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DELL’ISTITUTO
DELL’ISTITUTO STORICO
STORICO ITALIANO
ITALIANO
PER
PER IL MEDIO
MEDIO EVO
EVO
115
ROMA
NELLA SEDE DELL’ISTITUTO
PALAZZO BORROMINI
___
2013
I saggi pubblicati in questo volume sono stati sottoposti alla lettura di
due esperti anonimi
1 Le schede dei mss. 1, 3bis e 9 si devono alla prof.ssa Anna Airò; quelle dei mss.
2, 3, 8 e 10 alla dott.ssa Elisabetta Caldelli; quella del ms. 4 al prof. Giampaolo
Francesconi e quelle dei mss. 6 e 7 alla prof.ssa Valeria De Fraja, cui si deve anche l’ap-
profondimento relativo al ms. 5.
2 A tutt’oggi del fondo esistono soltanto ottime schede inventariali redatte dalla
bibliotecaria Anna Maria Velli, che ringraziamo per la disponibilità prodigataci.
3 Sul conte Giacomo Manzoni v. G. Seganti, Giacomo Manzoni, bibliofilo e uomo poli-
tico, «Studi romagnoli», 4 (1953), pp. 123-130 e F. Zavallone, Manzoni Giacomo, in
Dizionario Biografico degli Italiani, 69, Roma 2007, pp. 328-331.
4 Sulle lunghe trattative intraprese da Luigi Manzoni per la vendita della bibliote-
ca paterna al Ministero v. R. Cervigni Troncone, La biblioteca Manzoni e i suoi cataloghi:
prime ricerche, «Archivio della Società romana di storia patria», 120 (1997), pp. 259-302.
5 Una successiva vendita di libri e manoscritti, non solo del Manzoni, fu fatta nel
1894 presso la libreria antiquaria di Dario G. Rossi a Roma: Catalogo di buoni libri prove-
nienti in gran parte dalle biblioteche del principe don Paolo Borghese e del conte Giacomo Manzoni
ora in vendita… presso la libreria antiquaria Dario G. Rossi, Roma 1893. La consultazione
di questo catalogo, come degli altri relativi alla vendita della biblioteca manzoniana,
non ha dato risultati per quanto riguarda i mss. 3 e 4.
6 Nel resoconto delle adunanze di giunta dell’Istituto storico del 7 febbraio 1898
troviamo scritto quanto segue: «Il segretario espone che il compianto senatore Tabar -
rini s’era proposto di mandare al conte Luigi Manzoni un esemplare dei volumi fino-
ra pubblicati delle FONTI in compenso dei manoscritti da lui ceduti all’Istituto. E la
Giunta approva che i detti volumi pel detto titolo siano spediti al conte Manzoni».
Nella dichiarazione, per la segnalazione della quale ringraziamo Isa Lori Sanfilippo, si
parla di cessione di manoscritti e purtroppo non si specifica di quali manoscritti si parli
esattamente.
13 Sulla vicenda v. O. Moroni, Salomone Morpurgo e il fondo Ashburnham con lettere ine-
dite a Ernesto Monaci e Giosuè Carducci, «Bollettino AIB», 49 (2009), pp. 355-374.
14 Si veda in modo particolare L. Delisle, Les vols de Libri à Florence, «Bibliothèque
de l’École des chartes», 59 (1898), p. 232, ove si dice che i furti del Libri erano noti già
prima del 1848 anche in Italia e si aggiunge: «Je sais de bon part qu’un catalogue de
vente de pièces de autographes et manuscrites publié en 1845 par le sieur Charon,
marchand d’autographes de Paris (sans le nom du possesseur de la collection, il est
vrai, mais on sait pertinemment à Paris que ces pièces viennent de chez M. Libri), je
sais, dis-je, que le dit catalogue ayant été mis entre les mains de l’avvocato regio de
Florence, en recourant aux catalogues des bibliothèques et archives, on a reconnu plu-
sieurs pièces volées».
15 D. Proietti, Monaci Ernesto, in Dizionario Biografico degli Italiani, 75, Roma 2011,
pp. 505-509.
16 A cura di Giovanni Muzzioli, Roma 1943, nn. 1493, 1496, 1542, 1577.
26 Sessione VI. Adunanza plenaria del 18 dicembre 1892, «Bullettino dell’Istituto sto-
rico italiano», 13 (1893), pp. XVII-XVIII.
