LA CITTÀ
a cura di
ALBERTO ELLERO, FRANCO LUCIANI, ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria
Padova 2011
Il volume è stato pubblicato con il contributo del
Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente
Università Ca’ Foscari Venezia
ISBN 978-88-95672-13-7
DISTRIBUZIONE
HERDER Editrice e Libreria, Piazza Montecitorio 117-120, 00186 Roma
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Stampa a cura di
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Via S. Sofia 58
I-35100 Padova
Tel. 049-8752328
INDICE
NICLA DE ZORZI
Rumori dalla città: la percezione culturale dei suoni nell’antica Mesopotamia .......... p. 1
FRANCESCA CREMA
La polis dei Feaci: epos e storia.................................................................................. p. 33
CINZIA RAMPAZZO
Un contesto etrusco arcaico dall’area urbana dell’antica Caere: l’edificio
a tre vani del santuario in località S. Antonio ............................................................ p. 51
FLAVIA MORANDINI
Le fattorie arcaiche di Pian d’Alma (Scarlino – GR) e Marsiliana d’Albegna
(Manciano – GR): modello “urbano” esportato in campagna o modello “extra-urbano”
radicato nella tradizione? ............................................................................................ p. 79
SILVIA PALAZZO
Le “città” in terra di ethne: riflessioni su realtà di Illiria e di Tracia ........................ p. 101
FRANCESCA MARUCCI
La città romana e i suoi loci celeberrimi. Contesti di comunicazione politica e valori
simbolici nell’Italia romana dalle fonti epigrafiche ................................................. p. 121
CHIARA MARATINI
I luoghi del commercio a Pompei ............................................................................. p. 159
LUANA TONIOLO
“...municipii sui uvam Pompeiani nomine appellant”: modelli di produzione e
distribuzione del vino vesuviano nel mercato cittadino e suburbano ....................... p. 191
Dopo i primi due contributi del Dottorato in Storia Antica e Archeologia, Storia
dell’Arte della Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche, dal titolo “Temporalia,
Itinerari nel Tempo e sul Tempo” e “Alimentazione e Banchetto”, esce il terzo volume
sul tema della Città che raccoglie gli articoli dei Dottorandi e dei Dottorandi in cotutela
dell’indirizzo di antichistica.
All’interno di questo immenso tema generale ogni dottorando propone il suo punto di
visuale che contribuisce a chiarire, per centri abitati di differenti civiltà e periodi, aspetti
particolari che spaziano da quelli di tipo economico o politico, a quelli della vita
quotidiana o della percezione del vivere urbano. Non si intende certamente offrire un
quadro completo di tutte le questioni relative al concetto di città, alle realizzazioni
urbanistiche nelle diverse epoche e culture, − né questo era il fine degli incontri semina-
riali organizzati intorno a questo tema − ma solo lo sviluppo di alcune questioni legate
agli interessi di ciascun allievo, alle sue ricerche e alle problematiche che all’interno del
suo percorso formativo la Scuola ha contribuito a sviluppare.
Tutti questi lavori sono il prodotto di discussioni seminariali, di incontri specifici
sull’argomento “Città” che nel Dottorato abbiamo organizzato nel 2009-2010, con
specialisti non solo dell’area di antichistica ma anche di altri settori scientifici, e ai quali
ogni Dottorando ha partecipato portando il suo contributo.
A me sembra che dare spazio a interessi diversi, e contribuire a espandere e svilup-
pare curiosità, approfondimenti, desiderio di saperi nuovi, contatti e scambi con aree
differenti da quelle del proprio stretto ambito di ricerca possa essere considerato uno
degli apporti più significativi di un Dottorato e uno degli scopi a cui bisogna tendere e
quindi contribuire a realizzare. La continuità di una iniziativa come questa, e il
trasformare dibattiti e seminari in pubblicazioni scientifiche, rendere i dottorandi i
protagonisti di esperienze interdisciplinari, in un momento di cambiamenti così radicali
per l’Università, assume un significato più largo. Intende affermare infatti la volontà di
perseguire un obiettivo che, malgrado la strada ci appaia accidentata e la sua conclu-
sione ci sia ancora oscura, deve essere visto e vissuto da dottorandi e docenti come una
delle poche certezze e ricchezze che possediamo: rendere gli allievi più consapevoli
delle proprie capacità, più capaci essi stessi di recepire stimoli dall’esterno per
trasformarli in occasioni di arricchimento e di ricerca, immettendoli così nel circuito
della comunicazione scientifica.
*
Le riviste citate all’interno dei contributi sono abbreviate secondo l’Archäologische Bibliographie.
Sigle e abbreviazioni
IV
LE ‘CITTÀ’ IN TERRA DI ETHNE:
RIFLESSIONI SU REALTÀ DI ILLIRIA E DI TRACIA*
Silvia Palazzo
Quando ci si occupa di aree non greche ci si accorge facilmente di come gli storici
antichi non mostrino la nostra stessa curiosità per realtà che, poste alle immediate fron-
tiere del loro mondo, non hanno il fascino di terre lontane. Tali territori emergono dun-
que solo di tanto in tanto, a fare da sfondo a vicende di cui i protagonisti, sovrani,
eserciti e personaggi greci o romani, rivestono per le fonti maggiore interesse.
In terre dunque come la Tracia o l’Illiria1, che conosciamo attraverso gli occhi ed i
racconti di chi ad esse non apparteneva, indagare sulle ‘città’2, interrogarsi su quali e
quante fossero, con che caratteristiche fisiche e politiche, e come agissero nell’or-
ganizzazione e nel controllo del territorio, è compito arduo, e se molte risposte non pos-
sono che essere cercate sul terreno3, rimane fondamentale per l’interpretazione delle
realtà urbane un ripensamento critico del quadro offerto dalle fonti antiche.
Un mero criterio quantitativo dovrebbe far ottenere un posto di primo piano in tale
indagine ai lessicografi, che preservano la messe più rilevante di toponimi circa queste
aree, tuttavia sovente la mancanza di riferimenti al contesto o alla fonte da cui i
toponimi sono tratti, ed in generale l’assenza di qualsiasi informazione utile a collocarli
sul terreno, obbligano le moderne mappe che tentano di tracciare il profilo storico di
queste aree a restituire come ‘vuote’ di città queste terre di ethne.
