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PaLeRmo
2014
IL FRammenTo DI Un VoLGaRIzzamenTo SICILIano
TReCenTeSCo DeLLe «VITe DeI SanTI PaDRI»*
3
monica Longobardi (1992-1995: 350-351) documenta anche forme di rifunzionalizzazione
più eccentriche (foderi di spada, corde di clavicembali, involucri da droghieri, modelli da sarto…).
4
Così Pellegrin (1980: 74), le cui tesi sono state sostanzialmente confermate dall’avanzamento
delle ricerche. Vi sono anche casi più tardi: ad esempio, come documenta Tondreau (1970: 65), nel
1816 la biblioteca dell’abbazia belga di Saint-Ghislain vende una quarantina di codici in cattivo stato
a un legatore.
5
Il caso più macroscopico di dispersione di una biblioteca signorile in area italiana, com’è no-
to, è rappresentato della biblioteca degli este. Studi approfonditi (rimando a tutti i lavori di monica
Longobardi, in particolare Longobardi 1992-1995 e, per la bibliografia e i risultati più recenti, ad an-
tonelli 2012b e 2013) hanno permesso di individuare due momenti distinti in cui lo smembramento,
effettuato a Ferrara, dei codici in lingua d’oïl rese disponibili partite di fogli membranacei nel mer-
cato emiliano, in particolare presso modena (dove confluì il materiale smembrato tra terzo e quinto
decennio del XVI sec.) e Bologna (più tardi, a cavallo tra XVI e XVII sec.), cfr. antonelli (2012b:
47). La dispersione di una biblioteca monastica è invece ben delineata dal noto caso dell’abbazia di
Fleury (Saint-Benoît-sur-Loire), documentato anch’esso da una ricchissima bibliografia (rimando sol-
tanto a Pellegrin 1980: 93-95): la collezione libraria, dispersa nel XVI sec. da Pierre Daniel e smem-
brata nel XIX sec. dal Libri, «est une véritable “mine” de membra disiecta» (Pellegrin 1980: 93).
6
anche da un punto di vista propriamente filologico: il testo a stampa viene ben presto rite-
nuto più affidabile – indipendentemente dalla sua effettiva autorevolezza – di quello tràdito dai ma-
noscritti, cfr. montecchi / Sorella (2001: 648).
7
Per accorte considerazioni sui frammenti della Commedia estendibili ai testi romanzi con
una ricca tradizione – insieme al monito di non «ripescare dal cestino cose che nel cestino dovreb-
bero rimanere» – cfr. Pomaro (2002: 201): «Rimangono validi […]: – il valore di portata quantitati-
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 49
17
Studiati da agati / Crimi (1992).
18
ed. Imbs (1999).
19
Il frammento Machaut B è pubblicato in Rapisarda (1996).
20
entrambe le versioni sono edite criticamente in micha (1979).
21
La data, tuttavia, non è compatibile con il corpus dei registri del Sangiorgio, raccolti per an-
no, e per i quali è dunque impossibile che sia esistito un volume che copra più di cinque anni.
52 Laura Ingallinella
22
oltre al primo contributo di Gaudioso (1931), scopritore del frammento, rimando alla più
aggiornata scheda redatta nell’ambito del Censimento dei commenti danteschi (malato / mazzucchi
2011: II, 1472).
23
Qualche spigolatura delle fonti (per un quadro generale rimando a Resta 1967): nell’inven-
tario di beni della corona aragonese trasferiti da Catania a messina nel 1367 per ordine di Federico
III vi è un «librum unum dictum lu Dante quod dicitur de Inferno»; nel testamento veneziano del
messinese Pino Campolo (1380) l’unico codice lasciato in eredità è proprio un «libru […] lo quali
havi nomi Dante, lu Paradissu, lu Purgatoriu et lu Infernu»; il palermitano matteo della Porta pos-
siede un Inferno (per i primi due, cfr. natoli 1893: 392-393; per l’ultimo monfrin 1961: 229).
24
Cfr. Giuffrida (1969) per un altro frammento della seconda metà del sec. XIV trovato a
Trapani.
25
Dello stesso testo abbiamo infatti anche il volgarizzamento siciliano di accursu di Cremona
(= ValmaxXIVU), allestito nella prima metà del sec. XIV, ma letto (e copiato) anche nel secolo suc-
cessivo.
26
I pochi dati desumibili dalle ricerche di Bresc sugli inventari siciliani sono raccolti da Rapi-
sarda (1996: 415-416).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 53
27
La lettera (aSP, magna curia dei maestri razionali, Lettere reali I, cc. 72r-v) è stata pubbli-
cata da Beccaria (1894: 7) e, parzialmente, da Bresc (1971: 1432, n. 65).
28
Il testamento (aSP, Spezzone 57 di notaio ignoto del 1431-1432, c. 57r), è citato in Trasselli
(1968: II, 235); nello stesso testamento figura un «Danti in pargameno cum aliquibus glosis» lasciato
al convento palermitano di san Francesco, a conferma di quanto detto in precedenza a proposito del-
la diffusione siciliana della Commedia.
29
Bresc (1969: 418).
30
Cfr. Rajna (1913) e, sull’apparato figurativo dei manufatti, morelli (1921).
31
Bresc (1969: 415).
54 Laura Ingallinella
32
Testi romanzi sono del tutto assenti nelle biblioteche siciliane dei primi decenni del Cin-
quecento, cfr. Leone (1995: 194).
33
Cfr. Catalano (1911).
34
Per il ruolo della studiosa nel contesto della ricerca filologica in Sicilia, cfr. Branciforti
(1977: 507).
35
Cfr. naselli (1925) e (1926).
36
Cfr. naselli (1935). Tra le recensioni, cfr. almeno Santangelo (1936), ricca di osservazioni
di natura linguistica e spunti di correzione.
37
nonostante la naselli abbia affermato l’autonomia del volgarizzamento siciliano rispetto a
quello toscano, non mancano repertori recenti che classificano il nostro frammento come testimone
di una redazione siciliana dell’opera cavalchiana (cfr. la scheda BAI s.v. Santi Padri).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 55
38
Cfr. Palma (1909); Pagano (1998); per alcune informazioni aggiornate sul ms. napoli, Bi-
blioteca nazionale “Vittorio emanuele”, V 22 C mi permetto di rinviare a Ingallinella (2013).
39
aveva già auspicato un’approfondita analisi del frammento Palma (1936: 406): «[…] un più
largo spoglio linguistico del documento avrebbe, senza dubbio, non poco giovato a una migliore co-
noscenza del dialetto del testo che viene ad aumentare il patrimonio dei documenti della più antica
letteratura siciliana».
56 Laura Ingallinella
40
L’imprescindibile rimando è a Bresc (1971) e (1973).
41
Bresc (1971 : 15-16): «[…] il demeure des zones d’ombre, la Sicile orientale, Catane, noto,
Syracuse, sur lesquelles nous n’avons trouvé presque aucun document. nous nous garderons donc
de généraliser à l’ensemble de la Sicile des conclusions qui sont valables avant tout pour Palerme».
42
alcune di queste informazioni sono già presenti nell’inventario del fondo «ex copertine»,
ma la verifica e l’identificazione della maggior parte dei testi è stata effettuata da chi scrive. Le infor-
mazioni dubbie e non verificabili desunte dall’inventario sono segnalate da un punto interrogativo.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 57
181 Salterio a 312×220 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 109 1562-1563
182 Salterio B 300×265 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 109 1562-1564
183 Salterio C 200×160 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 109 1562-1565
43
Bresc (1971: 24).
44
Ibidem, p. 34.
58 Laura Ingallinella
ni), le cui opere, insieme alla traduzione latina del Canon di avicenna, sono
pienamente rappresentative della cultura professionale medievale e, in parti-
colare, presente nelle biblioteche siciliane.
Tab. 4 Copertine di Nicolò Sangiorgio: testi di medicina
n. Testo mm. sec. Scrittura Vol. di provenienza anni
106 miscellanea medica 388×568 XIV littera textualis notarili I vers., vol. 113 1566-1567
107 avicenna, Canon medicine 350×575 XIV gotica corsiva notarili I vers., vol. 114 1567-1568
45
Bibliografia sul frammento: naselli (1935: 93-115) e (1949: 26-28); Bruni (1980: 232-233);
Casapullo (1995: 24).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 59
gica originaria il bifoglio era il più interno del fascicolo al quale apparteneva,
come dimostra l’assenza di interruzioni nel testo tra il verso della prima carta
e il recto della successiva.
La scrittura è in due colonne, ciascuna delle quali è composta da 48 ri-
ghe. Lo specchio di scrittura è tracciato con rigatura a secco ed è sostanzial-
mente rispettato, eccetto pochi casi in cui lettere o sillabe a fine parola fuorie-
scono parzialmente dalle linee di rigatura.
Il testo è redatto da un’unica mano in una littera textualis della seconda
metà del sec. XIV di modulo pari a mm. 3 (con aste mm. 5), dal tracciato
uniforme e dall’allineamento rigido, che utilizza un sistema interpuntivo rap-
presentato dal solo punto fermo, che segnala pause sintattiche. La scrittura è
in inchiostro nero, con rubriche in rosso della medesima mano. Lo stesso in-
chiostro rosso è utilizzato per la revisione del testo, come dimostrano alcune
correzioni, es. la sillaba mo depennata con un tratto orizzontale a c. 1vb, r. 37.
Vi sono quattro lettere iniziali maiuscole (due in rosso, due in azzurro)
che occupano uno spazio pari a 2 unità di rigatura, ma che spesso si estendono
sino a parte dell’unità superiore o inferiore. Ciascuna di queste iniziali presenta
una filigrana che ascende e discende il margine della colonna per almeno dieci
unità di rigatura46; in alcuni casi, come nell’iniziale azzurra a c. 1ra, purtroppo
illeggibile a causa dell’annerimento della pergamena, la filigrana discende per
24 unità di rigatura. Le iniziali presentano colori alterni: le iniziali in rosso
hanno una filigrana in azzurro, le iniziali in blu filigrana in rosso. Sono inoltre
presenti segni di paragrafo alternativamente in inchiostro rosso e azzurro.
a c. 1ra, su uno spazio vuoto risultante dall’abrasione di quattro righe di
scrittura, una mano, probabilmente tardo-cinquecentesca, ha trascritto il rife-
rimento cronologico «12ª Ind.ne 1553». La stessa mano ha scritto sul margine
destro il nome del notaio, «not.r nicolò Sangiorgio», e ha vergato note e pro-
ve di penna nei margini sinistro della c. 1v e destro della c. 2r. Sul margine in-
feriore è riportata in lapis rosso la segnatura «1/1/14» del volume per il quale
il frammento fungeva da coperta; sui margini inferiore e destro è ripetuta in
lapis azzurro la data di compilazione del registro (1553). Sul margine superio-
re di ciascun foglio (destro per il recto, sinistro per il verso) si può leggere una
numerazione moderna in lapis in numeri arabi (7-10), che segnala la posizione
del bifolio all’interno della cartella in cui è conservato. essa ha il titolo «Fram-
menti di codici di filologia romanza (Secc. XIV-XV)» ed è a sua volta divisa
in due fascicoli, numerati 317 (il frammento delle Vite dei ss. Padri) e 318 (il
46
a questo proposito, noto che le iniziali filigranate di un altro frammento pergamenaceo uti-
lizzato come coperta dal Sangiorgio, un bifolio da una Bibbia in littera textualis (aSCt, «ex coperti-
ne», 11), presentino caratteristiche e scelte decorative decisamente simili a quelle del nostro fram-
mento, così come le Consuetudini promulgate da Bianca di navarra, che, com’è noto, sono redatte a
Paternò nel 1405, ed. La mantia (1900: 305-308).
60 Laura Ingallinella
Apoftegma Fonte PL
1. c. 1ra: un monaco, tentato dal ricordo di una don- Cm II 5 Rf 11
na, alla morte di lei contempla un frammento delle
sue spoglie fino a liberarsi dalla tentazione (?)
2. cc. 1ra-1rb: un monaco fa penitenza col fratello ca- Cm II 6 Rf 12
duto in peccato
3. cc. 1rb-1vb: un giovane chiede a un santo padre di Cm II 7 Rf 13
pregare per lui; grazie a una visione, l’anziano ap-
prende che le sue preghiere non hanno effetto per-
ché il giovane si diletta in pensieri peccaminosi
4. cc. 1vb-2rb (attr. a Girolamo): una donna fa cadere Cm II 8 Rf 14
in peccato il monaco dal quale era andata in visita;
nello stesso giorno la brocca d’acqua di un monaco
vicino comincia a versarsi ogni qualvolta egli si ap-
presta a mangiare
47
esso è riportato anche in un passo di Cassiano, Conlationes II 13.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 61
Apoftegma Fonte PL
5. cc. 2rb-2va: un monaco esperto nell’arte fittile si Cm II 9 Rf 15
plasma due figure di donna, moglie e figlia, e supe-
ra la tentazione lavorando di più per mantenerle
6. c. 2va-2vb (attr. a Girolamo): l’abate apollo confor- Pg V 4 Pg V 4
ta un giovane cacciato dall’anziano padre a cui ave-
va confessato le proprie tentazioni, e fa sì che l’an-
ziano capisca cosa vuol dire combattere la tentazio-
ne carnale
Come non di rado accade nei codici latini recanti raccolte di apoftegmi,
non tutti i testi narrativi sono accompagnati da una rubrica: sono rubricati sol-
tanto i nn. 4-6. Gli apff. 4 e 6, inoltre, recano un’attribuzione erronea a Giro-
lamo (ma vd. più avanti, § 4).
I criteri di trascrizione non possono che essere conservativi. Le abbrevia-
zioni sono sciolte (dove possibile) sulla base delle forme piene, e il materiale
ricostruito è reso con caratteri corsivi.
abbreviazioni di lettere:
lineetta ondulata soprascritta r
titulus n / m 48
vocale soprascritta a q qua, que…
vocale soprascritta a p pri
vocale soprascritta a t tri, tru…
vocale soprascritta a g gna 49
p con asta tagliata per / pir 50
p con svolazzo a sinistra pro
p con titulus soprascritto pre / pri 51
t con vocale soprascritta tri
d’ (con ricciolo soprascritto) de 52
t’ (con ricciolo soprascritto) ter
v’ (con ricciolo soprascritto) ver
s tagliata ser
abbreviazioni di parole:
n con titulus soprascritto non
aia con titulus soprascritto anima
gra con titulus soprascritto gracia
48
Sulla base delle forme piene si è sciolto m dinanzi a <p> (es. sempri c. 1ra.46), n dinanzi a
<b> (insenbli c. 1vb.38), n dinanzi a <m> (inmunda c. 1vb.17).
49
Cfr. vergogna a c. 2va, 45.
50
Le scelte sono motivate dalle forme piene in sede tonica (per, es. per 1rb.46) e in sede atona
(pir, es. opira c. 1ra.13, dispiratu c. 2va.39).
51
Cfr. n. precedente: in sede tonica (pre) e in sede atona (pri).
52
Sciolto di nell’unico caso dimoniu / dimonii (sulla base delle numerose forme piene, es. c.
