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Solidificazione di metalli puri e leghe

Esaminiamo ora le caratteristiche del solido che possono presentarsi


quando i metalli puri e le leghe solidificano. Cominciamo ad esaminare il
caso più semplice: la solidificazione unidirezionale di un metallo puro.

Solidificazione unidirezionale di un metallo puro


Solido e liquido hanno la stessa composizione e l’interfaccia solido-liquido
si muove parallelamente a sé stessa lungo una sola direzione. Il gradiente
di T è diretto lungo la navicella che contiene il metallo e per semplicità
supponiamo che sia costante nel solido e nel liquido, anche se di diverso
valore nelle due fasi per la loro diversa conducibilità termica. Fig.8
schematizza i casi principali che si possono incontrare.
Direzione di solidificazione
T
2
Solido Liquido
4
TM O

O’
1
5

Interfaccia S-L x

Fig.8-
Rappresentazione schematica dell’interfaccia S-L nella solidificazione unidirezionale
di un metallo puro e dei possibili andamenti della temperatura nelle due fasi.

1°caso: l’andamento della temperatura nelle due fasi è descritto dalle linee
1-2. La temperatura all’interfaccia S-L coincide con TM pertanto non
esistono le condizioni affinché il fronte di solidificazione possa avanzare
(interfaccia stazionaria).
2° caso: l’andamento della temperatura nelle due fasi è descritto dalle linee
3-4 (il sistema è raffreddato solo dal lato del solido). L’interfaccia si trova
ad una temperatura inferiore a TM (ΔT = OO’) e il gradiente di temperatura
nel liquido è positivo quindi solo una parte del liquido di fronte
all’interfaccia è sottoraffreddata.

SOL-1
3° caso: l’andamento della temperatura è rappresentato dalle linee 3-5 (il
sistema è raffreddato da ambedue i lati). Come nel 2° caso l’interfaccia si
trova ad una temperatura inferiore a TM ma qui abbiamo un gradiente di
temperatura negativo nel liquido cioè tutto il liquido davanti l’interfaccia
S-L è sottoraffreddato. In pratica ciò si realizza se la velocità di
nucleazione è trascurabile rispetto alla velocità di crescita.
La solidificazione procede da sinistra verso destra in entrambi i casi (2 e 3)
ma la morfologia del solido che ne risulta è profondamente diversa.
Quando il gradiente di temperatura nel liquido è positivo (2° caso)
l’interfaccia S-L presenta una struttura a terrazze, formata da laminette
disposte a gradini con altezza da 1 a 10 m. Sugli spigoli di ciascun
gradino possono facilmente trovar posto gli atomi del metallo, cosicché la
crescita procede rapidamente per spostamento dell’interfaccia S-L, che
mantiene la sua forma a terrazze. I piani delle terrazze sono in genere
paralleli ai piani atomici di massima densità.
Quando il gradiente di temperatura nel liquido è negativo (3° caso)
all’interfaccia S-L si formano cristalli dendritici, che crescono rapidamente
nel liquido. I cristalli dendritici, o dendriti, sono cristalli ramificati con un
asse principale che si dispone parallelo alla direzione del flusso termico.
La velocità di crescita delle dendriti aumenta con il sottoraffreddamento
nel liquido e, in conseguenza dell’accrescimento dendritico, si ha nel
metallo solidificato un’orientazione preferenziale poiché i cristalli
dendritici, nei quali la direzione di crescita è parallela al flusso termico,
sono in condizione di crescere più rapidamente degli altri. Alla fine della
solidificazione si ottiene un insieme di cristalli con la stessa orientazione,
ovvero con lo stesso asse cristallografico circa parallelo alla direzione del
flusso termico. La fig.9 mostra la struttura a terrazze e quella dendritica
mentre fig.10 mostra la formazione di dendriti a partire da una interfaccia
S-L piana.

SOL-2
Fig.9- Struttura a terrazze (alto), struttura dendritica (basso).

Fig.10– Sviluppo di una struttura dendritica partendo da un’interfaccia S-L piana.

