Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Civiltà di
memoria DALL’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI
ALLA FINE DELL’OTTOCENTO
Civiltà di
memoria
DALL’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI
ALLA FINE DELL’OTTOCENTO
© 2021 by Mondadori Education S.p.A., Milano
Tutti i diritti riservati
www.mondadorieducation.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, di-
stribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di
quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acqui-
stato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non
autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti co-
stituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente se-
condo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto
rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook
non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla
presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.
Hanno collaborato Elisabetta Serafini (revisione del testo, fonti e approfondimenti) – Mattia Corso (Nel lungo periodo:
Mercanti e merci; Paesaggio agrario e paesaggio industriale; Il razzismo e l’antisemitismo) – Elena
Bignami (Nel lungo periodo: L’evoluzione dell’idea di Stato; L’Italia che si muove: le migrazioni ) –
Maurizio Onnis (Dalla Storia all’Educazione civica) – Alessandra Vigo (Dalla Storia all’Educazione
civica: Rivoluzione industriale e inquinamento; Dalle città industriali alle città sostenibili ).
Contenuti digitali
Progettazione Fabio Ferri, Lilia Cavaleri
Scrittura Silvia Sferruzza, TIWI s.r.l.
Realizzazione AAMOD, Eicon s.r.l., IMMAGINA s.r.l., Studio Voltapagina s.r.l., TIWI s.r.l.
L’editore fornisce – per il tramite dei testi scolastici da esso pubblicati e attraverso i relativi supporti – link a siti di terze parti esclusivamente per usi didattici o perché
indicati e consigliati da altri siti istituzionali. Pertanto l’editore non è responsabile, neppure indirettamente, del contenuto e delle immagini riprodotte su tali siti in data
successiva a quella della pubblicazione, distribuzione e/o ristampa del presente testo scolastico.
Per eventuali e comunque non volute omissioni e per gli aventi diritto tutelati dalla legge, l’editore dichiara la piena disponibilità.
La realizzazione di un libro scolastico è un’attività complessa che comporta controlli di varia natura. Essi riguardano sia la correttezza dei contenuti che la
coerenza tra testo, immagini, strumenti di esercitazione e applicazioni digitali. È pertanto possibile che, dopo la pubblicazione, siano riscontrabili errori e
imprecisioni. Mondadori Education ringrazia fin da ora chi vorrà segnalarli a:
Servizio Clienti Mondadori Education
e-mail servizioclienti.edu@mondadorieducation.it
numero verde 800 123 931
Adriano PROSPERI
Gustavo ZAGREBELSKY
Paolo VIOLA Michele BATTINI
Civiltà di
memoria
DALL’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI
ALLA FINE DELL’OTTOCENTO
HUB Scuola:
per una didattica
digitalmente aumentata
HUB Scuola è la piattaforma che permette a studenti e docenti di
consultare il libro digitale, esplorare le risorse multimediali
integrate nel libro e condividere i contenuti disponibili.
Percorso di
Didattica Digitale
Integrata
Immagine per la lezione,
con contenuti il ripasso,
multimediali l’approfondimento,
esplorabile in con lavori
digitale (ThingLink) di gruppo,
per un avvio Educazione civica
visivo e interattivo. e autovalutazione.
Dalla Storia
all’Educazione
civica di Gustavo
Zagrebelsky:
Educazione L’argomento della
civica integrata scheda come
nei capitoli con spunto per il
videointervista dibattito
all’autore. in classe.
VI
Fonti in intinere Storiografia con
e a fine capitolo. Storiografia a
confronto:
opinioni differenti
su uno stesso
tema.
Testi aggiuntivi in
digitale.
Ripasso attivo
e inclusivo con Laboratorio per
sintesi e mappa a l’Esame di Stato
completamento. con tutte le
Verifica con tipologie di prove,
esposizione orale scritte e orali,
e scrittura. e Bacheche online.
Un nuovo strumento per fare Storia, l’ATLANTE DIGITALE INTERATTIVO, che raccoglie oltre 300 carte di Storia
e di Geografia, con tante funzioni:
• visualizzazione a schermo intero e zoom per ingrandire;
• attivazione e disattivazione dei livelli delle legende e dei toponimi;
• confronto tra le carte;
• possibilità di scaricare le carte in formato jpg;
• lettura guidata delle carte e proposte di attività;
• geolocalizzazione per individuare su Google Maps i territori e confrontare i confini attuali con quelli del passato.
All’Atlante digitale si accede cliccando sull’icona del QR code in HUB Young o inquadrando il QR code riportato
nelle pagine del libro cartaceo.
VII
Oltre ai contenuti digitali
Indice integrativi abbinati ai
capitoli sono disponibili:
Atlante digitale interattivo
Costituzione italiana commentata
VIII
Fonti Luigi XIV e la sua corte
F1 59
I quattro articoli della Chiesa gallicana
F2 60
Storiografia Storiografia a confronto • Augusto o Nerone? 61
S1 Voltaire, Del calvinismo al tempo di Luigi XIV 61
S2 Peter Burke, Il rovescio della medaglia 62
IX
Ripasso attivo • Sintesi 126 • Mappa 127 • Verifica 128
Fonti F1 Le riforme di Pietro il Grande 129
Storiografia Storiografia a confronto • Declino o evoluzione? 130
S1 Bernard Lewis, Il tramonto dell’Impero ottomano nel XVIII secolo 130
S2 Suraiya Faroqhi, Il potere del sultano nel XVIII secolo 131
Bacheca L’assolutismo
X
3. La giustizia 185
LE FONTI • Beccaria e le riforme della giustizia 187
4. Il giurisdizionalismo 188
LE FONTI • La patente di tolleranza di Giuseppe II 190
5. I giansenisti e i gesuiti 191
6. Il deismo, i «risvegli» cristiani, la massoneria 193
7. Le riforme economiche 196
8. Verso la «monarchia amministrativa» 200
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• La pena di morte 202
Ripasso attivo • Sintesi 204 • Mappa 205 • Verifica 206
Fonti L’Illuminismo secondo Kant
F1 207
Libertà e poteri: Montesquieu
F2 208
Storiografia S1 Rolando Minuti, Illuminismi o Illuminismo? 209
XI
8 La Rivoluzione americana 242
1. Guerra di indipendenza o rivoluzione? 244
2. Le colonie inglesi d’America 245
3. I motivi di conflitto tra le colonie e la madrepatria 249
PERSONAGGI • John Smith e Pocahontas 251
4. Le tappe della Rivoluzione americana 252
LE FONTI • In vista della guerra 254
UN ALTRO SGUARDO • La partecipazione delle donne alla rivoluzione 255
5. La Costituzione degli Stati Uniti d’America 258
LA STORIA NELLE PAROLE • Confederazione e federazione 260
6. La sfida repubblicana e rivoluzionaria in Europa 261
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• I poteri esecutivo e giudiziario in Italia 264
Ripasso attivo • Sintesi 266 • Mappa 267 • Verifica 268
Fonti Le ragioni della ribellione secondo Thomas Jefferson
F1 269
La Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America
F1 270
Storiografia S1 Guido Abbattista, La Costituzione degli Stati Uniti e i fondamenti dell’antifederalismo 271
Storiografia a confronto • Libertà, democrazia e potere 272
S2 Gordon S. Wood, La Rivoluzione americana: una trasformazione radicale 272
S3 Francis Jennings, Libertà, indipendenza, espansionismo 273
XIII
3. Un costituzionalismo sotto tutela 380
4. La stampa e l’istruzione pubblica 383
5. I movimenti di opposizione alla Restaurazione 385
6. La Rivoluzione e la repressione in Spagna e in Italia 389
7. L’indipendenza dell’America Latina 394
LE FONTI • L’atto d’accusa di Simón Bolívar 396
8. L’Impero ottomano, la rivoluzione greca e il moto «decabrista» russo 397
STORIA E ARTE • Rappresentare le atrocità della guerra 401
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky • La libertà d’opinione 402
Ripasso attivo • Sintesi 404 • Mappa 405 • Verifica 406
Fonti F1 L’origine del principio monarchico secondo de Maistre 407
F2 La società segreta secondo Filippo Buonarroti 408
Storiografia S1 Vittorio Criscuolo, Il ritorno di Napoleone 409
S2 Marco Novarino, Le società segrete in Piemonte 410
XV
4 L’espansione coloniale
e la crisi degli equilibri
15 La guerra di secessione 530
1. Il sistema politico negli Stati Uniti 532
2. La «dottrina Monroe» 534
LE FONTI • Il ruolo degli Stati Uniti 535
3. Economia e governo statunitensi 538
4. Il Far West: il mito della frontiera 540
CULTURA MATERIALE E VITA QUOTIDIANA • La frontiera 541
UN ALTRO SGUARDO • La campagna contro l’Indian Removal Act 542
5. Nord e Sud in guerra 544
LA STORIA NELLE PAROLE • Guerra civile 547
LE FONTI • L’abolizione della schiavitù 548
6. Società e sistemi politici sudamericani 549
Ripasso attivo • Sintesi 552 • Mappa 553 • Verifica 554
Fonti F1 Contro la schiavitù 555
F2 Il punto di vista dei sudisti 556
Storiografia S1 Mario Del Pero, Un destino manifesto 557
S2 Bruno Cartosio, Il West dei fotografi 558
XVI
Storiografia S1 Marina Formica, Roma capitale del nuovo Stato? 599
S2 Pietro Bevilacqua, Come guardare alla «questione meridionale» 600
S3 Francesco Benigno, La «mafia» come spiegazione 601
XVII
DALLA STORIA ALL’EDUCAZIONE CIVICA di Gustavo Zagrebelsky
• Dalle città industriali alle città sostenibili 654
Ripasso attivo • Sintesi 656 • Mappa 657 • Verifica 658
Fonti La catena di montaggio secondo Henry Ford
F1 659
La prima ferrovia elettrica italiana
F2 660
Storiografia S1 Simona Colarizi, Progresso e arretratezza nella società di fine Ottocento 661
Storiografia a confronto • La Seconda rivoluzione industriale 662
S2 Simone Fari, Mobilità nella Seconda rivoluzione industriale 662
S3 Jürgen Osterhammel e Niels P. Petersson, Capitalismo mondiale e Stato nazionale 663
XVIII
Lezioni digitali:
il sillabo di Storia
0. L’Alto Medioevo
Terzo anno
1. La rinascita dell’Europa dopo l’anno Mille: 8. L’Umanesimo e il Rinascimento
agricoltura, città e commercio 9. L’Impero di Carlo V e le guerre d’Italia
2. I poteri del Basso Medioevo: Impero, papato 10. La scoperta dell’America e la nascita
e le prime monarchie nazionali degli imperi coloniali
3. L’età dei Comuni e lo scontro con l’Impero 11. La Riforma protestante
4. La crisi del Trecento 12. La Controriforma
5. L’Italia degli Stati regionali fra XIII e XV secolo 13. L’Europa nella seconda metà del Cinquecento
6. Le monarchie nazionali alla fine del Medioevo 14. La crisi del Seicento
7. L’espansione turca e la conquista di Costantinopoli 15. La guerra dei Trent’anni
Quarto anno
16. La società di Ancien régime e l’età 27. Le Americhe
dell’assolutismo 28. Industrializzazione e movimento operaio
17. La rivoluzione inglese 29. Il ’48 in Europa e in Italia
18. Verso un nuovo equilibrio politico europeo 30. Il Risorgimento e l’unificazione italiana
19. La rivoluzione industriale 31. L’unificazione tedesca e il Secondo Impero
20. L’Illuminismo 32. L’Italia dopo l’Unità
21. La rivoluzione americana 33. La guerra di secessione
22. La Rivoluzione francese 34. La Seconda rivoluzione industriale
23. La Repubblica e il Terrore 35. La nascita del movimento socialista
24. Napoleone Bonaparte 36. L’Europa alla fine dell’Ottocento.
25. Il Congresso di Vienna Imperialismo e colonialismo
26. Risorgimento italiano e moti patriottici 37. L’Italia dalla Sinistra storica alla crisi di fine secolo
Quinto anno
38. La Belle époque e la società di massa 54. L’Italia nel conflitto e la fine del fascismo
39. Le nuove potenze extraeuropee: Stati Uniti 55. La Shoah
e Giappone 56. La Guerra Fredda fino alla crisi di Cuba
40. L’Italia nell’età giolittiana 57. La Guerra Fredda fino alla caduta del Muro
41. L’Europa alla vigilia della Grande Guerra 58. La decolonizzazione
42. La Prima guerra mondiale: le cause e i primi 59. Il boom economico dell’Occidente
anni del conflitto 60. L’Italia repubblicana dal 1945 agli anni Sessanta
43. La Prima guerra mondiale: l’entrata degli Stati 61. Il ’68 e la contestazione giovanile
Uniti e la fine del conflitto 62. L’Italia dagli anni Settanta agli anni Novanta
44. I trattati di pace e il difficile dopoguerra europeo 63. La fine dell’Urss
45. La Rivoluzione russa 64. L’Unione Europea
46. L’avvento del fascismo in Italia 65. Il mondo nell’era della globalizzazione:
47. La crisi del ’29 e il New Deal lo scenario geopolitico ed economico
48. Il nazismo tedesco 66. Il mondo nell’era della globalizzazione:
49. L’Unione Sovietica di Stalin società, tecnologia e ambiente
50. L’Asia tra le due guerre: India, Cina e Giappone
51. Il fascismo negli anni Trenta
52. La Seconda Guerra Mondiale: le premesse
e l’espansione della Germania nazista
53. La riscossa degli Alleati, la Resistenza
Accedi alle lezioni digitali
e la vittoria finale
di Storia triennio
XIX
1 L’Europa tra
potere assoluto
e potere
parlamentare
1 Le rivoluzioni
inglesi del Seicento
La rivoluzione inglese
Il 30 gennaio 1649, a Londra, veniva eseguita la condanna a morte, per decapitazione, del
re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda: Carlo I Stuart. Si trattava di un evento senza preceden-
ti che rappresentò il culmine di una complessa fase della guerra civile: la decapitazione
Esplora l’immagine del re assestava un duro colpo all’assolutismo monarchico e preparava il terreno per la
interattiva nascita di una monarchia parlamentare.
3
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
4
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
colo per la sicurezza dello Stato. Il colpo di grazia alla causa cattolica fu però dato
dalla scoperta della cosiddetta «congiura delle polveri». Nel 1605 trentasei barili
di polvere furono nascosti da un gruppo di fanatici cattolici nei sotterranei del pa-
lazzo del Parlamento, a Westminster, con lo scopo di far saltare in aria il re, la sua
famiglia e tutti i membri del Parlamento il giorno della solenne seduta inaugurale.
Solo per caso la congiura fu sventata in tempo e gli autori cattolici del complotto
furono ricercati, scoperti e giustiziati.
I puritani, da parte loro, ponevano problemi di diverso tipo, perché il pensiero
calvinista aveva prodotto un vivace spirito democratico. Le assemblee, che eleg-
gevano i propri pastori, rifiutavano ogni forma di gerarchia, mentre si faceva stra-
da l’idea che i sudditi avessero il diritto di ribellarsi contro il potere del principe,
qualora si rivelasse un tiranno.
Il sovrano, all’inizio, incontrò i calvinisti, ma si alienò definitivamente il loro
sostegno quando affermò che la gerarchia ecclesiastica di nomina regia era es-
senziale per la conservazione della monarchia e cercò di estendere la Chiesa an-
glicana alla Scozia, urtando così anche i princìpi democratici della Chiesa pre-
sbiteriana locale.
In ragione di questi contrasti vi fu una ripresa delle persecuzioni religiose che
sollecitò una sostanziosa ondata migratoria: tra i primi a fuoriuscire dall’Inghil-
terra furono i Padri Pellegrini, membri di una Chiesa separatista inglese, che, in
cerca di un luogo dove manifestare liberamente la loro fede, nel 1620 a bordo del-
la «Mayflower» si diressero verso l’America del Nord e vi fondarono la colonia di
Plymouth (Massachusetts).
I membri
della congiura
delle polveri.
Incisione di Crispijn
van de Passe del 1605.
Leggi l’immagine
• Osservate la
gestualità e gli
sguardi dei soggetti
ritratti: descriveteli
e spiegate cosa
stanno facendo.
• Svolgete una ricerca
sulla tradizione
inglese del Bonfire
mettendola in
relazione con
l’attentato del 1605.
• Alla figura di Guy
Fawkes s’ispira
il fumetto V per
Vendetta di Alan
Moore. Cercatene la
trama ed evidenziate
il collegamento fra il
cospiratore cattolico
e il tema del fumetto.
5
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
6
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
7
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
In questa congiuntura economica favorevole ebbe parte attiva anche una classe
tendenzialmente conservatrice come la grande nobiltà terriera. L’aristocrazia co-
minciò infatti a investire le proprie rendite fondiarie per acquistare navi, manifat-
ture, miniere. Il filosofo Francesco Bacone (1561-1626) scrisse di un nobile inglese
del suo tempo che «amministrava i più vasti interessi che un uomo possa avere:
grande allevatore di bestiame, grande proprietario di pascoli, di boschi e di campi
di grano, grande proprietario di miniere di carbone, di piombo e di ferro e di altre
consimili attività economiche […]».
Proprio per effetto dei mutamenti sociali provocati dall’impetuoso sviluppo eco-
nomico del Paese, il Parlamento vide crescere la propria importanza.
8
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
9
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
10
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
dizionali imponevano che non si potessero esportare lane inglesi non lavorate per
tutelare il lavoro degli artigiani inglesi, ma il re concesse sempre più spesso per-
messi speciali a questo o a quel nobile per esportare determinate quantità di panni.
Ma nonostante il re elargisse in continuazione uffici e benefici ai nobili, il con-
senso nei suoi confronti non accennò ad aumentare. Tutti, anzi, erano scontenti: i
commercianti e gli artigiani nei confronti dei nobili, la piccola nobiltà nei confronti
dei Pari, i Pari nei confronti dei favoriti del re.
La risposta di Carlo I fu inadeguata anche rispetto ai problemi di ordine reli-
gioso. L’estensione del rito anglicano, per legge sovrana, anche agli scozzesi (che
erano in maggioranza presbiteriani) creò infatti una nuova, gravissima frattura: la
Scozia, dopo essersi riunita in un patto nazionale (il National Covenant), si preparò
allo scontro militare contro l’Inghilterra (1639). Per affrontarlo, occorreva denaro
e Carlo I fu quindi costretto, nell’aprile del 1640, a convocare il Parlamento.
11
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
12
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
La vigilia della
battaglia di Edge Hill.
Il re inglese Carlo I
(al centro con indosso
la fascia blu dell’Ordine
della Giarrettiera) ritratto
prima della battaglia,
in un dipinto rievocativo
di Charles Landseer
del 1845. Liverpool,
Walker Art Gallery.
Carlo I, capo della Chiesa anglicana, fa arrestare i suoi il popolo di Londra insorge a difesa
oppositori in Parlamento, approfittando della rivolta degli oppositori: il re lascia la città e ha
dei cattolici in Irlanda (1641) inizio la guerra civile (agosto 1642)
13
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Territori controllati
dalle forze monarchiche
Territori controllati
dalle forze parlamentari
Esplora i luoghi
e lavora con le Principali battaglie
carte dell’Atlante Newcastle Movimento
dei Diggers (1649)
digitale interattivo
Rivolte
Lancaster dei Levellers (1647-49)
Mare
REGNO d’Irlanda Leeds York
D’IRLANDA Hull
Preston Manchester
Chester Lincoln
Nottingham Mare
Derby Boston del Nord
Leggi la carta
Leicester
• Osservando la carta, Norwich
quale schieramento Birmingham
Naseby
appare in netto Cambridge
vantaggio? Pembroke Oxford Ipswich
• In quali località Bristol Londra
avvennero le Canterbury
Langport
principali battaglie? Exeter Southampton
Brighton Dover
• Dove agirono in Lyme Regis Portsmouth
particolare Diggers Plymouth REGNO
e Levellers? Canale della Manica DI FRANCIA
14
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
15
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
il Parlamento istituisce
Carlo I viene decapitato
la Repubblica unita di
1649 e il Parlamento dichiara
Inghilterra, Irlanda e Scozia
abolita la monarchia
(o Commonwealth)
16
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
Leggi l’immagine
• Osservate la scritta
sulle pareti, in
olandese a sinistra
e in inglese a destra:
«Questa casa è in
prestito». A che cosa
allude? Spiegatene
il significato in
riferimento al
contesto storico.
• Cercate in rete
foto recenti delle
due Camere del
Parlamento inglese
e confrontatele con
quella raffigurata qui,
facendo attenzione
all’organizzazione
degli spazi. Che
cosa notate?
17
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
LESSICO Fu la fine della fase esplosiva e profetica della rivoluzione; ma l’eredità delle
Quaccheri sette e gli entusiasti che volevano modellare il mondo secondo la giustizia radica-
Setta radicale
protestante fondata in le del Vangelo, come i quaccheri, avrebbero alimentato per secoli l’idea democra-
Inghilterra nel 1652 da tica dell’uguaglianza naturale degli uomini e del loro diritto a partecipare alla vita
George Fox (1624-91), politica senza discriminazioni tra ricchi e poveri.
improntata a una
sorta di misticismo
evangelico; i quaccheri La fine della Repubblica e le tensioni internazionali
rifiutavano ogni Nel 1653 l’esercito – unica vera forza costituita in Inghilterra – varò un nuovo di-
gerarchia, comprese le
gerarchie ecclesiastiche segno costituzionale, l’Instrument of Government, che fece di Cromwell il Lord pro-
e religiose, e credevano tettore della Repubblica, assistito da un Parlamento eletto su basi censitarie (ossia
nell’uguaglianza di tutti poteva votare solo chi deteneva una certa ricchezza). Tuttavia, entrato in conflitto
gli uomini. Secondo loro,
l’uomo poteva aspirare con i più intransigenti repubblicani, che non accettavano il suo potere personale,
alla propria salvezza Cromwell nel 1655 sciolse anche questo Parlamento, instaurando una dittatura
attraverso l’esperienza personale. Il Parlamento, però, dovette essere di nuovo riunito nel 1657 per l’ur-
di una «luce interiore»,
ovvero della presenza di
genza di una guerra contro la Spagna e per la conseguente esigenza di votare le
Dio che si manifestava tasse necessarie a sostenere le spese del conflitto. In questa occasione la frattura
in un tremito di religioso tra l’ala moderata, che invitò Cromwell ad assumere ufficialmente il titolo di re, e
fervore, da cui il termine
quackers («tremolanti»)
quella dei repubblicani e dell’esercito costrinse Cromwell a elaborare un nuovo or-
con il quale vennero dinamento: il titolo di Lord protettore divenne ereditario, ma venne restaurata la
spregiativamente Camera dei Pari con i relativi privilegi, molto criticati dai Livellatori.
chiamati.
Mentre consolidava il suo potere all’interno del Paese, Cromwell aprì un con-
flitto esterno, promulgando, nel 1651, l’Atto di navigazione, in base al quale le
merci dirette in Inghilterra dovevano essere trasportate o su navi inglesi o su na-
vi dei Paesi produttori. Era una misura protezionistica rivolta chiaramente contro
l’Olanda per salvaguardare gli interessi marittimi e navali inglesi.
La battaglia L’Atto, effettivamente, mise in crisi le attività di trasporto marittimo che gli olan-
di Livorno (14 marzo desi svolgevano per conto di terzi e per le quali erano chiamati «carrettieri del ma-
1653), in cui la flotta
inglese fu sconfitta re». Ne scaturì la prima guerra dell’Atto di navigazione (1652-54): l’Olanda fu scon-
dagli olandesi. fitta e dovette accettare le condizioni inglesi. Dopo un secondo conflitto, scoppiato
Dipinto di Johannes nel 1665 e conclusosi nel 1667, l’Olanda dovette rinunciare anche alla colonia di
Lingelbach
del 1660. Amsterdam, Nuova Amsterdam, fondata sulle coste atlantiche del continente americano, che
Rijksmuseum. gli inglesi ribattezzarono, prendendone possesso, New York.
18
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
Storia e Filosofia
Il Leviatano di Hobbes teorie illuministe – di cui si parlerà nel capitolo 6 – e
primo teorico del pensiero liberale.
e il «governo civile» di Locke In virtù di una diversa concezione della natura umana,
nel pensiero di Locke gli individui mettono nelle ma-
Il giusnaturalismo ni dello Stato i diritti il cui esercizio potrebbe nuocere
Nel XVII secolo si profila una precisa corrente filosofi- ai propri simili. Consequenziali a questo presupposto
co-giuridica fondata su due princìpi: l’esistenza di un sono da un lato la salvaguardia dei diritti naturali e im-
diritto naturale – proprio della natura umana e quindi prescindibili – alla vita, alla libertà, alla proprietà, frutto
ritenuto giusto di per sé – sulla base del quale deve del lavoro di ogni individuo – dall’altro la necessità di
essere modellato il diritto positivo (le leggi prodotte limitare le prerogative e le funzioni dello Stato. Dunque,
dagli esseri umani). Questa corrente è detta giusnatu- secondo Locke, il potere statale si configura tutt’altro
ralista, nome derivato dalla locuzione latina ius naturae che in modo assoluto, essendo soggetto al giudi-
(il diritto naturale), e i suoi primi teorici furono Alberico zio del popolo, che conserva la facoltà di rovesciare
Gentili e Ugo Grozio. il governo nel caso in cui si allontani dal suo legittimo
operato con azioni tiranniche.
Il Leviatano di Hobbes Nel 1689 John Locke pubblicava i Due trattati sul go-
Thomas Hobbes (1588-1679) fu il massimo teoriz- verno. In quello stesso anno, dopo aver rovesciato la
zatore dell’assolutismo monarchico in Inghilterra. Egli monarchia di Giacomo II Stuart e chiamato a gover-
denominò «Leviatano» lo Stato assoluto e ne parlò nel- nare Guglielmo III d’Orange, il Parlamento inglese fe-
la sua opera più famosa Leviatano, ossia la materia, ce firmare al nuovo sovrano il Bill of Rights ( ▶ par. 6).
la forma e il potere di uno Stato ecclesiastico e civile I due trattati di Locke costituiscono il fondamento te-
(1651). Leviatano è il nome biblico di un mostro mari- orico del Bill of Rights.
no, con forma di serpente, che fu utilizzato da Hobbes L’opera si compone di due parti: nella prima veniva
a indicare una moltitudine di individui riuniti a formare confutata la tesi secondo cui il diritto divino deriva da
un’unica persona. Così viene rappresentato nella pri- Adamo e dai patriarchi; la seconda parte, Il secondo
ma edizione del libro, come un gigante con una coro- trattato sul governo. Saggio concernente la vera origi-
na sulla testa che tiene la spada con la mano destra, ne, l’estensione e il fine del governo civile, fu quella più
il pastorale con la sinistra, a ricordare che in lui sono nota, più tradotta e costituì la base del pensiero libe-
uniti il potere temporale e quello spirituale. rale. In essa Locke formulava le sue teorie sullo Stato.
La concezione dell’umanità di Hobbes è una concezio-
ne pessimistica secondo cui gli esseri umani tendono
ad appropriarsi di tutto ciò che desiderano esercitando Collega e confronta
la violenza. Lo Stato rappresenta dunque il contratto 1. Cerca online il frontespizio del Leviatano:
sociale che permette agli esseri umani di uscire dalla osservando l’immagine, identifica i principali
continua belligeranza tra loro al fine di ottenere sicu- simboli del potere e spiegane il significa-
rezza e pace. Lo Stato, pertanto, domina e controlla gli to per iscritto; con l’aiuto dell’insegnante,
individui attraverso un potere assoluto e irrevocabile approfondisci il significato delle immagini
che deriva dalla rinuncia degli individui ai propri diritti riportate nella parte inferiore.
naturali. Il potere assoluto teorizzato da Hobbes non 2. A chi appartiene la sovranità oggi nella
ha dunque origine divina ma sgorga dal patto che gli Repubblica italiana? Leggi l’articolo 1 della
esseri umani stringono tra loro. Nelle teorie di Hobbes Costituzione italiana e mettilo a confronto
con le posizioni di Hobbes e Locke. A quale
si profila la guida dello Stato anche nello sviluppo eco-
delle due il testo costituzionale sembra
nomico: questo elemento in particolare verrà ripreso essere più affine? Quale invece appare in
dalle teorie mercantiliste ( ▶ cap. 3, par. 8). contraddizione?
3. Esistono ancora Stati nel mondo che posso-
Il «governo civile» di Locke
no dirsi governati da un “sovrano assoluto”?
Se per Hobbes l’essere umano è, per sua natura, do- Svolgi una ricerca e realizza in gruppo una
minato da passioni egoistiche, più ottimistica è la vi- presentazione in cui esponi i risultati, citan-
sione di John Locke (1632-1704), promotore delle do le fonti da cui hai tratto le informazioni.
19
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
20
Le rivoluzioni inglesi del Seicento | 1 |
ma di essere proclamati e consacrati. Era una svolta decisiva: nasceva una nuova
forma di monarchia, detta parlamentare, nella quale il sovrano accettava di go-
vernare sotto il controllo del Parlamento, rinunciando definitivamente a ogni ten-
tazione assolutistica.
In ultima analisi, in mezzo secolo di fermento rivoluzionario si sovrapposero le
istanze di un mondo popolare, deciso a rovesciare l’ordine sociale, e quelle di un
complesso mondo mercantile e nobiliare, che alla rivoluzione chiedeva la possibi-
Ripassa la lezione lità di imporre il proprio ordine.
con la presentazione Lo storico Christopher Hill (1912-2003) ha osservato acutamente che nell’In-
L’Inghilterra tra due
rivoluzioni e costruisci ghilterra del Seicento ebbero luogo due rivoluzioni. Una, quella dei possidenti, ri-
una mappa in cui metti sultò vittoriosa: affermò i sacri diritti della proprietà (abolendo le proprietà feu-
in relazione: dali e le tassazioni arbitrarie) e conferì il potere politico ai ceti abbienti (sovranità
• la politica
assolutistica
del Parlamento e della Common Law, abolizione delle prerogative della Corona).
di Carlo I; L’altra rivoluzione – quella auspicata da gruppi come i Livellatori o gli Zappatori
• le iniziative politiche – non scoppiò mai apertamente, ma costituì una minaccia sempre incombente: se
e militari di Oliver
Cromwell;
avesse prevalso, avrebbe potuto condurre all’istituzione della proprietà comune e
• Guglielmo d’Orange di una democrazia radicale. La Gloriosa rivoluzione sancì non solo la vittoria del
e la monarchia Parlamento sul potere monarchico, ma anche l’affermazione della prima di queste
parlamentare.
rivoluzioni sulla seconda.
Guglielmo III.
Ritratto del re
d’Inghilterra Guglielmo
III, di Thomas Murray,
1691 circa. Londra,
National Portrait Gallery.
Dalla Storia all’Educazione civica
italiano all’autore
Approfondisci con
la Costituzione
di Gustavo Zagrebelsky commentata
23
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
24
Ripassa con la mappa concettuale
IL SEICENTO INGLESE
vide i regni di
e e attuò il
dittatura personale ...............................................
............................................... e l’instaurazione
della
tra
............................................
parlamentare
puritani, «......................»,
re, Chiesa anglicana,
gentry, borghesia e
cattolici e
artigiani (guidati da
«.....................................»
Cromwell)
conclusasi con la
• ...................... di Carlo I
• abolizione della monarchia
• istituzione del ......................
25
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
26
Fonti e Storiografia
FONTI Il dibattito sul suffragio universale
F1 Nel 1647 si discusse sull’assetto costituzionale da dare alla nazione dopo la sconfitta
di Carlo I e in particolare sul suffragio. I Livellatori ne chiedevano l’estensione quasi a
tutti i cittadini, ma Cromwell, preoccupato dalla possibilità di una deriva egualitarista,
li mise a tacere con la forza. Nel brano seguente, Rainborough esprime il punto di vi-
sta dei Livellatori, Ireton quello dei moderati.
Rainborough: Io penso veramente che l’essere più povero che vi sia in Inghilterra ha una
vita da vivere quanto il più grande e perciò, signore, credo sia chiaro che ogni uomo il
quale ha da vivere sotto un governo debba prima col suo consenso accettare quel gover-
no; e ritengo che l’uomo più povero in Inghilterra non sia affatto tenuto a rigore a obbe-
dire a quel governo che egli non ha avuto alcuna voce nel creare; e son sicuro che, quan-
do avrò ascoltato le ragioni in contrario, a quelle ragioni vi sarà chi risponda, in quanto
che dubiterei che sia un inglese chi dubitasse di queste cose.
Ireton: Penso che nessuna persona abbia diritto a una partecipazione nell’ordinamento de-
gli affari del paese, a determinare o a scegliere coloro che determineranno da quali leggi
dobbiamo essere governati in questo paese – nessuna persona ha diritto a ciò, la quale
non abbia un interesse permanente fisso in questo paese 1. Solo quelle persone, riunite
insieme, sono propriamente i rappresentanti di questo paese e, per conseguenza, anche
coloro che devono creare i rappresentanti del paese, le quali nel loro insieme compren-
dono tutti gli interessi reali e permanenti del regno. Altrimenti sono sicuro che non sa-
prei dire perché un forestiero che venga tra noi, o tutti coloro che vengono tra noi, mossi
dalla necessità o dal desiderio di stabilirsi qui, perché essi non potrebbero rivendicare
ugualmente lo stesso diritto di qualsiasi altro. […]
Rainborough: Sinceramente, signore, rimango della stessa opinione di cui ero, e son deciso
a conservarla finché non vedo perché dovrei cambiare idea. Nulla di quello che ho sen-
tito può convincermi del perché un uomo nato in Inghilterra non dovrebbe avere il voto
nell’elezione dei deputati. Si dice che, se un uomo non ha un interesse permanente, non
può averne il diritto; e che non dobbiamo avere più libertà di quanto ce ne concedano
le leggi, e che non esiste legge in nessun documento che ci consenta di essere più liberi
di quel che siamo adesso. […] Non trovo nessun passo nella legge di Dio che affermi che
1 interesse … paese: un Lord debba scegliere venti deputati e un gentiluomo soltanto due, e un povero nes-
Cioè sia proprietario. suno: non trovo nulla di simile nella “legge di natura” né nella “legge delle nazioni” 2. […]
2 Non trovo … “legge
Ireton: La cosa principale su cui insisto è che vorrei si avesse riguardo alla proprietà. […]
delle nazioni”: La
legge di natura è il Poiché qui si tratta della parte più fondamentale della costituzione del regno, se soppri-
diritto naturale, un diritto mete la quale, sopprimete con essa ogni cosa. Essa stabilisce che uomini di una certa qua-
non scritto, che deve lità devono essere gli elettori dei deputati al Parlamento, e sono tutti coloro che hanno
costituire l’ispirazione
per il diritto positivo, un interesse permanente nel regno e che, presi insieme, comprendono tutti gli interessi
il diritto delle nazioni. permanenti e locali del regno.
(cit. in Puritanesimo e Libertà. Dibattiti e Libelli, a cura di V. Gabrieli, Einaudi,
Torino 1956, pp. 67, 73-75)
COMPRENDERE 1. Secondo Rainborough, che cosa dovrebbe ottenere un governo prima di preten-
dere l’obbedienza cieca dei suoi sudditi?
2. Che cosa intende Ireton con «interesse» nel suo discorso?
INTERPRETARE 3. Quali i timori si possono leggere nelle parole di Ireton?
VALUTARE 4. In Italia, tutti i cittadini e le cittadine della Repubblica possono esprimere il pro-
prio voto: a partire da quale momento storico è stato introdotto? In che modo
uno straniero può accedere al diritto di voto oggi in Italia?
27
Fonti e Storiografia
E quindi i suddetti Lords spirituali e temporali, e i Comuni [...] ora riuniti in un organo
pienamente e liberamente rappresentativo di questa nazione, [...], in primo luogo (come
hanno fatto in casi simili in genere i loro antenati) per l’asserzione dei loro antichi diritti
e libertà, dichiarano:
1. Che il preteso potere di sospendere dalle leggi o dall’applicazione delle leggi, per auto-
Leggi in digitale rità regia, senza consenso del Parlamento, è illegale.
il testo Il «patto»
2. Che il preteso potere di dispensare dall’osservanza delle leggi e dall’esecuzione delle leg-
dei Livellatori, in
cui si affermano i gi, per autorità regia, come è stato fatto di recente, è illegale.
princìpi alla base del 3. Che la commissione per costituire una Corte dei commissari per cause ecclesiastiche e
sistema di governo ogni altra commissione o corte di simile natura sono illegali e dannose.
democratico. 4. Che la raccolta di denaro a uso della Corona, sotto pretesto di prerogativa, senza con-
• Rileggi il passo
estratto dal Bill cessione del Parlamento, per un periodo più lungo, o in modi diversi da quelli da esso fis-
of Rights e mettilo sati, è illegale.
a confronto con 5. Che è diritto dei sudditi rivolgere petizioni al re, e ogni arresto e processo per questo
Il «patto» dei sono illegali.
Livellatori. Esponi,
in forma scritta,
6. Che radunare o mantenere un esercito permanente nel regno in tempo di pace, senza il
quali diritti erano consenso del Parlamento, è illegale.
sanciti dal primo 7. Che i sudditi protestanti possono tenere armi per la propria difesa secondo le proprie
documento e condizioni e come è consentito dalla legge.
quali invece
8. Che le elezioni dei membri del Parlamento devono essere libere.
erano previsti
dal secondo; 9. Che la libertà di parola e i dibattiti o i procedimenti in Parlamento non debbono esse-
rifletti, infine, sulle re posti sotto accusa o contestati in nessun tribunale o luogo al di fuori del Parlamento.
profonde differenze 10. Che non devono essere chieste cauzioni eccessive né imposte ammende eccessive, né
fra i due testi.
inflitte punizioni crudeli e insolite.
11. Che i giurati devono essere nominati regolarmente e che i giurati che processano uo-
mini per alto tradimento devono essere freeholders 1.
1 freeholders: liberi 12. Che ogni concessione e promessa di ammende e confische di persone singole prima
proprietari. della sentenza di colpevolezza sono illegali e nulle.
(da G. Garavaglia, Società e rivoluzione in Inghilterra, Loescher, Torino 1978, pp. 213-216)
COMPRENDERE 1. Ritieni che l’autorità del re, dopo l’approvazione del Bill of Rights, possa ancora
dirsi «assoluta»?
2. Riassumi i diritti ottenuti dal Parlamento, stabiliti dal Bill of Rights.
3. Perché «radunare o mantenere un esercito permanente nel regno in tempo di
pace» rappresenta per il Parlamento un eventualità da scongiurare (art. 6)?
Quali conseguenze porta con sé sia sul piano economico sia su quello dell’ordine
sociale?
INTERPRETARE 4. Nell’art. 2 del testo, si fa cenno a fatti storici che hanno visto il sovrano non ri-
spettare la legge o la loro esecuzione: a quali eventi della storia inglese si allude?
VALUTARE 5. La libertà di espressione è affermata con grande chiarezza negli articoli 5 e 9
del Bill of Rights. Che cosa afferma a tal proposito la Costituzione italiana? Con
l’aiuto dell’insegnante, rintraccia gli articoli che disciplinano questo tema nella
Carta costituzionale e cerca di capire anche quali sono i limiti che s’impongono
alla libertà di parola, riflettendo ad esempio sul reato di diffamazione.
28
Le rivoluzioni inglesi del Seicento 1
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO I tanti volti della rivoluzione
Le cause della rivoluzione inglese sotto la lente degli storici
Gli storici hanno fornito interpretazioni della rivoluzione inglese talvolta contra-
stanti: si è trattato di uno scontro fra classi sociali diverse? O le cause profonde
della rivoluzione devono essere rintracciate nell’incapacità della monarchia di far
fronte alla crisi economica e delle istituzioni politiche? I tre brani proposti degli
studiosi Arthur Leslie Morton, Lawrence Stone e Conrad Russell provano a rispon-
dere, da punti di vista differenti, a questi interrogativi.
Il carattere fondamentale della rivoluzione inglese, reso oscuro da lungo tempo sia dagli
storici «whig» e «tory» che da quelli anglicani e non conformisti sta diventando, infine,
abbastanza chiaro. Essa fu una rivoluzione borghese, nel corso della quale la nuova classe
dei capitalisti distrusse la macchina dello Stato feudale al cui centro stava la monarchia e
si affermò come classe dominante nella società inglese. […]
In questa lotta le linee di classe in cui l’Inghilterra era divisa sono oggi non meno chiara-
mente visibili di quanto lo fossero agli uomini del tempo. La natura della divisione appare
in primo luogo nel suo aspetto geografico. Il parlamento aveva l’appoggio dell’est e del sud,
zone ricche e relativamente sviluppate, e di quasi tutte le città di qualche importanza, mentre
il re controllava le zone retrograde del nord e dell’ovest, dove il feudalesimo era più forte. […]
Generalmente il re aveva l’appoggio della nobiltà, e probabilmente della maggioranza
della borghesia terriera […]. Costoro, con i loro fittavoli e i loro servi, costituivano la base
per la formazione di un esercito effettivo già pronto. Il parlamento aveva l’appoggio della
parte «progressiva» della nobiltà e della borghesia terriera, dei mercanti, delle classi mani-
fatturiere e professionali. È chiaro che, quali che fossero gli slogans sotto i quali la guerra
civile venne combattuta, essa fu essenzialmente una guerra di classe. […]
Di conseguenza due partiti cominciarono a formarsi nel campo rivoluzionario. [...] quello
dei presbiteriani, era il partito dei proprietari terrieri e dei grandi mercanti. [...] L’altro, quello
degli indipendenti, riuniva a quell’epoca, oltre a frazioni della borghesia terriera e delle classi
superiori urbane, i contadini piccoli proprietari, gli artigiani [...]. Guidati da Cromwell essi
impostarono una lotta per allontanare i capi dell’ala destra e per creare un nuovo esercito
rivoluzionario. Essi raggiunsero entrambi questi obbiettivi e l’esercito di tipo nuovo diventò
non solo lo strumento di una completa vittoria militare ma anche una palestra di educazione
politica e la base principale per il partito della estrema sinistra che andava prendendo forma.
(da A.L. Morton, Come la borghesia conquistò il potere, in Saggi sulla costituzione inglese del 1640,
a cura di C. Hill, Feltrinelli, Milano 1971, pp. 241-257)
29
Fonti e Storiografia
Senza dubbio la rivoluzione non fu una guerra dei poveri contro i ricchi; uno dei suoi aspet-
ti più caratterizzanti fu infatti la passività quasi totale delle masse rurali, dei copyholders 1
e dei braccianti agricoli. Diversamente da quanto accadde con le rivolte contadine durante
la rivoluzione russa o quella francese (e anche nella Francia e nella Russia del XVII secolo),
fra il 1640 e il 1660 in Inghilterra i poveri rurali mantennero quasi tutti un atteggiamento
neutrale. Nel 1640-42, numerose recinzioni furono abbattute da contadini in rivolta, che
agivano in base al presupposto – non ingiustificato – di «approfittare di questi tempi» di
parziale crollo del governo, «nel caso non ritornino più». […]
Anche i salariati nelle città furono altrettanto passivi, persino a Londra. D’altro canto, però,
non v’è dubbio che un gradino appena più in su sulla scala sociale, tra i piccoli freeholders
e yeomen 2 nelle campagne, e tra gli artigiani, gli apprendisti e i piccoli bottegai nelle città,
vi fu una spiccata tendenza a schierarsi dalla parte del Parlamento. Ma le ricche oligarchie
mercantili delle città si mantennero prudentemente ed egoisticamente neutrali, o altrimenti
passarono dalla parte del re, protettore e patrono dei loro privilegi politici ed economici. […]
Anche la gentry 3 fu neutrale o divisa, senza che la divisione seguisse in modo marcato le
differenze di ricchezza. […]
Un’ipotesi più promettente sulla suddivisione della gentry all’epoca della rivoluzione so-
stiene che la gentry più attenta al denaro, più intraprendente e imprenditoriale (cioè bor-
ghese) si schierò in genere con il Parlamento, mentre quella paternalistica, conservatrice,
rentier 4 (cioè feudale) si schierò in genere con il re. È un’idea affascinante, ma allo stato
1 copyholders: attuale delle cose non c’è uno straccio di dato che la confermi. […]
proprietari terrieri. Riassumendo, dunque, le uniche conclusioni sociologiche che sembrano plausibili in me-
2 freeholders rito alle prime fasi della guerra sono una marcata tendenza degli yeomen nelle campagne e
e yeomen: piccoli
proprietari e coltivatori dei ceti medi nelle città a schierarsi dalla parte del Parlamento, e una, molto meno marcata,
diretti. dell’aristocrazia e delle oligarchie mercantili a schierarsi con il re. A quando risulta nessuna
3 gentry: piccola delle polarizzazioni del tipo feudale-borghese, datore di lavoro-salariato, ricco-povero, in
nobiltà.
4 rentier: che vive ascesa-in decadenza, gentry di contea-gentry di parrocchia, trova riscontro in quanto effet-
di rendita. tivamente accadde nei primi anni 1640.
(da L. Stone, Le cause della Rivoluzione inglese. 1529-1642, Einaudi, Torino 1982, pp. 66-68)
30
Le rivoluzioni inglesi del Seicento 1
Come ha detto Collinson 1, dobbiamo evitare «il dannoso errore di scrivere la storia di quel-
la chiesa assumendo la dicotomia anacronistica di un anglicanesimo di cui non si aveva
ancora alcuna idea precisa e di un puritanesimo estraneo (alla natura dell’anglicanesimo)
che non era ancora stato sconfessato». Questa messa a punto ci ha però messo in impiccio
e cioè ci ha costretto a chiederci in che modo si possa utilizzare il termine «puritano». […]
In generale gli storici hanno per ora mostrato la tendenza ad attenersi ad una defini-
zione larga del «puritanesimo»: una definizione che implica la convinzione che esso fos-
se una componente importante dell’ortodossia. Se adottiamo questa definizione ampia, ci
troveremo d’accordo con Collinson, nel non vedere più alcun nesso necessario tra «puri-
tanesimo e rivoluzione». E dovremmo allora essere d’accordo con lui nel pensare che «il
puritanesimo nell’ambito sociale fu tanto una forza di stabilizzazione quanto una forza di
rivoluzione e di trasformazione». […]
La vanificazione del supposto nesso tra «puritanesimo e opposizione» è un’operazione
che si è venuta a fondere con un altro grande fronte su cui si svolge il dibattito storiogra-
fico: la riconsiderazione della politica attuata dal Parlamento nella prima parte del Seicen-
to. Il lavoro storico mirante alla suddetta riconsiderazione va oggi sotto il nome di «revi-
sionismo». Il mio articolo apparso su «History» nel 1976 2, che ha dato il via al dibattito
in questione, mirava a sostenere due cose. La prima era che il modello «a due partiti», se
applicato alla politica del primo Seicento, risultava errato: infatti quanti professavano opi-
nioni opposte non si coagulavano in due gruppi organizzati, di cui uno aveva come fulcro
il Parlamento e l’altro il Consiglio privato 3. Tutte le questioni su cui il paese si divideva, di-
videvano anche il Parlamento e i membri del Consiglio privato.
La seconda cosa che quell’articolo volle dimostrare è che il conflitto in atto in Inghilter-
ra prima del 1629 non era un conflitto per il «potere» che vedesse contrapposti il re e il
1 Collinson: Patrick
Parlamento: oggetto dell’azione politica fu allora sempre, quali che fossero i bracci di ferro
Collinson (1929-2011), che si pensavano necessari, quello di persuadere il re. Non ci fu nell’Inghilterra del primo
storico inglese che Seicento una «lotta per la sovranità». […]
si è occupato di
Tutti gli studi che abbiamo ricordato ci impongono però il compito di dare una nuova
Inghilterra elisabettiana
e puritanesimo. spiegazione della Guerra Civile. Se non si trattò di una rivoluzione puritana; se non fu il ri-
2 Il mio articolo … sultato di una spaccatura profonda che si era prodotta nella società inglese; se non fu una
1976: L’articolo di
lotta per la sovranità, che cosa fu mai?
cui parla Russell è
Parliamentary History Ebbene, fu, tra l’altro, in modo chiaro un conflitto che ebbe come oggetto la religione.
in Perspective, […] Ma vedere la Guerra Civile come un conflitto sulla religione va perfettamente d’accordo
1604-1629. con l’abbandono della credenza che sia esistita una «opposizione puritana»! [...]. Si trattò
3 Consiglio privato:
Consiglio privato soprattutto di uno sfascio del governo del paese al centro (del potere) e allora, se ne voglia-
del sovrano. mo conoscere le cause, è al centro che dobbiamo guardare.
(da C. Russell, Alle origini dell’Inghilterra moderna. La crisi dei parlamenti 1509-1660,
il Mulino, Bologna 1988, pp. 7-18)
31
2 L’assolutismo nella
Francia del Re Sole
L’Europa tra assolutismo e parlamentarismo
Negli stessi anni in cui l’Inghilterra si avviava sulla strada della trasformazione della mo-
narchia assoluta in parlamentare, la Francia metteva a tacere le rivendicazioni parlamen-
tari e nobiliari e vedeva l’ascesa di un re, Luigi XIV, deciso a percorrere la via dell’assolu-
Esplora l’immagine tismo in ogni aspetto del suo lungo regno.
interattiva
La Francia del Seicento e il trionfo dell’assolutismo
Il regno del Re Sole si distinse per il vasto programma di riforme politiche, economiche,
Il simbolo del religiose e culturali; si trattava di un progetto ambizioso che segnò un deciso rafforza-
Re Sole sulla Grille
Royale della reggia mento della corona in ogni campo ai danni di nobiltà e parlamenti locali, e che consacrava
di Versailles. Luigi XIV come uno degli interpreti di spicco dell’assolutismo seicentesco.
• Sulla base della tua esperienza e delle GUARDA il video Luigi XIV
tue conoscenze, sapresti darne una 1. Uno Stato costruito su solide basi
definizione? ▶ p. 34
• Cerca sul dizionario i significati di queste 2. Mazzarino e le Fronde ▶ p. 36
parole e per ognuna scrivi una frase. 3. Luigi XIV e il rafforzamento della monarchia
▶ p. 38
2. Nella fotografia, è ripreso un particolare 4. L’esercito e le finanze ▶ p. 43
significativo della grande cancellata, detta 5. La politica culturale e religiosa dello Stato
Grille royale, che separa due aree della reggia ▶ p. 46
di Versailles, la cour d’Honneur e la cour Royale; 6. Le guerre di Luigi XIV ▶ p. 52
originariamente fu commissionata da Luigi XIV
e raffigura alcuni dei simboli più noti del potere ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
monarchico francese: il sole, il giglio e la mano dell’Atlante digitale interattivo
di giustizia. Aiutandoti con un’enciclopedia onli-
RIASSUMI i concetti-chiave con
ne, ricercane il significato simbolico.
la presentazione L’Europa nell’età
3. La Grille royale, che è possibile apprezzare visi- dell’assolutismo:
tando Versailles, è in realtà una copia di recente – la politica economica e il colbertismo;
fabbricazione (2005-2008), poiché l’originale – l’espansione coloniale e la politica estera
fu smantellata durante la Rivoluzione francese. europea;
Tale iniziativa, finanziata in gran parte con con- – le riforme amministrative e l’accentramento
tributi privati, è stata però fortemente criticata dei poteri.
e definita addirittura come un atto di “vandali-
smo ufficializzato”. Per i sostenitori del progetto, RIPASSA
realizzare una copia della cancellata significa Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 56, p. 57
invece “restituire lo splendore antico” alle opere In digitale trovi l’audio della sintesi
d’arte, andate perdute ai contemporanei. e la mappa personalizzabile
• Sei d’accordo con queste posizioni?
APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
• Sei a conoscenza di altri casi simili, cioè
di opere d’arte il cui originale è stato Storia e Arte: La divinizzazione del Re Sole
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 49
sostituito con una copia? Quali i sono i casi
in questione? Nel lungo periodo di Adriano Prosperi:
• Potete mettere a confronto le vostre opinioni L’evoluzione dell’idea di Stato
in una discussione in classe. Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 51
33
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Veduta del Louvre dal Pont Neuf. Dipinto di Hendrick Mommers del XVII secolo, 1666 circa. Parigi, Museo del Louvre.
34
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
Ma proprio in quel periodo si faceva strada l’idea che la forza dello Stato con-
sistesse nel numero degli abitanti: ad esempio, il teorico della politica Giovanni
Botero (1544-1617) fece notare, nella sua opera Della Ragion di Stato, che la grande
abbondanza di abitanti permetteva a uno Stato di riparare le perdite umane delle
grandi battaglie. Nel Seicento, dunque, i sovrani si abituarono a contare i sudditi
e a vederli come strumenti del proprio potere, anche per accumulare denaro nelle
casse dello Stato tramite le tasse.
Su 20 milioni di francesi, almeno 12 milioni lavoravano e pagavano le tasse, e
quasi il 90% della popolazione attiva era dedito all’agricoltura. I capitali accumu-
lati dalle frange più ricche – nobili, grandi mercanti, banchieri – venivano spes-
so investiti in grandi proprietà terriere, tanto che alcuni prodotti agricoli, come il
grano e il vino, erano in cima alla lista delle esportazioni. L’industria principale
era quella tessile, che produceva sia drappi di tela di uso ordinario, che venivano
anche esportati, sia tessuti di pregio, come i panni di lana delle regioni del Nord-
Est o i drappi di seta prodotti a Lione. Il proletariato urbano, una parte dei ceti
urbani più poveri impiegati nell’industria tessile, concentrato nelle città manifat-
LESSICO
Proletariato
turiere (Lilla, Lione, Rouen), rappresentava comunque una piccolissima minoran-
In latino la parola za della popolazione e i tessuti più a buon mercato erano prodotti in gran parte
proletarium indicava dal lavoro che i contadini svolgevano nelle loro abitazioni nei periodi di minore
chi non possedeva altra
risorsa se non la propria
attività nei campi.
«prole», i figli. Una sola grande città, Parigi, spiccava in un paesaggio per il resto dominato da
Il proletariato è la classe pascoli e campi coltivati. Per la maggior parte della popolazione la cellula sociale
sociale costituita da
fondamentale era la parrocchia rurale o il terroir (il territorio coltivato da un grup-
coloro che hanno come
fonte di reddito solo po che abitava nel villaggio o in abitazioni isolate).
il lavoro retribuito. Un’altra forma di aggregazione sociale era offerta dalle signorie, ovvero l’insie-
Ettaro me di terre di estensione variabile (fino a molte migliaia di ettari) sulle quali un
Unità di misura di una signore esercitava diritti di proprietà e poteri di giurisdizione (riscossione delle
superficie usata in
particolare per misurare
imposte, amministrazione della giustizia civile e, spesso, anche penale). I signori
le estensioni di terra. erano in genere nobili, ma potevano essere anche borghesi, così come potevano
Un ettaro equivale esserci anche signorie ecclesiastiche gestite da corpi collettivi, come i grandi or-
10.000 metri quadri.
dini religiosi.
35
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
2 Mazzarino e le Fronde
I fermenti rivoluzionari nel Parlamento francese
Le morti quasi contemporanee di Richelieu (1642), cardinale e primo ministro del re,
e del sovrano Luigi XIII (1643) ricrearono la stessa situazione da cui la Francia era
a fatica uscita dopo la morte di Enrico IV: un re fanciullo, Luigi XIV (1643-1715),
e una regina madre poco amata, Anna d’Austria (1643-61), nel ruolo di reggente.
Questa volta, però, era già presente sulla scena l’uomo che avrebbe preso in mano le
redini del Regno: l’italiano Giulio Mazzarino (1602-61), cardinale, primo ministro
e uomo di fiducia, come Richelieu, si dice anche sposo segreto della regina vedova.
Uomo di cultura, bibliofilo e collezionista (a lui si deve la creazione della grande
biblioteca di Parigi che porta oggi il suo nome), Mazzarino fu un politico esperto e
guidò il Paese nella fase conclusiva della guerra dei Trent’anni (1618-48), riuscen-
do ad affermare sull’Europa stremata la supremazia della Francia.
Tuttavia, il costante aumento del peso fiscale provocato dagli sforzi bellici su-
scitò nelle campagne del Regno una nuova ondata di proteste sociali e sollevazioni
di massa. Anche al tempo di Richelieu tumulti popolari causati da bande di conta-
dini scalzi (i va-nu-pieds) avevano periodicamente infiammato le campagne fran-
cesi. Al malcontento della popolazione rurale si aggiunse quello, crescente, dell’a-
ristocrazia e dei corpi privilegiati (gli alti funzionari e i membri dei Parlamenti)
nei confronti della politica di accentramento del potere portata avanti con gran-
de determinazione dal nuovo primo ministro: in questa occasione la rivolta venne
dall’alto e dalla capitale.
Nel clima infuocato del 1648, anno di rivoluzioni in tutta Europa, fu il Parlamento
a far scoccare la scintilla. Il Parlamento francese non rappresentava, come quello
inglese, le diverse classi sociali, ma era un’istituzione giudiziaria che, in qualità di
organo supremo di giustizia, aveva anche il compito di esaminare gli editti regi ed
eventualmente rifiutarne la registrazione, cioè l’approvazione.
Negli anni della rivoluzione parlamentare inglese il vento di rivolta che veniva
da oltre Manica si fece sentire anche a Parigi. Fischiò il vento e fischiarono le pie-
36
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
tre: la ribellione, che fu chiamata della «Fronda parlamentare», prese infatti il no-
me dalla fionda (in francese fronde) con cui i monelli tiravano i sassi. L’idea ven-
ne a un consigliere del Parlamento, che suggerì ai propri colleghi di non opporsi
apertamente alla volontà della monarchia, ma di fare come i monelli di strada, che
aspettavano che le guardie si allontanassero per poi tirare sassi. E il Parlamento
seguì il consiglio, rifiutandosi di registrare un atto con cui Mazzarino imponeva,
a quei funzionari che avessero voluto assicurarsi l’ereditarietà della loro carica, di
rinunciare a ben quattro anni di stipendio.
I quattro primi anni della Reggenza furono quasi trasportati dalla dinamica impressa dal cardinale
Richelieu all’autorità della monarchia. Il cardinale Mazzarino, suo allievo, e per di più nato e cre-
sciuto in un paese dove quella [autorità] del papa non ha nessun freno, credette che tale dinamica
fosse quella naturale; tale errore fu l’occasione immediata della guerra civile. Ho detto l’occasione;
giacché, a mio parere, occorre cercare e individuare la causa in tempi ben più remoti.
Sono più di milleduecento anni che la Francia ha dei re; ma questi monarchi non sono mai stati così
assoluti come lo sono ora. La loro autorità non è mai stata regolata attraverso leggi scritte, essa è
stata solamente temperata dalle consuetudini recepite e custodite dapprima dagli Stati generali, poi
dai Parlamenti […].
[...] l’annientamento delle mediazioni che esse hanno collocato tra i popoli e i re, l’instaurazione di
un’autorità [...] dispotica; questi fatti hanno gettato la Francia nelle convulsioni a cui i nostri padri
hanno assistito.
(Cardinal de Retz, Œuvres, éds. par M.-T. Hipp, M. Pernot, Paris, 1984,
in G. Dall’Olio, Storia Moderna. I temi e le fonti, Carocci, Roma 2011, pp. 226-227)
37
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
38
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
39
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
La reggia
di Versailles.
Dipinto di Pierre Patel
del 1668. Versailles,
Musée du Château.
Leggi l’immagine
• Descrivi gli spazi
e gli elementi
architettonici che
costituiscono la
reggia di Versailles
riprodotta nel
quadro.
• Perché a tuo avviso
il pittore ha scelto
un punto di vista
così rialzato per
rappresentare
la reggia? Che
impressione suscita
nello spettatore?
40
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
41
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
42
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
4 L’esercito e le finanze
La riorganizzazione gerarchica dell’esercito
L’alternativa agli svaghi di corte, per i nobili francesi più inquieti e ambiziosi re-
stava sempre la guerra, antico «passatempo» dell’aristocrazia, che rappresentava
una vocazione originaria e una giustificazione dei propri privilegi. Anche in questo
delicato settore, quindi, il rafforzamento del potere del re passava necessariamente
attraverso un ridimensionamento di quello dell’aristocrazia.
Luigi XIV affidò a François-Michel Le Tellier, marchese di Louvois e ministro
della Guerra, il compito di creare una macchina bellica senza eguali in Europa. Le
Tellier, infatti, riorganizzò le forze armate introducendo un ordine gerarchico che
dipendeva direttamente dal re: al posto di una serie di cariche (conestabile, colon-
nello, generale), ricoperte senza una scadenza precisa da nobili con pieni poteri
nella scelta degli ufficiali di livello inferiore, venne creato un sistema di gradi di
nomina regia, con meccanismi di avanzamento regolati da norme valide per tutti
e controllati da ispettori generali. Era un sistema che manifestava in ogni articola-
zione dell’esercito la volontà centrale del sovrano.
Perfezionamenti nell’armamento e nell’addestramento resero l’esercito francese
uno dei migliori in Europa. Il maggiore esperto dell’epoca in ingegneria militare,
Sébastien de Vauban (celebre per le fortificazioni e le tecniche di assedio), e una
serie di comandanti di grandi qualità militari furono il vanto dell’esercito francese.
Le missioni militari francesi, inoltre, vennero adeguatamente finanziate, così da
evitare esperienze disastrose come quelle vissute dagli eserciti spagnoli, bloccati
spesso sull’orlo della vittoria proprio dalla mancanza di denaro.
L’accampamento
dell’esercito francese
all’assedio
di Dole nel giugno
del 1674 durante
la Guerra d’Olanda.
Dipinto di scuola
francese del
XVII secolo.
43
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
COLBERT E IL «MERCANTILISMO»
scoraggia
tutela la condizione incoraggiano
le importazioni
economica del popolo, l’esportazione per far
e la fuoriuscita
già povero affluire metalli preziosi
di metalli preziosi
44
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
Figlio mio, molte ragioni, e tutte assai importanti, mi hanno fatto risolvere
a lasciarvi, con gran lavoro per me, in mezzo alle mie più gravi occupazio-
ni, queste Memorie del mio regno e delle mie principali azioni. […]
Le finanze, che danno il movimento e l’attività a tutto il grande corpo
della monarchia, erano completamente esaurite, e a un punto tale che era
difficile vedervi un rimedio. Molte delle spese più necessarie e privilegiate
della mia casa e della mia persona erano ritardate contro ogni convenien-
za o sostenute col solo credito, le cui conseguenze pesavano; nello stesso
tempo l’opulenza veniva ostentata dagli affaristi, che da un lato coprivano
le loro malversazioni con ogni sorta di astuzie e dall’altro le scoprivano con
un lusso insolente e sfrontato, come se avessero avuto paura di lasciarmele
ignorare. […]
Il mio stesso consiglio, anziché riordinare le altre giurisdizioni, fin troppo
spesso vi gettava lo scompiglio con una straordinaria quantità di decreti
contrastanti, tutti ugualmente emanati a mio nome e come da me stesso,
il che rendeva il disordine molto più vergognoso.
Tutto questo insieme di mali, o le loro conseguenze ed effetti ricadevano
principalmente sul basso popolo, oberato peraltro di imposte, tormentato
dalla miseria in molti casi, afflitto in altri dal proprio ozio dopo la pace, e
bisognoso soprattutto di essere sgravato dei pesi e occupato.
(da Memorie di Luigi XIV, trad. di G. Pasquinelli, in Bendiscioli-Gallia,
Documenti di storia moderna, 1492-1815, Mursia, Milano 1971)
45
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Leggi l’immagine
• La cartografia rap-
presenta una delle
discipline più studia-
te nell’Accademia:
individua nell’opera
gli oggetti che lo
suggeriscono.
• Quali vantaggi pote-
va offrire al governo
la realizzazione di
carte geografiche
aggiornate, da un
punto di vista militare
o fiscale?
46
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
ad esempio, vennero indetti dei concorsi che avrebbero premiato le migliori opere
pittoriche e scultoree raffiguranti le “gesta eroiche” del re. Particolare attenzione
fu rivolta alla storia: il governo, infatti, si dedicò alla ricerca di storiografi che po-
tessero occuparsi di celebrare la vita del Re Sole. Nel 1662 ne furono selezionati
sei tra una rosa di scrittori di cui erano stati preparati i rapporti.
REGNO
Leggi la carta D’INGHILTERRA PROVINCE
• Individua i Paesi UNITE
europei nei quali
trovarono rifugio
gli ugonotti.
• In base alle tue
conoscenze, quali
motivazioni religiose,
SACRO ROMANO
economiche
IMPERO
e culturali
Oceano
spinsero tali Paesi REGNO
Atlantico
ad accogliere DI
gli ugonotti? FRANCIA CONFEDERAZIONE
• Hai mai sentito SVIZZERA
parlare di diaspora?
Conosci altri
esempi? Cerca
il significato della Principali
parola e discutine in luoghi di rifugio
classe.
47
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
48
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
Storia e Arte
La divinizzazione del Re Sole
Luigi XIV, con un’iconografia sovrabbondante costruita
attraverso molteplici linguaggi espressivi – la pittura, la
scultura, i balletti e le opere – riuscì ad affermare un’im-
magine di sovranità che serviva a supportare la sua
politica accentratrice. Lo storico inglese Peter Burke
l’ha chiamata «la fabbrica del Re Sole», uno strumento
di propaganda politica capace di generare consenso.
Nel Rinascimento, si era diffuso in modo massiccio il
ritratto allegorico, che voleva il protagonista del dipinto
rappresentato come un personaggio della mitologia o
un eroe della storia antica, per richiamarne caratteristi-
che, virtù morali o etiche, idealizzandole tramite il rife-
rimento all’antichità classica. Questa tradizione, sotto
il regno di Luigi XIV, si consolidò oltremisura. Ritratto di Luigi XIV con i membri della famiglia
Alla morte di suo padre Luigi XIII, nel 1643, il giova- reale nelle vesti di divinità romane. Dipinto di Jean
ne Luigi XIV aveva solo cinque anni e veniva già ritrat- Nocret, 1670. Versailles, Château de Versailles.
to da Jacques Sarazin con abiti anticheggianti e una
corona di alloro a cingergli il capo. Intorno al 1654, incarnò queste due istanze interpretandole nell’eser-
Luigi XIV venne raffigurato da Charles Poerson padre cizio del potere assoluto (il sovrano è il centro da cui
(1609-67) in veste di Giove. Nel dipinto il re, appena esso irradia) e nelle attività di mecenatismo: fu infatti
sedicenne, recante attributi che lo rendono identifica- raffigurato come Apollo in molte opere successive. Nel
bile con Giove (l’aquila in basso e i fulmini nella mano dipinto del 1670 di Jean Nocret ( ▶ immagine) troneg-
destra), poggia il piede sul volto di Medusa raffigura- gia come Apollo raggiante tra Maria Teresa (moglie)
to sullo scudo, alludendo alla sconfitta della Fronda. nei panni di Giunone e Anna d’Austria (madre) in quelli
Fino al 1661 la macchina iconografica reale fu guida- di Cibele. Il salone di Apollo della reggia di Versailles,
ta dal cardinal Mazzarino ma, in seguito alla morte di originariamente camera da letto del re, venne mutato
quest’ultimo, Luigi XIV assunse il controllo diretto sulla in sala del trono quando la corte si installò definitiva-
produzione di immagini. mente a Versailles (1682). Sul soffitto del luogo in cui
Attraverso i suoi molteplici ritratti è possibile percor- il re teneva quotidianamente le sue udienze campeg-
rere tutta la vita di Luigi XIV: essi infatti, pure in forma giava un grande dipinto di Charles de La Fosse, che
allegorica, mostrano l’effettiva età del sovrano nelle rappresenta Apollo sul suo carro trainato da quattro
fattezze del volto. cavalli, accompagnato dalle figure della Francia, della
Il bozzetto preparatorio per il costume del Sole nascente/ Magnanimità e della Magnificenza.
Apollo che avrebbe dovuto indossare il re nel Ballet de la
Nuit (1653) non è un ritratto ufficiale ma i suoi tratti ico- Collega e confronta
nografici e iconologici sono estremamente significativi:
1. Nella «fabbrica del Re Sole», il sole è il sim-
il volto del giovane sovrano è abbastanza riconoscibile,
bolo di una sovranità assoluta. Nella società
pur incorniciato da un’elaborata acconciatura di bocco-
contemporanea, quali oggetti sono osten-
li dorati sormontata da un prezioso copricapo. Questo, tati come simbolo di potere? Dividetevi in
insieme alle calzature dotate di tacco, aumenta l’altezza gruppi e indicatene tre, individuatene il si-
della figura a richiamare la sua posizione nella società. gnificato e discutetene in classe, con l’aiuto
Egli avanza sulla scena con le braccia aperte e le ma- dell’insegnante.
ni sollevate con grazia: la loro posizione rimanda all’e- 2. Realizza una presentazione multimediale su
quilibrio, dote emblematica di un sovrano. Il motivo del una delle opere d’arte citate nella scheda.
sole radiante viene ossessivamente ripetuto, oltre che Evidenzia autore, titolo, tecnica artistica,
nel copricapo, nell’abito, nelle calze e nelle scarpe. collocazione attuale, individua il soggetto,
Il riferimento ad Apollo, dio del Sole e protettore del- gli elementi iconografici più importanti e
le arti, sarà costante nella vita del sovrano. Luigi XIV spiega la simbologia.
49
Nel lungo periodo
L’evoluzione
dell’idea
di Stato
di Adriano Prosperi
Stato: la parola vano, mentre si rafforzarono le mo- XIV e XV secolo, le monarchie co-
La parola Stato ha origine dalla pa- narchie (XII secolo). In Europa il ti- minciarono ad affermarsi e a raffor-
rola latina status («situazione»), che tolo di re riprese forza e divenne un zare il proprio potere attraverso l’uso
punto di riferimento importante per degli eserciti, con i quali conquista-
indica la posizione sociale di una
nobili, laici ed ecclesiastici, che co- rono territori, concentrarono il pote-
persona, ma si afferma e comincia
minciarono a riunirsi in corti a suo re intorno alle città più grandi e da
a imporsi con il significato moderno
sostegno. lì controllarono le zone circostanti.
di organizzazione politica di un
In questi anni, infatti, cominciarono Tra XVI e XVII secolo, poi, agli scon-
popolo solo grazie alla diffusione
a essere redatti i primi atti ufficia- tri politici in corso si sovrappose-
del saggio politico di Niccolò Ma-
li che, formalizzando questo tipo di ro rapidi cambiamenti economici e
chiavelli intitolato Il Principe e pub-
relazioni, definirono da una parte i conflitti religiosi (Riforma protestan-
blicato nel 1513.
diritti e doveri di questi gruppi so- te e Controriforma), che indussero
Nelle pagine iniziali del testo Ma-
ciali e dall’altra i limiti del potere le monarchie ad accentrare nelle
chiavelli scrive: «Tutti gli stati, tut-
monarchico. proprie mani alcuni poteri che fino
ti e’ dominii che hanno che hanno
La Magna Charta Libertatum ad allora erano ampiamente eserci-
avuto et hanno imperio sopra li uo-
(1215), che codificò per la prima tati dai potentati locali (giustizia, le-
mini, sono stati e sono o repubbli-
volta per iscritto l’inviolabilità dei gislazione, economia), mettendo in
che o principati»; in questo modo,
privilegi di feudatari e clero rispet- crisi il modello dello Stato per ce-
come ha affermato il filosofo del di-
to all’arbitrio di potere del re d’In- ti. Fu in particolare l’appropriazione
ritto Norberto Bobbio, attribuisce al
ghilterra, rappresentò il primo docu- della funzione legislativa che de-
termine Stato un «significato speci-
mento a garanzia di libertà individuali terminò un netto cambiamento ri-
fico di condizione di possesso per-
e un primo stadio nella formazione spetto al passato.
manente ed esclusivo di un territorio
dello Stato moderno, detto Stato Il diritto regio scritto, introdotto
e di comando sui relativi abitanti».
per ceti, quello cioè che aveva al per avere maggior controllo sul
suo centro il monarca, il quale si av- territorio, cominciò a prevalere sul
Lo «Stato per ceti» valeva della collaborazione dei ceti complesso di norme di derivazione
nel Medioevo sociali dominanti. medievale e prese avvio il secondo
Durante il Medioevo, il potere in Oc- stadio nella formazione dello Stato
cidente era concentrato nelle ma-
Lo Stato assoluto moderno: lo Stato assoluto.
ni di Impero e Papato, i vertici del nell’Età moderna Nei secoli XVII-XVIII lo Stato asso-
sistema feudale, consistente in un Il lungo e complesso processo di luto – inaugurato da Luigi XIV, che
complesso sistema di relazioni all’in- elaborazione che ha portato il termi- regnò in Francia dal 1643 al 1715 –
terno del quale le funzioni di gover- ne «Stato» a identificare l’istituzione divenne il modello di organizzazione
no erano affidate alla nobiltà, che costitutiva del mondo contempora- del potere in diversi Paesi europei.
controllava territori e gestiva poteri neo che conosciamo, ebbe la sua Il termine «Stato» era ormai associa-
statuali quali la giustizia, la difesa fase fondamentale tra XIV e XVIII to al concetto di Stato territoriale
e le finanze. secolo. accentrato e dipendente dalla so-
Nel corso dei secoli lo scontro tra i L’equilibrio che si era creato con la la volontà del sovrano.
due poteri sfibrò le rispettive forze e costituzione dello Stato per ceti era Contemporaneamente all’afferma-
la struttura feudale su cui si regge- molto fragile e così, nel corso del zione dello Stato assoluto, già nel-
50
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale
51
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
52
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
tutto il potere e, pur di rallentare l’avanzata del nemico, ricorse al disperato espe-
diente di allagare il territorio rompendo le dighe; sul mare, intanto, la flotta olan-
dese sconfiggeva ripetutamente gli inglesi. Di fronte allo strapotere francese, anche
Spagna, Brandeburgo e Danimarca si schierarono a fianco delle Province Unite e
la guerra dilagò in tutta Europa.
Dopo anni di strenua difesa, l’Olanda poté chiudere lo scontro con i trattati di
Nimega (1678-79), salvando la propria autonomia e la propria integrità territoria-
le, e la Francia guadagnò un’altra regione importante, la Franca Contea, assieme
alle città di Cambrai, Valencienne e Saint Omer.
Forte del suo primato militare, negli anni successivi Luigi XIV avanzò rivendi-
cazioni su numerosi territori lungo il Reno: con l’intervento dell’esercito fu pretesa
e ottenuta Strasburgo, posta al confine tra il mondo germanico e quello francese,
e quasi tutta l’Alsazia.
L’avanzata francese non poteva essere lasciata senza risposta e così, di fronte al-
le pretese di Luigi XIV su una parte del Palatinato, si formò un’alleanza antifran-
cese, la Lega di Augusta (1686), composta dalle potenze asburgiche d’Austria e di
Spagna, dai principi di Sassonia, del Palatinato e di Brandeburgo e dall’Olanda.
Inoltre, un improvviso, rivoluzionario cambiamento in Inghilterra aggravò la
situazione della Francia: la Gloriosa rivoluzione del 1688 ( ▶ cap. 1, par. 6), in-
PROVINCE
REGNO UNITE
D’INGHILTERRA
FIANDRE
Leggi la carta ARTOIS
• Che cosa ottenne la
Francia dalla guerra
di devoluzione CHAMPAGNE PA
L
contro la Spagna? AT
Parigi LORENA INATO
• Quali territori
Strasburgo
cedettero Olanda e
Spagna alla Francia ALSAZIA
con i trattati di
Nimega? Nantes
• Nel complesso, FRANCA
quali ti sembrano BORGOGNA CONTEA
le conquiste più REGNO
significative per la DI FRANCIA
Francia in questa Oceano
Lione
lunga stagione di Atlantico SAVOIA
guerre?
Bordeaux
DELFINATO
Avignone
Conquiste del 1668
Tolosa
Conquiste del 1678
Territori occupati REGNO Marsiglia
tra il 1678 e il1697 DI SPAGNA
Tentativi di espansione
nel 1688
53
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
fatti, aveva posto sul trono inglese, con il titolo di Guglielmo III, proprio quel
Guglielmo d’Orange che aveva condotto la resistenza olandese contro la Francia.
Un sovrano protestante, carico d’odio per la guerra d’aggressione condotta da Luigi
XIV contro il suo Paese, portava ora tutto il peso della potenza britannica nell’alle-
anza antifrancese, cambiando radicalmente l’equilibrio europeo.
Ne seguì, a partire dall’estate del 1688, una lunga guerra che vide la Francia,
accerchiata, impegnare tutte le proprie risorse non più per conquistare terre, ma
per difendere l’integrità del proprio territorio. La guerra della Lega di Augusta
si chiuse nel 1697 senza un vincitore, con la pace firmata a Rijswijk, in Olanda;
ma l’Europa non trovò comunque un vero equilibrio, come dimostrò pochi an-
ni dopo il conflitto provocato dalla questione irrisolta della successione al tro-
no di Spagna.
Luigi XIV sposa la figlia del re di Spagna e alla sua la Spagna si oppone: scoppia la guerra di
morte (1665) rivendica i Paesi Bassi spagnoli devoluzione della Francia contro la Spagna (1667)
La Francia occupa le Fiandre e la Franca Contea Luigi XIV è costretto alla pace di Aquisgrana
(1667): l’Olanda sostiene un’alleanza antifrancese con gli Asburgo di Spagna (1668)
Luigi XIV guarda all’Olanda come a una minaccia: Guglielmo d’Orange difende l’Olanda e nasce
la Francia attacca il territorio olandese (1672) un’altra alleanza antifrancese: la guerra dilaga
L’Olanda salva l’autonomia con i trattati di Nimega Luigi XIV rivendica altri territori: nel 1686 si forma
(1678-79) e la Francia guadagna la Franca Contea un’altra alleanza antifrancese, la Lega d’Augusta
La Francia è accerchiata: scoppia la guerra della la guerra si chiude con la pace di Rijswijk (1697),
Lega d’Augusta (1688-97) contro Luigi XIV ma l’Europa non trova comunque un equilibrio
Filippo d’Angiò, divenuto re di Spagna, non rinuncia scoppia la guerra di successione spagnola (1701-
al diritto di successione in Francia 1714), conclusasi con i trattati di Utrecht e di Rastadt
54
L’assolutismo nella Francia del Re Sole | 2 |
Alla morte di Carlo II, nel novembre del 1700, fu chiaro che Luigi XIV non aveva
alcuna intenzione di spingere il nipote, salito sul trono di Spagna come Filippo V, a
rispettare la clausola testamentaria; l’Impero, le Province Unite, l’Inghilterra e nu-
merosi principi tedeschi si coalizzarono allora contro la Francia, dando inizio alla
Ripassa con la pre- guerra di successione spagnola, che si concluse nel 1714.
sentazione L’Europa Dopo una lunga serie di campagne militari, svoltesi con alterne vicende, si giun-
nell’età dell’assoluti- se alla firma dei trattati di Utrecht (1713) e Rastadt (1714), che riconobbero a
smo e costruisci una
mappa in cui metti in
Filippo d’Angiò il possesso della Spagna e del suo impero coloniale, con l’obbligo
relazione: che nessuno tentasse mai di riunire le corone di Spagna e di Francia. Dal Regno di
• la politica economi- Spagna si staccarono i Paesi Bassi, che passarono all’Austria. Inoltre la posizio-
ca e il mercantilismo
di Colbert;
ne di quest’ultima fu notevolmente rafforzata in Italia, dove ottenne Lombardia,
• l’espansione colo- Mantova, Regno di Napoli, Stato dei Presidi e Sardegna; la Sicilia andò ai Savoia,
niale e la politica i quali, nel 1720, la cedettero agli Asburgo d’Austria in cambio della Sardegna; in
estera europea;
• le riforme ammini-
tal modo, la Spagna perse i suoi domini europei. L’Inghilterra acquisì Gibilter-
strative e l’accentra- ra e l’isola di Minorca, due importanti punti strategici per una potenza marina-
mento dei poteri. ra che guardava ai traffici intercontinentali; alla stessa Inghilterra, poi, la Fran-
cia dovette cedere una parte delle proprie colonie in America (Terranova, baia di
Hudson, Antille).
Questo era il nuovo volto dell’Europa all’apertura del nuovo secolo. La Fran-
cia si confermava prima potenza continentale in virtù della sua compattezza
territoriale e della sua consistenza demografica; tuttavia, non riusciva a imporre
la propria egemonia di fronte alle coalizioni ostili degli altri Stati. Dietro queste
coalizioni, invece, si profilava sempre più chiaramente la potenza dell’Inghilter-
ra che, al riparo della sua flotta, proiettava la propria forza politica ed economica
sul mondo intero.
55
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
56
Ripassa con la mappa concettuale
LUIGI XIV
(1643-1715)
nomina
a cui seguirono ............................... politica religiosa riorganizzazione
...............................
dell’aristocrazia unitaria dell’esercito
dei ministri
politica ordine
economica detta gerarchico
............................... basato su
un sistema
di gradi di
...............................
57
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
58
Fonti e Storiografia
FONTI Luigi XIV e la sua corte
F1 Il duca Louis de Saint-Simon (1675-1755) restituisce nelle sue Memorie un affresco
della vita di corte a Versailles, cogliendo l’acuta strategia di Luigi XIV, che usa abilmen-
te la corte come strumento per provocare gelosie, competizioni, diffidenze reciproche
fra i nobili. Il re divideva per comandare e la vita a Versailles era, da questo punto di
vista, un continuo esperimento di dispotismo applicato.
COMPRENDERE 1. Qual è la tesi di fondo di Louis de Saint-Simon riguardo alla strategia di Luigi XIV?
2. A chi era riservato il giustacuore a brevetto?
3. Cosa si sottintende con l’espressione «sentenze irrevocabili»?
INTERPRETARE 4. L’autore del testo insiste sull’atteggiamento estremamente attento e sospettoso
di Luigi XIV nei confronti degli aristocratici che lo circondavano quotidianamente
a Versailles. Sottolinea nel testo le espressioni che lo rivelano.
VALUTARE 5. Il motto latino divide et impera (dividi e domina) che sembra caratterizzare la
strategia del sovrano qui descritta è ancora oggi utilizzato nel lessico politico e
giornalistico: ricerca un articolo che utilizza tale espressione e spiegala nel con-
testo in cui è utilizzata.
59
Fonti e Storiografia
COMPRENDERE 1. Secondo il testo dei Quattro articoli quali prerogative spettano alla Chiesa
di Roma?
2. Quali facoltà hanno invece la Chiesa di Francia e l’autorità regia (articolo 3)?
INTERPRETARE 3. Quale questione inerente la fede cattolica metteva in discussione il movimento
giansenista? Come si comportò a tal proposito Luigi XIV?
VALUTARE 4. I quattro articoli rappresentano un tentativo di ridimensionare il ruolo della Chie-
sa cattolica nella società, a tutto vantaggio dell’autorità del re di Francia. Oggi,
quali articoli della Costituzione italiana si occupano dei rapporti con la Chiesa
cattolica e con le altre religioni? A quali principi si ispirano i rapporti Stato-
Chiesa nell’ordinamento della Repubblica? Svolgi una breve ricerca su questo
tema e discutine in classe.
60
L’assolutismo nella Francia del Re Sole 2
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Augusto o Nerone?
La figura di Luigi XIV oltre la propaganda ufficiale
Guardando alle persecuzioni disposte contro gli ugonotti, da una parte, e, dall’al-
tra, alle voci del dissenso, i due brani tratti da Il secolo di Luigi XIV di Voltaire e da
Il Re Sole di Peter Burke scalfiscono l’immagine eroica del sovrano tramandata
dalla macchina propagandistica ufficiale; quello che lasciano emergere, invece,
è il carattere spietato e calcolatore di Luigi XIV, definito dai suoi detrattori come
l’«Attila francese» e criticato per la sua infinita ambizione.
GLI SNODI Luigi XIV obbliga con la forza gli ugonotti a convertirsi al cattolicesimo.
DEL TESTO I calvinisti subiscono gravi maltrattamenti e persecuzioni.
Con la revoca dell’editto di Nantes, i calvinisti sono obbligati a lasciare il Paese.
È senza dubbio doloroso che la Chiesa cristiana sia sempre stata dilaniata dalle dispute, e
che per tanti secoli si sia versato il sangue per opera di mani che recavano il Dio della pace.
Tale furore fu ignoto al paganesimo: esso coprì la terra di tenebre ma non la bagnò che del
sangue degli animali, e se talvolta, presso i giudei o i pagani, si sacrificarono vittime uma-
ne, quei sacrifizi, per quanto orribili, non furon cagione di guerre civili. [...]
Lo spirito dogmatico portò negli uomini il furore delle guerre di religione. Ho ricercato
a lungo come e perché questo spirito dogmatico, che divise le scuole dell’antichità pagana
senza cagionare il minimo torbido, ne ha prodotti di tanto orribili tra noi. [...]
Leggi in digitale il te-
sto Elogio della liber- Verso la fine del 1684, e al principio del 1685, mentre Luigi XIV, sempre potentemente
tà di coscienza del armato, non temeva nessuno dei suoi vicini, furono inviate truppe in tutte le città e in tutti i
filosofo Baruch Spi- paesi dove c’era un maggior numero di protestanti, e siccome furono i dragoni 1 a commet-
noza.
tere il maggior numero di eccessi, le spedizioni presero il nome di «dragonate». Le frontiere
• Dopo aver letto il
brano Del calvini- erano, per quanto possibile, strettamente sorvegliate, per impedire la fuga di coloro che si
smo al tempo di desiderava riunire alla Chiesa; era come una specie di caccia, compiuta in un gran recinto.
Luigi XIV di Voltai- Un vescovo, un intendente, o un sottodelegato, o un curato, o qualcuno rivestito d’autori-
re e l’Elogio della
tà, marciava alla testa dei soldati. Le principali famiglie calviniste, quelle soprattutto ch’era
libertà di coscien-
za di Spinoza, scrivi ritenute più duttili, venivan radunate; esse rinunciavano alla loro religione a nome anche
una lettera, imma- delle altre; gli ostinati venivano lasciati in preda ai soldati, ch’ebbero ogni licenza, fuorché
ginando di essere quella di uccidere; molti peraltro furono così crudelmente maltrattati, che morirono. Ancor
un commerciante oggi i figli dei rifugiati levano dalle terre straniere alte grida contro la persecuzione dei loro
calvinista, fuggito
da Parigi ad Am- padri e la comparano alle più violente inflitte alla Chiesa nei suoi primi tempi.
sterdam, in cui de- Era uno strano contrasto veder emanare da una corte voluttuosa, in cui regnavano la dol-
scrivi a un parente cezza dei costumi, le grazie, le attrattive della socievolezza, ordini così duri e così spietati.
lontano la politica Il marchese di Louvois 2 condusse questa faccenda coll’inflessibilità ch’era propria del suo
religiosa di Luigi
carattere, con lo stesso animo che aveva voluto sommergere l’Olanda e che poi ridusse in
XIV, le persecuzioni
subite e le ragioni cenere il Palatinato 3. [...]
che hanno portato
1 dragoni: corpi speciali dell’esercito. 3 sommergere l’Olanda … Palatinato:
a scegliere la capi-
2 Il marchese di Louvois: François-Michel Le il marchese di Louvois condusse la guerra contro
tale olandese come
Tellier, marchese di Louvois e ministro della Guerra l’Olanda (1672-78) e una campagna contro
nuova casa.
di Luigi XIV. il Palatinato (1688).
61
Fonti e Storiografia
Nel mentre si spianavano così i templi, e nelle province le abiure si esigevano a mano ar-
mata, avvenne finalmente, nell’ottobre 1685, la revoca dell’editto di Nantes che mise ter-
mine alla rovina di un edificio già minato da tutte le parti.
La Camera dell’Editto era già stata soppressa 4; ai consiglieri calvinisti del parlamento fu
ordinato di disfarsi delle loro cariche. Si susseguirono un cumulo di decreti del consiglio per
estirpare i resti della religione proscritta. Il più grave fu quello che ordinava di strappare ai
cosiddetti riformati i loro figli, per affidarli ai prossimi loro parenti cattolici; ordine contro
il quale si levava così alta la voce della natura, ch’esso non venne eseguito.
Ma sembra che col celebre editto che revocava quello di Nantes si preparasse un evento
del tutto opposto del fine a cui si mirava. Si era voluta l’unione dei calvinisti alla chiesa cat-
tolica in tutto il regno. [...] l’editto ingiunse a tutti i ministri che non volevano convertirsi di
uscire dal regno entro quindici giorni; era un voler chiudere gli occhi pensare che, discac-
4 La Camera … ciati i pastori, una gran parte del gregge non li avrebbe seguiti. Tanti cuori ulcerati e tante
soppressa: nel 1679 menti infiammate all’idea del martirio, soprattutto nelle regioni meridionali della Francia,
venne soppressa della si sarebbero esposti a qualunque prova, pur di raggiungere e proclamarvi la loro costanza
Camera dell’Editto, l’istituto
che controllava l’attuazione e la gloria del loro esilio, accolti da tutte le nazioni invidiose di Luigi XIV, che avrebbero te-
dell’editto di Nantes. so le braccia alle schiere fuggiasche [...].
(da Voltaire, Il secolo di Luigi XIV, trad. it. U. Morra, Einaudi, Torino 1994, pp. 378-386)
L’immagine eroica di Luigi XIV non fu la sola in circolazione. Vi fu infatti anche un «rove-
scio della medaglia» [...]. Del Re Sole è sopravvissuto un congruo numero di immagini al-
ternative, decisamente meno lusinghiere di quelle ufficiali. Luigi venne a volte rappresen-
tato – specialmente dall’artista olandese Romeyn de Hooghe 1 – non come Apollo, ma come
Fetonte 2, che aveva perso il controllo del carro del Sole. Per alcuni critici, il sovrano non fu
un Augusto, ma un Nerone. Per i protestanti imbevuti di cultura biblica, Luigi non fu un
Salomone o un Davide, ma un Erode o un faraone. Al pari degli elogi ufficiali, le immagini
alternative si avvalsero generalmente di stereotipi. Anche in questo caso, tuttavia, alcuni
autori fecero in modo di escogitare ingegnose variazioni su temi ricorrenti.
Il concetto di «rovescio della medaglia», pur appropriato per un corpus di testi e imma-
1 Romeyn de Hooghe: gini dominato dalla parodia e dall’inversione, è naturalmente troppo vago per un’analisi
artista olandese
seria. È necessario comunque distinguere almeno due forme di dissenso rispetto alle pre-
(1645-1708).
2 Fetonte: figlio di sentazioni ufficiali.
Apollo e della ninfa La prima era espressa da individui che si consideravano – o almeno si presentavano –
Climene. come sudditi leali, che scherzavano in modo bonario sulla corte, come Bussy Rabutin 3, o
3 Bussy Rabutin:
scrittore francese che intendevano dare al re utili, anche se malaccetti consigli, come l’arcivescovo Fénelon 4. Il
(1618-1693), libertino. secondo tipo di dissenso era invece opera di nemici dichiarati del re e del suo regime: mol-
62
L’assolutismo nella Francia del Re Sole 2
ti di essi scrissero in un periodo in cui il loro paese era in guerra con la Francia. La critica
del re da parte degli ugonotti iniziò nella prima maniera per evolvere poi verso la seconda.
I mezzi cui si affidò la comunicazione delle immagini del dissenso comprendevano di-
pinti, medaglie, incisioni, poesie e vari tipi di testi in prosa (non solo in francese, ma anche
in latino, olandese, tedesco, inglese e italiano), e Luigi non ne fu l’unico bersaglio. Nel cor-
so del regno, infatti, la satira si appuntò anche contro Anna d’Austria, Mazzarino, Colbert,
Louvois, Madame de Maintenon, il duca di Borgogna, il confessore del re Père La Chaise e
una quantità di generali di minor successo, come Villeroi 5.
La forma, lo stile e il tono di tali testi sono estremamente vari. Alcuni di essi sono sem-
plici denunce del «tiranno francese», del «Machiavelli francese» (Machiavellus Gallicus),
dell’«Attila francese» (Der französische Attila), del «Nerone francese» (Nero Gallicanus) e
così via. Tuttavia, furono esplorate quasi tutte le possibilità del ricco repertorio satirico del
periodo, e si fece un uso in particolare dei vari tipi di parodia 6. [...]
I temi principali di questa orchestra alternativa, che non sempre suonò intonata, sono
offerti dall’ambizione del re, dalla sua mancanza di scrupoli morali, dalla sua tirannia, dal-
la sua scarsa religiosità, dalla sua vanità, dalla sua cupidigia sessuale e infine della sua de-
bolezza militare e intellettuale.
4 arcivescovo Fénelon:
Consideriamo brevemente questi sei temi uno per volta. [...]
filosofo, teologo e
pedagogista francese 1. I critici di Luigi XIV si riferirono frequentemente a quello che uno di essi chiamò «l’in-
(1651-1715). saziato appetito della sua ambizione». La critica generale, sul piano morale, si legò a una
5 Maintenon … specifica affermazione politica, fatta nel 1667 in un famoso opuscolo intitolato Lo scudo di
Villeroi: Françoise
d’Aubigné marchesa di Stato (Le bouclier d’État) e frequentemente reiterata, secondo la quale Luigi covava il «va-
Maintenon (1635-1719), sto e meditato progetto» di diventare «padrone d’Europa» per costituire così una «monar-
fu la moglie segreta chia universale» [...].
del re di Francia Luigi
XIV dopo la morte della 2. Luigi venne attaccato di frequente per la sua mancanza di scrupoli morali, che i libellisti
regina (1683); collegavano alla teoria della «ragion di stato» e alle idee del Machiavelli, fattegli conoscere,
Luigi di Borbone, si suppone, dal cardinale Mazzarino [...].
duca di Borgogna
(1682-1712), fu figlio
3. Un’altra accusa ricorrente fu quella di tirannia, mossa nel 1689 in uno dei più famosi libelli
del Gran Delfino, nipote contro il re, I sospiri della Francia schiava (Les soupirs del la France esclave), ma spesso riecheg-
di Luigi XIV e padre di giata anche altrove, specie in un opuscolo inglese intitolato The French Tyrant (1702). [...]
Luigi XV; François d’Aix
4. Una quarta accusa contro Luigi si rivolse alla sua presunta mancanza di religione. [...]
de La Chaise, padre
gesuita (1624-1709) fu L’irreligiosità del re si era naturalmente esplicitata nel trattamento riservato agli ugonot-
confessore e consigliere ti, [...], ma era stata rivelata anche da ciò che i dissenzienti considerarono un’alleanza con
spirituale di Luigi XIV;
uno stato non cristiano, l’Impero ottomano. [...]
François de Neufville,
duca di Villeroi (1644- 5. Tale culto 7 permise, inoltre, ai creatori di immagini ostili, di attrarre l’attenzione su quel-
1730), era un generale la che essi chiamarono l’«immensa vanità del re». [...] Gli opuscoli fanno anche riferimento
francese amico di agli enormi costi della costruzione di Versailles, sempre per vanità, e delle statue di Luigi,
Luigi XIV.
6 vari tipi di parodia: specialmente quella eretta a Place des Victoires.
per esempio le parodie 6. Di contro, i dissenzienti, enfatizzavano le molte debolezze di questo semplice mortale. [...]
della preghiera Pater Le debolezze del re su cui i libellisti appuntarono la mira furono soprattutto la pochezza mi-
noster e dei testamenti.
7 tale culto: il culto del litare e la cupidigia sessuale. I temi vennero di fatto strettamente collegati, come nella beffa
Re Sole. «tu sfuggi le guerre (in latino bella), ma corri appresso alle belle» (Bella fugis, bellas sequeris).
(da P. Burke, Il Re Sole, Il Saggiatore, Milano 2017, pp. 165-172)
COMPRENDERE 1. Che cosa intende lo storico Peter Burke quando afferma che esisteva un «rovescio
IL TESTO della medaglia» nel culto del Re Sole?
2. Perché, a tuo avviso, Luigi XIV veniva chiamato il «Machiavelli francese»?
3. Su quali aspetti della politica di Luigi XIV intendevano polemizzare i detrattori par-
lando dell’«immensa vanità del re»?
63
3 Società e Stato
tra Sei e Settecento
Segnali di cambiamento sociale
All’inizio del XVIII secolo, le società europee appaiono ancora legate ad una rigida divi-
sione in ceti sociali, sebbene mostrino alcuni segni di insofferenza: è la ricca borghesia
a voler guadagnare posizioni sociali di prestigio, acquistando terreni e titoli nobiliari;
Esplora l’immagine molte voci si levano per criticare istituzioni e leggi che limitano il libero commercio. La
interattiva diffusione delle recinzioni, inoltre, segna la transizione dai campi aperti ai campi chiusi,
favorendo così la proprietà privata.
65
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Enclosures.
Una veduta della
campagna londinese
nei pressi di Greenwich
con i campi recintati,
1620-1630 circa.
Londra, Museum
of London.
66
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
Un’economia di autoconsumo
Oltre a lavorare la terra, i contadini trasportavano e vendevano i prodotti agricoli,
comprese la legna e, in particolare, le materie prime della manifattura tessile: la lana,
ma anche il lino e la canapa, sia grezzi sia semilavorati. Alcuni di loro possedevano
un telaio, più o meno rozzo, e fabbricavano tessuti, almeno per l’autoconsumo o
il fabbisogno locale; in alcune zone si producevano anche filati e perfino tessuti di
buona qualità, commissionati dai mercanti delle città. Tuttavia, i contadini intrat-
LESSICO tenevano un rapporto piuttosto vago con le leggi di mercato, perché non avevano
Leggi di mercato l’abitudine di quantificare economicamente il loro lavoro.
Leggi che regolano
lo scambio di merci
In generale, questi producevano ciò che consumavano: compravano pochissime
e servizi, come la cose e quello che producevano in più veniva loro sottratto e poi trasferito in città,
legge della domanda attraverso un complesso sistema di prelievi fiscali e di rendite che gravavano tutte
e dell’offerta, secondo
la quale alla crescita
sulla terra. La Chiesa riscuoteva una tassa, la «decima», che di solito ammontava,
della domanda di un appunto, a un decimo del prodotto, ed era generalmente pagata in natura. Gran
certo bene, quest’ultimo parte della decima non veniva spesa sul posto, ma trasferita per i bisogni dell’alto
aumenta di valore.
clero e dell’organizzazione ecclesiastica generale.
67
Mercato popolare.
Venditori al porto di
Napoli, dipinto di Pietro
Fabris del XVIII secolo.
Collezione privata.
Inoltre, la gran parte delle terre era amministrata da un signore, di solito nobile,
il quale governava il territorio, assicurando giustizia, ordine pubblico e rispetto delle
LESSICO leggi e delle gerarchie. Anche lui prelevava dai contadini una rendita, che spendeva
Tribunale di prima
istanza
in città – dove appunto viveva – e che spesso veniva ancora chiamata «feudale»,
Tribunale che affronta benché il feudalesimo – inteso come ordinamento gerarchico che stabilisce vincoli
le cause a un primo formali di potere fra persone – fosse ormai tramontato quasi ovunque in Europa.
livello. A seconda degli
ordinamenti, esistono
Il signore, comunque, restava un grande proprietario terriero: decideva lui quan-
tribunali di seconda do si doveva mietere o seminare, lui solo possedeva il mulino e il frantoio e da lui
e terza istanza, che dipendeva il tribunale di prima istanza, civile e penale; solo a lui, quindi, erano le-
riconsiderano dal
medesimo o da altri
gati i giudici che dirimevano i contenziosi tra i contadini e lo stesso proprietario.
punti di vista le cause Su tutte queste attività era garantita al signore un’ampia gamma di «diritti», che
dibattute nei tribunali rappresentavano di fatto dei gravosi tributi per la popolazione, ed erano il ricono-
di grado inferiore.
scimento della sua funzione pubblica di proprietario.
68
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
69
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Nobili a pranzo
in campagna dopo
la battuta di caccia.
Dipinto di Nicolas
Lancret del XVIII secolo.
Collezione privata.
I trasporti erano così difficili e lenti, al passo del cavallo o del mulo, su strade
insicure e sconnesse, che solo merci di grande valore valevano il costo di un lungo
viaggio; invece, per tutto ciò che doveva essere trasportato in grandi quantità (ma-
terie prime, grano, ma anche vino, olio, panni) venivano preferite le vie marittime,
che permettevano di abbassare i costi. Tuttavia, nei limiti del possibile, tutto doveva
essere prodotto vicino ai luoghi di consumo; in caso contrario, i prezzi sarebbero
cresciuti oltre le possibilità di assorbimento del mercato, a eccezione dei prodot-
ti di gran lusso, il cui prezzo era comunque tale che il trasporto non vi incideva.
70
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
L’interno di una
farmacia italiana
nel XVIII secolo.
Roma, Museo Storico
Nazionale Dell’Arte
Sanitaria.
Leggi l’immagine
• Descrivi tutte
le attività che si
svolgevano nella
farmacia, osservando
i personaggi ritratti.
• Quale corporazione
sovrintendeva alla
preparazione e alla
vendita di farmaci?
Ne ricordi altre?
71
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Comunità rurale.
I festeggiamenti per
un matrimonio in una
comunità contadina
delle Fiandre, dipinto di
David Teniers II
del 1650 circa.
72
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
LESSICO e della mietitura l’intera comunità rurale si trovava coinvolta in un grande sfor-
Consuetudine
zo collettivo; i campi aperti e i ritmi della rotazione agraria, del resto, favorivano
Regola sociale osservata
dai membri di una l’uso comune del tempo di lavoro, degli spazi e delle attrezzature, che spesso veni-
comunità e possibile vano fornite dal signore dietro pagamento dei diritti previsti dalla consuetudine.
fonte di diritto (diritto
La manutenzione di campi, strade e fossi era gestita dalla signoria ed eseguita
consuetudinario). Tipica
del mondo medievale e in comune dagli abitanti del villaggio, secondo una logica di intervento pubblico.
della prima Età moderna, Anche il sistema fiscale rafforzava il controllo reciproco all’interno della comuni-
la consuetudine traeva tà, perché il soggetto tassato era la comunità stessa, che aveva poi il compito di
la propria legittimità dal
fatto di essere una prassi ripartire il carico fra i singoli contribuenti.
osservata da moltissimo
tempo. La vita associata nelle città
Anche in città prevaleva l’organizzazione sociale per comunità. Le corporazioni,
anzitutto, non erano solo luoghi di gestione e controllo del lavoro, ma anche vere
e proprie cellule di vita sociale, che avevano una propensione endogamica e forti
reti di interessi reciproci e relazioni di ogni genere. Spesso controllavano il terri-
torio: un quartiere, una strada in cui si affollavano botteghe di una stessa specia-
lizzazione, con la rispettiva parrocchia, confraternita, festa religiosa, o con il culto
di un particolare santo.
Non era solo l’artigianato ma anche la maggioranza dei mestieri ad avere un’or-
ganizzazione corporativa; e laddove non si erano raggruppati spontaneamente, a
partire dal Medioevo, in corporazioni, venivano indotti a farlo dal governo, che in
tal modo riscuoteva meglio le imposte, controllava l’ordine e il funzionamento so-
ciale generale, concedeva favori e privilegi rafforzandosi a livello politico.
Quando si univano tra loro persone che svolgevano un mestiere più prestigioso,
non si parlava più di corporazione ma di «compagnia» o «corpo». Per esempio, i
mercanti si aggregarono in compagnie per ottenere determinati privilegi o veri e
propri monopoli; gli armatori-importatori specializzati nelle rotte coloniali fonda-
rono poi le «compagnie delle Indie», orientali e occidentali; i grandi banchieri, an-
cora, si diedero forme associative che si stavano già trasformando nei primi espe-
rimenti di banche centrali. Si trattava di grandi centri di potere che finanziavano
gli Stati e che erano in grado di contrattare collettivamente con i sovrani: il corpo
dei magistrati era capace di opporsi al potere politico, così come i notai, i funzio-
nari, gli ufficiali; e altrettanto facevano la Chiesa e la nobiltà.
Ognuno di questi corpi o corporazioni o compagnie aveva la sua collocazione
nella società, il suo posto nelle processioni religiose e nei cortei regali, un rango
riconosciuto da un proprio statuto (ottenuto, conquistato o contrattato), una par-
ticolare sistemazione legislativa, un suo «privilegio», una sua «libertà».
Anche la società religiosa era articolata in corpi (conventi, abbazie, congrega-
zioni, confraternite), e fra un corpo e l’altro esistevano rapporti particolari, diversi
tra loro. Le confraternite erano anche i luoghi in cui si aggregavano alcune fran-
ge della vita corporativa; per esempio, coloro che erano stati esclusi dai vertici di
potere delle corporazioni stesse, ma che, comunque, avevano costruito reti in cui
circolavano denaro, potere, favori reciproci e prestigio.
Vigevano poi reti di fedeltà, che facevano capo alle famiglie nobili e alle loro clien-
tele. Fra le mura di una stessa città potevano addirittura essere contrapposti diversi
santi patroni, ognuno in rappresentanza di una catena di lealtà, alleanze, subordi-
nazioni tra famiglie aristocratiche, ordini religiosi, corporazioni, quartieri cittadini.
73
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
• nessun ruolo nei corpi sociali • ruoli stabiliti nei corpi sociali
• nessuna tutela corporativa • tutela e controllo corporativi
• nessuna protezione legale • protezione legale
• nessuna sicurezza e garanzia • garanzia e sicurezza comunitaria
74
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
Gerarchie.
Chierici, nobili, Guardie
Svizzere, popolani e
mendicanti partecipano
alla cerimonia di
consacrazione del
cardinale Giuseppe
Pozzobonelli a Roma.
Dettaglio di un dipinto
di Gian Paolo Panini
del 1744.
75
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
La famiglia nucleare
Generalizzando, la famiglia nucleare era per lo più diffusa in Europa nord-occi-
dentale già in età preindustriale: era caratterizzata da matrimonio tardivo (26 anni
per gli uomini, 23 per le donne), una residenza diversa rispetto a quella delle fami-
glie di provenienza (neolocalità), una media di 4,75 persone per nucleo familiare
e la presenza di servitù.
La famiglia nucleare era diffusa anche dove prevaleva la proprietà fondiaria: qui
i contadini non possedevano la terra e non dovevano quindi aspettare nessuna
Famiglia nucleare.
Una tipica famiglia
nucleare diffusa in Nord
Europa: la famiglia
inglese Buckley-Boar.
Dipinto anonimo
del XVIII secolo.
76
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
eredità per mettere su casa. Uscivano dalla famiglia precocemente per fare i brac-
cianti agricoli, o si recavano in città a cercare lavoro. A ciò si aggiungeva la libertà
di fare testamento a favore dell’uno o dell’altro dei figli, nei casi in cui ci fosse una
proprietà da lasciare in eredità. Sposandosi in giovane età, cominciavano presto a
fare figli e perciò ne avevano molti, alimentando la crescita demografica e di con-
seguenza la disponibilità di forza lavoro per i primi esperimenti industriali.
Chi era escluso dall’eredità, doveva andare a costruirsi la sua fortuna altrove: in
questo modo si alimentava l’individualismo e si ponevano le premesse culturali
per lo sviluppo della libera concorrenza e di un mercato capitalista. Ciò avvenne
in particolare nelle colonie inglesi d’America, distantissime dalle pratiche comu-
nitarie consolidate dell’Europa.
Anche la pianura granaria della Francia settentrionale, gran parte della Pianu-
ra padana, l’Italia meridionale e la Sicilia, parte della Spagna e della Polonia erano
zone di famiglia nucleare. Ma qui la successione era egualitaria, e quindi l’indivi-
dualismo meno pronunciato.
La famiglia complessa
S1 Autorità paterna In molte altre regioni europee prevaleva invece la famiglia complessa di tipo pa-
e libertà dei figli nelle
scelte matrimoniali,
triarcale: in Germania, in Svezia, in Irlanda, nel Galles, nella Francia meridionale,
p. 98 in Belgio, in Catalogna, in Svizzera, in Austria, in Grecia e, in modo particolarmente
diffuso, nell’Italia centrale e in Veneto, con un aumento di percentuale nelle zone
rurali. In queste zone era presente la piccola proprietà contadina o, comunque, la
conduzione diretta, a mezzadria. Le residenze neolocali erano scarse, così come la
presenza di servi; l’età delle donne al momento del matrimonio era di gran lunga
inferiore a quella del modello nord-europeo, con una differenza di dieci anni cir-
ca tra uomini e donne.
Un contratto
di matrimonio.
Dipinto di Gaspare
Traversi del 1750.
Roma, Galleria
Nazionale d’Arte antica.
77
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
In altre zone, come in Boemia e in Russia, la piccola azienda contadina non esi-
steva affatto, ma la struttura comunitaria era comunque fortissima e la famiglia
complessa era dominante. I giovani non erano abbandonati al proprio destino né
andavano a vivere da soli, ma rimanevano nella casa paterna, dove portavano la
sposa e crescevano i figli.
Il giovane maschio restava sotto il potere patriarcale del capofamiglia, men-
tre la giovane donna passava dalla gestione domestica della madre a quella della
suocera ed era tenuta lontana dal lavoro dei campi e dalla servitù domestica. Per
sposarsi, i ragazzi dovevano avere il consenso delle famiglie o, più spesso, ac-
cettavano passivamente il partner deciso dagli anziani della comunità, che con-
cordavano i matrimoni proprio in vista di un rafforzamento dei legami parentali
e patrimoniali.
I Paesi a famiglia complessa erano caratterizzati da una minore mobilità in-
dividuale e quindi da una cultura meno preparata e decisamente meno incline
alle novità. Viceversa, avevano più solidità e solidarietà, più condivisione dei ri-
schi e dei carichi, una maggiore predisposizione a pensare la terra, lo spazio, il
lavoro e nei decenni e secoli successivi l’impresa economica, come se fosse un
affare collettivo.
Dal quadro delineato si può riscontrare la difficoltà di individuare modelli
di famiglia per l’Europa preindustriale: si deve dunque parlare di varietà delle
strutture familiari e tenere anche ben presenti le trasformazioni di una fami-
glia nel tempo.
I MODELLI FAMILIARI
Famiglia nucleare Famiglia allargata
• in senso verticale:
genitori + figli + nipoti
Composizione solo genitori + figli
• in senso orizzontale:
genitori + figli + fratelli con le loro famiglie
in regioni con grandi proprietà fondiarie in regioni con piccole proprietà contadine
Dove
(contadini = braccianti, domestici o salariati) (contadini = proprietari della terra o mezzadri)
precoce (nessun vincolo alla terra, quindi tardivo (forte legame con l’azienda agricola,
Matrimonio
più mobilità e libertà) quindi meno mobilità)
• crescita demografica • meno nascite
Effetti sul • disponibilità di forza lavoro • meno braccia per il mercato del lavoro
tessuto sociale • incentivazione dei primi esperimenti • basso sviluppo economico
industriali
78
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
nio, veniva gestita dal nuovo capofamiglia. Nelle famiglie meno abbienti capitava
di frequente che le ragazze non potessero beneficiare dell’aiuto della famiglia per
accumulare la dote; nacquero dunque, in varie città, istituti per la dotazione delle
ragazze povere.
In Italia, e anche in altre zone, fra i ceti dominanti si diffuse l’istituto del fede-
commesso, secondo cui il palazzo paterno e le grandi proprietà terriere andavano
in blocco al primogenito, che non ne poteva usufruire liberamente, in maniera del
tutto autonoma, non aveva la possibilità di venderle e le doveva consegnare alla
generazione seguente. Questo naturalmente danneggiava i cadetti, i fratelli mi-
nori, e, inoltre, precludeva la facoltà di disporre del proprio patrimonio come me-
glio si credeva, per esempio per reinvestirlo in altre attività. Con il fedecommesso
LESSICO una generazione ipotecava il futuro del patrimonio, sottraendo la libertà di scelta
Manomorta alle generazioni successive.
Istituto giuridico di
origine medievale che
Anche i beni della Chiesa costituivano una proprietà inalienabile, chiamata in
vietava a vassalli e servi Italia manomorta: non erano intestati a persone vive, quindi mortali, ma a enti
della gleba di disporre ecclesiastici, che non li potevano né vendere né lasciare in eredità e che su di es-
dei propri beni per
testamento. Tale norma
si non pagavano imposte. Fedecommessi e manomorte rappresentavano un caso
si estese in seguito ai vistoso della difficoltà in cui si trovava la società settecentesca a generalizzare l’u-
beni di enti morali, come so individuale della proprietà privata, creando un ostacolo non indifferente allo
quelli ecclesiastici.
sviluppo capitalista.
79
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
80
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
81
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
nel non dover sottostare a un obbligo valido per tutti gli altri, per esempio quello
di un tributo; era, in altre parole, un rapporto particolare con il potere, una legge
privata, un «privilegio». La società che gli aristocratici avevano in mente si strut-
turava come un aggregato di parti strette intorno al sovrano, che esprimevano li-
beramente, cioè ognuna a suo modo, il consenso.
82
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
vertice re per diritto divino (superiore alla legge re o magistratura repubblicana (sottomessi
istituzionale e legittimato da Dio) alla legge e legittimati dal consenso popolare)
83
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
84
Luigi XV nella
Grand Chambre A sostegno della monarchia assoluta pote-
LE FONTI
del Parlamento vano essere elaborate molte argomentazio-
di Parigi nel 1715. Il re padre dei sudditi ni. Nel brano che segue Jacques-Bénigne
Dipinto di Louis Michel
Dumesnil del XVIII
Bossuet (1627-1704), predicatore dì corte
secolo. Versailles, incaricato da Luigi XIV di educare il figlio, ne propone alcune, articolando le proprie
Château de Versailles. riflessioni sulla base dei versetti della Bibbia.
85
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
86
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
L’incoronazione
di Luigi XV nella
cattedrale di Reims.
Dipinto coevo di Pierre
Subleyras. Tolosa,
Musée des Augustins.
Leggi l’immagine
• Individua nel dipinto
tutti i simboli del
potere regio e di
quello ecclesiastico.
• L’arcivescovo
di Reims sta
cospargendo il capo
di Luigi XV con
un olio: svolgi una
ricerca sul significato
di questo gesto
nel cerimoniale
d’incoronazione.
la legittimità di governare. Lo zar russo stava al vertice di tutta la sfera del sacro, e
quindi della Chiesa ortodossa, mentre il re di Francia aveva una sua esclusiva sa-
cralità, diversa da quella del pontefice ma ugualmente legittimata da Dio. La ceri-
monia dell’investitura religiosa del sovrano francese per mano dell’arcivescovo di
Reims rimaneva, ma il re di Francia era legittimato sempre più dal proprio ruolo,
già quasi civile, di capo della macchina statale. Intorno alla persona del re si anda-
va così costituendo tutta una liturgia monarchica che si sostituiva a quella eccle-
siastica. Ogni gesto quotidiano del monarca veniva caricato di significati simbolici,
che puntavano a fondare l’essenza del potere sulla persona del monarca stesso, sul
suo corpo, e non sugli aspetti religiosi della missione di governo ricevuta da Dio.
