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MICROECONOMIA
1. Pensare da economisti 9. La produzione
Approccio costi-benefici Funzione di produzione
Errori nel processo decisionale Prodotto totale, marginale e
Teoria della scelta razionale medio
Razionalità e interesse individuale Produzione nel lungo periodo
Domande positive e normative Rendimenti di scala
2. Domanda e offerta 10. I costi
Curve della domanda e dell’offerta Costi di breve periodo
Quantità e prezzo di equilibrio Costi totali, variabili e fissi
Interventi di sostegno dei prezzi Allocazione tra processi produttivi
Determinanti della domanda e Prodotto marginale, medio e costo
dell’offerta marginale e medio variabile
Imposizione fiscale sui prezzi Costi nel lungo periodo
3. La scelta razionale del consumatore Scelta ottimale dei fattori
Vincolo di bilancio 11. Concorrenza perfetta
Spostamenti v.b. Massimizzazione del profitto
V.b. a più beni Quattro condizioni della
V.b. a gomito concorrenza perfetta
Curve di indifferenza Equilibrio di breve periodo
Scelta del paniere migliore Surplus del produttore
Funzione di utilità Aggiustamenti nel lungo periodo
Utilità cardinale e ordinale Elasticità dell’offerta
Costruzione curve indifferenza 12. Il monopolio
4. Domanda individuale e domanda di Cinque cause del monopolio
mercato Ricavo marginale ed elasticità
Effetti variazioni di prezzo Massimizzazione del profitto
Curva prezzo-consumo Mark-up
Curva di domanda individuale Discriminazione di prezzo
Effetti variazioni di reddito Perdita di efficienza
Curva reddito-consumo 13. Concorrenza imperfetta, oligopolio
Curva di Engel Teoria dei giochi
Beni di Giffen Equilibrio di Nash
Effetto di reddito ed effetto di Modello Cournot, Bertrand,
sostituzione Stackelberg, Chamberlin
Compensazione Hicksiana e di 15. Equilibrio generale ed efficienza dei
Slutsky mercati
Domanda di mercato Economia di puro scambio
Elasticità Efficienza nella produzione e
5. Applicazioni delle teorie della scelta combinazione dei prodotti
razionale e della domanda Benefici del commercio
Surplus del consumatore internazionale
Modello di scelta intertemporale Fonti di inefficienza e fallimento
6. Economia dell’informazione e scelta in dei mercati
condizioni di incertezza 16. Esternalità, diritti di proprietà, teorema di
Modello dell’utilità attesa von Coase
Neumann-Morgenstern 17. Intervento pubblico
Assicurazioni
1.
Economia: “la scienza che studia l’allocazione ottimale di risorse scarse tra usi alternativi” Lionel
Robbins, 1932.
La microeconomia studia i processi decisionali in condizioni di scarsità
Bisogni: illimitati – saziabili – risorgenti – soggettivi – variabili
L’economia può essere divisa in filoni; distinzioni che riguardano:
Oggetto:
- Microeconomia; studia il comportamento dei singoli agenti economici
- Macroeconomia; offre una visione aggregata del sistema economico spiegandone le
determinanti
Obiettivo:
- Economia positiva; spiega il funzionamento del sistema economico
- Economia normativa; studia le conseguenze e propone forme di intervento
Metodo:
- Approccio induttivo; economia quantitativa
- Approccio deduttivo; storia economica, econometria, economia sperimentale
Un grafico rappresenta una relazione Y =f(X) tra una variabile Y e una variabile X. Una retta ha la particolarità di
avere la stessa pendenza in qualsiasi suo punto. La pendenza è misurata dal rapporto incrementale = DY/DX. La
rappresentazione analitica di una retta è Y = a + b·X
Il parametro a corrisponde all’ordinata del punto di intersezione tra la
retta e l’asse verticale.
Il parametro b descrive
l’inclinazione della retta ed è
pari al rapporto incrementale
DY/DX.
La relazione tra la variabile Y e X può essere influenzata da altre variabili, per esempio da una variabile Z. In questo
caso la funzione diventa Y =f(X,Z). La nuova funzione può ancora essere rappresentata nel piano cartesiano a due
dimensioni sotto l’ipotesi di mantenere invariata la variabile Z. Al variare di Z, la curva che rappresenta la relazione
tra Y e X sposta la sua posizione nel piano. Se la variazione di Z provoca un aumento di Y, la curva si sposta in alto,
altrimenti in basso.
APPROCCIO COSTI-BENEFICI
Tutte le scelte implicano scarsità; queste vengono effettuate secondo l’approccio costi-benefici.
B(x) prezzo massimo che sareste disposti a pagare per x
C(x) valore di tutte le risorse a cui dovete rinunciare per compiere l’attività x
Se B(x)>C(x), allora fai x, altrimenti no
Quando non esistono valutazioni monetarie si ricorre ai prezzi di riserva
B(x) = Prezzo di riserva di un’attività x; ossia prezzo al quale una persona sarebbe indifferente tra svolgere o meno
l’attività x
C(x) = costo-opportunità; ossia il costo di qualcosa che si è scelto, rispetto all’alternativa per la quale altrimenti si
poteva optare
ERRORI NEL PROCESSO DECISIONALE
1. Ignorare i costi opportunità; se compiere X esclude Y, Y è costo opportunità di X. Y è la migliore alternativa
possibile a X
2. Non ignorare i costi non recuperabili; sunk costs
3. Misurare costi e benefici in termini percentuali e non in termini assoluti; costi e benefici solo in termini
assoluti
4. Non comprendere la distinzione medio-marginale; attenzione su costi e benefici derivanti da un’unità
addizionale di attività
TEORIE DELLA SCLETA RAZIONALE
L’individuo è un soggetto razionale che compie scelte attribuendo un peso rilevante solo ai costi e benefici che lo
toccano direttamente; Adam Smith, la mano invisibile. Razionalità secondo l’interesse individuale: una persona
razionale considera solo i costi e benefici che la toccano direttamente. Razionalità secondo fini: una persona
razionale agisce in modo efficiente nel perseguimento dei propri obiettivi.
I modelli economici sono rappresentazioni stilizzate di una realtà complessa. Variabili ENDOgene, determinate dal
modello. Variabili ESOgene, prese per date.
1.
Lo strumento per studiare il funzionamento di un mercato è l’analisi della domanda e dell’offerta.
Curva di domanda; inclinata negativamente indica la quantità domandata dai consumatori per ogni livello di
prezzo o a quale prezzo i consumatori sono disposti ad acquistare una determinata quantità. Legge della
domanda; la quantità domandata aumenta se il suo prezzo diminuisce riflesso pendenza negativa
Curva di offerta; inclinata positivamente indica la quantità offerta dai produttori per ogni livello di prezzo o il
prezzo minimo al quale i produttori sono disposti a vendere. Legge dell’offerta; la quantità offerta aumenta
all’aumentare del prezzo riflesso pendenza positiva
Equilibrio di mercato; punto di intersezione tra domanda e offerta. Consumatori e
venditori soddisfatti; è impossibile migliorare la situazione di qualcuno senza
peggiorare quella di qualcun altro (efficienza paretiana).