1va.13).
62 Laura Ingallinella
Logogrammi:
ihu Iesu
xpu con titulus soprascritto Cristu
nota tironiana et
nota simile a 9 con
11 /1va/ menti ad si e ki la oracioni sua non era exau /1vb/ sa[……….] cristu per kisti ki diman
12 duta multu si merauigliaua et atristaua dan[…4…]iri aiutati per loru oracioni
13 sindi. § et una nocti et deu li reuilau […4…] et ki non farrannu tantu per opiri
14 alupatri comu killu monachu sinchie quantu per intencioni di la menti killi cosi
15 ra in causa et per colpa sua di killu ca era pi ki plachinu a deu. nulla cosa li iu
16 gru et negligenti et richipendu li cogi ua li oracioni di li sancti a killi ki su ne
17 tacioni inmundi et illu sinchi delicta gligenti et labili ki non si curanu di
18 ua in lucori sou. § et uidi kistu patri la saluti dilanima loru. § auden
19 in spiritu sidiri killu monacu et lu spiritu <i> du killu frati kisti paroli et illu fu
10 di la fornicacioni sili iucaua dananti tuctu compuntu in lu cori et cun grandi
11 in diuersi formi et figuri di fimini et kil sollicitudini sicundu la doctrina
12 lu si delectaua in killu iocu ki li fachi di quistu patri poi tantu in diiunij
13 a lu dimoniu. et poi uidia lu angi quantu in oracioni. et in uigilij si affligiu in
14 lu di deu stari indignatu contra di kil tali modu ki illu amiritau di a
15 lu frati grauimenti et in per zo ki quandu auia uiri la misiricordia di deu et la gracia et da illu
16 killu temptacioni si delectaua in illi et si partiu omni cogitacioni et passio
17 non si liuaua in continenti ni si mictia in ni in munda. Comu unu frati for
18 terra in oracioni aprigari a deu. et [..3..]ti nicandu cu una fimina fu libera
19 kisti cosi per reuilacioni foru mustra tu per consiglu di unu altru antiqu.
64 Laura Ingallinella
53
Santangelo (1936: 104) aveva ipotizzato che lu fosse un errore di lettura della naselli e lo
correggeva proprio con la lezione qui proposta.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 67
Con il titolo di Vitae Patrum (anche noto come Vitas Patrum o Vitaspa-
trum, d’ora in poi VP) si indica sin dalla tarda antichità, com’è noto, un cor-
pus assai variabile di testi narrativi o didattici relativi ai Padri del deserto e alle
prime comunità cenobitiche. La parte più consistente di questo corpus è com-
posta da traduzioni dal greco databili al IV sec., che hanno conosciuto una
straordinaria fortuna a partire dai secoli immediatamente successivi. Un codi-
ce latino di VP presenta generalmente i seguenti tipi di testo:
1. Vitae in senso proprio. La più antica sezione del corpus è costituita
da una collezione di vitae dei primi anacoreti e dei fondatori delle
prime comunità cenobitiche. Tra questi testi, redatti nella seconda
metà del IV sec., spiccano la Vita Antonii di evagrio (BHL 609), tra-
duzione latina dell’originale greco di atanasio, e le leggende tradotte
da Girolamo: la vita di Paolo il semplice (BHL 6594), Ilarione (BHL
3879), malco (BHL 5190).
2-3. RUFInUS, Historia monachorum in Aegypto (BHL 6524, CPL 198p)
+ Heraclidis Paradisius (BHL 6532) 55. Si tratta della traduzione, ricca
di variazioni, di una raccolta di testi narrativi sugli anacoreti egiziani.
attribuita durante tutto il corso del medioevo a Girolamo 56 – dato
alla cui luce non sorprende che egli sia citato come fonte in due de-
gli apoftegmi del nostro volgarizzamento, sebbene essi provengano
da un’altra sezione –, essa è in realtà opera di un suo contempora-
neo e condiscepolo, Rufino. L’Historia monachorum è spesso seguita
o sostituita dall’Heraclidis Paradisus, la più antica traduzione latina
dell’Historia Lausiaca di Palladio, scritta nel 420 su commissione di
Lauso, ciambellano di Teodosio II.
54
Questo dato era già stato notato da naselli (1935: 101).
55
Recentemente pubblicato da Schulz-Flügel (1990).
56
La restituzione a Rufino della paternità dell’opera si deve ai Bollandisti, cfr. Schulz-Flügel
(1990: 36).
68 Laura Ingallinella
57
Come risulta dalle indagini di Wilmart (1922). nonostante le ricerche di Batlle (1972), non
esiste a tutt’oggi un’edizione critica, per cui ci si deve ancora affidare al testo Rosweyde.
58
Le fonti greche dei singoli apoftegmi sono state però identificate, cfr. Freire (1971).
59
Freire (1971: II, 170-171 e 181-183). L’antologia si apre con un prologo sul modello delle
prefazioni dell’Historia monachorum di Rufino e dell’Historia Lausiaca di Palladio, cui segue una rac-
colta di apoftegmi che, con alcune varianti, coincide con le Commonitiones sanctorum Patrum (1-41;
vedi sopra) e una consistente antologia di apoftegmi tratti, nell’ordine, dall’Historia monachorum (42-
43), dal Geronticon (nella seconda parte, nn. 44-199, 207-217), una breve antologia delle Sententiae
patrum Aegyptorum di martino di Braga (BHL 6535, 201-206), ed estratti dalle lettere di Girolamo
(218-220).
60
Le Commonitiones sono state pubblicate da Freire (1974) come collezione autonoma, ma
si vedano i dubbi espressi in proposito da Philippart (1974).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 69
61
Cfr. Williams (1996: 6): «Seit wann und in welcher zusammenstellung die verschiedenen
Texte der Wüstenväterliteratur jeweils zu einem Sammelwerk unter dem Titel ‘Vitaspatrum’ vereint
wurden, ist bisher nur in ansätzen untersucht». In certa misura, possono valere le osservazioni di
Bartelink (1993: 391) sulla tradizione greca: «Les recueils d’apophtegmes manquent d’homogénéité.
Il n’est pas possible de reconstituer un archetype à partir des diverses traditions. Chaque copiste
pouvait completer et adapter la collection à copier. ainsi les Gerontica ou Paterica dont chaque mo-
nastère possédait au moins un exemplaire, étaient différents les uns des autres». Per le Commonitio-
nes sanctorum patrorum, alcuni casi di compilazioni più tarde sono discussi in Freire (1974: 40-43).
62
Cfr. almeno Delcorno (1977) con riferimento a Domenico Cavalca.
63
Tanto per fare un esempio, Del Popolo (2007: 132) ha recentemente individuato nell’apof-
tegma del monaco vasaio (Cm II 9: uno degli apoftegmi, tra le altre cose, volgarizzati nel nostro fram-
mento) la fonte di un episodio della Vita secunda di s. Francesco d’assisi.
64
Batlle (1972: 240-250).
65
Boureau (1987: 83).
66
Boureau (1987: 91).
67
I volgarizzamenti francesi sono numerosi: si vedano la versione dell’Historia monachorum
di Wauchier de Denain, ed. Szkilnick (1993), e la traduzione anglonormanna di Henri d’arci, ed. o’
Connor (1949), oltre a Lecoy (1987-1999), Chaurand (1971) e, da ultimo, gli studi di Tudor (1995),
(2005) e Pinto-mathieu (2009).
68
Documenta più redazioni catalane Batlle (1976) e (1988).
69
Per l’inglese, cfr. Hanna (1987) e, più in generale, Rosenthal (1936).
70
Per il tedesco, cfr. Williams (1996) e Studer (2013), ma anche Hoffmann (1993).
70 Laura Ingallinella
71
Delcorno (2000: 490-500).
72
Cfr. BAI s.v. SantiPadri, Libro terzo, da integrare opportunamente con le schede descrittive
di Delcorno (2000).
73
Sul tema è ormai tradizionale il rimando a Brown (1988: 210s.).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 71
5.1. Grafia
5.1.1. Grafie latineggianti. Favorita la conservazione di <x> in exauditu
3.8 / exauduta 3.5, exceptu 3.9, experiencia 6.12, proximu 2.12, vexatu 3.2,
vinxi 4.r; al contrario, sporadiche attestazioni di <h> etimologico: habitau 4.1,
habitava 4.2, habitu 6.3, homini 6.12 (ma omu 1.12), hura 4.8 (+2). minorita-
rio monachu 3.6 (+1) rispetto a monacu 3.5 (+11). Raramente presente <y>,
nelle forme consuete ydoli 4.8, affligya 4.19, e in posizione liminare fatigy 5.r.
Pressoché costante l’uso della grafia <ct>, per [tt]: oltre ai frequenti factu 2.1
(+8), nocti 3.3 (+8), si veda assictava 4.5, cunbactia 5.7 / cunbactianu 5.1, de-
lectava 3.7 (2) / delictava 3.6 / dilecti 3.9, doctrina 3.13, gictava 6.13, mectu
4.12 / mictendu 4.5 / mictia 3.7, predictu 4.9, sagicti 6.13 (+1), senectuti 6.12.
esclusiva la grafia omni 1.1 (+5).
5.1.2. Scempie/geminate. L’oscillazione tra scempie e geminate, tipica nei
testi siciliani trecenteschi, non si osserva qui con grandi risultati. L’unica oscil-
lazione degna di nota è affliccioni 4.18 / affligendusi 4.19 / affligia 2.11 / affli-
giasi 1.1 / affligimi 3.1 / affligiu 3.13 / affligya 4.18 ≠ afliccioni 4.19, aflicti 2.8.
Scempie grafiche: accatari 2.8, batagla 5.7.
74
Tra queste ultime, segnalo tre Detti tratti dalle epistole di Girolamo, cfr. VSP III 126.
75
Per la sezione appena descritta, cfr. Delcorno (2009: 421-426).
76
Un altro esempio di questa tendenza all’integrazione, stavolta da un codice latino: nel co-
dice di VP allestito per il convento di s. margherita a Basilea nel 1398 (Basel, Universitätsbibliothek,
B V 2), il testo delle Commonitiones presenta sezioni interpolate provenienti dalla raccolta di Pelagio
della medesima tipologia, cfr. Freire (1974: 40).
72 Laura Ingallinella
5.1.3. Resa della velare sorda. Come in buona parte dei testi trecente-
schi77, [k] è sempre rappresentato da <c> dinanzi [a], [o], [u] – eccetto, ov-
viamente, i casi in cui <qu> = [ku], es. antiqu (12) – ed è invece rappresentato
da <k> dinanzi a [i]. Unica eccezione l’oscillazione alkuni 2.8 / alcuni 2.2
(+1). Caso di rappresentatazione grafica eccentrica rispetto a questo quadro
è monachu 3.6 (+1) / monacu 3.5 (+11), in cui <ch> è etimologico.
5.1.4. Affricata palatale sorda. È resa sempre con <ch> (<ch> + <e>:
chella 2.4 +9, conchedimi 6.9, dichenduli 2.5 e un caso di <ch> + <u>: pichula
5.5), eccetto che in concessa 5.7 e nei cultismi macerava 5.6, necessarii 2.2 (+1),
recalcitrari 5.3, recita 4.1 (+1); oscillazione in sollicitudini 3.3 (sollicitu 6.1, sul-
licitamenti 3.1) ≠ solichitudini 6.9.
5.1.5. Affricata dentale sorda. Una certa tendenza alla polimorfia si osserva
invece nella resa dell’affricata dentale, rappresentata principalmente con <c>
dinanzi a [i], es. citella 5.5, da notare l’oscillazione poci 3.10 (+1) ≠ pozi 5.4
(+1). In altri casi è utilizzato <z>, es. zo (16 occ.), azò (9 occ.), inperzò (3 occ.).
Costante la resa del suffisso -TIone(m) con -cioni, es. af(f)liccioni 4.18, 4.19, co-
gitacioni 3.6, 3.9 (+8), dispensacioni 6.5, fornicacioni 2.2 (+9), intencioni 3.12 (2),
oracioni 3.5 (+7), revilacioni 3.8, temptacioni 1.1 (+8). allo stesso modo, esclu-
siva la resa <ci> + vocale per rappresentare gli esiti dei suffissi -anTIa, -enTIa:
abstinencia 3.19, diligencia 3.11, 3.11, experiencia 6.12, negligencia 3.8, pinitencia
2.8 (+3). Si vedano inoltre ospiciu 2.2, viciu 3.1, tristicia 6.5, pacientimenti 4.17.
5.1.6. Sibilante palatale. nei pochi casi attestati, la sibilante palatale è re-
sa sempre con <sch> e mai con <x> o <ss>, pure presenti in altri testi con-
temporanei78: canuschia 3.8, crischiu 4.19, ischiu 2.2, 6.14.
5.1.7. Laterale e nasale palatale. La prima è resa con <gl>, cfr. batagla 5.7
(+1), figla 5.5 (+1), figlu 6.5 (+1), maraviglari 6.7, meraviglava 4.10, mugleri
5.4 (+2), vigla 3.9. La seconda è sempre resa con <gn>; per la grafia omni 1.1
(+5), sempre rispettata, cfr. § 5.1.179.
5.1.9. Nasale preconsonantica. Davanti a bilabiale la nasale, tranne che in
due casi, inperzò 3.9, insenbli 4.4, è sempre rappresentata da <m>.
5.2. Fonetica
77
Cfr. Pagano (1998: 394-395).
78
Cfr. Rinaldi (2005: 354).
79
anche se in questo caso non è detto che si tratti di palatale, cfr. Rohlfs (1966-1969: § 500);
Rinaldi (2005: 355 e 386).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 73
2.2 (+9), intencioni 3.12 (2), oracioni 3.5 (+7), passioni 3.2 (+2), revilacioni 3.8,
temptacioni 1.1 (+8) in cui non si registrano le oscillazioni che pure sono ben
documentate in altri testi80. In iato Ĕ e Ŏ si conservano in Deu 2.8 (+16), eu
2.8 (+4), meu 4.17 (+1) / mei 3.9, tou 3.13 (+2), sou 2.4 (+15) / soi 1.1 (+4),
ma mia 6.7, tua 3.9 (+8), sua 2.11 (+20)81. Si ha conservazione di aU nel solo
causa 2.11, che peraltro è un calco lessicale (cfr. Cm II 6,27 qualis esset causa),
contro cosa 2.8 (+3) / cosi 2.2 (+5).