Le grandi regge europee diventarono i nuovi templi della religione civile del pote-
re monarchico, al cui interno la Chiesa ebbe uno spazio alquanto ridotto, mentre i
rituali della corte, celebrati dalla grande aristocrazia, occupavano la scena.
87
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Fra gli intellettuali e la politica si aprì dunque una stagione di proficua colla-
borazione: i sovrani arrivarono a scegliere ministri e ambasciatori fra gli uomini di
cultura, anziché nella cerchia della grande aristocrazia o dei funzionari e dei giuristi
formatisi negli apparati burocratici di governo. Il rapporto fra potere e produzio-
ne del sapere divenne, dunque, un legame di dipendenza e al sapere teologico si
sostituì il «sapere del re». Orchestre e compagnie teatrali diventarono istituzioni
pubbliche e le esposizioni di pittura furono considerati normali appuntamenti di
pubblica utilità. Il potere politico, insomma, si impose come il principale laborato-
rio della produzione intellettuale.
La tutela dell’Accademia ostacolava ovviamente le sperimentazioni creative degli
artisti, costringendoli al rispetto di rigidi e vincolanti modelli.
88
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
Il porto di Dieppe.
La preparazione di un
carico di pesce sotto
sale nel porto di Dieppe
in Normandia, dipinto
di Claude Joseph Vernet
del 1765.
89
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Il porto di Toulon.
Una veduta del porto
di Toulon dal lato dei
magazzini dei viveri.
Dipinto di Claude
Joseph Vernet del
XVIII secolo. Parigi,
Musée de la Marine.
90
Società e Stato tra Sei e Settecento | 3 |
Un mercante
e un banchiere
di Nancy ricevono
degli emissari
di Giuseppe II
d’Austria per
negoziare un prestito.
Dipinto francese
del XVIII secolo.
91
Dalla Storia all’Educazione civica
Famiglia fondamento essere libero ed essi godono, nel dere la famiglia un’istituzione pub-
della società matrimonio stesso, di eguali diritti. blica. Ora, in Italia il matrimonio può
Le Nazioni Unite specificano nella essere di due tipi: religioso e civile.
Dal Settecento ad oggi la società
Dichiarazione che lo Stato ha il do- Il matrimonio religioso si svolge
umana è cambiata profondamente
vere di proteggere la famiglia. davanti a un ministro della Chiesa
ed è cambiato molto anche il mo-
Queste affermazioni trovano riscon- cattolica o di altri culti ammessi dal-
do di intendere la famiglia. Non
tro anche nella Costituzione della lo Stato e i suoi effetti hanno valore
è però mutata la convinzione che
Repubblica italiana, che dedica alla legale anche per lo Stato. Il matri-
proprio sulla famiglia si regga l’in-
famiglia gli articoli 29, 30 e 31. Il monio civile si svolge davanti a un
tero consorzio umano.
primo e più importante è l’articolo pubblico ufficiale, come il sindaco,
Secondo la Dichiarazione univer-
29, secondo cui: e in presenza di due testimoni scelti
sale dei diritti umani, promulgata
dagli sposi. Nell’uno e nell’altro ca-
dall’ONU nel 1948, uomini e don-
«La Repubblica riconosce i so, durante il rito vengono letti agli
ne hanno diritto di sposarsi e fon-
sposi i tre articoli del Codice Civile
dare una famiglia, senza limitazioni diritti della famiglia come
che regolano il matrimonio: sono il
di razza, cittadinanza e religione. Il società naturale fondata sul 143, il 144 e il 145, che illustrano i
loro consenso al matrimonio deve matrimonio. Il matrimonio diritti e i doveri dei coniugi, reci-
è ordinato sull’uguaglianza proci e verso i figli. Tra questi diritti
morale e giuridica dei e doveri ricordiamo l’impegno alla
fedeltà, a coabitare, ad aiutarsi in
coniugi […]». tutte le circostanze della vita, a da-
re ciascuno un contributo perché la
Lo Stato, insomma, vede nella fami- famiglia abbia tutto il necessario, a
glia un patto, una libera associa- trovare un accordo sulle questioni
zione tra persone che decidono più importanti e attuare insieme
di trascorrere insieme la vita, han- l’indirizzo della vita familiare, ad
no eguali diritti e doveri, mettono in assicurare il rispetto dei diritti dei
comune i beni e gli affetti e si pren- figli. È opportuno sottolineare an-
dono le responsabilità che nascono cora una volta la piena parità di
da tale scelta. Innanzi tutto, come diritti e doveri tra i coniugi: qual-
prescrive l’articolo 30, il procreare, cosa che oggi ci sembra del tutto
crescere ed educare dei figli: normale, ma che la legge ha stabi-
lito solo pochi decenni fa. Fino al
«È dovere e diritto dei 1975, infatti, anno di una importan-
genitori mantenere, istruire tissima riforma del diritto familia-
ed educare i figli […]». re, in Italia l’uomo aveva nell’ambito
del matrimonio una netta prevalenza
La legge cambia: sulla donna, con poteri decisionali
non più una sola famiglia che superavano ampiamente quelli
della coniuge. Negli ultimi decen-
Manifestazione a favore del divorzio
Secondo la Costituzione, la famiglia ni è poi maturato in seno alla so-
in occasione del referendum si fonda sul matrimonio. È il matri- cietà un diverso concetto di fa-
abrogativo del 1974. monio, sancito dalla legge, a ren- miglia, con riflessi inevitabili sulla
legge. Il Parlamento ha così rego- Lo Stato adempie in diversi modi a Dibattito in classe:
lato le situazioni in cui due perso- questo compito. Per esempio, ag- unioni civili
ne convivono, unite da un legame giunge allo stipendio dei lavorato- e adozioni
affettivo stabile, riconoscendo alle ri i cosiddetti «assegni familiari»:
cosiddette «coppie di fatto» molti La legge sulle unio-
denaro in più calcolato in base al
ni civili del 2016 garantisce, per la
dei diritti e doveri che vigono tra i numero dei figli. Apre asili nido nei
prima volta, alcuni diritti ai coniugi
coniugi della famiglia tradizionale. quali vengano accuditi i figli piccoli dello stesso sesso, ma non permette
Andando ancora oltre, nel 2016 le di genitori che lavorano e provvede loro di adottare dei bambini. In molti
Camere hanno approvato una leg- a fornire gratuitamente un’istru- hanno criticato tale limitazione sulla
ge che riconosce le «unioni civi- zione a tutti i bambini e ragazzi. scorta di diverse considerazioni:
li» tra persone dello stesso ses- Offre alle donne il diritto di con- poiché viene negata la possibilità di
so: queste si suggellano davanti a gedarsi dal lavoro, senza timo- crescere in una famiglia a dei minori
un pubblico ufficiale ed estendono re di perderlo, negli ultimi mesi di che si trovano in situazione di svan-
ai membri della coppia quasi tutti i gravidanza e nei primi mesi di vita taggio; perché è una decisione basa-
diritti e doveri previsti per il matri- del figlio. Questo tipo di congedo ta su pregiudizi ormai superati; altri
monio, ad eccezione, per esempio, non è concesso in modo esclusi- ritengono al contrario che la società
della possibilità di adottare. vo alle madri, ma è previsto oggi non sia ancora pronta per un tale
cambiamento e che gli stessi minori
anche per i padri.
I doveri dello Stato Lo Stato interviene anche quando
non ne trarrebbero vantaggio.
verso la famiglia Scegliete tre studenti che facciano
la famiglia si scioglie, perché tale da giuria, poi dividete il resto della
Sullo stesso tenore della Dichiara- evento si svolga secondo la legge classe in due gruppi:
zione dei diritti umani dell’ONU, an- in modo da tutelare tutte le parti 1. il gruppo A sosterrà la necessità
che la Costituzione italiana prescri- coinvolte, così da arrecare il danno di estendere il diritto di adozione
ve allo Stato la protezione della minore possibile sia per i coniugi per le unioni civili; il gruppo B
famiglia attraverso le leggi. L’ar- sia per i figli. argomenterà in senso opposto.
ticolo 31 afferma infatti che: La legge regola dunque la divisione Accedi al QR Code per guardare
dei beni tra i coniugi, fa in modo che un TED Talk sul tema in questione.
«La Repubblica agevola l’ex coniuge più agiato sia respon- 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
con misure economiche sabile di garantire il mantenimento voce, che in 5 minuti presenterà
del meno abbiente e dei figli, dispo- alla giuria i risultati del lavoro.
e altre provvidenze la Nell’esporre le proprie ragioni, si
formazione della famiglia e ne per l’affidamento dei figli stessi:
possono proiettare presentazioni
all’uno, all’altro o a entrambi i geni-
l’adempimento dei compiti multimediali, con informazioni
tori in egual misura.
relativi, con particolare Lo Stato vuole che marito e mo-
e dati.
3. Seguirà un dibattito libero
riguardo alle famiglie glie pongano fine al matrimonio so- di 10 minuti tra le due squadre.
numerose. Protegge lo dopo un’attenta e adeguata me- I giudici si confronteranno poi tra
la maternità, l’infanzia ditazione: perciò la legge prevede loro e decideranno qual è stato
e la gioventù […]». prima un periodo di separazione e il gruppo più efficace.
poi il vero e proprio divorzio.
93
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
94
Ripassa con la mappa concettuale
visse una
fase di transizione
95
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
96
Fonti e Storiografia
FONTI Una recinzione a Marston nel 1656
F1 In questo brano si riporta parte della querela presentata da un gruppo di proprietari
terrieri di Marston in seguito agli accordi per una recinzione di terre comuni. Il brano
proviene dai documenti della Cancelleria che, per legge, doveva registrare questo ti-
po di accordi.
In passato, cioè […] nell’anno di nostro Signore 1601, Anton Crooke esquire 1 e Anne sua
moglie, Richard Crooke esquire, Edward Austin gentiluomo, Thomas Weekes […] 2, proprie-
tari e possessori nel villaggio e parrocchia nella Signoria o Maniero di Heddington nella
contea di Oxford, querelanti, presentarono la loro querela a questa onorevole corte della
Cancelleria nei confronti di Broome Whorwood esquire, convenuto, dichiarando che le ter-
re appartenenti ai querelanti erano mescolate e disperse tra loro in quattro campi comuni
in Marston e per la maggior parte usate e impiegate per la coltivazione e seminate a gra-
1 esquire: il titolo no e che i querelanti […] una volta tagliato il grano e trasportatolo al riparo, vi mandava-
poteva indicare varie
figure: il figlio maggiore no a pascolare in comune il proprio bestiame in base a certe restrizioni e proporzioni […].
di un cavaliere, un uomo […] prima del momento in cui i querelanti compirono qualche passo per la recinzione, essi
di corte di nomina regia si rivolsero al detto convenuto che, ben conoscendo la rovina e il decadimento dell’agricoltu-
ecc.
2 Crooke … Weekes: ra nel detto villaggio, acconsentì prontamente alla detta recinzione con l’accordo che i que-
si omettono i nomi di tutti relanti e i loro eredi e assegnatari sarebbero stati esclusi dal pascolo comune in ogni parte
i querelanti. del dominio del detto maniero di Heddington, mentre tutti i passaggi, vie e percorsi per il
3 nazione: il termine
nazione, in epoca
bestiame attraverso qualsiasi parte del detto dominio avrebbero continuato ad esistere […].
moderna, non ha In base al detto accordo i querelanti procedettero ad effettuare la detta recinzione ed
ancora un significato hanno arginato, cintato e diviso con sempreverdi i loro appezzamenti, piantando nume-
univoco e viene usato
rosi alberi e arbusti sulle dette terre a beneficio della nazione 3 e ricavando dai loro terreni
per designare comunità
di lingua, costumi e un pascolo di venti acri di terra per l’uso dei poveri del villaggio […]. E i querelanti hanno
tradizioni, in riferimento goduto per lo spazio di due o tre anni quietamente e pacificamente i detti terreni recintati
sia a grandi Stati sia a
con profitto delle proprietà dei querelanti e a grande vantaggio del convenuto grazie alle
piccole province o città..
4 decime: le decime, somme pagategli per l’alienazione.
in origine destinate Ma il convenuto, godendo delle decime del detto villaggio, protestò che in caso qualcu-
al clero, erano no dei querelanti avesse messo a pascolo le dette terre le sue decime 4 sarebbero diminuite
passate, insieme alla
terra, ai proprietari di valore rispetto al passato, e in base a qualche altra eccezione senza fondamento tentò
laici, in seguito alla di annullare la detta recinzione […]. Al fine quindi di ricevere conferma definitiva alla sud-
soppressione dei detta recinzione e ai suddetti accordi per decreto di questa onorevole corte […] i querelanti
monasteri avvenuta
durante il regno invocarono l’aiuto e l’assistenza di questa onorevole corte perché emettesse un mandato di
di Enrico VIII. comparizione diretto al detto convenuto perché si presentasse a rispondere a detta querela.
(da G. Garavaglia, Società e rivoluzione in Inghilterra. 1640-1689,
Loescher, Torino, 1978, pp. 35-38)
97
Fonti e Storiografia
GLI SNODI Il consenso paterno ai matrimoni era stato rifiutato dal Concilio di Trento.
DEL TESTO L’approvazione delle famiglie era necessaria per validare un matrimonio.
La differenza di ceto era un motivo valido per annullare un matrimonio.
Gli ostacoli al matrimonio erano molti e non provenivano solo dalle famiglie di apparte-
nenza o dagli impedimenti del diritto canonico. Certo, non possiamo dimenticare che i
divieti imposti dalle famiglie rappresentarono una costante nella storia del matrimonio
europeo […]. Resta da domandarsi se il concilio di Trento, che a differenza dei protestanti
aveva rifiutato di introdurre il consenso paterno come condizione di validità del vincolo,
Leggi in digitale il abbia avuto conseguenze sui rapporti tra genitori e figli. Il dibattito conciliare aveva fatto
testo I matrimoni
della nobiltà di Jean- emergere posizioni radicalmente contrastanti. I fautori del consenso paterno erano stati
Pierre Labatut e aspramente criticati da coloro – in particolare italiani e spagnoli – che avevano denuncia-
scrivi un articolo to in toni assai duri la «tirannia» dei padri di famiglia, colpevoli di combinare a loro piaci-
di giornale in cui mento i matrimoni dei figli (ma soprattutto delle figlie), e avevano reclamato l’urgenza di
approfondisci, in
chiave storica, com’è
salvaguardare la libertà di scelta.
cambiato il rapporto Fu questa, come sappiamo, l’opinione che prevalse, pur tra forti opposizioni. La dottrina
con il matrimonio tra del consenso restò confermata: ma l’accento posto con tanto vigore da molti padri conciliari
passato e presente. sulla libertà di matrimonio riuscì a incidere sulle concrete libertà di scelta di figli e figlie? […]
Puoi prendere in
Ciononostante, diversi indizi ci dicono che l’atteggiamento della Chiesa nei confronti del
esame il punto di
vista dell’autorità difficile equilibrio tra il principio della libertà del matrimonio e l’obbligo dell’obbedien-
paterna, della za ai genitori stava cambiando. Negli anni Venti e Trenta del Settecento la Congregazione
Chiesa e dello Stato del concilio rispose ad alcuni quesiti posti dai vescovi di Napoli, Milano, Vienna e Worms
riguardo la libertà di
dichiarando che il dissenso paterno era da considerarsi un giusto motivo di scioglimento
scelta degli sposi,
confrontando le della promessa di matrimonio. In altre parole, veniva riconosciuto il diritto dei genitori di
osservazioni di reclamare la nullità degli sponsali contratti senza il loro consenso. Quel consenso paterno
Labatut e Lombardi che era stato negato dal concilio di Trento come condizione di validità diventava, di fatto,
e tenendo presente condizione di validità della promessa. Nel corso del secolo si pubblicarono trattati e opuscoli
l’evoluzione
dei costumi di canonisti e teologi, in cui si sosteneva che era peccato mortale sposarsi senza il consen-
contemporanei. so dei genitori e che i vescovi dovevano intervenire per impedire i matrimoni tra persone
di ceto diverso che non avevano l’approvazione della famiglia, […].
La pressione da parte della società civile e le risposte date dai poteri secolari ed ecclesia-
stici si situano in un contesto in cui la cultura del patrilignaggio era minacciata dal molti-
plicarsi dei fermenti di ribellione.
(D. Lombardi, Storia del matrimonio. Dal Medioevo a oggi,
il Mulino, Bologna 2008, pp. 142-153)
98
Società e Stato tra Sei e Settecento 3
S2 Donne e politica
Natalie Zemon Davis
Natalie Zemon Davis è una storica statunitense che si è occupata di rapporti di classe
e cultura popolare nell’Europa moderna, con particolare attenzione al contesto fran-
cese. Nei suoi studi ha messo in luce la condizione e il ruolo delle donne. In questo
brano fornisce delle coordinate per interpretare il rapporto tra donne e potere tra i
secoli XIV e XVIII.
GLI SNODI Le donne erano generalmente escluse dalla vita politica nell’Antico regime.
DEL TESTO In Inghilterra era concesso a una donna di diventare regina.
In Francia le donne potevano partecipare alle assemblee locali.
Nel 1586, nell’edizione latina dei suoi famosi Sei libri della Repubblica, Jean Bodin 1 ragio-
nava sui diversi ordini e gradi dei cittadini di una repubblica e affermava come per un ri-
pensamento:
Per quanto riguarda l’ordine e grado delle donne, non voglio occuparmene; penso
soltanto che sia opportuno che esse vengano tenute lontane da tutte le magistrature,
i luoghi di comando, i giudizi, le assemblee pubbliche e i consigli, così che si occu-
pino solo delle loro faccende donnesche e domestiche (De Republica Libri Sex, 1586).
1 Jean Bodin: […] In effetti, questi uomini di legge esagerano un po’ la differenza tra i sessi. Durante
pensatore politico, l’Ancien Régime, c’erano molti uomini esclusi dalla partecipazione all’attività politica in
economista base alla loro proprietà, ricchezza o posizione, mentre alcune donne godevano di autori-
e magistrato francese
(1530ca.-1596). tà politica per nascita o eredità oppure perché potevano ottenere un’influenza politica in
2 influenza … modo informale 2.
informale: un potere La condizione urbana ci propone una distinzione tra i primi regimi politici moderni che
informale è un potere
privo di riconoscimento è utile per definire il ruolo delle donne. Gli Stati organizzati in repubbliche, come Firen-
ufficiale. ze nel primo Rinascimento o Venezia […], avevano pochissime collocazioni in cui le donne
3 legge salica della potessero esercitare pubblicamente un potere politico. […]
successione: la legge
salica, così detta
Viceversa, gli Stati organizzati in monarchie – la Francia, l’Inghilterra, la Spagna […] – di-
perché dei Franchi salii sponevano di luoghi formalmente riservati alle donne […].
(secoli V-VI), prevedeva, In Inghilterra, le regine potevano governare con pieno diritto in assenza di un erede ma-
tra le altre cose, che le
donne non potessero
schio della linea diretta. […]
ereditare terre. Conobbe Dall’altra parte della Manica, le regine francesi ebbero meno opportunità. Nel XIV secolo
una notevole fortuna era stata invocata per la prima volta la vecchia legge salica della successione 3 per giustifi-
tra Età medievale e
care l’esclusione delle donne dalla successione al trono; nel XVI secolo i giuristi afferma-
moderna e fu utilizzata
anacronisticamente per vano che questa esclusione risaliva ai tempi degli antichi Franchi. […]
escludere le donne dalla C’erano però altri spazi per l’azione politica delle donne, alcuni dei quali collegati in modo
successione al trono. organico al governo monarchico e alle sue istituzioni, altri con la possibilità di cambiarle. […]
Fu accolta in Francia,
nei domini asburgici In Francia, le donne in linea di principio avevano diritto a partecipare alle assemblee lo-
e in Italia. cali per scegliere i deputati degli Stati Generali […].
(da N. Zemon Davis, Donne e politica, in Storia delle donne. Dal Rinascimento all’età moderna,
a cura di N. Zemon Davis, A. Farge, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 201-219)
COMPRENDERE 1. Qual era l’opinione del filosofo Jean Bodin riguardo alle donne e alla politica?
IL TESTO
2. Secondo Zemon Davis, oltre alle donne quali altri soggetti erano esclusi dalle
decisioni politiche nell’Antico regime?
3. Quale ruolo poteva ricoprire una donna nella corte del re per poter sperare
di avere un peso politico?
99
4 L’equilibrio politico
in Europa
L’espansione economico-militare e la diplomazia
Nel XVIII secolo le ambizioni economiche, politiche e militari delle potenze europee si
mossero secondo due direzioni: da un lato, si investì nel controllo delle rotte commerciali
e nel predominio dei mari, in particolare da parte di Inghilterra e Francia; dall’altro, si af-
Esplora l’immagine filarono le armi della diplomazia per ostacolare i rivali sul territorio europeo. Fu in questo
interattiva scenario che scoppiò il primo conflitto di dimensioni mondiali: la guerra dei Sette anni.
Lo scacchiere europeo
Dalla fine del XVII secolo, in Russia, Pietro il Grande mise in atto un complesso proces-
Ambasciatori so di modernizzazione e accentramento del potere, mentre la Prussia acquisì il profilo di
europei ricevuti dal grande potenza europea, grazie ad una serie di riforme portate avanti dagli Hohenzollern.
sultano ottomano. Su un altro fronte, la Polonia e l’Impero ottomano attraversarono invece un periodo di
Miniatura turca del
XVIII secolo. Istanbul, crisi; subirono, infatti, a seguito di alcune gravi sconfitte militari, la perdita di importanti
Topkapı Sarayı Müzesi. territori a tutto vantaggio di Austria, Russia e Prussia.
101
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
1 Guerra e diplomazia
L’economia mercantilista e le rotte internazionali
Tra XVII e XVIII secolo si posero le basi di quella supremazia europea nel mondo
Guarda il video che si realizzò poi pienamente tra Sette e Ottocento. Nel Vecchio Continente l’In-
Il Settecento
ghilterra lavorò per la costruzione di un equilibrio tra le potenze. La monarchia
e l’assolutismo e
rispondi alle domande: britannica poteva ricoprire questo ruolo di garante grazie alla posizione di premi-
• Quali sono le nenza che aveva raggiunto attraverso la capacità di controllo delle reti commer-
conseguenze
ciali internazionali.
della guerra di
successione Diversi furono i fattori che permisero all’Inghilterra di assumere in questo pe-
polacca? riodo un ruolo egemone.
• Nel corso del
Nel XVIII secolo, le politiche mercantiliste ( ▶ cap. 2, par. 4 e cap. 3, par. 8), in par-
XVIII secolo, perché
si acuisce la rivalità ticolare nel settore del commercio marittimo, iniziarono ad avere un peso mag-
fra Austria e giore nelle entrate dello Stato, tradizionalmente derivanti dal prelievo fiscale sulla
Prussia? produzione agricola. Impadronirsi di territori con un’agricoltura florida rimaneva
• Quale potenza
risulta egemone importante, ma relativamente meno rispetto ad assicurarsi una quota crescente del
in America? traffico internazionale. Chi conquistava il controllo delle principali rotte maritti-
me, infatti, faceva affluire nelle proprie casse una maggiore quantità di denaro.
Grazie alle entrate più consistenti, di conseguenza, si era in grado di lavorare al-
la costruzione di una macchina statale più efficiente e di predisporre un esercito
e una marina più potenti, a tutela degli interessi nazionali. La politica e la guerra
erano perciò due diversi ambiti sui quali si giocava la stessa partita mercantilista;
una partita che gli inglesi finirono per vincere.
La contrapposizione frontale tra Paesi cattolici e Paesi protestanti, spesso in
guerra tra loro, era ormai un ricordo del passato. I conflitti non erano più animati
da motivi ideologici, ma si combattevano piuttosto per massimizzare i vantaggi
minimizzando i danni, prestando molta attenzione ai ricavi futuri, ai legami mer-
cantili che si sarebbero potuti instaurare e alla ricchezza dei territori conquistati,
potenziali fonti di guadagno in termini di gettito fiscale, ai costi della guerra, alle
forze che si sacrificavano o si perdevano e a quanto si sarebbe speso per ricostruirle.
L’azione militare aveva assunto un carattere eminentemente difensivo, e l’of-
fensiva distruttrice veniva evitata sia per i costi sia perché avrebbe sconvolto gli
equilibri diplomatici, che restavano il principale obiettivo di qualunque politica
estera. Negli assedi delle piazzeforti, ad esempio, un generale vittorioso aveva il
compito di offrire all’avversario una resa a condizioni onorevoli, che garantissero
comunque al vincitore – entro i limiti della ragionevolezza – il massimo vantag-
gio, ma che, al contempo, evitassero un’inutile carneficina. Comunque, se la bat-
taglia aveva luogo, non era certamente un evento simbolico, e migliaia di morti
restavano sul campo.
Le campagne militari erano condotte da generali di origine aristocratica, che
prima di tutto dovevano svolgere il ruolo di negoziatori per uscire al più presto
dall’azione militare e ripristinare l’equilibrio politico-diplomatico. In molti casi, i
generali non erano militari di professione, ma alti esponenti della classe dirigente,
dotati di competenza militare. Dovevano anche essere degli organizzatori e dei le-
ader, perché nelle loro mani si concentravano sia il reclutamento e la logistica delle
forze armate sia la conduzione complessiva della campagna. La gestione e il movi-
mento delle truppe in battaglia, invece, erano coordinati da ufficiali e sottufficiali
102
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
103
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
104
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
REGNO DI SVEZIA
105
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Federico II il Grande
Il successore di Federico Guglielmo I, Federico II (1740-86), detto il Grande, fu
considerato dai suoi contemporanei il modello di monarca riformatore della sua
epoca: servitore dello Stato, grande politico, grande militare, mecenate, uomo di
cultura, filosofo, scrittore, musicista.
Salendo al trono, Federico si trovò a disporre di un regno territorialmente e
demograficamente modesto, anche se ben organizzato, e soprattutto di un ot-
timo esercito, forgiato dal padre. Era appunto grazie a questo esercito che la
106
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
Prussia poteva aspirare a un posto nel consesso delle grandi potenze europee.
Federico merita senza dubbio un posto d’onore fra i grandi condottieri e gli in-
novatori dell’arte militare. Nei primi venti anni del suo regno, il sovrano prussiano
si dedicò principalmente all’attività militare. Battaglie come Rossbach e Leuthen,
combattute nell’ambito della guerra dei Sette anni ( ▶ par. 6) e vinte in forte svan-
taggio numerico, sono altrettanti capolavori di abilità tattica.
Vista in prospettiva storica, è a partire dal suo regno che possiamo datare l’av-
vio della conquista dell’egemonia politica e militare della Prussia sulla Germania.
L’unificazione politica tedesca – che si sarebbe realizzata nella seconda metà del
XIX secolo – fu la vittoria di una Prussia militarista e conquistatrice e di un siste-
ma sociale basato sulla disciplina dell’obbedienza del suddito al potere.
Il culto dello Stato e del potere monarchico escludeva qualsiasi concessione alla
tolleranza di opinioni difformi da quelle del sovrano. Federico, se fu tra i sovrani più
influenzati dalle idee dell’Illuminismo ( ▶ cap. 6), fu certamente uno dei più dispotici.
Dal punto di vista politico, sociale e istituzionale, la Prussia di Federico aveva mol-
to più in comune con l’Impero degli zar che con le nazioni dell’Europa occidentale.
Federico, del resto, si guardò bene dall’abolire la servitù della gleba ancora vi-
gente in gran parte del suo Regno. Questo aspetto è rivelatore delle relazioni di
Federico con la grande nobiltà terriera degli Junker, che sulla servitù della gleba
fondava il proprio potere sociale e la propria forza economica.
Ritratto di Federico
II di Prussia.
Dipinto di Antoine
Pesne, 1736.
Utrecht, Huis Doorn.
107
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
108
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
Carlo Alberto e occupò la Slesia, possedimento asburgico, dando inizio nel 1740
alla guerra di successione austriaca.
Si formarono due vaste coalizioni: da un lato, si allearono Francia, Spagna e Prus-
sia; dall’altro, Inghilterra e Olanda si schierarono con Vienna. Otto anni di guerra e
alterne vicende militari portarono alla pace di Aquisgrana (1748): fu riconosciu-
ta la coppia imperiale composta da Maria Teresa e suo marito, Francesco Stefano,
che divenne imperatore con il nome di Francesco I; la Prussia si vide confermata
la Slesia; e i Borbone di Spagna ricevettero il Ducato di Parma e Piacenza. Tutta-
via, queste sistemazioni territoriali non risolsero affatto i due principali antagoni-
smi che dividevano l’Europa: quello tra Francia e Inghilterra, per il controllo dei
traffici oceanici, e quello tra Austria e Prussia, per l’egemonia sul mondo tedesco.
Ai giorni nostri, le truppe numerose e gli eserciti potenti che i principi mantengono sia in pace
che in guerra contribuiscono non poco alla sicurezza degli Stati e frenano l’ambizione dei principi
vicini, perché sono proprio le spade sguainate che tengono nel fodero quelle degli altri.
Non basta però che il principe sia, come dice Machiavelli, di «ordinaria industria»; io vorrei che
desiderasse anche rendere felice il suo popolo. Un popolo contento non penserà a ribellarsi, un
popolo felice teme di perdere il suo principe e benefattore più di quanto questi tema la diminuzio-
ne del suo potere.
(da Federico II, L’Antimachiavelli, Edizioni Studio Tesi,
Pordenone 1995, pp. 9-10)
109
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
110
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
Boiari russi
a Mosca.
Incisione del
XVII secolo.
111
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Nel 1611 la Duma, cioè l’assemblea dei boiari, cercò di porre fine a questo pe-
riodo eleggendo uno zar disposto a fare gli interessi della grande nobiltà: il figlio
del re di Polonia. Ma il tentativo fallì per la reazione del Paese, ostile ai polacchi, e
nel 1613 venne incoronato zar Michele Romanov (1613-45), imparentato con la
famiglia di Ivan IV. Con lui iniziò una dinastia che regnò fino al 1917.
Con Michele Romanov la concezione assolutistica del potere riprese forza con-
tro una nobiltà compromessa dai rapporti con la Polonia e indebolita dalle care-
stie, che avevano costretto i contadini a fuggire verso terre vergini. Solo il pugno di
ferro del potere centrale e la grande forza della Chiesa ortodossa avrebbero potuto
riprendere il controllo della società.
Michele Romanov
dopo la sua morte • «epoca dei torbidi»
incoronato zar (1613):
va al potere (1601-13)
Ivan IV il terribile • rafforzamento della
Boris Godunov, • conflitti interni e instabilità
primo zar (1547-84) monarchia assoluta
che viene eletto • candidati stranieri al trono
• unione dei poteri
zar (1598-1605) russo
temporale e spirituale
112
Ritratto dello zar
Pietro il Grande.
Dipinto di Gustav
von Mardefeld, 1707.
vendendo per conto dello zar i beni con i quali erano stati pagati i tributi. Il peso
della burocrazia, dunque, era opprimente e impediva di fatto ogni forma di libe-
ra iniziativa commerciale. D’altra parte, non si formò nemmeno una vera struttura
burocratica che si identificasse con lo Stato: per riscuotere le imposte e i dazi, in-
fatti, lo zar si serviva di ricchi commercianti, ai quali delegava funzioni statali senza
che, per questo, entrassero a far parte di una struttura permanente.
A differenza di quanto avveniva in molti Stati dell’Europa occidentale, la
Duma dei boiari e il Sobor non erano in grado di costituire un vero e proprio con-
trappeso al potere dello zar. Il sovrano russo aveva ben poco a che spartire con
la tradizione occidentale; si avvicinava, invece, al modello orientale del despota,
che esercitava il potere in modo assolutistico e arbitrario, senza alcuna preoccu-
pazione per lo Stato.
Tuttavia, la Russia si appropinquava progressivamente alle dinamiche euro-
pee, e i contrasti fra le potenze del continente la coinvolgevano in modo sempre
più diretto. Toccò al terzo zar della dinastia Romanov, Pietro I, detto «il Grande»,
il compito di imprimere una svolta decisiva alla politica e all’intera società russa
in direzione dell’Europa.
113
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
114
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
La benedizione
della bandiera
del Reggimento
Preobrazhensky
nel dicembre 1796.
Acquerello su carta
di Mikhail Matveevich
Ivanov, 1796.
A.V. Suvorov State
Memorial Museum,
San Pietroburgo.
115
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
116
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
sorta di camicia di forza. Basti pensare che gli impiegati non nobili che occupava-
no i ranghi più bassi, qualora fuggissero, venivano ricondotti a forza esattamente
come accadeva per i servi della gleba.
Pietro il Grande affrontò anche il problema della successione al trono: nel 1722
deliberò che spettava al solo sovrano designare il proprio successore, una decisione
presa in seguito alla perdita del figlio Alessio, morto in carcere nel 1718 in circostanze
poco chiare. Alla volontà di occidentalizzare la vita russa si dovette anche una modi-
fica della qualifica stessa del sovrano, che dal 1721 assunse il titolo di «imperator»
in sostituzione di quello russo di «zar». Inoltre, gli organismi supremi da lui stesso
istituiti per il governo civile ed ecclesiastico pregarono Pietro di accettare il titolo di
«Padre della patria e imperatore di tutte le Russie», nonché l’appellativo di «il Gran-
de», in virtù della sua eccezionale statura e del suo disegno politico di ampio respiro.
117
Attacco delle L’espansionismo russo si prefisse innanzitutto di ottenere degli sbocchi sui ma-
truppe russe alla ri. Verso sud, in direzione del mar Nero e del Caucaso, i russi dovettero però scon-
fortezza svedese
di Nöteborg, trarsi con l’Impero ottomano e con quello persiano, in un conflitto che fu anche
l’11 ottobre 1702, religioso, dal momento che la Russia voleva porsi come campione del cristianesi-
durante la grande mo ortodosso. Approfittando della crisi dei due Imperi islamici, i russi riuscirono
guerra del Nord.
Dipinto di Alexander a compiere significativi progressi territoriali, annettendo Baku, sul mar Caspio, e
von Kotzebue, Azov, in Crimea (1696). Il mar Nero smise così di essere un «lago ottomano».
XIX secolo. Sulle rive del mar Baltico, dove Pietro aveva costruito la sua nuova capitale, i rus-
si dovettero fare i conti con la Svezia, che dalla guerra dei Trent’anni si era impo-
sta come potenza egemone dell’area. Il conflitto, la grande guerra del Nord, scop-
piò nel 1700. Inizialmente, grazie all’abilità militare del sovrano svedese, Carlo XII
(1697-1718), e all’efficienza del suo esercito, i russi, alleati dei polacchi e dei da-
nesi, ebbero la peggio. Vincitore a Narva, Carlo XII arrivò fino al Dnepr, ma i russi
riuscirono a riorganizzarsi e, nel 1709, sconfissero gli svedesi a Poltava, strappan-
do loro la Livonia, l’Estonia e parte della Carelia.
Il conflitto terminò con la pace di Nystad nel 1721, che consacrò la nuova posizione
raggiunta dalla Russia in Europa. Tutta la costa del mar Baltico fino a Riga era ora sot-
to il controllo russo, mentre la potenza svedese si era ormai definitivamente infranta.
L’ESPANSIONISMO RUSSO
Pietro I il Grande
• coscrizione obbligatoria • verso sud, in direzione del mar Nero e del Caucaso
• flotta da guerra sul modello inglese (conflitti con l’Impero ottomano e l’Impero persiano)
• scioglimento del vecchio esercito • verso nord, sul mar Baltico, contro la Svezia (grande
• riforme militari sostenute da imposte personali guerra del Nord vinta in più fasi dai russi, che arrivano
sui cittadini a controllare la costa del mar Baltico fino a Riga)
118
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
5 Il mondo balcanico
e il declino dell’Impero ottomano
Il graduale esaurimento della spinta espansionistica ottomana
Negli stessi anni in cui Pietro il Grande poneva le basi per la penetrazione russa in
Europa, nell’area balcanica l’Impero ottomano, esaurita la spinta espansionistica,
viveva un periodo di difficoltà che per molto tempo è stato letto come un inesora-
bile declino ma che, nonostante un’innegabile crisi, presenta tratti di innovazione
e di apertura alla modernizzazione.
Il mondo balcanico si trovava oltre la frontiera fra Occidente e Oriente, fra Eu-
ropa e Asia, fra cristianità e islam. Anche se abitato in prevalenza da popolazioni
cristiane, lo spazio corrispondente agli attuali Stati di Grecia, Bulgaria, Macedonia,
Albania, Serbia, Bosnia, Romania e gran parte dell’Ungheria era politicamente di-
pendente da Istanbul e sottoposto alla legge islamica.
Sul versante cristiano, a fronteggiare l’Impero ottomano vi erano la Polonia e l’Im-
pero asburgico, il quale, dopo la guerra dei Trent’anni, orientò sempre più le pro-
prie ambizioni verso i territori dell’Europa centro-orientale. Nonostante la battuta
d’arresto segnata dalla battaglia di Lepanto (1571), per gran parte del Seicento l’ini-
ziativa fu nelle mani dei turchi, sia sullo scacchiere balcanico sia nel Mediterraneo:
nel 1660 conquistarono la Transilvania; nel 1669, dopo un lungo conflitto, strap-
parono Creta ai veneziani; nel 1672 tolsero alcuni territori dell’Ucraina ai polacchi.
Nel 1683 sembrò essere giunto il momento dell’assalto finale all’Impero asburgico:
la stessa capitale, Vienna, venne stretta d’assedio dall’esercito turco. La sconfitta dei
turchi alle porte di Vienna, nella battaglia dell’11 e 12 settembre 1683, grazie soprat-
tutto al decisivo intervento del re di Polonia Giovanni Sobieski (1674-96), rappre-
sentò un momento di svolta nella storia dell’Europa orientale. La marea ottomana
cominciò infatti a rifluire e la pace di Carlowitz del 1699, che chiuse provvisoria-
mente le ostilità, sancì le conquiste austriache: passarono agli Asburgo l’Ungheria,
la Transilvania, parte della Croazia e della Bosnia. Dopo una nuova offensiva dei
turchi nel 1716, stroncata dal comandante dell’esercito asburgico Eugenio di Savo-
ia, fu sancita la pace di Passarowitz (1718), con la quale gli ottomani rinunciarono
anche a Belgrado, alla Serbia settentrionale e ai territori in Valacchia e in Ungheria.
In queste ultime campagne gli alti dignitari ottomani avevano commesso degli er-
rori di valutazione che li avevano indotti a sottovalutare la capacità bellica dei nemici.
L’armata turca
assedia Vienna
nel 1683.
Dipinto di Geffels
Franz del 1688 circa.
Vienna, Wien Museum.
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Motivi di crisi
120
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
L’incontro tra
il generale inglese
Clive e Mir Mudin
Khan alla battaglia
di Plassey in India
(27 giugno 1757).
Dipinto di Francis
Hayman. Londra,
National Portrait Gallery.
121
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
combattimenti terrestri
obiettivo: guerra
(non risolutivi) di Austria
espansione territoriale di tipo tradizionale
e Russia contro la Prussia
Austria, Russia e Francia
contro
Prussia e Inghilterra combattimenti sugli
oceani (decisivi) tra obiettivo: guerra moderna a
Inghilterra e Francia in espansione commerciale carattere «mondiale»
India e America
123
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
124
L’equilibrio politico in Europa | 4 |
Collega e confronta
1. Fra i vari trattati, attraverso i quali gli ingle-
si e poi i coloni americani legittimarono la
conquista delle terre, abitate dai nativi, vi
fu il trattato di Greenville del 1795, sotto-
scritto da una coalizione di nativi e gli Stati
Uniti dopo la vittoria statunitense nella
battaglia di Fallen Timbers del 20 agosto
1794. Questo trattato istituiva una sorta
di confine fra i territori dei nativi e le aree
invece aperte alla colonizzazione. Lavoran-
do in gruppi, preparate una presentazione
multimediale, utilizzando carte e immagini,
esponete le conseguenze del trattato di
Greenville.
2. Dopo la nascita degli Stati Uniti, l’espan-
sione degli statunitensi verso ovest portò
a conflitti con le popolazioni native e alla
loro deportazione in vere e proprie «ri-
serve indiane» ( ▶ cap. 15, par. 4). Ancora
oggi, esistono oltre trecento riserve, dove
risiedono alcune «nazioni indiane», ovvero
gruppi di nativi americani. Lavorando in
gruppi, scegliete una regione degli Stati
Uniti o del Canada, individuate le riserve
presenti e approfonditene l’origine, il fun-
zionamento, le problematiche e il concetto
La mappa oggi è conservata al British Museum di «assimilazione forzata».
di Londra.
125
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
126
Ripassa con la mappa concettuale
guerra e .................................
.................................
Prussia Polonia Russia Impero ottomano
e Inghilterra
politica
monarchia guerra dei
espansionistica
................................. potenza militare autoritaria di .................................
verso l’Europa
................................. (1756-1763)
.................................
ma fu sconfitto si affrontarono
divenne una delle estesa dal vide l’ascesa di
in occasione dell’ in mare per il
ma cadde in declino
grazie a che rafforzò il e successivamente in
in seguito alla
dove gli
inglesi ottennero il
.................................
127
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
128
Fonti e Storiografia
FONTI Le riforme di Pietro il Grande
F1 Della politica riformista di Pietro il Grande sono testimonianza alcuni documenti dai
quali emerge la volontà del sovrano di occidentalizzare la Russia e di farle recupera-
re il ritardo che il Paese aveva nei confronti delle progredite strutture statali europee.
Questo documento è costituito dall’invito rivolto dallo zar agli stranieri che vogliano
trasferirsi in Russia per svolgervi la propria attività produttiva.
In tutti i paesi che l’Onnipotente ha assoggettati al nostro governo, è abbastanza noto che
dal momento della nostra ascesa al trono noi abbiamo rivolto tutti i nostri sforzi e i nostri
provvedimenti a governare questo Stato in maniera tale che tutti i nostri sudditi, grazie alle
nostre cure per il bene generale, sempre più giungessero a uno stato migliore e più felice.
A tal fine ci siamo con zelo adoperati a conservare la tranquillità interna, a proteggere lo
Leggi in digitale il Stato contro assalti stranieri, come pure a migliorare ed ampliare il commercio. A questo
testo Allevatori e
tessitori tedeschi in stesso scopo appunto durante il nostro governo dovemmo attuare alcuni mutamenti ne-
Russia che racconta cessari ed utili al bene del paese, affinché i nostri sudditi più facilmente e completamente
in che modo si acquistassero conoscenze finora ad essi estranee, e con maggiore abilità potessero condur-
tradusse in pratica re i loro affari commerciali. Per ciò abbiamo in modo speciale promosso con le necessarie
una delle politiche
esposte nel brano
disposizioni, ordinanze ed istituzioni, il commercio con l’estero, ed abbiamo intenzione di
Le riforme di Pietro fare altrettanto per l’avvenire. […]
il Grande. Scrivi Per conseguire questi scopi salutari, ci siamo soprattutto adoperati a portare al miglio-
un testo di tipo re stato possibile l’esercito, ch’è un puntello del nostro Stato, per modo che le nostre trup-
argomentativo in
pe siano non solo formate da uomini bene allenati, ma si segnalino anche per disciplina e
cui, partendo dalle
due fonti, ti schieri buon ordine. Per conseguire, sotto questo riguardo, la maggior perfezione possibile, e in-
a favore o contro la durre i forestieri che si trovano in grado di cooperare a tale sforzo a far sì che essi, e così
scelta dello zar di pure tutti gli altri, vengano da noi e rimangano al nostro servizio nonché nel nostro Paese,
far trasferire artigiani
abbiamo ordinato di far noto dappertutto questo manifesto con i punti sottosegnati, e di
e allevatori tedeschi
in Russia. pubblicarlo mediante la stampa in tutta l’Europa.
[Segue l’enumerazione delle condizioni offerte agli stranieri: libero ingresso; sicurezza ed assi-
stenza d’ogni specie nel viaggio; libertà di religione; immunità dai tribunali e dalle leggi russe;
giurisdizione speciale per gli stranieri secondo il giure divino, romano, e gli altri vigenti all’estero.]
(da V. Gitermann, Storia della Russia, vol. I, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 909)
COMPRENDERE 1. Riguardo al commercio, quali iniziative intende portare avanti Pietro il Grande?
2. Che cosa sostiene a proposito dell’esercito?
3. Attraverso quali mezzi di comunicazione intende far circolare le sue iniziative?
INTERPRETARE 4. Come potresti definire la posizione dello zar a proposito di quella che oggi chia-
meremmo «immigrazione»?
5. Individua nel testo i passaggi che evidenziano l’idea che gli stranieri rappresenta-
no per la Russia una risorsa.
VALUTARE 6. In Italia, i lavoratori stranieri rappresentano una risorsa importante nel mondo
del lavoro; di recente, lo ha messo in luce il blocco di alcuni flussi migratori di
stagionali, causato dalla pandemia COVID-19. Nel settore agroalimentare, il 18%
della forza lavoro è costituita da stranieri (Istat, Rilevazione delle Forze di Lavo-
ro, 2019). In base alle tue conoscenze, a quale immaginario viene associato lo
straniero oggi nel dibattito pubblico? Tendono ad essere considerati una risor-
sa? Confronta la tua risposta con quella dei tuoi compagni e discutine in classe
assieme all’insegnante.
129
Fonti e Storiografia
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Declino o evoluzione?
I mutamenti dell’Impero ottomano
Alla fine del XVII secolo, alcuni viaggiatori europei nell’Impero ottomano iniziaro-
no a notare la decadenza della grande potenza orientale. A lungo la storiografia
ha fatto sua questa tesi, leggendo negli avvenimenti dei secoli XVIII e XIX i ripe-
tuti segnali di un inesorabile declino. Altre interpretazioni mettono invece in luce,
in quei secoli, gli elementi di progresso e i tentativi di modernizzare le istituzioni
dell’Impero. I brani qui riportati rappresentano queste due istanze.
GLI SNODI I due assedi di Vienna furono entrambi fallimentari, ma in misura diversa.
DEL TESTO La pace di Carlowitz segnò una svolta nei rapporti tra Europa e Islam.
Nel corso del XVII e XVIII secolo si acuì il declino delle potenze musulmane.
Il 12 settembre 1683, dopo un assedio durato sessanta giorni, le armate turche accampate
alle porte di Vienna cominciarono la ritirata. Falliva così il secondo tentativo di conquistare
la città 1, ma fra i due assedi vi fu una differenza enorme. Nel 1529, quando gli eserciti del
sultano ottomano Solimano il Magnifico avevano raggiunto per la prima volta le mura di
Vienna, [...] la sconfitta non fu né definitiva, né decisiva. La ritirata si svolse ordinatamen-
te, la disfatta non ebbe conseguenze; l’assedio dette inizio ad una situazione di stallo du-
rata un secolo e mezzo, durante il quale i due imperi, quello asburgico e quello ottomano,
si contesero il dominio sull’Ungheria e in fin dei conti su tutta l’Europa centrale.
Il secondo assedio e la seconda ritirata furono ben diversi. Stavolta la disfatta era chiara
e inequivocabile. La ritirata da Vienna fu seguita da sconfitte sul campo e dalla perdita di
città e province. Le vittorie degli austriaci e dei loro alleati furono confermate e sancite dal
trattato di pace di Carlowitz, firmato il 26 gennaio 1699.
Quel trattato segnò la svolta cruciale [...], fra l’Europa e l’Islam. Il sultanato ottomano era
1 città: come viene
ricordato subito dopo,
da secoli la potenza principale del mondo islamico, quella che lo aveva rappresentato nel
il primo assedio risale conflitto millenario con i suoi vicini dell’Occidente cristiano. Per molti aspetti, la forza re-
al 1529. ale dell’Islam rispetto all’Europa era scemata. […] al centro dell’Europa, la guerra aveva di-
2 parità: Lewis, nel
mostrato che le armate ottomane [...] venivano superate dagli avversari europei in fatto di
testo qui omesso,
ha citato il trattato di armamenti, di scienza militare e persino di disciplina e di perizia.
Sitvatorok del 1606, Ma rispetto all’Europa il mondo musulmano era indietro anche sul piano economico, in
con il quale il sultano,
particolare per quanto riguardava la [...] potenza economica. […]
per la prima volta,
accordò il titolo di Il XVII secolo si aprì dunque con un riconoscimento forzato della parità 2 e si chiuse con
«imperatore» al sovrano un’ammissione aperta di sconfitta. […]
d’Asburgo, fino a quel A parte qualche successo occasionale, il XVIII secolo fu un periodo nero per le potenze
momento appellato nei
protocolli turchi come musulmane che, lungi dal riuscire ad adempiere il proprio dovere religioso di espandere
«re di Vienna». le frontiere dell’Islam, fecero fatica anche a conservare quel che avevano già conquistato.
(da B. Lewis, L’Europa e l’Islam, Laterza, 2007, Roma-Bari, pp. 41-44)
130
L’equilibrio politico in Europa 4
GLI SNODI I funzionari ottomani acquistarono potere tra XVII e XVIII secolo.
DEL TESTO La stabilità delle istituzioni fu comunque garantita.
Alcuni governatori delle province ottennero molto autonomia.
È possibile, quindi, attestare nello Stato ottomano del XVII e del XVIII secolo l’indebolimento
della figura del sovrano a favore di una maggiore centralità del ruolo di diversi funzionari.
In passato la ricerca ha spesso interpretato tale sviluppo come un sintomo del declino ot-
tomano. Oggi tale interpretazione è meno diffusa. Ritorna qui alla mente l’affermazione di
Max Weber 1 secondo cui la burocratizzazione e il consolidamento della routine sono tipici
strumenti dell’esercizio del potere nell’epoca moderna. In tal senso lo Stato ottomano aveva
prodotto delle istituzioni stabili. Gli ambienti di visir e governatori reclutarono nuove leve
per l’apparato statale e allo stesso tempo anche la burocrazia sviluppò un proprio dinami-
smo. La capacità dello Stato ottomano di funzionare, in un momento di necessità, anche in
assenza di un sultano attivo può essere considerata certamente un suo elemento di forza.
Nelle province, invece, i governatori insediati dal governo centrale persero di importanza
a vantaggio degli esattori delle tasse locali che, dopo il 1695, poterono prolungare i propri
contratti a vita. Nel XVIII secolo si incontrarono in molte regioni dinastie di governatori,
come ad esempio i Calili a Mosul 2 o gli ‘Azm a Damasco, che amministravano il «proprio»
territorio in modo pressoché autonomo. Le ricerche del passato hanno visto in ciò i pro-
dromi degli Stati nazionali del XX secolo, un’interpretazione che viene ampiamente respin-
ta dagli storici più recenti. Al contrario, si sottolinea oggi la piena lealtà ottomana dei ma-
1 Max Weber: gnati di provincia, anche se questi perseguirono spesso una propria politica nei confronti
sociologo e storico dei mercanti europei che si dedicavano al commercio sul loro territorio, spingendo quindi
tedesco (1864-1920).
2 Mosul: una città che verso un’inclusione, con grandi differenze a livello regionale, della regione ottomana nel
si trova nell’attuale Iraq. sistema capitalistico mondiale.
(da S. Faroqhi, L’impero ottomano, il Mulino, Bologna 2008, pp. 59-60)
COMPRENDERE 1. Quale figura istituzionale assume una grande rilevanza negli apparati ammini-
IL TESTO strativi e politici del sultano a partire dal XVIII secolo?
2. Nelle province chi acquisì sempre più potere ai danni dei governatori?
3. Qual è l’interpretazione della storiografia recente a proposito dell’amministra-
zione pressoché autonoma, di cui furono investiti alcuni territori dell’Impero nel
corso del Settecento?
131
5 L’Europa e
l’economia-mondo
Una stagione di progresso
Nel corso del Settecento l’Europa visse una lunga fase di progresso: migliorarono le condi-
zioni igieniche, le conoscenze mediche e scientifiche, le tecniche agricole e la qualità dell’a-
limentazione, tutti fattori che, insieme al calo della mortalità rispetto al passato, determi-
Esplora l’immagine narono una diffusa crescita demografica e, di conseguenza, un incremento dei consumi.
interattiva
Un’economia mondiale interconnessa
Un planisfero Tra Sei e Settecento, l’Europa diventò il perno di un sistema economico globale, defini-
settecentesco. to dagli storici come economia-mondo. L’espansione dei mercati e la richiesta crescente
Ai lati sono raffigurate di beni, come la canna da zucchero, aumentarono gli scambi commerciali, alimentando
le personificazioni
di Europa, Asia, Africa al contempo lo sfruttamento di milioni di schiavi africani, deportati soprattutto nei la-
e America. tifondi americani.
133
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
134
Leggi l’immagine
• Perché, nel
XVIII secolo, si
cominciano a
costruire edifici così
alti su un ponte
cittadino?
• Cerca una foto
recente del ponte
parigino di Notre-
Dame e confrontalo
con il dipinto: quali
differenze saltano
all’occhio?
Le abitazioni sul le e settentrionale, per la Germania occidentale e per i Paesi Bassi. In quest’area si
ponte di Notre-Dame. trovavano le quattro metropoli con più di 200.000 abitanti, Londra, Amsterdam,
Dipinto di Nicolas
Jean-Baptiste Raguenet Parigi e Napoli. In realtà, la prima delle metropoli europee era Istanbul, con i suoi
del 1756. Parigi, 800.000 abitanti circa, ma non veniva considerata europea, perché l’Impero otto-
Musée Carnevalet. mano era percepito come altro, per religione, struttura sociale e modello politico,
sebbene tra i secoli XVII e XVIII la paura dell’islam e dei turchi andasse scemando.
Comunque, perfino nell’Europa più densamente popolata la presenza dell’uomo era
esigua e si potevano percorrere decine di chilometri senza incontrarne alcuna traccia.
135
Le sedi
diplomatiche europee
nel porto di Canton
in Cina nel 1767.
Stampa del XVIII secolo.
Parallelamente, nel corso del XVIII secolo vi fu una progressiva diminuzione del-
la mortalità: in primo luogo dall’Europa sparì quasi completamente la peste, che
nei quattro secoli precedenti aveva ucciso decine di milioni di persone; in secondo
luogo, l’incremento delle nascite, stimolato dalle aumentate possibilità di mettere
su famiglia, non era più contrastato dall’alta mortalità infantile, dato dal genera-
le miglioramento dell’alimentazione, dal diffondersi di una maggiore attenzione
all’igiene, dalla suddetta scomparsa di malattie epidemiche anche grazie ai pro-
gressi della medicina (tra tutti il contenimento del vaiolo, che culminò, alla fine del
secolo, nella scoperta del vaccino a opera del medico inglese Edward Jenner). Infi-
ne, all’aumento della popolazione non seguirono, come era accaduto nei secoli pre-
cedenti, decrementi dovuti alla scarsità delle risorse alimentari: con nuovi sistemi
di messa a coltura si poteva costringere la terra a dare cibo a sufficienza per tutti.
136
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
2 Oltre l’Europa
L’espansione europea e le potenze asiatiche
Nel corso del XVIII secolo il dominio del Vecchio continente si andò estendendo e
consolidando su scala globale.
Nelle Americhe la presenza europea era caratterizzata da insediamenti coloniali
che non si limitavano alla sola acquisizione di basi d’appoggio, ma si estendevano
territorialmente: alla fine del secolo il Nord era stato per gran parte colonizzato da
Francia e Inghilterra, ma anche dalla Spagna, il Centro-sud dalle monarchie ibe-
riche, mentre l’Africa costituiva un serbatoio di forza lavoro che veniva cooptata
attraverso i presìdi costieri e impiegata nelle piantagioni americane.
Nel continente asiatico la questione si faceva più complessa, vista la presenza di
solide realtà politiche che avevano a loro volta alle spalle una lunga tradizione di
espansione territoriale: l’islam dominava a ovest con l’Impero ottomano, con ba-
se in Anatolia, e quello Safavide in Iran, poi soppiantato dalla dinastia dei Qajar;
più a est il subcontinente indiano fu il primo a cadere sotto il controllo europeo,
mentre resistevano alle pressioni esterne Cina e Giappone.
137
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Il sovrano persiano
Abbas I il Grande
e una cortigiana.
Miniatura persiana
del XVII secolo circa.
138
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
L’India
Nel corso del XVII secolo, e per la prima metà del XVIII, anche il subcontinente
indiano aveva visto una rapida crescita della popolazione, nonostante la quale il
paese aveva mantenuto una quasi completa autosufficienza dal punto di vista delle
risorse. Il mercato interno era infatti molto vivace: costruzioni navali, artigianato
dei metalli, produzione di seta e cotonate avevano stimolato il fiorire di importanti
concentrazioni urbane connesse tra loro da una rete commerciale che legava l’In-
dia al suo interno, ma anche ai paesi limitrofi e alla Cina.
A questo dinamismo economico corrispose, sul piano politico, l’affermarsi di
una dominazione musulmana: nel 1526, un esercito composto da tribù afghane
invase l’India dando vita all’Impero Moghul, che avrebbe governato per i tre secoli
successivi. Non era la prima volta che l’India subiva un’invasione musulmana – tra
le tante si ricorda quella del XIV secolo a opera di Muhammad Ibn Tughluq (1325-
51) – e che riemergeva, di conseguenza, il problema della convivenza tra cultura
induista e cultura islamica. Vi erano tuttavia regioni del subcontinente indiano,
specialmente nell’estremo sud, che non si erano mai piegate al dominio musulma-
no, come ad esempio l’autonomo regno induista di Vijayanagara, disgregatosi nel
Seicento dopo tre secoli di vita prospera.
I difficili rapporti tra le due religioni furono parzialmente sanati fino alla prima
metà del XVII secolo, quando il sovrano Aurangzeb, durante il suo regno (1658-
1707), si impegnò per trasformare l’Impero Moghul in uno Stato governato secondo
le leggi della sharia, a beneficio esclusivo della componente musulmana. I numerosi
LESSICO provvedimenti presi in questa direzione determinarono la perdita di sostegno da
Sharia
Nella religione
parte della popolazione indù e un conseguente indebolimento del governo centrale.
musulmana è la «strada I successori di Aurangzeb non riuscirono a contenere l’opposizione dei sultana-
rivelata», ossia la legge ti indù, che si dichiararono autonomi uno dopo l’altro ma non seppero darsi una
sacra, emanata da Dio.
dimensione unitaria, consentendo così a francesi e inglesi di penetrare nell’area.
139
Una veduta La Cina
di Hong Kong
nel XVII secolo.
Nel complesso molta parte dell’Asia stava entrando nell’orbita europea, mentre due
blocchi rimanevano ancora chiusi alla penetrazione occidentale: Cina e Giappone.
Già nei primi secoli di dominio della dinastia Ming (1368-1644) la Cina si era
chiusa nei confronti del mondo esterno, esaltando i valori della cultura tradizio-
nale. A cavallo tra i secoli XVI e XVII il governo aveva attraversato una profonda
crisi: periodi di siccità e carestie, unitamente agli alti costi delle guerre contro il
Giappone in Corea, avevano acceso sia nelle zone urbane sia in quelle rurali rivol-
te antifiscali, amplificate dall’inefficacia delle misure governative. In generale, nel
XVII secolo, tutta l’area fu coinvolta in un ristagno delle produzione agricola, de-
terminato anche da un sensibile abbassamento delle temperature.
La debolezza politico-economica facilitò la presa di potere da parte dei Qing
(1644-1912) – un gruppo accomunato dalla provenienza geografica, la Manciuria,
una regione ai confini nord-orientali del paese, e da lingua e costumi simili – che
di fatto furono l’ultima dinastia imperiale della Cina. Sotto la dinastia Qing, la Cina
estese il proprio dominio in Asia centrale, a spese della Russia, soggiogando anche
il Tibet, e avviò contemporaneamente un grande sforzo centralizzatore. I Qing era-
no stati ritenuti barbari dai loro predecessori e, al momento del loro insediamento,
non godevano di buona reputazione tra gli intellettuali. Tuttavia, soprattutto durante
il regno di Qianlong (1735-96), furono promossi ambiziosi progetti culturali, per i
quali molti intellettuali si ritrovarono a lavorare con lo Stato. Alla fine del XVIII se-
colo il nuovo governo godeva di un discreto consenso e l’ordine era stato ristabilito.
All’espansione territoriale si accompagnò un notevole sviluppo demografico: si
passò da circa 120 milioni di abitanti nel 1680 a circa 300 all’inizio del XIX secolo.
Tale incremento fu possibile anche grazie ai progressi della produzione agricola,
ma incentivò a sua volta l’estensione delle terre messe a coltura. In questo periodo
i contatti con le potenze europee, che premevano sui confini per tessere relazioni
commerciali, furono molto limitati non soltanto a causa della volontà da parte del
potere centrale di mantenere intatti i tratti identitari della millenaria civiltà, ma
anche in ragione dell’autosufficienza della Cina. Questa non aveva di fatto biso-
gno dei prodotti europei, mentre l’Europa importava dall’Estremo Oriente tè, sete
e porcellane, ed era costretta a pagarle in argento, con una bilancia commerciale
costantemente sfavorevole. L’Inghilterra, durante il XVIII secolo, cercò di ottenere
dei privilegi commerciali in Cina, senza riportare tuttavia grandi successi.
140
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
Il Giappone
Ancora più complessi furono i rapporti degli europei con il Giappone che, a parti-
re dall’instaurazione della dinastia Tokugawa, accentuò la chiusura nei confronti
degli occidentali, dei quali venivano rifiutati la religione, la cultura e le intrapren-
denti iniziative commerciali: il periodo Tokugawa (o Edo) è noto infatti anche co-
me periodo Sakoku, «dell’isolamento».
I Tokugawa furono una famiglia di shōgun (anticamente il termine shōgun in-
dicava un capo militare ma, nel tempo, divenne sinonimo di governatore) i qua-
li amministrarono il Giappone per oltre 250 anni, a partire dal 1603 fino al 1868.
Questi esautorarono il mikado, l’imperatore, accentrando il potere a proprio van-
taggio, mentre i daimyo (una sorta di signori feudali) esercitavano nei propri ter-
ritori quello locale. Questo sistema ricorda quello feudale del periodo medievale
europeo, per le sue caratteristiche di immobilismo sociale e rigidità gerarchica.
In questo contesto, le relazioni con l’Occidente furono limitate ed estremamen-
te controllate: le missioni furono proibite a partire dagli inizi del Seicento, mentre
le relazioni commerciali un tempo intrattenute con la Spagna e il Portogallo ven-
nero interrotte rispettivamente nel 1624 e nel 1639, con l’ordine di espulsione dei
portoghesi. A partire da quel momento, a intrattenere relazioni commerciali con
il Giappone furono la Cina e l’Olanda, alle quali erano aperti soltanto quattro por-
ti: Matsumae, Tsushiima, Satsuma e Nagasaki.
L’Australia
Nella seconda metà del XVIII secolo le esplorazioni geografiche contribuirono
a completare la conoscenza europea del mondo. In seguito alle prime spedizio-
ni olandesi, il capitano inglese James Cook, dopo aver circumnavigato la Nuova
Zelanda, nel 1770 approdò sulla costa orientale dell’Australia, presso quella che
denominò Botany Bay. Tuttavia, per molti anni, questa terra lontana accese scar-
so interesse, finché, nel 1786, il governo inglese decise di impiantarvi una colo-
nia penale per i detenuti condannati alla deportazione. Un tempo questi ultimi
venivano inviati nelle colonie americane ma, in seguito all’ottenimento dell’in-
dipendenza ( ▶ cap. 8), fu necessario trovare una nuova destinazione. L’Australia
divenne allora colonia penale e tale rimase per molto tempo. Tuttavia le esplora-
zioni continuavano, e con esse lo sterminio degli aborigeni, e aumentava la pre-
senza coloni liberi alla ricerca di terreni adatti alla coltivazione e all’allevamento.
Le popolazioni
indigene delle isole
Sandwich offrono
un tributo al capitano
James Cook.
Stampa del XIX secolo.
141
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
3 L’economia-mondo
L’Europa al centro di un nuovo modello economico integrato
Durante i secoli dell’Età moderna, Europa e Asia furono percorse da relazioni eco-
Guarda il video nomico-commerciali, fenomeni culturali e migrazioni di portata globale. Sostenu-
Storia e ambiente -
ta da questa rete di collegamenti, nel corso del Settecento, una parte crescente del
Dall’economia-mondo
alla globalizzazione e mondo si andò integrando dal punto di vista economico in un sistema ordinato e
rispondi alle domande: gerarchizzato, che trovava il proprio centro nell’Europa nord-occidentale. Le mer-
• Quale aspetto ha
ci, infatti, giungevano prima in Europa, e da lì si diffondevano verso gli altri mer-
segnato la fase ini-
ziale dell’econo- cati. Le cotonate indiane (tessuti di cotone stampati a colori vivaci) affluivano in
mia-mondo? Inghilterra e da lì ripartivano per gli altri mercati europei, per l’Africa e per l’Ame-
• Quale traffico è di-
rica. Il tè indiano diventò presto la bevanda tipica degli anglosassoni nel Vecchio e
ventato particolar-
mente rilevante di nel Nuovo Mondo, mentre il caffè sudamericano macchiava ormai il latte in tut-
recente? ta Europa per la colazione del mattino; insieme al cacao e al tabacco americani, si
• Quali categorie so- era inoltre imposto come la gran moda dei salotti settecenteschi. Le classi dirigenti
ciali pagano le con-
seguenze degli spre- europee non potevano più fare a meno di questi piccoli lussi, che accompagnava-
chi del mondo occi- no la vita sociale e aiutavano a rimanere svegli la sera. Il caffelatte, il tè del mat-
dentale? tino e i cibi in generale non si dolcificavano più con il miele, ma con lo zucchero
delle Antille, diventato ormai una componente fondamentale della dieta di tutte
F1 Nuovi beni di le classi sociali europee.
consumo nell’Inghilterra
La domanda di zucchero, tabacco e caffè aveva fatto moltiplicare per dieci la do-
del XVIII secolo, p. 163
manda di schiavi, ed erano cresciute in ugual misura le esportazioni da parte degli
europei di merci poco costose, dai prodotti più ordinari dell’industria inglese, olan-
Pubblicità di una dese e francese a quelli più cari, come le cotonate indiane o il rum fabbricato con
miscela di caffè della
Manwarings Coffee
lo zucchero americano. La cantieristica e l’edilizia, poi, utilizzavano sempre più il
House a Falcon legname del Baltico, mentre il ferro svedese era sempre più richiesto dal mercato
Court, Londra. europeo. La popolazione in espansione consumava una quantità crescente di gra-
Stampa settecentesca.
no: non più solo quello siciliano, ormai insufficiente, ma anche, e in misura molto
Schiavi a lavoro più rilevante, quello polacco. E questa produzione di grano destinata all’esporta-
in una piantagione di
tabacco nelle Antille zione aveva rafforzato, sia in Sicilia sia in Polonia, la nobiltà terriera, la quale aveva
francesi, XVIII secolo. accresciuto il proprio potere nei confronti dei contadini.
142
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
Esplora i luoghi
e lavora con le
Arcangelo
carte dell’Atlante San Pietroburgo
Oceano
digitale interattivo Atlantico Londra
Amsterdam
La Rochelle
New York Lisbona Istanbul
Fort Louis Cadice
Alessandria
Calcutta Macao
MESSICO L’Avana Bombay
SENEGAL Madras
Acapulco Guadalupa Goa Oceano
Accra Pondicherry Manila Pacifico
Oceano Nieuw Caienna Fernando Poo
Amsterdam Malacca
Pacifico
Lima Salvador Batavia
de Bahia Sofala
Leggi la carta Rio de
Janeiro Città AUSTRALIA
• Dove si dirigevano del Capo
principalmente Buenos Oceano
Aires Atlantico Oceano Indiano
le navi commerciali
inglesi?
• Dove quelle
portoghesi
Rotte Rotte Rotte Rotte Rotte Rotte
e francesi? inglesi francesi spagnole olandesi portoghesi comuni
143
Nel lungo periodo
Mercanti
e merci
di Adriano Prosperi
Il dominio inglese e olandese In questo contesto si inserisce la Nella seconda metà del Seicento,
nel Seicento scelta olandese di cedere nel 1667 con l’introduzione dei telai mecca-
all’Inghilterra Nuova Amsterdam – ri- nici fu possibile aumentare la pro-
Nel corso del Seicento, mentre il re-
battezzata poi New York – in cambio duzione e ridurre costi e prezzo di
sto d’Europa subiva gli effetti di una
dell’isola di Run, importante centro vendita.
grave crisi economica, l’Inghilterra
di produzione della noce moscata L’abbassamento dei prezzi favorì
e la Repubblica delle Province Uni- e parte di quel commercio delle le possibilità di acquisto degli stra-
te si affermarono come le principali spezie che alla fine del XVIII seco- ti di popolazione inferiori. Seguen-
potenze economiche e commercia- lo costituiva un terzo degli scambi do questa tendenza, in Inghilterra
li mondiali. effettuati a livello globale. Grazie al era destinata ad affermarsi la pri-
I possidenti inglesi e olandesi mi- controllo sul mercato delle spezie, ma forma di consumo di massa
sero i propri capitali a disposizione Amsterdam si impose come la prin- della storia.
delle iniziative di società mercan- cipale piazza mercantile d’Europa. A trarre maggior vantaggio da que-
tili private, che spesso godevano Nel corso del Seicento, tuttavia, sta fase di espansione economica
di enormi privilegi: la Compagnia le Compagnie inglesi intraprese- furono la classe media inglese e
olandese delle Indie orientali, ro una politica commerciale sem- olandese. Negli anni Sessanta del
ad esempio, ottenne il monopolio pre più aggressiva e con l’appoggio Settecento, quattro famiglie ingle-
sui commerci tra il Capo di Buona della Corona arrivarono a controllare si su dieci godevano di redditi ben
Speranza e le isole Molucche (note il flusso di merci importate in Euro- superiori alla somma necessaria per
come «isole delle spezie), il diritto pa dall’India, che sottoposero a un la sopravvivenza. Molta ricchezza si
di giudicare i crimini commessi dai controllo coloniale. A inizio Sette- rendeva dunque disponibile per l’ac-
propri dipendenti, la facoltà di man- cento, Londra aveva ormai sostitu- quisto di beni supplementari, co-
tenere una propria forza armata, di ito Amsterdam come centro di rife- me nuovi abiti alla moda, il tè e il
dichiarare guerra e stipulare tratta- rimento per la finanza continentale. caffè.
ti. La società si costituiva dunque
come uno Stato all’interno dello L’inurbamento e Commercio e consumo
Stato. l’espansione economica Con i cambiamenti di natura eco-
Alla crescita economica di Pae- nomica e sociale nasceva in que-
L’ampliamento degli
si Bassi e Inghilterra contribuirono sto periodo un nuovo atteggiamento
orizzonti commerciali i fenomeni legati all’inurbamento. verso l’accumulazione individuale
Rispetto al resto degli Stati europei, Nel corso del XVII e del XVIII secolo, di beni e oggetti. Nei Paesi dell’Eu-
dove il ritorno all’acquisto di patri- a Londra affluirono molti dei conta- ropa settentrionale, la condanna
moni fondiari accumulati come be- dini impoveriti dalle nuove forme di morale del consumo fu progres-
ni-rifugio dagli aristocratici deter- conduzione della terra. La crescita sivamente superata a favore della
minò un irrigidimento della struttura della popolazione urbana fece au- lode dei benefici economici e sociali
sociale, nel nord Europa l’affermar- mentare la richiesta di beni di pri- prodotti. Il nuovo atteggiamento fu
si di mercanti più dinamici rispetto ma necessità, come cibo e vestiti. sancito dall’opera Indagine sulla na-
al passato contribuì all’ampliamen- A sua volta, l’aumento della doman- tura e le cause della ricchezza delle
to degli orizzonti commerciali su da condusse alla ricerca di innova- nazioni, pubblicata nel 1776 dall’e-
scala globale. zioni nelle forme di produzione. conomista Adam Smith, il quale af-
144
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale
145
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Prigionieri africani
in marcia verso
il mercato dove
saranno venduti.
Stampa di inizio
Ottocento.
146
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
Schiavi a lavoro
in una piantagione
di canna da zucchero
sull’isola di Antigua.
Stampa del 1823.
147
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Giunti alla costa africana, gli schiavi erano rinchiusi in fortezze – la più famosa
delle quali si trovava nell’isola di Gorée, al largo del Senegal, oggi trasformata in
museo della schiavitù – dove i mercanti li facevano riposare dalla fatica del viag-
gio, per poterne ricavare un prezzo di vendita più alto. Gli schiavi, infatti, dovevano
apparire all’acquirente europeo il più possibile giovani, sani e forti. Durante que-
sta fase della reclusione avveniva il distacco definitivo dalla loro vita e dalla loro
cultura. È difficile calcolare quanti uomini e donne siano stati deportati dall’Afri-
ca nel corso dei secoli, ma gli studi più recenti indicano una cifra compresa fra i 9
e i 12 milioni.
148
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
quindi non facevano uscire dal Paese i metalli preziosi, il cui possesso era il metro
con cui si calcolava la ricchezza.
Arrivati alla costa africana, cominciava per i negrieri la parte più rischiosa del
viaggio. Non esistevano porti e le tempeste tropicali mettevano le navi in grave
pericolo. Le trattative con i mercanti africani potevano essere laboriose e per re-
alizzare un carico di norma si impiegavano mesi. Inoltre, finché le navi restavano
vicine alla riva, le rivolte degli schiavi, forse favorite dalle popolazioni costiere,
avevano qualche speranza di successo e mettevano a rischio la vita dei comandan-
ti e degli equipaggi.
All’acquisto, i neri venivano marchiati a fuoco sulla schiena o sul petto con le
iniziali del proprietario. In un vascello di una quarantina di metri si riusciva a ca-
Una nave negriera ricarne più di quattrocento. Durante la traversata dell’Atlantico gli schiavi stava-
diretta in Brasile no sdraiati in stive alte un metro, occupando ciascuno una superficie calcolata in
nel 1830.
Incisione di Johann un metro e ottanta per sessanta centimetri. Due volte al giorno salivano in coper-
Moritz Rugendas. ta per lavarsi con acqua di mare, mangiare e muovere le membra. L’affollamento e
le condizioni igieniche si possono immaginare, ma naturalmente i negrieri erano
Leggi l’immagine
• Descrivi le condizioni
interessati a cercare di limitare la mortalità, che durante la traversata superava di
di viaggio dei poco il 10%. Poteva però accadere che l’attraversamento dell’oceano si prolungas-
prigionieri che si se assai più del previsto (mediamente durava due-tre mesi ma poteva protrarsi fi-
possono notare
no a sei) e che scarseggiasse l’acqua potabile. Gli schiavi venivano allora buttati in
osservando il dipinto.
• A tuo avviso, quale
mare. Sappiamo che in uno di questi casi venne intentato un processo per il dan-
particolare colpisce no economico derivante dalla perdita del carico, ma non per omicidio collettivo,
di più e per quale perché nella coscienza comune gli schiavi neri non erano riconosciuti come esseri
motivo?
umani ma come merci.
149
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
IL COMMERCIO TRIANGOLARE
Londra Amsterdam
Nantes
Bordeaux
Lisbona Roma
VIRGINIA
Charleston
LOUISIANA
New Orleans
Oceano Atlantico
L’Avana
Leggi la carta SENEGAL
Santo Domingo St. Louis
• Quali prodotti ve-
Gorée
nivano commercia-
ti dall’Europa verso Oceano Accra Ouidah
l’Africa? Pacifico Elmina
Fernando Poo
• Quali prodotti veni-
vano commerciati Stoffe, armi,
São
liquori, chincaglierie Tomé
dalle Americhe verso Pernambuco Luango
Prodotti tropicali
l’Europa? verso l’Europa BRASILE Luanda
• Da quali regioni afri- (rum, zucchero, ANGOLA
cotone, caffè, Salvador de Bahia Benguela
cane proveniva la tabacco, spezie)
maggior parte de- Tratta occidentale
gli schiavi deportati degli schiavi
in America? verso l’America
150
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
Nella seconda metà del Settecento lo sviluppo della cultura civile e politica
( ▶ cap. 6) avrebbe reso la schiavitù sempre più causa d’imbarazzo, così che diversi
Paesi europei furono indotti a vietarla, prima in Europa e molto dopo nelle colo-
nie. La tratta divenne illegale e la marina militare inglese si assunse il compito di
intercettare i negrieri in alto mare per riportare i prigionieri sulle coste africane.
Tuttavia, la schiavitù sopravvisse a lungo come pratica legale in diversi Paesi qua-
si fino alle soglie del Novecento.
L’abolizione della
tratta degli schiavi.
Illustrazione di Isaac
Cruikshank del 1792.
LE FONTI Il Code noir fu promulgato dal sovrano francese Luigi XIV nel
1685 ed entrò in vigore per regolamentare la schiavitù dei neri
Il «codice nelle colonie caraibiche francesi (come la Guyana e le Antille)
nero» nelle e nella Louisiana. Si compone di sessanta articoli che rego-
lamentano l’ambito religioso, i matrimoni, la vita quotidiana,
Leggi in digitale il testo colonie la vendita e l’acquisto degli schiavi, le punizioni per i ribelli.
Le disuguaglianze
sociali di Jean francesi Se ne riportano alcuni articoli:
Meslier che, pur
non occupandosi di
schiavitù, denuncia gli Art. 2 - Tutti gli schiavi che si trovano nelle nostre isole saranno battez-
abusi dei potenti e le zati e istruiti nella religione Cattolica, Apostolica e romana. [...]
disparità sociali tra gli
uomini: Art. 12 - Nel caso in cui marito e moglie abbiano dei padroni diversi, i
• Meslier ritiene ne- figli che nasceranno dai matrimoni tra schiavi diverranno schiavi e ap-
cessario che, nella
società, alcuni indivi- parterranno ai padroni delle schiave e non a quelli dei loro mariti.
dui siano subordinati
ad altri? Art. 38 - Allo schiavo fuggitivo, che sarà stato latitante per un mese a
• Qual è il compor- partire dal giorno in cui il suo padrone lo avrà denunciato alla giustizia,
tamento dei signori saranno tagliate le orecchie e sarà marchiato con un fiore di giglio sulla
e dei nobili di pae-
se o di città nei con-
spalla. Se è recidivo e fugge per un altro mese dalla data della denuncia,
fronti del popolo? gli verrà amputato il braccio dal gomito e gli verrà marchiato un fiore di
giglio sull’altra spalla. La terza volta, sarà condannato a morte.
151
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Storia e Cinema
La schiavitù sul grande schermo
Cinema e storia Schiavismo e violenza
Un film può considerarsi di per sé una fonte, un do- La stessa Natalie Zemon Davis ha pubblicato il sag-
cumento storico? Il cinema può essere, con le dovute gio La storia al cinema. La schiavitù sullo schermo da
cautele, un elemento utile a comprendere il periodo Kubrick a Spielberg (2000, uscito in Italia nel 2007)
storico in cui è stato realizzato. Film in apparenza lon- nel quale propone un interessante percorso tra pelli-
tani dai fatti storici possono intrattenere legami forti sul cole che si sono occupate di schiavitù.
piano simbolico con il momento in cui vengono girati: Il tema della schiavitù ha interessato l’arte cinemato-
ad esempio la saga di Star Wars, ideata da George grafica fin dalle sue prime sperimentazioni, ma que-
Lucas negli anni Settanta, nel racconto della dittatu- ste ne facevano una narrazione per lo più edulcorata,
ra dell’Impero galattico allude agli Stati Uniti di Nixon. che non ne raccontava gli orrori. Un esempio noto è
Ma ci sono molte opere cinematografiche che, al con- Via col vento di Victor Fleming (1939), il quale fa suo
trario, seppure ispirate a eventi storici, li raccontano il punto di vista degli schiavisti. Nella seconda metà del
in modo distorto. Novecento, il tema della resistenza degli schiavi acqui-
I più felici connubi tra cinema e storia hanno visto pro- siva una nuova importanza, poiché veniva letto alla luce
fessionisti della ricerca collaborare attivamente alla della contemporaneità: il contributo fondamentale delle
produzione di film, come è stato nel caso de Il ritorno resistenze nella guerra ai regimi totalitari, la conside-
di Martin Guerre (1982) di Daniel Vigne, ispirato alle razione dei movimenti anticoloniali e l’opposizione ai
ricerche della storica Natalie Zemon Davis, che ne ha regimi di segregazione negli Stati Uniti e in Sudafrica.
co-firmato la sceneggiatura. Una figura mitica fu Spartaco, il gladiatore che guidò
una rivolta di schiavi contro Roma nel I secolo a.C. e
sul quale è incentrato Spartacus (1960), diretto da
Una scena del film Amistad (1997) Stanley Kubrick.
diretto da Steven Spielberg.
Due pellicole più recenti portano all’attenzione del
grande pubblico l’impossibilità di scindere la storia
degli afroamericani dalla violenza che è stata perpe-
trata nei loro confronti: Amistad (1997) di Steven
Spielberg, ripercorre il caso dell’ammutinamento de-
gli africani prigionieri di schiavisti sulla nave Amistad
nel 1839. Beloved (1998) di Jonathan Demme, am-
bientato subito dopo la fine della guerra di secessio-
ne americana, racconta l’impatto della segregazione
degli afroamericani.
Collega e confronta
1. Se fossi un regista, quale figura o quale
evento della storia della schiavitù racconte-
resti sul grande schermo e perché?
Argomenta la tua risposta e confrontala
con quella dei tuoi compagni.
2. Scegli un film di ambientazione storica
e realizza una presentazione multimediale
in cui descrivi la scenografia e i costumi,
in riferimento al contesto storico.
3. La tratta degli schiavi ha avuto un grande
impatto anche nella storia della musica:
in gruppo, svolgete una ricerca sulle origini
e le caratteristiche del gospel.
152
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
153
I frutti dell’industria
e dell’economia.
Commercianti inglesi
ritratti da George
Morland nel 1789.
154
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
La terra, in particolare, non aveva mai avuto un vero e proprio prezzo di merca-
to: era piuttosto considerata una risorsa, che veniva disciplinata e quindi utilizzata
secondo la consuetudine. Da secoli, infatti, la terra era passata di mano in mano,
da una generazione all’altra, prevalentemente per eredità; era stata poi gravata da-
gli «usi civici», cioè da regole, antiche consuetudini, obblighi e destinazioni d’uso,
che ne avevano limitato il diritto di proprietà piena. Dunque, nei casi in cui la ter-
ra fosse venduta, il suo prezzo era dato da molti fattori, che non dipendevano sol-
tanto dalla domanda e dall’offerta o dalla volontà di vendere e acquistare. Spesso
accadeva poi che la terra fosse sottoposta a istituti giuridici che la sottraevano al
mercato: ad esempio il fedecommesso, per il quale chi è designato erede ha l’ob-
bligo di conservare e restituire in tutto o in parte l’eredità a un’altra persona, op-
pure la manomorta, in base alla quale l’eredità andava al signore nel caso in cui si
morisse senza eredi maschi.
155
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Operaie a lavoro
nella fabbrica tessile
dei fratelli Wetter
a Orange.
Dipinto di Joseph
Gabriel Rossetti
del 1764. Orange,
Museo municipale.
156
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
6 La «protoindustria» e la rivoluzione
in agricoltura
La nascita della produzione di massa
Chi dirigeva gli affari tentava ora di investire al meglio il denaro, spostandolo da
un settore all’altro (dei commerci ma soprattutto della produzione, industriale e
agricola), per provare sfuggire ai vincoli mercantilisti e corporativi. Queste nuove
figure di imprenditori, stimolavano la crescita complessiva della produzione, per-
ché mettevano sul mercato molte più merci e a un prezzo più basso che in passato,
permettendo alle masse popolari maggiori consumi. Si faceva strada la convinzio-
ne secondo cui ci si sarebbe arricchiti di più fabbricando una grande quantità di
prodotti a basso costo piuttosto che pochi oggetti di valore: si ponevano in questo
modo le premesse per una nuova modalità di produzione, la produzione di mas-
sa, che si sarebbe poi pienamente affermata solo nel XX secolo.
Il funzionamento di questo sistema sarebbe stato impossibile senza un aumento
generalizzato del lavoro delle donne e degli uomini; e questo non solo nelle botte-
ghe artigiane indiane, nelle piantagioni brasiliane e nei latifondi polacchi, ma anche
nelle città e nelle campagne dell’Europa occidentale. Dovunque, per rispondere al-
la domanda in aumento o per stimolarla, si doveva lavorare e consumare di più e
così si cercò di organizzare il lavoro sfruttando più intensamente il tempo e coin-
volgendo nelle attività produttive una percentuale sempre più alta di popolazione.
157
| 1 | L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare
Un calzolaio
al lavoro nella sua
bottega insieme
alla moglie intenta
a filare.
Dipinto di
Quiringh Gerritsz van
Brekelenkam del
XVII secolo.
centrata nelle campagne. Questo tipo di produzione rappresentò una forma inter-
media tra la produzione familiare-artigianale e quella mercantile-capitalistica che
anticipò i futuri scenari industriali, venendo per questo definita «protoindustria».
158
L’Europa e l’economia-mondo | 5 |
Venditori di patate
in un mercato contadino
italiano del XVIII secolo.
159
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
160
Ripassa con la mappa concettuale
L’ECONOMIA-MONDO
sistema .............................................................
organizzato secondo
centro periferie
commercio ...................
e lo
sviluppo
del tra e
161
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
162
Fonti e Storiografia
FONTI Nuovi beni di consumo nell’Inghilterra del XVIII secolo
F1 Questo articolo, che in modo significativo descrive la disponibilità di prodotti provenien-
ti da ogni parte del mondo sul mercato inglese, comparve nel numero del 19 maggio
1711 dello «Spectator», a firma di Joseph Addison (1672-1719). Politico, scrittore e
drammaturgo inglese, era stato il fondatore del quotidiano, tra i più diffusi nella capi-
tale inglese tra il 1711 e il 1712.
Sembra che la natura si sia presa una cura particolare nel disseminare i suoi benefici tra le
differenti regioni del mondo, avendo riguardo a queste relazioni e a questo traffico recipro-
ci fra l’umanità, perché i cittadini delle varie parti del mondo potessero avere una specie di
interdipendenza e fossero uniti assieme dal comune interesse. Quasi ogni grado di latitu-
dine produce qualcosa che gli è peculiare. Spesso il cibo cresce in un paese e la salsa in un
altro. La frutta del Portogallo è corretta dai prodotti delle Barbados e l’infuso di una pianta
cinese è addolcito dal midollo di una canna indiana. Le isole Filippine danno un aroma alle
nostre bevande europee. Il solo vestito di una dama di classe sovente è il prodotto di cento
climi. Il manicotto e il ventaglio si riuniscono dai capi opposti della terra. Il velo è mandato
dalla zona torrida e le mantelline dalle regioni sotto il polo.
La gonna di broccato (tessuta in oro) è mandata dalle miniere del Perù e la collana di dia-
manti dalle viscere dell’Indostan.
Se consideriamo il nostro paese nel suo aspetto naturale, senza alcuno dei benefici e
dei vantaggi del commercio, che pezzo di terra spoglio ed incomodo ci tocca in sorte! [...].
Le nostre navi sono cariche del raccolto di ogni clima; le nostre tavole sono fornite di
spezie, olii e vini; le nostre stanze sono piene di piramidi di porcellana e ornate di oggetti
giapponesi; la nostra bevanda mattutina ci viene dagli angoli più remoti della terra; ci cu-
riamo il corpo con le droghe dell’America e ci riposiamo sotto i baldacchini indiani. Il mio
caro amico Sir Andrew chiama i vigneti della Francia i nostri giardini, le isole delle spezie
(le Molucche) le nostre serre, i Persiani i nostri tessitori di seta e i cinesi i nostri vasai. La
natura, certo, ci offre lo stretto necessario alla vita, ma il commercio ci dà una gran varietà
di ciò che è utile e nello stesso tempo ci fornisce ogni aspetto comodo e ornamentale. [...]
Per questi motivi in una società non vi sono membri più utili dei mercanti. Essi legano
insieme l’umanità in uno scambio vicendevole di favori [...]. Il commercio, senza allargare
i territori britannici, ci ha fatto una specie di impero in più.
(da J. Addison, Dallo “Spettatore”,
a cura di C. Revelli, Utet, Torino 1957, pp. 97-101)
COMPRENDERE 1. L’autore afferma che la natura si sia presa, nei confronti dell’uomo, una cura parti-
colare: quale?
2. Secondo Addison, chi svolge il lavoro utile nella società e per quali ragioni?
INTERPRETARE 3. La «natura» e il «commercio» secondo Addison offrono all’uomo cose molto
diverse. Quale fra le due è da considerarsi superiore e perché?
VALUTARE 4. Nel testo emerge l’entusiasmo dell’autore per i progressi del commercio, assieme
ad un atteggiamento teso a considerare il mondo come un giardino a propria di-
sposizione. Sottolinea le parole e le espressioni che evidenziano questo aspetto
e, alla luce delle tue conoscenze sull’economia-mondo del Settecento, mettine
in luce gli aspetti più controversi, come lo sfruttamento degli schiavi.
163
Fonti e Storiografia
Ecco come funzionava la tratta. Non appena una nave era ancorata si tirava un colpo di
cannone. Il re, o il suo primo ufficiale, convocava il capitano. Questi, introdotto presso il re,
gli domandava, grazie ad un interprete, il permesso di trattare. Aveva cura di non andarci a
mani vuote e di portare sempre qualche dono al re, come dell’acquavite, un cappotto gal-
lonato, una bella pezza di seta, qualcosa dunque che avrebbe fatto colpo su questo negro
e lusingato il suo gusto. Questo re accordava al capitano il permesso di aprire la trattati-
va e nominava un mafouque o mediatore, interprete per parlare con i mercanti di schiavi
o mambouilloux […].
Il giorno di apertura della tratta si facevano normalmente pochi prigionieri. […] Arriva-
vano […] con una forca al collo dotata di un lungo manico, con il quale venivano trascinati,
[…]. I negri erano più o meno cari secondo la concorrenza e il loro stato. Un bel negro, pièce
d’Inde, chiamavamo così un negro tra i 19 e 35 anni, ben fatto, senza infermità, con tutti i
denti, poiché una volta non si volevano che negri così per le Indie orientali. Un tale negro
lo si comprava nel 1777 con 50 pezzi, ciascuno di 10 lire. Una bella negra la sia pagava lo
stesso prezzo. Quanto ai bambini […] li pagavamo un po’ meno. Quando il carico era com-
pleto si partiva direttamente dall’Angola per le colonie, senza soste, a meno di necessità
pressanti. Si caricava quindi il bastimento di acqua dolce. Si svuotavano per questo anche
le botti di acquavite che restavano. I negri erano nutriti con fave portate dalla Francia con
le quali si faceva una zuppa, che essi chiamavano macoudia. […]
Si costruiva nell’interponte una sorta di impalcatura perché tutti i negri potessero allun-
garsi e dormire. Gli uomini erano separati dalle donne. Oltre a questo, si erigeva sul ponte,
dietro l’albero maestro, una forte paratia con due porte a destra e sinistra per poter passa-
re. […] Ci si sistemavano fucili, spingarde e perfino un cannone. Serviva come trincea per i
bianchi in caso di rivolta […]; talvolta si tirava con queste armi davanti a loro per spaventarli.
Raggiunte le colonie si facevano riposare i negri qualche giorno […]; li si cospargeva d’olio
perché colpissero l’occhio e apparissero più freschi; poi si annunciava la vendita.
(in F. Della Peruta - G. Chittolini - C. Capra, Dall’Europa al mondo,
vol. 2 L’età delle rivoluzioni, Le Monnier, Firenze 2003, pp. 58-59)
164
L’Europa e l’economia-mondo 5
[…] L’intensificazione del commercio non fu certo l’unica arma impiegata nella lotta al-
la fame. In parte, la dipendenza fu infatti combattuta grazie all’introduzione e/o allo
sviluppo della coltivazione di piante alimentari del tutto nuove o semplicemente prima
meno sfruttate.
È il caso del riso, originario dell’Asia meridionale, conosciuto grazie agli arabi in Spagna,
da dove nel Cinquecento si sarebbe diffuso nei Paesi Bassi, in Lombardia venne coltivato
con moderne tecniche capitalistiche fin dal Quattrocento.
È il caso del grano saraceno, non panificabile ma adatto anche a terreni molto poveri e/o
di montagna. Noto da tempo, in Europa occidentale fu messo a coltura su scala meno mar-
ginale solo a partire dal Cinquecento, in particolare nei Paesi Bassi, in Germania, in Fran-
cia e in Italia settentrionale.
Ed è infine il caso delle piante venute dall’America: peperoni e peperoncini si inseriro-
no abbastanza rapidamente nella dieta della Penisola iberica, e poi in Italia meridionale,
nei paesi slavi meridionali e in Ungheria, divenendo un economico sostituto dell’agognato
pepe. I pomodori, pur conosciuti in Italia, in Spagna, in Provenza e in Linguadoca già nel
XVI-XVII secolo, si diffusero invece nel resto d’Europa solo dalla fine del Settecento. Come
i tacchini si inserirono senza difficoltà tra il pollame europeo, così i fagioli affiancarono
senza problemi i legumi tradizionalmente noti in Europa, cioè ceci, lenticchie, piselli, fave.
E spodestarono quasi, assumendone in molte lingue anche il nome, i fagioli allora presenti
nel mondo europeo, analoghi a quelli oggi chiamati fagioli dall’occhio, che botanicamente
sono un’altra specie (dolichos) rispetto ai fagioli venuti dall’America (phaseolus). Essi con-
tribuirono così all’apporto proteico delle diete dei ceti più bassi […].
Portato da Colombo dall’America già al ritorno dal suo primo viaggio, nel 1493, il mais si
diffuse precocemente: nei primi anni del Cinquecento era coltivato in molte regioni della
Spagna; verso il 1520 era presente in Portogallo e nella Francia sud-occidentale; dieci an-
ni più tardi nell’area veneta, da dove poi si espanse nella Penisola balcanica e in Ungheria.
Prodotto nuovo al quale bisognava trovare un nome, fu variamente battezzato, fatto che in
alcuni casi ne rende difficile l’identificazione. Venne infatti definito miglio grosso, sorgo,
grano grosso, melega 1 per associazione o confusione con cereali da tempo conosciuti; mi-
glio (meillet) di Spagna nella Francia sud-occidentale con riferimento alla zona da cui era
stato introdotto; granoturco in Portogallo, nell’Italia settentrionale e in Germania con un
1 melega: la meliga è
una pianta con piccoli
uso del termine «turco» che era forse sinonimo di «straniero» più che identificativo di una
fiori gialli riuniti in zona precisa; grano di Rodi, grano d’India, grano arabo, grano d’Egitto con tutto un varie-
pannocchie, coltivata gato sbizzarrirsi di fantasie sui suoi luoghi d’origine. Nonostante la precoce diffusione a
per uso alimentare
o come materiale per
lungo rimase un prodotto marginale, usato come foraggio o relegato tra le colture ortive,
scope e ramazze. che tuttavia avevano il vantaggio di non essere sottoposte alla decima e ai canoni fondia-
2 pellagra: malattia ri. […] Dall’imporsi della dieta maidica derivarono […] gravi conseguenze per la salute dei
causata da carenza
contadini, a causa delle carenze nell’apporto di vitamina PP, responsabili della pellagra 2:
alimentare di vitamina PP
e di triptofano. una malattia il cui decorso provoca ferite purulente, follia e morte. Segnalata per la prima
165
Fonti e Storiografia
volta nelle Asturie nel 1730, essa flagellò a lungo la popolazione della Francia meridionale,
della Pianura Padana, dei Balcani.
Assimilabile ai cereali conosciuti, e in particolare al miglio, con cui da sempre si prepara-
vano polente e altri cibi, il mais suscitò forse in misura minore, rispetto alla patata, atteg-
giamenti di rifiuto e di chiusura. Pur coltivato all’inizio in orti e giardini come pianta esotica
e di lusso, il tubero arrivato dall’America venne a lungo guardato con sospetto, forse anche
per il parziale persistere di quella gerarchia dei valori alimentari (cui facevo cenno sopra)
che tendeva ad associare alla sfera dell’animalità ciò che cresceva sottoterra. Comunque
sia, anche chi della patata propagandava le virtù finiva talvolta paradossalmente per asso-
ciarla all’alimentazione animale. […]
In definitiva, la dieta delle popolazioni europee, tra Cinque e Settecento, complessiva-
mente peggiora: non per tutti, ovviamente, né ovunque allo stesso modo. Ma il trend sem-
bra piuttosto chiaro, e da certi punti di vista accomuna il contadino veneto costretto ad un
regime alimentare quasi esclusivamente maidico e i primi operai inglesi, per i quali comin-
cia a profilarsi una dieta, che diverrà comune nei primi dell’Ottocento, incentrata sul con-
sumo di pane e tè zuccherato: due prodotti, tè e zucchero, che vedono il loro consumo in
crescita nel corso dell’Età moderna.
(da R. Sarti, Vita di casa. Abitare, mangiare, vestire nell’Europa moderna, Laterza,
Roma-Bari 2006, pp. 225-231)
COMPRENDERE 1. Quali conseguenze ebbe la diffusione del mais nella dieta degli europei?
IL TESTO
2. Cosa afferma la storica a proposito della diffidenza con la quale venne accolta
la coltivazione della patata in Europa?
3. Perché la diffusione dei peperoni in Europa fu importante?
GLI SNODI La ricchezza derivata dalla canna da zucchero si fondava sul lavoro degli schiavi.
DEL TESTO La tratta degli schiavi ha coinvolto milioni di persone.
L’abolizione della schiavitù non fu di facile realizzazione.
Al caffè – grosso, nero e di sua natura amaro di sapore – era aggiunto zucchero coltivato
da schiavi neri nei Caraibi britannici e in tutti i caffè l’atmosfera era densa per il fumo del
tabacco coltivato da schiavi africani importati in Virginia e in Maryland e dai loro discen-
denti […]. A metà del Settecento i britannici erano famosi per essere golosi di dolci […] per-
ché, più di ogni altro popolo europeo, avevano messo in essere e perfezionato i più vasti
imperi di schiavi nelle Americhe. […]
La nuova vita sociale delle classi superiori nella Gran Bretagna della metà del Settecento
fu resa possibile dalle piantagioni di canna da zucchero impiantate dapprima in Brasile e
poi diffuse nelle Indie occidentali, e questa coltura era stata il frutto del lavoro degli schia-
166
L’Europa e l’economia-mondo 5
vi africani, il cui commercio era egemonizzato dai mercanti a dai capitali dell’Inghilterra:
fra il 1690 e il 1807, quando la tratta fu abolita, circa 11.000 vascelli avevano fatto vela dal
centro del potente impero verso la costa degli schiavi in Africa 1, e si calcola che il 70% de-
gli africani trasportati in questo periodo sull’altra sponda dell’Atlantico fosse destinato alla
produzione di zucchero in Brasile e nei Caraibi.
Leggi in digitale
Il commercio triangolare atlantico era una delle tante forme assunte dalle varie tratte che
il testo Le ragioni
della schiavitù degli avevano origine soprattutto nel continente africano 2: le navi negriere partite dai porti eu-
africani di Eric ropei, in particolare britannici e francesi, trasportavano sulla costa dell’Africa occidentale
Williams. merci – utensili, domestici e tessuti, ma anche cavalli e armi da fuoco – da scambiare con
• Dopo aver let-
to il brano e averlo i potentati locali per l’acquisto di schiavi, che venivano trasferiti e venduti nelle Americhe,
messo a confron- da dove le navi tornavano in Europa cariche di beni coloniali prodotti dagli schiavi, come
to con Il commer- caffè, zucchero, tabacco, cacao e cotone.
cio di esseri uma- La tratta ha costituito il più grande spostamento forzato di popolazioni – non solo di
ni di Gabriele Turi,
scrivi un testo di ti- schiavi – in tutta la storia umana almeno prima del Novecento. Essa contribuì alla genera-
po argomentati- le accelerazione del fenomeno migratorio mondiale nei due secoli successivi al Settecento,
vo-espositivo che che assieme a sofferenze, violenze e contrasti razziali o di lavoro provocò la contaminazio-
metta in evidenza il
ne di lingue e di culture, cambiò l’identità di interi gruppi sociali con gli incroci etnici o con
lato oscuro dell’e-
spansione econo- il confronto tra popoli di origine diversa, dette impulso a nuovi mercati sotto il controllo
mica del Settecen- sempre più esteso dell’Impero britannico. Limitandoci a considerare il viaggio per mare – in
to, soffermandoti realtà la tratta aveva origine prima, all’interno lontano dalla costa –, i dati generali parlano
sulle diverse forme
di oltre 12 milioni di vittime per la tratta atlantica, di 14 milioni per quella interafricana e
di schiavitù che si
sono imposte tra di 17 per quella orientale. La sua messa fuori legge 3 costituì una significativa inversione
Cinquecento e ini- di tendenza per le politiche e le economie dei paesi colonizzatori, anche se non fu di facile
zio Ottocento: la realizzazione e non implicò un’automatica messa in discussione della condizione schiavi-
schiavizzazione de-
gli indios, la tratta
stica. La prima ad essere abolita fu quella di più recente istituzione, quella atlantica, attiva
degli schiavi afri- nei tre secoli dal Seicento all’Ottocento […].
cani, i «servi a ri-
(da G. Turi, Schiavi in un mondo libero. Storia dell’emancipazione dall’età moderna a oggi,
scatto».
Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 125-127)
COMPRENDERE 1. Chiarisci il collegamento fra la vita agiata delle classi superiori della Gran Breta-
IL TESTO gna e la tratta schiavistica di cui si parla all’inizio del brano.
2. Turi parla di tre tipi differenti di tratte: atlantica, interafricana e orientale.
A che cosa si riferisce con questi termini?
3. Perché la tratta degli schiavi – secondo l’autore – può essere considerata come
«il più grande spostamento forzato di popolazioni» prima del Novecento?
167
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B La nuova diplomazia digitale
Mario Calabresi intervista Alec Ross, consigliere per l’innovazione di Hillary Clinton
nel 2012, sull’evoluzione della diplomazia nell’età dei social media.
Il mondo non sta cambiando, il mondo è già cambiato. È più trasparente, meno pirami-
dale e gerarchico e ogni cosa si sta trasformando: il potere, la politica, la diplomazia e il
giornalismo non saranno mai più quelli di prima, chiunque li governi e chiunque li diriga.
Il ragazzone che ho davanti, uno che parla senza esitazioni, ha quarant’anni ma ne dimo-
stra decisamente meno. [...]
Il ragazzone si chiama Alec Ross, è il consigliere per l’Innovazione di Hillary Clinton, e
l’ufficio in cui mi riceve è al piano nobile del Dipartimento di Stato di Washington, il luogo
della politica estera americana. Il luogo non lo intimidisce, la rivoluzione che porta avanti a
cui lavorano oltre 150 persone solo in questo palazzo e a cui collaborano un altro migliaio
in ogni parte del mondo viene chiamata Ediplomacy o anche Twiplomacy (la diplomazia di
Twitter, digitale) e nasce da una constatazione molto semplice: «Oggi non si possono più
chiudere le porte ai cittadini, come si faceva in passato, Internet ha portato una richiesta di
trasparenza con cui bisogna fare i conti, la diplomazia non può più essere uomini in ges-
sato grigio che parlano con altri uomini in gessato grigio intorno a un tavolino di mogano
e lontani da occhi indiscreti, oppure un esercizio di ricevimenti nei saloni d’ambasciata».
[…] Così gli ambasciatori dialogano direttamente con le opinioni pubbliche dei Paesi in cui
lavorano […]. La loro missione è di diffondere il punto di vista americano, naturalmente,
ma la partita è più raffinata e complessa, così se l’ambasciatore in Siria Robert Ford […] ha
messo in rete le sue note in cui raccontava cosa stava succedendo, così come foto satellita-
ri e testimonianze, dall’altro capo del mondo, in Giappone, l’ambasciata nei giorni succes-
sivi allo tsunami e al disastro nucleare era diventata punto di riferimento per avere noti-
zie credibili sulla radioattività e sulle emergenze. «Dobbiamo coinvolgere […] la società in
maniera più ampia, è cambiata la natura dei nostri interlocutori e se vogliamo mantenere
capacità di influenza dobbiamo evolvere, imparare a parlare in modo diverso. [...] I social
media sono un ottimo posto per ascoltare, ancor prima che per parlare […]».
Le nuove tecnologie stanno cambiando le dinamiche dell’informazione e le mediazioni,
così il portavoce di Susan Rice, ambasciatrice Usa all’Onu, ci ha raccontato di come ci sia stata
una lunga discussione al Palazzo di Vetro per decidere se le notizie più importanti debbano
essere date alle agenzie o lanciate su Twitter. «Abbiamo scelto Twitter spiega – perché ci
consente di raggiungere più fonti e parlare direttamente con le persone, nei nostri termini,
e nei nostri tempi, i media tradizionali possono riprendere la notizia direttamente da lì».
(da Mario Calabresi, La nuova diplomazia digitale, «La Stampa», 24 giugno 2012)
168
L’Europa tra potere assoluto e potere parlamentare 1
PRODUZIONE 1. Scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo in cui esprimi la tua opinione sul-
la funzione del lusso nella società contemporanea, mettendola a confronto con
quella che ebbe nella Francia del Re Sole.
Puoi strutturare il testo secondo paragrafi opportunamente titolati che sviluppi-
no i seguenti punti:
a. perché si acquistano beni di lusso?
b. Chi acquista i beni di lusso oggi? Solo i ricchi o i nobili, come in passato?
c. È giusto incoraggiarne l’acquisto fra i più giovani?
d. Ritieni che possedere oggetti di lusso è visto in maniera negativa dalla società?
169
Laboratorio per l’Esame di Stato
Esposizione orale
D1 La diffusione dei campi chiusi
Le enclosures nei
territori dello Yorkshire
Dales vicino a Gordale
Scar, in Inghilterra.
170
2 Le rivoluzioni
del Settecento
6 L’Illuminismo
e l’età delle riforme
Il secolo della ragione
Fondate sulla fiducia nella ragione, guida che illumina il progresso sociale e scientifico,
le idee illuministe circolarono ampiamente in Europa grazie alla fioritura della stampa e
dei circoli culturali; si diffuse inoltre, fra le élite europee, una nuova sensibilità religiosa,
Esplora l’immagine critica nei confronti dei dogmatismo; in questo senso, si affermarono una serie riforme
interattiva improntate alla tolleranza religiosa fra confessioni diverse.
173
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
174
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
Tornitori al lavoro
in un’officina.
Illustrazione
dell’Encyclopédie,
XVIII secolo.
175
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Il «partito» dei Lumi ebbe un rapporto ambivalente con il potere delle monar-
chie assolute. Da una parte le appoggiò nella loro azione riformatrice e razionaliz-
zatrice, fornendo il supporto teorico al dispotismo riformatore, cioè quella politica
di riforme calate dall’alto messa in atto da molti sovrani settecenteschi. Dall’altra
le contrastò sul tema della libertà e dello sviluppo dell’opinione pubblica svolgen-
do un ruolo di opposizione, con un atteggiamento di intransigente difesa della
libertà di pensiero.
176
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
F1 L’Illuminismo Nel XVII secolo, la ragione era stata protagonista di una vera e propria rivolu-
secondo Kant, p. 207
zione del pensiero scientifico. La generazione dei Lumi la adottò come criterio
di valutazione universale, al posto delle verità della fede, ormai abbandonate.
La ricerca della felicità diventava lo scopo della vita umana, sia individuale sia
collettiva, da non rinviare a un’ipotetica vita ultraterrena.
La libertà veniva ora concepita come un diritto individuale, non più comunitario:
l’individuo rivendicava per sé la possibilità di manifestare il proprio pensiero e
di essere tutelato personalmente dalle leggi, mentre in precedenza con libertà si
intendevano una serie di privilegi cui si aveva accesso in quanto appartenente a
un certo ordine sociale.
La tolleranza, infine, era considerata come la capacità di accettare, consideran-
dole legittime, le opinioni degli altri. La propria verità non avrebbe più potuto
essere imposta dal potere politico; al contrario, il punto di vista dell’altro poteva
rivelarsi altrettanto valido, comunque un arricchimento. E, in ogni caso, rappre-
sentava un diritto imprescindibile di ciascuno.
Anche nella concezione della legge si apriva un capitolo nuovo. La legge cessa-
va di essere la traduzione in consuetudine della rivelazione divina, destinata a im-
LESSICO
Giusnaturalismo
porsi come volontà superiore ai destini individuali, e si affermava invece come una
Dottrina filosofica e costruzione umana e contrattuale, a tutela dei diritti di ciascuno. Questo capitolo
giuridica che indica della storia del diritto era iniziato anch’esso nel secolo precedente, in Inghilterra
nel diritto naturale il
fondamento legittimo
e in Olanda, e prendeva il nome di «giusnaturalismo». Dunque, anche da questo
di tutte le forme di diritto punto di vista l’Illuminismo era figlio delle innovazioni seicentesche, ma a esse
e di tutte le istituzioni, aggiungeva la combattività culturale, la forza di penetrazione, la capacità di orga-
tipica dell’Età moderna.
nizzarsi per cambiare il mondo.
La legge superiore, di riferimento, era ormai il «codice della natura», anziché
quello divino, che era in grado di imporsi a tutti con la sua indiscutibilità razionale.
La ricerca della felicità, e la libertà della ricerca, apparivano inscritte nella natura
degli uomini, qualunque fosse la loro cultura, o appartenenza, o posizione sociale;
da ciò discendeva il rispetto per la risposta che ciascuno intendeva dare a questa
ricerca. Il partito dei philosophes si caratterizzava così come uno schieramento ag-
guerrito perché capace di parlare un linguaggio più universale, valido per tutti gli
uomini in quanto tali, senza alcun bisogno di adesione personale o di conversione.
I PRINCÌPI DELL’ILLUMINISMO
177
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
178
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
Voltaire
François-Marie Arouet, più noto come Voltaire (1694-1778), a sua volta, nelle
Lettere filosofiche (1734), aveva preso a riferimento il sistema parlamentare ingle-
se per mettere in evidenza come la società francese fosse più arretrata. Voltaire ve-
deva nell’opera del monarca assoluto, ma «illuminato» dalla collaborazione con i
filosofi, il promotore e garante del progresso e del rinnovamento della società. La
maggior parte delle sue opere non fu pubblicata in Francia: egli ebbe un rapporto
conflittuale con il suo Paese e vi fece ritorno soltanto poco prima di morire. Ebbe
però un proficuo dialogo con i sovrani illuminati d’Europa, Federico II di Prussia,
che lo chiamò a Berlino e Caterina II di Russia, che tuttavia si interruppe talvolta
per l’intransigenza di Voltaire, per volontà degli stessi sovrani o per l’opposizione
di alcuni ambienti conservatori delle loro corti.
Rousseau
Il ginevrino Jean-Jacques Rousseau (1712-78), collaboratore dell’Encyclopédie,
si allontanò successivamente dal pensiero illuminista, in particolare per il valore
centrale e positivo che i suoi esponenti attribuivano al progresso. Nel Discorso sul-
le scienze e sulle arti (1750) guardava alla storia come a un percorso di progressiva
decadenza e di degenerazione morale, che correva parallelo alla civilizzazione. Nel
Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini (1754), Rousseau
ipotizza un mitico stato di natura originario, caratterizzato da profonda armonia
tra ambiente ed esseri umani e dall’uguaglianza tra questi ultimi, successivamente
corrotto dall’avvento della proprietà privata.
Il filosofo, tuttavia, non crede che sia necessario tornare a quello stato per co-
struire una società giusta: nel progetto politico delineato nel trattato intitolato
Il contratto sociale (1762) Rousseau immagina una società nella quale venga rista-
bilito il diritto di uguaglianza tra gli esseri umani e la legge sia espressione della
volontà generale. Essa è realizzabile in una forma di associazione che consenta
di recuperare la libertà attraverso un contratto basato sulla sovranità del popolo
intero. In questa istanza è stata letta un’inclinazione verso la democrazia diretta,
ovvero l’esercizio del potere legislativo da parte del popolo senza intermediazione
o rappresentanza. Al progetto politico viene affiancato un progetto pedagogico
individuale, che Rousseau illustra nel coevo l’Emilio o dell’educazione.
Lettura di una
tragedia di Voltaire
nel salotto di
Madame Geoffrin.
Charles Gabriel
Lemonnier, 1755,
Musée national des
châteaux de Malmaison
et de Bois Preau,
Rueil-Malmaison,
Francia.
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
LA STORIA L’idea di tolleranza, inte- ferimento alla «sopportazione», per includere l’idea di
NELLE PAROLE sa come «sopportazione» riconoscimento e rispetto delle diversità.
(il termine deriva dal lati- Nel XVIII secolo, il pensiero illuminista fece proprie
Tolleranza no tolerare, «sopportare») le istanze più avanzate del secolo precedente, sca-
dell’espressione delle idee altrui, si è affermata pri- gliandosi contro il dogmatismo delle religioni e contro
mariamente in ambito religioso, come fondamento ogni forma di intolleranza, per una cultura laica al cen-
della convivenza pacifica delle diverse confessioni. tro della quale si collocava la ragione. Con la nascita
È possibile riscontrare in Età antica e medievale degli degli Stati Uniti ( ▶ cap. 8) e la Rivoluzione francese
sporadici riferimenti teorici alla tolleranza. Tuttavia è nel ( ▶ cap. 9), la libertà di coscienza venne riconosciu-
XVI secolo, con gli scismi interni al mondo cristiano oc- ta e individuata come uno dei diritti fondamentali
cidentale e i conflitti religiosi che lo infiammarono, che dell’essere umano, divenendo un concetto cardine del
si avviò una riflessione più stringente circa il tema della liberalismo ottocentesco e della modernità.
tolleranza. Di fronte all’intransigenza esibita indistin- Sebbene ampiamente acquisita dal punto di vista
tamente nel contesto cattolico e in quelli protestanti, teorico e legislativo, la pratica della tolleranza tornò
umanisti come Erasmo da Rotterdam (1466/69-1536) a scemare tra Ottocento e Novecento, con la diffu-
ritenevano che la fede fosse compatibile con il rispetto sione delle idee razziste che furono alla base dell’im-
delle scelte autonome di ogni individuo. perialismo.
Tra i secoli XVII e XVIII il principio di «tolleranza» andò Oggi il problema della tolleranza investe tanto l’aspet-
acquisendo un significato più ampio, che si estende- to religioso quanto quello del pluralismo culturale
va oltre l’ambito religioso, in direzione della libertà di ed etnico in società divenute sempre più complesse
pensiero, e oltre l’accezione originaria che faceva ri- per la globalizzazione e per le migrazioni.
180
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
loro obiettivo era migliorare le sorti dei governati, senza coinvolgerli nell’opera di
rinnovamento, anzi escludendoli dal momento della decisione politica.
