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Queer cinema

Il cinema LGBTQ+, il new queer cinema è una categoria che è stata inventata da una giornalista femminista di
nome Rudy Rich nei primi anni ‘90. Il queer cinema è una categoria in cui rientrano tanti autori europei come
per esempio Xavier Dolan, Cristophe Onorè etc. Ci sono altri film a tematica gay che sono stati importanti in
questi decenni, come per esempio, BrokeBack Mountain (2005) diretto da Ang Lee che però non era
omosessuale, mentre nel queer cinema si cerca di attenersi a film che vengono diretti da persone appartenenti
alla LGBTQ+. Infatti, l’idea del Queer cinema è legato alla soggettività, che deve appunto identificarsi con
questa consapevolezza di posizionamento esterno rispetto al main stream, alle pratiche del genere tradizionali
cioè in particolare all’eterosessualità. Quindi è importante che i cineasti del queer cinema siano loro stessi
identificati in queste problematiche e che non stiano raccontando semplicemente la storia di altre persone,
l’idea di Queer parte anche da un rifiuto tra uomo-donna, eterosessuale-omosessuale ecc.
Siamo soprattutto nell’ambito della cultura post-moderna, il post-moderno è l’epoca dell’apertura alla
molteplicità della narrazione, alla molteplicità dei punti di vista e questa molteplicità inesauribile in cui non c’è
più la narrazione unica del ‘maschio bianco occidentale’ come unico punto di riferimento. Nel post-moderno
invece a partire dagli anni ‘70-’80 tutte le soggettività emarginali prendono il centro della scena e quindi si
moltiplicano i vari punti di vista, si moltiplicano le voci che vanno ascoltate per capire cosa succede.
Un’apertura del mondo mentale porta varie possibilità al racconto dell’esperienza femminile, maschile o
esperienza gay ecc.Quindi grazie al cinema queer si dà voce a quelle persone che non sono mai state
ascoltate perché erano emarginate.
Almodóvar
Almodóvar è un regista catalano ed uno che ha investito nel cinema queer e inizia a realizzare film a tema
LGBT nel 1981. Almodovar è un ‘figlio’ di quel momento in cui c’è la generazione della Spagna dopo il
quarantennio della dittatura di Francisco Franco:con la guerra civile spagnola del ‘36 il dittatore prende il
potere fino al ‘75 dopodiché la società spagnola era pronta per la democrazia proprio perché rivolevano la loro
libertà di costumi ritornando alla ‘movida madrilena’. E i primi film di Almodovar sono proprio l’espressione di
questa improvvisa voglia e possibilità di realizzare, di mettere in scena il punto di vista di un popolo liberato.
Sono dei film assolutamente disordinati, caotici in cui si esprime tuta la libertà e generosità degli spagnoli.
Il primo film che Almodovar dirige è Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, sono film all’inizio
estremamente indipendenti, realizzato con pochi soldi ma proprio per esprimere uno stile di vita fuori dalle regole
dove si parla anche di sesso libero. Almodovar sviluppa il suo linguaggio cinematografico andando a costruire
sempre di più dei film veri e propri, costruendo narrazioni più elaborate, abbandonando dei toni semplicemente
grotteschi ma va in una direzione melodrammatica come è possibile vederla nel film ‘Il Matador’ (1986), ‘La
Legge Del Desiderio’ (1987), quindi film che mettono in scena non soltanto il divertimento ma anche una forte
intensità. Il cinema di Almodovar è tutto nel segno nel racconto del desiderio, non a caso il suo film di svolta
nell‘87 ‘La Legge Del Desiderio’, che poi lui fonda con suo fratello Agustin Almodovar la casa di produzione che
si chiama El Deseo. Almodovar è un regista consapevole dei problemi che tratta, di fatto i suoi primi film
raccontavano le dinamiche e gli intrecci della fluidità del desiderio in modo più farzesco, più vicino alla
commedia, man mano con il melodramma inizia a farsi strada. Vedremo che nel film ‘Donne sull’orlo di una crisi
di nervi’ la direzione della commedia e del melodramma trovano una sintesi piuttosto particolare, di fatti è un film
con un registro bizzarro, non sempre appunto lo spettatore sa come reagire alle scene del film.Inoltre Almodovar
lavora spesso con gli stessi attori e fra questi vi sono Antonio Banderas e Penélope Cruz.
Un altro film che ricorda il desiderio è ‘Carne Trémula’ (1997) perché il desiderio è una costante che attraversa
tutto il cinema di Almodovar, desiderio tendenzialmente per un corpo maschile dato che il regista è omosessuale,
ma questo non vuol dire che nei suoi film il genere femminile non abbia importanza nel suo cinema.
Con il film “Tutto su mia madre” del 1999 vince l’oscar. È in continuo equilibrio tra film più incentrati sul
femminile, che sono tendenzialmente dei film più affini al melodramma ma anche più positivi (perché, se c’è la
possibilità di una positività, questa viene sempre affidata al femminile) e film che vedono il maschile come
tendenzialmente marcato dalla negatività, non perché siano tutti cattivi ma perché il rapporto con il maschile è
sempre più tortuoso è tormentato.La sua intera carriera ruota intorno a questa difficoltà con il maschile. Quando
un film è più tendenzialmente legato alla messa in scena del maschile e dell’eros tutto declinato al maschile, è
spesso un film più angoscioso, più vicino al poliziesco o al noir come nel caso di “La mala educación”, 2004.
Quindi il suo intero cinema si muove in queste coordinate, da commedia e melodramma al noir.
Mujeres al borde de un ataque de nervios
Innanzitutto si tratta di un film liberamente ispirato ad una pièce teatrale di un autore francese del 1930,
Jean Cocteau. Quest’opera, “La voce umana” era stata adattata per il cinema nel 1948 da Roberto
Rossellini e Anna Magnani. Uno dei film meno noti di Rossellini è appunto “L’amore” del 1948 composto da
due episodi.Nel “La voce umana” succede che siamo tutto il tempo con questo personaggio femminile che è lì
accanto al telefono in un attesa spasmodica della telefonata dell’uomo di cui è innamorata che però la sta
lasciando. Quindi, quello che dovrebbe essere un dialogo si rivela invece un monologo perché quando lei parla
al telefono con il personaggio maschile, la voce dell’altra persona non si sente. Già si vede come quel discorso
sulla difficoltà ed incomunicabilità all’interno della dimensione romantica sia assolutamente fondativa. “La voce
umana” è stata anche adattata come opera lirica modernista da Francis Poulenc nel 1959; è stato fin
dall’inizio uno dei lavori teatrali e, in generale, lavori narrativi che ha più segnato Almodóvar secondo molte
sue dichiarazioni.
Con “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”,Almodóvar fa una sorta di adattamento obliquo perché all’interno
mette altri elementi. Il noccio di ispirazione di base è senza dubbio la voce umana. Abbiamo visto infatti come
la voce influisce in “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” e possiamo in effetti dire che sia una riflessione sui
generi, sul maschile e femminile ma anche una riflessione sul potere, sulla potenza, in particolar modo quella
seduttiva della voce utilizzata per affascinare ma anche voce come canale rivelatorio della persona. Tant’è
vero che poi Pepa ascolta un messaggio e dice di riconoscere che le sta mentendo, può farlo con il corpo ma
non con la voce.È un film incentrato sulla dimensione del desiderio che si incanala soprattutto tramite la voce
attraverso un telefono. Abbiamo parlato di “An Unseen Enemy” di David W. Griffith dove c’era l’utilizzo del
telefono come metodo di salvezza, ma viene utilizzato in maniera completamente diversa visto che in “Donne
sull’orlo di una crisi di nervi” diventa uno strumento dove si coagulano tutte le ansie della protagonista, Pepa
e anche l’assenza del suo amato e oggetto di desiderio, Ivan.
Quindi è un film basato sul potere della voce vincolato dal telefono sia per esprimere il proprio desiderio ma
anche una distanza di separazione tra soggetto e oggetto del desiderio.
Almodovar è un regista molto queer però in questo film non ne troviamo alcuna presenza, è una completa
storia d’amore eterosessuale però il punto di vista del regista è tutto dalla parte del femminile e queer.
Vediamo come il discorso sulla voce implica un’enfasi anche sulle labbra, più volte tornano delle inquadrature
dettagliate sulle labbra di Ivan, addirittura abbiamo visto che è come se ci venisse presentato due volte.
