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2022
Saturabilità
Il numero di recettori disponibili per il legame con il farmaco è finito (non è infinito).
Costante di dissociazione
La formazione del complesso farmaco-recettore possiede una costante detta costante di associazione o di
affinità (Ka) che indica quanto la reazione è spostata verso la formazione del complesso.
[𝐹𝑅]
𝐾𝑎 =
[𝐹][𝑅]
Per semplicità, come indice dell’affinità di un farmaco per il suo recettore è più spesso usata la costante di
dissocazione (Kd) data dal rapporto tra la concentrazione del farmaco e del recettore liberi e la
concentrazione del farmaco legata al recettore.
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Sbobina 3- Farmacologia- Prof.Clementi-11.03.2022
[𝐹][𝑅] 𝐼
𝐾𝑑 = =
[𝐹𝑅] 𝐾𝑎
La costante di dissociazione misura la capacità del farmaco di legare un recettore all’equilibrio e corrisponde
alla concentrazione del farmaco alla quale questo è legato alla metà dei recettori.
Questa costante è indicata per tutti i farmaci ed è molto utile a fini terapeutici. Ad esempio considerando gli
antipsicotici la Kd per i recettori della serotonina si misura in nM mentre quella per i recettori della dopamina
in μM. Questo significa che lo stesso farmaco può essere utilizzato come antidepressivo o come antipsicotico
a seconda della sua concentrazione: a basso dosaggio si lega solo con i recettori della serotonina e quindi ha
un effetto antidepressivo mentre ad alto dosaggio si lega anche ai recettori della dopamina e quindi l’effetto
è antipsicotico.
La costante di dissociazione si può anche ottenere dal rapporto tra le costanti cinetiche che sono le costanti
di velocità della reazione diretta (formazione del complesso), KON, e inversa (scissione del complesso), KOFF.
𝐾𝑂𝐹𝐹
𝐾𝑑 =
𝐾𝑂𝑁
Le costanti cinetiche regolano i tempi dell’interazione farmaco-recettore: KON è un indice del tempo
necessario per raggiungere l’equilibrio, mentre KOFF è correlata alla stabilità del complesso stesso. KON
dipende in parte dalla facilità di accesso del farmaco al sito di legame e KOFF dipende in gran parte dal numero
di legami chimici deboli che si stabiliscono nel complesso farmaco-recettore in quanto maggiore è la
complementarità e più lenta è la dissociazione.
Isoterma di Langmuir
Gli elementi fondamentali per poter avere l’interazione tra farmaco e recettore sono ovviamente il farmaco
e il recettore. Per avere una corretta risposta farmacologica non basta che ci sia affinità tra farmaco e
recettore ma serve anche che siano presenti sufficienti recettori. In assenza di recettore il farmaco non può
esplicare la propria funzione; mentre in presenza di un numero aumentato di recettori è plausibile che il
farmaco possa avere un effetto maggiore. Se una terapia farmacologica non funziona la prima cosa da
verificare è che il soggetto assuma il farmaco in quanto l’aderenza alla terapia rappresenta un elemento
critico. Tuttavia, in presenza di una corretta concentrazione ematica del farmaco questo dovrebbe svolgere
correttamente la propria funzione, perciò, se questo non avviene, è necessario andare a verificare la
popolazione recettoriale. Le popolazioni recettoriali sono molto variabili da individuo a individuo quindi
spesso la mancata o eccessiva risposta alla terapia può essere dovuta a variazioni di questa.
Nel grafico in cui si considera la concentrazione del farmaco sull’ascissa e la concentrazione del farmaco
legata al recettore sull’ordinata, si descrive l’interazione farmaco-recettore attraverso una curva chiamata
isoterma di legame o isoterma di Langmuir.
RT corrisponde alla densità dei siti di legame e quindi al numero totale di siti di legame specifici per il farmaco,
Kd equivale alla concentrazione di farmaco libero che satura il 50% di tutti i siti presenti.
All’aumentare della concentrazione di farmaco, aumenta il legame al recettore fino al momento in cui si
raggiunge la saturazione.
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Si può quindi affermare che, in condizioni di equilibrio, l’interazione farmaco-recettore (B) presenti notevoli
analogie con l’interazione enzima-substrato, descritta dall’equazione di Michaelis-Menten.
[𝐹][𝑅]
𝐵=
𝐾𝑑 + [𝐹]
Il prodotto di una reazione dipende dalla quantità di substrato (F), dal numero di recettori (R) e dalla capacità
del substrato di legarsi al recettore (Kd).
Si può dire che l’effetto farmacologico dipenda dalla concentrazione del farmaco, dall’effetto massimo e dalla
capacità del farmaco di indurre l’effetto e quindi dalla sua EC50 (concentrazione di farmaco alla quale si ha la
metà dell’effetto massimo).