27 Ivi, p. XVII.
28 Ivi, p. XVIII.
29 Cfr. anche Atti della R. Deputazione (1891), «Archivio storico italiano», V ser., 9
(1892), p. IV: «Il prof. VITTORIO LAMI ha compiuto gli studî preparatorii per una edi-
zione critica della Cronaca di Giovanni Villani, affidata dall’Istituto storico italiano a
questa Deputazione. Il prof. Lami ne presentò al Consiglio direttivo nel dicembre del
’91 la relazione; la quale, approvata pienamente da esso Consiglio, fu trasmessa alla
Presidenza dell’Istituto storico, perché venga stampata unitamente al saggio critico
dell’edizione nel Bullettino dell’Istituto stesso».
30 C. Paoli, Necrologia. Vittorio Lami, ibid., V ser., 11 (1893), pp. 238-240: 240.
vide esaudito nessuno dei suoi tre desideri: tre mesi più tardi infatti, il
14 marzo dell’anno seguente, si spense, a soli 33 anni, «a seguito di una
rapida e violenta malattia»31.
Sia da parte dell’Istituto storico italiano, sia da parte della
Deputazione per la Toscana32, si fecero diversi tentativi perché il lavo-
ro già svolto (in qualche misura anche già parzialmente pagato: così si
affermava anche nel corso dell’adunanza del 3 giugno 189033) non
andasse del tutto perduto.
L’Istituto da parte propria, come primo intervento in questa dire-
zione, provvide ad acquistare dalla vedova Lami il materiale preparato-
rio, che inizialmente, subito dopo la morte, era «in deposito presso la
nostra Deputazione», come affermava Cesare Paoli nella Necrologia
pubblicata per la morte del Lami34. Dagli atti dell’Adunanza del 10
luglio 1897, apprendiamo che tale materiale era costituito da «Tutte le
edizioni Villaniane da lui [Lami] raccolte, nonché tutte le carte, gli
31 Ibid.
32 Cfr. Atti della R. Deputazione (1896), «Archivio storico italiano», V ser., 19
(1897), p. III: «Istituto storico italiano. Con lettera del 20 febbraio 1896 la Presidenza
dell’Istituto si rivolgeva alla nostra Deputazione, chiedendole di far proposte di nuovi
testi da pubblicarsi nella raccolta delle Fonti per la Storia d’Italia, con avvertimento che
nello scegliere si desse la preferenza alle fonti più antiche. A cura del nostro
Vicepresidente, senatore Villari, fu pertanto convocata una riunione di Soci e di altri
cultori degli studi storici; dalla quale fu stimato conveniente di riprendere in esame le
proposte già presentate all’Istituto dalla nostra Deputazione nel 1886, e, a quelle
richiamandosi, formulare le nuove proposte, che furono le seguenti: I. Cronica di
Giovanni Villani. Rimasto interrotto, per la deplorata morte del prof. Vittorio Lami, il
lavoro preparatorio dell’edizione critica del maggior Cronista fiorentino, sarebbe non
meno deplorevole che la nobile impresa fosse abbandonata. Ma prima che possa ad
altri affidarsi l’incarico, e altri possa coscienziosamente assumerlo, la Deputazione
stima opportuno che si riesamini il materiale lasciato dal compianto Lami per render-
si esatto conto dei resultati a cui egli pervenne. […] Queste deliberazioni vennero tra-
smesse dalla nostra Presidenza all’Istituto Storico con lettera del 30 maggio 1896;
aggiuntivi i nomi delle persone, alle quali, secondo il concorde parere degli adunati,
dovrebbe commettersi la cura delle proposte pubblicazioni».
33 Cfr. da un lato supra, nota 22, dall’altra Sessione V. Adunanza del 3 giugno 1890,
«Bullettino dell’Istituto storico italiano», 10 (1891), p. XII.
34 Paoli, Necrologia. Vittorio Lami cit., p. 240: «Ora le numerose carte (volumi, qua-
derni, schede), che contengono il lavoro del Lami, sono in deposito presso la nostra
Deputazione; la quale si darà cura che il frutto di tante fatiche non vada disperso, e
che, almeno, l’Istituto storico sia messo in grado di pubblicare quel Saggio, che dove-
va e dovrà pur sempre portare il nome di Vittorio Lami».
35 Sessione VII. Adunanza del 10 luglio 1897, «Bullettino dell’Istituto storico italia-
no», 19 (1898), p. XIV.
36 Cfr. supra, nota 32.
37 Cfr. supra, p. 469.
38 Sessione VII. Adunanza del 10 luglio 1897, «Bullettino dell’Istituto storico italia-
no», 19 (1898), p. XIV.
39 Potrebbe trattarsi del prof. Giacomo Parodi, in quel periodo studioso di Dante
(cfr. «Bollettino della Società dantesca», 18 (1911), p. 262.
40 Sessione IX. Adunanza del 28 gennaio 1901, «Bullettino dell’Istituto storico italia-
no», 23 (1902), pp. XII-XIV.
riscontri, utilissimi per chi li aveva raccolti, poco poteva giovare a chi
venisse nuovo»41.