La prima volta lo vediamo in una sequenza onirica in cui poi è in bianco e nero, prende il microfono e incontra
varie donne dicendo frasi seduttive a tutte quante, e già la prima inquadratura è la sua, si spruzza uno spray
per rinfrescare l’alito e poi le labbra, una vera e propria sineddoche dell’oggetto del desiderio.
Il telefono svolge sicuramente un ruolo fondamentale:ad un certo punto abbiamo un’inquadratura interamente
centralizzata che di fatto è una specie di soggettiva della segreteria telefonica perché la macchina da presa è
messa sotto i nastri di questa come se essa fosse il telefono per sottolineare l’importanza della comunicazione
romantica.
Questa soggettiva della macchina è molto utilizzata da Almodovar, lo vediamo anche in “Tutto su mia madre”
dove ad un certo punto fa una soggettiva del diario del protagonista su cui sta scrivendo.
Quello di Almodovar è un cinema di oggetti, il telefono,le labbra, le fotografie che sono tutti sostituti del corpo
di Ivan —> questo ricorda l’importanza degli oggetti nel cinema surrealista come in “Un chien andalou”.
Gioca un ruolo importante anche la musica:in ogni film di Almodovar troviamo almeno una ballata, una musica
più o meno malinconica —> pathos musicale. I titoli di testa sembrano dei collage fatti con vari pezzi di riviste
che indicano anche tutta una serie di aggeggi, come per esempio delle scarpe col tacco, rossetti e così via.
Sono tutte immagini che ci ricordano la costruzione del femminile, sottolineare come il femminile sia un ruolo
che si recita. Abbiamo anche visto la recitazione tramite il doppiaggio sia assolutamente fondamentale.
In generale il film fa anche il lavoro cinematico, post-moderno, che incorpora all'interno del film materiali “pop”
che può essere per esempio l'estetica delle riviste ma anche le pubblicità, la prima cosa che Pepa doppia è
questa pubblicità del preservativo. Il film fa un sacco di deviazioni verso la commedia che derivano
dall’incorporazione di materiali kitsch.
Tutto è un po’ assurdo, anche il personaggio della telefonista, per esempio, perché si comporta in un modo
squinternato, da svampita (è il tipico personaggio della svampita della commedia). Se non ci fosse poi l’innesto
dello spot pubblicitario, questo film andrebbe nella direzione del melodramma dato dal suo smarrimento, e
invece abbiamo anche questi spostamenti che ci indirizzano verso la commedia.
Nella scena in cui appare il personaggio del tassista, il guidatore del Mambo Taxi (quando Pepa gli dice
“Segua quel taxi” e lui risponderà “Non credevo che lo facessero più nemmeno al cinema”), vedremo che in
questo taxi lui vende di tutto (mentine, riviste...), e quindi anche qui c’è tutta un’idea di un’indirizzazione verso
il pop.Quindi, c’è un lavoro da parte di Almodovar di integrare il melodramma con la commedia e inserire la
cultura pop per alleggerire il peso del melodramma.
Abbiamo visto poi come c’è tutto un lavoro specifico sul doppiaggio, quindi anche proprio sul funzionamento
analogico della proiezione in pellicola. C’è una forte consapevolezza del medium cinematografico, che viene
esplicitamente messo in scena, e di cui si racconta l’importanza nel vissuto di questi anni.
Alla fine dell’ultima scena che abbiamo visto succede che lei è completamente sconvolta da questa sorta di
dialogo che ha con Ivan per interposto film, perché Ivan doppia il personaggio maschile, lei doppia il
personaggio femminile e Pepa si ritrova Ivan che, per mezzo del film, le dice tutto quello che lei vorrebbe
sentirsi dire, perché nel film è il personaggio maschile che sta dicendo al personaggio femminile di non
abbandonarla, in qualche modo.
Quindi, vediamo come tutta l’insistenza sulla costruzione della macchina,il cinema sulla “finzione”, significa
che questi prodotti della finzione, in particolare il cinema hollywoodiano, non abbiano una grande importanza
nel cinema postmoderno in generale. Si tratta del prodotto di un processo influenzato dai film, dalle narrazioni
che vediamo. Quindi, c’è tutto il discorso di Almodovar sull’importanza del discorso cinefilo nella nostra
soggettività postmoderna.
In particolare, le citazioni che lui fa sono 3:
1. la sequenza onirica iniziale, in cui Pepa immagina Ivan che fa avance a varie donne incontrate per strada, è
chiaramente ispirata, per lo stile e perché è in bianco e nero, a tante situazioni di 8 1⁄2 di Federico Fellini. Qui
viene utilizzato per parlare di una soggettività maschile un po’ da sciupafemmine senza cuore. In effetti, se c’è
un cineasta che mette in scena tutto ciò è Federico Fellini.
2.Johnny Guitar (Nicholas Ray, 1954): si tratta di un film western e in questo film un po’ tutti i ruoli sono
invertiti, per quanto riguarda il gender, cioè il personaggio forte è la donna, interpretata da John Crawford, è
una proprietaria di un saloon e viene raggiunta nel suo saloon da un uomo del suo passato, Johnny Guitar
(così chiamato perché è un musicista), personaggio debole (quello maschile), nel senso che è più
romanticamente disposto verso di lei.
È per questo che per Pepa del film di Almodovar questo film rappresenta il massimo del cortocircuito, perché
mentre lei è abbandonata da Ivan, che se ne va con un’altra donna, si ritrova ad avere un dialogo con questa
persona, per interposta persona, per interposti personaggi di film, in cui Ivan le dice “Mentimi e dimmi che non
puoi vivere senza di me”, e quindi Pepa alla fine non può che svenire. Quindi, si rimarca l’importanza del
panorama cinefilo delle esperienze che noi facciamo per costruire la nostra identità, le nostre aspirazioni
romantiche.È un po’ come se Almodovar ci stesse dicendo che Pepa è un soggetto influenzato da questo
lavoro che fa, che vive e procura tutta una serie di emozioni dolorose, a causa di un amore che non è andato a
buon fine. L’inizio del film è interessante, perché Pepa ci dice che si era rifugiata nel suo attico, come se fosse
uno spazio di salvezza, rispetto a tutto il mondo circostante in frantumi. È evidente che lei voglia uscire da
questo rifugio e abbracciare il caos, che si impone sempre di più alla sua attenzione.
3. La finestra sul cortile (Alfred Hitchcock, 1954): anche se non è un cortile (Pepa è seduta su una panchina
e guarda ciò che accade nelle varie finestre, esattamente come faceva James Stewart nel film di Hitchcock,
in cui c’è un riferimento esplicito al personaggio della ballerina). Rimarcare la cinefilia è uno dei punti di
partenza di Almodovar. Qui abbiamo un rapporto diverso tra la spettatrice e lo schermo: Pepa non rimane
distaccata ad osservare la parete piena di schermi, come faceva il protagonista del film di Hitchcock mentre
scopriva l’omicidio, ma invece si avvicina a telefonare e poi succede una cosa parecchio bizzarra, ovvero le
arriva la valigia dall’alto, con la quale lei scopre che il suo amato Ivan ha un figlio di cui lei non sapeva nulla
(interpretato da un giovanissimo Antonio Banderas).
Da qui la trama inizierà a complicarsi: il figlio di Ivan si presenterà a casa di Pepa senza sapere che sia
l’amante del padre, che vuole affittare l’appartamento, e quindi iniziano ad intrecciarsi tutta una serie di
vicende in maniera abbastanza assurda e incredibile. Di fatto, il film è un mix tra la struttura scoppiettante
della commedia screwball e l’intensità dei sentimenti del melodramma perché le coincidenze funzionano sia in
relazione alla commedia che al melodramma, sono infatti caratteristiche tipiche di questo genere che si
incentra sulla malignità del fatto che crea delle incomprensioni o coincidenze drammatiche. Basti pensare a
Romeo e Giulietta che avrebbero potuto incontrarsi e salvarsi, invece non succede. Naturalmente le
coincidenze estremizzate costruiscono una narrazione che definiamo assurda e volutamente ridicola. Ed è
proprio questa mescolanza tra melodramma ed ironia che è la chiave del regista Pedro Almodovar, il quale
ci permette di capire che la vita va affrontata entrando a pieno nel pathos dei sentimenti in modo
melodrammatico, ma anche con la capacità di trovare leggerezza in questo straordinario mix in cui risiede la
sua originalità e la sua visione autoriale. Le coincidenze che attraversano il film, lo rendono simile a un sogno e
anche il potere degli oggetti aumenta questa sensazione.
