Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Materiali Dentari
Materiali Dentari
PROGRAMMA
a) introduzione
b)polimerizzazione
c)metodi di lavorazione
- Idrocolloidi
- Mat. da impronta elastici
- Elastomeri sintetici
La scienza dei materiali dentali comprende lo studio della composizione e delle proprietà di queste
sostanze ed il modo con cui esse interagiscono con l’ ambiente in cui si trovano.
Questi mat. andranno in contatto con i liquidi orali e saranno sottoposti a cambiamenti ambientali
dovuti a variazioni di PH, temperatura, sollecitazioni meccaniche; dovranno quindi avere
caratteristiche chimico- fisiche importanti.
Fisiologicamente la temperatura all’ interno del cavo orale varia tra i 32°C ed i 37°C, a seconda che
la bocca sia aperta o chiusa. Può variare da 0° a 70°C con l’ingestione di sostanze fredde o calde.
Il PH varia da valori normali di 4-8,5 a valori da 2 sino a 11 per l’assunzione di sostanze acide o
basiche.
Per quanto riguarda le sollecitazioni meccaniche durante la masticazione su 1 mm2 di denti od
otturazioni si può produrre un carico di molti Kg.
Carichi di masticazione
Possono essere classificati a seconda della loro composizione oppure a seconda dell’uso, clinico, di
laboratorio od entrambi.
- Amalgama
- Mat. per restaurazioni estetiche
- Mat. per chiudere e sigillare le fessure nello smalto dei denti
- Mat. per implantologia
- Mat. per otturazioni canalari
Amalgama
Leghe costituite dall’ unione di mercurio con altri metalli. questi materiali sono estesamente e da
lungo tempo impiegati come materiali da otturazione.
Mat. da implantologia
Sono mat. impiegati per effettuare impianti nel cavo orale.
Mat. da impronta
Mat. che hanno lo scopo primario di rilevare le impronte dei denti e tessuti orali ai fini di costruire
riproduzioni delle zone orali interessate.
Cere dentali
Uno degli impieghi principali è la costruzione di modelli di protesi. I modelli verranno poi sostituiti
con materiali opportuni.
Protesi ottenute con colata a cera persa o protesi in resina sintetica come basi di dentiere, gengive
artificiali, faccette di corone, etc. Altri impieghi consistono nel facilitare varie operazioni di
laboratorio durante la costruzione delle protesi.
Acciai inossidabili
Sono acciai speciali resistenti alla corrosione.
Vengono forniti sottoforma di fili e lamine ed il loro impiego primario si ha nella costruzione di
apparecchi ortodontici.
Cementi
Impiegati principalmente per fissare vari tipi di protesi ed otturazioni. Sono un gruppo vario sia per
le caratteristiche fisiche che per la natura chimica..
Mat. da rivestimento
Hanno lo scopo di creare una forma nella quale viene colata la lega liquida nei procedimenti di
costruzione di protesi. Vengono classificati in base alla loro composizione ed in base alle leghe che
in essi vengono accolti.
Leghe al Cromo-Cobalto-Nichel
Leghe non nobili la cui resistenza alla corrosione si esplica grazie al fenomeno della passivazione.
Passivazione significa che alcuni metalli, sottoposti all’azione di un ossidante, si ricoprono di uno
strato di ossido compatto ed insolubile che ne protegge la superficie sottostante dall’ attacco di
agenti corrosivi.
Porcellane dentali
Mat. di natura vetrosa, vengono impiegate per la costruzione di denti artificiali, copertura di corone
metalliche, per corone ed altre limitate applicazioni.
1)Fisiche: sono quelle la cui determinazione non provoca trasformazione della materia stessa (p.e.
ghiaccio=H2O ).
2) Chimiche: sono quelle inerenti alla trasformazione cui va incontro la materia per cui perde la sua
struttura (p.e. fiammifero che brucia)
5) Biologiche: sono quelle che rendono compatibile un materiale nei confronti dell’organismo di chi
lo riceve e di chi lo lavora.
- Colore : i materiali devono avere proprietà cromatiche (assorbimento e riflessione della luce) per
integrarsi naturalmente con i tessuti biologici del cavo orale.
- Peso: P. assoluto cioè della sua unità di volume (cm3 H2O \ 1 gr ------- 1 cm3 H2O \ 19,36 gr)
P. relativo cioè il rapporto tra il peso dell’unità di mat. e la stessa quantità di acqua
distillata a 4°C.
Proprietà meccaniche
- Durezza: è la resistenza che i mat. oppongono alla scalfittura, alla penetrazione, alla abrasione.
- Brinnel (BHN)
- Knoop
- Vickers
- Rockwell
- Shore A e B (utilizza to per misurare la durezza di gomme e plastiche morbide.
- Scala relativa delle durezze di Mohs: si trova l’intervallo tra due durezze definite da campione (uno
di durezza inferiore ed uno superiore), dal talco al diamante.
- Usura: è il logoramento dei materiali dovuto al loro sfregamento con altri mat..
Si manifesta con: riduzione dello spessore del mat. per distacco di particelle di superficie;
deformazione della struttura interna del solido stessa ( nei metalli).
Proprietà tecnologiche
- Malleabilità: proprietà di un mat. di lasciarsi ridurre a lamine sottili per effetto della compressione.
- Fusibilità: proprietà per cui un metallo fonde a temperatura facilmente raggiungibile con forni
fusori ed allo stato liquido presenta un alto grado di fluidità.
- Saldabilità: proprietà grazie alla quale due pezzi dello stesso mat., riscaldati e premuti l’uno contro
l’altro, rimangono uniti in un unico pezzo.
- Temprabilità: il mat. metallico si dice temprabile se esso modifica la sua durezza in seguito a
riscaldamento a temperatura opportuna e di un successivo raffreddamento.
- Rugosità: irregolarità di superficie di un mat., più il mat. è levigabile o levigato tanto più sarà
igienico, più resistente ai fenomeni corrosivi e all’adesione della placca e conseguenti fenomeni
patogeni come gengiviti e carie.
La rugosità di un materiale è inversamente proporzionale alla resistenza del restauro al lavoro ed alla
resistenza all’ usura dato il maggior attrito contro altri mat. Infine, un mat., più è rugoso più
facilmente sarà attaccabile dalla corrosione chimica e dagli elettroliti.
Proprietà chimiche
- Solubilità
-Erosione
-Percolazione dei componenti
-Corrosione
-Solubilità
Proprietà per cui un mat. si scioglie in un fluido.
-Erosione
Accompagna il processo chimico della dissoluzione con una lieve azione meccanica. P.e. lo strato
superficiale di un mat. si indebolisce per la dissoluzione e viene del tutto allontanato da una lieve
abrasione.
-Percolazione
E’ il processo per cui componenti di un mat. si perdono nei fluidi orali per diffusione. La
percolazione può essere pericolosa se si ha la trasformazione del mat. in altre sostanze nocive. P.e. la
lenta percolazione della quantità di plastificante presente nelle resine morbide che servono ad
ammorbidire la base delle protesi.
-Corrosione
Fenomeno caratteristico dei metalli e delle leghe per la loro reattività chimica.
Requisito di un metallo usato in bocca è la resistenza alla corrosione.
Proprietà biologiche
Un mat. deve essere: Atossico
Non cancerogeno
Non irritante
Non allergenico
Requisito primario di un qualsiasi mat. dentario è la sua innocuità sia per il Pz che per chi lo
manipola o lo produce.
1)Semplici esami di screening per valutare la tossicità acuta e sistemica, il potenziale di irritazione e
cancerogenicità.
IL DENTE
E’ una struttura altamente specializzata costituita da uno strato esterno di smalto ed interno di
dentina. Essi sono i due tessuti di sostegno del dente che racchiudono al loro interno la polpa (senza
importanza meccanica ma di enorme interesse biologico), riccamente vascolarizzata e fornita di
abbondante rete nervosa.
Alla base (zona radicolare) il dente è avvolto nel tessuto gengivale ed incastonato nell’osso alveolare
tramite uno strato di cemento con l’interposizione di un legamento periodentale.
Nello smalto i cristalli sono circa il 96-97%, sono lunghi da 160 a 1000 micron e larghi 2,5; non
sono avvolti da mat. proteico.
Nella dentina i cristalli sono circa il 75%, lunghi 20-100 micron, larghi 3 e sono avvolti da
abbondante tessuto proteico (connettivo e collagene).
L’associazione organico- non organico riduce la fragilità della struttura ma la presenza dell’organico
aumenta però il rischio di insorgenza di carie.
Forze occlusali
Sono quelle che si sviluppano reciprocamente tra gli antagonisti grazie alla forza dei muscoli.
Variano da individuo ad individuo con differenze dovute al sesso, all’età etc.
Nei portatori di protesi questi valori, a livello dei molari, crollano a 90-110 N.
Reazioni iatrogene
-Uso scorretto dei materiali dentari
-Uso scorretto degli strumenti durante le diverse lavorazioni.
Si potranno avere danni ai tessuti dentali(polpa paradonto), od ai tessuti molli (gengive-lingua-
guance).
Per quanto riguarda il dente il danno più frequente è quello alla polpa dovuto principalmente a:
-Uso scorretto delle turbine (300.000 giri\min) che provoca il surriscaldamento della cavità.
-Eccessiva asciugatura della dentina esposta della cavità, con questa manovra esagerata si asciugano
i fluidi dei tubuli dentinali schiacciandoli verso la profondità.
-Uso di mat. tossici o irritanti durante la disinfezione o la chiusura della cavità cariosa.
I danni arrecati alla polpa possono sfociare nella necrosi pulpare.
.
Meccanismo del danno alla polpa
Cementi dentari
Il cemento per uso odontoiatrico è un mat. composto da una polvere più il liquido che mescolati
insieme formano una pasta.
I cementi utilizzati sono i seguenti:
-Cem. di sottofondo
-Cem. di fissaggio
-Cem. endocanalari
-Cem. chirurgico.
Cem. da sottofondo
Servono per isolare le cavità e devono formare una barriera contro l’attacco chimico, dallo shock
termico e da effetti galvanici.
Devono presentare i seguenti requisiti:
Cem. da fissaggio
-Non devono essere irritanti
-Devono fornire buon isolamento termo-elettrico
-Devono avere alta ritenzione tra dente e manufatto
-Devono avere bassa solubilità nei fluidi
Caratteristiche di indurimento:
-Tempo sufficiente per impasto ed applicazione del manufatto
-Bassa viscosità ed essere pseudo elastico per poter scorrere il meglio possibile tra dente e
manufatto.
