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LESSICO  affidato a lessicologia e lessicografia (più pratica).

Il lessico è l’insieme delle parole


di una lingua (che sono poi raggruppate nei dizionari).

La sua unità di misura è il lessema che è il comune denominatore a cui si riconducono le forme
flesse di nomi, aggettivi e verbi. Il lemma invece è la parte lessicografica del lessema, cioè il
lessema nel momento in cui entra nel dizionario.

Il lessico è una categoria aperta, è lo strato più esterno della lingua ed è per questo che è in costante
movimento.

Le nuove parole entrano a far parte di una lingua attraverso due vie: i prestiti e i calchi. (vedi sbob)

Il prestito  consiste nell’accogliere un’espressione straniera. Un tipo particolare sono i prestiti di


ritorno (parole date in prestito e poi ritornare con un altro significato - mannequin). In realtà
bisogna specificare che un termine accolto in un’altra lingua non porta sempre tutte le accezioni che
ha nella lingua d’origine. È quel tipo di interferenza linguistica che consiste nella riproduzione da
parte di una lingua replica di una parola alloglotta presente in una lingua modello.

I prestiti possono essere distinti in base alla trafila attraverso la quale entrano nella lingua replica:
contatto diretto, contatto indiretto e intermediazione (club e bluff che hanno intermediazione
francese)

I prestiti vengono classificati in base alle motivazioni del loro insorgere: prestiti di necessità e
prestiti di lusso (prestigio culturale e tecnico)  in realtà non è così.

(nb: fenomeno di tabuizzazione: preferire la parola straniera a quella italiana, es. toilette e non
bagno).

I prestiti apparenti  parole che hanno una veste straniera ma che magari in quella lingua hanno un
altro significato, possono dividersi in:

- Decurtati  risultano dalla riduzione di un composto (social per social media)


- Falsi prestiti  parole che magari in inglese non esistono (beauty case)

Per quanto riguarda la forma è possibile distingue il prestito non adattato/fedele (se mantiene
struttura fonologica e morfologica – film) dal prestito adattato (bistecca – beefsteak, questi
risultano entrati nella lingua italiana diacronicamente più tempo fa). È possibile anche un
adattamento parziale (chattare). Un importante prestito fedele è quello ricavato dal procedimento di
fore clipping (chatbot e cobot da robot inglese ma anche da data latino usato con funzione
aggettivale, ancora open, sharing, smart, life skills, troll).

Nel procedimento del prestito la lingua replica non ha mai un ruolo passivo, ma reagisce in modi e
tempi diversi di fronte agli influssi alloglotti, cercando di rielaborare la replica adeguandola alle
proprie strutture linguistiche. Quando parliamo di prestiti adattati e non, è possibile fare riferimento
al concetto di integrazione: si intende l’adeguamento del termine di provenienza straniera alla
struttura grafica, morfologica e fonologica della lingua replica, per questo possiamo distinguere
l’integrazione grafica (la parola viene rappresentata in italiano attraverso una grafia diversa – goal
gol), morfologica (rende poco evidente che la parola sia un prestito) e fonologica (a sua volta può
essere – progressiva (cucina fusion, email, stalking), la pronuncia si avvicina alla lingua replica
oppure – regressiva, quando una realizzazione distante dal modello viene affiancata da una
realizzazione più fedele, puzzle).

L’integrazione semantica: la nuova unità sappiamo essere in grado non solo di sviluppare una
propria semantica ma anche di intervenire nei meccanismi di formazione delle parole. Una
situazione interessante è quando l’elemento alloglotto entra in uno spazio già occupato da una
parola patrimoniale mettendosi in concorrenza, quindi dopo una fase di convivenza e una di
conflitto, può subentrare la neutralizzazione semantica: eliminazione di uno dei due termini dopo
un periodo di concorrenza. La polarizzazione semantica consiste invece della istituzionalizzazione
nella lingua replica di entrambi i concorrenti con ristrutturazione del campo semantico.

Nb: fasi di adattamento primario e secondario.

Parlando di detecnificazione, anche i calchi linguistici possono seguire percorsi interni alla lingua
replica e, una volta arrivati nella lingua comune, possono essere adattati con una reinterpretazione
del significato tale da rendere oscuro il legame con il modello alloglotto.  danni collaterali, fuoco
amico, hub, link, resettare, cookies)

Acclimatamento  non comporta sensibili alterazioni della replica, si può manifestare oltre che
dalla generalizzazione d’impiego, anche dalla creazione di derivati (bar – barista).

