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DELL’ORDINE
FRANCESCANO
A cura di
MARIA TERESA DOLSO
- Editrici Francescane
VITA DEL SANTO PADRE
ANTONIO DI PADOVA
OVVERO
LEGENDA RAIMONDINA
AUTORE UN FRANCESCANO DEL CONVENTO
DI S. ANTONIO, GIÀ ATTRIBUITA
A FRATE PIETRO RAYMUNDI DA SAINT-ROMAIN
(poco dopo il 1293)
(1) D’ARAULES (DELORME), La vie de saint Antoine de Padoue par Jean Rigauld, pp.
XX-XXI. In precedenza un certo fra’ Raimondino, lettore padovano, era ritenuto da
alcuni studiosi come il probabile autore della Raimondina, ma senza alcuna prova
documentaria, come si può leggere ad esempio nel Gonzati, che riporta erroneamente
la data del 1243 (anziché quella del 1293) nella trascrizione di un passaggio della
legenda: B. GONZATI, La basilica di S. Antonio di Padova, 2 voll., coi tipi di Antonio
Bianchi, Padova 1852, vol. I, p. XIII nota 2. All’origine di tale attribuzione vi era
probabilmente l’opera di Pietro Rodolfi da Tossignano: Vita del ‘‘Dialogus’’ e ‘‘Beni-
gnitas’’, pp. 269-273; Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Rigaldina’’, pp. 20-21. Il Gonzati fu il
primo a pubblicare qualche passaggio della Raimondina: Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Ri-
galdina’’, p. 165; per una recente messa a punto della questione relativa all’autore, mi
permetto di rinviare a E. FONTANA, Frati, libri e insegnamento nella provincia minori-
tica di S. Antonio (secoli XIII-XIV) (Centro Studi Antoniani, 50), Padova 2012, pp.
158-160 e, per un profilo biografico dedicato al presunto autore, Pietro di Raimondo
da Saint-Romain, p. 248.
366 Vite di Antonio di Padova
(2) Cf. RIGON, Dal Libro alla folla, pp. 71-72, 215-234.
(3) Sul ms. 74 si rinvia a G. ABATE - G. LUISETTO, Codici e manoscritti della Biblio-
teca Antoniana, con il catalogo delle miniature a cura di F. Avril - F. d’Arcais - G.
Mariani Canova (Fonti e studi per la storia del Santo a Padova. Fonti, 1-2), Vicenza
1975, pp. 79-83; F. TONIOLO, L’iconografia francescana nei codici miniati della Biblio-
teca Antoniana, in Cultura, arte e committenza al Santo nel Trecento, pp. 59-75, in
particolare pp. 66-68; D. GALLO, Cultura e identità della comunità francescana del
Santo nel Trecento, in Cultura, arte e committenza al Santo nel Trecento, pp. 137-145,
in particolare pp. 143-144; cf., infine, FONTANA, Frati, libri, pp. 160-163. Il manoscritto
presenta nei margini i segni di una suddivisione del testo funzionale all’uso liturgico,
ossia sono segnalate le giornate e le nove lezioni corrispondenti.
(4) Si tratta di una versione rimaneggiata dell’Assidua, con alcuni particolari che
corrispondono a quanto narrato nella Raimondina. Fu probabilmente un’operazione
del redattore del manoscritto, che volle creare un’omogeneità tra i due testi.
Legenda Raimondina - Presentazione 367
sione in capitoli (5). Il ms. 74, inoltre, non rispecchia l’assetto ori-
ginario del testo della legenda, perché la Raimondina è giunta in-
completa nella sua parte finale (6): i miracoli che l’autore aveva
promesso di narrare sono presenti solo in parte e intercalati a quel-
li dell’Assidua (7). La versione di cui disponiamo, dunque, sembra
il frutto di un’operazione del redattore trecentesco.
Gli altri due testimoni manoscritti del testo sono apografi, ossia
sono una copia di quanto contenuto nel ms. 74: si tratta del ms.
1636 della Biblioteca Universitaria di Padova, realizzato nel XV
secolo per il monastero di Santa Giustina di Padova, e del ms.
1682 della Biblioteca Oliveriana di Pesaro, scritto da padre Fran-
cesco Antonio Benoffi nel 1769.
I miracoli raccolti da fra’ Pietro di Raimondo nel 1293 rappre-
sentano uno scritto a parte, che purtroppo non è stato tramandato
dalla tradizione manoscritta. Non sappiamo di quanti miracoli fra’
Pietro trattasse nel suo dossier, ma alcuni furono ripresi da autori
successivi. Egli, tra l’altro, riportò anche alcuni miracoli di cui non
era stato necessariamente testimone oculare, perché, per quanto
riguarda alcuni prodigi, sappiamo solo che fra’ Pietro li raccolse
nel 1293, come è scritto anche nella Rigaldina (8). La stesura della
Raimondina, in origine, probabilmente fu sollecitata dalla redazio-
ne della raccolta dei miracoli di fra’ Pietro di Saint-Romain e la
nuova legenda diventò la premessa di questo dossier. Successiva-
mente, nella redazione del ms. 74, il copista mantenne solo alcuni
miracoli e il prologo della raccolta di fra’ Pietro, che divenne l’in-
troduzione alla seconda sezione della Raimondina, forse con un
rimaneggiamento (9). Il testo di fra’ Pietro di Raimondo fu utiliz-
zato da fra’ Giovanni Rigaldi nella sua Vita di sant’Antonio (10) (Ri-
(5) Padova, Biblioteca Antoniana 74, ff. 112rA-127vB. A parte qualche rara rubrica
presente nel manoscritto (di cui viene data segnalazione in nota nella traduzione della
legenda) l’unica parte separata rispetto al resto del testo è il prologo.
(6) Inoltre, una parte del testo è mancante a causa del taglio di una miniatura (ms.
74, ff. 127rA, 127vB). A questa lacuna si sopperisce grazie al ms. 1636 della Biblioteca
Universitaria di Padova, che conserva il testo copiato dal ms. 74 della Biblioteca
Antoniana prima della sottrazione della miniatura.
(7) Padova, Biblioteca Antoniana 74, ff. 153vA-B, 157vA-B, 162rA-164vB. I miracoli
sono divisi per tipologie: ad esempio ciechi, muti, paralitici. Inoltre, in questa sezione
sono presenti alcuni miracoli poi attribuiti dal Gamboso alla Benignitas.
(8) Sul tema della presenza dei miracoli nell’agiografia antoniana, d’obbligo il
riferimento a J. DALARUN, Miracolo e miracoli nell’agiografia antoniana, in ‘‘Vite’’ e vita
di Antonio di Padova, pp. 203-257, in particolare pp. 214-216, 219-221, 223, 236-237.
(9) Questo spiegherebbe la presenza della prima persona in alcuni passaggi di
quella che ora è la seconda sezione della Raimondina.
(10) Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Rigaldina’’, pp. 637-665. Un’altra redazione contenen-
te alcuni dei miracoli avvenuti nel 1293 è costituita dal cosiddetto Chronicon di La-
nercost, che afferma di basarsi sullo scritto di un frate inglese all’epoca membro della
comunità di Padova: Testimonianze minori su s. Antonio, pp. 384-397.
368 Vite di Antonio di Padova
(11) Chronica XXIV Generalium, pp. 152-154; ‘‘Liber miraculorum’’ e altri testi
medievali, pp. 312-325. Per quanto riguarda il Liber miraculorum e la Chronica XXIV
Generalium nel suo complesso si rinvia a DOLSO, Antonio di Padova nella ‘‘Chronica
XXIV Generalium Ordinis Minorum’’, pp. 201-240; DOLSO, La ‘‘Chronica XXIV Ge-
neralium’’.