Squilibrio di mercato; se il prezzo differisce da quello di equilibrio.
P > equilibrio eccesso di offerta
P < equilibrio eccesso di domanda
Processo di aggiustamento spontaneo. Interventi volti
a correggere queste situazioni possono condurre a
problemi (tetto massimo e prezzi minimi).
Funzione allocativa dei prezzi rispetto ai beni; i prezzi indirizzano all’acquisto del bene i
consumatori che gli attribuiscono il maggior valore.
Funzione allocativa dei prezzi rispetto alle risorse; i prezzi agiscono come segnali che
indirizzano alla produzione dei soli beni con eccesso di domanda.
DETERMINANTI DELL’OFFERTA
- Tecnologia
- Prezzi dei fattori produttivi
- Numero dei produttori
- Aspettative; prezzi e reddito
- Condizioni meteorologiche
𝑀 𝑃𝐴
𝐶= − 𝐴
𝑃𝐶 𝑃𝐶
Pendenza-prezzo relativo
Intercetta verticale
𝑃𝐴
𝑀𝑅𝑆 =
𝑃𝐶
In alcuni casi non esiste punto di tangenza e la soluzione ottima prevede il
consumo di un solo bene. Le soluzioni d’angolo si verificano per i beni
altamente sostituibili.
𝑃
𝑀𝑅𝑆 < 𝑃𝐴 Soluzione ordinata
𝐶
𝑃𝐴
𝑀𝑅𝑆 > 𝑃𝐶
soluzione ascissa
Sostituti perfetti
FUNZIONE DI UTILITÀ
Assegna un numero a ciascun paniere indicativo della soddisfazione prodotta in modo tale da ordinare la preferenze.
L’utilità è un concetto ordinale, non cardinale. L’utilità marginale MU è l’utilità
addizionale che il consumatore ottiene dal
consumo di un’unità addizionale di quel bene.
𝑀𝑈𝐶 𝑃
𝑀𝑈𝐴
= 𝑃𝐶
𝐴
Paniere ottimale
M = 40
𝑃𝑋 = 4
𝑃𝑌 = 2
𝑌 = 20 − 2𝑋
𝛿𝑈
𝑈(𝑋, 𝑌) = 𝑋(20 − 2𝑋) = 20𝑋 − 2𝑋 2 𝛿𝑋
= 20 − 4𝑋 X=5 Y=10 utilità=50
4.
Curva Prezzo-Consumo PCC; mantenendo costanti il reddito e il prezzo del bene composito, rappresenta su una
mappa di indifferenza, l’insieme dei panieri ottimali al variare del prezzo di X.
Dalla curva prezzo-consumo si può ottenere la curva di
domanda individuale per il bene X. Essa indica le quantità che
acquisterà il consumatore ai diversi prezzi.
Se all’aumentare del reddito il consumatore acquista una quantità maggiore del bene
x, allora x è un bene normale e la curva di Engel è crescente.
Se all’aumentare del reddito il consumatore acquista una quantità minore del bene x, allora x è un bene inferiore e la
curva di Engel è decrescente.
Per isolare l’effetto dovuto alla sola variazione di prezzo (effetto sostituzione) possiamo seguire due metodi:
Compensazione Hicksiana:
Confronto a utilità costante. Consideriamo il punto di tangenza tra un
vincolo di bilancio parallelo a quello successivo alla variazione di prezzo e la
curva di indifferenza su cui si trovava il vecchio equilibrio.
Compensazione di Slutsky:
Confronto a potere
d’acquisto costante.
Consideriamo il punto di
tangenza tra un vincolo di
bilancio parallelo a quello
successivo alla variazione di
prezzo passante per il vecchio equilibrio e una curva di indifferenza.
L’effetto sostituzione ha segno negativo, mentre l’effetto di reddito può avere segno negativo o positivo;
- Nel caso di beni normali l’effetto reddito è positivo e quindi si somma all’effetto di sostituzione,
determinando un effetto complessivo di segno opposto alla variazione di prezzo
- Nel caso della maggior parte dei beni inferiori, l’effetto di reddito è negativo, ma non di consistenza tale da
controbilanciare l’effetto di sostituzione e l’effetto complessivo è ancora opposto alla variazione di prezzo
- Nel caso di beni di Giffen l’effetto di reddito più che compensa quello di sostituzione e l’effetto complessivo
va nella stessa direzione della variazione di prezzo
Beni di Giffen; beni per i quali l’effetto totale di un incremento di prezzo si
traduce in un aumento della quantità domandata. Oltre che inferiori devono
rappresentare una quota consistente della spesa complessiva del
consumatore. La loro curva di domanda è inclinata positivamente.
DOMANDA DI MERCATO
La curva di domanda di mercato è pari alla somma orizzontale delle curve di
domanda individuali.
- Periodo di tempo di riferimento; gli effetti di prezzo causati da variazioni dell’offerta sono più marcati nel
breve periodo
La domanda di mercato, oltre che dal prezzo del bene, dipende anche
dal reddito dei consumatori. La distribuzione del reddito tra i
consumatori può influenzare la domanda di
mercato. Se esiste una relazione stabile tra il
reddito aggregato e la quantità domandata dal
mercato, allora si può costruire un curva di Engel
per l’intero mercato.
Se un bene presenta una curva di
Engel di mercato stabile, possiamo
definire l’elasticità della domanda
rispetto al reddito, un indice della reattività delle quantità
domandate rispetto alle variazioni del reddito medio dei
∆𝑄⁄𝑄 ∆𝑄 𝑌
consumatori: 𝜂 = =
∆𝑌⁄𝑌 ∆𝑌 𝑄
5.
IL SURPLUS DEL CONSUMATORE
Misura monetaria del beneficio che un consumatore deriva da una transazione. La curva di domanda può anche
essere interpretata come la disponibilità a pagare per avere quel bene; la differenza tra ciò che il consumatore è
disposto a pagare per quel bene e ciò che paga effettivamente, rappresenta il surplus del consumatore.
L’area al di sotto della curva di domanda e al di sopra del
prezzo di mercato misura il surplus del consumatore, che
varia al variare del prezzo di mercato.
La curva di offerta può essere interpretata come una curva di costo, misura del
prezzo minimo al di sotto del quale non c’è offerta. Il surplus del produttore è la
differenza tra il prezzo pagato al produttore e il suo costo di produzione.
6.