In realtà, sappiamo che il materiale Lami non era costituito solo da
«un cumulo di appunti e riscontri»: vi erano molti volumi delle prece-
denti edizioni del Villani, presumibilmente in numero di undici42; vi era
la densa Relazione accompagnata dal saggio critico sui primi sedici capi-
toli del IV libro, sostanzialmente pronti per la stampa nel Bullettino
(secondo l’Inventario, il volumetto 32°); vi erano le schede dei numero-
si manoscritti esaminati personalmente dal Lami43. Tutto materiale che
ai possibili continuatori dell’edizione poteva senz’altro tornare utile.
In ogni caso, da quel momento in poi, dopo essere stato cioè rispe-
dito a Firenze perché fosse messo a disposizione dei possibili conti-
nuatori, le tracce del materiale preparatorio del Lami si perdono: la
Deputazione per la Toscana, interpellata in merito, ha compiuto ricer-
che nel proprio archivio, senza alcun risultato44. L’ipotesi è che il mate-
riale sia stato affidato a uno degli studiosi che negli anni seguenti ten-
tarono ancora una volta l’impresa di giungere a un’edizione critica della
Cronaca. Negli anni tra il 1929 e il 1934 l’incarico dell’edizione del
Villani fu affidato a Francesco Paolo Luiso, alunno della Scuola stori-
ca nazionale in quegli anni. Egli non giunse a mettere a punto un’edi-
zione critica della Cronaca; pubblicò tuttavia due lunghi articoli nel
Bullettino dell’Istituto, uno relativo alla biografia di Giovanni Villani e
uno alle edizioni della sua Cronaca45. È stato compiuto un tentativo per
rintracciare il materiale preparatorio del Luiso presso l’Accademia
41 Ivi, p. XIII.
42 Tale numero lo si può dedurre da una semplice sottrazione: secondo
l’Inventario, i pacchi erano 33, venti erano volumetti in ½ pergamena (sono i “quader-
ni” nominati da Paoli nella Necrologia: cfr. supra, nota 34), uno era costituito dalla
Relazione, un ultimo dalla corrispondenza: rimangono 11 volumi non meglio definiti,
che potrebbero pertanto essere le «edizioni Villaniane da lui raccolte» (cfr. supra, nota
33 e testo corrispondente).
43 Paoli, Necrologia. Vittorio Lami cit., p. 240: «Altro ora non rimaneva che dare a
quei materiali il dovuto coordinamento; documentare con essi la relazione del 1891;
aggiungervi la descrizione dei codici, della quale erano già fatte le schede».
44 Giampaolo Francesconi ha contattato la Deputazione per la Toscana, che, nella
persona del suo presidente Giuliano Pinto, lo ha informato del fallimento delle ricer-
che presso il loro archivio.
45 F.P. Luiso, Le edizioni della Cronica di Giovanni Villani, «Bullettino dell’Istituto
storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano», 49 (1933), pp. 279-315;
Luiso, Indagini biografiche su G. Villani, ibid., 51 (1936), pp. 1-64.
della Crusca, cui era legato, senza tuttavia alcun risultato46. A prosegui-
re le ricerche fu Arrigo Castellani, anch’egli alunno della Scuola stori-
ca dal 1952 al 1953, un periodo troppo breve per poter giungere a
risultati di qualche peso. È infine possibile che il materiale Lami, se
ritornato ancora una volta da Firenze in Istituto, sia andato perduto nel
corso dei cambi di sede, in particolare nello spostamento da Palazzo
Chigi all’attuale sede in Piazza dell’Orologio.
In Istituto, tuttavia, sono rimaste alcune “reliquie” di tutto il mate-
riale Lami ormai disperso. Sono infatti conservate in Biblioteca l’edi-
zione della Cronaca del Villani del 1587, che reca l’ex-libris del Lami, e
l’edizione di Trieste del 185747: quest’ultima si presenta come un vero
e proprio testo di lavoro, poiché è fittamente annotata, a penna e a
matita, sia nelle pagine del testo, sia nelle pagine bianche che separano
un foglio stampato dall’altro. Si tratta chiaramente di note filologiche,
che rimandano a singoli manoscritti, segnano i termini o le frasi man-
canti in uno o nell’altro, correggono i titoli dei libri e dei capitoli48.
Sono questi gli unici ricordi di un lavoro preciso e puntiglioso infine
mai concluso, perché interrotto da una morte prematura.