Solidificazione delle leghe (sottoraffreddamento costituzionale)


Nella solidificazione di una lega il solido ha una diversa composizione da
quella del liquido con cui si trova in equilibrio. Una conseguenza tra le più
importanti di questa diversa concentrazione di soluto è la possibilità di
realizzare un sottoraffreddamento del liquido antistante l’interfaccia S-L
anche con un gradiente di temperatura positivo.
SOL-3
Solidificazione monodirezionale di una lega con 2 componenti A e B
Essendo diverse le composizioni di solido e liquido in equilibrio, si
definisce un coefficiente di distribuzione all’equilibrio, K0, come il
rapporto tra la concentrazione del soluto B nel solido e quella nel liquido.
K0 >1 quando un aumento della concentrazione di B alza il punto di
fusione, K0< 1 in caso contrario.
In fig.11 sono riportati due porzioni di diagramma di stato con le due
situazioni descritte. Nei casi presentati qui si mostra l’inizio della
solidificazione quando da un liquido con composizione C0, uguale a quella
della lega, si separa il primo solido con composizione K0C0.
T K0 < 1 K0 > 1

L L
S S

A K0C0 C0 B A C0 K0C0 B

Fig.11– L’incremento di soluto B abbassa (K0 < 1) o innalza (K0 > 1) il punto di
fusione della lega A-B.

Distribuzione del soluto B nel liquido davanti all’intefaccia S-L


avanzante
Ci si propone di calcolare l’andamento della concentrazione del soluto B
nel liquido in funzione della distanza dall’interfaccia nel caso di una lega
A-B con K0<1. Con considerazioni analoghe si tratta il caso K0>1.
Per semplificare la trattazione analitica si fanno le seguenti ipotesi:
a) K0 è costante, cioè le linee di solidus e di liquidus sono approssimate
con rette;
b) la diffusione del soluto nel solido è trascurabile rispetto a quella nel
liquido;
c) all’interfaccia S-L è sempre verificata la condizione di equilibrio
prevista dal diagramma di stato.
Consideriamo la lega fusa di composizione C0 che solidifica lungo una
direzione x.

SOL-4
Il primo strato di solido che si forma ha composizione K0C0; man mano
che la solidificazione procede, da un lato aumenta la concentrazione di B
nel liquido immediatamente adiacente all’interfaccia S-L dall’altro
aumenta la concentrazione del soluto nel solido, che si deposita dopo il
primo straterello. Il continuo rigetto da parte del solido di atomi di soluto
B nel liquido all’interfaccia fa variare la concentrazione di B, che si porta
al valore CL (0) maggiore di C0 per cui interviene un processo migratorio
nel liquido che tende ad annullare la differenza insorta. Lo stato di
stazionarietà viene raggiunto quando la quantità di soluto, rigettato dal
solido nel liquido eguaglia, nell’unità di tempo, la quantità di soluto che
migra nella massa del liquido lontana dall’interfaccia, dove la
concentrazione di B è rimasta C0. Le cause di migrazione di B nel liquido
possono essere: 1- la diffusione; 2- i moti convettivi accidentali o imposti;
3- l’agitazione meccanica del liquido.
In ogni caso esiste sempre uno strato di spessore  adiacente all’interfaccia
S-L in cui opera la sola diffusione. Tale strato può avere uno spessore la
cui grandezza può variare da 10m (agitazione meccanica forte) a
qualche mm (moti convettivi). E’ in questo strato liquido che si valuta
l’andamento della concentrazione del soluto in condizioni di stazionarietà,
mentre al di fuori di esso la concentrazione nel liquido è sempre C0 .
Si consideri un volume infinitesimo dV di liquido ad una distanza x
dall’interfaccia S-L e si esegua il bilancio di materia del soluto B, riferito
all’unità di tempo, nelle condizioni di stazionarietà (la quantità di B in dV
è costante).
Il trasporto di soluto B attraverso dV è legato a 2 processi:
a) la diffusione di B verso la zona liquida con C = C0;
b) il continuo avanzamento dell’interfaccia S-L con conseguente
espulsione di atomi B nel liquido da parte del solido.