ECONOMIA DELL’INFORMAZIONE E SCELTA IN CONDIZIONI DI INCERTEZZA
L’informazione è un fattore importante nel processo decisionale di consumatori e imprese. Nella realtà, il più
delle volte le scelte degli agenti economici sono prese in condizioni di informazione non perfetta ovvero di
informazione asimmetrica. Affinché un messaggio da parte di un potenziale avversario risulti credibile, non deve
esservi alcuna convenienza a simularlo; il principio della non convenienza a simulare afferma che, affinché una
segnalazione ad un avversario risulti credibile, deve essere costoso simularla. Sulla base del principio della
completa comunicazione gli individui devono comunicare anche le qualità a loro sfavorevoli. L’esistenza di
informazione imperfetta può modificare drasticamente l’equilibrio del mercato. Un esempio classico relativo al
principio di completa comunicazione è il cosiddetto mercato dei bidoni. In questo mercato l’asimmetria
informativa aiuta a spiegare perché un’auto quasi nuova ma usata valga molto meno di una nuova fiammante
(selezione avversa). La maggior parte delle scelte viene effettuata in condizioni di incertezza. L’analisi delle scelte
in presenza di incertezza è effettuata utilizzando il modello dell’utilità attesa di von Neumann e Morgenstern. In
questo modello si applica una funzione di utilità che assegna un valore numerico alla soddisfazione associata ad
ogni possibile evento (o lotteria). L’utilità attesa è il valore atteso dell’utilità di ciascuno dei possibili risultati di
una lotteria. Il modello von Neumann e Morgenstern asserisce che un consumatore razionale, posto a scegliere
tra alternative incerte, effettua le proprie scelte in modo da massimizzare l’utilità attesa EU. Il punto cruciale
della teoria è che l’ordinamento dei valori attesi di un insieme di contesti di scelta incerta è spesso diverso
dall’ordinamento delle utilità attese delle alternative considerate. Usiamo il termine rischiose per descrivere
quelle situazioni in cui l’esito di una scelta è incerto. Ciò che determina l’esito di una situazione incerta, o
rischiosa, è noto come stato. Una lotteria è un meccanismo usato per rappresentare situazioni rischiose.
Ci sono tre elementi fondamentali in una lotteria:
i) L’insieme degli stati possibili;
ii) Le probabilità connesse a ogni possibile risultato;
iii) I valori associati a ogni possibile risultato.
La probabilità di un certo stato del mondo è una misura della verosimiglianza che questo accada. Se un certo
evento non può accadere, la sua probabilità è zero. Se un evento accade sicuramente, la sua probabilità è uno.
Se potrebbe accadere, ma non per certo, allora la sua probabilità è fra zero e uno. Per ogni dato processo
casuale, le probabilità di tutti gli stati devono sommarsi a uno, perché è certo che uno o l’altro degli esiti possibili
accadrà. Il valore atteso EV di una scelta rischiosa è la media dei possibili risultati, ponderata in base alla
probabilità che questi si verificano.
Una lotteria è detta equa se il suo valore atteso,
cioè la somma di tutti i possibili esiti ponderata
dalla probabilità che essi hanno di verificarsi, è
pari a zero. Una funzione di utilità concava indica
un individuo avverso al rischio (che rifiuta di
partecipare ad una lotteria equa).
Una funzione di utilità convessa indica un
individuo
propenso al
rischio.
In generale occorre allocare il fattore produttivo in maniera tale che il suo prodotto marginale sia lo stesso in tutti i
processi produttivi nei quali esso viene utilizzato.
Nel lungo periodo tutti i fattori produttivi sono variabili. Un isoquanto rappresenta tutte le combinazioni di fattori
produttivi che garantiscono lo stesso livello di prodotto. Una mappa di isoquanti rappresenta un insieme di isoquanti
a ciascuno dei quali corrisponde un livello costante di prodotto.
Il saggio marginale di sostituzione tecnica (MRTS)
misura la quantità addizionale di un fattore
produttivo necessaria all’impresa per continuare a
produrre la stessa quantità di output in seguito
alla riduzione di un secondo fattore produttivo. In
altri termini esso è il saggio al quale è possibile
sostituire un fattore con un altro senza far variare
la produzione. Il saggio marginale di sostituzione
tecnica è pari al rapporto tra le produttività marginali dei fattori produttivi
𝑀𝑃 ∆𝐾
ovvero al valore assoluto della pendenza dell’isoquanto; 𝑀𝑃𝐾 ∆𝐾 = 𝑀𝑃𝐿 ∆𝐿 → 𝑀𝑃 𝐿 = ∆𝐿
𝐾
La caratteristica tecnica della funzione di produzione che descrive la
relazione tra scala ed efficienza è chiamata rendimenti di scala. Il
concetto di rendimenti di scala è applicabile esclusivamente al lungo
periodo. I rendimenti di scala sono legati a variazioni proporzionali di
tutti i fattori produttivi contemporaneamente. I rendimenti di scala
costituiscono un elemento fondamentale nel determinare la struttura
di un’industria. Se la variazione di tutti i fattori in una stessa proporzione
porta a una variazione più che proporzionale dell’output, quella funzione di
produzione è caratterizzata da rendimenti di scala crescenti. Se una
variazione di tutti gli input in una stessa proporzione dà luogo a una
variazione del prodotto della stessa proporzione, la funzione di produzione
presenta rendimenti di scala costanti. Se una variazione di tutti i fattori in una
stessa proporzione dà luogo a una variazione meno che proporzionale del
prodotto, la funzione di produzione presenta rendimenti di scala decrescenti.
I rendimenti di scala decrescenti non hanno nulla a che vedere con la legge
dei rendimenti decrescenti. Il prodotto marginale dei singoli fattori può
essere decrescente, ma la funzione di produzione può avere rendimenti di scala decrescenti, costanti o persino
crescenti; la legge dei rendimenti decrescenti si riferisce al caso in cui un solo fattore varia mentre tutti gli altri
rimangono costanti.
Funzione di produzione Cobb-Douglas;
𝑄 = 𝑚𝐾 𝛼 𝐿𝛽 𝑐𝑜𝑛 𝛼 𝑒𝛽 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑒𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑎 0 𝑒 1 𝑒 𝑚 > 0
10.
I COSTI
Occorre collegare la produzione dell’impresa ai costi sostenuti per realizzarla, sia nel breve, sia nel lungo
periodo. Si tratta di scegliere la combinazione ottimale dei fattori produttivi per l’impresa. È bene ricordare che
la categoria di costo economico di riferimento è il costo opportunità, ovvero il valore della risorsa nel suo
migliore uso alternativo possibile.
Costo fisso (FC): l’impresa lo sostiene indipendentemente dalla quantità prodotta; nel breve periodo non varia al
variare dell’output. 𝐹𝐶 = 𝑟𝐾0
Costo variabile (VC): l’impresa lo sostiene in misura variabile a seconda del livello di produzione; costo del fattore
di produzione variabile calcolato per ogni livello di output. 𝑉𝐶 = 𝑤𝐿1
Il costo variabile VC dipende dal livello di output prodotto, il costo fisso FC no.