5.2.2. Vocalismo atono: protoniche. Le oscillazioni comunemente riscon-
trate nei testi in sic.a. sono qui pienamente rappresentate. Per l’assimilazio-
ne vocalica, si nota l’oscillazione durrupatu 4.9 ≠ dirrupatu 4.10. Costantemen-
te labializzata la vocale protonica seguita da nasale in rumasi 1.1 (+1) / ruma-
nendu 4.4 / rumaniti 4.17 / rumasisi 4.19, ma non in dimandanu 5.13. Passag-
gio di [o] protonico a [a], comune in sic.a.82, in canuschia 3.8. Come già osser-
vato in altri testi del XIV sec.83, I ed e dànno [i] in sillaba protonica iniziale
(es. dimoniu 2.3 (+8) / dimonii 4 rubr. (+3), gictarusi 2.9 / gictava 6.13, piccatu
2.8 (+10), pinitencia 2.8 (+3), sidiri 3.7, timpesta 3.2, virtati 2.7, vistiri 5.5), ma
si riscontrano comunque le attese oscillazioni, es. desertu 4.1 (+2) ≠ disertu
4.5, o casi di conservazione, es. intencioni 3.12 (+1), necessarii 2.2 (+1), negli-
gencia 3.8 / negligenti 3.6 (+1), veramenti 2.8 (+1). Quanto alle formazioni
prefissali, Re- viene solitamente conservato nei cultismi, vedi recalcitrari 5.3,
recriari 5.8 (+1), restitutu 4.19, revilacioni 3.8, revilau 3.6, revocau 6 rubr., ma
non nel lessico dell’uso, dove troviamo, tra gli altri, richipendu 3.6 / richiputu
6.3, risistiri 3.10, forme del resto più frequenti nel sic.a. Sono conservate an-
che le formazioni con De-, es. declinau 4.8, delictava 3.6 / delectava 3.7 (+1),
ma dilecti ‘hai piacere’ 3.9. Confermata la prevalenza del prefisso dis- es. di-
spensacioni 6.5, dispirari 6.7 (+1) / dispiratu 6.4 (+1) / dispirau 6.4. La chiusu-
ra in [i] si osserva, più frequentemente, anche in sillaba protonica non inizia-
le: oltre ai già citati dispirari 6.7 (+1) / dispiratu 6.4 (+1) / dispirau 6.4, vedi
anche opiracioni 4.18, sustiniri 5.6, e, derivati da parole con [e] tonica, affir-
mava 4.3, molistatu 6.7, parintela 4.4, persevirandu 5.7, tormintati 2.8; la voca-
le originaria è invece conservata, ad es., in meretrichi 2.3, liberau 2.13. La ve-
lare protonica o, U in sillaba iniziale passa generalmente a [u]: dulenti 4.15,
durmiri 4.8, munstrau 2.11 / mustrati 3.8, purtammu 2.4, pusari 4.15, suspiri
2.9, truvari 4.18 / truvandulu 3.3 / truvaulu 3.11, vultava 4.5. Si ha oscillazio-
ne in fornicacioni 2.2 (+4) / furnicacioni 3.2, sollicitu 6.1 / solichitudini 6.8 /
sollicitudini 3.4 (+1) ≠ sullicitamenti 3.4, turnari 2.5 / turnaru 2.9 / turnau 6.10
≠ tornandu 6.9; [o] è invece conservata in tormenti 2.8, tormintati 2.8, possibili
80
Cfr. Rinaldi (2005: 359), Barbato (2007: 112-113).
81
Rohlfs (1966-1969: § 71).
82
Varvaro (1988: 176), Rinaldi (2005: 361) e Barbato (2007: 117).
83
Rinaldi (2005: 362).
74 Laura Ingallinella
2.9, e in derivati da parola con [o] tonica, es. doctrina 3.13, novitati 2.6. I
composti con CUm- e parole che iniziano per Co- hanno esito variabile. La
forma preferita è co-/com-/con-: comisi 2.2 / comisu 4.19, compassioni 6.12,
compuntu 3.13, compunu 3.11, concessa 5.7, contrarii 3.11, converti 6.12; ma
non mancano casi di oscillazione, es. convenirà 5.5 ≠ cunveni 4.18, consiglu 4
rubr. ≠ cunsiglu 6 rubr (e malcunsiglu 6.11), o di esiti con [u]: cumandaru 2.9,
cumplita 6.13, cunbactia 5.7 / cunbactianu 5.1, cunfissai 6.6 / cunfissaru 2.9 /
cunfissau 2.7 (+1). o dà, come di consueto, [u] anche in sillaba protonica non
iniziale, es. pirdunanza 2.8 (+1), ma si conserva nei cultismi (es. approbatu
3.1). Conservazione di aU protonico in audendu 4.17 (+4), exauditu 3.8 /
exauduta 3.5, laudava 5.7.
5.2.3. Vocalismo atono: postoniche. assolutamente predominanti gli esiti
siciliani [i] e [u] in posizione finale, fatta eccezione dell’unico caso rappresen-
tato dall’antroponimo Apollo 6 rubr. (+6). anche in posizione postonica non
finale appare generalizzato l’esito [i], es. angilu 3.6, fimina 4.17, fragili 5.7, no-
chiri 3.11, lediri 3.11, opira 2.1 (+1), e [u], es. pichula 5.5.
5.2.4. Consonanti: esiti di B, V. nessuna spia della «confusione meridio-
nale di B e V» (Barbato 2007: 128), che del resto è attestata con più frequenza
solo a partire dal XV sec.; B si conserva anche in posizione interna nelle voci
dotte (es. approbatu 3.2); il suffisso -bĭle è sempre reso -bili (es. abominabili
1.1, labili 3.12, miserabili 6.3).
5.2.5. Consonanti: esiti di Q w, G w. La normale conservazione di QU dinanzi
[a] è documentata in quali 2.11, quandu 3.7 (+1), quantu 3.12 (+1). La riduzio-
ne a <k> è tuttavia prevalente nei dimostrativi: vedi l’unica occorrenza quistu
5.15 (puramente grafica) contro kistu 2.8 (+27) / kista 2.6 (+10, kissa 6.8) / ki-
sti 3.8 (+5, kissi 3.10), e i soli killu 1.1 (+53) / killa (+7) / killi 3.11 (+5). Il
nesso [gw] è documentato solo in guadagnari 2.8.
5.2.6. Consonanti: esiti di G E, I, j, Dj, Bj, Pj. non ancora documentato
l’assestamento verso gli esiti tipici dei dialetti meridionali, come ci si atten-
de ancora a quest’altezza cronologica84. In posizione iniziale <g> è conser-
vato nel cultismo gemitu 2.9, in posizione interna in cogitacioni 3.6 (+9),
negligencia 3.8 / negligenti 3.6 (+1), che del resto sono cultismi. Di origine
galloromanza lignaiu 4.1 (+1)85. Ben attestato in documenti contemporanei
saiu 6.7 86. Quanto a j-, gli esiti preferiti sono quelli «sorretti dal latino» (Rinal-
di 2005: 377) ià 4.14, Ieronimu 4.1 (+1, a fronte di consueta alternanza in
sic.a.), iocu 3.7 / iucava 3.7, iudiciu 4.18, iurau 2.8, iuva 3.11 (+1), iuvini 4.2
(+1) e «dal francese» iamai 6.6; in posizione interna il solo maiuri 2.12 e il de-
rivato diiuna 3.9, diiunii 3.13.
84
Vedi Rinaldi (2005: 376).
85
Vedi Barbato (2007: 131) per una possibile pronunzia [ddʒ].
86
Per considerazioni sul lemma, «di trafila galloromanza», cfr. Barbato (2007: 132).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 75
5.2.7. Consonanti: esiti di Cj, Tj (PTj, CTj ). Rispettato l’esito locale [(t)ts]:
pirdunanza 2.8, poci 3.10 (+1) / pozi 5.4 (+1), zo (16 occ.), azò (9 occ.), inperzò
(3 occ.). esito semidotto [(t)tsj] in 4.17 abstinencia 3.19, diligencia 3.11, expe-
riencia 6.12, negligencia 3.8, pinitencia 2.8 (+3), tristicia 6.5, afliccioni 4.18 /
affliccioni 4.19, cogitacioni 3.6, 3.9 (+8), dispensacioni 6.5, fornicacioni 2.2
(+9), intencioni 3.12 (2), oracioni 3.5 (+7), revilacioni 3.8, temptacioni 1.1 (+8)
e. esito palatale normale in sic.a. in cachamu 4.17 (Rinaldi 2005: 387, Barbato
2007: 133).
5.2.8. Consonante + L. Confermata la tendenza del sic.a. alla conservazio-
ne dei nessi consonantici BL, FL, PL (Barbato 2007: 134), es. insenbli 2.2 (+1),
cumplita 6.13, implu 4.12, planti 3.9, plui 3.4 (+9), plachinu 3.12, plusuri 2.2,
templu 4.8; prevale la conservazione anche del nesso CL, sempre in presenza
di forme dotte ben attestate in artesia, es. sclavu 6.13 (che in sic.a. coesiste
con schavu).
5.2.9. L + consonante. Conservazione di L in alcuni 2.2 (+2) / alkuni 2.8,
recalcitrari 5.3, vultava 4.5, colpa 3.6 / culpa 3.8; normale il passaggio a [w] in
autru 2.2 contro, però, le prevalenti forme conservative altru 2.6 (+4) / altri
3.9 (+1) / altra 6.12.
5.2.10. Geminate. Il rafforzamento della consonante dopo accento nei
proparossitoni non è mai documentato in fimina 4 rubr. (+5) / fimini 3.7. eti-
mologico [ll] in sollicitudini 3.3, sollicitu 6.1, sullicitamenti 3.1 (ma solichitu-
dini 6.9). La presenza di [ff ] in proffiriri 2.1 < PRoFeRo è ben documentata
in sic.a. e it.a. (cfr. già Barbato 2007: 142).
5.2.11. Prostesi. nessuna attestazione della prostesi davanti a R- sul mo-
dello arrispunniri, diffusa invece nel sic.mod.87, in linea coi dati raccolti da
Barbato (2007: 143). Prostesi di a in amiritau 3.13, avantavanussindi 4.5.
5.2.12. Apocope ed epitesi. non sorprende l’assenza di apocope nella se-
rie caritati 2.10 (+4), castitati 5.7, chitati 2.1, etati 6.7, infirmitati 3.11 (+1), no-
vitati 2.6, utilitati 6.12, virtati 2.7. Tra i casi di apocope, comune misser 4.1
(+1); da segnalare mal cunsiglu 6.11, che pure obbedisce alle restrizioni lessi-
cali già documentate (Rinaldi 2005: 394-395, Barbato 2007: 146). Sempre in
forma piena per fina ki 1.1 (+1)88. Presenta sempre epitesi oi 2.2 (+4) < aUT.
5.2.13. Sincope ed epentesi. La resistenza alla sincope tipica del siciliano
e dei dialetti meridionali (Rinaldi 2005: 394) è generalmente rispettata, al net-
to del solo caso virtati 2.7, minoritario in sic.a. rispetto alla forma piena ma
comunque ben attestato. Per il trattamento degli avverbi in -menti, se la pre-
senza di finalmenti 4.2 fornisce un esempio dell’alternanza illustrata in Barba-
to (2007: 147), confermata in questo caso dalle ricerche in artesia, notevole è
invece virilmenti 5.7: in sic.a. si trova sempre la forma piena virilimenti (18 oc-
87
Varvaro (1995: 233).
88
Rinaldi (2005: 395).
76 Laura Ingallinella
correnze in artesia) eccetto che nel tardo SAgataTranslXVC v. 336 (cun la sca-
la a lu locu foru virilmenti). Comune in sic.a. l’anaptissi rappresentata in alli-
bergandu 2.2, cfr. Varvaro (1995: 234).
5.3. Morfologia
5.3.1. Flessione nominale. Sono presenti sostantivi con radice che termi-
na in -i- in cui «la desinenza del plurale non si salda (almeno graficamente)
con essa» (Barbato 2007: 163) sia per la prima classe, [vigilia] / vigilii 3.13,
che per la seconda: [diiuniu] / diiunii 3.13 (la forma al singolare è attestata in
sic.a.), dimoniu 2.3 (+8) / dimonii 4 rubr. (+3). mantiene il plurale in -oRa
corpu 4.18 (+1) / corpura 3.11.
5.3.2. Flessione verbale: casi di allomorfia. Come di norma nel sic.a. (Bar-
bato 2007: 167-168), alcuni verbi della seconda classe presentano un tema di-
verso alla prima persona dell’indicativo presente e per tutto il congiuntivo
presente: es. per ‘avere’, 1ª pers. aiu 4.12 (+3) < HaBeo e 2ª pers. agi 3.2 / 3ª
pers. aia 6.12 < HaBea- al cong.pres.; per ‘dovere’, 2ª pers. digi < DeBeaS; per
‘potere’ 1ª pers. pozu 2.5 < *PoTeo e pozi 5.4 (+1) / poci 3.10 (+1) / poza 4.12
(+1) / pozanu 3.11 < *PoTea-; per ‘volere’ voglu 2.6 (+3) < *VoLeo; si veda
anche il verbo della prima classe ‘donare’ con il cong.pres. dugni 3.10 (per
probabile influsso del fr.a., vedi Barbato 2007: 167, Rohfls § 543).
5.3.3. Flessione verbale: participio. Un solo caso di oscillazione tra la for-
ma debole del participio perfetto exauduta 3.5, maggioritaria in sic. a., e il cul-
tismo exauditu 3.8.
5.3.5. Flessione verbale: indicativo. Le uscite delle due classi verbali sono
generalmente rispettate (Barbato 2007: 177); prindi attestato a 6.14 è proba-
bilmente un pres. storico, considerata l’attestazione del normale perfetto sig-
matico prisi 2.8 (e imprisi 6.12) contro la forma alternativa prindiu. Per il fu-
turo, si segnala un esempio dell’alternanza r/rr in farrannu 3.12 89; attestata in
sic.a. la forma convenirà 5.5 / cunvenirà 5.4 (contro la più diffusa cunvirrà).
5.3.6. Flessione verbale: congiuntivo. Tutte le forme del congiuntivo ri-
spettano pienamente il quadro delineato in Barbato (2007: 184). Per il con-
giuntivo presente si danno solo casi per il verbo ‘potere’, 2ª pers. poci 3.10
(+1) / pozi 5.4 (+1), 3ª pers. poza 4.12 (+1), 6ª pers. pozanu 3.11; per il con-
giuntivo imperfetto 3ª pers. prigassi 3.4, dichissi 6.6, 6ª pers. divissiru 2.9.
5.3.7. Flessione verbale: il verbo ‘essere’. Indicativo presente: 1ª pers. su-
gnu 6.7 (+1) / su 2.7 (come ausiliare), 3ª pers. è 2.12 (+4) / esti 3.9 (in frase
con ordine marcato), 6ª pers. su 2.8 (+3). Si noti la prevalenza di è sulla forma
con epitesi meridionale esti, prevalente in sic.a. Indicativo imperfetto: era 2.10
89
Leone / Landa (1984: 68-69), Casapullo (1995: LXV) e Barbato (2007: 182).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 77
(+2); perfetto: 1ª pers. fui(ndi) 4.15, 3ª pers. fu 2.12 (+8), 6ª pers. foru 3.8.
Congiuntivo presente: 3ª pers. sia 5.3 (+ sia stata 4.18), 4ª pers. siamu (nel pas-
sivo siamu aflicti 2.8). Gerundio: essendu 3.2 (+2).
5.3.8. Perifrasi. Si dà un caso di ‘avere a + infinito’, che si alterna diviri con
funzione deontica, in ki aiu a ffari 4.13 (con raddoppiamento fonosintattico)90.