(12) Legenda seu vita et miracula sancti Antonii de Padua saeculo XIII, ed. A.M.
Iosa, Bononiae 1883. Padre Iosa pubblicò tutta la sezione antoniana del ms. 74, ossia
la Raimondina (pp. 75-104), l’Assidua padovana (pp. 1-42) e i miracoli postumi (pp.
43-73), anche quelli avvenuti nel 1346 (pp. 105-123). In questa sede il testo della
Raimondina fu mantenuto nella sua continuità, ma nell’indice si tentò una sorta di
suddivisione in capitoli: ivi, pp. 186-187. In questa edizione l’opera viene definita
anonima. I miracoli postumi sono tutti pubblicati nell’ordine in cui sono presenti
nel ms. 74. Lo studioso che per primo separò i miracoli contenuti nel dossier del
1293 da quelli riportati originariamente alla fine dell’Assidua fu padre Luigi Guidaldi,
che ne riconobbe almeno tre: GUIDALDI, Il testo della Leggenda Raimondina, pp. 104-
112; L. GUIDALDI, A proposito delle leggende antoniane Raimondina e Prima, «Il Santo.
Rivista antoniana illustrata» 4 (1931), pp. 220-227.
(13) Il testo uscı̀ postumo: G. ABATE, Le fonti biografiche di s. Antonio, V, La ‘‘Vita
sancti Antonii’’ di fra’ Pietro Raymondi da San Romano (c. 1293), «Il Santo» 10 (1970),
pp. 3-34, in particolare p. 10 nota 29. In questa seconda edizione, per la prima volta, fu
introdotta la divisione in capitoli e paragrafi del testo, e fu dato un titolo ai capitoli. Il
testo fu edito solo nella parte relativa alla vita del Santo e al cosiddetto prologo dei
miracoli, mentre i miracoli postumi erano già stati pubblicati dallo studioso due anni
prima, ma come addizioni padovane in Appendice all’Assidua, in conformità al prece-
dente lavoro del De Kerval: DE KERVAL, Sancti Antonii de Padua vitae duae, pp. 130-
141; ABATE, La ‘‘Vita prima’’ di s. Antonio, pp. 127-226, in particolare pp. 206-213. La
suddivisione del testo operata nella pubblicazione di padre Abate fu mantenuta, ma
con qualche piccolo cambiamento, nell’edizione di padre Gamboso.
(14) Vite ‘‘Raymundina’’ e ‘‘Rigaldina’’, pp. 7-327.
I
Vita del santo padre Antonio di Padova
ovvero Legenda Raimondina *
Capitolo 1
PROLOGO (1)
1
948 Nella narrazione di fatti storici da consegnare alla conoscenza
della posterità facilmente si devia sia per la labilità della memoria,
sia per la scarsità della conoscenza, sia per la trascuratezza di una
doverosa ricerca, poiché l’errore si insinua furtivamente tra gli sto-
riografi. 2 E ciò si manifesta nelle narrazioni delle cose divine e
umane in modo cosı̀ molteplice che, per ricercare la brevità, ho
ritenuto un tentativo superfluo per la presente opera dimostrare
ciò con qualche esempio. 3 E ciò non è strano, dal momento che a
venerande intelligenze, illuminate per volontà divina dallo spirito
di profezia (Ap 19,10), è accaduto spesso di dare per certa come
una profezia la propria supposizione, non esaminando sufficiente-
mente le ispirazioni (1Gv 4,1), fino al momento in cui, levati i loro
Capitolo 2
I FRATI MINORI MARTIRI A MARRAKECH
8
In quel tempo di divina clemenza, in cui il beato Francesco, 951
come una vite che porta frutto, ornò il giardino di tutta la Chiesa
con fiori di vero onore (Sir 24,17), avvenne che frati santissimi,
(5) L’edizione del Gamboso aggiunge in questo punto un se superfluo, non pre-
sente nel ms. 74.
(6) Questo passaggio è presente solo nella Vulgata ed è ritenuto un passo sospetto
di origine marcionita (si veda la nota presente nella Bibbia di Gerusalemme).
(7) Cf. Assidua 601, nota 3.
372 Vite di Antonio di Padova
Capitolo 3
NASCITA E FANCIULLEZZA DI SANT’ANTONIO
E COME ENTRÒ ADOLESCENTE NELL’ORDINE DI sANT’AGOSTINO
1
Nato da rispettabili genitori nel regno di Portogallo, nella città 955
di Lisbona, accanto al confine occidentale della basilica della San-
ta Madre di Dio, nella quale riposa il corpo del glorioso martire
Vincenzo, egli fu chiamato Fernando nel lavacro del sacro battesi-
mo. 2 Nella stessa chiesa fu affidato dai genitori ai sacerdoti della
stessa, affinché fosse istruito nei rudimenti della grammatica, con
presagio delle cose future, in quanto sarebbe divenuto amante lea-
lissimo della purezza assieme alla Vergine e atleta di Cristo assieme
al martire della straordinaria vittoria.
3
Trascorsi gli anni della fanciullezza sotto la disciplina della 956
scuola, agli inizi dell’età più vigorosa, ossia circa all’età di quindici
anni, cominciò ad accorgersi e ad aver paura dei pericoli del mon-
do e a soggiogare completamente con la spada dello spirito (Ef
6,17) gli impulsi della concupiscenza carnale che nascevano via
via come le battaglie contro gli agareni e gli idumei (1Cr 5,19;
2Cr 25,14). 4 Sapendo che l’adolescenza e il piacere sono soggetti
alla vanità (Qo 11,10), egli, da adolescente di buona indole, asso-
gettò subito il collo al giogo di Cristo (Mt 11,30). Infatti si trasferı̀
immediatamente in un monastero dell’Ordine di sant’Agostino vi-
cino alle mura della sua città (8) e, una volta ricevuto l’abito di
quella famiglia religiosa, secondo il comando della Regola, si appli-
cò a mortificare la carne, per quanto lo stato di salute del suo cor-
po lo consentiva.
5
Però, poiché per le intelligenze pie non basta non andare die- 957
tro alle concupiscenze, se non si sottrae qualcosa alla carne, per
rivolgersi all’applicazione della disciplina celeste, egli, capendo
che i frequenti colloqui con i congiunti contrastavano questo pro-
posito dal punto di vista della carne, compiuti quasi due anni di
permanenza nel monastero, decise di recidere questa fune della
carne e, schivate le attrattive dei colloqui con i parenti cosı̀ come
i canti delle sirene, di affrettarsi verso la patria su un’imbarcazione
più tranquilla. 6 La fragilità della mente umana, infatti, è vischiosa e
rimane attaccata facilmente a quanto piace frequentare di solito:
«Chi maneggia la pece si sporca» (Sir 13,1).
7
Esposto e svelato, dunque, il proposito del suo cuore alla gui- 958
da del monastero, egli ottenne a stento il permesso richiesto di
trasferirsi, per desiderio della gradita pace, a un altro monastero
dello stesso Ordine e regno, ossia Santa Croce di Coimbra, che era
lontano lo spazio di tre giorni e più di cammino dal suolo natale.
8
E giungendo ad esso e, per cosı̀ dire, assieme ad Abramo allonta-
nandosi dalla sua terra e dalla sua parentela e, secondo il senso
mistico, procedendo oltre verso il meridione (Gen 12,1.9), subito
unito al sacro collegio stesso, con costumi purissimi, il decoro del-
la modalità di vita, il fervore della devozione e lo zelo per la vita
religiosa mostrò agli occhi di tutti più lampante della luce che il
suo trasferimento non derivava assolutamente dalla volubilità del
carattere.
