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CODICOLOGIA

Riferimenti bibliogra ci:

Modulo A: Breve storia del libro manoscritto (Marilena Maniaci, cartocci 2019)

Modulo B: Le forme del libro, Marco Curci

La codicologia è la scienza che si occupa del libro manoscritto (codice) dal punto di vista
materiale, della struttura: diverge infatti dalla paleogra a e dalla lologia in quanto una si occupa
della scrittura, l’altra del contenuto.

Deriva da caudex (codex), ossia tronco d’albero; materiale sul quale venivano incisi i primi codici
(le tavolette cerate, ossia tavolette di legno che, legate insieme e lavorate in un certo modo, si
aprivano dando la forma di libro).

E’ una disciplina molto recente, al momento prerogativa dell’Italia (prima cattedra istituita nei primi
anni ‘80 del 900 a merito del professor Prato), nonostante il termine abbia origini un po’ più
lontane e straniere: è un termine nato in Germania all’inizio dell’800, termine che non nacque
subito come lo intendiamo noi oggi ma nasce letteralmente come “Scienza dei Manoscritti”
(Hand-Schriften-Kunder) di cui il primo manuale si intitola “Zur HandschriftenKunder” dall’autore
Ebert.

Ebert, negli anni ‘20 dell’800 fu incaricato dai principi di Sassonia di catalogare la sua grande
biblioteca istituita nella città di Wolfenhuittel, città nella quale aveva sede la residenza estiva dei
principi.

Catalogando e studiando i libri contenuti nella biblioteca, Ebert scrisse questo manuale;
considerato il primo manuale di codicologia (termine che i tedeschi non usarono no agli anni ‘80,
quando cedettero al termine Kodikologie; infatti il termine proprio di codicologia nascerà in
Francia negli anni 1930-1940 dal francese Dain, “Les manuscripts”).

Negli anni ‘50 del 900 la codicologia si rende sempre più autonoma, partendo con la nascita della
rivista “Scriptorium”, rivista che nasce a Bruxelles dove è presente la biblioteca reale con
numerosi scritti che vennero catalogati e studiati dal punto di vista strutturale proprio in quegli
anni(studi pubblicati sulla rivista). Nasce così la codicologia come archeologia del manoscritto;
oggi molto più complessa e che oggi si avvale di metodi di ricerca che si a nano sempre di più.

E’ da sottolineare che il codice NON è un manoscritto, poiché per manoscritto può intendersi
qualunque tipo di scritto che non sia stampato (autogra , epigra , atti, documenti ecc..)bensì è
proprio lo studio materiale del libro, della sua struttura.

TABELLA RIASSUNTIVA

Codice: la forma di libro

Manoscritto: tutto ciò che è scritto a mano

Incunabolo (Lat. In cuna; in culla): primo libro formato a stampa)

1) AREE DELLA CODICOLOGIA


Dopo pochi anni, nascono nuovi interessi che svilupperanno a loro volta nuovi loni in ambito
codicologico:

- Codicologia quantitativa: l’avvio a questa branca della codicologia può essere attribuito ad
Ezio Ornato e Carla bozzolo (Libro rosa, “Pur une histoire di livore su moyene age: Troia estasi
de codicologia quantitative”) e consiste nell’utilizzo della statistica.

La peculiarità della ricerca statistica sono i grandi numeri e questo presentò inizialmente un
problema poiché inizialmente era possibile esaminare pochi codici al giorno nelle biblioteche
nche; intorno agli anni 80/90 ci furono persone che incentivarono le ricerche (un esempio è padre
Boyle che fece aprire le biblioteche vaticane ai codicologi per far si di riuscire ad esaminare più
libri e ad avere quindi una “popolazione di codici” sui quali applicare l’indagine statistica; una
situazione simile è successa anche in Francia).

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Per condurre un indagine di tipo quantitativo dobbiamo prendere in esame un tratto di esso (per
esempio lo spessore della pergamena) ed esaminare poi centinaia di codici (medesima area
geogra ca) per vedere i cambiamenti e le migliorie che venivano applicate nel tempo.

