarono l’occupazione dell’India.
tavano gli interessi della classe operaia.
Le rivendicazioni operaie sfociarono a volte in violen- Il centro del mondo e le sue periferie
ze anche contro le macchine stesse, come nel caso Nell’Ottocento l’Europa era il centro dello sviluppo
del luddismo, movimento dedito al sabotaggio dei economico mondiale, in particolare Inghilterra, Fran-
macchinari duramente represso. cia e Germania; la Russia pagava un’arretratezza strut-
Si sviluppò, inoltre, un conflitto tra agrari, favorevoli turale; gli Stati Uniti avevano l’egemonia in America.
alla politica protezionista, che garantiva prezzi con- Il resto del mondo era la periferia di un sistema im-
trollati dei prodotti ma implicava assistenza pubbli- perialista in cui crescevano le piantagioni, le espor-
ca per i più deboli, e gli industriali, favorevoli a prezzi tazioni, il latifondismo, peggioravano le condizioni
determinati dal libero mercato e contrari all’assisten- dei braccianti agricoli e incrementava il divario tra
zialismo e alle rendite degli agrari. ricchi e poveri.

Lo sviluppo di trasporti e città La «base aurea» e il libero mercato


La crescita industriale richiedeva il trasporto di gran- Con l’introduzione nel 1821 del Gold Standard in In-
di quantità di materie prime e prodotti, per cui si in- ghilterra si stabilì la convertibilità in oro della carta-
vestì sulle ferrovie in particolare in Gran Bretagna, in moneta, garantita dalle riserve auree dello Stato. Que-
Europa e negli Stati Uniti. sta «base aurea» favorì i Paesi ricchi che godevano di
Furono costruite, inoltre, strade carrozzabili per fa- banche in cui confluivano i capitali e l’oro e sfavorì i
vorire il trasporto delle persone e canali navigabili, Paesi più poveri, dove in un regime di libero mercato,
che resero possibile l’incremento massiccio del com- le persone prive di proprietà potevano contare solo
mercio dei cereali. sul proprio lavoro, inteso come merce da vendere in
Con la crescita delle città industriali aumentarono an- cambio di un salario.
che la povertà, l’emigrazione, la criminalità e la dif-
fusioni di morbi letali come il colera e la tubercolosi. L’apogeo del sistema capitalista
Tra il 1850 e il 1870 il sistema capitalista era ormai una
Economia politica e utopie socialiste realtà matura, caratterizzata da cicliche crisi di natura
Nel Settecento, l’ottimismo che innervava il pensiero finanziaria, legate alla speculazione e alla sovrappro-
di economisti come Smith e di filosofi come Bentham duzione, che determinavano disoccupazione e calo
lasciò il posto al pessimismo di Malthus, dubbioso sul- della domanda.
la presenza di risorse a sufficienza per la popolazione In questo contesto, la Borsa, dove poter comprare o
in crescita, e Ricardo, che prefigurava uno sviluppo vendere azioni e obbligazioni delle imprese quotate,
economico destinato a fermarsi. divenne il cuore del capitalismo e la Borsa di Londra,
Altri, invece, detti socialisti utopisti, come Owen, che in particolare, diventò il perno del sistema finanziario
sottolineava il problema della disgregazione cultura- internazionale.

444
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

IL CAPITALISMO

fu incarnato al meglio dalla determinò lo sviluppo di contribuì a consolidare la

............................................ grandi città industriali supremazia


...................... nel mondo

che godeva di in cui incrementarono grazie a

vantaggi strategici • progressi .............................


• ........................................
...................... e .....................
• ........................................
• ........................ delle
come • diffusione di morbi
risorse delle colonie
........................................
• ...............................................
e .....................................
• grandi flotte mercantili • forza militare
• ................... dei commerci via mare
• impero .................................................
• accesso alle ........................................ e sorsero e a stabilire un
• abolizione di dazi doganali
• .................... tecnologica e agricola
• giacimenti di ...................................... ............................................ rapporto di
• ................................................... solido subordinazione
• disponibilità di ..................................

che impiegavano lo tra

.............................. come ..........................................


e che introdusse il e in cui la strumento di lotta (periferia)

e ed
.................................... .....................................
(1821) .....................................
sindacati .........................................
(centro dello sviluppo
stabilendo la divenne il economico mondiale)

ma anche movimenti
incrementando il
.......................... della violenti come il
centro del sistema
cartamoneta,
finanziario
garantita dalle ........................................
internazionale ............................................
riserve auree statali tra ricchi e poveri

445
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cos’è il luddismo?
b. Che cosa s’intende con assistenzialismo?
Date: 1858 • 1842 • 1829
c. Spiega che cos’è il Gold standard.
Luoghi: Indonesia • Inghilterra • Svizzera •
Prussia • Stati Uniti d. Metti in luce l’ideologia coloniale dello «spazio
vitale».
a. In ........................ agrari e industriali erano spesso
a favore di politiche protezioniste. NESSI E RELAZIONI
b. L’ingegnere Stephenson perfezionò la locomo-
tiva a vapore nel ........................ .
5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
c. Nel ........................ l’Inghilterra completò l’occu- a. Il numero di operai e di fabbriche di grandi
pazione dell’India. dimensioni aumenta in Europa.
d. Nel secondo Ottocento, l’industrializzazione b. Nella seconda metà del XIX secolo, i prezzi
coinvolse anche USA, ..................... e ..................... . e l’occupazione crescono.
e. Gli ........................ divennero una delle principali c. L’impiego di schiavi nelle piantagioni pre-
mete d’immigrazione. vedeva un grande investimento iniziale.
f. L’Egitto diventa autonomo dall’Impero ottoma- d. S’intensifica la presenza europea nel conti-
no a partire dal ........................ . nente asiatico.
g. L’........................ viene sfruttata economicamente 1. Nascono le prime associazioni sindacali.
dagli olandesi. 2. Si preferisce utilizzare la manodopera a basso
costo dei braccianti.
EVENTI E PROCESSI
3. La crescita dell’industria e dei trasporti viene
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. favorita.
a. Metti a confronto le tendenze demografiche, 4. Si accelera la disgregazione dell’Impero otto-
del XIX secolo, in Europa e in Africa. mano.
b. Come cambia l’economia agricola nel corso
del XIX secolo? COMPETENZE
c. Perché le fabbriche, nel corso dell’Ottocento,
ESPORRE ORALMENTE
vengono collocate in aree urbane?
6 Rispondi alle seguenti domande.
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false.
a. Spiega le politiche liberiste attuate in Gran
a. V F Nel 1830 in Francia funzionavano meno Bretagna nei primi decenni del XIX secolo.
macchine a vapore che in Prussia. (2 minuti)
b. V F Nei primi decenni del XIX secolo, la b. Illustra le principali trasformazioni che carat-
Pianura padana e le Fiandre erano tra terizzarono il settore dei trasporti dopo la
le regioni più industrializzate d’Europa, Rivoluzione industriale e descrivine l’impatto
assieme all’Inghilterra. economico-sociale. (2 minuti)
c. V F Con la diffusione delle fabbriche si af- c. Descrivi quali strumenti di controllo sociale
ferma anche la pratica dello sciopero. acquistarono spazio con lo sviluppo capitali-
d. V F In Francia, fino al 1948 lo sciopero era stico dei Paesi europei. (2 minuti)
considerato un reato.
e. V F In Gran Bretagna, le associazioni dei SCRIVERE
lavoratori si affermano più tardi rispetto
al resto d’Europa. VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
f. V F Dal 1848 fino agli anni Settanta del 7 Sulla base delle tue letture e scegliendo un
secolo l’economia visse una fase di
caso di studio fra quelli citati nel capitolo (ad
crescita.
es. India, Indonesia, Cina ecc.), scrivi un testo
g. V F Il sistema di libero mercato e la base di tipo espositivo-argomentativo in cui descri-
aurea favorivano i Paesi più ricchi. vi il sistema di sfruttamento economico delle
h. V F Si assiste ad un forte espansione de- risorse, portato avanti dai dominatori europei,
mografica a partire dalla fine dell’Otto- nel corso dell’Ottocento.
cento.

446
Fonti e Storiografia
FONTI Il colera in Lombardia nel 1855
F1 Le condizioni di vita delle grandi città industriali favorirono la diffusione di morbi co-
me la tubercolosi e il colera. Il colera, poco noto in Occidente, benché da secoli pre-
sente in India, giunse dall’Asia in Europa nel 1830 e causò circa 2 milioni di vittime; in
quegli anni Robert Koch (1843-1910) e Louis Pasteur (1822-1895) indentificarono
l’agente patogeno del colera e riuscirono a prevenire le forme più virulente della ma-
lattia. In Italia, uno dei medici che si occuparono della diffusione del colera fu il mila-
nese Giuseppe Ferrario (1802-70), di cui si riporta un brano sulla situazione lombar-
da a metà del secolo.

Sono omai trascorsi 26 anni dacchè il contagioso cholera-morbus dell’Indostan importa-


vasi dall’Asia in Europa. Questo morbo micidiale pel mare Caspio […] salendo il fiume Vol-
ga […] nel 28 settembre 1830 fece la sua prima orrenda comparsa a Mosca, estendendosi
da colà colle belligeranti armate russe pestiferamente in Polonia, indi nel resto d’Europa; e
valicando poscia i mari trasferissi in Africa, America ed Oceania. Soltanto nel 1855 perve-
niva la prima volta nell’estate in Italia; […].
Nel giorno 17 aprile del 1836 si verificava poi in Milano il primo caso conclamato di co-
lera asiatico all’albergo della Passarella, nella persona di Giacomo Calvi proveniente dalla
già infetta Bergamo, cessando poscia a Milano nel 5 novembre la contagiosa-epidemia di
quell’anno 1836. […]
Il primo caso di colera asiatico riconosciuto in Milano, qual nuova importazione dell’an-
no 1855, fu nel giorno 11 giugno, nella persona di Francesco Baugniet, […] proveniente
dalla infetta città di Venezia, […] caso subito sequestrato non ebbe conseguenze. Ma il for-
naciajo1 Carlo Crespi, fuggito dalla moria del Bresciano, arrivato a Milano la sera del gior-
no 14 luglio, […] nel giorno 16 era dichiarato affetto da colera asiatico; […]. Cosi nei sus-
seguenti giorni di luglio e di agosto, andò con altri casi, […] ora giunti dal di fuori, ora per
interna diffusione […].
Scorgesi da ciò, come la popolazione più antiveggente può trovarsi sfortunatamente
cacciata a parità d’affligenti circostanze qual chi nulla pensò né predispose, anche per so-
la mancanza d’uniformità nei regolamenti sanitarj anticontagiosi de’ vicini paesi. L’opera
dunque della più essenziale importanza per la salvezza pubblica in tutte le pestilenze, sta
nell’impedire da principio che il numero degli infetti dal morbo contagioso non s’accresca
rapidamente, e facciasi ogni sforzo perché non superi e stia anzi al di sotto dei buoni mez-
zi disponibili, onde poter accorrere al bisogno con pronto ed abbondante soccorso: che se
1 fornaciajo: un uomo
che lavora presso una il numero giornaliero de’ casi diventasse appena sproporzionato ai mezzi coercivi, suben-
fornace. trerebbe ovunque più o meno irremediabile confusione e strage […].
(da G. Ferrario, Cenni storici e statistici del pestilenziale cholera morbus asiatico in Lombardia e altre
regioni per l’anno 1855, estratto da Gazzetta Ufficiale di Milano, 1856, pp. 3-7)

COMPRENDERE 1. Quale percorso seguì il contagio secondo l’autore del testo?


2. A quando risalì il primo contagio nella città di Milano?
INTERPRETARE 3. Spiega che cosa significa l’espressione «mancanza di uniformità nei regolamenti
sanitarj».
VALUTARE 4. A differenza dell’epidemia di colera dell’Ottocento, le regole per il contenimento
del virus SARS-CoV-2 hanno giocato un ruolo importante per prevenire
un aumento esponenziale dei casi in Italia nel 2020. Quali sono state le norme
promosse dal governo?

447
Fonti e Storiografia

F2 Tempi difficili di Charles Dickens


La città industriale fa da sfondo a molti romanzi ottocenteschi. Tuttavia è nell’opera
di Charles Dickens (1812-70) che il conflitto sociale che la anima entra nella lettera-
tura. Nei romanzi di Dickens è forte la denuncia della società industriale come luogo
dell’annientamento della bellezza e delle speranze. In questo brano tratto da Tempi
difficili (1854) lo scrittore descrive una città industriale – Coketown, la «città del car-
bone» – denunciandone le caratteristiche omologanti.

Era una città di mattoni rossi o, meglio di mattoni che sarebbero stati rossi, se fumo e ce-
nere lo avessero permesso; ma, così come stavano le cose, era una città di un rosso e di
un nero innaturale come la faccia dipinta di un selvaggio. Era una città di macchine e di
alte ciminiere dalle quali uscivano senza soluzione di continuità interminabili serpenti di
fumo che mai riuscivano a svolgersi. Aveva un canale nero, un fiume color porpora per le
vernici maleodoranti, e vasti gruppi di edifici pieni di finestre dove tutto il giorno era un
continuo battere e tremare, dove gli stantuffi delle macchine a vapore si muovevano in su
e in giù, monotoni, come la testa di un elefante in preda a una pazzia melanconica. Aveva
molte strade larghe, tutte eguali una all’altra, e molte viuzze ancor più simili una all’altra,
abitate da persone egualmente simili le une alle altre, che uscivano e rientravano tutte alla
stessa ora, con lo stesso scalpiccio sugli stessi selciati, per fare lo stesso lavoro, persone per
le quali ogni giorno era uguale al giorno precedente e all’indomani, ogni anno il duplicato
dell’anno trascorso e dell’anno venire.
Tali attributi di Coketown erano inseparabili dall’industria che l’aveva fatta nascere; […].
Nulla avreste visto a Coketown che non fosse severamente lavorativo. […]
Una città così consacrata al fatto, così lieta di farlo trionfare, era certo felice, non è vero?
Be’, non precisamente. No? Oh, povero me. […]
No. Coketown non usciva dai suoi forni simile in tutto e per tutto all’oro che è stato puri-
ficato al fuoco. Innanzitutto il mistero più imbarazzante del luogo era: chi apparteneva alle
1 sette religiose: Lo diciotto sette religiose1? Perché, se qualcuno ci apparteneva, costui non apparteneva certo
scrittore, qualche riga
prima, ha descritto la alla classe lavoratrice. Faceva uno strano effetto passeggiare per le strade la domenica mat-
presenza nella città di tina e vedere quanto pochi di loro, rispondendo al barbaro tinnire della campana che faceva
diciotto edifici impazzire i nervosi o gli ammalati, abbandonassero le loro abitazioni, le loro stanze stret-
di culto, appartenenti ad
altrettante sette religiose, te l’una a all’altra, gli angoli delle vie dove oziavano per guardare con aria annoiata coloro
tutti uguali tra loro. che si recavano alla chiesa o al tempio, come se la cosa non li concernesse minimamente.
(da C. Dickens, Tempi difficili, Rizzoli, Milano 1995, pp. 47-48)

COMPRENDERE 1. Perché il colore dei mattoni non è rosso, ma nero a Coketown?


2. A che cosa vengono paragonati gli stantuffi delle macchine a vapore?
INTERPRETARE 3. Rintraccia nel testo, il passaggio in cui si parla del lavoro svolto dagli operai
e spiegalo nel contesto delle innovazioni tecnologiche che si sono affermate
durante la prima Rivoluzione industriale.
VALUTARE 4. La struttura urbanistica della città sembra riprodurre le modalità di lavoro imposte
dalla fabbrica. Per quali ragioni? Rispondi alla domanda facendo riferimento
al testo.

448
Il trionfo del capitalismo 12

STORIOGRAFIA La composizione della prima classe operaia inglese


S1 Giuseppe Berta
La breve analisi che offre lo storico Giuseppe Berta della manodopera industriale in-
glese fornisce una chiara idea della svalutazione delle abilità professionali artigiane
provocata dalle trasformazioni in corso nei metodi produttivi.

GLI SNODI L’impiego di bambini nelle fabbriche diminuì nell’Ottocento.


DEL TESTO La maggior parte della forza lavoro era non specializzata.
Gran parte del lavoro consisteva nella sorveglianza delle macchine.

Intorno al 1850, la componente preponderante della manodopera era costituita dalle don-
ne al di sopra dei tredici anni, che rappresentavano il 55,6% della forza-lavoro totale. Al
secondo posto per incidenza quantitativa erano gli uomini al di sopra dei diciotto anni, il
28,8% della forza-lavoro totale. Al terzo posto stavano i ragazzi di sesso maschile in età
compresa fra i tredici e i diciotto anni, con l’11,2%, ma il loro numero era in progressivo
declino, perché venivano continuamente rimpiazzati dalle donne. […] In forte contrazione
era la percentuale dei bambini […] al di sotto dei tredici anni: ora non erano più del 4,5%
della forza-lavoro totale […]. In complesso, quindi, non si può concludere che la legisla-
zione avesse determinato la sostituzione di lavoratori protetti con lavoratori maschi adul-
ti, formalmente esclusi dalla tutela pubblica. Infatti l’impiego di questo gruppo di operai
in processi di routine, come quelli cui erano adibiti i lavoratori delle fasce più deboli, non
avrebbe comportato un aumento della produzione tale da compensare l’esborso dei salari
più elevati richiesti da una simile sostituzione. Così era palese, nella struttura occupazio-
nale, la predominanza di forza-lavoro non specializzata, generica, unskilled1. […]
Nei cotonifici non sussistevano più autentiche distinzioni di abilità professionale […]. Il
lavoro consisteva fondamentalmente nella sorveglianza del macchinario […]. Nella filatu-
ra lo sviluppo del meccanismo automatico […] aveva cancellato quasi interamente l’abilità
professionale un tempo necessaria per avvolgere il filo ai fusi e regolare poi la velocità di
questi ultimi. Le principali mansioni dei filatori si riducevano ad alimentare, oliare e puli-
re le macchine, a ricongiungere i fili che si spezzavano e a togliere il filato dai fusi. […] La
tessitura, dopo la conversione al telaio a vapore, era quasi perfettamente automatica: tes-
1 unskilled: priva di sitori, orditori, torcitori ecc., avevano tutti mansioni di sorveglianza del macchinario, prive
competenze specifiche. di requisiti di specializzazione.
(da G. Berta, Capitale umano, lavoro e organizzazione di fabbrica, in Lo sviluppo economico moderno,
a cura di P.A. Toninelli, Marsilio Editori, Venezia 1997, pp. 482-484)

COMPRENDERE 1. Chi rappresentava la maggior parte della forza lavoro nelle fabbriche a metà
IL TESTO del secolo?
2. In che cosa consisteva sostanzialmente il lavoro nei cotonifici?
3. Perché il lavoro specializzato non era molto richiesto?

449
Fonti e Storiografia

S2 Le esposizioni universali nella letteratura di viaggio


Anna Pellegrino
Le esposizioni universali, che si tengono a partire dalla metà del XIX secolo nelle prin-
cipali città del mondo, sono allo stesso tempo mostre dei progressi scientifico-cultu-
rali delle nazioni e fiere organizzate. La prima ebbe luogo a Londra nel 1851. La sto-
rica Anna Pellegrino racconta la loro capacità di attrarre visitatori e la relativa fioritura
di una letteratura di viaggio.

GLI SNODI Nel 1851 apre a Londra la prima Esposizione universale.


DEL TESTO Le esposizioni trasformano profondamente l’aspetto delle città.
Le esposizioni costituiscono un palcoscenico per il capitalismo.

Il Primo maggio 1851, esattamente nel giorno in cui veniva inaugurata la Great Exhibition
of the Industry of All Nations, Fiedrick Engels scriveva a Karl Marx, che in quel momento si
trovava a Londra in esilio forzato con tutta la famiglia e lo avvisava del grande sconvolgi-
mento cui la capitale britannica si preparava con la grande esposizione universale sul suo
suolo. La città, lasciava intendere il filosofo tedesco, sarebbe stata presa d’assalto da visi-
Leggi in digitale il te- tatori di ogni dove […] nonché da noti intellettuali e politici, «che verranno a giugno per
sto Il ruolo dei traporti
vedere la grande Exhibition». Da parte sua Marx replicava alla lettera dell’amico due giorni
della storica Pat Hud-
son e scrivi un testo dopo sostenendo che, se anche era vero che in città c’era «un brulichio di people d’ogni raz-
espositivo-argomen- za», era abbastanza fiducioso che ciò non gli avrebbe causato «in any way dei fastidi». […]
tativo in cui esponi le La corrispondenza fra i due intellettuali socialisti è interessante per due aspetti: il primo
principali innovazioni
è sicuramente il sentimento negativo e in qualche modo ostile, che emerge nei confronti
nel settore dei traspor-
ti, che si diffusero nel- di quelle manifestazioni che presto sarebbero divenute il simbolo del mondo capitalistico
la prima metà dell’Ot- ottocentesco […]; il secondo aspetto, […] è il rapporto strettissimo che si crea tra città ed
tocento, mettendole evento espositivo.
a confronto con quel-
Il passaggio delle esposizioni a Londra nel 1851 e nel 1862, anche se non ubicate nel cen-
le che si stanno affer-
mando in questi anni tro cittadino come invece avvenne per Parigi, cambiò sensibilmente il volto della città, sia in
(es. l’auto elettrica). termini fisici e materiali grazie ai servizi, alle infrastrutture, agli impianti, che in occasione
Immagina infine quali dell’evento furono progettati ex novo e potenziati; sia in termini mentali, legati cioè alla
mezzi di trasporto do- percezione della città da parte della popolazione residente e degli stessi turisti e viaggiatori.
vrebbero essere espo-
sti oggi, in un’Esposi- […] indubbiamente uno dei nodi più complessi e affascinanti su cui la storiografia si è in-
zione universale, per terrogata negli anni più recenti è stato il rapporto dialettico e il grado di integrazione che si
l’importanza che rive- è creata, lungo il XIX secolo, fra le esposizioni e le città circostanti. In effetti le esposizioni
stono nella società in europee della seconda metà dell’Ottocento […] spesso sono state considerate «città all’in-
cui vivi.
terno di città». […] Esse non solo hanno riprodotto «varie tipologie di spazi globali» all’in-
terno dello spazio urbano, ma hanno anche costituito un palcoscenico, una mise-en-scène
che ha attribuito all’area urbana circostante un ruolo drammatico e platealmente rilevante.
In virtù di questo fatto ben presto, anche per le esposizioni universali, venne via via re-
alizzandosi una letteratura di accompagnamento strettamente associata al viaggio verso
queste cosiddette «fantasmagorie del progresso», […].
(da A. Pellegrino, Introduzione, in Viaggi fantasmagorici.
L’odeporica delle esposizioni universali (1851-1940),
a cura di A. Pellegrino, Franco Angeli, Milano 2018, pp. 7-9)

COMPRENDERE 1. Riassumi l’opinione di Marx a proposito delle esposizioni.


IL TESTO
2. Come differiscono le esposizioni tenutesi a Londra e a Parigi?
3. In che modo le esposizioni universali hanno cambiato il volto delle città?

450
Il trionfo del capitalismo 12

S3 Contadini d’Italia
Adriano Prosperi
Lo storico Adriano Prosperi propone un’analisi delle condizioni di vita dei contadini
nelle campagne italiane dell’Ottocento, con l’obiettivo di scrivere una storia a lungo
ignorata dalla cultura dominante. Nel brano proposto prende in esame il nuovo inte-
resse – fatto di indagini e statistiche, ma anche di stereotipi – che, nel XIX secolo, si
affacciò sul mondo rurale.

GLI SNODI Il mondo contadino è stato spesso trascurato dagli storici.


DEL TESTO Nell’Ottocento aumenta lo sfruttamento capitalistico delle campagne.
Molte associazioni si spendono per divulgare conoscenze agronomiche.

Una storia degli italiani […] dovrebbe dedicare loro [ai contadini] almeno la metà o i due
terzi delle sue attenzioni. Tale era la proporzione tra i contadini e gli altri strati sociali della
popolazione. E invece ne abbiamo solo rappresentazioni sintetiche, come di un dato margi-
nale […]. Eppure non sono poche le cose che potremmo sapere di loro: intanto, quanti era-
no. Abbiamo i mezzi per scoprire quanti ne nascevano o ne morivano, come si chiamavano,
se e quando si sposavano, quanti figli avevano […]. Tanti sono i dati conservati nei registri
dell’anagrafe civile e nei libri parrocchiali dei battesimi. Gli archivi di ospedali e di manicomi
hanno tenuto in serbo migliaia di informazioni sulla loro salute fisica e mentale. E sempre
dai registri dell’anagrafe possiamo sapere a che età morivano e dove venivano sepolti. […]
La realtà del lavoro contadino finí con l’assumere una diversa rilevanza solo con la ripre-
sa demografica europea e la rivoluzione agraria: due fenomeni storici tra di loro connessi,
1 Società agraria che tra Settecento e Ottocento spinsero a guardare al mondo delle campagne con un nuovo
bolognese: fondata interesse. Fu allora che trovò applicazione una scoperta della cultura agronomica italiana
a Bologna nel 1807 del Cinquecento: la possibilità di conciliare produzione di cereali e pascoli per l’allevamen-
per trovare soluzioni
all’arretratezza in ambito to sostituendo il maggese con erbe foraggere come l’erba medica e il trifoglio. Da lí l’inno-
agricolo. vazione trovò la via per tornare in Italia. Ma intanto vennero crescendo l’investimento di
2 Accademia dei capitali e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura nelle aree migliori. L’effetto fu quello di
Georgofili: fondata a
Firenze nel 1753 per sostituire con il lavoro precario, bracciantile, quello della famiglia contadina.
«far continue e ben In Italia nacquero associazioni e accademie dedite allo studio dei miglioramenti tecnici in
regolate sperienze, agricoltura. Si pensi alla Società agraria bolognese1, o alla fiorentina Accademia dei Georgo-
ed osservazioni, per
condurre a perfezione
fili2, due fra i principali organismi frutto di una vivace attenzione di agronomi e proprieta-
l’Arte tanto giovevole ri terrieri a metodi e pratiche in grado di massimizzare la produttività dell’agricoltura. […]
della toscana Era una ferma rivendicazione che la parte piú illuminata del clero italiano doveva avan-
coltivazione».
zare anche nel secolo successivo: si ricordano le parole del prete mantovano don Enrico
3 Enrico Tazzoli: prete
e patriota (1812-52), Tazzoli3 […] che al Congresso degli scienziati italiani del 1843 propose di istituire scuole
giustiziato nella valletta di agrarie nei seminari. In quella occasione don Tazzoli affermò che «i parroci, generalmente
Belfiore presso Mantova
parlando, sono cosí presso il popolo accreditati che i loro suggerimenti, anche nelle norme
poiché accusato di
aver cospirato contro di economia civile e domestica, sono meglio ascoltati che non le lezioni che altri facesse
l’Austria. col corredo della piú profonda dottrina».
(da A. Prosperi, Un volgo disperso. Contadini d’Italia nell’Ottocento, Einaudi, Torino 2019, pp. 20-24)

COMPRENDERE 1. Quali fonti storiche suggerisce Adriano Prosperi per lo studio della società
IL TESTO contadina?
2. A quali cambiamenti economici e sociali vivono le famiglie contadine nel corso
dell’Ottocento?
3. Perché i parroci, più degli scienziati, erano considerati utili per diffondere
le conoscenze agronomiche fra i contadini?

451
13 Nazionalismi europei
e moti democratici
I primi passi dei movimenti nazionalisti
Nel 1830, le politiche reazionarie di Carlo X in Francia portarono a proteste di piazza,
che culminarono con la fuga e la deposizione del sovrano: la corona venne quindi offerta
al liberale Luigi Filippo; sulla scia di Parigi, anche altre città europee insorsero e sorsero
Esplora l’immagine movimenti nazionalisti e associazioni, come la Giovine Italia di Mazzini.
interattiva
L’Europa del 1848: un teatro rivoluzionario
La sollevazione della
popolazione milanese Nel 1848, a Parigi scoppiò nuova ondata rivoluzionaria in risposta alle politiche di Lui-
durante le Cinque gi Filippo e alla crisi economica: fu istituito un governo repubblicano che si dotò di una
Giornate del 1848. costituzione democratica. Il successo francese ispirò l’azione politica di altri rivoluziona-
Dipinto anonimo dell’epoca.
Milano, Museo di Milano, ri in Europa, che divenne teatro di decine di insurrezioni, da Berlino a Palermo. Le mo-
Palazzo Morando. narchie europee reagirono con forza e nel 1849 l’esperienza rivoluzionaria fu repressa.

1824 1830 1830 1831


Carlo X 27-29 luglio: Agosto: il Belgio si Moti liberali in
re di Francia rivoluzione liberale a Parigi, proclama indipendente Italia. Fondazione
Luigi Filippo d’Orléans re dai Paesi Bassi della Giovine Italia
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO
E IN DIGITALE
1. Il significato della parola nazione si è evoluto
profondamente nel corso dei secoli, sebbene
il termine si possa rintracciare già in fonti LEZIONE
medievali. Con l’aiuto di un vocabolario GUARDA il video I moti degli anni Venti
etimologico o di un’enciclopedia online, e Trenta in Europa
ricostruisci i significati della parola nelle diverse 1. La rivoluzione di luglio in Francia
epoche storiche. ▶ p. 454
2. Il dipinto coglie una scena di insurrezione 2. I moti del 1831 in Italia e Giuseppe Mazzini
popolare a Milano durante le «Cinque giornate». ▶ p. 457
Dopo aver osservato il dipinto, rispondi in 3. Nazionalismo liberale e nazionalismo
gruppo o in autonomia alle seguenti domande. reazionario ▶ p. 463
• La bandiera tricolore viene sventolata come 4. Il modello politico inglese nell’età vittoriana
simbolo della rivoluzione e molti sono gli ▶ p. 469
elementi, presenti nel dipinto, che ne 5. Il 1848 in Francia ▶ p. 472
richiamano i colori verde, bianco e rosso.
6. Il 1848 in Italia e la Prima guerra
Individuali.
d’indipendenza ▶ p. 475
• In quale contesto è stato introdotto il tricolore
in Italia? ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
• Descrivi l’atteggiamento delle figure in primo dell’Atlante digitale interattivo
piano e indica in che cosa differiscono tra loro. RIASSUMI i concetti-chiave con la
3. Nel corso dell’Ottocento, la scena musicale presentazione 1848: il ritorno della rivoluzione
europea fu fortemente influenzata da quei in Europa:
movimenti nazionalisti, che, pur fortemente – le cause del 1848;
repressi e relegati in clandestinità, avevano – la geografia delle insurrezioni;
sfidato le grandi monarchie europee fra – le Prima guerra d’indipendenza.
il 1830 e il 1848.
Si parla, infatti, di «nazionalismo musicale» RIPASSA
per alcuni grandi compositori dell’epoca, come Ripassa con la sintesi e la mappa
Giuseppe Verdi o Fryderyk Chopin. ▶ p. 484, p. 485
• Scegliete uno di questi artisti e realizzate In digitale trovi l’audio della sintesi
in gruppo una presentazione multimediale, e la mappa personalizzabile
approfondendo la sua biografia e le sua opere,
mettendo in luce, inoltre, l’influenza del nazio- APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
nalismo sulla sua attività musicale.
Storia e Arte: Il romanticismo storico
• Selezionate un brano significativo da far Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 483
ascoltare alla classe, accompagnandolo
con una breve introduzione. AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1848 1848 1849 1849


Gennaio: Febbraio: rivoluzione a Parigi, Sconfitta e abdicazione Agosto: caduta
rivoluzione a Palermo Seconda Repubblica di Carlo Alberto; Vittorio delle Repubbliche
Statuto albertino Marzo: inizio della Prima Emanuele II re di Sardegna italiane
in Piemonte guerra d’indipendenza 453
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

1 La rivoluzione di luglio in Francia


La svolta reazionaria sotto Carlo X
La Francia, che durante e dopo la Rivoluzione francese era stata il teatro principale
Guarda il video delle esperienze politiche e culturali europee, viveva una situazione di sostanziale
I moti degli anni Venti
arretratezza sul piano della crescita industriale ed economica rispetto ai Paesi an-
e Trenta in Europa e
rispondi alle domande: glosassoni. Infatti la lotta politica non si strutturava, come prevalentemente avve-
• Che cosa accade in niva in Inghilterra o in America, intorno ai grandi interessi del mondo produttivo,
Francia nel 1830?
ma era rimasta legata alle problematiche ideologiche ereditate dalla Rivoluzione:
• Da chi viene
soffocato il tentativo la laicità dello Stato, il rapporto con la tradizione o con il progresso, le responsabi-
di ribellione della lità passate e presenti dei giacobini, dei bonapartisti, dei clericali, il ruolo politico
Polonia?
del Paese a livello internazionale.
• Dove scoppiano
i moti nell’Italia La politica era più autonoma che altrove dai problemi sociali ed economici, e più
del 1830? dipendente dalle contrapposizioni ideologiche. La destra clericale e legittimista
voleva distruggere l’eredità della Rivoluzione, mentre la sinistra liberale intendeva
difenderla, magari non integralmente a causa degli eccessi del giacobinismo. Fra
queste due posizioni, un centro moderato che rifiutasse di schierarsi pro o contro
i princìpi del 1789 aveva poco spazio. Né la destra né la sinistra, d’altra parte, si
preoccupavano molto dei problemi concreti, delle risorse produttive e dei mercati,
che invece in Inghilterra contribuivano a far convergere i partiti.
Luigi XVIII, salito al trono nel 1814 ( ▶ cap. 10, par. 10), era un uomo modera-
to. Cercava di tenere un difficile equilibrio nell’anomala situazione istituzionale
in cui la maggioranza reazionaria della Camera – eletta secondo un rigido siste-
ma censitario ( ▶ cap. 11, par. 3) e dominata dalla destra – cercava di costringere il
governo a varare misure illiberali, tipiche della monarchia assoluta. I ministri più
«liberali» della maggioranza parlamentare tentavano di difendere le libertà fon-
damentali, ma al contempo negavano ai deputati la prerogativa essenziale di con-
trollare l’esecutivo.
A spostare più a destra l’equilibrio politico intervenne, nel 1820, l’assassinio
del capo dei legittimisti, nipote del re ed erede al trono: il duca di Berry. L’estrema

La difesa di una
barricata per le vie
di Parigi il
29 luglio 1830.
Litografia dell’epoca.
Parigi, Musée
Carnevalet.

454
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

destra poté gridare al complotto giacobino e rafforzare così la propria egemonia.


Fu allora che la Francia intervenne in Spagna, su mandato della Santa Alleanza,
per stroncare la rivoluzione ( ▶ cap. 11, par. 6). Nel 1824, alla morte del vecchio re
Luigi XVIII, l’avvento al trono di suo fratello Carlo X (ultimo dei fratelli di Luigi XVI
e Luigi XVIII e padre del duca di Berry assassinato) sembrò confermare la svolta
reazionaria: trionfava la Francia legittimista e bigotta.
Il nuovo re si fece consacrare nella cattedrale di Reims, riesumando l’anacroni-
stico rito medievale dell’imposizione delle mani agli «scrofolosi» (le scrofole sono
la manifestazione di una malattia tubercolare). La legittimità divina gli stava così
a cuore che voleva ribadirla. Carlo limitò la libertà di stampa e mise in discussio-
ne la laicità dello Stato, instaurando la censura e rafforzando il monopolio della
Chiesa sull’insegnamento, e inoltre attuò una riforma elettorale censitaria volta a
favorire i più ricchi, che videro così esteso il loro potere politico.

Le «Tre gloriose giornate» contro Carlo X


Il re e i suoi ministri sottovalutarono, però, la profonda aspirazione alla libertà ere-
ditata dalla Rivoluzione. La Francia restava un Paese per metà profondamente laico
– se non addirittura per certi aspetti scristianizzato – ostile ai privilegi della vecchia
aristocrazia e nostalgico della gloria politica e militare derivante dall’avventura ri-
voluzionaria e napoleonica. Erano state «la libertà, l’uguaglianza e la fraternità» a
fare la grandezza della Francia: l’orgoglio nazionale in Francia restava democratico
e Napoleone si trasfigurava nel mito come soldato della Rivoluzione, nonostante
lui alla Rivoluzione avesse posto termine. Per questi motivi perfino l’elettorato ri-
stretto ai soli ceti abbienti, previsto dalla carta costituzionale «concessa» nel 1814
( ▶ cap. 11, par. 3), cominciò a produrre alla fine degli anni Venti maggioranze par-
lamentari liberali e la sinistra liberale riprese a difendere i diritti del Parlamento.
Carlo X, che per i primi anni del suo regno aveva attuato una strategia fatta di
compromessi, nel maggio del 1830 sciolse la Camera e indisse nuove elezioni. Nel
contempo, per creare un diversivo, diede inizio alla conquista dell’Algeria, occu-
pandone i porti, per stroncare definitivamente la pirateria barbaresca che aveva la
sua roccaforte in Algeri e che per anni aveva costituito un’insidia per i traffici me-
diterranei. Ma ci sarebbero voluti decenni perché la Francia riuscisse a conquistare
LESSICO
tutto l’entroterra algerino, piegando la resistenza dei berberi e facendo dell’Algeria
Clericalismo la sua prima colonia africana.
Termine utilizzato La svolta si ebbe con la vittoria dei liberali alle elezioni del 1830. Il 25 luglio il
per indicare un
governo emanò delle direttive per abolire la libertà di stampa, sciogliere la Came-
atteggiamento politico
e sociale subordinato ra, indire nuove elezioni con un sistema elettorale ulteriormente modificato, che
agli interessi temporali garantiva il predominio della grande aristocrazia legittimista. Mobilitato dall’op-
della Chiesa.
posizione, il popolo di Parigi diede però vita all’insurrezione delle «Tre gloriose
Imposizione giornate» (27-29 luglio) e rovesciò il governo della Restaurazione. Per ripararsi dal
delle mani
Si tratta del «tocco
fuoco delle truppe del re, i parigini eressero barricate (da allora uno dei simboli del-
regale», ovvero la la rivoluzione) e innalzarono il tricolore bianco rosso e blu del 1789. Per tre giorni
capacità attribuita ai re gli scontri fra gli insorti e l’esercito furono molto duri, con un migliaio di morti e
cristiani di Francia
e Inghilterra durante
circa 5000 feriti, ma alla fine la rivolta vinse; l’esercito infatti non intendeva infie-
il Medioevo di guarire rire troppo nella repressione, per evitare di suscitare una reazione popolare simile
dalle scrofole mediante a quella del 1792, quando gli insorti avevano massacrato i militari. Carlo X fuggì
il tocco delle mani.
allora da Parigi e fu dichiarato deposto.

455
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Un nuovo re, ma pochi cambiamenti


Del resto, dopo la fuga di Carlo X anche gli stessi capi della rivolta, per paura di
una nuova ondata di radicalismo rivoluzionario e di un isolamento della Francia
all’interno dell’Europa, si affrettarono a dichiararsi monarchici. Al trono fu quindi
chiamato Luigi Filippo d’Orléans, cugino del deposto re. La dinastia borbonica
fu dichiarata decaduta.
Politicamente Luigi Filippo era dunque un ibrido: figlio della rivoluzione del 1830
e di uno dei protagonisti della grande Rivoluzione – Luigi Filippo Giuseppe duca
d’Orléans (detto Égalité) –, erede della monarchia e usurpatore al tempo stesso. Egli
incarnava quell’impossibile compromesso centrista che la Francia perseguiva inu-
tilmente da quarant’anni. Sotto il suo regno la piazza dove era stato ghigliottinato
Luigi XVI prese il nome che porta ancora: Place de la Concorde.
Sul piano interno non vi furono sostanziali cambiamenti: la Carta costituzio-
nale venne appena ritoccata, per allargare l’elettorato a 200.000 persone, nemme-
no l’1% della popolazione; lo Stato tornò a essere laico; il tricolore tornò a essere
la bandiera francese; fu resa permanente la Guardia nazionale; la Camera dei Pari
cessò di essere ereditaria e l’Assemblea acquisì la facoltà di proporre le leggi.
Cambiò invece la politica estera, poiché la Francia tornò a essere un punto di
riferimento per i liberali in Belgio, in Italia, in Polonia. Ma si trattava di un profi-
lo più ideologico e formale, dal momento che al posto dell’aristocrazia terriera ora
dominava un’altra oligarchia, simile alla precedente e altrettanto chiusa: la grande
LESSICO borghesia finanziaria. E la rivoluzione mancata, che accontentava solo in parte i li-
Borghesia finanziaria
L’insieme dei gruppi
berali, oltre all’opposizione legittimista provocò la nascita di una forte opposizione
capitalistici che repubblicana, che si sentiva tradita dalla politica moderata dei liberali. Negli anni
controllano il sistema successivi, a Lione e a Parigi si sarebbero verificate alcune sommosse determinate
produttivo.
dalle condizioni in cui vivevano i primi operai delle aziende tessili.

LA RIVOLUZIONE DI LUGLIO IN FRANCIA

Divisioni • destra legittimista sale al trono il moderato Luigi XVIII,


politiche dopo la • sinistra liberale ma la maggioranza della Camera è
Restaurazione • centro moderato a destra (1814)

• legittimità divina del re


Sale al trono mette in atto una
• censura
Carlo X (1824) svolta reazionaria
• riforma elettorale censitaria

• abolizione della libertà di stampa


Vittoria dei liberali opposizione • nuove elezioni con legge
alle elezioni (1830) del governo elettorale favorevole
all’aristocrazia legittimista

Rivolta popolare
delle «Tre gloriose scontri e barricate • Carlo X fugge da Parigi
giornate» a Parigi • Carlo X viene dichiarato deposto
(27-29 luglio 1830)

Luigi Filippo • fallimento dei liberali


pochi cambiamenti
d’Orleans viene • si rafforza il dominio oligarchico
in politica interna
nominato re (1830) della borghesia finanziaria

456
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

2 I moti del 1831 in Italia e Giuseppe Mazzini


Il movimento nazionalista italiano
In Italia, dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1820-21 ( ▶ cap. 11, par. 6), la cre-
scita del movimento di risveglio nazionale sembrava alquanto compromessa. Si
discuteva di cultura sulle colonne di belle riviste letterarie, le sole che avessero
qualche possibilità di sfuggire alla censura; ma di politica si dibatteva assai poco,
mentre continuava un’attività cospirativa ormai stanca.
Nel complesso l’Italia si trovava in una situazione di stasi ideale e politica, cor-
rispondente del resto a una società civile ancora molto tradizionalista, alquanto
lontana dallo sviluppo capitalista. Il limite del Risorgimento italiano è stato proprio
questo: di aver rappresentato un movimento d’opinione e di idee non corrispon-
dente a una reale crescita sociale ed economica. I ceti abbienti restavano estranei,
S1 Il Risorgimento anzi ostili, al movimento nazionale, e tutt’al più pensavano a forme confederative,
come movimento
ad accordi economici e doganali fra i diversi Stati della Penisola. I contadini, cioè
«di massa», p. 489
la grande maggioranza della popolazione italiana, erano completamente ignari
dei fermenti nazionalisti che attraversavano il Paese e solo i ceti medi urbani – ar-
tigiani, professionisti, studenti e intellettuali – sembravano coinvolti a vario titolo
nella battaglia per l’indipendenza dell’Italia dall’Austria. La storiografia si divide
sul tema della condivisione degli ideali risorgimentali: da un lato vi è chi conside-
ra il Risorgimento un fenomeno riguardante esclusivamente le élite, dall’altro chi
lo ritiene un movimento «di massa», pensando alla massa non come totalità della
nazione, ma come a una parte consistente della popolazione che, se non ha mili-
tato attivamente, ha partecipato idealmente alle vicende che hanno condotto all’u-
nificazione politica della Penisola.
Nel 1831, sull’onda della rivoluzione parigina, scoppiarono nuovi moti, questa
volta nello Stato pontificio e nei ducati emiliani. Sebbene non mirassero più a ot-
tenere una Costituzione, ma semplici riforme amministrative, anche questi vennero
repressi con brutalità. La vittima più famosa fu il giovane modenese Ciro Menotti,
utilizzato come esca dal duca di Modena, che sperava di servirsi delle minacce di
sedizione per estendere la propria influenza sugli altri Stati della Pianura padana.
Quando però la cospirazione prese forma davvero, il duca fece giustiziare Menotti.
L’intervento degli austriaci in Italia centrale nel corso del 1831 e del 1832, at-
tuato con l’assenso di Luigi Filippo, timoroso di un confronto con l’Austria e di
una ripresa del bonapartismo, mise fine a questa fase del Risorgimento italiano.

La Giovine Italia: nazionalismo democratico


e internazionalismo
Ancora negli anni Trenta o all’inizio dei Quaranta l’eventuale unificazione politica
della Penisola sembrava un progetto irrealistico e una «puerilità da politici di bot-
tega», secondo il moderato torinese Cesare Balbo. Piuttosto, come pensava un altro
piemontese, Massimo d’Azeglio, si immaginava una graduale evoluzione verso la
concessione di libertà costituzionali, nella prospettiva di una comunità doganale.
A sognare l’unità d’Italia in una repubblica democratica fu invece Giuseppe
Mazzini (1805-72). Figlio di un medico genovese, dopo il fallimento dei moti del
1820, Mazzini aderì alla Carboneria e cominciò a fare propaganda rivoluzionaria.
Fu arrestato, ma fuggì in esilio in Svizzera, in Francia e quindi in Inghilterra, da

457
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

dove divenne il punto di riferimento di un’originale concezione della rivoluzione


italiana. Mazzini riteneva che la Rivoluzione del 1789, col suo fallimento, avesse
segnato la fine della spinta propulsiva della Francia, fondata sull’affermazione dei
diritti individuali, e l’inizio, invece, del ruolo storico di nuovi protagonisti collet-
tivi, le nazionalità oppresse: l’Italia prima di tutto, poi la Polonia e la Germania.
F1 Mazzini e la Mazzini era un organizzatore. Nel 1831 fondò la Giovine Italia, per imprime-
fondazione della
re una svolta all’attività cospirativa nella Penisola, che aveva rivelato l’inadegua-
Giovine Europa,
p. 487 tezza del modello elitario della Carboneria. Tre anni dopo diede vita anche alla
Giovine Europa (1834), con esuli polacchi e tedeschi, per rafforzare i legami inter-
nazionalisti fra i popoli oppressi. Mazzini rappresentò il miglior esempio europeo
di un nazionalismo rivoluzionario e democratico aperto alla solidarietà con gli
altri popoli oppressi.
Quello di Mazzini fu senz’altro il primo movimento sovversivo ad abbandonare
i vecchi metodi cospirativi e la struttura clandestina tipica della tradizione setta-
ria postgiacobina e ad adottare invece una propaganda a stampa moderna, capace
di diffondere apertamente il programma. La cospirazione mazziniana non poteva
certo combattere alla luce del sole per l’unità del Paese e per la repubblica, ma era
più consapevole dell’importanza della propaganda delle idee.

Le posizioni di Mazzini su società, economia, religione


Influenzato dai sansimoniani ( ▶ cap. 11, par. 5), Mazzini non considerava posi-
tivamente i conflitti sociali. Piuttosto credeva nell’armonia delle diverse funzioni
produttive, nell’alleanza naturale di tutte le forze propulsive della società, in una
specie di cooperazione fondata sul mutuo soccorso e pervasa da un afflato morale
e deista ( ▶ cap. 6, par. 6). Il suo motto era «Dio e Popolo», indice di una religiosi-
LESSICO
tà molto profonda, che tuttavia non aveva niente a che fare con la Chiesa cattolica
Internazionalismo né con alcuna altra Chiesa, ma con l’utopia del progresso morale, della salvezza
Atteggiamento collettiva dei popoli.
culturale e politico
Lo scopo del movimento, il «riscatto della nazione», implicava la considerazio-
mirante a promuovere
forme di solidarietà ne della nazione come comunità di generazioni e di affetti e incarnazione di una
e cooperazione fra volontà divina che le aveva assegnato (come a tutte le altre nazioni) una missione
movimenti e ambienti
propria e una terra. La religiosità mazziniana non era di stampo cristiano ma laico
che, presenti in Stati
diversi, condividono e vedeva la divinità come uno spirito che è insito nell’umanità e nel suo divenire
posizioni comuni. storico, secondo un pensiero tipico del romanticismo. Il riscatto doveva condurre
Mutuo soccorso la comunità, fiduciosa nel progresso, a un’organizzazione politica, unitaria, libe-
L’insieme delle iniziative ra e repubblicana. La sovranità collettiva doveva risiedere dunque nella nazione
atte a fornire a operai
e artigiani assistenza
unita, ma il suo libero esercizio era diritto di tutti i suoi cittadini liberi, eguali e fra-
in caso di malattia, telli. Mazzini teorizzava quindi una nazione politica repubblicana, democratica,
disoccupazione o ma non federale, perché il federalismo applicato all’Italia avrebbe solo alimentato
cessazione del lavoro.
localismi e divisioni.

I MOTI ITALIANI DEL 1830-1831

Mancato sviluppo
• assenza di consapevolezza dell’identità nazionale fallimento dei moti
di un movimento
• società civile arretrata e conservatrice nei ducati emiliani e
nazionalista unitario
• scarsa partecipazione dei ceti abbienti e dei contadini nello Stato pontificio
in Italia

458
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

Mazzini ispiratore dei primi tentativi rivoluzionari


La strategia mazziniana consisteva nel preparare le condizioni per l’insurrezio-
ne contro gli Stati dispotici esistenti, con il supporto di una guerriglia per bande e
della cospirazione nelle città: durante la guerra insurrezionale l’autorità repubbli-
cana sarebbe stata affidata a una dittatura ma, dopo la vittoria, sarebbe stata cedu-
ta a un’assemblea costituente eletta a suffragio universale. Per conquistare credito
popolare, il linguaggio politico repubblicano si fece fortemente sociale (controllo
delle successioni ereditarie, tassazione progressiva sui redditi, retribuzioni eque),
ma non socialista. Ciò consentì alla Giovine Italia ottime capacità di reclutamento
nelle aree urbane, tra i membri della borghesia ma anche tra artigiani e operai,
mentre ciò non avvenne nelle campagne, sia per l’analfabetismo diffuso tra le po-
polazioni, sia per le maggiori difficoltà di azione dei mazziniani.

L’AZIONE RIVOLUZIONARIA DI GIUSEPPE MAZZINI

entra nella Carboneria propaganda rivoluzionaria: promozione delle


(1820) nazionalità oppresse (Italia, Germania, Polonia)

fonda la Giovine Italia superamento del modello cospirativo e clandestino


(1831) della Carboneria

fonda la Giovine Europa instaurazione di legami sovranazionali tra


(1834) popoli oppressi

ispira la tentata
fallimento del tentativo di insurrezione per
insurrezione dei fratelli
l’indifferenza delle popolazioni locali
Bandiera (1844)

ispira gli ideali del


insurrezione fallita per via dell mancato supporto delle
rivoluzionario Carlo
popolazioni locali
Pisacane (1857)

L’esecuzione
dei fratelli Attilio
ed Emilio Bandiera
il 25 luglio 1844.
Incisione del 1864.

459
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

LESSICO Il tentativo rivoluzionario più famoso tra quelli ispirati dalla propaganda maz-
Neoguelfismo
ziniana, prima del 1848, fu quello dei fratelli veneziani Attilio ed Emilio Bandiera.
Movimento di opinione
ispirato alle idee di Ufficiali della marina austriaca, sospettati e ricercati dalla polizia, nel 1844 i Ban-
Gioberti favorevole diera fuggirono a Corfù, da dove organizzarono con pochi compagni uno sbarco in
al compimento del Calabria per provocare un’insurrezione popolare antiborbonica. Finirono subito
Risorgimento sotto la
guida del papa, che arrestati e fucilati nel vallone di Rovito, presso Cosenza.
avrebbe mantenuto il Al pari di altri cospiratori, i fratelli Bandiera ritenevano – utopisticamente – che
suo potere temporale fosse possibile sollevare con la sola forza dei loro ideali le masse contadine con-
e a cui sarebbe stata
affidata la presidenza tro i regimi assolutistici. Tredici anni dopo lo stesso errore fu compiuto da Carlo
della confederazione Pisacane, che sbarcò a Sapri nel 1857 senza riuscire a suscitare attorno a sé al-
degli Stati italiani. cun seguito. Mazzini non era stato l’ispiratore diretto di queste avventure, ma fu
comunque accusato di spingere degli uomini a morte sicura e inutile. Tuttavia le
sue idee influenzarono ed infiammarono un’intera generazione di volontari com-
battenti, contribuendo alla formazione di un ideale repubblicano e democratico.

Le alternative alla repubblica democratica mazziniana


Nel corso degli anni Trenta si fece largo tra i circoli borghesi e nobiliari piemon-
tesi, lombardi e toscani una concezione politica più moderata, di tipo monarchi-
co-costituzionale. In Toscana fu rappresentata da Giovan Pietro Vieusseux, in Pie-
monte da Massimo d’Azeglio. Sempre in Piemonte fu attivo il sacerdote Vincenzo
Leggi in digitale il testo Gioberti, autore del libro Del primato morale e civile degli italiani (1843), pubblicato
La «guerra per bande»
di Giuseppe Mazzini:
a Bruxelles e divenuto un popolare caso letterario. Il «primato» morale italiano era
• Che cosa intende rappresentato dalla coesione religiosa (cattolica) e dal fatto che l’Italia ospitasse
concretamente la sede della Chiesa universale; la nazione perciò doveva essere guidata nella sua
Mazzini con «guerra
resurrezione (o Risorgimento) dalle aristocrazie civili del Paese e dai suoi sovrani
per bande»?
• In che modo i coordinati dal pontefice. Poiché Gioberti pensava a una confederazione ( ▶ cap. 8,
democratici devono par. 5) degli Stati esistenti, presieduta dal papa, le sue proposte furono definite
educare il popolo?
«neoguelfe».

Vincenzo Gioberti (1801-52) sostenne in un primo momento la ne-


LE FONTI cessità che il processo di unificazione italiana avvenisse in seguito a
Il primato degli italiani un accordo fra principi e popoli della Penisola, in modo da dare vita
a una confederazione sotto la presidenza del pontefice.

Io mi propongo di provare che l’Italia contiene in se medesima, sovrattutto per via della religione,
tutte le condizioni richieste al suo nazionale e politico risorgimento, e che per darvi opera in
effetto non ha d’uopo di rivoluzioni interne, né tampoco d’invasioni o d’imitazioni forestiere. […]
Ora, stando che l’Italia per essere felice debba esser una in qualche guisa, resta a vedere qual sia
il principio accomodato a partorir l’unione, e la sua natura. Io credo che il principio dell’unità
italiana debba essere reale, concreto, vivo e ben radicato; non astratto e in aria; perché gli Stati
non si governano colle chimere, né colle astrazioni […]. Molti collocano siffatta unità nel popolo
italiano; il quale, al parere mio, è un desiderio e non un fatto, un presupposto e non una realtà,
un nome e non una cosa […]. V’ha bensì un’Italia e una stirpe italiana congiunta di sangue, di
religione, di lingua scritta ed illustre; ma divisa di governi, di leggi, d’istituti, di favella popolare,
di costumi, di affetti, di consuetudini […].
(da V. Gioberti, Del primato morale e civile degli italiani, tomo II, Marghieri, Napoli 1864, pp. 81-82)

460
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

Anche Cesare Balbo sostenne in parte il disegno di Gioberti, ma gli diede un esi-
to diverso. Dal momento che l’Italia era sede della Chiesa cattolica, si giustificava
l’idea di un «primato» italiano sugli altri popoli e si imponeva una soluzione po-
litica, quella della disunione del Paese (cioè un accordo tra i sovrani), che assicu-
rasse la pace e lo sviluppo della Penisola, nell’interesse generale e sotto la garanzia
internazionale del mondo cattolico.
Nella sua opera Delle speranze d’Italia, Balbo condivideva con Gioberti l’idea
dell’assetto federalistico, rispettoso delle diversità provinciali, ma opponeva alla
guida pontificia il ruolo del Piemonte, a capo di una futura lega doganale e mili-
tare degli altri Stati italiani. Diverso l’orientamento federalista espresso da Carlo
Cattaneo e da Giuseppe Ferrari, che vedevano piuttosto la necessità di creare uno
Stato federale ma in una prospettiva democratica e repubblicana.

Le tensioni nazionaliste nel resto dell’Europa


Ma la rivoluzione parigina di luglio ebbe importanti riflessi anche in Polonia. Il
Paese, da circa cinquant’anni oggetto delle mire espansionistiche dei suoi poten-
La presa ti vicini, Russia, Prussia e Austria, era stato definitivamente spartito e cancellato
dell’arsenale dalla carta politica dell’Europa nel 1795 ( ▶ cap. 10, par. 1). Il Congresso di Vienna
di Varsavia durante
la Rivoluzione aveva ratificato questa situazione ( ▶ cap. 11, par. 1) e la Polonia era così diventata
polacca del 1830. il prototipo della nazione oppressa.
Dipinto di Marcin Zaleski La Polonia russa, la porzione più importante della nazione polacca, aveva otte-
(XIX secolo). Varsavia,
Muzeum Historyczne nuto dal dispotico governo dello zar una prudentissima forma di autonomia, che
Miasta Warszawy. prevedeva una sua Costituzione e forze armate nazionali. Nel novembre del 1830

461
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

l’esercito, appoggiato dalla Dieta, si ribellò al dominio russo e poco dopo gli in-
sorti proclamarono l’indipendenza della Polonia, facendo appello alla solidarietà
internazionale. L’opinione pubblica occidentale, soprattutto francese, si infervorò
per la causa polacca, ma i governi non si mossero e nel settembre del 1831 i russi
rientrarono a Varsavia, soffocando la resistenza e abrogando la Costituzione. Per
la Polonia cominciò un periodo di terribile repressione e molti dei suoi patrioti si
ritrovarono esuli a Parigi. Con la loro testimonianza, la loro poesia e la loro musica
(fra essi vi era il compositore Fryderyk Chopin), contribuirono, al pari degli italia-
ni, a tenere viva la tensione romantica, nazionalista, democratica e rivoluzionaria
nell’intera Europa.
Tra i popoli oppressi c’erano anche gli irlandesi, per di più schiacciati dalla mi-
seria, che negli anni Quaranta emigrarono a centinaia di migliaia verso gli Stati
Uniti, da dove sostennero la loro causa nazionale. E c’erano i popoli balcanici do-
minati dai due grandi imperi multietnici: quello austriaco e quello turco. L’Europa
si rivelava dunque una polveriera di conflitti nazionali, che diventavano ora, all’al-
ba delle mobilitazioni di massa, la novità più esplosiva del momento.

LA STORIA NELLE PAROLE


be in Giuseppe Mazzini il suo apostolo.
I nazionalismi sono di conseguenza le
Nazione e patria ideologie costruite sul ruolo preminen-
te delle identità nazionali e della na-
Nazione/nazionalismo. Il termine «na- zione. Nel corso della storia, sono stati
zione», oggi usato a indicare una collet- alla base di movimenti di liberazione delle
tività accomunata da origine, lingua, nazioni oppresse ma anche fondamento
storia e che di tale unità ha coscienza, ideologico della supremazia di una nazio-
fin dall’antichità viene impiegato in rife- ne sulle altre, soprattutto a partire dall’ul-
rimento a varie realtà: all’intera Europa, timo quarto del XIX secolo.
ai singoli Stati o addirittura agli Stati re-
gionali e alle città-stato. A partire dalla Patria/patriottismo. Il termine «patria»
Rivoluzione francese il termine iniziò a es- nasce sul calco del latino patria, agget-
sere più frequente nel discorso politico: tivo sostantivato (che sottintende terra)
nelle idee di Jean-Jacques Rousseau da patrius, «paterno»: la patria è la terra
degli avi, dei padri, il territorio proprio di
( ▶ cap. 6, par. 1) prese forma il concetto
un popolo che si sente accomunato per
di nazione come corpo formato da in-
nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni.
dividui eguali, al quale spetta la sovra-
Il patriottismo è dunque l’adesione a
nità. Tuttavia, il significato che gli veniva
un sentimento di amore verso la patria
attribuito non era ancora univoco. Per che si traduce in impegno in sua difesa
esempio, nell’ambito del romanticismo o per la sua affermazione. Il patriottismo
tedesco, inizialmente con «nazione» si in- otto-novecentesco si fondava sulla con-
dicava una comunità associata da lingua vinzione che a ogni nazione, insediata su
e cultura. È nell’Ottocento pieno che, ac- una patria, spettasse il compimento di
canto a questa accezione, se ne affermò una missione.
una prevalentemente politico-statale, I termini «patria» e «nazione» vengono
in collegamento con la coeva cultura po- spesso utilizzati come sinonimi ma vi è
litica di stampo liberale o democratico o una differenza tra patriottismo, inteso co-
ancora conservatore. Il principio secon- me amore per la patria, e nazionalismo,
do cui ogni nazione dovrebbe essere or- inteso come ideale di supremazia di
ganizzata in uno Stato indipendente eb- una nazione sulle altre.

462
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

3 Nazionalismo liberale
e nazionalismo reazionario
Alternative al nazionalismo democratico e repubblicano
L’orientamento dei vari movimenti nazionali non era riconducibile interamente
alle idee rivoluzionarie democratiche e repubblicane. Gli interessi specifici delle
diverse borghesie europee portarono infatti anche alla nascita di un nazionali-
smo liberale, sufficientemente aperto e tollerante all’interno, ma più moderato,
più indifferente al destino degli altri popoli, meno carico di valori morali di tipo
universale.
Questa indifferenza era spesso legata alla consapevolezza che la crescita eco-
nomica e sociale di una nazione tendeva inevitabilmente ad alterare i rapporti di
forza con gli altri Paesi. Secondo questo orientamento politico più realista, ogni
popolo deve prima di tutto, come il singolo individuo, badare a se stesso, costrui-
re la propria politica e le proprie alleanze, in una prospettiva di tipo costituziona-
le, evitando però di assumere posizioni di guida ideale nei confronti dell’umani-
tà. Importanti esempi di nazionalismo liberale furono rappresentati dalle vicende
politiche che dopo il 1830 coinvolsero il Belgio e la Svizzera.
Negli stessi anni, parallelamente alle aspirazioni universalistiche, democrati-
che e repubblicane e al nazionalismo di stampo liberale, si iniziò a delineare in al-
cune aree dell’Europa anche un atteggiamento politico di segno diametralmente
opposto a quello mazziniano, potenzialmente assai pericoloso. Esso si basava su
un orientamento particolarista, chiuso e intollerante, rivolto al passato anziché
al futuro, arroccato in difesa della tradizione e tendenzialmente aggressivo o ad-
dirittura razzista. Alla sua base non vi era infatti solo l’obiettivo di tutelare gli in-
teressi economici della comunità nazionale, ma l’affermazione di un principio di
grandezza e di superiorità assoluta rispetto agli altri Stati e alle altre razze. Questa
posizione ideologica, che assumerà via via peso all’interno della cultura ottocen-
tesca ( ▶ cap. 19, par. 5), trovò fecondi terreni di coltura in alcune aree dell’Europa,
in particolare la Germania.

La rivoluzione «liberale» in Belgio


Appena un mese dopo le giornate parigine del luglio del 1830, la rivolta scoppiò
a Bruxelles, con lo scopo di ottenere l’indipendenza dall’Olanda. Il popolo belga,
in parte francofono e profondamente cattolico, si sentiva infatti schiacciato dall’u-
nione con l’Olanda protestante, imposta dal Congresso di Vienna. Del resto il Bel-
gio aveva compiuto passi importanti sulla strada della Rivoluzione industriale e, al
di qua della Manica, era probabilmente il Paese più avanzato, più dell’Olanda che
lo dominava politicamente.
Le truppe olandesi dovettero ritirarsi e dopo pochi mesi le diplomazie europee,
riunite a Londra, riconobbero l’indipendenza del Belgio sotto la sovranità di un
principe tedesco, Leopoldo I di Sassonia-Coburgo. Trattandosi di una piccola na-
zione in cui, a differenza dell’Italia e della Polonia, non erano in gioco gli interessi
delle grandi potenze, al Belgio fu possibile riconquistare la propria indipendenza
in tempi brevi e senza forti traumi.
Il nuovo Regno veniva regolato da una Costituzione liberale e dichiarato perpe-
tuamente neutrale. Quella ottenuta dai belgi era una buona Costituzione (tuttora

463
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Le barricate in vigore, salvo qualche ritocco), che diventò un modello per tutti i liberali europei.
a Bruxelles durante Prevedeva un Parlamento bicamerale eletto dal popolo, una magistratura indipen-
le giornate di
settembre del 1830. dente, un clero stipendiato dallo Stato ma interamente autonomo dal potere politico
Dipinto di Constantin- e, come in Inghilterra, un governo nominato dal re su indicazione del Parlamento.
Fidèle Coene del 1830. Ma quasi immediatamente si pose al Belgio un problema nuovo, connesso alla
Bruxelles, Museo Reale
di Belle Arti. raggiunta indipendenza nazionale. Il Paese era, ed è, linguisticamente spaccato
a metà, poiché alla zona francofona si contrappone tutto il Nord-Ovest di lingua
fiamminga (olandese). Dopo l’indipendenza dall’Olanda, si pose presto la questio-
ne fiamminga, cioè quella di una comunità allora relativamente povera e domina-
ta dalla classe dirigente «vallona» (cioè francofona). Sul momento fu accantonata
grazie alle buone regole costituzionali che il Belgio aveva saputo darsi, ma in pro-
spettiva era destinata a tornare e a minacciare l’unità stessa del Paese.

La Svizzera, dalla guerra civile al nuovo assetto federale


In generale i caratteri fondamentali, i più profondi, che definiscono una comuni-
tà nazionale sono quello linguistico e quello religioso. In Belgio, a dividere i vallo-
LESSICO ni dai fiamminghi c’era la lingua, ma la religione era la stessa, quella cattolica; gli
Parlamento squilibri non erano drammatici e l’oppressione politica non esisteva più.
bicamerale
Sistema parlamentare
Anche in altri Paesi si pose fin dagli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento il
contrassegnato dalla problema della convivenza fra diverse comunità linguistiche e religiose. Una si-
presenza di due tuazione in parte simile a quella del Belgio indipendente contrassegnò la vita po-
assemblee legislative,
in alcuni casi dotate
litica della Svizzera, dove il confronto fra i cantoni cattolici, poveri e arretrati, e
di pari poteri, in altri di quelli protestanti, ricchi ed economicamente avanzati (tra il 1830 e il 1833 dieci
una supremazia di una cantoni avevano modificato le loro costituzioni in senso liberale) condusse a una
Camera sull’altra.
breve guerra civile.

464
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

La crisi venne superata con la vittoria dei cantoni protestanti, appoggiati dal-
la Gran Bretagna, e con l’adozione, nel 1848, di una buona Costituzione federale,
tuttora in vigore, ispirata al modello statunitense. Essa attribuiva però ai cantoni
un’autonomia maggiore di quanto gli Stati Uniti d’America non riconoscessero ai
singoli Stati, e soprattutto introduceva un elemento di straordinaria novità nell’Eu-
ropa del tempo: il suffragio universale maschile.
Non era stato possibile evitare la guerra, ma la Svizzera ne usciva in modo
positivo, approfittando della spinta progressiva che in quell’epoca prevaleva ge-
neralmente nel sentimento nazionale e dando vita a un nazionalismo elvetico
liberale e costituzionale, contrapposto al vecchio particolarismo cantonale di
stampo medievale.

La formazione dello spirito nazionalista tedesco


Anche in Germania si ponevano problemi secolari di convivenza fra localismi cat-
tolici e protestanti. Lo sviluppo del pensiero costituzionale tedesco muoveva verso
un’evoluzione nazionale unitaria, ma senza quello spirito universalista e rivoluzio-
nario che caratterizzava i popoli oppressi.
Il Congresso di Vienna aveva sostituito il vecchio Sacro Romano Impero con la
Confederazione germanica, caratterizzata da un vincolo molto debole fra i diversi
Stati e presieduta dall’imperatore d’Austria (vicepresidente era il re di Prussia). Vi
aderivano una quarantina di Stati, alcuni dei quali governati da sovrani stranieri:
l’Hannover dal re di Inghilterra, il Lussemburgo dal re di Olanda, lo Schleswig e lo
Holstein dal re di Danimarca. La Germania era comunque spiritualmente omoge-
nea, o almeno così la volevano costruire gli intellettuali nazionalisti, che, per con-
solidare le radici comuni, facevano appello tanto alle originarie tribù germaniche
quanto agli antichi istituti imperiali.
Ma in Germania stava avvenendo anche un fatto nuovo, destinato ad avere tra-
giche conseguenze: l’educazione al nazionalismo fu organizzata in modo da coin-
volgere anche le masse popolari, e ciò fu perseguito non attraverso l’adesione agli
ideali democratici, bensì con la partecipazione alle feste patriottiche, con l’edifica-
zione di monumenti celebrativi, con la diffusione di associazioni che insegnava-
no al popolo a riconoscersi nelle presunte virtù «razziali» della stirpe germanica:
virilità, forza e coraggio. Si innescò così una sorta di pericolosa trasformazione
culturale, che condusse i popoli tedeschi alla creazione di una nazione fortissima
e aggressiva ( ▶ cap. 19, par. 5).

LO SPIRITO NAZIONALISTA TEDESCO

• assenza di una politica comune a tutti gli Stati


Confederazione
• nessun mercato unico
germanica
• mancanza di un’unità religiosa

• intellettuali nazionalisti intendono consolidare le radici


comuni nell’area germanica
Sviluppo dello • educazione delle masse popolari al nazionalismo
spirito nazionalista • organizzazione di feste patriottiche
• celebrazione delle presunte virtù «razziali» tedesche:
virilità, forza e coraggio

465
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

I fondatori
dell’Unione doganale
tedesca adottata
nel 1834. Incisione
dell’epoca.

I primi passi verso l’unificazione della Germania


La guida del mondo tedesco, idealmente omogeneo ma frammentato dal punto
di vista politico, poteva essere assunta soltanto da due Stati, diversi e rivali: l’Au-
stria e la Prussia. L’Impero austriaco, essendo uno Stato multinazionale, risultava
svantaggiato nell’assumere un ruolo di guida per tutti i tedeschi; per questo ruo-
lo, invece, era senz’altro più adatta la Prussia, dato che aveva un territorio quasi
tutto tedesco, per quanto diviso in due tronconi. Proprio il desiderio di ottenere
la continuità territoriale tra le sue due parti fu uno dei moventi che indussero la
Prussia a promuovere il più ampio processo di unificazione nazionale tedesca. Il
terreno era fertile anche dal punto di vista ideologico, dal momento che proprio in
quegli anni era in corso l’elaborazione di una forte identità nazionale della Ger-
mania, basata in particolare su una contrapposizione aggressiva nei confronti dei
suoi rivali storici – i francesi a ovest e gli slavi a est. Fu quindi la Prussia a guidare
l’unificazione nazionale e ciò avvenne sulla base di un’impostazione autoritaria
e imperialista, assai distante dal moderatismo che aveva contrassegnato le unifi-
cazioni belga e svizzera.
Alla classe dirigente prussiana apparve subito chiaro che per attuare il progetto
nazionalista era innanzitutto indispensabile la realizzazione di un’organizzazio-
ne economica efficiente. L’obiettivo divenne pertanto quello di creare un mercato
unico, capace di agevolare gli scambi interni e di stimolare un comune sviluppo
economico. Nel 1834, con la creazione dell’Unione doganale (Zollverein), che in-
cludeva la maggioranza degli Stati tedeschi, ma che escludeva l’Austria, la Prussia
riuscì a realizzare un importante passo in questa direzione. Così, nella formazio-
ne dello spazio politico ed economico tedesco, il ruolo della monarchia prussiana
finì per rafforzarsi. Non si partiva da una questione nazionale per trasformarla in
progetto politico, ma dalla politica di potenza di uno fra gli Stati tedeschi per de-
finire una cultura nazionale.
Ovviamente, il carattere autoritario e le istituzioni politiche assolutiste della
Prussia finirono per ostacolare lo sviluppo del liberalismo tedesco. Solo per un

466
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

momento, quando nel 1847 il sovrano prussiano Federico Guglielmo IV (1840-61)


convocò una Dieta incaricata di elaborare un progetto costituzionale, sembrarono
aprirsi prospettive liberali per l’unificazione della Germania. Tuttavia l’iniziativa
del re si concluse con un insuccesso.
Negli anni Quaranta dell’Ottocento, l’economista tedesco Friedrich List condan-
nò il liberismo economico in quanto materialista e cosmopolita, e sostenne la ne-
cessità di un’economia nazionale tedesca pianificata dallo Stato. List era un «pan-
germanista», cioè aveva una visione molto allargata e aggressiva della «nazione»
tedesca, che voleva estendere anche ad altri due Paesi considerati «naturalmente
germanici», come l’Olanda e la Danimarca. Riteneva che fosse missione della Ger-
mania civilizzare i popoli selvaggi e popolare le terre ancora disabitate. L’opinione
Esplora i luoghi e pubblica tedesca si dimostrò sensibile a questi argomenti.
lavora con le carte
dell’Atlante digitale
interattivo Il movimento «slavofilo» in Russia
Anche in Russia, soprattutto dopo il fallito moto decabrista del 1825 e l’ascesa al
Leggi la carta trono di Nicola I ( ▶ cap. 11, par. 8), gli intellettuali definiti «slavofili» comincia-
• Quali Stati entrano a rono a elaborare un nazionalismo che guardava fondamentalmente al passato. Si
far parte dell’Unione facevano infatti portavoce di un’ipotetica Russia armoniosa, gerarchica ma senza
doganale nel 1828
privilegi, autoritaria ma senza abusi, fondata sulla tradizionale comunità conta-
e quali nel 1834?
• Quali altri Stati
dina (mir) e su un misticismo politico che esaltava la missione spirituale di Mosca
di lingua tedesca come «Terza Roma» (la seconda sarebbe stata Costantinopoli). Questa concezione
invece ne risultano appariva strettamente collegata alla presunta superiorità della religione ortodos-
esclusi?
sa sia sul cattolicesimo sia sul protestantesimo.

L’UNIONE COMMERCIALE TEDESCA

Mar Baltico
Mare
del Nord
SCHLESWIG-HOLSTEIN

MECLEMBURGO
HANNOVER

PRUSSIA

PRUSSIA
RENANA
ASSIA
TURINGIA SASSONIA

Praga
PALATINATO

WÜRTTEMBERG
BAVIERA

Vienna Unione doganale


prussiana (1828)
Zollverein (1834)

467
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Al contrario degli intellettuali «occidentalisti», che vedevano nell’apertura ai


valori del liberalismo l’unica soluzione per affrontare e risolvere i problemi strut-
turali dell’arretratezza russa, gli slavofili giudicavano il capitalismo e l’individua-
lismo moderni come una minaccia per l’originaria unità del popolo e il raziona-
lismo della cultura europea come del tutto estraneo allo spirito russo. Di fatto, il
pensiero slavofilo si trasformò in un duttile strumento nelle mani del governo
zarista, che se ne servì per giustificare, in virtù della presunta superiorità della
«Santa Russia», l’attuazione di una politica oppressiva nei confronti dei popoli
sottomessi, slavi e non.
Il nazionalismo russo assumeva così un carattere quasi sacro, identificando-
si con la religione ortodossa e con il carattere divino dello zar, i capisaldi del-
la cosiddetta autocrazia. Secondo questa ideologia, non erano sudditi in senso
proprio coloro che parlavano russo (all’incirca meno di metà della popolazione
dell’Impero) ma quelli che, indipendentemente dalla lingua parlata, professavano
e praticavano la religione ortodossa e quindi, secondo i dettami di quella Chie-
sa, riconoscevano la sacralità del potere politico. Quindi ucraini e bielorussi sì,
polacchi e finlandesi no.

Le divisioni e le guerre civili in Spagna


Un caso assai particolare delle chiusure reazionarie legate al nazionalismo si ve-
rificò in Spagna. Il Paese, unificato dalla fine del Quattrocento, aveva al suo in-
terno realtà sociali assai diverse. Per due volte, nel 1814 e nel 1823, Ferdinando
VII era stato reintegrato nei suoi poteri assoluti dagli eserciti stranieri, e nella
seconda occasione scatenò, più che nella prima, la repressione contro i liberali
( ▶ cap. 11, par. 6). Il Paese visse allora uno dei periodi più tristi della sua sto-
ria, il «decennio infame», durante il quale perse le colonie americane ( ▶ cap. 11,
par. 7) e, una volta stroncata l’opposizione liberale, si rinchiuse in se stesso e nel
LESSICO
suo orgoglio umiliato.
Legge salica
La legge salica, così det- Ferdinando non aveva figli maschi e abolì la legge salica, che regola la succes-
ta perché dei franchi salii sione in linea esclusivamente maschile, per lasciare la corona in eredità alla figlia
(secc. V-VI), prevede-
Isabella. Ma le popolazioni del Nord che si consideravano oppresse, i baschi e i ca-
va, tra le altre cose, che
le donne non potessero talani, colsero questo momento per appoggiare il pretendente don Carlos, fratel-
ereditare terre. Conobbe lo del defunto re, e rivendicare i loro antichissimi privilegi provinciali (risalenti
una notevole fortuna tra forse addirittura ai visigoti), i fueros. La Spagna montanara del Nord si opponeva
età medievale e moderna
e fu utilizzata per esclu- ostinatamente a qualsiasi forma di modernizzazione. Appoggiati dalla Chiesa tra-
dere le donne dalla suc- dizionalista locale, attaccati alla loro identità provinciale, in un certo senso nazio-
cessione al trono. nale, accanitamente antiliberali e anticostituzionali, i «carlisti», condussero una
Baschi lunga guerra civile che ebbe tre fasi: fra il 1833 e il 1840, poi alla fine degli anni
Popolazione di lingua
Quaranta e infine nel 1872-76.
non indoeuropea
stanziata sui due versanti Il carlismo segnò profondamente la storia della Spagna contemporanea, favo-
dei Pirenei occidentali, rendo la ricorrente salita al potere dei militari e sopravvivendo per decenni, fino a
tra Francia e Spagna.
confluire nel regime fascista di Francisco Franco instauratosi nel Paese nel 1939.
Catalani In definitiva il nazionalismo ottocentesco era utilizzabile per predicare tanto la
Popolazione della
Catalogna, regione
fratellanza fra i popoli oppressi (Mazzini), quanto l’aggressione contro il diverso,
situata nel Nord-Est giudicato estraneo, pericoloso, inferiore (dal pangermanesimo al carlismo). Le ri-
della Spagna lungo la voluzioni del 1848 fecero comunque prevalere, per il momento, l’anima democra-
costa del Mediterraneo.
tica e costituzionale del sentimento nazionale.

468
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

4 Il modello politico inglese nell’età vittoriana


La graduale apertura della politica ai nuovi industriali
Malgrado la trasformazione in senso capitalista, l’Inghilterra rimaneva un Paese
governato dall’aristocrazia agraria. Alla Camera dei Comuni, cuore politico del
Paese, sedevano rappresentanti delle contee, quindi del mondo rurale con le sue
gerarchie nobiliari consolidate, e rappresentanti delle città (boroughs). Ma l’eletto-
rato urbano era estremamente ristretto e oltretutto, attraverso i sistemi clientelari,
poteva essere facilmente controllato dalle vecchie classi dirigenti.
I tories, poi, potevano contare sul fatto che la mappa delle circoscrizioni elettorali
consentiva che fossero rappresentate alla Camera dei Comuni solo le città che esi-
stevano nel Cinquecento, alcune delle quali ormai spopolate, e non quelle, invece,
cresciute con la Rivoluzione industriale. Essendo il corpo elettorale estremamen-
te ristretto, accadeva che in questi «borghi putridi» (rotten boroughs) pochissime
decine di elettori, controllabili uno per uno dalla vecchia classe dirigente, eleg-
gessero un deputato, ovviamente rappresentante della stessa famiglia dominante.
Questo sistema politico era un relitto del passato, e la paura della Rivoluzione
francese l’aveva perpetuato malgrado le sollecitazioni dello sviluppo economico e
sociale. Così dopo la morte nel 1806 di William Pitt «il Giovane» ( ▶ cap. 7, par. 6),
erano rimasti al potere i tories, rappresentanti degli interessi agrari, guidati da
Robert Peel. Ma nel 1830 andarono al governo i whigs, che, due anni dopo, riu-
scirono a far approvare la riforma elettorale che il Paese attendeva da decenni. In
questo modo vennero allargate le circoscrizioni elettorali, che inclusero i centri
urbani di più recente formazione, e fu esteso, anche se non di molto, il diritto di
voto. Accedevano al potere le nuove classi dirigenti industriali, grandi protagoni-
ste della trasformazione economica e sociale del Paese.

La modernizzazione della politica


Un altro aspetto che contribuì alla modernizzazione politica inglese fu la nascita
del Civil Service, la «funzione pubblica». Prima, le cariche amministrative, soprat-
tutto su base locale, venivano assegnate alle clientele delle famiglie che detenevano
il potere. Questo aveva costituito il sistema del patronage («patronato»): da un lato
protezione, dall’altro obbedienza, base elettorale e fedeltà. L’aristocratico distribuiva
cariche pubbliche e in questo modo si assicurava il controllo del proprio territorio.
Da questo punto di vista l’Inghilterra era molto più arretrata della Francia, che
grazie alla Rivoluzione possedeva già un’amministrazione statale moderna. A par-
tire dagli anni Trenta, però, questa prassi venne progressivamente sostituita dal
sistema dei concorsi pubblici, che selezionavano i funzionari dello Stato in base
alle capacità.
Nell’ambito economico, il passo definitivo verso il raggiungimento di un siste-
ma liberista fu l’abolizione dei dazi sul grano importato dall’estero, introdotti nel
1815 dal governo tory, dazi che consentivano agli agrari inglesi di vendere il pro-
prio grano a un prezzo più alto rispetto alla concorrenza americana.
A partire dal 1838, con la creazione della Anti-Corn Law League, guidata dal libe-
rale Richard Cobden, si costituì in Inghilterra un vasto movimento d’opinione fa-
vorevole all’eliminazione del protezionismo sul grano nazionale. Nel 1841, sotto la
pressione dell’opinione pubblica, e preso atto che ormai solo lo sviluppo industriale

469
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

e commerciale era in grado di assicurare all’Inghilterra la supremazia mondiale, il


tory Robert Peel decretò la fine del regime protezionistico, dando il via all’era del
liberismo economico.
Il sistema politico inglese era ormai così evoluto, così consolidato nelle proprie
regole, che la modernizzazione poté avvenire senza strappi. I due tradizionali schie-
ramenti politici, tory e whig, che nel Seicento si erano scontrati intorno ai grandi
temi ideali e nel Settecento erano diventati soprattutto espressioni di clientele ri-
vali, divennero progressivamente formazioni partitiche moderne, con organizza-
zioni di base ramificate, capaci di elaborare e di illustrare programmi di governo
alternativi; ma al tempo stesso, le due parti erano disposte anche a convergere sul-
le grandi riforme necessarie al mantenimento del controllo politico e dell’ordine
pubblico da parte dell’élite dirigente. I due partiti, tory e whig, cominciarono allora
a chiamarsi «conservatore» e «liberale», e impararono a competere nel rispetto
delle regole dettate dalla classe politica al potere.
La classe dirigente inglese si componeva di un misto di aristocrazia agraria e
di borghesia capitalista, all’interno di un regime fortemente classista in cui, anche
dopo il 1832, era ammesso al voto appena un milione di elettori. Si concludeva così
una lunga trasformazione che aveva prodotto il prototipo di quel sistema parlamen-
tare al quale progressivamente tutti gli altri Paesi europei si sarebbero adeguati.

Il regno della regina Vittoria


Nel 1837 salì sul trono la regina Vittoria, che vi sarebbe rimasta fino al 1901. Il suo
lunghissimo regno – l’«età vittoriana» – coincise con l’età aurea della potenza in-
glese. Lo sviluppo economico travolgente cominciava a portare qualche migliora-
mento nelle condizioni di vita delle masse lavoratrici, le tensioni sociali calarono
con gli anni e la potenza imperiale del Paese crebbe incontrastata.

L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA POLITICO INGLESE

• maggioranza nella Camera dei Comuni


Predominio
• tories rappresentanti degli interessi agrari
dell’aristocrazia
• circoscrizioni elettorali ristrette (non si teneva conto
terriera
dei centri urbani sorti con la Rivoluzione industriale)

Whigs al governo • riforma elettorale (allargamento delle circoscrizioni)


(1830) • apertura verso le nuove classi dirigenti industriali

• nascita del Civil Service


Modernizzazione
• introduzione dei concorsi pubblici per i funzionari,
del sistema
a sostituire la distribuzione di cariche da parte degli
politico
aristocratici

Consolidamento • abolizione dei dazi sul grano


del sistema • fine del regime protezionistico e inizio del liberismo
liberista economico con il tory Robert Peel

Evoluzione dei • tories conservatori


due partiti • whigs liberali

470
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

Fu un’epoca di trionfo dei valori borghesi dell’autodisciplina, del lavoro, dell’au-


sterità, di una morale sessuale fortemente disciplinata, del senso di profondo or-
goglio identitario e di superiorità culturale e razziale dei sudditi britannici, per-
fettamente incarnati dalla figura stessa della monarca. Tuttavia, la cosiddetta «età
vittoriana» non fu riconducibile soltanto a questo paradigma: si trattò infatti di
un’epoca, per quanto dominata dal moralismo e da una certa convenzionalità, ca-
ratterizzata da importanti cambiamenti a livello politico e sociale e da un vivace
fermento culturale.
Tuttavia, fu anche una lunga epoca di sconfitte del nascente movimento ope-
raio. Nel 1838 un’associazione operaia londinese redasse una «Carta del popo-
lo» in cui si chiedevano il suffragio universale maschile, il voto segreto e uno sti-
pendio per i deputati, che permettesse anche ai non benestanti di essere eletti alla
Camera dei Comuni.
La cerimonia
di incoronazione L’anno seguente il Parlamento respinse il programma «cartista», dopo aver-
della regina Vittoria lo preso in considerazione, e deliberò lo scioglimento del movimento. Quest’ul-
d’Inghilterra nella timo allora passò all’azione provocando momenti di scontro anche duro con le
Cattedrale di
Westminster il forze dell’ordine. Ma il dominio delle classi dirigenti in Inghilterra era troppo
28 giugno 1838. forte e il cartismo si esaurì in un decennio, fino alla sua ultima fiammata nel
Dipinto di George 1848: la classe operaia inglese, la prima e la più importante del mondo, sareb-
Hayter del 1839.
Londra, Buckingham be restata paradossalmente emarginata dalla nascita del movimento socialista
Palace. ( ▶ cap. 17, par. 4).

471
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

5 Il 1848 in Francia
Le due classi protagoniste del 1848:
la classe media e la classe operaia
Protagoniste dei risvegli nazionali, che contrassegnarono questo periodo un po’
dovunque in Europa, furono le classi medie: le borghesie delle professioni libe-
rali, gli intellettuali, gli studenti, i militari, i preti, ma anche artigiani e commer-
cianti. Parallelamente, la trasformazione capitalista che ormai stava investendo
le principali città europee faceva nascere anche una classe operaia spesso estra-
nea a questi processi di nazionalizzazione, ma tendenzialmente internaziona-
lista e socialista.
Nel 1848 diverse componenti sociali – le borghesie nazionaliste e liberali e la
classe operaia democratica e socialista –, spinte da una violenta crisi economica
congiunturale, diedero vita a un grande movimento rivoluzionario che attraver-
sò tutta l’Europa occidentale e centrale. Questa grande ondata rivoluzionaria ebbe
successi molto effimeri, perché la sua componente operaia e socialista era ancora
molto debole, mentre quella liberale e borghese si spaventò delle novità politiche
e sociali che stavano emergendo. In realtà, la trasformazione in senso capitalista
delle società non era ancora sufficientemente avanzata e le nuove forze produttive
non erano in grado di sostenere uno sviluppo in senso democratico delle istituzio-
ni. Tuttavia, la rivoluzione europea del 1848 contribuì alla formazione politica e
ideale di un’intera generazione di democratici, il cui apporto fu in seguito essen-
ziale alla formazione dei moderni Stati costituzionali.

La politica repubblicana dei liberali e la nascita


del movimento operaio
La culla della rivoluzione del 1848 fu ancora una volta la Francia. Questo contrad-
diceva l’idea mazziniana che la Rivoluzione del 1789 avesse esaurito la sua spinta
ideale e che ormai il testimone fosse passato ai popoli oppressi. Stava invece per
essere raccolto da un nuovo soggetto collettivo: la classe operaia. Tuttavia, a metà
dell’Ottocento, questo passaggio era ancora prematuro, e la direzione rivoluzio-
naria rimase nelle mani inesperte di intellettuali che ben poco avevano a che fare
con le trasformazioni sociali in corso.
Luigi Filippo d’Orléans era un re borghese. Aveva invitato i francesi ad «arric-
chirsi» e aveva cercato di favorire le iniziative della borghesia limitando l’interven-
to dello Stato nello sviluppo economico. Egli si era però appoggiato soprattutto al-
la borghesia finanziaria e bancaria – oltre che alla classe dei grandi latifondisti –,
mentre trascurava il settore imprenditoriale, che stentava a decollare. Delusi da
tale politica, i liberali erano sempre più propensi a promuovere una politica in sen-
LESSICO so repubblicano. Essi chiedevano il suffragio universale maschile, un regime par-
Imposta sul reddito
Tassazione imposta
lamentare in cui il governo rispondesse alle Camere, l’istruzione elementare ob-
sul reddito del singolo bligatoria e l’imposta sul reddito.
lavoratore in base al suo Oltre all’opposizione liberale repubblicana, ce n’era ormai un’altra più a sinistra,
guadagno o al possesso
di eventuali altri beni
detta «socialista» o anche «comunista», legata al nascente movimento operaio. I
(immobili, partecipazione socialisti chiedevano la creazione di un movimento cooperativo e la nazionalizza-
a società di produzione zione delle principali industrie. Inizialmente erano in accordo su molti punti con
ecc.).
i repubblicani, ma sarebbero ben presto emersi elementi di grave dissenso.

472
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

La «Seconda Repubblica»
All’inizio del mese di febbraio del 1848 il governo francese persisteva nel non vo-
ler concedere la riforma elettorale e l’opposizione organizzava manifestazioni di
protesta che assumevano la forma di discorsi pronunciati in occasione di banchetti
(un modo per aggirare il divieto di indire riunioni pubbliche). I deputati repubblica-
ni prendevano la parola in quella che venne definita la «campagna dei banchetti».
Il 22 febbraio il governo vietò l’ennesimo banchetto, provocando il giorno dopo i
primi scontri fra l’esercito e la Guardia nazionale, cioè la milizia borghese residuo
della rivoluzione del 1830, che si rifiutò di obbedire al governo. Quest’ultimo si di-
mise, mentre l’esercito sparava, causando una ventina di morti, e la folla reagiva al
grido «Viva la Repubblica», invadendo l’aula del Parlamento e provocando la fuga
di Luigi Filippo. La rivoluzione si era svolta quasi senza colpo ferire.
Il 24 febbraio si formò un governo provvisorio di repubblicani e socialisti che
diedero vita così alla «Seconda Repubblica» (la prima era stata quella del 1792),
caratterizzata da due contrastanti anime politiche. Una moderata, borghese e
piccolo-borghese, cioè rappresentativa dell’opinione liberale e repubblicana ma
anche di modesti commercianti, per la prima volta dopo cinquant’anni chiamati
all’esercizio dei diritti politici. L’altra socialista, rappresentativa dei lavoratori po-
veri e spesso disoccupati, a cui l’incipiente Rivoluzione industriale in Francia ave-
va fatto perdere tutto.
Fra i piccolo-borghesi e gli operai vi era una differenza fondamentale, tipica del-
la civiltà industriale che, in Francia, si stava allora avviando. I primi avevano una
piccolissima proprietà da difendere, dalla quale dipendeva la loro stessa sopravvi-
venza. Gli operai non possedevano più nulla e potevano vivere solo se l’economia
si sviluppava o, in periodo di crisi, se lo Stato li proteggeva, assicurando il lavoro.
Il diritto al lavoro divenne quindi la prima rivendicazione delle classi povere, che
lo consideravano più importante della tutela del diritto alla proprietà e dell’uso
della terra, cioè di quella «riforma agraria» che per secoli era stata richiesta dalle
masse popolari.

Il fallimento degli «opifici sociali» e la rivoluzione operaia


Il principale rappresentante socialista nel nuovo governo, convinto assertore del
ruolo dello Stato nell’economia, fu Louis Blanc, secondo il quale il mercato non so-
lo rovinava gli operai, ma distruggeva anche la piccola e media impresa a vantag-
gio esclusivo del grande capitale. Nasceva con Blanc il nucleo del programma della
sinistra moderata, poi chiamata «socialdemocratica» ( ▶ cap. 17, par. 4). Lo Stato
quindi doveva creare degli ateliers sociaux («opifici sociali»), imprese pubbliche
capaci di garantire il lavoro ai disoccupati e di contrastare la logica del profitto. Lo
Stato datore di lavoro doveva incaricarsi di costruire la difficilissima alleanza de-
gli operai con la piccola e perfino con la media impresa, cioè tra chi non ha nulla e
LESSICO chi ha poco, entrambi minacciati da chi ha tutto.
Impresa pubblica Blanc, da ministro, varò l’apertura degli «opifici nazionali», allo scopo di dare
Impresa sorta da lavoro ai disoccupati, impiegandoli in opere di pubblica utilità. Ben presto, però,
un’iniziativa diretta dello
Stato, volta a sostenere
negli ateliers parigini si contarono più di 100.000 lavoratori, a cui non si sapeva
settori produttivi quali lavori affidare, che costavano carissimo alle casse dello Stato e che, deboli
scarsamente redditizi e minacciati, furono facile veicolo di corruzione e di ogni propaganda estremista.
e di difficile gestione.
Così in soli tre mesi si consumò un dramma destinato a diventare classico della

473
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

sinistra europea: la piccola borghesia cominciò a odiare gli operai, che le appari-
vano fannulloni e parassiti che vivevano a spese del contribuente, e gli operai a
detestare i piccolo-borghesi, presunti traditori dell’unità del popolo e asserviti al-
la grande borghesia.
F2 La classe operaia in In giugno gli ateliers sociaux furono chiusi e ai 100.000 disoccupati si offrì l’al-
Francia nel 1848, p. 488 ternativa di arruolarsi nell’esercito o di andare a fare i braccianti nelle campagne
a sud di Parigi. «Pane e lavoro» diventò allora la parola d’ordine di una nuova ri-
voluzione, scoppiata nel giugno del 1848, che fu stroncata dalle forze armate. Per
alcuni giorni divampò a Parigi una vera guerra civile, che lasciò sul terreno 5000
morti. La rivoluzione ebbe termine, tornarono i governi autoritari, tornò la censu-
ra, e i socialisti furono estromessi dal governo, molti di loro incarcerati. Spaventa-
to dal disordine, il popolo francese, in maggioranza, si rifugiò sotto la protezione
di una destra che di nuovo riscuoteva crescenti consensi, e così alla fine dell’an-
no le elezioni presidenziali furono vinte da Luigi Napoleone Bonaparte, figlio di
un fratello dell’imperatore, che tre anni dopo avrebbe realizzato un colpo di Stato
( ▶ cap. 14, par. 1).

LA RIVOLUZIONE DEL 1848 IN FRANCIA

Opposizione contro il re
liberali repubblicani socialisti
borghese Luigi Filippo d’Orléans

• suffragio universale «campagna • creazione di


maschile dei banchetti»: un movimento
• istruzione elementare manifestazioni di cooperativo
obbligatoria protesta poi vietate dal • nazionalizzazione
• imposta sul reddito governo (febbraio 1848) delle industrie

• scontri tra l’esercito e la Guardia nazionale


• fuga di Luigi Filippo

nascita della Seconda Repubblica


(24 febbraio 1848)

• contrasti tra moderati piccolo-borghesi e socialisti


• disoccupazione e povertà
• esperienza fallimentare degli ateliers sociaux (Louis Blanc)
• rivoluzione di giugno stroncata dall’esercito

la popolazione, spaventata dai disordini, elegge


il conservatore Luigi Napoleone Bonaparte

474
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

6 Il 1848 in Italia
e la Prima guerra d’indipendenza
Dai moti di Palermo allo Statuto albertino
A partire dal 1846, la situazione politica italiana sembrò volgere rapidamente in
senso unitario e liberale. Nel giugno di quell’anno era stato eletto papa, con il no-
me di Pio IX, Giovanni Mastai Ferretti, un cardinale poco più che cinquantenne,
generalmente stimato per il suo equilibrio. Pio IX, appena eletto, liberò i prigionieri
politici, concesse la libertà di stampa, fece entrare dei laici negli organi di gover-
no dello Stato della Chiesa e istituì inoltre due Camere, per l’attività legislativa e
l’approvazione del bilancio statale.
Queste riforme suscitarono l’entusiasmo dei nazionalisti liberali italiani, che
subito lo videro a capo di quella confederazione italiana immaginata da Gioberti.
Sul trono dei Savoia sedeva in quel momento Carlo Alberto, succeduto nel 1831
a Carlo Felice e visto come un liberale perché da giovane si era fatto addirittura
coinvolgere nei moti carbonari del 1820-21 ( ▶ cap. 11, par. 6). La presenza di que-
ste due personalità contribuì ad accendere le speranze degli italiani e a stimolare
lo scoppio di una serie di rivolte in tutta Italia.
La prima scintilla dei moti del 1848 in Italia scoccò a Palermo, dove i liberali
insorsero il 12 gennaio (in anticipo di un mese rispetto alla rivoluzione parigina),
ottenendo in brevissimo tempo la liberazione della città e di tutta la Sicilia dalle
truppe borboniche. Dopo qualche settimana la rivoluzione scoppiò a Vienna, a Praga,
a Budapest, a Berlino e a Milano: la vecchia Europa cadeva come un castello di carte.
Nemmeno un mese dopo l’inizio della rivolta nel suo regno, Ferdinando II con-
cesse una Costituzione, seguito a ruota da Carlo Alberto, che l’8 febbraio annunciò
lo Statuto albertino, poi ereditato dal Regno d’Italia e rimasto in vigore fino alla
Seconda guerra mondiale. Il 17 febbraio l’esempio fu seguito anche dal grandu-
ca di Toscana, il 14 marzo da Pio IX. Gli avvenimenti si susseguivano in maniera

La rivolta
di Palermo il
12 Gennaio 1848.
Stampa dell’epoca.
Roma, Museo del
Risorgimento.

475
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

concitata e gran parte dell’Italia sembrava scivolare senza traumi nel costituziona-
lismo moderato, come il Belgio e la Svizzera. Ma diversamente che in Belgio e in
Svizzera, in Italia erano in gioco gli interessi dell’Austria e dietro all’insurrezione
liberale si profilava la minaccia della rivoluzione democratica e repubblicana, an-
che se in Italia non sembrava imminente il rischio di una rivoluzione proletaria,
come quella che si verificò in Francia a giugno ( ▶ par. 5).

La Prima guerra di indipendenza italiana


La presenza austriaca nell’Italia settentrionale rappresentava il principale ostaco-
lo alle possibilità di un processo di unificazione. Approfittando della rivoluzione
scoppiata da pochi giorni a Vienna, il 17 marzo insorse Venezia. Il 18 fu la volta di
Milano, dove la popolazione diede vita alle gloriose «Cinque giornate», costrin-
gendo la guarnigione militare austriaca del maresciallo Radetzky ad abbandonare
la città. I rivoluzionari milanesi fecero allora appello al vicino Regno di Sardegna,
dove Carlo Alberto – spinto anche dall’ambizione di espandere i propri territori –
fu trascinato dall’opinione pubblica liberale e democratica a prendere le armi per
la liberazione di tutta l’Italia.

LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA

SVIZZERA IMPERO D’AUSTRIA

Milano Brescia Vicenza


Boffalora 1848 1849 1848
1849
Novara Verona
Peschiera Custoza Venezia
Goito LOMBARDO-VENETO REPUBBLICA
Torino Mantova Legnago marzo 1848 - agosto 1849
REGNO Curtatone Montanara
DI DUCATO
SARDEGNA DI PARMA
Genova DUCATO
DI MODENA Bologna
Ravenna
REPUBBLICA
DI SAN MARINO
Mar
Adriatico
1848 Ancona
Firenze
1849 GRANDUCATO
Livorno
DI TOSCANA

Insurrezioni e governi STATO


provvisori DELLA
Leggi la carta Esercito piemontese CHIESA
• Individua le città Esercito austriaco
dove ebbero luogo le Repressioni austriache ra
F

nc
insurrezioni. esi onici
Interventi contro Borb
1849 REGNO
• Quali potenze la Repubblica Romana Roma DELLE
intervennero Fuga di Garibaldi Mar REPUBBLICA ROMANA DUE SICILIE
per abbattere (1849) Tirreno febbraio-agosto 1849
la Repubblica Battaglie
Romana?

476
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

La principessa Cristina di Belgiojoso (1808-71), che aveva


LE FONTI
partecipato alla vita politica della Milano liberata dagli austriaci,
Venezia al rientro in città di questi ultimi riparò in Francia. Qui pubblicò
insorge alcuni scritti sulle rivoluzioni lombarda e veneziana, avvalendosi
del racconto di diversi testimoni.

[…] All’improvviso la scena, fin là quasi scherzosa, assunse un tono più


serio. Coloro che avevano pensato di guidarlo, si videro sorpassati dal
popolo. Il moto, che sembrava l’ultimo passo della resistenza legale,
finiva con grande sorpresa: il tumulto si trasformava in rivoluzione.
Le grida «viva la costituzione» risuonavano ancora quando, tutt’a un
tratto, una voce formidabile, questa volta la vera voce del popolo, lanciò
un grido inaspettato «abbasso il governo!» e mille voci lo ripeterono
immediatamente. Da quel momento, l’atteggiamento della folla, fino ad
allora incurante e beffardo, mutò in fosca esaltazione. Il grido appena
udito rispondeva a tutte le sue passioni, risvegliava tutti i suoi motivi di
collera. Non si trattava più di qualche concessione illusoria: si trattava
dell’indipendenza stessa, era la grande lotta dell’Italia contro l’Austria
che ricominciava, e che si prendeva Venezia come palcoscenico.
(da C. Trivulzio di Belgiojoso, Capi e popolo. Il Quarantotto a Venezia, Spartaco,
Santa Maria Capua Vetere 2005, pp. 49-50)

Il 23 marzo scoppiò così la Prima guerra d’indipendenza ( ▶ carta). La situazio-


ne iniziò però fin da subito a complicarsi. Pio IX escluse la possibilità di entrare in
guerra contro l’Austria, in quanto Paese cattolico, e quindi di assumere la guida di
un’eventuale confederazione italiana, limitandosi, come il granduca di Toscana e
il re delle Due Sicilie, a inviare qualche debole contingente o ad autorizzare l’ar-
ruolamento di volontari. Da parte sua Carlo Alberto si dimostrò titubante e stretto
in mezzo a due fuochi: da un lato le difficoltà connesse a uno scontro diretto con
l’Austria e dall’altro, se ciò non fosse avvenuto, il rischio di un’eventuale rivoluzio-
ne democratica, magari sostenuta dalla Francia rivoluzionaria, che avrebbe porta-
to a un accerchiamento del Regno sabaudo. Egli si affrettò dunque a sostenere che
l’Italia era «in grado di far da sé».
Ma non era vero, perché senza un aiuto esterno, i liberali non potevano eser-
citare nessuna azione davvero efficace. D’altra parte i tentativi di Carlo Alberto di
coinvolgere fino in fondo gli altri Stati italiani nella guerra andarono a vuoto. In-
fatti, l’unico che poteva guadagnare qualcosa in caso di vittoria era lo stesso Stato
sabaudo, mentre il granduca di Toscana, il re delle Due Sicilie e il papa non ave-
vano alcun interesse a spianare la strada a un’egemonia piemontese sulla politica
italiana. Così, alla fine di aprile, Pio IX fu il primo a ritirarsi dalla guerra, subito se-
guito da Leopoldo II e da Ferdinando II. Ad affiancare l’esercito sabaudo rimasero
alcune formazioni volontarie guidate da un personaggio destinato a un grande
avvenire, Giuseppe Garibaldi (1807-82), e le truppe del generale pontificio Gio-
vanni Durando e del napoletano Guglielmo Pepe, che non avevano obbedito agli
ordini che erano stati loro impartiti.
I piemontesi avanzarono molto rapidamente in un Lombardo-Veneto che si era
liberato da sé, sconfiggendo in maggio gli austriaci a Goito e a Peschiera, ma tra il

477
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

IL 1848 IN ITALIA

Gennaio: rivolta a Palermo


febbraio: Ferdinando II di Borbone concede la Costituzione
contro i Borbone

febbraio-marzo: lo seguono Carlo Alberto di Savoia


(Statuto albertino), Leopoldo II di Toscana, papa Pio IX

17 marzo: insurrezione a Venezia


contro gli austriaci
richiesta di aiuto al Regno di Sardegna da parte
dei milanesi contro gli austriaci
18-22 marzo: «Cinque giornate»
di Milano

23 marzo: inizio della Prima aprile: Pio IX, Leopoldo II e Ferdinando II non partecipano
guerra di indipendenza contro alla guerra
l’Austria

maggio: successi piemontesi contro gli austriaci a Goito


e Peschiera

23-25 luglio: sconfitta dei piemontesi a Custoza

Luglio: armistizio con l’Austria l’Austria riprende il controllo del Lombardo-Veneto

23 e il 25 luglio i piemontesi furono battuti a Custoza e dovettero ripiegare, eva-


cuando Milano e vedendosi costretti a chiedere un armistizio. Benché le truppe di
Carlo Alberto fossero ancora integre, si verificò il crollo totale dei governi liberali e
dell’intero progetto moderato di un’unificazione dell’Italia in senso confederale. Del
resto, all’interno della stessa classe dirigente piemontese si temeva che un’eventuale
annessione avrebbe finito per portare la capitale da Torino a Milano. Dietro al nazio-
nalismo si affacciava quindi il tradizionale particolarismo italiano, e dietro al pro-
gressismo costituzionalista il conservatorismo delle vecchie classi dirigenti. Mi-
nata profondamente da queste contraddizioni e priva di uno schieramento unitario
nazionale, la Prima guerra d’indipendenza si concluse con un fallimento.

Le rivolte nell’Impero austriaco e in Prussia


Nella primavera del 1848, le ripercussioni della rivoluzione in Francia portarono
alla concessione di libertà costituzionali in numerosi Stati della Germania occi-
dentale, oltre che in Italia. Produssero anche vere e proprie insurrezioni, non solo
a Milano ma in tutte le maggiori capitali dell’Europa centrale; tuttavia, a partire
dall’estate, fu proprio il trionfo della destra francese, culminato alla fine dell’anno
nell’elezione di Luigi Napoleone, a incoraggiare i governi a reprimere i moti rivo-
luzionari. Parigi rappresentò dunque il punto di riferimento degli eventi del 1848:
lì la rivoluzione esplose, lì venne sconfitta.
Anche a Vienna, il 13 marzo, scoppiarono violenti disordini causati dall’ennesi-
mo rifiuto di Metternich di discutere qualunque tipo di riforma. Si ebbero scontri
con l’esercito e l’imperatore Ferdinando I promise una costituzione e la libertà di

478
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

stampa. Si aprì una fase prudentemente liberale, che nel corso dell’estate si radica-
lizzò, fino a provocare la fuga della corte dalla capitale, ma già alla fine di ottobre
l’esercito interveniva, schiacciando i radicali e gli operai insorti e sottoponendo la
città a una durissima repressione.
Lo stesso era avvenuto a Praga, dove un movimento al contempo liberal-nazio-
nale e socialista, che chiedeva l’indipendenza della Boemia, era stato stroncato
in giugno dall’esercito austriaco, che aveva imposto al Paese lo stato di assedio.
Ancora più drammatica fu la sorte dell’Ungheria, come la Boemia percorsa da
un moto indipendentista, ma non disposta a riconoscere le analoghe aspirazioni
di serbi, rumeni, slovacchi e dei croati, i più accesamente separatisti. I nazionali-
sti liberali ungheresi, guidati da Lajos Kossuth, dichiararono l’indipendenza nella
primavera del 1848 e riuscirono a resistere fino all’estate del 1849. Vienna mobilitò
contro di loro le altre nazionalità dell’Impero e in particolare la Croazia, soggetta
alla corona ungherese e frustrata da Budapest, che fornì le truppe più fedeli alla
repressione austriaca. L’Austria comunque dovette far appello anche alla Russia
per avere ragione della resistenza ungherese. Come l’Italia e la Polonia, l’Ungheria
divenne uno dei tragici simboli della libertà nazionale oppressa.
A Berlino la rivoluzione scoppiò fin dal marzo del 1848 e costrinse Federico
Guglielmo IV a concedere una Costituzione che prevedeva addirittura, come in
Francia e in Svizzera, il suffragio universale. La capitale prussiana era ormai una
grande città industriale e qui, più che a Vienna, il movimento operaio cominciava
ad avere una certa consistenza. Sorse infatti un «comitato centrale dei lavoratori»,
che organizzò congressi sindacali di categoria. Anche Berlino rimase però isolata
e abbandonata alla repressione militare, che affogò nel sangue l’insurrezione già
in settembre. Nel tentativo di giungere alla formazione di una Germania unitaria
e costituzionale era stato poi creato a Francoforte un Parlamento (Landtag), com-
posto perlopiù di intellettuali e autorizzato dai vari Stati tedeschi. Esso per tutta

Una sessione
dell’Assemblea
nazionale tedesca
a Francoforte
nel maggio del 1848.
Stampa dell’epoca.

479
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

la seconda metà del 1848 lavorò su un programma politico che non aveva affatto i
mezzi per realizzare, mentre dovunque la rivoluzione vacillava o veniva schiacciata.
Nel 1849 offrì la corona della Germania unita al re di Prussia Federico Guglielmo
IV, che la rifiutò sprezzantemente.
Dagli avvenimenti del 1848-49 i liberali e i democratici tedeschi uscirono perciò
completamente sconfitti: non avrebbero svolto alcun ruolo nel processo di uni-
ficazione nazionale, che da allora in poi sarebbe stato condotto dalla Prussia. An-
che le rivoluzioni di Parigi e di Vienna, di Milano e di Praga rimasero sole di fronte
alla repressione, isolate dal resto del Paese e soprattutto dalle masse contadine. E
quando si ritornò a votare vinsero i partiti dell’ordine e della tradizione.

La seconda ondata di moti in Italia


In Italia la sconfitta subita dal Piemonte nella guerra contro l’Austria, nell’estate
del 1848, aveva enormemente indebolito il costituzionalismo moderato. I sovrani,
che avevano concesso le costituzioni si affrettarono a revocarle, ad eccezione dello
Statuto albertino in Piemonte. Resisteva all’assedio austriaco Venezia, che aveva
ripristinato la millenaria repubblica, ora democratica e guidata dal rivoluzionario
Daniele Manin, e rimaneva l’indipendenza della Sicilia, dove la rivoluzione era iniziata.
La Sicilia costituiva un caso per certi aspetti a sé stante. Alla rivoluzione avevano
preso parte infatti anche bande irregolari nelle campagne: un mondo di resisten-
za contadina a metà strada fra guerriglia politica, lotta per la terra e criminalità. Di
fatto, a guidare la politica siciliana dopo la cacciata dei Borbone era ancora la vec-
chia classe dirigente indipendentista, espressione degli interessi dell’aristocrazia:
si trattava in sostanza di quelle stesse forze politiche che, quarant’anni prima, ave-
vano ottenuto dagli inglesi la Costituzione del 1812 e che avevano diretto i moti

Daniele Manin
proclama
la Repubblica
di San Marco
il 22 marzo 1848.
Stampa dell’epoca.
Venezia, Museo
del Risorgimento.

Leggi l’immagine
• Nel dipinto
compaiono due
tipi diversi di
bandiere: che cosa
rappresentano?
• Sai dire in quale
luogo di Venezia
si sta svolgendo
la scena?

