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III S.

16
BOLLETTINO
(2019)

DELLA BADIA GRECA DI

BOLLETTINO DELLA BADIA GRECA DI GROTTAFERRATA


GROTTAFERRATA

ISSN 0005-3783 TERZA SERIE VOL. 16 - 2019


BOLLETTINO
DELLA BADIA GRECA DI
GROTTAFERRATA

TERZA SERIE VOL. 16 - 2019


II

BOLLETTINO
DELLA BADIA GRECA DI GROTTAFERRATA

Periodico del Monastero Esarchico di Grottaferrata (Roma) fondato nel


1926. Con la II serie (1947-2003) diviene una rivista internazionale rivolta
allo studio della cultura religiosa dell’Italia meridionale bizantina e post-
bizantina. Con la III serie (2004-) estende l’interesse al monachesimo, alla
storia, alla liturgia, all’arte e alla spiritualità delle Chiese ortodosse, anche
dell’Europa centro-orientale.

Editore: Congregazione d’Italia dei Monaci Basiliani


Direttore responsabile: Francesco Macaro
Direttore: Mons. Marcello Semeraro
Comitato scientifico: Alessandro Capone (segretario)
dom Francesco De Feo
Roberto Fusco
p. Rinaldo Iacopino
Paolo Siniscalco
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Gli Indici del Bollettino (1967-2019) sono consultabili on-line


The Indices of the Bollettino (1967-2019) can be looked up on-line
www.abbaziagreca.it/editoria/bollettino.asp
V

SOMMARIO

Serena Buzzi
Il più antico testimone del Conspectus Medicinae di Leone Medico:
il Paris. Suppl. gr. 446 ff. 146r-168v ............................................................. p. 1
Giuseppe Germinario
Analogie e differenze tra il Dialogus III de Sancta Trinitate e
i Dialogi duo contra Macedonianos .............................................................. p. 41
Markus Mülke
Martin von Braga als Dichter:
Anmerkungen zu den Versen In basilica und zum Epitaph............................. p. 75
Daniela Scardia
Spunti polemici e questioni filologiche
nel Tractatus in Psalmum 15 di Gerolamo .................................................... p. 131
Rocco Schembra
Nota a Cyr. Juln. 5, 31, 40 ............................................................................ p. 215
Luigi Silvano
Da racconto edificante a omelia: un’inedita riscrittura di
Paolo di Monembasia, narr. 3 Wortley .......................................................... p. 231
Véronique Somers
Les scholies marginales à l’Or. 16 dans quelques manuscrits de
Grégoire de Nazianze (première partie) ....................................................... p. 251
Sever J. Voicu
Quarte spigolature pseudocrisostomiche ...................................................... p. 333

Schede bibliografiche .................................................................................... p. 343

Pubblicazioni ricevute .............................................................................. p. 357


Norme per i Collaboratori ....................................................................... p. 360
Pubblicazioni del Monastero ................................................................... p. 365
BBGG III s. 16 (2019), 215-229
ISSN 0005-3783

NOTA A CYR. JULN. 5, 31, 40

Rocco Schembra
(Studio Teologico S. Paolo, Catania)

Nel Contro Giuliano di Cirillo di Alessandria si trova un’ampia


citazione dalle Troiane di Euripide1, ma la tradizione manoscritta
relativa a Eur. Tr. 70 in Cyr. Juln. 5, 31, 40 non è uniforme. Il passo
è qui di seguito citato:

Εὐριπίδης γὰρ ἐν Τρῳάσι προσβεβληκέναι μὲν αὐτὴν Ποσειδῶνί


φησιν, εἰπεῖν δὲ οὕτω πρὸς αὐτὸν περί τε τῶν Τρώων καὶ τῶν
Ἀχαιῶν· τοὺς μὲν πρὶν ἐχθροὺς Τρῶας εὐφρᾶναι θέλω, / στρατῷ δ’
Ἀχαιῶν νόστον ἐμβαλεῖν πικρόν. Εἶτα πρὸς αὐτὴν ἐκεῖνον εἰπεῖν·
τί δ’ ὧδε πηδᾷς ἄλλοτ’ ἐπ’ ἄλλους τρόπους, / μισεῖς τε λίαν καὶ
φιλεῖς, ὃν ἂν τύχῃ; Φάναι δὲ πρὸς ταῦτα τὴν Ἀθηνᾶν· οὐκ οἶσθ’
ὑβρισθεῖσάν με καὶ ναοὺς ἐμούς; Καὶ πρός γε ταῦτα τὸν Ποσειδῶνα·
οἶδ’, ἡνίκ’ Αἴας εἷλκε Κασσάνδραν βίᾳ. Καὶ πρὸς αὐτὸν εἰπεῖν τὴν
λελυπημένην· κοὐδέν γ’ Ἀχαιῶν ἔπαθεν οὐδ’ ἤκουσ’ ὕπο2.