Tornando al piccolo fondo manoscritto i cui componenti sono
sopravvissuti, il ms. 6, una raccolta di lettere, tutte del 1826, scritte da
esponenti della famiglia dei Borbone, risulta depositato dal Ministero
della Pubblica Istruzione presso l’allora Istituto storico italiano, men-
tre il ms. 7, altra raccolta di lettere di esponenti della famiglia Farnese,
comprese in un arco di tempo molto ampio, dal 1585 al 1855, risulta
essere giunto in Istituto per il tramite del Ministero della Pubblica
Istruzione. Come poi quest’ultimo ne fosse venuto in possesso e per-
ché abbia deciso di affidarli proprio all’Istituto storico italiano, lo si
fungeva da coperta); in folio (filigrane: monts surmontés par une croix, vici-
na a Briquet 11689, Firenze 1411-1421; fa eccezione il primo foglio di
carta esterno, aggiunto evidentemente in un secondo momento, la cui
filigrana è un fleur de lis entro un doppio cerchio); cc. 16 (numerate 1-
12, nel margine superiore esterno del recto, a matita da mano moderna,
poiché non sono computate le prime due carte e le ultime due, che
devono essere state considerate come carte di guardia; sono bianche la
prima carta recto, c. [I], e la seconda carta per intero, c. [II], e le cc. 12r-
[14]v); 116; mm 281 × 215 (c. 7); piena pagina (in realtà, trattandosi di
un inventario, il testo è suddiviso per colonne verticali (visibile la riga-
tura verticale) che si rimandano tra di loro; manca una rigatura oriz-
zontale); rr. 43 (c. 6r: il numero delle linee varia da pagina a pagina).
Legatura in pelle a busta, verosimilmente recente, non in perfetto stato
di conservazione (inoltre il corpo del codice è completamente stacca-
to dalla legatura); la coperta antica era verosimilmente quello che
attualmente è il foglio di pergamena esterno.
Inventario delle masseritie che si trovorno per le camere delli figluoli et moglie
di Puccio di Antonio Pucci il quale morì alli tanti di maggio nelli anni di Christo
1449 et di più ci sono inventariati li beni stabili di contado; et li mobili che erono
nella loro villa di uliveto il primo di giugno 1449.
Inc.: (S.C.) M CCCC XL VIIII° a di primo di giugnio. Richordo di
tutte le maxerixie ci troverremo quanto di detto p(ri)ma la chamera di
Piero: zetani vellutato chermisi della donna stima fi. 82 … (c. 1r);
Expl.: … a dì 5 de fatto 1448 roghato ser Agnolo di Piero dattera
a
n a lib. de 99 / 84 – fi. 105 s. (c. 11r).
52 Giovanni Cavalcanti, Nuova opera. Chronique fiorentine inédite du XVe siècle, ed. A.
Monti, Paris 1989 (Centre interuniversitaire de recherche sur la Renaissance italienne,
17), pp. 39 (c. 22v), 86 (c. 53r), 87-88 (c. 54r-v), 97 (c. 58r), 98 (c. 59r), 100-101 (cc.
60r-61v), 181 (c. 108r), 245 (144r). Su di lui v. L. Martines, The Social World of the
Florentine humanists (1390-1460), London 1960, pp. 73-75.
53 Le cc. 42r, 43r, 47r sono anch’esse bianche, ma sono state predisposte dal
primo estensore della matricola per accogliere i nomi degli appartenenti alla societas:
dunque, sulla sinistra, si trovano i segni di paragrafo seguiti dalla lettera D per Dominus.
54 Accanto ai nomi di coloro che erano deceduti, sulla sinistra, si trova l’abbrevia-
zione mor(tuus).
55 Segue un’annotazione datata all’anno 1350: «M° IIIc L indictione IIIa die
XVIII augusti. Nos Bonaventura de Bargelinis, Iacobinus Ioha(n)nie, Tadeus Francisci
et Beltraminus Francisci de Bancis sind(aci) et officialles ad videndum rationem introy-
tus et expensium d. Dominici Uguzonis olim massarii dicte societatis draperiorum».
56 Si veda al riguardo G. Fasoli, Le compagnie delle arti a Bologna fino al principio del s.
XV, Bologna 1936.
