Corea del Sud
I ragazzi sudcoreani frequentano doposcuola
notturni e di giorno sono così stanchi che dormono
in classe. Un sistema troppo competitivo e
stressante. E il governo ha deciso di intervenire
Siancati
dallo studio
Amanda Ripley, Time, Stati Uniti
Foto di Jean Chung
è
un mercoledì sera piovoso, e a
Seoul sei funzionari pubblici
sono ancora in uicio per pre-
parare una pattuglia nottur-
na. La loro missione è sempli-
ce e paradossale al tempo
stesso: trovare bambini che studiano dopo
le dieci di sera. E fermarli. In Corea del Sud
si è arrivati a questo punto. Per ridurre la
dipendenza del paese dagli istituti privati
aperti in orario extrascolastico, gli hagwon,
le autorità hanno imposto un coprifuoco,
arrivando anche a premiare i cittadini che
denunciano i trasgressori.
L’incursione comincia in modo rilassa-
to. Prendiamo il tè e mi ofrono un cracker
di riso. Cha Byoung-chul, un funzionario
di medio livello dell’uicio scolastico del
distretto di Gangnam, a Seoul, è il capo di
questa pattuglia. Gli chiedo di parlarmi
delle sue ultime retate, e lui mi racconta
della notte in cui ha trovato dieci ragazzi e
ragazze sul tetto di una scuola privata in-
torno alle undici. “Non sapevano dove na-
scondersi”, ricorda Cha. Al buio, ha cerca-
to di rassicurare gli studenti. “Gli ho detto:
‘è l’hagwon che non rispetta la legge, non
siete voi. Voi potete andare a casa’”. Cha
fuma una sigaretta nel parcheggio. Come
chiunque cerchi di contrastare secoli di
tradizione, non ha fretta. “Non ci mettia-
mo in moto alle dieci in punto”, spiega.
“Vogliamo dargli una ventina di minuti, in
modo che non abbiano scuse”. Finalmente
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“Un attimo solo!”. Gli ispettori si scambia-
no un’occhiata. “Un attimo solo” non è la
risposta giusta. Cha manda uno dei colle-
ghi a bloccare l’ascensore al piano terra.
Comincia l’irruzione.
Il giro di vite contro gli hagwon rientra
in una più ampia campagna per frenare la
cultura di masochismo scolastico impe-
rante nel paese. A livello nazionale e loca-
le, le autorità stanno modiicando il siste-
ma delle valutazioni scolastiche e delle
ammissioni all’università per ridurre lo
stress degli studenti e premiare di più alcu-
ne qualità come la creatività. “L’omoge-
neità a tutti i costi, un curriculum standar-
dizzato imposto dal governo e un sistema
dell’istruzione basato esclusivamente sul
test di ammissione al college non sono ac-
cettabili”, ha dichiarato il presidente Lee
Myung-bak durante la cerimonia del suo
insediamento, nel 2008.
Ma l’insegnamento privato extrascola-
stico è profondamente radicato in Asia,
dove sono i voti altissimi – e spesso nient’al-
tro – a essere considerati essenziali per il
successo professionale. Gli esami per sele-
zionare i funzionari pubblici esistono da
saliamo su una Kia Sorento argentata e ci sempre, e potevano segnare il trionfo o la
dirigiamo verso Daechidong, uno dei quar- ine di una persona. Le famiglie cinesi in-
tieri di Seoul famoso per gli hagwon. Le gaggiavano docenti privati per preparare i
strade sono afollate di genitori che vanno igli agli esami già nel settimo secolo. La
a prendere i igli. Gli ispettori camminano Corea del Sud ha portato questa competi-
su e giù sui marciapiedi e osservano i piani zione a nuovi estremi. Nel 2010 il 74 per
degli ediici dove si trovano gli hagwon, so- cento degli studenti ha frequentato un do-
pra i vari Dunkin’ Donuts e Kraze Burgers, poscuola privato. A volte la chiamano
cercando lame di luce dietro le tende tira- “istruzione ombra”, e ha un costo medio di
te. 2.600 dollari all’anno per studente. Nella
Intorno alle undici svoltano in una stra- Corea del Sud ci sono più tutor privati che
dina laterale, seguendo una soiata. En- insegnanti, e i più popolari di loro arrivano
trano in un ediicio malandato e salgono le a guadagnare milioni di dollari all’anno
scale. Al secondo piano, la donna che fa grazie ai corsi online e in classe. L’anno
parte della pattuglia bussa alla porta: “Sal- scorso, rispondendo a una domanda sulla
ve!”, esclama ad alta voce. Per tutta rispo- dipendenza di Singapore dall’insegna-
sta, dall’interno si leva una voce sofocata: mento privato, il ministro dell’istruzione
ha trovato almeno un motivo di speranza:
Da sapere “Non siamo messi male come la Corea del
Sud”.