SOL-5
Esaminiamo ora i due processi separatamente.
Processo a)
La quantità di soluto riferita all’unità di tempo e di superficie (S=1), cioè il
flusso di B attraverso una superficie parallela all’interfaccia S-L a distanza
X è esprimibile secondo la 1° legge di Fick come:

 dC 
J ( x )   D L  (25)
 dx  X

dove D è il coefficiente di diffusione di B nel liquido. A distanza X + dX


sarà:

 dC   dJ 
J ( x  dx)   D L   J ( x)    dx (26)
 dx  X  dX  dx  X

la variazione di B nel volume dV vale di conseguenza:

 d 2CL 
C a   D 2
 dx
 (27)
 dx X

SOL-6
Processo b)
L’avanzamento dell’interfaccia con velocità R comporta un movimento,
sempre con velocità R, dell’intera distribuzione del soluto B. Essendo CL
(x) la concentrazione del soluto B nel liquido nel punto x davanti
l’interfaccia, il flusso J (x) in x vale allora:

J(x)=RCL(x) (28)

Analogamente il flusso J (x + dx) in x + dx è dato da:

  dC ( x)  
J ( x  dx)  RCL ( x  dx)  R CL ( x)   L  dx (29)
  dx  X 

La variazione ΔCb di B nel volume dV vale di conseguenza:

 dC ( x) 
Cb  J ( x  dx)  J ( x)  R L  dx (30)
 dx  X

In condizioni di stazionarietà la concentrazione del soluto B nel volume


elementare dV deve essere costante, pertanto le variazioni dovute ai
processi a e b si debbono bilanciare (ΔCa = ΔCb) cioè:

 d 2C L  dC L
D 2 
  R 0 (31)
 dx  dx

La soluzione generale di questa equazione è:

R
 x
CL ( x)  A  Be D
(32)

dove A e B sono costanti da determinare con le condizioni al contorno, che


nel nostro caso sono:

1) CL (x) = C0 per x = 

SOL-7
dCL
2) R CL (x) (1-K0) + D 0 per x = 0
dx

La 2° condizione esprime la conservazione del soluto nel liquido


all’interfaccia (la quantità di B rigettata dal solido eguaglia la quantità di B
portata via dalla diffusione).
I valori di A e B, che si ricavano, sono:

K0 1  K0
A C0 B C0
R R
K 0  (1  K 0 ) exp(  ) K 0  (1  K 0 ) exp(  )
D D

Sostituendo i valori di A e B otteniamo:

R
K 0  (1  K 0 ) exp( x)
C L ( x )  C0 D
(33)
R
K 0  (1  K 0 ) exp(  )
D

Ora siamo in grado di determinare la concentrazione di B nel liquido


all’interfaccia. Poniamo x = 0 ed otteniamo:

C0
C L (0)  (34)
R
K 0  (1  K 0 ) exp(   )
D

Le equazioni considerate assumono una forma particolarmente semplice


nel caso in cui , cioè nel caso in cui la sola causa di
omogeneizzazione sia la diffusione nel liquido.
R
K 0  (1  K 0 ) exp(  x)
C L ( x)  C0 D (35)
K0

C0
da cui C L (0)  . Dalla definizione di K0 possiamo scrivere CS = CL (0) K0
K0
= C0.

SOL-8
Le condizioni dello stato stazionario si raggiungono quando la
concentrazione di B nel solido all’interfaccia diventa uguale a C0.

Condizione per avere sottoraffreddamento costituzionale


Una volta determinato l’andamento della concentrazione del soluto nel
liquido in funzione della distanza x dall’interfaccia nel caso che sia K0<1
(eq.35), osserviamo che la temperatura di liquidus TL corrispondente a CL
(x) è:

R
K 0  (1  K 0 ) exp( x)
D
TL= TMA–mCL(x)=TMA-m C0 K0 (36)

dove con m si è indicato il coefficiente angolare della linea di liquidus e


con TMA la temperatura di fusione del metallo A puro.
Fig.12 mostra come variano CL (x) e TL in funzione di x.
L’andamento della temperatura nel liquido è imposta dalla condizione di
sottrazione del calore; confrontando l’andamento reale della temperatura
con gli andamenti di TL calcolati, possiamo capire la formazione di tipi
diversi di struttura (vedi fig.13).
Se il gradiente di temperatura è tale da essere inferiore al coefficiente
angolare della retta tangente alla curva TL(x) nel punto iniziale TLI , allora la
temperatura di liquidus è superiore alla temperatura effettiva, di
conseguenza esiste una zona in cui il liquido è sottoraffreddato. Questo
sottoraffreddamento, riscontrabile solo nelle leghe, si chiama
sottoraffreddamento costituzionale.
La distribuzione effettiva della temperatura nel liquido si può esprimere
come:

T= TLI +GLx (37)

essendo GL il gradiente di temperatura.

SOL-9
C0 / K0
K0<1 K0>1

CL
C0
C0
CL

C0 / K0
x
x

T T
K0<1 K0>1

TMA – mC0 TMA – mC0

TL TL

TLI TLI

x x
Fig.12– Concentrazione CL del soluto B nel liquido di fronte all’interfaccia S-L per
K0<1 e K0>1 (alto) e corrispondente temperatura di liquidus TL (basso).

T
Terrazze

Celle Celle+dendriti Dendriti

TL

TLI

x
Fig.13– Strutture di solidificazione in funzione del gradiente di temperatura imposto
al liquido di fronte all’interfaccia S-L.
SOL-10
Derivando eq.(36) rispetto a x otteniamo:

 dTL  R 1  K0  R  R 1  K0
    mC o exp   x   mCo (38)
 dx  x 0  D K0  D   x 0 D K0

Perché si abbia sottoraffreddamento costituzionale deve essere:

GL mCo (1  K 0 )
 (39)
R DK o

Quando c’è sottoraffreddamento costituzionale la struttura a terrazze,


simile a quella presente nella struttura di solidificazione di un metallo
puro, viene progressivamente sostituita da una struttura cellulare. La
struttura cellulare è composta da elementi paralleli a forma di bacchette, a
sezione esagonale più o meno regolare, dirette nella direzione di
solidificazione. Le celle non costituiscono grani diversi ma debbono
piuttosto essere considerate come irregolarità di crescita di un unico
cristallo.
Consideriamo una lega A-B con K0 <1 ed immaginiamo che cause
accidentali diano luogo ad una protuberanza nell’interfaccia S-L. Il soluto
B viene rigettato nel liquido lungo tutta la superficie della protuberanza,
che si trova circondata da una zona di liquido sottoraffreddato. Il soluto in
particolare si addensa alla base della sporgenza a causa della diffusione
laterale. Questo accumulo di soluto B abbassa localmente la temperatura di
solidificazione di equilibrio (TL ), il materiale non risulta essere più
sottoraffreddato così la crescita laterale viene rallentata. La protrusione
cresce e altre si formano nelle zone adiacenti alla zona arricchita di B dove
la solidificazione è stata rallentata. In questo modo si forma una struttura
cellulare.
Aumentando ulteriormente il sottoraffreddamento costituzionale, ad
esempio diminuendo G, la struttura a celle viene sostituita prima da una
struttura mista (celle + dendriti) ed infine da una struttura completamente
dendritica.

Struttura di solidificazione tridimensionale


Come mostrato in fig.14, normalmente nella sezione di un getto si possono
distinguere 3 zone:
SOL-11
a- una zona con piccoli cristalli equiassici (esterna),
b- una zona con cristalli colonnari (intermedia),
c- una zona con grossi cristalli equiassici (centrale).
La prima zona si forma per nucleazione eterogenea sulle pareti della
lingottiera per il forte sottoraffreddamento termico causato dal rapido
smaltimento di calore da parte del primo strato di metallo a contatto con la
parete fredda.
La zona con cristalli colonnari prende origine dalla crescita preferenziale
di alcuni cristalli della prima zona favorevolmente orientati. In questa zona
può venire a mancare il sottoraffreddamento termico, mentre il
sottoraffreddamento costituzionale è sempre presente.

Fig.14- La struttura di un lingotto è formata da 3 zone con diverse caratteristiche.

