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PaLeRmo
2014
IL FRammenTo DI Un VoLGaRIzzamenTo SICILIano
TReCenTeSCo DeLLe «VITe DeI SanTI PaDRI»*

Le désert, c’est cet espace uniforme, de l’an-


gleterre à la Terre Sainte, de l’espagne à la
Livonie où se deploie la parole prédicatrice
(Boureau 1987: 93).

1. Maculature in volgare nel fondo «Ex copertine» dell’Archivio di Stato di Ca-


tania

Il reimpiego di codici manoscritti smembrati è a tutti gli effetti un feno-


meno dinamico nella tradizione manoscritta come processo storico, accanto a
quelli più immediatamente percepiti e utili alla costituzione e allo studio dei
testi (decimazione, conservazione, trasmissione)1. Le forme di rifunzionalizza-
zione nelle legature di supporti scrittorî, specialmente membranacei, sono
quanto mai eterogenee 2: parti di un manoscritto – le cui entità possono varia-
re dal bifolio a lacerti di dimensioni minime – possono essere riutilizzate nella
legatura di unità codicologiche più fragili con la funzione di coperte (di regi-
stri o, in casi eccezionali, di testi a stampa), imbottiture della coperta, coste,

* Desidero ringraziare il personale dell’archivio di Stato di Catania, in particolare la dott.ssa


anna maria Iozzia, per la gentilezza e la disponibilità accordatami durante le ricerche per questo
contributo, e il dott. Salvatore arcidiacono, per aver realizzato riproduzioni fotografiche ad alta de-
finizione che hanno reso possibile la lettura di numerosi punti, altrimenti illeggibili, del testo che qui
si presenta.
1
Sullo studio delle testimonianze frammentarie cfr. il fondamentale Pellegrin (1980).
2
Si veda antonelli (2012a: 281): «La pergamena è un materiale assai resistente caratterizzato
da un elevato grado di elasticità rispetto alla carta (ma anche rispetto alle consuete coperte di cartone
e di cuoio cotto o a quelle fornite di assi di legno). Furono proprio tali intrinseche qualità fisiche ad
avere favorito (una volta dissolto il legame di natura testuale che vincolava i bifolii ai rispettivi fasci-
coli e questi al primigenio progetto editoriale) il disinvolto ricorso allo smantellamento delle singole
unità codicologiche per ricavarne coperte a porre a salvaguardia di meno solidi manufatti cartacei».
48 Laura Ingallinella

alette di rinforzo, braghette, nonché, ovviamente, come fogli di guardia3.


Com’è noto, tali pratiche sono documentate già nei secoli XIV e XV, ma di-
vengono nel sec. XVI e nei primi decenni del successivo – in concomitanza,
cioè, con la diffusione del libro a stampa – un fenomeno comune e diffuso in
tutta l’area europea, con alcune propaggini nei secoli successivi4.
al sostanziale declassamento di una unità codicologica originaria a ma-
teriale di riuso concorre una variegata serie di fattori: di ordine storico-politi-
co (la dispersione di biblioteche signorili o monastiche, che favorisce l’accesso
di cartolai e legatori a partite più o meno consistenti di materiale pregiato5; le
spinte riformistiche e controriformistiche), di ordine linguistico (tra i fruitori
può venir meno la familiarità con la lingua in cui è redatto il testo: fatto più
frequente per i codici in lingua d’oïl, meno, ma comunque plausibile, anche
per i codici latini, data la progressiva affermazione, in alcuni ambienti profes-
sionali, del volgare) e di ordine più ampiamente culturale (cambiamenti di gu-
sto o effettiva perdita d’interesse verso il testo tràdito dal codice), nonché, co-
me già ricordato, di ordine tecnologico (il progressivo affermarsi della stampa
e diffusione di esemplari a stampa delle medesime opere e la conseguente sva-
lutazione dei codici manoscritti)6 ed economico (carenza di materiale alterna-
tivo per la legatura e domanda di materiale membranaceo a basso costo, spe-
cialmente di grande formato).
Come risultato di queste pratiche, nelle biblioteche e negli archivi è pre-
sente un fondale di relitti, rari nantes in gurgite vasto, il cui scandaglio ha di
certo esiti e utilità variabili7. nei casi più fortunati l’esame dei disiecta membra

3
monica Longobardi (1992-1995: 350-351) documenta anche forme di rifunzionalizzazione
più eccentriche (foderi di spada, corde di clavicembali, involucri da droghieri, modelli da sarto…).
4
Così Pellegrin (1980: 74), le cui tesi sono state sostanzialmente confermate dall’avanzamento
delle ricerche. Vi sono anche casi più tardi: ad esempio, come documenta Tondreau (1970: 65), nel
1816 la biblioteca dell’abbazia belga di Saint-Ghislain vende una quarantina di codici in cattivo stato
a un legatore.
5
Il caso più macroscopico di dispersione di una biblioteca signorile in area italiana, com’è no-
to, è rappresentato della biblioteca degli este. Studi approfonditi (rimando a tutti i lavori di monica
Longobardi, in particolare Longobardi 1992-1995 e, per la bibliografia e i risultati più recenti, ad an-
tonelli 2012b e 2013) hanno permesso di individuare due momenti distinti in cui lo smembramento,
effettuato a Ferrara, dei codici in lingua d’oïl rese disponibili partite di fogli membranacei nel mer-
cato emiliano, in particolare presso modena (dove confluì il materiale smembrato tra terzo e quinto
decennio del XVI sec.) e Bologna (più tardi, a cavallo tra XVI e XVII sec.), cfr. antonelli (2012b:
47). La dispersione di una biblioteca monastica è invece ben delineata dal noto caso dell’abbazia di
Fleury (Saint-Benoît-sur-Loire), documentato anch’esso da una ricchissima bibliografia (rimando sol-
tanto a Pellegrin 1980: 93-95): la collezione libraria, dispersa nel XVI sec. da Pierre Daniel e smem-
brata nel XIX sec. dal Libri, «est une véritable “mine” de membra disiecta» (Pellegrin 1980: 93).
6
anche da un punto di vista propriamente filologico: il testo a stampa viene ben presto rite-
nuto più affidabile – indipendentemente dalla sua effettiva autorevolezza – di quello tràdito dai ma-
noscritti, cfr. montecchi / Sorella (2001: 648).
7
Per accorte considerazioni sui frammenti della Commedia estendibili ai testi romanzi con
una ricca tradizione – insieme al monito di non «ripescare dal cestino cose che nel cestino dovreb-
bero rimanere» – cfr. Pomaro (2002: 201): «Rimangono validi […]: – il valore di portata quantitati-
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 49

consente il recupero di testi inediti e altrimenti perduti o, più raramente, te-


stimoni filologicamente significativi o di eccezionale rilevanza cronologica, an-
corché parziali. a questo proposito, è utile notare che non di rado più testi-
monianze frammentarie provenienti da registri di notai diversi e, a volte, da
diversi fondi archivistici sono estratte da una stessa unità codicologica origi-
naria (un fatto comune, se consideriamo che nelle botteghe dei cartolai le car-
te smembrate erano vendute separatamente e che spesso la legatura dei regi-
stri era affidata ai notai conservatori), il che permette, in una fase successiva
al distacco e allo studio dei singoli frammenti, la ricomposizione dei frammen-
ti superstiti del codice originario8.
In tutti i casi, rilevanti dal punto di vista culturale, le testimonianze fram-
mentarie consentono di ricostruire biblioteche disperse, specie se per queste ul-
time si dispone ancora di inventari, oppure, nel caso in cui un dato insieme di
frammenti costituisca comunque un sistema abbastanza compatto9, una rico-
gnizione sui codici posseduti, letti e infine dequalificati a semplice materiale di
riuso in un determinato ambiente. Un insieme compatto di relitti può costituire,
insomma, un canone in negativo – la fotografia di ciò che, in un dato momento
della storia, è stato ritenuto privo d’interesse – a partire dal quale, fatte le do-
vute, significative eccezioni, è dunque possibile ricostruirne uno più antico.
Gli studi effettuati negli archivi italiani ed europei dimostrano chiaramen-
te che nel secolo che intercorre gli inizi del sec. XVI e il secondo quarto del
sec. XVII la selezione del materiale obbedisce a parametri preferenziali costan-
ti10. Fatti salvi casi eccezionali, quale può essere la dispersione di una biblioteca
altamente specializzata, è infatti possibile restringere il campo a un gruppo di
generi che, con opportune distinzioni, è saldamente rappresentato in tutti gli
archivi europei. La stragrande maggioranza del materiale di riuso è tratta da
codici utilizzati per la liturgia (Bibbie, lezionari, graduali, salteri…): il desiderio
di sostituire codici datati con altri più lussuosi, le variazioni rituali, la necessità
di aggiornamento per nuove esigenze cultuali e, più tardi, il generale movimen-
to generato dalle spinte riformistiche sono tutte forze centrifughe che contri-
buiscono alla rifunzionalizzazione di questi codici, a volte molto pregiati11. Il

va e strettamente codicologica; vale a dire, più banalmente, di testimonianza dell’esistenza di un ma-


noscritto perduto ma congetturalmente ricostruibile; – il valore storico, da porre sostanzialmente in
relazione con due elementi: antichità del recupero e percorribilità dell’iter della testimonianza».
18
I casi documentati sono davvero numerosi; Scalon (1987: 4) segnala che un codice della Le-
genda aurea di primo Trecento (Udine, archivio di Stato, fr. 25) era stato smembrato e riutilizzato
da almeno cinque notai cividalesi.
19
Longobardi (1992-1995: 355): «[…] in un quadro di riferimenti dotati di senso».
10
Cfr. Ker (1954: XVI), Pellegrin (1980: 91), Scalon (1987: 6), per citare alcune osservazioni
d’insieme.
11
Com’è noto, dopo la promulgazione dell’Index librorum prohibitorum le sedi ecclesiasti-
che e monastiche italiane dovettero redigere inventari delle proprie biblioteche e inviarli alla Con-
gregazione dell’Indice; rimando in particolare a Borraccini / Rusconi (2006) e alla banca dati del pro-
50 Laura Ingallinella

motivo principale, tuttavia, è di ordine pratico: questi codici erano spesso di


grande formato e si prestavano dunque molto più facilmente a fungere da co-
perte12.
Lo stesso, ma in misura minore, vale per i testi di argomento giuridico o
trattati scientifici: in questo caso la causa principale dello smembramento è la
sostituzione di questi testi con altri più aggiornati o con esemplari a stampa13.
Seguono inoltre testi scolastici e universitari, e, specie in area italiana, codici
romanzi (soprattutto in lingua d’oïl) o più generalmente in volgare. molto più
rara la presenza di autori classici estranei al canone scolastico.
Questo quadro è perfettamente rappresentato nel fondo «Pergamene ex
copertine di volumi notarili» dell’archivio di Stato di Catania (d’ora in poi
aSCt), che raccoglie circa 300 frammenti membranacei riutilizzati come coper-
tine di atti di notai catanesi e di centri minori (adrano, militello, Paternò,
Randazzo…) attivi in un arco cronologico grosso modo compatto che coincide
con quello sopra indicato, tra il 1530 e il 1630. Il distacco di tali coperte, che
ebbe luogo principalmente durante la direzione dello storico matteo Gaudioso
(1931-1941)14, è documentato da un corpus di note, alcune di mano dello stes-
so studioso, a partire dalle quali è stata avviata una campagna d’inventariazione
da considerarsi tutto meno che conclusa, considerato che non tutte le schede
sono complete e che, soprattutto, ai frammenti già staccati e conservati nel fon-
do «ex copertine» si debbono aggiungere tutte le coperte che non sono anco-
ra state staccate da altri registri, bastardelli e minute conservati presso l’aSCt.
Un ridottissimo specimen del fondo è stato illustrato da antonino Corsa-
ro in una breve nota che ha fornito delle descrizioni, ancora valide dal punto
di vista paleografico, di una dozzina di frammenti15.
Pur tenendo presente che i dati di cui disponiamo sono certo non ancora
esaustivi, alcune delle ipotesi avanzate in quella nota possono essere confer-
mate e completate. Si può ritenere con un buon grado di sicurezza, ad esem-
pio, che il reimpiego come coperte di queste pergamene, provenienti da codi-
ci di datazione compresa tra il IX e il XVIII sec., sia opera non dei singoli no-
tai ma di notai conservatori16, come dimostrano i casi di frammenti provenien-

getto RICI (Ricerca sull’Inchiesta della Congregazione dell’Indice), <http://ebusiness.taiprora.it/bib/


index.asp> (ultima consultazione 12 marzo 2015).
12
Pellegrin (1980: 73).
13
Il fenomeno è stato studiato con eccellenti risultati da Ker (1954) per le biblioteche oxo-
niensi durante il corso del XVI secolo.
14
Rizzo Pavone (1994: 272).
15
Corsaro (1948).
16
Sulle figure preposte alla conservazione degli atti notarili in Sicilia nel tardo medioevo si ve-
da almeno Pasciuta (2003: 148s.). Quanto alle attività di legatoria in Sicilia nel sec. XVI, sappiamo
per certo, ad esempio, che nei primi decenni del secolo alcuni librai (come Giovannotto Lixandrano
e Bartolomeo Pilola) reagirono alle difficoltà presentate dal mercato librario siciliano prestando an-
che servizi di rilegatura di atti ufficiali, cfr. Perroni Grande (1933: 16-18).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 51

ti da un’unica unità codicologica originaria utilizzati come coperte di registri


di diversi notai: il più macroscopico, notato già da Corsaro (1948: 97), è rap-
presentato dai bifolii estratti da una Bibbia del XIV sec. (pergg. 1-14) riutiliz-
zati come coperte dei registri di diversi notai (antonino Leone, Giovanni na-
politano, Vincenzo Russo, Vito Stancanelli, Giovanni Francesco Di martino)
che rogano in centri contigui (Paternò, Randazzo) e in momenti diversi (com-
presi tra il 1590 e il 1620).
La netta maggioranza di questi frammenti è in lingua latina, e, come ve-
dremo, corrisponde in linea generale al quadro tipologico che si è sopra deli-
neato. Vi sono tuttavia anche frammenti di codici greci provenienti dall’Italia
meridionale17, nonché un discreto ma interessantissimo corpus di frammenti
in volgare, che potrebbe di certo infoltirsi a seguito di una sistematica catalo-
gazione dei frammenti non ancora staccati.
allo stato attuale, si contano due frammenti toscani, uno in volgare sici-
liano e tre frammenti francesi (di cui uno perduto). Questi ultimi, individuati
da Corsaro (1948: 98) e da lui sommariamente descritti, recano i seguenti testi:
1-2. GUILLaUme De maCHaUT, Le livre du Voir-Dit 18. Due bifogli,
estratti da un medesimo codice in gotica corsiva della seconda metà
del sec. XIV recante Le livre du Voir-Dit di Guillaume de machaut,
utilizzati come copertina di due volumi di atti del notaio antonino
Purpura di adernò (oggi adrano, CT), rispettivamente il vol. nota-
rili I vers. 13845 (ma a c. 1r si trova la segnatura errata 14445) rela-
tivo agli anni 1548-1549 (Machaut A: segnatura aSCt, ex copertine
di volumi di atti notarili, 318) e il vol. notarili I vers. 14295 relativo
agli anni 1549-1550 (Machaut B: quest’ultimo frammento non è sta-
to ancora staccato dal registro)19.
3. Roman de Merlin en prose, anonimo (ma a volte attribuito a Robert
de Boron, autore dell’originaria versione in versi) 20. Per questo fram-
mento, andato perduto, disponiamo delle sole notizie forniteci da
Corsaro (1948: 98): si tratterebbe di un bifoglio estratto da un codi-
ce in littera textualis e riutilizzato come copertina degli atti del
«1551-1566 [sic]» del notaio nicolò Sangiorgio di adernò 21. Dalle
notizie paleografiche a nostra disposizione sembrerebbe dunque che
il frammento provenga da un codice diverso da quello dei frammen-
ti Machaut A e B.

17
Studiati da agati / Crimi (1992).
18
ed. Imbs (1999).
19
Il frammento Machaut B è pubblicato in Rapisarda (1996).
20
entrambe le versioni sono edite criticamente in micha (1979).
21
La data, tuttavia, non è compatibile con il corpus dei registri del Sangiorgio, raccolti per an-
no, e per i quali è dunque impossibile che sia esistito un volume che copra più di cinque anni.
52 Laura Ingallinella

Sono inoltre conservati due frammenti in toscano:


4. DanTe aLIGHIeRI, Paradiso, scoperto e pubblicato da Gaudioso
(1931). Frammenti di due fogli di un codice membr. del sec. XIV
ex. in semigotica, a una sola colonna, con chiose marginali (e rade
chiose interlineari) del sec. XV in. in una corsiva molto minuta. I fo-
gli erano stati riutilizzati come copertina di atti del notaio Giacomo
Collo di Randazzo, riferiti agli anni 1549-1550 22.
5. Volgarizzamento toscano di VaLeRIo maSSImo, Fatti e detti memo-
rabili (aSCt, ex copertine di volumi di atti notarili, 109). Bifoglio
estratto da un codice in umanistica della seconda metà del sec. XV)
e riutilizzato come coperta al vol. notarili I vers., vol. 14464 del no-
taio Cesare Saporito di adernò, relativo agli anni 1592-1593.

Che quadro emerge alla luce di questi reperti? Se il frammento dantesco


fornisce un’ulteriore prova della circolazione della Commedia in Sicilia a par-
tire dalla seconda metà del XIV sec. presso lettori d’ogni ceto sociale – prova
supportata da un buon numero di fonti indirette 23, nonché da altri, rarissimi
ritrovamenti di testimonianze frammentarie 24 – e il frammento di Valerio
massimo prova la continuità dell’interesse in Sicilia per uno tra i testi più for-
tunati del medioevo latino e per i suoi volgarizzamenti 25, le testimonianze in
lingua d’oïl richiedono un diverso tipo di contestualizzazione.
I dati raccolti da Bresc confermerebbero una presenza limitata delle tra-
duzioni antico-francesi di autori classici e, soltanto in rarissimi casi, dei prodot-
ti letterari galloromanzi nelle biblioteche siciliane (in ispecie palermitane) dei
secc. XIV e XV 26. nei pochi casi documentati i soggetti che manifestano inte-
resse per la letterature romanze sono personalità di alto calibro, non di rado
nobili di origine straniera residenti nell’isola. In una lettera del 5 giugno 1397,

22
oltre al primo contributo di Gaudioso (1931), scopritore del frammento, rimando alla più
aggiornata scheda redatta nell’ambito del Censimento dei commenti danteschi (malato / mazzucchi
2011: II, 1472).
23
Qualche spigolatura delle fonti (per un quadro generale rimando a Resta 1967): nell’inven-
tario di beni della corona aragonese trasferiti da Catania a messina nel 1367 per ordine di Federico
III vi è un «librum unum dictum lu Dante quod dicitur de Inferno»; nel testamento veneziano del
messinese Pino Campolo (1380) l’unico codice lasciato in eredità è proprio un «libru […] lo quali
havi nomi Dante, lu Paradissu, lu Purgatoriu et lu Infernu»; il palermitano matteo della Porta pos-
siede un Inferno (per i primi due, cfr. natoli 1893: 392-393; per l’ultimo monfrin 1961: 229).
24
Cfr. Giuffrida (1969) per un altro frammento della seconda metà del sec. XIV trovato a
Trapani.
25
Dello stesso testo abbiamo infatti anche il volgarizzamento siciliano di accursu di Cremona
(= ValmaxXIVU), allestito nella prima metà del sec. XIV, ma letto (e copiato) anche nel secolo suc-
cessivo.
26
I pochi dati desumibili dalle ricerche di Bresc sugli inventari siciliani sono raccolti da Rapi-
sarda (1996: 415-416).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 53

martino il Giovane richiede a matheus de Carrecto la copia di un volgarizza-


mento francese del Pharsalia di Lucano in possesso di quest’ultimo 27; circa
trent’anni dopo, un ignoto signore lascia al conte enrico Rosso un codice con
un volgarizzamento francese delle Deche di Tito Livio 28. nell’inventario della
biblioteca del nobile catalano Giovanni di Cruyllas, redatto nel 1423, figurano
dodici volumi in lingua d’oïl, tra i quali un poema epico (un «Guidafroy di
Buglon»), un canzoniere provenzale («unu canzuneri in lemosini») e romanzi
francesi, un «Lanziloctu» e un «Galeoctu lu brunu» e, per una curiosa coin-
cidenza – in realtà soltanto apparente, perché giustificata dalla popolarità del-
le versioni in prosa dei romanzi arturiani –, un «merlinu», ovvero lo stesso te-
sto tràdito dal frammento catanese oggi perduto 29. e, in una opposta direttri-
ce culturale, sappiamo, grazie a un magistrale studio di Pio Rajna, che non più
tardi del terzo quarto del XIV sec. a ignoti artigiani siciliani vengono commis-
sionate le famose coperte Guicciardini, destinate al mercato toscano, che at-
tingono alla materia tristaniana e dunque a un repertorio letterario, se non di
lingua, quanto meno di gusto francese 30.
Ciò che è spesso difficile dimostrare è se questi codici siano di provenien-
za locale o siano stati importati. nel caso dei frammenti francesi conservati nel
fondo «ex copertine» non ci si può che arrendere all’esiguità dei dati dispo-
nibili: Machaut A e B sembrano suggerire, dal punto di vista paleografico e
linguistico, una sicura provenienza francese. D’altro canto, Bresc (1969: 415)
ipotizza, in effetti, che anche la sezione romanza della biblioteca di Giovanni
di Cruyllas sia stata importata dalla Catalogna, da cui effettivamente egli si tra-
sferì nel 1397 al seguito del padre Berengario. L’ipotesi è dettata da un dato
incontestabile che vale anche per i nostri relitti romanzi, ovvero l’eccezionale
eccentricità del canone letterario rappresentato in rapporto agli altri inventari
siciliani tra i secc. XIV e XV:
[…] à Palerme, dans les familles de l’aristocratie municipale, les ouvrages de droit
et de médecine, les manuels de grammaire et les classiques latins forment la
presque totalité des bibliothèques. nous n’y rencontrons aucun roman de che-
valerie, aucun chansonnier en langue vulgaire ; les rares encyclopédies et les livres
d’édification, plus nombreux, sont presque toujours en latin. Les curiosités de ces
hommes de loi, de ces médecins et de ces secrétaires se modèlent sur leur forma-
tion scolaire et universitaire ; pour eux les livres sont des instruments de travail 31.

27
La lettera (aSP, magna curia dei maestri razionali, Lettere reali I, cc. 72r-v) è stata pubbli-
cata da Beccaria (1894: 7) e, parzialmente, da Bresc (1971: 1432, n. 65).
28
Il testamento (aSP, Spezzone 57 di notaio ignoto del 1431-1432, c. 57r), è citato in Trasselli
(1968: II, 235); nello stesso testamento figura un «Danti in pargameno cum aliquibus glosis» lasciato
al convento palermitano di san Francesco, a conferma di quanto detto in precedenza a proposito del-
la diffusione siciliana della Commedia.
29
Bresc (1969: 418).
30
Cfr. Rajna (1913) e, sull’apparato figurativo dei manufatti, morelli (1921).
31
Bresc (1969: 415).
54 Laura Ingallinella

nel complesso, dunque, la presenza di questi frammenti va interpretata


come la traccia residuale di una circolazione libraria di matrice diversa rispet-
to a quella, più massiccia, rappresentata nelle biblioteche monastiche e pro-
fessionali, e dell’esistenza, dunque, sul finire del sec. XIV, di un ridottissimo
numero biblioteche private (con tutta probabilità appartenenti a membri del-
l’aristocrazia catalana e composte prevalentemente da codici d’importazione)
che, malgrado le esigue dimensioni, documenta la persistenza nell’isola di una
«culture patricienne» e di un interesse per la letteratura cortese e cavalleresca
destinato a esaurirsi a partire dalla seconda metà del Quattrocento32.
ai frammenti volgari finora documentati occorre aggiungerne un altro.
Si tratta del frammento di un altrimenti ignoto volgarizzamento siciliano delle
Vite dei Santi Padri (d’ora in poi SantiPadri), costituito da un bifoglio in littera
textualis del sec. XIV, riutilizzato come coperta delle minute notarili di nicolò
Sangiorgio di adernò relative agli anni 1553-1554 (aSCt, notarili I vers., vol.
100; per una descrizione dettagliata cfr. §3). Il frammento, oggi in pessime con-
dizioni, fu scoperto da michele Catalano, che, in una brevissima notizia apparsa
nel 1911 sull’Archivio storico per la Sicilia orientale, diede l’annuncio del rinve-
nimento di una «leggenda religiosa in dialetto siciliano di scrittura del principio
del trecento [sic]» e di una sua imminente pubblicazione sulla stessa rivista33. a
questo annuncio non seguì poi un’edizione, probabilmente a causa del trasferi-
mento del Catalano a Ferrara, avvenuto pochi anni dopo (1915). Quasi un ven-
tennio più tardi, nel quadro della già documentata campagna di scavi d’archivio
avviata sotto la direzione di mattteo Gaudioso, il frammento fu ritrovato e se-
gnalato a Carmelina naselli34. La studiosa catanese, che aveva già avuto modo
di confrontarsi con la tradizione volgare delle Vitae Patrum nei suoi studi su
Domenico Cavalca pubblicando, oltre a una ricca monografia generale sull’au-
tore, un’antologia di testi commentati delle Vite dei Santi Padri 35, rese per la pri-
ma volta disponibile il volgarizzamento tràdito dal frammento, pubblicandone
una trascrizione, non priva di difficoltà a causa del pessimo stato di conservazio-
ne del supporto scrittorio36. nello stesso studio, la naselli avanzò una serie di in-
teressanti ipotesi sulla datazione del testo alla prima metà del Trecento, sull’in-
dividuazione della fonte (il testo latino, e non la versione toscana di Cavalca)37,

32
Testi romanzi sono del tutto assenti nelle biblioteche siciliane dei primi decenni del Cin-
quecento, cfr. Leone (1995: 194).
33
Cfr. Catalano (1911).
34
Per il ruolo della studiosa nel contesto della ricerca filologica in Sicilia, cfr. Branciforti
(1977: 507).
35
Cfr. naselli (1925) e (1926).
36
Cfr. naselli (1935). Tra le recensioni, cfr. almeno Santangelo (1936), ricca di osservazioni
di natura linguistica e spunti di correzione.
37
nonostante la naselli abbia affermato l’autonomia del volgarizzamento siciliano rispetto a
quello toscano, non mancano repertori recenti che classificano il nostro frammento come testimone
di una redazione siciliana dell’opera cavalchiana (cfr. la scheda BAI s.v. Santi Padri).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 55

e sulla fisionomia del volgarizzatore, «un ecclesiastico […] da ritenersi con


probabilità residente in Calabria, dove furono tenaci le tradizioni di vita ana-
coretica» (naselli 1949: 27), in linea con quanto osservato da Giovan Battista
Palma per la Vita di S. onofrio, il cui unico testimone trecentesco, com’è no-
to, proveniva dal monastero di San Giovanni a Carbonara38.
nel quadro di un generale avanzamento degli studi su numerosi fronti –
dai contributi di linguistica diacronica sul siciliano antico agli studi sulla for-
mazione dei fondi di frammenti membranacei negli archivi italiani ed europei,
dagli studi sulla tradizione dei testi agiografici e devozionali in volgare nella
Sicilia tra i secc. XIV e XVI alle tecniche di riproduzione digitale dei mano-
scritti – e delle ricerche in seno al progetto Artesia, che prevedono la pubbli-
cazione di testi inediti e la revisione dell’edito, si è ritenuto opportuno presen-
tare in questa sede un’edizione critica aggiornata, corredata da un esame lin-
guistico39, di questa importante reliquia della cospicua produzione di volga-
rizzamenti nella Sicilia trecentesca, con l’obiettivo di aggiornare le posizioni
della naselli e precisare, con i nuovi strumenti a disposizione, la fisionomia
culturale dell’autore del nostro volgarizzamento.