9
959 E poiché Maria aspira alla parte migliore (9) (Lc 10,42), ossia
occupare giorno e notte la mente, allontanata dalle cose terrene,
nelle meditazioni delle leggi divine, l’uomo santo, sotto la spinta
dello Spirito di colui che «passa nelle anime sante» (Sap 7,27), si
avvicinò con enorme passione agli studi delle sacre Scritture. 10 In-
fatti egli non sciupò con turpe danno il tempo che rimaneva libero
dagli obblighi liturgici né nell’ozio né in sciocchezze, ma lo assog-
gettò alle fatiche degli studi sacri.
11
960 Egli sapeva che l’animale non ruminante è immondo (Lv
11,26) e che il pericolo dell’ozio è allontanato solo dall’esercizio
dell’uomo interiore (Rm 7,22), dal momento che gli operai, quasi
fiaccati dai lavori manuali, sono soliti manifestare la lascivia del
cuore con discorsi osceni. 12 Infatti «l’esercizio fisico è utile a poco,
mentre» è efficace in «tutto la fede» (1Tm 4,8), propria dell’uomo
interiore (Ef 3,16), che in greco è chiamata theosebia.
13
961 Disprezzati i tronfi labirinti della sapienza umana (1Cor
2,4.13), ai quali alcuni sono dediti accumulando materia di presun-
zione per se stessi assieme all’ira dell’Altissimo (Rm 2,5), egli non
solo affidò alla memoria il senso letterale del testo sacro, ma ne
penetrò anche con grandissima efficacia i sensi nascosti allegorici
e anagogici; ma indagò pure le sottigliezze delle discussioni, per
saper rivelare le regole della verità e confutare la rovina degli erro-
ri, come di conseguenza mostrarono parecchie prove della sua dot-
trina.
14
962 Purificato nel primo cenobio della sua vocazione e illuminato
di più, come è stato detto, nel secondo, egli desiderava con enorme
ardore di giungere al pieno compimento nel culmine di una perfe-
zione più avanzata, per essere annoverato egli stesso, secondo il
Profeta, tra il tesoro e il terzo piano dell’edificio del Signore «che
sporgevano da quelli inferiori e intermedi» (Ez 42,5-6).
(9) Questo passaggio è complesso nel testo tramandatoci dal ms. 74. La soluzione
migliore potrebbe essere quella di correggere Marie con Maria senza aggiungere cha-
risma, scelta invece operata dal Gamboso.
374 Vite di Antonio di Padova
15
Se in effetti nel primo cenobio, istruito nei sacrifici mistici,
aveva offerto fior di farina (Lv 2,1) di purezza completamente in-
tegra, e nel secondo un olocausto di uccelli (Lv 1,14) attraverso la
passione della ricerca della verità, nel terzo avrebbe offerto in olo-
causto al Signore la forza del bue per rinnovare le arature spiritua-
li, la semplicità della pecora e la spontanea condizione umile della
capra (Lv 1,2-3.10; 3,1.7.12).
16
Ebbene, desiderando di conoscere la via di una perfezione
più alta, si meritò che essa gli venisse rivelata dal Signore con il
seguente segno.
Capitolo 4
COME ENTRANDO NELL’ORDINE DEI MINORI CAMBIÒ NOME
1
Proprio il melodioso clamore del martirio glorioso di quei frati 963
a Marrakech, che in quel tempo accarezzava tutte le province della
Penisola iberica con la soavità della devozione, entrando con forza
celeste nelle orecchie di Fernando, chiamò energicamente il suo
animo a compiere cose simili. 2 Egli desiderava allo stesso modo
indossare l’abito a forma di croce dei frati Minori per poter imitare
proprio in quello, sull’esempio dei defunti, la passione del Signore
crocifisso.
3
Questa professione si accordava in modo assai conveniente sia
alla decisione divina a suo riguardo sia al suo sacro proposito. 4 In-
fatti al futuro eccellente predicatore, in realtà, conveniva benissimo
quella Regola, che plasma chiaramente alla vita apostolica cosı̀ co-
me alla predicazione; in verità questa stessa Regola, che insegna a
destinare uomini provati e perfetti, che lo desiderano, alla predica-
zione agli infedeli, era proprio adatta (10) al desiderio del martirio.
5
Non vi è niente di più adatto all’ufficio di predicatore né di 964
più conveniente al martirio che quella modalità di vita a cui il Sal-
vatore destinò i discepoli per la predicazione del Vangelo e la sof-
ferenza del martirio. 6 Infatti, mentre stava per inviarli a entrambi i
compiti, egli disse prima queste parole: «Non procuratevi oro né
argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due
tuniche, né sandali» (Mt 10,9), aggiungendo poco dopo: «Ecco, io
vi mando come pecore in mezzo ai lupi» (Mt 10,16).
7
Il primo di questi precetti è lo stabile fondamento della sacra 965
Regola dei frati Minori; il secondo ne è il nobile complemento,
essendovi inserite le norme che spettano alla formazione all’ufficio
(10) Nel testo del ms. 74 manca il verbo in quanto è sottinteso congruebat; invece il
Gamboso nella sua edizione ha aggiunto valde est consentanea.
Legenda Raimondina 375
fo. 17 E ciò fu giusto, perché Antonio sembra che vada inteso eti-
mologicamente come «tutto proteso verso le cose che stanno di-
nanzi». Egli, infatti, fin dall’inizio della sua fanciullezza, secondo
la dottrina apostolica, non cessò di essere proteso verso le cose che
stavano davanti (Fil 3,13). 18 Poté essere chiamato Antonio anche
perché con il tuono dell’elevatissima predicazione egli percosse la
durezza dei cuori terreni.
Capitolo 5
COME ANDÒ A MARRAKECH E POI VENNE IN ITALIA
1
L’uomo santo, che rifletteva preoccupato sulla sua vocazione, 969
conformò alla Regola con tutte le sue forze il comportamento e,
per non portare in modo equivoco il nome di frate Minore, egli,
non sentendosi niente di grande (Rm 12,16), nascondendo agli oc-
chi umani il tesoro del suo cuore (Lc 6,45), per non essere esposto
– come un tempo accadde a mo’ di esempio al re Ezechia – al
compiacimento di Babilonia (2Cr 32,31; 2Re 20,12-17), desiderò
mostrarsi minimo tra i Minori.
2
Poiché lo Spirito spingeva avanti il suo cuore e lo incalzava 970
nello zelo della predicazione della fede e nella sete del martirio,
egli ottenne il permesso richiesto di recarsi nella patria del popolo
saraceno: «Con impeto va incontro alle armi, sprezza la paura, né
retrocede davanti alla spada» (Gb 39,21-22). 3 Ma, poiché a un po-
polo irritante e ostinato talvolta, per giudizio divino, viene sottrat-
ta la dottrina della verità, il Signore, volendolo riservare a maggiori
vantaggi della sua Chiesa, oppose resistenza al suo proposito e,
una volta che egli fu entrato nella terra dei saraceni, lo colpı̀ con
il fastidio di una malattia penosa per tutta la durata dell’inverno.
4
Cosı̀ egli, pur cercando senza dubbio la morte, non la trovò, 971
perché è scritto: «Resterai muto; cosı̀ non sarai più per loro uno
che li rimprovera, perché sono una genı̀a di ribelli» (Ez 3,26). 5 Il
santo, capendo di essere distolto dal sacro proposito a causa del
fastidio della malattia, per eliminare l’ostacolo dell’infermità, deci-
se di rientrare nella Penisola iberica per recuperare la salute, affin-
ché fosse imminente la felicità di realizzare il suo desiderio una
volta che egli fosse guarito.
