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IL PASSAGGIO DALLA MAIUSCOLA ALLA

MINUSCOLA: LA CORSIVA NUOVA

Uno dei momenti fondamentali nella storia della scrittura latina è rappresentato dal
passaggio dalla maiuscola alla minuscola. Si definisce minuscola una scrittura che
può essere inserita all’interno di un sistema quadrilineare. Nel mondo latino questo
passaggio risulta ormai attuato nel III secolo d.C. ma molto ci si è interrogati su
come e in quale contesto tale passaggio sia avvenuto.
Il III secondo d.C. si configura come un secolo di crisi dominato dall’incertezza politica
e dalla crisi economica e dunque un’epoca di trasformazione e di passaggio. Il
passaggio alla minuscola è stato messo in relazione con un altro importante
cambiamento nella storia non tanto della scrittura vera e propria, quanto del
supporto da cui è veicolata: il passaggio dal rotolo (in papiro) al codice (in
pergamena).

IL CODICE
Il codice è <<un libro formato da fogli piegati in due (bifogli) e riuniti in uno o più
fascicoli, cuciti mediante un filo lungo la linea di piegatura>>. L’unità del codice è
dunque il fascicolo, che può essere formato da semplici bifogli o da fascicoli formati
da due bifogli (duerno), tre (ternione), quattro (quaternio), cinque (quinione), sei
(senione) e via di seguito. In genere nei manoscritti in pergamena i fascicoli
difficilmente sono formati da più di 6 bifogli, perché altrimenti diverrebbero troppo
spessi, con esiti estetici e funzionali poco efficaci.
La parola <<codice>> deriva dal latino cadeux –dicis che sta ad indicare il tronco
dell’albero, dal momento che le tavolette per scrivere erano appunto di legno.
Questo aspetto contribuisce a fortificare l’opinione di chi ritiene che le tavolette
rappresentino il modello cui ci si ispirò per il libro in forma di codice.

IL PASSAGGIO DAL ROTOLO AL CODICE


Indubbiamente l’affermarsi prepotente del libro in forma in codice, a partire dal IV
secolo, è determinato da principi di funzionalità ed economicità:
 Il codice contiene molto più testo di un rotolo che, come si è visto, poteva
essere scritto solo su un lato, mentre il codice può accogliere testo su
entrambe le facce della pagina (recto e verso)
 Il codice è più maneggevole e rende più facile il reperimento di un passo,
mentre il rotolo doveva essere ogni volta srotolato e ri-arrotolato;
 Il rotolo è molto più costoso anche perché realizzato con un materiale, il
papiro, di difficile reperimento e quindi per sua natura caro, mentre, con il
codice si afferma un nuovo supporto scrittorio, la pergamena.
Molti studiosi, tuttavia, pur riconoscendo gli indubbi vantaggi pratici del codice,
hanno focalizzato la loro attenzione su un aspetto più propriamente socio-culturale:
il grande successo del codice sarebbe infatti legato agli strati medio-bassi della
popolazione, presso i quali si sarebbe diffuso in principio il cristianesimo.
Negli strati medio-bassi, infatti, circolava una letteratura definita <<di consumo>>,
che era diffusa non attraverso l’aristocratica forma di libro, cioè il rotolo, ma
attraverso piccoli librettini, in papiro o pergamena, forse formati da un solo
fascicolo, sul modello delle tavolette cerate. Sembra che anche i Vangeli, che
dapprima si diffusero presso il popolo minuto e i ceti meno abbienti, all’origine
avessero questa stessa <<veste>> e ciò avrebbe contribuito ad affermare il codice
come forma di libro nuova e autorevole.
Questo nuovo libro risultava inoltre più maneggevole e facilmente trasportabile e
per le prime comunità cristiane, impegnate in un attivo proselitismo e i cui membri si
spostavano di frequente, il codice dovette apparire preferibile al rotolo.
Meno probabile invece appare la teoria secondo la quale i cristiani avrebbero
preferito il codice al rotolo, in quanto quest’ultimo rappresentava il principale veicolo
della cultura scritta pagana.
In ogni caso, fascicoletti in papiro o pergamena, contenenti letteratura di consumo o
usati come quaderni per appunti, conti ecc., circolavano già almeno dal I secolo a.C.,
ma, il codice acquisì una forma stabile e <<ufficiale>> solo a partire dal IV secolo d.C.
N.B. il passaggio dal rotolo al codice segna la prima importante perdita dei testi della
classicità: tutti quei testi, infatti, che non erano reputati più di interesse (perché non
più letti) non vengono trasferiti su codice, ma restano solo su rotolo. Pertanto, fatti
salvi i rinvenimenti fortuiti di frammenti papiracei o di opere citate in altre opere
giunte fino a noi, una parte della produzione letteraria dell’antichità va perduta.