datazione, sulla base della nota a c. 59v, sembra che il codice possa col-
locarsi intorno alla metà del sec. XIV, sebbene si tratti comunque di un
documento in fieri: le registrazioni dei nomi nella Matricola, ad esempio,
sono state dapprima fatte da una medesima mano che ha però lascia-
to spazi, talora di più pagine, tra una lettera e l’altra, per consentire le
aggiunte rispettando l’ordine alfabetico ed effettivamente si registrano
parecchi nomi apposti da mani diverse tra loro e diverse da quella prin-
cipale. Numerose le annotazioni aggiunte sulla coperta. Sul quadrante
anteriore, si legge: «Legat(i)o Chavagli» (in maiuscole gotiche di tipo
epigrafico, sec. XIV). Una mano del sec. XVII ha invece aggiunto:
«1391. Libro di sindicato di Domenico di Giacomini Ugozoni e
Matricola degli huomini di quel tempo cioè dell’anno 1391» (ma non è
chiaro da dove possa aver tratto questa datazione). La stessa mano ha
scritto in alto: Cas. 2 n. 2 (probabile ex-segnatura). Sono poi presenti
annotazioni varie, probationes pennae, ecc. All’interno del quadrante ante-
riore, in parte poco leggibili, perché coperti dal risvolto della pergame-
na, si leggono elenchi di località (sec. XIV). Annotazioni quasi svanite
sono visibili anche sul quadrante posteriore. A c. Ir: «1380. Matricola
degl’huomini della università de drapieri e strazzaroli del anno 1380
circiter» (sec. XIX). Sulla stessa carta di guardia una mano antica aveva
invece segnato un elenco di nomi con l’indicazione di quelli che non
avevano pagato. In alto a destra, sempre una mano antica ha segnato:
«ff. 78». In basso invece c’è una segnatura moderna, «n° 9», seguita da
una firma in forma di sigla sconosciuta.
Arte dei drappieri, Libro dei condannati e statuti dell’arte dei drappieri di
Bologna.
Inc.: Liber bannitorum societatis artis draperiorum. Raymundus
qui vendit pullos positus fuit in banno societatis de quo exire non pos-
tulazione: cc. 18, 27-28, 36, 39-40, 62-66, 71-72, 85-9457). Al volume
sono legati numerosi fascicoletti a stampa numerati a mano 111-143.
Bianche le cc. 13v-14v, 23v, 27v, 32v, 47r-49v, 53r-v, 63v, 73r-v, 83v,
127r-v, 131r-v, 137v, 17v*, 26v*, 31v*-32v*, 35*v, 38*v, 44*r-v, 70*r-v,
77*v, 80*v, 84*r-v, 96*r-v); 1-24, 3-46, 54, 64+1, 74, 88, 93, 106, 114, 1210,
136, 144, 1510, 16-178, 1810, 1912, 206, 214, 226 // 2318-1, 2410-2, 254, 264+1,
272, 284, 294+2, 304, 313, 32-354, 362; mm 311 × 215, rr. 25 (c. 10r); 266
× 190, rr. 29 (c. 3r); piena pagina; assenza di rigatura. Legatura recen-
te in cartoncino rivestito di carta marmorizzata con dorso e angoli in
pergamena; sul dorso è impresso in oro il titolo: Ms. allegaz(ioni) diverse.
della Biblioteca Medicea Laurenziana (cfr. anche P. Viti, Leonardo Bruni e Firenze. Studi
sulle lettere pubbliche e private, Roma 1992, pp. 280 ss.; L. Miglio, Governare l’alfabeto. Donne,
scrittura e libro nel Medioevo, Roma 2008, p. 52).
61 Per la lettera, cfr. «Bullettino dell’Archivio paleografico italiano», 1 (1908), tav. 21.
62 Difficile circoscrivere la personalità di Antonio di Andrea: quel che si può dire
è che era membro di una delle famiglie più importanti della Firenze tardomedievale e
membro di una delle grandi compagnie mercantili cittadine, insieme ai Bardi, ai Datini,
ai Medici e agli Strozzi (A. Sapori, Studi di storia economica, 3 voll., Firenze 1955).
63 Città sulla costa adriatica nella regione della Dalmazia. La città è stata dominio
ungherese fino al 1322 e quindi fece parte dei domini della repubblica di Venezia fino
al 1797, tranne una parentesi ancora ungherese dal 1357 al 1412. Fu nel tardo
Medioevo un porto e un centro mercantile molto frequentato dagli uomini d’affari ita-
liani.
64 Per la lettera, cfr. «Bullettino dell’Archivio paleografico italiano», 1 (1908), tav. 20.
65 Fu genero di Baldassarre di Simone degli Ubriachi, mercante fiorentino a
Venezia, come si evince dal testamento di quest’ultimo del 6 ottobre 1395 (R.C.
Trexler, Church and Community, 1200-1600. Studies in the history of Florence and New Spain,
Roma 1987, pp. 149-150).
IV.
Due frammenti cartacei incollati lungo il profilo più esteso, con leg-
gera sovrapposizione del margine superiore di b su quello inferiore di a
per complessivi mm 295 × 220, con margini integri e lievi tracce di
umidità. Sul recto, nell’angolo superiore destro, si legge il numero «167»
depennato e di fianco il numero «64»; presenza di una brachetta latera-
le che ne conferma la derivazione da una raccolta in forma di libro. Si
tratta di due lettere indirizzate a Niccolò di Giovanni Baldovini.