Euripide, infatti, nelle Troiane dice che essa [scil. Atena] si avvicina
a Poseidone e così gli dice riguardo ai Troiani e agli Achei: Voglio
rallegrare i Troiani prima nemici, / e imporre all’esercito degli Achei
/ un ritorno doloroso. E quello le dice: Perché balzi così da un sen-
timento all’altro, / e odi e ami a dismisura chi ti capiti? A queste
parole risponde Atena: Non sai che io sono stata oltraggiata e così
anche i miei templi? E Poseidone: Sì, lo so, quando Aiace trascinò

1 Si tratta di Eur. Tr. 65-71 (Diggle, pp. 183-184). Per un quadro d’assieme, mi sia

lecito rimandare a Schembra 2018-2019.


2 La citazione è conforme a Riedweg/Kinzig/Brüggemann 2016. Il testo costituito

per questa edizione, che riguarda i primi cinque libri dell’opera, viene utilizzato anche
in Boulnois/Riedweg 2016. Per i libri restanti, dal sesto al decimo, vd. Kinzig/Brüg-
gemann/Kaufhold 2017.
216 Rocco Schembra

Cassandra a forza. E lei, addolorata, gli dice: Ma da parte degli


Achei non patì né udì nulla!3

La questione riguarda il verbo εἷλκε che si legge a 5, 31, 40. Qui di


seguito i codici più significativi che ci hanno tramandato l’opera e
il rapporto di parentela che li lega, quale è stato definito nella prima
edizione critica completa4. Essi sono:
F: El Escorial, Real Biblioteca del Monasterio de San Lorenzo,
Ψ.III.12 (gr. 467), chart., XII saec. ex. - XIII saec. in. Ai ff. 1r-223r
riporta, oltre al προσφώνημα rivolto all’imperatore Teodosio II,
i primi dieci libri del Contro Giuliano5;
M: Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr.123 (coll. 296), chart.,
XIV saec. in. Ai ff. 1r-153v contiene anch’esso il προσφώνημα e i
primi dieci libri del Contro Giuliano6;
E: El Escorial, Real Biblioteca del Monasterio de San Lorenzo,
Ω.III.5 (gr. 538), chart., XV saec. Ai ff. 1r-211v presenta dappri-
ma la parte finale del προσφώνημα, poi tutto per intero (senza
differenza alcuna tra le parti ricopiate in doppio), quindi riporta
anch’esso i primi dieci libri del Contro Giuliano7.
Secondo la ricostruzione di Riedweg, F M E risalgono ad un mede-
simo subarchetipo, indicato con β, che si presenta meglio documen-
tato rispetto ad un altro ramo, dipendente dal subarchetipo α8, il cui
testimone più antico è il seguente:
V: Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr.122 (coll. 295),
chart., a. 1343. Il manoscritto, proveniente dal fondo di Bessarione

3 La traduzione è mia.
4 Riedweg/Kinzig/Brüggemann 2016.
5 De Andrés/Revilla 1967, pp. 71-72. Vd. anche Riedweg/Kinzig/Brüggemann

2016, pp. XXV-XXVII.


6 Mioni 1981, pp. 170-171. Vd. anche Riedweg/Kinzig/Brüggemann 2016, pp.

XXX-XXXI.
7 De Andrés/Revilla 1967, pp. 179-180. Vd. anche Riedweg/Kinzig/Brüggemann

2016, pp. XXXI-XXXIII, al quale si rimanda per una descrizione particolareggiata rela-
tivamente a tutti i codici della tradizione cirilliana.
8 RIEDWEG/KINZIG/BRÜGGEMANN 2016, p. LVII: «Der auf einen Hyparchetypus α zu-

rückgehende erste Überlieferungsstrang ist insofern schlechter dokumentiert, als von


seinen beiden Hauptuertretern G und V vom einen, nämlich G, nur wenige Folien er-
halten sind, während V lediglich die Bücher 1-5 (ohne Prosphonema) enthält».
Nota a Cyr. Juln. 5, 31, 40 217

(il quale nel 1468 aveva fatto dono della sua biblioteca alla Repubbli-
ca di Venezia), contiene solo i primi cinque libri del Contro Giuliano
ai ff. 202r-274v (il προσφώνημα è assente)9.
A questi manoscritti va aggiunto un codex deperditus, il cosiddetto
Capnioneus, indicato con la lettera greca κ, di cui va sottolineata l’im-
portanza, e nel contempo lamentata la perdita, per il fatto che, come
vedremo infra, costituì il modello greco per la prima traduzione in
latino del Contro Giuliano. Codice mirae antiquitatis lo definì An-
dreas Cratander10, editore e stampatore di primissimo piano dell’e-
poca della Riforma, cui si deve un numero considerevole di edizioni
a stampa, molte delle quali principes, di testi greci e latini, anche cri-
stiani. Il Capnioneus apparteneva a Johannes Reuchlin, dal cui nome
grecizzato traeva la sua denominazione, ed era stato verosimilmente
vergato tra il 1300 e il 1350. Tale manoscritto, si crede, poté andare
distrutto in occasione dell’incendio appiccato dai Francesi che deva-
stò la città di Weilerstadt nel 164811.
In sintesi, a quanto si apprende dalla collatio operata da Riedweg:
nell’archetipo ω si dovevano trovare già solo il προσφώνημα e i pri-
mi 10 libri, e non altro; la tradizione manoscritta è bipartita (α e β);
il ramo α è il peggio documentato, in quanto non ha il προσφώνημα
e reca solo i primi 5 libri, motivo per cui la constitutio textus dei libri
dal 6 al 10 risulta più ardua; il perduto manoscritto κ, come si ricava
dall’editio princeps da esso derivata, pur appartenendo al ramo α,
talvolta presentava le stesse lezioni di β (migliori) contro V (e dun-
que, in tal caso, bisogna parlare di errori peculiari di V).
Tornando adesso alla nostra questione, rileviamo come, relativa-
mente al verbo εἷλκε di cui sopra, esso è riportato così nei manoscrit-