-Codicologia applicata alle indagini di laboratorio: questa branca consiste nello studio dal
punto dei codici tramite oggetti di laboratorio che permettono di evidenziare dati speci ci. Questi
studi vengono condotti su dipinti, pigmenti e, più tardi, anche sugli inchiostri.

Un esempio di strumento è L’acceleratore di particelle che viene puntato sul pigmento al ne di


bombardarlo con dei protoni per evidenziare il suo stato elementale. Un problema di queste
indagini in laboratorio è quella del trasporto dei codici; inoltre danno una reazione solo i codici a
base minerale (non quelli a base vegetale).

Una volta condotti alcuni lavori sulle miniature si è pensato di estendere questa indagine anche gli
inchiostri, poiché con il tempo gli elementi costituitivi degli inchiostri sono cambiati e da questi si
possono quindi avere reazioni interessanti.

Altre indagini di laboratorio sono state fatte iniziando a leggere i palinsesti tramite la lampada di
Wood (usata ancora oggi dai dermatologi), una macchina a raggi UV che esalta la scrittura
inferiore), passando poi a tecniche più ra nate (ma meno di use in quanto più costose) come
l’uso dei raggi beta. Inoltre c’è da considerare che non tutti i palinsesti sono leggibili, tutt’ora ve
ne sono alcuni che non sono stati letti.

Oggi, con le apparecchiature so sticate, riusciamo a leggere anche codici bruciati (vedi quelli
bruciati nell’incendio alla biblioteca nazionale di Torino che oggi riusciamo a leggere).

-Codicologia legata al restauro: quando un codice viene restaurato, bisogna che prima si studi
a fondo il tipo di danno, per evitare di danneggiarlo ulteriormente: bisogna quindi fare un’indagine
di tipo eziologica (studio delle cause). Per esempio se un codice di carta presenta dei fori
bisogna vedere cosa li ha prodotti prima di procedere con il restauro (spesso i fori della carta
sono provocato dall’inchiostro che si inacidisce e quindi si procede con un processo di
deacidi cazione).

-Codicologia comparativa: l’ultimo lone è quello della codicologia comparativa (nato negli anni
90) e consiste nel mettere a confronto, quando si indaga, alcuni aspetti della materialità dei codici
tra le diverse aree culturali e geogra che.

Uno dei primi studi comparativi fu condotto dagli studiosi su un aspetto codicologico (che era già
stato osservato prima, ma mai indagato) ossia quello dei fascicoli misti (quattro bifogli, unità del
codice, più uno esterno in pergamena, che aveva funzione di protezione in quanto la pergamena è
più resistente).

Ad avviare questo studio furono Marco Palma e Paul Canar, che avviarono una ricerca di
codicologia comparativa costituendo un equipe di studiosi (di manoscritti latini, greci..) scoprendo
che i codici più antichi che presentano questo fenomeno di fascicolazione mista (XI sec) sono i
manoscritti bizantini => questo fenomeno nasce in ambiente bizantino, seguito poi dall’area
ebraica (XII sec) ed in ne nel mondo occidentale (a partire dalla spagna e poi in Europa, esportati
dagli ebrei). Non sono stati trovati fascicoli misti in arabia e persia, tranne che qualche codice
prodotto in marocco, in Magreb).

2) MATERIE E STRUMENTI SCRITTORI


Le materie adoperate nell’antichità sono numerose e vengono divise in due grandi famiglie:

- Materie dure
1) La pietra (epigra ): gli operai, o più propriamente lapicidi, scolpivano su pietra usando uno
scalpello per incidere. Tuttavia non erano i lapicidi a preparare il testo (per la maggior parte
erano illetterati) bensì l’ordinator, colui che ordinava il testo disegnando il testo con un
pennello, testo che poi verrà inciso dal lapicida.