66 Filippo Giugni era membro di una delle famiglie più importanti di Firenze, già
appartenente al novero delle sedici più antiche casate residenti nella prima cerchia
muraria; il gruppo familiare aveva costruito le sue fortune e la sua posizione economi-
ca con la lavorazione e il commercio della lana. Filippo era figlio di Antonio e nipote
dell’omonimo Filippo che, fra la fine del Trecento e l’inizio del secolo successivo,
aveva ricoperto numerosi incarichi di carattere politico e amministrativo per conto
della sua città. Secondo la portata catastale rilasciata dal nonno nel 1427, i Giugni ave-
vano le loro proprietà nel popolo fiorentino di S. Martino. L’attività laniera della fami-
glia doveva essere estesa, come è documentato dalla presenza a Bruges e a Napoli degli
zii di Filippo, Giovanni e Francesco, nel corso degli anni ’Trenta del Quattrocento.
67 Per la lettera, cfr. «Bullettino dell’Archivio paleografico italiano», 1 (1908), tav. 19.
68 Astorre Manfredi era il figlio secondogenito del condottiero e signore di
Faenza, Giovanni Manfredi. Ebbe una vita movimentata e difficile: visse da rifugiato
a Pistoia, dopo la perdita dei possedimenti in Emilia-Romagna. Nel 1377 riconquistò
la città di Faenza: divenuto signore della sua città, nel 1379 creò una compagnia di ven-
tura, la Compagnia della Stella. Fu stipendiato da Bernabò Visconti e dal 1390 da
Firenze e Bologna contro i Visconti e gli Estensi. Successivamente fu nominato capi-
tano generale dal marchese Niccolò d’Este. Nel 1405 organizzò la resistenza contro il
legato pontificio Baldassarre Cossa, il quale, conosciute le intenzioni del Manfredi, lo
convocò, lo fece arrestare e decapitare nella piazza principale di Faenza.
69 Donato Acciaiuoli, figlio di Iacopo di Donato e di Bartolomea di Bindaccio da
Ricasoli, era stato governatore di Corinto (1365) e al rientro in patria svolse numero-
si incarichi per conto del governo fiorentino. Fu ambasciatore a Pistoia (1373), fu
impegnato nella caduta dei Ciompi (1381), fu ambasciatore a Napoli (1383), vicario di
Pescia (1384) e ambasciatore a Perugia. Fu eletto gonfaloniere nel 1391. Nell’ottobre
del 1392 impedì la sollevazione del popolo contro gli Albizzi. Fu ritenuto uno degli
uomini più influenti nella Firenze di fine secolo XIV: impedì vari tentativi di signoria,
fra cui quello di Maso degli Albizzi. Fu un ricco mercante, edificò un palazzo a Monte
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IL FONDO MANOSCRITTO DELL’ISTITUTO 495
VIII.
Due frammenti cartacei incollati lungo il profilo più esteso, con
leggera sovrapposizione del margine inferiore di a su quello superiore
Gufoni ed ebbe molti figli da Onesta Strozzi e dalla seconda moglie Tecca di Gaggio
Giacomini Tebalducci (A. D’Addario, Acciaiuoli, Donato, in Dizionario Biografico degli
Italiani, 1, Roma 1960, pp. 79-80).
70 Per la lettera v. nota precedente.
71 Cfr. supra lettere V e VI.
Inc.: Egregie milex atque domine mi. Questi miei amici singularis-
simi da Carmignano e vostri servidori...;
Expl.: ... facciate per la mia persona propria paratus ad quecumque
viam beneplacita. Pistorii, die XI januarii per Ricciardum de
Cancelleriis militem rogatus rogatus.
XII.
Tre frammenti cartacei incollati sui margini a formare un unico
riquadro di scrittura: il margine destro di a è sovrapposto sul margine
sinistro di b; i margini inferiori di a e b sono sovrapposti sul margine
superiore di c. Due polizzini di Antonio Salvetti e una lettera di Tom-
XIIa.
Assenza di filigrana; mm 66 × 110; rr. 8; buono stato di conserva-
zione: margini leggermente frastagliati a sinistra. Sul verso traccia di
sigillo; a destra, di mano del mittente, si legge il destinatario in parte
coperto dal lato sovrapposto: «Foresio de Sac(chetti)».
XIIb.
Assenza di filigrana; mm 65 × 125; buono stato di conservazione:
margini integri; piena pagina; rr. 6. Sul verso, a destra, di mano del mit-
tente, si legge il destinatario in parte ricoperto dal lato sovrapposto:
«Viro insigni [...] de Sacchettis».