Modalità d’uso:
Essa deve essere applicata in un sottile strato continuo.
Si immerge la pallina di cotone nella soluzione e se ne elimina l’eccesso.
Si strofinano le pareti della cavità.
Si esegue una seconda operazione dopo 15\20” aggiungendo periodicamente solvente per evitare la
concentrazione del prodotto.
Queste vernici vengono utilizzate PRIMA dell’applicazione di:
-cementi di fosfato di Zn
- \\ di Zn silicofosfato
- \\ silicati
-amalgama
-foglia d’oro
-compositi resinosi
Vengono quindi utilizzate per sigillare tubuli dentinali scoperti e per proteggere la polpa
dall’irritazione di agenti chimici presenti nel mat. da otturazione e che possono filtrare attraverso i
processi odontoblastici.
La pellicola si comporta in modo semipermeabile ed impedisce il passaggio di alcuni ioni che
potrebbero creare irritazione.
Il PH di questi tipi di cemento (I gruppo) rimane basso per periodi prolungati quindi, non usando la
vernice; l’acido penetra attraverso i tubuli provocando irritazione.
Nelle otturazioni in amalgama la vernice impedisce l’assorbimento del mercurio.
Riducono l’infiltrazione tra i margini dell’otturazione e tessuto dentale, riducendo la potenziale
infiltrazione di elementi irritanti e la sensibilità post operatoria.
Le vernici non vanno usate sotto restauri in composito perchè interferiscono con la
polimerizzazione.
L’utilizzo di copertura delle otturazioni ha il significato di difenderle dall’eccesso di umidità nelle
prime 24 h. Quando si effettuano restauri in silicato è necessario rimuovere la vernice dallo smalto
per sfruttare l’effetto anticariogeno del fluoro liberato dal cemento. L’applicazione delle vernici
inoltre ha senso nella prevenzione dello shock galvanico.
La vernice non sempre funziona da isolante perchè è difficile ottenere una superficie continua.
Ha inoltre importanza come isolante elettrico, quando si utilizzano utensili chirurgici elettrici nei
pressi di protesi metalliche (sulle quali la vernice viene applicata).
Rivestimenti di cavità
Mat. usati per difendere la polpa da insulti chimici
Liquidi: costituiti da resina naturale o sintetica in forma liquida nella quale è sospeso idrossido di Ca
o ossido di Zn.
Al momento dell’applicazione sulle pareti dalle cavità il solvente evapora e rimane così una sottile
striscia a protezione.
Pastosi: il sistema pasta più pasta è composto da pasta base (idrossido di Ca) e catalizzatore,
mescolandoli si ottiene un prodotto fluido che viene inserito nella cavità ed indurisce
spontaneamente
Nel sistema a pasta premescolata (idrossido di Ca in metilcellulosa) il solvente evapora e resta la
pasta nella cavità.
L’uso dei rivestimenti liquidi è simile a quello delle vernici inerti, proteggono inoltre dall’ H3PO4
dei cementi zinco-silico-fosfati, zincofosfati e silicei.
Essi vanno applicati solo alla dentina e non allo smalto perchè lascerebbero microfessure a livello
dei margini a causa della loro solubilità nella saliva.
I rivestimenti pastosi stimolano la formazione di dentina e formano una barriera contro gli agenti
fisici. L’effetto è dovuto all’idrossido di Ca. Essi sono il mat. di I scelta nell’incappucciamento della
polpa (esposizione della stessa od otturazione ai limiti).
I rivestimenti con ossido di Zn ed eugenolo sono i meno irritanti tra i mat. usati.
Esso non viene utilizzato sotto i compositi perchè interferisce con i processi di polimerizzazione.
I rivestimenti pastosi vengono utilizzati in cavità profonde per aver maggior spessore. Lo spessore in
quelli liquidi varia da 0 a 40 micron, nei pastosi da 0,1 ad 1 mm. Non vanno posizionati sui margini
perchè lascerebbero microfessure. Hanno un effetto terapeutico sulla polpa.
I pastosi hanno una resistenza meccanica equivalente a 1100 psi, i liquidi di 750 psi.
Entrambi, se utilizzati ad uno spessore di almeno 0,5 mm costituiscono un buon isolante termico.
Le Cere
Sono polimeri organici composti da idrocarburi e loro derivati (estesi acidi grassi superiori associati
ad alcoli superiori).
Hanno la proprietà di rammollirsi e diventare sempre più plastiche sino alla liquefazione sotto
l’azione del calore.
Sono formate da: cere naturali
cere sintetiche
resine naturali
olii
grassi
A) Cere naturali
B) Cere sintetiche
Candelilla: viene ricavata da erbe. Ha punto di fusione di 65-69° e viene impiegata per aumentare la
durezza delle altre cere
Cere sintetiche
Si ottengono da particolari monomeri, hanno alto grado di purezza. Vengono usate come additivi
alle cere naturali per modificarne le caratteristiche, quelle derivate da poliossiacetilene hanno punto
di fusione tra i 35 ed i 60°.
- Espansione termica
- Intervallo di fusione (o di rammollimento)
- Scorrimento viscoso
- Tensioni residue
-Proprietà meccaniche (resistenza alla compressione ed elasticità)
Espansione termica
Variazione dimensionale di una sostanza conseguente al variare della temperatura. Il coefficiente di
espansione termica indica il cambiamento di dimensione di un metro di mat. per ogni variazione di
un grado.
Intervallo di fusione
E’ l’intervallo di tempo durante il quale sostanze formate da mat. diversi passano dallo stato solido a
quello liquido.
Scorrimento viscosoE’ la proprietà per cui un mat. continua a deformarsi sotto l’azione di una forza
(p.e. il suo stesso peso) anche se questa non aumenta nel tempo.
Tensioni residue
Sono forze intermolecolari presente all’interno del modello in cera che possono deformarlo nel
tempo. Sono dovute a: mancanza di omogeneità,
struttura della massa,
tipo di manipolazione,
metodo di costruzione del modello,
durata e temperatura alle quali si eseguono le operazioni.
Requisiti
Tecnica diretta -tipo B-
Questo tipo di cera deve lasciare un residuo non superiore allo 0,1% del peso iniziale dopo
riscaldamento a 500° C.
Devono presentare elevato scorrimento viscoso a temperatura leggermente superiore a quella orale
in modo da non dare problemi alle mucose del Pz. L’elevato scorrimento permette inoltre a queste
cere di penetrare accuratamente nelle cavità preparate per l’intervento.
Devono presentare un’espansione termica non superiore allo 0,2% tra i 25° ed i 30° e non superiore
allo 0,6% tra i 30° ed i 40° per evitare che il modello, la cui cera si contrarrebbe eccessivamente con
il brusco raffreddamento provocato dal passaggio dalla temperatura orale all’ambientale,non sia
preciso.
Composizione
80 % ceresina,
12 % cera d’api,
2,5% carnauba
2,5% cere sintetiche
3 % resine naturali
Requisiti
Devono presentare sapore ed odore gradevole per il Pz., non devono irritare i tessuti ne’ contenere
sostanze tossiche, non devono contenere coloranti oltre i 3gr\kg.
Devono potersi ammorbidire senza sfaldarsi e lasciarsi scolpire e tagliare facilmente a 23°, devono
presentare superfici liscie a lieve riscaldamento.
Non devono lasciare residui sui denti di resina o porcellana, devono possedere elevato scorrimento
viscoso e l’espansione termica deve essere minore di 0,8% tra 25° e 40°.
Si presentano in fogli di 75 x 150 x 1,25 mm di colore rosa. Hanno grande adesione per fornire
un’eccellente ritenzione ai denti.
Cere da lavorazione
A) Cere da inscatolamento. Sono usate come contenitori di pezzi di fusione.
B) Cere da utilità. Usate in laboratorio.
C) Cere adesive o collanti. Servono per unire p.e. i frammenti di un’impronta in gesso o parti di
protesi fratturate, per applicare perni di colata ai modellati in cera.
Le cere da correzione vengono usate a pennellature per registrare dettagli di tessuti orali.
Le cere per morso o masticazione sono utilizzate per riprodurre il morso.
Gessi
Applicazioni in odontoiatria
- Mat. da impronta
- Stampi e monconi per fusioni
- Impronte per montaggio di modelli in articolatore
- Modelli per creare manufatti in resina
- Agente legante nei mat. da rivestimento a legante gessoso
Metodi di calcinazione
-In contenitori aperti, cioè in presenza di umidità atmosferica si ottengono gessi di tipo 1 e 2.
-In ambiente saturo di vapore si ottengono gessi di tipo 3 e 4.
Nel primo caso si ottengono sostanze le cui particelle mantengono sostanzialmente la forma porosa
ed irregolare del gesso naturale. Addizionandolo al gesso di Parigi sostanze accelleranti o ritardanti
il processo di solidificazione si ottengono gessi di tipo 2.
Tra il tipo 1 ed il 2 varia il rapporto acqua-polvere, quindi anche la resistenza finale.
Nel secondo caso (tipo 3 e 4), calcinando il gesso in ambiente saturo di vapore, si ottiene una
sostanza le cui particelle hanno minor volume dei primi due tipi e ciò confluisce maggior resistenza
all’abrasione e compressione.
Noti come Hydrocal, contengono sostanze accelleranti o ritardanti in quote non superiori al 2-3%.
Continuando il processo di calcinazione sottovapore, si ottiene un ulteriore rimpicciolimento delle
particelle della polvere dell’emiidrato, cioè gesso di tipo 4. Questi gessi sono noti come Densite ed
Crystocal.
-Criteri d’uso
-Tipo1 : impronte in bocche edentule; impronte di singoli elementi privi di sottosquadri
-Tipo2 : modelli di studio, muffole per fusioni e riparazioni modelli.
-Tipo3 : costituente di mat. da rivestimento per leghe nobili da colata.
-Tipo4 : modelli per preparare monconi sfilabili. Questo gesso non viene abraso o scalfito dagli
strumenti che scolpiscono il modello in cera durante la lavorazione.
-Miscelazione
Si usano scodelle di gomma e spatola. La superficie della scodella deve essere liscia e la spatola
deve adattarsi ad essa. Si pone l’acqua nella scodella e si aggiunge lentamente la polvere evitando di
formare grumi.