In questa sequenza, ma accade più volte, gli oggetti cadono dall’alto: in questo caso è la valigia che la moglie di
Ivan getta perché non vuole che lui parta e che la abbandoni, ma succede anche successivamente, sembra che
sulle vite dei personaggi incomba la possibilità che qualcosa cada dal cielo.
È una letterizzazione di quella idea di stare sotto al cielo che tutti noi abbiamo provato difronte
all’imprevedibilità dell’esistenza. Quindi qui ritroviamo una letteralizzazione del ruolo del fato e tale è l’insistenza
di questo tema, che sembra di trovarsi davanti ad un sogno. Tutto sommato il film e il sogno si assomigliano
molto e abbiamo già visto come, evidentemente il surrealismo e l’espressionismo tedesco possono essere
avvicinati alla dimensione onirica come anche qui sembra di trovarci nello spazio mentale di Pepa.Anche
questa dimensione artificiosa della messa in scena che esprimono volutamente una sensazione di falsità e
costruzione, aumenta la dimensione onirica.Ad esempio il film inizia con questa inquadratura del modellino del
palazzo di Pepa, poi si scoprirà che il modellino lo aveva in casa, Almodovar non vuole farci credere che
questo sia effettivamente un palazzo, ma gioca tra la realtà e le sue forme di riproduzione artificiale. La
terrazza di Pepa è molto bella e ampia nel centro di Madrid, però è anche un fondale dipinto, è come stare a
teatro. Quindi c’è tutto un gioco, un lavoro palese sull’artificiosità che è anche un carattere tipico del cinema
post-moderno.Il cinema post-moderno è un cinema che fa sempre mostra dei meccanismi della finzione:ad
esempio nelle sequenze precedenti l’insistenza sulla pellicola che gira, tutto una sottolineatura dei meccanismi
della finzione e dell’artificio è un’interrogazione del rapporto tra immagine e realtà in cui però, quello che conta
di più, è l’immagine. È una sorta di preminenza della finzione e dell’immagine. C’è un gusto dell’intreccio
complesso, il film “Donne sull’Orlo di una Crisi di Nervi”, presenta un intreccio incasinato, c’è una ripresa ed
una rivisitazione degli stilemi e dei codici del cinema popolare. C’è la citazione ironica, c’è il percorso
intertestuale in rapporto a film diversi e altre opere teatrali o letterarie e si lavora quindi alla contaminazione dei
generi. In generale il post-moderno prende quella dimensione autoriflessiva che c’era in Pasolini e ci fa sentire
la presenza della macchina da presa, ma la declina della dimensione ludica.
Questo è un aspetto fondamentale perché se c’è un discorso che attraversa tutto il cinema di Almodovar e
anche il cinema più drammatico è questa dimensione ludica, di gioco con le immagini e con i meccanismi della
finzione che non significa che non esprimano sentimenti ed emozioni autentiche. C’è una dichiarazione della
funzionalità della messa in scena, ciononostante i sentimenti che si raccontano e che vengono suscitati nello
spettatore sono forti, non si rinuncia al pathos. C’è un discorso di sottolineatura della finzione e
dell’artificiosità, il film “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” presenta anche una certa profondità da comunicare
e riguarda anche il rapporto tra maschile e femminile. Il film è incentrato tutto sul telefono, c’è anche queta
scena molto bella in cui Pepa distrugge il telefono, ma anche la finestra. Questa immagine del buco che si crea
sulla superficie vetrata è simbolica: il senso di assenza della completezza nella sua interiorità che viene ribadito
nella scena in cui, lei per errore dà fuoco al suo letto, nel segno della mancanza. Tutto il film è una riflessione
sul rapporto del maschile come una mancanza incolmabile, possiamo vedere anche un’ottica queer: Almodovar,
che, come regista gay, aderisce ai codici di mascolinità tradizionale diversa.
Il suo, infatti, è un film sull’incomprensibilità di raggiungibilità della mascolinità tradizionale sia per una
soggettività queer che per i personaggi femminili, di questi ultimi Almodovar ci racconta il proprio rapporto
tortuoso e tormentato con la mascolinità. Non solo Pepa, ma tutti i personaggi cercano di contattare le
controparti maschili che però sono irraggiungibili e sfuggenti. Candela, l’amica di Pepa è stata sedotta e
abbandonata da uno di questi terroristi sciiti che poi stanno per fare un attentato a Madrid.
Il film gioca sull’assurdo, inserendo questa sorta di sottotrama geopolitica completamente insensata. Ciò che
conta è che Candela afferma di essersi fidata e di aver ospitato dei terroristi civili in casa sua. Ma anche la
moglie di Ivan, che getta la valigia dall’alto, è un personaggio talmente segnato dalla mancanza del maschile che
ha perso completamente la ragione, è una pazza nel senso psichiatrico del termine. L’unico personaggio
maschile che sembra possa rappresentare il contraltare è il giovane Carlos, che non ha il controllo della propria
voce, a differenza degli altri personaggi (Ivan), lui balbetta e il film lascia aperto su lui qualsiasi scenario.
Anche gli innesti di cultura pop come le pubblicità, sottolineano la difficolta di interazione tra maschile e
femminile. Esempio è lo spot esilarante di Pepa che lava la camicia con il detersivo, mostra una visione
problematica del personaggio femminile che copre l’uomo, considerato nel segno della criminalità.
Il cinema post-moderno
Il cinema post-moderno è un cinema sull’artificio e la messa in evidenza della finzione e ancora piu’
radicalmente diventa un cinema in cui ci si interroga continuamente sul rapporto tra immagine e realtà, sullo
statuto dell’immagine. Quando si vede un’immagine si deve capire cosa si vuole rappresentare: se vuole questo
essere un sogno, un’allucinazione o anche un sogno ad occhio aperti, diciamo questa interrogazione era vitale.
Insieme anche alla questione di che cos’è un’immagine, spesso l’unica risposta che possiamo dare è che
queste immagini sono solo immagini, sono cinema. E’ un cinema complesso che richiede allo spettatore una
modalità di partecipazione elevata e quindi non ci si può semplicemente rilassare e godersi la storia come nel
cinema classico, non si può neanche però avere solamente un approccio intellettuale, bensì c’è bisogno di
andare avanti e indietro con diverse modalità di coinvolgimento. Il cinema postmoderno richiede quindi uno
spettatore attento e interpretante ma contemporaneamente uno che si lasci portare via e coinvolgere dalla
bellezza o dal fascino delle immagini, il tutto tramite una continua ripresa e rivisitazione degli stili del cinema
del passato (cinema di genere).
Lynch è dal punto di vista generazionale un regista che appartiene alla “generazione della new Hollywood”.
Lynch è attivo negli stessi anni di Spielberg, insieme a molti altri grandi registi della new hollywood (Scorzese,
Coppola e così via) questi hanno rinnovato profondamente il cinema a partire dal 1967, che è un anno di
svolta perché le strutture del classico e della realizzazione del metro sono ormai crollate—> la data di crollo
del cinema “classico” è il 1963 perché è l’anno in cui 20th centuries fox va in bancarotta quando produce
“Cleopatra”. Questo film incasserà molto ma ci avevano speso così tanto che non riescono a rientrare nelle
spese e questo film sarà una delle ragioni piu’ importanti dietro questa bancarotta.
Il sistema della Hollywood class entra in crisi dalla fine degli anni 40,quindi gli attori non dovevano più
sottomettersi al gioco di contratti di 7 anni e avevano maggiore libertà nel costruire la loro carriera.Però ad un
certo punto Hollywood inizia a ricostruirsi,sarà meno fondata sul potere dei produttori e molto di piu’ sulla
immaginazione dei registi.Questo è il periodo della New Hollywood che va dal 67 al 77 in cui l’immaginazione
autoriale permette a giovani registi molto creativi come Scorzese e Spielberg di farsi strada.I produttori e la
macchina produttrice hollywoodiana riprenderanno il controllo eliminando la libertà creativa di cui i registi
godono in questo decennio e tornano le case di produzione ad esercitare controllo sulla vendita e produzione.