Due sono le raccolte principali a noi pervenute delle iscrizioni su pietra, ossia il CIL (Corpus
Iscritionem Latinorum) e l’IG (Inscriptiones Graecae).

2) Intonaco: quindi scritture sul muro, cosiddette a sgra o, dove veniva usato uno strumento, lo
stilo, che permetteva la scrittura sul muro (non più incisa ma, appunto, a sgra o). In merito a
questi gra ti è stat redatta un’antologia curata da L. Canali e G. Cavallo (Gra ti latini, rizzoli,
1998).

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3) Piombo: per il piombo venivano usate delle laminelle di piombo, formavano un supporto duro
ma estremamente sottile.

Queste laminelle di piombo erano utilizzate per uno scopo ben preciso: per le tabellae de xionum
(laminelle i maledizioni), infatti legate alla credenza che, una volta interrate, gli dei degli inferi
esaudissero queste maledizioni. Per questo motivo su queste laminelle si riscontra un latino molto
rozzo, tipico della vita quotidiana.

4) Avorio (tavolette burnee): usato nei dittici consolari o politici. Uno dei più famosi è conservato
nel museo della città di Monza (dittico di Boezio)

5) Coccio (o terracotta; tecnica dell’argilla): in grecia si usava molto l’ostrakon (ostraka) nelle
procedure di ostracismo, ossia per allontanare persone non volute dalla città.

La scrittura era sempre a sgra o, ma talvolta poteva essere fatta anche a pennello. Nel caso di
quella a sgra o era possibile realizzarla profonda o super ciale a seconda di quando si incideva
(prima o dopo l’indurimento).

L’uso più di uso, tuttavia, era quello per la scrittura su cocci in ambito scolastico (famoso
l’ostrakon con alcuni versi di Sa o, conservati a Firenze).

6) Legno: era il materiale più usato e lo si poteva impiegare in due modi:

- Tavolette lignee (erano le più usate): la scrittura era eseguita direttamente su legno

- Tavolette cerate: scavavano le tavolette lignee e vi facevano uire la gommalacca fusa che poi
si solidi cava.

Queste tavolette venivano legate a so etto a formare quasi un libro (da qui infatti ha origine il
termina caudex).

Anche qua lo strumento usato era lo stilo, appuntito da una parte e a forma di spatola dall’altra
usati relativamente per incidere e per cancellare in caso di errore.

- Materie morbide

1) Lino: riservato a testi sacrali che venivano copiati su questi libri lintei (la maggior parte
consumati poiché il lino è un materiale molto debole).

Abbiamo un frammento, chiamato “frammento di Zagabria”: un principe, viaggiando, si portò


dietro un sarcofago che, alla sua morte, venne consegnato al museo. Analizzando le fasce della
mummia di questo sarcofago sono state ritrovate sopra delle scritture.

2) Corteccia: uso attestato già dal medioevo in una località russa intorno agli anni 50 (a Novgrad,
tra San Pietroburgo e Mosca) dove era molto usata la corteccia di betulla (usata anche in periodi
antecedenti al medioevo, per esempio era usata da Catullo). Per lo più la corteccia veniva usata in
mancanza di carta.

La maggior parte dei documenti ritrovati sono per lo più lettere scritte da donne e questo ci
suggerisce che in Russia le donne erano letterate.

Abbiamo visto lo stilo come strumento scrittorio, altri strumenti usati erano il pomice per raschiare
(rasura), il righello e il compasso oppure il calamo.

3) IL PAPIRO
Il trattamento della pianta per trasformarla nella materia scrittoria del papiro è stata una
grandissima invenzione, poiché in breve tempo divenne la materia scrittoria più importante.

Infatti gran parte della letteratura greca la abbiamo grazie ai ritrovamenti di papiri (tenendo
presente che senza lirica greca, non ci sarebbe stata lirica latina). Tuttavia questi ritrovamenti non
sono completi, ossia non abbiamo interi rotoli di papiri, ma sono frammentari; possediamo solo
dei frammenti: i frustula.