Sull’origine della zona centrale con grandi cristalli equiassici ci sono varie
ipotesi:
1- ad un certo istante della solidificazione il liquido rimasto ha raggiunto
un tale grado di sottoraffreddamento costituzionale per cui si formano
numerosi nuclei davanti all’interfaccia S-L, che ostacolano un’ulteriore
crescita colonnare.
2- La nucleazione avviene solo all’inizio, cioè a contatto con le pareti della
lingottiera; la crescita di cristalli equiassici nella zona centrale è dovuta a
nuclei portati là dai moti convettivi del liquido.
3- I nuclei , portati nella zona centrale, sono frammenti di dendriti, che si
distaccano.
SOL-12
La differenza tra la prima ipotesi e le altre consiste nelle diversa
importanza attribuita al sottoraffreddamento costituzionale nella porzione
centrale del liquido. Sperimentalmente si è visto che la transizione da
cristalli colonnari a cristalli equiassici dipende dal prodotto GLR-1/2.
Pertanto, se le condizioni di solidificazione sono scelte opportunamente, si può
variare la proporzione tra cristalli colonnari e cristalli equiassici.

Controllo delle strutture di solidificazione


Le proprietà di un materiale metallico ottenuto per colata dipendono dalla
sua struttura dopo solidificazione in quanto non tutti i difetti possono
essere eliminati con la successiva lavorazione a caldo. La presenza di
variazioni significative di composizione chimica all’interno del lingotto ed
inclusioni possono costituire problemi molto seri.
Fig.15 mostra alcune strutture di solidificazione. La struttura c) è quella
che si incontra più spesso nelle leghe allo stato di getto.
La struttura d) presenta cristalli equiassici ed è in generale la situazione
migliore perché produce un materiale microscopicamente isotropo e di
composizione chimica omogenea.

FIG.15- Strutture di solidificazione.

La struttura a) e c) raramente sono omogenee e le impurità si trovano


segregate al centro. Questo tipo di macrosegregazione può essere molto
costosa quando si ripercuote su prodotto finito.
Le condizioni che favoriscono la crescita di una zona centrale equiassica a
spese della zona colonnare, sono le seguenti:
a) basso gradiente di temperatura nel liquido,
b) ampio intervallo di solidificazione della lega,
c) aumento del numero dei centri di nucleazione,
d) diminuzione delle dimensioni del lingotto,
SOL-13
e) aumento della turbolenza del liquido durante la solidificazione.
Scegliendo le condizioni si può variare in modo opportuno il prodotto
finale.
Se vogliamo, per esempio, un getto con spiccate caratteristiche di
anisotropia conviene partire da una struttura colonnare. Aumentiamo il
gradiente di temperatura nel liquido mantenendo calda la testa del lingotto
mediante aggiunta di polveri esotermiche, diminuendo la turbolenza del
liquido.
Se vogliamo una zona centrale con grani equiassici per avere proprietà
meccaniche uniformi dobbiamo far sì che tutto il getto sia uniformemente
sottoraffreddato ed inoltre è bene aggiungere agenti che favoriscono la
nucleazione. Nel caso di Al si aggiungono piccoli quantitativi di Ti, che
reagendo con il contenitore di grafite forma carburi che agiscono come
centri di nucleazione.
Bisogna prestare attenzione ad aggiungere un agente che sia nucleante
selettivo, cioè solo in un certo intervallo di temperatura. In caso contrario
il getto presenterebbe una grande porosità dovuta al fatto che non si è
lasciato tempo al gas presente nel liquido di andarsene. Se l’agente
nucleante è selettivo il fronte di solidificazione è preceduto da una banda
di nucleazione che, se sufficientemente ristretta, annulla la crescita
colonnare ma non crea problemi di intrappolamento dei gas.

