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GIACOMO LEOPARDI

“CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL'ASIA”

Come nasce questo componimento?


Leopardi un giorno lesse su una gazzetta il resoconto di un viaggio di un
esploratore che aveva viaggiato nella steppa siberiana. All'epoca questi resoconti
erano importantissimi perché erano le uniche tracce per poter avere qualche
nozione di terre lontane e per lo più sconosciute. Il viaggiatore raccontava
un'abitudine di pastori che la notte giacevano nella steppa accanto al loro
bestiame e cantavano (componevano canti) alla luna.
Leopardi rimane affascinato da questo resoconto, in quanto trova un'affinità fra
questa abitudine dei pastori e se stesso. Anche il buio della steppa lo affascina...
una steppa illuminata solamente dalle luci naturali delle stelle e della luna. Buio,
silenzio e un piccolo uomo che dalla terra guarda la luna.
Quando scrive questa poesia Leopardi ha 31 anni (morirà 8 anni dopo, a 39
anni). A 16 anni Leopardi scrisse un trattato astronomico. Quindi Leopardi
sapeva esattamente cos'era la Luna, un satellite, un ammasso di pietra, che gira
intorno alla Terra.

Testo Commento
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, 1. La prima strofa è una sequenza di domande alla luna. L. non
silenziosa luna? chiede alla luna cosa è, perché lo sa benissimo (si veda il trattato
astronomico scritto a 16 anni). La scienze risponde a questo tipo di
Sorgi la sera, e vai, domande, ma ciò a cui la scienza non fornisce risposta è il perché
contemplando i deserti; indi ti posi. dell'esistenza della luna, della terra, dell'uomo. Il senso
5Ancor non sei tu paga dell'esistenza delle cose è ciò che domanda l'uomo. L'uomo si
di riandare i sempiterni calli? domanda il senso delle cose, e principalmente il senso della propria
esistenza.
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Prima l'uomo si domanda il senso delle cose, della realtà che ha di
di mirar queste valli? fronte, e successivamente si domanda il senso della propria
Somiglia alla tua vita esistenza. L'uomo in quanto animale ha le stesse esigenze
10la vita del pastore. fisiologiche dell'animale, ma in più ha anche bisogno di sapere.
L'anima è ciò che lo distingue dagli altri animali.
Sorge in sul primo albore
“Che fai tu, luna, in ciel?” L. lo sa cosa fa e infatti lo descrive.
move la greggia oltre pel campo, e vede La vita della luna (che qui è personificata, cioè L. le rivolge domande
greggi, fontane ed erbe; come se fosse una persona in grado di rispondere) è simile alla vita
poi stanco si riposa in su la sera: errante del pastore. Entrambi sono sempre in movimento, entrambi
15altro mai non ispera. compiono sempre lo stesso percorso.
Che senso ha questo vagare del pastore (che senso ha la breve vita
Dimmi, o luna: a che vale dell'uomo), chiede L. alla luna.
al pastor la sua vita, Il non capire il senso della nostra vita ci fa procedere nella vita
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende stanchi e annoiati. Il non dare senso alla propria vita condanna alla
questo vagar mio breve, noia spirituale. Il non senso è la radice della noia.
Metafora (somiglianze):
20il tuo corso immortale?
Movimento della Luna = vagare del pastore = vita dell'uomo (propria
vita)
Differenze:
l'esistenza della Luna è immortale, quella dell'uomo no.
Vecchierel bianco, infermo, 2. In questa seconda strofa Leopardi crea una lunghissima metafora.
mezzo vestito e scalzo, La vita dell'uomo è paragonata a un vecchio in cammino.
Azioni che si susseguono una dietro l'altra dando un'idea di affanno,
con gravissimo fascio in su le spalle, che trova quiete solo alla fine.
per montagna e per valle, Tutta la strofa è impostata secondo una sintassi paratattica, cioè si
25per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, susseguono periodi costruiti senza elementi sintattici di
al vento, alla tempesta, e quando avvampa congiunzione. La virgola è preferita alla congiunzione “e”. La “e” è
talvolta usata per creare accumulazione. Non ci sono subordinate ed
l’ora, e quando poi gela, è questa costruzione dei periodi che dà l'idea dell'affanno. Anche il
corre via, corre, anela, respiro, per poter leggere questa strofa, deve farsi affannoso.
varca torrenti e stagni, Vecchierel bianco (sinestesia), è canuto, zoppicante, con addosso
30cade, risorge, e piú e piú s’affretta, stracci e piegato sotto il peso di una fascina di legna, corre
attraverso montagne e valli. Il cammino è reso faticoso da sassi
senza posa o ristoro,
appuntiti, da sabbia o da terreni pieni di buche. Anche le condizioni
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva metereologiche non sono favorevoli al cammino (o il sole infuocato,
colá dove la via o il gelo). Il vecchierel però non si ferma mai, ma si affretta sempre
e dove il tanto affaticar fu vòlto: di più senza mai riposarsi, nonostante le ferite, finché non arriva alla
35abisso orrido, immenso, meta. Dove stava andando? In un abisso dove precipita e dimentica
tutto (dove dimentica la corsa affannosa che ha fatto fino ad allora).
ov’ei precipitando, il tutto obblia. Negli ultimi quattro versi dominano le vocali chiuse “o” e “u” e le
Vergine luna, tale consonanti lunghe (quelle che posso far durare) che danno l'idea
è la vita mortale. dell'immensità di questo abisso.
La destinazione è il buio, la dimenticanza, l'assenza di valore di tutto
ciò che ha fatto in precedenza.
Alla fine è svelata la metafora.
La destinataria di queste parole è sempre la luna (vergine= pura,
intatta, incorrotta, che non conoscerà mai la morte a differenza del
vecchierel).
Metafora  vecchierel = vita dell'uomo
abisso = morte
Leopardi usa un unico lunghissimo periodo, perché UNA è la vita
dell'uomo.
“Vergine luna, tale
è la vita mortale”
Rima ricca = la parola “tale” è interamente contenuta nella parola
“mortale”.

