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FONTI AGIOGRAFICHE

DELL’ORDINE
FRANCESCANO

Passione dei santi frati martiri in Marocco

Dialogo sulle gesta dei santi frati Minori

Vite di Antonio di Padova:


Vita prima o Legenda ‘‘Assidua’’ - Vita seconda
Legenda ‘‘Benignitas’’
Legenda Raimondina - Legenda Rigaldina

Vita Perugina - Vita Leonina


Detti del beato Egidio di Assisi

Atti del beato Francesco e dei suoi compagni

A cura di
MARIA TERESA DOLSO

- Editrici Francescane
VITA DEL SANTO PADRE
ANTONIO DI PADOVA
OVVERO
LEGENDA RAIMONDINA
AUTORE UN FRANCESCANO DEL CONVENTO
DI S. ANTONIO, GIÀ ATTRIBUITA
A FRATE PIETRO RAYMUNDI DA SAINT-ROMAIN
(poco dopo il 1293)

Presentazione, traduzione e note di


EMANUELE FONTANA
La Vita Raimondina trae il suo titolo dall’attribuzione dell’ope-
ra a fra’ Pietro di Raimondo da Saint-Romain, originario dell’A-
quitania, che fu lettore nel convento minoritico di Padova nel
1293 e compose una raccolta di miracoli postumi di sant’Antonio
approvata dal vescovo della città Bernardo di Agde. Tale paterni-
tà, risalente agli studi di padre Ferdinand Delorme (1), è stata mes-
sa in discussione dalla storiografia recente. Tuttavia è rimasto il
nome tradizionale di Raimondina per identificare questa Vita, seb-
bene vi sia un rischio di ambiguità in tale scelta. In realtà non è
possibile identificare con precisione l’autore della legenda, in
quanto essa è stata tramandata in forma anonima nella tradizione
manoscritta.
La legenda risulta nata nell’ambiente del convento minoritico
di Padova per iniziativa dei frati che dirigevano la comunità, in un
arco di tempo compreso tra la fine del XIII e l’inizio del XIV
secolo, come si può ricavare da alcuni elementi interni al testo.
Certamente fu composta dopo il 1293, anno in cui avvennero al-
cuni miracoli descritti nel dossier agiografico di fra’ Pietro. Il rife-
rimento, all’interno della Vita, all’Ordine sconvolto dalla tempesta
forse allude alla famosa inchiesta ordinata da papa Bonifacio VIII
nel 1302 sull’operato degli inquisitori della provincia di Sant’An-
tonio, oppure ai conflitti tra i frati della «comunità» e gli Spirituali
a cavallo tra XIII e XIV secolo.
La Raimondina, cosı̀ come si presenta nell’edizione critica cu-
rata da padre Vergilio Gamboso, è suddivisa in due sezioni prin-
cipali, oltre al prologo: una prima relativa alla vita di Antonio, una

(1) D’ARAULES (DELORME), La vie de saint Antoine de Padoue par Jean Rigauld, pp.
XX-XXI. In precedenza un certo fra’ Raimondino, lettore padovano, era ritenuto da
alcuni studiosi come il probabile autore della Raimondina, ma senza alcuna prova
documentaria, come si può leggere ad esempio nel Gonzati, che riporta erroneamente
la data del 1243 (anziché quella del 1293) nella trascrizione di un passaggio della
legenda: B. GONZATI, La basilica di S. Antonio di Padova, 2 voll., coi tipi di Antonio
Bianchi, Padova 1852, vol. I, p. XIII nota 2. All’origine di tale attribuzione vi era
probabilmente l’opera di Pietro Rodolfi da Tossignano: Vita del ‘‘Dialogus’’ e ‘‘Beni-
gnitas’’, pp. 269-273; Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Rigaldina’’, pp. 20-21. Il Gonzati fu il
primo a pubblicare qualche passaggio della Raimondina: Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Ri-
galdina’’, p. 165; per una recente messa a punto della questione relativa all’autore, mi
permetto di rinviare a E. FONTANA, Frati, libri e insegnamento nella provincia minori-
tica di S. Antonio (secoli XIII-XIV) (Centro Studi Antoniani, 50), Padova 2012, pp.
158-160 e, per un profilo biografico dedicato al presunto autore, Pietro di Raimondo
da Saint-Romain, p. 248.
366 Vite di Antonio di Padova

seconda concernente alcuni miracoli postumi del santo avvenuti


nel 1293 e in anni precedenti, in cui è presente una breve introdu-
zione.
La fonte principale della Raimondina è senza dubbio l’Assidua,
ma forte è il legame anche con la Vita seconda di Giuliano da Spi-
ra, con alcune riprese dall’Officium rhythmicum dello stesso auto-
re. Vi sono anche alcuni passaggi che dipendono dal Dialogus e
probabilmente anche dalla Benignitas. La Raimondina introduce
altresı̀ alcuni elementi di novità, come esplicita lo stesso autore
nel prologo, soprattutto per quanto riguarda alcuni particolari del-
la vita di sant’Antonio. Lo stile del testo è nel suo insieme com-
plesso: vi è infatti in questa legenda una considerevole quantità di
rimandi biblici, notevolmente superiore rispetto alle Vite prece-
denti. Forte è l’interesse per la formazione scolastica e per l’attività
di insegnamento di sant’Antonio, primo docente dell’Ordine, oltre
che per la sua predicazione: serrata, infatti, è la difesa dei suoi ser-
moni contro ogni critica (2). L’autore della Raimondina difende la
formazione basata soprattutto sullo studio della sacra Scrittura, di
cui gli scritti di Antonio erano stati chiara espressione, mentre al-
l’epoca i nuovi orientamenti culturali, aperti a uno studio più am-
pio della filosofia, si stavano facendo largo anche tra i frati Minori,
soprattutto in ambiente universitario.
La Raimondina non ebbe molta fortuna perché rimase circo-
scritta all’ambiente padovano, anche nella tradizione manoscritta.
Il testimone più antico (e sostanzialmente l’unico) è il ms. 74 della
Pontificia Biblioteca Antoniana, un lezionario liturgico della basi-
lica di Sant’Antonio realizzato nel Trecento (3). Il codice contiene
vari testi agiografici, tra cui spicca una ricca sezione antoniana
composta, nell’ordine, dalla Raimondina, dalla versione padovana
dell’Assidua (4), dai miracoli postumi del santo, compresi quelli av-
venuti nel 1346. Il testo della Raimondina nel codice della Biblio-
teca Antoniana si presenta privo di continuità, privo di una divi-

(2) Cf. RIGON, Dal Libro alla folla, pp. 71-72, 215-234.
(3) Sul ms. 74 si rinvia a G. ABATE - G. LUISETTO, Codici e manoscritti della Biblio-
teca Antoniana, con il catalogo delle miniature a cura di F. Avril - F. d’Arcais - G.
Mariani Canova (Fonti e studi per la storia del Santo a Padova. Fonti, 1-2), Vicenza
1975, pp. 79-83; F. TONIOLO, L’iconografia francescana nei codici miniati della Biblio-
teca Antoniana, in Cultura, arte e committenza al Santo nel Trecento, pp. 59-75, in
particolare pp. 66-68; D. GALLO, Cultura e identità della comunità francescana del
Santo nel Trecento, in Cultura, arte e committenza al Santo nel Trecento, pp. 137-145,
in particolare pp. 143-144; cf., infine, FONTANA, Frati, libri, pp. 160-163. Il manoscritto
presenta nei margini i segni di una suddivisione del testo funzionale all’uso liturgico,
ossia sono segnalate le giornate e le nove lezioni corrispondenti.
(4) Si tratta di una versione rimaneggiata dell’Assidua, con alcuni particolari che
corrispondono a quanto narrato nella Raimondina. Fu probabilmente un’operazione
del redattore del manoscritto, che volle creare un’omogeneità tra i due testi.
Legenda Raimondina - Presentazione 367

sione in capitoli (5). Il ms. 74, inoltre, non rispecchia l’assetto ori-
ginario del testo della legenda, perché la Raimondina è giunta in-
completa nella sua parte finale (6): i miracoli che l’autore aveva
promesso di narrare sono presenti solo in parte e intercalati a quel-
li dell’Assidua (7). La versione di cui disponiamo, dunque, sembra
il frutto di un’operazione del redattore trecentesco.
Gli altri due testimoni manoscritti del testo sono apografi, ossia
sono una copia di quanto contenuto nel ms. 74: si tratta del ms.
1636 della Biblioteca Universitaria di Padova, realizzato nel XV
secolo per il monastero di Santa Giustina di Padova, e del ms.
1682 della Biblioteca Oliveriana di Pesaro, scritto da padre Fran-
cesco Antonio Benoffi nel 1769.
I miracoli raccolti da fra’ Pietro di Raimondo nel 1293 rappre-
sentano uno scritto a parte, che purtroppo non è stato tramandato
dalla tradizione manoscritta. Non sappiamo di quanti miracoli fra’
Pietro trattasse nel suo dossier, ma alcuni furono ripresi da autori
successivi. Egli, tra l’altro, riportò anche alcuni miracoli di cui non
era stato necessariamente testimone oculare, perché, per quanto
riguarda alcuni prodigi, sappiamo solo che fra’ Pietro li raccolse
nel 1293, come è scritto anche nella Rigaldina (8). La stesura della
Raimondina, in origine, probabilmente fu sollecitata dalla redazio-
ne della raccolta dei miracoli di fra’ Pietro di Saint-Romain e la
nuova legenda diventò la premessa di questo dossier. Successiva-
mente, nella redazione del ms. 74, il copista mantenne solo alcuni
miracoli e il prologo della raccolta di fra’ Pietro, che divenne l’in-
troduzione alla seconda sezione della Raimondina, forse con un
rimaneggiamento (9). Il testo di fra’ Pietro di Raimondo fu utiliz-
zato da fra’ Giovanni Rigaldi nella sua Vita di sant’Antonio (10) (Ri-

(5) Padova, Biblioteca Antoniana 74, ff. 112rA-127vB. A parte qualche rara rubrica
presente nel manoscritto (di cui viene data segnalazione in nota nella traduzione della
legenda) l’unica parte separata rispetto al resto del testo è il prologo.
(6) Inoltre, una parte del testo è mancante a causa del taglio di una miniatura (ms.
74, ff. 127rA, 127vB). A questa lacuna si sopperisce grazie al ms. 1636 della Biblioteca
Universitaria di Padova, che conserva il testo copiato dal ms. 74 della Biblioteca
Antoniana prima della sottrazione della miniatura.
(7) Padova, Biblioteca Antoniana 74, ff. 153vA-B, 157vA-B, 162rA-164vB. I miracoli
sono divisi per tipologie: ad esempio ciechi, muti, paralitici. Inoltre, in questa sezione
sono presenti alcuni miracoli poi attribuiti dal Gamboso alla Benignitas.
(8) Sul tema della presenza dei miracoli nell’agiografia antoniana, d’obbligo il
riferimento a J. DALARUN, Miracolo e miracoli nell’agiografia antoniana, in ‘‘Vite’’ e vita
di Antonio di Padova, pp. 203-257, in particolare pp. 214-216, 219-221, 223, 236-237.
(9) Questo spiegherebbe la presenza della prima persona in alcuni passaggi di
quella che ora è la seconda sezione della Raimondina.
(10) Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Rigaldina’’, pp. 637-665. Un’altra redazione contenen-
te alcuni dei miracoli avvenuti nel 1293 è costituita dal cosiddetto Chronicon di La-
nercost, che afferma di basarsi sullo scritto di un frate inglese all’epoca membro della
comunità di Padova: Testimonianze minori su s. Antonio, pp. 384-397.
368 Vite di Antonio di Padova

galdina), oltre che nel Liber miraculorum, inserto antoniano della


Chronica XXIV Generalium tradizionalmente attribuita a fra’ Ar-
naldo di Sarrant (11).
La prima edizione a stampa della Raimondina fu realizzata da
padre Antonio Maria Iosa nel 1883 (12) e la seconda da padre Giu-
seppe Abate nel 1970 (13). La terza edizione, con traduzione in ita-
liano, fu pubblicata da padre Vergilio Gamboso nel 1992 (14).

