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PREVENZIONE E TRATTAMENTO DELLE LESIONI DA DECUBITO

Definizione e fattori di rischio

Nella linea guida Toscana aggiornata al 2016, per ulcera da pressione si intende un’area localizzata
di danno della cute e dei tessuti sottocutanei causata da forze di pressione, trazione, frizione o da
una combinazione di questi fattori, che si forma normalmente in corrispondenza di prominenze
ossee e la cui gravità è classificata in stadi.
È la conseguenza di una prolungata compressione dei tessuti tra piano osseo e piano d’appoggio
(per es. letto), la quale provoca ischemia e conseguente ipossia responsabili della necrosi dei tessuti.
I fattori di rischio che concorrono nella formazione di una lesione da pressione possono essere
locali e generali. Tra i fattori locali ci sono:
 La pressione: quando la pressione sui tessuti, dovuta a posture d’appoggio prolungate,
supera la pressione di perfusione dei capillari che li irrorano, si può creare una condizione di
ischemia persistente con conseguente ipossia.
 La frizione: ovvero la forza che si oppone ad un movimento relativo tra due oggetti che si
trovano a contatto.
 Il microclima: un aumento del calore al quale è esposta la cute appoggiata su cuscini e
materassi, una sudorazione eccessiva, un’incontinenza urinaria o fecale, aumentano
l’umidità locale rendendo la cute più fragile e aumentando il rischio di macerazione cutanea.

Tra i fattori sistemici ci sono:

 Invecchiamento: i pazienti anziani sono più suscettibili alle LDP in quanto con
l’invecchiamento si ha diminuzione dell’adipe sottocutanea, minore percezione del dolore,
immunodepressione, riduzione della mobilità.
 Malnutrizione: è stata riconosciuta come uno dei maggiori fattori di rischio soprattutto in
pazienti anziani; una nutrizione adeguata è fondamentale per mantenere l’integrità cutanea e
per promuovere il processo di cicatrizzazione.
 Malattie croniche: in presenza di patologie croniche si ha un’alterazione della risposta
infiammatoria che frequentemente risulta ridotta e ritardata, permettendo che anche
un’eventuale infezione cutanea quali-quantitativamente ridotta causi gravi danni. In alcuni
casi la patologia cronica di base è causa di una particolare fragilità del tessuto.

Sedi

Potenzialmente tutti i punti di contatto del corpo col piano d’appoggio su cui giace il paziente sono
zone a rischio per le LDD; a seconda della posizione assunta tali zone possono cambiare:

 Decubito supino: nuca, scapole, gomiti, apofisi vertebrali, sacro, coccige, talloni
 Decubito laterale: padiglioni auricolari, acromion, costole, trocanteri femorali, condili
laterali, testa del perone, malleoli, bordo esterno dei piedi
 Decubito prono: padiglioni auricolari, guance, seno nella donna, genitali nell’uomo,
ginocchia, dita dei piedi

Classificazione - 4 stadi
Le lesioni da decubito si classificano in 5 stadi:

1. Iperemia della cute che non scompare alla digitopressione (eritema non reversibile)
Coinvolge l’epidermide; cute integra
2. Lesione che coinvolge epidermide e derma. Si presenta come una flittena (o vescica) o come
un’abrasione.
3. Lesione profonda con danneggiamento o necrosi del tessuto sottocutaneo. Può presentarsi
con prevalente aspetto necrotico o con sola (o prevalente) perdita di sostanza.
4. Lesione a tutto spessore con necrosi tissutale, danno ai muscoli, alle ossa ed alle strutture di
supporto come tendini o capsule articolari.
5. Non stadiabile perché fino a quando lo slough e/o l’escara non vengono rimossi in misura
sufficiente da esporre la base dell’ulcera, non è possibile determinare la reale profondità e
conseguentemente lo stadio.

Valutazione del rischio di insorgenza – scale di valutazione – piano di prevenzione

La misurazione del rischio di un paziente di sviluppare una lesione da decubito è il primo passo da
fare per la realizzazione di un corretto piano di prevenzione. Per misurare questo rischio vengono
utilizzate le scale di valutazione, da somministrare al paziente al momento del ricovero e
ripetutamente durante la degenza, con cadenza stabilita in base al fattore di rischio iniziale e ogni
volta che le condizioni cliniche del paziente si modificano in modo significativo. Gli strumenti di
valutazione più utilizzati e validati sono la scala di Norton e la scala di Braden. La scala di Norton è
molto semplice e di rapida compilazione; essa considera come indicatori le condizioni generali, lo
stato mentale, la deambulazione, la mobilità e l’incontinenza, dando un punteggio minimo di 1 e
massimo di 4. Il cut off suggerito per considerare il paziente esaminato a rischio è uguale o inferiore
a 14. La scala di Braden, maggiormente adeguata se utilizzata negli anziani ospedalizzati, considera
invece come parametri la percezione sensoriale, l’umidità, l’attività fisica, la mobilità, la nutrizione,
la frizione e lo scivolamento; il cut off in questo caso è uguale o inferiore a 16. (In entrambe le
scale, minore è il valore, maggiore è il rischio)

