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ALBERTO TINTO·

;~

LA TIPOGRAFIA
MEDICEA
ORIENTALE

Marìa Pàcini Fatzi Editore •


Il presente volume ricostruisce in det-
taglio, sulla scorta di documenti inedi-
ti, la storia della Tipografia Medicea
Orientale fondata a Roma nel 1584 dal
cardinale Ferdinando de Medici con la
quale il libro italiano venne di nuoVo
a trovarsi all'avanguardia della tipogra-
fia europea. La Medicea costituì !'im-
portante strumento di cui si servì il pa-
pato, con slancio missionario, per l'o-
pera di riunione al cattolicesimo dei cri-
stiani non romani specialmente di quelli
del Medio Oriente e dei paesi slavi,
opera perseguita attraverso la stampa
e la diffusione di numerosi te'sti in ca-
ratteri orientali.

ALBERTO TINTO, nato a Roma, dal


1973 è direttore della Biblioteca Sta-
tale di Lucca. Esperto, a livello euro-
peo, di storia della tipografia quattro-
cinquecentesca è autore di numerosi ar"
ticoli pubblicati nelle più prestigiose ri-
viste italiane e straniere del settore e
di volumi come: Annali tipograficì di Eu-
cario e Marcello Sì/ber (1501-1527). fi-
renze, Olschki, 1968; Annali tipografi-
cì dei Tramezzino. Venezia-Roma, Isti-
tuto per la collaborazione culturale,
1966; Origini del corsivo nella tipogra-
fia ìtaliana del Cìnquecento (in collab.
con L. Balsamo). Milano, «il Polifilo»,
1967; Il corsivo nella tipografia italiana
del Cìnquecento. Milano, «Il Polifilo»,
1972.
ALBERTO TINTO

LA TIPOGRAFIA
MEDICEA
ORIENTALE

Maria ]?acini Fani Editore - Lucca, 1987


© Maria Pacini Fazzi Editore - Lucca, 1987
LE PREMESSE

I tentativi di pubblicare a Roma nel secolo XVI testi in lin-


gue orientali, rari e sporadici, furono dovuti a Marcello Silber (Psal-
terium Aethiopicum, a spese di Johann Potken, 1513) I ed ai fra··
telli Dorico (Testamentum Novum, 1548-49 e Chaldeae seu Aethio-
picae linguae institutiones di Mariano Vittori, a spese dell'etiope
Tasfà Seyon, 1552)2.
Per un'iniziativa ampia ed organica, con una lucida visione
degli obiettivi da raggiungere, si dovette infatti, nella seconda metà
del secolo, attendere il pontificato di Gregorio XIII. Egli, in ese-
cuzione dei deliberati del Concilio di Trento sulla riforma dei li-
bri liturgici, inserì anche la revisione di quelli di canto gregoriano
(Antifonario, Graduale, Salterio). Tale revisione, affidata a Gio-
vanni Pierluigi da Palestrina e ad Annibale Zoilo fl,l, a sua volta,
immessa nel progetto, assai più vasto ed ambizioso, di istituire una
nuova tipografia che avrebbe dovuto stampare testi emendati in
tutte le lingue e per la quale la Camera Apostolica aveva stanziato
la somma di 100.000 ducati 3 • La nuova tipografia poliglotta
«pontificia» fu eretta nel 1578 ed affidata alle cure del friulano
Domenico Basa. Taluni prodotti in lingue orientali della tipogra-
fia poliglotta, a noi noti, recano talvolta la sottoscrizione «ex ty-
pographia Dominici Basae», talvolta invece sono privi di note ti-
pografiche. Il Basa, quindi, non va considerato come il «diretto-

1 A. TINTO. Annali tipografici di Eucano e Marcello Silber (1501-1527) (Firenze, L.S. 01-

schki. 1968), p. 92, n. 157 «Biblioteca di bibliografia italiana, LV,).


2 F. BAHBERI, I Dorico, tipografi a Roma nel Cinquecento, in «La Bibliofilìa», a LXVII,
disp. II (1965), p. 237.
3 Nel Cod. Vat. Lat. 6792, cc. 331-3 si legge che il tipografo Francesco Zanetti aveva
proposto al pontefice l'erezione di una stamperia poliglotta: «Franciscus Zanettus, ty-
pographus, Gregorio XIII proponit typographiam instituendam caracteribus diversa-
rum nationum copiose instructam». Cfr.: ].A.F. ORBAAN, Documenti sul Barocco in
Roma in «Miscellanea della R. Società Romana di storia patria» (Roma, Soc. Rom. di
storia patria, 1920), p. 327, nota. Allo stato attuale è impossibile dire se l'attuazione
del progetto fu dovuta, in tutto o in parte, al suggerimento dello Zanetti o ad una auto-
noma, personale convinzione del papa.

5
re» di una stamperia istituzionalizzata, ufficiale, allora inesisten·
te ma piuttosto come il tipografo di fiducia di Gregorio XIII e
da questi stipendiat04 • Al Basa - che svolgeva parallelamente
una propria attività tipografico-editoriale - venivano di volta in
volta consegnate le serie di caratteri esotici previste dal program-
ma di lavoro della stamperia incise a partire dal 1579, per ordine
e col denaro del pontefice, dal celebre punzonista fonditore e ti-
pografo parigino Robert Granjon giunto a Roma nel dicembre del
1578 5 •

LA FONDAZIONE DELLA STAMPERIA.


SUA ATTREZZATURA E UBICAZIONE

La Tipografia Medicea Orientale fu, com'è noto, fondata con


«instrumento» del 6 marzo 1584 dal cardinale Ferdinando de
Medici 6 , poi Ferdinando I granduca di Toscana, su proposta del

4 Su Domenico Basa si veda la voce redatta da A. Cioni per il Dizionario biografico de·
gli italiani, VII (Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1965), pp. 45-9. Da una mo-
desta ma inedita fonte apprendiamo, inoltre, che egli, oltre a Bernardo, nipote «ex fra-
tre», ne ebbe un altro di nome Andrea. La notizia è contenuta in una sorta di breve
diario (1592·1596) del Raimondi nel quale questi annotava gli avvenimenti più dispara-
ti che accadevano a Roma: «A 9 d'agosto 1594 partirno di Roma per Franch fort messer
Andrea nipote di messer Domenico Basa, et messer Paulo compagno di messer Roberto
Maietto» (Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, Stamperia Orientale, voI.
II, ins. XXV). Ad un non identificato «nipote del Basa», ma certamente il nostro An·
drea, accenna Berta Maracchi Biagiarelli (Libri in arabo da Roma alla fiera di Francoforte
(1594) in «La Bibliofilia», a. LXXXI (1979), pp. 127·31) parlando della missione affi·
data dal Raimondi ad un Nicandro Filippini, di indagare alla fiera di Francoforte sul
furto dei libri arabi di cui sospettava autore il proto della Medicea, Matteo Neroni.
~. A. TINTO, Per una storia della tipografia orientale a Roma nell'età della Controriforma.
Contributi, in «Accademie e biblioteche d'Italia», XLI (1973), pp. 280-303.
6 Un aspetto poco noto della vita di Ferdinando de Medici, conosciuto come cardinale
mecenate che tuttavia non aveva mai ricevuto l'ordinazione sacerdotale, e poi come gran·
duca di Toscana consiste nel fatto che prima di intraprendere questa iniziativa cultura-
le, nel 1575, egli, allora ventiquattrenne, era stato coinvolto in gravi scandali dovuti

6
celebre orientalista Giovanni Battista Raimondi il quale ne aveva
trattato prima col patriarca di Antiochia della chiesa sira giacobi-
ta Ignazio Na'matallah, giunto a Roma alla fine del 1577 o ai pri-
mi del 1578 per negoziare l'unione della propria chiesa con quella
cattolica. Fu quindi istituita una congregazione della quale furo-
no chiamati a far parte, oltre al Raimondi, Cipriano Saracinelli
come segretario della protezione dei patriarcati di Alessandria e
Antiochia, Donato dell' Antella in qualità di tesoriere e Giovanni
Battista Britti da Cosenza affinché «intervenghino et trattino per
quanto occorre con esso monsignor patriarca, et tenghino conti-
nua et diligente cura, et habbino l'intera sopr'intendenza di tutta
questa impresa». Il cardinale, che rimaneva proprietario della stam-
peria di cui avrebbe sostenuto tutte le spese, riservava a sé il 70%
«di quanto apparisse restar in avanzo fatti li difalchi» e concedeva
il restante 30% ai membri della congregazione affinché potessero
«distribuirseli fra di loro a loro intera soddisfatione comprenden-
dovi il patriarca». Per la ripartizione poi della partecipazione agli
utili del 30% concessale, la congregazione deliberò che il 7% spet-
tasse al Raimondi e che il restante 23% fosse diviso in parti ugua-
li fra gli altri quattro membri'.
Si trattava quindi di una vera e propria società commerciale
dai moventi, ovviamente, ben diversi da quelli che avevano spin-

alla vita dissipata che conduceva intrattenendo relazioni illecite con donne e sperperano
do nella crapula e nel gioco il suo ingente patrimonio. Un «avviso» di Roma del 20 ago-
sto 1575 (Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. 1044, c. 517 v) riferisce infatti che
il Medici avrebbe giocato 27.000 scudi; un altro del 27 agosto dello stesso anno (Bibl.
Apost. Vat., Urb. lat. 1044, c. 522 v) c'informa invece che il futuro granduca ne aveva
perso 30.000. Nonostante gli aspri rimproveri del papa egli si trovò, di nuovo, nel 1576,
al centro di clamorosi episodi della vita notturna romana; come quando, nel settembre
di quell'anno, «di notte tempora fu afrontato e fugli morto el signor Pompeo, uomo
bravo, e fu ferito un suo staffiere e lui ancora e, se non si ritraeva, v'era ammazzato
e da uomini di gran favore». Cfr. B. ARDITI., Diario di Firenze e di altre parti della cri-
stianità (1574·1579), Firenze, 1st. Naz. di Studi sul Rinascimento, 1970, pp. 65, 128.
, A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. L Gli utili per la congregazione furono
portati poi, 1'8 agosto 1588 dal granduca, al 35% (A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI.
III, ins. XVII). Inoltre da un «Memoriale della stampa arabica et altre lingue orienta-
li... » (A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XXXI), senza anno ma databile dopo
il 1596 si apprende che il cardinale aveva dotato il Raimondi di una provvigione annua
di 500 scudi.

7
to Gregorio XIII ad affidare nel 1578 a Domenico Basa la tipo-
grafia universale cioè la diffusione, tramite i gesuiti, di testi litur-
gici in lingue orientali presso i cristiani non romani. Delle cogni-
zioni erudite del patriarca si valse largamente il cardinale al quale
Na'matallah cedette, in corrispettivo di una pensione ma riservan-
dosene l'uso vita natural durante, i propri manoscritti che aveva
portato con sé dall'Oriente che avrebbero costituito la biblioteca,
o il primo nucleo di essa, della tipografia 8 •
Nel 1584 il Britti fu mandato, insieme con il noto viaggiato-
re Giovan Battista Vecchietti e familiare del Raimondi, in Orien-
te munito di lettere patenti comuni da parte del cardinale. Su se-
gnalazione del Medici, il pontefice incaricò il Britti di recarsi in
Etiopia per trattare con il Prete Gianni, il leggendario monarca
etiopico, uno stabilimento di rapporti diplomatici con la Sede Apo-
stolica in prospettiva di un'unione della Chiesa copta con quella
cattolica. Il Vecchietti ebbe invece l'incarico di cercare di ripor-
tare i copti di Alessandria in seno alla Chiesa Romana, e, inoltre,
di indurre lo Scià di Persia a continuare nella guerra contro la Tur-
chia con la promessa di aiuti da parte del papa e di altri sovrani
occidentali. Dovevano anche, il Britti sondare se vi fossero possi-
bilità di vendita, in Etiopia, di edizioni arabe della Tipografia Me-
dieea Orientale allora costituita ed il Vecchietti informarsi se esse
potessero trovare smercio fra i turchi. Entrambi, in fine, avevano
il compito di ricercare manoscritti orientali9 che avrebbero dovu-
to contribuire a formare la biblioteca della tipografia. Il cardina-
le, inoltre, non badò a spese per corredare la tipografia, oltre che
delle necessarie attrezzature, di svariate serie di caratteri orienta-
li: anzi, tale complesso di tipi risultò, alla fine, talmente imponen-

8 G. LEVI DELLA VIDA, Documenti intorno alle relazioni delle chiese orientali con la 5. Sede
durante il pontificato di Gregorio XIII. Appendice. Aggiunte a «Studi e testi, 92» Città del
,Vaticano, BibI. Apost. Vaticana, 1948), p. 39. «Studi e testi, 143».
9 R. ALMAGIÀ, Giovan Battista Britti e Gerolamo Vecchietti viaggiatori in Oriente, in «Ren-

diconti dell'Accademia Nazionale dei Linceh>, serie VIII, Classe di scienze morali, sto·
riche e filologiche, voI. XI (1956), pp. 313-50; id., Giovan Battista Britli cosentino viag·
giatore in Oriente, in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania, XXV (1957), pp.
75-101.

8
te che la maggior parte di essi non venne mai utilizzata.

Quindici giorni dopo l'atto di fondazione della Tipografia Me·


dicea Orientale, il21 marzo 1584 troviamo nel libriccino dei con·
ti del RaimondilOnella sezione intitolata «Denari dati per conto
del pigione della casa per la stamperia» una prima voce riguardan-
te 1'affitto di una casa dove installarla senza però che ne fosse spe-
cificata l'ubicazione: «A di 21 di marzzo [sic] del 84 a Giovan Cor-
rea scudi d'oro in oro 9 et scudi di moneta 2 et baiocchi 25»11,
Si ignora del tutto il motivo per cui, ed è anche impossibile
formulare ipotesi che abbiano una qualche plausibilità, appena due
mesi dopo il pagamento della pigione al Correa, nel maggio fu presa
in affitto un' altra casa.
Questa era situata nel rione Campo Marzio «prope
Stufam l2 Plateae MontisAuri»IJ. Ai locali, come risulta da varie
registrazioni sul libretto dei conti furono effettuati diversi lavori

lO A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. L


Il Si trattava, evidentemente, dato che il Raimondi, come si vedrà, usava effettuare
il pagamento della pigione il secondo mese di ogni trimestre, di quello di febbraio-aprile.
12 Dal tedesco Stube, venivano cosi chiamati piccoli e malfamati stabilimenti terapeu-
tici il cui uso venne importato dalla Germania, cosi come tedeschi erano quasi tutti co-
loro che nel XV secolo erano detti, a Roma, «stufaroli», Cfr. U. GNaU, , Topografia
e toponomastiea di Roma medioevale e moderna (Roma, A. Staderini, 1939), p. 309.
Il Piazza Montedoro detta anche piazza Condopula. Il primo appellativo sembra (F.
CERASOU, Ricerche storiche intorno agli alberghi di Roma dal secolo XVI al XIX, in «Studi
e documenti di storia e diritto», XIV (1893), p. 394; U. GNOU, Alberghi ed osterie di
Roma nella Rinascenza (Roma, P. Maglione, 1942, p. 106) sia derivato dall'esistenza,
già ai tempi di Leone X, di un albergo all'insegna del Monte d'Oro; altri sostengono
che la piazza assunse tale denominazione, quando papa Giulio III (1550-1555) vi tra-
sferì il Monte da lui istituito, e detto dell'oro (P. ROMANO, Campomarzio (IV rione),
Roma, Tip. Agostiniana, 1939, p. 54. «Roma nel Cinquecento»). La seconda denomi-
nazione pare, invece, che sia derivata da una casa, di proprietà del pittore Pietro o Gian
Pietro Condopulo, non meglio identificato. Una conferma indiretta di tale ipotesi deri-
va dalla registrazione, nel libretto man6scritto di pugno del Raimondi fra le carte della
Tipografia Orientale Medicea nell' Archivio di Stato di Firenze, di due pagamentì tri-
mestrali (8 giugno e 11 settembre 1584 per i trimestri maggio-luglio ed agosto-ottobre)
di «15 scudi d'oro in oro et giulij 37 1/2» a Numa Pompilio Condopulo, romano, forse
discendente del pittore, per l'affitto della casa. In una ricevuta autografa del Condopu-
lo del 15 settembre 1586 si attesta di aver ricevuto dall'orientalista 12 scudi per la pi-
gione «della casa mia attaccata alla Stufa».

9
di adattamento 14 e di attrezzatura l5 • Gli ulteriori spostamenti del-
l'officina avvenuti nel corso degli anni creano talora difficoltà non
solo per quanto concerne i motivi di questi ma anche per la loro
localizzazione ed identificazione. Infatti, nella querela sporta il 26
novembre 1593 contro Matteo Neroni, proto della Medicea, il Rai-
mondi afferma, con strana imprecisione di dati che «fu eretta la
detta stamperia qua in Roma in un palazzo al Montedoro del qua-
le era padrone all'hora messer Numma Pompilio [CondopuloJ ro-
mano, et doppo non so che tempo fu trasferita in un altro palazzo
del vescovo di Anagni 16 0 suo fratello»li. Negli anni 1593-1595 il
Raimondi pagò l'affitto «dello apartamento dabasso della casa del
quondam signor Numa Pompilio ataccata alla stufa in Piazza Con-
dopula» ad un certo Antonio «Confortio», esattore della Venera-
bile Compagnia dell' Annunziata di Roma 1B , evidentemente su-
bentrata nella proprietà dei locali alla morte del Condopulo. Qua-
si tutte le ricevute registrano pagamenti di Giacomo Luna, com-
positore della stamperia, effettuati però «per mano» dell' orienta-
lista, Nel 1595 questi prese inoltre in affitto una bottega, non
più attaccata alla stufa ma posta sopra di essa. La pigione venne
pagata al proprietario Donato Antonio Martinelli «stufarolo in Piaz-
za Condopoli». Abbiamo infatti due ricevute, una del 5
giugno 1g ed una seconda del 15 settembre 1595 20 , entrambe di

14 2 settembre 1594: «Mastro Domenico da Imola» riceve 4 scudi «per conto delli fer-
ramenti per li torculi»; 17 settembre [1584]: il Raimondi paga «per ordine» del Basa,
chiave e serratura dell'uscio della tipografia; 2 gennaio 1585; si fa fare «uno ancino per
lo sciacquatoro»; 4 gennaio 1585: «Mastro Battista» muratore è pagato per «La concia-
tura della volta della cantina che era rovinata et conciatura d'un camino».
15 9 e 22 settembre 1584: il falegname mastro Marsilio lavorò ai torchi; 10 settembre
1584: è pagato il «mastro ottonaro» per la «matre vite di ottone»; 18 settembre - 6 di-
cembre 1584: attrezzature diverse; 10 ottobre 1585: È pagato «Mastro Antonio de Fer-
rari archibusciero» «per un telaro di ferro di foglio mezano»; 23 dicembre 1585: il de
Ferrari viene pagato «per uno telaro di foglio mezano».
)6 Gaspare Viviani, fondatore del Collegio Greco in Roma.
17 A. BERTOLOTTI, Le tipografie orientali e gli orientalisti a Roma nei secoli XVI e XVII,
in «Rivista europea - Rivista internazionale», XI (1878), p. 219.
18 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I, ins. XVI.
19 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., VoI. I, ins. XXIII.
20 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. L, ins. XXVIII.

10
mano di un Giovanni Antonio Buscasino «per non sapere il detto
messer Donato scrivere»: esse attestano che il Martinelli ricevette
dal Raimondi il pagamento per due trimestri della pigione «della
casa che tiene sopra la mia stufa» iniziati, rispettivamente, il lO
giugno ed ilIo settembre. Suscita perplessità, quindi, apprendere
che il 17 giugno di quell'anno il già citato Antonio «Confortio»
ricevette 11 scudi dall' orientalista «per la pigione de sei mesi del-
lo apartamento disopra la casa dove sta al presente Giacomo Luna
in Piazza Condopula»21, semestre iniziato il 13 febbraio. Di tali
pagamenti abbiamo notizia almeno fino all' Il marzo 1596, data
in cui il «Confortio» attesta di aver riscosso dal Raimondi 21 scu-
di «a bon conto delle pigioni decorse tanto della casa de messer
Giacomo Luna quanto del suo apartamento de sopra»22. Appare,
invece più comprensibile poiché si trattava probabilmente della
casa d'abitazione del Raimondi, e non dell'officina, il fatto che
il 17 agosto 1595 questi prese a pigione da un Pietro Antonio Mi-
nochi un «giardinetto con duo stantiette sito et locato dietro la
chiesa delli Greci» per 18 mesi 2J •

IL PERSONALE

Le prime notizie sul personale della neo eretta stamperia ci


vengono fornite da una memoria intitolata «Breve raguaglio delle
cose fatte dal'illustrissimo signor cardinale de Medici intorno la
protettione datali del patriarca d'Antiochia del patriarca d'Alsan-
dria [sic] del re d'Ethiopia dalla felice memoria di Gregorio
XIIIo»24. Dopo aver esordito con l'informazione che il primo av-
vÌo dell' attrezzatura della Medicea fu dato da Domenico Basa «qual'

21 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I, ins. XXIV.


22 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I, ins. XXXI.
23 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I, ins. XXVII.
24 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I, ins. XX.

11
ha servito molt' anni la Camera Apostolica», il documento prose-
gue: «Si è fatto fermare con boni trattenimenti maestro Roberto
Grannion francese di età di anni 72 eccellentissimo intagliatore
di ponsoni, al quale oltra la provisione di 20 scudi al mese che li
dava Sua Santità se li pagano [per ordine di depennato] da Sua Si-
gnoria illustrissima tutte le opere che lui fa in detta stamperia»25.
E informa inoltre che è stato «ritrovato un altro intagliatore di
ponsoni [qual è depennato] di natione fiamengo et di età di 40 anni
chiamato Alberto Cesari, al quale per adesso seli da la parte per
sé et un suo figliolo et lavora anco lui in detta stamperia. Si è ap-
paltato un gittatore di lettere chiamato Antonio di Chiari, valen-
te nella sua professione».

Le indicazioni di questo documento, di mano del Raimondi e pri-


vo di data ma assegnabile al 1585 260 forse ad una data posterio-
re, sono note, almeno in parte, agli studiosi ma vanno integrate
con gli appunti del già ricordato libretto dei conti della Medicea
e con altri documenti. Tuttavia esse danno luogo ad interrogativi
e perplessità e sono talvolta contraddittorie.
Tralasciando, per il momento di parlare di Domenico Basa,
è da notare che le forti somme pagate a Granjon, punzonista di
fama europea, vengono giustificate27con il fatto che «ancora molti
tramontani tentorno di levare il Roberto Granion di Roma et me-
narlo in Germania per farlo lavorare di detti caratteri delle lingue
orientali et massime della arabica et chaldaica». Ciò non impedì
al Raimondi, scrivendo il 13 agosto 1588 al segretario del cardi-
nale divenuto granduca di Toscana l'anno precedente, di esprimersi,

25 Secondo A.M. BANDINI, Lettera... sopra i principi e progressi della Biblioteca Lauren-
ziana... (Firenze, nella stampo Allegrini, Pisoni e C., 1773, p. 76, a Robert Granjon,
per le «lettere» che incideva, «oltre a scudi dieci al mese, e la casa, il Cardinal Ferdinan-
do de Medici gli passava uno scudo d'oro per lettera, ... Oltre di che il Pontefice Grego-
.rio XIII dava al medesimo scudi 300 per ogni alfabeto ... ». Cfr. anche: H.D.L. VER-
VLlET, Robert Granjon à Rome 1578-1589. Notes préliminaires à une histoire de la typo-
graphie romaine à la fin du XVI' siecle, in «Bulletin de l'Institut historique beIge de
Rome,>, 38 (1967) p. 214, nota 4.
26 Certamente dopo il lO aprile 1585, anno di morte di Gregorio XIII.
27 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XV.

12
nei riguardi dell'incisore francese, con frasi ciniche e sprezzanti:
«et sappisi signor mio et senza dubio alcuno, che dove corre il da-
naro, lì nascono delli messeri Roberti». La sua esperienza «in que-
sto negotio et in questo particulare di fareponsoni» gli suggeriva
inoltre «che mancando messer Roberto che Dio non vogli, io ho
qui in Roma huomini che ci servirebbono come messer Roberto
et forse adesso che è mal sano et [le parole mal sano et sono aggiun-
te al disopra del rigo] nella sua vecchiaia che poco più può fare,
meglio di lui et più presto, ma li tengo lontano da questo concetto
per non darli ardire di proponersi ad altri». Interessante nella sua
cruda semplicità la notizia che l'orientalista fornisce, in fine, lun-
go il margine sinistro dell'ultimo foglio: «Messer Roberto quindi-
ci giorni sono, essendo per venti anni sono crepato da una banda
di sotto, è crepato dall' altra tal che poco può lavorare, onde non
è da temere che lavori per altri»28. Dati anch'essi assai interessan-
ti e, riteniamo, del tutto inediti si ricavano dal taccuino dei conti
del Raimondi. Nella sezione di esso che reca la dicitura «Denari
havuti da Sua Signoria illustrissima per conto di messer Roberto»
vengono registrati alcuni pagamenti all'incisore parigino: 30 otto-
bre 1583, un mandato di 25 scudi; 25 gennaio 1584, uri mandato
di lO scudi; 28 febbraio 1584, un mandato di 50 scudi. Qui non
è tanto da sottolineare l'entità delle somme pagate quanto le date
in cui tali versamenti furono effettuati, tutte anteriori alla fonda-
zione della Medicea, il che indica senza dubbio alcuno che Gran-
jon, il quale aveva lavorato a partire dal 1579 per la tipografia po-
liglotta «pontificia» finanziata dal pontefice, dal 1583 lavorava e
veniva pagato con i capitali del Medici per mezzo di Giovanni Bat-
tista Raimondi.
Nulla si conosce del «gittatore» Antonio di Chiari, modesto
ed oscuro artigiano. Più ampie, anche se troppo scarne, le notizie
sul fiammingo Alberto Cesari (de Keyser?). Nel 1565 era maestro
orefice; l'anno seguente lo troviamo titolare di una bottega, con
due lavoranti 29 . Il Raimondi annota diversi pagamenti a favore

28 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XVIII.


29 C. BUl.GARI, Argentieri, gemmari e orafi d'Italia, pt.I, l (Roma, L. Del Turco, 1958),
p.280.

13
del Cesari le cui giustificazioni sono spesso in disaccordo fra
loro 3o • Un primo problema, infatti, è quello di stabilire se lui fos-
se punzo\lista come risulta dal «Breve raguaglio» e da alcune regi-
strazioni nel libretto dei conti. Tale attività poteva benissimo es-
sere stata svolta dal Cesari dato che molti incisori di punzoni per
la stampa avevano esercitato, in precedenza, l'arte di orafo o di
zecchiere. Altra cosa da appurare è se egli fosse forgiatore di pun-
zoni, attività questa, strettamente connessa con la prima e spesso,
nel XVI secolo esercitata dallo stesso incisore. Da un pagamento
di 5 scudi a suo favore in data 15 febbraio 1585 egli risulta, poi,
addirittura tipografo perché la giustificazione del versamento con-
siste nella «compositura di 50 mostre et stampatura». Noi, a tale
proposito e pur con qualche dubbio, riteniamo che il Cesari sia
stato punzonista e, all'occasione, anche forgiatore e
compositore 3l • Una terza perplessità sorge, a nostro avviso, dal
fatto che la prima registrazione di pagamento a favore dell'inciso-
re fiammingo risale, come abbiamo detto 32 , al 24 novembre 1584
vale a dire a poco più di sette mesi e mezzo dopo l'atto di fonda-
zione della Medicea mentre dalle ricerche effettuate presso l'Ar-
chivio di Stato di Roma dal Bulgari 33 risulta che solo il 27 marzo
1585 Alberto Cesari si obbligava a prendere servizio presso il car-
dinale Ferdinando de Medici col salario di 7 scudi al mese «per
lavorare dei punzoni per stampa» con un minimo mensile di 25
punzoni. Dal «Breve raguaglio», infatti, scritto certamente dopo

30 24 novembre 1584: «per la forgiatura de ponsoni uno scudo a bon conto»; 3 feb·
braio 1585: 2 scudi «per l'acciaro per li ponsoni dell'arab: [ica)>>. lO e 20 febbraio 1585:
1 scudo «per far forgiare delli ponsoni che lui fa dell'africana»; 4 marzo 1586: «per or·
dine di messer Roberto scudo uno per ponzoni fattoli dell'arabica piccolina»: 17 marzo
1586: «scudi tre a buon conto di venti ponsoni fatti ad instantia di messer Roberto del-
l'arabica piccolina».
31 Anche H.D.L. Vervliet è incerto su tale problema. Nel suo fondamentale lavoro
5ixteenth-century printing types 01 the Low Countries... (Amsterdam, M. Hertzberger, 1968)
egli così si esprime a p. 33: «... Alberto Cesare (de Keyser?), a punchcutter working
'with Robert Granjon in the 1580's, .. ». E alla nota 6: «After inspecting the documents ...
I rather suspect that Cesare was Granjon's servant, who prepared the steeel for his
pun'ghes».
32 Cfr. nota 30.
33 C. BULGARI, Op. cit., pt: I, 1, p. 280.

14
il 10 aprile 1585 egli risulta avere 40 anni e lavorare alla Tipogra-
fia Medicea con il figlio Cesare 34 •
Si può quindi avanzare, sia pure con molta cautela, l'ipotesi
che anche Alberto Cesari abbia lavorato precedentemente, in col-
laborazione con il Granjon e con il Basa, nella stamperia univer-
sale «pontificia» e che sia stato in qualche modo finanziato dal Me-
dici, tramite il Raimondi.
Al Cesari, morto il 22 settembre 1586, successe il figlio Jj •
Abbiamo parlato dei due incisori, Robert Granjon ed Alber-
to Cesari e del fonditore di caratteri Antonio di Chiari; prendia-
mo ora in esame, sulla scorta delle voci dei pagamenti effettuati
dal Raimondi ma anche di altre carte della Medicea e di un inedi-
to documento conservato nell'Archivio della Biblioteca Apostoli-
ca Vaticana, gli altri componenti lo staf! della tipografia, i compo-
sitori Giacomo Luna, i fratelli Cesare e Pietro Eliano ed il tirato-
re Gregorio.
Quanto al primo sono da notare alcune discrepanze. Trattando
della causa intentata da G.B. Raimondi contro il Neroni, cui ab-
biamo accennato, il Bertolotti pubblicò, fra gli altri documenti sul
processo J6 , l'interrogatorio, appunto, del Luna: «Nella stessa
giornata J7 il luogotenente del Governatore mandò il suo notaio
ad esaminare Giacomo Luna romano che, prestato il relativo giu-
ramento, così rispondeva alle diverse domande: "lo devo havere
da 25 anni incirca et la mia professione et essere è di stampatore.
lo non fo bottega da me ma in diverse stamparie qui in Roma ho
servito quando ad uno et quando ad un altro et particolarmente
da quattro anni in qua in circa ho servito nella stamparia del Gran
Duca di Toscana della quale ha cura generale messer G.B. Rai-

J4 Per il nome del figlio vedasi: U. THIEME .. F. BECKER, Allgemeines Lexikon der Bilden·
den Kiinstler, 6 Bd (Leipzig, A. Seemann, 1912), p. 308.
Jj U. TIIIEME. F. BECKER., Op. cit., 6 Bd, p. 308, ripreso da C. BULGAHI, Op. cit., pt.

l,l, p. 280, afferma che Cesare «iibernahm die Werkstatt des Vaters», ma è da ritener·
si che egli continuasse il lavoro paterno alla Medicea e non diventasse titolare della bot..
tega di orefice.
36 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. 1.
J7 26 novembre 1593.