SOL-14
Segregazione
La segregazione è una disomogeneità di composizione che si osserva in
una lega metallica come conseguenza del fatto che la solidificazione non
avviene secondo una successione di stati di equilibrio. A titolo di esempio,
consideriamo il caso di completa miscibilità di A e B allo stato liquido e
allo stato solido(fig.16).
La lega di composizione C0 venga raffreddata dal punto S0. Alla
temperatura T1 la retta S0-C0 incontra la curva di liquidus e si separa il
primo solido di composizione C1.
La composizione dell’ultimo solido che si forma è CS=C0. Se la
solidificazione avvenisse in tempi estremamente lunghi, il sistema
passerebbe attraverso una serie di stati di equilibrio; in questo caso le
concentrazioni del solido seguirebbero la linea di solidus e la
solidificazione terminerebbe a T3=Ts.
I tempi dovrebbero essere tali da permettere sempre la omogeneizzazione
del solido. Siccome tale condizione non è verificata, la concentrazione del
solido segue la linea C1-S, che si trova a sinistra della linea di solidus, e la
solidificazione termina a T=TS’ (con TS’< TS). La composizione chimica del
solido al termine della solidificazione varia, nella direzione di
solidificazione, da C1 a CS in modo continuo dando luogo ad una lega
monofasica di composizione media C0.

Fig.16– Sistema con completa miscibilità di A e B allo stato liquido e solido.

SOL-15
Distribuzione del soluto nella solidificazione monodirezionale
La composizione media di una lega solidificata con segregazione varia tra
due valori C1 e CS. Vogliamo stabilire per una lega A-B (K0<1)
l’andamento della composizione lungo la barra solidificata con
segregazione. Per semplicità ci riferiamo a solidificazione
monodirezionale e consideriamo 2 casi limite:
1) L’omogeneizzazione del liquido è lenta in quanto dovuta alla sola
diffusione.
2) L’omogeneizzazione è assicurata pressoché istantaneamente da una
efficace agitazione meccanica.
CS Nessuna agitazione del liquido
Completa agitazione del liquido
Caso reale

C0

K0C0

0 x
Fig.17– Concentrazione del soluto nel solido solidificato unidirezionalmente in
diverse condizioni.

Nel caso di omogeneizzazione dovuta a sola diffusione, giunti allo stato


stazionario, la concentrazione di B nel solido sale rapidamente dal valore
K0C0 fino alla concentrazione C0 e rimane costante finché l’interfaccia non
raggiunge la parte finale della barra. Nel tratto finale c’è una rapida ascesa
in quanto lo stato stazionario non può mantenersi essendo insufficiente alla
diffusione la piccola porzione di liquido che ancora deve solidificare.
Nel caso di omogeneizzazione dovuta ad agitazione meccanica la
distribuzione del soluto B nella barra solidificata non presenta di fatto un
tratto costante corrispondente alla concentrazione C0 ma solo un
andamento crescente. I due casi sono molto diversi e sono ovviamente
ideali. L’andamento reale si avvicina di più alla situazione in cui
l’omogeneizzazione è ottenuta per mescolamento meccanico.
In tutti i casi la porzione di barra, che solidifica per ultima, è più ricca di
soluto B rispetto alla porzione iniziale. Su questo fatto si basa il metodo
SOL-16
della fusione a zone, che si esegue spostando lungo una barra solida una
piccola zona fusa da un capo all’altro più volte. Ad ogni passata il soluto
B viene sempre più “spinto” verso una delle 2 estremità ed il restante
metallo risulta sempre più puro. Il metodo della fusione a zone permette di
ottenere metalli con un elevato grado di purezza. Le impurezze, dopo
alcune passate, rimangono concentrate ad una estremità della barra, che
alla fine sarà rimossa.