La politica del riformismo assolutista settecentesco fu dunque contraria alle
esigenze di libertà che una parte delle opposizioni seicentesche, di stampo repub-
blicano, aveva espresso senza produrre, però, innovazione razionale e incremen-
tare la felicità collettiva. Ne erano derivati, invece, un arroccamento nella difesa
delle prerogative aristocratiche, prese a emblema della libertà, e un rafforzamento
delle gerarchie e delle distanze sociali. Tutto il contrario di ciò a cui le monarchie
assolute lavoravano: far vivere meglio i sudditi e renderli uguali di fronte alla leg-
ge, pur senza consultarli.
In realtà, dei sudditi, della loro libertà, i governi non si fidavano. La ragione del
riformismo era considerata dai governi un proprio, esclusivo attributo, perché non
ritenevano che la gente, perseguendo liberamente il proprio vantaggio, potesse co-
operare al benessere collettivo. In un mondo di comunità e di compartimenti sta-
gni, la razionalità della pubblica felicità sembrava una prerogativa della ragione
dei governanti, non di quella dei governati. Su questo terreno si svolse un grande
confronto fra il pensiero riformatore dei sovrani e la cultura dei Lumi; l’assoluti-
smo ne uscì sconfitto culturalmente, prima ancora che le vicende provocate dalla
Rivoluzione francese ne decretassero la fine politica.
181
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
182
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
IL DISPOTISMO ILLUMINATO
ridimensionare il ruolo
Obiettivi opposizione del clero e della Chiesa
istituzionale della Chiesa
183
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
si erano avvantaggiati gli opposti partiti aristocratici presenti nel Riksdag, il Parla-
mento svedese. Gustavo III accusava gli aristocratici parlamentari di essere incon-
cludenti e faziosi e negli anni successivi abolì la venalità delle cariche pubbliche
(ovvero l’assegnazione delle cariche pubbliche fondata sulla compravendita), rese
più umane le procedure giudiziarie, introdusse la libertà di stampa e la tolleranza
religiosa. Egli perseguì dunque un programma riformatore che le resistenze ari-
stocratiche avrebbero intralciato.
A Varsavia, al contrario, l’evoluzione politica riformatrice non poté avvenire. Il
re Stanislao Poniatowski – imposto dai russi dopo la morte di Augusto III – provò
a intaccare il liberum veto e a restringere un poco le «libertà» che paralizzavano la
Dieta polacca ( ▶ cap. 4, par. 3). Immediatamente si formarono opposte «confede-
razioni», appoggiate dalle potenze straniere (Russia, Prussia, Austria), che blocca-
rono il processo riformatore. Allo stesso tempo, quei potenti vicini sottrassero alla
Polonia un quarto del suo territorio e se lo spartirono: un pezzo alla Russia, uno
alla Prussia e uno all’Austria. Tre grandi monarchie dispotiche e riformatrici (a ca-
sa loro), ammirate dagli illuministi, effettuavano a freddo la prima spartizione di
un’arcaica monarchia elettiva, disprezzata dai Lumi perché incapace di riforme e
a cui le stesse monarchie riformatrici avevano precluso il cambiamento. Vent’anni
più tardi, dopo avere imposto alla Polonia di tenersi le sue libertà e la sua debo-
lezza, quelle tre monarchie l’avrebbero addirittura interamente annessa, facendo-
la sparire dalla carta politica con una seconda spartizione tra Russia e Prussia nel
1793, e un’ultima nel 1795 che coinvolse di nuovo anche l’Austria.
Il sovrano Gustavo
III di Svezia ritratto
insieme ai fratelli.
Dipinto di Alexander
Roslin del 1771.
Stoccolma,
Nationalmuseum.
184
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
3 La giustizia
Giustizia frammentata e disumana nell’Antico regime
Nella seconda metà del Settecento, nella maggior parte dei Paesi europei erano an-
cora attivi i tribunali signorili, che sottraevano alla giustizia statale una parte non
irrilevante del potere giudiziario sia per le cause civili sia per le cause penali, che pre-
vedevano pene come la reclusione. In alcune situazioni i signori potevano perfino
condannare a morte. Molti castelli francesi inalberavano ancora la forca, macabro
simbolo del potere aristocratico, e in Sicilia la giustizia penale signorile aveva un peso
rilevantissimo nella vita di una metà del territorio isolano, quello delle «città feudali».
Anche la Chiesa disponeva di suoi tribunali, competenti per i reati nei quali era-
no coinvolti ecclesiastici, cioè aveva un «foro privilegiato». Inoltre, almeno per le
cause civili connesse alle loro attività, molte corporazioni di mestiere erano auto-
nome per la risoluzione dei contenziosi, dato che avevano, a loro volta, un proprio
«foro privilegiato». Sussistevano quindi decine di «fori» diversamente competenti,
spesso in rivalità per l’attribuzione delle cause.
In Italia e nella Penisola iberica esisteva anche un altro potere giudiziario total-
mente autonomo da quello del re, competente per le cause di fede, quindi in grado
di vigilare sulle coscienze. Questa giustizia parallela – in passato potentissima, ma
ancora in grado di far paura – era l’Inquisizione. Non trattava solo i casi di eresia,
che non erano più molti, ma di bestemmia, di pensiero non conformista, di com-
portamenti che turbavano l’ordine spirituale.
Tra i reati più gravi vi era quello di «lesa maestà», che consisteva nell’offesa ar-
recata a Dio o a colui sul quale la volontà divina aveva trasferito il proprio potere,
come un sovrano.
LESSICO La tortura veniva normalmente utilizzata come metodo di interrogatorio: all’im-
Gogna putato si ustionavano le membra con il fuoco, mentre gli si rompevano le articola-
Strumento punitivo zioni sulla ruota o sul cavalletto; oppure lo si sospendeva con i polsi legati dietro la
consistente in un
collare di ferro che si
schiena e lo si lasciava cadere per un tratto, bloccando poi di colpo la corda e pro-
poneva stretto alla gola vocando la slogatura delle spalle. Il tormento e l’umiliazione fisica venivano usa-
dei colpevoli esposti ti anche come strumenti di punizione: tra i più frequenti c’erano i colpi di frusta,
al pubblico.
l’esposizione alla gogna, il marchio a fuoco, o, in Russia, l’amputazione del naso.
La condanna a morte era ampiamente utilizzata. Il suo scopo era non soltanto
quello di sopprimere un elemento pericoloso per la società, ma di infliggere pub-
blicamente un supplizio memorabile, che doveva essere particolarmente crudele
e impressionante per servire da monito e, allo stesso tempo, anticipare le soffe-
renze dell’inferno.
All’illuminista italiano Cesare Beccaria (1738-94) dobbiamo una profonda e in-
novativa riflessione sul carattere inumano delle pratiche usate dalla giustizia del
tempo: nel suo libro Dei delitti e delle pene (1764) criticò l’uso della tortura e della
pena di morte, affermando che le pene dovevano essere più miti e facendo notare
una cosa che oggi sembra ovvia: la capacità di resistere alla tortura nulla aveva a
che fare con l’innocenza dell’imputato, ma solo con la sua forza fisica.
Dunque la giustizia, ancora in pieno Settecento, era largamente ingiusta, per-
ché frammentata fra mille interessi particolari che ne intralciavano un corso libero
e razionale. Era inoltre inumana, perché si serviva normalmente di torture e sup-
plizi crudeli che contrastavano con la ragione e la clemenza.
185
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
186
Una prigione in
cui sono raffigurati
anche gli strumenti
di tortura. Illustrazione
del XVIII secolo.
ciò a farlo all’alba, nel cortile di un carcere, al riparo da occhi indiscreti. Ma nella
maggior parte dei casi si previdero pene detentive e si costruirono moderne pri-
gioni, nelle quali i condannati dovevano essere rinchiusi, sorvegliati e resi utili. Si
cominciò a parlare perfino di rieducazione attraverso il lavoro, di una detenzione
che preparasse il reinserimento del condannato nella vita civile.
In tutta Europa al potere giudiziario si cercò di togliere gran parte del suo carattere
temibile e sanguinario, assicurandogli una professionalità rispettabile e autonoma.
Il magistrato d’ora in poi avrebbe formulato i propri giudizi entro i limiti fissati dalla
legge: venivano così annullati i margini di arbitrio di cui si era fino ad allora avval-
so e che ne avevano reso odioso e temibile il ruolo. Veniva inoltre annullata anche la
capacità da parte dei magistrati di porre un limite all’autorità dei sovrani. Si apriva
così, indirettamente, una questione nuova: se i giudici non avevano più la solenne
e terribile autorità di tutelare l’ordine e di difendere la società, chi lo avrebbe fatto?
187
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
4 Il giurisdizionalismo
LESSICO I limiti alla sovranità dello Stato posti dalla Chiesa
Giurisdizionalismo
È un sistema di politica
L’istituzione che, più di ogni altra, fino a quel momento, aveva avuto il compi-
ecclesiastica nel quale to di sorvegliare e difendere l’ordine sociale era la Chiesa. Proprio nel confronto
lo Stato esercita un con l’autorità della Chiesa le monarchie riformatrici si impegnarono in una delle
certo grado di influenza
e di controllo sugli
battaglie più significative: quella per imporre la politica ecclesiastica nota come
atti della Chiesa e «giurisdizionalismo».
sulle materie che non La Chiesa, infatti, oltre alla direzione spirituale e alla cura delle anime, svolgeva
riguardano i contenuti
della fede.
altre funzioni, in seguito progressivamente assunte dallo Stato. Ad esempio, era
presente in maniera capillare sul territorio ed era la principale macchina culturale
e assistenziale: deteneva infatti la parte essenziale dell’istruzione primaria e se-
condaria e praticamente il monopolio dell’assistenza ai malati e ai poveri. Inoltre
viveva in una specie di simbiosi con il potere politico, poiché era lei a legittimare
la piramide delle autorità e delle gerarchie, dando la sua approvazione a chi dete-
neva il potere civile, ed era sempre lei a poter raggiungere tutti i sudditi, parlando
a ciascuno di essi con costanza e con una frequenza settimanale in occasione della
funzione religiosa domenicale.
I Paesi ortodossi e quelli protestanti avevano risolto da tempo il problema del
rapporto fra potere spirituale e Stato: le Chiese erano state subordinate alla sovra-
nità politica, non avendo autonomia decisionale né giudiziaria.
Nei Paesi cattolici, invece, rimaneva aperta la questione di chi comandasse e
amministrasse, caso per caso, in base a quale legge, con quali magistrature, fa-
cendo riferimento a quale fonte generale della sovranità. Le monarchie assolute
cattoliche in questo campo non erano ancora riuscite a riportare successi decisivi.
Eppure si trattava di un aspetto fondamentale, ormai pienamente messo a fuoco:
quello riguardante la «giurisdizione», ovvero la necessità di stabilire le rispettive
competenze riguardo le leggi da applicare e l’autorità a cui ricorrere.
La questione dell’autonomia istituzionale della Chiesa cattolica era complicata
dal fatto che comportava sempre un’ingerenza straniera, romana, negli affari in-
terni di ciascun Paese. Le Chiese cattoliche nazionali vivevano, insomma, in un re-
gime di doppio riferimento gerarchico: da un lato dovevano obbedienza alla mo-
narchia, dall’altro alla curia papale. D’altra parte, però, lo Stato settecentesco non
intendeva più rinunciare all’ultima parola su tutte le grandi decisioni di interesse
pubblico e faceva della questione della piena sovranità nazionale un punto irri-
nunciabile della propria identità politica.
Ma c’era anche un aspetto fiscale. In cambio delle importantissime e costose
funzioni pubbliche che ancora svolgeva (spirituali, politiche, culturali, formative,
assistenziali), la Chiesa non pagava vere e proprie imposte ma solo donativi con-
cordati sulle sue immense ricchezze. L’alto clero rappresentava la parte più privi-
legiata della società, più dell’aristocrazia, più della magistratura.
188
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
L’imperatore riforme propria auctoritate («di propria autorità», cioè senza consultare la con-
d’Austria Giuseppe troparte). Papa Clemente XIII preferì cedere e accordare quello che avrebbe do-
II riceve papa Pio VI
a Vienna nel 1782. vuto comunque subire.
Incisione dell’epoca. Il successore di Maria Teresa, il figlio Giuseppe II (1780-90), spinse molto più a
fondo lo scontro giurisdizionalista. Con l’intenzione di promuovere la libera attività
produttiva di tutti i sudditi, Giuseppe emanò nel 1781 un editto di tolleranza che
concedeva libertà di opinione religiosa e piena cittadinanza a tutte le minoran-
ze, compresi gli ebrei, a partire dal 1782. Per la prima volta questo accadeva in un
Paese cattolico e per la prima volta in contrasto con la linea ufficiale della Chiesa.
Nasceva il «giuseppinismo», cioè la forma più drastica di giurisdizionalismo che il
Settecento riformatore abbia sperimentato prima della Rivoluzione francese, vale
a dire quel processo per cui lo Stato riassume il controllo della sfera giurisdizio-
nale connessa agli affari religiosi.
Poco tempo dopo l’imperatore soppresse gli ordini religiosi contemplativi,
perché reputati improduttivi e inutilmente costosi. Gli edifici dei monasteri sop-
LESSICO pressi furono trasformati in fabbriche, magazzini e abitazioni; le terre vennero
Ordine contemplativo messe in vendita, per finanziare un «fondo per la religione» che doveva rimette-
Ordine religioso dedito re ordine nelle parrocchie e nelle diocesi. Giuseppe riconosceva alla religione una
esclusivamente alla
preghiera, a differenza di
funzione pubblica di grande rilievo, e appunto per questo intendeva sottoporla
altre congregazioni che a una sorta di controllo di qualità da parte dello Stato. Perfino i seminari diven-
svolgono attività sociali, nero scuole statali, affinché la formazione culturale e ideologica del clero fosse
come la cura dei malati.
sorvegliata e garantita.
189
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
I. Sarà permesso agli acattolici cioè alli consorti delle confessioni augustana ed elvetica, come pure
a’ Greci non uniti alla Chiesa Romana ne’ luoghi ove essi si trovino in sufficiente numero, ed ove in
proporzione delle loro facoltà sarà praticabile, l’esercizio privato della loro religione da per tutto,
e senza abbadare se in passato tale culto vi sia stato praticato o no.
V. Non saranno essi mai astretti ad altra formola di giuramento, se non a quella che è conforme ai
princìpi della loro religione, né obbligati ad intervenire alle processioni o funzioni della religione
dominante, quando essi medesimi non volessero assistervi.
VI. Nelle elezioni e concessioni di impieghi non vi sarà alcun riguardo alla diversità della religione, ma
come nello stato militare è praticato con tanto frutto, e senza il minimo inconveniente, si prenderà
unicamente in considerazione l’onoratezza, l’abilità e la cristiana morale e condotta de’ concorrenti […].
(in M. Rosa, Politica e religione nel ’700 europeo, Sansoni, Firenze 1974, pp. 108-110)
190
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
5 I giansenisti e i gesuiti
L’appoggio dei giansenisti al giurisdizionalismo
L’imperatore e gli altri monarchi ostili al potere temporale dei papi avevano il de-
bole appoggio di una parte della Chiesa cattolica, alquanto minoritaria e anzi d’op-
posizione: quello che rimaneva del movimento giansenista, che aveva conosciu-
to una stagione di grande sviluppo teologico e culturale nel secolo precedente, in
Francia ( ▶ cap. 2, par. 5). Oltre ai giansenisti aderirono al giurisdizionalismo anche
piccoli settori del mondo cattolico, soprattutto ai livelli più alti della gerarchia ec-
clesiastica, dove più forte era sentito il disagio per la stretta dipendenza da Roma.
I vescovi, generalmente, si mantenevano invece dalla parte della Santa Sede piut-
tosto che delle monarchie, anche se dovevano venire a patti e tenere conto degli
orientamenti politici dei rispettivi Paesi.
Nel Seicento, i giansenisti francesi erano stati combattuti da Luigi XIV perché,
facendo appello alla responsabilità individuale, si erano dimostrati poco propen-
si a sottomettersi alla gerarchia, sia ecclesiastica sia politica. A quell’epoca, però, i
contrasti fra la Chiesa di Roma e le monarchie assolute erano ancora piuttosto limi-
tati. Ora, nella seconda metà del Settecento, l’accordo fra Roma e le grandi monar-
chie cattoliche era assai meno solido; inoltre, della vecchia opposizione gianseni-
sta sopravviveva un atteggiamento favorevole a una forte indipendenza reciproca
fra religione e politica.
Di formazione agostiniana, i giansenisti volevano un cattolicesimo più auste-
ro e leggi più giuste e davano molta importanza alla frase di Gesù: «Il mio regno
non è di questo mondo», traendone la conseguenza che la Chiesa non dovesse in-
terferire nella politica, e viceversa. Gli Stati avevano dunque il diritto e il dovere di
regolare come meglio credevano le cose «di questo mondo», cioè tutto, tranne il
servizio divino. Dunque, il clero giansenista (con qualche raro vescovo ma parecchi
curati) si mostrò in genere abbastanza propenso ad appoggiare i sovrani riforma-
tori; e comunque era contrario alle ingerenze papali.
191
La lotta tra
giansenisti e gesuiti.
Incisione satirica
del 1714.
192
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
193
Quaccheri riuniti in
una chiesa del Nord
America, 1770 circa.
194
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
La cerimonia di
iniziazione in una
loggia massonica.
Incisione francese
del XVIII secolo.
Leggi l’immagine
• Individua
nell’immagine
l’Apprendista: come
si presenta agli altri
e perché?
• Riconosci
nell’immagine
i simboli della
massoneria.
195
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
7 Le riforme economiche
LESSICO Un prelievo fiscale più equo ed efficiente
Assemblee di stati
Istituzioni che alcuni Il sistema fiscale che le monarchie avevano ereditato dai secoli precedenti era gene-
Paesi europei si erano ralmente fondato sulla «ripartizione». Ogni anno i governi stabilivano l’ammontare
dati per rappresentare del prelievo di cui avevano bisogno a seguito di una lunga e penosa contrattazio-
i vari gruppi sociali. In
genere erano distinte
ne con le assemblee di stati, se c’erano, o comunque con le istituzioni che aveva-
in tre camere: la prima no titolo a parlare a nome dei sudditi. Successivamente i consigli del re ripartiva-
dei nobili, la seconda no questo ammontare fra le province, in ogni provincia fra le varie città e paesi, in
del clero e la terza
che esprimeva la
ogni centro abitato fra i capifamiglia.
parte restante della In ciascuno di questi passaggi la ripartizione veniva decisa dalle rappresentanze
popolazione, ma che delle élite privilegiate, nobili e proprietari terrieri, le quali ovviamente tendevano a
era monopolizzata
dall’élite urbana di ceto
proteggere se stesse e a scaricare più imposte sui poveri. Con un tale sistema, il pre-
aristocratico. lievo fiscale non poteva crescere più di tanto: per aumentarlo in maniera significativa,
i monarchi riformatori dovevano imporre più imposte, oppure adottare un sistema
Catasto
Inventario dei beni più equo, che interessasse anche la proprietà fondiaria, la principale fonte di reddi-
immobili (terreni e to che tuttavia, fino ad allora, era in gran parte più o meno esente dall’imposizione.
fabbricati urbani e
Bisognava dunque abolire il precedente sistema di ripartizione e stabilire la
rurali) redatto a fini sia
giuridici, per accertare «quotità», cioè il principio secondo cui ogni porzione di terreno doveva pagare
la proprietà dei beni una certa quota, su una base uguale per tutti. Ma questo significava sovvertire il
stessi, sia fiscali, come principio stesso del privilegio, e quindi fare una riforma di tipo costituzionale, che
base per l’imposizione
delle tasse. introducesse l’uguaglianza fiscale a danno delle libertà (al plurale, ossia i privile-
gi e le prerogative particolari).
Liberalizzazione
Eliminazione dei vincoli Lo strumento indispensabile per una riforma del genere furono i catasti, cioè la
imposti agli scambi certificazione obiettiva delle proprietà e delle colture, quindi del reddito presumibile.
commerciali e, in gene- L’Italia era stata all’avanguardia nella redazione dei catasti, sin dal Basso Medioevo;
rale, all’attività econo-
mica. La liberalizzazione ma i catasti degli Stati italiani erano ormai antichi, mai aggiornati e redatti in maniera
può riguardare anche i approssimativa. Nella maggior parte degli altri Paesi non esisteva alcun catasto, quin-
prezzi: in tal caso, i prez- di nessuna possibilità di certificare il reddito fondiario. Gli austriaci, ancora una vol-
zi di una merce sono
determinati dai venditori ta, furono più avanti degli altri nella riforma, in particolare nel Ducato di Milano, che
della stessa e non dalle fece da modello. La redazione del «catasto teresiano» – voluto cioè dall’imperatrice
autorità. In caso contra- Maria Teresa d’Austria – risultò particolarmente accurata dal punto di vista tecnico e
rio, quando cioè l’auto-
rità stabilisce il prezzo venne portata avanti malgrado le opposizioni dei nobili, costituendo una base certa
massimo di vendita di un per una tassazione equa. Anche altrove furono avviate importanti opere di accata-
bene, i prezzi si dicono stamento. Nel Regno di Napoli non ci si basò su rilevazioni sul terreno, bensì sull’au-
«calmierati».
tocertificazione dei proprietari: il che era un modo per venire a patti con i privilegi.
196
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
197
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
I fisiocratici erano favorevoli a una tassazione uguale per tutti, fondata sulla pro-
duzione agricola, e naturalmente si schieravano anche per la libertà del commercio
del grano. Secondo loro, lasciare che i capitali affluissero senza intralci all’agricol-
tura era l’unico modo per creare ricchezza vera, nuova, non speculativa. La cultura
economica fisiocratica guardava quindi avanti, si mostrava capace di superare la
pessimistica visione mercantilista di una ricchezza che non cresce, che si può solo
cercare di sottrarre agli altri, accaparrandola con il commercio internazionale so-
stenuto da una politica di potenza.
I grandi proprietari terrieri privilegiati, ecclesiastici e nobili, si battevano per non
perdere le loro esenzioni fiscali, le loro antiche «libertà», ma in più pretendevano,
come visto prima, «libertà» nuove, quella di accaparrarsi terre comuni e quella di
vendere il grano al prezzo più alto possibile. Dunque sul versante fiscale erano con-
servatori, su quello della libertà del mercato innovatori e fisiocratici. Erano, come
chiunque del resto, favorevoli al riformismo se questo assecondava i loro interessi,
contrari se i prezzi che dovevano pagare si rivelavano troppo alti.
Sfortunatamente, però, l’introduzione del mercato, soprattutto per il prezzo del
grano, comportava l’alterazione del delicatissimo equilibrio della sussistenza delle
masse popolari. Gli europei si nutrivano quasi solo di pane, che in tempi normali
rappresentava più della metà della spesa alimentare della stragrande maggioran-
za della popolazione. Perciò un aumento anche lieve del prezzo del pane gettava
la maggioranza delle famiglie nella disperazione. Naturalmente queste situazioni
finivano con il causare problemi d’ordine pubblico, spesso gravissimi e alimentati
dal sospetto, generalmente condiviso, che qualcuno stesse accaparrando il grano
per speculare al rialzo, forse aiutato da complicità politiche.
LA FISIOCRAZIA E IL MERCANTILISMO:
DUE MODELLI ECONOMICI A CONFRONTO
Fisiocrazia Mercantilismo
preminenza preminenza di
dell’agricoltura industria e commercio
obiettivi: obiettivi:
• tassazione uguale per tutti • evitare la fuoriuscita di
• libero afflusso di capitali all’agricoltura metalli preziosi dal Paese
198
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
199
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
200
L’Illuminismo e l’età delle riforme | 6 |
LA «MONARCHIA AMMINISTRATIVA»
201
Dalla Storia all’Educazione civica
Una pratica diffusa nella mazione di tali diritti non si tradus- abolita in modo permanente: Costa
giustizia del XVIII secolo se immediatamente nell’abolizione Rica, San Marino e Venezuela. Nel
della pena di morte: basti pensare 1948 il numero salì a otto e tuttavia
Uno degli aspetti della vita sociale
che anche i rivoluzionari francesi uti- nemmeno nella Dichiarazione uni-
nei quali si sono verificati cambia-
lizzarono ampiamente la ghigliottina versale dei diritti dell’uomo, pro-
menti rilevanti, nel corso del XVIII se-
per eliminare il re e gli avversari po- clamata quello stesso anno, si tro-
colo, è quello dell’amministrazione
litici. Anzi, essa ha continuato a es- va un riferimento specifico alla pena
della giustizia. Le riforme attuate in
sere praticata in molti Paesi nell’Ot- capitale. Alla fine del 1978 i Paesi
Europa da alcuni sovrani, influenzati
tocento e ancora nel Novecento. In che avevano bandito la condanna
dal pensiero illuministico, in partico-
tempi recenti il giudizio di condanna a morte erano appena diciannove.
lare da quello di Cesare Beccaria
Il primo continente nel quale si è re-
( ▶ par. 3), sono state il primo passo della pena di morte si è ulteriormen-
gistrato l’abbandono della pena di
verso l’eliminazione di una pratica fi- te esteso, ma a tutt’oggi, nella so-
morte come strumento di giustizia è
no ad allora consueta e accettata: la cietà contemporanea, è prevista in
l’Europa. Nella Carta dei diritti fon-
pena di morte. Nella seconda metà parecchi sistemi legislativi. damentali dell’Unione Europea,
del Settecento fu messa in discus-
proclamata nel 2000, è stata non
sione la sua efficacia per garanti- La pena di morte nel mondo solo prevista la cancellazione del-
re la giustizia. A loro volta le Rivolu-
contemporaneo la pena capitale, ma anche esclusa
zioni americana e francese alla fine
Il primo governo che abolì la pena ogni eventuale estradizione di citta-
del Settecento, proclamando i diritti
di morte fu quello del Granducato dini negli Stati in cui tale pena sia in
dell’uomo, aprirono la strada all’u-
vigore. I Paesi che aspirano a entra-
manizzazione del diritto penale. di Toscana, nel 1786. All’inizio del
re nell’Unione Europea devono im-
Tuttavia, sebbene sia stato un pas- XX secolo, però, erano solo tre gli
pegnarsi a rinunciare alla pena capi-
so di grande importanza, la procla- Stati in cui la pena di morte era stata
tale. Anche l’Organizzazione delle
Nazioni Unite ha varato nel 2016
una risoluzione a favore dell’aboli-
zione della pena di morte, chieden-
do in alternativa una moratoria («so-
spensione») generale contro questo
tipo di condanna.
Secondo i dati del Rapporto annua-
le sulla pena di morte, redatto da
Amnesty International, l’autorevole
organizzazione internazionale per la
difesa dei diritti umani, la situazione
nel 2020 è questa: 106 Paesi han-
no abolito la pena di morte per
tutti i reati, 8 Paesi la mantengo-
no per reati particolari come quel-
li commessi in tempo di guerra, 28
Paesi conservano la pena di morte
Robert-François Damiens, autore del fallito regicidio di Luigi XV di Francia, ma non la applicano da oltre dieci
davanti ai giudici. Damiens fu l’ultima persona in Francia a essere stata anni e ben 56 Paesi continuano a
condannata a morte per mezzo dello squartamento, nel 1757. comminarla e praticarla. Tra questi
Dibattito in classe:
la pena di morte
Immaginate di essere
degli avvocati che fan-
no parte di un’organizzazione inter-
vi sono alcuni degli Stati più gran- Tale divieto è fondato sul ricono- nazionale che si batte per l’abolizio-
di e importanti del mondo, come gli scimento del valore che ogni indivi- ne della pena di morte; siete ricevuti
USA, l’India, la Cina e il Giappone. duo ha in quanto essere umano: ufficialmente dai rappresentanti
In sostanza, negli ultimi decenni vi è il colpevole di un reato non cessa del governo di uno Stato dove vige
stata una netta diminuzione dei Pa- di essere una persona per il fatto ancora, per discutere la questione e
esi che fanno ricorso a tale metodo di averlo commesso. La pena non convincerli ad avviare un progetto di
di condanna, ma il numero di quanti deve essere dunque uno strumento riforma della giustizia.
lo conservano è ancora molto alto. di ritorsione da parte dello Stato. La Scegliete tre studenti che facciano
sua funzione è proteggere gli inte- da giuria, poi dividete il resto della
ressi collettivi, non ristabilire tra col- classe in due gruppi:
La pena di morte in Italia
pevoli e società una sorta di equili- 1. il gruppo A argomenterà a favore
In Italia, la pena di morte fu abolita brio compensando il male causato a dell’abolizione della pena di
già dal Codice Zanardelli, entrato in essa con il male prodotto dalla pena. morte; il gruppo B invece sosterrà
vigore nel 1889, ma poi ripristinata Inoltre, le pene devono creare le le ragioni dei rappresentanti del
dal regime fascista nel 1926. Ven- condizioni per il reinserimento nella governo, a favore del suo mante-
ne definitivamente cancellata dalla nimento. Per approfondire il tema
vita sociale delle persone cui ven-
Costituzione repubblicana, appro- potete consultare un video sulla
gono comminate. Sempre secondo
vata il 22 dicembre 1947. Dai co- questione accedendo tramite il
l’articolo 27, QR code.
dici militari, invece, ogni riferimento
alla pena di morte è stato eliminato 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
solo nel 1994. «le pene […] devono voce, che in 5 minuti presenterà
alla giuria i risultati del lavoro.
Al dubbio su una sua possibile rein- tendere alla rieducazione Nell’esporre le proprie ragioni, si
troduzione risponde indirettamente del condannato». possono proiettare presentazio-
la stessa Costituzione. L’articolo
ni multimediali che contengano
13 vieta «ogni violenza fisica e mo- immagini, dati e riferimenti a fatti
Chi ha commesso un reato deve
rale sulle persone […] sottoposte di cronaca o alla legislazione sui
porre rimedio al proprio errore. Poi,
a restrizioni di libertà». Chi ha com- diritti umani.
però, deve riacquistare la libertà e
messo un reato deve essere punito 3. Seguirà un dibattito libero di
deve poter condurre il tipo di vita
ma, afferma l’articolo 27: 10 minuti tra le due squadre,
che preferisce, all’ovvia condizione
ciascuna delle quali tenterà di
di non arrecare danno ad altri.
«le pene non possono Nel complesso, gli articoli 13 e 27
confutare gli argomenti dell’altra.
I tre giudici si confronteranno
consistere in trattamenti della Costituzione chiudono la stra-
poi tra loro e decideranno qual è
contrari al senso da a una eventuale riadozione della stato il gruppo più efficace nella
pena di morte nel sistema legisla-
di umanità». comunicazione.
tivo italiano.
203
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
204
Ripassa con la mappa concettuale
L’ILLUMINISMO
• ........................ di a favore di
• ricerca della
........................
• ........................ in quanto intellettuali • razionalismo
diritto fondamentale dotati di una • ........................
• ........................ d’opinione ........................ • ........................
e di credo.
e la che mirava a
e favorì lo sviluppo
dell’idea di produzione
culturale
........................
da formare dei
con l’informazione
e il sapere
maggiori
illuministi • ridurre i ........................ ........................, ........................
anche grazie a dell’epoca e ........................ dei nobili
opere come l’ • istituire una ........................ ........................ e ........................
• ridimensionare il ruolo della ........................
• realizzare una ........................ equilibrata
L’Encyclopédie, a • ........................
cura di ........................ • ........................
e ........................ • ........................
e che si tradusse nei
casi particolari di
il cui obiettivo era
........................ al di
fuori delle élite
Gustavo III, in ........................, in ........................, in
Pietro Leopoldo,
Svezia Austria Austria
nel Granducato
di Toscana
........................
libertà di stampa riduzione dei
........................
e tolleranza ........................ ........................
(editto
religiosa del clero
di tolleranza)
205
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
206
Fonti e Storiografia
FONTI L’Illuminismo secondo Kant
F1 Il celebre brano che segue è tratto dal saggio Che cos’è l’Illuminismo? (1784) del
grande filosofo Immanuel Kant (1724-1804). Egli vi tratta due aspetti della mentali-
tà illuministica: la libertà e l’autonomia razionale, e la differenza fra uso privato e uso
pubblico della ragione, con particolare riferimento a chi svolge mansioni intellettuali
o di comando.
207
Fonti e Storiografia
Esistono, in ogni Stato, tre sorte di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo delle co-
se che dipendono dal diritto delle genti, e il potere esecutivo di quelle che dipendono dal
diritto civile.
In base al primo di questi poteri, il principe o il magistrato fa delle leggi per sempre o
per qualche tempo, e corregge o abroga quelle esistenti. In base al secondo, fa la pace o la
Leggi in digitale il guerra, invia o riceve delle ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In ba-
testo Il contratto
sociale di Rousseau se al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati. Quest’ultimo potere sarà chiamato il
e, dopo aver letto il potere giudiziario, e l’altro, semplicemente, potere esecutivo dello Stato.
brano di Montesquieu La libertà politica, in un cittadino, consiste in quella tranquillità di spirito che proviene
qui proposto, scrivi dalla convinzione, che ciascuno ha, della propria sicurezza; e, perché questa libertà esista,
un testo in cui metti a
confronto le strategie
bisogna che il governo sia organizzato in modo da impedire che un cittadino possa teme-
attraverso le quali re un altro cittadino.
lo Stato – secondo Quando nella stessa persona o nello stesso corpo di magistratura il potere legislativo è
i due filosofi – può unito al potere esecutivo, non vi è libertà, perché si può temere che lo stesso monarca o lo
garantire la sicurezza.
stesso senato facciano leggi tiranniche per attuarle tirannicamente.
Non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello
esecutivo. Se esso fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei citta-
dini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore. Se fosse unito
con il potere esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore.
Tutto sarebbe perduto se la stessa persona, o lo stesso corpo di grandi, o di nobili, o di
popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le pubbliche
risoluzioni, e quello di giudicare i delitti o le liti dei privati.
Nella maggior parte dei regni d’Europa il governo è moderato, perché il principe, che de-
tiene i primi due poteri, lascia ai suoi sudditi l’esercizio del terzo. Presso i Turchi, ove que-
sti tre poteri sono riuniti nella persona del Sultano, vi regna un terribile dispotismo. […]
Poiché in uno Stato libero ogni uomo, che si suppone possieda uno spirito libero, deve
guidarsi da sé, bisognerebbe che il corpo del popolo avesse direttamente il potere legisla-
tivo; ma poiché ciò è impossibile nei grandi Stati, ed è soggetto a molti inconvenienti nei
piccoli, bisogna che il popolo faccia per mezzo dei suoi rappresentanti tutto ciò che non
può compiere direttamente.
(da C.-L. de Montesquieu, Lo spirito delle leggi, a cura di S. Cotta,
UTET, Torino 1996, vol. I, pp. 275-292)
208
L’Illuminismo e l’età delle riforme 6
Che cos’è l’Illuminismo? A questo interrogativo, che si pose alla riflessione del XVIII seco-
lo […] è paradossalmente ancora più difficile dare oggi una risposta unitaria, che esprima
[…] tutta la complessità di valori, di tensioni e di idee che all’interno di questa nozione […]
risultano compresi.
Il carattere paradossale di questa constatazione deriva innanzitutto da un approfondi-
mento delle conoscenze sulla cultura della cosiddetta «età dell’Illuminismo» che […] è an-
dato sviluppandosi in maniera forte e articolata, investendo non solo i protagonisti cano-
nici della cultura dei Lumi, ma estendendosi in modo particolarmente rilevante su figure e
aspetti laterali o apparentemente “minori”, e soprattutto legandosi a prospettive metodo-
logiche innovative e tuttora in evoluzione […].
Tutto questo ha […] arricchito in maniera sostanziale il livello di conoscenze sull’intera
cultura del Settecento europeo, ma, appunto, ha reso […] ancora più arduo indicare con sicu-
rezza quell’identità omogenea […] che la nozione di “Illuminismo” dovrebbe esprimere […].
Tenere conto della indiscutibile maggiore complessità che assume oggi il problema “Il-
luminismo” non deve peraltro comportare la rinuncia a cercare gli elementi che concorro-
no a una definizione della sua identità storica, […] portando a un irrigidimento della pur
importante rilevazione delle specificità degli ambiti nazionali per giungere alla definizione
di contesti separati e autonomi, o infine proiettandone il significato su un piano di valori
assoluti ed eterni, individuabili in ogni epoca e in ogni momento […].
Di fatto, “Illuminismo” non è solo un concetto storiografico, utile, finché ne sia percepita
la necessità e l’efficacia, per spiegare e collegare tra loro processi ed eventi; […]. Fu anche,
e soprattutto, una realtà concreta, di cui i protagonisti ebbero chiara coscienza, e che in
quanto tale deve essere assunta come problema storico […]. Gli illuministi sono stati una
realtà storica concreta e cosciente del proprio ruolo, una comunità intellettuale che condi-
videva […] la consapevolezza di un’appartenenza comune, che proprio nel riconoscimen-
to delle differenze e nella centralità dello scambio e del dibattito libero trovava un deno-
minatore comune essenziale; una comunità che nel ruolo dell’intellettuale […] trovava un
elemento di coesione forte, che superava le controversie, le appartenenze o le convinzioni
profonde, religiose soprattutto, e consentiva di condividere un metodo di riflessione e di
azione, e un’idea di umanità.
Ineliminabile dalla nozione di Illuminismo […] resta pertanto la coscienza della funzio-
ne civile dell’intellettuale, del suo potere e della sua responsabilità. L’incontro tra Illumi-
nismo e istanze di riforma […] trova in questa coscienza una spiegazione fondamentale.
[…], l’identità dell’Illuminismo trova nell’idea stessa di “riforma”, nella volontà di rendere
le idee strumento incisivo per mutamenti reali nella società, la sua espressione peculiare.
(da R. Minuti, L’Illuminismo, in Storia d’Europa e del Mediterraneo,
dir. A. Barbero, Salerno Editrice, Roma 2011, sez. V, vol. XI, pp. 789-791)
209
7 La Rivoluzione
industriale inglese
La Gran Bretagna verso l’industrializzazione
A partire dalla seconda metà del XVII secolo, l’invenzione della macchina a vapore e i pro-
gressi tecnologici, l’incremento demografico e la disponibilità di carbone, nonché una
relativa stabilità politica, permisero alla Gran Bretagna di diventare il primo “laborato-
Esplora l’immagine rio” della Rivoluzione industriale: attorno alle fabbriche sorsero anche nuovi agglome-
interattiva rati urbani, per accogliere chi, attirato dalla disponibilità di lavoro, decideva di abbando-
nare la vita contadina.
Il sistema di fabbrica
La diffusione del sistema di fabbrica cambiò radicalmente le abitudini di vita di migliaia
Due locomotive di lavoratori: impose una rigida disciplina, spesso garantita da sistemi di sorveglianza,
a vapore davanti e orari di lavoro molto lunghi, strettamente vincolati al funzionamento dei macchinari;
a un’acciaieria di questi permisero di velocizzare e aumentare la produzione a costi ridotti: i salari degli
Sheffield. Litografia di
John Rutherford, prima operai erano, infatti, bassi e ancor di più lo erano quelli di donne e bambini, costretti ad
metà del XIX secolo. un terribile sfruttamento.
• Che cosa suggerisce questa scelta? In digitale trovi l’audio della sintesi
e la mappa personalizzabile
3. Nel corso Novecento, in Italia, il numero
degli occupati nel settore agricolo si è ridotto APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
drasticamente, a causa di molti fattori tra Nel lungo periodo di Adriano Prosperi:
i quali l’industrializzazione e la meccanizzazione; Paesaggio agrario e paesaggio industriale
lavorando in gruppi, scegliete una regione
Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 230
italiana e, aiutandovi con le statistiche ufficiali
dell’ISTAT, mettete in evidenza il numero EDUCAZIONE CIVICA
di occupati nel settore agricolo, il tipo di Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
coltivazioni prevalenti e i sistemi produttivi Rivoluzione industriale e inquinamento
utilizzati. Infine, mettete a confronto i dati e partecipa al dibattito
regionali, concentrandovi sulle differenze,
e discutetene in classe. GUARDA il video dell’intervista all’autore
▶ p. 234
211
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
1 «Whigs» e «tories»
Il Parlamento: un organo legislativo e di controllo
Nel Settecento l’Inghilterra era uno dei pochi Paesi europei ad aver mantenuto
Guarda il video la propria assemblea di stati. Queste ultime infatti, in quanto baluardi dei privile-
Il Settecento e le
gi dei ceti che vi erano rappresentati, avevano perso importanza con l’affermarsi
rivoluzioni e rispondi
alle domande: dell’assolutismo. In Inghilterra il Parlamento bicamerale era costituito dalla Ca-
• Dove si diffonde mera dei Lord (la Camera alta), ereditaria e di nomina regia, che tutelava gli in-
l’industrializzazione?
teressi della grande aristocrazia e del clero, e dalla Camera dei Comuni, elettiva,
• Cosa comporta
la meccanizzazione che rappresentava le diverse classi produttive del Paese. Il sistema elettorale non
del lavoro? era lo stesso in tutto il Paese, ma variava in relazione alle contee: in alcuni collegi
• Che cos’è la
elettorali il suffragio, seppur censitario, era piuttosto esteso, in altri era legato al-
divisione del lavoro?
la grande proprietà immobiliare, e non sempre il numero dei deputati era propor-
zionale alla densità abitativa.
LESSICO Dopo le tempestose vicende della rivoluzione, il Parlamento aveva rafforza-
Suffragio censitario to il proprio ruolo. Ormai non svolgeva più soltanto l’antica funzione di avallare
Con il suffragio
censitario ha diritto
le imposte e di discutere con il re gli indirizzi generali della politica, ma aveva il
al voto solo la parte monopolio del potere legislativo: era sovrano, a pari dignità con il monarca. Il
della popolazione Bill of Rights ( ▶ cap. 1, par. 6), infatti, oltre a togliere al re la facoltà di sospendere
che possiede un certo
reddito.
le leggi in vigore, gli imponeva di convocare l’assemblea con regolarità e di non
intromettersi nelle sue deliberazioni. Al monarca rimaneva, tuttavia, il diritto di
Diritto di veto
Diritto di un organo veto sulle leggi emanate dal Parlamento – veto peraltro raramente utilizzato –,
di governo di bloccare mentre la direzione della politica estera era di fatto concordata dai suoi ministri
le decisioni prese da con le due Camere.
un altro.
Il Parlamento era rinnovato con libere elezioni ogni tre anni, aveva il potere di
approvare il bilancio dello Stato e poteva chiedere conto ai ministri del re del loro
operato. Quella inglese si configurava quasi come una diarchia, cioè una monar-
chia a due teste, quella del re e quella del Parlamento, e proprio per tenere unita la
sorgente del potere si usava la definizione «re-in-Parlamento».
In Inghilterra, alla Gloriosa rivoluzione del 1668-69 ( ▶ cap. 1, par. 6) seguì un
periodo di distensione, in cui fautori e oppositori della rivoluzione provarono a ri-
conciliarsi. Fu proprio il Parlamento il luogo in cui avvenne il confronto tra le op-
poste fazioni. Inoltre, esso divenne l’istituzione principale per mantenere l’equi-
librio politico nel Paese, poiché spettava ai parlamentari riconoscere al sovrano il
diritto di governare e controllare poi l’operato del potere esecutivo.
Due nomi, whigs e tories, designarono i partiti contrapposti. Dal punto di vista
tory, soltanto il re, legittimo depositario della sovranità, rappresentava l’unità del
Paese al di sopra delle parti politiche e poteva preservarlo dalla tragedia della ri-
bellione e della guerra civile. I sudditi gli dovevano obbedienza e il Parlamento esi-
steva per permettere ai rappresentanti eletti dal popolo di dialogare con il sovrano,
ma non di governare al suo posto.
Secondo il punto di vista whig, invece, il monarca poteva regnare soltanto a
partire da un contratto stipulato con i sudditi, i quali erano dunque depositari
di un potere sovrano al pari del re e concorrevano pienamente alla realizzazio-
ne dell’equilibrio e della pace fra le parti. Il Parlamento rappresentava il luogo in
cui questo contratto fra il sovrano e i sudditi veniva negoziato, garantito e fatto
rispettare.
212
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
Per i tories il Parlamento era dunque uno spazio di mediazione dei contrasti, ma
il centro del potere sovrano rimaneva il re; per i whigs, invece, il re stava a capo del-
la nazione, il cui centro era però il Parlamento.
TORIES E WHIGS
• monarchici
tories • il centro della sovranità è il re
• fedeli alla Chiesa anglicana
Fino alla
Gloriosa rivoluzione
• repubblicani
whigs • il centro della sovranità è il Parlamento
• libertà di culto per i protestanti dissidenti
• ruolo di opposizione
tories
• si avvicinano all’aristocrazia di provincia
Dopo la
Gloriosa rivoluzione
• ruolo conservatore
whigs • si avvicinano alla corte e al re
213
Una seduta della
Camera dei Comuni
alla presenza di Re
Giorgio II, XVIII secolo.
214
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
215
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
regole con cui l’oligarchia inglese si manteneva al potere non vennero violate: gli
LESSICO oligarchi andavano a chiedere i voti ogni sette anni (la durata dei parlamenti fu
Potere legislativo prolungata sotto il governo dei whigs) e si inchinavano alla volontà degli elettori,
Potere esecutivo che erano manipolati, corrotti e comprati ma pur sempre sovrani.
Legislativo è il potere
di redigere, approvare Quando i tories, con l’appoggio del re, divennero più capaci di interpretare l’anima
ed emanare le leggi. del Paese e la loro battaglia contro la corruzione whig persuase gli elettori, i whigs
Esecutivo è invece persero la maggioranza alla Camera dei Comuni e quindi il controllo del governo.
il potere proprio
del governo che
applica quelle leggi. La rottura dell’equilibrio tra potere legislativo ed esecutivo
Insieme al potere In Inghilterra, durante il periodo della maggioranza whig, si verificò un progressivo
giudiziario, esercitato
dalla magistratura, concentramento della sovranità nella Camera dei Comuni, che condusse alla rottu-
costituiscono i principali ra dell’equilibrio tra il potere legislativo e il potere esecutivo: i primi re della casa
poteri dello Stato. di Hannover, Giorgio I e Giorgio II, furono di fatto esautorati nella loro funzione di
La distinzione dei tre
poteri venne formulata governo e il loro peso politico risultò quasi nullo. Dall’opposizione, i tories avreb-
dal filosofo politico bero voluto ripristinare la separazione fra i due massimi poteri, denunciando la
Montesquieu (1689- corruzione indotta dai partiti, e invocarono un potere di controllo di elevato livello
1755) che la considerò
garanzia della libertà
morale che limitasse la capacità pervasiva dell’aristocrazia whig. Questo potere di
del popolo. controllo, che i tories identificavano con l’autorevolezza del monarca, veniva invece
Diritto esercitato dal basso del sistema istituzionale, cioè dalla periferia: qui il potere, sia
consuetudinario giudiziario sia di governo, era nelle mani della nobiltà provinciale che possedeva
Insieme di norme le terre, quella stessa che manipolava le elezioni e che, a sua volta, era subordinata
giuridiche basate sulle
consuetudini, spesso alle grandi famiglie che dominavano il Parlamento. Ma la nobiltà provinciale bri-
non scritte né codificate. tannica, pur trovandosi a un livello gerarchico inferiore rispetto alla grande ari-
Il diritto consuetudinario stocrazia, non le era asservita e anzi conservava un alto concetto del proprio ruolo.
fu diffuso soprattutto
nel Medioevo, quando In Inghilterra non esistevano né funzionari proprietari della loro carica né fun-
il sorgere delle zionari nominati dal governo centrale e stipendiati. La figura centrale in provincia
istituzioni feudali e era invece il clerk of the peace («giudice di pace»), un gentiluomo che assumeva gra-
il decentramento del
potere portarono alla
tuitamente la funzione di rendere giustizia, mantenere l’ordine pubblico, raccoglie-
formazione di vincoli re le imposte, garantire il reclutamento militare, controllare i prezzi e assicurare il
giuridici fondati sulle buon andamento dell’assistenza ai bisognosi. Il giudice di pace non si riteneva un
usanze locali e in Età
moderna rimase una
servitore dello Stato ma della legge, il che costituiva un punto di vista totalmente
delle caratteristiche diverso da quello dei funzionari degli altri Stati europei.
del sistema giudiziario La legge inglese aveva (e mantiene ancora oggi) un impianto «consuetudinario»:
inglese.
consiste, cioè, nella volontà legislatrice del Parlamento interpretata e applicata dalla
216
Il primo ministro
britannico Robert
Walpole durante
una seduta della
Camera dei Comuni,
XVIII secolo.
magistratura, le cui sentenze entrano a far parte del diritto. Il magistrato, in altre
parole, non applica semplicemente la legge, ma in una certa misura «crea» il dirit-
to nella forma di una consuetudine giuridica attraverso le sentenze che emette sui
casi di volta in volta affrontati. Il giudice di pace, quindi, godeva di un alto grado
di autonomia nell’interpretare e proteggere le tradizioni locali e poteva pronun-
ciarsi anche contro il governo, a difesa degli interessi particolari. Accadde così che
il controllo reciproco e l’equilibrio fra i poteri in Inghilterra non si stabilirono fra
legislativo ed esecutivo ma fra governo e magistratura.
217
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
3 Le premesse dell’industrializzazione
Una rivoluzione di portata mondiale
Durante il Settecento in Inghilterra si crearono i presupposti per uno sviluppo
economico impetuoso e, soprattutto, così innovativo da assumere negli ultimi due
decenni del secolo i caratteri di quella che sarebbe stata poi conosciuta come la Ri-
voluzione industriale. Ma perché questo avvenimento, di immensa portata, e che,
diffondendosi in gran parte del mondo, lo avrebbe modificato irreversibilmente,
si produsse proprio in Inghilterra, un Paese certamente importante e ricco, ma il
cui vantaggio sulle altre potenze europee del tempo non sembrava così decisivo?
L’Inghilterra della regina Anna, nel primo quindicennio del Settecento, contava
poco meno di sei milioni di abitanti e aveva un’agricoltura ancora tradizionale, che
si fondava principalmente sui poco produttivi campi aperti. Le enclosures ( ▶ cap. 3,
par. 1) erano praticate da un paio di secoli, ma in maniera ancora circoscritta e fi-
nalizzata all’allevamento, cioè alla produzione di lana che, in parte ancora grezza,
costituiva quasi la metà delle esportazioni inglesi.
Tuttavia, rispetto agli altri Paesi europei, l’Inghilterra godeva di alcuni grandi
vantaggi commerciali e finanziari. Innanzitutto, nel XVIII secolo, era la più vasta
area di libero commercio in Europa, pressoché priva di dogane interne e balzelli
vari. In secondo luogo, decenni di politica mercantilista, che aveva raggiunto il suo
culmine con Oliver Cromwell a metà del Seicento, ( ▶ cap. 3, par. 8), appoggiata da
una potenza marittima in espansione, avevano fatto affluire nell’isola una parte
notevole delle risorse commerciali e monetarie del mondo. Infine, e soprattutto,
l’Inghilterra era all’avanguardia nello sviluppo politico e culturale.
218
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
L’evoluzione dell’agricoltura
Il secondo fattore di sviluppo nell’Inghilterra settecentesca fu un incremento del-
la produzione agricola tale da sostenere la crescita demografica, garantendo per
tutta la seconda metà del XVIII secolo cibo a sufficienza per la popolazione in co-
stante aumento. È importante notare che l’aumento demografico e quello della
produzione agricola non furono determinati dall’espansione delle terre coltivate
ma dall’incremento della produzione per ogni singolo lavoratore, cioè della pro-
duttività del lavoro. Di conseguenza, la popolazione in eccesso rispetto alle neces-
sità del lavoro agricolo si riversò in città, alla ricerca, spesso disperata, di una qua-
lunque altra attività.
La crescita della produttività agricola poté realizzarsi grazie a diversi fattori:
forti investimenti di capitali, intensificazione delle recinzioni, ora finalizzate al-
la sperimentazione agricola, nuove tecniche di rotazione delle colture, maggiore
219
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
attenzione alla fertilità del terreno e forte interesse per un allevamento differen-
ziato. I progressi spettacolari dell’agronomia permisero un aumento notevole della
produttività del suolo. Attraverso l’introduzione di piante foraggere (rape, trifoglio),
che ricostituivano in breve tempo le capacità nutritive delle terre coltivate, si passò
dalla rotazione triennale a cicli di sei o sette anni. L’accresciuto volume di foraggio
coltivato intensivamente rese possibile lo sviluppo dell’allevamento, le cui conse-
guenze furono un maggior numero di animali da impiegare nei lavori agricoli o
per gli spostamenti, una dieta più ricca di carne e latticini e un ulteriore aumento
della disponibilità di concime.
Ci si avviava verso il superamento della coltivazione e dell’allevamento visti co-
me investimenti alternativi, che aveva frenato per secoli l’agricoltura europea. La
proprietà fondiaria manifestò la tendenza a concentrarsi, con una sensibile ridu-
zione della piccola proprietà e un incremento del bracciantato salariato: diventa-
va frequente il modello della proprietà affittata a un grosso fittavolo imprenditore,
che realizzava profitti pronti per essere reinvestiti.
220
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
221
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
drato nelle corporazioni. Nei decenni che precedettero questa fase si susseguiro-
no i brevetti e le innovazioni tecniche, che permisero lo sviluppo dell’industria. Il
declino del potere delle corporazioni cittadine incoraggiò inoltre gli imprenditori
a creare strutture produttive negli ambienti urbani, dove l’accresciuta disponibi-
lità di manodopera fornita da disoccupati, poveri e vagabondi rendeva ormai inu-
tile la dislocazione di esse nelle campagne. Iniziava a prendere piede un sistema
di concentrazione della forza lavoro che, qualche decennio dopo, insieme con la
meccanizzazione, contribuì alla nascita dell’industria tessile.
Crescita culturale,
• tolleranza religiosa più propensione
scientifica e
• maggiore istruzione a innovare e investire
tecnologica
Molti proprietari terrieri inglesi sperimentarono le nuove tecniche agricole. Tra questi
LE FONTI
era Arthur Young (1741-1820), proprietario di un podere nell’Essex, scenario di espe-
La rotazione rienze raccontate da Young in saggi e articoli. Il brano che segue è tratto dall’opera
di Norfolk The Farmer’s Tour through the East of England, del 1771.
[Vorrei] dare un resoconto sommario dei metodi di coltivazione che hanno reso famoso, nel
mondo degli agricoltori, il nome di questa contea […]. Si sono ottenuti grandi miglioramenti con i
seguenti mezzi:
1. Con le recinzioni.
2. Con l’uso intenso di marna (roccia ridotta in polvere e calce) e argilla.
3. Con una migliore rotazione dei raccolti. […]
5. Con la coltivazione del trifoglio e del loglierello [erba perenne della famiglia delle Graminacee].
6. Con la concessione di lunghi contratti d’affitto da parte dei proprietari.
7. Con la divisione della contea in grandi ferrovie.
[…] Nessuna prosperità si potrà avere nel Norfolk con l’agricoltura, a meno che non sia perseguita
un’intelligente rotazione dei raccolti. Quella che soprattutto è stata adottata dagli agricoltori del
Norfolk è la seguente: 1. rape; 2. orzo; 3. trifoglio; oppure trifoglio e loglierello; 4. frumento. […]
Questo è un ottimo metodo, che mantiene ricco il terreno; un raccolto che esaurisce la terra è
seguito da un altro che la purifica e la migliora.
(da G.L. Solfaroli Camillocci, La rivoluzione industriale, SEI, Torino 1974, pp. 10-12)
222
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
4 Il cotone e il carbone
Il settore tessile traino dell’industrializzazione
Il settore trainante della Rivoluzione industriale inglese fu quello tessile, favorito
da due caratteristiche: produceva una merce di prima necessità per un mercato
in espansione e richiedeva investimenti modesti, anche solo poche centinaia di
sterline (equivalenti al reddito annuo di una persona moderatamente facoltosa).
La produzione tessile si articola in due momenti principali: la filatura, che tra-
sforma le fibre naturali – vegetali o animali – in filo, e la tessitura, che trasforma
il filo in stoffa. Entrambe le operazioni si erano sempre fatte a mano, con tecniche
invariate da secoli. La filatura era di competenza esclusiva delle donne e si realiz-
zava torcendo le fibre fra le dita e arrotolando il filo sui fusi o usando l’arcolaio a
pedale, mentre nelle operazioni di tessitura erano coinvolti anche gli uomini. Dai
telai uscivano pezze lunghe anche molti metri ma larghe meno di uno, a misura
del braccio del tessitore, il quale faceva passare manualmente la spoletta su cui
era arrotolato il filo della trama (l’insieme dei fili tesi lungo il telaio nel senso della
larghezza), da destra a sinistra e da sinistra a destra. Per produrre pezze più larghe
occorrevano due operai, che si passavano la spoletta da un lato all’altro dello stesso
telaio. Centrale in questo ciclo produttivo era la figura del mercante imprenditore,
che riforniva le zone rurali di materia prima da lavorare e ritirava poi i prodotti
finiti per metterli sul mercato.
Nel 1733 venne brevettata da John Kay (1704-80) la «spoletta volante», che
scorreva da una parte all’altra del telaio senza essere materialmente passata dalla
mano del tessitore. La stoffa poteva superare così in larghezza la misura del brac-
cio del tessitore e la produzione di tessuti aumentò, innalzando, di conseguenza,
la domanda e il prezzo del filo. Occorrevano ora cinque filatrici a tempo pieno per
alimentare un solo telaio. Per tenere il passo con l’accelerazione dei processi di
tessitura era quindi necessario rendere più veloce anche la filatura, ma le tecniche
sperimentate davano scarsi risultati nella fabbricazione di fili di lana. La tradizio-
nale materia prima dell’industria tessile inglese si mostrava poco adatta alle nuo-
ve procedure, mentre il cotone si rivelava molto più adeguato alle nuove esigenze.
223
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Un’operaia addetta no occidentale sapeva fare. Tuttavia verso la fine del secolo i progressi industriali
alla filatura con inglesi furono tali da riuscire a produrre cotonate equivalenti a quelle indiane e
la spinning jenny.
Incisione del XIX secolo. addirittura a un prezzo inferiore. Il flusso commerciale si invertì: il cotone, ormai
importato grezzo (e ben presto più dall’America che dall’India), poté essere espor-
Leggi l’immagine tato nella stessa India come prodotto finito.
• In che modo
viene azionata Carbone e acciaio, basi dell’industrializzazione
la macchina?
L’altro grande settore di sviluppo fu quello dell’energia, che da secoli veniva rica-
• Quali vantaggi
garantiva la vata soltanto dal vento e dall’acqua, oltre che dalla forza degli animali o dell’uomo.
macchina rispetto In Inghilterra non c’erano più foreste per produrre il carbone di legna, che peraltro
alla filatura forniva un calore troppo scarso per una produzione metallurgica soddisfacente, e
tradizionale?
il mercato cominciava ad avere bisogno di una quantità di ferro molto maggiore
di prima, per gli attrezzi agricoli e per le macchine, sempre più richieste.
L’Inghilterra era però ricca di carbone fossile, indispensabile per la produzio-
ne in altoforno della ghisa e dell’acciaio, che consistono in ferro arricchito di car-
LESSICO bonio. L’altoforno viene alimentato dalla combustione del carbone coke (prodotto
Altoforno dalla lavorazione del carbone fossile), che raggiunge temperature tali da liquefare
Forno a forma di grande il ferro, arricchirlo di carbonio e farlo colare negli stampi nella forma desiderata. Il
tinozza impiegato nella
produzione di metalli
carbone fossile si estrae in miniera e uno dei problemi con cui spesso si dovevano
ferrosi e non ferrosi, confrontare i minatori, a volte in modo tragico, erano gli improvvisi allagamenti
tra cui la ghisa e delle gallerie sotterranee.
l’acciaio, che necessita
di temperature elevate
Thomas Newcomen (1664-1729) fu il primo, nel 1712, a realizzare una macchi-
e della presenza di na che utilizzava il vapore per muovere un pistone e azionare una pompa con la
maggiori o minori quale si aspirava l’acqua dal sottosuolo in modo da tenere asciutte le gallerie del-
quantità di carbonio.
le miniere. Da questo momento crebbe la domanda di carbone. Per funzionare, la
224
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
LANCASHIRE
Mare
del Nord
REGNO Leeds
D’IRLANDA Liverpool
Manchester
Leggi la carta
MIDLANDS
• Individua sulla carta
i principali centri GALLES Birmingham
della produzione Cambridge
tessile in Gran Mare
d’Irlanda Oxford
Bretagna.
Bristol Londra
• Chiarisci la relazione
esistente fra Dover
Portsmouth
industrializzazione Plymouth REGNO
e la disponibilità DI FRANCIA
di carbone.
225
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
5 La fabbrica e la formazione
della classe operaia
I risvolti sociali del sistema di fabbrica
Prima della Rivoluzione industriale, lo sviluppo manifatturiero si era fondato sulla
lavorazione a domicilio, che in Inghilterra prendeva il nome di putting-out system:
il mercante-imprenditore forniva il materiale a lavoranti (che alternavano la vita
rurale con la produzione manifatturiera) e passava poi a ritirare il prodotto finito.
Fino all’ultimo decennio del Settecento, le mule jennies e i telai manuali si tro-
vavano ancora prevalentemente nelle case dei contadini-operai-artigiani, ma la
macchina a vapore e il telaio meccanico cambiarono tutto. Divenne enormemente
conveniente concentrare filatoi e telai in grandi capannoni, le fabbriche, alimen-
tandoli con l’energia di un’unica macchina a vapore. Gli imprenditori, giudicando
il lavoro più semplice rispetto a un tempo, oltre che meno vincolato all’uso del-
la forza, lo ritennero adatto a mani infantili o femminili. Venne così reclutata una
manodopera molto giovane, anche inesperta, costretta ad accettare bassi salari e
capace di adattarsi a un ambiente e a condizioni di lavoro inaccettabili per un arti-
giano adulto. Da sempre i bambini venivano avviati al lavoro fin da quando erano
in grado di farlo, ma ciò avveniva con i ritmi della campagna, con la fatica alternata
alla sosta, alla conversazione, al canto. Nelle fabbriche, invece, il tempo del lavoro
veniva scandito dalla macchina a vapore, che non doveva girare a vuoto, si accen-
deva di solito alle cinque o alle sei del mattino e si spegneva alle otto di sera, con
una sola pausa di tre quarti d’ora per mangiare.
Il sistema di fabbrica incarnava anche un’idea del lavoro come mezzo di disci-
plinamento morale e sociale. La creazione di un luogo in cui concentrare un gran
F1 La divisione numero di lavoratori poco qualificati e inquadrarli in una rigida divisione dei com-
del lavoro secondo
piti, infatti, riprendeva alcune caratteristiche di provvedimenti che le autorità inglesi
Adam Smith, p. 239
avevano adottato per far fronte a un problema già emerso nel corso del Seicento:
la gestione di masse di poveri e vagabondi che, per diverse ragioni, riempivano le
grandi città praticando l’accattonaggio. Oltre allo stanziamento di fondi per la lo-
Operaie addette al
cucito in un’industria
tessile inglese.
Incisione del XIX secolo.
Leggi l’immagine
• Descrivi l’attività che
stanno svolgendo
le operaie facendo
attenzione agli
utensili impiegati.
• Quali aspetti
caratterizzano il tipo
di lavoro e l’ambiente
raffigurati?
226
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
ro assistenza, era stata varata una legislazione severissima che prevedeva di fatto
la reclusione in «case di lavoro» o «ospedali per poveri» per chi si fosse trovato
senza mezzi di sussistenza. All’interno di tali strutture vigeva il lavoro coatto, cioè
il lavoro forzato, regolamentato da una disciplina ferrea, e tali caratteristiche si ri-
trovano praticamente uguali nelle prime fabbriche inglesi.
S1 L’uomo e la Se il progresso dei Lumi faceva regredire la pena di morte a vantaggio della pri-
macchina nel nuovo
gione ( ▶ cap. 6, par. 3), la fabbrica forniva il modello di reclusione che era sempre
sistema produttivo,
p. 240 mancato e assumeva i contorni del reclusorio punitivo. In prigione, come in fab-
brica, il tempo di ciascuno doveva essere sorvegliato e scandito da un ritmo orga-
nizzativo finalizzato alla produzione e alla riabilitazione: nel primo caso, dal delit-
to; nel secondo, da quella sorta di malattia morale che è la miseria e tutto quanto
l’accompagna. In entrambi i luoghi il sorvegliante controllava i movimenti di tutti
e sovrintendeva al funzionamento dell’intero meccanismo sociale.
227
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
LE FONTI
Il cronista John Aikin pubblicò il resoconto di un viag-
gio nella zona industriale di Manchester, compiuto nel
La drammatica 1795. Il saggio mette in rilievo la prassi di servirsi di
realtà del fanciulli prelevati dalle workhouses («case di lavoro»),
dove venivano convogliati poveri, vagabondi e orfani, e
Leggi in digitale il
testo Lo stabilimento
lavoro minorile le dure condizioni a cui erano costretti i bambini.
siderurgico di
Coalbrookdale L’invenzione e i progressi delle macchine per abbreviare il lavoro hanno
di Arthur Young avuto una sorprendente influenza nell’estendere il nostro commercio,
sull’impatto ambientale
dell’industrializzazione.
così come nel richiamare braccia da ogni parte, e specialmente bambini,
• Che cosa produce nei cotonifici. […]
lo stabilimento In quelle fabbriche vengono impiegati bambini in tenerissima età: molti
di Coalbrookdale? di loro, raccolti nelle workhouses di Londra e di Westminster, vengono
• A quali condizioni
di lavoro sono trasportati in massa, per fare gli apprendisti, presso dei padroni che si
sottoposti i bambini? trovano a centinaia di miglia di distanza dove prestano servizio ignorati,
• Quale impatto indifesi e dimenticati da coloro ai quali la natura o le leggi li avevano
ambientale ha lo
affidati.
stabilimento nelle
valli circostanti? Questi bambini sono generalmente costretti a lavorare troppo a lungo
in ambienti chiusi, spesso per tutta la notte: l’aria che respirano è av-
velenata da olio e altre sostanze usate per le macchine e ci si preoccupa
ben poco delle loro condizioni igieniche mentre i frequenti passaggi da
un’atmosfera calda e densa a una fredda e rarefatta sono causa di malat-
tie e invalidità e in particolare di quella febbre epidemica tanto comune
in queste fabbriche.
(da G. Mori, La rivoluzione industriale, Mursia, Milano 1983, pp. 202-205)
228
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
229
Nel lungo periodo
Paesaggio
agrario e
paesaggio
industriale
di Adriano Prosperi
230
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale
231
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
232
La Rivoluzione industriale inglese | 7 |
opportunità politica, ma proprio sul suo caso il giudice pronunciò una frase che è
rimasta famosa ed emblematica del modo britannico di tutelare la libertà: «la po-
litica (public policy) non è un argomento in un’aula di giustizia».
233
Dalla Storia all’Educazione civica
La scoperta dei fossile o coke veniva, ad esempio, narono quindi negli anni la sua cre-
combustibili fossili già impiegato per riscaldare le abi- scente domanda da parte di sva-
tazioni quando a metà del XVIII se- riati settori industriali.
La Rivoluzione industriale rappre-
colo l’ideazione della macchina a
sentò un salto qualitativo nello svi-
vapore aumentò enormemente il Rivoluzione industriale e
luppo della produzione manifattu-
suo utilizzo nei settori tessile e me- selezione «naturale»: il caso
riera, ma anche il momento di avvio
di un cambiamento nel rapporto tallurgico. della falena delle betulle
con l’ambiente, che si sarebbe ca- Oltre a supplire alla richiesta di
Fin dall’inizio l’industrializzazione
ratterizzato nei decenni successivi combustibile il carbone garantiva
ebbe un grande impatto sull’am-
per il crescente sfruttamento delle una resa migliore dei filatoi mecca- biente. Le aree vicine agli impian-
risorse naturali da parte dell’uomo. nici e permetteva di raggiungere le ti videro per prime mutare il loro
A favorire la nascita del metodo mo- alte temperature necessarie alla la- aspetto in conseguenza dei disbo-
derno di produzione nell’Inghilterra vorazione dei metalli. scamenti, della costruzione di vie
della seconda metà del XVIII seco- Negli anni Cinquanta dell’Ottocen- di trasporto, ma si trovarono an-
lo furono nuove scoperte in ambi- to la diffusione del motore a com- che a fare i conti con i prodotti di
to tecnologico e l’impiego su larga bustione interna e la successiva scarto, con acque e gas di scarico,
scala dei combustibili fossili, co- invenzione dell’automobile diedero e con il rumore prodotto dai nuovi
me carbone, petrolio e gas naturali, forte slancio all’estrazione di un altro macchinari industriali.
derivati dalla trasformazione natura- combustibile fossile, il petrolio. Dal- Un esempio emblematico degli ef-
le di sostanza organica – seppellita- la raffinazione dell’«oro nero» si era fetti della Rivoluzione industriale
si sottoterra nel corso delle ere ge- infatti riusciti a produrre la benzina. sull’ambiente e l’ecosistema inglese
ologiche – in forme molecolari più Nei decenni seguenti si scoprirono è quello dell’evoluzione della fale-
stabili e ricche di carbonio. sempre nuovi utilizzi del petrolio che na delle betulle, una falena diffusa
L’uso del carbone a sostituire la le- culminarono, a metà Novecento, nel in tutta Europa che può assumere
gna come combustibile si era dif- suo impiego per la produzione di due tipi di colorazione: chiara pun-
fuso, in verità, nelle isole britanni- materiali sintetici come la plastica. teggiata di macchie scure, che le
che già da qualche tempo. Il carbon I nuovi utilizzi del petrolio determi- permette di mimetizzarsi sui licheni
che crescono sui tronchi delle be-
tulle; più scura (carbonara), che le
facilita la mimetizzazione sui tronchi
privi di licheni.
Un naturalista inglese, Bernard
Kettlewell, scoprì che la forma nera
era più diffusa di quella bianca pro-
prio nelle aree inquinate. L’inquina-
mento atmosferico delle fabbriche
a carbone aveva ridotto i licheni sui
tronchi degli alberi, coperti invece
da uno strato di fuliggine, e come
conseguenza si verificò la scompar-
sa di falene chiare e la moltiplicazio-
Una miniera di carbone in Belgio nel 1855. ne di quelle scure.
Dibattito in classe:
l’inquinamento
L’inquinamento è un
problema globale che
costringe a mettere in discussione i
sistemi produttivi. A livello interna-
zionale, però, non c’è unanimità sulle
Industrializzazione, Oggi l’inquinamento atmosferico strategie da seguire per costruire
urbanizzazione e ambiente a opera dell’uomo interessa l’intero un’economia sostenibile: da un lato
oggi: l’inquinamento globo: l’emissione di particelle in- ci sono Stati, come quelli in via di
atmosferico quinanti nell’aria (polveri sottili) sviluppo, che non intendono por-
ha effetti sul riscaldamento del clima re dei limiti all’industrializzazione,
Prima della Rivoluzione industriale ma anche in modo diretto sulla sa- almeno nel breve periodo, perché
manipolazioni sull’ambiente erano lute dell’uomo. Le particelle più pic- questo comporterebbe un grande
già state praticate dall’uomo in al- cole riescono infatti a raggiungere i svantaggio economico; altri invece
cuni contesti specifici come quelli bronchi e sono la causa dell’aumen- sono disposti ad adottare politiche
delle Americhe coloniali. Si trattò to delle malattie cardiovascolari e più severe per contenere l’inquina-
di interventi che interessarono l’in- dell’apparato respiratorio. mento. Scegliete tre studenti che
troduzione di nuove specie vegetali L’industrializzazione recente nei facciano da giuria, poi dividete il
ma anche la creazione di monocul- Paesi asiatici sta aggravando que- resto della classe in due gruppi:
ture che giocarono a scapito della sto fenomeno. Fino a pochi anni 1. il gruppo A sosterrà le ragioni dei
biodiversità di questi luoghi. primi; il gruppo B si concentrerà
fa era la Cina il primo produtto-
Questi interventi, tuttavia, non su quelle dei secondi. Per appro-
re mondiale di CO2; oggi, dopo
fondire il tema potete consultare
sortirono quegli effetti irreversibi- che il Paese ha intrapreso a partire un video sul futuro dei sistemi di
li sull’ambiente che si verificarono dal 2015 una politica di riduzione produzione accedendo tramite il
invece a partire dall’Ottocento co- delle emissioni, è invece l’India a QR code.
me conseguenza della Rivoluzio- detenere questo primato. Recenti 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
ne industriale e dell’inquinamento dati dell’Organizzazione Mondiale voce, che in 5 minuti presenterà
prodotto dai nuovi metodi di produ- della Sanità mostrano come in In- alla giuria i risultati del lavoro.
zione. Le emissioni di gas prove- dia si trovino ben dieci fra le cit- Nell’esporre le proprie ragioni, si
nienti dalla combustione del coke tà più inquinate dell’intero pianeta. possono proiettare presentazio-
provocarono, infatti, già nella prima Secondo un rapporto sulla qualità ni multimediali che contengano
fase della Rivoluzione un inquina- dell’aria del marzo 2020 nei due immagini, dati e riferimenti a fatti
mento localizzato, limitato a con- Paesi – India e Cina – si concen- di cronaca.
testi ambientali circoscritti. Tra la tra circa il 90% delle città con più 3. Seguirà un dibattito libero
fine dell’Ottocento e l’inizio del No- alto inquinamento da polveri sottili, di 10 minuti tra le due squadre,
vecento, le combustioni di petrolio anche se altre località del Sudest ciascuna delle quali farà valere
e gas liberarono elementi chimici le proprie ragioni. Alla fine, i tre
asiatico hanno raggiunto livelli pre-
giudici si confronteranno tra
non riassorbibili naturalmente, co- occupanti: nello stesso rapporto è
loro e decideranno qual è stato
me anidride carbonica e ossido infatti l’indonesiana Jakarta ad es- il gruppo più efficace nella comu-
d’azoto, che intaccarono col tempo sere indicata come la nuova città nicazione.
la qualità dell’aria. più inquinata del mondo.
235
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
236
Ripassa con la mappa concettuale
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
......................................
sistema impatto
istituzionale sociale
237
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
238
Fonti e Storiografia
FONTI La divisione del lavoro secondo Adam Smith
F1 Adam Smith (1723-90), economista e filosofo scozzese, è considerato il padre del-
la scuola economica classica e fondatore del pensiero liberista. Nella sua opera La
ricchezza delle nazioni, del 1776, l’autore si schiera contro l’intervento dello Stato
nell’economia. In questo brano individua nella divisione del lavoro un fattore di note-
vole incremento delle capacità produttive.
Sembra che il grandissimo progresso della capacità produttiva del lavoro e la maggiore
abilità, destrezza e avvedutezza con le quali esso è ovunque diretto o impiegato siano stati
effetti della divisione del lavoro.
Gli effetti della divisione del lavoro, nei rapporti generali della società, si comprendono più
agevolmente considerando in quale maniera essa operi in alcune particolari manifatture […].
Leggi in digitale il
testo La rivoluzione Prendiamo dunque un esempio da una manifattura di scarsa importanza ma in cui la divi-
energetica di Edward sione del lavoro è stata molto spesso notata, quella della fabbricazione degli spilli. Un opera-
A. Wrigley. L’autore io non addestrato in questa attività […], né abituato all’uso delle sue macchine (l’invenzione
confuta la tesi delle quali è probabilmente stata determinata dalla stessa divisione del lavoro), potrebbe forse
sostenuta da Adam
a malapena, impiegandosi al massimo, fare uno spillo al giorno, e certamente non potreb-
Smith ne La divisione
del lavoro secondo be farne venti. Ma nel modo in cui ora viene svolta, non soltanto questa attività è un lavoro
la quale il fatto specializzato, ma è divisa in molti rami, la maggior parte dei quali parimenti specializzati.
di aver distinto Un uomo svolge il filo metallico, un altro lo drizza, un terzo lo taglia, un quarto lo appun-
in tanti passaggi
tisce, un quinto lo arrota nella parte destinata alla capocchia; per fare la capocchia occorro-
un’attività produttiva
rappresentasse no due o tre distinte operazioni; il montarla è un lavoro particolare e il lucidare gli spilli è
da solo un fattore un altro, mentre mestiere a sé è persino quello di incartarli. La fabbricazione di uno spillo
di crescita. è così divisa in circa diciotto distinte operazioni […].
Dopo aver letto i Ho visto una fabbrica di questo tipo dove lavoravano soltanto dieci uomini e quindi do-
due testi, riassumi ve taluni di essi eseguivano due o tre distinte operazioni. Ma sebbene fossero poverissimi e
le tesi di Wringley e
di Smith, riporta gli quindi scarsamente attrezzati delle macchine necessarie, essi potevano, applicandosi, fare
argomenti a favore tra tutti circa dodici libbre di spilli al giorno. In una libbra vi sono oltre quattromila spilli di
dell’una e dell’altra; media grandezza. Quelle dieci persone potevano, quindi, fare complessivamente oltre qua-
infine evidenzia in rantottomila spilli in un giorno. Ognuno, facendo la decima parte di quarantottomila spilli,
che modo Wringley
confuta la tesi di
faceva quindi in media quattromilaottocento spilli al giorno.
Smith. Ma se avessero lavorato separatamente e indipendentemente […] essi certamente non
avrebbero potuto fare venti e forse nemmeno uno spillo al giorno ciascuno; cioè certamen-
te nemmeno la duecentoquarantesima parte e forse nemmeno la quattromilaottocentesima
parte di ciò che essi sono ora capaci di eseguire in conseguenza di una adeguata divisione
e combinazione delle loro differenti operazioni.
(da A. Smith, La ricchezza delle nazioni, Utet, Torino 1975, pp. 79-81)
239
Fonti e Storiografia
240
La Rivoluzione industriale inglese 7
Introducendo una tappa intermedia tra l’epoca preindustriale e l’epoca industriale, il mo-
dello protoindustriale 1 ha contribuito [...] a ridurre la portata «rivoluzionaria» della cosid-
detta rivoluzione industriale, che tuttavia, proprio per quanto riguarda il lavoro femminile
e infantile, conserva, specie nel caso inglese, specificità innegabili, anche se non si può par-
lare di opposizione tra industria concentrata e meccanizzata ad alto tasso di produttività e
una forma di manifattura tradizionale [...]. Tra fine Settecento e inizio Ottocento si trattava
piuttosto di coesistenza tra filatura meccanica concentrata in ampi stabilimenti e filatura
a domicilio. La compenetrazione fra i due modi di produzione permetteva di diversificare
i rischi e di utilizzare la forza lavoro a basso costo di donne e bambini, il cui sfruttamento
raggiunse probabilmente i massimi livelli proprio nel periodo della rivoluzione industria-
le, anche se resta molto difficile avere precisi dati quantitativi sul lavoro femminile e in-
fantile, per lo più assente dalle statistiche e dai registri dei salari nell’Inghilterra dell’epoca.
Il lavoro di donne e bambini era da sempre un pilastro indispensabile delle entrate fa-
migliari, ma lo divenne ancora di più a fine Settecento, quando la crescita demografica au-
mentò proporzionalmente il numero di bambini disponibili sul mercato del lavoro, spin-
gendo quindi i produttori ad adattare forme e tecniche di produzione alle braccia infantili.
Parallelamente, l’impiego di manodopera femminile nelle manifatture inglesi si fondava su
competenze acquisite nella produzione domestica. A ciò si aggiungeva l’apporto di mano-
dopera femminile immigrata nelle città, fenomeno che si riscontra in tutta Europa, ma che
1 protoindustriale: fu amplificato, nel caso inglese, dai mutamenti della struttura nella produzione agricola.
si definiscono Lo sfruttamento di manodopera infantile non era una novità ed era stato sempre fon-
«protoindustriali» quelle damentale in agricoltura come nell’espansione della manifattura in epoca moderna. Nei
forme di organizzazione
dei processi
laboratori gestiti da donne in cui si fabbricavano calze a maglia – una produzione che co-
produttivi che hanno nobbe un rapidissimo sviluppo nelle città italiane del Cinquecento – erano impiegati bam-
preceduto e introdotto bini anche molto piccoli con salari bassissimi. […] A fine Settecento, gli imprenditori mo-
l’industrializzazione,
denesi di mulini da seta chiedevano al Grande Albergo dei Poveri 2 di fornire ai loro mulini
soprattutto nel settore
tessile. «gli occorrevoli 3 fanciulli», dopo averli disciplinati, ovvero, come scrissero, dopo aver «tol-
2 Grande … Poveri: to loro la libertà». […]
l’Albergo dei poveri di
La novità dell’epoca della rivoluzione industriale consisteva nelle dimensioni del feno-
Modena era un istituto
di carità, nato per meno e nello sviluppo di nuovi modi di produzione industriale basati su bassissimi sala-
raccogliere le opere ri, crescente intensificazione del lavoro e maggior disciplinamento della forza-lavoro. In
pie della città con fini alcuni casi, il lavoro femminile e infantile non era complementare ma alternativo a quello
assistenziali e caritativi.
3 occorrevoli: che maschile, al quale era preferito per il suo minor costo, ma proprio per questo motivo il suo
occorrono, che servono. utilizzo non incentivava investimenti produttivi e innovazioni tecnologiche.
(da A. Bellavitis, Il lavoro delle donne nelle città dell’Europa moderna,
Viella, Roma 2016, pp. 52-54)
241
8 La Rivoluzione
americana
Dalla guerra dei Sette anni alla Rivoluzione americana
Se con la guerra dei Sette anni la Gran Bretagna era emersa come potenza egemone, il
conflitto aveva inasprito i rapporti con le sue colonie americane; queste, forti di un’in-
tensa crescita demografica ed economica, avevano già mostrato, negli anni Settanta del
Esplora l’immagine XVIII secolo, i primi segni di insofferenza verso la politica fiscale e le restrizioni com-
interattiva merciali che la madrepatria imponeva loro, che sarebbero culminati di lì a poco nella
Dichiarazione d’indipendenza.
243
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Una veduta di
Boston nella prima
metà del XVIII secolo.
244
La Rivoluzione americana | 8 |
Québec
Nuova
Lago
Superiore Montréal Scozia
Esplora i luoghi e Sault Ste. Marie
lavora con le carte Fort Rouillé NEW MASSACHUSETTS
dell’Atlante digitale Lago (Toronto) HAMPSHIRE
Lago Huron Lago NEW Boston
interattivo Michigan Ontario YORK
Fort Pontchartrain Lago RHODE ISLAND
(Detroit) Erie CONNECTICUT
PENNSYLVANIA Filadelfia
Fort Duquesne Baltimora NEW JERSEY
(Pittsburgh)
DELAWARE
Louisiana
ni VIRGINIA MARYLAND
a
di
Fort Richmond
In
Chiswell
ri
NORTH
rito
245
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Nello scontro, la superiorità tecnologica dei bianchi fece sì che avessero la me-
glio, sebbene in alcuni casi i nativi, supportati dai rivali dell’Inghilterra, riuscirono
a vincere alcune battaglie.
In generale, la presenza europea nei territori dell’America settentrionale era
andata aumentando numericamente dopo il 1700, pur scemando contempora-
neamente gli arrivi dall’Inghilterra, meno tormentata dalle persecuzioni religiose.
Essi erano compensati dall’arrivo di tedeschi, svizzeri e irlandesi, che andavano
così a sommarsi a inglesi, scozzesi e olandesi, tra i primi ad aver colonizzato la
costa orientale del Nord America. A fronte di questo mosaico di popolazioni, tra gli
europei, le differenze religiose pesavano molto di più delle origini territoriali. Nel
complesso la popolazione, nel 1780, ammontava a 2.700.000 abitanti, di cui circa
2.150.000 bianchi e 550.000 africani. L’affluenza degli schiavi africani era stata
sempre più massiccia nel tempo: a metà del XVIII secolo essi erano in media il 20%
della popolazione, con percentuali che sfioravano il 40% nelle province del Sud.
Le tredici colonie avevano dunque storie e caratteristiche diverse, date anche
dalla loro morfologia e dalla posizione geografica. I rapporti tra esse erano tutt’al-
tro che pacifici: ognuna perseguiva i propri interessi e raramente riuscivano a fare
fronte comune; l’unico aspetto che le accomunava era il legame con l’Inghilterra.
246
La Rivoluzione americana | 8 |
I padri pellegrini
in viaggio sulla
«Mayflower».
Dipinto rievocativo
di Robert Walter Weir
del 1857. New York,
Brooklyn Museum.
247
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Nel Massachusetts e nelle altre colonie del Nord viveva un’élite urbana di com-
mercianti non lontana dai tanti piccoli proprietari e dagli altri gruppi sociali. Il pu-
ritanesimo era intollerante e bigotto, ma i rapporti politici erano quanto di più vi-
cino alla democrazia esistesse e l’alfabetizzazione era diffusa probabilmente più
che in qualunque altro luogo del mondo.
Le colonie settentrionali
Fra le due aree di insediamento inglese più antiche se ne interponeva un’altra, in
parte di origine olandese e nella quale la componente etnica inglese non era co-
munque prevalente ma mista a irlandesi, tedeschi, olandesi, svedesi, scozzesi. Le
colonie più importanti di questo gruppo erano New York e la Pennsylvania.
La regione intorno alla foce del fiume Hudson originariamente occupata da co-
loni olandesi, i quali vi fondarono la città portuale battezzata Nuova Amsterdam,
fu occupata dagli inglesi nel 1664, in seguito alla concessione fatta dal re Carlo II a
suo fratello, duca di York e futuro Giacomo II: la città prese allora il nome di New
York, che poi divenne l’appellativo dell’intera colonia. Nel 1681 William Penn, un
mercante quacchero, ottenne un territorio boscoso a sud di New York, che sarebbe
stato chiamato Sylvania e in seguito Pennsylvania, con capitale Filadelfia. Penn,
accogliendovi minoranze religiose ed etniche, intendeva instaurare un governo
fondato sui princìpi della tolleranza religiosa.
A queste più importanti colonie si aggiunsero il New Jersey, separatosi dallo stato
di New York, e il Delaware, colonizzato da olandesi e svedesi e passato poi in ma-
LESSICO no agli inglesi. Queste quattro colonie andavano assomigliando al New England
Cosmopolitismo quanto a struttura sociale, fatta di piccoli proprietari e di mercanti, ma erano
Atteggiamento tipico
di chi non riconosce ideologicamente più aperte, poiché la tolleranza religiosa e il cosmopolitismo ne
nessuna patria, caratterizzavano fortemente la cultura. Anch’esse rifornivano di prodotti agricoli i
ma si sente cittadino Caraibi e anche qui, come ovunque, dal Sud al Nord, si cercava spazio verso Occi-
del mondo.
dente, al di là della catena dei monti Appalachi.
248
La Rivoluzione americana | 8 |
249
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Is. Capo
Is. Principe Bretone
Edoardo
Halifax
Lago NUOVA SCOZIA
Superiore
Portsmouth
Lago Albany
Huron Boston
Lago
Ontario
Lago
Michigan
New York
Lago
Erie
Allevamento e grano
Baltimora
Leggi la carta Pellicce e pelli
• Su quali prodotti si Riso e indaco
basava l’economia Norfolk Tabacco
delle colonie Oceano Atlantico
del Nord? Pesca
250
La Rivoluzione americana | 8 |
Collega e confronta
1. Alla storia di John Smith e Pocahontas
è stato dedicato un celebre film Disney,
che prende il titolo dal nome della
protagonista e che forse ti sarà capitato
di vedere.
Quale versione della storia abbraccia
il cartone animato?
Quali sono le caratteristiche psicologiche
dei due personaggi?
Qual è il tema della pellicola?
2. Lavorando in gruppo, svolgete una ricerca
sull’impero dei Tsenacomoco
da presentare alla classe.
3. Immaginate di intervistare Pocahontas,
la quale vi fornisce una versione
alternativa, dal suo punto di vista,
della storia raccontata da John Smith.
Preparare una serie di domande e
risposte: potete realizzare un video
drammatizzando il testo dell’intervista.
Pocahontas implora Powhatan di risparmiare la vita a John Smith. Incisione tratta dal The Generall Historie
of Virginia di John Smith pubblicato nel 1624.
251
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
252
La Rivoluzione americana | 8 |
rapporti sociali che si erano formati nelle colonie. Il governo tory cercava, infatti,
il modo di svincolare i governatori dalla necessità di ottenere il consenso delle as-
semblee elettive locali, dove erano rappresentati gli interessi dell’oligarchia colo-
niale, sempre più in conflitto con quelli della madrepatria.
253
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
254
La Rivoluzione americana | 8 |
UN ALTRO SGUARDO L’America inglese del appello perché non acquistassero tè e preferissero
XVIII secolo rara- i tessuti americani.
La partecipazione mente vide le donne La partecipazione femminile alla guerra di indipen-
delle donne alla protagoniste nell’a- denza spesso consistette nel prestare lavoro come
gone politico. Tutta- lavandaie o cuoche, sottoscrivere prestiti oppure con-
rivoluzione via, esse svolgevano tribuire al passaggio di informazioni. In qualche raro
un ruolo importante e attivo nel contesto religioso, caso si verificarono azioni collettive, come la raccolta
un ambito centrale nella vita sociale delle colonie, fondi per le truppe, promossa a Filadelfia nel 1780
dalla funzione anche politica. dalla Ladies Association.
A differenza delle donne d’oltreoceano durante la Aspetto ben più importante fu che le americane si
Rivoluzione francese ( ▶ cap. 9), però, le america- trovarono spesso costrette a ricoprire un nuovo ruo-
ne non sperimentarono una cittadinanza attiva con lo all’interno della famiglia, poiché dovevano por-
la fondazione di club, la partecipazione a cortei e ad tare avanti le attività abbandonate dagli uomini par-
assemblee. Tanto che alcune letture storiografiche, titi in guerra.
che ridimensionano il carattere rivoluzionario della L’eredità di queste esperienze, unita alla necessità di
guerra di indipendenza, ritengono che essa non ab- edificare una nuova nazione, diede vita a un nuovo
bia considerato la posizione femminile nella società, compito per le donne: salvaguardare la virtù e la
oltre che la questione della schiavitù. moralità della nazione, vegliando sui propri figli, futu-
Malgrado ciò, le vicende che condussero alla forma- ri cittadini degli Stati Uniti d’America. Un dovere che
zione degli Stati Uniti stimolarono grandi cambiamenti si espletava nell’esercizio di una funzione pubblica
nella vita delle donne. I Figli della Libertà ritenevano il e politica, ma che relegava ancora una volta le don-
contributo delle donne fondamentale nella politica di ne all’interno dello spazio domestico e le privava del
boicottaggio delle merci inglesi e per questo fecero godimento dei diritti politici.
255
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
S2 La Rivoluzione Tuttavia, le risorse economiche delle colonie erano limitate e quindi scarseg-
americana: una giavano armi, equipaggiamento e ufficiali competenti; così gli americani, tramite
trasformazione radicale,
p. 272 Benjamin Franklin (1706-90), noto scienziato e saggista, forti della loro recente
S3 Libertà, indipen- vittoria, intavolarono trattative con il governo di Parigi per ottenerne l’aiuto. La
denza, espansionismo, Francia, sconfitta nella guerra dei Sette anni e interessata a indebolire la potenza
p. 273
inglese, a partire dal 1776 accordò al Congresso continentale sostanziosi aiuti eco-
nomici, come fecero anche la Spagna e l’Olanda, per ragioni analoghe.
Nel 1778 la Francia scese in guerra contro l’Inghilterra, seguita nel 1779 dal-
la Spagna. L’intervento delle due potenze europee modificò i rapporti di forza sul
campo, poiché la marina da guerra inglese, essendo impegnata su più fronti, non
poté fornire tutto il supporto logistico necessario alle truppe britanniche che com-
battevano nel vasto territorio del Nord America. Nel 1781 gli inglesi, sconfitti da
Washington a Yorktown, si arresero, anche perché il conflitto minacciava di dive-
nire troppo costoso a fronte degli esiti incerti a cui poteva pervenire.
Nel febbraio del 1783 fu concluso a Versailles il trattato di Parigi, che riconosce-
va l’indipendenza della Confederazione di Stati americani. L’Inghilterra, inoltre,
Leggi l’immagine
cedette alla Francia il Senegal e alla Spagna buona parte della Florida. Benché il
• Nel dipinto individua
Thomas Jefferson. Canada restasse britannico, la zona dei Grandi Laghi era aperta alla colonizzazio-
• Quale atteggiamento ne da parte degli americani, che riottenevano anche il diritto – perduto durante il
assumono i presenti conflitto – di pescare di fronte all’isola di Terranova. Il 4 luglio di quell’anno le co-
ritratti nella scena?
lonie celebrarono solennemente la loro indipendenza.
La firma della Dichiarazione d’indipendenza. Dipinto di John Trumbull del 1819. Washington D.C., U.S. Capitol.
256
La Rivoluzione americana | 8 |
• secondo Congresso
• si incrina il controllo inglese
continentale a Filadelfia
delle tredici colonie americane
• battaglia di Lexington vinta
1764-1767 • introduzione di nuove imposte 1775-1776
dai coloni
• (Sugar Act, Stamp Act,
• Dichiarazione d’indipendenza
Townshend Acts)
(1776)
• trattato di Parigi
• primo Congresso continentale
• indipendenza della
1774 a Filadelfia 1783
Confederazione di Stati
• petizione al re Giorgio III
americani
LA GUERRA D’INDIPENDENZA AMERICANA (1775-83) E GLI STATI UNITI NEL 1783 Québec
Québec MAINE
Confine imposto COMPAGNIA DELLA
Lago Montréal
MA
dalla Gran Bretagna Trois Rivières SA
Superiore BAIA DI HUDSON
S
all’espansione 8-6-1776 VERMONT CH
delle colonie U SE
Montréal Lago (aderisce nel 1791) NEW TT S
(Proclama del 1763) Huron Lago HAMPSHIRE
Truppe americane Lexington Ontario Boston
Oriskany 19-4-1775 RHODE ISLAND
Truppe britanniche Lago NEW YORK
6-8-1777 Michigan Lago CONNECTICUT
Boston
Truppe francesi Erie Filadelfia
Saratoga Bunker Hill PENNSYLVANIA
alleate degli NEW JERSEY
17-10-1777 17-6-1775
Stati Uniti Baltimora
Princeton New York DELAWARE
dal 1778 TERRITORI
3-1-1777 MARYLAND
DEL NORD OVEST VIRGINIA
Trenton
Fort Duquesne 26-12-1776 Richmond
(Pittsburgh) Fort Chiswell
LOUISIANA 11-9-1777 LOUISIANA NORTH
(spagnola Oceano
CAROLINA
Oceano dal 1763) Atlantico
Yorktown SOUTH
Guilford 19-10-1781 Atlantico CAROLINA
Courthouse Charleston
15-3-1781 TERRITORIO GEORGIA
Savannah
King’s Mountain Moore’s Creek DEL MISSISSIPPI
7-10-1780 Bridge
Hobkirk’s Hill 27-2-1776 St. Augustine
TERRITORI Cowpens 19-4-1781
INDIANI 17-1-1781 Camden FLORIDA
Confine degli
16-8-1780 Stati Uniti (inglese dal 1763)
Vittorie
Charleston americane Colonie inglesi
12-5-1780
Savannah Vittorie
Colonie spagnole
29-12-1778 britanniche
257
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
La firma della Costituzione degli Stati Uniti a Filadelfia il 17 settembre 1787. Dipinto rievocativo
di Howard Chandler Christy del 1940. Washington D.C., United States House of Representatives.
258
La Rivoluzione americana | 8 |
Del partito repubblicano faceva parte Thomas Jefferson, mentre il partito oppo-
sto, «federalista», guidato da George Washington e Alexander Hamilton, sosteneva
la necessità di creare un’autorità centrale, federale appunto, capace di dare uni-
tà alla nascente nazione americana, di imprimerle un progetto politico globale di
sviluppo, di allontanare il pericolo che le comunità locali si disgregassero in preda
ai conflitti tra le fazioni.
259
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
del Congresso e può opporre un veto sospensivo ai disegni di legge approvati dal
Congresso stesso.
Il potere legislativo appartiene al Congresso, formato da una Camera dei rappre-
sentanti, in cui ogni Stato elegge un numero di deputati in proporzione alla propria
popolazione residente, e da un Senato, composto di due rappresentanti per ogni
Stato, qualunque sia la sua consistenza demografica. Ad esempio la Virginia (allora
con quasi mezzo milione di abitanti) aveva in Senato lo stesso peso del Delaware o
del Rhode Island (che ne contavano allora 25.000 ciascuno): questo garantiva che
fosse salvaguardata la sovranità di ciascuno Stato.
Il potere giudiziario ha il suo vertice nella Corte suprema, i cui giudici, nominati
LESSICO dal presidente con l’assenso del Congresso, sono in carica a vita e hanno anche la
Emendamento funzione di controllare la legittimità costituzionale delle leggi.
È una modifica che, Gli antifederalisti vedevano nella Costituzione federale l’espressione di un potere
attraverso dibattito
parlamentare, si
tirannico in grado di soffocare le autonomie locali. A tutela delle libertà individua-
propone di apportare li, quali la libertà di espressione, la libertà religiosa, la proprietà, il giusto processo
a una legge o a un e la giusta punizione proposero degli emendamenti costituzionali, il Bill of Rights
disegno di legge.
(Carta dei diritti), che furono approvati dagli Stati nel 1791.
260
La Rivoluzione americana | 8 |
L’America guidata
dalla saggezza.
Stampa allegorica
su disegno di John
J. Barralett e incisone
di B. Tanner, 1815.
Washington D.C.,
Library of Congress.
261
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
perché dal punto di vista culturale ne facevano parte integrante e la loro rivoluzione
era figlia di un movimento di pensiero assolutamente europeo, soprattutto france-
se e inglese, quale l’Illuminismo. In secondo luogo anche il Vecchio Continente fu
interessato da episodi rivoluzionari contemporanei o di poco posteriori alla Rivo-
luzione dei coloni americani (di cui parleremo sotto): l’insurrezione della Corsica,
la rivoluzione ginevrina, quelle olandese e belga, i tentativi democratico-nazionali
irlandesi e polacchi. Infine, un evento di ben altra portata – la Rivoluzione france-
se – arrivò ad amplificare e a riproporre a tutta l’Europa, e perfino a gran parte del
mondo, il modello democratico.
La relativa novità di tutti questi episodi rivoluzionari della seconda metà del Set-
tecento è il comune sforzo ideologico illuminista, la formazione di gruppi dirigen-
ti che guardavano a un allargamento della cittadinanza nei loro Paesi, ai princìpi
condivisi di libertà e di progresso della pubblica felicità.
262
La Rivoluzione americana | 8 |
263
Dalla Storia all’Educazione civica
Il giuramento
in Parlamento
del neoeletto
presidente della
Repubblica
Sergio
Mattarella il 3
febbraio 2015.
In qualsiasi momento il Parlamen-
to può poi proporre, su iniziativa
di almeno un decimo dei rappre-
sentanti di una Camera, una mo-
zione di sfiducia del Governo. Se
la mozione viene approvata, il Go-
verno deve dimettersi e si avvia il
processo che porta alla formazione
di un nuovo esecutivo. Nel caso
non si riuscisse, il presidente della
Repubblica può sciogliere le Ca-
mere e indire nuove elezioni. Le
mozioni di sfiducia possono esse-
re presentate anche contro un so- Dibattito in classe:
lo ministro. «La magistratura il potere giudiziario
Tra gli atti più importanti del Gover- costituisce un ordine
no ricordiamo la preparazione del L’autonomia decisionale
autonomo e indipendente e l’indipendenza del po-
bilancio dello Stato: sia nella sua
da ogni altro potere». tere giudiziario sono i princìpi su cui
parte di previsione delle entrate e
delle spese dell’anno che verrà, sia si fonda lo Stato di diritto e proprio
nella sua parte di consuntivo del- Sui magistrati non possono eser- per questo, anche nella selezione dei
le entrate e delle spese dell’anno citare pressioni né il governo né il magistrati, si deve garantire l’assenza
Parlamento, tanto che essi devono di ogni tipo di intromissione. Come
passato. Perché i conti dello Stato
poter indagare anche sui membri si legge nella scheda, in Italia, si di-
siano in ordine, le entrate e le spe- venta giudici dopo aver superato un
se devono trovarsi in equilibrio (ar- delle Camere, sui ministri e sul pre-
sidente del Consiglio dei ministri. concorso pubblico e un periodo di
ticolo 81). prova e formazione retribuita; negli
È anche importante sottolineare L’indipendenza dei giudici è assicu-
Stati Uniti, invece, i giudici dei vari
che il governo ha il potere di pro- rata dal Consiglio superiore della
Stati sono avvocati con una certa
porre al Parlamento disegni di magistratura, organo di autogo-
esperienza, eletti direttamente dai
legge e, addirittura, di legiferare. verno al quale spettano, secon- cittadini. Entrambi i sistemi presenta-
Secondo l’articolo 77 della Costi- do l’articolo 105, «le assunzioni, no degli aspetti positivi e negativi.
tuzione, infatti, «in casi straordinari le assegnazioni e i trasferimenti, le Scegliete tre studenti che facciano
di necessità e d’urgenza, il governo promozioni e i provvedimenti disci- da giuria, poi dividete il resto della
adotta, sotto la sua responsabilità, plinari nei riguardi dei magistrati». classe in due gruppi:
provvedimenti provvisori con for- Il Consiglio superiore della magi- 1. il gruppo A sosterrà il modello
za di legge»: questi decreti dell’e- stratura è presieduto dal presidente americano; il gruppo B quello
secutivo devono essere convertiti della Repubblica e formato da giu- italiano. Per approfondire il tema
in legge dalle Camere entro ses- dici eletti in gran parte dagli stessi potete consultare il video TED-Ed
santa giorni, pena la perdita di ef- magistrati, le cui nomine avvengono How is power divided in the Uni-
ficacia. per concorso. ted States government sulla divi-
I magistrati esercitano il loro potere sione dei poteri negli Stati Uniti
in tribunale, emettendo sentenze in accedendo tramite il QR code.
Potere giudiziario: 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
cause civili e penali. Nelle cause
la magistratura civili essi giudicano a proposito di voce, che in 5 minuti presenterà
Il terzo potere fondamentale dello contese tra i cittadini. Nelle cause alla giuria i risultati del lavoro.
Stato è il potere giudiziario, che Nell’esporre le proprie ragioni,
penali essi giudicano i cittadini ac-
si possono proiettare presenta-
la Costituzione salvaguarda e rende cusati di avere infranto la legge e
zioni multimediali che contenga-
indipendente dai poteri legislati- danneggiato in questo modo la so-
no immagini, dati e riferimenti a
vo ed esecutivo. A regolarlo sono cietà. È evidente la delicatezza del fatti di cronaca.
gli articoli 101-113 della Carta co- loro compito, interpretare la legge 3. Seguirà un dibattito libero di
stituzionale. L’articolo 101 afferma e garantire che sia applicata con 10 minuti tra le due squadre. I
che «la giustizia è amministrata in imparzialità verso tutti i cittadini, giudici si confronteranno poi tra
nome del popolo» e che «i giudici e dunque l’assoluta necessità che loro e decideranno qual è stato il
sono soggetti soltanto alla legge». sia svolto fuori da ogni interfe- gruppo più efficace nel sostenere
L’articolo 104 specifica: renza. l’uno o l’altro modello.
265
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
266
Ripassa con la mappa concettuale
LA RIVOLUZIONE AMERICANA
• ................................... Act
e la votazione della
diverse a livello che erano • ................................... Act
economico e sociale vincolate da • Townshend Acts
...........................................
• ........................................... obblighi e divieti inglesi (4 luglio 1776)
e le
(produzione di
tabacco, riso, frumento
e impiego di molti • divieto di ....................... violenze inglesi scritta da
schiavi) con l’estero
• ........................................... • divieto di .......................
(partecipazione in autonomia ........................................... ...........................................
popolare alla vita • obbligo di commercio (1770)
politica, mentalità solo con i .......................
e si concluse sul
bigotta) • obbligo di fornitura che sfociarono nel campo con la
• ............................ (piccoli di ....................... alla
proprietari e mercanti, madrepatria
mentalità più aperta, • obbligo di acquisto ........................................... sconfitta degli inglesi
tolleranza religiosa) di ....................... inglesi (1773) a Yorktown (1781)
267
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
268
Fonti e Storiografia
FONTI Le ragioni della ribellione secondo Thomas Jefferson
F1 Thomas Jefferson (1743-1826) fu una figura chiave nelle vicende che condussero
all’indipendenza delle colonie americane. Si riporta qui un brano tratto dalla sua Espo-
sizione sommaria dei diritti dell’America britannica, del 1774.
L’America è stata conquistata, e i suoi insediamenti sono stati formati e saldamente conso-
lidati, a spese di singoli individui, e non del pubblico britannico. Essi hanno versato il lo-
ro sangue nell’acquistare la terra per i loro insediamenti, hanno speso le loro sostanze nel
rendere stabili questi ultimi. […] Neppure uno scellino è mai uscito dal pubblico erario di
Sua Maestà, o dei suoi avi, per venire in loro aiuto, fino ai tempi più recenti, quando le co-
lonie si erano ormai consolidate su base salda e permanente.
Essendo queste diventate allora vantaggiose alla Gran Bretagna per i suoi fini commer-
ciali, il Parlamento di Sua Maestà si compiacque di prestar loro aiuto contro un nemico che
si sarebbe volentieri impadronito dei benefici del loro commercio, per la propria grandezza
e con pericolo per la Gran Bretagna […].
Noi non intendiamo, tuttavia, sottovalutare quegli aiuti che ci sono stati senza dubbio pre-
ziosi, quali che fossero i princìpi in base ai quali furono concessi; ma vogliamo dimostrare
che non possono costituire titolo per l’esercizio di quell’autorità che il Parlamento britannico
vorrebbe arrogarsi sopra di noi e che possono essere abbondantemente ripagati median-
te la concessione da parte nostra agli abitanti della Gran Bretagna di privilegi commerciali
esclusivi, che siano per loro vantaggiosi e al tempo stesso non troppo vessatori per noi […].
Oltre ai dazi che stabiliscono sui nostri articoli di esportazione e di importazione, [le leg-
gi approvate dal Parlamento britannico] ci vietano l’accesso a tutti i mercati a Nord del ca-
po Finisterrae1, nel regno di Spagna, per la vendita di prodotti che la Gran Bretagna non ci
1 Finisterrae: Cabo
compra e per l’acquisto di altri, di cui non può rifornirci […].
Fisterra è un promontorio Il vero fondamento sul quale dichiariamo queste leggi nulle, è che il Parlamento britan-
sull’Oceano Atlantico del nico non ha alcun diritto di esercitare la sua autorità su di noi […].
nord-ovest della Galizia,
Esiste forse ragione alcuna, perché centosessantamila elettori nell’isola di Gran Bretagna
in Spagna. Il nome deriva
dal latino finis terrae, debbano dettare legge a quattro milioni di individui negli Stati d’America, ognuno dei quali
cioè «confine della terra» è uguale a ciascuno di quelli per virtù, intelletto e forza fisica? Se si dovesse ammettere ciò,
in quanto il capo Fisterra anziché essere un popolo libero, come abbiamo supposto fino ad ora e come intendiamo
è uno dei punti più
occidentali della Spagna continuare ad essere, ci troveremmo di improvviso ad essere gli schiavi non di uno, ma di
peninsulare. centosessantamila tiranni.
(da T. Jefferson, Antologia degli scritti politici, Il Mulino, Bologna 1961, pp. 33-52)
269
Fonti e Storiografia
Quando nel corso degli umani eventi diventa necessario per un popolo sciogliere i legami
politici che lo legano a un altro e assumere nel consesso delle nazioni della Terra la condi-
Leggi in digitale il zione eguale e separata alla quale le leggi naturali e divine gli danno diritto, la rispettosa
testo I primi dieci attenzione per le opinioni del genere umano richiede che questo popolo dichiari le cause
emendamenti che lo hanno spinto a questa separazione.
della Costituzione
americana. Noi consideriamo queste verità come di per sé evidenti, ovvero che tutti gli uomini sono
Scrivi un testo di stati creati uguali e che sono stati dotati dal Creatore di alcuni inalienabili diritti, fra i quali la
tipo espositivo- libertà, la vita e il perseguimento della felicità e che i governi sono stati fondati per assicura-
argomentativo in cui re il godimento di questi diritti e derivano i loro legittimi poteri dal consenso dei governati.
metti in relazione
il contenuto degli
Qualora un governo minacci questi diritti, è diritto del popolo mutarlo o abolirlo e isti-
articoli con il tuire un nuovo governo, che abbia il suo fondamento in questi princìpi e indirizzi i suoi
brano tratto dalla poteri nel modo migliore per rendere effettiva la sicurezza e la felicità. […]
Dichiarazione Noi abbiamo anche messo in guardia i nostri fratelli inglesi dal tentativo illegittimo di
d’indipendenza
estendere la loro giurisdizione su di noi. […]. Abbiamo fatto appello alla loro giustizia na-
qui riportato. Per
strutturare in modo turale e alla loro magnanimità […]. Ma essi sono stati sordi alla voce della giustizia e della
chiaro il testo, puoi consanguineità. Dobbiamo quindi piegarci alla necessità, che ci obbliga alla separazione e
rispondere alle d’ora in poi considerarli, al pari del resto del genere umano, nemici in guerra e amici in pace.
seguenti domande:
Noi, quindi, rappresentanti degli Stati Uniti d’America, riuniti in un Congresso generale,
cosa sono gli
emendamenti e chiamando il supremo Giudice del Mondo a testimone della rettitudine dei nostri intenti,
perché sono stati per l’autorità conferitaci dal buon popolo di queste colonie, solennemente e pubblicamente
introdotti nel 1791? proclamiamo che queste colonie unite sono di diritto Stati liberi e indipendenti, che sono
Quali princìpi liberi da ogni obbligo di fedeltà alla Corona britannica e che tutti i vincoli fra loro e lo Stato
vengono affermati
negli emendamenti? di Gran Bretagna devono essere considerati sciolti, […]. A sostegno di questa Dichiarazione,
In che modo con la ferma fiducia nella protezione della Divina provvidenza, impegniamo le nostre vite,
traducono in legge le nostre fortune e il nostro sacro onore.
quanto affermato
(da La formazione degli Stati Uniti d’America. Documenti, vol. I (1606-1776), a cura di A. Aquarone,
dalla Dichiarazione?
G. Negri, C. Scelba, Nistri-Lischi, Pisa 1961, pp. 416-421)
270
La Rivoluzione americana 8
COMPRENDERE 1. Quali conseguenze stava avendo l’ingresso di una nuova classe media a livello
IL TESTO politico?
2. Che cosa preoccupa in particolare i federalisti?
3. Quale modello di rappresentanza contrapponevano a quella ‘virtuale’
gli americani?
271
Fonti e Storiografia
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Libertà, democrazia e potere
Nell’ambito della riflessione sulla Rivoluzione americana, pur nella continua evo-
luzione degli studi, si possono individuare due tendenze abbastanza costanti: da
una parte essa è vista come un’affermazione del principio di libertà a livello isti-
tuzionale, dall’altra è letta come una rivoluzione mancata, che non ha fatto pro-
prie le istanze provenienti dal basso. Nei brani qui proposti è possibile osservare
queste due tendenze.
La rivoluzione americana non sembra nascere dalle stesse cause – ingiustizie sociali, con-
flitti di classe, impoverimento, iniqua distribuzione della ricchezza – che sono presumibil-
mente alla base di altre rivoluzioni. […]
Naturalmente numerosi storici […] hanno a più riprese cercato, nelle parole di Hannah
Arendt1, «di interpretare la rivoluzione americana alla luce della rivoluzione francese» in
modo tale da riuscire a individuare le stesse violenze interne, i conflitti di classe e la miseria
sociale che si presume siano alla base della rivoluzione francese e di altre rivoluzioni mo-
derne. […] Ma, com’è stato giustamente osservato, nonostante una quantità straordinaria
di ricerche e scritti pubblicati, questi storici […] non hanno conseguito i loro obiettivi […].
Abbiamo la tendenza a considerare la rivoluzione americana come fosse priva di caratte-
ri sociali, virtualmente estranea alla società e quindi aliena da cause e conseguenze sociali,
[…]. Di conseguenza spesso è stata giudicata, in sostanza, un evento intellettuale, una di-
fesa costituzionale dei diritti americani contro le ingerenze inglesi […], intrapresa non già
per mutare la struttura della società ma per preservarla. […]
Se si misura il radicalismo delle rivoluzioni in base al livello di miseria sociale o di emargi-
nazione economica presenti nella società, oppure al numero di persone uccise o di manieri
dati alle fiamme, allora questa tesi convenzionale del conservatorismo della rivoluzione ame-
ricana acquista una certa consistenza, ma se misuriamo il radicalismo in base alla portata del
cambiamento sociale che ebbe luogo […] allora la rivoluzione americana non fu affatto con-
servatrice. Al contrario: fu altrettanto radicale e rivoluzionaria di ogni altra nella storia. […]
Quando la rivoluzione ebbe fatto il suo corso, all’inizio del secolo XIX, la società ameri-
cana si era trasformata in modo radicale e completo. […] Non trasformò soltanto la cultura
1 Hannah Arendt:
degli americani [...] ma mutò la loro interpretazione della storia, della conoscenza e della
filosofa politica
tedesca naturalizzata verità e, soprattutto, fece degli interessi e del benessere della gente comune, della sua aspi-
statunitense. razione alla felicità il fine della società e del governo.
(da G.S. Wood, I figli della libertà. Alle radici della democrazia americana,
Giunti, Firenze 1996, pp. 7-12)
COMPRENDERE 1. Gordon S. Wood prende in esame alcune posizione della storiografia della
IL TESTO Rivoluzione americana: quali critiche le vengono mosse?
2. Cosa afferma Hannah Arendt a proposito della storiografia delle rivoluzioni?
3. Perché è importante considerare il ruolo dei movimenti radicali anche nella
Rivoluzione americana?
272
La Rivoluzione americana 8
COMPRENDERE 1. Quale funzione aveva, secondo lo storico, la retorica rivoluzionaria nella tesi
IL TESTO di Francis Jennings?
2. Spiega il significato di questa frase: «negli Stati Uniti era quasi un’eresia
descrivere la nazione come un impero. [Ma] i fondatori lo consideravano tale».
3. Quali aspetti della biografia di George Washington suggeriscono i suoi interessi
espansionistici?
273
9 La Rivoluzione
francese
La Francia fra crisi economica, privilegi feudali e tentativi
di riforma
La crisi economica e le politiche fiscali, susseguitesi in Francia senza scardinare i privi-
legi feudali, avevano generato un forte malcontento popolare. Con gli Stati generali nel
Esplora l’immagine 1789, la frattura tra ceti sociali – clero, nobiltà e Terzo stato – divenne evidente: i tempi
interattiva erano maturi per una riforma verso la monarchia costituzionale.
1789 1789
5 maggio: riunione degli Stati generali 14 luglio: presa della Bastiglia
17 giugno: proclamazione 4 agosto: abolizione dei diritti feudali
dell’Assemblea nazionale costituente 26 agosto: Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
PER INIZIARE
IL TUO PERCORSO
Leggi il testo introduttivo, osserva l’immagine
e svolgi le attività.