2. Analisi a campione del contesto archivistico

Prima di procedere alla descrizione e all’edizione del frammento è op-


portuno completare il quadro sopra esposto, descrivendo quanto meno uno
specimen del contesto archivistico in cui si colloca la nostra testimonianza.
Dalle informazioni fornite finora, relative ai soli frammenti di testi volgari, non
può che emergere, di fatto, un’immagine parziale del fondo «ex copertine».
Considerato che ambire a una descrizione complessiva di quest’ultimo e dell’in-
tero fondo di frammenti posseduti dall’archivio esula dagli scopi di questo la-
voro, si è preferito selezionare un campione significativo rappresentato dalle co-
pertine estratte dai volumi di registri e minute del notaio nicolò Sangiorgio di
adernò, sulla base di un criterio strettamente funzionale, visto che il frammento
di SantiPadri è estratto, come si è appena detto, da un suo volume di minute.
Va tenuto sempre a mente che questo sottoinsieme non è da considerarsi
in nessun modo autonomo rispetto all’insieme complessivo dei frammenti: in
termini pratici, altri frammenti estratti dagli stessi codici qui individuati potreb-
bero trovarsi nel fondo «ex copertine», estratti dai volumi di altri notai, o an-

38
Cfr. Palma (1909); Pagano (1998); per alcune informazioni aggiornate sul ms. napoli, Bi-
blioteca nazionale “Vittorio emanuele”, V 22 C mi permetto di rinviare a Ingallinella (2013).
39
aveva già auspicato un’approfondita analisi del frammento Palma (1936: 406): «[…] un più
largo spoglio linguistico del documento avrebbe, senza dubbio, non poco giovato a una migliore co-
noscenza del dialetto del testo che viene ad aumentare il patrimonio dei documenti della più antica
letteratura siciliana».
56 Laura Ingallinella

cora uniti a registri e minute degli stessi; da un punto di vista metodologico, i


rapporti percentuali dei tipi di testo rappresentati in questo campione in rela-
zione all’intero insieme dei frammenti sono soggetti a un margine d’errore non
quantificabile in modo esatto finché non sarà esperita una inventariazione com-
pleta di tutti i frammenti conservati (ma sicuramente inferiore a quello stimato).
I risultanti, comunque, possono essere estesi con un certo grado di ap-
prossimazione alla situazione dell’archivio nel suo insieme. essi sono sostan-
zialmente coerenti con quelli finora esposti in relazione ai fondi di frammenti
conservati presso gli archivi italiani (ed europei), e, soprattutto, con i dati rac-
colti da Henri Bresc circa la composizione delle biblioteche siciliane nel tardo
medioevo40: una conferma, quest’ultima, tanto più significativa, perché con-
sente di colmare le «zones d’ombre» rappresentate dai centri della Sicilia
orientale, per i quali Bresc lamentava l’assenza di inventari 41.
Su un totale di 25 frammenti conservati non stupisce l’assoluta prevalen-
za dei testi di argomento religioso. Il gruppo maggioritario è rappresentato da
codici destinati alle funzioni liturgiche (16 frammenti), in cui è possibile rico-
noscere due gruppi di frammenti estratti, rispettivamente, da un messale pro-
babilmente ascrivibile alla fine del XIII sec. (pergg. nn. 31-39) e da un salterio
del secolo successivo (pergg. nn. 181-183)42.
Tab. 1 Copertine di Nicolò Sangiorgio: testi religiosi
n. Testo mm. sec. Scrittura Vol. di provenienza anno
25 Bibbia, mt. 21,40-22,7 330×280 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 95 1548-1549
79 Bibbia, Ps. 91,8-96,3 310×250 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 95 1548-1549
24 Bibbia, mt. 15,14-15,29 330×490 XIII littera textualis notarili I vers., vol. 96 1548-1549
e 18,7-18,15
31 messale a 330×220 XIII minuscola notarili I vers., vol. 97 1549-1550
32 messale B 340×230 XIII minuscola notarili I vers., vol. 98 1551-1552
33 messale C 330×220 XIII minuscola notarili I vers., vol. 99 1552-1553
34 messale D 333×468 XIII minuscola notarili I vers., vol. 100 1553-1554
35 messale e 340×468 XIII minuscola notarili I vers., vol. 101 1554-1555
36 messale F 327×450 XIII minuscola notarili I vers., vol. 102 1555-1556
37 messale G 320×455 XIII minuscola notarili I vers., vol. 103 1556-1557
38 messale H 345×470 XIII minuscola notarili I vers., vol. 105 1558-1559
39 messale I 345×240 XIII minuscola notarili I vers., vol. 106 1559-1560
11 Bibbia, Job 21,27-23,15 I 330×300 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 108? 1557-1563
II 190×240

40
L’imprescindibile rimando è a Bresc (1971) e (1973).
41
Bresc (1971 : 15-16): «[…] il demeure des zones d’ombre, la Sicile orientale, Catane, noto,
Syracuse, sur lesquelles nous n’avons trouvé presque aucun document. nous nous garderons donc
de généraliser à l’ensemble de la Sicile des conclusions qui sont valables avant tout pour Palerme».
42
alcune di queste informazioni sono già presenti nell’inventario del fondo «ex copertine»,
ma la verifica e l’identificazione della maggior parte dei testi è stata effettuata da chi scrive. Le infor-
mazioni dubbie e non verificabili desunte dall’inventario sono segnalate da un punto interrogativo.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 57

181 Salterio a 312×220 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 109 1562-1563
182 Salterio B 300×265 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 109 1562-1564
183 Salterio C 200×160 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 109 1562-1565

a questi frammenti va ovviamente sommato un discreto numero di fram-


menti di codici recanti testi patristici, tra i quali due (pergg. nn. 97-98) sono
estratti da un medesimo codice delle Collazioni di Cassiano della fine del sec.
XIII. In questo gruppo si colloca anche il nostro frammento:
Tab. 2 Copertine di Nicolò Sangiorgio: testi patristici
n. Testo mm. sec. Scrittura Vol. di provenienza anno
97 Cassianus, Conlationes a 350×260 XIII ex. littera textualis notarili I vers., vol. 104 1557-1558
(1, 6, VI-IX)
98 Cassianus, Conlationes B 355×260 XIII ex. littera textualis notarili I vers., vol. 101? 1555-1556
(1, 7, VII-XII)
81 Iheronimus, Epistulae, 67 330×244 XIII minuscola notarili I vers., vol. 108 1561-1562
321 SantiPadri 340×470 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 100 1553-1554

anche il corpus di frammenti non religiosi dà analoghe conferme in pro-


spettiva culturale. Il gruppo che solitamente segue in ordine di frequenza i
frammenti di testi religiosi, quello dei frammenti di testi giuridici, è rappre-
sentato da due soli frammenti (pergg. nn. 116-117) redatti in gotica corsiva
(ma accompagnati da glosse corsive di altra mano, probabilmente più tarde)
estratti da un unico codice recante l’Apparatus in Decretales di Innocenzo IV,
dato che conferma quelli raccolti da Bresc per gli inventari librari palermitani,
in cui il diritto canonico e le lecturae dei Decretali di Gregorio IX (in partico-
lare l’opera di Innocenzo IV) sono largamente presenti43:
Tab. 3 Copertine di Nicolò Sangiorgio: testi di diritto
n. Testo mm. sec. Scrittura Vol. di provenienza anni
117 Innocentius IV, Apparatus in 335×485 XIV gotica corsiva notarili I vers., vol. 15171 1556-1557
quinque libros decretalium a
116 Innocentius IV, Apparatus in 325×245 XIV gotica corsiva notarili I vers., vol. 112 1565-1566
quinque libros decretalium B

nei frammenti di codici di trattatistica medico-scientifica troviamo le


piene tracce di quel «second volet du triptyque de la culture universitaire qui
a pénétré la vie intellectuelle sicilienne»44. La miscellanea medica conservata
nella pergamena n. 106, infatti, contiene i trattati del mesue, il Liber de conso-
latione medicinarum simplicium solutarum e l’Antidotarium (di quest’ultimo si
dispone di un incipit con iniziale miniata, purtroppo in cattivissime condizio-

43
Bresc (1971: 24).
44
Ibidem, p. 34.
58 Laura Ingallinella

ni), le cui opere, insieme alla traduzione latina del Canon di avicenna, sono
pienamente rappresentative della cultura professionale medievale e, in parti-
colare, presente nelle biblioteche siciliane.
Tab. 4 Copertine di Nicolò Sangiorgio: testi di medicina
n. Testo mm. sec. Scrittura Vol. di provenienza anni
106 miscellanea medica 388×568 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 113 1566-1567
107 avicenna, Canon medicine 350×575 XIV gotica corsiva notarili I vers., vol. 114 1567-1568

In ultimo, il campione termina con il frammento romanzo perduto di cui


abbiamo già avuto occasione di parlare:
Tab. 5 Copertine di Nicolò Sangiorgio: testi romanzi
n. Testo mm. sec. Scrittura Vol. di provenienza anni
? Merlin en prose ? XIV littera textualis notarili I vers., vol. ? ?1551-?1566

Per riassumere, riducendo i frammenti estratti da un unico codice a una


singola unità è possibile desumere da questa campionatura i seguenti dati per-
centuali: il genere più rappresentato è sicuramente composto dai codici di ar-
gomento religioso, che da soli occupano il 70% del campione (codici liturgi-
ci 46%, testi patristici 24%); seguono i testi di medicina (16%) e di diritto
(7,5%), e una porzione di natura variabile (7,5%), che in questo caso è rap-
presentata dal frammento del Merlin en prose, ma che, con un buon grado di
probabilità, in altri gruppi di volumi sarà rappresentata da testi scolastici o let-
terari.
nessuno di questi frammenti, purtroppo, reca tracce della loro prove-
nienza o di eventuali possessori dei codici da cui essi sono stati staccati; né è
possibile stabilire se i codici di medicina o diritto provengano da biblioteche
private o dalle stesse biblioteche monastiche da cui certamente provengono i
codici religiosi, che, com’è noto, possedevano testi di diritto e medicina per la
formazione dei chierici. Certo è, comunque, che la presenza di codici di frui-
zione sicuramente laica, quali quello del Merlin en prose, dimostrano chiara-
mente la permanenza di tracce della circolazione di codici membranacei fuori
dal circuito monastico.

3. Il frammento aSCt, Pergamene ex copertine di volumi notarili, 321

Il nostro frammento, contrassegnato dalla segnatura aSCt, Fondo «Per-


gamene ex copertine di volumi notarili», 321 (ex 317)45, è un bifoglio mem-
branaceo, 340×235 = 18 [264] 58 × 27 [72 (16) 72] 48. nell’unità codicolo-

45
Bibliografia sul frammento: naselli (1935: 93-115) e (1949: 26-28); Bruni (1980: 232-233);
Casapullo (1995: 24).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 59

gica originaria il bifoglio era il più interno del fascicolo al quale apparteneva,
come dimostra l’assenza di interruzioni nel testo tra il verso della prima carta
e il recto della successiva.
La scrittura è in due colonne, ciascuna delle quali è composta da 48 ri-
ghe. Lo specchio di scrittura è tracciato con rigatura a secco ed è sostanzial-
mente rispettato, eccetto pochi casi in cui lettere o sillabe a fine parola fuorie-
scono parzialmente dalle linee di rigatura.
Il testo è redatto da un’unica mano in una littera textualis della seconda
metà del sec. XIV di modulo pari a mm. 3 (con aste mm. 5), dal tracciato
uniforme e dall’allineamento rigido, che utilizza un sistema interpuntivo rap-
presentato dal solo punto fermo, che segnala pause sintattiche. La scrittura è
in inchiostro nero, con rubriche in rosso della medesima mano. Lo stesso in-
chiostro rosso è utilizzato per la revisione del testo, come dimostrano alcune
correzioni, es. la sillaba mo depennata con un tratto orizzontale a c. 1vb, r. 37.
Vi sono quattro lettere iniziali maiuscole (due in rosso, due in azzurro)
che occupano uno spazio pari a 2 unità di rigatura, ma che spesso si estendono
sino a parte dell’unità superiore o inferiore. Ciascuna di queste iniziali presenta
una filigrana che ascende e discende il margine della colonna per almeno dieci
unità di rigatura46; in alcuni casi, come nell’iniziale azzurra a c. 1ra, purtroppo
illeggibile a causa dell’annerimento della pergamena, la filigrana discende per
24 unità di rigatura. Le iniziali presentano colori alterni: le iniziali in rosso
hanno una filigrana in azzurro, le iniziali in blu filigrana in rosso. Sono inoltre
presenti segni di paragrafo alternativamente in inchiostro rosso e azzurro.
a c. 1ra, su uno spazio vuoto risultante dall’abrasione di quattro righe di
scrittura, una mano, probabilmente tardo-cinquecentesca, ha trascritto il rife-
rimento cronologico «12ª Ind.ne 1553». La stessa mano ha scritto sul margine
destro il nome del notaio, «not.r nicolò Sangiorgio», e ha vergato note e pro-
ve di penna nei margini sinistro della c. 1v e destro della c. 2r. Sul margine in-
feriore è riportata in lapis rosso la segnatura «1/1/14» del volume per il quale
il frammento fungeva da coperta; sui margini inferiore e destro è ripetuta in
lapis azzurro la data di compilazione del registro (1553). Sul margine superio-
re di ciascun foglio (destro per il recto, sinistro per il verso) si può leggere una
numerazione moderna in lapis in numeri arabi (7-10), che segnala la posizione
del bifolio all’interno della cartella in cui è conservato. essa ha il titolo «Fram-
menti di codici di filologia romanza (Secc. XIV-XV)» ed è a sua volta divisa
in due fascicoli, numerati 317 (il frammento delle Vite dei ss. Padri) e 318 (il

46
a questo proposito, noto che le iniziali filigranate di un altro frammento pergamenaceo uti-
lizzato come coperta dal Sangiorgio, un bifolio da una Bibbia in littera textualis (aSCt, «ex coperti-
ne», 11), presentino caratteristiche e scelte decorative decisamente simili a quelle del nostro fram-
mento, così come le Consuetudini promulgate da Bianca di navarra, che, com’è noto, sono redatte a
Paternò nel 1405, ed. La mantia (1900: 305-308).
60 Laura Ingallinella

frammento Machaut A, cfr. §1: la numerazione moderna delle carte di questo


frammento è 1-4); ciascun fascicolo reca una nota di mano di matteo Gaudio-
so, in questo caso indicante «Vite dei ss. Padri».
Il frammento contiene, come si è anticipato, sei apoftegmi tratti da un
volgarizzamento siciliano delle Vite dei santi Padri.
In particolare, i nn. 1-5 sono tratti dall’anonima raccolta nota soltanto in
anni recenti come Commonitiones sanctorum patrum (d’ora in poi Cm) e soli-
tamente inclusa nella collezione di Verba seniorum dello pseudo-Rufino (per
i rapporti con la tradizione latina nel suo complesso cfr. più avanti, §4). Il pri-
mo apoftegma è fortemente lacunoso: la c. 1ra ci conserva soltanto il penulti-
mo periodo, dal momento che le quattro righe con la conclusione dell’apof-
tegma sono state oggetto di rasura e una mano tarda vi ha apposto delle scrit-
ture seconde che rendono il testo originario non identificabile. Dalle poche
informazioni desumibili (un monaco si libera definitivamente dalla tentazione
carnale e rimane al servizio di un personaggio non identificabile per l’interru-
zione del rigo, dopo il quale segue la rasura), sembrerebbe di poter comunque
ipotizzare che si tratti dell’apoftegma Cm II 5, che precede il gruppo di sicura
identificazione (Cm II 6-9). L’ultimo apoftegma, mutilo, è invece tratto dal li-
bro De fornicatione di Pelagio (Pg V 4) 47.
Questo l’indice analitico del contenuto del frammento con l’individua-
zione delle rispettive fonti; per comodità, si fornisce un rimando anche al te-
sto dell’edizione Rosweyde, che è quello pubblicato nella Patrologia Latina
(nel caso dell’ultimo apoftegma le due fonti coincidono, dal momento che
non si dispone di un’edizione moderna degli apoftegmi di Pelagio, cfr. § 4):

Apoftegma Fonte PL
1. c. 1ra: un monaco, tentato dal ricordo di una don- Cm II 5 Rf 11
na, alla morte di lei contempla un frammento delle
sue spoglie fino a liberarsi dalla tentazione (?)
2. cc. 1ra-1rb: un monaco fa penitenza col fratello ca- Cm II 6 Rf 12
duto in peccato
3. cc. 1rb-1vb: un giovane chiede a un santo padre di Cm II 7 Rf 13
pregare per lui; grazie a una visione, l’anziano ap-
prende che le sue preghiere non hanno effetto per-
ché il giovane si diletta in pensieri peccaminosi
4. cc. 1vb-2rb (attr. a Girolamo): una donna fa cadere Cm II 8 Rf 14
in peccato il monaco dal quale era andata in visita;
nello stesso giorno la brocca d’acqua di un monaco
vicino comincia a versarsi ogni qualvolta egli si ap-
presta a mangiare

47
esso è riportato anche in un passo di Cassiano, Conlationes II 13.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 61

Apoftegma Fonte PL
5. cc. 2rb-2va: un monaco esperto nell’arte fittile si Cm II 9 Rf 15
plasma due figure di donna, moglie e figlia, e supe-
ra la tentazione lavorando di più per mantenerle
6. c. 2va-2vb (attr. a Girolamo): l’abate apollo confor- Pg V 4 Pg V 4
ta un giovane cacciato dall’anziano padre a cui ave-
va confessato le proprie tentazioni, e fa sì che l’an-
ziano capisca cosa vuol dire combattere la tentazio-
ne carnale

Come non di rado accade nei codici latini recanti raccolte di apoftegmi,
non tutti i testi narrativi sono accompagnati da una rubrica: sono rubricati sol-
tanto i nn. 4-6. Gli apff. 4 e 6, inoltre, recano un’attribuzione erronea a Giro-
lamo (ma vd. più avanti, § 4).
I criteri di trascrizione non possono che essere conservativi. Le abbrevia-
zioni sono sciolte (dove possibile) sulla base delle forme piene, e il materiale
ricostruito è reso con caratteri corsivi.
abbreviazioni di lettere:
lineetta ondulata soprascritta r
titulus n / m 48
vocale soprascritta a q qua, que…
vocale soprascritta a p pri
vocale soprascritta a t tri, tru…
vocale soprascritta a g gna 49
p con asta tagliata per / pir 50
p con svolazzo a sinistra pro
p con titulus soprascritto pre / pri 51
t con vocale soprascritta tri
d’ (con ricciolo soprascritto) de 52
t’ (con ricciolo soprascritto) ter
v’ (con ricciolo soprascritto) ver
s tagliata ser

abbreviazioni di parole:
n con titulus soprascritto non
aia con titulus soprascritto anima
gra con titulus soprascritto gracia

48
Sulla base delle forme piene si è sciolto m dinanzi a <p> (es. sempri c. 1ra.46), n dinanzi a
<b> (insenbli c. 1vb.38), n dinanzi a <m> (inmunda c. 1vb.17).
49
Cfr. vergogna a c. 2va, 45.
50
Le scelte sono motivate dalle forme piene in sede tonica (per, es. per 1rb.46) e in sede atona
(pir, es. opira c. 1ra.13, dispiratu c. 2va.39).
51
Cfr. n. precedente: in sede tonica (pre) e in sede atona (pri).
52
Sciolto di nell’unico caso dimoniu / dimonii (sulla base delle numerose forme piene, es. c.
1va.13).
62 Laura Ingallinella

ht con titulus soprascritto habet


hi con titulus soprascritto homini
fri con titulus soprascritto frati
mia con titulus soprascritto misericordia
-mti con titulus soprascritto -menti
-mtu con titulus soprascritto -mentu
nru, nra, nri con titulus soprascritto nostru, -a, -i
oi con titulus soprascritto omni
oroni con titulus soprascritto oracioni
qli con titulus soprascritto quali
qdu con titulus soprascritto quandu
qtu con titulus soprascritto quantu
scu, sci con titulus soprascritto sanctu, -i
spu con titulus soprascritto spiritu
ml’tu multu

Logogrammi:
ihu Iesu
xpu con titulus soprascritto Cristu
nota tironiana et
nota simile a 9 con

Le parti di testo illeggibili, sostituite da puntini, sono chiuse tra parentesi


quadre: nel caso in cui il numero di lettere mancanti sia quantificabile con un
discreto margine di precisione, esso è indicato all’interno delle parentesi. I
grafemi espunti dal revisore sono racchiusi tra parentesi uncinate. La grafia e
la segmentazione delle parole del codice sono costantemente rispettate; sono
riprodotti anche i segni interpuntivi utilizzati nel manoscritto, nonché i segni
di paragrafo, rappresentati con il carattere <§>.

11 /1ra/ […………ti………………………] /1rb/ daru et turnaru ala [….ita.1.a]


12 [……i……]indi dilla […………] soi et andaru alisancti patri et gi[..6..] a
13 killu abominabili si si cru[…………] terra alipedi loru cun grandi suspi
14 affligiasi omni iornu per fina ki di m ri et lacrimi et gemitu et cunfissaru co
15 enti li passau omni temptacioni car mu appiru lu piccatu grandi et caderu
16 nali et rumasi quietu in lu seruiciu di in lu piccatu dila fornicacioni. § et
17 […………………………………. zo ki li sancti patri li cumandaru ki diuis
18 …………………………………. siru fari di pinitencia omni cosa si of
19 ………………………………… fersiru di fari et fichirula. et killu
10 ………………………………]cu frati ki non auia factu lu piccatu cuss
11 [..1..]ss[……] dui frati carnali monachi si fachia la pinitencia comu illu ais
12 […] et andaru a la chitati ui[…………] si piccatu et kistu era per la grandi ca
13 proff[..2..]iri tucta lopira ki auianu ritati ki illu auia. § Videndu lu no
14 factu tuctu lannu. et andandu insenbli stru signuri la caritati di killu frati
15 et allibergandu in una casa, [….….]iu et la fatiga sua. infra pocu tempu
16 ki unu frati si ischiu unu iornu per [..2..]cat si munstrau alisancti patri la causa comu
17 tarisi alcuni cosi necessarij e lautru killu frati per la grandi caritati ki illu
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 63

18 rumasi sulu in lu ospiciu oi in lu fun [..3..]a per beni ki no auissi piccatu


19 dacu. et opirandu lu dimoniu kistu ill[..3..] affligia per la saluti diluso
20 frati si comisi fornicacioni cu una u frati a zo ki killu auissi pirdunanza
21 meretrichi. § Turnandu sou frati a lu quali auia piccatu. § et kistu
22 lu fundacu etillu dixi a killu frati. fu factu stanti ki e scriptu in lu euan
23 eccu ki auimu uindutu zo ki pur gelus. maiorem caritatem nemo habet
24 tammu turnamunindi ala chella. ut animas suas ponat quis pro amicis suis.
25 nostra. § Rispusi killu frati et dixi. non po auiri omu maiuri carita
26 eu non pozu turnari. et killu altru ti di kista di dari lomu la uita su
27 prigandulu et dichenduli frati andamu a per la saluti di lu amicu et dilusou
28 et non dubitari et perki fai kista no frati etproximu. et cussi luliberau
29 uitati di diri non uoglu uiniri. et et saluau killu frati ki auia picca
30 killu li cunfissau la uirtati et dixi. tu per lacaritati dikillu ki non piccau.
31 eu si su cadutu in fornicacioni et in per Di kistu uiciu di la carni anco
32 zo non uoglu uiniri. § et killu. ra sindi fu temptatu unu al
33 frati uulendu guadagnari e saluari tru frati. et essendu uexatu gra
34 lanima dikillu sou frati. prisi et iura uusamenti et illu sindi andau ad
35 u et fichi sacramentu et dixi cussi. et unu antiqu multu approbatu et
36 eu [..3..] mi partiui da ti per andari ad silu prigau et dixili cussi. § Patri
37 accatari alkuni cosi necessarii ca sanctissimu eu ti pregu agi cura et prega
38 divi in fornicacioni et fichi lu simili. adeupermi ca la passioni dilafurni
39 ma ueramenti andamu a la chella cacioni multu grauusamenti mitim
40 nostra e fazamu pinitencia di kistu pic pesta et affligimi § sintendu zo lupa
41 catu. Ca omni cosa sie a deu possibili di tri et illu atentamenti si oraua etpri
42 darini pirdunanza di pentirini di gaua adeu per killu frati nocti et iornu.
43 kistu piccatu azo ki non siamu aflic Da capu riturnau killu frati et priga
44 ti et tormintati in lu focu eternu di lu ualu ki plui sullicitamenti illu pri
45 infernu dundi non si po fari nulla pi gassi adeu per si. § et killu cun gran
46 nitencia ma chi su sempri tormenti di sollicitudini prigaua adeu per
47 ardenti di focu ki mai non cessanu. killu frati et uidendu killu patri
48 § et tantu lu priau et pridicau ki an ki lu monacu uinia cussi frequenti

11 /1va/ menti ad si e ki la oracioni sua non era exau /1vb/ sa[……….] cristu per kisti ki diman
12 duta multu si merauigliaua et atristaua dan[…4…]iri aiutati per loru oracioni
13 sindi. § et una nocti et deu li reuilau […4…] et ki non farrannu tantu per opiri
14 alupatri comu killu monachu sinchie quantu per intencioni di la menti killi cosi
15 ra in causa et per colpa sua di killu ca era pi ki plachinu a deu. nulla cosa li iu
16 gru et negligenti et richipendu li cogi ua li oracioni di li sancti a killi ki su ne
17 tacioni inmundi et illu sinchi delicta gligenti et labili ki non si curanu di
18 ua in lucori sou. § et uidi kistu patri la saluti dilanima loru. § auden
19 in spiritu sidiri killu monacu et lu spiritu <i> du killu frati kisti paroli et illu fu
10 di la fornicacioni sili iucaua dananti tuctu compuntu in lu cori et cun grandi
11 in diuersi formi et figuri di fimini et kil sollicitudini sicundu la doctrina
12 lu si delectaua in killu iocu ki li fachi di quistu patri poi tantu in diiunij
13 a lu dimoniu. et poi uidia lu angi quantu in oracioni. et in uigilij si affligiu in
14 lu di deu stari indignatu contra di kil tali modu ki illu amiritau di a
15 lu frati grauimenti et in per zo ki quandu auia uiri la misiricordia di deu et la gracia et da illu
16 killu temptacioni si delectaua in illi et si partiu omni cogitacioni et passio
17 non si liuaua in continenti ni si mictia in ni in munda. Comu unu frati for
18 terra in oracioni aprigari a deu. et [..3..]ti nicandu cu una fimina fu libera
19 kisti cosi per reuilacioni foru mustra tu per consiglu di unu altru antiqu.
64 Laura Ingallinella

20 ti akillu sanctu patri et canuschia ki lu quali uidi li dimonij ki fachi


21 per culpa sua et per negligencia sua illu anu grandi festa a killu dimoniu
22 auia killa temptacioni. et kistu sanctu ki lauia factu cadiri in piccatu.
23 patri non era exauditu in li soi oracioni. Recita misser sanctu Jeronimu ki
24 § et intandu li dixi lu patri In per zo ki fu unu monacu lu quali ha
25 per tua culpa esti frati ca tu ti dilec bitau in lu desertu. et una fimina <i>
26 ti in li cogitacioni in mundi in possibi iuuini dilusou lignaiu etdilusou
27 li e ki si parta da ti lu spiritu di la for sangui chircandu akistu sou paren
28 nicacionj. et non chiuali li oracioni ti per multu tempu finalmenti poi di
29 mei ni dili altri exceptu ki tu midem plusuri anni et illa sappi dundi kistu
30 mi non prindi affannu et diiuna et pre monacu habitaua in ludesertu et
31 ga et uigla cun grandi planti prega a kista opirandu ludimoniu andau
32 la misiricordia di deu ki ti dugni aiutu la ad illu in lu desertu. § et truuan
33 gracia sua. azo ki pozi risistiri a kissi dulu illa intrau in lachella sua et
34 mali cogitacioni ki tu ai. § non affirmaua et dichiali comu illa e
35 sai tu ki li medichi compunu la me ra dilu sou lignaiu et dila sua pa
36 dichina per li nostri corpura et fannu rintela. et rumanendu kil[..2..] cun
37 omni cosa cun grandi diligencia. azo ki kistu monacu opirandu lu di<mo>
38 pozanu curari li nostri infirmitati. moniu illi si piccaru in senbli Unu
39 ma ueramenti si killu ki e infirmu altru monacu uichinu di kistu
40 non si uoli astiniri dilicosi contrarij standu in lu disertu et uinendu lura di
41 et di killi cosi ki solinu nochiri et maniari uulendusi recriari mic
42 lediri alu infirmu. tucta la cura et tendu lacqua ad unu uasu oi can
43 ladiligencia di lu medicu no li iu nata di terra laquali auia kistu pre
44 ua nienti. § et cussi e lu simili parata per biuiri comu si assicta
45 ali in firmitati di lanima per beni ua alamensa cussi killa cannata
46 ki li sancti patri li quali su medichi spiritua dacqua per si midemmi si giraua oi
47 li cun tuctu lu cori etcun tucta la in tencio uultaua etspandiasi tucta killa
48 ni loru preganu ala misiricordia di deu nostru acqua in terra § Kistu factu sisi fi

11 /2ra/ chi [……..]uni io[……………..]ua /2rb/ pacientimenti et rumaniti in kistu locu


12 a maniari. et i[……………………] ma cac[..1..]iamu kista fimina et turna
13 [..1..]ati kill[…]su et illu cog[……] ………a ala casa sua § ma[……….]ta
14 […………….]u sou uichinu mona [..3..]ti appari kista sia stata arti di
15 [..2..] per [.……]irlu di kistu factu. […]a[…] et opiracioni di lu dimoniu
16 kilusou uasellu dilacqua ad hura et […]zo a ti cunueni di stari in kistu
17 dimaniari et illu si siuersaua in terra et non locu in affliccioni di lu tou cori et
18 putia biuiri § et andandu per luca di lu tou corpu. et cun grandi susp
19 minu et essendu in uia tarda hura. i[………..]ri et cun multi lacrimi per fi
10 illu declinau in unu templu antiqu na [..2..]a morti tua digi prigari a la
11 durrupatu luqualiera statu di ydoli. misiricordia d[..2..]u nostru saluaturi azo ki po
12 per durmiri illocu et standu killu ci truuuari gracia et misiricordia in killu iornu
13 frati [……]atu in killu locu predictu et illu tirribili grandi di lu iudiciu di deu
14 audiu parlari li dimonij intra dilo § audendu zo killu monacu ruma
15 ru et dichianu ki in kista nocti auia sisi in killu locu et crischiu plui in la su
16 nu dirrupatu killu monacu in for a abstinencia et la uita sua cun multi
17 nicacioni § et audendu zo kistu <i> lacrimi et afliccioni si laffligya per
18 frati et illu si merauiglaua di zo ki fina ki fu restitutu in lu primu gradu
19 li [..2..]monii dichianu di killu mo ki auia ananti ki auissi comisu ki
20 nachu et factu iornu et kistu frati stu piccatu et in kistu modu affligen
21 si andau et peruinni ala chella di kil dusi saluau lanima sua. Comu
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 65

22 lu monacu et truuaulu multu tristu. unu frati temptatu di temptacioni di car


23 § et dixili cussi ki fa[..1..]u frati ki in ni supirau et uinxi la passioni per fati
24 killa hura ki eu [..1..]i uoglu recria gy cor purali per opiri di terra.
25 ri [………….] implu una cannata Unu frati fu in lu boscu et staua in
26 a[……………]ri et comu la mectu killu locu ki a nomu cellia
27 […………]u ala mensa in continenti et et continuamenti silu cunbactianu lidi
28 [..5..] si uersa per si midemmi et spandisi kil monij diuiciu difornicacioni. ki
29 la acqua et poi non aiu ki poza biuiri. stu frati si era mastru dipignati et
30 [..2..] intandu si li rispusi lu monacu di opira di crita oi di lutu. et auendu
31 [……]ili cussi § Tu si uinutu an kisti temptacioni et illu pinsaua in
32 […]marimi ki la tua cannatella tra lucori sou et dichia cussi forsi
33 si uersa etspandisi lacqua et eu ki aiu ca mi cunueni difatigari plui azo
34 affari ki in kista nocti aiu cadutu ki sia plui maturu lu meu corpu et
35 in fornicacioni Rispusi killu frati et non poza recalcitrari § et liua
36 dixili eu ia lusappi. Dixili killu usi et fichi di killa crita oi lutu una
37 monacu et dundi lu putisti zo forma di una fimina et dixi cus
38 sapiri et killu li dixi in kista noc si alisoi cogitacioni eccu la tua
39 ti uulendumi pusari in unu locu et mugleri acti cunuenira affannari
40 eu audiui li dimonij ki parlaua plui ki tu la la pozi nutricari et poi
41 nu intra loru et auantauanussin di alcuni altri iorni et illu si formau
42 di dilu casu tou. eu fuindi multu una figura pichula comu una
43 dulenti et tristu § et intandu risp citella et dixi a li soi cogitacioni
44 usi lu monacu et dixi. eccu ki eu eccu ki tua mugleri si a factu u
45 mindi uoglu andari alumundu. na figla fimina di [………]ura si ti con
46 et audendu killu frati kisti paroli si u[..…]a f[….…]a[…] assai plui azo ki
47 lu prigaua et dichiali cussi Frati meu poci nutricari et uistiri a tua mugle
48 non fari zo ki tu dichi ma susteni ri et a tua figla et a ti § et intra ki o

11 /2va/ pirandu per la grand[….]ma [..1..]ati[….]ta /2vb/ [………………………………….]


