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LEZIONE 1A:

INFIAMMAZIONE
SISTEMA IMMUNE: I MECCANISMI DI DIFESA IMMUNITARIA SONO
RAPPRESENTATI DA DUE TIPI DI RISPOSTA IMMUNITARIA:
1. IMMUNITA' ASPECIFICA O INNATA:
• è tale perchè presente fin dalla nascita
• è una immunità sempre ATTIVA, a RAPIDA RISPOSTA, contro QUALSIASI
TIPO DI DANNO
• è caratterizzata dalla attività di CELLULE FAGOCITICHE e mediatori
molecolari preesistenti
• è definita ASPECIFICA perchè non richiede il riconoscimento di uno specifico
microrganismo patogeno: agisce allo stesso modo contro tutti i patogeni
• NON POSSIEDE MEMORIA IMMUNITARIA
• comprende una:
• PRIMA LINEA DI DIFESA: barriere fisiche e chimiche della cute e
delle membrane mucose
• SECONDA LINEA DI DIFESA: processo infiammatorio
• la sua azione si manifesta già entro 6-12 ore

2. IMMUNITA' SPECIFICA O ACQUISITA:


• più tardiva, si è evoluta nei vertebrati
• soltanto dopo l'esposizione ad un agente infettivo o di una sostanza si sviluppa
una risposta diretta contro lo stimolo iniziale (RISPOSTA SPECIFICA)
• comprende difese che richiedono un riconoscimento specifico del
microrganismo, quando questo ha superato le difese dell'immunità aspecifica
• si basa su una risposta specifica ad uno specifico microrganismo
• ha una RISPOSTA LENTA, ma possiede MEMORIA IMMUNOLOGICA
• avviene grazie ai LINFOCITI T e B
• il sistema responsabile dell'immunità specifica è il SISTEMA LINFATICO
• si realizza nell'arco di qualche giorno dopo che linfociti T e B hanno
riconosciuto gli agenti patogeni e sviluppato una risposta specifica

IMMUNITA' ASPECIFICA O INNATA:


prime linee di difesa:
• CUTE: impedisce ai microrganismi e alle sostanze estranee di penetrare
nell'organismo; EPIDERMIDE (strato della cute): barriera fisica; la sua
desquamazione rimuove i microrganismi sulla superficie della cute. Invece, lesioni
della cute (tagli, bruciature) possono essere il punto di accesso dei patogeni con
invasione dei tessuti adiacenti e passaggio nel flusso ematico
• MEMBRANE MUCOSE: rivestono le cavità corporee. Secernono muco che intrappola
microrganismi e particelle estranee. VIBRISSE, CIGLIA, TOSSE, STARNUTO,
partecipano a questa rimozione. Le LACRIME, che contengono lisozima, che
aggredisce la parete delle cellule batteriche. La SALIVA riduce la colonizzazione
batterica nel cavo orale. Anche le SECREZIONI VAGINALI, la DEFECAZIONE e il
VOMITO contribuiscono alla eliminazione di microrganismi. Il SEBO prodotto dalle
ghiandole sebacee forma un film protettivo sulla cute. La SUDORAZIONE cutanea
allontana i microrganismi. L'ACIDO GASTRICO distrugge molti patogeni

seconde linee di difesa: DIFESE INTERNE


• quando i patogeni penetrano nelle barriere fisiche e chimiche della prima linea di
difesa, vengono bloccati da una seconda "barriera", il PROCESSO
INFIAMMATORIO, o INFIAMMAZIONE, o FLOGOSI.
Quando un tessuto riceve uno stimolo lesivo, esogeno o endogeno, che causa la morte o la
sofferenza di alcune sue cellule, si genera una serie di reazioni VASCOLARI E
TESSUTALI, che portano a:
• eliminazione dell'agente causante
• rimozione dei detriti cellulari
• riparazione del tessuto danneggiato
Nel complesso, questi costituiscono il PROCESSO INFIAMMATORIO.
Questo può avere luogo in diverse zone del corpo (il suffisso che lo indica è -ite):
• artrite: processo infiammatorio che colpisce le articolazioni
• pleurite
• pancreatite
• gastrite
• epatite
• colite (colon)
• cistite, prostatite, uretrite, testicolite
• encefalite
• miocardite (se riguarda endocardio, parliamo di endocardite, oppure
miocardite, pericardite)
• tiroidite
• rinite (infiammazione a livello delle cavità nasali)
• miosite (a carico dei muscoli)
• glomerulonefrite (reni)

AGENTI CHE DETERMINANO L'INFIAMMAZIONE:


• FATTORI ESOGENI:
• infezioni virali, batteriche, fungine
• traumi (es trauma contusiva a livello articolare può causare danno tessutale
che genera flogosi)
• temperature estreme
• sostanze tossiche ambientali
• FATTORI ENDOGENI (già presenti nel nostro organismo), possono causare anche
loro danni cellulari:
• tumori: la crescita tumorale danneggia le cellule sane e genera un processo
infiammatorio
• ischemia tessutale: si verifica quando un tessuto riceve poco sangue rispetto
alle sue necessità; la sua evoluzione porta alla NECROSI, con la morte
tessutale
• patologie autoimmuni: patologie a cui il corpo risponde con autoanticorpi
diretti verso il nostro organismo
i 5 segni dell'infiammazione sono (si manifestano a livello locale nella zona interessata):
• rubor: rossore
• calor: calore (aumento della temperatura locale)
• tumor: gonfiore
• dolor: dolore
• functio lesa (perdita di funzionalità)
Mentre i primi 4 sono sempre presenti nella flogosi, l'ultima può non manifestarsi

SCOPO DELLA FLOGOSI: lo scopo è DIFENSIVO e mira a circoscrivere la lesione, per


eliminare la causa del danno e riparare i tessuti lesi, per ripristinare la funzionalità.

La RISPOSTA INFIAMMATORIA ACUTA è la risposta immediata di un tessuto ad uno


stimolo lesivo ed è caratterizzata dalla risposta combinata di:
• ELEMENTI VASCOLARI: interessa vasi sanguigni locali, connettivo, matrice
extracellulare, plasma e sue proteine. La risposta a questo livello prende il nome di
ANGIOFLOGOSI: questa comprende una serie di processi:
• vasodilatazione: porta ad un aumento del flusso sanguigno nella zona in
flogosi
• aumento della permeabilità vasale: porta alla formazione dell'edema
• formazione dell'essudato: accumulo di liquido infiammatorio prodotto con lo
scopo di circoscrivere il processo morboso
Inoltre, l'angioflogosi è processo di BREVE DURATA, che si manifesta nell'arco di
ore e giorni, e ha lo scopo di circoscrivere il danno ed eliminarne le cause (costituisce
la risposta INFIAMMATORIA ACUTA)
Vediamo nel dettaglio le 3 fasi dell'angioflogosi:
• VASODILATAZIONE: è la prima risposta al danno e si manifesta a livello
del microcircolo arterioso con conseguente aumento del flusso ematico. Il
microcircolo arterioso è la rete capillare molto fitta intermessa fra arterie
precapillari e venule postcapillari. A livello pre-capillare (arteriole) sono
presenti gli SFINTERI PRE-CAPILLARI, che regolano il flusso sanguigno: la
vasodilatazione è dovuta all'aumento del numero dei capillari aperti grazie al
rilasciamento degli sfinteri.
La vasodilatazione è a sua volta indotta anche dalla liberazione di sostanze
dette MEDIATORI VASOATTIVI: vengono secreti dalle cellule danneggiate
proprio come segnale di avvenuta infiammazione; questi sono ISTAMINA (la
più importante, agisce causando la liberazione di NO, potente vasodilatatore),
INTERLEUCHINA 1 (IL-1), TUMOR NECROSIS FACTOR (TNF). Questo
aumento del flusso sanguigno così causato è definito IPEREMIA ATTIVA, e
determina il "rubor" e il "calor"
• AUMENTO DELLA PERMEABILITA' VASALE: questa è una
conseguenza della vasodilatazione, e determina la fuoriuscita di FLUIDI E
PROTEINE, dal sangue verso i tessuti extravascolari, con formazione di
EDEMA;
• EDEMA (ESSUDATO): questo prende il nome di:
• EDEMA ESSUDATO (a elevato contenuto proteico
(>3g/dL): questo è responsabile del dolore ("dolor") che si
avverte durante la flogosi, perchè va ad agire con una pressione a
livello delle terminazioni nervose della zona interessata
• EDEMA TRASUDATO (a basso contenuto proteico)
Nel corso di un processo infiammatorio, un edema diventa sempre essudato,
per via dell'accumulo di proteine durante la flogosi, con conseguente aumento
della viscosità ematica e rallentamento della circolazione; ciò causa il "tumor".
L'edema trasudato si forma in condizioni NON INFIAMMATORIE, perciò
non è rilevante nel nostro discorso ora.
Ora vediamo una parte della lezione 2, che riguarda l'edema essudato; questo
ha caratteristiche differenti a seconda di:
• causa dell'infiammazione
• tipo di tessuto interessato
• durata infiammazione
In base a queste caratteristiche, individuiamo:
• ESSUDATO SIEROSO: è un essudato a basso contenuto
proteico e povero di fibrinogeno. Si verifica quando la
permeabilità a livello locale resta scarsa. Si forma spesso a
livello cutaneo e articolare. Un esempio di infiammazione
sierosa è la VESCICOLA CUTANEA (da ustione o trauma), si
tratta di un essudato limpido che si accumula sotto epidermide.
• ESSUDATO FIBRINOSO: ha, al contrario, alto contenuto
proteico e ricchissimo di fibrinogeno; si verifica quando
l'alterazione della permeabilità vasale è abbondante. Il
fibrinogeno tende a formare FIBRINA, aderendo al tessuto
infiammato e provocando dolore e alterazioni funzionali. Questo
essudato si forma a livello articolare, pleure, pericardio,
peritoneo
• ESSUDATO CATARRALE: si verifica quando l'infiammazione
interessa membrane che secernono muco (es. cavità nasale)
• ESSUDATO PURULENTO: è il risultato di una infiammazione
batterica, è accompagnato dalla formazione di PUS. Questo
essudato è spesso circondato da una membrana, l' ASCESSO,
che limita l'accesso ad anticorpi ed antibiotici, e va perciò spesso
rimosso chirurgicamente; altre volte va incontro a lisi spontanea,
ma attenzione, a volte può favorire la dispersione del batterio
infettivo nel sangue
• ESSUDATO EMORRAGICO: ricco di fibrinogeno, fibrina,
eritrociti. Si verifica quando oltre a infiammazione si ha anche
lesione vasale (ecco spiegati gli eritrociti)

• ELEMENTI CELLULARI: coinvolge neutrofili, eosinofili, monociti,


piastrine ,macrofagi, fibroblasti. La risposta a questo livello prende il nome di
ISTOFLOGOSI: quest'ultima determina:
• migrazione di leucociti verso la zona interessata da lesione.
l'istoflogosi agisce su tempi di settimane e mesi, ed è caratterizzata da processi che
evolvono lentamente con un infiltrato di macrofagi e linfociti (costituisce la
RISPOSTA INFIAMMATORIA CRONICA
LEZIONE 1B INFIAMMAZIONE
"rivediamo diapositiva che distingue angioflogosi e istoflogosi"
EMOPOIESI: processo attraverso il quale a livello del midollo osseo le cellule pluripotenti
danno origine alle cellule che compongono il sangue.