15
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&·Metaphyfiç~.
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R O M AE,
In TypographiaMedicea .
M.D.XCIU.

AVICENNA, . Libri quinque Canonis medicinae.... 1593 fol. [Testo in arabo]


-
16
mondo ... "»38. Innanzi tutto Giacomo Luna non era romano come
afferma il Bertolotti bensì maronita libanese, di Baslu~it, ed il suo
nome era Ya kub al-Hilali J9 ; in secondo luogo, nella sua deposi-
zione stranamente imprecisa egli dichiara di aver lavorato saltua-
riamente in diverse stamperie romane 40 e per la Medicea solo «da
quattro anni in qua in circa» cioè, approssimativamente, dal
1588-1589 il che contraddice le registrazioni del Raimondi dalle
quali risulta che il primo pagamento al Luna risale al2 giugno 1584.
La sua abilità come compositore delle lingue orientali, e in specie
dell' arabo, ci fa presumere che anche lui sia stato precedentemen-
te ai servigi del Basa. E ora pochi cenni sul tiratore Gregorio, non
meglio identificato: il suo nome compare diverse volte nei conti
della Medicea ma la data che a noi sembra più significativa è il
27 novembre 1584. Da questo anno, infatti, «ha cominciato Gre-
gorio a tirare 6 scudi al mese da messer Domenico». La seconda
registrazione, del 17 settembre 1585, segna invece la data in cui
egli «ha incominciato a lavorare per messer Cesare [Eliano ]»41.

lB A. BERTOLOTTI, Le tipografie cit., p. 222.


39 A. VACCARI, Una Bibbia araba per il primo gesuita venuto al Libano, in «Mélanges de
l'Université saint-]oseph», X (1925), p. 83, nota 4. Il P. KOROLEVSKIJ, però (e. Koro·
levskij, La Typographie Médicéenne et les publications orientales à Rome, bozze di stam·
pa, dci 1924, conservate nella Biblioteca Apostolica Vaticana, di un volume che non
videmailaluce)lochiamaYa.kiib Qamar. Nel citato diario del Raimondi leggiamo
anche: «A 27 di novembre 1594 domenica la sera a hore [spazio bianco] nacque Thoma-
so figliolo di messer Iacomo Luna. Et a 6 di decembre 1594 martedì io lo tenni a batesi-
mo io [sic]»; «A 16 d'ottobre 1596 nacque a messe l' Iacomo Luna la figliola chiamata
Madalena a hore 16 di mercordì» (A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. II, ins. XXV).
Forse parente di Giacomo fu il diacono Diiwiid al·I-lilaii (Davide Luna) che era a Roma
il 13 ottobre 1633 (G. GRAF, Geschichte der christlichen arabischen Literatur, 3 Bd (Cit-
tà del Vaticano, Bibl. Apost. Vaticana, 1949, p. 338 e nota 1. «Studi e testi, 146») il
quale può probabilmente essere identificato con Yiisuf al-I-Iiliili (Giuseppe Luna) (G.
LEVI DELLA VIDA, Ricerche sulla formazione del più antico fondo dei manoscritti orientali
della Biblioteca Vaticana, Città dci Vaticano, Bibl. Apost. Vaticano, 1939, p. 366, nota
2) o con Yiisuf Diiwiid al-I-Iiliili (Giuseppe Davide Luna) tipografo a Roma ncl sec. XVII.
40 Cfr. G. E. SALTINI, Della Stamperia Orientale Medicea e di Giovan Battista Raimon-
di... , in «Giornale storico degli archivi toscani», IV (1860), p. 283, nota 2. Il Saltini,
in questa sua memoria, fondamentale per lo studio della Medicea in quanto basata sul-
l'esame diretto di tutti i documenti e quindi anche di quelli relativi al processo Neroni,
invece scrive: «Giacomo Luna, ... ebbe da principio stamperia in proprio, e quindi si
riunì al Raimondi, insieme col quale continuò nell'arte ... ».
41 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I.

17
Dal 15 settembre 1584 al 13 marzo 1585 e dal 6 ottobre 1584
al 21 febbraio 1585 il Raimondi annotava nel suo taccuino, in una
sezione intitolata «Denari dati per conto di messer Domenico»12
diversi pagamenti rispettivamente ai compositori Pietro e Cesare
Eliano. Questi erano nipoti del gesuita Giovanni Battista Eliano
(o Romano)43 e di loro rimane una supplica priva di data rivolta
al cardinale Guglielmo Sirlet044 e pertanto scritta anteriormente
al 6 ottobre 1585 45 • In questo memoriale, dopo aver premesso di
essere ottimi compositori nelle lingue araba, caldea, ebraica e lati-
na, affermano con evidente amplificazione retorica di aver avvia-
to la tipografia del Medici e lamentano che, dopo circa un anno,
si ritrovano con poco lavoro e con la minaccia, vera o presunta,
«di volerli scacciare dalla casa, qual sin hora hanno posseduta».
Pregano, pertanto, il Sirleto di intercedere in loro favore presso
Ferdinando de Medici. Nonostante la già rilevata incertezza nelle
deposizioni al processo contro il Neroni, annoveriamo fra i lavo-
ranti della Medicea i bresciani Battista Pavone e Antonello Fac-
chetti. Il primo, interrogato ilIo dicembre 1593, afferma: «L'ar-
te mia è di stampatore che tiro il torcolo cioè son battitore son
circa a sei anni o più che io lavoro nella stampa del Gran Duca
di Toscana... »46 vale a dire dal 1586-1587. Il Facchetti, a sua vol-
ta, così depone il 9 dicembre 1593: «L'esercitio mio è di stampa-
tore che particolare attendo al torcolo a tirar li fogli. Da circa set-
te anni sono nella stamperia del Gran Duca... »; egli avrebbe quin-
di iniziato a lavorare verso il 158647 • Nessun dubbio, invece, per
il fonditore spoletino Clemente Stangaporta il quale fece parte del
personale della tipografia almeno dal 12 luglio 1587 48 • Dalle al-

42 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. I.


43 Su G. B. Eliano si veda: G. LEVI DELLA VIDA, Ricerche ciL, pp. 193-4 e passim.
44 Archivio della Biblioteca Apostolica Vaticana, IX, c. 40.
·15 La supplica dovrebbe essere stata scritta fra il 10 aprile (morte di Gregorio XIII)
ed il 6 ottobre 1585 (morte del Sirleto) in un periodo in cui, dopo l'ultima edizione
Basa-Granjon (1584-1585), la produzione tipografica doveva ristagnare.
46 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. I; A. BERTOLOTTI, Le tipografie, cit., p. 228.
47 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I; A. BERTOLOTTI, Le tipografie, cit., p. 232
48 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. III, ins. XIV.

18
tre risposte agli interrogatori ricaviamo inoltre i seguenti nomina-
tivi: il domenicano Tommaso da Terracina, correttore49 ; i giova-
ni Giacomo de Riboldis 50 , Cesare Capell051 , i veneti Bastiano det-
to «mezza lingua»52 e Sebastiano di Pietr0 53 quasi tutti garzoni
con incarichi di bagnatore, stenditore di fogli, contatore di qua-
derni e con altre eventuali, piccole, varie incombenze. A costoro
vanno aggiunti, come vedremo in seguito i punzonisti Jean Ca-
vaillon e Giovanni Battista Sottile nonché un Giorgio Casazza (o
Casaccia) che iniziò il suo servizio ilIo gennaio 1589 «con salario
di giulij quindici al mese»54 senza che venissero specificati i suoi
compiti.

DOMENICO BASA E LA TIPOGRAFIA POLIGLOTTA

Veniamo ora a Domenico Basa. Il suo nome non appare mai


in primo piano nei documenti ed è presentato, quindi, come un
personaggio del tutto secondario nelle vicende della Tipografia Me-
dicea Orientale. Egli, come apprendiamo dal «Breve raguaglio»,
sarebbe stato solo il «libraro facoltoso» che si limitò a contribuire
all'impresa con «huomini, lavoranti» e facendo «grande et conve-
niente apparechio di carta et altre materie necessarie per libri da
stamparsi». È assai strano che ad un uomo come il friulano, dota-
to di notevoli cognizioni tecniche, i cui rapporti con la Curia era-
no stati e resteranno ottimi fino alla sua morte, persona di vasta
esperienza abilità e intraprendenza negli affari sia stato affidato
solo l'avvio e non la direzione tecnica della neo eretta tipografia

·19 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. II; ins. IX; A. BERTOLOTTl, Le tipografie, cit., p.
223.
50 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. I; A. BERTOLOTTI Le tipografie cit, pp. 223-4.
51 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. I; A. BERTOLOTTI Le tipografie cit, pp. 226-7.
52 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. I; A. BERTOLOTTI Le tipografie cit, p. 226.
53 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. I; A. BERTOLOTTI Le tipografie cit, p. 227.
5'1 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. II, ins. IX.

19
almeno fino al 1587 , quando gli venne affidato da Sisto V il «ne-
gotium» della Tipografia Vaticana di cui fu il primo «soprastan-
te»». Dai documenti della Medicea risulta invece che 1'attività
del Raimondi, come familiare e uomo di fiducia del cardinale de
Medici e specialista delle lingue orientali, sia stata sia quella rela-
tiva all' organizzazione del lavoro dal punto di vista scientifico in
collaborazione con gli altri membri della congregazione sia quella
concernente la cura generale degli interessi del cardinale nell'im-
presa. Ci sembra evidente tuttavia che dagli ultimi mesi del 1583
fino verso la fine del 1585 le due stamperie dovettero, in qualche
modo, coesistere o almeno collaborare anche se alcuni lavoranti
della «pontificia» erano confluiti nella Medicea e venivano pagati
dal cardinale. Nel 1584, infatti, uscivano dalla tipografia del
Basa un Calendario stampato col carattere armeno (97 mm.) in-
ciso da Granjon nel 1579 56 ; un Officium Beatae Mariae Virgi-
nis 57 ed un «Libro delle sette orazioni quotidiane, notturne e
diurne, secondo il rito dei siro-maroniti», tutti e due in karsimi
tranne il colophon in latino ed entrambi pubblicati a spese di

55 Con la bolla Eam semper del 27 aprile 1587. Cfr. anche: A. TINTO, Di un inventario
della Tipografia Vaticana (1595), in «Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore
di Francesco Barberi» (Roma, A.LB., 1976), pp. 545-6. Il Basa fu, senza dubbio, il «deus
ex machina» di numerose imprese tipografico-editoriali romane: il 15 ottobre 1568 egli
stabilì, con Paolo Manuzio, un accordo «super venditionem et smaltitionem» dei volu-
mi pubblicati e da pubblicarsi dalla «Stamperia del Popolo Romano»; il21 luglio 1573
riunì i piccoli e medi imprenditori del settore in una «Compagnia dei librai,> che aveva
l'esclusiva della stampa e della vendita di tutte le edizioni uscite dai torchi del «Popolo
Romano,>; si deve ancora ad una sua iniziativa, nel 1593, l'impianto della «Typographia
Congregationis Oratorii» desiderata da quei padri. A tale proposito si vedano: F. BAR-
BERI, Paolo Manuzio e la Stamperia del Popolo Romano (1561-1570). Con documenti ine-
diti (Roma, tipo Cuggiani, 1942) «Ministero dell'Educazione Nazionale. Direzione Ge-
nerale delle Biblioteche. Studi di bibliografia, 1», pp. 76, 78; A. M. GIORGETTI VICHI,
Annali della Stamperia del Popolo Romano (1570-1598) (Roma, Istituto di Studi Roma-
ni, 1959), pp. 31, 34-36, 39; A. ClONI in Dizionario biografico cit., VII, pp. 47, 49; V.
ROMANI, Per una storia dell'editoria romana tra Cinque e Seicento. Note e documenti, in
«Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari», a. XV-XVI (1975-1976), pp.
37-39.
56 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon, cit., p. 195, fig. l.
57 EsempI. da noi non esaminato direttamente. La segnalazione, da un catalogo di an-
tiquariato, è del prof. Francesco Barberi che qui ringraziamo.

20
Gregorio XIII 58. Nel 1585 quando i lavori di adattamento e
quelli per l'attrezzatura dell'officina non dovevano essere an-
cora del tutto completati, il Basa stampò in karsùni cioè sem-
pre con il siriaco (130 mm.) terminato di incidere da Granjon
nel 1580 e «S.D.N. Gregorij XIII.Pont. Max. impensa» l'Olfi-
cium de/unctorum ad usum Maronitarum5~. Un discorso legger-
mente più ampio esige invece l'edizione del Kifab al-bustém/i' aga'
ib al-ard al-buldém (<<Hortus rerum mirabilium terrae et regio-
num») di Salamis ibn Kundugdi al-Salihii,() pubblicato da Robert
Granjon e Domenico Basa nel 1584-1585 a spese del Medici
e forse in collaborazione col Raimondi 61 , Nel testo venne impie-
gato il carattere arabo (200 mm.) inciso dal punzonista francese
nel 1580. Il frontespizio reca, in arabo, una sottoscrizione che O.
Pinto così traduce: «Stampato in Roma la grande da Rùbirtll al-
Kranyani al-Parisiyyani [Roberto Granjon Parigino] nell' anno
1584 dell'Incarnazione»62 mentre, in fine, il colophon è in la-
tino «Romae. Ex Typographia Dominici Basae 1585». A proposi-
to di questa edizione il Raimondi la fa apparire come prodotto della
Medicea: «Si è messa in questa stamperia [la depennato] una lette-
ra arabica orientale [la parola orientale è aggiunta al disopra del rigo]
comprata da Sua Signoria illustrissima dal detto Domenico Basa
quall'haveva fatta fare a sue spese dal detto Roberto Grannion 63
et in questa lettera si è stampato fin hora un libro di geographia
con alcune annotazioni de rebus admirabilibus provinciarum et ci-
vitatum [terre
c
depennato] orbis». Dal taccuino dei conti della Ti-

58A. TINTO, Per una storia cit., pp. 283-4.


59 A. TINTO, Per una storia cit., p. 284.
60 All' «Hortus» lavorarono forse i fratelli Eliano ed il tiratore Gregorio.
61 A. TINTO, Per una storia ciL, pp. 286-7 e nota 65.
62 O. PINTO, Una rarissima opera araba stampata a Roma nel 1585, in «Studi bibliografi·
ci. Atti del Convegno dedicato alla storia del libro italiano nel V centenario dell'intro-
duzione dell'arte tipografica in Italia. Bolzano, 7-8 ottobre 1965» (Firenze, L. S. 01..
schki, 1967). p. 48. «Biblioteca di bibliografia italiana, L».
6J Secondo noi, come si vedrà in seguito, non è esatto quanto scrive l' orientalista, che
il cardinale acquistò il tipo arabo di Granjon dal Basa il quale l'avrebbe fatto incidere
a sue spese. Il tipografo e libraio friulano ne era, certamente, il possessore, ma le spese
erano state sostenute dal pontefice il quale, quindi, ne era il vero proprietario.
64 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I, ins. XX.

21
pografia Mediceal>5 ricaviamo la registrazione, in data 7 dicembre
1585 del pagamento a Granjon di 15 scudi «de quali 10 sono a
conto dell' arabica piccolina, et cinque per 5 ponsoni et 5 madre
che bisognorno per stampare il libro arabico» e questa espressione
non può che riferirsi al Kitab al-busfim. Il Saltini(,1> invece sostie-
ne che quest' edizione non uscì dai torchi medicei «né d'altronde
era possibile che nel 1584 la Medicea, nata d'allora, fosse in gra-
do di porla in luce». A nostro avviso il Kifàb al-bustan è, appunto,
la dimostrazione di quella collaborazione fra le due tipografie di
cui abbiamo parlato: esso fu iniziato nel 1584 e completato ne-
gli ultimi mesi del 1585, certamente dopo la morte di Gregorio
XIII e costituisce il m~mento in cui la «pontificia», sia pure con-
ducendo una vita sempre più stentata convisse accanto alla Medi-
cea. In altri termini, alla prima, impresa non ufficiale, affidata al
Basa come tipografo di fiducia del papa e da questi voluta e finan-
ziata si aggiunse nel 1584 una società tipografica con il sostegno
dei capitali del Medici ed incoraggiata dal papa la quale, però, ebbe
vita virtualmente autonoma solo nel corso del 1585.

I CARATTERI

Le prime notizie relative all' attrezzatura della Medicea per


quanto concerne i tipi ci sono fornite sempre dal «Breve ragua-
glio». Essi possono essere distinti in quattro gruppi: i caratteri ac-
quistati presso il Basa; i caratteri che ci si riprometteva di acquisi-
re; punzoni già incisi e punzoni in corso di lavorazione.

1>5 A.S.F., Mise. Mcd., Stamp, Or., voI. L


(,I> G. E. SALTlNI, Op. cit., pp. 267-8 e specialmente la nota 1.

22
CARATTERI ACQUISTATI

Abbiamo già parlato della «lettera arabica orientale» che, se-


condo noi, era l'arabo (200 mm.) inciso da Granjon nel 1580 con
il quale fu stampato il Kifab arbusfan (1584-1585) e che venne ac-
quistato dal Medici.
La relazione così prosegue: «Si è messa ancora una [l'articolo
una è stato aggiunto al disopra del rigo a correzione di altra parola
illeggibile, depennata] lettera chaldaica similmente fatta fare a sue
spese dal Basa dal detto Roberto, et adesso comprata da Sua Si-
gnoria illustrissima. Si è messa in detta stamparia [la frase in detta
stamparia è aggiunta al disopra del rigo] una lettera grega [sic] so-
pramodo bella et copiosa comprata similmente da Sua Signoria il-
lustrissima dal detto Domenico Basa ... ».
Da quanto si è già detto non risulta essere stato acquistato
il carattere arabo (200 mm.) di cui abbiamo una «mostra», datata
1583 e firmata Robert Granjon. Il Vervliet, che ebbe la ventura
di trovarlo fra le carte della Medicea, sostiene che questo caratte-
re, invece, venne impiegato nell'ultima pagina dell' Alphabetum Ara-
bicum (Romae, in Typographia Medicea, 1592)67. A parte la con-
siderazione generale, già espressa, che il cardinale non poteva ac-
quistare da Domenico Basa i caratteri della «pontificia» di cui egli
era solo il possessore essendo stati eseguiti dal punzonista parigi-
no con il denaro di Gregorio XIII, li esamineremo ora partitamente.

Carattere siriaco (130 mm.)


È il tipo, iniziato nel 1579 e terminato nel 1580, con il quale
Domenico Basa stampò un Catechismo (1580) ed una Professione
di fede (1580); il «Metodo per trovare il fondamento dell'anno,
gl'inizi dei mesi e le feste secondo le norme dei siri caldei, emen-
dato secondo il calendario...» (1583); il «Libro delle sette orazio-
ni quotidiane, notturne e diurne, secondo il rito dei siro-maroniti»
(1584) e l'Officium defunctorum ad usum Maronitarum ... » (1585)

67 'H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., pp. 218·20, fig. 8.

23
già citati. Il carattere venne impiegato a Roma, nel 1586, dal Bon-
fadini, e in quattro linee a p. 390 della storia della Biblioteca Va-
ticana scritta dall' agostiniano Angelo Rocca ed uscita dai torchi
della Tipografia Vaticana nel 1591 68 •

Carattere greco
Allo stato attuale delle nostre conoscenze è impossibile indi-
viduare questo carattere e sapere se un carattere greco facesse parte
dello stock dei tipi della stamperia poliglotta «pontificia» gestita
dal Basa. Il solo carattere greco che noi sappiamo essere stato im-
piegato a Roma in quegli anni è quello utilizzato da Francesco Za-
netti, finanziatore, dal 1580, di alcune edizioni uscite dalla tipo-
grafia personale del Basa, da Giacomo Ruffinelli e da Bartolomeo
Bonfadini.

CARATTERI DA ACQUISTARE

Questi i tipi acquistati presso la tipografia «universale» affi-


data al Basa. Per le future acquisizioni citiamo di nuovo dal «Bre-
ve raguaglio»: «Disegna ancora Sua Signoria illustrissima compra-
re dal detto Basa le lettere dell' altre lingue orientali come arme-
na, schiavona, dalmata, et altre qual ha fatto fare il detto Basa
dal detto Roberto Grannion, et metterle insieme con molte latine
in detta sua stamperia... ». Fra i caratteri programmati di futuro
acquisto si possono dunque annoverare i seguenti:

Carattere armeno (97 mm.)


Non può essere altro che l'armeno inciso da Granjon nel 1579,
non appena giunto a Roma, usato da Domenico Basa nel Calenda-
rio armeno del 1584, da altre stamperie romane nel XVI e nel XVII
secolo e dalla Tipografia Vaticana nella Professione di fede del
159669 •

68 A. TINTO, Per Ulla storia ci t. , pp. 283-4: H. D. L. VERVLlET, Robert Granjon cit., pp.
197-201.
69 H. D. L. VERVl.IET, Robert Granjom cit., pp. 191·7, fig. 1.

24
Carattere cirillico (115 mm.)
Nonostante la terminologia ambigua, comune, del resto, agli
scrittori e agli studiòsi del tempo, riteniamo che per «lettera schia-
vona» e «lettera dalmata» il «Breve raguaglio» intenda riferirsi al
tipo cirillico (115 mm.) la cui incisione da parte di Granjon ebbe
termine nel 1582.
Verso la fine del 1583 uscì dai torchi di Domenico Basa,v
con
questo carattere, il Catechismo del Canisio tradotto da Sime Bu-
dinié. Esiste pure una ristampa dello stesso anno, di questa edi-
zione, non firmata e con un nuovo frontespizio ma attribuibile
senz' altro alla stamperia poliglotta. Il carattere fu usato anche, nei
secoli XVI e XVII, da altre tipografie romane'°.

PUNZONI GIÀ INCISI O IN CORSO DI LAVORAZIONE

Per quel che concerne infine i caratteri già incisi o la cui la-
vorazione era ancora in corso il manoscritto aff~ma: «Si è fatta
fare una lettera arabica orientale grande e bella appropriata per
la stampa de libri sacri della Scrittura. Si fa adesso un' altra lettera
arabica orientale piccolina appropriata per la stampa de libri arabi
di scientie. Si fanno ancora due altre sorte lettere arabe, una per-
siana et un' altra turca». .
La «lettera arabica orientale grande» non può essere identifi-
cata che con l' «arabica grande» del taccuino dove il Raimondi re-
gistrava via via, anche se non sempre in stretto ordine cronologi-
co, i pagamenti effettuati a Robert Granjon. Ora, dall'esame di·
retto delle diverse voci, ci risulta che il punzonista francese venne
pagato per questi punzoni con le relative matrici dal 29 maggio
1585 al24 agosto 1585 e che i pagamenti per la fusione dei carato
teri furono fatti dal 4 gennaio 1585 al 31 luglio di quell' anno"

70 A. TINTO, Per una storia cit., pp. 287-91; H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit.,
pp. 202-9.
71 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. 1. Il Saltini non parla affatto di questo carattere.

25
a favore del fonditore Antonio di Chiari. È evidente qui la discor-
danza fra le date delle due operazioni. Non solo, ma che almeno
i preparativi per la gettatura di questo carattere risalgono agli ul-
timi mesi dell' anno precedente risultano evidenti da queste anno-
tazioni poste sotto la dicitura «Denari dati per conto della getta-
tura delle lettere arabe grandi»: «A di 17 di settembre del 84 ha
havuto messer Roberto scudi 7 per cento libre di stagno comprate
scudi 7»; «A 23 di novembre del 84 a messer Antonio [di Chiari]
gittatore per un migliaro fra lettere e spatij scudi 1.0.0.». L'inci-
sione dei punzoni e la loro battitura sulle matrici, infatti, prece-
devano necessariamente la fusione entro le forme per ottenere i
caratteri, quindi si può ipotizzare che quest'ultima fu fatta man
mano che le prime due fasi venivano completate, sia pure in par-
te. In altri termini Granjon, non appena aveva terminato di inci-
dere un certo numero di punzoni, li batteva sulle matrici che con-
segnava, partita dopo partita, al fonditore. Ma, anche se così fos-
se avvenuto, è evidente che una parte dei pagamenti non venne
registrata e che quindi la data d'inizio dell'incisione dell' arabo gran-
de va fatta risalire ad un periodo anteriore al4 gennaio 1585, pri-
ma data di annotazione di pagamento per la fusione.
A complicare ulteriormente il problema abbiamo consultato
fra le carte della Medicea un saldo datato 4 dicembre 1587 che
Granjon fu costretto a dettare ad altra persona «per non poter [lui]
scrivere a lungo» ma che abbiamo in copia di mano del
Raimondi n nonché altro saldo, autografo, del fonditore Clemente
Stangaporta subentrato al di Chiari che reca la data 14 dicembre
1587 73 •
Granjon in esso dichiara di «haver fatto per ordine del detto
Giovanni Battista Raimondo della lettera arabica grande ... fino
al... giorno 16 di decembre 87 della grande n. o 8 et madre n. o
8... »74.
Il secondo saldo, invece, afferma: «lo Clemente gittatore dico

72 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XII.


7) A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XIV.
74 Inequivocabile, ma inspiegabile, è la data 4 dicembre 1587 posta in testa al saldo
che contiene la registrazione di consegna di punzoni e matrici fino al 16 dicembre.

26
che avendo fatto conto finale con signore Giovanni Battista Rai-
mondo per conto della gittatura dalli... Il de luglio 87 fino alli...
26 di settembre 87 averli dato della [lettera araba] grossa littere
n. o 8600 et ali incontro... recevoto dal detto signore Giovanni Bat-
tista per le dette littere della grossa araione de lO baiocchi il mi-
gliaro scudi 5 et baiocchi 92 ... ».
Confrontando i dati contenuti nel libretto dei conti con quello
di questi due saldi si può dedurre, con una certa verosimiglianza,
che l'incisione dei punzoni dell' arabo grande da parte di Granjon
ebbe inizio prima del 4 gennaio 1585 e termine il 16 dicembre
1587. Un lavoro, dunque, che dovette richiedere quasi tre anni,
quando uno specialista come Vervliet sostiene che nel XVI seco-
lo, per fare una nuova incisione e fusione di caratteri, occorreva-
no dai quattro ai sei mesi di temp075. A questo proposito però bi-
sogna osservare che l'artista parigino nel 1585 aveva 72 anni, era
di salute alquanto malferma e lavorava contemporaneamente ai pun-
zoni di altri caratteri esotici. E inoltre che, per quanto concerne
la fusione, tra la fine di questo lavoro ad opera del di Chiari (31
luglio 1585) e l'inizio per mano dello Stangaporta (lI luglio 1587)
c'è un «buco» di quasi due anni. Essendo propensi ad escludere
un'interruzione dell'attività incisoria di Granjon nei confronti del-
l'àrabo grande, riteniamo che l'interrogativo sia purtroppo desti-
nato a rimanere irrisolto.
Quanto alle altre date della fusione possiamo dire che Cle-
mente Stangaporta, subentrato al di Chiari, presentò un conto per
il lavoro da lui compiuto dall' 11 luglio al 26 settembre 1587 ma
occorre sottolineare che l'autografo reca la data del 14 dicembre.
Poiché l'incisione dei punzoni ebbe termine il 16, lo Stangaporta
dovette fondere ancora altre lettere. La serie dei tipi dell'arabo
grande di Granjon dovette quindi essere pronta per i primi del
1588.
Il Vervliet ha trovat0 76 negli Evangeli (1590 - 1591); nella
grammatica araba detta Kàfija (1592) e in quella detta Agurru-

75 H. D. L. VERVLIET, Robert Gran;on cit., p. 191, nota 3.


76 H. L. D. VERVLIET, Robert Gran;on cit., pp. 223-27.

27
miyya (1592)77; nell' Alphabetum Arabicum (1592); nel De geogra-
phia universali (1592: titoli); nell'Avicenna (1593); nell'Euclide
(1594: titoli dei capitoli) e infine nella Professio fidei araba (1595),
tutte edizioni medicee, un carattere arabo che misura 260 mm.
per 20 linee di testo e che egli identifica con 1'arabo grande di
Granjon 78 •

Carattere arabo medio


Del tutto sconosciuto agli studiosi è il carattere arabo medio
di cui alcuni punzoni e matrici risultano pagati a Granjon in un
unico documento: «Et più dico haver fatto per ordine del detto
Giovanni Battista Raimondo della lettera arabica... mezana... fino
al. .. giorno 16 di decembre 87 ... della mezana ponsoni n. o 6 et
madre n. o 12 79 • Per questo tipo di modulo medio non siamo riu-
sciti a trovare nell' Archivio di Stato di Firenze, fra le carte della
Miscellanea Medicea, altri documenti o registrazioni di pagamen-
ti precedenti a tale data che possano determinare quando ebbe ini-
zio l'incisione dei punzoni della «media», né v'è traccia di docu-
mentazione relativa alla fusione dei caratteri. È anche molto dif-
ficile stabilire se questo tipo restò alla Medicea o se passò, in se-
guito, a far parte della serie della Tipografia Vaticana che pure
ebbe, come risulta da un inventario del 1595 conservato nell'Ar-
chivio di Stato fiorentino 8o e nell' Indice de caratteri... esistenti nel-
la Stampa Vaticana & Camerale... (In Roma, 1628)81 dei caratteri
esotici; o se comparve, nel XVII secolo, in edizioni uscite dai tor-
chi della Tipografia de Propaganda Fide 82 che, si può dire, di-

77 G. LEVI DELLA VIDA, Ricerche cit., p. 356, n. 163.


78 Da quanto sopra esposto, non è sostenibile ciò che afferma il Vervliet, cioè che l'a-
rabo grande dovette essere terminato anteriormente al 10 giugno 1585.
79 A.S.F., Mise. Med., Stamp, Or., voI. III, ins. XII.
80 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. LIV. Cfr. A. TINTO, Di un inventario
cit., pp. 545·53 .
. 81 Per l'Indice, cfr. The Type Specimen oj the Vatican Press 1628. A Facsimile with an
Introduction and Notes by H. D.L. Vervliet (Amsterdam, M. Hertzberger, 1967).
82 Per una bibliografia sulla «Stamparia della varietà delle lingue della Sacra Congre-
gazione de Propaganda Fide» si veda quella cito nella nota 2, pp. 189-90, dello studio:
A TINTO, Giovanni Giacomo Komarek tipografo a Roma nei secoli XVII-XVIII ed i suoi
campionari di caratteri, in «La Bibliofilia», a LXXV (1973), pp. 189-225.

28
scende in linea diretta dalla Medicea e, in genere, dall'intensa at-
tività esplicata a Roma nel secolo precedente dalla tipografia orien-
tale creata da Gregorio XIII; o da quelli della Tipografia del Se-
minario di Padova che ricevette in dono, tramite i buoni uffici
del suo fondatore, il cardinale Gregorio Barbariga, «undici cas-
sette di madri tutte orientali in numero di tremila circa»8J.

1 o carattere arabo piccolo


È ben noto che Granjon incise Lpunzoni di un carattere ara··
bo «piccolo» negli anni 1585-1589. Da un esame più puntuale dei
documenti apprendiamo che l'artista francese attese anche ad un
altro tipo arabo, come al solito genericamente definito piccolo che,
in realtà, risulta inciso prima dell'unico finora conosciuto di cui
parleremo in seguito. In un'annotazione del Raimondi posta sot-
to la sezione intitolata «Danari dati per conto di messer Domeni-
co» si legge: «A di primo di decembre [1584] a messer Antonio
gittatore per 12000 lettere arabe della stampa piccolina scudi
12»84. Ora, se il di Chiari fuse 12.000 caratteri di questa serie se
ne deve, ovviamente, dedurre che prima del dicembre 1584 Gran-
jon avesse, se non proprio terminato, almeno già cominciato da
qualche tempo l'incisione dei punzoni. La data di questa voce di
pagamento lascerebbe intendere che egli lavorasse già per la Me-
dicea a pochi mesi dalla sua fondazione, ma il fatto che il di Chia-
ri risulti pagato sì con denari del cardinale ma «per conto» di Do-
menico Basa fa sospettare che il tipografo friulano, pur non es-
sendo - come abbiamo visto - il direttore tecnico della Tipo-
grafia Medicea Orientale ebbe tuttavia una qualche parte, un ruolo
indeterminabile e sfuggente all'indagine archivistica che esorbi-
tò, entro quali limiti non sappiamo, dal puro e semplice impianto
della tipografia.
Si tratta, probabilmente dell' Arabe de Petit Canon (180 mm.)