480
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

separatisti del 1820. Dopo la definitiva sconfitta del Piemonte, la Sicilia non poté
comunque più opporre resistenza al ritorno delle truppe borboniche.
La rivoluzione conobbe però in Italia un improvviso ritorno di fiamma nel no-
vembre del 1848, quando venne assassinato il primo ministro dello Stato pontifi-
cio, Pellegrino Rossi, un politico di centro troppo reazionario per i liberali e troppo
liberale per i reazionari. Pio IX allora abbandonò Roma, in preda ai disordini pro-
vocati dall’antico rancore popolare contro il malgoverno dei cardinali. Gli insorti
S2 Le ambizioni proclamarono la Repubblica Romana, che rilanciava la rivoluzione in Italia, men-
mazziniane e i limiti
della Repubblica
tre in tutta Europa essa soccombeva sotto i colpi della repressione. Fu chiamato
Romana, p. 490 al governo Mazzini, che ne assunse la direzione insieme ad altri due «triumviri»,
e Roma divenne il punto di incontro di tutti i repubblicani rivoluzionari italiani, a
cui improvvisamente si offriva l’occasione insperata di condizionare politicamente,
spostandolo a sinistra, il progetto dell’unità italiana. Anche a Firenze il granduca
fu costretto all’esilio, e la Toscana diventò a sua volta una repubblica guidata dal
democratico Francesco Domenico Guerrazzi. Le Repubbliche Romana, Toscana e
Veneziana finirono così per costituire un importante polo democratico e repub-
Ripassa con la blicano, in grado di influire sull’Assemblea costituente che si voleva eleggere per
presentazione 1848: discutere il destino politico dell’Italia. Ma tutto dipendeva dall’esito del conflitto
il ritorno della rivolu-
zione in Europa e co-
fra Austria e Piemonte, interrotto dall’armistizio.
struisci una mappa in
cui metti in relazione: La sconfitta piemontese e la caduta delle Repubbliche
• le cause del 1848;
• la geografia delle
Di fronte al pericolo che l’esperienza romana, dominata dalla figura di Mazzini, ra-
insurrezioni; dicalizzasse in senso repubblicano il processo di unificazione del Paese e incorag-
• le Prima guerra giato dai numerosi focolai di rivolta che si erano aperti all’interno dell’Impero au-
d’indipendenza.
striaco, Carlo Alberto decise di riprendere le ostilità contro l’Austria. La guerra si

Il maresciallo
Radetzky e il re
Vittorio Emanuele
si incontrano
a Vignale dopo
la sconfitta sabauda
a Novara nel 1849.
Illustrazione di Eugen
Adam, XIX secolo.

481
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

riaccese nel marzo del 1849 e fu persa dopo soli quattro giorni con la battaglia di
Novara. Il Regno di Sardegna rinunciò momentaneamente al suo ruolo egemone
nella politica italiana e Carlo Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II
(1849-78), il futuro re dell’Italia unita.
S3 La fine della La rivoluzione democratica non aveva a questo punto più speranze. A Firenze
Repubblica Romana,
tornò il granduca, mentre alla resistenza di Venezia e Roma restava ormai soltan-
p. 491
to un valore di testimonianza ideale. Sotto i colpi dei francesi, che, con il governo
clericale di Luigi Napoleone, si erano ormai schierati a difesa del pontefice, Roma
cadde a metà luglio, Budapest un mese più tardi; Venezia fu riconquistata dagli
austriaci alla fine di agosto, dopo un lungo e drammatico assedio. Questa secon-
Leggi la carta
• Individua gli Stati in
da ondata rivoluzionaria, che investì l’Italia nel corso del 1849, si svolse quando
cui si verificarono dei le rivolte in Germania, a Praga, a Vienna e a Berlino erano ormai definitivamente
moti insurrezionali represse e ciò impedì all’Italia e ai suoi patrioti di ricevere aiuti e appoggio morale.
nel 1848 e vennero
Nel settembre, tutto era quindi tornato come prima e del grande incendio europeo
concesse delle
costituzioni. non restava altro che la forma repubblicana in Francia, ormai svuotata di qualun-
• Quali Stati europei que contenuto rivoluzionario. Il 1848 si concluse in tutta Europa con una sconfit-
non furono investiti ta, ma, di lì a poco, le forze liberali e democratiche sarebbero tornate ad occupare
dai moti del 1848?
la scena con altra forza.

LE INSURREZIONI EUROPEE DEL 1848


REGNO
DI NORVEGIA
REGNO
DI SVEZIA Riga
Mare
del Nord REGNO DI Mar
REGNO UNITO DANIMARCA Baltico
DI GRAN BRETAGNA
E IRLANDA REGNO DEI
Brema REGNO DI PRUSSIA
PAESI BASSI
Berlino
Amsterdam Hannover Posen
IMPERO
BELGIO Colonia POLONIA RUSSO
Francoforte Lipsia
Oceano Cracovia
Parigi Praga
Mannheim
Atlantico CONF. GERMANICA
REGNO
Nantes DI FRANCIA IMPERO D’AUSTRIA
Vienna Budapest
SVIZZERA
UNGHERIA
Lione REGNO DI
SARDEGNA Milano
Parma Venezia Bucarest
Torino
Genova Modena
REGNO DI Marsiglia Firenze STATO
PORTOGALLO DELLA
CHIESA
REGNO
DI SPAGNA Roma IMPERO OTTOMANO
REGNO
Napoli DELLE
DUE SICILIE
Mar Mediterraneo

Palermo
Paesi dove furono
concesse Costituzioni GRECIA
Insurrezioni

482
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |

Storia e Arte
Il romanticismo storico
L’arte romantica ha vissuto in stretto rapporto con la Hayez (1791-1882). Alcuni dei suoi dipinti, nei quali
storia e con le vicende contemporanee, traendo da gli ideali risorgimentali prendono forma in un passa-
esse ispirazione e facendosi strumento di denuncia to epico o lontano (per evitare la censura austriaca),
e propaganda, fino a dare vita a una vera e propria sono diventate icone di quel periodo storico. I Vespri
corrente pittorica denominata romanticismo storico. siciliani è il titolo di tre quadri realizzati tra il 1821 e il
Uno dei maggiori esempi di questa corrente è del pit- 1822, tra il 1826 e il 1827 e nel 1846. A essere rap-
tore francese Eugène Delacroix (1798-1863), La presentato è un accadimento apparentemente lontano
Libertà che guida il popolo (1830), che celebra le nel tempo e senza connessione con le vicende otto-
«Tre gloriose giornate» parigine. Delacroix rappresenta centesche, ovvero l’insurrezione dei Vespri siciliani,
la rivolta borghese in chiave simbolica come lotta per scoppiata a Palermo nell’ora del vespro del lunedì di
la libertà di tutte le classi sociali, incitate da una fi- Pasqua del 1282, contro gli Angioini. Di questo epi-
gura femminile che incarna la Libertà. sodio, Hayez ritrae un momento particolare, quello in
La donna, una donna del popolo, stringe nella mano cui un soldato francese, insinuando che una giovane
destra la bandiera repubblicana francese e porta sul portasse un coltello sotto le vesti, la oltraggia denu-
capo il berretto frigio, simbolo di libertà. Su uno sfon- dandole un seno. Gli uomini che sono intorno alla ra-
do cupo, i colori della bandiera spiccano, resi vivaci e gazza reagiscono immediatamente: mentre il marito
brillanti dalla luce che circonda la Libertà. la sostiene, il fratello della donna colpisce a morte il
Dopo la caduta di Carlo X il governo francese acqui- francese.
stò il dipinto, ma alcuni funzionari giudicarono la sua La rivolta dei Vespri siciliani diede inizio all’omonima
apologia della libertà troppo «incendiaria» e ne vieta- guerra e sancì la cacciata degli Angiò. Hayez riprende
rono l’esposizione in pubblico. Solamente dopo la ri- questo episodio per riferirsi alla necessità di liberare
voluzione del 1848, che porterà alla fine del regno di l’Italia dagli Asburgo. Lo fa identificando la patria con
Luigi Filippo, il divieto verrà revocato. la famiglia, offese entrambe nella libertà e nell’onore, e
In Italia, tra gli artisti che più di altri misero la propria utilizzando l’immagine di una giovane donna oltraggiata
attività a servizio della patria, è il pittore Francesco come personificazione della nazione offesa.

Collega e confronta
1. La rappresentazione
allegorica della Francia ha
una lunga storia iconogra-
fica; lavorando in gruppo,
cercate online le seguenti
opere d’arte ottocente-
sche: La Repubblica di
Honoré Daumier; La Mar-
sigliese, di François Rude;
Marianne, la statua che si
trova a Place de la Répub-
lique a Parigi. Mettetele
a confronto con il dipinto
di Delacroix: evidenziate
gli elementi di continuità
e di rottura nella rappre-
sentazione della figura
femminile.
La Libertà che guida
il popolo. Dipinto di
Eugène Delacroix del 1830.
Parigi, Museo del Louvre.

483
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

La rivoluzione di luglio in Francia prese piede anche in Russia e divenne


Nei primi decenni dell’Ottocento, la Francia viveva un utile strumento di oppressione del
una situazione di arretratezza industriale ed econo- potere zarista; in Spagna, infine, innervò il cosiddetto
mica, di instabilità politica e contrapposizioni tra la «carlismo», movimento formato da baschi e catalani
destra clericale legittimista e la sinistra liberale. Con ostili al potere centrale.
la morte del moderato Luigi XVIII nel 1824, il fratello
Carlo X impose una svolta reazionaria, limitò la libertà Il modello politico inglese
di stampa, instaurò la censura, attuò una riforma elet- nell’età vittoriana
torale censitaria. Nel 1830, dopo la vittoria dei liberali Nel 1830, con i whigs al governo, il sistema politico
alle elezioni, Carlo X sciolse la Camera e indisse nuove inglese, incancrenitosi in un clientelismo legato a un
elezioni, ma il popolo di Parigi reagì con l’insurrezio- ristretto corpo elettorale, fu rinnovato grazie alla ri-
ne delle «Tre gloriose giornate» (27-29 luglio), mise forma elettorale, che estendeva il diritto di voto e al-
in fuga il re e lo destituì. largava le circoscrizioni elettorali.
Al trono fu chiamato Luigi Filippo d’Orléans. In economia si abolirono i dazi sul grano importato,
si passò dal protezionismo al liberismo e la borghe-
I moti del 1831 in Italia sia capitalista acquisì sempre più potere come classe
e Giuseppe Mazzini dirigente, accanto all’aristocrazia terriera.
In Italia, nel 1831 i moti liberali scoppiati nello Stato Nel 1837 salì al trono la regina Vittoria, che vi restò
pontificio e nei ducati emiliani furono repressi. Nello fino al 1901, segnando la lunga età vittoriana, carat-
stesso anno, però, Giuseppe Mazzini, fondò la Giovine terizzata dal trionfo della potenza inglese e dalla na-
Italia, con l’idea di portare avanti un progetto politico scita del movimento operaio.
unitario, repubblicano e democratico e riscattare il
popolo oppresso; nel 1834 allargò questo progetto a Il 1848 in Francia
livello internazionale, con la Giovine Europa. Nel 1848, in Francia le tensioni sociali scoppiarono
La società italiana, in gran parte arretrata, però, non dopo una crisi economica congiunturale dando vita
fu un terreno fertile per le sue idee, che furono rac- a un’ondata rivoluzionaria guidata dalle borghesie
colte in parte solo nelle aree urbane e che ispirarono nazionaliste e liberali e dalla classe operaia demo-
moti rivoluzionari fallimentari come quelli dei fratelli cratica e socialista.
Bandiera e di Carlo Pisacane. In febbraio nacque la Seconda Repubblica e il mini-
Nell’ambito del Risorgimento, le alternative al pensie- stro Louis Blanc aprì gli «ateliers sociaux», inefficaci
ro mazziniano erano il liberalismo monarchico-costi- imprese pubbliche ideate per garantire lavoro ai di-
tuzionale (d’Azeglio, Vieusseux), il «neoguelfismo» soccupati.
(Gioberti, in parte Balbo) e il federalismo (Cattaneo, In giugno, però, le nuove proteste operaie furono sof-
Ferrari). focate dall’esercito e, di fronte al pericolo dei disor-
dini, i francesi elessero il conservatore Luigi Napole-
Nazionalismo liberale e nazionalismo one Bonaparte.
reazionario
Nella prima metà del XIX secolo in Europa si svilup- Il 1848 in Italia e la Prima guerra
pò un nazionalismo liberale, più moderato, pragma- d’indipendenza
tico e un nazionalismo reazionario, intollerante e ag- Nel 1848 a Palermo i liberali insorsero contro le truppe
gressivo. borboniche; in Piemonte, in Toscana e a Roma i sovra-
Nel 1830 il Belgio mise in atto una rivoluzione libera- ni concessero Costituzioni liberali; in marzo Venezia
le, ottenne l’indipendenza dall’Olanda e si diede una e Milano, teatro delle «Cinque giornate», cacciarono
Costituzione; la Svizzera, dopo una breve guerra civile gli austriaci.
tra cantoni cattolici e protestanti adottò una Costitu- Il 23 marzo scoppiò la Prima guerra d’indipendenza,
zione federale e istituì il suffragio universale maschile. ma il Regno di Sardegna non si dimostrò d’aiuto con-
Nella Confederazione germanica, invece, l’egemonia tro gli austriaci, che ebbero la meglio.
della Prussia portò all’affermazione di un nazionali- Nel novembre, infine, fu proclamata la Repubblica
smo autoritario, basato sulle presunte virtù razziali Romana, ma Luigi Napoleone intervenne e sconfis-
della stirpe germanica, e alla creazione dell’Unione se gli insorti.
doganale (1834). La stagione del 1848 si chiuse con la sconfitta dei de-
Il nazionalismo, declinato nel movimento «slavofilo», mocratici e dei liberali.

484
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

I MOTI DEL 1848

furono preceduti dalla furono preceduti dai furono preceduti dallo scoppiarono in
sviluppo del

rivoluzione di luglio moti liberali in Italia nazionalismo


Francia
in Francia (1830) (1831) .........................................

scoppiata dopo la repressi nei in dove le

......................................... • ..................................... tensioni sociali acuite


.........................................
di Carlo X • ..................................... dalla ...................

e culminata nelle e dall’azione politica di che sfociarono nella

«....................................» ......................................... • attuò una • rivoluzione guidata


(27-29 luglio 1830) rivoluzione liberale da borghesia e
(1830) .....................................
che • nascita della
• ottenne
che portarono alla l’indipendenza .....................................
dall’ .............................
• sviluppò un a cui seguirono
progetto
..................... di Carlo X politico unitario, e di un • esperimento fallimentare
repubblicano e degli «...................»
democratico • proteste operaie sedate
e all’ • fondò la ..................... nazionalismo dall’esercito
(1831) ......................................... • elezione del conservatore
• fondò la ..................... ...................
arrivo di ....................... (1834) nella
e in

e fu d’ispirazione per i ......................................... italia


.........................................
dove
moti dei ...................... in cui si affermò l’
e di ............................... • i liberali insorsero a ....................
• Piemonte, Toscana e a Roma
egemonia della ottennero .......................................
mentre altri nazionalismo • gli austriaci ebbero la peggio
proponevano idee nelle «.........................» di Milano
alternative
e fu creata l’
e la

• ..................................... Unione doganale Prima guerra


monarchico- (1834) d’indipendenza
costituzionale
• « ................................. » si risolse nella
• .....................................
vittoria .........................

anche per via del

mancato aiuto del ........................

485
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CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cosa significa clericalismo?
Date: 1848 • 1843 • 1831 • 1834 b. In che cosa consiste un’unione doganale?
Luoghi: Stato pontificio • Palermo • Belgio • c. Spiega il significato di neoguelfismo.
Parigi • ducati emiliani
NESSI E RELAZIONI
a. A ................................. i moti del 1830 portarono
sul trono Luigi Filippo. 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
b. Nel 1830, il ................................. si proclamò indi- a. A Parigi, nel febbraio del 1830, viene proi-
pendente dai Paesi Bassi. bito un banchetto elettorale.
c. Le insurrezioni del 1831 in Italia si concentrarono b. In Gran Bretagna, vengono abolite le
nei ................................. e nello ................................. . Corn Law.
d. Nel ................................. Mazzini e altri fondarono c. Nel 1848, i rivoluzionari milanesi insorgono
la Giovine Italia. e chiedono aiuto a Carlo Alberto.
e. Gli Stati di lingua tedesca diedero vita a 1. Si sancisce la fine del protezionismo.
un’unione doganale nel ................................. .
2. Scoppia l’insurrezione popolare e il Parlamen-
f. La prima città italiana ad insorgere nel 1848 to viene occupato dai manifestanti.
fu ................................. .
3. Carlo Alberto, seppur riluttante, decide
g. Vincenzo Gioberti pubblicò Del primato morale
di dichiarare guerra all’Austria.
e civile degli italiani nel ................................. .
h. Nel ................................. fu promulgato lo
Statuto albertino. COMPETENZE
ESPORRE ORALMENTE
EVENTI E PROCESSI
6 Rispondi alle seguenti domande.
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
a. Esponi le principali differenze fra nazionalismo
a. Quali conseguenze politiche ebbe l’assassinio liberale e nazionalismo reazionario.
del duca di Berry nel 1820?
b. Descrivi le due anime politiche della Seconda
b. Cosa accadde in Polonia dopo i moti del
repubblica francese.
1830?
c. Riassumi i principali lineamenti del pensiero
c. Quali furono le cause delle proteste parigine
mazziniano.
nei primi mesi del 1848?
d. Traccia un quadro complessivo degli esiti
d. In che modo si concluse la Prima guerra d’in-
dei moti del 1848 in Europa.
dipendenza?
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. SCRIVERE
a. V F Dopo le «Tre gloriose giornate» Luigi VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
Filippo fu dichiarato deposto da re di
Francia. 7 Nel 1848, il progetto del politico francese Louis
b. V F Nel progetto rivoluzionario mazziniano Blanc d’istituire delle imprese di Stato, gli ateliers
era previsto il suffragio universale. sociaux, aveva come scopo quello di sostenere
c. V F Daniele Manin prese parte alla Repub- l’occupazione e al contempo di sottrarre, allo
blica Romana nel 1848. sfruttamento, i lavoratori. Tali iniziative furono
d. V F Lo Zollverein era finalizzato a stimolare poi rilanciate nel corso del Novecento e diverse
la crescita economia degli Stati tedeschi. imprese statali sorsero in gran parte dei Paesi
europei: in Italia, ad esempio, l’ENI o l’ENEL,
e. V F Vittorio Emanuele II abdicò in favore del
figlio Carlo Alberto. oggi in buona parte privatizzate.
Ritieni giusto che sia lo Stato a doversi fare
f. V F Gli ateliers sociaux avevano lo scopo di
imprenditore o che debba essere lasciato spazio
ridurre la disoccupazione.
alla libera iniziativa privata? Scrivi un testo di
g. V F Nel 1848, i moti rivoluzionari si limitaro-
tipo argomentativo in cui esponi la tua opinione
no a Parigi, Palermo e Budapest.
a proposito, sostenendola con opportuni
h. V F In tutta Europa, all’indomani del 1848, le argomenti.
insurrezioni furono represse duramente.

486
Fonti e Storiografia
FONTI Mazzini e la fondazione della Giovine Europa
F1 In questo brano Giuseppe Mazzini racconta la fondazione della Giovine Europa, il 15
aprile 1834 a Berna, insieme ad altri profughi politici italiani, tedeschi e polacchi in
rappresentanza delle rispettive associazioni mazziniane nazionali. Le divergenze ideo-
logiche interne e le differenti realtà in cui si trovava a operare fecero sì che la Giovine
Europa fosse un punto di riferimento meramente ideale.

In Berna, tra le incertezze del futuro, le noie del presente e i frequenti richiami della po-
lizia […] stesi e stringemmo collegati – se la memoria non mi tradisce – in diciassette fra
Tedeschi, Polacchi e Italiani, il Patto di Fratellanza che doveva avviare il lavoro dei tre po-
poli a un unico fine.
L’ideale della Giovine Europa era l’ordinamento federativo della Democrazia Europea sotto
un’unica direzione, tanto che l’insurrezione di una Nazione trovasse l’altre preste a secon-
1 apostolato: l’opera di
chi dedica tutto sé stes- darla con fatti, o non foss’altro con una potente azione morale che impedisse l’intervento
so a diffondere verità re- ai Governi. Però statuimmo che in tutte si cercasse di costituire un Comitato Nazionale al
ligiose e, per estensio- quale si concentrerebbero a poco a poco tutti gli elementi di progresso repubblicano, e che
ne, anche dottrine morali,
sociali, politiche. tutti questi Comitati s’inanellassero per via di corrispondenza a noi come a Comitato Cen-
2 sovranità dell’indivi- trale Provvisorio dell’Associazione: […].
duo: il riferimento è all’e- Bensì io non poteva illudermi sul suo diffondersi regolarmente o sul suo raggiungere mai
sasperato individualismo
del liberalismo classico, un grado di forza compatta e capace d’azione. La sfera dell’Associazione era troppo vasta
che valorizza l’individuo per poter ottenere risultati pratici, e il bisogno d’una vera Fratellanza Europea richiedeva
e la sua libertà e tutela i tempo e lezioni severe per maturarsi fra i popoli.
suoi diritti inalienabili.
3 insurrezione lionese:
Io non tendeva che a costituire un apostolato1 d’idee diverse da quelle che allora corre-
a Lione, nel 1834, era- vano, lasciando che fruttasse dove e come potrebbe.
no insorti per la seconda Nuove a ogni modo, non nella sfera del pensiero, ma nelle associazioni politiche che s’a-
volta (la prima rivolta si
gitavano allora in Europa, erano di certo le idee della Nazionalità considerata come segno
ebbe nel 1831) i setaio-
li (detti Canuti). Se l’in- d’una missione da compiersi a pro dell’Umanità – della legge morale suprema sovra ogni
surrezione del 1831 era Potere e quindi dell’unità destinata a cancellare un giorno il dualismo fra le due podestà,
stata a sfondo economi-
spirituale e temporale – della Libertà politica definita in modo da escludere da un lato l’as-
co, nel 1834 si aggiun-
gevano le motivazioni surda teoria della sovranità dell’individuo2, dall’altro i pericoli dell’anarchia […].
politiche, in opposizione Fondammo il Patto della Giovine Europa sei giorni dopo l’insurrezione lionese3, tre do-
alla monarchia di Luglio. po la sconfitta, e mentre ogni speranza di moto francese sfumava4. Era la nostra risposta
4 ogni … sfumava: la
spinta eversiva della si- alla vittoria conseguita dalla monarchia repubblicana sul popolo che s’era illuso a credere
nistra francese si esau- in essa. Era, com’io la intendeva, una dichiarazione della Democrazia ch’essa viveva di vita
rì quando la monarchia propria, collettiva, europea e non dell’iniziativa d’un solo popolo, Francese o altro. […] L’i-
riprese il controllo sulla
città sulla periferia del dea, che le Nazionalità contrastate potrebbero impossessarsi un giorno dell’iniziativa per-
paese. duta e ricominciare sotto la loro bandiera il moto d’Europa, cominciò allora a diffondersi.
(da G. Mazzini, Note autobiografiche, Rizzoli, Milano 1986, pp. 250-252)

COMPRENDERE 1. Dove fu fondata e da chi la Giovine Europa?


2. Riassumi le finalità dell’associazione.
INTERPRETARE 3. Sottolinea nel testo tutte le parole che sono scritte con la maiuscola. Perché,
escludendo i nomi propri, l’autore sceglie questa grafia a tuo avviso?
VALUTARE 4. Perché la Giovine Europa non ottiene, secondo Mazzini, risultati pratici? Com-
menta le parole dell’autore, riflettendo sul contesto storico in cui si sviluppò.

487
Fonti e Storiografia

F2 La classe operaia in Francia nel 1848


Incaricato dall’Accademia delle scienze morali e politiche di Parigi, l’economista
Adolphe Blanqui pubblicò nel dicembre del 1848 una relazione sulle condizioni di vita
degli operai francesi nella quale illustra le realtà che resero possibile la grande mobi-
litazione francese del 1848.

La prima fra le cause che contribuì a dare una grandezza ed una importanza somma alla
questione del pauperismo delle regioni manufatturiere fu la lunga durata della pace con-
giunta all’ostinata persistenza dei governi nel mantenere intatta una legislazione econo-
mica fatta per altri tempi.
La produzione manufatturiera è stata incoraggiata dappertutto su una scala immensa, e
da per tutto protetta con tariffe proibitive. Da ciò ne venne che per mancanza di spaccio, per
rappresaglie all’estero e per l’intera concorrenza, la produzione stessa si trovò per così dire
soffocata. Innumerevoli fabbriche si elevarono su tutta la superficie d’Europa colla rivale
pretesa di farsi guerra a vicenda anziché di scambiare multiformi prodotti. Nessun crite-
rio ragionevole presiedette a queste improvvise creazioni che si moltiplicarono fra le crisi
e misero in durissime angustie capitalisti ed operaj.
Una vera guerra appassionata ed insidiosa più delle antiche guerre fra i popoli, scoppiò
fra Stato e Stato e continuò infaticabile in mezzo a peripezie inaspettate. Ogni popolo volle
produrre il suo ferro, le sue lane e i suoi tessuti di filo, di seta e di cotone. Sotto il nebbio-
so cielo della Francia del nord, si volle tentare la produzione dello zucchero. Rivaleggiando
colle zone tropicali, e senza alcun pensiero agli interessi della navigazione e delle colonie.
Da questa lotta disordinata dovevano presto o tardi succedere serie complicazioni. […]
Allorché questo stato di cose giunse al suo più alto grado d’intensità, l’Europa si getto
a corpo perduto nelle intraprese delle strade ferrale, e colpì di una momentanea sterilità
una massa di capitali veramente sterminata. Parve quasi che le classi operaje fossero state
unicamente chiamate al lavoro delle maniatture se non per altro che per assistere ai loro
funerali. I capitali si immobilizzarono ad un tratto per più centinaja di milioni in acquisti
di terreni ed in costruzioni improduttive. Una carestia quasi generale tolse nell’anno 1847
all’industria europea per più di un miliardo di franchi. […]
Già su vari punti della Francia de’ sintomi precursori dell’uragano eransi manifestati, ed
il mal essere s’era fatto sentire di preferenza nelle industrie organizzate a grandi opifici,
come in quelle dei tessuti di lana, di lino e di cotone. […] A Parigi, a Lione, a Lilla, a Rouen e
in altri centri manifatturieri, le discussioni si fecero animatissime. Quelle popolazioni abi-
tuate a prender parte alle lotte politiche accolsero con vera avidità le nuove dottrine che
andavano diffondendo i socialisti.
(da A. Blanqui, Sulla situazione delle classi operaie in Francia nell’anno 1848,
in «Annali universali di statistica», vol. XVIII, Milano 1848, pp. 44-46)

COMPRENDERE 1. Quali sono gli effetti del protezionismo nel settore manifatturiero, secondo
Blanqui?
2. Quali dottrine si diffusero fra i lavoratori delle zone industriali francesi?
INTERPRETARE 3. Leggendo in filigrana il testo, a chi attribuisce Blanqui la più parte delle responsa-
bilità della crisi in cui versavano le classi operaie in Francia nel 1848?
VALUTARE 4. Verso quali settori dell’industrializzazione si dimostra critico l’autore e perché?
Puoi avanzare degli argomenti contrari a quelli sostenuti da Blanqui, alla luce
delle tue conoscenze sull’industrializzazione?

488
Nazionalismi europei e moti democratici 13

STORIOGRAFIA Il Risorgimento come movimento «di massa»


S1 Alberto Mario Banti e Paul Ginsborg
Banti e Ginsborg propongono un racconto del Risorgimento come fenomeno che ha
coinvolto migliaia di persone e ha avuto un impatto importante su una società arretra-
ta, affermando l’idea che al popolo/nazione spetta la sovranità.

GLI SNODI Il Risorgimento è stato a lungo considerato un fenomeno elitario.


DEL TESTO Si è trattato in realtà di un movimento «di massa».
Al processo di unificazione hanno preso parte migliaia di persone.

Contrariamente a una tesi che trova tutt’ora i suoi sostenitori, e che considera il Risorgi-
mento una questione che ha riguardato poche e ristrette élite, se non, addirittura, un uo-
mo solo al comando (Cavour, per esempio), crediamo corretto – da un punto di vista ri-
gorosamente analitico – sostenere che il Risorgimento è stato un movimento «di massa».
Il termine si presta a un equivoco, che va subito dissipato. Quando si dice «di massa» non
Leggi in digitale si invita il lettore ad accogliere un’immagine apologetica e stereotipata di tutto un popolo
il testo Etnie e
che si risveglia da un lungo e disonorevole sonno dormito sotto straniere tirannie, venti-
nazionalità danubiane
nel Quarantotto di cinque milioni di persone che – come un sol uomo – scattano in lotta contro gli stranieri
Lewis B. Namier che, e gli oppressori. Questa è una visione mazziniana, in quanto tale interessante: ma non è
prendendo in esame la realtà storica.
il caso dell’Impero Quando parliamo di un movimento «di massa» vogliamo dire un’altra cosa, semplice
austriaco, ne mette
in luce il carattere ma, ci sembra, importante. Che al Risorgimento, inteso come un movimento politico che
elitario. Confronta ha avuto come fine la costituzione nella penisola italiana di uno stato nazione, hanno pre-
la lettura di Namier so attivamente parte molte decine di migliaia di persone; che altre centinaia di migliaia di
con quella di Banti e persone, spesso vicine a coloro che hanno militato in senso stretto, al Risorgimento hanno
Ginsborg; scrivi un
guardato con partecipazione, con simpatia sincera o con cauta trepidazione.
testo di tipo espositivo
in cui ne chiarisci le Nel contesto di una società largamente analfabeta, che appena comincia a comunicare
tesi di fondo, individua con i giornali e con il telegrafo, […] il numero degli affiliati alle sette, dei rivoltosi del ’20-
poi gli argomenti ’21, degli iscritti alla Giovine Italia, di coloro che scendono in piazza o partono volontari o
a favore che gli
guerreggiano nell’esercito regolare del Regno di Sardegna o organizzano ospedali o servizi
storici avanzano per
sostenere la propria di collegamento nel 1848-49, che tessono trame insurrezionali nei primi anni cinquanta,
interpretazione e che si arruolano volontari nel 1859, nel 1860 e nel 1866, che vanno a votare ai plebisciti,
sintetizzali. che si affollano ai funerali di Mazzini, di Vittorio Emanuele, di Garibaldi e di altri ancora
è assolutamente imponente. È una dimensione che va presa sul serio: con ciò si vuol dire
che tale dimensione «di massa» […] va decifrata; studiata; esaminata, sia nella sfera intima
e familiare chi in quella pubblica e patriottica; […].
(da A.M. Banti, P. Ginsborg, Per una nuova storia del Risorgimento, in Storia d’Italia. Il Risorgimento,
a cura di A.M. Banti, P. Ginsborg, Einaudi, Torino 2007, pp. XIII-XIV)

COMPRENDERE 1. A quali stereotipi si associa generalmente l’idea «di massa»?


IL TESTO
2. Quale idea di Risorgimento è prevalsa nella storiografia?
3. In che modo si dimostrò la partecipazione «di massa» al Risorgimento?

489
Fonti e Storiografia

S2 Le ambizioni mazziniane e i limiti della Repubblica Romana


Giuseppe Monsagrati
Il 9 febbraio 1849, a Roma, la neonata Assemblea costituente proclamò la Repubblica.
Il 5 marzo Giuseppe Mazzini giunse in città, dove fu accolto trionfalmente. Giuseppe
Monsagrati racconta le ambizioni dei programmi mazziniani ma anche i loro limiti, che
lasciavano intravedere un’imminente fine.

GLI SNODI Mazzini arriva a Roma dopo essere stato in Toscana.


DEL TESTO Le speranze di un progetto unitario si affievoliscono.
Il governo repubblicano affronta i primi problemi.

Mazzini arriva a Roma la sera del 5 marzo, all’inizio di un mese che quanto a colpi di sce-
na si rivelerà non meno ricco del precedente. Lo stato d’animo con cui entra in città non è
dei migliori: avrebbe voluto portare con sé la notizia della prossima fusione con la Tosca-
na quale primo nucleo della futura Repubblica italiana, e invece a Firenze ha avuto la con-
ferma di una sensazione che lo tormenta da tempo, e che nasce dalla convinzione che «chi
tiene indietro l’Unità è la stolida ambizione di tre o quattro città»: di Venezia, orgogliosa del
proprio passato municipale; della Toscana e di Firenze soprattutto che, avendo un’identi-
tà molto forte, teme a ragione di essere schiacciata da Roma come città d’arte; della Sicilia,
sempre vogliosa di affermare la sua secolare coscienza di nazione. Si rifugia pensieroso in
albergo – l’Hotel Cèsari, vicino piazza di Pietra – ma la sera del 6 deve rispondere alle ac-
clamazioni della folla accorsa sotto le sue finestre. Del suo giro in Toscana non può met-
tere in risalto i grandi risultati politici da tutti attesi. Allora se la cava con un’esortazione a
credere nel «principio repubblicano proclamato in Roma», solida garanzia di vittoria finale.
Il giorno dopo entra in Assemblea1 mentre la seduta è in svolgimento. Riceve l’accoglienza
che si riserva a un nume tutelare, al portatore di un ethos, di un’ideologia e di una costan-
za che hanno prodotto la politica da cui venticinque giorni prima è nata la Repubblica, l’u-
nico politico italiano che abbia un peso indiscusso anche all’estero. Da qualche giorno ha
dato alle stampe un articolo contenente un suo possibile programma di governo. Le idee
sono quelle di sempre: Dio e Popolo, la legge del progresso, l’associazione come mezzo per
realizzarla, il governo affidato ai migliori e soprattutto – rivolto a italiani e stranieri – un
monito: «il rosso che scintilla sui nostri petti è simbolo di sacrificio, non di minaccia2». E
però, interrogato in Assemblea sugli ultimi sviluppi, Mazzini deve ammettere di trovarsi di
fronte a qualcosa di incompiuto: la soluzione che fino a poco tempo prima era sembrata a
portata di mano, con Roma e la Toscana protese nello sforzo di creare un nucleo di repub-
1 Assemblea: si
tratta dell’Assemblea blica aggregando a sé la Sicilia e Venezia, per i motivi appena accennati è chiaramente im-
costituente, formatasi praticabile. In più negli stessi giorni c’è in atto una piccola crisi ministeriale, con i ministri
il 5 febbraio 1849.
delle Finanze e dei Lavori Pubblici costretti a dimettersi per i rilievi dell’Assemblea sull’i-
2 il rosso … minaccia:
il rosso è uno dei colori nefficacia della loro politica. Si prospetta così la prima impasse della Repubblica, provocata
rivoluzionari, presente dalla difficoltà di rendere immediatamente produttivi i provvedimenti presi per migliorare
nella bandiera della la situazione finanziaria del paese. La condizione delle forze armate non è molto miglio-
Repubblica romana e
in seguito nel tricolore re, con i vari corpi poco organizzati, male armati e sparpagliati a difendere la superficie di
italiano. uno Stato minacciato da più parti.
(da G. Monsagrati, Roma senza il Papa.
La Repubblica romana del 1849, Laterza, Roma-Bari 2014, pp. 74-75)

COMPRENDERE 1. Quali sono le città insorte che ostacolano il processo di unificazione?


IL TESTO
2. Su quali princìpi si basa il programma di Mazzini?

490
Nazionalismi europei e moti democratici 13

S3 La fine della Repubblica Romana


Lucio Villari
La difesa della Repubblica Romana costituisce uno dei momenti più eroici del Risorgi-
mento italiano. Si trattò di una guerra di popolo contro il corpo di spedizione francese
che conquistò agli italiani il consenso e l’ammirazione dell’opinione pubblica mondiale.

GLI SNODI In Francia Luigi Napoleone viene eletto presidente della Repubblica.
DEL TESTO La Repubblica Romana rappresenta un pericoloso esperimento democratico.
Le truppe francesi hanno la meglio sugli italiani.

Nel dicembre 1848 si svolsero in Francia le elezioni per la carica di presidente della Re-
pubblica. […] Il risultato delle votazioni sorprese tutti: vinse, con cinque milioni e mezzo di
voti […] Luigi Napoleone […] Il nuovo presidente presentò il suo governo come espressio-
ne di una Francia ordinata e cattolica dopo le fiammate del 1848. Dunque fu il primo a ri-
spondere all’appello di Pio IX da Gaeta rivolto alle potenze cattoliche perché restaurassero
il potere temporale a Roma. […]
La sconfitta dei piemontesi a Novara e soprattutto l’incalzante politica laica e democra-
tica dell’Assemblea Costituente romana e del suo governo, trasformatosi in un triumvirato
guidato da Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, furono la spinta per il presidente fran-
cese ad agire. Roma stava infatti dando un segno concreto di cosa fosse una democrazia
e quali fossero le leggi che la realizzano veramente. Il 21 febbraio 1849 un decreto aveva
dichiarato «proprietà della Repubblica» tutti i beni ecclesiastici e proceduto allo smantel-
lamento di tutti i tribunali ecclesiastici, a partire dal Sant’Uffizio. […] Fu garantita la libertà
di stampa e si cominciò a lavorare al testo di una Costituzione che doveva accogliere tutte
le ragioni di uno Stato moderno, libero da condizionamenti religiosi e ingiustizie sociali e
pronto all’affermazione di tutti i diritti civili, a cominciare dal progetto di un nuovo dirit-
to di famiglia nel quale il matrimonio avrebbe perso il carattere sacramentale per divenire
un contratto civile. […]
Ma tutto questo era troppo per Luigi Napoleone e i suoi elettori cattolici, numerosi e in-
dignati. Fu preparato un corpo di spedizione di 7.000 uomini al comando del generale Ni-
colas Oudinot, che il 25 aprile sbarcò a Civitavecchia. […] Roma era difesa da 10.000 sol-
dati e volontari e capo di Stato maggiore era stato nominato Carlo Pisacane […]. Insieme
a Garibaldi, era colui che aveva le idee più chiare su come difendere la città e organizzare
militarmente la resistenza. E il battesimo del fuoco fu un successo per i romani. […] [Ma]
Oudinot preparava l’attacco in forze; […] il corpo di spedizione, che aveva raggiunto ormai
i 35.000 uomini, era pronto a dare il colpo di maglio alla repubblica. Questo avvenne con
un attacco di sorpresa alle 3 del mattino del 3 giugno, con l’occupazione di Villa Pamphili,
Villa Corsini e tutta la zona di Porta San Pancrazio. La reazione dei patrioti romani fu im-
mediata e lo scontro durò per oltre dodici ore. Villa Corsini fu presa e perduta diverse vol-
te […]. Il 3 luglio i francesi di Oudinot entravano in Roma dichiarando ristabilito il potere
temporale [del papa].
(L. Villari, Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento,
Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 215-223)

COMPRENDERE 1. Perché Luigi Napoleone intervenne in Italia in aiuto di Pio IX?


IL TESTO
2. Tra i primi provvedimenti presi dai costituenti romani, quali ti sembrano
i più significativi e perché?

491
14 Le unificazioni
italiana e tedesca
La Francia di Napoleone III e il Piemonte di Cavour
Dopo il fallimento della Seconda Repubblica, Napoleone III, prima con un colpo di Sta-
to e poi grazie ai plebisciti, riesce a farsi proclamare imperatore di Francia nel 1853. In-
tanto in Piemonte, il primo ministro liberale, Cavour, promuove una serie di riforme per
Esplora l’immagine modernizzare il Paese e un’abile politica diplomatica per stringere relazioni con le po-
interattiva tenze europee.

La nascita del Regno d’Italia e del Reich tedesco


La partenza
dei «Mille» con Tra il 1859 e il 1870 si compie il Risorgimento italiano, il processo di unificazione della
Giuseppe Garibaldi penisola. Nel 1859, il Regno di Sardegna annette la Lombardia e, l’anno seguente, grazie
dal porto di Quarto ai volontari guidati da Garibaldi, il Regno delle Due Sicilie: Vittorio Emanuele II è procla-
il 5 maggio 1860.
Torino, Museo Nazionale mato primo re d’Italia nel 1861. Nel decennio successivo, mentre si aggiungono all’Italia
del Risorgimento. Venezia e Roma, sarà portata a termine anche l’unificazione tedesca.

1853-56 1856 1859 1860


Guerra Congresso Aprile-luglio: Maggio-ottobre:
di Crimea di Parigi Seconda guerra d’indipendenza Impresa dei Mille
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO
E IN DIGITALE
1. Prima di approfondire gli argomenti del capitolo,
svolgete in classe un brainstorming sul concetto
di Risorgimento: quali concetti, attori politici, LEZIONE
film o eventi vi vengono in mente? Utilizzate la GUARDA il video Il Risorgimento
LIM per raccogliere le idee e conservate il file. 1. Il Secondo Impero in Francia
Una volta che avrete studiato il capitolo, ripetete ▶ p. 494
l’attività, infine confrontate e discutete i due
2. L’Italia dopo la rivoluzione del 1848
schemi.
▶ p. 497
2. Il 5 maggio del 1860 Garibaldi salpò da Quarto, 3. Vittorio Emanuele II, Cavour e la guerra
in Liguria, per guidare una spedizione composta di Crimea ▶ p. 499
da mille volontari nel Regno delle Due Sicilie:
4. La Seconda guerra d’indipendenza
l’obiettivo era quello di assestare un colpo e l’Unità d’Italia ▶ p. 503
definitivo ai Borboni, incitando alla sollevazione
5. La guerra austro-prussiana e la Terza guerra
popolare e dando battaglia agli eserciti regi,
d’indipendenza ▶ p. 510
accelerando così il processo di unificazione della
Penisola. Il dipinto rappresenta la scena della 6. La guerra franco-prussiana e il Secondo
partenza, nel momento in cui il generale sta per Reich ▶ p. 514
lasciare la costa ligure. Dopo averlo osservato, ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
rispondi alle seguenti domande: dell’Atlante digitale interattivo
• Quali sentimenti esprime la folla radunata
RIASSUMI i concetti-chiave con la
sulla spiaggia?
presentazione L’unificazione italiana:
• Qual è l’atteggiamento di Garibaldi?
– gli attori politici dell’unificazione: Cavour,
• Infine, presta attenzione all’abbigliamento Garibaldi e Vittorio Emanuele II;
degli uomini sulla scialuppa: quali particolari
– le fasi principali del processo di unificazione;
ci suggeriscono la diversa estrazione sociale
dei partecipanti? – l’annessione del Veneto e di Roma.

3. Il Risorgimento ha lasciato una forte traccia nella RIPASSA


toponomastica urbana dell’Italia. Lavorando in
Ripassa con la sintesi e la mappa
gruppi, scegliete una grande città italiana e pro- ▶ p. 516, p. 517
curatevene una carta toponomastica, facilmente
In digitale trovi l’audio della sintesi
reperibile online. Rintracciate tutti i riferimenti al
e la mappa personalizzabile
Risorgimento italiano che trovate, nei nomi delle
vie e delle piazze e confrontate i risultati del vostro APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
gruppo con quelli degli altri. Infine, rispondete
Cultura materiale e vita quotidiana:
alle seguenti domande: quali figure o eventi sono
I primi reportage fotografici di guerra
più ricorrenti? Quali invece compaiono meno?
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 502
Come te lo spieghi?
AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1861 1866 1870 1870 1871


17 marzo: Terza guerra Guerra 20 settembre: 18 gennaio:
Vittorio Emanuele II re d’Italia d’indipendenza franco-prussiana Presa di Roma Secondo Reich tedesco

493
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

1 Il Secondo Impero in Francia


Il ritorno del bonapartismo dopo la rivoluzione del 1848
In Francia la rivoluzione del 1848 aveva avuto vita breve. Inizialmente era stata
Guarda il video animata da una forte carica di utopia e di buoni sentimenti: l’accordo tra demo-
Il Risorgimento e
cratici, cattolici e socialisti, durato alcuni mesi, aveva consentito di istituire il suf-
rispondi alle domande:
• Che cosa stabilisce fragio universale maschile e di dare vita agli ateliers sociaux dove impiegare i di-
l’armistizio di soccupati ( ▶ cap. 13, par. 5). Ma il programma di unità democratica si era rivelato
Villafranca?
molto fragile, perché non teneva conto dei conflitti sociali; non a caso, alla prima
• Che cosa accade
nell’incontro fra difficoltà era naufragato nell’insicurezza generale di una società non abituata al-
Garibaldi e Vittorio le regole della democrazia, traumatizzata dal ricordo della grande Rivoluzione e
Emanuele a Teano?
quindi timorosa per l’ordine pubblico.
• Quali circostanze
favoriscono la Nel giugno del 1848 l’insurrezione operaia di Parigi, di ispirazione giacobina e
conquista di Roma socialista, era stata soffocata con la forza dai militari chiamati dal «partito dell’or-
da parte dell’esercito dine»: sulle ceneri della rivolta parigina la Seconda Repubblica fu sempre più con-
italiano?
trassegnata da un atteggiamento politico chiuso e conservatore. Per questo Luigi
Napoleone (1808-73) vinse con facilità le elezioni presidenziali di dicembre contro
un’ala repubblicana divisa, sostenuto dai moderati, dai clericali e dal popolo dei me-
di proprietari e della piccola borghesia. Tutte queste parti sociali, oltre che temere
un nuovo afflato rivoluzionario, erano infatti rimaste deluse dalle false promesse
e dalle incertezze della politica repubblicana. Questo blocco politico-sociale, che
in precedenza aveva sostenuto la monarchia orleanista ( ▶ cap. 13, par. 1), si vesti-
va ora di populismo e di nazionalismo bonapartista e si preparava a riprendere
il potere. Anche quelli che, tra gli operai sconfitti, andarono a votare, votarono per
Bonaparte, che proclamava di voler «estinguere il pauperismo».
Il «principe presidente» nutriva un profondo disprezzo per la democrazia. Era
stato in passato carbonaro, implicato nei moti del 1831 in Italia e finito in prigio-
ne sotto il governo di Luigi Filippo, ma non aveva maturato alcuna fiducia nelle
regole costituzionali. Aveva anzi scritto alcuni libri in cui esaltava il «bonaparti-
smo» e il «cesarismo», cioè quei regimi che pretendono di rappresentare diret-
tamente gli interessi popolari, saltando le mediazioni della politica e le istituzio-
ni rappresentative.

Populismo dal punto di Cesarismo è un regime fondato sulla centralità di


LA STORIA vista storico il termine una figura autoritaria e carismatica appoggiata dalle
NELLE PAROLE
identifica il movimento po- forze armate e sostenuta da un consenso popolare.
Populismo, litico-culturale russo del- Il termine si riferisce al regime instaurato da Gaio Giu-
cesarismo e la seconda metà del XIX lio Cesare nella Roma antica e, a partire dall’epoca
moderna, viene utilizzato per i regimi autoritari di de-
bonapartismo secolo, che idealizzava il
popolo e aspirava a una stra, come quelli dei Bonaparte.
sorta di socialismo rurale. Bonapartismo il termine definiva l’ideologia politi-
In seguito il termine fu usato per designare movimen- ca di Napoleone Bonaparte. In seguito fu utilizzato
ti politici che prevedono l’adozione di provvedimenti in riferimento alla corrente che intendeva restaurare
mirati a ottenere il consenso immediato di vasti strati la dinastia napoleonica, dopo il ritorno dei Borbone
dell’opinione pubblica, il contatto diretto tra il capo e sul trono francese. In senso lato il termine definisce
le masse, l’assenza di una strategia politica struttu- uno Stato dal carattere autoritario, conservatore, po-
rale di lungo termine. pulista e militarista.

494
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

Il Secondo Impero di Luigi Bonaparte


Durante il suo triennio di presidenza della Repubblica, Luigi Napoleone si rivelò
molto abile nel perseguire il rafforzamento del proprio potere personale. Lasciò
che il Parlamento, a grande maggioranza monarchica, varasse misure restrittive
della libertà – tra cui una revisione della legge elettorale che tendeva a escludere
gli operai dal voto – mentre lui stesso si atteggiava a difensore della sovranità po-
polare, del suffragio universale e degli interessi della nazione contro una politica
corrotta. Conquistò definitivamente l’opinione pubblica clericale con la spedizione
che, nel 1849, schiacciò la Repubblica Romana e restituì lo Stato pontificio a papa
Pio IX ( ▶ cap. 13, par. 6). Il suo prestigio aumentò ancora per la delusione diffusa
nei confronti delle istituzioni rappresentative, incapaci di mediare fra gli interes-
si sociali e sempre inclini a soluzioni autoritarie. Luigi Napoleone ottenne così il
doppio vantaggio di indebolire le istituzioni e le garanzie di libertà, pur assumen-
dosi il ruolo di loro difensore.
Maturava in questo modo il colpo di Stato che gli attribuì prerogative che non
avrebbe potuto ottenere per vie legali. Il 2 dicembre 1851 il Parlamento venne oc-
cupato dai militari e l’assemblea fu sciolta. Bonaparte proclamò subito il ritorno al
suffragio universale maschile e indisse un plebiscito che stravinse, con sette milioni
e mezzo di sì contro appena 600.000 no: il risultato del plebiscito ratificava l’operato
del presidente e gli attribuiva il compito di redigere una nuova Costituzione. La carta
costituzionale, promulgata nel gennaio del 1852, metteva l’iniziativa legislativa in-
teramente nelle mani del presidente e stabiliva in dieci anni la durata del suo man-
dato. Un tale sostegno popolare gli permise di liquidare facilmente l’opposizione,
di far arrestare 100.000 persone e di mettere un terzo dei dipartimenti (le divisioni
amministrative create in epoca rivoluzionaria; ▶ cap. 9, par. 4) in stato d’assedio.
L’anno seguente un altro plebiscito ratificò la restaurazione dell’Impero e il nuo-
vo sovrano assunse il titolo di Napoleone III. Il Secondo Impero durò un ventennio
e fu un periodo molto negativo per la libertà, caratterizzato dalla manipolazione
delle elezioni, dal silenzio imposto agli oppositori e agli intellettuali, dalla limita-
zione della libertà di stampa.
Il Secondo Impero, però, fu anche un periodo di grande sviluppo economico, in
cui si costruì la gran parte della struttura industriale francese, aiutato dalla pro-

LA NASCITA DEL SECONDO IMPERO

Seconda • legge elettorale restrittiva


Luigi Bonaparte eletto
Repubblica • spedizione contro la Repubblica Romana
presidente
(1848) in difesa dello Stato della Chiesa (1849)

• plebiscito: approvazione popolare dello


Colpo di Stato occupazione e scioglimento scioglimento della Camera
(1851) del Parlamento • repressione: arresto di 100.000 oppositori
e assedio di un terzo dei dipartimenti

• politica imperialista
• restaurazione dell’Impero
Secondo Impero • limitazioni alla libertà di stampa
• Luigi Bonaparte sovrano
(1852) • repressione del movimento operaio
con il titolo di Napoleone III
• grande sviluppo economico e industriale

495
La folla saluta tezione statale e dalla repressione del movimento operaio. E fu inoltre un’epo-
Napoleone III che ca di politica imperialista, in cui la Francia, prima di essere piegata dalla Prussia
sfila davanti al Palais
Royal. Dipinto anonimo ( ▶ par. 6), parve occupare di nuovo un ruolo di primissimo piano in Europa, lan-
del XIX secolo. ciandosi anche in diverse imprese coloniali. Come l’Impero di «Napoleone il Gran-
de» aveva concluso la Rivoluzione, consolidandone alcuni risultati istituzionali
ma stroncandola culturalmente e politicamente, così il ventennio di «Napoleone
il Piccolo» rappresentò la risposta conservatrice all’utopia rivoluzionaria della Se-
conda Repubblica del 1848.

Nell’analisi di Karl Marx (1818-83), l’ascesa di Luigi Napole-


LE FONTI
one venne favorita dall’atteggiamento accondiscendente del-
Le riflessioni di Marx sulla la borghesia, che non vedeva di buon grado qualsiasi forma di
Francia di Luigi Bonaparte opposizione che potesse turbare il buon andamento degli af-
fari e dei mercati.

Nel suo numero del 1° febbraio 1851 [l’Economist] pubblica la seguente corrispondenza da Parigi:
«Abbiamo ora potuto rilevare da tutte le parti che la Francia aspira soprattutto alla tranquillità.
La cosa è stata dichiarata dal presidente nel suo messaggio all’assemblea legislativa; la tribuna
dell’assemblea gli ha fatto eco; i giornali lo confermano; i preti lo proclamano dal pulpito; la cosa è
provata dalla sensibilità dei titoli di Stato alla minima prospettiva di disordini, dalla loro fermezza
ogni volta che il potere esecutivo ha il sopravvento». […]
Se […] il partito parlamentare dell’ordine [di destra, a sostegno dell’ordine pubblico, della
proprietà privata e del cattolicesimo], a forza di gridare che occorreva la tranquillità, si era
condannato da sé all’inazione […], la massa extraparlamentare della borghesia, invece, con le
sue servilità verso il presidente, con i suoi oltraggi al Parlamento, col modo brutale nel quale
trattava la sua stessa stampa, provocava Bonaparte a reprimere e a sterminare i suoi oratori e i
suoi scrittori, i suoi uomini politici e i suoi letterati, la sua tribuna parlamentare e la sua stampa,
al fine di poter attendere ai propri affari privati sotto la protezione di un governo forte e dotato
di poteri illimitati.
(da K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Editori Riuniti, Roma 1954, pp. 91-94)

496
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

2 L’Italia dopo la rivoluzione del 1848


I punti di debolezza dei patrioti italiani
Con il fallimento generale del 1848 in tutta Europa, era venuto meno anche il pro-
getto politico dei patrioti italiani moderati, che prevedeva una transizione verso
una forma federativa, e se possibile unitaria, dei diversi Stati della Penisola. La Pri-
ma guerra d’indipendenza ( ▶ cap. 13, par. 6), infatti, era stata persa perché gli Stati
italiani non avevano unito i loro sforzi in vista di un progetto di unità nazionale.
Anche Pio IX, nel timore di aprire una frattura con gran parte dell’Europa cattolica
e in particolare con l’Austria, aveva preferito conservare il piccolo Stato pontificio
e restare garante di tutti i Paesi cattolici, piuttosto che porsi alla guida dei mode-
rati italiani; ma così facendo scoraggiò l’adesione dell’opinione pubblica cattolica
alla causa del progetto unitario.
Nel 1849 erano stati i democratici a veder fallire le loro speranze. Alla fine la
«guerra di popolo» di stampo mazziniano, combattuta ai margini della Prima guerra
d’indipendenza, aveva avuto come risultato politico le tre Repubbliche democratiche
di Roma, Firenze e Venezia, ma poi era uscita sconfitta dalla repressione congiun-
ta di Francia e Austria ( ▶ cap. 13, par. 6). Isolati e minoritari, neanche i democrati-
ci sembravano capaci di mettersi alla testa di un movimento vittorioso di riscossa
nazionale. Ciò era accaduto anche perché erano divisi: accanto ai mazziniani, che
volevano una repubblica unitaria, vi erano i federalisti, come l’intellettuale milane-
se Carlo Cattaneo ( ▶ cap. 13, par. 2), e quei repubblicani che erano disposti ad alle-
arsi con casa Savoia, sottomettendosi temporaneamente a un regime monarchico.
A Torino, nell’agosto del 1857, al fine di creare una struttura di coordinamen-
to dei democratici disposti a lottare sotto la guida della monarchia sabauda, ven-
ne fondata la Società nazionale italiana; tra i propri membri annoverava Giusep-
pe Garibaldi, che aveva combattuto per difendere Roma, Giuseppe La Farina, che
aveva guidato il governo provvisorio palermitano, e il mazziniano Daniele Manin,
eroe della resistenza veneziana.

Torino capitale del Risorgimento


Alla resa dei conti, il Regno di Sardegna era l’unico Stato della Penisola ad aver com-
battuto per la liberazione dell’Italia e anche l’unico ad avere mantenuto le libertà
costituzionali, garantite dallo Statuto albertino ( ▶ cap. 13, par. 6).
Torino era ormai la capitale di quello che già si cominciava a chiamare il «Ri-
sorgimento» italiano e a Torino trovarono rifugio migliaia di esuli da varie regioni
italiane, tutti influenti personalità della cultura e della politica. Una politica mo-
derata di riscossa nazionale non poteva dunque prescindere dalla direzione poli-
tica e militare della monarchia sabauda e anche una guerra di popolo, in linea di
principio contraria al compromesso con le politiche statali, doveva venire a patti
con l’esercito piemontese.
Il governo sabaudo divenne quindi un punto di riferimento essenziale nel pro-
cesso di unificazione. Garantendo una sufficiente libertà di stampa e accettando il
contributo di coloro che, almeno temporaneamente, rinunciavano alla pregiudi-
ziale repubblicana, la classe dirigente piemontese svolse un ruolo di collante fra
le diverse componenti politiche del Paese. Queste parti ebbero così modo di con-
frontarsi e unirsi in nome di un concreto e superiore «interesse nazionale».

497
L’arrivo alla
stazione Granatello
del primo treno
della ferrovia
Napoli-Portici.
Dipinto di Salvatore
Fregola del 1839.
Napoli, Museo Nazionale
di San Martino.

Le differenze economiche e sociali tra gli Stati italiani


Mentre il dibattito sull’unificazione politica si faceva sempre più acceso, la realtà
economica dei diversi Stati che componevano l’Italia presentava profonde diffe-
renze. Anzi, proprio in questo periodo finì per aumentare lo squilibrio fra una ri-
stretta area del Nord, il Piemonte e la Lombardia, che a partire dagli anni Quaran-
ta era stata coinvolta nello sviluppo economico europeo, e il Centro-Sud, ancora
profondamente arretrato.
Mentre nel Nord-Ovest si scavavano canali, si costruivano strade e ferrovie, si
sviluppava la produzione dei vini e delle sete, si ammodernavano le tecniche e le
strutture produttive, il Meridione rimaneva ancorato a un’agricoltura dominata dal
grande latifondo, una struttura produttiva che discendeva dal modello del vecchio
feudo medievale. Anche Napoli, principale città del Sud e sede del Regno borboni-
co, nonostante le innovazioni di facciata, come il tratto ferroviario Napoli-Portici, si
impoveriva sempre più. Per la gloriosa metropoli campana, come per le altre città
del Sud, quel processo di degrado urbano era destinato a trasformarsi in un grave
problema di lungo periodo.
Anche l’Italia centrale, dominata da un’economia agricola, era assai lontana da
ogni possibile sviluppo industriale. Qui, però, non era il latifondo a dominare, ma
un’altra vecchia forma di sfruttamento della terra, la mezzadria, uno spezzetta-
mento della grande proprietà in tante aziende familiari estranee all’introduzione
di rapporti di lavoro di tipo capitalista.
Nel suo complesso l’economia italiana, con l’eccezione dell’agricoltura nella
Pianura padana e di piccoli nuclei di sviluppo industriale, tutti concentrati nel
Nord-Ovest, appariva quindi assai arretrata e frammentata in ambiti regiona-
li ristretti, con élite colte di alto livello ma immerse in un mare di arretratezza.
Nell’insieme del territorio, l’analfabetismo si attestava su valori vicini all’80% e
in alcune zone del Sud raggiungeva quasi il 100%: meno di un italiano su dieci –
e forse la percentuale va ancora di molto abbassata – sapeva leggere e scrivere in
maniera corrente. D’altra parte, la lingua nazionale aveva una diffusione limi-
tata quasi solo alle classi dirigenti urbane, circondate da una cultura essenzial-
mente dialettofona e orale.
Il processo di unificazione nazionale non derivava pertanto da esigenze econo-
miche e sociali diffusamente percepite, ma era sostenuto dalla passione politica che
coinvolgeva le élite, gli intellettuali e i ceti urbani desiderosi di riscatto nazionale.

498
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

3 Vittorio Emanuele II, Cavour


e la guerra di Crimea
La monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II
Vittorio Emanuele II (1849-78), subentrato al padre Carlo Alberto dopo la sconfitta
di Novara del 1849 ( ▶ cap. 13, par. 6), si trovò a gestire una situazione assai com-
plessa: l’esercito era stato sconfitto nella Prima guerra d’indipendenza, il Parlamento
rifiutava la pace, lo Statuto, in vigore da appena un anno, non costituiva ancora un
saldo punto di riferimento istituzionale. A differenza degli altri sovrani italiani, che
avevano restaurato l’assolutismo, Vittorio Emanuele sciolse il Parlamento, ma man-
tenne in vigore la Carta costituzionale e indisse nuove elezioni, dalle quali riuscì a
ottenere una maggioranza disposta ad accettare la pace con l’Austria.
Pur non essendo particolarmente ben disposto verso le idee liberali, Vittorio
Emanuele mostrò però di voler salvaguardare la monarchia costituzionale. Si di-
chiarava infatti determinato, in un certo senso come Napoleone III, a «salvar la na-
zione dalla tirannia dei partiti» e, grazie anche a un ceto politico di buon livello e
a un profondo movimento di risveglio culturale, rimase sempre un sovrano leale
nei confronti dei sudditi. Nasceva così una monarchia costituzionale destinata a
durare e a diventare fondatrice dell’Italia unita.
Il primo governo del nuovo regime fu diretto da Massimo d’Azeglio ( ▶ cap. 13,
par. 2), a cui va il merito di avere introdotto il principio della laicità dello Stato, che
nel 1850 ricevette un decisivo contributo dalle leggi Siccardi (dal nome del loro
estensore): questi provvedimenti decretarono l’abolizione di una serie di privilegi del
foro ecclesiastico e la facoltà dello Stato di acquistare beni appartenenti alla Chiesa.

Il governo Cavour
Il governo successivo fu presieduto da colui che era destinato a guidare per dieci
anni la politica piemontese e che va considerato il principale artefice politico dell’u-
nità d’Italia: Camillo Benso conte di Cavour (1810-61).
Aristocratico, ex ufficiale dell’esercito e proprietario terriero, Cavour assunse la
LESSICO direzione del governo nel 1852, dopo aver soggiornato a lungo in diversi Paesi eu-
Foro ecclesiastico ropei. Eletto deputato fin dal 1848, era noto per la sua competenza in fatto di agri-
Ambito all’interno del
quale la Chiesa attua
coltura e di economia e per le sue idee liberali, che aveva espresso in un periodico
il proprio controllo da lui diretto, «Il Risorgimento».
giurisdizionale, che è Da subito Cavour si adoperò per modernizzare il Piemonte in tempi rapidi: sti-
a sua volta fondato sul
pulò trattati di libero scambio con l’Inghilterra, la Francia e il Belgio; investì note-
diritto canonico.
voli capitali nello sviluppo della rete ferroviaria e stradale e nella costruzione di
Centrismo
Formula politica basata canali e diede inizio, nel 1857, ai lavori per la realizzazione del traforo del Frejus.
sulla collaborazione Grazie a un sistema creditizio abbastanza efficiente, l’industria siderurgica fece i
di governo tra le forze suoi primi passi e complessivamente il Piemonte divenne in breve la regione più
moderate e tendente
a escludere dalle
avanzata della Penisola.
decisioni politiche le ali Rappresentante naturale della destra moderata, che raccoglieva l’aristocrazia e i
parlamentari di estrema rappresentanti del conservatorismo cattolico, Cavour non giudicava favorevolmente
destra e di estrema
sinistra. In Italia questa
una contrapposizione frontale fra destra e sinistra, alla francese. Ispirandosi al mo-
formula politica fu dello inglese, puntò invece alla costruzione di un centrismo parlamentare in grado
inaugurata da Cavour di attrarre sia gli aristocratici liberali sia i rappresentanti della borghesia moderata,
con i suoi governi.
che aveva il suo leader in Urbano Rattazzi (1808-73), un avvocato di Alessandria.

499
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

I lavori di scavo
del tunnel del Traforo
ferroviario del Frejus,
tra Italia e Francia,
iniziati nel 1857 e
completati nel 1871.
Stampa dell’epoca.

Con questa politica, detta del «connubio», Cavour riuscì a costruirsi una solida
maggioranza parlamentare in grado di sostenere la sua abile politica diplomatica
e il progetto di unificazione del Paese. Egli avviò anche quella tradizione centrista
S1 La politica che divenne poi tipica dell’Italia unita, fondata sull’emarginazione delle ali estreme,
economica di Cavour e il
processo di unificazione
cioè la destra clerico-assolutista e la sinistra democratico-repubblicana, e sulla solu-
nazionale, p. 521 zione dei problemi politici attraverso l’esercizio continuo della tattica parlamentare.

La guerra di Crimea e l’alleanza con i francesi


Il problema principale dello Stato costituzionale piemontese era quello di conti-
nuare a rappresentare un punto di riferimento per il movimento nazionale italiano,
senza però cedimenti nei confronti delle idee antimonarchiche di stampo demo-
cratico. Cavour doveva quindi convincere francesi e inglesi ad appoggiare le ambi-
zioni del Regno di Sardegna, che voleva allargarsi fino all’Adriatico, strappando il
Lombardo-Veneto all’Austria.
L’occasione gli fu offerta dalla guerra di Crimea, che ruppe la pace quaranten-
nale inaugurata dal Congresso di Vienna e scoppiò a seguito dell’inarrestabile de-
clino dell’Impero turco-ottomano. Da un paio di secoli la Russia mirava a smem-
brare l’Impero per ottenere la supremazia nell’instabile scacchiere dei Balcani e
un accesso al Mediterraneo attraverso il controllo degli stretti del Bosforo e dei
Dardanelli. Queste ambizioni avevano tradizionalmente beneficiato della sostan-
ziale neutralità inglese e francese. Contro l’islam, infatti, i russi si erano assunti il
ruolo di campioni della cristianità ortodossa e gli austriaci di quella cattolica. Lo
stesso quadro si era presentato circa trent’anni prima, in occasione della lotta per
Guarda il video
l’indipendenza greca, che i turchi erano stati costretti a riconoscere dopo l’inter-
Camillo Benso
di Cavour e rispondi
vento militare di Francia, Gran Bretagna e Russia ( ▶ cap. 11, par. 8).
alle domande: Alla fine del 1853 lo zar Nicola I ritenne giunto il momento di dare una spal-
• Quale politica attuò lata definitiva al vecchio colosso mediterraneo e orchestrò una crisi diplomatica
Cavour nel contesto
italiano?
intorno alla protezione dei luoghi santi per i cristiani, incontrando però, questa
• Quale fu il ruolo volta, una vigorosa opposizione da parte della Francia e della Gran Bretagna. En-
di Cavour a livello trambe le potenze scesero in guerra, sbarcarono in Crimea e, sostenendo che la
internazionale?
Turchia era stata ingiustamente aggredita, strinsero d’assedio la fortezza russa di

500
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

Sebastopoli. Dopo quasi un anno ne ottennero la resa e il nuovo zar Alessandro II,
appena salito al trono, avviò le trattative di pace. La guerra di Crimea, che di fatto era
consistita nel lungo assedio della città di Sebastopoli, fu il primo conflitto che poté
essere seguito più da vicino dall’opinione pubblica europea, grazie al telegrafo, che
permetteva di ricevere velocemente informazioni, e ai primi reportage fotografici.
Spinto da Vittorio Emanuele II, Cavour sostenne la necessità di entrare in guer-
ra a fianco delle potenze occidentali in aiuto della Turchia. Sia l’opinione pubblica
sia la Camera erano contrarie a un’impresa nella quale l’interesse nazionale italia-
no non sembrava affatto coinvolto. Ma Cavour seppe capire l’importanza di esse-
re presente al tavolo dei Paesi vittoriosi che avrebbero disegnato il futuro asset-
to continentale. Nel gennaio del 1855 venne formalizzata l’alleanza con Francia
e Gran Bretagna e il Piemonte inviò in Crimea un contingente di 18.000 soldati.
Al Congresso di pace di Parigi, apertosi nel febbraio dell’anno successivo, Cavour
riuscì in effetti ad attirare l’attenzione delle grandi potenze sulla «questione ita-
liana», e in particolare sulla situazione di malgoverno in cui versavano lo Stato
pontificio e, ancora di più, il Regno delle Due Sicilie – situazione per altro ben no-
ta. Sottolineando il rischio che un quadro politico così degradato potesse fomen-
tare in Italia nuovi tentativi rivoluzionari repubblicani, suggerì a inglesi e francesi
la necessità di appoggiare l’iniziativa piemontese, l’unica capace di garantire un
contesto istituzionale affidabile.
Cavour ottenne una considerazione particolare dalla parte francese. La Francia,
come il Piemonte, si contrapponeva all’Austria e Napoleone III era personalmen-
te legato all’Italia per aver militato da giovane nella Carboneria, in occasione dei
moti emiliani del 1831. Si avvicinava così la possibilità di un intervento francese
a fianco del Regno di Sardegna per la liberazione dell’Italia settentrionale dall’Au-
stria. Da questo momento la prospettiva nazionalista moderata, fallita nel ’48 nella
forma confederale guidata dal papa, risorgeva ora dall’iniziativa della monarchia
sabauda, sostenuta dal prestigio politico e militare della Francia.

Il Congresso
di Parigi. Dipinto
di Édouard Louis
Dubufe, 1856.
Versailles, Musée de
l’Histoire de France.

Leggi l’immagine
• Sapresti identificare
Cavour? Come
definiresti
l’espressione sul suo
volto?
• Descrivi
l’atteggiamento
dell’ambasciatore
ottomano Emin
Pascià, seduto sulla
destra.

501
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

a Roger Fenton (1819-69), membro fondatore della


CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA
Royal Photographic Society e fotografo della famiglia
I primi reportage fotografici reale, di realizzare un reportage fotografico sul con-
di guerra flitto. Finanziato dalla Corona e da un editore, Fenton,
giunto a Sebastopoli nel 1855, documentò l’assedio
della città, occultando però gli aspetti violenti e atroci
L’invenzione della fotografia fu possibile grazie a un della guerra. Questa scelta fu dettata in primo luogo
periodo di sperimentazioni e intensi studi, condotti in da ragioni di ordine politico – il fotografo era stato
Francia a partire dagli anni Venti del XIX secolo, a ingaggiato per orientare l’opinione pubblica ingle-
opera di Joseph-Nicéphore Niepce (1765-1833) e se su posizioni favorevoli alla guerra – ma anche da
Louis-Jacques-Mandé Daguerre (1787-1851). difficoltà di ordine pratico – la lunghezza dei tempi di
Nel 1839 venne resa nota l’invenzione che prese posa, la pesantezza dell’attrezzatura – per cui si po-
nome da uno dei suoi ideatori e venne chiamata teva scattare soltanto prima e dopo i combattimenti.
dagherrotipia. Tra i primi usi che ne vennero fatti, Tuttavia questo incarico gli valse il titolo di primo re-
illustrazioni da dagherrotipi furono pubblicate nei li- porter di guerra.
bri di viaggi. Negli stessi anni, anche il giornalista irlandese Sir
Nel 1849 il pittore e fotografo lombardo Stefano William Howard Russell (1820-1907), corrispon-
Lecchi (1804-59/63), impegnato in una campagna dente del «Times», fu inviato in Crimea e realizzò
fotografica di vedute di Roma, innovativa per il mezzo un’inchiesta più libera da condizionamenti politici.
ma non per i soggetti, si ritrovò a fotografare i luoghi Russell denunciò gli errori commessi nella gestione
che furono teatro delle vicende relative alla Repub- delle operazioni militari e la noncuranza nei confronti
blica Romana ( ▶ cap. 13, par. 6). del benessere dei soldati, motivo per cui molti di loro
Tuttavia, i primi reportage nati con l’intento specifico non morivano in battaglia ma negli ospedali. La sua
di documentare un conflitto vennero realizzati nell’am- inchiesta contribuì alla caduta del governo guidato
bito della guerra di Crimea. La regina Vittoria chiese dal Primo ministro George Hamilton Gordon, Conte
di Aberdeen (1855).
Un militare zuavo ferito durante una battaglia
della guerra di Crimea. Fotografia del 1855 di Roger
Fenton.

Collega e confronta
1. Prepara, in gruppo, una presentazione
sui reportage di Roger Fenton e William
Howard Russell realizzati durante la guerra
di Crimea. Cerca almeno tre fotografie per
ciascun autore, contestualizzale e illustra i
soggetti scelti, cercando di far emergere il
messaggio sotteso, le differenze e i punti
in comune nel modo di approcciarsi al
tema della guerra.
2. Javier Manzano è uno dei più famosi foto-
grafi freelance di guerra; negli scorsi anni,
ha ricevuto infatti molti premi internazio-
nali per i suoi reportage, in particolare,
per quello dedicato al conflitto in Siria. In
coppie, svolgete una ricerca sul lavoro di
Manzano, scegliete una fotografia che vi
ha particolarmente colpito e confrontatevi
sulle seguenti questioni: quali aspetti del
conflitto sembrano emergere con forza dal
lavoro del fotografo?

502
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

4 La Seconda guerra d’indipendenza


e l’Unità d’Italia
Gli accordi tra Cavour e Napoleone III
L’evento che contribuì a saldare i rapporti fra Stato sabaudo e Francia fu l’attentato
compiuto a Parigi contro Napoleone III, il 14 gennaio 1858, da un agente mazzi-
niano, Felice Orsini (1819-58), che provocò la morte di otto persone ma non quella
dell’imperatore. Il gesto di Orsini (che fu poi ghigliottinato) evidenziò il potenzia-
le di destabilizzazione insito nella situazione italiana e convinse Napoleone della
necessità di intervenire in Italia per ridefinire l’assetto politico della Penisola ed
evitare l’insorgere di nuovi fermenti rivoluzionari.
Nell’estate del 1858 Cavour si incontrò segretamente con l’imperatore nella sta-
zione termale francese di Plombières e insieme disegnarono la futura carta d’Italia.
Il Piemonte avrebbe fatto in modo di provocare l’Austria e farsi dichiarare guerra,
il che avrebbe permesso alla Francia di intervenire a fianco del piccolo Stato ag-
gredito. L’Austria, sconfitta, avrebbe dovuto cedere il Lombardo-Veneto al Regno
di Sardegna, che si sarebbe così allargato fino all’Adriatico. La Francia avrebbe ot-
tenuto Nizza e la Savoia, gli Stati dell’Italia centrale sarebbero stati unificati e af-
fidati a un principe francese, mentre il Regno delle Due Sicilie sarebbe rimasto ai
Borbone. Era infine prevista una riduzione territoriale dello Stato pontificio, ma
al papa sarebbe stata offerta in compenso la presidenza di una futura confedera-
zione degli Stati italiani.
Non si parlava affatto di unità d’Italia, alla quale Cavour ancora non credeva; ma
si sarebbe fatto un enorme passo avanti verso una semplificazione della carta po-
litica della Penisola e una benevola preponderanza francese si sarebbe sostituita a
quella austriaca, nemica della libertà italiana.

La battaglia di
Solferino combattuta
il 24 giugno
1859 durante la
Seconda guerra
d’indipendenza.
Litografia di Carlo
Bossoli, XIX secolo.

503
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

La Seconda guerra d’indipendenza e


l’annessione dell’Italia centrale
Le cose andarono inizialmente secondo il copione deciso. L’Austria cadde nella
trappola progettata a Plombières e, a fronte di ostentati movimenti di truppe pie-
montesi, dichiarò guerra nell’aprile del 1859. Iniziava la Seconda guerra d’indi-
pendenza. La Francia intervenne e i due eserciti alleati batterono gli austriaci a
Solferino, presso Mantova, alla fine di giugno, mentre le truppe piemontesi da sole
riportavano un’importante vittoria nella vicina San Martino.
S2 La guerra contro L’entusiasmo dei patrioti italiani per l’evolversi della situazione portò allo scop-
l’Austria, p. 522
pio di insurrezioni in Toscana e in Romagna a favore dell’annessione al Regno di
Sardegna. Il pericolo di una nuova rivoluzione in senso repubblicano e democratico
indusse però Napoleone III a interrompere le ostilità. Lo schema che era stato de-
ciso a Plombières rischiava infatti di essere vanificato, con gravi rischi per lo Stato
pontificio di cui l’imperatore francese si era dichiarato garante, anche per ripaga-
re i clericali francesi che lo avevano sostenuto nell’ascesa al potere. Quindi Napo-
leone III trattò con gli austriaci l’armistizio di Villafranca (luglio 1859), che pose
fine alla breve guerra. Solo la Lombardia passava al Piemonte, mentre la Francia
rinunciava momentaneamente alla Savoia e a Nizza. Per Cavour era un mezzo fal-
limento; da parte di Napoleone III, un mezzo tradimento.
Ma ormai in Italia il terreno per l’unificazione era pronto: tra la metà del 1859
e l’inizio del 1860, l’Emilia, la Romagna e la Toscana cacciarono i governanti e si
diedero delle istituzioni politiche transitorie, finalizzate a preparare l’annessione
al Regno di Sardegna. A Palermo covava nuovamente la rivoluzione, sostenuta, co-
me nel 1848, dalle bande armate contadine.
In breve tempo si passò dalla delusione per il «tradimento» di Villafranca al-
la prospettiva di un inaspettato, grande ampliamento del Regno sabaudo in Italia
centrale. A Cavour va il merito indiscutibile di aver saputo gestire al meglio una
situazione certamente non facile: ottenne l’appoggio inglese e trattò con Napole-

LA SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA

• alleanza antiaustriaca tra Francia e Regno di Sardegna


Accordi di Plombières tra Cavour • Lombardo-Veneto al Regno di Sardegna
e Napoleone III (1858) • Nizza e Savoia alla Francia
• Stato unitario nell’Italia centrale sotto il controllo francese

L’Austria dichiara guerra al Regno inizio della


di Sardegna (aprile 1859) Seconda guerra d’indipendenza

• vittoria dei due alleati contro l’Austria a Solferino


La Francia interviene in aiuto • vittoria piemontese a San Martino
del Regno di Sardegna • scoppio di insurrezioni in Toscana e in Romagna a favore
dell’annessione al Regno di Sardegna.

Armistizio di Francavilla • solo la Lombardia passa al Regno di Sardegna


(luglio 1859) • rinuncia francese a Nizza e Savoia

Annessione al Piemonte,
riconoscimento dell’annessione da parte di Napoleone III
tramite plebiscito, di Emilia,
in cambio di Nizza e della Savoia
Toscana e Romagna (1859-1860)

504
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

one III il riconoscimento dell’annessione dell’Italia centrale al Piemonte, in cam-


bio del passaggio di Nizza e della Savoia alla Francia, ratificato da plebisciti. L’11
e il 12 marzo 1860 la Toscana, l’Emilia, la Romagna e i ducati minori espressero a
larghissima maggioranza la volontà di entrare a far parte del Regno di Sardegna.

La spedizione dei Mille


Il crescente consenso che giungeva da tutte le aree del Paese per un’unificazione
sotto la guida del Regno dei Savoia e le richieste che venivano dai gruppi mazzi-
niani attivi nell’Italia meridionale convinsero Giuseppe Garibaldi che era possibi-
le tentare una spedizione rivoluzionaria in Sicilia. Cavour, pur non appoggiando
apertamente l’impresa, lasciò che Garibaldi organizzasse la spedizione sulla base
di un ragionamento cinico ma politicamente efficace: se la spedizione garibaldina
e la rivoluzione contro i Borbone fossero fallite, Cavour si sarebbe dichiarato estra-
neo alla faccenda; se, al contrario, la spedizione fosse stata coronata da successo, il
governo piemontese si sarebbe atteggiato a protettore della libertà siciliana.
Garibaldi, nato nel 1807 a Nizza da una famiglia di capitani di marina mercanti-
le, era entrato ancora adolescente nella Giovine Italia e nel 1834 aveva partecipato
a una cospirazione mazziniana in Piemonte. Condannato a morte, a soli diciasset-
te anni era fuggito in Sud America, dove aveva partecipato alle lotte di liberazione
contro gli spagnoli (da cui l’appellativo «eroe dei due mondi»). Rientrato in Italia
nel 1848 alla testa di una formazione di volontari italiani suoi compagni in Ameri-
ca Latina, si era battuto a fianco dell’esercito sabaudo e in difesa della Repubblica
Romana contro i francesi ( ▶ cap. 13, par. 6).
Dopo la sconfitta aveva ripreso la via dell’esilio, contestando ormai apertamente
l’intransigenza delle pregiudiziali repubblicane di Mazzini. Con l’ascesa al potere
di Cavour e l’appoggio da lui concesso a quella parte del movimento risorgimen-
tale disposta a riconoscere la leadership dello Stato sabaudo, Garibaldi trovò nuo-
vo spazio d’azione. Dopo aver aderito nel 1857 alla Società nazionale italiana, che
accettava di venire a patti con la monarchia pur di realizzare l’unità d’Italia, parte-
cipò alla Seconda guerra d’indipendenza, alla guida dei suoi volontari, i Cacciatori
delle Alpi, riportando notevoli successi. Amareggiato dall’esito della guerra contro
gli austriaci e offeso dall’occupazione francese della sua Nizza, meditò addirittura
F2 Un appello alle
di ritirarsi dalla battaglia politica e militare; ma la notizia dell’insurrezione paler-
donne italiane, p. 520 mitana del 3-4 aprile 1860 lo trascinò di nuovo nella lotta.
Nonostante la cautela di Vittorio Emanuele, Garibaldi organizzò in gran fret-
ta la spedizione e riuscì ad armare due piroscafi. Imbarcatosi con un migliaio di
volontari (i «Mille») a Quarto, presso Genova, il 5 maggio 1860, sbarcò qualche
giorno dopo a Marsala, all’estremità occidentale della Sicilia. Dopo aver sconfitto
F1 I garibaldini visti da in un primo scontro un contingente borbonico a Calatafimi (15 maggio), assunse
Alexandre Dumas, p. 519
la «dittatura» dell’isola «in nome di Vittorio Emanuele» e, facendo appello all’in-
surrezione contadina, puntò su Palermo, dove entrò vittorioso meno di un mese
dopo il suo sbarco a Marsala. Garibaldi aveva fatto l’impossibile: con un pugno di
coraggiosi volontari, aveva ridato speranza alla rivoluzione, portandola alla vittoria.
Ma, dal punto di vista politico, incarnava una «terza via» che si poneva in posizione
intermedia fra i tatticismi sabaudi e l’intransigenza mazziniana. Per i democratici,
infatti, Garibaldi era, da un certo punto di vista, un traditore, perché faceva la ri-
voluzione in nome e a vantaggio di Vittorio Emanuele di Savoia. D’altra parte, per

505
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

L’incontro tra
Giuseppe Garibaldi
e il re Vittorio
Emanuele II a Teano
il 26 ottobre 1860.
Dipinto di
Carlo Ademollo,
1860-1870 circa.

Leggi l’immagine
• Metti a confron-
to i due ritratti di
Garibaldi e Vittorio
Emanuele II.
• Perché, a tuo avviso,
il pittore ha raffigu-
rato un pastore con
le sue pecore nel bel
mezzo di un incontro
di portata storica
come quello rappre-
sentato nel dipinto?
Che cosa intende
suggerire?

i moderati era inconcepibile accettare che la corona d’Italia fosse offerta ai Savoia
dalle mani del popolo a seguito di una rivoluzione: la corona «vacillerebbe sulla
loro testa», pensava Cavour. Sia gli uni che gli altri potevano avere dei motivi per
sperare che l’impresa dei Mille andasse in porto, ma anche per augurarsi che fallisse.

La questione contadina in Sicilia e la sconfitta dei Borbone


Intanto occorreva trovare un rapporto di collaborazione con il popolo delle campa-
gne siciliane in rivolta, che in Garibaldi vedeva il liberatore dall’oppressione bor-
bonica ma anche l’occasione per ribellarsi allo sfruttamento economico e sociale.
I garibaldini volevano unire l’Italia, i contadini volevano la terra: non era lo stesso.
Anzi, i due obiettivi non si potevano affatto conciliare, perché a sostenere l’unità
erano i ceti medi liberali, che si stavano sostituendo ai vecchi aristocratici nell’ac-
caparramento della proprietà terriera.
L’episodio più noto del dramma in cui si trovarono i garibaldini è quello di
Bronte, una cittadina alle pendici dell’Etna nella quale i contadini, che chiedevano
la distribuzione delle terre demaniali, massacrarono alcuni esponenti delle vecchie
élite locali. Garibaldi non intendeva permettere che la sua guerra di liberazione si
LESSICO
Terre demaniali confondesse con la rivolta agraria, e quindi che la rivoluzione sociale mettesse in
Questa espressione si pericolo quella politica. In agosto mandò a Bronte un reparto comandato da uno
riferisce al complesso dei suoi uomini migliori, il generale Nino Bixio (1821-73), a ristabilire l’ordine, con
dei beni di proprietà
dello Stato e quindi una corte militare che emise e fece eseguire numerose condanne a morte. L’ordine
di proprietà pubblica. tornava in Sicilia, ma si scavava un solco, destinato a produrre gravi conseguen-
Tali beni possono ze, fra il nuovo Stato unitario e i contadini poveri del Meridione, cui l’unità d’Italia
comprendere sia grandi
estensioni di terreno
non avrebbe portato alcun beneficio.
sia l’insieme delle Garibaldi sbarcò in Calabria il 19 agosto ed entrò a Napoli all’inizio di settem-
infrastrutture necessarie bre, mentre l’ultimo re Borbone, Francesco II, si ritirava nella fortezza di Gaeta. Alla
alla vita di una nazione.
testa di un esercito volontario ormai cresciuto, Garibaldi sconfisse definitivamente

506
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

le truppe borboniche sul Volturno (1-2 ottobre 1860). Incredibilmente, contando


solo sulle proprie forze, una piccola formazione volontaria era riuscita ad abbat-
tere uno Stato secolare, certamente indebolito ed arretrato, ma tuttavia capace fi-
no all’ultimo di mettere in campo un esercito professionista e una polizia potente,
addestrata da decenni a combattere la rivoluzione.

La nascita del Regno d’Italia


Il governo sabaudo non poteva permettere che il Sud diventasse una repubblica
democratica, capace di destabilizzare l’intero assetto politico italiano – e certamen-
te di conquistare Roma – e Cavour decise così di passare all’azione. Quattro giorni
dopo l’entrata trionfale di Garibaldi a Napoli, un esercito piemontese varcò i con-
fini dello Stato pontificio e occupò le Marche e l’Umbria, con il fondato argomento
di prevenire la minaccia rivoluzionaria.
In ottobre l’esercito garibaldino e quello piemontese si trovarono uno di fronte
all’altro. Questo momento delicato fu superato grazie alla fedeltà di Garibaldi, che
aveva comunque già deciso di cedere l’ex Regno delle Due Sicilie alla monarchia sa-
bauda, in considerazione del supremo interesse nazionale. L’«eroe dei due mondi»
e Vittorio Emanuele II si strinsero la mano a Teano, il 26 ottobre 1860, unendo il
destino delle due grandi aree dell’Italia, quella centro-settentrionale e quella me-
ridionale. Nelle settimane seguenti furono ancora una volta i plebisciti a ratifica-
re le nuove annessioni e il 17 marzo 1861 il re di Sardegna venne proclamato dal
primo Parlamento nazionale re d’Italia «per grazia di Dio e volontà della Nazione».
La capitale restava Torino e Vittorio Emanuele manteneva la denominazione di
«II», a sottolineare la continuità tra il Regno di Sardegna e il Regno d’Italia: non
nasceva infatti un nuovo soggetto politico, ma si ingrandiva uno Stato esistente
tramite conquiste e annessioni. Lo Statuto albertino, le istituzioni politiche e gli
ordinamenti amministrativi del Piemonte vennero estesi al resto della Penisola e

I MILLE E L’UNITÀ D’ITALIA

Insurrezione popolare a Palermo Garibaldi organizza una spedizione composta


(3-4 aprile 1860) da mille volontari e arma due navi

• sconfigge le truppe borboniche a Calatafimi (15 maggio)


• assume la dittatura della Sicilia per conto dei Savoia
Garibaldi salpa da Quarto e sbarca
• entra vittorioso a Palermo
a Marsala (maggio 1860)
• a Bronte il suo generale Nino Bixio seda le proteste
contadine

Garibaldi, passando dalla Calabria, • il re Francesco II si rifugia nella fortezza di Gaeta


arriva a Napoli (settembre 1860) • intanto, l’esercito piemontese occupa le Marche e l’Umbria

Incontro a Teano tra le truppe


Garibaldi consegna l’Italia meridionale
garibaldine e quelle sabaude
a Vittorio Emanuele II
(26 ottobre 1860)

• la capitale resta Torino


Vittorio Emanuele II viene
• Statuto albertino, istituzioni politiche e ordinamenti
proclamato re d’Italia
amministrativi del Regno di Sardegna vengono estesi
(17 marzo 1861)
ai territori annessi

507
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

alle potenze europee venne così inviato un messaggio inequivocabile: la monarchia


sabauda aveva posto termine al disordine italiano. Quattro anni dopo la capitale
fu spostata a Firenze, ma solo per rassicurare i francesi sulla rinuncia alla conqui-
sta di Roma, capitale «naturale». Unica significativa concessione alla componen-
te democratica del Risorgimento fu la dichiarazione secondo cui il Regno nasceva
per «volontà della Nazione» e non solo «per grazia di Dio». Si riconosceva così, al-
meno in parte, che la corona d’Italia era stata posta sul capo di Vittorio Emanuele
anche dalla rivoluzione popolare.

I problemi del nuovo Regno e la fine dell’epopea garibaldina


Nel giugno del 1861 Cavour morì, lasciando ai suoi successori un’eredità estrema-
mente difficile. All’unità d’Italia mancavano Roma e Venezia e bisognava poi uni-
ficare la società civile o, per dirla con Massimo d’Azeglio, «fare gli italiani» dopo

DAL REGNO DI SARDEGNA AL REGNO D’ITALIA (1850-1870)


1850 1 DUCATO DI PARMA 1859-61
2 DUCATO DI MODENA
SAVOIA LOMBARDO-VENETO Trieste SAVOIA VENETO Trieste
Torino Milano Venezia Torino Milano Venezia
Esplora i luoghi REGNO DI 1 REGNO DI
SARDEGNA 2 Bologna Bologna
e lavora con le NIZZARDO NIZZARDO SARDEGNA
SAN MARINO SAN MARINO
carte dell’Atlante Firenze Ancona Firenze Ancona
GRAND. DI STATO STATO
digitale interattivo PRINC. TOSCANA DELLA PRINC.
DI MONACO Mar DI MONACO DELLA Mar
CHIESA Adriatico CHIESA Adriatico
Roma Roma
REGNO REGNO
Napoli DELLE DUE Napoli DELLE DUE
Sardegna SICILIE Sardegna SICILIE

Mar Tirreno Mar Tirreno

Mar Palermo Mar


Palermo
Ionio Ionio
Sicilia Sicilia

1860-61 1866-70

VENETO VENETO
Trieste Trieste
Torino Milano Venezia Torino Milano Venezia
Bologna Bologna
Firenze SAN MARINO Firenze SAN MARINO
REGNO Ancona REGNO Ancona
PRINC. D’ITALIA PRINC. D’ITALIA
DI MONACO Mar DI MONACO Mar
Adriatico Adriatico
Leggi la carta STATO Roma Roma
DELLA
• Individua sulla carta i CHIESA Napoli
luoghi delle battaglie Napoli
più importanti della Sardegna Sardegna
Seconda guerra Mar Tirreno Mar Tirreno
d’indipendenza.
Mar Mar
• Ricostruisci, Itinerario Palermo
Ionio
Palermo
Ionio
utilizzando la carta, dei Mille
di Garibaldi Sicilia
le fasi più importanti Itinerario Sicilia
della spedizione dei dell’esercito
«Mille». piemontese

508
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

aver «fatto l’Italia». Un processo che, come vedremo ( ▶ cap. 16), si rivelò difficile,
soprattutto per quanto riguardava l’inserimento delle masse contadine meridio-
nali nel nuovo Stato.
Anche la componente democratica incarnata dal movimento garibaldino fu sop-
pressa. L’esercito delle camicie rosse – come erano chiamati i volontari dell’«eroe
dei due mondi» – fu incorporato nel nuovo esercito nazionale, ma solo in parte e
con un ruolo subordinato. Nel 1862 il successivo tentativo di Garibaldi di libera-
re Roma fallì: egli fu ferito sull’Aspromonte e arrestato dalle truppe piemontesi.
Roma doveva essere presa, ma dall’esercito regolare e come frutto di un accordo
politico internazionale.
Nel 1866 Garibaldi partecipò anche alla Terza guerra d’indipendenza, intrapresa per
annettere il Veneto ( ▶ par. 5), e, nel 1867, a un nuovo tentativo di liberare Roma:
proprio in quest’ultima spedizione militare, fu sconfitto a Mentana dai francesi,
venne arrestato e condotto nell’isola di Caprera. Politicamente battuto, trascorse
gli ultimi anni di vita da vincitore morale e da celebrato mito nazionale.
L’Italia unita nasceva con questa significativa sconfitta della sinistra garibaldina e
della sua base popolare, che nel Sud si confondeva con le speranze presto deluse
dall’unificazione. Nel complesso, l’unità d’Italia era stata raggiunta grazie a un quadro
internazionale favorevole, dominato da un’Inghilterra e da una Francia interessate a
indebolire la preponderanza austriaca e a estendere la loro influenza nel Mediterra-
neo. Ma il nuovo Stato nasceva con un’eredità di lacerazioni estremamente profonde.
Il tempo avrebbe sanato molto lentamente e solo in parte questi gravissimi squilibri.

Il termine «Risorgimento» Una ripartizione alternativa – 1848-70 – si basa sugli


LA STORIA deriva dal verbo «risorge- eventi militari: le guerre di indipendenza (1848-49,
NELLE PAROLE
re» (dal latino resŭrgĕre), 1859, 1866) e la presa di Roma. Alcune interpretazio-
Risorgimento che indica l’azione del na- ni ritengono che la Prima guerra mondiale (1915-18)
scere a nuova vita. Com- sia stata l’ultima guerra d’indipendenza, in quanto ha
pare per la prima volta nella storia italiana nel 1775, permesso di recuperare in parte le «terre irredente»
nell’opera Del Risorgimento d’Italia negli studi nelle (Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia, Fiume, Dalmazia).
arti e nei costumi dopo il Mille del padre gesuita Sa- Tuttavia un’accezione più ampia del termine, che guar-
verio Bettinelli (1718-1808). Un suo primo utilizzo da al movimento culturale e ideologico, fa iniziare il
politico, però, si ha con il periodico torinese «Il Ri- Risorgimento nel Settecento e lo riconduce alle con-
sorgimento», a opera di Cesare Balbo (1789-1853) testazioni dell’Ancien régime e alla formulazione di
e Camillo Benso conte di Cavour (1810-61), nel un liberalismo patriottico e unitario, anche in virtù
quale si delinea un programma avente come obietti- dell’influenza francese.
vi la liberazione della Penisola dal giogo delle po- Il compimento effettivo e la dissoluzione dei valori ri-
tenze straniere e la sua unificazione territoriale. Per la sorgimentali sono a loro volta collocati ben oltre l’unifi-
storia italiana il Risorgimento è un momento periodiz- cazione politico-territoriale: la propaganda del regime
zante, in quanto – come la Rivoluzione del 1789 per mussoliniano ha indicato nel fascismo il compimento
la Francia – segna la nascita dell’Italia contempo- di un Risorgimento interrotto all’epoca dell’unificazio-
ranea. I limiti cronologici del periodo risorgimentale ne politica; l’antifascismo ha visto nella nascita della
non vengono riconosciuti nelle stesse date da tutta Repubblica italiana l’effettiva realizzazione degli ide-
la comunità storica. ali risorgimentali.
Una prima periodizzazione fa iniziare il Risorgimen- Già a partire dagli anni Cinquanta del XIX secolo ven-
to con la fine del Congresso di Vienna (1815) e lo gono pubblicati importanti studi sul movimento na-
fa terminare con la proclamazione del Regno d’Ita- zionale italiano, sul quale ancora oggi si confrontano
lia (1861) oppure con la conquista di Roma (1870). interpretazioni storiografiche divergenti.

509
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

5 La guerra austro-prussiana e la Terza


guerra d’indipendenza
La Prussia di Bismarck alla guida dell’unificazione tedesca
Parallelamente al processo che portò l’Italia all’unità politica, si avviava in Germa-
nia un fenomeno analogo che avrebbe avuto come risultati l’unificazione del Pae-
se e la costituzione dell’Impero germanico. Ma, al di là delle generiche corrispon-
Guarda il video denze, molti sono gli aspetti che differenziano le due situazioni. Innanzitutto, il
Otto von Bismarck e popolo tedesco non era assoggettato a una potenza straniera, anche se l’Austria ri-
rispondi alle domande: maneva una presenza ingombrante, che aspirava a mantenere l’egemonia sull’area
• Quale riforma attuò
Bismarck e perché?
germanica; tuttavia, non riusciva a organizzare una politica nazionale. In secondo
• Quali obiettivi luogo, il processo politico-militare che unificò la Germania fu interamente gesti-
raggiunse? to dalla Prussia, che grazie alla sua potenza economica e militare poté muoversi
• Che tipo di politica
senza chiedere l’appoggio di altre potenze, come invece avvenne in Italia. Infine,
internazionale
adottò? nel processo di unificazione tedesca mancò totalmente la componente democra-
tica e liberale: l’unificazione si realizzò sotto la guida autoritaria del cancelliere
Otto von Bismarck (1815-98), in una prospettiva di realismo politico – in tedesco
Realpolitik – cioè di una «politica della realtà» da contrapporre a quella dell’uto-
pia, dei sogni, delle parole, che aveva prevalso nel 1848.
Bismarck era entrato in politica come rappresentante dell’estrema destra e nel
LESSICO 1848 aveva sostenuto le prerogative della monarchia assoluta prussiana, sia contro le
Realpolitik
Indirizzo politico che
rivendicazioni popolari sia contro l’egemonia austriaca sul mondo tedesco. Nell’Eu-
porta a considerare e ropa dell’epoca, gli Asburgo d’Austria incarnavano il paternalismo autoritario dell’An-
ad analizzare la realtà a tico regime, multietnico per vocazione, che punisce e reprime anche duramente ma
partire soprattutto dai
suoi aspetti concreti,
che, almeno in teoria, protegge e accetta di discutere con i sudditi. Nella visione di
senza cedere a idealismi, Bismarck, invece, la monarchia prussiana doveva essere un istituto completamente
utopie o considerazioni diverso: una macchina moderna, efficiente, finalizzata esclusivamente a rafforza-
di tipo etico.
re il potere della nazione, capace di mobilitare i sudditi non per il loro benessere o

La cerimonia
di incoronazione
di Guglielmo I a
Königsberg nel 1861.
Dipinto di Adolph von
Menzel, 1861. Berlino,
Alte Nationalgalerie.

510
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

LESSICO per l’armonia della convivenza civile, ma per la loro capacità di fare grande e poten-
Legislazione sociale te la Prussia, o la Germania. Una monarchia innovatrice e conquistatrice, dunque,
Insieme delle leggi
emanate dai governi capace di affermare gli interessi tedeschi in Europa e nel mondo.
con l’obiettivo di Nel 1862 il re Guglielmo I (1861-88) chiamò Bismarck a dirigere il governo e
affrontare e risolvere le da allora il «cancelliere di ferro», come fu chiamato, rimase saldamente al timone
problematiche legate
alle difficili condizioni della Prussia e poi della Germania unita per quasi trent’anni. Bismarck incarnava
di vita e di lavoro della alla perfezione il realismo politico: gli interessi della Prussia costituivano l’unico
classe operaia. Essa obiettivo da perseguire e per questo scopo qualunque alleanza sarebbe stata prati-
fu promossa anche da
governi conservatori con cabile, senza remore di tipo ideologico. Egli era, per esempio, favorevole al suffra-
l’obiettivo di vanificare gio universale, perché riteneva che il voto contadino, influenzato dalla destra con-
la diffusione delle idee servatrice, avrebbe superato di gran lunga quello liberale dei ceti medi. Era anche
socialiste.
propenso all’alleanza con i liberali, che rappresentavano le istanze delle naziona-
lità oppresse dall’Austria, perché facevano comodo alla sua politica.
Inoltre, nonostante la sua opposizione alle istituzioni liberali e democratiche,
S3 Lo scontro fra Bismarck non sottovalutava affatto l’importanza del consenso popolare e rite-
Bismarck e il Parlamento
neva importante il rapporto con i leader dei movimenti di massa, per esempio
prussiano, p. 523
Ferdinand Lassalle (1825-64), il primo dirigente politico dei lavoratori tedeschi,
fondatore del nucleo di quello che sarebbe poi diventato il grande partito social-
democratico tedesco ( ▶ cap. 17, par. 4). Tuttavia, pur promuovendo un’avanza-
ta legislazione sociale per ottenere l’appoggio delle masse operaie intorno al suo
progetto autoritario, Bismarck fallì completamente nel tentativo di neutralizzare la
socialdemocrazia tedesca che, pur colpita con leggi repressive, allargò i suoi con-
sensi nel Paese. Analoga sorte ebbe la battaglia politica da lui scatenata contro i
cattolici, il cosiddetto Kulturkampf («battaglia culturale»), attraverso il quale si in-
tendeva ridimensionare il ruolo della Chiesa.

Il controllo statale voluto da Bismarck si espresse anche nel


LE FONTI
Kulturkampf, la «battaglia culturale» condotta in Germania
Il tra il 1871 e il 1878 contro l’autonomia della Chiesa cat-
Kulturkampf tolica. Nell’ambito di questo scontro lo Stato impose, tra le
Leggi in digitale il altre cose, la laicità dell’istruzione pubblica.
testo La costituzione
dell’Impero tedesco È volontà precisa del Governo, e nessuno può, credo, dubitarne
dello storico onestamente, che ogni confessione, […] possa muoversi in piena libertà
Gustavo Corni che dentro i limiti dello Stato. […]
approfondisce alcuni
aspetti del sistema Dall’intavolare discussioni dommatiche sopra variazioni o dichiarazioni
politico tedesco e del che entro la sfera dei dommi della Chiesa cattolica possano essersi
disegno di Bismarck: prodotte, il Governo si tiene lontanissimo […]; qualsiasi domma, anche se
• Il Parlamento nel
noi non vi prestiamo fede, pel fatto che tanti e tanti milioni di persone lo
sistema tedesco
rappresentava professano, dev’essere pei loro concittadini e per lo Stato in ogni caso una
un effettivo cosa sacra.
contrappeso per Ma non possiamo concedere alle autorità ecclesiastiche il diritto
l’esecutivo?
permanente, cui esse pretenderebbero, di esercitare una parte del potere
• Di quali importanti
poteri era dotato pubblico, e in tanto esse posseggono questo diritto, siamo costretti,
il re? nell’interesse della pace, a limitarlo, per poter aver posto gli uni accanto
agli altri […].
(da O. von Bismarck, Discorsi, a cura di Z. Zini, Utet, Torino 1966, pp. 157-158)

511
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

Prussia e Italia alleate: la Terza guerra d’indipendenza


Il primo banco di prova dei rapporti fra Austria e Prussia fu la questione dei ducati di
Schleswig e Holstein, sotto sovranità danese ma di popolazione in prevalenza tedesca.
Nel 1864 Austria e Prussia intervennero insieme contro la Danimarca e le strapparo-
no i ducati, spartendosene poi l’amministrazione: lo Holstein all’Austria, lo Schleswig
alla Prussia. In realtà l’obiettivo di Bismarck era eliminare l’influenza austriaca dalla
Germania settentrionale e, successivamente, da tutta la Germania. Incontratosi con
Napoleone III per ottenere almeno la sua neutralità in vista dello scontro che stava
preparando con Vienna, Bismarck stabilì anche rapporti di alleanza con i nazionalisti
ungheresi e con l’Italia, interessata a liberare il Veneto dal giogo austriaco.
Per la politica estera italiana si trattava di una grande svolta. Le due guerre di
indipendenza erano state combattute sotto il segno dell’alleanza francese, ma Na-
poleone III aveva abbandonato l’Italia al momento della vittoria finale. Perfino i
moderati attribuivano a lui la colpa della mancata conquista di Venezia, ed era sta-
to sempre Napoleone III a porre il veto alla conquista di Roma. Quanto ai demo-
cratici, non potevano certo dimenticare che nel 1849, per abbattere la Repubblica
Romana, era intervenuto l’esercito francese. Ora, un accordo siglato con la Francia
nel 1864 a Fontainebleau prevedeva il ritiro entro due anni delle truppe francesi da
Roma; dal canto loro i francesi pretendevano il trasferimento, entro sei mesi, della
capitale del Regno d’Italia, come prova della rinuncia italiana a Roma. Nel 1865 la
capitale fu così trasferita a Firenze.

Il re di Prussia
Guglielmo I alla
battaglia di Sadowa
nel 1866. Dipinto di
Emil Hünten.

LA TERZA GUERRA D’INDIPENDENZA

Alleanza antiaustriaca tra Regno • il Regno d’Italia vuole liberare il Veneto dall’Austria
d’Italia e Prussia • Bismarck intende eliminare l’influenza austriaca in Germania

• la Prussia sconfigge l’Austria nella battaglia di Sadowa


Scoppio della guerra
• l’Italia viene sconfitta a Custoza e a Lissa
austro-prussiana, la Terza guerra
• Garibaldi e i suoi volontari vincono a Bazzecca
d’indipendenza (1866)
• l’Italia ottiene Venezia, ma non Trento e Trieste

512
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

Ormai gli italiani sapevano che dalla Francia non avrebbero più ottenuto l’ap-
poggio necessario al completamento dell’unità nazionale. Il governo decise allora
di scommettere sulla potenza prussiana per piegare definitivamente l’Austria.
Il conflitto, che per l’Italia divenne la Terza guerra d’indipendenza, scoppiò nel
giugno del 1866. I prussiani dimostrarono una netta superiorità, occupando con
un’operazione rapidissima gli Stati tedeschi alleati degli Asburgo e sfondando le
linee austriache in direzione di Praga. Il 3 luglio la battaglia di Sadowa, in Boe-
mia, pose di fatto già fine alla guerra. La Confederazione germanica ( ▶ cap. 11,
par. 1) fu sciolta e a nord del fiume Meno l’influenza austriaca fu eliminata. La
Prussia incorporava vari Stati tedeschi, unificava il suo territorio saldando le
province occidentali renane con Berlino e diventava leader indiscussa della na-
zione tedesca.
Per gli italiani, invece, la guerra fu un disastro militare, sia nella battaglia ter-
restre di Custoza (24 giugno), dove già i piemontesi avevano perso nel 1848 la Pri-
Leggi la carta
• Dopo la guerra
ma guerra d’indipendenza, sia in quella navale di Lissa (20 luglio), nell’Adriatico, e
austro-prussiana, questo nonostante la vittoria ottenuta da Garibaldi e dai suoi volontari a Bezzecca
quali regioni (21 luglio). Tuttavia, grazie alla vittoria prussiana, l’Italia ottenne finalmente
passarono alla
Venezia, ma non Trento e Trieste e non ancora Roma. Come potenza militare il
Prussia?
• Quali Stati furono
giovane Regno d’Italia ne uscì umiliato, ma l’alleanza con Berlino si rivelò una scel-
annessi nel contesto ta efficace, che peraltro allontanava ulteriormente l’Italia dagli ideali democratici e
della guerra franco- rivoluzionari del Risorgimento e la orientava verso un realismo politico autoritario,
prussiana?
del resto consono ai desideri della monarchia sabauda.

L’UNIFICAZIONE DELLA GERMANIA (1866-71)

DANIMARCA SVEZIA
Mar
Mare Baltico
del Nord SCHLESWIG
Königsberg
HOLSTEIN Lubecca
Danzica PRUSSIA
Amburgo MECLEMBURGO ORIENTALE
POMERANIA
Brema
PRUSSIA
PAESI HANNOVER OCCIDENTALE
BASSI Berlino

WESTFALIA POSNANIA Varsavia


BRANDEBURGO
Düsseldorf
Colonia IMPERO RUSSO
BELGIO Lipsia
Bonn
Breslavia
ASSIA TURINGIA SASSONIA SLESIA
PROVINCIA Francoforte
Sadowa Regno di Prussia
1870 DEL RENO
Sedan 1866 nel 1865
Metz Norimberga Praga Stati incorporati
PALATINATO
nel 1866
LORENA
Territori conquistati
IMPERO
Strasburgo WÜRTTEMBERG BAVIERA alla Francia
FRANCIA AUSTRO-UNGARICO
Stati incorporati
ALSAZIA
Monaco Vienna nel 1870-71
BADEN
Confederazione del Nord
(1866-71)
SVIZZERA Impero tedesco (1871)

513
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi

6 La guerra franco-prussiana
e il Secondo Reich
Le tensioni crescenti tra Prussia e Francia
La potenza militare della Prussia, dopo la rapidissima vittoria sull’Austria, venne
allora indirizzata da Bismarck contro la Francia. L’obiettivo era quello di compat-
tare il sentimento nazionale tedesco contro il nemico storico e di fornire quindi la
spinta mancante al popolo tedesco per completare la sua unità, e dare alla Prussia
l’occasione per realizzare la sua indiscussa leadership.
Secondo Napoleone III, al rafforzamento della Prussia doveva corrispondere un
parallelo rafforzamento francese. L’imperatore vedeva con favore un ridimensio-
namento della potenza austriaca, ma la sua diplomazia lavorava al contempo in
due direzioni: per impedire l’unificazione tedesca, che avrebbe creato un avversa-
rio troppo forte, e per estendere l’egemonia di Parigi sulla Germania meridionale.
Le manovre diplomatiche di Napoleone furono senza successo, mentre Bismarck,
assai abilmente, riuscì a convincere gli Stati tedeschi meridionali e l’Europa intera
delle mire espansionistiche della Francia ai danni del popolo tedesco.
Napoleone allacciò trattative con la Russia e con l’Austria, accrescendo con l’in-
cubo dell’accerchiamento il sentimento nazionalista dei tedeschi. Del resto anche
i francesi temettero l’accerchiamento, allorché si profilò l’eventualità della succes-
sione di un principe prussiano sul trono spagnolo. La situazione degenerò rapida-
mente e nel luglio del 1870 la Francia e la Prussia erano in guerra.

La disfatta francese e le ripercussioni positive per l’Italia


Fin da subito fu evidente la supremazia prussiana: i tedeschi entrarono in Alsazia
e Lorena e, dopo aver battuto a più riprese i corpi d’armata francesi, li annientaro-
no a Sedan il 1° settembre, appena sei settimane dopo l’inizio del conflitto. Napo-
leone III, che si trovava presso il campo di battaglia, fu fatto prigioniero e firmò la
capitolazione. La direzione del Paese venne assunta da un governo repubblicano
di «difesa nazionale» (Terza Repubblica: ▶ cap. 17, par. 3), che non poté a lungo
difendere Parigi e chiese l’armistizio nel gennaio del 1871. Le condizioni di pace,
stipulate in maggio, avrebbero costretto la Francia a cedere l’Alsazia e la Lorena
e a pagare una pesante indennità al vincitore.
Per l’Italia la guerra franco-prussiana produsse un effetto positivo immediato:
caduto Napoleone III, non vi era più il difensore dello Stato pontificio e il partner
Ripassa con la con il quale il governo italiano si era impegnato a non toccare la capitale papale.
presentazione Appena un paio di settimane dopo la battaglia di Sedan, l’esercito italiano attaccò
L’unificazione italiana
e costruisci una Roma: il 20 settembre 1870 fu aperta a cannonate una breccia nelle mura della
mappa in cui metti in città all’altezza di Porta Pia e i bersaglieri presero il controllo dell’Urbe, mentre Pio
relazione: IX si rifugiava nei palazzi del Vaticano. Cadeva così il millenario potere temporale
• gli attori politici
dell’unificazione:
dei papi e Roma veniva proclamata capitale d’Italia.
Cavour, Garibaldi e
Vittorio Emanuele II; La proclamazione del Secondo Reich tedesco
• le fasi principali
del processo di
Pochi mesi dopo, Bismarck proclamò l’unità della Germania identificandola con
unificazione; l’idea della resurrezione dell’Impero tedesco, quel Reich che nel Medioevo aveva
• l’annessione del visto nascere la nazione germanica. Il 18 gennaio 1871 i principi tedeschi, riuniti
Veneto e di Roma.
nella reggia di Versailles, proclamarono Guglielmo I di Prussia imperatore di Ger-

514
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |

mania (Kaiser) e sancirono ufficialmente la nascita del Secondo Reich (il primo era
stato il Sacro Romano Impero).
La scelta del luogo e del momento non poteva essere più chiaramente evoca-
tiva del modo in cui la Germania aveva raggiunto il suo obiettivo. Il luogo della
proclamazione era il simbolo stesso della monarchia assoluta francese, il tempio
della passata grandezza del nemico sconfitto; il momento, quello della vittoria su
un «oppressore» che da due secoli e mezzo, dall’epoca della guerra dei Trent’anni,
aveva trionfato sulla debolezza nazionale tedesca. In questo modo Bismarck an-
Leggi la carta
nunciava al mondo che la superpotenza francese era per sempre finita e che al
• In quanti Stati era
divisa l’Italia prima suo posto era nato in Europa un nuovo gigante, il popolo tedesco, che si era con-
dell’Unità? quistato potenza, spazio, autorità e si candidava ormai a dominare il continente.
• Quali territori furono A differenza del messaggio rassicurante che il Regno di Sardegna aveva dato
annessi tra il 1859
all’Europa unificando l’Italia e mettendo fine alle sue velleità rivoluzionarie, quello
e il 1861?
• Quali territori
della Prussia era bellicoso, fondato sulla conquista territoriale e sull’uso della for-
entrarono a far parte za militare. Col tempo, il militarismo e l’autoritarismo prussiani sarebbero ancora
del Regno d’Italia tra cresciuti, finendo per porsi tra le principali cause della spaventosa tragedia delle
il 1866 e il 1870?
due guerre mondiali del Novecento.

