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Diritto medievale

CAPITOLO 1
La storia del diritto nella formazione dei giuristi
La storia del diritto nella formazione dei giuristi serve all’interpretazione del diritto attuale,
permette l’individuazione di valori giuridici duraturi, sviluppa la sensibilità giuridica e allarga gli
orizzonti culturali dei giuristi. Il compito della storia del diritto deve essere quello di
problematizzare il presupposto secondo cui il diritto dei nostri giorni e razionale, necessario e
definitivo, osservando come il diritto sia situato in società.

La storia del diritto come discorso legittimante


La storia del diritto può contribuire a legittimare il diritto statuito. La storia del diritto ha svolto
questa funzione legittimante per un lungo periodo della storia europea:
-Nell’Encien regime il diritto era identificato con il diritto che era stato praticato, era l’insieme
dei costumi consolidati e delle opinioni comunemente accettate dagli specialisti; per mezzo
della storia si poteva dimostrare il carattere duraturo delle norme e si potevano identificare le
norme tradizionali;
-la scuola storica tedesca affermava che il diritto sorge dallo spirito della nazione,
depositatosi nelle sue tradizioni culturali e giuridiche, la storia giuridica doveva svolgere un
ruolo dogmatico fondamentale sia nel rilevare il diritto tradizionale, sia nel proteggere il diritto
contemporaneo delle innovazioni.
Oggi la storia del diritto a perso buona parte del suo credito come oracolo dello spirito
nazionale. L’argomento storico utilizzato dai giuristi:
-Per dimostrare che alcune categorie giuridiche sono categorie eterne come Stato, famiglia,
obbligazione.
Es. Famiglia: nel diritto romano abbracciava parentele molto più vaste come i domestici o gli
schiavi.
Per dimostrare come il diritto dei nostri giorni sia il culmine di un processo evolutivo anche
questa impostazione è difettosa in quanto con essa si legge il passato alla luce di quanto è
accaduto in seguito.
La storia giuridica ha discontinuità. Se è vero che la produzione di nuove norme avviene con
strumenti della tradizione è vero che il presente non è l’ultimo stadio di un processo
evolutivo; in quest’ottica il passato è liberato dal presente. Se si considera la discontinuità
della storia, la tradizione diventa il fattore di costruzione del diritto non attraverso
l’imposizione di valori e norme ma mettendo a disposizione strumenti; è in questo modo che
il passato modella il presente. Per raccontare la storia del diritto, bisogna tentare di
ricostruire il contesto proprio degli eventi che si vogliono raccontare. Il diritto non ha avuto nel
passato le stesse funzioni sociali e politiche che a oggi, non ha regolato gli stessi ambiti
umani. L’argomento storico è stato utilizzato per i giuristi, in particolare i giuristi accademici,
ossia per delineare la figura del giurista distaccato e neutrale, impegnato in uno studio
puramente tecnico e non nei conflitti sociali che sono dietro alla decisione giuridica.

La storia critica del diritto


Per improntare un discorso storico si può fare ricorso a due strategie:
-la prima è quella di avere consapevolezza del carattere poietico (creativo) dell’attività
intellettuale dello storico del diritto. La sola cosa che lo storico può verificare è la sequenza
cronologica degli eventi, tutto il resto è il frutto delle sue inferenze.
-la seconda strategia consiste nello scegliere come oggetto della storia giuridica il diritto in
società, ossia nel legare il diritto ai contesti sociali nei quali il diritto funziona (laddove la
rilevanza sociale del diritto è duplice: non solo il diritto ha un ruolo nei processi sociali,
neanche esso stesso un processo sociale: gli effetti del diritto si collegano agli spazi sociali
in cui sono prodotti).
Focault parlava di carattere molecolare “panpoliticizzazione”, un diritto talmente incorporato
negli oggetti con cui abbiamo a che fare quotidianamente da sembrarci inevitabile.
-riutilizzazione dei discorsi giuridici: bisogna sempre considerare che i discorsi giuridici
subiscono nel corso del tempo continue modifiche, dovute ai diversi contesti nei quali il
messaggio originale viene riletto.

CAPITOLO 2
Linee di orientamento per una nuova storia politica e istituzionale
Nella società di antico regime la più visibile manifestazione del potere era l’amministrazione
della giustizia; il processo era considerato il modello più fedele dell’esercizio del potere
politico. La centralità del diritto può essere spiegata nella stretta relazione.
Il primo era la religione: il diritto secolare non poteva contrariare il diritto divino
(l’equiparazione di crimine e peccato). Il diritto manteneva un rapporto stretto anche con la
morale, donare diventava quasi un obbligo giuridico. Il diritto naturale era un diritto
proveniente dalla natura delle cose. I giuristi esplicitavano l’inconscio sociale e lo restituivano
alla società sottoforma di norma.

Il modello statalista e la sua crisi


Sorto con la teoria politica liberale il modello statalista si è imposto come filtro di
osservazione della realtà storica prestando attenzione esclusivamente allo Stato e alla
legge. Si basa sui seguenti aspetti fondamentali:
-La separazione tra società politica e società civile;
-La distinzione tra i poteri dello Stato (poteri pubblici) e i poteri dei privati;
-La rappresentanza mediante i quali cittadini partecipavano alla società politica;
-L’identificazione del diritto con la legge;
-L’istituzione di un sistema di giustizia ufficiale per la risoluzione dei conflitti.