Riprendiamo ISTOFLOGOSI:
questa coinvolge i leucociti, i quali sono originati dalle cellule staminali emopoietiche.
Le cellule staminali pluripotenti possono generare:
• CELLULE STAMINALI MIELOIDI: da qui prendono origine i globuli rossi,
piastrine, granulociti (eosinofili, basofili, neutrofili), monociti (che diventano
macrofagi). Granulociti, monociti e macrofagi sono dotati di movimenti ameboidi,
che conferiscono loro la capacità di attraversare le pareti sanguigne
• CELLULE STAMINALI LINFOIDI: da questa linea staminale prendono origine i
Linfociti: linfociti T, B (maturando diventano plasmacellule), e i linfociti citotossici

entriamo nel dettaglio:


• GRANULOCITI:
• i GRANULOCITI NEUTROFILI ( o granulociti polimorfonucleati) sono i più
importanti elementi funzionali del sistema di difesa ASPECIFICO, sono il 50-
70% di tutti i leucociti. Hanno emivita di 6-8h, e la metà di loro sono
CELLULE STAZIONARIE (rimangono adese alle pareti endoteliali). Il loro
numero aumenta rapidamente durante le infezioni acute. Hanno CAPACITA'
FAGOCITARIE, sono produttori di sostanze citotossiche (possono distruggere
e in seguito fagocitare)
• i GRANULOCITI EOSINOFILI, SONO IL 2-4% DI TUTTI I LEUCOCITI,
partecipano al processo di ISTOFLOGOSI (DIFESA ASPECIFICA)
• GRANULOCITI BASOFILI: sistema di difesa aspecifico. Sono l'1% di tutti i
leucociti. Emivita di 12h, contengono nel loro citoplasma delle granulazioni
ricche di ISTAMINA E EPARINA. Questi leucociti sono responsabili delle
reazioni allergiche (determinano vasodilatazione, eritema, broncospasmo)
attraverso la liberazione di granuli di istamina
• MONOCITI: fanno parte anche loro del sistema di difesa ASPECIFICO, sono il 4-
8% dei leucociti, hanno una CAPACITA' FAGOCITARIA superiore anche ai
granulociti neutrofili. Originano anche loro dalle cellule staminali mieloidi
pluripotenti, passano poi al sangue e sono ancora in uno stato immaturo, per poi
passare ai tessuti circostanti come MACROFAGI TESSUTALI ( questi prendono
nomi differenti):
• nel fegato CELLULE DI KUPFFER
• nella cute CELLULE DI LANGHERANS
• nei polmoni MACROFAGI ALVEOLARI
• nel tessuto nervoso CELLULE DELLA MICROGLIA

ISTOFLOGOSI:
come, nello specifico, queste cellule entrano in gioco nel processo di istoflogosi?
Per prima cosa, il rallentamento (o addirittura stasi) del flusso ematico causato dalla
vasodilatazione produce anche:
• il RALLENTAMENTO DEI LEUCOCITI
• questi si posizionano ai margini della parete vasale (processo detto
MARGINAZIONE)
• inizia poi una fase di ROTOLAMENTO E ADESIONE all'endotelio della parete
vasale
• segue una fase di MIGRAZIONE, fase in cui i leucociti attraversano le giunzioni
endoteliali e da qui si spostano nello spazio extravascolare
• a questo punto si è accumulato un buon numero di leucociti nella matrice extravasale
a livello dell'edema essudato, con il compito di NEUTRALIZZARE L'AGENTE
PATOGENO E RIMUOVERE I DETRITI CELLULARI; come fanno queste due
funzioni? Attraverso:
• FAGOCITOSI: capacità di una cellula di internalizzare una particella di
dimensioni fino a 0,5 micron; si articola in 3 fasi:
• fase di RICONOSCIMENTO E ADESIONE
• fase di INTERNALIZZAZIONE E FORMAZIONE DEL FAGOSOMA
• fase di UCCISIONE E DEGRADAZIONE del materiale ingerito
(grazie al rilascio di enzimi lisosomiali)
• PRODUZIONE DI CITOCHINE INFIAMMATORIE
• SECREZIONE DI ENZIMI LISOSOMIALI
queste 3 funzioni fanno parte del processo di ISTOFLOGOSI (attenzione che la
persistenza cronica di questo stato di infiammazione ha conseguenze dannose per i
tessuti)

MEDIATORI CHIMICI DEL PROCESSO INFIAMMATORIO:


molecole che vengono prodotte durante un’infiammazione acuta allo scopo di regolarla.
Distinguiamo:
• MEDIATORI PLASMATICI: sintetizzati principalmente nel fegato; già presenti nel
sangue in forma inattiva, vengono attivati in caso di necessità. Annoveriamo:
• FATTORI DEL SISTEMA DEL COMPLEMENTO: insieme di PROTEINE
PLASMATICHE che vengono attivate a cascata e determinano aumento
permeabilità vasale con vasodilatazione, richiamano nella zona interessata i
fagociti, determinano la lisi dei batteri
• FATTORI DEL SISTEMA DELLE CHININE: insieme di PEPTIDI
VASOATTIVI che determinano vasodilatazione, aumento permeabilità,
dolore. Fra di essi, il più importante è la BRADICHININA, attivato da fattore
di Hageman
• FATTORI DELLA CASCATA COAGULATIVA: il fattore di Hageman viene
attivato e innesca la via della coagulazione, con formazione di FIBRINA.
• MEDIATORI PREFORMATI: presenti nei granuli delle cellule (globuli bianchi e
piastrine) coinvolte nell'infiammazione (istoflogosi), annoveriamo:
• istamina: produce vasodilatazione ed aumento della permeabilità vascolare,
viene rilasciata in risposta a danni fisici, agenti chimici, reazioni immunitarie,
e determina reazioni allergiche
• serotonina
• enzimi lisosomiali
• MEDIATORI DI NEOSINTESI: vengono sintetizzati ex novo:
• prostaglandine: causano vasodilatazione
• leucotrieni: aumentano la permeabilità vasale
• citochine: le principali sono IL-1 (interleuchina 1), IL-6 e TNF

EFFETTI SISTEMICI DELL'INFIAMMAZIONE ACUTA:


• FEBBRE: causata da:
• pirogeni endogeni: IL-1, TNF, IL-6 (citochine)
• pirogeni esogeni: sostanze liberate dai microrganismi
crea condizione sfavorevole per i microrganismi e migliora le difese dell'organismo
(l'immunità specifica è più performante)
• INCREMENTO DI PROTEINE DI FASE ACUTA: cioè aumento delle proteine
plasmatiche prodotte dal fegato (sotto stimolo delle citochine)
• LEUCOCITOSI NEUTROFILA: aumento dei neutrofili nel sangue

POSSIBILI SVILUPPI DELL'INFIAMMAZIONE ACUTA:


• RISOLUZIONE COMPLETA: la guarigione è completa e l'organo torna come prima,
questo avviene perchè:
• a livello locale si ripristinano i valori di vasodilatazione e permeabilita vasale
• viene eliminato l'essudato, grazie al drenaggio linfatico e alla rimozione
mediante fagocitosi
• rigenerazione delle cellule del tessuto (IPERPLASIA COMPENSATORIA); la
modalità di rigenerazione dipende dal tipo di tessuto:
• TESSUTO A CELLULE LABILI: hanno elevate capacità rigenerative
(cute, cellule midollari, mucose...)
• TESSUTO A CELLULE STABILI: capacità rigenerativa moderata
perchè le cellule sono quiescenti e, in caso di necessità ,vengono
attivate (osso, fegato)
• TESSUTO A CELLULE PERENNI: non hanno capacità rigenerativa
(snc, cellule miocardiche) perciò l'iperplasia compensatoria non può
avvenire
• RISOLUZIONE MA CON FORMAZIONE DI FIBROSI: il tessuto è guarito ma al
costo di una cicatrizzazione. Questo è dovuto a:
• estensione della lesione molto importante
• scarsa presenza di iperplasia compensatoria
• presenza di abbondante essudato
• INFIAMMAZIONE CRONICA: si verifica quando l'infiammazione acuta non si
risolve, e vede la copresenza di processi di lesione (catabolismo) e riparazione
(anabolismo). Possiamo distinguerne tre tipi:
• INFIAMMAZIONE CRONICA DA EVOLUZIONE DI INFIAMMAZIONE
ACUTA NON RISOLTA
• INFIAMMAZIONE CRONICA SECONDARIA: è la conseguenza di episodi
di infiammazione acuta ripetuti (es. Bronchite acuta ripetuta per fumo può
degenerare in bronchite cronica)
• INFIAMMAZIONE CRONICA PRIMARIA: è il risultato di stimoli
infiammatori ripetuti che non avevano provocato infiammazione acuta
(esposizione ad agenti tossici come silicio e amianto)
in un tessuto con infiammazione cronica:
• le modificazioni vascolari tipiche dell'infiammazioni sono assenti o quasi
• prevale l'infiltrazione cellulare di cellule a capacità fagocitaria
• prevalgono fenomeni di distruzione e necrosi cellulare, con angiogenesi
(genesi di nuovi vasi) e fibrosi.
LEZIONE 1C:
INFIAMMAZIONE
Oggi: risposta immunitaria associata alla attività fisica.
Riprendiamo l'IMMUNITA' SPECIFICA. Il sistema immunitario specifico:
• riconosce molecole estranee specifiche (ANTIGENI), o una parte della loro struttura
(DETERMINANTI ANTIGENICI), e reagisce grazie all'azione di CELLULE
IMMUNOCOMPETENTI (linfociti T e B) attraverso una REAZIONE
PRIMARIA, (si verifica al primo contatto antigenico) e consta di due fasi:
• RISPOSTA UMORALE: (formazione di anticorpi) guidata dai linfociti B.
Questo processo prende complessivamente il nome di IMMUNOREAZIONE
UMORALE, ecco come avviene: i linfociti B, grazie ai loro recettori specifici
(IgM e IgD (Ig=immunoglobuline)), identificano l'antigene e attivano la loro
stessa trasformazione in PLASMACELLULE, le quali producono anticorpi
(già da pochi giorni dopo l'esposizione all'antigene, e per una durata di 4-5
giorni) specifici che si legano agli antigeni. Questo legame li rende
riconoscibili ai macrofagi, che intervengono con la fagocitosi
• RISPOSTA CELLULARE: per azione dei linfociti T, prende il nome di
IMMUNOREAZIONE CELLULARE Questi proliferano e si differenziano
in 3 linee cellulari:
• cellule T Helper: stimolano la produzione di anticorpi (azione
complementare alle plasmacellule), attraverso l'azione di IL-4 e IL-6,
prodotti proprio dalle T helper
• cellule T linfokine: possono produrre linfochine, le quali stimolano
l'attività dei macrofagi
• cellule T killer: eliminano le cellule del nostro corpo infettate
• ha MEMORIA IMMUNOLOGICA: se l'organismo incontra nuovamente lo stesso
antigene, la sua risposta sarà più rapida e più massiva. Vediamo un grafico che
compara la reazione alla prima e seconda esposizione antigenica: la produzione di
IgG e IgM (più avanti spiego cosa sono) è più rapida e massiva
• utilizza i LINFOCITI B e T:
• hanno entrambi origine dalla famiglia delle cellule staminali LINFOIDI
• originano entrambi dal midollo osseo rosso
• i linfociti B raggiungono la maturazione già nel midollo osseo (così come le
cellule NK= natural killer) ed in seguito migrano verso organi come milza e
linfonodi. I linfociti T raggiungono invece maturazione a livello del TIMO, poi
migrano anch'essi verso milza, linfonodi

ANTICORPI: sono anche detti IMMUNOGLOBULINE (IG):


• sono prodotti come risposta all'invasione di antigeni (Ag), per azione delle
plasmacellule (evoluzione dei Linfociti B) e delle T helper
• sono formati da 4 catene polipeptidiche (2 pesanti (H) e 2 leggere (L) che nel
complesso formano una Y). Esistono 2 tipologie di L e 5 di H. In base alle catene H
distinguiamo 5 forme di IG:
• IgA: sono monomeri e dimeri, sono presenti nella saliva,
lacrime, latte materno. I livelli di IgA diminuiscono in caso di
stress
• IgD: monomeri, sono i recettori degli antigeni, presenti sulla
superficie dei linfociti B
• IgE: monomeri: sono coinvolti nelle reazioni allergiche
• IgG: sono monomeri, possono attraversare la placenta, perciò
garantiscono risposta immunitaria al feto/neonato. Sono i più
rappresentati fra le 5
• IgM: struttura pentamerica, sono i primi ad essere prodotti dalle
plasmacellule nella risposta immunitaria. (sono IgM anche gli
Anti-A e Anti-B, che definiscono il gruppo sanguigno)

IMMUNIZZAZIONE ATTIVA:
viene ottenuta mediante la vaccinazione; si espone volontariamente l'organismo a piccole
quantità di antigene, in modo da spingere l'organismo ad una REAZIONE PRIMARIA; una
SUCCESSIVA ESPOSIZIONE allo stesso antigene genererà, come visto, una risposta
umorale e cellulare più rapida e massiva

SISTEMA IMMUNE E INTERLEUCHINE:


le INTERLEUCHINE:
• sono GLICOPROTEINE prodotte da organi, anche non appartenenti al sistema
immunitario, ma soprattutto da macrofagi e linfociti:
• le MONOCHINE sono prodotte dai macrofagi
• le LINFOCHINE sono prodotte dai linfociti
• la loro funzione è "stimolare" altre cellule:
• alcune possono stimolare il rimodellamento cellulare nell'ambito
dell'invecchiamento
• altre sono coinvolte nella crescita e differenziazione cellulare
• esercitano la loro attività andando a legarsi con recettori di membrana (similmente
agli ormoni)
• la loro secrezione è di BREVE DURATA e AUTOLIMITATA.
• Molte interleuchine differenti hanno lo stesso effetto, altre interagiscono fra loro:
• IL-1: stimolano linfociti T a produrre IL-2
• IL-2: stimolano proliferazione di linfociti B, T, NK
• IL-3: stimola produzione mastociti
• IL-4,5,6,7,10,11: stimolano funzione e crescita di linfociti B, e loro
trasformazione in plasmacellule
• IL-8 stimola angiogenesi
• IL-9: stimola la produzione di cellule staminali mieloidi
• IL-13: sopprime altre IL (1,8) e di TNF
• le interleuchine sopra scritte possono essere distinte in (alcune hanno entrambe i
ruoli):
• interleuchine PRO-INFIAMMATORIE: produzione influenzata da
infezioni, traumi e attività fisica (principale è IL-6)
• interleuchine ANTI-INFIAMMATORIE: prodotte per attenuare
un'infiammazione e riparare un tessuto lesionato
• ATTIVITA' FISICA ed interleuchine: si ha, durante l'attività fisica la produzione
locale di interleuchine, proporzionalmente allo sforzo (è una REAZIONE
IMMUNOLOGICA DA STRESS). La loro produzione è regolata da macrofagi (a
loro volta attivati dai microtraumi muscolari) e da ormoni (cortisolo, catecolamine)
E' principalmente la IL-6 ad essere prodotta durante lo sforzo fisico (in misura sforzo-
dipendente) dalle cellule muscolari durante l'esercizio fisico; essa ha sia effetto locale
(effetto infiammatorio sul muscolo stesso) che sistemico (a livello adiposo (azione
lipolitica), epatico (favorisce glicogenolisi), periferico (riduce la resistenza insulinica),
aterogenico)