Ore di lezione extra scolastiche sul totale del
tempo dedicato allo studio in alcuni paesi
dell’Ocse, percentuale Modelli di riferimento
0 5 10 15 20 A Seoul eserciti di studenti che non riesco-
Corea del Sud no a entrare nelle principali università pas-
Grecia sano l’anno successivo al liceo negli
Austria hagwon per migliorare il loro punteggio ai
Germania test di ammissione. E devono competere
Svizzera persino per questo. Al prestigioso istituto
5,6% media Ocse
Slovacchia Daesung l’ammissione si basa proprio sul
Turchia punteggio raggiunto ai test. Solo il 14 per
Belgio cento delle richieste viene accolto. Dopo
Messico un anno con 14 ore di studio al giorno, il 70
Islanda per cento dei ragazzi riesce a entrare in una
Italia Fonte: Ocse delle tre università più importanti del pae-

se. Visti da lontano i risultati della Corea
del Sud potrebbero far invidia. I suoi stu-
denti battono sistematicamente i loro col-
leghi di quasi tutto il mondo nella lettura e
nella matematica. Negli Stati Uniti Barack
Obama e il suo segretario all’istruzione
elogiano l’entusiasmo dei genitori sudco-
reani per l’istruzione dei loro i-
gli, e lamentano gli scarsi risulta-
ti degli studenti americani. Sen-
za la sua ossessione per l’istru-
zione la Corea del Sud non
avrebbe potuto diventare la po-
tenza economica che è oggi. Dal 1962 il pil
è cresciuto del 40mila per cento trasfor-
mando il paese nella tredicesima econo-
mia del mondo. Ma i leader del paese te-
mono che il suo sistema rigido e gerarchico
non incoraggi l’innovazione e possa frena-
re la crescita economica, mentre i tassi di
natalità continuerebbero a scendere per-
ché le famiglie sentono il peso di tutte le
lezioni private da pagare. “Voi americani
vedete il lato migliore del sistema corea-
no”, ha commentato il ministro dell’istru-
zione Lee Ju-ho, “ma i coreani sono tutt’al-
tro che soddisfatti”.
I sudcoreani non sono i soli a essere
scontenti. In tutta l’Asia i le persone che si
occupano di istruzione si danno da fare per
Park Jeong-hwan, 8 anni, al doposcuola Cms Apgujeong Academy
rendere le scuole più “americane”, e que-
sto proprio mentre gli statunitensi cercano
di rendere le loro scuole più “asiatiche”. In
Cina le università hanno cominciato a
mettere a punto nuovi test d’ingresso per
individuare gli studenti che hanno altri ta-
lenti oltre a quello d’imparare la lezione. E
le autorità di Taiwan di recente
hanno annunciato che i ragazzi
non dovranno più superare esa-
mi particolarmente stressanti
per entrare al liceo. Se la Corea
del Sud, portabandiera dell’istru-
zione estrema, riuscirà a varare la sua ri-
forma, potrebbe diventare un modello per
altri paesi.