5.4. Morfosintassi
5.4.1. Articolo definito. Gli articoli non presentano elisione, eccetto che
in a l’abati Apollo 6 rubr. / et l’abati Apollo 6.15 91. Le preposizioni articolate
presentano sempre [l] scempia e non si riscontra alcuna traccia di rafforza-
mento. Quanto alla presenza o all’assenza dell’articolo definito dinanzi a so-
stantivo preceduto possessivo, si possono confermare i dati già raccolti per il
sic.a. sulla prevalenza del tipo con articolo92: prevale dinanzi a meu/mei (2 occ.
+articolo / 1 -articolo), tou/tua/toi (7 occ. +articolo / 4 -articolo), sou/sua/soi
(25 occ. +articolo / 1 -articolo), nostru/nostri (4 occ. +articolo / 1 -articolo),
loru (3 occ. +articolo / 2 -articolo); ‘tutto’ è sempre seguito dall’articolo, es.
cun tuctu lu cori et cun tutta la intencioni loru 3.12, come di norma nel sic.a.93.
5.4.2. Articolo indefinito. non si danno casi di forme apocopate dell’ar-
ticolo indefinito di fronte ai casi dove pure sarebbe ammissibile (Rinaldi 2005:
403), es. unu altru antiqu 4 rubr., unu altru frati 3.1, unu antiqu 3.2 (+1).
5.4.3. Pronomi personali. Del pronome personale di 1ª pers si ha solo il
normale sogg. eu < eGo 2.8 (+7). Per la 2ª pers.: sogg. tu 3.9 (+5), obliquo to-
nico ti 2.8 (+3, con un caso di raddoppiamento cti 5.4 dopo ‘a’); sono assenti
sia i pronomi comitativi (del tipo micu) riscontrabili in testi coevi, nonché la
forma tia (raramente presente nel sic. trecentesco, cfr. Varvaro 1995: 235; Pa-
gano 2003: 169). Per la 3ª pers. sogg. illu 2.4 (+27) / illa 4.2 (+2), e pronome
obliquo tonico sì, es. ad sì 3.5, per sì 3.3 (+2), nessuna attestazione di issu. Per
la 6ª pers. si ha sogg. illi 3.4, loru 4.9 (+1), normale nel sic.a., ma si dà anche
un caso di illi obliquo (in illi 3.7), notevole perché si va a sommare alla sparu-
tissima serie di occorrenze illi pronome obliquo, per di più in un contesto che
esclude il desiderio di evitare la ripetizione di loru con altra funzione e non
consente di ipotizzare la conservazione della forma bisillabica dell’articolo94.
5.4.4. Clitici. Il quadro dei clitici è coerente con quello del sic.a. 1ª pers.
mi 2.8 (+2), -mi 4.13 (+2); 2ª pers. ti 3.2 (+7), -ti 4.17; 4ª soltanto -ni 2.8
90
Barbato (2010: 68-69).
91
non introdotto da articolo in abbati Apollo 6.5 (+1).
92
Castellani Pollidori (2004: 560-565), Rinaldi (2005: 437-439) e, «in misura meno rilevante»,
Barbato (2010: 44-45).
93
Castellani Pollidori (2004: 561).
94
Per una discussione su illi in funzione obliqua in sic.a. vedi Barbato (2010: 48s.) e relativa
bibliografia.
78 Laura Ingallinella
(+1)95. all’accusativo della 3ª pers. troviamo lu 2.9 (+8) / la 4.12 (+1) / l’ 4.18,
-lu 2.6 (+5) / -la 2.9 (+1), in nessun caso con raddoppiamento dovuto all’ac-
centazione bisdrucciola, es. fichirula 2.996; al dativo li 1.1 (+15), -li 3.2 (+6) e
soltanto in rari casi nchi 3.6 (+1: sempre in combinazione col riflessivo, vd.
più avanti). nessuna occorrenza per 5ª e 6ª persona. Clitico riflessivo: si 1.1
(+27, mai con elisione), -si 6.2 (+3); locativo: chi 3.9 (+2); genitivo: ndi 3.1
(+2), -ndi 2.4 +5. Quanto all’ordine relativo dei clitici, non disponiamo di
molti dati; confermato l’ordine accusativo/dativo + genitivo alla 1ª mi ndi
4.16, riflessivo + locativo/genitivo -sindi 3.5 (+4), e due casi di riflessivo + da-
tivo si nchi 3.6 (+1). Da segnalare diversi esempi di ridondanza pronominale
in contesto non marcato:
3.6 Deu li revilau a lu patri
4.16 Et dundi lu putisti zo sapiri?
5.4.4. Possessivi. abbiamo meu 5.3 / mia 6.7 / mei 3.10, tou 4.15 (+2) /
tua 3.9 (+6), sou 2.4 (+12) / sua 2.11 (+19) / soi 1.1 (+4), nostru 2.11 (+2) /
nostri 3.11 (+1), loru 2.9 (+3): nessuna attestazione dunque delle forme to, so,
già presenti nei documenti d’archivio trecenteschi (Rinaldi 2005: 405)97. In
rapporto ad altri testi in sic.a. i dati sulla posizione dei possessivi appaiono
meno trasparenti. L’anteposizione del possessivo appare maggioritaria, come
in sic.a., ma in una percentuale certamente meno schiacciante rispetto a quella
osservata in altri testi (vedi ad es. Barbato 2010: 57). ecco una tabella che rias-
sume i dati sulla posizione del possessivo:
anteposizione posposizione
meu ecc. 5.3, 6.7 (tot. 2) 4.17, 3.9 (tot. 2)
tou ecc. 4.18 (bis), 3.9, 4.13, 5.4, 5.5 (tris) 4.15, 4.18, 6.9 (tot. 3)
(tot. 8)
sou ecc. 2.4, 2.8, 2.11, 2.12, 4.2 (tris), 4,3, 4.7 3.6, 5.3, 2.12, 3.5, 3.6, 3.8 (bis), 4.3,
(bis), 5.6, 4.3, 4.19, 6.2, 6.4, 6.10, 4.19 (tot. 9)
6.12, 6.14, 3.8, 5.4, 5.5, 5.6 (tot. 12)
nostru ecc. 2.11, 4.18, 3.12, 2.11 (bis) (tot. 5) 2.4, 2.8 (tot. 2)
vostru ecc. — —
loru 3.12, 6.12 (tot. 2) 2.9, 3.12 (tot. 2)
tot. 29 (62%) 18 (38%)
95
nessuna traccia della penetrazione di (n)chi, né qui né alla 3ª pers., vd. Varvaro (1995: 235).
96
Così anche in Barbato (2010: 52), vedi Formentin (1994: 231).
97
Vedi anche Varvaro (1995: 235); la forma ridotta me compare più tardi, cfr. Barbato (2010:
56-57).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 79
198
Considerato che ci si trova dinanzi alla testimonianza frammentaria di un testo certamente
molto più esteso, il valore percentuale stimato ha un margine d’errore del 10% rispetto a quello per
il testo analizzato nella sua interezza.
199
Cfr. Varvaro (1995: 235); Stavinschi / Irsara (2004: 610-616); Rinaldi (2005: 406).
100
Cfr. La Fauci (1987).
80 Laura Ingallinella
6.13 Et cumplita kista oracioni, et kistu sanctu Apollo sì vidi unu dimoniu in for-
ma di unu sclavu nigru di Ethiopia stari in pressu la chella di killu antiqu et
gictava sagicti contra di killu antiqu, et killu frati, tuctu perforatu di killi sa-
gicti, incontinenti comu inbriacu di vinu et illu andava ora izà ora illà.
101
Cfr. Rinaldi (2005: 432); Parry / Lombardi (2007: 86s.).
102
Per il sic.a. cfr. Barbato (2010: 72), per l’it. merid. Barbato (2001: 228).
103
Per un esempio nei documenti d’archivio, cfr. Rinaldi (2005: 431).
104
Cfr. ageno (1964: 80).
105
L’ultima forma è decisamente minoritaria, cfr. La Fauci (1992: 191s.); una ricerca su arte-
sia conferma il dato: per il solo ‘cadere’, si danno 38 casi in cui l’ausiliare è ‘essere’ contro 6 con au-
siliare ‘avere’.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 81
es. 6.13 Et cumplita kista oracioni, et kistu sanctu Apollo sì vidi unu dimoniu in
forma di unu sclavu nigru di Ethiopia stari impressu la chella di killu an-
tiqu et gictava sagicti contra di killu antiqu, et killu frati tuctu perforatu
di killi sagicti incontinenti comu inbriacu di vinu et illu andava ora izà
ora illà.
106
Dardano (2012: 121).
107
Cfr. Barbato (2010: 88-89) e relativa bibliografia.
108
alcuni esempi dello stesso tipo per il toscano del Trecento sono documentati in Dardano
(2012: 151).
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 83
iorni quandu illu vinia a maniari. Indica contemporaneità anche l’unica atte-
stazione di comu temporale, 4.6 comu si assictava a la mensa cussì killa cannata
d’acqua per sì midemmi si girava oi vultava. esprime anteriorità ananti < anTe
+ ki (col congiuntivo), 4.16 ananti ki avissi comisu kistu piccatu.
5.4.23. Subordinazione: causali. Introducono le causali inperzò ki 3.9
(precede la sovraordinata), 6.5 (segue la sovraordinata). Si riscontrano anche
due causali introdotte da ca: 2.8 fazamu pinitencia di kistu piccatu, ca omni co-
sa si è a Deu possibili, 3.9 ca tu ti dilecti in li cogitacioni inmundi.
5.4.24. Subordinazione: finali. La finale è quasi sempre introdotta azò ki
(+ congiuntivo), eccetto che un caso di ki + congiuntivo, con plui che modifi-
ca il verbo precedente: 5.4 affannari plui ki tu la pozi nutricari.
5.4.25. Subordinazione: temporali. Da segnalare la presenza di alcuni casi
di per fina ki + indicativo: 1.1 per fina ki di menti li passau omni temptacioni
carnali, 4.19 per fina ki fu restitutu in lu primu gradu ki avia.
5.4.26. Subordinazione: ipotetiche. L’unica ipotetica attestata è del tipo
più semplice, ovvero del primo (realtà), con protasi e apodosi all’indicativo
presente: 3.11 si killu ki è infirmu non si voli astiniri di li cosi contrarii et di kil-
li cosi ki solinu nochiri et lediri a lu infirmu, tucta la cura et la diligencia di lu
medicu no li iuva nienti.
5.4.27. Subordinazione: concessive. La concessiva è introdotta da per beni
ki, il tipo più diffuso nel sic.a. (Rinaldi 2005: 480): 2.11 per beni ki no avissi
piccatu, 3.12 per beni ki li sancti patri… cun tuctu lu cori et cun tucta la inten-
cioni loru preganu a la misericordia di Deu.
5.4.28. Subordinazione: frasi al gerundio e al participio. Il gerundio pre-
senta sempre le costruzioni descritte da Valente (2007). Si segnala soltanto il
periodo che segue, con un’accumulazione di gerundive con valore temporale:
5.5 Unu altru monacu vichinu di kistu standu in lu disertu et vinendu l’ura di
maniari, vulendusi recriari, mictendu l’acqua ad unu vasu oi cannata di terra, la
quali avia kistu preparata per biviri, comu si assictava a la mensa cussì killa can-
nata d’acqua per sì midemmi si girava oi vultava. Il participio presente compa-
re, con funzione verbale, soltanto in 2.12 stanti ki è scriptu in lu Evangelus
(< lat. ita sicut scriptum est) come connettivo comparativo, tipo non attestato
in artesia109, mentre il participio passato compare, come di consueto, in par-
ticipiali assolute con valore temporale, cfr. § 5.4.19.b.
5.4.29. Correlazione: strutture paraipotattiche. Il nostro frammento pre-
senta numerosi casi di coordinazione tra una subordinata prolettica e la prin-
cipale (spesso seguita da una serie polisindetica), consueti nell’it.a. in tutti i ti-
pi di testo110. I casi principali sono quelli con ‘e’ di ripresa dopo temporale
109
Il connettivo stante che è produttivo, ma com’è noto ha valore causale, cfr. GGIC II, 608.
110
Per il toscano antico, cfr. Schiaffini (1926: 283-297); Sorrento (1950); Durante (1981: 112-
118); marra (2002); Tesi (2004: 436).
84 Laura Ingallinella
prolettica al gerundio (a); frequentemente alla principale segue una serie po-
lisindetica di coordinate (b):
(a) 2.6 Turnandu sou frati a lu fundacu, et illu dixi a killu frati
3.6 et richipendu li cogitacioni inmundi, et illu si ’nchi delictava in lu cori sou
4.12 Et audendu zo kistu frati, et illu si meraviglava di zo ki li ‹di›monii di-
chianu di killu monachu.
5.3 Et avendu kisti temptacioni, et illu pinsava intra lu cori sou et dichia cussì
(b) 3.2 Et essendu vexatu gravusamenti, et illu si ’ndi andau ad unu antiqu multu
approbatu et sì lu prigau et dixili cussì
3.13 Audendu killu frati kisti paroli et illu fu tuctu compuntu in lu cori et cun
grandi sollicitudini sicundu la doctrina di quistu patri poi tantu in diiunii
quantu in oracioni et in vigilii si affligiu
4.2 Et una fimina iuvini di lu sou lignaiu et di lu sou sangui chircandu a kistu
sou parenti per multu tempu finalmenti poi di plusuri anni et illa sappe
dundi kistu monacu habitava in lu desertu, et kista opirandu lu dimoniu
andau ad illu in lu desertu
4.6 Et truvandulu illa intrau in la chella sua et affirmava et dichiali comu illa
era di lu sou lignaiu et di la sua parintela, et rumanendu killa cun kistu
monacu opirandu lu dimoniu illi sì piccaru insenbli
4.15 In kista nocti vulendumi pusari in unu locu et eu audivi li dimonii ki
parlavanu intra loru et avantavanussindi di lu casu tou
6.15 Et non putendu plui sustiniri et illu ischiu di la sua chella et prindì la via
pri andarasindi a lu mundu. Et l’abati Apollo sintendu zo ki era factu sì
lu ascuntrau et accustandu ad illu sì…
Com’è consueto in it.a., vi sono anche casi di ‘e’ di ripresa dopo tempo-
rale (sempre prolettica) al participio (c):
(c) 4.11 Et factu iornu et kistu frati sì andau et pervinni a la chella di killu mo-
nacu
6.6 Et prigatu multu da killu abbati Apollo ki li dichissi zo ki patia et killu li
cunfissau la…
6.13 Et cumplita kista oracioni et kistu sanctu Apollo sì vidi unu dimoniu in
forma di unu sclavu nigru di Ethiopia stari impressu la chella di killu an-
tiqu
a questi casi ne andranno aggiunti due in cui la ripresa segue non una
subordinata temporale, ma un semplice complemento di tempo (d), rappre-
sentato nel primo caso da un sintagma nominale (una nocti), nel secondo da
un sintagma preposizionale (poi di alcuni altri iorni, ‘dopo qualche giorno’):
(d) 3.6 Et una nocti et Deu li revilau a lu patri comu killu monachu si ’nchi era in
causa et per colpa sua
5.5 Et poi di alcuni altri iorni et illu si formau una figura pichula comu una ci-
tella et dixi a li soi cogitacioni
2012: 118) è realizzata tramite il costrutto attualizzante ‘ed ecco’, tipico della
prosa narrativa (e):
(e) 6.5 Et sicundu la dispensacioni divina, andandu kistu frati cussì dispiratu a lu
mundu, et eccu ki lu ascuntrau abbati Apollo et videndulu cussì turbatu et
multu tristu illu lu spiau et dixili
111
In linea il quadro fornito in Barbato (2010: 115s).