* I miei ringraziamenti vanno alla Prof.ssa Antonetti ed alla Dott.ssa De Vido per aver seguito in ogni
fase lo sviluppo di questo contributo con puntuali correzioni e suggerimenti. Ringrazio inoltre la
Dott.ssa Valentini per la cortese disponibilità in sede di rilettura, e per i diversi e preziosi spunti.
1
Tanto ‘Tracia’ quanto ‘Illiria’ sono termini che necessitano di precisazioni più di quanto sembri, cfr.
per l’Illiria CABANES 1988, 13-46, con discussione delle definizioni degli autori antichi, ed
approfonditamente sul concetto di Illyricum e del suo variare nel tempo ŠAŠEL KOS 2005, part. 219-
245. Per la Tracia, un tentativo di riordino delle testimonianze antiche è in DANOV 1979, 21-185.
2
Per ‘città’ si intendono qui quegli insediamenti che le fonti antiche, greche e latine, designano come
tali (poleis/urbes, ma anche oppida e castella, vd. infra). Quali realtà corrispondessero a questo
lessico, peraltro notevolmente standardizzato, è tutt’altro che univoco da stabilire, vd. ad esempio per
l’Illiria ISLAMI 1972, 7-23; CABANES 1988, 183-238; CORVISIER 1993, 85-89.
3
Per l’Illiria vd. gli studi su numerose città ed insediamenti riuniti nel numero speciale della rivista
Iliria del 1972, con bibliografia precedente, e più di recente i contributi apparsi negli Atti dei
Convegni “L’Illyrie méridionale et l’Epire dans l’Antiquité” dal 1987. Per la Tracia, vd. di recente un
aggiornamento in ARCHIBALD 2004, 855-899; FLENSTED-JENSEN 2004, 810-853; LOUKOPOULOU
2004a, 854-869; LOUKOPOULOU 2004b, 870-884; LOUKOPOULOU 2004c, 870-884.
Silvia Palazzo
4
La messa è fuoco è quella celeberrima di Plb. 1, 1, 5: “Tiv" ga;r ou{tw" uJpavrcei fau'lo" h] rJa/vqumo"
ajnqrwvpwn o}" oujk a]n bouvloito gnw'nai pw'" kai; tivni gevnei politeiva" ejpikrathqevnta scedo;n a{panta
ta; kata; th;n oijkoumevnhn oujc o{loi" penthvkonta kai; trisi;n e[tesin uJpo; mivan ajrch;n e[pese th;n
ïRwmaivwn, o} provteron oujc euJrivsketai gegono;", tiv" de; pavlin ou{tw" ejkpaqh;" prov" ti tw'n a[llwn
qeamavtwn h] maqhmavtwn o}" prourgiaivteron a[n ti poihvsaito th'sde th'" ejmpeiriva";” D’ora in avanti
le datazioni si intendono sempre a.C., ove non altrimenti specificato.
5
La necessità di riepilogare o ricostruire il passato illirico non è sentita da Appiano (App. Illyr. 6), che
ammette di non conoscere affatto le origini del conflitto con Roma.
6
Di segno opposto era l’osservazione di ISLAMI 1972, 8, per il quale si deve tener presente che gli
storici, greci o romani che siano, tendono ad esasperare nell’area illirica i tratti ‘barbari’. Ciò è
senz’altro vero in generale, ma non lo è particolarmente per il II secolo.
7
Può anche rientrare in questa casistica la ben più complessa problematica della regalità in Illiria:
quello che le fonti designano come ‘re degli Illiri’ sarà un sovrano che ha saputo compiere un qualche
sforzo di unificazione di alcuni o di molti ethne dell’area, o più banalmente tale titolo può essere
conferito ad un qualsiasi sovrano di un ethnos, che in quel momento sembra affermare il proprio
potere al di sopra degli altri? Sulla questione, qui semplificata ma di notevole complessità, vd.
l’acceso dibattito tra PAPAZOGLOU 1965, 143-179 e HAMMOND 1966a, 239-253, nonché più di recente
il punto in CABANES 1988, part. 87-158.
102
Le ‘città’ in terra di ethne: riflessioni su realtà di Illiria e di Tracia
8
Una recente messa a punto su vizi e virtù del lessicografo è in WHITEHEAD 1994, 99-124. Non è a
Stefano che ci si può rivolgere per ottenere un quadro credibile delle realtà urbane di Tracia, viste le
informazioni di disparata provenienza cronologica, l’indeterminatezza della posizione dei vari siti e la
rarità di indicazioni circa la natura, greca o meno, di ciò che egli designa come polis. Tra i toponimi
definiti poleis di Tracia, molti sono quelli riconducibili ad Ecateo (nove poleis ed una decina di ethne)
e a Teopompo (undici poleis e due ethne), ma naturalmente la perdita del contesto in cui essi
dovevano emergere impedisce di tentare una ricostruzione delle realtà urbane di Tracia a partire da
questi autori. Per un quadro aggiornato cfr. le sezioni del Barrington Atlas 2000 dedicate all’area
(map 51 e pp. 772-784) ed anche FLENSTED-JENSEN 2004, 810-883.
9
Naturalmente vi è una certa arbitrarietà nell’assegnare a Livio la sola funzione di sostituire il Polibio
perduto, vd. infra.
10
Si è scelto in questo contributo di mantenere sempre per questo ethnos la grafia greca traslitterata
Maidoi (cui corrisponde il latino Maedi, vd. Liv. 28, 5; 42, 19), laddove per gli altri ethne dell’area si
è preferita la versione tradotta dell’etnico.
11
Si tenga conto che alcune di queste fonti riferiscono la situazione successiva alla conquista romana
(certo è il caso di Plin. nat. 4, 1, 3), mentre per altre (Strabo 7, f. 36) sono note le difficoltà nel
separare i diversi piani cronologici: quanto si può riferire alla fonte polibiana si accorderebbe
perfettamente con il periodo qui preso in esame, ma ad esso si sovrappongono informazioni
successive alla conquista romana.
12
Strabo 7, f. 36: lo Strimone passa per il territorio di Maidoi, Sinti e poi fa da confine tra Bisalti e
Odomanti.