Prestiti camuffati  al confine tra prestiti e calchi semantici (realizzare con il senso di
comprendere. Editor con il senso di editore).

Il calco semantico  si ha quando una parola presente nella lingua replica assume un nuovo
significato per influsso di una parola presente nella lingua modello sulla base di una coincidenza
semantica (seguace usato come follower). Sono fenomeni di interferenza linguistica che consistono
in estensioni semantiche stimolate da modelli alloglotti in grado di produrre effetti profondi sul
sistema della lingua replica. Al contrario del calco strutturale, non si verificano alterazioni evidenti
sul piano dell’inventario lessicale, in quanto consiste nella semplice variazione del campo di
impiego, si può osservare infatti che i calchi semantici si sviluppano da precedenti calchi strutturali
(angolo ricalca il modello di corner ma attraverso corner kick).

Non è sempre facile riconoscere un calco semantico, infatti esistono casi in cui è possibile parlare di
situazione borderline e di continuum, al cui centro ritroviamo i calchi per ricomposizione  casi
in cui il nuovo elemento nasce in modo autonomo rispetto all’elemento patrimoniale (tavola
rotonda).

Il calco strutturale  si divide in calco di composizione, di derivazione, sintagmatico e


sintematico). Sono possibili solo se il parlante comprende, è consapevole della struttura del
composto o del derivato. La conseguenza del calco strutturale è la creazione di una parola nuova
che imita il significato del modello e ne riproduce la struttura formale.

Il calco è perfetto quando ripete fedelmente il significato, il numero e l’articolazione dei costituenti
del modello, al contrario sarà imperfetto quando la struttura della replica diverge più o meno da
quella del modello.
Derivazione  fenomeno per cui l’imitazione del modello alloglotto non si limita al significato del
termine ma anche alla struttura morfologica derivazionale. Affidabilità da reliability, stellina da
starlet, evoluzionismo ed evoluzionista dai corrispondenti inglesi,

Casi borderline tra calchi strutturali di derivazione e prestiti: abolizionismo, agitazione

Composizione  Consiste nell’imitazione di un composto alloglotto mediante una replica


caratterizzata da una struttura composta. Il parlante deve percepire la struttura del modello e
riprodurla inalterata. ferrovia da railway (calco perfetto) oppure pellerossa da redskin (calco
imperfetto), grattacielo da skyscraper.

Calco sintagmatico  opera a livello di strutture formali. Consiste nell’imitazione di un sintagma


alloglotto mediante una replica caratterizzata anch’essa da lessia complessa. Interessa unità
significative più complesse dei composti e derivati. Le strutture italiane condizionano sotto più
aspetti la struttura del calco, mentre nella lingua modello (inglese) i sintagmi sono costituiti dalla
combinazione di aggettivo+sostantivo, le repliche italiane hanno spesso una sequenza diversa (flat
tax – tassa piatta, weekend – fine settimana, count down – conto alla rovescia).

Calco sintematico  i sintemi sono unità lessicali d’ordine più complesso sono frutto di una scelta
unica, differenziandoli dai sintagmi in senso proprio visti come combinazioni di carattere meno
marcatamente unitario. I sintemi, quindi, hanno il carattere di locuzioni cristallizzate e unitarie.
L’etichetta di calco sintematico designa quei casi in cui il modello e la riproduzione hanno l’aspetto
di sintemi, cioè unità lessicali complesse, ma portatori di un significato unitario. (cigno nero, guerra
fredda).

Nb: risemantizzazione degli affissoidi  per esempio, tele- va incontro a due risemantizzazioni che
lo portano ad acquisire altri valori in italiano: dal greco tele- utilizzato come termine scientifico
siamo arrivati alla valenza di “relativo all’impiego di mezzi telematici” a partire da telematica.

Semicalco  è una particolare categoria di calco in cui pur restando verisimile il rapporto di
dipendenza, si constatano divergenze sul piano formale e semantico: fantascienza da science fiction.

Calco concettuale  Si tratta di un’equivalenza tra i due termini, modello e replica, fondata
primariamente sul piano della realtà extralinguistica. Bisogna però distinguere tra le traduzioni
approssimative e i neologismi sostitutivi: la traduzione approssimativa è conseguenza diretta del
calco concettuale (panfilo da yatch) mentre il neologismo sostituisce il prestito fedele. Un caso di
traduzione approssimativa è bug in italiano mutato da bug inglese come prestito non adattato.