86 Laura Ingallinella
6. Tecniche di volgarizzamento
La qualità della traduzione è di fatto alta, dal momento che non si danno
fraintendimenti giustificabili come casi di insipienza del volgarizzatore. allo
stesso modo, non si danno casi di omissioni significative: la tendenza, al contra-
rio, è quella a un’amplificazione sottilmente attiva a livello sintattico e testuale.
Un’utile esemplificazione può essere fornita dal confronto del volgariz-
zamento siciliano con la fonte e con il volgarizzamento cavalchiano. Le due
versioni volgari mostrano due attitudini diverse nei confronti della fonte: nei
passi in cui VSP tratta in modo più libero il testo di partenza, SantiPadri mo-
stra invece una maggiore conservatività. In questo quadro, gli interventi di am-
plificazione e variazione del volgarizzamento siciliano sono sempre caratteriz-
zati dalla volontà di rendere più trasparente, lineare e coeso il testo narrativo.
Un buon esempio è fornito dal passo che segue:
112
GIA § 1.1.3.1
113
Ibid.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 87
Cogitavit autem apud seme- Questi essendo molto im- et avendu kisti temptacioni
tipsum, dicens: Quia forsi- pugnato dallo spirito della et illu pinsava intra lu cori
tan oportet me magis in fornicattione, pensava e di- sou et dichia cussì: “Forsi
opere manuum laborare, ut cea in sé medesimo: “Forse ca mi cunveni di fatigari
exstinguatur carnalis sensus è bizogno ch’io m’afadighi plui azò ki sia plui maturu
meus. più per domar la carne”; lu meu corpu et non poza
recalcitrari?”.
Erat autem idem frater arte e così pensando levosi e fe- et livausi et fichi di killa cri-
figulus. exsurgens autem fe- ce e formoe di terra, come ta oi lutu una forma di una
cit in luto et plasmavit quasi homo ch’avea quell’arte, fimina, et dixi cussì a li soi
figuram mulieris, et dixit co- cioè ch’era vazellaio, una cogitacioni: “eccu la tua
gitationibus suis: ecce uxor forma di femina, e disse in mugleri; a cti cunvenirà af-
tua, necessarium est ergo ut se medesimo: “ecco la mo- fannari plui ki tu la pozi nu-
super consuetudinem addas glie tua; bizogno è che per tricari”.
in opere manuum tuarum. notircalla t’afadighi e lavori
più che non suoli”.
Per fare un esempio, nel primo passo riportato la fonte lascia nell’àmbito
del non detto che i due fratelli viaggino insieme e che abbiano trovato ospita-
lità nella città che stanno visitando, informazioni che si deducono leggendo che
uno dei due resta solo in hospitio: il volgarizzamento, invece, esplicita tutte
queste informazioni con una gerundiva prolettica. Queste integrazioni aggiun-
gono altre catene anaforiche costituite da elementi di rinvio lessicali (espliciti)
a quelle già ampiamente presenti nel testo latino, con una spinta verso una coe-
sione testuale ancora più salda, realizzata in modo pressoché analogo a quello
visto per le congiunzioni coordinanti (cfr. § 5.4.18) e, soprattutto, per i deittici
114
Le frasi con un corrispondente latino sono in grassetto, mentre le frasi riconducibili al pro-
cesso di amplificatio sono in corsivo.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 89
con valore anaforico (cfr. § 5.4.5). Si tratta, tra le altre cose, di uno di quei fe-
nomeni sintattici, tipici della prosa antica, che Durante (1981: 110) indica co-
me aspetti «antilatini» (o meglio «antilatino-classici», cfr. Tesi 2004: 433):
nel quadro di un sostanziale rispetto del testo latino, gli interventi inno-
vativi non si limitano quasi esclusivamente a queste spinte di riorganizzazione
testuale. L’aggiunta di particolari narrativi assenti nella fonte (es. cecidit in for-
nicationem Cm II 6,5 → comisi fornicacioni cu una meretrichi 2.2) ha un peso
sostanzialmente irrisorio. Cionondimeno, proprio in rapporto alla conservati-
vità rispetto alla fonte, sorprende che la maggior parte delle innovazioni sin-
tattiche non riconducibili alla spinta verso la trasparenza e la continuità tema-
tica siano collocate in una parte specifica del testo: il discorso diretto.
anche qui risulta molto utile un confronto con la pratica traduttoria ca-
valchiana. nel passo seguente, VSP compendia alcune parti dialogiche non
strettamente necessarie alla comprensione del testo; SantiPadri, invece, non sol-
tanto le conserva, ma in un caso trasforma l’originale interrogativa diretta (Qua-
propter non reverteris ad cellulam?) in una struttura più complessa (Frati, anda-
mu… Non voglu viniri?), in cui l’interrogativa, che a sua volta contiene un di-
scorso diretto di secondo grado, è preceduta da due frasi esortative coordinate.
Il confronto tra la battuta del primo monaco (Eu non pozu turnari), e la stessa
battuta riportata dal secondo monaco (Non voglu viniri) innesca inoltre un
gioco prospettico assente sia nella fonte latina che nella versione di Cavalca:
ecco altri esempi di questo tipo di intervento nel discorso diretto, con
un gradiente di innovatività crescente. nel primo caso si ha l’inserzione di una
semplice frase esortativa assente nella fonte (eu ti pregu):
VP (Cm II 7, 3) VSP III 129, 2 SantiPadri 3.2
Pone tibi sollicitudinem, Prega Dio per me, beatissi- Patri sanctissimu, eu ti pre-
beatissime Pater, et ora pro mo padre, perciò che grave- gu, agi cura et prega a Deu
me, quia grauter me impu- mente sono impugnato dal- per mi, ca la passioni di la
gnat passio fornicationis. lo spirito della fornicattione. furnicacioni multu gravusa-
menti mi timpesta et affligi-
mi.
La resa della finale non solo è molto più dettagliata rispetto alla finale
implicita di VSP, ma anche densa di implicazioni culturali. a parte il fatto, più
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 91
115
nel testo latino non sono attestate infinitive con soggetto non coreferente a quello della so-
vraordinata.
116
alla formula instigante diabolo della fonte corrisponde costantemente la gerundiva opiran-
du lu dimoniu, utilizzata quindi con la stessa funzione formulare; cfr. al contrario la varietà con cui
lo stesso ablativo assoluto è tradotto da Domenico Cavalca: per operatione del diaullo VSP III 128,3
/ stigata e menata dal diaullo III 130,2 / come il diaullo vi s’aoperoe III 130,3 etc.
117
Cfr. Pelo (2010: 281).
92 Laura Ingallinella
più specifico cannata), o scegliere un terzo e nuovo lessema più calzante (c), o
addirittura mantenere aperte le due possibilità senza operare una scelta (d):
118
nella definizione offerta da Burgassi / Guadagnini (2014: 9): «casi in cui una parola a base
latina, oggi d’uso corrente, pare costituire in antico un “concorrente onomasiologico” stilisticamente
o connotativamente marcato, rispetto a una o più formulazioni per così dire pienamente volgari, che
appaiono di uso corrente e non marcato per il periodo di riferimento».
119
Di sicura provenienza siciliana è il codice Città del Vaticano, Vat. lat. 375 (XIV-XV sec.
in.). Il ricco apparato iconografico del codice, che si riallaccia alla tradizione bizantina, è stato ogget-
to di numerosi studi (cfr. almeno Daneu Lattanzi 1982: 761-763). Tra i testi in esso tràditi non figu-
rano le Commonitiones; i capitula dictis patrum contenuti nella seconda metà codice (cc. 51r-129r)
comprendono infatti gli apoftegmi di Pelagio (Pg), adespoti e corredati di un indice dei capitoli,
quelli Giovanni (Io) e il solo De meditationibus duodecim anachoretarum di Pascasio (cc. 128r-129r),
entrambi adespoti e anepigrafi.
120
Riferisce per primo di questo volgarizzamento Salvatore maria Di Blasi, pubblicando l’in-
ventario di libri contenuto in Summarium antiquum privilegiorum et instrumentorum Sancti Martini,
datato 1384, allora conservato presso l’archivio del monastero; la voce dell’inventario recita: «Item qua-
ternus aliquarum oracionum cum passione sancte margarite vulgaris», cfr. Di Blasi (1771: 111-112).
94 Laura Ingallinella
e quello della Vita di s. onofrio (un testo agiografico legato alla tradizione
delle VP) nella sua veste tre- e quattrocentesca121. anche un testo originale co-
me la Vita di s. Corrado (SCorradoXVR) è un sicuro capitolo della fortuna, a
un livello più generalmente culturale, delle VP in Sicilia, con la perfetta rap-
presentazione di un «itinerario […] caratterizzato dal passaggio dall’iniziale
ritiro cenobitico alla solitudine eremitica» (Curti 1991: 39) tanto affine al mo-
dello anacoretico122. a partire dalla fine sec. XIV si hanno anche rare testimo-
nianze della circolazione di volgarizzamenti completi: Giovanni de Cruyllas,
di cui si è già avuta occasione di parlare, lascia in eredità al figlio Bilingheri un
prezioso codice recante un volgarizzamento francese delle VP «illuminatu di
auru et assai grandi et antiquu»123. In un elenco di libri inviati insieme ad og-
getti necessari alla celebrazione della liturgia dal monastero di San martino
delle Scale – che, com’è noto, è a partire dalla sua ricostituzione nel sec. XIV
un importantissimo centro per la diffusione della cultura volgare – al nuovo
monastero di Santa maria delle Ciambre (Borgetto), nel 1370, figura inoltre
un «liber sanctorum patrum vulgari»124. Resta dubbio se si tratti di un volga-
rizzamento delle VP o delle Collationes di Cassiano125; e quand’anche si tratti
del primo, è ovviamente impossibile stabilire se si tratti di un codice recante
lo stesso volgarizzamento del nostro frammento, né, se questo sia il caso,
avanzare ipotesi su quali dinamiche di trasmissione abbiano fatto sì che oltre
due secoli più tardi un testimone dello stesso volgarizzamento sia finito nelle
mani di un notaio conservatore catanese.
Certo è, in ogni caso, che tra il secondo e il terzo quarto del sec. XIV
(sostanzialmente fino alla morte di angelo Senisio) la rete di contatti tra i mo-
nasteri benedettini siciliani, e in particolare tra San martino delle Scale e San
nicolò l’arena, è molto fitta; ed è noto, in particolare grazie a una lettera del
1363 in cui frate Giovanni di martino chiede ad angelo Senisio di inviargli
quattro codici126, che tra i due monasteri potevano aver (e avevano) luogo ri-
chieste e scambi di libri. non è dunque irragionevole immaginare che un te-
stimone di un volgarizzamento siciliano completo delle VP sia stato prestato
dal monastero palermitano a quello catanese, negli stessi anni in cui un suo
gemello è incluso nella biblioteca di un monastero benedettino afferente a San
121
Cfr. Pagano (1998).
122
Cfr. Cracco (1992: 132-135) e soprattutto Del Popolo (2007).
123
Bresc (1969: 417). nessuna traccia, invece, della circolazione del volgarizzamento di Ca-
valca nei secc. XIV-XV; i tratti linguistici dell’unico testimone del volgarizzamento toscano di Caval-
ca oggi conservato in Sicilia (enna, Biblioteca Comunale, a 18) sono pienamente toscani, cfr. Salmeri
(1978); Delcorno (2000: 30-32).
124
L’informazione si desume dal Libro di conti parzialmente edito da Giuffrida (1973: 164).
125
In questo contesto, è assai rilevante che proprio a San martino delle Scale, nel sec. XVI,
verrà allestito un volgarizzamento siciliano parziale delle Conlationes (RaxunamentuXVIR), cfr. l’e-
dizione e lo studio di Raffaele (2009) e anche Raffaele (2012).
126
Cfr. Giuffrida (1973: 159) e Bresc (1971: 123), n. 20.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 95
martino delle Scale insieme ad altri codici essenziali alla celebrazione liturgi-
ca; oppure che, viceversa, il volgarizzamento sia stato originariamente allestito
presso il monastero catanese e una copia sia giunta presso san martino delle
Scale. Si resta, com’è ovvio, nel regno delle ipotesi, dal momento che gli unici
dati disponibili sono una testimonianza d’archivio, peraltro di non sicura
identificazione, e un’attestazione frammentaria. Sarebbe stato inoltre neces-
sario disporre di un inventario della biblioteca del monastero di San nicolò
l’arena, della cui ricchezza si possiedono solo testimonianze indirette127; tra
queste figura una bolla di Gregorio XIII, del marzo 1585, in cui si decreta che
incorrerà nella scomunica chiunque danneggerà o ruberà i testi della bibliote-
ca del monastero catanese: documento in cui è possibile leggere in filigrana
una testimonianza della dispersione (e dello smembramento?) di quella ric-
chissima biblioteca in atto durante il sec. XVI 128.
La testimonianza per il monastero di Borgetto, non sicura, assume co-
munque in prospettiva culturale una rilevanza consistente. nella costituzione
della biblioteca di un monastero di nuova formazione – in cui, vale la pena ri-
cordarlo, su undici monaci residenti soltanto cinque sapevano leggere e scri-
vere129 – il «liber sanctorum patrum» è l’unico codice in volgare inviato da
San martino delle Scale, che pure disponeva di numerosi volgarizzamenti di
testi agiografici e devozionali (nonché di commenti in volgare a testi scrittura-
li) che sarebbero stati altrettanto utili all’edificazione dei monaci130. In una se-
conda partita di libri inviata al medesimo monastero, inoltre, figureranno an-
cora due volumi di VP in latino, e il corpus di testi volgare della piccola bi-
blioteca sarà arricchito da un volgarizzamento dei Dialogi di Gregorio magno,
quest’ultimo già accompagnato da un gemello in latino131.
Il primo accesso alla letteratura devozionale per i monaci di Borgetto è
costituito dunque da una raccolta di testi in volgare contraddistinti dalla loro
brevità, semplicità ed esemplarità: ad uso, per dirla col Cavalca, di «uomini
semplici e non licterati»132. anche supponendo che il volgarizzamento tràdito
dal frammento catanese non coincida con quello recato dal perduto «liber
sanctorum patrum», entrambi vanno ricondotti a un ambiente di provenienza
dalla medesima fisionomia culturale, nonché a una destinazione comune.
127
Per un quadro sul rilievo culturale del monastero catanese, specie a partire dal sec. XVI,
cfr. naselli (1929).