ATTIVITA' FISICA E SISTEMA IMMUNE:


• l'attività fisica moderata (<60% VO2max) STIMOLA (potenzia) il SISTEMA
IMMUNE
• se l'attività fisica è intensa (>80%) e molto frequente può causare aumento
suscettibilità alle infezioni respiratorie (URTI)
• perciò, l'esercizio intenso causa:
• riduzione capacità fagocitaria dei neutrofili
• aumento dei linfociti durante e subito dopo l'esercizio, e successiva
diminuzione (1-2 ore dopo)
• diminuzione delle Ig-A a livello salivare
• aumento IL-1 e IL-6
perciò, l'esercizio intenso e frequente causa una parziale DEPRESSIONE DEL
SISTEMA IMMUNITARIO, aumentando il rischio di contrarre infezioni; questo arco
temporale nel quale permane una condizione di depressione delle difese immunitarie
è detto OPEN WINDOW (72h). Perciò il riposo e la modulazione del carico di lavoro
sono necessari per evitare un calo delle difese immunitarie nel cronico.
• SINDROME DA OVERTRAINING: calo della performance sportiva persistente
anche dopo un adeguato riposo. Si manifesta in uno stato di fatica cronica con
depressione immunitaria.
LEZIONE 2A: PATOLOGIE
DELL'APPARATO
CARDIOVASCOLARE
Grande circolazione: parte dal ventricolo sinistro, che pompa nell'aorta (ATTRAVERSO LA
VALVOLA AORTICA), che poi si ramifica in arterie minori e raggiunge tutti i distretti
corporei. Dopo aver attraversato i capillari permettendo gli scambi metabolici, il sangue
torna attraverso le vene, di diametro via via superiore, all'atrio destro (attraverso le vene
cave inferiore e superiore).
Il sangue passa nel ventricolo destro attraverso la VALVOLA TRICUSPIDE, dove è
pompato (passando per la valvola polmonare) attraverso il tronco polmonare, che si divide
nelle 2 arterie polmonari verso i polmoni, dove il sangue viene ossigenato; il sangue torna
poi all'atrio sinistro grazie alle 4 vene polmonari, e da qui il sangue raggiunge il ventricolo
sinistro passando per la VALVOLA BICUSPIDE (MITRALE)

Struttura della parete cardiaca:


• Endocardio: foglietto epiteliale che riveste internamente tutte le cavità cardiache
• miocardio: strato muscolare
• pericardio:
• sieroso (strato interno): comprende a sua volta un foglietto parietale e uno
viscerale (quest'ultimo è l'epicardio), fra i quali è posta la cavità pericardica
• fibroso (strato esterno)

La VASCOLARIZZAZIONE del cuore è garantita da due arterie che originano dal ramo
ascendente dell'aorta:
• ARTERIA CORONARIA SINISTRA: passa sotto al margine dell'auricola (sinistra),
si divide poi in ramo circonflesso e in un ramo interventricolare anteriore
• ARTERIA CORONARIA DESTRA: passa sotto al margine dell'auricola (destra),
origina il ramo interventricolare posteriore e il ramo marginale

PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI
Le modificazioni cardiocircolatorie dovute all'esercizio fisico sono:
• adattamenti periferici: ridistribuzione del flusso sanguigno a livello degli organi
(fenomeno di ridistribuzione della gittata cardiaca)
• adattamenti centrali: si verificano a livello del cuore e della circolazione polmonare
E si esplicano in maniera differente a seconda che l'esercizio fisico sia aerobico o
anaerobico.

ADATTAMENTI :
• NELL'ESERCIZIO DI RESISTENZA (aerobico):
• (Ac) il cuore risponde con AUMENTO DELLA GITTATA CARDIACA
(prodotto di gittata sistolica (Gs) e FC), attraverso un aumento di entrambi i
parametri (si passa da 5-6 a 30L/min per atleti)
• (Ac) L'aumento della FC dipende da:
• abolizione del tono vagale (effetto istantaneo)
• stimolazione dell'ortosimpatico (interviene in 2-3 minuti)
• (Ac) l'aumento della portata cardiaca, con aumento della Gs, porta ad aumento
della pressione arteriosa, prevalentemente quella sistolica (PAS), mentre PAD
non subisce considerevoli aumenti
• (Ap) RIDISTRIBUZIONE DELLA GC (gittata cardiaca): è un adattamento
periferico che porta a distribuire più sangue in favore dei muscoli, soprattutto
scheletrici (il flusso al cervello rimane invariato, diminuisce a livello dei reni e
organi addominali, aumenta a livello della cute per garantire la sudorazione)
• il cuore effettua un LAVORO DI VOLUME: pompa grandi quantità di sangue
in un sistema circolatorio a bassa resistenza, per via della vasodilatazione
periferica

• NELL'ESERCIZIO DI POTENZA (anaerobico):


Adattamenti centrali:
• l'aumento della FC è più contenuto e meno duraturo
• aumentano le resistenze vascolari perchè prevale la costrizione vasale
• il ritorno venoso è ostacolato per aumento della pressione intratoracica
• aumento significativo sia di PAD che PAS
Adattamenti periferici assenti
• il cuore effettua un LAVORO DI PRESSIONE: pompa quantità minori di
sangue in un sistema circolatorio ad elevata resistenza

CUORE D'ATLETA: indica gli adattamenti morfo-funzionali delle cellule miocardiche


conseguenti all'allenamento.
Modificazioni principali:
• CARDIOMEGALIA: aumento di volume del cuore (imputabile a sport)
CUORE D'ATLETA DI RESISTENZA:
• l'allenamento di resistenza nel cronico determina un SOVRACCARICO
CARDIACO DI VOLUME; ciò determina un adattamento cardiaco: IPERTROFIA
ECCENTRICA, caratterizzata da dilatazione ventricolare (sx) con modesto aumento
di spessore della parete. E' tale ipertrofia eccentrica a determinare cardiomegalia
• l'allenamento costante provoca una riduzione del tono simpatico, con prevalenza
relativa del tono parasimpatico, condizione definita di VAGOTONIA
FISIOLOGICA. Come conseguenza si ha riduzione della FC a riposo
(BRADICARDIA A RIPOSO)
• GC: a riposo quella dell'atleta è sostanzialmente identica a quella del sedentario, la
differenza si manifesta sotto sforzo: La GC dell'atleta può raggiungere i 35-40L/min
• l'allenamento non modifica la FCmax, perciò l'aumento della GCmax nell'atleta di
resistenza è dovuta al solo aumento della GS; quest'ultima nell'atleta è già maggiore a
riposo (120-130 contro 70-80ml) e può raggiungere i 200ml sotto sforzo
CUORE D'ATLETA DI POTENZA:
• a livello cardiaco si sviluppa una IPERTROFIA CONCENTRICA, con notevole
inspessimento della parete senza dilatazione ventricolare. In questo caso, è
l'inspessimento delle pareti a determinare la cardiomegalia

A livello strutturale, cosa cambia fra ipertrofia concentrica ed eccentrica?


• Nell'ipertrofia concentrica si ha un aumento del numero dei sarcomeri per
apposizione in parallelo, con inspessimento della parete
• nell'ipertrofia eccentrica aumenta il numero dei sarcomeri per apposizione in serie,
ciò dilata il ventricolo

Attenzione: il cuore d'atleta non è sempre un adattamento positivo; lo è purchè si rientri in


certi limiti, altrimenti è una vera e propria patologia. Occorre perciò eseguire un controllo
tramite ECOCARDIOGRAMMA, che consente di:
• fare diagnosi di ipertrofia miocardica
• distinguere ipertrofia fisiologica da patologica (ad esempio un parametro è il
diametro diastolico del ventricolo sinistro, massimo 70mm per atleti)

LEZIONE 2B: PATOLOGIE


DELL'APPARATO
CARDIOVASCOLARE
Oggi: ARITMIE CARDIACE e IPERTENSIONE ARTERIOSA

Riprendiamo sistema di conduzione del cuore (MIOCARDIO SPECIFICO):


• comprende il NODO SENOATRIALE (SA), situato a livello dell'atrio destro, in
corrispondenza dello sbocco della vena cava superiore
• comprende il NODO ATRIOVENTRICOLARE (AV), collocato a livello della base
dell'atrio destro. Dal AV parte il fascio di HIS, che si divide, a livello del SETTO
INTERVENTRICOLARE, in BRANCA DESTRA (corre lungo il setto
interventricolare, raggiunge la punta del ventricolo destro e poi risale) e BRANCA
SINISTRA (scorre lungo il setto interventricolare, raggiunge la punta del ventricolo
sinistro e poi risale). Queste due branche terminano con le fibre di Purkinje, che nel
complesso raggiungono tutte le aree del cuore
• il segnale di depolarizzazione parte nel SA (pacemaker naturale del cuore), e
raggiunge anche l'atrio sinistro(curva P del tracciato elettrocardiografico (ECG)).
L'impulso raggiunge poi il AV poi decorre lungo le due branche raggiungendo l'apice
del cuore (fase negativa del complesso QRS nel tracciato elettrocardiografico); da qui
la depolarizzazione si diffonde nei due ventricoli (complesso QRS del ECG)

ARITMIE CARDIACHE: patologie che alterano il funzionamento del sistema di


conduzione del cuore.
Le aritmie vengono classificate in base alle caratteristiche del ECG, e le distinguiamo in due
grandi categorie:
• aritmie che alterano l'automatismo del SA
• aritmie che alterano la conduttività delle cellule miocardiche, cioè la capacità di
condurre un impulso elettrico
Introduciamo il RITMO SINUSALE: ritmo di battito del cuore originato dal SA;
individuiamo:
1. ritmo sinusale normale a riposo: 60-100bpm
2. se < 60bpm si parla di bradicardia sinusale
3. se >100bpm si parla di tachicardia sinusale
Le condizioni 2 e 3 non sono patologiche in sè; ad esempio, l'atleta può manifestare
bradicardia sinusale già riposo, chiunque sottosforzo manifesta una tachicardia sinusale,
così come in genere durante la digestione di un pasto abbondante si manifesta bradicardia
sinusale.
Analizziamo le tipologie di aritmie cardiache:

1) EXTRASISTOLI: sono dei BATTITI ECTOPICI (che non originano dal SA) che
insorgono a livello della muscolatura atriale o ventricolare. Possono verificarsi:
• nel cuore SANO (non si tratta perciò di patologie) a causa di esercizio fisico,
stress psichico, abuso di sostanze eccitanti;
• nel cuore MALATO in condizioni di cardiopatia ischemica, cardiopatia
mitralica, scompenso cardiaco
Distinguiamo diverse tipologie aritmie extrasistoli, a seconda di dove insorge il
battito ectopico:
• EXTRASISTOLE ATRIALE: quando si verificano contrazioni anomale
dalle fibre muscolari degli atri (noteremo onde P anomale, aggiuntive)
• EXTRASISTOLE GIUNZIONALE: quando si verificano contrazioni
anomale che partono dal fascio di His
• EXTRASISTOLE VENTRICOLARE: quando si verificano contrazioni
anomale nelle fibre muscolari dei ventricoli (noteremo un tracciato
ECG anomalo, con alterazione del complesso QRS)
ora, se i fenomeni di extrasistoli si verificano raramente e molto distribuiti nell'arco
di una giornata/settimana non delineano una situazione patologica, diverso è se si
verifica una sequenza di 3-4-5 extrasistoli consecutive. Indichiamo le cause di
extrasistoli:
CAUSE NON PATOLOGICHE:
• tabagismo
• mancanza di sonno
• stress
• stanchezza e sforzi fisici eccessivi
• età (all'aumentare dell'età aumento il rischio che si verifichino extrasistoli)
• pasti troppo abbondanti
• alcol e droghe
CAUSE PATOLOGICHE:
• reflusso gastro-esofageo
• patologie cardiache
• ipertensione
• apnee notturne
• ipocalcemia, ipokaliemia, ipomagnesiemia (alterazioni dell'equilibrio
elettrolitico)
• ipertiroidismo
• effetti indesiderati di farmaci
2)FIBRILLAZIONE ATRIALE (FA)
• tipologia di aritmia cardiaca che causa un ECCITAMENTO CASUALE E
DISORGANIZZATO degli atrii, con frequenza variabile fra 400 e 650 bpm
• tale eccitazione causa una VIBRAZIONE CONTINUA degli atrii, che inibisce una
normale contrazione atriale
• per fortuna, parte di questi impulsi che si originano dalle pareti atriali vengono
bloccati a livello della GIUNZIONE ATRIOVENTRICOLARE (in tal modo la
frequenza di scarica, che sarebbe eccessiva, viene abbassata). Nel tracciato ECG
vediamo una serie disorganizzata di onde P, non sempre seguite dal complesso QRS
• CONSEGUENZE a livello della funzionalità cardiaca a causa di FA:
• la frequenza di contrazione ventricolare è inferiore rispetto a quella atriale
(questa raggiunge i 160bpm)
• RIDUZIONE GITTATA SISTOLICA a causa di scarsa efficacia della
contrazione atrio-ventricolare
• il paziente con FA: può essere:
• SINTOMATICO: battito cardiaco frequente e irregolare
• ASINTOMATICO
• TRATTAMENTO del soggetto con FA:
• se la FA ha avuto una insorgenza rapida e precoce, si agisce con la
CARDIOVERSIONE ESTERNA: si applica artificialmente un potenziale di
voltaggio a livello del torace del soggetto, in modo da tenere sotto controllo i
circuiti che hanno innescato la FA (se questo trattamento non funziona serve
un trattamento farmacologico)
• se la FA è persistente, il rischio è quello della STASI EMATICA, con
formazione di coaguli e trombi, con talvolta la necessità di terapia
anticoagulante. Se un soggetto giovane con FA cronica deve allenarsi, bisogna
tenere conto che la FC sarà già alta e la GS non può aumentare troppo, perciò
le attività di questo soggetto devono essere meno intense, e con minor rischio
di traumi

3) FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE (FV)


• è una aritmia che determina, a livello ventricolare, MOVIMENTI VIBRATORI
IRREGOLARI, RAPIDI (anche 300 impulsi al minuto), superficiali che alterano la
normale contrazione ventricolare (si veda ECG allegato, alterazione QRS)
• è una condizione clinica particolarmente rischiosa (molto più rispetto a FA), che può
condurre all'arresto cardiaco completo
• non potendosi applicare subito la cardioversione esterna è indispensabile intervenire
celermente con un massaggio cardiaco esterno e la ventilazione assistita

PRESSIONE ARTERIOSA
è influenzata da:
1. volume ematico
2. attività cardiaca
3. viscosità del sangue
4. raggio medio arteriolare
1) VOLUME EMATICO:
subisce variazioni in relazione a:
• diminuzione della massa circolante (emorragie)
• aumento di volume della parte corpuscolata del sangue (policitemia)
• modificazioni osmotiche (legate alle variazioni della concentrazione
degli elettroliti
2) ATTIVITA' CARDIACA:
è condizionata dal sistema autonomo vegetativo.
Se prevale il tono simpatico, si avrà un aumento dell'attività cardiaca e ciò si traduce
in aumento della GS e della PA. Al contrario se prevale il tono vagale.
3) VISCOSITA' EMATICA:
produce variazioni pressorie, anche se di scarsa entità rispetto agli altri parametri
4) RAGGIO MEDIO ARTERIOLARE:
determina direttamente le resistenze periferiche, ed è il fattore più rilevante fra i 4.
Questo parametro è sotto il controllo dello stimolo simpatico che agisce sui recettori
alfa e beta:
• la stimolazione dei recettori beta provoca vasodilatazione
• la stimolazione dei recettori alfa provoca vasocostrizione
dato che l'attività prevalente è quella dei recettori alfa, lo stimolo simpatico
determina vasocostrizione, e quindi un aumento della PA.

SISTEMI DI CONTROLLO DELLA PA:


• BARORIFLESSI ARTERIOSI: sono dovuti ai BAROCETTORI, presenti a
livello del seno carotideo, dell'arco aortico e del ventricolo sinistro. Rilevano
aumenti pressori di grosse entità ed agiscono determinando inibizione del
centro vasomotore (causando così vasodilatazione periferica) e riduzione della
gittata cardiaca. Ciò consente diminuzione di PA. Il processo inverso si
verifica se la PA scende sotto i parametri normali
• SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE: che è influenzato
dal potassio, dalla angiotensina, dal sistema simpatico e dal sodio a livello
tubulare (rene). Il fulcro di questo sistema è a livello renale, dove la riduzione
di perfusione renale (indicativa di abbassamento di PA), innesca la produzione
di renina. Questa stimola un potenziamento dell'angiotensina I, poi convertita
in angiotensina II. Questa:
• stimola attività simpatica: vasocostrizione
• determina riassorbimento renale di sodio
• stimola produzione di aldosterone, il quale promuove ancora
riassorbimento di sodio e acqua
• agisce a livello della neuroipofisi, stimolando secrezione di
ADH, che stimola riassorbimento di acqua
l'effetto complessivo è un aumento del volume ematico, e quindi aumento di
PA.
Perciò, distinguiamo due tipi di meccanismi di controllo della PA:
• meccanismi a breve termine: attivazione del sistema simpatico: ha effetto
inotropo positivo (aumento della forza contrattile del cuore, cioè aumento di
GS) e cronotropo positivo (aumento frequenza cardiaca) a livello centrale,
mentre a livello periferico determina vasocostrizione
• meccanismi a lungo termine:
• sistema renina-angiotensina-aldosterone
• secrezione renale di eritropoietina che, stimolando produzione di
eritrociti, determina aumento del volume ematico

RILEVAMENTO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA:


1. il manicotto applicato a livello brachiale viene gonfiato fino a bloccare il flusso
sanguigno
2. la pressione del manicotto viene lentamente diminuita finchè non si percepisce il
suono di una pulsazione (primo tono percepibile, apertura dell'arteria brachiale nella
fase di sistole)
3. la pressione viene lentamente abbassata fino a che il suono diventa continuo (ultimo
tono percepibile, apertura completa dell'arteria brachiale, anche in diastole)

IPERTENSIONE ARTERIOSA:
• condizione in cui si ha un aumento della pressione arteriosa, sistolica e diastolica,
oltre i parametri normali
• una volta si utilizzavano dei limiti statici di PA (120/80mmHg) indipendentemente
dal momento della giornata (grosso errore). Esiste infatti un andamento circadiano: la
PA è fisiologicamente più alta al mattino, tende ad abbassarsi nelle ore serali e
soprattutto di notte
• tipologie:
• ESSENZIALE (95% dei casi): si sviluppa in maniera autonoma per altre
cause. Identifichiamo dei fattori di rischio comuni:
• familiarità
• eccesso di sodio nella dieta
• alcol fumo e caffè
• obesità e sedentarietà
• SECONDARIA: è dovuta ad un'altra causa, trattando la quale si risolve
l'ipertensione
• FISIOPATOLOGIA: il mantenimento di valori pressori elevati per lungo tempo
determina patologie vascolari a carico di diversi organi. Quindi nei vari organi
l'aumento pressorio determinerebbe un insulto ipertensorio eccessivo con
conseguente vasodilatazione; per evitare ciò, l'organismo attua una risposta:
vasocostrizione arteriolare; se questo meccanismo è persistente, determina
l'inspessimento delle pareti con diminuzione del lume, e probabile formazione di
fibrosi
• vediamo i danni causati dall'ipertensione arteriosa a livello delle ARTERIOLE
DISTALI: il meccanismo di vasocostrizione nel cronico determina:
• IPERTROFIA TONACA MEDIA
• PROLIFERAZIONE TONACA INTIMA, con riduzione del lume vasale
• INSPESSIMENTO DELLA TONACA AVVENTIZIA
• principali organi bersaglio della patologia ipertensiva:
• ENCEFALO: trombosi ed emorragie cerebrali
• CUORE: ipertrofia ventricolare sinistra (ipertrofia concentrica), con
dilatazione fino allo scompenso cardiocircolatorio; cardiopatia ischemica
(infarto miocardico)
• RENE: insufficienza renale
la gravità del danno d'organo è rilevabile a livello oculare, osservando la
vascolarizzazione della retina; l'eventuale danno vascolare a questo livello è definito
RETINOPATIA IPERTENSIVA, ed è il "polso" del danno vascolare complessivo.
• ruolo dell'ATTIVITA' FISICA di resistenza (2-3xweek, 1h):
• preventivo
• trattamento stesso della patologia: l'attività aerobica determina
vasodilatazione e conseguente effetto ipotensivo, con anche neo-
vascolarizzazione
la riduzione della PA associata ad esercizio fisico è nell'ordine dei 5-8mmHg. Se
l'ipertensione è grave, oltre all'esercizio fisico bisogna affiancare anche la terapia
farmacologica (se è lieve, può bastare l'esercizio fisico)

LEZIONE 2.C PATOLOGIE


DELL'APPARATO
CARDIOCIRCOLATORIO
parliamo di CARDIOPATIA ISCHEMICA: è una patologia caratterizzata da una ischemia
miocardica, questa si presenta a livello delle arterie coronariche (o loro ramificazioni).
Possono presentarsi due forme:
• ANGINA PECTORIS: patologia che spesso precede l'infarto vero e proprio,
caratterizzata da un dolore al petto, temporaneo e che spesso regredisce
• INFARTO MIOCARDICO: patologia che porta ad un dolore al petto più
duraturo, non è reversibile

Identifichiamo dei fattori di rischio per le cardiopatie ischemiche:


• FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI: fumo, alcol, inattività fisica, dieta ricca di
grassi saturi
• FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI: ipertensione arteriosa,
diabete mellito, ipercolesterolemia e basse HDL, obesità
• FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI: età, sesso (M predisposti),
familiarità, storia personale di malattie cardiovascolari

1)INFARTO MIOCARDICO ACUTO (IMA) o CARDIOPATIA ISCHEMICA:


• l'infarto è a livello miocardico: si determina una ischemia che, se non risolta, porta a
necrosi
• SINTOMATOLOGIA: si manifesta un dolore retrosternale, avvertito come una
sensazione di pesantezza/pressione a livello del torace; spesso questo dolore può
irradiarsi a livello del braccio e spalla sx, collo, mandibola, regione interscapolare
posteriore. Il dolore è persistente (>30') e non viene attenuato dalla somministrazione
di nitroglicerina sublinguale (a differenza di quanto avviene per angina pectoris)
• l' IMA può insorgere sia in condizione di riposo che da eventi concomitanti (esercizio
fisico intenso e stress emozionale); è solitamente accompagnato da nausea e
sudorazione profusa
• EZIOPATOGENESI: l'IMA è causato da una ostruzione totale di un vaso coronarico
a causa di un TROMBO. Questo determina necrosi dell'area interessata.
Analizziamo la formazione del TROMBO:
condizione preliminare della formazione dei trombi è la riduzione del flusso
sanguigno a livello coronarico per via di STENOSI del lume, dovuto alla presenza di
PLACCHE ATEROMASICHE o LESIONI ATEROSCLEROTICHE (o ATEROMI):
queste sono delle formazioni situate nella tonaca intima e caratterizzate da un core
lipidico (colesterolo e proteine) e una cappa fibrosa; questa patologia colpisce arterie
muscolari (coronarie, carotidi, femorali) e arterie elastiche (aorta, iliache)

Vediamo ora l'anatomia dei vasi sanguigni:


• tonaca intima: presenta l'endotelio a diretto contatto col sangue
• tonaca media: presenta i fasci muscolari dei vasi
• tonaca avventizia: contiene i vasa vasorum (vasi che nutrono i vasi)

Analizziamo le FASI DI FORMAZIONE DI UN ATEROMA (dovuto ad una serie di


eventi...):
1. CRONICA AGGRESSIONE ALL'ENDOTELIO: i fattori che determinano
aggressione sono esogeni ed endogeni, in particolare:
• iperlipidemia
• ipertensione
• fumo di sigaretta
• reazioni immunitarie
• fattori emodinamici
• tossine, virus

2. L'ENDOTELIO RISPONDE ALL'AGGRESSIONE CON UNA RISPOSTA


INFIAMMATORIA, determinando:
• aumento della permeabilità vasale, che a sua volta causa:
• adesione di leucociti e monociti alle pareti vasali
• successiva loro migrazione all'interno della parete del vaso

3. mentre i leucociti migrano all'interno della tonaca intima, alcune CELLULE


MUSCOLARI LISCE CONTENUTE NELLA TONACA MEDIA MIGRANO
ANCH'ESSE NELLA TONACA INTIMA; ciò porta all'attivazione dei macrofagi
4. MACROFAGI E CELLULE MUSCOLARI INGLOBANO LIPIDI (anch'essi
migrati nella tonaca intima dal flusso ematico) formando la STRIA LIPIDICA.