Calco sintattico  L’influsso di una lingua può avere ripercussioni anche sulla struttura sintattica
della lingua mutante mediante il trasferimento di schemi strutturali propri di una lingua modello. Il
calco sintattico è definito come un fenomeno che consiste nell’imitazione dell’organizzazione delle
unità linguistiche del discorso: grazie di non dall’inglese thank you for not, zero con funzione di
aggettivo con il valore di “nessuno”.

Calco parziale/calco prestito 

Dibattito sulla diffusione di anglicismi in italiano:


1. Petizione Annamaria Testa – Un intervento per la lingua italiana: invita le istituzioni a
parlare italiano ma senza togliere libertà a nessuno.
2. Convegno Accademia della Crusca – Cortelazzo: Anche se ci sono molti anglicismi, la
lingua italiana non è compromessa, a volte semplicemente non si ha l’alternativa e si usa per
forza il forestierismo. Il linguista ha il compito di monitorare e a seconda dei casi procedere:
può donare alternative ma può anche non farlo (selfie).
3. Gruppo Incipit

La stratificazione storica: per analizzare il lessico di una lingua bisogna tener conto di 3 elementi
 le parole ereditarie, i prestiti e le formazioni endogene. L’italiano ha avuto un contatto con il
latino che si è manifestato su due piani distinti, uno è quello dei lessemi ereditari (parole che
vengono dal latino parlato) e uno è proprio il risultato del rapporto intenso con la cultura latina,
infatti, i termini presi in prestito dal latino dei libri in vari momenti storici prendono il nome di
latinismi.

Nb: Lessemi ereditari  oltre la metà delle nostre parole è costituita da parole ereditarie, che
possono essere diverse dalla forma base ma anche diverse in significato. Attraverso il latino
l’italiano ha acquisito anche parole di origine greca (lingua di sostrato).

Latinismi  dal punto di vista strutturale sono dei prestiti. Nel 2/300 un buon numero di latinismi
passò nel lessico volgare attraverso le traduzioni, così entrarono nella lingua parole astratte,
tecnicismi ecc. Ovviamente un forte impulso alla latinizzazione fu dato da Dante. In generale
durante i secoli ci sono stati momenti alternati tra correnti che esaltavano il latino e correnti
antilatine. In ogni caso, i latinismi, hanno determinato alcune conseguenze:

1. Hanno creato gli allotropi (i doppioni)


2. Hanno modificato alcune regole fonosintattiche (cons+j – fievole).
3. Hanno aumentato le parole sdrucciole (copulam – coppia).

Esistono ancora latinismi non adattati (curriculum) e latinismi semantici (uso di parole italiane che
assumono un altro significato per influsso del significato latino originario).

La composizione attuale:

Il nucleo del lessico è costituito dal vocabolario di base, formato da: vocabolario fondamentale,
vocabolario di alto uso e vocabolario di alta disponibilità. Il vocabolario comune è l’insieme delle
parole note a parlanti italofoni che abbiamo raggiunto un livello di istruzione superiore, quindi
vocabolario di base + vocabolario comune costituiscono il vocabolario corrente, cioè le parole che
conosciamo a prescindere da cosa facciamo.

Tecnicismi  hanno due proprietà fondamentali: monosemia e condivisione a livello


internazionale. I tecnicismi possono formarsi attraverso: 1. I prestiti, 2. Attraverso la morfologia
(derivazione e composizione) 3. Si può prendere un termine da un altro linguaggio settoriale.

Detecnificazione: l’assunzione da parte di un tecnicismo di un significato corrente (paranoia).

Regionalismi  una parola utilizzata in una varietà regionale di italiano, limitata dal punto di vista
diatopico. Un tipo particolare di regionalismi sono i geosinonimi  termini diversi che designano
lo stesso referente su scala regionale (anguria e cocomero), alcuni geosinonimi hanno perso la
connotazione regionale e sono diventati veri e propri sinonimi (somaro e asino).

I geoomonimi sono parole uguali che aseconda dell’area geografica assumono un significato
diverso.

Dialettismi  una parola la cui provenienza si percepisce, ma utilizzati anche all’interno di testi
scritti in italiano.

Entrambi sono spesso legati alla cultura materiale e al lessico alimentare.

Esotismi  es. vocaboli avvertiti come stranieri, senza contatto culturale

Parole letterarie  le. Presenti in canoni di autori

Parole rare  non utilizzate oggi ma si trovano in testi del 900

Parole obsolete  non più utilizzate.