128
Catania, Biblioteche Riunite Civica e a. Ursino Recupero, Tabulario dei monasteri di S.
nicolò l’arena di Catania e di S. maria di Licodia, perg. 870 (olim 2.27.K.4).
129
Secondo il computo di Giuffrida (1973: 159).
130
Cfr. la documentazione offerta da Collura (1969) e moscone (2004).
131
Giuffrida (1973: 165); potrebbe trattarsi, come già ipotizza lo studioso, del volgarizzamen-
to di Campulu (DialaguXIVS).
132
VSP, Prol. 6.
96 Laura Ingallinella
Criteri editoriali. nella presente edizione si seguono i criteri invalsi nelle ulti-
me edizioni della «Collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV» del Centro di stu-
di filologici e linguistici siciliani. La grafia del codice è costantemente rispettata, fatta
eccezione della distinzione tra <u> e <v> e della resa di <i> e <j> (quest’ultima, del
resto, minoritaria e limitata a sole occorrenze in posizione finale di parola). Sono in-
trodotti segmentazione delle parole, elementi interpuntivi e diacritici secondo l’uso
moderno. Per lo scioglimento delle abbreviazioni, condotto sulla base delle forme pie-
ne corrispondenti, cfr. § 3. Il discorso diretto di primo grado è stato reso tra caporali
(« »), il discorso diretto di secondo grado e le citazioni scritturali sono state rese con
le virgolette alte (“ ”). Si è uniformato l’uso delle maiuscole: reso con la maiuscola
Evangelus, ma non misser. Iesu non è accentato, mentre si è posto un accento diacri-
tico nelle forme à ‘ha’ e sì ‘sei’. Le preposizioni articolate sono rese separate (in nes-
sun caso è presente <ll>, cfr. § 5.1). Le congiunzioni composte con ‘che’ sono sepa-
rate (es. inperzò ki, per beni ki); si stampa unito perfina ‘fino’.
Le parti di testo illeggibili sono sostituite da puntini di estensione equivalente a
quella della lacuna1. Dove possibile, le lacune sono state integrate: ogni integrazione
figura tra parentesi uncinate. In assenza di una numerazione originaria, è stata appo-
sta una numerazione di servizio tra parentesi quadre all’inizio di ogni apoftegma.
L’apparato è suddiviso in due fasce. nella prima sono stati indicati emendamen-
ti al testo, caratteristiche materiali del supporto aventi implicazioni sulla intelligibilità
del testo, particolarità grafiche (in particolare espunzioni) e lapsus calami (in partico-
lare ripetizioni). Sono state utilizzate le seguenti abbreviazioni: cfr. = confronta; esp. =
espunto; inch. = inchiostro; lacer. = lacerazione; macch. = macchiato; in corrisp. = in cor-
rispondenza; nel caso in cui la lacuna sia stata integrata per mezzo di un riscontro con
il testo latino, è presente un rimando alla seconda fascia di apparato.
nella seconda fascia sono state riportate le giustificazioni agli interventi di inte-
grazione delle lacune e di emendatio attraverso un riscontro con le fonti latine, e, a se-
guire, i riscontri con le fonti latine che non giustificano interventi e integrazioni (in-
sieme a note di carattere lessicografico e stilistico).
1
La natura delle lacune e delle difficoltà di lettura è documentata in apparato.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 97
[1]
1
…………ti……………………………i……indi di llà ……… soi killu
abominabili sì si cru‹chifiava et› affligiasi omni iornu per fina ki di menti li
passau omni temptacioni carnali, et rumasi quietu in lu serviciu di 2…………
…………………….……………………………….………………………cu.
[2]
1
‹e›ss‹endu› dui frati carnali monachi, et andaru a la chitati vi‹china per›
proff‹ir›iri tucta l’opira ki avianu factu tuctu l’annu. 2 et andandu insenbli et
allibergandu in una casa, ‹accad›iu ki unu frati sì ischiu unu iornu per ‹ac›cat-
tarisi alcuni cosi necessarii e l’autru rumasi sulu in lu ospiciu oi in lu fundacu,
et opirandu lu dimoniu kistu frati sì comisi fornicacioni cu una meretrichi.
3
Turnandu sou frati a lu fundacu, et illu dixi a killu frati: 4 «eccu ki avimu vin-
dutu zo ki purtammu; turnamunindi a la chella nostra». 5 Rispusi killu frati et
1. 1. cru‹chifiava et›] si legge soltanto <cru> (vd. infra, 2) per lacer. 2. Quattro righe sono sta-
te raschiate, e sullo spazio ricavato una mano tarda ha trascritto delle note; vi è inoltre una una
macchia di inchiostro rosso, molto sbiadita, che potrebbe essere una traccia della rubrica presente
nella carta precedente nell’unità codicologica originaria.
2. 1. ‹e›ss‹endu›] si leggono solo le due <s> e un titulus per inch. evanito. vi‹china per›] anne-
rimento e inch. evanito (vd. infra, 2). proff‹ir›iri] inch. evanito. 2. ‹accad›iu] illegg. a causa
di un foro (vd. infra, 2).
2. 1. a la chitati vi‹china per›: cfr. Cm II 6,1 in proximam civitatem. frati carnali monachi: cfr. Cm
II 6,1 fratres monachi; l’aggiunta dell’aggettivo disambigua frati, che può indicare sia gli appartenenti
a un ordine monastico che, come in questo caso, due fratelli. 2. ‹accad›iu: cfr. OnofiuXVP mi acca-
diu chi una donna vistuta di ha bitu mona cali, vinendu a mmi, mi constrinsi chi divissi insembla habi-
tari cum mia. Et andandu insenbli et allibergandu in una casa: la determinazione di luogo nella fon-
te è limitata nella principale al solo ex eis (Cm II 6,3) mentre il volgarizzatore approfondisce con una
gerundiva prolettica più ricca di particolari narrativi. 3. opirandu lu dimoniu: traduce la formula
Cm II 6,5 instigante diabolo; anche il volgare ricorre in modo cristallizzato a 4.2 (ancora in corrispon-
denza del lat. instigante diabolo) e a 4.4 (come aggiunta del volgarizzatore). cu una meretrichi: ag-
giunta del volgarizzatore. 3. illu: cfr. Cm II, 6,6 ille qui egressus fuerat frater; il volgarizzatore omet-
te la relativa ristrettiva, giudicando sufficiente il pronome. 4. zo ki purtammu: la relativa della fonte
Cm II 6,7 quae necessaria erant crea ambiguità tra i prodotti venduti (quod… operati fuissent Cm II
6,2-3) e quelli acquistati (necessaria Cm II 6,4); lo stesso tipo di variazione si riscontra in VSP III
128,3 ogni cosa.
98 Laura Ingallinella
dixi: «eu non pozu turnari». 6 et killu altru prigandulu et dichenduli: «Frati,
andamu et non dubitari; et pirkì fai kista novitati di diri “non voglu viniri”?».
7
et killu li cunfissau la virtati et dixi: «eu sì su cadutu in fornicacioni et in-
perzò non voglu viniri». 8 et killu frati, vulendu guadagnari e salvari l’anima di
killu sou frati, prisi, et iurau, et fichi sacramentu et dixi cussì: «et eu ‹quandu›
mi partivi da ti per andari ad accatari alkuni cosi necessarii, cadivi in fornica-
cioni et fichi lu simili. ma veramenti andamu a la chella nostra e fazamu pini-
tencia di kistu piccatu. Ca omni cosa si è a Deu possibili, di darini pirdunanza
di pentirini di kistu piccatu, azò ki non siamu aflicti et tormintati in lu focu
eternu di lu infernu, dundi non si pò fari nulla pinitencia ma chi su sempri
tormenti ardenti di focu ki mai non cessanu». 9 et tantu lu priau et pridicau ki
andaru et turnaru a la …………ca…a, et andaru a li sancti patri et gi‹ctarusi›
a terra a li pedi loru cun grandi suspiri, et lacrimi et gemitu et cunfissaru co-
mu appiru lu piccatu grandi et caderu in lu piccatu di la fornicacioni; et zo ki
li sancti patri li cumandaru ki divissiru fari di pinitencia, omni cosa si offersiru
di fari et fichirula. 10 et killu frati ki non avia factu lu piccatu cussì fachia la pi-
nitencia comu illu aissi piccatu, et kistu era per la grandi caritati ki illu avia.
11
Videndu lu nostru Signuri la caritati di killu frati et la fatiga sua, infra pocu
tempu sì munstrau a li sancti patri la causa comu killu frati, per la grandi cari-
tati ki illu a‹vi›a, per beni ki no‹n› avissi piccatu, ill‹u si› affligia per la saluti di
lu sou frati, azò ki killu avissi pirdunanza lu quali avia piccatu. 12 et kistu fu
factu stanti ki è scriptu in lu evangelus: “maiorem caritatem nemo habet ut
8. ‹quandu›] illegg. a causa di un foro (vd. infra, 2). 9. andaru] an//daru. a la ……ca…a]
parte finale del rigo illegg. perché in corrisp. di linea di piegatura; si distinguono soltanto poche
lettere, che però permettono di escludere che si tratti di chella (vd. infra, 2). gi‹ctarusi›] lacer.
(vd. infra, 2). 11. no‹n›] no. a‹via›1 ] foro. ill‹u si›] foro. 13. Deu] lu.
6. Frati, andamu et non dubitari: aggiunta del volgarizzatore; l’intero passo mostra un’attitudine alla
resa più viva del parlato. fai kista novitati di diri “Non voglu viniri”: cfr. Quare non reverteris ad
cellulam? Cm II 6,9-10; ‘novità’ vale qui ‘cattiva sorpresa’, per la locuz. fare novità cfr. Castellani
(2005: 160) s.v. novitade. 7. et inperzò non voglu viniri: aggiunta del volgarizzatore. 8. ‹quandu›:
cfr. Cm II 6,13 cum egressus essem a te. fichi sacramentu: ‘spergiurò’, lat. cum sacramento Cm II
6,12; cfr. GDLI s.v. sacramento 9 “invocazione di Dio come testimone e garante”, e, per il sic.a., Re-
bellamentuXIVB 10.1. ad accatari alkuni cosi necessarii: chiarimento aggiunto dal volgarizzatore,
cfr. 2.2. 9. a la …ica…a: cfr. Cm II 6,19 in cellulam suam. gi‹ctarusi›: cfr. Cm II 6,20 prostraverunt
se. Et tantu lu priau et pridicau: aggiunta del volgarizzatore, cfr. Cm II 6,18 ita ergo reversi sunt.
et gemitu: cfr. Cm II 6,21 gementes. comu appiru lu piccatu grandi et caderu in lu piccatu di la for-
nicacioni: le due coordinate amplificano Cm II 6,22 quae evenisse eis ruina et tentatio; si potrebbe es-
sere qui in presenza di un errore di anticipo (piccatu per temptacioni < tentatio). omni cosa sì offer-
siru di fari et fichirula: amplificazione di Cm II 6, 23-24 ita omnia fecerunt. 11. la caritati di killu
frati et la fatiga sua: scioglie in due sintagmi coordinati il singolo laborem caritatis eius Cm II 6, 26;
cfr. la soluzione compendiosa di VSP III 128, 9 la sua carità. azò ki killu avissi pirdunanza lu quali
avia piccatu: glossa esplicativa aggiunta dal volgarizzatore. 12. Maiorem caritatem… pro amicis suis:
cfr. Ioh 15,3 (Maiorem hac dilectionem nemo habet ut animam suam quis ponat pro amicis suis) e I
Ioh. 3,16 (in hoc cognovimus caritatem quoniam ille pro nobis animam suam posuit). 12-13. Et kistu
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 99
animas suas ponat quis pro amicis suis”, “non pò aviri omu maiuri caritati di
kista, di dari l’omu la vita sua per la saluti di lu amicu et di lu sou frati et
proximu”. 13 et cussì ‹Deu› liberau et salvau killu frati ki avia piccatu per la ca-
ritati di killu ki non piccau.
[3]
1
Di kistu viciu di la carni ancora sì ndi fu temptatu unu altru frati. 2 et es-
sendu vexatu gravusamenti, et illu si ndi andau ad unu antiqu multu approba-
tu et sì lu prigau et dixili cussì: «Patri sanctissimu, eu ti pregu, agi cura et pre-
ga a Deu per mi, ca la passioni di la furnicacioni multu gravusamenti mi tim-
pesta et affligimi». 3Sintendu zo, lu patri et illu atentamenti sì orava et prigava
a Deu per killu frati nocti et iornu. 4 Da capu riturnau killu frati et prigavalu ki
plui sullicitamenti illu prigassi a Deu per sì, et killu cun grandi sollicitudini
prigava a Deu per killu frati. 5 et videndu killu patri ki lu monacu vinia cussì
frequentimenti ad sì e ki la oracioni sua non era exauduta, multu si meravigla-
va et atristavasindi. 6 et una nocti et Deu li revilau a lu patri comu killu mona-
chu sì nchi era in causa et per colpa sua di killu ca era pigru et negligenti, et
richipendu li cogitacioni inmundi, et illu si nchi delictava in lu cori sou. 7 et vi-
di kistu patri in spiritu sidiri killu monacu et lu spiritu di la fornicacioni sì li
iucava dananti in diversi formi et figuri di fimini, et killu si delectava in killu
iocu ki li fachia lu dimoniu; et poi vidia lu angilu di Deu stari indignatu contra
di killu frati gravimenti, et inperzò ki quandu avia killu temptacioni si delec-
tava in illi et non si livava incontinenti, nì si mictia in terra in oracioni a prigari
a Deu. 8 et ‹tuc›ti kisti cosi per revilacioni foru mustrati a killu sanctu patri et
fu factu… di killu ki non piccau: i due periodi nella fonte (ma anche in VSP III 128, 10) sono invertiti,
con la citazione evangelica posta a chiusura dell’apoftegma. 13. Deu: cfr. Cm II 6,29 Idcirco indul-
gentiam donavit Dominus ei qui peccavit.
3. 2. Et essendu vexatu gravusamenti: gerundiva prolettica aggiunta dal volgarizzatore, cfr. 3.2 la pas-
sioni di la furnicacioni multu gravusamenti mi timpesta et affligimi. multu approbatu: Cm II 7,2 pro-
batissimum. eu ti pregu: aggiunta del volgarizzatore. mi timpesta et affligimi: cfr. Cm II 7,4 me
impugnat. 5. Et videndu…. et atristavasindi: l’architettura sintattica della frase della fonte è sostan-
zialmente modificata, con l’omissione di una coordinata alla completiva retta da videns (Cm II 7,10
et deprecantem se ut oraret) sostituita da una originaria causale (Cm II 7,11 quia non exaudiret Domi-
nus orationes eius). multu si meraviglava et atristavasindi: le due coordinate sciolgono Cm II 7,11
valde contristatus admirabatur. 6. et richipendu li cogitacioni inmundi: gerundiva prolettica aggiunta
dal volgarizzatore. 7. in killu iocu ki li fachia lu dimoniu: cfr. Cm II 7,17 cum eis (riferito alle diver-
sae formae mulierum). stari indignatu: cfr. Cm II 7,18 astantem et indignantem. si mictia in terra:
Cm II 7,19 prosternebat.