Costo totale (TC): è la somma del costo fisso e del costo variabile. 𝑇𝐶 = 𝐹𝐶 + 𝑉𝐶 = 𝑟𝐾0 + 𝑤𝐿1
L’andamento della curva del costo variabile VC
è collegato all’andamento della funzione di
produzione di breve periodo. La correlazione
deriva dal fatto che la funzione di produzione
indica la quantità di lavoro necessaria a
produrre un determinato livello di output e
questa quantità di lavoro, moltiplicata per il
salario, rappresenta il costo variabile VC. La
curva del costo variabile VC passa per l’origine; il costo totale TC per non produrre nulla coincide con il costo
fisso FC; la distanza verticale tra le curve VC e TC è sempre pari a FC; la curva del TC è parallela alla curva del VC e
si trova a FC unità di distanza.
Partendo dal costo fisso, dal costo variabile e dal costo totale è possibile definire altre quattro categorie di costo
di breve periodo:
Costo medio fisso (AFC): pari al rapporto tra il costo fisso e la quantità prodotta; a differenza di FC, AFC dipende
𝐹𝐶 𝑟𝐾0
dal livello di output prodotto. 𝐴𝐹𝐶 = =
𝑄1 𝑄1
𝑉𝐶 𝑤𝐿1
Costo medio variabile (AVC): pari al rapporto tra il costo variabile e la quantità prodotta. 𝐴𝑉𝐶 = =
𝑄1 𝑄1
Costo medio totale (ATC): pari al rapporto tra il costo totale e la quantità prodotta; poiché il costo totale è la
𝑟𝐾0 +𝑤𝐿1
somma del costo fisso e del costo variabile, ATC è la somma di AFC e AVC. 𝐴𝑇𝐶 = 𝐴𝐹𝐶 + 𝐴𝑉𝐶 = 𝑄1
Costo marginale (MC): corrisponde alla variazione del costo totale conseguente alla produzione di una unità
∆𝑇𝐶
aggiuntiva di output. 𝑀𝐶 = ∆𝑄
Poiché il costo fisso non varia al variare del livello di output, la variazione del
∆𝑉𝐶
costo totale corrisponde a quella che si verifica nel costo variabile. 𝑀𝐶 =
∆𝑄
La produzione deve essere allocata in modo che i costi marginali siano uguali in
ciascun processo produttivo.
L’andamento dei costi medi variabili AVC e del costo marginale MC riflette
l’andamento del prodotto medio e del
prodotto marginale.
𝑀𝐶 = ∆𝑉𝐶 ⁄∆𝑄 quando il lavoro è
l’unico fattore variabile, ∆𝑉𝐶 ⁄∆𝑤𝐿
quindi ∆𝑉𝐶 ⁄∆𝑄 = ∆𝑤𝐿⁄∆𝑄. Se il salario
è fisso 𝑤∆𝐿⁄∆𝑄 e dato che
𝑤
∆𝐿⁄∆𝑄 = 1⁄𝑀𝑃 allora 𝑀𝐶 = 𝑀𝑃
Dalla definizione di costo medio
variabile 𝐴𝑉𝐶 = 𝑉𝐶 ⁄𝑄 = 𝑤𝐿⁄𝑄 e dato
𝑤
che 𝐿⁄𝑄 = 1⁄𝐴𝑃 allora 𝐴𝑉𝐶 = 𝐴𝑃
Il valore minimo del costo marginale corrisponde al valore massimo del
prodotto marginale. Il valore minimo del costo medio variabile corrisponde al valore massimo del prodotto medio.
Nel lungo periodo non esistono costi fissi. Il problema dell’impresa è quello di
scegliere la combinazione ottimale di input in relazione all’output che si intende
produrre. La retta di isocosto individua tutte le combinazioni di lavoro e capitale che
generano un dato livello di costi C = rK + wL K = C/r – (w/r) L. Il valore assoluto
della pendenza dell’isocosto (w/r) misura il prezzo relativo
del lavoro rispetto al capitale.
L’impresa che intende massimizzare l’output ad un dato
costo, deve risolvere un problema di ottimizzazione. In
termini grafici si tratta di sovrapporre la retta di isocosto alla mappa degli isoquanti. La
quantità ottimale di output si rileva sull’isoquanto più elevato compatibile con il vincolo
rappresentato dalla retta di isocosto.
È possibile anche procedere alla minimizzazione vincolata dei costi per un dato livello di output. In termini grafici si
tratta di sovrapporre ad un dato isoquanto di produzione una mappa degli isocosti corrispondenti ai vari livelli di
costo. La quantità ottimale di output si rileva sulla retta di isocosto più bassa compatibile con il vincolo
rappresentato dall’isoquanto di produzione.
In entrambi i casi, sia che si proceda attraverso la massimizzazione vincolata
dell’output, sia attraverso la minimizzazione vincolata dei costi, in generale la
condizione di ottimo per una soluzione cosiddetta “interna” implica:
𝑀𝑃 𝑤 𝑀𝑃𝐿 𝑀𝑃𝐾
𝑀𝑅𝑇𝑆 = 𝑀𝑃 𝐿 = 𝑟
→ 𝑤
= 𝑟
Ovvero l’eguaglianza tra il saggio marginale di
𝐾
𝑀𝑃𝐿
sostituzione tecnica e il prezzo relativo dei fattori produttivi. è la quantità
𝑤
𝑀𝑃
aggiuntiva di output che si ottiene dall’ultimo euro speso in L. 𝐾 è la quantità
𝑟
aggiuntiva di output che si ottiene dall’ultimo euro speso in K; se i costi vengono
minimizzati, output addizionale ottenuto dall’ultimo euro speso deve essere uguale per tutti i fattori produttivi.
Quando il rapporto tra il prodotto marginale e il prezzo non è uguale per tutti gli input è possibile diminuire i costi
sostituendo tra loro i fattori.
La crescita del prodotto dell’impresa definisce il sentiero di espansione EE dell’output,
il quale descrive il costo totale minimo necessario per ciascun livello di produzione.
In corrispondenza del sentiero di espansione dell’output è possibile definire la curva
del costo totale di lungo periodo LTC. L’andamento della LTC dipende dai rendimenti
di scala della funzione di produzione.
Il costo marginale di lungo periodo LMC è pari
alla pendenza della curva del costo totale di
lungo periodo. 𝐿𝑀𝐶 = ∆𝐿𝑇𝐶 ⁄∆𝑄 È il costo che
l’impresa deve sopportare nel lungo periodo per espandere la sua produzione
di un’unità.
Il costo medio di lungo periodo LAC è pari al rapporto tra il costo totale di
lungo periodo e l’output. 𝐿𝐴𝐶 = 𝐿𝑇𝐶 ⁄𝑄
La pendenza della curva LTC è decrescente fino al livello di output Q1 e
crescente successivamente; ne consegue che la curva LMC raggiunge il suo
minimo in Q1. La pendenza di LTC e la pendenza della retta che unisce la
curva LTC con l’origine degli assi sono uguali in Q3; in corrispondenza di questo livello di output le curve LAC e LMC si
intersecano. La curva LAC decresce quando si trova al di sopra della curva LMC e cresce quando si trova al di sotto.