Il post-statalismo: differenziazione, localismo, pluralismo e micro storia


Progressivamente Foucault negli anni 60 osservò che una serie di condizionamenti incidono
sulla sovranità di soggetti in modo impercettibile: il potere si trova disperso in tutta la società.
Nello stesso periodo sorse l’idea di pluralismo, ossia della coesistenza di diversi ordini
giuridici all’interno di uno stesso spazio sociale. Questa idea si è poi combinata con quella
secondo cui nessuna comunità è dotata di una natura fissa e immutabile, poiché tutte
dipendono dal contesto in cui sono integrati.
Il declino della prospettiva statalista aveva forzato la lettura dei sistemi giuridici del passato,
permette ora di contestualizzare e valorizzare la politica il diritto di altre poche. Da qui
proviene l’attuale tendenza degli storici ad ampliare il loro campo di ricerca aldilà del diritto
ufficiale considerando tutti fenomeni di normazione sociale. Solo attraverso questa
prospettiva pluralistica si comprendono aspetti apparentemente paradossali della società
medievale e della prima epoca moderna, quali:
L’esiguità delle strutture burocratiche dipendenti dalla corona; il limitato ambito di
applicazione del diritto Regio; lo scarso grado di efficacia ogni diritto Regio nelle colonie.
Questi aspetti sono comprensibili se si comprende che la prospettiva secondo cui la politica
si riduce allo Stato e il diritto alla legge nasconde l’ esistenza di molteplici poli di disciplina.
La trama della comunicazione giuridica
Per assicurarsi la massima disponibilità possibile a cogliere i significati che gli giungono dal
passato, lo storico dovrà essere aperto.
Per “trama” del discorso giuridico si intendono le caratteristiche formali dei testi giuridici o dei
testi sul diritto. Le caratteristiche formali non sono attribuiti naturali e necessari del discorso
giuridico, tali da giustificare l’esclusione dalla storia del diritto dei discorsi che non si
adeguino ai requisiti formali richiesti dal diritto di una certa epoca.

Produzione, ricezione, riutilizzazione di discorsi giuridici


Il contesto originale di produzione è sostituito dal contesto attuale di ricezione del testo. Il
significato del testo non è più quello originale ma quelle delle sue successive riletture (questo
accade molto spesso ai testi giuridici).l’idea di tradizione incorpora nel significato un
elemento dinamico, in virtù del quale il significato stesso, senza cessare di essere portatore
di un nucleo originario subisce continue modifiche, legati alla diversità dei successivi
contesti.

L’idea di continuità e l’idea secondo la quale il sapere presente ha le sue radici nel sapere il
passato e da esso riceve quindi le categorie fondamentali. La storia svolge quindi una
funzione legittimante. La continuità può essere letta:
-in chiave di permanenza: categorie e concetti giuridici del presente vengono individuati nel
corso della storia e vengono quindi considerati forme continue e irriducibili;
-in chiave di evoluzione: il sapere si perfeziona e progredisce.
Oggi si ritiene invece che l’idea di continuità poggi su un modo sbagliato di intendere
l’evoluzione attraverso il tempo. Si ritiene infatti che l’idea di continuità ignori che la
riutilizzazione dei testi e dei concetti crea nuovi contenuti e nuovi significati, banalizzando la
differenza che ci separa degli eventi passati, dal loro modo di pensare.
-Sholz A parlato di necessità di storicizzare la storia del diritto, ossia di considerare il diritto
nel suo contesto sociale.l’invito provocava malessere in una storiografia che viveva sull’idea
della separazione tra diritto e società; inoltre, se il diritto del passato appare come un
prodotto arbitrario di un certo contesto storico, il diritto del presente potrebbe sembrare
estraneo al diritto dei nostri predecessori.
-nell’ambito della storia del diritto privato Paolo grossi rifiutava di vedere nel passato giuridico
l’antecedente della storia futura. Grossi non resta prigioniero né dei quadri dogmatici attuali
né di quelli antichi: si limita ad osservarli evidenziando le loro conseguenze sul piano dei
rapporti sociali. Partendo dallo studio della dogmatica medievale sui rapporti tra gli uomini
Paolo grossi cerca di scoprire un sistema di pensiero diverso da quello contemporaneo: un
sistema in cui tra gli uomini e le cose si intrecciano legami vari, molto più complicati dei
rapporti del modello liberale di proprietà concepita come potere esclusivo di usare la cosa
stessa.
-altro autore è Pietro Costa, allievo di Grossi. Egli cercava di cogliere le categorie del politico
nei trattati giuridici sulla giurisdizione: ha dimostrato che in una società come quella
medievale il luogo centrale della pratica politica era il tribunale; ha sottolineato che nei giochi
linguistici dei testi fosse racchiusa tutta la realtà sociale.
La critica all’idea di continuità ha prodotto risultati importanti nella storia dell’istituzione un
esempio è stato negli anni 70 dove si è tentato di liberare il passato, mostrando come, se gli
fosse consentito esprimersi nel proprio linguaggio, esso si dissocierebbe dalle forme del
precedente.
in realtà prima l’Europa aveva vissuto in un universo politico giuridico plurale e ne aveva
avuto piena coscienza: esistevano vari livelli di normazione sociale, vari centri autonomi di
potere, tutto ciò non era un problema.
-Clavero ha sviluppato un modello alternativo. La lettura giuridica del tempo infatti non
parlava di Stato ma piuttosto di una pluralità di giurisdizioni e diritti. Nei suoi lavori Clavero
insiste su due punti:
-L’ordine giuridico di antico regime a un carattere naturale-tradizionale; il diritto non è prodotto
dallo Stato ma da una tradizione letteraria, ha frontiere mobili rispetto agli altri saperi
normativi;
-La iurisdictio, la facoltà di dire il diritto cioè di mantenere l’ordine ai suoi vari livelli.
Evitando di guardare qualsiasi forma di organizzazione politica nella prospettiva del modello
statuale si scoprono modi alternativi di esercitare il potere, basti pensare alla famiglia o alla
chiesa.
Clavero ha approfondito la teoria giuridica dell’usura moderna: rivoluzionando la storia del
pensiero economico, egli dimostra che il prestito di denaro e l’attività bancaria si basa su
norme legate a modelli di sensibilità sociale (la grazia e il dono) e non su norme giuridiche.
Nel diritto penale troviamo gli stati psicologici della culpa, del dolo che sono presupposti per
l’applicazione di norme giuridiche.

Una lettura densa delle fonti: verso la coscienza della diversità


I testi che costituiscono la tradizione letteraria europea sul diritto sono stati oggetto di un
costante lavoro di reinterpretazione. Centinaia di giuristi li ho riletti cercando di trovarvi
significati adeguati ad essi (li ha innovati). A sua volta una tradizione di storici del diritto,
educati secondo la lezione della storia dei dogmi giuridici cercando villa prova del fatto che i
concetti gli istituti attuali erano già emersi nel passato (li ha recuperati). Un’altra forma di
bananalizzazione dei testi storici sta nell’eufemizzarne Le affermazioni, attribuendo loro lo
statuto di metafora (si dice che l’autore non voleva dire ciò che ha letteralmente diritto)
spetterebbe dunque allo storico restituire il significato autentico. Lo stesso accade con i
riferimenti all’amore. Il lavoro di recupero dei significati originari è faticoso: il massimo che si
può fare è annotare le manifestazioni esteriori a partire Dalì, tentare di identificare le
disposizioni spirituali intrinseche, l’origine dei significati autentici nelle pratiche.