12 ndu macera[…………]rpu […] ki non [………]cacioni[……………]
13 putia plui fatigari cussi et [..3..]andu dixi […………]confissa[………]a[………]
14 ali soi cogitacioni Ki [….] si si [..3..] patri antiqu et secundu [………]ia
15 po plui sustiniri tantu affannu et[…] mai non aiu spiran[……………….]
16 non chircari plui fimina § et deu ma dispiratu rivaiu sulu a lu mun
17 uidendu kistu feruenti propositu et co du § et audendu zo lu patri apollo co
18 mu cunbactia uirilmenti per la [..2..]stitati mu saiu medicu multu lu prigau
19 si li liuau tucta la molestia dila [……] et amunialu et dichia figlu non ti
10 ni et di la batagla dilu dimoniu. et marauiglari non ti dispirari di ti ki
11 illu laudaua sempri alusignuri di si iuuini [……] in kissa mia etati cus
12 tanta gracia ki li auia concessa. et per si antiqu comu sugnu ancora [..3..]
13 seuirandu in la gracia di deu trapassa u multu molistatu di li [………..]
14 u in pachi di kistu mundu fragili carnali figlu non […]i[…]icari[…………]
15 Comu a labati apollo si reuocau u non ti dispirari per kisti cogitacioni ki
16 nu frati ki era o[..2..]patu di lu uiciu non sulamenti si ponnu curari per [..3..]a
17 di la carni et andaua alu mundu si na solichitudini ma chi uoli la mi
18 cundu [….] alu cunsiglu ki auia a sericordia diuina § eu ti pregu [..3..]
19 uutu da unu altru antiqu chedimi sulamenti ogi zo e da[……]
20 Recita sanctu Ieronimu ki fu unu unu iornu tornandu ala chella tu
21 frati et era multu sollicitu dila a § Fichi killu frati comu sanctu a[..3..]
22 saluti dilanima sua. et essendu lo lidixi etturnauala sua chella.
23 kistu frati unu iornu multu tempta abbati apollo sipartiu etandausindi
66 Laura Ingallinella

24 tu dalu dimoniu di la fornicacioni alachella di killu antiqu ki […….]a


25 et tuctu perturbatu partiusi et andau datu lumal cunsig[…..……….] da
26 sindi adunu antiqu et narrauli tucta fora si prigau adeu cun g[…………]
27 lasua cogitacioni et la temptacioni et dixi cussi § o signuri […..….]
28 carnali ki patia § et killu anti i alihomini litemptacioni per loru utilita
29 qu audendu zo fu turbatu et dichia ti conuerti killa batagla kisusteni
30 a killu frati comu era miserabili etnon killu frati in kistu antiqu. azo ki per
31 era dignu di purtari adossulu ha experiencia in la sua senectuti [..5..]a
32 bitu di li monachi inperzo ki illu a zo ki non imprisi in longu tempu [..3..]
33 uia richiputu killi cogitacioni in ki altra fiata aia compassioni a kil
34 mundi in lanima sua § audendu zo li ki ditali temptacioni su molestati
35 kista ref[……7……] killu frati et illu § et cumplita kista oracioni et kistu
36 si dispirau et lassau la sua chella et an sanctu apollo si uidi unu dimoniu in
37 da[…..]ndi alu mundu. et sicundu forma di unu sclauu nigru di e
38 la dispensacioni diuina. andandu thiopia stari inpressu lachella di
39 kistu frati cussi dispiratu alu mundu et killu antiqu et gictaua sagicti con
40 eccu ki lu ascuntrau abbati apollo tra dikillu antiqu. et killu frati tuc
41 et uidendulu cussi turbatu et multu tu perforatu dikilli sagicti incontinen
42 tristu illu lu spiau et dixili figlu ki ti comu inbriacu di uinu etillu an
43 ai ki si cussi tristu et ki e la causa di daua ora iza ora illa. et non
44 kista tristicia ki mustri § et kil putendu plui sustiniri et illu ischiu
45 lu frati per la grandi cunfusioni et uergogna di la sua chella et prindi la uia pri
46 no[……]o[…]a[…]a menti et prigatu mul andarasindi alumundu § etlaba
47 [tu] da killu abbati apollo ki li dichissi ti apollo sintendu zo ki era factu si
48 zo ki patia et killu li cunfissau la lu ascuntrau et accustandu ad illu si //

Il codice da cui è stato staccato il nostro frammento è sicuramente una


copia, dal momento che si può rintracciare un errore ascrivibile a un copista
e non all’insipienza del volgarizzatore. Per come si presenta nel frammento, il
passo che segue sarebbe privo di soggetto e avrebbe, invece, un oggetto ripe-
tuto in posizione preverbale (lu) e postverbale (killu frati); ben più economico
pensare che sia stata trascritta erroneamente come pronome personale oggetto
lu la forma abbreviata d(e)u, soggetto della frase, autentico agente della salva-
zione e soggetto anche nella fonte latina53:
2.13 Testo critico Cm II 6, 29-30
et cussì lu liberau et salvau killu et cussì Deu liberau et salvau Idcirco indulgentiam donavit
frati ki avia piccatu per la caritati killu frati ki avia piccatu per la Dominus ei qui peccavit
di killu ki non piccau caritati di killu ki non piccau.

Gli apoftegmi non sono numerati, cosa che malauguratamente non ci


permette di quantificare le dimensioni del testo originario. Le caratteristiche
desumibili dal frammento – scrittura posata, disposizione del testo a due co-

53
Santangelo (1936: 104) aveva ipotizzato che lu fosse un errore di lettura della naselli e lo
correggeva proprio con la lezione qui proposta.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 67

lonne, iniziali filigranate – fanno comunque pensare a un’unità codicologica


di una certa estensione 54. non è tuttavia possibile dedurre da questo lacerto
di cosa fosse interamente composto il volgarizzamento: una traduzione inte-
grale delle Vitae Patrum oppure il volgarizzamento di una più breve raccolta
di apoftegmi contro la fornicazione? Di fronte all’esiguità dei dati a disposi-
zione, si rende necessario un confronto con la tradizione delle Vitae Patrum
nel medioevo latino e volgare.

4. Rapporti con la fonte latina

Con il titolo di Vitae Patrum (anche noto come Vitas Patrum o Vitaspa-
trum, d’ora in poi VP) si indica sin dalla tarda antichità, com’è noto, un cor-
pus assai variabile di testi narrativi o didattici relativi ai Padri del deserto e alle
prime comunità cenobitiche. La parte più consistente di questo corpus è com-
posta da traduzioni dal greco databili al IV sec., che hanno conosciuto una
straordinaria fortuna a partire dai secoli immediatamente successivi. Un codi-
ce latino di VP presenta generalmente i seguenti tipi di testo:
1. Vitae in senso proprio. La più antica sezione del corpus è costituita
da una collezione di vitae dei primi anacoreti e dei fondatori delle
prime comunità cenobitiche. Tra questi testi, redatti nella seconda
metà del IV sec., spiccano la Vita Antonii di evagrio (BHL 609), tra-
duzione latina dell’originale greco di atanasio, e le leggende tradotte
da Girolamo: la vita di Paolo il semplice (BHL 6594), Ilarione (BHL
3879), malco (BHL 5190).
2-3. RUFInUS, Historia monachorum in Aegypto (BHL 6524, CPL 198p)
+ Heraclidis Paradisius (BHL 6532) 55. Si tratta della traduzione, ricca
di variazioni, di una raccolta di testi narrativi sugli anacoreti egiziani.
attribuita durante tutto il corso del medioevo a Girolamo 56 – dato
alla cui luce non sorprende che egli sia citato come fonte in due de-
gli apoftegmi del nostro volgarizzamento, sebbene essi provengano
da un’altra sezione –, essa è in realtà opera di un suo contempora-
neo e condiscepolo, Rufino. L’Historia monachorum è spesso seguita
o sostituita dall’Heraclidis Paradisus, la più antica traduzione latina
dell’Historia Lausiaca di Palladio, scritta nel 420 su commissione di
Lauso, ciambellano di Teodosio II.

54
Questo dato era già stato notato da naselli (1935: 101).
55
Recentemente pubblicato da Schulz-Flügel (1990).
56
La restituzione a Rufino della paternità dell’opera si deve ai Bollandisti, cfr. Schulz-Flügel
(1990: 36).
68 Laura Ingallinella

a questi due primi nuclei seguono solitamente, in combinazioni e con


presenze decisamente variabili, le fortunatissime compilazioni di raccolte di
apoftegmi allestite nel corso del VI sec., a loro volta traduzioni di raccolte gre-
che. Il testo conservato nel nostro frammento coincide con una parte di que-
sta sezione.
4. PeLaGIUS DIaConUS (BHL 6527), IoHanneS SUBDIaConUS (BHL
6529-6530), anonImo (BHL 6530, ultimo capitolo e 6531, I capito-
lo), Apophtegmata Patrum. Raccolta di apoftegmi – spesso costituiti
da semplici sententiae – tradotta dai futuri papi Pelagio I e Giovanni
III e da un terzo continuatore anonimo 57.
5. PaSCHaSIUS DUmIenSIS, Liber geronticon de octo principalibus vitiis.
Il Geronticon di Pascasio di Dume, di cui sono conservate dieci re-
dazioni, traduce una compilazione greca perduta58. La collezione la-
tina conobbe lungo tutto il corso del medioevo un’eccezionale for-
tuna e una tradizione particolarmente attiva, tanto da costituire «un
formidable puzzle» (Philippart 1974: 358); inoltre, parti più o meno
consistenti del Geronticon sono state incluse in compilazioni seriori.
Tra queste, quella più diffusa è una collezione più tarda, erronea-
mente attribuita a Rufino dal Rosweyde (BHL 6525), che assembla
materiali provenienti da più fonti, ognuna delle quali è stata identi-
ficata59.
6. anonImo, Commonitiones sanctorum patrum. Raccolta autonoma
recentemente individuata dal Freire, probabile traduzione anonima
di un originale greco perduto 60.

Completa solitamente i codici di VP una selezione più o meno estesa di


altre vitae più tarde, integrando sovente quelle della prima parte con modelli
di santità anacoretica femminile.
Sulle dinamiche della diffusione BHL manoscritta delle raccolte di apof-
tegmi da un punto di vista macrostrutturale, purtroppo, non disponiamo di

57
Come risulta dalle indagini di Wilmart (1922). nonostante le ricerche di Batlle (1972), non
esiste a tutt’oggi un’edizione critica, per cui ci si deve ancora affidare al testo Rosweyde.
58
Le fonti greche dei singoli apoftegmi sono state però identificate, cfr. Freire (1971).
59
Freire (1971: II, 170-171 e 181-183). L’antologia si apre con un prologo sul modello delle
prefazioni dell’Historia monachorum di Rufino e dell’Historia Lausiaca di Palladio, cui segue una rac-
colta di apoftegmi che, con alcune varianti, coincide con le Commonitiones sanctorum Patrum (1-41;
vedi sopra) e una consistente antologia di apoftegmi tratti, nell’ordine, dall’Historia monachorum (42-
43), dal Geronticon (nella seconda parte, nn. 44-199, 207-217), una breve antologia delle Sententiae
patrum Aegyptorum di martino di Braga (BHL 6535, 201-206), ed estratti dalle lettere di Girolamo
(218-220).
60
Le Commonitiones sono state pubblicate da Freire (1974) come collezione autonoma, ma
si vedano i dubbi espressi in proposito da Philippart (1974).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 69

studi ad ampio spettro61. Sappiamo, però, che insieme ai testi di Cassiano e


Gregorio e alle Regulae, VP è un testo base delle biblioteche monastiche. Le
raccolte di apoftegmi, in particolare – circolanti sotto il titolo di Adhortationes
o di Verba seniorum – giocano a partire dalla fine del sec. XII un ruolo sem-
pre più importante per la storia culturale delle comunità monastiche, e in par-
ticolare degli ordini mendicanti: gli apoftegmi dei Padri costituiscono un ric-
chissimo serbatoio a cui attingono non soltanto i predicatori per i loro sermo-
ni62, e, com’è ovvio, gli allestitori di raccolte di exempla, ma anche agiografi
(Tommaso da Celano)63 e teologi (Guillaume Peyraut, Tommaso d’aquino)64.
Una fortuna, certo, motivata dalla combinazione del prestigio della fonte –
durante tutto il medioevo, come prova il nostro frammento, anche gli apofteg-
mi circolavano con un’attribuzione a Girolamo – e di una spiccata «commo-
dité technique»65: gli elementi caratteristici degli apoftegmi come genere te-
stuale (prevalenza degli aspetti sentenziari o narrativi, sostanziale autonomia
rispetto alla raccolta, brevità) spiegano facilmente perché questi rappresentino
un materiale privilegiato, spesso preferito alle fonti patristiche. Tali raccolte,
inoltre, forniscono il preciso prototipo di una «sainteté de groupe»66 prezio-
sissimo per gli ordini predicatori, che la utilizzano non soltanto come fonte
ma come vero e proprio modello pedagogico.
La diffusione di queste collezioni – inutile documentare quella delle Vi-
tae in senso proprio, che, com’è ovvio, hanno avuto una tradizione ricca e au-
tonoma anche nelle loro versioni volgari – è comprovata dai numerosi volga-
rizzamenti, tra gli altri, in francese 67, catalano 68, inglese 69, tedesco 70. Per quan-
to riguarda l’area italiana, Carlo Delcorno ha rinvenuto altri quattro volgariz-

61
Cfr. Williams (1996: 6): «Seit wann und in welcher zusammenstellung die verschiedenen
Texte der Wüstenväterliteratur jeweils zu einem Sammelwerk unter dem Titel ‘Vitaspatrum’ vereint
wurden, ist bisher nur in ansätzen untersucht». In certa misura, possono valere le osservazioni di
Bartelink (1993: 391) sulla tradizione greca: «Les recueils d’apophtegmes manquent d’homogénéité.
Il n’est pas possible de reconstituer un archetype à partir des diverses traditions. Chaque copiste
pouvait completer et adapter la collection à copier. ainsi les Gerontica ou Paterica dont chaque mo-
nastère possédait au moins un exemplaire, étaient différents les uns des autres». Per le Commonitio-
nes sanctorum patrorum, alcuni casi di compilazioni più tarde sono discussi in Freire (1974: 40-43).
62
Cfr. almeno Delcorno (1977) con riferimento a Domenico Cavalca.
63
Tanto per fare un esempio, Del Popolo (2007: 132) ha recentemente individuato nell’apof-
tegma del monaco vasaio (Cm II 9: uno degli apoftegmi, tra le altre cose, volgarizzati nel nostro fram-
mento) la fonte di un episodio della Vita secunda di s. Francesco d’assisi.
64
Batlle (1972: 240-250).
65
Boureau (1987: 83).
66
Boureau (1987: 91).
67
I volgarizzamenti francesi sono numerosi: si vedano la versione dell’Historia monachorum
di Wauchier de Denain, ed. Szkilnick (1993), e la traduzione anglonormanna di Henri d’arci, ed. o’
Connor (1949), oltre a Lecoy (1987-1999), Chaurand (1971) e, da ultimo, gli studi di Tudor (1995),
(2005) e Pinto-mathieu (2009).
68
Documenta più redazioni catalane Batlle (1976) e (1988).
69
Per l’inglese, cfr. Hanna (1987) e, più in generale, Rosenthal (1936).
70
Per il tedesco, cfr. Williams (1996) e Studer (2013), ma anche Hoffmann (1993).
70 Laura Ingallinella

zamenti delle VP diversi dalla versione cavalchiana, tutti a tradizione monote-


stimoniale e conservati in codici di piccolo formato databili al XV secolo, tre
dei quali traducono anche una selezione di apoftegmi 71.
Uno sguardo d’insieme sulle caratteristiche macrostrutturali dei volgariz-
zamenti italiani ci permette di avanzare ipotesi più precise sull’estensione e la
struttura del volgarizzamento siciliano rispetto a quelle avanzate sulla base dei
dati codicologici. Per l’area italiana non è infatti documentata l’esistenza del
volgarizzamento autonomo di una raccolta (o di una compilazione di più rac-
colte) di apoftegmi, del tipo, sostanzialmente, della grande compilazione te-
desca pubblicata da Williams (1996) e recentemente studiata da Studer (2013).
La fruizione come testo autonomo di raccolte di apoftegmi volgarizzate sem-
brerebbe infatti limitata ai soli casi di tradizione estravagante del terzo libro
di VSP, sempre costituita da florilegi inseriti in codici miscellanei di argomen-
to devozionale o religioso72.
Si deve dunque congetturare che il frammento siciliano facesse parte di
un volgarizzamento di estensione più ampia, comprendente almeno una pri-
ma sezione di vitae dei Padri del deserto.
La struttura interna delle raccolte di apoftegmi in questi volgarizzamenti
riflette la trasmissione caotica di questi brevi testi narrativi. almeno nella se-
zione tradotta nel nostro frammento, tuttavia, la fonte latina del volgarizza-
mento siciliano e quella del volgarizzamento di Cavalca seguono un compor-
tamento analogo. Il confronto tra le due sezioni ci permette quanto meno di
ricostruire la fisionomia del modello del volgarizzamento siciliano nella parte
che ci è conservata.
La terza parte di VSP, che raccoglie gli apoftegmi, traduce un’estesa
compilazione che attinge a piene mani alle Commonitiones sanctorum patrum
e agli Apophtegmata di Pelagio e Giovanni, alle Institutiones e dalle Collatio-
nes di Cassiano e ai Dialogi di Sulpicio Severo. Questa sezione, che sembre-
rebbe rappresentare fedelmente (a differenza di altre parti del volgarizzamen-
to cavalchiano) la struttura della fonte latina conservata da un codice «in uso
[…] nei conventi degli ordini mendicanti» agli inizi del XIV sec. (Delcorno
2009: 363), presenta notevoli tracce di grandi agglomerazioni tematiche in cui
sono confluiti materiali estratti da tutte le principali raccolte.
Così accade, per esempio, nella sezione del volgarizzamento cavalchiano
che più o meno coincide con il nostro frammento. essa fa parte di un gruppo
più ampio costituito da una ventina di apoftegmi (VSP III 123-143), tutti sul
tema della tentazione carnale73, le cui fonti principali sono, rispettivamente, il

71
Delcorno (2000: 490-500).
72
Cfr. BAI s.v. SantiPadri, Libro terzo, da integrare opportunamente con le schede descrittive
di Delcorno (2000).
73
Sul tema è ormai tradizionale il rimando a Brown (1988: 210s.).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 71

secondo libro delle Commonitiones (Cm II «Contra spiritum fornicationis»,


tradotto integralmente, con la sola eccezione di Cm II 3, in VSP III 127-132)
e il quinto libro degli Apophtegmata di Pelagio (Pg V «De fornicatione»: tra-
duzione non sistematica), con alcune lacune e integrazioni da altre sezioni o
da altre opere74. La coesione tematica di questa sezione, documentabile grazie
all’analisi sistematica di Delcorno75, si riscontra – benché non in modo perfet-
tamente sovrapponibile – anche nel nostro frammento, dove al nucleo tratto
dalle Commonitiones (Cm II 5-9) segue un apoftegma tratto proprio dal quin-
to libro della raccolta di Pelagio (Pg V 4). Il “cambio di raccolta” si colloca in
un punto non casuale, dal momento che è proprio sul limine del secondo li-
bro delle Commonitiones (composto originariamente di dieci apoftegmi: ma è
molto facile che nel corso della tradizione si produca una lacuna). Questi dati
rispecchiano perfettamente le dinamiche di trasmissione delle raccolte latine
che circolavano nel basso medioevo, in cui raccolte diverse ma dalla struttura
sostanzialmente analoga venivano integrate in un’unica compilazione76.

5. Note sulla lingua del frammento

5.1. Grafia
5.1.1. Grafie latineggianti. Favorita la conservazione di <x> in exauditu
3.8 / exauduta 3.5, exceptu 3.9, experiencia 6.12, proximu 2.12, vexatu 3.2,
vinxi 4.r; al contrario, sporadiche attestazioni di <h> etimologico: habitau 4.1,
habitava 4.2, habitu 6.3, homini 6.12 (ma omu 1.12), hura 4.8 (+2). minorita-
rio monachu 3.6 (+1) rispetto a monacu 3.5 (+11). Raramente presente <y>,
nelle forme consuete ydoli 4.8, affligya 4.19, e in posizione liminare fatigy 5.r.
Pressoché costante l’uso della grafia <ct>, per [tt]: oltre ai frequenti factu 2.1
(+8), nocti 3.3 (+8), si veda assictava 4.5, cunbactia 5.7 / cunbactianu 5.1, de-
lectava 3.7 (2) / delictava 3.6 / dilecti 3.9, doctrina 3.13, gictava 6.13, mectu
4.12 / mictendu 4.5 / mictia 3.7, predictu 4.9, sagicti 6.13 (+1), senectuti 6.12.
esclusiva la grafia omni 1.1 (+5).
5.1.2. Scempie/geminate. L’oscillazione tra scempie e geminate, tipica nei
testi siciliani trecenteschi, non si osserva qui con grandi risultati. L’unica oscil-
lazione degna di nota è affliccioni 4.18 / affligendusi 4.19 / affligia 2.11 / affli-
giasi 1.1 / affligimi 3.1 / affligiu 3.13 / affligya 4.18 ≠ afliccioni 4.19, aflicti 2.8.
Scempie grafiche: accatari 2.8, batagla 5.7.

74
Tra queste ultime, segnalo tre Detti tratti dalle epistole di Girolamo, cfr. VSP III 126.
75
Per la sezione appena descritta, cfr. Delcorno (2009: 421-426).
76
Un altro esempio di questa tendenza all’integrazione, stavolta da un codice latino: nel co-
dice di VP allestito per il convento di s. margherita a Basilea nel 1398 (Basel, Universitätsbibliothek,
B V 2), il testo delle Commonitiones presenta sezioni interpolate provenienti dalla raccolta di Pelagio
della medesima tipologia, cfr. Freire (1974: 40).
72 Laura Ingallinella

5.1.3. Resa della velare sorda. Come in buona parte dei testi trecente-
schi77, [k] è sempre rappresentato da <c> dinanzi [a], [o], [u] – eccetto, ov-
viamente, i casi in cui <qu> = [ku], es. antiqu (12) – ed è invece rappresentato
da <k> dinanzi a [i]. Unica eccezione l’oscillazione alkuni 2.8 / alcuni 2.2
(+1). Caso di rappresentatazione grafica eccentrica rispetto a questo quadro
è monachu 3.6 (+1) / monacu 3.5 (+11), in cui <ch> è etimologico.
5.1.4. Affricata palatale sorda. È resa sempre con <ch> (<ch> + <e>:
chella 2.4 +9, conchedimi 6.9, dichenduli 2.5 e un caso di <ch> + <u>: pichula
5.5), eccetto che in concessa 5.7 e nei cultismi macerava 5.6, necessarii 2.2 (+1),
recalcitrari 5.3, recita 4.1 (+1); oscillazione in sollicitudini 3.3 (sollicitu 6.1, sul-
licitamenti 3.1) ≠ solichitudini 6.9.
5.1.5. Affricata dentale sorda. Una certa tendenza alla polimorfia si osserva
invece nella resa dell’affricata dentale, rappresentata principalmente con <c>
dinanzi a [i], es. citella 5.5, da notare l’oscillazione poci 3.10 (+1) ≠ pozi 5.4
(+1). In altri casi è utilizzato <z>, es. zo (16 occ.), azò (9 occ.), inperzò (3 occ.).
Costante la resa del suffisso -TIone(m) con -cioni, es. af(f)liccioni 4.18, 4.19, co-
gitacioni 3.6, 3.9 (+8), dispensacioni 6.5, fornicacioni 2.2 (+9), intencioni 3.12 (2),
oracioni 3.5 (+7), revilacioni 3.8, temptacioni 1.1 (+8). allo stesso modo, esclu-
siva la resa <ci> + vocale per rappresentare gli esiti dei suffissi -anTIa, -enTIa:
abstinencia 3.19, diligencia 3.11, 3.11, experiencia 6.12, negligencia 3.8, pinitencia
2.8 (+3). Si vedano inoltre ospiciu 2.2, viciu 3.1, tristicia 6.5, pacientimenti 4.17.
5.1.6. Sibilante palatale. nei pochi casi attestati, la sibilante palatale è re-
sa sempre con <sch> e mai con <x> o <ss>, pure presenti in altri testi con-
temporanei78: canuschia 3.8, crischiu 4.19, ischiu 2.2, 6.14.
5.1.7. Laterale e nasale palatale. La prima è resa con <gl>, cfr. batagla 5.7
(+1), figla 5.5 (+1), figlu 6.5 (+1), maraviglari 6.7, meraviglava 4.10, mugleri
5.4 (+2), vigla 3.9. La seconda è sempre resa con <gn>; per la grafia omni 1.1
(+5), sempre rispettata, cfr. § 5.1.179.
5.1.9. Nasale preconsonantica. Davanti a bilabiale la nasale, tranne che in
due casi, inperzò 3.9, insenbli 4.4, è sempre rappresentata da <m>.