SUL LIBRO E
IN DIGITALE
1. Quando si parla di rivoluzione il collegamento
con la Rivoluzione francese è spesso immediato,
LEZIONE
alla luce della sua portata simbolica e materiale;
GUARDA il video Il Settecento e le rivoluzioni
eppure questa parola, le cui origini rimandano
al campo dell’astronomia come si legge 1. La crisi dell’Antico regime ▶ p. 276
nella scheda La storia nelle parole, è ormai 2. Gli Stati generali ▶ p. 279
associata anche a molti altri eventi, che non 3. La presa della Bastiglia ▶ p. 283
sembra abbiano a che fare con stravolgimenti 4. L’Assemblea costituente ▶ p. 285
di natura politico-istituzionale: basti pensare 5. Dalla monarchia alla Repubblica ▶ p. 288
a espressioni, oggi molto diffuse nel dibattito 6. Il governo rivoluzionario e il «Terrore» ▶ p. 294
pubblico, come rivoluzione digitale o rivoluzione 7. La Vandea e la controrivoluzione ▶ p. 297
femminista. 8. La scristianizzazione ▶ p. 300
• Quali attributi si legano oggi al termine 9. Dalla fine del «Terrore» all’ascesa
rivoluzione? del Direttorio ▶ p. 302
• A quali temi storici o di attualità si associa ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
più facilmente? dell’Atlante digitale interattivo
• Svolgi un sondaggio fra i tuoi compagni, RIASSUMI i concetti-chiave con la
raccogli le risposte e discutine in classe. presentazione La Rivoluzione francese
2. La presa della Bastiglia è stata a lungo e la fine dell’Antico regime:
considerata l’evento che ha dato inizio alla – le cause della Rivoluzione e la convocazione
Rivoluzione francese, tanto che ancor oggi, degli Stati generali (1789);
in Francia, si celebra il 14 luglio come festività – la fase monarchica (1789-1791);
– la fase repubblicana e il Terrore (1792-1795);
nazionale. Il dipinto raffigura l’ingresso nella
– la reazione termidoriana (1795-1798).
prigione dei rivoluzionari armati.
• Chi è il soggetto protagonista del quadro? RIPASSA
• Quali armi impugnano i rivoluzionari? Ripassa con la sintesi e la mappa ▶ p. 308, p. 309
• Chi oppone resistenza trova spazio nel dipinto? In digitale trovi l’audio della sintesi
3. Utilizzando un’enciclopedia online, cerca una e la mappa personalizzabile
fotografia recente della piazza della Bastiglia
APPROFONDISCI E LAVORA IN GRUPPO
a Parigi (Place de la Bastille), confrontala
Cultura materiale e vita quotidiana:
con il dipinto e rispondi alle seguenti domande:
Donne e rivoluzione
• quali differenze puoi notare fra le due Svolgi le attività di gruppo ▶ p. 293
rappresentazioni?
• Esiste ancora, almeno in parte, la struttura EDUCAZIONE CIVICA
originaria del carcere? Leggi la scheda di Gustavo Zagrebelsky
• Che cosa sorge in mezzo alla piazza? I diritti umani e partecipa al dibattito ▶ p. 306
275
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
276
La Rivoluzione francese | 9 |
Nobili intenti
a comprare quadri
in un negozio
parigino. Dipinto
da Antoine Watteau
nel 1720. Berlino,
Schloss Charlottenburg.
277
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
apparivano sempre più odiosi e ingiustificati i «diritti feudali», cioè quel com-
plesso di prestazioni, ormai quasi solo in denaro, che i contadini dovevano ai loro
«signori»; la stessa insofferenza si registrava anche verso le «decime» che gli stes-
si contadini dovevano alla Chiesa. In pratica, erano in discussione le tasse che an-
davano versate ai nobili e agli ecclesiastici, oltre a quelle che spettavano allo Stato.
In terzo luogo, si era progressivamente estesa la circolazione culturale. Molte
più persone di prima leggevano stampa periodica e libri anticonformisti, o addi-
rittura proibiti, riunendosi nelle accademie, in «gabinetti di lettura», in logge mas-
soniche, nei salotti, dove discutevano molte delle persone che non riuscivano ad
accedere alla classe dirigente per la strada maestra.
I rappresentanti
dei tre ordini
presenti agli Stati
generali: un prelato, un
nobile e un borghese
rappresentante del Terzo
stato. Stampa francese
dell’epoca.
278
La Rivoluzione francese | 9 |
279
L’apertura cioè conteggiando il voto di ogni singolo elettore. Tradizionalmente, nella maggio-
degli Stati Generali ranza degli istituti tricamerali dell’Antico regime, ogni Camera discuteva separata-
a Versailles il
5 maggio 1789. mente e ogni problema doveva essere affrontato e approvato da ciascuna di loro.
Dipinto di Auguste È chiaro che, se così fosse avvenuto, nobiltà e clero, controllando due Camere su
Couder, XIX secolo. tre e influenzando in mille modi la terza, avrebbero avuto facilmente l’egemonia
Versailles, Musée de
l'Histoire de France. dell’equilibrio politico generale.
L’opinione pubblica, dunque, chiese, e ottenne, il «raddoppio del Terzo»: i de-
putati del Terzo stato, cioè, sarebbero stati il doppio di quelli che componevano
ciascuna delle altre due Camere, quindi pari alla metà del totale. È evidente che
questa vittoria avrebbe avuto un effetto pratico solo se tutti i deputati avessero
lavorato insieme, cioè se gli Stati generali si fossero trasformati in un organismo
unicamerale. Ma su questo punto Necker non si pronunciò: il Terzo stato aveva vi-
sto raddoppiare i propri membri ma continuava a influire come prima sulle deci-
sioni dell’Assemblea.
Nell’Antico regime le elezioni non erano sconosciute, ma avevano un significato
diverso da quello che a noi è familiare. Non si confrontavano uomini e programmi
contrapposti, ma si discuteva in assemblea e si stendeva una lista di problemi o di
rivendicazioni, delegando infine un rappresentante a portare nell’istanza superiore
quel particolare programma su cui, più o meno all’unanimità, si era trovato l’accordo.
L’elezione era perciò un processo lungo, più che altro una consultazione, nella
quale si discuteva approfonditamente a partire dalle richieste provenienti dal bas-
so. Non si considerava normale che ci fossero una maggioranza e una minoranza,
uno schieramento vincitore e uno sconfitto, ma si riteneva opportuno che si for-
masse un’unanimità capace di legittimare il mandato dell’eletto a contrattare con
la vera e propria controparte: il re.
Per eleggere i rappresentanti degli Stati generali, si designavano degli elettori
locali attraverso gli Stati provinciali. Queste assemblee si riunivano per eleggere
i deputati all’assemblea generale, ma anche per discutere e redigere dei «cahiers
de doléances» («quaderni delle lamentele»), nei quali erano registrate istanze da
portare al sovrano e voti.
280
La Rivoluzione francese | 9 |
LE FONTI
Nel gennaio del 1789, l’abate Emmanuel Sieyès (1748-
1836) pubblicò un opuscolo che ebbe un grande impatto
Che cos’è il sugli Stati generali e divenne protagonista del movimento
Terzo stato? rivoluzionario.
Leggi in digitale il Ecco uno dei brani chiave dell’opuscolo.
testo Contro i privilegi
di nascita dello stesso Chi oserebbe dire che il Terzo stato non ha in sé tutto ciò che occorre per
Emmanuel Sieyès: formare una nazione completa? Esso è come un uomo forte e robusto con
• Che cosa differenzia un braccio ancora in catene. Se si eliminasse l’ordine privilegiato, la na-
il nobile dal
borghese? zione non sarebbe qualcosa di meno, ma qualcosa di più. Oggi che cosa è
• Quali sono «due il Terzo Stato? Tutto, ma un tutto oppresso e ostacolato. Che cosa sarebbe
grandi propulsori senza l’ordine privilegiato? Tutto, ma un tutto libero e fiorente. Nulla può
della società»
procedere senza di lui, tutto andrebbe molto meglio senza gli altri. […]
secondo Sieyès?
• In che modo i nobili Che cosa è una nazione? Un corpo di associati che vive sotto una legge
intendono il proprio comune ed è rappresentato da uno stesso legislativo. Poiché ha privilegi,
privilegio? dispense, persino diritti separati dai diritti del corpo generale dei cittadini,
l’ordine nobiliare esce dall’ordine e dalla legge comune. I suoi diritti civili
ne fanno già un popolo separato nella grande nazione. È un vero impe-
rium in imperio [uno stato nello stato].
Il terzo comprende dunque tutto ciò che appartiene alla nazione; e tutto
ciò che non è il terzo non può essere considerato parte della nazione.
Che cos’è il Terzo stato? Tutto.
(da E. Sieyès, Che cos’è il Terzo stato?, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 52-54)
281
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
nioni, si riunirono in una sala vicina, usata per il gioco della pallacorda, e giuraro-
no di non separarsi più fino a che non avessero dato una costituzione alla Francia.
È questo l’episodio passato alla storia come il «giuramento della pallacorda»: un
passo irreversibile sulla strada della Rivoluzione.
In pochi giorni il basso clero e i nobili liberali si associarono al Terzo stato, che
aveva, per il momento, partita vinta: gli Stati generali erano falliti e i deputati ri-
uniti nella sala della pallacorda si trasformarono in Assemblea nazionale costi-
tuente, cioè quel tipo di assemblea incaricata di redigere la costituzione – la legge
fondamentale dello Stato. Il re non tollerò la sconfitta e di nuovo, come nel mag-
gio dell’anno precedente, imboccò la strada del colpo di Stato: fece circondare la
capitale dall’esercito e licenziò il governo Necker.
Il giuramento
nella sala della
pallacorda il 20
giugno 1789.
Dipinto di Auguste
Couder, XIX secolo.
Versailles, Musée
de l’Histoire de France.
problemi procedurali:
Stati generali: i deputati appartenenti
• il Terzo stato chiede il monocameralismo per
Maggio 1789 al clero, alla nobiltà e al Terzo stato
fare valere il «raddoppio» dei suoi rappresentanti
si riuniscono a Versailles
• il re mantiene le assemblee separate
282
La Rivoluzione francese | 9 |
283
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
LA STORIA Il termine rivoluzione conia- solo sostituire delle personalità all’interno di un asset-
NELLE PAROLE to nel Rinascimento deriva to politico-istituzionale che non si vuole modificare.
Rivoluzione dal latino tardo revolutio-onis,
che significa «rivolgimento, ri-
La rivoluzione, invece, è un tentativo di rovesciare
il sistema politico e sostituirlo – anche con l’uso
torno». In ambito astronomico indica il movimento della violenza –, al fine di produrre cambiamenti non
ciclico di un corpo intorno a un altro. solo dal punto di vista istituzionale e giuridico ma an-
Un primo uso del termine in ambito politico conserva che sociale ed economico.
questo significato, poiché indica un mutamento che In ambito illuminista il termine si cominciò a utilizzare
implica il ritorno di un elemento dal passato. In que- in questa accezione, in connessione cioè a una pro-
sto senso è stato infatti utilizzato con riferimento alla fonda trasformazione sociale. Tuttavia è significa-
Rivoluzione inglese del XVII secolo, che ha comporta- tivo notare che sia gli americani e sia i francesi, nelle
to nel tempo importanti cambiamenti nell’assetto po- prime fasi delle rispettive rivoluzioni, non intendevano
litico, ma che era nata per riaffermare antiche libertà. costruire qualcosa di nuovo sulle ceneri del passato
La rivoluzione si distingue dalla rivolta o ribellione ma tornare a un ordine più giusto. Sarà dopo il 1789
poiché quest’ultima è generalmente guidata dal bas- che il termine assunse il significato attuale, legittimato
so, circoscritta a una limitata area geografica, non sot- in pieno nel pensiero marxista. Per Karl Marx (1818-
tende motivazioni ideologiche ma porta avanti speci- 83) la rivoluzione è il solo strumento attraverso cui
fiche rivendicazioni politiche e/o economiche e non instaurare una società libera, giusta, equa. In ambito
tende tanto al sovvertimento dell’ordine costituito storico-economico il termine rivoluzione è usato per
quanto a ristabilire un ordine preesistente. Si differen- indicare un cambiamento radicale ma lento e gra-
zia anche dal colpo di Stato, in quanto questo intende duale (rivoluzione neolitica, rivoluzione industriale).
284
La Rivoluzione francese | 9 |
4 L’Assemblea costituente
Le misure dell’Assemblea per la riduzione del deficit
L’Assemblea costituente aveva davanti a sé due compiti istituzionali: quello per cui
erano stati convocati gli Stati generali, cioè il risanamento del deficit, e quello della
sistemazione costituzionale, che lei stessa si era data. Del resto, già nell’Antico re-
gime questi due aspetti erano intimamente legati, perché non si potevano far paga-
re le tasse a tutti se non sconvolgendo il sistema giuridico che sorreggeva il Paese.
Per ripianare il deficit, l’Assemblea costituente decise che i beni del clero – all’o-
rigine destinati al servizio religioso e assistenziale – venissero messi a disposizio-
ne dello Stato, che a sua volta li avrebbe ceduti a privati. Tutte le proprietà della
Chiesa furono dunque messe in vendita all’asta, con un sistema di buoni denomi-
nati «assegnati»: lo Stato estingueva cioè i debiti che aveva contratto pagando i
suoi creditori con questi buoni, spendibili nelle aste. In pratica, gli assegnati erano
LESSICO
Titoli di debito
titoli di debito pubblico; chi li possedeva poteva aggiudicarsi a un prezzo favore-
pubblico vole un terreno di proprietà ecclesiastica oppure poteva vendere i propri assegnati
Documenti che ad altri privati, negoziandoli a un prezzo più o meno distante dal loro valore no-
certificano il debito
sottoscritto dallo Stato
minale, secondo gli andamenti del mercato. Gli assegnati cominciarono a circola-
nei confronti dei cittadini re sempre di più come una vera e propria cartamoneta, garantiti teoricamente dal
che hanno prestato valore della proprietà ecclesiastica, ma tutelati nei fatti dalla fiducia che il pubbli-
denaro allo Stato stesso.
co nutriva nella Rivoluzione.
Infatti, se la Rivoluzione fosse fallita, quali diritti avrebbero potuto accampare
i nuovi proprietari sui beni di cui erano entrati in possesso grazie alle disposizio-
ni dell’Assemblea costituente? La moneta metallica scomparve e circolò solo una
cartamoneta sempre più svalutata, soprattutto da quando, un paio d’anni dopo,
impegnata nella guerra contro le potenze controrivoluzionarie coalizzate, la Fran-
cia ebbe un bisogno continuo e impellente di soldi, al quale fece fronte emettendo
assegnati in grande quantità.
285
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
286
La Rivoluzione francese | 9 |
LESSICO di «veto sospensivo», simile a quello del presidente degli Stati Uniti, sull’entrata in
Nazione vigore delle nuove leggi. Il potere legislativo era invece di pertinenza di una assem-
Società che ha preso
coscienza della propria blea eletta a suffragio censitario, cioè solo dai cittadini maschi adulti e proprietari,
unità, fondata su ragioni i cosiddetti cittadini «attivi», in opposizione a quelli «passivi»: i poveri, uguali agli
storiche, etniche, altri, come recitava la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, ma incapaci
linguistiche, religiose
ecc. La nazione non di esercitare la funzione elettorale. Il re, con il suo diritto di veto, avrebbe potuto
coincide dunque con intralciare seriamente l’iter di una legge che lo avesse trovato in disaccordo. Il po-
il «popolo» di per sé. tere giudiziario era completamente indipendente dagli altri, in quanto assegnato
L’aspirazione delle
nazioni è di coincidere a giudici eletti a tempo.
con uno Stato, il che Il suffragio era indiretto: i cittadini attivi, circa 4 milioni, avrebbero nominato
non è automatico. degli «elettori», circa 50.000, che a loro volta avrebbero scelto i deputati dell’As-
semblea legislativa e le autorità costituite. L’elezione non era vista soltanto come
il canale della rappresentanza, ma anche come un criterio di selezione dei migliori.
Diventavano elettivi i funzionari di polizia, i giudici di pace, i vescovi, mentre il su-
premo rappresentante della nazione, il re, non lo era. Il trono rimaneva ereditario,
ma fin dall’ottobre del 1789 i costituenti avevano sostituito il tradizionale titolo di
«re di Francia e di Navarra» con quello di «re dei francesi», per sottolineare che il
potere regio derivava dal popolo.
La Costituzione, cui venne premessa la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino, fu approvata il 3 settembre 1791. Dal punto di vista dei diritti politici si
Esplora i luoghi e ebbe una sensibile chiusura rispetto ai princìpi enunciati nel 1789, ma dal punto
lavora con le carte
dell’Atlante digitale di vista delle garanzie legali e dell’equilibrio dei poteri l’Assemblea aveva prodotto
interattivo una Costituzione autenticamente liberale.
Leggi le carte
• Quali aree erano soggette al pagamento delle gabelle e quali invece ne erano esentate?
• In quali regioni si riunivano gli Stati provinciali?
287
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Dopo la tentata
fuga, il re Luigi XVI
è costretto a tornare
a Parigi il 25 giugno
1791. Incisione di
Reinier Vinkeles e Daniel
Vrydag, fine XVIII secolo.
288
La Rivoluzione francese | 9 |
l’Antico regime, nell’aiutare – dal loro punto di vista – il re a rimediare alle colpe dei
politici corrotti. Due anni più tardi esistevano tre campi contrapposti: i controri-
voluzionari, inorriditi dagli insulti arrecati alla monarchia e alla Chiesa; i monar-
LESSICO chici costituzionali, che si proponevano di tornare al più presto alla normalità, alla
Cordiglieri concordia, alla legge, all’ordine; i giacobini, che volevano il suffragio universale, la
Membri dell’ala
più estremista
repubblica, l’uguaglianza effettiva.
del movimento Il 17 luglio, a un anno dallo scoppio della rivoluzione, a Parigi, una manifesta-
rivoluzionario, il cui zione organizzata nel Campo di Marte dai cordiglieri, l’ala più estremista del mo-
nome deriva dal luogo
dove si riunivano, l’ex
vimento rivoluzionario, venne dispersa a fucilate dalla Guardia nazionale, in cui
convento dei frati minori si riconoscevano i rivoluzionari favorevoli al mantenimento della monarchia: fu il
osservanti, i cordiglieri primo atto della insanabile divisione tra gli attori principali del processo rivoluzio-
appunto (cordelliers).
nario, le forze borghesi e moderate da un lato e le forze popolari dall’altro.
289
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
290
La Rivoluzione francese | 9 |
I sanculotti, che erano ridotti alla fame e avevano paura del complotto fra contro-
rivoluzionari ed eserciti stranieri, trovarono il loro punto di riferimento nel club dei
giacobini. Furono guidati da Maximilien de Robespierre (1758-94), un avvocato
che dal 1790 era presidente del club dei giacobini, e da Georges-Jacques Danton
Guarda il video
(1759-94), un grande oratore e leader carismatico del popolo parigino.
Maximilien de
Robespierre e rispondi Il 10 agosto 1792 i sanculotti presero d’assalto il palazzo reale, misero in pri-
alle domande: gione il re e sospesero la costituzione monarchica, affidando tutto il potere al co-
• Qual è l’intento mune insurrezionale di Parigi (ricordato di solito come «la Comune», perché il
iniziale di
Robespierre? termine in francese è femminile). La nuova, violenta accelerazione rivoluziona-
• In che modo ria rappresentata dalla Comune venne riconosciuta dall’Assemblea legislativa, an-
Robespierre vuole che perché, di fronte agli eventi, la legittimità di quest’ultima era ormai decaduta.
preservare gli ideali
della Rivoluzione?
Robespierre e Danton entrarono negli organismi provvisori della Comune e il com-
• Perché viene pito di tracciare il futuro assetto istituzionale della Francia venne affidato a una
istituito un Tribunale nuova assemblea costituente: la Convenzione nazionale, da eleggersi in breve
rivoluzionario?
tempo e a suffragio universale maschile.
291
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
L’esecuzione
di Luigi XVI il
21 gennaio 1793 in
Piazza della Rivoluzione,
l’attuale Place de la
Concorde.
292
La Rivoluzione francese | 9 |
Collega e confronta
1. Lavorando in gruppi, ricercate il testo
della Dichiarazione dei diritti della donna
e della cittadina di Olympe de Gouges,
leggete gli articoli e selezionate quelli che
vi hanno colpito di più; confrontateli poi
con quelli della Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino del 1789. Quali
sono le principali rivendicazioni sostenu-
te da De Gouges? Quali aspetti delle due
Dichiarazioni vi colpiscono e perché?
2. In Italia, il diritto di poter ricoprire un ruolo
politico è stato riconosciuto alle donne
soltanto nel 1946: quante donne furo-
no elette nell’Assemblea costituente in
quell’anno? Quante nel primo Parlamento
eletto a suffragio universale? Quante par-
lamentari donne si contano oggi in Italia?
Confrontate in dati e discutetene in classe.
293
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Un’esecuzione
in Piazza
della Rivoluzione
durante il periodo
del «Terrore».
Dipinto di Pierre
Antoine Demachy
del 1793. Parigi,
Musée Carnevalet.
294
La Rivoluzione francese | 9 |
295
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Il 3 maggio 1793 fu istituito un corpo di informatori che dipendeva a tutti gli effetti
LE FONTI
dal Ministero degli interni. Questi «osservatori», di fatto spie e delatori, furono attivi fi-
Vigilare no all’aprile del 1794, quando il ministro degli interni fu arrestato, in quanto legato a
sul popolo Danton, e il corpo sciolto.
Si riporta una parte della relazione di un osservatore del 23 febbraio 1794.
L’affluenza alle porte dei macellai continua senza sosta, in mezzo al gran chiasso delle donne […].
Ci sono perfino state frasi non certo a favore delle autorità costituite e della Convenzione, accusa-
te di negligenza, di aver condotto sull’orlo dell’attuale abisso la popolazione, e di aver finalmente
stabilito un calmiere quando i guai sono giunti al culmine. Si aggiunga che si sparge la voce che i
nostri eserciti subiscono rovesci un po’ dovunque, che tutto ciò vi viene tenuto nascosto […].
Così vengono diffuse mille altre notizie, che la malevolenza si compiace di divulgare, che non fan-
no che inasprire sempre più i cittadini, già mal disposti. Ovunque nei caffè, nei capannelli, nelle
piazze e nei mercati non si fa altro che parlare della miseria che incombe. Ormai la ghigliottina
non fa più paura; per morire di fame, tanto vale la ghigliottina. Ecco ciò che si dice e si pensa. Si
guarda al futuro con molta preoccupazione. In una parola, nessuno sa cosa pensare […].
(da G. Walter, La rivoluzione francese, De Agostini, Novara 1970, p. 461)
296
La Rivoluzione francese | 9 |
7 La Vandea e la controrivoluzione
La Vandea e la Bretagna, tra povertà e arretratezza
La Rivoluzione del 1789 aveva avuto successo perché i privilegiati avevano dimo-
strato grande disunione e debolezza, quando non erano addirittura uniti a loro
volta al fronte rivoluzionario, come avevano fatto tanti prelati e nobili liberali. Per
di più i controrivoluzionari non avevano trovato un capo, giacché Luigi XVI si era
mostrato un re debole e inetto. La Rivoluzione aveva vinto anche perché i non pri-
vilegiati, al contrario, erano stati eccezionalmente uniti, almeno in un primo mo-
mento; in particolare, le campagne avevano aiutato le città e i borghesi avevano
accolto le rivendicazioni dei contadini.
Questa solidarietà non coinvolse però tutto il territorio nazionale francese. In
particolare non si verificò in una delle regioni più arretrate del Paese, la Breta-
gna, e ancor meno nella Vandea, un dipartimento sulla costa atlantica a Sud della
Penisola bretone. La Bretagna e la Vandea erano regioni povere, caratterizzate da
insediamenti rurali sparsi, piccole aziende agricole isolate, campi recintati da fol-
te siepi. Come sempre succede nelle aree povere, erano anche zone con analfabe-
tismo diffuso, pratiche religiose cariche di ritualità, diffidenza pregiudiziale nei
confronti delle novità.
Parte della popolazione bretone era di stirpe celtica, non parlava francese e so-
cialmente era dominata dalla piccola aristocrazia chiusa e reazionaria, relativamen-
te povera ma fortemente radicata nel territorio, e dal clero, composto soprattutto
di curati di campagna, molto vicini alle masse contadine. Gli alti prelati avevano
scarso peso, tant’è che alla Camera del clero degli Stati generali non era stato elet-
to nessun vescovo della Bretagna. I borghesi svolgevano invece le funzioni di esat-
tori d’imposta o erano avvocati e commercianti delle città che facevano affari con i
contadini, in generale, a spese di questi ultimi. Nell’Ovest della Francia, insomma,
esisteva una situazione meno favorevole che altrove all’unità fra città e campagna,
ed era più probabile che in questa zona la protesta spontanea dei contadini contro
l’ambiente urbano si incontrasse con la propaganda controrivoluzionaria dei no-
bili e dei preti «refrattari».
297
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
298
La Rivoluzione francese | 9 |
né dall’altra. I civili vandeani, che non era possibile distinguere dai combattenti,
venivano sistematicamente massacrati. Alla fine l’esercito vandeano fu distrutto,
e i rivoluzionari commisero l’errore di infierire ancora, procedendo a una spieta-
ta repressione. A Nantes, per accelerare l’annientamento dei condannati, Carrier,
commissario della Convenzione in missione, li fece affogare in massa nelle acque
della Loira. Di fronte a questi metodi, i vandeani non avevano nulla da perdere a
riprendere le armi; era stata decretata la fine del grande esercito cattolico e mo-
narchico, ma la guerriglia continuò.
In Bretagna, un anno e mezzo dopo, il governo commise un errore di segno op-
posto, stipulando un trattato di pace che non imponeva ai ribelli di consegnare le
armi. I partigiani monarchici ne approfittarono per meglio organizzarsi, ricevendo
nuovi aiuti dai nobili emigrati e dagli inglesi. Nonostante ciò, imbottigliati nella
piccola penisola di Quiberon, furono annientati dal generale repubblicano Hoche
nel luglio del 1795. Più di settecento emigrati presi con le armi in mano furono fu-
cilati, come prescriveva la legge, «su semplice verifica dell’identità».
Neppure questa sconfitta, tuttavia, segnò la fine dell’insurrezione controrivolu-
zionaria dell’Ovest. Né le repressioni più selvagge né le pacificazioni riuscivano a
sradicarla.
Fra la Rivoluzione e le masse contadine cattoliche e tradizionaliste dell’Ovest si
era ormai consumata una rottura irreparabile, avendo entrambi i campi imboccato
con pari determinazione la strada della barbarie. La Vandea rappresentò il primo
laboratorio di controrivoluzione sanguinosa, destinato a fare da modello all’Italia,
alla Spagna, alla Germania, all’Europa intera.
Dol Parigi
BRETAGNA
Leggi la carta In Quiberon
gle
si Nantes RAURACIA
• Di quale natura
fu l’insurrezione VANDEA
scoppiata nella
Vandea? Zone di
Oceano Lione SAVOIA insurrezione
• Dove si
Atlantico realista
concentrarono le
Bordeaux Zone di
rivolte federaliste? insurrezione
• Quali territori federalista
GIRONDA
divennero Avignone Disordini
controrivoluzionari
teatro di scontri Nizza
Marsiglia
li
Territori occupati
no
i
rivoluzionario ol fino al 1793
Sp
gn Tolone
francese e quelli Spa Attacchi
REGNO DI SPAGNA Spagnoli della coalizione
delle grandi potenze Mare Mediterraneo
antifrancese
straniere?
299
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
8 La scristianizzazione
La tolleranza religiosa e la Costituzione civile del clero
I rapporti fra la Rivoluzione francese e la Chiesa di Roma avevano cominciato a
guastarsi fin dall’inizio, quando la religione cattolica aveva perso il suo ruolo pri-
vilegiato e la libertà di culto era stata garantita anche ai protestanti e agli ebrei con
la Dichiarazione dell’agosto del 1789 ( ▶ par. 3). Nei secoli precedenti, invece, la mo-
narchia aveva sempre protetto la Chiesa cattolica con la forza, perseguitando ogni
altro culto e, a maggior ragione, l’ateismo; in cambio, la Chiesa aveva rappresenta-
to la coscienza e la voce della monarchia.
All’epoca dell’assolutismo, la monarchia aveva ridotto gli spazi per la diversità
religiosa, in accordo con i desideri delle autorità cattoliche, ma aveva anche pro-
mosso l’emancipazione della Chiesa francese da quella romana, per ridurre gli
ostacoli che si opponevano alla piena affermazione del potere centrale ( ▶ cap. 2,
par. 5). Tra le due istituzioni esisteva comunque una salda alleanza: era infatti il
re a nominare i vescovi, salva restando la conferma papale, ma le cariche ecclesia-
stiche rivestivano un’importanza quasi più politica che religiosa.
La Rivoluzione si orientò senza incertezze verso la libertà di coscienza o, come
allora si diceva, la «tolleranza»: ogni opinione religiosa, come fatto privato, di-
venne subito libera. Ma per quanto riguarda i rapporti istituzionali fra lo Stato e la
Chiesa, la Rivoluzione si mosse da subito in direzione di una maggiore dipendenza
delle istituzioni religiose dalla politica. Essa espropriò i beni del clero per pagare
il debito dello Stato e trasformò senza mezzi termini gli uomini di Chiesa in fun-
zionari pubblici, stipendiati e sottoposti a giuramento. La carica vescovile diventò
a tutti gli effetti politica, tant’è che i vescovi venivano eletti dal popolo sovrano.
L’insieme dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica fu regolato da una legge
che venne denominata Costituzione civile del clero, approvata dalla Costituente nel
luglio del 1790, a seguito della quale una parte degli ecclesiastici accettò di diven-
tare «clero costituzionale», mentre un’altra, appoggiata da Roma, divenne «clero
refrattario». I preti «refrattari» erano turbati dalla perdita dell’autonomia econo-
mica e dalla sottomissione a un’autorità politica che, a differenza della monarchia
assoluta, non si considerava legittimata da Dio ma dal popolo. Inizialmente i preti
refrattari non furono perseguitati, perché la loro fede, come ogni altra, era libera;
ma non erano più titolari degli edifici ecclesiastici e si trovavano privi di mezzi di
sostentamento. Le loro messe non erano clandestine, ma riguardavano la sfera del
privato, come i culti protestanti o ebraici. I preti «refrattari» avevano perso in un
colpo solo tutti i loro antichissimi privilegi e divennero una spina nel fianco della
Rivoluzione, accrescendo il loro prestigio agli occhi di quanti diffidavano del nuo-
vo potere: in molti casi alle messe celebrate dai preti «costituzionali» non andava
nessuno e i fedeli si affollavano alle funzioni di quelli «refrattari».
300
La Rivoluzione francese | 9 |
La creazione di un nuovo calendario «rivoluzionario» rientrò nel processo di scristianizzazione, poiché sostituì il calendario
gregoriano, alterandone il millenario ritmo settimanale. Le date di inizio e di fine dei mesi non corrispondevano a quelle attuali.
Inoltre «avanzavano» 6 giorni (17-21 settembre, più un altro giorno negli anni bisestili), i «sanculottidi», che avevano nomi
speciali. Ecco i mesi del calendario rivoluzionario divisi per stagioni: Vendemmiaio, Brumaio, Frimaio (mesi autunnali); Nevoso,
Piovoso, Ventoso (mesi invernali); Germinale, Fiorile, Pratile (mesi primaverili); Messidoro, Termidoro, Fruttidoro (mesi estivi).
301
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
LESSICO
Manicheismo
La fine violenta del Terrore
Antica religione di Robespierre e il Comitato di salute pubblica si trovavano soli al governo di questa
origine iranica che pone immane trasformazione: dovevano riuscire a «rigenerare» la Francia prima che i
alla base della realtà
la lotta tra un principio
nemici della Rivoluzione avessero il sopravvento. Il vertice del governo «terrorista»
positivo e uno negativo. scorgeva complotti dappertutto e aveva introdotto una cultura politica tragicamente
L’aggettivo «manicheo» manichea: da un lato, i «buoni cittadini» e i «virtuosi padri di famiglia sanculotti»;
indica correntemente
una distinzione rigida
dall’altro, gli «aristocratici» e i «corrotti». In parte, questa tragica semplificazione
e sommaria tra «bene» era prodotta dalla durezza della situazione, in parte era figlia di un razionalismo e
e «male», «buoni» di un moralismo astratti, spinti fino alle estreme conseguenze. Il governo giacobi-
e «cattivi».
no aveva così interamente dissipato il patrimonio di fiducia che la Rivoluzione ave-
302
La Rivoluzione francese | 9 |
L’esecuzione
di Robespierre
il 28 luglio 1794
davanti al palazzo
delle Tuileries.
Stampa dell’epoca.
Leggi l’immagine
• Quali sono le diverse
reazioni dei presenti
all’esecuzione?
Descrivile.
• Il tricolore, simbolo
della Rivoluzione
francese, è presente
nell’immagine sotto
diverse forme.
Rintracciale e
spiega, a tuo avviso,
per quali ragioni
ricorre.
L’inflazione e il «controterrorismo»
Con la caduta di Robespierre finì il Terrore, i «sospetti» furono liberati dalle pri-
gioni, il Tribunale rivoluzionario venne sciolto e i suoi massimi responsabili
giustiziati. Anche il calmiere venne abolito, nel dicembre 1794, e i prezzi ripre-
sero subito la loro corsa al rialzo. Per i poveri non rimase più alcuna difesa, in un
Paese stremato dalla guerra e da un inverno eccezionalmente freddo, in cui i fiumi
gelarono e i trasporti, che erano essenzialmente fluviali, risultarono paralizzati. A
Parigi si moriva di fame, mentre l’economia francese cadeva nella più grave crisi
inflattiva di tutta la sua storia. L’assegnato si svalutava a una velocità impressio-
nante e, tre anni dopo, il suo valore reale era sceso a livelli incredibilmente bassi.
303
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Come sempre avviene nei periodi di forte inflazione, coloro che sapevano specu-
lare accumularono grandi fortune, per esempio acquistando beni nazionali a prezzi
stracciati. Dopo l’incubo del Terrore e del moralismo giacobino, chi aveva soldi fu
preso da una frenesia di vita allegra e dissoluta. I giovani della borghesia si orga-
nizzarono in squadre che scacciavano dai locali pubblici e dalle piazze della capi-
tale i sanculotti e chiudevano con la forza i club dei giacobini, ma nel complesso
la loro violenza fu contenuta. In provincia, invece, nacquero violente formazioni
«controterroriste», che raccolsero ogni sorta di disagio politico, morale e sociale,
seminando la morte fra gli ex giacobini. Ma in questa controrivoluzione sanguina-
ria confluirono anche vendette private ed episodi di pura criminalità.
La magistratura fu nel complesso complice dell’illegalità e non se la sentì di
contrastare questa ondata reazionaria: come ogni altra istituzione pubblica era
elettiva, e non volle mettere a rischio l’appoggio di cui generalmente godeva la re-
azione antigiacobina.
La Costituzione del 1793 non era mai entrata in vigore e ora se ne chiedeva l’ap-
plicazione, ma la Convenzione non aveva più la stessa maggioranza politica e non
si riconosceva in un testo così democratico. Cominciò dunque a redigere una nuo-
va Costituzione, che garantisse anzitutto l’ordine e la proprietà e poi l’equilibrio
dei poteri, per impedire il ritorno di una dittatura di tipo robespierrista.
304
La Rivoluzione francese | 9 |
i quartieri moderati, ormai apertamente monarchici, gli stessi che avevano rove-
sciato Robespierre, insorsero. E di nuovo, nel vendemmiaio dell’anno IV, la Con-
venzione fece ricorso all’esercito, che questa volta – comandato da Napoleone
Bonaparte – prese a cannonate gli insorti. In pochi mesi la Convenzione aveva
sperimentato la nuova linea centrista autoritaria della stabilizzazione postrivo-
luzionaria, assestando due violentissimi colpi alle opposizioni, il primo a sinistra
e il secondo a destra.
305
Dalla Storia all’Educazione civica
Cittadini uguali di fronte alla moderno, che si assumeva il compi- libertà, la proprietà, la sicurezza e la
legge nello Stato di diritto to di rappresentare la nazione tut- resistenza all’oppressione. Tali diritti
ta intera e da essa traeva la propria furono enunciati nella Dichiarazione
La Rivoluzione francese aprì la via forza: la volontà dell’assemblea par- dei diritti dell’uomo e del cittadino
allo Stato moderno, uno Stato na- lamentare si esprimeva attraverso la del 1789, da cui derivò il concetto di
zionale accentrato e dipendente da legge, di fronte alla quale si affer- diritti fondamentali dell’uomo, ac-
un’unica volontà sovrana estesa a mava l’uguaglianza dei cittadini. colto dal diritto costituzionale degli
tutto il territorio. I suoi strumenti fu- Nella società nata dalla Rivoluzione Stati europei nel Novecento.
rono il Parlamento e la Costituzione. erano riconosciuti alcuni diritti natu- Quei diritti, inoltre, furono procla-
Nel 1790 fu istituito il Parlamento rali, che prescindono dallo Stato: la mati con la Costituzione del 1791,
uno strumento atto a difenderli. Si
ebbe così un netto rovesciamen-
to rispetto alla situazione anteriore
al 1789: il diritto, prima creato dal
potere, e gli organi dello Stato (go-
verno e giudici) erano sottoposti al-
la Costituzione per evitare qualsivo-
glia arbitrio. Ecco perché si parla di
Stato di diritto: in esso i diritti dei
cittadini sono garantiti di fronte
allo Stato ed è vietato l’uso arbi-
trario dei poteri pubblici.
307
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
308
Ripassa con la mappa concettuale
LA RIVOLUZIONE FRANCESE
crisi stagione
Stati generali
dell’........................................ di violenze
309
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
310
Fonti e Storiografia
FONTI La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
F1 Il 26 agosto 1789 fu approvata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino,
in cui confluirono tradizioni politiche e culturali diverse, dall’Illuminismo alla fisiocrazia,
passando per il dibattito liberista. Se ne riportano alcuni punti.
311
Fonti e Storiografia
In questo periodo il terrore regnava sulla Francia e specialmente a Parigi, dove tutti cono-
scevano non solo la più grande penuria ma anche i più terribili orrori e assassinii. Regnava
il più grande disordine. Il Francese non respirava che sangue. Somigliavano a certi canni-
bali ed erano dei veri antropofagi. Il vicino denunciava il vicino a sangue freddo. I legami
di sangue erano dimenticati. Ho visto questi giorni orribili e ho visto [...] tutte le denunce
Leggi in digitale
che si presentavano a quell’infame comitato rivoluzionario1. Quando fui nominato per fa-
Il cammino delle
rivoluzioni del re rendere conto, degli uomini che credevo integri ne denunciavano altri a sangue freddo
giacobino Louis- per qualche parola sfuggita di bocca. L’uomo era immediatamente imprigionato e spesso
Antoine Saint- anche ghigliottinato.
Just, ghigliottinato
Voi, miei infelici amici, sarete sempre presenti nel mio ricordo. Rispettabile Saint Christau,
nel 1794, in cui si
difende la necessità appaltatore delle imposte, che mi si era affezionato e mi mandava spesso a cercare dal suo
della violenza cameriere per mangiare con lui. Dovevi morire, eri ricco. Quei mostri volevano solo le tue
per portare a fortune. Le mie parole all’assemblea e tutti gli sforzi che feci per portare tutti gli animi dalla
termine la missione tua parte, tutto fu inutile. L’uomo onesto compativa la tua sorte ma restava in silenzio [...].
rivoluzionaria. Su un
altro fronte, invece, E tu, infelice Barbet, uomo buono e leale con cui la sera trascorrevo qualche momento.
nel suo diario, il Due spie autorizzate dalla sezione seguivano i tuoi passi tuoi spostamenti [...]. Ti fecero
vetraio parigino bere e ti fecero parlare. Ti arrestarono, ti trascinarono dal commissario, un uomo duro che
Ménétra ne mette cercava solo di trovare dei colpevoli per dimostrare al comitato di sicurezza generale che
in luce gli orrori.
svolgeva l’incarico affidatogli altrettanto bene del comitato rivoluzionario. Questi uomini
Immagina di scrivere
un’intervista doppia si erano imbarbariti, erano senza umanità. Avrebbero, dicevano, sacrificato tutto per salva-
a Ménétra e Saint- re la patria, mentre tutto al contrario cercavano di distruggerla.
Just sul tema della Ero di guardia il giorno del suo arresto. Arrivo con la mia compagnia. L’ufficiale da cui
violenza nella Francia
prendo il turno mi dice che c’è qualcuno agli arresti. Qual è la mia sorpresa! È Barbet. Im-
del Terrore; proponi
almeno tre domande mediatamente lo faccio uscire. Trascorre tranquillamente la notte con me. Gli faccio delle
e rispondi assumendo domande. Non sa assolutamente perché è stato incarcerato. Mi dicono di non perdere di
prima il punto di vista quell’uomo. Lo conducono alla Conciergerie2. Tre giorni dopo morì sulla ghigliottina.
vista dell’uno e poi
(da D. Roche, Così parlò Ménétra. Diario di un vetraio del XVIII secolo, Garzanti,
dell’altro.
Milano 1992, pp. 244-246)
COMPRENDERE 1. A chi si riferisce Ménétra con l’espressione «Voi, miei infelici amici»?
2. Che attività sembra svolgere Ménétra nel momento in cui si svolgono i fatti narrati?
3. Per quale motivo, secondo l’autore, Saint Christau è stato arrestato?
a. Era corrotto.
b. Era un realista.
c. Era ricco.
INTERPRETARE 4. Sottolinea nel testo le parole che rimandano al campo semantico della violenza.
VALUTARE 5. Ménétra, pur partecipando in prima persona alla Rivoluzione, muove alcune
accuse a chi aveva il compito di amministrare la giustizia e la sicurezza.
Individuale e descrivi quali aspetti ti hanno colpito maggiormente del suo raccon-
to e, in generale, del periodo del Terrore.
312
La Rivoluzione francese 9
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO La Rivoluzione francese fu una rivoluzione
borghese?
Il ruolo della borghesia nella storiografia della Rivoluzione francese
La Rivoluzione francese ha sollecitato sul piano storiografico una varietà di inter-
pretazioni, ispirate sia a precisi indirizzi ideologici, sia a differenti impostazioni
metodologiche. Sebbene concordi nel considerare la Rivoluzione un evento epo-
cale, esse sono discordi nel definire gli aspetti che la rendono tale. Secondo alcu-
ne teorie la Rivoluzione del 1789 ha aperto la strada al dominio della borghesia,
per altre ha costituito l’irruzione consapevole delle masse nella storia. Di alcune
di queste tesi diamo conto nei seguenti testi storiografici.
313
Fonti e Storiografia
legge»; la religione cattolica resta la religione dello Stato, e la sola che ne riceva i sussidi,
dovendo i protestanti e gli ebrei contentarsi di un culto privato. Ogni cittadino può parla-
re, scrivere, e stampare liberamente, afferma l’articolo 11; ma vi sono determinati casi in
cui la legge potrà reprimere «gli abusi di questa libertà».
(da A. Soboul, La Rivoluzione francese, vol. I, Laterza, Bari 1966, pp. 166-169)
Bisogna restituire al mero fatto rivoluzionario, all’evento, il suo specifico ruolo di creatore
di discontinuità storica. Il cattivo raccolto del 1788, che influisce così profondamente sulla
mobilitazione delle masse rurali, deve la sua dignità di evento del massimo rilievo unica-
mente alle circostanze meteorologiche […].
[…] L’approfondimento delle ricerche sulle origini della Rivoluzione francese comporta un
imperativo logico, l’accettazione di una sua componente accidentale, e un imperativo propria-
mente storico, ossia l’analisi nel lungo periodo della vecchia società e dell’antica monarchia.
Si può parlare, del resto, di una Rivoluzione francese? […] Alla Rivoluzione francese con-
cepita come un tutto unico, abbiamo contrapposto l’idea di uno scontro fra rivoluzioni mol-
teplici, mettendo così in subbuglio la critica. Se ammettiamo la specificità dei movimenti
rurali e urbani […] perché insistere nel supporre una fondamentale unità là dove vediamo
soltanto differenza e addirittura antagonismo? […] Che il programma delle élites delle Ac-
cademie o delle Società scientifiche fosse identico a quello dei contadini della Sarthe1 o de-
gli artigiani parigini ci sembra una teoria indimostrabile.
[…] Rivoluzione borghese, come vorrebbe la storiografia imperante, o Rivoluzione di
un’élite e dei Lumi? Su questo punto il nostro libro è tuttora incerto. L’ulteriore orienta-
mento delle nostre ricerche ci spinge a rifiutare il concetto di rivoluzione borghese come
chiave dell’esplosione liberatoria del 1789. Probabilmente una corrente illuministica omo-
genea non è mai esistita, e fra sensibilità nobiliare e sensibilità borghese si intravedono dei
contrasti che dovrebbero essere accuratamente delimitati. Ma nel XVIII secolo il rifiuto del
1 Sarthe: regione dispotismo e la rivendicazione liberale allineano gran parte della nobiltà agli strati supe-
nord-occidentale riori del Terzo stato. Ignorare l’ossessionante presenza della monarchia assoluta nel rifiuto
della Francia. e nella generale rivolta sarebbe come rimanere sordi al grido dei contemporanei.
(F. Furet - D. Richet, La Rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. VIII-IX)
314
La Rivoluzione francese 9
S3 Rivoluzione e controrivoluzione
Donald M.G. Sutherland
In antitesi con quanti hanno interpretato la Rivoluzione francese come rivoluzione bor-
ghese, lo storico statunitense Donald M.G. Sutherland legge quegli eventi come un
ripetuto conflitto tra rivoluzione e controrivoluzione, una realtà assai diffusa quest’ul-
tima, a parere dello storico, che determinò l’abbandono dei valori all’origine del movi-
mento rivoluzionario.
Chi cerchi di capire la storia della Francia tra il 1789 e il 1815 […] pensa per prima cosa al-
la teoria della rivoluzione borghese. Senza scadere nella caricatura si può dire che secon-
do questa interpretazione la rivoluzione francese del 1789 è il prodotto di una borghesia
nutrita da uno sviluppo del capitalismo avvenuto nel corso di più secoli: le sue aspirazioni
erano frustrate dal monopolio aristocratico del potere e, alla fine, la convocazione degli stati
generali le fornì l’occasione per prendere quel potere e per riorganizzare secondo i propri
interessi le istituzioni sociali, giuridiche e politiche; inoltre, la resistenza dell’aristocrazia
alla propria fine incombente spiega sia la necessità di una rivoluzione violenta sia la lunga
durata dell’epoca rivoluzionaria. […]
La maggior parte degli storici ha accettato tale schema, in misura maggiore o minore, […].
Le opere dei revisionisti sulla rivoluzione sono state perlopiù all’insegna della critica
negativa, il che deve aver provocato un senso di frustrazione estrema in molti lettori non
specialisti. […]
Con la caduta di tanti punti di riferimento familiari e la comparsa di tanti nuovi dati da
assimilare, i lettori non specialisti hanno un gran bisogno di una nuova mappa che li guidi
attraverso quell’epoca. Una possibilità è abbandonare le teorie imperniate esclusivamente
sulla classe e accettare alcuni concetti: il conflitto fra privilegiati e non privilegiati era rea-
le, anche se non era basato sulla classe; la forza delle circostanze portò al potere nell’esta-
te del 1789 uomini che avevano un’idea abbastanza chiara di ciò che volevano, ma non un
mandato preciso della nazione per realizzarlo […].
La rivoluzione impose certe idee, come libertà individuale, diritto di proprietà senza re-
strizioni, base consensuale del potere […]. Questo fu sconvolgente per molti e quando si
produssero quei mutamenti profondi, là dove grossi strati della popolazione ricevettero
poco o nulla sul piano delle compensazioni materiali, si creò un forte malcontento che sa-
rebbe esploso in senso controrivoluzionario.
La storia di tutto il periodo può essere vista come lotta contro una controrivoluzione che
non fu tanto un fenomeno aristocratico, quanto una realtà ampia, durevole e popolare.
(da D.M.G. Sutherland, Rivoluzione e controrivoluzione. La Francia dal 1789 al 1815,
il Mulino, Bologna 2000, pp. 7-10)
315
10 L’epoca
napoleonica
Da generale della Rivoluzione a imperatore di Francia
La fine del XVIII secolo vede l’ascesa di un giovane generale, Napoleone Bonaparte, che
in pochi anni, forte dei suoi successi militari, attua un ambizioso progetto politico che
tradisce e reinterpreta i princìpi della Rivoluzione: legittimato dal consenso popolare, si
Esplora l’immagine fa proclamare console a vita, per poi assumere il titolo di imperatore di Francia nel 1804.
interattiva
L’Europa napoleonica
L’incoronazione Nel corso dell’epoca napoleonica, l’Europa vive enormi stravolgimenti politici: i fran-
di Napoleone I il
2 dicembre 1804 nella cesi affermano il loro predominio militare, vincendo più volte contro le coalizioni delle
cattedrale di Notre- potenze europee, occupano la Spagna e gran parte dell’Italia, dove nascono repubbliche
Dame a Parigi. Dipinto sorelle; solo con la campagna di Russia Napoleone conosce la sconfitta e l’inizio di un
di Jacques-Louis David,
1804-1807. Parigi, declino che nel 1814 porta alla sua abdicazione e nel 1815, con la disfatta di Waterloo,
Museo del Louvre. al suo esilio e alla fine di un’era.
317
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
1 La coalizione antifrancese
e le sue ambiguità
Un nuovo tipo di esercito «popolare»
Guarda il video Il maggior artefice della ripresa della guerra ideologica fu l’esercito francese pro-
Napoleone Bonaparte
dotto dalla Rivoluzione. Prima della Rivoluzione in Francia, come in tutti i Paesi
e rispondi alle
domande: europei, quello delle armi era un mestiere come ogni altro: ci si arruolava nell’e-
• A quale carriera sercito in cambio di uno stipendio e ci si restava per molti anni. I battaglioni corri-
era stato destinato
spondevano alla struttura per corpi di tutta la società d’Antico regime: alla loro testa
e dove studiò
Napoleone? avevano un colonnello aristocratico che ne era il comandante naturale. Gli ufficiali,
• Quale fu il primo tutti nobili, in un certo senso titolari delle proprie unità, curavano il reclutamento,
incarico affidatogli
l’armamento, i rifornimenti; i soldati erano povera gente, attirata sotto le armi da
dal Direttorio?
• In che anno si reclutatori che giravano per le campagne in cerca di giovani validi. Fra ufficiali e
autoincoronò soldati esisteva, dunque, una distanza sociale immensa.
imperatore La Rivoluzione cambiò tutto. In pochi mesi l’esercito regolare fu spazzato via
Napoleone?
dall’avanzata austriaca e prussiana, mentre gli ufficiali erano in larga misura emi-
grati. A Valmy a fermare i prussiani furono i volontari ( ▶ cap. 9, par. 5), cioè padri
di famiglia accorsi sotto le armi perché l’Assemblea legislativa aveva chiamato alla
mobilitazione, dichiarando «la Patria è in pericolo». Per un anno convissero quindi
in Francia due eserciti: uno professionale, con la vecchia uniforme bianca, falci-
diato dall’emigrazione ma ancora depositario di un’ottima tradizione di addestra-
mento, e uno volontario, in giacca blu, impreparato ma irresistibile nei suoi attacchi
alla baionetta. L’esercito volontario aveva però come male endemico la diserzione,
non per scarso senso civico ma perché, ricacciato il nemico, i volontari tornavano
al lavoro e alle famiglie, con o senza un regolare congedo.
Poi venne la leva dei 300.000 ( ▶ cap. 9, par. 7), che provocò l’insurrezione in
Vandea, e infine la leva di massa, che in teoria istituiva il servizio militare obbli-
gatorio. Venivano messe insieme così due unità di volontari con una di regolari.
318
L’epoca napoleonica | 10 |
L’ORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO
319
La battaglia
di Fleurus il
26 giugno 1794.
Dipinto rievocativo
di Jean-Baptiste
Mauzaisse (1837).
Versailles, Musée de
l’Histoire de France.
320
L’epoca napoleonica | 10 |
• monarchia elettiva limitata dalla Dieta ingerenze negli affari interni da parte
• società arretrata di tre potenze con mire espansionistiche:
• divisioni religiose ed etniche Austria, Prussia e Russia
321
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
ne alla spartizione della Polonia come alternativa alla coalizione antifrancese. Per
questo i prussiani furono pronti a intavolare trattative di pace con la Convenzione
dopo i primi seri rovesci militari. Per l’Austria il disimpegno dalla Francia era più
complicato in quanto comportava la perdita del Belgio.
Fino ad allora le guerre si erano sempre concluse con un baratto di territori tra
governi. I popoli cominciavano, invece, a battersi per il loro diritto all’autogover-
no. Prima gli americani, poi i francesi, ora i polacchi ponevano un’esigenza nuova:
quella di definirsi come nazione.
Alla testa della Polonia in lotta c’era Tadeusz Kościuszko (1746-1817), un uffi-
ciale che aveva combattuto volontario in America. Nel 1792 egli si recò a Parigi a
chiedere il sostegno francese per il governo polacco contro i nemici esterni e, nel
marzo del 1794, fu nominato comandante in capo con poteri dittatoriali per sal-
vare la Polonia dai russi e dai prussiani. Kościuszko riuscì a resistere sei mesi, fin-
ché venne sconfitto, ferito e rinchiuso in prigione a Pietroburgo. Due anni dopo fu
liberato e spese il resto della vita a battersi invano per l’indipendenza del suo Pa-
ese, divenendo così un prototipo dell’eroe nazionale.
Nel frattempo il Paese era stato completamente occupato da russi, prussiani e
austriaci, sparendo così dalla carta politica dell’Europa.
Smolensk Vitebsk
Mar Baltico Andrusovo Mar Baltico
Esplora i luoghi e Wehlau RUSSIA
Danzica BIANCA
lavora con le carte
Oliva
dell’Atlante digitale PRUSSIA POLONIA PRUSSIA POLONIA
interattivo Thorn
Varsavia
Varsavia Kiev Radom
Vienna Vienna
IMPERO
IMPERO OTTOMANO Mar OTTOMANO Mar
Nero Nero
1793 1795
IMPERO RUSSO
LITUANIA Vilna
Mar Baltico Mar Baltico
Grodno
Danzica Danzica
Leggi le carte PRUSSIA MASOVIA IMPERO RUSSO
Thorn
POLONIA PRUSSIA Thorn
• Quali potenze POLESIA
Varsavia Varsavia
trassero vantaggi
Posen VOLINIA
territoriali dalla PODOLIA
spartizione della Cracovia
Targovica
Polonia?
• Nel 1795 anche Vienna
la capitale Varsavia Vienna IMPERO IMPERO
IMPERO IMPERO
D’AUSTRIA D’AUSTRIA
passò in mano OTTOMANO Mar OTTOMANO Mar
straniera: a chi Nero Nero
fu destinata? Annessioni prussiane Annessioni austriache Annessioni russe Confini della Polonia
322
L’epoca napoleonica | 10 |
2 La «Grande Nation»
e le «repubbliche sorelle»
Una guerra di conquista per civilizzare il mondo
All’inizio i francesi predicavano «guerra ai castelli e pace alle capanne», immagi-
nando un mondo popolato da uguali che anelavano alla libertà. Ben presto si scon-
trarono con popoli che non intendevano seguire il modello proposto dalla Rivolu-
zione francese e che non erano pronti ad accedere all’autogoverno. Così la Francia
abbandonò ben presto la guerra di liberazione e passò a quella di conquista: cessò
di considerare uguali tutti i popoli ed elaborò una precisa gerarchia fra popoli «ci-
vili», da una parte, costituiti in nazioni e degni della libertà, e popolazioni «incivi-
li», dall’altra, abituate a servire.
Il Belgio, dominio austriaco, nell’estate del 1789 aveva tentato una rivoluzione,
esattamente contemporanea a quella francese: lo scopo era ripristinare le «libertà»
antiche, violate dal dispotismo illuminato e modernizzatore. Tuttavia i progres-
sisti belgi, radicali ma non estremisti, si trovarono subito isolati appena si profilò
qualche timido disordine sociale che provocò la reazione dei conservatori e il pre-
coce ritorno degli austriaci.
Due anni dopo, nell’autunno del 1792, dopo la battaglia di Valmy, i francesi
occuparono il Belgio e i patrioti li accolsero come liberatori; la Francia vittoriosa
poteva offrire al Belgio l’opportunità di rinnovarsi, pur nel ripristino delle proprie
radici. Il primo intento degli occupanti fu la costituzione di una Repubblica del
Belgio sul modello di quella francese, ma questo proposito venne subito scarta-
to, e già all’inizio del 1793 si parlava di annessione.
323
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
324
L’epoca napoleonica | 10 |
La battaglia di
Lodi combattuta il
10 maggio 1796 tra
le truppe francesi e
l’esercito austriaco.
Dipinto coevo di
Louis-François Lejeune.
Versailles, Musée
de l’Histoire de France.
325
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
scontro decisivo con gli austriaci doveva svolgersi in Germania, dove erano schie-
rati i grandi eserciti e i grandi generali. I soldati affidati a Bonaparte erano poche
decine di migliaia, mancavano di tutto – stivali, armi, viveri, soldi – e la disciplina
era inesistente. Ma il nuovo comandante era animato da grandi progetti che sia il
Direttorio sia gli austriaci sottovalutarono gravemente.
Napoleone attaccò la Repubblica di Genova lungo la costa, esponendosi al fuo-
co della flotta inglese. Poi dalla Liguria passò in Piemonte, inaugurando una tat-
tica che sarebbe divenuta famosa: spostare il più rapidamente possibile le proprie
forze, concentrandole tutte contro ciascuna delle formazioni nemiche per batter-
le una per volta. Il Piemonte fu piegato: dovette cedere la Savoia e la Contea di
Nizza e pagare cinque milioni di franchi. Restava l’osso duro: l’esercito austriaco,
che, pur ritirandosi verso est, molestato dai veloci e improvvisi attacchi francesi,
era ancora intatto. Il 15 maggio – poco più di un mese dopo l’inizio della campa-
gna – Bonaparte entrò da liberatore a Milano, mentre l’esercito austriaco si ri-
tirava verso est. Ai lombardi promise: «Sarete più liberi e più sicuri dei francesi.
Se l’Austria torna alla carica, non vi abbandonerò mai». Si delineava ormai la sua
politica personale.
326
L’epoca napoleonica | 10 |
327
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
La Repubblica Romana
Il resto dell’Italia era percorso da vivaci ma circoscritti fermenti di rivoluzione, che
infiammavano soltanto una piccola minoranza delle classi dirigenti colte e raffina-
te. Vincenzo Cuoco (1770-1823), autore del Saggio storico sulla rivoluzione napo-
letana del 1799 (1801), ironizzò sull’isolamento di questi intellettuali così estranei
alla «nazione» italiana da risultare addirittura stranieri, e definì la situazione con
il termine «rivoluzione passiva». La realtà era che l’esercito francese non portava
con sé solo la Rivoluzione ma anche la resistenza alla rivoluzione, come in Vandea.
Le violenze, i saccheggi, le stragi, le coscrizioni obbligatorie, i prelievi fiscali non
avvenivano certo per accendere l’amore dei popoli, soprattutto nelle campagne.
328
L’epoca napoleonica | 10 |
Nel febbraio del 1798, pochi mesi dopo che il trattato di Campoformio aveva as-
sestato un colpo formidabile ai sogni dei giacobini italiani, un incidente diploma-
tico a Roma fornì il pretesto per un attacco francese alla città del papa. I giacobini
vi fondarono la Repubblica Romana, che si diede, come tutte le altre «repubbliche
sorelle», una costituzione quasi identica a quella francese. Pio VI fu espulso e si ri-
fugiò in Toscana, ma la Repubblica Romana fu la più debole di tutte, tartassata dai
contributi da versare alla Francia, assediata dalle sollevazioni contadine (le «insor-
genze») e totalmente dipendente dall’esercito d’occupazione francese.
La Repubblica Napoletana
Il re di Napoli Ferdinando IV, spinto dagli inglesi, ebbe l’infelice idea di attaccare
militarmente la Repubblica Romana per restaurarvi il potere papale, ma, battuto
dal generale Jean-Étienne Championnet, fu inseguito dalle truppe francesi fin nel-
la sua capitale, dalla quale fuggì per mare alla volta di Palermo negli ultimi giorni
del dicembre del 1798.
A Napoli avvenne però qualcosa di nuovo: il popolo, che altrove aveva sempre
assistito indifferente alle lotte politiche fra classi dirigenti filofrancesi e classi di-
rigenti filoaustriache, insorse contro la miseria, contro il re che aveva provocato la
guerra per abbandonare poi la capitale ai francesi, contro gran parte dei nobili illu-
minati colti e raffinati, accusati di giacobinismo, e contro l’esercito d’occupazione
francese. Nella città campana scoppiò insomma un’antirivoluzione genuinamente
popolare, in cui la plebe napoletana (i lazzari) oppose resistenza all’occupazione
francese con la guerriglia casa per casa.
I francesi non si fecero intimidire e, soffocata nel sangue la rivolta, ripresero il
controllo della città, riconoscendo la nascita della Repubblica Napoletana (gennaio
L’ingresso a Roma
dell’esercito francese
(15 febbraio 1798).
Dipinto di Hippolyte
Lecomte (XIX secolo).
Versailles, Musée du
Château.
329
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
del 1799), che fu la più giacobina e, per la sua orribile conclusione, la più tragi-
ca delle «repubbliche sorelle». Ultima per nascita, in pochi mesi di vita tentò di
smantellare il sistema feudale che gravava sulle campagne napoletane e cominciò
ad affrontare un problema immenso: favorire l’alfabetizzazione e la propaganda
delle idee di libertà fra le masse contadine. I migliori ingegni della scuola illumini-
sta napoletana si misero al servizio della Repubblica e, com’era successo a Milano
prima di Campoformio, la creatività intellettuale, l’utopia, la speranza si sentirono
per una brevissima stagione al potere.
Ferdinando IV, però, dalla Sicilia organizzò con l’ammiraglio inglese Horatio
Nelson, la riconquista del Regno, affidandone l’incarico al cardinale Fabrizio Ruffo
(1744-1827), esponente della feudalità calabrese. Ruffo raccolse un esercito, detto
«della Santa Fede», che dalla Calabria marciò su Napoli reclutando briganti e con-
tadini, ingannati con false promesse di distribuzione della terra.
L’esercito sanfedista, nel giugno del 1799, investì la capitale abbandonata dalle
truppe francesi, richiamate al Nord dalla ripresa della guerra contro una nuova coa-
lizione europea, mentre scoppiava di nuovo la controrivoluzione a Napoli. I giacobini
finirono per capitolare, con la clausola di poter abbandonare la città per rifugiarsi
in Francia. Ma l’accordo sottoscritto venne violato dagli inglesi, che fermarono la
nave nel porto e fecero giustiziare centoventi dirigenti politici e intellettuali della
Repubblica napoletana. Nei giorni seguenti cadde anche la Repubblica Romana.
Leggi le carte
• In quali aree si estesero le tre «repubbliche sorelle»: Cisalpina, Romana e Partenopea?
• Quali fra gli antichi Stati italiani furono penalizzati di più dalla campagna napoleonica?
330
L’epoca napoleonica | 10 |
4 La campagna d’Egitto
Annettere l’Egitto per minacciare gli interessi inglesi
Sconfitta l’Austria, restava alla Francia l’altra grande secolare nemica: l’Inghilterra.
Inghilterra e Francia erano, in un certo senso, reciprocamente invulnerabili: la pri-
ma deteneva un’indiscussa superiorità sul mare, la seconda sulla terra.
Nell’ottobre del 1797, una settimana dopo la stipula del trattato di Campofor-
mio, il Direttorio affidò a Bonaparte l’incarico di attaccare l’Inghilterra con deci-
sione. Napoleone avrebbe anche potuto raccogliere un esercito immenso, ma non
sarebbe mai riuscito ad attraversare la Manica. Poteva invece riprendere una vec-
chia strategia della monarchia assoluta: attaccare l’Inghilterra nelle colonie. Per
quanto potente fosse la flotta inglese, infatti, non lo era certo abbastanza per con-
trollare tutti i mari con la stessa sicurezza con cui vigilava sulla Manica e i francesi
potevano tentare di sfruttare la sorpresa per condurre l’attacco contro uno degli
interessi britannici sparsi per il globo.
Napoleone scelse l’Egitto, che allora non era sotto sovranità inglese ma ottoma-
LESSICO
Mamelucchi na, in modo da poter minacciare l’India o essere d’intralcio all’espansione ingle-
Schiavi militari d’origine se in Oriente, aprendo alla Francia nuove vie di commercio. Al governo francese
turca, mongola non dispiaceva che Napoleone partisse alla conquista dell’Egitto. Se fosse riusci-
e circassa, divenuti
poi casta dominante,
to, avrebbe coronato un vecchio sogno della borghesia commerciale francese e ri-
al potere in Egitto scattato la sconfitta subita in India nella guerra dei Sette anni ( ▶ cap. 5, par. 3); se
e in Siria dalla metà invece avesse fallito, sarebbe uscito di scena un militare politicamente molto in-
del XIII secolo al
1516-17. Sconfitti da
gombrante. In Egitto da cinquecento anni deteneva il potere la feudalità turca dei
Solimano il Magnifico, mamelucchi, in maniera autonoma rispetto al governo ottomano di Istanbul, e
ripresero il potere Napoleone poteva abbastanza ragionevolmente ritenere che un’impresa coloniale
nel XVIII secolo.
diretta contro l’Egitto non avrebbe scatenato un conflitto generalizzato.
331
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
mente passiva, poiché non c’era una élite di aristocrazia giacobina come a Napoli.
Il bonapartismo assumeva in Egitto il suo volto più odioso, completamente privo
dei valori ideali della Rivoluzione.
Mar Mediterraneo
agost San Giovanni d’Acri
o 17 Nazareth
98 Flotta inglese
(Nelson) Tabor
ag Giaffa
ost
o 17 Abukir
99 Gerusalemme
Rosetta Gaza
Alessandria
Mar Morto
El Sâlhîya
El Arish
Piramidi Il Cairo
o
Nil
EGITTO
(protettorato SINAI
ottomano)
332
L’epoca napoleonica | 10 |
Collega e confronta
1. La campagna d’Egitto di Napoleone ebbe
un grandissimo impatto sulla cultura euro-
pea della prima metà dell’Ottocento: l’an-
tica civiltà egizia divenne, infatti, oggetto
di studio nelle università e attirò la curio-
sità di moltissimi appassionati; migliaia di
reperti archeologici vennero così trafugati
o requisiti per essere esposti nei musei
di tutta Europa. Ne resta traccia nelle
collezioni del British Museum, del Louvre e
anche del Museo egizio di Torino. Negli ul-
timi decenni, alcuni studiosi si sono battuti
per la restituzione dei reperti archeologici,
sottratti indebitamente nei secoli scorsi,
durante le campagne militari. Che cosa
ne pensi? Ritieni sia giusto restituire gli
oggetti sottratti ai Paesi di origine?
2. Sul sito della Biblioteca nazionale di
Francia puoi sfogliare virtualmente alcune
delle tavole illustrate della Description de
l’Égypte. Scegliene cinque, fra quelle che
ti hanno colpito di più, descrivile, conte-
stualizzale nel progetto più ampio della
Déscription e realizza una presentazione
multimediale.
333
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
334
Napoleone
Bonaparte e i suoi
soldati irrompono
nella Camera dei
Cinquecento il
18 brumaio 1799
(10 novembre 1799).
Dipinto di François
Bouchot del 1840.
Versailles, Musée
du Château.
riano come Barras. Con loro organizzò il colpo di Stato che viene tradizionalmen-
te assunto come la data finale della Rivoluzione francese: il 18 brumaio dell’anno
VIII (9 novembre 1799) il Direttorio fu esautorato e i Consigli sciolti con la forza.
«Buttatemi fuori tutta questa gente» fu il gelido ordine impartito da Napoleone
ai granatieri per sgombrare l’aula parlamentare. La sera del 10 novembre la Fran-
cia si trovò retta da un Consolato di tre membri, dei quali Napoleone era il primo.
Tutto si svolse con rapidità e appena un mese più tardi la Francia aveva già una
nuova costituzione, la Costituzione dell’anno VIII, priva, questa volta, della Dichia-
razione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La nuova Costituzione era stata pratica-
mente imposta a due commissioni legislative, prima di essere sottoposta all’appro-
LESSICO vazione popolare, che si ottenne tramite scrutinio palese e venne dunque accolta
Scrutinio palese da una grande maggioranza di voti favorevoli. Le elezioni diventarono una farsa:
Lo scrutinio palese
prevede che il voto sia i cittadini nominavano una lista di notabili, che a loro volta sceglievano una lista
espresso pubblicamente dieci volte più ristretta di notabili, che a loro volta designavano una lista ancora
e non resti, dunque, dieci volte più esigua di supernotabili. All’interno di quest’ultima il governo, at-
segreto.
traverso un Senato conservatore di sua nomina, sceglieva i membri delle Camere:
il Tribunato e il Corpo legislativo, che per giunta non avevano nemmeno il pote-
re di proporre le leggi ma solo di approvare quelle presentate dal Primo console.
L’artefice di questa Costituzione era Sieyès, che aveva incarnato forse più di ogni
altro le promesse di libertà del 1789. Ma, solo dieci giorni più tardi, venne estro-
messo dalla vita politica: il Primo console preferiva governare da solo.
335
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
336
L’epoca napoleonica | 10 |
L’Italia del Nord passava quindi dall’orbita austriaca a quella francese, men-
tre in Toscana nasceva un nuovo Stato fantoccio, il Regno d’Etruria, donato al-
la dinastia spagnola dei Borbone-Parma, ma che nel 1807 sarebbe tornato nelle
mani dei francesi. Nel Mediterraneo si consolidava intanto la presenza dell’In-
ghilterra, a parziale risarcimento delle pesanti concessioni che aveva dovuto fare
alla Francia. Il ruolo della Prussia in Germania era intatto e la Russia si ritirava
addirittura rafforzata; solo l’Austria, per il momento, faceva veramente le spese
della pace europea.
337
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
La prima
distribuzione delle
decorazioni della
Legione d’onore nella
Chiesa degli Invalidi
(14 luglio 1804).
Dipinto di Jean-Baptiste
Debret del 1812.
Versailles, Musée
du Château.
338
L’epoca napoleonica | 10 |
339
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
• scristianizzazione
Ostilità dei • laicità dello Stato
cattolici • perdita del ruolo privilegiato della Chiesa
• Napoleone considerato un usurpatore
Trattative tra • lo Stato deve sanare i rapporti con una larga parte
Napoleone dell’opinione pubblica
e la Chiesa • luglio 1801: Napoleone e Pio VII siglano il Concordato
340
L’epoca napoleonica | 10 |
Il Codice Napoleone
La Rivoluzione francese aveva profondamente modificato l’insieme delle leggi del
Paese: tutti i cittadini erano ormai uguali davanti alla legge; erano state soppres-
se le corporazioni, le associazioni di mestiere che per secoli avevano annullato le
leggi della libera concorrenza; erano stati eliminati i privilegi fiscali, così come gli
statuti particolari; tutti i figli, anche illegittimi, avevano acquisito gli stessi dirit-
ti all’eredità. Gran parte di questa rivoluzione giuridica non era però ancora stata
codificata e Bonaparte si incaricò di colmare tale lacuna.
Il lavoro dei giuristi incaricati di amalgamare la legislazione francese con le
novità introdotte dalla Rivoluzione fu portato avanti dalla commissione apposi-
tamente incaricata che vi lavorò per quasi quattro anni e il Codice civile, detto poi
Codice Napoleone, venne promulgato nella primavera del 1804. I giuristi hanno
sempre sottolineato la grandissima portata culturale del lavoro di sistemazione
che il Codice civile rappresenta. Probabilmente l’opera più durevole del regime
napoleonico, quella che più ha contribuito alla costruzione del mondo moderno
e ha maggiormente influenzato gli altri Paesi, non solo europei, rimane proprio il
Codice, per la sua definizione giuridica dei due pilastri della moderna convivenza
civile: la libertà personale e il senso dello Stato.
Come tutta l’opera di Napoleone, il Codice aveva il doppio carattere di conso-
lidamento delle conquiste rivoluzionarie e di parziale ritorno all’Antico regime. Il
Codice confermò la scomparsa dell’aristocrazia, l’uguaglianza di tutti i cittadini
di fronte alla legge, la laicità dello Stato, la libertà personale, di impresa, di lavoro.
Un processo in un
tribunale francese in Tuttavia il suo scopo era anche quello di rassicurare dal pericolo di eccessi eguali-
epoca napoleonica. tari una borghesia provata da quindici anni di Rivoluzione.
341
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
IL CODICE NAPOLEONE
342
L’epoca napoleonica | 10 |
Art. 148 – Il figlio che non è giunto all’età di venticinque anni compiti,
la figlia che non ha compito gli anni ventuno, non possono contrarre
matrimonio senza il consenso del padre e della madre; in caso che siano
discordi, il consenso del padre è sufficiente […].
Art. 214 – La moglie è obbligata ad abitare col marito, e a seguitarlo
ovunque egli crede opportuno di stabilire la sua residenza […].
Art. 215 – La moglie non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del
marito, quand’anche ella esercitasse pubblicamente la mercatura […].
Art. 217 – La donna, ancorché non sia in comunione e sia separata di
beni, non può donare, alienare, ipotecare, acquistare, a titolo gratuito od
oneroso, senza che il marito concorra nell’atto, o presti il consenso in
iscritto.
(da Codice di Napoleone il Grande, trad. uff., Molini, Landi e Comp.,
Firenze 1808, pp. 35-36, 46-47)
343
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
344
L’epoca napoleonica | 10 |
Inoltre, con le sue maree e le sue tempeste, la Manica costituiva un ostacolo dif-
ficilissimo da superare per un grande esercito, considerando che la supremazia
navale britannica restava praticamente incontrastabile. Nell’autunno del 1805
Napoleone dovette quindi rinunciare all’invasione dell’Inghilterra. La flotta fran-
cese, insieme all’alleato spagnolo, cercò di attirare quella britannica lontano dal
teatro delle operazioni, ma in ottobre fu distrutta dagli inglesi al largo del Capo
Trafalgar, presso Cadice. L’ammiraglio Nelson rimase ucciso nella battaglia, ma
le forze navali franco-spagnole da allora non poterono più nemmeno pensare di
competere con quelle inglesi.
345
L’entrata trionfale L’apogeo dell’espansione francese sotto Napoleone
di Napoleone a
Napoleone e Alessandro I si incontrarono a Tilsit il 25 giugno 1807, su una zat-
Berlino il 27 ottobre
1806. Dipinto di Charles tera ancorata al centro del Niemen, il fiume che segnava il confine russo, separan-
Meynier del 1810. do la Polonia occidentale annessa dalla Prussia, e ora «liberata» da Napoleone,
Versailles, Musée
da quella orientale, incorporata nella Russia. In quell’incontro i due imperatori si
du Château.
spartirono l’Europa.
La Prussia perse una buona parte delle sue province: quelle orientali polac-
che formarono il Granducato di Varsavia, quelle occidentali il Regno di Vestfalia.
Il primo andò a un principe tedesco alleato della Francia, il secondo a Girolamo
Bonaparte, uno dei fratelli di Napoleone, divenendo un caposaldo francese nel-
la Confederazione del Reno. Una clausola segreta del trattato di Tilsit prevedeva
anche che la Russia e la Francia si spartissero l’Impero ottomano.
A questo punto era l’Inghilterra a trovarsi isolata. Napoleone e Alessandro I sem-
bravano aver concluso un accordo perfetto, fondato su una comunanza di sogni di
grandezza e di gloria, ma in realtà tale comunanza era frutto di un duplice delirio
di onnipotenza e sarebbe durata solo cinque anni, anche se, per il momento, sem-
brava coronare la vittoria francese sul continente europeo.
La Spagna, dopo il disastro di Trafalgar, aveva pensato di passare dalla parte
degli inglesi, ma non ne ebbe il tempo e la battaglia di Jena le fece cambiare idea.
Napoleone trovò comunque un pretesto per far abdicare nel 1808 il re a favore di
Giuseppe Bonaparte (1768-1844), suo fratello maggiore. Nel 1809 l’Austria, ap-
profittando delle difficoltà che i francesi incontravano con gli spagnoli, formò con
gli inglesi la quinta coalizione. Per la seconda volta, però, Vienna fu occupata e l’e-
sercito austriaco distrutto, a Wagram, nel luglio del 1809. L’avventura napoleonica
raggiunse così il suo apogeo. A parte l’Inghilterra, la Francia aveva ormai elimina-
346
L’epoca napoleonica | 10 |
IMPERO IMPERO
FRANCESE REP. DI SAN MARINO IMPERO FRANCESE IMPERO
REP. DI SAN MARINO
OTTOMANO OTTOMANO
PRINCIPATO PRINCIPATO
DI LUCCA REGNO DALMAZIA DI LUCCA
(REGNO D’ITALIA)
D’ETRURIA ETRURIA Mar
STATO (FRANCIA) Adriatico
Mar PRINCIPATO
DELLA Adriatico DI PIOMBINO
PRINCIPATO CHIESA
PRINCIPATO DI PRINCIPATO DI
DI PIOMBINO PONTECORVO PONTECORVO
PRINCIPATO DI PRINCIPATO DI
BENEVENTO BENEVENTO
Mar Tirreno REGNO REGNO
REGNO DI DI NAPOLI REGNO DI Mar Tirreno DI NAPOLI
SARDEGNA SARDEGNA
Mar Mar
Ionio Ionio
Mar Mediterraneo
Mar Mediterraneo
REGNO REGNO
DI SICILIA DI SICILIA
Leggi le carte
• Quale destino subì lo Stato pontificio tra il 1806 e il 1810?
• A quale potenza fu affidato inizialmente il Regno d’Etruria prima di tornare nelle mani francesi nel 1808?
• Repubblica Repubblica Cisalpina (1797) Repubblica italiana (1802) Regno d’Italia (1805)
Cispadana (1796) • Milano capitale • Milano capitale • Milano capitale
• Repubblica • governo moderato • potere esecutivo a • Napoleone re d’Italia
Transpadana (1796) Napoleone
347
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Bonaparte. Quando, tre anni dopo, quest’ultimo ebbe il trono di Spagna, al suo po-
sto venne insediato uno dei più fedeli generali di Napoleone nonché suo cognato:
Gioacchino Murat (1767-1815).
Napoleone aveva costruito un edificio immenso che aveva, però, i suoi elemen-
ti di fragilità. Senza figli a cui lasciare la sua eredità, privo di legittimazione a re-
gnare – non possedeva la legittimità che viene dalla tradizione né quella che viene
dalla legge – Napoleone la cercò in un nuovo matrimonio che lo legasse a una ca-
sa regnante e gli potesse dare l’agognato erede: divorziò da Giuseppina e ottenne
la mano di Maria Luisa d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria, con cui celebrò
il matrimonio nel 1810; ne ebbe un figlio, Napoleone Francesco Giuseppe, il «re
di Roma», poi deceduto in giovane età a Vienna, dove, dopo la sconfitta definitiva
del padre, era tenuto in uno stato di dorata semiprigionia.
348
L’epoca napoleonica | 10 |
9 Il blocco continentale
e la resistenza spagnola
Il prezzo della guerra tra Inghilterra e Francia
Da decenni in Francia si riteneva che la potenza economica inglese, basata sul
commercio, soprattutto transoceanico, e la finanza, fosse fragile e che invece un’e-
conomia forte dovesse fondarsi, come appunto accadeva in Francia, su una solida
produzione agricola. Essendo Francia e Inghilterra, dal punto di vista militare, re-
ciprocamente quasi invulnerabili, le due potenze ricorrevano ciascuna al tentativo
di strangolare il commercio dell’altra per distruggerla economicamente. Soprattutto
l’Inghilterra avrebbe corso gravi pericoli se le sue esportazioni fossero state colpi-
te in modo massiccio: la ricchezza inglese si fondava infatti sul sistema bancario e
commerciale, e il Paese sarebbe andato incontro a una crisi finanziaria travolgente
se non avesse più potuto esportare le proprie merci.
Fin dall’inizio delle reciproche ostilità l’Inghilterra aveva dichiarato la Francia in
«stato di blocco», facendo incrociare la propria flotta davanti ai porti francesi per
intercettare tutte le navi della Francia o dei suoi alleati; la Francia non poteva fare
altrettanto e rispondeva impedendo l’accesso ai propri porti delle merci inglesi. Il
danno per i due contendenti rimaneva comunque limitato, perché le rispettive mer-
ci continuavano a essere commerciate dai Paesi neutrali (Stati Uniti, Danimarca e
altri), che rifornivano i mercati dei Paesi belligeranti, facendo peraltro ottimi affari.
Con l’estendersi del controllo francese sul continente, gli inglesi non potevano
più bloccare materialmente tutti i porti. Padroni com’erano del mare, potevano però
del Nord
sovrani napoleonici Mosca
DANIMARCA
Stati dipendenti
GRAN Copenaghen
dalla Francia Helgoland Tilsit
BRETAGNA 1807 Danzica 12 IMPERO RUSSO
Direttrici
18
dell’espansione PRUSSIA
Londra
francese Berlino Varsavia Bialistok
Isole della VESTFALIA 1807 1807
Direttrici Manica
dell’espansione Boulogne CONFEDERAZIONE GRANDUCATO
russa Parigi DEL RENO DI VARSAVIA
Tarnopol
1806 Praga 1809
Annessioni russe Oceano Atlantico Fontainebleau
dal 1807 Ulm Vienna BESSARABIA
12
IMPERO D’AUSTRIA
18
REGNO ILLIRICHE
80
1 Belgrado
d al D’ITALIA
Tolone Genova SERBIA Bucarest
1805 ETRURIA Mar Nero
Lisbona Madrid CATALOGNA
Leggi la carta Ragusa MONTENEGRO
Barcellona Roma 1805
REGNO 1805
• Quali territori furono DI SPAGNA Napoli IMPERO OTTOMANO
annessi direttamente Cadice REGNO
Cartagena DI SARDEGNA REGNO
alla Francia in Italia e DI NAPOLI
nel resto d’Europa? Gibilterra Mar Mediterraneo Isole
REGNO Ionie
• Quali Stati furono Melilla (Spagna) DI SICILIA 1809
invece affidati a Malta
sovrani napoleonici? 1800
349
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
350
3 maggio 1808.
Dipinto di Francisco
Goya (1814). Madrid,
Museo del Prado.
Leggi l’immagine
• La scelta di ritrarre
il condannato con
una camicia bianca
che contrasta con
le tinte cupe del
dipinto ha un valore
simbolico: quale?
• Quali particolari
enfatizzano la
violenza dell’evento?
351
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
Tolosa
Baiona
La Coruña Oviedo Bilbao IMPERO
Vitoria FRANCESE
Pamplona Figueras
Astorga Burgos CATALOGNA
(dal 1812 Girona
alla Francia)
Bragança Benavente Valladolid Saragozza Barcellona
Porto
Salamanca Colle di
Somosierra Tortesa Mar Mediterraneo
Arapiles Madrid
Fuentes
de Oñoro Ocaña Palma
Valencia
REGNO DI SPAGNA
Badajoz
Medellin
Lisbona Albuera
REGNO DI Alicante Offensive francesi
Leggi la carta
PORTOGALLO Cordova Bailén Offensive inglesi
• Individua i centri (occupato dalla Cartagena
Francia nel Territori occupati
dove scoppiarono le 1807-08) Siviglia dai francesi
Granada
insurrezioni spagnole nell’agosto 1808
Malaga
contro i francesi. Cadice Territori occupati
Gibilterra dagli inglesi
• Quali territori furono Trafalgar
Oceano Atlantico 1805 Ceuta Centri dell’insurrezione
occupati dalle truppe Tangeri spagnola
inglesi?
352
L’epoca napoleonica | 10 |
10 La campagna di Russia
e la caduta di Napoleone
Le motivazioni e l’inizio della spedizione francese in Russia
La Russia non aveva niente da guadagnare dal blocco continentale. Dall’alleanza
con i francesi – sancita dall’incontro a Tilsit del 1807 tra Napoleone e Alessandro I
( ▶ par. 8) – avrebbe dovuto ottenere l’espansione in Oriente, ma la guerra contro
l’Impero, intrapresa nel 1809-10, non dava nessun risultato, tanto più che i turchi
tendevano ad avvicinarsi allo stesso Bonaparte.
Nel frattempo si erano accumulate tensioni tra i due imperatori: a Napoleone
era parso che lo zar Alessandro I sostenesse gli austriaci contro di lui e ad Ales-
sandro risultava che Napoleone, per danneggiarlo, appoggiasse gli svedesi. Lo zar
non voleva più aderire al blocco continentale, che frenava le esportazioni russe di
legname e di altre materie prime e, inoltre, era insoddisfatto di come erano stati
riorganizzati i territori polacchi dall’imperatore francese.
La Russia era l’ultima potenza rimasta indipendente sul continente europeo,
quella che ancora poteva dialogare, e commerciare, con l’Inghilterra, ma sembrava
comunque più debole militarmente rispetto alla Francia. Napoleone ritenne così
Il passaggio opportuno costringere con la forza lo zar alla fedeltà nei confronti degli impegni
delle truppe francesi presi e mobilitò una macchina bellica imponente: la Grande armata di 700.000
sul fiume Beresina uomini, che si concentrò sulle rive del Baltico per dare l’assalto alla Russia. Non
durante la Campagna
di Russia nel più di 300.000 erano francesi, tutti gli altri provenivano dai territori assoggettati
novembre del 1812. all’Impero. I contemporanei ebbero l’impressione di qualcosa di apocalittico: una
Dipinto di Peter grande invasione dei popoli occidentali che si stava preparando contro l’Oriente,
von Hess del 1844.
San Pietroburgo, quasi la ripetizione al contrario delle invasioni barbariche che avevano abbattuto
Museo dell’Ermitage. l’Impero romano.
353
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
La Grande armata passò il fiume Niemen nel giugno del 1812 e puntò su Mosca.
Napoleone si guardò bene dal promettere l’abolizione della servitù ai contadini rus-
si; questi rimasero fedeli al loro sovrano e alle loro strutture sociali facendo terra
bruciata intorno ai francesi. L’esercito napoleonico non poteva più trovare approv-
vigionamenti sui territori che via via occupava e dovette proiettarsi in avanti, con
poche risorse, rallentando la sua marcia più di quanto Napoleone avesse immagi-
nato, mentre l’esercito russo si ritirava senza accettare battaglia.
LA CAMPAGNA DI RUSSIA
354
L’epoca napoleonica | 10 |
quando diversi dei ponti approntati dall’esercito francese crollarono sotto i colpi
dell’artiglieria russa. In dicembre Napoleone raggiunse le sue retrovie con l’eserci-
to annientato, riportando indietro solo 100.000 soldati. Alle sue spalle, intanto, si
era sgretolata l’alleanza dei sudditi dell’imperialismo francese e nella stessa Parigi
si era verificato un tentativo di colpo di Stato contro l’imperatore.
Passarono mesi durante i quali Napoleone preparò la rivincita, mentre contro
di lui si formò la sesta coalizione antifrancese, a cui progressivamente aderirono
i popoli un tempo sottomessi: i prussiani, gli austriaci, gli svedesi, oltre ai russi e
agli inglesi. Lo scontro decisivo avvenne a Lipsia, nell’ottobre del 1813, e per Na-
poleone fu il disastro. Egli tentò ancora di salvare il proprio potere, ma per la pri-
ma volta dal 1792 gli alleati entrarono in Francia. Nel marzo del 1814 occuparono
Parigi e Napoleone fu costretto ad abdicare e a chiedere la pace.
Dopo ventidue anni saliva al trono francese Luigi XVIII (1814-1824), fratello
del defunto sovrano ed erede legittimo. La Francia era passata, in un anno e mez-
zo, dall’apice della potenza mondiale al fondo del disastro.
LA CAMPAGNA DI RUSSIA
CURLANDIA Riga
Mar Baltico I M P E R O R U S S O
LITUANIA
Borodino
Leggi la carta 7/9 Mosca
Tilsit Polock 14/9-19/10
• In che località Königsberg Kovno Vitèbsk
avvennero gli scontri Vjazma Maloiaroslavets
Danzica Friedland Beresina
fra la Grande Armata Eylau Vilnia 27-28/11 Smolènsk 24/10
e l’esercito russo? 17/8 Kaluga
REGNO DI PRUSSIA Borisov Krasnoi
14/11
• Riscostruisci Grodno 18/11
la cronologia
dell’avanzata
francese verso Varsavia Bobrujsk Avanzata della Grande armata
Mosca, a partire Brest Pinsk Ritirata
GRANDUCATO
da giugno del 1812, DI VARSAVIA Battaglie
e della ritirata.
355
| 2 | Le rivoluzioni del Settecento
356
L’epoca napoleonica | 10 |
cito. I vecchi deputati della Convenzione, i «regicidi», che avevano votato la morte
di Luigi XVI e per giunta avevano aderito al regime dei Cento giorni, furono esi-
liati, ma comunque la repressione fu assai moderata, in confronto ai traumi subiti
dal Paese negli anni precedenti.
La Francia aveva perso quasi un milione e mezzo di soldati, l’economia era stata
Ripassa con la negativamente condizionata dalla produzione bellica e dal blocco continentale e
presentazione aveva accumulato un forte ritardo strutturale, per cui il distacco dall’Inghilterra
Napoleone Bonaparte, si era accresciuto, anziché diminuire. Inoltre le coscienze erano drammaticamente
le conquiste e le
riforme e costruisci scisse fra chi voleva cancellare la memoria della Rivoluzione o dell’Impero e chi si
una mappa in cui metti appellava all’una o all’altra delle due esperienze come all’unico momento di gran-
in relazione: dezza e di riscatto della storia nazionale.
• la campagna d’Italia
e quella d’Egitto;
Il regime napoleonico aveva posto fine alla Rivoluzione già da quindici anni, ma
• il colpo di Stato, solo con Waterloo la pagina veniva definitivamente voltata. Restavano l’uguaglian-
l’Impero e le riforme; za dei cittadini di fronte alla legge, l’amministrazione statale laica, la politica e la
• le conquiste
in Europa e la
guerra condotte con una vasta partecipazione delle masse popolari, un notevo-
campagna di Russia; le trasferimento di proprietà in favore dei borghesi e dei contadini, la libertà eco-
• la fine dell’epoca nomica. Poco, rispetto alle speranze utopiche dei rivoluzionari; molto, rispetto ai
napoleonica.
progetti riformatori del Settecento.
357
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
358
Ripassa con la mappa concettuale
NAPOLEONE BONAPARTE
a cui seguì la
durante la quale con il quale vincendo a
nascita di
e, in seguito, guidò la e
e nella
campagna di
campagna d’................... ............................
(1812)
359
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
EVENTI E PROCESSI
COMPETENZE
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande. ESPORRE ORALMENTE
a. Metti in luce gli snodi più significativi del caso
6 Rispondi alle seguenti domande.
spagnolo nel contesto napoleonico.
a. In che modo Napoleone prese il potere in
b. Spiega le cause che portarono al fallimento
Francia proclamandosi console? (1 minuto)
della campagna di Russia.
b. Illustra l’organizzazione dell’esercito tra la
c. Esponi le principali caratteristiche del Codice
Rivoluzione francese e l’epoca napoleonica.
Napoleone.
(2 minuti)
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false. c. Quali furono le conseguenze delle guerre
a. V F Le truppe francesi di Napoleone con- napoleoniche in Italia? (2 minuti)
quistarono Milano nel 1796. d. Di quali princìpi della Rivoluzione francese
b. V F Con il trattato di Campoformio, l’Austria Napoleone si fece interprete? (3 minuti)
ottenne il controllo di Venezia.
SCRIVERE
c. V F La Costituzione dell’anno VIII includeva
la Dichiarazione dei diritti dell’uomo VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
e del cittadino.
7 Si può sostenere che il Codice Napoleone
d. V F Secondo il Concordato, il clero sarebbe
segnò un arretramento nella storia dell’eman-
stato stipendiato dallo Stato francese.
cipazione femminile, rispetto ai provvedimenti
e. V F Il Codice Napoleone non prevedeva
introdotti dalla Rivoluzione francese che mira-
l’uguaglianza dei cittadini davanti alla
vano a stabilire alcuni princìpi di uguaglianza
legge.
fra uomo e donna. In un testo espositivo-argo-
f. V F Nel 1806 l’esercito napoleonico fu
mentativo, metti a confronto quali diritti, oggi
sconfitto a Jena.
pienamente riconosciuti alle donne come la
g. V F Le guerre e il blocco continentale eb- facoltà di disporre liberamente di beni ereditati,
bero pesanti ripercussioni sull’economia
venivano invece negati nel Codice.
francese.
360
Fonti e Storiografia
FONTI Un discorso di Napoleone al Consiglio di Stato
F1 del Regno d’Italia
Le riforme volute da Napoleone nella Penisola italiana, anche se concepite nell’ottica
di un sistema basato sulla predominanza dell’esecutivo, provarono a costruire un as-
setto uniforme in luogo della precedente frammentazione politica; inoltre cercarono
di razionalizzare e modernizzare amministrazioni e legislazioni nelle quali erano ancora
presenti residui di Antico regime. Si riporta di seguito un discorso di Napoleone tenu-
to il 13 maggio del 1805 al Consiglio di Stato del Regno d’Italia, nel quale vengono
delineate le caratteristiche di uno Stato efficiente.
La libertà politica, sì necessaria allo Stato, non consiste in questa sorta di moltiplicazione
di autorità; ma bensì in un sistema stabile, manifesto e sicuro di buona amministrazione.
Quando sono distinte le Casse del Re, e della Nazione, così che il re non ha a disporre di
quella della Nazione per sé stesso: quando un Corpo legislativo ogni anno riceve i conti di
ciò che si è speso dietro i fondi che esso aveva assegnati: quando decreta esso i nuovi fon-
di occorrenti; la libertà politica è assicurata.
Gridare in un Corpo legislativo sopra ogni punto d’amministrazione, eccitare opinioni e
frazioni, dividere gli spiriti non è libertà politica; è attentato di dissoluzione del Corpo so-
ciale: mostrandoci la ragione del pari, e l’esperienza, con ciò indebolisce il Governo; dalla
cui sola forza può dipendere e la sicurezza dello Stato, e il benessere.
Similmente la libertà personale ha la sua vera base nelle buone leggi civili, che deter-
minano, ed assicurano beni, e persone di ognuno; e l’ha pure per necessaria conseguenza
nell’ordine giudiziario bene stabilito. Tutte queste cose formano ciò che chiamasi buona
amministrazione; così che non può essere vera libertà né per la Nazione, né pei cittadini,
ove buona amministrazione non trovisi.
L’equalità poi sta, e se ne ha lo spirito, e se ne godono i preziosi effetti, dappoiché non
sono più poche famiglie, né pochi ceti, che abbiano il dominio del Regno. Ma la carriera sia
aperta a tutti i ceti di persone per aspirare al maneggio degli affari nei diversi magistrati
ed impieghi, ai quali l’onestà, e la capacità sole aprono la strada.
(in C. Capra, L’età rivoluzionaria e napoleonica in Italia, 1796-1815,
Loescher, Torino 1978, p. 157)
361
Fonti e Storiografia
Il 15 agosto 1812 […] una cerimonia laica si svolse nella capitale nei pressi del Campo di
Marte e del ponte di Iena, ancora in costruzione. Il ministro dell’Interno pose la prima pie-
tra di un nuovo Palazzo degli archivi, progettato in stile neoclassico dagli architetti Cel-
lerier e Fontaine. L’edificio sarebbe sorto di fronte all’università e alla Scuola di belle arti;
tutti insieme avrebbero formato un complesso funzionale e al tempo stesso il tempio di un
impero fondato sul sapere e sul diritto. Un intero quartiere che avrebbe stupito il mondo
per la sua magnificenza doveva sorgere tra gli Champs-Élysées e la collina di Chaillot […].
Era stato Napoleone in persona, con quel suo misto di grandiosità e di mania per il det-
taglio, a scegliere il disegno e il sito per gli archivi, dopo aver ventilato di nuovo di volerli
riportare al Louvre insieme con la Biblioteca imperiale, o al Luxembourg. L’imponente edi-
ficio, un quadrilatero diviso da gallerie perpendicolari per un preventivo di venti milioni
di franchi, era concepito in modo da proteggere i documenti da incendi e calamità varie.
Avrebbe offerto 140.000 mq di scaffalature in ogni quadrante per riunire infine tutti i fon-
di archivistici in un solo luogo e manifestare il dominio dell’impero francese sulla Storia.
[…] in quell’estate 1812, anno di massima espansione dell’impero che pure mostrava sin-
tomi di implosione, le sue basi umane materiali erose dalla guerra permanente, gli archivi
1 hôtel de Soubise: nel
1808 divenne sede degli
parigini erano davvero gli archivi del mondo, come scriveva Pierre Daru, l’uomo di fiducia
Archives de l’Empire ed di Napoleone allora segretario di Stato […]. Davvero i popoli europei dipendevano ormai
è oggi sede degli Archivi tutti dall’impero per scrivere la propria storia. […]
Nazionali francesi.
L’hôtel de Soubise1 aveva preso le sembianze di una collezione storica ordinata per paesi,
2 Sainte-Chapelle:
costruita nel XIII secolo quasi a ripercorrere le conquiste di Napoleone. Al centro, nell’unica sala a volta per rievo-
come cappella palatina care la Sainte-Chapelle2 era il Trésor-des-chartes3. Al piano nobile e nelle gallerie del secon-
dei re di Francia,
do piano le collezione delle leggi, i verbali delle assemblee rivoluzionarie e le miscellanee
è un capolavoro
dell’architettura gotica storiche, la sezione demaniale e quella topografica. Al piano terra e nello scalone, invece,
francese e si trova nell’Île era la divisione italiana e nelle soffitte la divisione germanica. Un visitatore avrebbe potuto
de la Cité. passeggiare nella storia d’Europa dal più remoto Medioevo fino al presente. Se gli ordina-
3 Trésor-des-chartes:
Archivi antichi della menti d’archivio riflettono una visione del mondo, questa galleria universale rendeva vi-
corona francese. sibile la grandezza dell’impero, calato in modo quasi provvidenziale nella storia generale.
(da M.P. Donato, L’archivio del mondo. Quando Napoleone confiscò la storia,
Laterza, Roma-Bari 2019, pp. 145-146)
COMPRENDERE 1. In che modo gli Archives de l’Empire traducono l’ideale di grandezza napoleonico?
IL TESTO
2. Quali erano le caratteristiche architettoniche dell’edificio che avrebbe ospitato
i documenti?
3. Quali rischi può presentare, a tuo avviso, un tale progetto di accentramento
della documentazione archivistica come quello voluto da Napoleone?
362
L’epoca napoleonica 10
S2 Il giacobinismo italiano
Carlo Capra
Il giacobinismo italiano contenne diversi orientamenti ideologici, dai più radicali a quel-
li riformisti. Alla fine prevalsero questi ultimi, probabilmente grazie ai loro legami con
le esperienze del riformismo del Settecento, come si legge nell’analisi dello storico
Carlo Capra.
GLI SNODI I giacobini italiani erano una minoranza militante di giovani borghesi.
DEL TESTO I giacobini condividevano idee di uguaglianza e libertà.
I più moderati avevano collaborato con i governi riformatori.
Con il termine giacobini erano spesso designati anche in Italia dai loro avversari questi pa-
trioti o democratici (come essi stessi preferivano chiamarsi), per lo più giovani appartenenti
alla borghesia professionale e intellettuale o al clero, molti dei quali […] avevano conosciuto
la prigione o l’esilio ed erano tornati in Italia al seguito delle armate francesi. Coscienti di
essere una piccola minoranza, un’avanguardia di militanti, essi confidavano […] soprattutto
Leggi in digitale nel successo di una martellante azione di propaganda delle idee rivoluzionarie da condurre
il testo Come
tra il popolo, i cui strumenti, accuratamente elencati nel Saggio d’istruzione pubblica rivo-
organizzare le
conquiste d’Italia? luzionaria (1798) del salernitano Matteo Galdi1, comprendevano i licei patriottici, i circoli
dello stesso Carlo costituzionali, i catechismi repubblicani, le feste decadarie (nel calendario rivoluzionario
Capra. Dopo aver sostituite alla domenica come giorni festivi), i teatri patriottici, l’apostolato repubblicano
letto i due brani, scrivi e […] i giornali […]. Nei confronti della fede cattolica, di cui ben conoscevano la salda pre-
un testo in cui illustri
l’azione politica dei sa sulle masse, essi avevano strategie diverse. Alcuni proponevano la lotta aperta contro la
giacobini italiani e i religione tradizionale, inscindibile dalla servitù politica, e la diffusione di nuovi culti civili;
problemi affrontati […] altri […] si sforzavano di conciliare le idee di libertà e uguaglianza con il Vangelo e con
dai governi delle il cristianesimo delle origini, chiamavano Gesù «il primo sanculotto» e cercavano di coin-
«repubbliche sorelle».
volgere il clero nella predicazione degli ideali repubblicani; altri ancora […] volevano una
riforma della Chiesa di tipo giansenista2. […]
Alcuni pochi, […] si spingevano fino a prevedere l’abolizione della proprietà privata, la di-
1 Matteo Galdi: stribuzione dei beni a ciascuno secondo i bisogni e la limitazione del commercio alla permu-
intellettuale e patriota
giacobino (1765-1821),
ta3. […] La storiografia più recente ha da un lato cercato di collocare il pensiero e l’azione dei
originario di Salerno. giacobini italiani in una più ampia prospettiva cronologica, che comprendesse il Settecento
2 giansenista: il illuminista e riformatore, così come il passaggio dal triennio repubblicano all’età napole-
giansenismo è una
onica propriamente detta […]; dall’altro ha allargato lo sguardo alle correnti moderate, che
dottrina cattolica che
predica un particolare dopo tutto risultarono vittoriose così nel breve come nel lungo periodo. Mediamente più
rigore morale e la anziani e più agiati dei democratici, i moderati avevano spesso alle spalle (soprattutto nella
separazione netta tra
Lombardia austriaca e nei ducati estensi4) una collaborazione con i governi riformatori del
Stato e Chiesa.
3 permuta: scambio di Settecento; accoglievano con favore gli ordinamenti repubblicani, il governo rappresenta-
beni, senza transazione tivo e le libertà fondamentali (compresa la libertà di commercio e di iniziativa economica),
monetaria. ma intendevano limitare l’uguaglianza al suo significato strettamente giuridico, respinge-
4 ducati estensi: i
Ducati di Ferrara e di re ogni attentato al diritto di proprietà e salvaguardare il primato della religione cattolica
Modena e Reggio. come garante degli equilibri sociali.
(C. Capra, Gli italiani prima dell’Italia, Carocci Editore, Roma 2014, pp. 317-319)
COMPRENDERE 1. Quali erano gli strumenti di diffusione delle idee giacobine? Da quale fonte sono
IL TESTO citati?
2. Quali erano le posizioni dei giacobini in materia religiosa?
3. In ambito economico, come potevano definirsi quei moderati che avevo collaborato
con i governi riformatori nel Settecento?
363
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B L’elogio dell’Illuminismo
Elio Franzini riflette sull’eredità dell’Illuminismo, sui suoi valori e sull’impatto che han-
no avuto nella società.
La domanda retorica “Che cosa, dunque, ha insegnato l’Illuminismo, che cosa di quel che è
stato ancora ci parla?” può trovare risposte che sarebbero ovvie se non fossero state troppo
spesso dimenticate. L’Illuminismo ha infatti insegnato con tutti i suoi limiti, la tolleranza
(valore necessario, e certo non sufficiente, che è tuttavia base per una sua evoluzione dia-
logica) e l’ironia, che è capacità di cambiare registro, in modo da permettere di cogliere le
sfumature che attraversano la realtà, consentendo a Diderot, al tempo stesso, di progetta-
re l’Encyclopédie e di scrivere romanzi licenziosi o arguti, e a Voltaire di comporre in versi
drammi oggi poco leggibili e lievi romanzi ricchi di fascino e brio stilistico.
[…] I Lumi sono la capacità di coltivare insieme sentimento e ragione, sorriso e rigore, na-
tura e civiltà, in un quadro enciclopedico in cui, cioè, i saperi e i modi di vita possano con-
frontarsi non per scontrarsi, bensì per dialogare, per insegnare che senza questo dialogo,
questa capacità di unire il diverso, non c’è autentica conoscenza. Il sapere non può essere
chiuso nell’intimità di un soggetto orgoglioso, bensì deve nascere nella conversazione, cioè
dove si insegna [...] che un uomo solo è spesso cattivo e che la “chiacchiera” vuota e ripe-
titiva può diventare densa e progettuale se prende come suo orizzonte il senso e la varietà
dell’apparire del mondo, e del viaggiare dell’uomo in esso.
Tolleranza, ironia, conversazione, dialogo, viaggio sono le “ovvietà” dei Lumi che non
possono venire dimenticate, ponendosi a guardia di una filosofia che non voglia trasfor-
marsi in un narcisismo che le ingloba, in cui si scambia un punto di vista sulle cose per la
verità delle cose stesse al loro primo apparire. Da questa ovvietà discendono meno ovvie
conseguenze, che disegnano un’autentica proposta cognitiva.
(Elio Franzini, Elogio dell’Illuminismo, Bruno Mondadori, Milano, 2009, pp. 38-39)
364
Le rivoluzioni del Settecento 2
La creazione di un luogo di lavoro in cui molti operai erano radunati sotto uno stesso tetto
per fabbricare congiuntamente un prodotto ed erano soggetti a disciplina e coordinamento
è diventata uno dei simboli della rivoluzione industriale, ma si tratta in parte di un mito. Al-
cune grandi fabbriche esistevano già prima del 1750: i grandi setifici di Derby e Stockport,
le ferriere di Ambrose Crowley a Newcastle e gli stabilimenti metallurgici di John Taylor e
Esplora la bacheca
Matthew Boulton impiegavano molte centinaia di lavoratori già prima del 1770. Tuttavia
per altri spunti
interdisciplinari impianti del genere erano rari. Le grandi imprese capitalistiche erano molto più comuni, ma
solitamente la maggior parte del lavoro veniva svolto nelle case dei lavoratori, e solo alcuni
stadi della produzione venivano completati in siti centralizzati. […] Il passaggio di questi
1 unità … consumo: fin
lavoratori in impianti centralizzati fu parte integrante della storia della rivoluzione indu-
quando l’attività agricola
restò predominante, striale: tale passaggio mutò la natura del lavoro e con essa il funzionamento fondamenta-
la famiglia costituì le della famiglia come unità esistenziale ed economica. Le famiglie divennero sempre più
dal punto di vista unità specializzate destinate al consumo1, mentre la produzione veniva svolta in un’azienda
economico sia un
centro di produzione geograficamente lontana dall’abitazione e spesso soggetta a regole e gerarchie differenti.
che di consumo. Con Perché accadde tutto ciò? Alcuni economisti […] si limitano ad affermare che il risparmio
l’industrializzazione in termini di costi di transazione2 rendeva le fabbriche più efficienti delle industrie dome-
e il conseguente
spostamento della stiche (sia indipendenti che specializzate nella lavorazione per conto terzi) e che pertan-
produzione nella fabbrica to la loro affermazione era ineluttabile. Un approccio così semplicistico non può rendere
la famiglia si limitò giustizia alla realtà storica. Dopo tutto, il sistema domestico era sopravvissuto per molti
a costituire un centro
di consumo.
secoli e la sua liquidazione richiese un periodo lunghissimo. I suoi vantaggi erano molti:
2 costi di transazione: teneva le famiglie geograficamente intatte, era flessibile e adattabile alle fluttuazioni della
costi legati all’insieme di domanda e dell’offerta e lasciava i lavoratori liberi di decidere il punto di equilibrio tra le
passaggi che la merce
subiva nel sistema
opposte istanze del tempo libero e del reddito, senza costringerli a ritmi rigidi di lavoro e
fondato sulle manifatture alla disciplina delle fabbriche.
domestiche. […] Se è vero che la rivoluzione industriale sostituì a un’organizzazione prevalentemente
3 rendimenti
domestica della manifattura un sistema basato per lo più su luoghi di lavoro specializzati
costanti: è il principio
dell’economia di scala, e lontani dalle abitazioni, è ragionevole pensare che qualcosa nell’economia fosse cambia-
in base a cui un aumento to accentuando i vantaggi della produzione centralizzata rispetto a quelli della produzione
della quantità di beni domestica […]. Tra le possibili cause di tale cambiamento la più ovvia è che le nuove tec-
prodotti comporta una
diminuzione del costo nologie mutarono la dimensione ottimale dell’unità produttiva e introdussero rendimenti
di produzione unitario. crescenti dove una volta c’erano stati rendimenti costanti3.
(da J. Mokyr, Leggere la rivoluzione industriale. Un bilancio storiografico, trad. di G. Arganese,
il Mulino, Bologna 2002, pp. 169-176, 178, 180)
COMPRENSIONE 1. Quale trasformazione dei sistemi produttivi mutò anche «il funzionamento fon-
E ANALISI damentale della famiglia come unità esistenziale ed economica»?
2. Descrivi l’impatto negativo del sistema di fabbrica e i vantaggi dell’industria
domestica.
3. Quali tesi avanzano gli economisti per giustificare l’affermazione di un sistema
centralizzato di produzione?
PRODUZIONE 4. Negli ultimi anni e in particolare a seguito delle restrizioni imposte per il conteni-
mento della pandemia COVID-19, si è assistito ad un fenomeno inverso rispetto a
quello descritto da Mokyr nel suo saggio sulla Rivoluzione industriale: la diffusione
dello smart working o lavoro agile. Scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo
in cui prendi posizione sul fenomeno del lavoro agile, mettendone in luce i benefici
e gli svantaggi che offre alle famiglie, anche alla luce della tua esperienza.
365
Laboratorio per l’Esame di Stato
PRODUZIONE Sebbene la pena di morte sia stata messa al bando in molti Stati del mondo, in
alcuni – tra i quali Texas, Cina, Arabia Saudita, Iran – è ancora prevista per i reati più
gravi. Scrivi un testo di tipo espositivo-argomentativo in cui, allacciandoti al dibat-
tito settecentesco sulla necessità di riformare la giustizia in senso rieducativo e non
soltanto punitivo, esprimi una tua opinione sulla questione della pena di morte.
Esposizione orale
D1 La Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti
Noi consideriamo queste verità come di per sé evidenti, ovvero che tutti gli uomini sono stati
creati uguali e che sono stati dotati dal Creatore di alcuni inalienabili diritti, fra i quali la li-
bertà, la vita e il perseguimento della felicità e che i governi sono stati fondati per assicurare
il godimento di questi diritti e derivano i loro legittimi poteri dal consenso dei governati.
(dalla Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, in Dictionary of American History,
vol. II, trad. di V. Beonio Brocchieri, New York 1942)
366
3 Restaurazione,
capitalismo e
nazionalismi
11 La Restaurazione e i
moti degli anni Venti
I nuovi equilibri europei dopo Napoleone
Una volta archiviata la parabola napoleonica, Austria, Prussia, Russia e Inghilterra si ri-
uniscono, nel 1814 a Vienna, per ridefinire i confini europei, all’insegna del principio di
legittimità assolutista e della restaurazione degli equilibri politici, scossi da due decenni
Esplora l’immagine di guerre. Si pongono le basi per evitare rivalità fra le potenze europee, mentre sul trono
interattiva di Francia torna un Borbone: Luigi XVIII.
369
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
1 La Restaurazione: equilibrio,
stabilità e legittimità
Ristabilire l’equilibrio tra le potenze
Guarda i video Dopo la sconfitta definitiva di Napoleone a Waterloo le potenze vincitrici si assun-
Il Congresso di
sero un compito impossibile da assolvere: cancellare un quarto di secolo che aveva
Vienna e I moti degli
anni Venti e Trenta in sconvolto l’Europa, ignorare il peso dei mutamenti sociali e culturali e ricostruire
Europa e rispondi alle un passato che, però, ormai non esisteva più.
domande:
In primo luogo si poneva un problema di politica internazionale: ripristina-
• Perché fu convocato
il Congresso di re l’equilibrio fra le potenze, che era stato costruito con grande cura dalla diplo-
Vienna e chi vi prese mazia settecentesca e si fondava sulla relativa equivalenza di cinque grandi Stati:
parte?
Inghilterra, Francia, Austria, Prussia e Russia. Per un secolo questi Paesi avevano
• Quali princìpi furono
affermati durante il intessuto mutevoli alleanze e combattuto guerre limitate, con il risultato di perfe-
Congresso? zionare il sistema continentale di contrappesi. Ma poi, con la Rivoluzione e l’Im-
• Dove si verificarono i pero, la Francia era cresciuta a dismisura e aveva schiacciato i due Stati tedeschi,
moti e quale fu il loro
esito? l’Austria e la Prussia.
Perciò, negli anni culminanti dell’avventura napoleonica, i grandi protagonisti si
erano ridotti a tre: la Russia, che aveva rischiato a sua volta la capitolazione, nell’e-
state del 1812, con la conquista di Mosca da parte di Napoleone; l’Inghilterra che,
in tal caso, sarebbe rimasta sola a fronteggiare i francesi; la Francia.
Si trattava quindi di ricostruire l’equilibrio precedente, anzitutto restituendo alla
Prussia e all’Austria quanto era stato loro tolto; ripristinare l’equilibrio non equi-
valeva ad annientare la Francia ma almeno a tenerla a bada, perché aveva rappre-
sentato una minaccia troppo grave per il mondo. Un buon modo sembrò quello di
costruirle intorno una cintura di Stati-cuscinetto (Paesi Bassi, Regno di Sardegna
e Prussia), una sorta di cordone di sicurezza abbastanza solido da poterla isolare
dalle altre grandi potenze.
Grazie all’intensificazione degli accordi diplomatici, poté essere ristabilito e con-
servato l’equilibrio territoriale fra gli Stati ma, più difficile, invece, fu la ricompo-
sizione di un comune orizzonte ideologico.
370
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
L’entrata solenne
di Luigi XVIII a Parigi
il 3 maggio 1814.
Incisione dell’epoca.
Da questo punto di vista il mondo uscito dal crollo dell’Impero napoleonico ebbe
una particolare fortuna perché un nuovo sistema, estremamente vitale e robusto,
stava mettendo radici: il sistema capitalista ( ▶ cap. 12), destinato ad assicurare
all’Europa, e in definitiva al mondo intero, un periodo di espansione così travol-
gente da oscurare, quanto a creazione di risorse, l’intera storia del passato. In altre
parole, mentre le diplomazie si sforzavano di produrre una stabilità politica da af-
fidare ai governi, agli eserciti e alle polizie, la stabilità sarebbe stata invece creata
dal progresso economico e dallo sviluppo delle forze produttive e delle relazioni
commerciali.