Macrosegregazione e microsegregazione
Il fenomeno della segregazione può presentarsi su diversa scala. Quando la
disomogeneità di composizione chimica interessa zone le cui dimensioni
sono confrontabili con quelle del getto, si parla di macrosegregazione.
Quando invece le disomogeneità riguardano zone grandi come i grani
cristallini (100m), si parla di microsegregazione. La causa del
fenomeno è la stessa in ambedue i casi.
La macrosegregazione si può presentare in 3 modi diversi:
a) segregazione normale: le sue caratteristiche sono quelle illustrate nel
paragrafo precedente con riferimento alla solidificazione unidirezionale di
una barra metallica.
b) segregazione inversa: è osservata in alcune leghe che presentano una
concentrazione di soluto più alta nella parte esterna del lingotto piuttosto
che in quella interna. Esempio tipico è il sudore dello stagno cioè la
comparsa di gocce di liquido ad alta concentrazione di stagno sulla
superficie esterna dei lingotti di bronzo (leghe Cu-Sn).
Affinché ci sia segregazione inversa è necessario che la lega diminuisca di
volume durante la solidificazione. Infatti i canali interdendritici si
riempiono di liquido arricchito di soluto B, che viene poi risucchiato verso
l’esterno per la contrazione dovuta alla solidificazione. Il fenomeno è tanto
più sviluppato quanto più il liquido può stazionare nei canali
interdendritici, cioè quanto più esteso è l’intervallo di solidificazione
(basso valore di K0). Spesso la segregazione inversa è accompagnata da
porosità se ci sono gas disciolti nel metallo liquido.
Segregazione inversa localizzata alla superficie si ha quando si verifica il
distacco dalla lingottiera e la frattura del primo strato solidificato.
c) segregazione per gravità: i costituenti solidi e liquidi si separano per il
loro diverso peso specifico. Esempi tipici sono le leghe antifrizione Pb-Sn-
Sb.

SOL-17
La microsegregazione dipende dalle strutture di solidificazione;
fondamentalmente si osservano 3 situazioni diverse:
a) segregazione intercellulare,
b) segregazione interdendritica,
c) segregazione intergranulare.

SOL-18
Porosità
La porosità, che si può osservare in un getto, è riconducibile a 3 cause
principali:
a) fratture che si formano a seguito delle tensioni che insorgono perché
differenti sezioni del getto si raffreddano con velocità diverse;
b) diminuzione di volume che accompagna la solidificazione della
maggior parte dei metalli;
c) sviluppo di gas durante il raffreddamento.
I principali gas con cui i metalli entrano in contatto sono biatomici (O2, N2,
H2). A differenza di altri soluti, la solubilità dei gas dipende in modo
significativo dalla pressione. Ad una certa temperatura, la solubilità Cg di
un gas in un metallo in funzione della pressione del gas P è descritta dalla
legge di Sievert:

Cg  k P (40)

dove k è una costante. La legge, che descrive la linearità tra Cg e P , vale


sia per lo stato liquido che solido. Tuttavia, come mostrato in fig.18 nel
caso di H2 in Mg, la pendenza della retta aumenta al crescere della
temperatura ed è maggiore per il liquido che per il solido.
Fissata la pressione, la solubilità aumenta rapidamente al crescere della
temperatura (vedi esempio in fig.18) ed è descritta da una relazione di
Arrhenius:

Q

C g  Be RT
(41)

dove B è una costante e Q è l’energia di attivazione, cioè il lavoro che deve


essere fatto per introdurre una mole di atomi di gas nel metallo.

SOL-19
Fig.18- Solubilità di idrogeno in magnesio liquido in funzione della radice quadrata
della pressione P. Per un prefissato valore di P la solubilità è maggiore a temperatura
più alta.

Raffreddando un metallo la solubilità subisce una caduta repentina, in


particolare quando il liquido si trasforma in solido, perciò il gas comincia a
segregare e nelle zone in cui la sua concentrazione supera il valore critico
di saturazione si possono formare delle bolle. Per la nucleazione e crescita
delle bolle si possono fare le stesse considerazioni termodinamiche viste
per la trasformazione di fase liquido-solido. Le bolle nucleano di
preferenza sulle pareti del contenitore o all’interfaccia S-L. Un aspetto
caratteristico invece di questa trasformazione è legato alla pressione: un
abbassamento di P favorisce la nucleazione delle bolle, un innalzamento di
P ha l’effetto contrario. Per questa ragione i processi di fonderia, come
pressofusione e squeeze-casting, in cui una forte pressione è applicata sul
metallo mentre sta solidificando, permettono di ottenere getti con minor
porosità residua. Anche in questi processi, tuttavia, ci può essere
formazione di bolle a causa del ritiro da solidificazione, che può far cadere
la pressione soprattutto se il liquido è circondato da un guscio già
diventato solido.
Una volta che una bolla ha superato la dimensione critica, la crescita
diventa progressivamente sempre più facile. Questo può esser compreso
considerando la seguente relazione:

SOL-20
2
Pg  PL  (42)
r
Pg e PL sono la pressione del gas nella bolla e la pressione esercitata sul
liquido (dine cm-2), γ la tensione superficiale liquido-gas (dine cm-2) e r il
raggio della bolla (cm).
Se il raggio r aumenta, la pressione differenziale Pg – PL diminuisce quindi
dalla legge di Sievert la bolla è in equilibrio con concentrazioni di gas nel
liquido via via decrescenti. Inoltre deve essere considerato il fatto che
assorbendo gas la bolla ne impoverisce la porzione di liquido che la
circonda. Questo innesca un processo diffusivo con un flusso di atomi di
gas dalle zone a più alta concentrazione (lontano dalla bolla) verso quella a
minor concentrazione (attorno alla bolla).
L’effetto della formazione di bolle di gas sulla qualità del getto dipende
dal numero di bolle che rimangono intrappolate nel solido e dalla loro
dimensione. In genere le bolle che crescono rapidamente riescono a
liberarsi, risalgono verso la superficie dove, se trovano il metallo già
solidificato, danno luogo ad una grossa cavità altrimenti si rompono
rilasciando gas. E’ più facile che rimangano intrappolate dal solido le bolle
che crescono più lentamente.
Fig.19 mostra due tipologie diverse di porosità con dimensione
macroscopica.

Fig.19- Porosità macroscopica: blowholes (A) e wormholes (B).

Le soffiature (blowholes) hanno forma sferica e si formano quando le bolle


crescono molto lentamente. Per eliminare questo difetto, se le superfici
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interne delle bolle non si sono ossidate, può esser sufficiente sottoporre i
getti a laminazione a caldo. Se invece non avviene la saldatura dei due
lembi della superficie interna delle bolle, le soffiature si trasformano in
difetti allungati, detti ripiegature.
Nell’altro esempio di fig.19 invece le bolle presentano una forma allungata
tubolare (wormholes). Questa morfologia è tipica di bolle che crescono
con velocità intermedie seguendo il fronte di solidificazione.
Una porosità molto più fine, microscopica, è quella che si osserva tra i
rami delle dendriti o per effetto congiunto di sviluppo di gas e ritiro del
metallo oppure solo per ritiro del metallo. Una struttura dendritica molto
ramificata comporta una serie complessa di canali che contengono metallo
liquido incapsulato dal solido. Quando infine anche questo liquido si
trasforma, la diminuzione di volume genera questo tipo di porosità.
A volte si sfrutta lo sviluppo di gas e la conseguente formazione di bolle
per compensare il ritiro di solidificazione dei grossi lingotti. Per esempio,
questo è quanto viene fatto nel rimming, cioè nella colata in lingottiera di
acciai con alto tenore di ossigeno (acciai effervescenti). L’ossigeno, il cui
contenuto deve essere strettamente controllato, si combina col carbonio
dell’acciaio formando CO durante il raffreddamento. Le soffiature sono
poi eliminate con la laminazione a caldo. Naturalmente un alto tenore di
ossigeno comporta la presenza di molti ossidi nel prodotto finito. In molti
acciai la presenza di ossidi può esser tollerata, mentre non può esser
tollerata negli acciai a cui si richiedono alte prestazioni e che hanno un
contenuto di carbonio maggiore di 0.3%, come per esempio quelli per
organi meccanici sottoposti a forti tensioni in esercizio. Questi acciai, che
vengono disossidati prima di essere colati, sono detti acciai calmati (killed
steels).
Un problema tipico degli acciai calmati è la formazione di una cavità
centrale nel lingotto dovuta al ritiro da solidificazione. Per evitare questo
difetto bisogna alimentare liquido nella zona centrale mentre progredisce il
processo di solidificazione e si fà mediante serbatoi di liquido sistemati in
punti opportuni dello stampo, che per questa ragione viene ad assumere
una forma complicata e ad essere piuttosto costoso.

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