In una funzione di produzione caratterizzata da rendimenti di
scala costanti, i costi totali di lungo periodo sono proporzionali
all’output. La curva LTC è una retta che passa per l’origine e
poiché la sua pendenza è costante, la curva LMC è una linea
orizzontale e coincide con la curva LAC.
La struttura di un’industria è fortemente influenzata dai costi di lungo periodo in quanto la sopravvivenza di
un’impresa, data la tecnologia, dipende dalla sua capacità di ridurre al minimo i costi totali di produzione nel lungo
periodo. Il livello di output corrispondente al punto di minimo della curva LAC dipende dalla particolare forma
assunta da questa ultima.
Quando la curva LAC ha pendenza negativa per tutti i livelli
di output, i costi sono minimi se nel mercato opera una sola
impresa (monopolio naturale). Se la curva LAC è a forma di
U e la quantità di output che minimizza i costi medi (scala
minima efficiente) rappresenta una quota consistente del
mercato allora in quel mercato operano poche imprese.
Se la curva LAC è a forma di U e la quantità di output che
minimizza i costi medi rappresenta solo una piccola
frazione del mercato, allora in quel mercato operano
molte piccole imprese. se LAC è orizzontale le imprese di
qualsiasi dimensione hanno gli stessi costi unitari. Se LAC
è inclinata positivamente, la piccola dimensione è
indispensabile per la sopravvivenza sul mercato.
Il sentiero di espansione dell’output di breve periodo si ottiene
partendo da un livello di capitale fisso. In corrispondenza
dell’intersezione tra il sentiero di espansione dell’output di breve e
quello di lungo periodo si realizza anche l’eguaglianza tra il costo
totale di breve e quello di lungo periodo. Qualsiasi altro livello di
produzione implica un costo totale di breve periodo superiore
rispetto a quello di lungo periodo.
11.
CONCORRENZA PERFETTA
Gli economisti tradizionalmente assumono che l’obiettivo principale dell’impresa sia la massimizzazione del profitto.
Profitto economico e profitto contabile; il profitto contabile è la differenza tra i ricavi totali e i costi sostenuti
esplicitamente, il profitto economico è la differenza tra i ricavi totali e i costi sostenuti esplicitamente e
implicitamente (costi opportunità). Condizioni della concorrenza perfetta:
- Le imprese producono un bene indifferenziato
- Le imprese sono price takers, nel prendere le loro decisioni considerano come dato il prezzo del prodotto
- I fattori produttivi sono perfettamente mobili nel lungo periodo
- Le imprese e i consumatori dispongono di informazione perfetta
L’obiettivo della massimizzazione del profitto consente di determinare la
quantità di output offerta dell’impresa tale da rendere massima la differenza
tra ricavi totali e costi totali. In termini grafici ciò significa trovare la distanza
massima tra la retta del ricavo totale (TR) e la curva del costo totale (TC).
La massima distanza tra due curve si ottiene nel punto in cui le rette
tangenti sono parallele. La pendenza della retta del ricavo totale
rappresenta il ricavo marginale (MR). La pendenza della curva del costo
totale rappresenta il costo marginale (MC). In termini economici il ricavo
marginale misura la variazione del ricavo totale quando varia di una unità la
quantità venduta. Per l’impresa concorrenziale il ricavo marginale è uguale
al prezzo di mercato. Infatti, al prezzo vigente sul mercato l’impresa
concorrenziale può vendere qualsiasi quantità di prodotto senza che la sua
offerta lo faccia variare. In definitiva, la massimizzazione del profitto in concorrenza perfetta impone l’eguaglianza
tra il prezzo di mercato e il costo marginale. Tale eguaglianza deve essere verificata lungo il tratto crescente della
curva del costo marginale. Qualsiasi altro livello di produzione, minore o maggiore, risulta non ottimale ai fini della
massimizzazione del profitto.
Oltre all’eguaglianza tra il prezzo di mercato e il costo marginale
l’impresa deve anche rispettare una seconda condizione; infatti,
il prezzo deve essere superiore rispetto al livello minimo dei
costi medi variabili. Se ciò non avvenisse, l’impresa avrebbe
convenienza a non produrre affatto, poiché non sarebbe in
grado di coprire nemmeno i costi variabili sostenuti per la
produzione.
L’equilibrio di mercato di concorrenza perfetta di breve periodo si realizza quando la quantità domandata eguaglia la
quantità offerta. Dall’intersezione delle curve di domanda e di offerta scaturisce il prezzo di mercato. Per la singola
impresa tale prezzo determina la curva di domanda (perfettamente orizzontale) alla quale fare riferimento.
Nel lungo periodo un’impresa può adeguare la propria dotazione di capitale alle mutate condizioni di mercato.
Sempre nel lungo periodo è possibile che nuove imprese decidano di entrare dal mercato qualora intravedano la
possibilità di realizzare profitti. Analogamente, imprese già operanti nel mercato possono decidere di uscire se non
ottengono profitti positivi Questi aggiustamenti fanno sì che nel lungo periodo si determini una situazione nella
quale:
– Il prezzo di equilibrio è pari al valore minimo della curva del
costo medio
– L’output è prodotto al costo unitario più basso possibile
– Al venditore è pagato solo il costo di produzione
– Il profitto economico è nullo per tutte le imprese
12.
MONOPOLIO
Il monopolio è una forma di mercato in cui un unico venditore offre un bene che non ha stretti sostituti, ad una
moltitudine di consumatori. La differenza fondamentale tra monopolio e concorrenza perfetta consiste nella
elasticità della domanda dell’impresa rispetto al prezzo. La distinzione importante tra monopolio e concorrenza
perfetta è rappresentata dalla diversa elasticità della curva di domanda dell’impresa: in concorrenza perfetta, la
curva di domanda di una singola impresa è orizzontale, mentre la curva di domanda del monopolista coincide con la
curva di domanda dell’intero mercato ed è quindi inclinata negativamente.
Cinque fattori che possono consentire ad un’impresa di rivestire una posizione di monopolio:
- Controllo esclusivo di input fondamentali;
- Economie di scala; può dar luogo al cosiddetto monopolio naturale: se la curva
del costo medio di lungo periodo è sempre decrescente, allora un’unica
impresa è in grado di produrre a costi medi inferiori rispetto a due o più
imprese che si dividessero il mercato.
- Brevetti;
- Economie di rete o di network; in alcuni mercati un prodotto acquista tanto più
valore per i consumatori quanto maggiore è il numero degli utilizzatori.
- Licenze governative;
Nel lungo periodo il fattore più importante tra questi è rappresentato dalle economie di scala
che spiegano anche le economie di rete e le concessioni governative.