5.2. Fonetica

5.2.1. Vocalismo tonico. Il vocalismo tonico siciliano è generalmente ri-


spettato; Ō e Ŭ danno sempre [u], es. fundacu 2.2 (+1), lutu 5.2 (+1), eccetto
i numerosi casi rappresentati soprattutto da cultismi, es. af(f)liccioni 4.18,
4.19, cogitacioni 3.6, 3.9 (+8), confusioni 6.11, dispensacioni 6.5, fornicacioni

77
Cfr. Pagano (1998: 394-395).
78
Cfr. Rinaldi (2005: 354).
79
anche se in questo caso non è detto che si tratti di palatale, cfr. Rohlfs (1966-1969: § 500);
Rinaldi (2005: 355 e 386).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 73

2.2 (+9), intencioni 3.12 (2), oracioni 3.5 (+7), passioni 3.2 (+2), revilacioni 3.8,
temptacioni 1.1 (+8) in cui non si registrano le oscillazioni che pure sono ben
documentate in altri testi80. In iato Ĕ e Ŏ si conservano in Deu 2.8 (+16), eu
2.8 (+4), meu 4.17 (+1) / mei 3.9, tou 3.13 (+2), sou 2.4 (+15) / soi 1.1 (+4),
ma mia 6.7, tua 3.9 (+8), sua 2.11 (+20)81. Si ha conservazione di aU nel solo
causa 2.11, che peraltro è un calco lessicale (cfr. Cm II 6,27 qualis esset causa),
contro cosa 2.8 (+3) / cosi 2.2 (+5).
5.2.2. Vocalismo atono: protoniche. Le oscillazioni comunemente riscon-
trate nei testi in sic.a. sono qui pienamente rappresentate. Per l’assimilazio-
ne vocalica, si nota l’oscillazione durrupatu 4.9 ≠ dirrupatu 4.10. Costantemen-
te labializzata la vocale protonica seguita da nasale in rumasi 1.1 (+1) / ruma-
nendu 4.4 / rumaniti 4.17 / rumasisi 4.19, ma non in dimandanu 5.13. Passag-
gio di [o] protonico a [a], comune in sic.a.82, in canuschia 3.8. Come già osser-
vato in altri testi del XIV sec.83, I ed e dànno [i] in sillaba protonica iniziale
(es. dimoniu 2.3 (+8) / dimonii 4 rubr. (+3), gictarusi 2.9 / gictava 6.13, piccatu
2.8 (+10), pinitencia 2.8 (+3), sidiri 3.7, timpesta 3.2, virtati 2.7, vistiri 5.5), ma
si riscontrano comunque le attese oscillazioni, es. desertu 4.1 (+2) ≠ disertu
4.5, o casi di conservazione, es. intencioni 3.12 (+1), necessarii 2.2 (+1), negli-
gencia 3.8 / negligenti 3.6 (+1), veramenti 2.8 (+1). Quanto alle formazioni
prefissali, Re- viene solitamente conservato nei cultismi, vedi recalcitrari 5.3,
recriari 5.8 (+1), restitutu 4.19, revilacioni 3.8, revilau 3.6, revocau 6 rubr., ma
non nel lessico dell’uso, dove troviamo, tra gli altri, richipendu 3.6 / richiputu
6.3, risistiri 3.10, forme del resto più frequenti nel sic.a. Sono conservate an-
che le formazioni con De-, es. declinau 4.8, delictava 3.6 / delectava 3.7 (+1),
ma dilecti ‘hai piacere’ 3.9. Confermata la prevalenza del prefisso dis- es. di-
spensacioni 6.5, dispirari 6.7 (+1) / dispiratu 6.4 (+1) / dispirau 6.4. La chiusu-
ra in [i] si osserva, più frequentemente, anche in sillaba protonica non inizia-
le: oltre ai già citati dispirari 6.7 (+1) / dispiratu 6.4 (+1) / dispirau 6.4, vedi
anche opiracioni 4.18, sustiniri 5.6, e, derivati da parole con [e] tonica, affir-
mava 4.3, molistatu 6.7, parintela 4.4, persevirandu 5.7, tormintati 2.8; la voca-
le originaria è invece conservata, ad es., in meretrichi 2.3, liberau 2.13. La ve-
lare protonica o, U in sillaba iniziale passa generalmente a [u]: dulenti 4.15,
durmiri 4.8, munstrau 2.11 / mustrati 3.8, purtammu 2.4, pusari 4.15, suspiri
2.9, truvari 4.18 / truvandulu 3.3 / truvaulu 3.11, vultava 4.5. Si ha oscillazio-
ne in fornicacioni 2.2 (+4) / furnicacioni 3.2, sollicitu 6.1 / solichitudini 6.8 /
sollicitudini 3.4 (+1) ≠ sullicitamenti 3.4, turnari 2.5 / turnaru 2.9 / turnau 6.10
≠ tornandu 6.9; [o] è invece conservata in tormenti 2.8, tormintati 2.8, possibili

80
Cfr. Rinaldi (2005: 359), Barbato (2007: 112-113).
81
Rohlfs (1966-1969: § 71).
82
Varvaro (1988: 176), Rinaldi (2005: 361) e Barbato (2007: 117).
83
Rinaldi (2005: 362).
74 Laura Ingallinella

2.9, e in derivati da parola con [o] tonica, es. doctrina 3.13, novitati 2.6. I
composti con CUm- e parole che iniziano per Co- hanno esito variabile. La
forma preferita è co-/com-/con-: comisi 2.2 / comisu 4.19, compassioni 6.12,
compuntu 3.13, compunu 3.11, concessa 5.7, contrarii 3.11, converti 6.12; ma
non mancano casi di oscillazione, es. convenirà 5.5 ≠ cunveni 4.18, consiglu 4
rubr. ≠ cunsiglu 6 rubr (e malcunsiglu 6.11), o di esiti con [u]: cumandaru 2.9,
cumplita 6.13, cunbactia 5.7 / cunbactianu 5.1, cunfissai 6.6 / cunfissaru 2.9 /
cunfissau 2.7 (+1). o dà, come di consueto, [u] anche in sillaba protonica non
iniziale, es. pirdunanza 2.8 (+1), ma si conserva nei cultismi (es. approbatu
3.1). Conservazione di aU protonico in audendu 4.17 (+4), exauditu 3.8 /
exauduta 3.5, laudava 5.7.
5.2.3. Vocalismo atono: postoniche. assolutamente predominanti gli esiti
siciliani [i] e [u] in posizione finale, fatta eccezione dell’unico caso rappresen-
tato dall’antroponimo Apollo 6 rubr. (+6). anche in posizione postonica non
finale appare generalizzato l’esito [i], es. angilu 3.6, fimina 4.17, fragili 5.7, no-
chiri 3.11, lediri 3.11, opira 2.1 (+1), e [u], es. pichula 5.5.
5.2.4. Consonanti: esiti di B, V. nessuna spia della «confusione meridio-
nale di B e V» (Barbato 2007: 128), che del resto è attestata con più frequenza
solo a partire dal XV sec.; B si conserva anche in posizione interna nelle voci
dotte (es. approbatu 3.2); il suffisso -bĭle è sempre reso -bili (es. abominabili
1.1, labili 3.12, miserabili 6.3).
5.2.5. Consonanti: esiti di Q w, G w. La normale conservazione di QU dinanzi
[a] è documentata in quali 2.11, quandu 3.7 (+1), quantu 3.12 (+1). La riduzio-
ne a <k> è tuttavia prevalente nei dimostrativi: vedi l’unica occorrenza quistu
5.15 (puramente grafica) contro kistu 2.8 (+27) / kista 2.6 (+10, kissa 6.8) / ki-
sti 3.8 (+5, kissi 3.10), e i soli killu 1.1 (+53) / killa (+7) / killi 3.11 (+5). Il
nesso [gw] è documentato solo in guadagnari 2.8.
5.2.6. Consonanti: esiti di G E, I, j, Dj, Bj, Pj. non ancora documentato
l’assestamento verso gli esiti tipici dei dialetti meridionali, come ci si atten-
de ancora a quest’altezza cronologica84. In posizione iniziale <g> è conser-
vato nel cultismo gemitu 2.9, in posizione interna in cogitacioni 3.6 (+9),
negligencia 3.8 / negligenti 3.6 (+1), che del resto sono cultismi. Di origine
galloromanza lignaiu 4.1 (+1)85. Ben attestato in documenti contemporanei
saiu 6.7 86. Quanto a j-, gli esiti preferiti sono quelli «sorretti dal latino» (Rinal-
di 2005: 377) ià 4.14, Ieronimu 4.1 (+1, a fronte di consueta alternanza in
sic.a.), iocu 3.7 / iucava 3.7, iudiciu 4.18, iurau 2.8, iuva 3.11 (+1), iuvini 4.2
(+1) e «dal francese» iamai 6.6; in posizione interna il solo maiuri 2.12 e il de-
rivato diiuna 3.9, diiunii 3.13.

84
Vedi Rinaldi (2005: 376).
85
Vedi Barbato (2007: 131) per una possibile pronunzia [ddʒ].
86
Per considerazioni sul lemma, «di trafila galloromanza», cfr. Barbato (2007: 132).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 75

5.2.7. Consonanti: esiti di Cj, Tj (PTj, CTj ). Rispettato l’esito locale [(t)ts]:
pirdunanza 2.8, poci 3.10 (+1) / pozi 5.4 (+1), zo (16 occ.), azò (9 occ.), inperzò
(3 occ.). esito semidotto [(t)tsj] in 4.17 abstinencia 3.19, diligencia 3.11, expe-
riencia 6.12, negligencia 3.8, pinitencia 2.8 (+3), tristicia 6.5, afliccioni 4.18 /
affliccioni 4.19, cogitacioni 3.6, 3.9 (+8), dispensacioni 6.5, fornicacioni 2.2
(+9), intencioni 3.12 (2), oracioni 3.5 (+7), revilacioni 3.8, temptacioni 1.1 (+8)
e. esito palatale normale in sic.a. in cachamu 4.17 (Rinaldi 2005: 387, Barbato
2007: 133).
5.2.8. Consonante + L. Confermata la tendenza del sic.a. alla conservazio-
ne dei nessi consonantici BL, FL, PL (Barbato 2007: 134), es. insenbli 2.2 (+1),
cumplita 6.13, implu 4.12, planti 3.9, plui 3.4 (+9), plachinu 3.12, plusuri 2.2,
templu 4.8; prevale la conservazione anche del nesso CL, sempre in presenza
di forme dotte ben attestate in artesia, es. sclavu 6.13 (che in sic.a. coesiste
con schavu).
5.2.9. L + consonante. Conservazione di L in alcuni 2.2 (+2) / alkuni 2.8,
recalcitrari 5.3, vultava 4.5, colpa 3.6 / culpa 3.8; normale il passaggio a [w] in
autru 2.2 contro, però, le prevalenti forme conservative altru 2.6 (+4) / altri
3.9 (+1) / altra 6.12.
5.2.10. Geminate. Il rafforzamento della consonante dopo accento nei
proparossitoni non è mai documentato in fimina 4 rubr. (+5) / fimini 3.7. eti-
mologico [ll] in sollicitudini 3.3, sollicitu 6.1, sullicitamenti 3.1 (ma solichitu-
dini 6.9). La presenza di [ff ] in proffiriri 2.1 < PRoFeRo è ben documentata
in sic.a. e it.a. (cfr. già Barbato 2007: 142).
5.2.11. Prostesi. nessuna attestazione della prostesi davanti a R- sul mo-
dello arrispunniri, diffusa invece nel sic.mod.87, in linea coi dati raccolti da
Barbato (2007: 143). Prostesi di a in amiritau 3.13, avantavanussindi 4.5.
5.2.12. Apocope ed epitesi. non sorprende l’assenza di apocope nella se-
rie caritati 2.10 (+4), castitati 5.7, chitati 2.1, etati 6.7, infirmitati 3.11 (+1), no-
vitati 2.6, utilitati 6.12, virtati 2.7. Tra i casi di apocope, comune misser 4.1
(+1); da segnalare mal cunsiglu 6.11, che pure obbedisce alle restrizioni lessi-
cali già documentate (Rinaldi 2005: 394-395, Barbato 2007: 146). Sempre in
forma piena per fina ki 1.1 (+1)88. Presenta sempre epitesi oi 2.2 (+4) < aUT.
5.2.13. Sincope ed epentesi. La resistenza alla sincope tipica del siciliano
e dei dialetti meridionali (Rinaldi 2005: 394) è generalmente rispettata, al net-
to del solo caso virtati 2.7, minoritario in sic.a. rispetto alla forma piena ma
comunque ben attestato. Per il trattamento degli avverbi in -menti, se la pre-
senza di finalmenti 4.2 fornisce un esempio dell’alternanza illustrata in Barba-
to (2007: 147), confermata in questo caso dalle ricerche in artesia, notevole è
invece virilmenti 5.7: in sic.a. si trova sempre la forma piena virilimenti (18 oc-

87
Varvaro (1995: 233).
88
Rinaldi (2005: 395).
76 Laura Ingallinella

correnze in artesia) eccetto che nel tardo SAgataTranslXVC v. 336 (cun la sca-
la a lu locu foru virilmenti). Comune in sic.a. l’anaptissi rappresentata in alli-
bergandu 2.2, cfr. Varvaro (1995: 234).

5.3. Morfologia

5.3.1. Flessione nominale. Sono presenti sostantivi con radice che termi-
na in -i- in cui «la desinenza del plurale non si salda (almeno graficamente)
con essa» (Barbato 2007: 163) sia per la prima classe, [vigilia] / vigilii 3.13,
che per la seconda: [diiuniu] / diiunii 3.13 (la forma al singolare è attestata in
sic.a.), dimoniu 2.3 (+8) / dimonii 4 rubr. (+3). mantiene il plurale in -oRa
corpu 4.18 (+1) / corpura 3.11.
5.3.2. Flessione verbale: casi di allomorfia. Come di norma nel sic.a. (Bar-
bato 2007: 167-168), alcuni verbi della seconda classe presentano un tema di-
verso alla prima persona dell’indicativo presente e per tutto il congiuntivo
presente: es. per ‘avere’, 1ª pers. aiu 4.12 (+3) < HaBeo e 2ª pers. agi 3.2 / 3ª
pers. aia 6.12 < HaBea- al cong.pres.; per ‘dovere’, 2ª pers. digi < DeBeaS; per
‘potere’ 1ª pers. pozu 2.5 < *PoTeo e pozi 5.4 (+1) / poci 3.10 (+1) / poza 4.12
(+1) / pozanu 3.11 < *PoTea-; per ‘volere’ voglu 2.6 (+3) < *VoLeo; si veda
anche il verbo della prima classe ‘donare’ con il cong.pres. dugni 3.10 (per
probabile influsso del fr.a., vedi Barbato 2007: 167, Rohfls § 543).
5.3.3. Flessione verbale: participio. Un solo caso di oscillazione tra la for-
ma debole del participio perfetto exauduta 3.5, maggioritaria in sic. a., e il cul-
tismo exauditu 3.8.
5.3.5. Flessione verbale: indicativo. Le uscite delle due classi verbali sono
generalmente rispettate (Barbato 2007: 177); prindi attestato a 6.14 è proba-
bilmente un pres. storico, considerata l’attestazione del normale perfetto sig-
matico prisi 2.8 (e imprisi 6.12) contro la forma alternativa prindiu. Per il fu-
turo, si segnala un esempio dell’alternanza r/rr in farrannu 3.12 89; attestata in
sic.a. la forma convenirà 5.5 / cunvenirà 5.4 (contro la più diffusa cunvirrà).
5.3.6. Flessione verbale: congiuntivo. Tutte le forme del congiuntivo ri-
spettano pienamente il quadro delineato in Barbato (2007: 184). Per il con-
giuntivo presente si danno solo casi per il verbo ‘potere’, 2ª pers. poci 3.10
(+1) / pozi 5.4 (+1), 3ª pers. poza 4.12 (+1), 6ª pers. pozanu 3.11; per il con-
giuntivo imperfetto 3ª pers. prigassi 3.4, dichissi 6.6, 6ª pers. divissiru 2.9.
5.3.7. Flessione verbale: il verbo ‘essere’. Indicativo presente: 1ª pers. su-
gnu 6.7 (+1) / su 2.7 (come ausiliare), 3ª pers. è 2.12 (+4) / esti 3.9 (in frase
con ordine marcato), 6ª pers. su 2.8 (+3). Si noti la prevalenza di è sulla forma
con epitesi meridionale esti, prevalente in sic.a. Indicativo imperfetto: era 2.10

89
Leone / Landa (1984: 68-69), Casapullo (1995: LXV) e Barbato (2007: 182).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 77

(+2); perfetto: 1ª pers. fui(ndi) 4.15, 3ª pers. fu 2.12 (+8), 6ª pers. foru 3.8.
Congiuntivo presente: 3ª pers. sia 5.3 (+ sia stata 4.18), 4ª pers. siamu (nel pas-
sivo siamu aflicti 2.8). Gerundio: essendu 3.2 (+2).
5.3.8. Perifrasi. Si dà un caso di ‘avere a + infinito’, che si alterna diviri con
funzione deontica, in ki aiu a ffari 4.13 (con raddoppiamento fonosintattico)90.

5.4. Morfosintassi

5.4.1. Articolo definito. Gli articoli non presentano elisione, eccetto che
in a l’abati Apollo 6 rubr. / et l’abati Apollo 6.15 91. Le preposizioni articolate
presentano sempre [l] scempia e non si riscontra alcuna traccia di rafforza-
mento. Quanto alla presenza o all’assenza dell’articolo definito dinanzi a so-
stantivo preceduto possessivo, si possono confermare i dati già raccolti per il
sic.a. sulla prevalenza del tipo con articolo92: prevale dinanzi a meu/mei (2 occ.
+articolo / 1 -articolo), tou/tua/toi (7 occ. +articolo / 4 -articolo), sou/sua/soi
(25 occ. +articolo / 1 -articolo), nostru/nostri (4 occ. +articolo / 1 -articolo),
loru (3 occ. +articolo / 2 -articolo); ‘tutto’ è sempre seguito dall’articolo, es.
cun tuctu lu cori et cun tutta la intencioni loru 3.12, come di norma nel sic.a.93.
5.4.2. Articolo indefinito. non si danno casi di forme apocopate dell’ar-
ticolo indefinito di fronte ai casi dove pure sarebbe ammissibile (Rinaldi 2005:
403), es. unu altru antiqu 4 rubr., unu altru frati 3.1, unu antiqu 3.2 (+1).
5.4.3. Pronomi personali. Del pronome personale di 1ª pers si ha solo il
normale sogg. eu < eGo 2.8 (+7). Per la 2ª pers.: sogg. tu 3.9 (+5), obliquo to-
nico ti 2.8 (+3, con un caso di raddoppiamento cti 5.4 dopo ‘a’); sono assenti
sia i pronomi comitativi (del tipo micu) riscontrabili in testi coevi, nonché la
forma tia (raramente presente nel sic. trecentesco, cfr. Varvaro 1995: 235; Pa-
gano 2003: 169). Per la 3ª pers. sogg. illu 2.4 (+27) / illa 4.2 (+2), e pronome
obliquo tonico sì, es. ad sì 3.5, per sì 3.3 (+2), nessuna attestazione di issu. Per
la 6ª pers. si ha sogg. illi 3.4, loru 4.9 (+1), normale nel sic.a., ma si dà anche
un caso di illi obliquo (in illi 3.7), notevole perché si va a sommare alla sparu-
tissima serie di occorrenze illi pronome obliquo, per di più in un contesto che
esclude il desiderio di evitare la ripetizione di loru con altra funzione e non
consente di ipotizzare la conservazione della forma bisillabica dell’articolo94.
5.4.4. Clitici. Il quadro dei clitici è coerente con quello del sic.a. 1ª pers.
mi 2.8 (+2), -mi 4.13 (+2); 2ª pers. ti 3.2 (+7), -ti 4.17; 4ª soltanto -ni 2.8

90
Barbato (2010: 68-69).
91
non introdotto da articolo in abbati Apollo 6.5 (+1).
92
Castellani Pollidori (2004: 560-565), Rinaldi (2005: 437-439) e, «in misura meno rilevante»,
Barbato (2010: 44-45).
93
Castellani Pollidori (2004: 561).
94
Per una discussione su illi in funzione obliqua in sic.a. vedi Barbato (2010: 48s.) e relativa
bibliografia.
78 Laura Ingallinella

(+1)95. all’accusativo della 3ª pers. troviamo lu 2.9 (+8) / la 4.12 (+1) / l’ 4.18,
-lu 2.6 (+5) / -la 2.9 (+1), in nessun caso con raddoppiamento dovuto all’ac-
centazione bisdrucciola, es. fichirula 2.996; al dativo li 1.1 (+15), -li 3.2 (+6) e
soltanto in rari casi nchi 3.6 (+1: sempre in combinazione col riflessivo, vd.
più avanti). nessuna occorrenza per 5ª e 6ª persona. Clitico riflessivo: si 1.1
(+27, mai con elisione), -si 6.2 (+3); locativo: chi 3.9 (+2); genitivo: ndi 3.1
(+2), -ndi 2.4 +5. Quanto all’ordine relativo dei clitici, non disponiamo di
molti dati; confermato l’ordine accusativo/dativo + genitivo alla 1ª mi ndi
4.16, riflessivo + locativo/genitivo -sindi 3.5 (+4), e due casi di riflessivo + da-
tivo si nchi 3.6 (+1). Da segnalare diversi esempi di ridondanza pronominale
in contesto non marcato:
3.6 Deu li revilau a lu patri
4.16 Et dundi lu putisti zo sapiri?

5.4.4. Possessivi. abbiamo meu 5.3 / mia 6.7 / mei 3.10, tou 4.15 (+2) /
tua 3.9 (+6), sou 2.4 (+12) / sua 2.11 (+19) / soi 1.1 (+4), nostru 2.11 (+2) /
nostri 3.11 (+1), loru 2.9 (+3): nessuna attestazione dunque delle forme to, so,
già presenti nei documenti d’archivio trecenteschi (Rinaldi 2005: 405)97. In
rapporto ad altri testi in sic.a. i dati sulla posizione dei possessivi appaiono
meno trasparenti. L’anteposizione del possessivo appare maggioritaria, come
in sic.a., ma in una percentuale certamente meno schiacciante rispetto a quella
osservata in altri testi (vedi ad es. Barbato 2010: 57). ecco una tabella che rias-
sume i dati sulla posizione del possessivo:

anteposizione posposizione
meu ecc. 5.3, 6.7 (tot. 2) 4.17, 3.9 (tot. 2)
tou ecc. 4.18 (bis), 3.9, 4.13, 5.4, 5.5 (tris) 4.15, 4.18, 6.9 (tot. 3)
(tot. 8)
sou ecc. 2.4, 2.8, 2.11, 2.12, 4.2 (tris), 4,3, 4.7 3.6, 5.3, 2.12, 3.5, 3.6, 3.8 (bis), 4.3,
(bis), 5.6, 4.3, 4.19, 6.2, 6.4, 6.10, 4.19 (tot. 9)
6.12, 6.14, 3.8, 5.4, 5.5, 5.6 (tot. 12)
nostru ecc. 2.11, 4.18, 3.12, 2.11 (bis) (tot. 5) 2.4, 2.8 (tot. 2)
vostru ecc. — —
loru 3.12, 6.12 (tot. 2) 2.9, 3.12 (tot. 2)
tot. 29 (62%) 18 (38%)

95
nessuna traccia della penetrazione di (n)chi, né qui né alla 3ª pers., vd. Varvaro (1995: 235).
96
Così anche in Barbato (2010: 52), vedi Formentin (1994: 231).
97
Vedi anche Varvaro (1995: 235); la forma ridotta me compare più tardi, cfr. Barbato (2010:
56-57).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 79

anche escludendo l’unico caso di posposizione in vocativo (Frati meu


4.17), non si riscontra la netta prevalenza dell’anteposizione sulla posposizio-
ne presente negli altri testi di tradizione trecentesca confrontati da Barbato
(2010: 57): si avvicinano al frammento soltanto i documenti d’archivio (Rinal-
di 2005: 406), che hanno un rapporto percentuale comunque maggiore98.
Questi dati sembrerebbero il risultato di una combinazione tra un atteggia-
mento conservativo nei confronti della fonte latina e una certa tendenza al-
la ripetizione di sintagmi fissi, dal momento che in buona parte dei casi di
posposizione ci si trova di fronte a un calco, esteso anche alla traduzione di
un sintagma analogo in cui non si dà un possessivo (a). accanto a questi ca-
si, ovviamente, se ne danno altri di vera e propria alternanza, ma il tipo pre-
ferito in presenza di innovazione rispetto al modello è sempre quello con po-
sposizione (b):
(a) a la chella tua 6.9 < ad cellam tuam
a la chella nostra 2.4 (+1) < ad cellulam nostram
a la chella nostra 2.8 (+1) < Ø
in lu cori sou 3.6 < cordis eius
intra lu cori sou 5.3 < Ø
la vita sua 2.12 < animas suas
la vita sua 4.19 < Ø
per fina a la morti tua 4.16 < Ø

(b) la oracioni sua 3.5 < orationem eius


li soi oracioni 3.8 < orationes eius
per loru oracioni 3.12 < orationibus eorum
li oracioni mei 3.9 < Ø
inperzò ki per tua culpa esti 3.9 < quia tua culpa est
per culpa sua et per negligencia sua 3.8 < culpa et negligentia illius monachi
per colpa sua 3.6 < Ø

5.4.5. Dimostrativi. oltre ai normali kistu e killu, vi sono due attestazioni


di kissu < *eCCU-IPSU (dimostrativo che indica prossimità all’ascoltatore)99,
non a caso tutte in discorso diretto: kissi mali cogitacioni ki tu ài 3.10, in kissa
mia etati 6.7. Uso enfatico dei deittici con valore anaforico analogo ad altri
volgarizzamenti in sic.a., quali ad es. ConquestaXIVRT 100; alcuni esempi:
3.4 Da capu riturnau killu frati et prigavalu ki plui sullicitamenti illu prigassi a
Diu per sì, et killu cun grandi sollicitudini prigava a Diu per killu frati.

198
Considerato che ci si trova dinanzi alla testimonianza frammentaria di un testo certamente
molto più esteso, il valore percentuale stimato ha un margine d’errore del 10% rispetto a quello per
il testo analizzato nella sua interezza.
199
Cfr. Varvaro (1995: 235); Stavinschi / Irsara (2004: 610-616); Rinaldi (2005: 406).
100
Cfr. La Fauci (1987).
80 Laura Ingallinella

6.13 Et cumplita kista oracioni, et kistu sanctu Apollo sì vidi unu dimoniu in for-
ma di unu sclavu nigru di Ethiopia stari in pressu la chella di killu antiqu et
gictava sagicti contra di killu antiqu, et killu frati, tuctu perforatu di killi sa-
gicti, incontinenti comu inbriacu di vinu et illu andava ora izà ora illà.

5.4.6. Relativi e interrogativi. non è attestata nessuna occorrenza di cui,


né come relativo obliquo né come interrogativo con funzione di soggetto.
Consueta l’alternanza ki/lu quali in funzione di soggetto e oggetto, sia in rela-
tive restrittive che in relative esplicative (Varvaro 1995: 235). Il solo relativo
in funzione di obliquo è ki 4.12 (Rinaldi 2005: 410).
5.4.7. Indefiniti. Un caso evidente dell’impiego di omu come indefinito
in funzione pronominale si ha nella glossa alla citazione evangelica in 2.12, do-
ve nemo habet… ut ponat > non pò aviri omu… di dari l’omu101. Unica attesta-
zione del negativo nulla 2.8.
5.4.8. Indeclinabili: preposizioni. attestato da 2.8 (+6) < De-aB, che si al-
terna a di 3.11 (+5) < De per De-aB, frequente in it.merid. La preposizione
impropria contra regge sempre un sintagma introdotto da di: contra di killu
frati 3.7, contra di killu antiqu 6.13.
5.4.9. Indeclinabili: avverbi. Tra i continuatori latini, il tipo utilizzato per
modificare avverbi, verbi e aggettivi è quasi sempre multu: multu gravusamen-
ti 3.2, multu approbatu 3.2 multu si meravigliava 3.5; una sola volta assai, che
modifica un avverbio: assai plui 5.5. Tra gli avverbi di luogo: illocu 4.9 ha va-
lore anaforico, mentre izà ‘qua’ e illà ‘là’ appaiono soltanto nella locuzione ora
izà, ora illà 6.13 (che traduce il lat. huc atque illuc).
5.4.10. Indeclinabili: negazione. L’avverbio negativo è sempre non 2.5
(+31); la forma ridotta no compare solo due volte, prima di clitico (no li iuva
nienti 3.11), contesto ben attestato in sic.a. e it.merid.102, e in posizione prevo-
calica per beni ki no avissi piccatu 2.11, tipo meno frequente ma comunque
presente in sic.a.103.
5.4.11. Classi di verbi. Come normale in it.a., ascuntrari nell’uso inaccu-
sativo pronominale vale ‘incontrare, andare incontro’ 6.5 (+1). alcuni esempi
di verbi causativi: ‘tornare’ per ‘far tornare’ in turnamula a la casa sua 4.17104,
‘dirrupare’ per ‘far cadere’ in avianu dirrupatu killu monacu in fornicacioni 4.9.
5.4.12. Ausiliari. Gli unici due casi di perifrasi perfettive con verbi inac-
cusativi è con ‘cadere’ e vede alternanza tra il tipo con ausiliare ‘essere’ su ca-
dutu 2.5 e ‘avere’ aiu cadutu 4.13105.

101
Cfr. Rinaldi (2005: 432); Parry / Lombardi (2007: 86s.).
102
Per il sic.a. cfr. Barbato (2010: 72), per l’it. merid. Barbato (2001: 228).
103
Per un esempio nei documenti d’archivio, cfr. Rinaldi (2005: 431).
104
Cfr. ageno (1964: 80).
105
L’ultima forma è decisamente minoritaria, cfr. La Fauci (1992: 191s.); una ricerca su arte-
sia conferma il dato: per il solo ‘cadere’, si danno 38 casi in cui l’ausiliare è ‘essere’ contro 6 con au-
siliare ‘avere’.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 81

5.4.13. Accordo del participio passato. Si riscontra soltanto un caso di ac-


cordo del participio passato con l’oggetto (in particolare, con un relativo): la
cannata… la quali avia kistu preparata 4.5; prevale il tipo senza accordo, es. il-
lu avia richiputu killi cogitacioni 6.3.
5.4.14. Costrutti esistenziali. Dei tre costrutti esistenziali presenti nel
frammento, uno presenta il clitico locativo dundi… chi su sempri tormenti ar-
denti 2.8, mentre manca nei restanti due, unu frati fu in lu boscu 5.1 (con il no-
minale in posizione preverbale, cfr. amenta 2004: 26), ki fu unu frati 6.1.
5.4.15. Espressione del soggetto. Sono frequenti i casi in cui il pronome
soggetto è espresso anche se si è in presenza di un referente atteso (a), ed è
praticamente costante nelle gerundive prolettiche con soggetto espresso core-
ferente con quello della sovraordinata, quest’ultima spesso introdotta da et
(b), cfr. §5.4.30:
(a) 2.4 turnandu lu sou frati a lu fundacu et illu dixi a killu frati
2.11 comu killu frati, per la grandi caritati ki illu avia, per beni ki no avissi
piccatu illu si affligia
4.3 et truvandulu illa intrau in la chella sua et affirmava et dichiali comu illa
era di lu sou lignaiu
(b) 3.3 sintendu zo lu patri et illu atentamenti sì orava et prigava a Deu per killu
frati
3.13 audendu killu frati kisti paroli et illu fu tuctu compuntu in lu cori
4.10 et audendu zo kistu frati et illu si meraviglava di zo

5.4.16. Oggetto preposizionale. Si ritrova oggetto preposizionale in nomi-


nali che contengono nomi propri: laudava sempri a lu Signuri 5.7, prigari a
Deu 3.7, prega a Deu 3.2, prigava a Deu 3.3 (+1), prigassi a Deu 3.4; dinanzi a
un nome singolare accompagnato da possessivo: chircandu a kistu sou parenti
4.2, vestiri a tua mugleri et a tua figla et a ti 5.5. Sempre ‘pregare’, ma con
[-animato]: prega a la misericordia di Deu 3.10, prigau a la misericordia di lu
nostru Salvaturi 4.18 (cfr. La Fauci 1991: 391s.).
5.4.17. Coordinazione. La costruzione copulativa è introdotta da et 1.1
(+160) / e 2.2 (+5), l’avversativa da ma 2.8 (+3), la disgiuntiva da oi 4.5, l’uni-
ca conclusiva da et inperzò 2.6. Il nostro testo è caratterizzato da una forte
tendenza a realizzare serie polisindetiche (coordinazione multipla) a livello in-
tra- e interfrasale, in cui et funge da segnale discorsivo che dà coesione al testo
narrativo sul modello «del latino biblico, degli scritti dottrinali e dei sermona-
ri» (Consales 2012: 60); si noti peraltro che, in termini assoluti, ‘e’ (tot. 166)
presenta quasi il doppio delle occorrenze rispetto alla fonte latina (tot. 88),
dunque si dovrà spiegare questa sovrabbondanza come una strategia di dila-
tazione sintattica debitrice di un modello attivo in modo generalizzato nella
‘prosa media’ dell’it.a., non di uno specifico debito nei confronti della fonte.
ecco un caso di ‘e’ + mutamento di nucleo verbale e di soggetto:
82 Laura Ingallinella

es. 6.13 Et cumplita kista oracioni, et kistu sanctu Apollo sì vidi unu dimoniu in
forma di unu sclavu nigru di Ethiopia stari impressu la chella di killu an-
tiqu et gictava sagicti contra di killu antiqu, et killu frati tuctu perforatu
di killi sagicti incontinenti comu inbriacu di vinu et illu andava ora izà
ora illà.