371
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
LESSICO nominati e dai ministri responsabili solo dinanzi al sovrano; oppure come mo-
Stato di diritto narchie dotate di sistemi rappresentativi (Regno Unito, Francia, Regno dei Paesi
Lo «Stato di
diritto» prevede Bassi, Svezia e alcuni Stati della Germania meridionale), sebbene estremamente
il riconoscimento oligarchici ed elitari.
costituzionale dei diritti e Il legittimismo, la dottrina che voleva il ripristino della forza della legge, fu an-
delle libertà fondamentali
dell’individuo. Esso che sostenuto, sul piano teorico, dall’elaborazione di un pensiero politico con-
prevede la garanzia troilluministico, ostile al principio dei diritti di cittadinanza affermatosi nel 1789.
di elezioni libere, il Questo pensiero faceva della tradizione, del passato storico, dei costumi e della re-
rispetto dei diritti umani,
l’indipendenza della ligione la base della coesione morale e sociale della società e dell’ordine della ge-
giustizia e l’esistenza di rarchia politica. Nell’Europa continentale, quindi, il tradizionalismo assunse una
un’economia di mercato. connotazione teologico-politica, in senso cristiano e cattolico, come reazione allo
choc che la Rivoluzione del 1789 aveva prodotto sulle istituzioni e sul clero catto-
lico, provato dall’esproprio dei beni, dalla perdita dei privilegi e dalla campagna di
scristianizzazione ( ▶ cap. 9, par. 8), ma anche sulle varie Chiese e sette cristiane.
Tuttavia, per quanto gli orrori della dittatura e della guerra avessero disonorato
la Rivoluzione, non era più possibile che la legittimità si fondasse solo sulle tradi-
zionali sovranità dinastiche. Le costituzioni e le istituzioni rappresentative che
Alessandro I,
Federico Guglielmo III, le potenze vincitrici si sforzarono di eliminare finirono in realtà, anche se lenta-
Lord Castlereagh mente, con l’imporsi dovunque; e con loro si impose anche quello che gli inglesi
e Talleyrand riuniti al chiamano «governo della legge» e i tedeschi «Stato di diritto», cioè il rispetto del-
Congresso di Vienna
(1814-1815). Incisione le regole da parte dei governanti, vale a dire un tipo di legittimità da cui nessuno
dell’epoca. poteva più prescindere.
372
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
Il Congresso di Vienna
Il Congresso, apertosi nel novembre del 1814, aveva riunito le potenze vincitrici e
la Francia per deliberare sulle sorti dell’Europa durante l’esilio di Napoleone all’i-
sola d’Elba. Al Congresso erano presenti delegazioni in rappresentanza di tutti gli
Stati europei, ma a prendere le decisioni più importanti furono le quattro mag-
giori potenze vincitrici: la Gran Bretagna, rappresentata dal ministro degli Esteri
Castlereagh; la Prussia dal cancelliere Hardenberg; l’Austria, per cui era presente
il ministro degli Esteri Metternich; la Russia, con il diplomatico Nesselrode, tal-
volta accompagnato dallo zar Alessandro I. L’avventura dei «Cento giorni» non
condizionò lo svolgimento dei lavori, che continuarono come se nulla stesse av-
venendo; del resto, le diplomazie internazionali si erano già accordate sull’essen-
S1 Il ritorno ziale. Napoleone non era ancora stato sconfitto a Waterloo, quando le attività del
di Napoleone, p. 409
Congresso di Vienna si erano già concluse (giugno 1815).
Bisogna notare una particolarità importante del Congresso: il Paese sconfitto e
responsabile dello scardinamento dell’equilibrio settecentesco, cioè la Francia, fu
riammesso con quasi assoluta naturalezza fra le potenze che decidevano dell’asset-
to europeo. L’ambasciatore francese era quello stesso Talleyrand ( ▶ cap. 10, par. 5)
che per anni aveva servito Napoleone come ministro degli Esteri, ma nessuno pen-
sò di metterlo sotto processo o anche solo di escluderlo dai negoziati.
Questo paradosso fu reso possibile dal fatto che la Francia appariva sotto due
aspetti contrastanti: veniva considerata, allo stesso tempo, colpevole ma anche
prima vittima della tempesta rivoluzionaria e del periodo napoleonico e il suo re,
373
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
LESSICO Luigi XVIII, rappresentava il più alto simbolo della legittimità ferita. Con grande
Confederazione abilità Talleyrand si fece appunto campione della legittimità dinastica e si pre-
Unione fra più Stati che,
pur mantenendo sentò come il difensore dei piccoli Stati, non chiedendo nulla per il proprio Paese.
le proprie individualità Così seppe sfruttare ogni contrasto fra gli alleati per accrescere il ruolo della Fran-
e caratteristiche sociali cia, proprio mentre gli eserciti francesi tornavano a minacciare l’Europa.
e culturali, si organizzano
in una struttura Il principio della legittimità non fu però sempre rispettato dai diplomatici e dai
sovranazionale attraverso ministri riuniti a Vienna e venne anzi ripresa la logica spartitoria che aveva fat-
l’attività di organi comuni to pagare ai piccoli Stati il prezzo dell’equilibrio settecentesco. Infatti, malgrado i
e assemblee elettive
unitarie ( ▶ cap. 8, tentativi diplomatici francesi, la Polonia non venne riunita, perché la Russia non
par. 5). volle cederla; anzi, lo zar Alessandro I (1801-25) assunse il titolo di re di Polonia
e si vide anche riconoscere l’annessione della Finlandia (conquistata alla Svezia nel
1809), ottenendo un ulteriore rafforzamento del suo Paese.
Per parte sua la Prussia, a cui non venne restituita la sua porzione di Polonia,
ottenne una parte della Germania occidentale sulle rive del Reno, garantendosi
la possibilità di un controllo più vigile sulla Francia. La Prussia risultava ormai in
grado di assumere quel primato nel mondo tedesco che per secoli era appartenuto
all’Austria e la sua espansione verso occidente pose le premesse di un rinnovato e
violento antagonismo con la Francia. Il Sacro Romano Impero, la cui fine era sta-
ta segnata dalla rinuncia di Francesco II d’Asburgo alla corona imperiale nel 1806
( ▶ cap. 10, par. 8), non venne ricostituito e fu sostituito dalla Confederazione ger-
manica, cui aderivano una quarantina di Stati e il cui presidente era l’imperato-
re d’Austria. Vienna non era più la sede di una sovranità imperiale tedesca ma la
capitale dell’Impero d’Austria, una grande potenza multinazionale danubiana.
I Paesi Bassi austriaci vennero annessi all’Olanda, che le potenze intesero raf-
forzare, sempre in funzione antifrancese, mentre la corona di Spagna tornò a Fer-
dinando VII di Borbone. La Repubblica di Venezia non venne ripristinata e insieme
alla Lombardia fu consegnata all’Austria, che assunse dunque un ruolo prepon-
derante nella Penisola italiana.
374
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
375
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
principio che si tentava ora di riaffermare attraverso l’autorità della fede, facendo
appello alle radici dell’identità cristiana, in un’epoca duramente provata dai costi
umani, sociali ed economici della guerra.
Per prevenire lo spettro della rivoluzione, la Santa Alleanza introdusse un’altra
novità nella diplomazia europea: i Paesi alleati erano autorizzati a intervenire
militarmente per mantenere l’ordine ovunque fosse richiesto, interferendo negli
affari interni di ogni altro Paese.
Nel Settecento gli eserciti si erano mossi per spaccare e spartire i Paesi in dif-
ficoltà, e lo avevano fatto senza alcuna copertura ideologica o finalità diversa dal
proprio interesse politico. Così era avvenuto, per esempio, in Polonia.
Nell’Ottocento invece, essi, in quanto difensori dell’ordine costituito, della legit-
timità, della sacralità del potere, avrebbero aiutato i Paesi minacciati dal disordine
a mantenere in piedi le proprie istituzioni a tutti i costi.
Cambiava così il significato ideale e politico dell’intervento straniero. Avveni-
va infatti un ripudio radicale non solo della laicità dello Stato, ma anche della sua
sovranità nei rapporti internazionali; e si ritornava a un clima intollerante e rea-
zionario che il Settecento, già molto prima della Rivoluzione, sembrava avere de-
finitivamente sconfitto.
376
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
L’entrata delle
truppe austriache
a Milano
(21 aprile 1814).
Dipinto di Giovanni
Migliara (XIX secolo).
Milano, Museo Civico.
377
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
L’esecuzione
di Gioacchino Murat
a Pizzo Calabro
(13 ottobre del 1815).
Stampa dell’epoca.
Leggi l’immagine
• Chi è presente sulla
scena oltre a Murat
e quale funzione
svolge?
• Descrivi
l’atteggiamento
assunto da Murat.
378
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
SVIZZERA
IMPERO D’AUSTRIA
SAVOIA
Milano LOMBARDO-
VENETO
Torino Venezia
DUC. DI
PARMA DUC. DI
REGNO DI MODENA
SARDEGNA IMPERO
Firenze OTTOMANO
DUC. DI MASSA GRAND. STATO
DUC. DI LUCCA DI DELLA
TOSCANA CHIESA
Mare Adriatico
CORSICA Roma
Bari
Napoli
Leggi la carta REGNO Taranto
SARDEGNA DELLE
• In quanti Stati Mar Tirreno
DUE SICILIE
è organizzata la Cagliari
Penisola dopo
il Congresso di
Vienna? Palermo
Mar Mediterraneo
• Quali territori
sono stati annessi
all’Austria?
379
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
380
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
Nel giugno del 1814 fu «concessa» (octroyée) da Luigi XVIII (1755-1824) una
Carta costituzionale che restringeva di molto il diritto di voto, lasciandolo a una
piccola minoranza di ricchi: meno di 90.000 votanti contro i 3 milioni e mezzo del
periodo napoleonico, su quasi 30 milioni di francesi. Per giunta, a una Camera dei
deputati così rigidamente censitaria, basata cioè sulla ricchezza, la Carta attribu-
iva solo una parodia di potere legislativo: quello di votare le leggi presentate dal
re, senza poter nemmeno proporre un emendamento. La Camera francese fu così
ironicamente chiamata chambre introuvable («camera introvabile»). I deputati «in-
trovabili» spinsero il governo a negare la libertà di stampa, a istituire tribunali spe-
ciali e ad autorizzare l’arresto senza prove.
381
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Il «massacro di Sul piano politico questa divisione si rifletté nella contrapposizione fra il Partito
Peterloo». Illustrazione repubblicano, interprete delle istanze dei piccoli proprietari e dei pionieri e favo-
di George Cruikshank.
revole alle autonomie delle tredici repubbliche americane, e il Partito federalista,
che intendeva invece rafforzare il vincolo fra i diversi Stati attraverso una politica
centralista e moderata.
I federalisti, al potere alla fine del Settecento, repressero molto duramente le
tensioni radicali emergenti da un movimento popolare fatto soprattutto di con-
tadini poveri, che si spingevano a colonizzare l’Ovest selvaggio e venivano consi-
derati dai federalisti, appunto per il loro radicalismo, come pericolosi «giacobini».
La paura della rivoluzione contaminò seriamente il funzionamento della de-
mocrazia americana, cosicché in più di un caso le garanzie costituzionali furono
in pericolo. Agli inizi del nuovo secolo i repubblicani conquistarono saldamente il
potere e si presentò il pericolo opposto: che il giovanissimo Stato si sbriciolasse in
una miriade di comunità locali. Ciò non avvenne; anzi nel 1801, con l’elezione a
presidente del repubblicano Thomas Jefferson (1801-09), venne inaugurata una
fase di grande espansione territoriale, che fu perseguita anche dai successivi pre-
sidenti, James Madison (1809-17) e James Monroe (1817-25).
Malgrado tante tensioni, la nuova Costituzione superò la prova, grazie al raf-
forzamento di un’istituzione che da allora non ha più cessato di essere un car-
dine importantissimo del sistema politico e istituzionale americano: la Corte su-
prema, i cui giudici, inamovibili, nominati dal presidente (capo dell’esecutivo) e
confermati dal Congresso (cioè dal potere legislativo), sono i custodi dell’equili-
brio costituzionale.
382
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
383
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
traevano, più che dalle vendite, i mezzi di sostentamento. In questo modo porta-
vano le notizie politiche agli operatori economici e gli avvisi commerciali ai letto-
ri di commenti politici, contribuendo così a unificare o addirittura a creare quel-
la borghesia colta, impegnata negli affari e insieme competente dei fatti politici,
che tanto doveva contribuire alla storia ottocentesca dell’Europa e poi del mondo
contemporaneo.
Alla maggior diffusione dei quotidiani si accompagnò la nascita del giornali-
smo. Apparve così una nuova figura professionale, quella del giornalista, che si
conquistava con il suo lavoro la credibilità e quindi la capacità di influire sui letto-
ri. Nessun pubblico potere dava mandato al giornalista di incidere sulle coscienze,
nessuna autorità lo autorizzava a farlo, nessun controllo vigeva sul suo operato,
se non il maggiore o minore successo delle sue parole. Questa libertà costituiva
una sconvolgente novità: per tutti i secoli del Medioevo e dell’Età moderna le co-
scienze erano state influenzate da un apparato politicamente controllato, la Chie-
sa; ora, invece, si diffondeva questo temibile nuovo potere, temuto dai governanti
e osteggiato dai tradizionalisti.
384
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
5 I movimenti di opposizione
alla Restaurazione
LESSICO Le posizioni dei liberali
Liberalismo
Il pensiero liberale esalta
A partire da questo momento i sostenitori dell’opinione pubblica e della superio-
il principio della libertà rità morale della società civile sullo Stato cominciarono a chiamarsi «liberali». In
economica individuale e Francia i giovani liberali dovettero riscoprire la storia rivoluzionaria del loro Pa-
auspica il rafforzamento
ese, della quale non sapevano niente perché il governo napoleonico era riuscito a
della rappresentanza
parlamentare: il disperderne la memoria. Per molti di loro fu una grande scoperta intellettuale, che
suo presupposto è si trasformò in una moda storiografica: cominciarono infatti a essere scritte, con
l’affermazione di uno
grande successo di pubblico, le prime ampie e belle storie della Rivoluzione francese.
Stato costituzionale
di diritto, che consenta I liberali appartenevano a una generazione nata dopo la Rivoluzione, troppo gio-
il libero esercizio vane anche per aver condiviso le responsabilità del regime di Napoleone. Ai loro
della cittadinanza.
occhi la Rivoluzione cominciò ad apparire non più come una follia autoritaria del
«terrorismo» o il prodotto di un delirio di fanatismo giacobino, come pensavano
bonapartisti e legittimisti borbonici, ma il frutto di un naturale sussulto di una so-
cietà in crescita, oppressa da un regime politico dispotico.
I liberali avevano fiducia nella società civile ed erano invece ostili al potere po-
litico, perché ritenevano che l’egoismo naturale degli uomini portasse ciascuno a
sviluppare al meglio le proprie potenzialità e che si potesse creare un equilibrio
spontaneo, stabile e in definitiva positivo per tutti. Nell’attività economica, che è la
sfera primaria di attività della società civile, questo equilibrio spontaneo si chiama
mercato. I liberali ritenevano che il mercato si regolasse da sé, secondo la legge
della domanda e dell’offerta, purché fosse lasciato libero di agire. Il grande econo-
mista liberale Adam Smith (1723-90) aveva appunto parlato di una «mano invisi-
bile» che regola naturalmente il mercato ( ▶ cap. 12, par. 4).
Il programma dei liberali, in conflitto aperto con il clima oppressivo della Re-
staurazione, si incentrava sulla creazione di istituzioni rappresentative, liberamen-
te elette dalla società civile e tutelate dall’opinione pubblica attraverso i suoi canali
principali di espressione (la stampa, l’associazione politica, lo sviluppo culturale).
Essi credevano in uno Stato in cui il potere legislativo fosse forte e l’esecutivo de-
bole: il primo rappresentato da un Parlamento eletto su base censitaria da citta-
dini sufficientemente agiati e colti da poter esprimere liberamente le proprie scel-
te; il secondo, rappresentato da un governo rispettoso delle regole e controllato
dal Parlamento stesso, che governasse il meno possibile, limitandosi a mantenere
l’ordine nelle funzioni pubbliche e nelle relazioni fra privati.
IL LIBERALISMO
385
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
386
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
LESSICO Nel periodo della Restaurazione, alla Chiesa cattolica mancò il coraggio di aprirsi
Romanticismo
davvero al confronto con le idee liberali. Il cattolicesimo, in quegli anni, attraversò
Movimento culturale
della prima metà dell’Ot- certamente un periodo favorevole, ma in grande maggioranza rimase tradiziona-
tocento che proclamava lista, legato al potere e ostile alla modernità. Lamennais aveva poco in comune con
(in contrapposizione i liberali, non credendo nelle leggi del mercato, ma sia lui sia i liberali esaltarono
all’Illuminismo) il primato
del sentimento, la libera lo «spirito» umano come prodotto del divenire storico, come chiave per rendere
creatività del genio comprensibile l’identità di un popolo e di una nazione, come rapporto profondo fra
individuale e l’autonomia le eredità del passato e le speranze riposte nel futuro, interpretando così l’anima
dell’arte; i romantici at-
tribuivano grande valore più profonda del Romanticismo. Da questo punto di vista, un’intera generazione
alla storia, al passato e fu accomunata da un clima intellettuale attento a percepire i limiti della ragione e
alla ricerca delle radici. disposto ad aprirsi a un senso religioso dell’esistenza.
Il diploma
di appartenenza
alla Carboneria
di Carlo Ferrari,
conseguito a Bologna
il 18 giugno 1819.
Venezia, Museo
del Risorgimento.
387
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Per proteggere i loro affiliati da spie e infiltrati e per impedire, in caso di arresto o
tradimento, che qualcuno potesse fare il nome dei compagni, le società operavano
nella massima segretezza: gli stessi affiliati spesso non conoscevano l’identità de-
gli altri membri – in genere militari, studenti, professionisti. Tra i gruppi principali,
diffusi in tutta Europa, si trovavano i Comuneros spagnoli, l’Eterìa («fratellanza»)
greca, la Lega dei giovani tedeschi, la Società patriottica nazionale polacca, i Fede-
rati lombardi e piemontesi e la Carboneria. Quest’ultima, sorta probabilmente in
Italia, forniva il supporto organizzativo ai democratici che cospiravano sia contro
gli antichi regimi sia contro i francesi.
La scarsa diffusione dei progetti insurrezionali di cui le società segrete erano
portatrici non fu solo una conseguenza della clandestinità: la sfiducia nei con-
fronti delle masse spinse gli affiliati delle sette a ritenere che l’iniziativa politica
spettasse a una preparata élite di patrioti. Nella strategia della maggior parte delle
sette l’obiettivo primario era rovesciare il sistema politico assolutista e favorirne
la trasformazione in sistema costituzionale.
I carbonari usavano una propria terminologia, a difesa della segretezza: i vari
gruppi erano definiti «vendite» e «baracche» e i loro membri portavano il titolo di
«buoni cugini». Si formò così una rete cospirativa internazionale con infiltrazioni
anche negli ambienti burocratici e militari.
La Carboneria era imparentata con un’altra organizzazione segreta, più impor-
tante e più antica, che aveva avuto un grande peso nell’Europa settecentesca: la
Massoneria ( ▶ cap. 6, par. 6). I massoni, o «liberi muratori», riuniti in «logge», era-
no nati con lo scopo di diffondere la cultura dei Lumi e una religiosità filantropica,
priva dei contenuti dogmatici delle varie religioni positive. Nel Settecento la Masso-
neria aveva partecipato all’opera di riforma istituzionale, tanto che diversi monar-
chi erano stati massoni; ma nel clima oppressivo della Restaurazione si trasformò
in una società segreta e si diede a cospirare per rovesciare i governi reazionari.
F2 La società segreta Una parte considerevole di questo mondo clandestino si orientò in senso cospi-
secondo Filippo
rativo neogiacobino, costituendo un’ala estremista di sinistra dell’ambiente car-
Buonarroti, p. 408
bonaro. Essa era costituita da rivoluzionari democratici che credevano nella pas-
sione politica giacobina, una passione politica così forte da riuscire a cambiare la
LESSICO natura umana.
Comunismo Uno degli esponenti più significativi di questo movimento rivoluzionario segre-
Dottrina politica,
economica e sociale
to fu il pisano Filippo Buonarroti ( ▶ cap. 10, par. 3) discendente dalla famiglia di
che sostiene la proprietà Michelangelo. Giacobino estremista, era stato nel 1796 uno dei capi della «congiu-
collettiva dei mezzi ra degli Eguali», che si era proposta di introdurre una prima forma di comunismo
di produzione e la
distribuzione sociale
nella Francia repubblicana ( ▶ cap. 9, par. 9). Salvatosi dalla ghigliottina, al contrario
dei prodotti in base di altri suoi compagni condannati a morte, si stabilì a Ginevra, dove dedicò il re-
ai bisogni dei singoli sto della vita a intrecciare legami politici e intellettuali con i rivoluzionari di tutta
individui.
Europa, in particolare con i carbonari italiani.
388
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
6 La Rivoluzione e la repressione
in Spagna e in Italia
La rivolta spagnola contro la monarchia assoluta
La Spagna era stata il teatro del primo fallimento militare di Napoleone fin dal 1808,
quando un’insurrezione popolare aveva tenuto sotto scacco centinaia di migliaia
di soldati francesi e ottenuto una Costituzione liberale piuttosto avanzata, quella
di Cadice del 1812 ( ▶ cap. 10, par. 9). Due anni più tardi il re Ferdinando VII, nel
mutato contesto internazionale, si era rimangiato promesse e giuramenti e aveva
ristabilito la monarchia assoluta. Il Paese, che tra l’altro versava in una situazione
economica disastrosa, non aveva goduto dell’esperienza dell’assolutismo illuminato.
Nei quadri dell’esercito, formati da numerosi giovani ufficiali che avevano com-
battuto contro i francesi e si erano battuti per la Costituzione del 1812, vi era una
grande insoddisfazione per la situazione politica. All’interno di questi circoli mi-
litari, profondamente infiltrati dalle società segrete massoniche, si era affermata
l’idea che la volontà collettiva di una nazione, soffocata dai cattivi consiglieri del
sovrano e dai corrotti politicanti, potesse e dovesse esprimersi proprio nel corpo
degli ufficiali. Questa strategia politica, che richiamava per certi aspetti il bonapar-
tismo della prima ora, quello che aveva condotto al colpo di Stato del 18 brumaio
e giustificava il ricorso alla congiura militare, da allora cominciò a chiamarsi con
una parola spagnola: pronunciamiento (che venne a significare «rivolta» o, appun-
to, «colpo di Stato militare»).
La Spagna doveva poi affrontare il problema delle rivolte scoppiate nei suoi pos-
sedimenti americani che, sempre più attratti dal modello degli Stati Uniti, si erano
ribellati all’esoso dominio di Madrid ( ▶ par. 7), tanto che il Regno iberico rischiava
di perdere le risorse provenienti dal Nuovo Mondo. Il Paese non poté contare sul-
la solidarietà delle potenze europee, le quali vedevano nella caduta del suo pote-
re incontrastato in Sud America l’occasione per accedere a nuovi e ricchi mercati.
La Corona spagnola dovette allora ricorrere a un esercito politicamente inaffida-
bile per un’impresa quasi impossibile. Ma a Cadice, nel gennaio del 1820, le truppe
destinate alla spedizione in Sud America si ribellarono esigendo il ripristino della
Costituzione del 1812. Gli insorti, guidati da Rafael de Riego y Nuñez (1784-1823),
un ufficiale formatosi nella guerriglia contro i francesi, si impossessarono in poche
settimane di molte città importanti. A questo punto il re non ebbe altra scelta che
quella di ripristinare la Costituzione del 1812.
389
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
la Costituzione non poteva fare a meno del re, il quale era però intenzionato uni-
camente a distruggerla ed era in grado di far leva su profonde divisioni nel campo
dei rivoluzionari.
I governi che si susseguivano a Madrid erano sempre più moderati, mentre le
province e le truppe sempre più nelle mani degli exaltados. Il problema del gover-
no era di non riuscire a controllare né la periferia né l’esercito, mentre il limite del-
la rivoluzione era che le sfuggiva il governo centrale. Si arrivò, nel settembre del
1821, a uno scontro armato, in cui i moderati ebbero la meglio. Ferdinando VII, dal
canto suo, tradì ancora una volta gli impegni presi e finì col fare appello ai settori
più retrivi dell’esercito e della gerarchia ecclesiastica, per suscitare una guerriglia
monarchica nelle campagne.
I governi costituzionali si trascinarono ancora per un paio d’anni, mentre il «con-
certo» delle potenze europee decideva di non poter tollerare in Europa un focola-
io di sovversione che non riusciva a trovare una soluzione alla sua instabilità po-
litica. Le potenze della Santa Alleanza avevano deciso di intervenire militarmente
L’esecuzione ovunque vi fosse la necessità di bloccare la rivoluzione e ristabilire la legittimità.
del generale liberale Al Congresso di Verona, nell’autunno del 1822, le potenze della Santa Alleanza af-
Torrijos e dei suoi
compagni sulle fidarono alla Francia il compito di stroncare la rivoluzione spagnola. Il successo
spiagge di Malaga. fu rapidamente assicurato e i rivoluzionari spagnoli vennero battuti l’anno suc-
Dipinto di Antonio cessivo al Trocadero, davanti a Cadice. Tornò per la seconda volta l’assolutismo:
Gisbert Pérez del 1888.
Madrid, Museo Riego fu impiccato, Ferdinando VII ordinò feroci rappresaglie e la Spagna piombò
del Prado. in uno dei periodi più neri della sua storia.
390
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
I MOTI RIVOLUZIONARI DEL 1820-21 IN SPAGNA E NEL REGNO DELLE DUE SICILIE
SPAGNA REGNO DELLE DUE SICILIE
• circoli militari • esercito
promotori
• società segrete massoniche • Carboneria
ripristino della Costituzione di Cadice
obiettivi approvazione di una costituzione liberale
del 1812
• rivolta delle truppe a Cadice
• rivolta dei militari a Nola e Capua
(gennaio 1820)
(luglio 1820)
successi iniziali • conquista di numerose città
• promessa di una costituzione liberale
• ripristino della Costituzione del 1812
da parte del governo
da parte del re di Spagna Ferdinando VII
fronte rivoluzionario diviso in exaltados
divisioni interne e moderati, che si scontrano militarmente scoppio della rivolta separatista a Palermo
tra loro
• richiesta di aiuto alla Santa Alleanza • richiesta di aiuto alla Santa Alleanza da parte
intervento della da parte di Ferdinando VII durante il del re delle Due Sicilie Ferdinando I durante
Santa Alleanza Congresso di Verona (autunno 1822) il Congresso di Lubiana (gennaio 1821)
e repressione • intervento della Francia e sconfitta • intervento dell’Austria e sconfitta dei
dei rivoluzionari al Trocadero (1823) rivoluzionari (marzo 1821)
391
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
392
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
LESSICO In Piemonte, nel marzo del 1821, si ammutinò la guarnigione militare di Ales-
Particolarismo sandria e successivamente il moto si estese ad altre città del Regno, spingen-
Tendenza che,
all’interno di un Paese, do Vittorio Emanuele I ( ▶ par. 2) ad abdicare in favore del fratello Carlo Felice
intende salvaguardare (1765-1831). Trovandosi quest’ultimo a Modena, la reggenza fu assunta da Carlo
e promuovere le Alberto di Savoia del ramo Carignano (1798-1849), il quale aveva manifestato
caratteristiche e le
eventuali autonomie una certa simpatia per i liberali piemontesi – che premevano per una guerra con-
locali, al di fuori di una tro l’Austria, impegnata nella repressione dei moti nel Sud dell’Italia – ed era egli
prospettiva di tipo stesso in qualche modo coinvolto nel moto rivoluzionario. Da reggente, Carlo Al-
nazionale.
berto concesse la Costituzione, ma fu sconfessato da Carlo Felice, che gli ordinò
di raggiungere la guarnigione di Novara restata fedele alla Corona. Lo scontro di
Novara dell’aprile del 1821 fra gli insorti e le truppe regie pose fine al moto pie-
montese e Carlo Alberto fu costretto a due anni di esilio dalla capitale per riabili-
tarsi di fronte agli ambienti reazionari.
Leggi l’immagine Ancora non si vedeva in Italia un vero progetto nazionale, anzi, rimaneva forte il
• Individua nel particolarismo, che nella rivolta palermitana era stato assolutamente evidente. Tut-
dipinto Silvio
Pellico e descrivi le
tavia nei circoli intellettuali, liberali e carbonari, soprattutto del Nord Italia, acqui-
caratteristiche fisiche stava crescente vigore l’idea che la Penisola potesse avere l’indipendenza dall’Au-
e psicologiche che stria e la sua unità; e a questo processo, secondo alcuni, poteva fornire un apporto
emergono.
determinante lo Stato sabaudo.
• La scena è immersa
nell’oscurità: quale
A posteriori questa lotta di liberazione nazionale è stata chiamata «Risorgimento
funzione simbolica italiano» e i moti del 1820-21 ne sono stati considerati il primo capitolo. Ora, per
ha questa scelta a la prima volta dopo secoli, l’Italia provava a fare da sé, senza l’aiuto politico e mi-
tuo avviso?
litare di una potenza straniera.
Arresto di Silvio Pellico e Piero Maroncelli, di Carlo Felice Biscarra (1865). Saluzzo, Museo Civico.
393
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
CALIFORNIA STATI
NUOVO TEXAS UNITI
MESSICO
Oceano
MESSICO Atlantico
1813
1821
Città del Messico
VENEZUELA 1811
1830
Cartagena Caracas
Boyacá Angostura
Oceano COLOMBIA
1811 Bogotá GUYANE
Pacifico
1831 Pichincha
Quito
ECUADOR
1822 IMPERO
1821 DEL BRASILE
1830 PERÙ 1821
Junín 1822
Lima
Ayacucho
La Paz
BOLIVIA
1825 Rio de Janeiro
PARAGUAY
1811
Chacabuco 1813
Viceregno della Nuova Spagna
Buenos
URUGUAY 1814
Viceregno del Perù Santiago Aires
1828
Viceregno della Nuova Granada CILE CONFEDERAZIONE
Leggi la carta Viceregno del Rio della Plata 1810 ARGENTINA
1818
• Individua sulla carta 1810
1811 Indipendenza dalla Spagna 1831
le colonie spagnole
e quelle portoghesi. 1813 Formazione dello Stato PATAGONIA
(divisa tra Argentina
• Ricostruisci gli Itinerario di Bolívar e Cile nel 1881)
itinerari di Bolívar Itinerario di San Martín
e San Martin.
394
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
nada, negli attuali Venezuela e Colombia; il Perù, con annessi i territori di Bolivia
e Cile; e il Rio della Plata, cioè l’Argentina di oggi.
Il potere politico e giudiziario, nelle diverse unità statali era gestito da funzionari
provenienti dall’Europa, i peninsulares («peninsulari», cioè della Penisola iberica),
mentre invece l’aristocrazia creola, quella formata dai bianchi nati nelle colonie,
deteneva soltanto il controllo delle amministrazioni municipali. Quella creola era
una classe dirigente composta di latifondisti agricoltori o allevatori, che violavano
le leggi commerciali trafficando con i contrabbandieri inglesi e che mal sopporta-
vano il dominio coloniale. Quando i francesi invasero la Spagna ( ▶ cap. 10, par. 9),
l’aristocrazia creola si schierò a parole a favore del re spodestato, ma in realtà av-
viò quel processo di distacco dalla madrepatria che si sarebbe sviluppato nei primi
trent’anni dell’Ottocento.
Le istituzioni locali si resero indipendenti da Madrid. Le città portuali coinvol-
te nel commercio internazionale, come Buenos Aires, abolirono immediatamente
le restrizioni doganali, cominciando a trafficare con i mercanti inglesi, ora alleati
anziché nemici. Anche le masse popolari indie, crudelmente sfruttate, colsero il
momento di incertezza istituzionale per innescare la rivolta sociale.
395
Simón Bolívar
onora la bandiera
dopo la battaglia
di Carabobo
del 24 giugno 1821.
Dipinto di Arturo
Michelena, 1883.
Caracas, Museo
Bolivariano.
Simón Bolívar svolse un ruolo centrale nelle lotte indipendentiste dei coloni
LE FONTI
dell’America Latina. In questa lettera inviata a Henry Cullen, un gentiluomo
L’atto d’accusa inglese, Bolívar mette in luce il carattere iniquo e parassitario della politica
di Simón Bolívar spagnola in Sud America, accusando anche gli Stati europei e gli Stati Uniti,
che poco avevano fatto per sostenere i moti di indipendenza sudamericani.
Il quadro che Le descrivo abbraccia un’estensione di 2000 leghe di lunghezza e 900 di larghezza
su scala militare; in esso 16.000.000 di americani difendono i loro diritti o sono oppressi dalla
nazione spagnola, la quale un tempo fu l’impero più vasto del mondo; ma quel che di esso è ora
rimasto è impotente non solo a dominare il nuovo emisfero ma persino a sostenersi nell’antico.
E l’Europa civile, mercantile e amante della libertà, permette che un vecchio serpente, solo per
soddisfare il suo furore velenoso, divori la parte più bella del nostro globo? […]
L’Europa stessa, per fini di sana politica, avrebbe dovuto preparare e portare a compimento il
progetto dell’indipendenza americana, non solo perché è l’equilibrio del mondo che lo esige, ma
anche perché questo è il mezzo legittimo e sicuro per dare l’avvio a traffici oltremare. […]
Non solo gli europei, ma persino i nostri fratelli del Nord sono rimasti spettatori inerti di questa
lotta […].
(da Lettera dalla Giamaica, in L’unico scopo è la libertà, antologia di scritti di Simón Bolívar, a cura di
J.L. Salcedo Bastardo, Edizioni della Presidenza del Consiglio dei ministri italiana, Roma 1983, pp. 73-85)
396
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
397
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
398
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
Il nuovo Stato divenne di fatto un protettorato delle potenze europee, le quali gli
imposero come re un principe tedesco, Ottone di Baviera (1815-67), che per più
di dieci anni non concesse neppure una costituzione al popolo che aveva pagato
un prezzo così alto per conquistare l’indipendenza nazionale. Oltre a consentire la
formazione di uno Stato indipendente greco, gli accordi di Adrianopoli del 1829
fra Impero russo e Impero ottomano previdero la costituzione di un autonomo
Principato di Serbia (sotto il leader Miloš Obrenović) e di due distinti Principati
di Moldavia e Valacchia.
Vienna ssi
ru IMPERO
IMPERO D’AUSTRIA MOLDAVIA RUSSO
VALACCHIA
r u ss
turchi
fran
Tripoli iz
i an Valacchia
i
• Grazie anche al (autonoma dal 1829)
Alessandria
concorso di quali Serbia
potenze europee (autonoma dal 1817)
Il Cairo Grecia
la Grecia ottiene EGITTO (indipendente dal 1829)
l’indipendenza
dai turchi?
399
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Anche nei circoli più aperti all’Occidente rimaneva comunque salda l’idea che in
Russia una rivoluzione fosse impensabile e che qualunque trasformazione politi-
ca dovesse essere imposta dall’alto. Occorreva dunque costringere l’imperatore a
riformare la società, rinunciando ad agire attraverso l’opinione pubblica.
Ripassa con la presen- Si diffusero due associazioni segrete di ufficiali: una a Pietroburgo, la Società del
tazione La Restaura-
Nord, più moderata, che propugnava una costituzione all’occidentale, liberale e fe-
zione in Europa e co-
struisci una mappa in deralista; l’altra in Ucraina, la Società del Sud, che immaginava una svolta radicale
cui metti in relazione: tanto democratica da prevedere il suffragio universale, ma che in realtà sosteneva
• le conseguenze
un progetto estremamente autoritario e razzista, diretto contro l’«aristocrazia del
del Congresso
di Vienna negli denaro più pericolosa di quella feudale».
equilibri europei; Le due diverse anime del movimento rivoluzionario russo cominciavano così a
• il programma politico
delinearsi: una «occidentalista», di ispirazione liberaldemocratica e interessata
dei liberali;
• l’Italia all’indomani soprattutto al modello costituzionale britannico; l’altra «slavofila», di ispirazione
del Congresso essenzialmente autoritaria, che dall’Occidente era disposta a prendere al massimo
di Vienna. i metodi giacobini, ma per cercare una propria linea di progresso politico e socia-
le nella dittatura, riallacciandosi alle peculiarità culturali e spirituali della secolare
tradizione russa ( ▶ cap. 13, par. 3).
Nel 1825 lo zar Alessandro I morì, senza che fosse chiaro se avesse designato
come suo successore il figlio Costantino o il fratello Nicola. Parve il momento buo-
no perché le due società segrete trovassero l’accordo per un tentativo di complot-
to cospirativo con fini insurrezionali che si chiamò «decabrista» (da dekabr, «di-
cembre» in russo) perché appunto era stato programmato per quel mese del 1825.
Si scelse il momento del giuramento che le truppe dovevano prestare al nuovo
imperatore, Nicola I (1796-1855). Ma il movimento, represso immediatamen-
te con la forza, fallì del tutto e cinque dei suoi capi, giovani ufficiali che inten-
devano insediare sul trono imperiale Costantino, vennero condannati a morte;
altri vennero deportati in Siberia. Nicola I continuò ciecamente la politica rea-
zionaria del fratello, aggravando sempre più il ritardo politico e sociale che af-
fliggeva la Russia.
Rivolta decabrista
a San Pietroburgo
(14 dicembre 1825).
Dipinto di Karl Ivanovich
Kolmann, 1830 circa.
Mosca, Puschkin-
Literaturmuseum.
400
La Restaurazione e i moti degli anni Venti | 11 |
Storia e Arte
Rappresentare le atrocità
della guerra
Francisco Goya
A partire dal XIX secolo, l’arte si allontanò progressi-
vamente dalla rappresentazione celebrativa della guer-
ra per diventare strumento di denuncia delle sue
atrocità.
Tra i primi interpreti di questa tendenza vi fu il pittore
spagnolo Francisco Goya (1746-1828). Vicino alle
idee illuministe, lesse come una contraddizione l’inva-
sione francese della Spagna. Pur accettando onorifi-
cenze dagli stranieri, espresse la sua posizione di con-
danna verso i drammi della guerra in una serie di opere.
Nel 1814 Goya fece richiesta al Consiglio di reggen-
za (un organo di governo provvisorio) di poter rappre-
sentare la resistenza del popolo spagnolo di fronte
all’invasione nemica, anche per riscattarsi dalle accu-
se filonapoleoniche. Dipinse così due grandi tele oggi
conservate al Prado: Il 2 maggio 1808 a Madrid e Scene di massacri a Scio; famiglie greche
Il 3 maggio 1808 ( ▶ cap. 10, par. 9). La prima è una attendono la morte o la schiavitù, di Eugène Delacroix,
1824. Parigi, Museo del Louvre.
grande scena dinamica, che rappresenta la resistenza
del popolo madrileno contro i corazzieri reclutati da Na-
poleone durante la campagna d’Egitto (i mamelucchi). schiavitù. L’artista eseguì una rappresentazione priva
La seconda rappresenta la successiva repressione: un di figure dominanti, volendo fare delle sofferenze del
plotone di esecuzione che sta decimando un gruppo popolo greco e delle atrocità commesse dagli ottoma-
di patrioti spagnoli. Ritenuto un capolavoro di tensio- ni le uniche protagoniste della scena. Il dipinto non fu
ne espressiva, il dipinto fissa il momento che precede molto apprezzato dalla critica, che lo ritenne rozzo per
l’uccisione dell’anonimo patriota, riconoscibile per la la modalità di applicazione del colore e per la mancanza
luminosa camicia bianca, che affronta con dignità la di disegno, ma fu acquistato dallo Stato francese ed è
sua morte e che costituisce il centro nevralgico della attualmente conservato al Museo del Louvre di Parigi.
rappresentazione.
Collega e confronta
Eugène Delacroix 1. Dividendovi in gruppi, realizzate una presen-
La guerra di indipendenza della Grecia contro l’Impero tazione per ciascuno dei dipinti citati nella
ottomano accese una forte corrente di opinione pubbli- scheda: contestualizzateli facendo opportuni
ca internazionale a sostegno degli insorti: il «mito elle- riferimenti storici, descrivetene il soggetto e
nico» si diffuse nell’Europa dei primi decenni dell’Otto- mettete in luce l’intento comunicativo dell’o-
cento, influenzando l’immaginario letterario e artistico. pera. Scegliete uno o più speaker che espon-
gano il lavoro svolto al resto della classe.
Il pittore francese Eugène Delacroix (1798-1863) fu
molto colpito da uno degli episodi più sanguinosi del- 2. Anche il cinema ha raccontato la violenza
della guerra, in particolare le due guerre
la guerra di indipendenza ellenica, che ebbe luogo nel
mondiali (1917, Dunkirk), ma anche la guerra
1822 sull’isola di Chio, dove gli ottomani, per rappre- del Vietnam (Apocalypse Now). Svolgi un
saglia, uccisero migliaia di civili e deportarono i super- sondaggio fra i tuoi compagni, rispondendo
stiti come schiavi. Delacroix denunciò queste vicende alle seguenti domande e discuti le risposte
presentando al Salon di Parigi del 1824 (un’esposizio- in classe: hai mai visto un film di guerra?
ne d’arte periodica) l’opera dal titolo Scene di massa- Perché ti è piaciuto? Quali aspetti ti hanno
cri a Scio; famiglie greche attendono la morte o la colpito di più?
401
Dalla Storia all’Educazione civica
402
Dibattito in classe:
la libertà
d’opinione
La libertà di opinione
e di espressione sono diritti im-
prescindibili nelle società demo-
cratiche, ma sempre più spesso,
in particolare di fronte a bufale o
fake news, ci si interroga sui limiti
da porre o meno a queste libertà,
visti i pericoli di disinformazione di
massa su temi come la salute o la
sicurezza collettiva. Basti pensare
Manifestanti protestano davanti al tribunale di Istanbul, il 9 settembre 2020, a quante false notizie sono circo-
in occasione del processo a giornalisti accusati di aver rivelato segreti di Stato. late a proposito della pandemia di
Sui cartelli si legge «La libertà di stampa è garanzia di democrazia». Covid-19 o dei migranti.
Scegliete tre studenti che facciano
da giuria, poi dividete il resto della
che compromettano la correttezza nei Paesi illiberali, la formazione e classe in due gruppi:
1. il gruppo A difenderà la libertà
e l’efficacia dei procedimenti giudi- la circolazione delle idee vengono
di opinione; il gruppo B invece
ziari. Un altro caso ancora è quello rigidamente controllate dallo Stato.
sosterrà la necessità di strumenti
del segreto di Stato, a tutela della È interesse dei governi dittatoriali di censura, per garantire l’accesso
sicurezza politica e militare del Pa- sostituire alla libertà di opinione la ai cittadini ad un’informazione
ese, contro attività eversive interne verità di Stato attraverso la pro- affidabile e quindi proteggerli.
ed esterne. paganda. Il controllo delle men- Per approfondire il tema potete
ti, infatti, è molto più efficace che il consultare il video Educazione
La libertà d’opinione controllo dei corpi. alla cittadinanza digitale, acce-
nel mondo oggi Purtroppo, nonostante la lunga lot- dendo tramite il QR code.
Un Paese nel quale sia impedita o ta per i diritti umani degli ultimi se- 2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
vietata alle persone la manifestazio- coli, in parecchie aree del mondo voce, che in 5 minuti presenterà
la libertà d’opinione è ancora og- alla giuria i risultati del lavoro.
ne delle idee su problemi di carat-
gi vincolata al controllo del pote- Nell’esporre le proprie ragioni, si
tere politico, sociale, economico e
possono proiettare presentazio-
religioso non può dirsi democratico. re politico e spesso negata: Iran,
ni multimediali che contengano
Il controllo e la repressione delle Cina, Russia, Egitto, Arabia Sau-
informazioni e dati.
idee delle persone è incompati- dita sono solo alcuni dei Paesi in 3. Seguirà un dibattito libero di 10
bile con la democrazia. Quest’ulti- cui manifestare la propria opinione minuti tra le due squadre. I giudici
ma presuppone infatti la possibilità o esprimere un’opinione contraria si confronteranno poi tra loro e
per ognuno di manifestare il proprio a quella delle autorità può portare decideranno qual è stato il grup-
dissenso e il diritto di dare voce al- all’arresto e alla persecuzione fi- po più efficace nel sostenere l’uno
le proprie convinzioni. Al contrario, sica e legale. o l’altro modello.
403
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
404
Ripassa con la mappa concettuale
LA RESTAURAZIONE
......................................... MOVIMENTI DI
OPPOSIZIONE
• revoca della ........................
in cui ........................ e della
Costituzione siciliana • superiorità morale
• riduzione del diritto di della ..............................
liberali
Austria, Prussia, Russia, voto in Francia sullo Stato
Regno Unito, Francia • repressione armata in • .......................................
Inghilterra («...................»)
• instaurazione di un clima
determinarono scienziati e produttori
reazionario
più importanti
• censura della ...................... ........................
di politici e sovrani
nuovi ........................................ e controllo dell’...................
nella società
politici e territoriali
conciliazione di
in base al in Europa, dove ..................... .....................
seguaci di
e ..................... senza
........................
separazione fra
• principio di ........................ • la Polonia resta alla
Chiesa e Stato
che ripristina l’autorità ..............................................
monarchica delle dinastie • la Prussia ottiene e dalle
• principio di equilibrio, che parte della Germania
prevede la creazione di occidentale
....................... attorno alla • nasce la ............................. ........................ rete cospirativa
Francia .............................................. ........................ internazionale
• la Spagna torna ai
Borbone ma riuscì a
• ..................... e ..................... stroncare i
e strinsero
sono in mano austriaca
moti
nuove alleanze rivoluzionari
e in Italia, dove
in
• ribellione militare a
...................... nel 1820
.................... .................... • il Regno di Sardegna ........................ • rivolta degli
.................... .................... recupera ......................... e ...................... sedata
la ........................ e ottiene nel 1823
formata da formata da la Repubblica di Genova e nel
• il Granducato di
Toscana torna
• Regno a Ferdinando III
d’Asburgo-Lorena • rivolta di .....................
• Russia Unito
• Regno delle Due Sicilie ........................ e ..................... guidati
• Prussia • Russia
torna a ............................... ........................ da Pepe
• Austria • Prussia
.............................................. • ................... a Palermo
• Austria
405
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
406
Fonti e Storiografia
FONTI L’origine del principio monarchico secondo de Maistre
F1 Joseph de Maistre (1753-1821) in questo pamphlet del 1814 ribadisce l’origine divi-
na della monarchia, interpretando una posizione tipica del pensiero reazionario. A suo
avviso le sole Costituzioni giuste sono quelle che derivano dalla tradizione. Le altre
sono solo di natura convenzionale.
Uno scrittore anonimo1, che si occupava molto di questo genere di speculazioni e che cer-
cava di esplorare le fondamenta nascoste dell’edificio sociale, si credeva in diritto, circa
vent’anni fa, di proporre, come altrettanti assiomi incontestabili, le proposizioni seguenti,
diametralmente opposte alle teorie del tempo:
1. Nessuna costituzione è frutto di una deliberazione: i diritti dei popoli non sono mai scrit-
ti, o lo sono solo come semplici dichiarazioni di diritti anteriori non scritti.
2. L’azione umana, in questi casi, è talmente limitata che gli stessi uomini che agiscono so-
no solo delle circostanze.
3. I diritti dei popoli, propriamente detti, derivano quasi sempre dalla concessione dei so-
vrani, e possono essere allora verificati storicamente; ma i diritti del sovrano e dell’aristo-
crazia non hanno né data né autori conosciuti.
4. Queste stesse concessioni sono sempre state precedute da uno stato di cose, indipen-
dente dalla volontà del sovrano, che le ha rese necessarie.
5. Sebbene le leggi scritte non siano mai altro che dichiarazioni di diritti anteriori, non tutti
questi diritti possono però essere scritti.
6. Più si scrive, più l’istituzione è debole.
7. Può darsi la libertà solo una nazione che già la possiede; l’influenza umana non si esten-
de infatti oltre lo sviluppo dei diritti esistenti.
8. I legislatori propriamente detti sono uomini straordinari che forse non appartengono
che al mondo antico e alla giovinezza delle nazioni.
9. Questi legislatori, anche con loro meravigliosa potenza, non hanno mai fatto altro che
raccogliere elementi preesistenti, e hanno sempre agito in nome della divinità.
10. La libertà, in un certo senso, è un dono dei re; perché quasi tutte le nazioni libere fu-
rono costituite da re.
11. Non vi fu mai nazione libera che non avesse nella sua costituzione naturale germi di
libertà tanto antichi quanto essa, e nessuna nazione tentò mai efficacemente di sviluppa-
re, attraverso le sue leggi fondamentali scritte, diritti diversi da quelli che erano presenti
nella sua costituzione naturale.
12. Una qualsiasi assemblea di uomini non può costituire una nazione. Una impresa del
genere merita anzi di ottenere un posto tra gli atti di follia più memorabili. […]
1 scrittore anonimo:
Dio fa i re, letteralmente. Egli prepara le stirpi regali; le matura entro una nube che na-
de Maistre cita una sua
opera: Considerazioni sconde la loro origine. Esse appaiono poi coronate di gloria e di onore; si stabiliscono; ed
sulla Francia, del 1796. ecco il maggiore segno della loro legittimità.
(da J. de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche
e delle altre istituzioni umane, Scheiwiller, Milano, 1975 pp. 25-28)
407
Fonti e Storiografia
È utile, è giusto stabilire una società segreta? È utile perché è solo attraverso una società
segreta bene organizzata che si possono riunire le forze e acquistare la potenza necessaria
per distruggere il male che pesa su tutta l’Europa. […]
Il destino subito dalla maggior parte delle società segrete create nel nostro tempo e so-
prattutto da quelle che si erano formate in Francia ci avverte che l’impresa presenta delle
Leggi in digitale il te- difficoltà e mostra che occorre una grande sagacia per evitare fin dagli inizi gli errori nei
sto Il programma del
«Conciliatore» in cui
quali erano caduti i fondatori di questi corpi. […]
si esprime chiaramen- Il carbonarismo napoletano1 […] ci offre a un tempo il quadro del bene che può produrre
te quello che i liberali una società segreta e dei vizi di fondazione che ne distruggono in tutto o in parte la felice
intendevano con «uti- influenza. Io pongo tra i difetti che si possono rimproverare alla Carboneria l’indetermina-
lità sociale». Confron-
tezza delle sue dottrine, la leggerezza nella scelta dei candidati, il numero troppo grande
talo poi con quanto
afferma Filippo Buo- dei suoi membri, il difetto del segreto, l’assenza di un potere legislativo e direttivo esclusi-
narroti sull’utilità delle vo e obbedito. […] Tale assenza ha prodotto l’insubordinazione, l’insufficienza e l’incrocio
società segrete: scrivi delle misure così come l’impossibilità di ottenere l’unità dei piani e il concorso di tutte le
un testo di tipo espo-
forze nell’esecuzione.
sitivo-argomentativo
in cui spieghi le diffe- Mi sembra che per creare una società segreta veramente utile all’umanità sia necessario
renze fra i due approc- fin dall’inizio stabilire un corpo poco numeroso dotato di dottrine precise, pure e comuni
ci nel modo pensare il a tutti i suoi membri; esso si costituirà capo unico e legislatore assoluto dell’istituzione, e
cambiamento sociale determinerà le regole in base alle quali si perpetuerà aggiungendosi successivamente gli
ed esprimi la tua opi-
nione a proposito. uomini che giudicherà degni di dividere i suoi lavori. […] Non è dalla massa degli iniziati
che questo corpo deve avere la sua esistenza, ma è da questo corpo creatore e legislatore
che gli iniziati devono essere chiamati a concorrere ai suoi disegni secondo le regole che
esso deve determinare e dettare. […]
1 carbonarismo
napoletano: Buonarroti La società segreta di cui qui si tratta è un’istituzione democratica per i suoi princìpi e
fa riferimento ai moti per lo scopo al quale tende; ma le sue forme e la sua organizzazione non possono essere
napoletani del 1820, quelle della democrazia. […]
durante i quali, sotto la
guida dei due ufficiali Per quanto riguarda l’azione sia preparatoria che definitiva bisogna assolutamente che
Michele Morelli e l’impulso parta dall’alto e che tutto il resto obbedisca. Questa società non è che un esercito
Giuseppe Silvati, i segreto destinato a combattere un nemico potente e armato di tutto punto; e come potrebbe
rivoluzionari riuscirono
a ottenere un governo preparare e dirigere efficacemente i suoi attacchi se si dovesse consultare ogni volta ognu-
costituzionale. no dei suoi membri e rischiare così di rendere pubblico ciò che esige il più grande segreto?
(da A. Saitta, Filippo Buonarroti, vol. 1, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 1972 pp. 152-155)
COMPRENDERE 1. Rielaborando il pensiero di Buonarroti, perché è utile costituire una setta segreta?
2. Quale esempio concreto cita che mostra vizi e virtù delle sette?
INTERPRETARE 3. Perché la setta segreta può dirsi, nell’interpretazione di Buonarroti, un’istituzione
che è al contempo democratica e non democratica?
VALUTARE 4. Buonarroti paragona le sette segrete ad un esercito, per sostenere che l’organiz-
zazione interna delle prime non possa essere del tutto democratica, se si vuole
assicurarne il funzionamento. Ribaltando la questione posta dal rivoluzionario,
è possibile immaginare che un esercito oggi incarni i valori democratici? Quali
dovrebbero essere?
408
La Restaurazione e i moti degli anni Venti 11
Nella notte fra il 6 e il 7 marzo fu recapitato a Metternich un plico che recava la scritta «ur-
gente» e l’indicazione «da parte del consolato generale imperial-regio di Livorno» (non
Genova, come erroneamente indica il ministro austriaco nelle sue memorie): il messaggio
trasmetteva la sconvolgente notizia della fuga di Napoleone dall’isola d’Elba. Si avverava-
no così i timori di quanti non avevano approvato le generose concessioni del trattato di
Fontainebleau1. […]
Nel progetto per il regolamento del congresso steso nel settembre 1814 Wilhelm von
Humboldt2 affermava che Napoleone e i membri della sua famiglia inquietavano l’Italia, la
Svizzera e la Francia, […]. La questione non era mai stata posta formalmente all’ordine del
giorno, ma più volte a Vienna era stata prospettata nei colloqui informali fra i diplomatici
la necessità di allontanare Napoleone, e fra le varie ipotesi si era già parlato di una depor-
tazione alle Azzorre, a Santa Lucia, in qualche isola delle Indie occidentali o nell’isola di
Sant’Elena. Queste voci, riportate più volte dalla stampa in Francia, erano ben note a Na-
poleone, il quale seppe anche dai suoi informatori che Metternich, scavalcando Talleyrand,
aveva stabilito contatti diretti con Luigi XVIII tramite il favorito di questi, il conte di Blacas,
e sospettava che uno dei temi in discussione fosse proprio il suo destino.
Il pericolo di una deportazione ebbe certamente un peso notevole nella decisione di la-
sciare il suo piccolo regno. A parte i timori per la propria incolumità, giustificati dalla voce
che il governatore della Corsica avesse l’incarico di farlo assassinare, egli poteva anche
lamentarsi del mancato pagamento da parte del governo francese dell’indennità prevista
dal trattato di Fontainebleau. In effetti si temeva a Vienna che la mancata attuazione degli
accordi di Fontainebleau potesse offrire a Napoleone il pretesto per un colpo di testa […].
Quando ebbe notizia del crescente malumore dell’opinione pubblica francese nei confronti
della monarchia restaurata, Napoleone ruppe gli indugi e, approfittando di una temporanea
assenza del colonnello inglese Campbell incaricato di sorvegliarlo, prese il largo con una
piccola flottiglia puntando sulla costa francese. Fu lo stesso Campbell al suo ritorno nell’i-
1 trattato di
sola a dare l’allarme al console inglese di Livorno. La notizia suscitò a Vienna sconcerto e
Fontainebleau: trattato
del 1814 che sancì la timore, anche perché non si sapeva dove Napoleone si fosse diretto: considerando i pericoli
sconfitta di Napoleone, ai quali sarebbe andato incontro sbarcando in Francia, si pensava che avesse puntato piut-
che rinunciò al trono di
tosto sulla costa italiana. Né mancarono sospetti e polemiche riguardo all’atteggiamento
Francia ma non al titolo
di imperatore. Sarebbe dell’Inghilterra, accusata di avere favorito ad arte la fuga in modo da avere il pretesto per
diventato sovrano metterlo definitivamente fuori gioco.
dell’isola d’Elba, con una Dopo il primo moto di sconcerto e di incertezza, l’ennesima sfida di Napoleone all’Euro-
rendita annua, versatagli
dal nuovo governo pa ebbe come effetto di ricompattare il fronte dei suoi avversari, i quali […] misero a punto
francese. una dichiarazione comune datata 13 marzo nella quale affermavano di essere pronti a in-
2 Wilhelm von tervenire a difesa della monarchia francese e della pace generale del continente. Con una
Humboldt:
rappresentante per la decisione senza precedenti nella storia, essi dichiararono inoltre che Napoleone si era posto
Prussia al Congresso. fuori dalle leggi civili e sociali e che, come nemico e perturbatore della pace del mondo, si
409
Fonti e Storiografia
era esposto alla pubblica punizione. […] si dicevano anche certi che la Francia intera si sa-
rebbe stretta attorno al sovrano legittimo e avrebbe respinto l’avventuriero criminale, ma
le notizie della fuga di Luigi XVIII in Belgio e del ritorno di Napoleone alle Tuileries, avve-
nuto il 20 marzo, gettarono un’ombra inquietante sulla monarchia restaurata e animarono
le perplessità delle potenze circa l’utilità e l’opportunità di ristabilire sul trono i Borbone
una volta sconfitto per sempre il fuggiasco dall’Elba. […]
Per quanto riguarda i lavori congressuali, essi proseguirono, e anzi si cercò di stringere i
tempi per chiudere tutte le questioni da definire […].
(da V. Criscuolo, Il Congresso di Vienna, Il Mulino, Bologna 2015, pp. 105-107)
GLI SNODI Nascono molte società segrete, fra le quali l’Adelfia di Filippo Buonarroti.
DEL TESTO Non sono noti chiaramente né la sua struttura e né i suoi membri.
Le società segrete attirano repubblicani, ex ufficiali napoleonici e aristocratici.
Nell’aprile nel 1814 finiva la dominazione francese in Piemonte e un mese dopo Vittorio
Emanuele I, nel quadro della generale restaurazione dei vecchi monarchi, rientrava a Torino.
Iniziava il periodo storico prefigurato dalla Restaurazione, dominato dal Congresso di
Vienna, che si proponeva di ristabilire la situazione istituzionale politica antecedente alla
Rivoluzione francese.
Le legittime aspirazioni a un governo costituzionale, il rispetto del principio delle nazio-
nalità, delle libertà d’opinione, stampa e riunione furono brutalmente represse dai regimi
restaurati. Le trasformazioni operate dalla rivoluzione francese e, almeno in parte, dall’e-
sperienza napoleonica avevano comunque inciso profondamente sulla cultura e sulle co-
scienze dei popoli europei e, in particolare, degli italiani.
Non potendo più esercitare liberamente i diritti sanciti dalla Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino non restava altro che ricorrere alla cospirazione per ristabilire le
perdute libertà.
In questo contesto nacquero, a livello europeo, numerose società segrete, e in Piemonte
la prima organizzazione settaria che si formò, immediatamente dopo l’arrivo all’isola d’El-
ba di Napoleone e quindi prima del ritorno di Vittorio Emanuele I, fu l’Adelfia.
All’incontro, tenutosi a Torino, parteciparono quattordici esponenti con trascorsi gia-
cobini […]. L’Adelfia […] stabilì il suo centro operativo in Piemonte, agendo però anche in
Lombardia educato di parte Piacenza […].
410
La Restaurazione e i moti degli anni Venti 11
411
12 Il trionfo
del capitalismo
Il sistema di fabbrica e le sue contraddizioni
Nell’Ottocento, l’industrializzazione coinvolse oltre alla Gran Bretagna anche parte dell’Eu-
ropa continentale e gli Stati Uniti. La diffusione delle grandi fabbriche e dell’economia
capitalista comportò, però, anche il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro
Esplora l’immagine degli operai, soprattutto nelle città; questi cominciarono infatti ad organizzarsi in asso-
interattiva ciazioni di mutuo soccorso e sindacati.
413
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
414
Il trionfo del capitalismo | 12 |
415
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
L’interno della C’era infine un sesto e ulteriore vantaggio che l’Inghilterra condivideva con po-
Banca d’Inghilterra che altre regioni d’Europa (le Fiandre, la Pianura padana): un grande sviluppo delle
a Londra. Stampa
del 1808-1810. tecniche agricole ( ▶ cap. 7, par. 3). La produzione, a parità di lavoro, era pertanto
aumentata e ciò aveva permesso un consistente incremento demografico, quindi
un aumento della domanda e uno stimolo generale alla produzione. E lo sposta-
mento dei contadini dalla campagna alla città aveva potentemente incrementato
la disponibilità di lavoratori salariati e, dunque, di forza lavoro per l’industria in
espansione.
416
Il trionfo del capitalismo | 12 |
417
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
418
La Workhouse
di St James a Londra
nel 1808, una casa di
lavoro in cui venivano
accolti disoccupati e
donne con i propri figli.
Il luddismo
Gli operai detestavano la fabbrica, che rappresentava il luogo dell’umiliazione e
della perdita di indipendenza e li costringeva a un lavoro durissimo ai limiti della
sopravvivenza. Le macchine erano il simbolo di tutto questo: erano uno strumen-
to di concorrenza sleale, che produceva merci di cattiva qualità a prezzi straccia-
ti, facendo perdere il lavoro, la professionalità, le tradizioni, la cultura al mondo
dell’artigiano. Inoltre, toglievano lavoro agli uomini per affidarlo frequentemente
alle donne e ai bambini, che più facilmente si potevano intimidire e sottopagare.
In Inghilterra il malcontento sfociò in una forma estrema di protesta che pre-
vedeva la distruzione dei nuovi impianti. Questo movimento assunse il nome di
luddismo, dal nome di quello che sarebbe stato il suo iniziatore, Ned Ludd, e si
diffuse in Gran Bretagna nei primi due decenni del secolo. Nel 1811 il luddismo
produsse una grande ondata di agitazioni e di atti di sabotaggio, che culminaro-
no nell’assalto a un’importante manifattura tessile dell’Inghilterra centrale. La re-
pressione del movimento fu molto dura e si concluse con un grande processo che
decretò tredici condanne a morte.
Pochi anni dopo il movimento operaio riprese vigore ma fu ancora una volta fer-
mato con la forza a Manchester, quando nel 1819 le forze di polizia si scagliarono
contro una folla di circa 80.000 lavoratori, provocando numerosi morti e feriti (il
«massacro di Peterloo»: ▶ cap. 11, par. 3). Da allora il termine «luddismo» è rimasto
a indicare ogni forma di lotta operaia primitiva, diretta contro gli impianti, quindi
contro la modernizzazione, invece di essere volta a migliorare i rapporti di lavoro.
419
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Anche in Francia questo reato era punito. Napoleone aveva istituito il libretto
di lavoro, in cui il datore di lavoro annotava le eventuali infrazioni all’ordine del-
la fabbrica; con un libretto non a posto diventava difficilissimo trovare un nuovo
lavoro. In Francia, fino al 1848, si condannava ogni anno alla prigione un paio di
centinaia di operai per «reato di coalizione».
S1 La composizione In Gran Bretagna le organizzazioni dei lavoratori si affermarono prima che al-
della prima classe
trove e cominciarono a chiamarsi Trade Unions, cioè «unioni di mestiere», a metà
operaia inglese, p. 449
fra l’azione cooperativa, quella politica e quella sindacale. Le Unions ricevettero
un riconoscimento formale solo dopo la metà dell’Ottocento, mentre negli altri
Paesi europei furono legalmente ammesse ancora più tardi. Il sindacalismo vero
e proprio è dunque un fenomeno della seconda metà dell’Ottocento o addirittura
del Novecento ( ▶ cap. 17, par. 4), ma nei primi decenni del secolo la Rivoluzione
industriale ne aveva posto ormai le basi, istituendo la fabbrica come luogo speci-
fico del conflitto sociale.
Trade Unions.
La tessera d’iscrizione
all’associazione
di mestiere dei
lavoratori del legno
e dei carpentieri
inglesi (sinistra), e la
tessera d’iscrizione
all’associazione di
mestiere dei lavoratori
impiegati nell’industria
(destra), XIX secolo.
420
Il trionfo del capitalismo | 12 |
ro: ma dal punto di vista dei grandi princìpi generali, e non di programmi concre-
ti e praticabili. In modi diversi, sia il «dispotismo illuminato» sia la Rivoluzione
francese avevano preteso di impostare nella maniera più ragionevole i problemi
del governo, interpretando autoritariamente una «volontà generale» che escludeva
gli «interessi particolari», considerati illegittimi e percepiti come faziosi. Avevano
voluto decidere «secondo ragione», e non secondo la tradizione, quello che era
giusto fare nell’interesse di tutti, ma senza interpellare i diversi ceti sociali e pro-
duttivi, che non avevano una rappresentanza politica.
Con l’avvento del capitalismo e della Rivoluzione industriale, la politica si tra-
sformò radicalmente. Prima che altrove questo accadde in Gran Bretagna e negli
Stati Uniti, dove il sistema parlamentare permetteva di ascoltare la voce dei grup-
pi sociali coinvolti nella trasformazione economica e produttiva; ma poco per volta
accadde anche negli altri Paesi, dove quel po’ di costituzionalismo che la Restaura-
zione aveva concesso faceva comunque filtrare un confronto fra le opinioni. Pro-
gressivamente la politica divenne quindi il luogo della rappresentanza e del con-
fronto fra gli interessi forti, cioè fra le élite dirigenti.
In Gran Bretagna si affrontarono due grandi gruppi economico-produttivi: quel-
lo degli agrari e quello degli industriali. Gli agrari, in genere, erano favorevoli a una
politica protezionista, cioè a leggi che proteggessero dalla concorrenza i prezzi dei
prodotti agricoli, e chiedevano che i prezzi in agricoltura non calassero tanto da
danneggiare le loro rendite. Però, quando il costo dei prodotti agricoli saliva trop-
po e gli agrari ottenevano buoni profitti, doveva intervenire l’assistenza pubbli-
ca, soccorrendo i poveri a spese di una fiscalità che avrebbe colpito chi realizzava i
maggiori guadagni, cioè gli industriali. Per questa ragione gli industriali erano su
posizioni opposte: chiedevano che i prezzi in agricoltura fossero determinati dal-
la concorrenza, in modo da aumentare il profitto in caso di una loro crescita e da
permettere una riduzione dei salari se avessero subito una contrazione. Gli indu-
striali erano anche contrari alle politiche assistenziali, costose per i contribuenti
e quindi soprattutto per loro: non capivano perché dovessero pagare salari eleva-
ti per compensare l’alto prezzo del pane e per giunta tasse per soccorrere i poveri,
mentre gli agrari vivevano di rendita.
421
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
LESSICO nelle parrocchie più efficienti nel gestire l’assistenza piuttosto che là dove si offri-
Assistenzialismo
va lavoro. I poveri si trovavano di fronte a questa alternativa: il lavoro in fabbrica
Insieme delle attività
messe in atto dallo oppure l’assistenzialismo paternalista, agrario e tory, che li proteggeva.
Stato e da altri enti Gli industriali, d’altro canto, dovevano pagare le tasse per l’assistenza, ma alme-
pubblici a favore di no ricavavano da questo sistema un vantaggio secondario: potevano tenere bassi
individui bisognosi, con
l’intento di fornire servizi, i salari, dato che comunque le parrocchie erano tenute a intervenire. È ovvio tut-
gratuiti o a prezzi molto tavia che il loro programma fosse diverso, dal momento che prevedeva una com-
bassi, nonché forme di pleta liberalizzazione di tutti gli aspetti dell’economia, parallela all’ampliamento
sostegno a categorie
particolarmente dei diritti politici. Questo era l’unico modo, secondo loro, di assicurare lo svilup-
svantaggiate. po; ed era un programma whig.
Il sistema protettivo in Inghilterra finì negli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocen-
to, quando tutte le leggi sull’assistenza furono soppresse e i lavoratori si trovarono
catapultati sul mercato senza più alcuna protezione. I costi sociali furono altissi-
mi, ma la trasformazione in senso capitalista della società inglese venne da allora
accelerata. I ceti popolari potevano stare da una parte o dall’altra: diventare alleati
degli agrari conservatori perché ne ricavavano protezione, o degli industriali pro-
gressisti perché ne ricavavano un ampliamento dei diritti politici. Per tutto l’Otto-
cento questa doppia tendenza si manifestò nelle più varie circostanze.
Dopo un esame delle testimonianze raccolte, […] chiedo il permesso di ricapitolare le principali
conclusioni che queste testimonianze mi sembrano poter stabilire. […]
Che la mortalità annuale per sporcizia e cattiva ventilazione è maggiore di quella per morte o ferite
in ogni guerra in cui il paese sia stato impegnato in tempi moderni.
[…] che la grande maggioranza di decessi dei capofamiglia è capitata per le cause sopra specificate
e per altre che è possibile rimuovere; che la loro età era sotto i 45 anni, cioè a dire 13 anni sotto le
probabilità naturali di vita, […].
Che la perdita pubblica per morte prematura dei capofamiglia è maggiore di quanto possa essere
rappresentata da qualunque enumerazione di oneri pecuniari conseguenti la loro malattia e morte.
(da Report on the Sanitary Condition of the Labouring Population, Londra, 1842, in A. De Bernardi, S. Guarracino,
L’operazione storica. L’Ottocento, Bruno Mondadori, Milano 1993, pp. 142-144)
422
Il trionfo del capitalismo | 12 |
423
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
La rete ferroviaria
fino al 1840 Oslo
San Pietroburgo
La rete ferroviaria
Esplora i luoghi e Stoccolma
nel 1880 Aberdeen
lavora con le carte
dell’Atlante digitale Glasgow Riga
interattivo Dublino Copenaghen
Liverpool
Königsberg
Amburgo
Amsterdam
Londra Berlino
Varsavia
Bruxelles Colonia
Brest Wiesbaden
Parigi
Linz
Vienna
Basilea Budapest
Bordeaux
Leggi la carta Lione Milano
• In quali Paesi
europei si Nîmes Belgrado
concentravano le vie
Madrid
ferrate nel 1840? Lisbona Barcellona
Roma
• Individua le regioni Valencia
europee che nel Siviglia
Napoli Salonicco
1880 presentavano
una fitta rete Cagliari
ferroviaria e quelle
Catania
che presentano
ancora pochi
collegamenti.
424
Il trionfo del capitalismo | 12 |
Illustrazione
di Manhattan,
New York, nella seconda
metà del XIX secolo.
425
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
collettive dei popoli nomadi, in via di esaurimento la tratta degli schiavi, comincia-
va la stagione dell’emigrazione dei lavoratori, che andavano alla ricerca di riscatto
sociale o, semplicemente, della possibilità di sopravvivere.
All’avanguardia dello sviluppo urbano era Londra, una gigantesca metropoli di
960.000 abitanti nel 1801, ma altre città inglesi crescevano ancora più in fretta, co-
me Liverpool e Manchester, capitali del cotone, o Birmingham, centro del carbone
e dell’acciaio, dove l’immigrazione era così forte che solo un quarto degli abitanti, a
ogni generazione, era nativo del luogo. Ancora più strepitosa fu la crescita di New
York, che dai 20.000 abitanti al tempo dell’indipendenza crebbe fino al milione e
mezzo alla fine dell’Ottocento. In Europa nessuna crescita fu altrettanto impetuo-
sa, ma nella prima metà del secolo i centri del Vecchio continente che superavano
i 100.000 abitanti passarono da 21 a 43, dei quali più di un quarto inglesi.
426
Il trionfo del capitalismo | 12 |
427
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Settecento
Ottocento
428
Il trionfo del capitalismo | 12 |
429
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
La struttura
di un falansterio
ideale.
Litografia del 1848.
430
Il trionfo del capitalismo | 12 |
431
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
L’India era invece del tutto sottomessa e così il mondo islamico, mentre l’Africa,
ormai per intero circondata dagli insediamenti europei, veniva depredata di uo-
mini, ancora alla metà dell’Ottocento catturati e venduti come schiavi sul merca-
to americano. Il «continente nero» era la vera grande vittima dell’aggressività eu-
ropea, l’unica parte del mondo in cui la popolazione – con 100 milioni di abitanti
– non cresceva più. Gli africani avevano raggiunto i 50 milioni verso l’anno Mille:
allora costituivano un quinto dell’umanità e avevano prodotto importanti civiltà,
ma, nel XIX secolo, erano ormai ridotti a un decimo della popolazione mondiale.
Alla tratta degli schiavi – 10, forse 15 milioni di persone ( ▶ cap. 5, par. 4) – si ag-
giungeva il sistematico sfruttamento delle risorse nelle regioni conquistate gra-
zie al sistema coloniale, una tragedia di cui tuttora, all’alba del Terzo millennio,
sono aperte le ferite.
432
Il trionfo del capitalismo | 12 |
LESSICO proprietà privata della terra, in particolare, era un’idea che gran parte dei popoli
Acculturazione del mondo non comprendeva più di quanto si possa capire la proprietà dell’aria o
Processo nel quale una
società o un gruppo dell’acqua: gli europei la imponevano con la violenza e le popolazioni indigene ri-
assimila elementi spondevano, quando potevano, con altrettanta violenza.
culturali estranei L’immensa crescita demografica che coinvolgeva la Terra non riguardò quindi in
appartenenti a un’altra
società o a un altro egual misura tutti i popoli e non era affatto indolore. Portava a un’acculturazione
gruppo. mai vista prima, cioè a uno scontro-incontro di culture, il cui esito fu l’imposizione
Colonialismo di un modello ritenuto vincente: quello europeo, che un po’ con la forza e un
Politica estera che mira po’ con il suo straordinario successo tecnologico, economico e culturale finì per
alla conquista di territori
estendersi a tutto il pianeta, andando a influire nel profondo sull’identità culturale
ricchi di materie prime
e manodopera, condotta delle popolazioni non europee.
da alcuni Stati europei La superiorità europea nei rapporti di forza materiali si giocò grazie al dena-
in particolare fra il 1870 ro (che consentì un dominio economico indiretto sugli Imperi ottomano, cinese
e il 1914.
e giapponese), al possesso coloniale diretto e alla maggiore capacità di uccidere.
Gli Stati e le élite di Asia e Africa reagirono al colonialismo europeo accelerando
i processi di modernizzazione già intrapresi autonomamente nel XVIII secolo o
ripiegando su risposte tradizionali, intrecciate a forme di nazionalismo moder-
no e incentrate sulla fusione di autorità religiosa e autorità politica nelle stesse
Il colonnello
Mordaunt assiste figure e istituzioni.
ad un combattimento Ma la presenza europea, diretta e indiretta, era destinata ad aumentare. Essa fa-
di galli a Lucknow, vorì l’avvio della disgregazione dell’Impero ottomano: dopo la Grecia ( ▶ cap. 11,
in India.
Dipinto di Johan Zoffany. par. 8), nel 1842 l’Egitto divenne sostanzialmente autonomo e il Libano lo diven-
Londra, Tate Gallery. tò nel 1860, ponendosi sotto protettorato francese. Tra il 1865 e il 1868, i russi si
433
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
434
Il trionfo del capitalismo | 12 |
435
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Le trasformazioni nell’agricoltura
Tutte queste periferie e altre ancora (in America Latina, nelle Indie, nel Medio
Oriente), sempre più numerose, si andavano integrando nel sistema politico ed
economico anglo-franco-tedesco. Potenzialmente tutte le campagne del pianeta
producevano ormai per il mercato mondiale. Là dove i contadini avevano da secoli
coltivato la terra per l’autoconsumo e per mantenere la loro classe dirigente si dif-
fondevano adesso grandi aziende che producevano ciò che il mercato richiedeva.
Naturalmente si trattò di una trasformazione molto graduale e anche nel cuo-
re dell’Europa continuavano a esserci contadini che lavoravano il proprio campo e
non compravano né vendevano quasi nulla. Ma il modello della produzione per il
mercato si affiancava dovunque ai modelli tradizionali, e immancabilmente ten-
deva a vincere la competizione. In gran parte dell’America Latina, come nel Sud de-
gli Stati Uniti, si moltiplicavano immense piantagioni in regime di monocoltura,
Guarda il video
che esportavano l’intera produzione. Non conveniva più produrre sul posto quel
Storia e ambiente –
Colonialismo e che serviva a nutrire la popolazione locale, ma quel che il mercato internazionale
ambiente e rispondi richiedeva: oltre al cotone (che aveva alimentato la prima Rivoluzione industriale:
alle domande: ▶ cap. 7, par. 4), anche il caffè, lo zucchero, le arachidi. Il sistema delle grandi pian-
• In che modo gli
europei hanno
tagioni a monocoltura si diffondeva anche in Africa, per prodotti come le banane e
influenzato il cacao, e in Asia, per il caucciù, il tè e l’oppio. Nelle piantagioni spesso non conve-
l’ambiente delle niva più impiegare gli schiavi, per i quali occorreva un investimento iniziale e che
colonie?
• Quali realtà
bisognava poi comunque nutrire; poteva invece risultare più redditizio far lavora-
subiscono ancora re braccianti agricoli, che si potevano all’occorrenza licenziare. Per tale motivo lo
oggi le conseguenze schiavismo non è stato sconfitto solo dal progresso delle idee morali e umanitarie,
del colonialismo?
ma anche dall’evolversi delle esigenze del mercato.
436
La paga dei
mietitori. Dipinto di
Léon Lhermitte, 1882.
Parigi, Musée d’Orsay.
437
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
438
Il trionfo del capitalismo | 12 |
Il lavoro, Oltre a sfavorire i Paesi poveri, il libero mercato mondiale sfavoriva i ceti pove-
dipinto di Ford Madox ri, esclusi dalla proprietà. In teoria il lavoro è una merce, che si vende e si compra
Brown, 1865.
come ogni altra. Se i lavoratori non trovano conveniente lavorare per un salario
troppo basso, possono decidere di non farlo finché il livello salariale non sarà cre-
sciuto; ma in pratica questa libertà non esiste, perché i lavoratori che non accettano
il salario non hanno modo di sopravvivere, in quanto non possiedono nient’altro.
Chi possiede una merce, una casa, una macchina, può venderle o non venderle, può
in generale permettersi di aspettare le condizioni più favorevoli; ma chi possiede
soltanto il proprio lavoro deve venderlo per forza. Inoltre, se non si possiede niente
da lasciare in eredità, cioè nessuna proprietà che si teme di frazionare troppo fra i
diversi eredi, non c’è alcuna ragione di limitare le nascite; queste ultime si incre-
mentano invece non appena si è nelle condizioni di nutrire i figli per i pochi anni
in cui non lavoreranno. In queste condizioni la popolazione cresce senza freni e
quindi ci sono sempre più lavoratori costretti ad accettare qualunque salario e im-
possibilitati a contrattare il prezzo del loro lavoro.
La diffusione del libero mercato mondiale produceva quindi l’effetto parados-
sale di deprimere i salari fino al livello minimo di sopravvivenza. I salariati dei
secoli precedenti avevano spesso potuto contrattare il livello dei salari: la cresci-
ta demografica non era infatti ancora così elevata e gran parte della popolazione
aveva comunque delle alternative (per esempio un campo, per quanto piccolo, da
coltivare). Questi margini di trattativa, ora, non esistevano più. Molti economisti
dell’Ottocento definirono questo meccanismo «legge di bronzo dei salari», secon-
do la quale i salari si mantengono costantemente sui minimi vitali.
439
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Persone indigenti
in fila per ricevere
una zuppa calda
gratuita durante la
carestia del cotone
del Lancashire, una
depressione economica
generata da una crisi
di sovrapproduzione
che colpì l’industria
tessile nel territorio
dell’Inghilterra nord-
occidentale tra il 1861
e il 1865. Incisione
dell’epoca.
440
Il trionfo del capitalismo | 12 |
mercato di
prodotti agricoli capitali (Borse valori)
riferimento
441
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
442
Il trionfo del capitalismo | 12 |
L’interno della
Borsa di Londra.
Stampa del 1808-1810.
443
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
444
Ripassa con la mappa concettuale
IL CAPITALISMO
e ed
.................................... .....................................
(1821) .....................................
sindacati .........................................
(centro dello sviluppo
stabilendo la divenne il economico mondiale)
ma anche movimenti
incrementando il
.......................... della violenti come il
centro del sistema
cartamoneta,
finanziario
garantita dalle ........................................
internazionale ............................................
riserve auree statali tra ricchi e poveri
445
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
446
Fonti e Storiografia
FONTI Il colera in Lombardia nel 1855
F1 Le condizioni di vita delle grandi città industriali favorirono la diffusione di morbi co-
me la tubercolosi e il colera. Il colera, poco noto in Occidente, benché da secoli pre-
sente in India, giunse dall’Asia in Europa nel 1830 e causò circa 2 milioni di vittime; in
quegli anni Robert Koch (1843-1910) e Louis Pasteur (1822-1895) indentificarono
l’agente patogeno del colera e riuscirono a prevenire le forme più virulente della ma-
lattia. In Italia, uno dei medici che si occuparono della diffusione del colera fu il mila-
nese Giuseppe Ferrario (1802-70), di cui si riporta un brano sulla situazione lombar-
da a metà del secolo.
447
Fonti e Storiografia
Era una città di mattoni rossi o, meglio di mattoni che sarebbero stati rossi, se fumo e ce-
nere lo avessero permesso; ma, così come stavano le cose, era una città di un rosso e di
un nero innaturale come la faccia dipinta di un selvaggio. Era una città di macchine e di
alte ciminiere dalle quali uscivano senza soluzione di continuità interminabili serpenti di
fumo che mai riuscivano a svolgersi. Aveva un canale nero, un fiume color porpora per le
vernici maleodoranti, e vasti gruppi di edifici pieni di finestre dove tutto il giorno era un
continuo battere e tremare, dove gli stantuffi delle macchine a vapore si muovevano in su
e in giù, monotoni, come la testa di un elefante in preda a una pazzia melanconica. Aveva
molte strade larghe, tutte eguali una all’altra, e molte viuzze ancor più simili una all’altra,
abitate da persone egualmente simili le une alle altre, che uscivano e rientravano tutte alla
stessa ora, con lo stesso scalpiccio sugli stessi selciati, per fare lo stesso lavoro, persone per
le quali ogni giorno era uguale al giorno precedente e all’indomani, ogni anno il duplicato
dell’anno trascorso e dell’anno venire.
Tali attributi di Coketown erano inseparabili dall’industria che l’aveva fatta nascere; […].
Nulla avreste visto a Coketown che non fosse severamente lavorativo. […]
Una città così consacrata al fatto, così lieta di farlo trionfare, era certo felice, non è vero?
Be’, non precisamente. No? Oh, povero me. […]
No. Coketown non usciva dai suoi forni simile in tutto e per tutto all’oro che è stato puri-
ficato al fuoco. Innanzitutto il mistero più imbarazzante del luogo era: chi apparteneva alle
1 sette religiose: Lo diciotto sette religiose1? Perché, se qualcuno ci apparteneva, costui non apparteneva certo
scrittore, qualche riga
prima, ha descritto la alla classe lavoratrice. Faceva uno strano effetto passeggiare per le strade la domenica mat-
presenza nella città di tina e vedere quanto pochi di loro, rispondendo al barbaro tinnire della campana che faceva
diciotto edifici impazzire i nervosi o gli ammalati, abbandonassero le loro abitazioni, le loro stanze stret-
di culto, appartenenti ad
altrettante sette religiose, te l’una a all’altra, gli angoli delle vie dove oziavano per guardare con aria annoiata coloro
tutti uguali tra loro. che si recavano alla chiesa o al tempio, come se la cosa non li concernesse minimamente.
(da C. Dickens, Tempi difficili, Rizzoli, Milano 1995, pp. 47-48)
448
Il trionfo del capitalismo 12
Intorno al 1850, la componente preponderante della manodopera era costituita dalle don-
ne al di sopra dei tredici anni, che rappresentavano il 55,6% della forza-lavoro totale. Al
secondo posto per incidenza quantitativa erano gli uomini al di sopra dei diciotto anni, il
28,8% della forza-lavoro totale. Al terzo posto stavano i ragazzi di sesso maschile in età
compresa fra i tredici e i diciotto anni, con l’11,2%, ma il loro numero era in progressivo
declino, perché venivano continuamente rimpiazzati dalle donne. […] In forte contrazione
era la percentuale dei bambini […] al di sotto dei tredici anni: ora non erano più del 4,5%
della forza-lavoro totale […]. In complesso, quindi, non si può concludere che la legisla-
zione avesse determinato la sostituzione di lavoratori protetti con lavoratori maschi adul-
ti, formalmente esclusi dalla tutela pubblica. Infatti l’impiego di questo gruppo di operai
in processi di routine, come quelli cui erano adibiti i lavoratori delle fasce più deboli, non
avrebbe comportato un aumento della produzione tale da compensare l’esborso dei salari
più elevati richiesti da una simile sostituzione. Così era palese, nella struttura occupazio-
nale, la predominanza di forza-lavoro non specializzata, generica, unskilled1. […]
Nei cotonifici non sussistevano più autentiche distinzioni di abilità professionale […]. Il
lavoro consisteva fondamentalmente nella sorveglianza del macchinario […]. Nella filatu-
ra lo sviluppo del meccanismo automatico […] aveva cancellato quasi interamente l’abilità
professionale un tempo necessaria per avvolgere il filo ai fusi e regolare poi la velocità di
questi ultimi. Le principali mansioni dei filatori si riducevano ad alimentare, oliare e puli-
re le macchine, a ricongiungere i fili che si spezzavano e a togliere il filato dai fusi. […] La
tessitura, dopo la conversione al telaio a vapore, era quasi perfettamente automatica: tes-
1 unskilled: priva di sitori, orditori, torcitori ecc., avevano tutti mansioni di sorveglianza del macchinario, prive
competenze specifiche. di requisiti di specializzazione.
(da G. Berta, Capitale umano, lavoro e organizzazione di fabbrica, in Lo sviluppo economico moderno,
a cura di P.A. Toninelli, Marsilio Editori, Venezia 1997, pp. 482-484)
COMPRENDERE 1. Chi rappresentava la maggior parte della forza lavoro nelle fabbriche a metà
IL TESTO del secolo?
2. In che cosa consisteva sostanzialmente il lavoro nei cotonifici?
3. Perché il lavoro specializzato non era molto richiesto?
449
Fonti e Storiografia
Il Primo maggio 1851, esattamente nel giorno in cui veniva inaugurata la Great Exhibition
of the Industry of All Nations, Fiedrick Engels scriveva a Karl Marx, che in quel momento si
trovava a Londra in esilio forzato con tutta la famiglia e lo avvisava del grande sconvolgi-
mento cui la capitale britannica si preparava con la grande esposizione universale sul suo
suolo. La città, lasciava intendere il filosofo tedesco, sarebbe stata presa d’assalto da visi-
Leggi in digitale il te- tatori di ogni dove […] nonché da noti intellettuali e politici, «che verranno a giugno per
sto Il ruolo dei traporti
vedere la grande Exhibition». Da parte sua Marx replicava alla lettera dell’amico due giorni
della storica Pat Hud-
son e scrivi un testo dopo sostenendo che, se anche era vero che in città c’era «un brulichio di people d’ogni raz-
espositivo-argomen- za», era abbastanza fiducioso che ciò non gli avrebbe causato «in any way dei fastidi». […]
tativo in cui esponi le La corrispondenza fra i due intellettuali socialisti è interessante per due aspetti: il primo
principali innovazioni
è sicuramente il sentimento negativo e in qualche modo ostile, che emerge nei confronti
nel settore dei traspor-
ti, che si diffusero nel- di quelle manifestazioni che presto sarebbero divenute il simbolo del mondo capitalistico
la prima metà dell’Ot- ottocentesco […]; il secondo aspetto, […] è il rapporto strettissimo che si crea tra città ed
tocento, mettendole evento espositivo.
a confronto con quel-
Il passaggio delle esposizioni a Londra nel 1851 e nel 1862, anche se non ubicate nel cen-
le che si stanno affer-
mando in questi anni tro cittadino come invece avvenne per Parigi, cambiò sensibilmente il volto della città, sia in
(es. l’auto elettrica). termini fisici e materiali grazie ai servizi, alle infrastrutture, agli impianti, che in occasione
Immagina infine quali dell’evento furono progettati ex novo e potenziati; sia in termini mentali, legati cioè alla
mezzi di trasporto do- percezione della città da parte della popolazione residente e degli stessi turisti e viaggiatori.
vrebbero essere espo-
sti oggi, in un’Esposi- […] indubbiamente uno dei nodi più complessi e affascinanti su cui la storiografia si è in-
zione universale, per terrogata negli anni più recenti è stato il rapporto dialettico e il grado di integrazione che si
l’importanza che rive- è creata, lungo il XIX secolo, fra le esposizioni e le città circostanti. In effetti le esposizioni
stono nella società in europee della seconda metà dell’Ottocento […] spesso sono state considerate «città all’in-
cui vivi.
terno di città». […] Esse non solo hanno riprodotto «varie tipologie di spazi globali» all’in-
terno dello spazio urbano, ma hanno anche costituito un palcoscenico, una mise-en-scène
che ha attribuito all’area urbana circostante un ruolo drammatico e platealmente rilevante.
In virtù di questo fatto ben presto, anche per le esposizioni universali, venne via via re-
alizzandosi una letteratura di accompagnamento strettamente associata al viaggio verso
queste cosiddette «fantasmagorie del progresso», […].
(da A. Pellegrino, Introduzione, in Viaggi fantasmagorici.
L’odeporica delle esposizioni universali (1851-1940),
a cura di A. Pellegrino, Franco Angeli, Milano 2018, pp. 7-9)
450
Il trionfo del capitalismo 12
S3 Contadini d’Italia
Adriano Prosperi
Lo storico Adriano Prosperi propone un’analisi delle condizioni di vita dei contadini
nelle campagne italiane dell’Ottocento, con l’obiettivo di scrivere una storia a lungo
ignorata dalla cultura dominante. Nel brano proposto prende in esame il nuovo inte-
resse – fatto di indagini e statistiche, ma anche di stereotipi – che, nel XIX secolo, si
affacciò sul mondo rurale.
Una storia degli italiani […] dovrebbe dedicare loro [ai contadini] almeno la metà o i due
terzi delle sue attenzioni. Tale era la proporzione tra i contadini e gli altri strati sociali della
popolazione. E invece ne abbiamo solo rappresentazioni sintetiche, come di un dato margi-
nale […]. Eppure non sono poche le cose che potremmo sapere di loro: intanto, quanti era-
no. Abbiamo i mezzi per scoprire quanti ne nascevano o ne morivano, come si chiamavano,
se e quando si sposavano, quanti figli avevano […]. Tanti sono i dati conservati nei registri
dell’anagrafe civile e nei libri parrocchiali dei battesimi. Gli archivi di ospedali e di manicomi
hanno tenuto in serbo migliaia di informazioni sulla loro salute fisica e mentale. E sempre
dai registri dell’anagrafe possiamo sapere a che età morivano e dove venivano sepolti. […]
La realtà del lavoro contadino finí con l’assumere una diversa rilevanza solo con la ripre-
sa demografica europea e la rivoluzione agraria: due fenomeni storici tra di loro connessi,
1 Società agraria che tra Settecento e Ottocento spinsero a guardare al mondo delle campagne con un nuovo
bolognese: fondata interesse. Fu allora che trovò applicazione una scoperta della cultura agronomica italiana
a Bologna nel 1807 del Cinquecento: la possibilità di conciliare produzione di cereali e pascoli per l’allevamen-
per trovare soluzioni
all’arretratezza in ambito to sostituendo il maggese con erbe foraggere come l’erba medica e il trifoglio. Da lí l’inno-
agricolo. vazione trovò la via per tornare in Italia. Ma intanto vennero crescendo l’investimento di
2 Accademia dei capitali e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura nelle aree migliori. L’effetto fu quello di
Georgofili: fondata a
Firenze nel 1753 per sostituire con il lavoro precario, bracciantile, quello della famiglia contadina.
«far continue e ben In Italia nacquero associazioni e accademie dedite allo studio dei miglioramenti tecnici in
regolate sperienze, agricoltura. Si pensi alla Società agraria bolognese1, o alla fiorentina Accademia dei Georgo-
ed osservazioni, per
condurre a perfezione
fili2, due fra i principali organismi frutto di una vivace attenzione di agronomi e proprieta-
l’Arte tanto giovevole ri terrieri a metodi e pratiche in grado di massimizzare la produttività dell’agricoltura. […]
della toscana Era una ferma rivendicazione che la parte piú illuminata del clero italiano doveva avan-
coltivazione».
zare anche nel secolo successivo: si ricordano le parole del prete mantovano don Enrico
3 Enrico Tazzoli: prete
e patriota (1812-52), Tazzoli3 […] che al Congresso degli scienziati italiani del 1843 propose di istituire scuole
giustiziato nella valletta di agrarie nei seminari. In quella occasione don Tazzoli affermò che «i parroci, generalmente
Belfiore presso Mantova
parlando, sono cosí presso il popolo accreditati che i loro suggerimenti, anche nelle norme
poiché accusato di
aver cospirato contro di economia civile e domestica, sono meglio ascoltati che non le lezioni che altri facesse
l’Austria. col corredo della piú profonda dottrina».
(da A. Prosperi, Un volgo disperso. Contadini d’Italia nell’Ottocento, Einaudi, Torino 2019, pp. 20-24)
COMPRENDERE 1. Quali fonti storiche suggerisce Adriano Prosperi per lo studio della società
IL TESTO contadina?
2. A quali cambiamenti economici e sociali vivono le famiglie contadine nel corso
dell’Ottocento?
3. Perché i parroci, più degli scienziati, erano considerati utili per diffondere
le conoscenze agronomiche fra i contadini?
451
13 Nazionalismi europei
e moti democratici
I primi passi dei movimenti nazionalisti
Nel 1830, le politiche reazionarie di Carlo X in Francia portarono a proteste di piazza,
che culminarono con la fuga e la deposizione del sovrano: la corona venne quindi offerta
al liberale Luigi Filippo; sulla scia di Parigi, anche altre città europee insorsero e sorsero
Esplora l’immagine movimenti nazionalisti e associazioni, come la Giovine Italia di Mazzini.
interattiva
L’Europa del 1848: un teatro rivoluzionario
La sollevazione della
popolazione milanese Nel 1848, a Parigi scoppiò nuova ondata rivoluzionaria in risposta alle politiche di Lui-
durante le Cinque gi Filippo e alla crisi economica: fu istituito un governo repubblicano che si dotò di una
Giornate del 1848. costituzione democratica. Il successo francese ispirò l’azione politica di altri rivoluziona-
Dipinto anonimo dell’epoca.
Milano, Museo di Milano, ri in Europa, che divenne teatro di decine di insurrezioni, da Berlino a Palermo. Le mo-
Palazzo Morando. narchie europee reagirono con forza e nel 1849 l’esperienza rivoluzionaria fu repressa.
La difesa di una
barricata per le vie
di Parigi il
29 luglio 1830.
Litografia dell’epoca.
Parigi, Musée
Carnevalet.
454
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
455
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Rivolta popolare
delle «Tre gloriose scontri e barricate • Carlo X fugge da Parigi
giornate» a Parigi • Carlo X viene dichiarato deposto
(27-29 luglio 1830)
456
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
457
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Mancato sviluppo
• assenza di consapevolezza dell’identità nazionale fallimento dei moti
di un movimento
• società civile arretrata e conservatrice nei ducati emiliani e
nazionalista unitario
• scarsa partecipazione dei ceti abbienti e dei contadini nello Stato pontificio
in Italia
458
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
ispira la tentata
fallimento del tentativo di insurrezione per
insurrezione dei fratelli
l’indifferenza delle popolazioni locali
Bandiera (1844)
L’esecuzione
dei fratelli Attilio
ed Emilio Bandiera
il 25 luglio 1844.
Incisione del 1864.
459
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
LESSICO Il tentativo rivoluzionario più famoso tra quelli ispirati dalla propaganda maz-
Neoguelfismo
ziniana, prima del 1848, fu quello dei fratelli veneziani Attilio ed Emilio Bandiera.
Movimento di opinione
ispirato alle idee di Ufficiali della marina austriaca, sospettati e ricercati dalla polizia, nel 1844 i Ban-
Gioberti favorevole diera fuggirono a Corfù, da dove organizzarono con pochi compagni uno sbarco in
al compimento del Calabria per provocare un’insurrezione popolare antiborbonica. Finirono subito
Risorgimento sotto la
guida del papa, che arrestati e fucilati nel vallone di Rovito, presso Cosenza.
avrebbe mantenuto il Al pari di altri cospiratori, i fratelli Bandiera ritenevano – utopisticamente – che
suo potere temporale fosse possibile sollevare con la sola forza dei loro ideali le masse contadine con-
e a cui sarebbe stata
affidata la presidenza tro i regimi assolutistici. Tredici anni dopo lo stesso errore fu compiuto da Carlo
della confederazione Pisacane, che sbarcò a Sapri nel 1857 senza riuscire a suscitare attorno a sé al-
degli Stati italiani. cun seguito. Mazzini non era stato l’ispiratore diretto di queste avventure, ma fu
comunque accusato di spingere degli uomini a morte sicura e inutile. Tuttavia le
sue idee influenzarono ed infiammarono un’intera generazione di volontari com-
battenti, contribuendo alla formazione di un ideale repubblicano e democratico.
Io mi propongo di provare che l’Italia contiene in se medesima, sovrattutto per via della religione,
tutte le condizioni richieste al suo nazionale e politico risorgimento, e che per darvi opera in
effetto non ha d’uopo di rivoluzioni interne, né tampoco d’invasioni o d’imitazioni forestiere. […]
Ora, stando che l’Italia per essere felice debba esser una in qualche guisa, resta a vedere qual sia
il principio accomodato a partorir l’unione, e la sua natura. Io credo che il principio dell’unità
italiana debba essere reale, concreto, vivo e ben radicato; non astratto e in aria; perché gli Stati
non si governano colle chimere, né colle astrazioni […]. Molti collocano siffatta unità nel popolo
italiano; il quale, al parere mio, è un desiderio e non un fatto, un presupposto e non una realtà,
un nome e non una cosa […]. V’ha bensì un’Italia e una stirpe italiana congiunta di sangue, di
religione, di lingua scritta ed illustre; ma divisa di governi, di leggi, d’istituti, di favella popolare,
di costumi, di affetti, di consuetudini […].
(da V. Gioberti, Del primato morale e civile degli italiani, tomo II, Marghieri, Napoli 1864, pp. 81-82)
460
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
Anche Cesare Balbo sostenne in parte il disegno di Gioberti, ma gli diede un esi-
to diverso. Dal momento che l’Italia era sede della Chiesa cattolica, si giustificava
l’idea di un «primato» italiano sugli altri popoli e si imponeva una soluzione po-
litica, quella della disunione del Paese (cioè un accordo tra i sovrani), che assicu-
rasse la pace e lo sviluppo della Penisola, nell’interesse generale e sotto la garanzia
internazionale del mondo cattolico.
Nella sua opera Delle speranze d’Italia, Balbo condivideva con Gioberti l’idea
dell’assetto federalistico, rispettoso delle diversità provinciali, ma opponeva alla
guida pontificia il ruolo del Piemonte, a capo di una futura lega doganale e mili-
tare degli altri Stati italiani. Diverso l’orientamento federalista espresso da Carlo
Cattaneo e da Giuseppe Ferrari, che vedevano piuttosto la necessità di creare uno
Stato federale ma in una prospettiva democratica e repubblicana.
461
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
l’esercito, appoggiato dalla Dieta, si ribellò al dominio russo e poco dopo gli in-
sorti proclamarono l’indipendenza della Polonia, facendo appello alla solidarietà
internazionale. L’opinione pubblica occidentale, soprattutto francese, si infervorò
per la causa polacca, ma i governi non si mossero e nel settembre del 1831 i russi
rientrarono a Varsavia, soffocando la resistenza e abrogando la Costituzione. Per
la Polonia cominciò un periodo di terribile repressione e molti dei suoi patrioti si
ritrovarono esuli a Parigi. Con la loro testimonianza, la loro poesia e la loro musica
(fra essi vi era il compositore Fryderyk Chopin), contribuirono, al pari degli italia-
ni, a tenere viva la tensione romantica, nazionalista, democratica e rivoluzionaria
nell’intera Europa.
Tra i popoli oppressi c’erano anche gli irlandesi, per di più schiacciati dalla mi-
seria, che negli anni Quaranta emigrarono a centinaia di migliaia verso gli Stati
Uniti, da dove sostennero la loro causa nazionale. E c’erano i popoli balcanici do-
minati dai due grandi imperi multietnici: quello austriaco e quello turco. L’Europa
si rivelava dunque una polveriera di conflitti nazionali, che diventavano ora, all’al-
ba delle mobilitazioni di massa, la novità più esplosiva del momento.
462
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
3 Nazionalismo liberale
e nazionalismo reazionario
Alternative al nazionalismo democratico e repubblicano
L’orientamento dei vari movimenti nazionali non era riconducibile interamente
alle idee rivoluzionarie democratiche e repubblicane. Gli interessi specifici delle
diverse borghesie europee portarono infatti anche alla nascita di un nazionali-
smo liberale, sufficientemente aperto e tollerante all’interno, ma più moderato,
più indifferente al destino degli altri popoli, meno carico di valori morali di tipo
universale.
Questa indifferenza era spesso legata alla consapevolezza che la crescita eco-
nomica e sociale di una nazione tendeva inevitabilmente ad alterare i rapporti di
forza con gli altri Paesi. Secondo questo orientamento politico più realista, ogni
popolo deve prima di tutto, come il singolo individuo, badare a se stesso, costrui-
re la propria politica e le proprie alleanze, in una prospettiva di tipo costituziona-
le, evitando però di assumere posizioni di guida ideale nei confronti dell’umani-
tà. Importanti esempi di nazionalismo liberale furono rappresentati dalle vicende
politiche che dopo il 1830 coinvolsero il Belgio e la Svizzera.
Negli stessi anni, parallelamente alle aspirazioni universalistiche, democrati-
che e repubblicane e al nazionalismo di stampo liberale, si iniziò a delineare in al-
cune aree dell’Europa anche un atteggiamento politico di segno diametralmente
opposto a quello mazziniano, potenzialmente assai pericoloso. Esso si basava su
un orientamento particolarista, chiuso e intollerante, rivolto al passato anziché
al futuro, arroccato in difesa della tradizione e tendenzialmente aggressivo o ad-
dirittura razzista. Alla sua base non vi era infatti solo l’obiettivo di tutelare gli in-
teressi economici della comunità nazionale, ma l’affermazione di un principio di
grandezza e di superiorità assoluta rispetto agli altri Stati e alle altre razze. Questa
posizione ideologica, che assumerà via via peso all’interno della cultura ottocen-
tesca ( ▶ cap. 19, par. 5), trovò fecondi terreni di coltura in alcune aree dell’Europa,
in particolare la Germania.
463
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Le barricate in vigore, salvo qualche ritocco), che diventò un modello per tutti i liberali europei.
a Bruxelles durante Prevedeva un Parlamento bicamerale eletto dal popolo, una magistratura indipen-
le giornate di
settembre del 1830. dente, un clero stipendiato dallo Stato ma interamente autonomo dal potere politico
Dipinto di Constantin- e, come in Inghilterra, un governo nominato dal re su indicazione del Parlamento.
Fidèle Coene del 1830. Ma quasi immediatamente si pose al Belgio un problema nuovo, connesso alla
Bruxelles, Museo Reale
di Belle Arti. raggiunta indipendenza nazionale. Il Paese era, ed è, linguisticamente spaccato
a metà, poiché alla zona francofona si contrappone tutto il Nord-Ovest di lingua
fiamminga (olandese). Dopo l’indipendenza dall’Olanda, si pose presto la questio-
ne fiamminga, cioè quella di una comunità allora relativamente povera e domina-
ta dalla classe dirigente «vallona» (cioè francofona). Sul momento fu accantonata
grazie alle buone regole costituzionali che il Belgio aveva saputo darsi, ma in pro-
spettiva era destinata a tornare e a minacciare l’unità stessa del Paese.
464
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
La crisi venne superata con la vittoria dei cantoni protestanti, appoggiati dal-
la Gran Bretagna, e con l’adozione, nel 1848, di una buona Costituzione federale,
tuttora in vigore, ispirata al modello statunitense. Essa attribuiva però ai cantoni
un’autonomia maggiore di quanto gli Stati Uniti d’America non riconoscessero ai
singoli Stati, e soprattutto introduceva un elemento di straordinaria novità nell’Eu-
ropa del tempo: il suffragio universale maschile.
Non era stato possibile evitare la guerra, ma la Svizzera ne usciva in modo
positivo, approfittando della spinta progressiva che in quell’epoca prevaleva ge-
neralmente nel sentimento nazionale e dando vita a un nazionalismo elvetico
liberale e costituzionale, contrapposto al vecchio particolarismo cantonale di
stampo medievale.
465
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
I fondatori
dell’Unione doganale
tedesca adottata
nel 1834. Incisione
dell’epoca.
466
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
Mar Baltico
Mare
del Nord
SCHLESWIG-HOLSTEIN
MECLEMBURGO
HANNOVER
PRUSSIA
PRUSSIA
RENANA
ASSIA
TURINGIA SASSONIA
Praga
PALATINATO
WÜRTTEMBERG
BAVIERA
467
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
468
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
469
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
470
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
471
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
5 Il 1848 in Francia
Le due classi protagoniste del 1848:
la classe media e la classe operaia
Protagoniste dei risvegli nazionali, che contrassegnarono questo periodo un po’
dovunque in Europa, furono le classi medie: le borghesie delle professioni libe-
rali, gli intellettuali, gli studenti, i militari, i preti, ma anche artigiani e commer-
cianti. Parallelamente, la trasformazione capitalista che ormai stava investendo
le principali città europee faceva nascere anche una classe operaia spesso estra-
nea a questi processi di nazionalizzazione, ma tendenzialmente internaziona-
lista e socialista.
Nel 1848 diverse componenti sociali – le borghesie nazionaliste e liberali e la
classe operaia democratica e socialista –, spinte da una violenta crisi economica
congiunturale, diedero vita a un grande movimento rivoluzionario che attraver-
sò tutta l’Europa occidentale e centrale. Questa grande ondata rivoluzionaria ebbe
successi molto effimeri, perché la sua componente operaia e socialista era ancora
molto debole, mentre quella liberale e borghese si spaventò delle novità politiche
e sociali che stavano emergendo. In realtà, la trasformazione in senso capitalista
delle società non era ancora sufficientemente avanzata e le nuove forze produttive
non erano in grado di sostenere uno sviluppo in senso democratico delle istituzio-
ni. Tuttavia, la rivoluzione europea del 1848 contribuì alla formazione politica e
ideale di un’intera generazione di democratici, il cui apporto fu in seguito essen-
ziale alla formazione dei moderni Stati costituzionali.
472
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
La «Seconda Repubblica»
All’inizio del mese di febbraio del 1848 il governo francese persisteva nel non vo-
ler concedere la riforma elettorale e l’opposizione organizzava manifestazioni di
protesta che assumevano la forma di discorsi pronunciati in occasione di banchetti
(un modo per aggirare il divieto di indire riunioni pubbliche). I deputati repubblica-
ni prendevano la parola in quella che venne definita la «campagna dei banchetti».
Il 22 febbraio il governo vietò l’ennesimo banchetto, provocando il giorno dopo i
primi scontri fra l’esercito e la Guardia nazionale, cioè la milizia borghese residuo
della rivoluzione del 1830, che si rifiutò di obbedire al governo. Quest’ultimo si di-
mise, mentre l’esercito sparava, causando una ventina di morti, e la folla reagiva al
grido «Viva la Repubblica», invadendo l’aula del Parlamento e provocando la fuga
di Luigi Filippo. La rivoluzione si era svolta quasi senza colpo ferire.
Il 24 febbraio si formò un governo provvisorio di repubblicani e socialisti che
diedero vita così alla «Seconda Repubblica» (la prima era stata quella del 1792),
caratterizzata da due contrastanti anime politiche. Una moderata, borghese e
piccolo-borghese, cioè rappresentativa dell’opinione liberale e repubblicana ma
anche di modesti commercianti, per la prima volta dopo cinquant’anni chiamati
all’esercizio dei diritti politici. L’altra socialista, rappresentativa dei lavoratori po-
veri e spesso disoccupati, a cui l’incipiente Rivoluzione industriale in Francia ave-
va fatto perdere tutto.
Fra i piccolo-borghesi e gli operai vi era una differenza fondamentale, tipica del-
la civiltà industriale che, in Francia, si stava allora avviando. I primi avevano una
piccolissima proprietà da difendere, dalla quale dipendeva la loro stessa sopravvi-
venza. Gli operai non possedevano più nulla e potevano vivere solo se l’economia
si sviluppava o, in periodo di crisi, se lo Stato li proteggeva, assicurando il lavoro.
Il diritto al lavoro divenne quindi la prima rivendicazione delle classi povere, che
lo consideravano più importante della tutela del diritto alla proprietà e dell’uso
della terra, cioè di quella «riforma agraria» che per secoli era stata richiesta dalle
masse popolari.
473
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
sinistra europea: la piccola borghesia cominciò a odiare gli operai, che le appari-
vano fannulloni e parassiti che vivevano a spese del contribuente, e gli operai a
detestare i piccolo-borghesi, presunti traditori dell’unità del popolo e asserviti al-
la grande borghesia.
F2 La classe operaia in In giugno gli ateliers sociaux furono chiusi e ai 100.000 disoccupati si offrì l’al-
Francia nel 1848, p. 488 ternativa di arruolarsi nell’esercito o di andare a fare i braccianti nelle campagne
a sud di Parigi. «Pane e lavoro» diventò allora la parola d’ordine di una nuova ri-
voluzione, scoppiata nel giugno del 1848, che fu stroncata dalle forze armate. Per
alcuni giorni divampò a Parigi una vera guerra civile, che lasciò sul terreno 5000
morti. La rivoluzione ebbe termine, tornarono i governi autoritari, tornò la censu-
ra, e i socialisti furono estromessi dal governo, molti di loro incarcerati. Spaventa-
to dal disordine, il popolo francese, in maggioranza, si rifugiò sotto la protezione
di una destra che di nuovo riscuoteva crescenti consensi, e così alla fine dell’an-
no le elezioni presidenziali furono vinte da Luigi Napoleone Bonaparte, figlio di
un fratello dell’imperatore, che tre anni dopo avrebbe realizzato un colpo di Stato
( ▶ cap. 14, par. 1).
Opposizione contro il re
liberali repubblicani socialisti
borghese Luigi Filippo d’Orléans
474
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
6 Il 1848 in Italia
e la Prima guerra d’indipendenza
Dai moti di Palermo allo Statuto albertino
A partire dal 1846, la situazione politica italiana sembrò volgere rapidamente in
senso unitario e liberale. Nel giugno di quell’anno era stato eletto papa, con il no-
me di Pio IX, Giovanni Mastai Ferretti, un cardinale poco più che cinquantenne,
generalmente stimato per il suo equilibrio. Pio IX, appena eletto, liberò i prigionieri
politici, concesse la libertà di stampa, fece entrare dei laici negli organi di gover-
no dello Stato della Chiesa e istituì inoltre due Camere, per l’attività legislativa e
l’approvazione del bilancio statale.
Queste riforme suscitarono l’entusiasmo dei nazionalisti liberali italiani, che
subito lo videro a capo di quella confederazione italiana immaginata da Gioberti.
Sul trono dei Savoia sedeva in quel momento Carlo Alberto, succeduto nel 1831
a Carlo Felice e visto come un liberale perché da giovane si era fatto addirittura
coinvolgere nei moti carbonari del 1820-21 ( ▶ cap. 11, par. 6). La presenza di que-
ste due personalità contribuì ad accendere le speranze degli italiani e a stimolare
lo scoppio di una serie di rivolte in tutta Italia.
La prima scintilla dei moti del 1848 in Italia scoccò a Palermo, dove i liberali
insorsero il 12 gennaio (in anticipo di un mese rispetto alla rivoluzione parigina),
ottenendo in brevissimo tempo la liberazione della città e di tutta la Sicilia dalle
truppe borboniche. Dopo qualche settimana la rivoluzione scoppiò a Vienna, a Praga,
a Budapest, a Berlino e a Milano: la vecchia Europa cadeva come un castello di carte.
Nemmeno un mese dopo l’inizio della rivolta nel suo regno, Ferdinando II con-
cesse una Costituzione, seguito a ruota da Carlo Alberto, che l’8 febbraio annunciò
lo Statuto albertino, poi ereditato dal Regno d’Italia e rimasto in vigore fino alla
Seconda guerra mondiale. Il 17 febbraio l’esempio fu seguito anche dal grandu-
ca di Toscana, il 14 marzo da Pio IX. Gli avvenimenti si susseguivano in maniera
La rivolta
di Palermo il
12 Gennaio 1848.
Stampa dell’epoca.
Roma, Museo del
Risorgimento.
475
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
concitata e gran parte dell’Italia sembrava scivolare senza traumi nel costituziona-
lismo moderato, come il Belgio e la Svizzera. Ma diversamente che in Belgio e in
Svizzera, in Italia erano in gioco gli interessi dell’Austria e dietro all’insurrezione
liberale si profilava la minaccia della rivoluzione democratica e repubblicana, an-
che se in Italia non sembrava imminente il rischio di una rivoluzione proletaria,
come quella che si verificò in Francia a giugno ( ▶ par. 5).
nc
insurrezioni. esi onici
Interventi contro Borb
1849 REGNO
• Quali potenze la Repubblica Romana Roma DELLE
intervennero Fuga di Garibaldi Mar REPUBBLICA ROMANA DUE SICILIE
per abbattere (1849) Tirreno febbraio-agosto 1849
la Repubblica Battaglie
Romana?
476
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
477
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
IL 1848 IN ITALIA
23 marzo: inizio della Prima aprile: Pio IX, Leopoldo II e Ferdinando II non partecipano
guerra di indipendenza contro alla guerra
l’Austria
478
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
stampa. Si aprì una fase prudentemente liberale, che nel corso dell’estate si radica-
lizzò, fino a provocare la fuga della corte dalla capitale, ma già alla fine di ottobre
l’esercito interveniva, schiacciando i radicali e gli operai insorti e sottoponendo la
città a una durissima repressione.