Forestierismo  la presenza di un forestierismo in una lingua determina il contatto linguistico che


a sua volta determina interferenza linguistica.

Neologismi

Solitamente, le parole nuove, sono o prestiti o formazioni endogene (parole derivate e composte
create con elementi italiani combinati secondo le regole della morfologia – derivazione e
composizione).

Possiamo creare parole anche a partire da parole già esistenti, attraverso i cosiddetti fenomeni di
riduzione:

- Sigle
- Parole macedonia (cantautore)
- Accorciamenti (auto)
- Abbreviazioni (prof.)

Un occasionalismo è una parola che viene utilizzata per un certo periodo ma non entra nel
vocabolario come neologismo.

Rapporti di significato tra le parole:

le parole possono stabilire tra loro rapporti sintagmatici (in presenza, che fanno decidere in che
maniera sia meglio combinare le parole) e rapporti paradigmatici (in assenza, rapporti che
intercorrono tra parole in competizione tra loro). Tra questi ultimi distinguiamo i rapporti di
iperonimia (generale) e iponimia (specifico). Esistono anche rapporti di melonimia (che attiva la
cornice) e olonimia (che fa parte della cornice). Questi sono verticali, mentre tra i rapporti
orizzontali ritroviamo la sinonimia e l’antinomia.

Nei rapporti sintagmatici ritroviamo le collocazioni, le polirematiche e le espressioni idiomatiche.


L’italiano nel tempo – prima dell’italiano – l’origine delle lingue romanze
Romania  l’insieme dei territori dove si parlano ed erano parlate le lingue romanze. C’è
distinzione tra la Romania storica (dove c’era stata latinizzazione e poi la trasformazione nelle varie
lingue), la Romania submersa (tipo l’Africa sett. Dove poi si sono stabilite altre lingue) e la
Romania nova (dove non c’era latino ma oggi si parlano lingue romanze).

Le lingue romanze derivano dal latino volgare, o meglio, il latino parlato dal popolo (si usa il
termine parlato e non volgare 1. Per non far riferimento a strati socioliguistici bassi e 2. Per non
confondere il latino volgare con le lingue volgari prima di essere standardizzate).

La maggior parte delle parole italiane derivano dal latino, ma bisogna tener presente la distinzione
tra le parole di trafila popolare (parole che sono sempre state utilizzate da quando si parlava latino)
e le parole di trafila dotta, o anche latinismi, che sono in realtà dei prestiti, non erano usate nel
latino parlato ma sono rientrate attraverso la lingua scritta. La compresenza delle due trafile genera
allotropi (doppioni – vizio e vezzo).

Per il latino parlato abbiamo poche ma utili fonti, come per esempio le iscrizioni murali  graffiti
pompeiani in cui ritroviamo alcune forme cambiate come AMA – AMAT VALIA – VALEAT.
Questo ci aiuta a comprendere che nella trasformazione vocalica dal latino alle lingue romanze è
cambiato qualcosa.

Un'altra fonte utile è l’Appendix probi  lista di parole scritte in modo scorretto e poi corretto.

Nb: i dialetti non sono varietà diverse della lingua italiana, ma sono dei sistemi linguistici autonomi
sviluppatisi, al pari del fiorentino, a partire dal latino. Questa è la differenza con gli italiani
regionali.

Il sistema vocalico del latino  la quantità vocalica ha valore distintivo dunque fonologico. La
perdita del valore distintivo ha determinato un cambiamento che ha dato luogo a sistemi vocalici
diversi nei vari dialetti.

La a latina semplicemente perde opposizione fonologica, la e chiusa è il risultato della i breve e


della e lunga, la o chiusa è il risultato della o breve e della u lunga. A partire da questi cambiamenti,
in fiorentino si sono avuti altri cambiamenti, il cosiddetto dittongamento spontaneo delle vocali
medio-basse ma solo in sillaba aperta (pedem  piede). Il dittongamento metafonetico (fierro da
ferrum) avviene anche in sillaba chiusa, semplicemente la vocale finale causa il dittongamento (la i,
la u).

Altri cambiamenti ritroviamo nel consonantismo: caduta delle consonanti finali, palatalizzazione
delle velari, assimilazione regressiva (nocte – notte), i nessi con la laterale (cl – ch). In morfologia
si perde il sistema dei casi e il genere neutro, in sintassi si passa alla costruzione progressiva SVO.