103
Silvia Palazzo
nord-est con i territori dei Dardani13, a nord con quelli di Denteleti e Agriani14,
anch’essi lungo lo Strimone. Ad ovest i vicini diretti sono i Peoni, anche se i ‘confini’
delle rispettive aree non sono definibili con precisione15. Ancora, a sud essi incontrano
il territorio dei Sinti, sebbene sussistano diverse ipotesi circa l’attribuzione all’uno o
all’altro popolo della valle del medio Strimone. A est essi potrebbero arrestarsi al corso
dello Strimone, come pure occuparne in parte la riva sinistra16.
Si tratta di un ethnos che nel II secolo appare in qualche misura ‘adespota’, non
menzionando mai le fonti un basileus od un dynastes al comando. La designazione è
sempre collettiva, i Maidoi, oppure ci si riferisce all’area da essi occupata come
Maedica17. Del resto, le fonti stesse inducono a pensare che sotto il nome di Maidoi
esistesse una pluralità di ethne minori, se in questo senso si possono leggere i partitivi
che talvolta isolano ‘alcuni tra i Maidoi’18.
Dato questo quadro generale, si possono brevemente esaminare le occasioni in cui
compaiono menzioni di ‘città’ nel territorio di questo ethnos: la prima in ordine crono-
logico risale agli eventi del 211, durante una campagna che Filippo V intraprese nel
territorio. Non si trattò di una grande campagna, dal momento che il sovrano era
impegnato su altri fronti, principalmente nel conflitto che lo opponeva agli Etoli, ed anzi
13
Appare discussa l’attribuzione all’uno o all’altro popolo della valle della Bregalnitza, anche se pare
più probabile che appartenga ai Maidoi. A nord e a nord-ovest sono indicati da Strabo 7, 5, 7 due
ethne dardani (Galabrii e Thunatai), il che fa dire a GEROV 1970, 10 che “ceux-ci s’étaient répandus
assez loin dans la direction du nord-ouest, probablement jusqu’aux contreforts méridionaux de
l’Osogovska planina”, dove comincia, in direzione ovest, la frontiera della Dardania e della Peonia,
che diverrà più tardi la frontiera tra la Moesia Superiore e la Macedonia. Ulteriori considerazioni sul
territorio dei Maidoi e una discussione delle fonti in GEROV 1970, 7-23, da confrontare con le diverse
posizioni di PAPAZOGLOU 1988, 337-343.
14
Per il territorio occupato dagli Agriani, vd. PAPAZOGLOU 1978, 100-101. La vicinanza con gli Agriani
fa supporre a DANOV 1979, 73 n. 172 che un’espansione ai loro danni da parte dei Maidoi abbia
causato l’azione di Filippo. Anche per quanto riguarda i Denteleti, gli ultimi eventi noti che li
riguardano risalgono al 340-339, o meglio li sappiamo citati nel libro 48 di Theop. FGrHist. 115 F
221 (= Steph. Byz. s.v. Danqalh'tai). Essi saranno obiettivo di una spedizione di Filippo V nel 183,
vd. Liv. 39, 53, 14 (solo qualche accenno in Plb. 23, 8, 4-5).
15
È discussa l’appartenenza delle regioni di Kočani e di Kratovo, vd. PAPAZOGLOU 1988, 78 e n. 30.
16
L’indicazione di Plin. nat. 4, 40, che li colloca dextro latere rispetto allo Strimone, non va presa alla
lettera per GEROV 1970, 9: il fiume non avrebbe un’ampiezza tale da impedire la presenza dei Maidoi
anche sull’altra sponda.
17
Si può però ricordare il caso, non omogeneo per cronologia, del dynastes dei Maidoi Tipas, che
compare in un’iscrizione onorifica da Lete in Macedonia (Syll3 700), datata al 117 (esplicitamente
ventinove anni dopo l’istituzione della provincia di Macedonia) che celebra il questore M. Annio,
subentrato al pretore Sesto Pompeo, dopo che questi era caduto durante un attacco dei ‘Galati’. Annio
avrebbe quindi agito valorosamente vincendo i nemici anche quando essi si presentarono con le forze
accresciute dai Maidoi guidati da Tipas. Per la designazione dell’area come Maedica vd. Liv. 26, 25;
40, 21-22; 44, 26. In Polibio tale designazione non sopravvive, ma è tuttavia attestata già nel corpus
aristotelico (Hist. Anim. 2; 19; Mirabil. Auscul. 6) e per eventi omogenei a quelli trattati da Polibio in
Diod. 30, 19, 1.
18
Vd. ad es. Plut. Alex. 9, 1, 2-3: “Filivppou de; strateuvonto" ejpi; Buzantivou", h\n me;n eJkkaidekevth" oJ
∆Alevxandro", ajpoleifqei;" de; kuvrio" ejn Makedoniva/ tw'n pragmavtwn kai; th'" sfragi'do", Maivdwn te
tou;" ajfestw'ta" katestrevyato, kai; povlin eJlw;n aujtw'n, tou;" me;n barbavrou" ejxhvlase,
summeivktou" de; katoikivsa", ∆Alexandrovpolin proshgovreusen”.
104
Le ‘città’ in terra di ethne: riflessioni su realtà di Illiria e di Tracia
il re macedone intraprese tale spedizione proprio per non dover temere loro assalti
mentre era trattenuto lontano dal regno.
Il racconto di Polibio per quanto riguarda questo episodio è perduto, e Stefano di
Bisanzio non conserva che il nome di una polis trace, Phorynna19. La vicenda ricostrui-
bile quindi grazie a Livio20 è così descritta: Filippo avrebbe guidato l’esercito prima in
Macedonia e poi in Tracia ed in particolare contro i Maidoi21. Essi erano del resto soliti
tentare incursioni in Macedonia mentre il re si trovava impegnato altrove, ed allo scopo
di prevenire tali comportamenti Filippo si dedicò al saccheggio dell’area ed in
particolare all’assedio di (Iam)phorynna, designata come caput arcemque Maedicae22.
Nessun altro dettaglio viene fornito, salvo il fatto che Filippo V poté ottenerne la resa
prima di essere costretto a lasciare la regione richiamato da più gravi minacce al
territorio macedone23.