9 Il codice è il frutto del lavoro di tre copisti, il principale dei quali fu Demetrios
Kaniskes Kabasilas, cui si deve, fra l’altro, la trascrizione della maggior parte del Contro
Giuliano. Per quanto concerne la datazione del manoscritto, viene solitamente accolta
la proposta di Turyn 1972, pp. 196-198, praes. 197 di estendere alla composizione di
tutto il codice la data che Kabasilas appose alla fine della copia della Filocalia, ossia il 12
maggio 1343. E poiché egli apparteneva al clero di Tessalonica a far data dal 1337-1338,
è verosimile che il codice sia stato vergato in quella città. Vd. Mioni 1981, pp. 169-170,
nonché Riedweg/Kinzig/Brüggemann 2016, pp. XXV-XXVII.
10 Per un quadro completo e dettagliato dell’attività di Andreas Cratander, vd.

Schmid/Meier 1966. Vd. anche Canfora 1997, pp. 177-189.


11 Vd. Neumann 1880, p. 139.
218 Rocco Schembra

ti F M E; mentre la lezione di V è εἷλε. Data la dimostrata poziorità


di β, non dovremmo avere dubbi che sia εἷλκε la lezione corretta.
Eppure si profila una quaestio, che va quanto meno impostata, e a
motivo della quale occorre specificare quanto segue.
Innanzi tutto, le edizioni a stampa del Contro Giuliano di Cirillo,
nessuna esclusa, antecedenti alla prima edizione critica, riportano
εἷλε. Ciò non è un dato rilevante, perché sappiamo bene come tali
editori prelachmanniani operavano, spesso limitandosi a riversare
in edizioni successive il testo già edito nelle precedenti, e a sua volta
tratto da un codex unicus, senza una recensio e una collatio di tutti i
testimoni. Tuttavia, scendendo un po’ più nel dettaglio, ci accorge-
remo dell’esistenza di qualche dato interessante. Il Contro Giuliano
fu pubblicato per la prima volta non in greco ma in traduzione latina
a Basilea nel 1528 a cura di Johannes Heussgen, rinomato teologo e
dotto umanista svizzero, più noto con il nome latinizzato di Johan-
nes Oecolampadius12. Nel passo che ci interessa13 egli traduce avva-
lendosi del verbo latino rapuit, il cui significato principale, com’è
noto, è quello di ‘trascinare con forza’. Questa scelta traduttiva forse
ci dovrebbe prudentemente fare credere che in κ egli leggesse εἷλκε e
non εἷλε, in quanto è proprio ἕλκω ad avere tale accezione. Se però,
come ipotesi di lavoro, immaginassimo che la lezione di κ era εἷλε, si
potrebbe forse ritenere che Oecolampadius abbia voluto dare a ra-
puit il senso non di ‘trascinare con forza’, assolutamente incompa-
tibile con εἷλε, bensì quello di ‘prendere’ nel significato di ‘ghermire
con violenza’, ‘stuprare’, considerato che, soprattutto in riferimento
ad azioni di forza nei confronti di donne, esso è attestato anche con
questa valenza14. Che è di fatto quello che, secondo il racconto mitico,

12 Oecolampadius 1528, pp. 1-93. Sulla traduzione di Oecolampadius si legga Kin-


zig 2000, pp. 154-187. Della traduzione latina di Oecolampadius si ebbero due succes-
sive ristampe, la prima sempre a Basilea nel 1546, la seconda a Parigi nel 1573, prive di
interesse ai fini della storia del testo.
13 Oecolampadius 1528, p. 44.

14 Si confrontino, e.g., casi come Hor. serm. 1, 3, 107-110 (Klingner, p. 175): nam

fuit ante Helenam cunnus taeterrima belli / causa, sed ignotis perierunt mortibus illi,
/ quos venerem incertam rapientis more ferarum / viribus editior caedebat ut in grege
taurus; Liv. 26, 13, 15 (Walsh, 14): nec dirui incendique patriam videbo, nec rapi ad stu-
prum matres Campanas virginesque et ingenuos pueros; Ov. ars 1, 667-680 (Ehwald, p.
201): tantum ne noceant teneris male rapta labellis, / neve queri possit dura fuisse, cave!
/ oscula qui sumpsit, si non et cetera sumpsit, / haec quoque, quae data sunt, perdere di-
Nota a Cyr. Juln. 5, 31, 40 219

fece Aiace Oileo ai danni di Cassandra15.