L’educazione dell’anima come fonte di un diritto prima del diritto


In primo luogo la teologia morale il diritto costituiscono fino al XVIII secolo i saperi più
importanti relativi all’uomo e alla società. I testi teologici e morali si concentravano su quella
che si credeva essere la sensibilità generale. L’azione normativa della tradizione letteraria
dell’etica, della morale e del diritto promuoveva un insieme di schemi intellettuali profondi che
finivano per modellare la comprensione generale della vita sociale anche prima di comandi
formali del diritto. Questi testi costituiscono da una parte una descrizione di quella che si
considerava la vita spirituale delle persone normali, dall’altra costituivano una realtà
strutturante e continua ad operare nel futuro. La società moderna non era ovviamente una
società un anime. Esistono modelli di rappresentazione estranei al discorso dei teologi e dei
giuristi: è il caso di modelli come quello dei cosiddetti politici o di quello della dissimulazione,
contrari all’immagine di società che in forma il discorso della teologia morale e del diritto.

L’economia morale e condizionamenti pratici. Testo e contesto.


Alcuni storici oppongono i modelli di azione (etici, giuridici) circostanze oggettive Che
condizionano la valutazione dei soggetti. La spiegazione storica deve tener conto di
entrambe le cose, tutto sta nel valutare le proporzioni: la storiografia tradizionale è solita
sopravvalutare gli elementi esterni che condizionano l’azione. Tuttavia i contesti di azione
sono sempre soggettivamente valutati. Le cose hanno la forza che i soggetti decidono di
attribuire loro. Presupposta dall’azione si trovano momenti di scelta in cui gli agenti
costituiscono versioni del mondo esterno optando tra forme alternative di reazione, queste
sono tutte operazioni intellettuali basate su stimoli ricevuti dall’esterno. La mente e soggetta
a processi di apprendimento. È proprio l’idea dell’esistenza di quadri mentali a considerare
l’economia delle anime come una forma di diritto. La critica più pertinente che si può fare alla
storia giuridica tradizionale non è tanto il formalismo, quanto soprattutto il tuo dogmatismo.
Ilprimo può essere un atteggiamento positivo nel senso di salvaguardare l’autonomia del
livello
giuridico-istituzionale e di evitare di cadere in determinismi riduttivi, mentre il secondo
impedisce ogni contestualizzazione storica perché le istituzioni e dogmi dottrinali appaiono
come modelli necessari derivanti dalla natura delle cose.

Una nota sul relativismo metodologico e il relativismo morale


Relativismo metodologico è la convinzione che è impossibile fondare i valori giuridici sulla
natura osulla scienza. Questo tipo di relativismo è molto antico e ha attraversato
continuamente la tradizione culturale europea. Non impedisce l’adesione personale a valori,
tutto sta nel modo in cui si intendono i vari parametri di condotta. Le certezze che ci fanno
agire infatti non devono essere necessariamente verificabili con metodo scientifico: alcune
quotidiane come gli affetti e la fede si impongono soggettivamente. La relativa responsabilità
ricade totalmente su di noi; pertanto, dal punto di vista etico il relativismo promuove il
coraggio e afferma i valori e obbliga a cautele e riflessioni raddoppiate su opzioni e proposte
personali. In secondo luogo, il relativismo metodologico è un principio di tolleranza: le opzioni
e i valori sono soltanto evidenze personali, non si possono imporre e non si possono
presentare come valori universali. Il relativismo è anche il fondamento del dialogo. La
convivenza esige l’esistenza di regole comuni che devono essere consensuali. Consensuali
significa che sono state oggetto di una negoziazione politica alla quale tutti hanno avuto
l’opportunità di partecipare. Queste condizioni non si realizzano senza un intervento della
Repubblica.tali regole di convivenza devono essere il meno possibile sostanziali, per
permettere la coesistenza di valori differenti; nello stesso tempo devono essere considerate
come provvisorie, suscettibili di revisione e variabili.i giuristi quindi possono garantire la
validità dei principi costituzionali e tali principi possono essere modificati, ma la modifica non
può derivare da momentanee considerazioni di opportunità compiute da una maggioranza
temporaneamente al potere.i giuristi devono essere capaci di identificare quei valori che
corrispondono o valori effimeri. Scartati questi, gli altri restano come basi più stabile della
convivenza sociale. I giuristi possono prendere parte all’impresa della realizzazione di un
ordine sociale soltanto se questa si traduce in una conoscenza in una riflessione sul diritto in
società, poiché soltanto la combinazione fra la tecnica giuridica e la conoscenza del suo
impatto nella società può permettere un giudizio adeguato su quei valori che devono essere
eletti al rango di valori costituzionali dell’ordine sociale. Spetta ai giudici cercare di stabilire
nelle consuetudini per l’applicazione di questi stessi principi: spetta loro testare le
conseguenze di quei procedimenti che garantiscono le maggiori probabilità di una buona
applicazione di principi giuridici.alla storia del diritto spetta il ruolo di una diagnosi che prepari
una terapia orientata verso forme più giuste del diritto e verso una deontologia dei giuristi che
sia adeguata a questo obiettivo.
CAPITOLO 3
Ambito cronologico, territoriale e tematico
Per quanto riguarda il periodo anteriore si ritiene che la ricezione dei testi romani, a partire
dal XVII secolo rappresentano un processo di ricreazione di questi stessi testi, che sono
stati oggetto di una selezione e di una gerarchizzazione.
L’ambito geografico è quello dell’Europa occidentale continentale e della sua sfera di
influenza culturale, sia diretta che indiretta. Resta quindi esclusa l’Europa orientale, la cui
matrice giuridica si trova nel diritto romano dell’impero romano d’oriente. Allo stesso modo
resta esclusa la tradizione giuridica anglosassone, si è andata progressivamente
differenziando. Quanto all’ambito tematico: la cultura giuridica di cui si tratterà e la cultura dei
giuristi o colti. Va sottolineata la centralità della cultura giuridica erudita, centralità che
discende dal fatto che il diritto, nell’universo culturale europeo, è visto come il sapere
sull’ordine delle cose come la chiave della comprensione e della disciplina delle relazioni
umane. Centralità che determina un predominio dei giuristi, sempre impegnati nella lotta per
il potere sociale: nelle comunità europee del medioevo e dell’età moderna la loro lotta per la
funzione di pronunciare il diritto fu contro le assemblee di coloro che avevano funzioni di
regolamentazione della vita locale, contro i principi. Essi crearono una serie di meccanismi
che li rendeva arbitri decisivi per la sua interpretazione, per giudicare della sua legittimità e
per stabilire il suo posto nel quadro delle varie fonti del diritto. Tale predominio dei giuristi ha
finito per creare forti tensioni nella società di antico regime. Nel continente europeo andò
diffondendosi una forte cultura avversa ai giuristi.l’Illuminismo e le rivoluzioni liberali
tentarono misure politiche volte a ridurre il potere dei giuristi.