Una seconda urbs dei Maidoi compare poi nella sola testimonianza liviana circa gli
eventi del 181 quando, durante la spedizione intrapresa per raggiungere la cima
dell’Emo, Filippo V attraversa le solitudines interiacentes Maedicae atque Haemo
all’andata24 ed al ritorno poi si dedica alla presa di un’altra città, Petra25. Il re attraversa
la regione debitamente provvisto di rifornimenti e, cominciato l’assedio alla città
incarica il figlio Perseo di una manovra d’accerchiamento che occupi le zone sopre-
19
Plb. 9, 45, 3 (= Steph. Byz. s.v. Fovrounna): “Fovrounna, povli" Qra/vkh". Poluvbio" ejnavtw/”.
20
Liv. 26, 25, 6-17. Non è possibile fornire qui un’estesa campionatura di passi liviani che certamente
dimostrano aderenza ai corrispondenti polibiani. Cfr. l’uso in WALBANK 1967 di marcare le
informazioni liviane come Liv(P) e Liv(A), ovvero di matrice polibiana o annalistica, con decisa
preminenza delle prime. Cfr. WALBANK 1967, 282-3 ed anche BRISCOE 1973, 1-12 e BRISCOE 1981,
1-3. Tuttavia occorre prudenza nell’estendere tale dipendenza (esclusiva?) oltre la conclusione della
terza guerra di Macedonia (si veda ad es. il complesso quadro di fonti ipotizzato per il libro 45 di
Livio da Jal 1979, X-LIII), ed in ogni caso sarebbe ingeneroso oltre che rischioso considerare Livio un
‘traduttore’ di termini polibiani (vd. ad es. PIANEZZOLA 1969).
21
Liv. 26, 25, 15.
22
Liv. 26, 25, 8. Il toponimo compare due volte nel brano liviano, a breve distanza (Liv. 25, 26, 8 e 16):
“[Philippus] priusquam maioribus occuparetur rebus in Macedoniam atque inde in Thraciam
exercitum ac Maedos duxit. Incurrere ea gens in Macedoniam solita erat, ubi regem occupatum
externo bello ac sine praesidio esse regnum sensisset. Ad frangendas igitur <uires gentis simul>
uastare agros et urbem Iamphorynnam, caput arcemque Maedicae, oppugnare coepit. Scopas ubi
profectum in Thraciam regem occupatumque ibi bello audiuit, armata omni iuuentute Aetolorum
bellum inferre Acarnaniae parat. […] Nuntiis ad Philippum missis quanto res in discrimine esset,
omittere Philippum id quod in manibus erat coegerunt bellum, Iamphorynna per deditionem recepta
et prospero alio successu rerum”. Ritengo però corretta la forma Fovrounna (Plb. 9, 45, 3 = Steph.
Byz.) che sarà d’ora in poi qui adottata. (Iam)phorynna potrebbe nascere da una erronea scansione del
testo liviano nel secondo caso (iam Phorunna per deditionem recepta), e riverberarsi così nella prima
occorrenza. Che entrambe le testimonianze antiche si riferiscano alla stessa città è ormai opinione
accettata, anche se va forse ricordato che OBERHUMMER 1941 col. 651 non rimandava al passo di
Livio, limitandosi a dire che la città era altrimenti ignota.
23
Liv. 26, 25, 15.
24
Liv. 40, 22, 1-11: “Philippus Maedicam primum, deinde solitudines interiacentes Maedicae atque
Haemo transgressus septimis demum castris ad radices montis peruenit”.
25
Liv. 40, 22, 12-15.
105
Silvia Palazzo
levate alla spalle di Petra26. A questo punto, vistisi perduti, gli abitanti consegnano gli
ostaggi e si arrendono al re, tuttavia il timore dei nemici fa sì che essi, allontanatosi
l’esercito, abbandonino gli ostaggi e la città stessa al loro destino per rifugiarsi sui
monti27.
Vi è infine un terzo toponimo, Desudaba, ricordato dal solo Livio, che riferendo di
eventi del 168, ne indica la pertinenza al territorio della Maedica senza definirla però né
urbs né altrimenti28, limitandosi ad indicare come nelle sue vicinanze avessero trovato
spazio le truppe dei Bastarni che Perseo tentò, senza successo, di arruolare nelle proprie
fila.
Le proposte di identificazione sul terreno per ciascuno dei tre toponimi non sono
mancate, ma ai fini di questa analisi basta notare come sinora non vi sia alcun riscontro
definitivo. Del resto, per Phorynna la fonte liviana non fornisce alcun particolare del
sito, né la sua distanza da un qualche altro punto conosciuto29.
Diverso, ma non più semplice, è il caso di Petra: se il nome non bastasse a suggerire
la natura montuosa del sito, la fonte liviana ne attesta la vicinanza con un monte, nonché
la prossimità con l’area dell’Emo, intuibile dacché viene raggiunta al ritorno da una
spedizione che a questo monte mirava30.
26
Liv. 40, 22, 12: “Frumento inde sublato in Maedicam regressus, urbem, quam Petram appellant,
oppugnare est adortus. Ipse a campestri aditu castra posuit, Perseum filium cum modica manu
circummisit, ut a superioribus locis urbem adgrederetur”.
27
Liv. 40, 22, 15: “Oppidani, cum terror undique instaret, obsidibus datis in praesentia dediderunt sese:
iidem, postquam exercitus recessit, obliti obsidum relicta urbe in loca munita et montes refugerunt”.
28
Liv. 44, 26, 7-8: “[Perseus] ad Almanam urbem peruenit et in ripa fluminis Axi posuit castra. Circa
Desudabam in Maedica exercitus Gallorum consederat, mercedem pactam opperiens. Eo mittit
Antigonum, ex purpuratis unum, qui iuberet multitudinem Gallorum ad Bylazora – Paeoniae is locus
est – castra mouere, principes ad se uenire frequentes. Septuaginta quinque milia ab Axio flumine et
castris regis aberant”.
29
Guidati dalla somiglianza con un toponimo moderno, si era proposta l’identificazione con la città di
Ivorina (od. Vranja), sulla Morava (così REINACH 1910, 296 n. 2, ma una posizione alle foci della
Morava sembra poco probabile, specie se si considera la posizione di Pautalia, città dei Denteleti: se
essa è da identificarsi con l’attuale Kjustendil, come sostiene PAPAZOGLOU 1978, 101, si troverebbe
più a sud di Ivorina). Senza conferme archeologiche né d’altro genere, ma solo perché coerente con il
territorio dei Maidoi, si è poi suggerita una collocazione presso le sorgenti del Nesto (VULIČ 1914,
col. 690) oppure nel medio corso dello Strimone (DE SANCTIS 1968, 418; WALBANK 1967, 86-7, che
probabilmente indicano il cuore del territorio). Inutile dire che tale collocazione non può essere
condivisa da quanti pensano che il territorio dei Maidoi non abbracci quest’area, che apparterrebbe
invece ai Sinti. Vi è infine un’altra ipotesi che vorrebbe identificare la città con l’area occupata dal
moderno villaggio di Rupite, sulla riva sinistra dello Strimone (MANOV 2004a, 112), vd. infra.