L’UNIFICAZIONE DELL’ITALIA (1859-70)

San Martino Seconda guerra d’indipendenza (1859)


24-6-1859 Bezzecca Il Regno di Sardegna nel 1859
Esercito piemontese
Magenta 1866 Trento
Trieste Esercito francese
4-6-1859 Milano Custoza
1866 Territori conquistati all’Austria
Venezia
Torino
24-6-1859
Parma Solferino Spedizione dei Mille (1860)
Genova Bologna Itinerario dei Mille
Rimini
Itinerario dell’esercito piemontese
Firenze
5/6

Ancona
-5-

Terza guerra d’indipendenza (1866)


186

Arezzo Mar Territori conquistati all’Austria


0

Perugia
Adriatico
Talamone Terni Presa di Roma (1870)
Pescara
Territori conquistati alla Chiesa
Roma
1870
Gaeta Teano 26-10-1860
Volturno 1/2-10-1860
Salerno
Napoli
7-9-1860

Mar Tirreno
Cagliari Cosenza

Mar Ionio
Salemi Palermo Milazzo Messina
Reggio
Marsala Calatafimi
11-5-1860 15-5-1860

515
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Il Secondo Impero in Francia accordi di Plombières, che prevede-


Dopo i moti del 1848, Luigi Napoleone fu eletto pre- vano l’intervento francese in aiuto del
sidente della Seconda Repubblica, grazie al suppor- Regno di Sardegna in caso di attacco austriaco, l’an-
to dei conservatori favorevoli a un nazionalismo bo- nessione del Lombardo-Veneto al Regno di Sardegna,
napartista. Nel 1851 attuò un colpo di Stato, sciolse la cessione di Nizza e Savoia alla Francia e l’unifica-
il Parlamento e indisse un plebiscito che legittimò il zione dell’Italia centrale in un regno a guida francese.
suo operato. Nel 1852 assunse il titolo di Napoleone Dopo le provocazioni delle truppe sabaude, l’Austria
III inaugurò il Secondo Impero, durante il quale limitò attaccò nell’aprile del 1859, dando il via alla Seconda
la libertà di stampa, alimentò lo sviluppo economi- guerra d’indipendenza, che si concluse con la vittoria
co-industriale, anche grazie alla repressione autori- italo-francese e l’armistizio di Villafranca. In base ad
taria del movimento operaio, e beneficiò di un ampio esso, solo la Lombardia passò al Regno di Sardegna,
consenso popolare per la sua politica imperialista. mentre nel 1859-1860, attraverso plebisciti, Toscana,
Emilia e Romagna vennero annesse al Piemonte.
L’Italia dopo la rivoluzione del 1848 Giuseppe Garibaldi, in occasione dell’insurrezione pa-
Dopo il 1848, Torino divenne il centro strategico del lermitana del 3-4 aprile, organizzò la cosiddetta spe-
Risorgimento e il governo sabaudo un punto di riferi- dizione dei Mille, salpò da Quarto e sbarcò a Marsala
mento per le varie anime politiche italiane interessate e sconfisse le truppe borboniche; a settembre entrò
al progetto dell’unificazione, in un territorio, quello a Napoli e ottenne la vittoria definitiva sul Volturno
della Penisola, in cui il divario economico e sociale tra in ottobre. L’esercito piemontese occupò Marche e
Nord e Sud si andava ampliando. Allo sviluppo infra- Umbria e, infine, il 17 marzo 1861, il primo Parlamen-
strutturale e industriale del Nord corrispondeva un’ar- to italiano proclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia.
retrata agricoltura latifondista al Sud.
Nel complesso, l’analfabetismo era largamente diffu- La guerra austro-prussiana
so e solo le classe dirigenti urbane e gli intellettuali e la Terza guerra d’indipendenza
alimentavano la passione politica per il progetto ri- Nello stesso periodo, in Germania la Prussia si rafforzò
sorgimentale. ulteriormente sotto la guida del cancelliere Bismarck,
abile politico che fece della Realpolitik la chiave del-
Vittorio Emanuele II, Cavour la sua strategia, sia sul piano interno sia su quello in-
e la guerra di Crimea ternazionale.
Dopo la Prima guerra d’indipendenza, nel Regno di In questo contesto, Cavour, per liberare il Veneto,
Sardegna di Vittorio Emanuele II la vita politica fu do- strinse un’alleanza in funziona antiaustriaca con la
minata dalla figura di Camillo Benso conte di Cavour. Prussia di Bismarck, interessato a eliminare del tutto
A capo del governo dal 1852, investì nella moderniz- l’influenza austriaca in Germania.
zazione infrastrutturale del Piemonte, strinse alleanze Nel 1866 scoppiò così la Terza guerra d’indipenden-
commerciali in Europa e favorì un’alleanza tra l’aristo- za, segnata dalla supremazia militare prussiana con-
crazia liberale e la borghesia moderata, con la politica tro l’Austria, in particolare nella battaglia di Sadowa,
del «connubio», per garantirsi una solida maggioranza mentre gli italiani furono sconfitti a Custoza e Lissa.
parlamentare per i suoi progetti politici. Nonostante gli insuccessi sul campo, però, l’Italia ot-
Nel 1855, grazie alla partecipazione al fianco di Fran- tenne Venezia, ma non Trento e Trieste.
cia e Gran Bretagna nella guerra di Crimea, il Regno
di Sardegna di guadagnò un posto nelle trattative di La guerra franco-prussiana
pace del Congresso di Parigi, dove Cavour spostò l’at- e il Secondo Reich
tenzione delle potenze europee sulla «questione ita- L’unificazione d’Italia fu completata solo nel 1870, gra-
liana», sul rischio di nuovi moti prodotti da una pro- zie all’occasione della guerra franco-prussiana, che
lungata instabilità politica. vide la sconfitta dei francesi a Sedan.
Con la caduta di Napoleone III, lo Stato pontificio
La Seconda guerra d’indipendenza era ormai privo di protezioni; l’esercito italiano attac-
e l’Unità d’Italia cò Roma e il 20 settembre 1870, dopo la breccia di
Nel 1858, in seguito all’attentato di Felice Orsini con- Porta Pia, conquistò la città, che fu annessa e procla-
tro Napoleone III, Cavour strinse con l’imperatore gli mata capitale d’Italia.

516
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

L’UNITÀ D’ITALIA

fu ottenuta in seguito alla

partecipazione del firma degli


..................................... insurrezione a Terza guerra
Regno di Sardegna .....................................
..................................... Palermo d’Indipendenza
alla .....................................
(1859) (3-4 aprile 1860) (1866)
.................................... (1858)

e al tra scoppiata dopo l’ supportata da che vide l’

Congresso di Parigi Cavour e ................... invasione austriaca ..................................... alleanza


del Regno di ..................................... antiaustriaca tra
Sardegna .............................. e
che prevedevano (aprile 1859) ................................

dove
• annessione del e conclusasi con la che organizzò e e portò all’
................................. guidò la
.................................
..................................... al Regno di vittoria italo-francese ..................................... annessione di
Sardegna ..................................... .................................
• cessione di
.............................. e e l’ e a cui seguì l’
denunciò la
................................
alla Francia • sconfisse
• unificazione le truppe
dell’Italia centrale borboniche
«................................. in un regno a armistizio di • entrò vittorioso a annessione di
.................................» guida francese ................................. ................................. .................................

ossia e l’ che sancì l’ e incontrò a solo dopo la


Teano

• l’oppressione intervento della


annessione della
austriaca Francia a fianco
............................... al
• il pericolo di dell’Italia solo in .....................................
Regno di Sardegna
nuovi ....................... caso di attacco ..................................... (20 settembre 1870)
dovuti austriaco
all’instabilità
che fu
politica
a cui seguirono quelle di proclamato

..............................., re d’Italia
............................... (............................)
e ..............................
(tramite plebisciti)

517
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cosa significa Realpolitik?
b. Che cos’è il Kulturkampf?
Date: 1861 • 1851 • 1866 • 1860
c. Che cosa significa cesarismo?
Luoghi: Venezia • Savoia • Torino • Nizza •
Novara
NESSI E RELAZIONI
a. Il colpo di Stato di Napoleone III avvenne
il 2 dicembre ................................. . 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
b. Nel 1849, Carlo Alberto è sconfitto definitiva- a. Napoleone III prende il potere in Francia
mente a ................................. . attraverso un colpo di Stato.
c. Con l’armistizio di Villafranca, il Piemonte cede b. Con gli accordi di Fontainebleau (1864),
.............................. e .............................. alla Francia. il Regno d’Italia rinuncia alla conquista di
d. Nel .............................. un plebiscito sancisce l’an- Roma.
nessione della Toscana al Regno di Sardegna. c. I Mille ottengono le prime significative
e. Vittorio Emanuele II è proclamato re d’Italia vittorie sui Borboni.
nel ................................. . d. Nel 1862, Garibaldi tenta di conquistare
f. Nel ................................. l’esercito piemontese Roma.
fu sconfitto a Custoza. 1. Garibaldi viene sconfitto e arrestato dai pie-
g. Con la Terza guerra d’indipendenza, il Regno montesi.
d’Italia ottenne ................................. . 2. Nel 1853, un plebiscito approva la restaurazio-
ne del potere imperiale.
EVENTI E PROCESSI 3. La Sicilia passa sotto il controllo dell’esercito
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. di Garibaldi.
a. In che modo si giustifica la partecipazione del 4. La capitale del Regno è trasferita a Firenze
Regno di Sardegna alla guerra di Crimea? nel 1865.
b. In che modo influì l’attentato di Felice Orsini a
Napoleone III nei rapporti fra Italia e Francia? COMPETENZE
c. Spiega le conseguenze della guerra fran- ESPORRE ORALMENTE
co-prussiana del 1870 in Italia, Francia e
Prussia. 6 Rispondi alle seguenti domande.
d. Quali tentativi di conquistare di Roma furono a. Esponi le differenze socio-economiche che
portati avanti prima del 1870 e come si con- contraddistinsero le diverse regioni d’Italia
clusero? all’indomani dell’unificazione. (2 minuti)
b. Riassumi gli eventi fondamentali che portaro-
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. no all’unificazione fra il 1859 e il 1861. (3 minuti)
a. V F Il Regno di Sardegna divenne il punto
di riferimento dell’unificazione italiana. SCRIVERE
b. V F Nel Meridione, i contratti agricoli più
VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
diffusi erano quelli mezzadrili.
c. V F La spedizione dei Mille fu architettata 7 Nel 2011 si sono svolte le celebrazioni ufficiali
da Cavour. per i 150 anni dell’Unità ed è stata scelta come
d. V F I Mille sconfissero l’esercito borbonico data-simbolo il 17 marzo 1861, ovvero il giorno
a Calatafimi nel 1860. in cui Vittorio Emanuele II è stato proclamato
e. V F Nel 1861 Vittorio Emanuele II assunse il d’Italia. Tale scelta ha suscitato diverse critiche
titolo di Vittorio Emanuele I re d’Italia. poiché secondo alcuni storici non rappresenta
f. V F Dopo il 1866, Garibaldi fu arrestato un momento davvero significativo, nel proces-
e condotto a Caprera. so di unificazione. Alla luce delle tue letture,
individua almeno un’altra data-simbolo che
g. V F Nella guerra franco-prussiana,
avrebbe potuto rappresentare il Risorgimento
la Francia ottenne l’Alsazia e la Lorena.
italiano e scrivi un testo argomentativo in cui
h. V F Nel 1870 Roma votò l’annessione
spieghi le motivazioni della tua scelta.
al Regno d’Italia.

518
Fonti e Storiografia
FONTI I garibaldini visti da Alexandre Dumas
F1 Lo scrittore francese Alexandre Dumas (1802-70), venuto a sapere che Garibaldi era
diretto a Palermo con la sua spedizione, lo seguì nella sua impresa, durante la quale
redasse un resoconto pubblicato nel 1861 con il titolo Les garibaldiens. Il testo pro-
posto racconta in modo romanzato la battaglia di Calatafimi.

Giunto sulla cima [Garibaldi] riconosce che le sue previsioni sono fondate: si è di fronte
all’esercito napoletano.
Il grosso di quell’armata è a Calatafimi stessa […].
Gli avamposti sono a un miglio da Calatafimi.
Appena i napoletani, dal canto loro, hanno saputo che i legionari sono a Vita1, appena
Leggi in digitale il te- hanno visto che dall’alto di una montagna un gruppo di ufficiali li osserva, cominciano a
sto Il plebiscito del
1860 nel Mezzogior- uscire dalla città, a discendere nella valle e a salire poi tre collinette […] da cui hanno il co-
no in una rievocazione mando della strada. […]
letteraria tratto dal ca- Allorché i napoletani non sono più che a due tiri di fucile, il generale ordina alle trombe
polavoro di Tomasi di di alzarsi e suonare la sua diana2 favorita.
Lampedusa, Il gatto-
Ai primi squilli di tromba, i tiratori napoletani si fermano; alcuni fanno tre o quattro
pardo. Rispetto al rac-
conto di Dumas sulla passi indietro.
spedizione dei Mille il In quel momento sulla sommità di un monticello, alla destra dei volontari e alla sinistra
giudizio sull’unificazio- dei regi, appare una forte colonna napoletana che mette in batteria due pezzi di artiglieria.
ne appare assai diver-
I napoletani riprendono la loro marcia offensiva interrotta [...] dagli squilli di trombe.
so. Rielabora e riassu-
mi i due punti di vista A portata di fucile cominciano a far fuoco.
sulla questione I volontari accolgono il primo fuoco seduti senza muoversi; soltanto a quei primi colpi
in un testo di tipo una parte dei picciotti3 scompare.
espositivo. Centocinquanta circa resistono […].
Allora il generale pensa che è il momento di cominciare; si alza e grida: «andiamo ra-
gazzi, alla baionetta». Appena l’ordine è dato Turr4 si butta innanzi, conducendo la prima
linea. Nino Bixio, con due compagnie, compie lo stesso movimento.
1 Vita: comune siciliano Un istante dopo il generale sostituisce Turr e lo manda a portare l’ordine di un attacco
del trapanese, a sud generale.
di Calatafimi e a est di Ma l’ordine è diventato inutile: il combattimento si era acceso naturalmente.
Marsala.
2 diana: la sveglia I napoletani ripiegano, minacciati dalla baionetta dei legionari; ma immediatamente si
data all’alba alle milizie; riuniscono in una posizione migliore di quella che hanno dovuto abbandonare. Allora, fra
in senso figurativo, il il generale combattimento, si compiono meravigliose cariche particolari.
segnale che incita alla
battaglia.
Ogni ufficiale che riesce a raccogliere cento uomini, sessanta, cinquanta, carica alla loro testa.
3 picciotti: i componenti [...] A ogni carica, i napoletani resistono, fanno fuoco, ricaricano i loro fucili; fanno fuoco
delle bande che si di nuovo, fino a che vedono le baionette dei legionari brillare a dieci passi […].
unirono ai Mille nel
Retrocedono allora, ma si raccolgono tosto, sempre in posizioni migliori, al fuoco dei lo-
1860.
4 István Turr: ro cannoni, che vomitano mitraglia e granate.
italianizzato in Stefano Il combattimento durava da due ore circa; faceva orribilmente caldo, così che gli uomini
Turr (1825-1908),
i quali avevano continuamente caricato, non ne potevano più. […]
militare e politico
ungherese che partecipò I napoletani, scacciati da tutte le posizioni, prese alla baionetta una dopo l’altra, abban-
alla spedizione dei Mille. donano infine il campo di battaglia e si ritirano a Calatafimi.
(da A. Dumas, I garibaldini: rivoluzione di Sicilia e di Napoli, Sonzogno, Milano 1927, pp. 69-74)

COMPRENDERE 1. Dove si svolge la vicenda?


INTERPRETARE 2. Osserva la sintassi del racconto: prevale la paratassi o l’ipotassi? Quale effetto
contribuisce a rendere?
VALUTARE 3. Quale immagine dei volontari intende trasmettere Dumas?

519
Fonti e Storiografia

F2 Un appello alle donne italiane


Felicita Bevilacqua (1822-99) nel 1848 prestò soccorso ai combattenti della Re-
pubblica Romana. In quell’occasione conobbe Giuseppe La Masa (1819-81), allora
schierato su posizioni repubblicane, che più tardi sposò. Nel 1860 il giornale fioren-
tino «L’Unità italiana» pubblicò il suo appello alle connazionali, affinché sostenessero
con una sottoscrizione la guerra per la liberazione e l’unità.

La Egregia donna La Masa-Bevilacqua; ci invia il suo appello alle donne italiane invitan-
dole a concorrere seco lei alla formazione di Comitati femminili di soccorso a pro dell’in-
surrezione Siciliana.
Noi nel riprodurlo preghiamo caldamente tutte le donne Toscane che si sentono in petto
santo amor di patria a rispondere nobilmente e generosamente all’invito della chiarissima
siciliana facendosi promotrici di una opera santissima e altamente patriottica.
Le preghiamo pure a nome di Garibaldi, in nome di chi oggi cade sotto la mitraglia bor-
bonica; in nome in fine della salute d’Italia:

Sorelle!
le donne di Sicilia, sfidando ogni pericolo, eludevano lo scorso anno l’esosa sorveglianza
di un Governo feroce per inviare ai feriti della guerra nazionale conforti e soccorsi.
E noi donne della libera parte d’Italia rimarremo noi ora inerti spettatrici della sangui-
nosa lotta intrapresa da quel popolo vittorioso, senza sentire nel cuore il bisogno potente
di accorrere in di lui aiuto?
L’animo straziato dagli orrori che ivi commette un esercito barbaro, il quale disfoga su
donne e bambini la rabbia di non poter vincere i prodi che combattono, non ci saprà sug-
gerire meglio che compianto e dolore, il pensiero di attivamente cooperare onde cessino
più presto que’ strazzii ed onde trovino lenimento e conforto quelle angosciose miserie?
Nella certezza che ogni donna italiana ne senta il desiderio ed il dovere io apro una sot-
toscrizione femminile. Non faccio pompa di frasi e di sentimenti perché so che ogni cuo-
re di donna risponderà al mio appello perché sentirà che mai fuvvene uno più santo e più
conforme alla nostra missione.
Pensiamo a quelle madri, a quelle spose, a quelle figlie; – pensiamo alle donne sgozza-
te, sventrate – alle centinaia di persone massacrate perfino in sugli altari – alle intere città
saccheggiate e distrutte – ed al brivido destato da tanta efferrata crudeltà, troveremo unica
consolazione il dedicare quanto più da noi si possa in aiuto di quegli infelici.
Ma pronta, immediata sia l’opera nostra, o sorelle; ogni giorno di aiuto anticipato sono
immensi dolori risparmiati – sono vittime salvate – sono ineffabili conforti! Sia nostra am-
bizione il dimostrare quanta energia, zelo, solerzia trovi la donna nel proprio cuore ispirato
dalla carità e sia fra noi nobile gara il presentare più generose e sollecite offerte.
(da «L’Unità italiana», Firenze, 20 maggio 1860, in Nel nome dell’Italia.
Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini,
a cura di A.M. Banti, Laterza, Roma-Bari 2010, pp. 378-380)

COMPRENDERE 1. Perché viene aperta una sottoscrizione di denaro?


2. A quali sentimenti si deve ispirare l’azione patriottica delle donne?
3. Chi sono i destinatari del messaggio?
INTERPRETARE 4. Nel testo sono presenti molti termini che rimandano ai campi semantici della vio-
lenza e della religione. Rintracciali.
VALUTARE 5. Perché l’autrice si rivolge alle donne come «sorelle»?

520
Le unificazioni italiana e tedesca 14

STORIOGRAFIA La politica economica di Cavour e il processo


S1 di unificazione nazionale
Gilles Pécout
Lo storico francese Gilles Pécout, nella sua analisi del Risorgimento, focalizza l’at-
tenzione sulla costruzione della nazione a partire dalla fine del Settecento e sul ruolo
svolto dallo Stato in questo percorso, in stretta relazione con lo sviluppo economico
e con un nuovo ordine sociale.

GLI SNODI Il «connubio» rappresenta le aspirazioni della borghesia piemontese.


DEL TESTO Cavour promuove la modernizzazione delle infrastrutture.
Cavour costruisce le premesse per l’unificazione dell’Italia.

Secondo una lettura positiva, il “connubio”1 avrebbe realizzato in Piemonte quel sogno di
amalgama sociale che, prima del 1848, negli altri stati era ancora al centro delle intenzio-
ni politiche. Tra le fila dei rappresentanti i diversi orientamenti della politica cavouriana si
trovavano infatti appartenenti alla nobiltà militare e terriera nonché i portavoce delle nuove
classi economiche […] indicate col nome di borghesia. Il significato politico e nazionale di
questo nuovo compromesso […] è chiaro: né la destra ultraclericale per l’aristocrazia, né l’e-
strema sinistra mazziniana per la borghesia possono legittimamente rappresentare […] quelle
aspirazioni all’unità nazionale che soltanto il connubio può permettere di raggiungere […].
L’operato di Cavour nell’ambito economico traduce concretamente le aspettative di queste
fasce sociali […]. Lo sviluppo economico dipende soprattutto dalle infrastrutture e, al mo-
mento in cui Cavour arriva al potere, il Piemonte è fanalino di coda degli stati italiani per
quanto riguarda le reti ferroviarie, che si limitano qui ad alcuni tronconi come la linea To-
rino-Moncalieri2. L’ardente fautore dello sviluppo ferroviario, supportato in questo dal suo
ministro dei Lavori pubblici Paleocapa, si pone quindi come obiettivo lo sviluppo di que-
sto settore: nel 1855 la capitale è collegata ad Alessandria, a Genova, a Novara, e ad Arona
mentre viene aperta la strada per la Svizzera. I lavori per il tunnel del Moncenisio, iniziati
nel 1857, hanno lo scopo di facilitare i collegamenti con la Francia. Il Piemonte può così
1 “connubio”: l’alleanza contare nel 1861 su 850 km di ferrovia, ossia il 34% del totale della penisola.
di partiti che permise
a Cavour di costruire
I mezzi di trasporto internazionali e soprattutto la navigazione marittima sono interes-
la maggioranza sati da un incremento analogo. La compagnia di navigazione fondata nel 1841 a Genova
parlamentare alla base da Raffaele Rubattino beneficia del sistema detto delle “sovvenzioni” messo a punto da Ca-
del suo governo nel
vour per ricompensare le società di navigazione più attive. […]
1852.
2 linea Torino- Secondo lo stesso Cavour, «l’economia non serve che a mascherare la politica». La mo-
Moncalieri: tratto dernizzazione all’interno e la stipulazione, tra il novembre del 1850 e il febbraio del 1851,
ferroviario da Torino
di trattati di libero scambio con Belgio, Francia e Inghilterra all’esterno non sarebbero, in-
a Moncalieri (8 km)
inaugurato il 24 somma, che le due facce di uno stesso progetto politico: ossia una struttura statale capace
settembre 1848. di realizzare l’unità nazionale.
(da G. Pécout, Il lungo Risorgimento. La nascita dell’Italia contemporanea (1770-1922),
Bruno Mondadori, Milano 2011, pp. 154-155)

COMPRENDERE 1. Qual è il significato politico del compromesso rappresentato dal «connubio»?


IL TESTO
2. Riassumi il programma di modernizzazione portato avanti da Cavour.
3. Quale tesi storiografica contesta lo storico Pécout nella prima parte del brano?

521
Fonti e Storiografia

S2 La guerra contro l’Austria


Alberto Mario Banti
Lo storico Alberto Mario Banti individua nel Triennio repubblicano (1796-1799), le
origini del Risorgimento italiano, poiché in quegli anni vennero formulati chiaramente i
primi progetti di Stato unitario. Nel brano che segue Banti racconta l’arruolamento di
giovani volontari nel 1859, la maggioranza dei quali provenienti dal Lombardo-Veneto.

GLI SNODI Nella guerra contro l’Austria, l’arruolamento di volontari fu notevole.


DEL TESTO Arruolarsi come volontario era una scelta difficile.
I volontari provenivano da ambienti popolari e dal ceto medio.

Nel gennaio del 1859, quando stanno rapidamente procedendo i preparativi per la guer-
ra, l’esercito piemontese può contare su 47.000 uomini di truppa e 3.000 ufficiali circa. Da
quella data fino al luglio seguente, oltre agli arruolamenti ordinari c’è anche l’arruolamen-
to di un numero davvero considerevole di volontari. Ne sono stati censiti, con sicurezza,
9.692, che vengono inseriti nei reparti dell’esercito sardo, 4.164 destinati a formare i Cac-
ciatori delle Alpi, un corpo affidato al comando di Giuseppe Garibaldi, e 2.500 indirizza-
ti all’altro corpo volontario dei Cacciatori degli Appennini. Oltre 16.000 volontari è il dato
più sicuro di cui si disponga, ma altre indicazioni ufficiali fanno ascendere il loro numero
fino ad almeno 24.000.
Comunque sia, anche se ci si attiene alla prima cifra (che Anna Maria Isastia1 ricava da
elenchi nominativi conservati nei fondi archivistici del ministero della Guerra sabaudo), si
deve riconoscere che siamo di fronte a un numero davvero rilevante di giovani (l’età media
oscilla tra i 21 e i 26 anni, a seconda dei corpi di destinazione), che, come nel 1848, deci-
dono di allontanarsi da casa per andare a rischiare la vita in una guerra mossa a uno degli
eserciti meglio attrezzati dell’epoca.
Ancora più impressionante il dato deve risultare se si pensa che la grande maggioranza
di questi giovani viene dal Lombardo-Veneto: queste persone decidono, quindi, di andare
a combattere contro il proprio Stato di appartenenza, correndo rischi gravissimi nel caso
di cattura da parte dei nemici o di sconfitta; in quella evenienza, difficilmente sarebbero
potuti tornare a casa, rivedere i propri cari, i propri amici, i propri luoghi.
Bisogna considerare, infine, che il trasferimento verso il Piemonte, per recarsi ai centri
di arruolamento, non è per niente facile; sebbene aiutati da nuclei di finanziamento clan-
destino, devono andare in carrozza, a cavallo o a piedi fin dove si può, superare il confine
1 Anna Maria Isastia: di nascosto, perché gli austriaci nell’imminenza della guerra hanno chiuso le frontiere, e
Banti si riferisce al riprendere il viaggio con i mezzi che capita di procurarsi. Certo non si tratta di una passeg-
saggio di Isastia Il
volontariato militare giata di piacere, aspetto che dev’essere tenuto presente per considerare adeguatamente lo
nel Risorgimento. La slancio e la determinazione che guida questi giovani. Inoltre, come sulle barricate del 1848,
partecipazione alla la maggior parte dei volontari del 1859 vengono da ambienti popolari o di ceto medio: le
guerra del 1859, Ufficio
storico dell’Esercito, categorie meglio rappresentate sono quelle dei commercianti, degli artigiani e degli operai,
Roma 1990. mentre anche gli studenti sono in numero consistente.
(da A.M. Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, Roma-Bari 2018, pp. 107-108)

COMPRENDERE 1. Da quali regioni proveniva la maggior parte dei volontari? Perché questo suscita
IL TESTO un certo stupore?
2. A quanto ammonta il numero dei volontari?
3. A quali difficoltà andavano incontro i soldati arruolati su base volontaria nell’e-
sercito piemontese?

522
Le unificazioni italiana e tedesca 14

S3 Lo scontro fra Bismarck e il Parlamento prussiano


Heinrich Lutz
Bismarck inaugurò la sua azione di capo dell’esecutivo con un’aperta sfida ai deputati
prussiani. Terreno di scontro fu la riforma dell’esercito, fermamente voluta dal re Gu-
glielmo I e che, prevedendo un ingente stanziamento di bilancio, richiedeva secondo
la Costituzione un’approvazione che il Parlamento, e in particolare la sua ala liberale,
rifiutava di concedere. Come mostra in questo brano Heinrich Lutz, Bismarck accet-
tò di farsi carico dell’attuazione del progetto in quanto fedele servitore del re e non
dello Stato.

GLI SNODI Nel 1862 si apre una grave crisi politica fra Parlamento e monarchia in Prussia.
DEL TESTO Il re Guglielmo I pensa all’abdicazione.
Il nuovo primo ministro, Bismarck, sostiene la priorità dell’esecutivo.

Il conflitto sul bilancio divenne conflitto costituzionale quando il governo nel marzo 1862
sciolse il parlamento recalcitrante. Il re licenziò i ministri liberali e costituì un governo con-
servatore. Nonostante massicci tentativi di influenzare le elezioni le nuove urne portarono
un grande successo per l’opposizione di sinistra1. […]
1 opposizione di Nel settembre 1862 il conflitto costituzionale prussiano raggiunse un vertice. Il re Gu-
sinistra: nel contesto glielmo non aveva contro di sé solo la stragrande maggioranza dei deputati del parlamento,
prussiano dell’epoca era
ma il suo stesso ministero aveva dichiarato che in caso di rifiuto da parte del parlamento
l’opposizione composta
dalle forze politiche del progetto di bilancio non poteva far durare ancora un «tale conflitto bruciante».
liberali moderate. In questo momento l’abdicazione sembrò al re una via d’uscita. […]
2 capitribù … re: Qui si incrociavano due linee di fondo della storia tedesca. Da un lato stava il potere mo-
L’autore elenca le
diverse forme di potere narchico cresciuto in molti secoli, ereditariamente in una famiglia, attorno alla quale si era
esercitate nel corso costruito uno Stato: capitribù, capi guerrieri, vassalli, conti della marca, principi elettori,
dei secoli dalla famiglia re2. Dall’altro lato il «popolo» che, prima in forme cetuali e poi liberal-costituzionali3, pre-
degli Hohenzollern:
inizialmente sulla Svevia, tendeva e salvaguardava la sua parte nel potere e nella configurazione degli affari pubblici.
in seguito su Franconia, Quando entrambe queste linee di sviluppo si scontrarono in un conflitto apparentemen-
Brandeburgo e, infine, te insuperabile, ed il re che non pensava di acconsentire al volere del parlamento prepa-
Prussia.
3 liberal-costituzionali:
rava l’abdicazione, era arrivata l’opportunità del cosiddetto «partito militare» guidato dal
dapprima attraverso gli ministro della Guerra Roon4. Essi presentarono al dubbioso sovrano come uomo nuovo e
organismi tradizionali, forte che si sarebbe schierato nel conflitto costituzionale con ferrea fedeltà di vassallo il
come le diete, in cui
signor von Bismarck. […]
venivano rappresentati
i singoli ordini o stati Nel settembre 1862 il neoinstallato Primo ministro andò immediatamente a scandaglia-
o ceti. Poi nelle forme re gli spazi di manovra in politica interna ed estera. […] Si impresse sugli avversari il fatto
costituzionali, secondo
che Bismarck affermasse il diritto di emergenza del governo […] e che egli si richiamasse
cui i cittadini sceglievano
attraverso il voto i loro perciò alla famosa «teoria del vuoto»: la costituzione prussiana aveva un vuoto in quanto
rappresentanti. non regolava cosa dovesse accadere se il bilancio non fosse stato accettato dal parlamento;
4 Roon: Albrecht dunque questo vuoto andava riempito dal governo con la sua attività responsabile davanti
von Roon (1803-79),
generale e ministro al paese (cosa che precipitava su un facile aggiramento del diritto al controllo sul bilancio,
prussiano. tanto centrale per la concezione liberale).
(da H. Lutz, Tra Asburgo e Prussia. La Germania dal 1815 al 1866, il Mulino,
Bologna 1992, pp. 540-550)

COMPRENDERE 1. Su quale questione Parlamento e governo si dividono nel 1862?


IL TESTO
2. Che cosa s’intende con «teoria del vuoto»?
3. Quale linea politica abbraccia Bismarck?

523
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B Logica e fallimento delle società segrete
Nel suo studio sulle società segrete e le attività rivoluzionarie della prima metà dell’Ot-
tocento, di cui è qui riportato un estratto, Bronisław Baczko mette in luce le ragioni
che condussero ai fallimenti delle cospirazioni in Europa.

Essere un rivoluzionario è un’esperienza collettiva che si fa “con gli uni” e “contro gli al-
tri”. Era proprio nelle società segrete, nonostante i fallimenti che esse accumulavano, che
si compivano l’apprendistato e la formazione dei rivoluzionari. Le loro forme di attività, i
loro discorsi, le loro rappresentazioni e pratiche simboliche forniscono degli elementi di
risposta alla domanda: che cosa fanno i rivoluzionari, o, per dirla altrimenti, che cos’è che
fa un rivoluzionario, come lo si diventa? […]
All’origine delle società segrete si trova spesso il modello della loggia massonica. Così, ai
giovani che, nel 1820, cercavano di riunire coloro che si opponevano alla Restaurazione, le
forme massoniche, con i loro misteri e le loro condizioni di ammissione, regolate da sta-
tuti che potevano essere modificati, apparvero un sistema soddisfacente, e la loggia degli
“Amici della verità” fu fondata. [...]
L’aderente si impegnava a mantenere il più stretto segreto sull’associazione e sui suoi atti,
a procurarsi un fucile e ventiquattro cartucce, a versare ogni mese la quota di un franco e,
infine, a tenersi pronto a obbedire agli ordini provenienti dall’alta vendita, l’istanza supre-
ma dei carbonari. Giurava anche di non appartenere ad alcun’altra organizzazione o loggia.
Dopo la rivoluzione di Luglio, durante il breve periodo di esistenza legale dei club e del-
le società popolari, l’ammissione alla Società degli amici del popolo avveniva senza alcu-
na formula misteriosa: la si otteneva su raccomandazione di altri membri o per notorietà,
e consisteva in una dichiarazione di patriottismo e di adesione agli statuti. Il ritorno alla
clandestinità riporterà in vita l’iniziazione solenne e il rituale sofisticato. […]
Cospirare era un’attività essenziale della società segreta nel suo insieme, nonché di cia-
scuno dei suoi membri. Attività pericolosa e molto impegnativa, non foss’altro in ragione
delle precauzioni da prendere per garantire la sicurezza delle riunioni, dei codici di comu-
nicazione da rispettare, dei nascondigli per le armi da trovare, dell’addestramento da far
compiere agli adepti. […]
Né la rivoluzione di Luglio del 1830, né quella di Febbraio del 1848 [in Francia] furono il
risultato di un’azione insurrezionale delle società segrete. In entrambi i casi il cambiamento
di regime fu imposto da movimenti popolari in larga misura spontanei, almeno agli inizi,
che rientravano nel più ampio contesto di una crisi politica e sociale. In ogni caso, le società
segrete concorsero indubbiamente alla maturazione di quelle crisi, ne furono un elemento di
cui sarebbe d’altronde difficile valutare esattamente l’impatto. Esse mantennero vive l’idea
e la tradizione repubblicana, e contribuirono alla democratizzazione dei regimi usciti dagli
sconvolgimenti rivoluzionari. Dopo la rivoluzione di Luglio proliferarono club e associazio-
ni politiche. Lo stesso fenomeno, più pronunciato, si verificò nelle settimane che seguirono
il febbraio del 1848: vi erano 145 club a Parigi, alla fine di marzo, e quasi 300 in giugno.
Certo, molti di essi ebbero vita breve, ma altri, attraverso i giornali che pubblicavano e le
diramazioni che avevano nei dipartimenti, svolsero un ruolo molto importante nella storia
della Seconda repubblica. Le società fornirono loro sicuramente quadri e affiliati. Ciò detto,
la conquista della libertà mise fine all’esistenza delle società segrete: molto semplicemente,
esse non avevano più ragione di essere.
(da B. Backzo, Il rivoluzionario, trad. di. C. Patanè, in L’uomo romantico, a cura di F. Furet, Laterza,
Roma-Bari 1995, pp. 295-300, 306-307, 309-311)

524
Restaurazione, capitalismo e nazionalismi 3

COMPRENSIONE 1. Come si diventa un rivoluzionario nella prima metà dell’Ottocento?


E ANALISI
2. A quale organizzazione preesistente s’ispirarono le società segrete?
3. Secondo lo storico Bronislaw Baczko, chi fu responsabile delle rivoluzioni di
Luglio e del 1848?
4. Quale ruolo svolsero le società segrete durante la Seconda Repubblica in Francia?
5. Quando le società segrete cessarono la loro attività e perché?
PRODUZIONE 6. Da cospiratore segreto che agisce nell’ombra, come i carbonari nell’Europa della
Restaurazione, a figura carismatica in grado di mobilitare le masse, come i leader
giacobini durante la Rivoluzione francese, la figura del rivoluzionario ha subito
profonde trasformazioni tra Sette e Ottocento. Anche nel corso del Novecento,
non sono mancate personalità di grande respiro: basti pensare a Martin Luther
King o Gandhi.
7. Ma è ancora possibile essere rivoluzionari oggi? Scrivi un testo di tipo argomen-
tativo riflettendo sulla questione, proponi argomentazioni e esempi tratti dall’at-
tualità che incarnino, a tuo avviso, i valori rivoluzionari.

Prova scritta
TIPOLOGIA B Le donne del Risorgimento
La giornalista Antonia Bordignon affronta in questo articolo la storia del Risorgimento
e il ruolo che vi hanno svolto le donne, da Anita Garibaldi a Cristina Belgiojoso.

Quando si parla del Risorgimento italiano vengono in mente in prevalenza figure maschi-
li come Garibaldi, Mazzini, Cavour, i grandi protagonisti del periodo. Ma quale è stato il
ruolo delle donne? Nei libri di storia dell’800, scritti da uomini, non c’è quasi traccia di lo-
ro. È comprensibile. Le donne allora non avevano diritto di voto, erano assenti dalla sce-
na politica, esistevano solo come madri e mogli. Se ricche e colte potevano esprimersi nei
Esplora la bacheca
salotti, unico luogo di aggregazione sociale in cui dominavano incontrastate, scegliendo
per altri spunti
interdisciplinari ospiti e argomenti di conversazione. Ma nei 150 anni di storia italiana sono molte le don-
ne, di tutte le estrazioni sociali che hanno contribuito a creare il nostro Paese e la nostra
identità nazionale.
[…] La storia del Risorgimento è costellata di donne che vanno spesso oltre gli stereotipi del
loro tempo. Donne garibaldine, mazziniane, monarchiche, repubblicane. Donne del Nord,
del Centro, del Sud e anche qualche giornalista straniera, come Margaret Fuller e Jessie
White Mario: in un ideale affratellamento che supera le barriere e i confini dell’apparte-
nenza sociale, territoriale. Lo racconta per la prima volta in modo esauriente Bruna Berto-
lo, giornalista e scrittrice piemontese, autrice del corposo volume di 430 pagine Donne del
Risorgimento. Le eroine invisibili dell’unità d’Italia […].
Non ci sono solo Anita Garibaldi, la mitica moglie dell’eroe dei Due Mondi, o la principes-
sa Cristina Belgiojoso che ha guidato 200 patrioti napoletani sulle barricate delle Cinque
giornate di Milano e che abbiamo visto nel bel film di Martone dedicato al Risorgimento
1 Mata Hari: nata “Noi credevamo”, oppure la chiacchierata contessa di Castiglione, bellissima e intrigante
nel 1876 e morta nel Mata Hari1 anti litteram, amante di Napoleone. L’autrice offre una ribalta a protagoniste
1917, fu una ballerina
e un agente segreto quasi invisibili, assenti dalle pagine ufficiali di storia, e si avvicina a loro con un particola-
olandese. re sguardo di tenerezza
(Antonia Bordignon, Non solo uomini negli ultimi 150 di storia italiana. Molte le eroine
da Anita Garibaldi in poi, «Il Sole 24 ORE», 4 marzo 2011)

525
Laboratorio per l’Esame di Stato

COMPRENSIONE 1. Perché le donne nel Risorgimento sono definite «protagoniste quasi invisibili»?
E ANALISI
2. Qual figura retorica viene impiegata nell’espressione «protagoniste quasi invisi-
bili»?
3. Individua nel testo i nomi delle donne straniere che contribuirono alla causa
risorgimentale.
4. Perché, a detta dell’autrice, i libri di storia ottocenteschi hanno trascurato questo
tema?
PRODUZIONE 5. Come per la storia risorgimentale, anche nella nostra società non sempre il ruolo
delle donne è stato pienamente riconosciuto: le donne in Italia ottengono retri-
buzioni mediamente più basse rispetto agli uomini e ricevono minori offerte di
lavoro a tempo indeterminato (fonte Eurostat 2020). Scrivi un testo di tipo argo-
mentativo in cui esprimi la tua opinione sulla questione; puoi fare riferimento alla
tua esperienza famigliare, alle tue conoscenze storiche e proporre delle idee per
favorire la parità di genere.

TIPOLOGIA C Giuseppe Mazzini, I doveri dell’uomo


«Si tratta non stabilire un nuovo ordine di cose colla violenza; un ordine di cose stabili-
to colla violenza è sempre tirannico […]: si tratta di rovesciare colla forza la forza brutale
che s’oppone in oggi a ogni tentativo di miglioramento, di proporre al consenso della Na-
zione, messa in libertà, d’esprimere la sua volontà, l’ordine che par migliore e di educare
con tutti i mezzi possibili gli uomini a svilupparlo, ad operare conformemente. Colla teo-
ria dei diritti possiamo insorgere e rovesciare gli ostacoli; ma non fondare forte e durevole
l’armonia di tutti gli elementi che compongono la Nazione. Colla teoria della felicità, del
benessere dato per oggetto primo alla vita, noi formeremo uomini egoisti, adoratori della
materia, che porteranno le vecchie passioni nell’ordine nuovo e lo corromperanno pochi
mesi dopo. Si tratta dunque di trovare un principio educatore superiore a siffatta teoria,
che guidi gli uomini al meglio, che insegni loro la costanza nel sacrificio, che li vincoli ai
loro fratelli senza farli dipendenti dall’idea d’un solo o dalla forza di tutti. E questo princi-
pio è il DOVERE. Bisogna convincere gli uomini ch’essi, figli d’un solo Dio, hanno ad essere
qui in terra esecutori d’una sola legge - che ognuno d’essi deve vivere, non per sé, ma per
gli altri - che lo scopo della loro vita non è quello d’essere più o meno felici, ma di rende-
re sé stessi e gli altri migliori - che il combattere l’ingiustizia e l’errore a benefizio dei loro
fratelli e dovunque si trova, è non solamente diritto, ma dovere: dovere da non negligersi
senza colpa - dovere di tutta la vita».
(Giuseppe Mazzini, I doveri dell’uomo, 1860)

PRODUZIONE La citazione è tratta dall’opera I doveri dell’uomo di Giuseppe Mazzini, protagoni-


sta della Repubblica Romana e dei moti del 1848; nel brano si afferma che i prin-
cìpi-guida di ogni società sono il senso del dovere e la consapevolezza che tutti gli
uomini sono uguali. La felicità e il benessere invece non possono essere considerati
dei fondamenti del vivere sociale perché sono generano egoismi e corruzione. Sei
d’accordo con quanto sostiene Mazzini? Scrivi un testo di tipo espositivo-argomen-
tativo sul senso del dovere: puoi partire dal tuo vissuto, riflettendo quelli che consi-
deri o non consideri i tuoi doveri o i doveri degli adulti. Puoi organizzare il testo in
paragrafi e titolarli. Infine trova un titolo generale per il tuo elaborato.

526
Restaurazione, capitalismo e nazionalismi 3

Esposizione orale
D1 L’Italia all’indomani del Congresso di Vienna

L’ITALIA DOPO IL CONGRESSO DI VIENNA (1815)

SVIZZERA
IMPERO D’AUSTRIA
SAVOIA LOMBARDO-
Milano VENETO Venezia
Torino
DUC. DI
DUC. DI
REGNO DI PARMA MODENA
SARDEGNA IMPERO
Firenze OTTOMANO
DUC. DI MASSA GRAND. STATO
DUC. DI LUCCA DI DELLA
TOSCANA CHIESA
Mare Adriatico
CORSICA Roma

Bari
Napoli
Taranto
SARDEGNA REGNO
Mar Tirreno DELLE
Cagliari
DUE SICILIE

Palermo
Mar Mediterraneo

ANALIZZARE Osserva la carta e rispondi alle domande.


LA FONTE
1. Illustra la riorganizzazione territoriale degli Stati italiani all’indomani del
Congresso di Vienna.
2. Quali monarchie risultano più rilevanti dal punto di vista territoriale?
CONTESTUALIZZARE 3. Quando si svolse il Congresso di Vienna? Quali potenze coinvolse?
4. Quali princìpi politici intendeva restaurare il Congresso? Quali furono le principali
conseguenze?
COLLEGAMENTI Letteratura italiana
INTERDISCIPLINARI
Giacomo Leopardi dedica alla situazione italiana l’ode All’Italia composta nel 1818
a soli vent’anni. Ricostruisci il contesto biografico e storico in cui è stata scritta
e mettine in luce i contenuti politici.
Educazione civica
Confronta il principio di legittimità, ribadito durante il Congresso di Vienna
dalle potenze uscite vincitrici nello scontro con Napoleone, con l’articolo 1 della
Costituzione italiana.

527
Laboratorio per l’Esame di Stato

D2 Nazioni e nazionalismi

La proclamazione
di Guglielmo I
a imperatore del
Reich nella Sala degli
Specchi della reggia
di Versailles il
18 gennaio 1871.
Dipinto di Anton
von Werner del 1885.
Friedrichsruh,
Bismarck-Museum.

ANALIZZARE Osserva l’immagine e rispondi alle domande.


LA FONTE
1. Descrivi la scena rappresentata nel dipinto.
2. La proclamazione del Reich tedesco avvenne nel palazzo di Versailles, simbolo della
monarchia francese dalla fine del Seicento: come si giustifica quest’anomalia?
CONTESTUALIZZARE 3. Riassumi le fasi principali del processo di unificazione della Germania.
4. Quale ruolo giocò Bismarck in tale contesto?

COLLEGAMENTI Filosofia
INTERDISCIPLINARI
Nel primo dell’Ottocento, le discussioni intorno al concetto di Stato inteso come
espressione dello «spirito del popolo» (Volkgeist) trovano terreno fertile nel humus
romantico e nei crescenti movimenti nazionalisti: centrali restano in questo senso
i contributi di Friedrich Hegel e di Joahnn Gottlieb Fichte. Riassumi le idee centrali
dei due filosofi sul concetto di Stato-nazione a partire da Lineamenti di filosofia
del diritto e dai Discorsi alla nazione tedesca di Fichte.
Letteratura italiana
Nel dibattito intorno allo «spirito del popolo» assume una rilevanza particolare nel
corso dell’Ottocento la questione delle lingue nazionali, intese come espressioni pri-
migenie dell’appartenenza ad una nazione e patrimonio culturale nazionale. In Italia,
emerge a questo proposito l’autorevole voce di Alessandro Manzoni: quali princìpi
afferma lo scrittore a proposito della lingua italiana?

528
4 L’espansione
coloniale e
la crisi degli
equilibri
15 La guerra
di secessione
La conquista dell’Ovest
Nel corso dell’Ottocento, gli Stati Uniti vivono una forte crescita demografica ed econo-
mica, che favorisce una politica espansionistica aggressiva verso l’Ovest, sostenuta dalle
classi dirigenti e dai gruppi imprenditoriali del Nord-Est. Tra il 1800 e il 1860 entrano a
Esplora l’immagine far parte dell’Unione 17 nuovi Stati, mentre le conquiste territoriali vengono ottenute a
interattiva spese delle tribù native.

La guerra civile americana


Nel 1861, fra Stati del Sud e quelli del Nord scoppia una sanguinosa guerra civile; a
far esplodere le ostilità contribuì l’elezione a presidente degli Stati Uniti di Abraham
L’attacco Lincoln, avvocato favorevole all’abolizione della schiavitù, considerata invece dai sudisti
dell’esercito unionista
nella battaglia di Fort indispensabile per l’economia latifondista. A prevalere infine è il Nord nel 1865: la schia-
Wagner (18 luglio 1863). vitù è abolita dalla costituzione americana degli Stati Uniti.

1801 1823 1829 1832 1837


Thomas Jefferson Il presidente James Andrew Jackson Introduzione del Samuel Morse
viene eletto Monroe presenta la viene eletto suffragio universale brevetta il
presidente degli USA «dottrina Monroe» presidente degli USA maschile negli USA telegrafo
IL TUO PERCORSO
SUL LIBRO
E IN DIGITALE

LEZIONE
GUARDA il video Lo scenario mondiale
nella seconda metà dell’Ottocento
1. Il sistema politico negli Stati Uniti
▶ p. 532
2. La «dottrina Monroe»
▶ p. 534
3. Economia e governo statunitensi
▶ p. 538
4. Il Far West: il mito della frontiera
▶ p. 540
5. Nord e Sud in guerra
▶ p. 544
6. Società e sistemi politici sudamericani
▶ p. 549
ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
dell’Atlante digitale interattivo
RIASSUMI i concetti chiave con la
presentazione L’espansione degli Stati Uniti
e l’indipendenza dell’America Latina:
– la conquista dell’Ovest e le guerre indiane;
– le differenze fra Stati del Nord e Stati del Sud;
– cause e conseguenze della guerra
di secessione americana.

RIPASSA
Ripassa con la sintesi e la mappa
▶ p. 552, p. 553
In digitale trovi l’audio della sintesi
e la mappa personalizzabile

APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO


Cultura materiale e vita quotidiana: La frontiera
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 541

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1861-1865 1863 1876 1890


Guerra di Lincoln proclama Battaglia Massacro di
secessione l’abolizione della schiavitù del Little Bighorn Wounded Knee

531
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

1 Il sistema politico negli Stati Uniti


La straordinaria vitalità di un Paese con spazio per tutti
Nel XIX secolo la Gran Bretagna non era l’unico Paese a rappresentare un punto
Guarda il video di riferimento per il suo impetuoso sviluppo politico-sociale, liberale e capitalista.
Lo scenario mondiale
Esemplari erano anche gli Stati Uniti, che costituivano una ramificazione del mo-
nella seconda metà
dell’Ottocento e dello anglosassone, con alcune significative differenze.
rispondi alle domande: Gli ex coloni avevano iniziato a espandersi verso ovest e verso sud ( ▶ carta,
• Perché scoppia
p. 534): nell’ultimo decennio del Settecento avevano superato i monti Appalachi e
la guerra civile
americana? cominciato a occupare le terre vergini nella pianura del Mississippi; nel 1803 ave-
• Quali conseguenze vano poi acquistato da Napoleone la Louisiana ( ▶ cap. 8, par. 2), colonizzata dai
ebbe la vittoria
francesi fin dal Seicento.
dell’esercito
nordista? Lungo il corso del Mississippi cominciarono a svilupparsi insediamenti e atti-
• Quali politiche vità commerciali: a sud, verso la foce del fiume, in direzione del golfo del Messico,
incoraggia il le terre erano perfettamente adatte alle piantagioni di cotone, mentre a nord la
governo americano
nell’Ottocento? regione dei Grandi Laghi offriva condizioni ideali per la coltura dei cereali. Ma, so-
prattutto, c’era spazio per tutti: la terra non costava nulla e la popolazione poteva
insediarsi liberamente. La vita era durissima, ma proprio in queste terre di fron-
tiera i nuovi insediamenti godevano di una vitalità straordinaria.
S1 Un destino Nel periodo che intercorse tra l’acquisizione dell’indipendenza dalla madrepatria
manifesto, p. 557
e il 1860, gli Stati Uniti furono interessati da un vigoroso sviluppo demografico,
che si accompagnò a un notevole ampliamento territoriale e a un’intensa cresci-
ta economica. Se nel 1800 gli abitanti erano 5,3 milioni, superato il primo quarto
di secolo si aggiravano sui 10 milioni e nel 1860 avevano raggiunto i 31 milioni. Al
tempo stesso, l’estensione territoriale triplicò mentre, tra il 1800 e il 1860, entra-
rono a far parte dell’Unione 17 nuovi Stati. A determinare questa impetuosa cre-
scita furono le particolari condizioni nelle quali ebbe modo di svilupparsi quella
rivoluzione industriale che, negli stessi anni, stava interessando anche gran parte
dell’Europa.

Veduta panoramica
di Boston nel 1850.
Litografia di John
Bachmann, XIX secolo.

532
La guerra di secessione | 15 |

Federalisti e democratico-repubblicani
A differenza dell’Inghilterra, gli Stati Uniti erano un Paese sostanzialmente egua-
litario, con poche differenziazioni sociali, tranne che nei territori delle ex colonie
lungo la costa atlantica; tuttavia, perfino in quei contesti non esistevano né un’a-
ristocrazia né sostenitori della forma monarchica.
A partire dalla nascita degli Stati Uniti, per molti anni sulla scena politica si erano
confrontati due diversi modi di guardare al possibile sviluppo del Paese ( ▶ cap. 8,
par. 5). Da una parte i federalisti, fedeli alle teorie di Alexander Hamilton (1757-
1804), si sentivano gli eredi della Costituzione del 1787. Erano favorevoli al dirigi-
smo dello Stato in campo economico, a politiche protezioniste a tutela di impren-
ditori, gruppi mercantili e finanziari e comunità di agricoltori puritani del Nord,
sui quali si fondava il loro consenso. Inoltre, intendevano garantire un potere cen-
trale forte in grado di raccogliere e controllare le masse popolari, che durante la
rivoluzione avevano pagato il loro tributo di sangue alla nascita degli Stati Uniti e
che ora chiedevano un peso maggiore nella vita politica.
Alla visione federalista dello Stato si contrapponevano i democratico-repubbli-
cani, favorevoli al particolarismo, al decentramento amministrativo e sostenitori
delle libertà individuali e del diritto di ciascuno Stato di legiferare per sé. Questi
erano forti soprattutto nel Sud, tra agricoltori e grandi proprietari terrieri, i qua-
li vedevano nel governo federale un nemico che insidiava la loro autonomia, ma
avevano un loro seguito anche tra coloro che erano immigrati più recentemente
e ritenevano che il potere del governo centrale, ritenuto espressione di un’élite di
speculatori, dovesse essere limitato.
LESSICO Benché i federalisti fossero stati i primi a governare la nuova repubblica, lo svi-
Dirigismo luppo dell’Ovest povero, egualitario e particolarista, li condannò a sparire politi-
Politica di forte
camente. Dopo le presidenze di George Washington, «padre della patria», e del fe-
intervento e di direzione
dell’economia da parte deralista John Adams, l’elezione nel 1801 di Thomas Jefferson inaugurò decenni
dello Stato. di potere dei progressisti «repubblicano-democratici», che divennero l’unica forza
Costituzionalità di governo del Paese. Da loro sarebbero nati i due partiti che tuttora dominano la
Adesione dei vita politica americana. Tuttavia, a tutelare il principio unitario nazionale fu posta
provvedimenti legislativi
alle norme giuridiche
la Corte suprema, cioè l’organismo istituzionale che era al vertice della magistra-
fondamentali, fissate tura e a cui spettava il compito di pronunciarsi sulla costituzionalità delle leggi. Fu
nella Costituzione di uno proprio il presidente della Corte suprema a dichiarare nel 1821 che «gli Stati Uniti
Stato.
formano, sotto molti importantissimi aspetti, una sola nazione».

DUE VISIONI POLITICHE NEGLI STATI UNITI

• vicini al pensiero di Alexander Hamilton


• favorevoli al dirigismo statale in economia
• favorevoli al protezionismo
Federalisti
• favorevoli a un potere centrale forte
• ben visti da gruppi mercantili e finanziari e agricoltori puritani
del Nord

• favorevoli al particolarismo
• favorevoli al decentramento amministrativo
Democratico-
• favorevoli alla tutela delle libertà individuali
repubblicani
• favorevoli all’autonomia legislativa di ciascuno Stato
• ben visti da agricoltori e grandi proprietari terrieri del Sud

533
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

2 La «dottrina Monroe»
Il difficile rapporto con la Gran Bretagna e la «dottrina Monroe»
Nonostante avessero raggiunto l’indipendenza politica, gli Stati Uniti avevano
Esplora i luoghi conservato un grande rancore verso la madrepatria inglese, da cui peraltro di-
e lavora con le
carte dell’Atlante pendevano ancora economicamente. La Gran Bretagna rimaneva il primo partner
digitale interattivo commerciale della giovane repubblica, quasi l’unico, ed era anche la potenza che
le impediva di crescere autonomamente. Gli americani subivano così tutti i dan-
Leggi la carta ni della dipendenza coloniale, mentre avevano perso i pochi vantaggi di far parte
• Quando sono dell’Impero britannico.
state annesse Durante le guerre contro Napoleone, i vascelli inglesi fermavano in alto mare le
agli Stati Uniti le
regioni del Nord-
navi americane, ispezionavano il carico e lo sequestravano, se non era stato paga-
Ovest? Quali Stati to il tributo imposto da Londra ai Paesi neutrali che commerciavano con l’Europa
si sono costituiti in dominata dai francesi. Oltre a questo l’Inghilterra, a partire dalle colonie in Canada,
quest’area?
cercava di mantenere in vita i rapporti con le tribù indiane non ancora assoggettate
• A partire da che
momento puoi
per sostenere la resistenza all’espansione degli Stati Uniti. Questi attriti condus-
collocare la grande sero a una breve guerra (1812-15), durante la quale gli inglesi riportarono diverse
espansione verso vittorie – nel 1814 giunsero a bruciare Washington – ma dovettero prendere atto
Ovest?
dell’impossibilità di tornare a sottomettere un Paese così vasto.

L’ESPANSIONE TERRITORIALE DEGLI STATI UNITI

NEW HAMPSHIRE
WASHINGTON VERMONT MAINE
NORTH 1818
DAKOTA MINNESOTA MASSACHUSETTS
MONTANA
1846
OREGON NEW YORK
IDAHO SOUTH WISCONSIN RHODE ISLAND
DAKOTA MICHIGAN
WYOMING CONNECTICUT
PENNSYLVANIA NEW JERSEY
NEBRASKA IOWA OHIO
NEVADA INDIANA DELAWARE
ILLINOIS WEST MARYLAND
1803 1783 VIRGINIA VIRGINIA
UTAH COLORADO
1848 KANSAS MISSOURI KENTUCKY
CALIFORNIA NORTH
CAROLINA
TENNESSEE
ARIZONA NEW OKLAHOMA ARKANSAS SOUTH
MEXICO CAROLINA
ALABAMA
1853 GEORGIA
TEXAS MISSISSIPPI Oceano Atlantico
1845 LOUISIANA FLORIDA
1819

Oceano Pacifico

Stati Uniti nel 1775 Florida ceduta dalla Spagna Territorio ceduto dal Messico
Territorio acquisito con il trattato di Versailles (1783) Annessione del Texas 1819
1819 Data di acquisizione dei territori

Territori ceduti dalla Francia (1803) Territori annessi nel 1846


Territorio acquisito con la Convenzione del 1818 California ceduta dal Messico

534
La guerra di secessione | 15 |

La politica estera di Monroe mirava in primis a difendere gli interes-


LE FONTI si statunitensi nell’America del Sud; era inconciliabile con gli obiet-
Il ruolo degli Stati Uniti tivi della Gran Bretagna nel continente, come sottolineò lo stesso
Monroe nel messaggio annuale al Congresso del 2 dicembre 1823.

I cittadini degli Stati Uniti provano un fortissimo sentimento di simpatia per la libertà e la felicità
di tutti gli uomini che, come loro, abitano di là dell’Atlantico. Noi non abbiamo mai preso parte
alle guerre degli Stati europei sorte da questioni puramente europee, né la nostra politica com-
porta che vi partecipiamo. […]
La nostra politica nei confronti dell’Europa, politica adottata fin dalle prime fasi delle guerre che
hanno così a lungo agitato quella parte del mondo, rimane sempre la stessa, vale a dire: noi non
intendiamo interferire negli affari interni di qualsiasi Stato europeo. […]
Ma per quel che riguarda le due Americhe, siamo di fronte a circostanze totalmente e nettamente
diverse. È impossibile che le potenze alleate possano estendere il loro sistema politico a qualche
regione delle due Americhe senza mettere in pericolo la nostra pace e la nostra prosperità. D’al-
tronde nessuno pensa che i nostri fratelli del Sud, se dovessero decidere da soli, accetterebbero il
suddetto sistema di propria spontanea volontà. È quindi altrettanto impossibile che noi possia-
mo assistere ad un tale intervento in una posizione di indifferenza.
(da D. Perkins, Storia della dottrina di Monroe, il Mulino, Bologna 1960, pp. 3-5)

Una decina di anni dopo, in occasione della guerra di liberazione dell’America


meridionale dalla Spagna ( ▶ cap. 11, par. 7), gli Stati Uniti respinsero sdegnosa-
mente la proposta inglese di concordare un’azione comune. Nel 1823 il presidente
statunitense James Monroe dichiarò esplicitamente che tutta l’America, del Nord e
del Sud, da quel momento in poi sarebbe sfuggita all’influenza europea, avrebbe
Leggi in digitale il testo
Le ragioni del mancato costituito una zona autonoma e libera – in pratica, però, soggetta agli Stati Uniti –,
sviluppo dell’America immune dalla reazionaria ingerenza della Santa Alleanza. Quella che è passata al-
Latina di David la storia come «dottrina Monroe», in realtà elaborata dal segretario di Stato John
Landes.
• Quali sono i due Quincy Adams, si opponeva ai progetti europei di riportare le ex colonie sotto i «le-
fattori principali che gittimi» sovrani. Con questa orgogliosa dichiarazione, un’altra ex colonia, di una
limitarono la crescita decina di milioni di abitanti economicamente dipendenti dalle industrie inglesi, si
economica dei
Paesi dell’America ergeva a protettrice, e potenzialmente a padrona, dell’intero continente america-
meridionale? no, con le sue sterminate ricchezze.
• Quale idea di Gli Stati Uniti, da quel momento in poi, avrebbero considerato come atto osti-
sviluppo economico
prevalse, in queste
le qualsiasi intervento europeo nel continente americano. Inizialmente la dottrina
nazioni, secondo Monroe appariva come un manifesto volto a dichiarare la disponibilità a difende-
Landes? re la libertà delle nazioni sudamericane, con le quali tuttavia quella dichiarazione
non era stata concordata, ma ben presto divenne fondamento dell’aggressiva po-
litica estera americana.

La politica nazionalista della prima metà dell’Ottocento


Nel corso del XIX secolo i governi progressisti «repubblicano-democratici» im-
prontarono la diplomazia e la politica estera degli Stati Uniti a un rilancio delle
tendenze nazionaliste, in continuità con il progetto nazionalista che i federalisti
avevano portato avanti negli ultimi decenni del Settecento.
Nella politica economica tutto ciò si tradusse in un protezionismo doganale,
che rafforzava il mercato e la produzione nazionali e li sottraeva alla concorrenza

535
Una famiglia inglese, difendendo la borghesia imprenditoriale del Nord-Est, ma scontentando i
di pionieri diretta grandi proprietari degli Stati meridionali. Al riparo dalla concorrenza straniera, la
verso i territori
dell’Ovest attraversa società americana poté così crescere socialmente ed economicamente costruendo
il Cumberland Gap, una propria identità nazionale.
sui monti Appalachi. Ma un importantissimo fattore di preoccupazione era costituito dalla continua
Dipinto di George
Caleb Bingham del e rapida espansione della superficie dell’Unione. Nel 1837 il numero degli Stati
1851-1852. St. Louis, ammontava ormai a ventisei. Trasformandosi in membri dell’Unione, a pari me-
Mildred Lane Kemper rito con i tredici «soci fondatori», i nuovi Stati incidevano ovviamente sugli equi-
Art Museum.
libri politici e territoriali complessivi, e la loro ammissione alla dignità di Stato era
oggetto di continua discussione politica a livello centrale. Si trattava di una que-
stione cruciale che riguardava l’assetto politico e costituzionale dell’intero Paese.
Proprio i nuovi territori, che la frontiera in continuo spostamento verso ovest
lasciava dietro di sé, costituivano la straordinaria risorsa umana, economica e
morale degli Stati Uniti, e insieme rappresentavano un grande serbatoio di egua-
litarismo e di democrazia. Rimanevano però esclusi da ogni diritto di cittadinan-
za i «pellerossa» nativi, a cui venne impedito di organizzarsi in Stati e che furono
sterminati e cacciati dalle loro terre ( ▶ par. 4).

Il nazionalismo «paradossale» del presidente Jackson


Negli anni Trenta dell’Ottocento la situazione appariva quindi molto mutata rispet-
to a quarant’anni prima. I repubblicani (che da allora presero il nome di partito
democratico) rimanevano fedeli alle loro radici particolariste, ma diventavano un
punto di riferimento per le nuove comunità egualitarie dell’Ovest, che non ave-
vano tradizioni autoritarie e gerarchiche da difendere, erano anzi povere e prive di
istituzioni consolidate e bisognose del sostegno federale. Nasceva così anche negli
Stati Uniti un nuovo sentimento nazionale, riflesso diretto della passione demo-

536
La guerra di secessione | 15 |

cratica dei pionieri, che finì per sovrapporsi al pragmatismo delle oligarchie fede-
raliste della costa nord-orientale, alla guida del Paese fino alle soglie dell’Ottocento.
Il momento culminante di questo paradossale nazionalismo, insieme particola-
rista e democratico, fu la presidenza di Andrew Jackson, a partire dal 1829. L’Ovest
egualitario e il Sud particolarista e schiavista si impadronivano del potere, sconfig-
gendo ciò che restava del nazionalismo oligarchico di vecchio stampo.
Rieletto nel 1832, Jackson introdusse il suffragio universale maschile, ridus-
se la durata della giornata lavorativa e promosse una politica di sostegno per i
contadini proprietari della terra. Inoltre smantellò la Banca centrale, che aveva
rappresentato gli interessi dell’oligarchia della costa orientale a scapito degli Stati
più poveri, con l’obiettivo di attuare un maggior decentramento delle risorse fi-
nanziarie in modo da assicurare uno sviluppo il più omogeneo possibile al Paese.
E così, mentre in Europa il nazionalismo veniva costruito sulla centralità del-
Il giorno lo Stato, in America si fondava sulla redistribuzione della ricchezza. Il rischio
delle elezioni era che l’unità nazionale, almeno dal punto di vista economico, andasse in pez-
in una contea zi. Ma non fu così: anzi, proprio in questa battaglia politica anticentralista si raf-
nordamericana
con i cittadini che forzò paradossalmente il nuovo nazionalismo americano. Il presidente Jackson
si recano alle urne. rappresentò infatti una versione felice, perché non troppo autoritaria, del nazio-
Dipinto di George Caleb nalismo populista, un nazionalismo nuovo, moderno, per alcuni aspetti simile a
Bingham del 1852.
St. Louis, Saint Louis quello che stava per affermarsi in Europa, e insieme democratico perché rispet-
Art Museum. toso delle identità locali.

537
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

3 Economia e governo statunitensi


L’economia statunitense, tra punti di forza e arretratezza
Nonostante la dipendenza economica dalla Gran Bretagna, gli Stati Uniti vissero
un periodo di imponente crescita nella prima metà del XIX secolo.
In primo luogo, furono interessati da una rivoluzione dei trasporti che permi-
se di dominare le grandi distanze proprie di un territorio così vasto. Nel trasporto
terrestre, tra le strade più importanti che vennero costruite vi era l’arteria che par-
tiva dal Maryland e attraversava gli Appalachi, dirigendosi verso la sponda occi-
dentale del continente: questa divenne la direttrice della migrazione verso Ovest.
Innovazioni significative avvennero anche nell’abito dei trasporti fluviali e marit-
timi. Il battello a vapore, utilizzato nella navigazione fluviale, e l’impiego dell’elica
consentirono di spostarsi sull’acqua in tempi più rapidi e di abbattere i costi (di cir-
ca 20 volte). Nel 1807 sul fiume Hudson entrò in servizio il primo battello a vapore
e nel 1848 fu inaugurata la prima linea regolare di piroscafi New York-Liverpool.
Come anche per l’Europa, le ferrovie costituirono la più grande novità nel setto-
re dei trasporti. La prima linea – la Baltimore and Ohio Railroad – fu fondata nel
1828 e già nel 1860 gli Stati Uniti possedevano quasi 50.000 chilometri di strade
ferrate, più di tutta l’Europa messa insieme. Le ferrovie resero possibile lo sposta-
mento di persone, merci e capitali su grandi distanze, coperte in molto meno tem-
po rispetto al passato, e il collegamento tra aree produttive interne e città costiere.
L’invenzione del telegrafo a opera di Samuel Morse (1791-1872) – che lo brevet-
tò nel 1837 – e la sua diffusione permisero una più veloce e semplice circolazione
delle informazioni, che contribuì a sua volta allo sviluppo della stampa di massa:
un numero maggiore di notizie che giungevano in tempi più rapidi e confluivano
nelle pagine di quotidiani e altri periodici.
A trainare l’economia era ancora il settore primario, sostenuto dalla diffusione
della meccanizzazione in alcuni segmenti della produzione agraria (una grande in-
novazione fu la mietitrice meccanica), che consentì di produrre non più solo per
la sussistenza ma anche per il mercato interno e, in minor misura, internazionale.
Nel corso dell’Ottocento gli Stati Uniti si posero all’avanguardia nella sgranatura
del cotone, che permetteva di aumentare enormemente le potenzialità produttive di
quella materia prima, e nella navigazione a vapore, soprattutto fluviale. Quest’ul-
tima, favorita dalla presenza di grandi fiumi e da quel vasto sistema di canali che
metteva in contatto il lago Eire, quindi tutta la regione dei laghi, col fiume Hudson
e New York, rese poi possibile l’esportazione di grano, cotone e altri prodotti agri-
coli verso l’Europa. D’altro canto, l’industria cotoniera inglese richiedeva sempre
maggiori quantità di materia prima, tanto che verso il 1820 la metà delle espor-
tazioni americane era costituita dal cotone diretto verso la Gran Bretagna, che poi
riesportava più di un terzo della produzione di tessuti negli Stati Uniti.
Si creò così una situazione paradossale: lo sviluppo capitalista creava progres-
so sociale in una parte del mondo (l’Inghilterra), mentre in un’altra (il Sud degli
Stati Uniti) generava una regressione verso forme di sfruttamento inaccettabili. Le
piantagioni cotoniere degli Stati meridionali, dove si praticava sistematicamente lo
schiavismo, ormai abolito dai Paesi europei nonché dagli Stati settentrionali dell’U-
nione, alimentavano le imprese di Manchester e il sistema industriale inglese, sem-
pre più teso invece verso il libero mercato e l’uguaglianza giuridica fra gli uomini.

538
Un treno a vapore
attraversa i nuovi
territori conquistati
dai coloni americani.
Litografia di Frances
Flora Bond Palmer
del 1868.

Leggi l’immagine
• A quale elemento
figurativo si riferisce,
a tuo avviso, il titolo
dell’opera?
• Nel dipinto sono
rappresentati il
presente e il futuro
della colonizzazione
dell’Ovest: individuali
e descrivili.

Una democrazia egualitaria e pragmatica


Sussisteva però anche un altro elemento di differenziazione fra l’Inghilterra e
gli Stati Uniti. Mentre in Inghilterra erano liberisti gli industriali e protezionisti
gli agrari, in America accadeva esattamente il contrario. Infatti gli industriali del
New England, incapaci di contrastare la concorrenza delle industrie inglesi – con
l’eccezione delle costruzioni navali –, sostenevano una politica protezionistica,
mentre sia i proprietari terrieri del Sud, produttori di cotone grezzo, sia i coloni
del Nord-Ovest, con le loro immense coltivazioni di grano, non temendo la con-
correnza, erano liberisti. Quindi, in Gran Bretagna il sostegno alle posizioni politi-
co-economiche più avanzate veniva dal settore manifatturiero, mentre in America
dalla alleanza tra i latifondisti del Sud e i coloni dell’Ovest.
Fu proprio questa intesa fra grandi proprietari terrieri, coloni e pionieri a spez-
zare definitivamente, sotto la presidenza di Andrew Jackson, quello che restava
dell’egemonia moderata e filobritannica delle vecchie città del New England, e a
consolidare il sistema politico democratico americano.
Con l’introduzione del suffragio universale maschile negli Stati dell’Ovest si fa-
vorì la diffusione di una mentalità egualitaria e pragmatica. Larghe masse di uo-
mini incolti e rozzi invasero i palazzi della politica, spinti dai loro interessi concre-
ti e animati da una sensibilità individualista e particolarista. Divenne normale, da
allora, che il partito uscito vincitore dalle elezioni si impadronisse di tutte le cari-
che pubbliche a favore dei propri militanti, e che così ne remunerasse l’impegno
politico. Il controllo politico della funzione pubblica si consolidava in tal modo
in forma egualitaria e veniva battezzato spoils system (cioè «sistema del bottino»),
con grande scandalo delle classi dirigenti europee.
Questo sistema clientelare introdotto da Jackson fu destinato a caratterizzare a
LESSICO lungo la conduzione democratica del potere negli Stati Uniti. Per la Civil Service
Lobby
Gruppi di persone che,
Reform, la «riforma della funzione pubblica», destinata a introdurre anche in Ameri-
unite da comuni interes- ca un meccanismo concorsuale, si sarebbero dovuti aspettare i primi anni del Nove-
si economici e materia- cento. Ma intanto la democrazia americana si sarebbe sviluppata come un modello
li, hanno la capacità di
influenzare le scelte del
politico pragmatico, in cui il partito, il gruppo di pressione e la lobby, in generale
potere politico, soprat- privi di valori ideali, si presentavano come portatori di interessi particolari, tutti
tutto in campo economi- legittimi, liberi di competere fra loro, ma da bilanciare con un sapiente dosaggio
co e finanziario.
di contrappesi e di controlli incrociati nelle istituzioni dello Stato.

539
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

4 Il Far West: il mito della frontiera


L’esplorazione e l’occupazione delle «terre vergini» americane
Al di là, o ai margini, di quelle che un tempo erano state colonie europee, c’erano
terre vergini che si offrivano alla penetrazione dell’uomo bianco. Questi territori
selvaggi non venivano occupati con l’intento di costruirvi aziende produttive, ma
sostanzialmente per andarci a vivere sfruttando le risorse che la terra poteva of-
frire senza problemi di spazio e di libertà. In queste zone sorsero società violente,
primitive ma tendenzialmente egualitarie, in cui il problema della sopravvivenza
si manifestava nelle sue forme più spietate.
Il Far West (alla lettera, «lontano Ovest») si estendeva dalla vallata del Mississip-
pi verso ovest fino al Pacifico. Questa opera di penetrazione del continente norda-
mericano fu attuata sia grazie alla lotta contro le popolazioni native (i «pelleros-
sa» o «indiani»), considerate una minaccia agli insediamenti dei coloni, sia con la
costruzione delle linee ferroviarie, che favorirono l’avvio di un mercato interno e
la graduale introduzione di leggi e istituzioni statali.
Tuttavia in queste regioni, l’uomo bianco si confrontò da solo con la natura
e gli indiani, in una brutale lotta per la sopravvivenza; l’insediamento umano
fu a lungo estremamente sporadico e le istituzioni statali praticamente assenti.
Ne scaturì un fortissimo individualismo, alimentato dal sentimento di solitu-
dine in cui vivevano i singoli nuclei familiari di piccoli agricoltori. Lo Stato era
rappresentato dall’esercito, che teneva a bada gli indiani, e la società civile era
rappresentata dal commerciante ambulante, che passava di tanto in tanto con i
rifornimenti essenziali, ceduti in cambio di prodotti agricoli, o dal predicatore
itinerante, che raggiungeva le sale di culto con i suoi sermoni carichi di senso
della morte e di timore di Dio. La legge era affidata agli sceriffi, eletti dalle co-
munità locali, e l’ordine veniva mantenuto con metodi spicci, spesso al di fuori
di qualunque legalità, da «comitati di vigilanza», che esercitavano il monopolio
della forza, sostituendosi allo Stato assente e creando un senso violento dell’ap-
partenenza collettiva.
Solo alla fine del XIX secolo l’immenso territorio fino al Pacifico fu stabilmente
occupato e si cominciarono a creare istituzioni pubbliche permanenti. Ma varie
generazioni di americani vissero a lungo alla periferia, o del tutto al di fuori, del
controllo degli organi dello Stato; il carattere nazionale americano uscì profonda-
mente condizionato da questa dura esperienza iniziale, col suo senso del partico-
larismo, della sfida, dell’opportunità concessa al singolo, della democrazia egua-
litaria, dell’individualismo, della prevalenza della società civile sullo Stato, della
S2 Il West dei giustizia affidata alla comunità locale. Nacque una sorta di mitologia del confine,
fotografi, p. 558
sempre spostato più in là, che avrebbe contrassegnato in modo determinante i de-
stini degli Stati Uniti: il «mito della frontiera».

Europei e nativi americani: un problema terminologico


La scoperta del Nuovo Mondo mise per la prima volta in contatto gli europei con
le popolazioni native dell’America centrale e meridionale. A partire dal Cinquecen-
to i colonizzatori intrapresero vere e proprie guerre di conquista che portarono, di
fatto, al genocidio degli indios, decimati anche dalle malattie e dalle massacranti
condizioni di lavoro a cui venivano sottoposti dai conquistadores.

540
La guerra di secessione | 15 |

La colonizzazione dell’Ovest, attraverso la frontiera,


CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA
faceva sì che i coloni europei giunti in America nel
La frontiera XVII secolo, e quelli delle generazioni successive,
incontrando sfide ambientali e culturali assai di-
Oggi, con il termine «frontiera» si intende una linea stanti dal loro modo di pensare e agire, si adattas-
di confine fra due organismi politici, a volte dotata di sero in vari modi, «americanizzandosi». L’americaniz-
sistemi di difesa, definita ufficialmente e riconosciu- zazione nasce dunque dalla fusione tra la mentalità
ta da entrambi. Dunque, nella lingua italiana, i termini del colonizzatore e la vita nelle terre selvagge, che
«confine» e «frontiera» vengono spesso usati come vennero domate e allo stesso tempo conferirono
sinonimi per indicare un limite politico e geografico. tempra ai coloni. Spostandosi sempre più a ovest
Nel mondo classico esisteva invece una sostanzia- si diveniva, dunque, sempre più americani, ci si al-
le differenza tra i due termini: il confine (finis) era una lontanava dai riferimenti culturali europei e, soprat-
linea più o meno statica e ben definita, che separava tutto, da un’idea gerarchica di società avvicinando-
due entità che si riconoscevano a vicenda. La frontie- si a un modello più democratico ma anche più
ra (limes), invece, non era una linea ma una zona che individualista.
poteva spostarsi nel tempo, che separava il noto dall’i-
gnoto, la civiltà dalla barbarie. È questa sfera di signifi- Collega e confronta
cato che viene evocata quando si parla del concetto di
1. Il cinema ha da sempre dedicato moltissi-
frontiera come costitutivo della storia degli Stati Uniti me pellicole al tema della frontiera e della
d’America. In quel contesto la frontiera era il margine conquista dell’Ovest. Tra i film più recenti,
esterno occidentale dei territori abitati dagli euro- si possono citare The Revenant (2015),
pei. Essa si spostò tra i secoli XVII e XIX insieme agli Django Unchained (2012) o, in chiave
insediamenti dei coloni, a mano a mano che si popola- contemporanea, No Man’s Land (2001).
vano i territori raggiunti. A metà dell’Ottocento la fron- Quali film western ti è capitato di vedere?
tiera aveva raggiunto la California e si erano già formati Svolgi un sondaggio fra i tuoi compagni
quasi tutti gli Stati che oggi fanno parte dell’Unione. e raccogli consigli e suggerimenti.
La fortuna di questo concetto si deve in particola- 2. Alcune associazioni di nativi america-
re alle teorie dello storico Frederick Jackson Turner ni hanno preso posizione, nel dibattito
(1861-1932) il quale propose, nel 1893, una lettu- pubblico statunitense, contro l’immagine
ra della storia statunitense dell’Ottocento basata sul cinematografica delle tribù indiane, frutto
concetto di «frontiera», legato alla colonizzazione del di banalizzazioni e stereotipi privi di fonda-
mento. Ne è un esempio il cartone Disney
«selvaggio» West. Secondo questa lettura la frontie-
Pocahontas, ispirato ad una storia vera ma
ra è un elemento che condiziona l’attività umana e di- snaturalizzata: approfondisci le critiche
viene fonte di valori condivisi, plasmando in questo al cartone, svolgendo una ricerca online,
modo la società americana e divenendo elemento e discutine in classe.
costitutivo della sua storia.

Le carovane di emigranti in viaggio verso l’Oregon. Dipinto di Albert Bierstadt del 1869. Youngstown,
Butler Institute of American Art.

541
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Anche la colonizzazione dell’America settentrionale fece incontrare gli europei


con popolazioni indigene, gli indiani d’America. L’uso dell’appellativo «indiani d’A-
merica» sebbene consolidato, è controverso perché fondamentalmente errato. Esso
si deve al fatto che gli europei, in cerca di una rotta per l’Asia attraverso l’Atlantico,
credettero di aver raggiunto le Indie. Anche il termine «pellerossa» risulta improprio,
in quanto dato dagli europei ad alcune tribù indigene che si tingevano il viso con ocra
rossa e successivamente esteso alle altre tribù. L’espressione «nativi americani», in-
fine, è fuorviante, in quanto indica anche persone nate in America ma non «indiane».
Il problema terminologico sorge poiché si cerca di definire con uno stesso appella-
tivo una realtà che non è unica: gli abitanti del Nord America prima dell’arrivo degli
europei non si percepivano infatti come un’entità collettiva. Sparsi nell’immenso
territorio nordamericano essi vivevano suddivisi in numerose tribù – circa 250 nel
XVI secolo – molto diverse per lingua, credenze religiose e stili di vita. Le accomunava
la vita seminomade e, dunque, basata su caccia, pesca e forme semplici di agricoltura.

Deportazioni e scontri armati: lo sterminio dei nativi


Dal Cinquecento in poi il numero dei coloni iniziò a crescere in maniera esponen-
ziale; man mano che le terre venivano occupate, l’avanzata europea si spingeva
sempre più verso ovest, cacciando gli indiani dai loro territori. Decimati già all’i-
nizio del Seicento da malattie come il vaiolo e il tifo portate dai bianchi, i pelle-
rossa furono in seguito vittime di un vero e proprio genocidio: vennero uccisi in
massa con azioni militari o in forme più subdole, come lo sterminio dei bisonti –
che li privava di una preziosa fonte di sussistenza – o la diffusione dell’alcolismo.
Gli indiani e gli europei avevano modi diversi di concepire il rapporto con il ter-
ritorio: i nativi americani non sentivano l’esigenza di delimitare lo spazio in cui

lità del diritto dei nativi alle loro terre e l’illegalità


UN ALTRO SGUARDO delle politiche di Andrew Jackson.
La campagna contro La campagna di protesta contro la politica di Jackson
nei confronti dei nativi fu tra le più forti contestazioni
l’Indian Removal Act del governo statunitense nel XIX secolo. Associazioni
femminili e studenti dei college inviarono al Congresso
Alla fine degli anni Venti dell’Ottocento prese vita, a petizioni a favore degli indiani; la politica del governo fu
partire da Washington, una grande e campagna di op- criticata dai pastori nei loro sermoni e dai giornali reli-
posizione all’Indian Removal Act. Ad animare la cam- giosi mentre nelle maggiori città si svolgevano riunioni
pagna fu Jeremiah Evarts (1781-1831). Missionario, pubbliche su questi temi e illustri giuristi si schierava-
riformatore, antischiavista, egli dedicò la sua vita alla no a favore della causa. Si trattò della prima campa-
diffusione del cristianesimo tra i cherokee e i creek, gna a livello nazionale sostenuta dalle donne. Alcu-
entrambe popolazioni di nativi americani. ne tra loro ritenevano che le donne, pur non potendo
Evarts era contrario alla deportazione dei nativi e, godere del diritto di voto, avessero comunque facoltà
in virtù di ciò, si fece promotore di petizioni, indirizzò di avanzare petizioni e scelsero tale forma di protesta
appelli ai rappresentanti del clero, del Congresso e per sostenere questa ma anche la causa abolizionista.
del Senato e convinse gli stessi cherokee a rivolgersi Gli oppositori dell’Indian Removal Act non riuscirono
alla Corte Suprema. Nel 1829 aveva pubblicato una a impedire il trasferimento forzato dei nativi; tuttavia,
raccolta di saggi sulle condizioni degli Indiani d’Ameri- la campagna di protesta fu l’occasione di sperimen-
ca che ebbe un grande successo, con mezzo milione tare forme di partecipazione politica che successiva-
di lettori nella sola estate e pubblicazioni in oltre 40 mente furono replicate nei movimenti per il suffragio
riviste: vi si affermavano, tra le altre cose, l’inviolabi- e l’abolizione della schiavitù.

542
La battaglia
del Little Bighorn
(25 giugno 1876),
nella quale i guerrieri
delle tribù Lakota
(Sioux), Cheyenne e
Arapaho sconfissero i
soldati americani guidati
dal generale Custer.

Leggi l’immagine vivevano né di appropriarsene in modo esclusivo; per gli europei era invece impor-
• Nel dipinto tante individuare e delimitare con esattezza gli spazi conquistati ( ▶ cap. 4, par. 6).
sembrano emergere
Non solo: questi ultimi, dopo essersi impossessati delle regioni un tempo abitate
un forte senso
di dinamismo: dalle tribù indigene, a partire dagli anni Venti del XIX secolo, pensarono di indivi-
quali particolari duare un’area a ovest del Mississippi che fosse di pertinenza esclusiva degli india-
contribuiscono
ni, da una parte per salvaguardare gli slanci espansionistici, dall’altra per venire
a sottolineare la
concitazione della incontro a chi iniziava a porre la questione del rispetto delle popolazioni native.
battaglia? Nel 1825, durante la presidenza Monroe, il Congresso degli Stati Uniti iniziò a ra-
• Individua nel dipinto gionare sull’individuazione di questi spazi (le «riserve indiane»), ma solo nel 1830,
il fiume che diede il
con Andrew Jackson, il progetto prese forma concreta (Indian Removal Act, «Legge
nome alla battaglia
e cerca online dove sulla rimozione degli indiani»). Nel 1834 il governo federale istituì il Territorio india-
si trova. no (l’attuale Oklahoma), dove vennero trasferite con la forza le tribù che vivevano a
ovest del Mississippi, non prendendo in considerazione le differenze esistenti tra loro.
A metà del XIX secolo gran parte dei nativi d’America era stata deportata dal-
le regioni d’origine verso le riserve sparse nel vasto territorio degli Stati Uniti. Si
trattava di circa 300.000 indiani, quasi la metà di quelli che popolavano l’Ameri-
ca settentrionale all’arrivo degli europei. L’Indian Appropriations Act («Legge sugli
stanziamenti indiani») del 1851 aveva stanziato fondi per trasferire le tribù che
vivevano a ovest del Mississippi nelle riserve in cui il governo federale intendeva
proteggerli. Con il General Allotment Act («Legge sull’assegnazione generale») del
1887 si autorizzò il possesso di lotti privati di terra all’interno delle riserve.
Il territorio di una riserva era calcolato in base alla popolazione. Con la depor-
tazione all’interno di questi spazi non si imponeva alle tribù indiane soltanto uno
spostamento territoriale ma una trasformazione della propria vita da semino-
made a sedentaria, la cui sussistenza non si basava più sulla caccia, ma sull’agri-
coltura. Le loro pratiche religiose vennero soppresse, così come i governi tribali, e
i guerrieri vennero disarmati.
Il governo americano continuava a cercare una soluzione definitiva e pacifica
del problema indiano. Tuttavia, gli scontri armati continuavano. Gli indiani riusci-
rono a riportare anche qualche vittoria, come accadde il 25 giugno del 1876, nei
pressi del torrente Little Bighorn nel Montana: gli indiani Lakota e i loro alleati, i
Cheyenne, vinsero contro il 7° Reggimento di cavalleria dell’esercito statunitense
comandato dal tenente colonnello George Armstrong Custer, che morì durante la
battaglia. Ma la sorte dei nativi era già segnata. Nel 1890, più di 300 Sioux furono
massacrati a colpi di mitraglia a Wounded Knee.
Attorno a questi scontri leggendari sarebbe nata l’epica del West per come noi l’ab-
biamo conosciuta attraverso romanzi, film e fumetti, ma anche attraverso una storio-
grafia che fino a non molti anni fa ha ignorato il punto di vista dei nativi americani.

543
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

5 Nord e Sud in guerra


Le divisioni sociali ed economiche tra Nord e Sud
L’evoluzione pacifica e democratica del nazionalismo americano si interruppe tra-
gicamente per l’aggravarsi delle differenze tra gli Stati. Gli Stati del Nord avevano
un’agricoltura povera e un’industria in espansione, puntavano al rafforzamento del
mercato interno e risultavano quindi favoriti dal protezionismo doganale. Gli Stati
del Sud, che fondavano invece la loro economia sull’agricoltura di piantagione e sul
lavoro degli schiavi, erano integrati nel grande commercio mondiale dei prodotti
agricoli e venivano danneggiati dalle tariffe doganali protezioniste, che a loro volta i
Paesi concorrenti degli Stati Uniti imponevano alle merci di provenienza americana.
Intorno alla metà del secolo al Nord erano già ben radicati un moderno ceto di-
rigente borghese e, d’altro lato, un proletariato industriale numeroso. L’etica so-
ciale era permeata dei valori tipici dello spirito capitalistico, come la libertà d’im-
presa, e vigeva la contrattazione tra imprenditori e operai. Al Sud, al contrario, la
struttura della società era assai chiusa e conservatrice, seppure, dal punto di vista
produttivo, a suo modo molto efficiente. Tra la popolazione spiccava, per presti-
gio sociale e politico, un’oligarchia formata dalle poche famiglie proprietarie delle
grandi piantagioni di cotone e di tabacco, ciascuna delle quali sfruttava il lavoro di
centinaia e a volte migliaia di schiavi.

I crescenti motivi di malessere del Sud


Per i primi sessanta o settant’anni di vita degli Stati Uniti entrambe queste aree
avevano potuto sviluppare i rispettivi interessi verso l’Ovest: il Nord creando un
vasto mercato per i suoi prodotti industriali, il Sud estendendosi al basso corso del
Mississippi, e quindi accrescendo la propria capacità produttiva di cotone e il pro-
prio ruolo nel mercato mondiale. Ma progressivamente questa crescita si squili-
brò a favore del Nord, sia in termini di ricchezza che di popolazione. Quando gli
agricoltori dell’Ovest aumentarono la produzione di cereali, commercializzati nei

Schiavi in una
piantagione di
cotone in Mississippi
insieme al loro
padrone. Fotografia
della seconda metà
del XIX secolo.

544
La guerra di secessione | 15 |

porti del Nord-Est, l’alleanza dell’Ovest con il Sud, che aveva portato Jackson al-
la presidenza, si ruppe. Nasceva così una vasta area settentrionale estesa anche a
gran parte dell’Ovest, in forte espansione, a cui si contrapponeva un Sud indebi-
tato, sfavorito dal potere federale e di conseguenza arroccato nella difesa della fa-
coltà dei singoli Stati di rifiutare le politiche federali.
L’economia degli Stati del Sud si fondava sul lavoro degli schiavi neri, in contro-
tendenza con lo sviluppo capitalista del mercato del lavoro del Nord e dell’Europa. La
produzione di cotone cresceva continuamente, e ciò giustificava e remunerava l’inve-
stimento in schiavi. Quello nelle piantagioni non era infatti un tipo di lavoro flessi-
bile, fondato sulla contrattazione, ma un impiego semplice e sempre richiesto che il
lavoro servile soddisfaceva pienamente. Tutto ciò poneva problemi completamente
diversi, sia dal punto di vista economico, perché il lavoro coatto costituiva la maggio-
re risorsa, sia da quello dell’ordine pubblico, perché rendeva necessario un control-
lo sociale autoritario e razzista, dal momento che gli schiavi erano poco motivati a
impegnarsi nel lavoro a meno di non essere sottoposti a una continua costrizione.

La politica abolizionista degli Stati settentrionali


Dall’inizio dell’Ottocento gradualmente tutti gli Stati del Nord abolirono la schia-
vitù, proprio mentre quelli del Sud, con lo sviluppo delle piantagioni di cotone, ne
rafforzavano sempre più il ruolo economico. E più cresceva l’importanza del lavo-
ro coatto dei neri, più la gente del Sud si convinceva fermamente che la schiavitù
era un «bene». Lo schiavismo veniva considerato una forma di sfruttamento della
manodopera preferibile al lavoro salariato, colpevole, secondo i proprietari sudi-
sti, di abbandonare l’operaio al proprio destino. Il mondo della piantagione riusci-
va ad addurre ragioni «umanitarie» per giustificare la schiavitù.
Parallelamente, negli Stati del Nord si diffondeva il movimento d’opinione «abo-
lizionista», cioè favorevole all’emancipazione dei neri. Si raggiunse un compromes-
F1 Contro la schiavitù, so molto ambiguo: a nord di un certo parallelo la schiavitù sarebbe stata proibita,
p. 555 ma implicitamente tollerata a sud. Inoltre il nuovo territorio del Texas, strappa-
to al Messico con una guerra nel 1846-48, dopo che molti proprietari sudisti vi si
erano trasferiti con i loro schiavi, chiedeva di essere ammesso nell’Unione, ma il
Nord si opponeva a meno che la schiavitù non vi fosse abolita, mentre caldeggia-
va l’ingresso della California abolizionista. All’interno del Paese si formarono così
due fronti contrapposti sempre più distanti e incapaci di dialogare. Nel Congres-
so dominava una solida maggioranza antischiavista e protezionista e solo la Cor-
LESSICO te suprema aveva ora il potere di garantire i diritti degli Stati, compreso quello di
Chiesa battista legiferare in piena libertà sul problema della schiavitù.
Confessione protestante
che, oltre a escludere il
battesimo per i bambini, L’elezione di Lincoln e gli Stati Confederati d’America
si contraddistingue Nel 1859 un militante abolizionista, John Brown, fu condannato a morte in Vir-
per un marcato
individualismo teologico.
ginia per aver fomentato una rivolta di schiavi. Egli divenne per tutto il Nord un
I battisti leggono simbolo dell’orrore della schiavitù, ormai considerata una vergogna nazionale. Il
autonomamente la Sud tacciava il Nord di prepotenza imperialista e veniva ricambiato con l’accusa di
Bibbia e sostengono il
sacerdozio universale,
barbarie schiavista. Le due grandi Chiese americane, quella battista e quella me-
secondo cui tutti i fedeli todista ( ▶ cap. 6, par. 6), si spaccarono in due rami regionali, uno disposto a tol-
possono esercitare i lerare la schiavitù e l’altro rigidamente abolizionista. Anche il partito democratico,
ministeri della Chiesa.
da decenni l’unica forza politica nazionale, tendeva a dividersi in maniera incon-

545
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

ciliabile, mentre nel 1854 nacque una nuova formazione politica, il partito repub-
blicano, tutto settentrionale e rigorosamente abolizionista, rappresentante dell’A-
merica ricca e fiera della sua civiltà.
Spaccati com’erano, nel 1860 i democratici presentarono alle elezioni presiden-
ziali due diversi candidati, uno del Nord e uno del Sud, mentre nel 1860 i repub-
blicani candidarono Abraham Lincoln, col programma dell’abolizione totale della
schiavitù. Cinquantenne, uomo della frontiera che aveva svolto ogni sorta di lavo-
ro, Lincoln, diventato con il suo talento avvocato e in seguito deputato dell’Illinois,
era famoso in tutto il Paese per le sue opinioni fermamente antischiaviste. La sua
elezione a presidente nel 1860 con i voti degli Stati abolizionisti fornì il pretesto
agli Stati del Sud per dichiarare la secessione, uscendo in tal modo dall’Unione.
F2 Il punto di vista E così, prima ancora dell’insediamento del nuovo presidente, nacquero gli Stati
dei sudisti, p. 556
Confederati d’America, che elessero un loro presidente e ruppero i rapporti con
gli Stati Uniti. La guerra civile, che fu detta «guerra di secessione», era inevitabile.

La guerra civile e la vittoria del Nord


Leggi la carta
• Quali Stati facevano
La guerra durò quattro anni, dalla primavera del 1861 a quella del 1865. I soldati
parte della confe- del Nord, gli yankees, furono inizialmente battuti dall’impeto dell’esercito sudista.
derazione sudista? Ma avevano alle spalle solide infrastrutture industriali e grandi disponibilità finan-
In che regione degli
ziarie, e potevano contare su una popolazione molto più numerosa; così alla fine
Stati Uniti si trova-
vano? vinsero il conflitto, la prima delle guerre moderne, la prima a essere decisa dalla
• Quali Stati invece potenza di fuoco di armi tecnologicamente sofisticate.
costituivano La guerra civile rafforzò il nazionalismo americano, fornendogli quell’epopea
l’Unione?
nazionale che la rivoluzione settecentesca non gli aveva dato. La vittoria della par-

LA GUERRA CIVILE AMERICANA (1861-65)

WASHINGTON VERMONT
NORTH MAINE
DAKOTA MINNESOTA MASSACHUSETTS
MONTANA
NEW HAMPSHIRE
OREGON NEW YORK
IDAHO SOUTH WISCONSIN MICHIGAN RHODE ISLAND
DAKOTA
WYOMING PENNSYLVANIA CONNECTICUT
IOWA Gettysburg 1863 NEW JERSEY
NEBRASKA DELAWARE
NEVADA INDIANA OHIO 1862
Antietam MARYLAND
ILLINOIS WEST 1862 Yorktown
UTAH COLORADO VIRGINIA VIRGINIA
KANSAS MISSOURI
CALIFORNIA KENTUCKY
NORTH
CAROLINA
TENNESSEE
ARIZONA NEW OKLAHOMA ARKANSAS SOUTH
MEXICO CAROLINA
ALABAMA
GEORGIA
MISSISSIPPI Oceano Atlantico
TEXAS
LOUISIANA FLORIDA

Stati dell’Unione Stati schiavisti fedeli all’Unione Battaglie


Stati confederati Territori liberi

546
La prima lettura
del Proclama di
Emancipazione.
Dipinto di Francis
Bicknell Carpenter del
1864. Washington D.C.,
United States Capitol.

te ricca e forte del Paese fece trionfare un principio universalmente riconosciuto


come giusto, l’abolizione della schiavitù, proclamata da Lincoln nel 1863 e intro-
dotta nella Costituzione con il XIII emendamento nel 1865. E nonostante la guer-
ra, le istituzioni democratiche degli Stati Uniti ressero e nel 1864, alla scadenza
prevista, si tennero le regolari elezioni presidenziali che Lincoln vinse di nuovo.
Egli si affermava come il grande leader nazionale americano, come il vero padre
della patria accanto a Washington, ma anche come uomo della riconciliazione e
della fedeltà democratica. Poco tempo dopo fu assassinato da un fanatico sudista.
L’America perdeva un grande presidente, ma non la forza, immensamente accre-
sciuta dalla terribile prova superata, di poter agire sulla scena internazionale come
un solo, grande Paese, dalle enormi potenzialità di sviluppo e che nel giro di alcuni
decenni si sarebbe affermato come la massima potenza mondiale.

La guerra civile è un con- certo senso, lo furono le rivoluzioni inglesi del Sei-
LA STORIA flitto armato «intestino» – cento ( ▶ cap. 1). Una delle più note è stata la guerra
NELLE PAROLE
ovvero interno – che si ve- di secessione americana (1861-1865), che, come
Guerra civile rifica in uno Stato che sta abbiamo visto, vide opposti nordisti (appartenenti
vivendo una situazione di all’Unione) e sudisti (Confederati), due fazioni con
crisi, in cui fazioni opposte si contendono il potere diverse concezioni della gestione del potere politi-
politico. Si definisce «civile» poiché oppone i cittadini co e dello sviluppo economico e diverse posizioni in
(cives) di un medesimo Stato. merito all’abolizione della schiavitù.
Tuttavia non sempre le guerre civili si esauriscono nel L’uso dell’espressione guerra di secessione dipen-
solo contesto interno: talvolta la loro origine risiede de dal fatto che, nel 1860, gli Stati del Sud decise-
in un conflitto internazionale, nel quale la popolazione ro di fondare una confederazione separata. Dunque,
di uno Stato si rispecchia (come è avvenuto nel ca- in questo caso, una fazione non intendeva prendere
so della guerra di liberazione in Italia nella Seconda il potere prevalendo sulla corrente opposta: gli inte-
guerra mondiale), oppure, in forma esattamente con- ressi si ritenevano inconciliabili e per questo si arrivò
traria, una guerra interna si trasforma in uno scontro allo scontro militare per tentare di ottenere l’indipen-
che coinvolge vari Paesi intervenuti a fianco di uno o denza e creare un altro Stato.
dell’altro schieramento. La guerra di secessione non è da confondere con la
Dall’antichità a oggi la storia dell’umanità è dissemi- guerra di successione, la quale si scatena poiché due
nata di guerre civili. La guerra fra Cesare e Pompeo soggetti reclamano il loro diritto di successione al trono
fu una guerra civile (49-45 a.C.), così come, in un in seguito alla morte o alla deposizione di un sovrano.

547
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

L’esclusione sociale degli afroamericani


e lo sviluppo industriale
Nonostante la vittoria sul Sud schiavista, la piena uguaglianza tra bianchi e neri si
rivelò nella pratica difficile da raggiungere, anche nel Nord abolizionista. I Parla-
menti dei singoli Stati approvarono leggi limitative dei diritti civili e politici dei
neri, che non vennero respinte dalla Corte suprema: limitazioni del diritto di voto,
separazione nelle scuole, nei luoghi pubblici e nei mezzi di trasporto, limitazio-
ni della libertà economica. Nel Sud, la marginalizzazione fu totale e molti neri si
trasferirono nelle città del Nord, per lavorare in fabbrica, ma anche lì le loro con-
dizioni di vita furono dure, perché l’intera cultura nazionale era impregnata di
razzismo ( ▶ cap. 19, par. 5).
Nel corso del secondo Ottocento, l’economia e la società americana mutarono
profondamente, soprattutto grazie allo sviluppo delle città: la popolazione ur-
bana (che nel 1890 era solo l’11% della popolazione totale) salì nel 1910 al 46%.
Nel 1913, la produzione di acciaio americana avrebbe raggiunto i 31 milioni di
tonnellate, di fronte ai 43 milioni di tutta l’Europa. Lo sviluppo industriale alimen-
tò la domanda di energia e, in particolare, dette impulso all’estrazione del petro-
lio. Metà della produzione mondiale di petrolio fu americana e la grande compa-
gnia Standard Oil, fondata da John Rockfeller, giunse a controllare quasi tutte le
raffinerie americane.
L’industria americana si avviò verso la produzione per i consumi di massa e
la realizzazione di strumenti di lavoro domestici e da ufficio, come la macchina
per cucire (inventata dall’imprenditore nordamericano Isaac Singer) e la mac-
china per scrivere (prodotta per la prima volta dalle aziende Remington and
Underwood). Queste innovazioni furono avviate tra gli anni Cinquanta e Ottanta
del XIX secolo.

Dopo la fine della guerra civile passarono anni prima che fossero promulgate leggi
LE FONTI
a favore dell’emancipazione degli schiavi neri. Tra il 1865 e 1870 furono ratificati
L’abolizione degli emendamenti costituzionali con i quali venivano riconosciuti formalmente i
della schiavitù diritti civili dei neri. I nuovi princìpi non ebbero però un adeguato riscontro nella
successiva legislazione.

XIII Emendamento
Sezione I – Negli Stati Uniti, come in ogni luogo sottomesso alla loro giurisdizione, non si avrà né
schiavitù né servitù involontaria, a meno che questa servitù non sia la punizione di un delitto di cui
alcuno sarà stato regolarmente convinto. […]
XIV Emendamento
Sezione I – Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla loro giurisdizio-
ne, sono cittadini degli Stati Uniti, dello Stato dove risiedono. Nessuno Stato potrà fare o applicare
coattivamente alcuna legge che diminuisca i privilegi o immunità dei cittadini degli Stati Uniti. Né
alcuno Stato potrà, senza legale processo, privare nessuno della vita, della libertà o della proprietà;
né potrà rifiutare l’uguale protezione delle leggi a persona che viva nella sua giurisdizione […].
XV Emendamento
Sezione I – Il diritto di voto che hanno i cittadini degli Stati Uniti non sarà negato né ristretto dagli
Stati Uniti, né da alcuno degli Stati, per ragioni di razza, di colore o di precedente condizione di
servitù. […]

548
La guerra di secessione | 15 |

6 Società e sistemi politici sudamericani


Episodi neocolonialisti in Messico
Negli stessi decenni in cui gli Stati Uniti si apprestavano a divenire una potenza di
primo piano, l’America Latina perdeva l’appuntamento con la modernizzazione
e lo sviluppo. La metà meridionale del continente, liberata dal colonialismo, non
riusciva a produrre né ricchezza né stabilità e vedeva fallire miseramente la pro-
pria decolonizzazione. Accadde addirittura che, nel vuoto di politica estera lasciato
dagli Stati Uniti durante la guerra di secessione, l’America Latina rischiò di essere
nuovamente colonizzata dalle potenze europee.
L’occasione fu fornita dalla debolezza del Messico, Paese che dalla conquista
dell’indipendenza viveva lacerato da un aspro conflitto politico e sociale. Alla fine
degli anni Cinquanta il Messico fu teatro di una guerra interna tra le forze conser-
vatrici dei latifondisti, appoggiati dalla Chiesa, e i liberali modernizzatori. I liberali
vinsero e presero il potere sotto la presidenza di Benito Juárez. Essi cercarono di
dare ossigeno al Paese, rifiutando di pagare i debiti contratti dal precedente regime,
ma ciò provocò naturalmente un contenzioso con i creditori stranieri, che portò a
un intervento armato europeo promosso dalla Francia di Napoleone III. Egli fece in
modo che un’assemblea di notabili messicani offrissero la corona a Massimiliano
d’Austria, fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe. Nelle intenzioni di Napo-
leone III questo gesto doveva indennizzare l’Austria della perdita della Lombardia
a seguito della Seconda guerra d’indipendenza italiana ( ▶ cap. 14, par. 4): il Mes-
sico di Massimiliano sarebbe stato un regime asservito all’imperialismo francese.

L’esecuzione
di Massimiliano I
il 19 giugno 1867.
Dipinto di Édouard
Manet del 1868.

549
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Nel 1863 le truppe francesi occuparono Città del Messico e l’anno successivo in-
sediarono Massimiliano col titolo di «imperatore», senza ottenere, però, un ricono-
scimento internazionale. L’opposizione armata, diretta dal presidente Juárez, rese
difficile e costosa l’occupazione straniera; gli Stati Uniti, inoltre, conclusa la guer-
ra civile, fornirono armi e mezzi alla resistenza messicana, per espellere i francesi
dalla propria area d’influenza. Questi ultimi si ritirarono e nel 1867 Massimiliano
fu catturato e fucilato dai seguaci di Juárez.

I limiti socio-politici dell’America Latina


Uno dei principali fattori dell’instabilità dell’America Latina era dovuto alla man-
canza di risorse umane. Al momento dell’indipendenza (1821), il Messico, este-
so quanto la metà dell’Europa (prima di perdere i territori settentrionali), aveva
un numero di abitanti pari a quello dell’Irlanda, l’Argentina non arrivava al mi-
lione di abitanti e l’immenso Brasile, più grande di tutto l’attuale territorio degli
Stati Uniti (Alaska esclusa), aveva solo quattro milioni di abitanti. Con una popo-
lazione così esigua l’economia non poteva decollare, a meno di essere sostenuta
da un consistente flusso di immigrati e di schiavi. Ma erano soprattutto gli Stati
Uniti ad attirare la popolazione europea e sarà necessario attendere gli anni Set-
tanta dell’Ottocento per assistere a un primo significativo flusso migratorio verso
l’America meridionale.
Vi era poi una generale mancanza di tradizioni politiche di autogoverno, che
invece i coloni inglesi nel Nord America avevano saputo costruire e mantenere.
Piccole minoranze di origine europea, con l’appoggio e la complicità della Chiesa,
regnavano ormai da tre secoli su una massa di indigeni colonizzati e sistematica-
mente sfruttati. Ciò nonostante, l’America Latina fu indotta a importare il modello
costituzionale nordamericano. Ma si trattò ovviamente di un tentativo fallimen-
tare, perché applicato a una società civile arroccata su posizioni rigidamente con-
servatrici e dominata dalla classe dei latifondisti, un tentativo che condusse a un’i-
mitazione solo di facciata e che non intaccò le vecchie strutture sociali e di potere.
In tali condizioni il potere esecutivo finì per esprimersi in effimere dittature
LESSICO militari, che erano però incapaci di garantire l’ordine sociale e la stabilità politica.
Caudillos I cosiddetti caudillos, espressione di interessi locali e capaci di mobilitare uomini
Rappresentanti
politici dei latifondisti
armati, si impadronirono del potere nei diversi Stati, divenendo arbitri dei conflit-
sudamericani, quasi ti politici. Un tale scenario di forte instabilità politica, dittatoriale e militarista, era
sempre esponenti della funzionale agli interessi del latifondo e del vecchio ordine sociale, che per più di
oligarchia militare.
un secolo avrebbe caratterizzato l’America meridionale e centrale.

I Paesi sudamericani, tra sviluppo e sottosviluppo


L’unica eccezione fu rappresentata dal Paraguay, Paese poverissimo, indipen-
dente dal 1811, che conobbe una fase di stabilità politica, divenendo la maggiore
potenza militare dell’area. Il timore di un’aggressione portò Argentina, Uruguay
e Brasile a siglare una sorta di «triplice alleanza» contro il Paraguay. Il conflit-
to (1864-70), pur limitato nel suo teatro, fu uno dei più devastanti di tutti i tem-
pi: più di due terzi degli abitanti del Paraguay, inclusa quasi tutta la popolazione
maschile, furono sterminati in pochissimi anni. Nel 1870, alla fine dei sei anni di
guerra, il Paraguay aveva una popolazione di 300.000 abitanti, di cui solo 10.000
gli individui di sesso maschile.