5.4.19. Subordinazione: completive. La completiva è normalmente intro-


dotta da ki, seguito da congiuntivo nell’unico caso con verbo direttivo (2.9 zo
ki li santi padri li cumandaru ki divissiru fari di pinitencia) e dall’indicativo per
i verba dicendi (4.9 et dichianu ki in kista nocti avianu dirrupatu killu monacu,
4.1 Recita misser sanctu Ieronimu ki fu unu monacu, 6.1 Recita sanctu Ieronimu
ki fu unu frati) e percettivi (3.5 videndu killu patri ki lu monacu vinia cussì fre-
quentimenti et ki la oracioni sua non era exauduta, 3.8 canuschia ki … illu avia
killa temptacioni). L’uso di un secondo complementatore, comu, ben attestato
in it.a.106, si realizza ancora una volta con i verba dicendi (2.9 cunfissaru comu
appiru lu piccatu grandi et caderu in lu piccatu di la fornicacioni, 4.2 dichiali co-
mu illa era di lu sou lignaiu, 6.3 dichia… comu era miserabili et non era dignu),
percettivi (videndu… comu cunbactia 5.7) ed espositivi (3.6 Deu li revilau a lu
patri comu killu monachu si ’nchi era in causa). Una completiva è introdotta da
ca, tipo non frequente nel sic.a.107: 3.6 per colpa sua di killu ca era pigru et negli-
genti et richipendu li cogitacioni inmundi et illu si ’nchi delictava in lu cori sou.
Un caso di soggettiva introdotta da verbo impersonale con omissione del ki
complementatore è 3.18 manifestamenti appari kista sia stata arti di malignu108.
5.4.20. Subordinazione: infinitive. non si danno casi di costrutti latineg-
gianti, pure frequenti nei volgarizzamenti. Si segnala, d’altra parte, un caso di
infinitiva preposizionale di + infinito retta da un nominale 2.5 kista novitati di
diri “Non voglu viniri”.
5.4.21. Subordinazione: relative. I pronomi che introducono la relativa
sono stati illustrati a §5.4.6; ki, come di consueto, può essere riferito ad ante-
cedenti pronominali (frequente il pronome neutro zo: es. 2.6 avimu vindutu
zo ki purtammu +6). L’antecedente (pronome dimostrativo) è separato dalla
relativa in 2.11 azò ki killu avissi pirdunanza lu quali avia piccatu (uno degli ef-
fetti della «tendenza a marcare iperanaforicamente i legami frasali e più in ge-
nerale la coesione del periodo», De Roberto 2012: 215).
5.4.22. Subordinazione: temporali. nei casi attestati quandu indica soltan-
to contemporaneità rispetto alla sovraordinata: sempre prolettica 2.8 et eu
quandu mi partivi… cadivi in fornicacioni, 3.7 inperzò ki quandu avia killu
temptacioni si delectava in illi, eccetto che in 4.6 kistu factu sì si fichi per alcuni

106
Dardano (2012: 121).
107
Cfr. Barbato (2010: 88-89) e relativa bibliografia.
108
alcuni esempi dello stesso tipo per il toscano del Trecento sono documentati in Dardano
(2012: 151).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 83

iorni quandu illu vinia a maniari. Indica contemporaneità anche l’unica atte-
stazione di comu temporale, 4.6 comu si assictava a la mensa cussì killa cannata
d’acqua per sì midemmi si girava oi vultava. esprime anteriorità ananti < anTe
+ ki (col congiuntivo), 4.16 ananti ki avissi comisu kistu piccatu.
5.4.23. Subordinazione: causali. Introducono le causali inperzò ki 3.9
(precede la sovraordinata), 6.5 (segue la sovraordinata). Si riscontrano anche
due causali introdotte da ca: 2.8 fazamu pinitencia di kistu piccatu, ca omni co-
sa si è a Deu possibili, 3.9 ca tu ti dilecti in li cogitacioni inmundi.
5.4.24. Subordinazione: finali. La finale è quasi sempre introdotta azò ki
(+ congiuntivo), eccetto che un caso di ki + congiuntivo, con plui che modifi-
ca il verbo precedente: 5.4 affannari plui ki tu la pozi nutricari.
5.4.25. Subordinazione: temporali. Da segnalare la presenza di alcuni casi
di per fina ki + indicativo: 1.1 per fina ki di menti li passau omni temptacioni
carnali, 4.19 per fina ki fu restitutu in lu primu gradu ki avia.
5.4.26. Subordinazione: ipotetiche. L’unica ipotetica attestata è del tipo
più semplice, ovvero del primo (realtà), con protasi e apodosi all’indicativo
presente: 3.11 si killu ki è infirmu non si voli astiniri di li cosi contrarii et di kil-
li cosi ki solinu nochiri et lediri a lu infirmu, tucta la cura et la diligencia di lu
medicu no li iuva nienti.
5.4.27. Subordinazione: concessive. La concessiva è introdotta da per beni
ki, il tipo più diffuso nel sic.a. (Rinaldi 2005: 480): 2.11 per beni ki no avissi
piccatu, 3.12 per beni ki li sancti patri… cun tuctu lu cori et cun tucta la inten-
cioni loru preganu a la misericordia di Deu.
5.4.28. Subordinazione: frasi al gerundio e al participio. Il gerundio pre-
senta sempre le costruzioni descritte da Valente (2007). Si segnala soltanto il
periodo che segue, con un’accumulazione di gerundive con valore temporale:
5.5 Unu altru monacu vichinu di kistu standu in lu disertu et vinendu l’ura di
maniari, vulendusi recriari, mictendu l’acqua ad unu vasu oi cannata di terra, la
quali avia kistu preparata per biviri, comu si assictava a la mensa cussì killa can-
nata d’acqua per sì midemmi si girava oi vultava. Il participio presente compa-
re, con funzione verbale, soltanto in 2.12 stanti ki è scriptu in lu Evangelus
(< lat. ita sicut scriptum est) come connettivo comparativo, tipo non attestato
in artesia109, mentre il participio passato compare, come di consueto, in par-
ticipiali assolute con valore temporale, cfr. § 5.4.19.b.
5.4.29. Correlazione: strutture paraipotattiche. Il nostro frammento pre-
senta numerosi casi di coordinazione tra una subordinata prolettica e la prin-
cipale (spesso seguita da una serie polisindetica), consueti nell’it.a. in tutti i ti-
pi di testo110. I casi principali sono quelli con ‘e’ di ripresa dopo temporale

109
Il connettivo stante che è produttivo, ma com’è noto ha valore causale, cfr. GGIC II, 608.
110
Per il toscano antico, cfr. Schiaffini (1926: 283-297); Sorrento (1950); Durante (1981: 112-
118); marra (2002); Tesi (2004: 436).
84 Laura Ingallinella

prolettica al gerundio (a); frequentemente alla principale segue una serie po-
lisindetica di coordinate (b):
(a) 2.6 Turnandu sou frati a lu fundacu, et illu dixi a killu frati
3.6 et richipendu li cogitacioni inmundi, et illu si ’nchi delictava in lu cori sou
4.12 Et audendu zo kistu frati, et illu si meraviglava di zo ki li ‹di›monii di-
chianu di killu monachu.
5.3 Et avendu kisti temptacioni, et illu pinsava intra lu cori sou et dichia cussì
(b) 3.2 Et essendu vexatu gravusamenti, et illu si ’ndi andau ad unu antiqu multu
approbatu et sì lu prigau et dixili cussì
3.13 Audendu killu frati kisti paroli et illu fu tuctu compuntu in lu cori et cun
grandi sollicitudini sicundu la doctrina di quistu patri poi tantu in diiunii
quantu in oracioni et in vigilii si affligiu
4.2 Et una fimina iuvini di lu sou lignaiu et di lu sou sangui chircandu a kistu
sou parenti per multu tempu finalmenti poi di plusuri anni et illa sappe
dundi kistu monacu habitava in lu desertu, et kista opirandu lu dimoniu
andau ad illu in lu desertu
4.6 Et truvandulu illa intrau in la chella sua et affirmava et dichiali comu illa
era di lu sou lignaiu et di la sua parintela, et rumanendu killa cun kistu
monacu opirandu lu dimoniu illi sì piccaru insenbli
4.15 In kista nocti vulendumi pusari in unu locu et eu audivi li dimonii ki
parlavanu intra loru et avantavanussindi di lu casu tou
6.15 Et non putendu plui sustiniri et illu ischiu di la sua chella et prindì la via
pri andarasindi a lu mundu. Et l’abati Apollo sintendu zo ki era factu sì
lu ascuntrau et accustandu ad illu sì…

Com’è consueto in it.a., vi sono anche casi di ‘e’ di ripresa dopo tempo-
rale (sempre prolettica) al participio (c):
(c) 4.11 Et factu iornu et kistu frati sì andau et pervinni a la chella di killu mo-
nacu
6.6 Et prigatu multu da killu abbati Apollo ki li dichissi zo ki patia et killu li
cunfissau la…
6.13 Et cumplita kista oracioni et kistu sanctu Apollo sì vidi unu dimoniu in
forma di unu sclavu nigru di Ethiopia stari impressu la chella di killu an-
tiqu

a questi casi ne andranno aggiunti due in cui la ripresa segue non una
subordinata temporale, ma un semplice complemento di tempo (d), rappre-
sentato nel primo caso da un sintagma nominale (una nocti), nel secondo da
un sintagma preposizionale (poi di alcuni altri iorni, ‘dopo qualche giorno’):
(d) 3.6 Et una nocti et Deu li revilau a lu patri comu killu monachu si ’nchi era in
causa et per colpa sua
5.5 Et poi di alcuni altri iorni et illu si formau una figura pichula comu una ci-
tella et dixi a li soi cogitacioni

Si dà anche un caso in cui una struttura correlativa a livello testuale (più


sbiadita rispetto alle strutture paraipotattiche in senso proprio, cfr. Consales
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 85

2012: 118) è realizzata tramite il costrutto attualizzante ‘ed ecco’, tipico della
prosa narrativa (e):
(e) 6.5 Et sicundu la dispensacioni divina, andandu kistu frati cussì dispiratu a lu
mundu, et eccu ki lu ascuntrau abbati Apollo et videndulu cussì turbatu et
multu tristu illu lu spiau et dixili

5.4.30. ‘Sì’ di ripresa. Il ‘sì’ di ripresa dopo subordinata prolettica è pre-


sente soltanto dopo gerundive con valore temporale (a);
(a) 5.7 Et Deu, videndu kistu ferventi propositu et comu cunbactia virilmenti per
la castitati, sì li livau tucta la molestia di la carni et di la batagla di lu di-
moniu
4.17 Et audendu killu frati kisti paroli sì lu prigava et dichiali cussì
6.11 et standu da fora sì prigau a Deu cun g‹randi lacrimi› et dixi cussì

Il tipo più rappresentato è il ‘sì’ detto tradizionalmente (sulla scorta di


Schiaffini 1929) «rinforzativo», che occorre «in strutture rappresentabili in
forma tipizzata mediante la notazione X Y… sì V, nella quale X e Y sono una
qualsiasi stringa di costituenti che insieme a “sì + V” dà luogo a una frase»
(De Caprio 2010: 286), con la funzione pragmatica di marcare la “temacità/to-
picalità” dell’elemento che lo precede. Il tipo rappresentato è quello soggetto
+ sì + V, in cui il primo elemento può essere un Sn (b) o un pronome (c); vi
sono ovviamente anche i casi in cui segue un sintagma preposizionale (d)111:
(b) 2.1 ki unu frati sì ischiu unu iornu per accattarisi alcuni cosi necessarii
3.7 et lu spiritu di la fornicacioni sì li iucava dananti in diversi formi et figuri
di fimini
4.6 Kistu factu sì si fichi per alcuni iorni
5.2 Kistu frati sì era mastru di pignati
5.5 Eccu ki tua mugleri sì à factu una figla fimina
(c) 2.7 Eu sì su cadutu in fornicacioni e inperzò non voglu viniri
4.4 et rumanendu killa cun kistu monacu opirandu lu dimoniu illi sì piccaru
insenbli
4.7 di kistu factu ki lu sou vasellu di l’acqua ad hura di maniari et illu sì si
versava in terra
(d) 2.11 Videndu lu nostru Signuri la caritati di killu frati et la fatiga sua, infra
pocu tempu sì munstrau a li sancti patri la causa
4.19 et la vita sua cun multi lacrimi et afliccioni sì l’affligya per fina ki fu re-
stitutu in lu primu gradu ki avia ananti ki avissi comisu kistu piccatu

5.4.31. Posizione dei clitici. La risalita del clitico è documentata in tutti i


casi consueti per l’it.a.: 4.15 vulendumi pusari, 4.16 eu mi ’ndi voglu andari. La
legge Tobler-mussafia è sempre rispettata.

111
In linea il quadro fornito in Barbato (2010: 115s).
86 Laura Ingallinella

5.4.32. Ordine delle parole. L’ordine consueto è ovviamente SVo, ma in


presenza di verba dicendi prevale l’ordine VS (nello specifico, ‘recitare’ 4.1 +1
e ‘rispondere’ 2.5 +3 hanno sempre ordine VS, mentre ‘dire’ presenta alter-
nanza SV 2.4 +2 ≠ VS 3.9 +1). Si danno casi di VS anche in presenza di verbi
intransitivi, in cui andrà tenuta in considerazione la «marcata salienza infor-
mativa del costituente» diverso dall’oggetto che, in tutti i casi, è attestato in
posizione preverbale (1.1 di menti li passau omni temptacioni carnali, 3.4 Da
capu riturnau killu frati, 3.13 et da illu si partiu omni cogitacioni et passioni in-
munda)112; lo stesso, ma con oggetto anteposto, si ha nell’inversione a 2.8 ca
omni cosa farà Deu possibili. In 6.5 Fichi killu frati comu sanctu Apollo li dixi
(< Fecit autem frater sic), invece, si dà un caso in cui, oltre a presentare un or-
dine verbale calcato su quello della fonte latina, il verbo si trova in posizione
iniziale assoluta della frase e sottintende un «elemento tematico sottinteso»113,
in questo caso con valore conclusivo (autem ‘dunque’).

6. Tecniche di volgarizzamento

La qualità della traduzione è di fatto alta, dal momento che non si danno
fraintendimenti giustificabili come casi di insipienza del volgarizzatore. allo
stesso modo, non si danno casi di omissioni significative: la tendenza, al contra-
rio, è quella a un’amplificazione sottilmente attiva a livello sintattico e testuale.
Un’utile esemplificazione può essere fornita dal confronto del volgariz-
zamento siciliano con la fonte e con il volgarizzamento cavalchiano. Le due
versioni volgari mostrano due attitudini diverse nei confronti della fonte: nei
passi in cui VSP tratta in modo più libero il testo di partenza, SantiPadri mo-
stra invece una maggiore conservatività. In questo quadro, gli interventi di am-
plificazione e variazione del volgarizzamento siciliano sono sempre caratteriz-
zati dalla volontà di rendere più trasparente, lineare e coeso il testo narrativo.
Un buon esempio è fornito dal passo che segue:

VP (Cm II 9, 1-9) VSP III 131, 2-3 SantiPadri V 1-4


erat quidam frater in ere- era un frate in dell’eremo, Unu frati fu in lu boscu et
mo, habitabat autem in loco in quel luogo che si chiama stava in killu locu ki à nomu
qui dicebatur Cellia, et im- Cellia. Cellia, et continuamenti si
pugnabant eum daemones lu cunbactianu li dimonii di
in passione fornicationis. viciu di fornicacioni.
Kistu frati sì era mastru di
pignati et di opira di crita
oi di lutu,

112
GIA § 1.1.3.1
113
Ibid.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 87

Cogitavit autem apud seme- Questi essendo molto im- et avendu kisti temptacioni
tipsum, dicens: Quia forsi- pugnato dallo spirito della et illu pinsava intra lu cori
tan oportet me magis in fornicattione, pensava e di- sou et dichia cussì: “Forsi
opere manuum laborare, ut cea in sé medesimo: “Forse ca mi cunveni di fatigari
exstinguatur carnalis sensus è bizogno ch’io m’afadighi plui azò ki sia plui maturu
meus. più per domar la carne”; lu meu corpu et non poza
recalcitrari?”.
Erat autem idem frater arte e così pensando levosi e fe- et livausi et fichi di killa cri-
figulus. exsurgens autem fe- ce e formoe di terra, come ta oi lutu una forma di una
cit in luto et plasmavit quasi homo ch’avea quell’arte, fimina, et dixi cussì a li soi
figuram mulieris, et dixit co- cioè ch’era vazellaio, una cogitacioni: “eccu la tua
gitationibus suis: ecce uxor forma di femina, e disse in mugleri; a cti cunvenirà af-
tua, necessarium est ergo ut se medesimo: “ecco la mo- fannari plui ki tu la pozi nu-
super consuetudinem addas glie tua; bizogno è che per tricari”.
in opere manuum tuarum. notircalla t’afadighi e lavori
più che non suoli”.

nel testo latino, l’apoftegma è introdotto da una breve presentazione che


ci fornisce alcune informazioni topiche (un monaco vive nella località di Cel-
lia, ed è soggetto alle tentazioni carnali), a cui segue l’inizio della parte diege-
tica (il monaco si interroga su come sia possibile domare tali tentazioni); que-
st’ultima è immediatamente interrotta da una digressione descrittiva necessa-
ria alla comprensione degli eventi che verranno narrati in seguito (il monaco
è un figulus, un vasaio: di qui la decisione di fabbricarsi una moglie e una fi-
glia di creta), dopo la quale riprende la parte strettamente diegetica. Cavalca
segue fedelmente questa struttura, anzi la porta alle estreme conseguenze: la
digressione, che nella fonte è una frase semplice, è resa con una comparativa
del tipo come + SN + relativa con funzione causale (come homo ch’avea quel-
l’arte, cioè ch’era vasaio). Il volgarizzamento siciliano, al contrario, si mostra
assai conservativo rispetto alla struttura sintattica della fonte, ma innova ri-
spetto alla sua organizzazione testuale: la frase semplice Erat autem idem frater
arte figulus è tradotta in modo perfettamente lineare (fatta eccezione della ne-
cessità di tradurre figulus con una perifrasi, ma per questo vd. più avanti), ma
perde il suo statuto digressivo in quanto è anticipata alla sezione incipitaria.
Quest’ultima fornisce così al destinatario tutte le informazioni necessarie alla
comprensione del testo, la cui coesione è più avanti assicurata da un dimostra-
tivo con funzione di rinvio anaforico (in luto → di killa crita).
a questo esempio particolarmente significativo si devono sommare tutti
i casi in cui l’amplificazione implica non solo una diversa distribuzione del-
l’informazione, ma anche la sua reduplicazione. Una caratteristica evidente
del nostro volgarizzamento è infatti l’aggiunta di gerundive prolettiche (a), ma
anche di costrutti o giri sintattici più complessi (b), che saldano la continuità
tematica, ripetendo informazioni già fornite nel testo, o sciolgono delle pre-
supposizioni che nel testo latino non erano esplicitamente espresse.
88 Laura Ingallinella

(a) Cm II 6,3-4 Unus autem ex eis → 2.2 Et andandu insenbli et allibergandu


egressus est ut quaedam sibi neces- in una casa ….….iu ki unu frati sì ischiu
saria emeret, alius autem solus in unu iornu per ‹ac›cattarisi alcuni cosi
hospitio remansit… necessarii, e l’autru rumasi sulu in lu
ospiciu oi in lu fundacu.114
Cm II 7,1-3 alius etiam frater mole- → 3.1-2 Di kistu viciu di la carni ancora sì
stiam sustinebat a spiritu fornicatio- ’ndi fu temptatu unu altru frati. Et es-
nis. abiit autem ad quemdam pro- sendu vexatu gravusamenti et illu si ’ndi
batissimum seniorem, et precabatur andau ad unu antiqu multu approbatu
eum dicens… et sì lu prigau et dixili cussì…
Pg V 4 col. 874B-C Haec audiens → 6.4-5 audendu kista ref………i killu
frater, desperans seipsum, reliquit frati et illu si dispirau et lassau la sua
propriam cellam et ad saeculum re- chella et andausindi a lu mundu. et si-
dibat. Secundum vero Dei dispensa- cundu la dispensacioni divina andandu
tionem occurrit ei abbas apollo… kistu frati cussì dispiratu a lu mundu et
eccu ki lu ascuntrau abbati apollo…
(b) Cm II 6,20 Ita ergo reversi sunt ad → 2.9 Et tantu lu priau et pridicau ki anda-
cellulam suam. abierunt autem ad ru et turnaru a la …….ica…a, et andaru
sanctos Patres, et prostraverunt se a li sancti patri et gi‹ctarusi› a terra a li
ad vestigia eorum. pedi loru…
Cm II 8,15-17 Igitur cum in itinere, → 4.8-10 et andandu per lu caminu et es-
vespere facto, in quodam antiquo et sendu in via tarda hura, illu declinau in
diruto templo idolorum dormiret, unu templu antiqu durrupatu, lu quali
era statu di ydoli, per durmiri illocu. Et
standu killu frati ………atu in killu locu
audivit daemones inter se loquentes: predictu et illu audiu parlari li dimonii
Quia in ista nocte praecipitavimus intra di loru et dichianu ki in kista nocti
illum monachum in fornicationem; avianu dirrupatu killu monacu in forni-
et haec audiens, admirabatur. cacioni. et audendu zo kistu frati et illu
si meraviglava di zo ki li dimonii dichia-
nu di killu monachu.

Per fare un esempio, nel primo passo riportato la fonte lascia nell’àmbito
del non detto che i due fratelli viaggino insieme e che abbiano trovato ospita-
lità nella città che stanno visitando, informazioni che si deducono leggendo che
uno dei due resta solo in hospitio: il volgarizzamento, invece, esplicita tutte
queste informazioni con una gerundiva prolettica. Queste integrazioni aggiun-
gono altre catene anaforiche costituite da elementi di rinvio lessicali (espliciti)
a quelle già ampiamente presenti nel testo latino, con una spinta verso una coe-
sione testuale ancora più salda, realizzata in modo pressoché analogo a quello
visto per le congiunzioni coordinanti (cfr. § 5.4.18) e, soprattutto, per i deittici

114
Le frasi con un corrispondente latino sono in grassetto, mentre le frasi riconducibili al pro-
cesso di amplificatio sono in corsivo.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 89

con valore anaforico (cfr. § 5.4.5). Si tratta, tra le altre cose, di uno di quei fe-
nomeni sintattici, tipici della prosa antica, che Durante (1981: 110) indica co-
me aspetti «antilatini» (o meglio «antilatino-classici», cfr. Tesi 2004: 433):
nel quadro di un sostanziale rispetto del testo latino, gli interventi inno-
vativi non si limitano quasi esclusivamente a queste spinte di riorganizzazione
testuale. L’aggiunta di particolari narrativi assenti nella fonte (es. cecidit in for-
nicationem Cm II 6,5 → comisi fornicacioni cu una meretrichi 2.2) ha un peso
sostanzialmente irrisorio. Cionondimeno, proprio in rapporto alla conservati-
vità rispetto alla fonte, sorprende che la maggior parte delle innovazioni sin-
tattiche non riconducibili alla spinta verso la trasparenza e la continuità tema-
tica siano collocate in una parte specifica del testo: il discorso diretto.
anche qui risulta molto utile un confronto con la pratica traduttoria ca-
valchiana. nel passo seguente, VSP compendia alcune parti dialogiche non
strettamente necessarie alla comprensione del testo; SantiPadri, invece, non sol-
tanto le conserva, ma in un caso trasforma l’originale interrogativa diretta (Qua-
propter non reverteris ad cellulam?) in una struttura più complessa (Frati, anda-
mu… Non voglu viniri?), in cui l’interrogativa, che a sua volta contiene un di-
scorso diretto di secondo grado, è preceduta da due frasi esortative coordinate.
Il confronto tra la battuta del primo monaco (Eu non pozu turnari), e la stessa
battuta riportata dal secondo monaco (Non voglu viniri) innesca inoltre un
gioco prospettico assente sia nella fonte latina che nella versione di Cavalca:

VP (Cm II 6, 3-11) VSP III 128, 3-5 SantiPadri 3.2-7


Unus autem ex eis egressus e andando l’uno a compra- …unu frati sì ischiu unu
est ut quaedam sibi necessa- re certe cose, e l’altro rima- iornu per accattarisi alcuni
ria emeret, alius autem so- nendo ne l’abergo, per ope- cosi necessarii, e l’autru ru-
lus in hospitio remansit, et ratione del diaullo cadde in masi sulu in lu ospiciu oi in
instigante diabolo cecidit in fornicattione, lu fundacu, et opirandu lu
fornicationem. dimoniu, kistu frati sì comi-
si fornicacioni cu una mere-
trichi.
Cum autem reversus venis- e tornato che fu lo fratello Turnandu sou frati a lu fun-
set frater, dixit ei: ecce di- disse: – ecco abbiamo spac- dacu et illu dixi a killu frati:
straximus quae necessaria ciato ogni cosa, torniacci al «eccu ki avimu vindutu zo
erant, revertamur nunc ad nostro luogo –. ki purtammu. Turnamunin-
cellulam nostram. di a la chella nostra».
Respondens autem frater e quelli rispuose che non Rispusi killu frati et dixi:
dixit ei: Non possum re- potea tornare. «Eu non pozu turnari».
verti.
Cumque deprecaretur eum Della qual cosa quelli mera- et killu altru prigandulu et
frater suus dicens: Qua- vigliandosi e dolendosi, di- dichenduli: «Frati, andamu
propter non reverteris ad mandollo per che cagione et non dubitari, et pirkì fai
cellulam? non potesse tornare. kista novitati di diri “Non
voglu viniri”?».
90 Laura Ingallinella

ecco altri esempi di questo tipo di intervento nel discorso diretto, con
un gradiente di innovatività crescente. nel primo caso si ha l’inserzione di una
semplice frase esortativa assente nella fonte (eu ti pregu):
VP (Cm II 7, 3) VSP III 129, 2 SantiPadri 3.2
Pone tibi sollicitudinem, Prega Dio per me, beatissi- Patri sanctissimu, eu ti pre-
beatissime Pater, et ora pro mo padre, perciò che grave- gu, agi cura et prega a Deu
me, quia grauter me impu- mente sono impugnato dal- per mi, ca la passioni di la
gnat passio fornicationis. lo spirito della fornicattione. furnicacioni multu gravusa-
menti mi timpesta et affligi-
mi.

nel caso seguente, invece, in luogo della reggente originaria è introdotta


un’interrogazione retorica (Non sai tu ki… no li iuva nienti?):
VP (Cm II 7, 3) VSP III 129, 9-10 SantiPadri 3.11-12
Nam et medici, qui corpori- Che come li medici, pogna- Non sai tu ki li medichi
bus hominum medicamenta mo che con somma diligen- compunu la medichina per
conficiunt et adhibent, qua- tia facciano ogni cosa, li nostri corpura et fannu
muis omnia cum summa di- ch’ànno a ffare verso lo omni cosa cun grandi dili-
ligentia faciant, verumta- ’nfermo, no li puono però gencia azò ki pozanu curari
men si ille qui infirmatur, a dare sanità, s’elli da sé non li nostri infirmitati, ma vera-
noxiis cibis, vel de aliis quae s’aiuta e guarda dalle cose menti si killu ki è infirmu
solent laedere infirmitates, contrarie; così quantunqua non si voli astiniri di li cosi
abstinere noluerit, nihil ei li medici spirituali… contrarii et di killi cosi ki so-
proficit cura, et diligentia, linu nochiri et lediri a lu in-
et sollicitudo medicorum, firmu, tucta la cura et la dili-
similiter etiam et in animae gencia di lu medicu no li iu-
languoribus eveniet… va nienti? Et cussì è lu simi-
li a li infirmitati di l’anima…

In ultimo, ritorniamo a un passo già discusso in relazione alle strategie di


intensificazione della coesione testuale:
VP (Cm II 9, 2-3) VSP III 131, 2-3 SantiPadri V 1-4
Cogitavit autem apud seme- Questi essendo molto im- et avendu kisti temptacioni
tipsum, dicens: pugnato dallo spirito della et illu pinsava intra lu cori
fornicattione, pensava e di- sou et dichia cussì:
cea in sé medesimo:
Quia forsitan oportet me “Forse è bizogno ch’io m’a- “Forsi ca mi cunveni di fati-
magis in opere manuum la- fadighi più per domar la gari plui, azò ki sia plui ma-
borare, ut exstinguatur car- carne”. turu lu meu corpu et non
nalis sensus meus. poza recalcitrari?”.