30
GEROV 1970, 22 per il quale all’andata verso il monte Emo Filippo avrebbe seguito una strada diversa
da quella del ritorno, non passando perciò per Petra. Solo al rientro verso la Macedonia, raggiungendo
per la prima volta la città, incontrata resistenza, l’avrebbe assediata. Non mi sembra però un’ipotesi
necessaria: potrebbe essere tornato a chiudere i conti. Tuttavia, in parte per le discussioni tuttora
aperte circa l’esatta posizione dell’Emo (potrebbe essere identificato con il Dunax, od. monte Vitocha,
oppure con lo Scombrus/Scomio, od. Rilo Dag, o ancora con una delle cime dei Balcani centrali,
ipotesi quest’ultima che vede il maggior consenso dei moderni studiosi, vd. ancora MELONI 1953, 49
con bibliografia), le ipotesi di identificazione riconducono a siti a grande distanza tra loro: REINACH
1910, 296 n. 2 suggeriva, certo influenzato dalla somiglianza del toponimo, che Petra potesse essere
Petrisi (od. Petrič, dunque nel territorio di attribuzione controversa ai Maidoi o ai Sinti). MELONI
106
Le ‘città’ in terra di ethne: riflessioni su realtà di Illiria e di Tracia
1953, 50 e n. 2, ignorando Reinach, affermava che il sito non potesse essere identificato, ma ne
suggeriva una posizione lungo l’Axios. Merita di essere rilevato come invece WALBANK 1967, 249-
250 nomini Petra rimandando a Livio, senza alcuna proposta di identificazione, né alcuna
segnalazione della difficoltà sollevata dalla localizzazione. Altrove WALBANK 1979, 469 notava
invece come “this Petra, like Petra in Macedonia, was associated evidently with the Kresna defile of
the middle Strymon”.
31
Il toponimo antico del sito è emerso per via epigrafica grazie ad una dedica del 78 d.C. nel 1980, vd.
GERASSIMOVA-TOMOVA 1980, 19-26. In merito vd. anche PAPAZOGLOU 1988, 376. Per la
collocazione di Neine ed in generale per l’area qui in esame della valle dello Strimone vd. Fig.1.
32
Vd. ad esempio GEROV 1970, 22, che propone una datazione al II sec. d.C.
33
IGBulg IV 2251: Brisoula/ Petradeno– kai; Goazeira/ th/` mhtri; oiJ uJoi; to; mnh`ma. L’importanza
dell’iscrizione è sottolineata da GEROV 1970, 21 e da PAPAZOGLOU 1988, 376, che pure pervengono a
diverse conclusioni circa il suo significato. Per entrambi l’etnico è da avvicinare alla città di Petra in
Maedica, tuttavia l’editore Mihailov e PAPAZOGLOU 1988, 375-6 avevano notato come proprio
l’indicazione dell’etnico impedisca di identificare il luogo di ritrovamento con Petra. GEROV 1970,
21-22 ammette invece questa possibilità.
34
GEROV 1970, 22 n. 114.
35
IGBulg IV p. 277 e nrr. 2323-2329. Per ulteriore bibliografia GEROV 1970, 22.
36
MANOV 2004a, 107-112. Dell’articolo, in bulgaro, ho potuto accedere direttamente solo al riassunto
inglese, e non posso quindi sempre render giustizia al ragionamento, certo più ampio che nel
riassunto, portato avanti dallo studioso.
37
Che sia Phorynna e non la versione liviana Iamphorynna il corretto toponimo è opinione di MANOV
2004a, 112, condivisa e condivisibile, vd. supra.
38
MANOV 2004a, 112 a sostegno della sua ipotesi afferma come “most suitable is the parallel with the
Hettic peruna, which also means ‘rock’”.
107
Silvia Palazzo
Sebbene gli argomenti messi in campo siano stati come si è visto eminentemente
linguistici, e non sia esplicita in alcun modo la necessità di diminuire il numero di
eventuali poleis in terra di ethne, non escludo tuttavia che l’idea di molti centri per un
solo ethnos non abbia giocato un ruolo nell’interpretazione. Ora, posto che i Maidoi
fossero ‘un solo ethnos’, non è affatto implausibile una rete di città, di cui una gerarchi-
camente più importante (Phorynna, in questo caso, che è detta caput et arx) ed altre che
costituiscono una rete di valore strategico e difensivo.
Ma le tracce in questa terra sembrano troppo labili per fornire un modello leggibile di
occupazione del territorio. A questo fine però possono fornire valido confronto gli
esempi, più numerosi e ricchi di dettagli, che vengono dalla terra d’Illiria in questo stes-
so torno d’anni, e dalla stessa voce polibiana.
39
L’iscrizione, edita da MITREV – TARAKOV 2002, 25-32 è segnalata come rinvenuta non lontana
dall’area, in località Chervenite skali, reimpiegata in una sepoltura di V-VI sec. d.C. (cfr. anche la
posizione di LEPELLY 2004, 221-31). Ma le circostanze del ritrovamento (un’operazione di polizia che
interviene in un tentativo di trafugare tali materiali della necropoli) e le dimensioni considerevoli della
stele suggeriscono che essa non si trovi lontano dall’originaria collocazione. A conferma
dell’identificazione, lo studioso bulgaro che pubblica il documento invoca un’altra iscrizione inedita,
greca, che conserverebbe l’etnico Heracleotes e proverrebbe anch’essa dal villaggio di Rupite
(MITREV 2005, 181-7. Lo studioso ne pubblica il testo, affermando che essa si trova nel museo di
Sandanski, e non fornendo alcuna indicazione circa la datazione). L’unica perplessità rimasta – e non
è del tutto trascurabile – sorge dalla grande distanza cronologica tra l’attestazione della civitas
Heracleotarum e il periodo da noi preso in esame, tanto che ha buon gioco MANOV 2004b, 78-81 nel
difendere la propria identificazione tra Phorynna e Rupite suggerendo che l’area abbia cambiato nome
nel tempo.