Il papiro cresce in Egitto in maniera rigogliosa sulle rive del Nilo (con lunghezze che vanno dai 3 ai
6 metri), ma si può trovare anche in altri posti (per esempio a Siracusa, dove la pianta è stata
importata dagli arabi).

La maggior parte dei papiri che oggi sono stati rinvenuti derivano da scavi fatti in Egitto e si sono
mantenuti sotto la sabbia grazie al clima caldo, che ha aiutato a mantenere integri i frustula.
Esistono tuttavia anche altri nuclei di papiri che non vengono dall’Egitto ma da altri luoghi quali il
medio-oriente (papiri di Dura Europos, un avamposto romano lungo l’Eufrate; attuale Iraq, dove
sono stati trovati circa 150 frammenti di rotoli di papiro di argomenti legati all’amministrazione
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militare romana. Anche qui conservati grazie al clima caldo che ha aiutato a mantenerli integri); la
palestina (rotoli di Qumran, rinvenuti nel ‘47 conservati all’interno di anfore sigillate ritrovate in una
grotta scoperta da un pastore che inseguiva una pecora. Inoltre, negli 11 anni successivi, furono
scoperte altre 11 grotte contenenti le anfore e si pensa che questi papiri siano stati messi nelle
grotte da una setta eretica di Esseni).

Un’altro nucleo, il più abbondante tra quelli non egiziani, è stato trovato proprio in Italia, alla Villa
dei Papiri di Ercolano (circa 2000 rotoli di papiri, conservati grazie all’eruzione del 79 a.C. che ha
aiutato a mantenere integri molti ritrovamenti, tra cui appunto, i papiri). Una delle scoperte più
recenti è quella del 1993 in Giordania, a Petra, dove sono stati ritrovati circa 140 pezzi di rotoli di
papiro di epoca bizantina.

L’uso del papiro come materia scrittoria continuò anche nel medioevo: per esempio Ravenna,
durante il suo periodo come capitale, produsse tantissimi papiri di carattere documentario
(abbiamo 67 documenti datati tra il V e il IX secolo, riguardanti l’amministrazione della città di
Ravenna); ricordiamo anche i diplomi dei merovingi (re francesi, 38 documenti ritrovati ma non
tutti su papiro) e 25 papiri dei diplomi ponti ci (che vanno dal 788, lettera di papa Adriano I a
Carlo Magno, no all’XII secolo, protratti avanti nel tempo per una questione di solennità).

Un’altro dato interessante riguardo al papiro come materia scrittoria è che questa materia è legata
anche alla trasformazione di rotolo in forma di codice (avvenuta tra il II e III sec d.C.): il primo
cospicuo nucleo di codici di papiro conservati no a noi, sono codici molto particolari, codici
bilingui greco-copti ( i copti erano comunità cristiani dell’Egitto, la scrittura copta è pressoché
identica ad una scrittura greca chiamata inizialmente Maiuscola Copta, successivamente
Maiuscola Alessandrina; per tale motivo fu facile copiarli. L’unica variazione consiste nella
presenza di 6 suoni in più nella lingua copta).

Si passò quindi dal rotolo di papiro al codice, che però non durò a lungo essendo poco resistente;
si passò quasi subito alla pergamena, che soppiantò il papiro in quanto meno fragile e più
resistente.

- Papiri egiziani
la maggior parte dei ritrovamenti di papiri egiziani, è avvenuta (e tutt’ora avviene) nell’Alto Egitto
verso la ne dell’800, dove la sabbia permette il loro mantenimento.

uno dei più famosi siti dove ancora oggi ci sono scavi è Ossirinco (i primi d e ettuare scavi furono
due inglesi, Enfel e Hunt), un città ricchissima con grandi disponibilità economiche per
confezionare ed acquistare rotoli di papiri.

Dopo Ossirinco iniziarono scavi anche in altre località dell’Antico Egitto (Arsinoe, Ermupoli,
Hawara, dove fu trovato un famoso frammento papiraceo dell’Iliade).