6
Egli, salendo su un’imbarcazione per questo scopo, per ordine 972
di Colui a cui «il vento e il mare obbediscono» (Mc 4,41), dopo
essere stato allontanato dalla Penisola iberica, fu trasportato in Si-
cilia da un vento contrario, ma cooperante al bene (Rm 8,28), co-
me rivelerà il seguito del racconto. 7 E poiché in quello stesso luogo
venne a sapere dai frati che era imminente il momento della cele-
Legenda Raimondina 377
Capitolo 6
COME VENENDO IN ROMAGNA
VISSE NELLO STESSO LUOGO IN MODO AUSTERO
1
975 Mentre egli rimaneva inesperto in modo cosı̀ salutare, si pre-
sentò la provvidenza celeste, che dirige i cuori dei governanti (Pr
21,1), e spronò frate Graziano, allora ministro dei frati della Roma-
gna (14), a chiedergli con sollecitudine se avesse ricevuto l’ordine
del sacerdozio. 2 Al richiedente egli rispose in modo assai breve di
Capitolo 7
COME FU RIVELATO A FORLı̀ IL SUO GRANDE SAPERE
1
Il Signore, volendo innalzare sul candelabro la lampada che 982
aveva acceso (Mt 5,15), fece in modo che la sapienza di Antonio
fosse manifestata al di sopra del limite e della facoltà di percezione
umani in un’occasione straordinaria. 2 Poiché, dopo molto tempo,
avvenne che frati provenienti da diverse zone si riunissero nella
città di Forlı̀ per un duplice motivo, ossia per ricevere gli ordini
sacri e per trasferirsi poi all’imminente capitolo provinciale, 3 lı̀
dunque, quando si radunò la moltitudine di frati, assieme anche
ad alcuni frati Predicatori, tra loro fu presente sant’Antonio, che
non abbandonava la regola della sua semplicità.
4
Dopo che i frati si furono riuniti, secondo l’usanza, all’ora del- 983
l’incontro spirituale, il ministro del luogo (21) cominciò a supplica-
re i frati Predicatori, a titolo di onore nei loro confronti, affinché
uno di loro, a titolo di esortazione, esponesse all’assemblea la pa-
rola di Cristo. 5 E poiché, per volontà di Dio, essi assieme a tutti gli
altri si dichiaravano impreparati, con lo slancio del Signore il cuo-
re del ministro comandò a sant’Antonio di esporre nel discorso
qualunque parola lo Spirito gli fornisse con l’ispirazione interiore.
6
Tuttavia il ministro non aveva valutato alcun segno di dottrina 984
nell’uomo santo, se non solo per il fatto di averlo sentito a mala
pena qualche volta mentre parlava in latino, quando la necessità
lo imponeva. 7 Antonio assieme a Mosè (Es 3,11.13; 4,1.10.13), Ge-
remia (Ger 1,6) e a simili profeti, facendo resistenza (22) con tutte le
sue forze, poiché temeva che, una volta aperto il recinto della sem-
plicità, entrasse l’avversario che sta in agguato sulla porta d’ingres-
so, ossia lo sfoggio della vanagloria, 8 iniziando, infine, a parlare
con semplicità in direzione del frastuono, come una fornace dopo
che è stata custodita nei lavori di fiamma (Sir 43,4), quanto più a
lungo era rimasto chiuso, tanto più forte eruppe per infiammare i
Capitolo 8
LA SUA PREDICAZIONE
E LA CONVERSIONE DEGLI ERETICI
1
987 Una volta incaricato dell’ufficio della predicazione, egli, sull’e-
sempio del Signore Salvatore, andava in giro per città e castelli,
villaggi e campagne, non cercando denaro e banchetti, secondo
l’usanza delle agapete (23), ma esponeva a tutti parole di vita con
grande abbondanza e vivo fervore.
(23) Le agapete erano vergini consacrate che nei primi secoli del cristianesimo
382 Vite di Antonio di Padova
2
I potenti ammiravano nell’uomo santo la sapienza e l’eloquen-
za, mentre egli costruiva, per cosı̀ dire, immagini d’oro ornate d’ar-
gento (Ct 1,11) (24). 3 Tutti ammiravano le delucidazioni delle insi-
die dei vizi, mentre egli perforava, per cosı̀ dire, le narici del nemi-
co con le punte e faceva a brandelli il Leviatan (Gb 40, 24-25.30).
4
I singoli ammiravano i sermoni pubblici del santo e rivolti alla 988
folla che, per cosı̀ dire, «in un prodotto tessuto con diversi fili di
vari colori» (Es 28,6.15; 39,8) per poco non denunciavano i vizi
propri di ciascuno, mentre nella sua mano la spada della Parola,
dividendo giunture e midolla, colpiva pensieri e intenzioni (Eb
4,12). 5 Inoltre, ammiravano l’uomo di Dio che con parole infiam-
mate imprimeva, per cosı̀ dire, dardi infuocati (1Mac 6,51) nei
cuori di tutti.
6
Il santo non si piegava a nessun favore nei confronti delle per- 989
sone illustri, né lo faceva cedere alcuna attesa di regali (Dt 16,19),
per non mescolare, contro il precetto della Legge, miele e frumen-
to con il sacrificio del Signore (Lv 2,11). 7 Ma, come un vero abi-
tante della Media, che non cerca l’argento e disprezza l’oro (25),
piegava gli ostinati, rafforzava i pusillanimi e strappava dalle pop-
pe (Is 28,9) coloro che succhiavano il latte dei piaceri, dopo aver
impresso ferite di frecce spirituali. 8 Inoltre, senza dubbio, nessuna
paura smussava la spada (26) dello spirito (Ef 6,17) di colui che con
enorme desiderio voleva bere il calice della passione per Cristo
(Mt 20,22; Mc 10,38).
9
Capitò che egli, sollecito nel disseminare la Parola, giungendo 990
a Rimini, in quel tempo vi scoprisse un grande sovvertimento a
causa della malvagità ereticale. 10 Convocati subito i cittadini, co-
minciò ad avvolgere nella rete della predicazione le volpi che deva-
stavano le vigne (Ct 2,15), e a rivelare gli inganni deliranti degli
eretici, cosı̀ che, dopo aver istruito molto il popolo, la maggior
parte di esso da quel momento rimase attaccato fedelmente al Si-
gnore.
11
E tra questi vi era anche un eresiarca, di nome Bononillo, che 991
per trent’anni aveva sollevato la folle testa e la funesta nuca contro
Capitolo 9
LA SUA FAMA E L’EFFICACIA DELLA SUA PREDICAZIONE
1
992 In quel tempo capitò che l’uomo santo fosse destinato alla Cu-
ria romana per faccende interne dell’Ordine. 2 E poiché il cuore
del re, che è in mano al Signore, è diretto dovunque egli vuole
(Pr 21,1), il santo, per volontà divina, fu accolto dal sommo ponte-
fice e dal venerabile collegio dei cardinali con tanto onore che la
sua predicazione fu ascoltata con favore da tutti. 3 Senza dubbio
egli traduceva argomenti cosı̀ ardui in parole semplici, riducendo,
per cosı̀ dire, «in strisce sottili le placche d’oro battuto» (Es 39,3),
e portò alla luce cose cosı̀ profonde che, come se fosse l’armadio
delle Scritture che tiene custodita al suo interno la Legge divina, fu
detto «Arca del Testamento» dal sommo principe della Chiesa.