(11) Chronica XXIV Generalium, pp. 152-154; ‘‘Liber miraculorum’’ e altri testi
medievali, pp. 312-325. Per quanto riguarda il Liber miraculorum e la Chronica XXIV
Generalium nel suo complesso si rinvia a DOLSO, Antonio di Padova nella ‘‘Chronica
XXIV Generalium Ordinis Minorum’’, pp. 201-240; DOLSO, La ‘‘Chronica XXIV Ge-
neralium’’.
(12) Legenda seu vita et miracula sancti Antonii de Padua saeculo XIII, ed. A.M.
Iosa, Bononiae 1883. Padre Iosa pubblicò tutta la sezione antoniana del ms. 74, ossia
la Raimondina (pp. 75-104), l’Assidua padovana (pp. 1-42) e i miracoli postumi (pp.
43-73), anche quelli avvenuti nel 1346 (pp. 105-123). In questa sede il testo della
Raimondina fu mantenuto nella sua continuità, ma nell’indice si tentò una sorta di
suddivisione in capitoli: ivi, pp. 186-187. In questa edizione l’opera viene definita
anonima. I miracoli postumi sono tutti pubblicati nell’ordine in cui sono presenti
nel ms. 74. Lo studioso che per primo separò i miracoli contenuti nel dossier del
1293 da quelli riportati originariamente alla fine dell’Assidua fu padre Luigi Guidaldi,
che ne riconobbe almeno tre: GUIDALDI, Il testo della Leggenda Raimondina, pp. 104-
112; L. GUIDALDI, A proposito delle leggende antoniane Raimondina e Prima, «Il Santo.
Rivista antoniana illustrata» 4 (1931), pp. 220-227.
(13) Il testo uscı̀ postumo: G. ABATE, Le fonti biografiche di s. Antonio, V, La ‘‘Vita
sancti Antonii’’ di fra’ Pietro Raymondi da San Romano (c. 1293), «Il Santo» 10 (1970),
pp. 3-34, in particolare p. 10 nota 29. In questa seconda edizione, per la prima volta, fu
introdotta la divisione in capitoli e paragrafi del testo, e fu dato un titolo ai capitoli. Il
testo fu edito solo nella parte relativa alla vita del Santo e al cosiddetto prologo dei
miracoli, mentre i miracoli postumi erano già stati pubblicati dallo studioso due anni
prima, ma come addizioni padovane in Appendice all’Assidua, in conformità al prece-
dente lavoro del De Kerval: DE KERVAL, Sancti Antonii de Padua vitae duae, pp. 130-
141; ABATE, La ‘‘Vita prima’’ di s. Antonio, pp. 127-226, in particolare pp. 206-213. La
suddivisione del testo operata nella pubblicazione di padre Abate fu mantenuta, ma
con qualche piccolo cambiamento, nell’edizione di padre Gamboso.
(14) Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Rigaldina’’, pp. 7-327.
I
Vita del santo padre Antonio di Padova
ovvero Legenda Raimondina *

Capitolo 1
PROLOGO (1)
1
948 Nella narrazione di fatti storici da consegnare alla conoscenza
della posterità facilmente si devia sia per la labilità della memoria,
sia per la scarsità della conoscenza, sia per la trascuratezza di una
doverosa ricerca, poiché l’errore si insinua furtivamente tra gli sto-
riografi. 2 E ciò si manifesta nelle narrazioni delle cose divine e
umane in modo cosı̀ molteplice che, per ricercare la brevità, ho
ritenuto un tentativo superfluo per la presente opera dimostrare
ciò con qualche esempio. 3 E ciò non è strano, dal momento che a
venerande intelligenze, illuminate per volontà divina dallo spirito
di profezia (Ap 19,10), è accaduto spesso di dare per certa come
una profezia la propria supposizione, non esaminando sufficiente-
mente le ispirazioni (1Gv 4,1), fino al momento in cui, levati i loro

* Edizione sulla quale è stata condotta la traduzione: Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Ri-


galdina’’. Introduzione, testo critico, versione italiana e note a cura di V. Gamboso
(Fonti agiografiche antoniane, 4), Padova 1992.
(1) Rispetto all’edizione del Gamboso, in questa traduzione sono state fatte alcune
scelte diverse, dal momento che alcuni passaggi del testo sono stati esaminati diretta-
mente nel ms. 74 della Pontificia Biblioteca Antoniana di Padova. Si è deciso di
rispettare maggiormente il testo tramandato dal manoscritto della Biblioteca Antonia-
na, eliminando alcune integrazioni fatte nell’edizione del Gamboso che inseriscono
aggiunte posteriori del manoscritto della Biblioteca Universitaria all’inizio (Incipit
prologus in vita sancti Antonii de Padua) e alla fine del prologo (Explicit prologus.
Incipit vita sancti Antonii de ordine fratrum Minorum). Sono state scelte alcune lezioni
cosı̀ come si presentano nel manoscritto dell’Antoniana, distaccandosi dalle correzio-
ni introdotte dal Gamboso. Sono stati mantenuti, invece, la divisione in capitoli e
paragrafi e i titoli dei capitoli presenti nell’ultima edizione, anche se non sono presenti
nel manoscritto dell’Antoniana. Inoltre, il testo è stato mantenuto nella sua divisione
in due sezioni, come operato dal Gamboso.
370 Vite di Antonio di Padova

occhi al cielo (Is 51,6), un raggio divino indicò la certezza della


verità. 4 L’Apostolo (2) testimonia proprio questo affermando che,
«se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà (3) an-
che su questo» (Fil 3,15).
5
Essendo in procinto di scrivere ed essendo costretto a scrivere 949
la vita del santo padre Antonio, confesso che racconterò alcune
cose in maniera diversa rispetto a quanto è stato riferito dalle pre-
cedenti vite di alcuni autori (4), avendo io raggiunto la verità con
un’indagine sicura e una testimonianza fedele del fatto storico (Sal
19,8).
6
Questo è il famoso consacrato Antonio, che, dopo essere vis-
suto con assoluta purezza sotto la Regola dell’esimio dottore san-
t’Agostino, passò alla modalità di vita del beatissimo padre Fran-
cesco, che in quel momento era in vita, mutando sotto la guida
dello Spirito la vita religiosa racchiusa in un chiostro in uno stato
di edificazione pubblica. 7 Egli credeva che fosse senza dubbio più
ispirato uscire nel campo, trattenersi nei villaggi (Ct 7,12) e guada-
gnare i peccatori che si perdono piuttosto che trascurare la salvez-
za (Eb 2,3) dei redenti nel letto della tranquillità, per quanto dedi-
candosi a santi piaceri.
8
E poiché ogni capacità di pensieri è conferita dal Signore 950
(2Cor 3,5) e ogni autentica interpretazione è derivata dal primo
Verbo (Gv 1,1), se dirò qualcosa in modo conveniente deve essere
annoverato non a gloria di me, che sono la penna di chi scrive (Sal
45,2), ma a quella dell’Autore. 9 Se, invece, compariranno alcuni
difetti, stabilisco che siano ascritti ai miei peccati, in modo che io,
che riconosco la mia peculiare miseria, sia biasimato con miseri-
cordia dai più esperti e che non mi sia negata la comunione della
preghiera fraterna in favore della mia fatica di abbreviare la narra-
zione storica.

Capitolo 2
I FRATI MINORI MARTIRI A MARRAKECH
8
In quel tempo di divina clemenza, in cui il beato Francesco, 951
come una vite che porta frutto, ornò il giardino di tutta la Chiesa
con fiori di vero onore (Sir 24,17), avvenne che frati santissimi,

(2) L’Apostolo è san Paolo.


(3) Il ms. 74 presenta la lezione revelavit (f. 112rB), da correggere con revelabit,
presente nel testo della Vulgata.
(4) In questo caso si preferisce la lezione del ms. 74, a quorundam prioribus, in
luogo della correzione operata dal Gamboso.
Legenda Raimondina 371

ragguardevoli per ogni perfezione e concordi come i grappoli di


una vigna, furono destinati dallo stesso padre al vantaggio di tutta
la moltitudine cristiana. 2 Essi, pur essendo inesperti nelle cose del-
la carne, reietti dal punto di vista del mondo ed esigui nel numero,
convertirono (5) alla modalità di vita della penitenza evangelica per-
sone molto sapenti, molto illustri e assai numerose quasi in ogni
parte della cristianità. 3 In questo modo, senza dubbio, i raggi sola-
ri, una volta diffusi, illuminano il mondo; cosı̀ le propaggini di una
vigna, una volta espanse, portano frutto; in tal modo come figli di
benedizione servono ad accrescere l’onore dei genitori, secondo la
testimonianza del Sapiente: «Il giusto che cammina nella sua sem-
plicità lascerà dietro di sé figli felici» (Pr 20,7).
4
952 Tra questi figli del suddetto santissimo padre, adornato dello
straordinario privilegio delle stimmate, molti, accesi dall’ardentis-
simo amore di Cristo e dallo zelo di svelare la fede agli infedeli,
recandosi nelle città saracene di Ceuta, Valenza e Marrakech e in
moltissime altre per annunciare Cristo Signore e combattendo as-
sai egregiamente, con la via breve del martirio conseguirono il pre-
mio del trionfo.
5
953 Tra questi vi furono come primizie cinque frati, originari delle
zone dell’Italia, destinati dal suddetto padre nella Penisola iberica
per diffondere l’Ordine. 6 Infatti costoro, mostrando di che spirito
fossero (Lc 9,55) (6), esponendosi volontariamente al furore del re
del Marocco, che perseguitava il nome cristiano con tutte le sue
forze, e annunciando nello stesso luogo Cristo con coraggio, uccisi
di spada dopo gli scherni e le percosse (Eb 11,36), ma invincibili
nello spirito, passando nella compagnia degli spiriti superiori ri-
splendettero in seguito di parecchi prodigi di miracoli.
7
954 Pietro, figlio dell’illustre re del Portogallo (7), trasportò le loro
venerande reliquie nella Penisola iberica e fece conoscere a tutte le
province di quella penisola di essere stato liberato in modo prodi-
gioso dal carcere del tiranno grazie ai meriti dei santi martiri, vei-
colandone la fama in parte con l’evidenza del fatto, in parte con
una dichiarazione degna di fede. 8 Pertanto il grandioso clamore di
questo fatto impresse una piccola fiamma divina nel petto di san-
t’Antonio e da una volontà buona e gradita a Dio si accostò alla
perfetta volontà del Signore (Rm 12,2), collocando lo spazio del-
l’edificio – secondo l’insegnamento del Profeta – «sulla sommità
del monte» (Ez 43,12), come mostrerà il seguito del racconto.

(5) L’edizione del Gamboso aggiunge in questo punto un se superfluo, non pre-
sente nel ms. 74.
(6) Questo passaggio è presente solo nella Vulgata ed è ritenuto un passo sospetto
di origine marcionita (si veda la nota presente nella Bibbia di Gerusalemme).
(7) Cf. Assidua 601, nota 3.
372 Vite di Antonio di Padova

Capitolo 3
NASCITA E FANCIULLEZZA DI SANT’ANTONIO
E COME ENTRÒ ADOLESCENTE NELL’ORDINE DI sANT’AGOSTINO
1
Nato da rispettabili genitori nel regno di Portogallo, nella città 955
di Lisbona, accanto al confine occidentale della basilica della San-
ta Madre di Dio, nella quale riposa il corpo del glorioso martire
Vincenzo, egli fu chiamato Fernando nel lavacro del sacro battesi-
mo. 2 Nella stessa chiesa fu affidato dai genitori ai sacerdoti della
stessa, affinché fosse istruito nei rudimenti della grammatica, con
presagio delle cose future, in quanto sarebbe divenuto amante lea-
lissimo della purezza assieme alla Vergine e atleta di Cristo assieme
al martire della straordinaria vittoria.
3
Trascorsi gli anni della fanciullezza sotto la disciplina della 956
scuola, agli inizi dell’età più vigorosa, ossia circa all’età di quindici
anni, cominciò ad accorgersi e ad aver paura dei pericoli del mon-
do e a soggiogare completamente con la spada dello spirito (Ef
6,17) gli impulsi della concupiscenza carnale che nascevano via
via come le battaglie contro gli agareni e gli idumei (1Cr 5,19;
2Cr 25,14). 4 Sapendo che l’adolescenza e il piacere sono soggetti
alla vanità (Qo 11,10), egli, da adolescente di buona indole, asso-
gettò subito il collo al giogo di Cristo (Mt 11,30). Infatti si trasferı̀
immediatamente in un monastero dell’Ordine di sant’Agostino vi-
cino alle mura della sua città (8) e, una volta ricevuto l’abito di
quella famiglia religiosa, secondo il comando della Regola, si appli-
cò a mortificare la carne, per quanto lo stato di salute del suo cor-
po lo consentiva.
5
Però, poiché per le intelligenze pie non basta non andare die- 957
tro alle concupiscenze, se non si sottrae qualcosa alla carne, per
rivolgersi all’applicazione della disciplina celeste, egli, capendo
che i frequenti colloqui con i congiunti contrastavano questo pro-
posito dal punto di vista della carne, compiuti quasi due anni di
permanenza nel monastero, decise di recidere questa fune della
carne e, schivate le attrattive dei colloqui con i parenti cosı̀ come
i canti delle sirene, di affrettarsi verso la patria su un’imbarcazione
più tranquilla. 6 La fragilità della mente umana, infatti, è vischiosa e
rimane attaccata facilmente a quanto piace frequentare di solito:
«Chi maneggia la pece si sporca» (Sir 13,1).
7
Esposto e svelato, dunque, il proposito del suo cuore alla gui- 958
da del monastero, egli ottenne a stento il permesso richiesto di
trasferirsi, per desiderio della gradita pace, a un altro monastero

(8) Cf. Assidua 596, nota 1.