Molti Frustula sono stati ritrovati nelle tombe per l’antica credenza che gli averi del defunto
dovessero stare con lui anche nella vita dopo la morte.

Tuttavia il luogo che ci ha fornito più rotoli di papiro sono i famosi Kimàn, discariche che
sorgevano in periferia, dove venivano gettati libri in disuso (ancora oggi vengono ritrovati dei
frustula). Si tratta per lo più di documenti riportanti informazioni riguardo alla vita quotidiana in
Egitto durane l’età Tolemaica (da Tolomeo I no a Cleopatra) come documenti di vendita, a tto,
compra-vendita di terreni, matrimoni ecc; documenti molto importanti per ricostruire la vita del
tempo (sono stati trovati anche testi letterari di letteratura greca).

Oltre ai Kimàn, un’altra generosa fonte di papiri sono i Cartonnage, frammenti di lino o papiro (o
entrambi) che venivano intonacati e usati per l’interno dei sarcofagi: aprendo questi sarcofagi
sono stati infatti rinvenuti questi rinforzi dove all’interno sono stati trovati molti papiri.

Una scoperta recente di cartonnage si è veri cata intorno agli anni ‘80, quando sono stati
rinvenuti frammenti di un autore di cui non si conosceva quasi nulla e del quale adesso abbiamo
un frammento di testo abbastanza lungo (Posidippo). Inoltre, dei cartonnage sono stati ritrovati
anche su mummie di animali (cimitero dei coccodrilli).

Papiri più recenti si possono trovare presso archivi antichi o monasteri.

- Villa dei Papiri

Chiamata così perché al suo interno sono stati ritrovati oltre 1800 papiri, conservati grazie
all’eruzione del vulcano.

Scavi condotti in maniera precisa e meticolosa sono iniziati tra il 1752-54, ma è importante
sottolineare che già alcuni decenni prima furono rinvenuti alcuni reperti come statue o sculture
(famose sono la grande e la piccola ercolanese, due statue di fattezze femminili conservate oggi a
Dresda).

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A causa di questi ritrovamenti, Carlo di Borbone, grande appassionato di arte, decise di condurre
scavi più approfonditi e meticolosi, portando alla luce questa villa, chiamata villa dei papiri per
l’immensa quantità di papiri trovati al suo interno e, grazie alla quale, si capì l’importanza del
papiro come materia scrittoria (tenendo conto che,al 1850 si conoscevano solo 2 papiri).

Carlo fece erigere una villa, la famosa Villa di Portici, a sud di Napoli, vicino ad Ercolano, per
conservare i papiri ritrovati di giorno in giorno.

Tuttavia i papiri presentavano un problema: erano carbonizzati, quindi bisognava trovare un modo
per srotolarli senza danneggiarli: come prima scelta Carlo decise di rivolgersi al principe San
Severino, un alchimista, ma egli fallì rovinando molti codici. Decise allora di rivolgersi al Paderni,
pittore all’epoca molto quotato che aveva anche il compito di disegnare i ritrovamenti.

Tuttavia anche Paderni, con il metodo della scorsatura, rovinò molti codici: questo metodo
consisteva nel dividere a metà i cilindri carbonizzati e scavare nella fascia interna no a far
emergere alcune parti di scrittura, rovinandone però gran parte.

Carlo decise allora di rivolgersi ad Assemani, prefetto alla biblioteca vaticana, che inviò un
sacerdote piemontese, il Piaggio (ordine degli scolopi, conservatore delle miniature) che lasciò
delle memorie.

Egli riuscì in ne ad inventare una macchina (macchina del Piaggio) con la quale riuscì a srotolare
molti papiri senza rovinarli.

Nonostante la speranza di trovare autori noti quali tacito o Plinio, i testi ritrovati sono legati
all’epicureismo (tra i quali il più famoso, il “De Natura”), in particolare sono stati trovati testi di un
discepolo di Epicuro, ossia Filodemo di Gadara

Manifattura
Quando si parla di manifattura del papiro, si intende quel processo mediante il quale dalla pianta
si ricava la materia scrittoria, la struttura destinata alla scrittura.