Anche il monopolista, nelle sue scelte, è guidato dalla massimizzazione del profitto. A
differenza della concorrenza perfetta, il monopolista riconosce il fatto che egli fronteggia
l’intera curva di domanda di mercato. Il prezzo al quale egli vende il prodotto non è
indipendente dalla quantità venduta. A differenza dell’impresa concorrenziale, per il monopolista il ricavo marginale
è inferiore al prezzo. Infatti, il ricavo totale non cresce sempre proporzionalmente alla quantità venduta, ma può
aumentare o diminuire a seconda della elasticità della curva di domanda fronteggiata dal monopolista.
13.
L’OLIGOPOLIO
In un regime oligopolistico sono presenti poche grandi imprese in grado di produrre la maggior parte dell’output di
mercato; sono presenti barriere all’entrata di nuove imprese. La caratteristica peculiare dell’oligopolio, che lo
differenzia da tutte le altre forme di mercato, è costituita dal comportamento strategico delle imprese presenti. Le
decisioni di ciascuna impresa oligopolistica, in merito al prezzo da imporre o alla quantità da produrre, dipendono
dal comportamento di tutte le altre imprese oligopolistiche presenti sul mercato. Nella descrizione dell’equilibrio di
oligopolio occorre tener presente l’interazione strategica tra le imprese.
La teoria dei giochi esamina le situazioni in cui due o più agenti, detti giocatori agiscono secondo regole stabilite, allo
scopo di ottenere una vincita. L’insieme di regole che ogni singolo giocatore segue nel determinare le mosse da
effettuare (non le regole del gioco) è detto strategia. Gli elementi caratterizzanti un gioco sono:
Alcuni giochi, come il dilemma del prigioniero, sono caratterizzati dalla presenza di una strategia dominante. Una
strategia dominante consente ai giocatori di ottenere il payoff più elevato possibile indipendentemente dalle scelte
degli altri giocatori. Non sempre esiste una strategia dominante. Un equilibrio di Nash è una situazione nella quale
ciascun giocatore massimizza il proprio payoff date le strategie adottate dagli avversari. In questo caso, la strategia
ottima per ciascun giocatore dipende dalle scelte effettuate dagli altri giocatori. In un equilibrio di Nash non
conviene a nessun giocatore abbandonare unilateralmente la strategia adottata. In altre parole, tale equilibrio è una
combinazione di strategie tale che la strategia di ogni giocatore è la risposta ottima rispetto alle strategie di tutti gli
altri. Un altro tipo di strategia è quella del maximin. Seguendo questa strategia un giocatore cerca di massimizzare il
più basso valore possibile dei propri payoff. Una strategia di questo tipo potrebbe essere seguita, ad esempio,
quando un giocatore non possiede una strategia dominante ed è incerto circa la strategia che verrà adottata dagli
avversari. Quando il dilemma del prigioniero è giocato una sola volta è difficile punire chi defeziona. Tuttavia, se ci si
aspetta di dover interagire nuovamente in futuro, possono emergere altre possibilità. Una di queste è la strategia del
colpo su colpo (tit for tat). Questa strategia prevede che la prima volta che si gioca con qualcuno si coopera, in
seguito si adotta la strategia seguita dall’altro giocatore nella fase precedente. Affinché questa strategia funzioni,
peraltro, è necessario che non vi sia un numero noto di interazioni. Nei giochi visti finora i giocatori sceglievano
simultaneamente la strategia da adottare. Nei giochi sequenziali, viceversa, un giocatore muove per primo e l’altro
può scegliere la propria strategia avendo osservato la mossa dell’avversario. In ambito economico, questa tipologia
di giochi si presta ad analizzare la prevenzione strategica all’entrata di nuove imprese nel mercato posta in essere
dalle imprese già operanti. Nell’oligopolio collusivo i duopolisti riconoscono che se essi si comportassero come un
unico monopolista potrebbero ottenere profitti maggiori rispetto al caso in cui ciascuno pensi esclusivamente a se.
Dal punto di vista delle imprese, la collusione è la forma più redditizia di oligopolio. In generale, tuttavia, la
collusione non è stabile poiché esiste, per ciascun oligopolista, un incentivo a non rispettare l’accordo e a ridurre il
prezzo per tentare di accaparrarsi una maggiore quota di mercato a danno degli altri oligopolisti.
Il modello di Cournot;
– Duopolio
- Due imprese in competizione tra loro
- Bene omogeneo
- L’output dell’impresa rivale è considerato fisso
- Curva di reazione: la quantità che massimizza il profitto dell’impresa è una funzione decrescente della
quantità attesa prodotta dalla rivale
In questo modello le ipotesi fondamentali sono due:
1) i due duopolisti scelgono contemporaneamente la quantità che massimizza il proprio profitto
2) ciascun duopolista sceglie la quantità da produrre ipotizzando che l’altro duopolista non varierà la produzione
Date queste ipotesi, ciascun duopolista sceglierà quanto produrre eguagliando il costo marginale al ricavo marginale
derivante dalla domanda residuale.
La curva di domanda residuale è quella soddisfatta da ciascun duopolista e si ottiene sottraendo dalla curva di
domanda di mercato la quantità prodotta dall’altro duopolista. 𝑃1 = (𝑎 − 𝑏𝑄2 ) − 𝑏𝑄1
Da questo comportamento scaturisce la funzione di reazione del duopolista. La funzione di reazione descrive la
quantità ottima di output offerto da ciascun duopolista in funzione della quantità di output offerta dall’altro
(𝑎−𝑏𝑄2 )
duopolista. 𝑄1∗ = 2𝑏
Il modello di Bertrand; La concorrenza in un oligopolio può riguardare i prezzi e non le quantità. Anche in questo
modello le ipotesi fondamentali sono due:
1) i due duopolisti scelgono contemporaneamente il prezzo
2) ciascun duopolista sceglie il prezzo di vendita ipotizzando che l’altro duopolista terrà fisso il prezzo
L’ipotesi che i duopolisti fissino i prezzi anziché le quantità muta radicalmente il risultato raggiunto con Cournot.
Infatti, poiché il bene è omogeneo e i consumatori acquistano dal duopolista che pratica il prezzo inferiore ciascun
duopolista ha l’incentivo a ridurre marginalmente il prezzo rispetto all’altro duopolista con l’intento di accaparrarsi
l’intero mercato. L’esito finale è che il prezzo si riduce fino a che non coincide con il costo marginale. Stesso risultato
della concorrenza perfetta.
Il modello di Bertrand analizza l’interdipendenza strategica nelle decisioni di prezzo delle imprese rivali.