Legenda Raimondina 373

dello stesso Ordine e regno, ossia Santa Croce di Coimbra, che era
lontano lo spazio di tre giorni e più di cammino dal suolo natale.
8
E giungendo ad esso e, per cosı̀ dire, assieme ad Abramo allonta-
nandosi dalla sua terra e dalla sua parentela e, secondo il senso
mistico, procedendo oltre verso il meridione (Gen 12,1.9), subito
unito al sacro collegio stesso, con costumi purissimi, il decoro del-
la modalità di vita, il fervore della devozione e lo zelo per la vita
religiosa mostrò agli occhi di tutti più lampante della luce che il
suo trasferimento non derivava assolutamente dalla volubilità del
carattere.
9
959 E poiché Maria aspira alla parte migliore (9) (Lc 10,42), ossia
occupare giorno e notte la mente, allontanata dalle cose terrene,
nelle meditazioni delle leggi divine, l’uomo santo, sotto la spinta
dello Spirito di colui che «passa nelle anime sante» (Sap 7,27), si
avvicinò con enorme passione agli studi delle sacre Scritture. 10 In-
fatti egli non sciupò con turpe danno il tempo che rimaneva libero
dagli obblighi liturgici né nell’ozio né in sciocchezze, ma lo assog-
gettò alle fatiche degli studi sacri.
11
960 Egli sapeva che l’animale non ruminante è immondo (Lv
11,26) e che il pericolo dell’ozio è allontanato solo dall’esercizio
dell’uomo interiore (Rm 7,22), dal momento che gli operai, quasi
fiaccati dai lavori manuali, sono soliti manifestare la lascivia del
cuore con discorsi osceni. 12 Infatti «l’esercizio fisico è utile a poco,
mentre» è efficace in «tutto la fede» (1Tm 4,8), propria dell’uomo
interiore (Ef 3,16), che in greco è chiamata theosebia.
13
961 Disprezzati i tronfi labirinti della sapienza umana (1Cor
2,4.13), ai quali alcuni sono dediti accumulando materia di presun-
zione per se stessi assieme all’ira dell’Altissimo (Rm 2,5), egli non
solo affidò alla memoria il senso letterale del testo sacro, ma ne
penetrò anche con grandissima efficacia i sensi nascosti allegorici
e anagogici; ma indagò pure le sottigliezze delle discussioni, per
saper rivelare le regole della verità e confutare la rovina degli erro-
ri, come di conseguenza mostrarono parecchie prove della sua dot-
trina.
14
962 Purificato nel primo cenobio della sua vocazione e illuminato
di più, come è stato detto, nel secondo, egli desiderava con enorme
ardore di giungere al pieno compimento nel culmine di una perfe-
zione più avanzata, per essere annoverato egli stesso, secondo il
Profeta, tra il tesoro e il terzo piano dell’edificio del Signore «che
sporgevano da quelli inferiori e intermedi» (Ez 42,5-6).

(9) Questo passaggio è complesso nel testo tramandatoci dal ms. 74. La soluzione
migliore potrebbe essere quella di correggere Marie con Maria senza aggiungere cha-
risma, scelta invece operata dal Gamboso.
374 Vite di Antonio di Padova

15
Se in effetti nel primo cenobio, istruito nei sacrifici mistici,
aveva offerto fior di farina (Lv 2,1) di purezza completamente in-
tegra, e nel secondo un olocausto di uccelli (Lv 1,14) attraverso la
passione della ricerca della verità, nel terzo avrebbe offerto in olo-
causto al Signore la forza del bue per rinnovare le arature spiritua-
li, la semplicità della pecora e la spontanea condizione umile della
capra (Lv 1,2-3.10; 3,1.7.12).
16
Ebbene, desiderando di conoscere la via di una perfezione
più alta, si meritò che essa gli venisse rivelata dal Signore con il
seguente segno.

Capitolo 4
COME ENTRANDO NELL’ORDINE DEI MINORI CAMBIÒ NOME

1
Proprio il melodioso clamore del martirio glorioso di quei frati 963
a Marrakech, che in quel tempo accarezzava tutte le province della
Penisola iberica con la soavità della devozione, entrando con forza
celeste nelle orecchie di Fernando, chiamò energicamente il suo
animo a compiere cose simili. 2 Egli desiderava allo stesso modo
indossare l’abito a forma di croce dei frati Minori per poter imitare
proprio in quello, sull’esempio dei defunti, la passione del Signore
crocifisso.
3
Questa professione si accordava in modo assai conveniente sia
alla decisione divina a suo riguardo sia al suo sacro proposito. 4 In-
fatti al futuro eccellente predicatore, in realtà, conveniva benissimo
quella Regola, che plasma chiaramente alla vita apostolica cosı̀ co-
me alla predicazione; in verità questa stessa Regola, che insegna a
destinare uomini provati e perfetti, che lo desiderano, alla predica-
zione agli infedeli, era proprio adatta (10) al desiderio del martirio.
5
Non vi è niente di più adatto all’ufficio di predicatore né di 964
più conveniente al martirio che quella modalità di vita a cui il Sal-
vatore destinò i discepoli per la predicazione del Vangelo e la sof-
ferenza del martirio. 6 Infatti, mentre stava per inviarli a entrambi i
compiti, egli disse prima queste parole: «Non procuratevi oro né
argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due
tuniche, né sandali» (Mt 10,9), aggiungendo poco dopo: «Ecco, io
vi mando come pecore in mezzo ai lupi» (Mt 10,16).
7
Il primo di questi precetti è lo stabile fondamento della sacra 965
Regola dei frati Minori; il secondo ne è il nobile complemento,
essendovi inserite le norme che spettano alla formazione all’ufficio

(10) Nel testo del ms. 74 manca il verbo in quanto è sottinteso congruebat; invece il
Gamboso nella sua edizione ha aggiunto valde est consentanea.
Legenda Raimondina 375

della predicazione. 8 È felice questo santo, che la spada del perse-


cutore non spaventò, ma invitò con lo stimolo della carità al desi-
derio della morte, affinché fosse «gloria delle sue narici il terrore»
(Gb 39,20).
9
966 Ora, per disposizione di Colui che ha promesso ai suoi di ac-
correre con ogni provvidenza (Mt 28,20), in quel tempo abitavano
nei pressi di Coimbra, nel luogo che è detto Sant’Antonio (11), i
frati Minori, semplici nel sapere, ma che nella coscienza si adatta-
vano con tutte le forze alle regole evangeliche ed erano silenziosi e
luminosi predicatori della vita evangelica senza glosse che distrag-
gono. 10 Costoro come veri poveri, vivendo della misericordia degli
uomini da mendicanti – sull’esempio di colui che, come scrive san
Girolamo, si nutriva dei cibi altrui (12), e che si sostentava fisica-
mente a spese delle sante donne che lo accompagnavano, come
testimonia il racconto evangelico secondo Luca (Lc 8,2-3) – veni-
vano assiduamente nel monastero in cui l’uomo di Dio dimorava,
per chiedere l’elemosina.
11
967 Un giorno questo santo, avvicinandosi ad essi quando venne-
ro, rivelò loro il suo proposito sia riguardo all’ingresso nell’Ordine
sia riguardo al desiderio del martirio per cui ardeva. 12 Ed essi, go-
dendo di questo suo santissimo desiderio, stabilirono il giorno in
cui egli avrebbe indossato l’abito della famiglia religiosa.
13
Il servo di Cristo, dunque, non recedendo dal suo proposito,
una volta ottenuto il permesso dalla guida del collegio per compie-
re una giustizia abbondante (Mt 3,15), nel giorno fissato fu rivesti-
to dell’abito della famiglia religiosa poverella nello stesso monaste-
ro. 14 Mentre i frati stavano per andarsene, assieme al glorioso neo-
fita della loro gioiosa semplicità, un canonico di quella stessa
chiesa, salutando l’uomo santo con l’amarezza nel cuore, con un
impeto forse profetico esclamò cosı̀: «Va’, va’, perché sarai san-
to!». 15 E il santo, voltandosi verso di lui, senza negare alla leggera
quelle parole e senza confermarle con ostentazione, non essendo
stato offuscato nell’udito dalle lodi, schivando la gloria in entrambi
i casi, mostrò vera grandezza di cuore nell’umiltà del discorso, af-
fermando: «Quando sentirai che sono santo, certamente colmerai
di lodi Dio».
16
968 Poiché quella dimora, che per l’uomo santo era stata l’occa-
sione di cambiare professione e di domare totalmente il mondo,
era detta Sant’Antonio, i frati nella loro semplicità, che è solita
dirigere con assoluta sicurezza i santi, gli imposero il nome di An-
tonio, come se fosse derivato da una stirpe spirituale o da un trion-

(11) Cf. testo latino: locus; cf. Assidua 602, nota 5.


(12) Cf. SAN GIROLAMO, Epistulae, 52, 11, p. 433.
376 Vite di Antonio di Padova

fo. 17 E ciò fu giusto, perché Antonio sembra che vada inteso eti-
mologicamente come «tutto proteso verso le cose che stanno di-
nanzi». Egli, infatti, fin dall’inizio della sua fanciullezza, secondo
la dottrina apostolica, non cessò di essere proteso verso le cose che
stavano davanti (Fil 3,13). 18 Poté essere chiamato Antonio anche
perché con il tuono dell’elevatissima predicazione egli percosse la
durezza dei cuori terreni.

Capitolo 5
COME ANDÒ A MARRAKECH E POI VENNE IN ITALIA
1
L’uomo santo, che rifletteva preoccupato sulla sua vocazione, 969
conformò alla Regola con tutte le sue forze il comportamento e,
per non portare in modo equivoco il nome di frate Minore, egli,
non sentendosi niente di grande (Rm 12,16), nascondendo agli oc-
chi umani il tesoro del suo cuore (Lc 6,45), per non essere esposto
– come un tempo accadde a mo’ di esempio al re Ezechia – al
compiacimento di Babilonia (2Cr 32,31; 2Re 20,12-17), desiderò
mostrarsi minimo tra i Minori.
2
Poiché lo Spirito spingeva avanti il suo cuore e lo incalzava 970
nello zelo della predicazione della fede e nella sete del martirio,
egli ottenne il permesso richiesto di recarsi nella patria del popolo
saraceno: «Con impeto va incontro alle armi, sprezza la paura, né
retrocede davanti alla spada» (Gb 39,21-22). 3 Ma, poiché a un po-
polo irritante e ostinato talvolta, per giudizio divino, viene sottrat-
ta la dottrina della verità, il Signore, volendolo riservare a maggiori
vantaggi della sua Chiesa, oppose resistenza al suo proposito e,
una volta che egli fu entrato nella terra dei saraceni, lo colpı̀ con
il fastidio di una malattia penosa per tutta la durata dell’inverno.
4
Cosı̀ egli, pur cercando senza dubbio la morte, non la trovò, 971
perché è scritto: «Resterai muto; cosı̀ non sarai più per loro uno
che li rimprovera, perché sono una genı̀a di ribelli» (Ez 3,26). 5 Il
santo, capendo di essere distolto dal sacro proposito a causa del
fastidio della malattia, per eliminare l’ostacolo dell’infermità, deci-
se di rientrare nella Penisola iberica per recuperare la salute, affin-
ché fosse imminente la felicità di realizzare il suo desiderio una
volta che egli fosse guarito.
6
Egli, salendo su un’imbarcazione per questo scopo, per ordine 972
di Colui a cui «il vento e il mare obbediscono» (Mc 4,41), dopo
essere stato allontanato dalla Penisola iberica, fu trasportato in Si-
cilia da un vento contrario, ma cooperante al bene (Rm 8,28), co-
me rivelerà il seguito del racconto. 7 E poiché in quello stesso luogo
venne a sapere dai frati che era imminente il momento della cele-
Legenda Raimondina 377

brazione del capitolo generale di Assisi (13), egli, facendo violenza


al suo corpo privo di forze e affrettandosi là come poté, fu presen-
te alla celebrazione del capitolo.
8
973 Terminato il capitolo secondo l’usanza e dopo che i frati furo-
no destinati a diversi luoghi e uffici, solamente Antonio, poiché era
nuovo nell’Ordine e sconosciuto in quelle zone, dal momento che
era radicato nella forza della sua semplicità, non fu richiesto per la
dignità di nessun ufficio né per l’obbedienza speciale di una comu-
nità. 9 D’altra parte, nell’epoca di quella santa semplicità, non era
stabilito il numero dei partecipanti al capitolo generale in base agli
statuti dell’Ordine. 10 E per di più, sebbene avesse predisposto le
parti nascoste del suo petto al tesoro della sapienza (Col 2,3), tut-
tavia egli era ritenuto da tutti ignorante e inetto, poiché desiderava
di più essere trascurato che essere messo al comando, e nasconde-
va ogni grazia sotto un aspetto semplice, non mendicava nessuna
amicizia umana, serviva non per farsi vedere da qualcuno (Ef 6,6)
e non induceva nessuno a un affetto personale, come il più sempli-
ce tra i semplici.
11
974 Quanto è veramente raro nei volatili nascondere un’ala che
splende d’argento assieme ai riflessi dell’oro (Sal 68,14)! 12 O get-
tare innanzi verso l’altare, nel posto delle ceneri, il gozzo assieme
alle piume (Lv 1,16), ossia l’ostentazione di un discorso erudito
assieme alle altre eccellenze della grazia! 13 Inoltre egli, come mo-
dello di perfettissima vita religiosa, non avendo tempo per divulga-
re chiacchiere e non aprendo la bocca per futili discorsi, sollevato
per quasi tutto il tempo nel conforto della preghiera, si chiudeva
nella camera (Mt 6,6) a tal punto che, affidando solo a Dio il suo
progresso e miglioramento, ignorava ancora interamente le distin-
zioni degli uffici dell’Ordine: ministro, custode, guardiano.

Capitolo 6
COME VENENDO IN ROMAGNA
VISSE NELLO STESSO LUOGO IN MODO AUSTERO

1
975 Mentre egli rimaneva inesperto in modo cosı̀ salutare, si pre-
sentò la provvidenza celeste, che dirige i cuori dei governanti (Pr
21,1), e spronò frate Graziano, allora ministro dei frati della Roma-
gna (14), a chiedergli con sollecitudine se avesse ricevuto l’ordine
del sacerdozio. 2 Al richiedente egli rispose in modo assai breve di

(13) Cf. Assidua 609, nota 6.


