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Le infezioni del sito chirurgico sono tra i problemi più rilevanti delle infezioni
ospedaliere. Esse possono prolungare la degenza postoperatoria di 60/30 giorni,
aumentare i costi legati ad antibiotici ed esami di laboratorio e richiedere ulteriori
interventi diagnostico-terapeutici.
Sono infezioni che si sviluppano nel sito chirurgico dopo una procedura chirurgica
invasiva. I microrganismi che causano le infezioni del sito chirurgico possono
infettare per via endogena (microrganismi presenti sulla cute del paziente), oppure
per via esogena (microrganismi presenti su strumentario, superfici contaminate,
ecc.). Possono verificarsi sia durante il ricovero che dopo la dimissione, infatti la
maggioranza delle infezioni si sviluppa, in prevalenza, entro 30 giorni da una
procedura chirurgica.
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I fattori di rischio possono essere intra-operatori:
• Pulizia del blocco operatorio;
• Guanti sterili e vestiario chirurgico;
• Mantenimento dell’asepsi durante l’effettuazione della tecnica chirurgica.
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Le INFEZIONI SPAZIO/ORGANO si verificano entro 30/90 giorni dall’intervento
chirurgico (secondo la classificazione NHSN), coinvolgono qualsiasi parte del corpo
che è stata manipolata chirurgicamente durante la procedura, ad esclusione della
cute, della fascia o della parete muscolare ed il paziente presenta almeno uno dei
seguenti segni o sintomi: presenza di pus da un drenaggio posizionato in un organo
o spazio (es. drenaggio chiuso in aspirazione, tubo a T, drenaggio toracico). I
microrganismi vengono identificati da un campione raccolto in modo asettico dello
spazio profondo attraverso coltura o altri metodi d’identificazione microbiologica.
L’ascesso o altro tipo di infezione che coinvolge lo spazio sotto fasciale o l’organo
diagnosticato si evidenzia con un esame istopatologico o con altre indagini
diagnostiche.
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l’ematoma, che è una complicanza derivante dalla presenza di una cavità con un
sanguinamento occulto che coagula nello strato sottocutaneo; se di dimensioni
irrilevanti si assorbe naturalmente, mentre se cospicuo causa una tumefazione
rotondeggiante della ferita arrestando la cicatrizzazione fino a quando non viene
asportato. Altra complicanze sono la deiscenza e l’eviscerazione, che sono gravi
avversità conseguenti al cedimento della suture, a infezioni, a elevato sforzo
muscolare o all’eccessiva tensione. Il sieroma è una complicanza che si può
verificare dopo qualsiasi intervento chirurgico essendo caratterizzato dall’accumulo
di liquido (spesso siero) sotto la pelle, vicino alla ferita chirurgica.
Emorragia
Ematoma
Deiscenza ed
eviscerazione
Sieroma
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La gestione delle ferite post-chirurgiche
Nel caso di una riapertura spontanea di una ferita chirurgica (chiamata deiscenza) si
avrà una guarigione per “seconda intenzione”, nel senso che la ferita diventerà
cronica e guarirà lentamente dal fondo verso la superficie e dai lati verso il centro.
Questo processo riparativo può richiedere anche qualche mese.
Una volta che il paziente viene dimesso dopo l’intervento chirurgico, la ferita deve
essere gestita da personale qualificato, sia esso il medico curante o l’infermiere di
fiducia. Una gestione effettuata da mani esperte serve a far sì che, durante i vari
controlli della ferita, che di norma si effettuano ogni 3 giorni, si possono evidenziare
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iniziali o potenziali complicanze che, se mal valutate, possono portare all’infezione
della ferita stessa e di conseguenza alla complicanza più temuta, cioè la deiscenza.
Le infezioni del sito chirurgico sono infezioni che si manifestano dopo la procedura
chirurgica sia al livello della sede di incisione (ferita chirurgica), sia al livello degli
spazi e organi interessati (organ-space). A causa delle comorbidità dei pazienti e
dello sviluppo dei patogeni multi-farmaco resistenti, sono aumentati i costi e le
difficoltà di trattamento delle infezioni del sito chirurgico.
Uno studio pubblicato su Infection Control and Hospital Epidemiology nel 2014, ha
evidenziato che circa il 60% delle infezioni del sito chirurgico sarebbe prevenibile se
venissero implementate tutte le strategie di prevenzione disponibili in letteratura.
Dati ricavati dagli studi:
• L’incidenza delle infezioni del sito chirurgico rilevata in questo studio è del
20% su tutti i pazienti ricoverati nelle strutture ospedaliere
• Ogni infezione del sito chirurgico genera mediamente un prolungamento della
degenza ospedaliera di 7-11 giorni
• I pazienti che sviluppano una infezione del sito chirurgico hanno un rischio
variabile tra 2-11 volte maggiore di morte rispetto agli altri pazienti chirurgici
che non sviluppano questa complicanza infettiva
• Il 77% dei decessi nei pazienti con infezione del sito chirurgico sono attribuibili
proprio alla presenza dell’infezione.