550
La guerra di secessione | 15 |

Le dittature militari e i conflitti che scaturirono da questa guerra paralizzarono


la crescita degli altri Paesi dell’America centrale e meridionale. Il Cile imboccò una
strada apertamente conservatrice, con una ristrettissima oligarchia di possidenti
che controllava la vita pubblica in stretto accordo con la Chiesa. Viceversa l’Uruguay
Ripassa con la presen- fu percorso da violente ribellioni contro l’egemonia brasiliana o argentina, e da
tazione L’espansione
guerre civili a cui partecipò anche il giovane Garibaldi esule dall’Italia (dove era
degli Stati Uniti
e l’indipendenza stato condannato a morte per avere preso parte alla cospirazione mazziniana del
dell’America Latina: 1834 in Piemonte ( ▶ cap. 14, par. 4). l’Uruguay si stabilizzò sotto un regime libe-
e costruisci una
rale che favorì una relativa prosperità.
mappa in cui metti
in relazione: Il Paese più importante, e anche il più grande e dinamico del Sud America, era
• la conquista il Brasile. Nel corso dei primi decenni dell’Ottocento il Paese era passato, senza
dell’Ovest e le
traumi e guerre di liberazione, dalla condizione di colonia portoghese all’indipen-
guerre indiane;
• le differenze econo- denza, sotto il controllo della casa regnante del Portogallo. Don Pedro, in nome
miche fra Stati del padre Giovanni VI, re del Portogallo, nel 1822 assunse il titolo di imperatore
del Nord e Stati del Brasile ed emanò una Costituzione timidamente liberale ( ▶ cap. 11, par. 7).
del Sud;
• cause e conseguen- Nel 1831 salì al trono Pedro II che assicurò per più di quarant’anni la stabilità po-
ze della guerra di se- litica al Paese.
cessione americana. Il Brasile godeva di numerosi vantaggi rispetto al resto del continente. La popo-
lazione cresceva vigorosamente, anche se non al ritmo di quella degli Stati Uniti, e
l’economia schiavistica di piantagione era pienamente inserita nel mercato mon-
diale. Questa aspirazione del Brasile a trasformarsi in un efficiente Stato capitali-
sta fu però frenata dall’oligarchia dei fazendeiros, i grandi latifondisti: sospettosi
e ostili nei confronti della modernizzazione e timorosi di perdere la loro egemo-
nia politica, impedirono un reale ed effettivo sviluppo economico. Il Brasile entrò
così in una lunghissima fase di precario equilibrio tra sviluppo e sottosviluppo.

SVILUPPO E ARRETRATEZZA IN AMERICA LATINA

• conflitti interni tra conservatori e liberali


• presidenza di Juárez afflitta dai creditori esteri
Messico
• intervento militare europeo e trono a Massimiliano d’Austria (1864)
• opposizione armata e liberazione (1867)

• stabilità politica
• sviluppo sul piano militare
Paraguay
• attaccato da Argentina, Uruguay e Brasile (1864-1870)
• morte di due terzi della popolazione

vita politica controllata da un’oligarchia latifondista


Cile
conservatrice in accordo la Chiesa

• ribellioni contro il controllo da parte di Brasile e Argentina


Uruguay • scosso da guerre civili (a cui partecipò anche Garibaldi)
• trovò una stabilità politica e sviluppo sotto un regime liberale

• indipendente dall’inizio del XIX secolo


• ottiene una Costituzione liberale sotto l’imperatore Don Pedro
Brasile • gode di stabilità politica e progresso sotto Pedro II
• ostilità dei grandi latifondisti conservatori e schiavisti verso
la modernizzazione

551
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Il sistema politico negli Stati Uniti assunsero sempre più peso dopo l’in-
Dopo aver ottenuto l’indipendenza, gli Stati Uniti, nel troduzione in politica del cosiddetto
corso del XIX secolo, conobbero un grande svilup- spoils system, che prevedeva la spartizione delle ca-
po demografico, economico e territoriale. A livello riche pubbliche tra i militanti del partito vincitore.
politico da un lato vi erano i federalisti, favorevoli
al dirigismo dello Stato in campo economico, a un Il Far West: il mito della frontiera
forte potere centrale e a politiche protezioniste a All’espansione degli statunitensi verso Ovest, in
tutela di imprenditori, gruppi mercantili e finanziari quell’area dalla vallata del Mississippi fino al Pacifico,
e comunità di agricoltori puritani del Nord; dall’altro corrispose lo sviluppo di uno spirito individualista,
erano i democratico-repubblicani, che erano forti al fuori dallo Stato, particolarista, egalitario, che influen-
Sud tra agricoltori e grandi latifondisti, favorevoli al zò tanto la mentalità americana quanto il mito della
particolarismo, al decentramento amministrativo e frontiera. Con la conquista del Far West vi furono an-
all’autonomia legislativa degli Stati e dominarono che violenze, uccisioni e deportazioni delle popola-
la scena politica dopo l’elezione nel 1801 di Thomas zioni native, che nel 1830, con Jackson e l’Indian Re-
Jefferson. moval Act, furono trasferite in riserve imponendogli
così il passaggio dalla vita nomade a quella sedentaria.
La «dottrina Monroe» Tra i maggiori scontri armati tra statunitensi e nativi
Per quanto riguarda la politica estera, nel 1823 il presi- si ricordano la battaglia del Little Bighorn (25 giu-
dente James Monroe mise in chiaro con la cosiddetta gno del 1876) e il massacro di Wounded Knee (1890).
«dottrina Monroe» che gli Stati Uniti non avrebbero
tollerato ingerenze europee nel continente america- Nord e Sud in guerra
no, estendendo così la loro influenza diretta anche Mentre l’economia degli Stati del Nord si basava
nel Sud. sull’industria in crescita, favorita dal protezionismo,
Accanto a questa politica si sviluppò un nazionalismo quella degli Stati del Sud si basava sul latifondismo
dal carattere particolarista e democratico sotto il pre- e l’impiego massiccio di schiavi ed era danneggiata
sidente Andrew Jackson, che nel 1832 introdusse il dal protezionismo. Nel momento in cui, con l’espan-
suffragio universale maschile, ridusse la durata della sione a Ovest, il Nord trasse i benefici maggiori, si
giornata lavorativa, promosse una politica di sostegno acuì il divario economico e ideologico tra Nord e Sud,
per i contadini proprietari della terra e favorì uno svi- quest’ultimo ostile al crescente movimento abolizio-
luppo il più omogeneo possibile nel Paese. nista nel Nord. Così, quando nel 1860 venne eletto il
repubblicano Abraham Lincoln, convinto abolizioni-
Economia e governo statunitensi sta, gli Stati del Sud dichiararono la secessione, for-
Nella prima metà del XIX secolo lo sviluppo economi- mando gli Stati Confederati d’America e causando lo
co degli Stati Uniti andò di pari passo con lo sviluppo scoppio della guerra di secessione (1861-1865), che
delle infrastrutture stradali e dei trasporti: con l’intro- vide la vittoria del Nord e portò alla proclamazione
duzione del battello a vapore e dell’elica il trasporto dell’abolizione della schiavitù (1863) e alla sua intro-
fluviale e marittimo fu notevolmente incrementato; duzione nella Costituzione (1865).
nel 1848 fu inaugurata la prima linea regolare di pi-
roscafi New York-Liverpool; le ferrovie raggiunsero i Società e sistemi politici sudamericani
quasi 50.000 chilometri nel 1860. L’America Latina visse una lunga fase di instabilità
A facilitare i collegamenti e lo scambio di informazio- politica e fragilità economica. L’arretratezza era pre-
ni poi fu determinante l’invenzione del telegrafo da dominante, mancava una borghesia liberale solida, il
parte di Samuel Morse, che introdusse anche il codi- potere era nelle mani di militari e caudillos e le violen-
ce omonimo. ze erano frequenti: in Messico, la resistenza di Juárez
In questo contesto economico, in cui gli industriali arrestò e fucilò Massimiliano d’Austria (1867), impo-
del New England erano favorevoli al protezionismo sto sul trono dai francesi; in Paraguay due terzi della
e latifondisti del Sud e coloni del Nord-Ovest era- popolazione morirono in seguito alla guerra contro
no inclini al liberismo, gli interessi di fazioni e lobby Argentina, Brasile e Uruguay (1864-70).

552
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

GLI STATI UNITI

videro contrapposti videro affermarsi con il conobbero un si espansero verso erano divisi tra

................................ presidente grande sviluppo ................................. Stati del ................


(forti al ...............) ............................. ............................., (sviluppo
........................... e industriale,
............................... abolizionismo)

favorevoli a la e in particolare del tra la e

• ................... dello «............................. settore dei vallata del Stati del ............
Stato in campo .............................» trasporti Mississippi fino al (latifondismo,
economico (1823) Pacifico Schiavitù)
• forte potere
centrale
che prevedeva caratterizzato da alimentando il che
• .............................

• intolleranza • introduzione ................................. • optarono per


per ingerenze del ......................, la secessione
europee nel dell’......... e dei dopo l’elezione
e continente .............................. di .........................
e scontrandosi con le
americano • incremento del (1860)
• interesse .............................. • furono
degli USA in .............................. sconfitti nella
America Latina e .......................... .............................. ..............................
• ampliamento (Little Bighorn e ..............................
................................ delle .................... Wounded Knee) (1861-1865)
(forti al ...............)

che furono
e con il e del
deportate in
e furono
presidente settore delle ................................. costretti ad
favorevoli a ......................... comunicazioni accettare l’

a partire dalla
grazie al presidenza di

• ............................. • .............................. ............................... ...............................


..............................
• ............................. ............................. ............................... ...............................
(Samuel Morse)
............................. • .............................. (1830) (1863)
• autonomia .............................
legislativa • sostegno per
degli Stati i contadini
proprietari
terrieri

553
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette, sce-
gliendoli dall’elenco. a. Che cos’è una lobby?
b. Che cosa s’intende con dirigismo?
Date: 1861 • 1825 • 1887 • 1865 • 1863
c. Spiega il concetto di spoils system.
Luoghi: Wounded Knee • Mississippi • Messico •
Pacifico NESSI E RELAZIONI
a. Il Far West si estendeva dal .......................... fino 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
al .......................... .
a. Napoleone III intende indennizzare
b. Dal .......................... il governo degli Stati Uniti
l’Austria dopo la perdita della Lombardia
cominciò a individuare delle riserve indiane.
nel 1859.
c. A .......................... nel 1890, le truppe americane b. Lincoln viene eletto presidente degli Stati
massacrarono oltre 300 Sioux. Uniti nel 1860.
d. Il General Allotment Act del .......................... c. Gli inglesi importano sempre più quantità
stabiliva il possesso di lotti privati di terra nelle di cotone grezzo.
riserve indiane.
1. Si espandono le piantagioni negli Stati Uniti
e. Nel .......................... viene introdotto il XIII emen- del Sud e in Brasile.
damento nella Costituzione degli Stati Uniti.
2. Nasce la confederazione degli Stati
f. La guerra civile americana iniziò nel del Sud.
.......................... e si concluse nel .......................... .
3. La Francia invade il Messico e instaura
g. Nel 1863 Massimiliano d’Austria ottenne il titolo Massimiliano d’Austria sul trono.
di imperatore del .......................... .

EVENTI E PROCESSI
COMPETENZE
ESPORRE ORALMENTE
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
a. Spiega il processo di americanizzazione 6 Rispondi alle seguenti domande.
dell’Ovest nel contesto del XIX secolo. a. Con quali ragioni i latifondisti del Sud degli
b. Illustra le cause che portarono allo scoppio Stati Uniti giustificavano la schiavitù?
della guerra di secessione americana. (1 minuto)
c. Quali furono le conseguenze del perdurare di b. Descrivi i rapporti fra americani e nativi nel
un’economia di stampo schiavista in Brasile? corso dell’Ottocento. (3 minuti)
d. Illustra le cause della debolezza politica ed SCRIVERE
economica del Messico.
VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false.
a. V F Nella prima metà dell’Ottocento, 17 7 Nel corso del Novecento negli Stati Uniti si è
nuovi Stati entrarono a far parte degli posta a più riprese la questione del risarcimen-
Stati Uniti. to che il governo federale dovrebbe pagare alle
b. V F Thomas Hamilton era un esponente del tribù dei nativi americani alla luce degli innu-
partito democratico-repubblicano. merevoli soprusi subiti: dalla sottrazione dei
territori abitati prima della colonizzazione e allo
c. V F La Gran Bretagna visse un periodo di
sfruttamento indiscriminato di alcune riserve
crisi economica nella prima metà del
da parte di alcune multinazionali. Sebbene
XIX secolo.
alcuni fondi siano stati messi a disposizione, in
d. V F La produzione del cotone si basava,
passato, per progetti di sviluppo, le tribù non
negli Stati Uniti, sullo sfruttamento
ne hanno mai disposto liberamente e tuttora la
schiavista.
sopravvivenza di alcune comunità è a rischio.
e. V F Lincoln fu rieletto presidente degli Stati Ritieni giusto provvedere ad un risarcimento
Uniti nel 1860 e nel 1864. per i nativi nel 2020? Scrivi un testo di tipo
f. V F Nel 1863 le truppe asburgiche occupa- argomentativo in cui esponi la tua opinione a
no Città del Messico. riguardo, argomentandola e provando a confu-
g. V F Massimiliano d’Austria fu catturato tare eventuali critiche.
e ucciso nel 1867.

554
Fonti e Storiografia
FONTI Contro la schiavitù
F1 Tra le più significative voci di denuncia delle disumane condizioni degli schiavi neri nel-
le piantagioni di cotone degli Stati Uniti ci fu quella di Theodore Dwight Weld (1803-
95), uno dei protagonisti bianchi del movimento abolizionista che avrebbe portato, nel
1865, a introdurre nella Costituzione degli Stati Uniti il XIII emendamento, che aboliva
ufficialmente la schiavitù. Proponiamo qui un brano tratto da un suo libro pubblicato nel
1839, American Slavery as It Is, in cui l’autore espone la tragica situazione dei neri.

Due milioni e settecentomila uomini sono in questi Stati in questa condizione. Essi furo-
no resi schiavi e tenuti così con la forza e col terrore, e tutto questo senza aver commesso
alcun delitto! Lettore, cos’hai da dire per questo trattamento? È forse legale, giusto, bene-
volo? Supponi che io mi impadronisca di te, ti rubi la libertà, ti porti in un campo e ti fac-
cia lavorare senza pagarti per tutta la vita; questo sarebbe giusto […]? Ora ognuno sa che i
proprietari di schiavi fanno queste cose agli schiavi ogni giorno, eppure si afferma stolida-
mente che li trattano bene e con gentilezza, e che la tenera considerazione per i loro schiavi
impedisce ai padroni di infliggere loro crudeltà. […]
I proprietari di schiavi parlano di trattare bene gli uomini, eppure non solo li derubano
di tutto ciò che hanno e non appena lo hanno, ma li derubano anche di se stessi: delle loro
mani e dei piedi, di tutti i muscoli, e delle membra, dei sensi, dei corpi e delle menti, del
tempo, della libertà, dei guadagni, della libertà di parola e dei diritti di coscienza, del dirit-
to ad acquistare cultura, proprietà e reputazione. […]
Noi proveremo che gli schiavi negli Stati Uniti sono trattati con barbara ferocia: che so-
no sfruttati all’eccesso, denutriti, miserabilmente vestiti e alloggiati, ed hanno un numero
insufficiente di ore di sonno; che spesso debbono portare intorno al collo collari di ferro
irti di punte, trascinare pesanti catene e pesi ai piedi mentre lavorano nei campi, e gioghi
e corni; che sono spesso tenuti in ceppi giorno e notte per settimane, obbligati a portare il
bavaglio per ore o giorni, ad avere alcuni dei denti frontali strappati o spezzati per essere
facilmente scoperti quando fuggono; che spesso sono flagellati con terribile durezza e le
loro ferite sono cosparse di pepe rosso, acqua salata, trementina ecc., per accrescere il tor-
mento; che spesso sono denudati, colpiti coi coltelli nelle membra e nelle spalle, pestati e
lacerati da centinaia di colpi di remo, orribilmente feriti da artigli di gatti scagliati su di loro
dai loro seviziatori; che spesso gli si dà la caccia con cani assetati di sangue e sono ammaz-
zati come bestie, o fatti a pezzi dai cani; che spesso sono sospesi per le braccia e frustati e
percossi fino allo svenimento, e, una volta fatti rinvenire con cordiali, ancora percossi fino
a farli svenire di nuovo, talvolta fino a morire; che le loro orecchie sono spesso tagliate, gli
occhi strappati, le ossa rotte, la carne ustionata con ferri incandescenti; che sono storpiati,
mutilati, bruciati a fuoco lento fino a morire.
(tratto da La storia contemporanea attraverso i documenti,
a cura di E. Collotti-E. Collotti Pischel, Zanichelli, Bologna 1974, pp. 55-56)

COMPRENDERE 1. Che cosa sostengono gli schiavisti a proposito del trattamento riservato ai neri?
2. In che modo sono realmente trattati gli schiavi?
INTERPRETARE 3. Weld denuncia le condizioni di povertà in cui vivono gli schiavi e il sadismo
con il quale vengono trattati. Quali esempi adduce a tal proposito?
VALUTARE 4. Quali sentimenti suscita la lettura di questo brano? Discutine in classe con i tuoi
compagni.

555
Fonti e Storiografia

F2 Il punto di vista dei sudisti


Jefferson Davis (1808-89), deputato alla Camera federale e senatore degli Stati Uniti,
si dimise da questa nomina nel 1861 dopo la secessione del Sud. Durante la guerra
civile guidò le truppe sudiste come generale e fu presidente degli Stati Confederati del
Sud. Qui si riporta un suo discorso del 22 febbraio del 1862, nel quale Davis espone
le ragioni del Sud e definisce il ruolo degli Stati Confederati del Sud nello scacchiere
mondiale, nel caso di acquisizione dell’indipendenza.

Quando il lungo processo di una legislazione di classe, intesa non al benessere generale,
ma all’ingrandimento della parte settentrionale dell’Unione, culminò in una guerra alle
istituzioni interne degli Stati meridionali, quando il dogma di un partito settario, sostitu-
itosi alle disposizioni dello strumento costituzionale, minacciò di distruggere i diritti so-
vrani degli Stati, sei di tali Stati, ritiratisi dall’Unione, si unirono in una confederazione per
Leggi in digitale il esercitare il loro diritto ed assolvere il loro dovere di istituire un governo che avrebbe me-
testo La giornata
glio assicurato quelle libertà per la conservazione delle quali l’Unione era stata fondata. […]
lavorativa di uno
schiavo, una Il popolo degli Stati ora confederati si è convinto che il Governo degli Stati Uniti era ca-
testimonianza di duto nelle mani di una maggioranza faziosa, che avrebbe portato la più sacra delle unioni
Salomon Northup, alla distruzione di quei diritti che si era giurato di proteggere. Essi pensarono che restare
afroamericano nato
ancora nell’Unione li avrebbe costretti a una continua e oltraggiosa discriminazione, la cui
libero a New York,
rapito e ridotto in accettazione sarebbe stata in contrasto con il loro benessere, e intollerabile per un popolo
schiavitù nel Sud orgoglioso. Essi decisero pertanto di sciogliere i loro legami, e di stabilire essi stessi una
degli Stati Uniti. nuova Confederazione. […]
Dopo aver letto il
Quando l’indipendenza degli Stati confederati verrà riconosciuta dalle nazioni del mondo
brano Il punto di
vista dei sudisti di e quando noi saremo liberi di seguire i nostri interessi e le nostre disposizioni, esercitando
Davis, immagina di all’estero il commercio, gli Stati del Sud offriranno alle nazioni industriali i più favorevoli
scrivere un discorso mercati che mai abbiano attirato il loro commercio. Cotone, zucchero, riso, tabacco, viveri,
di risposta per il legname e forniture, offriranno interessantissimi scambi. […]
Congresso degli
Stati Uniti che Concittadini, dopo che le lotte di generazioni avevano consacrato il diritto degli Inglesi a
confuti l’idea di una un governo rappresentativo costituzionale, i nostri antenati delle colonie furono costretti
schiavitù necessaria a rivendicare quel loro diritto con le armi. Il successo coronò i loro sforzi, e trasmise ai po-
per il benessere della steri un rimedio pacifico contro future aggressioni.
nazione.
La tirannia di una sfrenata maggioranza, la più odiosa e irresponsabile forma di despoti-
smo, ci ha negato e questo diritto e questo rimedio. Per questo noi siamo in armi, per rinno-
vare quei sacrifici cui i nostri padri sottostarono per la santa causa della libertà costituzionale.
(da J. Davis, Discorso inaugurale, 22 febbraio 1862, in Il pensiero politico nell’età di Lincoln, a cura di
C. Gorlier, il Mulino, Bologna 1962, pp. 161-167)

COMPRENDERE 1. Quali diritti sono minacciati secondo Davis?


2. Quale altro conflitto cita l’autore come esempio a cui ispirarsi?
3. A chi si riferisce con l’espressione «una maggioranza faziosa» o «una sfrenata
maggioranza»?
INTERPRETARE 4. In che cosa culminò, secondo le parole dell’autore, la guerra di secessione?
VALUTARE 5. Nel testo non si fa alcun riferimento esplicito all’abolizione del sistema schiavisti-
co, questione centrale del conflitto fra Confederati e Unionisti, ma ci si riferisce
indirettamente ad essa con vaghe perifrasi e generici concetti: individuali nel
testo e prova a spiegare perché a tuo avviso non compare la parola schiavitù.

556
La guerra di secessione 15

STORIOGRAFIA Un destino manifesto


Mario Del Pero
S1
La teoria del «manifest destiny» («destino manifesto») esprimeva la convinzione che
gli Stati Uniti avessero scritta nel proprio destino nazionale la missione di espander-
si, esportando democrazia e libertà. L’espressione venne coniata dai democratici di
Jackson negli anni Quaranta dell’Ottocento, come racconta lo storico Mario Del Pero
in questo brano, per giustificare l’annessione dei territori occidentali.

GLI SNODI La teoria del «destino manifesto» legittima l’espansionismo statunitense.


DEL TESTO Il nazionalismo cristiano americano ispira la teoria del «destino manifesto».
L’espansionismo era una risposta ai problemi socio-economici americani.

Il «destino manifesto» (manifest destiny) della grande nazione statunitense è quello di «oc-
cupare e conquistare l’intero continente» assegnatole «dalla Provvidenza per realizzare il
grande esperimento della libertà e dell’autogoverno federale».
Siamo nel 1845. Il paese e il Congresso dibattevano la possibilità e la convenienza di pro-
seguire l’avanzata imperiale, a nord-ovest (territorio dell’Oregon) come a sud-ovest (Texas
e altre aree sotto giurisdizione messicana). A parlare era John O’Sullivan, editor della «De-
mocratic Review», rivista politica e letteraria colta e sofisticata, impegnata in quegli anni a
fornire sostanza e, soprattutto, retorica e simboli all’espansionismo statunitense.
Lo slogan e il suo sostrato discorsivo non erano ovviamente nuovi. Da quasi dieci anni il
gruppo di O’Sullivan era impegnato a promuovere uno sforzo di difesa, legittimazione e dif-
fusione dell’espansionismo statunitense. Lo faceva attingendo a piene mani all’armamentario
stilistico e concettuale del nazionalismo cristiano americano, innervandolo di slogan e for-
mule nuovi e alimentando così un’«ideologia teologizzata» dalla straordinaria forza retorica.
Già nel 1839 O’Sullivan aveva proclamato gli Usa la «nazione del “progresso umano”»;
chi mai avrebbe voluto o potuto «porre dei limiti» alla sua marcia, si chiese allora reto-
ricamente O’Sullivan? La nascita degli Stati Uniti aveva costituito l’«inizio di una nuova
storia». «Il futuro a lungo termine, il futuro dell’eternità» avrebbe invece costituito «l’era
della grandezza americana»; «la nazione delle molte nazioni» era infatti «destinata a ma-
nifestare (destined to manifest) all’umanità la virtù dei principi divini»; il «tempio» che es-
sa era pronta a erigere per «venerare l’Altissimo» non poteva che avere come suo «suolo»
l’intero «emisfero». […]
Il manifest destiny arricchiva e integrava la mitologia nazionalista americana. Proclamava
l’ineluttabilità di un dato corso storico, il destino per l’appunto. Invitava a vedere e riconoscere
tale destino: il suo essere manifesto e sotto gli occhi di chiunque lo avesse voluto scorgere. […]
Il discorso quasi religioso del manifest destiny legittimava e abbelliva le tante ragioni, bru-
tali e terrene, di chi premeva per riavviare il processo espansionistico. Ma il surplus retorico
che esso offriva, […] originava dalla paura, più che dalla forza o dall’astuta strumentalità.
Era reattivo a una necessità duplice e strettamente interdipendente: quella di sedare ansie
e paure che attraversavano l’America di metà Ottocento e soprattutto quella di rispondere
alla contestazione, politicamente e culturalmente forte come mai in passato, di chi rifiutava
la necessità di continuare a espandersi; di chi riteneva completato e concluso il processo di
crescita imperiale del paese e invitava con forza a perfezionare l’esperimento repubblicano
più che a esportarlo verso nuovi territori.
Così come la retorica e le metafore, anche le ansie e le paure dell’America del 1830-40
non erano sconosciute. A preoccupare e spaventare un numero crescente di americani con-
correvano però alcuni fattori nuovi: le grandi trasformazioni sociali; l’urbanizzazione; la
prima industrializzazione; i flussi migratori che incrinavano l’omogeneità degli Stati Uniti;
un fermento democratico che, se mal gestito, minacciava di inasprire e rendere ancor più

557
Fonti e Storiografia

violenta la società statunitense. Queste paure erano a loro volta intensificate dalla grave
recessione economica, provocata dalla crisi finanziaria del 18371 e durata più di tre anni.
Come già in passato, l’espansionismo appariva a molti una risposta ai problemi del paese
e un modo per calmare le preoccupazioni che questi catalizzavano.
(M. Del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo, 1776-2006,
Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 121-123)

1 crisi finanziaria del 1837: nel 1837 scoppiò una bolla speculativa. A maggio tutte le banche bloccarono
pagamenti in moneta. Seguirono anni di depressione economica, con livelli record di disoccupazione.

COMPRENDERE 1. A quale processo storico è funzionale la teoria del «manifest destiny»?


IL TESTO Argomenta la tua risposta.
2. In che modo il nazionalismo cristiano contribuì a strutturare tale teoria?
3. A quali paure diffuse sembrava fornire una risposta la teoria del
«manifest destiny»?

S2 Il West dei fotografi


Bruno Cartosio
Come racconta lo storico Bruno Cartosio in queste righe, la fotografia, diffusasi paral-
lelamente all’espansione degli Stati Uniti, venne chiamata a documentare la «conquista
dell’Ovest». Oltre a dedicarsi a immortalare gli splendidi paesaggi naturali, i fotografi
venivano assoldati dalle compagnie ferroviarie, per documentare i loro lavori. Non vi
era nessuno tra i più importanti fotografi dell’epoca che non avesse lavorato per l’una
o l’altra delle grandi ferrovie transcontinentali.

GLI SNODI La fotografia è utilizzata per legittimare la conquista dell’Ovest.


DEL TESTO La fotografia suscitava coinvolgimento emotivo e consenso.
Rispetto alle città, il Far West è stato più fotografato delle città nell’Ottocento.

La fotografia era diventata rapidamente assai popolare: già nel 1850 sembra che esistesse-
ro negli Stati Uniti almeno 2000 «daguerrotipisti»1 e che tra il 1840 e il 1860 fossero stati
fatti 30 milioni di fotografie. Nei decenni successivi alla Guerra civile, le fotografie venivano
vendute singolarmente oppure in serie a tema, soprattutto sotto forma di fotografie stereo-
scopiche, o stereografie2, la cui popolarità fu tale che la loro vendita costituì, insieme con i
ritratti in studio, la principale fonte di reddito per molti fotografi professionisti. […] Venivano
esposte dai fotografi nei loro studi e in mostre locali e infine esibite e quindi viste da milio-
ni di visitatori in tutte le grandi esposizioni a partire da quella del Centenario di Filadelfia.
In definitiva, […] le fotografie dell’Ovest avevano un pubblico considerevolmente più esteso
dei dipinti pur popolari di Bierstadt e Moran3. Ad avere un interesse più specifico potevano
essere gli studiosi di professione, gli insegnanti, gli uomini d’affari e gli ingegneri minerari,
ma a essere decisive per la loro diffusione erano le mode e le curiosità delle classi medie,
che comperavano le stereografie da guardare in società e le vedute di grande formato da
appendere nei soggiorni. Le fotografie però non avevano né i colori, né le dimensioni, né
tantomeno la stessa libertà creativa e carica evocativa dei dipinti. […]

558
La guerra di secessione 15

I fotografi potevano anche stupire, oltre che informare, offrendo alla vista aspetti del
reale sorprendenti o sconosciuti ai più, come nel caso di Yellowstone4, ma non potevano
guardare alla realtà con l’emozione e la poesia, o con il gusto per la «teatralità» dei pitto-
ri. Il presupposto stesso alla base della fotografia, dai dagherrotipi degli anni Quaranta in
poi, era la riproduzione fedele della realtà, senza abbellimenti o manipolazioni. Infine, ol-
tre che di colore, ovviamente mancante nelle foto, era anche una questione di dimensioni:
i paesaggi fotografici non potevano aspirare a dimensioni paragonabili a quelli dipinti da
Bierstadt o Moran. […]
La […] decisione di aggregare fotografi e artisti alle spedizioni scientifiche era legata all’as-
sunto secondo cui, se da una parte l’esplorazione era funzionale alla presa di possesso eco-
nomico e sociale dei nuovi territori, dall’altra, la popolazione delle lontane regioni orien-
tali andava coinvolta sul piano visuale, emotivo ed estetico nel processo di appropriazione.
Non appaia forzata la sottolineatura dell’aspetto nazionalistico: dopo la conclusione della
Guerra civile, gli enormi investimenti pubblici e privati nella costruzione delle ferrovie, le
guerre indiane, il popolamento delle nuove terre dell’Ovest e il loro sfruttamento agrico-
lo o minerario erano accompagnati da un pari impegno a ricostruire nel paese un comune
senso di appartenenza nazionale.
È anche per questo che la fotografia venne chiamata così tanto a documentare la «con-
quista dell’Ovest». E i fotografi, ognuno a suo modo, ma quasi tutti producendo immagini
che ancora oggi appaiono di eccezionale qualità, sono stati gli ultimi – dopo scrittori e pit-
tori, e diversamente da loro – ma i principali partecipanti-testimoni dell’intero complesso
di attività che rendevano possibile l’espansione. Il che spiega come mai, fino all’ultimo de-
cennio del secolo, tutte le forme del lavoro umano siano state documentate, e valorizzate,
più che nelle metropoli, proprio nel contesto delle migrazioni verso ovest, nell’agricoltu-
ra e nell’allevamento, nei boschi e nelle miniere, nell’edificazione delle città e soprattutto
nella costruzione delle ferrovie, in cui l’organizzazione del lavoro e le tecniche meccani-
che e ingegneristiche più avanzate si incrociavano con la fatica creativa degli uomini e gli
ostacoli della natura.
(da B. Cartosio, Verso Ovest. Storia e mitologia del Far West,
Feltrinelli, Milano 2018, pp. 160-166)

1 «daguerrotipisti»: il processo della dagherrotipia, inventato nel 1839 da Louis-Jacques-Mandé


Daguerre (1787-1851), prevedeva la realizzazione di immagini fotografiche in un’unica copia positiva,
non riproducibile, su supporto in argento o rame argentato sensibilizzato, in camera oscura, mediante
esposizione a vapori di sodio.
2 fotografie … stereografie: la stereoscopia è una tecnica di realizzazione e visione di immagini,
finalizzata a trasmettere un’illusione di tridimensionalità, che vuole imitare la visione binoculare
del sistema visivo umano.
3 Bierstadt e Moran: Albert Bierstadt (1830-1902) e Thomas Moran (1837-1926) sono tra i più
celebri paesaggisti statunitensi che hanno celebrato il selvaggio West.
4 Yellowstone: il riferimento è all’area che poi sarebbe diventata il parco di Yellowstone situato
tra Wyoming, Montana e Idaho. Il suo nome deriva dal colore giallo delle rocce, dato dallo zolfo.

COMPRENDERE 1. Quante fotografie sono state fatte tra il 1840 e il 1860 negli Stati Uniti?
IL TESTO
2. Perché, secondo Cartosio, venivano coinvolti fotografi e artisti nelle esplorazioni
scientifiche?
3. Quale circolazione avevano le fotografie all’epoca?

559
16 Il Regno d’Italia
La Destra storica al governo
I primi governi post-unitari, guidati dalla Destra storica, si dedicarono alla riorganizza-
zione amministrativa dei diversi territori sul modello sabaudo, investirono nello svilup-
po delle ferrovie, attuarono una politica liberista e al Sud repressero con la forza il feno-
Esplora l’immagine meno eversivo del brigantaggio.
interattiva

La breccia di L’esperienza della Sinistra storica


Porta Pia a Roma il Dal 1876, la Sinistra storica giunse al governo, allargò l’elettorato e abbracciò una politica
20 settembre 1870. protezionista che finì per sfavorire il Mezzogiorno agricolo, sostenendo invece gli inte-
Dipinto di Carlo Ademollo
del 1880 circa. Milano, ressi di industriali e latifondisti; portò avanti fallimentari imprese coloniali in Eritrea ed
Museo del Risorgimento. Etiopia e, nel 1882, entrò nella Triplice alleanza con Germania e Austria.

1861 1861-65 1871 1876


Destra storica al governo Brigantaggio nel Meridione Roma capitale Sinistra storica al governo
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO
E IN DIGITALE
1. I termini «destra» e «sinistra», impiegati per indi-
care un preciso orientamento politico, hanno as- LEZIONE
sunto connotazioni diverse nel corso della Storia, GUARDA il video L’Italia del trasformismo
a seconda del contesto, a partire dalla stagione 1. Il governo della Destra storica ▶ p. 562
della Rivoluzione francese fino ad arrivare alla
2. La conquista di Roma ▶ p. 570
realtà a noi contemporanea.
3. Il governo della Sinistra ▶ p. 573
• Sai dire che cosa significa oggi, nell’immagina-
4. Il protezionismo e la Triplice Alleanza ▶ p. 577
rio comune, essere di destra o essere di sinistra?
5. Lo statalismo nazionalista di Crispi ▶ p. 580
• In classe, realizzate un brainstorming associan- 6. La debolezza istituzionale dello Stato ▶ p. 583
do ai due orientamenti politici le immagini, le
7. La questione meridionale ▶ p. 585
parole-chiave e tutte le idee che vi vengono
8. La crisi di fine secolo ▶ p. 590
in mente.
• Fissate i concetti attraverso la LIM e confronta- ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
teli poi con la scheda La storia nelle parole dell’Atlante digitale interattivo
di p. 565. RIASSUMI i concetti-chiave con la
2. Il 20 settembre 1870, l’esercito italiano entrò a presentazione L’Italia dalla Sinistra storica
Roma, approfittando – come abbiamo visto nel alla crisi di fine secolo:
capitolo 14 – della caduta di Napoleone III e di – le principali riforme politico-economiche;
uno Stato pontificio privo di difese. Il dipinto ri- – la politica estera;
trae un momento decisivo dello scontro, quando – la figura di Francesco Crispi.
i bersaglieri dell’esercito italiano sfondarono una RIPASSA
delle porte della città, Porta Pia. L’episodio sa-
Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 594, p. 595
rebbe poi passato alla storia come la breccia
di Porta Pia. Osserva il dipinto e rispondi alle In digitale trovi l’audio della sintesi
e la mappa personalizzabile
seguenti domande.
• Qual è il soggetto del dipinto? APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
• Sono ritratti i soldati dello Stato pontificio? Personaggi: Anna Maria Mozzoni e le battaglie
• Individua nel dipinto la breccia nelle mura. per i diritti delle donne ▶ p. 576
Nel lungo periodo di Adriano Prosperi:
3. Confronta il quadro di Carlo Ademollo con il dipin-
L’Italia che si muove: le migrazioni
to di Michele Cammarano Carica dei bersaglieri
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 589
a Porta Pia (1871).
• Quale punto di vista hanno adottato i due arti- EDUCAZIONE CIVICA
sti per rappresentare gli eventi? Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
• Che effetto contribuiscono a creare? Il voto come diritto e partecipa al dibattito
• Quali valori sono esaltati implicitamente GUARDA il video dell’intervista all’autore
nelle due opere? ▶ p. 592

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1882 1887 1896 1900


Triplice Alleanza Crispi al governo Disfatta di Adua Assassinio di Umberto I

561
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

1 Il governo della Destra storica


Le gravi difficoltà socio-economiche dell’Italia unita
L’Italia unita era un Paese povero, soprattutto al Sud: sette italiani su dieci erano
Guarda il video contadini poverissimi e analfabeti, che non capivano la lingua nazionale e sapeva-
L’Italia del
no esprimersi solo nel dialetto nativo. Non erano proprietari della terra che lavo-
trasformismo e
rispondi alle domande: ravano, non compravano quasi nulla, non avevano praticamente nulla da vendere
• A chi intende e non pagavano imposte dirette perché non godevano di alcun reddito imponibile.
allargare il voto
Due italiani su dieci erano operai o lavoratori poveri urbani che non vivevano
il progetto di
Depretis? granché meglio dei contadini. Gli uni e gli altri mangiavano quasi esclusivamen-
• Chi riunisce te pane, pasta, polenta o riso, legumi, castagne, verdure; poca frutta, pochissime
il sistema
proteine animali e grassi. Spesso denutriti, erano gravemente esposti alle malattie
trasformista?
• Fino a quando e con una speranza di vita di quarant’anni.
domina il Questi strati della popolazione erano esclusi dal diritto di voto, poiché per votare
trasformismo? bisognava essere un maschio adulto, saper leggere e scrivere e pagare quaranta lire
di imposte dirette, una somma che la maggioranza degli italiani non aveva mai
visto tutta insieme. Gli elettori costituivano dunque un piccolo «club oligarchico»
di meno di cinquecentomila persone su un totale di ventidue milioni: professio-
nisti, commercianti, industriali e soprattutto proprietari terrieri. Il Risorgimento
era stato fatto da loro e per loro, con una collaborazione occasionale di masse po-
polari, il cui coinvolgimento non era stato previsto né tanto meno auspicato dal
LESSICO governo piemontese.
Reddito imponibile
Insieme delle entrate
Con un corpo elettorale così ristretto, e ulteriormente ridotto da una forte asten-
nette percepite in un sione, bastavano poche decine di voti per diventare deputati. Eppure la partecipa-
tempo determinato, sulla zione ai plebisciti era stata assai ampia e in molti casi la mobilitazione popolare
base del quale viene
calcolato l’ammontare
nella lotta di liberazione, soprattutto al Sud, era stata notevole. Allargare il suffra-
delle imposte che il gio sarebbe stato dunque possibile, come chiedevano i mazziniani e i garibaldini,
contribuente è tenuto a ma questo avrebbe rappresentato un rischio politico per la ristretta oligarchia al
pagare allo Stato.
potere, che aveva espresso la classe dirigente risorgimentale.

Tosatori di pecore
al lavoro in una
fattoria del Nord
Italia. Dipinto di
Giovanni Segantini,
del 1883-1884.
Tokyo, National Museum
of Western Art.

562
Il Regno d’Italia | 16 |

Alberto Mario, patriota e giornalista (1825-83),


LE FONTI
nel 1862 indicava l’ampliamento del suffragio,
In favore del da rendere universale, come la strada da per-
suffragio universale correre per abbattere il sistema delle clientele
Leggi in digitale il testo e dei privilegi.
Le italiane e il diritto
di voto di Anna Maria Noi vogliamo il suffragio universale, perché vogliamo rappresentato il
Mozzoni: diritto di tutti, non il privilegio d’alcuni: la legge non può essere uguale
• Perché le donne per tutti, se non emerge dalla volontà di tutti.
sono considerate
«presunte incapaci» Il suffragio universale è il modo della sovranità nazionale, come la libertà
dal sistema giuridico ne è la sostanza, come l’armamento generale ne è la custodia.
e politico italiano? Ma il sistema inaugurato, posando sul privilegio, sua chiave di volta, deve
• Quali sono le
logicamente attenersi al suffragio ristretto, deve voler una rappresentanza
richieste di Mozzoni
al Parlamento? nella quale ciascun deputato risulti dalla cifra media di cento elettori.
Le centinaia sono facilmente corruttibili, le migliaia no. […]
Il Parlamento dei privilegiati manterrà in perpetua minorità i milioni dei
diseredati; e, aggirandosi in un circolo fatale di mezze idee, i suoi atti
saranno inadeguati ai bisogni e in urto perenne colle aspirazioni della
nazione. Il Parlamento dei privilegiati saprà appena balbettare il nome di
Roma, non saprà mai vederla come vogliono i vigorosi. Questa discordia
ineluttabile tra la sua impotenza e le esigenze della nazione coperse e
coprirà il suo cammino di discredito e di miserie.
(da Scritti politici di Alberto Mario, in Nel nome dell’Italia. Il Risorgimento
nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini,
a cura di A.M. Banti, Laterza, Roma-Bari 2010, pp. 409-411)

LESSICO Le misure della Destra storica


Destra storica Il Regno d’Italia fu guidato nei primi anni da quella che viene chiamata Destra
Raggruppamento politi-
storica, formata dai diretti eredi di Cavour, quasi tutti piemontesi, come Urbano
co liberale moderato for-
matosi sotto la guida Rattazzi, già alleato di Cavour nel governo sardo ( ▶ cap. 14, par. 3), con qualche
di Cavour (1810-61). immissione di emiliani, come Marco Minghetti, e di toscani, come Bettino Ricasoli.
La destra governò nel
Del resto il Regno d’Italia nacque come estensione di quello sabaudo e in grande
Regno di Sardegna pri-
ma e in quello d’Italia maggioranza erano piemontesi anche lo stato maggiore dell’esercito, l’alta buro-
poi, fino al 1876. crazia e l’alta magistratura.
Debito pubblico Il nuovo Stato, con istituzioni politiche modellate sul centralismo francese, e
È il risultato cumulativo direttamente ereditate dal Regno di Sardegna, non concesse alcuna forma di au-
dei prestiti che il setto-
tonomia locale (i sindaci, per esempio, venivano nominati direttamente dal go-
re pubblico di un Paese
ha contratto nel tempo verno), per cercare di rafforzare l’ancora assai fragile unità del Paese. Ma questa
presso i privati per far politica inasprì le disparità preesistenti fra il Piemonte e le altre regioni e ac-
fronte ai saldi negativi
centuò il carattere di conquista piemontese nei confronti degli Stati preesisten-
(disavanzi) del bilancio
pubblico. ti, mentre veniva sminuito il riconoscimento dell’adesione spontanea ratificata
Infrastrutture
dai plebisciti.
Insieme dei servizi pub- Le prime mosse dei governanti della Destra storica non furono favorevoli alle
blici, come le strade, la regioni annesse. Il pesante debito pubblico piemontese, dovuto al finanziamento
rete ferroviaria, gli ospe-
dali e gli acquedotti, indi-
delle guerre d’indipendenza e allo sviluppo della rete ferroviaria sabauda, venne
spensabili per lo svilup- incorporato nel bilancio pubblico del Regno d’Italia, cosicché l’intero Paese si trovò
po economico e sociale a dover pagare i costi delle prime infrastrutture utili allo sviluppo industriale del
di un Paese.
solo Piemonte. Anche i debiti degli altri Stati preunitari furono inglobati nel bilan-

563
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

cio di quello unitario, ma erano proporzionalmente molto minori di quello sardo.


L’unificazione del debito pubblico creò tuttavia un gran numero di creditori dello
Stato personalmente interessati al successo del processo unitario, ma d’altra parte
scaricò su regioni povere – come quelle dell’Italia centro-meridionale – i costi delle
guerre e della prima industrializzazione piemontese.

Gli effetti della politica economica liberista


Il Regno di Sardegna aveva applicato tariffe doganali basse, tipiche della politica
economica di un Paese che vedeva nell’esportazione dei suoi prodotti (per la mag-
gior parte agricoli) l’unica forma di partecipazione al mercato mondiale. Così fa-
cendo il Piemonte aveva quindi adottato una politica economica liberista, che la
classe dirigente piemontese considerava un requisito essenziale per presentarsi
alla pari fra gli altri Paesi europei, e dalla quale i proprietari terrieri del Nord e del
Sud – che costituivano la sostanza della classe dirigente del nuovo Stato unita-
rio – traevano i loro redditi. Dopo l’unità, quindi, la politica liberista venne estesa
all’intera Penisola.
Il livello relativamente basso delle barriere doganali risultava vantaggioso per l’a-
gricoltura ma non per l’industria italiana, che era molto arretrata e troppo debole
sia per poter competere sul mercato internazionale, sia per stimolare e soddisfare
la domanda interna. Senza protezione doganale i prodotti italiani non risultavano
competitivi, perché più costosi o inferiori di qualità rispetto alla concorrenza. E così,
le aziende del Centro-Nord, nella loro grande maggioranza, non potevano regge-
re il confronto con quelle dei Paesi sviluppati, mentre le poche attività industriali
del Sud furono completamente spazzate via dalla concorrenza. L’unificazione del
debito pubblico e le basse tariffe doganali contribuirono dunque ad aggravare le
differenze strutturali già esistenti fra le due parti del Paese.
Comunque, oltre al credo liberista, l’Italia aveva un’altra ragione molto concreta
per entrare nel mercato mondiale con basse barriere doganali: a differenza degli
Stati Uniti e del Giappone, infatti, non disponeva di un mercato interno sufficien-
te a far crescere l’economia. Pur essendo un Paese popoloso, il Regno d’Italia co-
stituiva in realtà un mercato assai ristretto, perché l’enorme maggioranza della
popolazione viveva in un regime di pura sussistenza e di autoconsumo. L’Italia,
non potendo vendere i prodotti della terra e i manufatti dell’industria all’interno,
se voleva crescere doveva puntare a esportarli, e quindi adottare una politica do-
ganale liberista.

LE POLITICHE DELLA DESTRA STORICA E I LORO EFFETTI

• le regioni più povere si ritrovarono a


Ridistribuzione • prodotto dal finanziamento
pagare i costi delle guerre e dello sviluppo
nazionale del delle guerre d’indipendenza
infrastrutturale piemontese
debito pubblico • incrementato dallo sviluppo
• si crearono molti creditori interessati
piemontese della rete ferroviaria sabauda
al successo del processo unitario

• vantaggi per l’agricoltura, ma non per


• basse tariffe doganali
Politica economica l’industria, arretrata e poco competitiva
• assenza di un mercato interno
liberista • incremento della disparità economica
sviluppato
e produttiva tra regioni diverse

564
Il Regno d’Italia | 16 |

In questo modo, però, si accentuò una divisione del lavoro già esistente fra
Nord e Sud, destinata a pesare gravemente sul futuro del Paese. Al Nord comin-
ciava timidamente a crescere la produzione industriale, che si sommava alla flo-
rida agricoltura padana; al Sud, dove l’industria non era competitiva, si poteva
esportare solo una produzione agricola in gran parte basata sul latifondo, l’unica
forma di impresa che riusciva a produrre un’eccedenza da piazzare sul mercato
nazionale o internazionale. Questa situazione generò un patto politico e sociale
fra classi dirigenti – destinato a durare a lungo – definito il «blocco» fra borghesia
agraria-industriale del Nord e latifondisti del Sud.

La «guerra civile» contro il brigantaggio nel Meridione


I problemi maggiori, com’è possibile dedurre dal quadro sin qui delineato, ven-
nero dall’ex Regno delle Due Sicilie. La società civile del Sud era stata schiacciata
dal malgoverno borbonico ancora più di quelle degli altri Stati preunitari. Di con-
seguenza l’unificazione, qui più che altrove, era stata attesa come una liberazione
dall’oppressione, dalla corruzione, dalla miseria, dai privilegi. La partecipazione
popolare all’impresa dei Mille aveva coinvolto nella lotta di liberazione strati po-
polari molto più ampi di quanto non fosse avvenuto nelle altre regioni italiane. I
contadini siciliani e meridionali si aspettavano forme di autogoverno e la proprietà
della terra, ma non ebbero né le une né l’altra: i burocrati e i militari napoletani
furono sostituiti dai torinesi, mentre i vecchi e nuovi proprietari rimasero al loro
posto, anzi videro accrescere il loro ruolo. In più, le famiglie contadine si trovaro-
no gravate dall’inasprimento fiscale e dal servizio militare obbligatorio, che non
avevano mai conosciuto e che le privava per lunghi anni degli uomini più giovani.
Infine, vennero soppresse le forme di proprietà comune della terra, gli «usi civici»,
che da sempre permettevano ai poveri di sopravvivere raccogliendo la legna nei
boschi o portando al pascolo gli animali.

Fu nel 1789, in occasione stra storica quel gruppo parlamentare che guidò lo
LA STORIA
NELLE PAROLE degli Stati generali riuniti pri- Stato dalla sua nascita nel 1861 fino al 1876, in con-
ma della Rivoluzione francese tinuità con il governo di Cavour. Nel 1876 succedette
Destra e (maggio), che si iniziarono a alla destra la cosiddetta Sinistra storica di Agostino
sinistra utilizzare i termini destra/cen- Depretis, nata dall’unione di mazziniani, garibaldini e
tro/sinistra in riferimento allo democratici con la sinistra moderata piemontese e la
schieramento politico ( ▶ cap. 9). Nell’assemblea della cosiddetta «sinistra giovane» meridionale.
nazione francese, il Terzo stato si divise nell’emiciclo in Con il tempo i due termini si articolarono sempre di
questo modo: i conservatori alla destra del presiden- più. A metà dell’Ottocento, in Francia, si utilizzavano già
te, i radicali e i rivoluzionari a sinistra. Al centro venne espressioni come «centro-destra» e «centro-sinistra»,
dato l’appellativo dispregiativo di «palude», in quanto «estrema destra» ed «estrema sinistra». Nel Nove-
visto come area di collocazione dei politici senza una cento la questione si complicò maggiormente, prima
posizione netta. Questo assetto si consolidò nell’As- con l’affermazione dei partiti socialisti e marxisti, poi
semblea nazionale della Francia rivoluzionaria (1789- con quella dei movimenti nazionalisti, fascisti e nazisti.
91), in cui i sostenitori dell’Antico regime sedevano Rispetto alla dicotomia destra-sinistra, il termine
a destra e i favorevoli allo sviluppo della rivoluzione a «centro» ha avuto un valore simbolico inferiore. Do-
sinistra. Da quel momento il binomio destra/sinistra po la Seconda guerra mondiale, con l’affermarsi di
prese piede nel lessico politico prima in Francia e poi, partiti moderati di ispirazione cristiana, se ne è
nella seconda metà dell’Ottocento, anche in Europa. recuperato un uso con valenza positiva per il suo va-
Nel Parlamento dell’Italia unificata, venne definito De- lore di mediazione rispetto agli estremismi.

565
Episodio della
campagna contro Governato a lungo con brutalità, il Sud aveva finito per maturare costumi politi-
il brigantaggio ci violenti. Non solo nelle campagne i contadini insorgevano spinti dalla miseria e
nell’Italia dalla fame, ma non di rado anche nelle città e nei villaggi le fazioni politiche, legate
postunitaria.
La cattura di due a clan familiari locali, si contendevano il potere col sopruso, il ricatto, la violenza e
briganti raffigurata la sopraffazione. In Sicilia le bande armate rappresentavano una piaga endemica:
da Giovanni Fattori al servizio dei feudatari, costituivano da secoli il braccio del controllo operato sul
nel 1863.
territorio dai «baroni», cioè i nobili proprietari terrieri. Nel corso del processo risor-
gimentale, le bande si erano inserite nel vuoto di potere che era seguito alla disso-
luzione del feudalesimo e si erano poste al servizio dei vari gruppi di potere, aristo-
cratici o borghesi, impegnati politicamente nella liberazione dell’isola. Pur avendo
svolto un ruolo importante sia nella rivoluzione del 1848 sia nella spedizione dei
Mille, a guerra finita, anziché essere inserite nelle nuove strutture della politica na-
zionale, tali formazioni furono messe da parte o addirittura ricacciate nell’illegalità.
La disillusione per le promesse non mantenute si trasformò in rifiuto politico ra-
dicale e nell’adesione di intere regioni rurali ai tentativi borbonici di riconquistare
il Regno delle Due Sicilie. La Basilicata, il Molise e parte dell’Abruzzo, della Puglia,
della Campania e della Calabria insorsero contro lo Stato unitario, dando vita a una
F1 Miseria e vera e propria guerra civile che prese il nome di «brigantaggio». Le bande di «bri-
brigantaggio, p. 597
ganti» si ingrossarono, raggiungendo ciascuna migliaia di componenti, macchian-
dosi di episodi di raccapricciante violenza e giungendo talvolta a occupare centri
urbani popolosi. Sulla spontanea rivolta popolare fecero leva ambienti legittimisti
borbonici, che in alcuni casi finanziarono segretamente le bande, cercando di uti-
lizzarle ai fini del loro progetto politico di restaurare il precedente regime.
Il Regno d’Italia rispose con lo stato di guerra. La legge Pica del 1863, che lo
istituì, riconosceva alla giustizia militare la facoltà di condannare a morte som-
mariamente quei briganti che fossero catturati con le armi in pugno, e ai lavori
forzati a vita quelli che non avessero opposto resistenza e anche coloro che aves-
sero aiutato in qualunque modo i briganti: potenzialmente si trattava di tutta la
popolazione del Meridione. Il generale Alfonso La Marmora, torinese, fu inviato
a reprimere il brigantaggio con 160.000 uomini: più di metà dell’esercito italia-
no era così impegnato nella guerra civile. I morti, da una parte e dall’altra, furono
molte migliaia. Verso la fine del 1865 il brigantaggio poteva considerarsi stron-
cato come fenomeno di resistenza armata di massa, anche se per diversi anni so-
pravvissero piccole bande isolate.

566
Il Regno d’Italia | 16 |

Il Meridione ai margini dell’Italia unita


Nel complesso il Sud fu dunque più conquistato che annesso, e umiliato sia social-
mente sia politicamente. L’assenza di una classe borghese forte, e quindi anche di
un corrispondente centro moderato e cavouriano, lasciava spazio da una parte a
orientamenti filoborbonici, dall’altra a tendenze democratico-repubblicane, tutti
aspetti che rendevano fortemente sospetta la società meridionale agli occhi della
classe politica settentrionale.
I garibaldini vennero emarginati e l’esercito volontario che aveva cacciato i Bor-
boni fu liquidato con sei mesi di paga. I suoi ufficiali furono integrati nell’eserci-
to nazionale, ma senza accesso a incarichi operativi. Il garibaldinismo, che godeva
in tutto il Sud di un apprezzabile radicamento popolare, rappresentava una risor-
sa che non fu però compresa dai politici piemontesi, né per inserire settori della
società civile meridionale nelle istituzioni nazionali, né per completare l’unità del
Paese con la conquista di Roma. Queste opportunità furono scartate, in parte per
il veto opposto da Napoleone III alla conquista della capitale della cristianità cat-
tolica, in parte per ragioni di cautela politica interna. Roma, simbolo dell’univer-
salismo papale, non doveva infatti essere conquistata dalla rivoluzione, ma dall’a-
zione politica moderata della Destra.

CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA


Il brigantaggio nei
reportage fotografici

Con il dilagare del brigantaggio nel Sud d’Italia si dif-


fuse nel resto del Paese un sempre maggiore interes-
se da parte dell’opinione pubblica nei confronti della
realtà meridionale, vista come radicalmente «diversa»
e per certi aspetti inquietante. Per questo motivo mol-
ti fotografi dell’epoca si recarono nel Mezzogiorno
per documentare questo mondo così peculiare. Nel
1866 Alphonse Bernoud tenne addirittura nel suo
studio torinese un’esposizione fotografica per docu-
mentare visivamente la lotta al brigantaggio. L’ampio
repertorio di immagini di cui disponiamo, spesso assai
simili fra loro quando non addirittura identiche, dato
che i negativi di maggior successo venivano vendu-
ti da un fotografo all’altro, mostra in primo luogo la
volontà di testimoniare oggettivamente il feno-
meno grazie alle opportunità messe a disposizione
dallo strumento fotografico. C’è quasi un impegno
di documentazione etnografica per far conoscere un Cattura e fucilazione del brigante
aspetto violento e drammatico della cultura popolare Caprariello di Nola. Fotografia del 1860.
meridionale, nell’intento patriottico (non esente da un
certo gusto per il pittoresco) di presentare non solo il una volontà – più indirizzata politicamente – ammo-
paesaggio naturale, ma anche il paesaggio umano nitrice e intimidatoria, tanto che per talune di queste
italiano. All’obiettivo informativo di divulgare eventi immagini si è parlato di veri e propri «trofei di guerra»
di cronaca ritenuti peculiari, si associa spesso anche esposti dal vincitore.

567
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

La modernizzazione del Paese e il pareggio di bilancio


Il primo compito che i governi della Destra si prefissero dal punto di vista delle
opere pubbliche fu la costruzione di una rete ferroviaria nazionale. Oltre che
essere necessaria a far circolare le merci e quindi a creare un mercato integrato ed
efficiente, la rete ferroviaria divenne un simbolo dell’unità appena conquistata e
dello sforzo di modernizzazione del Paese. L’impegno fu enorme per uno Stato
povero come l’Italia. Al momento dell’unificazione esistevano solo 1700 chilo-
metri di strade ferrate, di cui 1500 nei soli Piemonte, Lombardia e Toscana. Nel
1865 si superarono i 4000, nel 1880 gli 8000, per raddoppiare ancora nei quin-
Esplora i luoghi e dici anni seguenti.
lavora con le carte Agli investimenti per la rete ferroviaria si aggiunsero altre voci di bilancio che
dell’Atlante digitale determinarono l’impennata della spesa pubblica italiana nei primi anni dell’uni-
interattivo
tà. Risorse finanziarie ingenti erano richieste, tra l’altro, dalla riorganizzazione del
sistema amministrativo-burocratico, dalle forze armate (venne anche istituita la
F2 La scuola dell’Italia coscrizione obbligatoria), dalla creazione di una scuola pubblica nazionale ( ▶ carte,
unita, p. 598
p. 575). In relazione a quest’ultimo punto, con l’unificazione, era stata estesa a tutto
il Regno la legge Casati del 1859 (dal nome del ministro della Pubblica Istruzione
Leggi la carta piemontese), con la quale lo Stato centralizzava il sistema scolastico, sottraendo-
• Quali regioni lo alla Chiesa che per secoli era stata la sola a occuparsene, e introduceva l’obbligo
beneficiarono di più scolastico di due anni.
dalla diffusione
Per finanziare questo grande sforzo non poteva bastare l’imposizione diretta
della ferrovia dopo
il 1914? sui redditi e il governo dovette chiedere in prestito ai cittadini i soldi necessari.
• Quali regioni invece Per raggiungere il pareggio del bilancio – considerato obiettivo irrinunciabile –
ne furono interessate la Destra di governo decise quindi di ricorrere alla tassazione indiretta, cioè sui
in modo marginale?
beni di consumo anziché sui redditi. Era l’unico modo per non aggravare eccessi-

LA RETE FERROVIARIA IN ITALIA (1870-1914)

Udine Rete ferroviaria Udine Rete ferroviaria


nel 1870 nel 1914
Milano Milano
Torino Venezia Torino Venezia
Verona Verona
Saluzzo Genova Bologna Saluzzo Genova Bologna
Pietrasanta Pietrasanta
Firenze Ancona Firenze Ancona

Orvieto Orvieto
Pescara Pescara
Civitavecchia Roma Civitavecchia Roma

Frascati Foggia Frascati Foggia


Bari Bari
Sassari Brindisi Sassari Brindisi
Napoli Potenza Napoli Potenza
Nuoro Salerno Nuoro Salerno
Lecce Lecce

Cosenza Cosenza
Cagliari Cagliari

Palermo Palermo
Reggio Reggio
Enna Calabria Enna Calabria
Catania Catania
Agrigento Siracusa Agrigento Siracusa

568
Il Regno d’Italia | 16 |

vamente il carico fiscale sui ceti abbienti – che, come abbiamo visto, costituivano
la base elettorale dell’oligarchia al potere – e per costringere a pagare anche chi
non pagava imposte dirette non avendo un reddito imponibile. Nel 1868 fu istituita
un’imposta terribile: la «tassa sul macinato». La nuova imposta, entrata in vigore
nel 1869, veniva prelevata direttamente ai mulini, dove il mugnaio riscuoteva la
nuova imposta dal contadino produttore di grano e la pagava allo Stato. L’impo-
sta provocò l’immediato rialzo del prezzo del pane, base dell’alimentazione delle
classi popolari e per moltissime persone ciò significò la fame.
I costi delle guerre per l’unità e dello sviluppo si abbattevano ora su masse po-
polari che non ne avevano ricavato nessun beneficio ed erano rimaste escluse dai
processi di crescita politica ed economica. In tutto il Paese scoppiarono rivolte vio-
lentissime, che, pur essendo nate in modo spontaneo, soprattutto nella Pianura
padana dimostrarono una sorprendente capacità di organizzazione dei dimostranti.
In Emilia e in Romagna fu addirittura decretato lo stato d’assedio e la repressione
provocò oltre duecento morti.
Al prezzo di questa politica impopolare, il pareggio del bilancio fu raggiunto e
trionfalmente annunciato dal ministro delle Finanze Quintino Sella nel 1876. La
Destra storica aveva affrontato i primi difficilissimi problemi dell’unificazione, aveva
sostenuto una vera e propria guerra civile, quella contro il brigantaggio meridio-
nale, aveva acquisito il Veneto con la Terza guerra di indipendenza e, infine, come
vedremo nel prossimo paragrafo, aveva portato la capitale a Roma. Aveva anche
introdotto una cultura di governo moderna ed efficiente, dando prova, almeno nei
primi anni dell’unità, di una gestione corretta del potere e di un alto senso dell’in-
teresse pubblico. Ma aveva creato una frattura profondissima con le masse popo-
lari, soprattutto con quelle meridionali.

La ferrovia
a Genova. Litografia
del XIX secolo.

569
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

2 La conquista di Roma
L’arroccamento ideologico della Chiesa cattolica
Al cuore del nuovo stato unitario, la Chiesa cercava di resistere a ciò che riteneva
una minaccia per la sua integrità. Pio IX, dopo aver suscitato grandi speranze tra i
liberali al momento della sua elezione, nel 1846, si era eretto in seguito ad alfiere
intransigente dei valori tradizionali della Chiesa, schierandosi in linea di princi-
pio contro le trasformazioni sociali, politiche e ideologiche della civiltà moderna.
La sua posizione si era precisata definitivamente nell’enciclica Quanta cura, del
Papa Pio IX 1864, che conteneva in appendice il Sillabo, una raccolta di proposizioni giudica-
presiede il Concilio
Vaticano I nella te incompatibili con la dottrina cattolica. Il Sillabo condannava senza sfumature
basilica di San Pietro tutti gli «errori» dell’Età moderna, tra i quali la sovranità popolare, il liberalismo,
a Roma. Litografia del la libertà di coscienza, il razionalismo, la libertà di stampa, qualunque ribellione
1870.
contro l’autorità costituita e, naturalmente, il «funestissimo errore» rappresenta-
to dalle idee socialiste.
Leggi l’immagine
Proprio nei mesi in cui Roma stava per cadere, Pio IX convocò per la prima volta,
• Chi è presente
all’assemblea? a distanza di tre secoli da quello di Trento (1545-63), un concilio da tenersi in Va-
• Dove si sta ticano, nel cuore della città eterna allora politicamente assediata. In un momen-
svolgendo il to in cui il potere temporale della Chiesa sembrava irrimediabilmente destinato
Concilio?
a finire, il papato teneva così a ribadire e rafforzare la propria autorità spirituale.

570
Il Regno d’Italia | 16 |

Nel luglio del 1870 il Concilio Vaticano I proclamò come dogma l’infallibilità
dei pronunciamenti del papa in materia di fede e di dottrina morale, per preroga-
tiva divina e a prescindere dall’approvazione del collegio vescovile. Con il dogma
dell’infallibilità papale Pio IX guadagnò una posizione di assoluta preminenza nel
seno stesso della Chiesa, ottenendo ciò che nessuna assemblea di vescovi aveva
mai riconosciuto a un papa. Mentre il mondo si trasformava in senso liberale, la
Chiesa cattolica portava a compimento l’assolutismo spirituale inaugurato dal
Concilio di Trento.

Roma capitale d’Italia e i contrasti tra Stato e Chiesa


S1 Roma capitale del Nelle settimane della disfatta inflitta dai prussiani all’Impero francese ( ▶ cap. 14,
nuovo Stato?, p. 599
par. 6), quando nulla poteva più opporsi nel contesto internazionale al compimen-
to del progetto unitario italiano, il governo decise di passare all’occupazione di
quello che restava dello Stato pontificio. Il generale piemontese Raffaele Cador-
LESSICO na, alla testa di un corpo di bersaglieri, aprì a cannonate una breccia nelle mura
Dogma di Roma, in corrispondenza di Porta Pia, il 20 settembre 1870, e occupò la città.
Principio o enunciato
Roma l’anno successivo venne proclamata capitale del Regno: l’unità d’Italia era
considerato verità
inconfutabile; nella simbolicamente conclusa. Pio IX si ritirò sdegnato in Vaticano, protestando contro
dottrina cristiana è verità lo Stato «usurpatore». Non solo l’unità era stata realizzata senza e contro i conta-
rivelata da Dio e, in
dini meridionali, ma anche senza e contro i cattolici.
quanto tale, oggetto
di fede. Il governo italiano garantì, con la «legge delle guarentigie» (1871), la libertà
Guarentigia
religiosa e la piena sovranità della Chiesa sui palazzi del Vaticano. In conformi-
Termine giuridico tà a quanto stabiliva lo Statuto albertino, anzi, ribadì che la religione cattolica era
indicante l’assicurazione, religione di Stato. Ma il papa, per tutta risposta, si dichiarò prigioniero del Regno
data solennemente
tramite giuramento o
d’Italia e nel 1874 diede ai fedeli l’indicazione vincolante di astenersi dalla vita
documento scritto, di politica, il cosiddetto Non expedit («non giova»). Per diversi decenni l’oligarchia al
tener fede a un impegno potere nello Stato italiano fu una minoranza che esprimeva il pensiero liberale e
preso.
laico che aveva ispirato il Risorgimento, mentre i cattolici costituirono una mag-

LA «QUESTIONE CATTOLICA»

1864: Pio IX pubblica il Sillabo


la Chiesa condanna il laicismo liberale
nell’enciclica Quanta cura

1870: Pio IX presiede


si afferma il dogma dell’infallibilità papale
il Concilio Vaticano I

agosto-settembre 1870:
cade Napoleone III, difensore dello Stato della Chiesa
i francesi vengono sconfitti
si afferma il dogma dell’infallibilità papale
a Sedan dai prussiani

20 settembre 1870: Roma è proclamata capitale del Regno d’Italia


l’esercito italiano occupa Roma e il papa si rifugia in Vaticano

1871: viene approvata la il Regno d’Italia riconosce la libertà religiosa


«legge delle guarentigie» e la sovranità della Chiesa nel Vaticano

1874: Pio IX si dichiara prigioniero


in Italia i cattolici sono una maggioranza silenziosa
e indica ai fedeli di non partecipare
e politicamente ostile
alla vita politica (Non expedit)

571
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

gioranza silenziosa e ostile che si arroccò all’opposizione. La fase della «questione


cattolica» che così si apriva avrebbe trovato una soluzione formale solo con i Patti
lateranensi, stipulati tra Chiesa e Stato fascista nel 1929.
L’influenza della Chiesa non era minacciata soltanto in Italia, ma anche in altri
Paesi europei e soprattutto in Germania, dove il cancelliere Bismarck, pur timoro-
so di una secessione della cattolicissima Baviera, intervenne a difesa del laicismo
dello Stato: il controllo delle scuole elementari fu interamente assunto dallo Stato, i
gesuiti furono estromessi dall’insegnamento e anche la formazione del clero passò
sotto la gestione statale. Bismarck chiamò questa offensiva anticattolica con il nome
altisonante di Kulturkampf, «battaglia per la civiltà» ( ▶ cap. 14 par. 5). Ma l’offensiva
durò poco. Bismarck cominciò ben presto a temere soprattutto l’avanzata del socia-
lismo ( ▶ cap. 17), sicché allentò e poi abbandonò del tutto la lotta contro la Chiesa.

Passeggiata di
papa Pio IX al Pincio.
Dipinto di Pio Joris
del 1864. Roma,
Museo di Roma.

Nel Sillabo sono condannate le libertà di culto, di pensiero e di stampa


LE FONTI
e si ribadisce che la salvezza è solo nella Chiesa cattolica.
La Chiesa condanna Qui di seguito sono riportate alcune affermazioni ritenute erronee per-
il liberalismo ché sono ispirate al razionalismo e mettono in dubbio le verità della
Rivelazione.

I. Non esiste niun Essere divino, supremo, sapientissimo, provvidentissimo, che sia distinto da
quest’universo, e Iddio non è altro che la natura delle cose, e perciò va soggetto a mutazioni, e
Iddio realmente vien fatto nell’uomo e nel mondo, e tutte le cose sono Dio ed hanno la sostanza
stessissima di Dio; […].
II. È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e il mondo.
III. La ragione umana è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male
indipendentemente affatto da Dio; essa è legge a se stessa, e colle sue forze naturali basta a
procurare il bene degli uomini e dei popoli. […]
LXXIX. È assolutamente falso che la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l’ampia
facoltà a tutti concessa di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente
ed in pubblico, conduca a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli […].
LXXX. Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso,
col liberalismo e con la moderna civiltà.
(da Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, a cura di U. Bellocchi, vol. IV,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995, pp. 272-283)

572
Il Regno d’Italia | 16 |

3 Il governo della Sinistra


LESSICO La Sinistra storica, dall’opposizione al governo
Sinistra storica
Raggruppamento
Nel 1876 avvenne un cambio di maggioranza che fu avvertito quasi come una ri-
politico erede delle voluzione parlamentare e portò al potere un uomo dell’opposizione, della Sinistra
correnti del Risorgimento storica: Agostino Depretis (1813-87). La Destra scontava l’impopolarità derivan-
vicine alle posizioni di
te dai costi sociali, imposti per raggiungere il pareggio del bilancio e finanziare la
Mazzini e di Garibaldi.
Contrapposta alla modernizzazione del Paese. Una situazione che venne aggravata dalla recessione
Destra storica, raggiunse che in quel momento stava colpendo l’Europa. La ragione più profonda del cam-
la guida del governo nel
biamento di maggioranza fu però un’altra. Si andavano sviluppando nuovi inte-
1876 con Depretis.
ressi economici che chiedevano di essere rappresentati e difesi dal potere politico,
Recessione
Fase economica
mentre in strati sempre più ampi della popolazione sorgeva la richiesta di poter
caratterizzata da un calo partecipare attivamente alla vita dello Stato.
dell’attività produttiva Le differenze ideologiche fra la Destra e la Sinistra non erano profonde, dato che
e da un ristagno delle
transazioni commerciali.
entrambe si rifacevano al pensiero liberale, e poiché il Parlamento era eletto solo
da una ristretta oligarchia di ricchi, soprattutto proprietari terrieri, non esistevano
apprezzabili distinzioni sociali fra i componenti dei due schieramenti. Si trattava,
piuttosto, di una diversa tradizione culturale e di diverse scelte politiche. La Destra
esprimeva un forte senso dello Stato, una cultura politica austera e una maggiore
fiducia nell’intervento pubblico. In generale la Sinistra rappresentava, invece, la
pluralità degli interessi privati di fronte allo Stato e si faceva portatrice di un pro-
getto di allargamento della base del sistema politico, perché fosse data voce ai ceti
meno privilegiati e alle varie esigenze locali. Mostrandosi come forza politica volta
a contrapporsi a un interesse pubblico che per il Mezzogiorno aveva rappresentato
ben poco di positivo, la Sinistra era molto forte al Sud.
I due schieramenti si scontrarono sulla questione del controllo statale delle linee
ferroviarie, voluto dalla Destra. Il ministro dei Lavori pubblici Silvio Spaventa aveva
proposto la statalizzazione delle ferrovie, sostenendo più in generale la necessità
di una gestione razionale a tutela dei cittadini attraverso le istituzioni. Ma coloro
che avevano investito capitali nella rete ferroviaria non erano disposti a cedere di
fronte all’interesse pubblico, e trovarono nella Sinistra il loro rappresentante.

Il graduale passaggio a un moderno sistema politico


Depretis, il nuovo presidente del Consiglio, era un piemontese con un passa-
to politico di moderato mazziniano, un radicamento meridionale forte (era stato
«prodittatore» in Sicilia con Garibaldi) e si era sempre collocato all’opposizione
fin dall’epoca di Cavour. Il governo Depretis abolì la tassa sul macinato, che tanta
sofferenza aveva causato alle masse popolari e tanto turbamento dell’ordine pub-
blico. Nel 1882 varò poi una riforma elettorale che allargò sensibilmente il dirit-
to di voto, estendendolo a più di due milioni di persone. Si trattava pur sempre di
un suffragio assai ristretto, più che negli altri Paesi, ma in questo modo un terzo
dei maschi adulti, anziché meno di un decimo, acquisiva l’effettivo diritto alla cit-
tadinanza politica. Era dunque una trasformazione di grande portata: per la prima
volta la media e la piccola borghesia e perfino lo strato superiore delle classi po-
polari venivano coinvolti a pieno titolo nella vita pubblica. Non a caso, nelle ele-
zioni di quell’anno, risultò eletto per la prima volta un deputato socialista, Andrea
Costa ( ▶ cap. 17, par. 7).

573
Manifesti per la
campagna elettorale
affissi sulle colonne
dei portici della
Galleria Vittorio
Emanuele a Milano,
novembre 1882.
Stampa dell’epoca.

Poiché gli elettori si erano moltiplicati per cinque, si rese necessaria un’organiz-
zazione per la ricerca del consenso elettorale di dimensioni molto superiori al pas-
sato. Prima della riforma erano sufficienti le reti di rapporti personali per riunire
i pochi voti necessari, o tutt’al più i candidati ricorrevano a temporanei comitati
elettorali. Ora, invece, si rendevano indispensabili organizzazioni politiche stabi-
li, capaci di incanalare durevolmente il consenso. Cominciarono quindi a prende-
re forma i moderni partiti e i deputati dovevano spendere soldi per la politica ed
essere capaci di rappresentare i bisogni del loro collegio elettorale.
LESSICO
Collegio elettorale
Depretis riuscì ad aggregare una maggioranza molto ampia ma anche molto
Insieme degli composita, sempre costretta a negoziare, a tener conto delle esigenze dei colle-
elettori compresi in gi dei singoli deputati, e per la quale diventava molto più difficile assumere scelte
una circoscrizione,
ossia in un territorio
politiche impopolari in nome dell’interesse nazionale, come aveva fatto la Destra.
delimitato in base a Fra corruzione e compromessi, ma anche con una nuova capacità di coinvolgere la
scopi amministrativi o popolazione, cominciava ad affermarsi in Italia un sistema politico più moderno,
giurisdizionali.
in parallelo con i primi segnali di sviluppo produttivo.

Vantaggi e svantaggi del «trasformismo» parlamentare


Nel decennio in cui resse il governo (1876-87), Depretis manovrò abilmente per
superare la distinzione parlamentare tra Destra e Sinistra, con l’intento di scardi-
nare le rigide contrapposizioni politiche che avevano svolto il loro ruolo nel primo
periodo dell’unità e che ora andavano riadattate alle nuove esigenze di governo.
Depretis non vedeva nulla di male nel fatto che ex avversari passassero dalla sua
parte: «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio
modesto programma, se qualcheduno vuole trasformarsi e diventare progressista,
come posso io respingerlo?». La politica del «trasformismo» – come venne chia-

IL GOVERNO DELLA SINISTRA STORICA

politica economica:
prevalenza degli interessi privati
• rifiuto della statalizzazione delle ferrovie
rispetto a quelli statali
• abolizione della «tassa sul macinato»
Sinistra storica
al governo
(1876-93) • allargamento del suffragio e
politica istituzionale:
della partecipazione politica
• riforma elettorale (1882)
• ampie alleanze parlamentari
• «trasformismo» parlamentare
basate su pratiche di scambio
• legge Coppino sulla scuola (1877)
• diminuzione dell’analfabetismo
574
Il Regno d’Italia | 16 |

LESSICO mata – vide transitare molti parlamentari di Destra nella nuova maggioranza.
Trasformismo Peraltro, l’allargamento della base dei votanti rendeva problematica la rielezione
Tendenza a cambiare
partito a seconda delle dei deputati e molti tra gli eletti nelle file della Destra si trovarono quasi obbligati
convenienze contingenti, ad appoggiare il governo che aveva dettato le nuove regole.
sostenendo posizioni Il trasformismo rese certamente più moderno e più duttile il sistema politico
diverse da quelle
precedenti; in questo italiano, più capace di dare voce alle diverse esigenze di un Paese finalmente rap-
modo, in Parlamento si presentato in maniera meno elitaria che nel passato. E proprio superando le nette
formano maggioranze contrapposizioni programmatiche Depretis affrontò più efficacemente singole que-
più stabili, basate non su
un’ideologia comune, ma stioni urgenti e di vasto interesse, per esempio l’insostenibilità della tassa sul ma-
sugli interessi particolari. cinato o la lotta all’analfabetismo, portata avanti con l’importante legge Coppino
(1877), che rendeva effettiva l’istruzione obbligatoria per i bambini, attraverso
Leggi la carta un sistema di sanzioni.
• Quali province Ma nella storia d’Italia il termine trasformismo è rimasto come sinonimo di ci-
rappresentavano nismo, di indifferenza per la coerenza culturale e ideale, di distanza tra propositi
a un decennio
dall’Unità il numero
dichiarati e comportamenti effettivi. Addirittura, è stato identificato con l’origine
maggiore di della corruzione politica e con un vero e proprio mercato elettorale. Certamente il
alfabetizzati? trasformismo portò fuori dall’aula parlamentare pratiche di scambio tra allean-
• Descrivi i principali ze parlamentari e favori, negative per una società civile fragile, disunita e priva di
cambiamenti
nella geografia
solide tradizioni politiche come quella italiana, in quanto favorirono lo spregiu-
dell’alfabetizzazione dicato perseguimento di interessi particolari. Inoltre, per accontentare le diverse
tra 1870 e 1914 esigenze locali, lo Stato ricominciò a spendere più delle proprie entrate determi-
nelle regioni del Sud.
nando così un nuovo aumento del debito pubblico.

ALFABETIZZAZIONE IN ITALIA (1870 E 1914)

Milano Milano
Torino Torino

Bologna Bologna
Genova Genova
Firenze Firenze
Ancona Ancona

Roma Roma
Bari Bari

Napoli Napoli

Cagliari Cagliari

Palermo Palermo
Reggio Reggio
Calabria Calabria

Percentuale di alfabetizzati nel 1870 Percentuale di alfabetizzati nel 1914


Meno del 15% Dal 45 al 60% Meno del 50% Dall’80 al 95%
Dal 15 al 30% Oltre il 60% Dal 50 al 65% Oltre il 95%
Dal 30 al 45% Dal 65 all’80%

575
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Fondò nel 1880 la Lega promotrice degli interessi


PERSONAGGI
femminili, per la quale fu scritto un programma assai
Anna Maria Mozzoni e le lungimirante che prevedeva, tra le altre cose, il suffra-
battaglie per i diritti delle donne gio alle donne alle elezioni politiche e amministrative,
l’ammissione ai pubblici impieghi, la parità di salario,
uguale diritto all’istruzione, la revisione dell’autoriz-
Le donne parteciparono ai moti risorgimentali con zazione maritale, il sostegno al divorzio, il diritto alla
atti individuali e collettivi esercitando di fatto quei ricerca di paternità, la fine delle disparità tra figli legit-
diritti di cittadinanza che venivano negati loro dal- timi e naturali: molti di questi obiettivi sarebbero stati
le leggi. Sul piano concreto, quindi, il Risorgimento raggiunti soltanto a Novecento inoltrato.
può essere considerato per le donne un laboratorio
per la formazione politica.
Il movimento delle donne in Italia nacque contestual-
mente all’emancipazione e all’unificazione della nazio-
ne. Il primo comitato per l’emancipazione femmini-
le, presieduto formalmente da Teresita Garibaldi, figlia
di Giuseppe, appoggiò progetti di legge presentati
nel 1867 da Salvatore Morelli (esponente della sini-
stra) in favore dei diritti politici e civili alle donne, per
la riforma della pubblica istruzione e per circoscrivere
il culto cattolico nella Chiesa.
Del gruppo, che aveva esponenti in varie città, face-
va parte anche Anna Maria Mozzoni (1837-1920).
Nata a Milano in una famiglia di idee liberali e pro-
gressiste, trascorse nove anni in un collegio a causa
di problemi economici familiari. In seguito continuò
da autodidatta la sua formazione, leggendo classici
del socialismo italiano e francese, e si avvicinò tem-
poraneamente agli ambienti mazziniani e democratici.
Una scena tratta dal film Suffragette
Negli anni Sessanta, Anna Maria Mozzoni pubblicò i diretto da Sarah Gavron.
suoi primi scritti dedicati alle problematiche femmi-
nili, tra cui, nel 1865, La donna in faccia al proget- Collega e confronta
to del nuovo Codice civile italiano: infatti il Codice
1. Il riconoscimento del diritto di voto alle
Pisanelli del 1865 si rifaceva al Codice Napoleone
donne rappresenta una conquista recente
nel sottomettere le donne sposate all’autorità del
nella storia dell’Italia repubblicana (1946) e
marito ( ▶ cap. 10, par. 7). Le donne sposate aveva- in gran parte dei Paesi del mondo con rare
no dunque bisogno dell’autorizzazione maritale per eccezioni. In gruppo, scegliete un conti-
«donare, alienare beni immobili, sottoporli ad ipote- nente e cercate quando il diritto di voto è
ca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, co- stato esteso nei diversi Paesi. Presentate i
stituirsi sicurtà, […] transigere o stare in giudizio re- dati raccolti in classe e poi rispondete alle
lativamente a tali atti». seguenti domande: qual è stato il primo
L’attività militante e intellettuale di Anna Maria Moz- Paese a riconoscere tale diritto? Quali gli
zoni fu in favore del riconoscimento dell’uguaglian- ultimi? Esistono ancora Stati nel mondo
za tra i sessi. Collaborò con varie riviste e tradusse dove non è riconosciuto?
The subjection of women di John Stuart Mill (La ser- 2. Tra i film dedicati al tema del diritto di voto
vitù delle donne, 1870). Partecipò in prima linea alla femminile si può citare Suffragette (2015),
battaglia contro la prostituzione di Stato e scrisse, ambientato nella Gran Bretagna dei primi
decenni del Novecento. Conosci altri film,
nel 1877, Del voto politico delle donne per l’aboli-
serie televisive o romanzi dedicati al tema
zione dell’autorizzazione maritale e a supporto della
dell’emancipazione femminile? Svolgi un
prima petizione nazionale per il suffragio femmini- sondaggio in classe e raccogli i consigli dei
le, in opposizione a chi proponeva il voto alle sole tuoi compagni.
amministrative.

576
Il Regno d’Italia | 16 |

4 Il protezionismo e la Triplice Alleanza


Le misure contro la depressione economica degli anni Settanta
Nei primi anni Settanta era finito il periodo dell’espansione capitalista ed era co-
minciata una lunga fase depressiva. Tranne la Gran Bretagna, abbastanza forte da
poterne fare a meno, uno dopo l’altro tutti i Paesi, istituirono tariffe doganali sulle
merci d’importazione, chiudendosi in una politica protezionista. Elevando le ta-
riffe doganali sulle merci di importazione, cercavano di limitare la concorrenza dei
prodotti stranieri e di proteggere la produzione industriale nazionale. Dato che ogni
Stato seguiva questa politica, per tutti divenne ovviamente più difficile esportare e
si produceva ormai pensando prevalentemente al mercato interno.
L’Italia adottò una prima tariffa protettiva nel 1878, confermata e innalzata da
LESSICO
Congiuntura nuove disposizioni tariffarie nel 1883 e poi ulteriormente inasprita nel 1887. Negli
Termine economico anni della congiuntura favorevole, una parte crescente della popolazione era en-
indicante l’insieme trata nell’economia di mercato, cospicui investimenti erano stati fatti nell’industria
degli elementi che
caratterizzano in un dato
siderurgica e nella costruzione delle ferrovie ed erano state poste le premesse per
periodo la condizione lo sviluppo industriale. Ora si trattava di sostenere un’industrializzazione ancora
economica di una molto fragile, che in una situazione di recessione, e quindi di concorrenza esaspe-
regione o di un Paese.
rata, rischiava di venire spazzata via.
Ad esempio, il momento era favorevole alla nascita dell’industria pesante, la side-
rurgia, sulla quale non si era fino ad allora investito perché la necessità di importare
carbone avrebbe inciso sul prezzo dei prodotti italiani, rendendoli poco competitivi
sul mercato internazionale. La tariffa protettiva, imponendo un dazio sull’acciaio
straniero in entrata, eliminò il problema della concorrenza. In generale, la nuova po-
litica doganale favorì gli interessi degli industriali legati agli investimenti pubblici e
alla produzione bellica, ma provocò gravi danni ad alcuni settori della produzione
agricola. Le tariffe favorivano infatti la produzione cerealicola, per la quale l’Italia
era in fondo poco adatta, ma colpivano le colture più pregiate: per esempio la Fran-
cia, il partner commerciale più importante dell’Italia soprattutto per l’acquisto di
vino e seta, replicò al protezionismo italiano con dazi di ritorsione, che danneggia-
rono pesantemente gli interessi degli esportatori di questi due importanti prodotti.

Gli stabilimenti
dell’acciaierie
di Terni, in Umbria,
aperte nel 1884.
Illustrazione del 1895.

577
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

La politica economica a favore di industriali e latifondisti


Lo Stato abbandonava la sua neutralità liberista e sceglieva quali interessi proteg-
gere e in quali settori investire. Molti storici ed economisti, già allora, contestaro-
no la saggezza di queste scelte, che furono però anche il risultato della capacità di
pressione dei grandi poteri economici su quello politico. Nacque un blocco d’inte-
ressi statalista e industriale saldato dal protezionismo, un’alleanza fra la politica
e determinati «interessi protetti», a cui si oppose fortemente la vecchia Destra ra-
dicata fra gli agrari padani e l’industria leggera.
E così la siderurgia, e in generale l’industria pesante, non venne favorita solo at-
traverso le tariffe che la mettevano al riparo dalla concorrenza straniera, ma anche
dagli investimenti pubblici e dalle commesse statali legate alla produzione belli-
ca. Simbolo di questo intreccio di interessi e di scelte strategiche fu la fondazione
nel 1884 dell’acciaieria di Terni, il primo grande complesso siderurgico italiano,
che avrebbe lavorato soprattutto per lo Stato producendo binari ferroviari e coraz-
ze per le navi da guerra.
Come abbiamo visto, anche in campo agricolo la politica protezionista comportò
delle sperequazioni. Le tariffe erano state introdotte per proteggere il grano italiano
dalle importazioni a basso costo di cereali russi o americani, rese possibili dall’in-
troduzione delle navi a vapore, e i grandi latifondisti produttori di grano avevano
ottenuto tali agevolazioni perché erano in grado di esercitare pressioni sul governo.
Invece scarse possibilità di far sentire le proprie ragioni avevano le piccole e medie
aziende agricole, specializzate in produzioni qualificate come il vino e l’olio. Per l’e-
conomia delle regioni meridionali, priva di industrie e con un’agricoltura alquanto
arretrata dal punto di vista dell’organizzazione produttiva, il decennio di progressivo
innalzamento delle barriere doganali fu dunque disastroso, soprattutto perché ciò
avvenne in coincidenza con la crisi generale dell’agricoltura europea di quegli anni.
Con l’innalzamento delle barriere doganali, il Sud, che si reggeva sull’esportazione di
grano, perdeva la maggioranza dei mercati di sbocco e in particolare quello francese.
Gli interessi del Mezzogiorno furono sempre più strettamente identificati, a li-
vello di indirizzo politico nazionale, con quelli dei latifondisti che, pur non essen-
do in grado di competere economicamente, venivano protetti dal potere politico.
Così si rafforzava ulteriormente anche al Sud il blocco di potere che aveva caratte-
rizzato il processo di unificazione e i primi anni del nuovo Regno: un «blocco sto-
rico», è stato definito, basato sugli «interessi protetti» degli industriali fornitori
dello Stato e degli agrari. Era un sistema poco efficiente sul mercato internazio-
nale, ma abile nell’uso della risorsa costituita dal potere politico e destinato a go-
vernare l’Italia per lungo tempo.

La nuova collocazione internazionale dell’Italia


L’Italia aveva guardato alla Francia e alla Gran Bretagna durante il Risorgimento,
finché era stata un Paese disunito e irrilevante dal punto di vista industriale, anche
se percorso da forti correnti democratiche. Affacciandosi allo sviluppo industriale
e alla ricerca di un ruolo politico internazionale, ma ormai chiusa in una struttura
sociale fortemente autoritaria, si trovava ora attratta nell’orbita tedesca.
Con la Germania l’Italia aveva in comune l’unificazione politica tardiva e un mo-
dello di sviluppo fondato sull’industria pesante e sul ruolo delle banche, che forni-
vano allo Stato crediti a lungo termine. L’appoggio politico tedesco aveva già fruttato

578
Il Regno d’Italia | 16 |

il compimento dell’unità nazionale italiana: direttamente nel caso della conquista


del Veneto nel 1866, indirettamente per quella di Roma nel 1870, quando la Prus-
sia aveva messo in ginocchio la Francia, tradizionale alleata del papato, lasciando
via libera all’attacco dei bersaglieri a Porta Pia. Le potenti banche tedesche inter-
vennero ora a risollevare le sorti dello sviluppo economico italiano, chiuso in un
rigido protezionismo e in crisi per il calo delle esportazioni di prodotti agricoli so-
prattutto in Francia.
Il nuovo schieramento internazionale dell’Italia culminò nella firma della Tripli-
ce Alleanza, nel 1882, fra Germania, Austria e Italia, un’alleanza solamente difen-
siva, che tuttavia segnava una rottura profonda col passato. La Francia, che pure
nella Seconda guerra di indipendenza aveva collaborato più di chiunque altro all’u-
nità d’Italia, diventava un Paese ostile, a causa del veto di Parigi all’occupazione di
Roma e, ancor più, dell’insediamento francese in Tunisia: lo «schiaffo di Tunisi»
avvenuto l’anno prima, quando la Francia aveva battuto sul tempo l’Italia, da tempo
interessata al controllo coloniale della regione nord-africana, frustrandone le mire
espansionistiche. Soprattutto l’Austria, il tradizionale nemico, diventava ora un
Paese alleato, anche se rimaneva aperta la questione delle terre italiane «irreden-
te», cioè non ancora liberate dalla dominazione asburgica (Trento, Trieste e l’Istria).
Caricatura della L’Italia, in ogni caso, rompeva la sua posizione di isolamento internazionale e
Triplice Alleanza. acquistava due forti partner politici e commerciali, entrambi retti da monarchie di
Vignetta pubblicata tipo autoritario e con i quali si era stabilita una forte sintonia. Il problema dei ter-
sulla rivista satirica «Il
pappagallo» di Bologna, ritori irredenti rimaneva però una spina nel fianco dell’alleanza e sarebbe riemerso
1 settembre 1888. in tutta la sua importanza al momento dello scoppio della Prima guerra mondiale.

579
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

5 Lo statalismo nazionalista di Crispi


Crispi successore di Depretis
Nel 1887 Depretis morì e fu sostituito da Francesco Crispi (1818-1901), suo mi-
nistro degli Interni, che avrebbe attuato una politica al tempo stesso autoritaria e
modernizzatrice. L’ascesa al potere di Crispi avvenne nel periodo in cui la linea per-
seguita dalla Sinistra cominciava a produrre significative trasformazioni. La politi-
ca coinvolgeva una parte crescente di popolazione e un numero sempre maggiore
di interessi, sia espressi correttamente dai canali della rappresentanza, sia ai mar-
gini o fuori dalla legalità. L’Italia cominciava a sviluppare un apparato industriale,
si sforzava di imitare la politica autoritaria tedesca e cercava un suo spazio fra le
potenze imperialiste. Crispi fu il simbolo di questa trasformazione.
Avvocato e uomo politico siciliano, Crispi era stato uno dei dirigenti della rivo-
luzione palermitana del 1848; membro del governo provvisorio, dopo la sconfitta
fu costretto all’esilio. Repubblicano mazziniano, si era impegnato da protagonista
nell’organizzazione dell’impresa dei Mille, ma era stato contrario all’annessione del
Regno delle Due Sicilie alla monarchia sabauda e fin dal 1861 si era seduto in Par-
lamento fra i democratici dell’estrema Sinistra. Crispi, tuttavia, prese atto molto
presto del fallimento della propria linea e, nel 1864, divenne convinto sostenitore
dei Savoia. Come molti altri democratici risorgimentali della sua generazione, in-
fatti, egli si persuase dell’impossibilità e dell’inopportunità di dare corso a un pro-
getto democratico-repubblicano che avrebbe lacerato e distrutto un Paese ancora
così fragile («la repubblica ci dividerebbe, la monarchia ci unisce»).
Notevole oratore, Crispi si mise in luce come uno dei più autorevoli esponenti
della Sinistra e con la «rivoluzione parlamentare» del 1876, che portò al potere la
Sinistra storica, divenne presidente della Camera e poi ministro degli Interni. Anche
dopo le dimissioni da ministro nel 1878 – cui fu costretto in seguito all’accusa di
bigamia, per avere contratto matrimonio con Lina Barbagallo mentre era ancora
in vita Rosalie Montmasson da lui sposata, non regolarmente, a Malta nel 1854 –
continuò a spingere il governo nella direzione di una politica estera aggressiva,
colonialista e favorevole a un’alleanza con la Germania e l’Austria in funzione an-
tifrancese. Crispi fu infatti uno dei più convinti sostenitori della Triplice Alleanza
e dimostrò tanta lungimiranza e abilità politica che Depretis, pochi mesi prima di
morire, dovette affidargli nuovamente il ministero degli Interni.

La politica autoritaria contro i movimenti popolari


Primo meridionale ad assumere la guida del governo, ammiratore di Bismarck,
Crispi divenne il leader di una nuova politica di grandezza, di un nazionalismo ag-
gressivo, ansioso di competere sulla scena internazionale. Egli riservò per sé anche
le cariche di ministro degli Esteri e degli Interni, accentrando nelle proprie mani
la gestione totale della politica italiana. Uomo degli «interessi protetti» e dell’alle-
anza tedesca, del blocco socio-politico fra grande industria e latifondo meridionale,
della svolta statalista e reazionaria nelle istituzioni politiche, il nuovo presidente
del Consiglio era fortemente appoggiato dalla monarchia, a cui offriva la prospet-
tiva, alquanto velleitaria, di sedere fra le grandi potenze colonialiste e imperialiste.
Ma il prezzo di questa politica nazionalista fu una violenta repressione interna,
che venne esercitata contro il movimento operaio e popolare.

580
Il Regno d’Italia | 16 |

Infatti nell’Italia di quegli anni, come negli altri Paesi europei, nasceva una novità
di grandissima portata: l’organizzazione del movimento operaio da parte del Par-
tito socialista ( ▶ cap. 17, par. 7). Si sviluppava anche il movimento contadino, con
organizzazioni di carattere più spontaneistico. In Romagna videro la luce le prime
organizzazioni anarchiche e socialiste, mentre in Sicilia, tra il 1891 e il 1894, la
lotta contadina assunse una forma originale con i Fasci, leghe formatesi per otte-
nere la riforma dei patti agrari, cioè delle condizioni terribili con cui i latifondi-
sti sfruttavano il lavoro contadino. Anche i cattolici, esclusi dalla vita politica dal
Non expedit di Pio IX, stavano ritornando all’impegno sociale con la fondazione di
leghe «bianche», di cooperative, di opere di beneficenza e di assistenza, iniziative
che davano loro un peso sempre maggiore nella vita sociale italiana.
Tutte le esperienze di lotta popolare, e in modo particolarmente violento quella
dei Fasci siciliani, furono represse con lo stato d’assedio, con l’esercito, con il
pugno di ferro. Per accrescere il prestigio politico del Paese nel consesso delle po-
tenze industriali, Crispi era dunque disposto – come la Destra quando aveva in-
seguito il pareggio del bilancio – a far pagare ai lavoratori qualunque prezzo. Egli
era, come abbiamo visto, l’uomo che meglio rappresentava l’alleanza tra la grande
industria e il latifondo, la politica degli «interessi protetti», ma fu anche l’unico
politico capace di reggere il timone in una situazione di crisi economica e sociale
gravissima, che avrebbe potuto molto facilmente compromettere la tenuta dello
Stato unitario, sforzandosi di modernizzare e rendere più efficienti le pubbliche
istituzioni. Pesantemente autoritario nei metodi di governo, rimase però liberale
nelle finalità istituzionali e nel complesso non si lasciò tentare, come i suoi suc-
cessori, dalla prospettiva del sovvertimento della legalità.

La rivolta
dei Fasci siciliani
a Castelvetrano
nel 1894. Stampa
dell’epoca.

Leggi l’immagine
• Che cosa sta
succedendo
per le strade di
Castelvetrano?
• Con quali aggettivi
puoi descrivere la
rivolta in corso?

581
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

LESSICO La disastrosa avventura imperialista nel Corno d’Africa


Copto
Con il termine copti
Il sogno di grandezza di Crispi comprendeva però l’avventura imperialista, e pro-
inizialmente venivano prio su questo terreno il suo progetto politico si infranse. In quegli anni le potenze
indicati gli egiziani non europee si stavano spartendo il mondo e l’Italia non voleva assistervi passivamen-
arabi, successivamente
te: il possesso di un impero coloniale, ancor prima che un vantaggio economico,
i cristiani d’Egitto,
coloro che, dopo la era un requisito per essere ammessi nel club delle grandi potenze.
conquista araba, si Già nel 1885 il governo Depretis – da poco battuto sul tempo dalla Francia
mantennero cristiani,
nell’occupazione di Tunisi – aveva lanciato l’Italia nella sua prima impresa colo-
in contrapposizione ai
musulmani e ai cristiani niale occupando il porto di Massaua, sul mar Rosso, e da lì iniziando la penetra-
ortodossi. zione nell’Eritrea. Alle spalle dell’Eritrea, terra musulmana e dedita ai commerci
marittimi, si estendeva l’Etiopia (o Abissinia), un antico Impero cristiano copto, di
recente riunificato dopo una lunga anarchia feudale, isolato fra le montagne e fino
ad allora indenne dalla colonizzazione. Anche l’Etiopia aveva mire sull’Eritrea, in
quanto gli avrebbe offerto un prezioso sbocco sul mare. La contesa era sfociata
nello scontro militare e, malgrado l’arretratezza del Paese africano, l’Italia aveva
Leggi la carta
• Individua sulla carta
dovuto subire un’umiliante sconfitta a Dogali, nel 1887, e negoziare un trattato
Dogali e Adua. che comunque riconosceva le conquiste italiane in Eritrea.
• Quali territori Nel 1895 Crispi decise di rilanciare la politica coloniale italiana, inviando un forte
divennero colonie tra corpo di spedizione per attaccare e sottomettere l’Abissinia. L’avventura si trasfor-
la fine dell’Ottocento
e l’inizio del secolo
mò in un disastro: incredibilmente sconfitti ad Adua nel 1896, gli italiani lasciaro-
seguente? Quali no sul campo la metà dei loro effettivi fra morti e feriti e si ritirarono in Eritrea. La
divennero un colonizzazione dell’Etiopia era fallita, e insieme a essa il nazionalismo crispino; in
protettorato?
Italia scoppiarono violenti moti di piazza contro Crispi, che fu costretto a dimettersi.

IL COLONIALISMO ITALIANO ALLA FINE DEL XIX SECOLO

SUDAN Mar
ANGLO-EGIZIANO Dogali Rosso
1887 Massaua
ERITREA Asmara
1896 Macallè
Adua 1896 Assab
1895 Golfo
Amba Alagi di Aden
SOMALIA Gibuti
FRANCESE Berbera

Addis Abeba
SOMALIA
BRITANNICA
ETIOPIA

Oceano
Obbia Indiano

SOMALIA

Mogadiscio Colonia (1890)


AFRICA Protettorato (1889-96)
ORIENTALE
Protettorato fino al 1905, poi colonia
BRITANNICA
Battaglie

582
Il Regno d’Italia | 16 |

6 La debolezza istituzionale dello Stato


I limiti del potere esecutivo
Durante il suo governo, Crispi aveva avviato una modificazione delle istituzioni
politiche del Regno d’Italia nella direzione di un rafforzamento del potere esecu-
tivo, e quindi del governo, che assunse per molti versi un carattere autoritario. Ciò
fu possibile perché lo Statuto albertino ( ▶ cap. 13, par. 6), ereditato dal Regno sar-
do-piemontese, era un testo sufficientemente vago da permettere diverse prassi di
governo. Ispirato al pensiero costituzionale liberale del primo Ottocento europeo,
distingueva in teoria rigorosamente i tre poteri: l’esecutivo era rappresentato dal
re, che nominava il governo; il legislativo era incarnato dal Parlamento; il potere
giudiziario da una magistratura di cui si proclamava l’indipendenza.
Ma non bisogna dimenticare che lo Statuto era una delle tipiche carte costituzio-
nali «concesse» dai sovrani nella prima metà del secolo, non direttamente conqui-
state da un movimento democratico né tanto meno redatte da un’assemblea costi-
tuente. Perciò il re si era riservato forti strumenti per prevalere su un Parlamento
bicamerale, perché solo la Camera dei deputati era elettiva, mentre il Senato era
di nomina regia. Cavour aveva instaurato una prassi politica di tipo britannico, se-
condo la quale il re affidava il governo al leader vincitore delle elezioni e con una
maggioranza alla Camera; lo Statuto però non obbligava il re ad agire in questo
modo e anzi gli lasciava la facoltà di designare il governo che più gli piaceva, poiché
l’esecutivo avrebbe dovuto rispondere soltanto a lui.
Tuttavia, la monarchia sabauda non disponeva di una forza politica tale da po-
tersi inimicare il Parlamento; anzi, la Camera dei deputati era in grado di con-
trollare totalmente l’esecutivo perché, in mancanza di partiti politici capaci di
assicurare il rispetto degli accordi di governo, il Parlamento poteva in ogni mo-
mento cambiare maggioranza. I governi si trovavano così in una condizione di
costante debolezza e potevano sopravvivere solo se controllavano a loro volta la
Camera, influenzando in maniera indebita le elezioni o addirittura corrompendo
i deputati uno per uno. In definitiva, alla fragilità della società civile si aggiunge-
va quella delle istituzioni.

I problemi dei poteri legislativo e giudiziario


In Italia i rapporti fra monarchia, Parlamento e governo avevano poche possibili-
tà di svilupparsi in modo armonico. È vero che la prassi adottata da Cavour e dai
suoi successori era ispirata a quella operante in Gran Bretagna, dove il re era di
fatto solo il capo dello Stato e non del governo. Ma in Gran Bretagna vigeva un
sistema bipartitico consolidato ed esisteva una magistratura effettivamente indi-
pendente; in Italia, invece, c’erano solo maggioranze parlamentari che si forma-
vano e trasformavano a seconda delle situazioni e la corruzione rimaneva quasi
sempre impunita.
La prassi istituzionale di affidare il governo a chi vantava la maggioranza in Par-
lamento aveva prodotto due conseguenze di grande rilievo. La prima era che la
monarchia andava indebolendosi: perso il controllo dell’esecutivo, manteneva solo
quello dei comandi militari. La seconda era che il governo faceva tutto il possibile
per far nominare senatori i propri sostenitori e soprattutto per controllare le ele-
zioni, attraverso l’azione dei prefetti da lui nominati. Dietro la facciata del controllo

583
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

parlamentare sul governo si era quindi in realtà rafforzato il controllo governativo


delle elezioni. In un Paese come l’Italia, ancora privo di una solida tradizione par-
lamentare, questo controllo governativo sulle dinamiche elettorali aveva prodot-
to una diffusa corruzione nella classe dirigente, soprattutto dopo l’allargamento
del suffragio. Per vincere le elezioni, il governo puniva o premiava i diversi leader
locali secondo la loro fedeltà e i candidati al Parlamento si assicuravano il favore
dell’elettorato in molti modi illeciti.
Inoltre lo Statuto non tutelava sufficientemente l’indipendenza della magistratu-
ra. I giudici potevano essere trasferiti d’autorità e addirittura licenziati non solo in
caso di violazioni delle procedure giudiziarie, ma anche con il pretesto della man-
cata osservanza dei regolamenti. In questo modo per un giudice risultava molto
difficile opporsi al potere politico e il potere giudiziario si trovava a essere privo
di autonomia e di fatto sottoposto al controllo del governo e non poteva svolgere
il ruolo autonomo che la tradizione liberale gli affidava.

Crispi e il rafforzamento dell’esecutivo


Se la Gran Bretagna liberale era stata il modello, sia pure approssimativamente
imitato, di Cavour e della Destra storica, la nuova Germania di Bismarck, dove
il governo era nominato dall’imperatore senza tener conto delle maggioranze
parlamentari, divenne il modello al quale guardava Crispi. Dall’esperienza di
collaboratore della «dittatura» garibaldina in Sicilia, Crispi aveva tratto l’idea
che le mediazioni politiche e le istituzioni rappresentative non si prestassero
ad assecondare i veri interessi popolari e tanto meno le spinte all’innovazione
politica, e che occorresse invece una guida forte e autorevole, anzi autoritaria,
capace di indirizzare e sostenere la crescita del Paese. Così, invece di appoggiar-
si sulla Camera per limitare il potere del re, come avevano fatto i suoi predeces-
sori, scelse di valersi della monarchia per compensare la mediocrità e la cor-
ruzione dei deputati.
Il nuovo re Umberto I (1878-1900) – salito al trono alla morte di Vittorio Ema-
nuele II – lo assecondò in pieno. Il tentativo di correggere autoritariamente una
politica corrotta stava investendo le istituzioni liberali create da Cavour e da Vitto-
rio Emanuele II. Crispi, esponente della Sinistra, disprezzava il Parlamento, anche
se era stata proprio la spregiudicatezza trasformista della Sinistra storica ad aver
maggiormente contribuito a screditare l’istituzione parlamentare.
Crispi aumentò i poteri del presidente del Consiglio, riducendo di riflesso la
forza di contrattazione politica dei singoli deputati e, a livello locale, sottopose
i sindaci al rigido controllo dei prefetti, ottenendo che i problemi locali restas-
sero tali e non influissero sulla politica del governo. Rafforzò anche la presa di
quest’ultimo sulla magistratura e fece spesso ricorso a strumenti eccezionali,
come lo stato d’assedio, per reprimere i movimenti popolari in maniera brutale e
poco giustificata. Per contro, i suoi sostenitori politici, a volte rei confessi, usci-
rono assolti dai processi a loro carico. Mentre tentava invano di costruire la sua
grandezza coloniale e raccoglieva invece i primi consistenti successi nel campo
dello sviluppo industriale, l’Italia crispina affondava dunque nella crisi istituzio-
nale e vedeva seriamente compromesse le sue fragili libertà. Malgrado la breve
parentesi che stava per aprirsi con Giolitti, la via che portava alla dittatura fasci-
sta era ormai tracciata.

584
Il Regno d’Italia | 16 |

7 La questione meridionale
La penalizzazione politica ed economica del Sud
S2 Come guardare Il divario fra Sud e Nord, che già esisteva prima dell’unità, continuava a cresce-
alla «questione
re. Era un divario economico-sociale, perché al Sud sia l’agricoltura che l’indu-
meridionale», p. 600
stria pativano un ritardo storico, e i rapporti di lavoro erano più arcaici. Era poi
un divario politico, perché il Regno delle Due Sicilie era stato governato ancora
peggio degli Stati centro-settentrionali (a esclusione dello Stato pontificio), in
maniera arbitraria e corrotta. Era infine un divario culturale, perché malgrado la
tradizione di alta cultura napoletana e siciliana, il Sud aveva ancora percentuali
elevatissime di analfabetismo, un sistema scolastico e universitario più lacunoso
di quello del Nord, che le leggi a favore dell’istruzione elementare nazionale non
riuscivano a sanare.
Per tutto il primo quindicennio dell’Italia unita, sotto i governi della Destra, il
Sud era stato escluso dal potere politico e penalizzato dalle scelte del governo,
come l’unificazione del debito pubblico e le basse tariffe doganali. Il Sud era giu-
dicato infido dalla classe dirigente settentrionale, sia per il suo retaggio borbonico
sia, all’opposto, per gli entusiasmi garibaldini che aveva dimostrato; nessuna scelta
in suo favore era stata fatta. Con l’avvento della Sinistra le cose avrebbero dovuto
cambiare, in quanto il governo era sostenuto soprattutto da deputati meridionali;
e invece, la svolta protezionista ( ▶ par. 4) penalizzò ancora una volta il Sud, che
perse alcuni dei principali mercati di sbocco, in particolare quello francese, per il
suo vino e il suo olio, mentre a causa delle misure di protezione il grano italiano
restava troppo caro per essere esportato.
La politica crispina coronò questo processo, favorendo gli interessi economi-
co-sociali al Nord, con l’appoggio all’industria pesante, e quelli politici al Sud, con
il mantenimento del vecchio assetto sociale. Il Nord riceveva commesse industria-
li, le classi dirigenti del Sud potere per le classi dirigenti locali e vaghe prospettive
di vantaggi che avrebbero ricavato dall’espansione coloniale.

Le denunce degli intellettuali «meridionalisti»


Fin dai primi anni dell’unità gli intellettuali, non solo meridionali, denunciaro-
no il prezzo che il Sud pagava in termini di degrado sociale e politico e le con-
seguenze che ciò avrebbe alla lunga prodotto anche al Nord, malgrado i vantaggi
nel breve periodo. Giustino Fortunato, Pasquale Turiello, Gaetano Mosca, Gaeta-
no Salvemini, Napoleone Colajanni e tanti altri accumularono studi e riflessioni
sull’argomento.
In maniera molto diversa l’uno dall’altro, questi e altri politici e intellettuali in-
dividuavano le radici dell’arretratezza dell’Italia meridionale, da un lato, in un si-
stema sociale arcaico e immobile, dall’altro, in un regime politico che premiava la
corruzione e impediva l’innovazione. Secondo questi «meridionalisti», il Mezzo-
giorno non poteva decollare con le proprie forze perché oppresso dall’immobili-
smo caratteristico del latifondo, che non stimolava l’investimento né alcuna forma
di progresso tecnico e sociale. Non si intravedeva la formazione di un ceto medio,
né la nascita di insediamenti industriali: la società meridionale sembrava divisa in
maniera molto semplice fra un’oligarchia parassitaria, con le sue clientele, e una
massa immensa di contadini miserabili.

585
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Lo Stato unitario, che avrebbe dovuto investire economicamente e culturalmen-


te al Sud per colmare la distanza e modificare tale situazione, si metteva invece al
servizio degli interessi dell’oligarchia latifondista, in modo che tra le due parti del
Paese si determinasse un complesso intreccio di potere e di interessi di parte, di cui
approfittarono sia il Nord sia le clientele diffuse nel Sud. Il pensiero meridionali-
sta si divise invece sull’indicazione delle soluzioni. Alcuni sostennero che lo Stato
dovesse adottare una politica liberista, lasciando che il Meridione trovasse la via
del riscatto con le sue sole forze. Altri ritenevano invece che la politica nazionale
dovesse esautorare le vecchie classi dirigenti agrarie o, almeno, arginare il dilaga-
re della corruzione e delle logiche clientelari che legavano l’elezione dei deputati a
promesse di voto concesse in cambio di favori personali.