4
Egli, infatti, era molto versato negli scritti mistici e, nell’ascol-
tare i libri sovraterreni di san Dionigi (27), fu condiscepolo dell’uo-
mo più erudito di tutto il secolo, ossia frate Adamo di Marsh. 5 Si
sosteneva da parte del loro comune maestro, ossia l’abate di Ver-
celli (28), che Antonio assimilasse quella dottrina deifica di gran
lunga più efficacemente di Adamo. E taccio per il momento le lodi
espresse dall’abate perché risplendono in tutte le sue sapientissime
opere.
6
993 Poiché, dunque, era stata riconosciuta la sapienza cosı̀ grande
del beato Antonio, egli fu indotto a spendere pubblicamente gli
insegnamenti della scuola per i frati e gli altri. 7 Egli, infatti, eserci-
tò per primo nell’Ordine l’ufficio di docente di scuola, per plasma-
re e consolidare lo studio e il profitto dei frati successivi.
8
Faticando «come un buon soldato di Cristo» (2Tm 2,3), Anto-
nio visitò innumerevoli province e, parlando la lingua del posto in
modo straordinario, si presentava in modo cosı̀ comprensibile agli
stranieri che il suo discorso era capito da tutti, come se egli parlas-
se contemporaneamente molti tipi di lingue.
9
994 Deve essere mantenuto a memoria, soprattutto da parte dei
frati, questo fatto: ossia che egli, poiché era veramente molto rico-
Capitolo 10
COME VENENDO A PADOVA LÌ SCRISSE E PREDICÒ,
E IL DIABOLICO ATTACCO
1
Il santo, «come un vaso d’oro massiccio» (Sir 50,9) «utile per 996
ogni opera buona» (2Tm 2,21), non solo esercitava l’ufficio di do-
cente o di predicatore, ma anche si affaticò più volte nel governare
i frati, 2 finché, al tempo della traslazione di san Francesco, nel ca-
pitolo generale, un anno prima della sua morte, sollevato da fati-
che di questo tipo, gli fu riconosciuta dal ministro generale la li-
bertà generale di predicazione.
3
Non volendo, dunque, conservare inutilmente nascosto il ta-
lento (Mt 25,18.25) a lui affidato, diresse i suoi passi verso Padova,
dove riteneva che, per la provata devozione del popolo – lı̀, infatti,
(29) Ad Arles.
Legenda Raimondina 385
l’empio (Gen 3,15), tracciato sulla fronte il segno della croce del
Signore, scacciò l’avversario atterrito.
14
Aperti gli occhi per vedere quel pessimo che si ritirava, vide 1000
tutta la cella, nella quale era disteso, illuminata dal cielo, 15 senz’al-
tro a causa del nome invocato di Colei che, vestita di splendori
solari, porta sul capo un diadema di stelle (Ap 12,1); il cui nome
si spande come un olio versato (Ct 1,3), alla cui vista fu distrutto il
giogo dell’empio (Is 10,27), e che sparse la sua luce sui figli delle
tenebre (31).
Capitolo 11
LA DEVOZIONE DEI PADOVANI
E IL FRUTTO STRAORDINARIO DELLA SUA PREDICAZIONE
1
Ma conviene spiegare meglio come il santo passò quella qua- 1001
resima, fondata sul servizio della Parola (At 6,4). 2 Poiché il popolo
accorreva veramente da ogni parte in una moltitudine innumere-
vole per ascoltare l’uomo santo, egli cominciò a fissare uno dopo
l’altro i luoghi delle assemblee quotidiane in varie chiese per la
città. 3 E dal momento che la moltitudine di coloro che venivano
superava incomparabilmente la capienza delle chiese, egli si trasfe-
rı̀ nei vasti spazi dei prati affinché, uscendo, per cosı̀ dire, nel cam-
po assieme al Profeta, potesse ammirare lı̀ la gloria di Dio (Ez
3,23).
4
Quando ciò fu risaputo, continuava ad accorrere a frotte dalle
città, dai castelli e dai villaggi confinanti una folla innumerevole di
entrambi i sessi, per ascoltare la parola di Cristo dal dolce eloquio
dell’uomo santo. 5 Inoltre, nelle tenebre del cuore della notte con
le lampade accese tentavano di superarsi reciprocamente, affret-
tandosi verso il luogo dell’assemblea dell’uomo santo, come se fos-
se un oracolo celeste.
6
Vi andavano a gara i vecchi, vi si spingevano a forza gli invali- 1002
di, vi accorrevano i giovani, vi si affrettavano donne delicate e no-
bili, e quelle che a stento si reggevano in piedi in altre circostanze,
correvano qua e là senza difficoltà per andare ad ascoltare l’uomo
santo. 7 Lı̀, rifiutata la ricercatezza pretenziosa nel vestire, le perso-
ne raffinate di entrambi i sessi rimanevano sedute con più atten-
zione, ascoltando con grande tranquillità la Parola sino alla fine.
8
Lı̀ i più saggi erano attratti dalle semplici parole del Vangelo, af-
(31) Si preferisce, in questo caso, seguire il testo del ms. 74 (f. 122rB) al posto della
correzione apportata dal Gamboso.
Legenda Raimondina 387
Capitolo 12
LA CELLA ALLESTITA SUL NOCE
E COME PREDISSE LA GLORIA DI PADOVA
1
Trascorsa la fatica quaresimale, egli continuava a esercitare 1007
l’ufficio della predicazione nei momenti opportuni, come conveni-
va, fino al momento in cui, poiché le messi diventavano bianche,
provvedendo al bene comune, lasciò andare il popolo a occuparsi
della raccolta dei cereali. 2 Nel frattempo egli, discepolo del sussur-
ro che non si sente nel frastuono (1Re 19,12), si ritirò in un luogo
solitario presso la località che è chiamata Camposampiero, fuggen-
do la moltitudine, dalla cui conversazione era stato affaticato.
3
Lı̀, in un bosco vicino alla dimora dei frati che abitavano in 1008
quello stesso luogo, sopra un albero di noce largo nei rami, Anto-
nio ottenne da un nobile (32) devoto all’Ordine che gli venisse alle-
stita proprio dalle mani delicate di costui una cella di stuoie, come
se egli andasse a cercare frutti nel giardino dei noci (Ct 6,11). 4 Co-
sı̀, infatti, si legge che moltissimi santi scelsero per sé luoghi alti e
lontani da terra, affinché la condizione stessa del luogo li incorag-
giasse ad avvicinarsi alle cose celesti.
5
Per istruire a ciò, il Salvatore insegnava (Mt 5,1-2), pregava (Lc 1009
6,12; 9,28) e passava la notte (Lc 6,12) sui monti. 6 Istruito su que-
sto, Francesco ricevette su un monte (33) le stimmate gloriose come
frutto di un’assidua preghiera. 7 Dunque in questa cella l’uomo de-
votissimo a Dio di giorno e di notte «dispose nel suo cuore le
ascensioni» (Sal 84,6) e scelse in alto (34) una mistica impiccagione,
perdendo volontariamente ogni speranza per questa vita e deside-
rando sempre di morire per iniziare felicemente la vita immortale.
8
Perciò egli seppe in anticipo la sua beatissima morte, prima di 1010
adempiere i suoi obblighi verso il Creatore. 9 Infatti quindici giorni
– o quasi – prima che una grave infermità distruggesse quella sua
dimora terrena (2Cor 5,1), dopo essersi stabilito su un colle sovra-
stante Padova, onorava con grandi elogi l’assetto della città stessa,
sostenendo che essa sarebbe stata ornata da un grande onore nel
giro di pochissimo tempo per volere divino. 10 Sebbene l’umile san-
to avesse deciso di passare sotto silenzio quell’onore, tuttavia l’evi-
denza dei fatti insegna a comprendere nella sua predizione la sepol-
tura in Padova del corpo glorioso, la protezione dell’uomo santo, lo
splendore dei miracoli e del popolo confinante che affluiva (35) da
lontano verso la città resa illustre dalle reliquie del santo.