Le bolle d’aria sono il maggior problema anche durante la miscelazione e la colata visto che
altererebbero la morfologia del modello. A questo scopo si utilizza un vibratore dotato di un piano di
appoggio e soggetto a vibrazione di piccola ampiezza ed elevata frequenza. Appoggiandovi la
scodella del gesso per alcuni secondi si portano in superficie le bolle d’aria che vengono eliminate.
Il tempo ottimale di miscelazione è di 1 o 2 minuti.
Con la miscelazione si uniscono solf. di Ca emiidrato con acqua,cioè l’inverso della calcinazione e
si ha una reazione esotermica con indurimento del gesso (presa).
Il processo di indurimento è continuo, dall’inizio miscelazione al termine della reazione di presa.
L’indurimento avviene in tre fasi:
1- liquido viscoso pseudoplastico
2- la miscela diviene plastica con superficie lucida per la presenza di continua fase acquosa
superficiale
3- aspetto rigido e solido della massa con perdita della lucentezza per richiamo dell’acqua all’interno
della massa.
I ritardanti invece:
-citrato di Na
-borace
Al gesso inoltre possono essere aggiunte alizarine che colorano il gesso in modo che i vari tipi
possano essere distinti facilmente tra loro e sostanze aromatiche per rendere il contatto con i tessuti
orali del Pz più gradevole.
Cementi dentali
1- Cementi al fosfato di Zn
2- C. al fosfato di Zn modificato
3- C. silicofosfati
4- C. all’ossido di Zn-eugenolo
5- C. all’ossido di Zn-eugenolo rinforzato
6- C. E.B.A. (acido orto-etossibenzoico)
7- C. al policarbossilato
8- C. di resine acriliche
9- Mat. in resina composta
10- C. allo ionomero di vetro
1- Cementi al fosfato di Zn
Utilizzato per la fissazione di corone e bende ortodontichee come sottofondo.
Costituito da polvere e liquido:
Polvere: ossido di Zn
ossido di Mg (10%)
-6 Cementi E.B.A.
Per cementazione di corone, restauri ,intarsi, per otturazioni provvisorie, come sottofondo e
protettore della polpa.
La polvere è costituita daossido di Zn (20-30%) e ossido di Al.
Il liquido da acido etossibenzoico(50-60%) ed eugenolo.
La reazione di indurimento è sconosciuta, sembra che implichi la formazione di sale chelato tra
EBA, eugenolo ed ossido di Zn.
La resistenza alla compressione è 8.000-10.000 PSI,
// // trazione 500-800 PSI.
Le altre proprietà sono simili ai C. all’ossido di Zn-eugenolo.
-7 Cementi al policarbossilato
Cementi per restauri in leghe metalliche e porcellane, per cementazione bande ortodontiche per il
loro buon legame con l’acciaio, come sottofondo e mat. da otturazione temporanea.
La polvere è ossido di Zn + ossido di Mg (1-5%) + ossido di Al od altro riempitivo (10-40%).
Il liquido è una soluzione acquosa al 40% di acido poliacrilico.
L’ossido di Zn si combina con l’acido poliacrilico indurendosi in poliacrilato di Zn.
La resistenza alla compressione è 9.000-12.000 PSI,
// // trazione 800-1.000 PSI,
è meno solubile dei C. al fosfato di Zn. Possiede buona adesione sia sullo smalto che sui metalli.
Viene preparato mescolando i componenti su piastra di vetro e spatolato per 30-40’’. L’impasto va
utilizzato quando è ancora liquido e non a polimerizzazione iniziata.
La polvere ed il liquido vanno conservati in ambienete fresco e tenuti chiusi, infatti la perdita di
umidità del liquido porterà all’ispessimento del prodotto.
Cementi chirurgici
B) senza eugenolo
1)Peripack
2)Col-Pack
3)Periopack (Goldmann)
Kirkland Kaiser
-polvere:
ossido di Zn.........
colofonia.............
acido tannico......
amianto.............
-liquido:
olio d’arachidi............
eugenolo............
colofonia............
coloranti...............
Nobetec
-polvere:
ossido di Zn
fibre di terrilene
-liquido:
eugenolo
eugenolato di Zn
B) Senza eugenolo
Peripack (Muhllerman)
E’ presentato in pasta pronta per l’uso costituita da:
Solf. di Ca 68%
Ossido di Zn 6,4%
Solf. di Zn 1%
Acrilato 24%
Olio romatico in tracce
Presenta manipolazione ideale,è ben tollerato, poco adesivo, discretamente resistente e duro. E’
contrindicato in casi con poca ritenzione interdentaria.
Coe-Pack
E’ il più usato. Si presenta in due tubi contenenti due paste che si mescolano tra loro al momento
dell’uso. Può essere a presa normale ed a presa rapida.
1° tubo: ossidi metallici imprecisati
teratidolo (funghicida)
Perio-Pack
E’ composto da polvere e pasta gelatinosa.
La polvere è costituita da :
colofonia 50%
ossido di Zn 45%
amianto 5%
La gelatina invece da:
ossido di Zn
olio di semi di cotone.
E’ poco adesivo, necessita di lunga manipolazione, è gradito al Pz.
Vengono utilizza ti in tutti gli interventi chirurgici in cui non si ha la completa chiusura dei lembi,
che guariscono quindi di seconda intenzione. Quindi :
-negli innesti liberi di gengiva
-nella gengivectomia a bisello esterno
-nella gengivoplastica
-nella chirurgia ossea ricostruttiva.
Cementi Vetro-ionomeri
I cementi vetro-ionomeri sono la moderna evoluzione dei vecchi cementi ai silicati. I CVI sono stati
ideati da Smith, egli ha utilizzato la polvere dei C. ai silicati e, anzichè miscelarli con acido
fosforico, li fece reagire con acido poliacrilico ottenendo così un C. che aderiva ai tessuti dentali ma
non stabili dal punto di vista idrolitico, con tempo di presa lungo e lavorabilità scarsa.
Nel 1974 Wilson & Co. aggiunsero un chelante co-monomerico ( acido tartarico) ottenendo una
formazione di tartarati metallici che ne migliorarono la manipolazione ma soprattutto ne
accellerarono la velocità di reazione ottenendo così il primo CVI utilizzabile: ASPA II (Alluminio-
silicato-poliacrilico).Con l’aggiunta di acido itationico si abbassò ulteriormente il tempo di presa e si
ottennero così i CVI di ultima generazione gli ASPA IV.
Oggi esistono anche C. fotoindurenti con tempo di lavorazione e di presa minore.
Il termine CVI viene sostituito dal termine Cemento vetro polialchenoato ( i polialchenoati sono sali
di acido carbossilico, polimeri con ioni di metallo liberati da vetri silicati) CVP che riflette con più
evidenza le caratteristiche principali, cioè la loro composizione, vetro e ac. polialchenoici, ed il loro
meccanismo di indurimento (per salificazione).
Composizione
Componenti organici
Acidi polialchenoici: si ottengono per polimerizzazione, per addizione di ac. alchenoici
(monomeri). Gli ac. alchenoici, dopo essere stati liofilizzati vengono aggiunti alla polvere di vetro.
Acidi idrossicarbossilici: fungono da accelleratori, tipico esempio è l’acido tartarico che, oltre ad
accellerare la reazione, ha la proprietà di favorire la liberazione di ioni metallici dai vetri silicati.
Anch’esso viene aggiunto alla polvere dopo essere stato liofilizzato.
Componenti inorganici
Vetri alluminio silicati che liberano ioni, si ottengono per fusione di quarzo finemente macinato
(Si O2) e corindone (Al2 O3) a temperature di 1100°-1500°C.
La capacità di reazione tra i vetri silicati e gli acidi dipende dal rapporto Si O2 / Al2 O3 che esiste
all’interno del vetro. Durante la fusione si aggiungono, oltre alla calce fluorata(Ca F2) che favorisce
la capacità di reazione del vetro con gli acidi polialchenoici, altri additivi quali: fosfato di Al (Al P
O4), creolite (Na3 Al Fe), trifluoruro di Al (Al F3) che migliorano le proprietà di lavorazione,
resistenza del cemento ed il suo aspetto traslucido simile allo smalto.
Il processo di fusione è seguito da brusco raffreddamento in acqua della massa e da un trattamento
di macinazione, che varia a seconda dell’utilizzo previsto, in grana medio-fine e grana medio-grossa.
La grana fine viene usata per C. di fissazione. Non essendo radiopachi, a questi cementi vengono
aggiunti (al posto del Ca) bario o stronzio.
Reazione di indurimento
Dalla miscelazione degli acidi polialchinoici con i vetri alluminio silicati si produce una reazione
acido-base. Il processo può essere suddiviso in 3 fasi:
A) Fase iniziale
B) Fase di indurimento primario
C) Fase di indurimento secondario
L’adesione dei CVP si basa su forze meccaniche e chimiche. Le forze meccaniche sono date dalle
ritenzioni prodotte dall’operatore e dalla scabrosità delle pareti in grado di portare ad una
compenetrazione tra le due superfici e dal fatto che il mat. passa da uno stato liquido ad uno solido.
I CVP sono in grado di formare un legame chimico con l’idrossiapatite dello smalto ed il collagene
della dentina. Benchè non ci sia noto l’esatto meccanismo si ritiene che i CVP formino dei legami
ionici con il Ca presente nell’idrossiapatite.
I CVP aderiscono alla dentina anche in presenza di fango dentinale, tuttavia il trattamento con acido
poliacrilico della dentina migliora l’adesione.
Hanno una azione cariostatica dovuta al rilascio di fluoro che deriva dai mat. tipo creolite, Ca
fluorato, trifluoruro di Al che si aggiungono per abbassare l’intervallo di fusione del quarzo e del
corindone da 1300°C a 1100°C.
Il contenuto del fluoruro sul vetro raggiunge anche il 22,7% della massa totale. Grazie a questa
caratteristica il CVP è in grado di liberare fluoro per lunghi periodi rendendo il mat. come il più
cariostatico tra quelli utilizzati in odontoiatria conservativa. Recentemente è emerso che i CVP
possono essere addirittura ricaricati con applicazioni di fluoro.
I C. al polialchenoato si dividono in: -C. da fissazione
-C. da restauri
Utilizzo
1) C. a presa rapida per la chiusura di fossette e solchi non cariati.
2) C. da otturazione di colore simile al dente: -a presa normale (maggiore di 3’ a 37°C)
- a presa rapida (minore di 3’ a 37°C)
3) C. da ricostruzione per corone gravemente danneggiate.
4) C. da otturazione a presa rapida a consistenza: liquida o dura.