Il film che quanto piu’ segna la svolta e questo passaggio sarà “Star Wars” che è frutto dell’immaginazione
originale ed iconoclastica di George Lucas ma ovviamente è un film che per essere prodotto ha bisogno di
grandissimo capitale finanziario e quindi con il suo successo strepitoso rimette il potere nelle mani del
produttore (tra l’altro due case produttrici diverse collaboreranno per Star Wars , Fox e Paramount) da quel
momento in poi la palla ritornerà in mano ai produttori in quanto saranno quelli che daranno soldi permettendo
la creazione del film. Tutti i registi di questa generazione continueranno a lavorare cercando una forma di
compromesso tra le necessità e le richieste del sistema dei produttori e la propria autentica ispirazione
creativa —> Scorzese ha trovato un ottimo equilibrio tra la necessità creativa e quella commerciale, Coppola
già meno anche se lui organizza alcuni capolavori come “Il padrino” ma sarà poi un regista che avrà una serie
di fallimenti commerciali negli anni 80 e mette in crisi la sua carriera.
David Lynch
Una figura eccentrica e molto importante del panorama della Hollywood degli ultimi quaranta anni è David
Lynch.Egli appartiene da un punto di vista generazionale alla generazione della new Hollywood però è un
regista che si è poi rivelato solo piu’ tardi , a partire dagli anni 70. È un regista che si è affermato soprattutto
negli ultimi decenni raggiungendo poi uno status ineguagliato.”Mulholland Drive” è forse considerato il miglior
film del ventunesimo secolo, di altissimo rilievo e anche un po' la summa della sua produzione. In questo film lui
riesce a fare due cose simultaneamente:costruisce un universo narrativo molto complesso che è una delle sue
caratteristiche piu’ evidenti;costruisce un film dalla grande bellezza estetica.
David lynch è un punto di congiunzione di una serie di traiettorie, i suoi racconti (non sono solo
cinematografici ma anche televisivi, Lynch è stata una delle figure che ha rivoluzionato la televisione
specialmente negli anni 90) sono articolati, complessi e spesso anche oscuri che sono la cosa piu’ lontana
che si può immaginare da un racconto verosimile,realistico e documentario ma invece caratterizzati da una
proliferazione dell’immaginazione, del mistero, dell’enigma. La messa in scena di traiettorie narrative e
dinamiche della soggettività sempre nel segno del mistero e dell’angoscia. Questo varia a seconda del
momento in cui ci troviamo nella sua carriera in quanto il suo esordio nel cinema fu un film del tutto
sperimentale chiamato “Eraser head” prodotto in maniera assolutamente indipendente nel 1977 che è la storia
di un giovane padre che accudisce un figlio detto mostruoso.
C’è sempre però l’idea di una rappresentazione misteriosa e disturbante in termini di soggettività e della psiche.
Spesso Lynch ha a che fare con il mostruoso, con un fine perturbante, che abbiamo già visto
nell’espressionismo, il limite tra umano e non umano – tra umano e mostruoso.
Difatti il primo film che gli farà guadagnare un certo successo sul pubblico e lo farà conoscere come un
personaggio affidabile dal punto di vista di logiche produttive piu’ mainstream di Hollywood sarà sempre
costituito sul concetto di mostruosità ed è il film “The elephant man” ed è la ricostruzione cinematografica
della vera storia di un uomo deforme chiamato l’uomo elefante per la deformità della sua testa.È un film piu’
classico che si contrappone all’esordio sperimentale ma dove ci sarà in ogni caso il tema costante del rapporto
tra psiche e corpo e in questo esempio un corpo non comforme, un corpo angosciante nella sua mostruosità. Il
tutto è una riflessione su quanto all’interno di questo corpo mostruoso si nasconda un animo umano dotato di
sentimenti piu’ che autentici. La prima fase della carriera di Lynch si conclude con un flop che è “Dune”:il
primo adattamento del romanzo di Frank Heribert riadattato recentemente con un giusto successo, qui però
invece abbiamo un cast ecclettico che ha al suo interno Feyd Rautha che è uno degli attori preferiti di Lynch.
Questo film,nonostante fosse prodotto dai De Laurentis, famiglia italiana di grandissimo potere nel cinema
all’epoca (fino ai 2000),fu un flop colossale ma ciononostante la carriera di Lynch non ne viene totalmente
segnata,al contrario in qualche modo ne fu spinto verso la ricerca di una piu’ autentica aspirazione con
materiale meno titanico in quanto “Dune” era un film molto ambizioso ma lontano da ciò che interessava Lynch.
Nell’86 Lynch dirige quello che forse è il suo primo capolavoro, uno dei film centrali per lo sviluppo dei suoi
temi e del suo stile che vediamo anche nel resto dalla sua carriera. Questo film si chiama “Blue Velvet / Velluto
blu” con Isabella Rossellini.È un film che racconta di questo giovane americano che scopre,a partire dal
ritrovamento di un orecchio vicino a casa sua,tutta una serie di misteri disturbanti che si nascondono dietro la
facciata del suo borgo di LA in cui vive;è un film girato negli anni 80 ma che è ambientato nell’America
suburbana degli anni 50.È un film sospeso tra gli anni 80 e gli anni 50 e già si intravede in qualche modo
l’ostacolo del cinema di Lynch ovvero riguarda al cinema del passato come forma di ispirazione e soprattutto è
un film in cui ci viene raccontato il confronto con un personaggio che è innocente e ingenuo con le profondità e
le mostruosità che si nascondono nel fondo dell’animo umano. C’è un rapporto inverso con “The elephant
man” dove abbiamo un protagonista che all’esterno è un mostro ma all’interno è molto umano;qui abbiamo un
giovane perfettamente conforme alla norma e sano esteriormente che scopre cose orribili all’interno di sé e
del luogo in cui vive. Sotto l’apparenza superficiale di normalità e tranquillità si scoprono sentimenti, desideri e
pulsioni molto piu’ oscuri. Questo film indaga sulle dinamiche del desiderio (dinamiche sadomasochistiche del
desiderio) E’ una storia complicata e la domanda di fondo del film è “cosa desideri, cosa vuoi”.Esso presenta
elementi che ritroviamo anche nel cinema successivo dal punto di vista stilistico, come l’utilizzo del colore in
maniera molto espressiva ed enfatica come vedremo poi anche in Munholland drive e l’utilizzo della musica.Il
cinema di Lynch è il 'cinema del sentire'—> in italiano il termine “sentire” ha una doppia semantica, significa
sia sentire inteso come udire, che sentire inteso come percepire, è un doppio significato che altre lingue non
hanno. Il cinema di Lynch punta al tema del sentire perché abbiamo la musica che è molto importante e allo
stesso tempo è anche un film che riflette moltissimo sul sentire, sul percepire le emozioni. La chiave di tutta
l'opera di Lynch ,di fatto, è la narrazione di figurazioni psichiche. Noi pensiamo alla psiche e alla mente come
qualcosa di separato dal corpo, ma in realtà non è così:in Lynch si rimanda alla mente, il pensiero e la
dimensione corporea, fisica e sensoriale. Il cinema di Lynch è un cinema che va oltre il funzionamento della
mente a livello conscio e surrealistico. Cerca di immergere lo spettatore nell'inconscio, nell'irrepresentabile,
tutto cio che resiste all'interpretazione, che si colloca al di là della parola e del linguaggio. Questa dimensione
di racconto è quasi incontrollabile, è spesso difficile per lo spettatore da capire, sembra di essere immersi in un
labirinto senza poter trovare l'uscita quando si seguono le narrazioni di Lynch. Questo elemento deriva anche
dal suo incontro con la serie “I segreti di twin Peaks”,una serie tra il 90-91 divisa in due stagioni che ha
un'originalità assoluta nel panorama della produzione dell'epoca. All'epoca la tv funzionava su due modalità:
c'era il mainstream che consisteva in racconti della serie tv che erano poliziotti, american drama e altre forme
in cui gli episodi erano sempre gli stessi; c'erano delle serie che venivano trasmesse durante la giornata che
erano le soap opera, che si chiamano così perchè erano programmi sponsorizzati da aziende del sapone di
origine bassa, popolare. Hanno una narrazione continuamente dilatata in cui tra un episodio e un altro si
continua con l'evoluzione della storia, chiamatasi narrazione concatenante.Il mainstream e la soap opera si
mischiano negli anni 80 e diventano un tutt'uno e quindi si iniziano a creare delle forme narrative piu
complesse anche per la televisione di prima serata, quindi questo è una cosa che avviene gia in altre serie
come nel film “giorno e notte”,un film poliziesco che però mantiene la stessa tematica tutta la stagione.