L’emigrazione di massa
In questa situazione di arretratezza, tutto ciò che per molti decenni le campagne me-
ridionali riuscirono a esportare furono braccia per il lavoro, donne e uomini per i quali
si aprì come unica prospettiva la via dell’emigrazione. A partire dagli anni Ottanta
dell’Ottocento, e nell’arco di quasi un secolo, poco meno di trenta milioni di italia-
ni abbandonarono il Paese, trasferendosi dapprima in America, sia del Nord sia del
Sud, poi anche nei Paesi più ricchi d’Europa. Solo nel primo decennio del XX secolo
emigrarono circa otto milioni di italiani, di cui quasi l’80% meridionali. Con l’abbat-
timento dei costi della navigazione oceanica, le partenze da Napoli e da Palermo per
il Brasile, il Venezuela, l’Argentina e gli Stati Uniti divennero massicce e continue.
Talvolta l’emigrante, trascorso qualche decennio, tornava al paese natale dopo
aver messo da parte il denaro necessario per acquistare una casa e un pezzo di
terra. Molte altre volte chi emigrava non tornava più, faceva trasferire i propri pa-
renti dall’Italia o si formava una famiglia sul posto e, con il tempo, i legami con la
terra d’origine si spezzavano. Fuggiti dalla miseria, gli emigranti andavano spesso
LESSICO incontro a umiliazioni e sfruttamento, ma trovavano anche la possibilità di inse-
Rimessa rirsi in società che, a differenza di quella lasciata, non li condannavano a un im-
Somma di denaro inviata
dall’emigrato alla propria
mobilismo senza prospettive.
famiglia ancora residente L’emigrazione ebbe conseguenze importanti anche per l’economia italiana. Le
nel Paese d’origine allo rimesse che gli emigrati inviavano alle loro famiglie fornirono a lungo un apporto
scopo di garantirle un
migliore tenore di vita o
economico essenziale per le comunità d’origine e per l’Italia in generale, contri-
al fine di costituire dei buendo a riequilibrare una bilancia commerciale deficitaria. D’altra parte, la par-
fondi cui attingere al tenza di molti uomini giovani impoveriva ulteriormente le regioni già colpite dalla
ritorno in patria.
miseria, privandole degli elementi più dinamici e di quelli relativamente più istruiti.

Il radicamento di mafia e camorra


Inoltre, una società povera e incapace di produrre sviluppo come quella meridio-
S3 La «mafia» come nale fu facilmente preda di organizzazioni criminali come la mafia e la camorra,
spiegazione, p. 601
di cui non conosciamo bene le origini perché, operando delittuosamente per l’ar-
ricchimento illecito e per mezzo del delitto, si muovevano, ovviamente, nell’ombra.
Forse presero a modello società segrete di tipo massonico, o forse derivarono da
organizzazioni carcerarie di detenuti che imponevano la legge del più forte in un
ambiente educato alla sopraffazione. Probabilmente la loro nascita era in relazio-
ne con il declino tardivo e impetuoso di un feudalesimo ormai anacronistico e del
controllo sociale che esso era in grado di esercitare.

586
Il Regno d’Italia | 16 |

In questa situazione spesso tali organizzazioni si proposero come strumento di


difesa degli interessi dell’aristocrazia latifondista e della grande borghesia ter-
riera, contro la minaccia sovversiva delle classi popolari, soprattutto rurali. Certo è
che, all’indomani dell’unità, mafia siciliana e camorra napoletana già esistevano e
operavano, intrattenendo rapporti con i poteri pubblici e con i potenti. Si trattava
di organizzazioni ristrette, che ancora non maneggiavano grandi affari, ma che
erano già radicate nel territorio e capaci di controllarlo al posto o per conto dello
Stato, inserendosi nella politica locale e nel tessuto sociale. Mafia e camorra impa-
rarono presto a governare il confine fra città e campagna: i mercati ortofrutticoli,
la cinta muraria dove si pagava il dazio, cioè l’imposta sulle merci che venivano in-
trodotte in città, e dove quindi fioriva il contrabbando. E impararono a proteggere
gli interessi illeciti, a gestire quello scambio tra voti e favori che il sistema politico
stava facendo prosperare. Sviluppandosi in un ambiente favorevole, le organizza-
zioni criminali crebbero rigogliose.
Nel 1893 la mafia fece la sua prima vittima illustre, assassinando l’ex sindaco
di Palermo e direttore generale del Banco di Sicilia Emanuele Notarbartolo, acer-
rimo nemico del deputato Palizzolo. Nel 1909 a cadere fu un ispettore di polizia
italo-americano, Joe Petrosino, venuto a Palermo per indagare sui rapporti crimi-
Gli emigranti.
Dipinto di Angelo nali che l’emigrazione siciliana aveva intessuto tra le due sponde dell’Atlantico. Il
Tommasi, 1896. presunto mandante, un importante boss mafioso, fu assolto grazie all’alibi forni-
Roma, Galleria togli da un parlamentare di Agrigento. Sul Mezzogiorno si delineava ormai l’ombra
Nazionale d’Arte
Moderna e terribile di un potere criminale capace di condizionare la vita politica e di bloccare
Contemporanea. lo sviluppo civile e sociale.

587
Nel lungo periodo

L’Italia
che si muove:
le migrazioni
di Adriano Prosperi

Prima dell’Unità d’Italia che da allora avrebbe caratterizza- sone, tornate in difesa della patria
L’Italia, a causa della sua posizio- to tutto l’Ottocento e, proseguendo o per evitare di rimanere bloccate
con declinazioni diverse a seconda all’estero per il periodo indefinito del
ne strategica nel contesto geogra-
del periodo storico, accompagna- conflitto.
fico mediterraneo, è sempre stata
to costantemente i flussi migratori Nel dopoguerra la spinta a partire ri-
un affollato «crocevia migratorio»,
a venire. prese con forza, a causa della grave
nel quale i processi di emigrazione,
immigrazione e migrazione interna crisi occupazionale ma anche delle
Dall’Unità d’Italia tensioni politiche.
non si sono mai interrotti, ma avvi-
alla Prima guerra mondiale Con l’avvento del fascismo, poi,
cendati e sovrapposti tra loro senza
soluzione di continuità. Nel corso dell’Ottocento la mobilità cambiarono non solo le direttrici dei
Nel corso del Medioevo le migra- europea e italiana divenne un feno- nuovi flussi, non più gli Stati Uniti, in
zioni degli italiani furono soprattutto meno di massa. Soprattutto a par- seguito alle restrizioni all’immigrazio-
stagionali e determinate da ragioni tire dalla metà del secolo, il grave ne poste da quel Paese nel 1921 e
di lavoro. Ci si spostava dalla mon- stato di povertà in cui versava la po- poi dopo la grande crisi del 1929,
tagna alpina alla pianura, ma il polo polazione in seguito alla crisi agraria bensì la Francia, Paese politicamen-
attrattivo erano sempre più le città che colpì il Paese (1873) costrinse te accogliente verso gli oppositori di
in crescita. Nei centri urbani (Vene- molti ad emigrare in cerca di migliori Mussolini. Infatti, alle persistenti ra-
zia, Genova, Bologna, Roma, Napo- condizioni di vita. gioni economiche si intrecciarono
li ecc.) arrivavano artigiani, operai, Fu così che numerosi contadini la- sempre più fortemente motivazioni
proprietari terrieri, alcuni dei qua- sciarono le zone della Pianura pa- politiche; non a caso risale a que-
li si dedicavano a nuovi mestieri e dana per raggiungere la Francia e il sto periodo la definizione di «fuori-
professioni (mercante, notaio ecc.), Belgio, mentre dal Veneto, Trentino, uscito» per indicare un oppositore
oltre a numerose donne che si im- Alto Adige e Friuli si riversarono in politico costretto ad allontanarsi dal
piegavano molto spesso come do- Sud America e dalle regioni centrali proprio Paese per riparare in un altro
mestiche o balie. e meridionali s’imbarcarono per rag- dove svolge attività politica (clande-
In Età moderna i movimenti migra- giungere gli Stati Uniti. stina o meno) contro il proprio go-
tori seguitarono ad avere pressoché Si trattò di un immenso movimen- verno o regime.
le stesse caratteristiche di quelli del to di individui: tra 1876, anno della Nel periodo fascista si assistette an-
Medioevo, con adattamenti dovuti prima rilevazione statistica ufficiale che a un consistente fenomeno di
al cambiamento del contesto com- dell’emigrazione italiana, e 1915, migrazione interna che, promosso
plessivo: la perdita di centralità della anno dell’entrata in guerra dell’Ita- dal regime per la realizzazione del-
Penisola e la stabilizzazione dei sin- lia, emigrarono circa 14.000.000 le sue grandi opere, produsse ve-
goli Stati, spesso governati da po- italiani. ri e propri trapianti di popolazione:
tenze straniere. è particolarmente noto il caso, per
Dal primo dopoguerra esempio, della bonifica dell’Agro
Alla fine del XVIII secolo emerse con
forza il fenomeno dell’«emigrazio- al fascismo Pontino, che tra 1927 e 1936 por-
ne politica» (nel 1799, centinaia La Prima guerra mondiale segnò il tò in quelle zone circa 50.000 lavo-
di superstiti della Repubblica Na- blocco dei grandi flussi migratori e ratori provenienti prevalentemente
poletana si rifugiarono in Francia), un non trascurabile rientro di per- dall’Emilia, dal Veneto e dal Friuli.

588
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale
Ciascun gruppo lavorerà
su un tema e presenterà
i suoi risultati alla classe.

PRIMO GRUPPO
- Arte e migrazioni
SCEGLIETE alcune opere d’arte
contemporanea dedicate al
tema delle migrazioni realizzate
negli ultimi anni; preparate una
presentazione multimediale in
Dal secondo dopoguerra Tra gli anni Ottanta e Novanta del cui spiegatene il significato
Novecento si ebbe una svolta: gli e la storia delle opere scelte.
agli anni Sessanta
sbarchi dall’Albania furono immor- Gli esempi sono numerosi: dalle
del Novecento installazioni dell’artista cinese
talati dai mezzi di informazione (con
Nel secondo dopoguerra l’emigra- servizi televisivi e fotografie apparse Ai Weiwei fino ai più recenti
zione riprese con vigore grazie al su quotidiani e settimanali), portan- graffiti realizzati da Banksy.
virtuoso incontro tra le necessità do la questione all’attenzione dell’o- SECONDO GRUPPO
economiche della popolazione ita- pinione pubblica, mentre gli arri- - Educazione civica
liana, duramente colpita dal conflit- vi di profughi si moltiplicarono. La - I diritti dei migranti
to mondiale, e la domanda di ma- normativa messa in atto (legge Tur- e dei rifugiati
nodopera proveniente da diversi co-Napolitano, del 1998, poi leg- COSTRUITE una scheda, da
Paesi europei, soprattutto Francia, ge Bossi-Fini, del 2002) non riu- illustrare alla classe, in cui
Belgio, Svizzera e Germania. scì ad affrontare adeguatamente il confrontate i diritti che
Con il passare dei decenni questo fenomeno, e questo, insieme alla spettano ai migranti e ai
fenomeno interessò soprattutto la strumentalizzazione della questio- rifugiati politici oggi in Italia.
popolazione del Sud Italia, tanto ne migratoria messa in atto da al- Nel realizzare il confronto,
che si può parlare di un vero e pro- cuni partiti al fine di attrarre con- mettete a confronto le
prio «esodo meridionale» che si sensi, provocò l’espulsione fisica differenze fra le due categorie,
diresse dapprima in Europa, Ame- e la condanna morale di molti im- le cifre e anche gli aspetti critici
rica ed Australia e poi (con un pic- migrati oltre allo sfruttamento e alla dell’attuale politica di gestione
co negli anni 1958-63 e 1967-69) segregazione di coloro che rima- dei flussi migratori.
nelle città del triangolo industria- nevano nella Penisola. Potete prendere spunto dal
le (Milano-Torino-Genova). Questo Mentre l’Italia mutava da Paese video Storia e Ambiente -
poderoso flusso di individui che dal di emigrazione in Paese di immi- Ambiente e migrazioni.
Meridione d’Italia si spostò al Nord grazione, le difficoltà economiche TERZO GRUPPO
contribuì in modo determinante ai conseguenti alla crisi mondiale del - Cittadinanza digitale
cambiamenti sociali e alla moder- 2008 favorivano il fenomeno della - Migranti e fake news
nizzazione del Paese. «fuga dei cervelli», ovvero una nuo-
REALIZZATE un video in cui
va emigrazione, questa volta di pro-
Dagli anni Sessanta a oggi smascherate, dati alla mano,
fessionisti altamente specializzati, una delle tante bufale che
Già a partire dagli anni Sessanta spesso giovani formatisi in Italia, sono circolate negli ultimi anni
e Settanta del Novecento si assi- verso altri Paesi, che ha interessa- sul web relative ai migranti,
stette a una significativa intensifi- to tra 2008 e 2018 circa 2 milioni a partire dal concetto di
cazione dei movimenti migrato- di italiani. «invasione».
ri verso l’Italia, che aumentarono Di nuovo, quindi, alla preponderan- L’associazione Carta di Roma,
in particolar modo nel corso degli za di un flusso migratorio in entra- fondata nel dicembre 2011,
anni Ottanta, tanto da indurre l’ap- ta faceva seguito l’emergere di un di cui fanno parte l’Ordine
provazione della prima legge italia- flusso in uscita, confermando la na- nazionale dei giornalisti e la
na sull’immigrazione (legge Foschi, tura di crocevia di popoli della pe- Federazione stampa italiana ne
del 1986). nisola italiana. ha raccolte alcune.

589
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

8 La crisi di fine secolo


La corruzione e la fine dei governi di Sinistra
Il dramma del Sud non costituiva che una pagina, la più vistosa, dei problemi com-
plessivi del Paese. La crisi che investiva l’Italia era di carattere politico, sociale e
istituzionale: politico, perché il tentativo crispino di accrescere l’autonomia e l’au-
torevolezza dell’esecutivo era fallito e né la monarchia né il governo né il Parlamen-
to avevano saputo proporsi come centri propulsori dello sviluppo; sociale, perché
la crescita economica non aveva prodotto alcun miglioramento nel tenore di vita
delle masse popolari; istituzionale, perché le fragili strutture dello Stato si erano
profondamente inquinate e corrotte.
L’aspetto forse più scandaloso della crisi istituzionale fu quello legato alla vicen-
da della Banca Romana. Ereditata dallo Stato pontificio, era uno degli istituti di
emissione, cioè una delle grandi banche autorizzate a emettere cartamoneta. Nel
1893 le denunce del deputato Napoleone Colajanni fecero emergere che la Banca
Romana aveva stampato molto più denaro della quota assegnatale, falsificando i
propri bilanci. L’operazione era stata condotta per finanziare alcuni uomini politici.
In quel periodo era a capo del governo Giovanni Giolitti, ex ministro di Crispi, de-
stinato a un grande avvenire. Il primo governo Giolitti fu travolto dallo scandalo,
e Crispi – anche perché invocato come l’«uomo forte» capace di affrontare le agi-
tazioni dei Fasci siciliani, in quei mesi giunte all’apice – tornò al potere. La Banca
Romana fu sciolta, ma la magistratura non andò a fondo della faccenda; il direttore
della banca, da poco nominato senatore da Giolitti, venne anzi prosciolto da ogni
imputazione malgrado l’assoluta evidenza delle sue responsabilità nella vicenda.
Lo scandalo della Banca Romana, solo uno degli episodi di intreccio illecito tra
interessi finanziari e politici, e la corruzione generale delle istituzioni non trovaro-
no alcuna risposta politica. Travolto dalla disfatta riportata ad Adua ( ▶ par. 5) il go-
verno Crispi cadde definitivamente nel 1896; i suoi tentativi di riforma dello Stato
non ebbero alcuno sviluppo e tornò al potere la vecchia Destra con il marchese
siciliano Antonio di Rudinì, non certo all’altezza dei gravi problemi che lacerava-
no il Paese. La Destra storica tornava al potere proponendosi come rappresentan-
te delle forze vitali e libere che erano state penalizzate dalle politiche economiche
di Crispi: quelle energie della piccola e media industria, soprattutto lombarda, che
pensava, come osservò un commentatore del tempo, «che un operaio valesse più
di un soldato, un opificio più di una fortezza o di un monumento, una nave mer-
cantile più di una corazzata, una macchina più di un cannone».

LA CRISI DI FINE SECOLO

Crisi politica fallimento del progetto modernizzatore e della politica colonialista di Crispi

• manifestazioni operaie
Crisi sociale • repressione autoritaria delle proteste (spari sulla folla a Milano nel 1898)
• Umberto I ucciso in un attentato (1900)

• diffusa corruzione politica (1893: scandalo della Banca Romana)


Crisi istituzionale
• deriva antiparlamentare

590
L’esercito guidato
da Bava Beccaris
reprime la rivolta
a Milano nel 1898.

I moti di protesta del 1898 e la svolta autoritaria


Nel frattempo, Milano si stava affermando come «capitale morale» della moderna
Italia industriale e democratica e proprio a Milano, dove più forte era la presenza
operaia e più radicato il Partito socialista, le tensioni sociali diventarono partico-
larmente acute, esplodendo nel 1898. Il pane era fortemente rincarato in seguito
allo scarso raccolto nazionale e alla guerra fra Stati Uniti e Spagna per il controllo di
Cuba, che aveva colpito le importazioni di grano americano. Scoppiarono disordini in
tutta Italia, ma fu soprattutto a Milano che si ebbero violente manifestazioni contro
il re, il governo e il Parlamento. A differenza delle sommosse che si erano verificate
nei decenni precedenti – da quelle contro la tassa sul macinato ai Fasci siciliani –
questa volta le manifestazioni videro la partecipazione di molti impiegati e intellet-
tuali. Con la crescita socialista la minaccia rivoluzionaria sembrava farsi concreta.
Il governo reagì con brutalità. A Milano fu proclamato lo stato d’assedio e le truppe
aprirono il fuoco sui manifestanti, uccidendo un centinaio di persone. Tutti i gior-
nali d’opposizione furono chiusi e molti dirigenti politici, fra cui i socialisti Bissolati,
Costa e Turati, accusati di aver guidato i moti, finirono in carcere. Le organizzazioni
sindacali vennero sciolte e furono colpite anche numerose associazioni cattoliche.
Umberto I giunse a conferire un’onorificenza al generale Fiorenzo Bava Beccaris, che
aveva comandato la strage per «il grande servizio reso alle istituzioni e alla civiltà».
Il governo Rudinì fu sostituito da una compagine ancor più inadeguata, diretta dal
generale Luigi Pelloux, che impresse alla vita pubblica una sterzata violentemente
autoritaria. Pelloux intendeva esautorare di fatto le istituzioni liberali e tentò di dar
Ripassa con la corso a una serie di decreti che limitavano la libertà di stampa, il diritto di associa-
presentazione L’Italia zione e vietavano lo sciopero. I socialisti, insieme a una parte della classe politica
dalla Sinistra storica liberale, reagirono energicamente in Parlamento. L’Italia sembrava sprofondare.
alla crisi di fine secolo
e costruisci una
A Monza, nel luglio del 1900, l’anarchico Gaetano Bresci assassinò il re. Umber-
mappa in cui metti in to I pagava così tragicamente le sue opzioni antipopolari, l’avventura militarista, le
relazione: scelte di parte che avevano favorito l’involuzione reazionaria e l’attacco al sistema
• le principali riforme
politico-economiche;
liberale. Gli successe il figlio, Vittorio Emanuele III (1900-46), anche lui figura me-
• la politica estera; diocre, che comunque per il momento dichiarò di voler restaurare «la pace interna
• la figura di e la concordia di tutti gli uomini di buon volere». Il XX secolo si apriva comunque
Francesco Crispi.
sotto pessimi auspici per la politica e la società italiane.

591
Dalla Storia all’Educazione civica

Il voto Guarda il video


dell’intervista
all’autore
come diritto Approfondisci con
la Costituzione
commentata
di Gustavo Zagrebelsky

Il diritto e il dovere del voto copriranno determinate cariche po- nanti e governati: il rappresentante
Il diritto di ogni cittadino a esprime- litiche sia consentita a tutti i cittadini è colui che opera al posto di un al-
re la propria volontà riguardo a chi che hanno il diritto di votare. Il voto tro soggetto, il rappresentato, e può
debba rappresentarlo nella gestio- è dunque un atto politico, diverso vincolarlo con le proprie decisioni.
ne della vita pubblica oggi è rico- dall’espressione privata delle pro- Benché distinte, la democrazia e la
nosciuto dalle Carte costituzionali prie opinioni per la capacità che es- rappresentanza non sono incompati-
di ogni Paese democratico. Il voto so ha di contribuire a determinare bili l’una con l’altra: è possibile unirle,
è lo strumento grazie al quale tutti i l’orientamento politico del Pae- come di fatto è avvenuto in un’ampia
cittadini di uno Stato sono in grado se e il modo in cui viene governato. parte del mondo occidentale. Il risul-
di partecipare alle decisioni che ri- Il voto, però, non è solo un diritto, tato di tale unione è la democrazia
guardano gli interessi della colletti- la cui negazione costituisce un’in- rappresentativa, sistema politico
vità. Il voto è, dunque, uno strumen- giustizia. Votare è anche un dovere, caratterizzato dalla corrispondenza
to essenziale per la democrazia. perché è un atto con cui ogni citta- di intenti tra governanti e governati.
La democrazia è il sistema nel quale dino dà il proprio contributo all’or- In esso i governanti sono diversi dai
il potere politico deriva da un con- ganizzazione della vita collettiva e governati, ma tra gli uni e gli altri non
fronto e da una competizione libe- alla soluzione dei problemi che es- c’è contrapposizione, perché i primi
ra fra tutti gli individui e i gruppi so- sa comporta. È un dovere che tut- sono eletti dai secondi.
ciali. Tale sistema comporta che ci ti i cittadini hanno verso lo Stato in È questo il tipo di organizzazione po-
siano libere elezioni, ovvero che la quanto suoi cittadini: è, cioè, un do- litica che vige in Italia, dove i rappre-
scelta e la nomina di coloro che ri- vere civico. Su questo punto la Co- sentanti dei cittadini sono membri
stituzione è, all’articolo 48 comma del Parlamento (organo che eserci-
II, molto chiara: ta il potere legislativo), scelti dai cit-
tadini stessi attraverso le elezioni. E,
come afferma la Costituzione all’ar-
«Il voto è personale ed
ticolo 67, «ogni membro del Parla-
eguale, libero e segreto. mento rappresenta la Nazione […]».
Il suo esercizio è dovere
civico». Democrazia diretta:
il referendum abrogativo
La democrazia Il sistema democratico previsto dal-
rappresentativa la Costituzione italiana è rappresen-
È necessario distinguere il concetto tativo, ma non esclusivamente. La
di democrazia da quello di rappre- carta costituzionale prevede infatti
sentanza politica. un istituto di democrazia diretta,
La democrazia esige che i gover- ossia di democrazia immediata, nel-
nanti coincidano con i governati e in la quale i cittadini possono prendere
un sistema radicalmente democrati- decisioni politiche senza la media-
co le decisioni che riguardano pro- zione dei loro rappresentanti. Tale
blemi di interesse collettivo vengono istituto è il referendum, per mezzo
prese direttamente dai cittadini. La del quale ogni elettore può esprime-
rappresentanza politica, invece, è re il proprio assenso o dissenso su
Le donne al voto nel 1946. fondata sulla distinzione tra gover- questioni di interesse nazionale, in
Dibattito in classe:
particolare decidere se mantene- tarie, le leggi di bilancio, le leggi il diritto di voto
re una o più leggi in vigore oppu- di autorizzazione alla ratifica dei
re abrogarle (cioè abolirle). L’arti- trattati internazionali. In molti Stati america-
colo 75 della Costituzione afferma: ni è possibile perdere
I limiti al diritto di voto il diritto di voto se si è giudicati
colpevoli, in via definitiva, di alcu-
Tutti i cittadini della Repubblica ita-
«È indetto referendum ni crimini: dallo spaccio di droga
liana hanno il diritto e il dovere di
popolare per deliberare votare: il diritto di voto non ammette
all’omicidio. Gran parte della popola-
zione carceraria statunitense risulta
la abrogazione, totale o cioè discriminazioni. Esso ha però spesso esclusa dal sistema politico:
parziale, di una legge o di limiti precisi definiti dalla Costitu- per molti si tratta di un’ulteriore
zione: l’esercizio del voto da parte
un atto avente valore di forma di marginalizzazione sociale;
di una persona richiede che questa per altri invece rappresenta la giusta
legge, quando lo richiedono persona soddisfi alcune condizioni. sanzione per chi si macchia di alcuni
cinquecentomila elettori o In primo luogo deve avere raggiun- reati.
cinque Consigli regionali». to la maggiore età: diciotto anni. Scegliete tre studenti che facciano
In secondo luogo, per poter votare, da giuria, poi dividete il resto della
si deve essere capaci di intende- classe in due gruppi:
La Costituzione non ammette, in- re e di volere (si deve cioè essere 1. il gruppo A argomenterà a favore
vece, altri due tipi di referendum: in possesso delle proprie facoltà della revoca del diritto di voto
quello approvativo, grazie al quale mentali): non possono e non so- per i carcerati; il gruppo B invece
i cittadini potrebbero far entrare in no tenute a votare le persone che sosterrà le ragioni della sua abo-
vigore una o più leggi senza dover soffrono di patologie psichiche o di lizione. Per approfondire il tema
potete consultare il video sulla
affidare tale atto ai loro rappresen- malattie che ne compromettono la
questione accedendo tramite il
tanti; e quello consultivo, per mez- capacità di pensare e decidere in
QR code.
zo del quale i cittadini sarebbero modo autonomo. Infine, sono privi
2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
in grado di esercitare pressioni sul del diritto di voto gli individui rite- voce, che in 5 minuti presenterà
Parlamento per indurlo ad adottare nuti moralmente indegni secondo alla giuria i risultati del lavoro.
le leggi che essi desiderano. la legge, che cioè si sono compor- Nell’esporre le proprie ragioni, si
Non su tutte le leggi è possibile tati in modi moralmente discutibili, possono proiettare presentazio-
comunque chiedere il referendum e quelli nei confronti dei quali sono ni multimediali che contengano
abrogativo. Sono escluse le leggi state pronunciate condanne pena- informazioni e dati.
in materia penale, le leggi tribu- li definitive (articolo 48 comma III). 3. Seguirà un dibattito libero di
10 minuti tra le due squadre. I
Referendum: Istituto di democrazia diretta, a suffragio universale, grazie giudici si confronteranno poi tra
al quale i cittadini di uno Stato possono votare direttamente (senza la mediazione loro e decideranno qual è stato il
dei loro rappresentanti) per esprimere il proprio assenso o dissenso su questioni gruppo più efficace nel sostenere
di interesse nazionale. l’uno o l’altro modello.

593
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Il governo della Destra storica do una tariffa protettiva nel 1878, re-
Dal 1861 al 1876 la Destra storica governò l’Italia con sa ancora più dura nel 1883 e nel 1887.
l’obiettivo di unificare il territorio nazionale a livello Questa scelta favorì da un lato gli industriali legati
amministrativo e legislativo e, soprattutto, di moder- agli investimenti pubblici e alla produzione bellica, ma
nizzare un Paese povero in larga parte composto da danneggiò il settore agricolo, che pagò l’introduzione
contadini analfabeti. di dazi doganali da parte di altri Stati come la Francia.
Il governo incorporò nel bilancio pubblico nazionale In questo contesto, gli interessi dei latifondisti ebbero
il debito pubblico piemontese, dovuto al finanzia- la meglio su quelli del generale sviluppo del Sud, che
mento delle guerre d’indipendenza e allo sviluppo pagò le conseguenze di un blocco di potere compo-
della rete ferroviaria sabauda, ridistribuendo così i sto da agrari meridionali e industriali settentrionali.
costi delle prime infrastrutture utili allo sviluppo in- Per quanto riguarda la politica estera, nel 1882 l’Italia
dustriale. Furono inasprite le imposte e, in particolare, firmò la Triplice Alleanza (a carattere difensivo) con
l’introduzione della tassa sul macinato suscitò gravi Germania e Austria, compiendo una scelta di rottura
scontri di piazza. con la politica antiaustriaca risorgimentale che per-
Il governo portò avanti una politica liberista, favo- metteva di stringere i rapporti con due partner com-
rendo l’agricoltura con tariffe doganali basse, otte- merciali importanti.
nendo il pareggio di bilancio nel 1876, mentre l’indu-
stria restava arretrata e poco competitiva e si acuiva Lo statalismo nazionalista di Crispi
la disparità tra Nord e Sud, dove il divario sociale ed Nel 1887 arrivò al governo Francesco Crispi, che se-
economico favorì il fenomeno del brigantaggio che gnò una svolta della politica italiana in senso naziona-
fu brutalmente represso dallo Stato. lista e autoritario e, forte della protezione monarchi-
ca, represse con durezza movimenti popolari come
La conquista di Roma quello dei Fasci siciliani (1891-94), sorti per difendere
Il 20 settembre 1870, il generale Raffaele Cadorna gui- i diritti e gli interessi dei lavoratori, senza oltrepassare
dò un corpo di bersaglieri, aprì a cannonate una brec- il limite della legalità.
cia nelle mura di Roma, in corrispondenza di Porta Crispi portò avanti anche una fallimentare politica
Pia e occupò la città, che fu proclamata capitale del imperialista: occupò Massaua (1885), invase l’Eritrea
Regno nel 1871. Nello stesso anno, con la «legge delle e fu sconfitto prima a Dogali (1887) dall’Etiopia e poi
guarentigie» lo Stato garantì la libertà religiosa e la ad Adua (1896).
sovranità della Chiesa sui palazzi del Vaticano.
Pio IX, però, si dichiarò prigioniero del Regno d’Italia La questione meridionale
e nel 1874, con il Non expedit, vietò ai cattolici di par- Sotto i governi di Depretis e Crispi la «questione meri-
tecipare attivamente alla vita politica italiana. dionale» (l’arretratezza economica e sociale del Mez-
zogiorno) continuò ad aggravarsi e il risultato fu un
Il governo della Sinistra incremento ulteriore dell’emigrazione dei cittadini
Nel 1876 andò al governo la Sinistra storica con Ago- meridionali in particolare verso i Paesi europei più
stino Depretis, che abolì la tassa sul macinato, varò la ricchi e l’America.
legge Coppino sull’istruzione elementare obbligato-
ria (1877) e la riforma elettorale (1882), che diede il La crisi di fine secolo
diritto di voto alla borghesia meno agiata e alle fasce Gli ultimi anni del secolo furono caratterizzati da una
più istruite della classe lavoratrice. politica autoritaria e repressiva, incapace di gestire il
Per ottenere ciò, Depretis ricorse al cosiddetto «tra- malcontento popolare. Nel 1898 le truppe del gene-
sformismo» parlamentare, che prevedeva il passaggio rale Bava Beccaris spararono sulla folla che protesta-
dei deputati da uno schieramento all’altro favorendo va a Milano per il rincaro del costo del pane. Il primo
così una dinamica clientelare tra politica e uomini ministro Luigi Pelloux cercò di imporre leggi che li-
d’affari basata solo sugli interessi economici in gioco. mitavano le libertà civili, suscitando l’opposizione di
socialisti e liberali. Con l’assassinio del re Umberto I
Il protezionismo e la Triplice Alleanza nel 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci, l’Italia sem-
La Sinistra incrementò l’intervento dello Stato nell’e- brò a un passo dal collasso politico. Il secolo si chiuse
conomia e inasprì la politica protezionista, adottan- quindi in un’atmosfera di profonda crisi istituzionale.

594
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

IL REGNO D’ITALIA

dopo l’Unità fu governato dalla

Destra storica

con l’obiettivo di che che

• incorporò nel bilancio pubblico


• non seppe ridurre
• unificare il territorio nazionale nazionale il debito pubblico
il ...................................
a livello ................................... piemontese
• represse duramente
e ................................... • introdusse la ...................................
il fenomeno del
• ................................... il Paese • attuò una ...................................
...................................
• ottenne il ................................... (1876)

e in seguito dalla

...........................................

con

Depretis

che varò la che varò la che attuò una che firmò la

...........................................
.......................................... ........................................... ...........................................
(a favore degli industriali
(istruzione elementare (ampliamento del diritto (con Austria e
e a svantaggio delle
obbligatoria) di voto) Germania)
esportazioni)

al quale seguì

Crispi

che che che che lasciò una

• occupò crisi politica, economica


• attuò una politica e sociale
............................... (1885) non contribuì al
................................... e
• fu sconfitto a miglioramento della
...................................
............................... (1887) «............................................ sfociata nella
• represse i Fasci
• fu sconfitto ad ...........................................»
siciliani
............................... (1896)
• ...................................
della rivolta a Milano
(1898)
• uccisione di
...................................
(1900)

595
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle se-


guenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cosa s’intende con politica del trasformi-
smo?
Date: 1876 • 1871 • 1870 • 1859 • 1865
b. Spiega il significato di «blocco storico».
Luoghi: Adua • Piemonte • Roma • Etiopia
c. Che cos’è un collegio elettorale?
a. Nel .................. il Concilio Vaticano I proclama d. Perché la politica crispina è definita
il dogma dell’infallibilità del papa. «statalista»?
b. Gran parte della rete ferroviaria si trovava
in Toscana, Emilia e .................. . NESSI E RELAZIONI
c. Lo spostamento della capitale da Firenze 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
a .................. avvenne nel .................. .
a. Viene istituita la tassa sul macinato
d. La legge Casati sull’ordinamento del sistema
nel 1868.
scolastico del .................. fu estesa a tutto
il Regno. b. Roma diventa la capitale del Regno d’Italia.
e. Nel .................. il governo passò in mano c. Si verifica una crisi economica negli anni
alla Sinistra storica. Settanta dell’Ottocento.
f. Depretis tentò la conquista coloniale d. L’esercito italiano è sconfitto ad Adua,
dell’.................., ma senza successo. Etiopia.
g. La sconfitta di .................. (1896) pose fine 1. I prezzi del pane subiscono un rialzo
alle mire coloniali italiane in Abissinia. e scoppiano rivolte.
h. Il brigantaggio fu represso definitivamente 2. Gran parte degli Stati europei adotta
nel .................. . una politica protezionista.
3. Il Parlamento approva la «legge delle
EVENTI E PROCESSI guarentigie».
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. 4. Cade il governo di Francesco Crispi.
a. Illustra le conseguenze della politica economi-
ca della Destra storica. COMPETENZE
b. Esponi le principali caratteristiche del fenome- ESPORRE ORALMENTE
no del brigantaggio (1861-1865).
6 Rispondi alle seguenti domande.
c. Quali furono le conseguenze della legge elet-
a. Riassumi il contenuto della «legge delle
torale del 1882?
guarentigie». (1 minuto)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. b. Esponi le principali conseguenze della politica
a. V F La Destra storica è il primo schieramen- protezionista della Sinistra storica nel
to al governo d’Italia. Mezzogiorno. (2 minuti)
b. V F Gli ufficiali garibaldini furono integra- c. Quali furono le principali iniziative colonia-
ti nell’esercito regio con incarichi di li della Sinistra storica e quali conseguenze
responsabilità. ebbero? (2 minuti)
c. V F L’obbligo scolastico secondo la legge d. Descrivi gli obiettivi politici perseguiti da
Casati era di cinque anni. Crispi con la Triplice Alleanza. (2 minuti)
d. V F I governi della Destra storica promosse-
ro la costruzione della rete ferroviaria. SCRIVERE
e. V F Agostino Depretis fu il leader politico VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
della Sinistra storica tra il 1876 e il 1882.
f. V F Le differenze ideologiche fra Destra e 7 Calati nei panni di un giornalista che si trova
Sinistra storica erano profonde. a scrivere un articolo nel 1862 sul neonato
Regno d’Italia: scrivi un breve testo, in forma di
g. V F La politica protezionista della Sinistra
articolo di giornale, in cui presenti la Penisola
storica favorì agrari e industriali.
agli italiani sia da un punto di vista geografico,
h. V F Dopo la sconfitta di Dogali, all’Italia
sconosciuto ai più, che economico-sociale e
sono riconosciute le conquiste in
culturale.
Eritrea.

596
Fonti e Storiografia
FONTI Miseria e brigantaggio
F1 Per contrastare il brigantaggio il Parlamento decise di affiancare alla repressione mili-
tare una commissione d’inchiesta. Il deputato moderato Giuseppe Massari (1821-84)
ne stilò la Relazione finale (1863), mettendo in risalto le ragioni sociali del brigantaggio.

Facil cosa è dire che il brigantaggio si è manifestato nelle province meridionali a motivo
della crisi politica ivi succeduta; con ciò si enuncia il motivo più visibile del doloroso fatto,
ma si rimangono nell’ombra le ragioni sostanziali, le quali invece sono quelle che vanno
accuratamente studiate ed esaminate, perché esse sole possono fornire l’indicazione dei
mezzi più sicuri e più efficaci a ricondurre le cose nelle condizioni regolari […].
A bene esprimere il nostro concetto diremo che il brigantaggio se ha pigliato le mosse del
1860, come già nel 1806 1, ed in altre occasioni dal mutamento politico, ripete però la sua
origine intrinseca da una condizione di cose preesistente a quel mutamento, e che i nostri
liberi istituti debbono assolutamente distruggere e cangiare.
Molto acconciamente è stato detto e ripetuto essere il brigantaggio il fenomeno, il sinto-
mo di un male profondo ed antico: questo paragone desunto dall’arte medica regge piena-
mente, ed alla stessa guisa che nell’organismo umano, le malattie derivano da cause im-
mediate e da cause predisponenti, la malattia sociale, di cui il brigantaggio è il fenomeno
è originata anch’essa dallo stesso duplice ordine di cause.
Le prime adunque cause del brigantaggio sono le cause predisponenti. E, prima fra tutte,
la condizione sociale, lo stato economico del campagnuolo, che in quelle province appunto,
dove il brigantaggio ha raggiunto proporzioni maggiori, è assai infelice. Quella piaga della
moderna società che è il proletariato, ivi appare più ampia che altrove. Il contadino non ha
nessun vincolo che lo stringa alla terra. La sua condizione è quella del vero nullatenente,
e quand’anche la mercede del suo lavoro non fosse tenue, il suo stato economico non ne
sperimenterebbe miglioramento. […]
La condizione di cose […] ci sembra porgere in modo non equivoco la nozione di una del-
1 1806: nel 1806 le cause che con maggiore efficacia generano fatalmente in alcune province meridionali la
Napoleone affidò la funesta predisposizione al brigantaggio. […]
corona del Regno
Il contadino sa che le sue fatiche non gli fruttano benessere né prosperità; sa che il pro-
di Napoli, dichiarato
indipendente, al fratello dotto della terra innaffiata dai suoi sudori non sarà suo; si vede e si sente condannato a
Giuseppe Bonaparte; perpetua miseria, e l’istinto della vendetta sorge spontaneo nell’animo suo. […] si fa bri-
Ferdinando di Borbone gante; richiede vale a dire alla forza quel benessere, quella prosperità che la forza gli vieta
fuggì a Palermo e
mantenne il controllo di conseguire, ed agli onesti e mal ricompensati sudori del lavoro preferisce i disagi frut-
della Sicilia. tiferi della vita del brigante.
(da G. Massari, S. Castagnola, Relazione parlamentare d’Inchiesta
sulle cause del Brigantaggio, Milano 1863, pp. 16-24)

COMPRENDERE 1. A quale momento storico Massari fa risalire le origini del fenomeno?


2. I cambiamenti innescati dalla nascita del Regno d’Italia sono sufficienti a spiega-
re il fenomeno del brigantaggio?
3. Quali sono le «cause predisponenti» del brigantaggio?
INTERPRETARE 4. In che modo il possesso o no della terra, da parte dei contadini, influenza il feno-
meno del brigantaggio secondo l’autore?
VALUTARE 5. Povertà, esclusione sociale e delinquenza sono spesso due facce della stessa
medaglia ancora oggi. Quali situazioni di svantaggio sociale inducono – a tuo
avviso – i più giovani a commettere reati? Rifletti e discutine in classe.

597
Fonti e Storiografia

F2 La scuola dell’Italia unita


In questo brano si riporta un articolo dell’ispettore ministeriale Domenico Failla del
1875, che riflette sulla riforma delle scuole normali regie, per la formazione dei do-
centi elementari, e sulle condizioni di lavoro di maestri e maestre, uguali ma vissute in
modo diverso da uomini e donne.

Stando già da molti mesi innanzi alla Camera dei deputati un progetto di legge, presentato
dal ministro per la Istruzione pubblica, intorno al numero ed al riordinamento delle scuo-
le normali del regno, sarebbe assai utile che coloro i quali passarono molti anni in mezzo
a questi […] istituti d’educazione […] dicessero chiaramente quello che ne pensano: mo-
strando quello che le scuole sono al presente, quali i pregi e quali i difetti, ed indicando le
riforme più importanti che sarebbe necessario arrecarvi […].
[…] la prima cosa che si presenta per essere bene considerata e spiegata è la scarsezza del
numero degli allievi nelle ventuno scuole maschili del regno; le quali rappresentano ap-
pena la metà, e forse meno, di quanto ce ne vorrebbero pei bisogni della nazione. Perché
nell’anno passato, mentre nelle 27 scuole feminili si educavano meglio che 2789 giovanet-
te, appena 858 allievi-maestri frequentarono le scuole maschili. […]
[…] questo doloroso fatto trova facile spiegazione nello stato presente del maestro ele-
mentare in Italia. Malamente rimunerato, malsicuro nell’ufficio, senza speranza di aiuto
per sé nella vecchiaia, pei figliuoli dopo la morte, il povero maestro non è allettato ed in-
vogliato in alcuna maniera ad accorrere nelle scuole normali, ove potrebbe arricchirsi di
cognizioni e formarsi il carattere che avrebbe ad accompagnarlo in tutta la vita, volendo
essere veramente educatore. […]
Potrebbesi però domandare per qual motivo, essendo le condizioni delle maestre pari a
quelle dei maestri, se non voglionsi dire più tristi, le scuole normali feminili sono invece
popolate da molte allieve, in modo che ognuna, quando si prenda un numero medio, ne
tiene intorno a cento. A che, se non c’inganniamo, la risposta potrebbe essere facile e breve.
Nel nostro paese v’ha grande difetto di scuole secondarie per le donne; onde quelle che
hanno compiuti gli studi elementari e che non possono o non vogliono continuarli nei sette
reali educatori del regno, anche non avendo in animo il disegno di essere maestre, corrono
a iscriversi nei corsi delle scuole normali, nelle quali trovano il miglior mezzo di acquistare
quel complesso di cognizioni che in nessun altro luogo potrebbero avere e che è necessa-
rio ad ogni donna, la quale voglia elevarsi più in su di quelle che formano le classi popolari.
(da L’istruzione normale dalla legge Casati all’età giolittiana,
a cura di a cura di C. Covato, A.M. Sorge, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali,
Ufficio centrale per i Beni Archivistici, Roma 1994, pp. 252-255)

COMPRENDERE 1. Che cosa si afferma a proposito delle scuole normali maschili?


2. Quali sono le cause della disparità di iscritti fra maschi e femmine?
INTERPRETARE 3. Al di là delle scuole normali, che cosa si afferma a proposito dell’istruzione secon-
daria per le donne?
4. A quale fine, secondo Failla, dovrebbero studiare le donne oltre il corso elementa-
re o la scuola magistrale?
VALUTARE 5. Nella relazione, emerge un’immagine assai sconfortante della professione ma-
gistrale: ricostruiscila. Ritieni che sia ancora così? Hai mai pensato di dedicarti
all’insegnamento? Che cosa ti attira o ti respinge di questo lavoro?

598
Il Regno d’Italia 16

STORIOGRAFIA Roma capitale del nuovo Stato?


S1 Marina Formica
La storica Marina Formica illustra come lo schieramento parlamentare italiano non con-
dividesse all’unanimità l’idea di fare di Roma la nuova capitale. Le ragioni del sì e del
no erano comunque determinate dal passato ingombrante della città.

GLI SNODI L’idea di Roma capitale non era condivisa da tutti i parlamentari.
DEL TESTO Il mito della grandezza passata di Roma alimentò la propaganda a favore.
Massimo d’Azeglio e altri preferivano Torino.

Incoraggiati dalla propaganda avviata […] dai primi governi dell’Italia unita, non pochi ro-
mani iniziarono ad anteporre le ragioni dell’appartenenza italiana a quelle della teocrazia:
tra questi, Lorenzo Sforza Cesarini, Antonio Boncompagni Ludovisi, Gioacchino e Andrea
Colonna 1. E fu forse anche in virtù della loro presenza a Torino se il mito di Roma trovò un
nuovo alimento. Era stato d’altronde lo stesso Camillo Benso di Cavour a farsene interpre-
te, quando, in un celebre discorso in Parlamento, aveva affermato: «Senza Roma, capitale
d’Italia, l’Italia non si può costituire». […]
La storia recente […], oltre che quella antica, aveva dimostrato come l’Urbe potesse co-
munque essere capitale, anche senza papa. Pure Mazzini, da posizioni politico-ideologiche
del tutto diverse, era giunto a conclusioni analoghe: una nuova Roma, la Roma del popolo
– la «terza Roma» –, avrebbe dovuto soppiantare la Roma dei Cesari e quella dei papi, pro-
muovendo un universalismo laico ed egualitario.
Dunque, non era più solo il fronte moderato dei giobertiani 2 a guardare all’Urbe come
centro ideale di un organismo istituzionale nuovo. Ma l’ipotesi filoromana non era condi-
1 Lorenzo [...] Colonna: visa da tutti i parlamentari. A chi nutriva la convinzione che una realtà istituzionale scarsa-
tra i primi senatori del
Regno d’Italia.
mente coesa quale l’Italia avrebbe potuto trarre giovamento da un centro tanto illustre, si
2 giobertiani: Vincenzo opponevano le resistenze di quanti avanzavano altre candidature per la capitale del Regno
Gioberti, si ricorda, – Napoli, Firenze, Perugia, Milano – e di coloro che pensavano che, proprio in quanto città
aveva teorizzato
del papa, Roma sarebbe stata anzi un fardello ingombrante per il giovane Stato.
un’ipotesi federale per
cui l’Italia sarebbe stata Autorevole interprete di questo gruppo, Massimo d’Azeglio ad esempio, riteneva che Ro-
unita sotto la guida del ma, con i suoi «miasmi di 2500 anni di violenze materiali o di pressioni morali», avrebbe
pontefice.
finito per corrompere la società italiana. E mentre altri subalpini continuavano a difendere
3 Pietro Sterbini: a
Roma fu collaboratore Torino capitale per ragioni di natura sia politica sia economica e culturale, diversi deputati,
del governo pontificio e in specie meridionali, caldeggiavano invece l’idea di Roma capitale proprio per affrancarsi
allo stesso tempo vicino dall’egemonia piemontese: non a caso, nel 1862, Pietro Sterbini 3, emigrato del 1849, fondava
alle istanze popolari,
partecipando attivamente a Napoli un nuovo giornale intitolandolo, per l’appunto, «Roma». Sembrava, insomma, im-
ai moti rivoluzionari. possibile che la Città Eterna riuscisse a liberarsi del suo mito e, soprattutto, della sua storia.
(da M. Formica, Roma, Romae, Laterza, Roma-Bari 2019, pp. 233-235)

COMPRENDERE 1. Chi sosteneva l’idea di Roma capitale e perché?


IL TESTO
2. Quali ragioni spingevano invece D’Azeglio e altri a preferire Torino?
3. Che cosa avevano contribuito a dimostrare le esperienze rivoluzionarie e napole-
oniche?

599
Fonti e Storiografia

S2 Come guardare alla «questione meridionale»


Pietro Bevilacqua
In questo brano Pietro Bevilacqua riflette sullo sviluppo del Sud, visto in autonomia ri-
spetto alla dicotomia Nord-Sud e ne analizza caratteri e tempi propri.

GLI SNODI La «questione meridionale» è un fenomeno lungo e complesso.


DEL TESTO Non è sempre utile pensare lo sviluppo del Sud in riferimento a quello del Nord.
Sono esistite realtà economicamente dinamiche nel Mezzogiorno.

A voler estremizzare, e fatte salve diverse importanti eccezioni, si potrebbe dire che per una
lunga fase, in questo dopoguerra, la storia del Mezzogiorno contemporaneo ha fatto tutt’u-
no con la storia della «questione meridionale». […]
Non tanto, dunque, l’esame dei processi materiali e politici della trasformazione che qua-
lunque storia reale porta con sé quanto in primo luogo l’analisi e la denuncia dell’arretra-
Leggi in digitale il tezza e dei ritardi, la ricerca e l’enfasi sulla diversità dell’Italia meridionale rispetto al resto
testo ll mancato
del paese, la polemica ideologica, spesso la recriminazione moralistica nei confronti dei
rapporto di mercato
tra Nord e Sud governi, delle politiche economiche, dei comportamenti e delle scelte dei gruppi dirigenti
di Rosario Villari. dell’Italia più forte. […]
Riassumi la tesi Al punto che, di fatto, la rappresentazione dell’Italia meridionale in età contemporanea
di Villari e spiega
ha finito spesso col ridursi a una sorta di non storia: la frustrante vicenda di ciò che essa
cosa intende con il
concetto di «rinunzia»; non aveva potuto essere, il mero risultato di uno squilibrio costante e inalterato nel tem-
metti a confronto il po e perciò quasi un derivato, un residuo della storia degli altri, incarnata dalle realtà più
testo con il brano avanzate dello sviluppo economico, vale a dire dal Nord.
di Bevilacqua, Sarebbe naturalmente improponibile, e per più di un verso, la rivendicazione di una sorta
chiarendo la
prospettiva adottata di autonomia della storia del Mezzogiorno, cioè la ricostruzione separata a se stante di un
da quest’ultimo per gruppo di regioni inserito in uno stato unitario che vive e opera da quasi un secolo e mezzo.
leggere la storia del Ma la vicenda di più generazioni, la vita sociale e politica di milioni di uomini, gli svolgimenti
Mezzogiorno dopo delle economie, i processi di mutamento più radicali e profondi che mai abbiano investito
l’Unità.
una società – quelli per l’appunto che hanno cambiato la faccia delle regioni meridionali
negli ultimi duecento anni – non possono più essere valutati e compresi da chi guarda ad
essi con gli occhi solo puntati al loro perdurante scostamento rispetto al resto dell’Italia.
Esiste, ed è ignoto ai più, un vasto continente di fenomeni e di processi in cui la grande
storia del mondo contemporaneo si è espressa, in forme certo originali e particolari, con
ritmi più lenti e più attenuata radicalità, ma con le stesse caratteristiche e nella stessa di-
rezione di mutamento che in tutte le altre realtà dell’Europa e dell’Occidente. Tutto questo
è ben visibile nella vicenda degli ultimi due secoli nel Mezzogiorno d’Italia: negli assetti
del territorio come nelle dinamiche della popolazione, nelle forme dell’economia quanto
nei processi di urbanizzazione, nella trasformazione delle classi sociali come in tutti i fe-
nomeni propri delle società affluenti, dal grado di alfabetizzazione al livello dei consumi.
(da P. Bevilacqua, Breve storia dell’Italia meridionale. Dall’Ottocento a oggi,
Donzelli, Roma 1993, pp. VII-VIII)

COMPRENDERE 1. Da quale approccio storiografico Bevilacqua intende prendere le distanze?


IL TESTO
2. Quali aspetti ha trascurato la storiografia che si è concentrato sulla «denuncia
dell’arretratezza» e sul «ritardo del Sud»?
3. A quali trasformazioni invece invita a guardare con maggior attenzione?

600
Il Regno d’Italia 16

S3 La «mafia» come spiegazione


Francesco Benigno
Francesco Benigno affronta da una nuova prospettiva la nascita del crimine organizzato
nella seconda metà dell’Ottocento, cercando di osservarne lo sviluppo a prescindere
dalle informazioni sul modo in cui si è strutturato a partire dal secondo dopoguerra. Per
fare ciò ricostruisce i discorsi e le pratiche di quell’epoca. In questo brano parla della
Palermo degli anni Sessanta dell’Ottocento, agitata dalle sommosse antigovernative.

GLI SNODI Si hanno testimonianze di una setta criminale a Palermo dal 1865.
DEL TESTO La «maffia» arruola migliaia di iscritti, tra cui anche uomini politici.
L’instabilità rende difficile il mantenimento dell’ordine pubblico.

Il termine mafiusu […] circolava a Palermo da tempo, ma è solo nel 1865 che con l’espres-
sione maffia o mafia si inizia a designare un’oscura e misteriosa setta criminale, dai con-
torni alquanto indefiniti.
Una delle prime testimonianze della diffusione del termine nel 1865 (anno segnato come
1 Gualtiero e Medici: si è visto da una rivolta mancata e dalla repressione organizzata da Gualtiero e Medici 1) è
entrambi, in momenti
il resoconto della situazione palermitana scritto dal celebre geografo e anarchico francese
diversi, prefetti della
città di Palermo, Élisée Reclus 2 e pubblicato poi l’anno dopo in una nota rivista francese di viaggi. Guidato
nella primavera del da un giovane medico piemontese (non sappiamo se davvero esistito o mero espediente
1865 organizzarono letterario), a suo dire molto addentro nel sottobosco criminale essendo stato incaricato di
la repressione di
un’insurrezione svolgere a Palermo un’inchiesta statistica sulle condizioni morali della popolazione, Reclus
denunciata come conduce i suoi lettori alla scoperta dei «misteri» di Palermo. Un’ambientazione di colore
antinazionale e di tutta giocata sul contrasto tra l’eredità ellenica […] e quella saracena […] serve a Reclus per
ispirazione borbonico-
clericale. delineare un fondale su cui far stagliare poi ciò che al suo pubblico forse interessa di più:
2 Élisée Reclus: l’esistenza, nel cuore pulsante e malsano della Palermo antica, di una temibile setta crimi-
geografo e uomo nale chiamata maffia.
politico francese, viaggiò
molto in Europa e nelle
[…] egli poi la designa piuttosto con gli stessi tratti con cui Alexandre Dumas e Maxime
Americhe. Du Camp 3 avevano reso celebre la camorra. Reclus delinea così una società segreta gigan-
3 Alexandre Dumas tesca, che agli inizi del 1865 avrebbe raccolto ben cinquemila affiliati, i cui membri «s’im-
e Maxime du Camp:
si aggregarono alla
pegnano solidarmente a viver di inganni e di frodi di ogni tipo». […]
spedizione dei Mille, La testimonianza di Reclus […] testimonia la presenza a Palermo, nel 1865, e cioè in una
inviando molti reportage situazione caotica e di grave difficoltà dell’ordine pubblico, di un discorso sulla maffia or-
in Francia, nei quali, tra
mai diffusosi, almeno negli ambienti governativi e ufficiali; un discorso che riprende i topoi
l’altro, si parlava anche di
camorra e brigantaggio. del dibattito sull’esistenza della camorra e che funge da fulcro attorno al quale si organizza
4 giornate di la discussione politica sull’ordine pubblico.
settembre: nel Se nel 1865 il dibattito sulla mafia nasce, come si è visto, attorno alla questione della
settembre del 1866,
a Palermo si dichiarò sicurezza pubblica a Palermo in un momento di emergenza politica e di deficit di ordine
lo stato d’assedio in pubblico, la sua continuazione o ripresa, l’anno successivo, all’indomani delle giornate di
seguito a una settimana settembre 4, assume il significato di un tentativo di comprendere il senso di una rivolta il
di tumulti che avevano di
fatto sgretolato l’autorità cui scoppio ha profondamente colpito la classe dirigente. In altre parole la mafia gioca ora
governativa. un ruolo primario come decisivo fattore di spiegazione dell’alterazione politica.
(da F. Benigno, La mala setta. Alle origini di mafia e camorra, 1859-1878,
Einaudi, Torino 2015, pp. 225-227)

COMPRENDERE 1. Quale fonte è utilizzata da Benigno per ricostruire la storia della mafia a Palermo?
IL TESTO
2. In quale congiuntura la mafia si afferma come organizzazione segreta e criminale?
3. Quali caratteristiche possiede la «maffia» palermitana secondo Reclus?

601
17 Il movimento
operaio
Fermenti rivoluzionari
Nel secondo Ottocento, le teorie di Karl Marx e Friedrich Engels sul sistema capitalista
e sulla necessità di una rivoluzione dal basso trovano terreno fertile nel mondo dei sin-
dacati e, in seguito, saranno fondamentali nelle esperienze della Prima Internazionale
Esplora l’immagine (1864) e della Seconda Internazionale (1889), importanti luoghi di formazione ed ela-
interattiva borazione politica.

Socialisti, anarchici e cattolici


In Italia, a fine Ottocento, nasce il Partito socialista italiano, che prende le distanze dal
movimento anarchico e s’ispira al modello riformista e socialdemocratico tedesco. Nello
stesso periodo, il papa apre alla partecipazione dei cattolici alla vita politica, mentre nella
Lo sciopero
a Creusot. Dipinto Russia di Nicola II si avvia un processo di industrializzazione favorito dalla migrazione
di Jules Adler, 1899. dei contadini verso le città.

1864 1871 1872


Prima Internazionale Proclamazione della Rottura tra Marx
Comune di Parigi e Bakunin
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO
E IN DIGITALE
1. Nel corso dell’Ottocento le associazioni sinda-
cali si affermano in tutta Europa. Esse nascono
dal bisogno crescente di tutela dei lavoratori, in LEZIONE
particolare di quelli impiegati come operai nelle GUARDA il video L’industrializzazione
fabbriche, le cui condizioni di lavoro erano duris- in Europa e negli Stati Uniti
sime e le garanzie scarse. Ancor oggi i sindacati 1. Karl Marx e il «socialismo scientifico»
esistono e svolgono un ruolo importante di tutela ▶ p. 604
dei diritti e di mediazione nei conflitti sul lavoro. 2. L’anarchismo, il comunismo e la Prima
• Di che cosa si occupa concretamente Internazionale ▶ p. 607
un sindacato? 3. La Comune di Parigi ▶ p. 609
• Svolgi un sondaggio a riguardo fra i tuoi 4. La Seconda Internazionale ▶ p. 612
compagni e raccogli le idee proposte. 5. Laburismo e sindacalismo ▶ p. 615
• Consultate una pagina web di un’associazione 6. Il movimento operaio e i cattolici ▶ p. 618
sindacale di livello nazionale, in cui sono 7. Il socialismo in Italia ▶ p. 621
presentati i principali obiettivi, e discutete 8. Il socialismo in Russia ▶ p. 625
in classe assieme al docente.
RIASSUMI i concetti-chiave con la
2. Jules Adler ha dipinto un corteo organizzato presentazione La civiltà industriale
dai lavoratori in sciopero della fabbrica e il movimento operaio:
Schneider di Le Creusot, fra i più grandi stabili- – le caratteristiche della società industriale;
menti francesi per la produzione di acciaio – il pensiero socialista;
tra Otto e Novecento. – la dottrina sociale della Chiesa.
• Osserva il dipinto e soffermati su alcuni
RIPASSA
particolari: le mani degli operai, il ramoscello
che tiene una delle donne e le bandiere Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 628, p. 629
francesi. In digitale trovi l’audio della sintesi
• Quali significati politici e simbolici rivestono e la mappa personalizzabile
questi elementi? APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
3. Cercate online il dipinto di Eugène Laermans Un altro sguardo: Le donne e la Comune
Una sera di sciopero (1893) e, lavorando di Parigi
in gruppo, confrontatelo con il dipinto di Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 611
Jules Adler proposto in apertura, con il quale
condivide lo stesso soggetto: una manifestazione EDUCAZIONE CIVICA
di lavoratori in sciopero. Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
• Riflettete soprattutto sulle scelte dei due Il lavoro come diritto e partecipa al dibattito
artisti a proposito del punto di vista dal GUARDA il video dell’intervista all’autore
quale sono presentate le due scene e della ▶ p. 626
rappresentazione della folla.
AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1875 1889 1891 1892


Partito socialdemocratico Seconda Enciclica Partito (socialista)
tedesco Internazionale Rerum Novarum dei lavoratori italiani

603
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

1 Karl Marx e il «socialismo scientifico»


Una versione di socialismo fondata sullo studio della realtà
Mai prima della metà dell’Ottocento le trasformazioni sociali ed economiche era-
Guarda il video no state così rapide, radicali e impetuose, e mai gli uomini di cultura e i politici
L’industrializzazione
dei diversi Paesi europei ne avevano tratto così profondi e continui stimoli alla ri-
in Europa e negli Stati
Uniti e rispondi alle flessione e all’azione. Questo clima di grandi cambiamenti spinse gli intellettuali,
domande: in particolare, a chiedersi se la trasformazione economica in atto avrebbe portato
• Che cosa sono le
a una società più libera, più giusta e ricca, come sarebbe stata questa società del
Trade Unions?
• Chi sono gli futuro e attraverso quali evoluzioni o rivoluzioni vi si sarebbe giunti.
esponenti del A tali domande cercò di dare una risposta complessiva il «socialismo scientifi-
cosiddetto
co» di Karl Marx (1818-83), un pensatore le cui idee hanno condizionato diverse
socialismo
utopistico? generazioni successive e contribuito più di qualunque altro sistema ideologico a
• A che cosa mira il orientare la storia del mondo nel Novecento. Il socialismo scientifico era così chia-
Manifesto del Partito mato perché si basava sullo studio concreto della realtà, al contrario del socialismo
comunista di Karl
Marx e Friedrich utopistico ( ▶ cap. 12 par. 4).
Engels? Marx, nato a Treviri da un’agiata famiglia ebraica convertitasi al protestantesimo,
fece i suoi studi universitari (giurisprudenza e storia della filosofia) a Bonn, a Ber-
lino e a Jena. Ben presto, a causa delle sue convinzioni politiche, dovette lasciare la
Germania e stabilirsi prima a Parigi e poi a Bruxelles. Qui, nel 1847, diede vita insie-
me a Friedrich Engels (1820-95) alla Lega dei comunisti. Insieme a Engels scrisse
F1 Il Manifesto anche il Manifesto del Partito comunista, un opuscolo in cui sono già contenute in
del Partito comunista,
nuce le riflessioni di entrambi, per tornare poi in Germania durante la rivoluzione
p. 631
del 1848 ( ▶ cap. 13, par. 5) e tentare di animare il fronte democratico. Marx riparò
in seguito a Londra, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi allo
studio del sistema capitalista e degli economisti classici (Smith e Ricardo, ▶ cap. 12
par. 4), e alla stesura della sua monumentale opera, Il Capitale.

Il materialismo storico di Karl Marx


Secondo Marx le trasformazioni storiche obbediscono a una legge «dialettica»,
cioè nascono da conflitti che via via sorgono, vengono superati e danno luogo a
nuove configurazioni sociali e politiche. Tali conflitti e tali trasformazioni hanno
origine dai rapporti economici che gli uomini hanno costruito nel corso della loro
storia. È questo il nucleo centrale del suo «materialismo storico»: «materialismo»
in quanto sono le esigenze materiali legate alla produzione e al lavoro che gover-
nano i rapporti sociali e lo sviluppo delle idee; «storico» in quanto la prospettiva
storica è necessaria per indagare scientificamente la società e orientare la strate-
gia politica volta a rivoluzionarla.
Alla luce di questa teoria le forme politiche, e anche le idee religiose o le ma-
nifestazioni intellettuali in genere, comprese quelle artistiche, dipendono dalle
relazioni che si determinano nella produzione della ricchezza. Queste relazioni
LESSICO non sono individuali, ma sono rapporti che intercorrono fra le «classi», ovvero fra
Rapporti di gruppi sociali ciascuno caratterizzato dalla stessa posizione e dagli stessi interessi
produzione
L’insieme dei rapporti
rispetto ai processi produttivi. Le classi sociali, in ragione di condizioni di vita ed
economici che legano gli esigenze differenti, si confrontano e si scontrano, generando inevitabili conflitti.
individui appartenenti a L’insieme di queste relazioni definisce i «rapporti di produzione», che costituiscono
una determinata società.
per Marx la base oggettiva, la «struttura» di ogni società. Tutto il resto, ogni forma

604
Il movimento operaio | 17 |

LESSICO di ideologia, l’arte, la religione, ma anche la politica, cioè le istituzioni, la forma dello
Sovrastruttura
Stato, appartiene alla «sovrastruttura», a un ambito che dipende dai rapporti di pro-
Nella teoria politica di
Marx è il complesso duzione. Il pensiero umano, quindi, per Marx non è autonomo, non è una facoltà che
delle istituzioni politiche si esercita liberi da ogni condizionamento. E neppure l’azione politica lo è, poiché tut-
e giuridiche e delle forme to dipende dalla materialità dei bisogni e dall’evoluzione dei rapporti di produzione.
di coscienza morale,
filosofica e culturale Secondo Marx ed Engels, qualunque società umana è sempre stata caratteriz-
della società. zata dalla lotta fra le classi sociali. La classe che possiede i mezzi di produzione
si impadronisce anche del potere politico e organizza la società in modo tale da
«sfruttare» le classi dominate, cioè da costringerle a lavorare in cambio soltanto
di una parte del prodotto del loro lavoro. Il potere politico serve appunto a questo:
a obbligare le classi oppresse a subire lo sfruttamento. Tutta la politica ha sol-
tanto questo scopo e i partiti non sono altro che espressioni dei rapporti di classe.

Il sistema di sfruttamento capitalista


Marx giudica il capitalismo lo stadio finale dell’evoluzione generale dello sfrutta-
mento dell’uomo da parte dell’uomo. Il capitalismo, secondo lui, ha semplificato i
rapporti sociali, creando due sole classi: la borghesia e il proletariato. La borghesia
possiede i «mezzi di produzione», cioè il «capitale»: le fabbriche, le macchine, il
denaro necessario per farle funzionare, per pagare i salari, per movimentare le mer-
ci prodotte, e anche gli strumenti per permettere alla terra di produrre ricchezza. Il
proletariato, invece, non possiede altro che la sua forza lavoro, che deve vendere in
cambio del salario. Non ha più neanche i semplici attrezzi di cui disponeva l’arti-
giano e non ha modo di sopravvivere se non lavorando per la borghesia capitalista.
Marx studiava la prima forma di capitalismo, quella britannica, nella sua fase di
massimo splendore, in cui sembrava che il capitalismo tendesse a cancellare ogni
classe intermedia, creando una separazione totale fra gli sfruttatori e gli sfruttati.
Un meccanismo inesorabile coinvolgeva tutti i ceti intermedi – la «piccola borghe-
sia» –, che sembravano «proletarizzarsi», con la perdita di ogni forma di autono-
mia: la bottega artigiana spariva, così come il piccolo negozio, la piccola impresa,
la piccola azienda agricola. Questi ceti dovevano subire l’«alienazione» imposta
dalla società capitalista: la perdita degli strumenti materiali e culturali del proprio
lavoro, e quindi del controllo dei risultati del processo produttivo.

Karl Marx
e Friedrich Engels
esaminano le bozze di
pagina del giornale «Neue
Rheinische Zeitung»
a Colonia nel 1848.

Leggi l’immagine
• Di che cosa si
stanno occupando
Marx ed Engels?
• Quale funzione sim-
bolica ha la luce che
entra dalla finestra
sullo sfondo?
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Anche gli intellettuali diventavano ingranaggi della società capitalista. E pro-


prio nella rivoluzione del 1848 la piccola borghesia, compresa quella intellettuale,
aveva dimostrato, sia in Francia sia in Germania, la propria debolezza, l’incapacità
di contrapporre un progetto democratico al volto reazionario della grande borghe-
sia e alle spinte rivoluzionarie, ancora immature, della classe operaia.

Verso la rivoluzione del proletariato


I modelli di Stato liberale allora dominanti, quello britannico e quello francese,
offrivano la sovrastruttura perfetta alla società borghese: la libertà, l’uguaglianza
di tutti di fronte alla legge garantivano la concorrenza, togliendo ogni intralcio al
movimento delle merci, dei capitali, dei lavoratori. Era la libertà dello sfruttamen-
to, un’uguaglianza soltanto giuridica e formale, che eliminava ogni protezione dei
deboli, ogni impedimento al libero sviluppo dell’ineguaglianza di fatto. La borghe-
sia, una volta conquistato il potere politico, cioè una volta giunta – secondo Marx
– all’apice del proprio sviluppo storico, era ormai diventata chiusa, reazionaria.
Così però – e in questo consisteva la previsione rivoluzionaria marxiana – il
capitalismo stava determinando le condizioni della propria fine e della liberazio-
ne generale e definitiva dell’umanità, creando un proletariato immenso, uniforme,
ridotto in miseria, che non aveva più niente da perdere «se non le proprie catene».
Non sarebbe stata la rivoluzione proletaria ad abolire la proprietà privata: secon-
do Marx l’aveva già abolita di fatto il capitalismo, espropriando milioni di piccoli
e medi proprietari, per concentrarla in pochissime mani. Con la rivoluzione pro-
letaria, la classe operaia avrebbe liberato se stessa e abolito lo sfruttamento, cre-
ando una società senza classi. Occorreva dunque che «i proletari di tutti i Paesi»
si unissero (sono le parole che chiudono il Manifesto del Partito comunista) in un
grande movimento rivoluzionario che avrebbe liberato l’umanità intera. Questa ri-
voluzione sarebbe stata certamente violenta e avrebbe instaurato la «dittatura del
proletariato», necessaria per l’edificazione del «socialismo», in cui ognuno avrebbe
ricevuto per intero la porzione di ricchezza prodotta dal proprio lavoro. Ma questa
rivoluzione mondiale sarebbe stata l’ultima, perché alla fine avrebbe prodotto il
«comunismo», cioè una società civile perfetta, che non avrebbe più avuto bisogno
dello Stato, in cui ognuno avrebbe ricevuto dalla società secondo i propri bisogni.
Da Londra Marx lavorò incessantemente per l’unità del movimento operaio, an-
cora molto immaturo e diviso fra organizzazioni sindacali in formazione, società di
mutuo soccorso, leghe democratiche, anarchiche, esperienze utopiste. E proprio nella
capitale britannica diede un contributo decisivo alla fondazione, nel 1864, dell’Asso-
S1 La nascita ciazione internazionale dei lavoratori, detta anche Prima Internazionale, che operò
dell’Associazione
internazionale dei per dodici anni e rappresentò il primo grande palcoscenico del dibattito teorico e
lavoratori, p. 633 politico del movimento operaio. La Prima Internazionale non riuscì a sopravvive-
S2 La difficile
vita della Prima
re alle divisioni ideologiche interne e alle sconfitte politiche, ma fu anche la prima
Internazionale, p. 635 tappa di una storia destinata a modificare nel profondo il mondo contemporaneo.

LA RIVOLUZIONE SECONDO KARL MARX

• liberazione della classe operaia • internazionalismo


Rivoluzione
• abolizione dello sfruttamento • dittatura del proletariato
proletaria
• creazione di una società senza classi • instaurazione della società comunista

606
Il movimento operaio | 17 |

2 L’anarchismo, il comunismo
e la Prima Internazionale
Lo sviluppo del movimento anarchico
Il movimento operaio internazionale, in quegli anni, era profondamente influen-
F2 Il pensiero zato anche dal movimento anarchico. Gli anarchici rifiutavano ogni direzione poli-
anarchico secondo
tica, ritenendo che qualunque forma di comando, anche momentanea, fosse sem-
Michail Bakunin, p. 632
pre una negazione della libertà. Credevano che una rivoluzione violenta potesse
far nascere una società di uomini liberi e uguali, affrancati dallo sfruttamento, ma
non pensavano che l’organizzazione di questa rivoluzione potesse essere delega-
ta a un’élite dirigente. Per gli anarchici si doveva e si poteva arrivare molto presto
all’abolizione pura e semplice dello Stato, nonché di ogni partito e di qualsiasi isti-
tuzione politica. L’insurrezione liberatrice sarebbe avvenuta spontaneamente se la
propaganda e l’esempio fossero riusciti a trascinare il popolo.
Il maggiore esponente del pensiero anarchico o «libertario» fu il russo Michail
Bakunin (1814-76), per il quale solo un libero federalismo rivoluzionario e demo-
cratico avrebbe rappresentato una garanzia contro le involuzioni autoritarie nel-
le quali fatalmente cade ogni movimento politico organizzato. Tra gli ispiratori
dell’anarchismo ci fu anche il pensatore francese Pierre-Joseph Proudhon (1809-
65), uno dei dirigenti democratici del Quarantotto, che aveva avuto un peso im-
portante nella formazione di Bakunin.
Una parte del movimento anarchico imboccò la via del terrorismo, dell’azione
individuale violenta ed esemplare, per dimostrare che era possibile liberarsi degli
oppressori e che era a portata di mano l’eliminazione della ristretta minoranza di
«tiranni» dell’umanità. Verso la fine del XIX secolo non furono pochi i gesti terro-
ristici compiuti dagli anarchici per colpire «i potenti della Terra»: lo zar Alessan-
dro II (1881), i presidenti francese e statunitense, il re d’Italia Umberto I (1900:
▶ cap. 16, par. 8) caddero sotto il piombo dei terroristi, che divennero l’incubo del-
le polizie di tutto il mondo.

L’anarchismo e il movimento socialista russo


LESSICO In generale, il pensiero anarchico tendeva a una visione semplificata dei problemi so-
Anarchismo
Dottrina che sostiene
ciali e politici (in questo mostrandosi ben lontano dal socialismo che si riteneva essere
l’abolizione dello Stato scientifico di Marx ed Engels): credeva nella soluzione naturale dei conflitti una volta
e della proprietà privata che le forze spontanee del popolo si fossero liberate da ogni forma di oppressione, e
e prospetta una società
per questo si rivelò più adatto ai Paesi in cui lo sviluppo non aveva ancora prodotto
in cui il potere sia
decentrato e la ricchezza le complesse dinamiche dell’economia capitalista, come l’Italia, la Spagna o la Russia.
e i mezzi di produzione La Russia in particolare era un Paese molto arretrato dal punto di vista dello svi-
vengano affidati a
luppo industriale e nel quale le comunità contadine, povere ed egualitarie (e fino al
cooperative di lavoratori.
1861 sottoposte alla servitù della gleba), erano ancora estremamente vitali. La linea
Mir
Comunità contadine
politica di ispirazione anarchica che faceva leva su questa sorta di comunitarismo
russe costituitesi a fu rappresentata in Russia dai cosiddetti «populisti». I populisti erano intellettuali
partire dal XIV secolo; convinti che proprio dall’egualitarismo comunitario del popolo russo sarebbe nata
colpite dalla riforma
agraria degli inizi del
la società futura. Secondo loro, il comunismo era già in atto nella vita pratica delle
Novecento, vennero del tradizionali comunità rurali russe, i mir, che gestivano collettivamente la terra: bi-
tutto abolite durante la sognava quindi «andare verso il popolo» per trasformare l’innato senso contadino
rivoluzione del 1917.
della collettività in una più definita coscienza culturale e politica.

607
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Così il primo movimento socialista russo fu populista anarchico e si interessò


quasi esclusivamente del problema agrario. Nel 1874-75 migliaia di populisti si re-
carono nelle campagne per svolgere quest’opera, ma restarono del tutto incompresi
dai contadini e fallirono completamente. Nonostante ciò, la tendenza populista so-
LESSICO
pravvisse e nei primi anni del Novecento questo movimento si costituì in partito,
Nichilismo
Dal latino nihil, «nulla», il Partito socialista rivoluzionario, che visse fino alla rivoluzione del 1917 in con-
è una dottrina filosofi- trasto con i marxisti, per essere poi tragicamente represso durante la guerra civile.
ca che nega la realtà o Sempre in Russia, alcuni aspetti del pensiero anarchico vennero ripresi dal
determinati suoi aspetti;
il termine è venuto poi
nichilismo, una corrente di pensiero diffusa soprattutto fra gli strati giovanili. I
a indicare una corrente nichilisti rifiutavano drasticamente non solo il dispotismo politico e l’oppressio-
del pensiero sociale rus- ne sociale, ma anche le regole morali comunemente accettate. Fautori di un indi-
so di fine Ottocento che
prospetta la necessità
vidualismo assoluto e nemici di tutti gli obblighi imposti dalla società, i nichilisti
dell’azione, anche violen- incarnavano l’anima più estremista dell’anarchismo filosofico. A parte casi episo-
ta, in vista di un migliora- dici, tuttavia, non misero in atto un’iniziativa politica in senso stretto, che affron-
mento della società.
tasse organicamente i problemi sociali ed economici del Paese.

La breve esperienza della Prima Internazionale


A differenza degli anarchici e dei populisti, Marx non credeva affatto alle risorse
spontanee del popolo: se anche fossero mai esistite, erano state distrutte dallo svi-
luppo capitalista, che aveva tolto al proletariato la sua cultura tradizionale. Solo un
partito politico completamente nuovo, che esprimesse esclusivamente gli interes-
si della classe operaia, avrebbe potuto fare la rivoluzione e costruire il socialismo.
A questo scopo si impose la necessità di dare vita a un coordinamento dei mo-
vimenti operai, che andavano acquisendo una rilevanza politica e sociale nei pa-
esi in via di industrializzazione. L’iniziativa fu presa principalmente da militanti
inglesi, francesi, tedeschi e italiani.
La Prima Internazionale si riunì a Londra nel 1864. Marx, sebbene la corrente
da lui ispirata non fosse che una componente dell’associazione, redasse program-
ma e statuto, chiarendone gli intenti: creare una rete di solidarietà internazionale
del movimento dei lavoratori nella lotta per la liberazione dal dominio del capi-
tale. L’associazione ebbe rapido e grande successo, tanto che, di lì a qualche anno,
nacquero sezioni nazionali in Svizzera, Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna,
Paesi Bassi, Austria, Stati Uniti d’America.
All’interno dell’associazione convivevano fin dal principio diverse anime, in con-
trasto tra loro per il problema dell’organizzazione del movimento rivoluzionario.
Gli anarchici costituivano una componente molto importante, insieme a Mazzini,
a Ferdinand Lassalle, il padre del movimento operaio tedesco, e ad altri esponen-
ti del movimento democratico rivoluzionario. Marx era dunque solo uno fra i va-
ri dirigenti e il suo «socialismo scientifico» non era ancora divenuto egemone nel
movimento operaio.
I contrasti tra Marx e Bakunin si acuirono al punto che il congresso dell’Aja del
1872 decretò l’espulsione degli anarchici (ma anche la cessazione di fatto dell’at-
tività dell’Internazionale, sciolta formalmente nel 1876). In un documento del con-
gresso venne espressa la seguente posizione, antitetica ai convincimenti anarchici:
«Nella sua battaglia contro il potere collettivo delle classi possidenti, il proletariato
può agire solo costituendosi in partito politico opposto a tutti i vecchi partiti for-
mati dalle classi possidenti».

608
Il movimento operaio | 17 |

3 La Comune di Parigi
La nascita della Terza Repubblica
Nell’autunno del 1870 le truppe prussiane, dopo aver sbaragliato i francesi a Sedan,
erano arrivate a Parigi e l’avevano cinta d’assedio. Nella reggia di Versailles, sontuoso
simbolo della monarchia di Francia, i principi tedeschi avevano proclamato la ritro-
vata unità della Germania e avevano offerto la corona imperiale al re di Prussia Gu-
glielmo I ( ▶ cap. 14, par. 6). In seguito alla sconfitta, Napoleone III andò in esilio e in
Francia venne proclamata la Terza Repubblica (la prima era stata quella del 1792, la
seconda quella del 1848), che assunse un carattere radicale e giocò la vecchia carta
giacobina dell’appello al popolo. Come in passato, la Francia tornava a reagire a una
situazione di pericolo estremo con una mobilitazione democratica e repubblicana.
Il leader più rappresentativo di questa tendenza repubblicana e radicale alla di-
fesa nazionale fu Léon Gambetta, un deputato di origine italiana, che era stato tra
i capi dell’opposizione liberale durante il Secondo Impero. In realtà, più che porsi
alla guida di un movimento rivoluzionario, egli si mise in luce come animatore della
mobilitazione delle masse al fine di resistere a oltranza all’invasore. Nominato mi-
nistro degli Interni nel neonato governo di «difesa nazionale», guidò la resistenza
all’invasore e, per galvanizzare lo spirito repubblicano nel Paese, con grande co-
raggio personale e con senso della teatralità dell’azione, evase in mongolfiera dalla
capitale assediata dai prussiani. Il suo tentativo non riuscì e nel gennaio del 1871
il governo dovette chiedere l’armistizio ai prussiani.
Fu allora eletta a suffragio universale un’Assemblea nazionale a maggioranza
monarchica e pacifista, che, riunitasi a Bordeaux, diede vita a un governo guidato
da un esponente della vecchia classe dirigente dell’epoca di Luigi Filippo: Adolphe
LESSICO Thiers. Questo nuovo governo dovette firmare i trattati di pace, che costrinsero la
Indennità di guerra
Somma di denaro o
Francia a pagare un’enorme indennità di guerra e soprattutto a cedere alla Germania
insieme di beni materiali l’Alsazia e la Lorena. Tali condizioni, più dure di quelle imposte dopo la sconfitta
che, a conclusione di di Napoleone, apparvero insopportabili e inique poiché, a differenza che nel 1815,
un conflitto militare,
la parte sconfitta
questa volta era difficile attribuire alla Francia la responsabilità dell’aggressione. Il
deve corrispondere al Congresso di Vienna aveva avuto la saggezza di lasciare alla Francia sconfitta una
vincitore per riparare alle via di uscita onorevole; in questo modo, invece, Bismarck innescò una spirale na-
spese e ai danni causati.
zionalista che avrebbe a lungo alimentato motivi di rancore contro la Germania.

La Comune di Parigi
Intanto tra il popolo parigino, stremato dal lungo assedio e frustrato nelle speran-
ze di riscatto e di giustizia sociale, si diffondevano fermenti di rivolta. E fu proprio
per timore dell’agitato clima sociale e politico della capitale che il governo, ostaggio
della maggioranza parlamentare monarchica, si stabilì a Versailles.
Il 18 marzo 1871 a Parigi scoppiò l’insurrezione contro il governo nazionale e
venne proclamato, come nel 1793, il «Comune rivoluzionario»: la Comune («comu-
ne» in francese è un sostantivo femminile) si disponeva a resistere ai «versagliesi»
– provenienti da Versailles – come fino a poco prima Parigi aveva resistito all’as-
sedio dei prussiani. Le istituzioni cittadine della Rivoluzione ripresero spontanea-
mente vita: i parigini ricostituirono una Guardia nazionale in armi, ogni quartiere
elesse delegati che confluirono nella Federazione, un patto unitario di iniziativa
popolare, e nel Comitato centrale, l’assemblea municipale.

609
L’Hôtel de Ville
a Parigi distrutto
da un incendio
durante la Comune
nel maggio del 1871.

Nonostante lo sviluppo del sistema di fabbrica che aveva generato una classe
operaia ( ▶ cap. 7, par. 5), la maggior parte dei rivoluzionari ragionava ancora nei
termini del vecchio egualitarismo giacobino: essi non miravano a pianificare lo svi-
luppo di una società fondata sul lavoro industriale senza sfruttamento, ma solo a
offrire a tutti le stesse risorse e le stesse opportunità. La Comune era quindi legata
al passato piuttosto che al futuro. Aveva di nuovo messo all’ordine del giorno la li-
bertà, l’uguaglianza e la fraternità, ossia i valori chiave della Rivoluzione del 1789
piuttosto che del socialismo o, per meglio dire, aveva inteso costruire il socialismo
moderno utilizzando categorie ideologiche tipiche della democrazia giacobina.
Questa mescolanza fra parole d’ordine giacobine e speranza in un futuro im-
mediato di uguaglianza era impersonata da Louis-Auguste Blanqui, un dirigente
politico che aveva trascorso una lunga parte della sua vita in prigione. I comunisti
blanquisti credevano nella rivoluzione come esplosione immediatamente libera-
trice e risolutrice, dato che la loro cultura politica era sempre stata molto lontana
da mediazioni e tatticismi. La loro rivoluzione doveva essere il risultato naturale
della tendenza spontanea all’associazionismo democratico e ugualitario. Il popolo
lavoratore, con la rivoluzione si sarebbe liberato e rigenerato, in virtù della propria
naturale bontà e giustizia, realizzando la democrazia e l’uguaglianza.
Thiers scelse la linea dura e fece arrestare e fucilare il comandante della Guar-
dia nazionale. La Comune resistette due mesi sotto violenti bombardamenti, ma il
21 maggio l’esercito dei «versagliesi» penetrò nella capitale. La sete di vendetta dei
moderati e dei possidenti, che avevano temuto il completo sovvertimento dell’or-
dine sociale, diede corso a una repressione spietata e volutamente esemplare. In
una spaventosa «settimana di sangue» almeno 20.000 persone, tra le quali donne
e bambini, vennero passate per le armi. Numerosi furono i resistenti fucilati pres-
so quello che oggi è ricordato come «muro dei federati», da allora rimasto un luo-
go sacro per la sinistra francese, e diverse migliaia i deportati nelle colonie penali.
Dal canto loro anche i comunardi si erano macchiati di atrocità e avevano fucilato
magistrati, gendarmi e religiosi (compreso l’arcivescovo della città).
L’esperienza della Comune ebbe un’enorme importanza in un momento in cui
si andavano confrontando diverse ipotesi di azione politica del movimento ope-
raio internazionale. Nella Comune si ebbe una mescolanza ancora magmatica fra
diverse ispirazioni, vecchie e nuove, della quale Blanqui fu appunto la figura più
rappresentativa, anche se non aveva potuto personalmente raggiungere Parigi nei
giorni della battaglia. Il sanguinoso fallimento della rivoluzione parigina accelerò
il dibattito in corso e fu anche rispetto a esso che le diverse anime della sinistra
francese ed europea definirono le proprie identità e prospettive politiche.

610
Il movimento operaio | 17 |

blessés («Unione delle donne per la difesa di Parigi


UN ALTRO SGUARDO
e le cure ai feriti»), per la quale fu nominato un Con-
Le donne e la Comune di Parigi siglio provvisorio composto da Élisabeth Dmitrieff
(1850-1918), russa di origini aristocratiche, iscritta
Durante l’esperienza della Comune di Parigi, come all’Internazionale e in contatto con Marx, e da altre
era stato anche per la Rivoluzione francese, la parte- operaie. Scopi dell’Unione erano l’organizzazione di
cipazione delle donne fu significativa. In questo con- mense e ambulanze, il reperimento di vestiario e la
testo, tuttavia, le comunarde scelsero di privilegiare collaborazione con le commissioni governative per la
l’urgenza della causa rivoluzionaria, accantonando creazione di lavoro femminile.
le rivendicazioni femministe. Anche in quella esperien- Il 17 maggio l’Unione, in accordo con la Commissio-
za di alta partecipazione popolare e democratica, in- ne lavoro e scambio della Comune, lanciò un Appel
fatti, esse furono escluse dal diritto di voto – tanto aux ouvrières («Appello alle operaie») di Parigi invi-
che non poterono partecipare alle elezioni del Con- tandole a riunirsi per costituire Camere sindacali di
siglio della Comune – e da quello di portare armi ciascuna corporazione di lavoro, per dare in seguito
(fatte salve rarissime eccezioni). Spesso si occuparo- origine alla Camera federale di tutte le lavoratrici.
no dell’organizzazione di mense, di ambulanze e, tal- Il programma venne forzatamente annullato poiché
volta, di officine oppure della realizzazione di uniformi. l’esercito di Versailles era alle porte di Parigi e tutti,
Alcune comunarde rivendicarono anche la partecipa- donne e uomini, furono impegnati nei combattimenti.
zione a club misti o la costituzione di associazioni o In seguito alla disfatta, donne e uomini subirono una
club femminili – come quello delle Femmes patriotes terribile repressione, fatta di violenza, arresti e de-
– aventi come scopo la promozione dell’educazione portazioni. Le comunarde accusate ingiustamente di
femminile oppure la difesa dei diritti delle lavoratrici. avere incendiato Parigi usando petrolio, furono dette
Nell’aprile del 1871 venne fondata l’Union des pétroleuses, un appellativo dato in seguito a tutte co-
femmes pour la défense de Paris et les soins aux loro che cercarono di sovvertire l’ordine patriarcale.

La comunarda Louise Michel. Fotografia di Charles


Ernest Appert del 1871. Parigi, Musée Carnavalet.

Collega e confronta
1. Utilizzando un motore di ricerca online,
trova delle immagini che ritraggano le
pétroleuses. Scegline almeno tre che ti sem-
brano particolarmente rappresentative e
prepara una presentazione multimediale da
esporre alla classe: contestualizza le imma-
gini e chiarisci quali caratteristiche femmini-
li, positive o negative, vengono sottolineate.
2. Le donne in armi hanno rappresentato fin
dall’antichità delle eccezioni in un mondo
come quello militare dominato dagli uomi-
ni; eppure non sono mancati gli esempi sia
storici che letterari: fra i primi si può citare
Giovanna d’Arco; fra i secondi il personag-
gio di Clorinda della Gerusalemme Libera-
ta, quello di Camilla nell’Eneide di Virgilio o
ancora il mito delle Amazzoni. Lavorando
in gruppi, scegliete una figura letteraria
di donna in armi: rileggete i brani che ne
parlano, analizzatene le caratteristiche fisi-
che e psicologiche con le quali sono state
delineate e infine confrontatevi, discuten-
done in classe.

611
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

4 La Seconda Internazionale
I partiti socialisti e la Seconda Internazionale
La patria del socialismo (o «socialdemocrazia») e della classe operaia divenne in-
vece la Germania, che, a partire dagli anni Ottanta, si pose all’avanguardia nello
sviluppo capitalistico, sopravanzando per molti aspetti la stessa Inghilterra. La Spd,
il Partito socialdemocratico tedesco, venne fondata nel 1875 e in breve tempo di-
venne un grande partito di massa, benché inizialmente costretto alla semiclan-
destinità dalle leggi repressive vigenti in Germania ( ▶ cap. 14, par. 5). Verso la fine
del secolo raggiunse i 400.000 iscritti, controllava centinaia di quotidiani e incre-
mentava rapidamente la propria rappresentanza in Parlamento.
La socialdemocrazia rappresentò così un fenomeno totalmente innovativo nel
panorama del movimento operaio internazionale. Fra gli anni Ottanta e Novan-
ta, anche negli altri Stati europei sorsero partiti socialisti. In alcuni casi più d’u-
no, come in Francia, dove agivano i socialisti marxisti ortodossi, quelli blanquisti,
quelli «rivoluzionari» (spontaneisti e filoanarchici), quelli «possibilisti» (orienta-
ti alla rappresentanza democratico-parlamentare delle istanze del proletariato).
Nel complesso, però, il marxismo aveva conquistato una posizione egemonica
nel movimento operaio internazionale e tale egemonia avrebbe costituito per un
secolo uno degli aspetti più importanti del mondo contemporaneo, dal punto di
vista politico, sociale e culturale. Secondo il pensiero marxista la rivoluzione cessa-
va di essere spontanea e immediata – come sostenevano invece gli anarchici – per
diventare il complesso progetto di un futuro da costruire, un progetto che preve-
deva l’acquisizione di posizioni di forza all’interno della società classista borghese.
In quest’ottica diventava decisivo il ruolo dell’organizzazione politica del proleta-
riato, il partito socialista appunto.
Nel 1889, a Parigi, prese di nuovo vita l’Internazionale. La Prima Internazionale
si era dotata di una struttura dirigente, ma le sue diverse componenti non erano
riuscite a convergere su un punto di riferimento politico indiscutibile. Nella Secon-
da Internazionale socialista, invece, il Partito socialdemocratico tedesco assunse
un ruolo preminente e unificatore, grazie alla sua forza e al suo modello organiz-
zativo. Tra i primi atti della Seconda Internazionale vi furono la proclamazione del
primo maggio quale giornata mondiale di lotta di tutti i lavoratori e la richiesta
delle otto ore lavorative.

LA SECONDA INTERNAZIONALE

destra revisionista (Bernstein):


egemonia dei
• collaborazione con le forze democratiche
socialdemocratici
• riforme politiche e sociali
Seconda marxisti
Internazionale
(1889-1914) centro (Kautsky):
divisioni interne • rivoluzione non imminente
• organizzazione più solida del partito socialista

sinistra rivoluzionaria (Luxemburg):


• rivoluzione imminente
• politica anti-imperialista

612
Il movimento operaio | 17 |

Gli altri partiti socialdemocratici si affrettarono ad aderire all’Internazionale,


sforzandosi di conciliare le differenze. I socialisti francesi si unificarono nel 1905
nella Sfio (Section française de l’Internationale ouvrière, «Sezione francese dell’In-
ternazionale operaia»). In Italia, dopo una prima esperienza socialista negli anni
Ottanta col Partito operaio, caratterizzato da un programma e da una struttura ri-
gorosamente operaistici, nel 1892 fu fondato il Partito dei lavoratori italiani, pri-
ma denominazione del Partito socialista italiano ( ▶ cap. 16 par. 5). E così avvenne
in Belgio, in Austria, nei Paesi scandinavi.

Le divisioni all’interno della Seconda Internazionale


La prevalenza del marxismo non impedì, comunque, il risorgere di contrasti ideolo-
gici e politici nel movimento dei lavoratori. In Russia i socialdemocratici restarono
a lungo più deboli dei socialrivoluzionari, in Spagna non riuscirono a prevalere sul-
le potenti organizzazioni anarchiche, e in Inghilterra e negli Stati Uniti non riusci-
rono a sostituirsi alle organizzazioni tradizionali, fondate sulla forza dei sindacati.
All’interno della stessa Internazionale si formò ben presto una destra «revisio-
nista», capeggiata da Eduard Bernstein, che sosteneva la necessità di «rivedere»
un punto essenziale del pensiero di Marx, secondo il quale il capitalismo produ-
ce la miseria della classe operaia e le condizioni della propria crisi finale. Secondo
Bernstein si poteva invece osservare la capacità del sistema capitalistico di supe-
rare le proprie contraddizioni e di migliorare le condizioni di vita delle masse. In
tal caso i socialdemocratici avrebbero dovuto puntare non sulla rivoluzione, ma
sull’alleanza con le altre forze democratiche e progressiste, e prepararsi non alla
dittatura del proletariato ma a riforme politiche e sociali da ottenere al più presto.

Sciopero. Lo sciopero è una forma organizzata di


LA STORIA NELLE PAROLE
astensione dal lavoro divenuta ricorrente come for-
Le parole della lotta operaia: ma di protesta dei lavoratori salariati nel corso del
sindacato e sciopero XIX secolo. L’etimologia del termine si può ricondur-
re all’unione della preposizione latina ex con il verbo
Sindacato. Il termine «sindacato» è di origine francese operare, con il significato di «lavorare al di fuori di».
(syndicat ) e deriva dal greco sýndikos, che indicava Lo sciopero fu inizialmente utilizzato nei Paesi in via
una sorta di avvocato, un rappresentante. I sindaca- d’industrializzazione per rivendicazioni salariali e nor-
ti sono associazioni di lavoratori che si costituiscono mative, ma la sua legittimità non fu subito riconosciuta
per tutelare gli interessi collettivi dei gruppi di riferi- dai governi: venne infatti vietato e ritenuto un reato
mento. Sono un prodotto della società industriale, di cospirazione sia nel Regno Unito sia in Francia,
poiché nascono con lo sviluppo del lavoro operaio ciclicamente considerato un reato in tutta Europa tra
concentrato nelle fabbriche. XIX e XX secolo, mentre in Italia fu ammesso solo nel
I primi sindacati comparvero in Gran Bretagna nel 1889 e soppresso in epoca fascista.
XVII secolo nella forma di società di assistenza e di Col tempo, lo sciopero fu usato anche per rivendi-
mutuo soccorso; successivamente, con la nascita cazioni politiche, come il diritto di voto oppure l’op-
delle Trade Unions, si potenziò l’aspetto di contratta- posizione alla guerra, soprattutto nella forma dello
zione salariale e di tutela della forza lavoro. Nella sciopero generale.
seconda metà dell’Ottocento, con l’industrializzazio- Di particolare rilevanza è lo sciopero generale e in-
ne, i sindacati si diffusero in tutta Europa e vennero ternazionale indetto in occasione della festa dei la-
riconosciuti giuridicamente. Il loro intento è la di- voratori, proclamata per la volta il primo maggio
fesa degli interessi del gruppo che rappresentano e del 1890. Da allora in poi quella data divenne una
il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. ricorrenza simbolica per i lavoratori di tutto il mondo.

613
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Sul versante opposto si delineò nell’Internazionale una sinistra radicale guidata


da Rosa Luxemburg (1870-1919). La sinistra riteneva vicina la rivoluzione, poi-
ché il capitalismo stava scaricando le proprie contraddizioni all’esterno dei Paesi
industrializzati e stava assumendo il volto di un coacervo di imperialismi contrap-
posti ed estremamente aggressivi, capaci di scatenare un conflitto terribile per il
controllo del mondo. I socialisti avrebbero perciò dovuto opporsi ai nazionalismi
e alla guerra imperialista, e trasformare l’internazionalismo proletario pacifista in
lotta rivoluzionaria: «guerra alla guerra» sarebbe stato il loro slogan.
La maggioranza dell’Internazionale si tenne al centro, aderendo alle tesi del leader
della socialdemocrazia tedesca, Karl Kautsky (1854-1938). Sul capitalismo Kautsky
non riteneva che esso fosse in grado di risolvere i propri problemi, ma neppure che
il suo crollo fosse imminente. La rivoluzione sarebbe necessariamente arrivata (e
quindi andava rifiutata l’alleanza con i partiti borghesi), ma non in tempi prossimi.
Poco serviva affrettarla o prepararla, così come non serve favorire un grande feno-
meno naturale; occorreva invece prepararsi all’edificazione del socialismo, attraverso
la solida organizzazione del partito. Kautsky, rassicurante e conservatore, godeva
di un largo seguito politico. Per lui non bisognava né rinunciare alle proprie convin-
zioni né gettarsi nell’avventura rivoluzionaria, ma confidare nella crescita regolare e
ineluttabile del movimento operaio e lasciare che il capitalismo si logorasse da sé. La
tragedia della guerra mondiale gli avrebbe dato drammaticamente torto.

LE FONTI Nel 1889, a Parigi, nacque la Seconda In-


ternazionale socialista.
Il programma della Si riporta la parte del suo programma de-
Seconda Internazionale dicata all’azione politica del proletariato.
Leggi in digitale
il testo Indirizzo Nella convinzione che l’emancipazione del lavoro e dell’umanità può
inaugurale della Prima derivare soltanto dal proletariato internazionalmente organizzato come
Internazionale di classe che si conquisti il potere politico per attuare l’espropriazione del
Karl Marx.
capitalismo e l’appropriazione sociale dei mezzi di produzione. […]
• Perché è importante
che le classi operaie Considerando che le relazioni dei delegati di tutti i paesi a questo
si organizzino in congresso hanno dimostrato che le semplici organizzazioni economiche
partiti politici? dei lavoratori (Trade Unions e simili associazioni) non bastano
• Qual è l’elemento
potenziale di
all’emancipazione della classe lavoratrice, mentre l’agitazione per la
successo che riduzione delle ore lavorative, per la limitazione del lavoro delle donne e
detengono le classi dei fanciulli e per le norme per la tutela del lavoratore si è dimostrata un
operaie? mezzo utile a destare nei lavoratori la coscienza di classe, indispensabile
premessa per l’emancipazione autonoma della classe lavoratrice; […]
il congresso internazionale di Parigi stabilisce che:
1. In tutti i paesi in cui i proletari siano in possesso del diritto di voto essi
dovranno entrare a far parte del partito socialista e […] mediante la scheda
elettorale, forti del diritto da loro concesso dalle rispettive costituzioni,
promuoveranno la conquista del potere politico;
2. In tutti i paesi dove vengono negati ai proletari il diritto di voto e gli altri
diritti costituzionali, essi dovranno cercare di conquistarsi il diritto di voto
con tutti i mezzi possibili […].
(da A. Agosti, Le internazionali operaie, Loescher, Torino 1974, pp. 64-66)

614
Il movimento operaio | 17 |

5 Laburismo e sindacalismo
Le peculiarità del movimento operaio in Gran Bretagna
In Gran Bretagna il socialismo marxista non attecchì e non nacque un partito di
classe, inteso come rappresentante degli interessi dell’intera classe operaia. La Gran
Bretagna era stata la culla del sistema capitalista ma, a partire dal fallimento del
cartismo ( ▶ cap. 13, par. 4), il movimento operaio inglese era apparso poco inte-
ressato a uno sbocco politico rivoluzionario e si era invece affermato il modello
del movimento sindacale.
Ma anche in campo sindacale gli operai inglesi seguirono una strada diversa dagli
altri. I sindacati inglesi, le Trade Unions, erano all’origine piccole organizzazioni di
mestiere e nella seconda metà dell’Ottocento cominciarono a inquadrare categorie
di lavoratori sempre più numerose, come i meccanici, i carpentieri, i minatori e i
tessili. Le Trade Unions furono presto legalizzate e venne loro riconosciuto il dirit-
to di sciopero e di contrattazione collettiva; nonostante ciò, rimasero organizza-
zioni molto chiuse, che difendevano solo i propri membri e non la classe operaia
in generale, alle quali bisognava versare una quota di iscrizione piuttosto elevata
e che non si ponevano affatto l’obiettivo rivoluzionario.
L’Internazionale socialista giudicava le Trade Unions inglesi espressione di un’«ari-
stocrazia operaia», una frangia privilegiata della classe operaia internazionale, chiu-
sa in se stessa e favorita dalla posizione imperialista che l’Inghilterra occupava nel
mondo, dalla quale tutti gli inglesi, in misura maggiore o minore, traevano qualche
LESSICO beneficio. In realtà i lavoratori inglesi non erano affatto spoliticizzati, al contrario
Classismo
Concezione
erano impegnati e militanti; piuttosto non condividevano una cultura classista, in
materialistica che quanto la loro mentalità era profondamente influenzata dal pensiero religioso. La
riconosce nella divisione sinistra britannica era infatti ancora intimamente puritana, in quanto pensava la
in classi della società
la sola chiave di
politica attraverso categorie derivate dalla morale calvinista: non lottava per una
interpretazione davvero società socialista, ma per il riconoscimento della dignità della persona umana, che
efficace dei fenomeni prescindeva dall’uguaglianza rispetto alla proprietà dei mezzi di produzione, e per
sociali e storici.
strutture politiche fondate su severi princìpi morali e sulla semplicità evangelica.
Le Trade Unions cominciarono a trasformarsi profondamente alla fine del secolo:
nel 1889 l’attività nel porto di Londra rimase paralizzata per più di un mese da un
grande scontro sindacale, in cui la Union dei dockers (i lavoratori portuali) ottenne
la vittoria, grazie anche al sostegno dell’opinione pubblica. Nel decennio succes-
sivo l’arma dello sciopero divenne un incentivo alla crescita delle organizzazioni
sindacali. Così, negli stessi anni in cui in Germania il movimento operaio cresceva
politicamente, in Gran Bretagna cresceva sindacalmente.

Il partito laburista britannico


Il problema di una rappresentanza politica dei lavoratori, autonoma dal vecchio
Partito liberale, si pose in Gran Bretagna più tardi rispetto agli altri Paesi industria-
lizzati. Solo nel 1906 nacque un partito autonomo dei lavoratori, che, a differen-
za dei suoi corrispettivi nel continente, non si chiamò socialista ma «laburista» –
Labour Party, «Partito del lavoro» – e fu diretta espressione delle Unions. Si tratta-
va insomma di una confederazione sindacal-politica, a cui non si poteva aderire
indipendentemente dal lavoro svolto, ma solo collettivamente e automaticamente,
attraverso l’appartenenza al proprio sindacato di categoria.

615
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

La soluzione inglese di una rappresentanza politica degli interessi di categoria


modificava l’idea socialista e la stessa concezione della politica e della democrazia.
Non veniva infatti posto il problema tipico della tradizione socialista continentale
(tanto francese che tedesca) di progettare la trasformazione istituzionale e sociale
secondo un piano preciso e unitario, ma solo quello di garantire ai lavoratori un
peso politico nella contrattazione con gli interessi di altri gruppi sociali. La tra-
sformazione della società sarebbe stata una conseguenza dell’accresciuta rilevanza
politica dei lavoratori, non di un progetto teorico preordinato.
Gli intellettuali laburisti erano anch’essi convinti che l’esito finale sarebbe sta-
to una società senza classi e senza sfruttamento e che il capitalismo andasse ver-
so il disastro, ma rifiutavano completamente le idee rivoluzionarie dei marxisti.
Alcuni di loro ritenevano che contro lo sfruttamento bisognasse prendere tempo,
come aveva fatto Quinto Fabio Massimo, «il Temporeggiatore», contro Anniba-
le e per questo, già nel 1884, avevano fondato una loro organizzazione chiamata
Fabian Society («Società dei fabiani»).
I laburisti – di cui i fabiani costituivano il nucleo intellettuale – avevano insom-
ma dei punti in comune con Kautsky: come lui pensavano che la crisi del capitali-
smo fosse un fenomeno naturale e inesorabile e che a nulla valesse affrettarla. Ma
Lo sciopero
dei portuali londinesi a differenza di Kautsky e dei socialdemocratici dell’Internazionale il progetto del
nel 1889. Labour non si fondava sul partito, bensì sulla pratica sindacale.

616
Il movimento operaio | 17 |

Il movimento sindacale e l’anarchismo


Nell’ultimo ventennio del secolo, proprio la lotta sindacale fu il terreno sul quale,
nell’Europa continentale, si riversò la tradizione anarchica, volta a costruire su-
bito la democrazia operaia con la violenza dello sciopero, con l’«azione diretta»,
come si diceva.
L’anarco-sindacalismo, o «sindacalismo rivoluzionario», non ne voleva sapere
dei partiti socialisti e nemmeno delle burocrazie sindacali, sia perché rifiutava per
principio l’irreggimentazione dall’alto del movimento operaio, sia perché l’accet-
tazione del riformismo da parte di partiti e sindacati gli appariva un atto di resa al
sistema capitalistico-borghese.
Il sindacalismo anarchico credeva invece nella lotta che sgorgava spontanea dal-
le assemblee operaie di base e che affidava la conduzione del conflitto a delegati
rigidamente controllati dal basso; questo movimento si proponeva di far divam-
pare un grande conflitto sociale che avrebbe abbattuto il capitalismo e mostrato
concretamente come si poteva prefigurare la società futura, fatta di consigli ope-
rai che si autoregolavano.
Questa concezione si differenziava perciò in maniera piuttosto netta dalla demo-
crazia liberale, fondata sulla rappresentanza delle volontà individuali, ed esaltava
invece un tipo di democrazia «consiliare», fondata sulle tradizioni comunitarie del
popolo. La democrazia non doveva cioè consistere nella rappresentanza (mediata
dai partiti e dal Parlamento) degli interessi di singoli individui-cittadini, ma piut-
tosto nell’associazione spontanea di uomini e donne che si associavano a partire
da ciò che li accomunava, le loro radici, le loro tradizioni, i loro bisogni concreti.
Si trattava di una particolare idea di democrazia, tradizionalista e partecipativa,
che produceva un’esaltazione della violenza e che, in alcuni casi (per esempio nel
pensatore francese Georges Sorel), spingeva l’anarco-sindacalismo nel campo dei
nemici più accaniti della tradizione liberale.
Nel XX secolo la critica degli anarco-sindacalisti alla democrazia liberale, in-
sieme a tendenze di pensiero dichiaratamente ostili a qualunque forma di de-
mocrazia, sarebbe confluita nella giustificazione teorica dell’abbattimento vio-
lento dello Stato liberale borghese, che portò in Italia e in Germania alla nascita
di Stati autoritari.

LABURISTI E SINDACALISTI-ANARCHICI

Labour Party Sindacalisti-anarchici

partito autonomo dei lavoratori ostili all’idea di partito e


fondato nel 1906 organizzazione burocratica

• espressione diretta delle Unions • favorevoli alla lotta spontanea


• garantire ai lavoratori un peso nata dalle assemblee operaie
politico • contrari alla democrazia
• lontano dalle idee rivoluzionarie rappresentativa
marxiste • favorevoli alla associazione
spontanea di uomini e donne

617
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

6 Il movimento operaio e i cattolici


LESSICO La graduale apertura della Chiesa alla «questione sociale»
Anticlericalismo
Atteggiamento di chi si
Il nuovo papa Leone XIII (1878-1903), succeduto a Pio IX, si mostrò ben più aper-
oppone politicamente al to del suo predecessore e disposto a prendere in considerazione le grandi trasfor-
clero, ossia è contrario mazioni in corso nel mondo moderno. I cattolici ne trassero un notevole impulso
alla concessione o
alla tutela di privilegi
a raccogliere la sfida che veniva dalla «questione sociale», cioè le condizioni di vi-
per gli ecclesiastici ta delle masse operaie, e dalla loro crescente politicizzazione. Leone XIII, pur non
e all’applicazione dei sconfessando il Sillabo ( ▶ cap. 16, par. 2), non oppose più un rifiuto pregiudiziale
princìpi della Chiesa
nell’ordinamento civile.
al liberalismo e al principio politico della volontà popolare (inaccettabili «errori»
dell’Età moderna, secondo il Sillabo), mentre rimase netta la condanna del socia-
lismo e del comunismo. In questo modo la Chiesa cercò di recuperare le posizioni
perdute in vari Paesi europei durante il papato reazionario di Pio IX.
In Italia le posizioni intransigenti assunte dalla Chiesa non furono revocate, ma
il divieto ai cattolici di partecipare alla competizione politica dello Stato «usurpa-
tore» venne ammorbidito dal permesso di parteciparvi a livello locale. In Francia,
dove lo Stato aveva affermato il laicismo come un vero credo politico, Leone XIII
non riuscì a recuperare l’influenza perduta, perché fra gli intellettuali si era raffor-
zato l’anticlericalismo, dal momento che i cattolici francesi si erano legati al Se-
condo Impero e poi al regime reazionario che aveva soffocato la Comune. La Chiesa
era stata esclusa dalla sfera pubblica e dalla scuola statale, il Concordato del 1801
( ▶ cap. 10, par. 7) era stato revocato. In Germania, invece, fu raggiunto un accordo
con Bismarck per superare lo scontro del Kulturkampf ( ▶ cap. 14, par. 5). Ormai il
I poveri sui gradini
del convento di governo tedesco temeva i socialisti molto più dei cattolici, che potevano risultargli
Aracoeli a Roma. preziosi nel caso di un violento scontro di classe.
Dipinto di Federico Ma era soprattutto il ritardo della dottrina sociale della Chiesa che rischiava di
Zandomeneghi
del 1872. Milano, aprire un problema grave, soprattutto in rapporto al movimento operaio. Era or-
Pinacoteca di Brera. mai evidente che quest’ultimo non si poteva più ridurre all’azione di uno sparu-

618
Il movimento operaio | 17 |

to gruppo di sovversivi e che si era ormai trasformato in un grande movimento di


popolo deciso a ottenere condizioni di vita più umane. La Chiesa, di conseguen-
za, non poteva ignorare questa domanda di giustizia sociale né lasciare che essa
venisse gestita da ideologie laiche o dichiaratamente atee: rischiava di rinnegare
una parte importante della propria dottrina e di vedere compromessa la propria
funzione pastorale.

La Rerum Novarum e la terza via fra socialismo e capitalismo


La risposta a tale problema venne nel 1891 con l’enciclica Rerum Novarum «sul-
la condizione delle fabbriche», nella quale Leone XIII indicava la via della compo-
sizione pacifica dei conflitti di lavoro, facendo appello alle tradizioni corporative
imperniate su un’idea di solidarietà cristiana. I lavoratori non dovevano organiz-
zarsi contro i padroni ma con i padroni, per trovare insieme le soluzioni ai proble-
mi sociali. In questo modo venivano inequivocabilmente ribaditi sia la legittimità
della proprietà privata sia il rifiuto della lotta di classe.
Ma alla condanna integrale del socialismo l’enciclica aggiungeva anche critiche
agli eccessi del capitalismo liberista, con la denuncia della «concorrenza sfrena-
ta» che lasciava i lavoratori «senza difesa alla mercé di padroni inumani». Lo Sta-
to era chiamato a intervenire per sanare le situazioni più gravi, ma dovevano es-
sere soprattutto le associazioni professionali e corporative, gli enti assistenziali e
di mutuo soccorso (anche di carattere sindacale) a incaricarsi di comporre pacifi-
camente i conflitti, in vista dell’interesse comune e superiore costituito dalla con-
ciliazione sociale.
Con la Rerum Novarum la Chiesa cattolica forniva un’alternativa articolata e glo-
bale alle organizzazioni socialiste e sindacali, e indicava una terza via fra socialismo
e capitalismo, di mediazione pacifica dei conflitti, di accettazione dell’inuguaglian-
za nel rafforzamento delle comunità corporative e nel ripristino delle tradizioni
nazionali. Questa via si sarebbe rivelata impraticabile, ma avrebbe permesso alla
Chiesa di assecondare le posizioni sia dei lavoratori sia dei dirigenti nei momenti
più aspri dello scontro sociale.