40
MANOV 2004a, 112.
41
MANOV 2004a e MANOV 2004b non accenna al contributo possibile fornito dall’iscrizione.
108
Le ‘città’ in terra di ethne: riflessioni su realtà di Illiria e di Tracia
citando il nome di numerose poleis (e forse di qualche ethnos) che per la maggior parte
compaiono qui per l’unica volta42. Le circostanze che coinvolgono queste aree sono
brevemente tratteggiate dallo storico: a seguito di un’avanzata decisamente irregolare da
parte dell’illirico Scerdilaida, si segnala l’acquisizione di una serie di città (che Polibio
chiama povlei"), in Pelagonia (dove obiettivo dell’azione militare è il povlisma Pissae-
um) e in Dassaretide, dove tre città sono, volenti o nolenti, costrette a passare dalla sua
parte. I nomi tràditi sono Antipatreia, Chrysondyon e Gertous43. In sostanza, il sovrano
sembra dunque ottenere il controllo delle valli dell’Hapsus (od. Semeni) e del Genusus
(od. Shkumbini)44, con un percorso che appare simile a quello compiuto nel 220 da
Demetrio di Faro, il quale aveva attraversato un territorio illirico caro agli interessi di
Roma percorrendo la Dassaretide fino a minacciare i Partini e gli Apolloniati45. L’area
in questione poi si configura per la campagna di Filippo di particolare interesse
strategico: se il re infatti progettava di acquisire il controllo della costa (e a tal fine
aveva passato l’inverno a costruire una flotta46), il dominio sulle valli che collegano la
fascia costiera con l’entroterra fino alla Macedonia doveva essere tutt’altro che disprez-
zabile.
Al comportamento di Scerdilaida, Filippo V decide, come avviene spesso, di reagire
in fretta, e muove alla riconquista delle città sottrattegli ed anche di altre realtà in
quest’area47, di cui Polibio fornisce qualche nome: in Dassaretide Kreonion e Gerous,
tra quelle ‘intorno al lago Lychnidos’ Enchelanes, Kerax, Sation e Boioi48; Bantia nei
territori dei Kaloikinoi, e Orgessos49 in quello dei Pisantinoi.
Se però si scorre l’indice del Barrington Atlas nel capitolo dedicato all’Illyricum, si
avrà il dispiacere di trovare molti di questi nomi nella colonna degli ‘unidentified settle-
42
Plb. 5, 108. Si veda per l’inquadramento storico HAMMOND 1968, 15-19. Per l’assenza di poleis
greche, vd. Fig. 2.
43
Cfr. la puntuale disamina della tradizione polibiana di questo passo in HAMMOND 1968, 15 n. 53.
44
Per entrambi, vd. TIR, 55-56 e 61.
45
Plb. 3, 16, 3. L’accostamento dei due percorsi è marcato in HAMMOND 1968, 15.
46
Si deve l’informazione a Plb. 5, 110, che ne descrive l’esordio, piuttosto inglorioso, contro i Romani.
Dopo tale prova, il controllo costiero sarà di fatto irrealizzabile.
47
Si noti, con HAMMOND 1968, 16 e n. 55 la differenza di lessico: Filippo ‘riprende’ (ajnekthvsato) le
città già nominate, di cui Polibio non fornisce di nuovo l’elenco, mentre ‘cattura’ (katelavbeto) ex
novo altre città dell’area, tra le quali compare una Gerous (Gerou'nta) che per alcuni non andrebbe
identificata con la Gertous (Gertou'nta) conquistata da Scerdilaida. Questa Gerous sarebbe invece
quella che Liv. 31, 27, 2 chiama Gerunium, ‘castellum’ che per HAMMOND 1966b, 43 non sarebbe
lontano da Berat (identificata dallo storico con Antipatreia). Non sembra accogliere tale distinzione
Barrington Atlas 2000, 758, che segnala la sola Gerous tra gli ‘unidentified settlments’.
48
In merito a questo elenco, HAMMOND 1966b, 43 n. 19 e HAMMOND 1968, 16 si limita ad avvicinare
Boii al fiume Bevus (Liv. 31, 33, 6: ad Lyncum (scil. Philippus) statiua posuit prope flumen Beuum;
inde frumentatum circa horrea Dassaretiorum mittebat) e alla città (definita come macedone) di Beue
nota da Steph. Byz.: Beuvh, povli" Makedoniva", kai; pro;" aujth/' Beu'o" potamov". To; ejqniko;n Beuai'o".
La ricostruzione è accolta in TIR, 26 e Beue compare tra le città di Macedonia (Lincestide) in
PAPAZOGLOU 1988, 273, che ne discute la localizzazione.
49
Una Orgessus è nota anche da Liv. 31, 27, 2, circa le azioni del legato romano L. Apustio nell’area,
nel 200, su cui infra.
109
Silvia Palazzo
ments’50. Ma non c’è solo la difficoltà di collocare sul terreno questi toponimi, è la
stessa natura di ‘città’ di alcuni di loro ad essere messa in dubbio: infatti, non
potrebbero essere intesi altrettanto bene, se non meglio, come nomi di ethne51?
Il caso illirico poi, più di quello trace, consente qualche riflessione sufficientemente
circostanziata circa il lessico adottato da Polibio, e le trasformazioni che esso subì in
Livio. In quanto si conserva di Polibio si trovano pochi dettagli anche circa le poleis di
area illirica, e la quasi totalità dei toponimi dell’area sono definiti poleis, ma di ciò si
potrebbe incolpare solo il caso, che ci ha privato di tante pagine polibiane. Non è poi
infondata la speranza di recuperare eco preziosa di Polibio da Livio, tuttavia, sebbene
siano davvero rari, e tutto sommato non troppo confortanti, i casi in cui la conser-
vazione di entrambi i testimoni permette di valutarne l’operato rispetto agli esempi
illirici52, da Livio si recupera un’immagine di un’Illiria ricca di urbes, ma anche di
numerosi altri insediamenti diversamente definiti, per i quali il lessico latino sembra
relativamente ricco ed articolato: non mancano oppida, castella, arces, mentre scarsi,
ma non assenti, sono i vici53. Più complesso stabilire se in quest’uso, così frequente per
descrivere realtà d’ogni genere, e che nessuno penserebbe di restringere all’ambito illi-
rico, si possa intuire una traduzione costante di termini polibiani54.