5. si ha:
• proliferazione delle cellule muscolari inglobate nella tonaca intima
• deposizione di collageno e lipidi extracellulari nella tonaca intima
• Quest'ultima si espande e va a spingere contro la parete dell'endotelio,
protrudendo verso il lume del vaso. SI È EFFETTIVAMENTE FORMATO
UN ATEROMA FIBROLIPIDICO, O PLACCA ATEROMASICA

Se si formano tanti ateromi, questi possono ricoprire l'intera superficie intimale delle
arterie, formando un unico grosso ateroma; questi compromettono la circolazione e
possono determinare complicanze (ulcerazioni, formazione di trombi e dilatazioni
aneurismatiche). I distretti più colpiti sono vasi coronarici (infarto miocardico),
cerebrali (ictus cerebrale) e aorta (aneurismi aortici).
Se il lume di un vaso è diminuito del 50%, la funzionalità a riposo è ancora garantita,
ma sotto sforzo, con la necessità di aumentare la GC, si manifesterà l'angina pectoris
(dolore retrosternale e nelle zone di irradiazione viste prima), che sarà temporanea: il
dolore sparirà al cessare dello sforzo.
LA FORMAZIONE DI TROMBI può avvenire se parti di questo ateroma si staccano
(ULCERAZIONE DELL'ATEROMA) e iniziano a percorrere i vasi, arrivando in
corrispondenza di vasi con lume via via inferiore; ad un certo punto (quando
diametro lume e "trombo" coincidono) si formerà un TROMBO, che comprometterà
la circolazione a livello di quel vaso, e tutta la zona a valle di quel vaso non viene più
irrorata. Ciò determina una condizione ischemica e, se il problema persiste, una
necrosi.
Si può anche avere, come detto, una DILATAZIONE ANEURISMATICA: le pareti
vasali si dilatano e diventano più deboli perdendo le loro proprietà elastiche,
condizione che le espone a rottura

Le possibilità che si abbia un recupero funzionale dopo un IMA sono correlate alla
tempestività di intervento dopo la presentazione del sintomo (causato dall'ischemia),
per evitare che l'ischemia degeneri in necrosi.
Questo intervento A LIVELLO DELLE CORONARIE deve avvenire attraverso la
terapia medica, le opzioni sono:
• TERAPIA CON FARMACI TROMBOLITICI
• ANGIOPLASTICA: si va ad inserire un catetere dotato di un pallocino
gonfiabile per mantenere la pervietà dei vasi colpiti
• ANGIOPLASTICA CON STENT: si applica anche una rete metallica per
mantenere la pervietà dei vasi
• BYPASS AORTO CORONARICO: si effettua nei casi più gravi e consiste nel
prelevare tratti di vene dagli arti inferiori e li si va a posizionare in modo che
sostituiscano i vasi ostruiti: ad una estremità sono legati all'aorta (parte
ascendente), dall'altra a valle rispetto al punto in cui si era verificata
l'ostruzione
l'attività fisica, per quanto riguarda l'infarto del miocardio, ha un grande ruolo sia
nella PREVENZIONE che nel RECUPERO FUNZIONALE:
• L'attività fisica di tipo aerobico è in grado di produrre abbassamenti di
fibrinogeno nel plasma
• migliora il profilo lipidico, abbassando LDL e aumentando HDL (consentendo
un abbassamento del rischio di cardiopatie)
• determina una riduzione del BMI e della circonferenza vita (parametro
correlato col rischio cardiovascolare)

Linee guida per la proposta di attività fisica: proporre 150' di attività aerobica
suddivisi in 3 giorni, associando esercizi di forza e propriocezione (2xweek), per i
bambini e adolescenti prevedere 60' giornalieri di attività moderata e vigorosa
Studi hanno dimostrato che la somministrazione di una riabilitazione cardiologica ha
diminuito il rischio associato alla mortalità del 47%.
Quale tipo di esercizio conviene somministrare?
• Esercizio aerobico continuo: somministrato per 20-60', al 60-85% della FC
max, 50-75% della VO2 max.
Benefici: vasodilatazione periferica, aumento della VO2 max, aumento GC, diminuzione
FC, riduzione mortalità, riduzione dispnea, miglioramento della condizione di eccesso
ponderale
rischi: aumento stress ossidativo, diminuzione funzione ventricolo dx, rischio di aritmie
• strenght training: da somministrare in varie fasi: iniziare con adattamento, poi
resistenza e coordinazione, poi massa e poi forza muscolare, somministrare 2-
3 x week
Benefici: su metabolismo glucosio, composizione corporea, aumento forza e densità ossea
svantaggi: eccessive lesioni, eccessiva risposta flessoria
• Strenght training + lavoro aerobico ottimizza i risultati
• HIIT: benefici rispetto all'esercizio aerobico classico: minor RPE percepito,
più tempo nelle alte zone di intensità, maggior gradimento, riduzione della
dispnea da sforzo.
• La riabilitazione cardiologica per il soggetto con un passato di problematiche
cardiache deve essere: MULTIDISCIPLINARE, SOGGETTIVA (adattata),
MODULABILE, MISURABILE, CON SCOPO TERAPEUTICO, CON
SCARSA COMPONENTE TECNICA
LEZIONE 3: PATOLOGIE
DELL'APPARATO
RESPIRATORIO
Tratteremo quelle maggiormente correlate con lo sforzo fisico.
Possiamo distinguere:
• VIE AEREE SUPERIORI: Queste zone possono essere colpite da infiammazione e
infezioni, soprattutto in correlazione ad attività sportiva all'aperto, in ambiente
freddo, e associate alla sindrome da over-training. Comprende:
• cavità nasali: possono essere colpite da RINITE (comune raffreddore)
• cavità paranasali: SINUSITE
• faringe: può essere infiammata (FARINGITE), comprende 3 porzioni:
rinofaringe, orofaringe, laringofaringe
• VIE AEREE INFERIORI: comprendono:
• laringe: ha struttura cartilaginea (affezione: LARINGITE)
• trachea: struttura formata da anelli incompleti cartilaginei per permettere
l'espansione dell'esofago (affezione: TRACHEITE)
• bronchi, sinistro e destro (affezione: BRONCHITE)
• POLMONI:
A livello dei bronchioli è presente epitelio respiratorio: contiene ciglia vibratili e cellule
caliciformi mucipare, sono assenti elementi cartilaginei
Vediamo gli alveoli, le cui pareti sono costituite da pneumociti di 1° e 2° tipo, ma anche
macrofagi alveolari. Notiamo la MEMBRANA RESPIRATORIA, costituita da epitelio
alveolare, lamine basali fuse, endotelio capillare. Un processo infiammatorio a livello
alveolare determina una POLMONITE

SINTOMI COMUNI ALLE MALATTIE RESPIRATORIE:


• DISPNEA: difficoltà respiratoria, mancanza di respiro; può essere fisiologica
(durante sforzo fisico) o patologica (a riposo)
• TOSSE: è indotta dalla stimolazione delle terminazioni nervose dei nervi vagali, che
sono sensibili agli stimoli meccanici e chimici
• EMOTTISI: espulsione di sangue proveniente dall'albero respiratorio, spesso
preceduta da colpo di tosse (che contiene sangue e muco); indica danno vascolare e
necrosi
• DOLORE TORACICO: è dovuto all'irritazione delle pleure, è un dolore acuto che
aumenta d'intensità durante l'inspirazione

SPIROMETRIA: indagine che consente di valutare i volumi polmonari, statici e dinamici:


• VR: volume residuo (non misurabile con spirometria)
• CPT: capacità polmonare totale (non misurabile con spirometria)
• VC: volume corrente: aria normalmente inspirata ed espirata durante una
respirazione tranquilla
• FEV1: volume espiratorio forzato in 1 secondo (una carenza di questo parametro
dipende da malattie ostruttive del polmone)
• FVC: capacità totale forzata, o capacità vitale (CV): quantità massima di aria che può
essere espulsa dopo una inspirazione massima
• VRI e VRE

Distinguiamo due quadri patologici polmonari principali:


• PATOLOGIE INTERSTIZIALI O RESTRITTIVE: caratterizzate da presenza di
FIBROSI della membrana alveolo-capillare per accumulo di collagene. Ciò
determina:
• riduzione distensibilità polmoni (diminuito riempimento in inspirazione)
• aumentata elasticità
• alterazione della diffusione alveolo-capillare
• esempi: SARCOIDOSI, SILICOSI, ASBESTOSI
• al test di funzionalità respiratoria noteremo: abbassamento CPT, VR, CV, VC
• PATOLOGIE CRONICHE OSTRUTTIVE (BCPO): comprendono BRONCHITE
CRONICA ED ENFISEMA, ASMA BRONCHIALE, FIBROSI CISTICA;
determinano:
• ostruzione progressiva delle vie aeree, dovuta a danni irreversibili a livello dei
bronchioli terminali
• aumentata distensibilità (aumentato riempimento polmonare durante
inspirazione)
• diminuita elasticità (con conseguente riduzione del ritorno elastico in
espirazione)
• al test di funzionalità respiratoria noteremo: abbassamento: CV, VC, aumento:
CPT, VR.
• Presenza di ipossiemia

Entriamo nel merito:

1) PATOLOGIE CRONICHE OSTRUTTIVE (BCPO):


• una delle principali cause delle BCPO è il fumo di sigarette (il 15-20% dei fumatori
ne è affetto)
• BRONCHITE CRONICA:
• è caratterizzata da UNA INFIAMMAZIONE CRONICA DELLE VIE
RESPIRATORIE TERMINALI, con tosse PRODUTTIVA (produzione di
muco) con presenza che si verifica per almeno 3 mesi durante l'anno, per
almeno 2 anni consecutivi
• a livello dei bronchioli terminali la produzione di muco è molto abbondante,
formando dei tappi. Questi tappi alterano la perfusione e la ventilazione
(soprattutto quest'ultima), con conseguente IPOSSIEMIA, e correlata acidosi
respiratoria
• Può conferire a chi ne soffre un aspetto "BLUE BLOATERS" (gonfi blu):
aspetto cianotico ed edematoso, soprattutto a livello degli arti inferiori
• ENFISEMA:
• patologia caratterizzata dalla DISTRUZIONE DEL TESSUTO ELASTICO E
DELL'EPITELIO ALVEOLARE a livello dei bronchioli terminali-> ciò
determina la perdita di molte unità alveolari, quindi, nel complesso, una
diminuzione della superficie alveolo-capillare complessiva (condizione
irreversibile)
• La riduzione della ventilazione e della perfusione è in realtà bilanciata (sono
colpiti gli alveoli, ma anche il letto capillare è compromesso). Perciò
l'ipossiemia è meno marcata
• la fase espiratoria è compromessa (perchè rimane aria intrappolata) per
collasso delle vie aeree terminali, ciò spinge il paziente a respirare
rapidamente (tachipnea) e con labbra contratte (per creare più pressione ed
evitare collasso delle vie respiratorie). I soggetti affetti sono i "PINK
PUFFERS" (sbuffatori rosa), proprio per il modo caratteristico di respirare
• ASMA BRONCHIALE:
• caratterizzata dall' AUMENTATA RESPONSIVITA' (reattività) a livello
tracheale e bronchiale a stimoli di diverso tipo:
• STIMOLO SPECIFICO (allergene); si parla in questo caso di ASMA
ALLERGICO, i fattori scatenanti sono polline, muffe, pelo di animali.
In questo caso, un test di dermoreazioni all'allergene risulta POSITIVO,
proprio perchè risulta dal test un allergene specifico, e le IgE saranno
alte (risposta specifica del sistema immunitario)
• STIMOLI ASPECIFICI: in questo caso l'attacco asmatico può essere
scatenato da polveri, inquinamento ambientale, attività fisica, stress. In
questo caso, un test di dermoreazioni ad allergeni dà esito NEGATIVO,
poichè non risulta un allergene specifico, e le IgE ematiche saranno
normali (nessuna risposta immunitaria specifica)
• In entrambi i casi ciò che succede a livello bronchiale è una
INFIAMMAZIONE CRONICA DELLA MUCOSA, con conseguente
infiltrazione di mastociti, neutrofili, eosinofili, linfociti (lo sappiamo dalla
prima lezione). Nel tempo si ha ISPESSIMENTO della parete bronchiale, e
danneggiamento dell'epitelio alveolare
• l'ATTACCO ASMATICO è la manifestazione acuta della patologia, durante il
quale si ha un ulteriore restringimento del lume delle vie aeree (processo
reversibile); L'attacco asmatico è scatenato dalla liberazione di MEDIATORI
CHIMICI (soprattutto istamina). Questo restringimento dipende da:
• BRONCOCOSTRIZIONE
• EDEMA DELLA MUCOSA
• IPERSECREZIONE DI MUCO

entriamo nel merito del rapporto fra ASMA E SPORT:


distinguiamo:
• ASMA DA SFORZO/ESERCIZIO (EIA): manifestazione dei sintomi dell'asma dopo
attività fisica intensa
• BRONCOCOSTRIZIONE DA ESERCIZIO (EIB): riduzione della funzione
respiratoria in seguito ad un TEST DA SFORZO STANDARDIZZATO
la differenza fra i due termini è circostanziale: EIA è la manifestazione acuta della patologia,
EIB è una condizione indotta sperimentalmente per individuare pazienti affetti da EIA.
• EIA è presente in 40-90% degli asmatici
• alcuni asmatici hanno, come unico fattore scatenante della broncocostrizione,
l'esercizio fisico
Comunque, l'attacco asmatico si verifica sempre entro pochi minuti dalla fine dello sforzo,
mai durante; si risolvono spesso spontaneamente entro 60 minuti. Il fattore scatenante è
l'incremento della ventilazione dovuto a sforzo fisico intenso, ma come nello specifico? Due
ipotesi:
• IPOTESI OSMOTICA: l'iperventilazione determina disidratazione della mucosa
delle vie respiratorie. Si ha quindi un aumento di osmolarità che determina rilascio di
mediatori che causano broncocostrizione
• IPOTESI TERMICA: il raffreddamento delle vie aeree (dovuta alla maggior quantità
di aria ventilata) e il rapido successivo riscaldamento una volta terminato l'esercizio,
causano vasodilatazione e aumento della permeabilità vasale, con formazione di
edema e ostruzione.