(14) All’epoca di sant’Antonio (almeno fino al 1230) l’Italia Settentrionale costi-
tuiva la provincia minoritica di Lombardia, di cui faceva parte anche la Romagna.
378 Vite di Antonio di Padova

essere sacerdote, evitando con la concisione il pericolo della loqua-


cità (Pr 10,19). 3 Infatti in quel tempo nell’Ordine vi era grande
scarsità di sacerdoti per la semplicità della maggior parte dei frati
e anche per l’umiltà di alcuni che rifiutavano il sacerdozio, e questi
fattori facevano in modo che in principio mettesse radici profon-
dissime quell’albero che avrebbe offerto i frutti nelle parti più alte.
4
Infine frate Graziano condusse con sé in Romagna il nobile 976
sacerdote Antonio, dopo averlo richiesto al ministro generale del-
l’Ordine. 5 E una volta che egli raggiunse la meta, sei frati laici che
servivano con occhio semplice (Mt 6,22) il Signore nell’eremo di
Montepaolo (15), osservando che in Antonio brillavano vari segni di
santità, si meritarono felicemente di ottenerlo, dopo averlo richie-
sto al ministro già nominato per la celebrazione della liturgia con
grande insistenza di preghiere. 6 E ciò fu certamente vantaggioso,
dal momento che la divina clemenza favorı̀ i desideri dell’uomo
santo, che aveva sempre aspirato a luoghi lontani dal frastuono e
che, senza proccuparsi di doverlo fare, ottenne in questo modo
dalla provvidenza celeste ciò che la sua anima desiderava: «La con-
durrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16).
7
E poiché, come è molto salutare ascendere all’eremo, cosı̀ allo 977
stesso tempo è molto dannoso non attenersi alle condizioni dell’e-
remo, l’uomo santo, scorgendo un giorno una cella costruita da un
frate in una grotta e adatta ai sospiri della preghiera, una volta che
la ebbe richiesta con insistenza e ottenuta, non la tenne occupata
per pigrizia o per curiosità, rallegrandosi vivamente per il fatto di
avervi trovato il sepolcro dello spirito. 8 Infatti, entrando in essa
come nella torre di Davide (Ct 4,4) dopo la celebrazione quoti-
diana della liturgia, lı̀ si rifugiava totalmente negli abbracci di Ra-
chele (16), tenendo cosı̀ fisso lo sguardo verso Gerusalemme (Lc 9,
51) (17) da non avere o cercare lı̀ alcun rimedio del corpo, ma,
quando udiva il campanello dei confratelli, scendeva da loro per
ricevere le cose necessarie per il corpo assieme ad essi, non in quel
santuario della sua cella.
9
Egli gravava di ristrettezze il suo corpo con un’astinenza cosı̀ 978
grande e con digiuni a pane e acqua e con veglie che, aborrendo
nel cibo la pesantezza della quantità non meno che le attrattive di
una fine qualità, quando veniva dai confratelli, il più delle volte
camminava con passo vacillante. 10 Naturalmente sapeva che era
lodevole l’astinenza che, mentre la carne e lo spirito si combattono

(15) Cf. Assidua 610, nota 7.


(16) Rachele, moglie di Giacobbe, è il simbolo della vita contemplativa.
(17) Il Gamboso nella sua edizione aggiunge il verbo persistebat, superfluo in que-
sto passaggio e non presente nel ms. 74.
Legenda Raimondina 379

a vicenda (Gal 5,17), preferisce sublimare lo spirito con danno


della carne piuttosto che rafforzare il nemico dello spirito con l’in-
gannevole misericordia nei confronti della carne e l’esperienza del-
le cose carnali.
11
979 Infatti negli olocausti di volatili il sangue non precipita alla
base dell’altare, se non nel caso in cui, una volta squarciato il pun-
to della ferita, il capo aderisce al collo (Lv 1,14-15), e basta che
non venga completamente staccato. 12 Infatti, come in un fisico ro-
busto e rinvigorito lo spirito solitamente non è molto forte (18), cosı̀
in un corpo indebolito ed estenuato l’ascesa verso le cose divine di
solito è più facile. 13 Inoltre, la fatica della mente forse aumentò la
debolezza del corpo. Certamente quanto la frequente meditazione
sia un tormento per il corpo è evidente nell’esempio dell’uomo dei
desideri (19), che dopo la visione dei segreti celesti, allentate le arti-
colazioni, dichiarò che non era rimasta in lui alcuna forza (Dn
10,16).
14
980 Dunque, una volta rafforzato cosı̀ vivamente lo spirito, l’uo-
mo di Dio cominciò ad aprire gli occhi da ogni parte e a valutare
che i frati salivano e scendevano sulla scala di Giacobbe (Gen
28,12), e ora riposavano con Maria, ora servivano con sollecitudi-
ne assieme a Marta (Lc 10,39-40). 15 Egli, d’altra parte, per questo
motivo cominciò a vergognarsi fortemente e a incolpare se stesso
per il fatto di aver ricevuto i faticosi servizi dei confratelli, non
contraccambiandoli a sua volta con qualcosa di simile.
16
Perciò, essendo intenzionato a costruire per sé una scala ver-
so le cose ardue, a partire dai due fianchi dell’asprezza e dello svi-
limento o della condizione umile con i pioli dell’esercizio quotidia-
no, chiese in ginocchio al guardiano che gli venissero affidati gli
incarichi di lavare gli utensili della cucina e i piatti e di spazzare
la casa. 17 Sapeva, infatti, che la superbia è sconvolta da una spon-
tanea condizione umile e che l’insolenza del corpo è completamen-
te domata dalla fatica (20).
18
981 Confidando, dunque, in quell’incarico che gli era stato asse-
gnato, lo eseguiva instancabilmente e con grande devozione, e
quanto più si umiliava esteriormente, tanto più intensamente e in-
teriormente si abbassava vantandosi nel Signore (1Cor 1,31; 2Cor
10,17). 19 Portando a termine ogni giorno servizi di questo tipo,

(18) Nel testo del ms. 74 si è certamente verificata un’omissione: è preferibile


pensare a un non omesso piuttosto che introdurre minus nel testo, come invece ha
fatto il Gamboso.
(19) L’uomo dei desideri, in base alla versione della Vulgata, è il profeta Daniele:
Dn 9,23; 10,11.19.
(20) Si è preferito omettere l’aggettivo introdotto dal Gamboso dopo labore in
quanto non presente nel testo del ms. 74 e non indispensabile in questo contesto.
380 Vite di Antonio di Padova

spinto dalla forza dell’amore di Cristo, ritornava sempre, sotto


l’impeto dello Spirito, a quella sua cella del vino (Ct 2,4), poiché
sapeva che gli animali che possono nuotare sono immondi tranne
quelli che, muniti di pinne, guizzano sulle acque (Lv 11,9-10), e
che è proprio degli animali focosi unire al tragitto un ritorno af-
frettato (Ez 1,13-14).

Capitolo 7
COME FU RIVELATO A FORLı̀ IL SUO GRANDE SAPERE

1
Il Signore, volendo innalzare sul candelabro la lampada che 982
aveva acceso (Mt 5,15), fece in modo che la sapienza di Antonio
fosse manifestata al di sopra del limite e della facoltà di percezione
umani in un’occasione straordinaria. 2 Poiché, dopo molto tempo,
avvenne che frati provenienti da diverse zone si riunissero nella
città di Forlı̀ per un duplice motivo, ossia per ricevere gli ordini
sacri e per trasferirsi poi all’imminente capitolo provinciale, 3 lı̀
dunque, quando si radunò la moltitudine di frati, assieme anche
ad alcuni frati Predicatori, tra loro fu presente sant’Antonio, che
non abbandonava la regola della sua semplicità.
4
Dopo che i frati si furono riuniti, secondo l’usanza, all’ora del- 983
l’incontro spirituale, il ministro del luogo (21) cominciò a supplica-
re i frati Predicatori, a titolo di onore nei loro confronti, affinché
uno di loro, a titolo di esortazione, esponesse all’assemblea la pa-
rola di Cristo. 5 E poiché, per volontà di Dio, essi assieme a tutti gli
altri si dichiaravano impreparati, con lo slancio del Signore il cuo-
re del ministro comandò a sant’Antonio di esporre nel discorso
qualunque parola lo Spirito gli fornisse con l’ispirazione interiore.
6
Tuttavia il ministro non aveva valutato alcun segno di dottrina 984
nell’uomo santo, se non solo per il fatto di averlo sentito a mala
pena qualche volta mentre parlava in latino, quando la necessità
lo imponeva. 7 Antonio assieme a Mosè (Es 3,11.13; 4,1.10.13), Ge-
remia (Ger 1,6) e a simili profeti, facendo resistenza (22) con tutte le
sue forze, poiché temeva che, una volta aperto il recinto della sem-
plicità, entrasse l’avversario che sta in agguato sulla porta d’ingres-
so, ossia lo sfoggio della vanagloria, 8 iniziando, infine, a parlare
con semplicità in direzione del frastuono, come una fornace dopo
che è stata custodita nei lavori di fiamma (Sir 43,4), quanto più a
lungo era rimasto chiuso, tanto più forte eruppe per infiammare i

(21) Cf. Assidua 617, nota 10.


(22) In questo punto si adotta la lezione renitens, presente nel ms. 74 (f. 118vB), al
posto della correzione introdotta dal Gamboso.
Legenda Raimondina 381

cuori di tutti. 9 Infatti egli condensò in un breve discorso misteri di


sapienza cosı̀ grandi e luminosi che non era per niente chiaro che
cosa si dovesse ammirare di più nel servo di Dio, se la profondità
della sapienza o il fervore della devozione o l’assai provata umiltà
della santità.
10
Anzi, la capacità della sua memoria, che non aveva bisogno di
una grande quantità di libri, e quella improvvisata e del tutto inat-
tesa predicazione di cosı̀ grande finezza mostravano chiaramente
che il dito di Dio aveva tracciato nelle tavole del cuore (Dt 9,10; Pr
3,3; Pr 7,3; 2Cor 3,3) di Antonio la pienezza del sapere.
11
985 Dopo che si riscontrò questo avvenimento, Antonio fu co-
stretto ad abbandonare l’eremo per intervento di Colui che sa for-
nire «le acque al deserto» (Is 43,20) e trasformare «il deserto in
giardino» (Is 32,15), ossia nella pienezza e nel frutto del sapere.
12
Infatti divenne degnamente ministro del Vangelo (Ef 3,7) colui
che, dopo essersi consolidato innanzitutto nella vita evangelica, af-
finché la realizzazione del paramento scapolare precedesse quella
del pettorale (Es 28,4.6.15), onorava con umile silenzio il Vangelo,
fino a diventare, a malincuore, dottore della verità.
13
Proprio in questo modo i tralci della vigna, una volta potati,
producono meglio i frutti; cosı̀ germogliano i chicchi, dopo essere
stati sepolti nel terreno concimato; cosı̀ con il filo a piombo e la
cordicella del muratore devono essere estratte le pietre rientran-
ti nella parete, e quelle sporgenti devono essere smussate con il
martello.
14
986 O predicatore eccellente! La spontanea umiliazione, la since-
ra semplicità e l’irreprensibile disciplina ornavano la sua vita! 15 Lo
zelo dell’amore, la verità imperterrita e la modestia discreta pla-
smavano la sua dottrina, affinché egli fosse tra i cherubini pieno
d’occhi da ogni lato e risplendesse come un candelabro provvisto
di tre bracci da una parte e dall’altra (Es 25,32)!

Capitolo 8
LA SUA PREDICAZIONE
E LA CONVERSIONE DEGLI ERETICI

1
987 Una volta incaricato dell’ufficio della predicazione, egli, sull’e-
sempio del Signore Salvatore, andava in giro per città e castelli,
villaggi e campagne, non cercando denaro e banchetti, secondo
l’usanza delle agapete (23), ma esponeva a tutti parole di vita con
grande abbondanza e vivo fervore.

(23) Le agapete erano vergini consacrate che nei primi secoli del cristianesimo
382 Vite di Antonio di Padova

2
I potenti ammiravano nell’uomo santo la sapienza e l’eloquen-
za, mentre egli costruiva, per cosı̀ dire, immagini d’oro ornate d’ar-
gento (Ct 1,11) (24). 3 Tutti ammiravano le delucidazioni delle insi-
die dei vizi, mentre egli perforava, per cosı̀ dire, le narici del nemi-
co con le punte e faceva a brandelli il Leviatan (Gb 40, 24-25.30).
4
I singoli ammiravano i sermoni pubblici del santo e rivolti alla 988
folla che, per cosı̀ dire, «in un prodotto tessuto con diversi fili di
vari colori» (Es 28,6.15; 39,8) per poco non denunciavano i vizi
propri di ciascuno, mentre nella sua mano la spada della Parola,
dividendo giunture e midolla, colpiva pensieri e intenzioni (Eb
4,12). 5 Inoltre, ammiravano l’uomo di Dio che con parole infiam-
mate imprimeva, per cosı̀ dire, dardi infuocati (1Mac 6,51) nei
cuori di tutti.
6
Il santo non si piegava a nessun favore nei confronti delle per- 989
sone illustri, né lo faceva cedere alcuna attesa di regali (Dt 16,19),
per non mescolare, contro il precetto della Legge, miele e frumen-
to con il sacrificio del Signore (Lv 2,11). 7 Ma, come un vero abi-
tante della Media, che non cerca l’argento e disprezza l’oro (25),
piegava gli ostinati, rafforzava i pusillanimi e strappava dalle pop-
pe (Is 28,9) coloro che succhiavano il latte dei piaceri, dopo aver
impresso ferite di frecce spirituali. 8 Inoltre, senza dubbio, nessuna
paura smussava la spada (26) dello spirito (Ef 6,17) di colui che con
enorme desiderio voleva bere il calice della passione per Cristo
(Mt 20,22; Mc 10,38).
9
Capitò che egli, sollecito nel disseminare la Parola, giungendo 990
a Rimini, in quel tempo vi scoprisse un grande sovvertimento a
causa della malvagità ereticale. 10 Convocati subito i cittadini, co-
minciò ad avvolgere nella rete della predicazione le volpi che deva-
stavano le vigne (Ct 2,15), e a rivelare gli inganni deliranti degli
eretici, cosı̀ che, dopo aver istruito molto il popolo, la maggior
parte di esso da quel momento rimase attaccato fedelmente al Si-
gnore.
11
E tra questi vi era anche un eresiarca, di nome Bononillo, che 991
per trent’anni aveva sollevato la folle testa e la funesta nuca contro

vivevano castamente assieme ad ecclesiastici. Tuttavia in seguito questa usanza diede


adito a scandali e sospetti, dal momento che vennero attribuiti alle agapete eccessi di
vario tipo.
(24) Il riferimento al passo biblico deriva da una versione diversa dalla Vulgata. Cf.
BEDA, In Cantica Canticorum, I, ed. D. Hurst (CCL 119B), Turnhout 1963, p. 203;
Glossa marg. in Ct. 1,10 (Biblia latina cum glossa ordinaria, Facsimile Reprint of the
Editio Princeps Adolph Rusch of Strassburg 1480-81, II, Turnhout 1992, p. 709B).
(25) In base a un’antica tradizione gli abitanti della Media erano dediti a una vita di
sacrifici e rinunce, evitando qualsiasi comodità.
(26) Si preferisce la lezione gladium, presente nel ms. 74 (f. 120rA), al posto della
correzione operata dal Gamboso.
Legenda Raimondina 383

la fede cattolica e che, dopo essersi piegato all’umile penitenza per


mezzo dei meriti e della dottrina del santo, da quel momento ob-
bedı̀ ininterrottamente alla santa Chiesa romana. 12 Cosı̀, infatti, «il
bambino svezzato» mise «la mano nel covo del serpente velenoso»
(Is 11,8).