In questi episodi lunghi della durata di più di un quarto d'ora, Lynch si inserisce in maniera significativa icon “I
segreti di twin Peaks” che per certi versi è una parodia delle soap opere perché tutte le soap opere si
svolgevano in cittadine della provincia americana. Contemporaneamente Lynch aggiunge un elemento molto
importante cioè l'idea di fare un prodotto per la televisione che abbia però la stessa qualità e le stesse
consuetudini stilistiche del cinema. Fino ad allora la produzione di soapopere da un punto di vista stilistico era
stato una produzione molto semplificata si cercavano di fare semplicemente dei prodotti che potessero essere
seguiti anche in maniera distratta in casa mentre si facevano altre cose o comunque un prodotto più popolare
possibile in cui non si andava a fare una ricerca sulla produzione della macchina da presa.Con Lynch,lo stile
del cinema irrompe nella narrazione televisiva insieme ad un'ulteriore complessificazione del racconto, di fatto
Lynch si incentra intorno all'omicidio di questa ragazza che viene trovata morta nella prima scena e Lynch
costruisce intorno a questo delitto un ritratto di tantissimi personaggi di questa cittadina, tutti indagati per
l'omicidio condotto tra l’altro da Cooper L'idea di Lynch era quello di rivelare l'assassino il piu tardi possibile
perchè quello che gli interessava non era certamente risolvere l'enigma ma costruire un labirinto oscuro che
mettesse in atto le passioni segrete che si muovono e animano la cittadina apparentemente tranquilla e quieta.
C'era quindi questa situazione apparentemente tranquilla, poi c'è un delitto che giunge in superficie ed esce
fuori tutto. Quindi il regista avrebbe rivelato l'assassino alla fine della storia, ad un certo punto però ci fu
questo famoso scontro tra produttori che è una delle dinamiche piu famose della storia del cinema.La serie poi
fu cancellata. Se prima le sue storie erano complesse,articolate e confusionarie da questo scontro la maggior
parte delle sue narrazioni non hanno una conclusione concreta proprio come la serie tv. Tranne per un film che
lui realizza nel 1999 che si chiama “The Straight Story” che è una storia lineare, un uomo che viene a sapere
che suo fratello che vive in un altro stato è malato e vuole raggiungerlo. Usa vari mezzi per comprare un
biglietto ma non ci riesce e quindi sale su un trattore e si mette su questa autostrada americana tipica per
raggiungerlo.Tutti gli altri film di Lynch seguono traiettorie narrative estremamente tortuose e complesse e che
corrispondono a dei sentimenti, a un processo psichico nel complesso. Il mondo labirintico di Lynch è un
mondo che non è labirintico per il piacere di farlo ma è un mondo che corrisponde alle forme complesse e
tortuose del nostro meccanismo psichico. A un certo punto a Lynch viene anche data l'occasione di dirigere il
film legato a twin peaks e invece lui rifiuta e decide di creare un film basato sulla vita della vittima prima che
morisse chiamato “Twin peaks fire walk with me” del 1992, un prequel della serie che non porta ai fan nessun
tipo di chiarezza e molti personaggi rimangono in sospeso. Qualche anno fa Lynch ha realizzato anche una
terza stagione di Twin Peaks: dopo cinque anni tutti questi personaggi sono tornati sullo schermo per la terza
stagione lasciando ancora più misterioso e in sospeso il senso di fondo delle esperienze di twin peaks. Forse
molti si aspettavano un ritorno alla serie degli anni 90, invece quello che viene messo in scena nella terza
stagione è l'impossibilità di tornare a casa,di ritornare nostalgicamente al decennio passato.Lo stesso
“Mulholland Drive” doveva essere una serie tv. Il film da una parte ricorda la produzione lynchiana però
rappresenta anche una tendenza più ampia del cinema contemporaneo:il mind game film. È una narrazione
scomposta di cui bisogna mettere insieme i pezzi come degli investigatori, come dei compositori di puzzle,un
cinema che mette lo spettatore davanti ad una complessità narrativa di cui spesso è difficile dire quali sono le
razionalità. E’ una tendenza dominante, ma se ne possono sicuramente rintracciare svariati precedenti nel
passato. Il primo è l’espressionismo tedesco, ma vi sono appunto tanti precedenti anche nel cinema noir
americano, film che lavorano sulla complessità narrativa e sui lati psichici dei personaggi. Naturalmente, la
complessità narrativa è riconducibile alla narrazione televisiva, come quella di Twin Peaks, dove la complessità
narrativa impiega un bel po ad essere riconosciuta. Poi però a partire dai primi anni 2000 l’eredità di Lynch
è sicuramente presente ed è possibile fare tantissimi riferimenti a serie e film (Lost) , ed è evidente che la
tendenza ( e anche la confusione tra cinema e televisione) da più di 20 anni porta il meccanismo della
complessità narrativa a svilupparsi in ambito televisivo. Lui stesso non è perfettamente in controllo del
racconto, ma ciò che conta è l’ispirazione onirica (come con Blue Velvet), ed egli si mette in ascolto con
questo sintomo onirico, costruendoci il film. Di fatto i suoi film sono costruiti sulla logica parallela
dell’inconscio.
Mulholland Drive
Il primo frammento infatti potrebbe essere l’inizio di un qualsiasi poliziesco, ma il punto è che ad un certo
momento durante la narrazione abbiamo gli stessi attori che c’erano fino a un momento prima, ma che poi
interpretano ruoli diversi, e quindi non si capisce bene cosa sia successo, come la prima parte della narrazione
si interfacci con la seconda. Letteralmente stessi attori, stessa ambientazione e setting, ma che ad un certo
punto hanno ruoli diversi e relazioni interpersonali diverse.
Si tratta di un film su Los Angeles che compone in qualche modo la trilogia con i film precedenti e successivi
“Lost Highway” e “Inland Empire” , tutti e tre film che sin dal titolo hanno la questione dello spazio e la strada
perché Lost Highway significa “la strada perduta” e poi abbiamo visto in Mulholland Drive (le anime strade di
Los Angeles) un strada che sale sulle colline. Poi abbiamo “Inland Empire” che significa “L’impero interno “ che
quindi ha l’idea dell’inferiorità della psiche di una zona o di un quartiere di Los Angeles stessa, quindi c’è sempre
questo discorso sulle città dello spazio di Los Angeles e l’avvenimento psicoterapeutico. Lo spazio urbano di
riferimento non è uno spazio urbano qualsiasi, ma Los Angeles, città postmoderna per eccellenza, perché
caratterizzata dallo sprawl, ovvero da un’espansione da sempre priva di centro. Los Angeles è una città
dominata dalla macchina dei sogni di Hollywood. La superficie luccicante della città, inquadrata dall’alto, è il
regno delle immagini.Lo spazio di Los Angeles è il correlato dello spazio della mente, nel cinema di Lynch, proprio
perché ambedue si alimentano di immagini.
Oltre a questi due elementi,c’è anche il paradigma del cinema del passato di Lynch che serve ad illustrare e
influenzare i sentimenti dei personaggi e i modi di vivere nello spazio —> Nell’orizzonte di Lynch, il riferimento al
cinema del passato non va visto come semplice citazionismo. Si tratta piuttosto di un vero e proprio mondo di
riferimento, posto sullo stesso piano del vissuto quotidiano e di quello onirico, con cui si intreccia
incessantemente.
Per Mulholland Drive, il riferimento principale è al film di Wilder, “Sunset Boulevard”,un’altra storia di ambizione,
desiderio e tragedia ambientata nel mondo del cinema.
Il ruolo del doppio ha sempre un’importanza cruciale nel cinema perturbante di Lynch. In Mulholland Drive, però,
come nel precedente Lost Highway, tale discorso si estremizza: non sono soltanto i personaggi a sdoppiarsi, ma
l’intera narrazione.