CAPITOLO 4
La cultura giuridica premoderna
La premodernità (1100-1492) è un periodo di auto comprensione del mondo umano, è
caratterizzata da comunità tradizionali che rispettano l’ordine delle cose, è specializzata
all’obbedire ai ritmi della natura.
Si tratta di individui:
-esperti nell’analisi di ordini differenti e quasi intrecciati tra loro;
-capace di tradurre un ordine a sistemi naturali esistenti;
-consci della natura derivata dei loro arbitrati;
-rivestiti di un ruolo di mediatori tra differenti sistemi normativi.
Il loro ruolo non è quello di creare l’ordine ma quello di indurre l’equilibrio a partire dalla
natura, assumendo il diritto come un dato acquisito, dal momento che esso emergeva dagli
equilibri spontanei delle cose: non spettava loro creare il diritto poiché loro non dovevano
solo interpretare l’ordine già esistenti. Questa visione del mondo ha trionfato nella cultura
europea, fino alla fine dell’epoca medievale, quando una nuova autocoscienza, basato sulla
riflessione razionale e sulla sua capacità di immaginare un sistema sociale universale ed
eterno, imposto da un potere diffuso nello spazio e capace di resistere nel tempo prende
vita.

Modernità (1492-fine 700/inizio 800)


La visione del mondo tipica della modernità è quella di una società globale. È dunque una
forma di progressismo, ed essendo tale esso ritiene che sia possibile conoscere il fine della
storia, e dunque è anche una forma di dogmatismo: è possibile affermare i valori corretti e
condannare quelli falsi. Il lavoro intellettuale moderno è stato descritto con la metafora
giuridica del legislatore (Bauman): coloro che svolgono professioni intellettuali sono detentori
di un sapere che permette il raggiungimento della verità, e hanno quindi il diritto/dovere di
progettare l’ordine sociale. L’uso della metafora da parte di Bauman non è causale: i
legislatori moderni hanno diffuso in tutto il mondo la legge rigida, generale e astratta dello
Stato che corrispondono perfettamente alla descrizione di:
-un intellettuale autoritario, proprietario esclusivo di un sapere vero;
-aggressivo nei confronti di soluzioni normative preesistenti;
-capace di affermare l’ordine delle cose ed imporre loro un ordine;
-capace di decidere controversie d’accordo con modelli monotoni estratti dalla logica del
sistema legislativo.

Postmodernità
La visione del mondo post-moderna condivide alcuni tratti con quella premoderna: uguale è
l’idea di diversi modelli di ordine, ciascuno assume un significato soltanto in relazione alle
pratiche che lo avallano: ha efficacia esclusivamente locali. Ciò conduce ad una relatività dei
saperi, ossia ad una loro inclusione in un dato contesto in una data tradizione. Il lavoro
intellettuale post moderno può essere descritto con la metafora giuridica dell’interprete: esso
consiste nella traduzione di affermazioni compiute all’interno di una traduzione, in maniera
tale che possano essere intesi anche in un sistema di conoscenze basato su un’altra
tradizione. In questo modo non si cerca la selezione Del miglior ordine sociale, ma si cerca
di facilitare la comunicazione tra sistemi autonomi senza che i significati siano distorti. È
necessario mantenere un equilibrio delicato tra le due tradizioni in dialogo, in modo che il
messaggio sia distorto e sia compreso dal ricettore.

La concezione corporativa della società


Il pensiero sociale era dominato dall’idea di un ordine universale che include uomini e cose.
Sviluppa il pensiero anche nell’ambito del cristianesimo. L’organizzazione della società,
arriva così a fondamento l’ordine divino della creazione: la giustizia era identificata con la
natura e questa con Dio (i giuristi erano considerati sacerdoti).
L’idea di un ordine oggettivo dominava l’interpretazione della vita, era una norma spontanea.
Il comportamento giusto era quello che rispettava l’equilibrio. Si riteneva che la costituzione
sociale, dipendendo dalla natura delle cose, avessi un carattere naturale: i popoli possono
scegliere le forme di governo ma il diritto naturale svolge una funzione costituzionale, e non
può essere alterato, poiché si fonda su principi necessari, propri di ogni convivenza umana.
Tutta l’attività dei poteri superiori è orientata alla soluzione di conflitti che il potere risolve
facendo giustizia.

Ordine e disuguaglianza—ordine e status


In un sistema gerarchizzato, la differenza non significa imperfezione ma significa un
diversinserimento funzionale nel destino finale del mondo. L’universo era concepito come un
corpo nel quale ciascun organo spetta una funzione, disposta gerarchicamente a seconda
della sua importanza per la sussistenza del tutto.così veniva spiegato il paradosso tra la
disuguaglianza tra gli uomini e la perfezione divina. Le creature del mondo non erano
soltanto diverse fra loro, erano anche più o meno degne. Ciò voleva dire che, pur esistendo
nella creazione un modo di perfezione rappresentato da Dio, esso non si rifletteva
ugualmente in tutte le creature. Sul piano del diritto le differenze tra persone erano tradotte
nelle nozioni di status: era un luogo nell’ordine. Questa classificazione delle persone: la
milizia, la religione e il lavoro nei campi. La concezione di status porta ad una
personificazione degli status stessi: l’uomo considerato in un certo status.sono le qualità, i
ruoli sociali, a contare come soggetti di diritti e obbligazioni.