8J G. BELLINI, Storia della Tipografia del Seminario di Padova 1684-1938 (Padova, Gre-
goriana editr., 1938), pp. 35-6.
84 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. 1.

29
che figura in uno specimen non firmato né datato ma che può es-
sere fatto risalire al 1583 circa se non all' anno successivo 85 . Il
Vervliet, cui si deve tale rinvenimento, ha individuato questo tipo
come carattere di testo nel sommario della Geografia di al-Idrisi
(1592), nell'Euclide (1594), nei titoli dei capitoli dell'Avicenna
(1593) ed in una sola linea, a p. 62, dell'Alphabetum Arabicum
(1592), tutte edizioni medicee86 .

2 o carattere arabo piccolo


L'incisione dei punzoni del secondo carattere arabo, quello
«piccolo»8ì, da parte di Granjon dovette occupare quasi quattro
anni, un periodo di tempo, quindi, più ampio di quello occorso
per la lavorazione del «grande». Dal libretto dei conti del Raimondi
risultano pagamenti a favore di Granjon per quanto riguarda pun-
zoni e matrici del carattere arabo «piccolo» di cui tratta il «Breve
raguaglio», che vanno dal 25 maggio 1585 al 28 dicembre 158688 .
È interessante però osservare, a tale proposito, che in data 17 marzo
1586 è elencato anche un pagamento per punzoni di questo tipo
a favore del Cesari: «A 17 di marzzo [sic] del 86 a messer Alberto
scudi tre a buon conto di venti ponsoni fatti ad instantia di mes-
ser Roberto dell'arabica piccolina»B9. Nel già citato saldo di
Granjon del 4 dicembre 1587 egli afferma di avervi lavorato fino
al 16 dicembre di quell'anno. Fra i documenti della Medicea sono,
inoltre, annotate 150 voci di pagamenti vari effettuati a favore
dell)incisore francese per «ponsoni et madre dell' aarabica [sic] pic-
colina incominciata a 6 di settembre et recevuti in più partite»
dal 15 (?) ottobre 1586 al 28 marzo 1590 90 . Alla fine di que-

85 Roma, Biblioteca Vallicelliana, Ms. Val. K. 17, c. 174.


86 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., p. 220, 221, fig. 9.
Bì Sbaglia certamente il Saltini, Op. cit., p. 268, nell'affermare: «Il primo alfabeto che
intagliò per la Tipografia Medicea è il piccolo arabo, e lo condusse a termine il 6 di
settembre 1586. Con esso venne stampato l'Avicenna in folio del 1593».
88 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. L
89 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. L
90 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. II, ins. II.

30
st'inserto vi è la data 12 luglio 1589 e la firma autografa di Gran-
jon il cui ductus incerto e tremulo rivela evidentemente quanto
egli fosse vecchio e malato. Egli morirà, infatti, il 14 marzo
1590 91 , Quanto alle date della fusione dei caratteri possiamo
dire che il saldo presentato dallo Stangaporta e datato 14 dicem-
bre 1587 si riferisce solo al lavoro da lui svolto fra l' Il luglio 1587
ed il 26 settembre 1587: «lo Clemente gittatore dico che avendo
fatto conto finale ... per conto della gittatura dell' arabica piccoli-
na la che lassò messer Roberto Granion che fu alli Il di luglio
1587 per sino alli 26 di settembre 87 ... li ho dato della littera pic-
colina littere n. o 24600... et ali incontro per le dette littere della
piccolina ho recevoto daL., signore Giovanni Battista aragione di
baiocchi 60 il migliaro scudi 15 baiocchi 6... ».
Per concludere, se la data del primo pagamento a Granjon,
25 maggio 1585, non può coincidere con quello dell'effettivo ini-
zio dell'incisione dei punzoni che deve essere fatto, invece, risali-
re ad una data imprecisabile anteriore, quella dell'ultimo, 28 mar-
zo 1589, può forse segnare la fine del lavoro. Quanto alla fusione,
il suo inizio deve essere necessariamente avvenuto molto prima
dell' 11 luglio 1587, poiché abbiamo un mandato di pagamento di
56 scudi per lo stagno «per la gittatura dell' arabica piccolina» ri-
salente al 30 giugno 158692 • Il suo termine va spostato ad una
data leggermente posteriore al 28 marzo' 1589.
Il Vervliet93 identifica l'arabo piccolo con il tipo (100 mm.)
usato negli Evangeli (1590 e 1591: richiami e paginazione) e per
il testo corrente dell'Avicenna (1593).

Per quanto concerne gli ultimi tipi elencati nel «Breve ragua-
glio» risultano ancora in lavorazione le «lettere arabe africane»94
in due serie, grande e piccola, e le «lettere arabe una persiana et
un' altra turca». La prima è forse una specie di carattere arabo che

91 A. TINTO, Per una storia cit., p. 295, nota 19.


92 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. L
93 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., pp. 227-29.

31
aveva tale denominazione; i caratteri persiani e turchi vengono
invece considerati arabi forse perché quei popoli adoperavano l'a-
rabo sia pure con modificazioni ortografiche e morfologiche alaro
peculiari. Non siamo peraltro in grado di affermare, sia pure in
via d'ipotesi, se l'incisione dei punzoni relativi venne interrotta
per motivi a noi ignoti ovvero se, condotta a termine, i caratteri
furono impiegati in altre edizioni romane del XVI e XVII secolo;
o se facessero parte, poi, del corredo dei tipi della Tipografia Va-
ticana; o se apparvero, nel XVII secolo, in edizioni della tipogra-
fia de Propaganda Fide o della Tipografia del Seminario di Padova.

Carattere siriaco grande


Il Saltini95 asserisce che «il 2 agosto 1587 [Granion] incomin-
ciò i punzoni e le madri delle lettere caldee grandi e piccole». Ora,
se la data d'inizio dell'incisione del siriaco piccolo è esatta, lo stesso
non può dirsi per quanto riguarda il carattere di corpo grande. Dai
conti del Raimondi96 infatti risultano pagamenti in favore di
Granjon, variamente datati, a partire dal 29 maggio 1585 fino al
9 luglio di quell'anno. L'inizio del lavoro, quindi, deve essere fat-
to risalire a qualche giorno prima del 29 maggio. L'esame del già
citato saldo dettato dal punzonista francese (4 dicembre 1587)97
inoltre, consente di estendere il termine finale della lavorazione
dei punzoni e delle matrici per il «grande» al 16 dicembre 1587:
«Dico... che della chaldea grande fino al... giorno 16 di decembre
87 ho fatto ponsoni n. o 11 et madre n. o 13 et dateli al detto Gio-
vanni Battista Raimondo dal quale a bon conto di detti ponsoni
et madre, a ragione d'un scudo il ponsone et madre, ho recevuto
scudi 9.90 ... ». Dall'esame diretto delle carte della Medicea non
esiste documentazione alcuna concernente la fusione del siriaco
di questo corpo ma si può presumere che essa iniziasse nel maggio
del 1585 e finisse poco dopo il 16 dicembre 1587.
94 È opportuno ricordare che fra i conti della Medicea (A.S.F., Mise. Med., Stampo Or.,
voI. 1) vi è, a tale proposito, questa sola annotazione: «A di 10 di febbraio del 85 a
messer Alberto Cesari per far forgiare delli ponsoni che lui fa dell'africana scudo 1».
Sul Cesari si vedano le pagine precedenti.
95 G. E. SALTlNl, Op. cit., p. 268.
% A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I.
97 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XII.

32
1 o carattere siriaco medio
Secondo il Bandini98 Granjon, nel settembre 1586, iniziò
l'incisione di «lettere caldee del carattere mezzano» cioè, molto
probabilmente, di un carattere siriaco orientale che venne fuso dallo
Stangaporta a partire dal 15 settembre 1589. Non siamo riusciti
a trovare alcuna documentazione di questo tipo nella Miscellanea
Medicea.

2 o carattere siriaco medio


Robert Granjon incise anche i punzoni di un carattere «me-
zano siro chaldeo incominciato a 20 di febraro 1589»99, cioè un
corpo del tipo siriaco occidentale o giacobita, con pagamenti a suo
favore, in 34 registrazioni, che recano le date dal21 febbraio 1589
al 23 giugno 1589. Con un' annotazione poi, priva di data, ma cer-
tamente posteriore al 14 marzo 1590, anno di morte di Granjon,
vengono registrati, in 27 voci, ulteriori pagamenti per questo si-
riaco medio dal 12 luglio 1589 al 16 novembre di quell'anno: «Fin
qui è stato pagato messer Roberto di tutti li sopradetti ponsoni
et madre a ragione di scudo uno il ponsone con la sua madre et
per la sua infirmità della quale morse non fece altro»loo. Fu que-
sto, dunque, l'ultimo carattere inciso dall' artista francese. Secon-
do la documentazione della Medicea Clemente Stangaporta comin-
ciò la fusione del siriaco medio il 25 settembre 1589, vale a dire
circa sette mesi dopo l'inizio dell'incisione dei punzoni e la «bat-
titura» delle matrici e ciò costituisce, senza dubbio, un comporta-
mento anomalo di cui non riusciamo a trovare una spiegazione plau-
sibile. I pagamenti relativi furono effettuati in più riprese fino al
2 novembre 1589 101 ma, poiché l'ultimo pagamento per punzoni
e matrici avvenne il 16 novembre 1589, il termine della fusione
dovette avvenire qualche tempo dopo tale data.

98 A. M. BANDINI, Op. cit., p. 78.


99 G. S. SAl.TlNI, Op. cit., p. 268.
100 A.S.F., Misc. Med" Stampo Or" voI. II, ins. V. Cfr. anche: G. E. SAl.TINI, Op. cit"
pp. 268-69.
101 A.S.F., Misc. Med., Stampo Or., voI. II, ins. VIII e VI.

33
Carattere siriaco piccolo
L'incisione di questo tipo di modulo minore ebbe inizio il 2
agosto 1587 ed i pagamenti registrati, in 34 voci, coprono un pe-
riodo di tempo che va dal 4 agosto al 16 dicembre 1587 102 . Dal
conto finale di Granjon del 4 dicembre 1587 risulta confermata
tale ultima data: «Et più dico che della chaldea piccola fino al. ..
giorno 16 di decembre 87 ho fatto ponsoni n. o 106 et madre n. o
106 et dateli... al detto Giovanni Battista Raimondo, dal quale
ho recevuto a bon conto del prezzo di detti ponsoni et madre a
ragione d'un scudo il ponsone et madre scudi 95.40... »103. Come
per il siriaco grande, anche per questo carattere non è documen-
tata la posteriore operazione di fusione. È quindi presumibile che
Clemente Stangaporta la iniziasse qualche giorno dopo i12 agosto
1587 e la terminasse posteriormente al 16 dicembre di quell'anno.
Non siamo in grado di identificare questi quattro corpi del
carattere chaldeo. Anche il Vervliet il quale, d'altro canto, cono-
sce solo l'esistenza del siriaco grande e di quello piccolo, confessa
la sua impotenza, per il momento, ad individuarli ma avanza l'i-
potesi che essi possano essere stati impiegati nel Rudimentum Sy-
riacum uscito dai torchi del Collegio dei Maroniti di Roma nel 1618
o nelle edizioni della Medicea a partire dal 1592 104 •

Carattere ebraico quadrato


Il Vervliet ha constatato nelle pagine delle Institutiones lin-
guae hebraicae del Bellarmino uscite nel 1585 dall' officina di Do-
menico Basa l'impiego dell'ebraico quadrato di corpo minore che
figura, insieme ad un altro carattere quadrato di modulo maggio-
re e ad un rabbinico, in uno specimen datato «Romae anno 1589.
Foelicissimi Pontificatus XISTI .V. anno .V.» ma non firmato 105 •
Lo studioso belga ritiene assai probabile che questo tipo sia opera
di Granjon e noi, considerato lo stile incisorio e la circostanza che

102 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. II, ins. III.
103 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XII.
104 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., pp. 201-2.
105 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. IV, ins. VI. Cfr. H. D. L. VERVLIET, Robert
Granjon cit., p. 231, nota 3, riprod. fig. 16, p. 230; The Type Speeimen 01 the Vatican
Press cit., p. 30, n. 11 a.

34
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35
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BIBBIA, [Evangeli in arabo con traduzione latina interlineare} [in fine:] 1591. faI.

36
Rem arduam & admodum difficilemm hac T ypograplua aggrdìHu-
mus, Bemgne leétor, qUlppe qu~ inuiitata& noua ett,
malOrumque noJ1rorum temporibus no ulfa, Impres
librorum Arabum, Syrorum, Perfarum, Aegyptlorumque, & plut1um
qUi apud plerafque alias natJom:s rcpeniitur. Qg.ld Igltur nll!Um lì qua,
pauca tamen, 10 textu Arabico q uatuor Euangdifiaru pra:termjjfa funt
errata, cùm & In Latims, Gra:crfque, & HebrZls cxcudelldis libns, qua:
ars omnibusiamfamilianffimafadaefi, paffim magnus,& interdum ,
qUldem maxlmus errorul~l numerusobrepere deprchendatur! veruntal'
men habes ea 11,1, poftquàlTI ammaduerfa funt, calamo, Ut19portebat,
emendata, hìc aurem, ubi larina adiecì:a eft mtcrpretatlo, pr:ett:r unum
correaa siir omlUa, ilud que dI: U4 quod pag l Q 3 • hnea ultima iué
tumficcomges, ~ lnLarinaquoquetra.larionc pag: z 3 o.linea
3. aliudaraturncompencs, ubi namquc lènprum cfr
CI connt:rtet çord~tp:1Crunl lH.·hllO':') &;tiOllobcdlunrild fCJCnIt1S Ìatl.0rulìJ &c
legcndum cfr
tt conl1ertt[ cord:lpltrUnl!n·•• ·fH;O~,&eÒsquin(jrl()bediOm"ad Ccll..'nn,as mtlttrum
Q!!òd ii bcmgnus lec1:or nonnulla forraffe alia Inter legcndum errata
dcprch':ndcrit. qua:diligétiam nolha fètè1knnt, eum etiam arqucctla
oratum uolumus, ut qua porent follertla c}uender His ttaQue inrerea
la"rus tì:ucrc dum alia complura lO libcralium art!um ftudijs comifià
nODls ab eo, CUI hoc onus IllCumblf, In luce propedic eI1llUalUUS. Vale.

ROMAE
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M. D. XCI .

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BIIIBIA. [Evangeli in arabo con traduzione latina interlinearel [in fine:] 1591. fol.

37
[Alfabeto siriaco, 159] 4° [In siriaco]

38
la «mostra» è conservata fra le carte della Medicea, concordiamo
pienamente con tale supposizione.

Carattere «hebreo testuale»


Pagamenti per un carattere «hebreo testuale» sono annotati,
in 4 voci, dal 18 al 26 maggio 1589 nella Miscellanea Medicea.
Da queste registrazioni apprendiamo che esso fu «incominciato a
15 di magio [sicl 1589»106. L'incisore non è nominato ma ci sem-
bra evidente che si sia trattato di Robert Granjon il quale vi lavo-
rò mentre attendeva al suo siriaco medio. La lavorazione di que-
sto ebraico, forse il carattere quadrato di corpo più grande che
figura nella già ricordata «mostra» del 1589, è documentata per
un solo mese mentre le registrazioni concernenti la sua fusione man-
cano completamente. Si può quindi ipotizzare, con molta cautela,
che la lavorazione possa essere stata interrotta, forse per le peg-
giorate condizioni di salute dell'incisore. D'altronde non esistono
annotazioni di pagamenti relativi a punzoni e matrici di tale ca-
rattere posteriori al 26 maggio 1589.

La «lettera gregoriana»
Nel suo taccuino dei conti il Raimondi annotò: «[La] lettera
gregoriana pesa libre 297 l'ho havuta a 2 d'aprile del 85 et le maiu-
scole sono libre 47» e, subito dopo, in caratteri assai più minuti,
evidentemente per risparmiare spazio, aggiunse: «A 6 di giugno
del 86 si ha repigliato messer Giovanni Iacomo per conto di mes-
ser Domenico della gregoriana Iibre 177»107.
Da un recentissimo libro del Masetti Zannini 10B apprendia-
mo che Bernardo Basa, nipote di Domenico e dal novembre 1596
direttore della Tipografia Vaticana, alla fine di febbraio del 1597
stipulò un contratto con Gerhard Voss per la stampa del III volu-
me dell'opera omnia di sant'Efrem Siro: il Basa, fra le altre dau-

106 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. II, ins. VII.
107 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. I.
10B G. L. MASETTI ZANNINI, Stampatori e librai a Roma nella seconda metà del Cinque-

cento. Documenti inediti (Roma, F.lli Palombi, 1980), pp. 206-7.

39
sole, s'impegnava ad impiegarvi un «characterem gregorianum no-
vum». Il volume, «interprete & scholiaste R.D. Doct. Gerardo Vos-
sio Borchlonio Germ.» uscì, infatti, ne11598 «ex Typographia Va-
ticana»: 1'antiqua usata per il testo, di circa 12 punti, la nostra gre-
goriana quindi, misura 98/99 mm. per 20 linee ed è un carattere
denominato «Silvio» (o «s. Agostino»). Nell'inventario della Vati-
cana del 1595 essa fa parte del suo corredo di tipi: «118 ponzoni
della gregoriana con 131 matrice." 17 ponzoni maiusculi della me-
desima con 24 matrice»109, Nell' Indice de caratteri della Vaticana
del 1628 il tipo è denominato Giubilate llO ,
La storia della gregoriana risale, però, più indietro nel tempo.
Questo carattere latino, preso in esame dal Vervliet 111 , viene da
lui definito un Augustin Romain Raccourci (98 mm.) ed attribuito
a Robert Granjon. Esso sarebbe apparso per la prima volta nella
«mostra» dell'Arabe de 2 lignes de Gros Romain (200 mm,) datata
1583 112 , e quindi nella Bibliotheca Apostolica Vaticana (1591) e
nei Vangeli medicei arabo-latini (1591) impiegato come tipo di te-
sto corrente 1l3 , A noi, invece, pare che questo carattere sia appar-
so prima del 1583, vale a dire nello specimen di un carattere arabo
di Granjon (200 mm.) datato 1580 114 il che significa che dovreb-
be essere stato inciso in quell'anno, se non prima. In secondo luo-
go c'è da osservare che esso figura sì nell'opera del Rocca e nei
Vangeli, ma qui non come tipo di testo bensì impiegato nell' epi-
stola allettare prima del colophon; non esatta ci sembra, infine,
l'identificazione compiuta dal Vervliet di questo «s. Agostino» con
il carattere di filosofia maggiore 115 di cui parleremo in seguito.
Le singolarità rispetto a questo carattere sono due: la prima
è che il Raimondi lo abbia avuto soltanto in consegna senza ac-
quistarlo come gli altri provenienti dalla tipografia universale di

109 A. TINTO, Di un inventario cit., p. 548.


110 The Type Specimen 01 the Vatican Press cit., p. 33, n. 39; id., Robert Granjon cit.,
,p. 231.
111 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., pp. 229·31.
112 The Type Specimen 01 the Vatican Press cit., p. 33; id., Robert Granjon cit., fig. 8.
Il> H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., pp. 230·31.
114 A. TINTO, Per una storia cit. • pp. 284·7.
115 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., p. 231, nota 1.

40
Gregorio XIII. Non sono, infatti, registrati né il nome dell'inci-
sore né il prezzo pagato né si parla di punzoni e matrici, ma solo
di «lettera» cioè di caratteri, valutati a peso. La seconda consiste
nella circostanza che nel 1586, poco più di un anno dopo il depo-
sito, il Basa abbia dato ordine ad un certo Giovanni Giacomo, forse
un suo fattore o garzone, di «repigliare» cioè riprendere una parte
di essi del peso di 117 libbre. Il tipografo friulano era ancora, come
dicemmo, in qualche modo in rapporti con la Medicea, rapporti,
lo sottolineiamo di nuovo di cui è molto difficile fissare i limiti
ed accertare la natura. Non si comprende, in sostanza, perché il
Basa che era probabilmente il detentore del tipo, lo abbia prima
consegnato alla Medicea per poi riprendersene una parte.

Fregi e fioroni tipografici


Il Vervliet nel suo studio più volte citato aveva intuito che
Granjon, vero maestro in illustrazioni tipografiche, incise anche
«fioroni» tipografici l16 . Questa supposizione oltre che dall'esame
diretto di diverse edizioni della Tipografia Orientale, trova una
conferma nella seguente annotazione sul taccuino di conti della
Medicea: «A 28 di giugno [1585] per 16 ponsoni di fregi et fiori
ha havuto messer Roberto scudi 16»117.. Non è improbabile che
questi, o altri fregi, siano stati impiegati anche nelle edizioni orien-
tali della «poliglotta» di Gregorio XIII.
Nella ricevuta finale di Granjon del 4 dicembre 1587, inol-
tre, questi così dettava a «Pietro Caillaut fiamengo»: «E più dico
haver fatto per l'ornamento delle formette da stampare ponsoni
n. o 2 et haver recevuto per loro prezzo scudi 2 ... »118.
Un appunto, anch'esso autografo, che troviamo aggiunto al
saldo del fonditore Clemente Stangaporta ci sembra gettare una
qualche luce sulla citata annotazione, piuttosto sibillina, del con-
to finale di Granjon: «E più dico aver recivoto dal detto signore

116 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., p. 231.


117 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. L
118 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XII.

41
Giovanni Battista Graimondo [sic per: Raimondo] scudi 5 per n. o
16 de riche dopie de ottone le quale andò servito per lo horna-
mento delle formette per stampare leoclide [sic per: l'Euclide) in
arabico...»1l9. L'Euclide mediceo, infatti ha il frontespizio e le pa-
gine incorniciate da un doppio filetto adorno, ai quattro angoli,
di minuscoli, deliziosi fiori a quattro petali. Le cornici furono dun-
que opera dello Stangaporta ed i fregi e i fiorellini ornamentali
di Granjon ma non riusciamo, purtroppo, ad interpretare il signi-
ficato del termine «formette».

Dopo aver passato in rassegna il lavoro compiuto da Robert


Granjon per arricchire sempre più il corredo dei tipi della Medi-
cea, è lecito chiedersi come egli abbia potuto aver atteso a tante
e diverse serie di caratteri in cinque anni (1585-1589). Vi è da con-
siderare, infatti, che nel 1587 - a 74 anni - Granjon aveva la
mano malferma a un punto tale da esser costretto a dettare al Cail-
laut il proprio conto finale, in verità non eccessivamente lungo,
e che, se aveva difficoltà nello scrivere si può ben immaginare quelle
che incontrava nel duro e delicatissimo lavoro di incisione di pun-
zoni. Inoltre nel 1588 - a 75 anni - aveva, secondo la testimo-
nianza di G. B. Raimondi, in alcune parti del corpo delle piaghe
che possiamo supporre dolorose e comunque certamente tali da
non facilitargli il lavoro. Si può anche sospettare, a tale proposi-
to, che l'attività svolta dal Cesari, complementare a quella di Gran-
jon almeno fino al settembre 1586, anno in cui il punzonista fiam-
mingo venne a morte, sia stata in realtà ben maggiore di quella
documentata dall'unica annotazione di pagamento, per 20 punzo-
ni, a suo favore. A meno di non supporre l'esistenza, peraltro niente
affatto provata, dell' esistenza di un altro incisore alla Medicea che
fosse stato in grado di coadiuvarlo. Allo stato attuale della docu-
mentazione in nostro possesso, quindi, non possiamo non restare
ammirati di fronte alla vitalità, alla tenacia e alla forza di volontà
,di cui egli diede prova.
Sarebbe comunque auspicabile, da parte degli specialisti, un

119 A,S,F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XIV.

42
più approfondito esame stilistico di questi caratteri, uno studio
più scientifico dèlla forma esteriore dei punzoni conservati nella
Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, nella Tipografia Va-
ticana di Roma e nell'Imprimerie Nationale di Parigi per accerta-
re, se possibile, il contributo individuale di entrambi. Sarebbe as-
sai utile anche vedere se la Tipografia del Seminario di Padova
e quella de Propaganda Fide di Roma conservano ancora punzoni
e caratteri della Medicea e, in caso affermativo, determinare qua-
li siano opera di Granjon e quali del Cesari ovvero degli incisori
successivi.

Carattere «.filosofia maggiore»


Domenico Basa collaborò, anche se solo marginalmente, al-
l'edizione dei Vangeli medicei arabo latini (1591) con la vendita
al Raimondi di un carattere di filosofia maggiore. In un appunto
dell' orientalista 120 che reca la dicitura «Conto delle spese per li
Evangelij arabichi latini» si legge: «A 8 d'ottobre 1588 a messer
Domenico Basa per lettere latine della filosofia magiore n. o 23060
di peso libre n. o 105 a ragione di giulij 2 la libra scudi 21». Da
quest' annotazione risulta soltanto la nomenclatura del tipo, filo-
sofia, con l'appellativo maggiore che non siamo in grado di inter-
pretare, senza che sia specificato se si tratti di un tondo o di un
corsivo. Mediante l'esame diretto della traduzione latina interli-
neata al testo arabo dell' edizione abbiamo accertato che esso è un
carattere romano di circa 10 punti. È impossibile, invece, stabili-
re chi fu l'incisore di questo tondo sia se esso facesse parte del
corredo dei tipi della stamperia personale del Basa o della «poli-
glotta», ovvero se il tipografo friulano se lo sia procurato altrove
su esplicita richiesta del Raimondi. Probabilmente questo carat-
tere può essere identificato con quello registrato nell'inventario
del 1595 della Tipografia Vaticana: «19 ponzoni della filosofia gros-
sa con le matrice»121.

120 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. 1.


121 A. TINTO, Di un'inventario cit., p. 548.

43
A L P'H A.BET V.M
'II'
ARA B I···C;'VM
,:-':-;.- - - - .- ... -~

ii L~~ (' Ò)I1I1A\~~Xt5U~1U' t.- C::;"lllÙnI1U


èwn licelltia fuperior.u t1l • l'
JR, o M A I.. .~- , ....
In 'Typographia lvi.cdicctl.
M. D.XClf.

Alphabetum arabicum, 1592. 4°

44
• ,','.o,.

Phil-baJ i kanal-kalt'mato, ual-hIemato kana indal-labi, ual-laho


hOLlal-kaleìnato kaoa hadha qadirnan ìodal-la bi. lcol .
u:ibeoh airibtlam 1akoo fcta.llon mlmma kana. belli k
to, uai-hhat ato hia nllfon-n a6, Llan-nuro adhaa phitd
Ilàrdhrd holmato hm todrekh o. kana enfanon orfela menaI-la is-
moho tubanna . hadha glaa Iì!fcfClabadan !eufçhad a lìÌllnun 1<'la-
umen:l!-kol1o behi, ua lam la kon houao-n ura.• balletafçhada lilonu-
ril-Iadlu houa nurol-hhàqqolladhi lOdhton 1ek0111 anfanin aÙn •.
Hoceft .
In prIncipio erat uerbum, & uerbum erat apu4 Deum
& Deus erat uerbum, erat hoc tU prinCIpio a d .r:p
omnia per ipfum fatta (unt &: une ipCo ihil .
eorum qu:.e faébl {unt. In ipfo erat Ulta, una trat lux
homlOUl11 &: Iux lucef lO tenebri s, &: tenebrre nOlicO pte-
henderunt eam; PUlt homo mtffus à Deo, cuiuscnomen·
erat Iohannes.• mc uenit lO tefiunonium ut reiunontii
perhiberct de lunUne, ut credere t omnes per ma. Et no
fuit ille lux, fed uf teBimOOlum perhiberet de lumine,
quod cfr lux ua'a, quz illuminat omnem hominem ue
niente, 8c czt:

Alphabetum arabicum, 1592. 4°

45
PUNZONI INCISI DA JEAN CAVAILLON

Nulla si sa dell'incisore francese Jean Cavaillon eccetto che


prese il posto di Granjon, come punzonista della Medicea, pochi
mesi dopo la morte di questi. Fra i documenti conservati nell' Ar-
chivio di Stato e nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
vi sono registrazioni di pagamenti in suo favore per diverse serie
di caratteri ma non abbiamo trovato che assai scarsa documenta-
zione relativa alla loro fusione. È assai difficile, per l'indetermi-
natezza della terminologia impiegata, identificare tali tipi come,
analogamente, è impossibile individuare, almeno per ora, se e in
quali edizioni essi vennero utilizzati.

1o carattere arabo grande


Che il Cavaillon abbia inciso un carattere arabo grande, o al-
meno ne abbia iniziato la lavorazione, è dimostrato dalla dicitura
«Danari dati a mastro Giovanni Caviglioni per comprare 1'acciaro
per li ponsoni del carattere arabico grande ... », cui seguono (in 13
voci) le indicazioni dei pagamenti a suo favore, dalla giugno 1591
al 6 marzo 1592 122 •

2 o carattere arabo grande


Un altro «carattere arabico grande» fu da lui cominciato il
20 marzo 1591. I relativi pagamenti, in 142 registrazioni, vanno
dal 22 marzo 1591 al 22 agosto 1592 123 • Il Vervliet ha trovato fra
le carte della Medicea uno specimen, non firmato e non datato,
recante un carattere arabo della stessa forza di corpo di quello gran-
de di Granjon ma ovviamente di disegno diverso e, a suo avviso,
inciso meno bene. Lo stesso carattere è stato dallo studioso belga
riscontrato, fra gli altri, nell'Alphabetum Arabicum (1592) ed egli,

122 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or" voI. II, ins. XI.
123 A.S,F., Mise. Med., Stampo Or., voI. II, ins. XIII; cfr. anche: G. E. SALTINI, Op.
cit., p. 269.

46
a questo punto, suppone 124 che possa trattarsi di un arabo gran-
de inciso dal Cavaillon. Per quanto riguarda il tipo di cui ora par-
liamo è da segnalare inoltre che nella Miscellanea Medicea 125 vi
sono numerose registrazioni di pagamento in favore di Cavaillon
per acquistare il rame occorrente per le matrici: tali pagamenti,
in numerose voci, vanno dal 21 marzo 1591 al 5 dicembre dello
stesso anno. Malgrado le date dei pagamenti per questo e per il
primo tipo arabo grande siano, stranamente, abbastanza ravvici-
nate, noi riteniamo trattarsi di due caratteri diversi anche perché
i pagamenti per il carattere precedente si riferiscono, come si è
detto, all' acquisto dell' acciaio per i punzoni, operazione che ne-
cessariamente doveva precedere sia la lavorazione dei punzoni che
la loro incisione.

1 o carattere arabo medio


Fra il 1591 ed il 1592 egli attese ad incidere anche i punzoni
di un «carattere arabico mezano», iniziato il 16 settembre 1591
che risulta pagato (in 150 voci) dal 18 settembre 1591 al 22 di-
cembre del 1592 126 •

2 o carattere arabo medio


In un conto che reca il titolo «Conto de danari havuti et spe-
si per la stamparia del anno 1593 di sei mesi incominciati al primo
di luglio 1593» troviamo, fra le altre, quest'annotazione: «A ma-
stra Giovanni Caviglione francese. Per 254 ponsoni et 254 madre
del carattere arabico compagno del persiano mezano, a ragione di
giulij 4 il ponsone con la madre sua non giustata scudi
101.60 ... »127.