DIAGNOSI DI ASMA DA SPORT:


dopo aver effettivamente rilevato un attacco asmatico in concomitanza dell'esercizio, si
effettua una diagnosi strumentale:
1. SPIROMETRIA in condizioni basali
2. test standardizzato su treadmill, intensità crescente fino a 80% della FC max
3. spirometrie ripetute dopo la fine dell'esercizio (2,5,10, 15,20 minuti)
4. se test 3 rileva una caduta di FEV1 > 12% rispetto a test 1, si è diagnosticata un'asma
da sforzo
TERAPIA E PREVENZIONE:
• PREMEDICAZIONE: trattamento acuto per l'asma, grazie all'utilizzo di Beta-2-
agonisti (broncodilatatori a rapida azione o nel medio termine ) e antileucotrieni
• TERAPIA DI FONDO (spesso inalazione di steroidi che, assunte nel cronico,
migliorano la condizione patologica del paziente)

ATTIVITA' FISICA E ASMA:


• può essere svolta in genere dal soggetto asmatico
• è indicato un preriscaldamento di almeno 10 minuti
• può essere utile la somministrazione preventiva di Beta-2-agonisti
• favorire allenamento intermittente (sforzo-recupero: 30"-30")
• i farmaci usati per la prevenzione/terapia di fondo rientrano nel doping, perciò il loro
utilizzo va dichiarato (atleti agonisti)
• l'idoneità all'attività agonistica dipende dal quadro clinico del singolo soggetto; la
non idoneità viene dichiarata se il soggetto ha una perdita > del 55% della FEV1 al
test, e in genere negli sport dove non è possibile un soccorso immediato
(motociclismo, deltaplano, subacquee)
• classificazione delle attività fisiche in base al potere asmogeno (ordinati con potere
asmogeno decrescente):
• corsa libera e ciclismo (essendo sport a carattere continuo, il loro carattere
asmogeno è elevato)
• sport di squadra (carattere di intermittenza)
• sollevamento pesi, scherma, ginnastica: sforzi brevi ed intensi, scarso aumento
della ventilazione
• nuoto: potere asmogeno minore, ma attenzione al cloro e all'umidità negli
spogliatoi
RIABILITAZIONE RESPIRATORIA:
è indicata per tutti pazienti con BCPO, qualunque sia il loro livello di gravità della malattia:
• per bloccare il circolo vizioso ( scarsa attività fisica -> decondizionamento muscolare
-> dispnea -> riduco ancora di più l'attività fisica) bisogna agire sul fattore attività
fisica, con particolare attenzione sui muscoli respiratori
• permette di ridurre i sintomi delle patologie, migliorare la qualità della vita e ridurre i
costi sanitari associati
• agisce sulla funzionalità dei muscoli respiratori:
• INSPIRAZIONE: fenomeno attivo ottenuto dalla contrazione di diaframma,
intercostali esterni, elevatori delle coste, dentato posteriore superiore
• ESPIRAZIONE: fenomeno passivo dovuto al ritorno elastico della gabbia
toracica
• INSPIRAZIONE FORZATA: fenomeno attivo necessario per inspirare aria
"attingendo" dal VRI. Avviene ad opera di piccolo e grande pettorale, dentato
anteriore, scaleni, sternocleidomastoideo
• ESPIRAZIONE FORZATA: fenomeno attivo necessario per espirare aria
"attingendo" dal VRE. Avviene ad opera di intercostali interni, gran dorsale,
dentato posteriore inferiore, trasverso del torace
LEZIONE 4: ATTIVITA' FISICA,
RENE ED EQUILIBRIO
ELETTROLITICO
Ripasso anatomico:
• Rene sx è in posizione poco superiore rispetto al rene dx
• I reni sono organi retroperitoneali, collocati ai lati della colonna. il rene destro è
collocato sotto al fegato, quello sinistro dietro la milza
• entrambi i reni ricevono le ARTERIE RENALI (dx e sx) e, per quanto riguarda la
circolazione venosa, le VENE RENALI (dx e sx) affluiscono nella vena cava inf.
• NEFRONE: unità morfo-funzionale del rene, la sua struttura comprende (fino a 5):
1. CORPUSCOLO RENALE: produzione dell'ultrafiltrato
2. TUBULO CONTORTO PROSSIMALE: vi si ha riassorbimento di acqua, ioni
e nutrienti
3. ANSA DI HENLE: nei due suoi tratti, vi è ulteriore riassorbimento di acqua
(tratto discendente) e soluti (tratto ascendente)
4. TUBULO CONTORTO DISTALE: si ha riassorbimento facoltativo
5. DOTTO COLLETTORE: riassorbimento facoltativo di acqua; riassorbimento
o secrezione (in base a esigenza) di sodio, potassio, bicarbonato
6. DOTTO PAPILLARE: in continuità col dotto collettore, convoglia l'urina al
calice minore; più calici minori convogliano l'urina ad un calice maggiore, e
da qui alla pelvi renale
• ogni nefrone (corpuscolo) riceve una arteriola AFFERENTE, la quale, all'interno del
corpuscolo renale, forma una struttura ramificata definita GLOMERULO RENALE,
per poi uscire sottoforma di arteriola EFFERENTE.
Il glomerulo è contenuto nella CAPSULA DI BOWMAN (composta da foglietto
PARIETALE E VISCERALE (quest'ultima formata dai PODOCITI)). E' fra l'endotelio dei
capillari glomerulari e lo spazio capsulare che si verifica il filtraggio: i PEDICELLI dei
podociti operano la filtrazione, essendo fra di essi interposta la FESSURA DI
FILTRAZIONE. Il processo prende il nome di FILTRAZIONE GLOMERULARE, e forma
il FILTRATO GLOMERULARE

il filtro determina il filtraggio in base a:


• FORMA
• DIMENSIONE (ad esempio l'albumina, di notevoli dimensioni, viene
trattenuta e perciò se ne evita l'escrezione urinaria)
• CARICA ELETTRICA: che può essere uguale o diversa rispetto a quella della
membrana
Se il filtro subisce danni, si può verificare il passaggio di molecole che dovrebbero essere
trattenute (glucosio, sangue, pus, albumina).

Ecco un elenco delle alterazioni/patologie legate alla secrezione di urina:


• GLICOSURIA: glucosio nell'urina (è sintomo di glicemia elevata, perchè significa
che le pompe di riassorbimento del glucosio, poste a livello renale, non sono riuscite
a trattenerlo tutto)
• EMATURIA: sangue nell'urina (può essere dovuto a difetti della barriera di
filtrazione, oppure a danni "a valle" della barriera di filtrazione (danni vescicali))
• PIURIA : pus nell'urina
• DISURIA: urinazione dolorosa
• POLIURIA: abbondante escrezione di urina
• OLIGURIA:scarsa quantità di urina eliminata
• ANURIA: assenza di urina

ATTIVITA' FISICA E FUNZIONALITA' RENALE


• L'attività fisica determina una RIDUZIONE DELLA PRODUZIONE DI URINA,
durante e dopo l'attività fisica. Questo perchè:
• si verifica una RIDUZIONE DELLA ULTRAFILTRAZIONE
GLOMERURALE, questo perchè si verifica vasocostrizione a livello renale
(per via della ridistribuzione della GC)
• aumenta riassorbimento di acqua ad opera di ADH
• AUMENTO DELL'ACIDITA' URINARIA (normale circa 5): a causa dell'aumento di
acido lattico e riduzione di bicarbonato
• PROTEINURIA (albuminuria): per aumento della permeabilità dei capillari
glomerulari
• EMOGLOBINURIA: per lisi dei globuli rossi in condizioni di elevata velocità
circolatoria (non è una cosa fisiologica)
• EMATURIA (chiaramente indica un fenomeno patologico)

RISCHI ASSOCIATI L'ATTIVITA' FISICA:


• comparsa e accrescimento di CALCOLI RENALI: può avvenire a causa di attività
molto durature, che determinano sudorazione profusa e disidratazione, con conseguente
aumento dell'osmolarità del sangue che raggiunge i reni. Si formano così dei cristalli di
calcio che limitano la funzionalità renale. Ciò può determinare delle COLICHE
RENALI, contrazioni molto dolorose che il corpo mette in atto per cercare di espellere i
calcoli
• il rischio di TRAUMI RENALI è minimo (infatti i reni sono ben protetti)

REGOLAZIONE DELL'EQUILIBRIO IDROELETTROLITICO:


• il compartimento intracellulare rappresenta il 63% dell'acqua corporea, il restante è
liquido extracellulare (plasma, liquido interstiziale, linfa)
• IL BILANCIO LIQUIDO dovrebbe essere neutro.
Acqua che entra nell'organismo: acqua assunta come tale, acqua presente nel cibo, acqua
derivante dal catabolismo
Acqua che esce dall'organismo: minzione, evaporazione attraverso la pelle, evaporazione
attraverso i polmoni, feci
• l'adulto necessita mediamente di 20-40ml/(kg*giorno) in condizioni ambientali
normali (di più per i bambini)
• importanti alterazioni di peso corporeo nelle 24h (centinaia di grammi) sono dovute a
variazioni dei liquidi corporei (non al grasso o alle masse muscolari)
• la composizione del LIC, LEC del sangue e LEC interstiziale è differente, ma
l'osmolarità complessiva è uguale, perciò non vi è differenza di carica elettrica fra i
compartimenti in condizioni di equilibrio, e di conseguenza non si verifica
spostamento di acqua. In particolare, vediamo che nelle cellule c'è più Ca++, PO4---,
proteine, K+, ma meno Na+, Cl- che nel sangue
• se l'osmolarità di un compartimento è alterata, si verifica uno spostamento di acqua
per ripristinare l'ISOSMOLARITA';

La perdita di fluidi corporei può presentarsi in 3 diverse forme:


• PERDITA IPERTONICA: perdita di liquidi con concentrazione di elettroliti
superiore a quella del sangue (ad esempio per abbondante sudorazione da attività
fisica in clima caldo, oppure diarrea profusa):
1. diminuisce l'osmolarità del plasma
2. si crea un gradiente osmotico fra plasma e LIC, con spostamento di acqua
verso l'interno delle cellule
3. il volume del plasma risulta perciò ridotto, il volume cellulare aumentato
Ciò causa abbassamento PA, con capogiri, svenimenti, aumento FC; occorre perciò
idratarsi con liquidi ipertonici (attenzione: il soggetto spesso non si accorge di essere
disidratato, perché il comparto cellulare risulta ben idratato e non origina lo stimolo
della sete). L'eventuale assunzione di liquidi ipotonici peggiorerebbe la situazione,
portando ad ulteriore diminuzione di volume plasmatico e migrazione di acqua nelle
cellule e nell'interstizio (con formazione di edema cerebrale e polmonare)
• PERDITA IPOTONICA: perdita di liquido a bassa concentrazione di elettroliti:
1. il volume del plasma si riduce e diventa più concentrato
2. il plasma richiama acqua dalle cellule, che si disidratano
la perdita di LIC causa sete intensa, riduzione volume di urine e aumento della loro
concentrazione, vertigini ed eventualmente svenimenti; occorre perciò assumere
liquidi ipotonici, evitando quelli ipertonici, che peggiorerebbero la nausea e il mal di
testa
• PERDITA ISOTONICA: perdita di liquidi con la stessa osmolarità del plasma:
1. la concentrazione di osmoliti nel sangue non varia
2. non si altera l'equilibrio fra sangue e cellule, perciò non si ha passaggio netto
di liquido
la perdita di liquido isotonico determina abbassamento di PA, aumento di FC e lavoro
del cuore, capogiri e svenimenti. Occorre perciò assumere liquidi isotonici
LEZIONE 5: CRONOBIOLOGIA
E ATTIVITA' FISICA
CRONOBIOLOGIA: scienza che studia le oscillazioni nel tempo dei ritmi biologici, che
sono organizzati, in base al periodo di ricorrenza, secondo ritmi:
• CIRCADIANI:
• ULTRADIANI:
• INFRADIANI:
La cronobiologia permette di studiare parametri correlati all'attività fisica (prevedere
momento di picco della prestazione) e al trattamento di patologie (comprendere i tempi di
sviluppo di una malattia permette di effettuare una terapia mirata).