Ordine e pluralismo politico


Come hai detto, la società medievale è una società per ceti. La funzione del capo era quella
di rappresentare la unità, garantendo a chiunque il suo status: realizzando cioè la giustizia.
Poiché ogni corpo sociale ha una propria funzione, a ciascun corpo sociale deve essere
conferita l’autonomia, cioè la capacità di autogoverno necessaria a svolgerla (capacità di
pronunciare il diritto). A questa molteplicità di giurisdizioni si dà il nome di pluralismo
giuridico. Tuttavia si può parlare di pluralismo giuridico anche per indicare che l’ordine si
manifestava a partire da fonti diverse. L’ordine istituisce un diritto naturale, faceva sì che
esso si manifestasse in molte forme: il diritto dai giuristi attraverso la volontà del re.

La dissoluzione del corporativismo e l’avvento del paradigma individualista


Con la scolastica francescana del trecento si iniziò a pensare che gli attributi sociali dati agli
individui sono solamente nomi esterni che pertanto possono essere messi da parte così
facendo si ottiene un modello intellettuale: l’individuo astratto e uguale. Il passo successivo
per completare la rivoluzione intellettuale della teoria politica moderna è stato quello di
svincolare la società da ogni realtà metafisica, laicizzando la teoria sociale e liberando
l’individuo da qualunque limitazione. La laicizzazione avuto conseguenze: il potere non può
più essere fondato su un ordine oggettivo delle cose ma deve essere fondato sulla volontà.
Di fronte al volontarismo cedono tutte le limitazioni: è possibile che sulla terra regnino tiranni,
le leggi divengono alterabili.
Si sdoppia in alcune correnti tipiche:
-il provvidenzialismo, Che concepisce il potere come prodotto della volontà divina, esercitata
sulla terra dalle dinastie regnanti;
-nel contrattualismo assolutista, che concepisce il patto sociale come trasferimento di tutti i
poteri dei cittadini nelle mani dei governanti;
-nel contrattualismo liberale, secondo il quale il contenuto del contratto sociale è limitato dalla
natura di questi obiettivi, e in base al quale quindi i diritti naturali restano efficaci anche dopo
l’instaurazione della società civile.
Nel campo del diritto privato ci sono conseguenze:
-dissoluzione della sostanza indisponibile dei contratti, legata alla loro natura di cose;
-poiché le cose di cui gli uomini si servono hanno usi naturali che non possono essere
ignorati, la proprietà subisce dei danni, in quanto può essere oggetto di abuso.

La ricezione del diritto romano e la formazione del diritto comune


La dottrina giuridica dell’Europa
centro-occidentale che va dal 1200-1700 viene indicata con l’espressione diritto comune.
Essa unifica le varie fonti del diritto, rappresenta un oggetto unico di tutto il discorso giuridico
europeo; è caratterizzata da metodi e stili di ragionamento comuni; è insegnata in maniera
idonea in tutta Europa; è divulgata in una lingua allora universale, il latino.
L’unificazione riguarda il diritto dei circoli della cultura giuridica universitaria; unità non
significa omogeneità, dal momento che, anche a livello della cultura giuridica più elevata,
l’idea di un diritto comune si riteneva compatibile con il riconoscimento di particolarismi
giuridici locali questo perché esisteva in tutta Europa aree sociali sulle quali il diritto colto non
incideva, essendo in vigore un diritto popolare.
Alla formazione del diritto comune hanno contribuito:
-la ricostruzione dell’impero: l’impero di Carlo Magno e il sacro Romano impero germanico
diedero l’idea di essere gli imperi successori dell’impero romano, un impero universale;
-L’esistenza di una chiesa universale che riuniva tutta la cristianità;
-il sentimento di unità del diritto era suscitato dall’omogeneità della formazione intellettuale
dei giuristi colti: si trattava di universitari formati con metodi comuni sullo stesso diritto, cioè il
diritto romano e il diritto canonico.

La tradizione romanistica
Il principale fattore di unificazione dei diritti europei è stata la memoria del diritto di Roma. Tra
il I secolo a.C. e il III secolo d.C. l’impero romano sia esteso a tutta l’Europa
meridionale.nell’Europa orientale si estendeva fino all’Asia minore. Inizialmente il diritto
romano si basava su azioni previste dalla legge; i pretori crearono un diritto proprio.
Con la lex Aebutia Crearono anche azioni non previste dalla legge: una formula, la
giurisprudenza dei pretori diventa essa stessa fonte di diritto.i pretori crearono dunque lo Ius
Praetorium, avente carattere casistico e che caso concreto. Proprio il carattere casistico
spiega la grande produzione letteraria dei giuristi, che consigliavano le parti e il pretore. Fuori
Roma il diritto ufficiale aveva scarsa applicazione. Dunque: se la giurisprudenza romana
classica a contribuito all’unificazione dei diritti europei, ciò non è dovuto alla sua diffusione
all’interno dell’impero ma il suo carattere di tesoro letterario.

Gli studi romanisti nel quadro della formazione di giuristi


Lo studio del diritto romano nell’ambito delle facoltà giuridiche è stato giustificato sulla base di
due argomenti: la sua perfezione, cioè i romani creano soluzioni la cui esattezza e giustizia
sarebbero imposte contro l’usura del tempo; l’importanza del diritto romano, si vuole
sottolineare il suo rilievo per l’interpretazione del diritto attuale. L’idea di una speciale
perfezione del diritto romano riposa sulla convinzione che esistano parametri universali di
giustizia nel regolare le relazioni umane. La prima cosa da dire è che nel corso di questa
lunga tradizione i testi romani hanno subito le interpretazioni continue. Se non fosse stato per
la continua alterazione del diritto romano, esso non avrebbe potuto sopravvivere alle enormi
trasformazioni culturali e sociali della società europea durante oltre due millenni.