Nello stesso anno in cui viene pubblicata la prima ristampa della
traduzione del Contro Giuliano a cura di Oecolampadius, e dunque
nel 1546, a Colonia si ha il passo successivo nella vicenda editoriale
di quest’opera, rappresentato da un’altra traduzione latina (anch’es-
sa senza l’originale greco) a cura dell’olandese Petrus Canisius16,
primo provinciale dell’ordine gesuitico in Germania, fine teologo
ed esponente di punta del movimento controriformistico17. La tra-
duzione, tuttavia, non è di nessun aiuto per gli editori moderni del
testo, in quanto, come lo stesso Canisius afferma in una nota alla
fine del de recta fide di Cirillo, ma che riguarda anche il Contro Giu-
liano18, egli non ha potuto aver accesso a nessun manoscritto greco

gnus erit. / quantum defuerat pleno post oscula voto? / ei mihi! rusticitas, non pudor ille
fuit! / vim licet appelles, gratast vis ista puellis: / quod iuvat, invitae saepe dedisse volunt. /
quaecumquest Veneris subita violata rapina, / gaudet, et inprobitas muneris instar
habet; / at quae cum posset cogi, non tacta recessit, / ut simulet vultu gaudia, tristis erit. /
vim passast Phoebe, vis est allata sorori; / et gratus raptae raptor uterque fuit; Tac. hist.
3, 41, 1 (Le Bonniec, p. 106): sed Valens ne in tanto quidem discrimine infamia caruit,
quo minus rapere inlicitas voluptates adulteriisque ac stupris polluere hospitum domus
crederetur...
15 La questione, tuttavia, non è così pacifica, in quanto l’azione di violenza ai danni

di Cassandra risulta soprattutto evidente a partire dalle fonti ellenistiche, e poi confer-
mata da quelle imperiali: cf., e.g., Lyc. 348-360; Call. 45; Str. 6, 1, 14; 13.1.40; D.Chr.
11, 153; Plu. Her. mal. 856F; Apollod. epit. 5, 22; Q.S. 13, 420-429; Triph. 647-650.
Mazzoldi 2001, praes. pp. 31-61, afferma che nelle fonti pre-ellenistiche la gravità
dell’oltraggio di Aiace Oileo non deriverebbe dall’azione dello stupro ai danni della
vergine troiana, ma esclusivamente dall’atto di ὕβρις nei confronti della dea Atena, che
si manifesta con il gesto di trascinamento di Cassandra e quindi con la violazione del
diritto di asilo. Gli studiosi sono comunque divisi riguardo a ciò (vd., e.g., già Davreux
1942, praes. pp. 11-16, e bibliografia successiva, che sosteneva lo stupro anche nelle
fonti arcaiche e classiche).
16 Canisius 1546, pp. 162-256.

17 Per un quadro completo sull’intellettuale olandese, ancora utile Tesser 1932.

Fondamentale per i nostri interessi Malley 1964, pp. 70-74.


18 Canisius 1546, p. 303: «Sumus in secundo hoc tomo formulis nostris excudendo

exemplari usque adeo depravato usi, candide Lector, ut nobis Delio natatore passim
fuerit opus. Sustulimus mendas pene infinitas, idquod non poteris ipse non ingenue
fateri, si nostram editionem cum priori illa contuleris. Si quid vero hiulcum aut mu-
tilum uspiam deprehenderis, id puta nos non alia de causa intactum reliquisse, quam
quod videretur integritati suae restitui non posse citra Graeci exemplaris adminiculum,
cuius nobis copia ad manum non fuit. Hoc propterea silentio praeterire noluimus, ne
vel inscitiae, vel negligentiae dicam nobis impingeres, si forte in huiusmodi aliquid
incideris».
220 Rocco Schembra

del Contro Giuliano, dovendo quindi ricorrere alla traduzione latina


precedente. Per quanto egli non faccia riferimento esplicito all’opera
di Oecolampadius, tuttavia, essendo quest’ultima l’unica traduzione
esistente prima di quella di Petrus Canisius, non sussistono dubbi
che di essa si tratti. Il suo intervento sulla traduzione latina utilizza-
ta (e dunque da lui ripubblicata) si sarebbe limitato alla rimozione
di errori grossolani e vistosi. Per quanto riguarda il passo di nostro
interesse, pertanto, come prevedibile, Canisius si limita a ripetere
quanto legge nella traduzione di Oecolampadius, ossia rapuit19.
Perché si abbia la prima pubblicazione del testo greco del Con-
tro Giuliano bisognerà attendere il 1638, con un’edizione parigina
a cura di Joannes Aubertus20, originario del villaggio di Saint-Erme-
Outre-et-Ramecourt a sud-est di Laon, e insignito, nel corso della
sua vita, di importanti titoli ecclesiastici e accademici21. Dalla rico-
struzione operata da Wolfram Kinzig22, il modello di stampa fornito
alla tipografia (e definito dallo stesso Aubertus ora codex regius ora
exemplar nostrum) sarebbe stato il frutto del confronto di più codici,
e nello specifico almeno di:
C: Berlin, Staatsbibliothek, Phillipps 1444 (= gr. 40), chart., saec.
XVI. In possesso prima del prelato Ludovico Beccadelli (1501-
1572) e arrivato tra il 1604 e il 1651 nel Collegio di Clermont dei
gesuiti parigini, tale manoscritto, se la ricostruzione dei rapporti
stemmatici operata da Riedweg è nel giusto, avrebbe elementi in
comune tanto col ramo deterior α quanto con quello potior β, per
via della sua filiazione tramite subarchetipo ε2, discendente da V
(con intermediazione di ε), e dunque da α, ma anche da M, a sua
volta risalente a β;
D: Madrid, Biblioteca Nacional de España, gr. 4669 (olim O-6),
chart., a. 1555 (terminus post quem). Inizialmente di proprietà di
Francisco de Mendoza y Bobadilla, cardinale di Burgos, e quindi
di García de Loaisa y Girón, arcivescovo di Toledo, si tratta di un
descriptus di C;