RITMI CIRCADIANI:
hanno un andamento periodico di circa 24h, se vi è un normale adattamento ai
SINCRONIZZATORI, cioè:
• alternanza luce-buio
• abitudini sociali: hanno maggiore importanza rispetto al solo parametro
luce/buio (infatti, non andiamo a letto al tramonto)
se questi sincronizzatori vengono a mancare, il ritmo circadiano tende ad allungarsi rispetto
alle normali 24h.
Ecco esempi di parametri corporei con andamento circadiano:
• TEMPERATURA CORPOREA (spesso usata come marker di un adattamento
circadiano normale, così come i livelli di cortisolo nel sangue)
• FC
• PA
• PRESTAZIONI FISICHE ED INTELLETTUALI
• ALCUNI ORMONI (ACTH, GH, prolattina, cortisolo, T3 e T4...): vediamo il ritmo
circadiano di cortisolo e GH: il cortisolo presenta un picco di produzione mattutino,
si abbassa durante il giorno. Il GH ha secrezione quasi nulla durante il giorno, si ha
un picco di secrezione durante le prime ore di sonno
RITMI ULTRADIANI:
Hanno un andamento periodico ad elevata frequenza (T <20h). Fra questi:
• ciclo cardiaco
• atti respiratori
• pulsatilità ormonale (non è solo circadiana)
• ciclo attenzione-disattenzione (4-5-6h)
• onde elettroencefalografiche

RITMI INFRADIANI:
Hanno un andamento periodico a bassa frequenza (T > 28h). Individuiamo ritmi:
• CIRCASETTANI: ritmi ormonali, ciclo del rigetto del trapianto
• CIRCAMENSILI: secrezione gonadotropine, estrogeni, progesterone
• CIRCANNUALI: crescita staturale, morbilità e mortalità

FATTORI CHE CONTROLLANO L'ATTIVITÀ RITMICA:


Per il controllo delle attività ritmiche, cooperano: SNC, SISTEMA ENDOCRINO,
PERIFERIA.

PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI RITMI BIOLOGICI:


• UBIQUITA': sono presenti in tutti gli organismi viventi, più o meno complessi
• ENDOGENICITA': sono presenti anche in assenza di sincronizzatori, anche se
presentano caratteristiche diverse
• EREDITARIETA': sono specie-specifici, identici nei gemelli omozigoti

[Il grafico mostra l'ACROFASE di diversi parametri circadiani]

JET LAG:
è definito anche "DISCRONISMO TRANSMERIDIANO" ed è un disordine del ritmo
circadiano (attività-riposo e sonno-veglia). Si verifica quando si viaggia attraversando i fusi
orari, non se ci si sposta in termini di latitudine. Si possono verificare due casi:
• Jet lag per volo da ovest ad est: viaggiando verso un luogo dove gli eventi
astronomici sono anticipati, la giornata risulta accorciata:
• Perciò i ritmi circadiani devono adattarsi, riducendo il loro periodo.
• L'adattamento per il corpo è complesso, dato che ridurre la durata dei ritmi
circadiani è oneroso per il corpo (serve 1 giorno per ogni ora di jet lag).
Esempio nazionale di calcio arriva in Giappone 5 giorni prima: crollo fisico.
• Jet lag per volo da est a ovest: viaggiando verso un luogo dove gli eventi astronomici
sono posticipati, la giornata risulta allungata:
• i ritmi circadiani devono adattarsi, aumentando il loro periodo
• l'adattamento in questo caso è più semplice (serve 1 giorno per ogni 2 ore di
jet lag). Esempio Sacchi porta nazionale italiana di calcio in USA 12 giorni
prima-> finale
Il Jet lag e la sua tipologia (E->O o viceversa) deve essere considerato quando si ha una
competizione all'estero -> spostarsi col dovuto anticipo.
SINTOMI del jet lag:
• SONNO SCARSO ( O->E: problemi ad addormentarsi, E->O: problemi a svegliarsi)
• STANCHEZZA
• PERDITA DI APPETITO
• SCARSE PERFORMANCE
• PERDITA DI MOTIVAZIONE

RIMEDI AL JET LAG (da attuare per viaggi lunghi, con almeno 4-5 giorni di
permanenza):
• ESPOSIZIONE ALLA LUCE:
• preparandosi per un viaggio verso EST, è utile attuare dei risvegli
anticipati esponendosi alla luce; abituo così il mio corpo ad anticipare i
ritmi circadiani
• preparandosi per un viaggio verso OVEST, è utile iniziare a posticipare
le proprie abitudini (risveglio, coricarsi a letto) per posticipare i ritmi
circadiani
• MELATONINA: è un ormone induttore di sonno:
• in un viaggio verso EST, assumere la melatonina appena arrivati a
destinazione, per anticipare l'addormentamento
• in un viaggio verso OVEST, assumere la melatonina nelle ore serali del
luogo di destinazione (il soggetto avrebbe sonno già prima, ma è
preferibile restare svegli)
• DIETA ED ORARIO DEI PASTI CONTROLLATI:
• mantenersi ben idratati
• tenere un corretto orario dei pasti
• preferire le proteine nelle fasi mattutine (cibi proteici ricchi di
TIROSINA, precorritrice della DOPAMINA)
• preferire i carboidrati di sera (contengono TRIPTOFANO, che stimola
il sonno) ed evitare alimenti troppo grassi e ricchi di proteine, che
rallentano la digestione rendendo più difficile l'addormentamento
• ESERCIZIO FISICO:
• se ci si sta preparando per un viaggio verso EST, è consigliabile iniziare
ad allenarsi nelle prime ore del mattino
• se ci si sta preparando per un viaggio verso OVEST, programmare
allenamenti verso le ore serali
L'esercizio fisico ha quindi un EFFETTO SINCRONIZZANTE, ovvero
influenza il ritmo biologico spostando l'ACROFASE del ritmo: svolgendo una
attività fisica al mattino (specie se aerobica, che determini aumento di FC) si
riesce a determinare un anticipo dell'acrofase e del ritmo nel complesso;
viceversa se ci si allena di sera. Questi risultati si realizzano con diverse sedute
di allenamento, di certo non dopo la singola seduta. Come valutiamo l'effetto
sincronizzante dell'esercizio fisico?
• FC: di norma presenta un picco nelle ore pomeridiane, perciò l'anticipo
o il posticipo dell'acrofase indotto da esercizio può essere verificato
attraverso il monitoraggio della FC (allenamenti ripetuti mattutini
anticipano l'acrofase e viceversa) -> l'esercizio fisico trascina il picco di
attività nella direzione dell'orario abituale di allenamento
introduciamo ora il CRONOTIPO:
è anche detto "TIPOLOGIA CIRCADIANA" di un individuo, cioè la propensione, specifica
per ciascuno (non solo gli umani), di esprimere al meglio le proprie abilità in un determinato
momento della giornata. Individuiamo:
• MATTUTINI, detti ALLODOLE:
• spontaneamente tende a svegliarsi presto e ad addormentarsi presto;
• le sue prestazioni sono migliori al mattino;
• presentano picchi ormonali anticipati;
• rispetto ai serotini, soffrono di meno il jet lag da viaggio verso EST, ma
soffrono di più il jet lag per viaggio verso OVEST.
• per quanto riguarda l'aspetto sociale, i mattutini dormono meglio e più a
lungo, e rispettano con facilità i ritmi imposti dalla società
• SEROTINI, detti GUFI: contrario dei mattutini
• INTERMEDI, detti COLIBRI': manifesta caratteristiche intermedie fra i due

Come si determina il cronotipo?


• QUESTIONARIO su abitudini personali (punteggio alto = mattutino)
• utilizzo di apparecchi che monitorano alcuni parametri circadiani, come FC, picco di
ormoni
• utilizzo ACTIGRAFO: sensore piezoelettrico applicato ad alcuni distretti del corpo
(caviglia, polso) per rilevarne i movimenti; in base ai dati raccolti nelle 24h, si può
capire quando il soggetto tende ad essere più attivo

CRONOTIPO E SPORT: comparazione fra mattutini e serotini (attraverso studi


scientifici) dei seguenti parametri:
• PERCEZIONE DELLO SFORZO: sottoponendo la stessa attività fisica al mattino e
nelle ore serali, i mattutini lamentano un RPE maggiore per l'allenamento serale;
viceversa per i serotini
• RITMO CIRCADIANO DEI LIVELLI DI ATTIVITA': lo si monitora generalmente
attraverso il rilevamento della FC nelle 24h. I mattutini hanno presentato l'acrofase
mediamente alle 14:32, i serotini alle 16:53
• PERFORMANCE: uno studio ha suddiviso un campione di 18 soggetti che
avrebbero partecipato alla Maratona di New York in 3 gruppi:
• ALLENAMENTO SERALE: nel mese precedente al viaggio MI->NY (verso
Ovest) hanno svolto allenamento serale (19-21)
• ALLENAMENTO MATTUTINO: hanno svolto allenamento mattutino (7-9)
• GRUPPO DI CONTROLLO: no allenamenti nella settimana precedente al
viaggio
Risultato: l'allenamento serale è stato in grado di spostare l'acrofase verso orari serali,
permettendo di adattarsi meglio al Jet lag da viaggio verso Ovest, con sonno migliore
e non frammentato
• RISPOSTA ALL'ESERCIZIO FISICO
LEZIONE 6: PATOLOGIE
SPECIALISTICHE
PATOLOGIA OCULISTICA E SPORT:
Distinguiamo 3 porzione anatomiche:
• STRUTTURE ACCESSORIE DEL BULBO OCULARE
• BULBO OCULARE
• VIE OTTICHE (non verranno trattate)

STRUTTURE ACCESSORIE DEL BULBO OCULARE:


Fra queste includiamo:
• PALPEBRE: in realtà è una nomenclatura generica, che a sua volta comprende (Img
4):
• PALPEBRA SUPERIORE
• PALPEBRA INFERIORE
• FESSURA O RIMA PALPEBRALE
• COMMESSURA LATERALE
• COMMESSURA MEDIALE
• CARUNCOLA LACRIMALE
La palpebra è composta da diversi strati, dalla superficie all'interno:
• EPIDERMIDE
• DERMA
• TESSUTO SOTTOCUTANEO
• MUSCOLO ORBICOLARE
• GHIANDOLE TARSALI
• CONGIUNTIVA (PALPEBRALE E BULBARE)
La patologia palpebrale più comune legata allo sport è dovuta a trauma, con
formazione di EDEMA ed EMATOMI; Gli sport in cui si verifica più di frequente è il
pugilato, ma anche calcio, tennis, rugby, judo, sci.
E' però frequente anche la patologia della congiuntiva, quello strato che riveste
internamente le palpebre inferiore e superiore. La patologia è definita
CONGIUNTIVITE, ed è di tipo infiammatorio e/o infettivo. Se ne possono
sviluppare due tipologie:
• CONGIUNTIVITE DA RAGGI UV O ATTINICA: è causata
dall'esposizione ai raggi UV senza protezione. E' tipica degli sport di
montagna, essendo qui la copertura atmosferica inferiore. E' una
patologia di tipo INFIAMMATORIO, con esordio ACUTO, di carattere
bilaterale. I sintomi sono: fotofobia, sensazione di corpo estraneo
nell'occhio, congiuntiva arrossata, secrezione di liquido giallastro,
spasmo palpebrale
• CONGIUNTIVITE DA PISCINA: è dovuta ad una contaminazione
genito-urinaria o venerea (da non confondersi con l'irritazione da cloro,
che ha esordio e risoluzione più precoce). Può manifestarsi sia
bilateralmente che unilateralmente
• CIGLIA: così come le sopracciglia, hanno funzione protettiva dai corpi estranei,
sudore e raggi solari. Fra le (rare) patologie, annoveriamo quella che colpisce le
GHIANDOLE CILIARI SEBACEE, che però non ha in genere una correlazione con
lo sport