L’inizio della transizione è datato con la caduta definitiva dell’Impero Romano d’occidente nel 476
dc e la fine è datata nel 9 secolo, è stato possibile datarla grazie ai primi documenti in volgare:
Concilio di Tours 813, Giuramenti di Strasburgo 842, Placiti Campani 960, iscrizione della
catacomba di Commodilla e basilica di San Clemente.

Nascita della letteratura in volgare  Dante, Petrarca. Scuola siciliana.


I primi documenti del volgare si devono ai testi prodotti dai mercanti in Toscana con le cosiddette
lettere d’affari. La regione sarebbe diventata prima centro di diffusione e poi centro di produzione
della letteratura, così iniziò il processo di diffusione del fiorentino fuori dalla Toscana.

Koinè  lingua comune che i comuni volevano creare su base regionale, la creazione della koinè
poteva avvenire per addizione di modelli (mescolanza di varietà locali) o per sottrazione. La koinè
era caratterizzata da fenomeni comuni e al tempo stesso conservativi, al contrario della lingua
cortigiana.

La codificazione e le prime grammatiche  3 fronti: 1. Teoria cortigiana (primato del fiorentino,


modello del volgare colto latineggiante), 2. Bembo, modello di lingua arcaicizzante del fiorentino
trecentesco e fortemente selettivo, Boccaccio per prosa e Petrarca per poesia 3. Fiorentino
contemporaneo, con Machiavelli. Nascita del vocabolario della crusca 1612, accademia nasce nel
1582.

‘700  insegnare italiano nelle scuole

‘800  Manzoni individua come lingua da utilizzare il fiorentino parlato delle persone colte

Fine ‘800 e ‘900  dopo l’unificazione nel 1861  scuola (legge Casati, Legge coppino, Legge
Orlando, Riforma Gentile), movimenti migratori, burocrazia ed esercito, la stampa e i mezzi di
comunicazione di massa.

L’italiano nello spazio sociale e comunicativo


Repertorio: le risorse linguistiche a disposizione di un parlante. Bisogna tener presente la variazione
interlinguistica, che riguarda la compresenza di lingua diverse nella competenza di un parlante e la
variazione intralinguistica cioè la compresenza di varietà diverse della stessa lingua.

Bilinguismo  condizione sociale e individuale, contesti in cui entrambe le lingue godono di


stesso prestigio.

Diglossia  le lingue godono di prestigio diverso: varietà alta e bassa.

Dilalia  la lingua di prestigio copre tutti i domini d’uso mentre il dialetto è limitato ai domini più
informali.

Code-switching: passaggio da una varietà all’altra

Code-mixing: enunciati mistilingui, compresenza di unità sub-frasali appartenenti a lingue o varietà


diverse.

Gli usi linguistici dipendono da parametri extralinguistici che prendono il nome di dimensioni di
variazione: diatopica (gli italiani regionali), distratica (caratteristiche sociali), diafasica (situazione
comunicativa – informale, burocratica), diamesia (scritto – orale).

La standardizzazione di una lingua segue varie fasi: Selezione – codificazione – diffusione –


estensione delle funzioni. L’italiano standard assume le caratteristiche del fiorentino emendato,
parlato, ma non ha accolto alcune caratteristiche (si+3ps, uso obbligatorio del pronome soggetto, la
gorgia, forme monottongate bono).

Nella descrizione di una lingua occorre tener presente che ci sono 3 livelli: il sistema (le regole
astratte), la norma e l’uso. Possiamo immaginarli come la grammaticalità, la correttezza e
l’accettabilità.

La ristandardizzazione ha determinato una complessiva semplificazione paradigmatica, per esempio


degli otto tempi dell’indicativo se ne usano solo quattro.  la semplificazione è evidente nei
pronomi personali, per esempio nell’espansione della forma di terza persona maschile del pronome
atono al plurale: gli usato anche per il femminile, oppure la forma che relativo esteso.

È evidente anche nel sistema verbale  alcuni verbi sono sottoposti al sovraccarico funzionale, per
esempio l’imperfetto usato come ipotetico, attenuativo, ludico. Il congiuntivo è in regresso
nell’italiano neo-standard ed è in aumento l’uso del futuro epistemico.

Nb: lingue speciali  tecnicismi (monoreferenziali, monosemici, deagentivizzazione e


nominalizzazione).

Burocratese come antilingua  aziendalese.

I mass media  televisione come azione pedagogica  controllo sulla lingua, Manzi, riforma rai,
telegiornali ma man mano l’azione pedagogica diminuisce.

Lo spazio geografico: dialetti, italiani regionali, minoranze linguistiche.