La ricezione del diritto romano


Con la restaurazione dell’impero in Occidente sorse l’idea che l’antico impero romano fosse
tornato a vivere. Il territorio di questi imperi non era politicamente omogeneo: diritti locali
(capacità dei popoli di stabilire il diritto proprio sulla base del Digesto). Il diritto comune
interveniva come diritto sussidiario e modello. A partire dal XIII secolo il diritto romano si
integra nel sistema delle fonti della maggior parte dei regni europei, anche di quelli che non
riconoscono la supremazia dell’imperatore. La ricezione del diritto romano nei regni europei è
avvenuta per la convinzione che l’unità politica e religiosa dell’impero necessitasse di unità
giuridica e per la perfezione che gli veniva riconosciuta. Esso copriva tutte le situazioni ed
era stato oggetto di elaborazione dottrinale e dunque le sue soluzioni apparivano spiegate,
giustificate dai giuristi. Infine la fiducia nel diritto romano era ulteriormente potenziata
dall’impiego di giuristi, tale influenza si verificò attraverso le raccolte legislative, riunite in
collezioni, circondarono in tutta l’Europa occidentale.

La tradizione canonistica
E l’espansione della chiesa è iniziata nel 313 d.C. (quando la libertà di culto viene
riconosciuta dall’imperatore Costantino). La progressiva estensione dell’ambito
giurisdizionale della chiesa fu facilitata dalla caduta delle scritture politiche, conseguente alla
caduta dell’impero romano d’Occidente e alle invasioni germaniche. Sono fonti del diritto
canonico: i decreti dei concili ecumenici, le determinazioni papali.
Graziano, un monaco, realizza una compilazione nota come Decretum Gratiani. A seguito
del continuo sviluppo del diritto della chiesa, il Decretum necessità di compilazioni
successive, e l’insieme di queste raccolte sarà poi chiamato Corpus Iuris Canonici,
assomiglianza del nome dato alla compilazione hiustinianea.

Il ruolo del diritto canonico nel diritto comune


L’influenza del diritto canonico nell’ambito del diritto comune fu determinante; il diritto
canonico infatti oltre che il diritto della chiesa, sotto alcuni profili era anche una sorta di diritto
romano riadattato alla società altomedievale. Il diritto canonico ha influenzato i rapporti
personali tra i coniugi, la successione testamentaria e l’istituzione del processo inquisitorio.
Quanto all’equilibrio tra diritto canonico e diritto romano, inizialmente affermava la
supremazia del diritto canonico sui diritt umani. Il precario equilibrio tra i due diritti si ruppe
con le grandi lotte tra imperatore e Papa del 10º e XII secolo: il primo cercava di stabilire una
tutela sulla chiesa, il secondo voleva salvaguardare l’autogoverno ecclesiastico. La
supremazia del diritto canonico venne messa in discussione nel XIII secolo quando avanzò
l’idea che l’intervento correttivo del diritto canonico dovesse verificarsi solo quando il diritto
temporale toccava aspetti decisivi dell’ordine soprannaturale, pur affermando l’indipendenza
reciproca degli ordinamenti civile e canonico, nei casi gravi di conflitto l’ultima parola spetta
all’ordinamento della chiesa. Il diritto canonico deve avere vigore nei casi in cui l’applicazione
delle fonti giuridiche terreni risulti peccato.

Un ordine giuridico pluralistico


Nella società medievale convivevano dunque diversi ordini giuridici: il diritto comune, il diritto
canonico e i diritti propri di varia natura e diversa gerarchia. Pluralismo giuridico: tale
situazione differisce da quella attuale, in cui l’ordinamento statuale rivendica il monopolio
nella definizione di tutto il diritto, la pluralità degli ordinamenti giuridici nasceva dall’idea di un
ordine globale auto sostenuto da impulsi naturali e plurali. I giuristi dovevano essere i
guardiani di un simile sistema multi-ordinato ed auto-ordinato.

Una costellazione di ordini normativi


L’amore era il cemento principale dell’ordine del mondo ma Tommaso d’Aquino fa un elenco
vasto di affetti umani: amore familiare, filiale o parentale, amore di Dio e di tutte le sue
creature. Tutti questi amori creavano obbligazioni e tra loro esisteva una gerarchia; in
sommità troviamo quindi la rilevazione ed il diritto divino, poi il diritto canonico positivo, poi gli
ordini normativi (ordinamento domestico). Le gerarchie non potevano essere definite una
volta per tutte; il diritto comune veniva così ad essere un insieme aperto e flessibile fissata
solo davanti ad un caso concreto. Toccava al giudice fornire una soluzione.ed è nell’ambito
della flessibilità che si spiegano meccanismi quali:
La grazia e l’equità, entrambi meccanismi con i quali il diritto veniva adeguato al caso
particolare e che danno quindi la misura della flessibilità dell’ordine giuridico medievale. La
grazia è un atto libero e assoluto ma deve sempre corrispondere ad una causa giusta ed
elevata. Per contro può divenire quasi dovuto davanti ad atti come ad esempio favori i
servizi. Per quanto riguarda l’equità
-Graziano legò l’equità alla questione della legittimità dei privilegi: norme che si oppongono
alla regola generale sono giustificate per ragioni di equità; equità=giustizia speciale;
-San Tommaso approfondì ulteriormente il concetto di equità, sostenendo che deriva da
principi di più alto livello (determina l’atto da compiere mediante la considerazione di principi
più alti);
-il concetto di equità ha conosciuto un’evoluzione particolare nel diritto inglese:
Il diritto medievale inglese per aggirare la rigidità del sistema si manifestò un ricorso
crescente all’equità, Nacque proprio dalla prassi dei sudditi di chiedere il diretto intervento del
re per ottenere giustizia: poiché questa prassi si dice sempre più costanti, si formò alla fine è
una corte separata ed autonoma della cancelleria ispirata a principi mutuati dal diritto
canonico a principi essenzialmente morali al fine di rimuovere situazioni ingiuste.
Ad ogni modo, pur non potendosi stabilire delle gerarchie precise tra le varie fonti del diritto
medievale si possono individuare:
-diritto canonico-diritto civile: si riteneva che il diritto canonico dovesse intervenire in via
correttiva quando il diritto temporale avesse toccato aspetti decisivi dell’ordine
soprannaturale. Laddove il diritto temporale avesse contraddetto principi di convivenza
imposti dall’ordine religioso dunque solo caso per caso era possibile determinare le soluzioni
dei conflitti tra il diritto civile e diritto religioso.
-diritto comune-diritti propri: come diritto generale valeva il diritto comune, sebbene il diritto
comune fosse considerato un insieme di norme provenienti dalla ragione naturale, queste
norme non avevano una vigenza superiore, derivando dalla ragione anche la facoltà di ogni
nazione e città di adattare il principio generale alla propria situazione concreta. Il diritto
comune aveva vigenza come diritto sussidiario applicando sia tutte le situazioni non regolate
da diritti particolari.
-Diritti dei regni e dei corti inferiori: la supremazia del diritto del regno non escludeva la
vigenza all’interno del regno di diritti particolari, purché la supremazia del re non fosse
messa in discussione. I diritti particolari al di sotto del regno non potevano valere contro il
diritto comune del regno ma potevano derogarvi in quanto manifestazione di un diritto
speciale, entro questo limite erano intoccabili poiché la loro capacità derivava dall’idea della
natura multiforme lì le cose.
-diritto precedente e diritto successivo: la successione delle leggi nel tempo non implicava la
cessazione della loro vigenza quando fossero sopravvenute nuove leggi in senso contrario,
si riteneva che le leggi antiche sopravvissero nelle più recenti e che queste ultime dovessero
essere armonizzate con le più antiche.
-Diritto recepito-diritto tradizionale, il contrasto si verificava: nell’ambito del diritto delle
persone: il diritto europeo altomedievale le persone si distinguevano a seconda del loro
status. Il diritto romano era sostanzialmente egualitario; E nell’ambito dei diritti patrimoniali: i
diritti locali europei stabilivano restrizioni alla disponibilità del patrimonio. Il diritto romano
attribuiva al proprietario una capacità di disposizione piena.
L’ordinamento giuridico si presentava come Un insieme di norme di provenienza diversa,
eventualmente in conflitto, ma sprovvisto di un complesso di regole che risolvessero
eventuali conflitti, che decidessero quale norma applicare nel caso concreto. Esistevano
soltanto dei principi che fissavano alcune direttive, il criterio del peccato, il principio che la
norma speciale deroga a quella generale, il principio della sussidiarietà del diritto comune
rispetto ai diritti propri; ed entro queste direttive, e l’arbitrio del giudice a decidere l’equilibrio
tra le varie norme disponibili, caso per caso.