5) C. per fissazione di ponti e corone
6) C. per fissazione di bande ortodontiche (soprattutto per l’azione cariostatica).
Sono mat. ionomerici dove il riempitivo è costituito da composizioni sinterizzate di vetro metallo
dette cermets. I mat. ionomeri cermets sono preparati sinterizzando a 800°C masse sferoidali
compresse di polvere di metallo e vetro. Questa massa sinterizzata viene quindi ridotta in particelle
in cui il metallo ed il vetro sono fusi insieme e si ottiene così la polvere che si fa reagire con il
poliacido.
Il liquido è costituito da ac. maleico, ac. tartarico, ac. acrilico.
Sono mat. più resistenti all’usura rispetto alle miscelazioni ionomeriche-metalliche ed ai mat. d
restauro vetro-ionomerici perchè, nei cermets, è migliorato il legame tra riempitivo in metallo e
polvere di vetro (per effetto della sinterizzazione).
I metalli più idonei sono oro ed argento.
Clinicamente il mat. contenente oro ha caratteristiche più favorevoli perchè non presenta il problema
dell’ inscurimento dello stesso, inconveniente presente invece in quelli con l’argento (dovuto alla
formazione di ossido di argento).
I cermet sono indicati come:
1) sottofondo,
2) restauri di piccole preparazioni occlusali,
3) // // // a tunnel,
4) sigillante per solchi,
5) ricostruzione di monconi,
6) restauri denti decidui.
Amalgama
Sono costituiti da una combinazione di mercurio ed una lega d’argento e stagno polverizzata. A
questi possono essere aggiunti Cu e Zn in percentuali minori. Per modificarne alcune proprietà
meccaniche e diminuirne la corrosione vi si possono aggiungere inoltre piccole quantità di oro,
palladio, indio.
Fase gamma
La principale componente della polvere dell’amalgama è la lega Ag-Sn (Ag5 Sn) detta fase gamma.
Durante l’indurimento si formano due nuove fasi metalliche che sono:
-fase gamma 1 (Ag3 Hg4)
-fase gamma 2 (Sn7 Hg).
L’amalgama indurita è costituita da particelle di fase gamma collegate da una matrice cristallina
costituita da gamma 1 e gamma 2.
Qust’ultima è la fase più instabile per eccesso di ioni Sn. Si è cercato di ridurre la fase gamma 2
creando amalgami ad alto contenuto di Cu, sottoforma di Cu Ag, in mdo che il rame si leghi allo
stagno in eccesso dando maggior stabilità.
cioè: Sn7 Hg + (Ag / Cu) = Ag2 Hg3 + Cu6 Sn5.
Proprietà fisiche
1) Il valore massimo di deformazione statica (creep%) indica il cambiamento di lunghezza del mat.
tra 1 e 4 ore sotto uno sforzo specifico espresso in percentuale.
2)La resistenza alla compressione viene valutata dopo un’ora dall’indurimento quando un campione
cilindrico di amalgama viene compresso con un valore di 0,25 mm/min.
3)Le variazioni dimensionali sono comprese entro valori di +/- 20 micron/cm e vanno valutate tra i
primi 5’ e le 24 h dall’indurimento.
Proprità termiche
L’amalgama ha un valore relativamente alto di diffusività termica nei confronti della dentina (78
contro 2) ed un coefficiente di espansione termica 3 volte più alto (25 contro 10).
La proporzione nella lega del Hg varia dal 53,7 al 43%, un eccesso di Hg porta all’aumento delle
fasi gamma 1 e 2.
Vengono miscelati utilizzando miscelatori meccanici e capsule predosate. E’ necessario rispettare i
tempi e le proporzioni indicate.
Con le leghe a scaglie si usa condensatore piccolo (1 o 2 mm), applicando una forza verticale per
eliminare l’eccesso di Hg.
Con le leghe sferiche si usa un condensatore largo per migliorare l’adattamento alle pareti.
Limiti dell’amalgama
1)Colore metallico, quindi poco estetico.
2)Mancanza di adesività: necessita di cavità ritentive quindi id una preparazione più demolitiva
3)Elevata conducibilità termica: necessita di sottofondo
4)Fessure marginali: si creano per inadeguata preparazione dei margini.
Tipi di amalgama
Esistono vari tipi distinti in base alla grandezza delle particelle costituenti la polvere:
- a grana grossa e media. Un tempo le più usate, danno superfici molto irregolari
- a grana fine. Non superano i 75 micron, sono più plastiche ed adattabili, danno superfici più lisce
-a particelle sferiche. Non superano i 30 micron, hanno minor quantità di Hg, ottima adattabilità e
plasticità ma tempo di indurimento più lungo e sono più costose
-non gamma 2. Ad alto contenuto di Cu (13%), hanno maggior resistenza alle fratture e ottima
levigatura.
Modellatori di amalgama
-Cleioide: inizia la modellazione dei piani cuspidali
-Discoide: asporta gli eccessi oltre i margini occlusali
-Spatola tagliente ed appuntita: per l’asportazione degli eccessi sino a ritrovare le cuspidi
-Bisturi interprossimale: per l’asportazione degli eccessi oltre il gradino cervicale e per la
modellazione interprossimale
-Brunitori: si usano per levigare e compattare la superficie dopo l’indurimento dove essa presenta
forme appuntite, sono utili per la modellazione anatomica.
Secondo studi condotti in Nuova Zelanda le operazioni di brunitura si dovrebbero eseguire 48h dopo
la modellazione.
Brackets
Compositi
Partendp da questa resina sono stati sviluppati tutti i composti. Questa resina può avere tre difetti:
-Bassa resistenza all’abrasione
-Alto assorbimento di acqua
-Riduzione volumetrica durante l’assorbimento
Sono una combinazione tridimensionale di due o più materiali chimicamente differenti legati da
un’interfaccia che ne separa i componenti.
Tale combinazione offre delle proprietà chimico-fisiche superiori a quelle dei singoli componenti.
I filler stessi hanno subito un’enorme evoluzione, dai cristalli di quarzo macinati alla silice
pirogenica, ottenuta per fusione del silicio e successivo raffreddamento per espulsione ad alta
pressione. Questo trattamento determina una forma in sferule, quindi con superficie minore e minore
quantità di resina utilizzata.
Riempitivo in volume: macro 50-60%
micro 19-35%
micro 2gm 30-55%
Hyb 8-78%
La prima resina impiegata, quindi, fu la bisGMA che non presentava sufficiente fluidità per
penetrare negli interstizi tra le particelle di riempitivo. Si rese quindi necessario l’impiego di resine
con la funzione di fluidificante. Fra queste le più note sono le Tegdma.
Successivamente si provò ad usare resine a base metanica il cui vantaggio era quello di possedere
una maggior fluidità intrinseca ( con minor richiesta, quindi, di altri fluidificanti). La più comune è
la UAMA.
Vi sono ancora oggi prodotti in commercio con questo tipo di resine, ma la maggior parte di
compositi continua ad utilizzare derivati del bisGMA.
Nel 1987 si cominciarono ad usare particolari miscele di resine. Il problema maggiore era costituito
dal fatto che tutte le resine impiegate presentano 2 gruppi funzionali, la struttura che si viene a
formare si poteva schematicamente rappresentare con un piano, lo si può vedere come un foglio di
plastica con buona durezza ma estremamente flessibile, flessibilità che tende a far scomparire ogni
elasticità.
Si deve alla Kuraray il merito di aver realizzato la prima resina a quattro monomeri funzionali che, a
solidificazione avvenuta, non presenta alcuna flessibilità ma eccellente elasticità: le UTMA, che
lasciano comunque alcuni problemi insoluti. La soluzione sta nel creare miscele di resine diverse a
seconda del risultato finale che si intende realizzare.
L’attuale miscela di resine della Kuraray presenta doti di resistenza all’abrasione pari a quello dei
primi compositi e può essere utilizzata per i denti posteriori.
Per quanto riguarda gli agenti di accoppiamento, il problema più grosso fu quello di legare il filler
alla resina, infatti, se il legame non è più che stabile si arriva alla rottura di legami con conseguente
sbriciolamento della massa polimerizzata.
Il più comune agente di accoppiamento è il silano, ma il processo di silanizzazione è tenuto segreto
da ogni produttore.
Sigillanti
Sono mat. fluidi impiegati ai fini di prevenire le carie occlusali e sono utilizzati per sigillare
piccolissime fessure a volte presenti nel fondo delle fosse occlusali del dente, tali fosse possono
avere ramificazioni in contatto con la sottostante dentina ed in esse tendono ad accumularsi residui
di cibo con la formazione di colonie batteriche cariogene.
Già dagli anni ‘70 la sigillazione di solchi e fossette veniva fatta con resine composite seguendo la
tecnica adesiva della mordenzatura.
I sigillanti attualmente in uso possono essere divisi in due gruppi:
-mat. resinosi
-cementi vetroionomerici
Materiali resinosi
Possono essere divisi in altri sottogruppi in base alla presenza di più o meno riempitivo inorganico
(biossido di silicio e bario).
Possiamo avere:
1)Mat. resinosi non riempiti
2)Mat. resinosi modicamente riempiti (5 10%)
3)Mat. resinosi altamente riempiti (20-67%)
1) Hanno maggior fluidità, maggior diffusibilità, minore resistenza alle sollecitazioni meccaniche,
maggior contrazione di polimerizzazione
2-3) Maggiore resistenza alla compressione ed alla trazione, scarsa contrazione di polimerizzazione,
elevata viscosità (svantaggio).
I mat. resinosi possono essere colorati o trasparenti, i colorati contengono ossido di titanio.
-Giallo: sono ben controllabili all’applicazione ed ai controlli successivi (ogni 6 mesi), sono
antiestetici.
-Bianco: sono ben controllabili all’applicazione ed ai controlli successivi ma rendono impossibile il
controllo per eventuali preocessi cariosi sottostanti.
-Trasparenti: buona estetica, risulta difficile il controllo dello strato di mat. al momento
dell’applicazione e nei controlli successivi, danno altresì la possibilità di tenere sotto controllo i
solchi e le fessure sottostanti.
I mat. sigillanti contengono normalmente bisGMA rinforzati con più o meno particelle di quarzo.
Possono essere di tre tipi:
A) Ad attivazione chimica (autopolimerizzanti)
B) Ad attivazione mediante U.V.
C) Ad attivazione mediante luce visibile
Sono costituiti da due componenti: polvere di Al sottoforma di particelle ottenute con processo di
calcinazione a freddo.