1 o carattere arabo piccolo


Il 14 aprile 1592 Cavaillon iniziò la lavorazione di un «carat-

l24 H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon ci t. , p. 227, nota 4, fig. 13.


125 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or" voI. II, ins. XI.
126 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. II, ins. XIV; G. E. SALTINI, Op. cit., p. 269.
127 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. I.

47
tere arabico piccolo» pagato, in 5 voci, dal 14 al28 aprile di quel-
l'anno 128. Il Saltini, parlando di questo tipo lo definisce, non sap-
piamo con quale fondamento, «un arabico simile agli alfabeti per-
siani piccoli che già esistevano in stamperia»!29.

2 o carattere arabo piccolo


Questo tipo è certamente diverso dal precedente poiché, fra
i documenti della Stamperia Medicea, vengono elencati pagamen-
ti a favore del Cavaillon per il rame che doveva occorrere per le
matrici: tali pagamenti inoltre risultano effettuati, in 9 voci, dal
15 luglio 1591 al 5 dicembre dello stesso annoDO.

La «lettera africana»
Il 2 febbraio 1591 il Cavaillon, come risulta da una annota-
zione unica, acquistò 7 libbre di rame per «la madre dell' africa-
na»13!. Si tratta probabilmente, come si è già detto, di una sorta
di carattere arabo che aveva questa denominazione.

Carattere arabo comune


Cavaillon il 3 ottobre 1592 iniziò ad incidere un «carattere
arabico commune» che purtroppo non siamo riusciti a identifica-
re e venne pagato (in 152 registrazioni) dana stessa data d'inizio
della lavorazione fino al 28 maggio 1596 132 •

Carattere siriaco antico maiuscolo grande


Nel già citato conto del 1593 vi sono annotati, sempre in ri-
ferimento all'incisore francese: «Per 56 ponsoni et 56 madre del
carattere caldeo antico maiuscolo [la parola maiuscolo è aggiunta
al disopra del rigo] grande a ragione di giulij 6 il ponsone con la
sua madre scudi 33.60 13 3, La difficoltà derivante, per noi, dalla

, 128 A,S,F" Mise, Md, Stamp, Or" vaL II, ins, XV,
129 G, E, SALTINI, Op, eit., p. 269.
DO A.S.F. Mise. MEd., Stampo Or., vaL II, ins. XI.
131 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., vaL II, ins. XI.
132 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., vaL II, ins. XVII.
133 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., vaL I.

48
terminologia impiegata non ci consente di individuare con e,sat-
tezza il tipo ma solo di affermare che doveva trattarsi di un siria-
co, forse un estrànghelo, di modulo grande.
Carattere siriaco secondo i Maroniti
Il 10 luglio 1590 «Mastro Gianni [Cavaillon] iniziò «un ca-
rattere caldaico secondo li Marroniti»lJ4.

Carattere persiano maggiore


Nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze 1J5 è conser-
vato un manoscritto in cui, in 105 voci, sono registrati pagamenti
dal 15 febbraio 1593 all'8 febbraio 1594 per un «Carattere per-
siano maggiore fatto da mastro Giovanni Caviglione francese, et
incominciato a 15 di febbraro 1593»lJ6 che è forse da considera-
re di corpo grande.

Carattere persiano medio


Come si è già detto, nel 1593 il CavaiIlon incise un tipo «per-
siano mezano» il quale doveva armonizzarsi, come «compagno»,
con il secondo carattere arabo medio.

Carattere persiano piccolo


Registrazioni varie indicano che il punzonista francese incise
un carattere persiano di piccolo modulo. La sua lavorazione do-
vette essere precedente a quella del primo arabo piccolo: l'indica-
zione, infatti 13 7, parla di denari per «l'arabico piccolo compagno
alla persiana piccola». Inoltre l'intestazione del primo carattere ara-
bo grande, già citato, reca: «Danari dati a mastro Giovanni Cavi-
glioni per comprare l'acciaro per li ponsoni del carattere... persia-
no piccolino». Le date dei pagamenti sono ovviamente le stesse
(10 giugno 1591 - 6 marzo 1592).

134 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. II, ins. X.


135 Firenze, Bibl. Naz. Centr., [Cod.] II, III, 14, cc. 182-4.
lJ6 Cfr. E. E. SALTINI, Op. cit., p. 269.
137 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. II, ins. XV.

49
XXIV'" CI/:l.--
I//J!'v.:k, . ~Y;r~~-
RO·M.·AE.
In Typographia Medicea.
M·D.XCII.
;!rl···· - ·:18

AL-IDRisT, ".De geographia universali". 1592. 4° [Testo in arabo].

so
Carattere egiziano grande
1110 luglio del 1598 Jean Cavaillon ricevette del denaro per
acquistare l'acciaio occorrente per ricavarvi i punzoni di un tipo
indicato genericamente come «carattere egittiaco» e tali pagamenti
vennero effettuati da tale data fino al27 settembre 1599. Nel 1600,
e precisamente il 27 luglio e il 19 settembre, il punzonista era già
in possesso delle matrici del «carattere maiusculo egittiaco», cioè
di un copto di corpo grande, almeno se interpretiamo rettamente
la parola «maiusculo», per «aggiustarle» cioè «giustificarle» affin-
ché risultassero ben calibrate e poi iniziare la fusione 138 •

Carattere egiziano medio


Il 18 aprile 1600 il Cavaillon ebbe nelle mani «110 madre
del carattere mezano egittiaco per giustare et incominciare la git-
tatura». Tali operazioni dovettero durare almeno fino al 19
settembreI>9.

Carattere egiziano piccolo


Sempre se il termine «minusculo» va inteso come un caratte-
re di corpo piccolo, il punzonista francese eseguì, fra il 6 giugno
ed il 19 settembre 1600, le operazioni di «giustificazione» delle
matrici e di fusione di un «carattere egittiaco minusculo»140.

PUNZONI INCISI DA GIOVANNI BATTISTA SOTTILE

Nel 1593 prese servizio alla Stamperia Medicea anche Gio-


vanni Battista (o Battista) Sottile, «intagliatore di ponzoni» e «get-
tatore di caratteri», il quale aveva lavorato precedentemente per
la Vaticana 141 . Dopo la fine della Medicea lo troviamo, con man-

138 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. II, ins. XXIII.
139 A.S.F., Mise. Med" Stampo Or., voI. II, ins. XXIII.
140 A.S.F., Mise, Med., Stampo Or., voI. II, ins. XXIII. Il Vervliet (The Type Specimen
oltheVatiean Press cit., p. 21, nota 4) invece, non sappiamo in base a quale ulteriore
documentazione, afferma che Cavaillon incise two sizes 01 Coptie.
141 A. TINTO, G. G. Komarek cit., pp. 192-3 e nota 20.

51
sioni di incisore, nella Tipografia de Propaganda Fide eretta nel
1626 e diretta da Stefano Paolini, ex allievo del Raimondi. Ine-
satta, quindi, o fondata su un equivoco ci sembra la notizia conte-
nuta in una lettera scritta da Siena il 20 settembre 1628 da Giro-
lamo Lunadori ad Andrea Cioli 142 secondo cui, poco dopo la mor-
te del Raimondi, il Sottile avrebbe fatto il sensale di vini a Ripa.

Carattere siriaco antico


Dalla Miscellanea Medicea risulta un solo carattere da lui in-
ciso, un «caldaico antico», forse un estrànghelo, iniziato il 13 set-
tembre 1593 e per il quale egli venne pagato, in tre registrazioni,
dal 6 ottobre al 6 novembre di quell'anno I43 •
Anche per Giovanni Battista Sottile è da rilevare la difficol-
tà nell'esatta individuazione del tipo e la mancanza di documen-
tazione relativa ai pagamenti per la sua fusione.

Nel fondo dei manoscritti orientali della Biblioteca Medicea


Laurenziana si conserva, fra 1'altro, un conto per matrici «giusta-
te» e «non giustate» cioè, come si è avuto già occasione di dire,
di matrici «giustificate» cioè limate e squadrate e matrici «non giu-
stificate», vale a dire matrici che ancora non avevano subìto quel
trattamento. Questo manoscritto1 44 è senza dubbio di mano del
Raimondi e la data è certo posteriore al 1594.
Esso ci fornisce qualche altra notizia sui caratteri medicei:
«840 madre delllarabica mezana compagna della persiana e dell'e-
gittiaca
596 madre dell'arabica grande
250 madre giustate della caldea di Marroniti
49 madre non giustate della caldea antica maggiore
34 madre non giustate della persiana maggiore

142 Un brano di questa lettera che travasi nella Miscellanea Medicea è riportato, in par-
te, dal Saltini (Op. cit., p. 269, nota 17.
143 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. II, ins. XVI.
144 Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Mss Oriento 457, c. 457.

52
220 madre giustate dell' arabica piccolina
289 madre giustate [la parola giustate è aggiunta al diso-
pra del rigo] dell' arabica mezana antica
232 madre giustate dell'egittiaca».
Esse possono così es~ere sintetizzate:
Carattere egiziano
Ignoriamo a quale dei tre corpi del carattere copto, dovuti
al Cavaillon, qui ci si riferisca.
Carattere siriaco antico maggiore
Forse da identificare con il «siriaco antico maiuscolo gran-
de», già da noi registrato fra i tipi dovuti al Cavaillon.
Carattere arabo medio antico
Jean Cavaillon incise, come si è detto, due caratteri arabi di
corpo medio nel 1591-1592 e nel 1593. Resta da accertare se la
nuova lettera «arabica mezana» cui è aggiunta la specificazione di
«antica» vada identificata con una delle due precedenti ovvero si
tratti di un tipo di disegno diverso.

Nella Miscellanea Medicea, inoltre, vi è un inventario, anonimo


e privo di data ma scritto con ogni probabilità dopo il 1600, delle
serie di caratteri posseduti dalla Stamperia Medicea Orientale se-
guito da un elenco dei manoscritti che ne costituivano la
biblioteca l45 • Il documento, probabilmente copia e forse opera di
uno scriba non italiano, è irto di errori e presenta notevoli discre-
panze con il numero dei caratteri da noi via via elencati e presi
in esame, dati che sono stati tratti, come si sa, sia dal libretto dei
conti del Raimondi, sia da altra documentazione contenuta nella
Miscellanea stessa. Lo presentiamo in sintesi, tuttavia, per com-
pletezza e perché riteniamo che esso sia l'unico, più recente elen-
co della dotazione dei tipi della Medicea anche anche se, purtrop-

145 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XLVIII cito L'inventario, con l'elenco
dei manoscritti, è stato riprodotto, purtroppo con refusi tipografici, da B. Maracchi Bia·
giarelIi (La Biblioteca Medicea Laurenziana. Una nuo'va sala per l'attrezzatura della Stam-
peria Orientale (sec. XVI), in «Accademie e biblioteche d'Italia», a XXXIX (1971) pp. 93·4.

53
po, esso non reca il nome, o i nomi, dei punzonisti l46 • L'inventa-
rio è importante anche perché avrebbe dovuto costituire insieme
all' elenco dei manoscritti, la base dell'ultima, in ordine di tempo,
delle trattative di vendita della Stamperia al re di Spagna.
Intitolato «Nella stamparia delle lingua stranere che fu fatta
fare del Gran Duca di Toscana mentre che era cardinale per com-
piacere et servire a la felice memoria di Gregorio decimotertio che
hogie et di Giovanni Baptista Raimondo a la tiene al servitio di
Nostro Signore Papa Paulo V vi sono in essere le infra scritte [se-
gue la parola chose corretta in cose e quindi depennata] cose» esso
elenca: 1) Un numero imprecisato di caratteri «latini» senza però
che sia specificato se si tratti di romani o corsivi, fatti incidere
dal Raimondi dopo che divenne proprietario della stamperia (1596);
2) Due caratteri greci, entrambi fatti incidere dal Raimondi, «uno
con i quali fu stampato la Biblia greca qui in Roma dalla beata
memoria del cardinal Carapha», cioè la versione greca dei Settanta
uscita dalla bottega di Francesco Zanetti (1586, 1587)147; t'altro
«simile et quosi [sicl bello come quello che fu fatto fare dal re di
Francia chiamato Grego [sicl Regio», vale a dire un tipo imitante
il Grec du Roi inciso da Claude Garamont. È da notare a questo
proposito che se è possibile che il Raimondi abbia ordinato, dopo
il 1596, un'imitazione del Grec du Roi, stridente è la contraddi-
zione fra l'affermazione che egli fece fare altrettanto per il primo
tipo greco che sarebbe stato, a quanto si dice sempre nell'inventa-
rio, non una copia, ma lo stesso carattere impiegato dieci anni pri-
ma. Ed è da dimostrare che il greco dello Zanetti sia stato inciso
per iniziativa dell'orientalista cremonese; 3) Tre caratteri ebraici,
uno di modulo grande da impiegare per i titoli e per le «rubriche
di trattati o capitoli», un secondo come tipo di testo ed un terzo,
chiamato «dalli hebrei Provinciale», da impiegare per i commenti;

. 146Per gli incisori che lavorarono posteriormente al 1596 possiamo fare, sia pure con
cautela, i nomi, oltre che del già citato G. B. Sottile, di Giacomo Antonio Mori e di
Stefano Paolini.
147 Fra il 1582 ed il 1584 allo Zanetti verrà pagata, per ordine diretto del papa, la pio
gione della «casa dove lui stampa vicino a san Giacomo de Spagnoli» (Cfr: V. ROMANI,
Per una storia cit., p. 39, n. 36.

54
4) Sei caratteri siriaci, uno per i Maroniti, l'altro per i Giacobiti
ed il terzo per i Nestoriani,;- inoltre «tre charattere quadrate anti-
che uno grande uno mesano et un autro piccolo», comuni alle tre
chiese; 5) Sette arabi di corpo diverso l'uno dall'altro, «tutti orien-
tali», uno dei quali fatto incidere a proprie spese dal Raimondi;
6) Una lettera araba «africana et ponentina», anch' essa fatta inci-
dere dal nostro orientalista; 7) Quattro tipi persiani di vari corpi,
uno dei quali fu fatto eseguire a spese del Raimondi il quale si pro-
poneva di stampare con essi due grammatiche ed un dizionario
persiani con la versione latina; 8) Un carattere turco i cui punzoni
furono fatti incidere a spese del Raimondi; 9) Due tipi «della lin-
gua egiptiaca uno antiquo et un altro moderno»; lO) Quattro ca-
ratteri «latini grandi per stampare tutti li libri di canti [sic] fermo
in forma di note et parole», di corpi diversi, «tutti fatti fare dal
detto Raimondo molti anni sono chosa maij [sic] stata ritrovata
nel mondo da trecente anni in qua che fu trovata la stampa»118;
Il) «Ornamenti di desinni et historie intalliate et lettere grandi
chiamate miniature per i stampare le detti libri di canto fermo»;
12) Due caratteri corsivi anch' essi fatti incidere dall' orientalista
a proprie spese. A tergo dell'inventario la seguente scritta, di mano
del Lunadori, posteriore al 13 febbraio 1614: «Nota della stampe-
ria et libri del signor Giovanni Battista Raimondo, di mano di Sua
Santità consegniata a me cavalier Girolamo Lunadoro per tratta-
re la vendita di tutte le cose descritte in questo inventario con
1'eccellentissimo signore conte di Castro ambasciatore per Sua Mae-
stà Cattolica appresso Sua Santità con ordine di dimandare qua-
ranta mila scudi di tutta la descritta robba. Non si effettuò la ven·
dita, perché morse il detto signor Giovanni Battista Raimondo et
lassò suo herede universale il Serenissimo Gran Duca di Toscana;
et l'eccellentissimo signor Piero Guicciardini, ambasciatore del-

148 È qui interessante sottolineare la totale mancanza di senso storico da parte dell'i-
gnoto estensore dell'inventario, il quale fa risalire l'invenzione della stampa a trecento
anni prima. Siamo peraltro del parere che tale errata concezione doveva costituire un'o-
pinione abbastanza comune agli uomini dell'epoca, così come abbiamo notato asuo luo-
go le frequenti imprecisioni ed incertezze di carattere temporale nelle deposizioni di
vari testimoni al processo intentato dal Raimondi contro il suo proto Matteo Neroni.

55
l'Altezza Serenissima, acettò l'heredità et tutta questa descritta
robba et altra; si mandò da Sua eccellenza nel Palazzo del Giardi-
no in Roma di Sua Altezza Serenissima».

LE VICENDE DELLA STAMPERIA

L'anno 1587 costituisce un anno cruciale per la storia della Medi-


cea, di quella stamperia che segna, verso la fine del secolo XVI,
dal punto di vista internazionale, il secondo momento culminante
della storia della tipografia italiana del Cinquecento. L'anno in cui
il cardinale de Medici succede al fratello, in circostanze dramma-
tiche, come granduca di Toscana affidando al cardinale Gabriele
Paleotti la «cura et protettione» della tipografia e quindi viene gra-
dualmente a mancare all'impresa il suo determinante appoggio fi-
nanziario: le edizioni medic~e venute in luce dal 1590 in poi, in-
fatti, pur costituendo un vanto per l'editoria romana per il nitore
della carta, per l'ampiezza dei margini, per la sontuosità dei carat-
teri, per la magnificenza delle illustrazioni e dei fregi saranno tut-
tavia di difficile smercio e non arrecheranno i grossi utili che la
società si riprometteva. Il Raimondi, una volta venutigli meno i
capitali del Medici e sebbene finanziato dalla Camera Apostolica
la quale pagava anche la pigione della tipografia 149 non era tutta-
via in grado di proseguire una coerente attività editoriale. Non
furono pertanto più sufficienti, come vedremo, il suo attivismo,
le sue iniziative, i suoi progetti.
111587 è anche l'anno che segna l'inizio della fine, per la stam-
peria, del significativo contributo di un punzonista della statura
artistica di Robert Granjon il quale lavorerà sì, fino al 1589, ma
che dal 1587 comincerà a mostrare, con i segni dell'età, i sintomi
della malattia che lo condurrà a morte nel 1590.
In un quadro più ampio e più generale non bisogna dimenti-

149 A. BERTOLOTTI, Op. cit., p. 245.

56
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Libri Tredecim.
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ROMAE
In TJpogr4phiA Medict4- .
M.D.XCIV·
Cum licentia Supcriorul1I.

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EUCLIDE, ... Elementorum geometricorum libri tredicim... , 1594. fol. [Testo in arabo],

57
care che, fin dal 1585, l'elezione di Sisto V durante il cui regno
vi fu una stasi generale degli affari orientaJi150 costituisce una bat-
tuta d'arresto in quell' ampia politica di apertura missionaria per
mezzo della stampa propugnata e portata avanti con fervore da
Gregorio XIII verso i cristiani non romani, in particolare quelli
del Medio Oriente e dei paesi slavi. Il nuovo pontefice sarà inten-
zionato, come il suo predecessore, a seguire rigidamente le diret-
tive della Controriforma applicando i deliberati tridentini ma s'im-
pegnerà a dare al mondo una nuova edizione della Volgata. Con
1'erezione della Tipografia Vaticana, realizzata appunto da Sisto
V nel 1587, inoltre, il baricentro dell' editoria «ufficiale» romana
si sposterà oltre Tevere facendo in modo che 1'area socio-culturale
cittadina, lasciata libera, venisse sempre più occupata dall'attivi-
tà dei numerosi librai affluiti a Roma negli anni precedenti da va-
rie città italiane. I successivi papi saranno anch'essi tutti impe-
gnati nello sforzo poderoso della Controriforma e vi sarà quindi
poco o nessuno spazio per la tipografia orientale come era stata
attuata dal Medici. Bisognerà attendere il pontificato di Gregorio
XV il quale, nel 1622, fonderà la Congregazione «de Propaganda
Fide» perché la Chiesa avesse, con 1'annessa stamperia poliglotta,
eretta nel 1626 da Urbano VIII, uno strumento ufficiale per l'e-
vangelizzazione.
Della nuova situazione che si era venuta a creare e che abbia-
mo descritto nelle sue linee generalissime non sembra che il Rai-
mondi abbia avuto sempre piena coscienza. Le sue iniziative ed
il suo comportamento, pur talvolta comprensibili, ne delineano ab-
bastanza bene la personalità ed i limiti. Diresse la Stamperia Me-
dicea ma certamente fu solo uno studioso e non un tecnico della
tipografia né un oculato amministratore: di conseguenza elaborò
fumosi piani destinati, nelle sue intenzioni, a migliorare il rendi-
mento dell'officina ed escogitò pseudo invenzioni del tutto fanta-
siose. Ebbe molto a cuore lo sviluppo e gli interessi della Stampe-
ria Orientale che, in sostanza, coincidevano con i propri e quindi
lottò con vari espedienti e iniziative affinché non soccombesse alle

150 G. LEVI DELLA VIDA, Documenti cit., p. 38 e nota 2; p. 39.

58
difficoltà che via via si presentavano. Il Raimondi non fu, soprat-
tutto, in grado di commisurare i mezzi finanziari e gli uomini di
cui poteva disporre all'eccessiva grandiosità del suo principale pro-
gramma, la stampa della Bibbia poliglotta.

Il 28 aprile 1587 l' orientalista presentò alla congregazione una


sua «Proposta di altri modi da stampare libri»151, da lui «pensati
et considerati... nel studiare continuamente di dar tutta quella per-
fettione a questa stampa».
Questi sistemi, che il Saltini 152 non esita a definire addirit-
tura «ingegnosissimi, e forse non molto dissimili da alcune inven-
zioni di che oggi si vantaggia la tipografia», sono esposti, in veri-
tà, in uno stile che noi riteniamo, a dir poco, oscuro.
I sistemi proposti dal Raimondi erano tre: «Il primo, qual è
il più bello, facendo imprimere più politamente la scrittura arabi-
ca, et questo giudico che sarà più al proposito volendoci servire
d'un solo recercando minor spesa che gli altri; fatto il primo appa-
recchio per ciascuno libro non farà stampar altro che 5000 o vero
6000 libri al più, ma bisognandovi più, et prevedendolo, se può
reiterare l'apparecchio tante volte, quante vorremo. Il 2° qual è
men bello del primo, ma più bello però della stampa ordinaria, dan-
do l'uno et l'altro quella perfettione a i libri stampati che non può
dare la stampa ordinaria, come è la strettezza della scrittura, et
colligatione delle lettere insieme, et intricamento di tratti et di
lettere, qual è frequentissimo nella scrittura arabica arrivarà fino
al numero di 20000 et più, ma ricerca magior spesa et con questo
modo si potrà stampare un libro in un giorno solo, ... il 3°, qual
non è altro che l' secondo ridotto quasi a perpetuità et a magior
perfettione, vole anco lui magior spesa et forse più del 2° , ma può
fare stampare di ciascuno libro numero quasi infinito, et questo

151 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. IX.
152 G. E. SALTINI, Op. cit., p. 271.

59
non è molto diverso dalle stampe ordinarie. Et oltra che con que-
sto, ancora si può stampare un libro in un giorno solo, come è det-
to del 2° ha di più che in uno istesso tempo si può stampare un
libro in diversi lochi multiplicando la stamparia con la sola gitta-
tura ... ». I vantaggi che il Raimondi si proponeva di ottenere era-
no i seguenti: «Primo che... in uno istesso tempo potremo stam-
pare molti libri insieme, et dette stampature potranno essere go-
vernate da un solo mediocremente intelligente della lingua arabi-
ca non havendo bisogno questi modi né di compositori né di cor-
rettori, ma solamente della scrittura ben corretta dell'originale da
stamparsi. Secondo, alli libri che si stamparanno in questi modi
seli potrà dare nome di libri stampati, sì come realmente sono, man-
dandoli in quelle parti dove già è arrivata la notitia della stampa
arabica et questi agiuntandoli con li stampati nella stampa ordina-
ria li daranno favore et dispaccio grande: et mandandoli in altre
parti, dove ancora non è notitia di stampa delli libri arabici seli
potrà dire libri scritti a penna, non potendosi giudicare da nullo,
et massime di quelli quali non hanno ancor visto nullo delli stam-
pati, che siano stampati... Terzo, che fatto l'apparecchio necessa-
rio per ciascuno libro, che si vorà stampare, starà a noi di stam-
parne quanti vorremo secondo l'occorrenze, ... Il detto apparec-
chio, per uno o vero più libri, si può allongare et abreviare secon-
do noi vorremo, scemando, et agiongendo operarij, et se con l'e-
sperientia si troverà che l'negotio vada bene et bisognando stam-
par molti libri, ciò si potrà fare avvalendoci di più d'uno di questi
modi insieme, non bisognando in uno quelli operarij che bisogna-
no nell'altro, ma huomini di diversa professione...». Dopo aver
esposto ai colleghi questi nuovi sistemi da lui escogitati per stam-
pare rapidamente, sistemi che, secondo lui, non pregiudicavano
il lavoro fin'allora compiuto, il Raimondi sottoponeva loro, in un
stile che ancora una volta giudichiamo poco chiaro, due proposte
di soluzione: la prima consistente nel fatto che «non spendendo
io, o altro per me, nel stampare de libri», a vendita dei volumi
avvenuta, per prima cosa doveva essere rimborsata la spesa com-
piuta ed 1/3 dell'utile residuo doveva spettare a lui; la seconda
prevedeva che «spendendo io, o vero altri per me», una volta de-
tratta la spesa da rimborsare a chi aveva fornito il capitale, 1/3

60
degli utili doveva andare alla compagnia. Questa sarebbe stata,
inoltre, libera di scegliere ora l'una ora l'altra soluzione «come più
li tornerà commodo». In ogni modo, l'orientalista ritenendo di aver
diritto ad una «mancia» per lo «studio et industria» da lui posti
per mettere a punto questi «modi» nuovi, chiedeva «di stamparmi
in questi modi un libro solo, qual non sarà né di questi comprati
da monsignor patriarca né di quelli fin hora venuti da Levante per
servitio di questa impresa, ma buscato et comprato da me». Il Rai-
mondi si riservava, inoltre, di stampare «in qualsivoglia modo» i
libri per i quali erano stati ottenuti i privilegi, con le versioni sia
latina che volgare.
La congregazione, nel ragguagliare il5 giugno 1587 il Medici
sui nuovi sistemi rapidi di stampa proposti dal Raimondi, pur ri-
conoscendo che essi erano «riuscibili», assunse un atteggiamento
più cauto riguardo ai guadagni che si sarebbero potuti ottenere
rimettendo, per quanto concerneva la spesa relativa, gli utili e la
mancia per l'orientalista, ogni decisione nelle mani del cardinale.
Questi, a sua volta, con un rescritto del 23 agosto, si dichia-
rò favorevole alla seconda impresa e alle due proposte di soluzio-
ne riservandosi tuttavia di scegliere l'una o l'altra. Quanto al com-
penso richiesto, si mostrò ben lieto di permettere che il Raimondi
stampasse i libri che desiderava purché ciò avvenisse a spese del-
l' orientalista il quale avrebbe potuto disporre anche, a suo piaci-
mento, degli utili che ne avesse ricavato.
Il nuovo sistema, naturalmente, non trovò mai pratica appli.
caZIOne.

Si è già accennato, all'inizio, dell'incarico affidato da Grego-


rio XIII al Palestrina e allo Zoilo di emendare i vari libri di canto
fermo in osservanza delle disposizioni del Concilio tridentino. TaIe
revisione cui essi si dedicarono per molti anni fu, in seguito, ab-
bandonata. Gli storici della musica hanno spiegato questo fatto
in diversi modi: l'opposizione del re di Spagna, preoccupato per
il grave pregiudizio che sarebbe derivato ai suoi Stati se fossero
state introdotte innovazioni nella stampa dei libri della nuova li-

61
turgia; l'età e la scarsa perseveranza del Palestrina; motivi stretta-
mente tecnici; il venir meno, infine, nel pontefice, dell'entusia-
smo causato dalla consapevolezza delle enormi spese cui la Came-
ra sarebbe andata incontro con la fondazione di una tipografia mu-
sicale. Qualunque ne sia stata la causa, il progetto, ben lontano,
come si vede, da quelli iniziali della Medicea,fu ripreso quindici
anni più tardi dal Raimondi. Ce ne dà notizia la minuta di una
relazione del cremonese assegnabile, con ogni evidenza, ad un anno
posteriore al 1607. Scritta in terza persona, essa è finalizzata ad
ottenere il privilegio per una sua «invenzione». Come di consue-
to, in alcuni punti, anche importanti, egli si esprime in termini
estremamente generici e tali da renderne incomprensibile la reale
portata; i veri motivi, inoltre, di taluni avvenimenti ci sembrano
di assai difficile comprensione 153 .
Il Raimondi ed il silografo Leonardo Parasole di Sant' Ange-
lo di Visso (Spoleto)154, il quale aveva già collaborato alla Medi-
cea incidendo in legno, su disegni di Antonio Tempesta, le illu-
strazioni per l'edizione degli Evangeli, erano convinti che fosse im-
possibile per i tipografi, fin «da trecento anni in qua, che fu ritro-
vata la stampa»155 stampare i libri di canto fermo con il «modo
ordinario», vale a dire tipograficamente. E ciò vuoi per il formato
in folio grande di quei testi per cui ogni forma, cioè ogni composi-
zione tipografica chiusa nel telaio con la relativa marginatura, avreb-
be pesato «ducento libre et forse più» ed era quindi «inettissima»
ad essere posta sotto il torchio, vuoi anche per la grandezza delle
lettere e delle note musicali, Ritenevano, quindi, impossibile ot-

153A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., Documenti di corredo, voI. VI, fase. 21, ins. 1.
154Il suo vero cognome, secondo alcuni autori, sembra fosse stato Norsini o Norcini,
ed avrebbe assunto quello della moglie Isabella sostituendolo al proprio all' atto del ma-
trimonio. Nel 1592 il Parasole risulta abitare nella casa di Virgilio Crescenzi, vicino
alla Rotonda, e possedere una casa presso la Fontana di Trevi (A. BERTOLOTTI, Artisti
bolognesi, ferraresi ed alcuni altri del già Stato Pontificio in Roma nei secoli XV, XVI e
_XVII... New York, B. Franklin, 1972, p. 113. Facs. dell'ediz. del 1885). Il 24 marzo
1599 è invece ricordato come «intagliator in Urbe ad Plateam Doganae». G. L. MA-
SETTIZANNINl, Op. cit., pp. 214-15, afferma che un «Leonardo norsino», marito di Isa-
bella Parasole, apparteneva ad una famiglia di scarpinelli interessata alla stampa dell-
'Herbario nuovo di Castore Durante di cui egli probabilmente aveva inciso le illustrazioni.
155 Cfr. nota 148.

62
tenere punzoni di misura tale da poter essere impressi in cavo sul-
le matrici, «ancor che li battessero da sopra con martelli di calda-
rari; et ancorché le mettesso [sic] fra suppresse di vite gagliardissi-
me, ma per la forzza [sic] et gagliardezza delle dette botte di mar-
telli o strettura di suppresse si aprivano et si spezzavano in molti
pezzi et aperture le dette madre di rame o altro metallo».