I giuristi in un ordine giuridico pluralista


Un ordinamento di questo tipo non consentiva un’applicazione automatica, essendo le sue
norme, il più delle volte, sovrapposte; questo attribuisce un ruolo molto importante i giudici e
giuristi.difatti ebbero una notevole autorità sociale.l’autorità sociale dei giudici si fondava sul
loro prestigio sociale: si trattava infatti di uomini scelti dalla comunità e si occupavano della
giustizia e del governo locale. Accanto ai giudici si trovavano anche specialisti del diritto
locale chiamati consiglieri, si trattava di persone dotate di esperienza pratica. I giuristi
letterati sono il prodotto della ricezione del diritto romano e del suo insegnamento nelle
università; la loro autorità proveniva dunque da un sapere accademico. Da un lato i giuristi
letterati cercarono di prevalere sui giuristi tradizionali, depositari di tradizioni giuridiche locali,
sostenendo la razionalità del diritto romano; dall’altro i giuristi tradizionali sostenevano che
nuovi giuristi letterati fossero sovversivi dell’ordine stabilito. Questo scontro durerà per secoli
ma ad ogni modo questi due universi contrapposti produrranno un risultato comune: porre i
giuristi al centro della società e del diritto.

L’unificazione attraverso la scienza: le scuole della tradizione giuridica medievale


La scuola dei glossatori nasce con Irnerio che nel VII secolo inizio ad insegnare il diritto
Giustiniani neo a Bologna.
Il metodo borghese si caratterizza per:
-la fedeltà al testo Giustinianeo: I glossatori ritenevano che sarebbe stato inammissibile
andare oltre un’attività volta a chiarire il significato dei testi;
-il carattere analitico: proprio in ragione della fedeltà e si compivano un’analisi indipendente di
ogni testo giuridico senza avere la preoccupazione di mettere in relazione i testi analizzati.
I glossatori ma comunque il merito di averti creato nell’Europa occidentale un linguaggio
tecnico del diritto, fissando categorie e concetti giuridici. Quella dei glossa tori non è
un’attività orientata ad un uso pratico, l’obiettivo era teorico. Proprio perché i glossa tori
studiavano diritto a cui era riconosciuto un prestigio sacro, la loro parola finì per essere
decisiva anche al livello dell’alta politica dell’epoca. Il diritto studiato dai glossatori era un
efficace strumento di cui potevano servirsi gli imperatori per legittimare il proprio potere.
Federico II, nell’intento di sottomettere i comuni italiani, comprese l’utilità degli studi dei
glossatori, e nel 1224 istituì un’università imperiale a Napoli, sulla quale avrebbe potuto
esercitare un controllo più efficace.

La scuola dei commentatori


Con lo sviluppo urbano e mercantile dei secoli 13 e 14 fu necessario che i nuovi principi di
diritto introdotti dai diritti locali fossero integrati nel diritto comune. Fu proprio questo il
compito dei commentatori. il fondatore della scuola fu cino da Pistoia ma il più influente fu
Bartolomeo da Sassoferrato. Questi giuristi applicandosi bella rima volta a tutto il corpo del
diritto cercarono di unificarlo ed adattarlo alle necessità dell’ultima parte del medioevo. Per i
commentatori, come per i grassatori, l’ordinamento giuridico era un dato poco discutibile
anche quando si dimostrava inattuale pertanto il compito di aggiornamento fu realizzato
all’interno di un ordine prefissato, presentandosi come un compito di mera interpretazione: la
novità fu principalmente negli strumenti intellettuali che permisero di creare innovazioni
dogmatiche che rispondevano alle esigenze del tempo.
1 La teoria della pluralità delle situazioni reali: le cose hanno una sostanza unica ma a
diverse utilità; pertanto possono esservi più titolari di diversi diritti su uno stesso bene. La
dottrina giuridica dei commentatori costruì la teoria del dominio diviso.
2 applicazione spaziale degli ordinamenti giuridici: il diritto altomedievale identificava il
problema dell’applicazione del diritto con quello dell’appartenenza ad un gruppo umano. Con
la costruzione di regni europei, nei secoli dal nove al dodici, la tendenza fu poi quella di
considerare il diritto come emanazione del potere politico, per cui si riteneva che le leggi
avessero vigore in un certo territorio. Si trattava, in entrambi casi, di criteri rigidi; i
commentatori dunque formularono criteri più doni di soluzione dei conflitti fra leggi, ispirate a
soluzioni contenute nei testi romani e a ragioni di equità.
3 teoria della naturalità del potere politico: i commentatori prendono atto del fatto che nella
società medievale esistono poteri diversi: La novità introdotta dai commentatori fu quella di
riconoscere come i poteri esistenti nella società avessero un’origine naturale, indipendenti da
qualsiasi concessione superiore.
Nella teoria tardo-medievale della iurisdictio ci sono vari livelli e vari ambiti:
1. Iurisdictio ordinaria, cioè stabilita dalla legge che abbraccia tutte le cause.
2. Iurisdictio delegata, concessa mediante privilegio per un tipo speciale di
cause o per una certa causa specifica.
Se si può affermare che l’attività dei glossatori era soprattutto accademica quella dei
commentatori fu invece più spesso orientata verso la pratica. L’impatto più decisivo fu
rappresentato dal contributo alla costruzione di una categoria alla quale comincia ad essere
affidata la soluzione dei conflitti. La categoria dei giuristi passa a svolgere un ruolo centrale
nell’equilibrio politico e sociale europeo.