19 Canisius 1546, p. 206.


20 Aubertus 1638, pp. 1-362 (= pp. 265-626).
21 Kinzig/Brüggemann 2006, pp. 267-274, passim.

22 KINZIG/BRÜGGEMANN 2006, passim; e ancora RIEDWEG/KINZIG/BRÜGGEMANN

2016, pp. LXIV-LXXXI, praes. pp. LXVIII-LXXI.


Nota a Cyr. Juln. 5, 31, 40 221

H: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. gr.18,


chart., saec. XVI ex. – XVII in., anch’esso descriptus di C;
Q: Paris, Bibliothèque Nationale de France, suppl. gr. 424, chart.,
saec. XVII in., manoscritto che si distingue particolarmente per
la numerosa presenza di glosse marginali che provengono da al-
tri testimoni. Tali glosse sarebbero state apposte da una mano
diversa rispetto a quella che ha vergato Q, ma comunque in rap-
porto di stretta collaborazione con il copista principale23.
Relativamente all’oggetto della nostra discussione, nonostante tale
genesi contaminata della prima edizione a stampa, i manoscritti ve-
rosimilmente utilizzati da Aubertus sono tutti concordi nel presen-
tare la stessa lezione di V, ossia εἷλε, il che significa che l’editore non
era a conoscenza di εἷλκε, lezione offerta dai testimoni di β. Tenu-
to conto di tale quadro, un dato degno di considerazione emerge
nel momento in cui si rileva che Aubertus edita εἷλε, ma lo tradu-
ce con traxit24, quindi non più avvalendosi della versione latina di
Oecolampadius25, riutilizzata, come abbiamo detto, anche da Petrus

23 Come è stato dimostrato da Riedweg/Kinzig/Brüggemann 2016, pp. XLIII-XLVII,

l’autore di questo notevole numero di glosse sarebbe stato David Hoeschel, dotto uma-
nista di Augsburg, vissuto dal 1556 al 1617. La sua attività di glossatore, indicata con
Q2 in relazione a Q, è stata rinvenuta anche in note marginali ai manoscritti B (Mün-
chen, Bayerische Staatsbibliothek, gr. 65, chart., a. 1550 ca., vergato, nella sezione che
riguarda Cirillo, da Emmanuel Bambaines, discendente, secondo la ricostruzione di
Riedweg, dallo stesso subarchetipo ε2 da cui deriva anche C), I (Città del Vaticano,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. gr. 339, chart., saec. XVI, appartenuto originaria-
mente al prelato e dotto umanista Giovanni Battista Egnazio, al secolo Cipelli) e H (vd.
descrizione supra), che sono tutti e tre degli apografi contaminati appartenenti al ramo
α. Pertanto, le glosse marginali indicate con I2, B5, H3 e Q2 apparterrebbero alla stessa
mano di Hoeschel, il quale assai verosimilmente aveva in programma una edizione del
Contro Giuliano che non portò mai a termine. Secondo l’ipotesi di Riedweg, il fatto
che Q2 faccia sovente menzione nelle sue glosse dei codici I B H fa probabilmente di
Q un codice vergato ad Augsburg in vista proprio di questa edizione hoescheliana di
Cirillo (RIEDWEG/Kinzig/Brüggemann 2016, p. XLVII: «Auf dem Hintergrund der
hier vorgelegten Beobachtungen drängt sich jedenfalls die Vermutung auf, dass die
Handschrift Q, in welche die Kollationen von IBH eingeflossen sind, im Hinblick auf
diesen von Hoeschel geplanten Druck in Augsburg selbst angefertigt wurde»).
24 Aubertus 1638, p. 175.

25 Kinzig/Brüggemann 2006, p. 268, n. 5: «The translation of the Preface and Book

I was taken from the bilingual edition by Nicolaus Borbonius included in his Poematia
exposita, published in Paris in 1630 [...] The other books were translated by Aubert
himself. He knew, however, the translation by Oecolampadius».
222 Rocco Schembra