I liquido è una soluzione acquosa di polimeri e copolimeri dell’acido poliacrilico.
Possiedono forte adesione a smalto e dentina, liberano fluoro dopo l’applicazione, necessnualità
complessa ed hanno una minor durata di permanenza.
Una volta avvenuto l’indurimento si esgue un controllo della sigillatura con una sonda e si controlla
l’occlusione.
Indicazioni
- sui molari di persone tra i 6 ed i 10 anni
-in presenza di fessure profonde e colorate
-in denti ipoplasici nei quali l’igiene è normalmente scadente
-in presenza di carie iniziali non evidenziabili con Rx.
Controindicazioni
-denti già otturati o che presentano carie interprossimali o coronali già avanzate
-ragazzi che non presentano ancora carie occlusali.
Cementi endodontici
Sono mat. utilizzati per chisure canalari, mentre in passato si eseguivano otturazioni solo con
cementi o paste, oggi il cemento ha solo la funzione di collante per il riempitivo solido
(guttaperca).
Classificazione
1) con eugenolo
2) privi di eugenolo
3) medicati
Con eugenolo
-Bioseal (Ogna)
Polvere: idrossiapatite 16%
solf. di Ba 20%
diiodio timolo 4%
resina naturale 16%
idrossido di Ca e ossido di Zn q.b. a 100
Liquido: eugenolo bidistillato 78%
oleoresine 22%.
-CRCS (Hygienic)
Polvere: Ossido di Zn, esteri resinati, solf. di Ba, idrossido di Ca, subcarbonato di bismuto.
Liquido: eugenolo, eucaliptolo.
Senza eugenolo
-Cloroperca
Cloroformio + guttaperca. Dà problemi di retrazione.
-AH 26 (dentisply)
Polvere: Ag 10%
biossido di Bi 60%
biossido di Tn 5%
esametilene tetramina 25%
Liquido: bisfenol-diglisidil etere 100%
Medicati
-N2 (Sargenti)
Polvere: prednisolone 0,21%
idrocortisone 1,20%
Solf. di Ba 3%
Biossido di Tn 4%
paraformaldeide 6,5%
Subcarbonato di Bi 9%
ossido di Zn 60%
tetraossido di Pb 11%
Liquido: eugenolo 100%
-Endomethasone (Septodent)
Polvere: ossido di Zn, subnitrato di Bi, desametasone, idrocortisone, ioduro di timolo,
paraformaldeide.
Liquido: eugenolo.
-Pasta iodoformica
Utilizzata molte volte impropriamente come otturazione canalare definitiva, soluzione non valida
perchè essa si riassorbe con il tempo non sigillando i margini. E’ più adatta come medicazione
intermedia.
Polvere: iodoformio
Liquido: paraclorofenolo, canfora, mentolo.
-Idrossido di Ca
Possiede spiccata attività osteogenica, notevole potere antibatterico e notevole capacità di
espansione (270%).
Utilizzato nelle medicazioni endodontiche come: apecificazioni, terapia delle perforazioni iatrogene,
riassorbimento radicolare esterno e riassorbimento interno perforante, fratture radicolari,
disinfezione canalare.
Gli svantaggi sono costituiti dalla possibilità di calcificazione, necessità di molte applicazioni, non
viene riassorbito oltre apice.
Si impasta la polvere ed il liquido su piastra sterile. L’impasto è ottimale quando, sollevando la
spatola dalla piastra, risulta di consistenza filamentosa.
Strumentario
Sonde endodontiche
Strumenti non standardizzati a sezione tonda o quadra, molto sottili e flessibili. Il loro compito è
individuare gli imbocchi del canale e di iniziare il cateterismo.
Fresa Z endo
Fresa a lama di carbonio- tungsteno conica non tagliente in punta. trova impiego nell’asportazione
completa del tetto della camera pulpare per eliminare le eventuali interferenze canalari all’azione
degli strumenti. La punta arrotondata non tagliente consente l’appoggio sul pavimento della camera
pulpare per poterne seguire il perimetro.
K Files (limerick)
Sono fabbricati torcendo un filo di acciaio inossidabile a sez. quadrata che dà origine ad un elissoide
con serie di scanalature a lama tagliente a passo molto ravvicinato. Viene prodotto in dimensioni
standardizzate (da 0,6 a 80) con lunghezza dai 21 ai 31 mm.
Lo si deve usare con movimento di “va e vieni”. Ha azione di raschiamento delle pareti dentinali,
viene usato con tre finalità:
-penetrazione iniziale dei canali
-courettage parietale
-allargamento del canale.
Reamers (allargacanali)
Sono fabbricati torcendo filo a sez. triangolare che dà origine ad un elissoide con scanalature a lame
taglienti meno ravvicinate di quelle dei Files. la piramide con cui termina la lama è triangolare ed
appuntita. Le dimensioni sono quelle dei Files. Si usano con movimento rotatorio in uscita di 1\4 di
giro nei canali dritti e nella corzione canalare diritta dei canali ricurvi. Ha azione di raschiamento
della dentina quando lavora in rotazione, il debole angolamento delle lame in rapporto all’asse
maggiore dello strumento assume poca efficacia nel movimento longitudinale.
Tiranervi
E’ uno strumento a sezione rotonda in acciaio inossidabile trafilato ed incrudito. Lo stelo è lavorato
alla barra e tagliato in quattro facce da una lama che solleva delle piccole spine di metallo molto
acuminato e disposte sino alla punta dello strumento.
E’ prodotto in dimensioni normalmente di 21-28 cm di lunghezza. Si usa solo in canali molto larghi
e mai contro le pareti, infatti, se si avverte la parete del canale è necessario tornare indietro. L’azione
principale del tiranervi è di separare la polpa dalla parete canalare e di eliminarla grattando.
I rischi nell’uso di questo strumento sono la facile rottura dello stesso e la formazione di tacche sulla
parete del canale.
Frese di Gates-Ghidden
Sono frese che lavorano con le superfici laterali delle lame e non tagliano in punta. Vengono
prodotte con diametro di 0,5 - 0,7 - 0,9 - 1,1 - 1,3 - 1,5 mm e con lunghezza di 32 mm.
vengono usate dopo che si è già strumentato il canale con frese di una certa dimensione (20 - 25)
con movimento apico-coronarico e centrifugo a velocità molto bassa, senza impegnare
assolutamente la fresa nel canale.
Plugger
Strumenti non standard destinati a condensare verticalmente la guttaperca rammollita dal calore.
Sono per lo più conici e possono recare tacche per il controllo della profondità durante l’azione.
Guttaperca
Lattice che viene estratto dalla corteccia di alberi che crescono in Malesia (Isonandra gutta).
Alla temperatura ambiente è dura. In commercio si trova sottoforma di bastoncini o coni di colore
bianco o rosa (la rosa è più dura). Non viene usata allo stato puro ma associata ad ossido di Zn,
silice, cera bianca, acidi grassi per facilitarne la manipolazione.
Un tempo veniva utilizzata come otturazione provvisoria.
Il bastoncino si riscalda a fiamma o nell’acqua calda (80° C), se ne preleva la quantità voluta con
spatola in acciaio inossidabile e la si applica in cavità.
Si modella mentre indurisce con una pallina. Per rimuoverla si riscalda l’otturatore a pallina, lo si
affonda nell’otturazione e, una volta raffreddato, si estrae la guttaperca che risulta solidale con
l’otturatore.
Viene utilizzata per otturazioni canalari, i coni sono di calibro uguale a quello del canale. Si
condensa con strumenti caldi, non si riassorbe ed è radioopaca. Può essere condensata a freddo dagli
spreaders, a caldo da strumenti portatori di calore.
Polimeri sintetici
Sono molecole ad elevato peso molecolare ed a forma di catena.
L acatena di un polimero non è formata da un insieme casuale di atomi ma è una ordinata ripetizione
di gruppi atomici che costituiscono piccole molecole o monomeri. I monomeri si uniscono a formare
i polimeri attraverso un processo detto di polimerizzazione.
Polimerizzazione
Per addizione, quando le molecole del monomero si combinano senza la formazione di un
sottoprodotto.
Per condensazione, quando l’unione è accompagnata dall’eliminazione di piccole molecole ( acqua,
ammoniaca, alcol, etc.).
1- Attivazione
Questa fase richiede energia termica o luminosa o chimica per formare radicali liber, per l’apertura
di legami insaturi delle molecole di monomeri.
I radicali liberi si congiungono con i radicali liberi del monomero adiacente legandovisi.
2- Iniziazione
Quando la polimerizzazione è attivata si aggiunge una sostanza relativamente instabile, detta
iniziatore, che agisce sui legami insaturi del monomero e siottiene la II fase.
3- Propagazione
L’iniziatore si decompone formando radicali liberi i quali, in tempi successivi, aprono i legami
insaturi del monomero così da permettere la propagazione o formazione di catene.
4- Terminazione
La propagazione, o formazione di catene, continua sino a quando nessun radicale è disponibile.
polvere: granuli di polimeri (p.e. polimetilmetacrilato) che hanno incorporato circa 1% di:
-catalizzatore (perossido di benzoile)
-plasticizzante (butilftalato)
-appropriato pigmento (Ti O2, rosso cadmio)
Liquido: metilmetacrilato ed inoltre:
-inibitore (idrochinone)
-agenti polimerizzanti (etil-glicol-metacrilato)
1-Si mescola polvere e liquido in ragione di 1:3 in volume, la trasformazione in gel avviene in 4
distinte fasi:
-sabbioso o granulare, in questo stadio il monomero bagna l’esterno dei granuli.
-filamentoso, gli strati esterni dei granuli si dissolvono e diventano plastici
-completamente pastoso, i granuli si uniscono mediante grovigli di catene di polimeri
-gommoso, quando il monomero è penetrato al centro dei granuli.
Il tempo di lavorazione è quello nel quale il mat. rimane pastoso e si presta ad essere stampato.
Il tempo di formazione della pasta è quello necessario a raggiungere lo stato pastoso.
2-Zeppatura della pasta in eccesso in uno stampo di gesso bivalve pretrattato con isolante e
contenuto nella muffola.
Chiusura di prova della muffola in modo da poter formare l’eccesso di pasta (bava).
Riapertura della muffola ed eliminazione della bava.
Chiusura definitiva a pressione per mezzo di pressa da banco filettata. L’uso in difetto di resina o
pressione porta alla cosidetta porosità di contrazione.