Il papiro ritrovato con scrittura più antica risale alla V dinastia (III millennio a.C.), ma per arrivare ad
una accurata manifattura del papiro bisogna partire dal I millennio a.C.

A tal proposito ci è giunta una descrizione precisa (da Plinio il vecchio, La Naturalis Historia) e
accurata di tutte le tappe di questa manifattura (anche se molti passaggi rimangono tutt’oggi
ancora oscuri per la di coltà che si ritrova a tradurre lo stretto linguaggio scienti co usato da
Plinio).

Vediamo il processo:

Partendo dall’esterno del fusto e procedendo verso il midollo, con un coltello, si tagliano delle
striscioline sottili ma, allo stesso tempo, larghe(Philyra, più dure nella zona del fusto e più morbide
man mano che ci si avvicina al midollo*).

Dopodiché su una tavola inumidita con acqua del Nilo, il cui limo funge da collante, si stendono
verticalmente un primo strato di strisce e, sovrapposto a questo, un altro strato ma in direzione
orizzontale (ricordandosi di tagliare le parti in eccesso). Questi due strati, orizzontali e verticali,
prendono il nome di Schidae.

Una volta sovrapposte, le schidae vengono pressate e si fanno seccare i fogli (chiamati Plagule)
unendoli poi uno all’altro in ordine decrescente di qualità della carta, no ad arrivare a quella più
scadente.

Prendendo in esame una plagula riusciamo a distinguere un lato per brale (philyrae orizzontali), e
un lato trans brale (philyrae verticali) dove il lato per brale veniva usato per la scrittura in quanto
le philyrae davano la linea. Eccezionalmente il lato trans brale era usato per la scrittura di
annotazioni posteriori e i papiri con questo tipo di annotazioni prendono il nome di papiri
opistogra (termine greco che vuole dire scritto sul retro).

*in base alla distanza dal fusto, si ha una qualità diversa di papiro che veniva impiegata in diversi:

- Ieratica / (Carta Augusto): primissima qualità, usata per i testi sacri

- Carta Livia
- Carta dell’an teatro: prende il nome dal luogo di fabbricazione; l’appalto fu poi preso da
Sannio, che la modi cò e da carta scadente la fece diventare carta di prima scelta, dandole il
suo nome (quella che non veniva rielaborata, manteneva il nome di carta dell’an teatro).

- Saitica: dal nome della città in cui vi è maggiore abbondanza di papiro, scarsa qualità.

- Teneotica: si vende a peso, non dalla qualità

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- Emporitica: inutilizzabile per scrivere; serve per avvolgere e imballare mercanzie (ecco perché il
nome si rifà ai mercanti)

4) LA PERGAMENA (o membrana)

Il termine Pergamenum, risale per la prima al 301 d.C., nell’Editto de Prezzis (Diocleziano): a quel
tempo, le monete venivano coniate con una quantità sempre minore di oro e argento; causando
così una diminuzione del loro valore in un periodo in cui i prezzi erano in crescita (in azione). Fu
così che Diocleziano emanò questo editto dove per la prima volta si fa riferimento alla parola
pergamenum.

Una leggenda, invece, vede l’origine della Pergamena a Pergamo: infatti, nel II secolo a.C.
Tolomeo VI mise un embargo sul papiro per fare in modo che la biblioteca di Alessandria non
diventasse seconda a nessuno.

In risposta a questo embargo, il regnante di Pergamo decise di ricorrere all’uso della pergamena.

- Ritrovamento prima pergamena greca: tra il III e II secolo a.C.; Dura Europos

- Ritrovamento prima pergamena latin: 100 d.C., frammento appartenente ad un importante libro
storico di guerre contro la macedonia (De bellis macedonicis), oggi conservato alla British
Library

Il passaggio dal papiro alla pergamena fu un passaggio graduale che vide l’a ermarsi in modo
massiccio della pergamena tra il III e IV sec d.C. (tenendo conto che il papiro continuò comunque
ad essere adoperato per esempio in ambito documentario in Egitto).