LA PERGAMENA
L’affermarsi del codice va di pari passo con l’affermarsi di un nuovo supporto
scrittorio, la pergamena. Come noto, la pergamena ha origine animale e si ottiene
attraverso la lavorazione della pelle animale: pur essendo un supporto anch’esso
costoso, era tuttavia meno costoso del papiro, poiché questo era ottenuto da piante
che crescevano solo in ben precisi e delimitati luoghi, mentre la pelle di animale
poteva essere procurata ovunque.

LA PERGAMENA
Il Medioevo ci ha tramandato molte ricette per fare la pergamena. Tuttavia, il
procedimento base è sempre uguale e differisce dalla concia, grazie alla quale la
pelle può essere poi utilizzata per fare borse o scarpe. La pelle animale ha tre strati:
lo strato interno (ipoderma), intermedio (il derma) e quello esterno, su cui si trovano
i peli (l’epidermide). Per ottenere la pergamena occorre liberare il derma dallo strato
interno, più grasso, e da quello esterno. Dopo aver operato una prima pulizia
generale, la pelle veniva messa a macerare per alcune settimane in calce spenta ed
acqua. Questa operazione serviva a far cadere naturalmente le parti (ipoderma ed
epidermide) non necessarie. La pergamena veniva quindi tesa su cavalletti e ripulita
con rasoio di quanto ancora restava degli strati superiore e inferiore. La tensione era
fondamentale perché le fibre di collagene si disponessero in modo da dare quella
particolare consistenza propria della pergamena.
La pergamena, una volta staccata dal cavalletto, veniva rifilata (per eliminare le
parti della pelle corrispondenti all’attacco delle zampe e della testa, le cosiddette
lisières) e passata con pietra pomice per renderla maggiormente scorrevole. A
seconda della pelle utilizzata (di animale adulto o di animale giovane, di animale
sano o malato) e dell’accuratezza con cui veniva lavorata, la differenza tra lato pelo
(più scuro) e lato carne (più chiaro) poteva essere impercettibile o molto evidente.

IL FASCICOLO: LA LEGGE DI GREGORY


Una volta ottenuto il foglio di pergamena, questo veniva piegato almeno due volte
(ma anche di più), in modo da ottenere 4 carte; un altro foglio, ugualmente piegato
in due, poteva essere inserito all’interno del primo per ottenere un quaternio (il
fascicolo standard durante il Medioevo). La piegatura del foglio di pergamena
determina che a lato carne faccia riscontro un altro lato carne (e dunque a lato pelo
faccia riscontro lato pelo): questa alternanza prende il nome di legge di Gregory (il
primo che notò questo aspetto): Gregory però pensava che questa alternanza fosse
ottenuta dal copista per ragioni estetiche.

IL PASSAGGIO DALLA MAIUSCOLA ALLA MINUSCOLA


L’affermarsi del libro in forma di codice e del nuovo supporto scrittorio (ma l’uso di
scrivere sulla pelle è molto antico e ve ne sono attestazioni già dall’antico Egitto)
sono in qualche modo legati al passaggio <<epocale>> della scrittura latina da
maiuscola a minuscola.

LA MINUSCOLA PRIMITIVA
In primo luogo partiamo dalle forme proprie di quella che è stata definita
<<minuscola primitiva>>, le cui caratteristiche saranno poi quelle che si imporranno
nella scrittura in alfabeto latino ancora in uso:

ATTENZIONE ALLA S
Nell’alfabeto antico la s minuscola ha la seguente forma:

Tale forma, declinata con alcune varianti, resterà in uso fino all’avvento della
stampa e oltre

La s può dare adito, in alcune scritture, a qualche confusione con la r

con la f
L’alfabeto visto sopra è tratto dai più antichi documenti che mostrano queste forme
ormai stabili, come nella famosa Epitome Livii, un frammento di papiro recante il
testo liviano. Non si tratta tuttavia di una tipizzazione, ma solo dell’esito a cui
spontaneamente (seppure con molte variabili personali) le forme grafiche arrivano
ad un certo momento della loro evoluzione.
Sulle ragioni che hanno condotto a questo fondamentale cambiamento nella
scrittura latina sono state formulate molte ipotesi: la scuola francese di Jeans Mallon
e di Robert Marichal ha attribuito al cambio dell’angolo di scrittura, dovuto al
passaggio dal rotolo al codice, la causa del mutamento. Il passaggio si sarebbe
pertanto verificato in ambiente colto, laddove il libro veniva prodotto.