Capitolo 9
LA SUA FAMA E L’EFFICACIA DELLA SUA PREDICAZIONE

1
992 In quel tempo capitò che l’uomo santo fosse destinato alla Cu-
ria romana per faccende interne dell’Ordine. 2 E poiché il cuore
del re, che è in mano al Signore, è diretto dovunque egli vuole
(Pr 21,1), il santo, per volontà divina, fu accolto dal sommo ponte-
fice e dal venerabile collegio dei cardinali con tanto onore che la
sua predicazione fu ascoltata con favore da tutti. 3 Senza dubbio
egli traduceva argomenti cosı̀ ardui in parole semplici, riducendo,
per cosı̀ dire, «in strisce sottili le placche d’oro battuto» (Es 39,3),
e portò alla luce cose cosı̀ profonde che, come se fosse l’armadio
delle Scritture che tiene custodita al suo interno la Legge divina, fu
detto «Arca del Testamento» dal sommo principe della Chiesa.
4
Egli, infatti, era molto versato negli scritti mistici e, nell’ascol-
tare i libri sovraterreni di san Dionigi (27), fu condiscepolo dell’uo-
mo più erudito di tutto il secolo, ossia frate Adamo di Marsh. 5 Si
sosteneva da parte del loro comune maestro, ossia l’abate di Ver-
celli (28), che Antonio assimilasse quella dottrina deifica di gran
lunga più efficacemente di Adamo. E taccio per il momento le lodi
espresse dall’abate perché risplendono in tutte le sue sapientissime
opere.
6
993 Poiché, dunque, era stata riconosciuta la sapienza cosı̀ grande
del beato Antonio, egli fu indotto a spendere pubblicamente gli
insegnamenti della scuola per i frati e gli altri. 7 Egli, infatti, eserci-
tò per primo nell’Ordine l’ufficio di docente di scuola, per plasma-
re e consolidare lo studio e il profitto dei frati successivi.
8
Faticando «come un buon soldato di Cristo» (2Tm 2,3), Anto-
nio visitò innumerevoli province e, parlando la lingua del posto in
modo straordinario, si presentava in modo cosı̀ comprensibile agli
stranieri che il suo discorso era capito da tutti, come se egli parlas-
se contemporaneamente molti tipi di lingue.
9
994 Deve essere mantenuto a memoria, soprattutto da parte dei
frati, questo fatto: ossia che egli, poiché era veramente molto rico-

(27) Si tratta degli scritti attribuiti a Dionigi l’Areopagita.


(28) Tommaso Gallo, abate di Sant’Andrea di Vercelli.
384 Vite di Antonio di Padova

noscente, ardendo sinceramente di zelo per l’onore della sua fami-


glia religiosa, dovunque sentiva che la semplicità dei frati era di-
sprezzata e oppressa dai rivali, senza riguardo per il suo corpo,
per non dimenticare i gemiti di sua madre (Sir 7,27), offriva subito
ai confratelli oppressi il refrigerio della sua presenza. 10 E cosı̀ con la
prudenza del serpente (Mt 10,16) rintuzzava dappertutto le fauci
canine dei rivali cosı̀ che il santo povero e umile, confutando con
la sua sapienza i superbi, nello stesso tempo bugiardi e mordaci,
che assalivano la città di Dio, restituiva ai cittadini la tranquillità
(Qo 9,15). 11 Egli dunque, soffrendo in prima persona per il senti-
mento di vergogna dei frati, li confortava con le delizie della sua
sapienza, imitando la Vergine, portatrice di Cristo e di Dio, che,
compatendo il rossore di coloro che offrivano il banchetto, ottenne
per loro dal Figlio l’abbondanza di un vino squisito (Gv 2,3-10).
12
In un certo momento capitò che l’uomo di Dio, essendo pre- 995
sente a un capitolo provinciale celebrato in Provenza (29), predicas-
se con dolce modulazione della voce sull’iscrizione trionfale della
croce del Signore e sulla passione del dolce Gesù, 13 quando il san-
to padre Francesco, in quel tempo ancora in vita, si trovava molto
lontano da lı̀ in un’altra regione e si presentò sospeso in aria, ossia
nel luogo di quel capitolo, con uno stupendo genere di miracolo.
14
Infatti, quasi per congratularsi per il successo dell’uomo di Dio,
apparve agli occhi felici di un frate seduto lı̀ accanto, dopo aver
steso le braccia come sul patibolo della croce, e benedicendo i suoi
figli presenti li sigillò con il segno della croce.

Capitolo 10
COME VENENDO A PADOVA LÌ SCRISSE E PREDICÒ,
E IL DIABOLICO ATTACCO

1
Il santo, «come un vaso d’oro massiccio» (Sir 50,9) «utile per 996
ogni opera buona» (2Tm 2,21), non solo esercitava l’ufficio di do-
cente o di predicatore, ma anche si affaticò più volte nel governare
i frati, 2 finché, al tempo della traslazione di san Francesco, nel ca-
pitolo generale, un anno prima della sua morte, sollevato da fati-
che di questo tipo, gli fu riconosciuta dal ministro generale la li-
bertà generale di predicazione.
3
Non volendo, dunque, conservare inutilmente nascosto il ta-
lento (Mt 25,18.25) a lui affidato, diresse i suoi passi verso Padova,
dove riteneva che, per la provata devozione del popolo – lı̀, infatti,

(29) Ad Arles.
Legenda Raimondina 385

aveva sostato in un altro momento – il suo discorso potesse attirare


di più. 4 E una volta giunto lı̀, poiché in quel luogo, in un altro
momento, aveva composto i sermoni domenicali, lı̀ si dedicò di
nuovo a fissare per iscritto, su preghiera del signore Ostiense (30),
sermoni appropriati per le solennità dei santi che ricorrono nel-
l’anno liturgico.
5
997 A causa di questa fatica, nell’inverno seguente decise di aste-
nersi dall’inquietudine della predicazione per un certo periodo,
per poter predicare per lungo tempo nelle lingue di molti e a innu-
merevoli orecchie con il frutto persistente di quell’opera. 6 Se poi
per qualche stomaco schizzinoso e per qualche intelligenza sofisti-
cata quei sermoni sono privi di gusto, chi è cosı̀ sappia senza alcun
dubbio che la pergamena vergata d’inchiostro non può essere pari
alla penna dello Spirito Santo che scrive nelle tavole del cuore
(2Cor 3,3). 7 Infatti, come quando si dà una spada, non si trasmette
la potenza del donatore, cosı̀, sebbene la penna possa trasporre un
santo pensiero, tuttavia una pelle morta non raccoglie la potenza
dell’animo di chi scrive, «l’uomo lasciato alle sue forze non com-
prende» (1Cor 2,14) e la manna è priva di gusto per i miscredenti
(Nm 21,5).
8
998 Giunto, infine, il periodo quaresimale, il santo decise di ripo-
sarsi dalla fatica della penna, avendo l’intenzione di predicare sen-
za interruzioni per quaranta giorni per rianimare con l’alimento
della Parola il popolo che digiunava. 9 D’altra parte, con quanto
fervore e zelo desiderasse il guadagno delle anime è dichiarato dal-
la straordinaria assiduità dell’uomo di Dio. 10 Infatti, sebbene fosse
appesantito da un’obesità per nascita e fosse malato di idropisia,
tuttavia, poiché si dedicava per tutto il giorno agli uffici divini,
predicando, insegnando e ascoltando le confessioni, molto spesso
restava a digiuno fino al tramonto del sole, come l’uomo che «esce
per il suo lavoro fino a sera» (Sal 104,23).
11
999 Ma poiché il nemico del genere umano è estremamente ostile
nei confronti della salvezza delle anime, quel pessimo tramava per
eliminare fisicamente l’uomo santo, se gli fosse stato possibile.
12
Infatti una notte, verso l’inizio della quaresima, dopo che Anto-
nio aveva coricato sul letto il suo corpo affaticato per dormire, il
perfido Satana si presentò stringendo la soavissima gola dell’uomo
santo, mentre quest’ultimo riposava, poiché il demonio desiderava
soffocare quella gola stessa che, a suo disonore, dava da bere l’ot-
timo vino (Ct 7,10) della sapienza al popolo che aveva sete. 13 Ma il
santo, più forte del nemico per la fede (1Pt 5,8-9), invocato subito
il nome della Vergine gloriosa, a cui spetta schiacciare la testa del-

(30) Cf. Assidua 628, nota 14.


386 Vite di Antonio di Padova

l’empio (Gen 3,15), tracciato sulla fronte il segno della croce del
Signore, scacciò l’avversario atterrito.
14
Aperti gli occhi per vedere quel pessimo che si ritirava, vide 1000
tutta la cella, nella quale era disteso, illuminata dal cielo, 15 senz’al-
tro a causa del nome invocato di Colei che, vestita di splendori
solari, porta sul capo un diadema di stelle (Ap 12,1); il cui nome
si spande come un olio versato (Ct 1,3), alla cui vista fu distrutto il
giogo dell’empio (Is 10,27), e che sparse la sua luce sui figli delle
tenebre (31).

Capitolo 11
LA DEVOZIONE DEI PADOVANI
E IL FRUTTO STRAORDINARIO DELLA SUA PREDICAZIONE

1
Ma conviene spiegare meglio come il santo passò quella qua- 1001
resima, fondata sul servizio della Parola (At 6,4). 2 Poiché il popolo
accorreva veramente da ogni parte in una moltitudine innumere-
vole per ascoltare l’uomo santo, egli cominciò a fissare uno dopo
l’altro i luoghi delle assemblee quotidiane in varie chiese per la
città. 3 E dal momento che la moltitudine di coloro che venivano
superava incomparabilmente la capienza delle chiese, egli si trasfe-
rı̀ nei vasti spazi dei prati affinché, uscendo, per cosı̀ dire, nel cam-
po assieme al Profeta, potesse ammirare lı̀ la gloria di Dio (Ez
3,23).
4
Quando ciò fu risaputo, continuava ad accorrere a frotte dalle
città, dai castelli e dai villaggi confinanti una folla innumerevole di
entrambi i sessi, per ascoltare la parola di Cristo dal dolce eloquio
dell’uomo santo. 5 Inoltre, nelle tenebre del cuore della notte con
le lampade accese tentavano di superarsi reciprocamente, affret-
tandosi verso il luogo dell’assemblea dell’uomo santo, come se fos-
se un oracolo celeste.
6
Vi andavano a gara i vecchi, vi si spingevano a forza gli invali- 1002
di, vi accorrevano i giovani, vi si affrettavano donne delicate e no-
bili, e quelle che a stento si reggevano in piedi in altre circostanze,
correvano qua e là senza difficoltà per andare ad ascoltare l’uomo
santo. 7 Lı̀, rifiutata la ricercatezza pretenziosa nel vestire, le perso-
ne raffinate di entrambi i sessi rimanevano sedute con più atten-
zione, ascoltando con grande tranquillità la Parola sino alla fine.
8
Lı̀ i più saggi erano attratti dalle semplici parole del Vangelo, af-