3. Al tempo di Leopardi erano frequentissime le morti dei bambini e


Nasce l’uomo a fatica, delle madri al momento del parto. Fino alla prima metà del '900
40ed è rischio di morte il nascimento. erano frequentissime le morti durante il parto.
Prova pena e tormento Ventre della madre: ambiente caldo, protetto, morbido,
ammortizzato dal liquido amniotico e dove il bambino sente solo il
per prima cosa; e in sul principio stesso rumore del battito cardiaco della madre.
la madre e il genitore Appena esce il bambino, dopo essere stato compresso e spinto,
il prende a consolar dell’esser nato. sente la sensazione come di cadere (ha improvvisamente il vuoto
45Poi che crescendo viene, intorno a sé), sente freddo, viene sculacciato per provocare il pianto
(l'aria per la prima volta entra nei polmoni violentemente). Quindi
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
viene messo sul grembo materno, cosicché risenta il calore, l'odore e
con atti e con parole il battito cardiaco della madre. Quando cresce molti saranno i pianti
studiasi fargli core, e i genitori avranno il compito di consolarlo della condizione umana.
e consolarlo dell’umano stato: Pianto= pianto per la condizione di essere nato.
50altro ufficio piú grato Essere nati non è descritto da L. come una cosa bella, positiva, ma
come l'inizio di un tormento.
non si fa da parenti alla lor prole. “genitore”: latinismo.
Ma perché dare al sole, Se la vita è così dura e tutto finisce nella dimenticanza è inutile
perché reggere in vita chiedersi il senso della vita.
chi poi di quella consolar convenga? L'esistenza, dovendo poi finire, è inutile e vana.
“Intatta Luna”: sinonimo di “vergine”.
55Se la vita è sventura,
Forse “Luna” non rispondi – dice Leopradi – perché avendo tu una
perché da noi si dura? condizione diversa, essendo tu immortale, non ti curi affatto di noi,
Intatta luna, tale dei nostri tormenti e delle nostre parole.
è lo stato mortale. La terza strofa finisce come la seconda, con un'affermazione: “tale è
Ma tu mortal non sei, la vita mortale”... la vita mortale è diversa dalla tua, è un non senso.
60e forse del mio dir poco ti cale.