Ipotesi del modello:
- ci sono solo 2 imprese (duopolio)
- le imprese producono un bene omogeneo
- le imprese fissano i prezzi simultaneamente
- ogni impresa prende il prezzo fissato dall’impresa rivale come un dato e fissa il proprio prezzo allo scopo di
massimizzare i profitti
- le imprese hanno lo stesso costo marginale che è costante
(MC1=MC2=c)
- la domanda è lineare (p=a-bQ)
-in equilibrio, ogni impresa è in grado di predire correttamente la decisione di prezzo dell’impresa rivale
L’ipotesi di bene omogeneo implica che:
- l’impresa con prezzo più basso serve tutto il mercato se p1 < p2 la domanda dell’impresa 1 coincide con quella di
mercato, mentre la domanda dell’impresa 2 è zero
- entrambe le imprese fissano lo stesso p, allora ciascuna impresa servirà metà della domanda di mercato se p1 = p2
= p q1 = q2 = 1/2 D(p)
Costruiamo la funzione di reazione dell’impresa 1 che ci dice qual è la sua strategia migliore di prezzo date le scelte
di prezzo del rivale (impresa 2)
Il punto N corrisponde ad una situazione in cui le due imprese fissano i prezzi al livello del costo marginale; risultato
molto dubbio. L’uguaglianza fra p e c, in equilibrio, risulta dall’interazione strategica fra imprese e replica l’intensità
della competizione di un mercato perfettamente concorrenziale con libertà di entrata sul mercato. Se i costi
marginali delle imprese sono costanti ma diversi, l’equilibrio di mercato si ha per un prezzo appena inferiore al costo
dell’impresa meno efficiente che scompare dal mercato. Il modello implica che la capacità produttiva delle imprese
sia Illimitata. È molto paradossale pensare che quando le imprese passano da una a due il prezzo di equilibrio passa
dal livello di monopolio a quello di concorrenza. Bisogna rendere più realistico il modello di Bertrand modificando le
ipotesi iniziali del modello:
- Differenziazione del prodotto
- Concorrenza dinamica
- Vincoli di capacità
Modello di Stackelberg; Le due ipotesi di base sono:
1) la variabile di scelta dei duopolisti è la quantità
2) la scelta è sequenziale
Il primo duopolista (leader) sceglie la quantità che massimizza il proprio profitto. Il secondo duopolista (follower)
osserva la quantità prodotta dal leader e, a sua volta, sceglie la quantità da produrre per massimizzare i propri
profitti.
Il leader, nel momento in cui prende le decisioni, conosce perfettamente il modo in cui il follower risponderà alla sua
scelta. Questo fatto avvantaggia il leader, il quale incorpora nel suo set informativo la funzione di reazione del
follower. 𝑃 = 𝑎 − 𝑏[𝑄1 + 𝑅2 𝑄1 ]
Il comportamento del follower è in tutto e per tutto sintetizzato dalla funzione di reazione così come è stato
𝑎−𝑏𝑄1
illustrato nel modello di Cournot. 𝑅2 𝑄1 =
2𝑏
𝑎−𝑏𝑄1
Per il leader la curva di domanda è 𝑃 =
2
IL MODELLO DI CHAMBERLIN; La concorrenza monopolistica è simile alla concorrenza perfetta in quanto esiste
libertà d’ingresso e di uscita dal mercato per la pluralità di imprese presenti. Tuttavia, si differenzia in quanto i
prodotti offerti dalle imprese che operano in tali mercati sono (o appaiono) diversi per i consumatori. L’impresa
fronteggia due curve di domanda:
- La prima descrive cosa succede quando essa soltanto varia il prezzo (dd)
- La seconda rappresenta come si modifica per l’impresa la quantità domandata
quando tutti le imprese variano i prezzi (DD)
Poiché le imprese in concorrenza monopolistica fronteggiano una curva di domanda
decrescente, esse hanno un certo potere di mercato. Nel breve periodo esse realizzano
profitti positivi. Tuttavia, la libertà d’ingresso e la presenza di profitti attrae nuove
imprese che, producendo beni simili, sottraggono quote di mercato alle imprese presenti
15.
EQUILIBRIO GENERALE ED EFFICIENZA DEI MERCATI
Il modello dell’equilibrio economico generale (un’economia di puro scambio con solo due consumatori e due beni)
studia come le condizioni in ciascun mercato influenzano l’equilibrio negli altri mercati. I singoli mercati non sono
separati tra di loro, al contrario esistono molte relazioni tra di essi. Per comprendere pienamente il funzionamento
dell’economia è indispensabile analizzare in che modo si raggiunge l’equilibrio in tutti i mercati. Consideriamo un
sistema economico di puro scambio in cui non esiste produzione, composto da due soli individui e due soli beni. La
scatola di Edgeworth ci consente di rappresentare contemporaneamente:
- Le preferenze dei due individui per i due beni
- La dotazione iniziale dei beni
- Tutte le possibili allocazioni finali dei beni
Partendo dalla dotazione iniziale, i due individui possono scambiarsi i beni e raggiungere un equilibrio in cui
almeno uno ha un maggiore livello di benessere. Nel punto in cui le curve di
indifferenza dei due individui sono tangenti non è più possibile procedere
ad ulteriori miglioramenti. Tale punto rappresenta una allocazione Pareto-
ottimale.
Un’allocazione è Pareto-ottimale se è realizzabile e se non esiste un'altra
allocazione tale da porre almeno un
individuo in una posizione migliore
senza peggiorare la situazione di nessun
altro. Un’allocazione è superiore in
senso paretiano se almeno un individuo
la preferisce e se l’altro ne è soddisfatto almeno tanto quanto lo era
nell’allocazione iniziale. In una scatola di Edgeworth esistono infiniti
punti Pareto-ottimali. L’insieme di tutti i punti Pareto-ottimali
rappresenta la curva dei contratti.
La curva dei contratti individua le allocazioni efficienti, perché non migliorabili in
senso di Pareto. Il criterio paretiano di ottimo non ha valenza assoluta. Esso dipende
dall’allocazione iniziale dei beni tra gli individui. Un’allocazione finale può essere
Pareto-ottimale ma, allo stesso tempo, del tutto iniqua. Il punto esatto nel tratto WZ
in cui la contrattazione condurrà di due soggetti rimane indefinito, dipende dalla
capacità contrattuale dei singoli. Se le contrattazioni avvengono sulla base di un
sistema di prezzi, l’indeterminatezza dell’esito finale dello scambio viene risolta.
soddisfazione dei consumatori. Ogni punto sulla curva dei contratti nella
scatola della produzione individua una coppia di quantità prodotte dei due
beni. La frontiera delle possibilità produttive rappresenta quei punti ed è
l’insieme di tutte le combinazioni di beni che possono essere prodotte con
date quantità di fattori produttivi e una dato livello tecnologico. Un progresso
tecnologico comporterebbe uno spostamento verso destra di tutte le
combinazioni di prodotti in cui il bene in questione è presente.
L’apertura di un paese al commercio internazionale non modifica la frontiera delle possibilità produttive. Tuttavia,
l’effetto dell’apertura al commercio internazionale è quello di accrescere la disponibilità dei beni per il consumo
interno. Consumo e produzione si situano in punti diversi lungo il vincolo di bilancio internazionale. Le esportazioni
di un bene finanziano le importazioni dell’altro bene.