Lo stesso era avvenuto a Praga, dove un movimento al contempo liberal-nazio-
nale e socialista, che chiedeva l’indipendenza della Boemia, era stato stroncato
in giugno dall’esercito austriaco, che aveva imposto al Paese lo stato di assedio.
Ancora più drammatica fu la sorte dell’Ungheria, come la Boemia percorsa da
un moto indipendentista, ma non disposta a riconoscere le analoghe aspirazioni
di serbi, rumeni, slovacchi e dei croati, i più accesamente separatisti. I nazionali-
sti liberali ungheresi, guidati da Lajos Kossuth, dichiararono l’indipendenza nella
primavera del 1848 e riuscirono a resistere fino all’estate del 1849. Vienna mobilitò
contro di loro le altre nazionalità dell’Impero e in particolare la Croazia, soggetta
alla corona ungherese e frustrata da Budapest, che fornì le truppe più fedeli alla
repressione austriaca. L’Austria comunque dovette far appello anche alla Russia
per avere ragione della resistenza ungherese. Come l’Italia e la Polonia, l’Ungheria
divenne uno dei tragici simboli della libertà nazionale oppressa.
A Berlino la rivoluzione scoppiò fin dal marzo del 1848 e costrinse Federico
Guglielmo IV a concedere una Costituzione che prevedeva addirittura, come in
Francia e in Svizzera, il suffragio universale. La capitale prussiana era ormai una
grande città industriale e qui, più che a Vienna, il movimento operaio cominciava
ad avere una certa consistenza. Sorse infatti un «comitato centrale dei lavoratori»,
che organizzò congressi sindacali di categoria. Anche Berlino rimase però isolata
e abbandonata alla repressione militare, che affogò nel sangue l’insurrezione già
in settembre. Nel tentativo di giungere alla formazione di una Germania unitaria
e costituzionale era stato poi creato a Francoforte un Parlamento (Landtag), com-
posto perlopiù di intellettuali e autorizzato dai vari Stati tedeschi. Esso per tutta
Una sessione
dell’Assemblea
nazionale tedesca
a Francoforte
nel maggio del 1848.
Stampa dell’epoca.
479
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
la seconda metà del 1848 lavorò su un programma politico che non aveva affatto i
mezzi per realizzare, mentre dovunque la rivoluzione vacillava o veniva schiacciata.
Nel 1849 offrì la corona della Germania unita al re di Prussia Federico Guglielmo
IV, che la rifiutò sprezzantemente.
Dagli avvenimenti del 1848-49 i liberali e i democratici tedeschi uscirono perciò
completamente sconfitti: non avrebbero svolto alcun ruolo nel processo di uni-
ficazione nazionale, che da allora in poi sarebbe stato condotto dalla Prussia. An-
che le rivoluzioni di Parigi e di Vienna, di Milano e di Praga rimasero sole di fronte
alla repressione, isolate dal resto del Paese e soprattutto dalle masse contadine. E
quando si ritornò a votare vinsero i partiti dell’ordine e della tradizione.
Daniele Manin
proclama
la Repubblica
di San Marco
il 22 marzo 1848.
Stampa dell’epoca.
Venezia, Museo
del Risorgimento.
Leggi l’immagine
• Nel dipinto
compaiono due
tipi diversi di
bandiere: che cosa
rappresentano?
• Sai dire in quale
luogo di Venezia
si sta svolgendo
la scena?
480
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
separatisti del 1820. Dopo la definitiva sconfitta del Piemonte, la Sicilia non poté
comunque più opporre resistenza al ritorno delle truppe borboniche.
La rivoluzione conobbe però in Italia un improvviso ritorno di fiamma nel no-
vembre del 1848, quando venne assassinato il primo ministro dello Stato pontifi-
cio, Pellegrino Rossi, un politico di centro troppo reazionario per i liberali e troppo
liberale per i reazionari. Pio IX allora abbandonò Roma, in preda ai disordini pro-
vocati dall’antico rancore popolare contro il malgoverno dei cardinali. Gli insorti
S2 Le ambizioni proclamarono la Repubblica Romana, che rilanciava la rivoluzione in Italia, men-
mazziniane e i limiti
della Repubblica
tre in tutta Europa essa soccombeva sotto i colpi della repressione. Fu chiamato
Romana, p. 490 al governo Mazzini, che ne assunse la direzione insieme ad altri due «triumviri»,
e Roma divenne il punto di incontro di tutti i repubblicani rivoluzionari italiani, a
cui improvvisamente si offriva l’occasione insperata di condizionare politicamente,
spostandolo a sinistra, il progetto dell’unità italiana. Anche a Firenze il granduca
fu costretto all’esilio, e la Toscana diventò a sua volta una repubblica guidata dal
democratico Francesco Domenico Guerrazzi. Le Repubbliche Romana, Toscana e
Veneziana finirono così per costituire un importante polo democratico e repub-
Ripassa con la blicano, in grado di influire sull’Assemblea costituente che si voleva eleggere per
presentazione 1848: discutere il destino politico dell’Italia. Ma tutto dipendeva dall’esito del conflitto
il ritorno della rivolu-
zione in Europa e co-
fra Austria e Piemonte, interrotto dall’armistizio.
struisci una mappa in
cui metti in relazione: La sconfitta piemontese e la caduta delle Repubbliche
• le cause del 1848;
• la geografia delle
Di fronte al pericolo che l’esperienza romana, dominata dalla figura di Mazzini, ra-
insurrezioni; dicalizzasse in senso repubblicano il processo di unificazione del Paese e incorag-
• le Prima guerra giato dai numerosi focolai di rivolta che si erano aperti all’interno dell’Impero au-
d’indipendenza.
striaco, Carlo Alberto decise di riprendere le ostilità contro l’Austria. La guerra si
Il maresciallo
Radetzky e il re
Vittorio Emanuele
si incontrano
a Vignale dopo
la sconfitta sabauda
a Novara nel 1849.
Illustrazione di Eugen
Adam, XIX secolo.
481
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
riaccese nel marzo del 1849 e fu persa dopo soli quattro giorni con la battaglia di
Novara. Il Regno di Sardegna rinunciò momentaneamente al suo ruolo egemone
nella politica italiana e Carlo Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II
(1849-78), il futuro re dell’Italia unita.
S3 La fine della La rivoluzione democratica non aveva a questo punto più speranze. A Firenze
Repubblica Romana,
tornò il granduca, mentre alla resistenza di Venezia e Roma restava ormai soltan-
p. 491
to un valore di testimonianza ideale. Sotto i colpi dei francesi, che, con il governo
clericale di Luigi Napoleone, si erano ormai schierati a difesa del pontefice, Roma
cadde a metà luglio, Budapest un mese più tardi; Venezia fu riconquistata dagli
austriaci alla fine di agosto, dopo un lungo e drammatico assedio. Questa secon-
Leggi la carta
• Individua gli Stati in
da ondata rivoluzionaria, che investì l’Italia nel corso del 1849, si svolse quando
cui si verificarono dei le rivolte in Germania, a Praga, a Vienna e a Berlino erano ormai definitivamente
moti insurrezionali represse e ciò impedì all’Italia e ai suoi patrioti di ricevere aiuti e appoggio morale.
nel 1848 e vennero
Nel settembre, tutto era quindi tornato come prima e del grande incendio europeo
concesse delle
costituzioni. non restava altro che la forma repubblicana in Francia, ormai svuotata di qualun-
• Quali Stati europei que contenuto rivoluzionario. Il 1848 si concluse in tutta Europa con una sconfit-
non furono investiti ta, ma, di lì a poco, le forze liberali e democratiche sarebbero tornate ad occupare
dai moti del 1848?
la scena con altra forza.
Palermo
Paesi dove furono
concesse Costituzioni GRECIA
Insurrezioni
482
Nazionalismi europei e moti democratici | 13 |
Storia e Arte
Il romanticismo storico
L’arte romantica ha vissuto in stretto rapporto con la Hayez (1791-1882). Alcuni dei suoi dipinti, nei quali
storia e con le vicende contemporanee, traendo da gli ideali risorgimentali prendono forma in un passa-
esse ispirazione e facendosi strumento di denuncia to epico o lontano (per evitare la censura austriaca),
e propaganda, fino a dare vita a una vera e propria sono diventate icone di quel periodo storico. I Vespri
corrente pittorica denominata romanticismo storico. siciliani è il titolo di tre quadri realizzati tra il 1821 e il
Uno dei maggiori esempi di questa corrente è del pit- 1822, tra il 1826 e il 1827 e nel 1846. A essere rap-
tore francese Eugène Delacroix (1798-1863), La presentato è un accadimento apparentemente lontano
Libertà che guida il popolo (1830), che celebra le nel tempo e senza connessione con le vicende otto-
«Tre gloriose giornate» parigine. Delacroix rappresenta centesche, ovvero l’insurrezione dei Vespri siciliani,
la rivolta borghese in chiave simbolica come lotta per scoppiata a Palermo nell’ora del vespro del lunedì di
la libertà di tutte le classi sociali, incitate da una fi- Pasqua del 1282, contro gli Angioini. Di questo epi-
gura femminile che incarna la Libertà. sodio, Hayez ritrae un momento particolare, quello in
La donna, una donna del popolo, stringe nella mano cui un soldato francese, insinuando che una giovane
destra la bandiera repubblicana francese e porta sul portasse un coltello sotto le vesti, la oltraggia denu-
capo il berretto frigio, simbolo di libertà. Su uno sfon- dandole un seno. Gli uomini che sono intorno alla ra-
do cupo, i colori della bandiera spiccano, resi vivaci e gazza reagiscono immediatamente: mentre il marito
brillanti dalla luce che circonda la Libertà. la sostiene, il fratello della donna colpisce a morte il
Dopo la caduta di Carlo X il governo francese acqui- francese.
stò il dipinto, ma alcuni funzionari giudicarono la sua La rivolta dei Vespri siciliani diede inizio all’omonima
apologia della libertà troppo «incendiaria» e ne vieta- guerra e sancì la cacciata degli Angiò. Hayez riprende
rono l’esposizione in pubblico. Solamente dopo la ri- questo episodio per riferirsi alla necessità di liberare
voluzione del 1848, che porterà alla fine del regno di l’Italia dagli Asburgo. Lo fa identificando la patria con
Luigi Filippo, il divieto verrà revocato. la famiglia, offese entrambe nella libertà e nell’onore, e
In Italia, tra gli artisti che più di altri misero la propria utilizzando l’immagine di una giovane donna oltraggiata
attività a servizio della patria, è il pittore Francesco come personificazione della nazione offesa.
Collega e confronta
1. La rappresentazione
allegorica della Francia ha
una lunga storia iconogra-
fica; lavorando in gruppo,
cercate online le seguenti
opere d’arte ottocente-
sche: La Repubblica di
Honoré Daumier; La Mar-
sigliese, di François Rude;
Marianne, la statua che si
trova a Place de la Répub-
lique a Parigi. Mettetele
a confronto con il dipinto
di Delacroix: evidenziate
gli elementi di continuità
e di rottura nella rappre-
sentazione della figura
femminile.
La Libertà che guida
il popolo. Dipinto di
Eugène Delacroix del 1830.
Parigi, Museo del Louvre.
483
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
484
Ripassa con la mappa concettuale
furono preceduti dalla furono preceduti dai furono preceduti dallo scoppiarono in
sviluppo del
485
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
486
Fonti e Storiografia
FONTI Mazzini e la fondazione della Giovine Europa
F1 In questo brano Giuseppe Mazzini racconta la fondazione della Giovine Europa, il 15
aprile 1834 a Berna, insieme ad altri profughi politici italiani, tedeschi e polacchi in
rappresentanza delle rispettive associazioni mazziniane nazionali. Le divergenze ideo-
logiche interne e le differenti realtà in cui si trovava a operare fecero sì che la Giovine
Europa fosse un punto di riferimento meramente ideale.
In Berna, tra le incertezze del futuro, le noie del presente e i frequenti richiami della po-
lizia […] stesi e stringemmo collegati – se la memoria non mi tradisce – in diciassette fra
Tedeschi, Polacchi e Italiani, il Patto di Fratellanza che doveva avviare il lavoro dei tre po-
poli a un unico fine.
L’ideale della Giovine Europa era l’ordinamento federativo della Democrazia Europea sotto
un’unica direzione, tanto che l’insurrezione di una Nazione trovasse l’altre preste a secon-
1 apostolato: l’opera di
chi dedica tutto sé stes- darla con fatti, o non foss’altro con una potente azione morale che impedisse l’intervento
so a diffondere verità re- ai Governi. Però statuimmo che in tutte si cercasse di costituire un Comitato Nazionale al
ligiose e, per estensio- quale si concentrerebbero a poco a poco tutti gli elementi di progresso repubblicano, e che
ne, anche dottrine morali,
sociali, politiche. tutti questi Comitati s’inanellassero per via di corrispondenza a noi come a Comitato Cen-
2 sovranità dell’indivi- trale Provvisorio dell’Associazione: […].
duo: il riferimento è all’e- Bensì io non poteva illudermi sul suo diffondersi regolarmente o sul suo raggiungere mai
sasperato individualismo
del liberalismo classico, un grado di forza compatta e capace d’azione. La sfera dell’Associazione era troppo vasta
che valorizza l’individuo per poter ottenere risultati pratici, e il bisogno d’una vera Fratellanza Europea richiedeva
e la sua libertà e tutela i tempo e lezioni severe per maturarsi fra i popoli.
suoi diritti inalienabili.
3 insurrezione lionese:
Io non tendeva che a costituire un apostolato1 d’idee diverse da quelle che allora corre-
a Lione, nel 1834, era- vano, lasciando che fruttasse dove e come potrebbe.
no insorti per la seconda Nuove a ogni modo, non nella sfera del pensiero, ma nelle associazioni politiche che s’a-
volta (la prima rivolta si
gitavano allora in Europa, erano di certo le idee della Nazionalità considerata come segno
ebbe nel 1831) i setaio-
li (detti Canuti). Se l’in- d’una missione da compiersi a pro dell’Umanità – della legge morale suprema sovra ogni
surrezione del 1831 era Potere e quindi dell’unità destinata a cancellare un giorno il dualismo fra le due podestà,
stata a sfondo economi-
spirituale e temporale – della Libertà politica definita in modo da escludere da un lato l’as-
co, nel 1834 si aggiun-
gevano le motivazioni surda teoria della sovranità dell’individuo2, dall’altro i pericoli dell’anarchia […].
politiche, in opposizione Fondammo il Patto della Giovine Europa sei giorni dopo l’insurrezione lionese3, tre do-
alla monarchia di Luglio. po la sconfitta, e mentre ogni speranza di moto francese sfumava4. Era la nostra risposta
4 ogni … sfumava: la
spinta eversiva della si- alla vittoria conseguita dalla monarchia repubblicana sul popolo che s’era illuso a credere
nistra francese si esau- in essa. Era, com’io la intendeva, una dichiarazione della Democrazia ch’essa viveva di vita
rì quando la monarchia propria, collettiva, europea e non dell’iniziativa d’un solo popolo, Francese o altro. […] L’i-
riprese il controllo sulla
città sulla periferia del dea, che le Nazionalità contrastate potrebbero impossessarsi un giorno dell’iniziativa per-
paese. duta e ricominciare sotto la loro bandiera il moto d’Europa, cominciò allora a diffondersi.
(da G. Mazzini, Note autobiografiche, Rizzoli, Milano 1986, pp. 250-252)
487
Fonti e Storiografia
La prima fra le cause che contribuì a dare una grandezza ed una importanza somma alla
questione del pauperismo delle regioni manufatturiere fu la lunga durata della pace con-
giunta all’ostinata persistenza dei governi nel mantenere intatta una legislazione econo-
mica fatta per altri tempi.
La produzione manufatturiera è stata incoraggiata dappertutto su una scala immensa, e
da per tutto protetta con tariffe proibitive. Da ciò ne venne che per mancanza di spaccio, per
rappresaglie all’estero e per l’intera concorrenza, la produzione stessa si trovò per così dire
soffocata. Innumerevoli fabbriche si elevarono su tutta la superficie d’Europa colla rivale
pretesa di farsi guerra a vicenda anziché di scambiare multiformi prodotti. Nessun crite-
rio ragionevole presiedette a queste improvvise creazioni che si moltiplicarono fra le crisi
e misero in durissime angustie capitalisti ed operaj.
Una vera guerra appassionata ed insidiosa più delle antiche guerre fra i popoli, scoppiò
fra Stato e Stato e continuò infaticabile in mezzo a peripezie inaspettate. Ogni popolo volle
produrre il suo ferro, le sue lane e i suoi tessuti di filo, di seta e di cotone. Sotto il nebbio-
so cielo della Francia del nord, si volle tentare la produzione dello zucchero. Rivaleggiando
colle zone tropicali, e senza alcun pensiero agli interessi della navigazione e delle colonie.
Da questa lotta disordinata dovevano presto o tardi succedere serie complicazioni. […]
Allorché questo stato di cose giunse al suo più alto grado d’intensità, l’Europa si getto
a corpo perduto nelle intraprese delle strade ferrale, e colpì di una momentanea sterilità
una massa di capitali veramente sterminata. Parve quasi che le classi operaje fossero state
unicamente chiamate al lavoro delle maniatture se non per altro che per assistere ai loro
funerali. I capitali si immobilizzarono ad un tratto per più centinaja di milioni in acquisti
di terreni ed in costruzioni improduttive. Una carestia quasi generale tolse nell’anno 1847
all’industria europea per più di un miliardo di franchi. […]
Già su vari punti della Francia de’ sintomi precursori dell’uragano eransi manifestati, ed
il mal essere s’era fatto sentire di preferenza nelle industrie organizzate a grandi opifici,
come in quelle dei tessuti di lana, di lino e di cotone. […] A Parigi, a Lione, a Lilla, a Rouen e
in altri centri manifatturieri, le discussioni si fecero animatissime. Quelle popolazioni abi-
tuate a prender parte alle lotte politiche accolsero con vera avidità le nuove dottrine che
andavano diffondendo i socialisti.
(da A. Blanqui, Sulla situazione delle classi operaie in Francia nell’anno 1848,
in «Annali universali di statistica», vol. XVIII, Milano 1848, pp. 44-46)
COMPRENDERE 1. Quali sono gli effetti del protezionismo nel settore manifatturiero, secondo
Blanqui?
2. Quali dottrine si diffusero fra i lavoratori delle zone industriali francesi?
INTERPRETARE 3. Leggendo in filigrana il testo, a chi attribuisce Blanqui la più parte delle responsa-
bilità della crisi in cui versavano le classi operaie in Francia nel 1848?
VALUTARE 4. Verso quali settori dell’industrializzazione si dimostra critico l’autore e perché?
Puoi avanzare degli argomenti contrari a quelli sostenuti da Blanqui, alla luce
delle tue conoscenze sull’industrializzazione?
488
Nazionalismi europei e moti democratici 13
Contrariamente a una tesi che trova tutt’ora i suoi sostenitori, e che considera il Risorgi-
mento una questione che ha riguardato poche e ristrette élite, se non, addirittura, un uo-
mo solo al comando (Cavour, per esempio), crediamo corretto – da un punto di vista ri-
gorosamente analitico – sostenere che il Risorgimento è stato un movimento «di massa».
Il termine si presta a un equivoco, che va subito dissipato. Quando si dice «di massa» non
Leggi in digitale si invita il lettore ad accogliere un’immagine apologetica e stereotipata di tutto un popolo
il testo Etnie e
che si risveglia da un lungo e disonorevole sonno dormito sotto straniere tirannie, venti-
nazionalità danubiane
nel Quarantotto di cinque milioni di persone che – come un sol uomo – scattano in lotta contro gli stranieri
Lewis B. Namier che, e gli oppressori. Questa è una visione mazziniana, in quanto tale interessante: ma non è
prendendo in esame la realtà storica.
il caso dell’Impero Quando parliamo di un movimento «di massa» vogliamo dire un’altra cosa, semplice
austriaco, ne mette
in luce il carattere ma, ci sembra, importante. Che al Risorgimento, inteso come un movimento politico che
elitario. Confronta ha avuto come fine la costituzione nella penisola italiana di uno stato nazione, hanno pre-
la lettura di Namier so attivamente parte molte decine di migliaia di persone; che altre centinaia di migliaia di
con quella di Banti e persone, spesso vicine a coloro che hanno militato in senso stretto, al Risorgimento hanno
Ginsborg; scrivi un
guardato con partecipazione, con simpatia sincera o con cauta trepidazione.
testo di tipo espositivo
in cui ne chiarisci le Nel contesto di una società largamente analfabeta, che appena comincia a comunicare
tesi di fondo, individua con i giornali e con il telegrafo, […] il numero degli affiliati alle sette, dei rivoltosi del ’20-
poi gli argomenti ’21, degli iscritti alla Giovine Italia, di coloro che scendono in piazza o partono volontari o
a favore che gli
guerreggiano nell’esercito regolare del Regno di Sardegna o organizzano ospedali o servizi
storici avanzano per
sostenere la propria di collegamento nel 1848-49, che tessono trame insurrezionali nei primi anni cinquanta,
interpretazione e che si arruolano volontari nel 1859, nel 1860 e nel 1866, che vanno a votare ai plebisciti,
sintetizzali. che si affollano ai funerali di Mazzini, di Vittorio Emanuele, di Garibaldi e di altri ancora
è assolutamente imponente. È una dimensione che va presa sul serio: con ciò si vuol dire
che tale dimensione «di massa» […] va decifrata; studiata; esaminata, sia nella sfera intima
e familiare chi in quella pubblica e patriottica; […].
(da A.M. Banti, P. Ginsborg, Per una nuova storia del Risorgimento, in Storia d’Italia. Il Risorgimento,
a cura di A.M. Banti, P. Ginsborg, Einaudi, Torino 2007, pp. XIII-XIV)
489
Fonti e Storiografia
Mazzini arriva a Roma la sera del 5 marzo, all’inizio di un mese che quanto a colpi di sce-
na si rivelerà non meno ricco del precedente. Lo stato d’animo con cui entra in città non è
dei migliori: avrebbe voluto portare con sé la notizia della prossima fusione con la Tosca-
na quale primo nucleo della futura Repubblica italiana, e invece a Firenze ha avuto la con-
ferma di una sensazione che lo tormenta da tempo, e che nasce dalla convinzione che «chi
tiene indietro l’Unità è la stolida ambizione di tre o quattro città»: di Venezia, orgogliosa del
proprio passato municipale; della Toscana e di Firenze soprattutto che, avendo un’identi-
tà molto forte, teme a ragione di essere schiacciata da Roma come città d’arte; della Sicilia,
sempre vogliosa di affermare la sua secolare coscienza di nazione. Si rifugia pensieroso in
albergo – l’Hotel Cèsari, vicino piazza di Pietra – ma la sera del 6 deve rispondere alle ac-
clamazioni della folla accorsa sotto le sue finestre. Del suo giro in Toscana non può met-
tere in risalto i grandi risultati politici da tutti attesi. Allora se la cava con un’esortazione a
credere nel «principio repubblicano proclamato in Roma», solida garanzia di vittoria finale.
Il giorno dopo entra in Assemblea1 mentre la seduta è in svolgimento. Riceve l’accoglienza
che si riserva a un nume tutelare, al portatore di un ethos, di un’ideologia e di una costan-
za che hanno prodotto la politica da cui venticinque giorni prima è nata la Repubblica, l’u-
nico politico italiano che abbia un peso indiscusso anche all’estero. Da qualche giorno ha
dato alle stampe un articolo contenente un suo possibile programma di governo. Le idee
sono quelle di sempre: Dio e Popolo, la legge del progresso, l’associazione come mezzo per
realizzarla, il governo affidato ai migliori e soprattutto – rivolto a italiani e stranieri – un
monito: «il rosso che scintilla sui nostri petti è simbolo di sacrificio, non di minaccia2». E
però, interrogato in Assemblea sugli ultimi sviluppi, Mazzini deve ammettere di trovarsi di
fronte a qualcosa di incompiuto: la soluzione che fino a poco tempo prima era sembrata a
portata di mano, con Roma e la Toscana protese nello sforzo di creare un nucleo di repub-
1 Assemblea: si
tratta dell’Assemblea blica aggregando a sé la Sicilia e Venezia, per i motivi appena accennati è chiaramente im-
costituente, formatasi praticabile. In più negli stessi giorni c’è in atto una piccola crisi ministeriale, con i ministri
il 5 febbraio 1849.
delle Finanze e dei Lavori Pubblici costretti a dimettersi per i rilievi dell’Assemblea sull’i-
2 il rosso … minaccia:
il rosso è uno dei colori nefficacia della loro politica. Si prospetta così la prima impasse della Repubblica, provocata
rivoluzionari, presente dalla difficoltà di rendere immediatamente produttivi i provvedimenti presi per migliorare
nella bandiera della la situazione finanziaria del paese. La condizione delle forze armate non è molto miglio-
Repubblica romana e
in seguito nel tricolore re, con i vari corpi poco organizzati, male armati e sparpagliati a difendere la superficie di
italiano. uno Stato minacciato da più parti.
(da G. Monsagrati, Roma senza il Papa.
La Repubblica romana del 1849, Laterza, Roma-Bari 2014, pp. 74-75)
490
Nazionalismi europei e moti democratici 13
GLI SNODI In Francia Luigi Napoleone viene eletto presidente della Repubblica.
DEL TESTO La Repubblica Romana rappresenta un pericoloso esperimento democratico.
Le truppe francesi hanno la meglio sugli italiani.
Nel dicembre 1848 si svolsero in Francia le elezioni per la carica di presidente della Re-
pubblica. […] Il risultato delle votazioni sorprese tutti: vinse, con cinque milioni e mezzo di
voti […] Luigi Napoleone […] Il nuovo presidente presentò il suo governo come espressio-
ne di una Francia ordinata e cattolica dopo le fiammate del 1848. Dunque fu il primo a ri-
spondere all’appello di Pio IX da Gaeta rivolto alle potenze cattoliche perché restaurassero
il potere temporale a Roma. […]
La sconfitta dei piemontesi a Novara e soprattutto l’incalzante politica laica e democra-
tica dell’Assemblea Costituente romana e del suo governo, trasformatosi in un triumvirato
guidato da Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, furono la spinta per il presidente fran-
cese ad agire. Roma stava infatti dando un segno concreto di cosa fosse una democrazia
e quali fossero le leggi che la realizzano veramente. Il 21 febbraio 1849 un decreto aveva
dichiarato «proprietà della Repubblica» tutti i beni ecclesiastici e proceduto allo smantel-
lamento di tutti i tribunali ecclesiastici, a partire dal Sant’Uffizio. […] Fu garantita la libertà
di stampa e si cominciò a lavorare al testo di una Costituzione che doveva accogliere tutte
le ragioni di uno Stato moderno, libero da condizionamenti religiosi e ingiustizie sociali e
pronto all’affermazione di tutti i diritti civili, a cominciare dal progetto di un nuovo dirit-
to di famiglia nel quale il matrimonio avrebbe perso il carattere sacramentale per divenire
un contratto civile. […]
Ma tutto questo era troppo per Luigi Napoleone e i suoi elettori cattolici, numerosi e in-
dignati. Fu preparato un corpo di spedizione di 7.000 uomini al comando del generale Ni-
colas Oudinot, che il 25 aprile sbarcò a Civitavecchia. […] Roma era difesa da 10.000 sol-
dati e volontari e capo di Stato maggiore era stato nominato Carlo Pisacane […]. Insieme
a Garibaldi, era colui che aveva le idee più chiare su come difendere la città e organizzare
militarmente la resistenza. E il battesimo del fuoco fu un successo per i romani. […] [Ma]
Oudinot preparava l’attacco in forze; […] il corpo di spedizione, che aveva raggiunto ormai
i 35.000 uomini, era pronto a dare il colpo di maglio alla repubblica. Questo avvenne con
un attacco di sorpresa alle 3 del mattino del 3 giugno, con l’occupazione di Villa Pamphili,
Villa Corsini e tutta la zona di Porta San Pancrazio. La reazione dei patrioti romani fu im-
mediata e lo scontro durò per oltre dodici ore. Villa Corsini fu presa e perduta diverse vol-
te […]. Il 3 luglio i francesi di Oudinot entravano in Roma dichiarando ristabilito il potere
temporale [del papa].
(L. Villari, Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento,
Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 215-223)
491
14 Le unificazioni
italiana e tedesca
La Francia di Napoleone III e il Piemonte di Cavour
Dopo il fallimento della Seconda Repubblica, Napoleone III, prima con un colpo di Sta-
to e poi grazie ai plebisciti, riesce a farsi proclamare imperatore di Francia nel 1853. In-
tanto in Piemonte, il primo ministro liberale, Cavour, promuove una serie di riforme per
Esplora l’immagine modernizzare il Paese e un’abile politica diplomatica per stringere relazioni con le po-
interattiva tenze europee.
493
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
494
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
• politica imperialista
• restaurazione dell’Impero
Secondo Impero • limitazioni alla libertà di stampa
• Luigi Bonaparte sovrano
(1852) • repressione del movimento operaio
con il titolo di Napoleone III
• grande sviluppo economico e industriale
495
La folla saluta tezione statale e dalla repressione del movimento operaio. E fu inoltre un’epo-
Napoleone III che ca di politica imperialista, in cui la Francia, prima di essere piegata dalla Prussia
sfila davanti al Palais
Royal. Dipinto anonimo ( ▶ par. 6), parve occupare di nuovo un ruolo di primissimo piano in Europa, lan-
del XIX secolo. ciandosi anche in diverse imprese coloniali. Come l’Impero di «Napoleone il Gran-
de» aveva concluso la Rivoluzione, consolidandone alcuni risultati istituzionali
ma stroncandola culturalmente e politicamente, così il ventennio di «Napoleone
il Piccolo» rappresentò la risposta conservatrice all’utopia rivoluzionaria della Se-
conda Repubblica del 1848.
Nel suo numero del 1° febbraio 1851 [l’Economist] pubblica la seguente corrispondenza da Parigi:
«Abbiamo ora potuto rilevare da tutte le parti che la Francia aspira soprattutto alla tranquillità.
La cosa è stata dichiarata dal presidente nel suo messaggio all’assemblea legislativa; la tribuna
dell’assemblea gli ha fatto eco; i giornali lo confermano; i preti lo proclamano dal pulpito; la cosa è
provata dalla sensibilità dei titoli di Stato alla minima prospettiva di disordini, dalla loro fermezza
ogni volta che il potere esecutivo ha il sopravvento». […]
Se […] il partito parlamentare dell’ordine [di destra, a sostegno dell’ordine pubblico, della
proprietà privata e del cattolicesimo], a forza di gridare che occorreva la tranquillità, si era
condannato da sé all’inazione […], la massa extraparlamentare della borghesia, invece, con le
sue servilità verso il presidente, con i suoi oltraggi al Parlamento, col modo brutale nel quale
trattava la sua stessa stampa, provocava Bonaparte a reprimere e a sterminare i suoi oratori e i
suoi scrittori, i suoi uomini politici e i suoi letterati, la sua tribuna parlamentare e la sua stampa,
al fine di poter attendere ai propri affari privati sotto la protezione di un governo forte e dotato
di poteri illimitati.
(da K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Editori Riuniti, Roma 1954, pp. 91-94)
496
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
497
L’arrivo alla
stazione Granatello
del primo treno
della ferrovia
Napoli-Portici.
Dipinto di Salvatore
Fregola del 1839.
Napoli, Museo Nazionale
di San Martino.
498
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
Il governo Cavour
Il governo successivo fu presieduto da colui che era destinato a guidare per dieci
anni la politica piemontese e che va considerato il principale artefice politico dell’u-
nità d’Italia: Camillo Benso conte di Cavour (1810-61).
Aristocratico, ex ufficiale dell’esercito e proprietario terriero, Cavour assunse la
LESSICO direzione del governo nel 1852, dopo aver soggiornato a lungo in diversi Paesi eu-
Foro ecclesiastico ropei. Eletto deputato fin dal 1848, era noto per la sua competenza in fatto di agri-
Ambito all’interno del
quale la Chiesa attua
coltura e di economia e per le sue idee liberali, che aveva espresso in un periodico
il proprio controllo da lui diretto, «Il Risorgimento».
giurisdizionale, che è Da subito Cavour si adoperò per modernizzare il Piemonte in tempi rapidi: sti-
a sua volta fondato sul
pulò trattati di libero scambio con l’Inghilterra, la Francia e il Belgio; investì note-
diritto canonico.
voli capitali nello sviluppo della rete ferroviaria e stradale e nella costruzione di
Centrismo
Formula politica basata canali e diede inizio, nel 1857, ai lavori per la realizzazione del traforo del Frejus.
sulla collaborazione Grazie a un sistema creditizio abbastanza efficiente, l’industria siderurgica fece i
di governo tra le forze suoi primi passi e complessivamente il Piemonte divenne in breve la regione più
moderate e tendente
a escludere dalle
avanzata della Penisola.
decisioni politiche le ali Rappresentante naturale della destra moderata, che raccoglieva l’aristocrazia e i
parlamentari di estrema rappresentanti del conservatorismo cattolico, Cavour non giudicava favorevolmente
destra e di estrema
sinistra. In Italia questa
una contrapposizione frontale fra destra e sinistra, alla francese. Ispirandosi al mo-
formula politica fu dello inglese, puntò invece alla costruzione di un centrismo parlamentare in grado
inaugurata da Cavour di attrarre sia gli aristocratici liberali sia i rappresentanti della borghesia moderata,
con i suoi governi.
che aveva il suo leader in Urbano Rattazzi (1808-73), un avvocato di Alessandria.
499
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
I lavori di scavo
del tunnel del Traforo
ferroviario del Frejus,
tra Italia e Francia,
iniziati nel 1857 e
completati nel 1871.
Stampa dell’epoca.
Con questa politica, detta del «connubio», Cavour riuscì a costruirsi una solida
maggioranza parlamentare in grado di sostenere la sua abile politica diplomatica
e il progetto di unificazione del Paese. Egli avviò anche quella tradizione centrista
S1 La politica che divenne poi tipica dell’Italia unita, fondata sull’emarginazione delle ali estreme,
economica di Cavour e il
processo di unificazione
cioè la destra clerico-assolutista e la sinistra democratico-repubblicana, e sulla solu-
nazionale, p. 521 zione dei problemi politici attraverso l’esercizio continuo della tattica parlamentare.
500
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
Sebastopoli. Dopo quasi un anno ne ottennero la resa e il nuovo zar Alessandro II,
appena salito al trono, avviò le trattative di pace. La guerra di Crimea, che di fatto era
consistita nel lungo assedio della città di Sebastopoli, fu il primo conflitto che poté
essere seguito più da vicino dall’opinione pubblica europea, grazie al telegrafo, che
permetteva di ricevere velocemente informazioni, e ai primi reportage fotografici.
Spinto da Vittorio Emanuele II, Cavour sostenne la necessità di entrare in guer-
ra a fianco delle potenze occidentali in aiuto della Turchia. Sia l’opinione pubblica
sia la Camera erano contrarie a un’impresa nella quale l’interesse nazionale italia-
no non sembrava affatto coinvolto. Ma Cavour seppe capire l’importanza di esse-
re presente al tavolo dei Paesi vittoriosi che avrebbero disegnato il futuro asset-
to continentale. Nel gennaio del 1855 venne formalizzata l’alleanza con Francia
e Gran Bretagna e il Piemonte inviò in Crimea un contingente di 18.000 soldati.
Al Congresso di pace di Parigi, apertosi nel febbraio dell’anno successivo, Cavour
riuscì in effetti ad attirare l’attenzione delle grandi potenze sulla «questione ita-
liana», e in particolare sulla situazione di malgoverno in cui versavano lo Stato
pontificio e, ancora di più, il Regno delle Due Sicilie – situazione per altro ben no-
ta. Sottolineando il rischio che un quadro politico così degradato potesse fomen-
tare in Italia nuovi tentativi rivoluzionari repubblicani, suggerì a inglesi e francesi
la necessità di appoggiare l’iniziativa piemontese, l’unica capace di garantire un
contesto istituzionale affidabile.
Cavour ottenne una considerazione particolare dalla parte francese. La Francia,
come il Piemonte, si contrapponeva all’Austria e Napoleone III era personalmen-
te legato all’Italia per aver militato da giovane nella Carboneria, in occasione dei
moti emiliani del 1831. Si avvicinava così la possibilità di un intervento francese
a fianco del Regno di Sardegna per la liberazione dell’Italia settentrionale dall’Au-
stria. Da questo momento la prospettiva nazionalista moderata, fallita nel ’48 nella
forma confederale guidata dal papa, risorgeva ora dall’iniziativa della monarchia
sabauda, sostenuta dal prestigio politico e militare della Francia.
Il Congresso
di Parigi. Dipinto
di Édouard Louis
Dubufe, 1856.
Versailles, Musée de
l’Histoire de France.
Leggi l’immagine
• Sapresti identificare
Cavour? Come
definiresti
l’espressione sul suo
volto?
• Descrivi
l’atteggiamento
dell’ambasciatore
ottomano Emin
Pascià, seduto sulla
destra.
501
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Collega e confronta
1. Prepara, in gruppo, una presentazione
sui reportage di Roger Fenton e William
Howard Russell realizzati durante la guerra
di Crimea. Cerca almeno tre fotografie per
ciascun autore, contestualizzale e illustra i
soggetti scelti, cercando di far emergere il
messaggio sotteso, le differenze e i punti
in comune nel modo di approcciarsi al
tema della guerra.
2. Javier Manzano è uno dei più famosi foto-
grafi freelance di guerra; negli scorsi anni,
ha ricevuto infatti molti premi internazio-
nali per i suoi reportage, in particolare,
per quello dedicato al conflitto in Siria. In
coppie, svolgete una ricerca sul lavoro di
Manzano, scegliete una fotografia che vi
ha particolarmente colpito e confrontatevi
sulle seguenti questioni: quali aspetti del
conflitto sembrano emergere con forza dal
lavoro del fotografo?
502
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
La battaglia di
Solferino combattuta
il 24 giugno
1859 durante la
Seconda guerra
d’indipendenza.
Litografia di Carlo
Bossoli, XIX secolo.
503
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Annessione al Piemonte,
riconoscimento dell’annessione da parte di Napoleone III
tramite plebiscito, di Emilia,
in cambio di Nizza e della Savoia
Toscana e Romagna (1859-1860)
504
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
505
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
L’incontro tra
Giuseppe Garibaldi
e il re Vittorio
Emanuele II a Teano
il 26 ottobre 1860.
Dipinto di
Carlo Ademollo,
1860-1870 circa.
Leggi l’immagine
• Metti a confron-
to i due ritratti di
Garibaldi e Vittorio
Emanuele II.
• Perché, a tuo avviso,
il pittore ha raffigu-
rato un pastore con
le sue pecore nel bel
mezzo di un incontro
di portata storica
come quello rappre-
sentato nel dipinto?
Che cosa intende
suggerire?
i moderati era inconcepibile accettare che la corona d’Italia fosse offerta ai Savoia
dalle mani del popolo a seguito di una rivoluzione: la corona «vacillerebbe sulla
loro testa», pensava Cavour. Sia gli uni che gli altri potevano avere dei motivi per
sperare che l’impresa dei Mille andasse in porto, ma anche per augurarsi che fallisse.
506
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
507
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
1860-61 1866-70
VENETO VENETO
Trieste Trieste
Torino Milano Venezia Torino Milano Venezia
Bologna Bologna
Firenze SAN MARINO Firenze SAN MARINO
REGNO Ancona REGNO Ancona
PRINC. D’ITALIA PRINC. D’ITALIA
DI MONACO Mar DI MONACO Mar
Adriatico Adriatico
Leggi la carta STATO Roma Roma
DELLA
• Individua sulla carta i CHIESA Napoli
luoghi delle battaglie Napoli
più importanti della Sardegna Sardegna
Seconda guerra Mar Tirreno Mar Tirreno
d’indipendenza.
Mar Mar
• Ricostruisci, Itinerario Palermo
Ionio
Palermo
Ionio
utilizzando la carta, dei Mille
di Garibaldi Sicilia
le fasi più importanti Itinerario Sicilia
della spedizione dei dell’esercito
«Mille». piemontese
508
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
aver «fatto l’Italia». Un processo che, come vedremo ( ▶ cap. 16), si rivelò difficile,
soprattutto per quanto riguardava l’inserimento delle masse contadine meridio-
nali nel nuovo Stato.
Anche la componente democratica incarnata dal movimento garibaldino fu sop-
pressa. L’esercito delle camicie rosse – come erano chiamati i volontari dell’«eroe
dei due mondi» – fu incorporato nel nuovo esercito nazionale, ma solo in parte e
con un ruolo subordinato. Nel 1862 il successivo tentativo di Garibaldi di libera-
re Roma fallì: egli fu ferito sull’Aspromonte e arrestato dalle truppe piemontesi.
Roma doveva essere presa, ma dall’esercito regolare e come frutto di un accordo
politico internazionale.
Nel 1866 Garibaldi partecipò anche alla Terza guerra d’indipendenza, intrapresa per
annettere il Veneto ( ▶ par. 5), e, nel 1867, a un nuovo tentativo di liberare Roma:
proprio in quest’ultima spedizione militare, fu sconfitto a Mentana dai francesi,
venne arrestato e condotto nell’isola di Caprera. Politicamente battuto, trascorse
gli ultimi anni di vita da vincitore morale e da celebrato mito nazionale.
L’Italia unita nasceva con questa significativa sconfitta della sinistra garibaldina e
della sua base popolare, che nel Sud si confondeva con le speranze presto deluse
dall’unificazione. Nel complesso, l’unità d’Italia era stata raggiunta grazie a un quadro
internazionale favorevole, dominato da un’Inghilterra e da una Francia interessate a
indebolire la preponderanza austriaca e a estendere la loro influenza nel Mediterra-
neo. Ma il nuovo Stato nasceva con un’eredità di lacerazioni estremamente profonde.
Il tempo avrebbe sanato molto lentamente e solo in parte questi gravissimi squilibri.
509
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
La cerimonia
di incoronazione
di Guglielmo I a
Königsberg nel 1861.
Dipinto di Adolph von
Menzel, 1861. Berlino,
Alte Nationalgalerie.
510
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
LESSICO per l’armonia della convivenza civile, ma per la loro capacità di fare grande e poten-
Legislazione sociale te la Prussia, o la Germania. Una monarchia innovatrice e conquistatrice, dunque,
Insieme delle leggi
emanate dai governi capace di affermare gli interessi tedeschi in Europa e nel mondo.
con l’obiettivo di Nel 1862 il re Guglielmo I (1861-88) chiamò Bismarck a dirigere il governo e
affrontare e risolvere le da allora il «cancelliere di ferro», come fu chiamato, rimase saldamente al timone
problematiche legate
alle difficili condizioni della Prussia e poi della Germania unita per quasi trent’anni. Bismarck incarnava
di vita e di lavoro della alla perfezione il realismo politico: gli interessi della Prussia costituivano l’unico
classe operaia. Essa obiettivo da perseguire e per questo scopo qualunque alleanza sarebbe stata prati-
fu promossa anche da
governi conservatori con cabile, senza remore di tipo ideologico. Egli era, per esempio, favorevole al suffra-
l’obiettivo di vanificare gio universale, perché riteneva che il voto contadino, influenzato dalla destra con-
la diffusione delle idee servatrice, avrebbe superato di gran lunga quello liberale dei ceti medi. Era anche
socialiste.
propenso all’alleanza con i liberali, che rappresentavano le istanze delle naziona-
lità oppresse dall’Austria, perché facevano comodo alla sua politica.
Inoltre, nonostante la sua opposizione alle istituzioni liberali e democratiche,
S3 Lo scontro fra Bismarck non sottovalutava affatto l’importanza del consenso popolare e rite-
Bismarck e il Parlamento
neva importante il rapporto con i leader dei movimenti di massa, per esempio
prussiano, p. 523
Ferdinand Lassalle (1825-64), il primo dirigente politico dei lavoratori tedeschi,
fondatore del nucleo di quello che sarebbe poi diventato il grande partito social-
democratico tedesco ( ▶ cap. 17, par. 4). Tuttavia, pur promuovendo un’avanza-
ta legislazione sociale per ottenere l’appoggio delle masse operaie intorno al suo
progetto autoritario, Bismarck fallì completamente nel tentativo di neutralizzare la
socialdemocrazia tedesca che, pur colpita con leggi repressive, allargò i suoi con-
sensi nel Paese. Analoga sorte ebbe la battaglia politica da lui scatenata contro i
cattolici, il cosiddetto Kulturkampf («battaglia culturale»), attraverso il quale si in-
tendeva ridimensionare il ruolo della Chiesa.
511
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
Il re di Prussia
Guglielmo I alla
battaglia di Sadowa
nel 1866. Dipinto di
Emil Hünten.
Alleanza antiaustriaca tra Regno • il Regno d’Italia vuole liberare il Veneto dall’Austria
d’Italia e Prussia • Bismarck intende eliminare l’influenza austriaca in Germania
512
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
Ormai gli italiani sapevano che dalla Francia non avrebbero più ottenuto l’ap-
poggio necessario al completamento dell’unità nazionale. Il governo decise allora
di scommettere sulla potenza prussiana per piegare definitivamente l’Austria.
Il conflitto, che per l’Italia divenne la Terza guerra d’indipendenza, scoppiò nel
giugno del 1866. I prussiani dimostrarono una netta superiorità, occupando con
un’operazione rapidissima gli Stati tedeschi alleati degli Asburgo e sfondando le
linee austriache in direzione di Praga. Il 3 luglio la battaglia di Sadowa, in Boe-
mia, pose di fatto già fine alla guerra. La Confederazione germanica ( ▶ cap. 11,
par. 1) fu sciolta e a nord del fiume Meno l’influenza austriaca fu eliminata. La
Prussia incorporava vari Stati tedeschi, unificava il suo territorio saldando le
province occidentali renane con Berlino e diventava leader indiscussa della na-
zione tedesca.
Per gli italiani, invece, la guerra fu un disastro militare, sia nella battaglia ter-
restre di Custoza (24 giugno), dove già i piemontesi avevano perso nel 1848 la Pri-
Leggi la carta
• Dopo la guerra
ma guerra d’indipendenza, sia in quella navale di Lissa (20 luglio), nell’Adriatico, e
austro-prussiana, questo nonostante la vittoria ottenuta da Garibaldi e dai suoi volontari a Bezzecca
quali regioni (21 luglio). Tuttavia, grazie alla vittoria prussiana, l’Italia ottenne finalmente
passarono alla
Venezia, ma non Trento e Trieste e non ancora Roma. Come potenza militare il
Prussia?
• Quali Stati furono
giovane Regno d’Italia ne uscì umiliato, ma l’alleanza con Berlino si rivelò una scel-
annessi nel contesto ta efficace, che peraltro allontanava ulteriormente l’Italia dagli ideali democratici e
della guerra franco- rivoluzionari del Risorgimento e la orientava verso un realismo politico autoritario,
prussiana?
del resto consono ai desideri della monarchia sabauda.
DANIMARCA SVEZIA
Mar
Mare Baltico
del Nord SCHLESWIG
Königsberg
HOLSTEIN Lubecca
Danzica PRUSSIA
Amburgo MECLEMBURGO ORIENTALE
POMERANIA
Brema
PRUSSIA
PAESI HANNOVER OCCIDENTALE
BASSI Berlino
513
| 3 | Restaurazione, capitalismo e nazionalismi
6 La guerra franco-prussiana
e il Secondo Reich
Le tensioni crescenti tra Prussia e Francia
La potenza militare della Prussia, dopo la rapidissima vittoria sull’Austria, venne
allora indirizzata da Bismarck contro la Francia. L’obiettivo era quello di compat-
tare il sentimento nazionale tedesco contro il nemico storico e di fornire quindi la
spinta mancante al popolo tedesco per completare la sua unità, e dare alla Prussia
l’occasione per realizzare la sua indiscussa leadership.
Secondo Napoleone III, al rafforzamento della Prussia doveva corrispondere un
parallelo rafforzamento francese. L’imperatore vedeva con favore un ridimensio-
namento della potenza austriaca, ma la sua diplomazia lavorava al contempo in
due direzioni: per impedire l’unificazione tedesca, che avrebbe creato un avversa-
rio troppo forte, e per estendere l’egemonia di Parigi sulla Germania meridionale.
Le manovre diplomatiche di Napoleone furono senza successo, mentre Bismarck,
assai abilmente, riuscì a convincere gli Stati tedeschi meridionali e l’Europa intera
delle mire espansionistiche della Francia ai danni del popolo tedesco.
Napoleone allacciò trattative con la Russia e con l’Austria, accrescendo con l’in-
cubo dell’accerchiamento il sentimento nazionalista dei tedeschi. Del resto anche
i francesi temettero l’accerchiamento, allorché si profilò l’eventualità della succes-
sione di un principe prussiano sul trono spagnolo. La situazione degenerò rapida-
mente e nel luglio del 1870 la Francia e la Prussia erano in guerra.
514
Le unificazioni italiana e tedesca | 14 |
mania (Kaiser) e sancirono ufficialmente la nascita del Secondo Reich (il primo era
stato il Sacro Romano Impero).
La scelta del luogo e del momento non poteva essere più chiaramente evoca-
tiva del modo in cui la Germania aveva raggiunto il suo obiettivo. Il luogo della
proclamazione era il simbolo stesso della monarchia assoluta francese, il tempio
della passata grandezza del nemico sconfitto; il momento, quello della vittoria su
un «oppressore» che da due secoli e mezzo, dall’epoca della guerra dei Trent’anni,
aveva trionfato sulla debolezza nazionale tedesca. In questo modo Bismarck an-
Leggi la carta
nunciava al mondo che la superpotenza francese era per sempre finita e che al
• In quanti Stati era
divisa l’Italia prima suo posto era nato in Europa un nuovo gigante, il popolo tedesco, che si era con-
dell’Unità? quistato potenza, spazio, autorità e si candidava ormai a dominare il continente.
• Quali territori furono A differenza del messaggio rassicurante che il Regno di Sardegna aveva dato
annessi tra il 1859
all’Europa unificando l’Italia e mettendo fine alle sue velleità rivoluzionarie, quello
e il 1861?
• Quali territori
della Prussia era bellicoso, fondato sulla conquista territoriale e sull’uso della for-
entrarono a far parte za militare. Col tempo, il militarismo e l’autoritarismo prussiani sarebbero ancora
del Regno d’Italia tra cresciuti, finendo per porsi tra le principali cause della spaventosa tragedia delle
il 1866 e il 1870?
due guerre mondiali del Novecento.
Ancona
-5-
Perugia
Adriatico
Talamone Terni Presa di Roma (1870)
Pescara
Territori conquistati alla Chiesa
Roma
1870
Gaeta Teano 26-10-1860
Volturno 1/2-10-1860
Salerno
Napoli
7-9-1860
Mar Tirreno
Cagliari Cosenza
Mar Ionio
Salemi Palermo Milazzo Messina
Reggio
Marsala Calatafimi
11-5-1860 15-5-1860
515
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
516
Ripassa con la mappa concettuale
L’UNITÀ D’ITALIA
dove
• annessione del e conclusasi con la che organizzò e e portò all’
................................. guidò la
.................................
..................................... al Regno di vittoria italo-francese ..................................... annessione di
Sardegna ..................................... .................................
• cessione di
.............................. e e l’ e a cui seguì l’
denunciò la
................................
alla Francia • sconfisse
• unificazione le truppe
dell’Italia centrale borboniche
«................................. in un regno a armistizio di • entrò vittorioso a annessione di
.................................» guida francese ................................. ................................. .................................
..............................., re d’Italia
............................... (............................)
e ..............................
(tramite plebisciti)
517
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
518
Fonti e Storiografia
FONTI I garibaldini visti da Alexandre Dumas
F1 Lo scrittore francese Alexandre Dumas (1802-70), venuto a sapere che Garibaldi era
diretto a Palermo con la sua spedizione, lo seguì nella sua impresa, durante la quale
redasse un resoconto pubblicato nel 1861 con il titolo Les garibaldiens. Il testo pro-
posto racconta in modo romanzato la battaglia di Calatafimi.
Giunto sulla cima [Garibaldi] riconosce che le sue previsioni sono fondate: si è di fronte
all’esercito napoletano.
Il grosso di quell’armata è a Calatafimi stessa […].
Gli avamposti sono a un miglio da Calatafimi.
Appena i napoletani, dal canto loro, hanno saputo che i legionari sono a Vita1, appena
Leggi in digitale il te- hanno visto che dall’alto di una montagna un gruppo di ufficiali li osserva, cominciano a
sto Il plebiscito del
1860 nel Mezzogior- uscire dalla città, a discendere nella valle e a salire poi tre collinette […] da cui hanno il co-
no in una rievocazione mando della strada. […]
letteraria tratto dal ca- Allorché i napoletani non sono più che a due tiri di fucile, il generale ordina alle trombe
polavoro di Tomasi di di alzarsi e suonare la sua diana2 favorita.
Lampedusa, Il gatto-
Ai primi squilli di tromba, i tiratori napoletani si fermano; alcuni fanno tre o quattro
pardo. Rispetto al rac-
conto di Dumas sulla passi indietro.
spedizione dei Mille il In quel momento sulla sommità di un monticello, alla destra dei volontari e alla sinistra
giudizio sull’unificazio- dei regi, appare una forte colonna napoletana che mette in batteria due pezzi di artiglieria.
ne appare assai diver-
I napoletani riprendono la loro marcia offensiva interrotta [...] dagli squilli di trombe.
so. Rielabora e riassu-
mi i due punti di vista A portata di fucile cominciano a far fuoco.
sulla questione I volontari accolgono il primo fuoco seduti senza muoversi; soltanto a quei primi colpi
in un testo di tipo una parte dei picciotti3 scompare.
espositivo. Centocinquanta circa resistono […].
Allora il generale pensa che è il momento di cominciare; si alza e grida: «andiamo ra-
gazzi, alla baionetta». Appena l’ordine è dato Turr4 si butta innanzi, conducendo la prima
linea. Nino Bixio, con due compagnie, compie lo stesso movimento.
1 Vita: comune siciliano Un istante dopo il generale sostituisce Turr e lo manda a portare l’ordine di un attacco
del trapanese, a sud generale.
di Calatafimi e a est di Ma l’ordine è diventato inutile: il combattimento si era acceso naturalmente.
Marsala.
2 diana: la sveglia I napoletani ripiegano, minacciati dalla baionetta dei legionari; ma immediatamente si
data all’alba alle milizie; riuniscono in una posizione migliore di quella che hanno dovuto abbandonare. Allora, fra
in senso figurativo, il il generale combattimento, si compiono meravigliose cariche particolari.
segnale che incita alla
battaglia.
Ogni ufficiale che riesce a raccogliere cento uomini, sessanta, cinquanta, carica alla loro testa.
3 picciotti: i componenti [...] A ogni carica, i napoletani resistono, fanno fuoco, ricaricano i loro fucili; fanno fuoco
delle bande che si di nuovo, fino a che vedono le baionette dei legionari brillare a dieci passi […].
unirono ai Mille nel
Retrocedono allora, ma si raccolgono tosto, sempre in posizioni migliori, al fuoco dei lo-
1860.
4 István Turr: ro cannoni, che vomitano mitraglia e granate.
italianizzato in Stefano Il combattimento durava da due ore circa; faceva orribilmente caldo, così che gli uomini
Turr (1825-1908),
i quali avevano continuamente caricato, non ne potevano più. […]
militare e politico
ungherese che partecipò I napoletani, scacciati da tutte le posizioni, prese alla baionetta una dopo l’altra, abban-
alla spedizione dei Mille. donano infine il campo di battaglia e si ritirano a Calatafimi.
(da A. Dumas, I garibaldini: rivoluzione di Sicilia e di Napoli, Sonzogno, Milano 1927, pp. 69-74)
519
Fonti e Storiografia
La Egregia donna La Masa-Bevilacqua; ci invia il suo appello alle donne italiane invitan-
dole a concorrere seco lei alla formazione di Comitati femminili di soccorso a pro dell’in-
surrezione Siciliana.
Noi nel riprodurlo preghiamo caldamente tutte le donne Toscane che si sentono in petto
santo amor di patria a rispondere nobilmente e generosamente all’invito della chiarissima
siciliana facendosi promotrici di una opera santissima e altamente patriottica.
Le preghiamo pure a nome di Garibaldi, in nome di chi oggi cade sotto la mitraglia bor-
bonica; in nome in fine della salute d’Italia:
Sorelle!
le donne di Sicilia, sfidando ogni pericolo, eludevano lo scorso anno l’esosa sorveglianza
di un Governo feroce per inviare ai feriti della guerra nazionale conforti e soccorsi.
E noi donne della libera parte d’Italia rimarremo noi ora inerti spettatrici della sangui-
nosa lotta intrapresa da quel popolo vittorioso, senza sentire nel cuore il bisogno potente
di accorrere in di lui aiuto?
L’animo straziato dagli orrori che ivi commette un esercito barbaro, il quale disfoga su
donne e bambini la rabbia di non poter vincere i prodi che combattono, non ci saprà sug-
gerire meglio che compianto e dolore, il pensiero di attivamente cooperare onde cessino
più presto que’ strazzii ed onde trovino lenimento e conforto quelle angosciose miserie?
Nella certezza che ogni donna italiana ne senta il desiderio ed il dovere io apro una sot-
toscrizione femminile. Non faccio pompa di frasi e di sentimenti perché so che ogni cuo-
re di donna risponderà al mio appello perché sentirà che mai fuvvene uno più santo e più
conforme alla nostra missione.
Pensiamo a quelle madri, a quelle spose, a quelle figlie; – pensiamo alle donne sgozza-
te, sventrate – alle centinaia di persone massacrate perfino in sugli altari – alle intere città
saccheggiate e distrutte – ed al brivido destato da tanta efferrata crudeltà, troveremo unica
consolazione il dedicare quanto più da noi si possa in aiuto di quegli infelici.
Ma pronta, immediata sia l’opera nostra, o sorelle; ogni giorno di aiuto anticipato sono
immensi dolori risparmiati – sono vittime salvate – sono ineffabili conforti! Sia nostra am-
bizione il dimostrare quanta energia, zelo, solerzia trovi la donna nel proprio cuore ispirato
dalla carità e sia fra noi nobile gara il presentare più generose e sollecite offerte.
(da «L’Unità italiana», Firenze, 20 maggio 1860, in Nel nome dell’Italia.
Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini,
a cura di A.M. Banti, Laterza, Roma-Bari 2010, pp. 378-380)
520
Le unificazioni italiana e tedesca 14
Secondo una lettura positiva, il “connubio”1 avrebbe realizzato in Piemonte quel sogno di
amalgama sociale che, prima del 1848, negli altri stati era ancora al centro delle intenzio-
ni politiche. Tra le fila dei rappresentanti i diversi orientamenti della politica cavouriana si
trovavano infatti appartenenti alla nobiltà militare e terriera nonché i portavoce delle nuove
classi economiche […] indicate col nome di borghesia. Il significato politico e nazionale di
questo nuovo compromesso […] è chiaro: né la destra ultraclericale per l’aristocrazia, né l’e-
strema sinistra mazziniana per la borghesia possono legittimamente rappresentare […] quelle
aspirazioni all’unità nazionale che soltanto il connubio può permettere di raggiungere […].
L’operato di Cavour nell’ambito economico traduce concretamente le aspettative di queste
fasce sociali […]. Lo sviluppo economico dipende soprattutto dalle infrastrutture e, al mo-
mento in cui Cavour arriva al potere, il Piemonte è fanalino di coda degli stati italiani per
quanto riguarda le reti ferroviarie, che si limitano qui ad alcuni tronconi come la linea To-
rino-Moncalieri2. L’ardente fautore dello sviluppo ferroviario, supportato in questo dal suo
ministro dei Lavori pubblici Paleocapa, si pone quindi come obiettivo lo sviluppo di que-
sto settore: nel 1855 la capitale è collegata ad Alessandria, a Genova, a Novara, e ad Arona
mentre viene aperta la strada per la Svizzera. I lavori per il tunnel del Moncenisio, iniziati
nel 1857, hanno lo scopo di facilitare i collegamenti con la Francia. Il Piemonte può così
1 “connubio”: l’alleanza contare nel 1861 su 850 km di ferrovia, ossia il 34% del totale della penisola.
di partiti che permise
a Cavour di costruire
I mezzi di trasporto internazionali e soprattutto la navigazione marittima sono interes-
la maggioranza sati da un incremento analogo. La compagnia di navigazione fondata nel 1841 a Genova
parlamentare alla base da Raffaele Rubattino beneficia del sistema detto delle “sovvenzioni” messo a punto da Ca-
del suo governo nel
vour per ricompensare le società di navigazione più attive. […]
1852.
2 linea Torino- Secondo lo stesso Cavour, «l’economia non serve che a mascherare la politica». La mo-
Moncalieri: tratto dernizzazione all’interno e la stipulazione, tra il novembre del 1850 e il febbraio del 1851,
ferroviario da Torino
di trattati di libero scambio con Belgio, Francia e Inghilterra all’esterno non sarebbero, in-
a Moncalieri (8 km)
inaugurato il 24 somma, che le due facce di uno stesso progetto politico: ossia una struttura statale capace
settembre 1848. di realizzare l’unità nazionale.
(da G. Pécout, Il lungo Risorgimento. La nascita dell’Italia contemporanea (1770-1922),
Bruno Mondadori, Milano 2011, pp. 154-155)
521
Fonti e Storiografia
Nel gennaio del 1859, quando stanno rapidamente procedendo i preparativi per la guer-
ra, l’esercito piemontese può contare su 47.000 uomini di truppa e 3.000 ufficiali circa. Da
quella data fino al luglio seguente, oltre agli arruolamenti ordinari c’è anche l’arruolamen-
to di un numero davvero considerevole di volontari. Ne sono stati censiti, con sicurezza,
9.692, che vengono inseriti nei reparti dell’esercito sardo, 4.164 destinati a formare i Cac-
ciatori delle Alpi, un corpo affidato al comando di Giuseppe Garibaldi, e 2.500 indirizza-
ti all’altro corpo volontario dei Cacciatori degli Appennini. Oltre 16.000 volontari è il dato
più sicuro di cui si disponga, ma altre indicazioni ufficiali fanno ascendere il loro numero
fino ad almeno 24.000.
Comunque sia, anche se ci si attiene alla prima cifra (che Anna Maria Isastia1 ricava da
elenchi nominativi conservati nei fondi archivistici del ministero della Guerra sabaudo), si
deve riconoscere che siamo di fronte a un numero davvero rilevante di giovani (l’età media
oscilla tra i 21 e i 26 anni, a seconda dei corpi di destinazione), che, come nel 1848, deci-
dono di allontanarsi da casa per andare a rischiare la vita in una guerra mossa a uno degli
eserciti meglio attrezzati dell’epoca.
Ancora più impressionante il dato deve risultare se si pensa che la grande maggioranza
di questi giovani viene dal Lombardo-Veneto: queste persone decidono, quindi, di andare
a combattere contro il proprio Stato di appartenenza, correndo rischi gravissimi nel caso
di cattura da parte dei nemici o di sconfitta; in quella evenienza, difficilmente sarebbero
potuti tornare a casa, rivedere i propri cari, i propri amici, i propri luoghi.
Bisogna considerare, infine, che il trasferimento verso il Piemonte, per recarsi ai centri
di arruolamento, non è per niente facile; sebbene aiutati da nuclei di finanziamento clan-
destino, devono andare in carrozza, a cavallo o a piedi fin dove si può, superare il confine
1 Anna Maria Isastia: di nascosto, perché gli austriaci nell’imminenza della guerra hanno chiuso le frontiere, e
Banti si riferisce al riprendere il viaggio con i mezzi che capita di procurarsi. Certo non si tratta di una passeg-
saggio di Isastia Il
volontariato militare giata di piacere, aspetto che dev’essere tenuto presente per considerare adeguatamente lo
nel Risorgimento. La slancio e la determinazione che guida questi giovani. Inoltre, come sulle barricate del 1848,
partecipazione alla la maggior parte dei volontari del 1859 vengono da ambienti popolari o di ceto medio: le
guerra del 1859, Ufficio
storico dell’Esercito, categorie meglio rappresentate sono quelle dei commercianti, degli artigiani e degli operai,
Roma 1990. mentre anche gli studenti sono in numero consistente.
(da A.M. Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, Roma-Bari 2018, pp. 107-108)
COMPRENDERE 1. Da quali regioni proveniva la maggior parte dei volontari? Perché questo suscita
IL TESTO un certo stupore?
2. A quanto ammonta il numero dei volontari?
3. A quali difficoltà andavano incontro i soldati arruolati su base volontaria nell’e-
sercito piemontese?
522
Le unificazioni italiana e tedesca 14
GLI SNODI Nel 1862 si apre una grave crisi politica fra Parlamento e monarchia in Prussia.
DEL TESTO Il re Guglielmo I pensa all’abdicazione.
Il nuovo primo ministro, Bismarck, sostiene la priorità dell’esecutivo.
Il conflitto sul bilancio divenne conflitto costituzionale quando il governo nel marzo 1862
sciolse il parlamento recalcitrante. Il re licenziò i ministri liberali e costituì un governo con-
servatore. Nonostante massicci tentativi di influenzare le elezioni le nuove urne portarono
un grande successo per l’opposizione di sinistra1. […]
1 opposizione di Nel settembre 1862 il conflitto costituzionale prussiano raggiunse un vertice. Il re Gu-
sinistra: nel contesto glielmo non aveva contro di sé solo la stragrande maggioranza dei deputati del parlamento,
prussiano dell’epoca era
ma il suo stesso ministero aveva dichiarato che in caso di rifiuto da parte del parlamento
l’opposizione composta
dalle forze politiche del progetto di bilancio non poteva far durare ancora un «tale conflitto bruciante».
liberali moderate. In questo momento l’abdicazione sembrò al re una via d’uscita. […]
2 capitribù … re: Qui si incrociavano due linee di fondo della storia tedesca. Da un lato stava il potere mo-
L’autore elenca le
diverse forme di potere narchico cresciuto in molti secoli, ereditariamente in una famiglia, attorno alla quale si era
esercitate nel corso costruito uno Stato: capitribù, capi guerrieri, vassalli, conti della marca, principi elettori,
dei secoli dalla famiglia re2. Dall’altro lato il «popolo» che, prima in forme cetuali e poi liberal-costituzionali3, pre-
degli Hohenzollern:
inizialmente sulla Svevia, tendeva e salvaguardava la sua parte nel potere e nella configurazione degli affari pubblici.
in seguito su Franconia, Quando entrambe queste linee di sviluppo si scontrarono in un conflitto apparentemen-
Brandeburgo e, infine, te insuperabile, ed il re che non pensava di acconsentire al volere del parlamento prepa-
Prussia.
3 liberal-costituzionali:
rava l’abdicazione, era arrivata l’opportunità del cosiddetto «partito militare» guidato dal
dapprima attraverso gli ministro della Guerra Roon4. Essi presentarono al dubbioso sovrano come uomo nuovo e
organismi tradizionali, forte che si sarebbe schierato nel conflitto costituzionale con ferrea fedeltà di vassallo il
come le diete, in cui
signor von Bismarck. […]
venivano rappresentati
i singoli ordini o stati Nel settembre 1862 il neoinstallato Primo ministro andò immediatamente a scandaglia-
o ceti. Poi nelle forme re gli spazi di manovra in politica interna ed estera. […] Si impresse sugli avversari il fatto
costituzionali, secondo
che Bismarck affermasse il diritto di emergenza del governo […] e che egli si richiamasse
cui i cittadini sceglievano
attraverso il voto i loro perciò alla famosa «teoria del vuoto»: la costituzione prussiana aveva un vuoto in quanto
rappresentanti. non regolava cosa dovesse accadere se il bilancio non fosse stato accettato dal parlamento;
4 Roon: Albrecht dunque questo vuoto andava riempito dal governo con la sua attività responsabile davanti
von Roon (1803-79),
generale e ministro al paese (cosa che precipitava su un facile aggiramento del diritto al controllo sul bilancio,
prussiano. tanto centrale per la concezione liberale).
(da H. Lutz, Tra Asburgo e Prussia. La Germania dal 1815 al 1866, il Mulino,
Bologna 1992, pp. 540-550)
523
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B Logica e fallimento delle società segrete
Nel suo studio sulle società segrete e le attività rivoluzionarie della prima metà dell’Ot-
tocento, di cui è qui riportato un estratto, Bronisław Baczko mette in luce le ragioni
che condussero ai fallimenti delle cospirazioni in Europa.
Essere un rivoluzionario è un’esperienza collettiva che si fa “con gli uni” e “contro gli al-
tri”. Era proprio nelle società segrete, nonostante i fallimenti che esse accumulavano, che
si compivano l’apprendistato e la formazione dei rivoluzionari. Le loro forme di attività, i
loro discorsi, le loro rappresentazioni e pratiche simboliche forniscono degli elementi di
risposta alla domanda: che cosa fanno i rivoluzionari, o, per dirla altrimenti, che cos’è che
fa un rivoluzionario, come lo si diventa? […]
All’origine delle società segrete si trova spesso il modello della loggia massonica. Così, ai
giovani che, nel 1820, cercavano di riunire coloro che si opponevano alla Restaurazione, le
forme massoniche, con i loro misteri e le loro condizioni di ammissione, regolate da sta-
tuti che potevano essere modificati, apparvero un sistema soddisfacente, e la loggia degli
“Amici della verità” fu fondata. [...]
L’aderente si impegnava a mantenere il più stretto segreto sull’associazione e sui suoi atti,
a procurarsi un fucile e ventiquattro cartucce, a versare ogni mese la quota di un franco e,
infine, a tenersi pronto a obbedire agli ordini provenienti dall’alta vendita, l’istanza supre-
ma dei carbonari. Giurava anche di non appartenere ad alcun’altra organizzazione o loggia.
Dopo la rivoluzione di Luglio, durante il breve periodo di esistenza legale dei club e del-
le società popolari, l’ammissione alla Società degli amici del popolo avveniva senza alcu-
na formula misteriosa: la si otteneva su raccomandazione di altri membri o per notorietà,
e consisteva in una dichiarazione di patriottismo e di adesione agli statuti. Il ritorno alla
clandestinità riporterà in vita l’iniziazione solenne e il rituale sofisticato. […]
Cospirare era un’attività essenziale della società segreta nel suo insieme, nonché di cia-
scuno dei suoi membri. Attività pericolosa e molto impegnativa, non foss’altro in ragione
delle precauzioni da prendere per garantire la sicurezza delle riunioni, dei codici di comu-
nicazione da rispettare, dei nascondigli per le armi da trovare, dell’addestramento da far
compiere agli adepti. […]
Né la rivoluzione di Luglio del 1830, né quella di Febbraio del 1848 [in Francia] furono il
risultato di un’azione insurrezionale delle società segrete. In entrambi i casi il cambiamento
di regime fu imposto da movimenti popolari in larga misura spontanei, almeno agli inizi,
che rientravano nel più ampio contesto di una crisi politica e sociale. In ogni caso, le società
segrete concorsero indubbiamente alla maturazione di quelle crisi, ne furono un elemento di
cui sarebbe d’altronde difficile valutare esattamente l’impatto. Esse mantennero vive l’idea
e la tradizione repubblicana, e contribuirono alla democratizzazione dei regimi usciti dagli
sconvolgimenti rivoluzionari. Dopo la rivoluzione di Luglio proliferarono club e associazio-
ni politiche. Lo stesso fenomeno, più pronunciato, si verificò nelle settimane che seguirono
il febbraio del 1848: vi erano 145 club a Parigi, alla fine di marzo, e quasi 300 in giugno.
Certo, molti di essi ebbero vita breve, ma altri, attraverso i giornali che pubblicavano e le
diramazioni che avevano nei dipartimenti, svolsero un ruolo molto importante nella storia
della Seconda repubblica. Le società fornirono loro sicuramente quadri e affiliati. Ciò detto,
la conquista della libertà mise fine all’esistenza delle società segrete: molto semplicemente,
esse non avevano più ragione di essere.
(da B. Backzo, Il rivoluzionario, trad. di. C. Patanè, in L’uomo romantico, a cura di F. Furet, Laterza,
Roma-Bari 1995, pp. 295-300, 306-307, 309-311)
524
Restaurazione, capitalismo e nazionalismi 3
Prova scritta
TIPOLOGIA B Le donne del Risorgimento
La giornalista Antonia Bordignon affronta in questo articolo la storia del Risorgimento
e il ruolo che vi hanno svolto le donne, da Anita Garibaldi a Cristina Belgiojoso.
Quando si parla del Risorgimento italiano vengono in mente in prevalenza figure maschi-
li come Garibaldi, Mazzini, Cavour, i grandi protagonisti del periodo. Ma quale è stato il
ruolo delle donne? Nei libri di storia dell’800, scritti da uomini, non c’è quasi traccia di lo-
ro. È comprensibile. Le donne allora non avevano diritto di voto, erano assenti dalla sce-
na politica, esistevano solo come madri e mogli. Se ricche e colte potevano esprimersi nei
Esplora la bacheca
salotti, unico luogo di aggregazione sociale in cui dominavano incontrastate, scegliendo
per altri spunti
interdisciplinari ospiti e argomenti di conversazione. Ma nei 150 anni di storia italiana sono molte le don-
ne, di tutte le estrazioni sociali che hanno contribuito a creare il nostro Paese e la nostra
identità nazionale.
[…] La storia del Risorgimento è costellata di donne che vanno spesso oltre gli stereotipi del
loro tempo. Donne garibaldine, mazziniane, monarchiche, repubblicane. Donne del Nord,
del Centro, del Sud e anche qualche giornalista straniera, come Margaret Fuller e Jessie
White Mario: in un ideale affratellamento che supera le barriere e i confini dell’apparte-
nenza sociale, territoriale. Lo racconta per la prima volta in modo esauriente Bruna Berto-
lo, giornalista e scrittrice piemontese, autrice del corposo volume di 430 pagine Donne del
Risorgimento. Le eroine invisibili dell’unità d’Italia […].
Non ci sono solo Anita Garibaldi, la mitica moglie dell’eroe dei Due Mondi, o la principes-
sa Cristina Belgiojoso che ha guidato 200 patrioti napoletani sulle barricate delle Cinque
giornate di Milano e che abbiamo visto nel bel film di Martone dedicato al Risorgimento
1 Mata Hari: nata “Noi credevamo”, oppure la chiacchierata contessa di Castiglione, bellissima e intrigante
nel 1876 e morta nel Mata Hari1 anti litteram, amante di Napoleone. L’autrice offre una ribalta a protagoniste
1917, fu una ballerina
e un agente segreto quasi invisibili, assenti dalle pagine ufficiali di storia, e si avvicina a loro con un particola-
olandese. re sguardo di tenerezza
(Antonia Bordignon, Non solo uomini negli ultimi 150 di storia italiana. Molte le eroine
da Anita Garibaldi in poi, «Il Sole 24 ORE», 4 marzo 2011)
525
Laboratorio per l’Esame di Stato
COMPRENSIONE 1. Perché le donne nel Risorgimento sono definite «protagoniste quasi invisibili»?
E ANALISI
2. Qual figura retorica viene impiegata nell’espressione «protagoniste quasi invisi-
bili»?
3. Individua nel testo i nomi delle donne straniere che contribuirono alla causa
risorgimentale.
4. Perché, a detta dell’autrice, i libri di storia ottocenteschi hanno trascurato questo
tema?
PRODUZIONE 5. Come per la storia risorgimentale, anche nella nostra società non sempre il ruolo
delle donne è stato pienamente riconosciuto: le donne in Italia ottengono retri-
buzioni mediamente più basse rispetto agli uomini e ricevono minori offerte di
lavoro a tempo indeterminato (fonte Eurostat 2020). Scrivi un testo di tipo argo-
mentativo in cui esprimi la tua opinione sulla questione; puoi fare riferimento alla
tua esperienza famigliare, alle tue conoscenze storiche e proporre delle idee per
favorire la parità di genere.
526
Restaurazione, capitalismo e nazionalismi 3
Esposizione orale
D1 L’Italia all’indomani del Congresso di Vienna
SVIZZERA
IMPERO D’AUSTRIA
SAVOIA LOMBARDO-
Milano VENETO Venezia
Torino
DUC. DI
DUC. DI
REGNO DI PARMA MODENA
SARDEGNA IMPERO
Firenze OTTOMANO
DUC. DI MASSA GRAND. STATO
DUC. DI LUCCA DI DELLA
TOSCANA CHIESA
Mare Adriatico
CORSICA Roma
Bari
Napoli
Taranto
SARDEGNA REGNO
Mar Tirreno DELLE
Cagliari
DUE SICILIE
Palermo
Mar Mediterraneo
527
Laboratorio per l’Esame di Stato
D2 Nazioni e nazionalismi
La proclamazione
di Guglielmo I
a imperatore del
Reich nella Sala degli
Specchi della reggia
di Versailles il
18 gennaio 1871.
Dipinto di Anton
von Werner del 1885.
Friedrichsruh,
Bismarck-Museum.
COLLEGAMENTI Filosofia
INTERDISCIPLINARI
Nel primo dell’Ottocento, le discussioni intorno al concetto di Stato inteso come
espressione dello «spirito del popolo» (Volkgeist) trovano terreno fertile nel humus
romantico e nei crescenti movimenti nazionalisti: centrali restano in questo senso
i contributi di Friedrich Hegel e di Joahnn Gottlieb Fichte. Riassumi le idee centrali
dei due filosofi sul concetto di Stato-nazione a partire da Lineamenti di filosofia
del diritto e dai Discorsi alla nazione tedesca di Fichte.
Letteratura italiana
Nel dibattito intorno allo «spirito del popolo» assume una rilevanza particolare nel
corso dell’Ottocento la questione delle lingue nazionali, intese come espressioni pri-
migenie dell’appartenenza ad una nazione e patrimonio culturale nazionale. In Italia,
emerge a questo proposito l’autorevole voce di Alessandro Manzoni: quali princìpi
afferma lo scrittore a proposito della lingua italiana?
528
4 L’espansione
coloniale e
la crisi degli
equilibri
15 La guerra
di secessione
La conquista dell’Ovest
Nel corso dell’Ottocento, gli Stati Uniti vivono una forte crescita demografica ed econo-
mica, che favorisce una politica espansionistica aggressiva verso l’Ovest, sostenuta dalle
classi dirigenti e dai gruppi imprenditoriali del Nord-Est. Tra il 1800 e il 1860 entrano a
Esplora l’immagine far parte dell’Unione 17 nuovi Stati, mentre le conquiste territoriali vengono ottenute a
interattiva spese delle tribù native.
LEZIONE
GUARDA il video Lo scenario mondiale
nella seconda metà dell’Ottocento
1. Il sistema politico negli Stati Uniti
▶ p. 532
2. La «dottrina Monroe»
▶ p. 534
3. Economia e governo statunitensi
▶ p. 538
4. Il Far West: il mito della frontiera
▶ p. 540
5. Nord e Sud in guerra
▶ p. 544
6. Società e sistemi politici sudamericani
▶ p. 549
ESPLORA i luoghi e lavora con le carte
dell’Atlante digitale interattivo
RIASSUMI i concetti chiave con la
presentazione L’espansione degli Stati Uniti
e l’indipendenza dell’America Latina:
– la conquista dell’Ovest e le guerre indiane;
– le differenze fra Stati del Nord e Stati del Sud;
– cause e conseguenze della guerra
di secessione americana.
RIPASSA
Ripassa con la sintesi e la mappa
▶ p. 552, p. 553
In digitale trovi l’audio della sintesi
e la mappa personalizzabile
531
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Veduta panoramica
di Boston nel 1850.
Litografia di John
Bachmann, XIX secolo.
532
La guerra di secessione | 15 |
Federalisti e democratico-repubblicani
A differenza dell’Inghilterra, gli Stati Uniti erano un Paese sostanzialmente egua-
litario, con poche differenziazioni sociali, tranne che nei territori delle ex colonie
lungo la costa atlantica; tuttavia, perfino in quei contesti non esistevano né un’a-
ristocrazia né sostenitori della forma monarchica.
A partire dalla nascita degli Stati Uniti, per molti anni sulla scena politica si erano
confrontati due diversi modi di guardare al possibile sviluppo del Paese ( ▶ cap. 8,
par. 5). Da una parte i federalisti, fedeli alle teorie di Alexander Hamilton (1757-
1804), si sentivano gli eredi della Costituzione del 1787. Erano favorevoli al dirigi-
smo dello Stato in campo economico, a politiche protezioniste a tutela di impren-
ditori, gruppi mercantili e finanziari e comunità di agricoltori puritani del Nord,
sui quali si fondava il loro consenso. Inoltre, intendevano garantire un potere cen-
trale forte in grado di raccogliere e controllare le masse popolari, che durante la
rivoluzione avevano pagato il loro tributo di sangue alla nascita degli Stati Uniti e
che ora chiedevano un peso maggiore nella vita politica.
Alla visione federalista dello Stato si contrapponevano i democratico-repubbli-
cani, favorevoli al particolarismo, al decentramento amministrativo e sostenitori
delle libertà individuali e del diritto di ciascuno Stato di legiferare per sé. Questi
erano forti soprattutto nel Sud, tra agricoltori e grandi proprietari terrieri, i qua-
li vedevano nel governo federale un nemico che insidiava la loro autonomia, ma
avevano un loro seguito anche tra coloro che erano immigrati più recentemente
e ritenevano che il potere del governo centrale, ritenuto espressione di un’élite di
speculatori, dovesse essere limitato.
LESSICO Benché i federalisti fossero stati i primi a governare la nuova repubblica, lo svi-
Dirigismo luppo dell’Ovest povero, egualitario e particolarista, li condannò a sparire politi-
Politica di forte
camente. Dopo le presidenze di George Washington, «padre della patria», e del fe-
intervento e di direzione
dell’economia da parte deralista John Adams, l’elezione nel 1801 di Thomas Jefferson inaugurò decenni
dello Stato. di potere dei progressisti «repubblicano-democratici», che divennero l’unica forza
Costituzionalità di governo del Paese. Da loro sarebbero nati i due partiti che tuttora dominano la
Adesione dei vita politica americana. Tuttavia, a tutelare il principio unitario nazionale fu posta
provvedimenti legislativi
alle norme giuridiche
la Corte suprema, cioè l’organismo istituzionale che era al vertice della magistra-
fondamentali, fissate tura e a cui spettava il compito di pronunciarsi sulla costituzionalità delle leggi. Fu
nella Costituzione di uno proprio il presidente della Corte suprema a dichiarare nel 1821 che «gli Stati Uniti
Stato.
formano, sotto molti importantissimi aspetti, una sola nazione».
• favorevoli al particolarismo
• favorevoli al decentramento amministrativo
Democratico-
• favorevoli alla tutela delle libertà individuali
repubblicani
• favorevoli all’autonomia legislativa di ciascuno Stato
• ben visti da agricoltori e grandi proprietari terrieri del Sud
533
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
2 La «dottrina Monroe»
Il difficile rapporto con la Gran Bretagna e la «dottrina Monroe»
Nonostante avessero raggiunto l’indipendenza politica, gli Stati Uniti avevano
Esplora i luoghi conservato un grande rancore verso la madrepatria inglese, da cui peraltro di-
e lavora con le
carte dell’Atlante pendevano ancora economicamente. La Gran Bretagna rimaneva il primo partner
digitale interattivo commerciale della giovane repubblica, quasi l’unico, ed era anche la potenza che
le impediva di crescere autonomamente. Gli americani subivano così tutti i dan-
Leggi la carta ni della dipendenza coloniale, mentre avevano perso i pochi vantaggi di far parte
• Quando sono dell’Impero britannico.
state annesse Durante le guerre contro Napoleone, i vascelli inglesi fermavano in alto mare le
agli Stati Uniti le
regioni del Nord-
navi americane, ispezionavano il carico e lo sequestravano, se non era stato paga-
Ovest? Quali Stati to il tributo imposto da Londra ai Paesi neutrali che commerciavano con l’Europa
si sono costituiti in dominata dai francesi. Oltre a questo l’Inghilterra, a partire dalle colonie in Canada,
quest’area?
cercava di mantenere in vita i rapporti con le tribù indiane non ancora assoggettate
• A partire da che
momento puoi
per sostenere la resistenza all’espansione degli Stati Uniti. Questi attriti condus-
collocare la grande sero a una breve guerra (1812-15), durante la quale gli inglesi riportarono diverse
espansione verso vittorie – nel 1814 giunsero a bruciare Washington – ma dovettero prendere atto
Ovest?
dell’impossibilità di tornare a sottomettere un Paese così vasto.
NEW HAMPSHIRE
WASHINGTON VERMONT MAINE
NORTH 1818
DAKOTA MINNESOTA MASSACHUSETTS
MONTANA
1846
OREGON NEW YORK
IDAHO SOUTH WISCONSIN RHODE ISLAND
DAKOTA MICHIGAN
WYOMING CONNECTICUT
PENNSYLVANIA NEW JERSEY
NEBRASKA IOWA OHIO
NEVADA INDIANA DELAWARE
ILLINOIS WEST MARYLAND
1803 1783 VIRGINIA VIRGINIA
UTAH COLORADO
1848 KANSAS MISSOURI KENTUCKY
CALIFORNIA NORTH
CAROLINA
TENNESSEE
ARIZONA NEW OKLAHOMA ARKANSAS SOUTH
MEXICO CAROLINA
ALABAMA
1853 GEORGIA
TEXAS MISSISSIPPI Oceano Atlantico
1845 LOUISIANA FLORIDA
1819
Oceano Pacifico
Stati Uniti nel 1775 Florida ceduta dalla Spagna Territorio ceduto dal Messico
Territorio acquisito con il trattato di Versailles (1783) Annessione del Texas 1819
1819 Data di acquisizione dei territori
534
La guerra di secessione | 15 |
I cittadini degli Stati Uniti provano un fortissimo sentimento di simpatia per la libertà e la felicità
di tutti gli uomini che, come loro, abitano di là dell’Atlantico. Noi non abbiamo mai preso parte
alle guerre degli Stati europei sorte da questioni puramente europee, né la nostra politica com-
porta che vi partecipiamo. […]
La nostra politica nei confronti dell’Europa, politica adottata fin dalle prime fasi delle guerre che
hanno così a lungo agitato quella parte del mondo, rimane sempre la stessa, vale a dire: noi non
intendiamo interferire negli affari interni di qualsiasi Stato europeo. […]
Ma per quel che riguarda le due Americhe, siamo di fronte a circostanze totalmente e nettamente
diverse. È impossibile che le potenze alleate possano estendere il loro sistema politico a qualche
regione delle due Americhe senza mettere in pericolo la nostra pace e la nostra prosperità. D’al-
tronde nessuno pensa che i nostri fratelli del Sud, se dovessero decidere da soli, accetterebbero il
suddetto sistema di propria spontanea volontà. È quindi altrettanto impossibile che noi possia-
mo assistere ad un tale intervento in una posizione di indifferenza.
(da D. Perkins, Storia della dottrina di Monroe, il Mulino, Bologna 1960, pp. 3-5)
535
Una famiglia inglese, difendendo la borghesia imprenditoriale del Nord-Est, ma scontentando i
di pionieri diretta grandi proprietari degli Stati meridionali. Al riparo dalla concorrenza straniera, la
verso i territori
dell’Ovest attraversa società americana poté così crescere socialmente ed economicamente costruendo
il Cumberland Gap, una propria identità nazionale.
sui monti Appalachi. Ma un importantissimo fattore di preoccupazione era costituito dalla continua
Dipinto di George
Caleb Bingham del e rapida espansione della superficie dell’Unione. Nel 1837 il numero degli Stati
1851-1852. St. Louis, ammontava ormai a ventisei. Trasformandosi in membri dell’Unione, a pari me-
Mildred Lane Kemper rito con i tredici «soci fondatori», i nuovi Stati incidevano ovviamente sugli equi-
Art Museum.
libri politici e territoriali complessivi, e la loro ammissione alla dignità di Stato era
oggetto di continua discussione politica a livello centrale. Si trattava di una que-
stione cruciale che riguardava l’assetto politico e costituzionale dell’intero Paese.
Proprio i nuovi territori, che la frontiera in continuo spostamento verso ovest
lasciava dietro di sé, costituivano la straordinaria risorsa umana, economica e
morale degli Stati Uniti, e insieme rappresentavano un grande serbatoio di egua-
litarismo e di democrazia. Rimanevano però esclusi da ogni diritto di cittadinan-
za i «pellerossa» nativi, a cui venne impedito di organizzarsi in Stati e che furono
sterminati e cacciati dalle loro terre ( ▶ par. 4).
536
La guerra di secessione | 15 |
cratica dei pionieri, che finì per sovrapporsi al pragmatismo delle oligarchie fede-
raliste della costa nord-orientale, alla guida del Paese fino alle soglie dell’Ottocento.
Il momento culminante di questo paradossale nazionalismo, insieme particola-
rista e democratico, fu la presidenza di Andrew Jackson, a partire dal 1829. L’Ovest
egualitario e il Sud particolarista e schiavista si impadronivano del potere, sconfig-
gendo ciò che restava del nazionalismo oligarchico di vecchio stampo.
Rieletto nel 1832, Jackson introdusse il suffragio universale maschile, ridus-
se la durata della giornata lavorativa e promosse una politica di sostegno per i
contadini proprietari della terra. Inoltre smantellò la Banca centrale, che aveva
rappresentato gli interessi dell’oligarchia della costa orientale a scapito degli Stati
più poveri, con l’obiettivo di attuare un maggior decentramento delle risorse fi-
nanziarie in modo da assicurare uno sviluppo il più omogeneo possibile al Paese.
E così, mentre in Europa il nazionalismo veniva costruito sulla centralità del-
Il giorno lo Stato, in America si fondava sulla redistribuzione della ricchezza. Il rischio
delle elezioni era che l’unità nazionale, almeno dal punto di vista economico, andasse in pez-
in una contea zi. Ma non fu così: anzi, proprio in questa battaglia politica anticentralista si raf-
nordamericana
con i cittadini che forzò paradossalmente il nuovo nazionalismo americano. Il presidente Jackson
si recano alle urne. rappresentò infatti una versione felice, perché non troppo autoritaria, del nazio-
Dipinto di George Caleb nalismo populista, un nazionalismo nuovo, moderno, per alcuni aspetti simile a
Bingham del 1852.
St. Louis, Saint Louis quello che stava per affermarsi in Europa, e insieme democratico perché rispet-
Art Museum. toso delle identità locali.
537
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
538
Un treno a vapore
attraversa i nuovi
territori conquistati
dai coloni americani.
Litografia di Frances
Flora Bond Palmer
del 1868.
Leggi l’immagine
• A quale elemento
figurativo si riferisce,
a tuo avviso, il titolo
dell’opera?
• Nel dipinto sono
rappresentati il
presente e il futuro
della colonizzazione
dell’Ovest: individuali
e descrivili.
539
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
540
La guerra di secessione | 15 |
Le carovane di emigranti in viaggio verso l’Oregon. Dipinto di Albert Bierstadt del 1869. Youngstown,
Butler Institute of American Art.
541
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
542
La battaglia
del Little Bighorn
(25 giugno 1876),
nella quale i guerrieri
delle tribù Lakota
(Sioux), Cheyenne e
Arapaho sconfissero i
soldati americani guidati
dal generale Custer.
Leggi l’immagine vivevano né di appropriarsene in modo esclusivo; per gli europei era invece impor-
• Nel dipinto tante individuare e delimitare con esattezza gli spazi conquistati ( ▶ cap. 4, par. 6).
sembrano emergere
Non solo: questi ultimi, dopo essersi impossessati delle regioni un tempo abitate
un forte senso
di dinamismo: dalle tribù indigene, a partire dagli anni Venti del XIX secolo, pensarono di indivi-
quali particolari duare un’area a ovest del Mississippi che fosse di pertinenza esclusiva degli india-
contribuiscono
ni, da una parte per salvaguardare gli slanci espansionistici, dall’altra per venire
a sottolineare la
concitazione della incontro a chi iniziava a porre la questione del rispetto delle popolazioni native.
battaglia? Nel 1825, durante la presidenza Monroe, il Congresso degli Stati Uniti iniziò a ra-
• Individua nel dipinto gionare sull’individuazione di questi spazi (le «riserve indiane»), ma solo nel 1830,
il fiume che diede il
con Andrew Jackson, il progetto prese forma concreta (Indian Removal Act, «Legge
nome alla battaglia
e cerca online dove sulla rimozione degli indiani»). Nel 1834 il governo federale istituì il Territorio india-
si trova. no (l’attuale Oklahoma), dove vennero trasferite con la forza le tribù che vivevano a
ovest del Mississippi, non prendendo in considerazione le differenze esistenti tra loro.
A metà del XIX secolo gran parte dei nativi d’America era stata deportata dal-
le regioni d’origine verso le riserve sparse nel vasto territorio degli Stati Uniti. Si
trattava di circa 300.000 indiani, quasi la metà di quelli che popolavano l’Ameri-
ca settentrionale all’arrivo degli europei. L’Indian Appropriations Act («Legge sugli
stanziamenti indiani») del 1851 aveva stanziato fondi per trasferire le tribù che
vivevano a ovest del Mississippi nelle riserve in cui il governo federale intendeva
proteggerli. Con il General Allotment Act («Legge sull’assegnazione generale») del
1887 si autorizzò il possesso di lotti privati di terra all’interno delle riserve.
Il territorio di una riserva era calcolato in base alla popolazione. Con la depor-
tazione all’interno di questi spazi non si imponeva alle tribù indiane soltanto uno
spostamento territoriale ma una trasformazione della propria vita da semino-
made a sedentaria, la cui sussistenza non si basava più sulla caccia, ma sull’agri-
coltura. Le loro pratiche religiose vennero soppresse, così come i governi tribali, e
i guerrieri vennero disarmati.
Il governo americano continuava a cercare una soluzione definitiva e pacifica
del problema indiano. Tuttavia, gli scontri armati continuavano. Gli indiani riusci-
rono a riportare anche qualche vittoria, come accadde il 25 giugno del 1876, nei
pressi del torrente Little Bighorn nel Montana: gli indiani Lakota e i loro alleati, i
Cheyenne, vinsero contro il 7° Reggimento di cavalleria dell’esercito statunitense
comandato dal tenente colonnello George Armstrong Custer, che morì durante la
battaglia. Ma la sorte dei nativi era già segnata. Nel 1890, più di 300 Sioux furono
massacrati a colpi di mitraglia a Wounded Knee.
Attorno a questi scontri leggendari sarebbe nata l’epica del West per come noi l’ab-
biamo conosciuta attraverso romanzi, film e fumetti, ma anche attraverso una storio-
grafia che fino a non molti anni fa ha ignorato il punto di vista dei nativi americani.
543
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Schiavi in una
piantagione di
cotone in Mississippi
insieme al loro
padrone. Fotografia
della seconda metà
del XIX secolo.
544
La guerra di secessione | 15 |
porti del Nord-Est, l’alleanza dell’Ovest con il Sud, che aveva portato Jackson al-
la presidenza, si ruppe. Nasceva così una vasta area settentrionale estesa anche a
gran parte dell’Ovest, in forte espansione, a cui si contrapponeva un Sud indebi-
tato, sfavorito dal potere federale e di conseguenza arroccato nella difesa della fa-
coltà dei singoli Stati di rifiutare le politiche federali.
L’economia degli Stati del Sud si fondava sul lavoro degli schiavi neri, in contro-
tendenza con lo sviluppo capitalista del mercato del lavoro del Nord e dell’Europa. La
produzione di cotone cresceva continuamente, e ciò giustificava e remunerava l’inve-
stimento in schiavi. Quello nelle piantagioni non era infatti un tipo di lavoro flessi-
bile, fondato sulla contrattazione, ma un impiego semplice e sempre richiesto che il
lavoro servile soddisfaceva pienamente. Tutto ciò poneva problemi completamente
diversi, sia dal punto di vista economico, perché il lavoro coatto costituiva la maggio-
re risorsa, sia da quello dell’ordine pubblico, perché rendeva necessario un control-
lo sociale autoritario e razzista, dal momento che gli schiavi erano poco motivati a
impegnarsi nel lavoro a meno di non essere sottoposti a una continua costrizione.
545
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
ciliabile, mentre nel 1854 nacque una nuova formazione politica, il partito repub-
blicano, tutto settentrionale e rigorosamente abolizionista, rappresentante dell’A-
merica ricca e fiera della sua civiltà.
Spaccati com’erano, nel 1860 i democratici presentarono alle elezioni presiden-
ziali due diversi candidati, uno del Nord e uno del Sud, mentre nel 1860 i repub-
blicani candidarono Abraham Lincoln, col programma dell’abolizione totale della
schiavitù. Cinquantenne, uomo della frontiera che aveva svolto ogni sorta di lavo-
ro, Lincoln, diventato con il suo talento avvocato e in seguito deputato dell’Illinois,
era famoso in tutto il Paese per le sue opinioni fermamente antischiaviste. La sua
elezione a presidente nel 1860 con i voti degli Stati abolizionisti fornì il pretesto
agli Stati del Sud per dichiarare la secessione, uscendo in tal modo dall’Unione.
F2 Il punto di vista E così, prima ancora dell’insediamento del nuovo presidente, nacquero gli Stati
dei sudisti, p. 556
Confederati d’America, che elessero un loro presidente e ruppero i rapporti con
gli Stati Uniti. La guerra civile, che fu detta «guerra di secessione», era inevitabile.
WASHINGTON VERMONT
NORTH MAINE
DAKOTA MINNESOTA MASSACHUSETTS
MONTANA
NEW HAMPSHIRE
OREGON NEW YORK
IDAHO SOUTH WISCONSIN MICHIGAN RHODE ISLAND
DAKOTA
WYOMING PENNSYLVANIA CONNECTICUT
IOWA Gettysburg 1863 NEW JERSEY
NEBRASKA DELAWARE
NEVADA INDIANA OHIO 1862
Antietam MARYLAND
ILLINOIS WEST 1862 Yorktown
UTAH COLORADO VIRGINIA VIRGINIA
KANSAS MISSOURI
CALIFORNIA KENTUCKY
NORTH
CAROLINA
TENNESSEE
ARIZONA NEW OKLAHOMA ARKANSAS SOUTH
MEXICO CAROLINA
ALABAMA
GEORGIA
MISSISSIPPI Oceano Atlantico
TEXAS
LOUISIANA FLORIDA
546
La prima lettura
del Proclama di
Emancipazione.
Dipinto di Francis
Bicknell Carpenter del
1864. Washington D.C.,
United States Capitol.
La guerra civile è un con- certo senso, lo furono le rivoluzioni inglesi del Sei-
LA STORIA flitto armato «intestino» – cento ( ▶ cap. 1). Una delle più note è stata la guerra
NELLE PAROLE
ovvero interno – che si ve- di secessione americana (1861-1865), che, come
Guerra civile rifica in uno Stato che sta abbiamo visto, vide opposti nordisti (appartenenti
vivendo una situazione di all’Unione) e sudisti (Confederati), due fazioni con
crisi, in cui fazioni opposte si contendono il potere diverse concezioni della gestione del potere politi-
politico. Si definisce «civile» poiché oppone i cittadini co e dello sviluppo economico e diverse posizioni in
(cives) di un medesimo Stato. merito all’abolizione della schiavitù.
Tuttavia non sempre le guerre civili si esauriscono nel L’uso dell’espressione guerra di secessione dipen-
solo contesto interno: talvolta la loro origine risiede de dal fatto che, nel 1860, gli Stati del Sud decise-
in un conflitto internazionale, nel quale la popolazione ro di fondare una confederazione separata. Dunque,
di uno Stato si rispecchia (come è avvenuto nel ca- in questo caso, una fazione non intendeva prendere
so della guerra di liberazione in Italia nella Seconda il potere prevalendo sulla corrente opposta: gli inte-
guerra mondiale), oppure, in forma esattamente con- ressi si ritenevano inconciliabili e per questo si arrivò
traria, una guerra interna si trasforma in uno scontro allo scontro militare per tentare di ottenere l’indipen-
che coinvolge vari Paesi intervenuti a fianco di uno o denza e creare un altro Stato.
dell’altro schieramento. La guerra di secessione non è da confondere con la
Dall’antichità a oggi la storia dell’umanità è dissemi- guerra di successione, la quale si scatena poiché due
nata di guerre civili. La guerra fra Cesare e Pompeo soggetti reclamano il loro diritto di successione al trono
fu una guerra civile (49-45 a.C.), così come, in un in seguito alla morte o alla deposizione di un sovrano.
547
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Dopo la fine della guerra civile passarono anni prima che fossero promulgate leggi
LE FONTI
a favore dell’emancipazione degli schiavi neri. Tra il 1865 e 1870 furono ratificati
L’abolizione degli emendamenti costituzionali con i quali venivano riconosciuti formalmente i
della schiavitù diritti civili dei neri. I nuovi princìpi non ebbero però un adeguato riscontro nella
successiva legislazione.
XIII Emendamento
Sezione I – Negli Stati Uniti, come in ogni luogo sottomesso alla loro giurisdizione, non si avrà né
schiavitù né servitù involontaria, a meno che questa servitù non sia la punizione di un delitto di cui
alcuno sarà stato regolarmente convinto. […]
XIV Emendamento
Sezione I – Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla loro giurisdizio-
ne, sono cittadini degli Stati Uniti, dello Stato dove risiedono. Nessuno Stato potrà fare o applicare
coattivamente alcuna legge che diminuisca i privilegi o immunità dei cittadini degli Stati Uniti. Né
alcuno Stato potrà, senza legale processo, privare nessuno della vita, della libertà o della proprietà;
né potrà rifiutare l’uguale protezione delle leggi a persona che viva nella sua giurisdizione […].
XV Emendamento
Sezione I – Il diritto di voto che hanno i cittadini degli Stati Uniti non sarà negato né ristretto dagli
Stati Uniti, né da alcuno degli Stati, per ragioni di razza, di colore o di precedente condizione di
servitù. […]
548
La guerra di secessione | 15 |
L’esecuzione
di Massimiliano I
il 19 giugno 1867.
Dipinto di Édouard
Manet del 1868.
549
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Nel 1863 le truppe francesi occuparono Città del Messico e l’anno successivo in-
sediarono Massimiliano col titolo di «imperatore», senza ottenere, però, un ricono-
scimento internazionale. L’opposizione armata, diretta dal presidente Juárez, rese
difficile e costosa l’occupazione straniera; gli Stati Uniti, inoltre, conclusa la guer-
ra civile, fornirono armi e mezzi alla resistenza messicana, per espellere i francesi
dalla propria area d’influenza. Questi ultimi si ritirarono e nel 1867 Massimiliano
fu catturato e fucilato dai seguaci di Juárez.
550
La guerra di secessione | 15 |
• stabilità politica
• sviluppo sul piano militare
Paraguay
• attaccato da Argentina, Uruguay e Brasile (1864-1870)
• morte di due terzi della popolazione
551
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
Il sistema politico negli Stati Uniti assunsero sempre più peso dopo l’in-
Dopo aver ottenuto l’indipendenza, gli Stati Uniti, nel troduzione in politica del cosiddetto
corso del XIX secolo, conobbero un grande svilup- spoils system, che prevedeva la spartizione delle ca-
po demografico, economico e territoriale. A livello riche pubbliche tra i militanti del partito vincitore.
politico da un lato vi erano i federalisti, favorevoli
al dirigismo dello Stato in campo economico, a un Il Far West: il mito della frontiera
forte potere centrale e a politiche protezioniste a All’espansione degli statunitensi verso Ovest, in
tutela di imprenditori, gruppi mercantili e finanziari quell’area dalla vallata del Mississippi fino al Pacifico,
e comunità di agricoltori puritani del Nord; dall’altro corrispose lo sviluppo di uno spirito individualista,
erano i democratico-repubblicani, che erano forti al fuori dallo Stato, particolarista, egalitario, che influen-
Sud tra agricoltori e grandi latifondisti, favorevoli al zò tanto la mentalità americana quanto il mito della
particolarismo, al decentramento amministrativo e frontiera. Con la conquista del Far West vi furono an-
all’autonomia legislativa degli Stati e dominarono che violenze, uccisioni e deportazioni delle popola-
la scena politica dopo l’elezione nel 1801 di Thomas zioni native, che nel 1830, con Jackson e l’Indian Re-
Jefferson. moval Act, furono trasferite in riserve imponendogli
così il passaggio dalla vita nomade a quella sedentaria.
La «dottrina Monroe» Tra i maggiori scontri armati tra statunitensi e nativi
Per quanto riguarda la politica estera, nel 1823 il presi- si ricordano la battaglia del Little Bighorn (25 giu-
dente James Monroe mise in chiaro con la cosiddetta gno del 1876) e il massacro di Wounded Knee (1890).
«dottrina Monroe» che gli Stati Uniti non avrebbero
tollerato ingerenze europee nel continente america- Nord e Sud in guerra
no, estendendo così la loro influenza diretta anche Mentre l’economia degli Stati del Nord si basava
nel Sud. sull’industria in crescita, favorita dal protezionismo,
Accanto a questa politica si sviluppò un nazionalismo quella degli Stati del Sud si basava sul latifondismo
dal carattere particolarista e democratico sotto il pre- e l’impiego massiccio di schiavi ed era danneggiata
sidente Andrew Jackson, che nel 1832 introdusse il dal protezionismo. Nel momento in cui, con l’espan-
suffragio universale maschile, ridusse la durata della sione a Ovest, il Nord trasse i benefici maggiori, si
giornata lavorativa, promosse una politica di sostegno acuì il divario economico e ideologico tra Nord e Sud,
per i contadini proprietari della terra e favorì uno svi- quest’ultimo ostile al crescente movimento abolizio-
luppo il più omogeneo possibile nel Paese. nista nel Nord. Così, quando nel 1860 venne eletto il
repubblicano Abraham Lincoln, convinto abolizioni-
Economia e governo statunitensi sta, gli Stati del Sud dichiararono la secessione, for-
Nella prima metà del XIX secolo lo sviluppo economi- mando gli Stati Confederati d’America e causando lo
co degli Stati Uniti andò di pari passo con lo sviluppo scoppio della guerra di secessione (1861-1865), che
delle infrastrutture stradali e dei trasporti: con l’intro- vide la vittoria del Nord e portò alla proclamazione
duzione del battello a vapore e dell’elica il trasporto dell’abolizione della schiavitù (1863) e alla sua intro-
fluviale e marittimo fu notevolmente incrementato; duzione nella Costituzione (1865).
nel 1848 fu inaugurata la prima linea regolare di pi-
roscafi New York-Liverpool; le ferrovie raggiunsero i Società e sistemi politici sudamericani
quasi 50.000 chilometri nel 1860. L’America Latina visse una lunga fase di instabilità
A facilitare i collegamenti e lo scambio di informazio- politica e fragilità economica. L’arretratezza era pre-
ni poi fu determinante l’invenzione del telegrafo da dominante, mancava una borghesia liberale solida, il
parte di Samuel Morse, che introdusse anche il codi- potere era nelle mani di militari e caudillos e le violen-
ce omonimo. ze erano frequenti: in Messico, la resistenza di Juárez
In questo contesto economico, in cui gli industriali arrestò e fucilò Massimiliano d’Austria (1867), impo-
del New England erano favorevoli al protezionismo sto sul trono dai francesi; in Paraguay due terzi della
e latifondisti del Sud e coloni del Nord-Ovest era- popolazione morirono in seguito alla guerra contro
no inclini al liberismo, gli interessi di fazioni e lobby Argentina, Brasile e Uruguay (1864-70).
552
Ripassa con la mappa concettuale
videro contrapposti videro affermarsi con il conobbero un si espansero verso erano divisi tra
• ................... dello «............................. settore dei vallata del Stati del ............
Stato in campo .............................» trasporti Mississippi fino al (latifondismo,
economico (1823) Pacifico Schiavitù)
• forte potere
centrale
che prevedeva caratterizzato da alimentando il che
• .............................
che furono
e con il e del
deportate in
e furono
presidente settore delle ................................. costretti ad
favorevoli a ......................... comunicazioni accettare l’
a partire dalla
grazie al presidenza di
553
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
EVENTI E PROCESSI
COMPETENZE
ESPORRE ORALMENTE
2 Rispondi in forma scritta alle seguenti domande.
a. Spiega il processo di americanizzazione 6 Rispondi alle seguenti domande.
dell’Ovest nel contesto del XIX secolo. a. Con quali ragioni i latifondisti del Sud degli
b. Illustra le cause che portarono allo scoppio Stati Uniti giustificavano la schiavitù?
della guerra di secessione americana. (1 minuto)
c. Quali furono le conseguenze del perdurare di b. Descrivi i rapporti fra americani e nativi nel
un’economia di stampo schiavista in Brasile? corso dell’Ottocento. (3 minuti)
d. Illustra le cause della debolezza politica ed SCRIVERE
economica del Messico.
VERSO L’ESAME DI STATO: TRACCIA C
3 Indica se le seguenti frasi sono vere o false.
a. V F Nella prima metà dell’Ottocento, 17 7 Nel corso del Novecento negli Stati Uniti si è
nuovi Stati entrarono a far parte degli posta a più riprese la questione del risarcimen-
Stati Uniti. to che il governo federale dovrebbe pagare alle
b. V F Thomas Hamilton era un esponente del tribù dei nativi americani alla luce degli innu-
partito democratico-repubblicano. merevoli soprusi subiti: dalla sottrazione dei
territori abitati prima della colonizzazione e allo
c. V F La Gran Bretagna visse un periodo di
sfruttamento indiscriminato di alcune riserve
crisi economica nella prima metà del
da parte di alcune multinazionali. Sebbene
XIX secolo.
alcuni fondi siano stati messi a disposizione, in
d. V F La produzione del cotone si basava,
passato, per progetti di sviluppo, le tribù non
negli Stati Uniti, sullo sfruttamento
ne hanno mai disposto liberamente e tuttora la
schiavista.
sopravvivenza di alcune comunità è a rischio.
e. V F Lincoln fu rieletto presidente degli Stati Ritieni giusto provvedere ad un risarcimento
Uniti nel 1860 e nel 1864. per i nativi nel 2020? Scrivi un testo di tipo
f. V F Nel 1863 le truppe asburgiche occupa- argomentativo in cui esponi la tua opinione a
no Città del Messico. riguardo, argomentandola e provando a confu-
g. V F Massimiliano d’Austria fu catturato tare eventuali critiche.
e ucciso nel 1867.
554
Fonti e Storiografia
FONTI Contro la schiavitù
F1 Tra le più significative voci di denuncia delle disumane condizioni degli schiavi neri nel-
le piantagioni di cotone degli Stati Uniti ci fu quella di Theodore Dwight Weld (1803-
95), uno dei protagonisti bianchi del movimento abolizionista che avrebbe portato, nel
1865, a introdurre nella Costituzione degli Stati Uniti il XIII emendamento, che aboliva
ufficialmente la schiavitù. Proponiamo qui un brano tratto da un suo libro pubblicato nel
1839, American Slavery as It Is, in cui l’autore espone la tragica situazione dei neri.
Due milioni e settecentomila uomini sono in questi Stati in questa condizione. Essi furo-
no resi schiavi e tenuti così con la forza e col terrore, e tutto questo senza aver commesso
alcun delitto! Lettore, cos’hai da dire per questo trattamento? È forse legale, giusto, bene-
volo? Supponi che io mi impadronisca di te, ti rubi la libertà, ti porti in un campo e ti fac-
cia lavorare senza pagarti per tutta la vita; questo sarebbe giusto […]? Ora ognuno sa che i
proprietari di schiavi fanno queste cose agli schiavi ogni giorno, eppure si afferma stolida-
mente che li trattano bene e con gentilezza, e che la tenera considerazione per i loro schiavi
impedisce ai padroni di infliggere loro crudeltà. […]
I proprietari di schiavi parlano di trattare bene gli uomini, eppure non solo li derubano
di tutto ciò che hanno e non appena lo hanno, ma li derubano anche di se stessi: delle loro
mani e dei piedi, di tutti i muscoli, e delle membra, dei sensi, dei corpi e delle menti, del
tempo, della libertà, dei guadagni, della libertà di parola e dei diritti di coscienza, del dirit-
to ad acquistare cultura, proprietà e reputazione. […]
Noi proveremo che gli schiavi negli Stati Uniti sono trattati con barbara ferocia: che so-
no sfruttati all’eccesso, denutriti, miserabilmente vestiti e alloggiati, ed hanno un numero
insufficiente di ore di sonno; che spesso debbono portare intorno al collo collari di ferro
irti di punte, trascinare pesanti catene e pesi ai piedi mentre lavorano nei campi, e gioghi
e corni; che sono spesso tenuti in ceppi giorno e notte per settimane, obbligati a portare il
bavaglio per ore o giorni, ad avere alcuni dei denti frontali strappati o spezzati per essere
facilmente scoperti quando fuggono; che spesso sono flagellati con terribile durezza e le
loro ferite sono cosparse di pepe rosso, acqua salata, trementina ecc., per accrescere il tor-
mento; che spesso sono denudati, colpiti coi coltelli nelle membra e nelle spalle, pestati e
lacerati da centinaia di colpi di remo, orribilmente feriti da artigli di gatti scagliati su di loro
dai loro seviziatori; che spesso gli si dà la caccia con cani assetati di sangue e sono ammaz-
zati come bestie, o fatti a pezzi dai cani; che spesso sono sospesi per le braccia e frustati e
percossi fino allo svenimento, e, una volta fatti rinvenire con cordiali, ancora percossi fino
a farli svenire di nuovo, talvolta fino a morire; che le loro orecchie sono spesso tagliate, gli
occhi strappati, le ossa rotte, la carne ustionata con ferri incandescenti; che sono storpiati,
mutilati, bruciati a fuoco lento fino a morire.
(tratto da La storia contemporanea attraverso i documenti,
a cura di E. Collotti-E. Collotti Pischel, Zanichelli, Bologna 1974, pp. 55-56)
COMPRENDERE 1. Che cosa sostengono gli schiavisti a proposito del trattamento riservato ai neri?
2. In che modo sono realmente trattati gli schiavi?
INTERPRETARE 3. Weld denuncia le condizioni di povertà in cui vivono gli schiavi e il sadismo
con il quale vengono trattati. Quali esempi adduce a tal proposito?
VALUTARE 4. Quali sentimenti suscita la lettura di questo brano? Discutine in classe con i tuoi
compagni.