Pur tu, solinga, eterna peregrina, 4. “Pur”: congiunzione avversativa (=eppure).


che sí pensosa sei, tu forse intendi Eppure tu solitaria, eterna e sempre in movimento, pensosa, forse
comprendi il nostro patire, il vivere terreno.
questo viver terreno, L. le pone ora la grande questione: la morte, l'impallidire del volto
il patir nostro, il sospirar, che sia; dei morti, che perde il colore, la vita e il passare oltre (andare
65che sia questo morir, questo supremo attraverso la terra), il cessare dei rapporti più cari, a cui si era
scolorar del sembiante, abituati. Tu Luna, forse, capisci il senso della vita, del tempo che
e perir della terra, e venir meno scorre. Tu forse, Luna, conosci il senso della vita.
ad ogni usata, amante compagnia. Tu conosci il dolce amore a cui la primavera sorride ogni volta che
risorge. Esiste un innamorato della Primavera, e tu Luna lo conosci.
E tu certo comprendi Tu sai chi trae giovamento dal calore e cosa procura l'inverno con i
70il perché delle cose, e vedi il frutto suoi ghiacci.
del mattin, della sera, Tu Luna forse conosci il perché delle stagioni. Tu Luna sai mille cose,
del tacito, infinito andar del tempo. che sono invece nascoste al povero pastore (all'uomo, misero e
piccolo di fronte a te).
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore Spesso quando ti osservo muta in cielo splendere sul deserto
rida la primavera, pianeggiante che segna il confine con il cielo o ti vedo seguirmi,
75a chi giovi l’ardore, e che procacci mentre viaggio con il mio gregge e quando miro pieno di stupore e di
il verno co’ suoi ghiacci. meraviglia ardere le stelle, penso: perché esistono tante stelle, tante
luci (facelle=luci)? Qual'è il loro scopo?
Mille cose sai tu, mille discopri,
E che vuol dire questa solitudine (= deserto, ma anche solitudine
che son celate al semplice pastore. dell'uomo)?
Spesso quand’io ti miro Ed ecco la domanda fondamentale: “ed io che sono?”.
80star cosí muta in sul deserto piano, Che senso ha l'uomo? La sua esistenza?
che, in suo giro lontano, al ciel confina; Perché Leopardi continua a scrivere, se ha dato già una risposta al
senso della vita? La vita non ha senso, ma questo non senso
ovver con la mia greggia contrasta con una cosa... con la bellezza del mondo, dell'universo.
seguirmi viaggiando a mano a mano; La bellezza è un fatto che contrasta con la risposta che Leopardi si è
e quando miro in cielo arder le stelle; dato.
85dico fra me pensando: Il mondo è ricco di infinite piante e animali. Il mondo è ricco di
infinita bellezza.
— A che tante facelle?
“stanza smisurata e superba” = universo.
che fa l’aria infinita, e quel profondo “innumerabile famiglia”= flora e fauna, formata da innumerevoli
infinito seren? che vuol dir questa specie.
solitudine immensa? ed io che sono? — L'universo è sempre in movimento, senza posa. I corpi celesti non si
90Cosí meco ragiono: e della stanza fermano mai.
Che senso ha tutta questa bellezza? - si chiede Leopardi - come può
smisurata e superba, andare a finire tutto ciò in un abisso orrido e immenso?
e dell’innumerabile famiglia; Di tutto questo il poeta non trova il senso.
poi di tanto adoprar, di tanti moti Forse un senso c'è (di questo movimento, “dell'esser mio frale”=
d’ogni celeste, ogni terrena cosa, della mia fragilità) e la luna lo conosce, forse per qualcuno la vita
dell'universo è un bene, ma per lui la vita è “male”.
95girando senza posa,
per tornar sempre lá donde son mosse;
uso alcuno, alcun frutto
indovinar non so. Ma tu per certo,
giovinetta immortal, conosci il tutto.
100Questo io conosco e sento,
che degli eterni giri,
che dell’esser mio frale,
qualche bene o contento
avrá fors’altri; a me la vita è male.
5. Lo sguardo del pastore si abbassa, scende dal cielo alle sue
105O greggia mia che posi, oh te beata, pecore. Ora si rivolge alle pecore. Il cielo è in movimento, le pecore
che la miseria tua, credo, non sai! invece stanno ferme e vivono beate.