I dialetti, al contrario delle lingue, sono varietà diffuse in ambito locale circoscritto, sono appresi
spontaneamente in ambito familiare, non hanno una norma esplicita, sono utilizzati in
comunicazione orale, familiare, e sono il codice in cui una comunità si riconosce.

I dialetti sono varietà sorelle dell’italiano in quanto condividono col fiorentino la comune origine
latina, ma è possibile individuare nel territorio italiano delle aree dialettali di maggiore estensione.
Per rappresentare queste aree si usano le isoglosse, ovvero linee immaginarie usate per separare
un’area in cui è presente un determinato tratto linguistico – come la sonorizzazione di un’occlusiva
– dall’area in cui questo tratto non è presente. In alcuni casi si formano veri e propri fasci di
isoglosse, che indicano che le aree al di sopra e al di sotto presentano tratti molto differenti: le
principali sono la linea La Spezia-Rimini e la linea Roma-Ancona. I confini linguistici possono
ovviamente coincidere con i confini naturali.

Utilizzando il criterio delle isoglosse, Pellegrini individua 5 aree dialettali in Italia:

1. Dialetti alto-italiani  sonorizzazione delle consonanti sorde intervocaliche,


scempiamento consonanti intervocaliche, caduta delle vocali finali diverse da “a”,
espressione obbligatoria del soggetto
2. Dialetti toscani  monottongazione di “wo”, pronuncia fricativa di “gi”, la gorgia.
3. Dialetti mediani (lazio ma non roma, abruzzo, umbria, marche)  assimilazione di nd>nn,
sonorizzazione occlusive seguite da nasale campo>cambo, metafonesi 1, affricazione di -s
dopo -n,l,r penso>pentso.
4. Dialetti meridionali continentali  metafonesi, dittongamento metafonetico
(ferro>fjerro), riduzione delle vocali finali con la vocale indistinta schwa, possessivo
enclitico (sorema).
5. Dialetti meridionali estremi

In ogni caso la coesistenza tra italiano e dialetto determina sempre l’alternanza dei due codici.

Gli italiani regionali sono varietà parlate le cui tracce sono percettibili nella pronuncia,
nell’intonazione e nel lessico quotidiano. Le varietà geografiche nel loro insieme mostrano
un’evoluzione diretta verso la progressiva diminuzione dell’impronta diatopica, cioè gli italiani
regionali si sono nel tempo avvicinati alla lingua comune ma anche i dialetti sono andati incontro a
un processo di italianizzazione. Quindi la netta separazione tra i dialetti e gli italiani regionali si
mantiene storicamente ma non attualmente.

Lingue di minoranza  francese, tedesco, ladino, walser, croato ecc.

Nb: tutela delle minoranze linguistiche.

1
Innalzamento della vocale tonica (e/o) per effetto di una -i o -u finali del latino volgare. Questo>kistu
Politicamente corretto

Si parla di politicamente corretto in riferimento ad un atteggiamento che spinge a adottare una


forma linguistica alternativa a quella corrente, in base a obiettivi pedagogici si cerca di eliminare la
forma la cui presenza è ben radicata nel vocabolario, perché in essa si vede l’espressione di
atteggiamenti politicamente scortesi o insultanti. Le forme sono in genere quelle che si riferiscono a
una categoria di persone.  Quindi ci si adopera per neutralizzare l’uso offensivo di parole o
locuzioni.

A volte i sostituenti vengono formati attraverso facili procedimenti linguistici: negazione del
contrario, astratto per il concreto, perifrasi, neologismi.

Il politicamente corretto riguarda anche l’inopportunità di alcune strategie testuali diffuse


soprattutto in ambito giornalistico, infatti, in alcune redazioni, è sconveniente fornire dettagli
sull’origine della persona di cui si parla  questo è motivo di pareri contrastanti, in quanto a volte
il politicamente corretto aspira a introdurre dei limiti alla libertà di espressione.

Altre volte è possibile avere come risultato effetti contrari a quelli immaginati e voluti dal parlante,
in più, l’alterazione del lessico può indurre alla mistificazione.

Il sessismo nella lingua  spesso il genere grammaticale non rispecchia il genere sessuale del
referente, è il caso del maschile generico e della servitù grammaticale nell’accordo del verbo e nelle
proforme. Uno dei casi più diffusi è la mozione, cioè il passaggio di genere nei nomi che indicano
professioni. Ciò assume in realtà un grande rilievo sociale più che linguistico.

Il caso negri e neri nelle traduzioni 

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