(31) Si preferisce, in questo caso, seguire il testo del ms. 74 (f. 122rB) al posto della
correzione apportata dal Gamboso.
Legenda Raimondina 387

finché si scorgessero i leoni che si cibavano di paglia come i buoi


(Is 11,7).
9
1003 Rivolgevano l’attenzione alla Parola con tanta avidità che in
mezzo alle molte migliaia di uomini che lo seguivano, a stento si
udiva qualche rumore mentre egli predicava. 10 Inoltre i venditori,
chiuse le botteghe dei prodotti in vendita, poiché le piazze si erano
svuotate, non potevano e neppure osavano vendere assolutamente
nulla, fino al momento in cui, terminato il sermone, i singoli ritor-
navano alle loro dimore.
11
1004 Anche il reverendo padre vescovo di Padova, seguendo con
devozione il servo di Dio Antonio, con il suo esempio divenne il
modello del gregge, conducendolo a pascoli molto rigogliosi e «al-
le fonti delle acque della vita» (Ap 7,17). 12 Cosı̀ dunque, in una
certa misura si rinnovò nel servo quello che si legge essere avvenu-
to in precedenza in modo più sublime nel Signore, perché quando
egli si fermò «in un luogo pianeggiante», stette in piedi presso di
lui «una gran folla di suoi discepoli e una gran moltitudine di gen-
te da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e Si-
done, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro
malattie» (Lc 6,17-18).
13
1005 Sebbene questo santo non brillasse ancora dappertutto con
miracoli corporei, tuttavia glorificava la maestà del Signore con
segni più potenti. 14 Infatti, grazie all’efficacia della sua predicazio-
ne, coloro che erano in discordia tra di loro furono riconciliati,
affinché il lupo e l’agnello si sdraiassero assieme accanto (Is 11,
6); i prigionieri furono rimessi in libertà, affinché la sua predica-
zione fornisse il perdono ai prigionieri (Is 61,1); 15 gli usurai e i
ladri furono indotti alla restituzione, affinché il vitello, il leone e
la pecora pascolassero insieme (Is 11,6); gli scandalosi di entrambi
i sessi furono richiamati alla penitenza, affinché la sua spada pene-
trasse fino al punto di divisione della carne e dello spirito (Eb
4,12); 16 e tanti altri furono punti durante la sua predicazione che
né i frati né gli altri sacerdoti, che in gran numero seguivano il
santo, erano sufficienti per ascoltare le confessioni dei penitenti.
17
«Non recheranno danno né uccideranno in tutto il mio santo
monte, perché la terra è stata riempita dalla conoscenza del Signo-
re» (Is 11,9).
18
1006 Cosı̀, dunque, trascorrendo il digiuno quaresimale nel nutri-
mento spirituale degli altri, radunò con le sue fatiche una messe
gradita al Signore. 19 Ormai, non erroneamente, la straordinaria de-
vozione di tutto il popolo per i suoi meriti era tanto temeraria che,
se qualcuno poteva tagliare una piccola parte della sua veste, si
rallegrava di possedere delle reliquie non da poco. 20 Inoltre, se
qualcuno fu degno di parlare con lui e di toccarlo, lo ritenne pro-
prio un dono straordinario.
388 Vite di Antonio di Padova

Capitolo 12
LA CELLA ALLESTITA SUL NOCE
E COME PREDISSE LA GLORIA DI PADOVA
1
Trascorsa la fatica quaresimale, egli continuava a esercitare 1007
l’ufficio della predicazione nei momenti opportuni, come conveni-
va, fino al momento in cui, poiché le messi diventavano bianche,
provvedendo al bene comune, lasciò andare il popolo a occuparsi
della raccolta dei cereali. 2 Nel frattempo egli, discepolo del sussur-
ro che non si sente nel frastuono (1Re 19,12), si ritirò in un luogo
solitario presso la località che è chiamata Camposampiero, fuggen-
do la moltitudine, dalla cui conversazione era stato affaticato.
3
Lı̀, in un bosco vicino alla dimora dei frati che abitavano in 1008
quello stesso luogo, sopra un albero di noce largo nei rami, Anto-
nio ottenne da un nobile (32) devoto all’Ordine che gli venisse alle-
stita proprio dalle mani delicate di costui una cella di stuoie, come
se egli andasse a cercare frutti nel giardino dei noci (Ct 6,11). 4 Co-
sı̀, infatti, si legge che moltissimi santi scelsero per sé luoghi alti e
lontani da terra, affinché la condizione stessa del luogo li incorag-
giasse ad avvicinarsi alle cose celesti.
5
Per istruire a ciò, il Salvatore insegnava (Mt 5,1-2), pregava (Lc 1009
6,12; 9,28) e passava la notte (Lc 6,12) sui monti. 6 Istruito su que-
sto, Francesco ricevette su un monte (33) le stimmate gloriose come
frutto di un’assidua preghiera. 7 Dunque in questa cella l’uomo de-
votissimo a Dio di giorno e di notte «dispose nel suo cuore le
ascensioni» (Sal 84,6) e scelse in alto (34) una mistica impiccagione,
perdendo volontariamente ogni speranza per questa vita e deside-
rando sempre di morire per iniziare felicemente la vita immortale.
8
Perciò egli seppe in anticipo la sua beatissima morte, prima di 1010
adempiere i suoi obblighi verso il Creatore. 9 Infatti quindici giorni
– o quasi – prima che una grave infermità distruggesse quella sua
dimora terrena (2Cor 5,1), dopo essersi stabilito su un colle sovra-
stante Padova, onorava con grandi elogi l’assetto della città stessa,
sostenendo che essa sarebbe stata ornata da un grande onore nel
giro di pochissimo tempo per volere divino. 10 Sebbene l’umile san-
to avesse deciso di passare sotto silenzio quell’onore, tuttavia l’evi-
denza dei fatti insegna a comprendere nella sua predizione la sepol-
tura in Padova del corpo glorioso, la protezione dell’uomo santo, lo
splendore dei miracoli e del popolo confinante che affluiva (35) da
lontano verso la città resa illustre dalle reliquie del santo.

(32) Cf. Assidua 642, nota 15.


(33) La Verna.
(34) Ossia sull’albero.
(35) Si preferisce la lezione del ms. 74 confluentis (f. 123vB) al posto della corre-
zione operata dal Gamboso.
Legenda Raimondina 389

Capitolo 13
IL GLORIOSO TRAPASSO DEL BEATO ANTONIO
1
1011 Il santo, assiduo frequentatore di quella cella sul noce, un gior-
no, dopo essere sceso alla chiamata della campana presso i confra-
telli all’ora di pranzo, assalito dall’infermità tra di essi mentre man-
giavano, si alzò da tavola. 2 Risparmiando il fastidio a quei pochi
confratelli, anche perché l’Altissimo disponeva che quella illustre
città non fosse privata del sacro corpo del morente, dopo essere
stato posto sopra un carro, veniva condotto a Padova.
3
1012 Mentre il santissimo confessore si avvicinava alla città, gli ac-
corsero incontro due frati famosi, che dimoravano in una cella
presso il monastero delle Povere Signore (36) e celebravano per lo-
ro la liturgia secondo la consuetudine dell’Ordine. 4 Essi, quando
si accorsero che il santo era oppresso da una gravissima infermità,
lo supplicarono di cambiare direzione, recandosi presso la loro
cella, perché egli avrebbe guadagnato lı̀ una quiete maggiore ri-
spetto alla dimora dei frati situata nella città. 5 Il santo, approvan-
do le loro ragionevoli parole persuasive, si fermò nella cella assie-
me ai confratelli. 6 Tuttavia la malattia subito si aggravò, cosa che i
segni di grande ansietà manifestavano. 7 Dopo essersi riposato per
poco tempo, una volta compiuta la confessione e ottenuta l’asso-
luzione, cominciò a proclamare quell’inno della beata Vergine: «O
gloriosa Signora». E giacendo per un certo periodo di tempo con
gli occhi fissi al cielo, si meritò che il cielo gli si manifestasse in
modo invisibile e intellettuale. 8 Infatti quando il frate che lo sor-
reggeva gli chiese che cosa scorgesse, egli rispose: «Vedo il mio
Signore». 9 Giustamente vide Colui che, ormai bussando alla por-
ta, stava per cenare proprio con lui nel banchetto eterno (Ap
3,20).
10
1013 Poiché l’aggravarsi della malattia indicava che era imminente
la felice dipartita dell’anima, i frati decisero di segnarlo con l’olio
della sacra unzione. 11 Sebbene l’uomo santo fosse colmo di un’un-
zione invisibile, tuttavia ricevendo con il dovuto rispetto il sacra-
mento richiesto, una volta giunte le palme delle mani protese, can-
tando con i confratelli completò sino alla fine i salmi penitenziali.
12
«Canterò inni al mio Dio finché esisto» (Sal 146,2). 13 Poi, una
volta svanita l’agonia durata circa mezz’ora, quell’anima santissi-
ma, liberata dalla prigione del corpo, passò a quella regione peren-
nemente libera e piena di delizie che è «la Gerusalemme di lassù»
(Gal 4,26). 14 Il suo corpo presentava l’aspetto di uno che dormiva,
tuttavia con le mani diventate bianche superava la bellezza del co-

(36) Il monastero di Santa Maria della Cella (Arcella).


390 Vite di Antonio di Padova

lorito precedente. 15 Le stesse membra del corpo, prive della rigidi-


tà che la morte solitamente causa, si mostravano mobili secondo i
desideri di coloro che le toccavano.
16
O beatissimo atleta di Cristo! Calpestati i pericoli del mondo, 1014
secondo il dettame evangelico, in nessun caso fermandosi né es-
sendo tiepido con instancabile corsa sulla via più dritta, comin-
ciando dal basso egli raggiunse le zone più alte e, «giunto alla per-
fezione» all’età di trentasei anni, con una corsa velocissima «con-
seguı̀ la pienezza di tutta una vita» (Sap 4,13).
17
O illustrissimo portatore del nome divino! Sebbene non lo 1015
avesse per nulla innalzato il titolo della dignità ecclesiastica (37) –
che viene conferito a molte persone indegne –, tuttavia lo ornaro-
no in modo assai eccellente, con profitto indicibile delle anime, la
realtà e il frutto del titolo con il merito dell’onore eterno.
18
O santissimo discepolo della santa semplicità! Anche se egli 1016
preferı̀ nascondere se stesso e le proprie opere dalle acclamazioni
caduche, tuttavia per volontà di Colui che governa ogni cosa fu
costretto a irradiare con grande ampiezza.
19
O santissimo rinnegatore di se stesso, in conformità al Vange- 1017
lo, e portatore della croce del Signore (Mt 16,24)! Anche se egli fu
strappato controvoglia alla spada dell’infedele, tuttavia con l’ar-
dente desiderio della morte, la volontaria offerta di se stesso, la
difficoltà di una fatica di lunga durata, la vigorosa sopportazione
delle malattie, l’ardore dello zelo, 20 l’incessante sollecitudine, «il
crogiuolo della povertà» (Is 48,10), il silenzio della solitudine, il
trionfo dell’astinenza, il pericolo per mare e per terra, quasi con
una testimonianza molteplice, compensò in qualche modo la via
breve delle ferite del corpo e della morte procurata.
21
Infatti non è di gran lunga degna di minor elegio «la palma
innalzata in Cades» da una cosı̀ molteplice santità rispetto alle
«piante di rose in Gerico» (Sir 24,14), ossia il martirio di colore
rosso che fiorisce sopra la nostra caducità.
22
Ecco, sono state ricordate poche cose della vita del santo per 1018
coloro ai quali ora la clemenza di Dio le avesse rivelate, cose che
l’umiltà del santo nascose a ogni umana percezione (38). 23 Infatti
quante grandi cose crediamo che egli abbia nascosto agli occhi
umani, lui che per tanto tempo tenne nascosto il tesoro della sa-
pienza, lui che desiderava tanto costruire luoghi solitari e nascon-
dere se stesso ai mortali!

(37) L’agiografo qui allude all’ordine episcopale, di cui Antonio non era stato in-
vestito.
(38) Nel ms. 74 della Biblioteca Antoniana è evidente un luogo corrotto: con
buona probabilità si tratta di un «saut du même au même», che rende incompleta la
frase.
Legenda Raimondina 391

24
L’uomo santo morı̀ nell’anno del Signore 1231, nel mese di
giugno, di venerdı̀, sotto il comando del Signore nostro Gesù Cri-
sto, cui è onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Capitolo 14
LA SOLENNE TRASLAZIONE DEL CORPO DEL BEATO ANTONIO (39)
1
1019 Mentre i frati tenevano nascosto con cura il trapasso dell’uo-
mo santo, affinché la stretta cella non fosse assediata dall’accorrere
del popolo, per ispirazione di Colui che «rende eloquenti le lingue
dei bambini» (Sap 10,21), che voleva incitare il popolo devoto al-
l’onore del santo, i fanciulli gridavano per la città dicendo a frotte:
«È morto il padre santo! È morto sant’Antonio!». 2 Una volta udi-
to ciò, improvvisamente per ogni parte della città accorsero i citta-
dini, sia i potenti, staccatisi a forza dagli ozi, sia i meno importanti,
lasciati da parte i lavori, piangendo con grande commozione il tra-
passo dell’uomo santo. 3 Alcuni, invece, si rallegravano piuttosto
assieme al defunto, dicendo che non doveva essere compianto co-
lui che per l’evidenza della santità aveva meritato di unirsi agli abi-
tanti del cielo con una morte preziosa (Sal 116,15).
4
1020 E poiché il sepolcro glorioso è un tesoro desiderabile e le reli-
quie di un uomo santo procurano una protezione di grande aiuto,
improvvisamente si verificò una divisione nel popolo, dal momen-
to che alcuni in favore delle Povere Signore volevano che presso di
loro rimanesse sepolto il corpo, mentre altri, invece, desideravano
che la sacra salma fosse portata subito per essere seppellita nella
chiesa della Santa Madre di Dio (40), ossia nella dimora dei frati
nella parte meridionale della città.
5
Infatti il santo, mentre era in vita, aveva preferito quella dimo-
ra a tutte le altre per il suo soggiorno e, mentre giaceva nel mo-
mento finale della sua malattia, aveva dato disposizione di essere
sepolto lı̀.
6
1021 L’ardore del popolo diviso non era manifestato solo da lotte
verbali, ma anche da una moltitudine di persone armate da una
parte e dall’altra che si sollevava reciprocamente l’una contro l’al-
tra in modo ostinato e implacabile.
7
Ma per la provvidenza di Colui che «è la nostra pace» (Ef
2,14), dalla loro divisione emerse questa utilità, ossia che alcuni
di coloro che ardevano di zelo per una fazione contro gli altri, i