Canisius. Tuttavia, è chiaro che traxit sarebbe più naturalmente tra-


duzione del greco εἷλκε piuttosto che di εἷλε. Per essere più precisi,
a εἷλε potrebbe, un po’ forzatamente, corrispondere solo rapuit (nel
senso di ‘violentare’), mentre a εἷλκε potrebbero corrispondere tan-
to rapuit (nel medesimo significato, visto che anche ἕλκω presenta
questa accezione26, sia in quello di ‘trascinare con violenza’) quanto
traxit (solo nel significato di ‘trascinare con violenza)27.
Sulla base di queste premesse, ritengo che una probabile ricostru-
zione dei fatti possa essere la seguente:
Oecolampadius discende dal perduto Capnioneus che recava verosi-
milmente εἷλκε28 e che egli traduce con rapuit;
Petrus Canisius riporta esattamente la traduzione di Oecolampa-
dius;
Aubertus non avrà avuto dubbi (o quanto meno alternative) relativa-
mente alla scelta di εἷλε, dal momento che i codici in suo possesso non
recavano altro. Ma ritengo ci siano almeno due valide argomentazioni
per spiegare il motivo per cui nella traduzione, piuttosto che avvalersi
di rapuit di Oecolampadius e Canisius, egli abbia preferito innovare in
traxit. La prima riguarda le scelte traduttive operate per le Troiane nelle
edizioni euripidee precedenti al 1638, alle quali è verosimile che egli
abbia prestato attenzione (e nelle quali, laddove il testo greco è presente,
si legge sempre εἷλκε). All’epoca delle prime due traduzioni del Contro
Giuliano, infatti, non esistevano ancora versioni in lingua latina della
tragedia euripidea, poiché tanto l’Aldina del 1503 quanto l’Hervagiana
del 1544 recano solo il testo greco. Motivo per cui Oecolampadius do-
vette scegliere in autonomia il verbo che, a suo parere, meglio rendesse

26 Cf. Lys. 1, 12 (Carey, p. 4): Πειρᾷς  ἐνταῦθα  τὴν  παιδίσκην·  καὶ  πρότερον  δὲ 

μεθύων εἷλκες αὐτήν.
27 La stessa situazione presente in Aubertus 1638 si ripete in Spanheim 1696 (nel

frontespizio dell’opera, infatti, si dichiara expressis verbis che la traduzione è quella a


cura di Aubertus 1638). E ancora, dopo l’edizione Spanheim 1696, in Migne 1859,
cc. 489-1064, ma che non merita anch’essa alcuna discussione in quanto riporta, espli-
citandone la derivazione, il testo e la traduzione di Aubertus 1638. In entrambe queste
edizioni (Spanheim 1696, p. 175; Migne 1859, cc. 767-768), dunque, al testo greco εἷλε
corrisponde nuovamente la traduzione traxit. Riproducono, infine, il testo di Migne
1859 le seguenti due recenti edizioni con traduzione in greco moderno: Sakales 2002;
Dellopoulos 2014.
28 Se εἷλε è da considerarsi errore peculiare di V e dei suoi discendenti, tutti appar-

tenenti al ramo α.
Nota a Cyr. Juln. 5, 31, 40 223

in latino εἷλκε (o εἷλε?) del perduto Capnioneus29. Le cose cambiano a


partire dal 1550, quando, con l’edizione basileense per i tipi di Mathias
Apiarius, compare la prima traduzione latina delle tragedie euripidee a
cura di Dorotheus Camillus, che rende il nostro verbo con traxit, scelta
ripresa anche nell’edizione ginevrina del 1602, cronologicamente più
vicina ad Aubertus, per i tipi di Stephanus, interprete Guilielmus Can-
terus30. Ritengo pertanto assai probabile che per la traduzione del passo
euripideo in Cirillo, Aubertus si sia avvalso del contributo offerto dalle
precedenti versioni latine delle Troiane, e, in particolare, abbia preso
come guida quella del 1602. Non occorre forse ipotizzare una dipen-
denza dalla traduzione del 1550, mentre siamo sicuri che egli non ha
tenuto in considerazione quella di Stablinus del 1562, che risulta com-
pletamente differente. Si confrontino le due traduzioni euripidee in
maggiore relazione con la versione di Aubertus:

Camillus 1550 M: Antea quidem hostes Troianos exhilarare volo


exercitui vero Graecorum reditum immittere acerbum.
N: Cur sic transilis alias in alios mores?
Odisti nimis et amasti quemcumque nacta fueris.
M: Nescis laesam me et templa mea?
N: Novi, quando Aiax traxit Cassandram per vim.
M: Et nihil ab Achivis passus est neque audivit.

Canterus 1602 M: Troianos quidem mihi prius inimicos exhilarare volo


exercitui vero Graecorum dare tristem reditum.
N: Quid vero ita transilis ad alios mores?
Odisti et amas vehementer nimium quosvis.
M: Non scis me contumelia affectam esse et meum templum?
N: Scio, quando Aiax traxit vi Casandram.
M: Et nihil ideo passus est neque audivit a Graecis.