La resa della finale non solo è molto più dettagliata rispetto alla finale
implicita di VSP, ma anche densa di implicazioni culturali. a parte il fatto, più
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 91

generico, che un proposito originariamente negativo (extinguere sensus carna-


lis) sia inquadrato in un più generale progetto di perfezionamento attraverso
l’educazione del corpo (azò ki sia plui maturu lu meu corpu), le scelte lessicali
del volgarizzatore rimandano senza dubbio ai modi della letteratura devozio-
nale e, senza dubbio, ai testi evangelici (recalcitrari < CaLCITRaRe nel senso di
‘opporre resistenza alla volontà divina’ è un verbo biblico, cfr. act. 9,5 e 26,14
con la locuzione calcitrare contra stimulum, ‘opporre resistenza al pungolo’,
divenuta proverbiale, anche nella sua versione volgare).
In presenza di costrutti non più vitali in volgare quali l’ablativo assoluto
(a) e il participio congiunto (b)115, il nostro frammento mostra un orientamen-
to praticamente costante in favore della scelta di equivalenti «genuinamente
volgari» (Dardano (1969: 69) e mai, dunque, del calco sintattico:
(a) instigante diabolo Cm II 6,5 → opirandu lu dimoniu 2.3 (+2)116
aliis orantibus et Deum pro te depre- → et non chi vali li oracioni mei nì di li altri
cantibus Cm II 7,26 3.9
(b) cum multo ululatu et lacrymis ge- → cun grandi suspiri et lacrimi et gemitu 2.9
mentes Cm II 6,21
in eremo degens Cm II 8,8 → standu in lu disertu 4.5
asserens ei Cm II 8,5 → et affirmava et dichiali 4.2
respondens autem frater Cm II 6,8 → Rispusi killu frati 2.5
pro eo deprecans Domini misericor- → et prigava a Deu 3.3
diam Cm II 7,6
venientem ad se monachum videns → videndu… ki lu monacu vinia 3.5
Cm 7,10
videbat autem angelum Domini → vidia lu angilu di Deu stari indignatu 3.7
astantem et indignantem Cm II 7,18
audivi daemones inter se loquentes → li dimonii ki parlavanu intra loru et
et glorificantes Cm II 8,29 avantavanussindi 4.15

a livello lessicale si riscontrano tutti i fenomeni tipici dei volgarizzamen-


ti. In presenza delle rade rettifiche introdotte da oi si dovrà parlare non di
glosse esplicative quanto di riformulazioni non parafrastiche117. La tendenza
alla reiterazione lessicale, propria già del modello latino, permette di apprez-
zare come, all’occorrenza dello stesso sostantivo più avanti nel testo, il volga-
rizzatore possa preferire il secondo elemento lessicale (a), alternarli entrambi
mostrando una sostanziale equivalenza dei due (b, dove comunque prevale il

115
nel testo latino non sono attestate infinitive con soggetto non coreferente a quello della so-
vraordinata.
116
alla formula instigante diabolo della fonte corrisponde costantemente la gerundiva opiran-
du lu dimoniu, utilizzata quindi con la stessa funzione formulare; cfr. al contrario la varietà con cui
lo stesso ablativo assoluto è tradotto da Domenico Cavalca: per operatione del diaullo VSP III 128,3
/ stigata e menata dal diaullo III 130,2 / come il diaullo vi s’aoperoe III 130,3 etc.
117
Cfr. Pelo (2010: 281).
92 Laura Ingallinella

più specifico cannata), o scegliere un terzo e nuovo lessema più calzante (c), o
addirittura mantenere aperte le due possibilità senza operare una scelta (d):

(a) Cm II 6,3-4 in hospitio → 2.2 in lu ospiciu oi in lu fundacu


Cm II 6,5 Ø 2.4 in lu fundacu
(b) Cm II 8,9 gillo → 4.5 unu vasu oi cannata di terra
Cm II 8,12 Ø 4.5 killa cannata d’acqua
Cm II 8,14 de gillone 4.7 di lu sou vasellu di l’acqua
Cm II 8,21 gillo 4.12 una cannata
Cm II 8,24 gillunculus tuus 4.13 la tua cannatella
(c) Cm II 8,14 vertebat se → 4.6 si girava oi vultava
Cm II 8,12 Ø 4.7 si versava in terra
Cm II 8,22 vertit se 4.12 si versa
Cm II 8,24 vertit se 4.13 si versa
(d) Cm II 9,6 in luto → 5.4 di killa crita oi lutu
Cm II 9,6 Ø 5.2 di crita oi lutu

L’unica vera e propria formulazione perifrastica presente nel nostro


frammento si è già incontrata in questo caso (e):
(e) Cm II 9,6 arti figulus → 5.2 mastru di pignati et di opira di crita
oi di lutu

Sono del resto presenti, come in tutti i volgarizzamenti, dittologie sino-


nimiche non ascrivibili al modello latino (f); in almeno un caso la dittologia è
giustificata dal recupero di materiale lessicale (nel passo riportato si tratta di
un aggettivo) già tradotto con un equivalente volgare più opaco (g):
(f) Cm II 7,16 formis → 3.7 formi et figuri
Pg V, 874C ex multa confusione → 6.5 per la grandi confusioni et vergogna
Cm II 5,16 cruciabat semetipsum → 1.1 sì si cruchifiava et affligiasi
Cm II 8,5 asserens → 4.3 et affirmava et dichiali
(g) Cm II 7,33-34 a noxiis cibis, vel de → 3.11 di li cosi contrarii et di killi cosi ki
aliis quae solent laedere infirmitates solinu nochiri et lediri a lu infirmu

In genere, comunque, accanto a scelte orientate verso il volgare (es. lucrari


Cm II 6,11 → guadagnari 2.8, impugnatio Cm II 5,17 → temptacioni carnali 1.1),
i calchi lessicali prodotti sono già attestati nei volgarizzamenti siciliani trecen-
teschi di testi agiografico-devozionali: unica eccezione PeRFoRaTUS → perforatu
‘trafitto’ 6.13 (con prima attestazione in sic.a., già attestato invece in it.a.), ma
si confrontino DISPenSaTIo → dispensacioni 3.13 ‘provvidenza’, già attestato
col medesimo significato in DialaguXIVS (6 occ.) e QuaedProfXIVC (1 occ.)
ComPUnCTUS → compuntu 6.5 ‘mortificato’ (5 occ. in meditacioniXIVGQ).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 93

Vi sono anche casi in cui al calco lessicale o a un equivalente volgare è preferito


un «latinismo latente»118: es. resolutis Cm II 7,42 → labili ‘facile ai cedimenti
morali o spirituali’ 3.12 (prima attestazione in sic.a. in questa accezione), oppu-
re sordidissima Cm II 5,17 → abominabili 1.1 (3 occ. in meditacioniXIVGQ).

7. Riepilogo (e un’ipotesi di localizzazione)

abbiamo avuto modo di constatare che questa «ex copertina» catanese


ci restituisce l’immagine, seppur frammentaria, dell’opera di un volgarizzatore
il cui usus scribendi è ancora immune da influssi toscani, dal dettato lineare
ma non ingenuo, attento a rendere con assoluta trasparenza le parti narrative
e con vivacità le parti dialogiche, tanto da lasciar intravvedere una certa con-
sapevolezza della destinazione di quella versione ad uso di monaci illitterati.
Resta, ovviamente, il rammarico di non possedere altro che un esiguo lacerto
di quello che, originariamente, doveva essere un volgarizzamento di estensio-
ne consistente, difficoltà intrinseca che non permette di apprezzarlo nella sua
interezza né di localizzare un possibile scriptorium di provenienza: merito e
torto, come per tanti altri relitti della cultura medievale latina e volgare, del
notaio che, smembrando un codice per lui privo d’interesse, ha al contempo
assicurato la sua conservazione e il suo stato di frammentarietà.
non v’è dubbio che le VP fossero lette in Sicilia durante tutto il sec. XIV:
come confermano gli inventari e alcuni codici conservati119, nell’isola, come nel
resto d’europa, quasi tutte biblioteche monastiche (ma non solo, anche laici
devoti) possedevano una copia della raccolta. Del resto, il corpus dei testi in
volgare siciliano documenta riccamente la fortuna delle vite contenute nelle
raccolte delle VP: gli esempi più macroscopici sono il volgarizzamento, perdu-
to, della Vita di s. margherita, menzionato nel catalogo di libri appartenuti alla
biblioteca del monastero benedettino palermitano di San martino delle Scale120,

118
nella definizione offerta da Burgassi / Guadagnini (2014: 9): «casi in cui una parola a base
latina, oggi d’uso corrente, pare costituire in antico un “concorrente onomasiologico” stilisticamente
o connotativamente marcato, rispetto a una o più formulazioni per così dire pienamente volgari, che
appaiono di uso corrente e non marcato per il periodo di riferimento».
119
Di sicura provenienza siciliana è il codice Città del Vaticano, Vat. lat. 375 (XIV-XV sec.
in.). Il ricco apparato iconografico del codice, che si riallaccia alla tradizione bizantina, è stato ogget-
to di numerosi studi (cfr. almeno Daneu Lattanzi 1982: 761-763). Tra i testi in esso tràditi non figu-
rano le Commonitiones; i capitula dictis patrum contenuti nella seconda metà codice (cc. 51r-129r)
comprendono infatti gli apoftegmi di Pelagio (Pg), adespoti e corredati di un indice dei capitoli,
quelli Giovanni (Io) e il solo De meditationibus duodecim anachoretarum di Pascasio (cc. 128r-129r),
entrambi adespoti e anepigrafi.
120
Riferisce per primo di questo volgarizzamento Salvatore maria Di Blasi, pubblicando l’in-
ventario di libri contenuto in Summarium antiquum privilegiorum et instrumentorum Sancti Martini,
datato 1384, allora conservato presso l’archivio del monastero; la voce dell’inventario recita: «Item qua-
ternus aliquarum oracionum cum passione sancte margarite vulgaris», cfr. Di Blasi (1771: 111-112).
94 Laura Ingallinella

e quello della Vita di s. onofrio (un testo agiografico legato alla tradizione
delle VP) nella sua veste tre- e quattrocentesca121. anche un testo originale co-
me la Vita di s. Corrado (SCorradoXVR) è un sicuro capitolo della fortuna, a
un livello più generalmente culturale, delle VP in Sicilia, con la perfetta rap-
presentazione di un «itinerario […] caratterizzato dal passaggio dall’iniziale
ritiro cenobitico alla solitudine eremitica» (Curti 1991: 39) tanto affine al mo-
dello anacoretico122. a partire dalla fine sec. XIV si hanno anche rare testimo-
nianze della circolazione di volgarizzamenti completi: Giovanni de Cruyllas,
di cui si è già avuta occasione di parlare, lascia in eredità al figlio Bilingheri un
prezioso codice recante un volgarizzamento francese delle VP «illuminatu di
auru et assai grandi et antiquu»123. In un elenco di libri inviati insieme ad og-
getti necessari alla celebrazione della liturgia dal monastero di San martino
delle Scale – che, com’è noto, è a partire dalla sua ricostituzione nel sec. XIV
un importantissimo centro per la diffusione della cultura volgare – al nuovo
monastero di Santa maria delle Ciambre (Borgetto), nel 1370, figura inoltre
un «liber sanctorum patrum vulgari»124. Resta dubbio se si tratti di un volga-
rizzamento delle VP o delle Collationes di Cassiano125; e quand’anche si tratti
del primo, è ovviamente impossibile stabilire se si tratti di un codice recante
lo stesso volgarizzamento del nostro frammento, né, se questo sia il caso,
avanzare ipotesi su quali dinamiche di trasmissione abbiano fatto sì che oltre
due secoli più tardi un testimone dello stesso volgarizzamento sia finito nelle
mani di un notaio conservatore catanese.
Certo è, in ogni caso, che tra il secondo e il terzo quarto del sec. XIV
(sostanzialmente fino alla morte di angelo Senisio) la rete di contatti tra i mo-
nasteri benedettini siciliani, e in particolare tra San martino delle Scale e San
nicolò l’arena, è molto fitta; ed è noto, in particolare grazie a una lettera del
1363 in cui frate Giovanni di martino chiede ad angelo Senisio di inviargli
quattro codici126, che tra i due monasteri potevano aver (e avevano) luogo ri-
chieste e scambi di libri. non è dunque irragionevole immaginare che un te-
stimone di un volgarizzamento siciliano completo delle VP sia stato prestato
dal monastero palermitano a quello catanese, negli stessi anni in cui un suo
gemello è incluso nella biblioteca di un monastero benedettino afferente a San

121
Cfr. Pagano (1998).
122
Cfr. Cracco (1992: 132-135) e soprattutto Del Popolo (2007).
123
Bresc (1969: 417). nessuna traccia, invece, della circolazione del volgarizzamento di Ca-
valca nei secc. XIV-XV; i tratti linguistici dell’unico testimone del volgarizzamento toscano di Caval-
ca oggi conservato in Sicilia (enna, Biblioteca Comunale, a 18) sono pienamente toscani, cfr. Salmeri
(1978); Delcorno (2000: 30-32).
124
L’informazione si desume dal Libro di conti parzialmente edito da Giuffrida (1973: 164).
125
In questo contesto, è assai rilevante che proprio a San martino delle Scale, nel sec. XVI,
verrà allestito un volgarizzamento siciliano parziale delle Conlationes (RaxunamentuXVIR), cfr. l’e-
dizione e lo studio di Raffaele (2009) e anche Raffaele (2012).
126
Cfr. Giuffrida (1973: 159) e Bresc (1971: 123), n. 20.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 95

martino delle Scale insieme ad altri codici essenziali alla celebrazione liturgi-
ca; oppure che, viceversa, il volgarizzamento sia stato originariamente allestito
presso il monastero catanese e una copia sia giunta presso san martino delle
Scale. Si resta, com’è ovvio, nel regno delle ipotesi, dal momento che gli unici
dati disponibili sono una testimonianza d’archivio, peraltro di non sicura
identificazione, e un’attestazione frammentaria. Sarebbe stato inoltre neces-
sario disporre di un inventario della biblioteca del monastero di San nicolò
l’arena, della cui ricchezza si possiedono solo testimonianze indirette127; tra
queste figura una bolla di Gregorio XIII, del marzo 1585, in cui si decreta che
incorrerà nella scomunica chiunque danneggerà o ruberà i testi della bibliote-
ca del monastero catanese: documento in cui è possibile leggere in filigrana
una testimonianza della dispersione (e dello smembramento?) di quella ric-
chissima biblioteca in atto durante il sec. XVI 128.
La testimonianza per il monastero di Borgetto, non sicura, assume co-
munque in prospettiva culturale una rilevanza consistente. nella costituzione
della biblioteca di un monastero di nuova formazione – in cui, vale la pena ri-
cordarlo, su undici monaci residenti soltanto cinque sapevano leggere e scri-
vere129 – il «liber sanctorum patrum» è l’unico codice in volgare inviato da
San martino delle Scale, che pure disponeva di numerosi volgarizzamenti di
testi agiografici e devozionali (nonché di commenti in volgare a testi scrittura-
li) che sarebbero stati altrettanto utili all’edificazione dei monaci130. In una se-
conda partita di libri inviata al medesimo monastero, inoltre, figureranno an-
cora due volumi di VP in latino, e il corpus di testi volgare della piccola bi-
blioteca sarà arricchito da un volgarizzamento dei Dialogi di Gregorio magno,
quest’ultimo già accompagnato da un gemello in latino131.
Il primo accesso alla letteratura devozionale per i monaci di Borgetto è
costituito dunque da una raccolta di testi in volgare contraddistinti dalla loro
brevità, semplicità ed esemplarità: ad uso, per dirla col Cavalca, di «uomini
semplici e non licterati»132. anche supponendo che il volgarizzamento tràdito
dal frammento catanese non coincida con quello recato dal perduto «liber
sanctorum patrum», entrambi vanno ricondotti a un ambiente di provenienza
dalla medesima fisionomia culturale, nonché a una destinazione comune.

127
Per un quadro sul rilievo culturale del monastero catanese, specie a partire dal sec. XVI,
cfr. naselli (1929).
128
Catania, Biblioteche Riunite Civica e a. Ursino Recupero, Tabulario dei monasteri di S.
nicolò l’arena di Catania e di S. maria di Licodia, perg. 870 (olim 2.27.K.4).
129
Secondo il computo di Giuffrida (1973: 159).
130
Cfr. la documentazione offerta da Collura (1969) e moscone (2004).
131
Giuffrida (1973: 165); potrebbe trattarsi, come già ipotizza lo studioso, del volgarizzamen-
to di Campulu (DialaguXIVS).
132
VSP, Prol. 6.
96 Laura Ingallinella

eDIzIone DeL TeSTo

Criteri editoriali. nella presente edizione si seguono i criteri invalsi nelle ulti-
me edizioni della «Collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV» del Centro di stu-
di filologici e linguistici siciliani. La grafia del codice è costantemente rispettata, fatta
eccezione della distinzione tra <u> e <v> e della resa di <i> e <j> (quest’ultima, del
resto, minoritaria e limitata a sole occorrenze in posizione finale di parola). Sono in-
trodotti segmentazione delle parole, elementi interpuntivi e diacritici secondo l’uso
moderno. Per lo scioglimento delle abbreviazioni, condotto sulla base delle forme pie-
ne corrispondenti, cfr. § 3. Il discorso diretto di primo grado è stato reso tra caporali
(« »), il discorso diretto di secondo grado e le citazioni scritturali sono state rese con
le virgolette alte (“ ”). Si è uniformato l’uso delle maiuscole: reso con la maiuscola
Evangelus, ma non misser. Iesu non è accentato, mentre si è posto un accento diacri-
tico nelle forme à ‘ha’ e sì ‘sei’. Le preposizioni articolate sono rese separate (in nes-
sun caso è presente <ll>, cfr. § 5.1). Le congiunzioni composte con ‘che’ sono sepa-
rate (es. inperzò ki, per beni ki); si stampa unito perfina ‘fino’.
Le parti di testo illeggibili sono sostituite da puntini di estensione equivalente a
quella della lacuna1. Dove possibile, le lacune sono state integrate: ogni integrazione
figura tra parentesi uncinate. In assenza di una numerazione originaria, è stata appo-
sta una numerazione di servizio tra parentesi quadre all’inizio di ogni apoftegma.
L’apparato è suddiviso in due fasce. nella prima sono stati indicati emendamen-
ti al testo, caratteristiche materiali del supporto aventi implicazioni sulla intelligibilità
del testo, particolarità grafiche (in particolare espunzioni) e lapsus calami (in partico-
lare ripetizioni). Sono state utilizzate le seguenti abbreviazioni: cfr. = confronta; esp. =
espunto; inch. = inchiostro; lacer. = lacerazione; macch. = macchiato; in corrisp. = in cor-
rispondenza; nel caso in cui la lacuna sia stata integrata per mezzo di un riscontro con
il testo latino, è presente un rimando alla seconda fascia di apparato.
nella seconda fascia sono state riportate le giustificazioni agli interventi di inte-
grazione delle lacune e di emendatio attraverso un riscontro con le fonti latine, e, a se-
guire, i riscontri con le fonti latine che non giustificano interventi e integrazioni (in-
sieme a note di carattere lessicografico e stilistico).

1
La natura delle lacune e delle difficoltà di lettura è documentata in apparato.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 97

[1]
1
…………ti……………………………i……indi di llà ……… soi killu
abominabili sì si cru‹chifiava et› affligiasi omni iornu per fina ki di menti li
passau omni temptacioni carnali, et rumasi quietu in lu serviciu di 2…………
…………………….……………………………….………………………cu.

[2]
1
‹e›ss‹endu› dui frati carnali monachi, et andaru a la chitati vi‹china per›
proff‹ir›iri tucta l’opira ki avianu factu tuctu l’annu. 2 et andandu insenbli et
allibergandu in una casa, ‹accad›iu ki unu frati sì ischiu unu iornu per ‹ac›cat-
tarisi alcuni cosi necessarii e l’autru rumasi sulu in lu ospiciu oi in lu fundacu,
et opirandu lu dimoniu kistu frati sì comisi fornicacioni cu una meretrichi.
3
Turnandu sou frati a lu fundacu, et illu dixi a killu frati: 4 «eccu ki avimu vin-
dutu zo ki purtammu; turnamunindi a la chella nostra». 5 Rispusi killu frati et

1. 1. cru‹chifiava et›] si legge soltanto <cru> (vd. infra, 2) per lacer. 2. Quattro righe sono sta-
te raschiate, e sullo spazio ricavato una mano tarda ha trascritto delle note; vi è inoltre una una
macchia di inchiostro rosso, molto sbiadita, che potrebbe essere una traccia della rubrica presente
nella carta precedente nell’unità codicologica originaria.

2. 1. ‹e›ss‹endu›] si leggono solo le due <s> e un titulus per inch. evanito. vi‹china per›] anne-
rimento e inch. evanito (vd. infra, 2). proff‹ir›iri] inch. evanito. 2. ‹accad›iu] illegg. a causa
di un foro (vd. infra, 2).

1. 1. cru‹chifiava et›: cfr. Cm II 5,16 cruciabat. et affligiasi: la congiunzione coordinante è richiesta


dalla presenza del clitico in enclisi. killu abominabili: cfr. Cm II 5,16 illo fetore. abominabili: tra-
duce il sordidissima che ricorre poco più avanti come attributo di impugnatio, ricollocato come at-
tributo a fetore dal volgarizzatore o, altrettanto probabilmente, già nella fonte a cui aveva accesso;
del resto, abominabili risulta una scelta più orientata al volgare rispetto a un eventuale calco su sor-
didus, mai attestato in sic.a. e presente in it.a. in sei sole attestazioni (due da volgarizzamenti, due da
testi di Giovanni Boccaccio). 2. e rumasi quietu…cu: assente del modello latino, potrebbe trattarsi
di un’aggiunta del volgarizzatore.

2. 1. a la chitati vi‹china per›: cfr. Cm II 6,1 in proximam civitatem. frati carnali monachi: cfr. Cm
II 6,1 fratres monachi; l’aggiunta dell’aggettivo disambigua frati, che può indicare sia gli appartenenti
a un ordine monastico che, come in questo caso, due fratelli. 2. ‹accad›iu: cfr. OnofiuXVP mi acca-
diu chi una donna vistuta di ha bitu mona cali, vinendu a mmi, mi constrinsi chi divissi insembla habi-
tari cum mia. Et andandu insenbli et allibergandu in una casa: la determinazione di luogo nella fon-
te è limitata nella principale al solo ex eis (Cm II 6,3) mentre il volgarizzatore approfondisce con una
gerundiva prolettica più ricca di particolari narrativi. 3. opirandu lu dimoniu: traduce la formula
Cm II 6,5 instigante diabolo; anche il volgare ricorre in modo cristallizzato a 4.2 (ancora in corrispon-
denza del lat. instigante diabolo) e a 4.4 (come aggiunta del volgarizzatore). cu una meretrichi: ag-
giunta del volgarizzatore. 3. illu: cfr. Cm II, 6,6 ille qui egressus fuerat frater; il volgarizzatore omet-
te la relativa ristrettiva, giudicando sufficiente il pronome. 4. zo ki purtammu: la relativa della fonte
Cm II 6,7 quae necessaria erant crea ambiguità tra i prodotti venduti (quod… operati fuissent Cm II
6,2-3) e quelli acquistati (necessaria Cm II 6,4); lo stesso tipo di variazione si riscontra in VSP III
128,3 ogni cosa.
98 Laura Ingallinella

dixi: «eu non pozu turnari». 6 et killu altru prigandulu et dichenduli: «Frati,
andamu et non dubitari; et pirkì fai kista novitati di diri “non voglu viniri”?».
7
et killu li cunfissau la virtati et dixi: «eu sì su cadutu in fornicacioni et in-
perzò non voglu viniri». 8 et killu frati, vulendu guadagnari e salvari l’anima di
killu sou frati, prisi, et iurau, et fichi sacramentu et dixi cussì: «et eu ‹quandu›
mi partivi da ti per andari ad accatari alkuni cosi necessarii, cadivi in fornica-
cioni et fichi lu simili. ma veramenti andamu a la chella nostra e fazamu pini-
tencia di kistu piccatu. Ca omni cosa si è a Deu possibili, di darini pirdunanza
di pentirini di kistu piccatu, azò ki non siamu aflicti et tormintati in lu focu
eternu di lu infernu, dundi non si pò fari nulla pinitencia ma chi su sempri
tormenti ardenti di focu ki mai non cessanu». 9 et tantu lu priau et pridicau ki
andaru et turnaru a la …………ca…a, et andaru a li sancti patri et gi‹ctarusi›
a terra a li pedi loru cun grandi suspiri, et lacrimi et gemitu et cunfissaru co-
mu appiru lu piccatu grandi et caderu in lu piccatu di la fornicacioni; et zo ki
li sancti patri li cumandaru ki divissiru fari di pinitencia, omni cosa si offersiru
di fari et fichirula. 10 et killu frati ki non avia factu lu piccatu cussì fachia la pi-
nitencia comu illu aissi piccatu, et kistu era per la grandi caritati ki illu avia.
11
Videndu lu nostru Signuri la caritati di killu frati et la fatiga sua, infra pocu
tempu sì munstrau a li sancti patri la causa comu killu frati, per la grandi cari-
tati ki illu a‹vi›a, per beni ki no‹n› avissi piccatu, ill‹u si› affligia per la saluti di
lu sou frati, azò ki killu avissi pirdunanza lu quali avia piccatu. 12 et kistu fu
factu stanti ki è scriptu in lu evangelus: “maiorem caritatem nemo habet ut

8. ‹quandu›] illegg. a causa di un foro (vd. infra, 2). 9. andaru] an//daru. a la ……ca…a]
parte finale del rigo illegg. perché in corrisp. di linea di piegatura; si distinguono soltanto poche
lettere, che però permettono di escludere che si tratti di chella (vd. infra, 2). gi‹ctarusi›] lacer.
(vd. infra, 2). 11. no‹n›] no. a‹via›1 ] foro. ill‹u si›] foro. 13. Deu] lu.

6. Frati, andamu et non dubitari: aggiunta del volgarizzatore; l’intero passo mostra un’attitudine alla
resa più viva del parlato. fai kista novitati di diri “Non voglu viniri”: cfr. Quare non reverteris ad
cellulam? Cm II 6,9-10; ‘novità’ vale qui ‘cattiva sorpresa’, per la locuz. fare novità cfr. Castellani
(2005: 160) s.v. novitade. 7. et inperzò non voglu viniri: aggiunta del volgarizzatore. 8. ‹quandu›:
cfr. Cm II 6,13 cum egressus essem a te. fichi sacramentu: ‘spergiurò’, lat. cum sacramento Cm II
6,12; cfr. GDLI s.v. sacramento 9 “invocazione di Dio come testimone e garante”, e, per il sic.a., Re-
bellamentuXIVB 10.1. ad accatari alkuni cosi necessarii: chiarimento aggiunto dal volgarizzatore,
cfr. 2.2. 9. a la …ica…a: cfr. Cm II 6,19 in cellulam suam. gi‹ctarusi›: cfr. Cm II 6,20 prostraverunt
se. Et tantu lu priau et pridicau: aggiunta del volgarizzatore, cfr. Cm II 6,18 ita ergo reversi sunt.
et gemitu: cfr. Cm II 6,21 gementes. comu appiru lu piccatu grandi et caderu in lu piccatu di la for-
nicacioni: le due coordinate amplificano Cm II 6,22 quae evenisse eis ruina et tentatio; si potrebbe es-
sere qui in presenza di un errore di anticipo (piccatu per temptacioni < tentatio). omni cosa sì offer-
siru di fari et fichirula: amplificazione di Cm II 6, 23-24 ita omnia fecerunt. 11. la caritati di killu
frati et la fatiga sua: scioglie in due sintagmi coordinati il singolo laborem caritatis eius Cm II 6, 26;
cfr. la soluzione compendiosa di VSP III 128, 9 la sua carità. azò ki killu avissi pirdunanza lu quali
avia piccatu: glossa esplicativa aggiunta dal volgarizzatore. 12. Maiorem caritatem… pro amicis suis:
cfr. Ioh 15,3 (Maiorem hac dilectionem nemo habet ut animam suam quis ponat pro amicis suis) e I
Ioh. 3,16 (in hoc cognovimus caritatem quoniam ille pro nobis animam suam posuit). 12-13. Et kistu
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 99

animas suas ponat quis pro amicis suis”, “non pò aviri omu maiuri caritati di
kista, di dari l’omu la vita sua per la saluti di lu amicu et di lu sou frati et
proximu”. 13 et cussì ‹Deu› liberau et salvau killu frati ki avia piccatu per la ca-
ritati di killu ki non piccau.