Il non avere una coscienza, il non chiedersi il senso della vita per
Quanta invidia ti porto!
Leopardi è motivo di invidia. Per questo invidia il gregge. Il gregge,
Non sol perché d’affanno le pecore non provano angoscia.
quasi libera vai; Le uniche domande degli animali sono domande fisiologiche.
110ch’ogni stento, ogni danno, Le domande di Leopardi, che sono le domande di ciacun essere
ogni estremo timor subito scordi; umano, sono enormi. Leopardi troverà una risposta alle sue
domande nella sua vita? Scriverà all'amico Jacobsen: dove posso
ma piú perché giammai tedio non provi. trovare una persona che corrisponda al mio cuore? Il senso della vita
Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe, per lui, dirà, sarà trovare una persona che corrisponda al suo cuore.
tu se’ queta e contenta; Jacobsen, nonostante vivesse lontano, corrispondeva al suo cuore.
115e gran parte dell’anno Leopardi ha trovato questa persona, ha trovato la corrispondenza fra
due cuori... e continua a trovarlo nel cuore che palpita di chi legge le
senza noia consumi in quello stato.
sue opere, nel cuore di colui che cerca lo stesso senso della vita.
Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra, Il tedio non provato dalle pecore sta a significare irrequietudine...
e un fastidio m’ingombra non è semplice noia, è ciò che proviamo quando non sappiamo cosa
la mente; ed uno spron quasi mi punge fare della nostra vita, quando non troviamo un senso del sé. Quando
120sí che, sedendo, piú che mai son lunge una persona non sa che fare della propria vita si butta via (es.
droga, alcool), oppure prova a distrarsi, ad evadere, a stordirsi, così
da trovar pace o loco. da non provare quel senso di non senso, di angoscia.
E pur nulla non bramo, Pratiche che portavano l'uomo ad andare oltre il limite accadeva
e non ho fino a qui cagion di pianto. anche nell'antichità (riti orgiastici degli antichi greci).
Quel che tu goda o quanto, Pensare fa paura. Se penso provo tedio, angoscia, perché non so che
farmene della mia vita, perché provo un senso di inutilità.
125non so giá dir; ma fortunata sei.
L'uomo, a pari condizioni delle pecore, è inquieto; “... piú che mai
Ed io godo ancor poco, son lunge da trovar pace o loco (loco= riposo). Perché?
o greggia mia, né di ciò sol mi lagno. La differenza è la coscienza. Il farsi domande sul senso della vita.
Il problema dell'uomo non è solo avere le cose che servono per
Se tu parlar sapessi, io chiederei: sopravvivere.
— Dimmi: perché giacendo Al tempo di Leopardi si stava diffondendo tra ricchi e nobili l'uso di
130a bell’agio, ozioso, oppiacei, provenienti dalla Cina.
s’appaga ogni animale; Se il gregge sapesse parlare... Leopardi gli chiederebbe: perché
ciascun animale si appaga giacendo in riposo, mentre se io faccio la
me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? —  stessa cosa mi assale il tedio?

Forse s’avess’io l’ale 6. Leopardi fa un'ultima ipotesi... gli viene un'idea. Se io fossi un
da volar su le nubi, uccello e potessi volare – dice. Leopardi amava particolarmente gli
uccelli. Ha scritto un'operetta dedicata solo a loro “Elogio degli
135e noverar le stelle ad una ad una,
uccelli”. Li ammirava per il canto, segno di felicità, e per il volo,
o come il tuono errar di giogo in giogo, tramite cui possono raggiungere velocemente ogni dove.
piú felice sarei, dolce mia greggia, Ma forse, conclude. Per chiunque e per qualunque animale, il giorno
piú felice sarei, candida luna. della nascita è funesto. Chiude negativamente l'ultima strofa...
O forse erra dal vero, sebbene questa sia interamente costellata da una parola: FORSE.
Non riesce dunque a dire definitivamente che la vita è un male. Gli
140mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
resta questo forse.
forse in qual forma, in quale
stato che sia, dentro covile o cuna,
è funesto a chi nasce il dí natale.

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