Il MRT non è più uguagliato al MRS dei consumatori. Si crea una inefficienza. Il bene
tassato viene prodotto in quantità minore di quanto preferito dagli individui. Solo imposte capitarie, in forma fissa,
non presentano questo problema. I mercati in realtà possono essere inefficienti per molte ragioni. Altre possibili
cause di fallimento di mercati:
- Presenza di potere di mercato: ad esempio monopoli o oligopoli
- Presenza di esternalità e di beni pubblici
- Informazione incompleta e/o asimmetrica
16.
ESTERNALITÀ, DIRITTI DI PROPIETÀ E TEOREMA DI COASE
Il benessere economico è misurato dalla somma del surplus del consumatore e del produttore. La “mano invisibile”
del mercato assicura la massimizzazione del benessere, ma questo, in senso stretto, nel solo caso ideale della PC. Il
meccanismo di mercato può infatti “fallire” (cioè “non riuscire a”, dall’inglese to fail) nel suo compito di generare il
massimo benessere. Si parla in questi casi di “fallimenti del mercato” (market failures). In tali situazioni il policy-
maker può intervenire per incrementare il benessere, ma non sempre tale intervento è necessario ed a volte è
addirittura controproducente. Il Mercato (inteso nel senso del meccanismo generale) fallisce in presenza di almeno
uno dei seguenti fenomeni:
- Esternalità
- Asimmetrie informative
- Potere di mercato
Le tre cause, apparentemente slegate tra loro, possono in realtà essere tutte ricondotte ad un fenomeno comune, la
c.d. incompletezza della struttura dei mercati. Con tale espressione si intende l’assenza nel Mercato di uno o più
mercati rilevanti, cioè di “luoghi istituzionali” dove siano possibili scambi che, se realizzati, consentirebbero di
raggiungere comunque il massimo benessere sociale. In altre parole, il Mercato fallisce perché nel sistema
economico non ci sono abbastanza mercati, cioè perché mancano le regole e/o le istituzioni che consentono di
realizzare tutti gli scambi mutuamente vantaggiosi.
Si ha una esternalità quando l’azione di un agente economico (sia esso consumatore o impresa) impone dei costi
(esternalità negativa) oppure arreca benefici (esternalità positiva) ad altri agenti economici. Esternalità positiva: i
benefici (non compensati monetariamente) di cui godono agenti non coinvolti direttamente in una transazione.
Esternalità negativa: i costi (non compensati monetariamente) che sono imposti ad agenti non direttamente
coinvolti in una transazione. In entrambi i casi il mercato “fallisce”, cioè non riesce da solo a garantire l’allocazione
ottimale delle risorse (il c.d. first best). L’inefficienza associata alla presenza di esternalità è dovuta al fatto che esse
sono, per definizione, esterne rispetto a chi le determina e quindi non vengono incorporate nei prezzi di mercato.
Dal punto di vista del singolo agente (consumatore o impresa) non rientrano nei calcoli individuali di scelta e quindi
non entrano a far parte né dei costi né dei benefici privati. In particolare, in presenza di una esternalità negativa
nella produzione, la produzione complessiva nel settore che causa l’esternalità è superiore rispetto a quella Pareto-
ottima. In presenza di una esternalità positiva nella produzione, invece la produzione complessiva nel settore che
causa l’esternalità è inferiore rispetto a quella Pareto-ottima. In presenza di un’esternalità negativa, il mercato (cioè
il prezzo) dà un segnale (o incentivo) sbagliato a compratori e
venditori riguardo a quanto domandare ed offrire. Infatti le decisioni
di compratori e venditori tengono conto solo dei costi opportunità
privati, mentre ignorano il costo che le transazioni su quel mercato
causano a terzi, e quindi sottovalutano il costo totale (c.d. costo
sociale). Quindi sul mercato si produrrà e consumerà “troppo” di quel
dato bene rispetto a quanto sarebbe socialmente desiderabile. In
termini grafici, un’esternalità negativa nella produzione (p.e.
inquinamento) genera una nuova curva di offerta virtuale che
rappresenta l’intero costo sociale, ovvero che tiene conto sia del costo
privato che del costo per i terzi danneggiati. La nuova curva è virtuale perché nella realtà si osserva soltanto la curva
(più precisamente, la scheda) di offerta privata. Poiché la
produzione del bene crea costi esterni all’impresa
(inquinamento) il costo marginale sociale > costo marginale
privato sopportato dall’impresa. La quantità prodotto (mercato
concorrenziale) è troppo grande: Il beneficio marginale < del
costo marginale sociale.
Per cercare le origini della proprietà privata è utile considerare ciò che può accadere in una economia priva di una
struttura ben sviluppata di diritti di proprietà. Il mercato fallisce in quanto gli utilizzatori del bene comune non
prendono in considerazione gli effetti delle loro decisioni private sulla proprietà collettiva. Quando il numero dei
vitelli che pascolano sui terreni di uso collettivo aumenta, l’incremento di peso realizzabile da ogni vitello risulta
minore, con conseguente diminuzione del prezzo medio per vitello. Quando una risorsa (terra da pascolo) è di
proprietà collettiva ogni utilizzatore arriverà ad ottenere il prodotto medio dei fattori produttivi che ha impiegato
sulla risorsa. Gli input di proprietà privata saranno impiegati sulla risorsa fino al punto in corrispondenza del quale il
17.
INTERVENTO PUBBLICO
Beni pubblici; Una merce o un servizio che ha due caratteristiche: la non rivalità nei consumi e la non escludibilità.
Non rivalità: sia la proprietà di un bene che un aumento del suo consumo da parte di atri non ne fa diminuire la
quantità disponibile per il consumo da parte di altre persone. Non escludibilità: sia la proprietà di un bene che il suo
consumo da parte di atri non può essere escluso. I beni privati puri sono caratterizzati da due proprietà: sono
contemporaneamente rivali ed escludibili. Al contrario, i beni pubblici puri sono non rivali e non escludibili. Per i beni
pubblici non esiste alcun mercato e sono quasi sempre
offerti dal governo. Un bene pubblico può essere fruito da
parte dell'intera società, laddove un bene che è utilizzato
soltanto da un suo sottoinsieme dovrebbe essere
considerato un bene collettivo. Se le autorità pubbliche
non li forniscono, nessun privato avrà convenienza a farlo.
Questa è una delle cause che determina un fallimento del
mercato. Le autorità pubbliche normalmente
intervengono attraverso l’imposizione fiscale per
finanziare l’offerta dei beni pubblici. La difesa nazionale è
l’esempio tipico di bene pubblico puro.
Il problema che sorge nel caso dei beni pubblici, perché chi non contribuisce ai
costi per fornire il bene pubblico non può essere escluso dai suoi benefici. Un
tipico problema legato alla fornitura dei beni pubblici è il comportamento da free
rider degli agenti economici. Per free riding si intende il comportamento di chi
usufruisce dei beni pubblici senza pagarne il corrispettivo. Il semplice fatto che
un bene abbia le caratteristiche di bene pubblico, tuttavia, non implica che
debba necessariamente essere fornito dall’autorità pubblica.