Approcciamoci invece allo studio di Lynch che deve causare angoscia ma anche piacere.Egli ci spiega qual è la
caratteristica della sua ispirazione e dice che per lui è come se riuscisse a vedere soltanto un pezzo alla volta
di un puzzle molto complesso nella stanza accanto, quindi in uno spazio contiguo ma non nello spazio stesso in
cui egli è —> quindi l’immagine più complessa è raggiungibile solo nello spazio accanto,però per adesso ci
sono solo uno,due,tre frammenti.Nella sua intervista con Patty Smith,Lynch dice che lui si innamora di quel
frammento.Possiamo interpretare questa visione come un sintomo di processi psichici che si trovano al di
sotto dell’inconscio e questo frammento che si trova sulla superficie razionale della mente. Si tratta sempre
dell'articolazione comunque di due spazi:uno spazio in cui è il soggetto che è lo spazio razionale e del conscio,
dove arrivano soltanto alcuni frammenti di un discorso molto più complesso che sta da un'altra parte.
Parliamo di sintomi perché sono proprio degli indizi che devono essere investigati,proprio come un dottore
analizza gli indizi per scoprire una malattia.
I sogni sono fatti da questi frammenti organizzati secondo una logica complessa basata sulle associazioni
libere della mente in cui si condensano molti significati diversi sugli oggetti o sulle persone. E dunque il mondo
onirico naturalmente è il trionfo di questa logica del frammento inconscio che emerge e i sogni hanno una
estrema rilevanza per il cinema di Lynch e in particolare per un film come Mulholland Drive. Il saggio relativo a
questo film mostra un’interpretazione di tutto questo ed è un saggio molto importante nella storia del cinema
italiano.Paolo Bertetto insiste proprio su questa attività di decodifica, di interpretazione, che è necessaria nel
momento in cui ci si approccia ad un film complesso, ad un film enigma come quello Mulholland Drive e come
in molti altri.La prima fase di interpretazione di un testo complesso è la decostruzione in cui si cerca di
dividere tutto il testo per individuare dei punti di vibrazione,cioè dei punti oscuri in cui il film espone la propria
struttura,il proprio significato in maniera più complessa.Sono dei punti che all’inizio ci sembrano oscuri ma poi
una volta decodificati avremo tutto più chiaro. Quindi noi finora abbiamo visto andare avanti due linee
narrative:da una parte abbiamo la protagonista bruna coinvolta in un incidente su Mulholland Drive all'inizio del
film nel momento in cui viene minacciata dagli uomini che sono in macchina con lei che la vogliono uccidere.
Quindi l’incidente in realtà le salva la vita. E subito dopo lei sconvolta,e tra l'altro in preda alla perdita della
memoria, si rifugia poi in quella casa al numero 1612 dove poi arriva Betty,quindi l'altra traiettoria. E qui subito
costruisce questa dicotomia tra la bionda e la bruna (le chiamiamo così perché dalla seconda parte del film
cambieranno nome e non sarà facile capire come si chiamano.Queste due protagoniste sono divise ma poi si
alleano perché la bionda Betty (Naomi Watss) decide di aiutare l’altra che dice di chiamarsi Rita perché vede
questo nome della diva sul manifesto. Quindi queste due linee narrative di fatto poi diventano una sola, nel
senso che le nostre due protagoniste si trasformano in investigatrici, di fatto delle investigatrici amatoriali però
vogliono scoprire che cosa è successo a Rita, qual è stato questo incidente. Insomma la situazione
immediatamente precedente all'inizio.
Nel frattempo si inserisce anche un’altra linea narrativa che riguarda un regista Adam (interpretato da Justin
Theroux) che sta girando un film ed ha una serie di problemi con i produttori; tutta la problematica relativa ad
Hollywood e ai produttori viene messa in scena dal punto di vista del regista che inizierà uno scontro con
questi produttori perché gli viene chiesto di mettere nel cast una ragazza raccomandata dal boss della mafia
italoamericana. Adam è in conflitto con questa situazione, vedremo, all’inizio di questa sequenza, che lo chiama
la segretaria di produzione e gli dice: “tu devi venire sul set, stanno chiudendo tutto” perché i boss, nel
momento in cui lui dice: “non voglio mettere la vostra ragazza come protagonista”, fanno saltare la produzione;
quindi si innesta anche quest’altra trama.Inoltre Betty e Rita hanno trovato dei soldi nella borsa che Rita aveva
con sé, che poi nascondono nella cappelliera; è una grossa somma di denaro, fa presagire che Rita fosse
probabilmente coinvolta in qualche giro malavitoso e forse per questo stava per essere ammazzata.
Dunque vediamo come il film funziona esso stesso nella figura di Rita:Laura Harring con questa logica della
perdita della memoria e del riaffiorare progressivo di sintomi che riemergono dal profondo della psiche, prima si
ricorda “Mulholland Drive”, il nome della strada su cui stava andando, e poi il nome della cameriera le ricorda
“Diane Selwyn” che potrebbe essere il suo nome. Quindi anche all’interno del film esiste un personaggio che
rappresenta esattamente questa logica, che è quella che sottosta alla costruzione di tutto il film e di molti film
Lynchani, del frammento onirico e memoriale sepolto nel frammento psichico, che riemerge e va reinterpretato.
Il film è costruito su un continuo sdoppiamento dei personaggi femminili: abbiamo due protagoniste femminili,
una bionda e una bruna che poi, ad un certo punto, diventano entrambe bionde, siccome la bruna indossa una
parrucca bionda, e quindi diventano loro stesse dei doppi.Il film è popolato di altre donne bionde, come ad
esempio la moglie di Adam, e quindi c’è continuamente un lavoro sullo sdoppiamento, sulla rifrazione
dell’identità,che è uno dei temi fondamentali di questo film.
L’idea è che l’identità venga spesso minacciata dallo sdoppiamento perché il soggetto stesso non è mai
unitario, non è un soggetto che vive la vita conscia, razionale, ma la mente stessa di ognuno di noi è sempre
sdoppiata, almeno tra conscio e inconscio; e quindi c’è questa tendenza a sdoppiare le identità e a creare dei
doppioni. Questa tendenza diventa poi estrema quando nella seconda parte del film abbiamo effettivamente gli
stessi attori, le stesse attrici che si muovono nel medesimo spazio ma interpretano ruoli diversi. Di fatto ci sono
tutti gli elementi per inaugurare una pista investigativa e notiamo come Betty immediatamente salta su questa
occasione di trasformarsi in detective, con un entusiasmo inalterato che ne fa immediatamente la protagonista
positiva.C’è qualcosa di profondamente infantile ma anche di positivo, di semplice ,in questo entusiasmo per
l’investigazione e questo fa di Betty l’eroina forte di tutta la prima parte del film, perché è colei che guida
l’azione e che aiuta la sua compagna, appena conosciuta, a investigare sulla propria identità. Quindi Betty è il
centro di questo primo segmento e, contemporaneamente, oltre ad essere investigatrice, vedremo che ottiene
un provino per recitare in un film e la vediamo essere immediatamente straordinaria in questa prova attoriale;
noi potremmo immaginarci questa ragazzetta appena arrivata dall’Ontario che debba fare un sacco di gavetta
per arrivare dove lei vorrebbe e invece il film ce la mostra immediatamente strepitosa, lei fa proprio
quest’interpretazione che lascia tutti a bocca aperta in questo provino.
Betty, appunto, è la protagonista positiva di questa prima parte di film, è un investigatrice entusiasta e ottiene
una serie di risultati, è un attrice straordinaria e quindi è chiaramente l’eroina del film.
Rita in questo caso è invece, proprio in virtù della sua perdita di memoria, un personaggio molto più subalterno.
Non c’è ambiguità su chi gestisca l’azione in questa coppia, tra l’altro, ad un certo punto, diventano anche
amanti, passano la notte insieme e quindi il film diciamo si trasforma anche in una storia d’amore tra queste
due donne.Nel frattempo abbiamo visto che c’è questo altro personaggio, Adam, a cui invece gli accade il
contrario di ciò che accade a Betty; nel senso che gli viene chiuso il set, nella stessa giornata torna a casa e
scopre che la moglie lo tradisce con l’uomo della manutenzione della piscina e nel momento in cui imbratta i
gioielli, viene anche malmenato dall’amante. Quindi come a Betty va tutto benissimo, ha successo dal punto di
vista personale e professionale, ad Adam succede esattamente il contrario. Ad un certo punto, c’è
l’investigazione di Adam stesso che deve recarsi in un corral, un recinto sulle colline di Los Angeles per
incontrare un misterioso cowboy con il cappello bianco e, anche lì, al contrario di Betty che si muove con
grande consapevolezza e astuzia, Adam è sconvolto e non è in controllo di nulla. Questo è il quadro descritto
dalla prima parte del film.