Capitolo 13
IL GLORIOSO TRAPASSO DEL BEATO ANTONIO
1
1011 Il santo, assiduo frequentatore di quella cella sul noce, un gior-
no, dopo essere sceso alla chiamata della campana presso i confra-
telli all’ora di pranzo, assalito dall’infermità tra di essi mentre man-
giavano, si alzò da tavola. 2 Risparmiando il fastidio a quei pochi
confratelli, anche perché l’Altissimo disponeva che quella illustre
città non fosse privata del sacro corpo del morente, dopo essere
stato posto sopra un carro, veniva condotto a Padova.
3
1012 Mentre il santissimo confessore si avvicinava alla città, gli ac-
corsero incontro due frati famosi, che dimoravano in una cella
presso il monastero delle Povere Signore (36) e celebravano per lo-
ro la liturgia secondo la consuetudine dell’Ordine. 4 Essi, quando
si accorsero che il santo era oppresso da una gravissima infermità,
lo supplicarono di cambiare direzione, recandosi presso la loro
cella, perché egli avrebbe guadagnato lı̀ una quiete maggiore ri-
spetto alla dimora dei frati situata nella città. 5 Il santo, approvan-
do le loro ragionevoli parole persuasive, si fermò nella cella assie-
me ai confratelli. 6 Tuttavia la malattia subito si aggravò, cosa che i
segni di grande ansietà manifestavano. 7 Dopo essersi riposato per
poco tempo, una volta compiuta la confessione e ottenuta l’asso-
luzione, cominciò a proclamare quell’inno della beata Vergine: «O
gloriosa Signora». E giacendo per un certo periodo di tempo con
gli occhi fissi al cielo, si meritò che il cielo gli si manifestasse in
modo invisibile e intellettuale. 8 Infatti quando il frate che lo sor-
reggeva gli chiese che cosa scorgesse, egli rispose: «Vedo il mio
Signore». 9 Giustamente vide Colui che, ormai bussando alla por-
ta, stava per cenare proprio con lui nel banchetto eterno (Ap
3,20).
10
1013 Poiché l’aggravarsi della malattia indicava che era imminente
la felice dipartita dell’anima, i frati decisero di segnarlo con l’olio
della sacra unzione. 11 Sebbene l’uomo santo fosse colmo di un’un-
zione invisibile, tuttavia ricevendo con il dovuto rispetto il sacra-
mento richiesto, una volta giunte le palme delle mani protese, can-
tando con i confratelli completò sino alla fine i salmi penitenziali.
12
«Canterò inni al mio Dio finché esisto» (Sal 146,2). 13 Poi, una
volta svanita l’agonia durata circa mezz’ora, quell’anima santissi-
ma, liberata dalla prigione del corpo, passò a quella regione peren-
nemente libera e piena di delizie che è «la Gerusalemme di lassù»
(Gal 4,26). 14 Il suo corpo presentava l’aspetto di uno che dormiva,
tuttavia con le mani diventate bianche superava la bellezza del co-
(37) L’agiografo qui allude all’ordine episcopale, di cui Antonio non era stato in-
vestito.
(38) Nel ms. 74 della Biblioteca Antoniana è evidente un luogo corrotto: con
buona probabilità si tratta di un «saut du même au même», che rende incompleta la
frase.
Legenda Raimondina 391
24
L’uomo santo morı̀ nell’anno del Signore 1231, nel mese di
giugno, di venerdı̀, sotto il comando del Signore nostro Gesù Cri-
sto, cui è onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Capitolo 14
LA SOLENNE TRASLAZIONE DEL CORPO DEL BEATO ANTONIO (39)
1
1019 Mentre i frati tenevano nascosto con cura il trapasso dell’uo-
mo santo, affinché la stretta cella non fosse assediata dall’accorrere
del popolo, per ispirazione di Colui che «rende eloquenti le lingue
dei bambini» (Sap 10,21), che voleva incitare il popolo devoto al-
l’onore del santo, i fanciulli gridavano per la città dicendo a frotte:
«È morto il padre santo! È morto sant’Antonio!». 2 Una volta udi-
to ciò, improvvisamente per ogni parte della città accorsero i citta-
dini, sia i potenti, staccatisi a forza dagli ozi, sia i meno importanti,
lasciati da parte i lavori, piangendo con grande commozione il tra-
passo dell’uomo santo. 3 Alcuni, invece, si rallegravano piuttosto
assieme al defunto, dicendo che non doveva essere compianto co-
lui che per l’evidenza della santità aveva meritato di unirsi agli abi-
tanti del cielo con una morte preziosa (Sal 116,15).
4
1020 E poiché il sepolcro glorioso è un tesoro desiderabile e le reli-
quie di un uomo santo procurano una protezione di grande aiuto,
improvvisamente si verificò una divisione nel popolo, dal momen-
to che alcuni in favore delle Povere Signore volevano che presso di
loro rimanesse sepolto il corpo, mentre altri, invece, desideravano
che la sacra salma fosse portata subito per essere seppellita nella
chiesa della Santa Madre di Dio (40), ossia nella dimora dei frati
nella parte meridionale della città.
5
Infatti il santo, mentre era in vita, aveva preferito quella dimo-
ra a tutte le altre per il suo soggiorno e, mentre giaceva nel mo-
mento finale della sua malattia, aveva dato disposizione di essere
sepolto lı̀.
6
1021 L’ardore del popolo diviso non era manifestato solo da lotte
verbali, ma anche da una moltitudine di persone armate da una
parte e dall’altra che si sollevava reciprocamente l’una contro l’al-
tra in modo ostinato e implacabile.
7
Ma per la provvidenza di Colui che «è la nostra pace» (Ef
2,14), dalla loro divisione emerse questa utilità, ossia che alcuni
di coloro che ardevano di zelo per una fazione contro gli altri, i
(39) Nel ms. 74 (f. 125rA) al posto di questo titolo è presente la rubrica In octava
sancti Antonii.
(40) La chiesa di Santa Maria Mater Domini.
392 Vite di Antonio di Padova
(41) La tavola è Antonio. Si preferisce, in questo caso, la lezione huius, presente nel
ms. 74 (f. 125vB), al posto della correzione operata dal Gamboso.
(42) In realtà erano trascorsi più di trent’anni, dal momento che la ricognizione dei
resti mortali di sant’Antonio avvenne l’8 aprile 1263. Nel ms. 74 (f. 126r A) in origine
era scritto che il corpo del santo prima della traslazione era stato sepolto per vent’an-
ni, dato poi corretto da mano posteriore.
(43) Bonaventura da Bagnoregio.
Legenda Raimondina 393
Capitolo 15
LA MAGNIFICA CANONIZZAZIONE DEL BEATO ANTONIO
1
1028 Dal momento che divenivano frequenti i miracoli, la moltitu-
dine del clero e del popolo gridò che si procedesse da parte della
Curia con la dovuta rapidità alla canonizzazione di sant’Antonio
confessore. 2 Il vescovo assieme ai chierici, il podestà assieme ai
cittadini padovani, una volta presa la decisione, quando non era
ancora trascorso un anno (45) dopo la morte dell’uomo santo, per
quella faccenda spedirono presso la Curia illustri portavoce. 3 E,
dopo che essi furono ricevuti con manifestazioni di ossequio dal
signor papa Gregorio IX, da quest’ultimo con parere unanime
dei suoi confratelli cardinali l’esame dei miracoli fu affidato al ve-
scovo di Padova e ai priori di San Benedetto (46) e dei frati Predi-
catori.