(39) Nel ms. 74 (f. 125rA) al posto di questo titolo è presente la rubrica In octava
sancti Antonii.
(40) La chiesa di Santa Maria Mater Domini.
392 Vite di Antonio di Padova

quali erano risultati in precedenza discordi fino alla distruzione


per un antico odio e per una guerra civile, in occasione della pia
e concorde discordia contro gli altri si riunivano in un vincolo di
pacifica alleanza (Ef 4,3) e si congiungevano reciprocamente con
la struttura a incastro fatta sui lati opposti di questa tavola (41) (Es
26,17).
8
Inoltre quella stessa notte accadde un altro fatto, straordinario 1022
a dirsi. Infatti dopo che i frati che dimoravano nella cella, come è
consuetudine, si erano chiusi dentro, una volta serrate le porte, al
crepuscolo della sera, ecco giungere una moltitudine ardente di
persone che infranse per tre volte in una sola notte i catenacci e
aprı̀ con impeto le porte, nel desiderio di vedere e toccare il sacro
corpo. 9 Ma per comando di Dio, come gli stessi in seguito confes-
sarono pubblicamente, pur essendo state aperte con impeto e chia-
ramente le porte, se ne stavano fuori pieni di stupore, poiché, pur
essendo la casa piena di luce, con gli occhi aperti non vedevano
l’ingresso.
10
Una volta spuntato il mattino, ecco alzarsi una stupefacente 1023
agitazione e tutta la città si volse al disordine. 11 Infatti coloro che
erano zelanti a favore delle Povere Signore abbatterono il ponte e
distrussero le navi con le quali il santo corpo doveva essere tra-
sportato; gli altri, al contrario, per ottenere il corpo, si preparavano
minacciosamente a battaglie e uccisioni, 12 finché, dopo una grande
insistenza di preghiere elevate dai frati per propiziarsi il cielo, Dio
per mezzo del podestà pose fine alla discordia della città.
13
Una volta stabilito, infine, che il corpo fosse portato nella 1024
suddetta chiesa della Vergine Gloriosa, giunse alla cella il vescovo
assieme al clero e a una innumerevole moltitudine di forestieri. 14 Il
corpo, dunque, fu trasportato solennemente con innumerevoli lu-
mi e altri splendidi segni di solennità; e, in un luogo dignitoso, il
quinto giorno dal suo trapasso, fu consegnato con onore alla se-
poltura.
15
In quel luogo, dopo che il corpo vi aveva riposato per tren- 1025
t’anni (42) o all’incirca, il sepolcro venne aperto, con la finalità di
una traslazione, dal reverendissimo padre fra’ Bonaventura (43), mi-
nistro generale, poi vescovo di Albano. 16 E mentre la carne nella
sua totalità era ridotta in polvere simile a sabbia, solo la lingua del

(41) La tavola è Antonio. Si preferisce, in questo caso, la lezione huius, presente nel
ms. 74 (f. 125vB), al posto della correzione operata dal Gamboso.
(42) In realtà erano trascorsi più di trent’anni, dal momento che la ricognizione dei
resti mortali di sant’Antonio avvenne l’8 aprile 1263. Nel ms. 74 (f. 126r A) in origine
era scritto che il corpo del santo prima della traslazione era stato sepolto per vent’an-
ni, dato poi corretto da mano posteriore.
(43) Bonaventura da Bagnoregio.
Legenda Raimondina 393

santo, che era stata la tromba di Cristo e lo strumento dello Spirito


Santo e il paletto di bronzo del Tabernacolo (Es 38,20), fu trovata
cosı̀ integra e appuntita da sembrare piuttosto quella di un uomo
vivo.
17
1026 Gioisca la santa madre Chiesa, confortata dalla dottrina e dai
meriti di un cosı̀ grande difensore!
18
Si rallegri la famiglia religiosa «poverella sconvolta dalla tem-
pesta» (Is 54,11), resa forte dalla partecipazione di un padre cosı̀
grande!
19
Si consoli la dedizione allo studio di coloro che insegnano, in
particolare dei poveri di Cristo, iniziata da un tale capostipite!
20
Si rallegri lo zelo di coloro che predicano e che si sforzano di
imitare la vita e la dottrina dell’uomo santo!
21
1027 Gioisca la cattolica città di Padova, illuminata da tanti benefi-
ci per mezzo di lui, mentre era in vita e da morto!
22
Questa città, infine, dopo un periodo di molti anni, oppressa
dal crudelissimo tiranno Ezzelino (44), nell’ottava della solennità
del beato Antonio, senza dubbio per i suoi meriti, fu degna di es-
sere liberata dal furore di quel perfido oppressore, il 20 giugno
dell’anno 1256. 23 E fino ad oggi la stessa città, con un rito che
ricorre ogni anno, riconosce pubblicamente questo evento con im-
mensa gioia.

Capitolo 15
LA MAGNIFICA CANONIZZAZIONE DEL BEATO ANTONIO
1
1028 Dal momento che divenivano frequenti i miracoli, la moltitu-
dine del clero e del popolo gridò che si procedesse da parte della
Curia con la dovuta rapidità alla canonizzazione di sant’Antonio
confessore. 2 Il vescovo assieme ai chierici, il podestà assieme ai
cittadini padovani, una volta presa la decisione, quando non era
ancora trascorso un anno (45) dopo la morte dell’uomo santo, per
quella faccenda spedirono presso la Curia illustri portavoce. 3 E,
dopo che essi furono ricevuti con manifestazioni di ossequio dal
signor papa Gregorio IX, da quest’ultimo con parere unanime
dei suoi confratelli cardinali l’esame dei miracoli fu affidato al ve-
scovo di Padova e ai priori di San Benedetto (46) e dei frati Predi-
catori.

(44) Ezzelino III da Romano; sulla relazione tra Ezzelino e Antonio, cf. R IGON,
Religione e politica, pp. 389-414.
(45) Si preferisce, in questo caso, mantenere la lezione del ms. 74 (f. 126v A). In
realtà non era trascorso neanche un mese in base al testo dell’Assidua.
(46) Cf. Assidua 700, nota 22.
394 Vite di Antonio di Padova

4
Quando la certezza dei miracoli fu appurata senza possibilità 1029
di errori e fu annunciata alla Curia romana, alcuni tra i cardinali
venerandi nei costumi e prudenti nel comportamento si opposero
all’accelerazione di una procedura cosı̀ importante, perché dal tra-
passo dell’uomo santo non era ancora passato un anno intero.
5
Colui che governa tutte le cose e che esalta con gloria e onore i
santi rimosse subito questo impedimento con un prodigio celeste.
6
Infatti uno dei cardinali vide in sogno il signor papa, ornato
delle vesti pontificali, prepararsi alla consacrazione di una chiesa,
mentre lo assisteva il collegio dei cardinali. 7 Quando giunse l’ora
della consacrazione, il santo pontefice richiese, come è solito acca-
dere, le reliquie da riporre nell’altare. 8 E mentre coloro che lo as-
sistevano dichiaravano di non avere nessuna reliquia, veniva nota-
to che un corpo morto da poco giaceva lı̀ vicino, avvolto in bende.
9
Scorgendolo, il sommo pontefice disse: «Portate queste nuove 1030
reliquie da riporre nell’altare». 10 Agli assistenti, che affermavano
che si trattava di una salma e non di reliquie, il pontefice disse:
«Togliete il velo con cui è coperto affinché vediamo che cosa si
nasconde più internamente». 11 Essi, sebbene controvoglia e non
entusiasti, eseguendo gli ordini, videro che il corpo era del tutto
incorrotto e, rallegratisi per le reliquie trovate, facevano a gara per
staccare ciò che potevano.
12
Dunque quel padre, che era stato confortato da questa profe-
zia, disse ai chierici che lo assistevano che era imminente la cano-
nizzazione di sant’Antonio, preannunciata da questo segno. 13 Egli
in tal modo, a causa della visione, da quel momento si rese il pro-
motore dell’operazione, affermando che la gloria di Dio e l’onore
del santo dovevano essere posti davanti a ogni consuetudine.
14
Una volta fissato il giorno della solennità, il sommo pontefice, 1031
con il consenso unanime dei cardinali e di tutti i prelati della Chie-
sa allora presenti, iscrisse sant’Antonio nel catalogo dei santi e sta-
bilı̀ che la sua festa fosse celebrata nel giorno della sua morte.
15
Questi fatti avvennero nella città di Spoleto nell’anno del Signore
1232, nel sacro giorno di Pentecoste.
16
I portavoce, dunque, ritornando con gioia prima del com-
pimento di un anno dalla morte di sant’Antonio, una volta che
fu trascorso un anno come anniversario, celebrarono la sua festa
nel giorno della sua morte con tutti i mezzi conosciuti per festeg-
giare (47).

(47) Si preferisce, in questo caso, la lezione doctrina presente nel ms. 74 (f. 127rB),
al posto della correzione apportata dal Gamboso.
II
Alcuni miracoli compiuti
per i meriti di sant’Antonio

Capitolo 16
PROLOGO
1
1032 Fornı̀ il motivo di questa canonizzazione la gloria accelerata
dei miracoli che il giorno della sepoltura stessa avevano iniziato a
sfolgorare e, moltiplicatisi nel giro di un anno, furono approvati
dal giudizio della Chiesa romana. 2 Infatti a favore della glorifica-
zione del santo, per volere divino, diciannove persone rattrappite
in modi diversi furono raddrizzate; cinque paralitici furono conso-
lidati e altrettanti furono curati dalla deformità delle gobbe; sei
ciechi riebbero la vista; tre sordi furono ristabiliti nella funzione
dell’udito e altrettanti muti furono adornati della funzione di una
lingua sciolta; infine due furono liberati dal morbo caduco e altret-
tanti dalle febbri e per di più due morti furono straordinariamente
risuscitati.
3
1033 Alcuni altri fatti, che non possono essere inseriti in questo re-
soconto generale, in parte perché precedenti la canonizzazione, in
parte perché successivi, sono stati annotati singolarmente nelle pa-
role seguenti. 4 E poiché giova all’accrescimento della devozione
narrare con maggiore chiarezza questi miracoli riferiti in forma
sintetica, anch’essi, come conviene alla verità storica, saranno ag-
giunti in forma breve.
5
1034 Poiché, come attesta la Scrittura, «è motivo di onore manife-
stare e lodare le opere di Dio» (Tb 12,7), e con la stessa virtù Dio
deve essere lodato soprattutto nei santi che egli glorifica, 6 per que-
sto motivo alcuni miracoli tra i molti, alcuni dei quali furono com-
piuti mentre noi li vedevamo e li toccavamo, per i meriti del beato
Antonio almo confessore di Cristo – la cui nobile tomba l’insigne e
magnifica città di Padova custodisce con onore – nell’anno del Si-
gnore 1293, credetti che questi non dovessero essere coperti da
sterile silenzio, ma piuttosto che dovessero essere registrati breve-
mente per spronare i cuori intorpiditi.
396 Vite di Antonio di Padova

Capitolo 17
LA MONACA PARALITICA GUARITA

1
Nel contado di Padova, nel monastero che è denominato San 1035
Vito (1), vi era una monaca, di nome Sofia, che fu colpita da una
malattia di paralisi al fianco destro tanto che, spostando ogni sin-
golo membro di quello stesso lato con tratto tremante, non era
capace di tenere la testa dritta, né di prendere in mano il cibo, né
di posare a terra il passo del piede, dal momento che la pianta del
piede era piegata di traverso. 2 E poiché ella aveva emesso suppli-
chevolmente un voto al beato Antonio, un giorno, due giorni pri-
ma della festa dell’Assunzione della Vergine gloriosa, mentre gia-
ceva tra i lamenti e tra le lacrime davanti a un’immagine del beato
Antonio, il beato padre le apparve e le predisse che le sarebbe
stata concessa la desiderata guarigione prima dell’ottava di quella
solennità.
3
Dopo tre giorni, in conformità alla promessa del padre santo, 1036
allontanata ormai completamente tutta la malattia, ella si alzò inte-
ramente ristabilita nello stato di salute precedente. 4 Alzandosi l’in-
domani sul fare del giorno e affrettandosi velocemente con alcune
monache verso la chiesa del beato Antonio, davanti a molti frati di
quella dimora «con gioia e giubilo» (Is 35,2) raccontò in ordine
quante cose il Signore aveva compiuto in suo favore per mezzo
del suo servo Antonio. 5 Di questo fatto furono testimoni parecchi
uomini religiosi degni di fiducia. E tutti costoro, scorgendo con
fede visibile le meraviglie che il Signore aveva compiuto tramite il
suo servo Antonio, esaltarono con magnifiche attribuzioni di lodi i
suoi gloriosi meriti.

Capitolo 18
LE PERSONE LIBERATE DAL PERICOLO DI MORTE (2)

1
Nella città di Monopoli, nelle vicinanze della dimora dei frati, 1037
mentre un giovane scavava la terra in profondità, la riva venne so-
pra di lui ed egli ne fu totalmente ricoperto. 2 La madre, che aspet-
tava che il figlio tornasse, dal momento che ormai era trascorsa
l’ora in cui doveva giungere, uscı̀ a cercare colui che aveva a lungo
aspettato.
3
Vedendo che un fanciullo stava presso la riva dove suo figlio
aveva scavato la terra, chiese con inquietudine cosa mai gli fosse

(1) Il monastero era ubicato a Piove di Sacco.