3-Normalmente l’indurimento delle resine a caldo viene effettuata passando la muffola con morsa in
bagno d’acqua o forno ad aria.
I fattori che condizionano la formazione di un polimero lineare ad alto peso molecolare senza
porosità sono:
-lento riscaldamento
-basse temperature
-trattamento post-polimerizzazione a 100°
Lento riscaldamento perchè la rottura dell’iniziatore (perossido di benzoile) è rapida sopra i 65°,
quindi riscaldando lentamente a 60° si producono radicali formando così un polimero a più elevato
peso molecolare e lineare.
La bassa temperatura perchè la reazione di polimerizzazione è esotermica. Il metilmetacrilato bolle
a 108° C quindi la pasta deve essere tenuta al di sotto di questa temperatura (circa 100° C) per
evitare porosità (bolle o porosità gassose).
A polimerizzazione completata si fa un post trattamento a 100° per ridurre al minimo la quantità di
monomero residuo.
Resine colabili
Servono talvolta per costruire basi protesiche. Questi mat. sono molto fluidi, il rapporto polvere-
liquido è 1:2. Vengono versati nello stampo e lasciati indurire a temperatura ambiente.
Applicazioni in odontoiatria
Per pz con protesi vecchia, in attesa di nuova
Per migliorare l’adattabilità di una protesi vecchia
Per compensare le rientranze di una protesi
Per pz che hanno difficoltà di adattamento alla protesi
Mat. da ribasatura
Si dividono in: a polimerizzazione in bocca
a polim. in laboratorio
Vengono utilizzati quelli a polimerizzazione in bocca quando non è possibile utilizzare gli altri.
Vengono usati per migliorare l’adattabilità della protesi (quando troppo larga) per breve tempo.
Composizione
Polvere: polimetilmetacrilato + perossido
Liquido: metilmetacrilato + plasticizzanti + amine terziarie.
La reazione è esotermica, in bocca si ha un aumento della temperatura sino a 79° C, quindi la protesi
deve essere tolta dalla bocca del pz dopo pochi minuti per evitare abrasioni alle mucose.
Le ribasature con mat. polimerizzabili in laboratorio sono più soddisfacenti e durature. Per questo
tipo di ribasature si usano gli stessi tipi di mat. usati per il confezionamento di basi protesiche.
Muffola
Possiamo considerare una muffola come una scatola apribile in diversi punti e che delimita uno
spazio sempre uguale e ben definito. Serve per sostituire la cera con la resina, dopo aver terminato
la ceratura delle basi delle protesi.
Devono essere in ottimo stato, pulite da ogni residuo di gesso e resina, in particolare a livello dei
bordi di chiusura e degli incastri, devono essere ben oliate. Le loro superfici, sopratutto lungo i
margini di chiusura devono essere lisce.
Devono essere aperte solo con martello di gomma.
Prima di posizionare il modello è opportuno isolare la muffola con vaselina o silicone per facilitare
poi il distacco del gesso a polimerizzazione avvenuta.
La prima operazione da fare consiste nel togliere il modello dall’articolatore cercando di non
rompere le tacche di incastro. Si immerge il modello in acqua e sapone, o vaselina, o altro isolante,
per isolarlo dal gesso delle muffole.
Si posiziona il modello nella parte inferiore della muffola detta controstampo, facendo attenzione
che il gesso (extraduro) non invada il bordo della muffola.
Sulla superfice del gesso che va dal bordo della protesi al bordo interno della muffola si stende uno
strato di cera di 1\2 mm che serve per creare uno spazio libero per la resina eccedente, in modo da
ridurre il rialzo dell’occlusione.
Si pennella la cera della base della protesi con un riduttore di tensione superficiale per favorire il
contatto l’aderenza con il gesso.
Si effettua quindi la costruzione di un guscio di gesso extraduro per monconi dello spessore di 3-5
mm che ingloba i denti e la base,ancora in cera. Questo strato di gesso potrà essere pennellato sulla
protesi e sui denti per evitare il formarsi di possibili vuoti, inoltre questo strato di gesso extraduro ha
il compito di esercitare una salda presa ai denti ed una superfice resistente alla pressione delle
resine.
Il gesso viene lasciato prendere per circa 10’.
Per il rimpimento si potrà impiegare un normale gesso per muffola.
Dopo che il gesso extraduro ha fatto presa si posiziona la porzione superiore della muffola, detta
stampo, e si controlla che la chiusura dei bordi sia perfetta.
Il riempimento avverrà in due fasi:
A-Tenendo ben serrata la muffola si colerà il gesso sino a raggiungere il livello di gesso extraduro.
B-Passati 10’ di presa si riempe completamente la muffola con altro gesso.
Applicato il coperchio si presserà la muffola per fare uscire il gesso in eccesso e quindi lo si lascerà
indurire.
Per eliminare la cera si mette la muffola in acqua calda a 65° per 5 o 6’. Si apre la muffola cercando
di non danneggiare il modello e di non spostare i denti dalla loro posizione. Se le operazioni
precedenti sono state fatte in modo corretto i denti non si muoveranno perchè bloccati dal gesso
extraduro.
La cera viene eliminata con uno strumento smusso e deve essere rammollita e non fluida. Tolta la
cera, la muffola viene lavata con un getto di acqua bollente.
A questo punto si è creata un’intercapedine per la resina.
Si isola il gesso. Si lascia raffreddare la muffola e si dà uno strato di isolante resina-gesso sulla
parete della muffola che contiene il modello, la sezione che contiene i denti viene isolata con acido
alginico di Na o K, applicati con pennellino sopratutto nella zona degli interstizi tra i denti.
L’acido alginico agisce unicamente sul gesso, quindi i denti ed i ganci, non essendo isolati, potranno
avere una buona adesione alla resina.
Si lascia asciugare il tutto e poi si asporta l’eccedenza con un getto di acqua fredda.
Viene miscelata la resina e, ottenuto l’impasto pastoso, si preleva e lo si depone nell’incavo
contenente i denti comprimendo leggermente con le mani.
Si posiziona quindi il controstampo e si pressa lentamente. Si fanno le chiusure di prova, cioè si
pone prima un foglio di polietilene sulla resina in modo che esso non aderisca alla parte inferiore
della muffola.
Le due parti vengono accostate con pressione crescente, in modo che la resina si distribuisca
omogeneamente nella cavità, quindi si separano le due parti della muffola e viene asportata la resina
in eccesso. A questo seguono una seconda chiusura ed apertura per eliminare la restante resina in
eccesso.
Dopo la seconda apertura si elimina il foglio di polietilene, si chiude e si comprime con pressa
idraulica (manometro regolato a 200Kg\cm2).
La muffola viene tenuta chiusa e sotto pressione sino a polimerizzazione avvenuta.
Per astrarre la protesi si utilizza un martello di gomma per non danneggiare la struttura della muffola
nel separarla così dal blocco di gesso contenente la protesi polimerizzata. Questa operazione può
essere facilitata dall’uso di strumenti smussi non metallici facenti leva sulle tacche di apertura. Altri
strumenti utili possono essere scalpelli pneumatici od apposite pinze.
Si effettua una verifica dell’occlusione, cioè si ripongono i nostri modelli con la nuova protesi
sull’articolatore e si controlla l’occlusione facendo le debite correzioni dei contatti occlusali che
inevitabilmente si saranno formati durante la formazione delle placche di base.
Si passerà infine alla rifinitura della protesi.
Materiali da impronta
Vengono usati per creare riproduzioni delle strutture orali. Tutti i mat. da impronta devono essere
allo stato plastico o fluido nel momento in cui lo si utilizza.
Dopo che il mat. ha fatto presa è possibile distinguerli in due classi:
-elastici (o plastici)
-non elastici (friabili).
Gesso da impronta:
Solfato di Ca semiidrato che con aggiunta di acqua diventa Solf. di Ca biidrato.
Cere da impronta
Si usano raramente per registrare impronte complete ma per correggere imperfezioni in altre
impronte. Sono formate da mescolanza di paraffine a basso punto di fusione e cera d’api in rapporto
di 3:1.
Vengono usate quantità di pasta o di polvere-liquido uguali con spatola rigida su lastra di vetro.
Il composto ottenuto viene posto su una impronta preliminare presa con pasta termoplastica o su
cucchiaio portaimpronta acrilico.
Il tempo di presa è di circa 5’
Colloidi:
-reversibili , idrocolloidi a base di agar
-non reversibili , idrocolloidi a base di alginato
Elastomeri:
-polisolfuri
-polieteri
-siliconi, divisi in convenzionali e vinilpolisilossani
Composti da:
-Agar 12-15%, utilizzato come gelificante
-Borace 0,2%, per migliorarne la resistenza
-Solf. di potassio 1-2%, per fornire buone superfici sul modello
-Alchilbenzoati, come preservanti
-Tracce di sostanze coloranti ed aromi
Modalità d’uso
1-Fase di riscaldamento
Si riscalda in acqua a 100° per 8-12’, si pone su portaimpronte a 65° e si condiziona in acqua a 45°
per 2’ prima di prendere l’impronta.
2-Fase di raffreddamento
Dopo aver collocato in bocca il portaimpronte, provvisto di spirali di raffreddamento, si raffredda lo
stesso per mezzo di passaggio di acqua a non più di 13°, sino al verificarsi della solidificazione.
3-Trattamento dell’impronta
Dopo aver lavato bene l’impronta si asciuga soffiando via l’acqua affinchè essa non interferisca con
la presa del gesso.
Un effetto negativo può essere rappresentato dallo shock termico che si ha dalla fase calda alla
fredda.
Vantaggi
-Elevata accuratezza
-mat. di consumo poco costoso
-inodori e non irritanti
-altamente idrofili (non richiedono il campo asciutto)
Svantaggi
-Proprietà fisiche modeste
-costo iniziale molto elevato
-equipaggiamento complesso
-indispensabile la colatura immediata
-scarsa resistenza alla lacerazione
-modesta stabilità dimensionale
-si deformano facilmente
-gli sbalzi di temperatura sono sgradevoli per il Pz.
La polvere viene impastata con acqua. Il fosf. di Na reagisce con il solf. di Ca per consentire
adeguato tempo di lavorazione.
Dopo che il fosfato di Na ha reagito, il restante solf. di Ca reagisce con l’alginato di Na insolubile
che con l’acqua forma un gel.
La reazione si può abbreviare con la temperatura oppure aumentando la quantità di polvere rispetto
all’ acqua.