(44) Ezzelino III da Romano; sulla relazione tra Ezzelino e Antonio, cf. R IGON,
Religione e politica, pp. 389-414.
(45) Si preferisce, in questo caso, mantenere la lezione del ms. 74 (f. 126v A). In
realtà non era trascorso neanche un mese in base al testo dell’Assidua.
(46) Cf. Assidua 700, nota 22.
394 Vite di Antonio di Padova
4
Quando la certezza dei miracoli fu appurata senza possibilità 1029
di errori e fu annunciata alla Curia romana, alcuni tra i cardinali
venerandi nei costumi e prudenti nel comportamento si opposero
all’accelerazione di una procedura cosı̀ importante, perché dal tra-
passo dell’uomo santo non era ancora passato un anno intero.
5
Colui che governa tutte le cose e che esalta con gloria e onore i
santi rimosse subito questo impedimento con un prodigio celeste.
6
Infatti uno dei cardinali vide in sogno il signor papa, ornato
delle vesti pontificali, prepararsi alla consacrazione di una chiesa,
mentre lo assisteva il collegio dei cardinali. 7 Quando giunse l’ora
della consacrazione, il santo pontefice richiese, come è solito acca-
dere, le reliquie da riporre nell’altare. 8 E mentre coloro che lo as-
sistevano dichiaravano di non avere nessuna reliquia, veniva nota-
to che un corpo morto da poco giaceva lı̀ vicino, avvolto in bende.
9
Scorgendolo, il sommo pontefice disse: «Portate queste nuove 1030
reliquie da riporre nell’altare». 10 Agli assistenti, che affermavano
che si trattava di una salma e non di reliquie, il pontefice disse:
«Togliete il velo con cui è coperto affinché vediamo che cosa si
nasconde più internamente». 11 Essi, sebbene controvoglia e non
entusiasti, eseguendo gli ordini, videro che il corpo era del tutto
incorrotto e, rallegratisi per le reliquie trovate, facevano a gara per
staccare ciò che potevano.
12
Dunque quel padre, che era stato confortato da questa profe-
zia, disse ai chierici che lo assistevano che era imminente la cano-
nizzazione di sant’Antonio, preannunciata da questo segno. 13 Egli
in tal modo, a causa della visione, da quel momento si rese il pro-
motore dell’operazione, affermando che la gloria di Dio e l’onore
del santo dovevano essere posti davanti a ogni consuetudine.
14
Una volta fissato il giorno della solennità, il sommo pontefice, 1031
con il consenso unanime dei cardinali e di tutti i prelati della Chie-
sa allora presenti, iscrisse sant’Antonio nel catalogo dei santi e sta-
bilı̀ che la sua festa fosse celebrata nel giorno della sua morte.
15
Questi fatti avvennero nella città di Spoleto nell’anno del Signore
1232, nel sacro giorno di Pentecoste.
16
I portavoce, dunque, ritornando con gioia prima del com-
pimento di un anno dalla morte di sant’Antonio, una volta che
fu trascorso un anno come anniversario, celebrarono la sua festa
nel giorno della sua morte con tutti i mezzi conosciuti per festeg-
giare (47).
(47) Si preferisce, in questo caso, la lezione doctrina presente nel ms. 74 (f. 127rB),
al posto della correzione apportata dal Gamboso.
II
Alcuni miracoli compiuti
per i meriti di sant’Antonio
Capitolo 16
PROLOGO
1
1032 Fornı̀ il motivo di questa canonizzazione la gloria accelerata
dei miracoli che il giorno della sepoltura stessa avevano iniziato a
sfolgorare e, moltiplicatisi nel giro di un anno, furono approvati
dal giudizio della Chiesa romana. 2 Infatti a favore della glorifica-
zione del santo, per volere divino, diciannove persone rattrappite
in modi diversi furono raddrizzate; cinque paralitici furono conso-
lidati e altrettanti furono curati dalla deformità delle gobbe; sei
ciechi riebbero la vista; tre sordi furono ristabiliti nella funzione
dell’udito e altrettanti muti furono adornati della funzione di una
lingua sciolta; infine due furono liberati dal morbo caduco e altret-
tanti dalle febbri e per di più due morti furono straordinariamente
risuscitati.
3
1033 Alcuni altri fatti, che non possono essere inseriti in questo re-
soconto generale, in parte perché precedenti la canonizzazione, in
parte perché successivi, sono stati annotati singolarmente nelle pa-
role seguenti. 4 E poiché giova all’accrescimento della devozione
narrare con maggiore chiarezza questi miracoli riferiti in forma
sintetica, anch’essi, come conviene alla verità storica, saranno ag-
giunti in forma breve.
5
1034 Poiché, come attesta la Scrittura, «è motivo di onore manife-
stare e lodare le opere di Dio» (Tb 12,7), e con la stessa virtù Dio
deve essere lodato soprattutto nei santi che egli glorifica, 6 per que-
sto motivo alcuni miracoli tra i molti, alcuni dei quali furono com-
piuti mentre noi li vedevamo e li toccavamo, per i meriti del beato
Antonio almo confessore di Cristo – la cui nobile tomba l’insigne e
magnifica città di Padova custodisce con onore – nell’anno del Si-
gnore 1293, credetti che questi non dovessero essere coperti da
sterile silenzio, ma piuttosto che dovessero essere registrati breve-
mente per spronare i cuori intorpiditi.
396 Vite di Antonio di Padova
Capitolo 17
LA MONACA PARALITICA GUARITA
1
Nel contado di Padova, nel monastero che è denominato San 1035
Vito (1), vi era una monaca, di nome Sofia, che fu colpita da una
malattia di paralisi al fianco destro tanto che, spostando ogni sin-
golo membro di quello stesso lato con tratto tremante, non era
capace di tenere la testa dritta, né di prendere in mano il cibo, né
di posare a terra il passo del piede, dal momento che la pianta del
piede era piegata di traverso. 2 E poiché ella aveva emesso suppli-
chevolmente un voto al beato Antonio, un giorno, due giorni pri-
ma della festa dell’Assunzione della Vergine gloriosa, mentre gia-
ceva tra i lamenti e tra le lacrime davanti a un’immagine del beato
Antonio, il beato padre le apparve e le predisse che le sarebbe
stata concessa la desiderata guarigione prima dell’ottava di quella
solennità.
3
Dopo tre giorni, in conformità alla promessa del padre santo, 1036
allontanata ormai completamente tutta la malattia, ella si alzò inte-
ramente ristabilita nello stato di salute precedente. 4 Alzandosi l’in-
domani sul fare del giorno e affrettandosi velocemente con alcune
monache verso la chiesa del beato Antonio, davanti a molti frati di
quella dimora «con gioia e giubilo» (Is 35,2) raccontò in ordine
quante cose il Signore aveva compiuto in suo favore per mezzo
del suo servo Antonio. 5 Di questo fatto furono testimoni parecchi
uomini religiosi degni di fiducia. E tutti costoro, scorgendo con
fede visibile le meraviglie che il Signore aveva compiuto tramite il
suo servo Antonio, esaltarono con magnifiche attribuzioni di lodi i
suoi gloriosi meriti.
Capitolo 18
LE PERSONE LIBERATE DAL PERICOLO DI MORTE (2)
1
Nella città di Monopoli, nelle vicinanze della dimora dei frati, 1037
mentre un giovane scavava la terra in profondità, la riva venne so-
pra di lui ed egli ne fu totalmente ricoperto. 2 La madre, che aspet-
tava che il figlio tornasse, dal momento che ormai era trascorsa
l’ora in cui doveva giungere, uscı̀ a cercare colui che aveva a lungo
aspettato.