(2) Questo titolo è riportato nel ms. 74 (f. 157vA) ma stranamente è al plurale.
Legenda Raimondina 397

accaduto. Ed egli rispondendo disse: «Costui giace sotto la terra


che è caduta sopra di lui». 4 La madre, udendo queste parole, co-
minciò a percuotersi il viso con le palme delle mani e a strapparsi i
capelli e, correndo verso la dimora dei frati, gridava dicendo:
«Correte, frati, correte, perché la terra ha ricoperto mio figlio!».
5
1038 Udito ciò, i frati accorsero con zappe e altri arnesi e comincia-
rono a scavare dove avevano visto che la terra era caduta, mentre
la madre gridava in continuazione: «Sant’Antonio, restituiscimi
mio figlio!». 6 Scavando trovarono innanzitutto i piedi del giovane,
che stavano diventando lividi a causa del peso della terra, poi le
natiche contuse nella terra. Altri, mentre scavavano con le zappe,
fecero tre fori nel cappello che egli portava in testa, e tuttavia non
gli toccarono il capo in alcun modo. 7 E dopo aver tirato fuori il
ragazzo dal sottosuolo, egli comparve vivo ma profondamente
sconquassato. 8 Quando i frati gli chiesero in che modo egli avesse
potuto vivere sotto la frana, egli rispose: «Il beato Antonio ha te-
nuto la sua mano sopra la mia gola». 9 Sentendo ciò, gli uomini che
erano presenti resero i dovuti ringraziamenti a Dio e al beato An-
tonio.

Capitolo 19
GUARIGIONE DI PIETRO IL SORDOMUTO

1
1039 Un converso di alcune monache che abitavano a Padova (3),
dell’età di circa venticinque anni, assai noto in parecchi monasteri
e soprattutto di quell’Ordine e in gran parte della medesima città e
diocesi, era muto e sordo fin dalla nascita.
2
Entrambe le infermità potevano essere comprovate da qualsia-
si persona con cosı̀ grande evidenza e con segnali cosı̀ chiari che
non era possibile che si generasse nel cuore di alcuno il sospetto di
finzione o di frode. 3 Infatti la sua lingua era troppo corta e poco
protesa al di là della gola. Inoltre era, in quella piccola quantità,
paralizzata e quasi contorta a mo’ di vite; pertanto a chi la osserva-
va più da vicino si mostrava più chiaramente secca e rugosa, come
riferivano parecchie signore nobili e degne di fiducia, che avevano
visto ciò con maggiore chiarezza.
4
Inoltre la sordità fu riconosciuta più volte e senza alcun dub-
bio dai suoi compagni. Al suono di non piccole campane, che
accostavano alle sue orecchie – purché non le vedesse – né nel
movimento della testa né in qualche altro segno appariva che egli

(3) Il Chronicon di Lanercost riferisce che si tratta del monastero di San Bernardo
(Testimonianze minori su s. Antonio, pp. 388-389).
398 Vite di Antonio di Padova

percepisse qualcosa tramite l’udito. 5 Quei compagni dichiararono


questa verità in presenza del signor vescovo di Padova (4), con la
testimonianza mia e di parecchi altri, e per maggior sicurezza la
giurarono, toccati fisicamente i sacri Vangeli.
6
Dopo che quel giovane aveva passato una notte sotto l’arca del 1040
beato Antonio con grande devozione e nel corso del giorno suc-
cessivo fin dopo l’ora nona con una totale assiduità del cuore ave-
va continuato a chiedere il beneficio della guarigione, circondato
all’improvviso da una forza divina e percependo un grande movi-
mento in tutto il corpo, sia nella testa che nelle membra, una volta
che la lingua fu ricondotta alla debita estensione, egli acquistò la
funzione della parola e dell’udito. 7 Ma, affinché fosse più grande
la certezza del miracolo, egli parlava una lingua nuova, di certo
pienamente comprensibile, ma non imparentata con nessun lin-
guaggio comune. Inoltre non sapeva se non poche parole, indi-
spensabili per parlare, ispirategli per volere divino.
8
Davanti allo splendore di un cosı̀ grande miracolo i cuori dei
frati si rallegrarono nel Signore e l’intera città fu cosparsa e riem-
pita di un nuovo e straordinario giubilo. 9 Accorsero a frotte le
genti, i rettori delle chiese, i giudici, i soldati e i dottori. E nella
prova evidente che scorgevano nel noto uomo, esaltando le gran-
dezze di Dio e i meriti del beato Antonio, da allora chiamarono
Antonio il giovane, mentre prima costui si chiamava Pietro.

Capitolo 20
GUARIGIONE DI FRATE BERNARDINO
SOFFERENTE ALLA GOLA

1
Un frate dell’Ordine dei Minori, di nome Bernardino, nativo 1041
di Parma, per la durata di due mesi era stato muto e incapace di
parlare. 2 Infatti la sua lingua e tutti gli altri organi indispensabili
per la sua voce erano legati e impediti fortemente al punto che egli
non poteva assolutamente parlare né sputare né soffiare: infatti
non era in grado in nessun modo di spegnere con il suo fiato nep-
pure una piccola candela avvicinata alla bocca. 3 Si lavorò assai di-
ligentemente per la cura di quel frate da parte dei più esperti me-
dici della Lombardia (5), per cui – cosa che è terribile a udirsi – per
nove volte era stato cauterizzato con un ferro incandescente in go-
la e da ultimo anche sul capo, e per giunta al tempo della sua gua-
rigione portava ancora una fasciatura sulla bruciatura della testa;

(4) Bernardo di Agde.


(5) Da intendersi come l’Italia Settentrionale.
Legenda Raimondina 399

4
per cui, poiché nelle mani dei medici la sua malattia cresceva e si
aggravava ogni giorno sempre di più, e la gola a causa delle soffe-
renze patite e delle bruciature era troppo irritata più internamente
e gonfia, cosı̀ che il frate era in continuo pericolo di soffocamento,
finalmente egli si ricordò dell’almo confessore di Cristo, Antonio,
la cui solennità era allora imminente.
5
1042 Venendo a Padova e accostandosi due volte con grande devo-
zione all’arca del beato Antonio, per prima cosa egli, fino ad allora
muto, cominciò senza dubbio ad emettere fiato e uno sputo. 6 Ma
poiché, a causa delle primizie ricevute dalla virtù del santo, ritornò
più devoto e fiducioso, pregando con maggiore insistenza assieme
ad alcuni confratelli, che lo aiutavano con le preghiere come pote-
vano, in presenza di un popolo numeroso, che era fermo [lı̀] sia a
motivo della festa sia a causa dei numerosi e grandi miracoli che
accadevano, dopo aver rigettato attraverso la bocca con forte do-
lore una massa di orribile pus, una volta ristabilita per sé la parola
e la piena salute, prorompendo in lodi a Dio e al santo, intonò
assai profondamente l’antifona della gloriosa Vergine: «Salve, Re-
gina di misericordia», ecc. 7 E noi, udito il miracolo, pieni di gioia e
di stupore assieme al ministro (6) che allora era presente, accorrem-
mo in fretta in quel luogo e portammo a termine assieme al frate
quell’antifona (7).

Capitolo 21
FRATE CAMBIO MIRACOLOSAMENTE RISANATO (8)

1
1043 Un altro frate, di nome Cambio (9), della provincia di Roma-
nia (10), si stava recando a Bologna presso un famoso medico per
un rimedio della grave ernia dalla quale era stato oppresso per
molti anni. 2 Vi era un pericolo assai grande nella rottura perché,
pur avendo egli portato per due anni e più un cerchio di ferro
affinché non fuoriuscissero gli intestini, ormai nonostante il cer-
chio questi erano scesi in quantità cosı̀ grande che si temeva in

(6) All’epoca il ministro provinciale era fra’ Bartolomeo Mascara.


(7) Il Chronicon di Lanercost riporta che in quell’occasione il ministro, dopo aver
scelto un thema, fece un sermone (Testimonianze minori su s. Antonio, pp. 386-387).
(8) Nel ms. 74, sopra la prima riga del testo del miracolo (f. 163v A), è riportata la
data del 1264, scritta da mano posteriore. Secondo il Gamboso questa data è sbagliata
perché il miracolo avvenne nel 1293, come riportato nel racconto presente nel Chro-
nicon di Lanercost (Testimonianze minori su s. Antonio, pp. 392-393).
(9) Secondo il Chronicon di Lanercost questo frate era originario di Bologna (Te-
stimonianze minori su s. Antonio, pp. 392-393).
(10) Dal 1263 la provincia di Romania, che corrispondeva alla Grecia, diventò
autonoma rispetto alla provincia di Terra Santa.
400 Vite di Antonio di Padova

modo plausibile che trascinassero con sé altri organi con il loro
peso e che con nessuna abilità dell’arte umana potessero essere
riportati più in alto.
3
Avvenne che quel frate partecipasse alle sacre solennità, nelle 1044
quali accaddero i suddetti miracoli e parecchi altri. 4 Vedendo egli,
dunque, le opere della divina virtù, pieno di fede e devozione si
accostò senza timore all’arca del beato Antonio, ma, poiché non
poté penetrare sotto, tra le colonne dalle quali essa è sorretta, a
causa della moltitudine e della calca degli infermi, la toccò assai
scrupolosamente e la palpò, una volta collocata la mano destra so-
pra il marmo. 5 Mirabile a dirsi, dopo che egli ebbe ritirato subito
al petto la mano che aveva toccato la sacra arca, e la ebbe abbassa-
ta verso quelle sacche che pendevano in modo orribile, al tocco
della mano con cui si presentava l’efficacia della virtù divina, gli
intestini all’improvviso cominciarono ad allontanarsi e a risalire.
6
Il frate, percependo ciò, non desistette dall’azione iniziata, ma
piuttosto rafforzando egli la mano e alzandola poco a poco, alla
fine riportò tutti quegli intestini al posto dovuto.
7
Una volta fatto ciò, in quel punto (11) dove era avvenuta la rot-
tura, con la mano premuta in modo energico proprio lı̀, egli fu
rafforzato con una virtù cosı̀ straordinaria che, secondo ciò che lo
stesso frate mi riferı̀, la sua fronte non avrebbe potuto essere più
solida di quella parte. 8 Per cui da allora, diventato più devoto al
santo, per essere in grado di servirlo in modo più opportuno, con
molte richieste fece in modo di divenire membro della provincia
religiosa di Padova (12).

Capitolo 22
MARTINO LIBERATO DA PERSECUZIONE DIABOLICA
NELL’ANNO 1278
1
Nell’anno del Signore 1278, nel mese di febbraio, nella diocesi 1045
di Vicenza, nel villaggio che oggi è detto Castegnero, nella casa del
signor Giovanni dal Pozzo, due incantatori fecero incantesimi per
la ricerca di un tesoro. 2 Una volta fatto ciò, un servitore del sud-
detto signor Giovanni, di nome Martino, dopo l’uscita degli incan-
tatori dalla casa, rientrando in essa trovò nello stesso luogo una
moltitudine di animali e di uccelli. 3 E tra quegli animali vi erano
tre cavalli con le corna a mo’ di capri, che emettevano una fiamma

(11) Si preferisce, in questo caso, la lezione loco del ms. 74 (f. 163vB) al posto della
correzione operata dal Gamboso.
(12) Ossia la provincia di Sant’Antonio.
Legenda Raimondina 401

di fuoco attraverso la bocca e dal posteriore; sopra di essi vi erano


tre uomini orribili di aspetto, che tenevano nelle mani grandi ba-
stoni e rivolgevano la faccia verso le code dei cavalli.
4
Vedendo queste cose il suddetto Martino, «sopraffatto da un
enorme terrore» (1Sam 31,4), volle farsi il segno della croce, ma
non poté. Infatti alcuni di quegli animali gli abbassavano giù le
mani cosı̀ che non poteva sollevarle verso il viso per imprimere su
di sé il segno della croce. 5 E allora cominciò a raccomandarsi a
Dio e alla beata Vergine e al beato Antonio, per non perire di tale
morte. E uscendo, cominciò ad andare verso la piazza del comune.
6
Molti di quegli animali e uccelli lo seguirono e nella piazza del
comune, colpendolo, torcevano la sua lingua cosı̀ che egli perse la
parola e immediatamente dopo ciò perse anche la vista.
7
1046 E una volta riportato cosı̀ nella casa del suo padrone, privato
della parola e della vista, egli rimase cosı̀ infermo fino al mercole-
dı̀ prima della Cena del Signore. 8 Gli apparve il beato Antonio,
tenendo in mano una croce luminosissima, «per confortarlo» (Lc
22,43) ed esortarlo a sperare nel Signore, perché si era raccoman-
dato a un Signore che lo avrebbe curato bene dalla sua infermità.
9
Allora, facendo cenno con segni che lo conducessero presso l’ar-
ca del beato Antonio, vi fu portato sopra un’asina e giunse lı̀ il
mercoledı̀ prima della Cena del Signore.
10
Nello stesso luogo pregando con reverenza sotto l’arca e im-
plorando l’aiuto del beato Antonio, intorno all’ora di compieta gli
fu restituita la parola. E il giorno seguente, solennità della Cena
del Signore, mentre si cantava la messa della comunità, gli fu resti-
tuita la vista ed egli ritornò sano e incolume alla casa del suo pa-
drone. 11 Il giorno del beato Giorgio, poi, mentre i frati Minori pre-
dicavano in quel villaggio, sia i chierici che i laici testimoniarono di
aver visto il suddetto Martino prima sano, poi infermo, come è
stato detto prima, e in seguito restituito alla piena salute.

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