Ma se si può pensare che Livio attinga ad un lessico che gli è familiare per realtà che
poteva trovare designate in maniera più generica, occorre riconoscergli almeno una cer-
50
Barrington Atlas 2000, 749-60. Sono segnalate come non identificate Pissaeum, Gerous, e Sation.
Antipatreia potrebbe essere l’albanese Berat (sebbene non sia la sola ipotesi possibile, vd. in merito
brevemente CABANES 1995, 221). Enchelanes e Boioi sono considerati etnici (a meno che Boioi non si
identifichi con la Beue di cui supra, collocata sulla scorta di HAMMOND 1972, 64 nei pressi del fiume
Molca. Kerarx è identificata (HAMMOND 1972, 94) nei pressi di Struga, in Macedonia. Cfr. con i dati
dell’Inventory 2004, che però nella sezione dedicata all’Adriatico (WILKES – FISCHER-HANSEN 2004,
321-37) non nomina prevedibilmente che le colonie greche della costa. Per alcuni dei toponimi qui
citati cfr. anche FUNKE – MOUSTAKIS – HOCHSCHULZ 2004, 338-50.
51
Il suggerimento è di HAMMOND 1972, 94, accolto da KATIČIĆ 1977, 53, e da PROEVA 1993, 196-7
come ben acquisito: “Hammond et … Katičić ont bien vu que dans le cas d’Enchelanes et de Boioi il
s’agit des ethniques et non pas des villes comme il était admis généralement”. Proeva poi prosegue
sostenendo l’accostamento proposto da Katičić tra questa lezione polibiana e il lemma di Steph. Byz.
(’Eggela'ne", e[qno" jIlluriva", oiJ aujtoi; toi'" jEgcelevai", wJ" Mnaseva" ejn g’ tw'n perihghvsewn)
che attesta jEggela'ne", come nome alternativo per gli Enchelei (con gamma al posto dell’aspirata
sorda kh, fenomeno tipico della lingua macedone). Tale accostamento, che mi sembra assolutamente
pertinente, proverebbe che quello citato da Polibio non sarebbe una città ma un ethnos. Vista però la
frequenza di etnici che sono anche nomi di città, non vedo come questo possa essere un argomento
conclusivo.
52
Cfr. ad esempio Plb. 18, 14, 11 e Liv. 38, 39, e per i complessi problemi sollevati WALBANK 1967,
618.
53
Si incontra la menzione di vici presso i Dassareti in Liv. 27, 32; 31, 33. Per un’analisi degli altri
termini, vd. infra.
54
Se dall’occasione di confronto appena ricordata tra Plb. 18, 14, 11 e Liv. 38, 39 agli ejruvmata in
Polibio corrisponda il liviano castella, non vi sono certezze che si tratti di una ‘traduzione’ costante,
semmai vi è ragione di pensare il contrario, alla luce dei pochi ejruvmata polibiani (in tutto sette: 1, 30,
4; 3, 117, 12; 4, 52, 7; 18, 47, 13; 21, 46, 10; 22, 11, 4; 27, 7, 6), a fronte dei moltissimi castella
liviani.
110
Le ‘città’ in terra di ethne: riflessioni su realtà di Illiria e di Tracia
ta coerenza interna: le realtà che designa come oppida piuttosto che come castella man-
tengono tale nome nelle diverse occorrenze.
111
Silvia Palazzo
Vi è un caso però che non è possibile passare sotto silenzio, e che permetterebbe di
gettare uno sguardo sulla vita di alcune città illiriche di II secolo: si tratta di un hapax
polibiano, in cui si menzionano le difficoltà che il re illirico Scerdilaida avrebbe incon-
trato con i polidynastes, la litigiosità dei quali avrebbe ritardato e ridotto l’invio di forze
a sostegno di Filippo V62.
Sebbene molto attraente, questo termine frutto di integrazione è assolutamente
isolato nel testo polibiano, ed occorre quindi una certa prudenza nell’attribuire alle città
natura esclusiva o frequente di capitali di piccoli dinasti, a loro volta soggetti ad un
basileus. La prudenza non toglie però che tale immagine ben si concili con quanto è
noto circa il funzionamento degli ethne tanto illirici quanto traci, che di frequente vanno
immaginati articolati al loro interno, e soggetti più che ad un’unica dinastia capace di un
potente sforzo di unificazione, a sovrani di volta in volta in grado di affermare la
propria influenza.
rentur, clauserunt portas, multitudinem, ut mortem seruituti praeponerent, hortantes. Nemo aduersus
praepotentis uiros hiscere audebat; tandem Theodotus quidam, nobilis et ipse adulescens, cum maior
a Romanis metus timorem a principibus suis uicisset, ‘Quae uos rabies’ inquit ‘agitat, qui duorum
hominum noxae ciuitatem accessionem facitis? Equidem pro patria qui letum oppetissent, saepe fando
audiui: <qui> patriam pro se perire aecum censerent, hi primi inuenti sunt. Quin aperimus portas et
imperium accipimus, quod orbis terrarum accepit?’ Haec dicentem cum multitudo sequeretur,
Antinous et Theodotus in primam stationem hostium inruperunt atque ibi offerentes se ipsi uolneribus
interfecti; urbs dedita est Romanis”. Di recente sulle città epirote e su Passaron in particolare vd.
DAUSSE 2007, 197-233, part. 209-11. I protagonisti delle trattative sono menzionati in Plb. 27, 15-16;
del loro atteggiamento a favore di Perseo si accenna in Plb. 30, 7, 1; ma l’ottica polibiana sembra
essere in certa misura fraintesa (o abbreviata?) da Livio, cfr. JAL 1979 ad loc.