Betty e Rita vanno all’indirizzo dove abita questa Diane Selwyn ma è in realtà un punto di non ritorno perché
le due ci trovano un cadavere. Il mistero, si infittisce nonostante l’abilità di Betty, ma nel momento in cui
sembra che si potrebbe procedere all’indagine, succede qualcosa.
In questa seconda parte, non solo i nomi dei personaggi sono diversi, gli spazi sono uguali ma sono diversi
soprattutto i rapporti interpersonali che intercorrono le due protagoniste e anche con il personaggio maschile di
Adam, che pure rimane un regista. Il setting di fondo è lo stesso, ma le implicazioni dei rapporti della trama
della storia è completamente diversa.
C’è una comparazione nel segmento A della prima parte del film che era più lunga con i nomi dei personaggi e
nel segmento B con i nomi corrispondenti di come si chiamano i vari personaggi. Il nome che riaffiora nella
mente di Rita nella prima sequenza è in realtà il nome della
protagonista Naomi Watts nella seconda parte. Questo ha un
significato particolare quando Betty, nella prima parte dice “è
strano chiamare sé stessi”, quando parla al telefono. In quel
momento lei si sta riferendo al fatto che Rita pensa di poter
essere lei stessa Diane Selwyn e forse le sta telefonando,ma
in realtà scopre che Diane è Betty.
È il primo punto da notare per capire come interpretare questa complessa svolta del film. Abbiamo detto che
nella prima parte Betty è l’eroina positiva dell’investigazione, eroina della storia d’amore: “eroina” nel senso che
è anche pronta a diventare un’attrice straordinaria, quindi vince tutto e Adam perde, gli viene tolto il film e la
sua vita domestica viene spazzata via. Nel secondo segmento vediamo che di nuovo le due protagoniste
femminili hanno effettivamente una storia d’amore, ma che Camilla Rhodes sta lasciando la bionda e Diane
intreccia una storia con il regista Adam che è perfettamente in controllo con il suo set e ha anche una storia
d’amore con la sua protagonista femminile. Dunque, nel segmento A Betty è l’eroina e nel segmento B è una
reietta assoluta. La prima parte si configura come un sogno evidentemente del personaggio di Betty-Diane
(chiamiamola così perché probabilmente è il suo nome) perché la seconda parte, quella in cui Naomy Watts, si
chiama Diane, è da considerare a tutti gli effetti la realtà.
Che cosa c’è di particolare in questa cosa? Nei film la realtà viene messa in scena prima del sogno mentre qui
invece abbiamo il sogno prima della realtà: il sogno che copre 3/5 del film e quindi è anche più preponderante
anche dal punto di vista di struttura narrativa e soprattutto il sogno è raccontato in modo lineare, cioè ci sono
più fili narrativi ma è lineare, cioè è presente una progressione dell’investigazione delle protagoniste.
Innanzitutto, contiene un’andi-rivieni tra passato e presente perché noi prima vediamo Diane che è già stata
abbandonata da Camilla ed è chiaramente triste e sola. E poi contiene anche dei frammenti allucinatori, perché
c’è quel momento davanti al bancone della cucina dove Diane si illude che Camilla sia tornata ma poi si rende
conto che in realtà è un’allucinazione. Questo è la sfida all’interpretazione che Lynch pone al suo spettatore e
tutto sommato è la versione più credibile.
Cosa significa tutto questo? Significa che nella prima parte Betty è una delle incarnazioni del bene come
concepito da Lynch con grande entusiasmo da un forte senso dell’avventura, spirito investigativo, straordinaria
capacità recitativa. Riesce a dominare sia la realtà che la finzione nel mondo del cinema. Questa prima parte in
cui Betty è un’eroina e trionfa su tutto, si può concepire come una sorta di sogno compensativo. Nella realtà
Diane è una donna sconfitta e il sogno proietta questa sorta di ideale dell’io, di sé stessa che è Betty. Quindi
quest’ultima che è una fallita sogna di essere un’eroina, una donna buona che trionfa su tutti i piani della trama,
riottiene in sogno la ragazza che le sta sfuggendo, che l’ha abbandonata; tra l’altro nel sogno, il personaggio di
Camilla che diventa Rita è un personaggio senza identità, che deve, per forza di cose, affidarsi al personaggio
di Diane-Betty. È proprio un sogno che quest’amante che l’ha abbandonata diventa una docile compagna
d’avventure completamente dipendente da lei e proprio per questo è un sogno compensativo. C’è di più perché,
come si capisce dal seguito dell’ultima parte del film, dal seguito del segmento della realtà, Diane ha chiesto ad
un killer di uccidere Camilla e quindi questo è un sogno che,oltre ad essere compensativo,è anche riparatore di
lei che si proietta come eroina buona, anche perché è tormentata dai sensi di colpa di aver fatto commettere un
omicidio su commissione e alla fine la protagonista, di fatto, si abbandona ad un delirio psicotico. Come
abbiamo visto all’inizio di questa seconda parte del film, Diane-Betty stesa sul letto che si risveglia: questo ci
suggerisce effettivamente che la ragazza abbia appena sognato quello che abbiamo visto e lei, alla fine,
tormentata dal delirio dei sensi di colpa, si suicida sul letto e il corpo che Betty e Rita ritrovano nell’ultima parte
del sogno è una sorta di presagio del destino mortifero che verrà per la protagonista che sta sognando e già si
immagina di morire.
Diciamo che lo schema del sogno compensativo è tendenzialmente il più accreditato, eppure non tutto viene
spiegato, in particolare nel momento in cui Betty e Rita, nella prima clip, vanno a telefonare alla polizia dal
telefono pubblico, sono accanto al Winkie’s nello stesso punto dove si svolgeva questa enigmatica sequenza
della prima parte con il personaggio di Dan, che racconta a questo suo amico psicanalista, di aver fatto più
volte lo stesso sogno in cui dietro al Winkie’s c’era quella figura mostruosa che lui vede e si terrorizza.
In questa strana sequenza di Dan che è una sorta di innesto, che non ci viene spiegato sufficientemente dallo
schema sogno-realtà,forse potrebbe essere un sogno di vita all’interno del sogno di Dan. Potrebbe anche
essere una sorta di sequenza a parte che riassume al suo interno la struttura del film stesso. Dan sarebbe una
proiezione di Diane perché sono dei nomi assonanti. Quindi si potrebbe anche dire che in questa sequenza,
che sia un sogno di Rita o un frammento all'interno del sogno di Diane, si parla di due sogni (uno dentro
l'altro) alla fine dei quali il sognatore muore sopraffatto dal proprio fantasma ossessivo. Quindi è come se
fosse una sequenza che un po' riassume l'intero significato del film ovvero quello che succede a Dan: essere
ossessionato dal sogno e scoprire che poi sul retro dello spazio, in quella famosa "altra camera" dello spazio
nascosto di cui parlava anche Lynch nell'intervista ( oltre Smith ), c'è il fantasma psichico mostruoso. Come
Diane che deve confrontarsi col fatto che non è un personaggio eroico e positivo ma invece è un'assassina
abbandonata dalla sua amante e anche un fallimento dal punto di vista professionale. Confrontandosi con
questa negatività ha una scissione psicotica e si uccide, così anche Dan viene a confrontarsi con questo
mostro interiore. Quindi quella sequenza, sia che sia un sogno dentro un altro sogno oppure un innesto di
Lynch nel film per complicare ulteriormente le cose, probabilmente va interpretata come una sorta di riassunto
dello schema di fondo del film in cui la persona ( che si chiami Dan o Diane ) viene tormentata da un fantasma
interiore e confrontandosi con esso non può sopravvivere perché troppo doloroso/mostruoso.