100 Laura Ingallinella
canuschia ki per culpa sua et per negligencia sua illu avia killa temptacioni et
kistu sanctu patri non era exauditu in li soi oracioni. 9 et intandu li dixi lu pa-
tri: «Inperzò ki per tua culpa esti, frati, ca tu ti dilecti in li cogitacioni inmun-
di, impossibili è ki si parta da ti lu spiritu di la fornicacioni, et non chi vali li
oracioni mei nì di li altri, exceptu ki tu midemmi non prindi affannu et diiuna
et prega et vigla. 10 Cun grandi planti prega a la misericordia di Deu ki ti dugni
aiutu la gracia sua, azò ki poci risistiri a kissi mali cogitacioni ki tu ài. 11 non
sai tu ki li medichi comp‹li›nu la medichina per li nostri corpura et fannu om-
ni cosa cun grandi diligencia, azò ki pozanu curari li nostri infirmitati? ma ve-
ramenti si killu ki è infirmu non si voli astiniri di li cosi contrarii et di killi cosi
ki solinu nochiri et lediri a lu infirmu, tucta la cura et la diligencia di lu medi-
cu no li iuva nienti. 12 et cussì è lu simili a li infirmitati di l’anima: per beni ki
li sancti patri, li quali su medichi spirituali, cun tuctu lu cori et cun tucta la in-
tencioni loru preganu a la misericordia di Deu nostru Sa‹lvaturi Iesu› Cristu
per kisti ki dimandan‹u ess›iri aiutati per loru oracioni ……. et ki non farran-
nu tantu per opiri quantu per intencioni di la menti killi cosi ki plachinu a
Deu, nulla cosa li iuva li oracioni di li sancti a killi ki su negligenti et labili ki
non si curanu di la saluti di l’anima loru». 13audendu killu frati kisti paroli, et
illu fu tuctu compuntu in lu cori et cun grandi sollicitudini sicundu la doctri-
na di quistu patri poi tantu in diiunii quantu in oracioni et in vigilii si affligiu,
in tali modu ki illu amiritau di aviri la misericordia di Deu et la gracia, et da il-
lu si partiu omni cogitacioni et passioni inmunda.
[4]
Comu unu frati, fornicandu cu una fimina, fu liberatu per consiglu di unu
altru antiqu, lu quali vidi li dimonii ki fachianu grandi festa a killu dimoniu ki
l’avia factu cadiri in piccatu.
1
Recita misser sanctu Ieronimu ki fu unu monacu lu quali habitau in lu
desertu. 2 et una fimina iuvini di lu sou lignaiu et di lu sou sangui, chircandu
a kistu sou parenti per multu tempu, finalmenti poi di plusuri anni et illa sappi
dundi kistu monacu habitava in lu desertu, et kista, opirandu lu dimoniu, an-
11. Non sai tu… li iuva nenti: l’interrogativa retorica è innovazione del volgarizzatore; cfr. VSP 129,9,
sintatticamente più fedele al modello. 12. Deu nostru Salvaturi Ihesu Cristu: cfr. Cm II 7,38
Christi Domini Salvatori nostri. labili: Cm II 7,42 resolutis.
4. 1. Recita misser sanctu Ieronimu: l’attribuzione, assente nella fonte ma piuttosto comune, doveva
trovarsi già nel codice utilizzato dal volgarizzatore, cfr. anche 6.1. una fimina iuvini: Cm II 8,2
quaedam puella.
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 101
4. lu dimoniu] lu dimo <mo> esp. moniu. 6. ‹per alc›uni io‹rni quandu illu vini›a a maniari]
solo poche lettere a causa di lacer. nel marg. sup. (vd. infra, 2). 7. et i…ati] illegg. per lacer.
cog‹itau di andari a kill›u sou vichinu mona‹cu›] illegg. per lacer. e grosso foro (vd. infra, 2).
per…irlu] illegg. a causa del medesimo foro (vd. infra, 2). 9. …atu] il resto della parola, sicu-
ramente un participio passato, è illeggibile perché l’inchiostro è evanito e vi è un sottile foro lun-
go tutta la parola; potrebbe essere declinatu. 10. ‹di›monii] la prima sillaba è illeggibile; tutta
la colonna presenta dei fori in prossimità del margine sinistro. 12. fa‹z›u] macchia d’umidità
in corrispondenza di <z>. mi voglu recriari] foro in corrispondenza di <m>; la parte succesiva
della frase è illeggibile per un foro di dimensioni consistenti. ad usu di biviri] leggibili soltanto
la prima <a> e l’ultima sillaba (vd. infra, 2). eu vaiu] leggibile solo l’ultima <u>.
3. di lu sou lignaiu et di lu sou sangui: Cm II 8,2 ex genere et cognatione eius, da confrontare con la
traduzione compendiara di VSP 130,2 sua parente. 4. illi sì piccaru insenbli: cfr. Cm II 8,6 cecidit
in ruinam peccati cum ea (il soggetto è quidam monachus). vichinu di kistu: aggiunta del volgariz-
zatore; nella fonte latina si tratta di un monaco che risiede nel medesimo deserto (in eremo). 5. et
vinendu… vulendusi recriari: cfr. Cm II 8,8-9 cum ad refectionis horam venisset. unu vasu oi canna-
ta di terra: Cm II, 8,9 gillo. si girava oi vultava: Cm II 8,14 vertebat se. 6. ‹per alc›uni io‹rni›: cfr.
Cm. II 8,11 per aliquot dies. ‹quandu illu vini›a a maniari: cfr. Cm. II 8,11 cum ad refectionem ve-
nisset. 7. cog‹itau di andari a kill›u sou vichinu mona‹cu›: cfr. Cm II 8,12-13 cogitavit autem apud
semetipsum ut abiret ad illum aium monachum. per…sirlu: cfr. Cm II 8,14 et diceret ei. lu sou va-
sellu di l’acqua: Cm II 8,14 de gillone. et non putia biviri: assente nella fonte, ma riprende Cm II
8,12 ut non possit bibere. per…irlu: si tratta probabilmente di un verbum dicendi, cfr. Cm II 8,14
et diceret ei. 8. unu templu… lu quali era statu di ydoli: cfr. Cm II 8, 16 templo idolorum. 9. Et
standu killu frati… in killu locu predictu: gerundiva prolettica aggiunta dal volgarizzatore. 12. ki
fazu: cfr. Cm II 8,20 quid faciam. a‹d usu di bivi›ri: cfr. Cm II 8,21 ad usum aquae.
102 Laura Ingallinella
sì midemmi et spandisi killa acqua et poi non aiu ki poza biviri?». 13‹et› intan-
du sì li rispusi lu monacu ‹et dix›ili cussì: «Tu sì vinutu a ‹racu›ntarimi ki la
tua cannatella si versa et spandisi l’acqua, et eu ki aiu a ffari ki in kista nocti
aiu cadutu in fornicacioni?». 14 Rispusi killu frati et dixili: «eu ià lu sappi».
Dixili killu monacu: «et dundi lu putisti zo sapiri?». 15 et killu li dixi: «In kista
nocti vulendumi pusari in unu locu, et eu audivi li dimonii ki parlavanu intra
loru et avantavanussindi di lu casu tou. eu fuindi multu dulenti et tristu». 16 et
intandu rispusi lu monacu et dixi: «eccu ki eu mi ndi voglu andari a lu mun-
du». 17 et audendu killu frati kisti paroli, sì lu prigava et dichiali cussì: «Frati
meu, non fari zo ki tu dichi, ma susteni pacientimenti et rumaniti in kistu lo-
cu; ma cac‹h›amu kista fimina et turna‹mul›a a la casa sua. 18 ma‹nifes›ta‹men›ti
appari kista sia stata arti di ‹m›a‹lignu› et opiracioni di lu dimoniu, et ‹per›zò
a ti cunveni di stari in kistu locu in affliccioni di lu tou cori et di lu tou corpu.
et cun grandi suspi‹ri di lu co›ri et cun multi lacrimi perfina ‹a l›a morti tua
digi prigari a la misericordia d‹i l›u nostru Salvaturi, azò ki poci truvari gracia
et misericordia in killu iornu tirribili grandi di lu iudiciu di Deu». 19audendu
zo, killu monacu rumasisi in killu locu, et crischiu plui in la sua abstinencia et
la vita sua cun multi lacrimi et afliccioni si l’affligya perfina ki fu restitutu in
lu primu gradu ki avia ananti ki avissi comisu kistu piccatu, et in kistu modu
affligendusi salvau l’anima sua.
[5]
Comu unu frati, temptatu di temptacioni di carni, supirau et vinxi la pas-
sioni per fatigy corpurali per opiri di terra.
1
Unu frati fu in lu boscu et stava in killu locu ki à nomu Cellia, et conti-
nuamenti sì lu cunbactianu li dimonii di viciu di fornicacioni. 2 Kistu frati sì
era mastru di pignati et di opira di crita oi di lutu. et avendu kisti temptacio-
ni, et illu pinsava intra lu cori sou et dichia cussì: “Forsi ca mi cunveni di fati-
18. Ma‹nifes›ta‹men›ti… opiracioni di lu dimoniu: cfr. Cm II 8,34 Manifeste enim ista exquisitio ars
maligni diaboli est. in killu iornu… di Deu: cfr. Joel 2,11 magnus enim die Domini et terribilis valde.
19. Audendu zo… salvau l’anima sua: il passo non è presente nella testo critico della fonte, ma doveva
sicuramente essere presente nei testimoni tardomedievali delle VP, cfr. almeno VSP III 130, 3.
5. 1. Cellia: località a metà strada tra alessandria e i confini settentrionali del deserto libico, occupata
da piccole celle (da cui il nome) in cui risiedettero i primi anacoreti. 2. Kistu frati… di lutu: anti-
cipa Cm II 9,5-6 Erat autem idem frater arti figulus. mastru di pignati… oi di lutu: Cm II 9,6 figu-
lus; l’uso della perifrasi mastru di seguito da sostantivo o sintagma indicante l’attività professionale è
comune in sic.a., anche nei volgarizzamenti (perifrasi analoga in ValMaxXIVU III 7,18 mastru di su-
nari flauti < tibicen). 3. Et avendu kisti temptacioni: gerundiva prolettica aggiunta dal volgarizza-
Il frammento di un volgarizzamento siciliano trecentesco 103
gari plui, azò ki sia plui maturu lu meu corpu et non poza recalcitrari?”. 4 et
livausi, et fichi di killa crita oi lutu una forma di una fimina et dixi cussì a li soi
cogitacioni: “eccu la tua mugleri; a cti cunvenirà affannari plui ki tu la pozi
nutricari”. 5 et poi di alcuni altri iorni et illu sì formau una figura pichula co-
mu una citella et dixi a li soi cogitacioni: “eccu ki tua mugleri sì à factu una
figla fimina di …………ura sì ti conv‹enirà di f›a‹tigari› assai plui, azò ki pozi
nutricari et vistiri a tua mugleri, et a tua figla et a ti”. 6 et intra ki opirandu per
la grand‹issi›ma ‹f›ati‹ga, in›tandu macera‹va lu sou co›rpu ‹sì› ki non putia
plui fatigari cussì, et ‹int›andu dixi a li soi cogitacioni: “Ki…….si sì ‹non› pò
plui sustiniri tantu affannu et… non chircari plui fimina”. 7 et Deu, videndu
kistu ferventi propositu et comu cunbactia virilmenti per la ‹ca›stitati, sì li li-
vau tucta la molestia di la ‹car›ni et di la batagla di lu dimoniu, et illu laudava
sempri a lu Signuri di tanta gracia ki li avia concessa, et persevirandu in la gra-
cia di Deu trapassau in pachi di kistu mundu fragili.
[6]
Comu a l’abati Apollo sì revocau unu frati ki era o‹cu›patu di lu viciu di la
carni et andava a lu mundu sicundu ……. a lu cunsiglu ki avia avutu da unu al-
tru antiqu.
1
Recita sanctu Ieronimu ki fu unu frati et era multu sollicitu di la saluti
di l’anima sua. 2 et essendu kistu frati unu iornu multu temptatu da lu dimo-
5. 5. di… ura] illegg. per macchia d’umidità. ti conv‹enirà di f›a‹tigari›] vd. infra, 2. 6. opi-
randu] o//pirandu. per la grand‹issi›ma ‹f›ati‹ga, in›tandu macera‹va lu sou co›rpu ‹sì›] in-
ch. quasi del tutto evanito (vd. infra, 2). ‹int›andu] illegg. per lacer. della pergamena. Ki…
.si] inch. evanito in corrisp. della linea di piegatura. ‹non›] lacer. della pergamena. et…
non circhari] illegg. per lacer. della pergamena. 7. ‹ca›stitati] sillaba illegg. per lacer. la mo-
lestia di la ‹car›ni] sillaba illegg. per lacer.
tore. azò ki sia plui maturu… non poza recalcitrari: cfr. Cm II 9,5 ut extinguatur carnalis sensus meus;
da confrontare con la traduzione di Cavalca, più aderente alla fonte latina (VSP III 131,3 per domar
la carne). recalcitrari: ‘opporre resistenza’ cfr. GDLI s.v. ricalcitrare. 4. di killa crita oi lutu: Cm II
9,6 ex luto. 5. ti conv‹enirà di f›a‹tigari›: cfr. Cm II 9,12 exerceas opera manuum. citella: ‘fanciul-
la’, cfr. TLIO s.v. zitella. 6. per la grandissima fatiga… lu sou corpu: cfr. Cm II 9,14 pro nimio labore
maceravit corpus suum. 7. Et persevirandu… di kistu mundu fragili: aggiunta del volgarizzatore.
6. Su apollo, fondatore e abate del monastero di Bawıˉt (Hermopolis magna), largamente nominato
nelle opere di Cassiano e nell’Historia monachorum e protagonista di numerosi apoftegmi nelle VP,
cfr. Crum (1903). 1. Recita sanctu Ieronimu: ancora attribuzione a Gerolamo probabilmente già
presente nella fonte, cfr. 4.1. di la saluti di l’anima sua: cfr. Pg V 4 (= PL 73, col. 874B) in conver-
satione. essendu… temptatu: cfr. Pg V 4, 874B turbaret; ma cfr. più avanti et tuctu perturbatu par-
tiusi. la cogitacioni… carnali ki illu patia: amplifica Pg V 4, 874B cogitationes suas. di purtari…
di li monachi: amplifica Pg V 4, col. 874B monachi habitu.