Nel 1592 quindi, negli stessi anni in cui il Raimondi tentava


di stampare la Bibbia poliglotta, essi idearono, dapprima singolar-
mente e poi consultatisi assieme, dopo molte prove, un nuovo si-
stema per stampare i libri liturgici, dal Raimondi stesso chiamato
la prima invenzione, che fosse in grado di eliminare i gravi incon-
venienti da loro riscontrati. TaIe nuovo sistema consisteva nell'«in-
tagliare in legno di busso tutte le lettere et tutte le note» in tre
corpi, grande, medio e piccolo, in modo che potessero essere sod-
disfatte le esigenze, rispettivamente delle chiese grandi e ricche,
medie e meno ricche e povere. Persuasi di aver inventato, alla fine
del secolo XVI, i libri silografici, il Parasole iniziò il lavoro inci-
dendoli tutti e tre in «gran quantità, dove si spese molto». Poiché
le prove effettuate riuscirono bene, furono intagliate anche «tut-
te le miniature et altri ornamenti... dove si spese molto piu».
Abbiamo già accennato al modo ambiguo con cui il Raimon-
di si esprimeva; pertanto gli eventi successivi risultano secondo
noi, per taluni aspetti, addirittura enigmatici. L' orientalista, pur
essendo stato, insieme con il Parasole, il cosiddetto inventore del
nuovo metodo di stampare i libri di canto fermo, non desideran-
do «per degni rispetti» essere nominato nel privilegio, si «conten-
tò sub bona fide» che, invece del suo, comparisse il nome del ci-
sterciense Fulgenzio Valesio l56 • Nella bolla di Clemente VIII del
16 settembre 1593 157 sono ricordati come ideatori del nuovo si-
156 Il Valesio fu certamente un singolare personaggio. A detta del Raimondi «Don Fui.
genzio da molti anni in qua», ma si rammenti che lo scritto deII'orientaIista è posteriore
al 1607, «non è mai comparso nel mondo fra seculari, né anco fra Ii monaci neIIi mona.
sterij dell'Ordine suo, et si tiene per certo che sene sia andato in Genevra, perché fu
visto andar via a cavallo nel Piamonte vestito da seculare et da soldato con arehibuseio
et altre arme, et non sen'è poi havuta nova alcuna mai et essendo vero questo viene
fatto incapace lui et il detto Silvio suo nipote d'ogni gratia di principe».
157 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. VI, fase. 2~, ins. I (copia ms.).

63
stema per stampare i libri di canto fermo Fulgenzio Valesio e Leo-
nardo Parasole. Viene tuttavia concesso un privilegio quindicen-
naIe a favore del Parasole e di Silvio Valesio, nipote di Fulgenzio,
«per fuggire}>, come dice il Raimondi nella sua relazione, «la pre-
tensione che ne potesse havere la religione del detto don Fulgen-
zim>. Nello stesso anno gl'inventori diressero una supplica al pon-
tefice affinché affidasse l'affare ad una congregazione cardinali-
zia e la pratica fu in seguito assegnata a quella dei Riti.
1113 aprile 1595 si formò, quindi, una compagnia fra gli in-
ventori e certi Pietro Valentini e Vincenzo Zati, nome fittizio que-
st'ultimo sotto il quale si celava Giovanni Niccolini ambasciatore
del granduca presso la Santa Sede, per stampare non solo i libri
di canto fermo, ma anche il Pontificale ed il Cerimoniale
riformati 158.
L'esperimento di stampare i libri di canto fermo col metodo
silografico, tuttavia, non riuscì. Il Raimondi lo riconobbe aperta-
mente affermando che, poiché «il legno alla fine è legno, cioè ma-
teria molle et fragile et non uniforme per ogni verso, ma ha le
vene, ... per questo facendo lavorare continuatamente per esperi-
mentarlo si scopersero difettose et insufficienti, perché... le dette
lettere et note cominciorno a sfilare et si guastavano, et per sup-
plire bisognava far fare dell'altre}>. Sarebbero quindi occorsi tem-
pi lunghi di lavorazione che avrebbero, naturalmente, comporta-

158 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. VI, fase. 20, ins. II. Da rilevare che nella lun-

ga relazione del Raimondi da cui traiamo queste notizie, non è mai nominato il Niccoli·
ni ma solo il suo pseudonimo di Zati e che all'inizio di essa, forse per un singolare lapsus
ealami,l'orientalista scrive che gl'inventori furono «Gio. b. N. et Leonardo Parasole».
Altrettanto inspiegabili ci sembrano, alla luce di quanto ora si è detto, alcuni dettagli
della ricevuta del denaro prestato ai soci dal Niccolini come risultano dalla copia di pu-
gno del Raimondi (A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. 1): «Noi G. [iovanni] b. [attista]
R. [aimondi] P. [ietro] V. [alentini] V. [incenzo] Z. lati] et L. [eonardo] P. [arasole] per
la presente confessiamo haver ricevuto dall'illustrissimo signor G. [iovanni] N. [iccoli-
ni] scudi 500 di moneta di giulij 10 per scudo, quali ci ha accommodati per tenerciene
[sie] o far tenere in su cambij per quelle piazze e fiere che li parrà più a proposito, et
promettiamo tutti in solidum di restituirgline fra tre mesi prossimi insieme con l'inte-
ressi de cambij che saranno corsi, ... ». Il documento, dato 3 marzo 1596, reca le sotto-
scrizioni composte tutte dall'iniziale N, compresa quella del Raimondi: «lo G.B. N; [sie]
mi obligo et prometto osservare quanto di sopra questo dì mese et anno come di sopra.
lo N. etc., lo N. etc., lo N. etc.».

64
to forti spese l59 • Tali inconvenienti portarono inevitabilmente, il
22 dicembre 1602, allo scioglimento della società fra GiovanniNic-
colini «sotto nome di Vincenzo Zati» da una parte ed il Raimon-
di, il Valentini e il Parasole dall'altra 16o . Vista la pessima riuscita
del nuovo procedimento non meraviglia il fatto che Leonardo Pa-
rasole, 1'8 giugno 1603, vendesse la propria quota dell'affare e del
privilegio ad un certo Paolo Terrarossa per la somma di 150 scu-
di. Dopo vari e complicati passaggi di proprietà tale quota venne
acquistata il 12 dicembre 1607 per 300 scudi, cioè il doppio della
cifra pagata al Parasole, dall' orientalista che divenne così «padro-
ne assoluto di tutto il negotio della stampa et privileggio del canto
fermo» e poté così dedicarsi completamente alla sua cosiddetta se-
conda invenzione dovuta, questa volta, esclusivamente a lui. Sfor-
tunatamente egli si esprime, in proposito, come abbiamo più vol·
te sottolineato, in termini assai vaghi e quindi non è possibile va-
lutare la reale portata del suo ritrovato ma non ci sembra dubbio
che si trattò di un' altra elucubrazione del Raimondi. Essa consi-
steva nel ridurre il peso delle forme; nell'usare, invece del legno,
una materia «durissima niente differente dall'ordinaria che si usa
oggi... di durata grande come l'ordinaria» però più leggera di modo
che «quelle forme così grandi di foglio papale pesaranno tanto poco
che, com'è detto, un torculare solo le potrà manegiare»161.
Con un breve del 28 agosto 1608 Paolo V dispose che un' ap-
posita commissione composta dai cardinali Francesco Maria Bour-
bon del Monte, Bartolomeo Cesi, Pompeo Arrigoni e Séraphin
Ollivier 162 sottoponesse a revisione il manoscritto del canto fer-
mo per poi consegnarlo al Raimondi per la stampa. Essi, a loro
volta, ne diedero l'incarico ai compositori Felice Anerio e France-
sco Suriano i quali condussero a termini. Purtroppo il Raimondi
era sprovvisto dei necessari mezzi finanziari: come si apprende da

159 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., Documenti di corredo, val. VI, fase. 21, ins. 1.
160 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., Documenti di corredo, val. VI, fase. 20, ins. II.
161 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., Documenti di corredo, val. VI, fase. 21, ins. 1.
162 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. VI, fase. 22, ins. III (copia ms.). Il Saltini (Op.
cito p. 282) elenca, forse da altra fonte come componenti la commissione i cardinali Bel·
larmino, Paleotti, Cesi e «Serafino» che era certamente l'Ollivier.

65
un documento del 23 gennaio 1614 163 egli costituì, quindi, una
compagnia con Ludovico Angelita maestro di camera del papa, che
fornì il capitale e con Girolamo Lunadori che doveva anche so-
vrintendere alla stampa. La splendida editio Medicea del Graduale
Romanum vide la luce nel 1614-1615, in 2 volumi '64 ma l'orien-
talista, morto il 13 febbraio 1614 165 dopo aver fatto testamento
(2 febbraio) in cui lasciava, a parte alcuni legati, erede universale
il granduca l66 , non poté vederla.

Nel 1587 il Medici, divenuto granduca, non vedendo ancora


alcun frutto delle forti spese sostenute per la stamperia credette
opportuno trasferirla a Firenze e chiese, a tale proposito, il parere
del Raimondi. Questi, in una lunga lettera al segretario d~l gran-
duca (13 agosto 1588), che evidenzia, tra l'altro, i forti contrasti
esistenti, circa la tipografia, fra lui e papa Sisto V ed alcuni cardi-
nali protettori delle chiese orientali ne sconsigliò, ovviamente il
trasporto adducendo validi argomenti. In primo luogo, una volta
trasportata a Firenze la tipografia, il papa ed i cardinali protettori
delle chiese orientali «senza dubio alcuno metteranno subito in or-
dine la loro 167 et questo si chiarisce ancora dalla tanta diligentia
che hanno fatta per sapere se questa stampa era per andare a Fi-
renza, o no, et essendoli sempre stato risposto che no, se li cono-

163 A.S.F., Mise. Med., Stampo 01'., Documenti di corredo, val. VI, fase. 22. ins. IV.
164 Sia il testo che le note musicali sono, naturalmente, a stampa: vi furono impiegati,
oltre a magnifiche capitali romane, anche dei caratteri denominati canoncino e canone
romani, di incisore ignoto. Essi sono riprodotti nello specimen dei tipi della Vaticana
del 1628. Cfr. The Type Specimen oj the Vatican Press cit., pp. 34, 39-40, nn. 45, 73-74.
L'edizione è, inoltre, adorna di iniziali silografiche. Ringraziamo il collega dotto Marco
Paoli per diversi riscontri fatti per nostro conto, sul problema dei libri di canto fermo
presso l'Archivio di Stato fiorentino. Per ulteriori riscontri generali, i nostri ringrazia-
menti vanno alla collega sig.na Carla Simonetti.
165 Cfr. G. E. SALTINI, Op. cit., pp. 289 e segg. La data della morte del Raimondi (la
notte del 13 febbraio 1614, secondo il Saltini) sembra contrastare, però, con quanto
documentato da J. A. F. ORBAAN, Documenti cit., p. 287 e nota 2.
166 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. III, ins. XLVII.
167 Secondo il Raimondi sarebbe stato quindi possibile, ancora nel 1588, riattivare se
non la tipografia universale «pontificia», quella del Collegio Maronita.

66
sceva nel viso a tutti et manifestamente che li dispiaceva somma-
mente»; essi, infatti, si erano affrettati ad andare a visitare la ti-
pografia del Basa per informarsi, in particolare, «delli caratteri ara-
bici et chaldaici et loro gittature se erano in ordine per potere stam-
pare quando bisognasse» ben sapendo, fra l'altro che «mastro Do-
menico» avrebbe stampato «a bon mercato», cioè ad un baiocco
a foglio 168 • In sostanza l'orientalista desiderava, e non si può dar-
gli torto, che la Medicea conservasse, praticamente, il monopolio
in Roma della stampa in lingue orientali poiché, «adesso che que-
sta stamparia è qui in Roma, tutti bisogna che per
forzza [sic] venghino nelle mani nostre». I gesuiti, infatti, che ave-
vano già pubblicato un libro in arabo con il loro carattere e nella
loro stamperia nonché due libri in siriaco, con propri tipi, ma presso
la Medicea, in futuro non avrebbero inviato i loro testi a Firenze
per farseli stampare. Informando poi il segretariodel granduca del-
l'intenzione del cardinale Antonio Carafa, protettore dei Maroni-
ti, di far stampare per «servitio» di questi un messale in siriaco,
esprime l'opinione che sarebbe opportuno lo stampasse la Medi-
cea altrimenti il Carafa «l'havrebe fatto stampare nella stamperia
loro dove sono questi caratteri chaldei»; comunica, inoltre, che,
«molti giorni sono», Leonardo Abel (o Abela), vescovo di Sidone,
gli aveva detto da parte del cardinale di Santa Severina, vale a
dire di Giulio Antonio Santoro, che intendeva dare in luce una
Professione di fede in siriaco nonché «certe altre cosette». Il gran-
duca si era mostrato disposto a stamparle, ma se la Medicea si fos-
se trasferita a Firenze, i gesuiti non si sarebbero certo recati in
quella città per farli pubblicare.
A questo punto, per dare maggior forza persuasiva al discor-
so e ben sapendo quanto Ferdinando I fosse intenzionato a man-
tenere i già buoni rapporti di Firenze con la Curia insinuò che,
trasferendo la Medicea a Firenze, agli «illustrissimi signori cardi-
nali quali intervengono nel fare l'Indice delli libri prohibiti pare-
rebbe .... che noi fugissemo questa revisione che vuole il papa che

168 L' orientalista, naturalmente, si riferisce alla tipografia che il Basa gestiva in pro-
prio da diversi anni ed ai caratteri esotici in suo possesso ma di proprietà della Camera
Apostolica.

67
si faccia dalla detta Congregatione». Osservò, inoltre, che «sare-
be un mandar al giorno del Giuditio la stampatura d'un libro solo,
hor se qui in Roma dove semo tutti presenti si dura tanta fatica
per havere un libro revisto dalla Congregatione dell'Indice, per
le diHicultà che occorreno loro per non intendere queste lingue
et bisogna che giorno per giorno sia uno di noi con messer Latino
Latini 169 a chi è stato dato carrico [sic] dall'illustrissimo
Colonna 17o di questa rivisione». Se tali, quindi, erano le difficol-
tà stando a Roma, cosa sarebbe accaduto una volta trasferita la
tipografia nella capitale del granducato? Era infatti impossibile che
tutti o alcuni membri della congregazione della Medicea, disposti
ad andare a Firenze, emendassero in questa città i libri che dove-
vano essere stampati per poi inviarli a Roma al fine di sottoporli
alla revisione dell'Indice. Il Raimondi, infine, confessò con disar-
mante candore il vero motivo della sua opposizione al ventilato
progetto: tutto quanto aveva sostenuto era per il suo interesse «per
che se questo negotio andasse male io sarei rovinato non havendo
altro per la mia vecchiezza che la speranza di questo negotio, et
quelli cento scudi di pensione che Sua Altezza Serenissima si è
degnata di darmi, et quello che ancora ne posso sperare»l7l.
Non esiste documentazione ulteriore a questo proposito ed
è pertanto da ritenere che, convinto o meno dalle osservazioni del-
l' orientalista, il granduca desistette dal suo proposito. La sua de-
cisa presa di posizione in merito, tuttavia, dovette procurargli, da
parte del Medici un «castico», come il Raimondi si esprimerà in-
seguito, che forse si concretò in una temporanea sospensione dal-
la direzione della tipografia.

169 Il Latini, uno dei più accreditati umanisti dell'epoca e forse collaboratore scientifi·
co esterno dell'Inquisizione era stato il curatore, in senso filologico, dei testi per la ma·
nuziana Stamperia del Popolo Romano. È interessante anche notare che lo studioso ebbe
«delle fiere parole di riprovazione per l'eccessivo rigore curiale circa la proibizione dei
libri e la compilazione dell'Indice.». tfr. F. BARBERI, Paolo Manuzio cit., pp. 109-10.
170 È difficile stabilire se si tratti di Marcantonio o di Ascanio Colonna, entrambi caro
dinali e membri della Congregazione dell'Indice. Anoi sembra più probabile trattarsi
del primo, che era prefetto della Congregazione.
171 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. III, ins. XVIII.

68
'UTMAN IBN 'UMAR, [Grammatica araba detta Ka/ija. 1592]. 4° [In arabo]

69
Anche anteriormente a questa proposta del granduca, un
memoriale 172 inviato dal Raimondi al cardinale Vincenzo Laureo
vescovo di Mondovì il quale era assai ben visto dai gesuiti e gode-
va inoltre di grande influenza in Curia, privo di data ma assegna-
bile fra gli anni 1585 (dopo ilIO aprile) ed il 1587 aveva testimo-
niato ad un tempo la difesa da parte dell' orientalista dell' esclusi-
va della produzione di testi in lingue esotiche a Roma ed il con-
trasto con la Compagnia di Gesù, e per essa col Collegio Maroni-
ta, per le sue pretese concorrenziali nei confronti della Medicea.
Dopo aver premesso che il cardinale Medici, per ordine del pon-
tefice, aveva comandato «a ministri di detta stamperia m che né
di detti ponsoni né madre né lettere gittate si desse copia a perso-
na del mondo» il Raimondi informa il Laureo che i gesuiti, i quali
dirigevano il Collegio Maronita fondato da Gregorio XIII nel 1584,
dietro suggerimento di questi ultimi, volevano avere una «stampa
chaldaica» più grande di quella della Medicea presso la quale, con
il consenso e a spese del cardinale avevano già fatto stampare «dua
libri di chiesa». L' orientalista sottolinea, inoltre, il fatto che i ge-
suiti, aumentando le proprie pretese, «adesso dicono che non si
contentano che detta lettera chaldaica habi da stare in detta stam-
peria di detto signor cardinale ma che la vogliono loro in casa loro».
Di fronte a tale richiesta egli prega il Laureo di informare di tutto
il papa e di negar loro il possesso dei punzoni ma di dichiararsi,
tuttavia, disposto a far stampare tutti i testi in siriaco che i gesui-
ti desiderassero «pur che sia per ordine di Sua Santità o particula-
ri signori cardinali protettori didette nationi»·. Il Raimondi insi-
nua, inoltre, abilmente, a proposito di tale posizione negativa che
prega di assumere nei loro confronti che, dando i punzoni del ca-
rattere siriaco ai gesuiti, «si venerebbe a semare [sic per: scemare]
la riputatione di Roma et della Sedia Apostolica intorno a dette
stamee di dette lingue havendole lei sola hogi nel mondo».
E, a questo punto, opportuno un breve cenno sulla cosiddet-
ta attività editoriale in arabo e in siriaco da parte dei gesuiti quale

172 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., vol: III, in,s. XV. Minuta di pugno del Raimondi.
17) La Tipografia Medicea Orientale.

70
si evince dalla risposta del Raimondi al segretario del granduca
in merito alla proposta di trasferimento della stamperia a Firenze
e, in parte, dal memoriale al Laureo. Per quel che concerne la pri-
ma, i padri della Compagnia avevano dei caratteri arabi propri che
l'orientalista olandese Thomas Erpenius, nel 1620, troppo dura-
mente definirà gli «inelegantes typi Romae»174 nonché una tipo-
grafia nel Collegio Romano dei Gesuiti 175 • Da quest'officina era
uscita, nel 1566, una Fidei orthodoxae brevis et explicata confessio
arabo-latina; lo stesso tipo fu impiegato a Roma, nel 1580, da Fran-
cesco Zanetti nella Brevis orthodoxae fidei professio arabo-Iatina 176 •
All'incirca dello stesso anno, sempre stampata con i tipi arabi del
Collegio Romano, è un'operetta di polemica antislamica e diapo-
logetica cristiana attribuita, forse a torto, al gesuita Giovanni Bat-
tista Eliano l " , la Mushabat al- 'ctlimayn. Solo nel 1580 Granjon ef-
effettuò, per conto della tipografia universale di Gregorio XIII,
l'incisione di un carattere arabo (200 mm.), la cui fusione, per
100.000 lettere, avvenne alla fine dell'anno seguente 178 • È assai
problematica quindi l'identificazione dell'edizione araba uscita dalla
Tipografia del Collegio Romano, indicata dal Raimondi, con quella
del 1580 circa o addirittura con quella del 1566 da noi citate.
Quanto alla tipografia siriaca, a parte un tentativo compiuto
verso la metà del '500 per impulso del cardinale Marcello Cervini
di installarne una a Roma, tentativo fallito per cause ignote, essa
non ebbe attuazione concreta che all'inizio dell'ultimo ventennio
del secolo con il carattere karstmi terminato di incidere, sempre
per la stamperia «pontificia», da Robert Granjon nel 15801;~. In
una sua relazione al papa, senza data ma posteriore al sinodo liba-
nese del 1580 (15-17 agosto) cui aveva partecipato durante una
missione iniziata nel maggio dello stesso anno con Giovanni Bat-

174 A. TINTO, Per una storia cit., pp. 287 e 299 nota 71.
175 Su questa stamperia si veda: G. CASTELLANI, La tipografia del Collegio Romano, «Ar-
chivum Historicum Societatis lesu», II (1933), pp. 11-6.
176 G. LEVI DELLA VIDA, Ricerche cit., p. 246, nota 1 b e p. 257, nota 3.
177 G. LEVI DELLA VIDA, Ricerche cit., pp. 257-9, nota 3; p. 282, nota 6; pp. 348-9, nota
37; p. 388, nota 35; H. D. L. VERVLIET, Robert Granjon cit., p. 213.
178 A. TINTO, Per una storia cit., pp. 284-7.
179 A. TINTO, Per una storia cit., pp" ~82-3.

71
tista Eliano, il gesuita Giovanni Bruno ricorda come i suoi
confratelli 180 Tommaso Raggio ed ancora l'Eliano erano stati in-
viati precedentemente, verso il marzo 1578 in ambasceria presso
il patriarca dei Maroniti del Libano. Alloro ritorno avevano pro-
posto, fra i mezzi «per aiutare questa povera gente», la «stampa
caldea». I gesuiti, infatti, «fecero un catechismo ... et trasferito in
lingua arabica, si stampò con caratteri fatti già proprii di quelli
paesi, insieme con la Professione della fede, et altri libretti spiri-
tuali»181. Ci sembra evidente che Gregorio XIII, accogliendo le
proposte avanzate dai gesuiti suoi legati in Libano, ordinò che nella
tipografia da lui finanziata si stampassero, con il carattere siriaco
(130 mm.) inciso, come si è detto, da Granjon nel 1580 due opere
prive di sottoscrizione ma attribuibili al Basa che lavorava per la
tipografia universale ed al 1580, un Catechismo (verso l'aprile-
maggio) che fu presentato, appunto, al sinodo libanese ed una Pro-
fessione di fede.
Non abbiamo trovato altri documenti che confermino l'af-
fermazione del Raimondi circa il possesso da parte dei gesuiti di
un set di caratteri siriaci l82 , a meno che non si supponga che essi
avessero ottenuto le matrici del tipo dal Basa ovviamente col con-
senso del pontefice né che si fossero avvalsi della Medicea per stam-
parvi due libri l83 • Non sappiamo, inoltre, dire quali fossero i «dua
libri di chiesa» che i padri della Compagnia avrebbero fatto stam-
pare dalla Tipografia Medicea 184 . Questi potrebbero forse essere
identificati con il Catechismo e con la Professione di fede stampati,
come si è detto, dal Basa ne11580 per la stamperia «pontificia»;
ma in questo caso si tratterebbe di un errore grossolano, peraltro
improbabile, dell'orientalista. Più probabile, forse, che egli voles-
se indicare alcuni testi in siriaco stampati dal Basa, sempre per

180 A. RABBATH, Documents pour servir à l'histoire du Chistianisme en Orient, voI. I (Pa-
ris, Luzac et C.ie, [1905]), p. 140.
181 Biblioteca Apostolica Vaticana, Areh. Boneompagni D 5, cc. 232 v - 233 r.
182 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XVIII.
183 Questi libri, così genericamente indicati, potrebbero forse essere identificati con i
«dua libri di chiesa» in karsuni che sarebbero usciti dai torchi della Medicea. Cfr.
A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XV.
184 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XV.

72
la «pontificia», negli anni 1583-1585, anni che, come abbiamo ipo-
tizzato prima, costituiscono il periodo di coesistenza fra le due
stamperie.

Il 17 gennaio 1590 un «Avviso» di Roma informava che «...


il Gran Duca ha dimandato licenza a Nostro Signore di possere
[sic] fare stampare qua, nella stampa di Sua Altezza la Bibbia in
lingua siriaca, caldea, arabica, persiana et ethiopica per mandarne
in quelle regioni a quei popoli che la desiderano per catechizza-
tion loro...»185. La richiesta a Sisto V fu presentata dal granduca
Ferdinando tramite il cardinale Gabriele Paleotti come risulta, in-
cidentalmente, da un appunto nella Miscellanea Medicea che an-
nuncia una nuova udienza (12 dicembre 1592) di Clemente VIII
concessa, questa volta, all' ambasciatore toscano presso la Sede Apo-
stolica: «A 12 di decembre 1592 parlò al papa il signor imbascia-
tore di Toscana del negotio arabico et in particulare della Biblia
da stamparsi in tutte le lingue già proposto prima a papa Sisto Quin-
to nel dì 186 dal illustrissimo signor cardinale Paleotto»187. Poco
tempo dopo, il 28 1593, parlò al papa l'illustrissimo cardinale Pa-
leotto per la Biblia da stamparsi in molte lingue»188.
Nell'Archivio di Stato di Firenze si conserva, in copia, un
rapporto del Raimondi lB9 la cui prima parte, consegnata al Paleot-
ti per essere comunicata il 28 gennaio 1593 a papa Clemente, ter-
mina con la frase: «fin qui è stato dato all'illustrissimo signor car-
dinale Paleotto» e quindi deve essere stata compilata in data ante-

185 Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. 1058, c. 19; pubbl. in J. A. F. ORBAAN,
La Roma di Sisto V negli Avvisi, in «Archivio della R. Società Romana di storia patria»,
voI. XXXIII (1910), p. 311 e in: L. V. PASTOR, Storia dei papi... , voI. X (Roma, De·
sclée & C., 1928), p. 153, nota 3.
186 La data è lasciata in bianco.
187 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. II, ins. XXV.
188 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. II, ins. XXV.
189 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XXIV. Il documento è stato pubblica.
to, purtroppo con errori di stampa, da Berta Maracchi Biagiarelli (La Biblioteca, cit.,
pp. 94-9).

73
riore. In essa si espongono, talvolta oscuramente, le questioni ri-
guardanti l'affare della Bibbia poligiotta 190 che, nelle intenzioni
dell' orientalista, avrebbe dovuto riuscire superiore sia alla Bibbia
Complutense (Alcala de Henares, 1514-1517), in 6 volumi e in quat-
tro lingue che alla Bibbia Regia 191 o Poliglotta di Plantin (Anver-
sa, 1569-1572), in 8 volumi ed in cinque lingue. il progetto del
Raimondi prevedeva che le Sacre Scritture fossero stampate, in
latino secondo il testo della Volgata e nelle lingue greca, ebraica,
caldaica, siriaca ed araba con la relativa traduzione latina a fron-
te. A tali versioni attendeva da tempo un'apposita congregazione
composta, oltre che dal Raimondo, da Leonardo Abel vescovo di
Sidone, dal domenicano Tommaso da Terracina correttore della
Medicea, dal minore osservante Diego de Guadaise di Granata,
da Paolo Orsini di Costantinopoli e dal neofita tunisino Gugliel-
mo Africano. L'opera doveva essere divisa in tanti volumi quante
erano le lingue vale a dire, in un primo momento, in 6 volumi.
Però «dapoi che fussero stati ritrovati tutti li libri, che mancano
di detta Biblia nell' altre lingue ciò è persiana, armena, egittiaca,
ethiopica et schiavona» si sarebbero via via aggiunti altri 5 volu-
mi con le rispettive traduzioni latine. A questi avrebbero dovuto
seguire altri volumi di corredo come dizionari e grammatiche del-
le varie lingue. Come si vede, si trattava di un progetto immenso
che avrebbe richiesto, secondo le previsioni del Raimondi, da sei
a sette anni di lavoro e comportato un onere finanziario, non con-
siderando «la prima spesa necessaria» fatta precedentemente dal
Medici, di più di 32.000 scudi. Nonostante quest'enorme previ-
sione di spesa e le conseguenti difficoltà il Raimondi aveva fatto
incidere in legno di bosso dal silografo Paul Maupin di Amiens,
come attesta una ricevuta autografa di pagamento del lavoro ef-
fettuato per un totale di 21 scudi da parte dell' artista piccardo
in data 20 dicembre 1594: un Mosè, un s. Giovanni Evangelista
e un s. Paolo, tutti su disegni di Antonio Tempesta. Questi legni

190 G. E. SALTINI Op. eit., pp. 273·6; id., La Bibbia poliglotta medicea secondo il dise-
gno e gli apparecchi di Gio. Battista Raimondi, in «Bollettino italiano di studi orientali»,
N. S., fase. XXII (1882), pp. 490-5.
191 Così detta perché eseguita sotto gli auspici di Filippo II di Spagna.

74
avrebbero dovuto essere utilizzati come illustrazioni per la Bibbia
poliglotta l92 •
L' orientalista parla poi di una nuova proposta del «negotio»
della Bibbia poliglotta, proposta avanzata «senza nullo fondamento
del mondo» da persone non specificate. Questa, inoltre, prove-
niente da persone che, a dire del Raimondi, non avevano «nulla
delli sopradetti testi et originali, fatti venire da Sua Altezza da
tante lontane regioni et provintie con tanta spesa et in tanto tem-
po, et con tanto travaglio», né «carattere che vagli niente» in pa-
.ragone di quelli della Medicea, né «cognitione di nulla delle so-
pradette lingue», né «huomini intelligenti di dette lingue» e nem-
meno il denaro necessario a tale impresa. Nonostante la sua con-
sueta reticenza e 1'ambiguità della terminologia impiegata, crediamo
di non andare troppo lontani dal vero se facciamo l'ipotesi che
il Raimondi alluda ai cardinali protettori delle nazioni orientali,
alcuni probabilmente istigati dai gesuiti.
Nella seconda parte della sua relazione al Paleotti, l' orienta-
lista, dopo aver premesso che il parere che era per esprimere sulla
Bibbia l'avrebbe esposto al rischio di un ulteriore «castico», affer-
ma che questa, una volta data alle stampe, avrebbe procurato «gran-
dissima gloria» al granduca e suscitato «maraviglia et stupore a tut-
t'il mondo, facendo una cosa che mai è stata fatta la simile, né
lasserebe loco a chi venisse appresso di poter far più in questo ge-
nere». La spesa occorrente, poi, non avrebbe dovuto sembrare ec-
cessiva «sapendosi che Sua Altezza per gloria, magnificentia, et
sblendore [sic] in occasione d'una festa per un gioco solo, d'un gior-
no solo, et fatto in un loco solo ha speso più di sessantamilia scu-
di, quali non sono rimborsati mai, né sono per rimborsarsi mai».
Il Raimondi stima necessario che 1'affare della Bibbia poliglotta
venga portato a termine dichiarandosi certo che se ne sarebbe ri-
cavato un grande utile ma specialmente perché gli «avversarij» della
Medieea, forse da identificare, ancora una volta, con i gesuiti ed
i cardinali protettori «i quali seben pare che procurino di havere

192 A.S.F., Misc. Med., Stamp. Or., voI. III, ins. XXVI. Quest'attestazione di pagamento
è stata pubblicata da B. MARACCIII BIGIARELLI, La Biblioteca cit., p. 99.