Il sindacalismo cattolico e le proposte dei «modernisti»


La posizione assunta da Leone XIII era relativamente avanzata. La Chiesa non si
schierava più pregiudizialmente dalla parte della conservazione sociale, ma spo-
sava una cauta apertura al rinnovamento e nei Paesi cattolici, particolarmente
in Italia, questa svolta nella dottrina sociale della Chiesa apriva la possibilità di
LESSICO una partecipazione attiva dei lavoratori cattolici alla vita politica e sindacale. E
Corporativismo
Dottrina sociale che ciò anche se l’iniziativa cattolica nel mondo del lavoro, prendendo a modello un
tende al superamento corporativismo imperniato su un dovere di solidarietà di tipo morale (diverso
dei contrasti di classe dalla coscienza politica di appartenere alla classe degli sfruttati), si dimostrava
e alla collaborazione
tra le parti sociali. Fu
tradizionalista e legata a schemi mentali tipici della civiltà preindustriale. Essa ri-
rielaborata in senso fiutava inoltre la scelta dell’internazionalismo. In seguito a questa svolta si molti-
antidemocratico sotto plicarono ovunque leghe e sindacati «bianchi», così come iniziative assistenziali
il regime fascista,
che impose un unico
cattoliche, che entrarono in competizione con le organizzazioni operaie finaliz-
sindacato per lavoratori zate alla lotta di classe.
e datori di lavoro e vietò La relativa apertura alla modernità arrivava appena in tempo per scongiurare il
lo sciopero.
disastro che aveva rischiato di provocare l’intransigenza di Pio IX, sotto il cui pon-

619
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

tificato la Chiesa non soltanto si era isolata rispetto ai governi dei maggiori Paesi
europei, ma stava anche andando incontro a una grave crisi interna. Infatti nello
stesso mondo cattolico si produsse, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, una
frattura assai profonda con la nascita del modernismo, un eterogeneo movimento
di pensatori cattolici, soprattutto italiani e francesi. I modernisti criticavano l’ar-
roccamento della cultura ecclesiastica su posizioni anacronistiche e si adoperavano
per svecchiare le posizioni dottrinali della Chiesa, ben oltre le prudenti innovazioni
di Leone XIII: operarono sia in campo teologico e filosofico (talvolta contrastando
l’ortodossia) sia in ambito politico e sociale.
In quest’ultima direzione il modernismo fu attivo particolarmente in Italia, dove
i cattolici costituivano una forza politica potenzialmente immensa, ma ai margini
dell’impegno civile. Il maggior rappresentante del modernismo italiano fu Romo-
lo Murri, un sacerdote che si fece sostenitore di un’idea di «democrazia cristia-
na» intesa come un vero e proprio partito, che avrebbe dovuto farsi rappresentante
dell’impegno diretto e coerente dei cattolici nella vita politica.
Tollerato da Leone XIII, il modernismo fu sconfessato e dichiarato eretico nel
1907 dal suo successore, Pio X (1903-14). Il ripiegamento della Chiesa su posizioni
più tradizionaliste dimostrava il suo ritardo e il suo atteggiamento contraddittorio
rispetto alle spinte che provenivano dalle trasformazioni sociali e politiche in corso.

Nell’enciclica Rerum Novarum, Leone XIII espone


LE FONTI
l’ideale tradizionale di una società «corporata», nel-
La dottrina sociale la quale le varie componenti si armonizzano fra loro
della Chiesa nella come «le varie membra» nel corpo umano. Il passo
riportato tocca il nodo cruciale del diritto alla pro-
Rerum Novarum prietà privata portando argomentazioni a suo favore.

A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l’odio dei


ricchi, pretendono doversi abolire la proprietà, e far di tutti i particolari
patrimoni un patrimonio comune da amministrarsi per mano dello Stato.
Ma questa via, anziché risolvere la contesa, non fa che danneggiare gli
stessi operai.
E in vero non è difficile capire che lo scopo del lavoro, il fine che si
propone l’artigiano, è la proprietà privata. Con il rendere comune pertanto
ogni proprietà individuale, i socialisti, togliendo all’operaio la libertà di
reinvestire le proprie mercedi [i propri compensi], gli rapiscono il diritto
e la speranza di aumentare il patrimonio domestico e di migliorare il
proprio stato, e ne rendono perciò più infelice la condizione. Il peggio si
è che il rimedio da costoro proposto è una patente [evidente] ingiustizia,
giacché diritto di natura è la proprietà privata.
Principalissimo dovere dei governi è, per via di savie leggi, assicurare la
proprietà privata. Oggi specialmente in tanto ardore di sfrenate cupidigie,
bisogna che le plebi siano tenute a dovere, perché se a esse giustizia
consente di adoperarsi a migliorare le loro sorti, né la giustizia né il
pubblico bene consentono che si rechi danno ad altri nella roba e sotto
colore di non so quale eguaglianza s’invada l’altrui.
(da L’enciclica «Rerum Novarum», a cura di mons. G. Antonazzi,
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1957, pp. 206-207)

620
Il movimento operaio | 17 |

7 Il socialismo in Italia
LESSICO Le difficili condizioni di braccianti e mezzadri
Paternalismo
Alla fine del XIX secolo l’Italia non era ancora un Paese industrializzato come l’In-
Atteggiamento proprio
di un governo, di un ghilterra, la Francia o la Germania, sicché non aveva una numerosa classe operaia
sovrano o anche di un e una tradizione sindacale; solo a Milano cominciava a nascere un primo nucleo
datore di lavoro che
del proletariato di fabbrica. I problemi sociali più drammatici venivano quindi dal
concede ai sottoposti,
senza riconoscere variegato mondo delle campagne.
i loro diritti, dei Nella Pianura padana la trasformazione in senso capitalista dell’agricoltura era
provvedimenti favorevoli,
ormai molto avanzata e il bracciantato – sia al Nord sia al Sud – rappresentava una
presentandoli come atti
di benevolenza. realtà generalmente diffusa. I braccianti sono lavoratori agricoli che, non posseden-
do e neppure potendo affittare la terra sulla quale lavorano, vengono assunti e licen-
ziati in qualità di operai agricoli, secondo le esigenze della produzione. L’agricoltu-
ra padana era in pieno sviluppo, ma i braccianti non ne ricavavano alcun beneficio.
Il loro lavoro era precario e le loro condizioni di vita durissime: non godevano di
alcuna garanzia ed erano i primi a pagare il prezzo delle crisi del mercato agricolo.
Anche le condizioni dei mezzadri dell’Italia centrale non erano facili, perché
dovevano cedere al proprietario metà del raccolto e spesso, non essendo in grado
di assolvere ai loro obblighi, si indebitavano nei suoi confronti, entrando in uno
stato di completa dipendenza economica e sociale.
Al Sud il latifondo impiegava lavoro bracciantile e nel complesso rimaneva una
struttura paternalista, che bloccava i rapporti di lavoro e di possesso della terra in
una situazione di arretratezza spaventosa, manteneva il controllo sui contadini e
non produceva sviluppo economico e sociale. Di conseguenza l’agricoltura latifon-
dista non cresceva affatto e non reggeva la concorrenza internazionale, mentre le
condizioni di vita dei contadini non registravano alcun progresso.
Il latifondo siciliano era particolarmente arretrato e la questione dei «patti agra-
ri», riguardante il tipo di contratto che legava il proprietario e il coltivatore – sta-
Contadini intenti bilendone la durata, quanto doveva investire il proprietario e quanto il contadino,
ad arare un campo. a chi spettavano le migliorie, come ripartire gli attrezzi, il prodotto ecc. –, divenne
Dipinto di Giovanni un problema politico nazionale. Una commissione di parlamentari esperti fu in-
Segantini del 1890.
Monaco, Neue caricata di affrontare la questione, ma non intaccò il potere dei latifondisti, che in
Pinakothek. Sicilia erano ancora chiamati «feudatari» o «baroni».
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

I primi movimenti socialisti e la questione agraria


Il socialismo italiano nacque da queste due grandi esperienze di miseria e di lotta:
il lavoro dei braccianti nella Pianura padana e la condizione dei contadini siciliani.
Il primo rappresentante politico della protesta sociale a entrare in Parlamento,
nel 1882, fu Andrea Costa, deputato della Romagna, una delle zone più arretrate
del Paese, e fondatore del settimanale «Avanti!».
Costa, abbandonate le sue iniziali posizioni anarchiche e diventato marxista,
dopo aver conosciuto una socialista russa profuga in Occidente, Anna Kuliscioff,
scrisse una lettera «agli amici di Romagna» al fine di indurre il movimento conta-
dino anarchico ad abbracciare l’ideologia socialista e riformista, a rinunciare alla
rivoluzione immediata e spontanea per impegnarsi invece nella costruzione di un
partito politico. Anna Kuliscioff fu la prima donna dirigente del movimento ope-
raio italiano e la prima a combattere una battaglia femminista. Dopo essersi sepa-
rata da Costa, si unì al milanese Filippo Turati, che divenne e rimase per decenni
il leader del socialismo italiano, in particolare di quello riformista.
L’altro grande polo di lotta popolare fu la Sicilia del latifondo, dove fra il 1891 e il
1894 esplose il movimento dei Fasci ( ▶ cap. 16, par. 5), che ebbe il suo centro nella
provincia di Palermo e in particolare a Piana degli Albanesi e a Corleone. I Fasci sici-
liani sorsero come organizzazioni spontanee di contadini e minatori in lotta per la
terra, per contratti e condizioni di lavoro più equi, esasperati dal pesante fiscalismo
LESSICO e dallo strapotere dei «baroni» e dei loro emissari nelle amministrazioni locali. A
Fiscalismo
Termine con cui si capo dei Fasci si posero contadini, ma anche medici o avvocati di paese. Migliaia di
indica polemicamente contadini vennero coinvolti in un grande movimento, che assunse un carattere misto
una pressione statale tra l’agitazione spontaneistica e violenta e una progettualità di ispirazione socialista.
eccessiva nella
riscossione dei tributi
Tra la fine del 1893 e l’inizio del 1894 l’attività dei Fasci sfociò in una situazione
e nella gestione di grave disordine pubblico, che Crispi presentò all’opinione pubblica nazionale
dell’amministrazione come un tentativo insurrezionale e represse violentemente con lo stato d’assedio
pubblica.
in Sicilia e l’uso dell’esercito.

La nascita del Partito socialista italiano


L’esperienza siciliana suscitò parecchie perplessità tra i militanti del movimento
operaio italiano. Si era trattato di una rivolta affrettata, che aveva mancato qualsi-
asi risultato concreto: in definitiva una grande occasione persa. L’alternativa tra la
strada delle riforme e quella della rivoluzione rappresentava il problema dell’in-
tero movimento operaio e popolare internazionale di quegli anni. La prima stra-
da era più concreta e portava ad allacciare rapporti con i governi, ma sembrava
allontanare l’obiettivo finale della costruzione del socialismo; la seconda permet-
teva una maggiore coerenza rispetto allo scopo ultimo, ma produceva insuccessi
anche drammatici.
Per parte loro gli anarchici, che avevano il loro leader nel napoletano Errico Ma-
latesta (1853-1932), restavano fedeli alla linea rivoluzionaria. Tuttavia, anche se
le rivolte scoppiavano facilmente, dalla Sicilia al Nord, non portavano a nessun ri-
sultato: non si trasformavano in vere e proprie azioni rivoluzionarie.
Nel 1892 delegati da tutta Italia si riunirono in congresso a Genova e diedero
vita al Partito dei lavoratori italiani, che l’anno seguente prese il nome di Partito
socialista dei lavoratori italiani e, dal 1895, quello definitivo di Partito socialista
italiano. Membro della Seconda Internazionale, con un suo quotidiano (l’«Avan-

622
Il movimento operaio | 17 |

ti!»), forte di un radicamento sempre più esteso in tutto il Paese e di un nume-


ro crescente di deputati, per molto tempo il Partito socialista rimase il maggiore
punto di riferimento intellettuale e politico della sinistra italiana, soppiantan-
do i residui garibaldini e mazziniani della sinistra di epoca risorgimentale. Fu,
come quello tedesco, un partito cui aderirono molti intellettuali, che pubblicava
un’autorevole rivista, «Critica sociale», e svolgeva un importante ruolo di educa-
zione delle masse popolari. Senza il Partito socialista, le giornate insurrezionali
di Milano del 1898, represse nel sangue dalle truppe governative comandate dal
generale Bava Beccaris, non avrebbero rivestito quel significato di difesa delle
istituzioni liberaldemocratiche che invece ebbero, né avrebbero coinvolto nella
battaglia popolare per il pane ampi strati della borghesia colta ( ▶ cap. 16, par. 8);
più in generale, il movimento operaio sarebbe rimasto incapace di far valere le
proprie rivendicazioni.

Le divisioni tra i socialisti e le prime organizzazioni sindacali


Al loro interno, come accadeva nell’Internazionale, i socialisti italiani finirono con
il dividersi fra una destra riformista, un centro e una sinistra rivoluzionaria. La de-
stra era guidata da Leonida Bissolati e più tardi anche da Ivanoe Bonomi, favore-
voli a collaborare con i governi liberali più aperti (come quelli di Giovanni Giolitti,
nel primo quindicennio del XX secolo), per realizzare un programma di riforme
che migliorasse le condizioni dei lavoratori italiani.
La sinistra aveva diversi orientamenti ed era alquanto priva di chiarezza pro-
grammatica. Era anarco-sindacalista con Arturo Labriola, e soprattutto «massi-
malista» con Giacinto Menotti Serrati, cioè favorevole al programma «massimo»
da attuarsi subito, con la rivoluzione, senza percorrere la via delle riforme. La si-
nistra massimalista nutriva la stessa illusione rivoluzionaria degli anarchici, ma
conservava la convinzione che l’organizzazione di partito fosse essenziale per diri-
gere la rivoluzione e portarla a un effettivo compimento. Ma se la sinistra insisteva

A sinistra:
manifesto pubblicitario
dell’«Avanti!», quotidiano
del Partito socialista
italiano fondato a Roma
nel 1896.
A destra: la giustizia
sociale spezza le catene
dei lavoratori, in una
cartolina di propaganda
stampata per il
congresso del Partito
socialista del 1902.

623
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

sulla necessità dello sbocco rivoluzionario, tuttavia non sapeva indicare la via per
arrivarci e nemmeno, in concreto, la società che si intendeva costruire.
Fra i dirigenti della sinistra socialista emerse poco prima della Grande Guerra
il giovane Benito Mussolini, che si convinse ben presto della necessità di trasfor-
mare profondamente l’organizzazione del partito. Con lui la sinistra prese sem-
pre più il sopravvento, divenendo alquanto aggressiva e arrivando a espellere, nel
1912, la destra riformista.
Al centro del Partito socialista restava Filippo Turati, ininterrottamente de-
putato dal 1896, condannato a dodici anni di prigione dopo l’insurrezione di
Milano del 1898, ma subito scarcerato per il suo grande prestigio di dirigente
politico. Turati fu per trent’anni il capo indiscusso del socialismo italiano, fi-
no al primo dopoguerra e al fascismo. Come la sua compagna Anna Kuliscioff,
come Kautsky in Germania e come la maggioranza dei socialisti della sua gene-
razione, Turati rimase sospeso fra un atteggiamento non ostile alle istituzioni
liberali e favorevole alle riforme e un obiettivo rivoluzionario a cui non inten-
deva, almeno in linea di principio, rinunciare. Nel complesso la sua politica si ri-
velò debole, scarsamente efficace e non in grado di contrastare una spinta verso
la direzione rivoluzionaria, che avrebbe ricevuto dalla Prima guerra mondiale
un’accelerazione decisiva.
Il centro e la destra del Partito socialista erano forti soprattutto nel nascente mo-
vimento sindacale italiano, che inizialmente trovò la sua espressione nelle Camere
del lavoro, alle quali erano assegnati il coordinamento delle organizzazioni sindacali
locali e compiti di collocamento, di tutela dei lavoratori, di mediazione nelle con-
troversie del lavoro. Al di là di questi compiti strettamente sindacali le Camere del
lavoro – così come più tardi la Confederazione Generale del Lavoro (CGdl, nata nel
1906) – entrarono nel merito delle grandi questioni politiche e sociali, tanto locali
che nazionali e internazionali, inserendosi a pieno titolo nel più ampio dibattito
che in quegli anni animava il movimento operaio e socialista italiano.

IL MOVIMENTO SOCIALISTA IN ITALIA

In Italia i problemi principali sono nelle campagne

nella Pianura padana il lavoro dei al Sud i latifondi sono


braccianti agricoli è precario e insicuro particolarmente arretrati

la questione dei «patti agrari» siciliani diventa nazionale e si sviluppano i primi movimenti di lavoratori

Andrea Costa è il primo parlamentare socialista (1882)

viene fondato il Partito dei lavoratori italiani, dal 1895 Psi (1892)

sinistra rivoluzionaria centro moderato destra riformista


(Labriola e Menotti Serrati) (Turati) (Bissolati e Bonomi)

624
Il movimento operaio | 17 |

8 Il socialismo in Russia
Il Paese tra sviluppo industriale e immobilismo politico
In Russia, l’affrancamento di milioni di contadini dalla servitù della gleba (1861,
▶ cap. 19, par. 6) non appianò i conflitti sociali ma, al contrario, li inasprì: gli
ex servi, privi dei mezzi economici per acquistare appezzamenti di terra da la-
vorare in proprio, si videro costretti a cercare lavoro nelle nuove fabbriche che
stavano diffondendosi gradualmente nelle città; i contadini più ricchi – chiama-
ti kulaki – si arricchirono invece sensibilmente acquistando proprietà terriere
a prezzi agevolati.
L’afflusso di manodopera dalle campagne in città fu uno dei fattori che contribu-
irono alla rapida industrializzazione della Russia negli ultimi decenni del secolo:
grazie anche al forte coinvolgimento finanziario delle banche e dello Stato, il Paese
si dotò nel giro di pochi anni di infrastrutture moderne (per esempio la rete ferro-
viaria aumentò di sette volte) e di grandi impianti per l’industria pesante. Venne
così a crearsi una classe operaia sempre più numerosa, forte di 2.300.000 persone.
A fronte di questi impetuosi cambiamenti in ambito sociale ed economico l’au-
tocrazia dello zar Nicola II (1894-1918) manteneva un totale immobilismo: non
esistevano infatti una costituzione, né alcuna forma di rappresentanza elettiva, né
garanzie istituzionali di nessun tipo. Inoltre erano categoricamente vietati lo scio-
pero e qualsiasi associazione di natura politica e sindacale.

La nascita e l’evoluzione del Partito socialista


Un’intera generazione di rivoluzionari russi era appartenuta al filone anarco-po-
pulista, che si occupava soprattutto della questione agraria e che trovò il suo cul-
mine nella fondazione del Partito socialista rivoluzionario ( ▶ par. 2). A questo fi-
lone era appartenuta l’organizzazione «Volontà del popolo», che aveva cospirato
per l’uccisione dello zar Alessandro II, considerato il responsabile della moderniz-
zazione delle campagne e, dunque, il distruttore della comunità contadina. Ales-
sandro sfuggì a quattro attentati, ma il quinto, nel 1881, gli fu fatale.
In alternativa alla corrente anarchica fu fondato nel 1898 il Partito socialdemo-
cratico russo, che aderì alla Seconda Internazionale. L’intento del fondatore – l’in-
tellettuale marxista, esule in Occidente, Georgij Plechanov – era di rivolgersi non
più al mondo contadino, ma alla classe operaia.
L’obiettivo era quello di abbattere l’autocrazia zarista tramite la rivoluzione,
ma sulle modalità per raggiungere tale scopo il partito si divise presto in due indi-
rizzi. Lo scontro tra le due fazioni si consumò al congresso di Bruxelles del 1903:
Ripassa con la
presentazione in quell’occasione la delegazione maggioritaria (in russo «bolscevica») si oppose
La civiltà industriale e apertamente a quella minoritaria («menscevica»).
il movimento operaio I menscevichi (che nella base del partito erano in realtà in maggioranza) riteneva-
e costruisci una
mappa in cui metti
no che la Russia fosse ancora troppo arretrata per tentare direttamente una rivolu-
in relazione: zione socialista e che dovesse quindi prima passare per una rivoluzione borghese.
• le caratteristiche I bolscevichi, invece, sostenevano che nell’Impero russo si erano create le condi-
della società
industriale;
zioni per la rivoluzione e intendevano instaurare direttamente il socialismo attra-
• il pensiero socialista; verso la presa del potere da parte della classe operaia («dittatura del proletario»).
• la dottrina sociale Il loro capo, Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin, aveva posto come condizione es-
della Chiesa.
senziale per questo fine il ricorso a un partito di «rivoluzionari di professione».

625
Dalla Storia all’Educazione civica

Il lavoro Guarda il video


dell’intervista
all’autore
come diritto Approfondisci con
la Costituzione
commentata
di Gustavo Zagrebelsky

I diritti dei lavoratori Il lavoro nella stro lavoro, in altre parole, contribu-
tra XIX e XX secolo Costituzione italiana iamo al miglioramento delle condi-
zioni di vita dell’intera collettività.
L’affermazione del sistema econo- L’importanza del lavoro nella Costi-
mico industriale nell’Inghilterra di tuzione italiana emerge fin dall’arti-
colo 1, il quale afferma: Diritti sociali e Stato sociale
fine Settecento e poi nel resto d’Eu-
ropa, negli Stati Uniti e in Giappone I diritti dei lavoratori fanno parte dei
nel XIX secolo, ebbe conseguenze diritti sociali, cioè dei diritti di chi
«L’Italia è una Repubblica si trova in una condizione di biso-
rilevanti non soltanto dal punto di vi-
democratica, fondata gno: a questi individui lo Stato deve
sta economico ma anche da quello
sociale. La creazione delle fabbri- sul lavoro». provvedere offrendo loro tutto ciò
che fu all’origine dei conflitti tra chi che è necessario per condurre una
offriva lavoro, i capitalisti, e chi lo Il lavoro è considerato un diritto. Se- vita degna di essere vissuta. La tu-
condo l’articolo 4, infatti: tela dei diritti sociali, e dunque del
svolgeva, gli operai. Le rivendica-
diritto al lavoro, è una delle carat-
zioni dei lavoratori per il raggiungi-
teristiche fondamentali dello Stato
mento di condizioni lavorative e sa- «La Repubblica riconosce sociale (o Welfare State, «Stato del
lariali migliori avrebbero portato, nel a tutti i cittadini il diritto benessere»), cioè dello Stato impe-
XX secolo, al riconoscimento del gnato a sostenere le categorie più
lavoro come diritto e dei diritti di al lavoro e promuove le
deboli di cittadini.
chi lavora. condizioni che rendano
Così, l’articolo 38 della Costituzio-
effettivo questo diritto». ne afferma che «ogni cittadino ina-
bile al lavoro e sprovvisto dei mez-
Il diritto ad avere un lavoro è consi- zi necessari per vivere ha diritto al
derato preesistente alla Carta co- mantenimento e all’assistenza so-
stituzionale: è uno dei diritti fon- ciale. I lavoratori hanno diritto che
damentali sottratti al potere di siano preveduti ed assicurati mezzi
revisione costituzionale, perché non adeguati alle loro esigenze di vita in
derivano da un atto di volontà di co- caso di infortunio, malattia, invali-
loro che hanno stilato la Costituzio- dità e vecchiaia, disoccupazione
ne ma da una constatazione, un atto involontaria. […]».
di riconoscimento. In altre parole, la Come tutti i diritti sociali, quelli dei
Costituzione non li stabilisce, ma si lavoratori diventano effettivi soltanto
limita a prendere atto della loro esi- se lo Stato si impegna attivamente
stenza e validità. per farli rispettare: si realizzano se
Il lavoro è però anche un dovere. sono sostenuti da una legislazione
Sempre l’articolo 4 della Costituzio- e da una politica economica rivolta
ne, infatti, stabilisce che «ogni citta- allo sviluppo e alla creazione di posti
dino ha il dovere di svolgere, secon- di lavoro. Affinché tali diritti possa-
do le proprie possibilità e la propria no essere fatti valere è necessario
scelta, un’attività o una funzione che che i poteri pubblici intervengano
Uno sciopero di braccianti a Ferrara concorra al progresso materiale o attraverso apposite «politiche per
nel 1954. spirituale della società». Con il no- il lavoro».
Dibattito in classe:
il futuro del lavoro

Negli ultimi anni, il tema


della disoccupazione
tecnologica è stato spesso al centro
del dibattito pubblico: con questa
espressione s’intende la perdita di
posti di lavoro in seguito all’introdu-
zione di innovative tecnologie infor-
matiche e dell’automazione; si pro-
spetta, infatti, che molte professioni
scompariranno, perché potranno
essere svolte interamente da robot
La retribuzione, il sindacato, produttive e consultano i lavoratori in un futuro non lontano. A questo
stessi attraverso referendum sulle proposito c’è chi sostiene la necessi-
lo sciopero
questioni che li riguardano. tà, di ridurre gli orari di lavoro al fine
A fronte del proprio lavoro, il lavo- di garantire a più persone il diritto
L’altro strumento di difesa dei diritti
ratore ha diritto alla retribuzione. di avere un impiego e migliorare la
dei lavoratori è lo sciopero. Il ter-
Questa, secondo l’articolo 36 della qualità di vita di tutti; altri invece
mine indica la sospensione uni-
Costituzione, deve essere «propor- si dicono contrari ad abbracciare
laterale del lavoro organizzata dai questa linea e affermano che sia
zionata alla quantità e qualità del lavoratori dipendenti di settori pub-
suo lavoro e in ogni caso sufficien- necessario investire massicciamen-
blici o privati per ottenere condizioni te nel sistema scolastico, in modo
te ad assicurare a sé e alla famiglia economiche e contrattuali migliori. formare i giovani verso le professioni
un’esistenza libera e dignitosa». Il diritto di sciopero è riconosciuto del futuro.
I lavoratori hanno anche diritti col- dall’articolo 40 della Costituzione Scegliete tre studenti che facciano
lettivi, ossia diritti esercitati attra- a ogni lavoratore, ma la proclama- da giuria, poi dividete il resto della
verso le proprie organizzazioni: per zione spetta ai sindacati. Sciopera- classe in due gruppi:
farli valere non basta cioè l’azione re comporta la perdita del diritto 1. il gruppo A argomenterà a favore
individuale, ma occorrono strumen- alla retribuzione per tutto il tempo della riduzione degli orari di lavo-
ti comuni. in cui l’attività è stata sospesa. Il ri- ro; il gruppo B invece sosterrà le
Il primo di questi strumenti è il sin- conoscimento del diritto di sciope- ragioni dei contrari. Per approfon-
dacato, regolato dall’articolo 39 ro implica in compenso che chi lo dire il tema potete consultare un
della Costituzione. Il sindacato è esercita non verrà sanzionato dai video sulla questione accedendo
un’associazione libera di lavo- datori di lavoro: non sarà licenziato tramite il QR code.
ratori, alla quale il lavoratore può 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
e non subirà una riduzione dello sti-
iscriversi o non iscriversi, non sot- voce, che in 5 minuti presenterà
pendio superiore a quella indicata.
toposta ad alcun controllo da parte alla giuria i risultati del lavoro.
A questo strumento di difesa dei
Nell’esporre le proprie ragioni, si
del potere pubblico, dotata di uno diritti dei lavoratori si può ricorrere possono proiettare presentazio-
statuto registrato dalle autorità e solo quando sia fallito il tentativo di ni multimediali che contengano
di un ordinamento interno demo- conciliazione tra chi lavora e i datori informazioni e dati.
cratico. I sindacati hanno il potere di lavoro. E può essere usato sol- 3. Seguirà un dibattito libero di 10
di stipulare, con i datori di lavoro, tanto a condizione che siano assi- minuti tra le due squadre. I giudici
contratti collettivi validi per tutti gli curati i servizi pubblici essenziali, si confronteranno poi tra loro e
iscritti al sindacato stesso. Inoltre i come i trasporti o la sanità, allo sco- decideranno qual è stato il grup-
sindacati agiscono per tutelare i po di non danneggiare gli interessi po più efficace nel sostenere l’uno
lavoratori all’interno delle strutture basilari della collettività dei cittadini. o l’altro modello.

627
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Karl Marx e il «socialismo scientifico» Laburismo e sindacalismo


Karl Marx, autore insieme a Friedrich Engels del Ma- In Gran Bretagna il movimento operaio
nifesto del Partito comunista (1848), teorizzò il co- restò legato a organizzazioni come le Trade Unions,
siddetto «socialismo scientifico», basato sullo studio senza aspirazioni politiche rivoluzionarie, ma portando
concreto della realtà, e il «materialismo storico», se- avanti le istanze dei lavoratori in modo da acquisire
condo cui, in una prospettiva storica, i rapporti sociali maggior peso nella politica nazionale.
e lo sviluppo delle idee dipendono dalle esigenze ma- Solo nel 1906 nacque un partito autonomo dei lavo-
teriali legate alla produzione e al lavoro. ratori, il Labour Party, che era vicino al pensiero di
Nella società capitalista la borghesia controlla i «mezzi Kautsky, secondo il quale la crisi del capitalismo era
di produzione», possiede il denaro per il loro funzio- inevitabile, ma che, a differenza della socialdemocra-
namento e per pagare i salari agli operai, il proletaria- zia tedesca, era profondamente radicato nella pratica
to, la cui unica risorsa è la forza lavoro da vendere in sindacale, non nel partito stesso.
cambio di un salario e che solo con una rivoluzione
violenta può instaurare una società comunista. Il movimento operaio e i cattolici
Nel 1891, papa Leone XIII affermò nell’enciclica Rerum
L’anarchismo, il comunismo Novarum la necessità di una maggiore giustizia socia-
e la Prima Internazionale le: da allora, le leghe «bianche» indicarono una terza
Nel 1864 nacque la Prima Internazionale, che riuniva il via tra il capitalismo e il marxismo. Il modello catto-
movimento operaio europeo e che si caratterizzò per lico accettava l’ineguaglianza, ma la temperava con
le divisioni interne tra comunisti e anarchici, seguaci il richiamo alla solidarietà, con lo sforzo di risolvere
di Bakunin, che puntavano a suscitare una rivoluzio- pacificamente i conflitti, con richieste di equità e con-
ne spontanea, antiautoritaria e attenta alla libertà del dizioni dignitose per i lavoratori, al fine di favorire la
singolo. Al contrario, Marx prevedeva un’organizzazio- conciliazione sociale.
ne partitica del proletariato e un percorso articolato, I cattolici più avanzati, detti «modernisti», come Ro-
secondo il quale occorreva preparare la rivoluzione molo Murri, ipotizzarono un partito cattolico pro-
acquisendo posizioni di forza all’interno della società gressista, ma Pio X nel 1907 dichiarò eretico il mo-
borghese. La contesa si risolse con l’espulsione dalla dernismo, mostrando l’arretratezza delle gerarchie
Prima Internazionale degli anarchici nel 1872. ecclesiastiche.

La Comune di Parigi Il socialismo in Italia


Dopo la sconfitta nella guerra franco-prussiana, il 18 Il primo socialista a entrare nel Parlamento italiano
marzo 1871, in una Francia stremata dal conflitto, scop- nel 1882 fu Andrea Costa, fondatore dell’«Avanti!» le-
piò un’insurrezione a Parigi che portò alla nascita del- gato ad Anna Kuliscioff, la prima donna dirigente del
la Comune, brevissima esperienza rivoluzionaria di movimento operaio italiano avvicinatasi poi a Filippo
stampo giacobino, più che socialista, che fu repressa Turati, figura chiave del socialismo italiano.
dalle truppe fedeli alla Terza Repubblica. Nel 1892 i socialisti fondarono il Partito dei lavoratori
italiani, dal 1895 Partito socialista italiano: al suo in-
La Seconda Internazionale terno si delinearono, a inizio Novecento, una destra
Nel 1889 nacque la Seconda Internazionale, in cui il riformista e una sinistra rivoluzionaria «massimalista».
Partito socialdemocratico tedesco assunse un ruolo
predominante e unificatore. In questa fase si svilup- Il socialismo in Russia
pò un’area socialista riformista guidata da Bernstein Nella Russia bloccata dall’immobilismo dell’autocra-
che metteva in dubbio l’idea marxista di un prossimo zia zarista, tra XIX e XX secolo acquisì sempre più
collasso del sistema capitalista ed era a favore di una importanza la figura di Vladimir Il’ič Ul’janov, detto
collaborazione democratica con altre forze progres- Lenin, che assunse la guida della corrente bolscevica
siste per favorire riforme sociali e politiche; al tempo del Partito socialdemocratico, che sosteneva la rivo-
stesso, si sviluppò una sinistra radicale guidata da luzione e intendeva instaurare direttamente il socia-
Rosa Luxemburg e un centro legato al socialdemo- lismo attraverso la presa del potere da parte della
cratico tedesco Kautsky. classe operaia.

628
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

IL MOVIMENTO OPERAIO

fu rappresentato a livello politico da

Partito socialista
marxisti Labour Party
italiano

predominanti seguaci in guidato in Italia


prima nella delle teorie di da figure come

..................................... ................................ e
Karl Marx .....................................
..................................... .................................
(nata nel 1864)

da cui furono che scrisse insieme a vicino al mondo mentre


espulsi gli Friedrich Engels il delle in Russia

..................................... ..................................... .....................................


.....................................
di Bakunin ..................................... .....................................
(1848)

e poi nella e teorizzò piuttosto assunse la guida


che alle della

..................................... • «....................................» dinamiche corrente


..................................... • «....................................» di un partito ....................................
(nata nel 1889) • necessità di una del Partito
........................................ socialdemocratico
per instaurare la
........................................
dove si svilupparono che intendeva
varie correnti e la società
portare al potere la
........................................

• ........................................
.....................................
(Bernstein)
• ........................................
(Luxemburg)
• ........................................
(Kautsky)

629
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle


seguenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Spiega il significato di sindacalismo
rivoluzionario.
Date: 1891 • 1864 • 1871 • 1892
b. Che cosa s’intende con «patti agrari»
Luoghi: Bruxelles • Sicilia • Parigi nel contesto latifondista?
a. La Prima Internazionale si aprì a Londra c. Esponi le principali caratteristiche del
nel ..................... . populismo russo di fine Ottocento.
b. Nel ..................... a Parigi fu proclamato il «Comu- d. Che cosa s’intende con l’espressione
ne rivoluzionario». «socialismo scientifico»?
c. La Seconda Internazionale (1889) si riunì
a ..................... . NESSI E RELAZIONI
d. Nel ..................... papa Leone XIII pubblicò 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
l’enciclica Rerum Novarum.
a. Si svolge a Parigi la Seconda Internaziona-
e. In ..................... scoppiarono le proteste del le (1889).
movimento dei Fasci.
b. La Rerum Novarum apre alla partecipazio-
f. Nel .................. nacque il Partito dei lavoratori ita- ne dei cattolici alla vita politica e sindacale.
liani, poi ribattezzato Partito socialista italiano.
c. Si afferma il Partito socialista italiano come
g. Nel Congresso di ..................... (1903) si scisse punto di riferimento della sinistra in Italia.
il partito socialista russo in bolscevichi
1. Perdono peso politico i partiti d’ispirazione
e menscevichi.
mazziniana e garibaldina.
EVENTI E PROCESSI 2. Si moltiplicano in Italia le leghe e i sindacati
«bianchi».
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
3. Viene proclamata una giornata mondiale
a. Quali furono le conseguenze in Francia di lotta di tutti i lavoratori (primo maggio).
della sconfitta di Napoleone III nella guerra
franco-prussiana?
COMPETENZE
b. Quali motivazioni spinsero il movimento
dei Fasci ad organizzare un’ondata di rivolte ESPORRE ORALMENTE
nel 1898? 6 Rispondi alle seguenti domande.
c. Quali cause spiegano l’arretratezza del a. Traccia una breve biografia politica di
sistema agricolo in Russia nell’Ottocento? Anna Kuliscioff. (1 minuto)
d. In che modo si sviluppò il movimento b. Spiega la linea politica di Kautsky, che si
anarchico in Russia? affermò durante la Seconda Internazionale.
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. (2 minuti)
a. V F Louis-Auguste Blanqui fu uno dei c. Quali caratteristiche specifiche assunse il movi-
politici che promosse il comune mento sindacale in Gran Bretagna? (3 minuti)
insurrezionale di Parigi.
SCRIVERE
b. V F Il partito laburista britannico era diretta
espressione del partito socialista. VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
c. V F Kautsky fu un teorico del sindacalismo
rivoluzionario. 7 Scrivi un testo dal punto di vista di un esponen-
d. V F Con la Seconda Internazionale si affer- te di una ricca e potente famiglia della nobiltà
mò la linea del Partito socialdemocrati- inglese che osserva la formazione del movi-
co tedesco. mento operaio nei suoi momenti di sviluppo più
importanti: dalla pubblicazione del Manifesto
e. V F «Critica sociale» era la rivista del Partito
socialista italiano. del Partito comunista nel 1848 alle due Inter-
nazionali (1864, 1889) fino all’esperimento del
f. V F L’anarco-sindacalismo era favorevole
Comune insurrezionale di Parigi nel 1871. Cerca
alla costituzione di organismi sindacali
di adottare un punto di vista parziale che ne
strutturati.
tradisca i timori e le preoccupazioni, per la
g. V F Filippo Turati fu uno dei leader del
messa in discussione del suo status quo.
Partito socialista italiano.

630
Fonti e Storiografia
FONTI Il Manifesto del Partito comunista
F1 Nel Manifesto del Partito comunista (1848), redatto da Karl Marx (1818-83) e Friedrich
Engels (1820-95), sono formulate in modo chiaro, sintetico e incisivo le teorie marxia-
ne della rivoluzione comunista. Se ne propone un estratto.

La rivoluzione comunistica è la più radicale rottura con tutti i tradizionali rapporti della
proprietà: e non è quindi da meravigliare se nel corso del suo sviluppo essa la rompe nel
modo più radicale con le idee tradizionali. […]
Noi abbiamo visto più su, che la prima tappa della rivoluzione operaia consiste nel fat-
to, che il proletariato si elevi a classe dominante, ossia consiste nel raggiungere vittorio-
samente la democrazia.
Il proletariato profitterà del suo dominio politico, per togliere via via alla borghesia tutto
il capitale, per concentrare nelle mani dello stato, ossia del proletariato organizzato qual
classe dominante, tutti gl’istrumenti della produzione, e per aumentare con la massima
celerità possibile le forze produttive.
Tutto ciò non può naturalmente accadere se non per via di dispotiche infrazioni al diritto
di proprietà, e di violazioni ai rapporti borghesi della produzione, ossia per mezzo di mi-
sure che appariranno quali economicamente insufficienti e insostenibili, ma che nel cor-
so del movimento sorpasseranno sé stesse spingendo a nuove misure, e che per incanto
son mezzi indispensabili per raggiungere la sovversione della intera forma di produzione.
Coteste misure saranno, si intende, da paese a paese diverse.
Ma nei paesi più progrediti, quelle che qui appresso si indicano potranno essere a un di
presso 1 generalmente applicate:
1. Espropriazione della proprietà fondiaria, e impiego della rendita della terra per le spe-
se dello stato;
2. Tassa fortemente progressiva 2;
3. Abolizione del diritto di proprietà;
4. Confisca dei beni degli emigranti e dei ribelli;
5. Centralizzazione del credito in mano allo stato, mediante una banca nazionale con ca-
pitale di stato e con monopolio esclusivo;
6. Centralizzazione dei mezzi di trasporto in mano allo stato;
7. Aumento delle fabbriche nazionali e degl’istrumenti di produzione, dissodamento e mi-
glioramento dei terreni secondo un piano generale;
1 presso: pressappoco. 8. Eguale obbligo di lavoro per tutti, organizzazione di eserciti 3 industriali specialmente
2 Tassa … progressiva:
in vista dell’agricoltura;
l’imposta progressiva è
un tipo di imposta il cui 9. Combinazione dell’esercito 4 dell’agricoltura e dell’industria, e misure atte a preparare la
ammontare aumenta lenta sparizione della differenza fra città e campagna;
in modo proporzionale
10. Educazione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Abolizione del lavoro dei fanciulli
rispetto all’imponibile.
3 eserciti: esercizi. nelle fabbriche, nella sua forma attuale. Combinazione dell’educazione con la produzio-
4 esercito: esercizio. ne materiale.
(da K. Marx-F. Engels, Manifesto del Partito Comunista,
traduzione di A. Labriola, Mursia, Milano 1973, pp. 65-69)

COMPRENDERE 1. Spiega con un esempio che cosa significa il primo punto del programma.
2. Quale dovrà essere la nuova classe dominante dopo la rivoluzione secondo
Marx ed Engels?
INTERPRETARE 3. A tuo avviso, quali benefici avrebbe portato l’aumento del numero di fabbriche
in mano allo Stato?
VALUTARE 4. Quali dei punti espressi nel Manifesto sono in linea con i princìpi affermati
nella Costituzione italiana?

631
Fonti e Storiografia

F2 Il pensiero anarchico secondo Michail Bakunin


Michail Bakunin (1814-76), nella sua opera Stato e Anarchia, scritta nel 1873 mentre
terminava l’esperienza della Prima Internazionale, afferma i princìpi dell’antistatalismo
e della spontaneità della rivoluzione.

Questa è la larga strada del popolo, dell’emancipazione reale e totale, accessibile a tutti e, di
conseguenza, veramente popolare, la strada della Rivoluzione Sociale anarchica che nasce
da sola dal seno del popolo distruggendo tutto quanto si opponga al traboccare generoso
della sua vita affinché, dalle stesse profondità dell’esistenza di questo popolo, scaturiscano
le nuove forme di una libera comunità. […]
Leggi in digitale il te- Noi rivoluzionari-anarchici, fautori dell’istruzione generale del popolo, dell’emancipazio-
sto Contro Bakunin di
ne e del più vasto sviluppo della vita sociale e di conseguenza nemici dello Stato e di ogni
Friedrich Engels. Rias-
sumi le critiche del fi- statalizzazione, affermiamo […] che la vita naturale precede sempre il pensiero, il quale è
losofo tedesco rivolte solo una delle sue funzioni, ma non sarà mai il risultato del pensiero; che essa si sviluppa a
a Bakunin e confron- partire dalla sua propria insondabile profondità attraverso una successione di fatti diversi
tale con le posizioni
e mai con una serie di riflessi astratti e che a questi ultimi, prodotti sempre dalla vita, che
espresse del teorico
dell’anarchismo nel a sua volta non ne è mai prodotta, indicano soltanto come pietre miliari la sua direzione e
brano proposto a mar- le varie fasi della sua evoluzione propria e indipendente.
gine. Scrivi un testo in In conformità con queste convinzioni noi non solo non abbiamo l’intenzione né la mini-
cui fai emergere i punti ma velleità d’imporre al nostro popolo, o a qualunque altro popolo, un qualsiasi ideale di
di contatto e gli aspet-
ti divergenti intorno organizzazione sociale tratto dai libri o inventato da noi stessi ma, persuasi che le masse
agli obiettivi politici dei popolari portano in se stesse, negli istinti più o meno sviluppati dalla loro storia, nelle lo-
socialisti; al ruolo del- ro necessità quotidiane e nelle loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi della
lo Stato nella rivolu- loro futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo ideale nel popolo stesso; […] noi
zione e al principio di
autorità.
ci dichiariamo nemici di ogni governo, di ogni potere di Stato, nemici di un’organizzazione
di Stato in generale e siamo convinti che il popolo potrà essere felice e libero solo quando,
organizzandosi dal basso in alto per mezzo di associazioni indipendenti e assolutamente
libere e al di fuori di ogni tutela ufficiale, ma non fuori delle influenze diverse e ugualmen-
te libere di uomini e di partiti, creerà esso stesso la propria vita.
Queste sono le convinzioni dei socialisti rivoluzionari e per questo ci chiamano anarchi-
ci. Noi non protestiamo contro questa definizione perché siamo realmente nemici di ogni
autorità, perché sappiamo che il potere corrompe sia coloro che ne sono investiti che co-
loro i quali devono soggiacervi. Sotto la sua nefasta influenza gli uni si trasformano in de-
spoti ambiziosi e avidi, in sfruttatori della società in favore della propria persona o casta,
gli altri in schiavi.
(da M. Bakunin, Stato e Anarchia,
Feltrinelli, Milano 2011, pp. 159-162)

COMPRENDERE 1. Gli anarchici, secondo Bakunin, per quali obiettivi politici si battono?
2. Che cosa s’intende con statalizzazione?
3. Quali tipi di organizzazione ritiene accettabili Bakunin?
INTERPRETARE 4. Da quale orientamento della sinistra prende le distanze Bakunin quando afferma
che è contrario ad ogni forma di statalizzazione?
VALUTARE 5. Nelle parole di Bakunin, si chiarisce un forte scetticismo nei confronti del potere,
visto sempre come capace di corrompere chiunque lo possieda. Sei d’accordo
con tale posizione?

632
Il movimento operaio 17

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO La Prima Internazionale
Tra valori condivisi e fratture insanabili
La Prima Internazionale fu costituita a Londra nel 1864 con lo scopo di coordina-
re i nascenti movimenti operai dei paesi che andavano sviluppandosi in ambito
industriale. Se da un lato è possibile guardare a quell’evento come a un’entusia-
smante esperienza di connessione internazionale delle istanze operaie, dall’altro
emergono elementi che fin dalla fondazione lasciavano presagire una vita bre-
ve dell’associazione. Si presentano di seguito due punti di vista sulla storia della
Prima Internazionale.

S1 La nascita dell’Associazione internazionale dei lavoratori


Marcello Musto
La Prima Internazionale nacque soprattutto grazie al contributo delle sezioni inglese,
francese, tedesca e italiana ma l’eco dei suoi proclami valicò i confini europei. Mar-
cello Musto sottolinea il grande successo di questa iniziativa, che andò ben oltre le
aspettative dei promotori.

GLI SNODI L’esperienza delle Internazionali fu un importante laboratorio politico.


DEL TESTO La Prima Internazionale ebbe un grande successo.
Le Internazionali furono accolte dalle classi dominanti con orrore.

Il 28 settembre del 1864 la sala del St Martin’s Hall, un edificio situato nel cuore di Lon-
dra, era affollatissima. A gremirla erano accorsi circa 2000 lavoratrici e lavoratori, per
ascoltare il comizio di alcuni dirigenti sindacali inglesi e di un piccolo gruppo di operai
provenienti dal continente. Nel manifesto di convocazione dell’assemblea era stata pre-
annunciata la presenza di «una delegazione eletta dagli operai di Parigi» che avrebbe
«consegn[ato] la loro risposta al discorso dei fratelli inglesi e sottopo[sto] un piano per
una migliore intesa tra i popoli». Nel luglio del 1863, infatti, alcune organizzazioni ope-
raie francesi e inglesi, riunitesi a Londra per una manifestazione di solidarietà a favore
del popolo polacco, insorto contro l’occupazione da parte dell’impero russo 1, avevano
proclamato gli obiettivi che esse giudicavano di fondamentale importanza per il movi-
mento operaio.
Nel testo preparatorio dell’incontro, redatto dal noto dirigente sindacale George Odger 2
e pubblicato nel bisettimanale inglese «The Bee-Hive» (L’Alveare), con il titolo Indirizzo de-
gli inglesi agli operai francesi, dichiararono: «una unione fraterna tra i popoli è più che mai
necessaria per la causa del lavoro perché constatiamo che, ogni qualvolta si tenta di miglio-
rare la nostra condizione sociale con la riduzione dell’orario di lavoro o con l’aumento dei
1 insorto ... russo: si
tratta della cosiddetta salari, i datori di lavoro minacciano di assumere lavoratori francesi, tedeschi, belgi o altri
Insurrezione di ancora, che svolgerebbero il nostro lavoro a salari inferiori […]».
Gennaio, che esplose
Gli organizzatori di tale iniziativa non immaginavano – né avrebbero potuto prevedere –
il 22 gennaio 1863 e
proseguì fino all’autunno ciò che questa, di lì a poco, avrebbe rapidamente generato. Essi ambivano alla costruzione
1864. di un luogo internazionale di discussione nel quale poter esaminare le principali proble-
2 George Odger: matiche che riguardavano i lavoratori. Non considerarono, invece, l’ipotesi di fondare una
esponente delle Trade
Unions e politico vera e propria organizzazione, quale strumento di coordinamento dell’iniziativa sindacale
radicale inglese. e politica della classe operaia. […]

633
Fonti e Storiografia

L’assemblea del St Martin’s Hall avrebbe potuto essere una delle tante iniziative di carat-
tere vagamente democratico, già intraprese in quegli anni, che non avevano avuto alcun
seguito. Al contrario, essa costituì il punto di riferimento di tutte le future organizzazioni
del movimento operaio, al quale i riformisti quanto i rivoluzionari si sarebbero in seguito
richiamati: l’Associazione internazionale dei lavoratori.
In breve tempo, suscitò passioni in tutta l’Europa. Fece della solidarietà di classe un ide-
ale condiviso e motivò le coscienze di una grande massa di donne e uomini che scelsero la
lotta con la finalità più radicale, quella di cambiare il mondo. […]
Grazie all’Internazionale, il movimento operaio poté comprendere più chiaramente i
meccanismi di funzionamento del modo di produzione capitalistico, acquisire maggiore
coscienza della propria forza e sviluppare nuove e più avanzate forme di lotta. La sua eco
superò i confini dell’Europa, generando la speranza che un mondo diverso fosse possibile
persino tra gli artigiani di Buenos Aires, i membri delle prime associazioni operaie di Cal-
cutta e gruppi di lavoratori in Australia e Nuova Zelanda.
Viceversa, nelle classi dominanti, la notizia della fondazione dell’Internazionale provocò
orrore. Il pensiero che anche gli operai reclamassero un ruolo attivo nella storia generò ri-
brezzo e furono numerosi i governi che ne invocarono l’eliminazione e che la perseguita-
rono con tutti i mezzi di cui potevano disporre.
Le organizzazioni operaie che fondarono l’Internazionale erano molto differenti tra
loro. Il centro motore fu il sindacalismo inglese. I suoi dirigenti, quasi tutti riformisti,
erano interessati soprattutto a questioni di carattere economico. Essi lottavano per il
miglioramento delle condizioni dei lavoratori senza, però, mettere in discussione il ca-
pitalismo. Pertanto, concepirono l’Internazionale come uno strumento che avrebbe po-
tuto favorire il loro obiettivo, impedendo l’importazione della mano d’opera dall’estero
durante gli scioperi.
(da M. Musto, Karl Marx. Biografia intellettuale e politica 1857-1883,
Einaudi, Torino 2018, pp. 91-93)

COMPRENDERE 1. Che cosa si attendevano gli organizzatori della Prima Internazionale?


IL TESTO
2. Quali furono i meriti delle Internazionali?
3. Quale soggetto politico fu il «centro motore» della Prima Internazionale?

634
Il movimento operaio 17

S2 La difficile vita della Prima Internazionale


David McLellan
Nel brano dello storico David McLellan, oltre ad avere una sintesi della storia della Prima
Internazionale, abbiamo la possibilità di osservare chiaramente quali fossero le criticità
date dal contesto e quelle interne all’associazione stessa, che ne decretarono la fine.

GLI SNODI Marx analizzò le possibili ricadute della guerra franco-prussiana.


DEL TESTO La Prima Internazionale fu indebolita dalla repressione della Comune di Parigi.
Dopo il 1870 si inaspriscono i contrasti con il movimento anarchico.

Nel 1864 Marx fu invitato a un convegno internazionale alla St. Martin’s Hall a Londra; qui
fu deciso di fondare un’Associazione Internazionale degli Operai i cui statuti e il cui Indirizzo
inaugurale furono composti da Marx. Nei successivi otto anni Marx fu la personalità domi-
nante nel Consiglio generale dell’Associazione a Londra; fu lui, in particolare, a redigere le
varie dichiarazioni ufficiali sui movimenti continentali, sull’indipendenza della Polonia co-
me baluardo contro la barbarie russa 1, come sostegno alla Home Rule irlandese 2, sulla dimi-
nuzione dell’orario di lavoro, sul trasferimento della terra in proprietà comune ecc. Questo
lavoro monopolizzò la maggior parte del tempo di Marx. Nel 1865 egli scrisse: «Rispetto al
mio lavoro al libro 3, l’Associazione Internazionale mi costa una quantità di tempo enorme,
perché di fatto ho la responsabilità di tutto».
1 barbarie russa: in L’evento politico più importante negli anni in cui l’Internazionale fu in vita fu la guerra
seguito alle spartizioni franco-prussiana, con le sue conseguenze 4. La stabilità di cui l’Europa aveva goduto dopo le
del XVIII secolo, la
rivoluzioni del 1848 fu turbata dalla politica espansionistica della Prussia sotto il suo «can-
Polonia era in gran parte
sotto il dominio russo, celliere di ferro» Bismarck. Nel 1870 Bismarck provocò una guerra con la Francia nel corso
oltre che prussiano della quale sconfisse con grande rapidità e catturò l’imperatore Napoleone III.
(tedesco) e austriaco. Per conto del Consiglio generale dell’Internazionale, Marx emanò tre indirizzi concer-
2 Home Rule
irlandese: espressione nenti la guerra: nel primo si sosteneva che, dal punto di vista della Germania, si trattava di
che significa «governo una guerra difensiva e che una sconfitta francese avrebbe determinato lo scoppio di una ri-
domestico» ed è voluzione in Francia; nel secondo si criticava la Prussia per aver continuato la guerra dopo
associata ai progetti per
l’autogoverno dell’Irlanda la sconfitta di Bonaparte, si dichiarava che l’annessione dell’Alsazia e della Lorena da parte
presentati al Parlamento della Prussia aveva solo gettato i semi di una futura guerra e infine ci si appellava agli ope-
britannico tra i secoli rai di Parigi perché sostenessero il governo provvisorio che era stato costituito alla notizia
XIX e XX, le cui richieste
erano l’indipendenza,
della sconfitta di Bonaparte.
l’istituzione di un Il terzo indirizzo – che era molto più lungo degli altri due e che era intitolato La guerra
Parlamento, di civile in Francia – fu scritto subito dopo la sanguinosa repressione dell’insurrezione degli
un governo e di
operai di Parigi contro il governo provvisorio, insurrezione nota come la Comune di Parigi.
un’amministrazione
autonomi a Dublino. Di questo indirizzo si sono conservati anche due abbozzi anteriori.
3 libro: il libro di cui L’Internazionale fu gravemente indebolita dalla repressione seguita alla Comune e nel
Marx parla è Il Capitale
1870 stava già cominciando a manifestarsi la scissione nelle sue file provocata dai seguaci
(1867).
4 guerra ... dell’anarchico russo Bakunin. Nei limiti in cui sostenevano una dottrina coerente, i seguaci
conseguenze: conflitto di Bakunin si opponevano a ogni forma di stato, anche a uno stato rivoluzionario degli ope-
combattuto nel 1870-71 rai, chiedevano il livellamento delle classi e proponevano metodi cospiratori per raggiun-
tra Francia e Prussia e
che portò al compimento gere questi obiettivi. Nel 1872 il dissidio divenne così serio che Marx fu costretto a metter
dell’unificazione tedesca. fine all’Associazione, proponendo il trasferimento della sua sede a New York.
(da D. McLellan, Marx, il Mulino, Bologna 1998, pp. 21-22)

COMPRENDERE 1. All’interno dell’Associazione Internazionale, quale ruolo ebbe Karl Marx?


IL TESTO
2. Quali furono i principali punti della sua analisi della guerra franco-prussiana?
3. Perché nel 1872 Marx fu costretto a metter fine alla Prima Internazionale?

635
18 La Seconda
rivoluzione industriale
Il nuovo volto delle città
Nel 1873 ha inizio una grave crisi economica che spinge milioni di contadini ad abbando-
nare le campagne per emigrare o a trasferirsi nelle città, in cerca di opportunità migliori.
I centri urbani industrializzati vedono così rapidamente aumentare la popolazione e co-
Esplora l’immagine minciano a dotarsi di reti fognarie, elettriche e idriche; si diffondono inoltre la ferrovia
interattiva e i traghetti per i trasporti interurbani.

La Seconda rivoluzione industriale


L’imprenditore
britannico Charles Le innovazioni scientifiche e tecnologiche, che coinvolgono soprattutto il settore chimico
Stewart Rolls a bordo e dell’industria pesante, hanno forti ricadute sociali ed economiche; nella seconda metà
di una Type 3 prodotta del XIX secolo, cresce anche il peso del mondo della finanza e delle imprese, mentre lo
tra il 1891 e il 1894 dal-
la casa automobilistica Stato assume un ruolo importante nel processo di modernizzazione, finanziando la co-
francese Peugeot. struzione di infrastrutture e i trasporti.

1867 1871 1873 1879


Alfred Nobel deposita il Antonio Meucci Crisi economica Thomas Edison brevetta
brevetto per la dinamite brevetta il telefono la lampadina con filamento
di cotone carbonizzato
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO
E IN DIGITALE
1. La Seconda rivoluzione industriale è stata
segnata da grandi innovazioni, dettate anche
dalla capacità delle imprese di investire in LEZIONE
applicazioni pratiche di importanti invenzioni, GUARDA il video L’imperialismo e la Seconda
dall’alluminio ai derivati del petrolio. rivoluzione industriale
• Quali invenzioni, negli ultimi decenni, hanno 1. Trasformazioni nelle campagne ▶ p. 638
avuto impatti altrettanto significativi?
2. L’elettricità, la chimica e il motore a scoppio
• Illustra gli aspetti positivi e quelli negativi delle ▶ p. 641
invenzioni più recenti, sia da un punto di vista 3. I monopoli, le banche e lo Stato ▶ p. 647
economico sia da un punto di vista sociale.
4. Il declino del liberalismo e l’inizio della
• Svolgi un sondaggio fra i tuoi compagni e democratizzazione ▶ p. 649
confrontatevi su questi argomenti.
RIASSUMI i concetti-chiave con
2. Nella fotografia di apertura si può osservare uno la presentazione La civiltà industriale
dei primi modelli di automobile prodotti in serie: e il movimento operaio:
la Type 3, ideata e realizzata dalla Peugeot.
– le innovazioni tecnologiche;
La produzione in serie permetteva di abbattere
i costi di produzione e di allargare il ventaglio – le trasformazioni in città;
degli acquirenti. – i flussi migratori.
Si dovrà attendere, almeno in Italia, la seconda
metà del Novecento per assistere al fenomeno RIPASSA
della motorizzazione di massa. Ripassa con la sintesi e la mappa
• Quali sono le differenze più significative fra il ▶ p. 656, p. 657
modello della foto e le automobili moderne? In digitale trovi l’audio della sintesi
• A quale mezzo di trasporto si ispira il design e la mappa personalizzabile
della macchina?
• Quali dettagli ritieni particolarmente APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
significativi e per quale motivo? Cultura materiale e vita quotidiana:
La trasformazione delle città
3. Lavorando in gruppi, approfondite le biografie Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 650
dei seguenti imprenditori e inventori legati alla
storia dell’automobile e della motorizzazione:
EDUCAZIONE CIVICA
Carl Benz, Henry Ford, Rudolf Diesel, Léon
Bollée, Joseph Nicholas Cugnot e Virginio Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
Dalle città industriali alle città sostenibili
Bordino.
e partecipa al dibattito
• Realizzate una presentazione multimediale
in cui illustrate i loro principali contributi GUARDA il video dell’intervista all’autore
e il contesto in cui hanno lavorato. ▶ p. 654

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1882 1895 1899 1903


Entra in funzione la prima I fratelli Lumière proiettano Guglielmo Marconi I fratelli Wright compiono
centrale elettrica pubblicamente la prima ottimizza la trasmissione il primo volo su un veicolo
pellicola cinematografica radio su lungo raggio a motore
637
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

1 Trasformazioni nelle campagne


Un mondo particolarmente conservatore
Per secoli le campagne europee erano cambiate assai poco, benché a partire dal
Guarda il video Settecento, e in alcuni casi anche prima, si fossero diffuse nelle zone più avanzate
L’imperialismo e la
d’Europa – Inghilterra, Fiandre, Pianura padana, alcune zone della Francia – im-
Seconda rivoluzione
industriale e rispondi portanti trasformazioni delle tecniche di coltivazione e dei rapporti di produzio-
alle domande: ne. In Inghilterra queste trasformazioni erano state, anzi, uno dei fattori della Ri-
• Quali innovazioni
voluzione industriale ( ▶ cap. 7, par. 3); ma al di fuori del Regno Unito, processi di
forniscono un
impulso all’industria? modernizzazione dell’agricoltura avevano interessato solo le Fiandre, la Pianura
• Quale settori padana, una parte della Francia e ben poche altre aree del vecchio continente. Nel
economici sono in
complesso dunque, il paesaggio, le tecniche e la produttività agraria di gran parte
ascesa?
• Quale classe sociale dell’Europa erano rimasti sostanzialmente quelli tradizionali.
è strettamente Fin oltre la metà dell’Ottocento, il contadino restò ovunque assai povero e ag-
legata al terziario? grappato alla piccolissima proprietà, che gli forniva il fabbisogno essenziale: ce-
reali, ortaggi, vino o birra, qualche prodotto dell’allevamento, qualche fibra tessile
(lana, canapa o lino). Oltre che sulla propria terra, nella maggior parte dei casi il
contadino lavorava in cambio di un salario o di una compartecipazione al prodot-
to nelle grandi aziende agricole che producevano per il mercato.
Naturalmente esistevano notevoli differenze da uno Stato all’altro. Nella picco-
la Svizzera, relativamente egualitaria, si contavano 300.000 proprietari terrieri, in
tutta Italia appena 400.000. Ma nel complesso la distanza fra grandi e piccolissime
LESSICO
Produttività
aziende non si riduceva, poiché là dove non regnava più il latifondo si sviluppava-
Rapporto tra la quantità no le grandi imprese capitaliste. Spesso meno di un quarto della terra era suddi-
di beni o servizi prodotti visa fra l’enorme maggioranza della popolazione agricola, che ne traeva il proprio
e la quantità dei mezzi
(terra, macchine, forza
sostentamento; il resto apparteneva a medi o grandi proprietari che rifornivano i
lavoro) impiegati per mercati cittadini. In vaste zone dell’Europa centro-orientale e meridionale, la mag-
produrli in un lasso di gior parte della proprietà terriera si concentrava addirittura nelle mani di poche
tempo determinato.
decine di famiglie.

I rapidi cambiamenti alla fine del XIX secolo


Solo nell’ultimo quarto del secolo la struttura tradizionale delle campagne europee
cominciò a trasformarsi impetuosamente e il mondo rurale perse importanza e pe-
so in confronto a quello urbano e industriale. La causa principale di queste trasfor-
mazioni, che modificarono in maniera irreversibile il rapporto città-campagna, fu
lo sviluppo dei mezzi di trasporto e soprattutto della ferrovia. Per tutti, anche per
il piccolo produttore divenne economicamente conveniente specializzare le coltu-
re, facendo produrre a ogni terreno ciò per cui era più adatto: la ragione stava nel
fatto che i costi del trasporto non incidevano più sul prezzo dei prodotti agricoli
in modo tale da costringere ogni porzione di territorio all’autosufficienza. La ter-
ra veniva così sfruttata in maniera più intensiva e in relazione sempre più stretta
con le richieste di un mercato che andava allargandosi. E per la prima volta queste
condizioni cominciavano a valere anche per i piccoli produttori, che costituivano la
maggioranza della popolazione agricola e in molti Paesi la quasi totalità.
La trasformazione del paesaggio agrario accelerò: le grandi pianure fertili erano
adatte al grano, le colline mediterranee alla vite e all’ulivo, la montagna o i terre-
ni sabbiosi dell’Europa settentrionale all’allevamento. La famiglia contadina non

638
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

era più costretta a produrre tutto o quasi tutto quello di cui aveva bisogno, ma ciò
per cui la terra era più adatta, e da cui ricavava un profitto. Così facendo aveva più
facile e largo accesso al mercato.
Un cambiamento importante derivò inoltre dal fatto che l’agricoltura andava
differenziandosi dall’allevamento, mentre da sempre le due attività erano state for-
temente integrate. Paesi come la Svizzera o la Danimarca si specializzarono nella
produzione di carne, formaggi e burro, mentre gli abitanti delle grandi pianure ce-
realicole diventavano dipendenti per il fabbisogno di proteine animali. Conseguen-
za ancora più importante della separazione tra allevamento e agricoltura era che
veniva meno la possibilità di concimare i campi col letame, come da sempre si era
fatto, soprattutto per coloro che puntavano sulla cerealicoltura.
A questa mancanza, tuttavia, si riusciva ormai a sopperire. Infatti, a partire dalla
metà dell’Ottocento, lo sviluppo della navigazione oceanica fu tale che si poterono
importare quantità enormi di guano, un potente concime naturale ricchissimo di
fosfati, che consisteva nel deposito degli escrementi di uccelli marini accumulati-
si sulle coste oceaniche del Perù e del Cile. Ma poiché il guano non era una risorsa
inesauribile, ci si rese conto ben presto della necessità di un prodotto più stabile,
sicuro ed economico, che poteva venire solo dall’industria: a fine secolo, grazie al
suo sviluppo scientifico e tecnologico, l’industria chimica era in condizione di sod-
disfare la domanda crescente di concimi creandone di artificiali.
Nel frattempo, nei Paesi più avanzati, l’industria meccanica cominciò a produr-
re numerose nuove macchine per i lavori agricoli, determinando, alla fine del XIX
secolo, una connessione stretta fra agricoltura e altri settori dell’economia.

La minore importanza dell’agricoltura nell’economia globale


Paradossalmente, proprio l’accresciuta produttività del settore agricolo contribuì a
ridurre il suo peso nell’economia e nella società. Infatti l’agricoltura, proprio perché
si modernizzava, aveva bisogno di meno manodopera: sempre meno agricoltori
erano necessari per sfamare il resto della popolazione. Quantità crescenti di con-
tadini presero dunque la via delle città o addirittura attraversarono l’oceano cer-

Un agricoltore
inglese utilizza
un derby land digger,
un aratro collegato
a un motore
di trazione.
1860 circa.

639
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

cando fortuna nelle Americhe. Questo esodo dalle campagne si era già verificato
in Inghilterra tra Settecento e Ottocento e si sarebbe ripetuto nel corso del Nove-
cento in ogni Paese investito dalla trasformazione industriale.
A partire dal 1873, quando si verificò una crisi economica, si interruppe la sta-
gione dei profitti crescenti e la congiuntura delle campagne europee peggiorò gra-
vemente. Le esportazioni agricole americane e russe, sempre più concorrenziali
per la diminuzione dei costi di trasporto, provocarono una caduta del prezzo del
grano, dei redditi dei contadini e del valore delle terre. Il fenomeno dell’abbando-
no delle campagne accelerò e per l’Italia venne il momento della prima grande on-
data di emigrazione.
Due conseguenze fondamentali derivarono dalle imponenti trasformazioni del-
le campagne e dal progressivo arretramento di queste ultime di fronte alla forza
economica e politica dell’industria. La prima fu la perdita di potere e di prestigio
dei proprietari terrieri aristocratici, che avevano dominato incontrastati la scena
nella prima metà dell’Ottocento in tutta Europa, con l’eccezione forse dell’Inghil-
terra. La seconda conseguenza fu la crescente organizzazione cooperativa, sinda-
cale e politica dei contadini, che cominciarono a distaccarsi dall’abituale sogge-
zione al paternalismo dei possidenti o dal ribellismo, violento ma inconcludente,
dei secoli passati.
S1 Progresso e Nel complesso, quindi, a prezzo dell’emigrazione e dell’inurbamento, la condi-
arretratezza nella
zione dei contadini che rimanevano in campagna lentamente migliorava: i tetti
società di fine
Ottocento, p. 661 di tegole sostituivano quelli di paglia, l’illuminazione a gas faceva la sua comparsa
anche nelle case contadine, la carne non era più del tutto marginale nella dieta e
l’analfabetismo cominciava a regredire. E anche i salari aumentavano, proporzio-
nalmente, più dei prezzi.

Emigranti danesi
al porto
di Copenaghen
salutano i parenti
prima di imbarcarsi
per l’America.
Dipinto di Edvard
Petersen del 1890.

640
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

2 L’elettricità, la chimica e il motore a scoppio


Una nuova forma di energia: l’elettricità
L’industria ottocentesca dipendeva dal carbone, che costituiva l’unica fonte ener-
getica. La Rivoluzione industriale era partita dal settore tessile, per eccellenza
«leggero» perché richiede pochi e semplici macchinari e investimenti modesti. Ma
l’industria aveva poi continuamente accresciuto il proprio fabbisogno di energia
investendo nella metallurgia e nella meccanica, le quali producevano le macchi-
ne, i mezzi di trasporto e gli impianti che avevano radicalmente cambiato il volto
di molte zone d’Europa. I paesaggi industriali erano dunque caratterizzati dagli
impianti dell’industria «pesante» dell’acciaio e del carbone, dagli altiforni e dalle
miniere. Il fumo e la polvere nera costituivano il segnale inconfondibile delle aree
di sviluppo industriale.
A partire dall’ultimo ventennio del secolo una Seconda rivoluzione industriale
cominciò a trasformare ancora più radicalmente la vita quotidiana, oltre che il mo-
do stesso di lavorare, e quindi la dinamica dei rapporti sociali. L’industria sviluppò
ulteriormente il settore pesante, e gli investimenti divennero sempre più massic-
ci. Questa seconda Rivoluzione prese l’avvio dall’uso su vasta scala dell’elettricità,
dalle applicazioni dell’industria chimica e dall’invenzione del motore a scoppio.
L’elettricità nel Settecento era stata studiata in particolare da Alessandro Vol-
ta (1745-1827), che aveva realizzato la prima pila. Ma la sua utilizzazione prati-
ca dipendeva dalla soluzione di problemi complessi, poiché una cosa era generare
energia elettrica in laboratorio e un’altra produrne in grande quantità e renderla
disponibile per le fabbriche e le città.
Risultarono decisive in proposito le invenzioni della turbina, della dinamo e dei
materiali isolanti. La prima è un congegno che permette di trasformare, con minime
dispersioni di energia, la forza dell’acqua o del vapore in un movimento rotatorio; la
tradizionale ruota idraulica, che per secoli aveva messo in moto le macine dei mulini
e poi gli impianti manifatturieri, era in fondo l’antenata rudimentale della turbina.
L’invenzione della dinamo (1867) rese possibile applicare la scoperta, vecchia
di cinquant’anni, del rapporto fra elettricità e magnetismo, per realizzare i primi
impianti capaci di trasformare il movimento rotatorio in energia elettrica. Ma una
volta prodotta, l’energia elettrica doveva essere trasportata senza pericoli né di-
spersioni; questo risultato fu reso possibile verso la fine del secolo dall’uso delle
prime gomme sintetiche isolanti prodotte dall’industria chimica, con le quali fu-
rono rivestiti i primi cavi ad alta tensione.
Nel 1882 sorse la prima centrale elettrica destinata a illuminare il centro di New
York, e nel 1891 parve straordinario il risultato di utilizzare a Francoforte sul Me-
no corrente ad alta tensione (15.000 volt) prodotta con le acque del fiume Neckar,
a 140 chilometri di distanza. Da allora i progressi nella produzione e nella distri-
buzione dell’elettricità si fecero spettacolari, e permisero di sfruttare l’energia pu-
lita delle cascate, con una diminuzione della dipendenza dal carbone, a vantaggio
di Paesi come l’Italia, la Catalogna, la Svizzera, il Canada e il Giappone, fino ad al-
lora privi di fonti energetiche tradizionali. L’Italia produceva ormai un milione di
kilowattora dai suoi impianti idroelettrici, una quantità che copriva peraltro solo
una piccola parte del fabbisogno. Altrettanti gli Stati Uniti ne ricavavano dalle so-
le cascate del Niagara.

641
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

I profondi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro


Questa nuova forma di energia cambiò anche la natura della fabbrica e l’organiz-
zazione del lavoro, determinando importanti ripercussioni sociali. Fino alla metà
dell’Ottocento, le macchine in funzione nelle fabbriche erano installate vicino ai
motori a vapore fissi che le muovevano, perché il movimento poteva essere tra-
smesso dai complicati sistemi di pulegge, cinghie e ingranaggi solo per pochi metri
e disperdendo una gran quantità di potenza. L’utilizzo dell’elettricità, invece, mise
a disposizione dell’industria una fonte di energia estremamente versatile e facile
da impiegare, che offriva straordinari vantaggi: l’elettricità poteva essere trasportata
a grandi distanze con bassa dispersione – sia dal luogo di produzione alla fabbrica
che all’interno della fabbrica stessa – ed era facilmente convertibile in diversi tipi
di energia (luce, calore, movimento).
Il motore elettrico soppiantò la macchina a vapore e trasformò completamente
la produzione industriale. Il motore poté infatti essere adattato alla macchina, il
che permise per esempio di costruire gru e ponteggi semoventi impensabili con le
vecchie tecnologie. I macchinari divennero incomparabilmente più sofisticati e pre-
cisi: nasceva la macchina utensile, capace di sfornare parti meccaniche assoluta-
mente identiche l’una all’altra. Le macchine stesse cominciarono a essere prodotte
industrialmente, montando parti costruite in serie e intercambiabili.
Da tutte queste innovazioni derivava un enorme rivolgimento nel rapporto fra
l’operaio e il posto di lavoro, poiché l’abilità professionale non era più richiesta co-
me in passato e i lavoratori diventavano molto più anonimi e intercambiabili. Ne-
gli anni Dieci del Novecento, l’ingegnere Frederick W. Taylor teorizzò un sistema
secondo cui, per ottenere la massima resa produttiva, le varie mansioni andava-

Le linee
di assemblaggio
del Modello T nello
stabilimento Ford
a Detroit nei primi
anni Dieci.

642
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

no frammentate in singoli gesti, ognuno dei quali doveva essere eseguito da un


operaio che lo ripeteva indefinitamente, in tempi e modi prestabiliti, rispondenti
ai ritmi produttivi della macchina. Il «taylorismo» fu largamente applicato nella
F1 La catena di lavorazione a catena di montaggio, introdotta per la prima volta nella fabbrica di
montaggio secondo
automobili Ford, a Chicago, nel 1913, e diffusasi poi in tutto il mondo nel corso del
Henry Ford, p. 659
XX secolo: i pezzi da montare venivano fatti scorrere su un binario, e a ciascun ope-
raio era assegnata l’esecuzione di una sola operazione, sempre la stessa. Gli operai
venivano così completamente asserviti alle macchine: addetti al loro regolare fun-
zionamento, erano ridotti a membri di una massa indifferenziata.

Le applicazioni dell’elettricità nella vita quotidiana


L’elettricità modificò radicalmente, oltre alle tecniche di produzione, molti aspetti
della vita quotidiana e delle relazioni sociali. Fondamentale fu l’illuminazione elet-
trica su larga scala, resa possibile dalla lampadina a incandescenza inventata dallo
statunitense Thomas A. Edison nel 1879. La luce elettrica, sicura e pulita, progres-
sivamente sostituì le tradizionali lampade e torce a olio e quelle pericolose e inqui-
nanti a gas. Illuminare artificialmente in maniera capillare produsse conseguenze
enormi. Significava, per esempio, permettere alle classi popolari di utilizzare le ore
dopo il lavoro per attività sociali o ricreativo-culturali, per l’organizzazione politi-
ca, per l’istruzione. Più in generale, raccogliersi intorno al focolare, alla lampada a
olio o a gas, cessava di essere il modo quasi obbligato in cui trascorrere le serate.
Vi furono altre innovazioni rivoluzionarie, sempre rese possibili dall’elettrici-
tà, nell’ambito delle comunicazioni a distanza. Il telegrafo elettrico consentiva la
trasmissione di impulsi con cui si potevano comporre e decodificare messaggi. Nel
1858 ebbe luogo il primo contatto telegrafico fra la regina d’Inghilterra e il presi-
dente degli Stati Uniti, grazie a un cavo sottomarino di 3700 chilometri che attra-
versava l’Atlantico.
Novità di ancora maggiore impatto fu la trasmissione diretta della voce, grazie
all’invenzione di Antonio Meucci brevettata nel 1871: il telefono. Al seguente svi-
luppo della telefonia contribuì Alexander G. Bell, che nel 1876, tre anni dopo la
scadenza del brevetto di Meucci (impossibilitato a rinnovarlo per problemi finan-
ziari) presentò a Washington una domanda di brevetto per il telefono, a cui seguì
una vicenda giudiziaria conclusasi solo nel 1886, quando la Corte Suprema statu-
nitense riconobbe a Meucci la priorità dell’invenzione.
Ad ogni modo, nei decenni seguenti molte città cominciarono a disporre di im-
pianti telefonici in rete e, così, si riuscì a mettere in contatto fra di loro le abita-
zioni private.
Ma l’invenzione che apparve davvero stupefacente fu quella della trasmissione
senza fili per mezzo della radio, messa a punto da Guglielmo Marconi: nel 1899
un primo messaggio radio riuscì ad attraversare la Manica. La differenza più im-
portante rispetto al telefono era che, senza fili, la trasmissione poteva raggiungere
non solo un singolo destinatario ma un pubblico illimitato. Via cavo o via etere, la
voce e il pensiero degli uomini potevano ormai viaggiare con una velocità assoluta-
mente impensabile per le generazioni precedenti. Le reti di rapporti interpersonali
e le possibilità di influenzare un pubblico potenzialmente sterminato risultarono
F2 La prima ferrovia
improvvisamente aumentate, in misura almeno paragonabile a quella determina-
elettrica italiana, p. 660 ta dall’invenzione della stampa.

643
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Gli sviluppi nel campo della chimica


Lo sviluppo delle applicazioni dell’elettricità svolse un ruolo importantissimo
anche nella trasformazione della materia, grazie all’industria chimica, l’altro
grande pilastro della Seconda rivoluzione industriale. La chimica rese disponi-
bili prima il gas da illuminazione, poi catrami, coloranti, cementi, nuovi esplosivi
(la dinamite, inventata da Alfred Nobel nel 1867), i primi fertilizzanti artificiali,
capaci di potenziare enormemente la produttività agricola, l’ammoniaca, il clo-
ro, la soda caustica (ingrediente di base per una serie interminabile di prodotti).
Alle gomme sintetiche – isolanti per cavi elettrici e fondamentali per la nascen-
te industria dell’automobile – si affiancarono le prime materie plastiche, come
la galalite e la celluloide. Con la ricerca sui medicinali e i disinfettanti nacque la
moderna industria farmaceutica, che consentì di combattere con nuove armi la
lotta contro le malattie.
Servendosi di procedimenti realizzabili su vasta scala grazie alla disponibilità di
energia elettrica, la chimica industriale incise anche nella metallurgia, rendendo
possibili le saldature autogene (cioè che uniscono direttamente le parti su cui si
lavora senza metalli aggiuntivi per la saldatura), introducendo la produzione di ac-
ciai speciali e sistemi di cromatura e nichelaggio che rendevano il ferro resistente
alla ruggine. La chimica fece compiere un balzo alla produzione di alluminio, un
metallo duro e leggero importantissimo nella metallurgia moderna, ricavato dalla
bauxite con processi elettrochimici.
L’industria chimica permise inoltre di creare materiali completamente nuovi.
Per le manifatture tessili nacquero sete artificiali di basso prezzo, create dalla
cellulosa di cotone o dalla polpa di legno. I problemi maggiori derivavano dal-
la difficoltà di rendere queste fibre non infiammabili e resistenti all’umidità; al-

LE FONTI Nel 1872 l’ingegnere Giovanni Battista Pirelli (1848-1932), fondò la


G.B. Pirelli & C., che aveva come scopo «la fabbricazione e vendita di ar-
Nascita di una ticoli in gomma elastica» e che, tra Ottocento e Novecento, divenne com-
grande industria petitiva a livello internazionale. Si riporta un breve estratto dal periodico
milanese «L’industriale» che si proponeva di fornire un concreto strumento,
italiana: la Pirelli di carattere tecnico e commerciale, al ceto degli industriali.

Abbiamo già parlato, nel numero dello scorso marzo di questo periodico della formazione d’una
Società […] che, sotto il nome di G.B. Pirelli e comp., intendeva attivare l’industria degli apparecchi
ed oggetti in caoutchouc e accennavamo fin d’allora alla prontezza colla quale si iniziavano le
opere di costruzione pel compimento dell’impresa. Ora che tali opere sono assai avanzate crediamo
opportuno farne un cenno ai nostri Lettori, sapendo che non riusciranno prive d’interesse,
particolarmente ai molti nostri Industriali consumatori di simili articoli. […]
A guisa di quanto si verifica all’estero la Società pensò doversi situare lo stabilimento in un grosso
centro commerciale e industriale. […]
Venne quindi deciso di installare lo Stabilimento in Milano, e sui disegni dell’ingegnere Pirelli e
per opera dei bravi imprenditori Fratelli Peregrini, se ne incominciava la costruzione […]. Questo
Stabilimento Nazionale non sarà, né per grandezza, né per perfettibilità del materiale di lavorazione,
inferiore a molti dei forestieri, ché anzi, facendo tesoro degli ultimi perfezionamenti introdotti,
raccoglierà da solo molti dei vantaggi che altrove si trovano sparsi […].
(da «L’industriale», n. 7, 8 luglio 1872, p. 95)

644
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

Manifesto
pubblicitario
del cinematografo
Lumière del 1896.

Manifesto
realizzato
da Jules Chéret per
reclamizzare l’olio
per lampade
a petrolio, 1891.

la vigilia della Prima guerra mondiale si erano ormai ottenuti notevoli risultati
con il rayon, di cui la Germania divenne prima produttrice. Altri nuovi materiali
si svilupparono a partire dalle prime gomme sintetiche: divennero per esempio
possibili le coperture pneumatiche delle ruote, fondamentali per la nascente in-
dustria dell’automobile.
Senza l’elettricità e la chimica sarebbe stata inoltre impossibile una nuova magia:
il cinematografo. La pellicola di celluloide e i sistemi di impressione erano tecnica-
mente disponibili già negli anni Settanta; restava da scoprire il meccanismo ottico
dell’animazione, che fu gradualmente messo a punto negli anni Ottanta e Novan-
ta. Nel 1895 i fratelli Louis-Jean e Auguste Lumière realizzarono la prima proie-
zione pubblica in una sala parigina. Stava per nascere la nuova grande industria
cinematografica, di cui gli Stati Uniti avrebbero assunto la leadership.
In diversi casi i nuovi prodotti dell’industria chimica si ricavavano a partire
dal carbone, che serviva anche a produrre energia elettrica. Il carbone mantenne
quindi ancora per decenni un ruolo primario nella produzione industriale. Ma la
grande novità fu il petrolio: considerato inizialmente una curiosità di laborato-
rio, ben presto divenne la principale fonte energetica dell’umanità e la materia
prima essenziale per l’industria chimica. Dagli 8 milioni di tonnellate di greggio
del 1890, la produzione mondiale passò a 56 milioni nel 1914, di cui 34 nei so-
li Stati Uniti.

Il motore a scoppio e la rivoluzione dei trasporti


L’ultima fondamentale innovazione della Seconda rivoluzione industriale fu la rea-
lizzazione di un motore dalle dimensioni contenute, leggero e potente, tale da per-
mettere una flessibilità molto maggiore di quella della macchina a vapore: il moto-
re a scoppio. I primi tentativi risalgono al 1860, quando si fecero esperimenti sul
tipo di carburante e si cercò di mettere a punto il modo di iniettarlo direttamente
all’interno del cilindro e di provocarne l’esplosione. Ma solo venticinque anni più

645
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

S2 Mobilità nella tardi, le prime automobili dotate di un motore a scoppio dalla struttura simile a
Seconda rivoluzione
quella odierna venivano prodotte dai tedeschi Gottlieb Daimler e Carl Benz. Vero
industriale, p. 662
è che queste macchine non riuscivano a superare i 20 chilometri all’ora, ma i pro-
gressi furono impetuosi. Il motore a scoppio si dimostrò incomparabilmente più
efficace e versatile della macchina a vapore, sufficientemente piccolo da poter es-
sere montato da Daimler addirittura su un mezzo a due ruote.
Negli stessi anni un motore più pesante, con iniezione diretta del combustibi-
le e senza la scintilla prodotta da una candela, fu inventato da un altro ingegnere
tedesco, Rudolf Diesel. Il motore «diesel» si adattava perfettamente come propul-
sore per le navi e fu ampiamente utilizzato in quest’ambito.
Le prime automobili assomigliavano alle carrozze a cavalli, ma ben presto co-
minciarono ad assumere una linea diversa e originale e a imporsi nella concorrenza
con la trazione animale. Allo scoppio della Grande guerra circolavano nel mondo
due milioni di vetture, metà delle quali negli Stati Uniti, che tenevano facilmente
una velocità di 75 chilometri orari.
Il motore a scoppio permise infine la realizzazione di un antico sogno dell’uma-
nità, quello del volo. Negli ultimi anni del secolo si cominciarono a produrre grandi
aerostati a motore; una ventina di anni dopo, un grande dirigibile tedesco sarà in
grado di trasportare 20 passeggeri. Quasi contemporaneamente nascevano i primi
aerei. Nel 1903 i fratelli americani Wilbur e Orville Wright riuscirono a percorre-
re 266 metri a tre metri di altezza dal suolo a bordo di un piccolo aeroplano dota-
to di un motore a scoppio molto leggero. Da allora l’evoluzione fu rapidissima: nel
1909 si superò in aereo la Manica, nel 1910 le Alpi, nel 1913 il Mediterraneo. Nel-
la guerra mondiale che stava per scoppiare, gli uomini erano per la prima volta in
grado di battersi in cielo.

uffici deputati, che riconoscono il diritto esclusivo di


LA STORIA NELLE PAROLE
disporre di una invenzione industriale.
Invenzione, innovazione Si può parlare di innovazione quando un’impresa de-
e diffusione cide di sfruttare tali invenzioni, attraverso l’introduzio-
ne di un nuovo metodo produttivo (come è avvenuto
Lo sviluppo delle attività economiche corre parallelo con la catena di montaggio) o di un nuovo prodotto
all’avanzamento delle conoscenze scientifiche e tec- (come nel caso dei concimi chimici). Anche questa
nologiche. Nella stretta relazione che lega scienza fase è accompagnata da momenti di studio e analisi,
ed economia, l’economista austriaco Joseph Alois finalizzati a verificare il funzionamento dell’innovazione
Schumpeter (1883-1950) ha individuato tre fasi: sul piano tecnico e le sue ricadute economiche. Tale
momento implica ovviamente dei rischi per l’impresa.
l’invenzione, l’innovazione e la diffusione.
Nell’ultima fase, l’innovazione, generalmente intro-
L’invenzione consiste nell’applicazione pratica di nuo-
dotta da un’impresa, si diffonde alle altre. Questa
ve conoscenze in una formula originale e può con-
diffusione può avvenire in modi differenti, più o me-
cretizzarsi nella creazione di un nuovo prodotto, nella no leciti: la regolare concessione di licenze o l’imita-
realizzazione di un innovativo procedimento di produ- zione. Quest’ultima possibilità è particolarmente te-
zione o nell’uso differente di un prodotto noto. muta, poiché le aziende che si appropriano imitando
Le invenzioni prendono forma nei due ambiti della beneficiano della novità – che sia un prodotto o un
ricerca di base, che si svolge nelle università o nei processo – senza sostenere costi di ricerca e rischi.
laboratori pubblici, e della ricerca applicata, che vie- Il sistema dei brevetti è nato per questo a protezio-
ne promossa dalle aziende stesse. Le invenzioni sono ne delle informazioni necessarie all’introduzione di
protette da brevetti, ovvero documenti, rilasciati da un’innovazione.

646
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

3 I monopoli, le banche e lo Stato


La nascita della finanza moderna
Un apparato industriale sempre più grande, complesso e costoso richiedeva inve-
stimenti che andavano ormai molto al di là delle possibilità del singolo capitalista
e comportavano dimensioni aziendali mai viste prima. L’impresa che voleva com-
petere sul mercato doveva essere gigantesca, ma a causa delle sue stesse dimen-
sioni alterava il funzionamento del mercato.
Tra gli anni Ottanta del XIX secolo e la Prima guerra mondiale, soprattutto negli
Stati Uniti e in Germania, si formarono le prime grandi concentrazioni di impre-
se, in inglese trust. Nasceva così la struttura della finanza moderna, caratterizza-
ta da società quotate in borsa che detenevano pacchetti azionari di altre società,
che a loro volta ne controllavano altre. I consigli di amministrazione, con parteci-
pazioni incrociate fra le società dello stesso gruppo, divennero i luoghi dove veni-
vano prese decisioni di politica industriale che avevano ormai la forza per condi-
zionare il mercato mondiale. Il mercato puro, luogo dell’equilibrio spontaneo fra
domanda e offerta, non esisteva più: il liberalismo ottocentesco appariva superato
dallo stadio avanzato dello sviluppo capitalista. E oltre ai trust nacquero i cartelli,
cioè accordi fra imprese dello stesso settore finalizzati a evitare la concorrenza e
a controllare in tal modo i prezzi sul mercato.
L’uomo simbolo del nuovo capitalismo monopolista fu l’americano John
D. Rockefeller (1839-1937), che, partito negli anni Sessanta da una raffineria di
petrolio, arrivò a fare della sua compagnia, la Standard Oil Company, un gigantesco
cartello di società che controllava più del 90% del mercato petrolifero americano.
S3 Capitalismo Ma nel 1911 la Standard Oil fu costretta a smembrarsi: la prima legge antitrust,
mondiale e Stato lo Sherman Antitrust Act, emanata dal Congresso degli Stati Uniti su proposta del
nazionale, p. 663
senatore John Sherman nel 1890, venne concretamente applicata nel 1911 con-
tro l’impero petrolifero creato dal magnate Rockefeller, oltre che contro l’Ameri-
can Tobacco Company. In ogni caso, le società uscite da quel colosso (Mobil, Esso,
Chevron, Amoco) continuarono ad accordarsi e per molti decenni riuscirono a con-
dizionare praticamente l’intero mercato mondiale.
Ma non era solo il potere di condizionamento del mercato da parte dei maggio-
ri gruppi monopolistici a essere cresciuto a dismisura. Soprattutto nei Paesi di più
recente industrializzazione – Germania, Russia, Giappone e Italia –, l’intreccio fra
grandi interessi finanziari e potere politico si faceva sempre più forte: in Italia
il blocco degli «interessi protetti» era alla base della politica crispina ( ▶ cap. 16,
par. 4); in Germania e in Giappone grandi gruppi privati (Krupp, Mitsui, Mitsubi-
shi) vantavano legami politici tali da minacciare gravemente l’autonomia dei pub-
blici poteri assai più di quanto non accadesse in Inghilterra, in Francia e negli Stati
Uniti, dove invece esisteva una forte tradizione imprenditoriale.

I legami tra settore bancario e settore industriale


Le società nate per controllare altre società in alcuni casi erano controllate da
banche di nuovo tipo, che prestavano denaro a lungo termine al fine di finanzia-
re investimenti industriali. Non si trattava più della banca tradizionale, che aveva
sempre servito la propria clientela come cassa di risparmio, per depositi e prestiti
a breve termine, e che aveva investito a lungo termine nei prestiti allo Stato, co-

647
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

me nel caso dei Rothschild, la più potente famiglia di banchieri dell’Ottocento. Le


nuove banche d’affari finalizzavano la propria azione all’investimento industriale,
magari rischioso, ma che poteva risultare molto remunerativo. Una grande banca
francese, il Crédit mobilier, fornì l’esempio di questa trasformazione, finanziando
il grande sviluppo industriale del Paese all’epoca di Napoleone III.
La distribuzione Si affermava pure – soprattutto in Germania, ma anche in Austria, in Italia, in
dei dividendi in una
sede della Bank Russia e in Giappone – un modello di «banca mista», che operava con prestiti sia
of England. a breve sia a lungo termine, cioè serviva tanto la piccola clientela quanto l’inve-
Dipinto di George stimento industriale. Queste grandi banche utilizzavano il capitale depositato dai
Elgar Hicks del 1859.
Londra, Bank of England piccoli risparmiatori per acquistare portafogli azionari enormi, che consentivano
Museum. loro di controllare direttamente le imprese; sempre più spesso funzionari bancari
sedevano nei consigli di amministrazione e nelle altre sedi direttive in cui veniva-
Leggi l’immagine
no decise le strategie aziendali. La Deutsche Bank controllava nel 1910 un centi-
• Il dipinto ritrae
una piccola folla
naio di banche secondarie e una quota considerevole del sistema monopolistico
composta da tanti tedesco, nel quale l’1% delle aziende impiegava il 39% dei salariati e consumava il
soggetti diversi, 77% del fabbisogno energetico nazionale.
suggerendoci quali
siano i clienti della
Questo sistema di strette relazioni fra mondo industriale e mondo finanziario,
banca: descrivili. all’insegna della concentrazione e del monopolio, era allo stesso tempo potentis-
• Quali particolari simo e fragile. Lo Stato, per la prima volta dalla nascita del capitalismo moderno,
contribuiscono si trovava a intervenire sugli assetti della grande proprietà privata e sugli equilibri
a rendere la
confusione e
produttivi. Il potere di condizionamento del mercato da parte dei maggiori gruppi
l’operosità che monopolistici era cresciuto a dismisura, e lo Stato non poteva permettere che un
sembrano dominare trust o un cartello crollasse, destabilizzando tutto il sistema economico-finanzia-
nella scena?
rio e rischiando di provocare una crisi generale.

648
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

4 Il declino del liberalismo


e l’inizio della democratizzazione
Il ruolo crescente dello Stato
Il liberalismo ottocentesco si fondava su due princìpi essenziali: la non ingerenza
dello Stato negli equilibri economici e sociali e l’esclusione delle masse popola-
ri dalla vita politica, a cui poteva accedere solo chi avesse requisiti minimi di cul-
tura e di reddito. La libera iniziativa dell’individuo doveva essere salvaguardata
sia dall’invadenza dei poteri pubblici sia dalla richiesta di protezione sociale delle
masse. E fino agli ultimi decenni del XIX secolo lo Stato, in Inghilterra, in Francia
e negli Stati Uniti, svolse essenzialmente il ruolo di garante dell’ordine pubblico,
di tutore della legalità.
Dopo la crisi del 1873, e in coincidenza con le trasformazioni economiche e fi-
nanziarie di cui abbiamo parlato, lo Stato cominciò però a intervenire sempre più
pesantemente nell’economia. Se la sfera dell’intervento pubblico cresceva in mi-
sura enorme nella produzione, cresceva anche nell’ambito dell’amministrazione.
Bisognava infatti, ad esempio, far fronte alle esigenze di città sempre più grandi,
con migliaia di chilometri di strade da lastricare, asfaltare, pulire, illuminare. La
popolazione doveva essere servita da tram a cavalli e, ben presto, elettrici. Comin-
ciavano a essere costruite le prime linee di ferrovie sotterranee metropolitane: a
Londra nel 1863, a New York nel 1867, a Parigi nel 1900. Gli acquedotti, le fogna-
LESSICO ture, i sistemi di smaltimento dei rifiuti dovevano essere messi a punto e non tutti
Nazionalizzazione questi servizi potevano essere appaltati all’iniziativa privata, perché difficilmente
In ambito economico,
il termine indica
erano in grado di produrre profitti.
l’acquisizione da Analogamente non potevano essere affidati per intero al settore privato le poste
parte dello Stato e le ferrovie. In entrambi i settori la remunerazione degli investimenti era sempre
della proprietà o della
gestione di una o più
più incerta e l’intervento statale si rendeva necessario, in molti casi fino alla na-
attività economiche fino zionalizzazione totale, che per le ferrovie italiane avvenne nel 1905. Per fare solo
a quel momento in mano un esempio, in Germania, fra il 1880 e il 1910, gli impiegati del servizio postale e
a privati.
ferroviario passarono da un totale di 245.000 a uno di 700.000.

Una classe
di scienze in una
scuola superiore
femminile norvegese
nel 1900 circa.

Leggi l’immagine
• Di quali strumenti è
dotata l’aula?
• In che modo
sono disposte
le studentesse
all’interno dell’aula?
• Osserva
l’inquadratura:
l’osservatore quale
punto di vista
adotta?

649
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

favorivano il diffondersi di malattie; la difficile vita


CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA
nelle periferie incoraggiava inoltre l’insorgere di fe-
La trasformazione delle città nomeni come la malavita e l’alcolismo.
Consapevoli di questa situazione, i governi iniziaro-
Nell’ultimo quarto del XIX secolo le città dovette- no a prendere provvedimenti e ad elaborare misure
ro far fronte a una notevole pressione demografica, di profilassi, supportati anche dallo sviluppo tecnolo-
data sia da un incremento della natalità (associato gico. Le città furono dotate di reti fognarie realizzate
a una diminuzione della mortalità) sia dalla massic- con tubature metalliche, vennero costruiti nuovi ac-
cia affluenza di popolazione dalle campagne, attrat- quedotti pubblici per rifornire le case di acqua cor-
ta dallo sviluppo industriale. La maggior parte de- rente, furono ampliati i vicoli più stretti e nacquero i
gli abitanti, sia in Europa sia negli Stati Uniti, viveva moderni ospedali. Inoltre l’elettricità consentì di il-
ancora nelle aree rurali; tuttavia anche queste erano luminare le strade e di renderle più sicure.
meglio collegate con la città mediante reti stradali, Nella seconda metà dell’Ottocento, le amministrazio-
fluviali e ferroviarie. ni delle più grandi città europee pianificarono inter-
Le aree urbane stavano subendo un processo di venti di ristrutturazione urbanistica su larga scala.
grande trasformazione che interessava non solo Primo tra tutti fu Napoleone III che incaricò
le dimensioni e la densità abitativa ma anche il loro Georges-Eugène Haussmann (1809-91) della ristrut-
assetto, in relazione al processo di industrializzazio- turazione di Parigi: Haussmann, tra il 1853 e il 1870
ne. Generalizzando, le città sedi di fabbriche aveva- creò un’importante rete di infrastrutture e ampliò i
no una struttura composta da due poli fortemente grandi boulevard, anche con l’obiettivo di rendere me-
diversificati: no facile lo scoppio di rivolte urbane e di favorire un
• il centro, la parte più antica della città che ospitava i rapido spostamento delle truppe. Altri interventi uni-
quartieri residenziali borghesi, gli uffici, le banche e i tari riguardarono le città di Vienna – dove, dal 1857,
grandi magazzini; il centro talvolta si espanse e, per in luogo delle antiche mura medievali, venne costrui-
questo, vennero abbattute le antiche mura di cinta; to il Ring, un’ampia arteria alberata fiancheggiata da
• le periferie, che occupavano uno spazio maggiore, eleganti quartieri – e Barcellona, città alla quale il
luoghi in cui sorgevano le fabbriche e le abitazio- piano di Ildefonso Cerdà (1815-76) del 1859 dette
ni popolari, nelle quali le famiglie operaie vivevano un impianto unitario, di cui sono ancora oggi visibili
ammassate e in condizioni igieniche insalubri che le due arterie principali e gli isolati a forma quadrata.

Collega e confronta
1. Sul portale franceculture.fr sono pubbli-
cate alcune fotografie d’epoca che docu-
mentano le trasformazioni di Parigi tra gli
anni Cinquanta e Settanta dell’Ottocento:
scegline alcune particolarmente significati-
ve e realizza in gruppo una presentazione
multimediale.
2. Le periferie delle grandi città europee,
dove sorgevano nel XIX secolo fabbriche
e abitazioni popolari, sono diventate parte
dei centri urbani nel corso del Novecen-
to; aiutandoti con una carta geografica,
rintraccia i sobborghi operai di Parigi
come faubourg Saint-Antoine e faubourg
Saint-Germain.
3. Rintraccia delle fotografie recenti dei
grandi viali di Parigi, Vienna e Barcellona
realizzati durante le grandi ristrutturazioni
ottocentesche: individuane le caratteristi-
Boulevard Saint-Denis a Parigi. che e la funzione urbanistica.
Dipinto di Jean Beraud del 1900.

650
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

Nel suo saggio La metropoli e la vita dello spirito (1903) il sociologo e filo-
LE FONTI
sofo tedesco Georg Simmel (1858-1918) descrive gli effetti della vita nelle
Gli effetti della grandi città sulla mente umana. L’intensificazione della vita nervosa e la so-
vita in città vraesposizione agli stimoli acuirebbero la condizione di indifferenza, distra-
zione e solitudine che caratterizzano la modernità, profondamente diversa
sull’essere umano dalla realtà di campagna, dominata da ritmi più lenti.

Il fondamento psicologico sul quale si fonda il prototipo del cittadino è l’intensificazione della vita
nervosa, proveniente da una rapida e ininterrotta sequenza d’impressioni, sia esterne che interne. […]
La rapidità e la concentrazione di immagini diverse, la varietà brutale di oggetti che si possono
abbracciare con un solo sguardo, il carattere inaspettato di impressioni violente. La grande città,
ricreando esattamente queste condizioni psicologiche […] introduce nei fondamenti sensitivi stessi
della nostra vita morale […] una profonda differenza con la piccola città e la campagna, dove la vita
sia a livello sensitivo che a quello intellettuale, si svolge ad un ritmo più lento, più abitudinario, più
regolare.
Questo ci aiuta prima a capire perché in una grande città, la vita sia più intellettuale che in una
piccola, dove l’esistenza è basata piuttosto sui sentimenti, sui legami affettivi, che nascono negli strati
meno coscienti della nostra anima e si sviluppano di preferenza nella calma regolarità delle abitudini.
(da F. Choay, La città. Utopie e realtà, Einaudi, Torino 1973, vol. II pp. 418-419)

Giustizia e polizia gravavano esclusivamente sulle spalle dello Stato e di fronte ai


crescenti problemi di ordine pubblico si trattava in entrambi gli ambiti di un impe-
gno sempre più complesso. Lo stesso valeva per la pubblica istruzione: l’analfabe-
tismo cominciava a essere avvertito come una barbarie da eliminare e l’istruzione
primaria diventava in tutti i Paesi europei un grande compito dello Stato, che su
questo terreno venne a scontrarsi con il secolare predominio delle Chiese. Ancora
più gravoso era il peso delle spese militari, imposto da eserciti sempre più grandi
e armamenti sempre più sofisticati.

La nascita del settore terziario e di un nuovo ceto sociale


Per far fronte alle nuove spese, lo Stato doveva intervenire con un prelievo fisca-
le sempre più oneroso. La tassazione indiretta, a cui i governi avevano fatto trop-
po spesso ricorso nei decenni passati, venne accantonata perché insufficiente ol-
tre che iniqua e tutti i Paesi si orientarono verso un’imposizione progressiva sul
reddito, ovvero un sistema di imposte per cui l’ammontare della quota dovuta allo
Stato aumenta in misura proporzionale alla crescita della ricchezza. Secondo i suoi
avversari, l’imposta progressiva non era altro che un indebito strumento di ridi-
stribuzione della ricchezza, poiché prelevava dal ricco in proporzione assai mag-
giore che dal povero. Inoltre poteva essere presentata come lo strumento di uno
Stato inquisitore e dispotico, che pretendeva di accertare i redditi dei suoi cittadini.
L’esercito crescente di addetti ai servizi municipali e statali (ferrovieri, postini,
maestri, poliziotti, militari, impiegati nella burocrazia ecc.) per i ceti dirigenti libe-
rali rappresentava forse una necessità, ma certo negativa, perché lo ritenevano un
apparato insopportabilmente invadente e costoso. Inoltre il massiccio reclutamen-
to di dipendenti pubblici creava un’importante novità sociale e politica: una mas-
sa di servitori dello Stato di bassa estrazione sociale, in cui i governanti potevano
trovare una fortissima base di manovra, un serbatoio del consenso.

651
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Più in generale nasceva per la prima volta un intero nuovo settore dell’economia,
che si definisce dei «servizi» o «settore terziario», fatto in larga misura, seppure
non esclusivamente, di pubblico impiego. Per le società contemporanee si trattava
di un’importante novità che acquisì grande rilevanza rapidamente, in quanto mo-
dificava la composizione dei ceti popolari.
Praticamente inesistente a metà dell’Ottocento, già all’inizio del Novecento nei
Paesi più sviluppati il terziario arrivò a occupare circa un terzo della popolazione
attiva. Le dinamiche sociali tradizionali, la lotta di classe così come Karl Marx l’aveva
studiata, ne risultavano profondamente trasformate: un ceto di impiegati che vive-
vano del proprio salario sostituiva la piccola borghesia della bottega e del laboratorio
artigiano ed era destinato a far sentire il proprio peso nello scontro con il proletaria-
to. Gli impiegati costituivano infatti una piccola borghesia di tipo nuovo: salariati e
privi di una proprietà da difendere, come gli operai, diversamente da questi gode-
vano però di una piccola posizione raggiunta, di un ruolo e di una dignità sociale,
dell’integrazione in un sistema socio-politico dal quale si sentivano promossi. Questo
ceto sociale, perciò, si sarebbe generalmente rivelato conservatore e nazionalista.

Il processo di democratizzazione delle masse


Un’ulteriore modalità d’intervento delle istituzioni pubbliche nella società civile fu
il varo dei primi abbozzi di legislazione sociale. Più o meno in tutti i Paesi euro-
pei, a cominciare dalla Germania, quello economicamente più avanzato e politica-
mente meno liberale e più paternalista, lo Stato intervenne nelle dinamiche sociali
LESSICO con una legislazione a tutela dei lavoratori. In Germania le assicurazioni contro gli
Settore terziario infortuni sul lavoro, contro le malattie e la vecchiaia furono rese obbligatorie fin
L’insieme delle attività
dagli anni Ottanta; gli altri Paesi imitarono questo modello.
che non rientrano
nel settore primario Costringere il datore di lavoro ad assicurare l’operaio, istituendo una cassa mutua
(l’agricoltura) e in quello gestita o almeno cogestita dai lavoratori, significava intervenire pesantemente nel
secondario (industriale-
libero gioco della domanda e dell’offerta di lavoro; ma, al tempo stesso, promuove-
manifatturiero).
Il terziario, anche detto va la sicurezza sociale e la dignità umana dei ceti più umili. L’ingresso dello Stato
settore dei servizi, nel mercato del lavoro e l’inserimento dei lavoratori nei diritti della cittadinanza
comprende servizi
sociale modificavano due capisaldi del liberalismo ottocentesco.
dalle finalità commerciali
e non. Il sempre più frequente passaggio dal lavoro agricolo a quello urbano, l’alfabe-
Cassa mutua
tizzazione, la crescita del pubblico impiego, la tutela sociale erano fattori potentis-
Fondo previdenziale simi di democratizzazione delle masse. Oltre a raggiungere un sensibile miglio-
costituito da somme ramento delle condizioni materiali di vita, per la prima volta una parte rilevante
versate in comune dai
della popolazione acquisiva, attraverso il proprio lavoro, una posizione più digni-
lavoratori che in tal modo
intendono garantirsi tosa, che le permetteva di contrastare l’esclusione sociale, entrando a far parte ef-
assistenza in caso di fettivamente del corpo della nazione.
necessità o malattia
e nella vecchiaia.
Il suffragio femminile
Democratizzazione
delle masse
Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, milioni di uomini ottennero la
Processo di cittadinanza politica attraverso l’allargamento del suffragio. In Inghilterra si ar-
trasformazione della rivò nel 1884-85 a un suffragio molto ampio, mentre in Italia per il suffragio uni-
società che comporta
il riconoscimento dei
versale maschile si dovette aspettare il 1912.
diritti politici a strati L’attesa fu ancora più lunga per il suffragio femminile – anche se con sostan-
sempre più ampi ziali differenze nazionali – nonostante che, a partire dalla metà del XIX secolo, le
della popolazione.
rivendicazioni si fossero fatte sempre più forti. Negli Stati Uniti, già nel luglio del

652
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |

1848, a Seneca Falls, era stata redatta una convenzione con la quale venivano ri-
chiesti per le donne i diritti di cittadinanza. Nel 1869 venne fondata la National
Woman Suffrage Association («Associazione nazionale per il suffragio femminile»).
Il primo movimento femminista che seppe guadagnarsi l’attenzione dell’opinio-
Guarda il video ne pubblica nacque però in Gran Bretagna agli inizi del XX secolo e di lì si estese
Le suffragette e progressivamente al resto dell’Europa. Dal 1903 la battaglia per la parità fu con-
rispondi alle domande:
dotta con grande determinazione dalla Women’s Social and Political Union («Lega
• Quando e dove fu
ampliato il diritto di politica e sociale delle donne»), guidata da Emmeline Pankhurst. Le sue militanti
voto? divennero note col nome di «suffragiste», appunto perché il suffragio femminile
• Quale fu il ruolo
costituiva la loro richiesta fondamentale, ma i detrattori erano soliti riferirsi loro
di Emmeline
Pankhurst? con il nomignolo di suffragettes («suffragette»). Le suffragiste inglesi propugna-
• Quali risultati vano forme radicali di lotta, che causarono numerosi arresti e condanne, ma as-
ottennero i
sicurarono al movimento anche un’ampia visibilità.
movimenti per il
suffragio femminile? Anche in Francia, in Italia e in altri Paesi europei si svilupparono, a partire da-
gli anni Ottanta dell’Ottocento, movimenti suffragisti volti a sollevare la questione
dell’uguaglianza tra i sessi.
Le prime vittorie delle donne in materia elettorale furono conseguite in Nuo-
va Zelanda (1893), in Australia (1902) e nei Paesi nordeuropei (in Finlandia nel
1907, in Norvegia, Danimarca e Svezia durante la Prima guerra mondiale), in Au-
stria (1918) e in Gran Bretagna. Qui nel 1918 venne concesso il voto alle donne di
età superiore ai 30 anni (quando per gli uomini era di 21 anni), ma solo nel 1928 i
diritti politici delle donne inglesi vennero equiparati a quelli degli uomini.
Il movimento delle donne diede un contributo importante e molto originale alla
democratizzazione di fine Ottocento, ponendo già all’ordine del giorno un problema
in parte ancora oggi irrisolto e di grande rilevanza: quello dell’uguaglianza dei diritti.
Ripassa con la Più in generale, lo sviluppo del pensiero democratico chiamava lo Stato a in-
presentazione tervenire e a contrastare, se necessario, il funzionamento spontaneo del merca-
La civiltà industriale e
il movimento operaio
to, a tutela delle fasce più deboli. Stimolava i poteri pubblici a risolvere, non solo
e realizza una mappa in nella questione femminile, il problema del rispetto della differenza nella parità e
cui metti in relazione: a coinvolgere i deboli da protagonisti nelle dinamiche della cittadinanza. Invece il
• le innovazioni
tecnologiche;
pensiero liberale, rimasto ancorato alle élite ottocentesche, faticò a rispondere alle
• le trasformazioni in nuove sfide del XX secolo, imposte dalle rapide trasformazioni economiche e so-
città; ciali, e nel giro di un paio di generazioni le posizioni del liberalismo ottocentesco
• i flussi migratori.
sarebbero state travolte da una crisi irreversibile.