62
Plb. 5, 4: “Sunqewrw'n de; ta; me;n a[lla pavnta mevrh th'" povlew" ta; me;n qalavtth/, ta; de; krhmnoi'" pe-
riecovmena, bracu;n dev tina tovpon ejpivpedon aujth'" uJpavrconta, to; pro;" th;n Zavkunqon ejstrammevnon,
th/'de dienoei'to prosavgein e[rga kai; th/'de th;n o{lhn sunivstasqai poliorkivan. ’O me;n ou\n basileu;"
peri; tau'ta kai; pro;" touvtoi" h\n. Kata; de; to;n kairo;n tou'ton pentekaivdeka me;n h|kon levmboi para;
Skerdilai?dou − tou;" ga;r pleivstou" ejkwluvqh pevmyai dia; ta;" genomevna" ejpiboula;" kai; taraca;"
peri; tou;" kata; th;n jIllurivda polidunavsta" − h|kon de; kai; paræ jHpeirwtw'n kai; paræ jAkarnavnwn e[ti
de; Messhnivwn oiJ diatacqevnte" suvmmacoi”.
63
Liv. 43, 18-19.
112
Le ‘città’ in terra di ethne: riflessioni su realtà di Illiria e di Tracia
Genzio in favore di un alleanza con il Macedone64. Portate le sue truppe fino ad Uscana,
e prima di intraprendere l’assedio, Perseo sonda le intenzioni di chi si trova in città,
ovvero una guarnigione romana e un certo numero di soldati illiri (“erat autem ibi cum
iuventute Illyriorum Romanum [praesidium]”)65. Dal momento che le trattative non
approdano a risultati concreti, Perseo assedia ed infine prende la città66. A questo punto,
consolidato il controllo della città con un presidio, Perseo intraprende una seconda spe-
dizione nel territorio dei Penesti, diretta contro l’oppidum Oeneus. L’obiettivo, espli-
citamente, è ottenere un passaggio sicuro in direzione del paese dei Labeati e quindi del
re Genzio. Sulla via per Oeneus però Perseo incontra un castellum, Dradacus, la cui
posizione strategica è tale, secondo la segnalazione di un esperto dei luoghi, che la presa
di Oeneus senza il controllo anche di quest’altra piazzaforte risulterebbe vana67. Perseo
quindi, conquistato anche questo castellum, ottiene, con la forza o con la persuasione, la
resa di altri undici castella che Livio lascia anonimi ma che si devono immaginare
presenti nell’area circostante. Poi il re può dedicarsi alla presa di Oeneus, che pur con
difficoltà si conclude con un cruento successo.
Anche se non tutte le realtà menzionate in questo passo possono essere tradotte
credibilmente in punti su una mappa, si ha la netta impressione di una rete piuttosto
estesa di luoghi dalle spiccate funzioni militari (del resto il contesto, quello di una
campagna, è come si è detto il più favorevole per mettere in luce tali funzioni) tra loro
dipendenti e correlate. Un’immagine molto simile a quella che si poteva leggere in
Tracia.
L’Illyris che emerge dalla pagina polibiana (molto spesso con pesanti integrazioni
liviane) è quindi un’area con centri che si possono definire ‘urbani’ almeno in senso
lato, cui le fonti antiche volentieri concedono lo status di poleis o almeno quello di
oppida o castella, che si infittiscono in alcuni settori e non esaurendo la loro funzione
64
Liv. 43, 18, 14: “Perseus principio hiemis egredi Macedoniae finibus non ausus, ne qua in regnum
uacuum inrumperent Romani, sub tempus brumae, cum inexsuperabilis ab Thessalia montes niuis
altitudo facit, occasionem esse ratus frangendi finitimorum spes animosque, ne quid auerso se in
Romanum bellum periculi ab iis esset, cum a Threcia pacem Cotys, ab Epiro Cephalus repentina
defectione ab Romanis praestarent, Dardanos recens domuisset bellum, solum infestum esse
Macedoniae latus, quod ab Illyrico pateret, cernens, neque ipsis quietis Illyriis et aditum praebentibus
Romano, si domuisset proximos Illyriorum, Gentium quoque regem iam diu dubium in societatem
perlici posse, cum decem milibus peditum, quorum pars phalangitae erant, et duobus milibus leuium
armorum et quingentis equitibus profectus Stuberram uenit”.
65
Liv. 43, 18, 6.
66
Liv. 43, 18, 11.
67
Il contesto delle menzioni obbliga a pensare che Dradacus si collochi sulla via che porta verso
Oeneus. L’identificazione reciproca di Uscana ed Oeneus è alla base di ogni ipotesi di collocazione
sul terreno: se Uscana è l’od. Kičevo, come sosteneva già HAMMOND 1972, 44 (la cui proposta è
accolta, pur dubitativamente, da Barrington Atlas 2000 map 49, e di recente in merito anche PROEVA
– BRANKOVIK 2002, 197-202), l’oppidum Oeneus potrebbe essere Tetovo. Il suggerimento è in
HAMMOND 1972, 44, e viene recepito con riserva in Barrington Atlas 2000, che colloca il toponimo
tra i non identificati, suggerendone tuttavia la possibile collocazione a Tetovo (map 49). Per
Dradacus, se si ritengono valide le identificazioni proposte, si può indicare come possibile sito
Gostivar (Barrington Atlas 2000, 758).
113
Silvia Palazzo
come ‘capitale’ di un ethnos o di un sovrano possono sorgere nel territorio di uno stesso
ethnos ad occupare posizioni diverse e strategicamente rilevanti. Tale immagine risulta
del tutto compatibile se non con un’immagine complessiva della Tracia, che da Polibio
appare come terra di ethne e dinasti ed in cui molto raramente emergono città che non
siano greche, almeno con quella di alcune aree, non casualmente le più vicine al confine
macedone.
Dal confronto di queste ‘città’ di Illiria e di Tracia emergono dunque i contorni di
realtà complesse, in cui le città non solo sono presenti, ma svolgono funzioni comple-
mentari e rivelano anche una certa gerarchia, pur appena distinguibile nel lessico antico
fortemente standardizzato. L’accostamento tra le due aree non porta a dimostrare o
suggerire una koine balcanica68 (tutta da verificare su terreno archeologico ben più che
sulla base delle cursorie indicazioni polibiane) nell’occupazione del territorio, ma può
fornire qualche traccia per immaginare – data l’impossibilità di tradurre con qualche
credibilità su una mappa tali realtà – un paesaggio in terra di ethne più denso di centri,
dai contorni strutturali ed istituzionali destinati a rimanere in larga misura indefiniti,
così come è sfuggente il lessico antico che li designa.
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