29 La scelta del verbo rapio potrebbe essere stata suggerita a Oecolampadius 1528
per suggestione da un passo come Prop. 4, 11, 117 (Fedeli, p. 222): victor Oiliade, rape
nunc et dilige vatem. Lo stesso verbo, in composizione, in Lucil. 26, 656-657 (Marx, p.
45): nec minimo est <nec> prosperatur pax quod Cassandram <Locrus> / signo deripuit;
e in Hyg. fab. 116 (Boriaud, p. 89): quod Cassandram Aiax Locrus a signo Palladio
abripuerat.
30 Non così, invece, la traduzione a cura di Gasparus Stiblinus nell’edizione euripi-

dea basileense del 1562 per i tipi di Johannes Oporinus, in cui si legge per vim raptavit
ad stuprum.
224 Rocco Schembra

Aubertus 1638 M: Troianos quidem mihi prius inimicos exhilarare volo


exercitui vero Graecorum acerbum reditum iniicere.
N: Quid vero ita transilis alias ad alios mores?
Odisti et amas vehementer quoslibet.
M: Nescis me contumelia affectam esse et meum templum?
N: Novi, quando Aiax traxit vi Casandram.
M: Et nihil ideo passus est neque audivit a Graecis.

Mi sembra evidente, dunque, che la scelta traduttiva di Aubertus ab-


bia tenuto conto di quella di Canterus per il verbo euripideo. La secon-
da argomentazione che, a mio avviso, può valere come spiegazione del
motivo per il quale Aubertus abbia preferito innovare in traxit la tradu-
zione di Oecolampadius (sempre a patto che la tenesse sott’occhio pri-
ma di procedere alla sua) è che egli abbia agito anche dietro la spinta di
un passo certamente a lui notissimo dell’Eneide virgiliana: ecce traheba-
tur passis Priameia virgo / crinibus a templo Cassandra adytisque Miner-
vae, / ad caelum tendens ardentia lumina frustra, / lumina, nam teneras
arcebant vincula palmas31. La sollecitazione congiunta della traduzione
del passo euripideo nell’edizione in suo possesso e del passo virgiliano
lo avrà indotto a scegliere il verbo trahere, anche senza troppo curarsi
dell’originale greco che stava traducendo (εἷλε e non εἷλκε).
Siamo così arrivati alla prima edizione critica del Contro Giuliano,
opera meritoria e che è venuta incontro a uno dei massimi deside-
rata della filologia patristica32. Nell’apparato relativo a 5, 31, 40, in
riferimento alla lezione di cui stiamo discutendo, Riedweg, che pub-
blica εἷλκε, registra come segue: 40 εἷλκε β Eur. : εἷλε V. Tuttavia,
relativamente a questa sintesi offerta dall’apparato va aggiunto che,
a dire il vero, la tradizione manoscritta euripidea non è concorde
nel riportare εἷλκε, ma il testimone euripideo V (Città del Vaticano,
Biblioteca Apostolica Vaticana, gr. 909, XIII saec. ex.), al f. 263v reca
proprio εἷλε33, e addirittura una seconda mano, con inchiostro più
chiaro, sovrascrive ἐδάμασε34, esplicitando del verbo in questione il
significato di violenza sessuale perpetrata ai danni di Cassandra.

31 Verg. Aen. 2, 403-406 (Conte, 47). Lo stesso verbo sembra riutilizzato in Ov. Met.
410, ma il passo è corrotto. Risulta utile leggere Pardini 1989, pp. 201-206.
32 Cf. n. 2.

33 Diggle 1981, p. 184.

34 Di questa glossa interlineare Diggle 1981 tace, così come gli editori precedenti

(ho controllato Porson 1819; Dindorf 1841; Kirchhoff 1852 e 1867; Tyrrell 1907).
La riporta, invece, in apparato Biehl 1970.
Nota a Cyr. Juln. 5, 31, 40 225

Stando così le cose, la variante εἷλε recata dal codice V di Cirillo e


da tutti i suoi discendenti non può essere accantonata a cuor legge-
ro. Con questo non voglio dire che εἷλε debba essere accolto nel te-
sto di Cirillo né tanto meno in quello euripideo, ma che tale lezione
sia quanto meno degna di una approfondita discussione filologica
da parte non solo degli editori cirilliani ma anche degli studiosi di
Euripide. E questo anche in virtù di un altro dato, che ritengo no-
tevole. Un’altra fonte sul racconto mitico della violenza condotta ai
danni di Cassandra da parte di Aiace Oileo ai piedi dell’altare di Ate-
na, oltre ad Euripide, è, notoriamente, Alceo. Nel fr. 298, riportatoci
soprattutto dal P.Oxy. 2303 databile al I sec. d.C., si legge quanto
segue35:

[…]
15 ]ο̣ν πέδιον κατῆ˼χε˻·
λ]˼ύ̣[σσ]αν ἦλθ’ ὀλόα[ν] ἔχων
].[]. νας˼ Πάλλα˻δ˼ος, ἂ θέω˻ν˼
˼σ̣ι θε]οσύλαισι πάντων
19 ].·˼τ̣α μ̣ακάρων πέ̣φυκε·
˼σ̣ι δ’ ἄ̣μ̣φο]ιν παρθενίκαν ἔλων
˼π̣α̣ρεστάκο]ισαν ἀγάλματι
˼ὀ Λ˻ό˼κρος οὐδ’ ἔ]δεισε
23 ˼.ο̣ς̣ πολέμω δότε̣˻ρ˼ρ̣]αν
˼ν· ἀ| δὲ δεῖ̣νον ὐπ’ ˻ὄ˼]φρυσι
- σμ[ ˼π̣˻ε˼|λ̣˻ι˼δν̣ώθεισα κὰ̣τ οἴνοπα
- ἄ̣ιξ̣̣ [ε˼ πόντ̣ο̣˻ν˼ [...]