XIII.
Due frammenti cartacei incollati a formare un unico foglio di
complessivi mm 300 × 205, con il margine inferiore di a sovrapposto
a quello superiore di b. Margini integri, con modeste tracce di umidità.
Sul margine destro del recto, in alto, si legge il numero «169» depenna-
to; mentre si legge sul margine sinistro del verso «170»: segno della deri-
vazione da una raccolta in forma di libro. Si tratta di due lettere a
Niccolò di Giovanni Baldovini.
77 Tommaso Sacchetti era nel 1399 ambasciatore a Napoli, presso re Ladislao, per
conto del comune di Firenze.
78 Nato a Venezia nel 1856, apparteneva ad una famiglia di banchieri della ricca
borghesia veneziana. Il padre, Angelo Levi, consigliere comunale di Venezia per undi-
I. Carlo infante di Parma (Carlo Luigi di Lucca, poi Carlo II) alla
Regina di Napoli, moglie di Francesco I.
II. Maria Luisa reggente del Ducato di Parma, già imperatrice dei
Francesi79, a mons. Daulo Augusto Foscolo.
III. e IV. Maria Isabella di Napoli alla moglie di Carlo II di Parma,
e a Carlo e moglie.
V. (il più importante fra i documenti di Francesco I di Napoli a
Carlo II)». Di seguito, altra mano a matita ha aggiunto: «Luigi d. di
Lucca (1825-30) [(1825-30) in interlinea] dal 1814-47 e di Parma dal
1847 al 1849 anno in cui abdicò».
La raccolta di lettere, secondo l’indicazione dell’Inventario dei mano-
scritti di proprietà dell’Istituto storico italiano80, è stata depositata presso
l’Istituto storico italiano dal Ministero della Pubblica Istruzione. Non
se ne conoscono le vicende precedenti.
quali si è potuto escludere che la mittente fosse appunto Maria Luigia «già imperatrice
dei Francesi», e per l’identificazione della località di provenienza della lettera (Pillnitz).
84 Venezia, 6 ottobre 1785 – Venezia, 7 giugno 1860. Appartenente alla nobile
famiglia veneta dei Foscolo (era parente di Ugo), fu arcivescovo di Corfù dal 1816,
patriarca di Gerusalemme dal 1830 fino al 1847, quando fu nominato patriarca di
Alessandria d’Egitto (titoli unicamente onorifici) (cfr. Annuario Pontificio, Roma 1835,
p. 69).
85 Si tratta del figlio di suo fratello, Carlo Ludovico di Borbone-Parma (cfr. nota
81), e di Maria Teresa di Savoia. Nacque il 14 gennaio del 1823 a Lucca e venne bat-
tezzato col nome di Ferdinando Carlo, in seguito duca di Parma come Carlo III. Suo
precettore in realtà fu l’ungherese mons. Deaki (cfr. M.L. Trebiliani, Carlo III di Borbone,
duca di Parma, in Dizionario Biografico degli Italiani, 20, Roma 1977, pp. 258-260).
86 Cfr. nota 82.
87 Cfr. nota 81.
88 Roma, 19 settembre 1803 – Viareggio, 16 luglio 1879, figlia di Vittorio
Emanuele I di Savoia, re di Sardegna e di Maria Teresa d’Asburgo-Este. Nel 1820
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IL FONDO MANOSCRITTO DELL’ISTITUTO 505
Inc.: Carlo amato, mia buona nipote, che piacere ha provato il mio
cuore nel rivedere i vostri caratteri, sì la vostra lettera degli 11 …;
Expl.: … sapete che amo sempre più il mare? Ma non per questo
abbandono la Zena.
sposò Carlo Lodovico sovrano di Lucca (cfr. la voce di E. Ciferri, Maria Teresa di
Savoia, in Dizionario Biografico degli Italiani, 70, Roma 2007, pp. 345-347).
89 Cfr. nota 82.
90 Cfr. nota 88.
91 Napoli, 19 agosto 1777 – Napoli, 8 novembre 1830, secondo figlio maschio di
Ferdinando IV, re di Napoli e di Sicilia, e di Maria Carolina d’Asburgo Lorena, fu trat-
tato ed educato subito quale erede al trono del regno delle Due Sicilie, che governò
dal 1825 fino alla morte (v. S. de Majo, Francesco I di Borbone, in Dizionario Biografico degli
Italiani, 49, Roma 1997, pp. 697-702).
92 Cfr. nota 81.
carta di guardia, recante diverse indicazioni (mano del sec. XIX): «dat.