75
nelle mani questo negotio particulare di questa Biblia, tuttavia si
vede che hanno la mira a tutto il negotio, et facendo loro questa
Biblia, senza dubio di mano in mano tutto il negotio sarebbe loro».
D'altro canto però egli non fa mistero dei problemi che sconsi-
gliavano di dar inizio all'impresa. Difficoltà anzitutto economi-
che alle quali l'orientalista tentò di ovviare offrendo di nuovo, senza
esito alcuno, l'acquisto in blocco della Medicea al re di Spagna
il quale avrebbe così potuto far stampare per prima cosa la Bibbia
poliglotta per poi pubblicare i Concili e altre opere di apologetica
cattolica contro gli eretici e gli scismatici 193 • E difficoltà, inoltre,
derivanti dai rapporti del Raimondi con il personale della tipogra-
fia a proposito del quale egli ci fornisce particolari inediti e inte-
ressanti: si trattava, infatti, di «gente mal satisfatta» la quale, per
la maggior parte del tempo in cui furono date alle stampe le edi-
zioni medicee, naturalmente fino ad allora, «è stata ammottinata
et lontana da me». Ed il «poco lavoro che si vedeva fare» doveva
essere attribuito a ciò e non alla sua negligenza. Egli sostiene che
l'edizione della Bibbia non sarebbe mai stata condotta a termine
non essendovi «uno qual guidi questo negotio bene et con fedel-
tà», e di conseguenza suggerisce un programma ridotto e tempo-
raneo «quando si vorrà dare qualche satisfattione al papa et assi-
curarsi di non perdere il negotio, et si havrà chi per l'avenire pigli
questo carrico». Questa frase e l'affermazione precedente ci sem·
brano, in verità, enigmatiche, quasi che egli non si considerasse

193 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. val. III, ins. XXXIII. Abbiamo esaminato inol-
tre un altro documento, come il primo anonimo e privo di data ma anche senza destina-
tario e anch'esso non di mano del Raimondi (A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III,
ins. XXXI). Esso reca, a tergo, la scritta, di altra mano «Memoriale della stampa arabi-
ca et altre lingue orientali, che si trova in Roma sotto il Gran Duca di Toscana, il quale
volendosene disfare, si [che si depennato] propone alla Maestà Catholica». In questo me-
moriale, certamente interlocutorio e dèstinato ad un intermediario sconosciuto, veniva
offerto per la terza volta al sovrano spagnolo l'acquisto della Medicea per la somma
. di 50.000 scudi con i quali il Raimondi intendeva «rifare tutto il speso fin'hoggi a Sua
Altezza». Altre condizioni erano che la stamperia fosse ancora diretta dal!' orientalista
«perché senza esso non si può condurre a fine» l'affare; egli pertanto doveva essere «ben
trattato» per poter lavorare con maggior impegno e che l'officina non fosse trasferita
fuori Roma. Neanche questo tentativo ottenne alcun concreto risultato. Cfr. anche G.
E. SALTlNI, Op. cit., p. 280, nota 3.

76
più il direttore della stamperia. Esse potrebbero forse avere una
qualche connessione con il «castico» che il Raimondi afferma es-
sergli stato a suo tempo inflitto per aver osteggiato il trasferimen-
to della tipografia a Firenze 194 e specialmente con la frase conte-
nuta nella bozza di un documento inedito, di pugno dell' orienta-
lista, che purtroppo è privo di destinatario e databile dopo il 1596:
«lo son servitore di questa Casa Serenissima havendo magnato il
suo pane venti anni et più, et tale di fora mi professo essendone
già stato mandato vi.a [richiamo a margine:] come a cavallo invec-
chiato in casa, che a nulla più vale, molti anni sono, et per una
causa, per la quale meritavo più che rimuneratione... apparendo
da quello la maliliglità [sic], et il livore» che aveva nei suoi con-
fronti il «mal ministro» cioè l'ambasciatore Giovanni Niccolini,
«che fu per interesse suo solo». L'entità della crisi che travagliava
la Tipografia Medicea Orientale viene inoltre sottolineata in un
documento inedito l9 5, esaminato ma non valutato sufficientemen-
te dal Saltini, importante per le implicazioni sulla storia della
stamperia l96 • Di mano del Raimondi e recante l'intestazione: «A
24 di maggio 1600 il carnevale seguente [richiamo al disopra del
rigo: 16 febbraio 1601] entrò Lepido nella stamparia», esso affer-
ma: «Sono [da tre depennato] molti anni in circa che Giovanni Bat-
tista Raimondo [ad instantia et preghieri del q. Padre Thomaso
da Terracina depennato] teneva una sua stamparia [qual stava de-
pennato] nella piazza del Monte d'Oro et qual stava serrata né vi
era stampatore alcuno che lavorasse, et le chiave le teneva il detto
Giovanni Battista Raimondo, ...». Quel che accadde all'ingenuo
orientalista per aver imprudentemente accolto nella sede della Me-
dicea un povero stampatore itinerante abruzzese Lepido Fazi (Fa-
cio, Fascio) le cui edizioni romane, sconosciute ai bibliografi per
quanto sappiamo, non siamo riusciti ad indentificare, ha impor-
tanza, ai fini del nostro studio 197 , solo come ulteriore testimo-
nianza delle difficoltà in cui il Raimondi si dibatteva.

194 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. III, ins. XXIV.
195 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., val. III, ins. XXXVII.
196 G. E. SALT1NI, Op. eit., p. 280, nota 2.
197 È sufficiente, a tale proposito, leggere quanto ne dice il Saltini nella già cito nota
2 (p. 280) del suo lavoro.

77
Ritornando, dopo questa lunga ma necessaria parentesi, al-
l'affare della Bibbia poliglotta, il Raimondi propone di dare alle
stampe, per il momento, la Bibbia in due soli volumi, in arabo e
in siriaco, e di continuare «l'impresa dell' altri libri nelli quali ap-
pare magiore et più vicino utile, quando però sarà per sequitarsi
questo negotio, et si potrà dire, et poi fare, se parerà espediente».
La franchezza con la quale egli espone la grave situazione in cui
versava la Medicea e la frase, assai pesante, nei confronti del gran-
duca ci inducono a supporre che questa, per così dire, seconda parte
della relazione sia da considerare come un appunto personale del
Raimondi non destinato, almeno temporaneamente, ad essere divul-
gato e tanto meno essere riferito al pontefice ma vòlto a comple-
tare, per l'archivio della tipografia, la documentazione sulla Bibbia.
Tale appunto, probabilmente, era destinato ad essere modificato,
o almeno riveduto, specie nella parte più irriguardosa verso il
Medici.
In una sorta di appendice alle due parti della lunga relazione
poi, scritta con ogni evidenza in epoca posteriore al 29 gennaio
1593, il Raimondi riporta sommariamente i risultati dell'udienza
papale al Paleotti del 28 gennaio di quell'anno. Nella risposta, Cle-
mente VIII fu prodigo di lodi verso il Medici, devoto figlio della
Chiesa, e accettò con entusiasmo che l'impresa venisse effettua-
ta. Sostanzialmente, però, l'esito dell'udienza fu del tutto delu-
dente poiché il papa, forse su suggerimento dei gesuiti, concluse
che vi era però un grave ostacolo, vale a dire «che li pareva diffici-
le che in una varietà di tante lingue et idiomi, si potesse conserva-
re una uniformità del senso et intelligentia della Santa Scrittura».
All'osservazione del cardinale che il lavoro veniva passato al va-
glio sia della commissione scientifica che doveva preparare l' edi-
zione della Bibbia, sia della Congregazione dell'Indice, il pontefi-
ce espresse il desiderio, un desiderio che naturalmente era un or-
dine, che alla commissione editoriale venisse aggiunto, per «più
sua sicurtà», come membro, un padre della Compagnia di Gesù.
Rimasero quindi d'accordo che il Paleotti ne avrebbe parlato al
Generale della Compagnia affinché questi nominasse il nuovo
membro.
La progettata Bibbia poliglotta medicea non vide però mai

78
interamente la luce: furono, infatti, pubblicati solo i Vangeli in
arabo (1590, ma in fine: 1591). Sempre nel 1591 uscirono i Van-
geli in arabo con la versione latina interlineare di Antonio Sioni-
ta. Entrambe le edizioni sono arricchite da splendide silografie di
Leonardo Parasole o, secondo altri studiosi, di Luca Penni, tutte
su disegni di Antonio Tempesta. Quanto alle già citate grammati-
che arab~, almeno una delle due, quella detta Kafiia (1592) o quella
chiamata A"gunitmiyya dello stesso anno, poteva costituire il volu-
me di apparato allibro sacro previsto dai progetti dell'orientalista.

Se, come si è visto, il granduca non pose in atto il suo propo-


sito di trasferire la tipografia a Firenze, tuttavia il problema della
gestione della Medicea persisteva in tutta la gravità dell' onere fi-
nanziario che questa comportava senza che egli ne ricavasse alcun
utile. Si decise pertanto a venderla e 1'11 luglio 1595, mediante
atto pubblico rogato dal notaio fiorentino Matteo Carlini, costi-
tuì suo procuratore «ad vendendum et alienandum typographiam»
[sic] l'ambasciatore Niccolini di cui abbiamo parlato a proposito
della parte da lui avuta nel negozio dell'edizione dei libri di canto
fermo. Con atto stipulato da Agostino Camelli cancelliere del Con-
solato della nazione fiorentina a Roma essa fu venduta il 15 aprile
1596 al Raimondi. Non siamo riusciti a rintracciare l'atto esami-
nato dal Saltini e pertanto rimandiamo al suo saggio 198 per quan-
to concerne le modalità del contratto di cui egli parla diffusamen-
te. I semplici ma ben noti dati da noi ora forniti sono stati tratti
da un documento senza data ma sicuramente del 1609-1610, co-
munque dopo l'avvento al trono di Cosimo II199.
Il Saltini peraltro ignorò, o forse ritenne più opportuno non
dare rilievo alla circostanza che il contratto fu preceduto e segui-
to da trattative, minuziose precisazioni e controdeduzioni testi-
moniate da una lunga e. a quanto pare, incompleta bozza del Rai-

198 G. E. SALTINI, Op. cit., pp. 278-9.


199 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XLI.

79
MUHAMMAD IBN MUHAMMAD. [Grammatica araba detta Agurromyya, 1592] . 4° [In arabo]

80
mondi che non sappiamo se sia rimasta a tale stadio ovvero sia
stata consegnata, integra e corretta, al destinatario rimasto
ignot02oo • Due dati significativi e, a nostro avviso, importanti che
emergono da questi appunti fortemente e ostilmente polemici nei
confronti di Giovanni Niccolini sono l'affermazione dell'orienta-
lista secondo il quale il contratto gli «fu fatto fare quasi per forza;
il perché si può giudicare dall'oblighi fatti, alli quali non [era] punto
tenuto», ed il rilievo che l'ambasciatore toscano ebbe «poco giu-
ditio ... nel far fare questo instrumento contra ogni ragione in pre-
. giuditio dell'una et dell' altra parte».
Dal documento prima citat0201 apprendiamo inoltre che
«quia a dicto tempore citra nil postea fuit peractum, et contenta
in dicto instrumento venditionis non fuerunt aliter adimpleta, nec
executioni demandata» sia da parte del granduca sia da parte del
Raimondi, questi fu informato che a Cosimo «gratum et valde ac-
ceptum esset si instrumentum venditionis predictae revocaret, cas-
saret, et penitus annullaret, perinde ac si factum non esset» e la
proprietà della stamperia con tutto il materiale spettasse al gran-
duca. Il Raimondi accettò che il contratto fosse rescisso e che la
tipografia con tutte le sue pertinenze restasse di proprietà del gran-
duca; si riserbò, tuttavia, «solummodo facultates illos retinendi
penes se eiusque uti vita naturali durante tantum et praecario sem-
per nomine, et non aliter, sicut promisit custodire illos ac penes
se retinere uti... bona propria... ». La rescissione del contratto del
1596 fu effettuata nel 1610202 •

200 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XXVII.
201 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XLI.
202 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XXXIX: per ulteriori particolari si cfr.

G. E. SALTINI, Op. eit., p. 285.

81
L'ATTIVITÀ EDITORIALE

Pubblicate fra il 1590 ed il 1596 le più significative edizioni,


sacre e profane, in lingue orientali che l' avevano post~, come si
è detto, all' avanguardia della tipografia italiana dell'ultimo decennio
del XVI secolo, la Medicea si trovava in piena decadenza. Se, in-
fatti, il corredo dei caratteri era intatto, 1'officina già da molti anni
prima del 1601 era, come abbiamo accennato prima, chiusa; il per-
sonale era disperso non vedendo né continuità né sicurezza del
lavoro; fallite le iniziative del Raimondi per risollevarne in qual-
che modo le sorti e per reperire fondi; frustrati i tentativi adottati
come extrema ratio di vendere la tipografia al sovrano spagnolo,
il Raimondi non poteva contare che sulla pensione granducale e
sulle sovvenzioni della Camera Apostolica203 , somme, queste ul-
time, sospese agli inizi del 1614 causando un altro dolore all'o-
rientalista ormai morente2° 4 • Tali sovvenzioni tuttavia, non era-
no di tale entità da essere sufficienti a finanziare la stampa di nuovi
testi e pertanto l' orientalista si vide costretto a ricorrere, di volta
in volta, alla costituzione di compagnie come per 1'edizione del
Graduale Romano, del Cerimoniale e del Pontificale sui quali due
ultimi le carte dell'Archivio di Stato fiorentino ci porgono altra
documentazione. Come stampatore, affinché continuasse sia pure
su scala ridotta e con un indirizzo culturale diverso da quello ini-
ziale, l'attività della Medicea il Raimondi scelse quel Giacomo
Luna 205 , maronita libanese ed esperto compositore in lingua ara-
ba che aveva già lavorato per la Orientale e, forse, prima, per il
Basa.

203 Documentate, per quanto è a nostra conoscenza, per il 1606 ed i\1614. Cfr. A. BER-
TOLOTTI, Le tipografie cit., pp. 244-7.
204 Le pretese della Curia Romana all'eredità della Stamperia Medicea f~ndate, appunto,
su tali sovvenzioni al Raimondi vennero avanzate subito dopo la morte dell'orientalista
e provocarono, naturalmente, una vertenza con CosimG II nominato dal defunto, nel
suo testamento, suo erede universale. Cfr. a tale proposito: G. E. SALTINI, Op. cit., pp.
289·91.
205 Il Luna, d'altra parte, era attivo con una propria impresa tipografica.

82
Il perché l' orientalista, il quale poteva disporre di un compo-
sitore in arabo di provata abilità come il Luna desse in luce, ac-
canto ad edizioni in lingue orientali (il Liber ministri Missae iuxta
ritum Ecclesiae Maronitarum, ex Typographia Linguarum externa-
rum apud I. Lunam, 1596; la Grammatica Syriaca sive Chaldaica,
in Typographia Linguarum Externarum apud I. Lunam, ed. G.
B. Raimondi, 1596 del maronitaJirjis Mikhil' il ibn Amira (Geor-
gius Michael Amira); il Liber Tasriphi, ex Typographia Medicaea
Linguarum Externarum 1610, grammatica araba di Ibrahim ibn
Abd al-Wahhilb al-Zangilni con duplice versione latina del Rai-
mondi) anche testi in latino ed in italiano (il De vera Christi Eccle-
sia... , ex Typographia Medicea apud I. Lunam, 1594 del teologo
agostiniano portoghese Gregorio Nunes Coronel; I tredici libri delle
Confessioni di s. Agostino per la traduzione di Giulio Mazzini, G.
Luna nella Tipografia Medicea, 1595; il De optimo reipublicae sta-
tu ... sempre del Coronel, ex Typographia Externarum Linguarum
apud I. Lunam, 1597) potrebbe essere compreso solo se ipotizzas-
simo che le edizioni in lingue orientali, sia per la loro natura sia
per la scarsa capacità imprenditoriale del Raimondi, non avevano
avuto lo smercio desiderato e di conseguenza gl'ingenti guadagni
previsti dovevano essere stati, in realtà, assai scarsi. L'origine della
crisi, tuttavia, va ricercata nell'eccessiva grandiosità del progetto
e nell'insufficiente disponibilità di caphale. Come per il Gradua-
le, così anche per stampare il Cerimoniale e il Pontificale il Rai-
mondi costituì, dunque, appositamente, delle società.
Il 27 aprile 1595 infatti, per stampare il Pontificale riforma-
to fu stilato, per atto privato, un accordo fra Giacomo Luna da
una parte ed il Raimondi e compagni dall' altra, dizione dalla qua-
le ci sembra possibile che fra questi ultimi vi fossero Leonardo
Parasole e Giovanni Niccolini. Esso doveva essere stampato «in
carta mezzana grande nella lettera detta il cannoncino in rosso et
negro». A parte il lato strettamente finanziario del contratto, 1'0-
rientalista ed i suoi soci avrebbero fornito <<lettere, torculi, telari
et casa della stamperia et la carta, et il cinaprio»; il Luna, a sua
volta, s'impegnava a contribuirvi con compositori, torcolieri ed
inchiostro, nonché con «li torculi che bisogneranno di più, oltre

83
li due che adopero adesso»206. Quasi un anno dopo, il 23 aprile
1596, fu sottoscritto sempre per atto privato un contratto per la
stampa del Cerimoniale fra il Luna ed il Parasole e compagni fra
i quali dovevano forse essere compresi, ancora una volta, sia il Rai-
mondi che il Niccolini. Omettendo ancora l'aspetto finan.ziario del-
l'accordo diremo che il testo avrebbe dovuto essere stampato «in
rosso et nero» nei formati «in foglio reale volumi settecento netti
di rottami, et in quarto di carta mezana piccola volumi milli et
cinquecento netti similmente di rottami, fra i quali siano venti-
cinque in quarto reale». I soci avrebbero fornito «piggioni, torcu-
li, lettere et altri instrumenti appartinenti alla stamparia et la car-
ta et il cinaprio per l'uno et per l'altro, et le historie di rame et
loro stampatura per il grande, et l'historie di legno per il piccolo
in quarto»; il contributo del Luna sarebbe consistito nella «com-
positura, tiratura, inchiostro nero, mazzi, carte pecore per le fra-
schette, et altri servitij»207. Sia il Pontificale Romanun uscito nel
1595 «apud Iacobum Lunam, impensis Leonardi Parasoli & so-
ciorum» che il Caeremoniale episcopurum reformatum dato in luce
nel 1600 «ex Typographia Linguarum Externarum» devono esse-
re considerate dunque edizioni medicee sebbene la prima rechi una
sottoscrizione anomala rispetto alle altre. Entrambe poi furono pub-
blicate dietro suggerimento e su impulso del cardinale Alessandro
de Medici detto il «cardinale di Firenze», poi papa Leone XI.
Da un appunto di sua man0 208 apprendiamo che il Raimon-
di, nel 1610, progettava di stampare, naturalmente «quando vi sarà
la commodità della [segue di nuovo la preposizione della depennata]
spesa», «un libro necessario et appertinente alla grammatica ara-
bica», il Liber centum actionum, in arabo con la versione latina;
un Liber exemplorum, in arabo e con le versioni turca e latina, che
«tratta la declinatione delli verbi arabici in disteso, libro necessa-
rio per imparare la lingua arabica»; un «Liber Eiamudag» sempre
in lingua araba, un testo che «tratta della sintaxi o vero composi-

206 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., Documenti di corredo, voI. VI, fase. 3.
207 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., Documenti di corredo, voI. VI, fase. 4.
208 A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XLIX.

84
tione della lingua arabica» per il quale erano previsti un commen-
to in arabo e la traduzione latina; infine un «Dittionario delli ver-
bi soli della lingua arabica, con tre expositioni persiane et con le
latine». Perdurando, evidentemente, le difficoltà economiche, que-
sti testi non furono mai stampati come pure non vide mai la luce
la Vita di Santi Padri. La stampa di quest'opera era stata program-
mata «in foglio mezano piccolo» per la quale il silografo Paul Mau-
pin, su commissione del Raimondi e su disegni del Tempesta, aveva
inciso su legno di bosso 64 «historie grande» al prezzo di 9 scudi
l'una ed «un'ornamento che va a torno alle sodette historie gran-
de» al prezzo di 12 scudi nonché, sempre su disegni di Antonio
Tempesta, lO «historie... delle picole» al prezzo di 4 scudi e 50
baiocchi ciascuna209 •

La morte del Raimondi segna dunque la fine della Tipografia


Medicea Orientale. Per volere di Ferdinando II essa fu trasporta-
ta dalla Villa Medici di Roma nel palazzo granducale di Pisa fin-
ché nel 1684, sotto Cosimo III, venne trasferita a Firenze. Dopo
le spoliazioni di Napoleone che la volle a Parigi, la stamperia tor-
nò, nel 1816 definitivamente a Firenze. I suoi materiali residui,
oggi degnamente sistemati in un vasto ambiente appositamente
allestito, costituiscono un altro dei numerosi cimeli di cui la Bi·
blioteca Medicea Laurenziana può vantarsi 210 •

209A.S.F., Mise. Med., Stampo Or., voI. III, ins. XXVI.


210Per i particolari sulle vicissitudini della Medicea rinviamo a G. E. SALTINI, Op. cit.,
pp. 291·6 ed a B. MARACC!l1 BIAGIARELLl, La Biblioteca cit., pp. 83·7.

85
CHIESA MARONITA, Missale Chaldaicum iuxta ritum Ecclesiae nationis Maronital1lm, 1594. 4° [Te-
sto in siriaco]

86
CHIESA MARONITA. Missale Chaldaicum... , 1592. 4° [Testo in siriaco] c. 3r

87
1;-,", v!Ji ol~ \...-'..) ~~ b~
......... v.,,-.;.. ~\'.li~ ~\ ~4
t • , l

• • CIII
BIBBIA, ... Evangelium sanctum Domini Nostri Iesu Christi... , 1590 [in fine:] 1591. fol. [Testo in
arabo]

88
Evangelium sanctum Domini Nostri [esu Christi.., 1590 fol. [Tes!9
in arabo]
BIIlBIA, 000

89
APPEN.DICE DI DOCUMENTI
Le carte costituenti la Miscelh.nea Medicea (Stamperia Orientale) con-
servate nell'Archivio di Stato di Firenze sono, nella stragrande maggioran-
za, di mano di Giovanni Battista Raimondi: taccuino dei conti dell'azien-
da tipografica, copie di ricevute di pagamenti, di contratti, di documenti
vari, di memoriali e relazioni conservati evidentemente sia per promemoria
personale che per costituire l'archivio della stamperia. Tutto questo mate-
riale, oltre a quello custodito in biblioteche fiorentine, fu esaminato ed uti-
lizzato da Guglielmo Enrico Saltini il quale fu il primo studioso che, nel
1860, ebbe ad occuparsi del Raimondi e della Tipografia Orientale Medi-
cea in una memoria apparsa nel voI. IV del «Giornale storico degli archivi
toscani». Purtroppo egli non poté pubblicare a corredo di essa, come si pro-
poneva, tale ricca documentazione. La dott.ssa Berta Maracchi Biagiarelli
a sua volta, in appendice al suo articolo anch'esso più volte citato, apparso
nel 1971 su «Accademie e biblioteche d'Italia», ne riprodusse, invece, cin-
que. Per parte nostra abbiamo esaminato direttamente tutto il contenuto
dell'amplissima documentazione della Miscellanea che abbiamo utilizzato
quasi totalmente, dopo aver vagliato i fatti quali risultano dalle carte ed
averli interpretati ed esposti senza tesi preconcette e senza alcuna conclusio·
ne acriticamente encomiastica sulla valutazione della figura e dell'opera del
«personaggio» Raimondi. Per non appesantire il lavoro con la pubblicazio-
ne di tutti i documenti, del resto non tutti essenziali alh. ricostruzione delle
vicende della Tipografia Orientale Medicea e citati nel testo in brevi stralci
ci siamo limitati a trascriverne cinque, quattro dei quali non risultanti in
calce all'articolo della Maracchi.
Un breve cenno, ora, sui criteri seguiti nella trascrizione. La grafia del
testo è stata quasi sempre rispettata: sono state conservate, infatti, la forma
et della congiunzione; la lettera h nelle parole come «chaldaica», «haven-
do», «gentil'homo» ecc.; la t invece delh. z come in «negotio», «protettio-
ne» e così via; sono stati sciolti però i segni abbreviativi, senza alcuna parti-
colare notazione; è stata sostituita con v la u avente valore consonantico;
l'uso delle maiuscole è stato in parte disciplinato, così come la punteggiatu-
ra; i pentimenti, gli errori, le aggiunte, sono stati evidenziati con annotazio-
ni fra parentesi quadre.

92
I Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, Stamperia
Orientale, volume I, inserto Xx. Memoriale del Raimondi inti-
tolato: «Breve raguaglio delle cose fatte dal'illustrissimo signor
cardinale de Medici intorno la protettione datali del patriarca
d'Antiochia, del patriarca d'Alsandria [sic] et del re d'Ethiopia
dalla felice memoria di Gregorio XII/o». [s.d., ma: 1585 (do-
po il 10 aprile)].

Essendo stato fatto protettore l'illustrissimo signor cardinale di Me-


dici dalla felice memoria di Gregorio XIII o del patriarca d'Antiochia,
del patriarca d'Alessandria, et del re d'Ethiopia, et consequentemente
della lingua arabica, et essendoli stato ordinato che rparola depennata]
espedisse se [ultima sillaba della parola depennata del rigo precedente] [molti
depennato] alcuni negotii intorno a ciò per servitio della Sedia Apostoli-
ca, elesse quattro de suoi gentil'huomini familiari per menistri [suoi de-
pennato] in detti negotii et [sono depennato] fumo questi.
Cipriano Sarracinelli secretario particulare in detta protettione
Giovanni Battista Britti gentil'homo cosentino, qual'è stato man-
dato al re d'Ethiopia
Donato del' Antella suo mastro di casa, per il sborso di denari che
bisognava
Giovanni Battista Raimondo per la cura della stamperia et della per-
sona del patriarca.
Ordini dati a Sua Signoria illustrissi,ma da Sua Santità
Comandò che si mandassero huomini al patriarca d'Antiochia, al
patriarca d'Alesandria et al re d'Etiopia, et ciò fu esequito subito et fu
mandato
Al patriarca d'Antiochia [il depennato] lettere per lo vescovo di Si-
donia qual era andato là prima

93
Al patriarca d'Alesandria Giovanni Battista Vecchietto gentil'ho-
ma ferentino [sic per: cosentino]
Al re d'Ethiopia Giovanni Battista Britti, nominato di sopra.
Comandò che con [l' corretto in:] la bona occasione del [detto de-
pennato] Patriarca d'Antiochia [qual'è depennato] qual'è qui peritissimo
della lingua arabica, si scrivesse contro la setta mahumettana, et perciò
si ordinasse una congregatione al che si diede ordine et si elessero
Il patriarca sopradetto
Il vescovo [parola depenata] di Sidonia
[Una linea completamente depennata]
Maestro Ottaviano da Ravenna regente nel Ordine di Franciscani
della Scar[pa]
Giovanni Battista Raimondo.
Comandò che con 1'occasione similmente del detto patriarca si tra-
ducessero fidelmente et perfettamente, l'opere d'Avicenna et si stam-
passero in arabico et in latino, al queste [sic] fu dato ordine et si [fece
depennato] instituì una congregatione in casa del detto Patriarca et si
comminciò [la detta depennato] questa fatica a 17 d'agosto del 84; nella
congregatione intervengono:
Il patriarca sopradetto
Giovanni Battista Lucchese medico dell'illustrissimo signor cardi-
nale Savello
Paulo Orsino di natione turco ma fatto christiano
Giovanni Battista Raimondo.
Comandò che si facessero venire da Oriente alcuni libri [sacri de-
pennato] della Scrittura in lingua chaldaica prepostoli dal detto patriar-
ca, la lista de quali è nelle mani dell'illustrissimo signor cardinale Sirlet-
to, et sì da qui appresso (?) a Vostra Signoria illustrissima, et che detti
libri si stampassero.
Comandò che in lingua arabica si stampasse principalmente la Bib-
bia sacra tutta insieme o vero in questi principii a parte a parte, et tutti
libri cattolici della Scrittura che si potessero ritrovare in detta lingua
et questo per servitio de christiani arabi quali sono in Oriente, et Gra-
natini in Spagna et che si stampassero tutti li libri che si potessero have-
re in lingua arabica di scientie humane lecite, nei quali [libri depennato]
. non si trattasse niente di religione et questo per introdure la stampa fra
mahumettani, acciò con questo mezzo pian piano vi possi penetrare la
notizia dell' errori di mahumettani, et la verità della fede christiana. [Frase
depennata] Esecutioni fatte da Sua Signoria illustrissima et soi ministri.
Comandò il detto signor cardinale a Giovanni Battista Raimondo et agli

94
altri ministri ordinati a questi servitij che si facesse una stamperia ma-
gnifica dove fosse l'apparecchio necessario per stampare detti libri, al
che fu dato ordine subito et fin qui si è fatto questo.
Si è pigliata una casa a pegione dove sono stati messi torculi et altri
instrumenti necessarii per la stamperia
Si è appaltato [maestro depennato] Domenico Basa libraro facolto-
so qual ha servito molt' anni la Camera Apostolica et questo vi ha messo
huomini, lavoranti et ha fatto grande et conveniente apparechio di car-
ta et altre materie necessarie per libri da stamparsi
Si è fatto fermare con boni trattenimenti maestro Roberto Gran-
nion francese di età di anni 72 eccellentissimo intagliatore di ponsoni,
al quale altra la provisione di 20 scudi al mese che li dava Sua Santità,
seli pagano [per ordine depennato] da Sua Signoria illustrissima tutte le
opere che lui fa in detta stamparia et questo perché in detto lavare [sic]
si spende molto.
Si è ritrovato un altro intagliatore di ponsoni [qual è depennato] di
natione fiamengo et di età di 40 anni chiamato Alberto Cesari, al quale
per adesso seli dà la parte per sè et un suo figliolo et lavora anca lui
in detta stamperia.
Si è appaltato un gittatore di lettere chiamato Antonio di Chiari,
valente nella sua professione.
Si è messa in questa stamperia [la depennato] una lettera arabica
orientale comprata da Sua Signoria illustrissima dal detto Domenico Basa
qual l'haveva fatta fare a sue spese dal detto Roberto Grannion et in
questa lettera si è stampato fin hol'a un libro di geographia con alcune
annotationi de rebus admirabilibus provinciarum et civitatum [terr~ de-
pennato] orbis.
Si è messa ancora [una depennato]. .. lettera chaldaica similmente
fatta fare a sue spese dal Basa dal detto Roberto, et adesso comprata
da Sua Signoria illustrissima.
Si è messa in detta stamperia una lettera grega [sic] sopramodo bel-
la et copiosa comprata similmente da Sua Signoria illustrissima dal det-
to Domenico Basa.
Si è fatta fare una lettera arabica orientale grande et bella appro-
priata per la stampa de libri sacri della Scrittura.
Si fa adesso un' altra lettera arabica orientale piccolina appropriata
per la stampa de libri arabi di scientie.
Si fanno ancora due altre sorte lettere arabe africane, una grande
et un'altra piccolina.
Si fanno ancora due altre sorte lettere, una persiana et un'altra turca.