555
Fonti e Storiografia
Quando il lungo processo di una legislazione di classe, intesa non al benessere generale,
ma all’ingrandimento della parte settentrionale dell’Unione, culminò in una guerra alle
istituzioni interne degli Stati meridionali, quando il dogma di un partito settario, sostitu-
itosi alle disposizioni dello strumento costituzionale, minacciò di distruggere i diritti so-
vrani degli Stati, sei di tali Stati, ritiratisi dall’Unione, si unirono in una confederazione per
Leggi in digitale il esercitare il loro diritto ed assolvere il loro dovere di istituire un governo che avrebbe me-
testo La giornata
glio assicurato quelle libertà per la conservazione delle quali l’Unione era stata fondata. […]
lavorativa di uno
schiavo, una Il popolo degli Stati ora confederati si è convinto che il Governo degli Stati Uniti era ca-
testimonianza di duto nelle mani di una maggioranza faziosa, che avrebbe portato la più sacra delle unioni
Salomon Northup, alla distruzione di quei diritti che si era giurato di proteggere. Essi pensarono che restare
afroamericano nato
ancora nell’Unione li avrebbe costretti a una continua e oltraggiosa discriminazione, la cui
libero a New York,
rapito e ridotto in accettazione sarebbe stata in contrasto con il loro benessere, e intollerabile per un popolo
schiavitù nel Sud orgoglioso. Essi decisero pertanto di sciogliere i loro legami, e di stabilire essi stessi una
degli Stati Uniti. nuova Confederazione. […]
Dopo aver letto il
Quando l’indipendenza degli Stati confederati verrà riconosciuta dalle nazioni del mondo
brano Il punto di
vista dei sudisti di e quando noi saremo liberi di seguire i nostri interessi e le nostre disposizioni, esercitando
Davis, immagina di all’estero il commercio, gli Stati del Sud offriranno alle nazioni industriali i più favorevoli
scrivere un discorso mercati che mai abbiano attirato il loro commercio. Cotone, zucchero, riso, tabacco, viveri,
di risposta per il legname e forniture, offriranno interessantissimi scambi. […]
Congresso degli
Stati Uniti che Concittadini, dopo che le lotte di generazioni avevano consacrato il diritto degli Inglesi a
confuti l’idea di una un governo rappresentativo costituzionale, i nostri antenati delle colonie furono costretti
schiavitù necessaria a rivendicare quel loro diritto con le armi. Il successo coronò i loro sforzi, e trasmise ai po-
per il benessere della steri un rimedio pacifico contro future aggressioni.
nazione.
La tirannia di una sfrenata maggioranza, la più odiosa e irresponsabile forma di despoti-
smo, ci ha negato e questo diritto e questo rimedio. Per questo noi siamo in armi, per rinno-
vare quei sacrifici cui i nostri padri sottostarono per la santa causa della libertà costituzionale.
(da J. Davis, Discorso inaugurale, 22 febbraio 1862, in Il pensiero politico nell’età di Lincoln, a cura di
C. Gorlier, il Mulino, Bologna 1962, pp. 161-167)
556
La guerra di secessione 15
Il «destino manifesto» (manifest destiny) della grande nazione statunitense è quello di «oc-
cupare e conquistare l’intero continente» assegnatole «dalla Provvidenza per realizzare il
grande esperimento della libertà e dell’autogoverno federale».
Siamo nel 1845. Il paese e il Congresso dibattevano la possibilità e la convenienza di pro-
seguire l’avanzata imperiale, a nord-ovest (territorio dell’Oregon) come a sud-ovest (Texas
e altre aree sotto giurisdizione messicana). A parlare era John O’Sullivan, editor della «De-
mocratic Review», rivista politica e letteraria colta e sofisticata, impegnata in quegli anni a
fornire sostanza e, soprattutto, retorica e simboli all’espansionismo statunitense.
Lo slogan e il suo sostrato discorsivo non erano ovviamente nuovi. Da quasi dieci anni il
gruppo di O’Sullivan era impegnato a promuovere uno sforzo di difesa, legittimazione e dif-
fusione dell’espansionismo statunitense. Lo faceva attingendo a piene mani all’armamentario
stilistico e concettuale del nazionalismo cristiano americano, innervandolo di slogan e for-
mule nuovi e alimentando così un’«ideologia teologizzata» dalla straordinaria forza retorica.
Già nel 1839 O’Sullivan aveva proclamato gli Usa la «nazione del “progresso umano”»;
chi mai avrebbe voluto o potuto «porre dei limiti» alla sua marcia, si chiese allora reto-
ricamente O’Sullivan? La nascita degli Stati Uniti aveva costituito l’«inizio di una nuova
storia». «Il futuro a lungo termine, il futuro dell’eternità» avrebbe invece costituito «l’era
della grandezza americana»; «la nazione delle molte nazioni» era infatti «destinata a ma-
nifestare (destined to manifest) all’umanità la virtù dei principi divini»; il «tempio» che es-
sa era pronta a erigere per «venerare l’Altissimo» non poteva che avere come suo «suolo»
l’intero «emisfero». […]
Il manifest destiny arricchiva e integrava la mitologia nazionalista americana. Proclamava
l’ineluttabilità di un dato corso storico, il destino per l’appunto. Invitava a vedere e riconoscere
tale destino: il suo essere manifesto e sotto gli occhi di chiunque lo avesse voluto scorgere. […]
Il discorso quasi religioso del manifest destiny legittimava e abbelliva le tante ragioni, bru-
tali e terrene, di chi premeva per riavviare il processo espansionistico. Ma il surplus retorico
che esso offriva, […] originava dalla paura, più che dalla forza o dall’astuta strumentalità.
Era reattivo a una necessità duplice e strettamente interdipendente: quella di sedare ansie
e paure che attraversavano l’America di metà Ottocento e soprattutto quella di rispondere
alla contestazione, politicamente e culturalmente forte come mai in passato, di chi rifiutava
la necessità di continuare a espandersi; di chi riteneva completato e concluso il processo di
crescita imperiale del paese e invitava con forza a perfezionare l’esperimento repubblicano
più che a esportarlo verso nuovi territori.
Così come la retorica e le metafore, anche le ansie e le paure dell’America del 1830-40
non erano sconosciute. A preoccupare e spaventare un numero crescente di americani con-
correvano però alcuni fattori nuovi: le grandi trasformazioni sociali; l’urbanizzazione; la
prima industrializzazione; i flussi migratori che incrinavano l’omogeneità degli Stati Uniti;
un fermento democratico che, se mal gestito, minacciava di inasprire e rendere ancor più
557
Fonti e Storiografia
violenta la società statunitense. Queste paure erano a loro volta intensificate dalla grave
recessione economica, provocata dalla crisi finanziaria del 18371 e durata più di tre anni.
Come già in passato, l’espansionismo appariva a molti una risposta ai problemi del paese
e un modo per calmare le preoccupazioni che questi catalizzavano.
(M. Del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo, 1776-2006,
Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 121-123)
1 crisi finanziaria del 1837: nel 1837 scoppiò una bolla speculativa. A maggio tutte le banche bloccarono
pagamenti in moneta. Seguirono anni di depressione economica, con livelli record di disoccupazione.
La fotografia era diventata rapidamente assai popolare: già nel 1850 sembra che esistesse-
ro negli Stati Uniti almeno 2000 «daguerrotipisti»1 e che tra il 1840 e il 1860 fossero stati
fatti 30 milioni di fotografie. Nei decenni successivi alla Guerra civile, le fotografie venivano
vendute singolarmente oppure in serie a tema, soprattutto sotto forma di fotografie stereo-
scopiche, o stereografie2, la cui popolarità fu tale che la loro vendita costituì, insieme con i
ritratti in studio, la principale fonte di reddito per molti fotografi professionisti. […] Venivano
esposte dai fotografi nei loro studi e in mostre locali e infine esibite e quindi viste da milio-
ni di visitatori in tutte le grandi esposizioni a partire da quella del Centenario di Filadelfia.
In definitiva, […] le fotografie dell’Ovest avevano un pubblico considerevolmente più esteso
dei dipinti pur popolari di Bierstadt e Moran3. Ad avere un interesse più specifico potevano
essere gli studiosi di professione, gli insegnanti, gli uomini d’affari e gli ingegneri minerari,
ma a essere decisive per la loro diffusione erano le mode e le curiosità delle classi medie,
che comperavano le stereografie da guardare in società e le vedute di grande formato da
appendere nei soggiorni. Le fotografie però non avevano né i colori, né le dimensioni, né
tantomeno la stessa libertà creativa e carica evocativa dei dipinti. […]
558
La guerra di secessione 15
I fotografi potevano anche stupire, oltre che informare, offrendo alla vista aspetti del
reale sorprendenti o sconosciuti ai più, come nel caso di Yellowstone4, ma non potevano
guardare alla realtà con l’emozione e la poesia, o con il gusto per la «teatralità» dei pitto-
ri. Il presupposto stesso alla base della fotografia, dai dagherrotipi degli anni Quaranta in
poi, era la riproduzione fedele della realtà, senza abbellimenti o manipolazioni. Infine, ol-
tre che di colore, ovviamente mancante nelle foto, era anche una questione di dimensioni:
i paesaggi fotografici non potevano aspirare a dimensioni paragonabili a quelli dipinti da
Bierstadt o Moran. […]
La […] decisione di aggregare fotografi e artisti alle spedizioni scientifiche era legata all’as-
sunto secondo cui, se da una parte l’esplorazione era funzionale alla presa di possesso eco-
nomico e sociale dei nuovi territori, dall’altra, la popolazione delle lontane regioni orien-
tali andava coinvolta sul piano visuale, emotivo ed estetico nel processo di appropriazione.
Non appaia forzata la sottolineatura dell’aspetto nazionalistico: dopo la conclusione della
Guerra civile, gli enormi investimenti pubblici e privati nella costruzione delle ferrovie, le
guerre indiane, il popolamento delle nuove terre dell’Ovest e il loro sfruttamento agrico-
lo o minerario erano accompagnati da un pari impegno a ricostruire nel paese un comune
senso di appartenenza nazionale.
È anche per questo che la fotografia venne chiamata così tanto a documentare la «con-
quista dell’Ovest». E i fotografi, ognuno a suo modo, ma quasi tutti producendo immagini
che ancora oggi appaiono di eccezionale qualità, sono stati gli ultimi – dopo scrittori e pit-
tori, e diversamente da loro – ma i principali partecipanti-testimoni dell’intero complesso
di attività che rendevano possibile l’espansione. Il che spiega come mai, fino all’ultimo de-
cennio del secolo, tutte le forme del lavoro umano siano state documentate, e valorizzate,
più che nelle metropoli, proprio nel contesto delle migrazioni verso ovest, nell’agricoltu-
ra e nell’allevamento, nei boschi e nelle miniere, nell’edificazione delle città e soprattutto
nella costruzione delle ferrovie, in cui l’organizzazione del lavoro e le tecniche meccani-
che e ingegneristiche più avanzate si incrociavano con la fatica creativa degli uomini e gli
ostacoli della natura.
(da B. Cartosio, Verso Ovest. Storia e mitologia del Far West,
Feltrinelli, Milano 2018, pp. 160-166)
COMPRENDERE 1. Quante fotografie sono state fatte tra il 1840 e il 1860 negli Stati Uniti?
IL TESTO
2. Perché, secondo Cartosio, venivano coinvolti fotografi e artisti nelle esplorazioni
scientifiche?
3. Quale circolazione avevano le fotografie all’epoca?
559
16 Il Regno d’Italia
La Destra storica al governo
I primi governi post-unitari, guidati dalla Destra storica, si dedicarono alla riorganizza-
zione amministrativa dei diversi territori sul modello sabaudo, investirono nello svilup-
po delle ferrovie, attuarono una politica liberista e al Sud repressero con la forza il feno-
Esplora l’immagine meno eversivo del brigantaggio.
interattiva
561
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Tosatori di pecore
al lavoro in una
fattoria del Nord
Italia. Dipinto di
Giovanni Segantini,
del 1883-1884.
Tokyo, National Museum
of Western Art.
562
Il Regno d’Italia | 16 |
563
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
564
Il Regno d’Italia | 16 |
In questo modo, però, si accentuò una divisione del lavoro già esistente fra
Nord e Sud, destinata a pesare gravemente sul futuro del Paese. Al Nord comin-
ciava timidamente a crescere la produzione industriale, che si sommava alla flo-
rida agricoltura padana; al Sud, dove l’industria non era competitiva, si poteva
esportare solo una produzione agricola in gran parte basata sul latifondo, l’unica
forma di impresa che riusciva a produrre un’eccedenza da piazzare sul mercato
nazionale o internazionale. Questa situazione generò un patto politico e sociale
fra classi dirigenti – destinato a durare a lungo – definito il «blocco» fra borghesia
agraria-industriale del Nord e latifondisti del Sud.
Fu nel 1789, in occasione stra storica quel gruppo parlamentare che guidò lo
LA STORIA
NELLE PAROLE degli Stati generali riuniti pri- Stato dalla sua nascita nel 1861 fino al 1876, in con-
ma della Rivoluzione francese tinuità con il governo di Cavour. Nel 1876 succedette
Destra e (maggio), che si iniziarono a alla destra la cosiddetta Sinistra storica di Agostino
sinistra utilizzare i termini destra/cen- Depretis, nata dall’unione di mazziniani, garibaldini e
tro/sinistra in riferimento allo democratici con la sinistra moderata piemontese e la
schieramento politico ( ▶ cap. 9). Nell’assemblea della cosiddetta «sinistra giovane» meridionale.
nazione francese, il Terzo stato si divise nell’emiciclo in Con il tempo i due termini si articolarono sempre di
questo modo: i conservatori alla destra del presiden- più. A metà dell’Ottocento, in Francia, si utilizzavano già
te, i radicali e i rivoluzionari a sinistra. Al centro venne espressioni come «centro-destra» e «centro-sinistra»,
dato l’appellativo dispregiativo di «palude», in quanto «estrema destra» ed «estrema sinistra». Nel Nove-
visto come area di collocazione dei politici senza una cento la questione si complicò maggiormente, prima
posizione netta. Questo assetto si consolidò nell’As- con l’affermazione dei partiti socialisti e marxisti, poi
semblea nazionale della Francia rivoluzionaria (1789- con quella dei movimenti nazionalisti, fascisti e nazisti.
91), in cui i sostenitori dell’Antico regime sedevano Rispetto alla dicotomia destra-sinistra, il termine
a destra e i favorevoli allo sviluppo della rivoluzione a «centro» ha avuto un valore simbolico inferiore. Do-
sinistra. Da quel momento il binomio destra/sinistra po la Seconda guerra mondiale, con l’affermarsi di
prese piede nel lessico politico prima in Francia e poi, partiti moderati di ispirazione cristiana, se ne è
nella seconda metà dell’Ottocento, anche in Europa. recuperato un uso con valenza positiva per il suo va-
Nel Parlamento dell’Italia unificata, venne definito De- lore di mediazione rispetto agli estremismi.
565
Episodio della
campagna contro Governato a lungo con brutalità, il Sud aveva finito per maturare costumi politi-
il brigantaggio ci violenti. Non solo nelle campagne i contadini insorgevano spinti dalla miseria e
nell’Italia dalla fame, ma non di rado anche nelle città e nei villaggi le fazioni politiche, legate
postunitaria.
La cattura di due a clan familiari locali, si contendevano il potere col sopruso, il ricatto, la violenza e
briganti raffigurata la sopraffazione. In Sicilia le bande armate rappresentavano una piaga endemica:
da Giovanni Fattori al servizio dei feudatari, costituivano da secoli il braccio del controllo operato sul
nel 1863.
territorio dai «baroni», cioè i nobili proprietari terrieri. Nel corso del processo risor-
gimentale, le bande si erano inserite nel vuoto di potere che era seguito alla disso-
luzione del feudalesimo e si erano poste al servizio dei vari gruppi di potere, aristo-
cratici o borghesi, impegnati politicamente nella liberazione dell’isola. Pur avendo
svolto un ruolo importante sia nella rivoluzione del 1848 sia nella spedizione dei
Mille, a guerra finita, anziché essere inserite nelle nuove strutture della politica na-
zionale, tali formazioni furono messe da parte o addirittura ricacciate nell’illegalità.
La disillusione per le promesse non mantenute si trasformò in rifiuto politico ra-
dicale e nell’adesione di intere regioni rurali ai tentativi borbonici di riconquistare
il Regno delle Due Sicilie. La Basilicata, il Molise e parte dell’Abruzzo, della Puglia,
della Campania e della Calabria insorsero contro lo Stato unitario, dando vita a una
F1 Miseria e vera e propria guerra civile che prese il nome di «brigantaggio». Le bande di «bri-
brigantaggio, p. 597
ganti» si ingrossarono, raggiungendo ciascuna migliaia di componenti, macchian-
dosi di episodi di raccapricciante violenza e giungendo talvolta a occupare centri
urbani popolosi. Sulla spontanea rivolta popolare fecero leva ambienti legittimisti
borbonici, che in alcuni casi finanziarono segretamente le bande, cercando di uti-
lizzarle ai fini del loro progetto politico di restaurare il precedente regime.
Il Regno d’Italia rispose con lo stato di guerra. La legge Pica del 1863, che lo
istituì, riconosceva alla giustizia militare la facoltà di condannare a morte som-
mariamente quei briganti che fossero catturati con le armi in pugno, e ai lavori
forzati a vita quelli che non avessero opposto resistenza e anche coloro che aves-
sero aiutato in qualunque modo i briganti: potenzialmente si trattava di tutta la
popolazione del Meridione. Il generale Alfonso La Marmora, torinese, fu inviato
a reprimere il brigantaggio con 160.000 uomini: più di metà dell’esercito italia-
no era così impegnato nella guerra civile. I morti, da una parte e dall’altra, furono
molte migliaia. Verso la fine del 1865 il brigantaggio poteva considerarsi stron-
cato come fenomeno di resistenza armata di massa, anche se per diversi anni so-
pravvissero piccole bande isolate.
566
Il Regno d’Italia | 16 |
567
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Orvieto Orvieto
Pescara Pescara
Civitavecchia Roma Civitavecchia Roma
Cosenza Cosenza
Cagliari Cagliari
Palermo Palermo
Reggio Reggio
Enna Calabria Enna Calabria
Catania Catania
Agrigento Siracusa Agrigento Siracusa
568
Il Regno d’Italia | 16 |
vamente il carico fiscale sui ceti abbienti – che, come abbiamo visto, costituivano
la base elettorale dell’oligarchia al potere – e per costringere a pagare anche chi
non pagava imposte dirette non avendo un reddito imponibile. Nel 1868 fu istituita
un’imposta terribile: la «tassa sul macinato». La nuova imposta, entrata in vigore
nel 1869, veniva prelevata direttamente ai mulini, dove il mugnaio riscuoteva la
nuova imposta dal contadino produttore di grano e la pagava allo Stato. L’impo-
sta provocò l’immediato rialzo del prezzo del pane, base dell’alimentazione delle
classi popolari e per moltissime persone ciò significò la fame.
I costi delle guerre per l’unità e dello sviluppo si abbattevano ora su masse po-
polari che non ne avevano ricavato nessun beneficio ed erano rimaste escluse dai
processi di crescita politica ed economica. In tutto il Paese scoppiarono rivolte vio-
lentissime, che, pur essendo nate in modo spontaneo, soprattutto nella Pianura
padana dimostrarono una sorprendente capacità di organizzazione dei dimostranti.
In Emilia e in Romagna fu addirittura decretato lo stato d’assedio e la repressione
provocò oltre duecento morti.
Al prezzo di questa politica impopolare, il pareggio del bilancio fu raggiunto e
trionfalmente annunciato dal ministro delle Finanze Quintino Sella nel 1876. La
Destra storica aveva affrontato i primi difficilissimi problemi dell’unificazione, aveva
sostenuto una vera e propria guerra civile, quella contro il brigantaggio meridio-
nale, aveva acquisito il Veneto con la Terza guerra di indipendenza e, infine, come
vedremo nel prossimo paragrafo, aveva portato la capitale a Roma. Aveva anche
introdotto una cultura di governo moderna ed efficiente, dando prova, almeno nei
primi anni dell’unità, di una gestione corretta del potere e di un alto senso dell’in-
teresse pubblico. Ma aveva creato una frattura profondissima con le masse popo-
lari, soprattutto con quelle meridionali.
La ferrovia
a Genova. Litografia
del XIX secolo.
569
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
2 La conquista di Roma
L’arroccamento ideologico della Chiesa cattolica
Al cuore del nuovo stato unitario, la Chiesa cercava di resistere a ciò che riteneva
una minaccia per la sua integrità. Pio IX, dopo aver suscitato grandi speranze tra i
liberali al momento della sua elezione, nel 1846, si era eretto in seguito ad alfiere
intransigente dei valori tradizionali della Chiesa, schierandosi in linea di princi-
pio contro le trasformazioni sociali, politiche e ideologiche della civiltà moderna.
La sua posizione si era precisata definitivamente nell’enciclica Quanta cura, del
Papa Pio IX 1864, che conteneva in appendice il Sillabo, una raccolta di proposizioni giudica-
presiede il Concilio
Vaticano I nella te incompatibili con la dottrina cattolica. Il Sillabo condannava senza sfumature
basilica di San Pietro tutti gli «errori» dell’Età moderna, tra i quali la sovranità popolare, il liberalismo,
a Roma. Litografia del la libertà di coscienza, il razionalismo, la libertà di stampa, qualunque ribellione
1870.
contro l’autorità costituita e, naturalmente, il «funestissimo errore» rappresenta-
to dalle idee socialiste.
Leggi l’immagine
Proprio nei mesi in cui Roma stava per cadere, Pio IX convocò per la prima volta,
• Chi è presente
all’assemblea? a distanza di tre secoli da quello di Trento (1545-63), un concilio da tenersi in Va-
• Dove si sta ticano, nel cuore della città eterna allora politicamente assediata. In un momen-
svolgendo il to in cui il potere temporale della Chiesa sembrava irrimediabilmente destinato
Concilio?
a finire, il papato teneva così a ribadire e rafforzare la propria autorità spirituale.
570
Il Regno d’Italia | 16 |
Nel luglio del 1870 il Concilio Vaticano I proclamò come dogma l’infallibilità
dei pronunciamenti del papa in materia di fede e di dottrina morale, per preroga-
tiva divina e a prescindere dall’approvazione del collegio vescovile. Con il dogma
dell’infallibilità papale Pio IX guadagnò una posizione di assoluta preminenza nel
seno stesso della Chiesa, ottenendo ciò che nessuna assemblea di vescovi aveva
mai riconosciuto a un papa. Mentre il mondo si trasformava in senso liberale, la
Chiesa cattolica portava a compimento l’assolutismo spirituale inaugurato dal
Concilio di Trento.
LA «QUESTIONE CATTOLICA»
agosto-settembre 1870:
cade Napoleone III, difensore dello Stato della Chiesa
i francesi vengono sconfitti
si afferma il dogma dell’infallibilità papale
a Sedan dai prussiani
571
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Passeggiata di
papa Pio IX al Pincio.
Dipinto di Pio Joris
del 1864. Roma,
Museo di Roma.
I. Non esiste niun Essere divino, supremo, sapientissimo, provvidentissimo, che sia distinto da
quest’universo, e Iddio non è altro che la natura delle cose, e perciò va soggetto a mutazioni, e
Iddio realmente vien fatto nell’uomo e nel mondo, e tutte le cose sono Dio ed hanno la sostanza
stessissima di Dio; […].
II. È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e il mondo.
III. La ragione umana è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male
indipendentemente affatto da Dio; essa è legge a se stessa, e colle sue forze naturali basta a
procurare il bene degli uomini e dei popoli. […]
LXXIX. È assolutamente falso che la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l’ampia
facoltà a tutti concessa di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente
ed in pubblico, conduca a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli […].
LXXX. Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso,
col liberalismo e con la moderna civiltà.
(da Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, a cura di U. Bellocchi, vol. IV,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995, pp. 272-283)
572
Il Regno d’Italia | 16 |
573
Manifesti per la
campagna elettorale
affissi sulle colonne
dei portici della
Galleria Vittorio
Emanuele a Milano,
novembre 1882.
Stampa dell’epoca.
Poiché gli elettori si erano moltiplicati per cinque, si rese necessaria un’organiz-
zazione per la ricerca del consenso elettorale di dimensioni molto superiori al pas-
sato. Prima della riforma erano sufficienti le reti di rapporti personali per riunire
i pochi voti necessari, o tutt’al più i candidati ricorrevano a temporanei comitati
elettorali. Ora, invece, si rendevano indispensabili organizzazioni politiche stabi-
li, capaci di incanalare durevolmente il consenso. Cominciarono quindi a prende-
re forma i moderni partiti e i deputati dovevano spendere soldi per la politica ed
essere capaci di rappresentare i bisogni del loro collegio elettorale.
LESSICO
Collegio elettorale
Depretis riuscì ad aggregare una maggioranza molto ampia ma anche molto
Insieme degli composita, sempre costretta a negoziare, a tener conto delle esigenze dei colle-
elettori compresi in gi dei singoli deputati, e per la quale diventava molto più difficile assumere scelte
una circoscrizione,
ossia in un territorio
politiche impopolari in nome dell’interesse nazionale, come aveva fatto la Destra.
delimitato in base a Fra corruzione e compromessi, ma anche con una nuova capacità di coinvolgere la
scopi amministrativi o popolazione, cominciava ad affermarsi in Italia un sistema politico più moderno,
giurisdizionali.
in parallelo con i primi segnali di sviluppo produttivo.
politica economica:
prevalenza degli interessi privati
• rifiuto della statalizzazione delle ferrovie
rispetto a quelli statali
• abolizione della «tassa sul macinato»
Sinistra storica
al governo
(1876-93) • allargamento del suffragio e
politica istituzionale:
della partecipazione politica
• riforma elettorale (1882)
• ampie alleanze parlamentari
• «trasformismo» parlamentare
basate su pratiche di scambio
• legge Coppino sulla scuola (1877)
• diminuzione dell’analfabetismo
574
Il Regno d’Italia | 16 |
LESSICO mata – vide transitare molti parlamentari di Destra nella nuova maggioranza.
Trasformismo Peraltro, l’allargamento della base dei votanti rendeva problematica la rielezione
Tendenza a cambiare
partito a seconda delle dei deputati e molti tra gli eletti nelle file della Destra si trovarono quasi obbligati
convenienze contingenti, ad appoggiare il governo che aveva dettato le nuove regole.
sostenendo posizioni Il trasformismo rese certamente più moderno e più duttile il sistema politico
diverse da quelle
precedenti; in questo italiano, più capace di dare voce alle diverse esigenze di un Paese finalmente rap-
modo, in Parlamento si presentato in maniera meno elitaria che nel passato. E proprio superando le nette
formano maggioranze contrapposizioni programmatiche Depretis affrontò più efficacemente singole que-
più stabili, basate non su
un’ideologia comune, ma stioni urgenti e di vasto interesse, per esempio l’insostenibilità della tassa sul ma-
sugli interessi particolari. cinato o la lotta all’analfabetismo, portata avanti con l’importante legge Coppino
(1877), che rendeva effettiva l’istruzione obbligatoria per i bambini, attraverso
Leggi la carta un sistema di sanzioni.
• Quali province Ma nella storia d’Italia il termine trasformismo è rimasto come sinonimo di ci-
rappresentavano nismo, di indifferenza per la coerenza culturale e ideale, di distanza tra propositi
a un decennio
dall’Unità il numero
dichiarati e comportamenti effettivi. Addirittura, è stato identificato con l’origine
maggiore di della corruzione politica e con un vero e proprio mercato elettorale. Certamente il
alfabetizzati? trasformismo portò fuori dall’aula parlamentare pratiche di scambio tra allean-
• Descrivi i principali ze parlamentari e favori, negative per una società civile fragile, disunita e priva di
cambiamenti
nella geografia
solide tradizioni politiche come quella italiana, in quanto favorirono lo spregiu-
dell’alfabetizzazione dicato perseguimento di interessi particolari. Inoltre, per accontentare le diverse
tra 1870 e 1914 esigenze locali, lo Stato ricominciò a spendere più delle proprie entrate determi-
nelle regioni del Sud.
nando così un nuovo aumento del debito pubblico.
Milano Milano
Torino Torino
Bologna Bologna
Genova Genova
Firenze Firenze
Ancona Ancona
Roma Roma
Bari Bari
Napoli Napoli
Cagliari Cagliari
Palermo Palermo
Reggio Reggio
Calabria Calabria
575
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
576
Il Regno d’Italia | 16 |
Gli stabilimenti
dell’acciaierie
di Terni, in Umbria,
aperte nel 1884.
Illustrazione del 1895.
577
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
578
Il Regno d’Italia | 16 |
579
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
580
Il Regno d’Italia | 16 |
Infatti nell’Italia di quegli anni, come negli altri Paesi europei, nasceva una novità
di grandissima portata: l’organizzazione del movimento operaio da parte del Par-
tito socialista ( ▶ cap. 17, par. 7). Si sviluppava anche il movimento contadino, con
organizzazioni di carattere più spontaneistico. In Romagna videro la luce le prime
organizzazioni anarchiche e socialiste, mentre in Sicilia, tra il 1891 e il 1894, la
lotta contadina assunse una forma originale con i Fasci, leghe formatesi per otte-
nere la riforma dei patti agrari, cioè delle condizioni terribili con cui i latifondi-
sti sfruttavano il lavoro contadino. Anche i cattolici, esclusi dalla vita politica dal
Non expedit di Pio IX, stavano ritornando all’impegno sociale con la fondazione di
leghe «bianche», di cooperative, di opere di beneficenza e di assistenza, iniziative
che davano loro un peso sempre maggiore nella vita sociale italiana.
Tutte le esperienze di lotta popolare, e in modo particolarmente violento quella
dei Fasci siciliani, furono represse con lo stato d’assedio, con l’esercito, con il
pugno di ferro. Per accrescere il prestigio politico del Paese nel consesso delle po-
tenze industriali, Crispi era dunque disposto – come la Destra quando aveva in-
seguito il pareggio del bilancio – a far pagare ai lavoratori qualunque prezzo. Egli
era, come abbiamo visto, l’uomo che meglio rappresentava l’alleanza tra la grande
industria e il latifondo, la politica degli «interessi protetti», ma fu anche l’unico
politico capace di reggere il timone in una situazione di crisi economica e sociale
gravissima, che avrebbe potuto molto facilmente compromettere la tenuta dello
Stato unitario, sforzandosi di modernizzare e rendere più efficienti le pubbliche
istituzioni. Pesantemente autoritario nei metodi di governo, rimase però liberale
nelle finalità istituzionali e nel complesso non si lasciò tentare, come i suoi suc-
cessori, dalla prospettiva del sovvertimento della legalità.
La rivolta
dei Fasci siciliani
a Castelvetrano
nel 1894. Stampa
dell’epoca.
Leggi l’immagine
• Che cosa sta
succedendo
per le strade di
Castelvetrano?
• Con quali aggettivi
puoi descrivere la
rivolta in corso?
581
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
SUDAN Mar
ANGLO-EGIZIANO Dogali Rosso
1887 Massaua
ERITREA Asmara
1896 Macallè
Adua 1896 Assab
1895 Golfo
Amba Alagi di Aden
SOMALIA Gibuti
FRANCESE Berbera
Addis Abeba
SOMALIA
BRITANNICA
ETIOPIA
Oceano
Obbia Indiano
SOMALIA
582
Il Regno d’Italia | 16 |
583
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
584
Il Regno d’Italia | 16 |
7 La questione meridionale
La penalizzazione politica ed economica del Sud
S2 Come guardare Il divario fra Sud e Nord, che già esisteva prima dell’unità, continuava a cresce-
alla «questione
re. Era un divario economico-sociale, perché al Sud sia l’agricoltura che l’indu-
meridionale», p. 600
stria pativano un ritardo storico, e i rapporti di lavoro erano più arcaici. Era poi
un divario politico, perché il Regno delle Due Sicilie era stato governato ancora
peggio degli Stati centro-settentrionali (a esclusione dello Stato pontificio), in
maniera arbitraria e corrotta. Era infine un divario culturale, perché malgrado la
tradizione di alta cultura napoletana e siciliana, il Sud aveva ancora percentuali
elevatissime di analfabetismo, un sistema scolastico e universitario più lacunoso
di quello del Nord, che le leggi a favore dell’istruzione elementare nazionale non
riuscivano a sanare.
Per tutto il primo quindicennio dell’Italia unita, sotto i governi della Destra, il
Sud era stato escluso dal potere politico e penalizzato dalle scelte del governo,
come l’unificazione del debito pubblico e le basse tariffe doganali. Il Sud era giu-
dicato infido dalla classe dirigente settentrionale, sia per il suo retaggio borbonico
sia, all’opposto, per gli entusiasmi garibaldini che aveva dimostrato; nessuna scelta
in suo favore era stata fatta. Con l’avvento della Sinistra le cose avrebbero dovuto
cambiare, in quanto il governo era sostenuto soprattutto da deputati meridionali;
e invece, la svolta protezionista ( ▶ par. 4) penalizzò ancora una volta il Sud, che
perse alcuni dei principali mercati di sbocco, in particolare quello francese, per il
suo vino e il suo olio, mentre a causa delle misure di protezione il grano italiano
restava troppo caro per essere esportato.
La politica crispina coronò questo processo, favorendo gli interessi economi-
co-sociali al Nord, con l’appoggio all’industria pesante, e quelli politici al Sud, con
il mantenimento del vecchio assetto sociale. Il Nord riceveva commesse industria-
li, le classi dirigenti del Sud potere per le classi dirigenti locali e vaghe prospettive
di vantaggi che avrebbero ricavato dall’espansione coloniale.
585
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
L’emigrazione di massa
In questa situazione di arretratezza, tutto ciò che per molti decenni le campagne me-
ridionali riuscirono a esportare furono braccia per il lavoro, donne e uomini per i quali
si aprì come unica prospettiva la via dell’emigrazione. A partire dagli anni Ottanta
dell’Ottocento, e nell’arco di quasi un secolo, poco meno di trenta milioni di italia-
ni abbandonarono il Paese, trasferendosi dapprima in America, sia del Nord sia del
Sud, poi anche nei Paesi più ricchi d’Europa. Solo nel primo decennio del XX secolo
emigrarono circa otto milioni di italiani, di cui quasi l’80% meridionali. Con l’abbat-
timento dei costi della navigazione oceanica, le partenze da Napoli e da Palermo per
il Brasile, il Venezuela, l’Argentina e gli Stati Uniti divennero massicce e continue.
Talvolta l’emigrante, trascorso qualche decennio, tornava al paese natale dopo
aver messo da parte il denaro necessario per acquistare una casa e un pezzo di
terra. Molte altre volte chi emigrava non tornava più, faceva trasferire i propri pa-
renti dall’Italia o si formava una famiglia sul posto e, con il tempo, i legami con la
terra d’origine si spezzavano. Fuggiti dalla miseria, gli emigranti andavano spesso
LESSICO incontro a umiliazioni e sfruttamento, ma trovavano anche la possibilità di inse-
Rimessa rirsi in società che, a differenza di quella lasciata, non li condannavano a un im-
Somma di denaro inviata
dall’emigrato alla propria
mobilismo senza prospettive.
famiglia ancora residente L’emigrazione ebbe conseguenze importanti anche per l’economia italiana. Le
nel Paese d’origine allo rimesse che gli emigrati inviavano alle loro famiglie fornirono a lungo un apporto
scopo di garantirle un
migliore tenore di vita o
economico essenziale per le comunità d’origine e per l’Italia in generale, contri-
al fine di costituire dei buendo a riequilibrare una bilancia commerciale deficitaria. D’altra parte, la par-
fondi cui attingere al tenza di molti uomini giovani impoveriva ulteriormente le regioni già colpite dalla
ritorno in patria.
miseria, privandole degli elementi più dinamici e di quelli relativamente più istruiti.
586
Il Regno d’Italia | 16 |
587
Nel lungo periodo
L’Italia
che si muove:
le migrazioni
di Adriano Prosperi
Prima dell’Unità d’Italia che da allora avrebbe caratterizza- sone, tornate in difesa della patria
L’Italia, a causa della sua posizio- to tutto l’Ottocento e, proseguendo o per evitare di rimanere bloccate
con declinazioni diverse a seconda all’estero per il periodo indefinito del
ne strategica nel contesto geogra-
del periodo storico, accompagna- conflitto.
fico mediterraneo, è sempre stata
to costantemente i flussi migratori Nel dopoguerra la spinta a partire ri-
un affollato «crocevia migratorio»,
a venire. prese con forza, a causa della grave
nel quale i processi di emigrazione,
immigrazione e migrazione interna crisi occupazionale ma anche delle
Dall’Unità d’Italia tensioni politiche.
non si sono mai interrotti, ma avvi-
alla Prima guerra mondiale Con l’avvento del fascismo, poi,
cendati e sovrapposti tra loro senza
soluzione di continuità. Nel corso dell’Ottocento la mobilità cambiarono non solo le direttrici dei
Nel corso del Medioevo le migra- europea e italiana divenne un feno- nuovi flussi, non più gli Stati Uniti, in
zioni degli italiani furono soprattutto meno di massa. Soprattutto a par- seguito alle restrizioni all’immigrazio-
stagionali e determinate da ragioni tire dalla metà del secolo, il grave ne poste da quel Paese nel 1921 e
di lavoro. Ci si spostava dalla mon- stato di povertà in cui versava la po- poi dopo la grande crisi del 1929,
tagna alpina alla pianura, ma il polo polazione in seguito alla crisi agraria bensì la Francia, Paese politicamen-
attrattivo erano sempre più le città che colpì il Paese (1873) costrinse te accogliente verso gli oppositori di
in crescita. Nei centri urbani (Vene- molti ad emigrare in cerca di migliori Mussolini. Infatti, alle persistenti ra-
zia, Genova, Bologna, Roma, Napo- condizioni di vita. gioni economiche si intrecciarono
li ecc.) arrivavano artigiani, operai, Fu così che numerosi contadini la- sempre più fortemente motivazioni
proprietari terrieri, alcuni dei qua- sciarono le zone della Pianura pa- politiche; non a caso risale a que-
li si dedicavano a nuovi mestieri e dana per raggiungere la Francia e il sto periodo la definizione di «fuori-
professioni (mercante, notaio ecc.), Belgio, mentre dal Veneto, Trentino, uscito» per indicare un oppositore
oltre a numerose donne che si im- Alto Adige e Friuli si riversarono in politico costretto ad allontanarsi dal
piegavano molto spesso come do- Sud America e dalle regioni centrali proprio Paese per riparare in un altro
mestiche o balie. e meridionali s’imbarcarono per rag- dove svolge attività politica (clande-
In Età moderna i movimenti migra- giungere gli Stati Uniti. stina o meno) contro il proprio go-
tori seguitarono ad avere pressoché Si trattò di un immenso movimen- verno o regime.
le stesse caratteristiche di quelli del to di individui: tra 1876, anno della Nel periodo fascista si assistette an-
Medioevo, con adattamenti dovuti prima rilevazione statistica ufficiale che a un consistente fenomeno di
al cambiamento del contesto com- dell’emigrazione italiana, e 1915, migrazione interna che, promosso
plessivo: la perdita di centralità della anno dell’entrata in guerra dell’Ita- dal regime per la realizzazione del-
Penisola e la stabilizzazione dei sin- lia, emigrarono circa 14.000.000 le sue grandi opere, produsse ve-
goli Stati, spesso governati da po- italiani. ri e propri trapianti di popolazione:
tenze straniere. è particolarmente noto il caso, per
Dal primo dopoguerra esempio, della bonifica dell’Agro
Alla fine del XVIII secolo emerse con
forza il fenomeno dell’«emigrazio- al fascismo Pontino, che tra 1927 e 1936 por-
ne politica» (nel 1799, centinaia La Prima guerra mondiale segnò il tò in quelle zone circa 50.000 lavo-
di superstiti della Repubblica Na- blocco dei grandi flussi migratori e ratori provenienti prevalentemente
poletana si rifugiarono in Francia), un non trascurabile rientro di per- dall’Emilia, dal Veneto e dal Friuli.
588
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale
Ciascun gruppo lavorerà
su un tema e presenterà
i suoi risultati alla classe.
PRIMO GRUPPO
- Arte e migrazioni
SCEGLIETE alcune opere d’arte
contemporanea dedicate al
tema delle migrazioni realizzate
negli ultimi anni; preparate una
presentazione multimediale in
Dal secondo dopoguerra Tra gli anni Ottanta e Novanta del cui spiegatene il significato
Novecento si ebbe una svolta: gli e la storia delle opere scelte.
agli anni Sessanta
sbarchi dall’Albania furono immor- Gli esempi sono numerosi: dalle
del Novecento installazioni dell’artista cinese
talati dai mezzi di informazione (con
Nel secondo dopoguerra l’emigra- servizi televisivi e fotografie apparse Ai Weiwei fino ai più recenti
zione riprese con vigore grazie al su quotidiani e settimanali), portan- graffiti realizzati da Banksy.
virtuoso incontro tra le necessità do la questione all’attenzione dell’o- SECONDO GRUPPO
economiche della popolazione ita- pinione pubblica, mentre gli arri- - Educazione civica
liana, duramente colpita dal conflit- vi di profughi si moltiplicarono. La - I diritti dei migranti
to mondiale, e la domanda di ma- normativa messa in atto (legge Tur- e dei rifugiati
nodopera proveniente da diversi co-Napolitano, del 1998, poi leg- COSTRUITE una scheda, da
Paesi europei, soprattutto Francia, ge Bossi-Fini, del 2002) non riu- illustrare alla classe, in cui
Belgio, Svizzera e Germania. scì ad affrontare adeguatamente il confrontate i diritti che
Con il passare dei decenni questo fenomeno, e questo, insieme alla spettano ai migranti e ai
fenomeno interessò soprattutto la strumentalizzazione della questio- rifugiati politici oggi in Italia.
popolazione del Sud Italia, tanto ne migratoria messa in atto da al- Nel realizzare il confronto,
che si può parlare di un vero e pro- cuni partiti al fine di attrarre con- mettete a confronto le
prio «esodo meridionale» che si sensi, provocò l’espulsione fisica differenze fra le due categorie,
diresse dapprima in Europa, Ame- e la condanna morale di molti im- le cifre e anche gli aspetti critici
rica ed Australia e poi (con un pic- migrati oltre allo sfruttamento e alla dell’attuale politica di gestione
co negli anni 1958-63 e 1967-69) segregazione di coloro che rima- dei flussi migratori.
nelle città del triangolo industria- nevano nella Penisola. Potete prendere spunto dal
le (Milano-Torino-Genova). Questo Mentre l’Italia mutava da Paese video Storia e Ambiente -
poderoso flusso di individui che dal di emigrazione in Paese di immi- Ambiente e migrazioni.
Meridione d’Italia si spostò al Nord grazione, le difficoltà economiche TERZO GRUPPO
contribuì in modo determinante ai conseguenti alla crisi mondiale del - Cittadinanza digitale
cambiamenti sociali e alla moder- 2008 favorivano il fenomeno della - Migranti e fake news
nizzazione del Paese. «fuga dei cervelli», ovvero una nuo-
REALIZZATE un video in cui
va emigrazione, questa volta di pro-
Dagli anni Sessanta a oggi smascherate, dati alla mano,
fessionisti altamente specializzati, una delle tante bufale che
Già a partire dagli anni Sessanta spesso giovani formatisi in Italia, sono circolate negli ultimi anni
e Settanta del Novecento si assi- verso altri Paesi, che ha interessa- sul web relative ai migranti,
stette a una significativa intensifi- to tra 2008 e 2018 circa 2 milioni a partire dal concetto di
cazione dei movimenti migrato- di italiani. «invasione».
ri verso l’Italia, che aumentarono Di nuovo, quindi, alla preponderan- L’associazione Carta di Roma,
in particolar modo nel corso degli za di un flusso migratorio in entra- fondata nel dicembre 2011,
anni Ottanta, tanto da indurre l’ap- ta faceva seguito l’emergere di un di cui fanno parte l’Ordine
provazione della prima legge italia- flusso in uscita, confermando la na- nazionale dei giornalisti e la
na sull’immigrazione (legge Foschi, tura di crocevia di popoli della pe- Federazione stampa italiana ne
del 1986). nisola italiana. ha raccolte alcune.
589
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Crisi politica fallimento del progetto modernizzatore e della politica colonialista di Crispi
• manifestazioni operaie
Crisi sociale • repressione autoritaria delle proteste (spari sulla folla a Milano nel 1898)
• Umberto I ucciso in un attentato (1900)
590
L’esercito guidato
da Bava Beccaris
reprime la rivolta
a Milano nel 1898.
591
Dalla Storia all’Educazione civica
Il diritto e il dovere del voto copriranno determinate cariche po- nanti e governati: il rappresentante
Il diritto di ogni cittadino a esprime- litiche sia consentita a tutti i cittadini è colui che opera al posto di un al-
re la propria volontà riguardo a chi che hanno il diritto di votare. Il voto tro soggetto, il rappresentato, e può
debba rappresentarlo nella gestio- è dunque un atto politico, diverso vincolarlo con le proprie decisioni.
ne della vita pubblica oggi è rico- dall’espressione privata delle pro- Benché distinte, la democrazia e la
nosciuto dalle Carte costituzionali prie opinioni per la capacità che es- rappresentanza non sono incompati-
di ogni Paese democratico. Il voto so ha di contribuire a determinare bili l’una con l’altra: è possibile unirle,
è lo strumento grazie al quale tutti i l’orientamento politico del Pae- come di fatto è avvenuto in un’ampia
cittadini di uno Stato sono in grado se e il modo in cui viene governato. parte del mondo occidentale. Il risul-
di partecipare alle decisioni che ri- Il voto, però, non è solo un diritto, tato di tale unione è la democrazia
guardano gli interessi della colletti- la cui negazione costituisce un’in- rappresentativa, sistema politico
vità. Il voto è, dunque, uno strumen- giustizia. Votare è anche un dovere, caratterizzato dalla corrispondenza
to essenziale per la democrazia. perché è un atto con cui ogni citta- di intenti tra governanti e governati.
La democrazia è il sistema nel quale dino dà il proprio contributo all’or- In esso i governanti sono diversi dai
il potere politico deriva da un con- ganizzazione della vita collettiva e governati, ma tra gli uni e gli altri non
fronto e da una competizione libe- alla soluzione dei problemi che es- c’è contrapposizione, perché i primi
ra fra tutti gli individui e i gruppi so- sa comporta. È un dovere che tut- sono eletti dai secondi.
ciali. Tale sistema comporta che ci ti i cittadini hanno verso lo Stato in È questo il tipo di organizzazione po-
siano libere elezioni, ovvero che la quanto suoi cittadini: è, cioè, un do- litica che vige in Italia, dove i rappre-
scelta e la nomina di coloro che ri- vere civico. Su questo punto la Co- sentanti dei cittadini sono membri
stituzione è, all’articolo 48 comma del Parlamento (organo che eserci-
II, molto chiara: ta il potere legislativo), scelti dai cit-
tadini stessi attraverso le elezioni. E,
come afferma la Costituzione all’ar-
«Il voto è personale ed
ticolo 67, «ogni membro del Parla-
eguale, libero e segreto. mento rappresenta la Nazione […]».
Il suo esercizio è dovere
civico». Democrazia diretta:
il referendum abrogativo
La democrazia Il sistema democratico previsto dal-
rappresentativa la Costituzione italiana è rappresen-
È necessario distinguere il concetto tativo, ma non esclusivamente. La
di democrazia da quello di rappre- carta costituzionale prevede infatti
sentanza politica. un istituto di democrazia diretta,
La democrazia esige che i gover- ossia di democrazia immediata, nel-
nanti coincidano con i governati e in la quale i cittadini possono prendere
un sistema radicalmente democrati- decisioni politiche senza la media-
co le decisioni che riguardano pro- zione dei loro rappresentanti. Tale
blemi di interesse collettivo vengono istituto è il referendum, per mezzo
prese direttamente dai cittadini. La del quale ogni elettore può esprime-
rappresentanza politica, invece, è re il proprio assenso o dissenso su
Le donne al voto nel 1946. fondata sulla distinzione tra gover- questioni di interesse nazionale, in
Dibattito in classe:
particolare decidere se mantene- tarie, le leggi di bilancio, le leggi il diritto di voto
re una o più leggi in vigore oppu- di autorizzazione alla ratifica dei
re abrogarle (cioè abolirle). L’arti- trattati internazionali. In molti Stati america-
colo 75 della Costituzione afferma: ni è possibile perdere
I limiti al diritto di voto il diritto di voto se si è giudicati
colpevoli, in via definitiva, di alcu-
Tutti i cittadini della Repubblica ita-
«È indetto referendum ni crimini: dallo spaccio di droga
liana hanno il diritto e il dovere di
popolare per deliberare votare: il diritto di voto non ammette
all’omicidio. Gran parte della popola-
zione carceraria statunitense risulta
la abrogazione, totale o cioè discriminazioni. Esso ha però spesso esclusa dal sistema politico:
parziale, di una legge o di limiti precisi definiti dalla Costitu- per molti si tratta di un’ulteriore
zione: l’esercizio del voto da parte
un atto avente valore di forma di marginalizzazione sociale;
di una persona richiede che questa per altri invece rappresenta la giusta
legge, quando lo richiedono persona soddisfi alcune condizioni. sanzione per chi si macchia di alcuni
cinquecentomila elettori o In primo luogo deve avere raggiun- reati.
cinque Consigli regionali». to la maggiore età: diciotto anni. Scegliete tre studenti che facciano
In secondo luogo, per poter votare, da giuria, poi dividete il resto della
si deve essere capaci di intende- classe in due gruppi:
La Costituzione non ammette, in- re e di volere (si deve cioè essere 1. il gruppo A argomenterà a favore
vece, altri due tipi di referendum: in possesso delle proprie facoltà della revoca del diritto di voto
quello approvativo, grazie al quale mentali): non possono e non so- per i carcerati; il gruppo B invece
i cittadini potrebbero far entrare in no tenute a votare le persone che sosterrà le ragioni della sua abo-
vigore una o più leggi senza dover soffrono di patologie psichiche o di lizione. Per approfondire il tema
potete consultare il video sulla
affidare tale atto ai loro rappresen- malattie che ne compromettono la
questione accedendo tramite il
tanti; e quello consultivo, per mez- capacità di pensare e decidere in
QR code.
zo del quale i cittadini sarebbero modo autonomo. Infine, sono privi
2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
in grado di esercitare pressioni sul del diritto di voto gli individui rite- voce, che in 5 minuti presenterà
Parlamento per indurlo ad adottare nuti moralmente indegni secondo alla giuria i risultati del lavoro.
le leggi che essi desiderano. la legge, che cioè si sono compor- Nell’esporre le proprie ragioni, si
Non su tutte le leggi è possibile tati in modi moralmente discutibili, possono proiettare presentazio-
comunque chiedere il referendum e quelli nei confronti dei quali sono ni multimediali che contengano
abrogativo. Sono escluse le leggi state pronunciate condanne pena- informazioni e dati.
in materia penale, le leggi tribu- li definitive (articolo 48 comma III). 3. Seguirà un dibattito libero di
10 minuti tra le due squadre. I
Referendum: Istituto di democrazia diretta, a suffragio universale, grazie giudici si confronteranno poi tra
al quale i cittadini di uno Stato possono votare direttamente (senza la mediazione loro e decideranno qual è stato il
dei loro rappresentanti) per esprimere il proprio assenso o dissenso su questioni gruppo più efficace nel sostenere
di interesse nazionale. l’uno o l’altro modello.
593
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
Il governo della Destra storica do una tariffa protettiva nel 1878, re-
Dal 1861 al 1876 la Destra storica governò l’Italia con sa ancora più dura nel 1883 e nel 1887.
l’obiettivo di unificare il territorio nazionale a livello Questa scelta favorì da un lato gli industriali legati
amministrativo e legislativo e, soprattutto, di moder- agli investimenti pubblici e alla produzione bellica, ma
nizzare un Paese povero in larga parte composto da danneggiò il settore agricolo, che pagò l’introduzione
contadini analfabeti. di dazi doganali da parte di altri Stati come la Francia.
Il governo incorporò nel bilancio pubblico nazionale In questo contesto, gli interessi dei latifondisti ebbero
il debito pubblico piemontese, dovuto al finanzia- la meglio su quelli del generale sviluppo del Sud, che
mento delle guerre d’indipendenza e allo sviluppo pagò le conseguenze di un blocco di potere compo-
della rete ferroviaria sabauda, ridistribuendo così i sto da agrari meridionali e industriali settentrionali.
costi delle prime infrastrutture utili allo sviluppo in- Per quanto riguarda la politica estera, nel 1882 l’Italia
dustriale. Furono inasprite le imposte e, in particolare, firmò la Triplice Alleanza (a carattere difensivo) con
l’introduzione della tassa sul macinato suscitò gravi Germania e Austria, compiendo una scelta di rottura
scontri di piazza. con la politica antiaustriaca risorgimentale che per-
Il governo portò avanti una politica liberista, favo- metteva di stringere i rapporti con due partner com-
rendo l’agricoltura con tariffe doganali basse, otte- merciali importanti.
nendo il pareggio di bilancio nel 1876, mentre l’indu-
stria restava arretrata e poco competitiva e si acuiva Lo statalismo nazionalista di Crispi
la disparità tra Nord e Sud, dove il divario sociale ed Nel 1887 arrivò al governo Francesco Crispi, che se-
economico favorì il fenomeno del brigantaggio che gnò una svolta della politica italiana in senso naziona-
fu brutalmente represso dallo Stato. lista e autoritario e, forte della protezione monarchi-
ca, represse con durezza movimenti popolari come
La conquista di Roma quello dei Fasci siciliani (1891-94), sorti per difendere
Il 20 settembre 1870, il generale Raffaele Cadorna gui- i diritti e gli interessi dei lavoratori, senza oltrepassare
dò un corpo di bersaglieri, aprì a cannonate una brec- il limite della legalità.
cia nelle mura di Roma, in corrispondenza di Porta Crispi portò avanti anche una fallimentare politica
Pia e occupò la città, che fu proclamata capitale del imperialista: occupò Massaua (1885), invase l’Eritrea
Regno nel 1871. Nello stesso anno, con la «legge delle e fu sconfitto prima a Dogali (1887) dall’Etiopia e poi
guarentigie» lo Stato garantì la libertà religiosa e la ad Adua (1896).
sovranità della Chiesa sui palazzi del Vaticano.
Pio IX, però, si dichiarò prigioniero del Regno d’Italia La questione meridionale
e nel 1874, con il Non expedit, vietò ai cattolici di par- Sotto i governi di Depretis e Crispi la «questione meri-
tecipare attivamente alla vita politica italiana. dionale» (l’arretratezza economica e sociale del Mez-
zogiorno) continuò ad aggravarsi e il risultato fu un
Il governo della Sinistra incremento ulteriore dell’emigrazione dei cittadini
Nel 1876 andò al governo la Sinistra storica con Ago- meridionali in particolare verso i Paesi europei più
stino Depretis, che abolì la tassa sul macinato, varò la ricchi e l’America.
legge Coppino sull’istruzione elementare obbligato-
ria (1877) e la riforma elettorale (1882), che diede il La crisi di fine secolo
diritto di voto alla borghesia meno agiata e alle fasce Gli ultimi anni del secolo furono caratterizzati da una
più istruite della classe lavoratrice. politica autoritaria e repressiva, incapace di gestire il
Per ottenere ciò, Depretis ricorse al cosiddetto «tra- malcontento popolare. Nel 1898 le truppe del gene-
sformismo» parlamentare, che prevedeva il passaggio rale Bava Beccaris spararono sulla folla che protesta-
dei deputati da uno schieramento all’altro favorendo va a Milano per il rincaro del costo del pane. Il primo
così una dinamica clientelare tra politica e uomini ministro Luigi Pelloux cercò di imporre leggi che li-
d’affari basata solo sugli interessi economici in gioco. mitavano le libertà civili, suscitando l’opposizione di
socialisti e liberali. Con l’assassinio del re Umberto I
Il protezionismo e la Triplice Alleanza nel 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci, l’Italia sem-
La Sinistra incrementò l’intervento dello Stato nell’e- brò a un passo dal collasso politico. Il secolo si chiuse
conomia e inasprì la politica protezionista, adottan- quindi in un’atmosfera di profonda crisi istituzionale.
594
Ripassa con la mappa concettuale
IL REGNO D’ITALIA
Destra storica
e in seguito dalla
...........................................
con
Depretis
...........................................
.......................................... ........................................... ...........................................
(a favore degli industriali
(istruzione elementare (ampliamento del diritto (con Austria e
e a svantaggio delle
obbligatoria) di voto) Germania)
esportazioni)
al quale seguì
Crispi
595
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
596
Fonti e Storiografia
FONTI Miseria e brigantaggio
F1 Per contrastare il brigantaggio il Parlamento decise di affiancare alla repressione mili-
tare una commissione d’inchiesta. Il deputato moderato Giuseppe Massari (1821-84)
ne stilò la Relazione finale (1863), mettendo in risalto le ragioni sociali del brigantaggio.
Facil cosa è dire che il brigantaggio si è manifestato nelle province meridionali a motivo
della crisi politica ivi succeduta; con ciò si enuncia il motivo più visibile del doloroso fatto,
ma si rimangono nell’ombra le ragioni sostanziali, le quali invece sono quelle che vanno
accuratamente studiate ed esaminate, perché esse sole possono fornire l’indicazione dei
mezzi più sicuri e più efficaci a ricondurre le cose nelle condizioni regolari […].
A bene esprimere il nostro concetto diremo che il brigantaggio se ha pigliato le mosse del
1860, come già nel 1806 1, ed in altre occasioni dal mutamento politico, ripete però la sua
origine intrinseca da una condizione di cose preesistente a quel mutamento, e che i nostri
liberi istituti debbono assolutamente distruggere e cangiare.
Molto acconciamente è stato detto e ripetuto essere il brigantaggio il fenomeno, il sinto-
mo di un male profondo ed antico: questo paragone desunto dall’arte medica regge piena-
mente, ed alla stessa guisa che nell’organismo umano, le malattie derivano da cause im-
mediate e da cause predisponenti, la malattia sociale, di cui il brigantaggio è il fenomeno
è originata anch’essa dallo stesso duplice ordine di cause.
Le prime adunque cause del brigantaggio sono le cause predisponenti. E, prima fra tutte,
la condizione sociale, lo stato economico del campagnuolo, che in quelle province appunto,
dove il brigantaggio ha raggiunto proporzioni maggiori, è assai infelice. Quella piaga della
moderna società che è il proletariato, ivi appare più ampia che altrove. Il contadino non ha
nessun vincolo che lo stringa alla terra. La sua condizione è quella del vero nullatenente,
e quand’anche la mercede del suo lavoro non fosse tenue, il suo stato economico non ne
sperimenterebbe miglioramento. […]
La condizione di cose […] ci sembra porgere in modo non equivoco la nozione di una del-
1 1806: nel 1806 le cause che con maggiore efficacia generano fatalmente in alcune province meridionali la
Napoleone affidò la funesta predisposizione al brigantaggio. […]
corona del Regno
Il contadino sa che le sue fatiche non gli fruttano benessere né prosperità; sa che il pro-
di Napoli, dichiarato
indipendente, al fratello dotto della terra innaffiata dai suoi sudori non sarà suo; si vede e si sente condannato a
Giuseppe Bonaparte; perpetua miseria, e l’istinto della vendetta sorge spontaneo nell’animo suo. […] si fa bri-
Ferdinando di Borbone gante; richiede vale a dire alla forza quel benessere, quella prosperità che la forza gli vieta
fuggì a Palermo e
mantenne il controllo di conseguire, ed agli onesti e mal ricompensati sudori del lavoro preferisce i disagi frut-
della Sicilia. tiferi della vita del brigante.
(da G. Massari, S. Castagnola, Relazione parlamentare d’Inchiesta
sulle cause del Brigantaggio, Milano 1863, pp. 16-24)
597
Fonti e Storiografia
Stando già da molti mesi innanzi alla Camera dei deputati un progetto di legge, presentato
dal ministro per la Istruzione pubblica, intorno al numero ed al riordinamento delle scuo-
le normali del regno, sarebbe assai utile che coloro i quali passarono molti anni in mezzo
a questi […] istituti d’educazione […] dicessero chiaramente quello che ne pensano: mo-
strando quello che le scuole sono al presente, quali i pregi e quali i difetti, ed indicando le
riforme più importanti che sarebbe necessario arrecarvi […].
[…] la prima cosa che si presenta per essere bene considerata e spiegata è la scarsezza del
numero degli allievi nelle ventuno scuole maschili del regno; le quali rappresentano ap-
pena la metà, e forse meno, di quanto ce ne vorrebbero pei bisogni della nazione. Perché
nell’anno passato, mentre nelle 27 scuole feminili si educavano meglio che 2789 giovanet-
te, appena 858 allievi-maestri frequentarono le scuole maschili. […]
[…] questo doloroso fatto trova facile spiegazione nello stato presente del maestro ele-
mentare in Italia. Malamente rimunerato, malsicuro nell’ufficio, senza speranza di aiuto
per sé nella vecchiaia, pei figliuoli dopo la morte, il povero maestro non è allettato ed in-
vogliato in alcuna maniera ad accorrere nelle scuole normali, ove potrebbe arricchirsi di
cognizioni e formarsi il carattere che avrebbe ad accompagnarlo in tutta la vita, volendo
essere veramente educatore. […]
Potrebbesi però domandare per qual motivo, essendo le condizioni delle maestre pari a
quelle dei maestri, se non voglionsi dire più tristi, le scuole normali feminili sono invece
popolate da molte allieve, in modo che ognuna, quando si prenda un numero medio, ne
tiene intorno a cento. A che, se non c’inganniamo, la risposta potrebbe essere facile e breve.
Nel nostro paese v’ha grande difetto di scuole secondarie per le donne; onde quelle che
hanno compiuti gli studi elementari e che non possono o non vogliono continuarli nei sette
reali educatori del regno, anche non avendo in animo il disegno di essere maestre, corrono
a iscriversi nei corsi delle scuole normali, nelle quali trovano il miglior mezzo di acquistare
quel complesso di cognizioni che in nessun altro luogo potrebbero avere e che è necessa-
rio ad ogni donna, la quale voglia elevarsi più in su di quelle che formano le classi popolari.
(da L’istruzione normale dalla legge Casati all’età giolittiana,
a cura di a cura di C. Covato, A.M. Sorge, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali,
Ufficio centrale per i Beni Archivistici, Roma 1994, pp. 252-255)
598
Il Regno d’Italia 16
GLI SNODI L’idea di Roma capitale non era condivisa da tutti i parlamentari.
DEL TESTO Il mito della grandezza passata di Roma alimentò la propaganda a favore.
Massimo d’Azeglio e altri preferivano Torino.
Incoraggiati dalla propaganda avviata […] dai primi governi dell’Italia unita, non pochi ro-
mani iniziarono ad anteporre le ragioni dell’appartenenza italiana a quelle della teocrazia:
tra questi, Lorenzo Sforza Cesarini, Antonio Boncompagni Ludovisi, Gioacchino e Andrea
Colonna 1. E fu forse anche in virtù della loro presenza a Torino se il mito di Roma trovò un
nuovo alimento. Era stato d’altronde lo stesso Camillo Benso di Cavour a farsene interpre-
te, quando, in un celebre discorso in Parlamento, aveva affermato: «Senza Roma, capitale
d’Italia, l’Italia non si può costituire». […]
La storia recente […], oltre che quella antica, aveva dimostrato come l’Urbe potesse co-
munque essere capitale, anche senza papa. Pure Mazzini, da posizioni politico-ideologiche
del tutto diverse, era giunto a conclusioni analoghe: una nuova Roma, la Roma del popolo
– la «terza Roma» –, avrebbe dovuto soppiantare la Roma dei Cesari e quella dei papi, pro-
muovendo un universalismo laico ed egualitario.
Dunque, non era più solo il fronte moderato dei giobertiani 2 a guardare all’Urbe come
centro ideale di un organismo istituzionale nuovo. Ma l’ipotesi filoromana non era condi-
1 Lorenzo [...] Colonna: visa da tutti i parlamentari. A chi nutriva la convinzione che una realtà istituzionale scarsa-
tra i primi senatori del
Regno d’Italia.
mente coesa quale l’Italia avrebbe potuto trarre giovamento da un centro tanto illustre, si
2 giobertiani: Vincenzo opponevano le resistenze di quanti avanzavano altre candidature per la capitale del Regno
Gioberti, si ricorda, – Napoli, Firenze, Perugia, Milano – e di coloro che pensavano che, proprio in quanto città
aveva teorizzato
del papa, Roma sarebbe stata anzi un fardello ingombrante per il giovane Stato.
un’ipotesi federale per
cui l’Italia sarebbe stata Autorevole interprete di questo gruppo, Massimo d’Azeglio ad esempio, riteneva che Ro-
unita sotto la guida del ma, con i suoi «miasmi di 2500 anni di violenze materiali o di pressioni morali», avrebbe
pontefice.
finito per corrompere la società italiana. E mentre altri subalpini continuavano a difendere
3 Pietro Sterbini: a
Roma fu collaboratore Torino capitale per ragioni di natura sia politica sia economica e culturale, diversi deputati,
del governo pontificio e in specie meridionali, caldeggiavano invece l’idea di Roma capitale proprio per affrancarsi
allo stesso tempo vicino dall’egemonia piemontese: non a caso, nel 1862, Pietro Sterbini 3, emigrato del 1849, fondava
alle istanze popolari,
partecipando attivamente a Napoli un nuovo giornale intitolandolo, per l’appunto, «Roma». Sembrava, insomma, im-
ai moti rivoluzionari. possibile che la Città Eterna riuscisse a liberarsi del suo mito e, soprattutto, della sua storia.
(da M. Formica, Roma, Romae, Laterza, Roma-Bari 2019, pp. 233-235)
599
Fonti e Storiografia
A voler estremizzare, e fatte salve diverse importanti eccezioni, si potrebbe dire che per una
lunga fase, in questo dopoguerra, la storia del Mezzogiorno contemporaneo ha fatto tutt’u-
no con la storia della «questione meridionale». […]
Non tanto, dunque, l’esame dei processi materiali e politici della trasformazione che qua-
lunque storia reale porta con sé quanto in primo luogo l’analisi e la denuncia dell’arretra-
Leggi in digitale il tezza e dei ritardi, la ricerca e l’enfasi sulla diversità dell’Italia meridionale rispetto al resto
testo ll mancato
del paese, la polemica ideologica, spesso la recriminazione moralistica nei confronti dei
rapporto di mercato
tra Nord e Sud governi, delle politiche economiche, dei comportamenti e delle scelte dei gruppi dirigenti
di Rosario Villari. dell’Italia più forte. […]
Riassumi la tesi Al punto che, di fatto, la rappresentazione dell’Italia meridionale in età contemporanea
di Villari e spiega
ha finito spesso col ridursi a una sorta di non storia: la frustrante vicenda di ciò che essa
cosa intende con il
concetto di «rinunzia»; non aveva potuto essere, il mero risultato di uno squilibrio costante e inalterato nel tem-
metti a confronto il po e perciò quasi un derivato, un residuo della storia degli altri, incarnata dalle realtà più
testo con il brano avanzate dello sviluppo economico, vale a dire dal Nord.
di Bevilacqua, Sarebbe naturalmente improponibile, e per più di un verso, la rivendicazione di una sorta
chiarendo la
prospettiva adottata di autonomia della storia del Mezzogiorno, cioè la ricostruzione separata a se stante di un
da quest’ultimo per gruppo di regioni inserito in uno stato unitario che vive e opera da quasi un secolo e mezzo.
leggere la storia del Ma la vicenda di più generazioni, la vita sociale e politica di milioni di uomini, gli svolgimenti
Mezzogiorno dopo delle economie, i processi di mutamento più radicali e profondi che mai abbiano investito
l’Unità.
una società – quelli per l’appunto che hanno cambiato la faccia delle regioni meridionali
negli ultimi duecento anni – non possono più essere valutati e compresi da chi guarda ad
essi con gli occhi solo puntati al loro perdurante scostamento rispetto al resto dell’Italia.
Esiste, ed è ignoto ai più, un vasto continente di fenomeni e di processi in cui la grande
storia del mondo contemporaneo si è espressa, in forme certo originali e particolari, con
ritmi più lenti e più attenuata radicalità, ma con le stesse caratteristiche e nella stessa di-
rezione di mutamento che in tutte le altre realtà dell’Europa e dell’Occidente. Tutto questo
è ben visibile nella vicenda degli ultimi due secoli nel Mezzogiorno d’Italia: negli assetti
del territorio come nelle dinamiche della popolazione, nelle forme dell’economia quanto
nei processi di urbanizzazione, nella trasformazione delle classi sociali come in tutti i fe-
nomeni propri delle società affluenti, dal grado di alfabetizzazione al livello dei consumi.
(da P. Bevilacqua, Breve storia dell’Italia meridionale. Dall’Ottocento a oggi,
Donzelli, Roma 1993, pp. VII-VIII)
600
Il Regno d’Italia 16
GLI SNODI Si hanno testimonianze di una setta criminale a Palermo dal 1865.
DEL TESTO La «maffia» arruola migliaia di iscritti, tra cui anche uomini politici.
L’instabilità rende difficile il mantenimento dell’ordine pubblico.
Il termine mafiusu […] circolava a Palermo da tempo, ma è solo nel 1865 che con l’espres-
sione maffia o mafia si inizia a designare un’oscura e misteriosa setta criminale, dai con-
torni alquanto indefiniti.
Una delle prime testimonianze della diffusione del termine nel 1865 (anno segnato come
1 Gualtiero e Medici: si è visto da una rivolta mancata e dalla repressione organizzata da Gualtiero e Medici 1) è
entrambi, in momenti
il resoconto della situazione palermitana scritto dal celebre geografo e anarchico francese
diversi, prefetti della
città di Palermo, Élisée Reclus 2 e pubblicato poi l’anno dopo in una nota rivista francese di viaggi. Guidato
nella primavera del da un giovane medico piemontese (non sappiamo se davvero esistito o mero espediente
1865 organizzarono letterario), a suo dire molto addentro nel sottobosco criminale essendo stato incaricato di
la repressione di
un’insurrezione svolgere a Palermo un’inchiesta statistica sulle condizioni morali della popolazione, Reclus
denunciata come conduce i suoi lettori alla scoperta dei «misteri» di Palermo. Un’ambientazione di colore
antinazionale e di tutta giocata sul contrasto tra l’eredità ellenica […] e quella saracena […] serve a Reclus per
ispirazione borbonico-
clericale. delineare un fondale su cui far stagliare poi ciò che al suo pubblico forse interessa di più:
2 Élisée Reclus: l’esistenza, nel cuore pulsante e malsano della Palermo antica, di una temibile setta crimi-
geografo e uomo nale chiamata maffia.
politico francese, viaggiò
molto in Europa e nelle
[…] egli poi la designa piuttosto con gli stessi tratti con cui Alexandre Dumas e Maxime
Americhe. Du Camp 3 avevano reso celebre la camorra. Reclus delinea così una società segreta gigan-
3 Alexandre Dumas tesca, che agli inizi del 1865 avrebbe raccolto ben cinquemila affiliati, i cui membri «s’im-
e Maxime du Camp:
si aggregarono alla
pegnano solidarmente a viver di inganni e di frodi di ogni tipo». […]
spedizione dei Mille, La testimonianza di Reclus […] testimonia la presenza a Palermo, nel 1865, e cioè in una
inviando molti reportage situazione caotica e di grave difficoltà dell’ordine pubblico, di un discorso sulla maffia or-
in Francia, nei quali, tra
mai diffusosi, almeno negli ambienti governativi e ufficiali; un discorso che riprende i topoi
l’altro, si parlava anche di
camorra e brigantaggio. del dibattito sull’esistenza della camorra e che funge da fulcro attorno al quale si organizza
4 giornate di la discussione politica sull’ordine pubblico.
settembre: nel Se nel 1865 il dibattito sulla mafia nasce, come si è visto, attorno alla questione della
settembre del 1866,
a Palermo si dichiarò sicurezza pubblica a Palermo in un momento di emergenza politica e di deficit di ordine
lo stato d’assedio in pubblico, la sua continuazione o ripresa, l’anno successivo, all’indomani delle giornate di
seguito a una settimana settembre 4, assume il significato di un tentativo di comprendere il senso di una rivolta il
di tumulti che avevano di
fatto sgretolato l’autorità cui scoppio ha profondamente colpito la classe dirigente. In altre parole la mafia gioca ora
governativa. un ruolo primario come decisivo fattore di spiegazione dell’alterazione politica.
(da F. Benigno, La mala setta. Alle origini di mafia e camorra, 1859-1878,
Einaudi, Torino 2015, pp. 225-227)
COMPRENDERE 1. Quale fonte è utilizzata da Benigno per ricostruire la storia della mafia a Palermo?
IL TESTO
2. In quale congiuntura la mafia si afferma come organizzazione segreta e criminale?
3. Quali caratteristiche possiede la «maffia» palermitana secondo Reclus?
601
17 Il movimento
operaio
Fermenti rivoluzionari
Nel secondo Ottocento, le teorie di Karl Marx e Friedrich Engels sul sistema capitalista
e sulla necessità di una rivoluzione dal basso trovano terreno fertile nel mondo dei sin-
dacati e, in seguito, saranno fondamentali nelle esperienze della Prima Internazionale
Esplora l’immagine (1864) e della Seconda Internazionale (1889), importanti luoghi di formazione ed ela-
interattiva borazione politica.
603
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
604
Il movimento operaio | 17 |
LESSICO di ideologia, l’arte, la religione, ma anche la politica, cioè le istituzioni, la forma dello
Sovrastruttura
Stato, appartiene alla «sovrastruttura», a un ambito che dipende dai rapporti di pro-
Nella teoria politica di
Marx è il complesso duzione. Il pensiero umano, quindi, per Marx non è autonomo, non è una facoltà che
delle istituzioni politiche si esercita liberi da ogni condizionamento. E neppure l’azione politica lo è, poiché tut-
e giuridiche e delle forme to dipende dalla materialità dei bisogni e dall’evoluzione dei rapporti di produzione.
di coscienza morale,
filosofica e culturale Secondo Marx ed Engels, qualunque società umana è sempre stata caratteriz-
della società. zata dalla lotta fra le classi sociali. La classe che possiede i mezzi di produzione
si impadronisce anche del potere politico e organizza la società in modo tale da
«sfruttare» le classi dominate, cioè da costringerle a lavorare in cambio soltanto
di una parte del prodotto del loro lavoro. Il potere politico serve appunto a questo:
a obbligare le classi oppresse a subire lo sfruttamento. Tutta la politica ha sol-
tanto questo scopo e i partiti non sono altro che espressioni dei rapporti di classe.
Karl Marx
e Friedrich Engels
esaminano le bozze di
pagina del giornale «Neue
Rheinische Zeitung»
a Colonia nel 1848.
Leggi l’immagine
• Di che cosa si
stanno occupando
Marx ed Engels?
• Quale funzione sim-
bolica ha la luce che
entra dalla finestra
sullo sfondo?
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
606
Il movimento operaio | 17 |
2 L’anarchismo, il comunismo
e la Prima Internazionale
Lo sviluppo del movimento anarchico
Il movimento operaio internazionale, in quegli anni, era profondamente influen-
F2 Il pensiero zato anche dal movimento anarchico. Gli anarchici rifiutavano ogni direzione poli-
anarchico secondo
tica, ritenendo che qualunque forma di comando, anche momentanea, fosse sem-
Michail Bakunin, p. 632
pre una negazione della libertà. Credevano che una rivoluzione violenta potesse
far nascere una società di uomini liberi e uguali, affrancati dallo sfruttamento, ma
non pensavano che l’organizzazione di questa rivoluzione potesse essere delega-
ta a un’élite dirigente. Per gli anarchici si doveva e si poteva arrivare molto presto
all’abolizione pura e semplice dello Stato, nonché di ogni partito e di qualsiasi isti-
tuzione politica. L’insurrezione liberatrice sarebbe avvenuta spontaneamente se la
propaganda e l’esempio fossero riusciti a trascinare il popolo.
Il maggiore esponente del pensiero anarchico o «libertario» fu il russo Michail
Bakunin (1814-76), per il quale solo un libero federalismo rivoluzionario e demo-
cratico avrebbe rappresentato una garanzia contro le involuzioni autoritarie nel-
le quali fatalmente cade ogni movimento politico organizzato. Tra gli ispiratori
dell’anarchismo ci fu anche il pensatore francese Pierre-Joseph Proudhon (1809-
65), uno dei dirigenti democratici del Quarantotto, che aveva avuto un peso im-
portante nella formazione di Bakunin.
Una parte del movimento anarchico imboccò la via del terrorismo, dell’azione
individuale violenta ed esemplare, per dimostrare che era possibile liberarsi degli
oppressori e che era a portata di mano l’eliminazione della ristretta minoranza di
«tiranni» dell’umanità. Verso la fine del XIX secolo non furono pochi i gesti terro-
ristici compiuti dagli anarchici per colpire «i potenti della Terra»: lo zar Alessan-
dro II (1881), i presidenti francese e statunitense, il re d’Italia Umberto I (1900:
▶ cap. 16, par. 8) caddero sotto il piombo dei terroristi, che divennero l’incubo del-
le polizie di tutto il mondo.
607
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
608
Il movimento operaio | 17 |
3 La Comune di Parigi
La nascita della Terza Repubblica
Nell’autunno del 1870 le truppe prussiane, dopo aver sbaragliato i francesi a Sedan,
erano arrivate a Parigi e l’avevano cinta d’assedio. Nella reggia di Versailles, sontuoso
simbolo della monarchia di Francia, i principi tedeschi avevano proclamato la ritro-
vata unità della Germania e avevano offerto la corona imperiale al re di Prussia Gu-
glielmo I ( ▶ cap. 14, par. 6). In seguito alla sconfitta, Napoleone III andò in esilio e in
Francia venne proclamata la Terza Repubblica (la prima era stata quella del 1792, la
seconda quella del 1848), che assunse un carattere radicale e giocò la vecchia carta
giacobina dell’appello al popolo. Come in passato, la Francia tornava a reagire a una
situazione di pericolo estremo con una mobilitazione democratica e repubblicana.
Il leader più rappresentativo di questa tendenza repubblicana e radicale alla di-
fesa nazionale fu Léon Gambetta, un deputato di origine italiana, che era stato tra
i capi dell’opposizione liberale durante il Secondo Impero. In realtà, più che porsi
alla guida di un movimento rivoluzionario, egli si mise in luce come animatore della
mobilitazione delle masse al fine di resistere a oltranza all’invasore. Nominato mi-
nistro degli Interni nel neonato governo di «difesa nazionale», guidò la resistenza
all’invasore e, per galvanizzare lo spirito repubblicano nel Paese, con grande co-
raggio personale e con senso della teatralità dell’azione, evase in mongolfiera dalla
capitale assediata dai prussiani. Il suo tentativo non riuscì e nel gennaio del 1871
il governo dovette chiedere l’armistizio ai prussiani.
Fu allora eletta a suffragio universale un’Assemblea nazionale a maggioranza
monarchica e pacifista, che, riunitasi a Bordeaux, diede vita a un governo guidato
da un esponente della vecchia classe dirigente dell’epoca di Luigi Filippo: Adolphe
LESSICO Thiers. Questo nuovo governo dovette firmare i trattati di pace, che costrinsero la
Indennità di guerra
Somma di denaro o
Francia a pagare un’enorme indennità di guerra e soprattutto a cedere alla Germania
insieme di beni materiali l’Alsazia e la Lorena. Tali condizioni, più dure di quelle imposte dopo la sconfitta
che, a conclusione di di Napoleone, apparvero insopportabili e inique poiché, a differenza che nel 1815,
un conflitto militare,
la parte sconfitta
questa volta era difficile attribuire alla Francia la responsabilità dell’aggressione. Il
deve corrispondere al Congresso di Vienna aveva avuto la saggezza di lasciare alla Francia sconfitta una
vincitore per riparare alle via di uscita onorevole; in questo modo, invece, Bismarck innescò una spirale na-
spese e ai danni causati.
zionalista che avrebbe a lungo alimentato motivi di rancore contro la Germania.
La Comune di Parigi
Intanto tra il popolo parigino, stremato dal lungo assedio e frustrato nelle speran-
ze di riscatto e di giustizia sociale, si diffondevano fermenti di rivolta. E fu proprio
per timore dell’agitato clima sociale e politico della capitale che il governo, ostaggio
della maggioranza parlamentare monarchica, si stabilì a Versailles.
Il 18 marzo 1871 a Parigi scoppiò l’insurrezione contro il governo nazionale e
venne proclamato, come nel 1793, il «Comune rivoluzionario»: la Comune («comu-
ne» in francese è un sostantivo femminile) si disponeva a resistere ai «versagliesi»
– provenienti da Versailles – come fino a poco prima Parigi aveva resistito all’as-
sedio dei prussiani. Le istituzioni cittadine della Rivoluzione ripresero spontanea-
mente vita: i parigini ricostituirono una Guardia nazionale in armi, ogni quartiere
elesse delegati che confluirono nella Federazione, un patto unitario di iniziativa
popolare, e nel Comitato centrale, l’assemblea municipale.
609
L’Hôtel de Ville
a Parigi distrutto
da un incendio
durante la Comune
nel maggio del 1871.
Nonostante lo sviluppo del sistema di fabbrica che aveva generato una classe
operaia ( ▶ cap. 7, par. 5), la maggior parte dei rivoluzionari ragionava ancora nei
termini del vecchio egualitarismo giacobino: essi non miravano a pianificare lo svi-
luppo di una società fondata sul lavoro industriale senza sfruttamento, ma solo a
offrire a tutti le stesse risorse e le stesse opportunità. La Comune era quindi legata
al passato piuttosto che al futuro. Aveva di nuovo messo all’ordine del giorno la li-
bertà, l’uguaglianza e la fraternità, ossia i valori chiave della Rivoluzione del 1789
piuttosto che del socialismo o, per meglio dire, aveva inteso costruire il socialismo
moderno utilizzando categorie ideologiche tipiche della democrazia giacobina.
Questa mescolanza fra parole d’ordine giacobine e speranza in un futuro im-
mediato di uguaglianza era impersonata da Louis-Auguste Blanqui, un dirigente
politico che aveva trascorso una lunga parte della sua vita in prigione. I comunisti
blanquisti credevano nella rivoluzione come esplosione immediatamente libera-
trice e risolutrice, dato che la loro cultura politica era sempre stata molto lontana
da mediazioni e tatticismi. La loro rivoluzione doveva essere il risultato naturale
della tendenza spontanea all’associazionismo democratico e ugualitario. Il popolo
lavoratore, con la rivoluzione si sarebbe liberato e rigenerato, in virtù della propria
naturale bontà e giustizia, realizzando la democrazia e l’uguaglianza.
Thiers scelse la linea dura e fece arrestare e fucilare il comandante della Guar-
dia nazionale. La Comune resistette due mesi sotto violenti bombardamenti, ma il
21 maggio l’esercito dei «versagliesi» penetrò nella capitale. La sete di vendetta dei
moderati e dei possidenti, che avevano temuto il completo sovvertimento dell’or-
dine sociale, diede corso a una repressione spietata e volutamente esemplare. In
una spaventosa «settimana di sangue» almeno 20.000 persone, tra le quali donne
e bambini, vennero passate per le armi. Numerosi furono i resistenti fucilati pres-
so quello che oggi è ricordato come «muro dei federati», da allora rimasto un luo-
go sacro per la sinistra francese, e diverse migliaia i deportati nelle colonie penali.
Dal canto loro anche i comunardi si erano macchiati di atrocità e avevano fucilato
magistrati, gendarmi e religiosi (compreso l’arcivescovo della città).
L’esperienza della Comune ebbe un’enorme importanza in un momento in cui
si andavano confrontando diverse ipotesi di azione politica del movimento ope-
raio internazionale. Nella Comune si ebbe una mescolanza ancora magmatica fra
diverse ispirazioni, vecchie e nuove, della quale Blanqui fu appunto la figura più
rappresentativa, anche se non aveva potuto personalmente raggiungere Parigi nei
giorni della battaglia. Il sanguinoso fallimento della rivoluzione parigina accelerò
il dibattito in corso e fu anche rispetto a esso che le diverse anime della sinistra
francese ed europea definirono le proprie identità e prospettive politiche.
610
Il movimento operaio | 17 |
Collega e confronta
1. Utilizzando un motore di ricerca online,
trova delle immagini che ritraggano le
pétroleuses. Scegline almeno tre che ti sem-
brano particolarmente rappresentative e
prepara una presentazione multimediale da
esporre alla classe: contestualizza le imma-
gini e chiarisci quali caratteristiche femmini-
li, positive o negative, vengono sottolineate.
2. Le donne in armi hanno rappresentato fin
dall’antichità delle eccezioni in un mondo
come quello militare dominato dagli uomi-
ni; eppure non sono mancati gli esempi sia
storici che letterari: fra i primi si può citare
Giovanna d’Arco; fra i secondi il personag-
gio di Clorinda della Gerusalemme Libera-
ta, quello di Camilla nell’Eneide di Virgilio o
ancora il mito delle Amazzoni. Lavorando
in gruppi, scegliete una figura letteraria
di donna in armi: rileggete i brani che ne
parlano, analizzatene le caratteristiche fisi-
che e psicologiche con le quali sono state
delineate e infine confrontatevi, discuten-
done in classe.
611
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
4 La Seconda Internazionale
I partiti socialisti e la Seconda Internazionale
La patria del socialismo (o «socialdemocrazia») e della classe operaia divenne in-
vece la Germania, che, a partire dagli anni Ottanta, si pose all’avanguardia nello
sviluppo capitalistico, sopravanzando per molti aspetti la stessa Inghilterra. La Spd,
il Partito socialdemocratico tedesco, venne fondata nel 1875 e in breve tempo di-
venne un grande partito di massa, benché inizialmente costretto alla semiclan-
destinità dalle leggi repressive vigenti in Germania ( ▶ cap. 14, par. 5). Verso la fine
del secolo raggiunse i 400.000 iscritti, controllava centinaia di quotidiani e incre-
mentava rapidamente la propria rappresentanza in Parlamento.
La socialdemocrazia rappresentò così un fenomeno totalmente innovativo nel
panorama del movimento operaio internazionale. Fra gli anni Ottanta e Novan-
ta, anche negli altri Stati europei sorsero partiti socialisti. In alcuni casi più d’u-
no, come in Francia, dove agivano i socialisti marxisti ortodossi, quelli blanquisti,
quelli «rivoluzionari» (spontaneisti e filoanarchici), quelli «possibilisti» (orienta-
ti alla rappresentanza democratico-parlamentare delle istanze del proletariato).
Nel complesso, però, il marxismo aveva conquistato una posizione egemonica
nel movimento operaio internazionale e tale egemonia avrebbe costituito per un
secolo uno degli aspetti più importanti del mondo contemporaneo, dal punto di
vista politico, sociale e culturale. Secondo il pensiero marxista la rivoluzione cessa-
va di essere spontanea e immediata – come sostenevano invece gli anarchici – per
diventare il complesso progetto di un futuro da costruire, un progetto che preve-
deva l’acquisizione di posizioni di forza all’interno della società classista borghese.
In quest’ottica diventava decisivo il ruolo dell’organizzazione politica del proleta-
riato, il partito socialista appunto.
Nel 1889, a Parigi, prese di nuovo vita l’Internazionale. La Prima Internazionale
si era dotata di una struttura dirigente, ma le sue diverse componenti non erano
riuscite a convergere su un punto di riferimento politico indiscutibile. Nella Secon-
da Internazionale socialista, invece, il Partito socialdemocratico tedesco assunse
un ruolo preminente e unificatore, grazie alla sua forza e al suo modello organiz-
zativo. Tra i primi atti della Seconda Internazionale vi furono la proclamazione del
primo maggio quale giornata mondiale di lotta di tutti i lavoratori e la richiesta
delle otto ore lavorative.
LA SECONDA INTERNAZIONALE
612
Il movimento operaio | 17 |
613
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
614
Il movimento operaio | 17 |
5 Laburismo e sindacalismo
Le peculiarità del movimento operaio in Gran Bretagna
In Gran Bretagna il socialismo marxista non attecchì e non nacque un partito di
classe, inteso come rappresentante degli interessi dell’intera classe operaia. La Gran
Bretagna era stata la culla del sistema capitalista ma, a partire dal fallimento del
cartismo ( ▶ cap. 13, par. 4), il movimento operaio inglese era apparso poco inte-
ressato a uno sbocco politico rivoluzionario e si era invece affermato il modello
del movimento sindacale.
Ma anche in campo sindacale gli operai inglesi seguirono una strada diversa dagli
altri. I sindacati inglesi, le Trade Unions, erano all’origine piccole organizzazioni di
mestiere e nella seconda metà dell’Ottocento cominciarono a inquadrare categorie
di lavoratori sempre più numerose, come i meccanici, i carpentieri, i minatori e i
tessili. Le Trade Unions furono presto legalizzate e venne loro riconosciuto il dirit-
to di sciopero e di contrattazione collettiva; nonostante ciò, rimasero organizza-
zioni molto chiuse, che difendevano solo i propri membri e non la classe operaia
in generale, alle quali bisognava versare una quota di iscrizione piuttosto elevata
e che non si ponevano affatto l’obiettivo rivoluzionario.
L’Internazionale socialista giudicava le Trade Unions inglesi espressione di un’«ari-
stocrazia operaia», una frangia privilegiata della classe operaia internazionale, chiu-
sa in se stessa e favorita dalla posizione imperialista che l’Inghilterra occupava nel
mondo, dalla quale tutti gli inglesi, in misura maggiore o minore, traevano qualche
LESSICO beneficio. In realtà i lavoratori inglesi non erano affatto spoliticizzati, al contrario
Classismo
Concezione
erano impegnati e militanti; piuttosto non condividevano una cultura classista, in
materialistica che quanto la loro mentalità era profondamente influenzata dal pensiero religioso. La
riconosce nella divisione sinistra britannica era infatti ancora intimamente puritana, in quanto pensava la
in classi della società
la sola chiave di
politica attraverso categorie derivate dalla morale calvinista: non lottava per una
interpretazione davvero società socialista, ma per il riconoscimento della dignità della persona umana, che
efficace dei fenomeni prescindeva dall’uguaglianza rispetto alla proprietà dei mezzi di produzione, e per
sociali e storici.
strutture politiche fondate su severi princìpi morali e sulla semplicità evangelica.
Le Trade Unions cominciarono a trasformarsi profondamente alla fine del secolo:
nel 1889 l’attività nel porto di Londra rimase paralizzata per più di un mese da un
grande scontro sindacale, in cui la Union dei dockers (i lavoratori portuali) ottenne
la vittoria, grazie anche al sostegno dell’opinione pubblica. Nel decennio succes-
sivo l’arma dello sciopero divenne un incentivo alla crescita delle organizzazioni
sindacali. Così, negli stessi anni in cui in Germania il movimento operaio cresceva
politicamente, in Gran Bretagna cresceva sindacalmente.
615
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
616
Il movimento operaio | 17 |
LABURISTI E SINDACALISTI-ANARCHICI
617
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
618
Il movimento operaio | 17 |
619
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
tificato la Chiesa non soltanto si era isolata rispetto ai governi dei maggiori Paesi
europei, ma stava anche andando incontro a una grave crisi interna. Infatti nello
stesso mondo cattolico si produsse, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, una
frattura assai profonda con la nascita del modernismo, un eterogeneo movimento
di pensatori cattolici, soprattutto italiani e francesi. I modernisti criticavano l’ar-
roccamento della cultura ecclesiastica su posizioni anacronistiche e si adoperavano
per svecchiare le posizioni dottrinali della Chiesa, ben oltre le prudenti innovazioni
di Leone XIII: operarono sia in campo teologico e filosofico (talvolta contrastando
l’ortodossia) sia in ambito politico e sociale.
In quest’ultima direzione il modernismo fu attivo particolarmente in Italia, dove
i cattolici costituivano una forza politica potenzialmente immensa, ma ai margini
dell’impegno civile. Il maggior rappresentante del modernismo italiano fu Romo-
lo Murri, un sacerdote che si fece sostenitore di un’idea di «democrazia cristia-
na» intesa come un vero e proprio partito, che avrebbe dovuto farsi rappresentante
dell’impegno diretto e coerente dei cattolici nella vita politica.
Tollerato da Leone XIII, il modernismo fu sconfessato e dichiarato eretico nel
1907 dal suo successore, Pio X (1903-14). Il ripiegamento della Chiesa su posizioni
più tradizionaliste dimostrava il suo ritardo e il suo atteggiamento contraddittorio
rispetto alle spinte che provenivano dalle trasformazioni sociali e politiche in corso.
620
Il movimento operaio | 17 |
7 Il socialismo in Italia
LESSICO Le difficili condizioni di braccianti e mezzadri
Paternalismo
Alla fine del XIX secolo l’Italia non era ancora un Paese industrializzato come l’In-
Atteggiamento proprio
di un governo, di un ghilterra, la Francia o la Germania, sicché non aveva una numerosa classe operaia
sovrano o anche di un e una tradizione sindacale; solo a Milano cominciava a nascere un primo nucleo
datore di lavoro che
del proletariato di fabbrica. I problemi sociali più drammatici venivano quindi dal
concede ai sottoposti,
senza riconoscere variegato mondo delle campagne.
i loro diritti, dei Nella Pianura padana la trasformazione in senso capitalista dell’agricoltura era
provvedimenti favorevoli,
ormai molto avanzata e il bracciantato – sia al Nord sia al Sud – rappresentava una
presentandoli come atti
di benevolenza. realtà generalmente diffusa. I braccianti sono lavoratori agricoli che, non posseden-
do e neppure potendo affittare la terra sulla quale lavorano, vengono assunti e licen-
ziati in qualità di operai agricoli, secondo le esigenze della produzione. L’agricoltu-
ra padana era in pieno sviluppo, ma i braccianti non ne ricavavano alcun beneficio.
Il loro lavoro era precario e le loro condizioni di vita durissime: non godevano di
alcuna garanzia ed erano i primi a pagare il prezzo delle crisi del mercato agricolo.
Anche le condizioni dei mezzadri dell’Italia centrale non erano facili, perché
dovevano cedere al proprietario metà del raccolto e spesso, non essendo in grado
di assolvere ai loro obblighi, si indebitavano nei suoi confronti, entrando in uno
stato di completa dipendenza economica e sociale.
Al Sud il latifondo impiegava lavoro bracciantile e nel complesso rimaneva una
struttura paternalista, che bloccava i rapporti di lavoro e di possesso della terra in
una situazione di arretratezza spaventosa, manteneva il controllo sui contadini e
non produceva sviluppo economico e sociale. Di conseguenza l’agricoltura latifon-
dista non cresceva affatto e non reggeva la concorrenza internazionale, mentre le
condizioni di vita dei contadini non registravano alcun progresso.
Il latifondo siciliano era particolarmente arretrato e la questione dei «patti agra-
ri», riguardante il tipo di contratto che legava il proprietario e il coltivatore – sta-
Contadini intenti bilendone la durata, quanto doveva investire il proprietario e quanto il contadino,
ad arare un campo. a chi spettavano le migliorie, come ripartire gli attrezzi, il prodotto ecc. –, divenne
Dipinto di Giovanni un problema politico nazionale. Una commissione di parlamentari esperti fu in-
Segantini del 1890.
Monaco, Neue caricata di affrontare la questione, ma non intaccò il potere dei latifondisti, che in
Pinakothek. Sicilia erano ancora chiamati «feudatari» o «baroni».
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
622
Il movimento operaio | 17 |
A sinistra:
manifesto pubblicitario
dell’«Avanti!», quotidiano
del Partito socialista
italiano fondato a Roma
nel 1896.
A destra: la giustizia
sociale spezza le catene
dei lavoratori, in una
cartolina di propaganda
stampata per il
congresso del Partito
socialista del 1902.
623
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
sulla necessità dello sbocco rivoluzionario, tuttavia non sapeva indicare la via per
arrivarci e nemmeno, in concreto, la società che si intendeva costruire.
Fra i dirigenti della sinistra socialista emerse poco prima della Grande Guerra
il giovane Benito Mussolini, che si convinse ben presto della necessità di trasfor-
mare profondamente l’organizzazione del partito. Con lui la sinistra prese sem-
pre più il sopravvento, divenendo alquanto aggressiva e arrivando a espellere, nel
1912, la destra riformista.
Al centro del Partito socialista restava Filippo Turati, ininterrottamente de-
putato dal 1896, condannato a dodici anni di prigione dopo l’insurrezione di
Milano del 1898, ma subito scarcerato per il suo grande prestigio di dirigente
politico. Turati fu per trent’anni il capo indiscusso del socialismo italiano, fi-
no al primo dopoguerra e al fascismo. Come la sua compagna Anna Kuliscioff,
come Kautsky in Germania e come la maggioranza dei socialisti della sua gene-
razione, Turati rimase sospeso fra un atteggiamento non ostile alle istituzioni
liberali e favorevole alle riforme e un obiettivo rivoluzionario a cui non inten-
deva, almeno in linea di principio, rinunciare. Nel complesso la sua politica si ri-
velò debole, scarsamente efficace e non in grado di contrastare una spinta verso
la direzione rivoluzionaria, che avrebbe ricevuto dalla Prima guerra mondiale
un’accelerazione decisiva.
Il centro e la destra del Partito socialista erano forti soprattutto nel nascente mo-
vimento sindacale italiano, che inizialmente trovò la sua espressione nelle Camere
del lavoro, alle quali erano assegnati il coordinamento delle organizzazioni sindacali
locali e compiti di collocamento, di tutela dei lavoratori, di mediazione nelle con-
troversie del lavoro. Al di là di questi compiti strettamente sindacali le Camere del
lavoro – così come più tardi la Confederazione Generale del Lavoro (CGdl, nata nel
1906) – entrarono nel merito delle grandi questioni politiche e sociali, tanto locali
che nazionali e internazionali, inserendosi a pieno titolo nel più ampio dibattito
che in quegli anni animava il movimento operaio e socialista italiano.
la questione dei «patti agrari» siciliani diventa nazionale e si sviluppano i primi movimenti di lavoratori
viene fondato il Partito dei lavoratori italiani, dal 1895 Psi (1892)
624
Il movimento operaio | 17 |
8 Il socialismo in Russia
Il Paese tra sviluppo industriale e immobilismo politico
In Russia, l’affrancamento di milioni di contadini dalla servitù della gleba (1861,
▶ cap. 19, par. 6) non appianò i conflitti sociali ma, al contrario, li inasprì: gli
ex servi, privi dei mezzi economici per acquistare appezzamenti di terra da la-
vorare in proprio, si videro costretti a cercare lavoro nelle nuove fabbriche che
stavano diffondendosi gradualmente nelle città; i contadini più ricchi – chiama-
ti kulaki – si arricchirono invece sensibilmente acquistando proprietà terriere
a prezzi agevolati.
L’afflusso di manodopera dalle campagne in città fu uno dei fattori che contribu-
irono alla rapida industrializzazione della Russia negli ultimi decenni del secolo:
grazie anche al forte coinvolgimento finanziario delle banche e dello Stato, il Paese
si dotò nel giro di pochi anni di infrastrutture moderne (per esempio la rete ferro-
viaria aumentò di sette volte) e di grandi impianti per l’industria pesante. Venne
così a crearsi una classe operaia sempre più numerosa, forte di 2.300.000 persone.
A fronte di questi impetuosi cambiamenti in ambito sociale ed economico l’au-
tocrazia dello zar Nicola II (1894-1918) manteneva un totale immobilismo: non
esistevano infatti una costituzione, né alcuna forma di rappresentanza elettiva, né
garanzie istituzionali di nessun tipo. Inoltre erano categoricamente vietati lo scio-
pero e qualsiasi associazione di natura politica e sindacale.
625
Dalla Storia all’Educazione civica
I diritti dei lavoratori Il lavoro nella stro lavoro, in altre parole, contribu-
tra XIX e XX secolo Costituzione italiana iamo al miglioramento delle condi-
zioni di vita dell’intera collettività.
L’affermazione del sistema econo- L’importanza del lavoro nella Costi-
mico industriale nell’Inghilterra di tuzione italiana emerge fin dall’arti-
colo 1, il quale afferma: Diritti sociali e Stato sociale
fine Settecento e poi nel resto d’Eu-
ropa, negli Stati Uniti e in Giappone I diritti dei lavoratori fanno parte dei
nel XIX secolo, ebbe conseguenze diritti sociali, cioè dei diritti di chi
«L’Italia è una Repubblica si trova in una condizione di biso-
rilevanti non soltanto dal punto di vi-
democratica, fondata gno: a questi individui lo Stato deve
sta economico ma anche da quello
sociale. La creazione delle fabbri- sul lavoro». provvedere offrendo loro tutto ciò
che fu all’origine dei conflitti tra chi che è necessario per condurre una
offriva lavoro, i capitalisti, e chi lo Il lavoro è considerato un diritto. Se- vita degna di essere vissuta. La tu-
condo l’articolo 4, infatti: tela dei diritti sociali, e dunque del
svolgeva, gli operai. Le rivendica-
diritto al lavoro, è una delle carat-
zioni dei lavoratori per il raggiungi-
teristiche fondamentali dello Stato
mento di condizioni lavorative e sa- «La Repubblica riconosce sociale (o Welfare State, «Stato del
lariali migliori avrebbero portato, nel a tutti i cittadini il diritto benessere»), cioè dello Stato impe-
XX secolo, al riconoscimento del gnato a sostenere le categorie più
lavoro come diritto e dei diritti di al lavoro e promuove le
deboli di cittadini.
chi lavora. condizioni che rendano
Così, l’articolo 38 della Costituzio-
effettivo questo diritto». ne afferma che «ogni cittadino ina-
bile al lavoro e sprovvisto dei mez-
Il diritto ad avere un lavoro è consi- zi necessari per vivere ha diritto al
derato preesistente alla Carta co- mantenimento e all’assistenza so-
stituzionale: è uno dei diritti fon- ciale. I lavoratori hanno diritto che
damentali sottratti al potere di siano preveduti ed assicurati mezzi
revisione costituzionale, perché non adeguati alle loro esigenze di vita in
derivano da un atto di volontà di co- caso di infortunio, malattia, invali-
loro che hanno stilato la Costituzio- dità e vecchiaia, disoccupazione
ne ma da una constatazione, un atto involontaria. […]».
di riconoscimento. In altre parole, la Come tutti i diritti sociali, quelli dei
Costituzione non li stabilisce, ma si lavoratori diventano effettivi soltanto
limita a prendere atto della loro esi- se lo Stato si impegna attivamente
stenza e validità. per farli rispettare: si realizzano se
Il lavoro è però anche un dovere. sono sostenuti da una legislazione
Sempre l’articolo 4 della Costituzio- e da una politica economica rivolta
ne, infatti, stabilisce che «ogni citta- allo sviluppo e alla creazione di posti
dino ha il dovere di svolgere, secon- di lavoro. Affinché tali diritti possa-
do le proprie possibilità e la propria no essere fatti valere è necessario
scelta, un’attività o una funzione che che i poteri pubblici intervengano
Uno sciopero di braccianti a Ferrara concorra al progresso materiale o attraverso apposite «politiche per
nel 1954. spirituale della società». Con il no- il lavoro».
Dibattito in classe:
il futuro del lavoro
627
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
628
Ripassa con la mappa concettuale
IL MOVIMENTO OPERAIO
Partito socialista
marxisti Labour Party
italiano
..................................... ................................ e
Karl Marx .....................................
..................................... .................................
(nata nel 1864)
• ........................................
.....................................
(Bernstein)
• ........................................
(Luxemburg)
• ........................................
(Kautsky)
629
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
630
Fonti e Storiografia
FONTI Il Manifesto del Partito comunista
F1 Nel Manifesto del Partito comunista (1848), redatto da Karl Marx (1818-83) e Friedrich
Engels (1820-95), sono formulate in modo chiaro, sintetico e incisivo le teorie marxia-
ne della rivoluzione comunista. Se ne propone un estratto.
La rivoluzione comunistica è la più radicale rottura con tutti i tradizionali rapporti della
proprietà: e non è quindi da meravigliare se nel corso del suo sviluppo essa la rompe nel
modo più radicale con le idee tradizionali. […]
Noi abbiamo visto più su, che la prima tappa della rivoluzione operaia consiste nel fat-
to, che il proletariato si elevi a classe dominante, ossia consiste nel raggiungere vittorio-
samente la democrazia.
Il proletariato profitterà del suo dominio politico, per togliere via via alla borghesia tutto
il capitale, per concentrare nelle mani dello stato, ossia del proletariato organizzato qual
classe dominante, tutti gl’istrumenti della produzione, e per aumentare con la massima
celerità possibile le forze produttive.
Tutto ciò non può naturalmente accadere se non per via di dispotiche infrazioni al diritto
di proprietà, e di violazioni ai rapporti borghesi della produzione, ossia per mezzo di mi-
sure che appariranno quali economicamente insufficienti e insostenibili, ma che nel cor-
so del movimento sorpasseranno sé stesse spingendo a nuove misure, e che per incanto
son mezzi indispensabili per raggiungere la sovversione della intera forma di produzione.
Coteste misure saranno, si intende, da paese a paese diverse.
Ma nei paesi più progrediti, quelle che qui appresso si indicano potranno essere a un di
presso 1 generalmente applicate:
1. Espropriazione della proprietà fondiaria, e impiego della rendita della terra per le spe-
se dello stato;
2. Tassa fortemente progressiva 2;
3. Abolizione del diritto di proprietà;
4. Confisca dei beni degli emigranti e dei ribelli;
5. Centralizzazione del credito in mano allo stato, mediante una banca nazionale con ca-
pitale di stato e con monopolio esclusivo;
6. Centralizzazione dei mezzi di trasporto in mano allo stato;
7. Aumento delle fabbriche nazionali e degl’istrumenti di produzione, dissodamento e mi-
glioramento dei terreni secondo un piano generale;
1 presso: pressappoco. 8. Eguale obbligo di lavoro per tutti, organizzazione di eserciti 3 industriali specialmente
2 Tassa … progressiva:
in vista dell’agricoltura;
l’imposta progressiva è
un tipo di imposta il cui 9. Combinazione dell’esercito 4 dell’agricoltura e dell’industria, e misure atte a preparare la
ammontare aumenta lenta sparizione della differenza fra città e campagna;
in modo proporzionale
10. Educazione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Abolizione del lavoro dei fanciulli
rispetto all’imponibile.
3 eserciti: esercizi. nelle fabbriche, nella sua forma attuale. Combinazione dell’educazione con la produzio-
4 esercito: esercizio. ne materiale.
(da K. Marx-F. Engels, Manifesto del Partito Comunista,
traduzione di A. Labriola, Mursia, Milano 1973, pp. 65-69)
COMPRENDERE 1. Spiega con un esempio che cosa significa il primo punto del programma.
2. Quale dovrà essere la nuova classe dominante dopo la rivoluzione secondo
Marx ed Engels?
INTERPRETARE 3. A tuo avviso, quali benefici avrebbe portato l’aumento del numero di fabbriche
in mano allo Stato?
VALUTARE 4. Quali dei punti espressi nel Manifesto sono in linea con i princìpi affermati
nella Costituzione italiana?
631
Fonti e Storiografia
Questa è la larga strada del popolo, dell’emancipazione reale e totale, accessibile a tutti e, di
conseguenza, veramente popolare, la strada della Rivoluzione Sociale anarchica che nasce
da sola dal seno del popolo distruggendo tutto quanto si opponga al traboccare generoso
della sua vita affinché, dalle stesse profondità dell’esistenza di questo popolo, scaturiscano
le nuove forme di una libera comunità. […]
Leggi in digitale il te- Noi rivoluzionari-anarchici, fautori dell’istruzione generale del popolo, dell’emancipazio-
sto Contro Bakunin di
ne e del più vasto sviluppo della vita sociale e di conseguenza nemici dello Stato e di ogni
Friedrich Engels. Rias-
sumi le critiche del fi- statalizzazione, affermiamo […] che la vita naturale precede sempre il pensiero, il quale è
losofo tedesco rivolte solo una delle sue funzioni, ma non sarà mai il risultato del pensiero; che essa si sviluppa a
a Bakunin e confron- partire dalla sua propria insondabile profondità attraverso una successione di fatti diversi
tale con le posizioni
e mai con una serie di riflessi astratti e che a questi ultimi, prodotti sempre dalla vita, che
espresse del teorico
dell’anarchismo nel a sua volta non ne è mai prodotta, indicano soltanto come pietre miliari la sua direzione e
brano proposto a mar- le varie fasi della sua evoluzione propria e indipendente.
gine. Scrivi un testo in In conformità con queste convinzioni noi non solo non abbiamo l’intenzione né la mini-
cui fai emergere i punti ma velleità d’imporre al nostro popolo, o a qualunque altro popolo, un qualsiasi ideale di
di contatto e gli aspet-
ti divergenti intorno organizzazione sociale tratto dai libri o inventato da noi stessi ma, persuasi che le masse
agli obiettivi politici dei popolari portano in se stesse, negli istinti più o meno sviluppati dalla loro storia, nelle lo-
socialisti; al ruolo del- ro necessità quotidiane e nelle loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi della
lo Stato nella rivolu- loro futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo ideale nel popolo stesso; […] noi
zione e al principio di
autorità.
ci dichiariamo nemici di ogni governo, di ogni potere di Stato, nemici di un’organizzazione
di Stato in generale e siamo convinti che il popolo potrà essere felice e libero solo quando,
organizzandosi dal basso in alto per mezzo di associazioni indipendenti e assolutamente
libere e al di fuori di ogni tutela ufficiale, ma non fuori delle influenze diverse e ugualmen-
te libere di uomini e di partiti, creerà esso stesso la propria vita.
Queste sono le convinzioni dei socialisti rivoluzionari e per questo ci chiamano anarchi-
ci. Noi non protestiamo contro questa definizione perché siamo realmente nemici di ogni
autorità, perché sappiamo che il potere corrompe sia coloro che ne sono investiti che co-
loro i quali devono soggiacervi. Sotto la sua nefasta influenza gli uni si trasformano in de-
spoti ambiziosi e avidi, in sfruttatori della società in favore della propria persona o casta,
gli altri in schiavi.
(da M. Bakunin, Stato e Anarchia,
Feltrinelli, Milano 2011, pp. 159-162)
COMPRENDERE 1. Gli anarchici, secondo Bakunin, per quali obiettivi politici si battono?
2. Che cosa s’intende con statalizzazione?
3. Quali tipi di organizzazione ritiene accettabili Bakunin?
INTERPRETARE 4. Da quale orientamento della sinistra prende le distanze Bakunin quando afferma
che è contrario ad ogni forma di statalizzazione?
VALUTARE 5. Nelle parole di Bakunin, si chiarisce un forte scetticismo nei confronti del potere,
visto sempre come capace di corrompere chiunque lo possieda. Sei d’accordo
con tale posizione?
632
Il movimento operaio 17
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO La Prima Internazionale
Tra valori condivisi e fratture insanabili
La Prima Internazionale fu costituita a Londra nel 1864 con lo scopo di coordina-
re i nascenti movimenti operai dei paesi che andavano sviluppandosi in ambito
industriale. Se da un lato è possibile guardare a quell’evento come a un’entusia-
smante esperienza di connessione internazionale delle istanze operaie, dall’altro
emergono elementi che fin dalla fondazione lasciavano presagire una vita bre-
ve dell’associazione. Si presentano di seguito due punti di vista sulla storia della
Prima Internazionale.
Il 28 settembre del 1864 la sala del St Martin’s Hall, un edificio situato nel cuore di Lon-
dra, era affollatissima. A gremirla erano accorsi circa 2000 lavoratrici e lavoratori, per
ascoltare il comizio di alcuni dirigenti sindacali inglesi e di un piccolo gruppo di operai
provenienti dal continente. Nel manifesto di convocazione dell’assemblea era stata pre-
annunciata la presenza di «una delegazione eletta dagli operai di Parigi» che avrebbe
«consegn[ato] la loro risposta al discorso dei fratelli inglesi e sottopo[sto] un piano per
una migliore intesa tra i popoli». Nel luglio del 1863, infatti, alcune organizzazioni ope-
raie francesi e inglesi, riunitesi a Londra per una manifestazione di solidarietà a favore
del popolo polacco, insorto contro l’occupazione da parte dell’impero russo 1, avevano
proclamato gli obiettivi che esse giudicavano di fondamentale importanza per il movi-
mento operaio.
Nel testo preparatorio dell’incontro, redatto dal noto dirigente sindacale George Odger 2
e pubblicato nel bisettimanale inglese «The Bee-Hive» (L’Alveare), con il titolo Indirizzo de-
gli inglesi agli operai francesi, dichiararono: «una unione fraterna tra i popoli è più che mai
necessaria per la causa del lavoro perché constatiamo che, ogni qualvolta si tenta di miglio-
rare la nostra condizione sociale con la riduzione dell’orario di lavoro o con l’aumento dei
1 insorto ... russo: si
tratta della cosiddetta salari, i datori di lavoro minacciano di assumere lavoratori francesi, tedeschi, belgi o altri
Insurrezione di ancora, che svolgerebbero il nostro lavoro a salari inferiori […]».
Gennaio, che esplose
Gli organizzatori di tale iniziativa non immaginavano – né avrebbero potuto prevedere –
il 22 gennaio 1863 e
proseguì fino all’autunno ciò che questa, di lì a poco, avrebbe rapidamente generato. Essi ambivano alla costruzione
1864. di un luogo internazionale di discussione nel quale poter esaminare le principali proble-
2 George Odger: matiche che riguardavano i lavoratori. Non considerarono, invece, l’ipotesi di fondare una
esponente delle Trade
Unions e politico vera e propria organizzazione, quale strumento di coordinamento dell’iniziativa sindacale
radicale inglese. e politica della classe operaia. […]
633
Fonti e Storiografia
L’assemblea del St Martin’s Hall avrebbe potuto essere una delle tante iniziative di carat-
tere vagamente democratico, già intraprese in quegli anni, che non avevano avuto alcun
seguito. Al contrario, essa costituì il punto di riferimento di tutte le future organizzazioni
del movimento operaio, al quale i riformisti quanto i rivoluzionari si sarebbero in seguito
richiamati: l’Associazione internazionale dei lavoratori.
In breve tempo, suscitò passioni in tutta l’Europa. Fece della solidarietà di classe un ide-
ale condiviso e motivò le coscienze di una grande massa di donne e uomini che scelsero la
lotta con la finalità più radicale, quella di cambiare il mondo. […]
Grazie all’Internazionale, il movimento operaio poté comprendere più chiaramente i
meccanismi di funzionamento del modo di produzione capitalistico, acquisire maggiore
coscienza della propria forza e sviluppare nuove e più avanzate forme di lotta. La sua eco
superò i confini dell’Europa, generando la speranza che un mondo diverso fosse possibile
persino tra gli artigiani di Buenos Aires, i membri delle prime associazioni operaie di Cal-
cutta e gruppi di lavoratori in Australia e Nuova Zelanda.
Viceversa, nelle classi dominanti, la notizia della fondazione dell’Internazionale provocò
orrore. Il pensiero che anche gli operai reclamassero un ruolo attivo nella storia generò ri-
brezzo e furono numerosi i governi che ne invocarono l’eliminazione e che la perseguita-
rono con tutti i mezzi di cui potevano disporre.
Le organizzazioni operaie che fondarono l’Internazionale erano molto differenti tra
loro. Il centro motore fu il sindacalismo inglese. I suoi dirigenti, quasi tutti riformisti,
erano interessati soprattutto a questioni di carattere economico. Essi lottavano per il
miglioramento delle condizioni dei lavoratori senza, però, mettere in discussione il ca-
pitalismo. Pertanto, concepirono l’Internazionale come uno strumento che avrebbe po-
tuto favorire il loro obiettivo, impedendo l’importazione della mano d’opera dall’estero
durante gli scioperi.