La polvere viene fornita in barattoli. La miscelazione (1:1) avviene all’interno di una scodella di
materiale plastico flessibile con una spatola di acciaio o teflon.
Il tempo di miscelazione è di circa 1’ e la temperatura ideale alla quale la reazione deve avvenire è
di circa 21°. Per favorire la ritenzione del mat. gelificato sul portaimpronte si usano cucchiai
traforati.
Eseguita l’impronta, questa deve essere colata immediatamente perchè l’alginato tende rapidamente
a disidratarsi con conseguente contrazione volumetrica.
Sono disponibili sottoforma di due paste. La pasta base (normalmente bianca) è un insieme di:
-Polimero di polisolfuri 80%, a basso peso molecolare aventi gruppi terminali mercaptani (-SH)
come pure gruppi mercaptani liberi vicino al centro del polimero.
-Eccipienti come il biossido di titanio e silice
Il biossido di Pb catalizza la condensazione dei gruppi (-SH) mercaptani terminali con quelli delle
altre molecole dando luogo ad allungamento e ramificazioni. Durante la reazione il mat. si trasforma
da una pasta ad una gomma.
Uguali quantità di pasta base e catalizzatore vengono poste su un apposito blocco di carta da
mescolamento.
I due componenti vengono spatolati con spatola rigida sino a quando i colori delle due paste
diventano indistinguibili.
Il tempo di lavorazione è di circa 3’, quello di modellazione è di circa 45-60’’.
Vantaggi
-economici
-elevata resistenza alla lacerazione
Svantaggi
-odore e sapore sgradevoli
-stabilità dimensionale di breve durata, occorre colarli immediatamente
-si deformano facilmente
-tossici
-sgradevoli e difficili da miscelare
-bolle da spatolamento
-tempi di lavorazione lunghi
-materiale sporco.
Servono per:
-Impronte complete
- \\ a quadranti
- \\ singole
Anche in questo caso si miscela la pasta base con il catalizzatore. Se il catalizzatore è liquido 1 gtt
ogni 2-3 mm di pasta, se è in pasta in eguale quantità.
Siliconi a condensazione
Vantaggi
-economici
-inodori, gradevoli
-tempi di lavorazione controllabili
Svantaggi
-stabilità dimensionale di breve durata, occorre colarli immediatamente
-bassa resistenza alla lacerazione
-bolle da spatolamento
-il catalizzatore liquido è tossico
-scomodi da miscelare e da pulire
-richiedono campo rigorosamente asciutto
Vinilpolisilossani
Vantaggi
-stabilità dimensionale a lungo termine
-inodori, insapori, non irritanti
-proprietà fisiche eccellenti
-puliti
Svantaggi
-richiedono campo asciutto
-bolle da spatolamento
-scomodi da miscelare e pulire
- si ha molto spreco
-sono costosi
-non si possono colare immediatamente
Polieteri
Vantaggi
-Stabilità dimensionale
-Non occorre colarli immediatamente
-Un solo sistema per la presa dell’impronta
-Abbastanza compatibili con l’umidità
Svantaggi
-Odore e sapore sgradevoli
-Irritanti per le mucose
-Mat. sporco
-Relativamente costoso
-Formazione di bolle da spatolamento
-Impronte molto rigide
-difficoltosa rimozione dal cavo orale
Leghe
Mat. costituiti da due o più elementi dei quali almeno uno è un metallo. Questi elementi devono
essere solubili tra loro allo stato liquido. Si ha quindi un metallo base (con funzione di solvente) più
rappresentato nel quale si trovano miscelati gli altri componenti delle leghe (i soluti) che prendono il
nome di alliganti.
Lo scopo delle leghe è quello di migliorare le proprietà del metallo puro.
I metalli presentano le seguenti caratteristiche:
-liberano cationi se immersi in un solvente
-sono solidi a temperatura ambiente (eccetto Hg).
-sono duttili, malleabili e resistenti
-sono buoni conduttori termici ed elettrici
-chimicamente formano ossidi, idrati, sali
-generalmente hanno molecole monoatomiche
-hanno una lucentezza, appunto, metallica
Possiamo dire anche che l’interazione che si realizza tra i vari atomi all’interno di un metallo puro o
di una lega è forte ed è dovuta al cosidetto legame metallico. Questo tipo di legame determina le
caratteristiche meccaniche elettriche e termiche.
Allo stato solido tutti i metalli posseggono una struttura cristallina che si contraddistingue ma che
può variare con l’aumento della temperatura, tale fenomeno si chiama allotropismo.
Questi reticoli cristallini scompaiono quando il metallo fonde. Quando il metallo o la lega fusi
vengono lasciati raffreddare il processo di solidificazione avviene in punti specifici detti nuclei di
cristallizzazione.
Questi nuclei si sviluppano dando origine a particolari forme arboriscenti dette dendriti di
cristallizzazione. Quando il mat. è solidificato tutti i dendriti di cristallizzazione vengono a contatto
formando dei cristalli più grandi detti grani o granuli di cristallizzazione.
Il numero e la taglia dei granuli si possono variare controllando il raffreddamento della fusione.
La disposizione degli atomi nei reticoli cristallini può avvenire in 14 modalità differenti definite
reticoli di Bravois (ottenuti grazie alla rifrazione ai raggi x).
Le leghe da noi trattate cristallizzano solo nei seguenti reticoli:
-cubico a corpo centrato
-cubico a facce centrate
-esagonale compatto
Nel reticolo cubico a corpo centrato la cella elementare è un cubo in cui otto atomi occupano i
vertici ed uno il centro (scarsa compattezza).
Nel reticolo cubico a facce centrate la cella è un cubo in cui 14 atomi occupano i vertici ed il centro
delle facce (reticolo molto compatto).
Nel reticolo esagonale compatto la cella elementare è ..................... Viene generalmente considerato
il più compatto.
Le leghe metalliche si possono classificare in base a quattro criteri:
-N° di elementi che le costituiscono (leghe binarie,terziarie, etc.)
-Mat. predominante sulla lega
-N°di fasi che si trovano allo stato solido ( leghe mono-bi-trifasiche)
-Struttura interna vera e propria
Si dividono in :
1-Soluzioni solide
2-Miscugli eutetici
3-Composti intermetallici
Soluzioni solide
Sono le leghe vere e proprie, caratterizzate dalla solubilità dei componenti anche allo stato solido.
Possono essere di sostituzione o interstiziali.
Si hanno soluzioni solide di sostituzione quando, durante la solidificazione, si genera una struttura
nella quale gli atomi degli elementi aligandi si sostituiscono parzialmente a quelli del reticolo
cristallino del metallo base. Possono essere ordinate o disordinate.
Le sol. solide interstiziali si hanno quando gli atomi alliganti (soluto), grazie alle loro piccole
dimensioni, si collocano negli interstizi tra gli atomi di un reticolo cristallino del metallo base.
In campo dentale queste leghe sono poco usate.
Miscugli eutetici
Vi troviamo elementi solubili allo stato liquido ma non allo stato solido. Hanno la caratteristica di
fondere ad una determinata temperatura, al contrario delle altre leghe che fondono in un intervallo di
temperatura.
La temperatura di fusione delle miscele eutetuche risulta più bassa di quella dei singoli elementi che
le compongono. Vengono usate per saldo brasature.
Composti intermetallici
Si hanno quando due elementi con affinità chimica, a precise concentrazioni, interagiscono, dando
origine alla formazione di una struttura cristallina che li contiene entrambi. In odontoiatria i
composti intermetallici sono utilizzati in conservativa, amalgami d’argento.
-Leghe a ridotto contenuto in oro, con elevato contenuto in palladio dette semipreziose, con
percentuale in oro minore di 18K e titolo di 500/1000
-Leghe a basso contenuto in oro ed elevato contenuto in argento e palladio delle semipreziose, con
percentuale in oro minore od uguale a 12K e titolo di 500\1000.
Leghe vili non preziose in nichel-cromo o cromo-cobalto con assenza di oro. Esse vengono
suddivise in : leghe per porcellane
leghe per metalli e resine
Platino: Pt, colore bianco azzurro, sistema cristallino cubico a facce centrate,
P.S. 21,45 g/cm3
T di fusione 1769,5°C
D. Brinnell 45Kg/cm2.
Nnelle leghe d’oro la concentrazione di platino non supera il 10%. Ne aumenta di molto la durezza,
la resistenza alla corrosione ed ossidazione, la temperatura e l’intervallo di fusione. Tende a dare un
colore grigiastro alla lega.
Costituenti minori
Gallio: Ga, reticolo cristallino ortorombico,
P.S. 5,9 g/cm3
T di fusione 29,8°C e si mantiene liquido sino a 2000°C
Metallo duro e fragile, viene utilizzato per termometri per alte temperature e di leghe bassofondenti.
Si usa nelle leghe per ceramica per aumentare il legame metallo-ceramica.
Iridio: reticolo cristallino cubico a facce centrate,
P.S. 22,4 g/cm3
T di fusione 2410°C.
Colore bianco splendente, puro è il metallo più resistente agli agenti chimici. Viene usato in piccole
percentuali per migliorare la struttura della lega diminuendo la taglia dei grani.
Stagno: Sn, reticolo cristallino tetragonale, T di fusione 232°C, riduce l’intervallo di fusione ed
ossidazione delle leghe diminuendo però anche la resistenza alla corrosione.
Classificazione delle leghe ad uso odontoiatrico secondo specifiche A.D.A. (in base alla durezza)
Tipo1 = tenere
Tipo2 = medie
Tipo3 = dure
Tipo4 = extradure
Durezza Vickers
Viene determinata applicando un carico di 1 Kg su di un penetratore piramidale con angolo al
vertice di 136°, a base quadrata di diamante, agente sulla superficie levigata del campione di lega in
esame.
Tipo 1
Sono molto malleabili e duttili per l’alta percentuale in oro. Durezza Vickers compresa tra 50 e 90.
Vengono utilizzate per intarsi di piccole dimensioni ad una sola superficie.
Tipo 2
Durezza Vickers 90-120, vengono usate per intarsi a 2 o 3 superfici.
Tipo 3
Durezza Vickers 120-150, utilizzate per la costruzione di corone e ponti, possono essere soggette a
trattamento di tempra e stempra.
Tipo 4
Vengono utilizzate per protesi parziali (ferule e scheletrati), sono stati quasi del tutto rimpiazzati da
leghe Cr-Co-Ni di basso costo e con peso specifico più basso, quindi con manufatti di minor
ingombro e minor peso.