95
Disegna ancora Sua Signoria illustrissima comprare dal detto Basa
le lettere dell' altre lingue orientali come armena, schiavona, dalmata,
et altre qual ha fatto fare il detto Basa dal detto [segue l'inizio della pa-
rola Alb lapsus per Alberto (Cesari) cominciato a correggere in Rob e infine
depennato] Roberto Grannion, et metterle insieme con molte latine an-
cora in detta sua stamperia et tutto questo disegna fare per servi[zio]
della Sede Apostolica et di Sua Santità et di qualsivoglia particulare de
signori Cardinali, acciò havendo bisogno Sua Santità o alcuno de signo-
ri cardinali di stampare alcuno libro in tutte queste lingue o vero in al-
cune di quelle non habi a faticare in essere servita ma basti
[Al illustrissimo signor cardinale
de Medici depennato]
a comandare ad'un homo solo et sia subito ben servita senza multiplica-
re spesa.
Ha mandato Sua Signoria illustrissima in Oriente fin in Persia a ritro-
vare et comprare libri arabi di autori buoni di scientie, et ne sono già
fin hora venuti molti.
Ha mandato per tutte le parti di mahumettani dove prattica et ha com-
mertio la natione ferentina [sic] ad esplorare la volontà di detti mahu-
mettani intorno al recevere detti libri stampati, et si hanno bone rispo-
ste conforme alli... disegni di cqua [sic].
[Domenico Basa depennato]
II Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, Stamperia
Orientale, vol. III, inserto XV. Memoriale di Giovanni Battista
Raimondi al cardinale Vincenzo Laureo vescovo di Mondovì
[s.d., ma: 1585 (dopo il 10 aprile) - 1587]

Tiene l'illustrissimo signor cardinale di Medici a sua spesa et sue


provisioni maestro [Cesare depennato] Alberto Cesari fiamengo intaglia-
tore di ponsoni; tiene similmente Roberto Granion francese intagliato-
re di ponsoni, al quale oltra la provisione che li dava la felice memoria
di Gregorio xnr o li pagava trecento scudi per ogni alphabeto che li fa-
ceva delle lingue arabica, chaldaica et altre, et adesso di più li dà ogni
altra commodità necessaria al vivere et tutto ciò fa per arricchire di bel-
li et varii caratteri la stamparia, qual fa fare per servitio della Sedia Apo-
stolica, et di qual si voglia delli signori cardinali. [Hor volendo depenna-
to] Et perché ancora molti tramontani tentorno di levare il Roberto Gra-
nion di Roma et menarlo in Germania per farlo lavorare di detti carat-
teri delle lingue orientali et massime della arabica et chaldaica, et non
potendo ottener questo, tentorno havere di detti ponsoni et lettere; et
perché si dubitava che ciò volessero fare per seminare per via di dette
lingue dell'[sic] loro eresie in Oriente fu [ordinato depennato] comanda-
to da Sua Signoria illustrissima per ordine di Sua Santità a ministri di
detta stamperia che né di detti [caratteri depennato] ponsoni, né madre,
né lettere gittate si desse copia a persona del mondo, ma che si havesse-
ro a tenere in detta stamparia per servitio solo et honore della Sedia
Apostolica et de signori cardinali.
Hor li padri del Giesu a contemplatione di alcuni Marroniti desi-
deravano havere una stampa chaldaica magiore di quella che è in detta
stamparia, nella quale detti Marroniti hanno fatto stampare dua libri
di chiesa, et di ciò n' [hanno depennato] supplicarono il detto signor car-

97
dinale di Medici [nota sul margine sinistro:] per mezo dell'illustrissimo
signor cardinale Carrafa il quale comandò che si facesse fare et a sue
spese sì come ogni altra cosa et essendo cominciata a fare adesso, dico-
no che non si contentano che detta lettera chaldaica habi da stare in
detta stamparia di detto signor cardinale, ma che la vogliono loro in casa
loro; et perché di detti ponsoni si possono fare infinite madre da gittare
di dette lettere et si possono distribuire per tutto il mondo, et oltra li
pericoli sopradetti si venerebe a semare [sic per: scemare] la riputatione
di Roma et della Sedia Apostolica intorno a dette stampe di dette lin-
gue havendole lei sola hogi nel mondo. Per questo li pare che Vostra
Signoria illustrissima ne raguagli Nostro Signore [et depennato] acciò pi-
gliando loro quella strada, sia Sua Santita informata del tutto et [che
depennato] negando Sua Signoria illustrissima a detti padri il possesso
di detti ponsoni non li nega però la commodità et fadltà di poter stam-
pare a loro beneplacito [nella depennato] in detta sua stamparia tutto quello
che vogliono in detta lingua, purché sia per ordine di Sua Santità o par-
ticulari signori cardinali protettori di dette nationi.

98
III Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, Stamperia
Orientale, vol. III, inserto XVII. Copia, di mano del Raimon-
di, dell'atto con cui il granduca di Toscana porta gli utili della
congregazione al 35%. 1588, 8 agosto.

Copia
Havendo noi [spazio vuoto] fa deputato una congregazione per ca-
gione d'una impresa di stampa in lingua arabica et chaldaica che ci fu
proposta da messer Giovanni Battista Raimondo stata da esso trattata
con il reverendissimo monsignor patriarca d'Antiochia, et concesso a detta
congregazione una participatione dell'utile a ragione di trenta per cento
da distribuirseli fra di loro a loro beneplacito, con dichiaratione che sì
così mancassi, succedino li restanti et con altre dechiarationi contenute
nella scrittura che per ciò fu fatta et da noi sottoscritta et firmata con
il nostro solito sigillo sotto il di 6 di marzzo [sic] 1584 in Roma alla qua-
le in tutto et per tutto ci [rimettiamo depennato] referiamo, et di nuovo
in ogni meglior modo detta scrittura confermiamo.
E t essendo da poi occorso altra occasione per ricerca stata fatta alla
congregazione daAbdel Mesichi sacerdoti dell'Ordine di san Basilio Chal-
deo di Tabista nella Mesopotamia procuratore, come disse et a nome
del suo reverendissimo monsignor patriarca Elia nel Mansulo in Babilo-
nia introdotto da monsignor vescovo di Sidonia. Et compiaciuto da essa
congregatione della sua ricerca che fu d'una quantità di tre sorte di libri
da stamparsi, cioè lexichi in chaldeo con l'espositione arabica, breviarij
et Evangelij in chaldeo, come per la conventione fra di loro seguita in
Roma sotto il di 22 di decembre 1587, quale affermiamo essere ad inte-
ra nostra satisfattione et come ben fatta la confermiamo.

99
Ci siamo contenuti et vogliamo et in virtù di questa in ogni me-
glior modo dichiariamo che la participatione delli utili della nova im-
presa in favore della congregatione sopradetta, cossi di detti tre libri,
come per quanti altri di più occorressi stamparne in detta lingua chal-
dea in ogni tempo deva essere et sia con effetto a ragione di trentacin-
que per cento de quali possino a loro beneplacito liberissimamente di-
sporre, et distribuirseli fra loro ad intera loro satisfattione come per 1'altra
scrittura fu detto ma in questa [condicon depennato] conditione et obri-
go che di tal participatione di trenta cinque per cento deva la congrega-
tione dare conveniente satisfattione al sopradetto monsignor vescovo
di Sidonia introduttore del sacerdote chaldeo, per li utili che si sperano
dallo stampare li tre sopranominati libri. Et perché cossì è nostra volon-
tà la presente sarà da noi sottoscritta et firmata con il nostro solito sigil-
lo questo dì 8 d'agosto 1588. In Firenze.
Copia f. Cardinale Gran duca di Toscana.
locus sigilli

100
IV Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, Stamperia
Orientale, vol. III, inserto XVIII, Lettera del Raimondi a Beli-
sario Vinta segretario del granduca Ferdinando l. 1588, 13 agosto.

Molto illustrissimo et reverendissimo signor mio osservandissimo


Mi comanda Vostra Signoria per la sua delli 6 di questo, che desi-
derando Sua Altezza Serenissima transportare questa stamparia in Fi-
renza, io scriva subito a Vostra Signoria il modo con il quale mi pare
che si passi fare. Credo ben, signor mio, che Sua Altezza Serenissima
intenda in che modo si passi trasportare da Roma in Firenza il negotio
di stampare questi libri arabi et chaldei senza incorrere in periculo a fatto
di perderlo tutto, o di ridurlo a tanta debolezza, con lassare campo in
Roma ad altri di stampare ancora loro di detti libri, che fusse più presto
pernitioso che lucroso. A questo, per obedire, rispondo et dico che altre
volte già è stato trattato di questo qui in Roma, et si discorreva, da una
parte, che sarebbe stato espediente di trasportare questo negotio in Fi-
renza per alcune ragioni, delle quale quella che più dell' altre premeva
era per levare di Roma mastro Roberto acciò non lavorasse per altri di
questi ponsoni arabici, et ci riducesse, con haver compagni, il detto ne-
gotio a quella debolezza detta di sopra. Dall'altra parte si discorreva,
che levando questo negotio di Roma sarebbe un volerlo perdere al sicu-
ro, perché non è da dubitare, che il Papa et quelli cardinali quali hanno
cura et protettione delle nationi orientali non voglino, insieme con l'al-
tre stampe, questa arabica ancora; et l'esperientia già lo dimostra ha-
vendola loro già fatta fare tanto prima di noi et da mastro Roberto, et
similmente 1'esperientia n'ha demostrato che non solo la voleno, ma che
1'affettano [sic] per tante persecutioni che per conto di questo solo n'hanno
dato in questo negotio. Et si bene [ma depennato] adesso pare che ci stan-
no, per è che havendo pigliato a fare Sua Altezza Serenissima questa

101
impresa da molti anni sono per servitio della Sedia Apostolica come a
protettore che era di questa lingua arabica, et perseverando di là et in
Roma, non possono sotto questo pretesto istesso fare il medesimo loro
senza manifesta offesa di Sua Altezza Serenissima massime stando in
possesso, con bona gratia di Sua Santità, del negotio tenendo la stampa
qui in Roma per servitio della Sedia Apostolica sì come haveva dal prin-
cipio incominciato. Onde se si levasse questa stamparia di Roma, senZ<l
dubio alcuno metteranno subito in ordine la loro, et questo si chiarisce
ancora dalla tanta diligentia che hanno fatta per sapere se questa stam-
pa era per andare a Firenza, o no, et essendoli sempre stato risposto che
no, se li conosceva nel viso a tutti, et manifestamente, che li dispiaceva
sommamente, et che la risposta non era conforme [a quello che loro de-
sideravano depennato] al desiderio loro; et ancora per la diligentia fatta
in visitare la stamparia di mastro Domenico et dimandare, in particula-
re, delli caratteri arabici et chaldaici et loro gittature se erano in ordine
per potere stampare quando bisognasse, tal che non è da dubitare nien-
te che se si levasse di Roma questa si metterebe subito in ordine la loro,
né in questo penseranno di punto offendere Sua Altezza Serenissima
non potendo ragionevolmente, né in altro modo, pretendere Sua Altez-
za Serenissima che la Sedia A [postolica] in Roma non la passi fare an-
cora lei [richiamo a margine:] perché facendo li privilegij a noi altra che
non ha pregiudicato mai a se, ce li ha fatti perché questo resultava in
servitio suo, havendo bisogno lei di questa stamperia in Roma per le
cause dette et da dire appresso. Né bisogna dire che non havranno modo,
essendoli levata la commodità di mastro Roberto, perché hanno già in-
poter loro [un ?] carattere arabico et un' altro chaldaico in ordine et con
le loro gittature et ogni altra cosa necessaria; et si qualche ponsone li
mancasse, facilmente lo potranno fare subito, et questi dui caratteri li
basteranno per adesso per incominciare, et penseranno in tanto a far
fare dell'altri, et non mancherà loro maestri che, a similitudine delli fat-
ti, passino fare dell' altri o magiori o minori, come vogliono; né anca li
mancheranno huomini che li servino, perché non sono più che sei mesi
che li correttori delle stampe latine serveno nella stamparia di Sua San-
tità et già sono stati tutti riconosciuti, per adesso, di 200 scudi di Ca-
mera di beneficij per uno, con promessa di presto haver molto più per
il che non è da maravegliare se alcuno de nostri recalcitri, et socceden-
do, il che Dio non permetta, questo del che si dubita, ci accorgeriamo
quanti huomini resterebono a noi che ci servissero. L'esperientia è
pericolosa et dannosa, non potendosi rimediare poi se quello che si dice
soccedesse sì come soccederebbe, che io desiderarei che si facesse et ci

102
ritrovariamo con la stamparia in Firenza et senza huomini, parlo di quelli
senza li quali non si può fare [cioè di quelli della congregatione depenna-
to] non essendoci dell' altri.
Et non si risponda che si ritrovarebe modo di condurli in Firenza
con dar loro a bastanza perché si trattarebbe dell'impossibile sì come
Vostra Signoria intenderà appresso. Seguitarebbe ancora questo che è
detto, si occorrendo il caso, sì come hogi occorre, che lo dirò appresso,
che Sua Santità o altri cardinali protettori di queste nationi orientali,
per servitio della Sedia Apostolica et beneficio di dette nationi, volesse-
ro stampare qualche libro in lingua arabica o chaldaica, potendolo stam-
pare in Roma sì come ne hanno da principio stampato uno in arabico
nella stamparia loro et con caratteri loro, et dui in chaldeo nella stampa-
ria di Sua Altezza Serenissima ma nelli caratteri loro, che vorrebbono
mandarlo a stampa in Firenza? Non è da credere questo in nisciun modo,
anzi si deve tenere per fermo che vorranno che si stampi in Roma, et
che se ben non havessero questi caratteri in essere, sì come l'hanno, in
tal caso li farebbono nascere. Et sappisi signor mio, et,senza dubio alcu-
no, che dove corre il danaro, lì nascono delli messeri Roberti et d'ogni
sorte d'artefici che fanno di bisogno, et questo lo dico per esperientia
fatta in questo negotio et in questo particulare di fare ponsoni; che man-
cando mastro Roberto, che Dio non vogli, io ho qui in Roma huomini
che ci servirebbono come mastro Roberto et, forse adesso che è mal sano
et nella sua vecchiaia che poco più può fare, meglio di lui et più presto,
ma li tengo lontano da questo concetto per non darli ardire di proponer-
si ad altri. Hora il caso che occorre è questo, che il padre Battista gie-
suita il quale interviene nella congregatione mi ha detto da parte dell'il-
lustrissimo cardinale Carrafa, qual è protettore della lingua chaldea et
della natione di Marroniti, che val fare stampare un messale in lingua
chaldea per servitio della natione sopradetta di Marroniti, et non ne voI
fare stampare più che 500 sì perché detta natione è di poco numero in
tanto che questi 500 basteranno, sì ancora perché la spesa, per essere
detta natione povera, bisogna che la facci Sua Signoria illustrissima la
quale ascenderà alla summa di 400 scudi in circa; et quando io lo confe-
rio con il signor Cipriano ci parse che in ogni modo questo signore si
havesse a servire, sì per esequire quello del che si ha dato intentione,
cioè che questa stamparia Sua Altezza Serenissima la fa fare per servitio
della Sedia Apostolica, sì ancora per mantenerci in possesso di detta stam-
paria di libri chaldei per conto del nostro negotio chaldeo principale,
et massime che essendo il detto signor cardinale protettore di detta lin-
.gua et per questo in un certo modo padrone di queste lettere chaldee,

103
sì ben sono di mastro Domenico et adesso di Sua Santità; pur con tutto
ciò è [per essere depennato] venuto da noi per stampare questo libro,
et se li fusse stato negato in ogni modo l'havrebe fatto stampare nella
stamparia loro dove sono questi caratteri chaldei, et il negotio in questa
parte sarebbe rotto (?) nella stamparia loro tanto più ci parse facile che
il detto padre Battista disse che delli compositori et correttori n'havre-
be havuto cura lui, tal che non sarrebe impedito il corso del stampare
li nostri libri che havemo nelle mani et sotto il torculo. Di più il vescovo
di Sidonia, molti giorni sono, mi disse da parte dell' illustrissimo cardi-
nale Santa Severina che voleva far stampare in arabico et chaldeo la Pro-
fessione della fede cattolica et certe altre cosette, et credo, se ben mi
ricordo, che il detto signor cardinale ne parlasse con il signor Cipriano
et per le medesime cause dette di sopra ci parse dirle, respandendo al
detto vescovo et poi mandato messer Paulo al detto cardinale, che Sua
Signoria illustrissima sarebbe stata servita perché questa era la intentio-
ne di Sua Altezza Serenissima et pochi giorni sono il cardinale doman-
dò al detto vescovo se quelle cose erano stampate o vero si stampavano.
Di più il detto vescovo di Sidonia dice che sono in Roma certi chaldei
della natione di Malchiti, li quali vanno cercando di stampare da tre-
cento libretti di Salmi in lingua chaldea, et il detto vescovo li ha dato
parola di farce ... stampare nella nostra stamparia, dicendoli che in Roma
non ... altra stamparia dove passino essere meglio serviti di questa, et
non ostante che questi negotij siano minimi et di nulla utilità, puro al
detto vescovo ha parso et pare che si debano accettare, et che vi si deb-
ba attendere, acciò ci manteniamo in possesso di queste stampe, et ac-
ciò non lassiamo aprire la strada di detti negotij ad altra stamparia, dove
sono in essere detti caratteri et dove facilmente potrebbono essere ser-
viti et a bonissimo mercato a... ilendoci il nostro negotio. Hora discor-
rasi adesso, et dicasi, si questa stamparia si levasse di Roma et si condu-
cesse in Firenza per stampare questi sopradetti, et altri che bisognasse-
ro per servitio della Sedia Apostolica et commodità [della Sedia Apo-
stolica depennato] di dette nationi, si ha da credere che li mandassero
a Firenza? Certo no, anzi vorranno per l'altre ragioni dette di sopra che
si stampino in Roma, et soccederebbe loro tutto quello che hanno desi-
derato et che desiderano, et cossì si aprirebbe il nostro negotio in Roma
et in mano d'altri, et cossì necessariamente caderebbe dalle mani no-
stre, perché tutte queste nationi, per altri interessi loro necessariamen-
te capitano in Roma, dove ritrovando commodità di stampare tutto quello
che vogliono, come è avvenuto al nostro chaldeo, et a bon mercato, stam-
pando loro ogni cosa mastro Domenico ad un baiocco il foglio, non vor-

104
l'anno venire altramente a Firenza, né in altro loco dove noi stessemo,
quali pretendemo di farli gran mercato se li stampamo per un giulio il
foglio quello che loro vogliono. [richiamo a margine:] Et li mer... turchi
ancora subito che havessero notitia di sì buon mercato che si facesse
in Roma li concorrebbono tutti et non a Firenza, et delli privilegij se
ne riderebono. Dove per contrario adesso che questa stamparia è qui
in Roma, tutti bisogna che per forzza [sic] venghino nelle mani nostre
non havendo ardito nisciuno di aprire questo negotio nelle stampe loro
rompendo li nostri privilegij sotto pretesto che le fa la Sedia Apostolica
quale, come è detto, non ha mai pregiudicato a se, facendo li privilegij
a noi, et ancora per la bona diligentia del vescovo di Sidonia il quale
trattando lui tutti li negotij di queste nationi, occorrendo loro di stam-
pare qualche cosa, tutti l'indrizza nella nostra stamparia, sì come ha fat-
to ancora di questo negotio chaldeo, dal quale si spera tanta utilità, quanta
Vostra Signoria sa. Di più, stando in piede il mal concetto che si ha ha-
vuto di detta stampa per il male officio fatto per conto di quel libro già
stampato, et la difficultà che hanno fatto ad alcuni altri libri che si han-
no voluto stampare et non hanno voluto, non è da credere che se si tra-
sportasse questa stamparia da Roma in altro loco che manchassi chi fa-
cesse intrar sospettione che levamo questa stamparia di Roma per l'im-
pedimento che havemo in non potere stampare tutti quelli libri che vo-
lemo, et quasi che come in una macchia l'habiamo portata dove a noi
è più commodo et sicuro di stampare ciò che volemo senza che habiamo
l'occhi di superiori adosso che ci impediscano il stampar cose che non
convengono. Et tanto più si darebbe sospitione, quanto che Sua Santi-
tà, per la revisione di detti libri da stamparsi in dette lingue, ha fatto
breve che si habi da fare dalla Congregatione dell'illustrissimi cardinali
quali intervengono nel fare !'Indice delli libri prohibiti; parerebbe dun-
que che noi fugissemo questa revisione che vuole il papa che si facci dal-
la detta Congregatione, et ciò sarrebbe senza gran sospetto di qualche
male, et non mancare [bbe] instigatore o sollicitatore in questo, come
si può concludere dalle cose passate per l'adietro, tal che senza nomina-
re questi libri né altro con una sola clausula che mettesero [sic] nel'Indi[ce]
de libri prohibiti che includesse questi stampati in questo modo o da
stamparsi, venerebbono ad essere prohibiti et per consequentia il nego-
tio ad essere perso a fatto, nè si potrebe dolere nisciuno, perché in tal
caso non vi è rimedio alcuno né querela, essendo fatta sotto pretesto
d'espediente et necessaria per la nostra religione. Di più, il papa, come
si sa, h [a] tentato con bona gratia di Sua Altezza Serenissima di havere
questa stampa in Vaticano [con depennato] unita con la sua, poi si è con-

105
tentato che stia da per sé in casa di Sua Altezza Serenissima per servitio
della Sedia Apostolica et di cio... lodata molto et comendata Sua Altez-
za Serenissima che per servitio della Sedia Apostolica Sua Altezza Sere-
nissima facci fare questa impresa, ma si bene disse che desiderava che
stesse nel Giardino, che li pareva che cossì convenisse et tutto ciò disse
al cardinale Carrafa presente messer Paulo quando li mostrò li dui primi
fogli delli Evangelij stampati; delli quali ebbe gran piacere et li lodò molto
sì li Evangelj, come tutta l'impresa, dicendo che poi che Dio benedetto
ha fatto tanta grazia a Sua Altezza Serenissima di darli tante ricchezze,
giusta cosa era che lei dal canto suo facesse qualche cosa in servitio di
Nostro Signore et della sua Santa Sede. Sa ancora et per detto del so-
pradetto cardinale Carrafa et del cardinale Paleotto che per la espurga-
tione et emendatione di questi libri da stamparsi in dette lingue tanto
sacri quanto profani è una congregatione a posta, dove intervie~e il ve-
scovo di Sidonia, il padre Battista giesuita, li padri Domenicani et li pa-
dri Franciscani et noi altri, del che è restato satisfatto, et non solo si
è contentato che si facci et che si sequiti il negotio, ma ha promesso
il suo favore dove bisognasse. Al cardinale Mattei, poi, ha detto che lui
tiene per fermo che con questo negotio si può fare gran servitio alla Se-
dia Apostolica; per questo disse che voleva, non solo che si sequitasse,
ma che s'ingrandisse quanto era possibile et che vedesse se nella religio-
ne di Zoccolanti erano d'altri frati intelligenti della lingua arabica, che
li facesse venire in Roma per questo servitio, et che li facesse trattare
bene che voleva che in ogni modo la Sedia Apostolica sequitasse questa
impresa. Donde se si trasportasse questo negotio adesso da Roma si da-
rebbe gran disgusto al papa, ma a questo rimediarebbe lui con farla se-
quitare in Roma in ogni modo, et nella sua stamparia, dove son ancora,
come è detto, altra tutti li caratteri delle lingue orientali, li arabici, et
chaldaici, et quello che ne sequitasse a noi già è stato concluso di sopra,
massime vedendo che per la espurgatione di detti libri non solo parere-
be che havessemo fugito la revisione della Congregatione dell'Indice,
alla quale lui l'haveva rimessa, ma ancora l'intervento di quelli della no-
stra congregatione; et si non di tutti, della magior parte, perché il ve-
scovo di Sidonia [non depennato] non ci sarebbe, come Vostra Signoria
udirà, né il padre Battista, il quale per tenere quieti li giesuiti è mezo
potentissimo et necessariissimo, et forse, et forse senza forse, la congre-
gatione si ridurrebbe a uno o a dui al più, con li quali soli et senza l'al-
tri, dato che da per loro dui bast [asse]ro per ogni cosa, non si potrebe
fare niente, non potendosi da [re] a loro dui soli fede di cosa tanto im-
portante, altra la suspi[tio]ne che si havrebbe data, come è detto di so-

106
pra, d'haver fugito l'intervento dell'altri. Né si dica che la congregatio-
ne [non] si farà venire tutta o la magior parte, come è detto di sopra,
perché è importante, et in questo metterò io la vita da perderla, et so
quello che dico, né si dica ancora che a Firenza si p[uò] fare dalla con-
gregatione l'espurgatione et emendatione di detti libri da stamparsi, et
poi mandarla in Roma [che] sia vista dalla Congregatione dell'Indice.
Perché ancor questo è importante et molto più, perché, altra che, come
è detto, non si potrebbe havere la congregatione a Firenza sarebe u[n]
mandar al giorno del Giuditio la stampatura d'un libro solo, hor se qui
in Roma dove semo tutti presenti si dura tanta fatica per havere un li-
bro revisto dalla Congregatione dell'Indice, per le difficultà che occor-
reno loro per non intendere queste lingue, et bisogna che giorno per giorno
sia uno di noi con messer Latino Latini, a chi è stato dato carrico dall'il-
lustrissimo Colonna di questa rivisione, come si potrà fare stando noi
in Firenza; questa mi pare, adesso che la provo, una difficultà insupera-
bile et da non potervisi dare rimedio.
In particulare poi, per conto del negotio delli libri chaldei da stam-
parsi, si disse che sarebbe un volerlo perdere al sicuro, sì come l'occa-
sione adesso n'ha dimostrato, perché, per la venuta del signor Cipriano
in Firenza, si perturbò tanto et se insuspettìo tanto il vescovo di Sido-
nia, che io durai fatica grandissima et angonia [sic] in ratenerlo che non
facesse delle pazzie per un mese, assicurandolo che in questo termine
il signor Cipriano sarebbe ritornato in Roma, credeva lui, sì come mi
disse dopo il ritorno del signor Cipriano, che appresso fra poco dovesse
venire ancor io con la stamparia in Firenza. Si discorreva dunque dicen-
do che sì come al vescovo sopra detto era in mano di dar detto negotio
a noi o ad altri per dipendere da lui il detto negotio et il detto chaldeo
et la sua natione, cossì li era in mano ancora et sempre di ritirarlo et
levarlo da noi con darlo a chi più li piacesse; et questo con fare che si
facci un poco di meglior mercato al chaldeo, et è cosa che si può fare
commodamente come si sa, et dire a chi lo volesse proponere, che que-
sto negotio di tanto guadagno si può condure a fine, con sborso di chi
pigliarà l'impresa, di non più che milli studi, et questo è vero come anca
si sa, perché quelli come è pattizato hanno da portare bona quantità di
danari per incominciare a stampare et poi sequitare il pagamento da mano
in mano; et di più il detto vescovo adesso che è un poco più scorto [sic]
del valore del negotio si farebbe fare quella parte che li piacesse, et se
lo proponesse al papa forse che n'havrebbe qualche cosa grande, et que-
sto si considerò ancora et si concludeva che era fattibile, et si strense
[sic] per questo solo il partito quanto prima alla conclusione, si come

107
si può ricordare il signor Donato. Et non si facci difficultà nelli caratte-
ri di questa natione perché in minor tempo si faranno li loro CIi quello
che sono fatti li nostri, et la spesa è tanta poca, come sa il signor Dona-
to, che l'istesso vescovo li farebbe fare prima che venesse il chaldeo con
lo origin[ale ?], massime che ha nelle mani sue 1'esemplare da do [ve]
sono cavati li nostri, et non mancarebbe chi li facesse et bene, et questo
lo so io. E t quando mancasse mastro Ro[berto] per fare l'altro carattere
chaldeo maiuscolo, disse io che non mi dava fastidio perché in Roma
era [che depennato] chi lo po[tes] se fare et di questo ancora si può ricor-
dare il signor Donato, et massime che non ci è quella difficultà che è
nelli arabici et ne sono stati fatti da altri che mastro Ro[berto[. Se si
trasportasse dunque questa stamparia da Roma a Firenza, non è da du-
bitare che ci intravenerrebbono tutte queste cose dette, et in particula-
re in questo negotio chaldeo, perché, diceva il vescovo in quella sua per-
turbazione, io vi ho dato questo negotio nelle mani [richiamo a margi-
ne:] in Roma et in Roma s'intendeva che si havessero a stampare non
essendo mai stata nominata Firenza né altro loco [la frase con patto, si
come è scritto et firmato da tutti noi, che si habino a fare in Roma,
è depennata] et mancando questa conditione, sarò sciolto ancor io dalla
promessa mia, et mi protesto che nella espurgatione et emendatione di
questi libri voglio essere presente io, [richiamo a margine:] et per questo
io havendo lassato ogn'altro negotio, ho fatto et faccio tanto studio nel-
la lingua hebrea et chaldea acciò passi dormir sicuro che nell' avenire non
n'habi a patire danno et dishonore; et facendosi altramente, farò in modo
io che non siano accettati, perché, diceva il chaldeo, et lo so io che sono
stato in quelle bande, che li libri quali non sono stampati in Roma lì
non sono di nulla autorità, nè si comprano da nullor sì come è intrave-
nuto al Testamento Nova stampato in Vienna in lingua chaldea, che non
se n'è venduto pur uno in tutto Levante. Et questo per la causa detta
di sopra, diceva appresso il venire io a Firenza è importante perché non
voglio lassare li servitij di tanti anni fatti al mio padrone et alla Sedia
Apostolica dalla quale dipendo et dalla quale spero assai [richiamo a mar-
gine:] et tirarmi adosso una inimicitia et persecutione da non terminarsi
mai, con mio poco honore et con la mia ultima ruina, per andare a Fi-
renza per la espurgatione di questi libri, li quali non vedo causa necessa-
riaperché non si possino fare in Roma, et con sicurezza d'esserno [sic]
accettati, et con magiore auttorità dell'impresa et con satifattione di Sua
Santità et con honore di Sua Altezza et con sicurtà di chi interviene
nell'espurgatione. Queste et infinite altre cose diceva il vescovo con pro-
testarsi sempre, tal che si conclude che in tale mutatione il detto vesco-

108
va sarrebbe atto et pronto a dare il crollo a questo negotio, et io lo cre-
do, perché havrà pensato meglio a quello che ne potrebbe cavare per
sé, et forse ci è stato aiutato al pensarci.
Da tutte queste cose dette, et da molte altre che non scrivo per
non fastidir più Vostra Signoria, mi pare poter cavare sicuramente il pa-
rere mio intorno questa dimanda che Vostra Signoria mi ha fatta; il quale
parere mutarà sempre che il tempo et l'occasione faranno mutare le cose
sopradette, et il parere mio è quello istesso che disse più volte al signor
Donato a bocca et poi gli lo diedi in scritto, et è che mi pare che da
Roma non si levi mai in tutto et per tutto questo negotio, perché al si-
curo si perdirrebbe tutto, anzi adesso mi pare che la congregatione de-
stinata per l'espurgatione et emendatione delli libri da stamparsi in queste
lingue debba stare in Roma, sì per sollecitare l'espeditione dalla Con-
gregatione dell'Indice, sì ancora per satisfattione delli superiori, et per
la difficultà anzi impossibilità di condurla tutta in Firenza, senza la quale
congregatione non è possibile fare nie[nte]. Mi pare ancora, che ne anca
in parte per adesso si levi di [Roma], ma si aspetti un poco finché si
dia satisfattione alli superio[ri] con la stampatura delli Evangelij che sono
libri sacri, acciò si scordino del mal concetto fatto contra questa stam-
paria, et [inhanto si avrà pigliato quasi possesso firmo di detto negotio
et buon concetto delle cose che si stampano, d'essere tutte b [uone] et
in tanto similmente noi attenderemo a fare dell'huo[mi]ni sì per la com-
positura come anca per la correttione delle stampe, et all'hora si potrà
aprire [una depennato] una piazza in Firenza o dove Sua Altezza Sere-
nissima la volesse per sua satisfattione ... stampare qualche libro et ve-
dere che motivo si fa ... se in Roma, et ritrovando che lassassero fare
in ogn[i] 1oco, non potendo far niente loro per la stamparia che a [n]
cara starrebbe in Roma et per li nostri privilegij, all' ... si potrebbe in-
grossare quella di Firenza et diminuire questa di Roma, o farle lavorare
equalmente o come a Sua Altezza fusse di più satisfattione. Et facen
[do] costoro alcuno motivo et mal officio a quella di F[iren]za, all'hora
non accaderà che con scorno o poca ri[puJtatione ritorniamo in Roma,
perché già vi è la nos[tra] stamparia, et ilIaco non è occupato da altri.
Et in questo modo il negotio si assicura in tutto et per tutto et non si
può perdere mai, et Sua Altezza Serenissima havrà le sue satisfattioni
che vorrà, in Firenza, et mostrarà sua magnificentia con tenerne un' al-
tra in Roma per servitio della Sedia Apostolica, et questo non sarà di
danno alcuno, anzi di molto giovamento perché quanto più si stamparà,
tanto più si guadagnarà; in questo modo ancora si tenerà saldo il vesco-
vo per conto del negotio chaldeo, et il tempo forse facilitarà detto nego-

109
tio con l'occasione che giornalmente vengono et si potrà condure'dove
l'homo vole. Questo è, adunque, per adesso, il parere mio; desidero che
Vostra Signoria insieme con le ragioni dette il referisca, quando ci sarà
commodità, aSua Altezza Serenissima et poi lo tenghi appresso di sé,
acciò che facendosi altra mente et soccedendo qualche sinistro evento,
del che Dio ci guardi, io sia escusato et non incolpato di non haver det-
to quanto conosceva intorno a questo negotio per servitio di Sua Altez-
za Serenissima. Perdonimi Vostra Signoria se san stato troppo lungo et
inetto nel scrivere et habimi per escusato, si perché non so più, si anco-
ra perché ho trattato di cose che mi premeno principalmente per servi-
tio del Padrone Serenissimo et poi per interesse mio, perché se questo
negotio andasse male io sarei rovinato non havendo altro, per la mia
vecchiezza, che la speranza di questo negotio et quelli cento scudi di
pensione che Sua Altezza Serenissima si è degnata di darmi, et quello
che ancora ne posso sperare con che facendo fine resterò basando le mani
di Vostra Signoria et pregandoli da Nostro Signor Dio ogni contento
et felicità. Da Roma alli 13 di agosto 1588.
Di Vostra Signoria molto illustrissima et reverendissima
suo affezionatissimo
Giovanni Battista Raimondo

[Nota sul margine sinistro del foglio:] Mastro Roberto quindici giorni sono,
essendo per venti anni sono crepato da una banda di sotto, è crepato
dall' altra tal che poco può lavorare, onde non è da temere che lavori
per altri.