Questo è un film con una forte attenzione agli oggetti: le chiavi, i telefoni, le lampade, le scatole. Abbiamo nel
film una scatola che viene direttamente da 'Un chien andalou' di Buñuel. Gli oggetti sono anche importanti per
capire, nella sequenza della realtà ( quindi 2 parte del film che va avanti e indietro nel tempo ), se siamo nel
presente o nel passato. Nel presente c'è la chiave blu che segna che l'omicidio è avvenuto mentre nel passato
c'è il posacenere a forma di pianoforte. Quindi gli oggetti servono anche per orientarci nella seconda parte, per
farci capire quale sequenza avviene nel presente e quale nel passato.
Adesso guardiamo una delle sequenze più criptiche del film, quella del club silencio. È il punto di passaggio tra la
prima parte e la seconda (sogno e realtà). È uno dei punti di vibrazione e quindi dobbiamo cercare di
interpretare per capire poi il senso di fondo del film. Torniamo quindi indietro: al passaggio tra la finzione e la
realtà con questa sequenza del club silencio. Siamo nella prima parte del film in cui le protagoniste sono amanti,
si chiamano Betty e Rita e hanno da poco inaugurato la loro relazione sentimentale. Che cosa significa questa
sequenza misteriosa del Club Silencio? Sembra inizialmente un altro indizio che affiora alla memoria di Rita e
che potrebbe aiutarla alla risoluzione dell’enigma che riguarda la sua identità,l’incidente, il criminale, i soldi
trovati.Però si rivela in realtà essere una sequenza molto più complicata di così.
Il Club Silencio, di fatto, è un club in cui avviene uno spettacolo, ripetutamente. Ci viene detto “no hay banda.
Quello che sembra essere la fonte concreta, materiale, presente dello spettacolo, si rivela in realtà non essere
presente.C’è l’uomo che suona la tromba, e poi si scopre che non è lui ma che il suono è registrato; Rebekah del
Rio, la llorona de LA, sta cantando con questo grande patos e scopriamo che è in playback.Quindi è tutto
registrato, come dice l’MC, il presentatore.È tutto falso. L’unico elemento vero sono le lacrime delle nostre due
spettatrici Betty e Rita, e quindi l’unico elemento autentico, concreto, reale è appunto il coinvolgimento emotivo
delle spettatrici, addirittura nel caso di Betty arriviamo alle convulsioni.
E quindi che cosa è questa sequenza? È una sequenza che si svolge al teatro, ma in realtà è una sequenza che
riflette sul cinema, è una sequenza che ci dice che il cinema, anche se è finto, è basato sulla finzione,
sull’artificio, sul falso, sull’assenza, noi infatti vediamo delle ombre e sentiamo dei suoni sullo schermo, anche se
è basato sull’assenza, in realtà propone delle reazioni forti, mobilita la mente e anche addirittura il corpo, le
convulsioni del pubblico. Quindi Lynch stesso con il suo stile intenso e immersivo, tutto basato sulla potenza del
colore, del suono, della musica, tutte queste forme di coinvolgimento molto avvolgente, molto seducente che ci
sono anche in questa scena: la dominante blu, gli altri elementi rossi, la musica, il canto di Rebekah del
Rio,vuole riflettere sulla capacità del cinema di mobilitarci, di coinvolgerci, di emozionarci, di parlare la nostra
mente e il nostro corpo, nonostante sia uno spettacolo, al contrario del teatro, basato sull’assenza, sull’artificio,
sulla non presenza fisica degli elementi che veramente creano lo spettacolo.
Dunque, la sequenza del Club Silencio non è come le altre cose che affiorano alla mente di Rita, un indizio per
risolvere l'enigma interno alla trama, ma è una sequenza che serve a risolvere l'enigma del film stesso: cioè, ci
rivela l'aspetto profondamente meta cinematografico, autoriflessivo del cinema di Lynch, che è un cinema che
vuole sempre riflettere sul rapporto tra realtà e sogno, tra tutta una realtà conscia e funzionamento inconscio
della psiche, ma è anche un cinema che vuole riflettere sul cinema stesso, sul ruolo che svolge il cinema in
questa negoziazione del rapporto tra ciò che è reale ciò che è funzionale.
Lynch sta dicendo sostanzialmente che la nostra vita non è fatta soltanto di ciò che percepiamo a livello
conscio nel mondo, o diurno nel mondo di tutti i giorni, ma è sempre informata anche da tutto il lavoro
inconscio della nostra psiche.
Di fatto, qui il film mette in scena due mondi paralleli, non la realtà e il sogno. Il reale non è più univoco ma è
doppio, perché comunque, anche se noi pensiamo che la prima parte è il sogno e la seconda della realtà, siamo
comunque coinvolti da entrambi e quindi nel cinema di Lynch, nell'immaginario di Lynch, realtà e fantasia, veglia
e sogno, ma anche esperienza quotidiana e finzione cinematografica si intrecciano costantemente.
Il cinema di Lynch è un cinema che ci pone sempre davanti alla domanda: che cos'è esattamente che noi stiamo
guardando? Stiamo guardando delle immagini reali? Stiamo guardando le immagini invece oniriche? È verità o
è fantasia?O forse è semplicemente il cinema.
In qualche modo ci sono questi tre mondi: la realtà, il sogno e il cinema stesso. Sono tre mondi quelli che hanno
la stessa importanza per il vissuto del soggetto e ci si deve sempre chiedere davanti alle immagini di Lynch qual
è la natura delle immagini stesse, qual è lo statuto di queste immagini. È veramente un cinema in cui non è
garantita una preminenza alla realtà ma la fantasia, il sogno, la finzione cinematografica rivestono la medesima
importanza. È per questo che il cinema di Lynch è a tutti gli effetti un cinema postmoderno, perché è un cinema
che lavora per interrogare continuamente il rapporto tra l'immagine e la realtà, moltiplicare i livelli di senso
coinvolgendo gli stilemi e i codici del cinema del passato, e soprattutto la cosa importante da capire è che anche
se il cinema è costruzione e non è realtà,questo non significa che non ci coinvolga profondamente e quindi è un
cinema che, invece, lavora per coinvolgere lo spettatore a tutti i livelli di funzionamento della sua psiche: a livello
razionale, a livello emotivo, a livello fisico.Quindi sia far funzionare un atteggiamento intellettuale nei confronti
del testo, un atteggiamento empatico di coinvolgimento con le vicende dei personaggi, e anche una immersione
sensoriale corporea con le immagini.
Betty trova la scatola blu nella borsa di Rita, e poi tornano a casa. Betty scompare, Rita apre la scatola blu
con quella chiave e improvvisamente siamo nel mondo della realtà, e quindi è un po’ come se questa scatola blu
fosse un'immagine del cinema stesso: è il cinema come strumento, come meccanismo, come membrana.
Possiamo dire di passaggio dal sogno alla realtà è un oggetto misterioso: questa scatola blu che proviene
direttamente dalla scena.In “Un chien andalou” anche lì il protagonista aveva una scatola che rappresentava in
qualche modo il suo inconscio, e qui questa è una scatola che rappresenta proprio lo strumento di passaggio
tra la realtà e il sogno, che è quindi, per Lynch, il cinema stesso.
Qui abbiamo un cinema che, da una parte, è legato alla realtà perché si tratta di riprese dal vero, di oggetti che
effettivamente esistono davanti alla macchina da presa, ma poi non è neanche sempre così perché con gli
effetti speciali, in particolare adesso con gli effetti speciali in digitale, si possono far apparire davanti alla
macchina da presa cose che non sono affatto presenti. Quindi concludere questo percorso sul cinema di
Lynch, significa anche sottolineare come sia importante una genealogia del cinema, non per forza come
dispositivo realistico ma come dispositivo magico e funzionale, magico legato quindi alla fantasia,
all'immaginazione, al mondo onirico, e che questo però non significa che abbia su di noi un effetto inferiore, o
che abbia un'importanza secondaria. Al contrario, il cinema ci parla ugualmente anche, o forse proprio perché è
funzionale, e quindi può evocare il funzionamento più profondo della nostra psiche, può assomigliare fino in
fondo ai sogni, e il cinema di Lynch mette in scena il costante slittamento della realtà, sogno e cinema stesso.
Di fatto stiamo guardando il cinema che contiene al suo interno realtà, sogno, immaginazione, fantasia,
allucinazione.

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