• SOPRACCIGLIA

• APPARATO LACRIMALE: comprende le strutture che producono e drenano il


liquido lacrimale: Il percorso del liquido lacrimale è il seguente:
1. GHIANDOLE LACRIMALI: producono il liquido lacrimale
2. DOTTI LACRIMALI: ricevono il liquido lacrimale e lo trasportano
fino alla congiuntiva
3. CONGIUNTIVA: da qui il liquido raggiunge i canali
4. CANALI LACRIMALI: questi convergono a livello del sacco lacrimale
5. SACCO LACRIMALE
6. CONDOTTO NASOLACRIMALE
Le patologie più frequenti sono traumi da contusione (pugilato), che possono
determinare l'insorgenza di infiammazione e infezione

• MUSCOLI ESTRINSECI DELL'OCCHIO

BULBO OCULARE:
• diametro di 2,5cm
• è esposto per circa 1/6 del suo volume
• la parete è composta da 3 strati: tonaca fibrosa (esterno), tonaca vascolare o uvea,
tonaca nervosa o retina (interno)

Entriamo nel merito dei 3 strati:


• TONACA FIBROSA: ha natura CONNETTIVALE ed è formata da SCLERA e
CORNEA:
• SCLERA:
• forma la parte posteriore del bulbo
• ha funzione strutturale e protettiva
• punto di inserzione per i muscoli estrinseci dell'occhio
• CORNEA:
• occupa la parte anteriore del bulbo
• è avascolare (ciò ne conferisce la trasparenza, inoltre consente il
passaggio della luce, essendo la dimensione delle sue fibre
collagene < lunghezza d'onda della luce (Λ)
• riceve ossigeno dall'aria
Annoveriamo patologie legate a traumi diretti (pugilato, basket...) a livello
della cornea, che possono essere:
• erosioni o abrasioni
• ferite, o ritenzione di corpi estranei
• contusioni
• TONACA VASCOLARE O UVEA: è uno strato raramente interessato da patologie
legate allo sport; comprende a sua volta 3 strati:
• COROIDE: è la porzione posteriore ed è molto vascolarizzata. Ha un
colore rosso scuro per via della abbondante MELANINA, prodotta dai
MELANOCITI qui presenti
• CORPO CILIARE: è la porzione anteriore, anch'esso di colore rosso
scuro; comprende:
• PROCESSO CILIARE: produce UMOR ACQUEO e dà attacco
alle FIBRE ZONULARI, che sorreggono il cristallino
• MUSCOLO CILIARE: la sua azione è quella di generare
tensione sulle fibre zonulari, consentendo alla forma del
CRISTALLINO di adattarsi alla visione da vicino o da lontano
• IRIDE: è la porzione più anteriore della tonaca vascolare;
• è una lamina circolare il cui foro è la PUPILLA;
• regola la quantità di luce che entra nel bulbo
• è sospesa tra la cornea e il cristallino
• a livello della PUPILLA troviamo:
• il MUSCOLO SFINTERE DELLA PUPILLA (con fibre con
disposizione ad anello attorno alla pupilla), che determina
MIOSI, cioè diminuzione del diametro della pupilla (condizione
che si verifica in risposta a stimoli luminosi intensi)
• il MUSCOLO DILATATORE DELLA PUPILLA (con fibre con
disposizione radiale rispetto alla pupilla), che determina
MIDRIASI, cioè aumento del diametro della pupilla (al buio)
• il CRISTALLINO:
• è collocato dietro all'iride e alla pupilla
• è una LENTE BICONVESSA, dall'aspetto trasparente (essendo
non vascolarizzato)
• rifrange la luce, permettendo di mettere a fuoco le immagini
sulla retina (vedasi slides 22-23 per modalità, interesse
personale)

• TONACA NERVOSA o RETINA:


è la tonaca più interna, ed è formata da due strati:
• STRATO PIGMENTATO: è compreso fra coroide e strato nervoso, è formato
da CELLULE EPITELIALI che contengono melanina
• STRATO NERVOSO: elabora informazioni visive e le invia alle FIBRE DEL
NERVO OTTICO. E' formato da 5 strati:
• STRATO DEI FOTORECETTORI
• STRATO SINAPTICO ESTERNO
• STRATO DELLE CELLULE BIPOLARI
• STRATO SINAPTICO INTERNO
• STRATO DELLE CELLULE GANGLIARI
• di cui il più esterno (?) è lo STRATO DEI FOTORECETTORI; Questo
strato comprende due tipi di fotorecettori:
• CONI: stimolati dalla luce intensa e sensibili ai colori
• BASTONCELLI: stimolati dalla luce debole e non sensibili ai colori,
permettono quindi la visione notturna.
la luce attraversa questi strati e raggiunge i fotorecettori, dove parte l'impulso
nervoso in direzione opposta, raccogliendosi a livello del NERVO OTTICO.
Questo esce dal bulbo oculare in un punto detto DISCO OTTICO; esso è un
punto cieco, poichè, non contenendo coni nè bastoncelli, è insensibile alla luce
(slide 30: MACULA CIECA).
Al centro della MACULA LUTEA, che si trova nella regione centrale della
retina, individuiamo la FOVEA CENTRALE, la zona di massima acutezza
visiva poichè più sensibile ai raggi luminosi. A questo livello, infatti, sono
presenti solo i coni (mancano gli strati di cellule che precederebbero quello dei
fotorecettori), perciò la luce giunge nitida e si ha maggiore risoluzione visiva
Le patologie che riguardano la retina sono, ancora una volta, prevalentemente di tipo
traumatico: un trauma da impatto (pugilato) può determinare distacco della retina o di
una porzione, causando alterazione della visione e disturbi del campo visivo (una
parte può risultare annerita, oppure si vede una macchia nera all'interno del campo
visivo) che può essere soltanto trattata chirurgicamente.

Inoltre, il bulbo oculare contiene anche due cavità:


• CAVITA' ANTERIORE
• CAVITA' POSTERIORE o CAMERA VITREA
Anche a questo livello, la patologia correlata con lo sport è unicamente di tipo traumatico,
che può portare a versamento ematico in una delle due cavità, con conseguente
compromissione della nitidezza dell'immagine.

PATOLOGIA OTORINOLARINGOIATRICA
ANATOMIA DELL'ORECCHIO:
• ORECCHIO ESTERNO: E' formato da:
• PADIGLIONE AURICOLARE
• CONDOTTO UDITIVO ESTERNO
• TIMPANO
LE ONDE SONORE VENGONO RACCOLTE E CONVOGLIATE attraverso il condotto
uditivo esterno, e raggiungono il timpano
• ORECCHIO MEDIO (o CAVITA' TIMPANICA):
• TRASFERISCE LE ONDE SONORE ALLA FINESTRA OVALE
• è posto all'interno dell'osso temporale
• contiene aria, ma anche gli OSSICINI DELL'UDITO: MARTELLO,
INCUDINE, STAFFA.
• Da essa parte la TUBA DI EUSTACHIO, un canale che mette in
comunicazione l'orecchio medio con la rinofaringe;
• ORECCHIO INTERNO: CONTIENE I RECETTORI PER L'UDITO E
L'EQUILIBRIO. E' formato da due componenti:
• LABIRINTO OSSEO:
• è esterno ed ha funzione protettiva nei confronti del labirinto
membranoso
• è formato a sua volta da 3 strutture: VESTIBOLO, COCLEA, CANALI
SEMICIRCOLARI
• è formato da due cavità intercomunicanti, che contengono un liquido, la
PERILINFA
• LABIRINTO MEMBRANOSO:
• contiene i recettori dell'udito (a livello della coclea) e dell' equilibrio (a
livello del vestibolo e dei canali semicircolari)
• contiene ENDOLINFA

Analizziamo nello specifico alcune componenti dell'orecchio interno:


• VESTIBOLO: è la porzione centrale del labirinto osseo. Nel labirinto
membranoso, a livello del vestibolo, sono presenti due sacchi pieni di
endolinfa: UTRICOLO e SACCULO.
• CANALI SEMICIRCOLARI: sono 3 e originano dal vestibolo:
• ANTERIORE
• POSTERIORE
• LATERALE
ognuno di questi canali ha un rigonfiamento, l'AMPOLLA:
• Le ampolle dei canali semicircolari sono deputati al rilevamento
DELL'EQUILIBRIO DINAMICO, essendo i 3 canali orientati nelle 3
direzioni ortogonali dello spazio. Ogni ampolla ha un rilievo, la CRESTA, che
contiene CELLULE CAPELLUTE cigliate ed è ricoperta da una massa
gelatinosa, la CUPOLA. Quando si verifica uno spostamento, la cupola agisce
sulle ciglia, che inviano un messaggio nervoso di avvenuto spostamento.

Nel complesso, nel sacculo, nell'utricolo e nelle ampolle sono collocati i


RECETTORI PER L'EQUILIBRIO, che formano l'APPARATO VESTIBOLARE,
che ora andiamo ad analizzare:
SACCULO e UTRICOLO sono detti ORGANI OTOLITICI:
• le loro pareti hanno una regione, definita MACULA, in cui sono
contenuti gli ORGANI DELL'EQUILIBRIO STATICO (rilevano le
accelerazione e decelerazioni lineari). Quando vi è una
accelerazione/decelerazione lineare, gli OTOLITI agiscono sulle
STEREOCIGLIA delle CELLULE CAPELLUTE, che inviano un
segnale nervoso di avvenuto spostamento.

• COCLEA:
• è l'organo deputato all'UDITO
• ha forma di spirale, avvolto attorno ad un osso detto MODIOLO
• è formata da 3 porzioni:
• DOTTO COCLEARE (è di natura membranosa, perciò contiene
endolinfa): vi si trova l'ORGANO DEL CORTI, cioè l'organo
dell'udito; quando uno stimolo sonoro mette in movimento le sue
CELLULE CAPELLUTE STEREOCIGLIATE, queste
trasmettono la vibrazione alla MEMBRANA TETTORIA, da cui
parte l'impulso nervoso verso le vie centrali attraverso il NERVO
VESTIBOLOCOCLEARE (VIII)
• SCALA VESTIBOLARE (è di natura ossea, perciò contiene
perilinfa)
• SCALA TIMPANICA (ossea, perciò contiene perilinfa)

Vediamo ora le PATOLOGIE OTORINOLARINGOIATRICHE :


• EPISTASSI o EMORRAGIA NASALE: dovuta a rottura dei capillari a livello nasale
(pugilato), oppure se si verifica un brusco aumento pressorio (sport subacquei, rapide
discese/salite in quota). Se il danno capillare si verifica in una zona anteriore, ciò
facilita la fuoriuscita di sangue dalle cavità nasali, se invece è collocato nella zona
posteriore può defluire attraverso la gola; per evitare ciò, in qualunque caso, durante
l'emorragia il capo dovrà essere flesso in avanti, mai esteso
• FRATTURA OSSA NASALI: lesioni ossee o cartilaginee accompagnate da epistassi
ed ecchimosi a farfalla
• una lesione a livello dell'orecchio, può causare alterazioni di tipo uditivo (coclea) o
vestibolare (canali semicircolari, vestibolo). Anche qui, la patologia più comune è
quella di tipo traumatico (pugilato...); si possono verificare:
• IPOACUSIA PER MICROTRAUMI (pugilato)
• LESIONI TRAUMATICHE ALL'APPARATO VESTIBOLARE
• IPOACUSIA DA TRAUMI ACUSTICI (spari)
• BAROTRAUMI dovuti a grandi variazioni pressorie, con danni a membrana
timpanica, coclea, labirinto (subacquei, paracadutismo, tuffi)

PATOLOGIA DERMATOLOGICA:
• FLITTENE TRAUMATICA (detta anche vescica o bolla): lesione da sfregamento
che si verifica a livello del calcagno per sfregamento con la calzatura
• INDURIMENTI IPERCHERATOSICI (calli o duroni): questi sono la
cronicizzazione di una vescica traumatica, perciò si tratta nuovamente di lesioni da
sfregamento che causano la formazione di uno strato di cute più spesso e duro.
Riguarda per lo più la pianta del piede
• DERMATITE IRRITATIVA DA CONTATTO: è causato dal cloro della piscina (può
colpire la congiuntiva come già detto, così come tutto il corpo). Si tratta di una
irritazione che solitamente si risolve in maniera autonoma
• INFEZIONE DA MICETI: i miceti determinano patologie infettive (detta Tinea pedis
o piede d'atleta), in particolare nei nuotatori, corridori, calciatori. Il fungo
responsabile dell'infezione cresce in ambienti molto umidi e si sviluppa
principalmente a livello interdigitale, ma può estendersi se non "trattato"; per evitare
che proliferi, evitare di indossare a lungo calzature sudate, lavare le scarpe
• VERRUCHE VOLGARI (mani) e PLANTARI (piedi) sono causate dal papilloma
virus; è facile contrarre questa patologia camminando a piedi nudi in
piscina/palestra/spogliatoio.

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