(da M. Musto, Karl Marx. Biografia intellettuale e politica 1857-1883,
Einaudi, Torino 2018, pp. 91-93)
634
Il movimento operaio 17
Nel 1864 Marx fu invitato a un convegno internazionale alla St. Martin’s Hall a Londra; qui
fu deciso di fondare un’Associazione Internazionale degli Operai i cui statuti e il cui Indirizzo
inaugurale furono composti da Marx. Nei successivi otto anni Marx fu la personalità domi-
nante nel Consiglio generale dell’Associazione a Londra; fu lui, in particolare, a redigere le
varie dichiarazioni ufficiali sui movimenti continentali, sull’indipendenza della Polonia co-
me baluardo contro la barbarie russa 1, come sostegno alla Home Rule irlandese 2, sulla dimi-
nuzione dell’orario di lavoro, sul trasferimento della terra in proprietà comune ecc. Questo
lavoro monopolizzò la maggior parte del tempo di Marx. Nel 1865 egli scrisse: «Rispetto al
mio lavoro al libro 3, l’Associazione Internazionale mi costa una quantità di tempo enorme,
perché di fatto ho la responsabilità di tutto».
1 barbarie russa: in L’evento politico più importante negli anni in cui l’Internazionale fu in vita fu la guerra
seguito alle spartizioni franco-prussiana, con le sue conseguenze 4. La stabilità di cui l’Europa aveva goduto dopo le
del XVIII secolo, la
rivoluzioni del 1848 fu turbata dalla politica espansionistica della Prussia sotto il suo «can-
Polonia era in gran parte
sotto il dominio russo, celliere di ferro» Bismarck. Nel 1870 Bismarck provocò una guerra con la Francia nel corso
oltre che prussiano della quale sconfisse con grande rapidità e catturò l’imperatore Napoleone III.
(tedesco) e austriaco. Per conto del Consiglio generale dell’Internazionale, Marx emanò tre indirizzi concer-
2 Home Rule
irlandese: espressione nenti la guerra: nel primo si sosteneva che, dal punto di vista della Germania, si trattava di
che significa «governo una guerra difensiva e che una sconfitta francese avrebbe determinato lo scoppio di una ri-
domestico» ed è voluzione in Francia; nel secondo si criticava la Prussia per aver continuato la guerra dopo
associata ai progetti per
l’autogoverno dell’Irlanda la sconfitta di Bonaparte, si dichiarava che l’annessione dell’Alsazia e della Lorena da parte
presentati al Parlamento della Prussia aveva solo gettato i semi di una futura guerra e infine ci si appellava agli ope-
britannico tra i secoli rai di Parigi perché sostenessero il governo provvisorio che era stato costituito alla notizia
XIX e XX, le cui richieste
erano l’indipendenza,
della sconfitta di Bonaparte.
l’istituzione di un Il terzo indirizzo – che era molto più lungo degli altri due e che era intitolato La guerra
Parlamento, di civile in Francia – fu scritto subito dopo la sanguinosa repressione dell’insurrezione degli
un governo e di
operai di Parigi contro il governo provvisorio, insurrezione nota come la Comune di Parigi.
un’amministrazione
autonomi a Dublino. Di questo indirizzo si sono conservati anche due abbozzi anteriori.
3 libro: il libro di cui L’Internazionale fu gravemente indebolita dalla repressione seguita alla Comune e nel
Marx parla è Il Capitale
1870 stava già cominciando a manifestarsi la scissione nelle sue file provocata dai seguaci
(1867).
4 guerra ... dell’anarchico russo Bakunin. Nei limiti in cui sostenevano una dottrina coerente, i seguaci
conseguenze: conflitto di Bakunin si opponevano a ogni forma di stato, anche a uno stato rivoluzionario degli ope-
combattuto nel 1870-71 rai, chiedevano il livellamento delle classi e proponevano metodi cospiratori per raggiun-
tra Francia e Prussia e
che portò al compimento gere questi obiettivi. Nel 1872 il dissidio divenne così serio che Marx fu costretto a metter
dell’unificazione tedesca. fine all’Associazione, proponendo il trasferimento della sua sede a New York.
(da D. McLellan, Marx, il Mulino, Bologna 1998, pp. 21-22)
635
18 La Seconda
rivoluzione industriale
Il nuovo volto delle città
Nel 1873 ha inizio una grave crisi economica che spinge milioni di contadini ad abbando-
nare le campagne per emigrare o a trasferirsi nelle città, in cerca di opportunità migliori.
I centri urbani industrializzati vedono così rapidamente aumentare la popolazione e co-
Esplora l’immagine minciano a dotarsi di reti fognarie, elettriche e idriche; si diffondono inoltre la ferrovia
interattiva e i traghetti per i trasporti interurbani.
638
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
era più costretta a produrre tutto o quasi tutto quello di cui aveva bisogno, ma ciò
per cui la terra era più adatta, e da cui ricavava un profitto. Così facendo aveva più
facile e largo accesso al mercato.
Un cambiamento importante derivò inoltre dal fatto che l’agricoltura andava
differenziandosi dall’allevamento, mentre da sempre le due attività erano state for-
temente integrate. Paesi come la Svizzera o la Danimarca si specializzarono nella
produzione di carne, formaggi e burro, mentre gli abitanti delle grandi pianure ce-
realicole diventavano dipendenti per il fabbisogno di proteine animali. Conseguen-
za ancora più importante della separazione tra allevamento e agricoltura era che
veniva meno la possibilità di concimare i campi col letame, come da sempre si era
fatto, soprattutto per coloro che puntavano sulla cerealicoltura.
A questa mancanza, tuttavia, si riusciva ormai a sopperire. Infatti, a partire dalla
metà dell’Ottocento, lo sviluppo della navigazione oceanica fu tale che si poterono
importare quantità enormi di guano, un potente concime naturale ricchissimo di
fosfati, che consisteva nel deposito degli escrementi di uccelli marini accumulati-
si sulle coste oceaniche del Perù e del Cile. Ma poiché il guano non era una risorsa
inesauribile, ci si rese conto ben presto della necessità di un prodotto più stabile,
sicuro ed economico, che poteva venire solo dall’industria: a fine secolo, grazie al
suo sviluppo scientifico e tecnologico, l’industria chimica era in condizione di sod-
disfare la domanda crescente di concimi creandone di artificiali.
Nel frattempo, nei Paesi più avanzati, l’industria meccanica cominciò a produr-
re numerose nuove macchine per i lavori agricoli, determinando, alla fine del XIX
secolo, una connessione stretta fra agricoltura e altri settori dell’economia.
Un agricoltore
inglese utilizza
un derby land digger,
un aratro collegato
a un motore
di trazione.
1860 circa.
639
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
cando fortuna nelle Americhe. Questo esodo dalle campagne si era già verificato
in Inghilterra tra Settecento e Ottocento e si sarebbe ripetuto nel corso del Nove-
cento in ogni Paese investito dalla trasformazione industriale.
A partire dal 1873, quando si verificò una crisi economica, si interruppe la sta-
gione dei profitti crescenti e la congiuntura delle campagne europee peggiorò gra-
vemente. Le esportazioni agricole americane e russe, sempre più concorrenziali
per la diminuzione dei costi di trasporto, provocarono una caduta del prezzo del
grano, dei redditi dei contadini e del valore delle terre. Il fenomeno dell’abbando-
no delle campagne accelerò e per l’Italia venne il momento della prima grande on-
data di emigrazione.
Due conseguenze fondamentali derivarono dalle imponenti trasformazioni del-
le campagne e dal progressivo arretramento di queste ultime di fronte alla forza
economica e politica dell’industria. La prima fu la perdita di potere e di prestigio
dei proprietari terrieri aristocratici, che avevano dominato incontrastati la scena
nella prima metà dell’Ottocento in tutta Europa, con l’eccezione forse dell’Inghil-
terra. La seconda conseguenza fu la crescente organizzazione cooperativa, sinda-
cale e politica dei contadini, che cominciarono a distaccarsi dall’abituale sogge-
zione al paternalismo dei possidenti o dal ribellismo, violento ma inconcludente,
dei secoli passati.
S1 Progresso e Nel complesso, quindi, a prezzo dell’emigrazione e dell’inurbamento, la condi-
arretratezza nella
zione dei contadini che rimanevano in campagna lentamente migliorava: i tetti
società di fine
Ottocento, p. 661 di tegole sostituivano quelli di paglia, l’illuminazione a gas faceva la sua comparsa
anche nelle case contadine, la carne non era più del tutto marginale nella dieta e
l’analfabetismo cominciava a regredire. E anche i salari aumentavano, proporzio-
nalmente, più dei prezzi.
Emigranti danesi
al porto
di Copenaghen
salutano i parenti
prima di imbarcarsi
per l’America.
Dipinto di Edvard
Petersen del 1890.
640
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
641
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Le linee
di assemblaggio
del Modello T nello
stabilimento Ford
a Detroit nei primi
anni Dieci.
642
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
643
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Abbiamo già parlato, nel numero dello scorso marzo di questo periodico della formazione d’una
Società […] che, sotto il nome di G.B. Pirelli e comp., intendeva attivare l’industria degli apparecchi
ed oggetti in caoutchouc e accennavamo fin d’allora alla prontezza colla quale si iniziavano le
opere di costruzione pel compimento dell’impresa. Ora che tali opere sono assai avanzate crediamo
opportuno farne un cenno ai nostri Lettori, sapendo che non riusciranno prive d’interesse,
particolarmente ai molti nostri Industriali consumatori di simili articoli. […]
A guisa di quanto si verifica all’estero la Società pensò doversi situare lo stabilimento in un grosso
centro commerciale e industriale. […]
Venne quindi deciso di installare lo Stabilimento in Milano, e sui disegni dell’ingegnere Pirelli e
per opera dei bravi imprenditori Fratelli Peregrini, se ne incominciava la costruzione […]. Questo
Stabilimento Nazionale non sarà, né per grandezza, né per perfettibilità del materiale di lavorazione,
inferiore a molti dei forestieri, ché anzi, facendo tesoro degli ultimi perfezionamenti introdotti,
raccoglierà da solo molti dei vantaggi che altrove si trovano sparsi […].
(da «L’industriale», n. 7, 8 luglio 1872, p. 95)
644
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
Manifesto
pubblicitario
del cinematografo
Lumière del 1896.
Manifesto
realizzato
da Jules Chéret per
reclamizzare l’olio
per lampade
a petrolio, 1891.
la vigilia della Prima guerra mondiale si erano ormai ottenuti notevoli risultati
con il rayon, di cui la Germania divenne prima produttrice. Altri nuovi materiali
si svilupparono a partire dalle prime gomme sintetiche: divennero per esempio
possibili le coperture pneumatiche delle ruote, fondamentali per la nascente in-
dustria dell’automobile.
Senza l’elettricità e la chimica sarebbe stata inoltre impossibile una nuova magia:
il cinematografo. La pellicola di celluloide e i sistemi di impressione erano tecnica-
mente disponibili già negli anni Settanta; restava da scoprire il meccanismo ottico
dell’animazione, che fu gradualmente messo a punto negli anni Ottanta e Novan-
ta. Nel 1895 i fratelli Louis-Jean e Auguste Lumière realizzarono la prima proie-
zione pubblica in una sala parigina. Stava per nascere la nuova grande industria
cinematografica, di cui gli Stati Uniti avrebbero assunto la leadership.
In diversi casi i nuovi prodotti dell’industria chimica si ricavavano a partire
dal carbone, che serviva anche a produrre energia elettrica. Il carbone mantenne
quindi ancora per decenni un ruolo primario nella produzione industriale. Ma la
grande novità fu il petrolio: considerato inizialmente una curiosità di laborato-
rio, ben presto divenne la principale fonte energetica dell’umanità e la materia
prima essenziale per l’industria chimica. Dagli 8 milioni di tonnellate di greggio
del 1890, la produzione mondiale passò a 56 milioni nel 1914, di cui 34 nei so-
li Stati Uniti.
645
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
S2 Mobilità nella tardi, le prime automobili dotate di un motore a scoppio dalla struttura simile a
Seconda rivoluzione
quella odierna venivano prodotte dai tedeschi Gottlieb Daimler e Carl Benz. Vero
industriale, p. 662
è che queste macchine non riuscivano a superare i 20 chilometri all’ora, ma i pro-
gressi furono impetuosi. Il motore a scoppio si dimostrò incomparabilmente più
efficace e versatile della macchina a vapore, sufficientemente piccolo da poter es-
sere montato da Daimler addirittura su un mezzo a due ruote.
Negli stessi anni un motore più pesante, con iniezione diretta del combustibi-
le e senza la scintilla prodotta da una candela, fu inventato da un altro ingegnere
tedesco, Rudolf Diesel. Il motore «diesel» si adattava perfettamente come propul-
sore per le navi e fu ampiamente utilizzato in quest’ambito.
Le prime automobili assomigliavano alle carrozze a cavalli, ma ben presto co-
minciarono ad assumere una linea diversa e originale e a imporsi nella concorrenza
con la trazione animale. Allo scoppio della Grande guerra circolavano nel mondo
due milioni di vetture, metà delle quali negli Stati Uniti, che tenevano facilmente
una velocità di 75 chilometri orari.
Il motore a scoppio permise infine la realizzazione di un antico sogno dell’uma-
nità, quello del volo. Negli ultimi anni del secolo si cominciarono a produrre grandi
aerostati a motore; una ventina di anni dopo, un grande dirigibile tedesco sarà in
grado di trasportare 20 passeggeri. Quasi contemporaneamente nascevano i primi
aerei. Nel 1903 i fratelli americani Wilbur e Orville Wright riuscirono a percorre-
re 266 metri a tre metri di altezza dal suolo a bordo di un piccolo aeroplano dota-
to di un motore a scoppio molto leggero. Da allora l’evoluzione fu rapidissima: nel
1909 si superò in aereo la Manica, nel 1910 le Alpi, nel 1913 il Mediterraneo. Nel-
la guerra mondiale che stava per scoppiare, gli uomini erano per la prima volta in
grado di battersi in cielo.
646
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
647
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
648
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
Una classe
di scienze in una
scuola superiore
femminile norvegese
nel 1900 circa.
Leggi l’immagine
• Di quali strumenti è
dotata l’aula?
• In che modo
sono disposte
le studentesse
all’interno dell’aula?
• Osserva
l’inquadratura:
l’osservatore quale
punto di vista
adotta?
649
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Collega e confronta
1. Sul portale franceculture.fr sono pubbli-
cate alcune fotografie d’epoca che docu-
mentano le trasformazioni di Parigi tra gli
anni Cinquanta e Settanta dell’Ottocento:
scegline alcune particolarmente significati-
ve e realizza in gruppo una presentazione
multimediale.
2. Le periferie delle grandi città europee,
dove sorgevano nel XIX secolo fabbriche
e abitazioni popolari, sono diventate parte
dei centri urbani nel corso del Novecen-
to; aiutandoti con una carta geografica,
rintraccia i sobborghi operai di Parigi
come faubourg Saint-Antoine e faubourg
Saint-Germain.
3. Rintraccia delle fotografie recenti dei
grandi viali di Parigi, Vienna e Barcellona
realizzati durante le grandi ristrutturazioni
ottocentesche: individuane le caratteristi-
Boulevard Saint-Denis a Parigi. che e la funzione urbanistica.
Dipinto di Jean Beraud del 1900.
650
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
Nel suo saggio La metropoli e la vita dello spirito (1903) il sociologo e filo-
LE FONTI
sofo tedesco Georg Simmel (1858-1918) descrive gli effetti della vita nelle
Gli effetti della grandi città sulla mente umana. L’intensificazione della vita nervosa e la so-
vita in città vraesposizione agli stimoli acuirebbero la condizione di indifferenza, distra-
zione e solitudine che caratterizzano la modernità, profondamente diversa
sull’essere umano dalla realtà di campagna, dominata da ritmi più lenti.
Il fondamento psicologico sul quale si fonda il prototipo del cittadino è l’intensificazione della vita
nervosa, proveniente da una rapida e ininterrotta sequenza d’impressioni, sia esterne che interne. […]
La rapidità e la concentrazione di immagini diverse, la varietà brutale di oggetti che si possono
abbracciare con un solo sguardo, il carattere inaspettato di impressioni violente. La grande città,
ricreando esattamente queste condizioni psicologiche […] introduce nei fondamenti sensitivi stessi
della nostra vita morale […] una profonda differenza con la piccola città e la campagna, dove la vita
sia a livello sensitivo che a quello intellettuale, si svolge ad un ritmo più lento, più abitudinario, più
regolare.
Questo ci aiuta prima a capire perché in una grande città, la vita sia più intellettuale che in una
piccola, dove l’esistenza è basata piuttosto sui sentimenti, sui legami affettivi, che nascono negli strati
meno coscienti della nostra anima e si sviluppano di preferenza nella calma regolarità delle abitudini.
(da F. Choay, La città. Utopie e realtà, Einaudi, Torino 1973, vol. II pp. 418-419)
651
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Più in generale nasceva per la prima volta un intero nuovo settore dell’economia,
che si definisce dei «servizi» o «settore terziario», fatto in larga misura, seppure
non esclusivamente, di pubblico impiego. Per le società contemporanee si trattava
di un’importante novità che acquisì grande rilevanza rapidamente, in quanto mo-
dificava la composizione dei ceti popolari.
Praticamente inesistente a metà dell’Ottocento, già all’inizio del Novecento nei
Paesi più sviluppati il terziario arrivò a occupare circa un terzo della popolazione
attiva. Le dinamiche sociali tradizionali, la lotta di classe così come Karl Marx l’aveva
studiata, ne risultavano profondamente trasformate: un ceto di impiegati che vive-
vano del proprio salario sostituiva la piccola borghesia della bottega e del laboratorio
artigiano ed era destinato a far sentire il proprio peso nello scontro con il proletaria-
to. Gli impiegati costituivano infatti una piccola borghesia di tipo nuovo: salariati e
privi di una proprietà da difendere, come gli operai, diversamente da questi gode-
vano però di una piccola posizione raggiunta, di un ruolo e di una dignità sociale,
dell’integrazione in un sistema socio-politico dal quale si sentivano promossi. Questo
ceto sociale, perciò, si sarebbe generalmente rivelato conservatore e nazionalista.
652
La Seconda rivoluzione industriale | 18 |
1848, a Seneca Falls, era stata redatta una convenzione con la quale venivano ri-
chiesti per le donne i diritti di cittadinanza. Nel 1869 venne fondata la National
Woman Suffrage Association («Associazione nazionale per il suffragio femminile»).
Il primo movimento femminista che seppe guadagnarsi l’attenzione dell’opinio-
Guarda il video ne pubblica nacque però in Gran Bretagna agli inizi del XX secolo e di lì si estese
Le suffragette e progressivamente al resto dell’Europa. Dal 1903 la battaglia per la parità fu con-
rispondi alle domande:
dotta con grande determinazione dalla Women’s Social and Political Union («Lega
• Quando e dove fu
ampliato il diritto di politica e sociale delle donne»), guidata da Emmeline Pankhurst. Le sue militanti
voto? divennero note col nome di «suffragiste», appunto perché il suffragio femminile
• Quale fu il ruolo
costituiva la loro richiesta fondamentale, ma i detrattori erano soliti riferirsi loro
di Emmeline
Pankhurst? con il nomignolo di suffragettes («suffragette»). Le suffragiste inglesi propugna-
• Quali risultati vano forme radicali di lotta, che causarono numerosi arresti e condanne, ma as-
ottennero i
sicurarono al movimento anche un’ampia visibilità.
movimenti per il
suffragio femminile? Anche in Francia, in Italia e in altri Paesi europei si svilupparono, a partire da-
gli anni Ottanta dell’Ottocento, movimenti suffragisti volti a sollevare la questione
dell’uguaglianza tra i sessi.
Le prime vittorie delle donne in materia elettorale furono conseguite in Nuo-
va Zelanda (1893), in Australia (1902) e nei Paesi nordeuropei (in Finlandia nel
1907, in Norvegia, Danimarca e Svezia durante la Prima guerra mondiale), in Au-
stria (1918) e in Gran Bretagna. Qui nel 1918 venne concesso il voto alle donne di
età superiore ai 30 anni (quando per gli uomini era di 21 anni), ma solo nel 1928 i
diritti politici delle donne inglesi vennero equiparati a quelli degli uomini.
Il movimento delle donne diede un contributo importante e molto originale alla
democratizzazione di fine Ottocento, ponendo già all’ordine del giorno un problema
in parte ancora oggi irrisolto e di grande rilevanza: quello dell’uguaglianza dei diritti.
Ripassa con la Più in generale, lo sviluppo del pensiero democratico chiamava lo Stato a in-
presentazione tervenire e a contrastare, se necessario, il funzionamento spontaneo del merca-
La civiltà industriale e
il movimento operaio
to, a tutela delle fasce più deboli. Stimolava i poteri pubblici a risolvere, non solo
e realizza una mappa in nella questione femminile, il problema del rispetto della differenza nella parità e
cui metti in relazione: a coinvolgere i deboli da protagonisti nelle dinamiche della cittadinanza. Invece il
• le innovazioni
tecnologiche;
pensiero liberale, rimasto ancorato alle élite ottocentesche, faticò a rispondere alle
• le trasformazioni in nuove sfide del XX secolo, imposte dalle rapide trasformazioni economiche e so-
città; ciali, e nel giro di un paio di generazioni le posizioni del liberalismo ottocentesco
• i flussi migratori.
sarebbero state travolte da una crisi irreversibile.
LE TRASFORMAZIONI SOCIALI
653
Dalla Storia all’Educazione civica
Seconda rivoluzione grate nel tessuto urbano, aveva, in- dalla segmentazione dei gruppi so-
industriale e urbanizzazione fatti, attirato nei centri urbani i molti ciali. Una struttura non dissimile da
che nelle campagne non avevano di quella che avrebbe negli anni suc-
Lo sviluppo dell’industrializzazione
che vivere. Questo consistente tra- cessivi caratterizzato anche i distret-
e dei trasporti e la forte crescita de-
sbordo dalla campagna alla città ti produttivi del continente (il bacino
mografica determinarono, nell’Euro-
rese dunque necessaria la costru- carbonifero della Ruhr, i dipartimenti
pa del XIX secolo, una decisa spinta
zione di nuovi quartieri urbani che siderurgici di Calais e della Lorena, il
all’urbanizzazione. Si trattò di una
travalicarono frequentemente le an- distretto minerario della Slesia).
fase di cesura che influì significativa-
tiche mura cittadine. Queste migra- Al centro della città si trovavano la
mente sulla distribuzione della popo-
zioni non pianificate portarono una Borsa, il tribunale, magazzini e nego-
lazione fra città e campagna e sull’or- zi, mentre le industrie erano distri-
crescita rapida e senza regole delle
ganizzazione stessa delle città, che buite in grossa parte lungo il corso
«città industriali», provocando so-
cessavano di essere solo centri am- del fiume. Nelle vicinanze delle fab-
vrappopolamento, carenza di allog-
ministrativi, religiosi e commerciali, briche si trovava la zona dei quartie-
gi, peggioramento delle condizioni
ma diventavano il centro delle at- ri operai, degradata e sovraffollata,
sanitarie, incremento di povertà e
tività produttive ed economiche. vagabondaggio. mentre i quartieri residenziali bor-
Alla fine del secolo il territorio euro- La mancanza di contromisure effi- ghesi si erano spostati all’esterno, in
peo appariva popolato di nuovi in- caci all’industrializzazione e al po- zone libere fino a poco tempo prima
sediamenti, mentre le città già esi- polamento incontrollati fu la causa, e lontane da caos e inquinamento.
stenti si erano espanse sia in termini inoltre, di gravi danni ambientali, a
di popolamento che di dimensioni. scapito della qualità di aria, acqua e Le risposte contemporanee
Lo sviluppo delle fabbriche, inte- suolo, inquinati dai prodotti di scar- all’inquinamento urbano
to industriali e derivati dello stile di
I primi movimenti civili per la conser-
vita urbano.
vazione della natura si svilupparo-
no fra Stati Uniti ed Europa alla fine
Manchester diventa Coketown dell’Ottocento, quando iniziò a es-
L’esistenza di uno stretto rapporto sere evidente l’impatto ambientale
tra industrializzazione, crescita ur- dell’industrializzazione. Negli anni
bana e questione ambientale risul- Settanta del Novecento l’ambientali-
ta evidente quando si considera il smo diventò un movimento di massa
caso inglese e più in particolare il e grazie ad associazioni come World
processo di formazione della città Wild Fund (WWF) e Greenpeace
di Manchester. La città – alla qua- si alimentò il dibattito pubblico sulla
le Dickens si ispirò per la Coketown «questione ambientale» e sulla ne-
del celebre romanzo Tempi difficili – cessità di modificare metodi di pro-
fu per decenni il fulcro dell’industria duzione e stili di vita consumistici.
tessile inglese, e visse una crescita Alla fine degli anni Ottanta, lo stret-
precoce e rapidissima. to legame fra inquinamento prodot-
A metà dell’Ottocento la città mo- to dall’uomo e il degrado irreversi-
strava già una nuova struttura spa- bile del Pianeta fu riconosciuto in
ziale determinata dalla suddivisione ambito scientifico dalla teoria del
L’inquinamento atmosferico prodotto delle funzioni fra le parti della città e global warming (o riscaldamento
da una fabbrica d’acciaio cinese.
Dibattito in classe:
la sostenibilità
Se la sostenibilità am-
globale). Le agenzie internaziona- quarti della popolazione mondiale bientale costituisce uno
li e molti Stati sviluppati iniziarono vivrà in città. Per questo motivo è degli obiettivi prioritari dell’Agenda
a considerare seriamente gli effet- imperativo attuare progetti di so- 2030 dell’ONU, tuttavia alcune ini-
ti dell’industrializzazione sul futuro stenibilità ambientale per rendere ziative green, come la pedonalizza-
dell’ecosistema mondiale. le città dei luoghi vivibili e garantire zione dei centri urbani, sono spesso
accolte con sfavore: le associazioni
Si organizzarono gruppi di ricerca il benessere dei suoi abitanti.
di commercianti, ad esempio, le av-
(IPCC, Comitato intergovernativo Ma che cosa comporta la creazione
vertono come delle minacce alla loro
sul cambiamento climatico) e ap- di un centro urbano sostenibile?
stessa sopravvivenza, già messa in
puntamenti internazionali per indi- Stando alle linee guida stilate a li- grave difficoltà dalla diffusione dei
viduare una politica condivisa di vello mondiale ed europeo, com- grandi centri commerciali. Altri an-
tutela all’ambiente e di contrasto porta garantire aree verdi all’interno cora sostengono invece che sia più
al mutamento climatico. della città; ottimizzare il trasporto importante destinare gli investimenti
In questo contesto trovarono spa- pubblico e iniziative di mobility alle aree rurali spopolate, diminuen-
zio anche le prime idee e proposte sharing; prevenire la produzione do così la pressione demografica
per un’economia alternativa, atten- dei rifiuti e garantire il loro riciclo; sulle città.
ta all’impatto sull’ecosistema e sulla ottimizzare la gestione dell’acqua; Scegliete tre studenti che facciano
biodiversità, ossia la coesistenza abbattere le emissioni di gas serra. da giuria, poi dividete il resto della
di varie specie animali e vegetali in Copenaghen, ad esempio, per- classe in due gruppi:
un determinato ecosistema. L’obiet- segue dal 2009 l’obiettivo di di- 1. il gruppo A argomenterà a favore
tivo di una green economy è oggi ventare la prima capitale al mon- della diffusione delle isole pedo-
quello di ridurre le emissioni di gas do a emissioni zero di carbonio. Il nali nelle città; il gruppo B invece
serra e l’inquinamento e di incre- risparmio di energia è qui garanti- sosterrà le ragioni di chi prefe-
mentare l’efficienza energetica so- to attraverso un sistema di teleri- risce adottare politiche diverse.
stituendo i combustibili fossili con scaldamento collegato alla gran Per approfondire il tema potete
consultare dei video sulla questio-
fonti di energia rinnovabili. parte delle abitazioni che permette
ne accedendo tramite il QR code.
di scaldare (e raffreddare in esta-
2. Ogni gruppo sceglierà un porta-
Città sostenibili te) gli ambienti domestici con una
voce, che in 5 minuti presenterà
L’approccio della green economy riduzione di circa il 70% dell’uso di alla giuria i risultati del lavoro.
è stato negli ultimi decenni di ispi- energia; inoltre, grazie alle numero- Nell’esporre le proprie ragioni, si
razione a progetti di rigenerazione se piste ciclabili, circa il 45% dei possono proiettare presentazio-
e riqualificazione urbana. L’Onu residenti sceglie oggi la bicicletta ni multimediali che contengano
ha previsto che entro il 2050 i tre per spostarsi in città. informazioni e dati.
3. Seguirà un dibattito libero di 10
Sostenibilità: Condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento minuti tra le due squadre. I giudici
dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle si confronteranno poi tra loro e
generazioni future di realizzare i propri. decideranno qual è stato il grup-
Mobility sharing: Condivisione di mezzi e veicoli: car sharing («auto condivisa»), po più efficace nel sostenere l’uno
bike sharing, scooter sharing, ma anche car pooling («viaggio condiviso»). o l’altro modello.
655
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
656
Ripassa con la mappa concettuale
fu caratterizzata da
innovazioni incremento
......................................... cambiamento del
scientifiche e dell’.................................
......................................... ruolo delle banche
tecnologiche nell’economia
657
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
658
Fonti e Storiografia
FONTI La catena di montaggio secondo Henry Ford
F1 Nel brano che segue, tratto dall’autobiografia di Henry Ford, si riporta la descrizione
della catena di montaggio deputata alla costruzione del modello T, un’automobile dal
prezzo contenuto reso possibile dalla nuova organizzazione produttiva che ebbe un
incredibile successo di vendita.
Un’automobile Ford comprende circa cinquecento pezzi, contando i maschi, le viti e ogni
cosa. Alcuni di tali pezzi sono abbastanza grossi; altri non più che particelle di una mac-
chinetta da orologio. Quando noi montammo le nostre prime macchine, la vettura soleva
esser messa al suolo in un punto qualsiasi e gli operai vi portavano man mano i pezzi oc-
correnti […]. Allorché incominciammo a fabbricare da noi i singoli pezzi, fu naturale che
si creasse per ogni pezzo uno speciale riparto nelle officine; ma però un operaio esegui-
va tutte le operazioni necessarie ad un piccolo pezzo. II rapido incalzare della produzione
rese indispensabile l’organizzare altrimenti il lavoro, per evitare che gli operai si dessero
impaccio l’uno con l’altro. II lavoratore mal diretto spende più tempo nel muoversi di qua
e di là per prendere materiali e strumenti che non ne impieghi per il lavoro effettivo […].
II primo passo innanzi nell’opera di montaggio avvenne quando s’incominciò a portare il
lavoro agli operai e non gli operai al lavoro. Ora in tutta la nostra lavorazione noi ci attenia-
mo a due massime: che un operaio, se possibile, non abbia mai da fare più di un passo, e che
egli non abbia bisogno di distrarsi dal ritmo del suo lavoro col piegarsi a dritta e a sinistra.
I principi del montaggio sono questi:
1°) Collocate strumenti ed uomini secondo l’ordine successivo delle operazioni, in mo-
do che ogni parte componente abbia a percorrere il minimo spazio durante il processo di
finimento.
2°) Usate carrelli su binari, o altre simili forme di trasporto, in modo che quando un ope-
raio ha finito la sua operazione, egli getta il pezzo sempre allo stesso posto, il più che sia
possibile a portata della sua mano. Quindi, se si può ottenerlo, è il peso stesso del pezzo
quello che deve far scorrere il carrello sul binario e portarlo al prossimo operaio.
3°) Regolate il sistema di trasporto meccanico anche nel radunare i pezzi sul luogo di
montaggio, in modo che essi giungano e partano col giusto intervallo. II preciso risultato
dell’applicazione di queste massime è la riduzione della necessità di pensiero da parte de-
gli operai e la eliminazione d’ogni loro movimento superfluo. L’operaio deve far possibil-
mente una cosa sola con un solo movimento.
Ora noi mandiamo i pezzi da mettere insieme addirittura ai posti di distribuzione. II
nostro primo esperimento di una ferrovia di montaggio risale circa all’aprile del 1913. La
sperimentammo dapprima per montare i magneti. Noi sperimentiamo sempre dapprima
in piccole proporzioni. Siamo pronti ad abbandonare ogni procedimento passato tosto che
abbiamo scoperto una miglior via, ma dobbiamo avere l’assoluta certezza che la nuova via
sia migliore dell’antica prima di procedere ad alcun radicale mutamento.
(da H. Ford, La mia vita e la mia opera, Apollo, Bologna 1925, pp. 96-97)
659
Fonti e Storiografia
Se vi è paese in cui l’elettricità sia destinata a trionfare anche sui binari delle linee ferro-
viarie prendendo il posto delle macchine a vapore, esso è l’Italia per la ricchezza di quelle
produttrici di «carbone bianco» che sono le forze d’acqua.
Per i grandi percorsi si discute animatamente se si dovrà adottare una terza rotaia, la quale
servirebbe da conduttore di elettricità, o se occorrerà piuttosto stabilire una conduttura aerea.
Gli accumulatori non sono consigliabili e pratici che per le piccole distanze, non poten-
do immagazzinare che una quantità di energia bastevole per cinquanta o sessanta chilo-
metri, essendo inoltre assai pesanti e necessitando di molto tempo per il loro caricamento.
Il primo esperimento di trasformazione della ferrovia a vapore in ferrovia elettrica lo si
è avuto in questi giorni nel breve tratto Milano-Monza: tratto il quale è destinato ad occu-
pare un posto nella storia delle ferrovie italiane, giacché è su di esso che vennero stabiliti i
primi binari e corsero le prime locomotive a vapore. […]
La corrente elettrica fornisce tutto ciò che prima era dato dal vapore: vale a dire produce
l’aria compressa necessaria ad azionare i freni o a dare segnali; fornisce anzi qualcosa di
più, e cioè un’abbondante illuminazione e i modi di riscaldamento.
L’esperimento è notevole quantunque, per la natura del sistema prescelto, esso sia desti-
nato ad essere puramente locale. Semmai potrà spingersi sino a Como, o Lecco, qualora in
tali località sia possibile far sorgere speciali stazioni di caricamento.
La battaglia al vapore l’elettricità non potrà darla vittoriosamente che colla conduttura
aerea o con la terza rotaia, ma a questa trasformazione non si verrà tanto presto, tanto più
che né società ferroviarie né governo sanno ancora se nel 1905, allo spirare delle attuali
Convenzioni, avremo un esercito ferroviario fatto dallo Stato. L’esercizio regolare per pub-
blico della Milano-Monza non comincerà che fra pochi giorni, probabilmente l’11 corrente.
(da La prima ferrovia elettrica d’Italia, in «La Domenica del Corriere»,
5 febbraio 1899, p. 9)
660
La Seconda rivoluzione industriale 18
GLI SNODI La crisi del 1873 incrementò i flussi migratori verso le città e verso l’estero.
DEL TESTO La vita di fabbrica nei centri urbani continuava ad essere difficile.
Si affermarono movimenti sindacali e operai per la tutela dei lavoratori.
Se nelle città si faticava a vivere, nelle campagne l’esistenza di gran parte dei contadini era
ancora a livelli minimi di sopravvivenza, tanto più che disoccupazione e sottoccupazione
erano una piaga aperta in molte regioni europee. La crisi agraria iniziata nel 1873 con il
massiccio afflusso di merci dagli Stati Uniti e la conseguente caduta dei prezzi, continuata
per altri vent’anni scanditi da annate agricole negative, aveva innescato la fuga dai campi
Leggi in digitale il te- verso le città ma anche gonfiato il flusso di emigrazione oltreoceano.
sto Evoluzione delle
forme e degli ambiti di
Non erano solo milioni e milioni di italiani a espatriare, ma anche 800 mila contadini
potere statale nel cor- provenienti dall’Inghilterra, dove gli addetti all’agricoltura nei primi anni del Novecento
so dell’Ottocento di erano ridotti al 10% della popolazione. Gli emigranti inglesi avevano però il vantaggio non
Christopher A. Bayli trascurabile di trovare asilo nelle colonie del Regno Unito e negli Stati Uniti, in una certa
che mette in un luce
misura una seconda patria; per tutti gli altri era invece un viaggio verso un mondo ignoto,
come cambia il ruo-
lo dello Stato nel XIX incomprensibile nella lingua e nei costumi, dove li attendeva una vita dura nei ghetti etni-
secolo. Dopo aver let- ci in cui si rinchiudevano alla ricerca di quel poco di solidarietà che la propria miserabile
to anche gli altri brani comunità di appartenenza poteva assicurare. […]
proposti nel laborato-
Chi non emigrava si inurbava; ma trovare lavoro nelle fabbriche non significava raggiun-
rio storiografico, scrivi
un testo in cui metti in gere una qualità di esistenza migliore per operai chiusi per 12 ore in edifici maleodoran-
luce i diversi aspetti di ti o nel buio delle miniere, dove le frequenti fughe di gas e i crolli uccidevano centinaia di
cambiamento sottoli- uomini e donne. Morivano anche tanti bambini, manodopera molto apprezzata per la pic-
neati dagli storici. cola statura che consentiva loro di infilarsi nei cunicoli più stretti scavati sotto terra per
estrarre carbone e altri minerali indispensabili all’industria in frenetica espansione. Leggi
per la tutela dell’infanzia e delle donne venivano ovunque varate, con ritardo vistoso nei
paesi dell’Est e del Sud-Est rispetto a quelli del Nord, del Centro e persino del sud Europa,
Spagna compresa, dove i governi liberali iniziavano con maggiore o minore determinatez-
za il cammino delle riforme sociali e dell’istruzione pubblica. Tutto ciò non bastava però a
coprire le rivendicazioni di un mondo del lavoro in crescente fermento, guidato da movi-
menti politici e sindacali che si stavano diffondendo ovunque con tale slancio da mettere
in pericolo la stabilità degli assetti istituzionali in ogni parte del continente.
(da S. Colarizi, Novecento d’Europa. L’illusione, l’odio, la speranza, l’incertezza,
Laterza, Roma-Bari 2015, pp. 27-28)
661
Fonti e Storiografia
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO La Seconda rivoluzione industriale
L’evoluzione degli Stati nazionali e l’economia globale
La Seconda rivoluzione industriale mise in moto un flusso molto ingente di perso-
ne, merci e capitali, che fece guadagnare a quel tornante economico l’appellativo
di «prima globalizzazione». Tuttavia, alcuni studi ricordano che l’ultimo quarto del
XIX secolo, oltre a essere decisivo nella costruzione di un’economia globale, fu
anche il periodo in cui si sviluppò la costruzione degli Stati nazionali.
GLI SNODI Le città si dotano di nuovi servizi: trasporti pubblici, acqua e luce.
DEL TESTO Molti contadini si trasferiscono in città.
Si diffondo ferrovie e battelli a vapore per il traporto interurbano.
662
La Seconda rivoluzione industriale 18
GLI SNODI Globalizzazione e costruzione degli Stati nazionali sono due fenomeni paralleli.
DEL TESTO Chi pagava il prezzo dei cambiamenti economici chiedeva un sostegno statale.
Il protezionismo di fine Ottocento non rappresentò un limite alla globalizzazione.
I processi di globalizzazione dell’Ottocento […] non riguardavano ancora delle economie na-
1 gold standard: un
zionali connesse e integrate dallo Stato nazionale, che essi avrebbero collegato in rete e for-
sistema in cui l’oro zato all’adattamento. La globalizzazione avveniva piuttosto parallelamente e simultaneamen-
rappresenta lo standard te alla costruzione delle nazioni. In che modo i due processi si sono condizionati a vicenda?
monetario, che implica la
Sono soprattutto importanti le reazioni politiche alle conseguenze dell’integrazione dell’e-
convertibilità in oro delle
singole monete e un conomia mondiale. Esse provenivano in primo luogo «dagli sconfitti della globalizzazione»:
rapporto di cambio fisso. gli agricoltori tedeschi si vedevano minacciati dalle importazioni a basso costo di cereali e
2 Friedrich List: di carne provenienti da oltreoceano. I farmers americani reclamavano l’abbandono da parte
economista tedesco,
emigrò negli Stati Uniti degli Stati Uniti del gold standard 1 che, mantenendo stabili i prezzi, manteneva stabile an-
per ragioni politiche. che l’entità dei loro debiti. Immigrati canadesi di prima generazione si opponevano all’im-
Rientrato in patria migrazione di altra forza lavoro dequalificata. Tutti questi gruppi richiedevano l’aiuto dello
(1833) fu tra i promotori
dell’unione doganale Stato per tutelare i propri interessi. La maggior parte degli Stati, fatta eccezione per la Gran
tra gli stati tedeschi Bretagna, ritornò dopo il 1878 al protezionismo (gli USA non lo avevano mai abbandonato),
(Zollverein, 1833-34). e vi furono le prime limitazioni all’immigrazione, che in un periodo di razzismo montante
In seguito si batté
perché la nascente
furono innanzitutto indirizzate contro i migranti asiatici.
industria tedesca fosse Quasi simultaneamente al crescere dell’economia mondiale – e in parte come reazione a
tutelata da dazi doganali esso – si affermarono così i prodromi del moderno Stato interventista, che cercava di go-
contro la concorrenza
estera.
vernare la globalizzazione in senso «nazionale» con interventi di politica doganale e pre-
3 avant la lettre: ante sto anche sociale. Il programma politico di tale Stato non si riferiva a Cobden o a Marx, ma
litteram, un precursore. al giornalista svevo-americano Friedrich List (1789-1846) 2, un critico avant la lettre 3 della
4 «lungo» XIX secolo:
globalizzazione, che esercitò una notevole influenza a livello internazionale.
espressione coniata
dallo storico britannico Le nuove barriere doganali non erano tanto solide da costituire una minaccia credibile
Eric Hobsbawm per la neonata economia mondiale. Il ritorno al protezionismo era piuttosto un indizio e
(1917-2012) insieme insieme una causa di un mutato clima politico. […]
a quella di «secolo
breve» per il Novecento Gli ultimi decenni del «lungo» XIX secolo 4 (1789-1914 circa) non furono solo un’età di
(1914-1991), a indicare globalizzazione, ma anche un’epoca di territorializzazione, ossia di sforzi per connettere i
delle cesure tematiche rapporti sociali a spazi politico-territoriali ben delimitati, che di regola coincidevano con gli
che non coincidono
pienamente con quelle Stati nazionali […]. Il controllo politico sulle implicazioni dell’economia mondiale […] divenne
cronologiche. così l’obiettivo, delineato in termini aggressivi, della politica di potenza dello Stato nazionale.
(da J. Osterhammel, N. P. Petersson, Storia della globalizzazione,
il Mulino, Bologna 2005, pp. 76-78)
COMPRENDERE 1. Chi sono, secondo gli autori, gli «sconfitti della globalizzazione»?
IL TESTO
2. Quando muove i primi passi lo Stato interventista e che cosa s’intende
con questa espressione?
3. Perché si parla di epoca di territorializzazione per il lungo XIX secolo?
663
19 Colonialismo
e imperialismo
Imperialismo e razzismo nell’Europa di fine Ottocento
Nel secondo Ottocento, il processo di colonizzazione assume caratteristiche peculiari e
prende il nome di imperialismo: gran parte dei Paesi europei abbracciano una politica di
conquista, sfruttamento e controllo di vasti territori in Africa e Asia, alimentando il raz-
Esplora l’immagine zismo e l’idea della missione civilizzatrice dei bianchi.
interattiva
Tra rinnovamento e crisi: Russia, Giappone e Cina
Truppe coloniali
dell’esercito britannico Mentre in Russia, nel 1861, lo zar Alessandro II abolisce la servitù della gleba, favorendo
fotografate a Londra lo sviluppo manifatturiero nei centri urbani, il Giappone vive una rapida fase di moder-
in occasione del nizzazione che lo porta a diventare una grande potenza industriale. La Cina imperiale
Giubileo di diamante
del regno della regina vive invece un momento di crisi economica e politica aggravata dalle ingerenze di mer-
Vittoria, 1897. canti e finanzieri europei.
665
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Le celebrazioni
del 14 luglio, festa
nazionale francese,
in piazza della
Bastiglia a Parigi
nel 1880. Cartolina
dell’epoca.
666
Colonialismo e imperialismo | 19 |
Lezione in una
scuola coloniale
tedesca in Africa,
a Dar es Salaam.
Fotografia del 1903.
Leggi l’immagine
• Osserva le tre
lavagne: quali
discipline sono
rappresentate?
In quali lingue sono
scritti i testi?
• Chi possono essere
le due figure che
compaiono nei ritratti
sullo sfondo?
667
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
668
Colonialismo e imperialismo | 19 |
669
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
PROVINCE CINA
DELLA FRONTIERA
AFGHANISTAN NORD-OVEST
KASHMIR
Esplora i luoghi e
lavora con le carte Lahore TIBET
dell’Atlante digitale PUNJAB
interattivo
BELUCHISTAN RAJPUTANA Delhi
NEPAL SIKKIM
Karachi ASSAM
SIND PROVINCE BHUTAN
MEWAR UNITE
BENGALA
Mare Arabico Calcutta
PROVINCE
Diu Daman CENTRALI
(Portogallo) (Portogallo)
Bombay BIRMANIA
BOMBAY
NIZAM
Golfo
Leggi la carta Hyderabad del Bengala
Goa
• Quali province (Portogallo)
facevano parte
Territori sotto MYSORE
dell’Impero Madras
il governo
britannico? Quali britannico Bangalore
Pondicherry (Francia)
invece formavano Stati e territori MADRAS
Karikal (Francia)
Stati indigeni? indigeni
TRAVANCORE
• Quali aree Stati indipendenti
costituivano sotto protettorato CEYLON
britannico (Colonia della Corona)
dei protettorati
Colombo
britannici?
670
Colonialismo e imperialismo | 19 |
L’assedio di
Lucknow durante i
moti indiani del 1857.
Dipinto di Thomas
Jones Barker del 1859.
Londra, National
Portrait Gallery.
671
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
3 Il Congresso di Berlino
L’instabilità in Europa e la «questione orientale»
Le competizioni coloniali della seconda metà dell’Ottocento erano il riflesso di un
quadro dei rapporti politici europei pericolosamente instabile. Le grandi potenze
erano le solite cinque (Austria, Russia, Francia, Inghilterra e Germania) ma l’equi-
librio tra loro, il «concerto» europeo prodotto dal Congresso di Vienna ( ▶ cap. 11,
par. 1), si era fatto molto complicato da mantenere. Come si riponeva fiducia nel-
la libertà di impresa nel mercato, così si credeva alla libera iniziativa di ogni Stato
sovrano in politica estera e ognuno si muoveva autonomamente e senza vincoli,
tessendo di volta in volta alleanze diverse a seconda dei vantaggi che riteneva di
poterne ricevere.
La prova era venuta dalla guerra franco-prussiana del 1870 che aveva portato
all’unificazione tedesca ( ▶ cap. 14, par. 6). Caso unico nella recente storia euro-
pea, nessuno si era opposto alle esplicite minacce della Prussia contro la Francia
e non si era formata alcuna coalizione a sostegno dell’una o dell’altra parte. Alla
battaglia di Sedan entrambi i contendenti avevano partecipato con le sole proprie
forze: non succedeva da secoli e non sarebbe più successo. L’equilibrio europeo si
era, insomma, sfaldato.
Tuttavia, negli anni seguenti il cancelliere tedesco Bismarck provò a rimetter-
lo in sesto. Con l’unificazione la Germania aveva ottenuto tutto ciò che voleva e a
quel punto era interessata al riconoscimento dello status quo. Bismarck si diede
dunque da fare per cercare di dirimere i grandi conflitti che le ambizioni «impe-
rialiste», finalizzate ad acquisire maggiori «spazi vitali» nel mondo, generavano
fra le grandi potenze.
Il primo problema internazionale che si pose fu la «questione orientale», cioè
l’instabilità cronica dell’Impero ottomano, ora ulteriormente dilaniato dalla cre-
scita dei nazionalismi, in particolare nei suoi territori europei. A metà degli anni
Settanta del XIX secolo scoppiarono violente rivolte antiturche in Bosnia, Serbia
e soprattutto nell’attuale Bulgaria, dove i turchi reagirono con una terribile re-
pressione. Come sempre a protezione della comunità ortodossa intervenne allora
la Russia, che dichiarò guerra ai turchi (aprile 1877) spingendosi fino alle porte
di Istanbul. Il vecchio Impero ottomano per il momento non crollò ma, incapace
di riformarsi e di controllare il proprio immenso territorio, dovette rinunciare alla
Bulgaria, che divenne indipendente con la pace di Santo Stefano nel marzo 1878.
Il Congresso di Berlino
Nello stesso anno 1878 Bismarck, spinto dal timore che il crollo dell’Impero ot-
tomano nei Balcani rafforzasse eccessivamente la Russia creando una situazione
F1 L'atto finale del di tensione internazionale, convocò a Berlino un congresso per affrontare tutta la
Congresso di Berlino,
complessa questione balcanica. Per la prima volta dopo il Congresso di Vienna, i
p. 703
capi di Stato o i ministri degli Esteri delle grandi potenze si incontrarono per cer-
care di ridare vita al «concerto».
A Berlino furono disegnati i confini del Principato di Bulgaria, i cui territori
furono ridotti rispetto alla pace di Santo Stefano; all’interno del nuovo Stato re-
starono però importanti minoranze turche, greche, macedoni, rumene, albanesi,
ebree, ognuna delle quali parlava la propria lingua e professava la propria religio-
672
Colonialismo e imperialismo | 19 |
IMPERO AUSTRO-UNGARICO
DOBRUGIA
ROMANIA
Bucarest
BOSNIA
Belgrado
Sarajevo
ERZEGOVINA SERBIA Mar Nero
BULGARIA
Sofia
RUMELIA ORIENTALE
MONTENEGRO
Istanbul
MACEDONIA TRACIA
Salonicco
ALBANIA
673
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
e francesi in Asia e
in Africa. Nuova Zelanda
(dal 1907 dominion)
• Oltre a Francia e
Inghilterra, quali
altri Stati ottengono Gran Bretagna Italia Portogallo Stati Uniti d’America Olanda 1867 Data di
territori africani? acquisizione
Francia Belgio Spagna Giappone Germania
674
Colonialismo e imperialismo | 19 |
Per fare questo occorreva, come già era avvenuto nell’America spagnola del Cin-
quecento, un controllo capillare del territorio, quindi non più basi di compagnie
privilegiate di commercio, ma ampie amministrazioni coloniali gestite direttamen-
te dagli Stati. In tale prospettiva, e nemmeno vent’anni dopo la soppressione del-
la Compagnia delle Indie Orientali ( ▶ par. 2), nel 1876 la regina inglese Vittoria si
proclamò «imperatrice delle Indie», cioè non solo dell’India propriamente detta ma
dell’immenso dominio coloniale britannico nel mondo intero. Così tutta l’espansio-
ne coloniale europea della fine dell’Ottocento fu chiamata, già dai contemporanei,
«età dell’imperialismo».
In molti casi le potenze imperialiste dovettero costruire dal nulla le strutture fon-
damentali dell’apparato statale: le strade, le ferrovie, il telegrafo, i servizi postali, i
tribunali, la polizia, le scuole. Ma naturalmente imposero le loro lingue, le loro leggi,
la loro cultura. I missionari diffusero le Chiese cristiane e fondarono scuole e ospe-
dali. Gli esploratori penetrarono negli ultimi luoghi dove l’uomo bianco non era an-
cora giunto, all’interno dell’Africa, dell’Amazzonia, dell’Australia, nelle regioni polari.
675
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
676
Colonialismo e imperialismo | 19 |
Le truppe
britanniche marciano
per le vie de Il Cairo
in Egitto nel 1890.
Stampa dell’epoca.
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
5 Il razzismo e l’antisemitismo
Una nuova forma di nazionalismo
Il Paese nel quale il nazionalismo, nella sua forma più aggressiva e razzista, si
manifestò piuttosto precocemente e in maniera virulenta fu la Germania, dove
aveva fatto la sua comparsa già prima del 1848. Per costruire un sentimento iden-
titario nazionale, vennero istituite feste nazionali in onore del popolo germani-
co, erigendo monumenti agli eroi nazionali o in ricordo di battaglie memorabili
che avevano reso grande e unita la nazione, prima fra tutte la battaglia di Lipsia
(1813) contro Napoleone. Si fondavano associazioni di sportivi e di ginnasti, di
tiratori scelti militarmente inquadrati: il tutto per diffondere nelle masse popo-
lari il sentimento di appartenenza alla comune patria tedesca, la disciplina e lo
spirito di corpo.
Nella maggior parte dei Paesi europei si seguì la medesima strada. In Italia il
mito celebrativo del Risorgimento nazionale ha questa origine e questo signifi-
cato. Si ripescavano dalla memoria storica la grandezza degli antichi romani, l’or-
goglio dei Comuni medievali in lotta contro Barbarossa, l’insurrezione dei Vespri
siciliani contro l’occupazione francese, ossia tutto quello che poteva dimostrare la
presunta superiorità del popolo italiano. Del passato recente si esaltava la galleria
dei padri della patria: Garibaldi e Vittorio Emanuele II e, in subordine, Mazzini e
Cavour, presentati come se avessero lavorato in perfetto accordo, fianco a fianco,
per l’unità nazionale. Il 20 settembre (data della presa di Roma) venne proclamato
festa nazionale, in nome dell’amore di patria.
Del resto, tutti i nazionalismi occultavano o almeno attenuavano i contrasti in-
terni per esaltare invece quelli con lo straniero. Lo scopo era di assicurare al proprio
popolo un maggiore «spazio vitale» da conquistare, in Europa e al di fuori, con la
politica imperialista, ovvero una politica di predominio su altre nazioni basata
sull’annessione territoriale in nome di una presunta superiorità.
Il cancelliere tedesco von Bülow così espresse quest’aspirazione: «Gli inglesi par-
lano di una più grande Inghilterra, la Francia di una più grande Francia: anche noi
abbiamo diritto a una più grande Germania».
678
Colonialismo e imperialismo | 19 |
NAZIONALISMO E ANTISEMITISMO
Ciò avvenne proprio a ridosso del periodo in cui diversi Stati avevano revocato le
secolari discriminazioni di legge contro gli ebrei, equiparandoli nei diritti giuridici
e politici agli altri cittadini. L’emancipazione era stata sancita in Gran Bretagna nel
1854, in Italia nel 1870, in Germania nel 1871, mentre negli Stati Uniti e in Fran-
cia risaliva rispettivamente al 1787 e al 1791.
L’ostilità nei confronti degli ebrei era alimentata da fattori molto diversi e per-
fino contraddittori, ma che potevano mettere d’accordo categorie di persone estre-
mamente lontane fra loro. Secondo gli antigiudaisti cristiani, gli ebrei sarebbero
LESSICO
stati collettivamente responsabili dell’«infame deicidio», della condanna a morte
Antisemitismo di Gesù. Ma gli ebrei che in alcuni casi si erano molto arricchiti con il commercio
Atteggiamento di ostilità e la finanza potevano anche essere presentati come un popolo di speculatori e di
e intolleranza verso gli
capitalisti parassiti delle comunità nazionali che li «ospitavano». Questo tipo di
ebrei, popolo del ceppo
semitico (discendente antisemitismo contaminò anche la sinistra rozzamente anticapitalista. Per l’estre-
da Sem, uno dei tre figli ma destra, al contrario, gli ebrei, popolo di emarginati, costituivano per natura una
di Noè).
stirpe di pericolosi rivoluzionari: non a caso Marx stesso era ebreo.
679
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
LESSICO un «nazionalismo integrale», nemico non solo degli ebrei ma anche dei tedeschi,
Sionismo dei diritti individuali liberali e della Costituzione repubblicana. Veniva così alla lu-
Movimento – il cui
nome deriva da Sion, ce una delle anime della destra novecentesca: un blocco di clericali, militaristi, na-
un’altura su cui sorge zionalisti e antisemiti, anche provenienti dalla sinistra, che in Francia trovarono
la parte più antica di nel partito «antidreyfusardo» il loro cemento.
Gerusalemme – fondato
a Basilea nel 1897 da L’antisemitismo montante provocò come reazione la crescita di un movimento
Theodor Herzl al fine di che cominciava a prendere piede nelle comunità ebraiche europee: il sionismo, la
creare un nuovo Stato cui aspirazione principale era costituita dal ritorno degli ebrei in Palestina. Ben-
ebraico in Palestina. Tale
programma si realizzò
ché questi ultimi si fossero sempre più integrati, soprattutto nell’Europa occiden-
con la proclamazione tale, i fatti dimostravano che l’odio nei loro confronti perdurava anche dopo l’as-
dello Stato di Israele similazione e che, anzi, poteva assumere forme sempre più violente. Non restava
nel 1948.
dunque che cercare di costituire uno Stato ebraico in Palestina, che secondo le
Scritture era la Terra promessa del popolo ebraico. Il sionismo prese i tratti di un
preciso progetto politico nel primo Congresso mondiale sionista di Basilea (1897),
anche se la maggioranza delle comunità ebraiche restava favorevole all’integrazio-
ne nei diversi Paesi.
680
Colonialismo e imperialismo | 19 |
Storia e Sociologia
II darwinismo sociale adatto», costituiva il principio fondante per spiegare il
e il razzismo percorso evolutivo delle esperienze umane. In questa
Nell’ambito della cultura del positivismo, la teo- ottica, a partire dal presente, era possibile ripercorrere
ria dell’evoluzione naturale delle specie di Charles la storia dell’umanità e formulare un «modello storico
Darwin (1809-82) ebbe una grande eco scientifica comparato» con il quale catalogare le diverse civiltà: la
e culturale. Charles Darwin, dopo un lungo viaggio storia dell’umanità sarebbe un’evoluzione verso forme
tra America del Sud e Australia, aveva pubblicato di civiltà sempre più complesse ed eterogenee, un’e-
L’origine delle specie (1859), in cui sosteneva che voluzione che non si svolge tuttavia con gli stessi ritmi
gli esseri viventi fossero il risultato di un percorso e allo stesso modo nelle diverse aree geografiche, in
evolutivo di adattamento all’ambiente: a sopravvive- ragione di fattori naturali e ambientali differenti.
re sarebbero gli individui più adatti, che trasmettono Queste furono le fondamenta su cui venne edificato il
poi le loro caratteristiche per via ereditaria. pensiero razziale, matrice dell’ideologia razzista affer-
Le teorie di Darwin ebbero una grande influenza an- matasi tra Ottocento e Novecento. Il pensiero razzia-
che sulle scienze sociali. La locuzione «darwinismo le, basandosi sulla convinzione che la specie umana
sociale» è apparsa negli anni Settanta dell’Ottocento potesse essere classificata in base a diverse razze, ri-
a designare una teoria secondo cui le leggi che rego- teneva che esse potessero essere individuate in base
lano la vita delle comunità sono quelle evoluzionisti- al loro grado di evoluzione, determinato non da fattori
che, a vantaggio degli individui più socialmente adatti. culturali ma biologici. Pur non venendo citato, il darwi-
Questa interpretazione venne ulteriormente estesa nismo sociale era chiamato in causa ad assicurare una
alla rivalità fra Stati: nel confronto/scontro tra le na- veste scientifica alle teorie razziste, che a loro volta le-
zioni impegnate nell’espansione coloniale, alla fine gittimavano l’imperialismo.
avrebbero vinto quelle più potenti; il darwinismo so- Tra i principali fautori di questo pensiero ci furono
ciale diventava così una sorta di legittimazione bio- Arthur de Gobineau, secondo il quale il primato tra
logistica alle politiche nazionaliste e aggressive delle le razze spettava alla razza ariana, ossia agli europei
grandi potenze. bianchi, e Houston Stewart Chamberlain, che afferma-
La prima organizzazione sistematica del darwinismo va che la razza ariana, incarnata al meglio dai tedeschi,
in ambito sociale fu quella di Herbert Spencer (1820- fosse erede dei Greci e dei Romani e destinata a do-
1903). Secondo Spencer la «sopravvivenza del più minare sulle razze inferiori.
Collega e confronta
1. Lavorando in gruppo, realizzate delle sche-
de che smontino i fondamenti delle teorie
razziste diffuse a partire dal XIX secolo e
basate sull’idea che esistano diverse razze
umane; utilizzate i contributi scientifici della
biologia e della genetica. Potete aiutar-
vi consultando online il TED Talk Perché
non possiamo non dirci africani di Guido
Barbujani, ricercatore da tempo impegnato
pubblicamente contro la diffusione di teorie
razziste.
2. Costruite una mappa concettuale che
spieghi l’uso politico che è stato fatto delle
teorie evoluzioniste di Darwin, dal punto
di vista dei tre autori citati: Spencer, de
Gobineau e Chamberlain.
681
Nel lungo periodo
Il razzismo
e
l’antisemitismo
di Adriano Prosperi
Le origini dell’antisemitismo presunta colpa ancora più grave: spiare senza essere visti. È dunque
Qualche anno prima che in Fran- i cristiani infatti accusarono il po- Giuda la figura in cui si compendia-
cia scoppiasse l’«affaire Dreyfus» polo ebraico e i loro sacerdoti di no tutte le viltà e le caratteristiche
(1894), l'ufficiale accusato di tra- aver complottato per far uccide- negative che a tutt’oggi alimenta-
dimento anche «in quanto ebreo», re Gesù. Nella narrazione della sua no gli stereotipi razziali di cui sono
un grande studioso della letteratu- morte, contenuta nel Nuovo Testa- vittime le persone di fede ebraica.
ra ebraica medievale, Moritz Stein- mento, sono ravvisabili alcune delle
matrici che regolarmente affiorano Marchiare il nemico,
schneider, utilizzava per la prima
volta il termine antisemitismo, ri- nei discorsi e nelle rappresentazioni dal Medioevo al XX secolo
ferendosi alle manifestazioni d’odio antiebraiche, fino ai nostri giorni: gli L’odio che si alimenta da questo ser-
a cui gli ebrei erano sottoposti in ebrei sono inaffidabili, poiché co- batoio di ragioni legate alle vicende
diverse parti d’Europa. me i maestri del tempio tramarono religiose trascritte nel Nuovo Testa-
Le radici di questa ostilità, tuttavia, la morte di Gesù, così i loro discen- mento è definito antigiudaismo. La
erano in realtà molto più antiche. Per denti sempre tramano nell’ombra storia delle ostilità contro la popo-
comprendere come sono stati ela- qualche piano pericoloso. lazione ebraica è infatti, innanzitut-
borati i discorsi e le rappresentazioni La religione cristiana era così desti- to, la storia di un odio religioso, a
antiebraiche è necessario rivolgersi nata a ripetere e ricordare ciclica- lungo approvato e promosso dalle
alla storia della religione. mente i tragici eventi da cui traeva autorità cristiane.
Il Nuovo Testamento è la parte del- principio (il sacrificio del figlio di Dio, Nel 1215, papa Innocenzo III ordinò,
la Bibbia in cui sono raccontate le fatto giustiziare dagli ebrei infede- per esempio, con un decreto con-
vicende legate alla vita e alla morte li), cementando un’ostilità secolare ciliare che la gente di fede ebraica
di Gesù. Questa sezione del testo per gli ebrei. La «perfidia» di questi dovesse indossare un simbolo –
è sacra soltanto ai fedeli che credo- fu menzionata in una preghiera che inizialmente un cerchio – di colore
no che Gesù fosse il Messia, cioè fino al 1959 venne pronunciata re- giallo, in modo da renderli ricono-
il figlio di Dio, la cui venuta è an- golarmente in tutte le chiese cattoli- scibili pubblicamente. Donne e uo-
nunciata dai profeti del popolo di che alla celebrazione del giorno del- mini erano marchiati con un segnale
Israele per rifondare la storia umana. la morte di Gesù. che ne doveva mostrare l’apparte-
Chi crede in questa verità di fede è Inaffidabile, perfido e sordido, l’e- nenza. La loro colpa, per la Chiesa,
un cristiano, poiché, appunto, ritie- breo è anche e soprattutto un tra- risiedeva nelle loro idee religiose.
ne che sia giusto attribuire a Gesù ditore; fu infatti uno dei più stretti Nel Quattrocento, poi, nella catto-
il titolo di Cristo, termine di origine seguaci di Gesù, Giuda, che lo con- lica Spagna si diffuse l’idea che la
greca che indica la sua natura di- segnò, per denaro, alle autorità che persecuzione degli ebrei e degli ara-
vina. Gli ebrei rifiutano invece di l’avrebbero messo a morte. E se an- bi fosse legittima perché il sangue
credere che Gesù fosse il Messia, cora oggi, in italiano, questo nome che scorreva nelle loro vene era me-
di cui parlano i profeti del Vecchio viene utilizzato come un insulto nei no puro rispetto a quello cristiano.
Testamento e la cui venuta è da loro confronti di una persona di fiducia Fu sulla base di questa teoria, no-
ancora attesa. da cui si ritiene di essere stati rag- ta come limpieza de sangre, che si
L’ostilità verso gli ebrei ha origine girati, in Francia a fine Settecento la compì la Reconquista spagnola, al-
da queste differenze di natura reli- parola judas indicava le fessure che la quale si accompagnò la cacciata
giosa, alle quali si aggiunse poi una si praticavano su muri e porte, per dalla Spagna dapprima degli ebrei
682
Oltre il testo:
interdisciplinarità
e cittadinanza
digitale
683
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
FINLANDIA
NORVEGIA
Oslo
Stoccolma San Pietroburgo
SVEZIA
Mare
del Nord Mosca
DANIMARCA Mar
REGNO UNITO Copenaghen Baltico
IMPERO RUSSO
Londra OLANDA
Berlino
Oceano Atlantico Amsterdam
Bruxelles GERMANIA Varsavia
BELGIO
Parigi
Vienna
FRANCIA Budapest
Leggi la carta SVIZZERA
• Quali Paesi sono IMPERO
AUSTRO-UNGARICO
considerati fra ROMANIA
PORTOGALLO BOSNIA Mar Nero
le democrazie SERBIA Bucarest
Lisbona Madrid ITALIA
parlamentari? MONTENEGRO BULGARIA
Sofia Istanbul
• Secondo quanto SPAGNA Roma
emerge dalla carta, IMPERO OTTOMANO
si può sostenere
Mar Mediterraneo
che prevalessero MAROCCO GRECIA
SPAGNOLO
in Europa i governi Atene
autoritari, compresi MAROCCO ALGERIA
TUNISIA CIPRO
(FRANCIA) (FRANCIA)
quelli moderati, o i (FRANCIA) (R.U.)
regimi liberali o quelli
democratici? Democrazie Governi liberali con Parlamento Governi Governi autoritari
parlamentari condizionato dal potere autoritari moderati con istituzioni
684
Colonialismo e imperialismo | 19 |
685
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Praga
GERMANIA BOEMIA GALIZIA
MORAVIA
SLOVACCHIA
Vienna
AUSTRIA Budapest
UNGHERIA TRANSILVANIA
TRENTINO CARNIOLA
Trieste SLAVONIA
CROAZIA
ROMANIA
BOSNIA
Leggi la carta
ERZEGOVINA
• Quanti gruppi etnici DALMAZIA
si possono contare SERBIA
entro i confini ITALIA
dell’Impero austro- Mare BULGARIA
Adriatico
ungarico?
• Quali gruppi
rappresentano delle Italiani Sloveni Croati Bosniaci Polacchi Magiari Ruteni
minoranze? Ladini Tedeschi Serbi Boemi e Moravi Slovacchi Rumeni
686
I principi federali
tedeschi rendono
omaggio a Francesco
Giuseppe I
il 7 maggio 1908
nel castello
di Schönbrunn,
in occasione del
suo sessantesimo
anniversario di
governo. Dipinto di
Franz Josef Karl Edler
von Matsch, 1908.
687
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
688
Colonialismo e imperialismo | 19 |
Accuso il tenente colonnello Du Paty de Clam di essere stato il diabolico artefice dell’errore
giudiziario, inconsapevolmente voglio sperare, e di aver in seguito difeso la sua opera nefasta, per
tre anni, attraverso le più assurde e colpevoli macchinazioni. […]
Accuso il generale de Pellieux e il comandante Ravary di avere condotto un’inchiesta scellerata,
intendo dire un’inchiesta della più mostruosa parzialità, di cui abbiamo, nel rapporto del
secondo, un monumento imperituro di ingenua audacia. […]
E l’atto che qui compio è solo un mezzo rivoluzionario per accelerare l’esplosione della verità e
della giustizia. Non nutro che una passione, quella della chiarezza, in nome dell’umanità che ha
tanto sofferto e che ha il diritto alla felicità. La mia infiammata protesta non è che il grido della
mia anima. Si osi dunque trascinarmi in Corte d’Assise e che l’inchiesta si svolga alla luce del sole!
Aspetto.
Vogliate gradire, signor presidente, l’assicurazione del mio profondo rispetto.
(da E. Zola, Io accuso, in F. Coen, Dreyfus, Mondadori, Milano 1994, pp. 269-270)
689
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
Un incontro tra
la regina Vittoria
e il primo ministro
britannico Disraeli
a Osborne House.
Dipinto di Theodore
Blake Wirgman del
1887 circa.
690
Colonialismo e imperialismo | 19 |
691
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
condo, giuridicamente persona ma non libera, viene considerato parte della terra
su cui è nato. Nel caso di un passaggio di proprietà della terra, i servi che abitava-
no i villaggi compresi in quell’area venivano venduti al pari di qualsiasi altro bene.
Inoltre, nonostante di norma al servo russo toccasse un piccolo appezzamento di
terra per sé e per la propria famiglia, egli doveva al padrone la maggior parte del
proprio lavoro. Ne derivava una condizione di generale indigenza che spesso sfo-
ciava in rivolte e ribellioni contro l’aristocrazia terriera.
Dal punto di vista economico l’utilizzo degli schiavi e della servitù della gleba
rappresentava un fattore di svantaggio. In primo luogo, sia lo schiavo sia il ser-
vo-contadino svolgevano un lavoro imposto e non retribuito e di conseguenza
erano poco stimolati a produrre. Si trattava poi, soprattutto nel caso della servitù
della gleba, di una forza lavoro statica, che difficilmente poteva essere spostata da
un luogo all’altro o da un settore produttivo all’altro.
Infine, se si pensa che in Russia la maggioranza della popolazione era composta
da contadini privi di libertà personale e vincolata alla terra su cui lavorava, risulta
evidente la difficoltà di avviare un processo di modernizzazione, come era inve-
ce avvenuto in Inghilterra, dove milioni di uomini avevano abbandonato il lavoro
agricolo per divenire operai nelle fabbriche. Perciò, nonostante ci si rendesse conto
che la servitù della gleba rappresentava un grave intralcio allo sviluppo, la classe
dirigente del Paese non fu disponibile a rinunciare al tradizionale sistema di do-
minazione, né a mettere a repentaglio la fonte dei propri redditi.
Le riforme di Alessandro II
Con Alessandro II (1855-81), figlio di Nicola I, proseguì il processo di moder-
nizzazione in senso autoritario della Russia. Appena salito al trono, nel 1855,
egli dichiarò che era molto meglio affrontare il problema della servitù «dall’alto
anziché aspettare che cominciasse a risolversi da sé dal basso». Con il «rescritto
imperiale» (ukaz) del marzo del 1861 fu proclamata l’emancipazione dei servi,
una misura che riguardava quasi cinquanta milioni di contadini russi, seguita da
una profonda riforma giudiziaria. Vennero soppresse le pene corporali (la fru-
sta, il marchio a fuoco dei condannati) e furono creati dei tribunali statali al po-
sto di quelli dei nobili proprietari terrieri. Alessandro II schiuse anche le porte a
istituzioni rappresentative, le assemblee provinciali di tutte le categorie sociali,
che, in assenza di un Parlamento nazionale, divennero il principale luogo di di-
battito politico.
Ma l’improvvisa libertà personale, che modificava radicalmente la condizione
giuridica dei contadini, non migliorò affatto la loro reale situazione economica e
sociale, anzi, da molti punti di vista la peggiorò. Privi di capitali per il riscatto del-
le terre, incapaci di competere con i grandi latifondisti e di fatto da essi ancora di-
pendenti, i contadini russi si trovarono esposti alle cicliche crisi agrarie ed eco-
nomiche che, a partire dagli anni Settanta, investirono i mercati internazionali. In
compenso essi iniziavano a rappresentare un enorme bacino di manodopera per
la nascente industria russa, che in quegli anni stava muovendo i primi impetuo-
si passi. La trasformazione dei contadini in classe operaia fu dunque rapida ma,
rispetto agli operai occidentali, essi rimasero più legati a un forte senso della co-
munità egualitaria tradizionale e meno disposti a comprendere le pratiche indivi-
dualiste del mercato capitalista.
692
Colonialismo e imperialismo | 19 |
693
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
694
Colonialismo e imperialismo | 19 |
LESSICO Cina a cedere su tutta la linea. I mercanti britannici ebbero l’accesso a basi com-
Narcotraffico
merciali (tra cui il porto di Shanghai), prima a loro precluse, e un’ampia libertà di
Smercio degli stupe-
facenti che dalle aree movimento. La Gran Bretagna ottenne così il piccolo territorio di Hong Kong, pres-
di produzione vengono so Canton, che divenne una base permanente del narcotraffico.
smistati verso i possibili
Sotto i colpi subdoli dell’espansione commerciale dell’Occidente il Celeste Im-
mercati a opera di orga-
nizzazioni criminali. pero cominciò a vacillare. Si formò infatti una gigantesca cospirazione interna
contro la dinastia Qing, giudicata colpevole di corruzione e malgoverno. A capo
di questo movimento cospirativo vi era una società segreta guidata da un giovane
intellettuale di provincia, Hong. Dopo aver fallito gli esami da mandarino, Hong
si era convertito a una sorta di cristianesimo sincretistico, adattato alle tradizioni
egualitarie dei contadini cinesi, proclamando l’avvento di un «Regno celeste della
grande pace», in cinese Taiping Tianguo. La rivolta da lui guidata prese quindi il
nome di rivolta dei Taiping (1849-64).
695
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
menso mercato di sbocco cinese, arrivò a trarne il 15% delle proprie entrate fiscali.
L’immenso traffico di oppio, del resto, assorbiva per intero il potere d’acquisto del
mercato cinese, che dagli occidentali non comprava altro, con delusione e danno
per l’industria britannica. La borghesia inglese, oltre ai motivi umanitari, aveva
dunque anche ragioni di ordine economico per opporsi al narcotraffico. Sorsero
così le prime società finalizzate alla lotta contro l’oppio, che tuttavia non raggiun-
sero risultati apprezzabili: saranno piuttosto le rivoluzioni asiatiche del XX secolo
a debellarlo in gran parte.
COREA
SINKIANG Pechino
IMPERO CINESE
Shanghai
Nanchino
TIBET
696
Colonialismo e imperialismo | 19 |
del XIX secolo, su questo terreno si svolse un conflitto all’interno del potere impe-
riale. A prendere la direzione del movimento di chiusura xenofoba fu infatti una
società segreta legata agli ambienti più chiusi e reazionari della corte e composta
da giovani militanti indignati per i continui cedimenti alle pressioni coloniali, in-
tenzionata a tornare all’antica grandezza e alle radici profonde della civiltà cinese.
Gli affiliati di questo gruppo, che si denominò «Società di giustizia e fratellanza»,
furono chiamati dagli occidentali con il termine inglese boxers («pugili»).
LESSICO
Legazioni I boxers cominciarono con l’organizzare grandi manifestazioni di folla a Pechi-
Sinonimo di amba- no, poi tra il giugno e l’agosto del 1900 occuparono la città, diedero l’assalto alle
sciate o di missioni missioni cristiane, uccisero l’ambasciatore tedesco e assediarono le sedi delle le-
diplomatiche. Il termine
può indicare anche
gazioni straniere. Gli eventi provocarono una nuova guerra fra la Cina e le poten-
l’edificio dove ha sede ze coloniali: queste organizzarono una spedizione sotto il comando tedesco (con
una rappresentanza la partecipazione anche di un contingente italiano), che nel 1901 ottenne un facile
diplomatica.
successo sulla rivolta e completò l’asservimento del Paese.
A differenza dell’India, la Cina non era stata oggetto di un progetto colonizzatore
di vasto respiro; aveva inoltre respinto la modernizzazione e il modello industria-
le che invece erano al centro delle trasformazioni del Giappone. Era quindi uscita
L'attacco delle distrutta, ma non profondamente modificata, da un secolo di presenza occidenta-
truppe giapponesi le. All’inizio del Novecento l’immenso Paese asiatico toccò uno dei punti più bassi
contro i boxers a della sua storia millenaria, ma la sua struttura sociale rimaneva la stessa di prima:
Tianjin, in Cina,
nel 1900. Cartolina ormai incapace di resistere alle aggressioni, ma ancora in grado di elaborare solu-
giapponese dell'epoca. zioni completamente diverse dai modelli che giungevano dall’esterno.
697
| 4 | L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri
698
Colonialismo e imperialismo | 19 |
poi improvvisamente ceduto su tutta la linea alle loro richieste. Allo stesso tempo,
i samurai non tolleravano più i vincoli feudali, che costringevano il Giappone a un
immobilismo rituale ormai inaccettabile in un mondo in cui i mercanti si arric-
chivano e le città crescevano. La direzione politica doveva quindi essere restituita
alle forze sane del Paese, che si riconoscevano direttamente nel potere imperiale.
Si aprì così una fase di violenta guerra civile che portò ad atti di ribellione con-
tro il potere dello shogun e alla conquista di alcune province da parte dei samurai.
Le violenze si accompagnarono anche a rivolte contadine e a difficoltà economiche
gravi determinate dalla penetrazione economica occidentale. La piena restaurazio-
ne dell’autorità imperiale fu sancita dalla successione al trono del nuovo sovrano
Mutsuhito, nel 1867. Lo shogun fece atto di sottomissione e abbandonò il potere
accogliendo l’imperatore a Edo, che da allora prese il nome di Tokyo. Al regno di
Mutsuhito fu dato il nome augurale di «governo illuminato», in giapponese Meiji.
699
Ripasso attivo Ascolta la sintesi
700
Ripassa con la mappa concettuale
COLONIALISMO E IMPERIALISMO
...............................................
in cui si diffuse un come il che nel corso del che puntarono sul
701
Verifica Svolgi altri esercizi su HUB Test
702
Fonti e Storiografia
FONTI L’atto finale del Congresso di Berlino
F1 A Berlino, tra il 1884 e il 1885, le potenze europee si confrontarono su questioni quali
le nuove acquisizioni territoriali, la libertà di commercio e navigazione, la «tutela» degli
indigeni, ai quali si sentivano di poter impartire lezioni di modernità. Dalle risoluzioni ap-
provare emerge come, di fatto, l’Europa si sentisse proprietaria del continente africano.
Capitolo I
Dichiarazione relativa alla libertà del commercio nel Bacino del Congo, le sue foci, e altri paesi
circonvicini e disposizioni annesse.
Art. 1 – Il commercio di tutte le nazioni godrà di una completa libertà:
1) In tutti i territori costituenti il bacino del Congo e dei suoi affluenti. […]
Leggi in digitale il 2) Nella zona marittima che si estende lungo l’Oceano Atlantico […].
testo Gli obiettivi
3) Nella zona che si prolunga all’est del bacino del Congo […], fino all’Oceano Indiano […].
politico-commerciali
dell’esplorazione È espressamente inteso che, estendendo a questa zona orientale il principio della libertà
del Congo di Henry commerciale, le Potenze rappresentate alla conferenza non si impegnano che per se stesse,
M. Stanley che e che tale principio non si applicherà ai territori attualmente appartenenti a qualche Sta-
riprende alcune delle to indipendente e sovrano, se non in quanto tale Stato vi darà il suo consenso. Le Potenze
linee stabilite ne L’atto
finale del Congresso convengono di adoperare i loro buoni uffici presso i governi stabiliti sul litorale africano
di Berlino a proposito del mare delle Indie al fine di ottenere il detto consenso, e in ogni caso, assicurare al tran-
di colonizzazione e sito di tutte le nazioni le condizioni più favorevoli. […]
missione civilizzatrice.
Dopo aver letto
e riassunto i due
Disposizioni relative alla protezione degli indigeni, dei missionari e dei viaggiatori, nonché al-
brani, scrivi un testo la libertà religiosa.
di risposta sulle Art. 6 – Tutte le Potenze che esercitano diritti di sovranità o una influenza nei detti ter-
effettive conseguenze ritori s’impegnano ad adoprarsi nel miglior modo per la conservazione delle popolazioni
sociali, economiche
indigene e per il miglioramento delle loro condizioni morali e materiali di esistenza, e a
e culturali dello
sfruttamento coloniale concorrere all’abolizione della schiavitù e soprattutto della tratta degli schiavi; esse pro-
dell’Africa. teggeranno e favoriranno, senza distinzione di nazionalità o di culti, tutte le istituzioni e
imprese religiose, scientifiche o caritatevoli, create ed organizzate a tal fine, o tendenti ad
istruire gli indigeni e a fare loro comprendere ed apprezzare i vantaggi della civiltà. […]
Capitolo VI
Dichiarazione relativa alle condizioni essenziali da adempiere perché le nuove occupazioni sulle
coste del continente africano siano considerate effettive.
Art. 34 – La Potenza che d’ora in poi prenderà possesso di un territorio sulle coste del
continente africano all’infuori dei suoi possedimenti attuali o che non avendone ancora
volesse acquistarne, come pure la Potenza che vi assumerà un protettorato, accompagnerà
l’atto relativo con una notificazione rivolta alle altre Potenze firmatarie del presente atto,
onde porle in grado di far valere, se sia il caso, i loro reclami.
(da R. Rainero, Storia dell’Africa dall’epoca coloniale ad oggi,
Edizioni Rai, Torino 1966, pp. 155-167)
703
Fonti e Storiografia
L’onore spettante alla recente politica britannica è questo: che dall’inizio del congresso [di
1 dominio: Gladstone Berlino] fino alla fine, i rappresentanti dell’Inghilterra, invece di prendere le parti della li-
si riferisce al sostegno bertà, dell’emancipazione e del progresso nazionale, hanno preso […] le parti della servitù,
inglese all’Impero otto-
mano nella guerra contro
della reazione e della barbarie.
la Russia, che difendeva Con uno zelo degno di miglior causa, essi si sono adoperati per ridurre i limiti entro cui
invece gli interessi delle le popolazioni della Turchia europea devono essere padrone del loro destino; per mantene-
popolazioni di religione
re quanto potevano del dominio turco; per indebolire quanto potevano i limiti posti a tale
cristiano-ortodossa sog-
gette al dominio turco. dominio1. Né questo fu fatto soltanto per porre un freno o controbilanciare l’influenza della
2 l’unica … Levante: Russia, giacché, a quanto risulta, essi hanno fatto di più di qualsiasi altra potenza per aiutare
Durante il Congresso di
la Russia a spogliare la Romania del suo territorio della Bessarabia; ed hanno operato ener-
Berlino, Francia, Italia e
Russia proposero una gicamente contro la Grecia, che rappresentava l’unica forza viva anti-russa del Levante2. […]
rettifica del confine L’onore che il governo ci ha procurato a Berlino è quello di aver usato il nome, l’influen-
greco-turco a vantaggio za e anche, per i suoi preparativi, il potere militare dell’Inghilterra per applicare i princìpi
della Grecia, ma l’Inghil-
terra si oppose. di Metternich e scalzare i princìpi di Canning3. Noi, che abbiamo aiutato il Belgio, la Spa-
3 Canning: George gna e il Portogallo a diventare liberi, che abbiamo diretto la politica che portò allo stabi-
Canning (1770-1827), limento della libera Grecia, e abbiamo dato un appoggio considerevole alla liberazione e
uomo politico inglese,
sostenne il principio unificazione dell’Italia4, ci siamo attivamente dati da fare a Berlino per limitare dovunque
del non-intervento negli l’area dell’autogoverno e per salvare quanto era possibile dal naufragio una dominazione
affari interni degli altri che ha contribuito più di qualsiasi altra che sia mai esistita alla miseria, all’oppressione e
Stati, favorendo così i
vari movimenti liberali e
allo sterminio dell’umanità. […]
nazionali. Una politica estera «vigorosa» presenta tutti i vantaggi di una buona e pratica specula-
4 unificazione dell’I- zione politica. In primo luogo, con l’indurre lo spirito pubblico a una eccitazione più for-
talia: la Gran Bretagna
te, provoca una relativa indifferenza riguardo ai particolari più noiosi dell’opera legislativa
aveva guardato positi-
vamente all’unificazione e copre abilmente tutte le deficienze interne. […] In secondo luogo, invece di appoggiarsi
dell’Italia, poiché un’Italia al modo di vedere di un partito, una politica estera «vigorosa» esprime quelle che presu-
unita faceva comodo a
mibilmente sono le rivendicazioni e gli interessi della nazione e sparge così un alone in-
Londra come contraltare
a Parigi. torno ai suoi atti. In terzo luogo, appellandosi così all’amor proprio e all’orgoglio nazio-
5 «Me … Frenchmen»: nale, è praticamente sicura di estendere per un certo tempo la sua influenza oltre l’ambito
«Mi pareva che su un dei suoi seguaci più convinti e di ottenere l’appoggio di tutti quei buoni cittadini che dal
solo paio di gambe
inglesi marciassero tre loggione o altrove applaudiscono i versi: «Me thought upon one pair of English legs/ Did
francesi». march three Frenchmen»5.
(da I liberali vittoriani, a cura di O. Barié, il Mulino,
Bologna 1961, pp. 197-198)
COMPRENDERE 1. Quali critiche Gladstone muove alla politica britannica dopo il Congresso
di Berlino?
2. Quali Stati la Gran Bretagna ha aiutato a diventare liberi in passato, secondo il
liberale?
3. Di che cosa accusa la Russia?
INTERPRETARE 4. Spiega l’accezione particolare che assume il termine «vigoroso», riferito alla poli-
tica inglese, nel discorso di Gladstone.
VALUTARE 5. Nel testo, si scontrano due concezioni rispetto alla politica estera britannica:
lavorando in gruppo, riassumetele ed esponetele alla classe, confrontandovi e
discutendone assieme.
704
Colonialismo e imperialismo 19
I popoli nativi, di cui ora parleremo, comprendono i gruppi privi di una ben definita struttu-
ra statuale: pastori, nomadi, abitanti delle foreste e pescatori, ovvero quelli che nelle prime
ricerche antropologiche erano designati come «tribù primitive». L’identificazione di questi
gruppi non può essere molto precisa, dal momento che vi erano ancora molti matrimoni mi-
sti e interscambi culturali che li legavano ai popoli più stabilizzati e ai sudditi degli Stati. […]
Durante le guerre napoleoniche e i primi tempi dell’imperialismo globale, gli equilibri
militari e demografici non avevano subito decisi spostamenti ai danni dei popoli nativi. […]
Il cambiamento decisivo avvenne con l’espansione degli insediamenti dopo il 1840. Il
decennio seguente fu quello in cui l’emigrazione complessiva verso le Americhe aumentò
del 40 per cento, mentre, negli stessi anni, quella inglese nell’Australia meridionale e orien-
tale andava anch’essa accelerandosi. Una grande ondata di colonizzazione europea dilagò
sospinta dalle navi, dalle ferrovie e dalla vorace brama dell’oro, fino a diventare un diluvio
nel corso degli anni Settanta. […]
Da allora in poi […] gli europei instaurarono rapidamente il loro dominio. L’esportazio-
ne oltremare delle guerre e delle rivalità europee rese gli inglesi più spietati nel perseguire
i propri interessi strategici. I bastimenti a vapore, il telegrafo, i progressi nel campo della
medicina e delle tecnologie belliche avevano ulteriormente allargato il divario di risorse
e potere tra europei e africani. Avendo alle spalle scarse tradizioni di vita urbana, i popoli
dell’Africa meridionale e orientale, a differenza di quelli delle regioni occidentali del conti-
nente, incontrarono maggiori difficoltà di adattamento. Era loro consentito risiedere nelle
città dei bianchi per svolgere lavori servili, e quelli che vi si erano adattati vennero sempre
più tenuti in segregazione. Come per gli aborigeni australiani, fu il popolo di cacciatori san,
detti anche boscimani, a patire le conseguenze più gravi dalla perdita del controllo sulla terra.
Con i progressi delle comunicazioni aumentava anche il numero dei coloni. Nei soli anni
dal 1873 al 1883 ne arrivarono 25.000 e, attratti dal richiamo dei diamanti e dell’oro tanto
quanto dalla brama di terra, si spinsero aggressivamente nell’interno. I governi inglesi, de-
cisi a mantenere il controllo sulle loro società coloniali in crescita, stabilirono che ciò era
incompatibile con la permanenza di Stati africani fieramente indipendenti. Il regno zulu1
1 Il regno zulu: gli Zulu fu definitivamente abbattuto nel 1881. A nord, il popolo degli ndebele, stanziato nell’at-
sono una popolazione tuale Zimbabwe, fu gradualmente costretto in spazi recintati e infine sconfitto dopo una
bantu attualmente
sanguinosa rivolta nel 1896-97. […]
divisa tra Repubblica
Sudafricana, Malawi, Alla data del 1914, centinaia di migliaia di sudafricani si era trasformati in lavoratori nel-
Swaziland e Leshoto. le miniere o sulle tenute agricole di proprietari bianchi.
(da C.A. Bayly, La nascita del mondo moderno 1780-1914, Einaudi, Torino 2009, pp. 542-554)
705
Fonti e Storiografia
STORIOGRAFIA
A CONFRONTO Due facce della stessa medaglia?
Il rapporto fra imperialismo e capitalismo tra Otto e Novecento
I due brani proposti offrono una differente lettura del nesso tra capitalismo e im-
perialismo: nella celebre analisi di Lenin, l’imperialismo sarebbe una diretta con-
seguenza della trasformazione del sistema capitalista; invece, nella più recente
riflessione di Mommsen i rapporti tra capitalismo e imperialismo apparirebbe-
ro oggi, a un’analisi attenta, meno lineari di quanto si sia in passato sostenuto.
706
Colonialismo e imperialismo 19
GLI SNODI Le spese per organizzare un sistema di dominio imperialista erano ingenti.
DEL TESTO L’espansione imperialista coincise con la crescita economica mondiale.
Imperialismo e capitalismo non sono legati da un rapporto di causa-effetto.
707
Laboratorio per l’Esame di Stato
Prova scritta
TIPOLOGIA B La frontiera americana
L’analisi di Turner poggia sul concetto di frontiera usato come chiave interpretativa
dell’evoluzione degli Stati Uniti e considerato come tratto distintivo dell’identità nazio-
nale americana. Alla base del carattere dei colonizzatori lo storico pone la lotta ingag-
giata con la natura per conquistare nuovi territori.
COMPRENSIONE 1. Quali caratteristiche emergono relativamente allo stile di vita della frontiera
E ANALISI americana?
2. In che termini si parla del rapporto tra civiltà europea e civiltà della frontiera
americana?
3. Spiega la seguente similitudine geologica: «Come le morene frontali si deposi-
tano a ogni regredire delle glaciazioni, così ogni frontiera lascia dietro di sé le
proprie tracce [...]».
PRODUZIONE 4. Il processo di americanizzazione delle terre non ancora colonizzate nel corso
dell’Ottocento ha avuto grandi conseguenze sullo sviluppo economico e politico
degli Stati Uniti: non soltanto il numero degli Stati si moltiplicò nell’arco di pochi
decenni, ma un prezzo molto alto fu pagato dalle tribù dei nativi che abitavano
nelle regioni centrali e occidentali del continente. La maggior parte dei discenden-
ti delle tribù indiane vive in condizioni di comunità marginalizzate, spesso sotto
la soglia di povertà. Ritieni giusto che i discendenti dei nativi ricevano nel 2020
un risarcimento per quello che hanno subito i loro antenati? Scrivi un testo di tipo
argomentativo in cui, dopo aver ricostruito le tappe del processo di espansione
territoriale degli Stati Uniti, esprimi la tua opinione sul tema dei risarcimenti nel
caso di violazione dei diritti umani.
708
L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri 4
Con un gesto che i congolesi aspettavano da decenni, il re del Belgio ha espresso martedì
30 giugno, nel sessantesimo anniversario dell’indipendenza del Congo, «i suoi più sinceri
rincrescimenti per le ferite» inflitte al Paese durante la colonizzazione. La clamorosa presa
di posizione è stata successivamente fatta propria dal governo federale che ha preannun-
ciato da parte del Belgio «un percorso di verità» sul suo discusso passato coloniale.
L’uscita di re Filippo è particolarmente significativa, poiché appena qualche anno fa, nel
2018, il sovrano aveva preferito non partecipare all’inaugurazione del nuovo Museo rea-
le dell’Africa Centrale, a Tervuren, nei sobborghi di Bruxelles. L’istituzione, nata nel 1897,
era stata oggetto di un radicale rinnovamento che aveva rimesso in discussione il ruolo
controverso di Leopoldo II (1835-1909), antenato dell’attuale monarca belga e primo co-
lonizzatore del Congo.
Pur divisi sul numero di vittime nel Paese africano e sulle reali responsabilità della monarchia
belga, gli storici sono tendenzialmente d’accordo nel considerare che l’esperienza colonia-
le belga sia stata tra le più discutibili a cavallo tra Ottocento e Novecento. Il Congo diventò
proprietà privata di Leopoldo II all’indomani della Conferenza di Berlino del 1885. Solo nel
1908 divenne colonia belga, sfruttata per i suoi giacimenti di materie prime e di caucciù.
Un libro uscito nel 1998 e scritto dallo storico americano Adam Hochschild, King Leopold’s
Ghost, aveva ai tempi creato molte polemiche. Aveva accusato Leopoldo II di avere guidato
un colonialismo violento che aveva ucciso fino a 10 milioni di persone. L’esperienza colo-
niale europea nell’Africa centrale fu una cause célèbre di molti scrittori, da Joseph Conrad
ad André Gide, a Mark Twain. Oggi i migliori storici ritengono la cifra citata dallo studio-
so americano esagerata. Nelle ultime settimane, sulla scia del clima antirazzista negli Stati
Uniti, anche il Belgio è stato attraversato da manifestazioni contro le discriminazioni. Sta-
tue di Leopoldo II sono state rimosse con la violenza, tra cui una particolarmente nota nel
quartiere bruxellese di Auderghem [...].
(Beda Romano, Il re del Belgio si scusa per le ferite del colonialismo in Congo, «Il Sole 24 ORE»,
30 giugno 2020)
709
Laboratorio per l’Esame di Stato
80
70
60
50
40
30
20
10
0
1861 1871 1901 1911
Esposizione orale
D1 La Chiesa cattolica di fronte al movimento operaio
A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l’odio ai ricchi, pretendono
si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune,
da amministrarsi per mezzo del municipio e dello Stato. Con questa trasformazione della
proprietà da personale in collettiva, e con l’eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i
cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, non che risolvere
le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi,
giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello
Stato, e scompiglia tutto l’ordine sociale.
(dall’enciclica Rerum Novarum, 1891)
710
L’espansione coloniale e la crisi degli equilibri 4
Esplora la bacheca
per altri spunti
interdisciplinari
Una raffineria
petrolifera della
Standard Oil Company
di Rockefeller a
Richmond, nel primo
Novecento.
711
Laboratorio per l’Esame di Stato
La difesa di Rorke’s Drift durante la guerra anglo-zulu del 1879. Dipinto di Alphonse-Marie-Adolphe de Neuville.
712
Indice dei nomi
Botero, Giovanni (1544-1617), 35
A Boulanger, Georges Ernest Jean-Marie (1837-91), 688-689
Abbas I, detto il Grande, sultano (1557-1628), 138 Bresci, Gaetano (1869-1901), 591, 594
Adams, John, presidente degli Stati Uniti (1735-1826), 533 Brissot, Jacques-Pierre (1759-93), 289
Adams, John Quincy, segretario di Stato degli Stati Uniti Brown, John (1800-59), 545
(1767-1848), 535 Buonarroti, Filippo (1761-1837), 328, 388
Alberto di Hohenzollern (1490-1568), 105 Byron, George Gordon (1788-1824), 398
Alembert, Jean-Baptiste Le Rond d’ (1717-83), 174, 204
Alessandro I Romanov, zar di Russia (1717-1825), 345-346,
350, 353, 373-374, 399-400 C
Alessandro II Romanov, zar di Russia (1818-81), 501, 607,
625, 664, 692, 700 Cadorna, Raffaele (1815-97), 571, 594
Alessio Petrovič, figlio di Pietro il Grande (1690- 1718), 117 Carlo Alberto di Baviera (1697-1745), 108-109
Anna d’Austria, regina di Francia (1601-66), 36 Carlo Alberto di Savoia (1798-1849), 393, 475-478, 481-482
Asburgo, casata, 6, 34, 52, 54-55, 120, 138, 160, 510, 513 Carlo Felice di Savoia (1765-1831), 393, 475
Augusto II di Sassonia, re di Polonia (1670-1733), 108 Carlo I, re d’Inghilterra (1600-49), 2, 7, 9-15, 17, 24
Augusto III di Sassonia, re di Polonia (1696-1763), 108 Carlo II, re d’Inghilterra (1630-85), 17, 20, 24, 248
Aurangzeb, sovrano dell’Impero Moghul (1618-1707), 139 Carlo II, re di Spagna (1661-1700), 52, 54-55
Azeglio, Massimo d’ (1798-1866), 457, 460, 484, 499 Carlo IV, re di Spagna (1748-1819), 351
Carlo VI, imperatore (1685-1740), 108
Carlo IX, re di Francia (1550-74), 110
Carlo X, re di Francia (1757-1836), 452, 454-456, 484
B Carlo XII, re di Svezia (1682-1718), 118, 183
Babeuf, Francois-Noel, detto Gracchus (1760-97), 304, 328 Carlo di Borbone, figlio di Filippo V re di Spagna (1716-88),
Bacone, Francesco (1561-1626), 8 108
Bakunin, Michail (1814-76), 607-608, 628 Carlo Maria Isidoro di Borbone-Spagna, fratello di Ferdinando
Balbo, Cesare (1789-1853), 457, 461, 484 VII (1788-1855), 468
Bandiera, Attilio (1810-44), 460, 484 Castlereagh, Robert Stuart, ministro degli Esteri inglese (1769-
Bandiera, Emilio (1819-44), 460, 484 1822), 373
Barras, Paul-Francois, visconte di (1755-1829), 334-335 Caterina II, zarina di Russia (1729-96), 179, 200, 204, 321, 691
Bava Beccaris, Fiorenzo (1831-1924), 591, 594, 623 Cattaneo, Carlo (1807-69), 461, 484, 497
Beauharnais, Eugenio (1781-1824), 347 Cavour, Camillo Benso, conte di (1810-61), 492, 499-501,
Beccaria, Cesare (1738-94), 185, 204 503-508, 516, 563, 573, 583-584, 667, 678
Bell, Alexander Graham (1847-1922), 643 Championnet, Jean-Étienne, generale (1762-1800), 329
Bentham, Jeremy (1748-1832), 428, 444 Clemenceau, Georges (1841-1929), 689
Benz, Carl (1844-1929), 646 Clemente XIII, papa (1693-1769), 189, 204
Bernstein, Eduard (1850-1932), 613, 628 Clemente XIV, papa (Vincenzo Ganganelli; 1705-74), 192, 204
Bismarck, Otto von (1815-98), 510-512, 514-516, 572, 580, Cobden, Richard, politico ed economista britannico (1804-65),
584, 609, 618, 667, 672, 684-685, 700 469
Bissolati Bergamaschi, Leonida (1857-1920), 591, 623 Colajanni, Napoleone (1847-1921), 585
Bixio, Nino, generale (1821-73), 506 Colbert, Jean-Baptiste (1619-83), 44, 56
Blanc, Louis (1811-82), 473, 484 Cook, James (1728-79), 141, 160
Blanqui, Louis-Auguste (1805-81), 610 Costa, Andrea (1851-1910), 573, 591, 622, 628
Bolívar, Simon (1783-1830), 395-396, 404 Crispi, Francesco (1818-1901), 580-584, 590, 594
Bonaparte, Carolina (1782-1839), 348 Cromwell, Oliver (1599-1658), 2, 14-15, 17-18, 20, 24, 218
Bonaparte, Elisa (1777-1820), 348 Cromwell, Richard (1626-1712), 20
Bonaparte, Girolamo (1784-1860), 346, 348 Cuoco, Vincenzo (1770-1823), 328
Bonaparte, Giuseppe (1768-1844), 346, 348, 351 Custer, George Armstrong (1839-76), 543
Bonaparte, Luigi (1778-1846), 348, 495
Bonaparte, Luigi Napoleone, detto anche Luigi II d’Olanda
(1804-31), 305, 474, 478, 484, 494-495, 516 D
Bonaparte, Napoleone, vedi Napoleone I Bonaparte, imperatore
dei francesi Daimler, Gottlieb (1834-1900), 646
Bonaparte, Paolina (1780-1825), 348 Danton, Georges (1759-94), 291, 296, 308
Bonomi, Ivanoe (1873-1951), 623 Davout, Louis-Nicolas (1770-1823), 345
Borbone, casata, 37, 86, 109, 347, 379, 380, 391, 404, 503, Depretis, Agostino, politico (1813-87), 573-575, 580, 582,
505-506 594
713
Indice dei nomi
Diderot, Denis (1713-84), 174, 204 Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie (1836-94), 506
Diesel, Rudolf (1858-1913), 646 Francesco Giuseppe d’Asburgo, imperatore d’Austria (1830-
Di Rudinì, Antonio (1839-1908), 590-591 1916), 549, 686
Disraeli, Benjamin (1804-81), 690 Francesco Stefano, duca di Lorena, poi granduca di Toscana
Drake, Francis (1540-96), 7, 24 vedi Francesco I, imperatore d’Austria
Dreyfus, Alfred (1859-1935), 679, 700 Franco, Francisco, generale e politico spagnolo (1892-1975),
Durando, Giovanni (1804-69), 477 468
Franklin, Benjamin (1706-90), 256
E
G
Edison, Thomas Alva (1847-1931), 643, 656
Edoardo VI, re d’Inghilterra (1537-53), 4 Gambetta, Leon (1838-82), 609
Elisabetta I, regina d’Inghilterra (1533-1603), 4, 6, 8, 246 Garibaldi, Giuseppe (1807-82), 477, 492, 497, 505-507, 509,
Emanuele Filiberto, duca di Savoia (1528-80), 69 513, 516, 551, 678
Engels, Friedrich (1820-95), 429, 602, 604-605, 607, 628 Giacomo I, re d’Inghilterra e di Scozia (1566-1625), 4, 6-7, 9,
Enrichetta Maria di Borbone, moglie di Carlo I re d’Inghilterra 24, 246
(1609-69), 9 Giacomo II, re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda (1633-1701), 2,
Enrico di Valois, re di Polonia, poi re di Francia (Enrico III; 20, 24, 214, 246, 248
1551-89), 110 Gioberti, Vincenzo (1801-52), 460-461, 475, 484
Enrico IV di Borbone, re di Francia (1553-1610), 9, 36 Giolitti, Giovanni (1842-1928), 584, 590
Enrico VIII, re d’Inghilterra (1491-1547), 4, 7, 8 Giorgio I di Hannover, re d’Inghilterra (1660-1727), 214, 236
Eugenio di Savoia, comandante asburgico (1663-1736), 119 Giorgio II di Hannover, re d’Inghilterra (1683-1760), 214, 236
Giorgio III di Hannover, re d’Inghilterra (1738-1820), 232, 236,
254, 262
F Giovanni VI di Braganza, re di Portogallo, Brasile e Algarve
(1769-1826), 551
Federico I di Hohenzollern, re di Prussia (1688-1713), 106 Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, imperatore d’Austria (1741-90),
Federico II, detto il Grande, re di Prussia (1712-86), 106-107, 172, 189-190, 199, 204
172, 179, 186, 204 Giuseppina di Beauharnais (Maria Giuseppina Rosa de Tascher
Federico Guglielmo I, re di Prussia (1713-40), 106 de la Pagerie; 1763-1814), 347-348
Federico Guglielmo di Hohenzollern (1620-88), 105-106 Gladstone, William Ewart (1809-98), 690
Federico Guglielmo IV di Hohenzollern, re di Prussia (1795- Godoy, Manuel (1767-1851), 351
1861), 467, 479-480 Godunov, Boris Fedorovič, zar di Russia (1598-1605), 111
Ferdinando I di Borbone, re delle Due Sicilie (1751-1825), Gordon, George (1751-93), 233
329, 330, 379-380, 391-392, 404 Gregorio XVI, papa (Bartolomeo Cappellari; 1765-1846), 386
Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie (1810-59), 475, Guerrazzi, Francesco Domenico (1804-73), 481
477 Guglielmo d’Orange, re d’Inghilterra (Guglielmo III; 1650-
Ferdinando I d’Asburgo-Lorena, imperatore d’Austria (1793- 1702), 20, 24, 52, 54, 213-214, 236
1875), 478 Guglielmo I di Hohenzollern, re di Prussia, poi imperatore di
Ferdinando III d’Asburgo-Lorena (1769-1824), 379, 404 Germania (1797-1888), 511, 514, 609
Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, vedi Ferdinando I di
Guglielmo II di Hohenzollern, imperatore di Germania (1859-
Borbone, re delle Due Sicilie
1941), 685
Ferdinando VII, re di Spagna (1784-1833), 351, 380, 389,
Guglielmo V d’Orange, statolder d’Olanda (1748-1806), 324
390, 404, 468
Gustavo III, re di Svezia (1746-92), 183-184, 204
Ferrari, Giuseppe (1811-76), 461, 484
Ferry, Jules, ministro (1832-93), 688
Filippo II, re di Spagna (1527-98), 84
Filippo IV, re di Spagna (1605-65), 52 H
Filippo V, re di Spagna (Filippo d’Angiò; 1683- 1746), 54-56,
108 Hamilton, Alexander (1757-1804), 259, 533
Fëdor I, zar di Russia (1557-98), 111 Hannover, dinastia, 214, 232
Fortunato, Giustino, 585 Hardenberg, Karl August von, cancelliere di Prussia (1750-
Fouché, Joseph, duca di Otranto (1759-1820), 334 1822), 373
Fourier, Charles (1772-1837), 430, 444 Hill, Christopher (1912-2003), 21
Francesco I, imperatore d’Austria (1708-65), 108-109 Hohenzollern, casata, 100, 105-106, 126
Francesco II d’Asburgo (1768-1835), 345, 374 Hong, Xiuquan (1814-64), 695
714
Indice dei nomi
715
Indice dei nomi
Moreau, Victor (1763-1813), 336, 339 Pelloux, Luigi Girolamo (1839-1924), 591, 594
Morse, Samuel (1791-1872), 538, 552 Pepe, Guglielmo (1783-1855), 391-392, 404, 477
Mosca, Gaetano, 585 Petrosino, Joe (1860-1909), 587
Muhammad Ibn Tughluq, sultano (1325-1351), 139 Pietro I, detto il Grande, zar di Russia (1672-1725), 100, 111,
Murad IV, sultano (1612-40), 137 113-115, 117-119, 126, 174, 182, 691
Murat, Gioacchino, re di Napoli (1767-1815), 348, 351, 379, Pietro III, zar di Russia (1728-62), 121, 200
391 Pietro Leopoldo, granduca di Toscana (1765-90), 190
Murri, Romolo (1870-1944), 620, 628 Pio VI, papa (Giovanni Angelo Braschi; 1717-99), 329
Mussolini, Benito (1883-1945), 624 Pio VII, papa (Barnaba Chiaramonti; 1740-1823), 339-340,
Mutsuhito, imperatore del Giappone (1852-1912), 699 358
Pio IX, papa (Giovanni Mastai Ferretti; 1792-1878), 475, 477,
481, 495, 497, 514, 570-571, 581, 594, 618-620
Pio X, papa (Giuseppe Melchiorre Sarto; 1835-1914), 628
N Pisacane, Carlo (1818-57), 460, 484
Naima, Mustafa, 120 Pitt il Giovane, William (1759-1806), 233, 236, 262, 469
Napoleone I Bonaparte, imperatore dei francesi (1769-1821), Pitt il Vecchio, William (1708-78), 232
233, 316, 325-326, 331-332, 334-341, 344-348, 350- Plechanov, Georgij Valentinovič (1856-1918), 625
356, 358, 368, 370, 373, 379, 380, 394, 397, 420, 436, Proudhon, Pierre-Joseph (1809-65), 607
455, 532, 534, 678 Pugacëv, Emeljan (1740 ca.-75), 200
Napoleone III, imperatore dei francesi (1808-73), 492, 495,
499, 501, 503-504, 512, 514, 516, 549, 567, 609, 649
Napoleone Francesco Giuseppe, figlio di Napoleone I (1811- Q
32), 348
Necker, Jacques (1732-1804), 279-282, 308 Quianglong, sovrano cinese (1711-1799), 140
Nelson, Horatio (1758-1805), 330, 332, 345, 358 Qing, dinastia, 140, 160, 694-695, 700
Nesselrode, Karl Vasil’evič (1780-1862), 373 Qajar, dinastia, 137
Newcomen, Thomas (1663-1729), 224-225
Newton, Isaac (1643-1727), 178
Ney, Michel (1769-1815), 356
Nicola I Romanov, zar di Russia (1796-1855), 400, 467, 500,
R
691-692 Racine, Jean (1639-99), 41
Nicola II Romanov, zar di Russia (1868-1918), 602, 625 Radetzky, Johann Joseph Franz Karl, conte di Radetz (1766-
Nobel, Alfred (1833-96), 643 1858), 476
Notarbartolo, Emanuele (1834-93), 587 Raleigh, Walter (1552-1618), 7, 24
Rattazzi, Urbano (1808-73), 499, 563
Ricardo, David (1772-1823), 429, 444
O Ricasoli, Bettino (1809-80), 563
Richelieu, Armand-Jean du Plessis, duca di (1585-1642), 36,
Obrenovič, Milos (1780-1860), 399 39, 41, 46-47, 276
Orange, Guglielmo d’, vedi Guglielmo III, re d’Inghilterra Riego y Nunez, Rafael de (1784-1823), 389
Orsini, Felice (1819-58), 503, 516 Robespierre, Maximilien de (1758-94), 291, 295-296, 301,
Ottone di Baviera, Ottone I di Wittelsbach, re di Grecia (1815- 302-303, 305, 308, 318, 334
67), 399 Rockefeller, John D. (1839-1937), 647
Owen, Robert (1771-1858), 429-430, 444 Romanov, dinastia, 113
Rosaroll-Scorza, Giuseppe (1775-1825), 398
Rothschild, famiglia di banchieri, 648
Rousseau, Jean-Jacques (1728-78), 174, 179, 204, 262
P Ruffo, Fabrizio (1744-1827), 330
Palizzolo, Raffaele, 587
Pankhurst, Emmeline (1858-1928), 653
Paoli, Pasquale (1725-1807), 262 S
Pedro, imperatore del Brasile e re del Portogallo (Pietro I del
Brasile e Pietro IV del Portogallo; 1798-1834), 394 Safavidi, dinastia, 138
Pedro II, imperatore del Brasile (1825-91), 551 Saint-Just, Louis-Antoine (1767-94), 303
Peel, Robert (1788-1850), 469-470 Saint-Simon, Claude Henri de (1760-1825), 386
Pellico, Silvio (1789-1854), 392, 404 Saliceti, Antoine Christophe (1757-1809), 328
716
Indice dei nomi
U Z
Umberto I di Savoia, re d’Italia (1844-1900), 584, 591, 594,
Zola, Emile (1840-1902), 689
607
717
Referenze iconografiche
akg-images/British Library/Mondadori Portfolio, akg-images/Cameraphoto/Mondadori Portfolio, akg-images/Maxime Champion/
Mondadori Portfolio, akg-images/Mondadori Portfolio, akg/North Wind Picture Archives/Mondadori Portfolio, Album/Prisma/
Mondadori Portfolio, Sergio Anelli/Electa/Mondadori Portfolio/Getty Images, Archives Charmet/Mondadori Portfolio/Bridgeman,
Avant-Demain/Mondadori Portfolio/Bridgeman, Buyenlarge/Getty Images, Hervé Champollion/akg-images/Mondadori Portfolio,
Giuseppe Ciccia/Pacific Press/LightRocket/Getty Images, Culture Club/Getty Images, Otto Herschan Collection/Hulton
Archive/Getty Images, G. Dagli Orti/De Agostini Picture Library/Getty Images, DEA/A. Dagli Orti/Getty Images, DEA/Galleria
Garisenda/Getty Images, DEA Picture Library/Getty Images, DEA/V. Pirozzi/De Agostini/Getty Images, DeAgostini/Getty
Images, De Agostini/N. Marullo/Mondadori Portfolio, De Agostini/M. Seemuller/Mondadori Portfolio, Fine Art Images/Heritage
Images/Getty Images, Fine Art Images/Heritage Images/Mondadori Portfolio, Fine Art Photographic/Getty Images, Foto Scala,
Firenze, FPG/Getty Images, Kevin Frayer/Getty Images, Getty Images, Getty Images/Bettmann, François Guénet/akg-images/
Mondadori Portfolio, Historica Graphica Collection/Heritage Images/Getty Images, Hulton Archive/Getty Images, Imagno/Getty
Images, John Keeble/Getty Images, Salvatore Laporta/KONTROLAB/LightRocket/Getty Images, Michele Lapini/Getty Images,
Leemage/Corbis/Getty Images, Look and Learn/Illustrated Papers Collection/Mondadori Portfolio/Bridgeman, Look and Learn/
Peter Jackson Collection/Mondadori Portfolio/Bridgeman, Mondadori Portfolio/Age, Mondadori Portfolio/Archivio Massimo Di
Vita/Massimo Di Vita, Mondadori Portfolio/Bridgeman, Mondadori Portfolio/Courtesy Everett Collection, Mondadori Portfolio/
De Agostini/A. Dagli Orti, Mondadori Portfolio/De Agostini Picture Library, Mondadori Portfolio/Electa/Sergio Anelli, Mondadori
Portfolio/Fototeca Gilardi, Stefano Montesi/Corbis/Getty Images, Museum of London/Heritage Images/Getty Images, PHAS/
Universal Images Group/Getty Images, Photo 12/Universal Images Group/Getty Images, Alberto Pizzoli/AFP/Getty Images,
Ann Ronan Pictures/Print Collector/Getty Images, Sepia Times/Universal Images Group/Getty Images, Prakash Singh/AFP/
Getty Images, SSPL/Getty Images, Tallandier/Mondadori Portfolio/Bridgeman, The Print Collector/Getty Images, Transcendental
Graphics/Getty Images, Kenzo Tribouillard/AFP/Getty Images, ullstein bild/Getty Images, Universal History Archive/Getty Images,
Universal History Archive/Universal Images Group/Getty Images, VCG Wilson/Corbis/Getty Images