Il problema non è che i ragazzi
sudcoreani non imparano abbastanza o
non s’impegnano. È che non lavorano be-
ne. Quando ho visitato alcune scuole, ho
visto aule in cui un terzo degli studenti dor-
miva mentre l’insegnante continuava a
fare lezione. Nei negozi si vendono cuscini
speciali da appoggiare sul braccio per ren-
dere più confortevoli i pisolini sul banco.
Paradossalmente, i ragazzi dormono in
classe e fanno tardi la notte per studiare.
Per fare un confronto prendiamo la Finlan-
dia, l’unico paese europeo che ha sistema-
ticamente gli stessi ottimi risultati della
Corea del Sud nei test condotti dall’Orga-
nizzazione per la cooperazione e lo svilup-
po economico (Ocse) sui quindicenni di
tutto il mondo. In Finlandia il totale della
spesa pubblica e privata pro capite è infe-
riore a quello sudcoreano, e solo il 13 per
cento degli studenti inlandesi prende le-
zioni di sostegno in orario extrascolastico.
Una riforma radicale
Sono anni che i sudcoreani denunciano i
limiti del loro sistema scolastico, e il gover-
no ha più volte cercato di renderlo più
umano sempliicando i test di ammissione,
issando dei limiti agli istituti privati e arri-
vando addirittura, negli anni ottanta du-
rante la dittatura, a proibire completamen-
te gli hagwon. Ma ogni volta gli hagwon so-
no tornati più forti di prima. Questo perché
gli incentivi sono rimasti immutati. I ra-
gazzi sudcoreani si ammazzano di studio
per una sola ragione: per entrare nelle
grandi università del paese. “L’università
che hai frequentato ti ossessiona per tutta
la vita”, spiega Lee Beom, un ex docente di
un istituto di preparazione agli esami che
ora lavora alla riforma nell’uicio scolasti-
co del comune di Seoul. Questa volta le ri-
forme non puntano solo al sintomo della
disfunzione ma anche alle sue cause. Il go-
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Corea del Sud
verno sta lavorando per migliorare le scuo-
le pubbliche sottoponendo insegnanti e
presidi a valutazioni rigorose – che com-
prendono sondaggi tra gli studenti, i geni-
tori e gli insegnanti – e imponendo corsi di
formazione e aggiornamento ai docenti
che raggiungono risultati deludenti. Allo
stesso tempo il governo spera di ridurre lo
stress degli studenti.
Le punizioni corporali – molto usate nelle
scuole sudcoreane – sono state proibite
(anche se alcuni studenti mi hanno detto
che ogni tanto vengono ancora usate). I
test di ammissione per le scuole superiori
specializzate o particolarmente prestigio-
se, come quelle in lingua straniera, sono
stati aboliti. Gli studenti delle medie ora
vengono valutati sulla base dei voti scola-
stici e di un colloquio. E nelle università del
paese sono stati nominati 500 esaminatori
che dovranno giudicare i candidati all’am-
missione non solo sulla base dei voti e dei
punteggi raggiunti nei test, ma accertan-
done anche altre abilità.
In Corea del Sud nessuno difende lo
status quo. “Non facciamo altro che stu-
diare, tranne quando dormiamo”, mi ha
detto un liceale, e non stava certo esage-
rando. La scuola comincia la mattina alle
otto e inisce tra le dieci di sera e l’una di
notte, a seconda delle ambizioni indivi-
duali. Ovviamente alcuni studenti preferi-
scono star fuori da questo sistema, per
esempio quelli che scelgono alcuni istituti
professionali. Ma la maggioranza dei ra-
gazzi non riesce a superare la pressione
della famiglia e dei coetanei e continua a
studiare inché non crolla dalla fatica. “Mi
spezza il cuore vedere i miei compagni di
classe che invece di aiutarsi pensano solo a
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Lee Yeon-jae, 8 anni
gareggiare tra loro”, mi ha confessato un
altro ragazzo. I genitori sono il vero motore
di questa corsa al successo scolastico, e sa-
ranno i più diicili da convincere: secondo
Han Yoon-hee, che insegna inglese al liceo
Jeong Bal di Ilsan, alla periferia di Seoul,
sono profondamente ansiosi. “Dico ai miei
studenti di lasciar perdere gli hagwon e
concentrarsi sulla scuola”, spiega, “ma i
loro familiari tendono a preoccuparsi mol-
tissimo se la sera non frequentano corsi di
sostegno perché sanno che intanto gli altri
studenti prendono lezioni. Devono essere
in grado di competere”.