[3]
1
Di kistu viciu di la carni ancora sì ndi fu temptatu unu altru frati. 2 et es-
sendu vexatu gravusamenti, et illu si ndi andau ad unu antiqu multu approba-
tu et sì lu prigau et dixili cussì: «Patri sanctissimu, eu ti pregu, agi cura et pre-
ga a Deu per mi, ca la passioni di la furnicacioni multu gravusamenti mi tim-
pesta et affligimi». 3Sintendu zo, lu patri et illu atentamenti sì orava et prigava
a Deu per killu frati nocti et iornu. 4 Da capu riturnau killu frati et prigavalu ki
plui sullicitamenti illu prigassi a Deu per sì, et killu cun grandi sollicitudini
prigava a Deu per killu frati. 5 et videndu killu patri ki lu monacu vinia cussì
frequentimenti ad sì e ki la oracioni sua non era exauduta, multu si meravigla-
va et atristavasindi. 6 et una nocti et Deu li revilau a lu patri comu killu mona-
chu sì nchi era in causa et per colpa sua di killu ca era pigru et negligenti, et
richipendu li cogitacioni inmundi, et illu si nchi delictava in lu cori sou. 7 et vi-
di kistu patri in spiritu sidiri killu monacu et lu spiritu di la fornicacioni sì li
iucava dananti in diversi formi et figuri di fimini, et killu si delectava in killu
iocu ki li fachia lu dimoniu; et poi vidia lu angilu di Deu stari indignatu contra
di killu frati gravimenti, et inperzò ki quandu avia killu temptacioni si delec-
tava in illi et non si livava incontinenti, nì si mictia in terra in oracioni a prigari
a Deu. 8 et ‹tuc›ti kisti cosi per revilacioni foru mustrati a killu sanctu patri et

3. 7. et lu spiritu di la fornicacioni] et lu spiritu i esp. di la fornicacioni. 8. tucti] un foro per-


mette di leggere solo l’ultima sillaba. 11. comp‹li›nu] compunu. 13. Salvaturi Ihesu] let-
tura difficoltosa per lacer. e inchiostro evanito (vd. infra, 2). per loru oracioni] la lacer. non
permette di leggere la parola seguente.

fu factu… di killu ki non piccau: i due periodi nella fonte (ma anche in VSP III 128, 10) sono invertiti,
con la citazione evangelica posta a chiusura dell’apoftegma. 13. Deu: cfr. Cm II 6,29 Idcirco indul-
gentiam donavit Dominus ei qui peccavit.

3. 2. Et essendu vexatu gravusamenti: gerundiva prolettica aggiunta dal volgarizzatore, cfr. 3.2 la pas-
sioni di la furnicacioni multu gravusamenti mi timpesta et affligimi. multu approbatu: Cm II 7,2 pro-
batissimum. eu ti pregu: aggiunta del volgarizzatore. mi timpesta et affligimi: cfr. Cm II 7,4 me
impugnat. 5. Et videndu…. et atristavasindi: l’architettura sintattica della frase della fonte è sostan-
zialmente modificata, con l’omissione di una coordinata alla completiva retta da videns (Cm II 7,10
et deprecantem se ut oraret) sostituita da una originaria causale (Cm II 7,11 quia non exaudiret Domi-
nus orationes eius). multu si meraviglava et atristavasindi: le due coordinate sciolgono Cm II 7,11
valde contristatus admirabatur. 6. et richipendu li cogitacioni inmundi: gerundiva prolettica aggiunta
dal volgarizzatore. 7. in killu iocu ki li fachia lu dimoniu: cfr. Cm II 7,17 cum eis (riferito alle diver-
sae formae mulierum). stari indignatu: cfr. Cm II 7,18 astantem et indignantem. si mictia in terra:
Cm II 7,19 prosternebat.
100 Laura Ingallinella

canuschia ki per culpa sua et per negligencia sua illu avia killa temptacioni et
kistu sanctu patri non era exauditu in li soi oracioni. 9 et intandu li dixi lu pa-
tri: «Inperzò ki per tua culpa esti, frati, ca tu ti dilecti in li cogitacioni inmun-
di, impossibili è ki si parta da ti lu spiritu di la fornicacioni, et non chi vali li
oracioni mei nì di li altri, exceptu ki tu midemmi non prindi affannu et diiuna
et prega et vigla. 10 Cun grandi planti prega a la misericordia di Deu ki ti dugni
aiutu la gracia sua, azò ki poci risistiri a kissi mali cogitacioni ki tu ài. 11 non
sai tu ki li medichi comp‹li›nu la medichina per li nostri corpura et fannu om-
ni cosa cun grandi diligencia, azò ki pozanu curari li nostri infirmitati? ma ve-
ramenti si killu ki è infirmu non si voli astiniri di li cosi contrarii et di killi cosi
ki solinu nochiri et lediri a lu infirmu, tucta la cura et la diligencia di lu medi-
cu no li iuva nienti. 12 et cussì è lu simili a li infirmitati di l’anima: per beni ki
li sancti patri, li quali su medichi spirituali, cun tuctu lu cori et cun tucta la in-
tencioni loru preganu a la misericordia di Deu nostru Sa‹lvaturi Iesu› Cristu
per kisti ki dimandan‹u ess›iri aiutati per loru oracioni ……. et ki non farran-
nu tantu per opiri quantu per intencioni di la menti killi cosi ki plachinu a
Deu, nulla cosa li iuva li oracioni di li sancti a killi ki su negligenti et labili ki
non si curanu di la saluti di l’anima loru». 13audendu killu frati kisti paroli, et
illu fu tuctu compuntu in lu cori et cun grandi sollicitudini sicundu la doctri-
na di quistu patri poi tantu in diiunii quantu in oracioni et in vigilii si affligiu,
in tali modu ki illu amiritau di aviri la misericordia di Deu et la gracia, et da il-
lu si partiu omni cogitacioni et passioni inmunda.

[4]
Comu unu frati, fornicandu cu una fimina, fu liberatu per consiglu di unu
altru antiqu, lu quali vidi li dimonii ki fachianu grandi festa a killu dimoniu ki
l’avia factu cadiri in piccatu.
1
Recita misser sanctu Ieronimu ki fu unu monacu lu quali habitau in lu
desertu. 2 et una fimina iuvini di lu sou lignaiu et di lu sou sangui, chircandu
a kistu sou parenti per multu tempu, finalmenti poi di plusuri anni et illa sappi
dundi kistu monacu habitava in lu desertu, et kista, opirandu lu dimoniu, an-

4. 2. una fimina iuvini] una fimina i iuuini.

11. Non sai tu… li iuva nenti: l’interrogativa retorica è innovazione del volgarizzatore; cfr. VSP 129,9,
sintatticamente più fedele al modello. 12. Deu nostru Salvaturi Ihesu Cristu: cfr. Cm II 7,38
Christi Domini Salvatori nostri. labili: Cm II 7,42 resolutis.

4. 1. Recita misser sanctu Ieronimu: l’attribuzione, assente nella fonte ma piuttosto comune, doveva
trovarsi già nel codice utilizzato dal volgarizzatore, cfr. anche 6.1. una fimina iuvini: Cm II 8,2
quaedam puella.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 101

dau ad illu in lu desertu. 3 et truvandulu, illa intrau in la chella sua et affirmava


et dichiali comu illa era di lu sou lignaiu et di la sua parintela. 4 et rumanendu
kil‹la› cun kistu monacu, opirandu lu dimoniu illi sì piccaru insenbli. 5 Unu al-
tru monacu vichinu di kistu, standu in lu disertu et vinendu l’ura di maniari,
vulendusi recriari, mictendu l’acqua ad unu vasu oi cannata di terra, la quali
avia kistu preparata per biviri, comu si assictava a la mensa cussì killa cannata
d’acqua per sì midemmi si girava oi vultava et spandiasi tucta killa acqua in
terra. 6 Kistu factu sì si fichi ‹per alc›uni io‹rni quandu illu vini›a a maniari. 7 et
i………………………ati kill‹u va›su, et illu cog‹itau di andari a kill›u sou vi-
chinu mona‹cu› per .…….irlu di kistu factu ki lu sou vasellu di l’acqua ad hu-
ra di maniari et illu sì si versava in terra et non putia biviri. 8 et andandu per lu
caminu et essendu in via tarda hura, illu declinau in unu templu antiqu dur-
rupatu, lu quali era statu di ydoli, per durmiri illocu. 9 et standu killu frati …
……atu in killu locu predictu, et illu audiu parlari li dimonii intra di loru et
dichianu ki in kista nocti avianu dirrupatu killu monacu in fornicacioni. 10 et
audendu zo kistu frati, et illu si meraviglava di zo ki li ‹di›monii dichianu di
killu monachu. 11 et factu iornu et kistu frati sì andau et pervinni a la chella di
killu monacu et truvaulu multu tristu, et dixili cussì: 12 «Ki fa‹z›u, frati, ki in
killa hura ki eu ‹m›i voglu recriari …………. implu una cannata a‹d usu di bi-
vi›ri, et comu la mectu ‹eu vai›u a la mensa incontinenti et ‹killa› si versa per

4. lu dimoniu] lu dimo <mo> esp. moniu. 6. ‹per alc›uni io‹rni quandu illu vini›a a maniari]
solo poche lettere a causa di lacer. nel marg. sup. (vd. infra, 2). 7. et i…ati] illegg. per lacer.
cog‹itau di andari a kill›u sou vichinu mona‹cu›] illegg. per lacer. e grosso foro (vd. infra, 2).
per…irlu] illegg. a causa del medesimo foro (vd. infra, 2). 9. …atu] il resto della parola, sicu-
ramente un participio passato, è illeggibile perché l’inchiostro è evanito e vi è un sottile foro lun-
go tutta la parola; potrebbe essere declinatu. 10. ‹di›monii] la prima sillaba è illeggibile; tutta
la colonna presenta dei fori in prossimità del margine sinistro. 12. fa‹z›u] macchia d’umidità
in corrispondenza di <z>. mi voglu recriari] foro in corrispondenza di <m>; la parte succesiva
della frase è illeggibile per un foro di dimensioni consistenti. ad usu di biviri] leggibili soltanto
la prima <a> e l’ultima sillaba (vd. infra, 2). eu vaiu] leggibile solo l’ultima <u>.

3. di lu sou lignaiu et di lu sou sangui: Cm II 8,2 ex genere et cognatione eius, da confrontare con la
traduzione compendiara di VSP 130,2 sua parente. 4. illi sì piccaru insenbli: cfr. Cm II 8,6 cecidit
in ruinam peccati cum ea (il soggetto è quidam monachus). vichinu di kistu: aggiunta del volgariz-
zatore; nella fonte latina si tratta di un monaco che risiede nel medesimo deserto (in eremo). 5. et
vinendu… vulendusi recriari: cfr. Cm II 8,8-9 cum ad refectionis horam venisset. unu vasu oi canna-
ta di terra: Cm II, 8,9 gillo. si girava oi vultava: Cm II 8,14 vertebat se. 6. ‹per alc›uni io‹rni›: cfr.
Cm. II 8,11 per aliquot dies. ‹quandu illu vini›a a maniari: cfr. Cm. II 8,11 cum ad refectionem ve-
nisset. 7. cog‹itau di andari a kill›u sou vichinu mona‹cu›: cfr. Cm II 8,12-13 cogitavit autem apud
semetipsum ut abiret ad illum aium monachum. per…sirlu: cfr. Cm II 8,14 et diceret ei. lu sou va-
sellu di l’acqua: Cm II 8,14 de gillone. et non putia biviri: assente nella fonte, ma riprende Cm II
8,12 ut non possit bibere. per…irlu: si tratta probabilmente di un verbum dicendi, cfr. Cm II 8,14
et diceret ei. 8. unu templu… lu quali era statu di ydoli: cfr. Cm II 8, 16 templo idolorum. 9. Et
standu killu frati… in killu locu predictu: gerundiva prolettica aggiunta dal volgarizzatore. 12. ki
fazu: cfr. Cm II 8,20 quid faciam. a‹d usu di bivi›ri: cfr. Cm II 8,21 ad usum aquae.
102 Laura Ingallinella

sì midemmi et spandisi killa acqua et poi non aiu ki poza biviri?». 13‹et› intan-
du sì li rispusi lu monacu ‹et dix›ili cussì: «Tu sì vinutu a ‹racu›ntarimi ki la
tua cannatella si versa et spandisi l’acqua, et eu ki aiu a ffari ki in kista nocti
aiu cadutu in fornicacioni?». 14 Rispusi killu frati et dixili: «eu ià lu sappi».
Dixili killu monacu: «et dundi lu putisti zo sapiri?». 15 et killu li dixi: «In kista
nocti vulendumi pusari in unu locu, et eu audivi li dimonii ki parlavanu intra
loru et avantavanussindi di lu casu tou. eu fuindi multu dulenti et tristu». 16 et
intandu rispusi lu monacu et dixi: «eccu ki eu mi ndi voglu andari a lu mun-
du». 17 et audendu killu frati kisti paroli, sì lu prigava et dichiali cussì: «Frati
meu, non fari zo ki tu dichi, ma susteni pacientimenti et rumaniti in kistu lo-
cu; ma cac‹h›amu kista fimina et turna‹mul›a a la casa sua. 18 ma‹nifes›ta‹men›ti
appari kista sia stata arti di ‹m›a‹lignu› et opiracioni di lu dimoniu, et ‹per›zò
a ti cunveni di stari in kistu locu in affliccioni di lu tou cori et di lu tou corpu.
et cun grandi suspi‹ri di lu co›ri et cun multi lacrimi perfina ‹a l›a morti tua
digi prigari a la misericordia d‹i l›u nostru Salvaturi, azò ki poci truvari gracia
et misericordia in killu iornu tirribili grandi di lu iudiciu di Deu». 19audendu
zo, killu monacu rumasisi in killu locu, et crischiu plui in la sua abstinencia et
la vita sua cun multi lacrimi et afliccioni si l’affligya perfina ki fu restitutu in
lu primu gradu ki avia ananti ki avissi comisu kistu piccatu, et in kistu modu
affligendusi salvau l’anima sua.

[5]
Comu unu frati, temptatu di temptacioni di carni, supirau et vinxi la pas-
sioni per fatigy corpurali per opiri di terra.
1
Unu frati fu in lu boscu et stava in killu locu ki à nomu Cellia, et conti-
nuamenti sì lu cunbactianu li dimonii di viciu di fornicacioni. 2 Kistu frati sì
era mastru di pignati et di opira di crita oi di lutu. et avendu kisti temptacio-
ni, et illu pinsava intra lu cori sou et dichia cussì: “Forsi ca mi cunveni di fati-

13. an….marimi] parte della parola è illeggibile per un foro.

18. Ma‹nifes›ta‹men›ti… opiracioni di lu dimoniu: cfr. Cm II 8,34 Manifeste enim ista exquisitio ars
maligni diaboli est. in killu iornu… di Deu: cfr. Joel 2,11 magnus enim die Domini et terribilis valde.
19. Audendu zo… salvau l’anima sua: il passo non è presente nella testo critico della fonte, ma doveva
sicuramente essere presente nei testimoni tardomedievali delle VP, cfr. almeno VSP III 130, 3.

5. 1. Cellia: località a metà strada tra alessandria e i confini settentrionali del deserto libico, occupata
da piccole celle (da cui il nome) in cui risiedettero i primi anacoreti. 2. Kistu frati… di lutu: anti-
cipa Cm II 9,5-6 Erat autem idem frater arti figulus. mastru di pignati… oi di lutu: Cm II 9,6 figu-
lus; l’uso della perifrasi mastru di seguito da sostantivo o sintagma indicante l’attività professionale è
comune in sic.a., anche nei volgarizzamenti (perifrasi analoga in ValMaxXIVU III 7,18 mastru di su-
nari flauti < tibicen). 3. Et avendu kisti temptacioni: gerundiva prolettica aggiunta dal volgarizza-
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 103

gari plui, azò ki sia plui maturu lu meu corpu et non poza recalcitrari?”. 4 et
livausi, et fichi di killa crita oi lutu una forma di una fimina et dixi cussì a li soi
cogitacioni: “eccu la tua mugleri; a cti cunvenirà affannari plui ki tu la pozi
nutricari”. 5 et poi di alcuni altri iorni et illu sì formau una figura pichula co-
mu una citella et dixi a li soi cogitacioni: “eccu ki tua mugleri sì à factu una
figla fimina di …………ura sì ti conv‹enirà di f›a‹tigari› assai plui, azò ki pozi
nutricari et vistiri a tua mugleri, et a tua figla et a ti”. 6 et intra ki opirandu per
la grand‹issi›ma ‹f›ati‹ga, in›tandu macera‹va lu sou co›rpu ‹sì› ki non putia
plui fatigari cussì, et ‹int›andu dixi a li soi cogitacioni: “Ki…….si sì ‹non› pò
plui sustiniri tantu affannu et… non chircari plui fimina”. 7 et Deu, videndu
kistu ferventi propositu et comu cunbactia virilmenti per la ‹ca›stitati, sì li li-
vau tucta la molestia di la ‹car›ni et di la batagla di lu dimoniu, et illu laudava
sempri a lu Signuri di tanta gracia ki li avia concessa, et persevirandu in la gra-
cia di Deu trapassau in pachi di kistu mundu fragili.

[6]
Comu a l’abati Apollo sì revocau unu frati ki era o‹cu›patu di lu viciu di la
carni et andava a lu mundu sicundu ……. a lu cunsiglu ki avia avutu da unu al-
tru antiqu.
1
Recita sanctu Ieronimu ki fu unu frati et era multu sollicitu di la saluti
di l’anima sua. 2 et essendu kistu frati unu iornu multu temptatu da lu dimo-

5. 5. di… ura] illegg. per macchia d’umidità. ti conv‹enirà di f›a‹tigari›] vd. infra, 2. 6. opi-
randu] o//pirandu. per la grand‹issi›ma ‹f›ati‹ga, in›tandu macera‹va lu sou co›rpu ‹sì›] in-
ch. quasi del tutto evanito (vd. infra, 2). ‹int›andu] illegg. per lacer. della pergamena. Ki…
.si] inch. evanito in corrisp. della linea di piegatura. ‹non›] lacer. della pergamena. et…
non circhari] illegg. per lacer. della pergamena. 7. ‹ca›stitati] sillaba illegg. per lacer. la mo-
lestia di la ‹car›ni] sillaba illegg. per lacer.

6. sicundu… a lu cunsiglu] inch. completamente evanito.

tore. azò ki sia plui maturu… non poza recalcitrari: cfr. Cm II 9,5 ut extinguatur carnalis sensus meus;
da confrontare con la traduzione di Cavalca, più aderente alla fonte latina (VSP III 131,3 per domar
la carne). recalcitrari: ‘opporre resistenza’ cfr. GDLI s.v. ricalcitrare. 4. di killa crita oi lutu: Cm II
9,6 ex luto. 5. ti conv‹enirà di f›a‹tigari›: cfr. Cm II 9,12 exerceas opera manuum. citella: ‘fanciul-
la’, cfr. TLIO s.v. zitella. 6. per la grandissima fatiga… lu sou corpu: cfr. Cm II 9,14 pro nimio labore
maceravit corpus suum. 7. Et persevirandu… di kistu mundu fragili: aggiunta del volgarizzatore.

6. Su apollo, fondatore e abate del monastero di Bawıˉt (Hermopolis magna), largamente nominato
nelle opere di Cassiano e nell’Historia monachorum e protagonista di numerosi apoftegmi nelle VP,
cfr. Crum (1903). 1. Recita sanctu Ieronimu: ancora attribuzione a Gerolamo probabilmente già
presente nella fonte, cfr. 4.1. di la saluti di l’anima sua: cfr. Pg V 4 (= PL 73, col. 874B) in conver-
satione. essendu… temptatu: cfr. Pg V 4, 874B turbaret; ma cfr. più avanti et tuctu perturbatu par-
tiusi. la cogitacioni… carnali ki illu patia: amplifica Pg V 4, 874B cogitationes suas. di purtari…
di li monachi: amplifica Pg V 4, col. 874B monachi habitu.
104 Laura Ingallinella

niu di la fornicacioni et tuctu perturbatu, partiusi et andausindi ad unu antiqu


et narrauli tucta la sua cogitacioni et la temptacioni carnali ki patia. 3 et killu
antiqu, audendu zo, fu turbatu et dichia a killu frati comu era miserabili et
non era dignu di purtari adossu lu habitu di li monachi, inperzò ki illu avia ri-
chiputu killi cogitacioni inmundi in l’anima sua. 4audendu kista ref………i
killu frati et illu si dispirau, et lassau la sua chella et anda‹usi›ndi a lu mundu.
5
et sicundu la dispensacioni divina andandu kistu frati cussì dispiratu a lu
mundu, et eccu ki lu ascuntrau abbati apollo, et videndulu cussì turbatu et
multu tristu illu lu spiau et dixili: «Figlu, ki ài ki sì cussì tristu et ki è la causa
di kista tristicia ki mustri?». 6 et killu frati per la grandi confusioni et vergogna
‹non li rispusi› nienti. et prigatu mul‹tu› da killu abbati apollo ki li dichissi
zo ki patia, et killu li cunfissau la ………………………………….… ‹forni›ca-
cioni ……………………… cunfissa‹i a killu› patri antiqu et secundu ………
iamai non aiu spiran‹za di saluti› ma dispiratu rivaiu sulu a lu mundu». 7 et
audendu zo, lu patri apollo, comu saiu medicu, multu lu prigau et amunialu
et dichia: «Figlu, non ti maraviglari, non ti dispirari di ti ki sì iuvini! …. in kis-
sa mia etati cussì antiqu comu sugnu, ancora ‹sugn›u multu molistatu di li
‹temptacioni› carnali. 8 Figlu, non …i………icari ………, non ti dispirari per
kisti cogitacioni ki non sulamenti si ponnu curari per ‹hum›ana solichitudini
ma chi voli la misericordia divina. 9 eu ti pregu, ‹con›chedimi sulamenti ogi zo
e da……. unu iornu tornandu a la chella tua». 10 Fichi killu frati comu sanctu
a‹pol›lo li dixi et turnau a la sua chella. 11abbati apollo si partiu et andausin-
di a la chella di killu antiqu ki ‹li avi›a datu lu mal cunsig‹lu, et standu› da fora
sì prigau a Deu cun g‹randi lacrimi› et dixi cussì: 12 «o Signuri, ‹ki dun›i a li
homini li temptacioni per loru utilitati, converti killa batagla ki susteni killu

4. ref…i] una macchia d’umidità ha reso illeggibile la parte centrale della parola. 6. ‹non li ri-
spusi› nienti] vd. infra, 2. li cunfissau] lacer., ampia porzione di testo illeggibile. spiran‹za
di saluti›] vd. infra, 2. 7. ancora ‹sugn›u multu molistatu di li ‹temptacioni› carnali] porzioni
di testo illegg. a causa di un foro (vd. infra, 2). 8. non… non ti dispirari] inch. evanito, impos-
sibile leggere una porzione di testo. per ‹hum›ana solichitudini] vd. infra, 2. 9. e da… unu
iornu] un foro rende difficoltosa la lettura. 11. ‹et standu›] foro in corrisp. delle due parole
(vd. infra, 2). cun g‹randi lacrimi›] il medesimo foro permette di leggere solo <cu> (vd. infra,
2). 12. ‹ki dun›i] si riesce a leggere solo l’ultima <i> (vd. infra, 2). ‹azò›] illegg.e a causa di
un foro (vd. infra, 2). ‹imprind›a] leggibile solo l’ultima <a> (vd. infra, 2).

5. sicundu la dispensacioni divina: ‘grazie alla divina Provvidenza’, cfr. TLIO s.v. dispensazione 2.1.
6. ‹non li rispusi› nienti: cfr. Pg V 4, col. 874C non respondit ei quidquam. spiran‹za di saluti›: cfr.
Pg V 4, col. 874C non est mihi spes salutis. 7. ancora ‹sugn›u multu molistatu di li ‹temptacioni› car-
nali: cfr. Pg V 4, col. 874C ab huiusmodi cogitationibus inquietor. 8. per ‹hum›ana solichitudini: cfr.
Pg V 4, 874D humana sollicitudine. 10. comu sanctu Apollo… a la sua chella: amplificazione rispet-
to alla fonte, cfr. Pg V 4, 874D. 11. ‹et standu› da fora: cfr. Pg V 4, col. 874D et stans foras. cun
g‹randi lacrimi›: cfr. Pg V 4, col. 874D cum lacrymis. ki li avia datu lu mal cunsiglu: cfr. Pg V 4,
874D qui ei desperationem fecerat. 12. ‹ki dun›i: cfr. Pg V 4, col. 874D qui… infers. ‹azò› ki: cfr.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 105

frati in kistu antiqu, azò ki per experiencia in la sua senectuti ‹imprind›a zo ki


non imprisi in longu tempu, ‹azò› ki altra fiata aia compassioni a killi ki di tali
temptacioni su molestati». 13 et cumplita kista oracioni, et kistu sanctu apollo
sì vidi unu dimoniu in forma di unu sclavu nigru di ethiopia stari impressu la
chella di killu antiqu et gictava sagicti contra di killu antiqu, et killu frati, tuc-
tu perforatu di killi sagicti, incontinenti comu inbriacu di vinu et illu andava
ora izà ora illà. 14 et non putendu plui sustiniri, et illu ischiu di la sua chella et
prindi la via pri andarasindi a lu mundu. 15Et l’abati apollo sintendu zo ki era
factu, sì lu ascuntrau et accustandu ad illu sì //

Scuola normale Superiore (Pisa) LaURa InGaLLIneLLa

BIBLIoGRaFIa

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QuaedProfXIVC - Quaedam profetia Cusimano (1951-1952, I: 28-35)
RaxunamentuXVIR - Raxunamentu di l’abbati Moises Raffaele (2009)
Rinaldi/2005 - Documenti d’archivio Rinaldi (2005)
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SCorradoXVR - S. Corrado, Vita Rotolo (1995)
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106 Laura Ingallinella

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Rita Pina abbamonte, «Fonologia e ortografia del dialetto galloitalico di novara di


Sicilia e Fondachelli-Fantina»

novara di Sicilia col numeroso gruppo di villaggi che le ruota attorno è una co-
lonia di origine settentrionale presente in Sicilia sin dall’epoca normanna (1091). La
parlata di tali piccoli centri – sostanzialmente unitaria nonostante il complesso diasi-
stema – è stata poco studiata dall’ottocento a oggi, anche per l’estremo isolamento
geografico che ancora oggi, in buona parte, le contraddistingue. Tuttavia, tale isola-
mento ha favorito l’eccezionale conservazione dei caratteri originali italiani settentrio-
nali e, allo stesso tempo, ha ridotto le occasioni di contatto e scambio con il siciliano.
nella prospettiva della redazione del Dizionario delle parlate galloitaliche di Novara di
Sicilia e Fondachelli-Fantina, cui l’autrice di questo studio sta lavorando, sulla base
dell’analisi fonologica del diasistema di tali parlate, viene qui proposto il sistema or-
tografico che verrà usato per la redazione del detto Dizionario.
novara di Sicilia, and the group of villages surrounding it is a colony of north-
ern origin present in Sicily since norman times (1091). The local dialect of these vil-
lages – the same despite a complex diasystem – has been largely ignored since the
19th century, due to its extreme geographical and cultural isolation. This remoteness,
however, has favored the exceptional preservation of the original character of the
northern Italian dialect of novara and, at the same time, it has reduced the opportu-
nities of contact and influence with Sicilian and, therefore, interference between the
two linguistic systems. Within the framework of the Dizionario delle parlate gal-
loitaliche di Novara di Sicilia e Fondachelli-Fantina, on which the author of this study
is working at the present time, the orthographic system of this Gallo-Italic dialect is
presented here through a detailed analysis of its phonological system.

marcello Barbato, «ancora su dialetti moderni e volgari antichi»

In risposta a un articolo di Francesco avolio apparso nel numero precedente


del Bollettino, si argomenta che 1) seppur con ritardo e attraverso il filtro della scrit-
tura, i testi antichi riflettono la lingua parlata, 2) i confini linguistici possono aver su-
bito dei cambiamenti significativi dal medioevo ad oggi.
490 Riassunti / Abstracts

In response to an article by Francesco avolio in the previous issue of the BCS-


FLS, this paper argues that 1) ancient texts do reflect spoken language, even though
with some delay and through the filter of writing, 2) linguistic boundaries may have
changed dramatically from the middle ages to the present day.

angela Basile, «Un esorcismo greco-romanzo in forma di filastrocca numerica di pro-


venienza calabrese (ms. Vat. gr. 1538)»

I manoscritti italo-greci medievali di tipo liturgico-devozionale comprendono


alcuni testi di breve estensione, quali scongiuri, esorcismi, formule magiche, definiti
genericamente “incantesimi”. L’articolo propone una nuova edizione e una diversa
esegesi di un testo, un esorcismo in forma di filastrocca numerica, già noto agli stu-
diosi del settore grazie alle edizioni curate rispettivamente da agostino Pertusi e da
Paolo martino. La formula, tramandata dal ms. Vat. gr. 1538 (XV secolo ex.), è in si-
ciliano-calabrese e in caratteri greci. La sua analisi consente dunque di approfondire
ulteriormente l’ambito della filologia “greco-romanza”, ovvero quella branca della fi-
lologia che si occupa di testi romanzi traslitterati in greco. L’esorcismo preso in esame
rievoca il passo della Bibbia che parla dell’attraversamento del mar Rosso da parte
degli ebrei, schiavi del faraone egizio (Ex. 13,17-14,29). Si conclude infatti con l’escla-
mazione apotropaica “schiatta farauni cu tutti soi cumpaniuni”. Lo stesso episodio
viene ricordato nel salmo 135 (vv. 13-15), il cosiddetto Grande Hallel (Grande alle-
luia), cantato alla fine della cena pasquale ebraica.
medieval Greek-Italian manuscripts of a liturgical and devotional type include
some short texts, such as exorcisms, incantations, generically defined as “spells”. This
article provides a new edition and a different interpretation of a text, an exorcism in
the form of a numerical nursery rhyme, already known to scholars in the field through
the editions by agostino Pertusi and Paolo martino. The text is copied in ms. Vat. gr.
1538 (15th-century). It is in the Sicilian-Calabrian language and in Greek characters.
Its analysis thus provides more detailed knowledge of the field of Graeco-Romance
philology, that is the branch of philology that deals with Romance texts transliterated
into Greek. The exorcism recalls the passage from the Bible concerning the crossing
of the Red Sea by the Jews, slaves of the egyptian Pharaoh (Ex. 13,17-14,29). In fact,
it ends up with the apotropaic exclamation “schiatta farauni cu tutti soi cumpaniuni”.
The same episode is mentioned in Psalm 135 (vv. 13-15), the so-called Great Hallel,
that is sung at the end of the Jewish Passover meal.

angela Castiglione, «Per una nuova toponomastica siciliana»

a partire da una rassegna critica degli studi di toponomastica siciliana, che han-
no avuto come massima espressione il Dizionario onomastico siciliano di Girolamo Ca-
racausi, edito nel 1993, l’autrice conduce un’ampia riflessione su alcune possibilità di
sviluppo – teorico, metodologico ed empirico – della ricerca toponomastica in Sicilia.
In particolare, anche sulla scorta di una parte assai significativa della letteratura scien-
tifica italiana e internazionale, l’articolo propone un ribaltamento delle prospettive,
indicando nella toponimia “parlata” il quid e il primum essenziali della ricerca topo-
nomastica, e mostra come l’attenzione rivolta ai sistemi (top)onimici popolari condu-
ca a una più profonda comprensione non solo delle dinamiche storico-linguistiche di
Riassunti / Abstracts 491

un’area, ma anche delle modalità di appropriazione e interpretazione dello spazio da


parte di una determinata comunità umana. ai fini di una metanoia delle prospettive,
l’autrice suggerisce alcune ipotesi di lavoro sostanziate da una serie di riflessioni di ca-
rattere teorico-metodologico e associate alle rispettive implicazioni empiriche. e in
particolare: 1) la toponimia popolare come sistema (i toponimi e la storia, i toponimi
e il resto della lingua, i toponimi tra sintagma e paradigma, i toponimi e i livelli di cul-
tura etc.); 2) toponimia e paesaggio; 3) il “testo” toponimico e il significare dei topo-
nimi; 4) analisi del paesaggio storico, culturale e linguistico siciliano come presuppo-
sto fondamentale nello studio dei repertori toponimici. Il contributo si sofferma, in-
fine, sulle tipologie di fonti scritte, sul loro utilizzo nella ricerca toponomastica e sui
metodi di inchiesta con le fonti orali.
Starting from a critical overview of Sicilian toponomastic studies, whose main
expression is the Dizionario onomastico siciliano by Girolamo Caracausi (published in
1993), this article suggests new possibilities of theoretical, methodological and empir-
ical developments in toponomastic research in Sicily. In particular, on the basis of
Italian and international studies, this research proposes a radical change of point of
view, underlining the key role of “spoken” toponymy in toponomastic research. Fur-
thermore, it shows how a focus on popular (top)onomastic systems could shed light
both on the historical and linguistic events of an area and on the ways a human com-
munity interprets and takes possession of places. In order to achieve a metanoia of
perspectives, the article suggests some hypotheses of research based on theoretical-
methodological considerations. The latter are also associated with their own empirical
implications, such as: 1) popular toponymy as a system (toponyms and history, to-
ponyms and the rest of the language, toponyms between sintagma and paradigma, to-
ponyms and the different layers of culture, etc…); 2) toponymy and place; 3) the to-
ponymic “text” and the meaning of toponyms; 4) the analysis of the historical, cultur-
al and linguistic environment as the basis for the study of toponymic repertoires. Fi-
nally, the article approaches the types of written sources together with their use in to-
ponomastic research and the methods of fieldwork for oral sources.