LE TRASFORMAZIONI SOCIALI

• sviluppo del pubblico impiego


• nascita del terziario
• crescita di una piccola borghesia che supporta il governo

• ampliamento del suffragio


Lo Stato interviene nelle • introduzione del suffragio universale maschile in Francia,
dinamiche sociali Germania e Inghilterra
• diffusione del movimento delle suffragiste

• introduzione della legislazione sociale


• maggiore tutela dei diritti dei lavoratori

653
Dalla Storia all’Educazione civica

Dalle città industriali Guarda il video


dell’intervista
all’autore
alle città sostenibili Approfondisci con
la Costituzione
commentata
di Gustavo Zagrebelsky

Seconda rivoluzione grate nel tessuto urbano, aveva, in- dalla segmentazione dei gruppi so-
industriale e urbanizzazione fatti, attirato nei centri urbani i molti ciali. Una struttura non dissimile da
che nelle campagne non avevano di quella che avrebbe negli anni suc-
Lo sviluppo dell’industrializzazione
che vivere. Questo consistente tra- cessivi caratterizzato anche i distret-
e dei trasporti e la forte crescita de-
sbordo dalla campagna alla città ti produttivi del continente (il bacino
mografica determinarono, nell’Euro-
rese dunque necessaria la costru- carbonifero della Ruhr, i dipartimenti
pa del XIX secolo, una decisa spinta
zione di nuovi quartieri urbani che siderurgici di Calais e della Lorena, il
all’urbanizzazione. Si trattò di una
travalicarono frequentemente le an- distretto minerario della Slesia).
fase di cesura che influì significativa-
tiche mura cittadine. Queste migra- Al centro della città si trovavano la
mente sulla distribuzione della popo-
zioni non pianificate portarono una Borsa, il tribunale, magazzini e nego-
lazione fra città e campagna e sull’or- zi, mentre le industrie erano distri-
crescita rapida e senza regole delle
ganizzazione stessa delle città, che buite in grossa parte lungo il corso
«città industriali», provocando so-
cessavano di essere solo centri am- del fiume. Nelle vicinanze delle fab-
vrappopolamento, carenza di allog-
ministrativi, religiosi e commerciali, briche si trovava la zona dei quartie-
gi, peggioramento delle condizioni
ma diventavano il centro delle at- ri operai, degradata e sovraffollata,
sanitarie, incremento di povertà e
tività produttive ed economiche. vagabondaggio. mentre i quartieri residenziali bor-
Alla fine del secolo il territorio euro- La mancanza di contromisure effi- ghesi si erano spostati all’esterno, in
peo appariva popolato di nuovi in- caci all’industrializzazione e al po- zone libere fino a poco tempo prima
sediamenti, mentre le città già esi- polamento incontrollati fu la causa, e lontane da caos e inquinamento.
stenti si erano espanse sia in termini inoltre, di gravi danni ambientali, a
di popolamento che di dimensioni. scapito della qualità di aria, acqua e Le risposte contemporanee
Lo sviluppo delle fabbriche, inte- suolo, inquinati dai prodotti di scar- all’inquinamento urbano
to industriali e derivati dello stile di
I primi movimenti civili per la conser-
vita urbano.
vazione della natura si svilupparo-
no fra Stati Uniti ed Europa alla fine
Manchester diventa Coketown dell’Ottocento, quando iniziò a es-
L’esistenza di uno stretto rapporto sere evidente l’impatto ambientale
tra industrializzazione, crescita ur- dell’industrializzazione. Negli anni
bana e questione ambientale risul- Settanta del Novecento l’ambientali-
ta evidente quando si considera il smo diventò un movimento di massa
caso inglese e più in particolare il e grazie ad associazioni come World
processo di formazione della città Wild Fund (WWF) e Greenpeace
di Manchester. La città – alla qua- si alimentò il dibattito pubblico sulla
le Dickens si ispirò per la Coketown «questione ambientale» e sulla ne-
del celebre romanzo Tempi difficili – cessità di modificare metodi di pro-
fu per decenni il fulcro dell’industria duzione e stili di vita consumistici.
tessile inglese, e visse una crescita Alla fine degli anni Ottanta, lo stret-
precoce e rapidissima. to legame fra inquinamento prodot-
A metà dell’Ottocento la città mo- to dall’uomo e il degrado irreversi-
strava già una nuova struttura spa- bile del Pianeta fu riconosciuto in
ziale determinata dalla suddivisione ambito scientifico dalla teoria del
L’inquinamento atmosferico prodotto delle funzioni fra le parti della città e global warming (o riscaldamento
da una fabbrica d’acciaio cinese.
Dibattito in classe:
la sostenibilità

Se la sostenibilità am-
globale). Le agenzie internaziona- quarti della popolazione mondiale bientale costituisce uno
li e molti Stati sviluppati iniziarono vivrà in città. Per questo motivo è degli obiettivi prioritari dell’Agenda
a considerare seriamente gli effet- imperativo attuare progetti di so- 2030 dell’ONU, tuttavia alcune ini-
ti dell’industrializzazione sul futuro stenibilità ambientale per rendere ziative green, come la pedonalizza-
dell’ecosistema mondiale. le città dei luoghi vivibili e garantire zione dei centri urbani, sono spesso
accolte con sfavore: le associazioni
Si organizzarono gruppi di ricerca il benessere dei suoi abitanti.
di commercianti, ad esempio, le av-
(IPCC, Comitato intergovernativo Ma che cosa comporta la creazione
vertono come delle minacce alla loro
sul cambiamento climatico) e ap- di un centro urbano sostenibile?
stessa sopravvivenza, già messa in
puntamenti internazionali per indi- Stando alle linee guida stilate a li- grave difficoltà dalla diffusione dei
viduare una politica condivisa di vello mondiale ed europeo, com- grandi centri commerciali. Altri an-
tutela all’ambiente e di contrasto porta garantire aree verdi all’interno cora sostengono invece che sia più
al mutamento climatico. della città; ottimizzare il trasporto importante destinare gli investimenti
In questo contesto trovarono spa- pubblico e iniziative di mobility alle aree rurali spopolate, diminuen-
zio anche le prime idee e proposte sharing; prevenire la produzione do così la pressione demografica
per un’economia alternativa, atten- dei rifiuti e garantire il loro riciclo; sulle città.
ta all’impatto sull’ecosistema e sulla ottimizzare la gestione dell’acqua; Scegliete tre studenti che facciano
biodiversità, ossia la coesistenza abbattere le emissioni di gas serra. da giuria, poi dividete il resto della
di varie specie animali e vegetali in Copenaghen, ad esempio, per- classe in due gruppi:
un determinato ecosistema. L’obiet- segue dal 2009 l’obiettivo di di- 1. il gruppo A argomenterà a favore
tivo di una green economy è oggi ventare la prima capitale al mon- della diffusione delle isole pedo-
quello di ridurre le emissioni di gas do a emissioni zero di carbonio. Il nali nelle città; il gruppo B invece
serra e l’inquinamento e di incre- risparmio di energia è qui garanti- sosterrà le ragioni di chi prefe-
mentare l’efficienza energetica so- to attraverso un sistema di teleri- risce adottare politiche diverse.
stituendo i combustibili fossili con scaldamento collegato alla gran Per approfondire il tema potete
consultare dei video sulla questio-
fonti di energia rinnovabili. parte delle abitazioni che permette
ne accedendo tramite il QR code.
di scaldare (e raffreddare in esta-
2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
Città sostenibili te) gli ambienti domestici con una
voce, che in 5 minuti presenterà
L’approccio della green economy riduzione di circa il 70% dell’uso di alla giuria i risultati del lavoro.
è stato negli ultimi decenni di ispi- energia; inoltre, grazie alle numero- Nell’esporre le proprie ragioni, si
razione a progetti di rigenerazione se piste ciclabili, circa il 45% dei possono proiettare presentazio-
e riqualificazione urbana. L’Onu residenti sceglie oggi la bicicletta ni multimediali che contengano
ha previsto che entro il 2050 i tre per spostarsi in città. informazioni e dati.
3. Seguirà un dibattito libero di 10
Sostenibilità: Condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento minuti tra le due squadre. I giudici
dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle si confronteranno poi tra loro e
generazioni future di realizzare i propri. decideranno qual è stato il grup-
Mobility sharing: Condivisione di mezzi e veicoli: car sharing («auto condivisa»), po più efficace nel sostenere l’uno
bike sharing, scooter sharing, ma anche car pooling («viaggio condiviso»). o l’altro modello.

655
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Trasformazioni nelle campagne le gomme sintetiche isolanti, utilizza-


Nella seconda metà dell’Ottocento, le campagne eu- te in particolare per rivestire i cavi ad
ropee conobbero profonde trasformazioni. Il pote- alta tensione; le centrali elettriche (la prima sorse nel
re economico, sociale e politico da secoli legato alla 1882 a New York); la catena di montaggio (per la pri-
rendita fondiaria si ridimensionò; i latifondi lasciaro- ma volta a Chicago, nel 1913, in una fabbrica Ford); la
no posto allo sviluppo di grandi imprese capitaliste lampadina, inventata da Edison nel 1879; il telegrafo
o di medio-grandi proprietari terrieri, mentre meno di e il telefono (brevettato da Meucci nel 1871); la radio,
un quarto della terra era suddivisa tra la popolazione messa a punto da Marconi; le prime plastiche, l’allu-
agricola che la lavorava. minio, il petrolio, il cinematografo (introdotto dai fra-
Con lo sviluppo dei mezzi di trasporto, della ferrovia telli Lumière nel 1895), il primo aeroplano (in volo con
in particolare, divenne più economico specializzare successo nel 1903 grazie ai fratelli Wright).
le colture e adeguare i terreni al prodotto migliore da
coltivare. La terra veniva così sfruttata in modo più in- I monopoli, le banche e lo Stato
tensivo, in base alle richieste di un mercato in crescita. Alla fine dell’Ottocento alcune aziende raggiunsero
Un altro cambiamento fu la divisione di due attività dimensioni mai viste e per competere sul mercato
tradizionalmente legate: agricoltura e allevamento. I attuarono alleanze e fusioni che generarono grandi
campi non potendo più essere concimati con il leta- concentrazioni monopolistiche (trust e cartelli). Gli
me venivano concimati con il guano, un concime na- investimenti richiesti da questo sistema erano ingen-
turale importato da oltreoceano, e con i primi conci- tissimi e le relazioni fra capitale industriale e capitale
mi artificiali. finanziario divennero assai più strette che in passato:
Con l’introduzione delle macchine agricole, inoltre, le banche finirono per acquistare quote dei pacchetti
crebbe la produttività dell’intero settore, che richie- azionari delle imprese ed entrare direttamente nei loro
deva sempre meno manodopera, e vi fu un progres- organi direttivi. Tutto ciò determinò l’alterazione degli
sivo spostamento degli ex contadini verso le città. spontanei equilibri di mercato fra domanda e offerta
A partire dalla crisi economica del 1873, inoltre, la alla base del liberismo ottocentesco.
concorrenza americana e russa danneggiò il settore
agricolo e causò una caduta del prezzo del grano, per Il declino del liberalismo
cui i contadini si videro costretti a emigrare in cerca e l’inizio della democratizzazione
di fortuna. Coloro che restarono nelle campagne vi- In questo contesto, fu sempre più frequente l’interven-
dero col tempo un lieve miglioramento delle proprie to dello Stato nell’economia dei vari Paesi, per forni-
condizioni, anche grazie alla diffusioni di organizza- re crediti, sostenere comparti in difficoltà, indirizzare
zioni cooperative, sindacali e politiche, a tutela dei lo sviluppo, nazionalizzare. Si fece inoltre sempre più
loro interessi. gravoso il prelievo fiscale, con l’introduzione dell’im-
posta progressiva sul reddito. Il numero delle perso-
L’elettricità, la chimica ne impiegate al servizio dello Stato, nella burocrazia
e il motore a scoppio e nei servizi pubblici (polizia, scuola, poste e telegra-
I progressi scientifici e la rivoluzione tecnologica, che fi, ferrovie), crebbe fino a costituire un nuovo setto-
culminarono nell’applicazione su vasta scala dell’elet- re economico, il «terziario», e un nuovo ceto sociale,
tricità, nell’invenzione del motore a scoppio e negli svi- quello degli impiegati. Gli Stati, inoltre, promossero
luppi della chimica, furono alla base di trasformazioni legislazioni a tutela dei lavoratori e allargarono pro-
enormi nell’industria, tali da cambiare, insieme ai modi gressivamente il diritto di voto fino al suffragio uni-
della produzione, la vita di tutti i cittadini. versale maschile, mentre per quello femminile alcuni
In particolare, le maggiori invenzioni introdotte in que- Paesi furono più all’avanguardia di altri, per esempio
sto periodo furono la turbina, che permetteva di tra- Nuova Zelanda, Australia, Finlandia, Norvegia, Dani-
sformare la forza dell’acqua o del vapore in un mo- marca e Svezia, che concessero il diritto di voto alle
vimento rotatorio; la dinamo, che rendeva possibile donne ben prima di Paesi economicamente e storica-
trasformare il movimento rotatorio in energia elettrica; mente più avanzati come la Gran Bretagna.

656
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

fu caratterizzata da

innovazioni incremento
......................................... cambiamento del
scientifiche e dell’.................................
......................................... ruolo delle banche
tecnologiche nell’economia

per via del come in risposta all’ per

......................................... • ..................................... incremento delle • fornire .......................


delle rendite • dinamo ......................................... • sostenere
fondiarie • ..................................... .....................................
• ..................................... • indirizzare lo
e dello • ..................................... .....................................
• centrali elettriche e la nascita di • .....................................
• .....................................
• sviluppo di grandi • .....................................
..................................... • telegrafo .........................................
• sviluppo dei e da
• motore a scoppio .........................................
..................................... • .....................................
• ..................................... • alluminio
dei terreni • ..................................... • incremento del
in un contesto in cui .....................................
• ..................................... aumentarono gli
• ..................................... • sviluppo dei
e della
.....................................
e della .......................
• specializzazione • sviluppo del
delle ........................... che determinarono investimenti .....................................
• divisione di e aumento del ceto
.................................. e impiegatizio
.....................................
• introduzione delle • trasformazioni
e si fece più stretto
..................................... strutturali il rapporto tra e dall’
dell’ .............................
• sviluppo
che determinarono
dell’ .............................
e della ....................... ......................................... .........................................
• aumento della • sviluppo del settore e ..................................... (suffragio universale
..................................... ..................................... maschile)
• minore necessità di • sviluppo delle
..................................... .....................................
e le banche con la lenta
e di conseguenza lo e il progressivo acquistarono introduzione del

spostamento cambiamento degli quote dei ..........................................


degli ex contadini ........................................ ........................................ ..........................................
verso le città dei cittadini delle imprese ..........................................

657
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle


seguenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette,
scegliendoli dall’elenco. a. Che cosa s’intende con produttività?
b. Che cosa sono i trust e i cartelli?
Date: 1882 • 1873 • 1913 • 1912
c. Qual è l’origine del termine suffragette?
Luoghi: Stati Uniti • Russia • Gran Bretagna •
Italia NESSI E RELAZIONI
a. Nel ................... in Italia fu approvato il suffragio
5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
universale maschile.
a. Si afferma sul mercato, ad un prezzo con-
b. In ................... nel 1905 furono nazionalizzate le
correnziale, il grano russo e americano.
ferrovie.
c. Il grano proveniente da ................... e ................... b. L’elettricità si afferma come nuova fonte
mise in crisi l’agricoltura europea. di energia per l’industria.
d. Nel ................... ebbe inizio una grave crisi eco- c. Le dimensioni delle città crescono e sorgo-
nomica. no nuove esigenze igienico-sanitarie.
e. Nel ................... nacque la prima centrale elettrica d. Nascono grandi concentrazioni di imprese.
per la città di New York. 1. S’intensifica l’intervento dello Stato in alcuni
f. Henry Ford aprì la prima fabbrica di automobili settori come quello delle infrastrutture.
a Chicago nel ................... .
2. Il prezzo del grano in Europa crolla e così
g. Il primo movimento femminista di grande rile- le rendite dei contadini.
vanza si affermò in ................... dal 1903.
3. I macchinari diventano sempre più sofisticati
EVENTI E PROCESSI e precisi.
4. I grandi industriali arrivano a condizionare
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
il mercato mondiale.
a. Quali furono le conseguenze sociali e politiche
della crescita del ceto impiegatizio?
COMPETENZE
b. Individua i maggiori snodi storici del processo
di democratizzazione delle masse tra Otto e ESPORRE ORALMENTE
Novecento. 6 Rispondi alle seguenti domande.
c. Descrivi i cambiamenti nelle condizioni di vita a. Spiega quali furono le conseguenze dello
dei contadini dopo la crisi del 1873. sviluppo del settore chimico sulla produzione
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. industriale. (1 minuto)
a. V F Agricoltura e allevamento si differenzia- b. Metti in luce le cause e le conseguenze della
rono nella seconda metà dell’Ottocento. crisi economica del 1873. (3 minuti)
b. V F Negli anni Ottanta dell’Ottocento si
SCRIVERE
formarono i primi trust.
c. V F Le condizioni di vita dei contadini mi- VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
gliorarono nella seconda metà del XIX
secolo. 7 In Italia esiste un’autorità statale antitrust che
tutela la concorrenza e il mercato: l’AGCOM,
d. V F L’energia elettrica in Italia era prodotta
la quale deve vigilare affinché le imprese non
interamente da impianti idroelettrici.
si accordino e non si coordinino fra loro per
e. V F Con la catena di montaggio, gli operai
restringere la concorrenza, danneggiando così i
si limitarono a regolare il funzionamen-
consumatori o altre imprese. Non esiste tuttavia
to delle macchine.
un’istituzione di questo tipo che operi a livello
f. V F Tra Otto e Novecento, la produzione di
globale e, recentemente, ha fatto discutere
greggio restò stabile.
l’emergere di grandi colossi come Amazon o
g. V F La Standard Oil Company controllava
Google, che controllano ormai enormi settori
gran parte del mercato petrolifero.
del mercato. È giusto porre dei limiti, a livello
h. V F La Finlandia fu il primo Paese a ricono- internazionale, alla crescita delle imprese al
scere il diritto di voto alle donne. fine di garantire la concorrenza? Esponi le tue
i. V F Le suffragette inglesi non adottarono opinioni in un testo di tipo argomentativo.
forme radicali di lotta.

658
Fonti e Storiografia
FONTI La catena di montaggio secondo Henry Ford
F1 Nel brano che segue, tratto dall’autobiografia di Henry Ford, si riporta la descrizione
della catena di montaggio deputata alla costruzione del modello T, un’automobile dal
prezzo contenuto reso possibile dalla nuova organizzazione produttiva che ebbe un
incredibile successo di vendita.

Un’automobile Ford comprende circa cinquecento pezzi, contando i maschi, le viti e ogni
cosa. Alcuni di tali pezzi sono abbastanza grossi; altri non più che particelle di una mac-
chinetta da orologio. Quando noi montammo le nostre prime macchine, la vettura soleva
esser messa al suolo in un punto qualsiasi e gli operai vi portavano man mano i pezzi oc-
correnti […]. Allorché incominciammo a fabbricare da noi i singoli pezzi, fu naturale che
si creasse per ogni pezzo uno speciale riparto nelle officine; ma però un operaio esegui-
va tutte le operazioni necessarie ad un piccolo pezzo. II rapido incalzare della produzione
rese indispensabile l’organizzare altrimenti il lavoro, per evitare che gli operai si dessero
impaccio l’uno con l’altro. II lavoratore mal diretto spende più tempo nel muoversi di qua
e di là per prendere materiali e strumenti che non ne impieghi per il lavoro effettivo […].
II primo passo innanzi nell’opera di montaggio avvenne quando s’incominciò a portare il
lavoro agli operai e non gli operai al lavoro. Ora in tutta la nostra lavorazione noi ci attenia-
mo a due massime: che un operaio, se possibile, non abbia mai da fare più di un passo, e che
egli non abbia bisogno di distrarsi dal ritmo del suo lavoro col piegarsi a dritta e a sinistra.
I principi del montaggio sono questi:
1°) Collocate strumenti ed uomini secondo l’ordine successivo delle operazioni, in mo-
do che ogni parte componente abbia a percorrere il minimo spazio durante il processo di
finimento.
2°) Usate carrelli su binari, o altre simili forme di trasporto, in modo che quando un ope-
raio ha finito la sua operazione, egli getta il pezzo sempre allo stesso posto, il più che sia
possibile a portata della sua mano. Quindi, se si può ottenerlo, è il peso stesso del pezzo
quello che deve far scorrere il carrello sul binario e portarlo al prossimo operaio.
3°) Regolate il sistema di trasporto meccanico anche nel radunare i pezzi sul luogo di
montaggio, in modo che essi giungano e partano col giusto intervallo. II preciso risultato
dell’applicazione di queste massime è la riduzione della necessità di pensiero da parte de-
gli operai e la eliminazione d’ogni loro movimento superfluo. L’operaio deve far possibil-
mente una cosa sola con un solo movimento.
Ora noi mandiamo i pezzi da mettere insieme addirittura ai posti di distribuzione. II
nostro primo esperimento di una ferrovia di montaggio risale circa all’aprile del 1913. La
sperimentammo dapprima per montare i magneti. Noi sperimentiamo sempre dapprima
in piccole proporzioni. Siamo pronti ad abbandonare ogni procedimento passato tosto che
abbiamo scoperto una miglior via, ma dobbiamo avere l’assoluta certezza che la nuova via
sia migliore dell’antica prima di procedere ad alcun radicale mutamento.
(da H. Ford, La mia vita e la mia opera, Apollo, Bologna 1925, pp. 96-97)

COMPRENDERE 1. Quali benefici comporta l’organizzazione fordista basata sull’idea di «portare


il lavoro agli operai»?
2. A quali attività si deve limitare l’operaio secondo Ford?
3. Quando viene sperimentata la prima catena di montaggio?
INTERPRETARE 4. Quali interessi persegue il nuovo sistema di produzione basato sulle idee
di Ford?
VALUTARE 5. Individua nel testo, i passaggi che parlano del comportamento che devono
assumere gli operai. Quali ripercussioni avranno a livello psicologico sulla salute
dei lavoratori?

659
Fonti e Storiografia

F2 La prima ferrovia elettrica italiana


«La Domenica del Corriere» fornisce informazioni interessanti sui consumi e sulla rice-
zione delle novità da parte dell’opinione pubblica. In questo articolo si descrive l’inau-
gurazione del primo tratto ferroviario a corrente elettrica, da Milano a Monza (1899).

Se vi è paese in cui l’elettricità sia destinata a trionfare anche sui binari delle linee ferro-
viarie prendendo il posto delle macchine a vapore, esso è l’Italia per la ricchezza di quelle
produttrici di «carbone bianco» che sono le forze d’acqua.
Per i grandi percorsi si discute animatamente se si dovrà adottare una terza rotaia, la quale
servirebbe da conduttore di elettricità, o se occorrerà piuttosto stabilire una conduttura aerea.
Gli accumulatori non sono consigliabili e pratici che per le piccole distanze, non poten-
do immagazzinare che una quantità di energia bastevole per cinquanta o sessanta chilo-
metri, essendo inoltre assai pesanti e necessitando di molto tempo per il loro caricamento.
Il primo esperimento di trasformazione della ferrovia a vapore in ferrovia elettrica lo si
è avuto in questi giorni nel breve tratto Milano-Monza: tratto il quale è destinato ad occu-
pare un posto nella storia delle ferrovie italiane, giacché è su di esso che vennero stabiliti i
primi binari e corsero le prime locomotive a vapore. […]
La corrente elettrica fornisce tutto ciò che prima era dato dal vapore: vale a dire produce
l’aria compressa necessaria ad azionare i freni o a dare segnali; fornisce anzi qualcosa di
più, e cioè un’abbondante illuminazione e i modi di riscaldamento.
L’esperimento è notevole quantunque, per la natura del sistema prescelto, esso sia desti-
nato ad essere puramente locale. Semmai potrà spingersi sino a Como, o Lecco, qualora in
tali località sia possibile far sorgere speciali stazioni di caricamento.
La battaglia al vapore l’elettricità non potrà darla vittoriosamente che colla conduttura
aerea o con la terza rotaia, ma a questa trasformazione non si verrà tanto presto, tanto più
che né società ferroviarie né governo sanno ancora se nel 1905, allo spirare delle attuali
Convenzioni, avremo un esercito ferroviario fatto dallo Stato. L’esercizio regolare per pub-
blico della Milano-Monza non comincerà che fra pochi giorni, probabilmente l’11 corrente.
(da La prima ferrovia elettrica d’Italia, in «La Domenica del Corriere»,
5 febbraio 1899, p. 9)

COMPRENDERE 1. Che cos’è il «carbone bianco»?


2. Che cosa fornisce l’elettricità in più rispetto al carbone?
3. Quale limite hanno gli accumulatori?
INTERPRETARE 4. Definisci il tono con il quale l’autore dell’articolo presenta le novità tecnologiche
offerte dalla diffusione dell’elettricità e dalla ferrovia.
VALUTARE 5. Quale invenzione nel settore dell’energia rappresenta a tuo avviso la nuova
frontiera per lo sviluppo economico delle nostre società? Confronta il tuo punto
di vista con quello dei tuoi compagni.

660
La Seconda rivoluzione industriale 18

STORIOGRAFIA Progresso e arretratezza nella società di fine Ottocento


S1 Simona Colarizi
Simona Colarizi, nel raccontare la storia del Novecento, parte dalla crisi agraria del
1873, che ebbe notevoli ripercussioni sulla popolazione impiegata nel settore primario.
Passa poi a esaminare le altrettanto difficili condizioni di quanti lavoravano nelle fabbri-
che e nelle miniere, a tutela dei quali non tutti i governi intervennero tempestivamente.

GLI SNODI La crisi del 1873 incrementò i flussi migratori verso le città e verso l’estero.
DEL TESTO La vita di fabbrica nei centri urbani continuava ad essere difficile.
Si affermarono movimenti sindacali e operai per la tutela dei lavoratori.

Se nelle città si faticava a vivere, nelle campagne l’esistenza di gran parte dei contadini era
ancora a livelli minimi di sopravvivenza, tanto più che disoccupazione e sottoccupazione
erano una piaga aperta in molte regioni europee. La crisi agraria iniziata nel 1873 con il
massiccio afflusso di merci dagli Stati Uniti e la conseguente caduta dei prezzi, continuata
per altri vent’anni scanditi da annate agricole negative, aveva innescato la fuga dai campi
Leggi in digitale il te- verso le città ma anche gonfiato il flusso di emigrazione oltreoceano.
sto Evoluzione delle
forme e degli ambiti di
Non erano solo milioni e milioni di italiani a espatriare, ma anche 800 mila contadini
potere statale nel cor- provenienti dall’Inghilterra, dove gli addetti all’agricoltura nei primi anni del Novecento
so dell’Ottocento di erano ridotti al 10% della popolazione. Gli emigranti inglesi avevano però il vantaggio non
Christopher A. Bayli trascurabile di trovare asilo nelle colonie del Regno Unito e negli Stati Uniti, in una certa
che mette in un luce
misura una seconda patria; per tutti gli altri era invece un viaggio verso un mondo ignoto,
come cambia il ruo-
lo dello Stato nel XIX incomprensibile nella lingua e nei costumi, dove li attendeva una vita dura nei ghetti etni-
secolo. Dopo aver let- ci in cui si rinchiudevano alla ricerca di quel poco di solidarietà che la propria miserabile
to anche gli altri brani comunità di appartenenza poteva assicurare. […]
proposti nel laborato-
Chi non emigrava si inurbava; ma trovare lavoro nelle fabbriche non significava raggiun-
rio storiografico, scrivi
un testo in cui metti in gere una qualità di esistenza migliore per operai chiusi per 12 ore in edifici maleodoran-
luce i diversi aspetti di ti o nel buio delle miniere, dove le frequenti fughe di gas e i crolli uccidevano centinaia di
cambiamento sottoli- uomini e donne. Morivano anche tanti bambini, manodopera molto apprezzata per la pic-
neati dagli storici. cola statura che consentiva loro di infilarsi nei cunicoli più stretti scavati sotto terra per
estrarre carbone e altri minerali indispensabili all’industria in frenetica espansione. Leggi
per la tutela dell’infanzia e delle donne venivano ovunque varate, con ritardo vistoso nei
paesi dell’Est e del Sud-Est rispetto a quelli del Nord, del Centro e persino del sud Europa,
Spagna compresa, dove i governi liberali iniziavano con maggiore o minore determinatez-
za il cammino delle riforme sociali e dell’istruzione pubblica. Tutto ciò non bastava però a
coprire le rivendicazioni di un mondo del lavoro in crescente fermento, guidato da movi-
menti politici e sindacali che si stavano diffondendo ovunque con tale slancio da mettere
in pericolo la stabilità degli assetti istituzionali in ogni parte del continente.
(da S. Colarizi, Novecento d’Europa. L’illusione, l’odio, la speranza, l’incertezza,
Laterza, Roma-Bari 2015, pp. 27-28)

COMPRENDERE 1. Secondo la storica, le condizioni di vita dei lavoratori delle campagna


IL TESTO e di quelle degli operai nelle fabbriche erano molto diverse?
2. Quali furono le principali conseguenze della crisi del 1873?
3. Qual era il vantaggio degli emigranti inglesi?

661
Fonti e Storiografia

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO La Seconda rivoluzione industriale
L’evoluzione degli Stati nazionali e l’economia globale
La Seconda rivoluzione industriale mise in moto un flusso molto ingente di perso-
ne, merci e capitali, che fece guadagnare a quel tornante economico l’appellativo
di «prima globalizzazione». Tuttavia, alcuni studi ricordano che l’ultimo quarto del
XIX secolo, oltre a essere decisivo nella costruzione di un’economia globale, fu
anche il periodo in cui si sviluppò la costruzione degli Stati nazionali.

S2 Mobilità nella Seconda rivoluzione industriale


Simone Fari
Nel brano di Simone Fari si parla di mobilità durante la Seconda rivoluzione industriale,
che interessò più aree del mondo nel corso della «prima globalizzazione».

GLI SNODI Le città si dotano di nuovi servizi: trasporti pubblici, acqua e luce.
DEL TESTO Molti contadini si trasferiscono in città.
Si diffondo ferrovie e battelli a vapore per il traporto interurbano.

La mobilità della seconda rivoluzione industriale si sviluppò in due direzioni: la mobilità


urbana e la mobilità interurbana o a grande distanza.
A livello urbano, la seconda metà del XIX secolo fu il periodo dell’introduzione dei prin-
cipali servizi cittadini, spesso municipalizzati, nelle principali città di tutto il mondo. […]
L’esplosione dei servizi di erogazione e trasporto all’interno delle città fu una conseguenza
diretta dell’urbanizzazione che era seguita all’industrializzazione. Molte fabbriche si erano
infatti installate nelle città più importanti al fine di essere più vicine ai porti o alle stazioni
ferroviarie da cui sarebbero partite le enormi quantità di beni che si producevano. In questo
modo, molti contadini si erano trasferiti dalle campagne e si erano convertiti in operai [...].
Di conseguenza, sorse fin da subito l’esigenza di garantire a tutti i quartieri i servizi igie-
nici minimi (acqua e luce) e, allo stesso modo, di consentire gli spostamenti dei lavoratori
attraverso dei mezzi pubblici, autentica novità.
A livello interurbano furono due i mezzi di trasporto che caratterizzarono la seconda ri-
voluzione industriale: ferrovie e battelli a vapore. Continue innovazioni ingegneristiche
relative alla costruzione delle infrastrutture ferroviarie (cavalcavia, tunnel, valichi, ponti)
consentirono lo sviluppo di autentiche reti ferroviarie intercontinentali [...].
Dall’altra parte la tecnologia dei battelli fece progressi enormi arrivando all’introduzione
di motori a vapore più compatti e potenti e alla sostituzione della ruota laterale con l’elica
posteriore [...]. L’enorme capacità di carico e trasporto di ferrovie e battelli a vapore con-
sentì, da una parte, la distribuzione dei prodotti industriali dei paesi occidentali in tutto il
mondo e, dall’altra parte, l’emigrazione di decine di milioni di persone in cerca di lavoro da
Europa e Asia verso il continente americano.
A questi due flussi di cose e persone, tradizionalmente, si aggiunge quello dei capitali [...]
investiti per la costruzione di grandi opere infrastrutturali in tutto il mondo e per la cre-
azione di grandi società multinazionali. Questa enorme espansione del mercato dei beni,
del lavoro e dei capitali è stata denominata “la prima globalizzazione”.
(da Storia economica e globale del mondo contemporaneo, a cura di C. Fumian-A. Giuntini,
Carocci, Roma 2019, pp. 195-196)

COMPRENDERE 1. In che modo cambiarono le città durante la Seconda rivoluzione industriale?


IL TESTO
2. Quali furono le conseguenze della diffusione dei trasporti interurbani?
3. Che cosa s’intende con «prima globalizzazione»?

662
La Seconda rivoluzione industriale 18

S3 Capitalismo mondiale e Stato nazionale


Jürgen Osterhammel e Niels P. Petersson
Jürgen Osterhammel e Niels P. Petersson riflettono sui processi che hanno portato
alla globalizzazione, riconoscendo negli anni a cavallo tra Otto e Novecento un mo-
mento di accelerazione di questo percorso e ricordando le politiche attuate dagli Stati
per tentare di controllarlo.

GLI SNODI Globalizzazione e costruzione degli Stati nazionali sono due fenomeni paralleli.
DEL TESTO Chi pagava il prezzo dei cambiamenti economici chiedeva un sostegno statale.
Il protezionismo di fine Ottocento non rappresentò un limite alla globalizzazione.

I processi di globalizzazione dell’Ottocento […] non riguardavano ancora delle economie na-
1 gold standard: un
zionali connesse e integrate dallo Stato nazionale, che essi avrebbero collegato in rete e for-
sistema in cui l’oro zato all’adattamento. La globalizzazione avveniva piuttosto parallelamente e simultaneamen-
rappresenta lo standard te alla costruzione delle nazioni. In che modo i due processi si sono condizionati a vicenda?
monetario, che implica la
Sono soprattutto importanti le reazioni politiche alle conseguenze dell’integrazione dell’e-
convertibilità in oro delle
singole monete e un conomia mondiale. Esse provenivano in primo luogo «dagli sconfitti della globalizzazione»:
rapporto di cambio fisso. gli agricoltori tedeschi si vedevano minacciati dalle importazioni a basso costo di cereali e
2 Friedrich List: di carne provenienti da oltreoceano. I farmers americani reclamavano l’abbandono da parte
economista tedesco,
emigrò negli Stati Uniti degli Stati Uniti del gold standard 1 che, mantenendo stabili i prezzi, manteneva stabile an-
per ragioni politiche. che l’entità dei loro debiti. Immigrati canadesi di prima generazione si opponevano all’im-
Rientrato in patria migrazione di altra forza lavoro dequalificata. Tutti questi gruppi richiedevano l’aiuto dello
(1833) fu tra i promotori
dell’unione doganale Stato per tutelare i propri interessi. La maggior parte degli Stati, fatta eccezione per la Gran
tra gli stati tedeschi Bretagna, ritornò dopo il 1878 al protezionismo (gli USA non lo avevano mai abbandonato),
(Zollverein, 1833-34). e vi furono le prime limitazioni all’immigrazione, che in un periodo di razzismo montante
In seguito si batté
perché la nascente
furono innanzitutto indirizzate contro i migranti asiatici.
industria tedesca fosse Quasi simultaneamente al crescere dell’economia mondiale – e in parte come reazione a
tutelata da dazi doganali esso – si affermarono così i prodromi del moderno Stato interventista, che cercava di go-
contro la concorrenza
estera.
vernare la globalizzazione in senso «nazionale» con interventi di politica doganale e pre-
3 avant la lettre: ante sto anche sociale. Il programma politico di tale Stato non si riferiva a Cobden o a Marx, ma
litteram, un precursore. al giornalista svevo-americano Friedrich List (1789-1846) 2, un critico avant la lettre 3 della
4 «lungo» XIX secolo:
globalizzazione, che esercitò una notevole influenza a livello internazionale.
espressione coniata
dallo storico britannico Le nuove barriere doganali non erano tanto solide da costituire una minaccia credibile
Eric Hobsbawm per la neonata economia mondiale. Il ritorno al protezionismo era piuttosto un indizio e
(1917-2012) insieme insieme una causa di un mutato clima politico. […]
a quella di «secolo
breve» per il Novecento Gli ultimi decenni del «lungo» XIX secolo 4 (1789-1914 circa) non furono solo un’età di
(1914-1991), a indicare globalizzazione, ma anche un’epoca di territorializzazione, ossia di sforzi per connettere i
delle cesure tematiche rapporti sociali a spazi politico-territoriali ben delimitati, che di regola coincidevano con gli
che non coincidono
pienamente con quelle Stati nazionali […]. Il controllo politico sulle implicazioni dell’economia mondiale […] divenne
cronologiche. così l’obiettivo, delineato in termini aggressivi, della politica di potenza dello Stato nazionale.
(da J. Osterhammel, N. P. Petersson, Storia della globalizzazione,
il Mulino, Bologna 2005, pp. 76-78)

COMPRENDERE 1. Chi sono, secondo gli autori, gli «sconfitti della globalizzazione»?
IL TESTO
2. Quando muove i primi passi lo Stato interventista e che cosa s’intende
con questa espressione?
3. Perché si parla di epoca di territorializzazione per il lungo XIX secolo?

663
19 Colonialismo
e imperialismo
Imperialismo e razzismo nell’Europa di fine Ottocento
Nel secondo Ottocento, il processo di colonizzazione assume caratteristiche peculiari e
prende il nome di imperialismo: gran parte dei Paesi europei abbracciano una politica di
conquista, sfruttamento e controllo di vasti territori in Africa e Asia, alimentando il raz-
Esplora l’immagine zismo e l’idea della missione civilizzatrice dei bianchi.
interattiva
Tra rinnovamento e crisi: Russia, Giappone e Cina
Truppe coloniali
dell’esercito britannico Mentre in Russia, nel 1861, lo zar Alessandro II abolisce la servitù della gleba, favorendo
fotografate a Londra lo sviluppo manifatturiero nei centri urbani, il Giappone vive una rapida fase di moder-
in occasione del nizzazione che lo porta a diventare una grande potenza industriale. La Cina imperiale
Giubileo di diamante
del regno della regina vive invece un momento di crisi economica e politica aggravata dalle ingerenze di mer-
Vittoria, 1897. canti e finanzieri europei.

1861 1867 1869 1876


Abolizione della servitù Nascita dell’Impero Inaugurazione La regina inglese Vittoria
della gleba in Russia austro-ungarico del canale di Suez imperatrice delle Indie
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. Dal latino colere, coltivare, si ricava la parola
italiana «colonia», che anticamente designava LEZIONE
un gruppo di persone che si stabiliva in un GUARDA il video L’imperialismo
paese lontano per abitarlo e coltivarne le terre. e la Seconda rivoluzione industriale
Nel corso della storia, la parola ha assunto 1. Nazionalismo e politiche coloniali ▶ p. 666
significati diversi così come il suo derivato 2. La dominazione inglese in India ▶ p. 669
«colonizzazione». 3. Il Congresso di Berlino ▶ p. 672
• A partire da questi due termini, realizzate 4. Dal colonialismo all’imperialismo ▶ p. 674
una mappa concettuale con tutti i derivati 5. Il razzismo e l’antisemitismo ▶ p. 678
che conoscete e per ciascuno cercate 6. Gli Imperi centrali, la Francia
di trovarne una definizione adeguata, e la Gran Bretagna ▶ p. 684
mettendone in luce le diverse sfumature 7. L’abolizione della servitù della gleba in Russia
semantiche. ▶ p. 691
8. La crisi dell’Impero cinese ▶ p. 693
2. La fotografia d’apertura rappresenta un simbolo
9. Il Giappone e il rinnovamento «Meiji» ▶ p. 698
evidente dell’imperialismo inglese: sono ritratti,
infatti, alcuni membri delle truppe coloniali ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
britanniche. dell’Atlante digitale interattivo
• Osservala con attenzione e descrivi le divise RIASSUMI i concetti-chiave con la
e l’abbigliamento dei soggetti; quali elementi presentazione Colonialismo e imperialismo
sottolineano la diversa provenienza geografica alla fine dell’Ottocento:
dei vari uomini? – le cause e i tratti dell’Imperialismo;
• Qual è, a tuo avviso, l’intento comunicativo – l’espansione dell’Impero britannico;
della fotografia? – l’Impero coloniale francese;
– le altre potenze europee.
3. Il reclutamento delle truppe coloniali divenne,
nel corso dell’Ottocento, una pratica diffusa RIPASSA
e rappresentò, ancora nel Novecento, una risorsa Ripassa con la sintesi e la mappa
fondamentale per Francia e Gran Bretagna: ▶ p. 700, p. 701
oltre tre milioni di uomini provenienti dalle In digitale trovi l’audio della sintesi
colonie, infatti, combatteranno nei due conflitti e la mappa personalizzabile
mondiali.
• Lavorando in gruppo, svolgete una breve APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
ricerca sulle truppe coloniali di Francia, Storia e Sociologia: II darwinismo sociale
Gran Bretagna, Belgio e Germania e sul ruolo e il razzismo ▶ p. 681
che svolsero tra Ottocento e Novecento Nel lungo periodo di Adriano Prosperi:
nei vari teatri di guerra. Il razzismo e l’antisemitismo
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 683

AUTOVALUTATI con gli esercizi di HUB Test

1878 1882 1884-85 1894 1899-1902


Congresso Triplice Conferenza Inizio dell’«affaire Guerra
di Berlino Alleanza di Berlino Dreyfus» in Francia anglo-boera

665
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

1 Nazionalismo e politiche coloniali


I nazionalismi ottocenteschi al servizio dello Stato
Nel corso dell’Ottocento i principali Stati europei, per giustificare lo sforzo di mobi-
Guarda il video litazione e di coinvolgimento delle masse popolari nei rispettivi progetti di espan-
L’imperialismo e la
sione economica e territoriale, fecero leva soprattutto sul sentimento di apparte-
Seconda rivoluzione
industriale e rispondi nenza nazionale. Questo processo di «nazionalizzazione delle masse» si estese
alle domande: poi a gran parte dei Paesi del mondo, contribuendo a fare del nazionalismo una
• Che cosa
delle forze più vitali, contagiose e prepotenti della civiltà contemporanea.
s’intende con età
dell’imperialismo? Espressione diretta del nazionalismo fu innanzitutto la politica imperialista di
• Quali Stati europei colonizzazione dei continenti extraeuropei: è infatti nella seconda metà dell’Ot-
si affermano
tocento che i principali Paesi europei, ma anche gli Stati Uniti e il Giappone, for-
come potenze
imperialiste? marono la loro identità nazionale attraverso lo spazio che riuscirono a occupare
• Quali Stati si e il confronto-scontro con gli altri popoli. I Paesi aggrediti, o quelli esclusi dalla
spartiscono l’Africa? spartizione, cominciarono a loro volta a costruire la propria identità nazionale sul-
la base di una speranza di riscossa.
I nazionalismi conservatori dell’Ottocento si sono infatti spesso fondati sul par-
ticolarismo e sull’esaltazione delle tradizioni del passato contro il grande nemico:
LESSICO l’universalismo liberale. È il caso, per esempio, del «carlismo» spagnolo ( ▶ cap. 13,
Imperialismo par. 3), sostenuto dalle minoranze basca e catalana. I nazionalismi tradizionalisti
Ideologia di dominio rischiano però di spaccare la nazione, di creare nazionalismi regionalisti. A forza di
economico, politico
e militare sottesa
difendere appartenenze tradizionali si finisce per attaccarsi a identità locali che ve-
all’espansione territoriale dono nel centralismo dello Stato moderno (e modernizzatore) una svolta mortale.
di vari Paesi europei All’opposto, i nazionalismi democratici, come quello di Mazzini ( ▶ cap. 13,
nel resto del mondo,
in modo particolare nel
par. 2), auspicavano un universalismo futuro contro l’autoritarismo bigotto e rea-
periodo compreso tra zionario, una fratellanza superiore agli egoismi nazionali destinata a promuovere
la fine del XIX secolo lo sviluppo dell’umanità all’insegna della pace e della cooperazione. I nazionalismi
e l’inizio del XX.
democratici, infatti, facilmente diventano internazionalisti.

Le celebrazioni
del 14 luglio, festa
nazionale francese,
in piazza della
Bastiglia a Parigi
nel 1880. Cartolina
dell’epoca.

666
Colonialismo e imperialismo | 19 |

Il rafforzamento degli Stati centralizzati in Europa


Il nazionalismo europeo ottocentesco tenne una posizione intermedia, né tradi-
zionalista, né utopista o messianica, opponendosi sia agli interessi locali sia agli
ideali sovranazionali: puntò a costruire Stati centralizzati e masse popolari edu-
cate a un vero e proprio culto dei valori nazionali, dell’uniformità all’interno dei
confini e della differenza rispetto ai vicini.
Ciò fu perseguito principalmente grazie all’istituzione dei sistemi scolastici, che
promossero non solo la diffusione della lingua nazionale ma anche il culto della
patria, con la sua storia, i suoi simboli, le feste commemorative, i monumenti agli
eroi del passato, gli inni, le bandiere.
Dopo la metà dell’Ottocento, con l’unificazione dell’Italia e della Germania, le
due roccaforti storiche del particolarismo regionale e dell’universalismo imperiale
e papale, il nazionalismo aveva completato il suo trionfo in tutta Europa.
In questi Paesi, ai vecchi equilibri fra staterelli e poteri multinazionali si sostitu-
irono due Stati forti, fondati sul realismo politico e sull’identificazione fra Stato e
nazione. In entrambi i casi si costituirono delle monarchie costituzionali, tenute
a battesimo da due politici geniali, Cavour, moderato, e Bismarck, apertamente re-
azionario. La democrazia, le speranze del 1848, la fraternità e la pace vennero ab-
bandonate, così come cinquanta o sessant’anni prima le idee rivoluzionarie erano
state sacrificate alla costruzione della «Grande Nation» ( ▶ cap. 10, par. 2).

Il sostegno della nazione all’espansione coloniale


Questa nuova forma di nazionalismo, che stava sorgendo sulle ceneri del nazio-
nalismo democratico di Mazzini, fu il terreno sul quale si innestarono le politiche
coloniali e le competizioni militari, diplomatiche ed economiche delle potenze oc-
cidentali.
Nella seconda parte dell’Ottocento e nel Novecento, in una società che cam-
biava in modo vorticoso, il nazionalismo adottò l’idea che l’appartenenza na-

Lezione in una
scuola coloniale
tedesca in Africa,
a Dar es Salaam.
Fotografia del 1903.

Leggi l’immagine
• Osserva le tre
lavagne: quali
discipline sono
rappresentate?
In quali lingue sono
scritti i testi?
• Chi possono essere
le due figure che
compaiono nei ritratti
sullo sfondo?

667
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

zionale implicasse necessariamente un atteggiamento aggressivo nei confronti


dei vicini, sentiti come minacciosi e ostili, in molti casi considerati inferiori per
«razza». Esso servì anche a dotare i regimi di una solida base di massa, oppu-
re a creare nuovi Stati, dotandoli di un collante ideologico e culturale capace di
coinvolgere i popoli.
In un’Europa che in modo dissennato scivolava verso la guerra, il nazionalismo
esasperato, aggressivo e razzista, serviva dunque a garantire il sostegno di mas-
sa alle avventure imperialistiche. Serviva anche a inquadrare l’inclusione di vaste
masse popolari all’interno di regimi politici sempre più autoritari, spesso aperta-
mente illiberali.
Una concezione fortemente sbilanciata dei rapporti fra i diversi Stati forniva agli
occidentali la giustificazione morale nella supposta funzione «educativa» che la
civiltà europea aveva il dovere di esercitare nei confronti degli altri popoli. Come
Spagna e Portogallo, quattro secoli prima, si erano spartite l’America per «evange-
lizzarla», così, alla fine dell’Ottocento, l’Europa si spartiva il mondo con la buona
coscienza di un maestro che vuole guidare i suoi allievi verso l’età adulta, verso la
modernità.

La storiografia ha elaborato periodizza-


LA STORIA NELLE PAROLE
zioni che permettono di individuare delle
Colonizzazione, tendenze generali nelle forme di domi-
colonialismo nio dei Paesi occidentali nel mondo. Un
e imperialismo primo periodo, che inizia con le gran-
di scoperte geografiche, è determina-
to dall’espansione delle reti commerciali
Con il termine colonizzazione si intende
europee. Dominato prima dalle poten-
il processo di espansione di uno Stato e
ze iberiche e poi dall’Inghilterra, esso si
di conquista di territori con la forza milita-
conclude alle soglie dell’Ottocento, con
re o economica. Il colonialismo è invece
l’indipendenza delle colonie americane e
l’istituzionalizzazione del dominio di uno
la nascita degli Stati Uniti.
Stato su civiltà e territori diversi dai pro-
Nell’ultimo quarto del XIX secolo il feno-
pri. Forme di colonizzazione si sono avu-
meno coloniale si intensifica, e le poten-
te in ogni epoca storica anche se diversi
ze europee mettono in atto una politica di
sono stati i sistemi di dominio coloniale.
conquista, definita imperialismo, tesa a
Storicamente è possibile individuare tre
realizzare un predominio, diretto o indiret-
tipologie di colonie:
to, su altre nazioni, mediante occupazio-
1. colonie come basi d’appoggio: dal- ne militare, annessione territoriale, sfrut-
la scarsa estensione territoriale, erano tamento economico o egemonia politica.
usate per scopi commerciali, in quan- Si ritiene che il termine si sia affermato in
to situate sulle rotte commerciali, e Inghilterra negli anni Settanta dell’Otto-
militari; cento in riferimento alla politica del primo
2. colonie di insediamento: più estese, ministro inglese Benjamin Disraeli.
prevedevano forme di popolamento e Dopo la Seconda guerra mondiale, in se-
insediamento sul territorio; guito alla decolonizzazione, si sono dif-
3. domini coloniali: risultato dell’appro- fuse forme di colonialismo informale,
priazione di interi Stati in modo dura- caratterizzato da legami di dipendenza
turo, senza necessariamente prevede- economica, politica, culturale e sociale
re una forma di popolamento. non istituzionalizzati.

668
Colonialismo e imperialismo | 19 |

2 La dominazione inglese in India


Lo sfruttamento economico della Compagnia delle Indie Orientali
Alla fine del Settecento l’India era stata quasi completamente unificata sotto
il dominio britannico. I vari Stati locali erano assoggettati non direttamente al
governo inglese ma alla Compagnia delle Indie Orientali, un organismo privato
che godeva della concessione di esercitare in regime di monopolio il commer-
cio internazionale dei prodotti indiani ( ▶ cap. 4, par. 6) e che sfruttava il Paese a
vantaggio dei propri membri.
Dotata di una struttura amministrativa che impiegava personale locale, di un
esercito e di una flotta propri, la Compagnia aveva ottenuto, a partire dalla secon-
da metà del Settecento, il diritto di riscuotere per proprio conto le imposte pre-
cedentemente dovute ai sovrani locali. Da quel momento il gettito fiscale indiano
non era più servito a finanziare i servizi pubblici ma ad acquistare i tessuti di co-
tone artigianali indiani, apprezzati e richiesti in ogni parte del mondo. La Compa-
gnia delle Indie Orientali finanziava insomma i propri acquisti con il gettito fiscale
degli indiani stessi, mentre i ricavi delle vendite rimanevano in Gran Bretagna. Si
determinava così un gigantesco trasferimento di ricchezze dall’India all’Inghilterra,
tanto massiccio che, secondo alcuni economisti, avrebbe contribuito direttamente
e in misura rilevante alla Rivoluzione industriale.
Questo scenario portò alla formazione di una nuova borghesia indigena co-
stituita da esattori, che ritiravano le imposte nei villaggi, e da intermediari che
acquistavano la produzione tessile locale per conto della Compagnia. A pagare il
maggior prezzo furono però gli artigiani-contadini. Avveniva infatti che, più au-
mentava la richiesta di partite di cotone sul mercato internazionale e più il get-
tito delle imposte, con cui la Compagnia pagava la produzione tessile locale, si
accresceva, costringendo gli artigiani-contadini dei villaggi a produrre sempre di
più, e a fare più figli, per disporre di altre braccia da mettere al lavoro. Subissati
dai debiti, gli agricoltori indiani iniziarono a vendere le proprie terre alla nuova
borghesia coloniale indiana, la stessa che riscuoteva le imposte per la Compagnia
e comprava la produzione tessile, perdendo quindi la loro tradizionale indipen-
denza. Anche se giuridicamente non erano né schiavi né servi, essi si trovavano
vincolati alla Compagnia da contratti estranei alla loro tradizione e alla loro cul-
tura e che non potevano rifiutare.
Per parte loro, gli intermediari che acquisivano così la terra diventavano latifon-
disti ben poco interessati alla produzione per il mercato locale ma piuttosto per
quello mondiale: il tè, l’indaco e soprattutto l’oppio erano i prodotti la cui domanda
cresceva in Occidente e ancor più in Oriente. Tuttavia, a partire dall’inizio dell’Otto-
cento, i tessuti di cotone, prodotti dall’ormai fiorente industria tessile meccanizzata
inglese, divennero sempre più competitivi per qualità e prezzo perfino nella stessa
India, dove progressivamente soppiantarono il prodotto dell’artigianato locale. La
produzione tessile tradizionale crollò, lasciando senza lavoro centinaia di miglia-
ia di esperti tessitori e spostando sulla produzione agricola l’asse portante delle
esportazioni indiane. L’India così si era impoverita tre volte: perché vedeva fallire
la sua tradizionale industria tessile, perché la pressione demografica sulle risor-
se agricole era enormemente aumentata e perché queste ultime diminuivano, in
quanto l’agricoltura produceva meno riso e più oppio o tè per il mercato mondiale.

669
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

LA COLONIZZAZIONE DELL’INDIA ALLA FINE DEL XIX SECOLO

PROVINCE CINA
DELLA FRONTIERA
AFGHANISTAN NORD-OVEST
KASHMIR
Esplora i luoghi e
lavora con le carte Lahore TIBET
dell’Atlante digitale PUNJAB
interattivo
BELUCHISTAN RAJPUTANA Delhi
NEPAL SIKKIM
Karachi ASSAM
SIND PROVINCE BHUTAN
MEWAR UNITE
BENGALA
Mare Arabico Calcutta
PROVINCE
Diu Daman CENTRALI
(Portogallo) (Portogallo)
Bombay BIRMANIA
BOMBAY
NIZAM
Golfo
Leggi la carta Hyderabad del Bengala
Goa
• Quali province (Portogallo)
facevano parte
Territori sotto MYSORE
dell’Impero Madras
il governo
britannico? Quali britannico Bangalore
Pondicherry (Francia)
invece formavano Stati e territori MADRAS
Karikal (Francia)
Stati indigeni? indigeni
TRAVANCORE
• Quali aree Stati indipendenti
costituivano sotto protettorato CEYLON
britannico (Colonia della Corona)
dei protettorati
Colombo
britannici?

Il «ministero per l’India» e la modernizzazione del Paese


A questa situazione già critica – che fra l’altro aveva favorito un diffuso regime di
corruzione e di illegalità – si aggiunse, nel 1857, lo scoppio della sanguinosa rivolta
dei sepoys, le truppe indigene della compagnia. La rivolta iniziò con un ammutina-
mento in occasione dell’introduzione di un nuovo modello di fucile, ma affondava
le radici nel malcontento nei confronti degli inglesi accumulato nei decenni pre-
cedenti. A questo si aggiungevano la propaganda antibritannica degli agenti russi
e questioni di politica interna. Esplosa a Meerut e Delhi, la rivolta si estese presto a
tutta l’India; poche regioni rimasero fedeli all’Inghilterra. Ma gli inglesi cercarono di
limitare la ribellione e, infine, assediando Delhi, riuscirono a riprendere il controllo.
In seguito a questi avvenimenti, nel 1858 il governo inglese decise di sopprime-
re la Compagnia delle Indie Orientali e di creare a Londra uno speciale ministero
per l’India, l’Indian Civil Service. Esso era costituito da un migliaio di funzionari
britannici di altissimo rango, di ottimo livello professionale, culturale e morale,
reclutati in giovane età con esami severi, pagati con stipendi molto alti, presto di-
messi e di solito reimpiegati in altri rami dell’amministrazione. Il governo britan-
nico si assumeva così in prima persona la guida del subcontinente e ciò contribuì
a fare dell’India per quasi un secolo il modello più riuscito e interessante di gover-
no coloniale moderno. Da quel momento, l’Inghilterra smise di rappresentare per
il popolo indiano soltanto la potenza straniera interessata allo sfruttamento delle
risorse locali, ma divenne anche un riferimento politico e culturale. Gli interessi

670
Colonialismo e imperialismo | 19 |

privati dei colonizzatori vennero in genere subordinati al compito della costruzio-


ne nel Paese di un apparato civile moderno.
Pur ritenendo di operare a vantaggio della propria colonia, l’amministrazione
britannica determinò l’insorgere di una serie di problemi. In questo sforzo mo-
dernizzatore rimase vistosa la distanza tra i funzionari britannici e la popolazione
locale, la quale poteva accedere solo ai gradi più bassi della gerarchia, ma soltanto
a patto che fosse disposta a spogliarsi della propria tradizione, della propria lin-
gua e della propria cultura, considerate inferiori dai colonizzatori. Sulla base del-
la presunta superiorità razziale e culturale europea, si attuava così un progetto
modernizzatore nei confronti di un popolo considerato arretrato e inferiore e in-
capace di trovare autonomamente la strada verso il progresso.
Inoltre, per mantenere l’ordine, gli inglesi crearono un esercito permanente,
l’Indian Army, i cui alti comandi furono affidati a ufficiali britannici. Le truppe india-
ne vennero rigidamente divise per appartenenza etnica, religiosa e di casta, in mo-
do da ridurre i rischi di collegamento fra i diversi reparti in funzione anticoloniale.
In breve il colonialismo, attraverso il processo di modernizzazione, destrutturò
il tessuto sociale indiano imponendo i modelli europei, del tutto nuovi ed estranei
alla cultura del Paese. Per tre o quattro generazioni questa elaborata costruzione
garantì una discreta convivenza. Si formò in India una classe colta profondamente
anglicizzata, mentre i colonizzatori britannici ne trassero una sapienza che li mise
al di sopra di tutte le altre potenze europee per capacità politiche e diplomatiche.
L’India, che per ottenere questo sviluppo aveva pagato un enorme prezzo socia-
le ed economico, si preparava ora a entrare da protagonista negli equilibri politici
dell’Asia moderna.

L’assedio di
Lucknow durante i
moti indiani del 1857.
Dipinto di Thomas
Jones Barker del 1859.
Londra, National
Portrait Gallery.

671
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

3 Il Congresso di Berlino
L’instabilità in Europa e la «questione orientale»
Le competizioni coloniali della seconda metà dell’Ottocento erano il riflesso di un
quadro dei rapporti politici europei pericolosamente instabile. Le grandi potenze
erano le solite cinque (Austria, Russia, Francia, Inghilterra e Germania) ma l’equi-
librio tra loro, il «concerto» europeo prodotto dal Congresso di Vienna ( ▶ cap. 11,
par. 1), si era fatto molto complicato da mantenere. Come si riponeva fiducia nel-
la libertà di impresa nel mercato, così si credeva alla libera iniziativa di ogni Stato
sovrano in politica estera e ognuno si muoveva autonomamente e senza vincoli,
tessendo di volta in volta alleanze diverse a seconda dei vantaggi che riteneva di
poterne ricevere.
La prova era venuta dalla guerra franco-prussiana del 1870 che aveva portato
all’unificazione tedesca ( ▶ cap. 14, par. 6). Caso unico nella recente storia euro-
pea, nessuno si era opposto alle esplicite minacce della Prussia contro la Francia
e non si era formata alcuna coalizione a sostegno dell’una o dell’altra parte. Alla
battaglia di Sedan entrambi i contendenti avevano partecipato con le sole proprie
forze: non succedeva da secoli e non sarebbe più successo. L’equilibrio europeo si
era, insomma, sfaldato.
Tuttavia, negli anni seguenti il cancelliere tedesco Bismarck provò a rimetter-
lo in sesto. Con l’unificazione la Germania aveva ottenuto tutto ciò che voleva e a
quel punto era interessata al riconoscimento dello status quo. Bismarck si diede
dunque da fare per cercare di dirimere i grandi conflitti che le ambizioni «impe-
rialiste», finalizzate ad acquisire maggiori «spazi vitali» nel mondo, generavano
fra le grandi potenze.
Il primo problema internazionale che si pose fu la «questione orientale», cioè
l’instabilità cronica dell’Impero ottomano, ora ulteriormente dilaniato dalla cre-
scita dei nazionalismi, in particolare nei suoi territori europei. A metà degli anni
Settanta del XIX secolo scoppiarono violente rivolte antiturche in Bosnia, Serbia
e soprattutto nell’attuale Bulgaria, dove i turchi reagirono con una terribile re-
pressione. Come sempre a protezione della comunità ortodossa intervenne allora
la Russia, che dichiarò guerra ai turchi (aprile 1877) spingendosi fino alle porte
di Istanbul. Il vecchio Impero ottomano per il momento non crollò ma, incapace
di riformarsi e di controllare il proprio immenso territorio, dovette rinunciare alla
Bulgaria, che divenne indipendente con la pace di Santo Stefano nel marzo 1878.

Il Congresso di Berlino
Nello stesso anno 1878 Bismarck, spinto dal timore che il crollo dell’Impero ot-
tomano nei Balcani rafforzasse eccessivamente la Russia creando una situazione
F1 L'atto finale del di tensione internazionale, convocò a Berlino un congresso per affrontare tutta la
Congresso di Berlino,
complessa questione balcanica. Per la prima volta dopo il Congresso di Vienna, i
p. 703
capi di Stato o i ministri degli Esteri delle grandi potenze si incontrarono per cer-
care di ridare vita al «concerto».
A Berlino furono disegnati i confini del Principato di Bulgaria, i cui territori
furono ridotti rispetto alla pace di Santo Stefano; all’interno del nuovo Stato re-
starono però importanti minoranze turche, greche, macedoni, rumene, albanesi,
ebree, ognuna delle quali parlava la propria lingua e professava la propria religio-

672
Colonialismo e imperialismo | 19 |

ne. Serbia, Romania e Montenegro ingrandirono i loro territori, a spese dell’Impero


ottomano. Il Congresso di Berlino concesse poi all’Impero asburgico, come com-
pensazione della crescita della presenza russa nei Balcani, il protettorato sulla Bo-
snia-Erzegovina (di fatto già occupata militarmente dagli austriaci). Gli ottomani
inoltre cedettero Cipro al Regno Unito come compenso per il sostegno della flot-
ta inglese contro la Russia. La Gran Bretagna vedeva infatti nell’Impero ottomano
una barriera in grado di tenere i russi lontani dalla rotte commerciali del Mediter-
raneo orientale. In seguito all’acquisizione di Cipro da parte della Gran Bretagna,
la Russia vide così ridimensionate le proprie ambizioni.
Sulle altre questioni internazionali il Congresso di Berlino non si impegnò, an-
che se i problemi non mancavano. Tutti si aspettavano una ripresa della guerra tra
Francia e Germania per la questione dell’Alsazia-Lorena, passata all’Impero tedesco
in seguito alla guerra franco-prussiana del 1870-71. Nel 1873, inoltre, aveva preso
corpo una nuova versione della Santa Alleanza, l’Alleanza dei tre imperatori fra
Germania, Austria e Russia, benché Austria e Russia fossero schierate l’una contro
l’altra nei Balcani. Restava poi da definire la collocazione internazionale dell’Italia,
che si stava avvicinando alla Germania – e quindi anche all’Austria – benché restas-
se irrisolta la questione di Trento e Trieste, che rimanevano austriache. L’Europa
si stava dividendo in fronti contrapposti e il risultato sarebbe stato, nel 1914, lo
scoppio della Prima guerra mondiale.

I BALCANI DOPO IL CONGRESSO DI BERLINO


IMPERO RUSSO

IMPERO AUSTRO-UNGARICO

DOBRUGIA
ROMANIA
Bucarest
BOSNIA
Belgrado
Sarajevo
ERZEGOVINA SERBIA Mar Nero
BULGARIA
Sofia
RUMELIA ORIENTALE
MONTENEGRO
Istanbul
MACEDONIA TRACIA
Salonicco
ALBANIA

TESSAGLIA IMPERO OTTOMANO


Leggi la carta Territori ceduti
• Quali Imperi dall’Impero ottomano: Mar Smirne
ottengono alla Grecia Egeo
Atene
considerevoli al Montenegro GRECIA
parti di ex territori
alla Serbia
dell’Impero
ottomano? alla Bulgaria (1885)

• Con quali Stati si alla Romania


trova a confinare alla Russia Mar mediterraneo
nell’area balcanica all’Austria-Ungheria
l’Impero ottomano?

673
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

4 Dal colonialismo all’imperialismo


L’espansione coloniale ottocentesca
Nei primi ottant’anni del secolo le varie potenze avevano occupato ben 17 milioni
di chilometri quadrati di territori extraeuropei (oltre a quelli già acquisiti nei se-
coli precedenti, come l’intera America e la Siberia). Nei trenta anni successivi se ne
aggiunsero altri 22 milioni: anche Oceania, Africa e Asia (con l’eccezione di alcu-
ne aree di questi tre continenti) furono conquistate militarmente e politicamente.
In questa fase, l’obiettivo delle potenze europee verso i Paesi extraeuropei non
si identificava più solo nello sfruttamento cieco delle risorse umane e materiali: si
trattava di conquistare i grandi mercati del pianeta e cioè di vendere dovunque le
merci che venivano prodotte su vasta scala e a costo ridotto dalle industrie euro-
pee. Un esempio interessante è quello del movimento dei tessuti di cotone fra l’In-
dia e l’Inghilterra, che subì un’inversione: ora erano i prodotti in cotone britannici
a imporsi sul mercato indiano.
Inoltre, i flussi economici non riguardavano più soltanto le merci, ma in misu-
ra crescente anche i capitali finanziari. Gli occidentali, infatti, oltre a comprare e
a vendere iniziarono a investire direttamente e in misura massiccia nelle colonie:
in imprese commerciali, in infrastrutture, in mezzi di trasporto e in impianti in-
dustriali, soprattutto minerari. Dalle colonie, quindi, non giungeva più in Europa
soltanto un flusso di merci, ma anche di profitti, ricavati sia dalla vendita dei pro-
dotti europei sia dall’investimento in servizi e strutture produttive.

LA SPARTIZIONE DEL MONDO COLONIALE (1830-1910)


BELGIO
GRAN OLANDA Russia
BRETAGNA
GERMANIA
Marocco Impero austro- MONGOLIA Manciuria Sakalin
spagnolo FRANCIA ungarico (dal 1912 indipendente)
Is. Curili
SPAGNA ITALIA Turkestan Corea
PORTOGALLO Impero Cina 1910
Tunisia ottomano Is. Midway
Afghanistan Tibet Giappone
Marocco 1881 Egitto 1867
francese Algeria Libia Persia dal 1912
1882 indipendente) Hong Kong
1911 1830-47 1912 (Dal 1924
1841
1912 Sahara Protettorato Taiwan Is. Marianne
spagnolo Britannico) Somalia India Birmania 1895 Oceano 1867
francese
Africa occidentale francese Eritrea 1896 (dal 1858 dominion) 1852-86 Pacifico 1867 Guam
Gambia Sudan 1889 Siam Indocina (agli Usa
t. fr a n c e se

Sierra (dal 1899 Aden Goa francese Filippine


Nigeria protettorato 1839 (PORT.) dal 1898)
Leone 1914 1886 1898
anglo- Somalia brit. 1867
Costa Camerun egiziano) Etiopia 1884 Is. Caroline
Guinea d’oro 1884 Uganda Somalia Is. Maldive Sumatra Malaysia
qua

(PORT.) Togo italiana 1874


1887
I ndie

1914 1890-94 Arcipelago


ae

Congo 1889 Borneo Bismarck


Liberia belga Africa orientale britannica
ric

f Celebes Nuova 1884


(dal 1848 Rio Muni A
o ri

1908 1885 1895 nt Giava Guinea Is. Salomone


e

indipendente) Africa orientale 1815 a li Papua


Rodesia tedesca o la n d 1893 Is. Fiji
Is. Seychelles e s i
Angola del Nord 1893
1889 Mozambico Nuove Ebridi
1889 1907
1884 Rodesia Madagascar Oceano Indiano
Africa tedesca 1895
Oceano del Sud-Ovest 1885 del Sud Australia 1853
Leggi la carta Atlantico
Beciuania
Swaziland (dal 1901 dominion) Nuova Caledonia
1902
• Individua i Unione Sudafricana Basutoland
possedimenti inglesi (dal 1910 dominion) 1884

e francesi in Asia e
in Africa. Nuova Zelanda
(dal 1907 dominion)
• Oltre a Francia e
Inghilterra, quali
altri Stati ottengono Gran Bretagna Italia Portogallo Stati Uniti d’America Olanda 1867 Data di
territori africani? acquisizione
Francia Belgio Spagna Giappone Germania

674
Colonialismo e imperialismo | 19 |

Per fare questo occorreva, come già era avvenuto nell’America spagnola del Cin-
quecento, un controllo capillare del territorio, quindi non più basi di compagnie
privilegiate di commercio, ma ampie amministrazioni coloniali gestite direttamen-
te dagli Stati. In tale prospettiva, e nemmeno vent’anni dopo la soppressione del-
la Compagnia delle Indie Orientali ( ▶ par. 2), nel 1876 la regina inglese Vittoria si
proclamò «imperatrice delle Indie», cioè non solo dell’India propriamente detta ma
dell’immenso dominio coloniale britannico nel mondo intero. Così tutta l’espansio-
ne coloniale europea della fine dell’Ottocento fu chiamata, già dai contemporanei,
«età dell’imperialismo».
In molti casi le potenze imperialiste dovettero costruire dal nulla le strutture fon-
damentali dell’apparato statale: le strade, le ferrovie, il telegrafo, i servizi postali, i
tribunali, la polizia, le scuole. Ma naturalmente imposero le loro lingue, le loro leggi,
la loro cultura. I missionari diffusero le Chiese cristiane e fondarono scuole e ospe-
dali. Gli esploratori penetrarono negli ultimi luoghi dove l’uomo bianco non era an-
cora giunto, all’interno dell’Africa, dell’Amazzonia, dell’Australia, nelle regioni polari.

La spartizione dell’Africa e dell’Asia


Fu in Africa che la colonizzazione di fine Ottocento ebbe la sua più massiccia espan-
sione. Se, prima dell’ultimo quarto del secolo, le potenze europee ne controllavano
una porzione esigua, e per lo più costiera, a fine secolo esse si erano spartite la gran
S1 «Diluvio» bianco e parte del continente. L’Inghilterra, oltre alla Nigeria a ovest, occupò la maggior
popoli nativi: gli inglesi
parte dell’Africa orientale e intorno al 1900, dopo anni di dominio di fatto, il suo
in Africa, p. 705
Impero nella regione giunse a comprendere l’Egitto, il Sudan, il Kenya, la Rhodesia,
il Sud Africa. Dalla foce del Nilo al Capo di Buona Speranza si poteva attraversare
l’intera Africa, da nord a sud, viaggiando per più di 7000 chilometri quasi sempre
sul suolo dell’Impero britannico.
Nell’ultimo ventennio del secolo la Francia occupò l’Africa occidentale (eccetto
la Nigeria) e parte di quella equatoriale, cioè il Senegal, la Costa d’Avorio, il Gabon,
il Ciad e il Congo francese, oltre all’isola di Madagascar nell’oceano Indiano. Il Por-
togallo estese il suo controllo all’intera Angola e al Mozambico, rispettivamente
sulla costa atlantica e su quella indiana dell’Africa meridionale e il Belgio si impa-
dronì del Congo nel 1885.
Fu proprio in Congo che si verificarono i primi contrasti: in quella regione
Leopoldo II, sovrano del Belgio, aveva costruito un dominio personale, servendosi
di un’associazione internazionale con scopi apparentemente umanitari. L’interesse
sull’area crebbe ancora di più dopo la scoperta di importanti giacimenti minerari,
per cui il Belgio cercò di ottenere uno sbocco sull’Atlantico, andando a intaccare gli
interessi portoghesi. Il Portogallo chiese allora che venisse convocata una confe-
renza internazionale. La richiesta fu accolta da Bismarck, che convocò a Berlino i
Paesi che avevano interessi nella regione. La conferenza – che si svolse tra il 1884
e il 1885 – riconobbe la sovranità di Leopoldo II sulla Stato libero del Congo e sta-
bilì le norme che avrebbero dovuto regolare la spartizione dell’Africa, adottando
il principio dell’occupazione effettiva, unica forma di colonizzazione riconosciuta.
La stessa Germania, alla fine degli anni Ottanta, si impadronì del Camerun e
del Tanganica. Perfino l’Italia, ultima venuta, si affrettò a costruire un impero co-
loniale con quello che restava: occupò l’Eritrea, la regione costiera della Somalia
e, più tardi, avrebbe conquistato la Libia.

675
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

Differentemente da quanto accadeva nel continente africano, in Asia la presenza


europea era più diffusa e aveva una tradizione antica. Già negli anni Sessanta, la
Francia aveva sottomesso la Penisola indocinese, dalla quale sperava di penetrare
nella Cina meridionale. Gli inglesi, oltre all’India, possedevano Ceylon, Hong Kong
( ▶ par. 8), Singapore e basi nell’oceano Indiano. L’Olanda, che da secoli aveva basi
a Giava, occupò sistematicamente l’Indonesia.
La Russia estese il suo dominio in Asia centrale confrontandosi con l’Inghilter-
ra per il controllo dell’Afghanistan e inserendosi nella competizione per l’egemo-
nia sulla Cina, mentre il Giappone estese la sua influenza alla Cina settentrionale
e alla Corea.

I conflitti militari per le colonie


Alcune di queste occupazioni furono facili e indolori, altre invece comportarono
sforzi militari consistenti, non sempre giustificati rispetto ai vantaggi economici
che la potenza coloniale ne poteva trarre. Per esempio i francesi, in Indocina, do-
vettero schiacciare il Vietnam, uno Stato di grandi tradizioni politiche e culturali,
che seppe opporre una resistenza formidabile: fu un’operazione in pura perdi-
ta. Gli italiani, in Africa orientale, pur non avendo di fronte un avversario partico-
larmente agguerrito, incontrarono difficoltà molto gravi, subendo anche ripetute
sconfitte ( ▶ cap. 16, par. 5).
Anche gli inglesi dovettero superare notevoli difficoltà per imporre il loro con-
trollo sul Sud Africa, già da secoli colonizzato dagli olandesi, che prima di loro si
erano spinti all’interno assoggettando le popolazioni indigene. Nel Sud Africa era-
no stati scoperti ricchi giacimenti d’oro e di diamanti, sicché gli interessi economi-
ci in gioco erano molto grandi. I contadini di origine olandese, i boeri, si opposero
alla colonizzazione britannica con una guerra (1899-1902) che richiese alla Gran
Bretagna l’invio di un corpo di spedizione enorme, di addirittura 200.000 uomini.
La pace di Pretoria (1902) sanzionò la vittoria degli inglesi, nonché l’inizio di una
politica di integrazione fra i loro coloni e i boeri a danno della maggioranza ne-
ra e asiatica immigrata, costretta a vivere in un regime di segregazione razziale
(apartheid, nell’olandese dei boeri), che sarebbe durato fino al 1991.
In altri casi le potenze coloniali si trovarono vicine al confronto militare, co-
me accadde per l’Afghanistan, conteso da inglesi e russi, e per la Tunisia oggetto
delle mire di italiani e francesi, che se ne assicurarono il controllo nel 1881. La
guerra combattuta nel 1904-05 fra i russi e i giapponesi per il controllo del Pa-
cifico settentrionale ( ▶ par. 9) fu particolarmente violenta e rappresentò la pri-
ma guerra inter-imperialista moderna, una tragica prova generale della Prima
guerra mondiale.
Anche gli Stati Uniti combatterono una breve guerra contro la Spagna nel 1898,
per il controllo della regione delle Antille e di importanti rotte oceaniche. La Spa-
gna, sconfitta, perdette le sue ultime colonie: dovette cedere le Filippine agli ame-
ricani e ritirarsi da Cuba che, pur formalmente indipendente, passò sotto il con-
trollo degli Stati Uniti.
L’imperialismo era diventato non più soltanto una necessità economica, ma
l’espressione diretta della politica di potenza perseguita dagli Stati colonizzato-
ri e ciò non fece che incrementare le occasioni di attrito e di scontro, innescando
quella tragica spirale di tensioni che sfocerà nella Prima guerra mondiale nel 1914.

676
Colonialismo e imperialismo | 19 |

L’apice dell’imperialismo europeo


Si era così raggiunto il vertice del processo secolare di conquista del mondo da parte
delle potenze industrializzate. Una rete di comunicazioni telegrafiche e marittime
circondava ormai l’intero pianeta, rendendo la circolazione delle merci, degli uomi-
ni e delle informazioni incomparabilmente più rapida ed efficiente che nel passato.
Un simbolo di questa grande trasformazione fu l’apertura del canale di Suez, per
unire il Mar Rosso al Mediterraneo: una via d’acqua che abbreviava di molte setti-
mane il viaggio fra l’Europa e l’Oriente. Progettato e realizzato dai francesi duran-
te il Secondo Impero e inaugurato nel 1869, il canale di Suez divenne in realtà il
principale incentivo per l’occupazione inglese dell’Egitto. Possessori delle azioni
del canale, gli inglesi riuscirono a controllare ancor meglio i traffici civili e militari,
occuparono l’Egitto nel 1882 e il Sudan nel 1899. Nel 1898, invece, le truppe inglesi
e francesi si trovarono occasionalmente di fronte a Fascioda, nel Sudan meridio-
nale, dove i francesi avevano cercato di stabilire un avamposto lungo il corso del
Nilo Bianco. La tensione fra le due potenze rischiò di provocare una guerra, finché
i francesi si ritirarono, sanzionando con la dichiarazione del marzo 1899 l’incon-
trastato dominio inglese sulla regione.
Negli stessi anni fu progettato il taglio dell’istmo di Panama, ma la sua realiz-
zazione, più complicata dal punto di vista tecnico, tardò fino agli inizi del nuovo
secolo. Furono gli americani a impadronirsi del progetto e della sua realizzazione
provocando addirittura una rivoluzione nella zona dell’istmo contro il governo co-
lombiano: questo avvenimento portò alla nascita della piccola Repubblica di Pa-
nama. Quest’ultima diede in concessione direttamente agli Stati Uniti il territorio
sul quale realizzare il canale, inaugurato nel 1914.
Nel primo decennio del XX secolo il colonialismo, nella sua versione imperiali-
sta, raggiunse dunque la sua massima espressione. La grande maggioranza della
popolazione del pianeta era sotto il controllo diretto o indiretto delle potenze colo-
niali. Aveva avuto luogo una gigantesca semplificazione della geopolitica mondia-
le: l’Inghilterra prima di tutti, e poi la Francia, gli Stati Uniti, la Russia, la Germania
S2 L’imperialismo e il Giappone si spartivano interamente il mondo. Un ruolo minore toccava all’O-
fase suprema del
landa, al Belgio e all’Italia, mentre il Portogallo, a differenza della Spagna, riusciva
capitalismo, p. 706
a conservare soltanto piccole parti del suo passato Impero. Non era mai avvenuto
S3 Il bilancio in precedenza che così poche potenze riuscissero a controllare tutto il pianeta: il
economico
dell’imperialismo,
risultato appariva certamente grandioso, ma si sarebbe rivelato anche piuttosto
p. 707 effimero e il XX secolo ne avrebbe mostrato l’intrinseca fragilità.

Le truppe
britanniche marciano
per le vie de Il Cairo
in Egitto nel 1890.
Stampa dell’epoca.
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

5 Il razzismo e l’antisemitismo
Una nuova forma di nazionalismo
Il Paese nel quale il nazionalismo, nella sua forma più aggressiva e razzista, si
manifestò piuttosto precocemente e in maniera virulenta fu la Germania, dove
aveva fatto la sua comparsa già prima del 1848. Per costruire un sentimento iden-
titario nazionale, vennero istituite feste nazionali in onore del popolo germani-
co, erigendo monumenti agli eroi nazionali o in ricordo di battaglie memorabili
che avevano reso grande e unita la nazione, prima fra tutte la battaglia di Lipsia
(1813) contro Napoleone. Si fondavano associazioni di sportivi e di ginnasti, di
tiratori scelti militarmente inquadrati: il tutto per diffondere nelle masse popo-
lari il sentimento di appartenenza alla comune patria tedesca, la disciplina e lo
spirito di corpo.
Nella maggior parte dei Paesi europei si seguì la medesima strada. In Italia il
mito celebrativo del Risorgimento nazionale ha questa origine e questo signifi-
cato. Si ripescavano dalla memoria storica la grandezza degli antichi romani, l’or-
goglio dei Comuni medievali in lotta contro Barbarossa, l’insurrezione dei Vespri
siciliani contro l’occupazione francese, ossia tutto quello che poteva dimostrare la
presunta superiorità del popolo italiano. Del passato recente si esaltava la galleria
dei padri della patria: Garibaldi e Vittorio Emanuele II e, in subordine, Mazzini e
Cavour, presentati come se avessero lavorato in perfetto accordo, fianco a fianco,
per l’unità nazionale. Il 20 settembre (data della presa di Roma) venne proclamato
festa nazionale, in nome dell’amore di patria.
Del resto, tutti i nazionalismi occultavano o almeno attenuavano i contrasti in-
terni per esaltare invece quelli con lo straniero. Lo scopo era di assicurare al proprio
popolo un maggiore «spazio vitale» da conquistare, in Europa e al di fuori, con la
politica imperialista, ovvero una politica di predominio su altre nazioni basata
sull’annessione territoriale in nome di una presunta superiorità.
Il cancelliere tedesco von Bülow così espresse quest’aspirazione: «Gli inglesi par-
lano di una più grande Inghilterra, la Francia di una più grande Francia: anche noi
abbiamo diritto a una più grande Germania».

Le teorie razziste e l’antisemitismo


Non si poteva trovare migliore argomento per proclamare la superiorità nei con-
fronti dello straniero di quello razzista. Si cominciava a credere all’esistenza di
razze superiori ed elette, e numerosi antropologi e biologi si affannavano a forni-
re supporti pseudoscientifici a queste teorie. Si tendeva a esaltare le virtù dell’eu-
ropeo nordico, dipinto come conquistatore nato.
Gesti di intolleranza nei confronti degli immigrati e leggi restrittive contro
l’accoglienza di lavoratori stranieri si moltiplicavano ogni giorno. Negli Stati Uniti
la Corte suprema riconobbe agli Stati razzisti del Sud, sconfitti nella guerra civile
( ▶ cap. 15, par. 5), il diritto di escludere i neri dal voto. Una concessione analoga
fecero i coloni inglesi del Sud Africa ai boeri sconfitti: i neri sarebbero stati confi-
nati in territori a loro riservati, i più poveri.
In molti Paesi europei il pregiudizio razziale cominciava a prendere i contorni
di un vero e proprio odio rivolto principalmente contro una comunità rimasta nella
maggior parte dei casi piuttosto isolata, soprattutto per motivi religiosi: gli ebrei.

678
Colonialismo e imperialismo | 19 |

NAZIONALISMO E ANTISEMITISMO

• teorie razziste usate


• ebrei visti come deicidi
• politica espansionista per giustificare la
dai cristiani
Diffuso sentimento molto aggressiva presunta superiorità di
• ebrei visti come capitalisti
nazionalista negli • popolazione favorevole alcune razze su altre
avidi dalla sinistra
Stati occidentali all’imperialismo e allo • intolleranza contro gli
• ebrei visti come pericolosi
sfruttamento coloniale immigrati
rivoluzionari dalla destra
• pregiudizi antisemiti

Ciò avvenne proprio a ridosso del periodo in cui diversi Stati avevano revocato le
secolari discriminazioni di legge contro gli ebrei, equiparandoli nei diritti giuridici
e politici agli altri cittadini. L’emancipazione era stata sancita in Gran Bretagna nel
1854, in Italia nel 1870, in Germania nel 1871, mentre negli Stati Uniti e in Fran-
cia risaliva rispettivamente al 1787 e al 1791.
L’ostilità nei confronti degli ebrei era alimentata da fattori molto diversi e per-
fino contraddittori, ma che potevano mettere d’accordo categorie di persone estre-
mamente lontane fra loro. Secondo gli antigiudaisti cristiani, gli ebrei sarebbero
LESSICO
stati collettivamente responsabili dell’«infame deicidio», della condanna a morte
Antisemitismo di Gesù. Ma gli ebrei che in alcuni casi si erano molto arricchiti con il commercio
Atteggiamento di ostilità e la finanza potevano anche essere presentati come un popolo di speculatori e di
e intolleranza verso gli
capitalisti parassiti delle comunità nazionali che li «ospitavano». Questo tipo di
ebrei, popolo del ceppo
semitico (discendente antisemitismo contaminò anche la sinistra rozzamente anticapitalista. Per l’estre-
da Sem, uno dei tre figli ma destra, al contrario, gli ebrei, popolo di emarginati, costituivano per natura una
di Noè).
stirpe di pericolosi rivoluzionari: non a caso Marx stesso era ebreo.

L’«affaire Dreyfus» e la nascita del sionismo


Presente nei più diversi strati della popolazione, l’antisemitismo poteva così di-
venire funzionale al progetto nazionalista cementato dall’odio contro lo stranie-
ro. Gesti di intolleranza contro gli ebrei si diffusero in vari Paesi, a cominciare dai
terribili pogrom russi, ma l’episodio più inquietante e clamoroso del clima d’intol-
leranza antisemita di fine secolo si verificò in Francia.
Qui, nel 1894, vennero scoperti episodi di spionaggio militare a favore dei tede-
schi. Le indagini portarono all’arresto di Alfred Dreyfus, ufficiale ebreo di origine
alsaziana, quindi doppiamente sospetto, che venne condannato alla deportazio-
ne a vita. Due anni dopo, tuttavia, gli avvocati e la famiglia di Dreyfus riuscirono
a trovare il vero colpevole e chiesero la revisione del processo, che, incredibil-
mente, malgrado l’evidente innocenza dell’ufficiale, la giustizia militare rifiutò.
Da una parte, allora, si schierarono gli innocentisti (favorevoli alla revisione del
processo), tra i quali la maggioranza degli intellettuali, dei socialisti e dei repub-
blicani; dall’altra l’esercito, la Chiesa cattolica e i nazionalisti e anche settori del
movimento operaio abbagliati da facili richiami anticapitalisti e antisemiti. Per
dieci anni l’«affaire Dreyfus» avrebbe spaccato l’opinione pubblica francese ( ▶ par.
6). Alla fine, nel 1899, Dreyfus fu graziato, anziché assolto, e solo sette anni do-
po, nel 1906, fu reintegrato nell’esercito. Tuttavia l’intero affaire lasciò in Francia
uno strascico di divisioni.
Nel 1898 sorse anche il primo dei movimenti che poi sarebbero confluiti nell’e-
sperienza fascista, l’Action française, fondata da Charles Maurras, che sosteneva

679
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

LESSICO un «nazionalismo integrale», nemico non solo degli ebrei ma anche dei tedeschi,
Sionismo dei diritti individuali liberali e della Costituzione repubblicana. Veniva così alla lu-
Movimento – il cui
nome deriva da Sion, ce una delle anime della destra novecentesca: un blocco di clericali, militaristi, na-
un’altura su cui sorge zionalisti e antisemiti, anche provenienti dalla sinistra, che in Francia trovarono
la parte più antica di nel partito «antidreyfusardo» il loro cemento.
Gerusalemme – fondato
a Basilea nel 1897 da L’antisemitismo montante provocò come reazione la crescita di un movimento
Theodor Herzl al fine di che cominciava a prendere piede nelle comunità ebraiche europee: il sionismo, la
creare un nuovo Stato cui aspirazione principale era costituita dal ritorno degli ebrei in Palestina. Ben-
ebraico in Palestina. Tale
programma si realizzò
ché questi ultimi si fossero sempre più integrati, soprattutto nell’Europa occiden-
con la proclamazione tale, i fatti dimostravano che l’odio nei loro confronti perdurava anche dopo l’as-
dello Stato di Israele similazione e che, anzi, poteva assumere forme sempre più violente. Non restava
nel 1948.
dunque che cercare di costituire uno Stato ebraico in Palestina, che secondo le
Scritture era la Terra promessa del popolo ebraico. Il sionismo prese i tratti di un
preciso progetto politico nel primo Congresso mondiale sionista di Basilea (1897),
anche se la maggioranza delle comunità ebraiche restava favorevole all’integrazio-
ne nei diversi Paesi.

Houston Stewart Chamberlain (1855-1927), scrit-


LE FONTI
tore tedesco di famiglia inglese, unisce suggestio-
L’antisemitismo ni darwiniane e pensiero razzista con la sua ce-
e l’esaltazione lebrazione di ariani e Germani, l’antisemitismo e,
Leggi in digitale più in generale, una visione della storia come lotta
il testo Il fardello
dei Germani spietata.
dell’uomo bianco
di Rudyard Kipling: L’avvento dell’ebreo nella storia dell’Europa aveva significato l’entrata
• Che cosa intende
l’autore con la meta- in scena di un elemento «estraneo», estraneo a ciò che l’Europa aveva
fora del fardello? prodotto fino ad allora, estraneo a ciò che essa era chiamata ancora a
• Quali aggettivi con- produrre. Il contrario accadde con l’ingresso sulla scena della storia del
notano le popolazio-
Germano. […]
ni colonizzate?
A dire il vero non si presentò sulla scena della storia universale
nella forma che ci si sarebbe immaginati. Non fu l’immagine di un
angelo salvatore, non un astro dispensatore di una nuova aurora per
l’umanità. E tuttavia, ora che ci basta uno sguardo retrospettivo sui
secoli per acquistare a buon prezzo la saggezza, c’è solo una cosa che
potremmo rimpiangere: che il germano non abbia proceduto, laddove
giungeva il suo braccio vincitore, a uno sterminio più radicale e che,
da allora, la «latinizzazione» – ovvero il caos etnico e l’incrocio delle
razze – abbia a poco a poco sottratto vasti spazi alla sola influenza
capace di rigenerarli, l’influenza del sangue puro e della forza
giovanile, attraverso il dominio dei più dotati. In tutti i casi occorre
una vergognosa pigrizia spirituale o uno spudorato, menzognero,
partito preso per disconoscere che l’avvento dei Germani nella
storia universale rappresentò la salvezza per l’umanità agonizzante,
strappata agli artigli dell’Eterna Bestialità, e che a questo risultato
generale hanno portato il loro contributo tutte le forze particolari.
(da H.S. Chamberlain, I fondamenti del XIX secolo, Thule Italia,
Roma 2017, vol. I, pp. 433-434)

680
Colonialismo e imperialismo | 19 |

Storia e Sociologia
II darwinismo sociale adatto», costituiva il principio fondante per spiegare il
e il razzismo percorso evolutivo delle esperienze umane. In questa
Nell’ambito della cultura del positivismo, la teo- ottica, a partire dal presente, era possibile ripercorrere
ria dell’evoluzione naturale delle specie di Charles la storia dell’umanità e formulare un «modello storico
Darwin (1809-82) ebbe una grande eco scientifica comparato» con il quale catalogare le diverse civiltà: la
e culturale. Charles Darwin, dopo un lungo viaggio storia dell’umanità sarebbe un’evoluzione verso forme
tra America del Sud e Australia, aveva pubblicato di civiltà sempre più complesse ed eterogenee, un’e-
L’origine delle specie (1859), in cui sosteneva che voluzione che non si svolge tuttavia con gli stessi ritmi
gli esseri viventi fossero il risultato di un percorso e allo stesso modo nelle diverse aree geografiche, in
evolutivo di adattamento all’ambiente: a sopravvive- ragione di fattori naturali e ambientali differenti.
re sarebbero gli individui più adatti, che trasmettono Queste furono le fondamenta su cui venne edificato il
poi le loro caratteristiche per via ereditaria. pensiero razziale, matrice dell’ideologia razzista affer-
Le teorie di Darwin ebbero una grande influenza an- matasi tra Ottocento e Novecento. Il pensiero razzia-
che sulle scienze sociali. La locuzione «darwinismo le, basandosi sulla convinzione che la specie umana
sociale» è apparsa negli anni Settanta dell’Ottocento potesse essere classificata in base a diverse razze, ri-
a designare una teoria secondo cui le leggi che rego- teneva che esse potessero essere individuate in base
lano la vita delle comunità sono quelle evoluzionisti- al loro grado di evoluzione, determinato non da fattori
che, a vantaggio degli individui più socialmente adatti. culturali ma biologici. Pur non venendo citato, il darwi-
Questa interpretazione venne ulteriormente estesa nismo sociale era chiamato in causa ad assicurare una
alla rivalità fra Stati: nel confronto/scontro tra le na- veste scientifica alle teorie razziste, che a loro volta le-
zioni impegnate nell’espansione coloniale, alla fine gittimavano l’imperialismo.
avrebbero vinto quelle più potenti; il darwinismo so- Tra i principali fautori di questo pensiero ci furono
ciale diventava così una sorta di legittimazione bio- Arthur de Gobineau, secondo il quale il primato tra
logistica alle politiche nazionaliste e aggressive delle le razze spettava alla razza ariana, ossia agli europei
grandi potenze. bianchi, e Houston Stewart Chamberlain, che afferma-
La prima organizzazione sistematica del darwinismo va che la razza ariana, incarnata al meglio dai tedeschi,
in ambito sociale fu quella di Herbert Spencer (1820- fosse erede dei Greci e dei Romani e destinata a do-
1903). Secondo Spencer la «sopravvivenza del più minare sulle razze inferiori.

L’evoluzione delle specie. Tavola illustrata dal biologo


e artista tedesco Ernst Heinrich Haeckel, 1874.

Collega e confronta
1. Lavorando in gruppo, realizzate delle sche-
de che smontino i fondamenti delle teorie
razziste diffuse a partire dal XIX secolo e
basate sull’idea che esistano diverse razze
umane; utilizzate i contributi scientifici della
biologia e della genetica. Potete aiutar-
vi consultando online il TED Talk Perché
non possiamo non dirci africani di Guido
Barbujani, ricercatore da tempo impegnato
pubblicamente contro la diffusione di teorie
razziste.
2. Costruite una mappa concettuale che
spieghi l’uso politico che è stato fatto delle
teorie evoluzioniste di Darwin, dal punto
di vista dei tre autori citati: Spencer, de
Gobineau e Chamberlain.

681
Nel lungo periodo

Il razzismo
e
l’antisemitismo
di Adriano Prosperi

Le origini dell’antisemitismo presunta colpa ancora più grave: spiare senza essere visti. È dunque
Qualche anno prima che in Fran- i cristiani infatti accusarono il po- Giuda la figura in cui si compendia-
cia scoppiasse l’«affaire Dreyfus» polo ebraico e i loro sacerdoti di no tutte le viltà e le caratteristiche
(1894), l'ufficiale accusato di tra- aver complottato per far uccide- negative che a tutt’oggi alimenta-
dimento anche «in quanto ebreo», re Gesù. Nella narrazione della sua no gli stereotipi razziali di cui sono
un grande studioso della letteratu- morte, contenuta nel Nuovo Testa- vittime le persone di fede ebraica.
ra ebraica medievale, Moritz Stein- mento, sono ravvisabili alcune delle
matrici che regolarmente affiorano Marchiare il nemico,
schneider, utilizzava per la prima
volta il termine antisemitismo, ri- nei discorsi e nelle rappresentazioni dal Medioevo al XX secolo
ferendosi alle manifestazioni d’odio antiebraiche, fino ai nostri giorni: gli L’odio che si alimenta da questo ser-
a cui gli ebrei erano sottoposti in ebrei sono inaffidabili, poiché co- batoio di ragioni legate alle vicende
diverse parti d’Europa. me i maestri del tempio tramarono religiose trascritte nel Nuovo Testa-
Le radici di questa ostilità, tuttavia, la morte di Gesù, così i loro discen- mento è definito antigiudaismo. La
erano in realtà molto più antiche. Per denti sempre tramano nell’ombra storia delle ostilità contro la popo-
comprendere come sono stati ela- qualche piano pericoloso. lazione ebraica è infatti, innanzitut-
borati i discorsi e le rappresentazioni La religione cristiana era così desti- to, la storia di un odio religioso, a
antiebraiche è necessario rivolgersi nata a ripetere e ricordare ciclica- lungo approvato e promosso dalle
alla storia della religione. mente i tragici eventi da cui traeva autorità cristiane.
Il Nuovo Testamento è la parte del- principio (il sacrificio del figlio di Dio, Nel 1215, papa Innocenzo III ordinò,
la Bibbia in cui sono raccontate le fatto giustiziare dagli ebrei infede- per esempio, con un decreto con-
vicende legate alla vita e alla morte li), cementando un’ostilità secolare ciliare che la gente di fede ebraica
di Gesù. Questa sezione del testo per gli ebrei. La «perfidia» di questi dovesse indossare un simbolo –
è sacra soltanto ai fedeli che credo- fu menzionata in una preghiera che inizialmente un cerchio – di colore
no che Gesù fosse il Messia, cioè fino al 1959 venne pronunciata re- giallo, in modo da renderli ricono-
il figlio di Dio, la cui venuta è an- golarmente in tutte le chiese cattoli- scibili pubblicamente. Donne e uo-
nunciata dai profeti del popolo di che alla celebrazione del giorno del- mini erano marchiati con un segnale
Israele per rifondare la storia umana. la morte di Gesù. che ne doveva mostrare l’apparte-
Chi crede in questa verità di fede è Inaffidabile, perfido e sordido, l’e- nenza. La loro colpa, per la Chiesa,
un cristiano, poiché, appunto, ritie- breo è anche e soprattutto un tra- risiedeva nelle loro idee religiose.
ne che sia giusto attribuire a Gesù ditore; fu infatti uno dei più stretti Nel Quattrocento, poi, nella catto-
il titolo di Cristo, termine di origine seguaci di Gesù, Giuda, che lo con- lica Spagna si diffuse l’idea che la
greca che indica la sua natura di- segnò, per denaro, alle autorità che persecuzione degli ebrei e degli ara-
vina. Gli ebrei rifiutano invece di l’avrebbero messo a morte. E se an- bi fosse legittima perché il sangue
credere che Gesù fosse il Messia, cora oggi, in italiano, questo nome che scorreva nelle loro vene era me-
di cui parlano i profeti del Vecchio viene utilizzato come un insulto nei no puro rispetto a quello cristiano.
Testamento e la cui venuta è da loro confronti di una persona di fiducia Fu sulla base di questa teoria, no-
ancora attesa. da cui si ritiene di essere stati rag- ta come limpieza de sangre, che si
L’ostilità verso gli ebrei ha origine girati, in Francia a fine Settecento la compì la Reconquista spagnola, al-
da queste differenze di natura reli- parola judas indicava le fessure che la quale si accompagnò la cacciata
giosa, alle quali si aggiunse poi una si praticavano su muri e porte, per dalla Spagna dapprima degli ebrei

682
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale

Ciascun gruppo lavorerà su un


tema e presenterà i suoi risultati
alla classe.

PRIMO GRUPPO - Simboli


e propaganda antisemita
SCEGLIETE un simbolo dell’e-
braismo, come la stella di David,
e realizzate una presentazione
multimediale in cui ne spiegate
il significato originario, a partire
dal testo biblico, e gli usi a sfon-
(1492), poi dei discendenti dei sud- te del tutto smentite da più recenti do razzista che ne sono stati fatti
diti musulmani, i moriscos (1609). scoperte in campo medico (come la nella storia del Novecento. Potete
I simboli di riconoscimento introdot- mappatura del genoma umano): utilizzare dei manifesti di propa-
ti dal Concilio del 1215 non posso- scientificamente, l’essere umano è ganda antisemita.
no che richiamare alla mente la stel- sempre uguale a sé stesso, non im-
la di David, cioè il distintivo giallo porta a quale latitudine del mondo SECONDO GRUPPO - Educazione
che il regime nazista obbligò don- abiti o in quale religione creda. civica – Antigiudaismo e
ne, uomini e bambini di fede ebraica antisemitismo
Nonostante ciò, ancora oggi persi-
COSTRUITE una scheda, da illustra-
a portare cucito sugli indumenti a ste la diffusione di pregiudizi nutri-
re alla classe, in cui mettete in luce
partire dal 1941. Le stelle di David ti da stereotipi a sfondo razziale.
le differenti sfumature di significa-
servivano per accelerare il processo Alcuni di questi, per la loro lunga to fra antisemitismo e antigiudai-
di individuazione degli ebrei nei Pa- durata sedimentano in un senso smo; evidenziate, da un lato, quali
esi d’Europa che l’esercito di Hitler comune che non preoccupandosi pregiudizi, stereotipi e false notizie
andava conquistando. Lo scopo era di verificare fondatezza e verosimi- li hanno alimentati e, dall’altro, in
quello, tristemente noto, di portare glianza delle proprie opinioni, emer- quali contesti storici e culturali si
al loro annientamento. ge ciclicamente nelle discussioni sono affermate le due tendenze.
sui social network.
Pseudoscienza, pregiudizi TERZO GRUPPO - Cittadinanza
Il 20 gennaio 2019, ad esempio,
e falsi storici digitale – Razzismo e stereotipi
a una settimana dalla celebrazione
a sfondo razziale
Il genocidio ebraico, cioè il tenta- della Giornata della Memoria in ri-
REALIZZATE un video in cui sensi-
tivo compiuto dal regime nazional- cordo delle vittime dell’Olocausto, bilizzate i vostri coetanei sul tema
socialista di uccidere ogni individuo si è diffusa in rete la notizia di un degli stereotipi razziali e sulle
appartenente a questa religione, fu complotto ordito da un gruppo se- pericolose conseguenze che può
condotto sulla base di teorie pseu- greto composto da influenti perso- provocare una loro indiscriminata
doscientifiche, del tutto infondate, nalità del mondo economico di fede diffusione, soprattutto attraverso
ma che ebbero grande presa sulla ebraica. Il piano sarebbe riportato in i social media e gli altri mezzi di
popolazione dell’epoca. un documento, noto per essere uno comunicazione di massa.
Tra la fine dell’Ottocento (all’epo- dei più famosi casi di falso storico: Per maggiori informazioni sul
ca l’«affaire Dreyfus») e l’inizio No- i Protocolli dei Savi di Sion. Gli tema, potete consultare l’ultimo
vecento, le scienze mediche e an- storici ritengono che questo falso rapporto dell’Osservatorio antise-
tropologiche sostenevano che tra storico, apparso per la prima vol- mitismo della Fondazione CDEC
ta nel 1903 e basato sullo stereo- che fotografa l'attuale situazione
i vari gruppi umani (divisi secondo
italiana e monitora i casi di antise-
«razze») esistesse una differenza tipo dell'ebreo avido e inaffidabile,
mitismo.
fisica e genetica. Una differenza fu scritto probabilmente da qual-
Inoltre, potete consultare il TED
che fu classificata in senso negati- che appartenente ai gruppi antise- Talk Invece della razza dello
vo o positivo e che portò alla legit- miti russi che verso la fine dell’Ot- scrittore, genetista e professore
timazione di una gerarchia di poteri tocento furono colpevoli di violenze universitario Guido Barbujani per
e diritti da attribuire in maniera ine- e sanguinosi saccheggi compiuti ai riflettere sul concetto di razza e
guale ai differenti gruppi umani così danni delle comunità ebraiche, i co- sulle sue implicazioni anche da un
individuati. Queste teorie sono sta- siddetti pogrom. punto di vista scientifico.

683
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

6 Gli Imperi centrali, la Francia


e la Gran Bretagna
La grande Germania del cancelliere Bismarck
La centralità politica della Germania di Bismarck poggiava su solide fondamenta
economiche e demografiche. Negli ultimi due decenni del secolo la Germania sta-
va superando le nazioni concorrenti ed era all’avanguardia in vari ambiti: ricerca
scientifica, progresso tecnologico, strutture produttive. Anche se non aveva ancora
raggiunto il livello di benessere della Gran Bretagna, era trainata da un capitalismo
dinamico, un moderno sistema bancario, un apparato statale efficiente, le migliori
università. Lo sviluppo economico si accompagnava a un forte incremento demo-
grafico. La Germania era all’avanguardia anche nelle politiche sociali ( ▶ cap. 14,
par. 5), pur trattandosi di provvedimenti ispirati da una concezione paternalistica,
funzionale al progetto di integrazione della classe operaia nella struttura socio-po-
litica dello Stato autoritario.
Inoltre l’esercito tedesco aveva sbaragliato prima quello austriaco e poi quello
francese, e la sua diplomazia aveva voce in capitolo nel tracciare i confini dei nuovi
Stati. Inoltre, il Secondo Reich era in piena corsa agli armamenti e la sua marina
si stava rafforzando sia in termini di dotazioni sia incrementando la propria flotta,
al punto da minacciare la tradizionale supremazia inglese sui mari. La Germania,
insomma, proponeva autorevolmente la sua candidatura, dopo quelle spagnola e
francese, all’egemonia sull’Europa continentale.

I REGIMI POLITICI IN EUROPA ALL’INIZIO DEL XX SECOLO

FINLANDIA
NORVEGIA
Oslo
Stoccolma San Pietroburgo
SVEZIA
Mare
del Nord Mosca
DANIMARCA Mar
REGNO UNITO Copenaghen Baltico
IMPERO RUSSO
Londra OLANDA
Berlino
Oceano Atlantico Amsterdam
Bruxelles GERMANIA Varsavia
BELGIO
Parigi
Vienna
FRANCIA Budapest
Leggi la carta SVIZZERA
• Quali Paesi sono IMPERO
AUSTRO-UNGARICO
considerati fra ROMANIA
PORTOGALLO BOSNIA Mar Nero
le democrazie SERBIA Bucarest
Lisbona Madrid ITALIA
parlamentari? MONTENEGRO BULGARIA
Sofia Istanbul
• Secondo quanto SPAGNA Roma
emerge dalla carta, IMPERO OTTOMANO
si può sostenere
Mar Mediterraneo
che prevalessero MAROCCO GRECIA
SPAGNOLO
in Europa i governi Atene
autoritari, compresi MAROCCO ALGERIA
TUNISIA CIPRO
(FRANCIA) (FRANCIA)
quelli moderati, o i (FRANCIA) (R.U.)
regimi liberali o quelli
democratici? Democrazie Governi liberali con Parlamento Governi Governi autoritari
parlamentari condizionato dal potere autoritari moderati con istituzioni

684
Colonialismo e imperialismo | 19 |

Bismarck aveva perseguito una politica nazionalista ma moderata, che mirava


a consolidare la posizione di potenza raggiunta dalla Germania attraverso un’at-
tenta strategia diplomatica. Ma nel 1890 fu costretto alle dimissioni dal giovane
imperatore Guglielmo II (1888-1918), che preferiva una politica più spregiudicata
e aggressiva, affidandosi a cancellieri di statura politica drammaticamente infe-
riore. E l’esercito, l’aristocrazia terriera, i magnati dell’industria e l’alta burocrazia
statale, consapevoli della forza del loro Paese, sostennero una politica ispirata a un
nazionalismo sempre più acceso.

La monarchia paternalista tedesca


Il modello politico tedesco non era liberale, ma la Germania era comunque uno
«Stato di diritto», ovvero determinato da leggi che venivano rispettate e applicate,
in cui la magistratura era indipendente, la burocrazia incorruttibile e l’ordinamento
federale – la Germania era composta di venticinque Stati, rappresentati nel Bun-
desrat, il Consiglio federale – in qualche misura controbilanciava il potere dell’im-
peratore e del governo. Ma il Parlamento (Reichstag) non era sovrano e il modello
costituzionale era ancora quello della monarchia autoritaria. Il Kaiser sceglieva il
cancelliere, ovvero il capo del governo, e il Parlamento non aveva alcun potere di
indirizzo politico e di controllo sull’operato del governo e neppure quello di appro-
vare il bilancio dello Stato. Potendo legiferare unicamente su iniziativa o con l’ap-
provazione dell’imperatore, era un «parlamento-fantasma», che aveva solo poteri
consultivi, definito sprezzantemente dal Kaiser «il parlatorio».
I socialisti, che nel Paese erano ben rappresentati nel Reichstag, non avevano
peso nella direzione dello Stato; nonostante ciò, furono perseguitati, anche attra-
verso leggi speciali. Il divario sociale e l’accaparramento del potere da parte delle
élite erano qui molto più accentuati che in Gran Bretagna o in Francia. Bismarck
aveva mancato l’obiettivo di schiacciare la socialdemocrazia tedesca, che anzi andò
sempre più rafforzandosi; in questo subì uno smacco analogo a quello patito nel-
la lotta contro i cattolici ( ▶ cap. 14, par. 5). Nel contempo, i socialisti tedeschi ave-
vano in maggioranza smesso di pensare alla rivoluzione e si erano schierati con i
riformisti di Kautsky ( ▶ cap. 17, par. 4).
Il sistema politico tedesco rappresentava nella maniera più compiuta un mo-
dello costituzionale «di destra» secondo il quale la sovranità non risiede nel po-
polo, che la trasmette al Parlamento, ma nello Stato, che esiste prima del popolo
e si autolegittima per il fatto di rendere possibile la convivenza civile attraverso
l’ordine istituzionale e sociale che impone. Lo Stato si incarna nel suo capo, nei
suoi poteri, nelle sue forze armate, nella sua burocrazia. Può ascoltare i rappresen-
tanti del popolo, può ricercarne il consenso, e di norma lo fa, ma non ne ha l’ob-
bligo, perché la sua legittimità è assoluta e non dipende in alcun modo dall’in-
vestitura popolare.
L’Impero tedesco rappresentava insomma l’ultimo prodotto di un modello po-
litico ereditato dal passato: la monarchia paternalista. Agli esordi del Novecento
questo modello non mostrava affatto segni di stanchezza. Al contrario, era incar-
nato da una potenza moderna come la Germania, in pieno sviluppo capitalista e
forse in grado di vincere la competizione internazionale per la supremazia milita-
re e industriale. Le istituzioni politiche tedesche inquadravano un tipo di società
efficiente e al tempo stesso antidemocratica.

685
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

L’Impero austriaco e la soluzione «dualista»


A sud-est della Germania si estendeva l’ultimo grande Stato multietnico della vec-
chia Europa: l’Impero austriaco. Anch’esso era retto da una monarchia paternalista
derivata dal passato ma, a differenza del cugino tedesco, non aveva unità nazionale
e aveva perso la sua antica supremazia sull’Italia e la Germania.
Per cercare di riprendersi dai rovesci diplomatici e militari, l’imperatore Fran-
LESSICO
Magiari
cesco Giuseppe d’Asburgo si impegnò in una politica di equilibrio fra le diverse
Popolazione che, nazionalità dell’Impero. In particolare vi erano forti tensioni tra slavi, tendenzial-
inizialmente stanziata mente filorussi, tedeschi e magiari. Nel 1867 si giunse a una soluzione «dualista»:
nella zona degli Urali,
si stabilì in Ungheria
in base al cosiddetto «compromesso», l’Impero diventava austro-ungarico, cioè
alla fine del IX secolo. risultava composto di due Stati, l’Austria e l’Ungheria, uniti nella persona del mo-
Il termine «magiaro» è narca e da alcune funzioni generali: l’esercito, la diplomazia e il bilancio statale, a
sinonimo di «ungherese».
cui la più ricca Austria contribuiva per il 70% e l’Ungheria per il 30%.
Il «compromesso del 1867» non aveva però risolto il problema delle nazionalità,
perché la componente slava, complessivamente maggioritaria all’interno dell’Im-
pero, non aveva avuto alcun riconoscimento. Nel 1878 la questione si complicò
con l’occupazione austro-ungarica della Bosnia-Erzegovina, regione strappata
all’Impero ottomano. Il nuovo territorio, a prevalenza musulmana, era stato affi-
dato in amministrazione temporanea all’Austria-Ungheria, che l’avrebbe ufficial-
mente annesso nel 1908. Con l’allargamento in direzione della Penisola balcanica,
la monarchia «dualista» avrebbe potuto forse trasformarsi in «triadica», soluzione
caldeggiata dall’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono imperiale, benché
gli «slavi del Sud», o «jugoslavi», cioè serbi, croati e sloveni, lavorassero ormai per
la nascita di un loro Stato indipendente.