La prevenzione prevede l’intervento sui fattori di rischio maggiori e ha l’obiettivo di mantenere


l’integrità cutanea. Il piano di prevenzione si compone di:

 Cure igieniche e protezione della cute; la cute va ispezionata una volta al giorno, dedicando
particolare attenzione alle zone con prominenze ossee. Le cure igieniche quotidiane sono
necessarie per il mantenimento dell’integrità cutanea, tuttavia è necessario utilizzare prodotti
non troppo aggressivi per non alterare il naturale film idrolipidico della cute. Sono
consigliati acqua tiepida, detergente leggermente acido, poco schiumogeno e facile da
risciacquare. Asciugare la cute tamponando senza frizionare e dopo il lavaggio applicare
sulla cute creme emollienti.
 Nutrizione; è necessario un adeguato apporto calorico, proteico, vitaminico per mantenere
l’integrità cutanea e favorire il processo di cicatrizzazione (assistenza durante i pasti,
verifica dell’assunzione delle sostanze nutritive, valutazione di un eventuale nutrizione
artificiale, somministrazione di un supporto vitaminico).
 Mobilizzazione e posizionamento; è raccomandato il cambiamento di posizione ogni due
ore. Per ridurre la compressione dei tessuti vengono utilizzati diversi presidi come ad
esempio i materassi antidecubito e gli archetti solleva coperte.

Trattamento

Per valutare la lesione e pianificare correttamente il trattamento occorre osservare la lesione


descrivendone alcune caratteristiche e documentarle su una scheda di valutazione. Si considerano la
sede, lo stadio, la presenza o assenza di escara, le dimensioni (lunghezza, larghezza e profondità),
valutando non solo la lesione in sé ma tutta la zona arrossata intorno.

1 STADIO
Obiettivo: ripristinare la vascolarizzazione e prevenire l’ulcerazione cutanea
Idratanti emollienti più volte al giorno (ad esempio creme a base di zinco); film trasparente
semipermeabile in poliuretano che può rimanere in sede fino a 7 giorni

2 STADIO
Obiettivo: Evitare la pressione del liquido raccolto nel tessuto sottostante e la rottura completa della
vescica con essiccamento del tessuto; favorire la riepitelizzazione
Detersione con soluzione fisiologica o ringer lattato a temperatura ambiente; se c’è la vescica,
forare la vescica con manovra asettica senza rimuovere il tetto e coprire con garze sterili
quotidianamente; oppure coprire con idrocolloidi in placca che possono rimanere in sede fino a 3-5
giorni; se c’è l’abrasione, applicare un film trasparente semipermeabile in poliuretano o
connettivina/fitostimoline in crema o garze.

3 STADIO
Obiettivo: rimuovere la necrosi e mantenere l’ambiente umido; riempire lo spazio vuoto.
Irrigazioni con soluzione fisiologica o ringer lattato a temperatura ambiente; Se lesione con
prevalente aspetto necrotico, dopo la detersione rimuovere il tessuto non vitale effettuando lo
sbrigliamento; applicare poi una medicazione secondaria di copertura con idrocolloidi in placca o
film trasparente semipermeabile in poliuretano.
Se lesione con perdita di sostanza, dopo la detersione si va a riempire lo spazio vuoto; se la lesione
presenta scarso essudato usare idrocolloidi in placca, schiume in poliuretano se la lesione presenta
medio essudato e se invece l’essudato è abbondante usare alginati di calcio o calcio e sodio e
medicazione secondaria di copertura.

4 STADIO
Obiettivo: rimozione del tessuto necrotico, controllo dell’infezione e delle eventuali complicanze e
riparazione tissutale parziale o totale
Irrigazioni con soluzione fisiologica o ringer lattato a temperatura ambiente e sbrigliamento.
Se la lesione è necrotica, coprire con idrocolloidi in placca. Se essa è sierosa invece, in base
all’essudato applicare schiume in poliuretano e ricoprire con film in poliuretano oppure applicare
alginato di calcio/sodio e copertura con film di poliuretano.
La differenza rispetto al terzo stadio consiste nel maggior rischio di infezioni legato alla profondità
delle lesioni. Un' efficace pulizia e lo sbrigliamento minimizzano la colonizzazione batterica della
lesione. Nel caso il medico decidesse di effettuare una coltura, il prelievo dovrà essere effettuato
mediante una biopsia del fondo della lesione. In presenza di infezione, considerare l’eventualità di
un’antibioticoterapia.

Sbrigliamento

È una tecnica che prevede la rimozione del tessuto necrotico o devitalizzato. Può essere autolitico,
enzimatico o chirurgico.

 Autolitico: dissoluzione spontanea di tessuto necrotico dovuto all’azione di enzimi prodotti


dalla lesione stessa. Per favorire l’autolisi, si deve creare un ambiente umido con
l’applicazione di idrogel e medicazioni come idrocolloidi, film o schiuma in poliuretano.
 Enzimatico: applicazione quotidiana di pomate contenenti enzimi in grado di degradare
tessuti devitalizzati
 Chirurgico/meccanico: il tessuto viene rimosso con l’aiuto di garze e pinze sterili attraverso
una tecnica asettica. La procedura deve essere eseguita da un professionista con specifica
formazione ed esperienza. (toilette chirurgica)

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