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Testo Commento
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, 1. La prima strofa è una sequenza di domande alla luna. L. non
silenziosa luna? chiede alla luna cosa è, perché lo sa benissimo (si veda il trattato
astronomico scritto a 16 anni). La scienze risponde a questo tipo di
Sorgi la sera, e vai, domande, ma ciò a cui la scienza non fornisce risposta è il perché
contemplando i deserti; indi ti posi. dell'esistenza della luna, della terra, dell'uomo. Il senso
5Ancor non sei tu paga dell'esistenza delle cose è ciò che domanda l'uomo. L'uomo si
di riandare i sempiterni calli? domanda il senso delle cose, e principalmente il senso della propria
esistenza.
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Prima l'uomo si domanda il senso delle cose, della realtà che ha di
di mirar queste valli? fronte, e successivamente si domanda il senso della propria
Somiglia alla tua vita esistenza. L'uomo in quanto animale ha le stesse esigenze
10la vita del pastore. fisiologiche dell'animale, ma in più ha anche bisogno di sapere.
L'anima è ciò che lo distingue dagli altri animali.
Sorge in sul primo albore
“Che fai tu, luna, in ciel?” L. lo sa cosa fa e infatti lo descrive.
move la greggia oltre pel campo, e vede La vita della luna (che qui è personificata, cioè L. le rivolge domande
greggi, fontane ed erbe; come se fosse una persona in grado di rispondere) è simile alla vita
poi stanco si riposa in su la sera: errante del pastore. Entrambi sono sempre in movimento, entrambi
15altro mai non ispera. compiono sempre lo stesso percorso.
Che senso ha questo vagare del pastore (che senso ha la breve vita
Dimmi, o luna: a che vale dell'uomo), chiede L. alla luna.
al pastor la sua vita, Il non capire il senso della nostra vita ci fa procedere nella vita
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende stanchi e annoiati. Il non dare senso alla propria vita condanna alla
questo vagar mio breve, noia spirituale. Il non senso è la radice della noia.
Metafora (somiglianze):
20il tuo corso immortale?
Movimento della Luna = vagare del pastore = vita dell'uomo (propria
vita)
Differenze:
l'esistenza della Luna è immortale, quella dell'uomo no.
Vecchierel bianco, infermo, 2. In questa seconda strofa Leopardi crea una lunghissima metafora.
mezzo vestito e scalzo, La vita dell'uomo è paragonata a un vecchio in cammino.
Azioni che si susseguono una dietro l'altra dando un'idea di affanno,
con gravissimo fascio in su le spalle, che trova quiete solo alla fine.
per montagna e per valle, Tutta la strofa è impostata secondo una sintassi paratattica, cioè si
25per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, susseguono periodi costruiti senza elementi sintattici di
al vento, alla tempesta, e quando avvampa congiunzione. La virgola è preferita alla congiunzione “e”. La “e” è
talvolta usata per creare accumulazione. Non ci sono subordinate ed
l’ora, e quando poi gela, è questa costruzione dei periodi che dà l'idea dell'affanno. Anche il
corre via, corre, anela, respiro, per poter leggere questa strofa, deve farsi affannoso.
varca torrenti e stagni, Vecchierel bianco (sinestesia), è canuto, zoppicante, con addosso
30cade, risorge, e piú e piú s’affretta, stracci e piegato sotto il peso di una fascina di legna, corre
attraverso montagne e valli. Il cammino è reso faticoso da sassi
senza posa o ristoro,
appuntiti, da sabbia o da terreni pieni di buche. Anche le condizioni
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva metereologiche non sono favorevoli al cammino (o il sole infuocato,
colá dove la via o il gelo). Il vecchierel però non si ferma mai, ma si affretta sempre
e dove il tanto affaticar fu vòlto: di più senza mai riposarsi, nonostante le ferite, finché non arriva alla
35abisso orrido, immenso, meta. Dove stava andando? In un abisso dove precipita e dimentica
tutto (dove dimentica la corsa affannosa che ha fatto fino ad allora).
ov’ei precipitando, il tutto obblia. Negli ultimi quattro versi dominano le vocali chiuse “o” e “u” e le
Vergine luna, tale consonanti lunghe (quelle che posso far durare) che danno l'idea
è la vita mortale. dell'immensità di questo abisso.
La destinazione è il buio, la dimenticanza, l'assenza di valore di tutto
ciò che ha fatto in precedenza.
Alla fine è svelata la metafora.
La destinataria di queste parole è sempre la luna (vergine= pura,
intatta, incorrotta, che non conoscerà mai la morte a differenza del
vecchierel).
Metafora vecchierel = vita dell'uomo
abisso = morte
Leopardi usa un unico lunghissimo periodo, perché UNA è la vita
dell'uomo.
“Vergine luna, tale
è la vita mortale”
Rima ricca = la parola “tale” è interamente contenuta nella parola
“mortale”.
Forse s’avess’io l’ale 6. Leopardi fa un'ultima ipotesi... gli viene un'idea. Se io fossi un
da volar su le nubi, uccello e potessi volare – dice. Leopardi amava particolarmente gli
uccelli. Ha scritto un'operetta dedicata solo a loro “Elogio degli
135e noverar le stelle ad una ad una,
uccelli”. Li ammirava per il canto, segno di felicità, e per il volo,
o come il tuono errar di giogo in giogo, tramite cui possono raggiungere velocemente ogni dove.
piú felice sarei, dolce mia greggia, Ma forse, conclude. Per chiunque e per qualunque animale, il giorno
piú felice sarei, candida luna. della nascita è funesto. Chiude negativamente l'ultima strofa...
O forse erra dal vero, sebbene questa sia interamente costellata da una parola: FORSE.
Non riesce dunque a dire definitivamente che la vita è un male. Gli
140mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
resta questo forse.
forse in qual forma, in quale
stato che sia, dentro covile o cuna,
è funesto a chi nasce il dí natale.