Il modello discorsivo del diritto comune europeo


In conclusione, la nascita della dogmatica giuridica è legata sia a una fede teorica nel potere
della ragione sia una necessità pratica di usare la ragione per aggiornare norme considerate
inderogabili. I tratti che caratterizzano la dottrina giuridica medievale si spiegano alla luce di
tre fattori:
1 fattori filosofici: che contribuiscono alla fiducia nella ragione.per tutto l’alto medioevo viene
accettata la sintesi di Sant’Agostino, la quale si traduce in un volontarismo. L’unica fonte del
diritto e la volontà di Dio, le cose non sono volute da Dio perché sono giuste ma sono giuste
perché sono volute da Dio. Il volontarismo, l’antirazionalismo, il positivismo, l’unica attività
legittima del giurista era la sottomissione al diritto relativo o positivo.tuttavia alla fine del XII
secolo con l’avvento della scolastica si riacquista fiducia nella ragione, non potendosi
dunque in alcuni campi raggiungere un possesso definitivo della verità delle cose. Per il
pensiero scolastico il diritto contenuto nelle scritture e quello emanato da Re non sono gli
elementi decisivi per trovare la giusta soluzione: questa è inscritta in un ordine naturale
stabilito da Dio che può essere svelato solo con un uso corretto della ragione, ritenendosi
che la soluzione giuridica debba essere trovata in ogni momento, attraverso la discussione e
l’indagine casistica.
2 fattori legati alla natura del sistema medievale delle fonti giuridiche: determinano la
sottomissione alle fonti del diritto e dunque la necessità per i giuristi di piegare con argomenti
fonti dalle quali non potevano allontanarsi.
3 fattori istituzionali: l’istituzione di università creò l’ambiente propizio all’esercizio e allo
sviluppo della ragione giuridica.

La struttura discorsiva
Gli obiettivi del sapere giuridico coincidevano con l’interpretazione anche se i giuristi
volevano accertare il significato che meglio corrispondesse al contesto in cui il testo era
applicato.

Opposizione tra presunto spirito della legge e la lettera della legge: un primo modo di
procedere ad un’interpretazione innovatrice era l’opposizione tra il testo della legge e il suo
spirito, attribuendo un valore decisivo a quest’ultimo. La distinzione si basava sui principi
fondamentali della filosofia del linguaggio medievale. Così quando i testi formulavano una
regola che nei nuovi tempi non poteva essere applicata, l’interprete affermava che essa
cedeva la volontà relazionale del legislatore, e la interpretava in maniera ristretta non
applicando in certi casi.

Interpretazione logica: parte dal presupposto che il testo è espressione di un’idea generale
dell’autore, per cui solo integrando il precetto del contesto normativo è possibile estrarre i
concetti che permettono di comprendere il singolo precetto. La dottrina sta forzando i testi
con l’ausilio di strumenti logico dialettici, essa ha costruito un sistema di concetti giuridici
adeguati alle necessità della vita contemporanea.

L’utilizzazione della dialettica


Nella tradizione greco-romana la dialettica e l’arte di discutere. La discussione si caratterizza
per il fatto di cercare di decidere tra posizioni differenti su argomenti discutibili. Nei saperi
pratici è sufficiente che i risultati siano probabilmente corretti dal momento che non si può
mai escludere delle azioni della vita pratica tutta l’incertezza che deriva dalla varietà sia delle
situazioni sia degli agenti.la discussione e dunque un girare intorno alla questione ponendosi
da diverse prospettive, attaccandola partire da argomenti differenti.osservandone le regole, i
giuristi acquistano la capacità di individuare le prospettive dalle quali un’istituto giuridico può
essere messo a fuoco e di scegliere quella tra tutte è meglio permette di porre in evidenza.
Molte volte però per sistematizzare il sistema giuridico era necessario cercare altre
prospettive: per esempio, la prospettiva delle cause di un istituto.Aristotele distingueva tra
causa materiale (sostanza), causa formale (esistenza), causa efficiente (elemento genetico)
e causa finale (scopo). Un’altra prospettiva fu la semplice comparazione.infine la prospettiva
dell’autorità: in un sapere in cui la verità era soltanto probabile, l’opinione della maggioranza o
dei migliori era quella che aveva maggiori probabilità di essere esatta.

Conclusione
Questo metodo di ragionamento giuridico fu descritto da Matteo Gribaldi Mofa nel seguente
schema:
1 Inteoduzione all’analisi del testo e prima interpretazione letterale;
2 Divisione del testo nelle sue parti logiche;
3 Sulla base di quest’ordine elaborazione sistematica del testo;
4 Enunciazione di casi paralleli, esempi, precedenti giudiziari;
5 Lettura completa del testo;
6 Indicazione della natura dell’istituto (causa materiale), delle sue caratteristiche (causa
formale), della sua ragione d’essere (causa efficiente) e delle sue finalità (causa finale);
7 Obiezioni all’interpretazione proposta, così rivelando il carattere dialettico delle opinioni sui
problemi giuridici e repliche.

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