LA TESI FRANCESE
A tal proposito, essi presero a confronto due testimoni considerati emblematici del
cambiamento: da una parte il cosiddetto De bellis Macedonicis, frammento di
un’opera storica nella quale si parla di Filippo e Antioco, databile tra la fine del I
secolo e la prima metà del II secolo d.C., esempio di scrittura ancora capitale, e
dall’altra l’Epitome Livii sopra citata.
Mallon e Marichal avevano notato che, mentre nel De bellis Macedonicis il
chiaroscuro era obliquo (con forte spessore dei tratti obliqui da sinistra a destra),
nell’Epitome Livii il chiaroscuro era divenuto verticale (massimo spessore dei tratti
verticali) e ciò sarebbe stato determinato dalla diversa posizione della mano dello
scriba rispetto al supporto, posizione dettata dal diverso tipi di libro su cui essi
scrivevano.
La teoria francese ebbe molto successo, ma suscitò anche molte critiche e
soprattutto molte obiezioni, prima fra tutte il fatto che, mentre il De bellis
Macedonicis è su pergamena (dunque si può presupporre provenga da un codice),
l’Epitome Livii è su papiro (dunque proviene da un rotolo).

LA TESI ITALIANA
Soprattutto i paleografi italiani misero in discussione il fondamento da cui era partita
la scuola francese: sia Giorgio Cencetti prima, sia Armando Petrucci poi sostennero
l’idea che cambiamenti così radicali nella scrittura non possono partire <<dall’alto>>,
ma si maturano progressivamente all’interno della scrittura dell’uso.
Petrucci in modo particolare studiò i graffiti di natura contabile presenti su piatti e
scodelle ritrovati nella località di Condatomagos nelle Gallie (oggi località francese di
La Graufesenque (nel sud-ovest della Francia) e databili al I secolo d.C.
In essi sarebbero visibili già alcune forme minuscola e sarebbe possibile seguire
l’evoluzione di alcune lettere come, ad esempio, la B.
In realtà alcune ipotesi avanzate da Petrucci riguardo alla semplificazione del
tratteggio di alcune lettere si sono rivelate poco sostenibili. Ciò che invece rimane
valido è il metodo di base: per studiare il passaggio dalla maiuscola alla minuscola
occorre guardare alla scrittura usuale e alle sue molteplici manifestazioni. Vi sono
lunghi periodo di cui più forme convivono una accanto all’altra, a seconda dello
scrivente che le adotta, finché si giunge ad un momento in cui viene operata una
selezione sulla base della loro maggiore funzionalità.

LA CORSIVA NUOVA
La minuscola primitiva ebbe, nel corso del III secolo d.C., una sua declinazione
corsiva. Questa corsiva, denominata come <<minuscola corsiva>> o <<corsiva
nuova>>, nella seconda metà del III secolo d.C. soppiantò nella scrittura
dell’amministrazione e nell’uso la capitale corsiva (o <<corsiva antica>>).
La capitale corsiva sopravvisse solo, in forme estremamente artificiose, nelle litterae
caelestes, usate nella cancelleria imperiale nel IV e nel V secolo.
La corsiva nuova, proprio perché usata come scrittura comune e in ambito
documentario, acquistò alcune caratteristiche sue proprie, fondamentali per capire
l’evoluzione della scrittura nei secoli successivi. In particolare:
 La corsiva nuova è eseguita con una penna a punta sottile (a differenza della
minuscola libraria) ed è dunque priva di contrasto tra pieni e filetti;
 La rapidità con cui viene eseguita (e dunque la necessità di non staccare la
penna dal foglio) implica l’uso di numerosi legamenti: questi ultimi
contribuiscono a modificare l’assetto delle singole lettere, con aggregazione e
separazione di singoli tratti:
 Alterazione del modulo di alcune lettere.

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