104 Laura Ingallinella
4. ref…i] una macchia d’umidità ha reso illeggibile la parte centrale della parola. 6. ‹non li ri-
spusi› nienti] vd. infra, 2. li cunfissau] lacer., ampia porzione di testo illeggibile. spiran‹za
di saluti›] vd. infra, 2. 7. ancora ‹sugn›u multu molistatu di li ‹temptacioni› carnali] porzioni
di testo illegg. a causa di un foro (vd. infra, 2). 8. non… non ti dispirari] inch. evanito, impos-
sibile leggere una porzione di testo. per ‹hum›ana solichitudini] vd. infra, 2. 9. e da… unu
iornu] un foro rende difficoltosa la lettura. 11. ‹et standu›] foro in corrisp. delle due parole
(vd. infra, 2). cun g‹randi lacrimi›] il medesimo foro permette di leggere solo <cu> (vd. infra,
2). 12. ‹ki dun›i] si riesce a leggere solo l’ultima <i> (vd. infra, 2). ‹azò›] illegg.e a causa di
un foro (vd. infra, 2). ‹imprind›a] leggibile solo l’ultima <a> (vd. infra, 2).
5. sicundu la dispensacioni divina: ‘grazie alla divina Provvidenza’, cfr. TLIO s.v. dispensazione 2.1.
6. ‹non li rispusi› nienti: cfr. Pg V 4, col. 874C non respondit ei quidquam. spiran‹za di saluti›: cfr.
Pg V 4, col. 874C non est mihi spes salutis. 7. ancora ‹sugn›u multu molistatu di li ‹temptacioni› car-
nali: cfr. Pg V 4, col. 874C ab huiusmodi cogitationibus inquietor. 8. per ‹hum›ana solichitudini: cfr.
Pg V 4, 874D humana sollicitudine. 10. comu sanctu Apollo… a la sua chella: amplificazione rispet-
to alla fonte, cfr. Pg V 4, 874D. 11. ‹et standu› da fora: cfr. Pg V 4, col. 874D et stans foras. cun
g‹randi lacrimi›: cfr. Pg V 4, col. 874D cum lacrymis. ki li avia datu lu mal cunsiglu: cfr. Pg V 4,
874D qui ei desperationem fecerat. 12. ‹ki dun›i: cfr. Pg V 4, col. 874D qui… infers. ‹azò› ki: cfr.
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RIaSSUnTI / aBSTRaCTS
novara di Sicilia col numeroso gruppo di villaggi che le ruota attorno è una co-
lonia di origine settentrionale presente in Sicilia sin dall’epoca normanna (1091). La
parlata di tali piccoli centri – sostanzialmente unitaria nonostante il complesso diasi-
stema – è stata poco studiata dall’ottocento a oggi, anche per l’estremo isolamento
geografico che ancora oggi, in buona parte, le contraddistingue. Tuttavia, tale isola-
mento ha favorito l’eccezionale conservazione dei caratteri originali italiani settentrio-
nali e, allo stesso tempo, ha ridotto le occasioni di contatto e scambio con il siciliano.
nella prospettiva della redazione del Dizionario delle parlate galloitaliche di Novara di
Sicilia e Fondachelli-Fantina, cui l’autrice di questo studio sta lavorando, sulla base
dell’analisi fonologica del diasistema di tali parlate, viene qui proposto il sistema or-
tografico che verrà usato per la redazione del detto Dizionario.
novara di Sicilia, and the group of villages surrounding it is a colony of north-
ern origin present in Sicily since norman times (1091). The local dialect of these vil-
lages – the same despite a complex diasystem – has been largely ignored since the
19th century, due to its extreme geographical and cultural isolation. This remoteness,
however, has favored the exceptional preservation of the original character of the
northern Italian dialect of novara and, at the same time, it has reduced the opportu-
nities of contact and influence with Sicilian and, therefore, interference between the
two linguistic systems. Within the framework of the Dizionario delle parlate gal-
loitaliche di Novara di Sicilia e Fondachelli-Fantina, on which the author of this study
is working at the present time, the orthographic system of this Gallo-Italic dialect is
presented here through a detailed analysis of its phonological system.
a partire da una rassegna critica degli studi di toponomastica siciliana, che han-
no avuto come massima espressione il Dizionario onomastico siciliano di Girolamo Ca-
racausi, edito nel 1993, l’autrice conduce un’ampia riflessione su alcune possibilità di
sviluppo – teorico, metodologico ed empirico – della ricerca toponomastica in Sicilia.
In particolare, anche sulla scorta di una parte assai significativa della letteratura scien-
tifica italiana e internazionale, l’articolo propone un ribaltamento delle prospettive,
indicando nella toponimia “parlata” il quid e il primum essenziali della ricerca topo-
nomastica, e mostra come l’attenzione rivolta ai sistemi (top)onimici popolari condu-
ca a una più profonda comprensione non solo delle dinamiche storico-linguistiche di
Riassunti / Abstracts 491
La forza illocutiva della richiesta e del comando tipica del modo verbale dell’im-
perativo può essere attenuata utilizzando un imperativo di cortesia, cioè una forma
imperativa diretta ad un soggetto semanticamente di seconda persona a cui però ci si
rivolge con un pronome allocutivo di cortesia. In questo contributo mi propongo di
esaminare le costruzioni disponibili in siciliano per l’espressione dell’imperativo di
cortesia, soffermandomi in particolare su una struttura imperativa presente in alcuni
dialetti della Sicilia centrale in cui l’imperativo di cortesia può essere espresso con il
verbo alla terza persona del presente indicativo preceduto dall’elemento sa. Questo
elemento ha indubbiamente origine dal pronome di cortesia vossia, ma un’attenta
analisi del suo uso e delle sue proprietà mostra che, a seguito di un processo di gram-
maticalizzazione, sa non è più una semplice forma fonologicamente ridotta, bensì una
particella modale imperativa specializzata nella segnalazione degli imperativi di cor-
tesia. Questa analisi potrebbe essere in grado di spiegare più precisamente l’origine
della forma di saluto sabbenedica che, con le sue varianti storicamente presenti in tutta
la Sicilia, viene tradizionalmente analizzata come il risultato della contrazione del pro-
nome di cortesia vossia con il verbo binidìciri o benedìciri.
492 Riassunti / Abstracts
Il lavoro analizza alcuni elementi della storia linguistica di Palermo nei decenni
a cavallo dell’unificazione. In primo piano vi è il legame tra pratiche e immagini, en-
trambi legati sia alla dimensione linguistica che spaziale. attraverso testi religiosi e
scolastici, guide della città, cambiamenti nella toponomastica e nel paesaggio lingui-
stico urbano, descrizioni di antropologi e linguisti e loro scelte trascrizionali, viene alla
ribalta un momento dell’immaginario urbano di Palermo, cioè dell’insieme di rap-
presentazioni e idee attraverso le quali quella società urbana ha costruito il suo auto-
ritratto.
The paper examines some elements of the linguistic history of Palermo in the
decades of straddling unification. In the foreground there is the link between prac-
tices and images, both linked to either linguistic or spatial dimension. Through reli-
gious and scholastic texts, city guides, changes in place names and in linguistic urban
landscape, descriptions of anthropologists and linguists and their transcriptional
choices, comes to the fore the moment of the imaginary city of Palermo, in the set of
representations and ideas through which the urban society has built it’s self-portrait.
Sono pubblicate due laude iacoponiche, in siciliano, O Signuri, per cortisia e Qui
fay anima predata?, conservate in un codice miscellaneo di fine Quattrocento, scritto
forse per religiose. Le rubriche dei due testi non assomigliano a nessuna di quelle no-
te; sembra corretto pensare che il codice di cui si è servito l’anonimo traduttore possa
essere perduto. Per la lingua, il testo offre qualche recupero lessicale; le lezioni talora
sono fraintese (ma sembra ad opera del copista), ma al v. 44 della lauda Qui fay…
sorge il sospetto che il sintagma «cordiali oracioni» sia migliore di «mentale orazio-
ne»: la preghiera della mente può essere vagante, quella che proviene dal cuore sorge
dall’intimità della persona.
Publication of two laude by Jacopone, in Sicilian, O Signuri, per cortisia and Qui
fay anima predata?, copied in a miscellaneous codex of the end of the 15th century,
probably written for nuns. The rubrics of the two texts are different from those pres-
Riassunti / Abstracts 493
ent in other manuscripts; it would seem correct to postulate the loss of the manu-
script used by the anonymous translator. as far as the language is concerned, the text
allows some lexical items to be recovered; some readings are misunderstood (by the
scribe probably), but at l. 44 of the lauda Qui fay… we may well suspect that the syn-
tagma «cordiali oracioni» is better than «mentale orazione»: a prayer of the mind
could be casual, a prayer of the heart arises from one’s innermost being.
Yorick Gomez Gane, «Il cirneco tra Sicilia e mediterraneo: saggio storico-linguistico»
Il cirneco è un cane tipico della Sicilia. Il termine, attualmente datato 1553 in ita-
liano e 1519 in siciliano, viene ricondotto dagli studiosi, in maniera sostanzialmente
concorde, al latino Cyrenaı̆cu(m) ‘(cane) cirenaico’ (i greci di Sicilia lo avrebbero im-
portato da Cirene, colonia greca sulle coste africane). nel saggio ci si interroga, innan-
zitutto, se cirneco non possa essere invece un prestito interlinguistico, dato che in am-
bito romanzo si rinvengono termini ad esso accostabili, più antichi e con ipotesi eti-
mologiche differenti: il catalano xarnego (1383, nella forma valenziana xernego), il
francese charnègue (qui retrodatato al 1551, nella forma latina ispaneggiante charne-
guos) e il castigliano lucharniego (1330-1343, ricondotto dalla lessicografia spagnola a
(perro) nocharniego ‘(cane) notturno’). Dopo un accurato esame di storia ed etimolo-
gia delle forme romanze e dei loro rapporti interlinguistici, si giunge alla conclusione
che la fonte di irradiamento nel bacino mediterraneo è il siciliano cirneco, e non una
delle altre forme romanze. Si apportano, inoltre, ulteriori argomentazioni a favore del-
494 Riassunti / Abstracts
ment, given the lack (as is the case of eastern Sicily) of manuscript collections or in-
ventories. as demonstrated by a structural comparison with other medieval vernacu-
lar translations of the Vitae Patrum, this fragment represents a very small part of a
seemingly much longer text, which could be paralleled to the well-known Tuscan vol-
garizzamento by Domenico Cavalca, the Vite dei Santi Padri. a piece of evidence from
an inventory of the monastery of San martino delle Scale seems to confirm that this
translation circulated in Benedictine monasteries in late 14th century.
Lucio melazzo, «Una nuova spia della composita facies culturale e linguistica della
Palermo normanna»
oggetto dell’articolo è una descrizione della sintassi e della semantica delle prin-
cipali preposizioni e dei principali complementatori del nicosiano e dello sperlinghe-
se, basata sullo studio del corpus di testi ed etnotesti utilizzati per la redazione del
Vocabolario dei dialetti galloitalici di nicosia e Sperlinga (S. Trovato e S. menza, in
preparazione). Lo studio, pur partendo dall’osservazione di dialetti locali, intende
contribuire alla conoscenza generale della categoria preposizione/complementatore
non finito. Per ciascuna preposizione, si distingue in modo netto tra le occorrenze co-
me testa di sintagma preposizionale (SP) aggiunto e come testa, invece, di SP argo-
mento. nel primo caso, infatti, la preposizione contribuisce con un proprio significato
alla semantica complessiva della frase, mentre nel secondo tutti i significati sono asse-
gnati dalla testa reggente che seleziona il SP come proprio argomento. Quanto alla
sintassi interna, viene evidenziato come preposizioni diverse esibiscano regole di se-
lezione diverse per il proprio complemento nominale. alcune, infatti, selezionano solo
sintagmi nominali nudi (senza articolo o altro determinante), mentre altre selezionano
sintagmi del determinante e altre ancora richiedono combinazioni complesse di tratti,
con differenze tra la sintassi delle preposizioni dialettali e quella delle corrispondenti
496 Riassunti / Abstracts
preposizioni italiane. Infine, alcune idiosincrasie tipiche delle espressioni locative so-
no spiegate postulando l’esistenza di uno o più tratti di compatibilità presenti nei cor-
redi sintattici di tutti i nomi che possono avere un’interpretazione locativa: la combi-
nazione con una specifica preposizione locativa è possibile solo se il nome è compati-
bile con quest’ultima.
This paper provides a corpus-based analysis of the syntax and semantics of the
main prepositions and complementizers of the Gallo-Italic dialect spoken in nicosia
and Sperlinga (en), and aims to shed new light on preposition/non finite comple-
mentizer syntactic properties in general. For each preposition, a clear distinction is
made between its occurrences as an adjunct prepositional phrase (PP) head and as an
argument PP head. In the former case, the head delivers its own lexical contribution
to the semantics of the sentence, whereas in the latter all meanings depend on the
head selecting the PP as its own argument. Internal syntax is also investigated in de-
tail: different prepositions display different selection rules for their nominal comple-
ments. Some select only bare noun phrases, others select full determiner phrases and
others still require more complex combinations of features. Some inconsistencies be-
tween dialect and Italian are found with regard to this. Finally, some frequent idios-
incracies in locative PPs are addressed by proposing that locative prepositions and
their complements merge according to a special “compatibility” feature of the noun
projecting the complement phrase: merging is possible only if the noun is compatible
with the preposition head.
Ferdinando Raffaele, «Scritture esposte in volgare siciliano. I. Le didascalie del San Be-
nedetto e storie della sua vita della Galleria regionale di palazzo Bellomo di Siracusa»
muovendo dal recente VSES di alberto Varvaro, l’autore studia undici parole
siciliane (accutufari ‘percuotere ecc.’, ardìcula ‘ortica’, cannolu ‘cannolo’, cassata ‘id.’,
ggerbu ‘incolto’ e ggerbu ‘acerbo’, nicu ‘piccolo’, sbèrgia ‘pesca nettarina’, sgrid.d.ari
‘scappar via; sgusciare’, tintu ‘cattivo ecc.’ e urvicari ‘seppellire’) per le quali propone
basi etimologiche nuove (accutufatu, cannolu, cassata, nicu, sbèrgia, sgrid.d.ari) e trafile
di trasmissione diverse da quelle proposte dal VSES (come è di ggerbu 1 e ggerbu 2).
aggiunge ancora elementi nuovi atti a rafforzare ipotesi sostenute nel VSES (ardìcula
e tintu) o precisa sviluppi fonetici utili alla ricostruzione di basi etimologiche contro-
verse, come è il caso di urvicari.
With reference to the recent VSES by alberto Varvaro, the author of this study
examines eleven Sicilian words (accutufari ‘to beat etc.’, ardìcula ‘nettle’, cannolu ‘pas-
try roll with sweet filling’, cassata ‘cake containing cottage cheese, chocolate chips and
candied fruit’, ggerbu ‘uncultivated’ and ggerbu ‘unripe’, nicu ‘little’, ‘young’, ‘small’,
sbèrgia ‘nectarine’, sgrid.d.ari ‘to escape’, ‘to slip’, tintu ‘evil etc.’ and urvicari ‘to bury’)
for which he proposes new etymological bases (for accutufatu, cannolu, cassata, nicu,
sbèrgia, sgrid.d.ari) and different transmissions from those advanced by VSES (as for
ggerbu 1 and ggerbu 2). moreover, he adds new elements which support the theses sus-
tained by VSES (like ardìcula and tintu), as well as specifying phonetic developments
useful for the reconstruction of controversial etymological bases, such as for the word
urvicari.
InDICe