LE ETNIE DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO (1878)


RUSSIA

Praga
GERMANIA BOEMIA GALIZIA
MORAVIA
SLOVACCHIA
Vienna

AUSTRIA Budapest
UNGHERIA TRANSILVANIA

TRENTINO CARNIOLA

Trieste SLAVONIA
CROAZIA
ROMANIA
BOSNIA
Leggi la carta
ERZEGOVINA
• Quanti gruppi etnici DALMAZIA
si possono contare SERBIA
entro i confini ITALIA
dell’Impero austro- Mare BULGARIA
Adriatico
ungarico?
• Quali gruppi
rappresentano delle Italiani Sloveni Croati Bosniaci Polacchi Magiari Ruteni
minoranze? Ladini Tedeschi Serbi Boemi e Moravi Slovacchi Rumeni

686
I principi federali
tedeschi rendono
omaggio a Francesco
Giuseppe I
il 7 maggio 1908
nel castello
di Schönbrunn,
in occasione del
suo sessantesimo
anniversario di
governo. Dipinto di
Franz Josef Karl Edler
von Matsch, 1908.

Le politiche differenti nelle due parti dell’Impero austro-ungarico


Ma anche a prescindere dal problema del nazionalismo slavo, la monarchia asbur-
gica era indebolita dalle profonde differenze esistenti fra le sue due componen-
ti principali. Nello Stato austriaco vivevano nove milioni di tedeschi, sei di cechi,
quattro di polacchi, tre di ucraini e uno ciascuno di sloveni, croati e italiani. Il Par-
lamento austriaco veniva eletto con un suffragio che in seguito fu gradualmente
esteso, fino a renderlo universale maschile nel 1907. Le circoscrizioni elettorali
erano tracciate in modo da rispecchiare abbastanza fedelmente le diverse comu-
nità etniche: in teoria, ogni deputato aveva acquisito il diritto di esprimersi in
Parlamento nella propria lingua, così come ogni comunità aveva proprie scuole.
Il paternalismo viennese voleva presentarsi come accogliente e tollerante, ed era
certamente più mite di quello tedesco; del resto trovava riscontro nella devozione
e nell’affetto popolari di cui erano circondati, almeno da parte della comunità te-
desca, l’imperatore e la secolare casa regnante.
L’Austria era meno ricca della Germania, meno industrializzata, tranne i poli di
Vienna e Praga, e anche più chiusa e conservatrice, meno aggressiva rispetto al
Secondo Reich, ed era l’unica potenza europea a non perseguire una politica colo-
niale. Lo Stato era austero, efficiente, e pur avendo concesso alle diverse nazionalità
un ampio ventaglio di diritti, non transigeva sulle richieste di libertà politica, di au-
todeterminazione e di autogoverno. Di conseguenza, i nazionalismi delle diverse
etnie si sviluppavano impetuosi e monopolizzavano i programmi dell’opposizione.
Perfino il movimento socialista in Austria assunse invece un carattere nazionalista.
In Ungheria ben pochi diritti erano riconosciuti alle nazionalità diverse da quella
magiara; perfino ai tedeschi, oltre che agli slovacchi, ai rumeni, agli ebrei, ai serbi,
agli ucraini, ma con l’eccezione dei croati, era imposto di parlare l’ungherese. Inol-
tre, il Parlamento magiaro era eletto a suffragio censitario molto ristretto, sicché
solo i grandi latifondisti avevano accesso alle leve del potere. L’Ungheria era un
Paese quasi esclusivamente agricolo, molto più arretrato dell’Austria: più che pa-
ternalista era apertamente dispotico e le voci d’opposizione non venivano tollerate.
Come accadeva per il cugino tedesco, anche l’Impero austro-ungarico mancava
di libertà costituzionali, soprattutto nella metà ungherese. Governato per quasi
settant’anni da Francesco Giuseppe, non riusciva a rinnovarsi nella classe di go-
verno e nelle istituzioni, e si abbandonava a un declino che appariva inarrestabile.

687
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

La divisione tra repubblicani e monarchici in Francia


Tutt’altra era la situazione delle due grandi potenze occidentali, la Francia e la
Gran Bretagna. La differenza principale rispetto alle monarchie dell’Europa cen-
trale risiedeva nel sistema politico, che era parlamentare, cioè fondato sulla so-
vranità popolare trasmessa al Parlamento. Anche qui i governi venivano nominati
dal capo dello Stato, ma sulla base dei risultati delle elezioni, e dovevano ottenere
la fiducia della Camera. Se non ci riuscivano, erano tenuti a dimettersi: il consen-
so del Paese era quindi obbligatorio, non facoltativo, come negli Imperi centrali.
La Francia era uscita umiliata dalla sconfitta infertale nel 1870 dalla Germania
e traumatizzata dalla repressione della Comune parigina ( ▶ cap. 17, par. 3). I mo-
narchici erano ancora in maggioranza nel Paese e tuttavia poté nascere la Terza Re-
pubblica, poiché essi non seppero trovare una linea d’azione comune, né accettare
il fatto che il puro e semplice ritorno all’Antico regime era improponibile. In ogni
caso, nel 1873 Adolphe Thiers ( ▶ cap. 17, par. 3) fu costretto alle dimissioni dalla
maggioranza monarchica del Parlamento e fu nominato presidente della Repub-
blica il generale Patrice de Mac-Mahon, un monarchico che aveva comandato la
repressione della Comune.
La Francia rimase dunque politicamente in bilico ancora per alcuni anni, fino al
1879, quando si consolidò definitivamente la vittoria della repubblica grazie alla
netta affermazione elettorale delle sinistre. Soltanto allora Mac Mahon dovette ri-
conoscere che il governo rispondeva al Parlamento e non a lui, e si dimise.
In Francia il conflitto politico fondamentale era di natura ideologica e con-
trapponeva i repubblicani laici ai monarchici clericali. Essere repubblicani si-
gnificava difendere l’eredità della Grande Rivoluzione, la libertà individuale, le
istituzioni rappresentative. Essere monarchici significava invece essere tradizio-
nalisti cattolici ostili al parlamentarismo e difendere la tradizione legittimista dei
re «cristianissimi», la Chiesa cattolica, le gerarchie sociali, l’idea che la comunità
viene naturalmente rappresentata dai suoi capi. La scuola in particolare divenne
terreno di scontro fra i due schieramenti. I repubblicani dedicarono grande at-
tenzione allo sviluppo dell’istruzione, promuovendo una scuola pubblica e lai-
ca. Il ministro Jules Ferry arrivò a decretare l’espulsione dei gesuiti dal sistema
scolastico, come nel Settecento illuminista, per eliminare i più potenti rivali dello
Stato nell’istruzione superiore.

Dal «boulangismo» ai governi radicali


Un secondo momento di pericolo per la sopravvivenza delle istituzioni liberali fu
legato al successo politico del generale Georges Boulanger, portato dalla sinistra
radicale alla carica di ministro della Guerra nel 1886. Boulanger incarnava il sen-
timento di rivincita nei confronti della Germania e detestava le mediazioni della
politica come le schermaglie parlamentari. Intorno a lui si andò raccogliendo, da
sinistra e da destra, ovvero dagli anarco-sindacalisti ai bonapartisti, un’opinione
pubblica nazionalista, scontenta della corruzione e della mediocrità dei partiti. Il
«boulangismo» diventò così un movimento di massa imponente, capace di pro-
muovere enormi manifestazioni di piazza che minacciavano di diventare eversive.
Fra il 1888 e i primi mesi del 1889 il generale si presentò a tutte le elezioni par-
ziali e ogni volta le vinse nettamente, ma non osò tentare il colpo di Stato a cui i
suoi seguaci lo spingevano. Accusato di tradimento contro la Repubblica abban-

688
Colonialismo e imperialismo | 19 |

donò la Francia; un tribunale lo condannò in contumacia alla deportazione e poco


dopo Boulanger morì suicida in Belgio. Il boulangismo aveva però dimostrato che
una parte della destra e una parte della sinistra potevano benissimo convergere su
un programma nazionalista, aggressivo e antiparlamentare.
Il terzo momento di scontro, il più grave, fu causato, come abbiamo visto ( ▶ par. 5),
dal cosiddetto «affaire Dreyfus». Il «blocco repubblicano» dei dreyfusardi, favo-
revole alla revisione del processo, difendeva i diritti dell’uomo proclamati dalla
Rivoluzione del 1789, la democrazia e l’integrazione razziale; esponenti presti-
giosi di questo schieramento erano lo scrittore Émile Zola, il leader socialista Jean
Jaurès e il senatore radicale Georges Clemenceau. Al gruppo dei nazionalisti an-
tidreyfusardi, che si appellavano invece all’autorità e all’onore dell’esercito, aderì
gran parte della destra: i monarchici tradizionalisti, i bonapartisti, l’esercito, quasi
tutte le forze cattoliche, oltre a settori della sinistra blanquista e anarco-sindaca-
lista, mobilitata contro la finanza ebraica. Più o meno si ricomponevano le stesse
spinte antiparlamentari e antiliberali del boulangismo, ma con l’«affaire Dreyfus»
il nazionalismo acquistò inoltre il terribile cemento emotivo dell’antisemitismo.
Da questo schieramento nacque, alle soglie del Novecento, la destra moderna, con
le sue parole d’ordine tradizionali, a favore della legge e dell’ordine, ma anche con
componenti anticapitaliste, di derivazione socialista.
Comunque le istituzioni liberali in Francia sopravvissero. Dagli inizi del nuovo
secolo il Paese fu guidato da governi radicali, il cui esponente di maggiore spic-
co fu Clemenceau (presidente del Consiglio dal 1906 al 1909), che era stato tra i
più accesi dreyfusardi e che più di ogni altro voleva la riscossa nazionale contro
la Germania. Egli sostenne al tempo stesso lo Stato forte e le libertà individuali,
la guerra nazionale, l’anticlericalismo e il polso fermo contro i sindacati. L’Europa
scivolava verso la guerra e la Terza Repubblica seguiva consapevolmente e ineso-
rabilmente quel destino.

Il 13 gennaio 1898 il giornale «L’Aurore» pubblicò in prima pagina


LE FONTI
una lunga e veemente lettera-denuncia dello scrittore Émile Zola, in-
La coraggiosa dirizzata al presidente della Repubblica e intitolata J’accuse, che at-
denuncia di Émile Zola taccava la parzialità e la malafede dei militari nel processo a Dreyfus.
Zola fu condannato a 3000 franchi di multa e a un anno di carcere.

Accuso il tenente colonnello Du Paty de Clam di essere stato il diabolico artefice dell’errore
giudiziario, inconsapevolmente voglio sperare, e di aver in seguito difeso la sua opera nefasta, per
tre anni, attraverso le più assurde e colpevoli macchinazioni. […]
Accuso il generale de Pellieux e il comandante Ravary di avere condotto un’inchiesta scellerata,
intendo dire un’inchiesta della più mostruosa parzialità, di cui abbiamo, nel rapporto del
secondo, un monumento imperituro di ingenua audacia. […]
E l’atto che qui compio è solo un mezzo rivoluzionario per accelerare l’esplosione della verità e
della giustizia. Non nutro che una passione, quella della chiarezza, in nome dell’umanità che ha
tanto sofferto e che ha il diritto alla felicità. La mia infiammata protesta non è che il grido della
mia anima. Si osi dunque trascinarmi in Corte d’Assise e che l’inchiesta si svolga alla luce del sole!
Aspetto.
Vogliate gradire, signor presidente, l’assicurazione del mio profondo rispetto.
(da E. Zola, Io accuso, in F. Coen, Dreyfus, Mondadori, Milano 1994, pp. 269-270)

689
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

L’alternanza tra liberali e conservatori in Inghilterra


Qualcosa di simile accadeva anche in Inghilterra, dove il progressivo allargamento
del suffragio spingeva i due partiti tradizionali, liberale e conservatore, a una gara
per assicurarsi il voto popolare. I liberali, guidati da William Gladstone, erano più
vicini al movimento operaio per la loro sensibilità alle ingiustizie sociali. La loro
mentalità religiosa li spingeva alla simpatia per i poveri, ma il loro individualismo
li allontanava dalle lotte operaie. Nel 1871 le Trade Unions, fino ad allora solo tol-
lerate, furono legalmente riconosciute, ma nello stesso anno i liberali votarono an-
che una legge di fatto antisindacale, che vietava i picchettaggi durante gli scioperi.
Nella successiva tornata elettorale del 1874 – in seguito ai contrasti sorti in Parla-
mento a causa del progetto di legge presentato da Gladstone per l’autonomia irlan-
dese (Home Rule) – persero la maggioranza parlamentare e i conservatori, guidati da
F2 Contro il Benjamin Disraeli, tornarono al potere. Benché fautori dell’imperialismo britannico
nazionalismo
e difensori della gerarchia sociale, furono proprio loro a promuovere una legisla-
imperialista, p. 704
zione sulla tutela del lavoro e sulla sicurezza sociale. Inoltre promossero un sostan-
zioso allargamento del diritto di voto, che fece quasi raddoppiare il corpo elettorale.
Sotto la leadership di Disraeli i conservatori si trasformarono in un grande par-
tito nazionale con una solida base popolare. La regina Vittoria, molto vicina alle
loro idee, era una figura molto popolare, amata e rispettata dalla gente comune, e
la grandezza imperiale dell’Inghilterra impressionava profondamente la sensibili-
tà popolare e i conservatori ne ricavavano prestigio politico.
Peraltro il sistema politico inglese aveva una caratteristica più unica che ra-
ra, legata all’enorme autorevolezza che il Parlamento aveva saputo conquistarsi
fin dalla rivoluzione del Seicento. I due partiti che concorrevano per il potere, pur
nell’asprezza della lotta politica, si andavano assomigliando sempre di più e si ri-
spettavano profondamente, sceglievano in maniera trasparente i candidati per le
competizioni elettorali e, chiunque vincesse, la comunità intera si sentiva rappre-
sentata dal vincitore. Tuttavia, nella liberale Inghilterra si arrivò assai più tardi che
in Germania al suffragio universale maschile, poiché non avevano il diritto di vo-
to né i domestici né i figli maggiorenni rimasti nella casa paterna. E furono i con-
servatori, cioè i fautori britannici della monarchia paternalista, a promuovere l’in-
clusione delle masse nella cittadinanza politica, nella convinzione che i ceti umili
costituiscono sempre il supporto naturale delle gerarchie sociali.

Un incontro tra
la regina Vittoria
e il primo ministro
britannico Disraeli
a Osborne House.
Dipinto di Theodore
Blake Wirgman del
1887 circa.

690
Colonialismo e imperialismo | 19 |

7 L’abolizione della servitù della gleba


in Russia
La rigida autocrazia dello zar Nicola I
Mentre ovunque, nei Paesi di tradizione europea, nascevano nuove istituzioni po-
litiche regolate da carte costituzionali, l’Impero russo restava bloccato in una for-
ma estrema di assolutismo, l’autocrazia: ovvero una forma di governo fortemen-
te autoritaria e antiquata, che non favoriva lo sviluppo socio-economico. Il potere
dello zar trovava solo in se stesso la propria legittimazione e non era sottoposto
ad alcun controllo da parte degli altri organi istituzionali.
Nicola I (1825-55), dopo il moto decabrista del 1825 ( ▶ cap. 11, par. 8), che aveva
cospirato per trasformare l’Impero in una monarchia costituzionale, e l’insurrezione
polacca, provocata dalla ventata liberale del 1830, si convinse sempre più del peri-
colo rappresentato dalla diffusione della cultura politica moderna. Non fidandosi
LESSICO
Cancelleria neppure dell’aristocrazia, instaurò un durissimo regime repressivo e poliziesco, in
Sede dell’amministrazio- cui ogni spiraglio di libertà venne cancellato. L’apparato burocratico di governo si
ne degli affari interni ed sostituì del tutto alla politica: ogni affare, ogni situazione della vita delle province
esteri di uno Stato.
veniva decisa fin nei minimi dettagli dalla cancelleria dello zar.
Inoltre, qualunque cittadino poteva essere incarcerato e deportato senza proces-
so, la stampa e la cultura furono sottoposte a una rigida censura, qualsiasi contatto
con l’estero venne vietato come ogni forma di dissidenza, mentre la stessa Chiesa
ortodossa si trovò sottoposta a un controllo totale.
Tutto ciò, comunque, non era nuovo in Russia: perdurava una prassi di governo
consolidata nei secoli, che ora veniva condita di propaganda nazionalista in una
prospettiva totalmente illiberale. Nicola I, tuttavia, non era un pazzo fanatico. Egli
riteneva, non a torto, che la società russa fosse completamente bloccata dai pri-
vilegi aristocratici di origine feudale e che fosse possibile modernizzarla d’auto-
rità, dall’alto, appoggiandosi esclusivamente sul controllo della macchina statale.
Anche in questo Nicola I non faceva altro che proseguire nella linea tradiziona-
le del dispotismo più o meno «illuminato», da Pietro I il Grande a Caterina II. Ma
nell’Ottocento, ormai, la modernizzazione comportava ben altra flessibilità, ben
altro coinvolgimento di tutta la società civile rispetto al passato.
Un ulteriore elemento anacronistico del potere da parte di Nicola I fu l’idea di una
presunta missione divina che la Russia ortodossa aveva nei confronti del mondo.
Fedele a questa idea, lo zar, oltre a intervenire militarmente contro la rivoluzione
del 1848, esercitò pesanti ingerenze negli affari interni degli altri Paesi.

L’insostenibilità sociale ed economica della servitù della gleba


Negli stessi anni in cui l’America si poneva il problema dell’abolizione della schiavi-
tù, in Russia maturava quello del superamento della servitù della gleba ( ▶ cap. 4,
par. 4). In entrambi i casi la modernizzazione passava dunque attraverso la libe-
ralizzazione del mercato del lavoro e il progresso comportava il superamento di
una forma di dominio personale antiquata e barbara. Abbandonata da vari secoli
nel resto dell’Europa, in Russia la condizione servile dei contadini era stata intro-
dotta alla fine del Cinquecento, sotto la pressione di una nobiltà esosa e turbolenta.
La differenza tra uno schiavo e un servo della gleba è che il primo viene comprato
e venduto individualmente al mercato, come un cavallo o una mucca, mentre il se-

691
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

condo, giuridicamente persona ma non libera, viene considerato parte della terra
su cui è nato. Nel caso di un passaggio di proprietà della terra, i servi che abitava-
no i villaggi compresi in quell’area venivano venduti al pari di qualsiasi altro bene.
Inoltre, nonostante di norma al servo russo toccasse un piccolo appezzamento di
terra per sé e per la propria famiglia, egli doveva al padrone la maggior parte del
proprio lavoro. Ne derivava una condizione di generale indigenza che spesso sfo-
ciava in rivolte e ribellioni contro l’aristocrazia terriera.
Dal punto di vista economico l’utilizzo degli schiavi e della servitù della gleba
rappresentava un fattore di svantaggio. In primo luogo, sia lo schiavo sia il ser-
vo-contadino svolgevano un lavoro imposto e non retribuito e di conseguenza
erano poco stimolati a produrre. Si trattava poi, soprattutto nel caso della servitù
della gleba, di una forza lavoro statica, che difficilmente poteva essere spostata da
un luogo all’altro o da un settore produttivo all’altro.
Infine, se si pensa che in Russia la maggioranza della popolazione era composta
da contadini privi di libertà personale e vincolata alla terra su cui lavorava, risulta
evidente la difficoltà di avviare un processo di modernizzazione, come era inve-
ce avvenuto in Inghilterra, dove milioni di uomini avevano abbandonato il lavoro
agricolo per divenire operai nelle fabbriche. Perciò, nonostante ci si rendesse conto
che la servitù della gleba rappresentava un grave intralcio allo sviluppo, la classe
dirigente del Paese non fu disponibile a rinunciare al tradizionale sistema di do-
minazione, né a mettere a repentaglio la fonte dei propri redditi.

Le riforme di Alessandro II
Con Alessandro II (1855-81), figlio di Nicola I, proseguì il processo di moder-
nizzazione in senso autoritario della Russia. Appena salito al trono, nel 1855,
egli dichiarò che era molto meglio affrontare il problema della servitù «dall’alto
anziché aspettare che cominciasse a risolversi da sé dal basso». Con il «rescritto
imperiale» (ukaz) del marzo del 1861 fu proclamata l’emancipazione dei servi,
una misura che riguardava quasi cinquanta milioni di contadini russi, seguita da
una profonda riforma giudiziaria. Vennero soppresse le pene corporali (la fru-
sta, il marchio a fuoco dei condannati) e furono creati dei tribunali statali al po-
sto di quelli dei nobili proprietari terrieri. Alessandro II schiuse anche le porte a
istituzioni rappresentative, le assemblee provinciali di tutte le categorie sociali,
che, in assenza di un Parlamento nazionale, divennero il principale luogo di di-
battito politico.
Ma l’improvvisa libertà personale, che modificava radicalmente la condizione
giuridica dei contadini, non migliorò affatto la loro reale situazione economica e
sociale, anzi, da molti punti di vista la peggiorò. Privi di capitali per il riscatto del-
le terre, incapaci di competere con i grandi latifondisti e di fatto da essi ancora di-
pendenti, i contadini russi si trovarono esposti alle cicliche crisi agrarie ed eco-
nomiche che, a partire dagli anni Settanta, investirono i mercati internazionali. In
compenso essi iniziavano a rappresentare un enorme bacino di manodopera per
la nascente industria russa, che in quegli anni stava muovendo i primi impetuo-
si passi. La trasformazione dei contadini in classe operaia fu dunque rapida ma,
rispetto agli operai occidentali, essi rimasero più legati a un forte senso della co-
munità egualitaria tradizionale e meno disposti a comprendere le pratiche indivi-
dualiste del mercato capitalista.

692
Colonialismo e imperialismo | 19 |

8 La crisi dell’Impero cinese


La solidità burocratica e amministrativa del Celeste Impero
A differenza dell’India e dell’Europa, la Cina era da secoli unificata in una grande
formazione statale di antichissime e solide tradizioni: il Celeste Impero. Per le po-
tenze coloniali europee si trattava di un gigante difficile da attaccare direttamente,
ma anche di un mercato potenzialmente sterminato. Inoltre la Cina era da sempre
il luogo di produzione di sete e porcellane fra le più pregiate del mondo, oggetto
di un importante flusso commerciale verso l’Europa.
Gli elementi di forza della Cina consistevano nella sua straordinaria solidità bu-
rocratica e amministrativa e nella tradizione confuciana di grande monarchia cen-
tralizzata ed efficiente. L’antico maestro Confucio, vissuto tra il VI e il V secolo a.C.,
aveva insegnato che l’uomo può essere migliorato non già dalle leggi, che incutono
la paura della punizione, ma dalla virtù, che provoca vergogna per la trasgressio-
ne. Tuttavia la virtù non era per tutti e solo ai migliori, formati nello studio e nella
conoscenza, era concesso di governare.
Mentre in Europa si apparteneva all’aristocrazia quasi esclusivamente per na-
scita, in Cina si accedeva alle posizioni di potere solo dopo aver superato esami
severissimi, cioè dopo aver dimostrato la propria «virtù». I burocrati così formati,
i «mandarini», provenivano di solito dalle classi elevate, poiché gli studi costava-
no, anche se vi era qualche eccezione alla regola. I mandarini non erano comunque
legati personalmente al monarca da un vincolo familiare di appartenenza aristo-
cratica o di fedeltà, come avveniva nella maggioranza dei casi in Occidente: erano
piuttosto gli esponenti di un’élite di talento, vasta e culturalmente omogenea, che
aveva portato a termine nei secoli l’unificazione dell’immenso territorio.

La difficile gestione dei rapporti commerciali con l’Occidente


Nel corso dell’Ottocento, emerse con evidenza l’impreparazione culturale della Ci-
na ad affrontare quelle grandi novità che la trasformazione economica e sociale
in senso capitalista dell’Occidente stava producendo. A nord, la Cina si trovava a
diretto contatto con l’Impero russo, con cui condivideva alcuni caratteri. Si tratta-
va infatti di due vastissimi Imperi, entrambi assai chiusi, rigidamente centralizzati
e controllati da un’autorità che si considerava legittimata dalla volontà divina. La
comprensione reciproca sembrava quindi possibile.
L’oligarchia cinese invece si dimostrò inoltre del tutto insensibile ai problemi
commerciali e marittimi che interessavano la Cina meridionale, una regione di-
versissima e lontanissima dalla capitale Pechino. Fu, infatti, sottovalutato l’impat-
to con gli spregiudicati mercanti europei che controllavano i traffici lungo le rotte
che dall’oceano Indiano portavano all’Estremo Oriente e che determinò una pro-
fonda destabilizzazione del sistema sociale cinese. Lo sviluppo nel campo delle
manifatture di seta e di porcellana indusse infatti all’emigrazione moltissimi poveri
dell’area del Sud-Est asiatico verso i centri di produzione e di commercio.
A questa situazione si cercò di far fronte concedendo dei limitati privilegi ai
mercanti cinesi del Meridione e agli stranieri, confinati nel porto di Canton sotto
stretta sorveglianza della burocrazia imperiale. Gli inglesi non erano quindi consi-
derati come dei partner, ma come stranieri a cui si faceva la generosa concessione
di poter acquistare occasionalmente partite limitate di prodotti cinesi. Lo Stato ne

693
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

ricavava un gettito fiscale, ma nel complesso i governanti non si resero conto di


quale dimensione avesse la sfida portata dal commercio britannico.
Gli scambi commerciali con gli inglesi erano soggetti a restrizioni e queste ul-
time finirono per determinare la formazione di un vasto mercato illecito con la
conseguente corruzione dei funzionari cinesi, che da questa situazione potevano
trarre notevoli arricchimenti personali. La Compagnia delle Indie Orientali, che
considerava il mercato cinese estremamente promettente, non riusciva a com-
prendere il comportamento delle autorità cinesi. Il commercio, secondo il pensiero
occidentale, non è infatti una concessione, ma un’attività reciprocamente vantag-
giosa, anzi indispensabile, e la Cina, con i suoi quattrocento milioni di abitanti a
metà dell’Ottocento, quasi il doppio della popolazione europea, non aveva il diritto
di precludere agli altri abitanti del pianeta la condivisione delle proprie ricchezze.
Poiché tutto il commercio con la Cina assumeva un carattere tendenzialmente
illecito, i mercanti inglesi si diedero allora al contrabbando dell’oppio prodotto
in India. L’oppio viene ricavato da una varietà di papavero e contiene morfina, la
stessa sostanza da cui oggi per raffinazione si ricava eroina. La morfina è una so-
stanza capace di determinare assuefazione e dipendenza in tempi molto rapidi. Per
tale ragione l’oppio garantiva risultati pressoché immediati sul piano commerciale
poiché la dipendenza ne richiedeva un uso continuato, consentendo pertanto pro-
fitti immensi. Il venditore poteva perciò imporre il prezzo a suo piacimento, dato
che l’acquirente non era in grado di rifiutare l’offerta.
L’oppio indiano arrivava a Canton illecitamente e veniva spacciato in fumerie
clandestine frequentate da poveri e da ricchi, che si distruggevano fisicamente e
psicologicamente oltre a rovinarsi economicamente. Con i proventi del traffico del-
la droga, la Compagnia delle Indie Orientali finanziava così l’acquisto di prodotti
cinesi per il mercato europeo. Ufficialmente gli stranieri compravano soltanto, e
quindi introducevano in Cina solo oro e argento, ma in realtà smerciavano oppio.

La crisi della dinastia Qing


Il traffico dell’oppio incontrava una debole opposizione da parte delle autorità ci-
nesi. Fu comunque organizzato dal governo un tentativo di repressione, ma l’i-
niziativa servì solo a convincere gli inglesi dell’opportunità di inviare un corpo di
spedizione militare a sostegno diretto del traffico di stupefacenti: si aprì così una
delle pagine più nere della storia della presenza europea nel resto del mondo. Nel
1839 scoppiò la Prima guerra dell’oppio, che si chiuse nel 1842 costringendo la

I RAPPORTI COMMERCIALI TRA LA CINA E L’OCCIDENTE

• viene sottovalutato l’impatto dei mercanti europei sul commercio


e sulla produzione cinese
• molti poveri emigrano dal Sud-Est asiatico verso i centri
Chiusura e manifatturieri di seta e porcellana
impreparazione
delle oligarchie
cinesi al comando • gli scambi commerciali con gli inglesi
• si concedono privilegi ai mercanti
sono soggetti a restrizioni
cinesi nella Cina meridionale
• si sviluppa il mercato nero e gli
• gli stranieri vengono confinati nel
inglesi si dedicano al contrabbando
porto di Canton
dell’oppio indiano

694
Colonialismo e imperialismo | 19 |

LESSICO Cina a cedere su tutta la linea. I mercanti britannici ebbero l’accesso a basi com-
Narcotraffico
merciali (tra cui il porto di Shanghai), prima a loro precluse, e un’ampia libertà di
Smercio degli stupe-
facenti che dalle aree movimento. La Gran Bretagna ottenne così il piccolo territorio di Hong Kong, pres-
di produzione vengono so Canton, che divenne una base permanente del narcotraffico.
smistati verso i possibili
Sotto i colpi subdoli dell’espansione commerciale dell’Occidente il Celeste Im-
mercati a opera di orga-
nizzazioni criminali. pero cominciò a vacillare. Si formò infatti una gigantesca cospirazione interna
contro la dinastia Qing, giudicata colpevole di corruzione e malgoverno. A capo
di questo movimento cospirativo vi era una società segreta guidata da un giovane
intellettuale di provincia, Hong. Dopo aver fallito gli esami da mandarino, Hong
si era convertito a una sorta di cristianesimo sincretistico, adattato alle tradizioni
egualitarie dei contadini cinesi, proclamando l’avvento di un «Regno celeste della
grande pace», in cinese Taiping Tianguo. La rivolta da lui guidata prese quindi il
nome di rivolta dei Taiping (1849-64).

Le potenze occidentali e le aree di influenza


I Taiping, rivoluzionari contadini che credevano nella possibilità di creare una so-
cietà egualitaria e perfetta, trassero la loro spinta dall’impoverimento delle masse
popolari, dovuto soprattutto al grande incremento demografico e ad alcune terri-
bili carestie. Con un enorme esercito di 500.000 uomini, male addestrati e indisci-
plinati, i Taiping liberarono una vasta zona della Cina meridionale conquistan-
do Nanchino, nel 1853, che divenne la loro capitale per dieci anni. Non riuscirono
però a conquistare Pechino perché furono battuti dalle truppe imperiali, anche se
giunsero ad assediare per ben due volte Shanghai. Nelle zone da loro controllate
imposero la proprietà collettiva, favorirono l’emancipazione femminile, esautora-
rono i mandarini e abolirono ogni tipo di gerarchia. Hong non riuscì, però, a gestire
le tensioni fra i capi della rivolta che ben presto degenerò in una terribile anarchia.
Molti milioni di morti, forse venti, furono il tragico bilancio del fallimento di que-
sta disperata rivoluzione.
Gli inglesi, questa volta con i francesi, aggredirono allora di nuovo il Paese, con
la Seconda guerra dell’oppio (1856-60) e, in cambio dell’aiuto da essi fornito
La firma del all’Impero per schiacciare la rivoluzione Taiping, ottennero ulteriori concessioni
trattato di Nanchino in numerosi porti cinesi. In pratica l’intera Cina si trovava spartita fra aree di in-
(29 agosto 1842) fluenza inglese e francese, ma anche americana e russa. Abolita la Compagnia del-
che sancì la fine
della Prima guerra le Indie Orientali nel 1858 ( ▶ par. 2), il monopolio della coltivazione e del traffico
dell’oppio. dell’oppio fu assunto direttamente dal governo britannico, che, sfruttando l’im-

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| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

menso mercato di sbocco cinese, arrivò a trarne il 15% delle proprie entrate fiscali.
L’immenso traffico di oppio, del resto, assorbiva per intero il potere d’acquisto del
mercato cinese, che dagli occidentali non comprava altro, con delusione e danno
per l’industria britannica. La borghesia inglese, oltre ai motivi umanitari, aveva
dunque anche ragioni di ordine economico per opporsi al narcotraffico. Sorsero
così le prime società finalizzate alla lotta contro l’oppio, che tuttavia non raggiun-
sero risultati apprezzabili: saranno piuttosto le rivoluzioni asiatiche del XX secolo
a debellarlo in gran parte.

La rivolta xenofoba e l’asservimento alle potenze occidentali


Dopo le guerre dell’oppio, le potenze coloniali avevano ormai realizzato non solo
il controllo economico della Cina, ma anche il suo completo assoggettamento. Gli
occidentali presenti nel Celeste Impero non erano sottoposti ai tribunali cinesi e
non ubbidivano alle leggi del Paese: esercitavano quindi ogni forma di commercio
o di contrabbando senza poter essere in alcun modo controllati.
Negli stessi decenni – gli ultimi dell’Ottocento – il vicino Giappone cominciò a
reagire alla minaccia coloniale, chiudendosi alla penetrazione straniera, ma allo
stesso tempo imitando i modelli di sviluppo occidentali ( ▶ par. 9).
La Cina, sconfitta, si arroccò nella sua pretesa superiorità culturale, rifiutando
di far propri i modelli di vita e i valori culturali imposti dagli occidentali. Fu il cen-
tro stesso del potere a mobilitare il Paese perché respingesse i modelli importati
ed eliminasse la corruzione politica alimentata dagli stranieri. Negli ultimi anni

L’IMPERO CINESE ALLA FINE DEL XIX SECOLO


Cina
propriamente
detta
IMPERO RUSSO Province
MANCIURIA esterne
Paesi
MONGOLIA tributari

COREA

SINKIANG Pechino

IMPERO CINESE
Shanghai
Nanchino
TIBET

NEPAL FORMOSA Oceano


Pacifico
Canton

INDIA BIRMANIA Filippine

Leggi la carta Mar


SIAM Cinese
• Quali sono i Paesi Meridionale
tributari della ANNAM
Cina? A quali Stati
corrispondono oggi?
• Quali regioni Ceylon
costituivano invece MALACCA Borneo
le province esterne
dell’Impero? Oceano Indiano Sumatra

696
Colonialismo e imperialismo | 19 |

del XIX secolo, su questo terreno si svolse un conflitto all’interno del potere impe-
riale. A prendere la direzione del movimento di chiusura xenofoba fu infatti una
società segreta legata agli ambienti più chiusi e reazionari della corte e composta
da giovani militanti indignati per i continui cedimenti alle pressioni coloniali, in-
tenzionata a tornare all’antica grandezza e alle radici profonde della civiltà cinese.
Gli affiliati di questo gruppo, che si denominò «Società di giustizia e fratellanza»,
furono chiamati dagli occidentali con il termine inglese boxers («pugili»).
LESSICO
Legazioni I boxers cominciarono con l’organizzare grandi manifestazioni di folla a Pechi-
Sinonimo di amba- no, poi tra il giugno e l’agosto del 1900 occuparono la città, diedero l’assalto alle
sciate o di missioni missioni cristiane, uccisero l’ambasciatore tedesco e assediarono le sedi delle le-
diplomatiche. Il termine
può indicare anche
gazioni straniere. Gli eventi provocarono una nuova guerra fra la Cina e le poten-
l’edificio dove ha sede ze coloniali: queste organizzarono una spedizione sotto il comando tedesco (con
una rappresentanza la partecipazione anche di un contingente italiano), che nel 1901 ottenne un facile
diplomatica.
successo sulla rivolta e completò l’asservimento del Paese.
A differenza dell’India, la Cina non era stata oggetto di un progetto colonizzatore
di vasto respiro; aveva inoltre respinto la modernizzazione e il modello industria-
le che invece erano al centro delle trasformazioni del Giappone. Era quindi uscita
L'attacco delle distrutta, ma non profondamente modificata, da un secolo di presenza occidenta-
truppe giapponesi le. All’inizio del Novecento l’immenso Paese asiatico toccò uno dei punti più bassi
contro i boxers a della sua storia millenaria, ma la sua struttura sociale rimaneva la stessa di prima:
Tianjin, in Cina,
nel 1900. Cartolina ormai incapace di resistere alle aggressioni, ma ancora in grado di elaborare solu-
giapponese dell'epoca. zioni completamente diverse dai modelli che giungevano dall’esterno.

697
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri

9 Il Giappone e il rinnovamento «Meiji»


Un Paese feudale fino alla metà dell’Ottocento
Il Giappone fu il solo Paese dell’Estremo Oriente a evitare la colonizzazione e il
primo di cultura non europea a imboccare la via capitalista dello sviluppo moder-
no. Arrivato all’industrialismo appena in tempo per non diventare preda dei Paesi
occidentali, il Giappone si trasformò immediatamente in un predatore agguerrito.
Il Giappone non aveva sviluppato una cultura politica paragonabile al confucia-
nesimo cinese, che esaltasse l’arte del governo, la centralità dello Stato e la saggez-
za. Era invece un Paese feudale che aveva i suoi valori fondamentali nella fedeltà
personale e nel coraggio individuale. Quello giapponese era un tipo di feudale-
simo sorprendentemente simile a quello europeo medievale, ma, a differenza di
quest’ultimo, era ancora vivo e vegeto a metà dell’Ottocento. Al vertice della società
tradizionale giapponese vi era l’imperatore, considerato il rappresentante di Dio
in Terra, a cui spettava la nomina dello shogun, l’effettivo responsabile della guida
politica e amministrativa del Paese. Nel corso della prima metà dell’Ottocento, lo
shogunato si trasformò in una carica ereditaria con sede a Edo, l’odierna Tokyo,
centro effettivo del Giappone, che aveva soppiantato Kyoto, capitale imperiale. Lo
shogunato finì per limitare enormemente il ruolo dell’imperatore, sempre più re-
legato a una funzione rappresentativa ( ▶ cap. 5, par. 2).
I signori della provincia, i daimyo, rispondevano direttamente allo shogun e ge-
stivano i loro territori grazie alla collaborazione con la casta dei samurai, forma-
ta da guerrieri di professione a cui venivano però anche affidati compiti politici
e amministrativi. Il rapporto che legava il samurai al suo daimyo era basato sulla
fedeltà personale e su princìpi di profonda dedizione. Il samurai dipendeva inte-
ramente dal suo signore, che poteva garantirgli il successo, ma anche cacciarlo, ri-
durlo in miseria e perfino ordinargli il suicidio. Egli non doveva superare un esa-
me, come i mandarini cinesi, ma dimostrare sottomissione e imbattibilità, qualità
che il samurai otteneva attraverso la pratica delle arti marziali e dell’autocontrollo.

La penetrazione commerciale straniera e la guerra civile


Preoccupato dalla penetrazione occidentale e dal disastro che si stava abbattendo
sulla Cina, il Giappone si era del tutto chiuso a qualunque rapporto con gli occi-
dentali. La sua economia si sosteneva grazie a un mercato interno sufficientemen-
te ampio, che era cresciuto con regolarità in virtù del notevole incremento demo-
grafico: dai quindici milioni di abitanti dell’inizio del Seicento la popolazione era
passata ai quaranta della metà dell’Ottocento. Il governo giapponese, però, sapeva
bene di non poter resistere all’infinito alle pressioni delle potenze occidentali e al-
la loro superiorità militare, e così, negli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento, i
politici giapponesi accettarono di allacciare relazioni commerciali con Stati Uniti,
Russia e Inghilterra, evitando in tal modo sconfitte militari ma non la penetrazio-
ne commerciale e neppure l’umiliazione nazionale, quando dovettero acconsentire
che i commercianti stranieri non fossero soggetti ai tribunali del Paese.
Come in Cina, queste trasformazioni provocarono tensioni politiche fortissime.
I samurai più giovani e combattivi si schierarono contro la politica del governo e
per la «restaurazione» del sacro potere imperiale usurpato dallo shogun. Era in-
fatti lo shogunato che aveva dapprima precluso ogni contatto con gli stranieri, e

698
Colonialismo e imperialismo | 19 |

poi improvvisamente ceduto su tutta la linea alle loro richieste. Allo stesso tempo,
i samurai non tolleravano più i vincoli feudali, che costringevano il Giappone a un
immobilismo rituale ormai inaccettabile in un mondo in cui i mercanti si arric-
chivano e le città crescevano. La direzione politica doveva quindi essere restituita
alle forze sane del Paese, che si riconoscevano direttamente nel potere imperiale.
Si aprì così una fase di violenta guerra civile che portò ad atti di ribellione con-
tro il potere dello shogun e alla conquista di alcune province da parte dei samurai.
Le violenze si accompagnarono anche a rivolte contadine e a difficoltà economiche
gravi determinate dalla penetrazione economica occidentale. La piena restaurazio-
ne dell’autorità imperiale fu sancita dalla successione al trono del nuovo sovrano
Mutsuhito, nel 1867. Lo shogun fece atto di sottomissione e abbandonò il potere
accogliendo l’imperatore a Edo, che da allora prese il nome di Tokyo. Al regno di
Mutsuhito fu dato il nome augurale di «governo illuminato», in giapponese Meiji.

L’epoca Meiji: la costruzione di uno Stato moderno


LESSICO L’epoca Meiji (1867-1912) portò a un radicale rinnovamento del Paese. Nel 1871
Scintoismo
Religione nazionale
il feudalesimo fu definitivamente abolito e i feudi vennero accorpati in prefetture
giapponese basata sul direttamente controllate dal governo centrale. L’anno seguente furono istituiti il
culto degli antenati e di sistema scolastico obbligatorio e la leva militare per i giovani. Il tradizionale scin-
numerose divinità, ma
toismo, che in realtà consisteva in un insieme di rituali incentrati sulla divinizza-
anche sulla tradizione
buddista. Ha rappresen- zione del potere imperiale, fu eretto a religione di Stato. I riti scintoisti divennero
tato a lungo un collante obbligatori e contribuirono potentemente alla formazione di un nazionalismo ag-
nazionale sotto il profilo
gressivo e misticheggiante. Nel 1877 venne poi abolita la casta dei samurai e qual-
sociale e politico, anche
per il carattere divino che anno dopo, nel 1889, entrò in vigore una Costituzione che istituiva un regime
attribuito alla discenden- parlamentare, dove comunque l’imperatore aveva poteri amplissimi e l’accesso al
za imperiale.
voto era fortemente limitato su base censitaria.
In brevissimo tempo, con un rivolgimento molto profondo e ancora relativamen-
te indolore, il Giappone aveva percorso tutte le tappe istituzionali e culturali della
costruzione di uno Stato moderno.
Restavano due obiettivi essenziali da realizzare al fine di una presenza forte sulla
scena mondiale, quella presenza che le ambizioni nazionaliste della nuova potenza
si prefiggeva: l’industrializzazione e la costituzione di una forza armata moderna.
Entrambi questi obiettivi furono perseguiti e raggiunti con efficienza, tanto che,
nell’ultimo decennio del secolo, il Giappone era già in grado di partecipare con le
Ripassa con la altre potenze alla spartizione della Cina, a cui strappò l’isola di Formosa.
presentazione Addirittura, all’inizio del XX secolo si scontrò con la Russia per il controllo del-
Colonialismo e la Manciuria, la grande regione nord-orientale del Celeste Impero, e della Corea.
imperialismo alla
fine dell’Ottocento e Nella notte fra l’8 e il 9 febbraio 1904, i giapponesi attaccarono senza preavviso la
realizza una mappa in flotta russa ancorata a Port Arthur, in Manciuria. Fu questo l’inizio della guerra
cui metti in relazione: russo-giapponese. Il lungo assedio di Port Arthur, destinato a durare fino al 2 gen-
• le cause e i tratti
dell’Imperialismo;
naio 1905, terminò con la resa dei russi. Questa vittoria consentì ai giapponesi di
• l’espansione trionfare anche nella battaglia terrestre che si svolse tra il 20 febbraio e il 10 mar-
dell’Impero zo 1905 a Mukden, il capoluogo della Manciuria. Il 27 maggio 1905 la flotta rus-
britannico;
• l’Impero coloniale
sa venne distrutta da quella giapponese al largo dell’isola nipponica di Tsushima.
francese; Fu una data d’importanza storica non solo per l’Impero del Sol Levante, ma per il
• le altre potenze mondo intero. Era la prima volta che una potenza europea veniva sconfitta da un
europee.
Paese asiatico e ciò accrebbe enormemente il prestigio del Giappone dovunque.

699
Ripasso attivo Ascolta la sintesi

Nazionalismo e politiche coloniali Il razzismo e l’antisemitismo


Nel corso dell’Ottocento i maggiori Paesi europei at- In questa fase, il razzismo si diffuse in tutta Europa e
tuarono una politica imperialista di colonizzazione prese sempre più piede l’antisemitismo, l’ostilità ver-
dei continenti extraeuropei, facendo appello al sen- so gli ebrei, ritenuti parassiti deicidi e avidi capitalisti.
timento nazionalista dei propri cittadini, che erano Particolare fu in Francia, nel 1894, il caso dell’ufficiale
inquadrati in Stati sempre più autoritari, e alimentan- Alfred Dreyfus, arrestato perché sospetto in quanto
do il culto dei valori nazionali e della patria. Veniva ebreo, condannato alla deportazione a vita e grazia-
fomentata l’aggressività verso gli altri popoli, ritenu- to solo dopo diversi anni.
ti pericolosi e inferiori per «razza», ed era diffusa l’i-
dea che fosse un imperativo morale degli occidentali Gli Imperi centrali, la Francia
svolgere una funzione «educativa» nei loro confronti. e la Gran Bretagna
Sotto la guida autoritaria di Bismarck, la Germania co-
La dominazione inglese in India struì l’economia più avanzata e la migliore macchina
Alla fine del Settecento l’India era stata quasi del tutto bellica europea, alimentando un feroce nazionalismo
unificata sotto il dominio britannico. I vari Stati locali e rinsaldando l’alleanza con l’Impero austro-ungarico,
erano controllati dalla Compagnia delle Indie Orientali, che era sempre più in difficoltà nella gestione di un
che aveva ottenuto il diritto di riscuotere per proprio territorio abitato da molteplici etnie e nazionalità di-
conto le imposte dovute in precedenza ai sovrani locali. verse.
Lo strapotere della Compagnia determinò l’impoveri- In Francia, invece, la vita politica fu dominata da un la-
mento generale del Paese e l’ascesa dei latifondisti. In to dallo scontro tra repubblicani e monarchici, dall’al-
questo contesto scoppiò la rivolta dei sepoys (1857) e tro dalla vicenda divisiva dell’«affaire Dreyfus», mentre
questo portò a disordini in tutta l’India e alla decisio- il Regno Unito restava saldo, forte di un solido siste-
ne britannica di sopprimere la Compagnia (1858) e di ma parlamentare che vide alternarsi al governo libe-
instaurare un ministero per governare il territorio. In rali e conservatori.
India si formò così un ceto di funzionari britannici di
alto livello, affiancati da una borghesia coloniale occi- L’abolizione della servitù della gleba
dentalizzata, ma solo una minima parte della società in Russia
indiana era coinvolta nell’amministrazione. In Russia Alessandro II abolì la servitù della gleba
nel 1861, concesse istituzioni rappresentative locali,
Il Congresso di Berlino avviando un timido processo di riforme per superare
L’ultimo quarto dell’Ottocento fu caratterizzato da l’immobilismo russo e favorire lo sblocco del mercato
forti tensioni tra le potenze europee. Per disinne- del lavoro e l’inizio dell’industrializzazione del Paese,
scare il pericolo di uno scontro, il cancelliere tedesco pur mantenendo inalterata l’autorità dello zar.
Bismarck convocò nel 1878 il Congresso di Berlino,
nel corso del quale si affrontò la «questione orienta- La crisi dell’Impero cinese
le» legata all’instabilità dell’Impero ottomano, la situa- In Cina, con la dinastia Qing si ebbe un’apertura com-
zione delle rivolte nei Balcani, le conseguenze della merciale all’Occidente che portò a una maggior pre-
guerra russo-turca del 1877, la definizione dei confini senza di mercanti europei, interessati soprattutto al
del Principato di Bulgaria, la concessione all’Impero narcotraffico, e sfociò nella Prima guerra dell’oppio
asburgico del protettorato sulla Bosnia-Erzegovina (1839-42), seguita dalla rivolta dei Taiping antiocci-
e la cessione di Cipro al Regno Unito. dentali, dalla Seconda guerra dell’oppio (1856-60)
e dalla rivolta dei boxers contro le potenze coloniali,
Dal colonialismo all’imperialismo che ebbero la meglio nel 1901.
Nella seconda metà dell’Ottocento le potenze euro-
pee puntarono sulla conquista dei mercati extraeu- Il Giappone e il rinnovamento «Meiji»
ropei, sull’investimento di capitali nelle colonie e nel Nel 1867, in Giappone si aprì la fase del «rinnovamen-
loro sviluppo infrastrutturale ed economico, sull’am- to Meiji», superando così lo shogunato, abolendo il
ministrazione dei territori, sull’imposizione di leggi e feudalesimo e avviando una veloce modernizzazione
lingue occidentali. caratterizzata da un nazionalismo aggressivo sfocia-
Questa età dell’imperialismo trovò il suo apice con la to nella grande vittoria contro la Russia nella guerra
spartizione dell’Africa. del 1904-05.

700
Ripassa con la mappa concettuale

Completa la mappa aiutandoti con la sintesi.

COLONIALISMO E IMPERIALISMO

dominarono, nella seconda metà del XIX secolo, l’azione delle

...............................................

in cui si diffuse un come il che nel corso del che puntarono sul

nazionalismo aggressivo ............................................... Congresso di Berlino controllo dei


...............................
e dei ...............................
che impose il suo convocato da extraeuropei
e un
dominio sull’ Bismarck per
e investirono sulla

............................................... ............................................... • ...........................................


ed .....................................
delle colonie
alimentato anche dall’ prima grazie alla
• ...........................................
dei territori
• imposizione di
idea di ............................... gestire le ........................... ...........................................
Compagnia delle
.................................. degli ............................................... e .......................................
Indie Orientali
altri popoli ............................................... occidentali

e dall’imperativo morale della e dopo affrontarono e attuarono una


vera e propria
• ...........................................
funzione (1857) .............................................
« .......................................... » • ........................................... dell’Africa
propria degli occidentali ...........................................
(1858)
• «.......................................» mentre
mentre in Europa
• la situazione delle
prendeva piede l’
...........................................
con • le conseguenze della
...........................................
............................................... • i confini del • la Cina subiva
........................................... sconfitte nelle due
• la concessione ...........................................
• ................................ per
in particolare nella all’Impero asburgico • il Giappone avviava la
governare il territorio
Francia dell’ del protettorato sulla ...........................................
• ceto di .............................
........................................... e sconfiggeva la
• ...........................................
• la cessione di ................................ nella
occidentalizzata
« .......................................... » ........................................... guerra del 1904-05

701
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test

CONOSCENZE E ABILITÀ LE PAROLE DELLA STORIA

LO SPAZIO E IL TEMPO 4 Rispondi in forma scritta alle


seguenti domande di ambito lessicale.
1 Inserisci nelle frasi i luoghi e le date corrette, sce-
gliendoli dall’elenco. a. Che cosa s’intende con l'espressione
«nazionalismo integrale»?
Date: 1908 • 1869 • 1878 • 1905 • 1867
b. Spiega cos’è il sionismo.
Luoghi: Panama • Sudan • Bulgaria • Egitto
c. Spiega le principali differenze fra schiavi
a. La pace di Santo Stefano nel ............ sancì e servi della gleba.
l’indipendenza della ............................. .
b. Nel ............ fu inaugurato il canale di Suez. NESSI E RELAZIONI
c. I britannici occuparono l'........................ nel 1882 5 Collega ogni evento alla sua conseguenza.
e il ........................ nel 1899. a. In Russia i contadini erano, per la maggior
d. Nel ............ i russi si arresero ai giapponesi parte, servi della gleba.
nell’assedio di Port Arthur in Manciuria. b. L’Austria-Ungheria annette nel 1908 la
e. Nel 1914 fu inaugurato il canale di ...................... . Bosnia-Erzegovina ai territori dell’Impero.
f. Si parla di Impero austro-ungarico e non solo c. I mercanti europei sfruttavano le rotte
austriaco dal ............................. . commerciali tra oceano Indiano ed
g. Nel ............ l’Austria-Ungheria annetté Estremo Oriente.
la Bosnia-Erzegovina. d. I giapponesi prevalgono sui russi nella
guerra russo-giapponese nel 1905.
EVENTI E PROCESSI 1. In Russia s’incontrano grandi difficoltà ad
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. avviare un processo di modernizzazione.
a. Quali ragioni spinsero l’Austria ad abbracciare 2. Cresce il prestigio internazionale del Giappone.
una soluzione dualista nel 1867? 3. La penetrazione commerciale degli europei
b. Spiega il significato politico dell’«affaire causò una grave destabilizzazione interna
Dreyfus» nella Francia di fine secolo. per la Cina.
c. Quali furono le conseguenze delle guerre 4. Prende forma il progetto di Francesco
dell’oppio in Cina e in Gran Bretagna? Giuseppe di espansione verso il Mediterraneo.
d. Illustra le conseguenze politiche ed economi-
che del rinnovamento Meiji in Giappone. COMPETENZE
ESPORRE ORALMENTE
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false.
6 Rispondi alle seguenti domande.
a. V F In Germania, era il Kaiser a scegliere
il cancelliere. a. Quali riforme attuò Alessandro II? (2 minuti)
b. V F Jules Ferry promosse in Francia b. Spiega l’ideologia del darwinismo sociale.
un’importante riforma scolastica. (1 minuto)
c. V F Le tensioni politiche alimentate c. Esponi quali argomenti alimentavano le ostili-
dall’imperialismo favorirono lo scoppio tà nei confronti degli ebrei. (1 minuto)
della Prima guerra mondiale.
SCRIVERE
d. V F Erano i francesi a controllare il canale
di Suez in Egitto. VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
e. V F L’Action française era un partito di 7 In un discorso tenuto al Parlamento europeo nel
sinistra attivo in Francia dalla fine 2020, la senatrice a vita Liliana Segre ha parlato
dell’Ottocento. di antisemitismo e di razzismo come fenome-
f. V F L’Impero austriaco era uno Stato ni storici di lungo corso, invitando tutti a non
multietnico. sottovalutarli, soprattutto nel momento in cui
g. V F La regina Vittoria e il Parlamento questi riemergono. Cerca online il discorso della
inglese godevano di scarsa popolarità senatrice e, dopo averlo letto, scrivi un testo di
in Gran Bretagna. tipo espositivo-argomentativo sulle conseguen-
h. V F In Cina, i mercanti inglesi contrabban- ze della propaganda antisemita, attingendo
davano l’oppio. dalle tue conoscenze storiche, e sugli strumenti
che istituzioni e cittadini dovrebbero impiegare
i. V F Ancora nel XIX secolo, il sistema politi-
co giapponese era di tipo feudale. per arginarla.

702
Fonti e Storiografia
FONTI L’atto finale del Congresso di Berlino
F1 A Berlino, tra il 1884 e il 1885, le potenze europee si confrontarono su questioni quali
le nuove acquisizioni territoriali, la libertà di commercio e navigazione, la «tutela» degli
indigeni, ai quali si sentivano di poter impartire lezioni di modernità. Dalle risoluzioni ap-
provare emerge come, di fatto, l’Europa si sentisse proprietaria del continente africano.

Capitolo I
Dichiarazione relativa alla libertà del commercio nel Bacino del Congo, le sue foci, e altri paesi
circonvicini e disposizioni annesse.
Art. 1 – Il commercio di tutte le nazioni godrà di una completa libertà:
1) In tutti i territori costituenti il bacino del Congo e dei suoi affluenti. […]
Leggi in digitale il 2) Nella zona marittima che si estende lungo l’Oceano Atlantico […].
testo Gli obiettivi
3) Nella zona che si prolunga all’est del bacino del Congo […], fino all’Oceano Indiano […].
politico-commerciali
dell’esplorazione È espressamente inteso che, estendendo a questa zona orientale il principio della libertà
del Congo di Henry commerciale, le Potenze rappresentate alla conferenza non si impegnano che per se stesse,
M. Stanley che e che tale principio non si applicherà ai territori attualmente appartenenti a qualche Sta-
riprende alcune delle to indipendente e sovrano, se non in quanto tale Stato vi darà il suo consenso. Le Potenze
linee stabilite ne L’atto
finale del Congresso convengono di adoperare i loro buoni uffici presso i governi stabiliti sul litorale africano
di Berlino a proposito del mare delle Indie al fine di ottenere il detto consenso, e in ogni caso, assicurare al tran-
di colonizzazione e sito di tutte le nazioni le condizioni più favorevoli. […]
missione civilizzatrice.
Dopo aver letto
e riassunto i due
Disposizioni relative alla protezione degli indigeni, dei missionari e dei viaggiatori, nonché al-
brani, scrivi un testo la libertà religiosa.
di risposta sulle Art. 6 – Tutte le Potenze che esercitano diritti di sovranità o una influenza nei detti ter-
effettive conseguenze ritori s’impegnano ad adoprarsi nel miglior modo per la conservazione delle popolazioni
sociali, economiche
indigene e per il miglioramento delle loro condizioni morali e materiali di esistenza, e a
e culturali dello
sfruttamento coloniale concorrere all’abolizione della schiavitù e soprattutto della tratta degli schiavi; esse pro-
dell’Africa. teggeranno e favoriranno, senza distinzione di nazionalità o di culti, tutte le istituzioni e
imprese religiose, scientifiche o caritatevoli, create ed organizzate a tal fine, o tendenti ad
istruire gli indigeni e a fare loro comprendere ed apprezzare i vantaggi della civiltà. […]

Capitolo VI
Dichiarazione relativa alle condizioni essenziali da adempiere perché le nuove occupazioni sulle
coste del continente africano siano considerate effettive.
Art. 34 – La Potenza che d’ora in poi prenderà possesso di un territorio sulle coste del
continente africano all’infuori dei suoi possedimenti attuali o che non avendone ancora
volesse acquistarne, come pure la Potenza che vi assumerà un protettorato, accompagnerà
l’atto relativo con una notificazione rivolta alle altre Potenze firmatarie del presente atto,
onde porle in grado di far valere, se sia il caso, i loro reclami.
(da R. Rainero, Storia dell’Africa dall’epoca coloniale ad oggi,
Edizioni Rai, Torino 1966, pp. 155-167)

COMPRENDERE 1. Per quale area geografica il punto 1 sancisce la libertà di commercio?


2. In quali casi tale principio non si sarebbe applicato?
INTERPRETARE 3. Rileggi l’articolo 6 e in particolare il passaggio che sottolinea il ruolo che devono
avere le organizzazioni tese «ad istruire gli indigeni e a fare loro comprendere ed
apprezzare i vantaggi della civiltà». Definisci l’atteggiamento imperialista euro-
peo nei confronti dei popoli sottomessi.
VALUTARE 4. Spiega perché il liberismo economico e la retorica della tutela dei popoli indigeni
celano in realtà un diffuso sistema di sfruttamento.

703
Fonti e Storiografia

F2 Contro il nazionalismo imperialista


Il leader dei liberali inglesi, William Gladstone (1809-98) durante una seduta del Par-
lamento accusò il governo di avere assunto un indirizzo di politica estera contrario ai
principi della nazione inglese: un approccio «vigoroso» che, a suo avviso, era strumen-
tale alla distrazione dell’opinione pubblica rispetto alle mancanze interne.

L’onore spettante alla recente politica britannica è questo: che dall’inizio del congresso [di
1 dominio: Gladstone Berlino] fino alla fine, i rappresentanti dell’Inghilterra, invece di prendere le parti della li-
si riferisce al sostegno bertà, dell’emancipazione e del progresso nazionale, hanno preso […] le parti della servitù,
inglese all’Impero otto-
mano nella guerra contro
della reazione e della barbarie.
la Russia, che difendeva Con uno zelo degno di miglior causa, essi si sono adoperati per ridurre i limiti entro cui
invece gli interessi delle le popolazioni della Turchia europea devono essere padrone del loro destino; per mantene-
popolazioni di religione
re quanto potevano del dominio turco; per indebolire quanto potevano i limiti posti a tale
cristiano-ortodossa sog-
gette al dominio turco. dominio1. Né questo fu fatto soltanto per porre un freno o controbilanciare l’influenza della
2 l’unica … Levante: Russia, giacché, a quanto risulta, essi hanno fatto di più di qualsiasi altra potenza per aiutare
Durante il Congresso di
la Russia a spogliare la Romania del suo territorio della Bessarabia; ed hanno operato ener-
Berlino, Francia, Italia e
Russia proposero una gicamente contro la Grecia, che rappresentava l’unica forza viva anti-russa del Levante2. […]
rettifica del confine L’onore che il governo ci ha procurato a Berlino è quello di aver usato il nome, l’influen-
greco-turco a vantaggio za e anche, per i suoi preparativi, il potere militare dell’Inghilterra per applicare i princìpi
della Grecia, ma l’Inghil-
terra si oppose. di Metternich e scalzare i princìpi di Canning3. Noi, che abbiamo aiutato il Belgio, la Spa-
3 Canning: George gna e il Portogallo a diventare liberi, che abbiamo diretto la politica che portò allo stabi-
Canning (1770-1827), limento della libera Grecia, e abbiamo dato un appoggio considerevole alla liberazione e
uomo politico inglese,
sostenne il principio unificazione dell’Italia4, ci siamo attivamente dati da fare a Berlino per limitare dovunque
del non-intervento negli l’area dell’autogoverno e per salvare quanto era possibile dal naufragio una dominazione
affari interni degli altri che ha contribuito più di qualsiasi altra che sia mai esistita alla miseria, all’oppressione e
Stati, favorendo così i
vari movimenti liberali e
allo sterminio dell’umanità. […]
nazionali. Una politica estera «vigorosa» presenta tutti i vantaggi di una buona e pratica specula-
4 unificazione dell’I- zione politica. In primo luogo, con l’indurre lo spirito pubblico a una eccitazione più for-
talia: la Gran Bretagna
te, provoca una relativa indifferenza riguardo ai particolari più noiosi dell’opera legislativa
aveva guardato positi-
vamente all’unificazione e copre abilmente tutte le deficienze interne. […] In secondo luogo, invece di appoggiarsi
dell’Italia, poiché un’Italia al modo di vedere di un partito, una politica estera «vigorosa» esprime quelle che presu-
unita faceva comodo a
mibilmente sono le rivendicazioni e gli interessi della nazione e sparge così un alone in-
Londra come contraltare
a Parigi. torno ai suoi atti. In terzo luogo, appellandosi così all’amor proprio e all’orgoglio nazio-
5 «Me … Frenchmen»: nale, è praticamente sicura di estendere per un certo tempo la sua influenza oltre l’ambito
«Mi pareva che su un dei suoi seguaci più convinti e di ottenere l’appoggio di tutti quei buoni cittadini che dal
solo paio di gambe
inglesi marciassero tre loggione o altrove applaudiscono i versi: «Me thought upon one pair of English legs/ Did
francesi». march three Frenchmen»5.
(da I liberali vittoriani, a cura di O. Barié, il Mulino,
Bologna 1961, pp. 197-198)

COMPRENDERE 1. Quali critiche Gladstone muove alla politica britannica dopo il Congresso
di Berlino?
2. Quali Stati la Gran Bretagna ha aiutato a diventare liberi in passato, secondo il
liberale?
3. Di che cosa accusa la Russia?
INTERPRETARE 4. Spiega l’accezione particolare che assume il termine «vigoroso», riferito alla poli-
tica inglese, nel discorso di Gladstone.
VALUTARE 5. Nel testo, si scontrano due concezioni rispetto alla politica estera britannica:
lavorando in gruppo, riassumetele ed esponetele alla classe, confrontandovi e
discutendone assieme.

704
Colonialismo e imperialismo 19

STORIOGRAFIA «Diluvio» bianco e popoli nativi: gli inglesi in Africa


S1 Christopher A. Bayly
Lo storico Christopher A. Bayly affronta il tema delle conseguenze dell’imperialismo
inglese sulle popolazioni dell’Africa meridionale e orientale.

GLI SNODI Gli inglesi travolgono gli indigeni in America e Australia.


DEL TESTO I popoli dell'Africa subiscono il duro dominio inglese.
Alcune popolazioni sono chiuse dagli inglesi in territori recintati.

I popoli nativi, di cui ora parleremo, comprendono i gruppi privi di una ben definita struttu-
ra statuale: pastori, nomadi, abitanti delle foreste e pescatori, ovvero quelli che nelle prime
ricerche antropologiche erano designati come «tribù primitive». L’identificazione di questi
gruppi non può essere molto precisa, dal momento che vi erano ancora molti matrimoni mi-
sti e interscambi culturali che li legavano ai popoli più stabilizzati e ai sudditi degli Stati. […]
Durante le guerre napoleoniche e i primi tempi dell’imperialismo globale, gli equilibri
militari e demografici non avevano subito decisi spostamenti ai danni dei popoli nativi. […]
Il cambiamento decisivo avvenne con l’espansione degli insediamenti dopo il 1840. Il
decennio seguente fu quello in cui l’emigrazione complessiva verso le Americhe aumentò
del 40 per cento, mentre, negli stessi anni, quella inglese nell’Australia meridionale e orien-
tale andava anch’essa accelerandosi. Una grande ondata di colonizzazione europea dilagò
sospinta dalle navi, dalle ferrovie e dalla vorace brama dell’oro, fino a diventare un diluvio
nel corso degli anni Settanta. […]
Da allora in poi […] gli europei instaurarono rapidamente il loro dominio. L’esportazio-
ne oltremare delle guerre e delle rivalità europee rese gli inglesi più spietati nel perseguire
i propri interessi strategici. I bastimenti a vapore, il telegrafo, i progressi nel campo della
medicina e delle tecnologie belliche avevano ulteriormente allargato il divario di risorse
e potere tra europei e africani. Avendo alle spalle scarse tradizioni di vita urbana, i popoli
dell’Africa meridionale e orientale, a differenza di quelli delle regioni occidentali del conti-
nente, incontrarono maggiori difficoltà di adattamento. Era loro consentito risiedere nelle
città dei bianchi per svolgere lavori servili, e quelli che vi si erano adattati vennero sempre
più tenuti in segregazione. Come per gli aborigeni australiani, fu il popolo di cacciatori san,
detti anche boscimani, a patire le conseguenze più gravi dalla perdita del controllo sulla terra.
Con i progressi delle comunicazioni aumentava anche il numero dei coloni. Nei soli anni
dal 1873 al 1883 ne arrivarono 25.000 e, attratti dal richiamo dei diamanti e dell’oro tanto
quanto dalla brama di terra, si spinsero aggressivamente nell’interno. I governi inglesi, de-
cisi a mantenere il controllo sulle loro società coloniali in crescita, stabilirono che ciò era
incompatibile con la permanenza di Stati africani fieramente indipendenti. Il regno zulu1
1 Il regno zulu: gli Zulu fu definitivamente abbattuto nel 1881. A nord, il popolo degli ndebele, stanziato nell’at-
sono una popolazione tuale Zimbabwe, fu gradualmente costretto in spazi recintati e infine sconfitto dopo una
bantu attualmente
sanguinosa rivolta nel 1896-97. […]
divisa tra Repubblica
Sudafricana, Malawi, Alla data del 1914, centinaia di migliaia di sudafricani si era trasformati in lavoratori nel-
Swaziland e Leshoto. le miniere o sulle tenute agricole di proprietari bianchi.
(da C.A. Bayly, La nascita del mondo moderno 1780-1914, Einaudi, Torino 2009, pp. 542-554)

COMPRENDERE 1. Quanto incrementò l’emigrazione verso le Americhe dopo il 1840?


IL TESTO
2. Perché le popolazioni dell’Africa meridionale incontrarono maggiori difficoltà
di adattamento rispetto a quelle settentrionali?
3. Perché gli inglesi non tolleravano l’esistenza di Stati indipendenti nei territori
colonizzati?

705
Fonti e Storiografia

STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Due facce della stessa medaglia?
Il rapporto fra imperialismo e capitalismo tra Otto e Novecento
I due brani proposti offrono una differente lettura del nesso tra capitalismo e im-
perialismo: nella celebre analisi di Lenin, l’imperialismo sarebbe una diretta con-
seguenza della trasformazione del sistema capitalista; invece, nella più recente
riflessione di Mommsen i rapporti tra capitalismo e imperialismo apparirebbe-
ro oggi, a un’analisi attenta, meno lineari di quanto si sia in passato sostenuto.

S2 L’imperialismo fase suprema del capitalismo


Lenin
Lenin sostiene che l’imperialismo sarebbe nato dalla trasformazione del regime di libe-
ra concorrenza in un sistema di monopoli dominati dal capitale finanziario.

GLI SNODI Imperialismo e capitalismo sono intrinsecamente dipendenti l’uno dall’altro.


DEL TESTO La nascita dei monopoli è alla base dell'imperialismo europeo.
L'esportazione dei capitali acquisisce sempre più importanza.

L’imperialismo sorse dall’evoluzione e in diretta continuazione delle qualità fondamentali


del capitalismo in generale. Ma il capitalismo divenne imperialismo capitalistico soltanto
a un determinato e assai alto grado del suo sviluppo, allorché alcune qualità fondamentali
del capitalismo cominciarono a mutarsi nel loro opposto […].
In questo processo vi è di fondamentale, nei rapporti economici, la sostituzione dei mo-
nopoli capitalistici alla libera concorrenza. La libera concorrenza è l’elemento essenziale
del capitalismo [...]; il monopolio è il diretto contrapposto della libera concorrenza. Ma fu
proprio quest’ultima che cominciò [...] a trasformarsi in monopolio, creando la grande pro-
duzione, eliminando la piccola industria [...].
Nello stesso tempo i monopoli, sorgendo dalla libera concorrenza, non la eliminano, ma
coesistono, originando così una serie di aspre e improvvise contraddizioni, di attriti e con-
flitti. Il sistema dei monopoli è il passaggio del capitalismo a un ordinamento superiore.
Se si volesse dare la definizione più concisa possibile dell’imperialismo, si dovrebbe di-
re che l’imperialismo è lo stadio monopolistico del capitalismo. […] Ma tutte le definizioni
troppo concise [...] si dimostrano tuttavia insufficienti, quando da esse debbono dedursi i
tratti più essenziali del fenomeno da definire.
Quindi noi […] dobbiamo dare una definizione dell’imperialismo, che contenga i suoi cin-
que principali contrassegni, e cioè: 1) la concentrazione della produzione e del capitale, che
ha raggiunto un grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli; 2) la fusione del capi-
tale bancario col capitale industriale e il formarsi [...] di un’oligarchia finanziaria; 3) la grande
importanza acquistata dall’esportazione di capitale in confronto con l’esportazione di mer-
ci; 4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si ripartisco-
no il mondo; 5) la compiuta ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche.
L’imperialismo è dunque il capitalismo giunto a quella fase di sviluppo, in cui si è formato
il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, l’esportazione di capitale ha acquistato
grande importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è
già compiuta la ripartizione dell’intera superficie terrestre tra i più grandi paesi capitalistici.
(da Lenin, L’imperialismo, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 127-129)

COMPRENDERE 1. Quali sono le conseguenze della diffusione dei grandi monopoli?


IL TESTO
2. Quali sono i «principali contrassegni» dell’imperialismo secondo Lenin?
3. Qual è il ruolo giocato dalle banche e dalla finanza nell’espansione imperialista?

706
Colonialismo e imperialismo 19

S3 Il bilancio economico dell’imperialismo


Wolfgang Mommsen
Lo storico tedesco Wolfgang Mommsen mette in evidenza come gli ingenti costi con-
nessi alla costruzione degli imperi finirono spesso per sottrarre risorse e, quindi, in una
certa misura, per porre un freno allo stesso sviluppo economico capitalistico.

GLI SNODI Le spese per organizzare un sistema di dominio imperialista erano ingenti.
DEL TESTO L’espansione imperialista coincise con la crescita economica mondiale.
Imperialismo e capitalismo non sono legati da un rapporto di causa-effetto.

Ai contemporanei appariva scontato che l’espansione imperialistica oltremare procurasse,


principalmente, nuovi sbocchi per il commercio e nuove fonti di materie prime all’econo-
mia europea. […]
Tuttavia le aspettative economiche e la realtà economica di norma non coincidevano;
anche nei casi più favorevoli, lo sfruttamento e lo sviluppo di territori d’oltremare […], per
essere economicamente proficui, comportavano in principio un enorme dispendio di mezzi
per impiantare un sistema di dominio anche solo rudimentale, come pure per la creazio-
ne di infrastrutture idonee1, che in primo luogo consentissero una commercializzazione
redditizia delle materie prime naturali e dei prodotti del territorio. E benché si procedesse
senza eccezione addossando alle popolazioni indigene la massima parte dei costi relativi
allo sfruttamento e all’amministrazione dei territori coinvolti, questo sistema richiedeva
l’organizzazione di strutture amministrative preposte alla riscossione di imposte e dazi.
Inoltre i locali dovevano essere indotti, spesso con il ricorso a metodi coercitivi più o me-
no diretti, a mettere a disposizione di imprenditori e proprietari di piantagioni la propria
manodopera. Tuttavia le potenze coloniali, di norma, nella fase di massimo imperialismo
1 infrastrutture idonee: non furono disposte a destinare mezzi pubblici cospicui a queste imprese, ritenendo che
a partire dalle strade e le colonie dovessero assumersi i propri oneri finanziari2. […]
dalle ferrovie necessarie
L’espansione imperialistica europea sull’intero orbe terrestre si attuò in concomitanza
per spostare le materie
prime dai luoghi d’origine con una crescita economica [...] più o meno costante delle metropoli industriali, un incre-
ai porti d’imbarco per mento discontinuo del commercio internazionale [...] un enorme aumento degli investi-
l’Europa.
menti internazionali di capitale in tutto il mondo. […]
2 oneri finanziari: le
risorse necessarie per In complesso, l’espansione imperialistica non è stata la causa della nascita e del trionfo
creare le premesse di un del capitalismo industriale, come pure, viceversa, il processo di acquisizioni territoriali im-
redditizio sfruttamento perialistico è stato fortemente influenzato e incentivato, ma non prodotto, da fattori econo-
delle colonie dovevano
essere tratte dalle mici. Il sistema internazionale del capitalismo industriale orientato al mercato si sarebbe
colonie stesse. imposto, presumibilmente, anche in assenza di imperi coloniali [...].
(da W.J. Mommsen, Imperi e mercati coloniali, in Storia dell’economia mondiale,
a cura di V. Castronovo, vol. IV, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 187-196)

COMPRENDERE 1. Perché le aspettative economiche delle potenze imperialistiche erano spesso


IL TESTO smentite dai fatti?
2. Il commercio estero delle potenze coloniali si riversò nei mercati dei territori
colonizzati?
3. Perché il capitalismo industriale, secondo Mommsen, si sarebbe imposto anche
senza imperi coloniali?

707
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B La frontiera americana
L’analisi di Turner poggia sul concetto di frontiera usato come chiave interpretativa
dell’evoluzione degli Stati Uniti e considerato come tratto distintivo dell’identità nazio-
nale americana. Alla base del carattere dei colonizzatori lo storico pone la lotta ingag-
giata con la natura per conquistare nuovi territori.

La frontiera è la linea dell’americanizzazione più rapida ed effettiva. La grande distesa so-


litaria domina il colono […]. Egli è vestito all’europea, ha strumenti europei, viaggia e pensa
all’europea. La grande distesa solitaria lo tira giù dalla carrozza ferroviaria e lo […] spoglia
dei vestiti della civiltà […]. Lo spinge nella capanna di tronchi d’albero del Ciroki e dell’Iro-
chese e lo circonda di una palizzata indiana. Il colono ha già seminato mais e lo ha arato
con un legno appuntito; ora lancia grida di guerra e scotenna nel più puro e ortodosso stile
indiano. Per dirla in breve, alla frontiera l’ambiente è, agli inizi, troppo violento per l’uomo
bianco. Questi deve accettare le condizioni che trova o perire, e così si adatta alla radura e
segue le piste degli indiani. A poco a poco trasforma le solitudini deserte, ma il risultato non
è la vecchia Europa, lo sviluppo dell’originario germe sassone, il ritorno all’antichissimo
ceppo germanico. Nasce con lui un prodotto nuovo e genuino: l’americano. In principio, la
frontiera era rappresentata dalla costa atlantica ed era la frontiera dell’Europa, veramente,
in ogni senso. Spostandosi verso ovest, essa divenne sempre più americana. Come le mo-
rene frontali si depositano a ogni regredire delle glaciazioni, così ogni frontiera lascia die-
tro di sé le proprie tracce, e quando diventa un’area colonizzata la regione partecipa ancora
delle caratteristiche della frontiera. L’avanzata della frontiera ha significato un movimento
regolare che s’allontanava sempre più dall’influsso dell’Europa […]. Studiare questa avan-
zata senza regressi […] è studiare la parte realmente americana della nostra storia.
[…] Ciò che il Mediterraneo rappresentava per i Greci […] questo, e qualcosa di più, ha rap-
presentato direttamente per gli Stati Uniti, e più remotamente per le nazioni d’Europa, la
frontiera nel suo avanzare e nel suo conseguente restringersi. E ora, a quattro secoli dalla
scoperta dell’America, alla fine di cento anni di vita all’ombra della costituzione, la frontiera
si è chiusa, e con essa si è chiuso il primo periodo della storia americana.
(da F.J. Turner, La frontiera nella storia americana, il Mulino, Bologna 1959)

COMPRENSIONE 1. Quali caratteristiche emergono relativamente allo stile di vita della frontiera
E ANALISI americana?
2. In che termini si parla del rapporto tra civiltà europea e civiltà della frontiera
americana?
3. Spiega la seguente similitudine geologica: «Come le morene frontali si deposi-
tano a ogni regredire delle glaciazioni, così ogni frontiera lascia dietro di sé le
proprie tracce [...]».
PRODUZIONE 4. Il processo di americanizzazione delle terre non ancora colonizzate nel corso
dell’Ottocento ha avuto grandi conseguenze sullo sviluppo economico e politico
degli Stati Uniti: non soltanto il numero degli Stati si moltiplicò nell’arco di pochi
decenni, ma un prezzo molto alto fu pagato dalle tribù dei nativi che abitavano
nelle regioni centrali e occidentali del continente. La maggior parte dei discenden-
ti delle tribù indiane vive in condizioni di comunità marginalizzate, spesso sotto
la soglia di povertà. Ritieni giusto che i discendenti dei nativi ricevano nel 2020
un risarcimento per quello che hanno subito i loro antenati? Scrivi un testo di tipo
argomentativo in cui, dopo aver ricostruito le tappe del processo di espansione
territoriale degli Stati Uniti, esprimi la tua opinione sul tema dei risarcimenti nel
caso di violazione dei diritti umani.

708
L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri 4

TIPOLOGIA B Il re del Belgio si scusa per le ferite del colonialismo


in Congo
In questo articolo Beda Romano affronta la questione del Congo di Leopoldo II, dello
sfruttamento coloniale e delle manifestazioni di protesta in Belgio.

Con un gesto che i congolesi aspettavano da decenni, il re del Belgio ha espresso martedì
30 giugno, nel sessantesimo anniversario dell’indipendenza del Congo, «i suoi più sinceri
rincrescimenti per le ferite» inflitte al Paese durante la colonizzazione. La clamorosa presa
di posizione è stata successivamente fatta propria dal governo federale che ha preannun-
ciato da parte del Belgio «un percorso di verità» sul suo discusso passato coloniale.
L’uscita di re Filippo è particolarmente significativa, poiché appena qualche anno fa, nel
2018, il sovrano aveva preferito non partecipare all’inaugurazione del nuovo Museo rea-
le dell’Africa Centrale, a Tervuren, nei sobborghi di Bruxelles. L’istituzione, nata nel 1897,
era stata oggetto di un radicale rinnovamento che aveva rimesso in discussione il ruolo
controverso di Leopoldo II (1835-1909), antenato dell’attuale monarca belga e primo co-
lonizzatore del Congo.
Pur divisi sul numero di vittime nel Paese africano e sulle reali responsabilità della monarchia
belga, gli storici sono tendenzialmente d’accordo nel considerare che l’esperienza colonia-
le belga sia stata tra le più discutibili a cavallo tra Ottocento e Novecento. Il Congo diventò
proprietà privata di Leopoldo II all’indomani della Conferenza di Berlino del 1885. Solo nel
1908 divenne colonia belga, sfruttata per i suoi giacimenti di materie prime e di caucciù.
Un libro uscito nel 1998 e scritto dallo storico americano Adam Hochschild, King Leopold’s
Ghost, aveva ai tempi creato molte polemiche. Aveva accusato Leopoldo II di avere guidato
un colonialismo violento che aveva ucciso fino a 10 milioni di persone. L’esperienza colo-
niale europea nell’Africa centrale fu una cause célèbre di molti scrittori, da Joseph Conrad
ad André Gide, a Mark Twain. Oggi i migliori storici ritengono la cifra citata dallo studio-
so americano esagerata. Nelle ultime settimane, sulla scia del clima antirazzista negli Stati
Uniti, anche il Belgio è stato attraversato da manifestazioni contro le discriminazioni. Sta-
tue di Leopoldo II sono state rimosse con la violenza, tra cui una particolarmente nota nel
quartiere bruxellese di Auderghem [...].
(Beda Romano, Il re del Belgio si scusa per le ferite del colonialismo in Congo, «Il Sole 24 ORE»,
30 giugno 2020)

COMPRENSIONE 1. Quale istituzione ha messo in discussione il ruolo di Leopoldo II e perché?


E ANALISI
2. Su quale punto, legato alla storia coloniale del Congo, non vi è unanimità fra gli
studiosi?
3. Perché le dichiarazioni di re Filippo sono considerate significative?
4. Che cosa significa che il caso del Congo è diventato una cause célèbre?
PRODUZIONE 5. Di recente, in molti Paesi, sono state presi di mira alcuni monumenti dedicati a
figure dal passato controverso la cui storia si lega alle deprecabili imprese colonia-
li; è accaduto a Boston, Houston, New York e Londra. In Italia, il busto dedicato al
giornalista Indro Montanelli a Milano è stato ricoperto di vernice rosa durante una
manifestazione nel marzo 2020. La storia di Montanelli si lega, infatti, non solo a
quella del colonialismo italiano nel Corno d’Africa, ma anche al tema delle que-
stioni di genere: da soldato prese in sposa una ragazzina etiope appena quattor-
dicenne. Cosa fare dunque delle tante statue e dei simboli di un passato coloniale,
violento e razzista, nelle città europee e americane? Scrivi un testo di tipo argo-
mentativo sul tema della memoria coloniale e dei suoi simboli, argomentando, con
opportuni riferimenti storici, se sia corretto eliminare dagli spazi pubblici tutti i
simboli del colonialismo o se sia invece opportuno conservarli come memoria di
un passato da non dimenticare.

709
Laboratorio per l’Esame di Stato

TIPOLOGIA C La questione sociale in Italia


%
100 Nord e Centro
90 Sud (comprese le isole)

80

70

60

50

40

30

20

10

0
1861 1871 1901 1911

PRODUZIONE Il grafico riassume, in modo schematico, la percentuale di persone analfabete nel


Regno d’Italia fra 1861 e il 1911, distinguendo fra regioni del Centro e del Nord, da
una parte, e regioni meridionali dall’altra. L’analfabetismo, dilagante soprattutto
nelle zone rurali del Meridione, ha rappresentato un grave problema per molti de-
cenni, condannando all’arretratezza non solo culturale, ma anche economica, ampi
strati di popolazione.
Commentando le informazioni contenute nel grafico e integrandole con le tue co-
noscenze storiche sull’argomento, scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo
sui problemi dell’Italia post-unitaria e sulle prime riforme che furono adottate dai
governi della Destra e della Sinistra storica in campo educativo e sociale. Rifletti
inoltre su quali sono oggi, a distanza di oltre centocinquant’anni, le nuove emergen-
ze che il Paese si trova ad affrontare.

Esposizione orale
D1 La Chiesa cattolica di fronte al movimento operaio
A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l’odio ai ricchi, pretendono
si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune,
da amministrarsi per mezzo del municipio e dello Stato. Con questa trasformazione della
proprietà da personale in collettiva, e con l’eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i
cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, non che risolvere
le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi,
giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello
Stato, e scompiglia tutto l’ordine sociale.
(dall’enciclica Rerum Novarum, 1891)

ANALIZZARE Leggi il testo e rispondi alle domande.


LA FONTE
1. Quali colpe vengono additate ai socialisti?
2. Quale posizione riguardo alla proprietà privata viene espressa nel testo?
3. Perché l’equa ripartizione degli utili danneggerebbe gli operai?

710
L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri 4

CONTESTUALIZZARE 4. In quale contesto politico e sociale fu emanata l’enciclica Rerum Novarum?


5. Quale indirizzo politico prevalse durante la Seconda Internazionale?
6. Quali partiti politici e movimenti di stampo socialista maturarono nell’Italia
di fine secolo?
COLLEGAMENTI Storia dell’arte e del territorio
INTERDISCIPLINARI
Illustra il Realismo e il valore sociale del lavoro, facendo riferimento in particolare
al dipinto di Jean-François Millet, L’Angelus (1858-59).
Filosofia e Scienze umane
Spiega il pensiero di Karl Marx e illustra il socialismo e le sue correnti scientifica
e utopista.
Diritto e Educazione civica
Illustra il diritto di sciopero e di associazione nella Costituzione italiana.

D2 L’industria chimica e la Seconda rivoluzione industriale

Esplora la bacheca
per altri spunti
interdisciplinari

Una raffineria
petrolifera della
Standard Oil Company
di Rockefeller a
Richmond, nel primo
Novecento.

ANALIZZARE Osserva l’immagine e rispondi alle domande.


LA FONTE
1. Quale particolare aspetto dell’industrializzazione mette in rilievo la fotografia?
CONTESTUALIZZARE 2. Definisci l’arco cronologico in cui si sviluppa la Seconda rivoluzione industriale.
3. In quali Paesi ha un impatto particolarmente significativo?
4. Metti a confronto le differenze fra la Prima e la Seconda rivoluzione industriale.
5. Quali sono le innovazioni tecnologiche più importanti di questa fase?
COLLEGAMENTI Letteratura straniera
INTERDISCIPLINARI
Illustra la società industriale e il Naturalismo francese, facendo riferimento in parti-
colare al ciclo dei Rougon-Macquart di Émile Zola.
Educazione civica
Spiega il concetto di sostenibilità ambientale, facendo riferimento anche all’Agenda
2030 dell’Unione Europea.

711
Laboratorio per l’Esame di Stato

D3 L’imperialismo e la missione civilizzatrice dell’uomo bianco

La difesa di Rorke’s Drift durante la guerra anglo-zulu del 1879. Dipinto di Alphonse-Marie-Adolphe de Neuville.

ANALIZZARE Osserva l’immagine e rispondi alle domande.


LA FONTE
1. Che cosa sta avvenendo sulla scena?
2. Da quale punto di vista è ritratta la scena?
CONTESTUALIZZARE 3. Quali furono le principali conseguenze della presenza britannica in Africa?
4. Con quale scopo venne organizzato il Congresso di Berlino? Quali furono le princi-
pali risoluzioni decise dalle potenze europee in quell’occasione?
5. Ricostruisci la geografia dei possedimenti della Gran Bretagna in Africa, metten-
done in luce gli interessi economici e politici.
COLLEGAMENTI Letteratura inglese
INTERDISCIPLINARI
Illustra la produzione letteraria di Conrad e Kipling, soffermandoti sui temi
del romanzo d’avventura, del fascino dell’esotico e della celebrazione
dell’imperialismo inglese.
Filosofia e Scienze umane
Spiega il rapporto tra scienza e razzismo nel secondo Ottocento, la nascita
dell’antropologia e la legittimazione del razzismo, facendo riferimento in particolare
ad Arthur de Gobineau (Essai sur l’inégalité des races humaines).
Biologia
Illustra il genoma umano, il DNA, fenotipi e genotipi.

712
Indice dei nomi
Botero, Giovanni (1544-1617), 35
A Boulanger, Georges Ernest Jean-Marie (1837-91), 688-689
Abbas I, detto il Grande, sultano (1557-1628), 138 Bresci, Gaetano (1869-1901), 591, 594
Adams, John, presidente degli Stati Uniti (1735-1826), 533 Brissot, Jacques-Pierre (1759-93), 289
Adams, John Quincy, segretario di Stato degli Stati Uniti Brown, John (1800-59), 545
(1767-1848), 535 Buonarroti, Filippo (1761-1837), 328, 388
Alberto di Hohenzollern (1490-1568), 105 Byron, George Gordon (1788-1824), 398
Alembert, Jean-Baptiste Le Rond d’ (1717-83), 174, 204
Alessandro I Romanov, zar di Russia (1717-1825), 345-346,
350, 353, 373-374, 399-400 C
Alessandro II Romanov, zar di Russia (1818-81), 501, 607,
625, 664, 692, 700 Cadorna, Raffaele (1815-97), 571, 594
Alessio Petrovič, figlio di Pietro il Grande (1690- 1718), 117 Carlo Alberto di Baviera (1697-1745), 108-109
Anna d’Austria, regina di Francia (1601-66), 36 Carlo Alberto di Savoia (1798-1849), 393, 475-478, 481-482
Asburgo, casata, 6, 34, 52, 54-55, 120, 138, 160, 510, 513 Carlo Felice di Savoia (1765-1831), 393, 475
Augusto II di Sassonia, re di Polonia (1670-1733), 108 Carlo I, re d’Inghilterra (1600-49), 2, 7, 9-15, 17, 24
Augusto III di Sassonia, re di Polonia (1696-1763), 108 Carlo II, re d’Inghilterra (1630-85), 17, 20, 24, 248
Aurangzeb, sovrano dell’Impero Moghul (1618-1707), 139 Carlo II, re di Spagna (1661-1700), 52, 54-55
Azeglio, Massimo d’ (1798-1866), 457, 460, 484, 499 Carlo IV, re di Spagna (1748-1819), 351
Carlo VI, imperatore (1685-1740), 108
Carlo IX, re di Francia (1550-74), 110
Carlo X, re di Francia (1757-1836), 452, 454-456, 484
B Carlo XII, re di Svezia (1682-1718), 118, 183
Babeuf, Francois-Noel, detto Gracchus (1760-97), 304, 328 Carlo di Borbone, figlio di Filippo V re di Spagna (1716-88),
Bacone, Francesco (1561-1626), 8 108
Bakunin, Michail (1814-76), 607-608, 628 Carlo Maria Isidoro di Borbone-Spagna, fratello di Ferdinando
Balbo, Cesare (1789-1853), 457, 461, 484 VII (1788-1855), 468
Bandiera, Attilio (1810-44), 460, 484 Castlereagh, Robert Stuart, ministro degli Esteri inglese (1769-
Bandiera, Emilio (1819-44), 460, 484 1822), 373
Barras, Paul-Francois, visconte di (1755-1829), 334-335 Caterina II, zarina di Russia (1729-96), 179, 200, 204, 321, 691
Bava Beccaris, Fiorenzo (1831-1924), 591, 594, 623 Cattaneo, Carlo (1807-69), 461, 484, 497
Beauharnais, Eugenio (1781-1824), 347 Cavour, Camillo Benso, conte di (1810-61), 492, 499-501,
Beccaria, Cesare (1738-94), 185, 204 503-508, 516, 563, 573, 583-584, 667, 678
Bell, Alexander Graham (1847-1922), 643 Championnet, Jean-Étienne, generale (1762-1800), 329
Bentham, Jeremy (1748-1832), 428, 444 Clemenceau, Georges (1841-1929), 689
Benz, Carl (1844-1929), 646 Clemente XIII, papa (1693-1769), 189, 204
Bernstein, Eduard (1850-1932), 613, 628 Clemente XIV, papa (Vincenzo Ganganelli; 1705-74), 192, 204
Bismarck, Otto von (1815-98), 510-512, 514-516, 572, 580, Cobden, Richard, politico ed economista britannico (1804-65),
584, 609, 618, 667, 672, 684-685, 700 469
Bissolati Bergamaschi, Leonida (1857-1920), 591, 623 Colajanni, Napoleone (1847-1921), 585
Bixio, Nino, generale (1821-73), 506 Colbert, Jean-Baptiste (1619-83), 44, 56
Blanc, Louis (1811-82), 473, 484 Cook, James (1728-79), 141, 160
Blanqui, Louis-Auguste (1805-81), 610 Costa, Andrea (1851-1910), 573, 591, 622, 628
Bolívar, Simon (1783-1830), 395-396, 404 Crispi, Francesco (1818-1901), 580-584, 590, 594
Bonaparte, Carolina (1782-1839), 348 Cromwell, Oliver (1599-1658), 2, 14-15, 17-18, 20, 24, 218
Bonaparte, Elisa (1777-1820), 348 Cromwell, Richard (1626-1712), 20
Bonaparte, Girolamo (1784-1860), 346, 348 Cuoco, Vincenzo (1770-1823), 328
Bonaparte, Giuseppe (1768-1844), 346, 348, 351 Custer, George Armstrong (1839-76), 543
Bonaparte, Luigi (1778-1846), 348, 495
Bonaparte, Luigi Napoleone, detto anche Luigi II d’Olanda
(1804-31), 305, 474, 478, 484, 494-495, 516 D
Bonaparte, Napoleone, vedi Napoleone I Bonaparte, imperatore
dei francesi Daimler, Gottlieb (1834-1900), 646
Bonaparte, Paolina (1780-1825), 348 Danton, Georges (1759-94), 291, 296, 308
Bonomi, Ivanoe (1873-1951), 623 Davout, Louis-Nicolas (1770-1823), 345
Borbone, casata, 37, 86, 109, 347, 379, 380, 391, 404, 503, Depretis, Agostino, politico (1813-87), 573-575, 580, 582,
505-506 594

713
Indice dei nomi

Diderot, Denis (1713-84), 174, 204 Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie (1836-94), 506
Diesel, Rudolf (1858-1913), 646 Francesco Giuseppe d’Asburgo, imperatore d’Austria (1830-
Di Rudinì, Antonio (1839-1908), 590-591 1916), 549, 686
Disraeli, Benjamin (1804-81), 690 Francesco Stefano, duca di Lorena, poi granduca di Toscana
Drake, Francis (1540-96), 7, 24 vedi Francesco I, imperatore d’Austria
Dreyfus, Alfred (1859-1935), 679, 700 Franco, Francisco, generale e politico spagnolo (1892-1975),
Durando, Giovanni (1804-69), 477 468
Franklin, Benjamin (1706-90), 256

E
G
Edison, Thomas Alva (1847-1931), 643, 656
Edoardo VI, re d’Inghilterra (1537-53), 4 Gambetta, Leon (1838-82), 609
Elisabetta I, regina d’Inghilterra (1533-1603), 4, 6, 8, 246 Garibaldi, Giuseppe (1807-82), 477, 492, 497, 505-507, 509,
Emanuele Filiberto, duca di Savoia (1528-80), 69 513, 516, 551, 678
Engels, Friedrich (1820-95), 429, 602, 604-605, 607, 628 Giacomo I, re d’Inghilterra e di Scozia (1566-1625), 4, 6-7, 9,
Enrichetta Maria di Borbone, moglie di Carlo I re d’Inghilterra 24, 246
(1609-69), 9 Giacomo II, re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda (1633-1701), 2,
Enrico di Valois, re di Polonia, poi re di Francia (Enrico III; 20, 24, 214, 246, 248
1551-89), 110 Gioberti, Vincenzo (1801-52), 460-461, 475, 484
Enrico IV di Borbone, re di Francia (1553-1610), 9, 36 Giolitti, Giovanni (1842-1928), 584, 590
Enrico VIII, re d’Inghilterra (1491-1547), 4, 7, 8 Giorgio I di Hannover, re d’Inghilterra (1660-1727), 214, 236
Eugenio di Savoia, comandante asburgico (1663-1736), 119 Giorgio II di Hannover, re d’Inghilterra (1683-1760), 214, 236
Giorgio III di Hannover, re d’Inghilterra (1738-1820), 232, 236,
254, 262
F Giovanni VI di Braganza, re di Portogallo, Brasile e Algarve
(1769-1826), 551
Federico I di Hohenzollern, re di Prussia (1688-1713), 106 Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, imperatore d’Austria (1741-90),
Federico II, detto il Grande, re di Prussia (1712-86), 106-107, 172, 189-190, 199, 204
172, 179, 186, 204 Giuseppina di Beauharnais (Maria Giuseppina Rosa de Tascher
Federico Guglielmo I, re di Prussia (1713-40), 106 de la Pagerie; 1763-1814), 347-348
Federico Guglielmo di Hohenzollern (1620-88), 105-106 Gladstone, William Ewart (1809-98), 690
Federico Guglielmo IV di Hohenzollern, re di Prussia (1795- Godoy, Manuel (1767-1851), 351
1861), 467, 479-480 Godunov, Boris Fedorovič, zar di Russia (1598-1605), 111
Ferdinando I di Borbone, re delle Due Sicilie (1751-1825), Gordon, George (1751-93), 233
329, 330, 379-380, 391-392, 404 Gregorio XVI, papa (Bartolomeo Cappellari; 1765-1846), 386
Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie (1810-59), 475, Guerrazzi, Francesco Domenico (1804-73), 481
477 Guglielmo d’Orange, re d’Inghilterra (Guglielmo III; 1650-
Ferdinando I d’Asburgo-Lorena, imperatore d’Austria (1793- 1702), 20, 24, 52, 54, 213-214, 236
1875), 478 Guglielmo I di Hohenzollern, re di Prussia, poi imperatore di
Ferdinando III d’Asburgo-Lorena (1769-1824), 379, 404 Germania (1797-1888), 511, 514, 609
Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, vedi Ferdinando I di
Guglielmo II di Hohenzollern, imperatore di Germania (1859-
Borbone, re delle Due Sicilie
1941), 685
Ferdinando VII, re di Spagna (1784-1833), 351, 380, 389,
Guglielmo V d’Orange, statolder d’Olanda (1748-1806), 324
390, 404, 468
Gustavo III, re di Svezia (1746-92), 183-184, 204
Ferrari, Giuseppe (1811-76), 461, 484
Ferry, Jules, ministro (1832-93), 688
Filippo II, re di Spagna (1527-98), 84
Filippo IV, re di Spagna (1605-65), 52 H
Filippo V, re di Spagna (Filippo d’Angiò; 1683- 1746), 54-56,
108 Hamilton, Alexander (1757-1804), 259, 533
Fëdor I, zar di Russia (1557-98), 111 Hannover, dinastia, 214, 232
Fortunato, Giustino, 585 Hardenberg, Karl August von, cancelliere di Prussia (1750-
Fouché, Joseph, duca di Otranto (1759-1820), 334 1822), 373
Fourier, Charles (1772-1837), 430, 444 Hill, Christopher (1912-2003), 21
Francesco I, imperatore d’Austria (1708-65), 108-109 Hohenzollern, casata, 100, 105-106, 126
Francesco II d’Asburgo (1768-1835), 345, 374 Hong, Xiuquan (1814-64), 695

714
Indice dei nomi

Luigi XIV, detto il Re Sole, re di Francia (1638-1715), 20, 32,


I 36, 38-41, 43, 46-48, 52-56, 86-87, 191, 320, 344
Innocenzo XI, papa (Benedetto Odescalchi; 1611-89), 48 Luigi XV, re di Francia (1710-74), 86
Ivan IV, detto il Terribile (1547-84), 111-112, 126 Luigi XVI, re di Francia (1754-93), 274, 284, 288, 292, 297,
298, 308, 319, 455-456
Luigi XVII, delfino di Francia (1785-95), 298, 337
Luigi XVIII, re di Francia (1775-1824), 337, 355-356, 368,
J 373-374, 380, 404, 454-455, 484
Lumière, Auguste (1862-1954), 645, 656
Jackson, Andrew, presidente degli Stati Uniti (1767-1845),
Lumière, Louis-Jean (1864-1948), 645, 656
537, 539, 543, 545, 552
Luxemburg, Rosa (1871-1919), 614, 628
Jansen, Cornelis Otto, vescovo di Ypres (1585-1638), 47
Jaurès, Jean (1859-1914), 689
Jefferson, Thomas (1743-1826), 255, 259, 266, 382, 533,
552 M
Juárez, Benito (1806-72), 549-550, 552
Mac-Mahon, Patrice (1808-93), 688
Madison, James (1751-1836), 382
Malatesta, Errico (1853-1932), 622
K Malthus, Thomas R. (1766-1834), 428-429, 444
Manin, Daniele (1804-57), 480, 497
Kaunitz-Rietberg, Wenzel Anton von (1711-94), 188
Marat, Jean-Paul (1743-93), 290, 296, 301, 308
Kautsky, Karl (1854-1938), 614, 616, 624, 628, 685
Marconi, Guglielmo (1874-1937), 643, 656
Kay, John (1704-64 ca.), 223
Maria I Tudor, detta la Sanguinaria, regina d’Inghilterra e Irlanda
Kos´ciuszko, Tadeusz (1746-1817), 322 (1516-58), 4
Kossuth, Lajos (1802-94), 479 Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, regina di Francia (1755-
Kuliscioff, Anna Michajlovna (1857-1925), 622, 624, 628 93), 288
Maria Luisa d’Asburgo (1791-1847), 348
Maria Teresa d’Asburgo, figlia di Filippo IV di Spagna, regina
L consorte di Francia (1638-83), 52, 56
Maria Teresa d’Asburgo, imperatrice d’Austria (1717-80), 108-
Labriola, Arturo (1873-1959), 623 109, 172, 188-189, 199, 204
La Farina, Giuseppe (1815-63), 497 Marx, Karl (1818-83), 153, 429, 602, 604-608, 613, 628,
La Fayette, Marie-Joseph de, marchese (1757-1834), 283 652, 679
La Marmora, Alfonso (1804-78), 566 Maroncelli, Pietro (1795-1846), 392, 404
Lamennais, Hugues-Felicite Robert de (1782-1854), 386, 404 Massimiliano I d’Asburgo, arciduca d’Austria, imperatore del
Lassalle, Ferdinand (1825-64), 511, 608 Messico (1832-67), 549-550, 552
Laud, William (1573-1645), 9, 12 Maurras, Charles (1868-1952), 679
Lesczyński, Stanislao (1677-1766), 108 Mazzarino, Giulio Raimondo (1602-61), 36-38, 41, 56
Lenin, Nikolaj (Vladimir Il’ič Ul’janov; 1870-1924), 625, 628 Mazzini, Giuseppe (1805-72), 452, 457-460, 468, 481, 484,
Leone XIII, papa (Vincenzo Gioacchino Pecci; 1810-1903), 505, 608, 667, 678
618-620, 628 Mehmet Ali, pascia d’Egitto (1769-1849), 397
Leopoldo I di Sassonia-Coburgo, re del Belgio (1790-1865), Melzi d’Eril, Francesco (1753-1816), 328
463 Menotti, Ciro (1798-1831), 457
Leopoldo II d’Asburgo-Lorena, imperatore (1747-92), 190, 477 Menotti Serrati, Giacinto (1876-1926), 623
Leopoldo II, re del Belgio (1835-1909), 675 Metternich, Klemens Wenzel Lothar von (1773-1859), 373,
Le Tellier, Francois-Michel, marchese di Louvois (1641-91), 43, 377, 478
56 Meucci, Antonio (1808-89), 643, 656
Lincoln, Abraham (1809-65), 530, 545-547, 552 Michele Romanov, zar di Russia (1613-45), 112, 126
List, Friedrich (1789-1846), 467 Ming, dinastia, 140
Locke, John (1632-1704), 178 Minghetti, Marco (1818-86), 563
Lomenie de Brienne, Etienne-Charles de (1727-94), 279, 308 Moghul, dinastia, 122, 126, 139
Ludd, Ned, 419 Molière, Jean-Baptiste Poquelin detto (1622-73), 41
Luigi Filippo d’Orleans, re dei francesi (1775-1850), 452, 456- Monk, George, generale inglese (1608-70), 20
457, 472-473, 484, 494, 609 Monroe, James, presidente degli Stati Uniti (1759-1831), 382,
Luigi Filippo Giuseppe, duca di Orleans (1703-52), 456 535, 543, 552
Luigi II di Borbone-Condé, principe di Condé (1621-86), 37, 56 Montesquieu, Charles-Louis Secondat, barone di (1689-1755),
Luigi XIII, re di Francia (1601-43), 36, 40, 84, 276 174, 178, 204

715
Indice dei nomi

Moreau, Victor (1763-1813), 336, 339 Pelloux, Luigi Girolamo (1839-1924), 591, 594
Morse, Samuel (1791-1872), 538, 552 Pepe, Guglielmo (1783-1855), 391-392, 404, 477
Mosca, Gaetano, 585 Petrosino, Joe (1860-1909), 587
Muhammad Ibn Tughluq, sultano (1325-1351), 139 Pietro I, detto il Grande, zar di Russia (1672-1725), 100, 111,
Murad IV, sultano (1612-40), 137 113-115, 117-119, 126, 174, 182, 691
Murat, Gioacchino, re di Napoli (1767-1815), 348, 351, 379, Pietro III, zar di Russia (1728-62), 121, 200
391 Pietro Leopoldo, granduca di Toscana (1765-90), 190
Murri, Romolo (1870-1944), 620, 628 Pio VI, papa (Giovanni Angelo Braschi; 1717-99), 329
Mussolini, Benito (1883-1945), 624 Pio VII, papa (Barnaba Chiaramonti; 1740-1823), 339-340,
Mutsuhito, imperatore del Giappone (1852-1912), 699 358
Pio IX, papa (Giovanni Mastai Ferretti; 1792-1878), 475, 477,
481, 495, 497, 514, 570-571, 581, 594, 618-620
Pio X, papa (Giuseppe Melchiorre Sarto; 1835-1914), 628
N Pisacane, Carlo (1818-57), 460, 484
Naima, Mustafa, 120 Pitt il Giovane, William (1759-1806), 233, 236, 262, 469
Napoleone I Bonaparte, imperatore dei francesi (1769-1821), Pitt il Vecchio, William (1708-78), 232
233, 316, 325-326, 331-332, 334-341, 344-348, 350- Plechanov, Georgij Valentinovič (1856-1918), 625
356, 358, 368, 370, 373, 379, 380, 394, 397, 420, 436, Proudhon, Pierre-Joseph (1809-65), 607
455, 532, 534, 678 Pugacëv, Emeljan (1740 ca.-75), 200
Napoleone III, imperatore dei francesi (1808-73), 492, 495,
499, 501, 503-504, 512, 514, 516, 549, 567, 609, 649
Napoleone Francesco Giuseppe, figlio di Napoleone I (1811- Q
32), 348
Necker, Jacques (1732-1804), 279-282, 308 Quianglong, sovrano cinese (1711-1799), 140
Nelson, Horatio (1758-1805), 330, 332, 345, 358 Qing, dinastia, 140, 160, 694-695, 700
Nesselrode, Karl Vasil’evič (1780-1862), 373 Qajar, dinastia, 137
Newcomen, Thomas (1663-1729), 224-225
Newton, Isaac (1643-1727), 178
Ney, Michel (1769-1815), 356
Nicola I Romanov, zar di Russia (1796-1855), 400, 467, 500,
R
691-692 Racine, Jean (1639-99), 41
Nicola II Romanov, zar di Russia (1868-1918), 602, 625 Radetzky, Johann Joseph Franz Karl, conte di Radetz (1766-
Nobel, Alfred (1833-96), 643 1858), 476
Notarbartolo, Emanuele (1834-93), 587 Raleigh, Walter (1552-1618), 7, 24
Rattazzi, Urbano (1808-73), 499, 563
Ricardo, David (1772-1823), 429, 444
O Ricasoli, Bettino (1809-80), 563
Richelieu, Armand-Jean du Plessis, duca di (1585-1642), 36,
Obrenovič, Milos (1780-1860), 399 39, 41, 46-47, 276
Orange, Guglielmo d’, vedi Guglielmo III, re d’Inghilterra Riego y Nunez, Rafael de (1784-1823), 389
Orsini, Felice (1819-58), 503, 516 Robespierre, Maximilien de (1758-94), 291, 295-296, 301,
Ottone di Baviera, Ottone I di Wittelsbach, re di Grecia (1815- 302-303, 305, 308, 318, 334
67), 399 Rockefeller, John D. (1839-1937), 647
Owen, Robert (1771-1858), 429-430, 444 Romanov, dinastia, 113
Rosaroll-Scorza, Giuseppe (1775-1825), 398
Rothschild, famiglia di banchieri, 648
Rousseau, Jean-Jacques (1728-78), 174, 179, 204, 262
P Ruffo, Fabrizio (1744-1827), 330
Palizzolo, Raffaele, 587
Pankhurst, Emmeline (1858-1928), 653
Paoli, Pasquale (1725-1807), 262 S
Pedro, imperatore del Brasile e re del Portogallo (Pietro I del
Brasile e Pietro IV del Portogallo; 1798-1834), 394 Safavidi, dinastia, 138
Pedro II, imperatore del Brasile (1825-91), 551 Saint-Just, Louis-Antoine (1767-94), 303
Peel, Robert (1788-1850), 469-470 Saint-Simon, Claude Henri de (1760-1825), 386
Pellico, Silvio (1789-1854), 392, 404 Saliceti, Antoine Christophe (1757-1809), 328

716
Indice dei nomi

Salvemini, Gaetano, 585


San Martín, Jose de (1778-1850), 395
V
Santarosa, Santorre di (1783-1825), 398 Vauban, Sebastien Le Prestre, visconte di (1633-1707), 43
Savoia, casata, 55, 580 Vieusseux, Giovan Pietro (1779-1863), 460, 484
Sella, Quintino (1827-84), 569 Vittoria, regina di Gran Bretagna e Irlanda (1819-1901), 470,
Sherman, John (1823-1900), 647 484, 675, 690
Sieyès, Emmanuel-Joseph (1748-1836), 334-335 Vittorio Emanuele I, re di Sardegna (1759-1824), 378, 393
Sigismondo III Vasa, re di Polonia (1587-1632), 110 Vittorio Emanuele II, re di Sardegna e poi d’Italia (1820-78),
Smith, Adam (1723-90), 385, 428, 440, 444 492, 499, 501, 505, 507-508, 516, 584, 678
Sobieski, Giovanni, re di Polonia (Giovanni III; 1624-96), 119 Vittorio Emanuele III di Savoia, re d’Italia (1869-1947), 482,
Solimano I, detto il Magnifico (1494-1566), 137 591
Stanislao II Poniatowski, re di Polonia (1732-98), 184 Volta, Alessandro (1745-1827), 641
Stephenson, George (1781-1848), 423 Voltaire (Francois-Marie Arouet; 1694-1778), 174, 179, 204
Stuart, Anna, regina d’Inghilterra (1665-1714), 214, 218, 236
Stuart, Maria, (1542-87), regina di Scozia, 4
Stuart, dinastia, 214
Stuart, Carlo Edoardo (1720-88), 214 W
Stuart, Giacomo Francesco Edoardo (1688-1766), 214
Walpole, Robert (1676-1745), 214-215, 236
Suvorov, Aleksandr, generale russo (1729-1800), 334, 336
Washington, George, presidente degli Stati Uniti (1732-99),
242, 254, 256, 259, 266, 396, 533, 547
Watt, James (1736-1819), 225, 236, 414-415, 423
T Wesley, John (1703-91), 194, 228
Wilkes, John (1725-97), 232, 236
Talleyrand-Perigord, Charles-Maurice de (1754-1838), 334, Witt, Jan de (1625-72), 52
373-374 Wright, Orville (1871-1948), 646, 656
Taylor, Frederick W. (1856-1915), 642 Wright, Wilbur (1867-1912), 646, 656
Thiers, Louis-Adolphe (1797-1877), 609, 610, 688
Tokugawa, dinastia, 141
Turati, Filippo (1857-1932), 591, 622, 624, 628
Turgot, Robert-Jacques (1727-81), 263 Y
Turiello, Pasquale, 585
Ypsilanti, Alessandro (1792-1828), 397-398

U Z
Umberto I di Savoia, re d’Italia (1844-1900), 584, 591, 594,
Zola, Emile (1840-1902), 689
607

717
Referenze iconografiche
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