110
V Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, Stamperia
Orientale, vol. III, inserto XXIV. Relazione di Giovanni Batti-
sta Raimondi al cardinale Paleoui circa la stampa della Bibbia
poliglotta [s.d. ma: 1593, 28 gennaio (dopo il)].

Il gran duca di Toscana essendo ancora cardinale fu fatto protetto-


re dalla felice memoria di Gregorio XIIIO de i patriarchi d'Antiochia
et d'Alesandria et del re d'Ethiopia per trattare con loro di cose di Sta-
to et di religione, et li fu dato ancora consequentemente la protettione
et cura del negotio delle lingue di quei paesi,cioè arabica, chaldaica et
simile; il che non solo abracciò et esequì volentieri, ma per far cosa più
grata a quel santo pontefice volse ciò fare a sue spese, come tuttavia
fa, però che per servitio di detto negotio fece erigere una stamparia in
Roma delle lingue straniere delle sopranominate non solo, ma della gre-
ca et hebraica ancora, et in ciò sono spesi fin'hoggi da quaranta milia
scudi in circa, comprendendo però in questa spesa i libri ultimamente
stampati in lingua arabica, l'Avicenna, l'Euclide et li Santi Evangelij
con altri più piccoli libretti. Anzi, per far magior servitio al detto pon-
tefice et sai successori et alla christianità tutta li venne in pensiero di
fare stampare la Biblia in tutte le sopradette lingue et in quant' altre più
si potesse, et cossì fece venire d'Egitto, di Soria; di Persia et d'altre
provintie d'Oriente, con molta spesa tempo et travaglio, i sacri testi della
Biblia in molte delle sopradette lingue et ritrovandosi il testo latino, greco,
hebraico et chaldaico in perfettione, tradotti et stampati appresso di noi
giudicammo che accompagnando con questi il testo arabico et siriaco
intieeri, [sic] et molti libri di detta Biblia in altre lingue, si poteva inco-
minciare a dar principio alla stampa di detta Biblia in dette lingue et
si fece proponere alla felice memoria di Sisto VO dal illustrissimo signor
cardinale Paleotto, dignissimo protettore di questo negotio da parte di
Sua Altezza, si propose di stampare questa Biblia in nome di Sua Altez-
za et indrizzarla al detto pontefice et questo per molti degni rispetti.

111
La Biblia si doveva stampare intieramente:
In lingua latina secondo la edittione Vulgata.
In lingua greca con la sua traduttione latina e regione.
In lingua hebraica con la sua traduttione latina e regione.
In lingua chaldaica con la sua traduttione latina e regione.
Et queste altre volte sono state stampate
separatamente ogn'una da per sé, et
poi tutte insieme nella Biblia Regia.
In lingua siriaca con la sua traduttione latina e regione.
In lingua arabica con la sua traduttione e regione.
E t in queste ha faticato et fatica tuttavia la congregatione ordinata
da Sua Altezza con l'auttorità delli sopradetti pontefici per non essere
mai state né tradotte né stampate.
Et dopoi che fussero stati ritrovati li libri che mancano di detta
Biblia nell'altre lingue cioè persiana, armena, egittiaca, ethiopica, schia-
vona, da mano in mano, secondo che si ritrovano, si sarrebono stampa-
te et agionte a quelle dette di sopra potendosi ciò fare commodamente,
havendosi a stampare ogni Biblia di ciascheduna di queste lingue in un
volume da per sé sola. A questi volumi si dovevano agiongnere altri vo-
lumi quali havevano da contenere l'apparato di detta Biblia, cioè le gram-
matiche et li dittionarij di tutte le sopradette lingue, nelle quale fusse
stampata detta Biblia, et massime le grammatiche et dittionarij delle lingue
arabica, siriaca, persiana, et egittiaca, le quali sommamente da tutti sono
desiderate.
Nella congregatione ordinata per questo servitio intervengono le
infrascritte persone:
Leonardo Abel vescovo di Sidonia.
Fra Thomaso da Terracina dell'Ordine di Predicatori.
Fra Diego di Guadaisc del'Ordine di Zoccolanti.
Paulo Orsino costantinopolitano.
Guiglielmo africano di Tunesi del Collegio di Neofiti.
Giovanni Battista Raimondo servitore et ministro di Sua Altezza
in questo negotio, qual ha cura di detta congregatione et di tutto questo
negotio qui in Roma.
In detta congregatione si fanno fedelissimamente le traduttioni delli
"sopra detti testi sacri dalle sopra dette lingue nella lingua latina, et si
portano poi sottoscritte dalli sopranominati di questa congregatione a
conferire coI'illustrissimi signori cardinali della Congregatione dell'In-
dice per vigore d'un breve fatto particularmente in favore di questo ne-
gotio. Et cossì viste et considerate et sottoscritte dalla sopradetta illu-

112
strissima et sacra Congregatione da mano in mano secondo che si fanno
et revedono, si vanno stampando et mettendo insieme, come Vostra Si-
gnoria illustrissima sa, che fin'hora sono fatti et stampati li Santi Evan-
gelij oltra alcun' altri libri di scientie seculari in lingua arabica, quali Evan-
gelij [usciranno depennato] si faranno uscire in nome di Nostro Signore
papa Clemente Ottavo, et sono già tradotti 1'Atti dell' Apostoli, et si
vanno sequitando 1'altri libri di detta Biblia tanto in lingua arabica quanto
in lingua siriaca da mano in mano, come ancora si farà con la gratia di
Nostro Signore Dio, dell' altri libri nell' altre lingue.
Hora, come Vostra Signoria illustrissima sà, il sopradetto pontefi-
ce Sisto va, non solo non contradisse niente a questa proposta, ma l'ap-
probò, la lodò, la stimò molto, et la giudicò dignissima di abracciarla,
di aiutarla, et favorirl~, et cossl promisse di fare, ma disse che sen'ha-
vesse ancora il parere della Congregatione dell'Indice, al giuditio della
quale era l'emesso tutto questo negotio di queste lingue, et poi seli re-
ferisse.
Si hebbe il parere della detta Congregatione, et fu conforme a quella
del detto pontefice in tutto et per tutto, eccetto che disse che sarebe
stato bene non incominciare a stampare detta Biblia finché non fosse
publicata la Biblia latina, che all'hora si corregeva per ordine di detto
pontefice, non sapendosi in che modo dovesse uscire il breve che si do-
veva fare intorno a detta Biblia. Et questo parere essendo stato riferito
al detto pontefice, 1'approbò et disse che intanto s'attendesse alle tra-
duttioni, acciò poi ogni cosa fusse a ordine. Et per non essere stata pub-
blicata questa sopradetta Biblia latina se non hoggi, per questo è restato
che non si sia dato ordine ancora alla nostra Biblia arabica, siriaca et
cetera.
Hora, come si è detto, tutti li testi deIIi sopradetti libri sacri nelle
sopradette lingue, et tutti li caratteri et altro apparecchio fatto per la
stampa-tura di detta Biblia, si ritrova in essere qui in Roma nelle mani
di Giovanni Battista Raimondo detto di sopra, servitore et ministro di
Sua Altezza in questo negotio, et detti libri, et detti caratteri sono ha-
vuti, et fatti et messi insieme in questo essere che si ritrovano con gros-
sissima spesa di Sua Altezza et in molti anni, et con molti studij et fati-
che del detto Giovanni Battista Raimondo.
Si hebe privilegio amplissirriò et favoritissimo dalla felice memoria
di Gregorio xnIa, et confirmatione dalla felice memoria di Sisto va
intorno a tutto questo negotio.
Non si può stare di non maravegliarsi di costoro che novamente
propongono l'istesso negotio, senza nullo fondamento del mondo. Non

113
havendo loro nullo delli sopradetti testi et originali fatti venire da StIa
Altezza da tante lontane regioni et provintie con tanta spesa et in tanto
tempo, et con tanto travaglio, come è stato detto.
Non havendo loro carattere che vagli niente, eccetto che l'armeno
et il schiavone, essendo un solo carattere che hanno arabico, et un solo
chaldeo imperfettissimi di numero et di forma di caratteri, essendo l'a-
rabico, et un solo chaldeo imperfettissimi di numero et di forma di ca-
ratteri, essendo l'arabico loro non più che di 200 ponsoni, et dovendo
essere, sì come è ognuno delli nostri arabici, di 800 et anco milli ponso-
ni et il chaldeo di 150 ponsoni in circa, et dovendo essere, sì come è
ogn'uno delli nostri chaldei et siri di 500 ponsoni.
Non havendo loro cognitione di nulla delle sopradette lingue che
si hanno a giongnere alla latina, greca, hebraica, et chaldaica del Tar-
gum, che sono l'arabica, la siriaca et altre dette di sopra, né havendo
huomini intelligenti di dette lingue, se non li volessero levare, et con
ogni torto dalla congregatione instituita et provisionata fin'hoggi da Sua
Altezza in servitio di questa impresa.
Non havendo loro il danaro che bisognerà sborsare in questa im-
presa particulare che saranno a Sua Altezza che ha già fatta la prima
spesa necessaria, più di trenta dui milia scudi, et a loro, che hanno da
cominciare dal principio, più di quaranta milia, eccetto si desegnano far
sborsare tutto questo danaro a Nostro Signore sopra quello che biso-
gnarà dare a quelli che bisogna che aiutino nella congregatione.
Sappia ultimamente Vostra Signoria illustrissima che cominciando
hoggi a stampare questa Biblia, non si potrà finire, con tutte le diligen-
tie che vi si useranno, prima di sei o Sett' anni, per dire il meno, a Sua
Altezza che già ha li originali, et li caratteri in essere. Consideri adesso
lei quanti anni passerebono prima che costoro la cominciassero, nonché
finissero, non havendo né originali ancora, parlo di quelli che si hanno
a giongnere, come è detto di sopra, né caratteri come similmente è stato
detto.
Et questo quanto all'informatione più particulare che desiderava
di più di quello che ne sapeva, et ne haveva trattato Vostra Signoria
illustrissima, la quale Nostro Signore Dio conservi felicissimamente lungo
tempo.
Fin qui è stato dato all'illustrissimo signor cardinale Paleotto.

Dirò adesso il mio parere intorno a questa impresa particulare di


questa Biblia in tante lingue in quanto tocca al servitio di Sua Altezza,
nonostante che mi metta a periculo di novo castico sopra quello che ho

114
havuto, per un'ultra [sic] volta haver detto il mio parere essendone sta-
to rechiesto, intorno al volere trasportare tutta questa stamparia et tut-
to questo apparecchio da Roma in Firenza, il quale castico quanto mi
sia stato dato a torto la presente esperientia lo dimostra, et l'havrebe
dimostrato meglio si hoggi questa stamparia, et questo apparecchio non
si ritrovava in Roma, et molto più si papa Innocentio viveva qualch' al-
tro mese. Lo dirò dunque liberamente perché ultimamente non me si
potrà fare pegio di quello che mi è stato fatto, in cambio di remunera-
tione di tante fatiche, travagli, inimicitie, et pericoli passati per gover-
nare et defendere questo negotio da tanti avversaij. Et forse che ancora
quello che me si facesse appresso di più, potreb'essere per mia bona for-
tuna. Dico dunque che. Non è dubio che facendosi questa Biblia in tan-
te lingue, come è detto di sopra, sarebbe per apportare grandissima glo-
ria a Sua Altezza et per dare maraviglia et stupore a tutt'il mondo fa-
cendo una cosa che mai è stata fatta la simile, né lassarebe loco a chi
venisse appresso di poter far più in questo genere, et ci può esser esem-
pio la Biblia Regia, qual'è stata di magior gloria a re di Spagna di quan-
t'altre cose habia fatte mai, et all'ultimo quando si considera bene, se
ben vi ha speso larghissimamente costandoli più di sessanta milia scudi,
altra le grosse et larghe remunerationifatte in persona di chi vi ha fati-
cato, non è, se non in lingua latina, greca, hebraica, chaldaica cioè il
Targum, et Testamento Nova solo, né anca intiero in lingua siriaca, nella
quale mai era stato stampato [richiamo a margine:] se non in Vienna dal-
l'imperatore dell'altre lingue poi sopradette n'era pieno il mondo et stam-
pate mille volte. Et non è stat' altro questa impresa solo che ristampare
la Biblia Complutense, la quale fa stampare a spese sue un vescovo di
Spagna, et agiongnervi quel siriaco di più che è nel Testamento Nova,
et l'apparato delle grammatiche et dittionarij. Et tutta è fatta in carat-
teri infelicissimi.
Né questa, che vi va, deve parere gran spesa, sapendosi che Sua
Altezza per gloria, magnificentia, et sblendore [sic], in occasione d'una
festa per un gioco solo, d'un giorno solo, et fatto in un loco solo, ha
speso più di sessantamilia scudi, quali non sono rimborsati mai, né sono
per rimborsarsi mai; et sapendosi che questa impresa della quale si par-
la, non è un gioco ma una delle più grave et più serie cose del mondo,
essendo cosa appertinente alla nostra santa religione, anzi fondamento
principalissimo di quella, utile et necessaria a ogni christiano. Né è cosa
da durare per un giorno solo, ma per secoli di secoli. Né comparirà in
un loco solo, ma si spargirà per tutto il mondo, et andrà per le mani
di tutti principi et signori christiani. Né vi anderanno sessanta milia scudi,

115
come appare per quello che è detto di sopra. Et quello che vi si spende-'
rà compartitamente, per tutto quel tempo che vi andarà in stamparla,
seben'un poco tardetto, in ogni modo si rimborserà et con utile grande.
Et questo sia detto in quanto alla elettione di farla o non farla.
In quanto poi alla necessità di farla, dico che si Sua Altezza stima
niente questo negotio, et ne spera gloria et utile, si come si vede adesso,
che lo può sperare incominciando già l'esito et smaltitione di questi li-
bri fatti, è necessario che si facci, per li motivi che si son veduti et che
si vedeno di questi nostri avversarij, i quali seben pare che procurino
di havere nelle mani questo negotio particulare di questa Biblia, tutta-
via si vede che hanno la mira a tutto il negotio; et facendo loro questa
Biblia, senza dubio da mano in mano tutto il negotio sarebbe loro, per
lo favore che hanno, et più havrebbono per l'avenire, quando havrebo-
no notitia del l'utile grande che è per apportare per la smaltitione di
questi libri qual comincia già aviarsi.
Dall'altro canto poi, per le difficultà che si concorreno, pare che
questa impresa non si deba pigliare, et prima per la quantità del danaro
che bisognerà sborsare, et tenerlo un pezzo otioso, et se ben' all'ultimo,
si rimborserà et con utile, questo non sarà tanto quanto sarebe se que-
sto danaro s'impiegasse in stampare altri libri, nelli quali volesse minor
spesa et minor tempo.
Poi nisciuno piglierà questo carrico, qual sarà d'intolerabile fati-
che, su le spalle sue, non havendo altri carezzi [sic] di quelli che fin quì
ho avut'io, et non sperando altra remuneratione di quella che ho havu-
to io per le fatiche et servitij di tant' anni. Né vorrà nullo contrastare
con questa gente mal satisfatta la quale, la magior parte di questo tem-
po nel quale sono fatti questi libri, è stata ammottinata et lontana da
me, restando tutte le fatiche sopra di me. Et a questo si doveva attri-
buire il poco lavoro che si vedeva fare, et non alla negligentia mia. Et
non havendo uno qual guidi questo negotio bene et con fedeltà, non
sarà possibile mai condurlo a fine.

Il parere mio è che, fra queste due estremità, si potrebe pigliare


la strada di mezo, quando si vorrà dare qualche satisfattione al papa et
assicurarsi di non perdere il negotio, et si havrà chi per l'avenire pigli
'questo carrico. Et questo sarrebe di far stampare per adesso le due Bi-
blie solamente delle quale al principio si dette speranza, cioè in lingua
arabica, et in lingua siriaca et sequitare l'impresa dell' altri libri nelli quali
appare magiore et più vicino utile; quando però sarà per sequitarsi que-
sto negotio, et si potrà dire, et poi fare, se parerà espediente, che si co-

116
mincia da queste due come dalle più difficili, et da quelle che mai per
l'adietro sono state stampate, et che da mano in mano, prima che si fi-
niscano queste, si darà principio all' altre le quali ritrovandosi a ordine
per essere state altre volte stampate, ricercano minor tempo, per il che
veniranno poi a essere finite tutte ad un'istesso tempo; et cossì mi pare
che si darebe rimedio a tutti questi rumori, et si tenerebono lontano
l'avversarij, et havrebono a pensar altro che a tribularne et far contra
questa impresa. Et poi, come è detto, se l'occasione et il tempo mostrasse
che fusse espediente di stampare l'altre, si potrebe sequitare l'impresa,
et se non, si farrebe altramente. Et altro per adesso non mi occorre in-
torno a questa risolutione solo che rimettere quanto ho detto, et quanto
mi toccherà a dire per l'avenire, al prudentissimo giuditio di Sua Altez-
za Serenissima et degl'altri che manegiano questo n.egotio.
L'illustrissimo signor cardinale Paleotto giovedì, che furono li 28
di gennaro 93, parlò di questo negotio con Nostro Signore conforme
a la relatione di sopra, et venerdì venne alla stamparia et la visitò, et
mi disse tutto quello che era parlato con Nostro Signore, che è questo
per dirlo sommariamente:
Disse che Nostro Signore ascoltò attentissimamente quanto Vostra
Signoria illustrissima li disse conforme a questa relatione, et poi dice,
che rispose non satiandosi mai di lodare Sua Altezza d'infinite cose, et
poi venendo al particulare di questo negotio disse che li piaceva ancora
sentire che Sua Altezza fusse cossì inclinata al servitio della nostra san-
ta religione et che volesse fare questo servitio di tanta importanza a questa
Santa Sede, et per amor suo, et soi soccessori, et che neli sarrebe resta-
to in obligo per sempre, et che nelo benediceva, et che tutto stava bene,
ma vi conosceva una difficultà di non poco momento; et questa era che
li pareva difficile che, in una varietà di tante lingue et idiomi, si potesse
conservare una uniformità del senso et intelligentia della Santa Scrittu-
ra. Et essendoli replicato l'ordine che si teneva in questo negotio, et'
che ogni cosa passava per due congregationi, per la nostra cioè, et poi
per quella dell'Indice, dice che l'approbò, ma per magiore sua satisfat-
tione et più sua sicurtà desiderava che nella nostra congregatione si agion-
gnesse un padre della Compagnia di Giesù. Et che ordinò al detto illu-
strissimo Paleotto che di ciò ne parlasse col Generale di detta Compa-
gnia acciò che elegesse uno, il quale fusse a proposito. Disse di più il
sopradetto illustrissimo cardinale che in tutto questo ragionamento che
haveva havuto con Nostro Signore, haveva conosciuta in esso inclina-
tione grandissima alla nostra parte, et nulla a quella dell' avversarij, et
questo basti per summario; quello che seguirà del giesuita si dirà quan-
do si saprà.
117
INDICI
INDICE DEI NOMI

Abdel Mesichi 100 Cesari, Alberto 12-13, 14 e nota


Abel, Leonardo 67, 74, 94-95, 100, 31, 15, 30, 32 nota 94, 42-43,
105-107, 113 96·98
Amira, Georgius Michael 83 Cesari, Cesare 15 e note 34-35, 96
Anerio, Felice 65 Cesi, Bartolomeo 65 e nota 162
Angelita, Ludovico 66 Chiari, Antonio di 13, 15, 26-27,
Arrigoni, Pompeo 65 29,96
Bandini, Angelo Maria 33 Cioli, Andrea 52
Barbarigo, Gregorio 29 Clemente VIII 63, 73, 78, 114
Barberi, Francesco 20 nota 57 Colonna, Ascanio 68 nota 170
Basa, Andrea 6 nota 4, 39 Colonna, Marcantonio 68 nota 170,
Basa, Bernardo 6 nota 4, 39 108
Basa, Domenico 5 e passim Condopulo, Numa Pompilio 9 nota
Bastiano, detto «mezza lingua» 19 13, lO
Battista, gesuita 104-105, 107 Condopulo, Pietro 9 nota 13
Battista, maestro lO nota 14 «Confortio», Antonio 10-11
Bellarmino, Roberto 65 nota 162 Coronel, Gregorio Nuries 83
Bertolotti, Antonino 15, 17 Correa, Giovanni 9
Bonfadini, Bartolomeo 24 Cosimo II de Medici 79, 81-82 no-
Bourbon del Monte, Francesco Ma- ta 204
ria 65 Cosimo II de Medici 85
Britti, Giovanni Battista 7-8, 94-95 Crescenzi, Virgilio 62 nota 154
Bruno, Giovanni 71 Dell'Antella, Donato 7, 94,
v
Budinié, Sime 25 109-110
Bulgari, Costantino 14 Diego de Guadaise 74, 113
Buscasino, Giovanni Antonio Il Domenico da Imola lO nota 14
Caillaut, Pietro 41-42 Dorico, Luigi 5
Camelli, Agostino 79 Dorico, Valeria 5
Capello, Cesare 19 Durante, Castore 62 nota 154
Carafa, Antonio 54, 67, 99, 104, Elia nel Mansulo 100
107 Eliano, Cesare 15, 17-18
Carlini, Matteo 79 Eliano, Giovanni Battista 18 e nota
Casazza, Giorgio 19 43, 71-72
Castro, Francisco de 55 Eliano, Pietro 15-18
CavaiIlon, Jean 19, 46-49, 51 e no- Erpenius, Thomas 71
ta 140, 53 Facchetti, Antonello 18
Cervini, Marcello 71 Fazi, Lepido 77

121
Ferdinando I de Medici 6 e passim Manuzio, Paolo 20 nota 55
Ferdinando I de Medici vedi anche: Maracchi Biagiarelli, Berta 6 nota
Medici, Ferdinando de 4, 53 nota 145, 73 nota 189, 75,
Ferdinando II de Medici 85 92
Ferrari, Antonio de lO nota 15 Marsilio, falegname lO nota 15
Filippini, Nicando 6 nota 4 Martinelli, Donato Antonio 10-11
Filippo II 74 nota 191 Masetti Zannini, Gian Ludovico 39
Garamont, Claude 54 Mattei, Girolamo 107
Giovanni Giacomo 39, 41 Maupin, Paul 74, 85
Giulio III 9 nota 13 Mazzini, Giulio 83
Granjon, Robert 6 e passim Medici, Alessandro de 84
Gregorio, tiratore 15, 17 Medici, Ferdinando de 6 e passim
Gregorio XIII 5-6, 8, 11-12 note Meietti, Paolo 6 nota 4
25-26, 18 nota 45, 21-23, 29, 41, Meietti, Roberto 6 e nota 4
54, 58, 61, 70-72, 94, 98, 112, 114 Minochi, Pietro Antonio Il
Greforio XV 58 Mori, Giacomo Antonio 54 nota
Guglielmo Africano 74, 113 146
Guicciardini, Piero 55 Napoleone I 85
al· l-IiIali, Dawud 17 nota 39 Neroni, Matteo 6 nota 4, lO, 17
al· Hilàli, Va' kub 17 nota 40, 18, 55 nota 148
al-Hilàli, Yusuf 17 nota 39 Niccolini, Giovanni 64 e nota 158,
al-Hilali, Yusuf Dawud 17 nota 39 65, 77, 81, 83-84
IgnazioNa' matallah 7-8, 11, Norcini, Leonardo 62 nota 154
94-95, 100 Norsini, Leonardo 62 nota 154
Korolevsky, C. 17 nota 39 Ollivier Séraphin 65 e nota 162
Latini, Latino 68 nota 169, 108 Orsini, Paolo 74, 95, 105, 107, 113
Laureo, Vincenzo 70-71, 98 Ottaviano da Ravenna 95
Leone X 9 nota 13 Paleotti, Gabriele 56, 73, 75, 78,
Leone XI 84 107, 112, 118
Lucchese, Giovanni Battista 95 Palestrina, Giovanni Pierluigi da 5,
Luna, Davide 17 nota 39 61-62
Luna, Giacomo 10-11, 15, 17 e no- Paoli, Marco 66 nota 164
te 39-40, 82 e nota 205, 83-84 Paolini, Stefano 52, 54 nota 146
Luna, Giuseppe 17 nota 39 Paolo V 54, 65
Luna, Giuseppe Davide 17 nota 39 Parasole, Isabella 62 nota 154
Luna, Maddalena 17 nota 39 Parasole, Leonardo 62 e nota 154
Luna, Tommaso 17 nota 39 63-64 e nota 158, 65, 79, 83-84
Lunadori, Girolamo 52, 55, 66 Pavone, Battista 18

122
Penni, Luca 79 Urbano VIII 58
Pierluigi, Giovanni vedi: Palestrina, Valentini, Pietro 64 e nota 158, 65
Giovanni Pierluigi da Valesio, Fulgenzio 63 e nota 156,
Pietro Canisio 25 64
Pinto, Olga 21 Valesio, Silvio 63 e nota 156, 64
Potken, Johann 5 Vecchietti, Giovanni Battista 8, 95
Prete Gianni 8 Vervliet, Hendrik Desiré L. 14 no-
Qamar, Va' kub 17 nota 39 ta 31, 23, 27-28 nota 78, 30-31,
Raggio, Tommaso 71 34, 40-41, 51 nota 140
Raimondi,' Giovanni Battista 6 nota Vinta, Belisario 102
4, 7 e passim Vittori, Mariano 5
Riboldis, Giacomo de 19 Viviani, Gaspare lO nota 16
Rocca, Angelo 24, 40 Voss, Gerhard 39·40
Ruffinelli, Giacomo 24 Zanetti, Francesco 5 nota 3, 24, 54
Saltini, Gugliemo Enrico 17 nota e nota 147, 71
40, 22, 25 nota 71, 30 nota 87, 32, al-Zangani, Ibrahim ibn Abd al·
48, 52 nota 142, 59, 77 e nota Wahhab 83
197, 79, 92 Zati, Vincenzo 64 e nota 158, 65
Santoro, Giulio Antonio 67, 105 Zoilo, Annibale 5, 61
Saracinelli, Cipriano 7, 94,
104-105, 108
Sebastiano di Pietro 19
Silber, Marcello 5
Simonetti, Carla 66 nota 164
Sionita, Antonio 79
Sirleto, Gugliemo 18, 95
Sisto V 20, 34, 58, 66, 73, 112,
114
Sottile, Giovanni Battista 19,
51-52, 54 nota 146
Stangaporta, Clemente 18, 26-27,
31, 33-34, 41·42
Suriano, Francesco 65
T asfà Seyon 5
Tempesta, Antonio 62, 74, 79, 85
Terrarossa, Paolo 65
Tommaso da Terracina 19, 74, 77,
113

123
INDICE GENERALE

Le premesse Pago 5

La fondazione della stamperia - Sua attrezzatura


e ublcazlone » 6

Il personale ................................. » 11

Domenico Basa e la tipografia poliglotta » 19

I caratteri » 22

Le vicende della stamperia » 56

Appendice di documenti » 91

Indice dei nomi »121


Finito di stampare nel mese di Ottobre 1987
dalla Litografia VA·RO . Pisa
per conto di Maria Pacini Fa?:zi editore - Lucca
Studi e Ricerche di Storia del Libro e delle Bibliotech:-l
Collana diretta da Alberto Tinto

Lo studio del libro antico non costituisce una sterile esercitazione


di eruditi: è facile, infatti, comprendere quale fonte importante per
una ricerca interdisciplinare sulla ricostruzione di un dato ambiente
culturale in un dato periodo storico rappresentino le vicende di anti-
che stamperie, la compilazione di annali di edizioni ovvero di sia pur
nudi elenchi di opere da queste uscite. Lo studio della nostra stessa
civiltà se ne può avvantaggiare: dagli annali possiamo, per esempio,
desumere quali fossero, in un determinato periodo, i testi più letti,
gli autori più amati; da una semplice indicizzazione sistematica di fron-
tespizi e di caratteri tipografici potremmo avere la rivelazione del gu-
sto di un'epoca ed insieme un sussidio per gli studiosi di grafica; dal-
l'esame di marche tipografiche ed editoriali, di fregi, cornici, «impre-
se», incisioni, si potrebbe desumere una classificazione ed un'interpre-
tazione delle figure in rapporto ai tempi iconografici dell' arte figurati-
va coeva, utile quindi agli studiosi di storia dell' arte e, con il suo sim-
bolismo, a quelli di araldica e delle «imprese»; così come privilegi, de-
dicatorie, contratti di edizioni costituiscono inoltre documenti signi-
ficativi per la storia del diritto, della letteratura, della scienza, della
filologia.
Strettamente connessa con quella del libro, manoscritto e a stampa,
è la storia delle biblioteche. Il rapporto generico fra sviluppo di queste
e storia della cultura ha una zona concreta d'incontro nella storia del
libro che nasce sì isolato ma vive in comunità dove viene custodito
e valorizzato. Gli stretti legami cui si è accennato non cessarono dopo
l'invenzione della stampa ma divennero solo più indiretti e complessi.
Studiare il progressivo differenziarsi dei libri nella destinazione e quindi
anche nella forma editoriale che impose alle biblioteche, specie quelle
pubbliche, schemi sempre più articolati influenzando tutte le branche
della biblioteconomia; ricostruire la storia delle varie biblioteche e la
loro successiva evoluzione; indagare accuratamente le vicende, il tem-
po, la misura e i modi in cui esse si vennero formando ed ampliando;
studiarne l'evoluzione e, al pari di un arèheologo, ricostruire le varie
stratificazioni, avvenute nei secoli, dei vari fondi a stampa e le moda-
lità con le quali vi perVennero; effettuare una ricostruzione ideale di
quelli manoscritti; esaminare e porre in risalto le conseguenze che cen-
sura, guerre, rivoluzioni e in genere eventi politico-religiosi e domina-
zioni straniere ebbero sulla loro vita e fortuna, sono tutti elementi fon-
damentali per far rivivere una determinata temperie culturale.

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