Pur nell’estrema lacunosità del testo tràdito, ai vv. 20-21 si riesce a


leggere con sicurezza che Aiace (ὀ Λ[ό]κρος del verso successivo) af-
ferra con entrambe (le mani?) la vergine che stava accanto alla statua
([].ι δ’ ἄ̣μ̣φοιν παρθ̣ε̣ν̣ίκαν ἔλων / [ ] π̣α̣ρεστάκοισαν ἀγάλματι). Il

35 Cito i vv. 15-26 per una migliore contestualizzazione. Il testo è riportato secondo
l’edizione Voigt 1971, pp. 274-278. Cf. anche Lobel/Page 1955, p. 233. Page 1974,
p. 81, integra come segue: Δαρδάνι]ον πέδιον κατῆχε· / Αἴας δὲ λ]ύσσαν ἦλθ’ ὀλόαν
ἔχων / ἐς ναῦο]ν ἄγνας Πάλλαδος, ἀ θέων / θνάτοι]σι θεοσύλαισι πάντων / αἰνο]τάτα
μακάρων πέφυκε· / χέρρεσ]σι δ’ ἄμφοιν παρθενίκαν ἔλων / σέμνωι] παρεστάκοισαν
ἀγάλματι / ὔβρισσ’] ὀ Λ[ό]κρος, οὐδ’ ἔδεισε / παῖδα Δ]ίος πολέμω δότε[ρ]ρ ̣αν / ]ν· ἀ δὲ
δεῖνον ὐπ’ [ὄ]φρυσιν / ]π[ε]λ[ι]δνώεισα κὰτ οἴνοπα / πόν]το[ν] [...].
226 Rocco Schembra

dato che salta subito agli occhi è che il verbo adoperato da Alceo per
indicare l’azione di forza di Aiace contro la vittima indifesa è ἔλων,
ossia lo stesso che si sarebbe presentato, sotto forma di variante, nel
codice V di Euripide e nel codice anch’esso V del Contro Giuliano
di Cirillo.
A questo punto, s’impone maggiore cautela. Se prescindiamo
dall’Ilioupersis attribuita ad Arctino di Mileto, e per la quale la data-
zione non è del tutto certa, Alceo è per noi la fonte più antica da cui
possiamo ricavare informazioni sulla violenza perpetrata ai danni
di Cassandra. Che egli avesse adoperato il verbo ἔλων per esprime-
re tale misfatto non deve passare inosservato. Forse ciò poté essere
noto anche ad Euripide, che piuttosto che uniformarsi al poeta eo-
lico, avrebbe innovato, scegliendo l’idea più dinamica, e quindi più
tragica, del trascinamento, espressa da εἷλκε (che comunque, come
abbiamo visto, reca in sé anche il concetto della violenza sessuale).
Alla luce di queste considerazioni, ritengo innanzi tutto necessario
il fatto che le future edizioni critiche tanto delle Troiane di Euripide
quanto del Contro Giuliano di Cirillo di Alessandria, a prescindere
dalla scelta editoriale che si deciderà di operare nei rispettivi testi,
rechino un apparato che renda giustizia di tutta questa articolata si-
tuazione, compresa la testimonianza di Alceo, da riportare sotto for-
ma di confronto o locus parallelus; mi sembra, inoltre, probabile che
già in una fase primigenia di codifica letteraria del mito della violen-
za subìta da Cassandra per mano di Aiace Oileo, l’idea dell’afferrare
con forza per immobilizzare e stuprare, resa abbastanza bene dalla
radice verbale √ἑλ, fosse concorrenziale con quella del trascinamen-
to, o comunque tale che l’una non dovesse escludere l’altra. Non
voglio arrivare a ipotizzare in Euripide la presenza di una variante
d’autore (e nemmeno risalente agli attori), perché credo che non
ci siano prove sufficienti in tal senso; né credo si possa argomenta-
re irrefutabilmente che Cirillo le conoscesse entrambe. E tuttavia,
la presenza in Alceo di ἔλων deve lasciare spazio alla riflessione e
la questione, impostata in questi termini e deliberatamente lasciata
aperta, può servire ad arricchire la nostra conoscenza dei percorsi,
sovente tortuosi, della tradizione manoscritta degli autori antichi.
Nota a Cyr. Juln. 5, 31, 40 227

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Abstract
The variant reading εἷλε in Cyr. Juln. 5, 31, 40 (a passage belonging
to a quotation from Euripides’ The Trojan Women) is observed in
manuscript V only. Riedweg’s edition (2016) considers it deterior
if compared to εἷλκε of the potiores. But it should perhaps be re-
considered, because the same variant reading already belongs to the
Euripidean manuscripts, and because Alcaeus (fr. 298, P.Oxy. 2303,
I century AD), telling the same myth of the violence perpetrated
by Ajax the Lesser against Cassandra, uses the participle ἔλων. We
could perhaps believe that already in a primitive phase of the literary
codification of the myth, the idea of ​​grasping forcefully to immobi-
lize and rape was competitive with that of dragging (εἷλε / εἷλκε).

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