Silvio Cruschina, «Sabbenedica e l’imperativo di cortesia»

La forza illocutiva della richiesta e del comando tipica del modo verbale dell’im-
perativo può essere attenuata utilizzando un imperativo di cortesia, cioè una forma
imperativa diretta ad un soggetto semanticamente di seconda persona a cui però ci si
rivolge con un pronome allocutivo di cortesia. In questo contributo mi propongo di
esaminare le costruzioni disponibili in siciliano per l’espressione dell’imperativo di
cortesia, soffermandomi in particolare su una struttura imperativa presente in alcuni
dialetti della Sicilia centrale in cui l’imperativo di cortesia può essere espresso con il
verbo alla terza persona del presente indicativo preceduto dall’elemento sa. Questo
elemento ha indubbiamente origine dal pronome di cortesia vossia, ma un’attenta
analisi del suo uso e delle sue proprietà mostra che, a seguito di un processo di gram-
maticalizzazione, sa non è più una semplice forma fonologicamente ridotta, bensì una
particella modale imperativa specializzata nella segnalazione degli imperativi di cor-
tesia. Questa analisi potrebbe essere in grado di spiegare più precisamente l’origine
della forma di saluto sabbenedica che, con le sue varianti storicamente presenti in tutta
la Sicilia, viene tradizionalmente analizzata come il risultato della contrazione del pro-
nome di cortesia vossia con il verbo binidìciri o benedìciri.
492 Riassunti / Abstracts

The illocutionary force of requesting and ordering typical of the imperative


mood can be attenuated by way of a formal or polite imperative, that is, an imperative
form which is directed at a semantically second person subject addressed with a polite
pronominal form. In this paper I intend to examine the different strategies available
in Sicilian to mark polite imperatives, with special attention to an imperative structure
found in central Sicilian dialects whereby a third person form of the present indica-
tive is preceded by the element sa. This element undoubtedly stems from the polite
pronoun vossia, but a careful analysis of its use and properties shows that, further to
a process of grammaticalization, sa is no longer a mere phonologically reduced form,
but rather a modal particle specialized in the marking of polite imperatives. This
analysis could shed light on the precise origins of the formal greeting sabbenedica
which, with its variants historically present in the whole of Sicily, is traditionally
analysed as the result of the contraction between the polite pronoun vossia and the
verb binidìciri or benedìciri.

mari D’agostino, «L’immagine linguistica della Palermo post-unitaria»

Il lavoro analizza alcuni elementi della storia linguistica di Palermo nei decenni
a cavallo dell’unificazione. In primo piano vi è il legame tra pratiche e immagini, en-
trambi legati sia alla dimensione linguistica che spaziale. attraverso testi religiosi e
scolastici, guide della città, cambiamenti nella toponomastica e nel paesaggio lingui-
stico urbano, descrizioni di antropologi e linguisti e loro scelte trascrizionali, viene alla
ribalta un momento dell’immaginario urbano di Palermo, cioè dell’insieme di rap-
presentazioni e idee attraverso le quali quella società urbana ha costruito il suo auto-
ritratto.
The paper examines some elements of the linguistic history of Palermo in the
decades of straddling unification. In the foreground there is the link between prac-
tices and images, both linked to either linguistic or spatial dimension. Through reli-
gious and scholastic texts, city guides, changes in place names and in linguistic urban
landscape, descriptions of anthropologists and linguists and their transcriptional
choices, comes to the fore the moment of the imaginary city of Palermo, in the set of
representations and ideas through which the urban society has built it’s self-portrait.

Concetto Del Popolo, «Due laude di Iacopone in volgare siciliano»

Sono pubblicate due laude iacoponiche, in siciliano, O Signuri, per cortisia e Qui
fay anima predata?, conservate in un codice miscellaneo di fine Quattrocento, scritto
forse per religiose. Le rubriche dei due testi non assomigliano a nessuna di quelle no-
te; sembra corretto pensare che il codice di cui si è servito l’anonimo traduttore possa
essere perduto. Per la lingua, il testo offre qualche recupero lessicale; le lezioni talora
sono fraintese (ma sembra ad opera del copista), ma al v. 44 della lauda Qui fay…
sorge il sospetto che il sintagma «cordiali oracioni» sia migliore di «mentale orazio-
ne»: la preghiera della mente può essere vagante, quella che proviene dal cuore sorge
dall’intimità della persona.
Publication of two laude by Jacopone, in Sicilian, O Signuri, per cortisia and Qui
fay anima predata?, copied in a miscellaneous codex of the end of the 15th century,
probably written for nuns. The rubrics of the two texts are different from those pres-
Riassunti / Abstracts 493

ent in other manuscripts; it would seem correct to postulate the loss of the manu-
script used by the anonymous translator. as far as the language is concerned, the text
allows some lexical items to be recovered; some readings are misunderstood (by the
scribe probably), but at l. 44 of the lauda Qui fay… we may well suspect that the syn-
tagma «cordiali oracioni» is better than «mentale orazione»: a prayer of the mind
could be casual, a prayer of the heart arises from one’s innermost being.

Tiziana emmi, «antroponimi e toponimi ne La Mennulara di Simonetta agnello


Hornby»

Questo contributo si inserisce all’interno del campo d’indagine dell’onomastica


letteraria. Viene preso in analisi il corpus onomastico del romanzo di Simonetta
agnello Hornby, La Mennulara (2002): in particolare si esaminano gli antroponimi –
nomi personali, cognomi e soprannomi – e i toponimi. Di ognuno di questi si propo-
ne una classificazione etimologica, che tiene conto della loro origine e motivazione;
una classificazione morfologica, attraverso la quale se ne esamina la loro struttura in-
terna; una classificazione diatopica, in base alla quale se ne osserva l’effettiva distri-
buzione nel territorio italiano (essendo i nomi propri attestati quasi tutti reali). Lo
scopo di tale analisi è mettere in evidenza la funzione che assumono i nomi propri al-
l’interno del romanzo, rilevando che quella maggiormente evidente sembra essere la
funzione di connotare il romanzo, diatopicamente, verso una regionalità siciliana.
This paper belongs to the field of literary onomastics. I will examine the ono-
mastic corpus of the novel La Mennulara by Simonetta agnello Hornby (2002): in
particular I will investigate anthroponyms – first names, surnames and nicknames –
and toponyms. I propose an etymological classification of each of these, which con-
siders their origin and their motivation; a morphological classification, through which
I examine the internal structure of anthroponyms and toponyms; a diatopic classifi-
cation, in order to observe the actual distribution over the Italian territory (almost all
the names in the novel are real). The purpose of this analysis is to highlight the func-
tion of the names in the novel: it is possible to confirm that their principal function is
to characterize the novel, in a diatopic perspective, marking it regionally as Sicilian.

Yorick Gomez Gane, «Il cirneco tra Sicilia e mediterraneo: saggio storico-linguistico»

Il cirneco è un cane tipico della Sicilia. Il termine, attualmente datato 1553 in ita-
liano e 1519 in siciliano, viene ricondotto dagli studiosi, in maniera sostanzialmente
concorde, al latino Cyrenaı̆cu(m) ‘(cane) cirenaico’ (i greci di Sicilia lo avrebbero im-
portato da Cirene, colonia greca sulle coste africane). nel saggio ci si interroga, innan-
zitutto, se cirneco non possa essere invece un prestito interlinguistico, dato che in am-
bito romanzo si rinvengono termini ad esso accostabili, più antichi e con ipotesi eti-
mologiche differenti: il catalano xarnego (1383, nella forma valenziana xernego), il
francese charnègue (qui retrodatato al 1551, nella forma latina ispaneggiante charne-
guos) e il castigliano lucharniego (1330-1343, ricondotto dalla lessicografia spagnola a
(perro) nocharniego ‘(cane) notturno’). Dopo un accurato esame di storia ed etimolo-
gia delle forme romanze e dei loro rapporti interlinguistici, si giunge alla conclusione
che la fonte di irradiamento nel bacino mediterraneo è il siciliano cirneco, e non una
delle altre forme romanze. Si apportano, inoltre, ulteriori argomentazioni a favore del-
494 Riassunti / Abstracts

l’etimologia Cyrenaı̆cu(m), e si dà conto delle implicazioni socio-politiche che la pa-


rola ha sviluppato nel catalano xarnego (come insulto razzistico). Si rilevano, infine,
le ricadute extralinguistiche (in ambito cinologico) della sicilianità dell’animale.
The cirneco is a typical Sicilian dog. Scholars basically agree in deriving the
word, which is currently dated 1553 in Italian and 1519 in Sicilian, from the Latin
Cyrenaı̆cu(m) ‘Cyrenaic (dog)’ (the Greeks of Sicily would have imported it from
Cyrene, a Greek colony on the african coast). The article first raises the question as
to whether cirneco may be, instead, a linguistic loan, given that within the Romance
languages there are several, more ancient, words for which different etymologies have
been proposed that are comparable to it: the Catalan xarnego (1383, in the Valencian
form xernego), French charnègue (here backdated to 1551 in the Spanish-like Latin
form charneguos), Castilian lucharniego (1330-1343, from (perro) nocharniego ‘noctur-
nal (dog)’ according to Spanish lexicography). after carefully considering the history
and etymology of the Romance forms and their linguistic relationships, the conclusion
is that the source of radiation of the term in the mediterranean area is the Sicilian
cirneco and not one of the other Romance forms. Further considerations are added in
favour of the etymology Cyrenaı̆cu(m), and an account of the social and political im-
plications developed by the Catalan xarnego (as a racist insult) is given. In conclusion,
the article shows the non-linguistic fallout (in cynology) of the animal’s Sicilian origins.

Laura Ingallinella, «Un frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco delle


Vite dei Santi Padri»

Il presente contributo offre l’edizione critica, corredata da un commento lingui-


stico e da un’analisi delle tecniche traduttorie, dell’attestazione frammentaria di un
volgarizzamento siciliano delle Vitae Patrum tràdita da un bifolio membranaceo data-
bile alla seconda metà del sec. XIV. Tale frammento, riutilizzato come coperta di un
volume di atti notarili di un notaio della metà del sec. XVI, è attualmente conservato
nel fondo «ex copertine di volumi di atti notarili» presso l’archivio di Stato di Cata-
nia (aSCt): una preliminare analisi a campione di tale fondo (e delle rare ma interes-
santi attestazioni di testi volgari finora rintracciate) conferma i dati raccolti da Henri
Bresc sulle biblioteche siciliane del tardo medioevo per un’area, la Sicilia orientale, in
cui si lamenta la scarsità di documenti e l’assenza di inventari. Il rinvenimento del
frammento delle Vite dei Santi Padri, in particolare, permette di saggiare, seppur per
un esiguo lacerto, la qualità di un volgarizzamento che aveva, con tutta probabilità,
un’estensione pari a quello toscano del Cavalca, nonché un’analoga struttura. Una te-
stimonanza d’inventario dal monastero di San martino delle Scale indurrebbe inoltre
a ipotizzare la circolazione di questo volgarizzamento o di un suo gemello nelle biblio-
teche benedettine siciliane nella seconda metà del Trecento.
as a really popular section of the corpus known as Vitae Patrum or Vitaspatrum,
the collections of sayings of the Desert Fathers were widely read and translated
throughout the middle ages. This paper presents the critical edition (accompanied
by a linguistic commentary and an analysis of translation techniques) of a fragment of
a 14th-century Sicilian collection of sayings, discovered in a parchment bifolio reused
as the cover of a 16th-century volume of notarial minutes. The fragment is now kept
at the archivio di Stato in Catania (aSCt), whose collection of «ex copertine di vol-
ume di atti notarili» is examined as an interesting example of how fragments of dis-
membered manuscripts are vital to reconstructing the libraries of a given environ-
Riassunti / Abstracts 495

ment, given the lack (as is the case of eastern Sicily) of manuscript collections or in-
ventories. as demonstrated by a structural comparison with other medieval vernacu-
lar translations of the Vitae Patrum, this fragment represents a very small part of a
seemingly much longer text, which could be paralleled to the well-known Tuscan vol-
garizzamento by Domenico Cavalca, the Vite dei Santi Padri. a piece of evidence from
an inventory of the monastery of San martino delle Scale seems to confirm that this
translation circulated in Benedictine monasteries in late 14th century.

Lucio melazzo, «Una nuova spia della composita facies culturale e linguistica della
Palermo normanna»

L’interpretazione del nome di una strada della Palermo normanna conferma


uno scenario, già noto e di grande interesse, in cui musulmani, ebrei e cristiani vive-
vano insieme a dispetto delle loro diverse culture e religioni. In quel periodo irripeti-
bile della storia siciliana la comunità cristiana praticava peraltro la propria religione
adottando vari riti. La presenza dei riti bizantino e gallicano nella Sicilia normanna
era già nota. L’articolo mostra che ne va aggiunto un terzo, l’ispanico. Quest’ultimo
era adottato dal gruppo di mozarabi arrivati dalla penisola iberica già durante la do-
minazione araba.
The interpretation of the name of a street in Palermo during the norman period
confirms a well-known and very interesting picture in which muslims, Jews, and
Christians lived side by side despite their different cultures and religions. at that un-
repeatable time in Sicilian history, moreover, the Christian community practiced re-
ligion by adopting different rites. The presence of the Byzantine and Gallican rites in
norman Sicily was already known. This paper shows that a third, Spanish, rite has to
be added to these. This was performed by that particular group of mozarabs who had
arrived from the Iberian Peninsula during the arabic domination.

Salvatore menza, «Preposizioni e complementatori non finiti nel dialetto galloitalico


di nicosia (en) (a, da/na, cö, de, pe, ta)»

oggetto dell’articolo è una descrizione della sintassi e della semantica delle prin-
cipali preposizioni e dei principali complementatori del nicosiano e dello sperlinghe-
se, basata sullo studio del corpus di testi ed etnotesti utilizzati per la redazione del
Vocabolario dei dialetti galloitalici di nicosia e Sperlinga (S. Trovato e S. menza, in
preparazione). Lo studio, pur partendo dall’osservazione di dialetti locali, intende
contribuire alla conoscenza generale della categoria preposizione/complementatore
non finito. Per ciascuna preposizione, si distingue in modo netto tra le occorrenze co-
me testa di sintagma preposizionale (SP) aggiunto e come testa, invece, di SP argo-
mento. nel primo caso, infatti, la preposizione contribuisce con un proprio significato
alla semantica complessiva della frase, mentre nel secondo tutti i significati sono asse-
gnati dalla testa reggente che seleziona il SP come proprio argomento. Quanto alla
sintassi interna, viene evidenziato come preposizioni diverse esibiscano regole di se-
lezione diverse per il proprio complemento nominale. alcune, infatti, selezionano solo
sintagmi nominali nudi (senza articolo o altro determinante), mentre altre selezionano
sintagmi del determinante e altre ancora richiedono combinazioni complesse di tratti,
con differenze tra la sintassi delle preposizioni dialettali e quella delle corrispondenti
496 Riassunti / Abstracts

preposizioni italiane. Infine, alcune idiosincrasie tipiche delle espressioni locative so-
no spiegate postulando l’esistenza di uno o più tratti di compatibilità presenti nei cor-
redi sintattici di tutti i nomi che possono avere un’interpretazione locativa: la combi-
nazione con una specifica preposizione locativa è possibile solo se il nome è compati-
bile con quest’ultima.
This paper provides a corpus-based analysis of the syntax and semantics of the
main prepositions and complementizers of the Gallo-Italic dialect spoken in nicosia
and Sperlinga (en), and aims to shed new light on preposition/non finite comple-
mentizer syntactic properties in general. For each preposition, a clear distinction is
made between its occurrences as an adjunct prepositional phrase (PP) head and as an
argument PP head. In the former case, the head delivers its own lexical contribution
to the semantics of the sentence, whereas in the latter all meanings depend on the
head selecting the PP as its own argument. Internal syntax is also investigated in de-
tail: different prepositions display different selection rules for their nominal comple-
ments. Some select only bare noun phrases, others select full determiner phrases and
others still require more complex combinations of features. Some inconsistencies be-
tween dialect and Italian are found with regard to this. Finally, some frequent idios-
incracies in locative PPs are addressed by proposing that locative prepositions and
their complements merge according to a special “compatibility” feature of the noun
projecting the complement phrase: merging is possible only if the noun is compatible
with the preposition head.

Ferdinando Raffaele, «Scritture esposte in volgare siciliano. I. Le didascalie del San Be-
nedetto e storie della sua vita della Galleria regionale di palazzo Bellomo di Siracusa»

L’articolo esamina, secondo una prospettiva linguistica e storico-culturale, le di-


dascalie in volgare siciliano poste a corredo delle “storiette” laterali di un dipinto su
tavola dedicato a San Benedetto da norcia, oggi conservato presso il museo regionale
di Palazzo Bellomo di Siracusa. Tale testimonianza è meritevole d’attenzione perché
attesta l’uso scritto del siciliano con tratti fono-morfologici ben conservati nella fase
storica – la prima metà del secolo XVI – che vede il passaggio all’uso del toscano.
nell’articolo, inoltre, si rileva come l’ideatore del dipinto abbia operato una contami-
nazione di modelli. nella combinazione fra il “testo iconico”, che rappresenta in im-
magini alcuni momenti topici della vita del santo, e il testo delle didascalie, che sup-
porta quelle immagini, si individuano infatti due diverse fonti: il secondo libro dei
Dialogi di San Gregorio magno, testo canonico della legenda benedettina, e il suo
compendio contenuto nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze.
This article examines, from the perspective of linguistics and cultural history,
the captions in the Sicilian vernacular that explain the “little tales” along the sides of
a painting dedicated to Saint Benedict of nursia, now in the Regional museum of
Palazzo Bellomo in Syracuse. This testimony is important because it confirms the use
of written Sicilian (with well-preserved phono-morphological features) at a time (the
first half of the sixteenth century) of transition to the use of Tuscan. moreover, the
creator of the painting has contaminated his models. In the combination of the “icon-
ic text”, that describes in images some moments of the life of the saint, and the text
captions, which support the images, two different sources may be identified: the sec-
ond book of the Dialogi of St. Gregory the Great, a canonical text of the Benedictine
legenda, and its compendium contained in the Legenda aurea of Jacopo da Varazze.
Riassunti / Abstracts 497

Gaetana maria Rinaldi, «Tradizioni culturali e produzione in volgare nell’età di Fe-


derico III d’aragona»

Presentato originariamente come relazione ad un convegno, questo contributo


inedito e postumo di Gaetana maria Rinaldi (1941-2011) ha assunto nella forma scrit-
ta le dimensioni di un saggio che traccia un panorama articolato e dettagliato della
produzione letteraria in Sicilia durante la dominazione aragonese, e in particolare du-
rante il regno di Federico III (1291-1337). muovendo dai precedenti capitoli di sintesi
di F. Bruni e di a. Varvaro, l’autrice discute e valuta i singoli testi e le testimonianze
manoscritte inquadrandoli di volta in volta nella loro tradizione linguistica (occitano-
catalana, latina, siciliana) senza perdere di vista il contesto storico e le specificità cul-
turali dell’isola. L’excursus fornisce nuovi spunti di riflessione e indica linee di ricerca
in un campo che l’autrice aveva per decenni sapientemente indagato.
originally presented as a paper at a conference, this unpublished and posthu-
mous contribution by Gaetana maria Rinaldi (1941-2011) in its written form turned
into an article constituting a complex and detailed overview of literary production in
Sicily under the aragonese, in particular during the reign of Frederick III (1291-
1337). Building on earlier summaries by F. Bruni and a. Varvaro, the author discuss-
es and evaluates individual texts and manuscripts, placing them within the framework
of their different linguistic traditions (occitan-Catalan, Latin, Sicilian) without losing
sight of the historical context and cultural specificities of the island. This overview
provides new insights and points to new directions for research in a field that the au-
thor had closely investigated for some decades.

Salvatore Claudio Sgroi, «Giorgio Piccitto dialettologo “misconosciuto” tra educazio-


ne linguistica e italiano popolare, tra manzoni e ascoli»

Si ripropone un ignorato articolo programmatico di Giorgio Piccitto sull’insegna-


mento dell’italiano in Sicilia del 1951 («La simbiosi linguistica e l’insegnamento della
lingua in Sicilia»), analizzato alla luce delle teorie manzoniane e ascoliane, per l’occa-
sione ora oggetto di una nuova analisi. Si propone nel contempo una lettura di un sag-
gio del 1968 dello stesso autore («Problemi di restauro linguistico a proposito di una
leggenda popolare siciliana su S. Cristoforo») come testo tipicamente in italiano (regio-
nal)popolare (del 1890 circa), anziché come anacronistico restauro in siciliano lette-
rario. Il filo rosso che collega i due testi è costituito dall’analogo processo di traduzio-
ne dal dialetto alla lingua nel caso dell’apprendimento spontaneo della lingua nazionale
e nel caso del passaggio dal testo orale dialettale in testo scritto in italiano popolare.
The author revisits a little-known article by Giorgio Piccitto about the teaching
of Italian in Sicily («La simbiosi linguistica e l’insegnamento della lingua in Sicilia»
1951). For the occasion the subject is analysed in the light of manzoni’s and ascoli’s
theories. at the same time he proposes a reading of an article also by Piccitto dated
1968 («Problemi di restauro linguistico a proposito di una leggenda popolare siciliana
su S. Cristoforo») in which the 1890 publication of the legend is shown to be a typical
text in popular (regional) Italian, rather than an anachronistic “restoration” in the Si-
cilian literary dialect. The thread that links the two articles is their focus on the
process of translation from the regional dialect to the national language involved in
both the spontaneous learning of standard Italian and the transfer from an oral text
in dialect to written popular Italian.
498 Riassunti / Abstracts

Salvatore C. Trovato, «note di lettura in margine al VSES di alberto Varvaro»

muovendo dal recente VSES di alberto Varvaro, l’autore studia undici parole
siciliane (accutufari ‘percuotere ecc.’, ardìcula ‘ortica’, cannolu ‘cannolo’, cassata ‘id.’,
ggerbu ‘incolto’ e ggerbu ‘acerbo’, nicu ‘piccolo’, sbèrgia ‘pesca nettarina’, sgrid.d.ari
‘scappar via; sgusciare’, tintu ‘cattivo ecc.’ e urvicari ‘seppellire’) per le quali propone
basi etimologiche nuove (accutufatu, cannolu, cassata, nicu, sbèrgia, sgrid.d.ari) e trafile
di trasmissione diverse da quelle proposte dal VSES (come è di ggerbu 1 e ggerbu 2).
aggiunge ancora elementi nuovi atti a rafforzare ipotesi sostenute nel VSES (ardìcula
e tintu) o precisa sviluppi fonetici utili alla ricostruzione di basi etimologiche contro-
verse, come è il caso di urvicari.
With reference to the recent VSES by alberto Varvaro, the author of this study
examines eleven Sicilian words (accutufari ‘to beat etc.’, ardìcula ‘nettle’, cannolu ‘pas-
try roll with sweet filling’, cassata ‘cake containing cottage cheese, chocolate chips and
candied fruit’, ggerbu ‘uncultivated’ and ggerbu ‘unripe’, nicu ‘little’, ‘young’, ‘small’,
sbèrgia ‘nectarine’, sgrid.d.ari ‘to escape’, ‘to slip’, tintu ‘evil etc.’ and urvicari ‘to bury’)
for which he proposes new etymological bases (for accutufatu, cannolu, cassata, nicu,
sbèrgia, sgrid.d.ari) and different transmissions from those advanced by VSES (as for
ggerbu 1 and ggerbu 2). moreover, he adds new elements which support the theses sus-
tained by VSES (like ardìcula and tintu), as well as specifying phonetic developments
useful for the reconstruction of controversial etymological bases, such as for the word
urvicari.
InDICe

Gaetana maria Rinaldi, Tradizioni culturali e produzione in volga-


re nell’età di Federico III d’Aragona . . . . . . pag. 5
Concetto Del Popolo, Due laude di Iacopone in volgare siciliano . » 27
Laura Ingallinella, Il frammento di un volgarizzamento siciliano
trecentesco delle «Vite dei Santi Padri» . . . . . » 47
Ferdinando Raffaele, Scritture esposte in volgare siciliano. I. Le di-
dascalie del San Benedetto e storie della sua vita della Galle-
ria regionale di palazzo Bellomo di Siracusa . . . . » 113
angela Basile, Un esorcismo greco-romanzo in forma di “filastroc-
ca numerica” di provenienza calabrese (ms. Vat. gr. 1538) . » 135
Lucio melazzo, Una nuova spia della composita facies culturale e
linguistica della Palermo normanna . . . . . . » 157
mari D’agostino, L’immagine linguistica della Palermo post-uni-
taria . . . . . . . . . . . . » 171
Yorick Gomez Gane, Il «cirneco» tra Sicilia e Mediterraneo: sag-
gio storico-linguistico . . . . . . . . . » 193
Rita P. abbamonte, Fonologia e ortografia del dialetto galloitalico
di Novara di Sicilia e Fondachelli-Fantina . . . . . » 223
Salvatore menza, Proposizioni e complementatori non finiti nel
dialetto galloitalico di Nicosia (EN) (a, da/na, cö, de, pe, ta) . » 279
angela Castiglione, Per una nuova toponomastica siciliana . . » 301
500 Indice

Tiziana emmi, Antroponimi e toponimi ne La mennulara di Si-


monetta Agnello Hornby . . . . . . . . pag. 357

Silvio Cruschina, Sabbenedica e l’imperativo di cortesia . . » 385


Salvatore Claudio Sgroi, Giorgio Piccitto dialettologo “miscono-
sciuto” tra educazione linguistica e italiano popolare, tra Man-
zoni e Ascoli . . . . . . . . . . . » 405
Salvatore C. Trovato, Note di lettura in margine al VSeS di Al-
berto Varvaro . . . . . . . . . . . » 459
marcello Barbato, Ancora su dialetti moderni e volgari antichi . » 479
Giovanni Ruffino, Per l’atlante Linguistico mediterraneo (aLm) » 485
Riassunti / abstracts . . . . . . . . . . » 489
La diffusione del Bollettino
è curata dal Centro di studi filologici e linguistici siciliani
Sito web: www.csfls.it

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