A volte è diicile capire chi è in compe-
tizione, se gli studenti o le madri. Nel 1964
un esame di ammissione alla scuola supe-
riore conteneva una domanda sugli ingre-
dienti di un certo dolce. Per errore erano
esatte entrambe le risposte, ma solo una
veniva giudicata corretta. Per protestare
contro questa ingiustizia, le madri – e non
gli studenti – cominciarono a cucinare quel
dolce davanti agli uici pubblici usando
l’ingrediente alternativo. Alla ine otten-
nero le dimissioni del viceministro
dell’istruzione e del sovrintendente scola-
La scuola comincia
la mattina alle otto
e inisce tra le dieci
di sera e l’una
di notte, a seconda
delle ambizioni
individuali
stico di Seoul, e varie decine di studenti
furono riammessi a scuola. Eppure il mini-
stero dell’istruzione può vantare almeno
una vittoria: nel 2010 la spesa per l’istru-
zione privata è scesa del 3,5 per cento, per
la prima volta da quando il governo ha co-
minciato a calcolarla, nel 2007.
È il segnale di un’inversione di rotta?
Malgrado questo lieve calo, i coreani spen-
dono ancora il 2 per cento del pil per i corsi
di sostegno. Andrew Kim, un insegnante
molto apprezzato di Megastudy, il più
grande hagwon della Corea del Sud, dichia-
ra di aver guadagnato quattro milioni di
dollari nel 2010 tra corsi privati e online.
Ammette che non si tratta di un sistema
ideale, ma per il momento le riforme non
sembrano aver avuto un impatto sul suo
reddito. “Più i provvedimenti sono duri”,
commenta, “più gli hagwon sviluppano la
loro capacità di resistere e adattarsi”. In
risposta al coprifuoco imposto dal gover-
no, per esempio, molti hagwon si sono limi-
tati a mettere più materiale online in modo
che gli studenti possano seguire le lezioni
da casa.
Altri hagwon ignorano la legge e restano
aperti dopo il coprifuoco anche a costo di
camufarsi. La notte dell’incursione a Da-
echidong, gli ispettori che sto seguendo
aspettano che la porta si apra. Poi si tolgo-
no le scarpe e procedono a un rapido so-
pralluogo dell’appartamento. In un labi-
rinto di studioli con il soitto basso da cui
pendono lampadine a basso consumo, una
quarantina di adolescenti sta seduta da-
vanti a piccole postazioni individuali.
L’aria è viziata. È una scena inquietante,
sembra una fabbrica per lo sfruttamento
dei cervelli dei bambini.
Tecnicamente non è un hagwon ma una
sala per lo studio individuale – almeno in
teoria. Queste sale possono restare aperte
anche dopo le dieci di sera. Ma gli ispettori
sospettano che si tratti di un hagwon ca-
muffato. Gli studenti stanno lavorando
tutti sullo stesso materiale e ci sono degli
adulti con l’aria di essere insegnanti. Una
di loro respinge ogni accusa. “Stiamo solo
lavorando per conto nostro, non siamo in-
segnanti”, dichiara con tono indignato.
Cha, il capo della squadra, scuote la testa.
“Sono scuse che ho già sentito”, replica.
“Lo sanno tutti che voi qui non rispettate la
legge”. La squadra prosegue l’ispezione in
altre sale, ma non trova niente di sospetto.
A mezzanotte Cha si accende una sigaretta
e chiacchiera con i colleghi all’angolo di
una strada. Poi, dopo essere riuscito a libe-
rare quaranta ragazzi su quattro milioni,
torna a casa. u gc