3
Vedendo che un fanciullo stava presso la riva dove suo figlio
aveva scavato la terra, chiese con inquietudine cosa mai gli fosse
Capitolo 19
GUARIGIONE DI PIETRO IL SORDOMUTO
1
1039 Un converso di alcune monache che abitavano a Padova (3),
dell’età di circa venticinque anni, assai noto in parecchi monasteri
e soprattutto di quell’Ordine e in gran parte della medesima città e
diocesi, era muto e sordo fin dalla nascita.
2
Entrambe le infermità potevano essere comprovate da qualsia-
si persona con cosı̀ grande evidenza e con segnali cosı̀ chiari che
non era possibile che si generasse nel cuore di alcuno il sospetto di
finzione o di frode. 3 Infatti la sua lingua era troppo corta e poco
protesa al di là della gola. Inoltre era, in quella piccola quantità,
paralizzata e quasi contorta a mo’ di vite; pertanto a chi la osserva-
va più da vicino si mostrava più chiaramente secca e rugosa, come
riferivano parecchie signore nobili e degne di fiducia, che avevano
visto ciò con maggiore chiarezza.
4
Inoltre la sordità fu riconosciuta più volte e senza alcun dub-
bio dai suoi compagni. Al suono di non piccole campane, che
accostavano alle sue orecchie – purché non le vedesse – né nel
movimento della testa né in qualche altro segno appariva che egli
(3) Il Chronicon di Lanercost riferisce che si tratta del monastero di San Bernardo
(Testimonianze minori su s. Antonio, pp. 388-389).
398 Vite di Antonio di Padova
Capitolo 20
GUARIGIONE DI FRATE BERNARDINO
SOFFERENTE ALLA GOLA
1
Un frate dell’Ordine dei Minori, di nome Bernardino, nativo 1041
di Parma, per la durata di due mesi era stato muto e incapace di
parlare. 2 Infatti la sua lingua e tutti gli altri organi indispensabili
per la sua voce erano legati e impediti fortemente al punto che egli
non poteva assolutamente parlare né sputare né soffiare: infatti
non era in grado in nessun modo di spegnere con il suo fiato nep-
pure una piccola candela avvicinata alla bocca. 3 Si lavorò assai di-
ligentemente per la cura di quel frate da parte dei più esperti me-
dici della Lombardia (5), per cui – cosa che è terribile a udirsi – per
nove volte era stato cauterizzato con un ferro incandescente in go-
la e da ultimo anche sul capo, e per giunta al tempo della sua gua-
rigione portava ancora una fasciatura sulla bruciatura della testa;
4
per cui, poiché nelle mani dei medici la sua malattia cresceva e si
aggravava ogni giorno sempre di più, e la gola a causa delle soffe-
renze patite e delle bruciature era troppo irritata più internamente
e gonfia, cosı̀ che il frate era in continuo pericolo di soffocamento,
finalmente egli si ricordò dell’almo confessore di Cristo, Antonio,
la cui solennità era allora imminente.
5
1042 Venendo a Padova e accostandosi due volte con grande devo-
zione all’arca del beato Antonio, per prima cosa egli, fino ad allora
muto, cominciò senza dubbio ad emettere fiato e uno sputo. 6 Ma
poiché, a causa delle primizie ricevute dalla virtù del santo, ritornò
più devoto e fiducioso, pregando con maggiore insistenza assieme
ad alcuni confratelli, che lo aiutavano con le preghiere come pote-
vano, in presenza di un popolo numeroso, che era fermo [lı̀] sia a
motivo della festa sia a causa dei numerosi e grandi miracoli che
accadevano, dopo aver rigettato attraverso la bocca con forte do-
lore una massa di orribile pus, una volta ristabilita per sé la parola
e la piena salute, prorompendo in lodi a Dio e al santo, intonò
assai profondamente l’antifona della gloriosa Vergine: «Salve, Re-
gina di misericordia», ecc. 7 E noi, udito il miracolo, pieni di gioia e
di stupore assieme al ministro (6) che allora era presente, accorrem-
mo in fretta in quel luogo e portammo a termine assieme al frate
quell’antifona (7).
Capitolo 21
FRATE CAMBIO MIRACOLOSAMENTE RISANATO (8)
1
1043 Un altro frate, di nome Cambio (9), della provincia di Roma-
nia (10), si stava recando a Bologna presso un famoso medico per
un rimedio della grave ernia dalla quale era stato oppresso per
molti anni. 2 Vi era un pericolo assai grande nella rottura perché,
pur avendo egli portato per due anni e più un cerchio di ferro
affinché non fuoriuscissero gli intestini, ormai nonostante il cer-
chio questi erano scesi in quantità cosı̀ grande che si temeva in
modo plausibile che trascinassero con sé altri organi con il loro
peso e che con nessuna abilità dell’arte umana potessero essere
riportati più in alto.
3
Avvenne che quel frate partecipasse alle sacre solennità, nelle 1044
quali accaddero i suddetti miracoli e parecchi altri. 4 Vedendo egli,
dunque, le opere della divina virtù, pieno di fede e devozione si
accostò senza timore all’arca del beato Antonio, ma, poiché non
poté penetrare sotto, tra le colonne dalle quali essa è sorretta, a
causa della moltitudine e della calca degli infermi, la toccò assai
scrupolosamente e la palpò, una volta collocata la mano destra so-
pra il marmo. 5 Mirabile a dirsi, dopo che egli ebbe ritirato subito
al petto la mano che aveva toccato la sacra arca, e la ebbe abbassa-
ta verso quelle sacche che pendevano in modo orribile, al tocco
della mano con cui si presentava l’efficacia della virtù divina, gli
intestini all’improvviso cominciarono ad allontanarsi e a risalire.
6
Il frate, percependo ciò, non desistette dall’azione iniziata, ma
piuttosto rafforzando egli la mano e alzandola poco a poco, alla
fine riportò tutti quegli intestini al posto dovuto.
7
Una volta fatto ciò, in quel punto (11) dove era avvenuta la rot-
tura, con la mano premuta in modo energico proprio lı̀, egli fu
rafforzato con una virtù cosı̀ straordinaria che, secondo ciò che lo
stesso frate mi riferı̀, la sua fronte non avrebbe potuto essere più
solida di quella parte. 8 Per cui da allora, diventato più devoto al
santo, per essere in grado di servirlo in modo più opportuno, con
molte richieste fece in modo di divenire membro della provincia
religiosa di Padova (12).
Capitolo 22
MARTINO LIBERATO DA PERSECUZIONE DIABOLICA
NELL’ANNO 1278
1
Nell’anno del Signore 1278, nel mese di febbraio, nella diocesi 1045
di Vicenza, nel villaggio che oggi è detto Castegnero, nella casa del
signor Giovanni dal Pozzo, due incantatori fecero incantesimi per
la ricerca di un tesoro. 2 Una volta fatto ciò, un servitore del sud-
detto signor Giovanni, di nome Martino, dopo l’uscita degli incan-
tatori dalla casa, rientrando in essa trovò nello stesso luogo una
moltitudine di animali e di uccelli. 3 E tra quegli animali vi erano
tre cavalli con le corna a mo’ di capri, che emettevano una fiamma
(11) Si preferisce, in questo caso, la lezione loco del ms. 74 (f. 163vB) al posto della
correzione operata dal Gamboso.
(12) Ossia la provincia di Sant’Antonio.
Legenda Raimondina 401