Inoltre, oltre al passaggio da papiro a pergamena, ci fu un altro passaggio molto importante, ossia
quello da rotolo a codice.

Ci sono due fenomeni legati alla pergamena:

- Palinsesto: la scrittura veniva raschiata per scrivere un altro testo. Questa operazione veniva
e ettuata in mancanza di materiale o per non sprecarne e a seconda di come veniva e ettuata
la cancellatura noi possiamo più o meno facilmente leggere le scritture sottostanti

- Codici Purpurei (molto rari): pergamene tinte di porpora; erano libri di culto. Nel tardo antico
molti di questi codici furono prodotti a Ravenna (al tempo capitale) ma ve ne sono altri anche a
Roma o Napoli.

I codici purpurei sono tra i più preziosi codici confezionati di contenuto liturgico

Manifattura
La pergamena, lavorata dai pergamenai (ancora oggi esistenti) deriva da tre tipi di animali:

- Bovini

- Ovini

- Caprini

L’animale veniva ucciso, scuoiato e la pelle fatta essiccare per poi essere reidrata con un bagno in
acqua.

Dopo questo processo si passava ai calcinai (grandi tinozze contenenti delle soluzioni):

- Primo calcinaio: la pelle veniva immersa in una soluzione di calce spenta e solfuro di sodio in
modo da permettere il collasso della parte pilifera (immersa tra le 10 e le 15 ore, in base alla
concentrazione della soluzione: più era diluita, meno ore ci volevano e viceversa).

- Secondo calcinaio: costituito da una soluzione di calce spenta e acqua (4/5 giorni)

Dopo i calcinai, le pelli venivano stese sullo zampetto (inclinato, per aiutare l’operaio a non
curvare la schiena) per essere trattate con un coltello ricurvo (tagliente per il lato carne e non
tagliente per il lato pelo) eliminando così sia lo strato dell’epidermide che lo strato dell’ipoderma,
facendo rimanere solamente il derma.

Dopo questa operazione bisognava sciacquare il tutto e ssare il derma a dei telai mediante degli
spaghi (la tensione veniva migliorata facendo un nodo scorsoio con gli spaghi intorno a delle
pietre piccoline = imbrecciatura). A questo punto va fatto asciugare il tutto.

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Questo ultimo processo è molto importante poiché se non veniva eseguito con la dovuta cautela
si rischiavano strappi o fori sulla pergamena (questo avveniva, la maggior parte delle volte, perché
si usava la pelle di animali anziani o malati).

E’ molto facile distinguere se i danni delle pergamene a noi giunte siano originari dal trattamento
della pelle o fatti a posteriore; infatti se abbiamo, per esempio, un foro con perdita di testo allora
sono probabilmente danni atti a posteriori; mentre se il testo gira intorno al foro (occhio della
pergamena) allora sono danni dovuti a troppi della pelle durante il trattamento.

Una volta che la pergamena era asciutta (importante era non farla asciugare il sole), si e ettuava
una raschiatura per ottenere il derma de nitivo (operazione di scarnatura), dopodiché si estraeva
la pelle dal telaio e si regolavano i bordi (operazione della ri latura). Si passava, in ne alla
piegatura.

Prima della scrittura veniva applicata della colla (colla animale per i codici latini e vegetale per i
codici orientali) che conferiva compattezza sul piano di scrittura; inoltre durante l’operazione di
collatura venivano inseriti repellenti contro insetti e mu e.

A questo punto il foglio era pronto.

Interessante è risalire all’animale usato partendo dalla pergamena: inizialmente si usava la biopsia,
che, prevedendo il prelievo di una arte di tessuto, era invasiva; si passò infatti alla bioscopia, cioè
si esaminava la disposizione dei follicoli piliferi che varia in base all’animale.
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