[𝐹]𝐸𝑚𝑎𝑥
𝐸=
𝐸𝐶50
EC50 = Kd
È una condizione non frequente ma possibile. In questo caso più il farmaco è presente maggiore è l’effetto,
quindi, esiste un rapporto di proporzionalità diretta tra i due ma è necessario che il legame sia reversibile
perché si verifichi.
EC50 < Kd
In questo caso (grafico A) per ottenere un grande effetto è sufficiente legare pochi recettori. Questa
situazione si può verificare in presenza di meccanismi di amplificazione del segnale.
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EC50 > Kd
In questo caso (grafico B) perché si possa osservare l’effetto è necessario avere un grande numero di legami
quindi, al contrario della situazione precedente, si ha una deamplificazione del segnale.
Questo meccanismo si osserva quando è presente un inibitore del recettore. Nel momento in cui si ha
un’interazione tra farmaco e recettore si attiva una cascata di eventi nella quale il prodotto di una reazione
diventa il substrato di un’altra e così via e in questi casi è sempre presente almeno un enzima limitante che
limita la velocità di reazione agendo a monte nelle fasi iniziali. In questo caso il farmaco agisce a monte
dell’enzima limitante. Ad esempio, se l’enzima limitante fa passare 10 elementi mentre il recettore è in grado
di farne passare 100, è necessario inibire la funzione del recettore di almeno il 90% prima che si riesca a
osservare l’effetto del farmaco.
Un esempio pratico di quanto è stato detto finora si può fare con i farmaci diuretici ricordando che il
riassorbimento dell’urina avviene per la maggior parte a livello dell’ansa di Henle mentre è scarso a livello
del TCP.
Somministrare un diuretico dell’ansa è molto efficace perché in questo tratto il riassorbimento è massimo e
di conseguenza un farmaco che ha la funzione di inibire il riassorbimento funziona bene (EC50=Kd).
Somministrare invece un inibitore dell’anidrasi carbonica, un diuretico che agisce sul TCP, è molto meno
efficace perché a valle si ha il compenso da parte dell’ansa di Henle (EC50>Kd). Lo stesso inibitore dell’anidrasi
carbonica può però essere molto utile nel trattamento del glaucoma perché la Kd è la stessa di quella presente
nel TCP ma a livello oculare EC50=Kd, di conseguenza il farmaco è molto efficace nel ridurre la pressione
endoculare.
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Ovviamente se si considerasse l’effetto di inibizione invece che quello di stimolazione, l’antagonista puro
avrebbe il massimo effetto, l’agonista puro avrebbe una curva piatta e quello parziale una condizione
intermedia.
I grafici esaminati non prendono in considerazione il fattore tempo perché indicano situazioni all’equilibrio
ma se si introducesse questa variabile si osserverebbe un aumento dell’effetto nel tempo.
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L’efficacia indica la comparazione tra due farmaci tali per cui il farmaco è più efficace se raggiunge un effetto
massimo maggiore dell’altro.
Tornando all’esempio dei diuretici che hanno effetto ipertensivo, l’inibitore dell’anidrasi carbonica è meno
efficace di un inibitore dell’ansa di Henle che a sua volta è meno efficace di un tiazidico.
Nella scelta di un farmaco tendenzialmente si sceglie quello più efficace. Nei pazienti che hanno in
prescrizione tanti farmaci però si opta per un farmaco potente a costo di non raggiungere l’efficacia massima
per non andare a sovraccaricare il fegato che si occupa del loro metabolismo.
Teoria dell’occupazione
La teoria dell’occupazione ipotizza che l’effetto di un farmaco sia proporzionale al grado di occupazione del
recettore. Come già riportato, è possibile esprimere l’effetto di un farmaco attraverso un’equazione simile a
quella di Michaelis-Menten:
[𝐹]𝐸𝑚𝑎𝑥
𝐸=
𝐸𝐶50
Modello recettoriale
I recettori si possono trovare in tre possibili stati funzionali: inattivo, attivo e de-sensitizzato, in equilibrio
tra loro. Il farmaco agonista mostra una maggiore affinità per lo stato attivo, favorendo la formazione del
complesso farmaco-recettore. L’agonista inverso mostra invece una maggiore affinità per lo stato inattivo.
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Gli antagonisti puri infine non influenzano l’equilibrio tra le conformazioni perché hanno uguale affinità per
lo stato attivo e inattivo. La de-sensitizzazione indica la perdita della capacità da parte del recettore di
rispondere all’agonista, nonostante la sua continua presenza.
In condizioni basali, l’equilibrio è nettamente spostato verso lo stato inattivo mentre lo stato attivo è
difficilmente rilevabile. Al contrario, nei recettori costitutivamente attivi l’equilibrio è spostato in modo più
o meno marcato verso lo stato attivo e pertanto è possibile osservare un effetto biologico rilevante anche in
assenza di ligando.