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Egli allievo del Correggio, mostra fin da subito interesse nel campo della grafica e per particolari effetti
percettivi, testimoniati da una delle sue opere Autoritratto entro uno specchio convesso . Nutre inoltre una
passione per l’alchimia, la quale si presenta come un’ulteriore riprova della ricerca di una “nuova natura”.
In quest’opera Parmigianino elabora gli effetti di dilatazione spaziale, combinandoli con tratti ornamentali
più sofisticati di quelli correggeschi, e incalzando il ritmo narrativo tramite lo slancio serpentino che allunga
le figure e ne accentua le sinuose morfologie. Egli dunque, dimostra di aver compreso a pieno le conquiste
tecniche e compositive del Rinascimento, ma anche di essere pronto a superarle per diventare uno dei
massimi esponenti del manierismo europeo.
Parete nord
Il racconto di Diana e Atteone, miseramente divorato dai
suoi stessi cani dopo avere assunto le sembianze di un
cervo, a seguito dello spruzzo d’acqua di Diana adirata, si
svolge a partire dalle lunette della parete nord. Qui due
cacciatori in abiti classici inseguono una ninfa che si dirige
verso un bosco. L’abbigliamento, il corno da caccia e il
levriero tenuto al guinzaglio la caratterizzano come
seguace di Diana cacciatrice. Questa figura è stata
interpretata come possibile identificazione femminile di
Atteone.
PARETE EST
La storia prosegue in senso orario nella
parete est, dove è raffigurato il momento in
cui Atteone scopre involontariamente Diana
che, in compagnia delle sue ninfe, si sta
purificando in una fontana dopo la caccia.
L’abbigliamento del cacciatore è identico a
quello della ninfa della parete precedente,
così come femminile è la struttura fisica
delle braccia e delle mani. Sulla testa della
dea, invece, è presente il suo attributo, la
falce lunare; una delle sue compagne tiene
in mano due libri. Diana è colta nel
momento in cui, per punirlo, spruzza
dell’acqua sul volto di Atteone che inizia a
trasformarsi in cervo: la metamorfosi è a
uno stadio ancora iniziale, il cacciatore
infatti è raffigurato con la testa cervina e il
corpo umano. Lo spruzzo d’acqua di Diana
assume il valore simbolico di un gesto
battesimale, che preannuncia la morte di
Atteone.
PARETE SUD
PARETE OVEST
La giovane donna è ritratta in modo realistico. La superficie pittorica è molto levigata e descrive in modo particolareggiato la
decorazione degli abiti. Il modellato della donna è delicato e si accentua leggermente nell’incavo superiore dei seni e modella
in modo molto elegante le mani raffinate. L’abbigliamento è costruito con un panneggio molto elaborato nelle maniche a
sbuffo. La gonna, ricade con pieghe parallele che si infittiscono nella parte più leggera centrale e costituiscono una trama
sottile e regolare.
Il colore dominante per intensità è quello dell’abito di un marrone che vira verso l’arancio. L’incarnato è delicato e
presenta delle sfumature di rosa sulle guance. Il chiaroscuro è sufficiente per far risaltare le pieghe e il panneggio
dell’abito ma non profondo. Lo sfondo è quasi monocromatico e tendente al verde profondo con bagliore luminoso
intorno alla figura di Antea. L’illuminazione è interna e proviene da sinistra in alto. La luce diretta ma diffusa del primo
piano e schiarisce le ombre a destra, soprattutto sul volto. Si crea un’atmosfera sospesa e intima che contrae lo spazio
intorno alla figura. Per quanto riguarda lo spazio invece, Non vi sono elementi architettonici o arredi con i quali costruire
uno spazio geometrico. La profondità non è suggerita da alcuna prospettiva di sovrapposizione o di grandezza. Tutto lo
spazio e quindi idealmente compresso intorno alla figura separata e statuaria di Antea Si forma, piuttosto, una
spazialità psicologica contratta intorno alla figura femminile è concentrata sul volto
L'opera si trova inventariata a Parma tra le pitture del cavalier Francesco Baiardo,
amico e patrono del Parmigianino.
Il formato stretto e alto della tavola incornicia alla perfezione il corpo statuario di
Cupido, che dimostra forse dieci o undici anni, dalla pelle perfettamente liscia. Il
fanciullo, tutto nudo, è voltato di spalle ruotando la testa verso lo spettatore,
mentre con un grosso coltello sta intagliando un arco da un ramo poggiato su
alcuni libri, declassati a bancone da lavoro, su cui il giovinetto appoggia anche la
punta del piede sinistro, col ginocchio piegato in avanti (forse allusione alla
prevalenza dell'eros sulla scienza). Il capelli ricci e biondi sono raccolti da una
catenella dorata, ricordando un'acconciatura femminile. Vi sono poi risvolti erotici,
dati dalle natiche dalla rotondità e morbidezza tipicamente infantili ben in vista,
nonché dalla pittura "a punti di luna", cioè dall'accento lunare posto sulla carne
nuda che si staglia statuaria sullo sfondo scuro.
L'attenzione nella metà inferiore del dipinto è attirata dai due putti che
si intravedono tra le gambe di Cupido, stretti in un abbraccio
sporgendo a mezza figura oltre il piano d'appoggio principale. Il
maschietto, che è alato, indirizza allo spettatore uno sguardo di
maliziosa complicità, stringendo con forza la femminuccia, che cerca di
ribellarsi in una smorfia di rabbia molto ben rappresentata, che
sicuramente richiese un accurato studio dal vero. Egli le blocca un
polso e le afferra l'altro braccio, avvinghiandola a sé, in un gesto che
Vasari lesse, forse un po' forzatamente, come «uno piglia l'altro per un
braccio e ridendo vuol che tocchi Cupido con un dito, e quegli, che non
vuol toccarlo, piange mostrando aver paura di non cuocersi al fuoco
d'amore». I due fanciulli rappresentano forse le insidie dell'amore non
corrisposto a cui Cupido, fabbricando la sua arma, metterà presto
rimedio.
L'opera mostra affinità con le opere degli anni trenta, quali lo scintillare dorato dei capelli, gli occhi vivi, la luce fredda e
artificiale. Vasari la definì «vaga per colorito, ingegnosa per invenzione e graziosa». Innocentemente malizioso, il dipinto ha
una grande freschezza espressiva che riesce a mettere in secondo piano l'artificio antinaturalistico di quel corpo di marmo e di
quelle ali che paiono di metallo. Dietro l'ispirazione letteraria, petrarchesca dell'opera, si cela un'esaltazione pagana e carnale
dell'amore, non esente da una certa ambiguità sessuale, a cui sembra alludere la complice malizia dell'espressione del
protagonista