1585 Farnese Ottavio Duca di Parma. 1547-1585»; timbro di colore
blu, con le iniziali «C. A. C.»; a matita blu «727»; a penna rossa «ms. 1».
colonnello Andrea del Sale96 con cui gli viene notificata l’elezione a gover-
natore dello stato e delle terre di Castro e di Ronciglione – con delega
degli affari relativi alle guerre e ai commerci – e a generale di tutte le
bande ed eserciti presenti in detti territori.
Inc.: Alessandro Duca di Parma et Piacenza III, di Castro Vo, di
Civita di Penne secondo, principe di Altamura, marchese di Novara,
conte di San Valentino, barone di Roccaguglielma secondo, signore di
Castel a Mare, cavaliere dell’Ordine del Toson d’oro e gonfaloniere
perpetuo di Santa Chiesa. Tenendo noi particolare reverentia et sati-
sfattione del zelo diligentia integrità et valore …;
Expl.: … avremo fatto fare la patente, che sarà firmata de nostra
propria mano, sigillata col nostro solito sigillo et referendata dall’infra-
scritto nostro segretario. Alessandro Farnese.
VI.
Piccolo fascicolo costituito da due lettere inserite in un foglio di
carta bianca, che funge da cartellina, recante diverse indicazioni (mano
del sec. XIX): «Farnese duca Francesco, dignitario. Colorno 3 settem-
bre 1697»; timbro di colore blu, con le iniziali «C. A. C.»; a matita blu
«729»; a penna rossa «Ms. 6»; a matita «270».
101 Firenze, 31 maggio 1612 – Parma, 6 febbraio 1679. Appartenente alla fami-
glia de’ Medici, in quanto figlia del granduca di Toscana Cosimo II, fu data in sposa
(1628) a Odoardo Farnese, duca di Parma. Morto il marito (1646), resse lo stato, dap-
prima col cardinale Francesco Maria Farnese, per il figlio Ranuccio II fino al 1649 (v.
G. Benzoni, Margherita de Medici duchessa di Parma e Piacenza in Dizionario Biografico degli
Italiani, 70, Roma 2007, pp. 144-146).
102 Si tratta probabilmente di un appartenente alla famiglia patrizia bolognese dei
Lepoli.
107 Modena, 2 luglio 1698 – Varese, 27 aprile 1780. Figlio del duca Rinaldo d’Este
e di Carlotta Felicita Brunswick-Lüneburg, sposò Carlotta Aglae di Borbone-Orléans;
rimasto vedovo, sposò dapprima Teresa di Castelbarco, vedova Simonetta, poi Renata
Teresa d’Harrach, vedova Melzi (v. M. Romanello, Francesco III Maria d’Este, duca di
Modena e di Reggio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 49, Roma 1997, pp. 739-743).
108 Conte di Castiglione, esponente dell’aristocrazia bolognese, aveva sposato la
nobildonna Costanza Gonzaga dei conti di Novellara, patrizia veneta (†24 aprile 1658;
cfr. M. Cavazza, “Dottrici” e lettrici dell’Università di Bologna nel Settecento, «Annali di storia
delle università italiane», 1 (1997), all’indirizzo web http://www.cisui.unibo.it/anna-
li/01/testi/studi_cavazza_frameset.htm).
109 Parma, 29 novembre 1679 – Parma, 20 gennaio 1731. Ottavo duca di Parma
e Piacenza dal 27 febbraio 1727 alla morte, sposò (1728) Enrichetta d’Este, da cui non
ebbe figli, onde con lui si estinse la casa Farnese, e il ducato, secondo l’ordine di suc-
cessione da lui stabilito, passò (allorché fu accertata l’inesistenza di una supposta gra-
vidanza di Enrichetta) al nipote Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese e di
Filippo V di Spagna (cfr. E. Nasalli Rocca, I Farnese cit.; Drei, I Farnese. Grandezza e deca-
denza cit.).
110 Cfr. nota 108.
111 Modena, 25 aprile 1655 – Modena, 26 ottobre 1737, cardinale. Divenuto nel
1695 duca di Modena e Reggio, rinunciò al cardinalato e sposò Carlotta Felicita di
Brunswick e Lüneburg, figlia di Giovanni Federico di Brunswick-Lüneburg e di
Benedetta Enrichetta del Palatinato, cugina di re Giorgio I d’Inghilterra, imparentan-
dosi così con gran parte dei principi di Germania.
112 Il destinatario della lettera è sconosciuto; dal contenuto si apprende che aveva
un figlio di nome Giambattista.
Fig. 4 - Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, ms. 3bis
Fig. 8 - Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, ms. 4, lettera IV a-b
Fig. 9 - Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, ms. 6, lettera V
Fig. 10 - Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, ms. 7, lettera II