I costi aggiuntivi legati alla cura del paziente con infezioni del sito chirurgico sono
molto variabili e dipendono dal tipo di intervento chirurgico e dal microrganismo
che ha determinato l’infezione. I sette interventi ad alta incidenza di infezione sono:
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• Colecistectomia 1.4%
• Protesi d’anca 0.8%
• Laminectomie e protesi del ginocchio 0.75%
Nell’ambito delle strategie da adottare per la prevenzione delle infezioni del sito
chirurgico, la sorveglianza di esse e la comunicazione dei relativi risultati ai chirurghi
si è rilevata efficace nel ridurre il rischio delle infezioni del sito chirurgico. La
sorveglianza delle infezioni nosocomiali viene condotta mediante la raccolta dei
dati, la loro analisi ed interpretazione, l’implementazione delle azioni preventive e la
valutazione degli effetti di tali interventi.
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Ed è altrettanto ovvio che questi comportamenti debbano essere attuati e condivisi
da diverse figure professionali interne ma anche esterne al team chirurgico, cioè:
chirurghi, infermieri, strumentisti, tecnici di sala operatoria, anestesisti e ogni altro
professionista sanitario coinvolto nella gestione pre, intra e post operatoria del
paziente chirurgico, non esclusi per determinati aspetti altre figure cruciali come
infettivologi, farmacisti, il personale addetto alla sterilizzazione, fino a coinvolgere
chi nel singolo ospedale è proposto al controllo della qualità e del risk management.
Nel tempo sono stati emanati dal ministero della salute vari documenti specifici sul
controllo della ICA, cioè le infezioni correlate all’assistenza (quali il compendio delle
misure per il controllo delle ICA e le raccomandazioni sul controllo della diffusione
nosocomiale dello Staphylococcus Aureus resistente alla meticillina) o relativi alla
prevenzione di alcune malattie infettive, che possono avere un impatto significativo
anche in ambito assistenziale come morbillo, rosolia, HIV, TBC e malattie trasmesse
dai vettori. Anche nel piano nazionale della prevenzione 2014-2018 e nel piano
nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza 2017-2020 è riportata
l’importanza della prevenzione e del controllo delle malattie infettive e
dell’antibiotico-resistenza. Le strategie raccomandate, in sintesi, sono:
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4. Individuare un referente regionale per la sorveglianza delle ICA
5. Implementare il sistema nazionale di sorveglianza della ICA
6. Istituire un sistema di segnalazione rapida di alert organisms e cluster
epidemici
7. Trasmettere annualmente i rapporti epidemiologici nazionali annuali, che
includano l’individuazione delle azioni di miglioramento necessarie
8. Organizzare protocolli operativi per le emergenze infettive, con lo sviluppo sia
di azioni di prevenzione (mirate alla riduzione dei rischi), sia di interventi di
preparazione alle emergenze
9. Svolgere attività di comunicazione alla popolazione e formazione agli
operatori sanitari, anche per mantenere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni
sanitarie
10. Svolgere il coordinamento e l’integrazione funzionale tra i diversi livelli
istituzionali e le varie competenze territoriali nell’attuazione degli interventi
di prevenzione, nella raccolta e ne periodico ritorno delle informazioni, nel
sistematico monitoraggio della qualità e dell’impatto delle azioni poste in
essere.
Formazione/informazione:
A tal proposito si può effettuare un corso di formazione post laurea con il master di
1° livello: Sorveglianza epidemiologica e controllo delle infezioni correlate
all’assistenza sanitaria. Il master è un corso di formazione avanzata, nel quale il
professionista esperto acquisisce competenze professionali specifiche cliniche,
gestionali, organizzative, relazionali, operando in autonomia e in collaborazione
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con gli altri professionisti nei vari contesti sanitari e sociosanitari, sia pubblici che
privati. L’infermiere esperto nelle infezioni correlate all’assistenza rappresenta un
“professionista risorsa” per i cittadini, per gli operatori e per le organizzazioni
sociosanitarie, al fine di garantire la tutela della salute della collettività. Il
professionista che ha conseguito il master è colui che può esercitare una
competenza specifica di attività di prevenzione, controllo e sorveglianza delle
infezioni correlate all’assistenza nei vari setting di cura (ospedale, territorio e a
domicilio). Gli sbocchi professionali possibili riguardano vari ambiti quali le attività di
igiene ospedaliera nelle direzioni sanitarie e presso i servizi infermieristici, tecnici e
della riabilitazione di strutture pubbliche e private. L’infermiere che ha conseguito
tale master, quindi, è una risorsa per la struttura sanitaria ed è una figura
importante dal punto di vista strategico per la prevenzione e la gestione delle
infezioni correlate all’assistenza.
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