Leghe semipreziose
Sono state sviluppate per presentare proprietà simili alle leghe d’oro da colata e sono utilizzabili per
gli stessi scopi. Il loro nome è leghe d’oro bianco e si dividono in due gruppi:
-1° Gruppo
Leghe ad elevata concentrazione d’oro (500/1000) che contengono Pt e Pd in concentrazioni tali da
schiarirle completamente. Necessitano di modalità di lavorazione più accurate perchè L’Ag ed il Pd
hanno la tendenza ad includere gas allo stato liquido, per cui si ha maggior pericolo di avere porosità
nelle protesi.
Per ovviare a questo inconveniente queste leghe devono essere fuse a colata sottovuoto. Le leghe
Ag-Pd con basso contenuto in Au, presentano un costo che è circa la metà delle leghe d’oro e peso
specifico di circa 2/3.
2° Gruppo
Sono leghe meno costose con bassa concentrazione d’oro ed alta di Ag e Pd.
Sono chiamate leghe Ag-Pd dato che, in alcune leghe palladiate, l’oro è completamente assente.
Di queste leghe se ne possono avere una vasta gamma, tutte differenti per composizione.
Devono avere una concentrazione non inferiore all’85% in peso di Cr-Co-Ni ma contengono anche
altri componenti: carbonio, molibdeno, manganese, silicio, ferro, alluminio, tungsteno, rame,
berillio, titanio, boro e gallio.
-Composizione Cr-Co: Co 40-65%
Cr 20-30%
Ni 0-30%
- // Ni-Cr: Ni 70-80%
Cr 10-25%
Inoltre sono presenti : Carbonio e molibdeno (3-6%) che ne aumentano la durezza, Manganese e
silicio che ne aumentano la fluidità e colabilità e prevengono l’ossidazione; berillio che ne aumenta
la durezza.
Porcellane
I materiali ceramici trovano utilizzo in campo edilizio, domestico, nucleare (combustibili), come
abrasivi, come isolanti termici, in campo medico (ortopedia, odontoiatria).
Ceramiche dentali
Nel gruppo dei ceramici si collocano tutti i materiali solidi inorganici non metallici.
Le ceramiche si possono presentare come:
-vetri
-vetroceramiche
-cristalli monolitici
-sistemi policristallini
Allumina
La porcellana che la contiene è detta porcellana alluminosa. L’allumina aggiunta in polvere riduce la
fragilità della ceramica perchè essa frena la formazione e propagazione delle incrinature sulla
superficie della ceramica. Questo avviene perchè allumina e ceramica hanno valori armonici di
coefficiente di espansione termica e modulo di elasticità.
La porcellana alluminosa ne contiene circa il 40%, è però opaca e può essere usata solo per il nucleo
interno della corona.
modificatori:
-Ossido di Na
- // K
- // Li
- // Ca
- // Ba
- // Mg
- // Zn
-Fluoro
-Ittrio
1) Ossido di Na: rende compatibile il coefficiente di dilatazione della ceramica con quello del
metallo innalzandolo più di ogni altro componente.
2) Ossido di K: innalza il coefficiente di dilatazione termica della ceramica
3) Ossido di Li: conferisce in cottura ottima fluidità prevenendo la formazione di bolle tra ceramica
e metallo perchè aumenta lo scorrimento delle masse ceramiche. Ottima resa estetica ma aumenta il
rischio di devetrificazione.
4) Ossido di Ca: formando il silicato di Ca aumenta la resistenza alla frattura delle corone.
5)Ossido di Ba: limita la retrazione del manufatto in fase di raffreddamento dopo la cottura.
6 Ossido di Mg: in combinazione con l’ossido di Ca si disperde per primo nel cavo orale.
Contribuisce ad aumentare la durezza del manufatto dopo la cottura.
7) Ossido di Zn: durante la cottura dà al manufatto buona fluidità.
8) Fluoro. è un gas, viene introdotto come fluoruro di Ca e ne aumenta la brillantezza in
autolucidatura.
9) Ittrio: aumenta la viscosità del materiale ceramico e quindi la fluidità, inoltre, per effetto dell’alta
temperatura, si lega con gli ossidi che si formano sulla superficie del metallo migliorando il legame.
Formatori
- Ossido di silicio
- Ossido di zirconio
- Biossido di titanio
- Anidride borica
1) Ossido di silicio: base del composto ceramico vetroso, il reticolo per la formazione del vetro è Si-
O, i suoi legami covalenti danno all’impasto stabilità e resistenza alla devetrificazione.
2) Ossido di zirconio: abbassa il coefficiente di dilatazione conferendo un ottimo legame tra metallo
e ceramica e ne migliora le caratteristiche meccaniche.
3) Biossido di titanio: in parte sostituisce come comportamento la silice, migliora la resistenza agli
attacchi chimici, innalza il coefficiente di dilatazione del mat. ceramico. Favorisce la
devetrificazione, limita il ritiro della ceramica in fase di raffreddamento post cottura.
4) Anidride borica: favorisce il rammollimento del mat. ceramico. Il boro sostituisce la silice come
formatore di reticolo. Le ceramiche ad elevato contenuto di boro rammolliscono e fondono a
temperatura molto inferiore rispetto a quelle contenenti silicio, quindi sono ceramiche a più basso
punto di fusione.
Metallo-ceramiche
Per i restauri in metallo-ceramica si devono unire le buone proprietà meccaniche delle leghe dentarie
con quelle estetiche (eccellenti) delle ceramiche.
Leghe da porcellana
Sono di quattro tipi:
1)L. ad alto contenuto in oro
2)L. a basso contenuto in oro
3)L. argento- palladio
4)L. nichel-cromo
Leghe argento-palladio
Composizione: - argento 30%
- palladio 60%
- indio e stagno 10%
Possiedono maggior valore di modulo, più alta temperatura di fusione. Sono una buona alternativa
alle precedenti. Possibilità di difetti ed inclusione di gas durante la fusione.
Leghe nichel-cromo
Composizione: - nichel 70-80%
- cromo 10-25%
- piccole quantità di tungsteno, berillio, molibdeno.
Il legame con la ceramica è dovuto all’ossido di cromo che si forma durante la fusione.
I vantaggi sono l’alto modulo ed alta temperatura di fusione, gli svantaggi dall’alto ritiro
volumetrico non compensato dal rivestimento, hanno minor forza di legame con la porcellana.
Titanio
Il metallo isolato non si può ottenere dai metalli grezzi (rutilio, ilmenite) mediante riduzione con
carbonio per la sua grande affinità con quest’ ultimo, in quanto si otterrebbe un metallo molto
carbonato, quindi fragile.
La maggior parte del titanio viene estratto come biossido di Ti (Ti2 O3) che è un pigmento bianco
molto usato nelle vernici.
Il metallo puro al 99,8% si ottiene riscaldando il minerale in presenza di Cl e C, riducendo poi il
tetracloruro di Ti (Ti Cl4) ottenuto con Na liquefatto. Con questa metodica si ottiene la spugne di Ti
che, sottovuoto od in presenza di argon, viene fusa ottenendo dei lingotti.
Dato che il Ti presenta notevoli problemi a temperatura di fusione ed i suoi vapori, a temperatura
elevata, possono dare origine ad esplosioni, i manufatti in Ti vengono (venivano) per lo più ottenuti
mediante tornitura da barre grezze, motivandone l’alto costo.
Leghe di titanio
1- Alfa
2- Beta
3- Alfa+Beta
Queste dipendono dalla capacità del titanio di generare diverse forme del reticolo cristallino a
seconda della temperatura.A temperatura ambiente esso ha struttura esagonale compatta (alfa). Si
presenta come un mat. duttile, resistente e saldabile ma non suscettibile di trattamento termico.
Ad 882°C la struttura cristallina è cubica a facce centrate (beta), esso è fragile ma sottoponibile a
trattamento termico.
In implantologia dentaria si usano specialmente le leghe alfa-beta, esse infatti possono essere
sottoposte a trattamento termico, possiedono ottima resistenza meccanica ed alla corrosione e sono
facilmente lavorabili.
Nel contesto delle leghe il formarsi delle fasi è determinato da alcuni elementi detti induttori, essi
sono:
Fase alfa = Al, Deuterio, Carbonio, Boro, Azoto
Fase beta= Silicio, Cromo, Ferro, Manganese, Nichel.
Una delle leghe più usate in implantologia orale è la lega alfa-beta che contiene il 6% di Alluminio
ed il 4% di Vanadio (Ti Al6 V4).
Questa lega, in presenza di Ossigeno, presenta il fenomeno della passivazione, cioè in 1/1000 di
secondo si ha la formazione di vari ossidi dello spessore di circa 10 nm o 100 A (angstrom), essi
sono il monossido di Ti (Ti O), il biossido di titanio (Ti O2) ed il sesquiossido di Ti (Ti O3), tra
questi il più stabile è il biossido di titanio.
Questo strato previene la corrosione degli strati più profondi.
Oltre al Ti, presentano forme di passivazione anche il Cr, Al, Ni.
Se si crea per un qualsiasi motivo un varco nella pellicole , questa si auto riproduce immediatamente
per ossidazione del metallo sottostante.
Dato che il Ti viene inserito nei tessuti viventi sottoforma di Ti O, esso ha le caratteristiche dei suoi
ossidi, comportandosì cioè da non metallo, esso è infatti un cattivo conduttore di calore ed elettricità
come la ceramica.
La solubilità nei fluidi organici è estremamente bassa, pur tuttavia è stato osservato un accumulo di
Ti sugli organismi (fegato, cervello, reni) di animali in cui era stato innestato un impianto.
Peraltro l’accumulo di Ti nell’ organismo non produce alcun tipo di danno clinicamente ed
istologicamente rilevabile, in quanto questo metallo è annoverato tra i materiali bioinerti.
Dei 70 metalli presenti nel sistema periodico, solo 5 vengono tollerati dalle cellule senza avere
alcuna reazione da corpo estraneo.
Essi sono: Titanio, Zirconio, Tantalio, Platino, Niobio.
Sono atossici anche i loro ossidi ed i loro prodotti di corrosione.
Vengono invece considerati tossici: Cobalto, Nichel, Rame, Vanadio.
I prodotti di corrosione di questi metalli causano danno cellulare.
L’azione antibatterica del Ti è stata dimostrata in vitro, infatti, messo a contatto con vari batteri in
colture diverse, ne ha soppresso la crescita.
Questa azione antibatterica è comune con Al, Cr, Co, Fe, Au, V.